Finally I can see the flux of Chi di Tomoe Gozen onnabugeisha (/viewuser.php?uid=19225)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Perchè e come è iniziato tutto ***
Capitolo 2: *** Miyuki, Mina e Raffaele ***
Capitolo 3: *** Raffaele ***
Capitolo 4: *** Una festa alquanto particolare ***
Capitolo 5: *** Arrestati! ***
Capitolo 6: *** I fratelli Fujimoto e la decisione di Larry ***
Capitolo 7: *** Scontro tra gang ***
Capitolo 8: *** Partenza ***
Capitolo 9: *** Arrivo ***
Capitolo 10: *** L'incontro di Jigen ***
Capitolo 11: *** Rottura ***
Capitolo 12: *** In trappola ***
Capitolo 13: *** Furore ***
Capitolo 14: *** Combattimenti ***
Capitolo 15: *** Incubo finito ma.... ***
Capitolo 16: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** Perchè e come è iniziato tutto ***
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Primo flashback
Gli occhi dell’uomo con indosso
un completo nero e un cappello dello stesso colore s’illuminarono
di una luce sinistra quando inquadrarono la vittima designata, che in
quel momento stava uscendo dalla sua residenza e,come al solito,
accompagnato da una manciata di sgherri armati. L’uomo li
contò con calma mentre s’infilava una sigaretta piegata in
bocca: quattro uomini più il ragazzo; puah, non bastavano certo
a fermarlo, non era la prima volta che si trovava degli ostacoli di
fronte. Certo che quel ragazzo era davvero protetto bene per essere il
figlio del capo della mafia internazionale, soltanto quattro uomini
quando lui ,il miglior killer del mondo, era stato assoldato per
levarlo di mezzo! I tirapiedi del giovane ,quest’ultimo stava in
mezzo a loro, si avvicinarono con circospezione alla Multipla blu
parcheggiata davanti al cancello della villa, l’aprirono e fecero
entrare prima uno di loro, che si mise al posto di guida e accese la
macchina. Quando vide che la macchina cominciò a rombare,
l’uomo dal completo nero prese la pistola Magnum che portava
infilata nei pantaloni, l’aprì per controllare che fosse
perfettamente carica: sei proiettili, come doveva essere. Poteva
procedere. Seguì con calma la macchina, che lo portò
fuori città fino in aperta campagna, nei pressi in cui viveva la
ragazza del giovane; già si incominciava ad intravedere la sua
casa. L’uomo dal completo nero si guardò intorno formando
con la sigaretta un perfetto anello di fumo: non c’erano
testimoni scomodi. Abbassò il finestrino, mise fuori la mano
armata e mirando alle gomme posteriori fece fuoco; come previsto la
macchina uscì fuori strada andando a schiantarsi contro un palo.
Con movimento automatico, il killer fermò la macchina, scese e
correndo come meglio poteva fare si diresse verso la Multipla da cui
cominciarono a scendere le guardie del corpo del giovane, che sebbene
fossero un po’ stordite a causa dello scontro cercarono di fare
il loro dovere e difatti quando videro il responsabile
dell’incidente correre verso di loro fecero per sparargli ma
quest’ultimo si buttò a terra sparando contemporaneamente:
quattro proiettili ben piazzati usciti dalla Magnum divorarono in un
nanosecondo la distanza che li separava dalle loro vittime facendo
stramazzare a terra i quattro uomini mentre una pozza di sangue si
allargava sotto i loro corpi. Mentre osservava con quella che sembrava
una certa indifferenza i corpi delle sue vittime, sentì alla sua
sinistra che qualcosa si stava muovendo o meglio correndo e si
ricordò subito che c’era ancora il ragazzo da eliminare;
si voltò e lo vide correre a perdifiato in un vano tentativo di
salvarsi. L’uomo sollevò nuovamente la pistola e
sparò: quando la pallottola gli si conficcò nel ginocchio
avvertì un dolore orrendo, come se quel proiettile gli avesse
staccato la gamba di netto, difatti non se la sentiva più. Cadde
a terra tenendosi con una mano la gamba ferita, da cui cominciava a
scorrere un liquido rosso e denso che gli impregnò in un attimo
il pantalone. Tremando in modo incontrollabile si voltò sulla
schiena e si osservò la ferita: il punto in cui la pallottola
gli era entrata la sentiva pulsare in modo assai fastidioso e quando la
toccò leggermente avvertì un dolore se possibile ancora
più terribile che lo spinse ad urlare dolore con tutto il fiato
che aveva in corpo mentre con una mano si copriva il viso. Soffriva
atrocemente. Il killer se ne rese conto guardandolo contorcersi per il
dolore mentre il braccio che teneva la pistola ,dalla cui canna usciva
ancora del fumo, era ancora puntata contro di lui. Sarebbe stato da
sadici non finirlo e lui sebbene fosse un killer un po’ di
compassione ancora l’aveva; non gli piaceva far soffrire le sue
vittime più del necessario. Si diresse verso di lui con calma
mentre ricaricava la pistola, sebbene ci fosse ancora un proiettile.
Con uno scatto il tamburo si rimise a posto e il suo proprietario la
puntò nuovamente contro il giovane che lo guardò in un
modo molto significativo mentre cercava di alzarsi sui gomiti.
“Non scongiurarmi di non ammazzarti, sarebbe inutile”
tagliò corto l’uomo con voce incolore sempre con la
pistola mirata al suo cuore “Chi sei?” chiese il ragazzo
“Jigen Daisuke” rispose l’uomo mentre premeva il
grilletto. Sentì di nuovo il proiettile entrargli nel corpo
finché non raggiunse e sorpassò il cuore fuoriuscendogli
dalla schiena. Con un gemito soffocato il ragazzo si distese a terra,
l’ultimo suo pensiero andò a Mischa e al bambino che non
avrebbe mai più rivisto. Jigen rimettendo la pistola a posto si
avvicinò al cadavere mettendosi in ginocchio al suo fianco. Lo
osservò: aveva solo venti anni. Troppo giovane.
Dimmi ,boia, com’è
guardare le proprie vittime? Ti rende felice guardarle morire? Ti
diverte vedere la luce e con lei la vita abbandonare i loro corpi? Ti
diverte fare quello che fai? Ti credi onnipotente? E invece non lo sei.
Un giorno sarà qualcun’ altro ad interpretare il tuo ruolo
e allora vedrai che non sei né più né meno degli
altri.
Gli chiuse con delicatezza gli occhi
poi si voltò, raggiunse la sua macchina e andò via. Non
seppe mai che dopo mezz’ora una ragazza dai capelli color paglia
di nome Mischa ,attorniata dalla banda di cui faceva parte il giovane e
al cui vertice stava suo padre, abbracciava singhiozzando il cadavere
del giovane mentre il padre di questi ,furente, ordinava ai suoi uomini
di cercare in giro qualche cosa che potesse aiutarli ad identificare il
responsabile. Uno degli sgherri trovò vicino al cadavere di una
delle guardie del corpo assassinate le parole scritte col sangue: Jigen
Daisuke.
Secondo Flashback
“Stanno per iniziare”
pensò Lupin guardando i due samurai davanti a lui cominciare a
muoversi lentamente. Goemon sembrava concentrato al massimo e anche se
non lo mostrava sia Lupin che Jigen sapevano che il cuore del loro
amico era incendiato dall’odio e dal desiderio di vendicare
l’amato maestro, che era stato ben più di un padre per lui
e infatti dopo un attento esame chiunque avrebbe notato l’odio
che incendiava gli occhi neri del giapponese e la mascella contratta.
Dal canto suo quest’ultimo pensò che finalmente stesse per
avere la sua vendetta, stava per vendicare l’amato maestro
Shiden, assassinato dal cane che gli stava di fronte e che lo guardava
con disprezzo e derisione. Come si era permesso di uccidere il
suo maestro? Era imperdonabile e lui non gliel’avrebbe fatta
passare liscia. Lo avrebbe ucciso, fatto a pezzi, lo avrebbe finito
lentamente, fatto soffrire in tutti i modi possibili ed immaginabili in
quel duello e quando Jinkuro lo avrebbe supplicato di finirlo, lui
,Goemon, gli avrebbe risposto ,magari sogghignando, che aveva ucciso il
suo amato maestro e che quindi per morire avrebbe dovuto pazientare,
intanto doveva soffrire finché a lui sarebbe piaciuto. Niente lo
avrebbe fermato dal mettere in atto questi propositi e in cuor suo
sperò che i suoi amici non provassero ad intercedere per Jinkuro
perché altrimenti….
Cominciarono a correre verso sinistra,
con le lame in mano e sempre con maggiore velocità finché
entrambi non scattarono in avanti, con l’intenzione di colpire
l’avversario frontalmente e teoricamente di sorpresa ma entrambi
pararono i colpi, provocando con il cozzare delle loro lame un gran
fracasso. Si allontanarono ritornando al punto di partenza ma questa
volta cominciarono a muoversi in cerchio attaccandosi ogni tanto una
volta in aria e una volta a terra, continuarono così per un
pezzo: nessuno riusciva anche solo minimamente a prevalere
sull’altro; “Sei sempre forte ma non potrai tenermi testa
per molto con le braccia ferite a quel modo” osservò con
il suo tono irritante Jinkuro rivolto a Goemon indicando le braccia di
quest’ultimo, che proprio in quel momento cominciarono a
sanguinare macchiando di rosso le bende. “Jinkuro,
vendicherò il mio maestro con la spada affidatami da lui
stesso” ribatte tranquillamente Goemon “Hai parlato
abbastanza” concluse Jinkuro diventando improvvisamente serio.
Continuarono a combattere senza risultati rilevanti. Mano a mano che
passava il tempo la rabbia di Goemon cominciò a diventare sempre
più forte e sembrava che anche il cielo condividesse la sua sete
di vendetta perché improvvisamente cominciò a
rannuvolarsi finche un fulmine non incendiò un albero che stava
proprio in mezzo ai due combattenti. Prese fuoco e le fiamme
illuminarono i volti dei due samurai, rendendo ancora più
impressionante la scena. Insieme alla pioggia cominciò a tirare
anche un forte vento, in cui Goemon si trovò controvento mentre
Jinkuro lo aveva da dietro, questi si frugò in una tasca del
kimono, cavandone fuori un potente narcotico. “Se vai controvento
sei finito, questo è un potente narcotico che ti farà
chiudere gli occhi” disse Jinkuro aprendo la mano in cui
c’era il narcotico lasciando che il vento lo trascinasse a
Goemon, il quale dopo due secondi cominciò a dare segni di
cedimento. “Sei un vigliacco, adesso ti sparerò,
Jinkuro!” esclamò arrabbiato Lupin già con una mano
sulla pistola. A quelle parole Goemon si sentì come se qualcuno
gli stesse per fare un grosso sgarbo: nessuno doveva rubargli la
vendetta, neanche un suo amico. “No, Lupin!! Jinkuro devo
ammazzarlo io!” “Hai del fegato Goemon”
continuò Jinkuro sorridendo: si aspettava quella reazione.
“Accidenti, devo assolutamente farcela” pensò Goemon
cercando disperatamente di non mollare ma cominciava ad avere grosse
difficoltà con la vista: vedeva il suo nemico sdoppiarsi
continuamente e in più si sentiva assonnato. Maledetto
vigliacco! Fece un passo indietro quando improvvisamente sentì
uno dei suoi piedi toccare il vuoto, che diavolo? Si voltò
leggermente indietro e vide che era arrivato sulla cima della montagna,
un passo falso e si sarebbe sfracellato di
sotto!
“Questa è la tua fine,
Goemon. Ora non puoi più sfuggirmi” osservò Jinkuro
e Goemon si rese che conto che purtroppo era fottutamente vero:
era mezzo addormentato, non ci vedeva bene e adesso non poteva
muoversi più di tanto per non finire giù. Ma non poteva
arrendersi, doveva vendicare il suo maestro, maledizione! Non era
giusto! “Non voglio morire adesso! Non per mano
sua,accidenti” pensò Goemon quando vide Jinkuro fare atto
di avventarsi contro di lui sollevando la spada con l’intento di
spaccargli il cranio. Ecco, era finita! Aveva fallito e sicuramente
deluso il suo maestro! “Maledizione!!!” pensò con
ira scagliando in aria la spada nello stesso momento in cui un fulmine
attraversò il cielo. Accadde tutto in un attimo: la spada di
Goemon si drizzò attirando su di se il fulmine, il quale
andò a colpire in pieno Jinkuro, carbonizzandolo in una sola
alta fiammata. “I fulmini del cielo hanno fatto giustizia”
commentò Lupin mentre copriva con la sua giacca l’ormai
fradicio amico mentre Jigen lo aiutava a rialzarsi ma Goemon sapeva
bene che non erano i fulmini del cielo ad averlo aiutato “Grazie
di cuore, maestro” pensò mentre si sedeva sul sedile
posteriore della Fiat500 e cedeva al
sonno.
Dormi, dormi pure, Goemon Ishikawa.
Riposati per l’impresa compiuta e sogna il tuo maestro che ti
ringrazia per averlo vendicato ma tu credi di averlo vendicato davvero?
Credi di aver fatto il tuo dovere,vero? E invece no, altro non voglio
dirti soltanto che ti pentirai.
Terzo flashback
L’elicottero fece una veloce
inversione dirigendosi verso i due uomini sistemati sulla rupe che si
affacciava sul mare. Visto il pericolo si affrettarono a caricare
velocemente le pistole. “Lupin, sbrigati, dannazione! Si sta
velocemente avvicinando!!!” urlò Jigen cercando di
sovrastare il rumore dell’elicottero mentre guardava con sempre
più crescente preoccupazione il mezzo su cui c’era a bordo
Antonio Wolf, un loro vecchio rivale che aveva tutte le intenzioni di
mandarli all’altro mondo. “Ho fatto, ho fatto!”
rispose frettolosamente Lupin III mirando insieme al suo compagno
contro l’elicottero. Dal finestrino della sala dei comandi si
sporse un uomo con un fucile in mano, un cappellaccio calato su un
occhio facendolo sembrare guercio e una sciarpa nera intorno al collo.
L’uomo ghignò sinistramente guardando i suoi avversari a
terra, che sembravano aspettarlo, mentre con una mano governava
l’aereo indirizzandolo contro di loro, mentre con l’altra
prendeva la mira col fucile. Mirando per primo alla testa di Lupin fece
fuoco ma lo mancò perché quest’ultimo si
buttò di lato sparando nello stesso istante in cui anche Jigen
fece fuoco. L’uomo quando avvertì i proiettili entrargli
nel petto e nella gamba capì di aver fallito, che la vendetta
gli era stata strappata via di mano per opera dei suoi più
odiati nemici. Che buffo, strano e triste tiro del destino: aveva
sempre ucciso e adesso era lui a finire ucciso. Questo fu il suo ultimo
pensiero quando cadde in
acqua.
Non temere, guerriero caduto, come Ettore fu vendicato da Paride e Achille da Bellerofonte anche tu avrai la tua vendetta.
Quarto flashback
“Jigen”, la voce di Karen
Kowalski interruppe bruscamente il loro dialogo. Il tono non era ne
autoritario ne freddo, era calmo e incolore. Jigen ,ritornando subito
serio, si girò verso di lei e la vide lì, in attesa che
lui la raggiungesse, con la pistola, la sua pistola, in mano. Vedendola
immobile, in attesa paziente che lui le venisse vicino, Jigen gli venne
stranamente da chiedersi se la morte non avesse preso l’aspetto
di quella donna. A vederla così, immobile e in paziente attesa,
sembrava veramente che fosse la morte personificata, magari la pistola
che aveva in mano era la “falce”. Forse la morte ,quando
è il nostro momento, assume le sembianze degli esseri che
abbiamo di più amato al mondo, proprio come in quel momento:
Karen e la sua amata pistola CombatMagnum. Jigen sospirò; doveva
andare, non poteva impedire che Karen facesse giustizia.
“Jigen” iniziò Lupin alle sue spalle, distogliendolo
dai suoi pensieri “Tieni questa, devo parlarle”
replicò consegnandogli il mitra e allontanandosi prima che Lupin
potesse dire o fare qualcosa. Lupin a quel punto capì e non
disse più niente. Jigen gli aveva solo passato la mitraglietta
ma il gesto in sé significava: “Non puoi aiutarmi, Lupin.
Devo lasciarla fare”. Si mise davanti a lei e quest’ultima,
piegando le gambe e reggendo con entrambe la mani la pistola, gliela
puntò contro il cuore. Sollevò il cane ma quando il
tamburo girò infilando nella canna il proiettile, per un attimo
sul suo viso apparve l’espressione del ripensamento.
Poiché Jigen aveva chiuso gli occhi non vide Karen mordersi il
labbro ma sentì che quest’ultima era in difficoltà.
“Coraggio, Karen. Spara” l’incoraggiò mentre
facendosi coraggio riapriva gli occhi. Lupin guardava la scena in
silenzio senza fare nulla ma in cuor suo pregava che Karen non sparasse
al suo amico e così avvenne. Karen effettivamente sparò
ma mirando a qualcosa che si trovava alle spalle di Jigen;
quest’ultimo ,accortosi di non essere stato colpito, si
voltò per vedere Keith di nuovo in piedi: era a lui che aveva
sparato! Lupin gli lanciò la mitraglietta mentre lui prendeva la
sua WaltherP38 e insieme a Karen cominciarono spietatamente a sparare a
Keith, che stranamente continuava a rimanere in piedi nonostante tutte
le pallottole che gli venivano spedite contro. Soltanto quando un
proiettile lo colpì alla testa cadde a terra, con la sua
mitragliatrice che continuò a sparare per un po’
finchè ,esauriti i proiettili,non smise. Tornata la calma, Jigen
e Lupin si voltarono per vedere Karen a terra. “Karen!”
Jigen le si avvicinò di corsa e la prese delicatamente per le
braccia, facendole appoggiare la testa sul suo torace. La pistola che
Karen aveva tenuto in mano poco prima era caduta a terra, Jigen la
raccolse e con un abile movimento del polso fece uscire il tamburo
dalla pistola: c’era ancora un proiettile. “Karen, vuoi
ancora uccidermi?” le chiese offrendogli la pistola, lei lo
guardò e con quella che sembrava un aria triste scosse
debolmente la testa. Vedendo dove il proiettile si era conficcato,
Jigen dovette esercitare su se stesso un notevole controllo per non
piangere. Troppe donne aveva amato e tutte le erano state portate via,
chi per un motivo chi per un altro. Aveva cominciato seriamente a
pensare di rinunciare all’amore, di non donare più il suo
cuore ad un' altra sia per evitare a se stesso altre sofferenze e sia
per proteggere la donna che voleva donarsi a lui ma aveva incontrato
Karen e ,nuovamente, lui ci era ricascato, anche se stavolta era sicuro
che tutto sarebbe andato come voleva lui, e invece…Visto come
andavano a finire le sue storie d’amore cominciava anche a
pensare che fosse in parte colpa sua, che portasse iella, anche se lui
non aveva mai creduto a cretinate simili. Quando sentì
nuovamente Karen chiamarlo dolcemente si voltò verso di lei.
Ogni cosa sembrò perdere importanza per lui in quel momento.
Niente aveva più importanza, in quel momento poteva anche
arrivargli una pallottola nel braccio, lui non se ne sarebbe neanche
accorto, anzi se una pallottola in quel momento lo avesse ucciso ne
sarebbe stato contento perché significava rivedere tutte le
donne che aveva amato e dalle quali era stato amato. Sentì
intorno a sé i suoi amici parlare con qualcuno ma non ci
badò, non fece nemmeno caso al fatto che qualcuno gli avesse
sfilato di mano l’ arma. Era troppo preoccupato per Karen per
interessarsi ad altro. “Karen, ti prego non morire”
riuscì a balbettare mentre gli occhi quasi gli si riempivano di
lacrime alla vista della sua mano sporca di sangue, il sangue di Karen:
perché? Perché ogni donna che amava finiva sempre col
morire? Che cosa aveva fatto per essere trattato così? Se il suo
destino era quello di non amare nessuna donna perché allora
veniva torturato sentimentalmente così? “Jigen ,la voce
appena percettibile di Karen lo strappò bruscamente dai suoi
pensieri, non piangere” “Come pretendi che non pianga? Io
ti amo, maledizione ,e stai morendo qui, tra le mie braccia, senza che
io possa fare niente per te, niente”; trasalì quando
sentì la mano calda di Karen accarezzargli una guancia
“Che cosa hai detto?” “ Ho detto che mi sento
impotente e che…” “No, che cosa hai detto molto
prima?” “Ho detto che ti amo” “Anche io,
Jigen.” “Karen ,sussurrò lui con le lacrime che
colavano sul petto di lei, io …” “No, aspetta, fammi
parlare. Non cedere al dolore, continua a vivere. Devi farlo anche per
me che desidero che tu sia felice e non sopporterei che per causa mia
tu cambiassi. Hai capito che voglio dire? Se tu vivrai portando il
ricordo di me io continuerò ad esistere attraverso te”
“Karen, ti prego…non…non parlare così
,riuscì a dire solo questo,cercando con penosi sforzi di
controllare la voce, tu non morirai, resisti, ti supplico!”
“Addio” disse Karen abbandonandosi con un sospiro tra le
braccia dell’uomo che l’aveva tanto amata, il quale ,dopo
un attimo di smarrimento ed incredulità, diede liberamente sfogo
al suo dolore: abbracciò strettamente la donna sussurrando
dolcemente il suo nome mentre lasciava che le lacrime gli scorressero
lungo il viso,bagnandogli le guance e la barba. Si riscosse quando
sentì una mano poggiarsi delicatamente sulla sua spalla e una
voce profondamente addolorata dirgli “Mi dispiace”. Si
voltò e vide che il proprietario della mano era
nient’altri che Goemon, “Dai” intervenne Lupin, anche
lui sinceramente dispiaciuto. Limitandosi a rispondere con un accenno
della testa, Jigen si rialzò, prese il corpo di Karen tra le
braccia e ,sotto lo sguardo dei suoi amici, premette il pulsante che
avrebbe azionato il meccanismo di esplosione del sottomarino Ivanoff
,su cui c’era tutta l’organizzazione Shot Shell, che Karen
gli aveva affidato. Sotto gli occhi di tutti i
presenti,l’Ivanoff saltò in aria trascinando nella rovina
la gang Shot Shell. “Riposa in pace,amor mio, sei
vendicata” pensò Jigen guardando il sottomarino
inabissarsi.
Perché ti sei vendicato
distruggendo la nave, Jigen Daisuke? Non hai capito che la colpa della
morte di Karen non è nient’altro che tua? Tua, come
è tua la morte delle altre donne che hai amato e dalle quali sei
stato ricambiato? Perché non lo capisci? Sei sciocco o ti
spaventa l’idea di ucciderti? Perché non ti togli la vita?
Non dovrebbe essere difficile per te, hai ucciso tante persone;
sicuramente conosci tutti i metodi per lasciare in modo indolore questo
mondo, allora perché? Sei crudele ed egoista! Preferisci
continuare a vivere ben sapendo che avrai probabilmente altre donne che
soffriranno per colpa tua! Sei ancora un assassino ,Jigen Daisuke, ma
stavolta in un modo molto più
subdolo.
Quinto flashback
“Bravo! Finalmente te lo sei
levato dai piedi” esclamò Fujiko alle sue spalle mentre
gli puntava contro la pistola “Hm, ora dici così ma poi mi
darai la caccia per vendicarlo.” rispose Pycal con uno dei suoi
rari sorrisi “Ciò è possibile. Comunque
adesso sono venuta per prendermi i cristalli... quindi dimmi dove
sono” completò spingendogli ulteriormente la canna della
pistola contro la nuca ,dopo un attimo di silenzio, “I cristalli
sono lì” le disse indicando con una mano il sacchetto che
stava proprio attaccato al bracciolo della sua sedia “Grazie,
molto gentile” gli disse mentre si riempiva come meglio poteva le
tasche. “Adesso buttati in acqua” “Buttati tu e
portati via i cristalli” “No. Non ho il costume da bagno ed
è meglio che ti butti tu, hai ucciso Lupin e non esiterei a
spararti” “Ripensaci, te ne pentirai” provò ad
insistere, sperando ,inutilmente, di convincerla ma quando sentì
la sua risposta decise di lasciar perdere: era troppo innamorata di
Lupin “Mai quanto te tra poco, svelto, buttati” insistette
lei adesso con voce molto più minacciosa di prima. Non ebbe
altra scelta; le cedette i comandi dell’elicottero e si
buttò in mare. A un pelo dall’acqua aprì un piccolo
scompartimento nascosto nella sua cintura, in cui c’era un
bottone che ,una volta premuto, fece apparire un deltaplano che
evitò a Pycal uno spiacevole e indesiderato bagno.
“Sciocca, i veri cristalli sono in mano mia ,esclamò
ridendo guardando i veri cristalli attaccati ai lati del deltaplano, e
li userò per dominare il mondo al momento più
opportuno!”. Proprio in quel preciso momento il sole fece
capolino dalla montagna di fronte illuminando in attimo tutto il
paesaggio,anche la barchetta sotto di lui che proprio in quel momento
stava passando attraverso quelle che sembravano due piccole isole.
Osservandola notò qualcosa che lo mise in allarme: dapprima lui
non capì che cosa diavolo fosse quel affare che l’uomo
sulla barca gli aveva puntato contro ,era troppo lontano, ma quando
vide un grosso proiettile e una gigantesca tela imprigionarlo come in
una morsa, distruggendo il deltaplano e facendolo inesorabilmente
cadere in acqua capì solo una cosa: Lupin III in un modo o
nell’altro aveva ricevuto la sua vendetta, sebbene da uno
sconosciuto.
Pycal, consolati pensando che hai ucciso il tuo nemico.
Due anni dopo, in Giappone.
“Credo che sia questo il posto ,pensò il giovane samurai
con il kimono nero guardando il gigantesco grattacielo di fronte a lui.
Accidenti, colui che gli aveva dato l’appuntamento probabilmente
era un riccone o comunque una persona che non aveva problemi economici.
“Chissà perché diavolo mi ha spedito quella lettera
questo riccone,cosa accidenti vorrà da me?” pensò
ancora mentre varcava la soglia.
“Hikijo Semboo, conosco la tua storia e so che cosa desideri di
più al mondo, dopo che è successo quello che è
successo. Non posso dirti altro in questa lettera ma se vuoi che io sia
più chiaro accetta di incontrarmi. Ti do appuntamento questo
giovedì alle 6 in punto di pomeriggio, ti aspetto.
P.S: Mi sembra doveroso specificare che mi trovo non a Shizuoka ma
Nagoya. Poiché non so se sai come arrivarci sappi che devi
prendere la Tomei Expressway, una volta lì chiedi di me e tutti
ti indicheranno dov’è la mia casa. Sperando che accetterai
la mia richiesta, ti saluto. Kanemoti Hideyoshi.”
Dentro si trovò in una sala riccamente ammobiliata; ogni cosa
,dal tappeto che partiva dall’ingresso fino alle scale e dai
numerosi e delicati oggetti che stavano appoggiati ai mobili,
dimostravano una grande raffinatezza e anche una certa tendenza del
proprietario all’esibizionismo della propria ricchezza. Il
giovane rimase talmente incantato di fronte a tutte quelle ricchezze da
non accorgersi subito del fatto che non era solo: infatti nella
sala c’erano dei mafiosi, stando a giudicare dall’aria poco
raccomandabile e dalle armi che tenevano in mano. Quest’ultimi
non appena videro lo sconosciuto gli andarono lentamente incontro,
circondandolo. Il giovane nonostante avesse capito di essere circondato
da persone non proprio per bene non diede minimamente segno di
timidezza, d’altronde che cosa doveva temere? Se lo avrebbero
aggredito, lui li avrebbe sistemati a dovere! Che credevano, che la sua
spada fosse fatta di legno o che fosse una di quelle volgari imitazioni
di plastica che i genitori ogni tanto donavano ai propri figli?
“Sono qui per un incontro con il signor ,qui guardò un
attimo il nome del mittente sulla lettera che gli era stata spedita,
Kanemoti.” a quelle parole i mafiosi sembrarono rilassarsi
tant’è vero che abbassarono le armi e ognuno
ritornò alle sue occupazioni, soltanto quello che sembrava il
capo ,un tipo con una cicatrice ad x sul viso che partiva dalle
sopracciglia fino al mento incrociandosi a cavallo del naso, lo
invitò con un gesto della mano a seguirlo. Per mezzo
dell’ascensore arrivarono al diciassettesimo e ultimo piano, in
cui c’era soltanto una gigantesca porta in fondo. L’uomo
fece cenno al samurai di aspettare quindi bussò alla porta,
l’aprì quel tanto che bastasse per lasciar passare la
testa insieme a metà busto e dire qualcosa per poi ritornare
dall’ospite e dirgli “Puoi entrare, ti stanno
aspettando” “Stanno?” ripetè incerto il
giovane ma non potè chiedere altro perché il suo
accompagnatore era stato appena ingoiato dall’ascensore.
“Entriamo” e dicendo questo varcò la porta entrando
dentro a quella che sembrava una sala per le riunioni ma a lasciarlo
maggiormente perplesso furono le persone che trovò sedute alla
grande tavola rotonda che stava in mezzo alla stanza. Al capotavola
c’era un signore sui trent’anni ,vestito con un completo
nero molto elegante con una sigaretta Malboro quasi del tutto consumata
in bocca, la quale si piegò in un garbato sorriso vedendo il
nuovo arrivato. Alla sua sinistra c’erano due sedie vuote mentre
alla sua destra c’era un giovane giapponese sui venti anni con i
capelli castani tendenti al biondo, gli occhi color miele. Vicino a lui
c’era una ragazza della stessa età coi capelli di uno
smorto biondo cenere. Vicino a lei c’era seduta una ragazza con i
capelli completamente neri, salvo i due ciuffi al lato del viso che
erano rosso fuoco. Infine all’ultima sedia c’era
un’altra ragazza con i capelli biondo platino e gli occhi blu
scuro, dai lineamenti non sembrava orientale. Hikijo notò che
tutti e quattro portavano un kimono nero e una spada infilata nella
cintura, tranne l’ultima ragazza che aveva sul lato sinistro una
fondina in cui stava infilata una pistola Condor e quella vicina al
giovane coi capelli castani, che aveva una Kalashnikov appesa sulla
schiena. “Finalmente siete arrivato, giovane Semboo Hikijo. Vi
stavamo aspettando, sedetevi prego” disse l’uomo sui trenta
indicando la seconda sedia alla sua sinistra. Hikijo obbedì,
sempre più perplesso: non conosceva affatto quelle persone,
allora com’era possibile che conoscessero il suo nome? “Sei
sorpreso, vero? Ma ricorda: quando non riesci a raggiungere la
vendetta, è lei allora che ti viene incontro” “Chi
ha parlato?” sobbalzò Hikijo sorpreso e anche un po’
impaurito guardandosi intorno senza riuscire a scoprire chi fosse il
proprietario di quella voce infantile fredda come ghiaccio e flebile
come un alito di vento. “Insomma, Chi ,esclamò il signor
Kanemoti sorridendo divertito guardando la sedia vuota che stava alla
sua sinistra, lo stai spaventando, mostrati” “Come vuoi” e
immediatamente sulla sedia apparve quella che sembrava una bambina di
dodici anni, con dei bellissimi capelli biondi il cui colore era messo
in maggiore risalto dal berretto nero tipico della Grecia in testa.
Indossava un elegante vestito nero ,il quale sembrava più adatto
per un ballo che per la vita quotidiana, e delle ballerine, nere
anch’esse. “Lei è Chi (Ci)”
“Piacere” riuscì appena a dire Hikijo che era
rimasto ovviamente perplesso “Dalla tua espressione deduco che ti
starai chiedendo come Chi sia riuscita a fare quello che ha fatto e chi
siamo noi, è corretto?” “Proprio così”
“Bene, ti spiegherò tutto ma prima è meglio che ti
presenti gli altri, visto che dobbiamo collaborare è meglio
conoscerci. Bene, i due ragazzi alla mia destra si chiamano
rispettivamente Liu Kang Kanemoti ,mio nipote, e Alexis Kowalski. La
penultima ragazza coi capelli neri si chiama Kate Pycal e l’altra
si chiama Nemesi Wolf, è italiana ma parla tranquillamente la
nostra lingua. Io sono Hideyoshi Kanemoti” “Molto piacere,
ma continuo a non capire perché mi abbiate convocato. Non
conosco nessuno di voi” rispose Hikijo maggiormente confuso
“Vi ho convocato per proporvi un affare, vantaggioso a tutti
noi” spiegò l’uomo guardandoli negli occhi e
facendosi serio “E sarebbe?” chiese Alexis “Vendetta” completò Chi con un sorriso crudele in volto.
Nei pressi di New York, contemporaneamente a quello che accade in Giappone..
“C’è posta per
te,Goemon. Dal Giappone” fece Jigen porgendo all’amico una
busta bianca, su cui spiccava con un elegante calligrafia il nome
Goemon Ishikawa.
“Dal Giappone!? Ma allora
è lei, passamela, svelto!” esclamò Goemon
afferrando la busta e sbrigandosi ad aprirla per leggerne avidamente il
contenuto.
“Goemon, insomma, si può
sapere chi ti manda tutte queste lettere?” chiese incuriosito
Lupin, sperando che l’amico finalmente si decidesse a dare
spiegazioni. Era da tantissimo tempo che arrivavano quelle lettere e
Goemon non aveva mai detto chi ne fosse il misterioso
autore.
“Lupin, è una lettera che
mi manda una persona che non vedo da tanto tempo” spiegò
Goemon con gli occhi che mandavano bagliori
“È una persona speciale?”
“È molto speciale ,Jigen, veramente molto. Almeno per me.”
“?”
“Un giorno ve la farò conoscere. Sono sicuro che vi sarà molto simpatica.”
“Ma è una donna?”
“Si, Lupin, è una donna. Una bellissima donna, ti basta sapere che viene chiamata “piccolo tulipano”
“Ti sei innamorato stavolta,
confessa!” lo punzecchio Jigen con un sorriso malizioso in viso
mentre dava dei colpi di gomiti all’amico, che
avvampò.
“Non mi sono innamorato, quindi
è inutile che mi prendete in giro voi due.” se sperava con
questo di disilludere i suoi amici si sbagliava di grosso.
“Chi è?”
“Ci siamo allenati alla stessa scuola”
“Va bene, ma chi è?”
“Ve la farò conoscere, un giorno. Adesso è meglio se andiamo a dormire. Buonanotte”
“Ehi, Goemon!”
“Si?”
“A quanto le sospirate nozze?”
“Jigen, ti ci metti anche tu?”
“Scherzavo, stavo scherzando!”
“Banda di matti” sbuffò Goemon con un piccolo sorriso
“Solo una curiosità”
“Si?”
“Ti è cara?”
“Molto cara”
“Okay, buonanotte Goemon!”
“Anche a voi”
I due uomini uscirono dalla stanza
lasciando solo il samurai, che solo a quel punto sorrise più
ampiamente e sussurrò ciò che non avrebbe mai ammesso
davanti a suoi amici: “Mi è cara quanto voi”. Nella
loro stanza intanto Jigen e Lupin parlavano tra di loro, “Secondo
te finirà bene?” chiese Lupin all’amico, il quale
capì a che cosa si riferisse la domanda “Non lo so, spero
di si. Goemon è già finito male parecchie volte, una
volta era proprio ad un passo dallo sposarsi e poi si sono lasciati,
rammenti?” “Si, Lady Murasaki.” “Oppure quando
si innamorò di Isabella? Quella che aveva inventato il Virus
Beta.” “Me la ricordo, Goemon era innamoratissimo di lei e
non posso dargli torto: era una bellissima donna” “Ti
ricordi come andò a finire?” a quelle parole la mente di
Lupin si riempì involontariamente di flashback, pezzi di ricordi
riguardanti i pochi minuti che precedevano la morte di Isabella: lei
,seduta su quel trono con il SuperEgg in mano,che luccicava talmente da
rendere nonostante il buio perfettamente visibile il viso della donna,
luccicante di sudore per lo sforzo psichico appena sostenuto e lui,
Jimmy, quel bastardo approfittatore, che non appena si era reso conto
che Isabella non gli serviva più si era avvicinato a lei, le
aveva strappato il diamante di mano e l’aveva pugnalata,
lasciando che lei rotolasse giù per i gradini e morisse
lì, come se si fosse trattato di un oggetto ormai inutile.
“Lupin?” “Eh? Oh, si Jigen mi ricordo ,purtroppo,
come andò a finire. E il povero Maichel..”
“Si,annuì un po’ commosso Jigen, si è visto
morire la madre tra le braccia proprio quando finalmente l’aveva
trovata. Che sfortuna!” “Comunque,noi per quello che
è possibile aiuteremo Goemon, questo è certo”
“Ovviamente” “Va bene, pensiamo a dormire
adesso.”
“Buonanotte”.
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Capitolo 2 *** Miyuki, Mina e Raffaele ***
Miyuki, Mina e Raffaele
Nei pressi di Teshio, diciassette anni dopo.
La giovane donna continuava a correre senza dar segno di volersi
fermare, con la stessa determinazione di chi sa che se smetterà
di combattere la sua vita sarà distrutta. Sempre correndo, diede
un occhiata alle sue spalle e il suo giovane viso di donna
trentanovenne si storse in un espressione disperata: non accennavano ad
abbandonare la caccia. Per quanto ancora sarebbe riuscita a correre?
Non gli importava se prendevano lei, ma se prendevano sua figlia! Era
tutto accaduto all’improvviso! Si stavano entrambe allenando con
la spada e come al solito dopo gli allenamenti si stavano affrontando
in un piccolo duello; niente di serio, giusto per saggiare
l’abilità di Mina, la quale questa volta era riuscita a
mettere veramente in difficoltà Miyuki ,sua madre e suo secondo
maestro, almeno finchè quest’ultima ,con una spazzata e un
colpo veloce dato dal basso verso l’ alto, non riuscì a
disarmarla. La spada della figlia volò in aria, fece qualche
volteggio per poi andarsi a conficcare nel terreno ,non con qualche
piccola vibrazione, prima di tornare immobile. Mina si era avvicinata
sospirando alla spada, l’aveva estratta e quando si stava per
voltare verso la madre entrambe avevano sentito un rumore secco,come un
bastoncino che si spezzava poi il più completo e assoluto
silenzio. Anche gli uccelli si erano zittiti e questo aveva
maggiormente messo in allarme le donne; se gli uccelli si zittivano
significa che c’era un pericolo. Si erano guardate in faccia e
sempre senza dire una parola si erano messe a correre a perdifiato nel
momento stesso in cui si sentì un “Ferme!!” insieme
a due spari, le cui pallottole sfiorarono pericolosamente la testa di
Mina, la quale per lo spavento aveva lanciato un urlo e si era messa
automaticamente una mano in testa. Miyuki fulmineamente l’aveva
afferrata ad un braccio spingendola davanti a sé urlandole
imperiosamente “Corri!!” mentre la mano destra tirava fuori
la spada. Aveva smesso di correre girandosi di scatto verso i suoi
nemici, i quali a loro volta avevano cessato di correre e cominciato a
sparare: con la velocità acquisita grazie ai tanti anni di
allenamento la spada di Miyuki si muoveva intercettando i proiettili e
mandandoli a cadere per terra. “Il maestro Shiden mi ha fatto
fare esercizi simili un infinità di volte!” aveva pensato
tra sé quando aveva intercettato l’ultimo proiettile ma
poi accadde qualcosa di assolutamente imprevisto: non riusciva a
più a staccare le mani dalla spada perché era tutta
impiastricciata di una sostanza appiccicosa gialla che evidentemente
era comparsa quando aveva infranto l’ultimo proiettile. Aveva
abbassato la guardia e ora quei tizi le avrebbero fatto il servizio di
barba e capelli. Con una voglia matta di prendersi a sberle per la sua
cretinaggine aveva voltato loro le spalle e ricominciato a correre come
una pazza cercando nel frattempo di liberarsi le mani, cosa che
riuscì a fare dopo non pochi sforzi. Avrebbe mai rivisto i suoi
bambini, i suoi piccoli angeli? Oddio, piccoli non tanto. Avevano
entrambi diciassette anni perché ,grazie tante, erano gemelli ma
per una madre i propri figli anche quando sono ormai grandi rimangono
sempre “piccoli”. Chissà se avrebbero mai mantenuto
la promessa qualora le fosse accaduto qualcosa. Chissà
…..
I suoi pensieri di madre furono interrotti da uno improvviso spavento e
quindi da una brutta quanto mai sgradita sorpresa: era arrivata
sull’orlo del burrone senza accorgersene e aveva rischiato di
caderci dentro! Sollevando istintivamente le braccia e muovendole
all’indietro riuscì a non perdere l’equilibrio e a
mettersi al sicuro. Dimenticandosi del fatto che la stavano seguendo a
causa dello spavento la donna non continuò a correre anzi si
fece aria alla faccia con la mano mentre l’altra se
l’appoggiava sul petto. Soltanto quando sentì chiudersi
,con la violenza di una morsa, una mano particolarmente robusta sul
braccio sinistro si ricordò di loro e sentì lo
stomacò chiudersi dalla paura assieme ad un indicibile senso di
nausea. Come aveva potuto essere così stupida? Cercò di
difendersi ma adesso il suo aggressore le aveva bloccato tutte e due la
braccia dietro la schiena, impedendole ogni tentativo di difesa mentre
un altro le confiscò la spada. “Adesso che abbiamo finito
di giocare passiamo alle cose serie. Dov’è la
pergamena?” le chiese a bruciapelo l’uomo che teneva
l’arma di Miyuki ma quest’ultima ,lungi dal voler
rispondere, si limitò a dire con un sorriso strafottente
“Provate ad indovinare”, risposta che le fu causa di un
violentissimo schiaffo sul viso, come si poteva notare
dall’arrossamento della guancia e dalla sottile linea di sangue
che le colava dalla bocca macchiandole il viso, di una carnagione
simile a quella delle bambole di porcellana con cui aveva giocato
quando era bambina. Non si lamentò per lo schiaffo, anzi si
comportò come se non l’avesse neanche sentito, cosa che
fece innervosire i suoi aggressori. “Non vuoi parlare? Vedremo se
poi non cambierai idea”; a queste parole la donna lo
guardò in modo interrogativo e leggermente preoccupato.
L’uomo si limitò a ridere insieme agli altri poi la
trascinarono via raggiungendo la Multipla nera inchiostro che era stata
parcheggiata quattro km più in là, la caricarono sopra e
partirono. Miyuki notò subito che non c’era Mina quindi le
venne naturale pensare che non l’avessero catturata. Ne fu
felice, era riuscita almeno a salvare la figlia. Dopo un viaggio di due
ore buone arrivarono davanti a un palazzo particolarmente sontuoso:
chiunque abitasse lì, non gli mancavano certo i soldi. Entrarono
dentro e la donna fece appena in tempo a dare una rapida occhiata in
giro e a notare il lusso che traspariva dappertutto che si trovò
davanti ad un uomo vestito con un abito molto elegante di colore nero,
accompagnato da quello che era inconfondibilmente un samurai dello
stile Kuroi a giudicare dal kimono di colore nero pece. Aveva i capelli
neri e talmente lunghi che gli arrivavano fino al sedere, gli occhi
freddi e dello stesso colore del ghiaccio. Ma fu il ghigno che aveva
stampato in faccia a preoccuparla: sembrava quella di una belva che
pregusta il sapore della preda imminente. Nel restituirgli lo sguardo
le sembrò di averlo già visto da qualche parte ma non si
ricordava dove, qualcosa di molto tempo fa. “I miei omaggi,
signorina Miyuki Ishikawa, io sono Kanemoti. Spero che collabori e che
ci dica quello che vogliamo sapere, altrimenti ci costringerà a
compiere azioni molto spiacevoli, non so se sono stato chiaro” le
parlò l’uomo elegantemente vestito “È stato
chiarissimo e lo sarò anch’io: arrangiatevi” gli
rispose con calma. L’uomo si lasciò sfuggire un sorriso
maligno di fronte a quella risposta. “Ve la siete proprio voluta.
Hikijo!”, il samurai vicino a lui rispose prontamente “Si,
signore”, afferrò brutalmente la donna per un braccio e la
portò in quello che sembrava uno scantinato: c’era un
tavolo al centro della stanza con delle manette vicino ai bordi per le
mani e i piedi, alle pareti stavano appese quelle che
inconfondibilmente erano strumenti di tortura, coltelli e roba simile.
Su un secondo tavolo c’erano barattoli pieni di quelli che
sembravano insetti e rettili: scorpioni, vermi e serpenti velenosi.
Attaccate alla parete ,a sinistra del tavolo, c’erano due manette
mentre in un altro angolo ,precisamente dietro il tavolo, c’era
una cinepresa appoggiata su un cavalletto. L’aria puzzava di
chiuso e dappertutto si era accumulata parecchia polvere e
c’erano ragnatele, segno che quel posto non veniva visitato da
molto tempo. L’uomo interrompendo i suoi pensieri la
convinse ad avvicinarsi al muro, vale a dire la prese di peso e
,ignorando i suoi tentativi di prenderlo a calci e di mordergli la
mano, la bloccò al muro imprigionandole mani e piedi,
precludendole definitivamente qualsiasi possibilità di difesa.
Ignorando le maledizioni lanciatigli contro dalla prigioniera si tolse
la spada, che finì appoggiata in un angolo. Si avvicinò
alla cinepresa spostandola in modo che non si potesse perdere neanche
un particolare di quello che sarebbe accaduto poi si voltò verso
di lei e senza mezzi termini le disse “Non voglio perdere tempo,
quindi ti chiedo subito: sei ancora decisa a non parlare o hai cambiato
idea?” “Non ho cambiato idea” le rispose tranquilla
lei “Benissimo. Peggio per te” rimbeccò tranquillo
Hikijo con un sorriso strano, come se avesse sperato che Miyuki le
rispondesse così. Proprio in quel momento si sentì
bussare alla porta e Hikijo andò ad aprire e sulla soglia
comparve l’elegantone di prima. Questi entrò dentro e
vedendo Miyuki bloccata al tavolo si lasciò sfuggire un piccolo
sorriso maligno “Non è male la pollastrella, varrebbe la
pena farsi con lei un giro ma neanche quella che abbiamo catturato
è male”. A quelle parole Miyuki si sentì come se le
avessero buttato un secchio di acqua ghiacciata addosso, che voleva
dire? Chi era “lei”? Di cosa stava parlando? Di chi stava
parlando? Di sua figlia? Erano riuscite dunque a catturarla? Ma no, era
impossibile, non l’aveva vista da nessuna parte quindi doveva
essere tutto un bluff. Ma certo! Uno sciocco bluff per spaventarla.
“Che volete dire?” chiese comunque con una certa nota di
spavento nella voce ma ricevette in risposta solo un risatina maligna
da parte dei suoi carcerieri, i quali non gli risposero. “La
faccio portare qui prima che i miei uomini si concedano eccessiva
libertà con lei” riprese il riccone e se ne andò,
intanto Hikijo accese la telecamera . Dopo quello che a Miyuki parve un
eternità sentì nuovamente dei passi che si avvicinavano
sempre più alla porta ma questa volta non erano di una sola
persona ma due: uno di questi ,a giudicare dai mugolii e dai suoni, era
una femmina. Quando vide che la maniglia della porta si stava
abbassando per un attimo pregò che con non ci fosse sua Mina;
chiunque altro,chiunque sarebbe andato bene, ma non lei, non sua
figlia! Insieme ad uno sconosciuto entrò ,imbavagliata, una
ragazzina di diciassette anni, la quale indossava un kimono dello
stesso colore di Miyuki (parte superiore bianca, parte bassa grigia) e
aveva lunghi capelli rosso fiamma ,come la madre, che però le
cadevano sulla schiena chiusi in una lunga treccia. Gli occhi erano
grigio ferro, i quali sembravano per effetto delle lacrime sbiaditi
inoltre perdeva sangue dal naso e dai diversi tagli che aveva sul viso.
Riconoscendo in quella ragazza sua figlia Miyuki si sentì come
se il mondo le fosse crollato addosso, non riuscì a spiccicare
neanche una parola in quanto la sorpresa le aveva seccato la gola, in
compenso gli occhi le si riempirono di lacrime. Da parte sua la figlia
la guardava inequivocabilmente con aria triste e non disse nulla.
Passarono circa dieci minuti a fissarsi finchè Hikijo non
ritenne opportuno interrompere il silenzio, “Non mi piace in
genere interrompere le riunioni di famiglia ma avrei un po’
fretta, se non vi dispiace parliamo di cose più serie”
disse con tono beffardo e nel dire ciò trascinò con una
certa brutalità Mina verso la madre. Una volta che l’ebbe
legata saldamente alle braccia, le tolse il bavaglio. Prese dal muro
una pistola e dopo averla caricata, la puntò alla nuca di Mina,
la quale ,sentendo la fredda canna dietro la testa si mise a
tremare mentre altre lacrime le colarono lungo il viso “Se
non mi dici quello che voglio sapere sai già che cosa
accadrà, quindi deciditi” disse in tono secco con una
leggerissima nota di un qualcosa non proprio chiaro; da come aveva
parlato sembrava quasi che sperasse che Miyuki nonostante la minaccia
continuasse a tenere la bocca chiusa e dall’occhiata di Mina
capì che anche la figlia avesse avuto la stessa sensazione.
Quell’uomo voleva a tutti i costi ucciderle a prescindere che
parlassero o meno. Se il segreto non fosse stato così importante
e il desiderio di ucciderle così evidente, avrebbe pure potuto
pensare seriamente all’idea di parlare ma non poteva, anche a
costo della vita sua e di sua figlia. Il segreto era più
importante di loro due. “Mi dispiace, Mina. Non era il futuro che
volevo per te” pensò amaramente guardando la figlia con
aria sia triste che decisa: non poteva farlo. A qualunque costo. La
figlia quando capì il significato di quello sguardo dapprima la
guardò spaventata e come se fosse impazzita ma dopo che chiuse
gli occhi per riflettere fece impercettibilmente cenno di si con la
testa mentre le si poteva vedere negli occhi una nuova luce:
determinazione e coraggio mentre uno strano sorriso incominciava a
comparirle sulle labbra. “Credo che mia madre abbia parlato
più che abbastanza da quando è arrivata qui perciò
adesso parlo io: vai al diavolo”; di fronte a quella risposta
Hikijo invece di arrabbiarsi sorrise trionfante “Era proprio
quello che speravo di sentire” disse mentre il dito premeva il
grilletto: la testa sembrò quasi esploderle mentre uno schizzo
di sangue le fuoriuscì dal cranio con la stessa violenza con cui
le uscì dalla bocca, macchiando il pavimento e parte del muro.
Con gli occhi completamente inespressivi, Mina si accasciò al
suolo, senza più sentire le urla della donna che ,davanti a lei,
adesso urlava disperata ma quest’ultima non fece in tempo a dire
qualcosa poichè sentì una seconda detonazione e poi una
fitta allo stomaco, avvertendo una forte sensazione di nausea.
“Goemon, questo è per mio fratello” disse Hikijo
guardando la telecamera. Quel nome le fece ritornare in mente molti
ricordi legati al fratello. Erano tanti anni che non si vedevano,
né più si spedivano lettere ormai e non sapeva neanche
dell’esistenza di Raffaele e Mina, suoi nipoti. D’altro
canto lei non avrebbe mai più visto suo figlio come lui non
avrebbe mai più rivisto Mina e lei! Al solo pensiero le si
velarono gli occhi ma ricacciò indietro le lacrime, doveva
essere forte! Quanto avrebbe voluto che ci fosse stato suo fratello
lì, l’avrebbe protetta mettendo al tappeto quel buzzurro!
Era sempre stato il migliore tra tutti gli allievi della scuola Kuuki
ed era quindi molto invidiato; non c’era nessuno ,né tra
le femmine né tra i maschi, che potesse anche solo minimamente
batterlo e tutto per una sola ragione: amava ciò che faceva.
Allenarsi con la spada, sentire il sibilo prodotto dalla lama quando
veniva sferrata con tutta forza, imparare a controllare quello stile
così difficile, che pure gli dava tante soddisfazioni, come per
esempio saltare in alto alla pari degli uccelli. Voleva farlo diventare
suo quello stile, farlo diventare parte di se come la spada che gli era
stata regalata come premio per la sua devozione e impegno dal maestro
Shiden. Ma se da un lato questa devozione l’aveva fatto diventare
il beniamino del maestro dall’altro l’aveva fatto diventare
l’oggetto di odio di tutti, soprattutto di Jinkuro.
Quest’ultimo era più bravo di Miyuki stessa e anzi era il
migliore della scuola dopo Goemon ma l’unica cosa che gli
impediva di arrivare alla perfezione era che non ci metteva passione e
in mancanza di meglio detestava il suo rivale, il quale si
offriva sempre di aiutarlo a migliorare ma Jinkuro per orgoglio lo
mandava puntualmente al diavolo. Chissà se era ancora il
più forte, chissà cosa stava facendo in quel momento e
chissà gli altri compagni e il maestro che fine avevano fatto!
Non l’avrebbe mai saputo come probabilmente nessuno avrebbe mai
saputo che fine avessero fatto loro due, ma ne valeva la pena se
serviva a proteggere il segreto, il Grande Segreto. Come
l’avrebbe presa suo fratello quando avrebbe visto quel filmato?
Che domande, male ,ovviamente! Si sentì in dovere di dire
qualcosa, qualche parola che potesse consolare bene o male il fratello
di fronte ad una cosa così orrenda; quando aprì la bocca
si aspettava quasi di dire qualcosa di profondo invece riuscì a
pronunciare un unico “Goemon, ti voglio bene” con le ultime
forze che le restarono prima che finalmente la sua anima abbandonasse
il suo corpo. “E uno!” disse Hikijo con soddisfazione
mentre ,spegnendo la cinepresa, guardava i due cadaveri. La vendetta
,la sua vendetta, era ufficialmente iniziata. “Bene, caro
Hikijo vedo che la tua vendetta è iniziata bene”
esclamò il ricco signore accendendosi un grosso sigaro mentre
guardava il suo protetto bagnare di benzina i due cadaveri “Si,
è iniziata molto bene. Adesso bisogna spedire il filmato”
rispose pacato questi accendendo un fiammifero e buttandolo sui
cadaveri, che in un attimo presero fuoco.
(Casa Ishikawa) “Chissà che fine avranno fatto quelle due
matte. Io comincio ad avere fame, accidenti!” sbraitò il
ragazzino albino dai lunghi capelli rasta che ,seduto in cucina, stava
ormai da un ora buona a fissare l’orologio contando i minuti,
sperando ad ogni secondo di sentire la porta aprirsi e vedere sulla
soglia sua madre e sua sorella “Mamma, Mina! Muovetevi a tornare
che io ho fame, accidenti!” urlò ancora stavolta
accompagnato dallo stomaco, che forse si era sentito in dovere di
confermare le parole del suo giovane proprietario. Quelle due erano
uscite alle 16.30 per allenarsi come al solito e non erano ancora
tornate e lui quella volta non aveva voluto seguirle: non aveva voglia
di allenarsi con la spada preferendo eseguire a casa esercizi per
rinforzare maggiormente le gambe e braccia, che erano già
abbastanza sviluppate per un ragazzo della sua età, come
conveniva ai ragazzi dello stile Tuti. Ma che diavolo era successo?
Perché non tornavano? Se fosse accaduto qualcosa lo avrebbero
avvisato, no? Probabilmente avevano semplicemente voluto prolungare
l’allenamento. “Una cosa è sicura ,commentò
improvvisamente Raffaele alzandosi dalla sedia su cui si era
precedentemente seduto e dirigendosi con aria decisa verso i fornelli,
quando tornano farò loro un bel discorsetto e poi mangeranno. Io
non aspetto più” e dicendo questo accese il gas, prese un
uovo insieme a un pacchetto di wurstel e cominciò a friggerli,
il suo piatto preferito. Poi prese una pentola piena d’acqua e la
mise a bollire, andando poi a prendere una confezione di riso e tutto
l’occorrente per fare il riso saltato, il piatto preferito di sua
madre e sua sorella. Poiché l’uovo e l’acqua ci
avrebbero messo un po’ decise per ingannare il tempo di spostarsi
in salotto per guardare la TV, accese il video e si sedette sul divano;
sullo schermo apparve il mezzo busto di un uomo che dopo aver
pronunciato il suo obsoleto saluto con un immancabile sorriso untuoso
,che tante volte aveva fatto nascere in Raffaele la voglia di prenderlo
a calci, disse ,presentando un immagine comparsa affianco a lui in alto
alla sua sinistra, nel quale Raffaele dapprima non riuscì a
capire che cosa fosse l’oggetto o meglio fossero le due cose
inquadrate al centro dalla telecamera, “Un omicidio duplice ed
efferato avvenuto nei pressi di Teshio”; a quelle parole Raffaele
si sentì come se qualcuno l’avesse colpito con una padella
in faccia. Era il luogo in cui sua sorella e sua madre si erano andate
ad allenare! Rimase lì seduto come un ebete a fissare lo schermo
senza più preoccuparsi della padella che stava cominciando a
riempire di fumo la cucina. “Non è possibile, no, non ci
credo” balbettò Raffaele mordendosi a sangue la mani
cercando con difficoltà di trattenere le lacrime che gli avevano
riempito prepotentemente gli occhi quando aveva riconosciuto i cadaveri
semi-carbonizzati dei suoi familiari: ecco spiegato il loro ritardo e
pensare che lui venti minuti fa non aveva fatto altro che imprecare a
loro indirizzo! Si sentì improvvisamente in colpa per questo ma
non c’era tempo: doveva immediatamente abbandonare la casa ,anzi
doveva abbandonare quella stessa notte il Giappone per andare
dall’unico in grado di aiutarlo: suo zio. Lui certamente non si
sarebbe rifiutato di aiutarlo. Era samurai anche lui, no? Tra le
lettere che aveva spedito a sua madre in una sicuramente aveva scritto
dove viveva, certo non aveva scritto l’indirizzo ma sarebbe
bastato magari chiedere come estrema ratio aiuto alla polizia e lo
avrebbe trovato in un battibaleno. Nel bel mezzo delle sue riflessioni
gli arrivò la puzza di bruciato alle nari e solo allora
capì che quella che avrebbe dovuto essere la sua
“deliziosa cena” era ormai cotta e pronta per essere non
mangiata ma buttata nell’ immondizia. Sperando di poter salvare
ancora il salvabile con uno scatto chiuse la televisione poi corse
dritto sparato in cucina, chiuse fornello e gas poi afferrò la
padella e cercò di grattare via almeno i wurstel ma anche quelli
avevano fatto la stessa fine dell’uovo. “Che serata di
merda” pensò Raffaele mentre osservava il cibo finire
nell’immondizia. Cercando di rimanere calmo il più
possibile nonostante lo pervadesse una grande tristezza, si diresse a
passo veloce in camera sua, prese dall’armadio un borsone
abbastanza grande per fare da valigia e cominciò velocemente a
riempirla di tutti suoi averi alla rinfusa, tanto in quella casa non ci
sarebbe tornato tanto presto. Dopo averci sistemato tutti i suoi
indumenti, gli oggetti che sentimentalmente avevano valore per lui e
anche oggetti che potevano servirgli nel compito da svolgere: un
rampino e degli oggetti che sembravano stelle di ferro, andò in
camera di sua sorella e seguendo il consiglio che in quel momento gli
dettava il cervello ,per quanto gli sembrasse strano, prese una camicia
bianca insieme ad un tailleur nero. Poi diede un occhiata ,chiaramente
con il dovuto rispetto, nei cassetti alla ricerca di qualcosa che
potesse in caso di bisogno essergli utile e finì con il trovare
quella che sembrava essere una parrucca bionda, ben fatta e
probabilmente era stata usata dalla sorella nelle feste in maschera; se
la sistemò in testa e, vedendo che gli stava bene e che era
anche molto realistica decise di portarsela con sé, forse lo
avrebbe aiutato. Andò in camera da letto della madre,
aprì il secondo cassetto dell’armadio trovando: un
scatolina contenente i soldi americani che la madre si era sempre
conservata da quando si era fatto quel viaggio in America con i suoi
genitori, quando aveva sette anni. Avendoci trascorso un mese e mezzo
lì, aveva anche imparato bene la lingua, tant’è
vero che l’aveva insegnata anche ai suoi figli, nel caso si fosse
presentata una particolare situazione, che era proprio quella che
Raffaele adesso stava vivendo. C’era poi la busta in cui
c’erano conservate tutte le lettere e le prese insieme alla
scatola con dentro quello che la madre e sua sorella avevano protetto a
costo della vita: era un cofanetto blu chiaro ritraente su tutti i lati
immagini di angeli trascinati dolcemente dal vento. Lo prese con
delicatezza e stava per sistemarlo nella valigia quando un improvviso
dubbio gli si affacciò al cervello: e se Goemon si fosse
rifiutato di accoglierlo, se non gli avesse creduto, che cosa avrebbe
potuto dirgli per convincerlo? Non poteva dirgli unicamente che lui
fosse suo nipote per farsi credere, giusto? Cosa avrebbe potuto dirgli
per convincerlo? Niente, niente di niente in quanto la mamma non gli
aveva rivelato qualcosa di utile che potesse aiutarlo in una simile
situazione. “Ma allora che senso ha andare da lui?” si
chiese sedendosi sul letto e finendo come in una specie di trance. Non
seppe neppure lui stesso dire per quanto tempo era rimasto seduto sul
letto a coprirsi la faccia con le mani però era sicuro che fosse
stato quel rumore che si sentiva su per le scale a metterlo in allarme:
bisbigli e passi di gente ,molta gente, che stava cercando di non farsi
sentire. A quel punto non aveva scelta, doveva comunque partire. Come
un automa si alzò dal letto, infilò il cofanetto nel
borsone mettendoselo poi a tracolla e si diresse verso l’ingresso
cercando di muoversi con passo di velluto, si sistemò proprio
vicino alla porta con una mano sull’interruttore e con
l’altra sulla maniglia vicino a cui c’erano appese le
chiavi di casa; così sistemato cominciò ad aspettare che
i suoi sgraditi visitatori si facessero vivi. Non dovette aspettare a
lungo: dall’altra parte della porta qualcuno prima bussò,
pazientò un poco per poi sbottare in questa minaccia
“Ohè ragazzino, sappiamo che sei lì dentro come
sappiamo che sei solo, consegnaci la pergamena e non ti faremo del
male” “Entrate voi, se ci riuscite. Io non vi apro.”
non appena smise di pronunciare queste parole la porta fu scossa da un
numero imprecisato di spallate, che si fecero sempre più
violente finchè Raffaele approfittando dell’ intervallo di
tempo tra un colpo e l’altro chiuse di scatto la luce e quando fu
assolutamente sicuro che in quel momento tutti i suoi aggressori si
stessero scagliando insieme contro la porta, l’aprì di
scatto, con il risultato che un nutrito gruppo di sconosciuti armati
fino ai denti entrò nella casa ruzzolando. Approfittando del
vantaggio uscì fuori e li chiuse dentro, poi scese velocemente
le scale dirigendosi in cantina, in cui c’era sistemato il suo
motorino. Lo accese, si infilò il casco e partì a razzo
verso il più vicino aeroporto, in cui si fece rapidamente dare
un biglietto per raggiungere la cosiddetta Città dei
Grattacieli. La donna dei biglietti dopo avergli lanciato un occhiata
perplessa ,probabilmente a causa dei suoi indumenti, gli disse che era
stato fortunato poiché c’era rimasto un solo posto,
proprio vicino al finestrino. Nel raggiungere il suo posto ebbe modo di
notare che tutti i passeggeri lo stavano fissando stupefatti e sorrise
tra sé, era abituato agli sguardi stravaganti di coloro che lo
circondavano e sinceramente non poteva dare loro torto: indossava un
kimono color terra, di cui aveva sempre indossato solo il pantalone,
preferendo allacciarsi la parte superiore dell’uniforme attorno
alla vita, lasciando il torso nudo e quindi visibile un corpo ben
scolpito. Una cosa normale nelle sua scuola visto che lo facevano
tutti, anche il maestro. Aveva una spada appesa alla schiena, un
boomerang di ferro perfettamente funzionante appeso al collo,
aveva dei muscoli eccessivamente sviluppati e tutto questo, unito al
colore e alla acconciatura dei suoi capelli (bianchi,lunghi fino alle
spalle, rasta e in più tenuti fermi da una bandana rossa) e i
suoi lineamenti duri come una roccia che gli conferivano sempre un
espressione severa, anche quando non era di cattivo umore era fin
troppo chiaro perché diventasse un personaggio abbastanza
interessante e curioso agli altri. Cercando di comportarsi normalmente
si andò a sedere al suo posto, vicino ad una vecchia signora che
leggeva un depliant, la quale ,sentendo che qualcuno si era avvicinato
a lei, sollevò lo sguardo dal depliant dapprima con un garbato
sorriso, ma la sua espressione cordiale si squagliò quasi subito
di fronte all’apparizione di quel colosso che non era altri che
Raffaele. La vecchia rimase imbambolata per un attimo a fissarlo ma poi
con uno scrollone continuò a leggere quel che aveva in mano,
senza più preoccuparsi di lui. Raffaele una volta sedutosi e
sistemato il borsone davanti ai suoi piedi si diede un occhiata in giro
come se volesse assicurarsi che nessuno lo stesse ancora fissando e
notò che solo la coppia proprio seduta dietro lo stava
continuando ad osservare, con evidente interesse: uno era un uomo
vestito con un abito da sera, asciutto e sbarbato mentre l’altro
,altrettanto magro, indossava un kimono nero inchiostro “Un
samurai dello stile Kuroi,probabilmente” pensò il giovane
e c’era tra l’altro qualcosa che gli copriva la schiena e
terminava sotto il sedere, a mo di cuscino. Dopo averlo osservato bene
e benché non ne fosse completamente sicuro, Raffaele
arrivò alla conclusione che quella cosa che penzolava dietro la
schiena non fossero altro che i suoi stessi capelli, i quali erano
così lunghi e neri da poter tranquillamente fare da cuscino, e
questo spiegava su che cosa si era seduto l’uomo. Senza voler
indagare oltre Raffaele si girò e cominciò ad aspettare
che l’aereo partisse. Quando finalmente sentì
l’aereo staccarsi da terra (ore 10.00) si sentì veramente
al sicuro: una parte della missione l’aveva compiuta e adesso
doveva soltanto riposare poiché l’aereo avrebbe impiegato
diverse ore per arrivare a destinazione; quando sarebbe venuto il
momento si sarebbe anche preoccupato del resto. Senza pensare
più a niente si appoggiò sul poggiatesta e dopo una
ventina di minuti che l’aereo era partito si poteva vedere
Raffaele dormire tranquillamente sebbene avesse il viso luccicante di
lacrime. “Addio Giappone, addio”.
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Capitolo 3 *** Raffaele ***
Raffaele
Dopo un breve segnale acustico si sentì dal megafono una voce
dolce e morbida espandersi nello scompartimento e svegliare dolcemente
tutti i passeggeri con un “Buongiorno a tutti i passeggeri! Tra
cinque minuti vi verrà portata la colazione. Informiamo
altresì i signori passeggeri che arriveremo a destinazione tra
un ora esatta” “Se è tra un ora, è meglio che
mi metta a dare un occhiata ad una delle lettere” pensò
Raffaele mentre infilava una mano nel borsone e ne tirava fuori un
plico, prese la seconda lettera e cominciò a leggerla.
“Cara Miyuki ,o forse farei
bene a chiamarti come ti chiamava la mamma, cioè “piccolo
tulipano”, come ti vanno le cose laggiù? È da un
pezzo che non ci scriviamo,
stai bene e sei felice? Queste due
sono le cose più importanti che voglio sapere, anche se so che
quando leggerai questa mia penserai a “Ma perché me lo
chiede? Non sono cose importanti”. Non sono importanti per te ma
lo sono almeno per me, che purtroppo non ti vedo da molto tempo e
proprio per questo ho ancora di più a cuore la tua salute. Ti
voglio bene, penso sempre a te, non passa giorno in cui mi dimentico di
rivolgerti un pensiero affettuoso, di pensare a te e al tuo dolce
sorriso, alla grinta e coraggio che nostra madre ti ha trasmesso e che
tu sai tirare fuori nei momenti giusti. Io qui sto bene, continuo ad
allenarmi per raggiungere il mio scopo e ho conosciuto un paio di amici
veramente in gamba, qualora un giorno io o tu volessimo vederci te li
farò conoscere, sono sicuro che ti saranno simpatici. Prima che
mi dimentichi, ti racconto una cosa molto particolare: uno di questi
due è proprio la persona che il mio vecchio maestro dello stile
Hi ,Momochi, mi aveva incaricato di uccidere. Ti ricordi? Nella mia
prima lettera ti ho scritto che il maestro voleva che uccidessi un
certo Lupin III per motivi in quel momento a me ignoti, adesso so
perché: il maestro si era accorto che l’avevo superato;
non volendo accettarlo, mi affidò questa missione sperando che
morissi ma alla fine a restarci secco è stato lui. Ora
teoricamente potrei sostituirlo io come maestro a tutti gli effetti
nella sua scuola, ma non voglio, lascio il titolo a qualcun altro.
L’altra persona è un pistolero di prima categoria, il
migliore di queste parti, e probabilmente alla prima occhiata ti
sembrerà uno che….abbia la puzza sotto il naso, hai
capito? Non ti preoccupare, è solo burbero e un po’
diffidente nei confronti delle donne ma ti assicuro che è un
brav’uomo, un tipo buono e generoso,naturalmente se impari a
conoscerlo bene. Nessuno dei due è samurai,come avrai già
capito,mia dolce sorella, ma sono grandi amici per me,e anche se so che
non lo ammetterò mai mi sono molto affezionato a loro. Certo,
questo non toglie naturalmente nulla all’affetto che provo per
te. Confidando nel vederti presto,mio dolce piccolo tulipano, a davvero
molto presto, tuo Goemon.”
“Santo cielo! Come farò a dargli questa
notizia?” sussurrò Raffaele mentre le mani stringevano la
lettera fino a sgualcirla; non aveva mai pensato che lo zio potesse
scrivere qualcosa di simile visto che la mamma ne parlava sempre come
un tipo molto chiuso! Come avrebbe fatto a dirgli che non avrebbe mai
più rivisto sua sorella? La amava così tanto!
“La colazione!” cinguettò in quel momento
l’hostess porgendogli un caffè e una brioche che lui
divorò senza alcun gusto, troppo occupato a riflettere su quel
che aveva letto; ormai ad angustiarlo non era più tanto il
problema di come si sarebbe fatto riconoscere. Come avrebbe fatto a
dire quel che era successo? Con che coraggio avrebbe dato una tale
batosta a suo zio? Raffaele ringraziò Dio in cuor suo che Goemon
avesse due amici, i quali sicuramente lo avrebbero aiutato a superare
il dramma, se ci sarebbe stato il tempo poiché non appena
arrivato avrebbe dovuto spiegargli quel che doveva essere fatto
immediatamente e sperare che non si opponesse. Se non fosse stato per
il fatto che comunque era troppo giovane sarebbe direttamente partito
senza coinvolgere lo zio ma ciò non era assolutamente possibile
e lui lo sapeva fin troppo bene: quel che gli era stato affidato era
una cosa che coinvolgeva tutti i samurai della categoria Hikari, non
solo lui. “Speriamo di riuscire ad assolvere la missione”
pregò Raffaele mentre l’aereo cominciava la manovra di
atterraggio e dopo cinque minuti fermarsi. Come tutti gli altri
passeggeri si cominciò a preparare a scendere: infilò la
lettera nel plico, prese il borsone infilandoselo nuovamente a
tracolla e mentre si afferrava saldamente al bracciolo del sedile
poichè l’aereo aveva cominciato a sbandare un po’
ebbe modo di notare ,senza farsi scoprire, che il signore dietro di
lui, quello dalla folta chioma, gli stava lanciando un'altra occhiata
interessata; chissà che accidenti aveva per guardarlo con tanta
primordiale attenzione. “Forse è gay e gli piaccio”
pensò con una appena accennata risatina mentre si avvicinava al
portellone la scaletta. Qui gli arrivò una ventata di aria
fresca insieme ad una specie di scarica elettrica che gli percorse
tutto il corpo: adesso la sua missione era realmente iniziata. Si
sentiva un po’ come quegli eroi di cui aveva letto le storie
quando era bambino: un ragazzo a prima vista come tanti ma che invece
portava su di sé un terribile segreto e la cosa gli avrebbe
fatto anche piacere se non fosse per il fatto che per quel segreto le
due persone più care che aveva mai avuto erano morte in un modo
barbaro; ma doveva farsi forza. Non poteva arrendersi proprio ora,non
poteva permettersi il lusso di lasciare che il dolore lo sbattesse a
terra. Doveva reagire!
“Bene, adesso cerchiamo un taxi, andiamo prima in banca a
cambiare i soldi e poi andiamo dalla polizia” disse senza
rendersi conto che aveva praticamente urlato e che i passeggeri sia
dietro che davanti a lui lo stavano guardando sbalorditi e preoccupati,
soltanto quando si accorse che si erano tutti bloccati capì di
aver espresso ad alta voce il suo pensiero e divenne di bragia.
“Bel modo di cominciare! Proprio alla Raffaele!”
pensò alquanto infastidito il giovane, il quale ,cercando di
comportarsi come se non fosse accaduto niente, scese le scalette ed
entrò dentro la stazione, cominciando a cercare l’uscita
seguendo le indicazioni in inglese. Era così concentrato che non
fece caso al fatto di essere seguito dalla coppia incontrata
sull’ aereo. Questi ultimi bisbigliavano tra di loro e a
giudicare dalle loro gestualità era proprio Raffaele
l’oggetto della loro discussione. Lo seguirono fuori e quando
videro che chiamava un taxi fecero la stessa cosa, ordinando al loro
taxista di seguirlo ,ovviamente senza farsene accorgere, con la
promessa di una grossa ricompensa. Dopo un tragitto di un quarto
d’ora si fermarono davanti ad una banca, “Probabilmente
vorrà cambiare i soldi che ha con sé in dollari”
sibilò l’uomo dai capelli neri lunghi che ,insieme al suo
compagno, vide Raffaele prendere il borsone, fare qualcosa che nessuno
dei due riuscì a vedere, sporgersi dal suo sedile, parlare con
l’autista che dopo un attimo annuì e poi lo videro
scendere dalla macchina ed entrare nelle banca. “Aspettiamo che
quel babbeo esca, adesso” disse accendendosi una sigaretta il
compagno di Hikijo, il quale annuì nervosamente pensando al
resto del piano e a quello che avevano fatto. Non era stato tanto
difficile scoprire dove abitasse la famiglia di Miyuki, e quella notte
in cui Raffaele era scappato loro due erano appostati lì, lo
avevano preceduto nell’arrivare all’aeroporto ,prendendo
una scorciatoia ignota al ragazzo, riuscendo a salire sull’aereo
e convincere ,sempre mediante i soldi, la bigliettaia
dell’aeroporto a far sì che quando arrivasse lui ci fosse
un posto libero. Quante cose si dovevano ancora fare per la vendetta,
la sua vendetta, quella vendetta che gli avrebbe risanato la ferita che
Goemon gli aveva inferto nel cuore senza pietà. Quella volta era
stato lui, Hikijo, a soffrire ma ora……
“Non credi che ci stia mettendo troppo?” borbottò
improvvisamente il suo compagno facendosi improvvisamente serio
“Mh?” “È da troppo tempo che è
lì dentro, neanche se ci fosse la coda… ma aspetta, che
fa quello?” esclamò sporgendosi bruscamente in avanti,
Hikijo fece la stessa cosa e ciò che vide lo costrinse a
scambiarsi una rapida occhiata con il suo complice e scendere
rapidamente dalla macchina: il taxi di Raffaele proprio in quel momento
se ne era andato. I due si precipitarono dentro la banca e non
vedendolo chiesero ai bancari dove fosse ottenendo in riposta:
“Il ragazzo che cercate è da un pezzo che ha cambiato i
soldi, sarà stato qualcosa come un quarto d’ora fa”
“Merda, c’ha fregati! ,ringhiò Hikijo mordendosi i
pugni, e adesso come facciamo? La polizia non può aiutarlo a
rintracciare Goemon e se noi non lo teniamo d’occhio non possiamo
andare avanti col piano. E adesso?” “E adesso non
preoccuparti, ci penso io. Credo di sapere dove sia andato,
seguimi” e dicendo questo uscirono dalla banca, salirono sul taxi
e partirono con una certa fretta. Proprio in quel momento, a due km da
lì un ragazzo o una ragazza ,non si riusciva a capire bene, a
causa del berretto in testa ben calato sugli occhi,in ogni caso aveva i
capelli biondi, si stava dirigendo verso l’ormai vicino posto di
polizia. Era stato bravo ad accorgersi che quei due lo stavano
tallonando ma il modo in cui si era liberato di loro era a dir poco
geniale! Si era reso conto che lo stavano seguendo proprio grazie
all’autista che senza voltarsi indietro gli aveva detto
“Quelli di dietro ci stanno seguendo”; lui stava per
voltarsi ma l’autista ,come se gli avesse letto nel pensiero, gli
aveva bruscamente detto “Non ti voltare, altrimenti lo
capiranno”. Poi non gli aveva più rivolto la parola ma
aveva rallentato l’andatura, permettendo ad Raffaele di
raccogliere le idee. Già davanti alla banca gli era chiaro
quello che doveva fare: aveva preso il borsone, preso i soldi americani
che già aveva pronti,li aveva passati all’autista quando
si era sporto in avanti e gli aveva anche chiesto di aspettare qualcosa
come un quarto d’ora, per dargli il tempo di scappare, e poi
poteva anche andarsene. Lui aveva accettato. Una volta dentro la banca
si era fatto rapidamente cambiare i soldi, era andato in bagno e si era
cambiato i vestiti, mettendosi quelli della sorella insieme alla
parrucca, sotto cui aveva nascosto mediante le forcine i suoi veri
capelli, poi si era infilato il suo berretto e aveva affrontato la
prova del fuoco con calma, camminando tranquillamente e con sicurezza.
Il trucco era riuscito, difatti li aveva seminati! Sua madre sarebbe
stata molto orgogliosa di lui se avesse saputo come aveva gestito la
situazione! Già, se fosse stata ancora viva……
“Buongiorno, avrei bisogno di aiuto, per favore. Sono appena
arrivato qui dal Giappone e dovrei trovare una persona, però non
so dove abiti.” il poliziotto a cui si era rivolto per tutta
risposta lo guardò con aria abbastanza perplessa e
cominciò a girargli intorno, osservandolo con tale attenzione da
spingere Raffaele a chiedergli, incerto “Scusi, ma che sta
facendo?” per tutta risposta quello si fece paonazzo in faccia,
“Mi scusi” riuscì a balbettare e senza guardarlo in
faccia, forse per l’imbarazzo, lo portò in un ufficio,
dicendo di aspettare l’ispettore, che sarebbe arrivato subito. Lo
lasciò lì nell’ufficio chiudendosi dietro la porta.
“Ma che diavolo gli sarà preso?” pensò
Raffaele ancora più perplesso grattandosi la testa ,poi, senza
più voler dare pensiero alla cosa appoggiò vicino alla
scrivania il borsone poi si diede un occhiata intorno facendo scivolare
lo sguardo su tutto quello che lo circondava: chiunque lavorasse
lì, era sicuramente un tipo abbastanza austero in quanto davanti
a lui c’era una scrivania, piena di quelli che sembravano ordini
d’arresto, una aveva la grossa foto di un uomo. Dietro la
scrivania era appeso un grosso specchio, che gli fece capire
immediatamente perché il poliziotto di prima lo avesse guardato
stupefatto: non si era tolto il travestimento e aveva parlato con voce
maschile. “Madonna, ma che è oggi? Non ne faccio una che
sia giusta!” esclamò togliendosi velocemente il tailleur e
la parrucca affrettandosi ad indossare il kimono e liberare i capelli;
per un attimo pensò di rimettersi anche la spada ma dopo un
minuto passato a rigirarsela fra le mani decise di no, in quanto
lì in America sapeva che per oggetti simili era necessario il
porto d’armi e lui naturalmente non c’è
l’aveva in quanto non ne aveva mai avuto bisogno in Giappone. La
sistemò nel borsone e aveva appena fatto in tempo a chiudere la
cerniera quando sentì improvvisamente un rumore provenire
,almeno così gli sembrò, da fuori; per lo spavento si
alzò così bruscamente che andò a sbattere con
violenza inaudita la testa contro lo spigolo della scrivania: gli si
annebbiò momentaneamente la vista avendo contemporaneamente la
sensazione di vedere le stelle girargli attorno alla testa. Mentre si
massaggiava il punto colpito notò che uno dei fogli sulla
scrivania era caduto per terra a causa del colpo, lo prese e fece per
rimetterlo a posto quando un particolare lo bloccò e lo spinse a
leggere: sulla parte centrale del foglio c’era il mezzobusto di
un uomo (giacca rosso cremisi, camicia blu scuro e cravatta gialla,
sguardo intelligente e furbetto su una faccia da scimmia) con sotto
scritto un nome che riconobbe subito in quanto era stato citato
nella famosa lettera: Lupin III. Era quello l’amico di Goemon? Un
ladro? E adesso che diavolo avrebbe detto all’ispettore quando
sarebbe arrivato? “Salve signor ispettore, sono appena arrivato
dal Giappone e sto cercando una persona. È un mio parente ed
è ,a quanto mi risulta in questo momento, un amico di un ladro
che ,a giudicare da questi fogli presenti sul vostro tavolo, lei
dovrebbe arrestare”, proprio questo doveva dirgli!
“E adesso che faccio?” pensò Raffaele guardandosi
velocemente intorno cercando posto in cui potesse nascondere il foglio;
non osava rimetterlo sulla scrivania in quanto aveva la strana
sensazione che se l’avesse fatto qualcuno se ne sarebbe accorto.
Lo sguardo gli cadde sul borsone e allora con uno scatto ce lo
infilò dentro proprio quando la porta dietro di lui si
aprì. Cercando di mostrarsi calmo e di non assumere uno sguardo
colpevole si voltò con calma e vide sulla porta un uomo
abbastanza alto che lo superava ad occhio e croce di 5 cm buoni
(Raffaele era alto un 1,65). L’uomo forse amava il colore marrone
chiaro in quanto tutto ciò che indossava: il completo, il
pastrano e anche il cappello ,eccetto la camicia, che era bianca, era
tutto di colore marrone; il vestito gli fasciava il corpo mettendo il
risalto la muscolatura delle gambe e delle braccia. Aveva un
espressione molto seria ma non scostante, che incuteva comunque un
certo rispetto difatti Raffaele fu preso da un improvviso attacco di
timidezza guardandolo negli occhi tant’è vero che non
seppe cosa dire perciò rimase in silenzio a fissarsi le scarpe.
Passò un minuto di assoluto e imbarazzante silenzio, che fu poi
rotto dallo sconosciuto che ,senza dar peso all’imbarazzo del
ragazzo salutò per primo tendendo la mano, che fu subito
stretta; “Buongiorno, io sono l’ispettore Zenigata. Mi
è stato detto che sei appena arrivato dal Giappone e stai
cercando una persona, che però non sai dove abiti, è
corretto?” “Si, è esatto, signore.”
“Bene, è meglio se ci sediamo e che mi racconti tutto con
calma.” gli indicò la sedia davanti alla scrivania mentre
lui si sedette con calma sulla poltrona posizionata dietro la
scrivania. A quel punto Raffaele cominciò a sudare freddo: che
accidenti gli poteva dire? Non poteva certo raccontargli che Goemon
fosse amico di un ladro, no? Se avesse fatto così probabilmente
avrebbe dovuto parlargli anche del Grande Segreto per convincerlo a
lasciar stare lo zio ma ciò non era possibile, era meglio non
coinvolgere estranei. Ma allora che poteva fare? “Ebbene?”
riprese l’uomo seduto davanti a lui adesso con una vaga traccia
di perplessità in volto che non fece altro che aumentare
l’imbarazzo di Raffaele, il quale non sapeva come sbrogliarsela.
“Ecco….io…” cominciò ma in quel
momento entrò un poliziotto che ,dopo aver fatto il saluto,
parlò rivolgendosi al suo superiore “Mi scusi, ispettore
ma qui fuori ci sono due tipi che desiderano parlarle, è molto
urgente.” “Molto bene, arrivo subito. Scusami.” disse
rivolto a Raffaele il quale fece un cenno con una mano per dire: non si
preoccupi, non è un problema. I due uscirono lasciando solo
Raffaele che d’istinto si alzò anche lui e spiò
dalle tapparelle appese alla porta chi fossero coloro che avevano
richiesto l’ispettore: rimase per un attimo come paralizzato a
guardare per poi con un movimento veloce afferrare il borsone,
avvicinarsi alla finestra che stava alla sua sinistra, aprirla e
scendere da lì. “Per fortuna siamo al piano terra”
pensò Raffaele mentre i suoi piedi toccavano il terreno per poi
portarlo velocemente lontano dal commissariato. “Va bene, ho
capito signor Kanemoti. Lupin non riuscirà nemmeno ad
avvicinarsi alla sua villa” “Lo spero tanto, signor
ispettore” rispose un uomo elegantemente vestito accompagnato da
un samurai.
Intanto in un altro posto, per esattezza a 5 km da lì, in una
villa molto accogliente, tre uomini erano riuniti intorno al
tavolo sulla veranda, da cui si vedeva in lontananza la città
sia pure con una certa difficoltà, visto che era coperta dalle
scale che permettevano di salire al primo piano, e chini su quella che
sembrava la piantina di una villa. Stavano discutendo. Quello che
sembrava il capo ,un uomo sui quarantacinque con la giacca rosso
cremisi, camicia blu, cravatta gialla, pantaloni bianchi e clarks nere
ai piedi, stava esponendo il suo piano agli altri due che lo
ascoltavano con la dovuta attenzione. Uno era inequivocabilmente un
samurai in quanto indossava un kimono con la parte superiore di colore
bianco mentre i pantaloni erano grigio. Aveva una spada in mano mentre
l’altro compagno sembrava più un addetto delle pompe
funebri perché a parte la camicia azzurra tutto quello che
indossava ,a partire dal completo al cappello, era di colore nero.
Aveva in bocca una sigaretta accesa tutta storta mentre il cappello gli
scendeva sul viso coprendogli gli occhi in modo che non si riusciva a
vederne il colore, comunque erano dello stesso colore dei capelli e
della barba che gli incorniciava il volto per terminare in una specie
di ciuffo sul mento: nero pece. Aveva un aria molto distaccata e fredda
come il samurai. “Allora, ragazzi avete capito cosa dovete
fare?” chiese l’uomo con la giacca rossa e di fronte al
cenno affermativo dei suoi due complici sorrise soddisfatto: se tutti
avessero fatto diligentemente la loro parte il colpo sarebbe riuscito.
“Va bene, ragazzi. Ci muoveremo quando avremo trovato un uomo
disposto ad aiutarci, cercate un po’ dappertutto” “Di
solito chiedi aiuto a Fujiko ma perché almeno questa volta non
la tieni fuori?” “Perché ,mio caro Jigen, questa
volta si tratta di un colpo troppo appetitoso, ho bisogno di lei
,spiegherò poi il perché, e stavolta non mi
lascerò fregare” “Speravo che stavolta tu volessi
adoperare un po’ di buonsenso” “Non penserai mica che
io sia completamente rimbambito, no?” “A dire il vero
si” “Jigen!!” “Scherzavo” rispose
sorridendo l’uomo vestito di nero alzando le mani in segno di
resa mentre il samurai a sua volta si concesse un’ innocente
risata prima di alzarsi dalla sedia e uscire fuori. “Va bene
ragazzi, ci vediamo dopo.” riprese Lupin alzandosi dalla sedia
“E tu che farai?” chiese l’uomo chiamato Jigen
alzandosi a sua volta “Io? Beh, mio caro, credo che andrò
a fare una bella visitina alla mia dolce Fujiko” “Mah, sei
proprio irrecuperabile” rispose Jigen con un gesto di stizza
“Perché tu non credi nell’amore, mio caro!”
“Molta gente è finita male per averci creduto.”
rispose lui mentre scendeva le scale “Io ne so qualcosa” si
disse con amarezza prima di incamminarsi verso una non definita meta.
Angelica.. Karen…Caterine…Linda…Barbara
“Ma come accidenti avranno fatto a capire che stavo
lì?” pensò Raffaele fermandosi a riprendere fiato
davanti a quello che sembrava un pub di infimo ordine; gli
sembrò davvero inspiegabile che i suoi due inseguitori avessero
capito che si sarebbe diretto al commissariato, almeno fin quando non
si ricordò della figuraccia fatta mentre scendeva
dall’aereo e capì che probabilmente i suoi nemici lo
avevano sentito grazie a quel inconveniente. “Sono proprio cotto
a puntino ora! Come faccio?” pensò sconsolato e rabbioso
mentre entrava nel pub senza evidentemente ricordarsi della clientela
che lo frequentava. Il posto non era proprio un granchè: era
scarsamente illuminato, il pavimento aveva visto pochissime volte se
non addirittura mai lo spazzolone, i tavoli non erano da meno e come se
non bastasse il barista ,assieme ai clienti, non aveva né
l’aria dell’uomo onesto né di quello che aveva in
simpatia le facce nuove difatti quando Raffaele entrò tutti
smisero di preoccuparsi delle loro occupazioni per osservare con poca
simpatia il nuovo arrivato; l’unico a non mostrare interesse per
il nuovo arrivato era il cliente appoggiato al bancone, che si stava
tranquillamente scolando un whisky. Senza preoccuparsi dell’
attenzione che aveva provocato con il suo ingresso si avvicinò
con noncuranza al banco e ordinò una birra con tono tranquillo.
Il barista dopo avergli lanciato un aria indagatrice gli servì
la birra che fu fatta scomparire in sole due abbondanti sorsate, aveva
evidentemente proprio sete e d’altronde la bevanda era fredda e
ghiacciata perfettamente. Mentre la birra gli scendeva giù per
la gola facendogli provare quel piacevole bruciore che conosceva ormai
troppo bene Raffaele si ricordò dell’ordine di cattura,
“Mi scusi” iniziò rivolto al barista che si era un
attimo allontanato da lui “Per cosa?” rispose lui
sollevando lo sguardo dall’altro cliente che aveva nuovamente
chiesto un whisky “Sto cercando una persona, forse lei sa dove
abita?” “No, a meno che non mi dici qual è il suo
nome” “Si chiama Lupin III” rispose tenendo
d’occhio l’uomo alla sua destra, che si bloccò con
il bicchiere a mezz’aria per poi appoggiarlo sul bancone e
rimanere in silenzio. “No, non so dove abiti, mi dispiace.”
rispose il barista indifferente ma lanciando occhiate molto
significative all’indirizzo del cliente vestito di nero, il quale
appoggiò con calma sul bancone una banconota per poi dirigersi
verso l’uscita. “Grazie” sussurrò al barista
porgendogli una banconota e dirigendosi a sua volta verso
l’uscita; una volta fuori lo vide in fondo alla strada e
cominciò a seguirlo pensando a quello che doveva dirgli e
sperando che quello sconosciuto lo aiutasse. L’uomo ,che
apparentemente non sembrava essersi accorto di avere Raffaele alle
calcagna, finì con il portarlo in luogo visibilmente malfamato a
giudicare dallo stato delle macchine parcheggiate lì, i vetri
dei negozi e la gente che ci viveva: tutti con tatuaggi, cicatrici in
faccia. Evidentemente non amavano neanche loro le facce nuove
perché tutti smisero di occuparsi delle loro faccende per
guardare con palese ostilità l’albino, il quale sentendo
nell’aria la puzza di trappola e di agguato in arrivo, sempre
senza fermarsi né mostrare timore prese dal borsone la spada e
se la sistemò sulla schiena. “Il guerriero guarda con un
occhio la strada davanti a sé e con l’altro tiene
d’occhio quello che si lascia indietro” pensò
proprio quando un uomo di colore, gigantesco dal punto di vista di
Raffaele, con grossi baffi da mangiafuoco e il tatuaggio di un
pipistrello sul collo gli sbarrò la strada “Ehi, moccioso!
È necessario pagare il pedaggio per girare qui
liberamente” lo apostrofò sgarbatamente “In effetti
questo sembrerebbe più uno zoo che un luogo abitato da
uomini” rispose Raffaele malignamente guardandosi intorno.
“Che!?” sbraitò l’uomo infuriato ma non fu
l’unico ad irritarsi: attorno alla coppia intanto si era
raggruppata una folla formata da cinque persone armate di coltelli,
pistole, catene e spranghe e tutti erano desiderosi di ridurre quel
mocciosetto impertinente ad un piccolo rifiuto. Guardarono un attimo il
ragazzo come per valutarlo e poi partirono all’attacco
saltandogli addosso, con il risultato di catturare solo l’aria
perché Raffaele ,prevedendo la loro mossa, si era messo
temporaneamente al sicuro con un salto degno dello stile Kuuki uscendo
dalla trappola e atterrando da una certa distanza dai suoi aggressori,
che una volta accortosi dove si fosse cacciato si stavano avvicinando
rapidamente. Con estrema calma, Raffaele appoggiò il suo borsone
per terra, afferrò la spada mettendosi in stile di combattimento
Kuuki, (consistente nel mettersi in Kokutsu Dachi ed estrarre la spada
prendendola con la mano sinistra e metterla vicino alla faccia di modo
che la lama quasi sfiori il viso) e non appena notò che uno
degli aggressori ,un tipo biondo con il codino e armato di pistola, era
sufficientemente vicino a lui e leggermente lontano dagli altri
compagni, Raffaele adoperando come leva il piede destro scattò
in avanti proprio quando l’uomo gli scaricò contro
l’intero caricatore mirando al cuore; continuando a correre a
tutta velocità Raffaele mosse la spada intercettando i
proiettili,i quali caddero a terra con un rumore simili ai chicchi di
grandine, e quando passò vicino all’aggressore ,che lo
guardava sbalordito, compì un movimento talmente veloce che
nessuno lo vide, anzi per un folle attimo l’uomo biondo
pensò che effettivamente Raffaele non lo avesse attaccato ma
quando vide la sua Remington farsi in mille pezzi cambiò idea ma
non ebbe tempo di pensare ad altro perché un colpo estremamente
violento alla nuca gli fece perdere i sensi; l’ultima cosa che
vide prima di svenire fu il retro di una grossa scarpa, che
l’uomo identificò come appartenente al ragazzo.
Quest’ultimo ,una volta appurato che il biondino fosse
effettivamente svenuto, concentrò la sua attenzione sugli altri,
i quali adesso non sembravano tanto ansiosi di continuare
l’aggressione. Si guardarono in faccia, lasciarono cadere le armi
a terra e poi scapparono disordinatamente lasciando Raffaele da solo.
“Mai sottovalutare l’avversario ,pensò riprendendo
il borsone, e adesso continuiamo il nostro pedinamento ma…dove
è accidenti andato?” esclamò allarmato guardandosi
freneticamente intorno alla ricerca dell’uomo vestito di nero che
non c’era più. “Deve essersene andato,
maledizione!” sbraitò Raffaele correndo in fondo al
vicolo, dove erano scappati anche i suoi aggressori di poco prima, fino
ad arrivare ad una strada biforcata e deserta: “Quale mi conviene
prendere?” pensò osservando le due strade, delle quali una
procedeva diritta mentre l’altra andava a destra; mentre
osservava con attenzione quella che procedeva diritta ,forse con
l’intenzione di imboccarla, improvvisamente sentì il
rumore del cane di una pistola che si alzava e poi una detonazione da
destra. Con uno scatto si buttò a terra lasciando cadere il
borsone mentre il proiettile andava a colpire il punto esatto in cui un
minuto prima c’era la sua testa; con uno scatto velocissimo
l’aggressore gli si avvicinò e con un colpo del piede gli
fece volare la spada di mano poi sgarbatamente lo rimise in piedi e lo
spinse lontano da sé ,facendogli quasi perdere
l’equilibrio, stando bene attento a tenerlo d’occhio con la
pistola puntata al cuore.
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Capitolo 4 *** Una festa alquanto particolare ***
Una festa alquanto particolare
Senza l’arma, col sole negli
occhi e con un uomo che aveva tutta l’aria di saper padroneggiare
la pistola che aveva in mano Raffaele si sentì completamente
indifeso. Ma chi accidenti era? Non riusciva ad identificarlo
perché la luce del sole lo accecava impedendogli di vedere bene.
Provò a muoversi ottenendo solo il risultato di sentire un
proiettile conficcarsi nel terreno a pochi cm dal suo piede sinistro e
sentire il suo avversario parlare con tono secco “Fermo dove
sei” “Qui ci resto secco” pensò Raffaele
particolarmente irritato di fronte al nuovo ostacolo; ma perché
tutto gli andava storto? “È da un pezzo che mi segui,
credi che non me ne sia accorto? Che vuoi?” riprese l’uomo
interrompendo i suoi pensieri “Cerco informazioni”
“Ah, davvero? Stai parlando di Lupin?” chiese l’uomo
sorridendo di fronte allo sguardo stupito del ragazzo, che
riuscì a balbettare un appena percepibile “Siete voi
allora l’uomo che stavo seguendo?” “Chi vuoi che
sia?” “Benone, avrei delle domande da porle!”
“Faresti meglio a preoccuparti per la tua vita che per le
domande, ragazzo” “Ah,davvero?” fece Raffaele
accingendosi ad avvicinarsi ma una seconda detonazione ,stavolta
più vicina, gli fece cambiare idea. “Fermo dove sei”
ripetè di nuovo il pistolero stavolta con voce leggermente
minacciosa mentre osservava Raffaele indietreggiare di qualche passo a
causa del proiettile e andare a sbattere contro il muro che aveva alle
spalle; nell’urto questi avvertì il suo boomerang
battergli violentemente il petto. Si guardò velocemente intorno
alla ricerca della spada e si rese conto che stava tra lui e il suo
aggressore, “Se tutto va bene dovrei riuscire a svantaggiarlo, in
qualche modo” pensò un attimo prima di buttarsi a terra di
lato mentre contemporaneamente la mano destra strappò dal collo
il boomerang e lo lanciò verso l’avversario mirando alla
spalla. Quest’ultimo istintivamente gli sparò addosso
mentre si abbassava per evitare il boomerang, che gli fece volare via
il cappello, trascinandolo a pochi passi da lì.
“Maledizione!!” ringhiò l’uomo portandosi una
mano alla testa e guardandosi in giro alla ricerca del cappello senza
più badare all’albino, che visto il vantaggio si
gettò verso la sua spada con le braccia allungate al massimo:
vide la sua mano avvicinarsi sempre più all’arma
finchè non avvertì le dita stringersi attorno al fodero
ruvido della spada e proprio in quel momento sentì altri due
proiettili planargli sopra la testa. Infatti quando l’uomo ,che
stava per riprendersi il cappello, si era accorto di quel che stava
cercando di fare Raffaele aveva provato a colpirlo senza riuscirci.
“Chissà perché mi ha mancato?” si chiese
guardandolo toccarsi la testa scoperta per poi infilarsi con gesto
nervoso il cappello in testa “Ma perché perde tempo con il
cappello? Non si rende conto che….” casualmente aveva dato
una rapida occhiata dietro di lui e ciò che vide gli aveva fatto
venire la pelle da cappone: il boomerang proprio in quel momento stava
ritornando da lui però il suo nemico, che ora lo minacciava con
la pistola e non aveva occhi che per lui, si era spostato mettendosi
sulla traiettoria con il risultato adesso di rischiare di prenderselo
in piena testa. Raffaele non seppe mai cosa lo spinse a correre verso
il suo avversario con il solo scopo di salvarlo, sapeva solo che lo
doveva fare e basta. Il suo nemico da parte sua non appena lo vide
correre con la spada sguainata ,probabilmente per attaccarlo, gli
sparò nuovamente questa volta con la reale intenzione di
ucciderlo anche se il ragazzo intercettò la pallottola con la
spada, sempre continuando a correre. Raffaele lesse sulle labbra
dell’uomo il labiale “Merda!” mentre premeva
ripetutamente il grilletto ricevendo in risposta soltanto
“click”, segno che aveva finito le pallottole; capendo che
ormai non faceva in tempo a caricare poiché Raffaele gli era
praticamente addosso, istintivamente gli appoggiò la canna della
pistola sulla gola, costringendolo a fermarsi, cosa che effettivamente
avvenne: Raffaele infatti si fermò per eseguire velocemente un
calcio laterale con la gamba posteriore per colpirlo dietro alla nuca.
Vedendo la mala parata l’uomo si preparò al colpo, che non
arrivò; si arrischiò allora a dare un occhiata dietro di
se giusto in tempo per vedere la gamba di Raffaele intercettare il
boomerang, che andò violentemente a sbattere contro
l’ostacolo, per poi cadere al suolo con un tintinnio. “Ti
saresti potuto liberare di me senza sporcarti le mani se avessi
lasciato che il boomerang mi colpisse” gli fece notare “Non
uccido mai senza un valido motivo” replicò secco Raffaele
voltandogli le spalle per raccogliere il boomerang. In quelle sole
sette parole l’uomo si sentì come se fosse ritornato
indietro nel tempo:
una radura con un
laghetto in cui c’era un samurai in posizione di attesa; gli
voltava le spalle e sembrava concentrato. Lui che gli si avvicinava
accendendosi una sigaretta con tutta calma, come se stesse andando a
prendere un thè. Si fermò a rispettosa distanza per
osservarlo: indossava un kimono bicolore, bianco per la parte coprente
il torace mentre i pantaloni erano grigi. Aveva tutta l’aria di
essere un avversario molto pericoloso ma non si sentiva nervoso. Non
era la prima volta che uccideva, non era la prima e non sarebbe stata
neanche l’ultima volta in cui avrebbe privato un altro essere
vivente della vita, vederlo agonizzare e poi stendersi nell’
immobilità tipica della morte. Nessuno era in grado di competere
con lui, Daisuke Jigen. Dopo quel samurai ci sarebbe stato un
più gradito bersaglio di fronte alla sua pistola: Lupin. Adesso
avrebbe ucciso il samurai di modo che potesse scontrarsi con la
coscienza a posto contro di lui; gli aveva salvato la vita e adesso lo
avrebbe ripagato uccidendo l’uomo che aveva davanti a se e che
voleva a sua volta uccidere Lupin. “Non ho bisogno del
secondo” parlò improvvisamente il samurai senza voltarsi.
“Sono venuto ad ucciderti” spiegò lui con
indifferenza “Te l’ha chiesto Lupin?” chiese il
samurai con lo stesso tono incolore “No, ma quello mi ha salvato
la vita e io voglio sdebitarmi con lui” “Non uccido mai,
senza un valido motivo” “Io ne ho uno più che
valido:” ,si ricordò che il samurai a quel punto aveva
leggermente mosso la testa verso di lui, voglio essere io ad uccidere
Lupin” ,qui il samurai si era finalmente messo in piedi,
“D’accordo,allora, sei pronto a morire”
“Perché non ripeti la domanda guardandoti allo
specchio?”gli aveva risposto lui gettando a terra la sigaretta.
Si erano guardati negli occhi per una manciata di secondi mentre il
vento scompigliava loro i capelli e faceva passare in mezzo una
manciata di petali di fior di ciliegio, poi si erano finalmente
scontrati.
“Adesso volete ascoltarmi o
preferite continuare questa pagliacciata?”, la voce di Raffaele
interruppe bruscamente i suoi pensieri facendolo ritornare al presente
“Che cosa vuoi da Lupin?” “Desidero solo delle
informazioni” gli rispose mentre riprendeva il borsone “Che
genere di informazioni?” “Se non vi dispiace preferirei
dirlo quando saremo in un posto più sicuro di questa
strada” “Va bene ,accettò l’uomo dopo un
attimo di esitazione, seguimi” e si avviò con Raffaele
alle calcagna. Avvicinandosi all’uomo ebbe noto di osservarlo
bene: tutti i suoi indumenti ,a parte la camicia azzurra, erano di
colore nero, compresi i capelli e il cappello. Quest’ultimo lo
portava talmente calato sugli occhi che Raffaele non riuscì a
capire di che colore fossero, non che fosse importante per lui saperlo,
semplice curiosità. “Sono neri” disse l’uomo
interpretando lo sguardo curioso di Raffaele, il quale prima che
riuscisse a frenare la lingua si sentì dire “È uno
dei miei colori preferiti”; l’uomo assunse un espressione
leggermente stupita prima di sorridere e pronunciare un “Anche a
me”. Continuarono a camminare ancora per un po’
finchè il pistolero non si fermò bruscamente e guardando
l’albino disse “Io mi chiamo Jigen Daisuke, qual è
il tuo nome?” “Mi chiamo Raffaele” “Mh”
borbottò Jigen continuando a camminare senza più dire una
parola. Svoltarono l’angolo e arrivarono in una stradina che
portava a quella che sembrava una piazza. C’erano negozi di vario
genere: gioiellerie, negozi di vestiti, supermercati, l’uno
vicino all’altro insieme ad pub e tutto sembrava più
pulito e civile a giudicare dalle persone che passavano in strada,
“Siamo quasi arrivati” disse Jigen procedendo diritto in
fondo alla piazza, la cui strada sembrava portare vero quella che
sembrava una stradina di campagna, in fondo alla quale in lontananza si
vedeva una casa. Avvicinandosi sempre più, Raffaele si accorse
che non era una casa ma una villa, circondata da un giardinetto ben
curato, con qualche cespuglio sparso qua e là. Il garage stava
proprio al piano terra e sembrava che il suo ruolo ,oltre ad essere
quello di contenere le macchine parcheggiate dentro, fosse anche di
sostenere le scale che portavano di sopra. Di sopra si poteva scegliere
se entrare dentro la casa, passando per la porta marrone a sinistra
oppure andare a destra, in cui si giungeva alla veranda. Fermatosi a
guardare indietro Raffaele notò che si vedeva chiaramente sia la
città che la stradina ma quando si voltò alla chiamata di
Jigen notò con la coda dell’occhio la spaziosa veranda: a
causa della balaustra che faceva parte delle scale, la visione della
città era più difficile lì. Jigen imboccò
la porta, non prima di aver preso la posta infilata nella
cassetta delle lettere, che nelle sua posizione dava più
l’impressione che facesse da cartello direzionale.
La posta consisteva soltanto in un
pacchetto giallo senape, che dalle dimensioni sembrava contenere una
cassetta “Ma guarda un po’! È per Goemon,
chissà chi glielo manda?”esclamò Jigen stupito
fissando con perplessità il pacchetto e voltandolo per vedere
chi l’avesse spedito ma non trovò niente: nessun nome o
indirizzo. Era talmente occupato a guardare il pacchetto da non
accorgersi dell’espressione commossa apparsa sul viso di
Raffaele: quest’ultimo ,quando aveva sentito il nome dello zio
aveva avvertito una grande emozione “Finalmente adesso lo
incontrerò, dopo tanti anni!” pensò Raffaele
cercando di controllare la grande emozione che lo prendeva. Si
avvicinarono alla porta, che dall’aspetto sembrava che qualcuno
si fosse divertito a prenderla a calci perché era leggermente
ammaccata. “Ogni tanto c’è una piccola discussione
tra il mio capo e la sua “ragazza” spiegò Jigen
indicando la porta e le sue numerose ammaccature notando gli occhi
spalancati del giovane “Fa parte dello stile Tuti, vero?”
chiese comprensivo Raffaele “Scusa?” “No, non
importa” ed entrarono dentro. C’era un corridoio, con due
porte a destra e una a sinistra mentre in fondo la porta spalancata
lasciava vedere il salotto. La prima porta a destra ,come spiegò
Jigen, portava alla veranda, la seconda nelle camere da letto come
quella a sinistra, andando in fondo per il corridoio ,passando davanti
ad un divano mignon e un comodino, si andava in salotto in cui
c’era anche la cucina e un tavolo e un comodino su cui stava il
telefono. “Molto simpatica come casa” commentò
Raffaele facendo sorridere Jigen che gli disse con tono meno secco
mentre sistemava da una parte il pacchetto “Metti pure il borsone
per terra”. Proprio in quel momento si sentì dal salotto
quello che sembrava una risatina insieme a dei piccoli gemiti
“Oddio, fa che non sia successo quello che penso, ti
prego…ti prego” sibilò Jigen andando a passo veloce
in salotto insieme a Raffale, che si trovò davanti alla seguente
scena: quello che sembrava un samurai dello stile Kuuki stava seduto
sul divano con le gambe incrociate e guardava palesemente infastidito
,come Jigen del resto, l’uomo e la donna intenti a coccolarsi
sull’altro divano. L’uomo ,che Raffaele identificò
come Lupin III, teneva sulle ginocchia una donna molto carina, con dei
bei capelli marroni a caschetto che le arrivavano fino alle spalle,
degli stivaletti bianchi con un vestito rosso che le copriva il
corpo fino alle ginocchia e una collana di perle intorno al collo.
Quest’ultima si stava strusciando sul petto dell’uomo
mentre con un dito gli solleticava il mento mentre Lupin ,ben lungi dal
volerla fermare, si godeva le coccole. “Dunque è vero, mio
caro Lupin? Mi farai davvero partecipare alla partita?” “Ma
certo, cherì.” replicò Lupin ,completamente
rimbecillito “Gesù, questo è proprio scemo”
pensò Raffaele guardando allucinato la scenetta
“L’ho sempre detto che sei grande, non è vero
Jigen?” chiese la donna fingendo di accorgersi della presenza di
Jigen solo in quel momento, che guardando deluso Lupin rispose
“Si, è proprio un grande idiota” “Concordo
perfettamente ,si intromise il samurai alzandosi dal divano e notando
il ragazzo che osservava perplesso la scena disse, chi è
lui?” “Giusto, lui è Raffaele. Ci aiuterà nel
colpo” “Stai scherzando, spero? È solo un
ragazzo” si intromise Lupin sovrastando la risatina di scherno di
Fujiko all’indirizzo di Raffaele “L’ho messo alla
prova, è abilissimo con la spada” insistette Jigen
“Sei sicuro?” “Si” “Posso sapere di cosa
state parlando? Io voglio solo delle informazioni, non aiutarvi a
fare…” non riuscì a finire perché Jigen lo
guardò in faccia e gli disse “Se vuoi le informazioni devi
prima aiutarci” “Questo è un ricatto!” rispose
scandalizzato Raffaele “Lo so” “Non ti preoccupare
Raffaele, non avrai un ruolo particolarmente difficile. Comunque
è meglio presentarci prima. Io sono Lupin III, lei è
Fujiko ,indicando la ragazza seduta sul divano che gli sorrise e lo
salutò con un cenno del capo, mentre lui è”
“Goemon Ishikawa XIII” completò Raffaele lasciando
di stucco tutti “E tu come lo sai?” chiese perplesso
Goemon “Sei molto famoso alla scuola di arti marziali
Kuuki” sparò Raffaele “Io effettivamente ho appreso
le mie tecniche lì, sei anche tu un allievo di quella
scuola?” chiese ancora piuttosto scettico Goemon guardando il
kimono di Raffaele ma quest’ultimo “Avendo avuto il
Massuguna ho scelto di studiare il Tuti e il Kuuki, ma nella scelta
finale ho favorito il primo.” “Il Diritto? Ma allora sei un
Ni Sirusi?” “Si” “E che segno?” chiese
ancora Goemon stavolta realmente interessato “Hakari”
“Io invece sono Hutago.,e dopo una breve pausa, nello stile Tuti
se non ricordo male insegnano colpi non solo d’arti marziali ma
anche colpi detti naturali perché compiuti con l’ausilio
di pietre e altre cose della natura” “Esatto”
“Emh, scusate ragazzi, ma di che diavolo state parlando?”
la voce leggermente stupita di Lupin fece tornare entrambi al presente
“Niente, Lupin. Ho chiesto a questo ragazzo a che scuola di arti
marziali fosse andato a studiare e mi ha risposto che ha scelto lo
stile della Terra e dell’Aria” “Ah, capisco”
rispose Lupin che dalla faccia si capiva che aveva capito ancor meno,
come del resto anche gli altri presenti. “Puoi cominciare a
spiegare il piano, Lupin caro?” chiese Fujiko con tono
disgustosamente mieloso rompendo il silenzio “Ma certo”,
prese da un cassetto quella che sembrava la piantina di una villa,
l’aprì sul tavolo e disse ai presenti ,che intanto si
erano seduti intorno al tavolo “Sono andato a fare un giretto di
ispezione e ho scoperto che ci sarà una festa questo pomeriggio,
ovviamente i poliziotti di Zenigata saranno presenti.” “La
stessa persona che ho incontrato al commissariato”
sussurrò Raffaele a mezza voce “Cosa hai detto,
ragazzo?” chiese subito Lupin alzando di scatto la testa verso di
lui “Nulla” “Dicevo ,continuò Lupin
continuando tuttavia a guardare sospettoso Raffaele, ci saranno i
poliziotti. Ce ne saranno due all’ingresso, quattro insieme
all’ispettore Zenigata nella sala da ballo ,che si trova subito
all’entrata e tre per ogni piano. Ora dovremmo muoverci in questo
modo: io e Jigen prenderemo il posto delle due guardie d’ingresso
dopo averle stordite, Goemon e Fujiko entreranno dentro come ospiti
insieme a te, Raffaele, che con una scusa cercherai di fare uscire
dalla villa l’ispettore affinché io possa sostituirlo. A
te Fujiko toccherà adesso un ruolo molto importante: il padrone
è un noto donnaiolo e ha spesso l’abitudine di portarsi
,anche durante le feste, alcune delle sue invitate a letto. Tu devi
cercare di fare si che ti porti in camera sua, dove si trova il tesoro,
Goemon vi seguirà. Bada a non chiudere completamente la porta,
devi lasciarla aperta quel tanto che basti per permettere a Goemon di
entrare dentro. Poi ruberete il tesoro, usciremo dalla villa e ce ne
andremo.” “Ti è dato di volta il cervello, per caso?
Non è sufficiente che tu ti faccia con una scusa portare
lì travestito da Zenigata oppure che tu ti travesta da donna o
nello stesso padrone di casa?” “Non è possibile
ciò perché alla porta c’è un meccanismo che
permette di fare entrare nella stanza il vero padrone e una donna, tra
l’altro il meccanismo di difesa si mette in azione se sente che
la donna è un uomo travestito oppure il padrone è un
impostore. Devi cercare altresì di impedire in qualche modo che
la porta non venga completamente chiusa perché in questo caso il
piano si può dire fallito” “E perché
mai?” chiese Jigen incuriosito “Perché la porta si
apre con una speciale parola d’ordine, che non sono riuscito a
scoprire” “Goemon potrebbe provare a tagliarla con la
spada” propose Fujiko “No, perché la porta è
rivestita di un materiale che la zantetsu non può
tagliare” “Cioè?” chiese Goemon, leggermente
infastidito all’idea che la sua spada non potesse tagliare
qualcosa “Conniaku” rispose Lupin guardandolo con un
espressione desolata “E come diavolo fa quel tipo a conoscere il
segreto della spada di Goemon?” disse Jigen stupefatto
“Devi chiederlo a lui” rispose Lupin “Insomma: o si
fa così o non se ne fa niente, vero Lupin?” concluse con
tono serpentifero Fujiko “Naturalmente ,Fujiko cara, se vuoi
ritirarti per me va bene ma allora il colpo va a monte” rispose
in tono tranquillo Lupin guardando la sua ragazza, che dopo un occhiata
inceneritrice all’indirizzo del suo uomo disse
“D’accordo, ti aiuterò ma voglio una grossa fetta
del tesoro” “Questo è certo, amore mio”
“Una fetta grossa del tesoro” per te significa “tutto
il tesoro”, non è vero Fujiko?” puntualizzò
in tono tagliente Jigen “Non è così. Non farei mai
una cosa simile a voi, che siete miei amici, no?” rispose in tono
dolce Fujiko e con un sorriso falso “Mia cara Fujiko, per te la
parola amici è soltanto sinonimo di quattrini” rispose
Jigen pedante “Stavolta non sarà così”
“Voglio proprio vedere” “Dai Jigen, non essere sempre
così prevenuto nei suoi confronti! Ti ricordi che quando
Mynnesota ti bruciò i cappelli lei ,senza pretendere niente in
cambio, te ne comprò uno nuovo all’insaputa di tutti noi
oppure quando io fui arrestato lei cercò sempre senza
compromessi di liberarmi?” “D’accordo Lupin, queste
sono eccezioni ma il più delle volte è anche vero che ci
ha fregati” “Non lo nego ,intervenne Fujiko, ma questa
volta sarò fedele ai patti” “Lo spero per te”
queste due ultime parole le pronunciò a voce talmente bassa che
nessuno le sentì, a parte Raffaele che gli stava proprio vicino.
“Coraggio, dobbiamo andare. Jigen, tu rimani, voglio parlarti un
attimo” disse Lupin indicando contemporaneamente con un cenno del
capo Raffaele, il quale uscì insieme agli altri. Jigen
annuì e seguì l’amico in cucina. “Credi che
sia una spia?” chiese di punto in bianco “Non lo so,
l’ho sentito chiaramente dire che ha incontrato l’ispettore
Zenigata e ciò mi dà da pensare. Ci manchi solo che ci
tradisca e ci faccia sbattere dentro” “Ha portato con
sé un borsone, penso che sia straniero poiché il suo
inglese ha un accento particolare. Forse la polizia in cambio di favori
gli ha chiesto di fare….” “Potresti andare a dare un
occhiata al borsone?” “Ora?” “Si”. Jigen
uscì per tornare circa dieci minuti con il famoso foglio in
mano, il viso di Lupin si fece di pietra vedendolo “Faremmo
meglio a guardarci le spalle” suggerì Jigen incontrando
l’assenso di Lupin, il quale dopo averlo accartocciato
gettò il mandato di cattura nella pattumiera. “E adesso
che facciamo, cambiamo il piano?” chiese ancora Jigen ma Lupin
,scuotendo la testa, “No, lo faremo tale e quale come lo abbiamo
deciso e per i seguenti motivi: primo, non c’è più
tempo. Secondo, perché lo insospettiremmo. Terzo, perché
riuscirà comunque il piano e ,quarto, perché sono Lupin
III” e dicendo questo uscì seguito da un dubbioso Jigen
che si limitò a scuotere la testa toccandosi la tesa del
cappello. La casa rimase vuota. Nonostante si sentisse molto nervoso,
raggiunta la Fiat500 al cospetto dei suoi amici Lupin si mostrò
del tutto tranquillo, come se non fosse accaduto niente e lo stesso
accadde per Jigen poiché se Raffaele era una spia era meglio non
metterlo in allarme. Durante il tragitto nessuno disse nulla, tranne
Lupin che ad un certo punto espresse ad alta voce una domanda che lui e
i suoi amici ,da quando avevano visto quel ragazzo, si tenevano in
mente “Scusa Raffaele, posso porti una domanda forse un po’
personale?” gli chiese girandosi a guardarlo “Prego”
disse Raffaele sorridendogli “Ma come mai indossi a metà
il kimono ed ha un colore completamente diverso da quello di
Goemon?” prima di rispondere Raffaele scambiò una rapida
occhiata con Goemon, il quale aveva interrotto apposta la meditazione:
gli fece un cenno affermativo con la testa “Ecco ,signor Lupin,
rispose rassicurato Raffaele, io ho scelto di frequentare una scuola
diversa da quella di Goemon. Quest’ultimo ha scelto l’Aria,
io ho invece ho scelto lo stile della Terra. Il colore del mio kimono
rappresenta la terra e il fatto che io indossi la metà del mio
kimono sta ad indicare che una parte di me è umana mentre il
resto è rappresentato dalla terra” “Poco fa ti ho
sentito parlare anche del Ni Sirusi, che cos’è?”
“Il Ni Sirusi è il doppio segno, riferito a quello
zodiacale, in base al quale una persona può studiare due stili
diversi, uno a sua scelta e uno corrispondente al suo segno; nel mio
caso ho scelto l’Aria e poi la Terra” “E se uno non
ha questa cosa?” “Studia un solo stile, corrispondente
all’elemento del suo segno” “Io sono scorpione”
disse Lupin; era più una domanda che un affermazione
“Ah, a segno Sasori corrisponde l’Acqua” rispose
Raffaele “Come?!” chiese Lupin guardandolo perplesso
“Sasori è lo Scorpione” “E tu, che segno
sei?” chiese improvvisamente Jigen guardandolo dallo specchietto
“Io sono Hakari, la Bilancia” “Io sono Leone”
rispose Jigen “Raion? Il tuo elemento è il Fuoco”
“E tu, Margot?” chiese Lupin “Vergine”
“Syozyo corrisponde al mio stile, la Terra” completò
Raffaele “Che cosa sono il Tuti e il Kuuki?” “Sono i
nomi di quattro stili, corrispondenti ai quattro elementi: Acqua,
Terra, Fuoco e Aria. Gli stili che ho scelto sono rispettivamente la
Terra (Tuti) e l’Aria (Kuuki)” “E come mai tu e
Goemon, che sembrate aver studiato lo stesso stile, avete divise
diverse?” “Le persone che hanno il Ni Sirusi e quindi il
Massuguna ,ovvero il diritto di studiare più di uno stile,
quando hanno studiato i due stili, devono decidere a quale scuola
appartenere completamente e quindi indossarne l’uniforme.”
E con questo nessuno parlò più. Arrivarono alla villa
Kanemoti dopo circa un ora: la villa era completamente circondata da un
muro tranne al centro, dove c’era un cancello in ferro ove
stavano appostati due poliziotti insieme a due pitbull. Parcheggiarono
la macchina a distanza di sicurezza mentre guardavano gli invitati
superare il controllo ed entrare nella villa. “Perfetto ,disse
Lupin spegnendo il motore, e adesso dobbiamo prepararci,
continuò scendendo dalla macchina seguito dai suoi
compagni.” “Dobbiamo prima levarci dai piedi i due
poliziotti con i cani, altrimenti non potremo entrare” disse
Fujiko guardando i cani con evidente preoccupazione “Ci penso
io” disse Goemon facendo atto di avviarsi “Aspetta ,disse
subito Raffaele, ci penso io” disse guardando supplicante Lupin
“Va bene, vai tu, Raffaele” disse quest’ultimo
bloccando con un gesto Goemon. Raffaele con passo tranquillo si diresse
verso il cancello “Ma che fa? ,chiese Fujiko guardandolo stupita,
vuol farsi scoprire?” “Lupin…” disse Jigen
preoccupato facendo atto di prendere la pistola ma si bloccò
guardando l’aria tranquilla di Lupin. Raffaele intanto si era
avvicinato ai poliziotti “Chi sei, ragazzo?” gli chiese
sospettoso uno dei poliziotti lanciandogli un aria stravagante mentre
lui e il collega tenevano fermi i cani “Una sola
informazione” chiese cortese Raffaele con un sorriso
“Cioè?” “Credo di essermi perso ,disse traendo
un foglietto dalla tasca, dovrei raggiungere questo posto,
dov’era previsto un cosplay ma non riesco a trovarlo” e
dicendo questo fece atto di passargli il foglietto ma gli cadde di mano
e il poliziotto si abbassò per prenderlo; quando notò che
era bianco capì l’inghippo ma fu troppo tardi per evitare
di prendersi un colpo sulla nuca e di precipitare nel mondo dei sogni
“Che fai?” urlò l’altro tra il furioso e
l’allibito facendo atto di colpirlo con il manganello ma
colpì il vuoto “Cosa?!” disse il poliziotto
guardandosi intorno “Heya!!” urlò Raffaele
colpendolo con un calcio laterale volante alla mascella, facendolo
stramazzare al suolo e facendo uscire dalla tasca un foglio, con su
scritto un elenco degli invitati; Raffaele notò che tutti i nomi
avevano un segno sopra e ciò significava che tutti gli ospiti
erano nella villa. Non si accorse che dietro i cani ,lasciati a
sé, gli stavano arrivando addosso “Attento!”
urlò d’istinto Jigen indicandogli le spalle ma Raffaele
con un scatto prese la spada limitandosi ad agitarla dietro di
sé prima di rinfoderarla con fluidità. I cani rimasero
per un attimo come bloccati e l’ultima cosa che i loro occhi
videro fu un fiotto di sangue sprizzare dalle arterie delle loro gole
prima che le teste si staccassero per rotolare per un breve tratto,
simili a palloni da basket con gli occhi spalancati e fissi su un punto
inesistente. Con naturalezza e senza provare alcun disgusto, Raffaele
raccolse i cadaveri dei cani ,teste comprese, e li buttò nel
bidone dell’immondizia lì vicino, solo una lunga striscia
di sangue stava per terra a testimoniare l’accaduto.
“Urgh!” Fujiko a quella vista cercò di non vomitare
mentre la testa si voltò di scatto coprendosi la bocca con la
mano, Lupin e Jigen rimasero alquanto sconcertati, solo Goemon rimase
impassibile, apparentemente. “Ecco fatto” disse orgoglioso
Raffaele avvicinandosi a loro e guardando Goemon come se si aspettasse
un parere.
Sono stato bravo?
“Non si uccide mai senza un
valido motivo” lo rimproverò severamente Goemon
ricordandogli un antico precetto della regola “È stato
istintivo quello di usare la spada” si giustificò Raffaele
facendosi rosso “Allora devi migliorare tantissimo. Un vero
samurai sa controllare le sue emozioni” rimbeccò
implacabile Goemon passandogli accanto mentre Raffaele si sentì
abbattuto: aveva usato entrambi gli stili per fargli vedere quanto
fosse bravo. Neanche Lupin, Jigen e Fujiko gli dissero qualcosa di
positivo: effettivamente non c’era stato proprio alcun motivo di
uccidere quegli animali in quel modo e ciò contribuì ad
abbattere ulteriormente Raffaele ma nessuno pensò di dirgli
qualcosa di consolante. Lupin e Jigen ,dopo essersi opportunatamente
travestiti da poliziotti e disfatti di quelli veri, aprirono i cancelli
ed entrarono, seguiti da Goemon e Fujiko, anch’essi travestiti:
Goemon era impeccabile con quell’abito da cerimonia bianco neve
che metteva in risalto i capelli e gli occhi neri mentre Fujiko era
stupenda come al solito con il vestito blu marino lungo fino ai piedi
che metteva ,senza essere volgare, in risalto le forme e il colore dei
capelli, marrone chiaro. Appena varcato il cancello si passava sotto un
corridoio verde smeraldo di foglie punteggiato qua e là da
profumatissime rose del colore del sangue, un corridoio che si
estendeva per qualcosa come 1 km ma nessuno faceva caso alla distanza
visto lo spettacolo che si offriva ai loro occhi durante e dopo il
tragitto, rappresentato dalla comparsa di una grande vasca rotonda, in
cui nuotavano pigramente dei pesci multicolore di vario genere intorno
ad una statua di marmo raffigurante un angelo che dalla brocca ,che
reggeva con una mano, faceva uscire ininterrottamente uno zampillo
d’acqua. L’angelo ,con gli occhi di marmo, fissavano con un
espressione squisitamente dolce la creatura (anch’essa di marmo
bianco) che inginocchiata sotto di lui e con i gomiti appoggiati sulle
ginocchia dell’angelo si dissetava mentre con l’altra mano
che reggeva una rosa l’angelo gliela infilava nei capelli. Le ali
dell’angelo erano aperte e sembravano reali. “Wow!”
pensò Raffaele vedendola e capì dalle espressioni di
meraviglia dei suoi compagni che anche loro erano rimasti impressionati
“Accidenti che lusso!” disse Lupin guardando interessato la
statua mentre una mano distrattamente toccava il bordo. Nello stesso
momento in cui Lupin toccò la vasca, al secondo piano della
villa, in una stanza riccamente ammobiliata, una bambina con un abito
nero da ballo che giocava con due bambole ,un uomo e una donna,
d’improvviso le lasciò cadere a terra, si alzò e
scomparì, apparendo nella stanza di un ragazzo dai capelli neri,
lunghissimi, che in quel momento riposava, completamente nudo,
indossando soltanto un paio di boxer. Senza sentirsi in imbarazzo lo
svegliò, il quale ,per niente seccato dall’interruzione,
le sorrise chiedendogli mentre si alzava “Sono qui?” “Si”
“Okay” e dicendo questo si affrettò a vestirsi.
Mentre lo guardava Chi si sorprese a pensare di desiderare che
lui la ringraziasse dandole un bacio, lo stesso che aveva visto qualche
volta scambiarsi fra loro i suoi genitori ma ciò ovviamente non
avvenne. Sorrise tristemente vedendolo uscire dalla stanza senza
prestarle alcuna attenzione mentre con aria distratta si percorreva con
una mano le curve della bocca prima di ritornare in camera sua e
guardare le bambole con cui stava giocando prima, si sedette e
ricominciò a giocare: era arrivata al punto in cui l’uomo
aveva finalmente convinto la donna ad andare a letto con lui ma dopo
neanche un secondo ,con stizza, li scaraventò a terra sentendosi
frustrata: indubbiamente non era la stessa cosa che farlo di persona
con l’uomo desiderato. Sospirando, si sedette alla scrivania su
cui stava uno specchio rotondo e sul vetro apparve la sala da
ballo.
Girando intorno alla vasca si arrivava
davanti alle scale che portavano alla villa, affiancata da un percorso
riservato agli invalidi, Lupin notò che una macchina poteva
passarci tranquillamente. Alla fine delle scale si arrivava al portone
d’ingresso davanti alla quale, appostati con le loro onnipresenti
uniformi c’erano altri due poliziotti “Pensaci tu stavolta,
Goemon, disse Lupin a bassa voce per non ferire Raffaele mentre lui e
Jigen si nascondevano. “Buonasera, signore e signora. Benvenuti
alla villa Kanemoti” disse uno dei poliziotti portando una mano
alla visiera del cappello, subito imitato dal compagno ma la sua
espressione cordiale si squagliò in dolorosa sorpresa quando il
pugno di Goemon li colpì pesantemente allo stomaco, facendo
perdere loro i sensi. Svelti, Lupin e Jigen li legarono e nascosero
“Ora tocca a te, Raffaele. Fa uscire l’ispettore
Zenigata” disse Lupin guardandolo mentre gli metteva una mano
sulla spalla. A quelle parole sentì congelarsi
“C’è qualche problema?” gli chiese Lupin
cercando di non sorridere di fronte all’evidente disagio del
ragazzo, il quale si limitò a dire “Tutto a
posto” prima di entrare con Goemon e Fujiko, almeno non
prima di essersi infilato il resto del kimono per non dare
nell’occhio. Entrati dentro, i tre si trovarono in una gigantesca
stanza tutta illuminata da più luci e ,sparse qua e là
per la stanza c’erano tavoli da gioco di vario genere con
playmates che ,con le loro svolazzanti orecchie da coniglio e il
provocante codino, si aggiravano tra gli ospiti con i vassoi dei
rinfreschi. “Bene, Raffaele, buona fortuna” disse Fujiko
facendogli l’occhiolino e dicendo si mescolarono alla folla
lasciando Raffaele in preda ad un forte imbarazzo, l’ispettore
Zenigata sicuramente lo avrebbe riconosciuto ma se non l’avesse
fatto uscire, sarebbe andato all’aria tutto il piano.
“Uffa! ,sbuffò Raffaele tirando un calcio ad una pietra
immaginaria, perché sono così sfigato?”
pensò amaramente mentre girava tra gli invitati cercando
l’ispettore con tanto entusiasmo e attenzione da non evitare di
andare a sbattere addosso contro una certa persona “Mi scusi, non
l’avevo vista ,disse reggendosi la testa ma quando sollevò
lo sguardo, opporca…” bisbigliò desiderando
essere da tutt’altra parte “E tu che ci fai qui,
ragazzo?” gli chiese l’ispettore stupito sistemandosi il
pastrano “Qui ci abita mio zio, signore” sparò a
raffica mandando al diavolo ogni riserva. “È la persona
che cercavi?” gli chiese “Ma come ,ispettore, non ci avete
fatto caso?” disse Raffaele mostrandosi stupito “A
cosa?” “Quando voi vi siete assentato un attimo
dall’ufficio, mi sono messo a guardare dalla porta con chi
stavate parlando e da lì ho visto il mio tanto cercato parente.
Volevo fargli una sorpresa e sono uscito dalla finestra aspettandolo in
macchina ma poiché non volevo fare con voi la figura del
maleducato vi ho lasciato un biglietto, appoggiato proprio sulla lista
dei ricercati sul vostro tavolo” “Io veramente non ho
trovato niente sulla mia scrivania” rispose lui dubbioso
grattandosi la testa mentre lo guardava intensamente “Potreste
non averci fatto caso, ispettore” rispose Raffaele sorridendogli
conciliante “Stavi cercando qualcuno?” gli chiese
“Si, voi” “Me?” guardandolo stupito “Si,
perché i poliziotti davanti all’entrata mi hanno detto che
c’era un problema e poiché non potevano abbandonare il
posto, a rischio che arrivasse un ospite indesiderato mi hanno chiesto
di pregarvi di uscire fuori a parlare con loro” “Non ti
hanno detto di che si tratta?” “No, hanno solo detto di
fare presto e sembravano molto agitati” “D’accordo,
vado subito, grazie.” e fece atto di avviarsi quando si
bloccò “Scusa, ma non ti ho chiesto come ti chiami”
gli chiese con tono strano “Mi chiamo Raffaele Kanemoti”
“Mh” e dicendo questo Zenigata andò verso la porta.
All’esterno “Jigen ,disse Lupin togliendosi una mano
dall’orecchio dove c’era una piccola trasmittente,
collegata alla spia che aveva precedentemente messo sulla spalla di
Raffaelle, stai pronto” e dicendo questo sia lui che il suo amico
si misero in allerta quando la porta si aprì “Ispettore,
volevamo parlarle!” disse Jigen camuffando la voce voltandosi
verso di lui “Che succede?” chiese l’ispettore
voltandosi verso questi “Succede questo” rispose Lupin e
dicendo questo gli assestò una bella legnata che lo fece cadere
a terra; rapidamente, Lupin lo svestì e ne indosso gli abiti e
dopo averlo legato Jigen lo nascose “Jigen ,disse Lupin, facciamo
attenzione con quel ragazzo, è il nipote del padrone di questa
villa” “Che?!” disse lui guardandolo stupefatto
“Vai a prendere la macchina e portala qui, muoviti” senza
rispondere, con l’aria di aver già capito tutto, Jigen
dopo dieci minuti tornò con la macchina, leggermente coperta da
rose e foglie e la sistemò proprio sotto alla finestra in cui
c’era la stanza del tesoro “Dirò a Goemon e Fujiko
che dopo aver preso il tesoro saltino dalla finestra, dove tu li
aspetterai con la macchina mentre io vi coprirò la fuga. Ci
vedremo direttamente a casa, non mi aspettate”
“D’accordo, Lupin” e dicendo questo entrarono dentro,
girando tra gli ospiti cercando i loro amici, che vedendoli sembrarono
rassicurati, con loro c’era anche Raffaele; vedendolo, Lupin ebbe
l’improvvisa voglia di strangolarlo ma si trattenne anzi si
sforzò di sorridere. “Potete cominciare. Raffaele, tu
resta qui. Quando dobbiamo andarcene via ti veniamo a prendere”
disse strizzandogli l’occhio con aria complice “D’
accordo, mi trovate al tavolo da gioco al centro della stanza” e
dicendo questo si allontanò “Ragazzi, disse Lupin
rivolgendosi al samurai e alla sua fidanzata con aria seria, si cambia
il piano: quando prenderete il tesoro, non uscite dalla stanza ma
saltate direttamente dalla finestra, dove Jigen vi aspetterà con
la macchina” “Perché hai cambiato idea,
Lupin?” gli chiese Fujiko perplessa “Perché quel
ragazzo è in combutta con la polizia, si chiama Raffaele
Kanemoti ed è il nipote del padrone della villa.”
“Che cosa?” esclamarono desiderosi di saperne di più
ma Lupin troncò tutto con un “Muoviamoci”. Lupin si
allontanò andando di sopra per poter allontanare per quel che
era possibile i poliziotti, con Jigen che uscì fuori
aspettandoli in macchina mentre Fujiko ,con Goemon che la seguiva a
debita distanza, cominciò a girare tra gli ospiti alla ricerca
del padrone di casa e non ci mise molto a trovarlo: tutti i presenti
gli sorridevano untuosamente, perfino quando questi toccò il
sedere di una playmates particolarmente procace in quella zona,
quest’ultima ,arrossendo ferocemente, si limitò a
ridacchiare in modo sciocco prima di andare in cucina a sfogarsi tra le
braccia di una sua collega. “Coraggio, Fujiko” si disse
prima di avvicinarsi al padrone, il quale indossava un elegante
completo nero “Buonasera, signor Kanemoti” lo disse
adoperando il tono più dolce e allo stesso tempo sensuale che
gli riuscisse “Buonasera a lei, Miss…?” disse lui
guardandola interessato mentre gli occhi andavano a guardarle
rapidamente i seni per poi ritornare sul volto, sguardo che a Fujiko
non sfuggì “Il mio nome è Fujiko” disse lei
sfoggiando un bel sorriso “Si sta divertendo?” le chiese
lui mentre con un leggero movimento della mano chiamò una delle
cameriere per prendere due calici pieni di vino rosso ed offrirgliene
uno “Grazie! Si, mi sto divertendo molto. Stavo per andare a fare
una partitina alla roulotte ma non so giocare molto bene, sarei felice
se mi facesse da Cicerone” gli disse con tono vagamente
implorante e quello ,che non aspettava altro, in risposta le
offrì il braccio, che lei prese subito. “Sua moglie
è davvero molto fortunata” disse mentre prendevano posto
“Sono vedovo” rispose lui prendendo qualche gettone
“Oh, mi dispiace” fece lei con tono dispiaciuto fingendosi
mortificata stringendogli una spalla “Non importa ,disse con tono
tranquillo mentre inclinava il bicchiere dando fondo al contenuto,
diceva Aristotele “vitam brevem esse, longam artem”
continuò pulendosi la bocca col tovagliolo “La vita
è breve, l’arte è lunga” rispose Fujiko
guardandolo intensamente “Ottima traduzione. Si, c’è
un fondo di verità in queste parole ma dipende unicamente da
come usiamo il tempo messo a nostra disposizione” “Il tempo
è lungo se lo usiamo bene ,come un patrimonio ridotto che messo
nelle mani della persona giusta prospera, ma diventa breve se speso
male, come un grande tesoro messo nelle mani di un pessimo
amministratore ,disse lei mentre si stringeva a lui premurandosi che i
suoi procaci seni finissero schiacciati contro il suo torace, e questo
significa anche carpe diem” completò strizzandogli un
occhio con aria complice, l’uomo per attimo rimase come stupito
prima che uno strano sorriso gli comparisse in faccia. Intanto dietro
di loro, Goemon non stava affatto ascoltando quello che lei e
quell’uomo si dicevano, stava guardando Raffaele ,che stava
giocando accanitamente ed era pure abile, visto la quantità di
gettoni vicino a sé: più lo guardava e più gli
sembrava che ci fosse qualcosa che non andava, come se non bastasse i
lineamenti gli ricordavano qualcosa ,o meglio, qualcuno ma se avesse
dovuto fare un nome, non avrebbe saputo quale. Come se si fosse accorto
di essere osservato, Raffaele alzò lo sguardo e quando lo vide
gli sorrise con tanto affetto da lasciare Goemon ancora più
stupito “Chissà se assomiglio alla mamma al punto tale da
fargli fare qualche collegamento con me” pensò
guardandolo. Era tanto occupato a guardarlo che prese una monetina in
modo da farsela sfuggire, mandandola a rotolare sotto il tavolo; si
chinò a prenderla e quando si alzò vide Goemon seguire il
padrone di casa e Fujiko “Buona fortuna” pensò e
dopo un altro paio di tiri in cui lui perse tutto si limitò a
guardare gli altri giocare, si sentiva molto nervoso e per di
più avvertiva una strana sensazione alla spalla, come se avesse
qualcosa di fastidioso attaccato e poi sentiva uno strano rumore come
un sibilo: andò a guardare e vide una cosa rossa rotonda
piccolissima che mandava a scatti una luce. La guardò bene e
rimase di sasso: una ricetrasmittente! Chi gliel’aveva messa
addosso? Un pensiero improvviso gli attraversò il cervello:
“Ora tocca a te, Raffaele. Fai uscire l’ispettore Zenigata” gli disse Lupin mettendogli una mano sulla spalla.
Lupin! Solo lui poteva avergliela messa addosso ma perché l’aveva fatto?
“Qual
è il tuo nome, ragazzo?” gli chiese l’ispettore
voltandosi a guardarlo “Raffaele Kanemoti” rispose lui
sentendosi a disagio per la bugia detta.
Ecco perché! Sentendolo parlare
con l’ispettore probabilmente anzi certamente si era convinto che
fosse un parente del padrone della villa e che fosse in combutta coi
poliziotti ergo il piano era stato cambiato ,ovvio, ma in che modo? E
se fossero già andati via? Quel pensiero gli mise addosso una
paura tremenda, lasciò cadere a terra la trasmittente e
uscì fuori correndo, senza notare la macchina all’angolo,
correndo al meglio delle sue possibilità raggiunse il cancello e
si guardò intorno: non vide più la macchina. Si
sentì come se qualcuno gli avesse buttato un secchio di acqua
fredda addosso: e adesso come avrebbe fatto? “O cacchio!”
disse a mezza voce fissando con sguardo vacuo il punto dove prima
c’era la macchina mentre nel cervello si affollavano i pensieri,
l’uno staccato dall’altro: la missione, la morte di sua
madre e sua sorella ed infine ma non meno importante Goemon. “E
adesso come faccio, come faccio?” balbettò cercando di
trattenere le lacrime mentre con le mani si reggeva le testa. Tornato
indietro, si sedette sul bordo della vasca e lì cedette alle
lacrime e allo sconforto, rimproverandosi di non essere stato
più svelto ad individuare quell’aggeggio. Intanto alla
villa, Kanemoti e Fujiko erano arrivati davanti alla porta rivestita di
una poltiglia che Goemon riconobbe come Conniaku. Vicino alla porta
stava il computer, Kanemoti prese una speciale chiavetta che aveva
legato al collo e l’infilò dentro la serratura, il
computer si accese e una voce maschile disse “Digiti la parola
d’ordine” : allontanata Fujiko ,la quale si mostrò
alquanto riluttante ad abbandonarlo, l’uomo scrisse una breve
parola e le porte si aprirono; mentre entravano Fujiko e Kanemoti
furono investiti per un breve attimo da un fascio di luce rosso
“Probabilmente il macchinario controlla che il padrone o io non
siamo impostori” pensò Fujiko mentre lasciava cadere a
terra il braccialetto di pelle che si era portata dietro proprio per
bloccare la porta, che fu secondo il piano appannata e proprio in quel
momento nella sua stanza, Chi sorrise divertita guardando dallo
specchio ciò che aveva fatto Fujiko “Molto astuta ma non basta”,
dicendo questo si alzò e comparì davanti alla porta,
proprio quando Goemon stava per entrare, invisibile ai suoi occhi, Chi
con un calcio chiuse la porta per poi comparire nella stanza di Hikijo
che ,seduto su una sedia, sembrava aspettarla “Hikijo”
disse lei “È arrivato?” disse lui ,incapace di
controllare l’emozione saltando in piedi. Lei gli sorrise
apertamente e lui ,emozionantissimo, riuscì solo a dire
“Portami da lui”, lei lo prese per la mano ,celando un
involontario tremito quando le sue dita infantili si chiusero su quella
del giovane, e sparirono. Goemon nel frattempo stava cercando di aprire
la porta ,spingendola in ogni modo possibile ma era inutile. Vedendo
inutili i suoi sforzi, cercò allora di scalfirla con la spada ma
l’unico risultato che ottenne fu quello di far incastrare per un
breve attimo la spada: riuscì a liberarla dopo molti sforzi.
“E adesso?” pensò
guardando preoccupato la porta ma i suoi pensieri furono bruscamente
interrotti da un grido femminile. “Fujiko!” urlò
Goemon avvicinandosi alla porta accostando l’orecchio:
sentì una risata maligna e poi altre urla. Che accidenti stava
succedendo? Doveva avvertire subito Lupin. Si tolse in un attimo
l’abito da cerimonia liberando il kimono quando avvertì
uno strano movimento dietro di sé: si voltò di scatto
mentre la mano afferrava la spada ed ebbe appena il tempo di vedere un
giovane uomo dello stile Kuroi coi capelli lunghi accompagnato da una
bambina bionda prima che qualcosa di incredibilmente veloce e affilato
lo colpisse alla tempia, facendogli perdere i sensi.
Quando la porta si chiuse, Fujiko si
era voltata di scatto e vedendosi preclusa ogni possibilità di
uscita si era sentita ghiacciare. Dimenticandosi di tutto, per un tempo
che a lei parve incalcolabile fissò la porta ma quando
l’uomo l’afferrò da dietro buttandola sul letto, per
poi salirle addosso bloccandole completamente ogni possibilità
di fuga si era sentita per un attimo prendere dal panico, soprattutto
quando l’uomo con una mano le accarezzò una gamba per poi
cominciare lentamente ad alzarle la gonna. Ma non ci mise molto a
riprendere il sangue freddo: doveva cavarsela da sola in qualche modo e
inoltre non voleva rinunciare al tesoro perciò gli bloccò
con fermezza la mano per dirgli lentamente ,guardandolo negli occhi
“Lasciami spruzzare un po’ di profumo” mentre con una
mano prendeva un oggetto infilato nelle calze ,uno spray “Non ne
hai alcun bisogno, mia cara” rispose lui sorridendole “Io
no, ma tu si” e dicendo gli puntò all’altezza degli
occhi lo spray per spruzzarglielo negli occhi
“Maledizione!!!” imprecò l’uomo mollandola di
scatto mentre si strofinava gli occhi, inondati di lacrime per via del
peperoncino ma non riuscì a fare altro perchè un colpo
dietro alla nuca lo fece stramazzare al suolo. Sorridendo
diabolicamente, Fujiko si affacciò alla finestra guardando in
basso: vide la Fiat con Jigen comodamente seduto mentre la sua
sigaretta ,perennemente piegata, mandava sottili fili di fumo
“Jigen!” lo chiamò lei a voce il più
possibile bassa, lui alzò lo sguardo e vedendola le sorrise
mentre si alzava a stiracchiarsi “Allora? L’avete
preso?” “No” disse lei “Come no?” chiese
lui stupito scendendo dalla macchina “La porta si è chiusa
e Goemon non è riuscito ad entrare, ma non è venuto ad
avvertirvi?” disse lei guardandolo stupefatta “No”
disse lui con un filo di voce: che stava succedendo? “Vai da
Lupin, muovetevi mentre io cerco di…AH!” non riuscì
a completare la frase perché qualcuno di incredibilmente forte
l’aveva acchiappata da dietro “Fujiko!” urlò
Jigen guardando per un attimo la finestra come ipnotizzato prima di
scattare e correre a razzo verso la porta “Lupin!”
urlò sul portone; quella voce e quel nome fecero rizzare la
testa di scatto a Raffale che vide Jigen entrare nel portone. Un
sorriso gli si allargò sulla bocca: allora non erano andati via!
Si alzò e lo seguì, entrato dentro, lo vide salire le
scale al piano di sopra. Lo seguì per il corridoio fino ad
incontrare Lupin, sempre travestito da Zenigata. Fece per chiamarli
quando notò una cosa che lo preoccupò: Jigen gesticolava
e parlava alquanto concitato mentre Lupin lo ascoltava attento
finchè non lo vide sbiancare come uno straccio, afferrare per le
spalle il suo amico e poi vedere entrambi mettersi a correre a razzo;
pur non sapendo che cosa stesse accadendo, li seguì e quando
arrivarono ad una certa porta con un computer accanto, capì: la
cosiddetta stanza del tesoro. Si avvicinò lentamente e non solo
sentì quello che si dicevano ma anche quello che stava accadendo
nella stanza: urla di donna e le riconobbe subito: Fujiko. A quelle
urla vide Lupin tempestare di pugni la porta chiamando a gran voce la
sua donna mentre Jigen cercava di capire come manomettere il
computer,con scarsi risultati. Si mise a correre come un pazzo
finchè non li raggiunse “Levatevi!” urlò
mentre estraeva la spada: con uno movimento velocissimo mandò in
pezzi il computer e con un movimento circolare e poi a x mandò
in pezzi la porta: entrò come una furia seguito da Lupin e
Jigen, entrambi con le pistole in mano e tutti e tre rimasero dapprima
impietriti di fronte alla scena che avveniva davanti i loro occhi: un
uomo stava sopra Fujiko ,che aveva il vestito ridotto a pezzi, e
,questo mandò un ruggito di rabbia Lupin, da come le era ridotta
la faccia, era stata picchiata dall’uomo che la sovrastava.
Sentendo la porta crollare, l’uomo si voltò e gli
scappò un ruggito di rabbia vedendo Jigen “TU!”
urlò furioso prendendo la pistola che aveva sul comodino accanto
al letto e fece fuoco, sparandogli addosso ma prima che Lupin e Jigen
potessero rispondere Raffele scattò in avanti facendo ruotare la
spada di fronte a sé intercettando il proiettile poi ,sempre con
la spada in pugno, saltò sul letto e sferrò con forza un
calcio sul viso dell’uomo facendolo cadere svenuto dal letto con
il viso sporco di sangue. “Fujiko!” urlò Lupin
correndo sul letto accanto alla sua donna ma quest’ultima era
svenuta “Fujiko, amore, svegliati, ti prego!” la
supplicò con voce rotta Lupin mentre Raffaele ,immobile,
osservava la scena e Jigen era chino sull’uomo svenuto,
guardandolo perplesso: non l’aveva mai visto. “Ma tu chi
sei?” chiese Jigen rialzandosi guardando Raffaele, il quale preso
alla sprovvista non rispose “Lupin!” si sentì dal
basso la voce di Zenigata ,il vero Zenigata, per essere precisi.
“Lupin, dobbiamo andarcene, presto!” urlò Jigen
scuotendosi ma Lupin sembrava non averlo sentito
“Dov’è Goemon?” chiese preoccupato Raffaele
accorgendosi solo in quel momento che lui non era nella stanza
“Non lo so” rispose Jigen guardandosi intorno mentre Lupin
si alzava dal letto prendendo la donna in braccio e si dirigeva verso
la finestra, seguito dai suoi amici. Si aspettavano che si buttasse ma
invece Lupin si voltò e mise Fujiko in braccio a Jigen, che la
prese senza fare resistenza “Andatevene, vi copro la fuga e cerco
anche di scoprire che fine abbia fatto Goemon” disse mentre
controllava la pistola e si toglieva il travestimento “Rimango
con lei ,disse Raffaele stringendo la spada con forza, e non dica no
perché la seguirò ugualmente” disse anticipando
Lupin, il quale lo guardò per un lungo attimo prima di limitarsi
a fare un breve accenno con le testa. “Ci vediamo al
rifugio” disse Jigen e senza dire altro uscì; dopo cinque
secondi si sentirono delle voci concitate ,probabilmente poliziotti,
insieme al rumore di una macchina lanciata ad alta velocità.
“Vieni” disse Lupin e uscirono correndo dalla stanza.
Uscendo notarono che a destra c’erano delle scale, che portavano
di sopra e in trappola mentre a sinistra le scale a
chiocciola portava di sotto, nella sala da ballo ma era un
tragitto più lungo perciò ,come disse Lupin, era meglio
andare dritto. Lungo il corridoio incontrarono i poliziotti con in
testa Zenigata, che vedendo anche Raffaele per un attimo si
bloccò insieme ai suoi uomini “Anche tu sei in combutta
con loro, ragazzo?” chiese con un voce stupita “Si ,e
poiché capì che era finalmente il momento di gettare la
maschera, disse ancora, credo che sia davvero il caso di dirlo
,guardando tutti con aria di sfida, sono il nipote di Goemon Ishikawa
XIII” completò con orgoglio come se avesse detto
“Sono il nipote di Alessandro Magno” “Sei
stata bravissima, Chi! Adesso lui è qui, nelle mie mani e posso
divertirmi un po’ ” esclamò al colmo della gioia
Hikijo fregandosi le mani guardando Goemon steso ai suoi piedi “Ti puoi divertire ma ricorda: non devi ucciderlo”
lo ammonì Chi puntandogli un dito contro, ricordando nell’
atteggiamento una madre che ammonisce un proprio figlio a non fare una
certa cosa “Non preoccuparti, non lo ucciderò”
rispose lui sempre continuando a fissare Goemon, che continuava a
rimanere privo di sensi, almeno prima che Hikijo gli sferrasse un
calcio piuttosto violento sulla spalla “Svegliati!” gli
urlò sgarbatamente. Goemon lentamente riprese conoscenza, si
guardò intorno ,tutto completamente buio, chiedendosi che cosa
ci facesse lì: non era mai stato in quel posto. Faceva anche
freddo. Avvertì dolore alla spalla sinistra: che era accaduto?
Mentre se la massaggiava si rimise in piedi e finalmente si accorse che
non era solo: con lui c’erano un ragazzo dello stile Kuroi e una
bambina coi capelli biondi, tutta vestita di nero. Loro non dissero
niente, limitandosi a restituirgli lo sguardo; era certo di averli
già visti, ma dove? Cercando di vincere l’oscurità
che gli impediva di identificarli, guardò bene il giovane e lo
riconobbe: d’istinto mise mano alla spada ma non fece in tempo ad
adoperarla perché qualcosa di forte, quanto un pugno sotto il
mento, lo fece indietreggiare. Fu un attimo: un piede
nell’arretrare si era appoggiato al vuoto, rischiando di farlo
cadere: che accidenti..? Si guardò un attimo indietro per
rendersi conto che erano sul tetto della villa “Mi spiace ma tu,
come mio fratello, non potrai scappare” settenziò beffardo
Hikijo “Che vuoi da me?” replicò Goemon freddamente
senza perderlo d’occhio “Mi sembra ovvio che cosa
voglio” e dicendo questo prese la spada e si mise in una
posizione che Goemon non conosceva: come se stesse bloccando qualcosa,
aveva completamente disteso davanti a sé il braccio sinistro
mentre il destro ,reggente la spada, sovrastava la testa
cosicché la lama era a pochi cm dal suo cranio mentre la gamba
sinistra era distesa in avanti e il destro al contrario era piegato con
il ginocchio puntato verso destra, formando con le gambe una L.
Guardandolo, gli venne da pensare ad un onda piccola, rappresentata dal
braccio sinistro e la gamba corrispondente sovrastata da un'altra
più grossa e capì: lo stile Mizu. “Beh, buon divertimento” augurò
Chi poco prima di scomparire, i due rimasero soli. “Voglio vedere
se sarai in grado di battermi, Goemon, disse interrompendo il silenzio
Hikijo, fatti sotto, avanti, disse ancora incoraggiandolo ad
attaccarlo, la mia spada non vede l’ora di ferirti” senza
degnarlo di una risposta, Goemon si mise in posizione e lo
attaccò: si mise a correre e quando gli fu quasi addosso, lo
superò con un salto. Mentre gli passava sopra con un colpo di
reni si volto per colpirlo alla testa ma Hikijo usando come perno la
gamba di dietro si voltò per bloccare il colpo e sferrare un
fedente al braccio sinistro di Goemon, il quale riuscì a
limitare il danno indietreggiando, riportando una piccola lacerazione
alla manica del kimono, lasciando intravedere una porzione di
avambraccio. “Veloce” pensò Goemon guardando la
lacerazione mentre si rimetteva in guardia poco prima di venire
riattaccato.
Rimasero tutti come folgorati,
guardando quel giovane albino finchè questi, approfittando
dell’effetto sorpresa avuto sui poliziotti, si slacciò il
boomerang dal collo e con velocità lo puntò al gigantesco
lampadario che li sovrastava, facendolo cadere al suolo con un suono
infernale, sbarrando la strada ai suoi avversari “Venga!”
urlò a Lupin riprendendo il boomerang al volo mentre tornavano
indietro “Così tu saresti il nipote di Goemon?” gli
chiese raggiungendolo guardandolo curioso “Si”
replicò lui restituendogli lo sguardo “Sei tu allora che
scrivevi quelle lettere a Goemon?” “No, mia madre”
“Tua madre?” ripetè esterrefatto Lupin “La
sorella minore di Goemon” spiegò Raffaele sorridendo di
fronte all’aria sbigottita di Lupin mentre ritornavano davanti
alla stanza del padrone, il quale si era ripreso e li aspettava con una
pistola in mano “Fermi!” ruggì furioso puntando loro
la pistola mentre il sangue gli colava dal naso rotto. Senza fermarsi,
Lupin gli puntò la pistola e fece fuoco, facendogliela saltare
di mano mentre Raffaele completò l’opera con un pugno in
faccia ben assestato, che lo fece nuovamente partire per il mondo dei
sogni, “Andiamo di sopra” disse Raffaele salendo le scale
seguito da Lupin.
“Sbaglio o sei in
difficoltà?” gli chiese canzonatorio Hikijo guardandolo
con aria di compatimento mentre Goemon ,in ginocchio e appoggiandosi
alla spada, che riprendeva fiato mentre il sangue uscente dalle ferite
gli macchiava rapidamente il kimono, non gli rispose. “Povero
Goemon, cosa direbbero i tuoi antenati se potessero vederti? Che cosa
direbbe il tuo maestro e soprattutto …. tua sorella?”
disse con voce lenta e malvagia “Miyuki” pensò
allora Goemon riaprendo gli occhi di scatto e rivedendo per un attimo
il dolce volto sorridente di sua sorella: Miyuki “Piccolo
Tulipano” Ishikawa. Ricordando con gli occhi della mente quel
volto, si sentì immediatamente pieno di energie e con uno scatto
si rimise in piedi, poi si tolse la parte superiore del kimono per aver
maggior movimento, ignorando il dolore che ne ebbe da quel gesto e si
rimise in posizione quando un particolare lo colpì: come sapeva
quello sconosciuto di Miyuki? “Come fai a sapere di mia
sorella?” gli chiese stringendo gli occhi senza abbassare la
spada “Io so tutto di te, Goemon Ishikawa. È da quando che
hai ammazzato mio fratello che ti tengo d’occhio.” gli
rispose Hikijo guardandolo con odio crescente “Tuo
fratello?” ripetè lentamente cercando di ricordare
qualcuno nei lineamenti di quel giovane “Il nome Jinkuro Semboo
ti dice niente?” chiese venendogli in aiuto sorridendo vedendo
l’espressione leggermente stupita di Goemon: si, aveva capito.
“Sei il fratello di Jinkuro?!” ripetè lentamente
“Si, mi chiamo Hikijo e sono qui per vendicarlo; l’hai
ucciso come un cane e adesso paghi” “Aveva ucciso il mio
maestro, tradito la scuola e cercato di rubare la pergamena” gli
spiegò pacato Goemon “Non mi interessano le tue
motivazioni. Allora, che ne dici del filmino?” gli chiese con un
sorriso cattivo che gli allargò la bocca conferendogli un
aspetto demoniaco “Di quale filmino parli?” gli chiese
sempre stando in guardia temendo una trappola “Ma come, non
ti è arrivato ,chiese Hikijo fingendosi sorpreso e dispiaciuto,
ero curioso di chiederti che cosa ne pensassi! E a dire che avevo dato
il massimo per renderlo piacevole” “Non capisco di che cosa
stai parlando” e detto questo Goemon lo attaccò, cercando
inizialmente di colpirlo alla gamba prima di deviare la lama
dirigendola al collo, attacco che non andò fino in fondo
poiché Hikijo lo parò, sebbene la punta gli lasciò
un taglio, che dopo un attimo cominciò a sanguinare,
macchiandogli il colletto del kimono. Senza scomporsi Hikijo
passò una mano sulla ferita, ritraendola sporca e alternando lo
sguardo tra Goemon e la mano “Lo stesso sangue che le impregnava
il kimono prima di morire, commentò freddamente e poiché
dalla sua espressione capì che non lo seguiva, tua sorella” spiegò
guardandolo. Sentendo quelle parole, Goemon ebbe come la sensazione di
sentire uno strano rumore alle orecchie, come se tutto intorno a lui
stesse disintegrandosi. L’aria che gli riempiva i polmoni
sembrava essersi volatilizzata e sentiva freddo, ma non era un freddo
dovuto al tempo notturno ma qualcosa dell’anima. Per un attimo
vide davanti a sé la sua amata sorella che gli sorrideva mentre
si aggiustava la lunga treccia rossa che le teneva bloccati i lunghi
capelli e la consapevolezza del fatto che non l’avrebbe mai
più rivista a causa dell’uomo che gli stava davanti, e che
adesso rideva di lui, gli fece montare addosso una furia
incontrollabile mentre la mani che reggevano la spada ,come se
volessero spezzarla, si stringevano spasmodicamente all’elsa.
“Chi, sussurrò Hikijo, credo che possa bastare” “D’accordo” si
sentì sussurrare da una voce femminile e quando Goemon fece per
saltargli addosso ,pazzo di rabbia, si ritrovò in mezzo ad un
corridoio. “Dove sono?” si chiese guardandosi intorno senza
riconoscere il posto; si mise a percorrerlo, sperando di incontrare
qualcuno ma le sue speranze andarono a farsi benedire quando si vide
arrivare contro ,di gran carriera anche, quello che non era altri che
l’ispettore Zenigata “È Goemon, prendetelo!”
sbraitò puntando il dito verso di lui facendo sì che due
zelanti poliziotti lo superassero e saltassero addosso al samurai
“Avete scelto il momento meno adatto per seccarmi”
sibilò furioso quest’ultimo desideroso di ritrovare Hikijo
e lanciando un urlo altissimo ,che arrestò per un attimo i suoi
aggressori, passò in mezzo ai poliziotti e gli altri, muovendo a
destra e a sinistra la spada, colpendo in un punto sulla spalla,
provocando lo svenimento, come gli avevano insegnato allo stile Hi.
“Hikijo!” urlò correndo nella direzione che sarebbe
stata imboccata dall’ispettore Zenigata se non fosse apparso lui
fino a raggiungere le scale che sembravano portare per sotto e
fermandosi giusto in tempo per non andare a sbattere contro Lupin e
Raffaele, il cui viso vedendolo si illuminò di un gran sorriso
“Eccoti, finalmente. Ti stavamo cercando” esclamò
sollevato “Cercando?” gli chiese Goemon guardandolo
perplesso mentre abbassava la spada “Vieni, ci spiegheremo tutto
dopo, adesso dobbiamo assolutamente scappare” si intromise Lupin
prendendolo per un braccio. Senza fare domande si misero rapidamente a
scendere le scale, fino ad arrivare alla sala da ballo, in cui regnava
la confusione in quanto gli ospiti erano preoccupati e spaventati
avendo sentito i rumori degli spari e le urla. “Non abbiamo
macchine, come facciamo ad andarcene?” disse Raffaele guardando
preoccupato Lupin ,il quale con una risatina e uno sguardo furbo, disse
“Quando sono andato a fare un sopralluogo, ho anche guardato dove
tengono le macchine.” e dicendo questo mostrò un mazzo di
chiavi. Facendosi largo tra la folla, uscirono fuori, girando a
sinistra per trovarsi in uno spiazzo in cui ,sistemate in quelle che
sembravano due garage, c’erano le macchine. “Goemon, apri
quella di destra” urlò Lupin e quest’ultimo,
superandoli in velocità corse verso il garage che sembrava
più grosso per aprire la porta, formando ,con un veloce
movimento, prima un quadrato e poi un cerchio, abbattendo la porta.
Entrati dentro, trovarono sistemate accuratamente l’una vicino
all’altra, ricordando i soldatini di stagno in una scatola,
macchine da corse di vario tipo e tutte assurdamente costose ma quella
a cui puntò Lupin fu una Ferrari 456 station wagon, sistemata
proprio in fondo e incastrata tra due macchine meno potenti.
“Posso guidarla io?” propose Raffaele supplicante guardando
la macchina mentre con una mano accarezzava il cofano. Lupin e Goemon
si guardarono dubbiosi ma quando da fuori si sentì la voce
alquanto alterata di Zenigata, ogni voglia di discutere sparì
“D’accordo, ma sai riportarci a casa? Ti ricordi?”
gli chiese Lupin ansioso “Ahò!” disse allegramente
Raffaele sventolando la mano, come per dire “E che ci
vuole?” “Speriamo in bene” pensò Lupin
prendendo posto vicino a lui mentre Goemon si sedeva dietro; fattosi
dare le chiavi, Raffaele ,con un sorriso che gli andava da un orecchio
all’altro, accese il motore, inondando in un attimo di fumo il
garage mentre il rumore del motore sembrava amplificato. Con prudenza,
uscì dal parcheggio in modo da trovarsi con il muso proprio
davanti l’entrata. “Si parteee!” disse tutto allegro
preparandosi a partire ma improvvisamente sull’entrata si
stagliò la figura dell’ispettore con dietro i suoi uomini.
“Fermi!” urlò spalancando le braccia ma Raffaele per
tutta risposta diede una robusta accelerata, facendo schizzare in
avanti non solo la macchina ma anche i passeggeri, facendoli
sombalzare, per poi dirigersi a tutta velocità verso
l’ispettore e i suoi uomini, che sembravano bloccati ai loro
posti, sicuri che Raffaele si sarebbe fermato ma quando videro la sua
aria diabolica stampata in faccia, le loro espressioni tranquille si
squagliarono per passare dapprima ad un aria sbigottita per poi levarsi
di scatto, giusto in tempo per non finire travolti. “Alle
macchine, presto!!!” urlò Zenigata alzandosi in piedi di
scatto indicando la Ferrari che si allontanava allegramente passando
attraverso il pergolato, distruggendolo a costo di uno specchietto.
Intanto dentro la villa, nella stanza
del tesoro la bambina rispondente al nome di Chi stava aggiustando il
naso rotto del padrone, il quale ,seduto sul letto e lanciante
bestemmie ogni tanto all’indirizzo del responsabile, parlava con
il giovane davanti a lui, un samurai coi capelli neri “E
così gliel’hai detto?” gli chiese l’uomo sul
letto “Si, mi sono goduto molto l’aria disperata che
cercava disperatamente di nascondere!” disse con aria soddisfatta
il giovane mentre il sorriso di Chi si allargava sempre più
sentendo quelle parole, come se Hikijo le avesse fatto un complimento
“Sei sicuro che ritornerà da solo?” si
informò l’uomo “Goemon è sempre stato un tipo
chiuso anche coi suoi amici” confermò il samurai "Ecco fatto ,l’interruppe Chi ,rialzandosi e allontanandosi per ammirare l’opera, come nuovo”
“Perfetto, disse l’uomo tastandosi il naso, adesso devo
chiamare una delle nostre spie per farmi dare la risposta dal nostro
nuovo alleato e poi dovremo aspettare” e dicendo questo
uscì, lasciando soli Hikijo e Chi. Rimasero in quello che per
Chi era un imbarazzante silenzio fino a quando non sospirò
dicendo con un sorriso timido “Vado sopra” ,
cominciando lentamente a sparire; solo allora Hikijo si riscosse
bruscamente “Chi!” esclamò alzando un braccio come
se volesse afferrarla “Si?” gli chiese lei perplessa “Grazie per l’aiuto” “Nulla” ,rispose
lei sorridendo, con un sorriso ancora più largo. Ritornata in
camera, si accorse di sentirsi molto felice e quando si
interrogò perché, si rese conto che tutta la sua
felicità era collegata al ringraziamento di
Hikijo.
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Capitolo 5 *** Arrestati! ***
Arrestati!
“Accidenti, quant’è
veloce stà macchina!” gongolò Raffaele scendendo
pimpante da quello che era ormai più rispettoso identificare
come “il possibile cadavere di una Ferrari” mentre Lupin
dalla sua espressione sembrava piuttosto occupato a riprendersi da una
tragica esperienza mentre la portiera accanto a lui ,quando
cercò di aprirla, cadde a terra con un tonfo sordo, lasciando
Lupin con una mano a mezz’aria. Goemon invece scese impassibile
dalla macchina ma osservandola disse “Devi fare ancora molta
esperienza; l’hai distrutta irrimediabilmente e hai anche
compiuto azioni che potevi risparmiarti perché puramente
esibizioniste” “Ma dai! Ho solo fatto qualche slalom e
qualche frenata brusca” rispose lui evasivo facendo spallucce e
guardando con aria di sufficienza la macchina “E hai anche
confuso più di una volta il freno per
l’accelleratore” boccheggiò Lupin massaggiandosi la
testa mentre si appoggiava sul cofano della macchina, il quale
mandò una robusta nuvola di fumo, come se volesse dare il suo
personale parere riguardo il trattamento ricevuto “Un errore che
tutti possono fare” rispose “Anche quello di entrare
contromano in una strada a senso unico?” insistette Lupin
“Quello non era un errore ,precisò Raffaele con aria
diplomatica sollevando un dito, era un mezzo per…”
“farci finire all’ospedale?” completò Goemon
sarcastico “No ,replicò offeso, per sfuggire ai
poliziotti! La prossima volta..” “guido io, se non ti
spiace” lo interruppe con aria autoritaria Lupin dando un pugno
sul cofano della macchina, il quale ,come se volesse dargli ragione,
gli sputò in faccia una nuvola di fumo, rendendolo simile ad un
nero. “Finalmente siete arrivati!” esclamò la voce
inconfondibile di Jigen e tutti, voltandosi, videro la sua figura
slanciata stagliarsi sulla porta “Jigen, Fujiko come sta?”
gli chiese Lupin preoccupatissimo andandogli incontro “Sta bene,
ma quel maledetto l’ha colpita con forza. Le resteranno i segni
per po’ ” gli rispose mentre si toccava la tesa del
cappello “Devo vederla” disse allora Lupin guardando di
sopra e fece per superare l’amico ma questi
l’afferrò per un braccio “Lupin ,gli disse
lentamente e guardandolo seriamente, per un po’ è meglio
che tu non faccia lo sciocco. Con lei” precisò. Si
guardarono per un tempo che parve infinito finchè Lupin ,con un
impercettibile cenno della testa, non sparì oltre la porta,
lasciando soli i suoi amici, i quali dopo un attimo di silenzio,
entrarono dentro anche loro. “Che è successo a quella
macchina?” chiese Jigen voltandosi fissando il rottame
spalancando tanto d’occhi “Qualcuno ha fatto pratica di
guida” spiegò Goemon mentre salivano le scale. Entrati
dentro, Raffaele andò in salotto dove c‘erano anche Fujiko
,che stava bene a parte qualche livido in viso, e Lupin mentre
,passando accanto al tavolino, Goemon notò quel pacchetto giallo
che aveva già visto prima che lui e i suoi amici uscissero. Lo
prese in mano e non nascose il suo stupore quando vide che arrivava dal
Giappone ed era per lui “A proposito, Goemon. Ti è
arrivato quel pacchetto ma mi sono dimenticato poi di dirtelo. Chi te
lo manda?” gli chiese Jigen avvicinandosi indicando il pacchetto
“Non c’è nome” rispose lui perplesso
sollevando gli occhi dal pacco mentre lo tastava, sentendo sotto le
dita un oggetto, per essere poi identificato per una cassetta quando lo
tirò fuori. “Chi me lo manda?” si chiese mentalmente
e solo quando nella mente gli ritornarono improvvisamente le parole di
Hikijo capì che cosa fosse. “Goemon?” gli chiese
cautamente Jigen guardandolo preoccupato ma Goemon ,senza rispondergli,
come un automa andò in salotto dirigendosi verso la TV.
“Come ti senti, cherì?” gli chiese gentilmente Lupin
e quest’ultima “Sto bene ma dov’è il tesoro?
Vorrei vederlo” a quelle parole Lupin si sentì come se
stesse per sedersi su un pacco di carboni ardenti; degludendo
nervosamente le rispose “Non l’abbiamo preso,
perché…” ma fu interrotto “Lo sapevo che non
dovevo fidarmi di te, sei il solito idiota!” “Ma
tesoruccio, non è mica colpa mia se tutto è andato a
monte” “E allora di chi?” stava per dire Fujiko ma si
bloccò vedendo l’espressione di Goemon “Cosa
c’è?” gli chiese a sua volta preoccupato Lupin
vedendolo pallido ma non ottenne risposta. Dopo un breve attimo di
esitazione, infilò la cassetta nel registratore e lo fece
partire, sedendosi poi su una poltrona. “Ma che
cos’è?” insistette Jigen avvicinandosi ma Goemon si
limitò a dire senza staccare gli occhi dallo schermo “Vi
spiego tutto dopo”. Sullo schermo cominciarono ad apparire delle
immagini: vide una donna incatenata al muro e solo quando notò i
capelli rossi e il kimono la riconobbe “Miyuki!!”
urlò alzandosi di scatto nello stesso tempo in cui Raffaele
,diventato pallido come un fantasma, urlò “Mamma!”
ma questa esclamazione passò inosservata solo alle orecchie di
Goemon, il quale era troppo concentrato sullo schermo per badare ad
altro. Improvvisamente apparve Hikijo ,che legò una ragazza che
Goemon non riconobbe ,anch’essa coi capelli rossi, e ,dopo averla
trascinata vicino a Miyuki, le puntò alla nuca una pistola.
Raffaele riconobbe subito la sconosciuta “Mina”
balbettò cadendo in ginocchio per poi lanciare un urlo disperato
quando vide la detonazione e il sangue imbrattare nel film il pavimento
e il muro mentre gli altri presenti ,Lupin, Fujiko e Jigen, restarono
come paralizzati dall’orrore di quanto stava avvenendo. Goemon,
che fino a quel momento era rimasto immobile, perse il controllo quando
vide Hikijo sparare su sua sorella e lanciare poi la sua sfida ma prima
che potesse fare qualcosa Lupin fu il primo ad alzarsi e spegnere il
televisore con tanta violenza che il cavo si spezzò ma Lupin,
rosso in faccia e tremante di indignazione, lo buttò con rabbia
a terra mentre Jigen si levava il cappello, con quella che sembrava un
aria triste in volto. “Miyuki” disse Goemon con voce quasi
irriconoscibile mentre si buttava pesantemente sulla poltrona mentre
Raffaele stringeva i pugni con tale forza che le unghie gli penetrarono
nella carne mentre una rabbia cieca si impadroniva lentamente di lui.
Goemon rimase in silenzio per molto tempo e solo Lupin alla fine ruppe
il silenzio “Goemon…” quest’ultimo non diede
segno di averlo sentito “Raffaele” disse allora Lupin
rivolgendosi a lui e questi ,dopo aver lanciato una rapida occhiata
allo zio, disse “Vi spiegherò tutto ma è meglio ora
lasciarlo solo” e dicendo questo, andarono in cucina e dopo che
tutti si furono seduti iniziò a parlare “Come ho
già detto al signor Lupin, io sono il nipote di Goemon, essendo
figlio della sua sorella minore Miyuki, la donna
che….,respirò profondamente prima di continuare, avete
visto prima e la ragazza era mia sorella gemella Mina, ovviamente
anch’essa nipote di Goemon.” Dopo che tutti superarono il
primo momento di sorpresa “Come facciamo a fidarci di te? Goemon
non ti ha riconosciuto e in più Lupin ti ha sentito dire a
Zenigata che sei il nipote del padrone della villa”
replicò Fujiko “Goemon e mia madre non si scrivono
più da molto tempo quindi non sa che lei ha avuto due
figli” “Chi era tuo padre?” gli chiese Lupin
lanciandogli un occhiata ai capelli “Mio padre era un italiano e
nelle mie stesse condizioni, è grazie a lui se sono
albino” aggiunse toccandoseli “Se sei veramente mio nipote,
come puoi dimostrarmelo?” chiese freddamente Goemon comparso in
quel momento “Mia madre ,e quindi tua sorella, adorava dormire
con una foglia di limone attaccata al cuscino e adorava mangiare il
riso saltato aggiungendo pezzi di tofu abbrustoliti” gli rispose
d’istinto Raffaele e fu lieto di vedere l’espressione tesa
di Goemon rilassarsi e la mano allontanarsi dalla spada “Non ho
mai saputo di avere un nipote” gli disse guardandolo come se lo
vedesse per la prima volta senza dar segno di commozione “Gliela
faremo pagare insieme a quell’uomo, per mia madre e mia sorella,
vero?” gli chiese Raffaele cercando di trattenere le lacrime,
Goemon si limitò a fare un cenno con la testa “Potete
contare anche su di noi” li informò tranquillo Lupin
alzandosi dalla sedia insieme agli altri. “Ti ho riportato
insieme alle lettere di mia madre anche un' altra cosa” lo
informò Raffaele guardandolo negli occhi “Che cosa?”
gli chiese Goemon ma senza rispondergli, Raffaele uscì dalla
cucina per ritornare col borsone. Lo aprì e tirò fuori il
cofanetto per poi aprirlo con aria solenne, lasciando vedere
all’interno un rotolo di pergamena legata da un nastro grigio.
Vedendolo, Goemon trattenne bruscamente il respiro mentre il poco
colore rimasto in viso gli scomparve “Che
cos’è?” chiese Lupin guardando il rotolo ma non
ottenne risposta “È per quello che le hanno
ammazzate?” chiese bruscamente Goemon continuando a fissare il
rotolo “Probabile. D’altronde hai visto anche tu che
quell’uomo era dello stile Kuroi e l’ho riconosciuto: era
sul mio stesso aereo quando sono venuto qui inoltre la notte in cui
sono fuggito sono stato aggredito in casa da un gruppo di uomini che
volevano la pergamena. È piuttosto semplice com’ è
il fatto e certamente sai che cosa bisogna fare” completò
Raffaele ricevendo in risposta un cenno della testa da parte di Goemon
“Ragazzi, scusate se vi interrompo ma se volete il nostro aiuto,
credo che dobbiate spiegarci che succede” intervenne Lupin ma
prima che Goemon o Raffaele potessero rispondere, si sentì
bussare alla porta. “Per favore, vai a vedere chi è,
Jigen”, quest’ultimo, stando all’erta, andò ad
aprire alla porta per trovarsi di fronte un vecchietto con la testa a
pallottola e con due baffi neri a tricheco “Larry!”
esclamò lieto Jigen facendolo entrare “Larry, che
piacere!” esclamò a sua volta Lupin andando
incontrò all’ospite mentre Raffaele nascondeva il
cofanetto “Sono passato a salutarvi passando da queste parti.
È vostro il cadavere qui sotto?” “Cadavere?”
ripetè perplessa Fujiko mentre gli stringeva la mano “La
“cosa” malamente riconoscibile per una Ferrari. Mamma mia,
non ho mai visto una cosa simile. Non dirmi che l’hai guidata tu,
vero Jigen?” gli chiese guardandolo malizioso “Io no ma il
giovane lì” rispose lui con un ghigno indicando il giovane
albino, il quale con un sorriso imbarazzato si presentò
stringendogli la mano. “Che mi dite, è successo qualcosa
di nuovo?” chiese Larry sedendosi sul divano imitato dagli altri
mentre Fujiko ritornava dalla cucina con un vassoio pieno di tazze di
caffè; solo allora Larry notò il viso di Fujiko
“Santo cielo, che è successo?” le chiese accigliato
“Beh, oggi abbiamo cercato di fare il colpo alla villa
Kanemoti” gli spiegò Lupin passandogli una tazza. Sentendo
Kanemoti la mano di Larry tremò leggermente ma Lupin non ci fece
caso, a parte i due samurai presenti, i quali si scambiarono un
occhiata significativa, senza tuttavia dire una parola. “E Fujiko
è stata picchiata dal padrone” completò spiccio
Jigen “Capisco. Beh ragazzi, disse l’uomo alzandosi dal
divano, devo andare adesso.” “Ti accompagno alla
porta” si offrì inaspettatamente Fujiko.
“Lupin” disse Goemon avvicinandosi all’amico
“Cosa?” chiese lui voltandosi a guardarlo
“Quell’uomo deve aver a che fare qualcosa con
Kanemoti” disse guardando verso il corridoio “Che cosa te
lo fa supporre?” rispose Lupin accigliandosi “Quando avete
pronunciato quel nome ,signor Lupin, gli è ha tremata la
mano” spiegò Raffaele “Vuoi farla finita di
chiamarmi “signore”? disse Lupin fingendosi scocciato,
dammi del tu” “E lo stesso fai pure con me”
intervenne Jigen sorridendogli apertamente “Idem” disse
Fujiko ritornata in salotto “E adesso, ragazzi, vogliamo
ritornare a prima? Che cos’è quel rotolo che Raffaele ha
portato?” chiese Lupin indicando il cofanetto. Raffaele a quella
domanda socchiuse leggermente gli occhi, i quali si incrociarono
rapidamente con quelli di Goemon: avrebbero mai coinvolto degli
estranei in una faccenda che non li riguardava? L’occhiata di
Goemon gli fece immediatamente capire che risposta avrebbe dato ai suoi
amici “Vi basti sapere che è la causa per cui mia sorella
e mia nipote hanno dato la vita ,rispose pacato e prima che qualcuno
potesse aggiungere qualcos’altro disse, incamminandosi verso
l’uscita, vieni con me Raffaele” quest’ultimo preso
il rotolo e consegnatolo a Goemon, che lo infilò in una tasca
interna del kimono, uscì insieme a quest’ultimo dalla
villa: Jigen, Lupin e Fujiko dalle scale li guardarono allontanarsi
finchè non arrivarono in città. Ci fu un attimo di
silenzio in cui nessuno si mosse o parlò finchè Jigen non
si infilò una mano nella tasca interna della giacca per
ritirarla che stringeva una sigaretta, la quale fu accesa da Lupin, che
non disse in tutto questo una parola, continuando a guardare il punto
in cui il loro amico era scomparso con il nuovo arrivato “Beh,
disse Jigen rompendo il silenzio mentre del fumo gli usciva dalla
bocca, che altre spiegazioni ci dovevamo aspettare da un
samurai?” aggiunse ricordando quando Goemon in un'altra
occasione, quella in cui Lupin aveva recuperato la statua del dragone
imprigionato nel Titanic, statua contenente un segreto che riguardava
la spada di Goemon stesso, si era comportato nello stesso identico modo
e anche in altre occasioni era stato sempre restio a dare spiegazioni
“No, Jigen, non è così stavolta. Lui non ha voluto
spiegarci niente perché non vuole metterci in pericolo.”
le parole di Lupin sembrarono apparentemente cadere nel vuoto mentre il
sole cominciava a fare capolino, illuminando di una ,prima lieve e poi
sempre più forte, luce rosata per poi assumere un colore giallo
oro, rendendo i colori circostanti più luminosi “Beh,
ragazzi, disse Fujiko trattenendo gli sbadigli a stento, io credo che
andrò a casa. Non vedo l’ora di farmi un bel
sonnellino” e detto questo andò via “Credo che
andrò anch’io a riposare, dopo cercheremo di riformulare
un nuovo piano per quel tesoro, non ho intenzione di arrendermi. Vieni
anche tu, Jigen?” disse Lupin guardando l’amico ,che dopo
aver formato due anelli di fuoco e sempre tenendo la sigaretta, ormai
quasi del tutto consumata tra le labbra, disse “No, io devo fare
una ricerca col computer, devo levarmi una curiosità”
“D’accordo allora, buonanotte, Jigen” e dicendo
questo entrò dentro. Jigen rimase altri due minuti fuori
finchè consumata la sigaretta non la buttò per terra per
schiacciarla col piede mentre la sua mente era concentrata su un uomo:
l’uomo della villa. Intanto “Ha detto si, signore. Ha
accettato” disse l’uomo guardando il personaggio davanti a
lui seduto sulla poltrona, il quale, con le mani incrociate ben
visibili sulla scrivania, la stessa che lo separava dall’ospite,
si lasciò sfuggire un piccolo sorriso “Perfetto, davvero
perfetto. Ottimo lavoro, tieni” e dicendo si cacciò una
mano nella giacca nera per poi poggiare sul tavolo un ben nutrito
fascio di banconote che sparirono nella giacca dell’uomo in
piedi, il quale ,nonostante il buio presente in quello che sembrava un
ufficio, si capì dall’intonazione della voce che aveva un
espressione preoccupata e triste “Se posso chiederlo,
signore….” “Cosa?” rispose l’uomo
davanti a lui, che intanto aveva preso il telefono poggiato vicino a
lui “Perché volete vendicarvi di loro?” “Se
fossi in te adesso andrei a godermi i soldi appena guadagnati; dubito
infatti che una persona del tuo livello nella malavita abbia visto e
posseduto tanti soldi tutti in una volta ” rispose lui con un
tono leggermente secco e con lo sguardo improvvisamente duro “Si
certo, signore” rispose in fretta l’uomo e uscì
dalla stanza. L’uomo col completo nero guardò la porta per
diversi minuti e dall’espressione accigliata che gli comparve sul
volto si poteva dedurne che era preoccupato, si passò una mano
sul viso affilato e poi tra i capelli marroni, che adesso gli erano
ricresciuti talmente che gli arrivavano sulle spalle. “Chi”
disse e immediatamente nella stanza comparve lei “Cosa?”
chiese lei con quello che sembrava un aria un po’ seccata
“Dì ad uno dei miei uomini di tenere d’occhio
quell’uomo che ho appena ricevuto” “D’accordo”
rispose sbrigativa e detto questo sparì, lasciando l’uomo
completamente tranquillo, che chiamò qualcuno al telefono. Fatto
quello che le aveva chiesto di fare, Chi ritornò nella sua
cameretta, al centro del quale c’era un tappeto su cui stavano
abbandonate due bambole, le stesse con cui stava giocando prima ma non
aveva voglia di continuare, c’era qualcosa su cui doveva
riflettere. Si distese sul letto, appoggiando sulle braccia incrociate
la testa mentre nella mente ,quasi suo malgrado, compariva prepotente
l’immagine di Hikijo, ultimamente l’oggetto dei suoi
pensieri: dapprima non ci aveva fatto caso, ma ultimamente si era
accorta che molti pensieri dolci erano dedicati a lui, che ogni volta
che lo guardava si sentiva molto nervosa e strani sensazioni in alcune
parti del corpo, tutte cose che non conosceva. E ,ancora più
strano, quando faceva qualcosa e nessuno la ringraziava lei non se ne
preoccupava granchè ma se era Hikijo a non
ringraziarla…che cosa significava tutto questo? Si chiese
grattandosi perplessa la testa ma non trovò risposta prima di
fare una spallucciata e uscire dalla stanza: anche se il problema era
molto interessante, l’ora del gelato lo era ancora di
più. Dopo un ora, Raffaele e Goemon ritornarono nuovamente
alla villa, davanti la quale c’erano ancora auto della polizia;
“Non sarà semplice entrare” commentò Goemon
guardando le macchine parcheggiate “Zio, credi che sia solo
quell’uomo a cercare le pergamene?” zio: non era mai stato
chiamato così da nessuno, e il suono di quella parola gli
sembrava dolce, come dolci erano i ricordi legati a sua sorella e lui
non l’aveva mai fatto capire…“Chiamami solo Goemon
,rispose, e per ritornare alla tua domanda, non lo so ma se è
possibile preferirei evitare di convocare il Consiglio”
“Perchè vuoi vendicare tu Miyuki, vero?” sentendo
quel nome non disse niente ma il suo silenzio parve già una
risposta “Tu e mia madre eravate molto legati, vero?”
chiese ancora e la mente di Goemon si riempì involontariamente
di ricordi…
“Concentratevi, ragazzi”
la voce forte ma allo stesso tempo garbata del maestro fu portata dal
vento fino alle orecchie dei ragazzi bendati che ,in quel momento
rigidi come scope per il nervosismo, stavano in equilibrio su una gamba
sola, appoggiata ad un bastone sufficientemente largo per poter
contenere un solo piede, a patto che questo stesse sulle punte. Tutti i
ragazzi dovevano con lentezza estrarre le spade per poi eseguire
velocemente le mosse studiate quel giorno, cercando di non perdere
l’equilibrio, causa punizione. Il maestro si avvicinò al
primo allievo a sinistra e dopo aver guardato bene la posizione del
piede e delle mani, senza mostrare l’orgoglio che provava per
quel giovane, disse “Comincia tu” : un giovane di sedici
anni con i capelli neri, con le mani vicine al petto come se fosse in
preghiera e le gambe che ricordavano per la posizione una squadra,
lentamente staccò la mano destra dalla sinistra per avvicinarla
al fodero per poi estrarre con velocità la spada e muoverla con
movimenti aggraziati e precisi prima di rimetterla nel fodero,
nuovamente con lentezza. “Molto bene davvero, Goemon” disse
sorridendo il maestro senza accorgersi del terzo ragazzo, un giovane
con i capelli neri corti e un viso quadrato, che si mordeva con rabbia
le labbra. Il maestro passò alla seconda ,una ragazza coi
capelli rossi, la quale ,sorridendo nervosamente, prese la spada ed
eseguì l’esercizio in modo corretto “Brava Miyuki,
solamente devi esser più veloce e sicura” e dicendo questo
passò al terzo, il quale ,senza aspettare che il maestro gli
desse il via, prese la spada ed eseguì l’esercizio in modo
corretto per poi riporre la spada con un piccolo sorriso di
soddisfazione in volto. Il maestro lo guardò per dieci minuti
buoni prima che il bastone che aveva in mano lo picchiasse sulla testa
del ragazzo, il quale non disse niente, limitandosi a mordersi le
labbra per il dolore e l’umiliazione “Un samurai non si
vanta né si pavoneggia come hai fatto tu, Jinkuro” lo
rimbrottò con voce severa il maestro prima di passare
all’altro ragazzo. Il giovane rimproverato ,quando fu sicuro che
il maestro non lo vedesse, sollevò leggermente la bandana e con
un espressione malevola in volto cercò di colpire con un rapido
calcio la gamba di Miyuki, ma andò a sbattere contro il fodero
di una spada, che riconobbe subito per quella di Goemon; infatti
quest’ultimo, senza aver sollevato la bandana ma facendo
unicamente uso del senso dell’udito aveva avvertito e parato il
colpo destinato alla sorella. Prima che Jinkuro potesse ritirare la
gamba, Goemon lo colpì con un rapido calcio, facendolo cadere al
suolo e sorridendo di fronte alla sua aria furiosa, si rimise in
posizione, lasciando il compagno ai rimproveri e alla punizione del
maestro, che aveva visto tutto. “Grazie, fratellone”
bisbigliò Miyuki sorridendo al fratello, il quale ,sorridendole,
si limitò a darle un buffetto prima di ritornare
all’esercizio.
“Goemon, mi senti?” la voce di Raffaele lo riportò
alla realtà “Eh?” “Ti stavo dicendo che la
polizia si sta allontanando” spiegò indicando le macchine,
che effettivamente se ne stavano andando “Vieni” e dicendo
questo si avvicinarono al cancello, lo scavalcarono ed entrarono nel
giardino, nascondendosi nei cespugli, alcuni dei quali abbastanza
grandi da nasconderli; continuando così arrivarono alla fontana
dove videro che la casa era protetta da uomini dalle facce poco
raccomandabili ed erano armati fino ai denti “Che diavolo ci
fanno dei tizi ,inequivocabilmente della malavita, davanti ad una casa
abitata da gente rispettabile?” domandò Raffaele
visibilmente stupito “Se sono lì, vuol dire che anche il
padrone non è tanto onesto” si limitò a rispondere
Goemon guardandosi intorno cercando un modo per entrare e notò
che c’era sulla loro destra un fitto intrico di cespugli, che si
estendeva fino a portare sotto alla finestra del secondo piano.
Camminando curvi il più possibile senza farsi vedere, riuscirono
ad entrare nella villa, adoperando il rampino che entrambi avevano con
sé; entrarono in quella che si era rivelata la camera di un
bambino, una femmina per la precisione, a giudicare dalle bambole e
dagli altri giocattoli. Si mossero cercando di non inciampare sia tra i
vari giocattoli sparsi a terra e di non cadere nel frattempo sul letto
a baldacchino, sistemato quasi sotto la finestra a destra mentre un
gradevole profumo di rose riempiva la stanza, proveniente dal vaso di
fiori appoggiato sul comodino vicino al letto. “Carina come
stanza” commentò Raffaele guardandosi in giro mentre
Goemon fissava il letto “Probabile che sia la camera della stessa
bambina che ha aiutato Hikijo” pensò mentre fissava una
bambola che aveva preso da terra. La padrona della camera ,che in quel
momento stava di sotto, era comodamente sdraiata su una poltrona a
mangiare un gelato al gusto fragola e pistacchio mentre la televisione
a colori davanti a lei trasmetteva il suo film d’animazione
preferito: Basil l’investigatopo. Gli era stato regalato da
Kanemoti come premio per il suo impegno e si stava veramente
divertendo: stava giusto congratulandosi mentalmente con Rattigan ,il
cattivo della storia, per la trappola che aveva architettato per
catturare Basil, il topo investigatore ficcanaso ma non per questo meno
intelligente agli occhi della bambina, ma aveva più apprezzato
il metodo crudele che aveva scelto per liberarsi del detective e del
suo assistente: la trovava un’idea ,per usare le sue stesse
parole, deliziosamente crudele quella di legare ad una trappola per
topi i due “eroi” della storia e fare in modo che morissero
in mille modi diversi (tutti dolorosi, ovvio): prima lo schiacciamento
della calotta cranica e quindi del cervello quando sarebbe scattata la
trappola all’arrivo della pallina che avrebbe messo in moto
tutto, poi la distruzione dello stomaco per il passaggio di una
pallottola gigantesca proveniente da una Medusa (una pistola
sufficientemente piccola per essere contenuta e nascosta in una mano)
poi la perforazione della gola mediante una gigantesca freccia partente
da una balestra, poi il taglio in due da una gigantesca ascia sospesa
su di loro e dulcis in fundo schiacciamento di tutte le ossa con una
gigantesca incudine. Chi si era fatta un sacco di risate maligne ,a
rischio di soffocarsi col gelato, quando Tompson ,l’assistente di
Basil, all’elenco di tutte le “disgrazie” che
avrebbero messo fine “all’insignificante e breve vita e
carriera di Basil di Baker Street” aveva manifestato tutta la sua
disapprovazione al riguardo “A chi la tocca la tocca, bello mio”
gli aveva detto lei tra le risate prima che il sorriso gli scomparisse
dalla faccia ad un improvvisa illuminazione: Basil e il suo assistente
dal primo colpo in poi non si sarebbero più accorti di niente:
che forse una persona si accorge di venire colpita da una pallottola,
trafitta da una freccia, tagliata in due da un ascia e poi schiacciata
da un incudine quando il cervello è stato completamente
distrutto? Ne dubitava un po’. “E no! Così non è divertente, uffa! Ehi, tu ,urlò seccata a Rattigan, in quel momento impegnato a salire su un elicottero, deficiente! Non capiranno niente dal primo colpo in poi, rimedia!”
ma con suo grande fastidio non accadde niente quando d’improvviso
ebbe come un sussulto mentre il suo sguardo si incupiva. Poggiò
con calma la coppa di gelato sul tavolo dopo aver spento il televisore
poi scomparì per comparire nello studio di Kanemoti, che
avvertì la polizia di tornare indietro e nella stanza di Hikijo,
il quale ,colmo di gioia, prese la spada e si diresse verso la stanza
di Chi, con quest’ultima alle calcagna. “Tutto procede
secondo i piani” disse più a se stesso che ad altri
l’uomo rispondente al nome di Kanemoti, il quale incrociando le
mani sulla scrivania, se le fissava con aria di soddisfazione mentre il
suo pensiero tornava al passato e anche all’uomo che aveva fatto
intrusione nella sua stanza insieme ai suoi amici; a quel ricordo
strinse le mani fino a spezzarle: gliel’ avrebbe fatta pagare!
“Andiamo a cercare Hikijo” disse Raffaele avviandosi verso
la porta ed aprendola, giusto in tempo per trovarsi Hikijo ed una
bambina davanti, rimasero come bloccati ad osservarsi
“Hikijo!” urlò Goemon alzandosi e sfoderando la
spada ma Raffaele fu più veloce a prendere la spada e cercare di
colpire Hikijo, il quale non avrebbe fatto in tempo a schivare ma la
lama andò a cozzare contro una mano infantile, la cui
proprietaria, con uno sguardo che adesso era passato repentinamente
dall’impassibile al furioso, strinse la lama tra le dita con
più forza mentre quest’ultime e la mano stessa
cominciavano ad assumere un brutto colore rossastro, simile al ferro
incandescente mentre un caldo soffocante cominciò a riempire
l’aria. Goemon, che era rimasto come immobile, anche da quella
distanza sentiva il calore proveniente da quella mano e immediatamente
intuì il pericolo “Raffaele, allontanati subito!”
fece per urlare ma troppo tardi per impedire che la mano di Chi con
velocità si andasse ad appoggiare sul petto del giovane, il
quale ,sulle prime come paralizzato dal dolore si levò di scatto
con quella che sembrava una scottatura sul petto
“Mannaggia” prese ad imprecare facendo aria con le mani
allo scopo di dare sollievo al dolore mentre Goemon lo raggiungeva
“Non dovevi attaccarlo”
replicò furiosa Chi guardandolo mentre Hikijo, leggermente
perplesso fissava lei “Chi, aspetta, questo è affare
mio” disse prendendola per un braccio vedendola sul punto di
riattaccare “Stava per attaccarti!”
rispose lei guardandolo prima di riposare lo sguardo sui due: Goemon
quasi a proteggere Raffaele, con una sua mano su una spalla del giovane
mentre l’altra mano teneva la spada, un mezzo della sua lama
già fuori dal fodero, gli occhi incendiati e carichi di rabbia
alla pari di quelli di Chi mentre in quelli di Hikijo c’era solo
confusione. I presenti si guardarono in silenzio quando si sentirono i
rumori delle sirene “La polizia!” esclamò Raffaele
voltandosi verso la finestra ma Goemon ,sordo ai suoni, teneva occhi
solo per l’uomo che gli stava di fronte, il quale si mise in
posizione, preparandosi allo scontro. “Goemon, dobbiamo
andarcene” disse Raffaele afferrando il compagno per il braccio e
tirandolo senza ottenere un apprezzabile risultato “Se proprio volete andarvene, vi aiuto io”
sibilò Chi ancora e ,sotto lo sguardo ,adesso furioso, di Hikijo
mise la mani in una strana posizione: la mano sinistra a conca
all’altezza del bacino mentre l’altra ,anch’essa a
conca, all’altezza della testa con le braccia stese al massimo
poi con uno scatto ruotò la mano destra con un movimento verso
il basso in modo che prendesse il posto dell’altra mano e
viceversa, facendone scaturire una piccola tromba d’aria, che
investì Goemon e Raffaele, scaraventandoli fuori dalla stanza e
facendoli cadere sull’erba ,o meglio, Raffaele cadde sulla
schiena ,con il bruciore della scottatura improvvisamente aumentato,
mentre Goemon ,con un elegante capriola, era atterrato in piedi e
continuava a fissare con sguardo freddo la finestra da cui erano appena
usciti. “Goemon, dobbiamo andare ” disse Raffaele
rialzatosi subito in piedi e presolo per un braccio ma l’uomo
davanti a lui sembrava come ipnotizzato “Goemon!”
insistette, scuotendolo ma senza ottenere ancora risposta mentre una
decina di poliziotti ,con le pistole puntate contro di loro, li
circondavano. “Oh no” disse guardando con aria sconsolata i
poliziotti, due dei quali si avvicinarono a loro e dopo aver tolto loro
le armi li ammanettarono “Siete in arresto” li
informò stupidamente un poliziotto “Davvero? Per un attimo
ho pensato che ci stesse solo facendo un regalo” replicò
sarcastico ed infastidito Raffaele guardandosi i polsi “Poco
spirito, ragazzo. Non siete nella situazione di potervi permettere
spiritosaggini” replicò una voce ben conosciuta ma
stavolta fredda “Non mi aspettavo di rivederla, signor
ispettore” replicò sorridente Raffaele ma Zenigata
,guardando freddamente sia lui che Goemon, il quale continuava a
guardare la finestra senza preoccuparsi di quanto stesse avvenendo,
riprese ,rivolgendosi ad un sottoposto “Al commissariato
portateli nel mio ufficio, vorrei parlare con loro” e dicendo
questo tornò insieme agli altri alle macchine. “Adesso
siamo in un bel guaio” disse Raffaele nel sedersi sul sedile
posteriore della macchina dell’ispettore rivolgendosi a Goemon,
il quale solo allora sembrò accorgersi di essere stato
arrestato: si guardò prima intorno, poi i polsi e notando le
manette fece un movimento strano, come se cercasse di spezzarle per poi
,vedendo inutile il suo tentativo, chinare la testa ed immergersi
nuovamente nei propri pensieri.
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Capitolo 6 *** I fratelli Fujimoto e la decisione di Larry ***
I fratelli Fujimoto e la decisione di Larry
“PERCHÈ TI SEI
INTROMESSA? NON AVEVO BISOGNO DELLA TUA PROTEZIONE!!!” gli
urlò furioso Hikijo sbattendo il pugno sulla scrivania, sul
quale lo specchio oscillò pericolosamente “Se non ti avessi difeso ti avrebbe fatto a tocchetti, visto che tu te ne stavi impalato senza fare niente”
rispose lei “E chi te l’ha detto? Se tu non ti fossi prima
di tutto messa in mezzo, ce l’avrei fatta!” “Perché allora, quando mi hai vista mettermi in mezzo tu non ti sei affrettato a reagire?”
rispose trionfante Chi “Perché contavo sul fatto che tu
sapessi quanto avesse importanza per me la vendetta e quindi non ti
saresti messa in mezzo, rubandomela” replicò freddo Hikijo
con gli occhi a mandorla che mandavano scintille: quelle parole e
soprattutto quello sguardo freddo nei suoi confronti furono come lame
di ghiaccio che non le diedero momentaneamente modo di spiegarsi mentre
una parte del suo cervello si rese conto dell’errore commesso.
Abbassò gli occhi, non riuscendo a sostenere il suo sguardo
mentre ,scrutandola con freddezza, Hikijo le voltò le spalle ed
uscì sbattendo con violenza la porta. Quel rumore le fece
sollevare la testa e rendersi conto di essere sola insieme ad una
sensazione di abbandono che le si diffondeva sgradevolmente in tutto il
corpo; rimase per molto tempo a fissare la porta finchè ,con un
singhiozzo non si buttò sul letto a piangere.
Intanto fuori città in una
villetta ,o meglio, dentro la villetta e più precisamente in
salotto un uomo ,con una criniera di capelli che gli coprivano a mo di
aureola la testa da dietro per terminare sulla fronte in un ciuffo
talmente lungo da quasi nascondergli gli occhi, ruolo ricoperto in
genere dal cappello ,in quel momento appoggiato vicino al computer su
cui stava lavorando, con un gesto che esprimeva il suo inequivocabile
nervosismo spense l’ennesima sigaretta nel portacenere, da cui si
levò un filo di fumo sottile come la tela di un ragno
mentre l’ennesimo grugnito di frustrazione gli uscì dalle
labbra quando sullo schermo del computer ricomparve ,nuovamente, la
frase “Non ci sono informazioni sul soggetto richiesto”.
Vedendo inutile il suo tentativo, Jigen decise di desistere infatti
premette il pulsante che dopo pochi minuti fece cessare ogni segno di
vita da parte del computer, lasciando la casa nel più completo
silenzio. Si stiracchiò ,esaudendo il silenzioso desiderio del
suo corpo visto che era stato davanti al computer più di due ore
poi prese il cappello che ritornò a svolgere il suo compito e si
diresse in quella che era anche camera sua, dove già una persona
stava dormendo beatamente. Cercando di non fare il minimo rumore per
non svegliare il suo compagno, si distese sul letto incrociando la mani
dietro la testa mentre fissava senza vederlo il soffitto. Aveva
cercato informazioni sul quell’ uomo ,Hideyoshi Kanemoti, ma non
era riuscito a trovare niente di utile, niente che potesse aiutarlo. I
suoi ricordi ritornarono al momento in cui lui, Lupin e Raffaele erano
entrati nella stanza del tesoro e quell’ uomo ,sopra Fujiko,
aveva guardato con occhi traboccanti di odio proprio lui ,qui non
poteva sbagliarsi, e aveva cercato anche di ucciderlo. Perché?
Chi era quell’uomo? I suoi lineamenti ,benché li avesse
innumerevoli volte analizzate con gli occhi della mente, non riuscivano
proprio a ricordargli niente. Aveva cercato sul computer notizie,
andando anche ad intrufolarsi nei file tenuti segreti e ben protetti
delle forze dell’ordine ma non aveva trovato niente, neanche
attraverso uno speciale programma ,faticosamente trovato, che gli aveva
permesso di disegnare ,attraverso la sua descrizione scritta, il volto
di quell’ uomo. Una cosa era chiara: se quell’uomo lo
conosceva era ovvio che avesse a che fare con il suo lontano passato,
magari quando faceva il killer ma chi poteva essere? Non lo aveva mai
visto ,ne era sicuro, e d’altra parte aveva ucciso molte persone,
non poteva ricordarseli tutti. Per lui erano tutti volti senza nome o
nomi senza volti, gente che aveva ucciso per soldi e per ordine del suo
capo, quando faceva parte della banda mafiosa e lui ,per la sua
abilità con la pistola Magnum, faceva il killer. Non che le sue
vittime fossero stinchi di santo: erano in genere appartenenti
alla malavita quindi non si sentiva molto in colpa….alla
malavita? “Forse al commissariato potrei trovare qualcosa”
pensò all’improvviso rizzandosi a sedere con tale violenza
che le molle del letto cigolarono rumorosamente. Stette immobile per
pochi minuti ,con le mani appoggiate alle gambe e la testa china a
fissarsi apparentemente la punta delle scarpe nere quando si
alzò ed uscì.
Al commissariato intanto Goemon e
Raffaele non appena arrivati furono portati nell’ufficio
dell’ispettore, il quale ebbe appena il tempo di accorgersi che
nel suo ufficio ci fossero due perfetti sconosciuti con uniforme di
poliziotti indosso che fu immediatamente convocato da quello che era il
suo superiore e che lui chiamava capo, come tutti i suoi sottoposti del
resto. “Capo, mi avete fatto chiamare?” chiese davanti alla
scrivania dietro cui stava seduto un uomo tarchiato coi capelli rossi e
due baffoni neri talmente folti da far crepare di invidia Nietzsche.
“Si, ispettore Zenigata. L’ho chiamata per ,qui si
guardò un attimo intorno, come per accertarsi di essere
veramente soli, chiederle un grosso favore”
“Cioè?” chiese guardandolo perplesso “Non so
se l’avrà notato ma nel suo ufficio c’erano due
persone” “Si, li avevo notati e mi stavo giusto chiedendo
chi fossero” rispose senza nascondere la sua curiosità
“Ecco, vede, signor ispettore, quei due non appena arrivati mi
hanno fatto espressa domanda affinché venissero messi a lavorare
con lei. Mi hanno fatto capire che l’ammirano molto e io ,siccome
conosco la loro famiglia so che potrebbero crearci non pochi problemi,
la prego di accettare. Non sono novellini, sono entrati nella polizia a
pieni voti e posso assicurarvi che non perché provengono da
famiglie potenti” si affrettò ad aggiungere “Capisco
,rispose Zenigata guardandolo con aria quasi fredda mentre la mano
sinistra tormentava la tesa del cappello e dopo pochi minuti di
silenzio, va bene, accetto.” “Grazie, ispettore” e
detto questo lo congedò. Non appena uscito, l’uomo dopo
essersi concesso un sospiro di liberazione prese il telefono e si
affrettò a fare una telefonata: “Pronto? Si, ha
accettato” “Perfetto” si sentì
rispondere dall’altro capo della cornetta. Sceso giù nel
suo ufficio, l’ispettore entrò nel suo ufficio, dove
insieme ai nuovi arrivati c’erano ad aspettarlo Goemon e Raffaele
,il quale si stava medicando con i medicinali gentilmente concessi dai
poliziotti la scottatura. Il primo sembrava in meditazione
,giacchè aveva gli occhi chiusi e l’aria concentrata
mentre il secondo sembrava stranamente tranquillo, per quanto potesse
essere tranquillo un uomo che rischiava di finire dentro. “Salve,
ispettore. Io sono Oscar Fujimoto e questi è mio fratello
Walter” si presentò un ragazzo sui trenta con i capelli
viola ,lunghi fino alle spalle e legati in un codino con degli occhi
così verdi che nel guardarli l’ispettore si ricordò
delle belle foglie verdi che a primavera ricoprivano gli alberi
mentre l’altro ,di cinque anni più giovane, aveva i
capelli marroni ricciuti e gli occhi di un blu molto particolare, che
ricordavano un cielo senza nuvole ,sempre a primavera. “Piacere
ragazzi e benvenuti nella polizia.” rispose l’ispettore
stringendo loro la mano prima di concentrare la sua attenzione sui due
samurai, i quali avevano ancore le spade in mano. “Non hanno
voluto lasciarle” spiegò mortificato Walter “Non
importa. Cominciamo l’interrogatorio ,guardò prima Goemon
e poi Raffaele, il quale diventò subito serio, per poi ,dopo
aver deciso chi torchiare per primo, guardare il ragazzo più
giovane, bene, tu sei Raffaele Ishikawa, nipote del qui presente Goemon
Ishikawa, è corretto?” “Si, signore” rispose
cautamente ma senza nascondere la nota di fierezza presente nella voce
“Mi sembra di capire che questa è la prima volta in cui tu
e tuo zio vi vedete” “Si” “Dove vivevi,
prima?” “In Giappone, ma questo vi è già
stato detto quando ci siamo incontrati per la prima volta,
rammentate?” rispose gentilmente “Come mai poco fa avete
cercato di entrare nella villa Kanemoti e tu ,Raffaele, come ti
sei fatta quella?” gli chiese a bruciapelo indicando con un gesto
eloquente la scottatura ancora visibile, qui Goemon aprì gli
occhi e guardò prima suo nipote e poi l’ispettore ma non
disse niente “Non posso dirvi niente” replicò
freddamente il primo “Credo che invece che tu debba dirmelo
,Raffaele, in quanto se c’è in quella villa qualcosa di
losco noi dobbiamo saperlo. È il nostro compito, capisci?”
“Mi dispiace ma questa domanda è fin troppo
indiscreta” replicò gentilmente ma con fermezza per
chiudersi poi in un ostinato silenzio sfoggiando un sorriso
strafottente su cui si leggeva a chiare lettere “Non parlo
neanche sotto minaccia” “Portateli dentro” si arrese
l’ispettore rivolgendosi ai suoi sottoposti “Deve essere un
vizio della loro famiglia, quella di essere così chiusi”
commentò tormentando il cappello. Mentre uscivano un poliziotto
,che in quel momento stava uscendo dalla stanza dello schedario e
sembrava alquanto frustrato a giudicare dai suoi movimenti nervosi e
rapidi, si bloccò alla vista dei due samurai mentre un aria di
stupore gli si stampò in faccia ma riprese immediatamente
controllo di se stesso. Nel passargli davanti, Goemon ,che sembrava
aver notato lo stupore del poliziotto, si limitò a dargli una
fuggevole occhiata insieme ad un appena visibile cenno del capo prima
di venire portato di sotto, più precisamente nelle celle. Il
poliziotto, non appena uscito fuori e voltato l’angolo ,in cui
c’era una macchina, si levò l’uniforme ma invece di
un corpo nudo si presentò un completo nero il cui colore era
messo in risalto da una camicia azzurra. Poi l’uomo si
toccò la faccia e cominciando a tirare verso il basso quella che
sembrava la pelle del volto dopo un attimo si squarciò per
rivelare un volto incorniciato ai lati da una folta barba nera
terminate in un ciuffo sul mento. La mano destra frugò dentro in
una della larghe tasche interne della giacca per tirarne fuori una
sigaretta tutta storta che fu accesa in un attimo mentre la folta
criniera di capelli veniva ,per così dire, domata da un cappello
che ,ben calato in testa, nascose gli occhi ,neri, dell’uomo.
“Devo avvertire Lupin ,pensò mentre metteva in moto la
macchina, non ho trovato informazioni riguardanti il mio uomo ma
comunque la mia visita al commissariato si è rivelata
provvidenziale” e dicendo questo uscì dalla città
per raggiungere una certa villetta; dopo un quarto d’ora, la
stessa macchina di prima ,con due uomini a bordo stavolta,
ritornò indietro fino al commissariato. In città
,intanto, nei bassifondi, in un appartamento alquanto squallido un uomo
con la testa a pallottola e con folti baffi neri stava seduto su una
poltrona vicino alla quale c’era un piccolo e scassato mobiletto
su cui stava appoggiato insieme ad un libro un ben nutrito fascio di
banconote, il quale era l’oggetto dei pensieri dell’uomo e
anche la causa del suo turbamento interiore. L’uomo ,che
rispondeva al nome di Larry, era per la prima volta in vita sua vittima
del senso di colpa: aveva accettato di vendere coloro che si erano
dimostrati suoi amici per un robusto fascio di banconote, lo stesso che
adesso gli stava proprio davanti agli occhi, come per assicurargli che
ciò che aveva fatto fosse vero e non frutto del suo disperato
bisogno di illudersi. Gli occhi gli si riempirono di lacrime mentre le
mani salirono a tormentargli i capelli finchè ,a mano a mano che
smise di piangere, una nuova luce gli illuminò gli occhi, la
stessa decisione che lo spinse a passarsi una mano sopra gli occhi per
asciugarsi per poi prendere quei soldi ,frutto della corruzione, e
stracciarli, riducendoli per dimensioni coriandoli di colore verde e
bianco che andarono ad unirsi alla polvere presente sul pavimento.
Stracciando quei soldi, si sentiva come se in parte avesse stracciato
anche il senso di colpa che gli gravava sulle spalle poi prese il
cappotto ed uscì, decidendo di fare quanto gli era possibile per
riparare all’errore.
Intanto nelle celle, Raffaele camminava avanti e indietro, nervoso come
una tigre in gabbia ,appunto, mentre Goemon stava come al solito seduto
in posizione zen, a gambe incrociate e le mani appoggiate sulle gambe.
“Come cavolo facciamo ad uscire di qui se non usiamo le
spade?” ripetè nuovamente sperando di snervare suo
zio quel tanto che bastasse per convincerlo ad usare quelle benedette
spade ma quest’ultimo si limitò ,sempre tenendo gli occhi
chiusi, a rispondere con quel onnipresente tono pacato “Un
samurai controlla le sue emozioni e non tira fuori la sua spada senza
un motivo” “Senza un motivo?! Senza un motivo?! Ma ,Goemon,
siamo chiusi dentro e i nostri amici non lo sanno. Se non ci liberiamo
noi, come facciamo?” “Un’altra virtù del
samurai è la pazienza” rispose Goemon, risposta che
tappò la bocca a Raffaele in quanto quest’ ultimo lo
guardò con la bocca aperta, le braccia sollevate a
mezz’aria e lo sguardo semplicemente allucinato vedendolo
così tranquillo e pacato. Cercò di dire ancora qualcosa
infatti le sue labbra si mossero senza che da esse uscisse qualche
suono, almeno finchè non superò lo stupore quel tanto che
bastasse per dire “Mah!” e fare un gesto eloquente con la
mano destra che ,tradotto, significava “Al diavolo”.
Raffaele ,voltando le sue spalle al suo taciturno parente, si
avvicinò alle sbarre della cella mentre la mano sinistra si
infilava tra i capelli bianchi mentre continuava a ripetere
“Senza un motivo, dice senza un motivo, lui ,pronunciò
quel lui con un leggero tono sarcastico, e noi intanto stiamo come
tanti fessi qui dentro quando la chiave per la libertà è
già nelle nostre mani. Gesù, non ci posso pensare
,continuò scandalizzato ed incredulo, senza un motivo! Madre mia
,disse guardando il cielo e gesticolando con le mani, tu mi hai spedito
da un pazzo suonato e Tu, Signore, mi hai mandato in un manicomio,
complimenti ad entrambi” terminò applaudendo sarcastico
senza notare che Goemon dietro di lui aveva osservato interessato fino
alla fine quella “sparata” per poi limitarsi ad esprimere
il gradimento dello spettacolo appena assistito scuotendo il capo con
sguardo bonariamente compassionevole. Improvvisamente si sentirono da
lontano dei passi “Zenigata” annunciò a bassa voce
Goemon uscendo dalla meditazione e aprendo gli occhi “E tu come
lo sai?” gli chiese perplesso Raffaele “Ormai riconosco
bene i suoi passi, ascolta: sono pesanti e per di più la scarpa
sinistra fa un particolare rumore dovuto ,suppongo, ad una crepa che fa
sbattere la parte superiore con quella di sotto” “A mo del
suonatore di piatti nell’orchestra?” domandò il
ragazzo, insicuro di aver capito “Ehm, si” rispose Goemon
,guardandolo sinceramente perplesso. “Goemon, Raffaele” una
voce fin troppo conosciuta li fece voltare per vedere al di là
delle sbarre la figura possente dell’ispettore Zenigata, sul cui
volto c’era un espressione di sincera preoccupazione “Non
ci sente nessuno e possiamo parlare lontano da sguardi indiscreti.
Vorrei ,per favore, che voi mi diceste perché senza un piano e
da soli avete cercato di entrare in quella villa” prima di
rispondere i due samurai si scambiarono una rapida occhiata e fu Goemon
a prendere la parola “Mi dispiace, ispettore ma non possiamo
dirvi niente. È una cosa molto personale.” “Ma
perché? Se c’è qualcosa di illegale potete dirmelo;
non sarebbe la prima volta che io unisco le mie forze a voi o
viceversa, ti ricordi, Goemon?” ,quest’ultimo ,trattenendo
a stento un sorriso nel ricordare quando Zenigata e Lupin lavorarono
insieme per recuperare un lingotto in cui erano contenute tutte le
prove del caso Kennedy e la verità su Alcatraz, lottando contro
il cartello criminale dei Sette Occulti oppure quando l’ispettore
,destituito dal suo incarico per essersi lasciato scappare innumerevoli
volte Lupin, si era alla fine messo insieme con quest’ultimo per
lottare contro la Shot Shell, si limitò a fare un cenno
affermativo col capo “Bene, continuò speranzoso
l’ispettore, allora?” “Signor ispettore, la ringrazio
per la disponibilità ma le ripeto che stavolta il caso è
troppo particolare e personale per potervelo rivelare” “Va
bene” rispose ,alquanto ferito l’ispettore accingendosi ad
andarsene prima di chiedere un ultima cosa “Almeno i tuoi amici
lo sanno?” “Neanche loro” rispose Goemon sentendosi
improvvisamente a disagio “Io sono un poliziotto mentre tu sei un
ladro, posso capire che non ci sia questa grande confidenza tra noi
anche se ci conosciamo da tanto tempo, ma a prescindere da ciò
ho capito perché non vuoi parlare e ti ringrazio ma credo che
almeno i tuoi amici dovrebbero sapere quello che stai macchinando,
perché loro sicuramente saranno in pericolo più di me e
se non riveli almeno una parte di ciò che ti stai preparando a
fare, rischi di renderli maggiormente vulnerabili” quelle parole
fecero visibilmente effetto su Goemon ma prima che potesse dire
qualcosa si avvicinò un poliziotto con un documento in mano
“Ispettore, mi scusi ma c’è un ordine di
trasferimento” con quella che sembrava una voce contraffatta
“Mh? Va bene, mi faccia vedere” e dicendo questo lesse il
mandato mentre il poliziotto apriva la cella “Uscite,
ragazzi” disse l’uomo strizzando l’occhio ai due,
Goemon senza dire niente si alzò mentre Raffaele ci mise qualche
secondo a capire “Lupin” bisbigliò e in quel momento
gli fu chiaro ,vedendo che Goemon non fosse rimasto sorpreso, il motivo
della sua condotta verso di lui “Potevi dirmelo, accidenti”
disse uscendo insieme a lui dalla cella proprio nel momento in cui
Zenigata lesse “Mandare Raffaele e Goemon Ishikawa alla villa
Lupin per discutere di una certa cosa. Villa Lupin? Certa cosa? Ma che
diavolo…?” non ebbe neanche il tempo di completare la
frase perché il poliziotto ,che altri non era che Lupin, lo
afferrò e sotto lo sguardo divertito di Raffaele lo chiuse
dentro la cella senza tanti complimenti per poi buttare le chiavi a due
passi da lì “Lupin, maledetto!!” gli ruggì
addosso “Suvvia ,caro Zazzà, non te la prendere e pensa al
lato positivo della situazione: ti ho lasciato le chiavi a portata di
mano, con la fortuna che hai ci metterai solo un paio di secoli a
liberarti, bye, bye!” terminò con un sorriso talmente
strafottente che fu probabilmente quello che fece sfuggire al povero e
furioso ispettore un colorito improperio.
“Venite” disse Lupin
rivolgendosi ai suoi compagni e senza badare alle imprecazioni
lanciate a loro indirizzo dalla cella li portò fuori alla
macchina in cui li stava tranquillamente aspettando ,seduto al posto di
guida, Jigen. Ritornati alla villa trovarono ad aspettarli Fujiko, la
quale aveva preparato ,lasciando di stucco tutti ,tranne Raffaele, un
thè per i giovani samurai e tre tazze di bourbon per loro,
quest’ultima cosa fu particolarmente gradita da Jigen. Bevvero in
perfetto silenzio finchè Lupin ,poggiato il bicchiere sul
tavolo, cominciò “Bene, adesso che ci siamo rinfrescati
possiamo parlare di cose serie. Ho ideato un nuovo piano per il colpo e
sono sicuro che stavolta non fallirà” stava già per
mettersi a spiegare quando Goemon l’interruppe “Mi dispiace
Lupin ma io e Raffaele non siamo disponibili, abbiamo un grosso compito
da assolvere” sottolineò maggiormente la frase alzandosi
mentre Raffaele ,che era rimasto in silenzio fino a quel momento,
invece di alzarsi ,come Goemon si aspettava che facesse disse
rivolgendosi a lui “Senti, perché non ci facciamo aiutare
da loro? Giacchè sono nostri amici ,a dire il vero stava per
dire la tua famiglia ma si era trattenuto appena in tempo per non
metterlo a disagio, tanto vale che ne parliamo con loro; ciò che
ci ha detto l’ispettore mi da pensare ed effettivamente
devo ammettere che aveva ragione, per di più sappiamo che il
proprietario della villa e il suo protettore e la strana bambina
incontrata alla villa che mi ha lasciato questo simpatico regalino,
disse indicando la scottatura e qui si dovette interrompere per
spiegarsi meglio, sono in gioco, nel senso che sono molto probabilmente
immischiati fino al collo nel nostro compito, tanto vale che spieghiamo
loro come stanno le cose così almeno se loro decidono di
continuare per conto loro e noi per conto nostro, per lo meno loro
sapranno come stanno le cose e saranno meno vulnerabili” Goemon
lo guardò senza dire una parola prima di ritornare a sedersi
“Hai ragione ,disse e guardando i suoi amici, che gli
ricambiavano lo sguardo con grande attenzione
cominciò, inizierò dicendovi prima di tutto
che il rotolo di pergamena portato da mio nipote ,qui Raffaele fece un
sorriso largo, contiene un precetto riguardante lo stile
dell’Aria. Tutto ebbe inizio parecchio tempo fa, in Giappone, al
tempo dei Tokugawa e del mio antenato Goemon Ishikawa I.
Quell’epoca era segnata da continue violenze e per sopravvivere
era necessario saper combattere in modo a dir poco superbo. Quattro
monaci taoisti studiando il Chi (CI) “Il cosa?” chiesero in
coro i presenti stupefatti “Lo spiego io che cos’è
il Chi ,intervenne Raffaele anticipando Goemon, dovete prima di tutto
sapere che nel taoismo non esiste il concetto di creazione
poiché la vita presente non è stata creata da un dio ma
è il risultato di un continuo ciclo, che trova inizio e causa
nel Tao o ,se preferite, la Via. Quest’ultimo si manifesta con un
processo di dualizzazione e poi di pluralizzazione: prima di tutto il
Tao è in uno stato di calma, chiamato Wu Chi poi quando
l’energia si mette in movimento dà origine ad una
polarizzazione primordiale, una negativa e un’altra positiva, Yin
e Yang, quando queste due forze interagiscono fra loro si crea
qualcosa. Il Chi è la manifestazione del Tao attraverso il ciclo
Yin-Yang e vitalizza tutte le cose dell’universo, per essere
più chiaro è la Forza nella saga StarWars, se
l’avete vista. Il Chi si manifesta a sua volta attraverso quattro
manifestazioni: gli elementi Aria (Kuuki), Terra (Tuti), Acqua (Mizu) e
Fuoco (Hi). I monaci studiando tutto questo scoprirono che attraverso
particolari meditazioni ed esercizi e arrivando ad uno stato di
perfezione interiore, si poteva vedere il Chi e prevedere le mosse di
uno o anche più nemici. Scrissero i precetti per vedere il Chi,
ognuno riguardante un elemento, e li consegnarono ai loro allievi
più esperti perché li proteggessero da mani malvagie. Il
precetto dell’Aria andò in mano al nostro antenato Goemon
Ishikawa I. Poiché fu subito chiaro che ogni persona avesse una
particolare affinità con uno stile legato ad un certo elemento
piuttosto che con un altro, si decise ,attraverso i segni zodiacali,
contenenti un elemento con cui ogni uomo aveva affinità, di
addestrare gli allievi allo stile corrispondente al proprio segno
zodiacale ed elemento. Per farvi un esempio, tu Lupin hai detto che sei
del segno dello Scorpione (Sasori), questo segno corrisponde
all’Acqua quindi tu dovresti addestrarti nello stile
dell’Acqua mentre tu Jigen che sei Leone (Raion) il tuo segno
è il Fuoco ,infatti ti trovi a tuo perfetto agio con tutte le
cose collegabili al fuoco, e dovresti allenarti solo con questo stile,
evitando accuratamente l’elemento opposto, cioè
l’acqua, con cui saresti assolutamente incompatibile. Può
capitare che ci siano persone con il Ni-Sirusi ovvero segni doppi:
Bilancia o Gemelli e in questo caso l’allievo deve studiare, ma
questo l’ho già spiegato prima, lo stile corrispondente al
suo segno e poi un altro a sua scelta: io per esempio sono Bilancia
(Hakari) e ho studiato l’Aria e poi la Terra. La
possibilità di studiare due stili si chiama Massuguna ovvero il
Diritto. È chiaro fin qui?, non ottenendo risposta
continuò, uno degli allievi ,Takato Shigikomi, si ribellò
ai maestri, volendo adoperare la forza del Chi per scopi malvagi e
aveva bisogno del precetto dell’Aria per completare il suo piano,
così chiese aiuto alla famiglia Toyotomi, i quali non ottennero
niente poiché il nostro onorevole antenato piuttosto che dire
che il rotolo fosse nelle mani di suo figlio e metterlo quindi in
pericolo, si lasciò uccidere, non prima tuttavia di aver detto
ai suoi aguzzini di aver distrutto la pergamena. Non sapendo più
come fare ma senza volersi dare per vinto Takato ,secondo una leggenda,
fece un patto con le tenebre perché potesse raggiungere
ugualmente lo scopo, infatti l’oscurità gli diede quattro
pergamene ,una per ogni stile, che una volta lette ,semplicemente
leggendole, neanche mettere in pratica i precetti, disse con tono
trasudante disprezzo, permetteva di vedere immediatamente il Chi ma
riusciva a vederlo in modo assai differente rispetto a quello dei suoi
maestri; quest’ultimi riuscivano a vedere il Chi nel suo
splendore prevedendo le mosse dell’avversario ma anche provando
nell’animo un senso di tranquillità e perfezione interiore
che permetteva loro di vivere nel modo più bello possibile
mentre Takato, troppo avido e troppo imbevuto di male non aveva questa
possibilità, vivendo la vita in modo impossibile. Con questo
Takato fondò lo stile Kuroi (Nero), in cui tutti gli allievi
indossano un kimono nero per distinguersi da quelli dello stile Bianco
(Hikari) cioè quelli come noi ,disse indicando se stesso e
Goemon con un gesto eloquente. Ora che qualcuno dello stile Kuroi sta
cercando di appropriarsi della pergamena che abbiamo noi due per
riuscire non a vedere il Chi ,perché come ho già detto
quelli dello stile Kuroi imparano subito a vederlo, ma per distruggerle
in modo da poter in qualche modo prendere il potere o essere comunque
in grado di fare gli affaracci propri e siccome questo non bisogna
permetterlo è stato stabilito che tutti i guerrieri dello stile
Hikari custodi delle pergamene si riuniscano in Giappone per eleggere
l’uomo che deve prendersi l’incarico di vedere il Chi e io
e Goemon adesso dobbiamo dare l’allarme passando negli altri tre
dojo Hikari.” ci fu un momento di silenzio in cui i presenti
pensarono a ciò che avevano sentito finchè Lupin non
interruppe il silenzio “C’è anche una cosa che non
è molto chiara ,lo anticipò Jigen prendendo una
sigaretta, se questo stile è di origine giapponese perché
usate i segni dello zodiaco occidentale?” la domanda fece alzare
gli occhi a Goemon “Non si è mai saputo perché.
Nessuno ,a parte i maestri fondatori di questo stile, conosce la
risposta ma è possibile che i nostri maestri abbiano preso
spunto da alcuni occidentali venuti a quel tempo in Giappone”
“Non dimenticate che al tempo dei Toyotomi il Giappone
ospitò molti appartenenti al mondo occidentale”
aggiunse Raffaele “Un’altra cosa, chiese ancora Jigen,
parlando di quella strana bambina di cui avete parlato poco fa e che
è capace di fare cose straordinarie, voi sapete dare una
spiegazione? È possibile che abbia qualcosa a che fare con il
Chi?” “Se esiste la possibilità di fare cose simili
con il Chi, non lo sappiamo. Negli addestramenti a cui siamo stati
sottoposti non si è mai parlato della possibilità di una
cosa simile proprio non si è mai verificata, quindi è
possibile ma è anche possibile che tutto questo non abbia niente
a che vedere col Chi” rispose Raffaele “Scusa, Raffaele,
avete detto che Takato per avere le pergamene oscure e compagnia bella
abbia avuto un aiuto dall’oscurità, vero?,chiese Lupin che
sembrava uscire da una rapida riflessione e di fronte allo sguardo
affermativo di Raffaele, Non potrebbe essere che
l’Oscurità personificata protegga gli appartenenti allo
stile Kuroi?” il silenzio di tomba che scese sulla stanza fu
l’unica risposta. Quando chiuse la porta della camera di Chi
dietro di sé rimase diversi secondi appoggiato ad essa con gli
occhi chiusi e facendo respiri profondi imponendosi di calmarsi ma gli
bastò poco per accorgersi quanto fossero inutili i suoi sforzi:
era talmente arrabbiato che gli tremavano le mani, in quel momento
vogliose di abbattersi sulla pelle liscia e infantile della padrona
della stanza che aveva appena lasciato mentre l’aria che mandava
fuori dalle nari era paragonabile in violenza a quella di un toro
infuriato mentre i denti sembravano sul punto di spezzarsi tanto li
teneva serrati per non dare modo di farsi scappare i tanti improperi
che gli dettava la mente. Quest’ultima era invasa da pensieri di
odio e rancore verso Chi: anche se lei aveva agito ,a suo dire, a fin
di bene per impedire che gli facessero del male a lui la cosa non era
andata giù, poiché Chi con il suo non richiesto
intervento gli aveva sottratto una piccola ma non per questo meno
invitante occasione di scontrarsi con Goemon e di restituirgli ancora
una parte del dolore che aveva inflitto a lui. Non gliel’avrebbe
perdonata tanto facilmente. Si allontanò dalla stanza con
l’intenzione di tornarsene in camera sua, magari per farsi una
dormita o comunque per fare qualcosa che potesse cancellare dalla sua
mente ,anche per poco tempo, l’occasione perduta ma non si era
allontanato molto che sentì dalla camera di Chi qualcosa di
strano, tese l’orecchio: sembravano gemiti o qualcosa di simile.
Ritornato indietro, si avvicinò alla camera e appoggiò
l’orecchio alla porta: era Chi e dai suoni sembrava che stesse
piangendo. La cosa lo lasciò stupito e il suo primo impulso fu
quello di entrare per chiederle spiegazioni ma si bloccò
,già con una mano sulla maniglia, quando gli tornò alla
memoria quello che aveva fatto. Bastò il semplice ricordo per
fargli scomparire l’improvvisa tenerezza ,o quel che era, e
spingerlo ad allontanarsi, insensibile al dolore della bambina.
Scendendo le scale incontrò Kanemoti, il quale ,vedendolo,
passò dal sorriso complice ad un aria piena di sorpresa
“Come mai sei così arrabbiato? ,gli chiese accompagnandolo
al divano su cui prima stava seduta Chi, Hai avuto la
possibilità di scontrarti con Goemon” continuò
passandogli un calice pieno di sakè mentre per sé versava
whisky; quelle parole furono sufficienti per far crollare i nervi di
Hikijo, il quale con un ringhio appoggiò il bicchiere ,vuoto,
sul tavolino con tale violenza che lo stelo si incrinò con un
tintinnio lasciando all’interno un segno visibile del danno.
Kanemoti guardando freddamente il bicchiere e limitandosi a spalancare
leggermente gli occhi disse “Deduco che qualcosa sia andato
storto” “Chi” rispose il giovane “Si è
forse intromessa?” disse l’uomo alquanto preoccupato e
,anche se non lo dava a vedere, improvvisamente arrabbiato “Non
appena siamo entrati nella sua stanza, si è messa fra me e loro
e li ha sbattuti fuori, senza darmi possibilità di
…” non riuscì a continuare “Le hai chiesto
perché, poi?” “Si, ma era una risposta infantile,
degna della bambina che è. Diceva che l’aveva fatto per
proteggermi e altre scemenze ” terminò con tono pieno di
veleno senza accorgersi della luce che per un attimo aveva illuminato
gli occhi dell’uomo di fronte a lui e del piccolo sorriso che gli
aveva increspato le labbra. Rimasero in silenzio per un po’,
Hikijo immerso nei suoi pensieri e nei suoi ricordi mentre Kanemoti con
le dita incrociate fra loro sembrava riflettere finchè non ruppe
il silenzio, alzandosi “Andrò a parlarle ,qui Hikijo
sollevò lo sguardo, ma per farle capire che non deve
intromettersi nella nostra vendetta. Oggi è toccato a te, ti
è stata portata via una piccola occasione ma vedrai che alla
fine che sarai soddisfatto però Chi deve essere ammonita,
poiché se per i suoi sentimenti ti ha portato via una
possibilità di scontrarti col tuo nemico, la prossima volta
potrebbe involontariamente crearci guai peggiori e questo non possiamo
permetterlo.” fece per andare di sopra quando Hikijo lo
bloccò “Per i suoi sentimenti?” ripetè
perplesso “Secondo te per quale motivo si è intromessa?
,di fronte allo sguardo pieno di stupore di Hikijo lui si mise a
ridere, E non ha tutti i torti, sei davvero molto carino”
continuò malizioso lasciando un esterrefatto Hikijo a guardarlo
allontanarsi. Di fronte alla camera di Chi, il sorriso dell’uomo
si squagliò per mutare in uno sguardo pieno di fastidio: con
quella bambina non poteva comportarsi come con i suoi uomini, doveva
essere gentile o comunque controllato per non rischiare di mandare al
diavolo qualcosa; avevano faticato troppo lui e i suoi complici per
trovare gli oggetti del loro odio per rischiare che poi i capricci di
una bambina innamorata mandassero tutto all’aria. Aveva dovuto
chiedere aiuto a vari delinquenti o boss della malavita per
costruire il piano e renderlo perfetto; aveva fatto in modo
,anche attraverso un pizzico di fortuna e l’aiuto della persona
che stava per andare a trovare, che Raffaele incontrasse Lupin e i suoi
amici il giorno ,o per lo meno, il momento in cui quest’ultimo
avrebbe provato a derubarlo. Aveva dovuto rintracciare ,per
neutralizzare la spada di Goemon ed evitare che rubassero il tesoro
custodito nella sua stanza, Camon ,il boss che aveva ,attraverso
l’aiuto di Fujiko Mine, rubato la spada al samurai per costruire
un elicottero che doveva contribuire a far vendere le armi del suo
socio Sherlock, ma infine era stato sconfitto dal geniale ,inutile
negarlo, ladro attraverso un elicottero ricoperto di conniaku, elemento
destinato in genere al consumo umano contro il quale ,incredibilmente,
la zantetsu non aveva potuto fare niente. Inoltre aveva lasciato
l’incarico ,importantissimo, di guidare il resto della malavita
al suo nipote Liu Kang, sia per permettergli di prendere dimestichezza
con il ruolo di capo che un giorno avrebbe dovuto ricoprire e sia
perché lui doveva tenere sotto controllo il resto del piano.
Ogni tanto il nipote lo telefonava o lo telefonava lui per consigli o
semplicemente per tenersi l’un l’altro compagnia e
rinnovando implicitamente così ogni volta il giuramento che
avevano fatto alla madre del ragazzo e anche al codice d’onore
della malavita: quello di ripagare i torti subiti. No, non poteva
assolutamente commettere errori a livello di comportamento con Chi, che
d’altra parte era indispensabile per la riuscita del piano con le
sue straordinarie capacità. Si costrinse a sorridere e prima di
entrare ,contrariamente alle sue abitudini, bussò “Chi,
posso entrare?” chiese con tono per quanto possibile paterno.
Hikijo ,intanto, superato il primo momento di sbigottimento per la
rivelazione ,del tutto inaspettata, di Kanemoti andò in camera
sua per riflettere e per raccogliere le idee. Entrato in camera, si
sedette sul letto con le mani in mezzo alle gambe e lo sguardo
leggermente vacuo; si sentiva confuso e del tutto spiazzato. Si
passò una mano in mezzo ai lunghi capelli mentre lo sguardo si
posava sul comodino, su cui stava appoggiato quello che era da molto
tempo l’oggetto dei suoi pensieri: Jinkuro. Quest’ultimo
,senza veramente vederlo, gli sorrideva con calore; Hikijo, guardando
quel volto sorridente gli apparve involontariamente un sorriso triste
sulle labbra, accompagnato da tanti ricordi e marachelle compiute da
bambino insieme a lui. Prese la cornice con delicatezza, come se avesse
paura di farle del male e l’osservò: quella foto era stata
scattata il giorno in cui Jinkuro si apprestava a partire per la scuola
Kuuki, diretta da un certo maestro Shiden. Si ricordò che lo
aveva supplicato a lungo di rimanere con lui, di non andarsene, di
aspettare almeno che lui ,Hikijo, raggiungesse l’età
giusta per poter iniziare l’addestramento ma era stato inutile.
Il giorno della partenza, vedendolo ancora triste Jinkuro si era fatto
scattare a sua insaputa quella foto e gliel’aveva regalata:
“Tieni ,gli aveva detto infilandogli in mano un pacchetto verde
legato con un nastrino giallo oro accompagnando il gesto con un sorriso
affettuoso, ti terrà compagnia nei momenti di sconforto e ti
farà sentire meno solo.” e detto questo e accompagnando il
suo saluto con un buffetto affettuosissimo sulla testa del fratello si
era allontanato con uno dei sempai (cinture anziane e aiutanti del
maestro) della scuola, che lo era venuto a prendere e che fino a quel
momento aveva guardato la scena con quella che sembrava un aria
indifferente. “Aspetta ,fratello, che cos’è?”
gli chiese Hikijo sventolando il dono ma non ricevette alcuna risposta.
Abbassò lo sguardo sul pacchetto: notò che era piuttosto
piccolo. Provò a scuoterlo, a tastarlo per capire che cosa fosse
ma essendo inutili le sue facezie decise di essere più pratico:
lo aprì e trovò una cornice con dentro quella che
sembrava una fotografia: la guardò attentamente e mandò
un grido di gioia prima di stringersi al petto la fotografia con gli
occhi pieni di lacrime riconoscendo suo fratello in quella foto. Si
promise solennemente di non lasciarla mai e da allora aveva sempre
mantenuto il voto: si era sempre portato la foto appresso come se fosse
una
reliquia.
Pensando a quel giorno, appartenente ormai al passato e anche a tante
cose che avrebbero potuto essere e che non sarebbero state mai, tante
cose che avrebbero dovuto essere e non che non sarebbero state mai
più, gli occhi ,contro la sua volontà, si riempirono di
lacrime mentre il corpo cominciò a tremare, scosso dai
singhiozzi. Si sdraiò sul letto, coprendosi il viso con una mano
,quella che non reggeva la cornice, quest’ultima appoggiata sul
petto del giovane, lo stesso petto che conteneva un cuore in quel
momento squassato dal
dolore.
Intanto al commissariato l’ispettore Zenigata era appena tornato
dal suo ufficio, intento a bere l’acqua contenuta nel bicchiere
che Walter gli aveva messo in mano mentre di fronte a lui Oscar lo
guardava con aria preoccupata mentre era in realtà piuttosto
impegnato in una dura lotta contro sé stesso nel tentativo di
non ridere a ciò che aveva visto giù, nelle celle.
Zenigata era stato, per così dire, salvato da quest’ultimo
,il quale ,preoccupatosi del fatto che l’ispettore non fosse
ancora tornato dalla prigione di sotto lo aveva raggiunto, rimanendo di
stucco vedendolo dietro le sbarre che cercava con disperati ed inutili
contorcimenti di raggiungere le chiavi messe a pochi passi da lui.
Senza dire niente, indovinando già tutto, lo aveva liberato e
portato sopra, nell’ufficio. “Dannatissimo Lupin, se lo
becco questa gliela faccio pagare” ripetè per
l’ennesima volta l’ispettore vuotando l’ennesimo
bicchiere di acqua fresca “Meno male che non è vino”
pensò Walter guardando alternativamente il suo superiore e la
seconda bottiglietta d’acqua che si era scolato. “Sta
meglio adesso, ispettore?” gli chiese cordialmente Oscar
appoggiato con le spalle al muro vicino alla scrivania osservando i
movimenti intorno a lui mentre giocherellava con il ciuffo di capelli
viola che portava appoggiata sulla spalla destra “Si, grazie,
adesso va bene” rispose l’ispettore spolverandosi con una
mano l’impolverato pastrano nel momento in cui entrò un
poliziotto “Mi scusi ,ispettore ma c’è un uomo che
vorrebbe vederla. Dice che è molto importante, non ha voluto
dare ulteriori spiegazioni” continuò allargando le braccia
con aria mortificata in risposta allo sguardo significativo
dell’ispettore e dei suoi aiutanti “Va bene, fatelo
entrare”. Dopo cinque minuti, il poliziotto ritornò con un
uomo di età piuttosto avanzata con due paia di baffi a tricheco
e una testa che dalla forma ricordava una pallottola. “Prego, si
sieda, signor…?” parlò Zenigata offrendo allo
sconosciuto la mano per poi indicare con la stessa la sedia su cui
stava seduto Walter, il quale si alzò immediatamente.
“Grazie, signor ispettore. ,disse il vecchietto sedendosi, Sono
venuto per parlarle di una cosa molto urgente ma preferirei parlare da
solo con lei, se non le dispiace” disse riferendosi a Walter e
suo fratello, i quali senza fare una piega uscirono immediatamente
dall’ufficio, lasciando l’ispettore e lo sconosciuto da
soli. “Lei chi è?” chiese l’ispettore
accingendosi ad ascoltare l’uomo di fronte a lui, il quale
rispose prontamente e con una certa ansia “Mi chiamo Larry,
signor ispettore. Solo Larry. Sono venuto per parlarle di persone che
noi conosciamo molto bene” “Noi?” ripetè
perplesso l’ispettore “Parlo di Lupin III e dei suoi
amici” rispose l’uomo sorridendo di fronte l’aria
stupita dell’ispettore, il quale si era sentito letteralmente
freddato: come faceva quell’uomo a sapere del rapporto che aveva
con Lupin? “Come… come fate a….?”
balbettò cercando di ricomporsi e riprendere un minimo di
controllo sulla situazione e su sé stesso “Lo so e
basta” tagliò corto l’uomo con voce tranquilla,
contribuendo ad aumentargli la preoccupazione che si stava lentamente
impadronendo di lui: e adesso? Che cosa voleva quell’uomo da lui?
Voleva forse ricattarlo, ottenere qualche vantaggio in cambio del
silenzio? Rimase muto, preoccupato ed ansioso finchè Larry non
ritenne opportuno infrangere il silenzio “Non sono qui per
ricattarla ,spiegò come se gli avesse letto nel pensiero, ma per
chiederle di aiutarmi” continuò con voce adesso
supplichevole e ,notò l’ispettore, vicina al pianto
“Di che cosa si tratta?” gli domandò
quest’ultimo rasserenato incrociando le mani sul tavolo e
riprendendo la sua aria seria “È meglio che vi racconti
tutto dall’inizio” e dicendo questo aveva raccontato tutta
la sua storia, dal momento in cui era stato assoldato da Kanemoti per
avvicinarsi a Lupin e sorvegliarlo fino ad arrivare al momento in cui
aveva provato qualcosa di simile al rimorso, lo stesso che lo aveva
spinto a distruggere i soldi che gli erano stati consegnati in cambio
dei suoi servizi a andare al commissariato. “E perché
tutto questo?” chiese l’ispettore attentissimo “So
che vogliono vendicarsi di loro ma quando ho provato a chiedere il
perché Kanemoti non ha voluto darmi spiegazioni ed allora non ho
insistito ,rimase un attimo in silenzio prima di scoppiare in lacrime,
la prego, ispettore ,singhiozzò, li aiuti, quelli li
uccideranno” senza sapere perché Zenigata avvertì
una sorta di improvviso fastidio e quasi disgusto “E SOLO DOPO
CHE LI HAI TRADITI E INTASCATO I SOLDI TI SEI RICORDATO CHE
PROBABILMENTE LI UCCIDERANNO, EH ?” scattò alzandosi dalla
sedia e guardandolo con ira mentre il vecchio sollevava il viso
inondato di lacrime “Ispettore, la prego, li aiuti! Non cerco
giustificazioni per quello che ho fatto, io in tutta la mia vita non mi
sono mai affezionato a nessuno, non ho mai avuto un vero amico e non mi
sono mai fatto tanti scrupoli nel fare vari lavoretti in cambio di
soldi ma quelle persone….mi hanno fatto riflettere” si
limitò a dire guardandosi le scarpe mentre due lacrime cadevano
a terra. Zenigata ,ancora in piedi e leggermente spiazzato di fronte a
quella confessione, rimase in silenzio a guardarlo mentre la mente
lavorava spedita finchè “D’accordo, aiuterò
Lupin. Dopo andremo al tribunale per denunciare la cosa, mi servirai
come testimone. Portami da Lupin” disse balzando dalla sedia per
infilarsi con velocità in testa il cappello, in quel momento
appoggiato sulla cima dell’attaccapanni mentre Larry si alzava
dalla sedia. Fuori dall’ufficio trovarono ad aspettarli Oscar e
Walter, i quali vedendo l’ispettore in procinto di uscire fecero
per avvicinarsi ma l’ispettore li bloccò prima che
potessero parlare ordinando loro di rimanere in commissariato, in
quanto non poteva farsi vedere insieme con Lupin per non rischiare il
posto e portare guai al ladro. Senza dare alcuna spiegazione, li
lasciò in mezzo al corridoio senza badare alle loro flebili
proteste. Né l’ispettore Zenigata né Larry si
accorsero che durante il tragitto una macchina nera li stava
seguendo.
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Capitolo 7 *** Scontro tra gang ***
Scontro tra gang
“Adesso che sapete tutto che
volete fare?” la domanda di Raffaele ruppe il lungo silenzio che
era piombato nella stanza dopo la domanda ,o meglio, la riflessione di
Lupin. Goemon ,come il nipote, non disse niente né per
incoraggiare i suoi amici a seguirlo né per continuare la loro
strada da soli: qualunque cosa avesse detto avrebbe influenzato le loro
scelte e lui sentiva che dovevano decidere in completa autonomia
perciò si limitò a guardarli riflettere: Jigen ,sedutosi
sul divano, si versò un altro bicchiere di bourbon mentre
con una mano accendeva la sigaretta che Lupin si era infilata in bocca,
il quale guardando l’amico lo ringraziò con un lieve cenno
del capo. Dopo aver fatto in completo silenzio due fumate con aria
distratta Lupin rispose “Verremo con voi, se completerete la
missione sconfiggerete anche il nostro nemico e noi potremmo prendere
il tesoro. Non possiamo fare niente finchè c’è
quella bambina anormale” lo disse con un tono strano, quasi amaro
che spinse Raffaele a chiedergli “Lo sai che dovremo
probabilmente ucciderla?” Lupin lo guardò intensamente ma
prima che potesse rispondere fu Jigen ad anticiparlo “Se
sarà necessario lo faremo senza problemi” rispose
appoggiando il bicchiere sul tavolino guardando contemporaneamente
Lupin prima di alzarsi e lasciare un la stanza. Raffaele rimase come
basito a guardare la porta che un momento prima era stata varcata da
Jigen; era rimasto piuttosto scosso dal tono freddo e dalla
determinazione che aveva sentito nella voce del pistolero “Faceva
sul serio ,constatò turbato tornando a guardare i suoi compagni,
l’ha detto come se si trattasse non di una bambina ma di una
persona adulta” “Jigen è fatto così, Raffaele
,spiegò Goemon pacato, imparerai a conoscerlo” “Ho
avuto come l’impressione che si stesse riferendo ad una vostra
vecchia esperienza quando ha detto quelle parole” continuò
ancora perplesso Raffaele e qui Lupin uscì dal mutismo
“Non hai sbagliato: Jigen si riferiva probabilmente al giorno in
cui Madame X ,una donna che aveva la fissa di crearsi statue di cera
incerando le persone ,vive, era aiutata da una forza soprannaturale che
aveva le sembianze di un bambino. Riuscimmo a scampare alla morte
perché Goemon all’ultimo minuto riuscì a capire
dove fosse il nascondiglio del bambino e colpirlo.” “Che
cosa?! ,esclamò stupefatto Raffaele alzandosi dalla sedia e
guardando incredulo lo zio, il quale non disse niente, Hai ucciso un
bambino” esalò lentamente scuotendo il capo, rifiutandosi
di credere a ciò che aveva sentito “Non è questo il
momento di rimembrare cose del passato, ora dobbiamo assolutamente
partire e cercare le pergamene” l’interruppe Goemon,
rifiutandosi di continuare la conversazione su quell’argomento e
su quel doloroso ricordo, alzandosi dalla poltrona guardando Lupin e
gli altri ,anche Jigen, che intanto era tornato, con un espressione che
recitava chiaramente: Che cosa volete fare? “Beh, io e Jigen ,il
quale confermò subito muovendo il capo, veniamo con voi e tu,
Fujiko?” rispose Lupin guardando la donna che senza esitazione
“Io vengo con voi” “Perfetto. Ci conviene partire
subito. Queste scuole dove si trovano?” chiese Lupin voltandosi a
guardare i due samurai; Raffaele fu il primo a rispondere “Sono
tutte in Giappone” per essere interrotto da Goemon “Non
sono in Giappone” “Come no?” rispose Raffaele stupito
“Tua madre non ti ha detto niente?” gli chiese Goemon
guardandolo con un espressione indecifrabile trattenendosi dal coprirsi
il viso con le mani mentre la mente pensava “Miyuki, ne hai fatta
un' altra delle tue” “Che cosa avrebbe dovuto dirmi?”
gli chiese perplesso il giovane “Le quattro scuole presenti in
Giappone sono scuole minori, costruite per ingannare gli avversari,
difatti sono custodite delle pergamene che vengono spacciate per le
sacre pergamene, in modo da proteggerle anche dagli stessi allievi
animati da intenzioni malvagie e a questo proposito potremmo
ricordare Jinkuro, che provò a rubare la pergamena ,disse
rivolgendosi ai suoi amici, credendo che fosse quella dell’Aria
ma Shiden fece in tempo ad imbrogliarlo” “Se tu e tua
sorella siete andati alla scuola minore dell’Aria, come faceva
quest’ultima ad avere la pergamena vera?” “Attraverso
le scuole minori vengono scelti coloro che si mostrano meritevoli di
studiare le tecniche segrete dello stile in questione alle scuole
maggiori, in cui alla fine dell’apprendistato viene scelto il
migliore, a cui ,come supremo onore, viene affidato l’incarico di
proteggere la pergamena. Mia sorella non fu scelta e io ,con il
permesso dei maestri, decisi di dargliela, continuando però a
fare credere che l’avessi io, per proteggerla” disse
con voce piena di tristezza mentre Raffaele gli stringeva con un
sorriso affettuoso la spalla “A quanto pare però non
è servito molto” commentò freddamente Jigen; a
quelle parole Raffaele gli lanciò un occhiata terribile mentre
il suo corpo faceva un brusco movimento, Goemon ,quasi allarmato, lo
prese per un braccio “Se quelle sono scuole minori, dove sono le
scuole con le vere pergamene?” chiese allora Lupin ma il silenzio
dei due samurai fu l’unica risposta “Non lo sapete?”
chiese Lupin guardando con evidente sorpresa Goemon e Raffaele, i quali
risposero limitandosi a scuotere insieme il capo “Non importa, li
ritroveremo” fece Lupin con una spallucciata e una delle sue
risatine qui Jigen ,che si era comodamente “spaparanzato”
su una poltrona, con la mani dietro la testa e con una gamba appoggiata
sull’ altra si rizzò “Come facciamo a trovare
queste scuole se non sappiamo neanche dove sono?” intervenne
Jigen guardando l’ottimista amico con sguardo scettico
“Basterà andare in Giappone. Andando lì troveremo
la risposta alle nostre domande” spiegò tranquillo
“Stai pensando alle scuole minori, vero Lupin?” gli chiese
Fujiko lentamente “Già, cherì e sono sicuro che
sapranno dirci dove sono le scuole maggiori” le rispose con una
strizzatina d’occhio “Sei un genio, Lupin”
esclamò estasiata Fujiko battendo le mani prima di baciarlo
sulla guancia, mandandolo in pura estasi “Al diavolo”
sibilò irritato Jigen spingendo ancora di più il cappello
in testa di fronte a quella che per lui e Goemon era una scenetta
,sebbene molto conosciuta, sempre disgustosa. Incapace di starsene in
silenzio e di non mollare un pugno a Lupin ,che in quel momento con i
suoi gemiti esagerati e compagnia bella sembrava ben deciso a
provocarlo, decise di uscire sulla veranda. Lì si sedette su una
sedia, continuando a fumare la sua sigaretta mandando ogni tanto dei
piccoli sbuffi di fumo. Ogni volta che vedeva Fujiko fare tutte quelle
moine a Lupin e quest’ultimo rimbecillirsi, si sentiva prendere
ogni volta da una grande rabbia ma purtroppo Lupin era fatto
così: perdonava sempre i suoi tradimenti, continuava e
probabilmente avrebbe continuato a difenderla dai pessimi e affatto
gentili ,inutile negarlo, commenti che lui e Goemon ogni tanto le
lanciavano al momento più opportuno. Nonostante Fujiko
più di una volta avesse dimostrato di essere una donna
poco affidabile e ancor meno leale, lui ,Lupin, continuava a seguirla e
cercare disperatamente il suo amore, che lei era ben lungi dal
darglielo. Persino quando per ottenere l’esatta posizione di
quello che era considerato il più grande tesoro di Lupin, che
tra l’altro alla fine si era poi rivelata una colossale
fregatura, era arrivata addirittura a fingere di morire in un incidente
d’auto, lasciando che Lupin piangesse e si distruggesse di dolore
davanti a quella che riteneva che fossero i suoi mortali resti,
quest’ultimo l’aveva non solo perdonata ma anche protetta
dalla furia dei suoi amici, i quali dire che si erano arrabbiati di
fronte a tanta bassezza era un eufemismo. “La grandezza di un
uomo si vede anche nella sua capacità di perdonare” aveva
detto Lupin una volta ma questo secondo lui non giustificava il perenne
perdono che quest’ultimo continuava a concederle in nome di
quell’ amore che ogni volta ,salvo rarissime eccezioni, veniva
calpestato senza remore. E questo per Jigen era motivo di continuo e
profondo disprezzo verso quella donna traditrice ed opportunista; se
non fosse stato per il fatto che Lupin l’amasse molto e che non
avrebbe esitato a cancellare la profonda amicizia e anche
l’affetto che si era instaurato ormai tra di loro in caso
contrario, lui ,Jigen, le volte in cui Fujiko si era trovata in serio
pericolo e la sua vita dipendeva esclusivamente dalla sua
abilità con la pistola, probabilmente l’avrebbe lasciata
morire. Gettò con stizza la sigaretta a terra, calpestandola col
piede osservando come ipnotizzato come il fumo che saliva dalla punta a
mano a mano che aumentava la pressione del piede diventava sempre
più sottile e nel frattempo continuava con le sue riflessioni:
non riusciva a capire che cosa ci trovasse Lupin in quella donna: era
indubbiamente dotata di una grande bellezza, caratteristica adoperata
in ogni modo e senza scrupoli come l’astuzia e la capacità
di essere irresistibilmente sensuale che vendeva e regalava senza
pudore pur di raggiungere lo scopo che si era prefissata, cosa che la
rendeva completamente diversa dalle donne che lui stesso ,Jigen, aveva
conosciuto in tutta la sua vita. Tutte le donne che aveva incontrato
non lo avevano mai tradito, a parte alcune ma avevano mantenuto la loro
dignità al contrario di Fujiko. Ognuna di loro aveva lasciato un
ricordo nel suo cuore, ricordi che venivano riportati alla memoria
anche e soprattutto attraverso la visione di certi oggetti che per
chiunque sarebbero insignificanti, ricordi legati insomma ad un
qualcosa che neppure lui sapeva definire con il termine adatto. Ogni
volta che vedeva una suora ,qualunque suora, non sapeva e non aveva mai
saputo a che ordine appartenesse Angelica, gli ricordava
quest’ultima e vedere un uomo di colore gli ricordava il motivo
per cui Angelica era salita in cielo: per servire quel Dio in cui lui
non credeva più da tempo: mentre correva in mezzo a tutti quei
cadaveri di colore, per vedere se poteva aiutare qualcuno a salvarsi o
per lo meno permettergli di morire con i conforti religiosi a dispetto
di quello che gli urlava lui, che gli diceva di non correre per non
calpestare una di quelle mine inesplose che probabilmente erano ben
nascoste dalle macerie, lei ,neanche a farlo apposta, era saltata in
aria sotto i suoi occhi increduli ed impotenti. L’unica cosa che
potè fare per lei fu quello di rimanerle vicino e di stringerla
tra le braccia finchè non morì, lasciandolo solo in mezzo
a tutti quei cadaveri, unico vivo fra i morti. Angelica,
l’emblema della dolcezza e dell’amore. Ogni volta che
pensava a lei e anche a Karen e Caterine soffriva molto; aveva certo
amato tante altre donne e da queste era stato ricambiato ma sono poche
le persone che prima con la loro presenza e poi con la loro scomparsa
ci segnano la vita e queste sono le persone che ,tra le tante
conosciute ed avute, rimembriamo più volte e con dolore diverso
e più profondo essendo quelle che ci hanno dato qualcosa di
veramente importante, qualcosa che arricchisce non solo fisicamente ma
soprattutto spiritualmente: sé stessi. Con il termine sé
stessi non ci si riferisce e non ci si ricollega al fatto che abbia
acconsentito ad andare a letto, perché molte persone lo fanno e
continueranno a farlo per l’unica ricerca del proprio piacere e
non per cercare la parte mancante di sé stessi nell’altro,
ma a prescindere da questo, per “sé stessi”
s’intende donarsi senza riserva all’altro per aiutarlo e
per aiutarsi a migliorare, a tirare fuori il meglio di lui e di
sé. Poche donne in tutta la sua vita hanno fatto questo: poche
donne hanno cercato veramente di capirlo, di andare al di là del
suo corpo, di vedere cosa ci fosse dietro quella corazza di cinismo e
di indifferenza che si era costruito, di scoprire quanto grande fosse
il suo bisogno di essere amato, di non sentirsi solo. Lui ,alla pari di
Goemon, era un lupo solitario, come molte volte gli aveva fatto notare
Lupin con il suo sorriso strafottente e l’aria da sapientone. Gli
venne da sorridere ,senza ragione, pensando a questo quando la mente
gli riportò alla memoria ciò che gli aveva detto una
persona ,un bambino di sette anni, tanto tempo fa ,quando era
già una persona chiusa. Quest’ultimo gli aveva chiesto se
sapeva perché i lupi solitari ululassero alla luna. Lui gli
aveva dato una risposta che non era piaciuta affatto al bambino, il
quale ,guardandolo quasi compassionevole, gli aveva detto, lasciandolo
stupito “Tu ,che sei un lupo solitario, non sai perché
ululi alla luna?” “Ma io non ululo alla luna” aveva
risposto ,piuttosto confuso, lui mentre si chiedeva vagamente come
facesse quel bambino a sapere che lui fosse così “Era un
modo di dire ,sbottò infastidito il bambino, poiché non
sai il motivo che spinge i lupi solitari ad ululare alla luna te lo
dirò io: i lupi vivono in branchi. Si chiama lupo solitario una
persona che vive in nobile solitudine ma in realtà si tratta di
un lupo smarrito ed egli piange ed ulula perché si sente solo,
triste ed impaurito. Non sapendo come farsi accettare dagli altri per
paura di venire rifiutato chiede aiuto alla luna, pregandola di far
capire ai suoi simili che ha bisogno di aiuto e allo stesso tempo finge
,facendo un verso lamentoso, di essere in pericolo sperando che
qualcuno si avvicini a lui ma purtroppo ciò accade raramente, al
punto che qualche lupo decide di lasciarsi morire. Tu continua ad
ululare e alla fine incontrerai qualcuno.” e dicendo questo,
prima che Jigen potesse fare o dire qualcosa quello strano bambino era
scomparso. Lui ,seguendo il suo consiglio, aveva continuato ad
“ululare” finchè non aveva trovato Lupin e Goemon ed
entrato a fare parte di un branco. Quest’ultima considerazione
gli fece capire anche un'altra cosa: se una persona è in un
gruppo, gli altri non solo dovevano accettarlo per quel che era ma
anche lui accettare gli altri con i propri difetti. Questo significava
che doveva sopportare Fujiko, poiché anche lei faceva parte del
gruppo e anche Lupin e i suoi rimbambimenti sentimentali. “Strano
che fino ad adesso non mi sia mai venuta in mente” pensò
Jigen alzandosi dalla sedia per ritornare in salotto quando gli parve
di sentire uno strano rumore, tese le orecchie: no, non si sbagliava,
rumore di macchine ,probabilmente due, lanciate ad alta velocità
insieme al rumore di mitragliatrici; che stava accadendo? Sembrava che
si stesse avvicinando alla villa. Si avvicinò meglio alla
balaustra e vide una scena che lo lasciò a bocca aperta, senza
darlo a vedere: una macchina della polizia inseguita da una macchina
nera, dalla quale degli uomini in nero ,che si sporgevano stando seduti
sui finestrini, sparavano a tutto spiano con quelle che ,a giudicare
dal rumore, erano mitragliatrici. “Che succede, Jigen?” la
voce di Lupin non lo fece voltare essendo rimasto come ipnotizzato di
fronte allo spettacolo che gli si parava davanti “Sembra che si
siano scambiati i ruoli tra i poliziotti e i delinquenti” si
limitò a dire quando Lupin gli fu accanto “Come? ,gli
chiese perplesso mentre afferrava un binocolo e guardava con
attenzione, perdindirindella!” esclamò stupefatto
“Cosa?” gli chiese Raffaele guardandolo incuriosito
“Non ci crederete ma l’inseguito è Zazzà
,spiegò Lupin con una specie di sorriso divertito guardando dal
binocolo, e l’uomo vicino a lui è….
Accidenti!” stavolta il sorriso gli si squagliò dalla
faccia “C’è qualcuno che conosciamo con lui?”
gli chiese Jigen “Larry” si limitò a rispondere
“Ma che diavolo può essere successo?” domandò
guardando le due macchine “Ce lo spiegheranno loro. ,rispose
Lupin appoggiando il binocolo sulla balaustra mentre
l’espressione sul viso gli si induriva, Andiamo, ragazzi!”
e dicendo questo Lupin si mise a correre a perdifiato giù per le
scale seguito dagli altri. Aprì il garage e ne uscì con
una Alfa Romeo gialla che dopo un attimo partì sparata verso le
macchine in arrivo. Si erano quasi avvicinati quando accadde ciò
che lasciò i presenti senza parole, come se improvvisamente
qualcuno avesse reciso loro la lingua mentre la scena assumeva qualcosa
di surreale ed allo stesso tempo spaventevole: la gomma posteriore
della macchina di Zenigata scoppiò, strisciando per terra e
causando così lo sbandamento della macchina, la quale intanto
girava come una trottola impazzita finchè non finì contro
un albero. La macchina ci si schiantò di fianco, con un rumore
misto di vetri rotti e di metallo che si accartocciava su sé
stesso, rumore che alle orecchie dei presenti sembrò stranamente
amplificato mentre li scuoteva dal semi-stato di ipnosi in cui erano
caduti. “Dannazione ,esclamò furioso Lupin dando una
robusta ciampata all’acceleratore e quando vide gli assalitori
scendere dalle macchine ed avvicinarsi con le armi in pugno,
Jigen!” “Ci penso io” replicò tranquillo Jigen
toccandosi la punta del cappello prima di prendere la Magnum poi ,sotto
lo sguardo tanto preoccupato quanto ammirato di Raffaele, che lo
guardava a occhi spalancati, si sedette su quello che poteva essere
chiamato il poggiatesta, trovando una certa stabilità nella sua
originale posizione poggiando un piede sul cruscotto mentre
l’altra stava sul sedile. Prese la mira con calma e sparò:
due uomini ,quelli più vicini alla macchina, caddero come
marionette a cui erano stati tagliati i fili mentre i loro compagni
concentrarono la loro attenzione sugli intrusi, che intanto si erano
fermati e scesi dalla macchina. Calò un silenzio di tomba, in
cui i due gruppi erano formati da gente compatta e messa come se
volesse formare una barriera, l’uno vicino all’altro; un
gruppo formato da gente vestita di nero e l’altro da colori
più vivaci, si squadrarono con lo sguardo uguale a quello di due
cani intorno ad un succulento osso, con l’unica differenza che
l’osso non era in mezzo ma in un angolo e rappresentato da uomini
che non accennavano ad uscire dalla macchina schiantata contro
l’albero, dal cui cofano usciva sempre più fumo.
“Bisogna far uscire Zazzà immediatamente”
pensò Lupin lanciando uno sguardo rapido e preoccupato alla
macchina senza spostare la testa “Apprezzo gli ospiti che vengono
a trovarmi ma non mi ricordo di avervi dato un appuntamento”
disse fingendosi di sembrare occupato a ricordare qualcosa rivolgendosi
a quello che sembrava il capo del gruppo, un uomo con una cicatrice a
forma di x sul viso il quale sorrise freddamente “Non
c’è problema, prendiamo le persone che sono nella macchina
e togliamo il disturbo” “Ohoh, non c’è
problema. Mi piacciono le improvvisate” replicò con una
risata Lupin cominciando ad allungare la mano destra verso il petto,
dove ,ben nascosta da una parte della giacca rossa e tenuta dalla
speciale fondina, c’era la pistola automatica P38
“Allora ti piacerà anche questo” disse l’uomo
e così dicendo insieme ad alcuni altri cominciò a sparare
a raffica contro Lupin e i suoi compagni, i quali si sparpagliarono in
diverse direzioni. Mentre Lupin, Jigen e Fujiko ,per mezzo delle
pistole, disarmarono molte persone facendo saltare le armi di mano per
completare con una botta in testa mediante l’utilizzo della
pistola come clava e Goemon usava la spada per distruggere le pistole,
riducendole a dimensioni e forme a pezzi di salame, Raffaele cercava di
avvicinarsi alla macchina distrutta usando alternativamente la spada e
poi pugni o i colpi di ginocchio. Dopo aver fatto a pezzi un’
altra mitragliatrice ,sotto lo sguardo pieno di sorpresa del suo
avversario, sguardo che diventò di doloroso stupore quando gli
arrivò una ginocchiata in pancia, cosa che gli bloccò
temporaneamente l’arrivò dell’ossigeno ai polmoni e
questo sommato al tremendo pugno in testa che gli arrivò poi
quasi subito, partì verso il mondo dei sogni, si mise a correre
verso la macchina concentrandoci la sua completa attenzione al punto da
non accorgersi che dietro di lui qualcuno ,l’unico dotato di un
fucile, lo stava incalzando; solo quando ,mentre tentava di aprire la
portiera, sentì qualcosa di durissimo ,come il calcio di un
fucile ,appunto, colpirlo alla testa e prima di perdere i sensi,
capì che aveva infranto la seguente regola: il guerriero
controlla sempre tutto ciò che accade davanti a lui non solo con
gli occhi e ancora un attimo prima che il buio ricoprisse il suo campo
visivo si rimproverò di non essere stato più attento.
L’ultima cosa che vide furono gli occhi pieni di paura di Goemon
che lo guardavano cadere a terra e rimanere immobile.
Quest’ultimo effettivamente quando aveva sentito la voce di
Raffaele aveva lasciato perdere il suo avversario e guardato in
direzione del nipote; vedendolo cadere a terra e rimanere a terra,
immobile ed indifeso, si era sentito come se qualcuno gli avesse
gettato addosso dell’acqua ghiacciata mentre sentiva che per la
seconda volta di avere il fiato corto ed irregolare. Rimase per pochi
secondi immobile, fissando come ipnotizzato il corpo del nipote, il cui
colore della pelle gli sembrò ancora più pallido di
prima, sentì qualcosa bruciargli gli occhi e per un attimo la
vista sembrò appannarsi mentre sentiva un bruciore in gola,
qualcosa che non riusciva a mandare giù e che faceva grandi
sforzi per salire. Sentì qualcosa ,come una vampata di fuoco,
salirgli dallo stomaco per poi espandersi in diverse direzioni del suo
corpo, facendogli sentire maggiormente sulle ciglia la presenza delle
lacrime, le quali sembravano bruciargli sulla pelle. Guardò con
ira crescente e occhi pieni di odio l’uomo che sovrastava
Raffaele, il quale ,improvvisamente spaventato, indietreggiò.
Cominciò a correre verso di lui ,il quale cominciò a sua
volta a trafficare con qualcosa in tasca, e quando gli fu vicino lo
superò con un salto per trovarsi alle sue spalle, si
voltò rapidamente per trovarsi di fronte alla scena seguente:
l’uomo si faceva scudo col corpo di Raffaele minacciandogli la
gola col coltello che aveva appena preso. Goemon ,il quale si era
voltato di scatto puntando verso il nemico la punta della spada, rimase
come bloccato a fissare quell’uomo che in quel momento desiderava
solo fare a pezzi “Mettete giù le armi o lui muore”
disse l’uomo con una voce da papera rivolgendosi non solo a
Goemon ma anche ai suoi compagni, i quali ,che avevano continuato a
combattere per tutto il tempo, si bloccarono guardando con orrore la
scena “A terra le armi” ripetè con un tono che non
ammetteva repliche l’uomo facendo pressione sulla gola di
Raffaele, dalla quale cominciarono a scorrere dei sottili fili di
sangue,il cui colore era messo maggiormente in evidenza dalla pelle
albina del giovane “Fermo, fermo” disse Lupin allarmato
gettando l’arma a terra imitato dagli altri. Rimasero immobili,
pieni di rabbia ed impotenti a guardare senza poter fare niente
Zenigata ,svenuto, fatto salire su una delle macchine per essere poi
portato via. Quando la macchina si allontanò, gli uomini
restanti salirono a gruppi sulle macchine e sparirono finchè non
rimase l’uomo che teneva prigioniero Raffaele e qualche altro
“Ora potete lasciarlo andare” sibilò furioso Goemon
rivolgendosi al capo che sorrise divertito prima di rispondere,
rivolgendosi ad uno dei suoi uomini “Prendi le loro armi e butta
via i proiettili” una volta fatta l’operazione il capo si
fece passare Raffaele e lasciò il tempo di salire in macchina
agli altri, restando con un piede dentro la macchina. Rimase ad
osservare Lupin e gli altri con un piccolo sorriso di
superiorità finchè ,con uno scatto, levò il
coltello dalla gola dell’ostaggio mentre contemporaneamente lo
spingeva lontano da sé. Con uno scatto, prima che cadesse a
terra Goemon lo afferrò da sotto le ascelle, rimanendo in quella
posizione e guardando i nemici andare via; solo quando fu completamente
sicuro che fossero andati via e quindi non in grado di far ancora del
male a colui che rappresentava tutto ciò che gli rimaneva della
sua famiglia posò lo sguardo su Raffaele, che era ancora
svenuto. Gli guardò il viso mentre lo stendeva a terra con una
delicatezza piuttosto inusuale disinteressandosi del fatto che i suoi
amici si fossero avvicinati a loro due poiché in quel momento la
cosa che più lo interessava era la persona stesa a terra che
sembrava ,sentì freddo al solo pensiero, più in là
che in qua. L’osservò con attenzione, con vera attenzione,
come non aveva mai fatto prima, quando lui era cosciente. Sembrava
così indifeso, con quel viso bianco come uno spettro ma con un
espressione così serena. Gli venne quasi da piangere. Raffaele
ormai era l’unica cosa che gli ricordava sua sorella,
l’eredità di quest’ultima e sentiva che non poteva
accettare una terza perdita, aveva già perso una nipote ,Mina,
non poteva morire anche Raffaele, non era giusto. “Raffaele,
dai” pensò schiaffeggiando con decisione la guancia del
ragazzo ma questi non accennò a riprendersi; sentì una
mano posarsi gentilmente sulla sua spalla, si voltò e vide che
apparteneva a Jigen, il quale gli porse qualcosa di scuro: la giacca di
cui era tanto geloso “Non stenderlo a terra in questo modo”
disse spiccio guardandolo con quella sua solita aria indifferente.
Commosso ma senza darlo a vedere Goemon prese la giacca, stendendola a
terra per farci appoggiare poi Raffaele “Hei, Jigen” disse
Lupin guardando l’amico “Mh?” “Ma quella non
era la tua giacca preferita?” gli chiese Lupin con un sorriso
mesto in un coraggioso tentativo di sdrammatizzare “Mh”
rispose lui facendo ulteriore pressione sul cappello e scuotendo la
testa come per dire “Non è il momento” la voce
,sollevata, di Fujiko li fece voltare “Stai bene?” gli
chiese lei osservandolo toccarsi la testa con aria imbambolata
“Sto una meraviglia! Pensa ,e qui cominciò ad aprire le
dita chiuse della mano sinistra man mano che procedeva con
l’elenco e li toccava col dito dell’altra mano, mi sono
appena beccato una botta in testa, ho un bernoccolo che potrebbe
passare per un uovo di piccione sul cranio, mi fa un male cane
quest’ultima, mi sono anche sporcato il kimono e anche i miei
poveri capelli che Dio sa quanto ci vuole per pulirli. Si, sto proprio
benissimo” concluse alzandosi in piedi e toccandosi seccato i
capelli accompagnando il gesto con degli sbuffi sempre più alti
finchè ,guardandosi intorno, non disse con tono leggermente
ironico e allo stesso tempo fintamente irato “Ehi, non
consolatemi, sai?” completò alzando le braccia “Se
non ti è passata la voglia di scherzare nonostante tutto vuol
dire che stai bene” intervenne lieto Lupin accendendosi una
sigaretta “Lupin” disse Jigen rimettendosi la giacca
“Si?” “Ci siamo scordati di Zenigata e di
Larry” “Per Larry non c’è più niente da
fare” rispose Lupin guardando la vettura con sguardo triste
“Che cosa te lo fa pensare?” gli chiese Fujiko guardandolo
intensamente “Non è uscito dalla macchina e i nostri
aggressori non l’hanno portato via insieme a Zenigata, quindi
probabilmente è morto” spiegò avvicinandosi alla
macchina e aprendo lo sportello, infilò mezzo busto e dopo un
attimo passato ad armeggiare con qualcosa accompagnato da un rumore di
stoffe spostate insieme a qualcosa di pesante, i suoi amici lo videro
uscire con le braccia infilate sotto le ascelle dell’ormai
defunto Larry, il cui viso era ricoperto di sangue mentre il buco delle
pallottole sul corpo erano poco visibili a causa del sangue uscito, il
quale aveva impregnato i vestiti formando in alcune parti dei grumi.
Lupin e Jigen, chini sul cadavere non dissero niente, limitandosi a
fissare il cadavere prima che Jigen prendesse dalla giacca un
fazzoletto e se ne servisse per coprire il volto del cadavere, non
prima che Lupin gli chiudesse con delicatezza gli occhi. “E
Zenigata? ,chiese Raffaele, il quale ripresosi dallo stordimento si era
reso pienamente conto che Zenigata non c’era per poi accorgersi
del segno sulla gola, e questo?” disse alzando due dita sporche
del sangue, del suo sangue, quello uscito dal piccolo taglio sulla
gola; nessuno gli rispose ma quel silenzio fu già una risposta
“Non mi volete mica dire che l’hanno preso perché
hanno usato me come ostaggio?” chiese con una voce sottilissima e
a malapena udibile mentre l’espressione sul volto era
indescrivibile, non ottenne risposta neanche questa volta ma anche
stavolta il silenzio fu una risposta esauriente. Rimase senza parole,
guardandosi intorno con la bocca semiaperta senza in realtà
vedere niente mentre una mano gli saliva alla testa per frugargli i
capelli. Goemon lo guardò: avvertiva il suo senso di colpa
,perfettamente palpabile, come se Raffaele stesse sprigionandolo
vapore bollente, con la differenza che invece di vapore quello che
usciva dal suo corpo era ,invisibile, la consapevolezza del fatto di
aver sia pure involontariamente aiutato quegli sconosciuti a rapire
Zenigata. “Dobbiamo andare a prenderlo” disse
all’improvviso ,voltandosi di scatto e guardando tutti con una
strana luce gli altri “Non possiamo” intervenne Lupin
mentre toccava uno strano oggetto che aveva sul polso, somigliante ad
un orologio e dalla quale proveniva un rumore regolare, un bip-bip
soffocato “Perché?” chiese Raffaele mortificato
“Vedete, ragazzi, si accinse a spiegare invitando tutti ad
avvicinarsi ed indicando lo schermo al centro dell’orologio, dal
quale si vedeva un puntino rosso muoversi, questo orologio oltre a
poter fare da ricetrasmittente è anche in grado di localizzare
la posizione delle piccole spie che ogni tanto adopero per pedinare
qualcuno, come per esempio un attimo fa durante la battaglia, difatti
sono riuscito a mettere una spia addosso ad uno dei miei avversari e il
percorso che stanno facendo e ciò che ci avete detto dopo che ho
fatto evadere Goemon e Raffaele mi fanno pensare che fossero gli uomini
di Kanemoti.” “E allora?” incalzò Raffaele
ansioso “E allora c’è quella bambina e finchè
lei è lì, noi non possiamo fare niente ,a quelle parole
Raffaele assunse un espressione sconfortata e piena di paura, ma non
preoccuparti, tentò di rassicurarlo Lupin, se l’hanno
portato via vuol dire che serve loro vivo altrimenti lo avrebbero
ammazzato come Larry, laggiù” completò indicando
con un cenno della testa il cadavere a due passi da lì
“Allora che facciamo, Lupin?” chiese Jigen prendendo una
sigaretta ed infilandosela in bocca “Partiamo immediatamente per
il Giappone” rispose Lupin mentre dal suo accendino compariva una
fiammella a base blu che accese la sigaretta del pistolero. Tornati
indietro, non prima di aver dato sepoltura a Larry, del quale rimase
soltanto un cumulo di terra su cui al centro stava conficcata una
croce, cominciarono seriamente ad organizzarsi per il viaggio che nel
loro gergo più che preparare le valigie significava preparare le
armi con le relative munizioni ma non tutti si preoccupavano di
ciò: Lupin stava seduto al tavolo con la testa appoggiata al
palmo della mano destra, la quale grazie al piegamento del gomito ne
sosteneva il peso mentre le dita del suddetto gli tormentavano il
mento, sul viso aveva un espressione piuttosto pensierosa e ,anche se
cercava di non darlo a vedere, preoccupata per la persona rinchiusa
nella inespugnabile casa di Kanemoti. Goemon era in meditazione, seduto
vicino alla finestra a gambe incrociate con gli occhi chiusi mentre da
fuori giungevano quelli che sembravano spari, causati
dall’allenamento che Jigen stava facendo coi suoi bersagli.
Appoggiato alla finestra stava Raffaele, il quale guardava lo
spettacolo con grande attenzione e non poteva provare qualcosa di
simile all’ammirazione nei confronti di quell’uomo:
riusciva a far saltare i bersagli con grande abilità e senza
sbagliare un colpo. Uscì fuori per vederlo meglio, sedendosi sui
gradini e stando a guardarlo in perfetto silenzio “Che
bravo” pensò con una puntina di invidia trattenendosi a
stento dall’applaudire vedendo l’ennesimo bersaglio saltare
in aria con Jigen che aveva sparato voltando le spalle usufruendo
dell’aiuto di uno specchietto. “Sei davvero molto bravo
,commentò avvicinandosi a lui vedendo che aveva terminato,
quanto tempo ti ci è voluto per riuscire ad arrivare a questo
livello?” lui gli rispose guardando la sua pistola “Ho
cominciato da quando avevo più o meno la tua età, mi
insegnò mio padre a sparare. Ogni giorno mi esercitavo in prove
sempre più complicate ,qui sorrise, più di una volta
avevo pensato di lasciare stare, incontravo difficoltà, non
riuscivo a superare la paura che mi prendeva ad ogni detonazione ma non
mollavo per paura di deluderlo”
Rimasero per diversi minuti in
silenzio, Jigen ricaricava la pistola mentre Raffaele guardava i
bersagli distrutti. Immaginò di essere stato lui a sparare, di
essere dotato di tale abilità: immaginò di avere la
pistola che in quel momento Jigen teneva in mano, di tendere il
braccio, prendere la mira e sparare centrando in mezzo il bersaglio e
mandarlo in pezzi. Guardando i bersagli a terra e ricordando la
sicurezza che quell’uomo esprimeva nei gesti, sentì dentro
di sé il desiderio di provare, di vedere se anche lui fosse
capace di…. “Jigen ,con una punta di fastidio si accorse
che la sua voce era diventata improvvisamente bassa ed esprimente una
sorta di timidezza, mi faresti provare?” l’occhiata
perplessa e silenziosa che Jigen gli lanciò lo spinse
istintivamente a fare marcia indietro “No, aspetta, lascia
stare” e dicendo fece per allontanarsi ma si bloccò quando
si vide offrire ,sempre in silenzio, la pistola. Guardò incerto
Jigen, il quale stava pazientemente aspettando che il giovane samurai
davanti a lui la prendesse. Rimase leggermente stupito quando ne
avvertì il peso, a causa del quale poco mancò che non la
facesse cadere a terra. Sollevò lo sguardo per ringraziare il
proprietario ma vide che si era allontanato per sistemare i bersagli
prima di avvicinarsi a lui. Cercando di vincere l’improvviso
nervosismo dovuto al fatto che fosse osservato, fece un respiro
profondo, impugnò meglio la pistola, distese il braccio mentre
teneva gli occhi fissi sul bersaglio, con l’indice sul grilletto
e il pollice che spingeva il cane verso il basso. Sentì Jigen da
dietro toccarli le spalle “Che sta facendo?” si chiese
stupefatto cercando di reprimere un brivido sentendo le dita di Jigen
toccargli la pelle. Lo guardò in viso e capì dalla sua
espressione fredda che aveva mal interpretato le sue intenzioni,
infatti dalla pressione capì che doveva tenere le spalle meno
rigide quindi le abbassò un po’ “Così”
gli disse a bassa voce Jigen. Cercò di sparare ma si rese conto
che il grilletto opponeva una certa resistenza; ben deciso a non farsi
scoraggiare, aumentò la pressione finchè ,con una
detonazione, il proiettile non uscì dalla canna, colpendo il
bersaglio, non proprio al centro ma prometteva bene, pensò Jigen
“Per essere la prima volta non c’è male”
commentò riprendendo la pistola “Indubbiamente, sono
meglio a mani nude” constatò il giovane continuando a
fissare l’arma “Non sei andato male” gli rispose il
pistolero posando la pistola “Ma sono meglio a sparare senza:
guarda” e dicendo questo prese un sassolino da terra, lo chiuse
nella mano fino a lasciar visibile solo la punta e ,una volta
assicuratosi che il pollice fosse nel punto giusto, fece partire il
proiettile: il bersaglio colpito andò a terra “Che
diavolo…?” disse Jigen stupefatto con Raffaele che
sorrideva sotto i baffi “Ma che hai fatto?” “Quello
che hai appena visto è un colpo naturale della scuola Tuti. Ho
usato quel sasso come proiettile ed il pollice come grilletto.”
“Un samurai una volta mi mise fuori uso la pistola infilando una
pallottola nella canna proprio come hai fatto tu adesso.”
raccontò guardando la canna della pistola “Che pistola
è quella che usi?” gli chiese Raffaele indicando
l’arma mentre rientravano in casa “Combat Magnum, una
pistola…” “Non automatica” lo anticipò
Raffaele con evidente orgoglio “Mh ,approvò Jigen, e sai
da che cosa si differenzia da una pistola automatica?” chiese
ancora versandosi del bourbon in un bicchiere “Ma certo ,rispose
con una spallucciata, le pistole automatiche al momento della
detonazione sputano il proiettile, il coso fa quello strano movimento
all’indietro mentre l’automatica non fa niente di tutto
questo, si vede il tamburo in cui sono messi i proiettili e per sparare
bisogna togliere il cane se no col cavolo che spari.” a quelle
parole Lupin guardò Jigen trattenendosi a stento dal ridere: la
faccia di Jigen era indescrivibile, un misto tra l’allucinato,
l’incredulo e il raccapriccio nel sentire storpiare tutti i
termini riguardanti le armi da fuoco. Osservava Raffaele a bocca
aperta, la sigaretta gli cadde di bocca, il bicchiere a mezz’aria
e totalmente incapace di parlare “Che c’è?”
gli chiese candidamente Raffaele mentre a Jigen da come respirava
sembrava sul punto di farsi venire un colpo. Quest’ultimo
,respirato profondamente e posato il bicchiere sul tavolo,
spiegò ,con un sorriso a denti stretti, “Ragazzo mio
,sibilò, il coso in questione si chiama canna, lo strano
movimento che fa ,come dici tu, si chiama rinculo e serve sia per
espellere il proiettile appena usato e per inserirne uno nuovo e
soprattutto… soprattutto ,adesso sembrava che gli stesse per
venire veramente un accidente, le pistole non sputano!” esplose
scandalizzato “Ma se le pistole espellono in quel modo i
proiettili, perché non si può dire che sputano?”
“Raffaele ,si intromise Lupin, ancora occupato nella sua lotta
per non ridere, per favore, non usare quel termine” disse
semplicemente “Va bene, va bene, le pistole automatiche non
sputano” si arrese il giovane mentre solo allora Jigen bevve il
bourbon con tranquillità. Con un sorriso, Raffaele uscì
un attimo fuori, si guardò attentamente intorno con aria
guardinga ,come per assicurarsi che non lo sentisse nessuno, prima di
dire “Sputano” prima di rientrare. Quando rientrò
dentro andò in quella che era anche la sua camera perché
,come avevano stabilito precedentemente, Raffaele avrebbe dormito ,con
il suo consenso, insieme a Goemon. Quest’ultimo quando vide
Raffaele andare in camera scosse la testa mentre le sue labbra
formavano la parola “Testone” mentre un sorriso divertito
gli increspava le labbra.
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Capitolo 8 *** Partenza ***
Partenza
Al commissariato ,intanto, Oscar e
Walter stavano di sotto ad esercitarsi al poligono, con quegli occhiali
arancioni davanti agli occhi e con il rumore provocato da tante pistole
usate non solo da loro due ma anche dagli altri sottoposti. Avevano
aspettato che l’ispettore ritornasse dall’incarico che gli
era stato evidentemente affidato da quell’uomo coi baffoni ma per
non sprecare tempo e per non farsi beccare a leggere il giornale,
magari mentre bevevano il caffè ,come aveva suggerito Oscar,
erano andati ad esercitarsi “Oscar ,fece Walter abbassando
la pistola fino a farlo combaciare col bacino mentre lo sguardo si
distoglieva dal bersaglio cartaceo per posarsi sulla figura di suo
fratello, che stava prendendo la mira, con gli occhi fissi sul
bersaglio e con i capelli viola ,perennemente legati col codino, i
quali da come si appoggiavano sembravano incollati alla schiena
“Si?” rispose questi sottolineando la domanda con una
detonazione e dalla canna della pistola ne uscì una pallottola
che fece spuntare un terzo occhio in mezzo alla fronte del sorridente
bersaglio. “Quello che squilla non è il tuo
telefonino?” gli chiese mentre nell’aria in mezzo al rumore
delle pallottole si riusciva a distinguere ,sia pure lievemente, un
suono dolce e melodioso “Occavolo, si!” rispose dando la
pistola al moretto per prendere lo squillante telefonino
“Pronto?” disse uscendo insieme al fratello dal poligono
“Ragazzi ,dall’altra parte del telefono si sentì una
voce bassa ed ansiosa ma ben conosciuta dai due, statemi a sentire ed
eseguite alla lettera queste mie istruzioni, non mi fate domande
perché abbiamo poco tempo” disse ancora sentendo che stava
per essere interrotto; a mano a mano che parlava i visi di Oscar e
Walter da confusi si fecero sempre più terrei finchè una
volta chiusa la comunicazione, non si guardarono in faccia spaesati
prima di dirigersi come un solo uomo alla macchina. Dopo un quarto
d’ora arrivarono davanti alla villa Kanemoti e ,una volta entrati
non senza difficoltà dentro, dopo un ora ne uscirono correndo a
perdifiato ,inseguiti da una gragnola di proiettili piccoli come
piselli ma molto più letali, insieme ad una terza persona, la
quale indossava un abito marrone chiaro un po’ stracciato ma che
sembrava stare bene. Dalla villa uscivano a plotoni uomini vestiti di
nero che sparavano addosso ai fuggitivi cercando di colpirli; Walter e
Oscar continuando a correre limitandosi solo a voltarsi rispondevano al
fuoco mentre i proiettili sibilavano intorno sembrando
simili ad invisibili zanzare mentre l’ispettore Zenigata correva
davanti loro ,tenendosi il malridotto cappello con una mano, ma non per
sua scelta, erano stati i suoi stessi salvatori a volerlo e gli avevano
tra l’altro esposto con termini inequivocabili che cosa sarebbe
accaduto se avesse trasgredito il loro ordine, soprassedendo sul fatto
che lui fosse l’ispettore mentre loro i sottoposti. Le minacce da
parte di quei due di rotture d’ossa, di pestaggi e di
fracassamenti corporali ancora gli rimbombavano nelle orecchie mentre
con una mano si reggeva il cappello. Non era stato facile ma era
riuscito a scappare, prima ancora a telefonare a quei due ,doveva
ammetterlo, bravi poliziotti senza farsi scoprire dai suoi carnefici e
da quella strana bambina che aveva visto quando era stato portato
lì. Adesso doveva assolutamente parlare con Lupin e per fortuna
sapeva cosa fare. Ci fu una detonazione, un urlo soffocato e poi la
voce di Walter urlare con voce a metà irata e metà
strozzata “FRATELLO!!!” l’ispettore a quella parola
si sentì ghiacciare mentre sentiva le viscere torcersi, smise
bruscamente di correre, si voltò per vedere Oscar a terra che si
reggeva la spalla mentre Walter ,inginocchiato vicino a lui, continuava
a sparare alternando ad ogni sparo un occhiata piena di preoccupazione
dettata dall’affetto mentre Oscar non riusciva a rimettersi in
piedi mentre sotto la spalla sinistra cominciava ad allargarsi una
pozza cremisi. Con uno scatto ritornò indietro mentre rispondeva
al fuoco con una furia che non aveva mai provato prima, provando
qualcosa ,quasi simile al piacere, vedendo che ad ogni proiettile
cadeva ,morto, qualcuno. Avvicinatosi ai due, passò la sua
pistola a Walter, il quale dopo un attimo di stupore, così gli
parve, la prese ricominciando a sparare usandole entrambe mentre
Zenigata prese velocemente Oscar per il braccio sano avvolgendoselo
intorno alle spalle mentre con l’altra gli circondava il fianco,
aiutandolo a raggiungere la macchina mentre Walter li copriva.
“Vieni!” lo chiamò Zenigata e a quelle parole Walter
arretrando continuò a sparare finchè ,spedito un
ultimo proiettile, si voltò correndo verso la macchina per
fiondarsi al sedile anteriore, vicino all’ispettore. La macchina
si allontanò dalla villa mentre dal cancello alcuni uomini
vestiti di nero continuavano a mandare proiettili finchè ,visti
inutili i loro sforzi, rientrarono dentro. “Oscar” disse
con voce angosciata Walter voltandosi indietro e toccando con
delicatezza il torace del fratello, il quale ,a causa del dolore,
tremava in modo incontrollabile mentre gli occhi ,resi più
grandi dal dolore e dallo stato di shock, sembravano come opachi e si
muovevano ovunque mentre il sedile su cui stava appoggiata l’arto
ferito e la mano ,che copriva il punto in cui il proiettile era
penetrato nella carne e sfortunatamente non uscito, si sporcavano di
sangue. “Morirà?” domandò con voce angosciata
all’ispettore, il quale guardandolo tranquillo ,nel limite del
possibile “Non credo ma bisogna assolutamente togliergli quel
maledetto proiettile” rispose deviando e dirigendosi fuori
città “Dove andiamo, ispettore? Qui è fuori
città e mio fratello ha bisogno…” “Non
preoccuparti, stiamo andando a trovare delle persone che devo
assolutamente incontrare e che si prenderanno cura di tuo
fratello” “Chi sono?” calò un attimo di
silenzio in cui ,guardando la strada, l’ispettore si chiese se
fosse il caso di dire tutto a quel ragazzo, quel giovane che nonostante
i venticinque anni non aveva barba sul volto, dimostrandosi più
giovane di quel che era e che certo non poteva immaginare la polveriera
pronta a scoppiare; erano estranei ma si erano dimostrati affidabili e
qualcosa diceva loro che poteva fidarsi, d’altronde non aveva
scelta, doveva unirsi con Lupin e quindi non dovevano esserci
imprevisti “Adesso ti dico” e cominciò a raccontare.
“Accidenti, non mi sarei mai aspettato una cosa simile”
commentò Walter quando scesero dalla macchina ,parcheggiata
davanti alla villa. “Prendi Oscar mentre io vado a chiamare
aiuto, sperando che non siano già andati a dormire” disse
l’ispettore guardando la villa in cui stando a giudicare dalle
luci spente stavano tutti dormendo mentre un assiolo ,quasi a voler
confermare i suoi sospetti, faceva sentire il suo verso. Si
avvicinò alla porta, con Walter ed Oscar dietro e
cominciò a bussare alla porta “Lupin, mi senti? Aprimi,
per favore!” dopo un minuto passato a battere le nocche sul legno
della porta, si sentì dall’altra parte un rumore di passi
poi qualcosa di simile ad una catena che veniva rimossa per poi
affacciarsi da uno spicchio della porta per metà aperta il viso
,pieno di sonno, di un uomo con una faccia da scimmia “Accidenti
,sfregandosi gli occhi soffocando un gigantesco sbadiglio, chi è
a quest’ora? ,chiese guardando gli ospiti senza dare
l’impressione di aver riconosciuto l’uomo che aveva davanti
“Non si riconoscono più gli amici ,eh, Lupin?” gli
domandò Zenigata sorridendogli “Cosa?” fece Lupin
sfregandosi meglio gli occhi per poi spalancarli in modo inverosimile
“Zazzà?” chiese incredulo mentre dietro
l’ispettore Oscar quasi cadde a terra “Ti spiego dopo
,Lupin, ora per favore lasciaci entrare, Oscar ha bisogno di
aiuto” fece con urgenza Zenigata entrando dentro
“Chi?” fece Lupin spalancando gli occhi vedendo due
poliziotti sconosciuti che si fiondarono in salotto con tale
velocità che Lupin dovette scansarsi per non finire travolto
“E loro?” fece indicandoli con gesto teatralmente
preoccupato “Dopo, dopo, adesso dov’è Jigen?”
domandò l’ispettore guardandosi intorno senza vedere il
richiesto pistolero “Sono qui” fece una voce appartenente
all’ombra che stava vicina alla porta di una camera da letto; ci
si accorgeva della sua presenza solo grazie alla cosa luminosa rossa,
la base di una sigaretta come si potè notare quando Raffaele
,uscito dalla sua stanza insieme a Goemon, accese l’interruttore
illuminando la stanza “Ma che succede?” chiese il ragazzo
guardando perplesso la scena davanti ai suoi occhi “Bisogna
estrarre il proiettile dalla spalla di mio fratello” prese
improvvisamente la parola Walter guardando supplichevole Jigen.
Quest’ultimo osservò il ferito per dieci minuti buoni con
aria indifferente, prima di dire accompagnando il tutto con un sbuffo
di fumo “Mettilo sul tavolo. Tu ,Raffaele, vai a prendere delle
bende mentre tu ,Lupin, prendi una bottiglia di whisky” mentre
Raffaele correva a prendere le bende e Lupin tornava con la bottiglia
per riempirne un bicchiere, Jigen ,dopo essersi lavato bene le mani e
rimboccato le maniche del pigiama blu, prese un coltello. Dopo averlo
messo sul fuoco si avvicinò al ferito, prese il bicchiere che
Lupin gli passò e glielo fece bere, con una certa
difficoltà. “Perché il whisky?”
bisbigliò Raffaele a Goemon guardando incuriosito la scena
“L’alcool in questi casi aiuta a sentire meno dolore”
fu la risposta “Il proiettile gli è rimasto dentro, tra
l’acromio clavicolare e lo scapolo omerale (praticamente la
spangella) ,commentò freddo Jigen tastando la spalla ferita, poi
guardando Walter, tienilo fermo, dovrò fargli molto male e voi
,disse ancora guardando Lupin e gli altri, uscite” “Dovrei
parlare con te, Lupin” disse Zenigata guardando il ladro, il
quale fece un cenno col capo ed uscirono, insieme a Raffaele e Goemon,
fuori. Con le mani che tremavano e il viso sudato pieno di paura,
Walter si limitò a fare un cenno col capo prima di bloccare
l’altra spalla del fratello e anche le gambe. Con l’uso di
una forbice, Jigen tagliò la stoffa che ricopriva le ferita poi
,fatto un respiro profondo mentale, avvicinò la lama del
coltello. Quando la punta entrò nella carne ,lacerando con i
suoi denti impercettibili la pelle e una parte dei tendini, il dolore
fisico provocato dalla brusca intrusione fu seguito da un urlo
terribile lanciato dalla bocca ,in quel momento maleodorante di whisky,
di Oscar, il quale ,sentendo che il coltello o quel che accidenti era
continuava impietosamente ad entrargli nonostante le sue urla
disperate provocandogli senza pietà, senza motivo, in quanto in
quel momento si era come scordato di essere ferito, senza un
perché una sofferenza insopportabile, cercò di sollevare
le braccia e le gambe nel tentativo di fermarla, ma si rese conto ,non
senza un pizzico di spavento, che erano come imprigionate da qualcosa.
Che stava succedendo? “Fratello ,la voce ,in quel momento dolce,
di Walter servì a farlo calmare, stai calmo, va tutto bene, ti
stiamo estraendo il proiettile, stai fermo, abbiamo quasi
finito”: proiettile? Si domandò mentalmente sempre tenendo
gli occhi chiusi ,troppo pesanti per poterli alzare in quel momento. Ma
certo ,si ricordò, era stato ferito durante la loro fuga con
l’ispettore Zenigata. Ma adesso dov’erano? Un'altra fitta,
stavolta più terribile, come se gli avessero adesso estratto
qualcosa, non gli diede il tempo di rispondersi, in quanto svenne.
“Ho finito” disse Jigen sudato ma anche se non lo dava a
vedere soddisfatto e contento mentre la mano destra reggeva un piccolo
oggetto di ferro sporco anzi intriso di sangue che mandò un
sordo e sgradevole suono metallico quando finì nel cestino
dell’immondizia “È svenuto” disse Walter
guardando preoccupato prima il fratello e poi Jigen, il quale,
prendendo la bottiglia di whisky e bevendo un’ abbondante
sorsata, rispose tranquillo “Lo credo, non posso dargli torto con
un proiettile così grosso” e dicendo questo prese le bende
e dopo aver pulito con l’ausilio di una spugna la ferita da tutto
il sangue perso, la fasciò con delicatezza. “Non deve
sforzarla per un po’, anzi sarebbe bene che non la muovesse
proprio almeno per due settimane, il tempo perché la ferita si
chiuda e sia in condizioni di muoversi” “Accidenti”
disse Walter nel momento in cui rientravano Lupin e gli altri
“Come sta?” chiese subito Zenigata guardando lo svenuto
Oscar “Sta bene, guarirà ma deve stare almeno per due
settimane a riposo” spiegò Jigen “Maledizione ,disse
ancora Walter, così noi non possiamo aiutare Zenigata, non posso
abbandonare mio fratello” spiegò rammaricato Walter
guardando il ferito “Non ce n’è bisogno ,si
intromise commosso l’ispettore, apprezzo l’intenzione ma
non è il caso. Adesso ,Walter, l’unica cosa che voglio
è che tu ti occupi di tuo fratello”
“Ma…” provò a protestare “Mettiamo
allora che sia un ordine” replicò spietato ed inflessibile
l’ispettore “D’accordo” rispose abbassando il
capo Walter “Porta tuo fratello alla macchina e aspettatemi, devo
ancora parlare con loro” disse Zenigata. Quando fu certo che
fossero usciti, riprese la parola “Adesso sai tutto”
“Partiremo domani stesso ma tu che farai?” gli chiese Lupin
“Io rimarrò qui nel tentativo di accumulare prove
più che sufficienti per incriminare quell’uomo”
rispose sicuro di sé Zenigata; a quelle parole, Raffaele e
Goemon, che avevano sentito tutto con aria fredda e distaccata ebbero
come uno scatto mentre si guardarono velocemente in faccia
“Lupin” disse improvvisamente preoccupato Goemon
“Tranquillo” fu il significato dello sventolio della mano e
dell’occhiolino di Lupin “Aspetterò che voi torniate
per incriminare quegli uomini ,disse ancora l’ispettore
dirigendosi verso la porta, ma vi avverto ,disse voltandosi e guardando
tutti con aria severa, : è la legge che deve fare giustizia, non
vi passi per la testa di fare tutto da soli, devono essere giudicati da
un tribunale, anche se sono dei delinquenti” e dicendo questo
uscì. Passarono due minuti prima di sentire una macchina che si
allontanava e prima che Raffaele interrompesse il silenzio “Sta
fresco se spera che gli consegniamo Hikijo, quello è nostro. Gli
altri possono fare la fine che vuole ma Hikijo no, giusto,
Lupin?” disse con un tono che non accettava repliche guardando
Lupin, il quale guardando l’orologio invece rispose
“Sarebbe opportuno andare a letto e riprendere il sonnellino
interrotto. Non so voi, ma io ci ritorno volentieri, stavo facendo un
così bel sogno, tutte quelle belle ragazze” disse
gesticolando con aria sognante mentre Jigen commentava con un
,condiviso da Goemon, “Stupido” “Ah, Jigen, Jigen, tu
non fai questi sogni quindi non puoi sapere” rispose strafottente
e con aria compassionevole Lupin toccandogli una spalla “Almeno
io non mi sveglio col cuscino bagnato” rispose maligno Jigen
dirigendosi in camera da letto tappando la bocca a Lupin “Beccati
questa” disse mentalmente Raffaele trattenendo un sorrisetto
mentre Goemon guardava da un' altra parte, celando così il
sorriso di apprezzamento riguardante la battuta di Jigen.
Rimasero in perfetto silenzio
finchè ,vincendo l’improvvisa timidezza, Walter prese la
parola, evitando di guardare l’ispettore “Signore, mi
sembra di capire che lei rimarrà qui” commentò
cautamente. Zenigata non rispose subito, il tempo di prendersi una
sigaretta, accenderla e fare qualche sbuffo, godendosi l’odore
della sigaretta che gli riempì con il suo forte odore le nari e
il movimento del fumo che si alzava dalla brace “Ho voluto far
credere questo” “Partirete con loro?” chiese stupito
Walter “Si, da quello che ho sentito è meglio che li segua
mentre voi resterete qui sia a raccogliere le prove per incriminare
quel delinquente e sia per permettere una buona convalescenza ad Oscar,
che ne ha proprio bisogno” continuò gettando uno sguardo
preoccupato al ragazzo dietro “Mi scusi, ispettore, ma non
potremmo già incriminarlo per il suo rapimento?” “Si
potrebbe anche fare ma se la caverebbe con poco, ricco
com’è e con le influenze che può esercitare. Io
voglio che si prenda il massimo della pena” completò quasi
con rabbia “Capisco” disse Walter guardando dal finestrino
il paesaggio scorrergli davanti gli occhi. Rimasero in perfetto
silenzio finchè non arrivarono alla casa Fujimoto, qui
l’ispettore si fermò giusto il tempo per aiutare Walter a
portare di sopra senza problemi il fratello. “Ecco fatto, ora
abbi cura di lui” disse l’ispettore avviandosi verso la
porta ma davanti questa si fermò, con la mano già sulla
maniglia “Qualche problema, ispettore?” gli si
avvicinò Walter, preoccupato “Devo ringraziarvi, se non mi
aveste risposto al telefono ed eseguito alla lettera le mie istruzioni,
non so come sarebbe andata a finire e adesso tuo fratello è in
quelle condizioni” disse con una strana voce. Quelle parole
ebbero l’effetto di far comparire un sorriso commosso al ragazzo,
che ebbe cura di stringere una spalla all’ispettore prima di dire
“Non si preoccupi, eravamo abituati a ferite peggiori
quando…” qui divenne ,anche se l’ispettore non se ne
accorse, bianco come uno straccio mentre sul volto gli compariva
l’ espressione tipica di chi ha parlato troppo insieme ad una
preoccupata mentre gli occhi spiavano ansiosi l’ispettore, il
quale continuava a guardare fisso a terra ma la domanda che gli porse
lo fece rassicurare “Scusami, hai detto qualcosa? Ero
sovrappensiero” “Meno male” pensò rassicurato
il giovane mentre rispondeva “Ho detto di non preoccuparsi per
Oscar, se la caverà, mio fratello ha sempre avuto una fibra
resistente” “Va bene; buonanotte e grazie ragazzi”
disse stringendo la mano al ragazzo. Il sorriso del giovane si
squagliò bruscamente, lasciando il posto ad una piena di
sconforto quando chiuse la porta dietro di sé. Si
avvicinò al letto sui stava dormendo Oscar, lo guardò,
guardò la ferita, facendoci scivolare le dita leggere prima di
sedersi su una sedia lì vicino e scoppiare a piangere. Sia per
una coincidenza e sia perché suo fratello non stesse
controllando i gemiti, Oscar riaprì gli occhi, vedendo prima il
soffitto, poi ,dando un occhiata in giro, dei mobili che
identificò come quelli a casa sua per poi rimanere perplesso
vedendo suo fratello seduto su una sedia occupato a piangere, senza
essersi accorto del suo risveglio. Fece per alzarsi ma la fitta alla
spalla sinistra gli ricordò di non compiere gesti avventati
“Walter” lo chiamò e solo allora il viso ,increspato
di lacrime, di Walter uscì dal rifugio offertogli dalle palme
unite delle mani “Oscar” disse lui incredulo prima di
salire con lentezza sul letto ed abbracciarlo “Si può
sapere perché piangi? Mi sembra di stare bene, se tralasciamo
certi fastidi” disse ironicamente indicando il braccio fasciato “Ti
devo parlare” l’interruppe Walter guardandolo seriamente e
dicendo questo gli raccontò tutto, insieme alla sua improvvisa
decisione. “Lo seguirai, dunque?” domandò Oscar
carezzandosi il mento e guardando intensamente il fratello “Non
me la sento di abbandonarlo. Tu che dici?” “Ti ricordi cosa
diceva nostra madre?” gli chiese invece Oscar con aria
volutamente seria “A che proposito?” “Riguardo le
decisioni affrettate” “Ah, ho capito” rispose Walter
diventando di colpo triste “Ma se io dico che va bene allora non
è più avventato, dico bene, fratellino?” riprese
con una strizzatina d’occhio complice Oscar “Quindi mi
permetti di partire?” “Mi? Ci ,disse calcando pesantemente
il ci, permettiamo di partire” “Vieni con me?” gli
chiese ,insicuro di aver capito, Walter “Non penserai mica che
abbandoni a sé stesso il mio unico e amato fratellino,
no?” disse alzandosi e ,sotto lo sguardo incredulo di Walter,
frugando in un cassetto vicino al letto dentro cui custodiva le cose di
cui era particolarmente geloso “E già che ci siamo, anche
indifeso” continuò osservando un paio di calzoncini rossi
“Indifeso tuo nonno” replicò fingendosi offeso il
ragazzo “È anche il tuo” replicò strafottente
il giovane lanciando con noncuranza dietro le spalle i calzoncini, i
quali ,girando, atterrarono sulla testa di Walter, coprendogli la testa
e una parte della bocca. “Cretino” replicò questi
togliendoseli mentre suo fratello per tutta risposta scoppiò a
ridere, risata a cui si unì di cuore anche Walter.
Intanto, in una certa villa un uomo
elegantemente vestito ,coi capelli marroni lunghi fino alle spalle,
leggeva due lettere insieme ad un ragazzo coi capelli eccezionalmente
lunghi, il cui colore era indefinibile, visto che l’unica fonte
di luce era generata dalla lampada sul tavolo su cui entrambi erano
chinati ed era sufficientemente potente per illuminare la lettera
appoggiata sulla stessa scrivania “Le nostre spie hanno dato
ottime notizie” commentò Hikijo “Infatti e adesso
dobbiamo telefonare subito ai nostri alleati” replicò
l’uomo sotto di lui seduto alla scrivania “Il cerchio sta
cominciando a chiudersi” commentò soddisfatto nel suo
cuore Hikijo mentre lasciava l’ufficio per dirigersi in camera di
Chi, trovandola vuota. Senza mostrare sorpresa, si sedette sul letto,
guardandosi intorno come spaesato prima che la sua attenzione fosse
attirata da una bambolina di ceramica vicina ai piedi del letto. La
raccolse, guardando con attenzione l’espressione fissa del volto,
le labbra innaturalmente rosse ,dovute al momento della sua creazione
al passaggio del pennello intriso del colore rosso cremisi, che si
sposavano alla perfezione con la bianchezza della pelle, ricordante la
neve; la osservò come ipnotizzato prima di rimetterla al suo
posto. Guardandosi ancora intorno, gli ritornò in mente
ciò che gli aveva detto Kanemoti a proposito di Chi. Non si
sarebbe mai aspettato una cosa simile e adesso non poteva nemmeno
parlarle per chiarirsi: lei era una bambina, lui un uomo adulto. La
storia non poteva neanche iniziare perché era innaturale, era
inconcepibile che una bambina di quella età potesse già
provare simili sentimenti, ammesso e non concesso che fossero poi veri,
poiché non era assolutamente normale che una bambina di dieci o
nove anni pensasse già a quelle cose invece di interessarsi a
dare da mangiare alle sue bambole o cose simili. Anzi ,si rese conto,
non poteva neanche farle un discorso simile perché
l’infantilismo di Chi era paragonabile solo alla grandezza dei
suoi poteri, perciò se le diceva che non l’amava o
,peggio, le toglieva ogni speranza, c’era anche il rischio che
per vendicarsi mandasse all’aria tutto il piano. Sbuffò
scocciato mentre una mano gli grattava la testa: come ne sarebbe uscito
da quel pasticcio?
Il giorno dopo ,fissato per la
partenza, la banda Lupin salì sull’aereo diretto per il
Giappone, con sbarco previsto ad Honshu, più precisamente nella
capitale Tokyo. Non appena li vide salire sull’aereo, sul volto
dell’ispettore Zenigata comparì un sorriso pieno di
furbizia; allontanatosi dal nascondiglio, si diresse a tutta
velocità verso le scalette ma una voce ,inaspettatamente
familiare, lo fece bruscamente fermare spingendolo a guardarsi indietro
prima di scendere, provocando così un semi-scontro a catena tra
coloro che gli stavano dietro, scatenando a sua indirizzo un fiume di
imprecazioni ed apprezzamenti poco simpatici di vario genere a cui lui
non prestò la minima attenzione “Walter! Oscar! Ma che
…?” disse guardando stupefatto i due ragazzi mentre si
toccava la tesa del cappello “Veniamo con lei, ispettore. Abbiamo
avuto il permesso dal capo stesso.” gli spiegò Oscar
tendendogli un foglio su cui in bella vista c’era la firma del
capo con cui dava l’autorizzazione ai due giovani di
accompagnarlo “Ma siete due pazzi, e tu ,Oscar, disse guardando
preoccupato la spalla sinistra, su cui si vedevano nonostante i vestiti
la fasciatura, come diamine pensi di partire col braccio in quelle
condizioni?” “Sono ambidestro, signore” rispose il
ragazzo tranquillamente e con espressione che significava
inequivocabilmente “Ormai sono qui e di qui non me ne vado”
l’ispettore, davanti a quella che per lui era un insubordinazione
aprì la bocca in un inutile tentativo di protestare quando una
voce femminile annunciò la partenza dell’aereo, reggendo
così il gioco ai ragazzi e costringendo l’ispettore ad
assecondare quei due ammutinati, che dietro le sue spalle si
scambiarono un sorrisetto di vittoria mentre si davano il cinque.
Insieme a loro salirono altre tre persone.
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Capitolo 9 *** Arrivo ***
Arrivo
“Ritorniamo a casa,
dunque” commentò Raffaele sedendosi vicino al finestrino
dopo aver sistemato ,come i suoi amici, il borsone sul retino sopra di
lui mentre Goemon si sedeva affianco a lui, con la fedele spada ben
stretta tra le mani. Le voci fin troppo ben conosciute provenienti dai
sedili davanti ebbero l’effetto di una calamità su
Raffaele, il quale ,drizzatosi sul sedile, si sporse per vedere Lupin
che ,seduto vicino al finestrino, cercava di convincere Fujiko a sedersi
vicino a lui mentre lei si opponeva, sotto lo sguardo stupito e un
po’ preoccupato degli altri passeggeri mentre Jigen ,seduto
lì accanto ad una vecchia che leggeva un depliant ,riguardante
cucito, fissava ostinatamente il soffitto trovando evidentemente molto
interessante la disposizione delle luci e il colore dei retini che
tenevano al sicuro le valigie. “Eddai, tesoro, vieni qui”
l’implorò Lupin mezzo alzato dal sedile con sguardo da
pesce lesso e con tono altrettanto lessato mentre la tirava per la
manica “Molla!” rispose lei accompagnando
l’intimazione con una sberla niente male che ebbe l’effetto
di farlo cadere sul sedile “Facciamo cambio, Jigen” disse
Fujiko avvicinandosi al pistolero, il quale dopo un attimo ,incapace di
spiegare come, si ritrovò in piedi con Fujiko che occupava il
posto suo. “Lo dicevo che quella starebbe bene nella mia
scuola” commentò sorridendo Raffaele tornando a sedere ed
incrociando le mani dietro la testa “Raffaele” parlò
improvvisamente Goemon tenendo gli occhi chiusi “Mh?”
“Hai con te le lettere di tua madre, vero?”
“Si” rispose il giovane lentamente dopo un attimo di
silenzio mentre fissava intensamente il volto dello zio “Potresti
darmele?” aveva qualcosa di strano nel tono e fu probabilmente
quello a spingere Raffaele a prendere il plico e consegnargliele.
Questi guardò con attenzione le date delle lettere, con il
risultato di scartarne alcune, nel senso che alcune ritornarono nel
plico. Quando su due lettere comparvero delle date ,tra le quali
correva poca distanza temporale, i suoi occhi si illuminarono mentre le
mani cominciarono lievemente a tremargli, l’aprì e
cominciò a leggere per prima quella che aveva scritto lui:
Cara Miyuki,
prima di tutto,
buon compleanno! Nel cofanetto troverai o forse hai già trovato
qualcosa che probabilmente ti stupirà o che ti ha non poco
stupito, non so se abbia prevalso la curiosità di sapere cosa
contenga quel cofanetto o che cosa ti dice questo vecchio rompiscatole
che risponde al nome di tuo fratello. Ho deciso che lo proteggerai tu,
so fin troppo bene che ci metterai più impegno di quanto non ce
ne metterei io stesso ma ciò resti un segreto tra noi, è
l’unica cosa che ti impongo seriamente e con grande fermezza; non
voglio metterti in pericolo. Sai bene che i Custodi oltre a farsi
carico di una grande responsabilità si sottopongono ad un grave
pericolo e saperti in pericolo ,tra l’altro per colpa mia, non mi
darebbe più pace. Tieni con grande cura il rotolo, non mostrarlo
a nessuno, neanche a chi ti fidi: dice il saggio: la pecora non
può tramutarsi in lupo, ma il lupo può travestirsi da
pecora. Che cosa significa? Significa in poche parole che in mezzo a
tanta gente che ti sorride e si finge amica, sicuramente qualcuno ti
sorriderà con le labbra mentre il suo cuore penserà al
modo migliore per farti lo sgambetto. Mi raccomandò, è
bene mantenere il rotolo al sicuro, è giusto essere orgogliosi
di questo incarico ma è anche giusto a pensare a sé
stessi e non esporsi a gravi pericoli se il caso non lo richiede. Sai,
ho scoperto una cosa molto interessante: nella scuola minore
dell’Aria e anche nelle altre scuole minori la pergamena
lì conservata non è altri che un falso, credevamo tutti
che fosse una copia, ed invece è solo un rotolo contenete
sciocchezze per depistare i nemici. Anche questo deve rimanere un
segreto. Come l’ho scoperto? Te lo dirò ,sorellina, anche
se non credo che ti farà molto piacere: due settimane fa sono
andato dal maestro Shiden per ringraziarlo di tutto quello che aveva
fatto per me e per aver sostenuto la mia candidatura alla protezione
della pergamena e quando sono arrivato alla sua casa, mi sono ritrovato
davanti ad uno spettacolo orrendo: lui era lì, in fin di vita,
con il suo stesso sangue che gli macchiava il kimono. Mi sono
avvicinato a lui e l’ultima cosa che mi ha detto è stato
il nome del suo assassino: Jinkuro e che l’aveva fatto
perché si era rifiutato di consegnargli la pergamena
dell’Aria. Te lo ricordi Jinkuro, vero? Quel ragazzo che quando
poteva ti dava fastidio non solo negli allenamenti ma in genere. Quando
ho sentito il maestro dirmi con voce flebile che Jinkuro aveva preso la
pergamena mi sono seriamente spaventato ,mia dolce sorella,
perché allora ignoravo che quella pergamena rubata fosse un
falso. Tu sai quanto amassi il maestro, quanta importanza abbia avuto e
continuerà ad avere nella mia vita anche se non è
più con noi. Oh, sai che è successo la notte dopo la sua
morte? Ero in meditazione, con una grande tristezza che mi opprimeva
l’animo mentre la mia mente formulava propositi di vendetta.
Stavo giusto pensando al fatto che giuravo al maestro Shiden di
vendicarlo quando ho sentito distintamente la sua voce chiamarmi. Per
un attimo ,lo ammetto, pensai di essere impazzito ma quando ho riaperto
gli occhi, me lo sono visto davanti! Io gli ho replicato che dovevo
vendicarlo e lui…lui… sai che cosa mi ha risposto?
“Hai
dimenticato i miei insegnamenti?” mi ha chiesto, sorridendo di
fronte alla mia evidente perplessità di fronte a quella domanda
“Io ho insegnato a te e agli altri allievi il corso della natura,
facendovi vedere che la vita dei fiori inizia a primavera e finisce in
autunno ma vi ho anche insegnato che la loro è una morte
apparente perché la loro vita ricomincia in primavera”
“Ma la vita ,maestro, la tua vita, quella non ti potrà mai
essere restituita” ho replicato io con le lacrime che mi colavano
dagli occhi, incontrollabili e lui ,sorridendo in un modo che non
scorderò mai, mi ha risposto che lui riavrà la sua vita
perché continuerà a vivere nel mio cuore se ne
sarò degno. Non avrei potuto essere più commosso e felice
insieme ma quando andò via non riuscì più a
frenarmi. Ho pianto molto quella notte, con l’unico desiderio di
congiungermi a lui.
Ha pagato, te lo
dico subito che ha pagato per il suo tradimento e per l’omicidio
del mio ,anzi, del nostro maestro con la speranza che adesso stia
soffrendo le pene dell’inferno più orribili per ciò
che ha fatto. Quando io e i miei amici abbiamo ritrovato la pergamena e
l’ho guardata, sono rimasto di sasso: invece di leggere il
precetto dell’ Aria, c’ ho trovato scritta una perfetta
scemenza. Mi sono andato a rivolgere alla scuola maggiore e loro mi
hanno spiegato l’inghippo, imponendomi però di tenere la
bocca chiusa. Mi raccomando, acqua in bocca, sorella! Il tuo
affezionato fratello Goemon”
Impassibile, infilò la lettera nel plico e poi lesse l’altra, scritta da Miyuki un mese dopo:
Carissimo fratello mio,
ho ricevuto la tua
lettera con il famoso cofanetto e ti dico subito che ha prevalso la
curiosità di sapere quello che voleva dirmi il mio ,usando le
tue stesse parole, rompiscatole fratello maggiore. Ti confesso che
quando ho finito di leggere la lettera sono rimasta così tanto a
lungo a guardare quel cofanetto che ho finito col bruciare il pranzo:
il riso si era talmente attaccato che non ho potuto lavarlo subito,
così l’ho messo da una parte, ripromettendomi beninteso di
ripulirlo più tardi per poi ,al momento più opportuno e
comunque troppo tardi, ricordarmi che l’avevo messo nel posto
meno adatto per sistemarci un oggetto che non fosse destinato a
scomparire dall’ambiente domestico, non so se mi sono spiegata. Ti ringrazio per
la fiducia dimostratami e ti assicuro che darò il massimo per
proteggerlo. Mi ha molto rattristata la scomparsa del maestro; era un
uomo buono e non meritava la fine che mi hai raccontato. Perché
Jinkuro ha fatto questo? Come ha potuto farlo? Il maestro voleva bene a
tutti gli allievi, anche a lui e sono sicura che anche Jinkuro ne
volesse al maestro prima che il suo animo si corrompesse per il
più meschino dei motivi: il desiderio di potere. Perché,
Goemon? È triste che i sentimenti vengano distrutti e calpestati
da cose così futili. Perché, Goemon, PERCHÉ? Sono
stata anche io giù da quando mi hai detto della scomparsa del
maestro, se ne è accorto anche Michelangelo. Sai quel ragazzo
italiano albino che si allenava con noi? Da quando abbiamo finito la
scuola, ci siamo mantenuti in contatto, ogni tanto usciamo anche
insieme. Non so dirti perché ma ho l’impressione ,da come
mi guarda, che io gli interesso e devo confessarti che mi è
molto simpatico, più degli altri ragazzi. Ti farò sapere,
ciao ciao!! Miyuki.
Quanta dolcezza c’era nelle sue
lettere, la stessa che aveva nei rapporti con gli altri e che Raffaele
aveva ereditato, anche se dovette ammettere ,non senza un pizzico di
bonaria e triste malignità, che il giovane non aveva ereditato
il carattere svampito ed imbranato ,quasi rasente l’idiozia,
della madre. Mentre riponeva la lettera, guardò Raffaele, che il
quel momento era impegnato a guardare il panorama dal piccolo
finestrino vicino a lui all’altezza del viso, quest’ultimo
incorniciato da capelli bianchi rasta. Guardandolo, gli venne da
pensare che era suo nipote ergo il figlio di sua sorella, che né
lui né Raffaele avrebbero mai più rivisto; se per Goemon
era triste in quanto si trattava di sua sorella, non riusciva ad
immaginare come si sentisse Raffaele che aveva perso sua madre e sua
sorella gemella, a proposito, come si chiamava? Ah, si, Mina. La cosa
gli provocò un senso di vergogna: quando aveva visto il
filmato si era esclusivamente preoccupato di Miyuki, senza prestare la
minima attenzione all’omicidio di sua nipote. E tutto per colpa
di Hikijo. Un momento. Era davvero solo colpa di Hikijo? Lui voleva
vendicarsi e aveva usato un mezzo orribile per compiere in parte la sua
vendetta ma c’era anche un'altra cosa che aveva decretato la
condanna a morte delle due donne: il fatto che fossero in possesso
della pergamena. E chi aveva consegnato loro la pergamena? Lui.
Riprovò la stessa sensazione che aveva provato quando aveva
visto il suo maestro in fin di vita, vedere morire sua sorella in quel
filmato che gli era stato crudelmente spedito e vedere quasi morire suo
nipote, che adesso, ignaro dei suoi processi mentali, gli stava
tranquillamente seduto accanto, invece di insultarlo o di odiarlo per
aver affidato il rotolo ,mettendole in pericolo, la sua famiglia.
Raffale non lo odiava, anche se ne avrebbe avute tutte le ragioni. Gli
voleva bene e lo dimostrava ampiamente. Lo guardò più
intensamente, come se con questo sperasse che il giovane si voltasse
verso di lui e cominciasse a dirgli tutto quello che un giovane
,accecato dal dolore per la perdita dei suoi familiari, potesse dire,
in modo da alleggerirsi il senso di coscienza ma Raffaele non si
voltò, continuando a guardare con sguardo sereno davanti a
sé. Seppe subito cosa fare. “Vengo subito” disse e
alzatosi dal sedile andò giù in fondo dove sulla destra e
sulla sinistra trovò rispettivamente il bagno per donne ed
uomini. Entrò nella sufficientemente grande toilette, volgendo
un aria disgustata intorno: quest’ultima dava la migliore idea
del bagno sporco: l’acqua era a terra sia sotto il lavandino
,soprattutto lì, ed intorno al water, provocando alla vista
qualcosa di molto simile alla nausea. “Che schifo”
pensò disgustato guardandosi intorno. Si mise davanti allo
specchio messo sopra il lavandino e fissò ,in realtà
senza vederlo, con sguardo severo la sua stessa immagine mentre le mani
erano strette intorno alle manopole del rubinetto mentre la mente gli
si riempiva di ricordi e rimorsi. Era talmente concentrato a
rimproverarsi dei suoi presunti errori, ad interrogarsi sul suo
operato, che non si era minimamente accorto di aver messo i piedi
,praticamente nudi ,in quanto aveva sempre indossato le cinesine,
sull’acqua. Solo quando scivolò si accorse
dell’errore commesso. Nel tentativo di non perdere
l’equilibrio, si aggrappò con più forza ma nello
scivolare i polsi fecero schizzare l’acqua, il quale colpì
,bagnandolo, una parte del vetro dello stretto, rettangolare e chiuso
finestrino posto accanto al water. Come ipnotizzato, guardò
l’acqua schizzata sul finestrino, che aveva una forma strana: un
grumo, lo stesso grumo di sangue che ha macchiato la parete quando il
sangue e il cervello di Mina sono schizzati fuori a causa di quel
maledetto proiettile e anche adesso sanguina, sanguina sulla parete e
sanguinerà per sempre nella coscienza del reale assassino di
quelle due donne: lui, Goemon Ishikawa.
Tu ,Goemon Ishikawa, sei il colpevole della morte di tua sorella e di tua nipote.
Assassino!!
Assassino!!
Due volte sei assassino.
Che questo sangue possa ricaderti addosso per la tua negligenza e stupidità!!
E tu che eri stato
destinato a proteggere la pergamena, uno dei più grandi segreti
delle arti marziali, hai condannato a morte tua sorella e il sangue del
suo sangue.
Goemon Ishikawa, vuoi sapere la verità? L’unica e vera verità?
Tu…non…
vali.. niente… né…come...persona…né
come samurai. In poche parole sei…un…fa-lli-to.
Fa-lli-to!!
Quelle parole gli rimbombavano
spietatamente nel cervello, la sua coscienza gli urlava ,sempre
più alterata, la verità. Si tappò le orecchie,
sperando di tappare anche la voce della coscienza e così non
sentì la voce satura di preoccupazione e spavento di Raffaele
che dall’altra parte della porta lo scongiurava di rispondergli
mentre picchiava freneticamente il pugno sulla stessa. Sentiva dei
rumori ma credeva che fossero quelli del suo cuore, il quale in quel
momento batteva ad un ritmo accelerato mentre i polmoni divoravano con
ingordigia l’aria puzzolente di chiuso che si poteva respirare
solo lì dentro. “Miyuki, Mina, perdonatemi, non mi sono
reso conto di quello che ho fatto” balbettò piangendo
mentre le ginocchia lo facevano sedere sul water. Raffaele
dall’altro lato non sentendo risposta si guardò
velocemente intorno, non vide nessuno. Si avvicinò alla porta
del bagno delle donne, alzò la gamba destra, fino a far
combaciare col tallone il sedere e la punta del piede col bacino e per
poi distendere tutta la gamba di scatto, facendo urtare la pianta del
piede con la porta la quale, con un rumore sordo si staccò dai
cardini. Entrò dentro, attento a non scivolare e si trovò
davanti ad uno spettacolo che lo lasciò senza parole: Goemon
seduto sul water a piangere e non sembrava essersi accorto della sua
presenza. Gli si avvicinò, accovacciandosi in modo da poterlo
vedere in volto mentre gli toccava una spalla e lo chiamava il
più gentilmente possibile. Solo allora Goemon osò
sollevare lo sguardo. “Goemon, cosa c’è?” gli
chiese Raffaele preoccupato ma anche stupito di un simile comportamento
“È colpa mia. Io ho consegnato la pergamena a Miyuki,
l’ho messa in pericolo e ti reso orfano.” sulle prime
Raffaele non seppe cosa diavolo rispondergli ma non perché non
sapesse cosa dire ma perché non si aspettava che Goemon gli
dicesse una cosa simile “Ma ,Goemon, non è stata colpa
tua. Tu sapevi quanto Miyuki desiderasse proteggere la pergamena e non
hai fatto altro che esaudire il suo desiderio, per di più ,cosa
che io trovo meravigliosa da parte tua, nel giorno del suo compleanno,
avvenimento che gli hai reso ancora più splendido con quella
sorpresa. Aspetta, fammi finire ,disse alzando una mano per impedirgli
di interromperlo poiché Goemon aveva aperto bocca e tra
l’altro adesso che sapeva cosa dire non doveva farsi interrompere
perché rischiava di dimenticarsi qualcosa, lei sapeva che
pericoli correva tenendo sotto la sua protezione quel cofanetto ma non
si è tirata indietro, li ha accettati serenamente e anche quando
è morta ,l’hai visto, non ha mostrato pentimento nel fatto
di aver svolto il compito destinato a te. È stata coraggiosa,
una vera Ishikawa con la mia degna sorella Mina. Sono morte con onore e
con coraggio insieme e in questo momento sono sicuro che ci stanno
guardando e non staranno apprezzando la tua reazione e i tuoi
ingiustificati sensi di colpa. Loro non ci sono più ma sono
morte con lo stesso coraggio che le contraddistingueva da vive e il
massimo torto che potresti fare loro sarebbe quello di piangerti
addosso e di comportarti da perfetto idiota perché ,detto in
tono papale papale, è quello che stai facendo mentre dovresti
invece essere fiero di loro e portarti nel cuore il loro ricordo per
quello che erano. E adesso puoi parlare però lo facciamo seduti
su qualcosa di più comodo e in un posto meno puzzolente” e
dicendo questo sotto lo sguardo incerto di suo zio si alzò e si
diresse verso l’entrata varcando una ,ormai inesistente, porta
“Raffaele?” la voce incerta di Goemon lo fece voltare
“Mh?” “Che cosa significa il termine “papale,
papale?” di fronte a quella domanda, Raffaele non potè
fare altro che sorridere: sentiva che l’anima di Goemon adesso
era realmente in pace e ,in qualche modo, anche quella di Miyuki.
Quando se ne andarono, uscì dal suo nascondiglio una persona
indossante un pastrano di colore marrone e un cappello dello stesso
colore; quest’uomo ,guardando i due allontanarsi, sorrise in un
modo strano mentre le sue labbra si muovevano silenziosamente, formando
la frase “Quel ragazzino l’avevo giudicato un avversario da
poco ma ,a quanto pare, mi sono sbagliata.” In mezzo al lieve
rumore provocato dall’aereo in volo si sentì un bip-bip
prima che una voce calda e morbida annunciasse ai passeggeri il
buongiorno: “Preghiamo i signori passeggeri di attaccarsi le
cinture di sicurezza in quanto stiamo per iniziare la manovra di
atterraggio, chiedendo altresì in caso di emergenza di chiamare
le hostess con il campanello sistemato vicino ad ogni sedile, evitando
di alzarsi.” “Raffaele, svegliati, stiamo per
atterrare” disse Goemon toccando la spalla del nipote, il quale
,dopo qualche evidente riluttanza a svegliarsi, si stiracchiò,
sottraendosi alle braccia accoglienti di Morfeo. “Allora,
ragazzi, disse Lupin bello pimpante voltandosi verso i due samurai,
dove si trovano le palestre minori dell’Acqua, della Terra e del
Fuoco?” “Sono qui, ad Honshu ma in posti diversi e
significativi.” rispose Goemon “Come ci arriviamo?”
chiese Fujiko, guardandosi intorno spaesata “Chiedete a mio
nipote, è lui che ci farà da guida in quanto io non torno
da queste parti da troppo tempo” disse subito Goemon indicando il
ragazzo “Credo che la cosa migliore da fare sia quella di andare
a Yokohama, nella parte sudorientale dell’isola, dove si trova la
scuola Hi” “Guida, ti spiace parlare la nostra
lingua?” chiese con tono ironico Lupin “Lo stile del fuoco
,spiegò il giovane con sguardo compassionevole, e se non ricordo
male c’è l’autostrada Tomei Kosoku Doro che porta
lì. Venite, prendiamo un taxi.” e dicendo questo si
incamminò ,seguito dagli altri, verso una delle macchine. Tra i
tanti taxi che partirono quel giorno, uno portò tre uomini,
tutti e tre poliziotti, nella stessa destinazione di Lupin e gli altri
mentre un altro scortò tre passeggeri ,un uomo elegantemente
vestito con il viso affilato e i capelli marroni accompagnato da un
giovane vestito con un kimono nero e i capelli lunghi e un'altra
persona non meglio identificata, a Nagoya, in una villa che era stata
precedentemente teatro dell’omicidio di Miyuki e Mina Ishikawa.
“Senti Raffaele ,disse Lupin
voltandosi indietro verso il sedile posteriore per vedere il ragazzo
incastrato tra Goemon e Jigen, accanto al quale c’era Fujiko,
fortunatamente i taxi giapponesi erano più larghi sul sedile
posteriore rispetto alle altre macchine, visto che ci fai da guida, che
ne diresti di parlarci un po’ di Yokohama?” disse
accompagnando la domanda con un sorriso che era difficile capire se
fosse da presa in giro oppure detto seriamente “D’accordo.
Bene ,disse mentre il taxi sfrecciava sull’asfalto bollente e
tutti gli occhi ,tranne quelli del taxista, puntavano su di lui,
Yokohama è la seconda città del Giappone nonché il
capoluogo della prefettura Kanagawa, posta in Kanto. Era una piccola
città abitata da pescatori fino al termine del periodo Edo,
durante il quale il Giappone non aveva ancora allacciato rapporti
commerciali con gli altri stati; solo quando nel 1854 un commodoro
americano entrò nella città con la sua flotta il Giappone
fu costretto a firmare un trattato per l’apertura di alcuni porti
per il commercio estero. Yokohama fu scelta come sede per
l’istituzione di uno di essi. Ora ,continuò dopo una
pausa, il porto di Yokohama fu aperto nel 1859 e divenne in poco tempo
iol centro del commercio estero in Giappone anche grazie alla sua
vicinanza a Tokyo. Durante il periodo Meji ,o meglio, durante la
restaurazione Meji il famoso portò si specializzò anche
nel commercio della seta per poi nel 1872 fu costruita la prima
ferrovia giapponese tra Tokyo e Yokohama. Nel 1923 fu devastata da un
forte terremoto e durante la seconda guerra mondiale fu anche
bombardata dagli americani ,all’anima degli stronzi,
commentò a bassa voce, si scusa, Goemon, aggiunse subito
sentendo tossire con tono severo quest’ultimo, concludo dicendo
che adesso Yokohama fa parte insieme a Tokyo e Kawasaki della grande
megalopoli giapponese” “E io aggiungo che siamo
arrivati” intervenne il taxista fermando la macchina. “E
adesso?” “Fuma il Fuji dalla cima, nessuno sa perché
quassù, lo san le bimbe di Mishima, che ardon d’amor
lassù” replicò il ragazzo recitando un canto molto
popolare dei mulattieri giapponesi gustando le facce trasecolate dei
suoi compagni, l’unico a rimanere impassibile fu Goemon.
“Sul monte Fuji?! Dobbiamo salire lì?”
domandò sconvolta Fujiko seguita a ruota da Lupin e Jigen, il
quale non disse niente, limitandosi a far cadere la sigaretta a terra
“Ci sono degli autobus che portano lì, essendo quel
vulcano un luogo sacro ed oggetto di continui pellegrinaggi”
parlò improvvisamente Goemon “Io non vengo con voi, mi
consumerei le scarpe” replicò Fujiko incrociando le
braccia e distogliendo lo sguardo con il naso in aria “Se solo
per questo, posso portarti in braccio io, cherì” disse
subito Lupin con un largo sorriso allungando le braccia ma uno schiaffo
ben dato ,a giudicare dalle cinque dita stampate in faccia, lo fecero
cadere a terra, tra le risate silenziose degli altri. Stavano
camminando da una buona mezz’ora, in mezzo al sentiero che
avrebbe portato dopo un ora verso la punta innevata, immersi intanto in
un profondo silenzio con il lieve cinguettio degli uccellini e il
profumo emanato dall’erba mentre guardando a destra si poteva
godere di un panorama bellissimo: tutta l’isola sembrava
così piccola con i suoi grattacieli e i suoi porti, un puzzle
fatto di tanti pezzi piccoli circondato dal mare blu scuro e il sole
che illuminava solamente il paesaggio di sotto, lasciando loro al
fresco e all’ombra dato dagli alberi dando al gruppo
l’impressione di essere esseri che guardavano ,isolati da tutto,
il mondo sotto di loro. Goemon e Raffaele ,instancabili, fianco a
fianco e in testa guidavano il gruppo, che in quel momento sembrava
aver perso la sua vitalità “Ma non potevano metterlo da
un'altra parte questo benedetto dojo?” commentò Jigen
infastidito “Via, Jigen, guarda che panorama meraviglioso”
disse Lupin invitante indicando con un teatrale allargamento del
braccio il panorama “Mi godrei pure il panorama se non fossi
stanco” replicò lui guardando torvo l’amico
“Coraggio ,pappemolli, tanto siamo arrivati” disse
strafottente Raffaele voltandosi indietro per indicare a sinistra
quello che sembrava un altro sentiero, messo in maggior evidenza
,proprio all’inizio, da due colonne bianche reggenti un'altra
trasversale. Goemon si fermò proprio sotto, immobile a fissare
quelle colonne con tale intensità da dare l’impressione di
essere perplesso o smarrito “È questa la strada, vero,
Goemon?” domandò con voce serpentifera la donna
“Queste colonne mi ricordano quando venni qui, sono passati tanti
anni” disse più a sé stesso che agli altri
con voce piena di malinconia mentre gli occhi guardavano il sentiero
che gli si parava davanti. Detto questo continuò a camminare. In
fondo si poteva vedere un gigantesco portone nero con al centro un
blasone costituito da una lingua di fuoco rossa ,talmente ben fatta da
sembrare vera, chiusa da un cerchio. Sembrava che nascessero
direttamente dai lati del portone le mura che circondavano il dojo,
formato ,guardando da fuori, presumibilmente da un cortile e anche un
castello giapponese di tipo medievale. Goemon si avvicinò, prese
uno dei battenti e picchiò con forza. Dopo un attimo, le mura
del portone si spalancarono, lasciando vedere un enorme cortile in cui
,schierati in modo ordinato come cioccolatini dentro una scatola
cioè con la perfetta distanza l’uno dall’altro,
c’erano non meno di una quarantina di giovani indossanti un
kimono rosso fuoco. Questi ultimi eseguivano i comandi del maestro, che
stava sotto il portico, l’entrata di quello che era stato a
ragione identificato come castello e che fungeva da casa a tutti.
“Aspettate qui” disse Goemon e senza dire altro si diresse
verso il maestro, lasciando gli altri a guardarlo allontanarsi.
“Abbiamo fatto tutta questa strada e poi non possiamo neanche
sentire le informazioni che gli darà il suo maestro?”
sbuffò scocciata Fujiko facendo atto di avvicinarsi “Resta
dove sei ,replicò severo Raffaele, è legge che nessuno
,all’infuori degli allievi o dei suoi aiutanti, parli col maestro
a meno che uno dei sempai ,le cinture nere più anziane
aiutanti del maestro, non faccia da tramite. Né io che non sono
allievo di questo stile né voi possiamo avvicinarci e parlargli.
Di fatti qui non viene nessuno a parte le reclute.” Intanto
Goemon si era avvicinato tranquillamente al maestro, il quale
vedendolo, senza interrompere l’allenamento, in quel giorno
consistente nello Iaido, fece un gesto silenzioso ad uno dei sempai che
gli stavano affianco, il quale si affrettò ad andargli incontro.
“Chi cerchi?” gli chiese “Sono Goemon Ishikawa,
allievo di questo dojo al tempo del maestro Momochi. Dovrei parlare con
il maestro, è una cosa molto importante” “Tanto
urgente da far interrompere l’allenamento?” gli chiese il
sempai con sguardo e modi freddi “Il Grande Segreto è in
pericolo” replicò Goemon con una lieve nota
d’urgenza nella voce, quelle parole fecero perdere il contegno
freddo del sempai “Aspetta” e dicendo questo risalì
le scale, si avvicinò al maestro che ,sempre senza dire una
parola, lasciò la direzione dell’allenamento
all’aiutante alla” sua sinistra e si avvicinò a
Goemon. Lo guardò con attenzione per poi rivolgere lo sguardo ai
suoi compagni, che lo aspettavano più o meno pazientemente e
fece un piccolo cenno di approvazione “Vedo che i tuoi amici
rispettano le regole della nostra scuola” commentò con
voce profonda e lenta mentre si accarezzava con una mano il pizzetto
argentato mentre fissava interessato il giovane samurai davanti a lui
con sguardo cordiale. Chiunque avrebbe collegato il suo aspetto con una
robusta e giovane quercia nonostante l’ evidente età di
sessant’anni. La testa ,sebbene coperta da capelli bianchi lunghi
fino alle spalle e le sottili rughe all’angolo degli occhi,
mostrava una sorta di vigore e sicurezza di sé, oltre ad una
certa imperturbabilità mista a serenità dell’animo.
Il corpo era altrettanto robusto ed emanante vigore: le braccia, le
mani e il tronco ricordavano appunto tronchi d’albero. Il kimono
che indossava rosso fuoco come tutti gli altri avvolgeva un corpo
snello che emanava salute da tutti i pori. “Vieni con me”
disse a Goemon, portandolo dentro il castello e lasciando i sempai
fuori. Passarono attraverso un corridoio lunghissimo, in cui
c’erano le stanze degli allievi, alla fine girando a destra si
vedeva una gigantesca porta, perennemente aperta, da cui proveniva un
forte odore di incenso. Entrarono, trovando sulla destra la statua
gigantesca di un Bodhisattva, ai lati del quale c’erano degli
incensieri. “Dimmi” disse il maestro di fronte alla statua
unendo le mani in preghiera e chiudendo gli occhi “Il Chi
è in pericolo. Uno dello stile Kuroi Kuuki sta cercando le sacre
pergamene ed è aiutato da una persona che riesce a compiere
delle azioni soprannaturali” il maestro non cambiò
l’espressione serena in viso “La persona che aiuta
quest’uomo dello stile Kuroi che tipo di cose sa fare?”
“Quella bambina riesce a fare cosa collegate col Chi, può
aumentare il calore di una stanza rendendo bollente la sua mano,
può far svanire le persone” l’espressione del
maestro si incupì “A volte gli spiriti malvagi
preferiscono indossare la maschera dell’innocenza per assicurarsi
di poter operare più a lungo. ,commentò il maestro
aprendo gli occhi per guardare la statua, la quale aveva un aria dolce;
dopo un lungo silenzio, La scuola Hi si trova nell’Africa
Orientale non posso dirti altro in quanto serve per dimostrare quanto
desideri che il Grande Segreto non vada in mani sbagliate, se
sarà nel tuo destino e davvero ti mostrerai tenace, la troverai
anche senza ulteriori suggerimenti.” “Grazie,
maestro” rispose Goemon inchinandosi e facendo atto di ritirarsi
“A volte è necessario fare ciò che non vorremmo
fare” continuò il maestro a suo indirizzo prima di
cominciare una lenta preghiera che accompagnò Goemon
finchè non uscì dal castello. “Allora,
Goemon?” gli chiese Lupin andandogli incontro insieme agli altri
“Africa Orientale” rispose il samurai “Dove?!”
ripeterono, speranzosi di non aver capito mentre Raffaele esprimeva i
suoi sentimenti alla notizia mandando un gemito “Africa
Orientale” replicò spietato Goemon uscendo dal dojo.
Intanto alla famosa villa in cui
adesso risiedevano Kanemoti e Hikijo, nel salotto insieme a loro
c’erano quattro personaggi, tutti e quattro con un kimono nero
come Hikijo. “Bene, ragazzi, sono contento che abbiate risposto
così rapidamente alla chiamata. Com’è essere al
governo di tutta la mafia, Liu Kang?” chiese Kanemoti guardando
il giovane samurai alla sua sinistra, con il quale c’era
una grande assomiglianza poiché avevano i capelli castani
tendenti al biondo e gli stessi occhi color miele. Quest’ultimo
,con un sorriso soddisfatto e pieno di orgoglio rispose “Pensavo
che sarebbe stato difficile e invece mi sono trovato bene; i primi anni
sono sempre i più difficili ma poi va tutto in scioltezza. Mi
diverto molto nel traffico di armi e droga, mi sento molto a mio agio e
per di più gli uomini mi obbediscono e ho tutte le donne che
voglio. Peccato che mio padre non abbia potuto godersi tutto questo
,continuò con un sorriso un po’ malinconico, ma se lui non
fosse morto, io non avrei potuto gustarmi prima la fetta della
torta.” concluse tranquillo e con uno sguardo indefinibile
“E tu, Kowalski?” chiese Hideyoshi alla donna con i capelli
di uno smorto biondo cenere, per niente turbato
dell’atteggiamento del nipote “Forse perché non
appartengo a nessun clan mafioso, ma alcuni uomini non hanno voluto
starmi a sentire e ho dovuto usare un po’ di persuasione”
“Hai fatto bene, bisogna sempre farsi rispettare.”
intervenne convinto e con aria severa Liu Kang “E voi, Pycal e
Nemesi Wolf?” riferendosi rispettivamente alla donna con i
capelli neri con due ciuffi rossi ai lati del viso e all’altra
con i capelli biondi, le quali si limitarono a rispondere di non avere
avuto problemi, almeno riguardo alla gestione del proprio gruppo
poiché la prima dopo aver risposto si mise a tossire per poi
sputare una considerevole quantità di sangue, una parte del
quale le colò lungo il mento sporcandole il kimono “A
quanto pare la tua malattia non ti lascia in pace”
commentò impassibile Kanemoti “Vieni, Kate”
intervenne Nemesi, la quale prese dolcemente per le spalle
l’amica ,senza mostrare alcun disgusto al contrario degli altri,
per portarla fuori, comportandosi come se fosse sua sorella la persona
che abbracciava “Ho letto da qualche parte che lo stesso
dolore unisce le persone” disse Kowalski guardando la porta
appena varcata dalle due donne “Non è per discutere di
queste stronzate che vi ho fatto venire qui.,disse improvvisamente
infastidito Kanemoti, Adesso state a sentire cosa dovete fare con le
vostre squadre. La nostra spia ci ha appena mandato queste succulente
informazioni” e detto questo cominciò a parlare,
attentamente seguito dagli altri compagni, che in quel momento davano
l’impressione di essere tutti perfettamente affiatati
poiché niente unisce meglio della vendetta. Nemesi guardò
Kate tossire, sputando nella conca messagli di fronte una
quantità preoccupante di sangue, la quale in poco tempo tinse di
rosso l’acqua presente nel recipiente. “Va meglio,
adesso?” provò a chiederle gentilmente mentre una mano le
teneva i capelli lontani dal viso “Si, mi è passato,
grazie” rispose Kate ,tremante e leggermente sudata sulla fronte,
mentre si ripuliva la bocca “Sai ,Nemesi, a volte mi chiedo
,disse mentre fissava l’immagine allo specchio, quando
accadrà. Se oggi, se domani, se riuscirò a vendicare mio
fratello Pycal” “Il tuo desiderio di vivere è
grande, sono sicura che ci riuscirai a farcela” replicò
convinta l’amica ma la risposta evidentemente non piacque a Kate
“Si, il mio desiderio di vivere è forte, ne sono convinta
ma non servirà a fermare la morte inesorabile che mi aspetta.
,qui Nemesi abbassò tristemente il capo, Mio fratello ,quando mi
ammalai, ha cercato disperatamente una cura. Non si era arreso, mi
teneva al corrente delle sue ricerche e fino a quel momento
straordinario ,in cui mi scrisse che probabilmente aveva trovato la
soluzione, io ero piuttosto scettica.” “Se posso
chiedertelo….” iniziò timidamente Nemesi “Sei
mia amica, puoi chiedermi tranquillamente ciò che vuoi”
“Che cosa ti aveva scritto? Cioè la soluzione qual’
era?” Kate sorrise amaramente prima di rispondere “Su un
isola ,se non ricordo male greca, aveva trovato dei cristalli
multicolore che ,una volta messi insieme, davano vita a musiche di
vario tipo, difficili da decifrare ma tra queste c’era il canto
di Apollo, che aveva grandi poteri taumaturgici. Infatti la musica
certe volte viene usata anche per curare certe malattie ,come mi
spiegò nella lettera, e mio fratello aveva trovato la salvezza
per me, almeno finchè ,qui lo sguardo gli si indurì
paurosamente mentre fissava con odio l’immagine allo specchio,
vedendoci non sé stessa ma un'altra persona, in quel momento
oggetto del suo odio, finchè Lupin non rubò uno dei
cristalli, rendendo inutile tutto. Mio fratello gli corse dietro e
cercò di farseli restituire ma alla fine ,qui due lacrime gli
sgorgarono dagli occhi, fu ucciso” completò con un
singhiozzo “Mi dispiace” disse Nemesi colpita toccandogli
una spalla “Se dovessi morire prima di riuscire a vendicarmi, lo
farai al posto mio?” gli chiese Kate prendendogli la mano
“Puoi contarci” le fu risposto subito mentre le mani si
stringevano forte.
“Dove andiamo adesso?”
chiese Fujiko “Se posso dare un suggerimento, disse Lupin alzando
ad angolo retto un braccio con in cima un solo dito,
consiglio di dividerci in due gruppi, uno capeggiato da Goemon, che
andrà alla scuola dell’Acqua e Raffaele alla scuola della
Terra” “Non è tanto malvagia come proposta,
Lupin” approvò Jigen “Chi va con Goemon?”
chiese Raffaele guardando i compagni cercando di trattenere
l’emozione all’idea di guidare un gruppo “Lupin e
Fujiko andranno con Goemon” intervenne subito Jigen dopo un
attimo di silenzio “Ci terremo in contatto col telefonino?”
chiese ancora Raffele “Ci vediamo direttamente alla stazione,
più precisamente all’entrata” rispose Lupin prima
che il gruppo si separasse, con quello di Goemon che si dirigeva alla
prefettura di Nagano e Niigata, nella sezione settentrionale
dell’isola per raggiungere il fiume Shinano mentre Jigen e
Raffaele si dirigevano alla prefettura Gifu come meta il monte Hida.
“Ringraziando il cielo, Goemon è il custode di una
pergamena quindi conosce l’ ubicazione delle quattro scuole
minori in quanto è una cosa che rivelano il giorno in cui viene
consegnata la pergamena” pensò Raffaele mandando un
sospiro di sollievo allo scampato pericolo di guidare il gruppo per la
scuola dell’Acqua, il cui luogo era ignoto. “Com’
è andata a voi, ragazzi?” chiese Lupin raggiungendo Jigen
e Raffaele dopo tre ore dall’essersi separati “Abbiamo le
notizie tanto cercate ma se sono brutte o no dipende dai punti di
vista” disse Jigen mentre la sigaretta mandava sottili ma
continui fili di fumo. “La scuola della Terra si trova in
Australia” intervenne Raffaele desolato “E l’Acqua in
Egitto” commentò rassegnato Lupin “Nell’Africa
Settentrionale” disse a bassa voce Raffaele spalancandogli occhi.
Tutti si guardarono in faccia senza dire una parola: non c’era
alcun dubbio che quella avventura sarebbe stata la più costosa
di tutte.
“Avete capito, vero,
ragazzi?” chiese Kanemoti al gruppo davanti a lui che lo
ascoltava con la massima attenzione “Si” risposero
alzandosi in piedi e facendo atto di andarsene “Mi raccomando,
fate tutti come è stato deciso. La vendetta è un piatto
che va in genere gustato freddo” disse ancora Kanemoti “E
non difficile attendere se lo guardi da lontano sapendo che lo
mangerai” intervenne Liu Kang con un sorriso che chiunque avrebbe
definito demoniaco prima che si voltasse verso una foto appoggiata sul
mobile vicino alla porta d’ingresso e sfoderando la spada
velocemente: la foto ,ritraente un uomo con la barba nera che gli
incorniciava il viso terminante in un ciuffo sul mento, con un cappello
che gli copriva gli occhi, si tagliò in due. “Ti
ucciderò, Jigen Daisuke, come tu hai ucciso mio padre”
promise a sé stesso il giovane prima di rivoltare con la punta
della lama i due pezzi di fotografia e di sputarci sopra con aria di
disgusto. Non avrebbe mai perdonato l’affronto che Jigen Daisuke
aveva fatto alla mafia, uccidendo il figlio del boss della mafia
internazionale ma non era tanto l’affetto verso suo padre a farlo
agire così, in quanto non l’aveva mai conosciuto
poiché aveva due anni, ma per un elementare regola della mafia:
i torti andavano sempre ripagati ed inoltre suo zio avrebbe perso la
faccia e il suo potere se si fosse venuto a sapere che lui ,capo della
mafia internazionale, non era riuscito a rintracciare un killer da
quattro soldi e fargli pagare un così grande e grave affronto.
“Mi sembri ultimamente preoccupato, qualcosa non va?” gli
chiese ad Hikijo e questi dopo un attimo di silenzio “Stavo
pensando a Chi” disse ad Hideyoshi “Non mi dire che ricambi
i suoi sentimenti” intervenne Liu Kang senza celare il suo
stupore “Nossignore, non li ricambio affatto ma non so come
dirglielo” “Ma sei pazzo? Se fai una cosa simile quella
è capace di mandarci tutto all’aria! Dopo la fatica che
abbiamo fatto sarebbe stupido” “Ma allora che
faccio?” domandò disperato “La cosa più
semplice: non gli dici niente e non gli fai capire che non provi niente
per lei. Cerca di non far morire le sue speranze, anzi cerca di
incoraggiarla” “Ma….” provò a
protestare “Sta a sentire, maledetto stupido: se la
“tua” Chi fa fallire il piano perché sei stato tanto
idiota da farle capire che non ti importa niente di lei, ne farai le
spese. Questo vuol dire che dovrai fare tutto quello che ti
chiederà, anche se dovesse chiederti ,che ne so, di baciarla o
di portarla a letto, tu lo farai ma non solo per salvaguardare la tua
vendetta ma anche perché se non lo farai, compromettendo la
riuscita del piano, ti faccio di peggio io, è chiaro?”
scattò Liu Kang passando da un falso sguardo comprensivo ad uno
pieno di rabbia ed esprimente comando. Hikijo non potè fare
altro che abbassare il capo, sconfitto “Via, via Liu Kang,
più garbato ,lo rimproverò Hideyoshi battendogli una mano
sulla spalla, coraggio, Hikijo ,l’ incoraggiò
paternamente, so che non è un spasso ma cerca di tenere duro,
alla fine ,quando non avremo più bisogno di lei, ce ne
libereremo. Per fortuna , disse con un ghigno che gli storse i
lineamenti, tutti hanno i propri punti deboli” completò
scoppiando in una risata a cui si unì quella del nipote.
“Dobbiamo girare praticamente per tutto il mondo per trovare
semplicemente delle pergamene, ma ne varrà la pena?”
domandò Fujiko sbuffando mentre guardava il terreno allontanarsi
sempre di più mentre l’aereo si alzava “Beh,
cerchiamo di vedere il lato migliore della cosa, Fujiko cara: hai
sempre desiderato fare un giro intorno al mondo e adesso lo stiamo
facendo insieme” rispose Lupin cercando di circondarle con un
braccio la vita “Avrei preferito farlo da sola, almeno non avrei
avuto te con le mani che sembrano quelle di un polipo”
replicò seccata Fujiko togliendo velocemente una mano dalla
borsetta, con cui stava armeggiando. “Via, Fujiko, non essere
così cattiva” replicò Lupin fingendo di mettere il
broncio mentre cercava di darle un bacio, colpendo il vuoto
poiché Fujiko, ,allo stesso modo di un gatto che schiva i colpi
di scopa, schivò il colpo, chinandosi in avanti ed alzandosi in
piedi nel momento stesso in cui Lupin si chinava velocemente su di lei,
nel tentativo di prenderla di sorpresa, con il risultato di cadere sul
sedile “Vado in bagno” disse Fujiko seccata seguita da
Jigen. “Perché ogni volta mi deve sempre
disturbare?” pensò mentre entrava nella toilette e
sedendosi sul water mentre riprendeva il telefonino, per accertarsi che
fosse tutto a posto. Di fronte alla scritta sullo schermo, che il
messaggio era arrivato a destinazione, sul viso gli comparve un piccolo
sorriso soddisfatto. Tutto procedeva secondo il piano. “Oscar,
devi cambiare le bende” disse Walter “Va bene”
rispose questi celando il fastidio alzandosi e prendendo una
piccola sacca in cui erano contenuti i medicinali. “Mi
raccomando, non fatevi scoprire; fino ad adesso è andato tutto
bene, cerchiamo di continuare così” li supplicò
l’ispettore “Tranquillo, signor ispettore,
invisibilità è il nostro secondo nome” lo
rassicurò Walter mentre si allontanavano “Ti fa molto male
il braccio, fratello?” domandò ad Oscar mentre si
avvicinavano al bagno. “Dovremo aspettare un po’ ”
rispose questi guardando la porta prima di mettersi in attesa,
incrociando le braccia ed appoggiandosi ,senza accorgersi, sulla porta
chiusa della toilette femminile “Mi fa un po’ male ma lo
sopporto bene” rimasero un po’ in silenzio prima che Oscar
chiedesse improvvisamente, sollevando lo sguardo dalle sue scarpe
marroni “L’ispettore Zenigata è molto diverso dal
capo che avevamo prima, vero?” “Si” rispose Walter
con un certo fastidio a rimembrare il passato e le stupidaggini fatte
“Con il signor Kanemoti erano guai a fallire, non che ti facesse
picchiare o uccidere ma ti umiliava davanti a tutti, facendoti sentire
un stupido e non diceva mai qualcosa di gentile, al contrario
dell’ispettore Zenigata, che è un uomo buono e meritevole
di rispetto ed onestà” “Forse con lui non siamo
tanto onesti” osservò lentamente suo fratello “A che
proposito?” “Al fatto che gli stiamo tenendo nascosto il
nostro passato” “Dovremmo dirglielo, dici?” gi chiese
dubbioso il fratello “Si” “Scordatelo, il passato
è passato. Non serve dire ciò che abbiamo fatto, ora
stiamo cercando di redimerci e tanto basta” replicò
convinto Oscar sventolando la mano come se scacciasse una mosca, nel
tentativo di scacciare con quel gesto anche le parole della sua
coscienza, in quel momento approvante la proposta di Walter
“Ma…” provò ancora questi “Oh, guarda,
sta per uscire” disse subito Oscar indicando la porta del bagno
maschile, scostandosi da quello femminile, il quale si aprì a
sua volta. Il resto fu un vortice di imbarazzo e di figurato orrore:
sulla porta ,con un espressione indiscutibilmente perplessa ed
esterrefatta, si stagliava la figura inconfondibile di colui che aveva
estratto pochi giorni fa, il proiettile dalla spalla della persona che
,in quel momento, davanti a lui lo fissava ,insieme a suo fratello,
completamente ammutolito “E voi che diavolo ci fate qui?”
domandò loro Jigen, i quali non seppero che rispondere
“Che succede, Jigen?” chiese una voce femminile,
proveniente dalle spalle dei ragazzi, i quali ,annientati e con un
espressione indefinibile, si girarono per vedere una perfetta
sconosciuta dotata di grande bellezza, che aveva l’aria di
conoscere bene l’uomo che in quel momento non avrebbero voluto
incontrare. “O merda, merda, merda” disse Walter ma non
fece in tempo a dire altro perché si sentì afferrare
bruscamente per la spalla e tirare via. “Via”
sussurrò pallido come un cadavere Oscar partendo a razzo,
trascinando nella sua corsa il fratello, che rischiò più
di una volta di cadere finchè non ritornarono a posto, sudati e
con l’aria colpevole “Che è successo?” chiese
loro l’ispettore guardandoli sospettoso vedendoli sconvolti
“Nulla, perché?” rispose subito Oscar “Mi
sembrate un poco alterati, non è che avete incontrato qualcuno
della banda Lupin e vi siete fatti riconoscere?” disse
guardandoli con sguardo scrutatore e voltandosi dietro “Ma no,
signor ispettore, si sbaglia. Non le abbiamo detto che
invisibilità è il nostro secondo nome?” rispose
scherzosamente Walter sfoderando un sorriso leggermente ebete
“Allora, lui si sta facendo un giro panoramico?” chiese
scettico Zenigata indicando Lupin che si stava avvicinando al loro
posto “Ahio” pensò Walter toccandosi il viso prima
di assumere un aria innocente “Ehilà, Zazzà, come
mai qui? Hai vinto un viaggio-premio?” lo salutò con il
solito sorriso sornione Lupin “Non fingere di non sapere ,Lupin,
sai meglio di me perché sono qui” replicò Zenigata
secco. Si guardarono negli occhi per una manciata di secondi “Ci
vediamo all’uscita?” gli chiese Lupin facendo atto di
andarsene con un sorriso strafottente “Contaci” gli rispose
Zenigata sorridendo a denti stretti. Vedendolo così tranquillo,
i due fratelli tirarono un sospiro di sollievo prima che le loro facce
rilassate mutassero in un espressione di dolorosa sorpresa, a causa
dell’improvviso emicrania scoppiata nelle loro teste ,o meglio,
sulla sommità. “Bene, Lupin. Dove credi che sia la scuola
maggiore della Terra?” domandò Zenigata dando un occhiata
al territorio australiano che li circondava che rispondeva al nome di
Canberra, la capitale. “Lì” rispose Lupin indicando
un bar lì vicino “Dubito fortemente che si trovi in quel
bar il dojo che cerchiamo” stava per dire scettico Oscar ma
Fujiko lo anticipò ,guardandolo quasi arrabbiata “Ti pare
questo il momento più adatto per pensare al cibo?” lo
rimbrottò “A stomaco vuoto non si riesce a pensare ed
inoltre dobbiamo riflettere per cercare di trovare subito il dojo. Non
possiamo permetterci di perdere troppo tempo” spiegò
tranquillo Lupin “Il solito Lupin” commentò
sorridendo Raffaele mentre lo seguiva. L’interno era decisamente
allegro: un’allegra canzoncina si diffondeva nell’aria
insieme all’odore del cibo tenuto al caldo dalle varie confezioni
appoggiate sul bancone. Si sedettero ad un tavolo quasi vicino alla
porta per essere immediatamente avvicinati da una cameriera di diciotto
anni, la quale ,con un sorriso gentile ,che si incrinò
leggermente per lo stupore vedendo Raffaele a torso nudo, chiese loro
cosa volessero mentre una mano con unghie lunghi laccate di rosso si
sistemava una ciocca di capelli neri dietro l’orecchio. Prima che
Lupin potesse parlare, Raffaele rispose subito “Potreste portarci
sei caffè e due tazze di thè, per favore?” rispose
per tutti “D’accordo, signori e benvenuti a Canberra”
rispose cortese la ragazza allontanandosi per tornare dietro il bancone
e mettersi a preparare tutto “Per favore, mi è venuta in
mente un idea. Non dite una parola, fate finta di essere praticamente
muti e lasciatemi fare. Ispettore Zenigata, quando farò due con
le dita della mano sinistra lei mi dica questa frase “Solo zone
importanti” “Che devo dire?!” gli domandò
esterrefatto l’ispettore che non aveva capito una parola della
frase in lingua straniera che Rafaele gli aveva detto
“È italiano, ho detto solo zone importanti”
ripetè. I suoi compagni vedendolo così sicuro si
limitarono ad accennare col capo “Come sa che siamo
stranieri?” chiese perplesso Oscar a bassa voce “Deve
averlo capito dall’accento e anche dalla nostra aria spaesata.
Una persona che abita qui non si guarda in giro con l’aria di non
sapere dove girare la testa” gli rispose Goemon. Sentendosi dire
quelle parole guardò la ragazza con aria intensa mentre il
cervello lavorava freneticamente: quella donna aveva l’aria molto
ingenua, inoltre era del posto quindi poteva darsi che
Raffaele…..“Scusami, potrei porti una domanda?” le
chiese Raffaele mentre la ragazza appoggiava il vassoio sul tavolo
“Se potrò risponderti, ben volentieri” rispose la
ragazza e mettendosi in ascolto senza badare agli sguardi leggermente
preoccupati degli altri clienti seduti vicino all’albino, il
quale riprese “Come hai già capito, siamo appena arrivati
qui e non siamo molto pratici del posto. Le persone qui con me
,spiegò indicandoli, sono petrografi e minerologi. Beh ,per non
fartela tanto lunga, la guida che avevamo pagato non si è
presentata e loro non conoscono nemmeno la lingua. Ora, loro stanno
cercando zone particolarmente rocciose, desolate… Sai dirci
qualche cosa in proposito?” le chiese guardandola cercando di
nascondere l’emozione mentre i suoi compagni celavano a fatica la
sorpresa “Beh, le zone rocciose ne potreste trovare a
decine” iniziò la ragazza mentre Raffaele appoggiava la
testa sulla mano sinistra “Solo in zone importanti” disse
l’ispettore rivolto a Raffaele, il quale lo guardò, fece
si col capo prima di precisare “Il professore mi ha detto che lui
e i suoi colleghi sono interessati solo a zone particolarmente
significative, cioè importanti dell’Australia”
“In questo caso, vi posso suggerire due posti:
l’Ayer’s Rock e il monte Kosciusko, il più alto e
roccioso dell’Australia” “Dove si trovano?”
chiese Raffaele con le labbra improvvisamente secche e la gola simile a
carta vetrata “Sai che l’Australia può essere divisa
in tre grandi regioni: a ovest si estende un tavolato di rocce antiche,
chiamato Tavolato Occidentale, al centro un vasto bassopiano e ad est
un insieme di catene montuose che si allungano presso la costa del
Pacifico” “Si” le rispose Raffaele trattenendo
l’impazienza “Certamente non ci arriverete mai in macchina,
potrete raggiungerle entrambe con un elicottero e lo dico perché
in entrambi i posti a parte il fatto che non ci vive nessuno, una
macchina non ci arriva per la mancanza di terreno asfaltato, non
c’è terreno adatto neppure per una jeep. Però, se
mi posso permettere…” disse incerta “Di pure”
l’incoraggiò Raffaele “Lascerei stare il monte
Kosciusko. Non si può atterrare con l’elicottero, essendo
da ogni parte pieno di spuntoni” a quelle parole il cuore di
Raffele fece un balzo di gioia: allora potevano solo trovarsi sulle
Ayer’s Rock “Credi che possiamo trovare qualcuno disposto a
portarci lì?” domandò ancora Raffaele
improvvisamente preoccupato di fronte al nuovo ostacolo “Io
conosco una persona che potrebbe portarvici, naturalmente sotto
adeguato compenso” propose la ragazza dopo aver riflettuto un
attimo “Ci faresti un grande favore, credimi” le rispose
Raffaele con un largo sorriso e non mentiva. “Adesso chiamo
questo uomo e vi mettete d’accordo, okay?”
“Okay” rispose Raffaele con un sorriso ancora più
largo “Che fortuna sfacciata” commentò contenta
Fujiko fregandosi le mani “E che faccia tosta” aggiunse
Goemon guardando il nipote, il quale si limitò a fare una
spallucciata indisponente prima di prendere il suo the e berlo in un
sorso mentre la ragazza si attaccava al telefono posizionato vicino
alla macchinetta del caffè. “Comunque credo che sia il
caso di passare a dare un occhiata al famoso monte” disse Lupin
mentre prendeva il pacchetto di sigarette dalla giacca
“Perché, Lupin?” gli chiese Jigen facendo oscillare
pericolosamente la sigaretta all’angolo della bocca “Meglio
controllare, ho l’impressione che non ci pentiremo di averlo
fatto” gli rispose lui frugando nel pacchetto con aria distratta
prima di abbassare lo sguardo in tempo per vedersi tirare fuori due
dita .….vuote.
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Capitolo 10 *** L'incontro di Jigen ***
L'incontro di Jigen
“Ecco, vedete? Quello sotto di
noi è il monte Kosciusko. ,disse il pilota dell’elicottero
cercando di sovrastare il rumore provocato dal movimento orario
dell’elica e cercando di mantenere il controllo
sull’elicottero a causa del forte vento, è il più
grande in Australia, 2230 metri” dicendolo con una nota
d’orgoglio nella voce come se stesse descrivendo una sua
qualità, preclusa ad altri e concessa soltanto a lui. “Non
è possibile atterrare?” urlò Lupin al pilota, il
quale sgranò tanto d’occhi prima di distogliere ,sia pure
per una frazione di secondo, lo sguardo per puntarlo sull’uomo che
gli aveva fatto una proposta ,ai suoi occhi, folle “Sta
scherzando? Non vede che la montagna ha picchi dappertutto? Dove potrei
atterrare? Inoltre ci sono forti raffiche di vento ,come può
avvertire lei stesso, se mi avvicinassi troppo perderei il controllo
dell’aereo ed andremmo a sbattere. Per favore, non mi chieda di
fare questo. Posso allontanarmi e dirigermi verso le Ayer’s
Rock?” “Un attimo ,rispose Raffaele che stava
minuziosamente osservando tutto con un cannocchiale guardando dal suo
finestrino, ho quasi finito” quando una raffica ,stavolta molto
forte, fece scuotere il mezzo. “Dobbiamo allontanarci
subito!” disse il pilota cercando di manovrare per liberarsi dal
tirannico risucchio della raffica, riuscendoci dopo molti sforzi.
“Un bell’applauso per l’abilità del nostro
pilota!” propose Lupin battendo le mani, imitato dagli altri.
L’ispettore Zenigata ,rimasto imperturbabile al suo posto con gli
occhi chiusi per tutto il tempo, li aprì sentendo quel baccano
“Incosciente” sibilò con voce flebile. “Adesso
dove siamo?” chiese Raffaele rivolgendosi al pilota mentre
ammirava insieme agli altri il panorama color ruggine con qualche
macchia giallo sbiadito grazie a qualche cespuglio secco che si
estendeva sotto i loro occhi: un luogo completamente desolato, con
minuscole piante verdi che sembravano formiche verde oliva sparpagliate
qua e là e montagnole che per la loro forma e disposizione
stranamente ricordavano il pistone di un auto. “Questo sotto di
noi è nei pressi dell’ Ayer’s Rock, precisamente fa
parte del complesso roccioso dei monti Olga” “Potrebbe
atterrare qui?” chiese Fujiko “Non ci sono problemi”
rispose il pilota spingendo la leva verso il basso che portò
l’elicottero a scendere docile giù finchè
,con un movimento morbido, tutt’altro che brusco, e creando sul
terreno ricoperto di erba secca intorno a sé una specie di
aureola a causa del vento creato dal movimento rapido dell’elica,
non atterrò. “Forse ci metteremo un po’ ”
avvisò Lupin appoggiato di schiena all’elicottero
guardando il pilota, che rispose semplicemente “Sono pagato per
questo” rispose tranquillo mentre si sedeva di sbieco sul posto
pilota per fumarsi una sigaretta “Perfetto ,disse intanto
Raffaele allontanatosi di pochi passi per guardarsi in giro prima di
raggiungere gli altri, che adesso sembravano un po’ riluttanti
riguardo quello che Goemon aveva appena detto “No, io qui non
resto sotto il sole. Non se ne parla proprio” disse un irritata
Fujiko guardante un impassibile Goemon sotto lo sguardo scocciato di
Jigen “Che succede?” chiese Raffaele avvicinatosi
“Succede che la nostra Fujiko ha intenzione di piantarci una
grana, in quanto le secca restare sotto il sole ,perfettamente
sopportabile, a rovinarsi la pelle o qualcos’altro ,rispose Jigen
con tono canzonatorio, e aspettare che voi torniate dal dojo.”
“Vieni, Raffaele” disse Goemon ,indifferente alla protesta
di Fujiko, guardando il nipote, il quale senza dire una parola si
mise affianco a lui per poi cominciare a correre a tutta
velocità, allontanandosi in poco tempo. Guardandoli
allontanarsi, Fujiko ebbe un gesto di stizza e un verso di disappunto
“Beh ,Fujiko, mi sa che ora alcune delle tue informazioni siano
incomplete e quindi non potrai fregarci in toto, adesso” la
beccò Jigen con un sorriso di scherno, godendosi la sua aria
ancora più arrabbiata “Non essere cattivo, Jigen. Sta
dalla nostra parte” la difese Lupin guardando severamente
l’amico, il quale si limitò a rispondere
“Così sembra”. Intanto Goemon e Raffaele ,sempre
continuando a correre, scrutavano con occhi minuziosi e acuti quanto
quelli di un aquila il luogo, senza trovare o vedere niente. Stavano
correndo da circa un quarto d’ora andando sempre avanti ,anche
per non correre il rischio di perdersi, e nessuno dei due aveva aperto
bocca finchè Raffaele ,persa ogni speranza che fosse lo zio ad
intavolare per primo una conversazione, non ruppe il silenzio
“Dovremmo incontrare uno degli allievi a quest’ora”
gli disse mentre si guardavano in giro senza vedere niente “Come
ben saprai, quelli delle scuole maggiori mantengono alcune abitudini
delle scuole minori e sono sicuro che quella della scuola Tuti è
quella nelle ore più calde di farsi una corsetta finchè
non ti senti staccare i piedi dalle gambe” continuò
Raffaele prima di fermarsi bruscamente e guardare di fronte a
sé, vedendo qualcosa o meglio qualcuno avvicinarsi a tutta
velocità “L’hai visto anche tu?” chiese Goemon
fermatosi a sua volta ma Raffaele non gli rispose nemmeno, riprendendo
la corsa urlando di gioia mentre andava incontro alla piccola nube di
polvere che si sollevava a causa del passaggio dei veloci piedi
dell’allievo a torso nudo che si stava velocemente avvicinando a
loro. “Ehilà, compare!” lo salutò giulivo
Raffaele salutandolo mentre l’altro ,accortosi di loro, con aria
stupita rallentava gradualmente la velocità fino a fermarsi
proprio davanti ai due. “Buongiorno ,salutò il ragazzo con
un sorriso che non celava tuttavia lo stupore che l’aveva preso
quando aveva visto quegli sconosciuti, state cercando la palestra,
vero?” chiese loro asciugandosi il sudore sulla fronte con la
manica del kimono che portava allacciato alla vita “Dovremmo
parlare con il tuo maestro” rispose Goemon con aria severa
“Ah ,rispose mentre le folte sopracciglia bionde si incurvavano
quasi a voler raggiungere il naso, dopo una breve pausa, potrei sapere
perché?” chiese lentamente osservando con attenzione i due
uomini “Riguarda il Grande Segreto” rispose Raffele senza
alcuna traccia di scherzo in volto mentre il colore dal viso del
venticinquenne sparì per lasciare un bianco spettrale
“Seguitemi” riuscì a dire vincendo
l’improvviso nervosismo con il relativo balbettio prima di
voltare loro le spalle e mettersi a correre, seguito immediatamente dai
due. “Eccoci arrivati” disse il giovane indicando davanti a
sé una roccia di modeste dimensioni ,alta quanto Raffaele, che
ricordava a causa delle azioni deterioranti dei vari fenomeni
atmosferici un viso. Sembrava che oltre quella roccia non ci fosse
più niente, tutto sembrava essere risucchiato da un qualcosa che
stava sotto mentre se si voltava lasciandosela alla propria sinistra si
procedeva in zona aperta “Dov’è il dojo?” era
la stessa domanda che il nipote avrebbe voluto porre
“Venite” rispose il giovane sconosciuto facendo un
movimento esprimente comando dirigendosi verso la roccia per poi
superarla lasciandosela alle spalle per poi svanire, come risucchiato
da sabbie mobili. Quando superarono la roccia lo videro sotto di loro
correre a velocità minore rispetto a prima a causa della forte
discesa che conduceva ad una valle decisamente più fiorita ,con
qualche specie di cactus verde e qualche fiore altrettanto fornito di
spine, ma la zona era chiusa da una specie di montagna a U rovesciata
infatti in fondo alla valle si vedeva questa montagna grande come una
casa ma molto più larga. “Eccoci” disse il giovane
allievo una volta raggiunto dagli ospiti indicando l’ingresso del
dojo, che i due samurai definirono sarcasticamente molto originale
poiché ,come disse poi Raffaele, che stava trattenendo a stento
il nervosismo di fronte a quello scherzo idiota, nessuno avrebbe anche
lontanamente pensato che quei due cactus posti ad una certa distanza
l’uno dall’altro fossero l’ingresso del dojo. Il
ragazzo ,senza cambiare espressione di fronte a quelle battute,
si avvicinò ai due cactus e ,rivolgendosi a ciò che
stava in mezzo disse “Eduard, puoi lasciarmi il posto. Ti
sostituisco io, tu porta subito questi due dal maestro, è
importante.” sotto lo sguardo impassibile di Goemon e lo stupore
di Raffaele, in mezzo ai cactus si mosse un qualcosa che si
rivelò un lenzuolo perfettamente mimetizzante con il colore
della montagna prima che apparisse un ragazzo sui trenta, il quale
senza dire una parola, passò il lenzuolo al compagno per poi
,guardando gli ospiti, fare loro cenno di seguirlo. Passarono dentro un
piccolo corridoio fino ad arrivare ad un grande spiazzo dove venti
ragazzi ,tra maschi e femmine, si stavano allenando a coppie,
intenti a scambiarsi pugni o calci mentre altri singolarmente colpivano
ora con un pugno ora con un calcio una colonna di legno, tenuta ferma
da una base di cemento ed ogni volta che colpivano, tutti emettevano il
kiai, in modo da imprimere maggiore potenza al colpo. A parte le
femmine ,che portavano un reggiseno marrone, tutti gli altri
indossavano come Raffaele solo il pantalone, lasciando scoperto il
torso allacciando la parte superiore del kimono attorno la vita.
“Aspettate qui” disse Eduard senza l’ombra di un
sorriso e si allontanò, scomparendo in mezzo alla folla di
allievi “Vivono qui, è possibile?” “A quanto
pare usano questo posto per allenarsi, viverci e sia per scoraggiare
eventuali malintenzionati” rispose Goemon “Ma qui se si
mettono a cucinare il fumo non riesce ad uscire, avvelenando
l’aria, come faranno?” “La risposta è molto
più facile di quanto non sembri ,ragazzo, talmente facile da
essere ovvia” la risposta era stata pronunciata da una voce lenta
e grave appartenente ad un uomo col viso più serio che Raffaele
avesse mai visto: talmente da sembrare addirittura ostile: nessun
sorriso, sguardo arcigno come se fosse contrariato di essere stato
chiamato, la bocca era ricoperta da una barba bianchissima, talmente
lunga che gli arrivava quasi al petto (avete presente i mormoni?) alla
pari dei capelli, lisci e luccicanti come se fossero fatti
d’argento. Alla comparsa del maestro e al suo ordine di fermarsi
tutti gli allievi interruppero le loro occupazioni e con grande
attenzione ascoltarono quanto avessero da dire i due stranieri.
“Questo posto viene usato solo
per allenarsi e dormire ed ogni allievo si procura il cibo da solo,
quando esce per la corsetta mattutina ma non credo che siate venuti per
un giretto panoramico del dojo della Terra, vero? Che volete?”
toccò a Raffaele rispondere “Il Chi è in pericolo
insieme al Grande Segreto. Vi prego di avvisare il custode della
pergamena” spiegò Raffaele sforzandosi di essere cortese e
mantenere il sorriso in volto sebbene si sentisse leggermente offeso
vedendo che il maestro ,dopo un rapida e fredda occhiata, guardava un
punto al di sopra della sua spalla. “Capisco. ,rispose il maestro
senza abbassare lo sguardo mentre un sospiro gli sfuggiva dalle labbra,
sembrava rassegnato a qualcosa, Vi ringrazio per essere venuti. Faremo
in modo che il custode della pergamena vi raggiunga in Giappone, al
dojo supremo a Tokyo. Addio” e dicendo questo si allontanò
senza attendere risposta mentre gli allievi riprendevano gli esercizi,
con più determinazione di prima “Ma tu guarda che
scortesia” disse Raffaele a denti stretti mentre venivano
scortati all’uscita “Scusatelo ma il suo atteggiamento
è legato ad una certa capacità acquisita col Chi.”
spiegò Eduard prima di abbandonarli all’uscita.
“Avete incontrato il maestro?” chiese loro l’allievo
che li aveva portati lì con tono comprensivo “Si, ma non
è stato molto gentile” replicò Raffaele ancora
offeso “Dobbiamo andare” l’interruppe Goemon
guardando il nipote, il quale gli rispose “Un attimo” prima
di chiedere all’allievo ,dopo averlo fissato per un po’ di
tempo, “Mica mi lasci il tuo numero di telefonino?”.
“Si può sapere quanto ci
mettono?” esplose Fujiko senza dare segno di voler cessare la
camminata su e giù che aveva lasciato i segni sul terreno vicino
all’elicottero “Avremmo fatto meglio a lasciarti in
America, Fujiko” rimbeccò Jigen scuotendo il capo prima
che i suoi occhi notassero due figure veloci in rapido avvicinamento
“Comunque puoi smettere di lamentarti, stanno arrivando”
riprese mentre buttava la sigaretta a terra per poi spegnerla col
calcagno. “Bene ,ragazzi, disse loro Lupin avvicinandosi insieme
agli altri, avete trovato il dojo stando a giudicare dalla vostra ria
soddisfatta” Goemon per tutta risposta si diresse verso
l’elicottero “Si, l’abbiamo trovato” rispose
per lui Raffaele “Era molto lontano da qui?” gli chiese
Zenigata “Abbastanza” rispose infastidito Goemon senza
degnare poi di una risposta la domanda di Fujiko riguardo
l’aspetto del dojo, convincendo gli amici a non chiedere
ulteriori informazioni. Dopo un po’, l’elicottero si
alzò da terra sollevando polvere per poi allontanarsi e portare
i passeggeri all’aeroporto. Arrivati lì, decisero di
partire per l’Egitto, dopo aver aspettato circa due ore
affinché l’aereo fosse pronto al decollo e altre tre
perché uno degli addetti alla cabina di pilotaggio superasse il
nervosismo dovuto a quello che era il suo primo volo da pilota.
Quando Hideyoshi sentì il
telefonino squillare all’improvviso nell’ampia tasca della
sua giacca nera, rompendo il perfetto silenzio carico di attesa calato
tra i tre, Hikijo e Liu Kang ,entrambi immersi nei propri pensieri,
ebbero uno scatto; “Che dice?” chiese per primo
,eccitatissimo, Liu Kang “Che
possiamo dare il segnale di avvio a Kowalski” rispose Hideyoshi
con un sorriso cattivo in volto mandando un messaggio alla donna ,la
quale un volta ricevuto il messaggio, che le fu causa di un sorriso,
sebbene contorto, guidò il gruppo a lei affidato verso
l’indicata meta, della quale dopo non ne rimase più
niente, a parte cenere, distruzione e ,inevitabilmente, morte: il fuoco
,che stava bruciando tutto, illuminava lo scenario di morte a cui
Kowalski ,fredda ed impassibile come una statua, assisteva, con gli
occhi che scivolavano insensibili sui cadaveri degli allievi di quella
che fu la scuola maggiore dello stile Hi, con la Kalashnikov rovente
per l’uso prolungato mentre la sua spada ,appesa ad un fianco,
era l’unica cosa che non fosse imbrattata da sangue. Le urla di
dolore degli allievi sembravano provenire dappertutto, non solo intorno
a lei ma anche dalle mura; “Forse è il dojo che piange per
la morte dei suoi ospiti” pensò sarcastica mentre girava
in mezzo ai suoi uomini, in cerca come loro di qualcuno che dovesse
essere finito o che fingeva di essere morto per salvarsi. Quattro dei
suoi uomini le si avvicinarono, trascinando un uomo dai capelli e dalla
barba argentati e lunghi e un ragazzo che sembrava un allievo. Kowalski
guardò il ragazzo attentamente con i suoi occhi neri come le
tenebre mentre una mano con le unghie ben curate saliva ad un orecchio
per sistemarsi una ciocca di capelli: stabilì che il ragazzo non
potesse avere più di venticinque anni. “Questi due
,signorina Kowalski, fanno parte della scuola” iniziò uno
degli sgherri ma fu subito interrotto “Questo ci fa capire il tuo
livello di perspicacia” commentò fredda Kowalski prima di
rivolgersi al maestro “Lei è Korin Zampei, vero?
L’uomo che può vedere il futuro” esalò la
donna mentre affidava l’amata kalashnikov ad uno dei suoi uomini
“Infatti sapevo che sareste venuti” replicò
altrettanto freddo l’anziano maestro “Ma non si è
rivelato furbo, se sapeva che saremmo arrivati, perché non ha
mandato via i suoi allievi?” gli chiese Kowalski sinceramente
curiosa di sapere che cosa gli avrebbe risposto l’uomo
“Sarebbero morti comunque, in quanto non vi sareste fermati
finchè non fossero scomparsi tutti. È meglio una morte
rapida che due o tre anni di vita passata in mezzo a terrore e
fuga.” rispose tranquillo il vecchio mentre gli occhi di Kowalski
a quelle parole si strinsero ma non ci mise molto a sorridere
“Come può una persona come te mettersi a sorridere?”
le chiese il maestro “Nessun cacciatore non sorride di fronte ad
una preda di valore” “Le tue labbra sorridono ma sono
fredde e vuote come i tuoi occhi. Non c’è un qualcosa che
lo renda bello” “Che vorresti dire?” replicò
Kowalski “Che il tuo obiettivo è inutile e ti sta rendendo
inutile. La vendetta è come uno di quei camini che sembra che
riscaldino meglio di tutti ma nel frattempo consumano tantissima legna,
finchè ,dopo che hai consumato tutto il legno a disposizione,
non ti rendi conto di essere rimasto a mani vuote, in tutti i
sensi.” “Lasciateli” replicò Alexis ottenendo
che Korin e l’allievo fossero liberi di muoversi, sebbene i
mafiosi presenti a quell’ordine mostrarono stupore “Scusa
se non continuiamo la conversazione di prima ,credimi, era molto
interessante ma noi avremmo fretta. Sono curiosa di vedere se avrai il
coraggio di uccidere con le tue stesse mani il tuo allievo per impedire
a noi di fargli del male” continuò la donna facendosi
passare un coltello per poi lanciarlo al maestro, che
l’afferrò al volo mentre uno sguardo triste gli velava gli
occhi, i quali fissavano ora la lama, ora l’allievo che
,perfettamente consapevole di quanto gli stesse per accadere, lo
guardava sorridendo. Con un sospiro esprimente tutto il dolore che
provava, il maestro si avvicinò all’allievo, il quale gli
voltò le spalle, mettendosi seduto per terra. Si chinò su
di lui, con una mano gli tenne ferma la fronte mentre con l’altra
cominciò a recidergli le arterie agli angoli del collo fino a
raggiungere quella al centro mentre il sangue schizzava a profusione,
macchiando la terra, la veste bianca del maestro e lo stesso allievo,
il quale si agitava a causa degli spasmi, facendo venire in mente ai
presenti un pesce fuori dall’acqua ma nessuno osò ridere
in quanto Kowalski lo aveva esplicitamente vietato, difatti
quest’ultima osservò la morte dell’allievo con
freddezza ma anche con rispetto, lo stesso con cui osservò il
maestro appoggiare a terra l’allievo prima di sgozzarsi con le
sue stesse mani. Si avvicinò ai corpi, li osservò e non
potè fare a meno di stupirsi per tutto il sangue che era uscito
fuori: davvero un corpo possedeva dentro di sé tutto quel
sangue? Chissà se sua madre ,Karen Kowalski, al momento della
morte era così sporca di sangue. Le parole di Korin le erano
scivolate addosso, non le avevano fatto il minimo effetto ma tuttavia
sentiva di provare rispetto per quell’uomo “Hai avuto un
grande coraggio, Korin. Molti ti conoscono come un uomo insensibile ma
in realtà la tua freddezza era dovuta al troppo sapere che
possedevi: vedere il futuro, quindi sapere prima. Hai avuto il coraggio
di sopportare tutto questo da solo, facendolo sapere solo ai tuoi
allievi, i quali pur potendo salvarsi la vita, hanno preferito starti
accanto fino alla fine e tu alla fine hai anche trovato il coraggio di
uccidere un tuo allievo per risparmiargli il dolore e
l’umiliazione che i miei uomini gli avrebbero sicuramente
inflitto.” pensò la donna guardando i cadaveri prima di
alzarsi ed
allontanarsi.
“Lupin?” la voce di Jigen
,seduto vicino a lui, lo distolse dai suoi pensieri e anche
dall’ammirazione del panorama, che a mano a mano che il sole
calava si ricopriva di una coltre blu scuro “Mh?”
“Cosa c’è?” gli chiese ancora l’amico
mentre gli accendeva una sigaretta “Stavo
pensando.…” “A cosa?” “Dove potrebbe
essere il dojo dell’Acqua” “Non pensi nemmeno tu che
sia il Nilo, vero?” “Sarebbe troppo scontato” rispose
Lupin guardando l’amico “Quale fiume potrebbe essere
altrettanto importante?” intervenne Zenigata “Ce ne sono
,iniziò Raffaele, seduto dietro Walter e Fujiko e di fianco a
Lupin e Jigen, ma secondo me faremmo bene a discuterne quando saremo
arrivati. Ora pensiamo a dormire, è stata veramente un giornata
molto faticosa” “Ha ragione” intervenne convinta
Fujiko e il suo intervento fu sufficiente affinché Lupin ne
sostenesse il parere, con grande irritazione di Goemon e Jigen.
“Uhm, non riesco proprio ad
immaginare quale potrebbe essere, ce ne sono troppi e non possiamo
neanche perdere troppo tempo” commentò sconfortato Lupin
grattandosi la testa con aria teatralmente disperata guardando la mappa
dell’Egitto stesa sul tavolo intorno a cui si erano riuniti tutti
dopo essersi sistemati nella camera d’albergo in cui adesso
alloggiavano. “Potremmo anche dividerci, ognuno controlla un
fiume e se ha fortuna contatta gli altri” provò a
suggerire Oscar “Non è una cattiva idea ,approvò
Lupin guardando il poliziotto, faremo così. Chi non è
d’accordo parli ora oppure…” “taccia per
sempre” completò Jigen.
Il suono del telefonino lo fece
ritornare alla realtà, distogliendolo dai suoi pensieri
“Jigen?” la voce piena di speranza di Lupin
dall’altra parte del telefono gli fece capire che non aveva avuto
migliore fortuna di lui “Niente” si limitò a
rispondere. Dall’altra parte sentì Lupin esprimere tutto
il suo sconforto “Dannazione, ma dove potrebbe essere questo
stramaledetto dojo?” “Neanche gli altri l’hanno
trovato, vero?” gli domandò Jigen ottenendo come risposta
il silenzio “Ci ritroviamo all’albergo” riprese
“D’accordo” e dicendo questo il telefonino
ritornò al caldo nella tasca del proprietario. “Questo
dojo è decisamente introvabile” pensò mentre
entrava in un bar lì vicino e si sedeva ad un tavolo, ordinando
un whisky. Stette lì per molto tempo, osservando il bicchiere
riempirsi ogni volta quasi fino all’orlo di un liquido marrone
chiaro, liquido che gli riempiva le nari di un odore forte che ormai
conosceva fin troppo bene prima che facesse scomparire il contenuto
nello stomaco. Riempì nuovamente il bicchiere fermandosi a
metà, con il dito medio che percorreva l’orlo liscio del
bicchiere, provocandogli una sorta di piacere al tatto mentre il
cervello cercava di lavorare: aveva ,anzi, avevano cercato dappertutto
senza risultati. Dove poteva essere? Sollevò lo sguardo dal
bicchiere per osservare gli altri clienti ,tutti del luogo.
Chissà se avrebbero saputo dargli qualche informazione? Si
avvicinò al banco semisferico, aspettando pazientemente che il
barista o uno degli inservienti si avvicinasse. Subito gli si
avvicinò una donna con un grembiule bianco allacciato alla vita
“Lei è straniero, perché non l’ha detto?
Sarebbe stato servito prima degli altri” gli disse con
l’accento del luogo sorridendogli amichevolmente; prima di
risponderle Jigen si scoprì ad osservarla: la pelle era bianca,
al punto che la neve sembrava grigia al confronto, i capelli lunghi
,che le scendevano disciplinati fino al torace, erano di un colore
molto particolare, sembrava il risultato dell’unione tra il
colore blu scuro e il grigio, con le labbra abbellite e rese più
affascinanti e sensuali dal rossetto. Ma la cosa che più
attirò il suo sguardo erano gli occhi: dal taglio a mandorla e
quelle iridi di colore grigioazzurro, abbellite dal passaggio leggero
della matita, eseguito con mano sapiente. Non seppe perché ma
ebbe l’impressione di averla già vista, ma non seppe dire
quando. Comunque, era straniera anche lei “C’è
qualcosa che non va? Ha un aria così tremendamente assorta”
“Lei è pratica del luogo” era più una domanda
che un osservazione “Si, se posso aiutarla…” rispose
piuttosto perplessa la donna “Mi sa dire se ci sono scuole
d’arti marziali qui vicino? Mi hanno detto che ce n’
è una situata vicino ad un fiume, me ne hanno parlato molto bene
ma non riesco a trovarla” “Ho capito ,rispose la donna dopo
un breve silenzio passato a riflettere, ma non la troverà mai da
solo, ha bisogno che qualcuno la guidi lì.” “Forse
lei?” domandò a bruciapelo Jigen aspettandosi magari un
rifiuto dalla donna ma con sua sorpresa “Esatto. Se aspetta
cinque minuti, ce la porto subito” rispose lei allontanandosi per
togliersi il grembiule e per parlare con il suo datore di lavoro
dall’altro capo del bancone che non ebbe alcun problema a farla
andare via prima del previsto. “Mi segua” disse la donna
avvicinandosi a lui. Uscirono fuori sotto il sole bollente del
mezzogiorno dirigendosi in fondo alla strada, facendosi largo in mezzo
alla folla tra donne con il velo e uomini impegnati a raggiungere nel
minore tempo possibile le loro case oppure il loro posto di lavoro. In
fondo alla strada, la donna svoltò a destra, sempre con Jigen
dietro, che non le staccava gli occhi di dosso, impegnato a cercare di
ricordare dove l’avesse già vista: l’aveva vista di
sfuggita, sul computer quando tanto tempo fa cercava informazioni su un
gruppo terroristico che stava dando la caccia a lui e i suoi compagni,
no, proprio non ricordava. La donna ,sempre senza voltarsi indietro per
vedere se la seguiva o no, continuava a camminare imperterrita
finchè non passò sotto un portico, lì Jigen non la
vide più con la conseguenza che accelerò il passo
finchè non la raggiunse. Si guardò intorno ,vedendo che
si era bruscamente fermata e lo stava fissando: portico chiuso, con un
pozzo all’angolo ai cui bordi riposava un gattino bianco perlaceo
ma non fece in tempo a dire niente perché la donna ,cambiata
l’espressione con la stessa rapidità con cui aveva
cambiato atteggiamento, si era sollevata il vestito a fiori che
indossava per lasciare il posto ad un kimono blu scuro, con un paio di
cinesine rosse ai piedi ed una spada emanante un aura rosso fuoco
intorno alla lama. “A quanto pare ho trovato non il dojo maggiore
dell’Acqua ma un suo allievo” commentò freddo mentre
la mano destra si avvicinava alla pistola “Mi chiamo Kaoru
Susikiri e questa ,disse mostrando la spada, è la mia katana,
Beniza Kura.” quelle parole furono come uno squillo di tromba:
ecco dove l’aveva vista: le Bloody Angels, il gruppo terroristico
anti-americano formato da sole donne, con a capo anche Kaoru. Ma Goemon
aveva detto di averla uccisa, che ci faceva lì?
“Secondo Goemon, tu saresti morta” disse guardandola
impassibile e lei ,senza rispondere, spostò con una mano la
parte del kimono che le copriva il petto ,nello spazio tra i seni,
perché un cicatrice sottile e rossa venisse messa in mostra
“In effetti non sarei qui se non fosse per una bambina”
spiegò tranquilla mentre un dito accarezzava la ferita
“Una bambina?” ripetè preoccupato Jigen chiedendosi
se la bambina in questione non fosse la causa di tutti i loro guai
“Si, ero morente, con la Beniza Kura piantata in petto e con il
mio povero cuore che battito dopo battito si indeboliva sempre di
più finchè quella bambina bionda ,il tono con cui disse
quelle tre ultime parole dimostrava quanto le fosse grata, non mi ha
miracolosamente salvata” “Forse ignori che quella bambina
è responsabile di un sacco di cose poco pulite” la
pungolò lui ma Kaoru lo interruppe “Perché cerchi
la mia scuola?” “È inutile che te lo dica visto che
non la vedrò” rimbeccò lui tirando fuori la pistola
“Ma a me interessa” insistette lei “E ciò non
mi importa” “Se rispondi così a tutte le donne, non
ti troverai mai un ragazza” rimbeccò lei con aria di
rimprovero “Nemmeno questo ti dovrebbe interessare”
“Sei proprio scostante” disse lei un attimo prima di
attaccarlo con la spada levata mentre lui cominciò a spararle
addosso: lei si fermò bruscamente, con la spada davanti a
sé, limitandosi a muoverla per il manico facendo si che la lama
intercettasse i proiettili, a differenza di quel che aveva visto fare a
Goemon che muoveva tutto il braccio e tutta la spada. Quando
intercettò il penultimo proiettile, Kaoru ,visto a pochi passi
da sé il pozzo, scattò verso questo, rifugiandosi dietro.
Qui ,accucciandosi il più possibile per stare ben riparata,
prese una pietra e gliela lanciò addosso, colpendolo in piena
faccia. Quando la pietra lo colpì in viso, Jigen non capì
più niente: la zona colpita gli fece male, impedendogli di
vedere per un breve attimo ma quando vide Kaoru uscire dal rifugio,
istintivamente sparò ma non aveva fatto i conti con il gatto sul
pozzo perché proprio in quel momento ,probabilmente spaventato
dagli spari, la bestiola ebbe la pessima idea di scattare a rischio di
beccarsi il proiettile. Accortasene in tempo ma vedendo inutile usare
la spada, Kaoru lo protesse istintivamente con una mano, al centro
della quale il proiettile formò un buco sanguinante. A quel
gesto del tutto inaspettato, Jigen rimase stupito a guardarla ma lei
,stringendo i denti per il dolore, scappò via, scomparendo in un
attimo e lasciando Jigen solo, insieme al gattino che adesso aveva sul
pelo bianco alcune tracce di sangue. Tornato in albergo, si rese conto
che gli altri lo stavano aspettando preoccupati “Che ti è
successo?” gli chiese Lupin alzandosi dalla sedia vicino alla
finestra e andandogli incontro “Sarebbe più corretto
chiedergli che cosa abbia fatto alla faccia” replicò
Goemon alludendo al segno rosso che l’amico aveva in viso
“Lasciate perdere, ho comunque buone notizie” disse il
pistolero cominciando a spiegare tutto: chiaramente, Goemon rimase
più stupito degli altri quando sentì il nome di Kaoru ma
il suo stupore sfumò rapidamente sentendo menzionare “una
bambina bionda”: capirono tutti che c’entrava Chi.
“Indubbiamente, è una bambina fenomenale”
commentò Zenigata con tono involontariamente ammirato “Una
fenomenale stronza, altrochè” commentò Raffaele, a
quelle parole Zenigata aprì la bocca per parlare ma poi
decise di stare zitto, limitandosi a guardare infastidito Raffaele.
“Se quella donna fa parte del dojo maggiore dell’Acqua, la
prossima volta qualcuno di noi dovrà seguirla, stando attenta a
non farsi beccare” spiegò Lupin “Potrei seguirla io,
non dovrei avere problemi. Mi dispiace dirlo ma ,e credo che sia
d’accordo anche Goemon, non è stata una buona idea da
parte di Jigen non spiegarle come stessero veramente le cose. Quella
donna sa che ci sono persone malvagie a caccia delle pergamene e tu
,continuò rivolgendosi al diretto interessato, hai fatto anche
con lei…” qui si trattenne un attimo guardandolo incerto
“Si?” lo incitò curioso Jigen mentre Lupin ,dopo
aver guardato attentamente Raffaele, cominciò a dare segno di
evidente agitazione “Hai fatto anche con lei Mr.
Puzza-sotto-il-naso” spiegò cautamente Raffaele mentre
Lupin ,che lo scongiurava in silenzio di tacere, mandava un forte
gemito “Mr…cosa?” ripetè lentamente Jigen con
una strana espressione in faccia “Ohiohi” pensarono in
sincronia i presenti che con molto buonsenso si alzarono dalle sedie
avvicinandosi a Jigen, dietro le spalle “Beh, scusa non è
così? Ogni volta che ti trovi davanti ad una donna, ti comporti
in modo sgradevole.” gli spiegò Raffaele strafottente
cominciando lentamente a dirigersi verso la porta prima di voltarsi e
stare per dire “Inoltre…” ma non fece in tempo a
proseguire perché Lupin salvò Raffaele da un aggressione
chiudendogli la porta in faccia “Quel ragazzo…
,esalò Jigen guardando la porta mentre tutti stavano in attesa,
pronti all’esplosione, se non altro è sincero”
completò prendendo la scatola delle sigarette per rendersi conto
di essere rimasto a secco “Stavolta sei tu a secco, Jigen”
commentò Lupin ostentando la sigaretta che aveva in bocca con un
sorriso dispettoso, sorriso che si mutò in incredulità
quando Jigen la prese e se la ficcò in bocca mentre rispondeva
“Non mi pare proprio”. Beh, ragazzi, disse Zenigata facendo
atto di uscire per dirigersi nella sua stanza, se avete bisogno di me,
io sto di là.” Arrivato in camera, tirò fuori dal
pastrano quella che sembrava una cassetta, l’inserì nel
videoregistratore e mentre sullo schermo cominciavano ad apparire le
prime immagine si disse tra sé “L’ultima volta non
ho finito di vederlo, speriamo che li ammazzi entrambi quel
simpaticone”. Arrivato davanti al bar in cui precedentemente era
stato Jigen, Raffaele si concesse diversi minuti per osservare il bar
dall’esterno prima di entrare: già da fuori dava una
sensazione di refrigerio, una cura a quel caldo soffocante tipico del
Cairo ,o meglio, dell’Egitto e a quel conseguente sudore che
appiccicava impietosamente i capelli alla fronte e alle tempie,
riempiendoli di sporco ed attaccando i vestiti al corpo; per fortuna
,pensò mentre passava attraverso i tanti e colorati fili
verticali svolazzanti che fungevano da porta, lui era della scuola
Tuti, perciò una parte del kimono non lo indossava. Entrato
dentro, fu accolto da una ventata di vento, proveniente
dall’elica del ventilatore posizionato al centro del soffitto.
Con un gemito deliziato, si guardò intorno facendo scivolare lo
sguardo sui tavoli marrone chiaro sparsi qua e là ,tutto
in una leggera penombra. Guardando quei tavolini rotondi, di quel
colore marrone chiaro, quasi sbiadito e sparsi un po’ a casaccio,
gli vennero in mente i funghi che aveva visto qualche volta nelle gite
scolastiche di tanto tempo fa, quando era bambino. Gli sembrò
persino di sentirne l’odore, forte ed invitante. Istintivamente
respirò a fondo ma l’unico odore che sentì non fu
quello dei funghi ma quello degli alcolici e dell’odore delle
sigarette che venivano fumate. Si avvicinò al bancone,
appoggiando i gomiti mentre si sistemava su una delle sedie rotonde
girabili. Mentre aspettava di venire servito, guardò i vari
camerieri, per vedere se c’era Kaoru ma non la vide. Gli si
avvicinò un uomo “Che cosa vuoi?” gli chiese in tono
garbato “Una birra, per favore ,replicò lui, e anche un
informazione” “La birra è assicurata ma riguardo
l’informazione non sono sicuro di poterti soddisfare, comunque
sentiamo” replicò l’uomo riempiendogli un bicchiere
ed alzando gli occhi per far capire che ascoltava “Dovrei parlare
con una ragazza ,se non erro giapponese, di nome Kaoru Susikiri”
“Potrei sapere perché?” “Scusatemi, ma
è una cosa personale” rispose garbato Raffaele sostenendo
tranquillamente lo sguardo indagatore del cameriere finchè
questi ,evidentemente certo di potersi fidare, si allontanò ,il
tempo di bere la birra e di appoggiare il bicchiere sporco di schiuma
sul bancone, che ritornò seguito da una ragazza che Raffaele
identificò come Kaoru e giudicò molto attraente. La donna
,con un espressione accigliata in volto, gli si avvicinò e solo
dopo aver notato l’uniforme del giovane la sua espressione tesa
si rasserenò leggermente “Mi stavi cercando?” gli
chiese tranquilla “Si ,vedendo che l’altro cameriere si era
allontanato, il Grande Segreto è in pericolo” disse in un
fiato. A quelle parole, il volto di Kaoru impallidì leggermente
ma mantenne l’espressione serena “Devi parlare con il mio
maestro” rispose lei mentre fingeva di versargli qualcosa nel
bicchiere mediante la mano destra, la quale era fasciata al centro
“Puoi portarmi da lui?” senza rispondergli, Kaoru
chiamò il cameriere di prima e gli disse qualche rapida parola
poi uscì dal bancone e portò Raffaele fuori.
“L’uomo di questa mattina era un tuo amico, vero?”
gli domandò improvvisamente “Si ,rispose lui deciso a non
mentire, si chiama…” “Jigen Daisuke, lo so”
l’interruppe Kaoru pensierosa “Come lo sai?” le
chiese guardandola stupito, ci volle qualche minuto prima che lo donna
rispondesse “Un tempo facevo parte delle Bloody Angels, un gruppo
terroristico antiamericano. ,qui mostro sul polso destro un tatuaggio
raffigurante un cuore alato, Stavamo cercando il frammento di metallo
originale ma Lupin e i suoi amici erano arrivati prima di noi. Io e gli
altri tre capi seguimmo lui e i suoi soci sperando di riuscire a
recuperare l’oggetto della nostra ricerca. Io stavo dietro a
Goemon.” “Non sarebbero affari miei ma…”
“Mh?” “Goemon ha detto di averti uccisa e Jigen ha
detto che una bambina ti ha salvata” “Si, una bambina sui
nove anni, bionda e con un vestito nero” “Chi”
pensò Raffaele incupendosi “Una bambina adorabile e molto
gentile” continuò lei “Hm? ,disse Raffaele
spalancando tanto d’occhi, Adorabile e gentile? Questo vallo a
dire alle sue vittime” disse senza trattenere un tono acido
carico di rabbia “Perché? Mi sto sbagliando?” chiese
lei perplessa “Quella bambina si è alleata consapevolmente
con gente responsabile di omicidio, di rapimento di un poliziotto e Dio
sa che altro” spiegò duro Raffaele “Eppure non mi
sembrava così cattiva. Quando mi ha salvata, è stata
così buona, gentile e premurosa. Non…” non sapeva
cosa dire “Non sempre le cose sono come sembrano”
replicò Raffaele. Non dissero più una parola
finchè non arrivarono davanti al dojo, situato ,qui Raffaele
ebbe l’improvviso rimpianto che non ci fosse Lupin con lui per
prenderlo a pedate, proprio vicino al Nilo. “Lupin, mannaggia a
te!” pensò mentre entravano dentro.
“Chissà se è
riuscito a ….” le parole di Fujiko furono bruscamente
troncate dall’apertura della porta, sulla cui soglia si stagliava
la figura di Raffaele e dietro di lui ,piuttosto timida e nervosa,
c’era Kaoru. “L’avete trovata, allora?
Dov’era?” chiese Lupin guardando avido e curioso uno dei
due aspettandosi una risposta ma prima che Kaoru potesse rispondere
Raffaele ,con uno sguardo di pietra, si avvicinò con passo
marziale a Lupin, il quale cominciò a mostrarsi preoccupato
“Lupin…” sibilò irato Raffaele raggiungendolo
e guardandolo in un modo da incenerire una statua
“Lupin…” sibilò un ultima volta prima di
afferrarlo per le spalle e strattonandolo bruscamente “ACCIDENTI
A TE, LUPIN!” esplose “Raffaele, ma che..?”
balbettò Lupin incredulo alla pari degli altri mentre tentava
con scarsi risultati di liberarsi “ERA IL NILO IL FIUME DA
CERCARE. ACCIDENTACCIO A TE!!! ,strepitò il giovane con aria da
folle mentre continuava a sbatacchiarlo come un tappetino, COM’
È CHE HAI DETTO PRIMA CHE ARRIVASSIMO QUI? “IL NILO
È SCONTATO.” IL NILO È SCONTATO?! IL NILO È
SCONTATO?! ACCIDENTACCIO!!!” e pronunciata l’ennesima
imprecazione lo lasciò libero mentre riprendeva lentamente e
faticosamente il controllo di sé stesso. Kaoru ,che aveva
fissato la scenata dalla porta esterrefatta, indugiò un attimo
ad entrare, incerta se rimanere con quei folli come aveva stabilito di
fare col maestro d’accordo con Raffaele oppure andarsene.
“Entra pure, raggio di sole!” l’invitò Lupin
andandole cavallerescamente incontro e prendendole con gentilezza la
mano, sotto lo sguardo non proprio contento di Fujiko che lo guardava
torva. “Scusate, mi sono perso qualcosa? Ho sentito un urlo
tremendo e…” chiese Zenigata entrato in quel preciso
momento nella stanza, rimanendo stupito guardando Kaoru. “Che ci
fa qui?” chiese continuando a fissare la donna, la quale gli
rispose freddamente mentre lo sguardi s’ induriva
“D’accordo con Raffaele e seguendo gli ordini del mio
maestro, mi unisco a voi invece di ,come custode della pergamena
dell’Acqua, precedervi al dojo supremo in Giappone ma se la mia
presenza non è gradita, non ho alcun problema ad
andarmene” e così dicendo si diresse verso la porta. Se ne
sarebbe andata via se Lupin non l’avesse fermata “Al
contrario la tua presenza qui è graditissima, rimani con noi,
così potrò conoscerti meglio” le disse lascivo
cingendole le spalle con un braccio prima che la sberla di una certa
persona gli facesse cambiare idea.
“E due” disse Hideyoshi mandando il messaggio d’avvio a Pycal.
Credo che possa adesso togliermi le
bende, dovrei essere più che in grado di maneggiare la
pistola” tentò uno speranzoso Oscar indicando il braccio
ferito ma l’espressione e ancor più la minaccia di Walter
gli fece cambiare idea. Non ebbe altra scelta che ritornare a sedersi,
limitandosi a protestare mettendo il broncio ed incrociando le
braccia. “Rimane un ultimo dojo” sospirò
felice Raffaele “E poi ritorneremo in America a prendere il
tesoro” intervenne Fujiko battendo le mani deliziata “Non
sai pensare ad altro?” le chiese infastidito e tutt’altro
che gentile Jigen voltandosi indietro a guardarla “Su smettetela,
adesso dobbiamo pensare ai luoghi possibili per il Fuoco”
intervenne Lupin conciliante alzando il braccio per interrompere
l’iniziante battibecco “Sciocco a difenderla sempre”
borbottò Jigen scuotendo il capo prima di guardare dritto
davanti a sé “Non ti è molto simpatica o
sbaglio?” la domanda apparteneva a Kaoru, seduta vicino a
lui e lo guardava con attenzione “Non riesce a pensare altro che
al denaro, è l’unica cosa che gli interessa” le
spiegò Jigen ricambiando lo sguardo “Per te?”
“Non me n’ è mai importato niente ma non perdono chi
me li ruba” rispose lui “Se non riesci a perdonare chi te
li ruba, vuol dire che sei attaccato al denaro come Fujiko, noh?”
intervenne Zenigata guardandolo con aria indisponente “Lei
idolatra il denaro, non è il mio caso; so rinunciare al denaro
per qualcosa di più importante.” protestò Jigen
“Se lo dici tu” rispose Zenigata non proprio convinto prima
di concentrare la sua attenzione su qualcos’altro mentre Kaoru
continuava a guardarlo “L’amicizia, forse?” gli
domandò con un sorriso leggermente triste indicando i suoi
amici, inclinando leggermente la testa mettendo in evidenza una buona
parte del collo e del viso. Jigen non rispose, guardando per tutta
risposta il finestrino mentre la samurai ,dopo un attimo passato ancora
ad osservarlo, cominciò a leggere i depliant che un hostess
offriva ai passeggeri. Un'altra persona immersa nei suoi pensieri come
Jigen era Goemon, che guardava interessato Kaoru: era cambiata davvero
molto, non sembrava la Kaoru che aveva conosciuto prima. Era dolce come
prima, lo stesso sguardo mansueto e allo stesso tempo disarmante.
Quando voltava la testa mettendo la testa di profilo come aveva appena
fatto e sfoggiando quel sorriso, assumeva un aria indifesa che la
rendeva adorabile. La prima volta che l’aveva incontrata quella
sua espressione gli aveva fatto salire il sangue alla testa e per
salvare l’onore non aveva potuto fare altro che voltarsi e bere
il sakè che lei stessa gli aveva versato nel bicchiere quando si
era infilato la prima volta nel suo locale. A quel tempo la sua
dolcezza era finta, al punto da ricordare vagamente Fujiko. No, un
minuto: Fujiko non esitava nemmeno ad usare il suo corpo per adescare
le vittime, cosa che Kaoru non aveva fatto: aveva mantenuto la sua
dignità e inoltre l’oggetto dei suoi scopi non era il
denaro. Adesso sembrava ,anzi, era onesta e ,a quanto aveva raccontato
Jigen, quando aveva estratto la spada lei non aveva avuto quella sete
di violenza che la Beniza Kura ispirava ogni volta che veniva estratta.
Represse un involontario brivido al ricordo della volta in cui si era
scontrato con lei la prima volta: probabilmente non avrebbe mai
dimenticato quell’espressione crudele e animalesca che le era
comparso su quel viso tanto bello e dotato di lineamenti così
delicati.
L’aria
fresca e profumata di quella montagna insieme a quel meraviglioso
silenzio rotto ogni tanto dal verso di un rapace erano i suoi
unici compagni in quel momento. Almeno così credeva. Infatti
sentì dietro di sé dei passi, dei passi leggeri; era di
sicuro una donna e non aveva intenzioni ostili poiché non si
curava di non farsi sentire. Si voltò, appoggiando una mano a
terra e usando quella per torcere il corpo lasciando ferme al loro
posto le gambe, che in quel momento fungevano praticamente da cuscino.
Si sorprese: davanti a lui, con un ombrello laccato e nell’altra
mano un bastone rosso e una scatola nera abbellita da motivi floreali
c’era…. “Kaoru” sussurrò senza
nascondere il suo stupore e questa avvicinandosi a lui “Ho
sentito che l’hanno vista da queste parti, spiegò lei
inginocchiandosi e dopo aver appoggiato il bastone e l’ombrello
affianco, prese la scatola mettendola in mezzo nello spazio che li
divideva. Goemon si chiese che cosa contenesse. Quando fu aperta vide
sistemate con ordine in vari scompartimenti di diverse dimensioni
diversi tipi di cibi: gamberi e granchi al vapore, alghe preparate in
vari e deliziosi modi, arancini di riso che emanavano un odore che
aggredì con violenza le nari e con ancor più ferocia lo
stomaco vuoto di Goemon, il quale non aveva fato colazione e si
sentì affamato davanti a quel ben di Dio. “Prego, si serva
pure, li ho preparati con le mie mani” l’invitò
gentile Kaoru con l’aria di aver indovinato i sentimenti di
Goemon, il quale ,con le bacchette in mano, sembrava però deciso
a non toccare il cibo “L’ho forse disturbata?” gli
chiese la donna “No, no affatto” rispose Goemon che si
sentiva maledettamente in imbarazzo. Pensando di non essere vista, la
donna avvicinò furtivamente la mano al bastone rosso per
estrarre una spada con lama emanante una luce rossa che incuteva
timore, ma non colpì il samurai che aveva già sguainato
la spada bloccando il colpo. Di scatto, si allontanarono. “Che
vuoi da me?” gli domandò Goemon dopo le presentazioni da
parte delle donna, la quale con un sorriso malvagio rispose “Il
frammento del metallo originale ma ora non ha più importanza,
continuò avvicinando la lama al viso, adesso che ho estratto la
spada devo prima soddisfare le sue esigenze ,qui si leccò le
labbra in un modo che non gli piacque per niente, poiché questa
spada reclama sangue, il tuo sangue” precisò mentre
l’animale che albergava nel suo animo sembrava emergere,
perfettamente visibile nei suoi occhi e nei suoi lineamenti, in quel
momento deformati al punto da darle un aria demoniaca.
Forse era dovuto all’intervento
di Chi, che aveva cambiato la natura sia della donna che della spada?
Ma perché ,poi, Chi l’aveva fatto? Forse ,pensò
mentre iniziava la sua meditazione quotidiana, non tutto è
completamente cattivo come nessuno è completamente buono.
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Capitolo 11 *** Rottura ***
Rottura
“Stavolta non diamo niente per
scontato, eh?” avvisò Raffaele mentre passava un dito sul
boomerang che portava al collo con un espressione ed un sorriso
talmente allarmante che spinse tutti ad impegnarsi “Goemon,
secondo te dove potrebbe essere il dojo del Fuoco?” gli chiese
Lupin indicando i vari posti considerati relativi al fuoco cerchiati
con un pennarello rosso sulla cartina. Non appena erano scesi
dall’aereo s’erano trasferiti in un’ albergo e
nonostante tutti si sentissero stanchi si erano subito riuniti intorno
ad un tavolo con sopra appoggiata una cartina e si erano messi al
lavoro; l’unico che non sembrava voler dare una mano
era Zenigata, il quale ,sedutosi su una sedia, aveva incrociato le
braccia e aveva chiuso gli occhi, non prima di aver chinato la testa
sul petto. Sotto lo sguardo attento e paziente dei suoi compagni Goemon
avvicinò meglio a sé la cartina e subito si era sentito
scoraggiato: tutti i luoghi segnati potevano essere i potenziali luoghi
del dojo poichè avevano scelto le montagne nate dal Rift Valley,
tutte di origine vulcanica. Si sforzò di stare calmo e di
concentrarsi “Rifletti, rifletti ,si impose, se tu fossi stato il
maestro del dojo, dove l’avresti fatto costruire?”,
calò il silenzio: vedendo che fissava la cartina senza dare
segno di risposta, Fujiko fece atto di strappargli la cartina di mano
ma Lupin con un cenno della mano la fermò mentre con lo sguardo
gli proibì di distrarre Goemon. Quest’ultimo
continuò a fissare la cartina, facendo scivolare lo sguardo
sulle varie località. Forse il Kilimangiaro? Forse il Kenya?
Oppure il Ruwenzori…oppure…oppure….no, proprio non
riusciva ad immaginare quale potesse essere…..
“Lupin, non riesco a dare
risposta alla tua domanda” disse alzando lo sguardo “Kaoru
,parlò improvvisamente Zenigata alzando la testa, perché
il tuo dojo è stato costruito sul Nilo?” “E questo
cosa diavolo c’entra?” intervenne Fujiko già di
pessimo umore “Perché non freni una volta tanto il tuo
desiderio di soldi e stai a sentire, possibilmente stando in
silenzio?” la rimbeccò Zenigata stringendo gli occhi,
ottenendo di lasciare Fujiko troppo esterrefatta per rispondere alla
pari di Lupin e gli altri “Allora, Kaoru?” riprese Zenigata
riunendo le mani come in preghiera lasciando che l’indice e il
medio delle mani si toccassero ad intervalli. “Lo chiesi al mio
maestro una volta perché avesse deciso di costruire il Nilo in
un posto a mio parere troppo esposto, iniziò lei lentamente
mentre la mente ritornava al passato, lui per tutta risposta prese
l’Atlante, l’aprì al centro e mi chiese di scegliere
una località. Dopo aver guardato a lungo, scelsi una
località scritta a lettere minuscole. Il mio maestro guardando
la località da me scelta, mi guardò in viso e mi disse
soltanto “Kaoru, ricorda che il saggio mediocre si nasconde in un
paese, quello medio in una grande città, il migliore si nasconde
in un palazzo cioè ….” “il miglior modo per
nascondersi a volte è mettersi in perfetta evidenza”
l’anticipò Zenigata guardando Goemon mentre Raffaele si
chinava sulla cartina “Questo significa che è una delle
montagne importanti che abbiamo già preso in
considerazione?” esclamò Raffaele guardando la cartine e
l’ispettore, il quale si alzò dalla sedia e si
avvicinò al tavolo “Forse non proprio quelle; il saggio
migliore si nasconde in un palazzo importante ma non è detto che
scelga il più importante di tutti ma uno che è
altrettanto importante e allo stesso tempo che non possa essere
“beccato” al primo colpo” completò paziente
prima di ritornare a sedersi sulla sedia, lasciando tutti meditabondi.
Un posto ugualmente importante che non potesse essere individuato
subito? Tutti chinarono la testa sulla cartina. Passarono diversi
minuti prima che Lupin ,con un grido di gioia esagerato, prendesse il
pennarello rosso usato precedentemente per colpire la montagna scelta
con forza tale da provocare un buco, lasciando comunque visibile il
nome: Ras Dascian.
“Mh ,disse il maestro guardando
Goemon senza reprimere la preoccupazione destata dal brutta notizia di
cui il giovane davanti a lui era latore, questo è un grosso
guaio e il fatto che ci sia quella bambina con loro certo non facilita
le cose.” continuò camminando su e giù sotto lo
sguardo di Goemon e degli allievi. Quando erano arrivati al dojo quegli
ospiti, il maestro aveva fatto sospendere gli allenamenti e aveva
ordinato che tutti si riunissero dentro il castello nel tempio di
preghiera mentre i compagni di Goemon venivano distratti dalla bevuta
di un thè preparato da alcune ragazze abili in cucina.
“Maestro, se quella bambina è in grado di compiere simili
azioni che nessuno ,neanche coloro che riuscirono a vedere il Chi,
è mai riuscito a fare, come farà il prescelto a
batterla?” gli chiese Goemon interrompendo il flusso di pensieri
che si agitavano nel cervello dell’uomo davanti a lui che
incuteva un certo rispetto nei suoi allievi. Questi interrotta la sua
marcia e restituendogli lo sguardo rimase a lungo in silenzio prima di
rispondere “Tu mi hai fatto una domanda legittima ,Goemon
Ishikawa, e io ti darò una risposta sincera, anche se non credo
che ti piacerà: a volte è necessario fare un sacrificio
per arrivare all’obbiettivo. Adesso torna in Giappone, và
al dojo supremo e ….,rimase un attimo di silenzio, con le mani
sulle spalle del giovane che sembrava leggermente turbato da quanto
aveva appena sentito, augurati di tutto cuore di non essere tu il
prescelto”. concluse con un sorriso amichevole prima di
abbandonarli al sempai che lo riaccompagnò dai suoi amici e poi
all’uscita. Le parole del maestro continuavano a risuonare nel
cervello di Goemon “Che cosa c’è, Goemon?” gli
chiese Lupin guardandolo preoccupato nel vederlo così turbato
mentre scendevano facendo attenzione a non inciampare in qualche sasso
o a mettere male il piede, pena la caduta nel burrone di sotto.
“No, niente, Lupin” rispose lui dandosi un aria
convincentemente tranquilla ma il suo cuore era turbato da pensieri
tristi: “Che cosa avrà voluto dire? Lui ha voluto dirmi
qualcosa di importante, che potesse conferirmi la vittoria ma che io
non ho capito…Che vuol dire un sacrificio? Che cosa dovrei
sacrificare? Le parole che mi ha detto erano troppo difficili da capire
o forse troppo semplici?” pensò augurandosi istintivamente
a quel punto di non essere veramente il prescelto.
“”Chissà cosa ha detto a Goemon il maestro.”
si domandò Jigen “Niente di bello” rispose Kaoru
raggiuntolo guardando pensierosa il samurai davanti a lui “Come
fai a dirlo?” le chiese Jigen “Nonostante cerchi di
nasconderlo, si vede che è turbato: i suoi movimenti ,di solito
sicuri ed aggraziati, adesso sono pesanti, lenti ed insicuri, guarda a
terra, altro sintomo di turbamento, e le dita che reggono la spada sono
contratte. Credo di non sbagliare se dico che il maestro gli ha
suggerito qualcosa per ottenere la vittoria che non è gradita a
Goemon.” “Sei una brava osservatrice” commentò
lui guardandola ottenendo una leggera risata da parte di Kaoru insieme
ad un leggero arrossamento delle guance. Nervosa per il complimento, si
sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio con la
mano destra “Kaoru” disse Jigen sentendosi leggermente
nervoso “Si?” rispose lei sorridendogli, cosa che
provocò a Jigen un maggiore nervosismo “Ti volevo
dire…” ma si rese conto di non riuscire a continuare
“Che c’è, Jigen?” insistette lei fermandosi su
una roccia e guardandolo perplessa “Mi dispiace di averti
ferito” le disse tutto di un fiato prima di accelerare il passo e
raggiungere Lupin “Adesso che si fa, Lupin?” gli
domandò “Non abbiamo ancora finito. Dobbiamo tornare in
Giappone, andare al dojo supremo a Tokyo e lì superare la
selezione per decidere chi dovrà vedere il Chi” intervenne
Goemon davanti a loro “Ho capito, non si torna a casa”
commentò rassegnato Oscar “Fatti forza”
replicò Raffaele con un sorriso che sembrava voler invitare
qualcuno ad ucciderlo accompagnando il tutto scuotendo la testa.
“Ti puoi togliere la benda adesso ma sarebbe bene se lasciassi in
pace per un po’ il braccio” lo consigliò Jigen
mentre Walter ,adoperando il tempo in cui l’aereo avrebbe
impiegato ad arrivare all’aeroporto, tagliava con
l’ausilio di una forbice le bende che avevano fasciato il braccio
e una porzione di torace di Oscar, il quale non stava nella pelle dalla
contentezza “Grazie per avermi estratto il proiettile” gli
disse quest’ultimo massaggiandosi il braccio “Si, davvero,
non so come avremo fatto senza di voi” convenne Walter guardando
riconoscente Jigen insieme al fratello ma il pistolero ,senza
rispondere loro, si alzò dirigendosi verso il bar in fondo,
lasciando i ragazzi perplessi “Ma avessimo detto qualcosa di
sbagliato?” si chiese dubbioso Walter grattandosi una tempia
“È fatto così” rispose Lupin rassicurandoli
mentre osservava la figura del suo amico varcare la porta del bar
“È un uomo che non ama mostrare il lato bello di
sé” settenziò Kaoru guardando Jigen con una strana
espressione “Se così si può definire un uomo
chiuso” rispose Fujiko affatto interessata alla cosa mentre
faceva scivolare la mano nella borsetta. “Vado anch’io al
bar, ci vediamo dopo” disse Zenigata avviandosi “Ispettore,
siamo in servizio” gli ricordò severo Oscar “Un
caffè non mi farà male” rispose lui senza voltarsi
“Tu quoque, Jigen?” gli domandò scherzoso sedendosi
vicino a lui “Potrei farle la stessa domanda” rispose Jigen
sollevando la testa dal bicchiere colmo di whisky “Un
caffè, grazie” ordinò al cameriere prima di
rivolgere la sua attenzione su Jigen “Ti va di brindare?”
gli propose prendendo il caffè “A cosa?” gli fu
chiesto con aria perplessa “Alla nostra vittoria sui nostri
avversari” disse calcando la voce sui nostri con sguardo complice
“Perché no?” accettò il pistolero toccando
con un tintinnio argentato il bicchiere dell’ispettore. Mentre il
whisky e il caffè scendeva nelle loro gole, si sentì da
lontano l’annuncio dell’arrivo del tanto atteso aereo
“Faremmo meglio ad andare” disse Zenigata voltando la testa
verso l’uscita mentre appoggiava il bicchiere vuoto sul bancone
insieme ai soldi per pagare il conto. “Il dado è
tratto” si disse tra sé e sé. “Goemon
,iniziò Lupin sedendosi sul sedile, dove si trova il dojo
supremo?” gli chiese voltandosi verso il sedile accanto al suo
“A Tokyo, più precisamente al fiume Shinano e per essere
esatti al monte Shirane” rispose al posto suo Raffaele prima di
lanciare un occhiata preoccupata al suo compagno, che da quando erano
saliti sull’aereo si era messo a fissare il panorama dal
finestrino “È da un po’ che si comporta in modo
strano” commentò Walter guardando come gli altri il
samurai “Goemon?” lo chiamò Raffaele senza ottenere
risposta “Goemon” insistette provando a scuoterlo
gentilmente, ottenendo che l’interessato si voltasse verso di lui
“Che ti succede?” “Niente ,Raffaele, sono un
po’ stanco. È la prima volta che mi capita di viaggiare
così tanto” spiegò lui prima di seppellirsi
nuovamente nei suoi pensieri: sacrificio, quella parola continuava a
martellargli il cervello. Che cosa voleva dire? Per arrivare alla
vittoria doveva sacrificare qualcosa. Forse per sconfiggere Chi doveva
permettere che quest’ultima distruggesse qualcosa in modo che lui
potesse colpirla? Un minuto: distruggesse qualcosa? E se si fosse
trattata di una persona? Senza rendersene conto lo sguardo gli cadde su
Raffaele, che continuava a guardarlo preoccupato. Accidenti, quanto si
preoccupava per lui, era proprio un caro ragazzo e lui si sentiva
orgoglioso di lui. D’improvviso s’immaginò la
seguente scena: suo nipote che si lasciava colpire da Chi e lui
,Goemon, che accoppava quest’ultima. Si sentì rabbrividire
al pensiero di Raffaele che moriva per la vittoria per poi sentirsi
come sul punto di dare di stomaco per la paura improvvisa che
l’aveva attanagliato: e se fosse stata proprio quella la
soluzione? “Non sarà così” promise a
sé stesso guardando il nipote ,che nel frattempo si era
addormentato, per stringergli una mano. “Ci è voluto un
po’ ma alla fine il nostro compito l’abbiamo quasi portato
a termine. Coraggio, un ultimo sforzo” l’incoraggiò
Raffaele mentre scendevano “Come facciamo a raggiungere il
monte?” chiese Fujiko “Ci sono i pullman, ne prenderemo
uno” rispose giulivo Raffaele avviandosi prima che Goemon lo
fermasse “Un attimo, Raffaele” gli disse prendendolo per un
braccio “Che c’è, Goemon?” gli chiese il
nipote ,che vedendo la sua aria severa, si sentì improvvisamente
preoccupato “Tu non verrai con noi” disse con sguardo duro.
Le sue parole furono come un secchio di acqua gelata mentre sentiva
l’allegria squagliarsi bruscamente “Co…?”
riuscì a balbettare sperando di non aver capito bene mentre gli
altri davano uguale segno di sconcerto scambiandosi occhiate stupefatte
“Voglio che tu torni a casa” replicò Goemon secco
“Ma perché?” riuscì a dire il ragazzo mentre
faceva sforzi sovrumani per non scoppiare in lacrime; vedendo Raffaele
sul punto di piangere, Goemon si sentì male: avrebbe voluto
abbracciarlo, spiegargli tutto ma sentiva che era quella l’unica
cosa da fare “Non voglio averti con noi. Vattene”
intimò con voce tagliente ottenendo che Raffaele ,diventato con
quelle parole più bianco di prima, a testa china, senza dire una
parola, allontanarsi con le lacrime che adesso non cercava più
di frenare. Rimasero tutti in silenzio a guardare la figura del giovane
che si allontanava fino a scomparire “Perché?”
intervenne Lupin guardando l’amico ma questi non gli diede la
risposta che si aspettava “Andiamo, voglio terminare questa
storia il prima possibile” replicò Goemon ingoiando il
groppo che aveva in gola e reprimendo così un singhiozzo
“Ecco che cosa rimuginava” disse a bassa voce Jigen
pensando di non essere sentito da nessuno “A questo punto
è chiaro cosa gli ha detto il maestro” disse Kaoru
guardando Goemon con grande ammirazione mista a comprensione “Che
vuoi dire, Kaoru?” gli domandò Jigen mentre spegneva la
sigaretta “Probabilmente gli ha detto che Raffaele avrebbe dovuto
fare qualcosa per permetterci di vincere contro i nostri
avversari” spiegò guardando l’uomo davanti a lui
“Per questo si comportava così?” le domandò
ma la donna non gli rispose limitandosi a fare un cenno affermativo con
la testa mentre continuava a guardare Goemon.
La parole di Goemon l’avevano
profondamente ferito, continuavano a risuonargli in testa.
Singhiozzando, si sedette su una panchina cercando di asciugarsi le
lacrime e smettere di crearne altre ma era inutile: il suo corpo si
rifiutava di obbedirgli. Non riusciva a spiegarsi il comportamento di
Goemon: l’aveva cacciato perché era stato forse più
di impiccio che di aiuto? Era vero che molte volte era stato fonte di
guai, per colpa sua erano riusciti a rapire addirittura
l’ispettore sotto il loro naso o forse perché voleva
assicurarsi di vendicare Miyuki e Mina personalmente? In tutta
coscienza non credeva che quelle fossero le motivazioni, infatti si
rimproverò quasi subito di aver pensato a cose simili. Ma allora
che cosa c’era sotto? Non sapeva rispondersi ma una cosa era
sicura ,pensò mentre si asciugava con forza le lacrime,: non
sarebbe tornato a casa.
“Non credi che sia il caso di
dirlo agli altri?”gli domandò guardandolo perplessa
“Se avesse voluto che lo sapessimo ce l’avrebbe
detto” replicò Jigen mentre si sistemavano sul pullman.
Nessuno del gruppo si accorse che quasi insieme a loro era salito
quello che avrebbe potuto essere definito un intruso. Un intruso con i
capelli bianchi e gli occhi rossi.
“Ispettore Zenigata, secondo lei
perché quel samurai…” Walter si bloccò
mentre cercava di ricordare il nome “Goemon” gli
suggerì a bassa voce l’ispettore voltandosi a guardarlo
“Si, lui, perché si è comportato
così?” “Non è una domanda che devi rivolgere
a me. Non ti so rispondere” replicò “Avete visto
come l’ha trattato? Una cosa assurda” continuò il
ragazzo prima che Oscar lo rimbrottasse “Non giudicarlo, non sai
perché si è comportato così ed inoltre lo vedi da
solo che non ne è contento” disse severo indicando
l’oggetto della conversazione, che in quel momento stava
guardando dal finestrino con aria spenta “Perché non si
spiega? Perché non dice il motivo che l’ha spinto a
questo?” riprese Walter testardo “Forse perché non
vuole farlo sapere” rispose Zenigata tornando a guardare dal
finestrino, notando che si stavano avvicinando alla montagna e
così al dojo “Un grande cervello ma non solo quello: sono
alto e si molto bello” canticchiò a bassa voce mentre un
sorriso contento gli compariva sulle labbra: stavano per incontrare i
portatori della pergamena. “Io sono sempre del parere di
dirglielo” provò Walter dopo aver lanciato un occhiata
indagatrice all’ispettore ma Oscar freddò la proposta con
un secco “Scordatelo”. “Da qui ci tocca procedere a
piedi” commentò Lupin scendendo per primo dal bus per poi
voltarsi per aiutare cavallerescamente Fujiko a scendere “Prego,
cherì” le disse con un sorriso speranzoso “Mo lo
vatte” pensò Raffaele guardando ben nascosto la scena
aspettandosi come tutti che la donna lo rifiutasse quando invece con un
sorriso accettò la mano per poi dargli ,inaspettatamente, un
bacio, cosa che mandò l’uomo in completa trance amorosa o
qualcosa di simile, lasciando tutti sorpresi “Accidenti!!”
disse incapace di trattenersi Raffaele senza rendersi conto di aver
urlato e di essersi anche scoperto: solo quando si voltarono,
guardandolo sorpresi, capì che aveva fatto ,per usare le sue
stesse parole, un guaio grosso come una palla di cannone…con il
cannone. Il primo a riprendersi fu Goemon, che apparì freddo
“Tu che ci fai qui?” “Indovina” rispose il
ragazzo cercando di sorridere con scarsi risultati: Goemon ,anche se
non lo dava a vedere, era arrabbiato “Non ti ho detto di tornare
a casa? Perché non mi hai obbedito?” gli domandò
mentre aveva voglia di sottolineare ogni domanda con uno schiaffo:
perché non gli aveva obbedito? PERCHÈ?
Raffaele abbassò la testa, senza rispondere.
Perché lo trattava così?
Kaoru a quella scena pensò di intervenire senonchè una
mano avvolta da una camicia azzurra a sua volta avvolta in una giacca
nera le sbarrò la strada; stupita, alzò lo sguardo:
Jigen, il quale non guardava nemmeno lei, tenendo lo sguardo fisso sui
due samurai. Anche gli altri non dissero niente, comprendendo che fosse
il caso che se la vedessero da soli “Perché non
c’era alcun motivo di tornare a casa ,la voce del ragazzo, che
continuava a tenere la testa bassa, spezzò il silenzio, non ho
ancora completato il mio dovere: devo assicurarmi che tua sorella e tua
nipote ricevano giustizia. Forse tu quando hai deciso di tenermi fuori
non hai pensato che Miyuki e Mina fossero mia madre e mia sorella,
forse non hai pensato che avessi il diritto di vedere pagare
l’uomo che mi ha portato via due familiari, visto che ho
già capito che non hai alcuna intenzione di lasciare Hikijo a
me. Non ti è proprio venuto in mente che avessi il diritto di
decidere che cosa fare o non fare. Non ci hai pensato, vero? Beh, io ci
ho pensato e mi è sembrato più importante del tuo ordine
del cavolo. Adesso io sono qui e di qui non me ne vado. Se non sei
d’accordo, mi spiace ma fai uno sforzo per sopportarmi, dopo ti
assicuro che resterò qui in Giappone per non romperti più
le scatole, va bene?” terminò con tono velenoso sollevando
la testa di scatto, rivelando un espressione che nessuno gli aveva mai
visto: i lineamenti si erano induriti, non c’era più un
sorriso su quel volto mentre gli occhi ,stretti dalla rabbia,
sembravano emanare scintille ma anche tanta tristezza. Qualcosa si era
rotto in lui.
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Capitolo 12 *** In trappola ***
In trappola
Calò il silenzio nel gruppo: da
una parte c’era Raffaele che guardava freddo lo zio, che sembrava
come fulminato da quanto gli aveva appena detto il giovane davanti a
lui mentre gli altri erano rimasti altrettanto freddati da quanto era
appena avvenuto. Non si aspettavano che le cose andassero a finire
così. “Raffaele” disse Lupin mortificato cercando di
posargli una mano sulla spalla, ottenendo che il ragazzo si
scostò bruscamente per poi voltarsi e mettersi a salire il
sentiero che li avrebbe portati al dojo. Sentendo che nessuno lo
seguiva, si fermò, si voltò e li apostrofò
“Volete venire o forse la mia presenza albina da qualche problema
anche a voi?” ottenendo così che tutti ,scuotendosi dal
improvviso torpore, lo seguirono; Goemon rimase fermo al suo posto, a
fissare il terreno insieme a Jigen e Kaoru, che si bloccarono.
“Dovremmo dirglielo a Raffaele” disse a bassa voce la donna
ma Jigen ,guardando l’amico, scuotendo il capo rispose
“Deve essere Goemon a dirglielo. ,le spiegò sottovoce,
Vieni” disse gentilmente rivolgendosi al samurai, il quale solo
in quel momento sembrò riprendersi, mettendosi dietro al gruppo,
in modo che nessuno potesse vedere una lacrima ,un unico e sottile filo
argentato, scendergli lungo la guancia per scomparire dentro il kimono.
“Povero ragazzo” commentò sottovoce Walter
rivolgendosi al fratello, il quale gli rispose “Hai ragione ma
anche Goemon: il suo carattere è talmente chiuso che non riesce
neanche a spiegare il motivo del suo comportamento ai suoi amici”
“Sono sicuro che si riappacificheranno presto”
confidò Zenigata prendendoli per le spalle “Come fa a
dirlo?” gli chiese perplesso Oscar “Mi piace
pensarlo” confessò l’ispettore con un sorriso pieno
di speranza guardando prima Raffaele e poi Goemon.
Raffaele ,a capo del gruppo,
continuava a camminare guardando fisso davanti a sé imponendosi
di non voltarsi. Non voleva anzi non desiderava vedere Goemon in quel
momento, anche se gli dispiaceva comportarsi così. C’era
un limite a tutto e Goemon con quel comportamento l’aveva secondo
lui superato. Poteva benissimo avere un buono motivo per essersi
comportato così ma perché ,se non dirlo a lui, almeno ai
suoi amici? Che motivo poteva avere per tacerlo a tutti? Erano domande
che non avrebbero avuto risposta, almeno finchè non li avesse
rivolte all’uomo a cui in quel momento non aveva alcun desiderio
di rivolgere la parola.
Si sentiva in colpa per come aveva
trattato Raffaele ma d’altronde non aveva scelta: che cosa
avrebbe ottenuto se gli avesse raccontato tutto? Non sarebbe servito a
niente; conoscendo il suo carattere e coniugando la cosa con la sua
età ,in cui i giovani erano ribelli e testardi, non sarebbe
servito maggiormente a niente. Dirlo ai suoi amici? A che pro? Che
c’entravano loro in quella storia? E se anche li avesse messi
sull’avviso ,cosa per lui impossibile visto che non riusciva ad
aprirsi per quanto si sforzasse, che cosa avrebbero potuto fare?
Avrebbero ,certo, cercato di proteggerlo, Lupin e Jigen
l’avrebbero fatto senz’altro, Fujiko…. forse;
comunque, se era destino che morisse qualcuno…..(si fermò
bruscamente mettendosi contemporaneamente le mani nei capelli) Ecco un
altra preoccupazione: il maestro non gli aveva detto che era Raffaele a
dover farsi ammazzare e neanche gli aveva detto che dovesse morire
qualcuno: che diavolo stava combinando? Che cosa stava facendo? Stava
perdendo sé stesso ,ecco cosa stava facendo, e probabilmente
aveva perso suo nipote; ecco ,lupus in fabula, lo stava guardando,
insieme a tutti gli altri: ma non con il solito sorriso da
scavezzacollo o da ragazzo rompiscatole quale egli era certe volte ma
con un atteggiamento freddo. Sotto gli occhi perplessi dei suoi
compagni, lo raggiunse quanto più velocemente gli era possibile
“Dovrei parlarti” Raffaele non rispose niente, limitandosi
a spalancare leggermente gli occhi per la sorpresa. Non aveva voglia di
parlargli ma per rispetto verso sua madre decise di fare un piccolo
sforzo “Dimmi” gli rispose disponendosi ad ascoltare
“Ho frainteso ciò che mi ha detto il maestro del dojo
Maggiore del Fuoco, per questo ti ho trattato in quel modo” disse
soltanto “Mh? ,rispose Raffaele dopo qualche minuto trascorso ad
attendere l’inesistente continuazione del discorso di Goemon,
beh, complimenti” rispose lui seccamente prima di continuare a
camminare. “Avrebbe dovuto dirgli di
più”commentò Kaoru a bassa voce coprendosi la bocca
con una mano mentre guardava la scena con espressione triste
“Già” convenne Jigen altrettanto spiacente mentre
Lupin scuoteva la testa sconfortato guardando Raffaele allontanarsi e
Goemon immobile, fissante il suolo. Quanto stava venendo a costare
quella missione?
“Raffaele” lo
chiamò sperando di riuscire a salvare il rapporto tra Goemon e
il giovane davanti a lui, il quale si arrestò al suono del suo
nome, fece un respiro profondo e lentamente si girò verso Lupin
“Cosa?” gli chiese con un espressione stanca “Mi
rendo conto che sarai triste per come ti ha trattato Goemon e non posso
darti torto ma secondo me dovresti provare a parlargli, a chiedergli il
motivo che lo ha spinto a comportarsi così…”
“A parlargli?! ,ripetè esterrefatto il samurai, tu dici
che io dovrei parlargli? Ma io non voglio parlargli, in questo momento
non voglio sentire niente da lui, non mi interessa il motivo che lo ha
spinto a fare questo; tutto ha un limite, Lupin. Può avere un
buon motivo che lo ha indotto a comportarsi così ma ciò
non giustifica il mezzo che ha adoperato: non sempre il fine giustifica
i mezzi. Se proprio non riesce ad aprirsi al punto da spiegare le sue
motivazioni, avrebbe potuto allontanarmi in un modo diverso senza
essere così…così…senza ferirmi. Voi sarete
anche abituati ai suoi modi ma io no. ,concluse con le lacrime agli
occhi “Credo di capire come ti senti” commentò Lupin
ma fu interrotto “Oh no,oh no, Lupin, tu non puoi capire che cosa
si prova ad essere trattati così. Tu e Jigen sarete abituati ai
suoi modi, forse con voi non si è neanche mai comportato
così ma io che lo vedo per la prima volta mi sento profondamente
ferito. E adesso sarebbe meglio che ci muovessimo a raggiungere il dojo
supremo, ci mancherebbe soltanto che arrivassimo in ritardo passando
così per maleducati.” terminò continuando a
camminare senza più voltarsi indietro, lasciando Lupin
sconfortato. Camminarono in perfetto silenzio finchè sul
sentiero non comparvero a sinistra delle scale decorate da foglie
secche e qualche radice appartenente ad una dei tanti alberi presenti
“Dobbiamo salirle per arrivare al dojo, vieni qui vicino a me,
Goemon, i portatori della pergamena devono essere in testa al
gruppo” chiarì Kaoru guardando le scale affiancandosi a
Raffaele, che non sembrò tanto contento di vedersi affiancare
dallo zio ma non lo diede a vedere, limitandosi a stringere per una
frazione di secondi gli occhi. A mano che mano salivano facendo
attenzione a non inciampare in una delle radici presenti sulle scale si
fece sempre più visibile quella che sembrava a prima vista un
tempio, una costruzione da cui sembrava alzarsi del fumo odoroso di
incenso ma quando raggiunsero l’ultima scala si trovarono davanti
al più bizzarro tempio che avessero mai visto: in mezzo ad una
radura c’era una gigantesca costruzione quadrata priva di mura al
lato destro, a quello sinistro e all’entrata, situata davanti a
loro cosicché si poteva anche notare che in fondo ci fosse un
qualcosa che sulle prime non riuscirono a distinguere. Avvicinandosi,
si resero conto che il qualcosa in questione era rappresentato da
quattro gigantesche statue uno vicino all’altra e ,cosa che
suscitò perplessità, rappresentavano quattro
divinità greche: Efesto, Poseidone, Eolo ed infine una donna che
fu identificata per Gea. Entrando ebbero modo di rendersi conto che le
statue erano talmente grandi che la testa toccava il soffitto ed erano
così ben fatte da sembrare vere; con i loro occhi di marmo
sembravano ricambiare lo sguardo ai nuovi arrivati che nel silenzio
più assoluto li osservavano a loro volta “Queste sono
statue greche, che ci fanno qui?” domandò perplesso Jigen
guardando prima le statue e poi girandosi verso Kaoru,Goemon e Raffaele
ma quest’ultimi ,perplessi alla pari degli altri, non seppero
rispondere “Non sappiamo perché ci siano queste statue,
questo dojo viene usato soltanto nei casi di emergenza riguardo il
Grande Segreto. È la prima volta che veniamo qui” rispose
Kaoru con gli altri due colleghi che confermarono le sue parole
“È un tempio molto strano questo. Si trova in Giappone,
eppure presenta statue di divinità greche
dell’antichità” commentò Lupin grattandosi la
testa guardandosi intorno stupito ma Goemon l’interruppe, freddo
come al solito “Dobbiamo aspettare che arrivino gli altri
portatori della pergamena” “Potete smettere di attendere
allora” replicò una voce sconosciuta alquanto divertita
“Co…?” disse Lupin guardandosi intorno come gli
altri per vedersi con orrore circondato da almeno ventiquattro uomini
vestiti di nero, tutti armati fino ai denti. Insieme ai compagni Lupin
tirò fuori la pistola mentre continuava a guardarsi intorno:
erano completamente circondati. “Oh cavolo, cavolo, cavolo”
sibilò a denti stretti Oscar guardandosi freneticamente intorno
mentre Walter impallidiva alla pari del fratello “Gli uomini di
Kanemoti” disse a voce strozzata mentre stringeva il braccio del
fratello “Bravo, bravo” disse la voce di prima ,adesso
riconosciuta, accompagnata da un applauso saturo di sarcasmo mentre da
dietro le statue usciva la figura di Kanemoti, Hikijo ,che si
scambiò uno sguardo di puro odio con Goemon e Raffaele, e altri
quattro personaggi che il gruppo non aveva mai visto prima. “Se
devo essere sincero vi stavamo aspettando da un ora”
precisò Kanemoti con una risata e un sorriso ironico mentre
guardava l’orologio “Davvero? Mi spiace tanto, in genere
non mi piace arrivare in ritardo agli appuntamenti ma la segreteria non
mi aveva avvisato” rispose Lupin mentre cercava di trovare una
via di uscita “Non importa, lo sapevamo e ci siamo organizzati in
modo da incontrarvi ugualmente ,spiegò ancora Kanemoti senza
perdere il sorriso, oh, a proposito, permettetemi di presentarvi i miei
compagni: beh, Hikijo già lo conoscete. Questo ragazzo che mi
assomiglia tanto ,disse appoggiando una mano sulla spalla al giovane
samurai con i capelli marrone chiaro, è mio nipote Liu Kang
Kanemoti mentre la ragazza con i capelli biondi con la pistola Condor
si chiama ,disse guardando Jigen, Alexis Kowalski mentre la ragazza con
i capelli neri si chiama Kate Pycal e l’altra è Nemesi
Wolf. Si ,confermò di fronte le loro espressioni stupite, sono
tutti parenti di vostre vecchie e perdute conoscenze.” concluse
godendosi le loro espressioni incredule. “Io sono la figlia
adottiva di Karen Kowalski. Mi adottò quando avevo sei anni
quindi non pensare che io sia tua figlia” precisò
immediatamente Alexis di fronte all’aria stupefatta di Jigen e
alla sua espressione che lasciava ben capire a cosa stesse pensando.
“Io invece sono la sorella minore di Pycal, lo ricordi, vero
Lupin?” domandò con sguardo e voce saturi di rabbia
“Si, me lo ricordo” rispose Lupin serio, non aveva voglia
di scherzare “Io invece sono la sorella minore di Antonio Wolf,
il killer a cui voi due, Lupin e Jigen, avete mozzato le
orecchie” si presentò Nemesi “Sei contento, Lupin? I
fantasmi del passato sono tornati a farvi visita” domandò
Liu Kang “Si sono presentati tutti ma mi pare che qualcuno
non abbia ancora fatto le sue presentazioni ,rispose il ladro, voi due
che cosa avete a che fare con il nostro passato?” chiese mentre
si accendeva una sigaretta “Già, è vero. ,convenne
Kanemoti mentre si avvicinava a lui e gli portava via la sigaretta per
poi buttarla a terra, da cui uscì del fumo che avrebbe dovuto
teoricamente accecare lui e i suoi uomini, mi spiace ma odio la gente
che fuma mentre parlo ,spiegò strafottente mentre
l’espressione di Lupin si irrigidiva, io e mio nipote abbiamo
molto a che fare con il passato del tuo amico Jigen” disse
guardando il pistolero, che non mutò la sua espressione fredda
“Ti ricordi quando ti fu dato ordine di uccidere il figlio del
capo della mafia internazionale, Crow Kanemoti?” prese la parola
Liu Kang con voce lenta “Si” rispose Jigen altrettanto
lentamente “Era mio padre e lui ,disse indicando Hideyoshi, era
suo padre” a quelle parole, Jigen si sentì chiudere lo
stomaco: erano nei guai, in grossi guai. “Ci sono voluti anni per
trovarti ,anzi, precisò, per trovarvi e abbiamo fatto una
faticaccia per trovare coloro che hanno avuto a che fare con voi,
trovare i contatti giusti ma alla fine vi abbiamo preso”
“Quando ho cercato informazioni su di voi non ho trovato
niente” sibilò Jigen “Sapevamo che avresti cercato
informazioni su di noi e ci siamo premuniti. Abbiamo contatti
dappertutto che prendono grosse mazzette per collaborare con noi
,spiegò il giovane, non stato facile ma alla fine vi abbiamo
preso. Prendeteli” ordinò rivolgendosi agli uomini che
fino a quel momento si erano limitati a tenere d’occhio i
prigionieri “E no, ragazzo mio, intervenne suo nonno, dobbiamo
prima prendere le due ultime pergamene del Chi. Coraggio,
consegnatecele” disse tendendo la mano ma Kaoru e Goemon non ci
pensarono proprio “Suvvia, a che vi serve tenervi le pergamene se
le altre sono completamente distrutte?” riprese l’uomo
provocando il raccapriccio e lo stupore dei prigionieri
“Distrutte?” ripetè incredulo Raffaele “E non
solo quelle ma anche le scuole sono state ridotte in cenere”
“Le scuole maggiori?” domandò raccapricciata Kaoru
“Voi siete gli unici rimasti vivi delle vostre scuole”
spiegò crudele Hikijo “Come…come le avete
trovate?” balbettò Kaoru cercando di ricomporsi
“Questo chiedetelo a lei” disse ancora Hikijo indicando una
persona dietro tutti ma prima che potessero voltarsi Fujiko si era
già avvicinata ai due Kanemoti “Tu, Fujiko?” disse
incredulo Lupin mentre Jigen e Goemon la guardavano con grande
disprezzo “Mi spiace, Lupin ma mi hanno fatto un offerta
straordinaria che non saputo rifiutare. Vedi, mi hanno offerto tanti di
quei soldi per collaborare con loro e mi hanno anche promesso di farmi
dare un occhiata alle pergamene oscure, in modo da vedere il Chi.
Potrò rubare senza rischio di farmi prendere” rispose la
donna lasciandosi abbracciare da Liu Kang “Ma tu guarda che
stronza” commentò Raffaele a bassa voce quando si
sentì mettere qualcosa in mano; stupito, guardò la
pergamena dell’acqua per poi guardare Kaoru ma prima che potesse
dire qualcosa “Tienila tu” l’anticipò lei
prima di scagliarsi a tutta velocità verso Liu Kang
“Kaoru!” la chiamò allarmato Jigen ma ormai era
troppo tardi: con la spada sguainata, Kaoru la levò cercando di
colpire non Liu Kang ma….
“Fujiko!” urlò
Lupin altrettanto allarmato ma ciò non impedì alla spada
di Kaoru di passare molto vicino al collo di Fujiko, la quale
,spaventata e presa alla sprovvista, urlò mentre Liu Kang si
allontanava, alquanto divertito “Maledetta cagna ,ruggì
Kaoru furiosa ,guardando la donna davanti a lei con i lineamenti
deturpati dall’ira, hai condannato a morire tanta gente per sete
di denaro e anche i miei compagni, il mio amato maestro,
tu…brutta…lurida serpe ipocrita!!!” ringhiò
alzando la spada ma prima che potesse abbassarla si sentì una
detonazione e la spada di Kaoru le volò di mano: stupita, si
guardò indietro per vedere Lupin con la pistola in pugno
“Mi spiace ma questo non posso lasciartelo fare” le
spiegò freddo mentre Jigen lo guardò esterrefatto prima
di ,pieno di rabbia, sferrargli un pugno che lo fece cadere a terra. A
Raffaele gli scappò un grido allo stesso modo di Walter ed
Oscar, solo Zenigata e Goemon rimasero freddi “Sei un maledetto
idiota!!” ruggì Jigen furioso rivolgendosi
all’amico, il quale non rispose niente, limitandosi a
controllarsi la mascella prima di rialzarsi “Consegnatemi le
pergamene o lei muore” la voce di Hikijo li fece voltare,
provocando un brivido a tutti: Kaoru era tenuta ferma e minacciata da
Hikijo, il quale le puntava la lama della spada alla gola. “Non
dategliele, vi prego” li supplicò la donna guardando
tutti, in particolare Jigen. Questi rimase fermo al suo posto a
guardare la donna mentre Lupin sembrava riflettere velocemente. Jigen
indietreggiò fino a raggiungere Goemon e Raffaele
“Datemele” disse sottovoce “Come?” gli
domandò Raffaele stupito mentre Goemon senza fare domande ma con
l’aria di aver già compreso si frugava nel kimono
“Volete darmele o preferite che le tagli il collo?”
intervenne Hikijo seccato facendo ulteriore pressione sulla gola della
donna, la quale serrò le labbra rifiutandosi di gridare quando
la lama penetrò fino a far scaturire sottilissime strisce di
sangue. “Tieni” gli disse Raffaele passandogli la pergamena
“Jigen” lo chiamò Goemon mentre l’amico si
accingeva a consegnarle “Mh?” guardandolo interrogativo
“Bravo” lo approvò Goemon. Senza rispondere, Jigen
superò Lupin, che lo guardò stupito
“Ma…Jigen” ma quest’ultimo non lo
lasciò parlare “Bene, dammele” disse Liu Kang
avvicinandosi e tendendo la mano ma invece di dargliele Jigen
guardò in modo significativo la donna, la quale passò dal
raccapriccio al sorriso, poi sorrise a sua volta e sotto lo sguardo
stupefatto degli avversari stracciò le pergamene “Le
avreste comunque distrutte ma perlomeno non sapete che cosa ci fosse
scritto” spiegò loro Jigen tranquillo “Mhp, hai
ragione” convenne tranquillo a sua volta Hikijo che dopo aver
allontanato la lama dalla gola della donna la spinse lontano da
sé “Ma tu ,Chi, è inutile che rimani nascosta,
unisciti a noi” riprese la parola Hideyoshi invitando la bambina
a presentarsi “Perfetto, mi ero proprio rotta la scatole”
si sentì rispondere “Ispettore Zenigata!” Lupin e
gli altri si voltarono al grido dei fratelli Fujimoto per accorgersi
che l’ispettore non c’era più.
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Capitolo 13 *** Furore ***
Furore
“Sono qui, ragazzi” rispose una voce
debole e a malapena udibile. Si voltarono per vedere uno spettacolo
allucinante: vicino ad Hideyoshi c’era un ispettore Zenigata che li osservava
sorridendo maligno mentre un altro era
sostenuto da due mafiosi. Lupin sentì una fitta al cuore vedendo le condizioni di
quell’uomo che non avrebbe certo riconosciuto se non avesse saputo chi fosse:
la barba gli era cresciuta piuttosto irregolare sul viso insieme ai capelli, ed
era più magro di prima a causa delle privazioni a cui era stato costretto
“Zazzà” lo chiamò Lupin controllando con sforzo supremo la voce “Mi dispiace,
Lupin” gli rispose questi guardandolo mortificato “Non sapevo che Chi avesse
preso le sembianze dell’ispettore Zenigata e ci avesse seguito” disse Fujiko
stupita guardando leggermente offesa Hideyoshi, il quale sorridendole le
rispose “Non mi è sembrato necessario, mia cara ma spero che tu possa
perdonarmi” “Io…io non capisco” intervenne Walter guardando i due Zenigata con
aria terribilmente confusa “Mi sembra chiaro che tu non capisca ,intervenne
Hideyoshi improvvisamente duro guardando i traditori, anche quando tu e tuo
fratello stavate ai miei ordini non eravate particolarmente brillanti” “Che?!”
lo stupore della banda di Lupin fu secondo solo a quello di Zenigata ,il vero
Zenigata, il quale guardò i due stupefatto “Oh, ispettore, non ve l’hanno
detto? Mi spiace” gli chiese fintamente mortificato Hideyoshi battendogli
comprensivo una mano sulla spalla prima di voltarsi verso i prigionieri “A
quanto pare quei due miei ex killer non vi hanno detto che un tempo facevano
parte della mia banda prima di tradirmi” disse guardando Oscar e Walter in modo
talmente sprezzante da spingere il primo a prendere la parola “Scelta di cui
non ci siamo mai pentiti e devo dire anche a nome di mio fratello ,che di
sicuro è d’accordo con me, che il tempo trascorso in polizia anche se breve è
stato il migliore della nostra vita” concluse fiero con il fratello che
confermava le sue parole “Mi fa piacere ,disse Hideyoshi, ma a quanto pare la
mamma non vi ha insegnato che si ringrazia colui che vi fa un favore, vero?”
“Come?” domandò Oscar mentre la confusione si delineava sui suoi lineamenti
“Vedete ,si accinse a spiegare unendo le dita delle mani come in preghiera,
quando ho saputo che mi avete tradito avrei potuto farvi uccidere subito ma ho
voluto semplicemente farvi un piccolo regalo prima: volevate avere una vita
diversa? Okay. Vi ho tenuti d’occhio in modo che qualunque lavoro avreste
scelto, mi sarebbe bastato un ordine per liquidarvi ma ho atteso, lasciando che
vi godiate la nuova vita.” “Brutto stronzo” sibilarono insieme i due “Chi è
stata tutto il tempo con noi?” chiese Lupin colpito guardando il falso
ispettore, il quale per tutta risposta si mise a ridere prima che la pelle del
volto e i vestiti si sciogliessero rivelando la figura di una bambina con un
vestito nero “Per
essere un ladro scaltro ed intelligente per me ti sei comportato come un
idiota, Lupin” commentò la bambina sprezzante
sistemandosi il berretto in testa prima di avvicinarsi al ladro “Non so se
siete sordi o avete la memoria a breve termine ma vi detto di consegnare le
armi oppure le taglio il collo” ricordò loro Hikijo “Ah già” rispose Lupin
guardando prima Hikijo e poi Chi per poi puntare la pistola verso quest’ultima,
la quale sembrò leggermente sorpresa ma non si mosse dal suo posto, limitandosi
a spostare la testa per guardare da diverse angolazioni la pistola “Adesso
tocca a voi gettare le pistole altrimenti l’uccido” disse con uno strano
sorriso in faccia: sembrava sofferente. Ci fu un attimo di silenzio, interrotto
poi dalla risata di Hideyoshi e del nipote mentre gli altri ,sia gli alleati
che i prigionieri, restavano in silenzio “È inutile, Lupin” disse Chi fingendo di guardarsi le unghie con aria
annoiata mentre l’aria soddisfatta di Lupin si incrinò leggermente “Perché?” le
chiese guardandola preoccupato “Perché non provi a spararmi? Io penso che non
ci riuscirai” lo sfidò la bambina mettendosi in
posizione “Coraggio, Lupin, fa pure” l’incoraggiò tranquillo Hideyoshi con un
gesto della mano. Di fronte a quella reazione del tutto inaspettata, Lupin si
sentì in trappola: non si aspettava una simile reazione e non avrebbe mai,
veramente, sparato. “Qualche problema?
,s’informò preoccupata la bambina, allora ti darò una mano” e dicendo questo si avvicinò fino a toccare la punta della
canna con la eburnea fronte, cosa che sembrò agitare ulteriormente Lupin.
Quest’ultimo ,con la mano che gli tremava e con gli occhi che guardavano con un
misto di orrore e raccapriccio Chi, espressione in perfetto contrasto con
l’aria di sfida e tranquilla dipinta sul volto di Chi. Era una stronza perversa
ma non per questo avrebbe trovato il coraggio di sparare. Dopo un attimo di
silenzio sepolcrale Lupin abbassò lentamente l’arma per farla poi cadere a
terra, gesto che ,dopo un attimo di sorpresa, fu ripetuto da parte dei suoi
amici. “Bene, Fujiko, hai fatto davvero uno splendido lavoro” si complimentò
Hideyoshi guardando la donna mentre suo nipote alle sua spalle sorrideva “Non è
stato difficile ,rispose lei modestamente prima di gettare uno sguardo sulle
persone che aveva tradito, addio Lupin” disse con voce fintamente triste come
la sua espressione mentre indietreggiava verso Hideyoshi “Scusa, Fujiko ma stai
sbagliando posizione: il tuo posto è con loro” disse fredda Pycal mentre Nemesi
le puntava la pistola contro “Come?” disse Fujiko esterrefatta guardando i suoi
ex alleati puntarle le armi contro “Unisciti ai tuoi amici” le ordinò ancora
Kate “Mi avete tradita” disse ancora la donna lentamente guardandoli uno ad uno
“Parole strane sulla bocca di una come te” rispose Kate fredda prima di avere
un accesso di tosse seguito dalla comparsa di sangue, cosa che spinse Nemesi ad
avvicinarsi di corsa “Le mie condizioni stanno velocemente peggiorando ,disse
Kate continuando a tossire, e di questo devo ringraziare te, Lupin”
accompagnando il tutto con uno sguardo pieno di odio “Ah, si? E come mai?” le
domandò Lupin leggermente incuriosito “Ti ricordi la faccenda dei cristalli?
Quelli sull’isola greca che davano vita a delle melodie nascoste da una
sequenza di numeri da decifrare?” intervenne Nemesi reggendo l’amica “Si, suo
fratello mi diede molti problemi” rispose Lupin “Quei cristalli le avrebbero
permesso di salvarla dalla malattia” concluse velenosa la donna, lasciando
sconcertato e desolato il ladro. Quasi involontariamente, la memoria lo riportò
al loro secondo incontro: Pycal si era travestito da Zenigata e l’aveva
inseguito dal castello in cui aveva appena rubato il famoso cristallo fino ad
arrivare in città, in cui si teneva una festa……
“Ehi
,amico, ci fai gli scherzi da pagliaccio?” la voce speranzosa ed ansiosa di
divertirsi del bambino gli fece salire un sorriso a quaranta denti sul volto;
per fortuna aveva previsto l’inseguimento ed era già truccato di tutto punto
“Che fortuna ,bambini, siete arrivati giusto in tempo per vedere le prestazioni
del pagliaccio equilibrista” gli rispose gaio facendo comparire da dietro la
schiena degli anelli dorati che unì in un attimo mentre con un salto elegante
all’indietro salì sulla corda tesa per l’occasione. Facendo attenzione a stare
in equilibrio su un piede solo e contemporaneamente a non farsi scappare di
mano gli anelli, Lupin si guardò intorno per assicurarsi che non ci fosse quell’infernale
Pycal o qualcuno della sicurezza del castello tra i piedi ma le sue speranze
andarono a farsi benedire perché proprio in quel momento dal vicolo uscì
,tranquillo e freddo, proprio Pycal con ancora il travestimento da Zenigata. Questi
si avvicinò a guardare lo spettacolo, mettendosi dietro agli altri bambini, i
quali guardavano eccitati Lupin, che a sua volta guardava con la coda
dell’occhio l’ispettore senza dare l’impressione di essere preoccupato. Come
niente, gli lanciò uno dei cerchi seguito poi dagli altri, che furono tutti
presi al volo dall’ispettore, il quale da come li fece abilmente girare sembrò
al piccolo ed estasiato pubblico l’aiutante del pagliaccio. Quest’ultimo
,sempre con gli occhi dell’ispettore addosso, sceso dalla corda prese una
manciata di colorate palline di gomma, facendole volteggiare tra le mani
imitando contemporaneamente ,forse per divertire ulteriormente i bambini o
perché fosse effettivamente matto, il verso di una gallina. L’ispettore ,avvicinatosi a lui con ancora i
cerchi tra le mani, gli rivolse la parola “Dammi subito il cristallo” “Co,co,
cosa?” gli chiese strafottente lui lanciandogli le palline, che si
trasformarono in coltelli quando Pycal li prese in mano “Il cristallo che hai
appena rubato.,gli spiegò esasperato, Tu non sapresti che fartene ,capì che
Lupin non aveva la minima intenzione di darglielo, cosa che l’esasperò ulteriormente,
dammelo subito” gli disse con voce imperiosa minacciandolo coi coltelli ma
Lupin per tutta risposta tagliò la corda, con Pycal dietro.
Adesso capiva perché gli avesse dato la
caccia così tanto a lungo per quei cristalli e perché ci fosse in quegli occhi
la disperazione: era per la sorella minore, che adesso stava davanti a lui e lo
guardava piena di rabbia e dolore. “Mi dispiace molto, l’ignoravo altrimenti
glieli avrei consegnati” si spiegò desolato “Credi che basti dire “Mi dispiace”
per risolvere tutto?” gli chiese Kate smettendo di tossire mentre si puliva la
mano e la bocca mentre delle lacrime le colavano sul volto ma a questa domanda
non ci fu risposta. “Unisciti a loro ,Fujiko, non farmelo ripetere un'altra
volta” le ordinò Nemesi pungolandola con l’arma “Ma io che c’entro con la
vostra vendetta? Sono stati loro ad uccidere i vostri familiari, io non ho
fatto niente!” si difese disperata “Mio fratello ti amava e tu l’hai tradito”
le rispose Kate guardandola con disprezzo “Io non voglio morire, permettetemi
di unirmi a voi e farò qualunque cosa vogliate” insistette disperata ma per
tutta risposta Nemesi la pungolò con l’arma, gesto che convinse la donna ad
obbedire insieme all’ispettore Zenigata.
Raffaele osservava l’approssimarsi
della sua fine senza dire una parola e con crescente preoccupazione, sentimento
condiviso anche dai suoi amici. Nessuno di loro era così stupido, così ingenuo
da sperare di salvarsi la vita, nessuno si illudeva di uscirne vivo da quella
trappola, che cosa potevano fare ormai? È vero, avevano lasciato loro le armi
ma che utilità potevano avere contro così tanti avversari che li avevano
circondati? Che cosa poteva fare un lupo quando era completamente circondato
dai cani e dai cacciatori? Niente. Da come vide i nemici preparare le armi, capì
che stavano per essere massacrati ed ebbe paura. Aveva voglia di scappare,
darsi alla fuga, tentare qualcosa ma si controllo: che figura avrebbe fatto
davanti a tutti? Sentì la gola seccarsi insieme ai brividi freddi, non si
sentiva pronto quando sentì una mano stringere la sua ma gli bastò abbassare lo
sguardo per riconoscere subito Goemon, il quale lo guardava con l’aria di chi aveva
capito tutto. Si sentì improvvisamente in colpa per come l’aveva trattato e
capì immediatamente quel che poteva fare: scusarsi con lui in quei pochi
momenti che avevano ancora a disposizione. “Goemon ,gli disse esitante
stringendogli ulteriormente la mano, mi dispiace per come ti ho trattato
prima…” si accorse con orrore che la voce era roca, gracchiante ma Goemon non
sembrò farci caso in quel momento “La colpa è mia, avrei dovuto dirti come
stavano le cose. Perdonami” gli spiegò abbassando gli occhi: quelle parole
ebbero lo strano effetto su entrambi di fare dimenticare la situazione in cui
si trovavano; stettero in silenzio a guardarsi negli occhi per un breve attimo
prima che Raffaele riprendesse la parola “Ho paura” confessò sinceramente non
senza un pizzico di vergogna “Anch’io” gli rispose Goemon con un sorriso
stiracchiato. “Stai
per avere la tua vendetta, Hikijo, finalmente”
la voce allegra della bambina li costrinse a ritornare alla realtà e vederla guardare
adorante il samurai, che si costrinse a sorridere “Già, infatti” disse evitando
di guardarla “E
dopo…. ” disse la bambina stringendo le mani
in boccio con una strana espressione che non piacque tanto al ragazzo, per cui
si affrettò a chiedere “Che cosa?” mentre Liu Kang tratteneva a stento una
risata “Avremo
tutto il tempo per vivere insieme” gli
spiegò la bimba guardandolo felice. Hikijo preferì non rispondere. “Coraggio,
allora, uccideteli” ordinò Hideyoshi con un sorriso soddisfatto rivolgendosi ai
suoi uomini ma al suo ordine nessuno fece fuoco: come statue, i sottoposti
continuarono a tenere le armi puntate contro Lupin e i suoi amici. Restò
leggermente interdetto “Non avete sentito? Fate fuoco” ordinò allora il nipote
ma fu inutile “Mi dispiace ma non le obbediranno” gli disse Alexis guardandolo “Che vuol dire?” gli chiese duro l’uomo
stringendo gli occhi “Io e i miei compagni siamo cresciuti con i precetti dello
stile Kuroi e c’è una regola che ci impegna a combattere l’avversario senza
aiuti da parte di estranei perciò io, Kate, Nemesi ed Hikijo combatteremo senza
l’aiuto del nostro gruppo ma non per questo obbedirà a voi: noi restiamo
comunque loro capi.” spiegò la donna tranquilla sostenuta dai compagni samurai
“Ma non siate ridicoli! ,intervenne Liu Kang guardando i compagni sprezzante,
Precetti? Che vi importa? Questo stile serve solo per vedere il Chi, che cazzo
vi frega delle regole?” “Noi faremo così” rispose impassibile Hikijo “Beh,
affari vostri. Allora vorrà dire che Jigen verrà eliminato per primo.
Prendetelo” ordinò ancora Liu Kang indicando con una mano l’oggetto della
discussione ma questa volta Nemesi protestò insieme ad Alexis “Mi dispiace ma
anche noi abbiamo un conto in sospeso con lui, non puoi farlo” disse Nemesi “La
vendetta spetta anche a noi” aggiunse Alexis “E a me che mi frega?” rispose il
giovane accalorandosi mentre Chi guardava divertita la cosa. Prima di
intervenire, scosse il capo commiserevole coprendosi teatralmente il viso con
la mano “Povera
me, che scemi. Se posso dare un consiglio, vi consiglio di fare nel seguente
modo: combattetelo tutti e tre senza accopparlo e al momento di levarvelo dai
piedi lo uccidete contemporaneamente insieme.”
suggerì con l’aria di una che ha appena parlato con dei babbei “Brava Chi,
ottima idea” l’approvò Hideyoshi battendogli una mano sulla spalla. “Maledetti”
sibilò Lupin guardandoli con odio “Ma che bastarda quella bambina” sibilò
altrettanto arrabbiato Raffaele mentre guardava Jigen, il quale appariva
perfettamente calmo benché avesse sentito benissimo che genere di morte lo
attendeva. Sentì il rispetto per quell’uomo crescere insieme ad una grande
tristezza: gli dispiaceva che morisse: gli era simpatico e gli aveva insegnato
anche a sparare e adesso era condannato a causa di quella piccola stronzetta ad
un morte atroce: si sentì montare la furia addosso: non era giusto. Ma che
poteva fare?
“Faremo come ci ha suggerito Chi,
allora: lo combatteremo insieme e al momento di ucciderlo lo colpiamo insieme
però io lo finirò con una buona pallottola in testa.” disse cinicamente in quel
momento Liu Kang mentre Jigen ,dopo aver lanciato un rapido sguardo a tutti veniva
accompagnato verso la sua fine, rappresentata da quei tre samurai che lo
aspettavano con le armi in mano. Raffaele sentì una stretta al cuore vedendo
Lupin che tremava di rabbia con un espressione terribile in faccia: un misto di
disperazione e furia più completa insieme alla sensazione di assoluta
impotenza. Guardò Goemon: il suo volto non lasciava trasparire nessuna emozione
ma avvicinandosi notò l’irrigidimento della mascella e il fuoco negli occhi
mentre Kaoru piangeva a dirotto. Vedendola così pensò che dovesse dirle
qualcosa ma non sapeva cosa, cioè cose da dire ne aveva ma erano alquanto
inopportune: era buffo ma in casi come quelli le uniche cose che venivano in mente
erano inopportune e ciniche, come per esempio il fatto che non fosse proprio
una buona morte quella che attendeva Jigen: era sempre vissuto con la pistola
in mano, quindi sarebbe stato meglio che morisse ucciso da proiettili, noh? Proiettili?
Gli venne in mente un idea: non era
affatto certo di riuscire a salvare Jigen ma sicuramente l’avrebbe vendicato.
Più velocemente che potè e cercando di non dare nell’occhio si avvicinò
silenziosamente a Lupin, che in quel momento non aveva occhi che per l’amico prossimo
alla morte “Lupin ,bisbigliò Raffaele, dammi dei proiettili, sbrigati” “Dei
proiettili?” lo guardò lui sconcertato “Sei pronto al combattimento, Jigen?” gli chiese maligna Chi senza ottenere risposta dal
pistolero, che guardava freddo i suoi avversari mentre controllava che la
pistola fosse carica “Muoviti” gli rispose Raffaele lanciando sguardi
preoccupati al gruppo e intorno, sperando che nessuno notasse il loro
movimento. Dopo un attimo di smarrimento, Lupin si frugò in tasca “Ecco” gli
disse abbastanza perplesso mettendogli i proiettili in mano “Bene, mettiti a
fianco a me, così non si notano e tieniti pronto a passarmi altri proiettili
nel caso ne abbia bisogno” “Per caso mi hai scambiato per una cassa di proiettili?”
gli chiese scherzando Lupin ma il ragazzo non gli rispose, mettendosi un proiettile
nella mano destra e nell’altra. Fatto un respiro profondo, prese la mira e poi
,pregando di non sbagliare, fece partire i proiettili: Liu Kang e Alexis
,colpiti alla spalla, lasciarono cadere le armi mentre Nemesi li guardava
stupita “Che succede?” chiese loro ma prima che potesse avere risposta Raffaele
approfittando della confusione aveva già caricato nuovamente le mani e fatto
partire altri due proiettili: uno colpì Nemesi, permettendo a Jigen di avvicinarsi
di corsa ai suoi amici e l’altro proiettile diretto verso Hikijo, il quale
,confuso alla stessa maniera degli altri, non riusciva ancora a capire cosa
stesse accadendo. “NO!!! ” la voce piena di
spavento di Chi risuonò in tutto il tempio mentre Hikijo ,incosciente del
pericolo, si guardava preoccupato in giro prima che Chi gli saltasse addosso
buttandogli le braccia al collo. Per un attimo rimase come paralizzato,
stupefatto del gesto di Chi quando sentì il corpo di questa tremare
incontrollabile all’improvviso prima che una gigantesca raffica di vento
uscente dal suo corpo si sprigionasse per tutto il tempio, scaraventandolo
lontano da lei a terra insieme a tutti gli altri presenti. “State bene, amici?”
fu la prima domanda che Raffaele porse guardando preoccupato i compagni, che a
quanto pare erano incolumi: Lupin tenendo stretta Fujiko a sé gli rispose di si
come Jigen che teneva stretta Kaoru, l’ispettore Zenigata, Goemon e i fratelli
Fujimoto: stavano tutti bene. Rassicurato, si mise in piedi e un sorriso
soddisfatto e allo stesso tempo stupito gli comparve in viso: due delle quattro
statue greche erano a causa del forte vento scatenato da Chi state scalzate
dalla loro posizione andando a cadere schiacciando fortunatamente i tirapiedi
di Kanemoti, il quale in quel momento si era alzato a fatica da terra insieme
agli altri e stava raggiungendo Chi, la quale stava a terra, immobile. Hikijo
fu il primo a raggiungerla “Che diavolo…?” disse guardando con spavento la
macchia di sangue sul suo kimono e quello
che Chi sputava dalla bocca; senza accorgersi che gli altri suoi compagni si
erano velocemente avvicinati a lui e senza vedere il sorriso crudele e
soddisfatto di Raffaele e quello stupito e ammirato dei suoi amici, Hikijo le
guardò la schiena per vedere il buco di un proiettile: qualcuno le aveva
sparato ma chi? Non c’erano state detonazioni. “Qualcuno le ha sparato” disse
debolmente Hikijo continuando a guardarla “Ma chi cazzo può aver sparato se non ci sono
state detonazioni?!” ruggì furioso Hideyoshi mentre vicino a lui Liu Kang si
tamponava la ferita “Io forse so chi” intervenne Pycal guardandosi intorno
prima di fissare lo sguardo su Raffaele “È stato lui! È dello stile Tuti” urlò
indicandolo “Via, ragazzi!” urlò Lupin ma prima che qualcuno potesse fare
qualcosa, a quelle parole gli occhi di Chi ebbero un guizzo mentre una strana
luce gli illuminò gli occhi. “Chi?” la chiamò esitante Hikijo ma tacque come
tutti gli altri vedendo la sua espressione gelida e furiosa, gli occhi che si
illuminavano di una luce rossa e i capelli biondi che turbinavano come scossi
da un forte vento. Di fronte a quello spettacolo e contro la loro volontà Lupin
e gli altri si bloccarono. Con evidente fatica, Chi si rialzò e guardò Raffaele
mentre il sangue che le colava dalla bocca cadeva a terra “Ti credevo un
avversario da poco ma ti ho sottovalutato. Mi hai preso di sorpresa,
complimenti e per questo ti do il giusto premio”
e dicendo questo fece uno strano movimento con le mani, come se stesse
separando qualcosa prima di svanire. Preoccupato, Raffaele si guardò intorno senza
vedere niente, a parte gli altri nemici e i suoi stessi compagni che si
guardavano preoccupati in giro. Sentì dei passi leggeri e a mala pena udibili.
Si mise attentamente in ascolto: si, aveva sentito bene ma non riusciva a
localizzarne la posizione: sembravano dappertutto. Si guardò attorno
freneticamente senza alcun risultato finchè i passi non cessarono bruscamente.
Calò un silenzio di tomba in cui i presenti ebbero appena il tempo di chiedersi
che cosa stesse per accadere che Chi ricomparve bruscamente davanti a Raffaele.
Questi ebbe appena il tempo di notare che una delle mani di Chi era avvolta da
una specie di sfera rossa e nera al cui interno c’era qualcosa in continuo
movimento che la bambina gliela appoggiò sul petto. Scomparve ,apparentemente
assorbita e dopo pochi secondi in cui Chi disse qualcosa di incomprensibile
prima di cadere a terra indubbiamente morta, Raffaele fu scaraventato
all’indietro, come spinto da una forza invisibile. In aria e contro la sua
volontà, fece una capriola per cadere a terra toccando con violenza mostruosa
il pavimento con la faccia. Toccò il suolo come una marionetta a cui erano
stati tagliati i fili per poi non rialzarsi più. Tutto sembrò perdere
importanza per Goemon: i suoi occhi non si staccavano dal corpo esanime di
Raffaele, che non accennava a rialzarsi. Con gli occhi vitrei si diresse verso
suo nipote. Quando lo raggiunse, si liberò della spada appoggiandola a terra,
si chinò, voltò con delicatezza Raffaele facendogli appoggiare la testa sulle
sue ginocchia. Gli bastò poco per capire che era inutile sperare: il cuore non
batteva più e gli occhi erano fissi su un punto inesistente. Non fece caso al
fatto che intorno al lui non ci fosse più nessuno poiché furiosi per la morte
di Raffaele e intristiti per il dolore di Goemon, Lupin e gli altri avevano
inseguito i complici di Chi, i quali se l’erano data a gambe spargendosi
dappertutto ma ognuno con un nemico appresso. Sentì il cuore lacerarsi
guardando il volto del ragazzo che si era perfettamente reso degno di essere
chiamato Ishikawa e che aveva terminato così presto il suo viaggio. Era
orgoglioso di lui: aveva combattuto con onore tutte le volte che ci fosse stato
bisogno e grazie alla sua intelligenza aveva salvato tutti loro da una tremenda
situazione. Gi venne da pensare che tutto questo non gliel’aveva mai detto e si
rese conto delle conseguenze della realtà: non gli avrebbe mai più parlato e
non l’avrebbe rivisto mai più. Si costrinse a parlare lottando contro il dolore
che l’attanagliava e quando lo fece la sua voce era stranamente ferma e in
perfetto contrasto con il pallore del volto e le lacrime agli occhi “Hai
onorato tua madre e io sono orgoglioso di essere stato tuo zio e onorato di
essere stato al tuo fianco. Ti saluto, Raffaele Ishikawa” e dicendo questo lo
appoggiò a terra, lo coprì con la parte del kimono che aveva allacciata alla
vita e si guardò in giro: non vide nessuno ma la cosa non lo preoccupò più di
tanto: ora avrebbe dato la caccia ad Hikijo e l’avrebbe ucciso anche costo di
doverlo inseguire fino all’inferno. Passando vicino al corpo di Chi, si fermò e
guardandola sprezzante le disse “Eri forte ma mio nipote lo era molto di più.
Addio” e passò oltre, senza accorgersi dell’alone rosso che fuoriusciva dal
corpo di Chi e che aveva preso le sembianze di un uomo, anche se non si
potevano vedere i lineamenti; solo quando si sentì afferrare per una spalla e
sbattere violentemente a terra, incapace di muoversi e con quella figura rossa
che lo sovrastava, si rese conto del pericolo mentre la mente si chiedeva da
dove fosse uscito fuori quel personaggio. Cercò di scrollarselo di dosso
facendo uso delle gambe in quanto le braccia erano tenute ferme dalle ginocchia
dell’aggressore ma fu inutile: sembrava che stesse colpendo l’aria. L’uomo ,o
quello che era, sembrò afferrare una specie di pugnale poiché sulla mano destra
comparve qualcosa che sembrava affilato mentre con una mano gli spalancò
bruscamente l’occhio sinistro. Con il cuore che batteva a mille e perfettamente
consapevole di quello che stava per accadergli, Goemon vide il coltello
scendere avvicinandosi sempre più all’occhio sinistro finchè non avvertì un
dolore atroce insieme ai movimenti del coltello dentro l’orbita. Incapace di
trattenersi, urlò come un folle mentre cercava con sforzi inutili di liberarsi,
non seppe per quanto tempo durò la tortura poiché perse i sensi. Quando si
risvegliò, si rese conto che quello strano tipo non c’era più insieme al fatto
che la sua vista fosse completamente cambiata: l’occhio destro era normale ma
quello sinistro vedeva tutto diverso: linee di colori vari in movimento
continuo “Che mi sta succedendo?” si domandò spaventato. Involontariamente si
guardò le mani e rimase sconvolto nel vedere linee di colore grigio e rosso ma
il suo stupore aumentò vedendo il corpo di Raffaele formato da linee grigie e
marroni, con l’unica differenza che oltre al colore differente, le linee erano
ferme. Guardò gli alberi per vedere linee color marrone, tutto lo spazio che lo
separava da un oggetto all’altro era come ricoperto da un tappeto di colore
grigio. Il suo stupore era pari solo alla sua confusione: non riusciva proprio
a capire che cosa significassero quelle linee e soprattutto perché gli fosse
stato fatto questo: l’uomo gli aveva cavato l’occhio sinistro e poi…?
Non seppe darsi risposta ma tutte le
sue domande persero importanza quando il suo cervello gli fece notare che
Hikijo forse stava scappando in quel momento e con lui anche gli altri
avversari, tutti responsabili della morte di Raffaele poiché avevano scatenato
contro di lui e i suoi amici quella macchina da guerra e di morte che ora
giaceva ai suoi piedi a pochi passi dal corpo del responsabile della sua poco
compianta dipartita. Un ondata di rabbia e odio gli zampillò inebriandogli i
sensi: dovevano morire tutti. “Non mi scapperete. In nome di Raffaele Ishikawa
io vi ucciderò” e dicendo queste fece per lasciare il tempio quando si ricordò
di una cosa: che Raffaele avrebbe voluto vendicare personalmente la madre. Ciò
ormai ,pensò guardando il suo corpo coperto dal kimono, non era più possibile
ma c’era una cosa che poteva fare: ritornò vicino al corpo e dopo un attimo di
esitazione prese la spada del giovane, il quale non si oppose, come Goemon
aveva assurdamente sperato che facesse per un breve attimo. Dopo aver guardato
per un breve attimo il giovane e fatto
strisciare le sue robuste dita sulla fronte del giovane in un goffo gesto di
tenerezza, si alzò e uscì dal tempio con tutta calma prima di correre come un razzo
alla ricerca delle persone che adesso avevano poche possibilità di scampare
alla fine.
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Capitolo 14 *** Combattimenti ***
Scontro
1° combattimento
Per schivare le pallottole di Kanemoti
senior finirono per la disperazione col buttarsi dentro un cespuglio con le
foglie larghe dal bel colore degli smeraldi insieme all’ispettore Zenigata, il
quale nonostante le proteste dei fratelli Fujimoto aveva voluto seguirli. Stando
il più possibile abbassati, continuarono a sparare mentre Kanemoti
,immediatamente riparatosi dietro un albero, faceva altrettanto. Le pallottole
fischiavano intorno a loro come zanzare invisibili mentre il sudore
,conseguenza della paura che attanagliava i duellanti, cominciava a rendersi
visibile sui loro corpi, appiccicando i capelli sulla fronte. “È arrivato il
momento di pagare il vostro debito con la mafia e il vostro tradimento” urlò maligno
il boss spedendo una pallottola prima di ripararsi per evitarne uno di Walter
che gli passò vicino al braccio sinistro e un altro di Zenigata che per un
soffio non lo colpì alla testa “Non credo proprio. Sarai tu a marcire all’altro
mondo mentre io e mio fratello continueremo la nostra nuova vita” rispose Oscar fingendosi tranquillo mentre cercava un
modo per levarsi dai piedi Hideyoshi nel frattempo che Walter caricava
velocemente la sua pistola. Mentre sparava gli venne da chiedersi come stessero
gli altri e se stessero bene ma prima di potersi dare una risposta “Oscar ,la
voce di suo fratello lo richiamò alla realtà facendogli abbassare lo sguardo,
l’ispettore…. ”disse indicandolo con aria preoccupata mentre lo sguardo di
Oscar si incupiva ulteriormente: ebbe purtroppo conferma dei suoi sospetti: non
stava affatto bene come si ostinava a far credere, il digiuno a cui era stato
sottoposto per Dio sa quanto tempo lo aveva privato delle forze e quindi non
riusciva a sparare come al solito: ci metteva tempo persino per prendere la
mira dopo aver identificato la posizione del bersaglio. Non poteva stare lì a
combattere per molto ancora: aveva assolutamente bisogno di un ospedale e soprattutto
delle cure di un medico, un buon medico. “Come facciamo adesso?” gli chiese
preoccupato Walter senza ottenere risposta essendo suo fratello impegnato a
trovarla guardandosi intorno. Si accorse che tra il loro cespuglio e l’albero
che si era accollato il triste e spiacevole compito di proteggere Kanemoti non c’era
un possibile rifugio che potesse permettere di avvicinarsi per le vie frontali
in quanto erano abbastanza vicini però vicino il cespuglio che li proteggeva
era collegato ad un albero e dopo questo c’erano altri alberi. “Walter” lo
chiamò vicino a sé “Ti è venuto in mente qualcosa?” s’informò il ragazzo
ansioso “Voi due continuate a spararmi per coprirmi, io cerco di avvicinarmi
per le vie secondarie” rispose lui “Non è meglio che vada io? Sono più piccolo
di te” propose il giovane “Ergo meno intelligente di me” rimbeccò strafottente
Oscar preparandosi a quello che definì l’arrembaggio “Stronzo, sei il solito
stronzo” disse scuotendo la testa con un sorriso storto Walter prima di
rimettersi a sparare. Al cenno di via libera e stando chinato il più possibile,
Oscar strisciò velocemente verso il riparo di un albero per ripetere lo stesso
gesto fino ad arrivare alle spalle del boss, guardandolo da due alberi di
distanza scoprirsi per sparare per poi ritornare al coperto. Cercando di non
farsi scoprire, restò a guardarlo finchè non decise che fosse il momento di
farla finita: cercando di camminare tenendo d’occhio sia lui che il terreno per
evitare di fare rumore ed essere scoperto si avvicinò sempre più. “Non preoccuparti di
niente, quando devi uccidere qualunque modo va bene. Sei un mafioso e un
mafioso qualunque cosa faccia, il suo onore non viene mai danneggiato. Le
persone che non sono mafiose sono vermi in confronto a noi e noi li possiamo
schiacciare come meglio crediamo” quelle parole gli furono dette il giorno in
stesso in cui lui e suo fratello entrarono a fare parte della mafia dallo
stesso uomo che adesso gli voltava le spalle. Con un movimento automatico alzò la pistola, sollevò il cane e fece fuoco, colpendolo
alla spalla. Con un urlo di dolore, Hideyoshi lasciò cadere la pistola mentre
una mano andava a coprirsi la ferita. “Tu…” sibilò disgustato cercando di
riprendere la pistola ma un altra pallottola piazzata sull’altra spalla lo costrinse
lasciar stare mentre il dolore gli annebbiò la vista “Tu vuoi cambiare vita,
sei diventato un poliziotto ma invece sei ancora un mafioso e lo resterai per
sempre. Non hai dimenticato ciò che ti dissi quel giorno” disse cattivo al
giovane davanti a lui che lo guardava freddamente e che freddamente gli rispose
“Allora dovresti essere contento ,disse chinandosi mentre gli infilava contro
la sua volontà la canna della pistola in bocca, ho messo in pratica i tuoi
insegnamenti, però su di te” rispose con un sorriso sadico guardando la sua
espressione ,adesso terrorizzata, nel sentire quel sapore metallico e gelido in
bocca. Tirò il grilletto: il cervello gli fuoriuscì dal cranio decorando di
rosso e di qualche altra cosa non meglio identificata l’albero e anche il
vestito e il volto di Oscar, il quale ,imbrattato di sangue e senza guardare il
cadavere davanti a lui, si appoggiò con la schiena all’albero sforzandosi di
fare respiri profondi per calmarsi prima di pulirsi il viso alla meno peggio
prima di staccarsi dall’albero e di avviarsi verso i suoi amici con il sorriso
di chi si sente veramente libero dall’incubo.
2° combattimento
“Non ha alcuna importanza il fatto che
tu abbia la pistola e io sia solo munito di una spada ,affermò il ragazzo con
spavalderia guardando Jigen, il quale lo teneva sotto tiro con la pistola,
grazie allo stile Kuroi posso vedere il
Chi quindi qualunque tuo colpo lo saprò in tempo” “Non ci casco, amico” replicò
tranquillo e freddo Jigen “A cosa?” gli chiese il ragazzo curioso “Tu e i tuoi
compagni non potete vedere il Chi” “Ah no?” replicò scettico e sarcastico il
ragazzo “Se non fosse così, allora perché siete scappati come pecore senza più
il loro pastore?” gli chiese freddo l’uomo lasciando quasi senza fiato il
giovane, che rimbeccò con uno sbuffo derisorio all’indirizzo del nemico
preparando la spada e mettendosi in posizione “Meno male che non ci sono quelle
rompiballe di Wolf e Kowalski ,disse guardandosi in giro e fingendosi
preoccupato, con me ,specificò temendo di non essere stato chiaro, altrimenti sai
che inferno per te?” gli chiese sorridendogli in un modo falso che ricordò
molto Fujiko “Da come ti guardi in giro sembra che tu lo speri ardentemente
invece” replicò tagliente il pistolero cancellando il sorriso di Liu Kang
quando improvvisamente un proiettile passò vicino alla gamba destra di Jigen
mancandola per un soffio. Pur immaginando chi fosse l’avversario, Jigen si
costrinse a voltarsi per vedere Kowalski dietro di sé con un sorriso non
proprio socievole in faccia “Volevi tenertelo tutto per te?” gli domandò fredda
la donna scrutando l’alleato “Tu che avresti fatto se fossi stata sola con
lui?” replicò scocciato questi guardando crudelmente Jigen, il quale vedendo la
nuova arrivata unirsi a Liu Kang e guardarlo come lupi che avevano circondato
la pecora si abbassò con una mano il cappello sugli occhi per nascondere la sua
aria di disappunto “Dannazione” sibilò a denti stretti mentre si chiedeva con
un brivido freddo come avrebbe fatto a cavarsela da solo con tre avversari, uno
dei quali con una mitragliatrice. Si sorprese a pensare a Kaoru e a chiedersi
se stesse sola oppure no .
Cinque
minuti prima
“Dannazione, la morte di Chi non ci
voleva proprio e tutto il piano è andato al diavolo per colpa di quel ragazzo”
sputò furiosa Kate mentre al suo fianco Nemesi ,che le correva affianco, si
limitò silenziosamente ad annuire prima di aggiungere altrettanto arrabbiata “E
quel che peggio è il fatto che abbiamo perso il vantaggio maggiore” disse
fermandosi bruscamente per tirare un calcio ad una pietra “Ma di questo
dobbiamo rimproverare soltanto noi stessi: per avere la nostra vendetta al più
presto abbiamo lasciato i nostri maestri e non abbiamo finito l’addestramento e
quindi visto le pergamene” le ricordò saggiamente Kate guardandola severa “Su
questo hai ragione ,convenne l’amica, però possiamo sempre ritornare al dojo e completare
l’allenamento” disse mentre il suo viso s’illuminava della nuova idea ma Kate
scosse il capo “Forse tu ma io non ho più tempo” le spiegò tristemente mentre
l’espressione di Nemesi si contorse a quelle parole nel più vivo e sincero
dolore insieme a due lacrime che le scesero giù per il viso finchè Kate non le
fermò gentilmente con un dito “Grazie” disse solamente guardando con affetto
l’amica prima che si abbracciassero con forza. Sarebbero rimaste in quella
posizione in eterno se la mente ,meno romantica e più pratica, non avesse
ricordato ad entrambe che i loro nemici erano nelle vicinanze. “Dobbiamo
andare” le ricordò Nemesi sciogliendosi dall’abbraccio prima che
ricominciassero a muoversi “Vai a cercare Jigen” le disse Kate guardando
preoccupata l’amica seguirla ma questa “Non preoccuparti, Jigen non mi scapperà
comunque mentre tu devi compiere assolutamente la tua vendetta” “Ma tu non devi
uccidere anche Lupin?” le chiese Kate meditabonda “Si ma te lo lascio, mi basta
uccidere Jigen in quanto è stato proprio il suo proiettile secondo le
informazioni di Chi ad ucciderlo quindi Lupin non è tanto importante” “Potremmo
fare anche come ha proposto Chi: lo uccidiamo insieme” “Beh, si potrebbe fare”
rispose Nemesi senza essere proprio convinta.
Intanto Lupin e Fujiko ,accompagnati da
Kaoru, in quel momento stavano guardando con aria seria il segnale partente
dall’orologio di Lupin “Sta venendo proprio verso di noi. Meno male che poco
prima che scappasse sono riuscito a lanciare addosso a Pycal una piccola spia”
e dicendo questo si avvicinò ad un albero e controllò la pistola insieme a
Kaoru che si rimboccò le maniche del kimono in silenzio per evitare spiacevoli
sorprese mentre la sua mente andava ad un uomo che aveva la maggior parte dei
loro nemici appresso: Jigen. Si chiese se stesse bene ma la coscienza le
ricordò perversamente che aveva tre avversari contro e che potevano vedere il
Chi “Lupin” disse con voce tremante “Mh?” le chiese con fare interrogativo
“Secondo te Jigen….,si sentì un poco in imbarazzo, se la caverà contro quei
tre?” “Tranquilla ,le disse con fare amichevole e un occhiolino, Jigen è un
tipo in gamba e d’altronde….” si fermò guardandola malizioso prima di
avvicinarsi a lei serio “Cosa?” disse lei perplessa e preoccupata per la sua
espressione “Il pensiero di te gli darà maggior forza” “Oh, Lupin…grazie” disse
sorridendo e arrossendo ferocemente la donna prima che la comparsa in scena di
Pycal e Wolf rompesse l’atmosfera che si era creata “Stavamo cercando proprio
voi” spezzò il silenzio Kate guardando fredda sia Fujiko che Lupin “E noi vi
stavamo aspettando” rispose secco “Una delle tue spie, vero?” gli chiese senza
cambiare espressione Pycal mentre preparava la spada insieme all’amica, che non
sembrava meno battagliera. Si guardarono freddi prima che il suono di un
telefonino rompesse la tensione,lasciando i presenti come disarmati mentre si
guardano nel tentativo di identificare il proprietario dello squillante
telefonino. Dopo un attimo di smarrimento, Nemesi prese il suo sentendo
dall’altro lato la voce decentemente eccitata di Kowalski “Ho trovato Jigen,
vieni vicino allo spiazzo vicino alle scale che portano al tempio” “Vengo
subito , e rimettendo nella custodia di pelle rossa lo strumento, devo andare”
spiegò all’amica prima di voltare loro le spalle e sparendo tra gli alberi,
lasciando Lupin teso e Kaoru semplicemente angosciata “Devo andare ad aiutarlo,
mi dispiace Lupin” e dicendo questo le corse appresso senza che Pycal glielo
impedisse “Quasi quasi vado ad aiutarla” provò Fujiko prima che Lupin la
fermasse “Mi dispiace cherì ma tu ci hai messi nei guai e tu ci aiuterai a
tirarci fuori” le disse rimettendola vicino a sé con un sorriso cattivello
stampato in faccia.
Le corse dietro finchè non le arrivò
abbastanza vicino, solo allora spiccò un salto afferrandola per le gambe
facendola cadere. Vedendo la pistola a portata di mano la prese subito
nascondendola nella tasca interna del kimono prima di rimettersi subito in
piedi e allontanarsi da lei, tirando fuori la spada che si circondò della
solita aura rossa simile ad una fiamma “Beniza Kura, vero? La spada maledetta”
commentò acida Nemesi rimettendosi in piedi e guardando la spada
dell’avversaria, la quale appariva completamente concentrata e che si limitò ad
un cenno del capo. “Non mi impedirai di uccidere il tuo amichetto, meglio che
lasci perdere, d’altronde non ho niente contro di te” le disse seccata
guardandosi nervosamente indietro immaginando Alexis che l’aspettava prima di
tornare a concentrarsi sulla nemica, la quale per tutta risposta le saltò
addosso con una serie di assalti che Nemesi riuscì a parare per miracolo con la
spada a metà uscita dal fodero; indietreggiando, una infida pietra le fece
perdere l’equilibrio e cadere a terra. Con Kaoru che la guardava fredda, senza
commentare la sua apparente debolezza, Nemesi le ricambiò lo sguardo con un
carico di odio e fastidio: ci mancava solo quella rompiscatole a mettergli i
bastoni tra le ruote. Sentendo terra sotto le mani le venne un idea: ne prese
rapidamente una manciata e quando le fu addosso gliela buttò in faccia,
guardandola con perverso piacere sfregarsi gli occhi luccicanti di lacrime “E
adesso come fai?” le domandò malevola avvicinandosi sconsideratamente a lei
senza badare alla mano che era strisciata verso l’interno del kimono. Solo dopo
che sentì una detonazione partita dalla tasca interna del kimono di Kaoru, da
cui usciva del fumo insieme ad un forte odore della polvere da sparo, e avvertì
un forte dolore allo stomaco capì cosa avesse fatto Kaoru: guardò stupefatta prima
lei prima di abbassare lo sguardo verso la pancia, da cui fuoriusciva del
sangue insieme all’intenso dolore che la fece cadere a terra, tremante “Questo”
rispose fredda Kaoru guardandola contorcersi e gettando a terra la pistola in
segno di disprezzo prima di voltarle le spalle con l’intenzione di dirigersi
verso l’appuntamento con Alexis prima che una seconda detonazione lacerasse l’aria:
con difficoltà e tremando incontrollabile, fece appena in tempo a voltarsi per
vedere Nemesi lasciare la pistola con un sorriso soddisfatto in faccia alla
vista della sua ferita prima di chinare la testa sul terreno e rimanere
immobile. Fu l’ultima cosa che vide insieme al volto sorridente di Jigen prima
che il buio ricoprisse completamente e con poco garbo la visuale.
“Ci sta mettendo troppo tempo” si disse
guardando in mezzo alla fila di alberi davanti a sé aspettandosi da un momento
all’altro di vedere la sagoma di Nemesi avvicinarsi velocemente verso di lei
lanciando di tanto in tanto occhiatine piene di desiderio al Jigen, il quale
,del tutto inconsapevole della sua presenza alle sue spalle, era piuttosto
impegnato a conversare con quel moccioso viziato e mafioso di Liu Kang. Guardò
di nuovo verso il bosco: niente “Ma faccia quel che vuole!” sbuffò spazientita
uscendo allo scoperto e segnalando la sua presenza sparando un colpo in mezzo
alle gambe di Jigen, il quale ,al contrario di Liu Kang, non fu per niente
felice di vederla.
3° combattimento
“La vostra amica sembra molto
innamorata di Jigen. Peccato che mio fratello non abbia avuto la sua stessa
fortuna e si sia innamorato di una donna simile” commentò Kate guardando con
disgusto Fujiko, la quale sostenne impassibile il suo sguardo “Io non ho mai
illuso Pycal né mi sono fatta gioco dei suoi sentimenti: se lui non riusciva ad
accettare la realtà, non è colpa mia” “Però quando ti ha fatto comodo non hai
esitato ad allearti con lui per poi fregarlo ,sibilò schiumante di rabbia
tirando fuori con lentezza voluta la spada, e tu ,continuò rivolgendosi a
Lupin, gli hai messo i bastoni tra le ruote mentre cercava il modo per aiutarmi
a guarire dalla malattia” “Ti ripeto che io non ne sapevo niente” si giustificò
Lupin paziente ma ciò non servi a placare la collera di Kate “Ma dalla sua
insistenza nel prendere i cristalli, avresti potuto chiederti perché, noh?”
rispose Kate balzando in avanti nel tentativo di colpire Lupin, il quale si scansò
buttandosi di lato senza tuttavia sparare un colpo anzi rinfoderò la pistola
“Che fai, Lupin? Difenditi” gli urlò Fujiko guardandolo storto mentre sparava
addosso all’avversaria, la quale usufruendo della spada deviò tutti i
proiettili prima di lanciarsi contro di lei. A quella vista,Lupin si rimise
subito in piedi per correrle dietro finchè non riuscì a deviare il colpo
afferrando la donna bloccandole le braccia con una mossa ferrea dettata dalla
disperazione. Kate ,presa di sorpresa, scalciò e si divincolò senza ottenere
apprezzabili risultati “Bravo, Lupin, adesso ci penso io” disse Fujiko
sorridendo soddisfatta mentre prendeva accuratamente la mira.
Nell’impossibilità di difendersi e con la pistola puntata contro, Kate si sentì
tremare. Cercò disperatamente di divincolarsi ma fu assolutamente inutile, non
potè fare altro che guardare Fujiko cominciare a premere il grilletto.
Terrorizzata, chiuse gli occhi aspettando la fine quando la voce fredda ed
imperiosa di Lupin e soprattutto la frase che pronunciò le fece aprire di
scatto gli occhi, spingendola a torcere il collo per guardarlo ripetere
l’ordine “Non sparare” “Come?!” gli domandò la donna guardandolo allibita alla
pari di Kate, la cui confusione aumentò maggiormente quando si sentì liberare
le braccia. Si voltò, guardando perplessa ed interrogativa un Lupin che disse
freddo alla sua complice “Fujiko, vai ad aiutare i nostri compagni.” lo disse
con un tono così imperioso che la donna ,senza pensare neanche ad attimo di
disobbedire, si allontanò immediatamente senza dire nulla, lasciando i due
soli. Kate aveva ancora la spada in mano che per puro impulso sollevò
preparandosi all’imminente scontro, aspettandosi di vedere ora Lupin tirare
fuori la pistola ma con sua grande sorpresa non lo fece anzi non fece alcun
gesto, limitandosi a guardarla tranquillo. C’era qualcosa nel suo sguardo che
spinse la ragazza a domandargli spiegazioni “Che ti passa per la testa, Lupin?
Hai mandato via la tua donna per salvarla, ora perché non vuoi difenderti?” gli
chiese perplessa “Io non combatto contro di te, Kate” rispose semplicemente
Lupin, risposta che non piacque alla giovane “Non dire sciocchezze e difenditi”
gli impose riprendendo ad attaccarlo nel tentativo di colpirlo senza tuttavia
riuscirci “Tu sai bene che io non ho alcuna colpa per quello che è accaduto a
te e tuo fratello” le disse Lupin continuando a schivare i colpi “Non dire
stupidaggini: è tutta colpa tua” le rispose furiosa la donna cercando di
costringerlo ad usare l’arma senza riuscirci “Tu in realtà mi stai dando la
caccia perché ti senti responsabile della morte di tuo fratello e pensi che
uccidendo me e rischiando di fare la stessa fine ti sentirai meglio e libera
dal peso che ti opprime” continuò abbassandosi per schivare un colpo alla testa
“Non è vero!!” urlò la donna con le lacrime agli occhi mentre i colpi
cominciavano a perdere il loro vigore “Se non è così, perché allora stai
cominciando a diventare meno precisa nei colpi?” le domandò dolcemente il ladro
fermandole gentilmente il braccio con la spada, la quale dopo un attimo cadde a
terra nella polvere. La donna tremando in modo incontrollabile e incapace di
sostenere lo sguardo gentile del ladro gli voltò le spalle, reggendosi la
fronte con una mano mentre l’altra si appoggiava al fianco. La sentì piangere
ma non disse niente, pensando che fosse il caso di lasciarla sfogare “Hai idea
di come mi sia sentita quando seppi della morte di mio fratello? Credetti che
il responsabile fossi tu, che dovessi eliminarti ma in realtà era colpa mia ma
non volevo fare i conti con me. È stata tutta colpa mia, mia e del mio male.
Sono io l’assassina di mio fratello” disse tra i singhiozzi “No ,Kate, la colpa
non è neanche tua. Qui non c’è un colpevole e tu forse lo sai, forse l’hai
sempre saputo ma non vuoi ammetterlo e posso capire: se ci fosse un
responsabile il tuo dolore troverebbe giovamento ma non c’è” le rispose Lupin
mettendole una mano sulla spalla, contatto che ebbe l’effetto di farla calmare
“Vuoi ancora uccidermi?” le domandò il ladro anche se già sapeva la risposta:
lentamente, la donna fece un cenno di diniego con la testa “Ritornerò a casa ad
aspettare che la malattia faccia il suo corso. Addio, Lupin” spiegò con voce
triste riprendendosi la spada poi ,fatto un breve cenno di saluto, si allontanò
scomparendo in poco tempo nel bosco “Addio, Pycal” rispose Lupin a bassa voce
con un sorriso che non copriva la tristezza che sentiva dentro di sé.
2° combattimento (seconda parte)
Al contrario dei suoi avversari si
sentiva sudato e cominciava a risentire degli effetti dell’estenuante
combattimento che stava sopportando: aveva il braccio sinistro ferito a causa
del passaggio di striscio di una pallottola sparata da Kowalski con la sua
maledetta Kalashnikov ma non si lamentava: gli era andata fin troppo bene, non
era uno scherzo schivare i proiettili di una mitragliatrice cavandosela così a
buon mercato. Correndo a perdifiato, si rifugiò dietro ad un albero
approfittando per ricaricare velocemente la pistola mentre cercava di trovare
una soluzione a quel maledetto pasticcio ma il cervello con suo grande e
legittimo fastidio non sembrava tanto ansioso di rendersi utile. Sbuffando
infastidito, si sporse leggermente dal suo rifugio: vide la donna venire nella
sua direzione mentre gli occhi come pendoli si guardavano intorno nel tentativo
di scovarlo. Ritornato al coperto pregò che qualcuno dei suoi compagni una
volta liberatosi del proprio avversario venisse ad aiutarlo: sinceramente,
dubitava di farcela da solo e dubitava di avere una grande quantità di
proiettili appresso: a proposito ,si domandò frugandosi nella giacca, quanti ne
aveva ancora? Ritrasse la mano destra ,chiusa a pugno, dalla giacca. L’aprì mentre
un espressione di disappunto gli si dipinse in volto: aveva solo dieci
proiettili ancora e troppo pochi per avversari simili che le intercettavano
facilmente con le spade. Guardando nuovamente verso Kowalski si accorse che non
c’era Liu Kang: dove si era cacciato? Ecco una altra preoccupazione: scoprire
dove fosse il ragazzo “Dov’è Liu Kang?” si disse a bassa voce sollevando la
pistola e cominciando a prendere la mira su Kowalski ma non fece in tempo a
sparare che la donna si era bruscamente messa al riparo “Che diavolo..?” disse
guardandola perplesso ma prima che potesse iniziare delle congetture sentì un
movimento dietro di sé; si voltò di scatto per vedere Liu Kang dietro di lui.
Gli fece saltare di mano la pistola con un calcio per poi tenerlo fermo
puntandogli la punta della spada talmente vicina alla gola che il pistolero
avvertì il fastidioso solletico ma non fu tanto quello a preoccuparlo quanto il
fatto che era finito tutto: aveva perso “Alexis, vieni è qui, l’ho preso! ,urlò
concitato il ragazzo sbracciandosi verso la donna, la quale una volta uscita
dal suo rifugio cominciò ad avvicinarsi, e tu ,disse rivolgendosi a Jigen, il
quale mantenne lo sguardo freddo, di la verità: alla fine non è stato tanto
importante che vedessi o no il Chi, sei stato comunque battuto” “Dai, Liu Kang,
non mi sembra il caso di umiliarlo” disse la donna affiancandosi a lui mentre
guardava il prigioniero senza quel sorriso di gioia indecente che il compagno
aveva stampato in faccia “Ha offeso la mafia, l’umiliazione è il minimo che gli
possa capitare” “Ma tu non pensi ad altro?” gli chiese d’istinto Jigen
lanciandogli uno sguardo pieno di disprezzo: quel ragazzo aveva bisogno di una
perizia psichiatrica e dall’espressione di Kowalski c’era da credere che
pensasse alla stessa cosa “Non è saggio pensare a queste cose quando il
pensiero più adatto sarebbe quello di pregare” intervenne una voce fredda ma
ben conosciuta da Jigen, il quale guardò qualcosa dietro le spalle dei suoi
aguzzini: visibilmente sorpresi, quest’ultimi si voltarono per vedere Goemon
con la sua spada in mano e col la testa talmente chinata da mettere in mostra
solo i capelli neri “Goemon!” lo chiamò
il pistolero senza nascondere il suo stupore: come diavolo lo aveva trovato? Senza rispondere al
richiamo Goemon cominciò ad avanzare verso di loro sempre senza alzare la testa
“Come ci hai trovato?” gli domandò nervosa la donna guardandosi in giro
aspettandosi di vedere gli altri nemici “Non è questa la domanda da porsi quanto
questa: come morirai?” rimbeccò Goemon sollevando la testa mostrando un sorriso
che a mano a mano che si allargava prendeva sempre più un aria demoniaca mentre
sui volti di Liu Kang, Kowalski e anche Jigen compariva lo stupore più grande
insieme al raccapriccio quando notarono quella cosa rossa nell’orbita sinistra
del samurai: un globo rosso come il fuoco. “Goemon…che. ..che cosa?” balbettò
Jigen trascurando il suo abituale tono freddo e distaccato “Jigen, ora ci penso
io: tu stattene tranquillo e ti prego di non metterti in pericolo: loro sono
responsabili della morte di mio nipote e devo ammazzarli io, d’altronde
,aggiunse tranquillo, devo fare un po’ di pratica con la visione del Chi prima
di combattere contro Hikijo” completò guardando i suoi avversari sbiancare a
quelle parole “Tu puoi vedere il Chi?” ripetè la donna con la Kalashnikov sul
punto di cadere a terra “Ma non dire sciocchezze ,intervenne il compagno
guardando scettico Goemon, non vedi che sta bluffando?” ma non sembrava molto
convinto: a quelle parole, Gomeon rise a suo indirizzo mentre Jigen lo guardava
stranito ed incerto, come se non fosse sicuro di riconoscere quel samurai che si
spacciava per Goemon e che invece sembrava un…un…non sapeva neanche lui come
definire quell’essere quando i suoi pensieri furono bruscamente interrotti
nell’avvertire la lama di Liu Kang graffiargli la gola ,senza procurargli
danni, per essere poi puntata verso Goemon, il quale strinse gli occhi vedendo
ciò che aveva fatto il mafioso ma non si scompose: tanto gliel’avrebbe fatta
pagare tra poco “Se credete che io stia bluffando perché non mi attaccate
invece di stare lì a guardarmi mentre i vostri pantaloni nelle parti basse
pagano il prezzo della vostra vigliaccheria?” l’allusione non piacque molto ai
due, i quali gli puntarono le armi contro mentre a quella vista il sorriso di
Goemon scomparve per lasciare il posto ad un aria concentrata e seria: il tempo
di scherzare era finito.
Sferragliata
di proiettili diretti alle gambe da parte di Alexis e colpo di spada in volo
diretto alla gola da parte di Liu Kang
Non appena vide le linee rosse formanti
l’arma della ragazza esplodere di una luce gialla spiccò in un balzo in contemporanea
al ragazzo, il quale come si aspettava cercò di colpirlo alla gola ma Goemon
con calma parò il colpo per poi deviare la lama colpendo in pieno la gola del
giovane, da cui schizzò sangue che colpì sul petto Gomeon mentre l’espressione
che gli comparve in volto era semplicemente stupefatta: ho perso, io? questo
sembrava dire la sua faccia non più piena di stupida boria dalle cui labbra
agli angoli uscivano rivoli di sangue mentre cadeva pesantemente a terra con un
ulteriore e più violento schizzo di sangue dalla arterie recise dalla zantetsu.
Toccato terra con un movimento elegante e atterrando con le gambe in ginocchio
a pochi passi dal cadavere del presuntuoso ragazzo, ripose la spada prima di
voltarsi verso Kowalski con le mani ancora intorno alla spada godendosi
l’espressione stupita della donna e sorridendo allo stupore dell’amico Jigen.
“Sei convinta che io riesca a vedere il Chi adesso o vuoi saggiare
personalmente la veridicità delle mie parole?” “Sono sicura di quello che dici”
rispose la donna sentendosi in trappola senza tuttavia voler rinunciare o
peggio chiedere pietà “Vuoi combattere o preferisci andartene abbandonando i
tuoi propositi di vendetta?” le chiese freddo guardandola riflettere per pochi
attimi prima di vederla caricare la mitraglietta e fare fuoco: vide un sacco di
linee rosse partire dall’arma e avvicinarsi a lui che non si scompose più di
tanto, limitandosi a muovere la spada intercettando tutti i proiettili che
Alexis gli scaricò addosso finchè il suono click non sostituì il ratatatà,
informando dell’esaurimento dei proiettili. “Hai finito i proiettili. Dammi
retta, lascia perdere” le consigliò guardandola controllare l’arma con aria
semidisperata prima che diventasse di bragia sentendo il suggerimento che per
lei era assolutamente fuori discussione “Puoi scordartelo” disse furiosa
gettando l’arma scarica ed inutile a terra afferrando con entrambe le mani la
spada mettendosi in posizione. Era un gesto completamente disperato e sia
Goemon che Jigen l’avevano capito ma il primo ,senza commentare il
comportamento della nemica, limitandosi a sollevare leggermente il sopracciglio
destro si mise a sua volta in posizione, aspettando che lei facesse la prima
mossa. Non dovette aspettare molto: la donna con gli occhi invasi dalla furia
dettata della disperazione, si slanciò in avanti senza in realtà neanche
pensare a cosa fare. In quei pochi attimi che lo separavano dallo scontro,
Goemon lanciò uno sguardo di bieco a Jigen, il quale guardava la scena senza
proferire parola anche se gli occhi parlarono per lui e nei suoi occhi c’era un
unico e semplice desiderio: quello che la vita della nemica venisse risparmiata
e di questo il samurai non se ne stupì: Alexis era comunque figlia di Karen,
anche se adottiva. Gli sfuggì un piccolo sorriso: aveva in mente un piano:
aspettò che Alexis le arrivasse proprio vicino, lasciò cadere la spada e quando
la donna gli sferrò un colpo che avrebbe dovuto spaccargli la testa, lui
limitandosi a muovere i piedi schivò il colpo per afferrarle le braccia,
costringerla a mollare l’arma per poi proiettarla facendola cadere, con le
braccia bloccate e un suo ginocchio alle gambe ma oltre a questo, non venne
alcun altro gesto aggressivo da parte del nipponico, che si limitò a fissare la
ragazza freddamente “Che stai aspettando? Uccidimi, forza” l’incitò la ragazza
con una voce strana mentre gli occhi cominciavano ad annebbiarsi: si sentiva
stanca ed umiliata: non era riuscita a vendicare la donna che l’aveva fatta
sentire amata e veramente figlia di qualcuno e come se non bastasse non era
stata sconfitta dall’oggetto del suo odio ma davanti a lui da un altro. Non
vedendolo accanirsi su di lei, lo incitò ancora ma Goemon gli rispose secco
“C’è un detto buddista che recita: impegnarsi in una causa senza conoscerne la
vera natura, è come bere un veleno” parole che la lasciarono perplessa: che
cosa voleva dire? “Significa che io non ho ucciso tua madre: io l’amavo ed ero
ricambiato” rispose Jigen avvicinandosi e guardando l’amico in un modo tale che
Goemon senza dire parola si allontanò, deciso adesso ad occuparsi di Hikijo
mentre il suo cuore sperava che Jigen e Alexis si chiarissero. “Lo so che non fosti
tu ,Jigen, ad uccidere fisicamente mia madre, non ti odio per questo. Ti odio
perché fosti la causa. La pallottola di Keith non era indirizzata a lei ma a te
,disse guardando l’uomo con odio, e Karen in nome del suo stramaledetto amore
,disse con le lacrime agli occhi, si mise in mezzo, salvandoti la vita e
lasciando me sola. Per questo ti odio, inoltre non posso fare altro che
ucciderti perché per arrivare a questo momento non ho fatto altro, trascurando
tutto. Se non ti uccidessi, la mia vita sarebbe priva di scopo” “La tua vita
l’hai già resa priva di significato inseguendo una vendetta che non ti servirà
a niente dopo. Hai pensato a cosa avresti fatto dopo avermi ucciso?” le domandò
severamente il pistolero “Avrei pensato a me” rispose la donna senza guardarlo
mentre fissava la spada a pochi passi da loro “Che futuro vuoi aspettarti se
hai trascurato tutto per darmi la caccia?” le chiese Jigen guardandola “A
quanto pare non è chiaro” disse la donna guardandolo negli occhi prima di
dargli una violenta spinta che lo fece cadere a terra mentre lei si buttava a
terra velocemente per prendere qualcosa. Ci fu una detonazione ma Jigen ,che al
rumore dello sparo s’immobilizzò istintivamente, aspettò che la pallottola gli
entrasse in corpo, cosa che non avvenne: aprì gli occhi per vedere Alexis a
terra con il buco di un proiettile al petto, la spada in mano e con gli occhi
vitrei “Alexis, no....” balbettò incredulo avvicinandosi di corsa a lei
sperando che fosse ancora viva per parlarle ma si rese conto che non c’era più
niente da fare: chiunque avesse sparato, aveva una buona mira. “Jigen” la voce
di Lupin alle sue spalle lo fece voltare per vederlo con la pistola fumante in
pugno e gli altri compagni dietro di lui “Mi dispiace, Jigen, credimi, so che
avresti voluto riappacificarti con lei ma stava per ucciderti” gli spiegò mesto
Lupin riponendo l’arma per poi aiutarlo a rimettersi in piedi, offrendogli la
mano, subito accettata. Senza dire nulla, Jigen si rialzò per fissare lo
sguardo ,quasi suo malgrado, sul corpo di Alexis: avrebbe tanto voluto
chiarirsi con lei, magari prenderla con sé, avere cura di lei come un padre ma
il destino e l’odio avevano deciso diversamente; fortunatamente, la voce di
Lupin interruppe quel flusso di pensieri tristi “Jigen, dov’è Goemon?” “È
andato a cercare Hikijo” rispose lui ricordando l’amico e il particolare
dell’occhio rosso “Non so se sia il caso che sostenga un combattimento simile
adesso nelle condizioni in cui si trova ora” disse improvvisamente preoccupata
Fujiko “A che riguardo?” intervenne Lupin voltandosi a guardarla “Beh ,disse
lei guardando tutti come se fosse ovvio, gli è appena morto Raffaele, credete
che possa farcela?” “Beh, certo che combattere in queste condizioni quando ha
un avversario che può prevedere le sue mosse non è una buona idea” convenne
Lupin preoccupato “Lupin, in questo caso non c’è niente di cui preoccuparsi”
disse Jigen rinfoderando la pistola dopo averla raccolta da terra “Che vuoi
dire?” intervenne Walter perplesso “Ho scoperto che nessuno dei nostri
avversari può vedere il Chi, in quanto per avere la vendetta il più presto
possibile hanno finito con non completare l’addestramento e facendo particolare
affidamento sui poteri di Chi” “Questa è una buona notizia ma Hikijo resta
comunque un buon avversario” “Goemon può vedere il Chi” annunciò ancora Jigen
accendendosi un sigaretta “Cosa?!” le espressioni comicamente stupite dei suoi
amici ,che a quella notizia si erano tutti voltati verso di lui, lo fecero
sorridere “Goemon può vedere il Chi” ripetè mentre una nuvola di fumo gli coprì
per un attimo il viso.
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Capitolo 15 *** Incubo finito ma.... ***
Incubo finito ma....
“Ti aspettavo, Goemon” la voce tranquilla
di Hikijo alla sua sinistra ebbero l’effetto di bloccare immediatamente la sua
corsa. Si voltò lentamente, ammirando suo malgrado la compostezza e la dignità
con cui il suo avversario l’aveva aspettato: comodamente seduto a gambe
incrociate su una piccola roccia e con la spada appoggiata al fianco. Hikijo si
alzò con calma dalla roccia, si mise in ordine il kimono, prese la spada per
dirigersi con tutta calma verso l’avversario, il quale si mise in posizione.
Notò che sussultò leggermente vedendogli l’occhio sinistro “E quello?” gli
domandò freddo ma non per questo meno perplesso “Posso vedere il Chi” gli disse
secco Goemon “Congratulazioni ,disse allora Hikijo senza battere ciglio, sei
pronto?” gli chiese tranquillo “Prima di iniziare mi devo scusare con te in
quanto non riesco ancora a controllarlo, quindi non posso disinnescarlo” iniziò
Gomeon rimettendo a posto la sua spada per tirare fuori quella di Raffaele “Non
preoccuparti” rispose Hikijo con un piccolo cenno della testa prima di
attaccarlo. Le lame si incontrarono con gran fracasso, si muovevano rapide come
fulmini, senza che ognuna riuscisse a ferire il nemico e questo perché Goemon
cercava disperatamente di ignorare le segnalazioni dell’occhio sinistro,
impresa non proprio facile. Erano entrambi talmente presi dal combattimento che
non si accorsero dell’arrivo di Lupin e degli altri, i quali si limitarono a
guardare la scena senza azzardarsi a distrarre i combattenti, sebbene sfuggì
quasi a tutti un grido di sorpresa vedendo l’occhio rosso di Goemon, urlo che
avvisò quest’ultimo di non essere solo, sentendosi così pieno di energie. Dopo
un ennesimo attacco frontale, entrambi saltarono in aria, incrociarono le lame
per poi ritornare a terra con una elegante capriola. Tutti trattennero
bruscamente il respiro: erano entrambi chinati per terra e non si poteva dire a
colpo d’occhio chi avesse avuto la peggio quando videro Hikijo rialzarsi molto
lentamente mentre Goemon continuava a rimanere chinato voltando loro le spalle,
senza dare quindi informazioni riguardo le sue condizioni. Hikijo ,che sembrava
stare bene, fece due passi, tentò un altro passo, si bloccò bruscamente, guardò
in basso, guardò in cielo, per poi cadere a terra con una lentezza irreale.
Quando il suo corpo toccò terra, Goemon si alzò in piedi per poi voltarsi
guardando incolume il nemico. Ci fu un attimo di silenzio, il tempo perché i
presenti si rendessero conto di quanto fosse accaduto per poi correre esultanti
verso l’amico. Intanto Goemon ,guardando
senza alcuna emozione il cadavere di Hikijo disteso ai suoi piedi e finalmente
nell’impossibilità di nuocere, ripose lentamente nel fodero la spada di
Raffaele mentre la soddisfazione di aver vendicato la sua famiglia e di aver in
un certo senso permesso al suo amato nipote di vendicare la madre cominciava
lentamente a zampillare dal suo animo. Rimase in silenzio tenendo gli occhi
chiusi e respirando lentamente l’aria del bosco ,che in quel momento per lui
era l’odore della vittoria, finchè la voce di Lupin lo richiamò alla realtà
“Goemon” l’espressione di Lupin come gli altri era tesa e spaventata a causa
dell’occhio sinistro, rosso come il fuoco “Goemon ,disse Lupin indicando
l’occhio, che …che cosa…?” “Finalmente, io posso vedere il Chi, Lupin” rispose
tranquillo toccandoselo con delicatezza “Ma come hai fatto?” gli chiese
Jigen guardandolo teso “Non so
rispondere. Lo vedo e basta. Vado al tempio per riprendere Raffaele, intendo
farlo seppellire in Giappone con tutti gli onori che si merita” e dicendo
questo si allontanò. Calò il silenzio in cui Jigen nell’attesa ne approfittò
per accendersi una sigaretta e guardarsi intorno per parlare con Kaoru ma non
la vide “Dov’è Kaoru? ,chiese preoccupato, non era con te, Lupin?” gli chiese
guardando l’amico “Era venuta a darti man forte ,rispose Lupin, ma non l’hai
incontrata?” “No” rispose Jigen voltandosi a vedere il bosco prima di mettersi
a correre sparendo in poco tempo in mezzo al verde seguito a ruota dagli altri
“Kaoru, Kaoru, mi senti?” urlò a squarciagola senza udire risposta. La paura cominciò
ad invaderlo lentamente, come un veleno: che cosa poteva esserle successo?
Pregò che non le fosse accaduto qualcosa. Continuò a cercarla angosciato per un
buon quarto d’ora finchè la voce lontana di Lupin lo spinse a raggiungerlo. Lo
vide in lontananza grazie al colore della giacca, che spiccava vistosamente in
mezzo a tutto quel verde. Avvicinandosi notò che c’era anche gli altri e tutti
riuniti intorno a qualcosa, con aria decisamente cupa “Che sarà accaduto?” si
domandò accelerando il passo fino a raggiungere i suoi amici “Che è successo?”
domandò a Lupin, il quale lo guardò preoccupato, aprì la bocca per poi
richiuderla subito prima di indicare un qualcosa che indossava un vestito blu.
Si sentì la bocca asciugarsi e lo stomaco chiudersi, si costrinse ad
avvicinarsi per vedere Kaoru a terra, con gli occhi chiusi e l’aria innocente
ed indifesa, come un bambino. Si chinò sulle ginocchia mentre Goemon comparve
in quel momento con in braccio il corpo di Raffaele. Guardò freddo il corpo di
Kaoru senza dire niente guardando Jigen prenderle con delicatezza la testa
,sentendo il soffice contatto dei suoi capelli sulle mani, e passandole l’altra
mano sotto le gambe sollevandola facendo combaciare quel viso delicato e dolce
col suo torace. Lupin e i suoi amici non dissero niente, sentendo il silenzioso
ordine di Jigen di non disturbare né lui né il suo bisogno di stare in
silenzio, limitandosi quindi a guardarlo esprimendo i loro sentimenti per la
sofferenza del loro compagno unicamente con le espressioni di dolore che non
riuscivano a cancellare dai loro volti. Guardando fisso davanti a sé e senza in
realtà vedere niente, a parte il suo ultimo sogno distrutto volare in cielo,
Jigen con il viso che non tradiva la minima emozione ,come aveva fatto e forse
avrebbe fatto altre volte, si avviò lentamente verso l’uscita di quel bosco che
era stato testimone della morte di Kaoru e degli altri personaggi, seguito
silenziosamente dagli altri. “Jigen ,la voce di Goemon non lo fece voltare ma
ebbe l’effetto di interrompere il suo cammino, mi dispiace” disse lentamente
Goemon. Jigen per un tempo che parve lunghissimo non disse nulla, tanto che
diede l’impressione che non avesse sentito fin che non smentì le loro credenze
“E a me dispiace per Raffaele, Goemon” disse con voce bassa prima di continuare
a camminare seguito a ruota dagli altri.
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Capitolo 16 *** Epilogo ***
Epilogo
Passarono diversi giorni da
quando Lupin e i suoi amici erano tornati dal Giappone e si erano ripresi dalla
loro ultima e pazzesca avventura. Tutti si erano bene o male ripresi dalle
brutte esperienze senza danni permanenti: l’ispettore Zenigata all’ospedale
risultò non avere assolutamente niente stando a giudicare dal fatto che il
secondo giorno i medici lo dimisero, ma forse questo era dovuto al fatto che il
giorno prima aveva scatenato una feroce ricerca tra i medici e infermieri prima
che tutti si rendessero conto che l’oggetto della loro ricerca aveva
letteralmente cercato di tagliare la corda travestendosi da inserviente rubando
l’uniforme tra l’altro ad un povero diavolo che aveva avuto poi bisogno urgente
di un ricovero e tutto questo adducendo che fosse per dare la caccia “a quel
maledetto ladro”.
Walter e Oscar avevano
continuato a fare carriera in polizia ma non più a New York preferendo tornare
alla loro città d’origine rispondente al nome di Chicago. Stavano bene, felici
e piano piano il passato stava cominciando a diventare meno oppressivo nelle
loro menti.
Di Kate Pycal non si seppe
più niente, a parte il fatto che non morì della sua malattia poiché un
benefattore ignoto le spedì una cassetta con sopra incisa quella che si rivelò
il Canto di Apollo. Kate non seppe mai il nome del suo salvatore, il quale le
aveva spedito anche un pacchetto con disegnato sopra a mo di firma il viso di
un uomo somigliante ad una scimmia che sembrava intenta a fare linguacce.
Il sole entrava dolcemente
dalla finestra illuminando la stanza in cui un uomo con indosso un kimono stava
seduto su un divano in meditazione. Goemon si stava riprendendo
dalla morte del suo nipote Raffaele, a cui il dojo minore della Terra aveva
deciso di chiamare il colpo naturale Proiettile di pietra con il nome Colpo di
Raffaele, per ricordare il giovane samurai che aveva sconfitto il più
pericoloso nemico del Grande Segreto con quel colpo. Goemon al ricordo suo
malgrado sorrise riconoscente all’indirizzo della donna di nome Fujiko Mine, la
quale aveva si tradito i suoi compagni alleandosi con i nemici ma aveva imposto
che la ricompensa includesse anche la salvezza degli allievi e maestri dei dojo
minori e Kanemoti aveva acconsentito, come aveva spiegato lei stessa quando
Goemon era ritornato dal Giappone stupito per avere incontrato allievi dello
stile Hikari ancora vivi. Vicino al divano stava un
tavolo a cui stava seduto un uomo con una giacca rossa e con una faccia
descrivibile con una sola parola: scimmiesca. Questi guardava preoccupato
l’uomo che stava guardando dalla finestra senza realtà vedere niente, pensando
continuamente al passato, a Kaoru e ,si, anche ad Alexis. “Jigen ,iniziò Lupin
lentamente e scegliendo con cura le parole, capisco che ogni mia parola
potrebbe essere inutile ma devi farti forza. Non puoi vivere prigioniero dei
ricordi, devi continuare la tua vita anche per Kaoru ,si fermò per vedere la
sua reazione ma attese invano in quanto Jigen continuava a guardare fisso
davanti a sé, ricordi ciò che ti ha detto Karen? Che non devi cedere al dolore
e continuare la tua vita portando i ricordi delle persone che hai amato dentro
di te perché così loro non ti abbandoneranno mai. Una persona ,Jigen, muore
solo quando viene dimenticata.” quelle parole scesero nel cuore sia di Goemon
che di Jigen, soprattutto in quest’ultimo che dopo dieci minuti passati a
fissare la finestra immobile sembrò riscuotersi dalla sua apatia. Si toccò la
tesa del cappello, si prese con calma una sigaretta e fece due anelli di fumo
prima di voltarsi verso i suoi amici per chiedere a Lupin, con un sorriso
complice “Qual è il nostro nuovo obbiettivo, Lupin?” a quelle parole, Lupin
sorrise felice scambiandosi un occhiata molto significativa con Goemon prima di
scervellarsi per il nuovo colpo: sentiva che la loro vita poteva riprendere le
antiche abitudini, anche se avrebbero sempre ricordato quella straordinaria
avventura che avevano vissuto e portato nel cuore tutti coloro che avevano
incontrato sul loro cammino.
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