Finally I can see the flux of Chi

di Tomoe Gozen onnabugeisha
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Perchè e come è iniziato tutto ***
Capitolo 2: *** Miyuki, Mina e Raffaele ***
Capitolo 3: *** Raffaele ***
Capitolo 4: *** Una festa alquanto particolare ***
Capitolo 5: *** Arrestati! ***
Capitolo 6: *** I fratelli Fujimoto e la decisione di Larry ***
Capitolo 7: *** Scontro tra gang ***
Capitolo 8: *** Partenza ***
Capitolo 9: *** Arrivo ***
Capitolo 10: *** L'incontro di Jigen ***
Capitolo 11: *** Rottura ***
Capitolo 12: *** In trappola ***
Capitolo 13: *** Furore ***
Capitolo 14: *** Combattimenti ***
Capitolo 15: *** Incubo finito ma.... ***
Capitolo 16: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Perchè e come è iniziato tutto ***


prova html Primo flashback

Gli occhi dell’uomo con indosso un completo nero e un cappello dello stesso colore s’illuminarono di una luce sinistra quando inquadrarono la vittima designata, che in quel momento stava uscendo dalla sua residenza e,come al solito, accompagnato da una manciata di sgherri armati. L’uomo li contò con calma mentre s’infilava una sigaretta piegata in bocca: quattro uomini più il ragazzo; puah, non bastavano certo a fermarlo, non era la prima volta che si trovava degli ostacoli di fronte. Certo che quel ragazzo era davvero protetto bene per essere il figlio del capo della mafia internazionale, soltanto quattro uomini quando lui ,il miglior killer del mondo, era stato assoldato per levarlo di mezzo! I tirapiedi del giovane ,quest’ultimo stava in mezzo a loro, si avvicinarono con circospezione alla Multipla blu parcheggiata davanti al cancello della villa, l’aprirono e fecero entrare prima uno di loro, che si mise al posto di guida e accese la macchina. Quando vide che la macchina cominciò a rombare, l’uomo dal completo nero prese la pistola Magnum che portava infilata nei pantaloni, l’aprì per controllare che fosse perfettamente carica: sei proiettili, come doveva essere. Poteva procedere. Seguì con calma la macchina, che lo portò fuori città fino in aperta campagna, nei pressi in cui viveva la ragazza del giovane; già si incominciava ad intravedere la sua casa. L’uomo dal completo nero si guardò intorno formando con la sigaretta un perfetto anello di fumo: non c’erano testimoni scomodi. Abbassò il finestrino, mise fuori la mano armata e mirando alle gomme posteriori fece fuoco; come previsto la macchina uscì fuori strada andando a schiantarsi contro un palo. Con movimento automatico, il killer fermò la macchina, scese e correndo come meglio poteva fare si diresse verso la Multipla da cui cominciarono a scendere le guardie del corpo del giovane, che sebbene fossero un po’ stordite a causa dello scontro cercarono di fare il loro dovere e difatti quando videro il responsabile dell’incidente correre verso di loro fecero per sparargli ma quest’ultimo si buttò a terra sparando contemporaneamente: quattro proiettili ben piazzati usciti dalla Magnum divorarono in un nanosecondo la distanza che li separava dalle loro vittime facendo stramazzare a terra i quattro uomini mentre una pozza di sangue si allargava sotto i loro corpi. Mentre osservava con quella che sembrava una certa indifferenza i corpi delle sue vittime, sentì alla sua sinistra che qualcosa si stava muovendo o meglio correndo e si ricordò subito che c’era ancora il ragazzo da eliminare; si voltò e lo vide correre a perdifiato in un vano tentativo di salvarsi. L’uomo sollevò nuovamente la pistola e sparò: quando la pallottola gli si conficcò nel ginocchio avvertì un dolore orrendo, come se quel proiettile gli avesse staccato la gamba di netto, difatti non se la sentiva più. Cadde a terra tenendosi con una mano la gamba ferita, da cui cominciava a scorrere un liquido rosso e denso che gli impregnò in un attimo il pantalone. Tremando in modo incontrollabile si voltò sulla schiena e si osservò la ferita: il punto in cui la pallottola gli era entrata la sentiva pulsare in modo assai fastidioso e quando la toccò leggermente avvertì un dolore se possibile ancora più terribile che lo spinse ad urlare dolore con tutto il fiato che aveva in corpo mentre con una mano si copriva il viso. Soffriva atrocemente. Il killer se ne rese conto guardandolo contorcersi per il dolore mentre il braccio che teneva la pistola ,dalla cui canna usciva ancora del fumo, era ancora puntata contro di lui. Sarebbe stato da sadici non finirlo e lui sebbene fosse un killer un po’ di compassione ancora l’aveva; non gli piaceva far soffrire le sue vittime più del necessario. Si diresse verso di lui con calma mentre ricaricava la pistola, sebbene ci fosse ancora un proiettile. Con uno scatto il tamburo si rimise a posto e il suo proprietario la puntò nuovamente contro il giovane che lo guardò in un modo molto significativo mentre cercava di alzarsi sui gomiti. “Non scongiurarmi di non ammazzarti, sarebbe inutile” tagliò corto l’uomo con voce incolore sempre con la pistola mirata al suo cuore “Chi sei?” chiese il ragazzo “Jigen Daisuke” rispose l’uomo mentre premeva il grilletto. Sentì di nuovo il proiettile entrargli nel corpo finché non raggiunse e sorpassò il cuore fuoriuscendogli dalla schiena. Con un gemito soffocato il ragazzo si distese a terra, l’ultimo suo pensiero andò a Mischa e al bambino che non avrebbe mai più rivisto. Jigen rimettendo la pistola a posto si avvicinò al cadavere mettendosi in ginocchio al suo fianco. Lo osservò: aveva solo venti anni. Troppo giovane.
Dimmi ,boia, com’è guardare le proprie vittime? Ti rende felice guardarle morire? Ti diverte vedere la luce e con lei la vita abbandonare i loro corpi? Ti diverte fare quello che fai? Ti credi onnipotente? E invece non lo sei. Un giorno sarà qualcun’ altro ad interpretare il tuo ruolo e allora vedrai che non sei né più né meno degli altri. 
Gli chiuse con delicatezza gli occhi poi si voltò, raggiunse la sua macchina e andò via. Non seppe mai che dopo mezz’ora una ragazza dai capelli color paglia di nome Mischa ,attorniata dalla banda di cui faceva parte il giovane e al cui vertice stava suo padre, abbracciava singhiozzando il cadavere del giovane mentre il padre di questi ,furente, ordinava ai suoi uomini di cercare in giro qualche cosa che potesse aiutarli ad identificare il responsabile. Uno degli sgherri trovò vicino al cadavere di una delle guardie del corpo assassinate le parole scritte col sangue: Jigen Daisuke.                
             
Secondo Flashback

“Stanno per iniziare” pensò Lupin guardando i due samurai davanti a lui cominciare a muoversi lentamente. Goemon sembrava concentrato al massimo e anche se non lo mostrava sia Lupin che Jigen sapevano che il cuore del loro amico era incendiato dall’odio e dal desiderio di vendicare l’amato maestro, che era stato ben più di un padre per lui e infatti dopo un attento esame chiunque avrebbe notato l’odio che incendiava gli occhi neri del giapponese e la mascella contratta. Dal canto suo quest’ultimo pensò che finalmente stesse per avere la sua vendetta, stava per vendicare l’amato maestro Shiden, assassinato dal cane che gli stava di fronte e che lo guardava con disprezzo e derisione. Come si era permesso di uccidere il  suo maestro? Era imperdonabile e lui non gliel’avrebbe fatta passare liscia. Lo avrebbe ucciso, fatto a pezzi, lo avrebbe finito lentamente, fatto soffrire in tutti i modi possibili ed immaginabili in quel duello e quando Jinkuro lo avrebbe supplicato di finirlo, lui ,Goemon, gli avrebbe risposto ,magari sogghignando, che aveva ucciso il suo amato maestro e che quindi per morire avrebbe dovuto pazientare, intanto doveva soffrire finché a lui sarebbe piaciuto. Niente lo avrebbe fermato dal mettere in atto questi propositi e in cuor suo sperò che i suoi amici non provassero ad intercedere per Jinkuro perché altrimenti….
Cominciarono a correre verso sinistra, con le lame in mano e sempre con maggiore velocità finché entrambi non scattarono in avanti, con l’intenzione di colpire l’avversario frontalmente e teoricamente di sorpresa ma entrambi pararono i colpi, provocando con il cozzare delle loro lame un gran fracasso. Si allontanarono ritornando al punto di partenza ma questa volta cominciarono a muoversi in cerchio attaccandosi ogni tanto una volta in aria e una volta a terra, continuarono così per un pezzo: nessuno riusciva anche solo minimamente a prevalere sull’altro; “Sei sempre forte ma non potrai tenermi testa per molto con le braccia ferite a quel modo” osservò con il suo tono irritante Jinkuro rivolto a Goemon indicando le braccia di quest’ultimo, che proprio in quel momento cominciarono a sanguinare macchiando di rosso le bende. “Jinkuro, vendicherò il mio maestro con la spada affidatami da lui stesso” ribatte tranquillamente Goemon “Hai parlato abbastanza” concluse Jinkuro diventando improvvisamente serio. Continuarono a combattere senza risultati rilevanti. Mano a mano che passava il tempo la rabbia di Goemon cominciò a diventare sempre più forte e sembrava che anche il cielo condividesse la sua sete di vendetta perché improvvisamente cominciò a rannuvolarsi finche un fulmine non incendiò un albero che stava proprio in mezzo ai due combattenti. Prese fuoco e le fiamme illuminarono i volti dei due samurai, rendendo ancora più impressionante la scena. Insieme alla pioggia cominciò a tirare anche un forte vento, in cui Goemon si trovò controvento mentre Jinkuro lo aveva da dietro, questi si frugò in una tasca del kimono, cavandone fuori un potente narcotico. “Se vai controvento sei finito, questo è un potente narcotico che ti farà chiudere gli occhi” disse Jinkuro aprendo la mano in cui c’era il narcotico lasciando che il vento lo trascinasse a Goemon, il quale dopo due secondi cominciò a dare segni di cedimento. “Sei un vigliacco, adesso ti sparerò, Jinkuro!” esclamò arrabbiato Lupin già con una mano sulla pistola. A quelle parole Goemon si sentì come se qualcuno gli stesse per fare un grosso sgarbo: nessuno doveva rubargli la vendetta, neanche un suo amico. “No, Lupin!! Jinkuro devo ammazzarlo io!” “Hai del fegato Goemon” continuò Jinkuro sorridendo: si aspettava quella reazione. “Accidenti, devo assolutamente farcela” pensò Goemon cercando disperatamente di non mollare ma cominciava ad avere grosse difficoltà con la vista: vedeva il suo nemico sdoppiarsi continuamente e in più si sentiva assonnato. Maledetto vigliacco! Fece un passo indietro quando improvvisamente sentì uno dei suoi piedi toccare il vuoto, che diavolo? Si voltò leggermente indietro e vide che era arrivato sulla cima della montagna, un passo falso e si sarebbe sfracellato di sotto!                            
“Questa è la tua fine, Goemon. Ora non puoi più sfuggirmi” osservò Jinkuro e  Goemon si rese che conto che purtroppo era fottutamente vero: era mezzo addormentato, non ci vedeva bene e adesso non  poteva muoversi più di tanto per non finire giù. Ma non poteva arrendersi, doveva vendicare il suo maestro, maledizione! Non era giusto! “Non voglio morire adesso! Non per mano sua,accidenti” pensò Goemon quando vide Jinkuro fare atto di avventarsi contro di lui sollevando la spada con l’intento di spaccargli il cranio. Ecco, era finita! Aveva fallito e sicuramente deluso il suo maestro! “Maledizione!!!” pensò con ira scagliando in aria la spada nello stesso momento in cui un fulmine attraversò il cielo. Accadde tutto in un attimo: la spada di Goemon si drizzò attirando su di se il fulmine, il quale andò a colpire in pieno Jinkuro, carbonizzandolo in una sola alta fiammata. “I fulmini del cielo hanno fatto giustizia” commentò Lupin mentre copriva con la sua giacca l’ormai fradicio amico mentre Jigen lo aiutava a rialzarsi ma Goemon sapeva bene che non erano i fulmini del cielo ad averlo aiutato “Grazie di cuore, maestro” pensò mentre si sedeva sul sedile posteriore della Fiat500 e cedeva al sonno.        
Dormi, dormi pure, Goemon Ishikawa. Riposati per l’impresa compiuta e sogna il tuo maestro che ti ringrazia per averlo vendicato ma tu credi di averlo vendicato davvero? Credi di aver fatto il tuo dovere,vero? E invece no, altro non voglio dirti soltanto che ti pentirai.  

Terzo flashback

L’elicottero fece una veloce inversione dirigendosi verso i due uomini sistemati sulla rupe che si affacciava sul mare. Visto il pericolo si affrettarono a caricare velocemente le pistole. “Lupin, sbrigati, dannazione! Si sta velocemente avvicinando!!!” urlò Jigen cercando di sovrastare il rumore dell’elicottero mentre guardava con sempre più crescente preoccupazione il mezzo su cui c’era a bordo Antonio Wolf, un loro vecchio rivale che aveva tutte le intenzioni di mandarli all’altro mondo. “Ho fatto, ho fatto!” rispose frettolosamente Lupin III mirando insieme al suo compagno contro l’elicottero. Dal finestrino della sala dei comandi si sporse un uomo con un fucile in mano, un cappellaccio calato su un occhio facendolo sembrare guercio e una sciarpa nera intorno al collo. L’uomo ghignò sinistramente guardando i suoi avversari a terra, che sembravano aspettarlo, mentre con una mano governava l’aereo indirizzandolo contro di loro, mentre con l’altra prendeva la mira col fucile. Mirando per primo alla testa di Lupin fece fuoco ma lo mancò perché quest’ultimo si buttò di lato sparando nello stesso istante in cui anche Jigen fece fuoco. L’uomo quando avvertì i proiettili entrargli nel petto e nella gamba capì di aver fallito, che la vendetta gli era stata strappata via di mano per opera dei suoi più odiati nemici. Che buffo, strano e triste tiro del destino: aveva sempre ucciso e adesso era lui a finire ucciso. Questo fu il suo ultimo pensiero quando cadde in acqua.       
Non temere, guerriero caduto, come Ettore fu vendicato da Paride e Achille da Bellerofonte anche tu avrai la tua vendetta.

Quarto flashback

“Jigen”, la voce di Karen Kowalski interruppe bruscamente il loro dialogo. Il tono non era ne autoritario ne freddo, era calmo e incolore. Jigen ,ritornando subito serio, si girò verso di lei e la vide lì, in attesa che lui la raggiungesse, con la pistola, la sua pistola, in mano. Vedendola immobile, in attesa paziente che lui le venisse vicino, Jigen gli venne stranamente da chiedersi se la morte non avesse preso l’aspetto di quella donna. A vederla così, immobile e in paziente attesa, sembrava veramente che fosse la morte personificata, magari la pistola che aveva in mano era la “falce”. Forse la morte ,quando è il nostro momento, assume le sembianze degli esseri che abbiamo di più amato al mondo, proprio come in quel momento: Karen e la sua amata pistola CombatMagnum. Jigen sospirò; doveva andare, non poteva impedire che Karen facesse giustizia. “Jigen” iniziò Lupin alle sue spalle, distogliendolo dai suoi pensieri “Tieni questa, devo parlarle” replicò consegnandogli il mitra e allontanandosi prima che Lupin potesse dire o fare qualcosa. Lupin a quel punto capì e non disse più niente. Jigen gli aveva solo passato la mitraglietta ma il gesto in sé significava: “Non puoi aiutarmi, Lupin. Devo lasciarla fare”. Si mise davanti a lei e quest’ultima, piegando le gambe e reggendo con entrambe la mani la pistola, gliela puntò contro il cuore. Sollevò il cane ma quando il tamburo girò infilando nella canna il proiettile, per un attimo sul suo viso apparve l’espressione del ripensamento. Poiché Jigen aveva chiuso gli occhi non vide Karen mordersi il labbro ma sentì che quest’ultima era in difficoltà. “Coraggio, Karen. Spara” l’incoraggiò mentre facendosi coraggio riapriva gli occhi. Lupin guardava la scena in silenzio senza fare nulla ma in cuor suo pregava che Karen non sparasse al suo amico e così avvenne. Karen effettivamente sparò ma mirando a qualcosa che si trovava alle spalle di Jigen; quest’ultimo ,accortosi di non essere stato colpito, si voltò per vedere Keith di nuovo in piedi: era a lui che aveva sparato! Lupin gli lanciò la mitraglietta mentre lui prendeva la sua WaltherP38 e insieme a Karen cominciarono spietatamente a sparare a Keith, che stranamente continuava a rimanere in piedi nonostante tutte le pallottole che gli venivano spedite contro. Soltanto quando un proiettile lo colpì alla testa cadde a terra, con la sua mitragliatrice che continuò a sparare per un po’ finchè ,esauriti i proiettili,non smise. Tornata la calma, Jigen e Lupin si voltarono per vedere Karen a terra. “Karen!” Jigen le si avvicinò di corsa e la prese delicatamente per le braccia, facendole appoggiare la testa sul suo torace. La pistola che Karen aveva tenuto in mano poco prima era caduta a terra, Jigen la raccolse e con un abile movimento del polso fece uscire il tamburo dalla pistola: c’era ancora un proiettile. “Karen, vuoi ancora uccidermi?” le chiese offrendogli la pistola, lei lo guardò e con quella che sembrava un aria triste scosse debolmente la testa. Vedendo dove il proiettile si era conficcato, Jigen dovette esercitare su se stesso un notevole controllo per non piangere. Troppe donne aveva amato e tutte le erano state portate via, chi per un motivo chi per un altro. Aveva cominciato seriamente a pensare di rinunciare all’amore, di non donare più il suo cuore ad un' altra sia per evitare a se stesso altre sofferenze e sia per proteggere la donna che voleva donarsi a lui ma aveva incontrato Karen e ,nuovamente, lui ci era ricascato, anche se stavolta era sicuro che tutto sarebbe andato come voleva lui, e invece…Visto come andavano a finire le sue storie d’amore cominciava anche a pensare che fosse in parte colpa sua, che portasse iella, anche se lui non aveva mai creduto a cretinate simili. Quando sentì nuovamente Karen chiamarlo dolcemente si voltò verso di lei. Ogni cosa sembrò perdere importanza per lui in quel momento. Niente aveva più importanza, in quel momento poteva anche arrivargli una pallottola nel braccio, lui non se ne sarebbe neanche accorto, anzi se una pallottola in quel momento lo avesse ucciso ne sarebbe stato contento perché significava rivedere tutte le donne che aveva amato e dalle quali era stato amato. Sentì intorno a sé i suoi amici parlare con qualcuno ma non ci badò, non fece nemmeno caso al fatto che qualcuno gli avesse sfilato di mano l’ arma. Era troppo preoccupato per Karen per interessarsi ad altro. “Karen, ti prego non morire” riuscì a balbettare mentre gli occhi quasi gli si riempivano di lacrime alla vista della sua mano sporca di sangue, il sangue di Karen: perché? Perché ogni donna che amava finiva sempre col morire? Che cosa aveva fatto per essere trattato così? Se il suo destino era quello di non amare nessuna donna perché allora veniva torturato sentimentalmente così? “Jigen ,la voce appena percettibile di Karen lo strappò bruscamente dai suoi pensieri, non piangere” “Come pretendi che non pianga? Io ti amo, maledizione ,e stai morendo qui, tra le mie braccia, senza che io possa fare niente per te, niente”; trasalì quando sentì la mano calda di Karen accarezzargli una guancia “Che cosa hai detto?” “ Ho detto che mi sento impotente e che…” “No, che cosa hai detto molto prima?” “Ho detto che ti amo” “Anche io, Jigen.” “Karen ,sussurrò lui con le lacrime che colavano sul petto di lei, io …” “No, aspetta, fammi parlare. Non cedere al dolore, continua a vivere. Devi farlo anche per me che desidero che tu sia felice e non sopporterei che per causa mia tu cambiassi. Hai capito che voglio dire? Se tu vivrai portando il ricordo di me io continuerò ad esistere attraverso te” “Karen, ti prego…non…non parlare così  ,riuscì a dire solo questo,cercando con penosi sforzi di controllare la voce, tu non morirai, resisti, ti supplico!” “Addio” disse Karen abbandonandosi con un sospiro tra le braccia dell’uomo che l’aveva tanto amata, il quale ,dopo un attimo di smarrimento ed incredulità, diede liberamente sfogo al suo dolore: abbracciò strettamente la donna sussurrando dolcemente il suo nome mentre lasciava che le lacrime gli scorressero lungo il viso,bagnandogli le guance e la barba. Si riscosse quando sentì una mano poggiarsi delicatamente sulla sua spalla e una voce profondamente addolorata dirgli “Mi dispiace”. Si voltò e vide che il proprietario della mano era nient’altri che Goemon, “Dai” intervenne Lupin, anche lui sinceramente dispiaciuto. Limitandosi a rispondere con un accenno della testa, Jigen si rialzò, prese il corpo di Karen tra le braccia e ,sotto lo sguardo dei suoi amici, premette il pulsante che avrebbe azionato il meccanismo di esplosione del sottomarino Ivanoff ,su cui c’era tutta l’organizzazione Shot Shell, che Karen gli aveva affidato.  Sotto gli occhi di tutti i presenti,l’Ivanoff saltò in aria trascinando nella rovina la gang Shot Shell. “Riposa in pace,amor mio, sei vendicata” pensò Jigen guardando il sottomarino inabissarsi.                  
Perché ti sei vendicato distruggendo la nave, Jigen Daisuke? Non hai capito che la colpa della morte di Karen non è nient’altro che tua? Tua, come è tua la morte delle altre donne che hai amato e dalle quali sei stato ricambiato? Perché non lo capisci? Sei sciocco o ti spaventa l’idea di ucciderti? Perché non ti togli la vita? Non dovrebbe essere difficile per te, hai ucciso tante persone; sicuramente conosci tutti i metodi per lasciare in modo indolore questo mondo, allora perché? Sei crudele ed egoista! Preferisci continuare a vivere ben sapendo che avrai probabilmente altre donne che soffriranno per colpa tua! Sei ancora un assassino ,Jigen Daisuke, ma stavolta in un modo molto più subdolo.                

Quinto flashback

“Bravo! Finalmente te lo sei levato dai piedi” esclamò Fujiko alle sue spalle mentre gli puntava contro la pistola “Hm, ora dici così ma poi mi darai la caccia per vendicarlo.” rispose Pycal con uno dei suoi rari sorrisi  “Ciò è possibile. Comunque adesso sono venuta per prendermi i cristalli... quindi dimmi dove sono” completò spingendogli ulteriormente la canna della pistola contro la nuca ,dopo un attimo di silenzio, “I cristalli sono lì” le disse indicando con una mano il sacchetto che stava proprio attaccato al bracciolo della sua sedia “Grazie, molto gentile” gli disse mentre si riempiva come meglio poteva le tasche. “Adesso buttati in acqua” “Buttati tu e portati via i cristalli” “No. Non ho il costume da bagno ed è meglio che ti butti tu, hai ucciso Lupin e non esiterei a spararti” “Ripensaci, te ne pentirai” provò ad insistere, sperando ,inutilmente, di convincerla ma quando sentì la sua risposta decise di lasciar perdere: era troppo innamorata di Lupin “Mai quanto te tra poco, svelto, buttati” insistette lei adesso con voce molto più minacciosa di prima. Non ebbe altra scelta; le cedette i comandi dell’elicottero e si buttò in mare. A un pelo dall’acqua aprì un piccolo scompartimento nascosto nella sua cintura, in cui c’era un bottone che ,una volta premuto, fece apparire un deltaplano che evitò a Pycal uno spiacevole e indesiderato bagno. “Sciocca, i veri cristalli sono in mano mia ,esclamò ridendo guardando i veri cristalli attaccati ai lati del deltaplano, e li userò per dominare il mondo al momento più opportuno!”. Proprio in quel preciso momento il sole fece capolino dalla montagna di fronte illuminando in attimo tutto il paesaggio,anche la barchetta sotto di lui che proprio in quel momento stava passando attraverso quelle che sembravano due piccole isole. Osservandola notò qualcosa che lo mise in allarme: dapprima lui non capì che cosa diavolo fosse quel affare che l’uomo sulla barca gli aveva puntato contro ,era troppo lontano, ma quando vide un grosso proiettile e una gigantesca tela imprigionarlo come in una morsa, distruggendo il deltaplano e facendolo inesorabilmente cadere in acqua capì solo una cosa: Lupin III in un modo o nell’altro aveva ricevuto la sua vendetta, sebbene da uno sconosciuto.      
Pycal, consolati pensando che hai ucciso il tuo nemico.

Due anni dopo, in Giappone.
“Credo che sia questo il posto ,pensò il giovane samurai con il kimono nero guardando il gigantesco grattacielo di fronte a lui. Accidenti, colui che gli aveva dato l’appuntamento probabilmente era un riccone o comunque una persona che non aveva problemi economici. “Chissà perché diavolo mi ha spedito quella lettera questo riccone,cosa accidenti vorrà da me?” pensò ancora mentre varcava la soglia. 
“Hikijo Semboo, conosco la tua storia e so che cosa desideri di più al mondo, dopo che è successo quello che è successo. Non posso dirti altro in questa lettera ma se vuoi che io sia più chiaro accetta di incontrarmi. Ti do appuntamento questo giovedì alle 6 in punto di pomeriggio, ti aspetto.
P.S: Mi sembra doveroso specificare che mi trovo non a Shizuoka ma Nagoya. Poiché non so se sai come arrivarci sappi che devi prendere la Tomei Expressway, una volta lì chiedi di me e tutti ti indicheranno dov’è la mia casa. Sperando che accetterai la mia richiesta, ti saluto. Kanemoti Hideyoshi.”
Dentro si trovò in una sala riccamente ammobiliata; ogni cosa ,dal tappeto che partiva dall’ingresso fino alle scale e dai numerosi e delicati oggetti che stavano appoggiati ai mobili, dimostravano una grande raffinatezza e anche una certa tendenza del proprietario all’esibizionismo della propria ricchezza. Il giovane rimase talmente incantato di fronte a tutte quelle ricchezze da non accorgersi subito del fatto che non era solo: infatti nella
sala c’erano dei mafiosi, stando a giudicare dall’aria poco raccomandabile e dalle armi che tenevano in mano. Quest’ultimi non appena videro lo sconosciuto gli andarono lentamente incontro, circondandolo. Il giovane nonostante avesse capito di essere circondato da persone non proprio per bene non diede minimamente segno di timidezza, d’altronde che cosa doveva temere? Se lo avrebbero aggredito, lui li avrebbe sistemati a dovere! Che credevano, che la sua spada fosse fatta di legno o che fosse una di quelle volgari imitazioni di plastica che i genitori ogni tanto donavano ai propri figli? “Sono qui per un incontro con il signor ,qui guardò un attimo il nome del mittente sulla lettera che gli era stata spedita, Kanemoti.” a quelle parole i mafiosi sembrarono rilassarsi tant’è vero che abbassarono le armi e ognuno ritornò alle sue occupazioni, soltanto quello che sembrava il capo ,un tipo con una cicatrice ad x sul viso che partiva dalle sopracciglia fino al mento incrociandosi a cavallo del naso, lo invitò con un gesto della mano a seguirlo. Per mezzo dell’ascensore arrivarono al diciassettesimo e ultimo piano, in cui c’era soltanto una gigantesca porta in fondo. L’uomo fece cenno al samurai di aspettare quindi bussò alla porta, l’aprì quel tanto che bastasse per lasciar passare la testa insieme a metà busto e dire qualcosa per poi ritornare dall’ospite e dirgli “Puoi entrare, ti stanno aspettando” “Stanno?” ripetè incerto il giovane ma non potè chiedere altro perché il suo accompagnatore era stato appena ingoiato dall’ascensore. “Entriamo” e dicendo questo varcò la porta entrando dentro a quella che sembrava una sala per le riunioni ma a lasciarlo maggiormente perplesso furono le persone che trovò sedute alla grande tavola rotonda che stava in mezzo alla stanza. Al capotavola c’era un signore sui trent’anni ,vestito con un completo nero molto elegante con una sigaretta Malboro quasi del tutto consumata in bocca, la quale si piegò in un garbato sorriso vedendo il nuovo arrivato. Alla sua sinistra c’erano due sedie vuote mentre alla sua destra c’era un giovane giapponese sui venti anni con i capelli castani tendenti al biondo, gli occhi color miele. Vicino a lui c’era una ragazza della stessa età coi capelli di uno smorto biondo cenere. Vicino a lei c’era seduta una ragazza con i capelli completamente neri, salvo i due ciuffi al lato del viso che erano rosso fuoco. Infine all’ultima sedia c’era un’altra ragazza con i capelli biondo platino e gli occhi blu scuro, dai lineamenti non sembrava orientale. Hikijo notò che tutti e quattro portavano un kimono nero e una spada infilata nella cintura, tranne l’ultima ragazza che aveva sul lato sinistro una fondina in cui stava infilata una pistola Condor e quella vicina al giovane coi capelli castani, che aveva una Kalashnikov appesa sulla schiena. “Finalmente siete arrivato, giovane Semboo Hikijo. Vi stavamo aspettando, sedetevi prego” disse l’uomo sui trenta indicando la seconda sedia alla sua sinistra. Hikijo obbedì, sempre più perplesso: non conosceva affatto quelle persone, allora
com’era possibile che conoscessero il suo nome?
“Sei sorpreso, vero? Ma ricorda: quando non riesci a raggiungere la vendetta, è lei allora che ti viene incontro”  “Chi ha parlato?” sobbalzò Hikijo sorpreso e anche un po’ impaurito guardandosi intorno senza riuscire a scoprire chi fosse il proprietario di quella voce infantile fredda come ghiaccio e flebile come un alito di vento. “Insomma, Chi ,esclamò il signor Kanemoti sorridendo divertito guardando la sedia vuota che stava alla sua sinistra, lo stai spaventando, mostrati” “Come vuoi” e immediatamente sulla sedia apparve quella che sembrava una bambina di dodici anni, con dei bellissimi capelli biondi il cui colore era messo in maggiore risalto dal berretto nero tipico della Grecia in testa. Indossava un elegante vestito nero ,il quale sembrava più adatto per un ballo che per la vita quotidiana, e delle ballerine, nere anch’esse. “Lei è Chi (Ci)” “Piacere” riuscì appena a dire Hikijo che era rimasto ovviamente perplesso “Dalla tua espressione deduco che ti starai chiedendo come Chi sia riuscita a fare quello che ha fatto e chi siamo noi, è corretto?” “Proprio così” “Bene, ti spiegherò tutto ma prima è meglio che ti presenti gli altri, visto che dobbiamo collaborare è meglio conoscerci. Bene, i due ragazzi alla mia destra si chiamano rispettivamente Liu Kang Kanemoti ,mio nipote, e Alexis Kowalski. La penultima ragazza coi capelli neri si chiama Kate Pycal e l’altra si chiama Nemesi Wolf, è italiana ma parla tranquillamente la nostra lingua. Io sono Hideyoshi Kanemoti” “Molto piacere, ma continuo a non capire perché mi abbiate convocato. Non conosco nessuno di voi” rispose Hikijo maggiormente confuso “Vi ho convocato per proporvi un affare, vantaggioso a tutti noi” spiegò l’uomo guardandoli negli occhi e facendosi serio “E sarebbe?” chiese Alexis “Vendetta” completò Chi con un sorriso crudele in volto.

Nei pressi di New York, contemporaneamente a quello che accade in Giappone.. 
“C’è posta per te,Goemon. Dal Giappone” fece Jigen porgendo all’amico una busta bianca, su cui spiccava con un elegante calligrafia il nome Goemon Ishikawa. 
“Dal Giappone!? Ma allora è lei, passamela, svelto!” esclamò Goemon afferrando la busta e sbrigandosi ad aprirla per leggerne avidamente il contenuto. 
“Goemon, insomma, si può sapere chi ti manda tutte queste lettere?” chiese incuriosito Lupin, sperando che l’amico finalmente si decidesse a dare spiegazioni. Era da tantissimo tempo che arrivavano quelle lettere e Goemon non aveva mai detto chi ne fosse il misterioso autore.    
“Lupin, è una lettera che mi manda una persona che non vedo da tanto tempo” spiegò Goemon con gli occhi che mandavano bagliori
“È una persona speciale?”   
“È molto speciale ,Jigen, veramente molto. Almeno per me.”
“?”
“Un giorno ve la farò conoscere. Sono sicuro che vi sarà molto simpatica.”    
“Ma è una donna?”
“Si, Lupin, è una donna. Una bellissima donna, ti basta sapere che viene chiamata “piccolo tulipano”
“Ti sei innamorato stavolta, confessa!” lo punzecchio Jigen con un sorriso malizioso in viso mentre dava dei colpi di gomiti all’amico, che avvampò.   
“Non mi sono innamorato, quindi è inutile che mi prendete in giro voi due.” se sperava con questo di disilludere i suoi amici si sbagliava di grosso.
“Chi è?”
“Ci siamo allenati alla stessa scuola”
“Va bene, ma chi è?”
“Ve la farò conoscere, un giorno. Adesso è meglio se andiamo a dormire. Buonanotte”   
“Ehi, Goemon!”
“Si?”
“A quanto le sospirate nozze?”
“Jigen, ti ci metti anche tu?”
“Scherzavo, stavo scherzando!”
“Banda di matti” sbuffò Goemon con un piccolo sorriso 
“Solo una curiosità”
“Si?”
“Ti è cara?”
“Molto cara”
“Okay, buonanotte Goemon!”
“Anche a voi”
I due uomini uscirono dalla stanza lasciando solo il samurai, che solo a quel punto sorrise più ampiamente e sussurrò ciò che non avrebbe mai ammesso davanti a suoi amici: “Mi è cara quanto voi”. Nella loro stanza intanto Jigen e Lupin parlavano tra di loro, “Secondo te finirà bene?” chiese Lupin all’amico, il quale capì a che cosa si riferisse la domanda “Non lo so, spero di si. Goemon è già finito male parecchie volte, una volta era proprio ad un passo dallo sposarsi e poi si sono lasciati, rammenti?” “Si, Lady Murasaki.” “Oppure quando si innamorò di Isabella? Quella che aveva inventato il Virus Beta.” “Me la ricordo, Goemon era innamoratissimo di lei e non posso dargli torto: era una bellissima donna” “Ti ricordi come andò a finire?” a quelle parole la mente di Lupin si riempì involontariamente di flashback, pezzi di ricordi riguardanti i pochi minuti che precedevano la morte di Isabella: lei ,seduta su quel trono con il SuperEgg in mano,che luccicava talmente da rendere nonostante il buio perfettamente visibile il viso della donna, luccicante di sudore per lo sforzo psichico appena sostenuto e lui, Jimmy, quel bastardo approfittatore, che non appena si era reso conto che Isabella non gli serviva più si era avvicinato a lei, le aveva strappato il diamante di mano e l’aveva pugnalata, lasciando che lei rotolasse giù per i gradini e morisse lì, come se si fosse trattato di un oggetto ormai inutile. “Lupin?” “Eh? Oh, si Jigen mi ricordo ,purtroppo, come andò a finire. E il povero Maichel..” “Si,annuì un po’ commosso Jigen, si è visto morire la madre tra le braccia proprio quando finalmente l’aveva trovata. Che sfortuna!” “Comunque,noi per quello che è possibile aiuteremo Goemon, questo è certo” “Ovviamente”  “Va bene, pensiamo a dormire adesso.” “Buonanotte”.        




















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Capitolo 2
*** Miyuki, Mina e Raffaele ***


Miyuki, Mina e Raffaele Nei pressi di Teshio, diciassette anni dopo.      
La giovane donna continuava a correre senza dar segno di volersi fermare, con la stessa determinazione di chi sa che se smetterà di combattere la sua vita sarà distrutta. Sempre correndo, diede un occhiata alle sue spalle e il suo giovane viso di donna trentanovenne si storse in un espressione disperata: non accennavano ad abbandonare la caccia. Per quanto ancora sarebbe riuscita a correre? Non gli importava se prendevano lei, ma se prendevano sua figlia! Era tutto accaduto all’improvviso! Si stavano entrambe allenando con la spada e come al solito dopo gli allenamenti si stavano affrontando in un piccolo duello; niente di serio, giusto per saggiare l’abilità di Mina, la quale questa volta era riuscita a mettere veramente in difficoltà Miyuki ,sua madre e suo secondo maestro, almeno finchè quest’ultima ,con una spazzata e un colpo veloce dato dal basso verso l’ alto, non riuscì a disarmarla. La spada della figlia volò in aria, fece qualche volteggio per poi andarsi a conficcare nel terreno ,non con qualche piccola vibrazione, prima di tornare immobile. Mina si era avvicinata sospirando alla spada, l’aveva estratta e quando si stava per voltare verso la madre entrambe avevano sentito un rumore secco,come un bastoncino che si spezzava poi il più completo e assoluto silenzio. Anche gli uccelli si erano zittiti e questo aveva maggiormente messo in allarme le donne; se gli uccelli si zittivano significa che c’era un pericolo. Si erano guardate in faccia e sempre senza dire una parola si erano messe a correre a perdifiato nel momento stesso in cui si sentì un “Ferme!!” insieme a due spari, le cui pallottole sfiorarono pericolosamente la testa di Mina, la quale per lo spavento aveva lanciato un urlo e si era messa automaticamente una mano in testa. Miyuki fulmineamente l’aveva afferrata ad un braccio spingendola davanti a sé urlandole imperiosamente “Corri!!” mentre la mano destra tirava fuori la spada. Aveva smesso di correre girandosi di scatto verso i suoi nemici, i quali a loro volta avevano cessato di correre e cominciato a sparare: con la velocità acquisita grazie ai tanti anni di allenamento la spada di Miyuki si muoveva intercettando i proiettili e mandandoli a cadere per terra. “Il maestro Shiden mi ha fatto fare esercizi simili un infinità di volte!” aveva pensato tra sé quando aveva intercettato l’ultimo proiettile ma poi accadde qualcosa di assolutamente imprevisto: non riusciva a più a staccare le mani dalla spada perché era tutta impiastricciata di una sostanza appiccicosa gialla che evidentemente era comparsa quando aveva infranto l’ultimo proiettile. Aveva abbassato la guardia e ora quei tizi le avrebbero fatto il servizio di barba e capelli. Con una voglia matta di prendersi a sberle per la sua cretinaggine aveva voltato loro le spalle e ricominciato a correre come una pazza cercando nel frattempo di liberarsi le mani, cosa che riuscì a fare dopo non pochi sforzi. Avrebbe mai rivisto i suoi bambini, i suoi piccoli angeli? Oddio, piccoli non tanto. Avevano entrambi diciassette anni perché ,grazie tante, erano gemelli ma per una madre i propri figli anche quando sono ormai grandi rimangono sempre “piccoli”. Chissà se avrebbero mai mantenuto la promessa qualora le fosse accaduto qualcosa. Chissà …..    
I suoi pensieri di madre furono interrotti da uno improvviso spavento e quindi da una brutta quanto mai sgradita sorpresa: era arrivata sull’orlo del burrone senza accorgersene e aveva rischiato di caderci dentro! Sollevando istintivamente le braccia e muovendole all’indietro riuscì a non perdere l’equilibrio e a mettersi al sicuro. Dimenticandosi del fatto che la stavano seguendo a causa dello spavento la donna non continuò a correre anzi si fece aria alla faccia con la mano mentre l’altra se l’appoggiava sul petto. Soltanto quando sentì chiudersi ,con la violenza di una morsa, una mano particolarmente robusta sul braccio sinistro si ricordò di loro e sentì lo stomacò chiudersi dalla paura assieme ad un indicibile senso di nausea. Come aveva potuto essere così stupida? Cercò di difendersi ma adesso il suo aggressore le aveva bloccato tutte e due la braccia dietro la schiena, impedendole ogni tentativo di difesa mentre un altro le confiscò la spada. “Adesso che abbiamo finito di giocare passiamo alle cose serie. Dov’è la pergamena?” le chiese a bruciapelo l’uomo che teneva l’arma di Miyuki ma quest’ultima ,lungi dal voler rispondere, si limitò a dire con un sorriso strafottente “Provate ad indovinare”, risposta che le fu causa di un violentissimo schiaffo sul viso, come si poteva notare dall’arrossamento della guancia e dalla sottile linea di sangue che le colava dalla bocca macchiandole il viso, di una carnagione simile a quella delle bambole di porcellana con cui aveva giocato quando era bambina. Non si lamentò per lo schiaffo, anzi si comportò come se non l’avesse neanche sentito, cosa che fece innervosire i suoi aggressori. “Non vuoi parlare? Vedremo se poi non cambierai idea”; a queste parole la donna lo guardò in modo interrogativo e leggermente preoccupato. L’uomo si limitò a ridere insieme agli altri poi la trascinarono via raggiungendo la Multipla nera inchiostro che era stata parcheggiata quattro km più in là, la caricarono sopra e partirono. Miyuki notò subito che non c’era Mina quindi le venne naturale pensare che non l’avessero catturata. Ne fu felice, era riuscita almeno a salvare la figlia. Dopo un viaggio di due ore buone arrivarono davanti a un palazzo particolarmente sontuoso: chiunque abitasse lì, non gli mancavano certo i soldi. Entrarono dentro e la donna fece appena in tempo a dare una rapida occhiata in giro e a notare il lusso che traspariva dappertutto che si trovò davanti ad un uomo vestito con un abito molto elegante di colore nero, accompagnato da quello che era inconfondibilmente un samurai dello stile Kuroi a giudicare dal kimono di colore nero pece. Aveva i capelli neri e talmente lunghi che gli arrivavano fino al sedere, gli occhi freddi e dello stesso colore del ghiaccio. Ma fu il ghigno che aveva stampato in faccia a preoccuparla: sembrava quella di una belva che pregusta il sapore della preda imminente. Nel restituirgli lo sguardo le sembrò di averlo già visto da qualche parte ma non si ricordava dove, qualcosa di molto tempo fa. “I miei omaggi, signorina Miyuki Ishikawa, io sono Kanemoti. Spero che collabori e che ci dica quello che vogliamo sapere, altrimenti ci costringerà a compiere azioni molto spiacevoli, non so se sono stato chiaro” le parlò l’uomo elegantemente vestito “È stato chiarissimo e lo sarò anch’io: arrangiatevi” gli rispose con calma. L’uomo si lasciò sfuggire un sorriso maligno di fronte a quella risposta. “Ve la siete proprio voluta. Hikijo!”, il samurai vicino a lui rispose prontamente “Si, signore”, afferrò brutalmente la donna per un braccio e la portò in quello che sembrava uno scantinato: c’era un tavolo al centro della stanza con delle manette vicino ai bordi per le mani e i piedi, alle pareti stavano appese quelle che inconfondibilmente erano strumenti di tortura, coltelli e roba simile. Su un secondo tavolo c’erano barattoli pieni di quelli che sembravano insetti e rettili: scorpioni, vermi e serpenti velenosi. Attaccate alla parete ,a sinistra del tavolo, c’erano due manette mentre in un altro angolo ,precisamente dietro il tavolo, c’era una cinepresa appoggiata su un cavalletto. L’aria puzzava di chiuso e dappertutto si era accumulata parecchia polvere e c’erano ragnatele, segno che quel posto non veniva visitato da molto tempo.  L’uomo interrompendo i suoi pensieri la convinse ad  avvicinarsi al muro, vale a dire la prese di peso e ,ignorando i suoi tentativi di prenderlo a calci e di mordergli la mano, la bloccò al muro imprigionandole mani e piedi, precludendole definitivamente qualsiasi possibilità di difesa. Ignorando le maledizioni lanciatigli contro dalla prigioniera si tolse la spada, che finì appoggiata in un angolo. Si avvicinò alla cinepresa spostandola in modo che non si potesse perdere neanche un particolare di quello che sarebbe accaduto poi si voltò verso di lei e senza mezzi termini le disse “Non voglio perdere tempo, quindi ti chiedo subito: sei ancora decisa a non parlare o hai cambiato idea?” “Non ho cambiato idea” le rispose tranquilla lei “Benissimo. Peggio per te” rimbeccò tranquillo Hikijo con un sorriso strano, come se avesse sperato che Miyuki le rispondesse così. Proprio in quel momento si sentì bussare alla porta e Hikijo andò ad aprire e sulla soglia comparve l’elegantone di prima. Questi entrò dentro e vedendo Miyuki bloccata al tavolo si lasciò sfuggire un piccolo sorriso maligno “Non è male la pollastrella, varrebbe la pena farsi con lei un giro ma neanche quella che abbiamo catturato è male”. A quelle parole Miyuki si sentì come se le avessero buttato un secchio di acqua ghiacciata addosso, che voleva dire? Chi era “lei”? Di cosa stava parlando? Di chi stava parlando? Di sua figlia? Erano riuscite dunque a catturarla? Ma no, era impossibile, non l’aveva vista da nessuna parte quindi doveva essere tutto un bluff. Ma certo! Uno sciocco bluff per spaventarla. “Che volete dire?” chiese comunque con una certa nota di spavento nella voce ma ricevette in risposta solo un risatina maligna da parte dei suoi carcerieri, i quali non gli risposero. “La faccio portare qui prima che i miei uomini si concedano eccessiva libertà con lei” riprese il riccone e se ne andò, intanto Hikijo accese la telecamera . Dopo quello che a Miyuki parve un eternità sentì nuovamente dei passi che si avvicinavano sempre più alla porta ma questa volta non erano di una sola persona ma due: uno di questi ,a giudicare dai mugolii e dai suoni, era una femmina. Quando vide che la maniglia della porta si stava abbassando per un attimo pregò che con non ci fosse sua Mina; chiunque altro,chiunque sarebbe andato bene, ma non lei, non sua figlia! Insieme ad uno sconosciuto entrò ,imbavagliata, una ragazzina di diciassette anni, la quale indossava un kimono dello stesso colore di Miyuki (parte superiore bianca, parte bassa grigia) e aveva lunghi capelli rosso fiamma ,come la madre, che però le cadevano sulla schiena chiusi in una lunga treccia. Gli occhi erano grigio ferro, i quali sembravano per effetto delle lacrime sbiaditi inoltre perdeva sangue dal naso e dai diversi tagli che aveva sul viso. Riconoscendo in quella ragazza sua figlia Miyuki si sentì come se il mondo le fosse crollato addosso, non riuscì a spiccicare neanche una parola in quanto la sorpresa le aveva seccato la gola, in compenso gli occhi le si riempirono di lacrime. Da parte sua la figlia la guardava inequivocabilmente con aria triste e non disse nulla. Passarono circa dieci minuti a fissarsi finchè Hikijo non ritenne opportuno interrompere il silenzio, “Non mi piace in genere interrompere le riunioni di famiglia ma avrei un po’ fretta, se non vi dispiace parliamo di cose più serie” disse con tono beffardo e nel dire ciò trascinò con una certa brutalità Mina verso la madre. Una volta che l’ebbe legata saldamente alle braccia, le tolse il bavaglio. Prese dal muro una pistola e dopo averla caricata, la puntò alla nuca di Mina, la quale ,sentendo la fredda canna dietro la testa si mise a tremare  mentre altre lacrime le colarono lungo il viso “Se non mi dici quello che voglio sapere sai già che cosa accadrà, quindi deciditi” disse in tono secco con una leggerissima nota di un qualcosa non proprio chiaro; da come aveva parlato sembrava quasi che sperasse che Miyuki nonostante la minaccia continuasse a tenere la bocca chiusa e dall’occhiata di Mina capì che anche la figlia avesse avuto la stessa sensazione. Quell’uomo voleva a tutti i costi ucciderle a prescindere che parlassero o meno. Se il segreto non fosse stato così importante e il desiderio di ucciderle così evidente, avrebbe pure potuto pensare seriamente all’idea di parlare ma non poteva, anche a costo della vita sua e di sua figlia. Il segreto era più importante di loro due. “Mi dispiace, Mina. Non era il futuro che volevo per te” pensò amaramente guardando la figlia con aria sia triste che decisa: non poteva farlo. A qualunque costo. La figlia quando capì il significato di quello sguardo dapprima la guardò spaventata e come se fosse impazzita ma dopo che chiuse gli occhi per riflettere fece impercettibilmente cenno di si con la testa mentre le si poteva vedere negli occhi una nuova luce: determinazione e coraggio mentre uno strano sorriso incominciava a comparirle sulle labbra. “Credo che mia madre abbia parlato più che abbastanza da quando è arrivata qui perciò adesso parlo io: vai al diavolo”; di fronte a quella risposta Hikijo invece di arrabbiarsi sorrise trionfante “Era proprio quello che speravo di sentire” disse mentre il dito premeva il grilletto: la testa sembrò quasi esploderle mentre uno schizzo di sangue le fuoriuscì dal cranio con la stessa violenza con cui le uscì dalla bocca, macchiando il pavimento e parte del muro. Con gli occhi completamente inespressivi, Mina si accasciò al suolo, senza più sentire le urla della donna che ,davanti a lei, adesso urlava disperata ma quest’ultima non fece in tempo a dire qualcosa poichè sentì una seconda detonazione e poi una fitta allo stomaco, avvertendo una forte sensazione di nausea. “Goemon, questo è per mio fratello” disse Hikijo guardando la telecamera. Quel nome le fece ritornare in mente molti ricordi legati al fratello. Erano tanti anni che non si vedevano, né più si spedivano lettere ormai e non sapeva neanche dell’esistenza di Raffaele e Mina, suoi nipoti. D’altro canto lei non avrebbe mai più visto suo figlio come lui non avrebbe mai più rivisto Mina e lei! Al solo pensiero le si velarono gli occhi ma ricacciò indietro le lacrime, doveva essere forte! Quanto avrebbe voluto che ci fosse stato suo fratello lì, l’avrebbe protetta mettendo al tappeto quel buzzurro! Era sempre stato il migliore tra tutti gli allievi della scuola Kuuki ed era quindi molto invidiato; non c’era nessuno ,né tra le femmine né tra i maschi, che potesse anche solo minimamente batterlo e tutto per una sola ragione: amava ciò che faceva. Allenarsi con la spada, sentire il sibilo prodotto dalla lama quando veniva sferrata con tutta forza, imparare a controllare quello stile così difficile, che pure gli dava tante soddisfazioni, come per esempio saltare in alto alla pari degli uccelli. Voleva farlo diventare suo quello stile, farlo diventare parte di se come la spada che gli era stata regalata come premio per la sua devozione e impegno dal maestro Shiden. Ma se da un lato questa devozione l’aveva fatto diventare il beniamino del maestro dall’altro l’aveva fatto diventare l’oggetto di odio di tutti, soprattutto di Jinkuro. Quest’ultimo era più bravo di Miyuki stessa e anzi era il migliore della scuola dopo Goemon ma l’unica cosa che gli impediva di arrivare alla perfezione era che non ci metteva passione e in mancanza di meglio detestava il suo rivale, il quale  si offriva sempre di aiutarlo a migliorare ma Jinkuro per orgoglio lo mandava puntualmente al diavolo. Chissà se era ancora il più forte, chissà cosa stava facendo in quel momento e chissà gli altri compagni e il maestro che fine avevano fatto! Non l’avrebbe mai saputo come probabilmente nessuno avrebbe mai saputo che fine avessero fatto loro due, ma ne valeva la pena se serviva a proteggere il segreto, il Grande Segreto. Come l’avrebbe presa suo fratello quando avrebbe visto quel filmato? Che domande, male ,ovviamente! Si sentì in dovere di dire qualcosa, qualche parola che potesse consolare bene o male il fratello di fronte ad una cosa così orrenda; quando aprì la bocca si aspettava quasi di dire qualcosa di profondo invece riuscì a pronunciare un unico “Goemon, ti voglio bene” con le ultime forze che le restarono prima che finalmente la sua anima abbandonasse il suo corpo. “E uno!” disse Hikijo con soddisfazione mentre ,spegnendo la cinepresa, guardava i due cadaveri. La vendetta ,la sua vendetta, era ufficialmente iniziata. “Bene, caro Hikijo vedo che la tua vendetta è iniziata bene” esclamò il ricco signore accendendosi un grosso sigaro mentre guardava il suo protetto bagnare di benzina i due cadaveri “Si, è iniziata molto bene. Adesso bisogna spedire il filmato” rispose pacato questi accendendo un fiammifero e buttandolo sui cadaveri, che in un attimo presero fuoco.  
(Casa Ishikawa) “Chissà che fine avranno fatto quelle due matte. Io comincio ad avere fame, accidenti!” sbraitò il ragazzino albino dai lunghi capelli rasta che ,seduto in cucina, stava ormai da un ora buona a fissare l’orologio contando i minuti, sperando ad ogni secondo di sentire la porta aprirsi e vedere sulla soglia sua madre e sua sorella “Mamma, Mina! Muovetevi a tornare che io ho fame, accidenti!” urlò ancora stavolta accompagnato dallo stomaco, che forse si era sentito in dovere di confermare le parole del suo giovane proprietario. Quelle due erano uscite alle 16.30 per allenarsi come al solito e non erano ancora tornate e lui quella volta non aveva voluto seguirle: non aveva voglia di allenarsi con la spada preferendo eseguire a casa esercizi per rinforzare maggiormente le gambe e braccia, che erano già abbastanza sviluppate per un ragazzo della sua età, come conveniva ai ragazzi dello stile Tuti. Ma che diavolo era successo? Perché non tornavano? Se fosse accaduto qualcosa lo avrebbero avvisato, no? Probabilmente avevano semplicemente voluto prolungare l’allenamento. “Una cosa è sicura ,commentò improvvisamente Raffaele alzandosi dalla sedia su cui si era precedentemente seduto e dirigendosi con aria decisa verso i fornelli, quando tornano farò loro un bel discorsetto e poi mangeranno. Io non aspetto più” e dicendo questo accese il gas, prese un uovo insieme a un pacchetto di wurstel e cominciò a friggerli, il suo piatto preferito. Poi prese una pentola piena d’acqua e la mise a bollire, andando poi a prendere una confezione di riso e tutto l’occorrente per fare il riso saltato, il piatto preferito di sua madre e sua sorella. Poiché l’uovo e l’acqua ci avrebbero messo un po’ decise per ingannare il tempo di spostarsi in salotto per guardare la TV, accese il video e si sedette sul divano; sullo schermo apparve il mezzo busto di un uomo che dopo aver pronunciato il suo obsoleto saluto con un immancabile sorriso untuoso ,che tante volte aveva fatto nascere in Raffaele la voglia di prenderlo a calci, disse ,presentando un immagine comparsa affianco a lui in alto alla sua sinistra, nel quale Raffaele dapprima non riuscì a capire che cosa fosse l’oggetto o meglio fossero le due cose inquadrate al centro dalla telecamera, “Un omicidio duplice ed efferato avvenuto nei pressi di Teshio”; a quelle parole Raffaele si sentì come se qualcuno l’avesse colpito con una padella in faccia. Era il luogo in cui sua sorella e sua madre si erano andate ad allenare! Rimase lì seduto come un ebete a fissare lo schermo senza più preoccuparsi della padella che stava cominciando a riempire di fumo la cucina. “Non è possibile, no, non ci credo” balbettò Raffaele mordendosi a sangue la mani cercando con difficoltà di trattenere le lacrime che gli avevano riempito prepotentemente gli occhi quando aveva riconosciuto i cadaveri semi-carbonizzati dei suoi familiari: ecco spiegato il loro ritardo e pensare che lui venti minuti fa non aveva fatto altro che imprecare a loro indirizzo! Si sentì improvvisamente in colpa per questo ma non c’era tempo: doveva immediatamente abbandonare la casa ,anzi doveva abbandonare quella stessa notte il Giappone per andare dall’unico in grado di aiutarlo: suo zio. Lui certamente non si sarebbe rifiutato di aiutarlo. Era samurai anche lui, no? Tra le lettere che aveva spedito a sua madre in una sicuramente aveva scritto dove viveva, certo non aveva scritto l’indirizzo ma sarebbe bastato magari chiedere come estrema ratio aiuto alla polizia e lo avrebbe trovato in un battibaleno. Nel bel mezzo delle sue riflessioni gli arrivò la puzza di bruciato alle nari e solo allora capì che quella che avrebbe dovuto essere la sua “deliziosa cena” era ormai cotta e pronta per essere non mangiata ma buttata nell’ immondizia. Sperando di poter salvare ancora il salvabile con uno scatto chiuse la televisione poi corse dritto sparato in cucina, chiuse fornello e gas poi afferrò la padella e cercò di grattare via almeno i wurstel ma anche quelli avevano fatto la stessa fine dell’uovo. “Che serata di merda” pensò Raffaele mentre osservava il cibo finire nell’immondizia. Cercando di rimanere calmo il più possibile nonostante lo pervadesse una grande tristezza, si diresse a passo veloce in camera sua, prese dall’armadio un borsone abbastanza grande per fare da valigia e cominciò velocemente a riempirla di tutti suoi averi alla rinfusa, tanto in quella casa non ci sarebbe tornato tanto presto. Dopo averci sistemato tutti i suoi indumenti, gli oggetti che sentimentalmente avevano valore per lui e anche oggetti che potevano servirgli nel compito da svolgere: un rampino e degli oggetti che sembravano stelle di ferro, andò in camera di sua sorella e seguendo il consiglio che in quel momento gli dettava il cervello ,per quanto gli sembrasse strano, prese una camicia bianca insieme ad un tailleur nero. Poi diede un occhiata ,chiaramente con il dovuto rispetto, nei cassetti alla ricerca di qualcosa che potesse in caso di bisogno essergli utile e finì con il trovare quella che sembrava essere una parrucca bionda, ben fatta e probabilmente era stata usata dalla sorella nelle feste in maschera; se la sistemò in testa e, vedendo che gli stava bene e che era anche molto realistica decise di portarsela con sé, forse lo avrebbe aiutato. Andò in camera da letto della madre, aprì il secondo cassetto dell’armadio trovando: un scatolina contenente i soldi americani che la madre si era sempre conservata da quando si era fatto quel viaggio in America con i suoi genitori, quando aveva sette anni. Avendoci trascorso un mese e mezzo lì, aveva anche imparato bene la lingua, tant’è vero che l’aveva insegnata anche ai suoi figli, nel caso si fosse presentata una particolare situazione, che era proprio quella che Raffaele adesso stava vivendo. C’era poi la busta in cui c’erano conservate tutte le lettere e le prese insieme alla scatola con dentro quello che la madre e sua sorella avevano protetto a costo della vita: era un cofanetto blu chiaro ritraente su tutti i lati immagini di angeli trascinati dolcemente dal vento. Lo prese con delicatezza e stava per sistemarlo nella valigia quando un improvviso dubbio gli si affacciò al cervello: e se Goemon si fosse rifiutato di accoglierlo, se non gli avesse creduto, che cosa avrebbe potuto dirgli per convincerlo? Non poteva dirgli unicamente che lui fosse suo nipote per farsi credere, giusto? Cosa avrebbe potuto dirgli per convincerlo? Niente, niente di niente in quanto la mamma non gli aveva rivelato qualcosa di utile che potesse aiutarlo in una simile situazione. “Ma allora che senso ha andare da lui?” si chiese sedendosi sul letto e finendo come in una specie di trance. Non seppe neppure lui stesso dire per quanto tempo era rimasto seduto sul letto a coprirsi la faccia con le mani però era sicuro che fosse stato quel rumore che si sentiva su per le scale a metterlo in allarme: bisbigli e passi di gente ,molta gente, che stava cercando di non farsi sentire. A quel punto non aveva scelta, doveva comunque partire. Come un automa si alzò dal letto, infilò il cofanetto nel borsone mettendoselo poi a tracolla e si diresse verso l’ingresso cercando di muoversi con passo di velluto, si sistemò proprio vicino alla porta con una mano sull’interruttore e con l’altra sulla maniglia vicino a cui c’erano appese le chiavi di casa; così sistemato cominciò ad aspettare che i suoi sgraditi visitatori si facessero vivi. Non dovette aspettare a lungo: dall’altra parte della porta qualcuno prima bussò, pazientò un poco per poi sbottare in questa minaccia “Ohè ragazzino, sappiamo che sei lì dentro come sappiamo che sei solo, consegnaci la pergamena e non ti faremo del male” “Entrate voi, se ci riuscite. Io non vi apro.” non appena smise di pronunciare queste parole la porta fu scossa da un numero imprecisato di spallate, che si fecero sempre più violente finchè Raffaele approfittando dell’ intervallo di tempo tra un colpo e l’altro chiuse di scatto la luce e quando fu assolutamente sicuro che in quel momento tutti i suoi aggressori si stessero scagliando insieme contro la porta, l’aprì di scatto, con il risultato che un nutrito gruppo di sconosciuti armati fino ai denti entrò nella casa ruzzolando. Approfittando del vantaggio uscì fuori e li chiuse dentro, poi scese velocemente le scale dirigendosi in cantina, in cui c’era sistemato il suo motorino. Lo accese, si infilò il casco e partì a razzo verso il più vicino aeroporto, in cui si fece rapidamente dare un biglietto per raggiungere la cosiddetta Città dei Grattacieli. La donna dei biglietti dopo avergli lanciato un occhiata perplessa ,probabilmente a causa dei suoi indumenti, gli disse che era stato fortunato poiché c’era rimasto un solo posto, proprio vicino al finestrino. Nel raggiungere il suo posto ebbe modo di notare che tutti i passeggeri lo stavano fissando stupefatti e sorrise tra sé, era abituato agli sguardi stravaganti di coloro che lo circondavano e sinceramente non poteva dare loro torto: indossava un kimono color terra, di cui aveva sempre indossato solo il pantalone, preferendo allacciarsi la parte superiore dell’uniforme attorno alla vita, lasciando il torso nudo e quindi visibile un corpo ben scolpito. Una cosa normale nelle sua scuola visto che lo facevano tutti, anche il maestro. Aveva una spada appesa alla schiena, un boomerang di ferro perfettamente funzionante appeso al collo,  aveva dei muscoli eccessivamente sviluppati e tutto questo, unito al colore e alla acconciatura dei suoi capelli (bianchi,lunghi fino alle spalle, rasta e in più tenuti fermi da una bandana rossa) e i suoi lineamenti duri come una roccia che gli conferivano sempre un espressione severa, anche quando non era di cattivo umore era fin troppo chiaro perché diventasse un personaggio abbastanza interessante e curioso agli altri. Cercando di comportarsi normalmente si andò a sedere al suo posto, vicino ad una vecchia signora che leggeva un depliant, la quale ,sentendo che qualcuno si era avvicinato a lei, sollevò lo sguardo dal depliant dapprima con un garbato sorriso, ma la sua espressione cordiale si squagliò quasi subito di fronte all’apparizione di quel colosso che non era altri che Raffaele. La vecchia rimase imbambolata per un attimo a fissarlo ma poi con uno scrollone continuò a leggere quel che aveva in mano, senza più preoccuparsi di lui. Raffaele una volta sedutosi e sistemato il borsone davanti ai suoi piedi si diede un occhiata in giro come se volesse assicurarsi che nessuno lo stesse ancora fissando e notò che solo la coppia proprio seduta dietro lo stava continuando ad osservare, con evidente interesse: uno era un uomo vestito con un abito da sera, asciutto e sbarbato mentre l’altro ,altrettanto magro, indossava un kimono nero inchiostro “Un samurai dello stile Kuroi,probabilmente” pensò il giovane e c’era tra l’altro qualcosa che gli copriva la schiena e terminava sotto il sedere, a mo di cuscino. Dopo averlo osservato bene e benché non ne fosse completamente sicuro, Raffaele arrivò alla conclusione che quella cosa che penzolava dietro la schiena non fossero altro che i suoi stessi capelli, i quali erano così lunghi e neri da poter tranquillamente fare da cuscino, e questo spiegava su che cosa si era seduto l’uomo. Senza voler indagare oltre Raffaele si girò e cominciò ad aspettare che l’aereo partisse. Quando finalmente sentì l’aereo staccarsi da terra (ore 10.00) si sentì veramente al sicuro: una parte della missione l’aveva compiuta e adesso doveva soltanto riposare poiché l’aereo avrebbe impiegato diverse ore per arrivare a destinazione; quando sarebbe venuto il momento si sarebbe anche preoccupato del resto. Senza pensare più a niente si appoggiò sul poggiatesta e dopo una ventina di minuti che l’aereo era partito si poteva vedere Raffaele dormire tranquillamente sebbene avesse il viso luccicante di lacrime. “Addio Giappone, addio”.

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Capitolo 3
*** Raffaele ***


Raffaele Dopo un breve segnale acustico si sentì dal megafono una voce dolce e morbida espandersi nello scompartimento e svegliare dolcemente tutti i passeggeri con un “Buongiorno a tutti i passeggeri! Tra cinque minuti vi verrà portata la colazione. Informiamo altresì i signori passeggeri che arriveremo a destinazione tra un ora esatta” “Se è tra un ora, è meglio che mi metta a dare un occhiata ad una delle lettere” pensò Raffaele mentre infilava una mano nel borsone e ne tirava fuori un plico, prese la seconda lettera e cominciò a leggerla.
Cara Miyuki ,o forse farei bene a chiamarti come ti chiamava la mamma, cioè “piccolo tulipano”, come ti vanno le cose laggiù? È da un pezzo che non ci scriviamo,
stai bene e sei felice? Queste due sono le cose più importanti che voglio sapere, anche se so che quando leggerai questa mia penserai a “Ma perché me lo chiede? Non sono cose importanti”. Non sono importanti per te ma lo sono almeno per me, che purtroppo non ti vedo da molto tempo e proprio per questo ho ancora di più a cuore la tua salute. Ti voglio bene, penso sempre a te, non passa giorno in cui mi dimentico di rivolgerti un pensiero affettuoso, di pensare a te e al tuo dolce sorriso, alla grinta e coraggio che nostra madre ti ha trasmesso e che tu sai tirare fuori nei momenti giusti. Io qui sto bene, continuo ad allenarmi per raggiungere il mio scopo e ho conosciuto un paio di amici veramente in gamba, qualora un giorno io o tu volessimo vederci te li farò conoscere, sono sicuro che ti saranno simpatici. Prima che mi dimentichi, ti racconto una cosa molto particolare: uno di questi due è proprio la persona che il mio vecchio maestro dello stile Hi ,Momochi, mi aveva incaricato di uccidere. Ti ricordi? Nella mia prima lettera ti ho scritto che il maestro voleva che uccidessi un certo Lupin III per motivi in quel momento a me ignoti, adesso so perché: il maestro si era accorto che l’avevo superato; non volendo accettarlo, mi affidò questa missione sperando che morissi ma alla fine a restarci secco è stato lui. Ora teoricamente potrei sostituirlo io come maestro a tutti gli effetti nella sua scuola, ma non voglio, lascio il titolo a qualcun altro. L’altra persona è un pistolero di prima categoria, il migliore di queste parti, e probabilmente alla prima occhiata ti sembrerà uno che….abbia la puzza sotto il naso, hai capito? Non ti preoccupare, è solo burbero e un po’ diffidente nei confronti delle donne ma ti assicuro che è un brav’uomo, un tipo buono e generoso,naturalmente se impari a conoscerlo bene. Nessuno dei due è samurai,come avrai già capito,mia dolce sorella, ma sono grandi amici per me,e anche se so che non lo ammetterò mai mi sono molto affezionato a loro. Certo, questo non toglie naturalmente nulla all’affetto che provo per te. Confidando nel vederti presto,mio dolce piccolo tulipano, a davvero molto presto, tuo Goemon.”                                                                                                                                                                                                                                                                                                                             “Santo cielo! Come farò a dargli questa notizia?” sussurrò Raffaele mentre le mani stringevano la lettera fino a sgualcirla; non aveva mai pensato che lo zio potesse scrivere qualcosa di simile visto che la mamma ne parlava sempre come un tipo molto chiuso! Come avrebbe fatto a dirgli che non avrebbe mai più rivisto sua sorella? La amava così tanto!
“La colazione!” cinguettò in quel momento l’hostess porgendogli un caffè e una brioche che lui divorò senza alcun gusto, troppo occupato a riflettere su quel che aveva letto; ormai ad angustiarlo non era più tanto il problema di come si sarebbe fatto riconoscere. Come avrebbe fatto a dire quel che era successo? Con che coraggio avrebbe dato una tale batosta a suo zio? Raffaele ringraziò Dio in cuor suo che Goemon avesse due amici, i quali sicuramente lo avrebbero aiutato a superare il dramma, se ci sarebbe stato il tempo poiché non appena arrivato avrebbe dovuto spiegargli quel che doveva essere fatto immediatamente e sperare che non si opponesse. Se non fosse stato per il fatto che comunque era troppo giovane sarebbe direttamente partito senza coinvolgere lo zio ma ciò non era assolutamente possibile e lui lo sapeva fin troppo bene: quel che gli era stato affidato era una cosa che coinvolgeva tutti i samurai della categoria Hikari, non solo lui. “Speriamo di riuscire ad assolvere la missione” pregò Raffaele mentre l’aereo cominciava la manovra di atterraggio e dopo cinque minuti fermarsi. Come tutti gli altri passeggeri si cominciò a preparare a scendere: infilò la lettera nel plico, prese il borsone infilandoselo  nuovamente a tracolla e mentre si afferrava saldamente al bracciolo del sedile poichè l’aereo aveva cominciato a sbandare un po’ ebbe modo di notare ,senza farsi scoprire, che il signore dietro di lui, quello dalla folta chioma, gli stava lanciando un'altra occhiata interessata; chissà che accidenti aveva per guardarlo con tanta primordiale attenzione. “Forse è gay e gli piaccio” pensò con una appena accennata risatina mentre si avvicinava al portellone la scaletta. Qui gli arrivò una ventata di aria fresca insieme ad una specie di scarica elettrica che gli percorse tutto il corpo: adesso la sua missione era realmente iniziata. Si sentiva un po’ come quegli eroi di cui aveva letto le storie quando era bambino: un ragazzo a prima vista come tanti ma che invece portava su di sé un terribile segreto e la cosa gli avrebbe fatto anche piacere se non fosse per il fatto che per quel segreto le due persone più care che aveva mai avuto erano morte in un modo barbaro; ma doveva farsi forza. Non poteva arrendersi proprio ora,non poteva permettersi il lusso di lasciare che il dolore lo sbattesse a terra. Doveva reagire!    
“Bene, adesso cerchiamo un taxi, andiamo prima in banca a cambiare i soldi e poi andiamo dalla polizia” disse senza rendersi conto che aveva praticamente urlato e che i passeggeri sia dietro che davanti a lui lo stavano guardando sbalorditi e preoccupati, soltanto quando si accorse che si erano tutti bloccati capì di aver espresso ad alta voce il suo pensiero e divenne di bragia. “Bel modo di cominciare! Proprio alla Raffaele!” pensò alquanto infastidito il giovane, il quale ,cercando di comportarsi come se non fosse accaduto niente, scese le scalette ed entrò dentro la stazione, cominciando a cercare l’uscita seguendo le indicazioni in inglese. Era così concentrato che non fece caso al fatto di essere seguito dalla coppia incontrata sull’ aereo. Questi ultimi bisbigliavano tra di loro e a giudicare dalle loro gestualità era proprio Raffaele l’oggetto della loro discussione. Lo seguirono fuori e quando videro che chiamava un taxi fecero la stessa cosa, ordinando al loro taxista di seguirlo ,ovviamente senza farsene accorgere, con la promessa di una grossa ricompensa. Dopo un tragitto di un quarto d’ora si fermarono davanti ad una banca, “Probabilmente vorrà cambiare i soldi che ha con sé in dollari” sibilò l’uomo dai capelli neri lunghi che ,insieme al suo compagno, vide Raffaele prendere il borsone, fare qualcosa che nessuno dei due riuscì a vedere, sporgersi dal suo sedile, parlare con l’autista che dopo un attimo annuì e poi lo videro scendere dalla macchina ed entrare nelle banca. “Aspettiamo che quel babbeo esca, adesso” disse accendendosi una sigaretta il compagno di Hikijo, il quale annuì nervosamente pensando al resto del piano e a quello che avevano fatto. Non era stato tanto difficile scoprire dove abitasse la famiglia di Miyuki, e quella notte in cui Raffaele era scappato loro due erano appostati lì, lo avevano preceduto nell’arrivare all’aeroporto ,prendendo una scorciatoia ignota al ragazzo, riuscendo a salire sull’aereo e convincere ,sempre mediante i soldi, la bigliettaia dell’aeroporto a far sì che quando arrivasse lui ci fosse un posto libero. Quante cose si dovevano ancora fare per la vendetta, la sua vendetta, quella vendetta che gli avrebbe risanato la ferita che Goemon gli aveva inferto nel cuore senza pietà. Quella volta era stato lui, Hikijo, a soffrire ma ora……     
“Non credi che ci stia mettendo troppo?” borbottò improvvisamente il suo compagno facendosi improvvisamente serio “Mh?” “È da troppo tempo che è lì dentro, neanche se ci fosse la coda… ma aspetta, che fa quello?” esclamò sporgendosi bruscamente in avanti, Hikijo fece la stessa cosa e ciò che vide lo costrinse a scambiarsi una rapida occhiata con il suo complice e scendere rapidamente dalla macchina: il taxi di Raffaele proprio in quel momento se ne era andato. I due si precipitarono dentro la banca e non vedendolo chiesero ai bancari dove fosse ottenendo in riposta: “Il ragazzo che cercate è da un pezzo che ha cambiato i soldi, sarà stato qualcosa come un quarto d’ora fa” “Merda, c’ha fregati! ,ringhiò Hikijo mordendosi i pugni, e adesso come facciamo? La polizia non può aiutarlo a rintracciare Goemon e se noi non lo teniamo d’occhio non possiamo andare avanti col piano. E adesso?” “E adesso non preoccuparti, ci penso io. Credo di sapere dove sia andato, seguimi” e dicendo questo uscirono dalla banca, salirono sul taxi e partirono con una certa fretta. Proprio in quel momento, a due km da lì un ragazzo o una ragazza ,non si riusciva a capire bene, a causa del berretto in testa ben calato sugli occhi,in ogni caso aveva i capelli biondi, si stava dirigendo verso l’ormai vicino posto di polizia. Era stato bravo ad accorgersi che quei due lo stavano tallonando ma il modo in cui si era liberato di loro era a dir poco geniale! Si era reso conto che lo stavano seguendo proprio grazie all’autista che senza voltarsi indietro gli aveva detto “Quelli di dietro ci stanno seguendo”; lui stava per voltarsi ma l’autista ,come se gli avesse letto nel pensiero, gli aveva bruscamente detto “Non ti voltare, altrimenti lo capiranno”. Poi non gli aveva più rivolto la parola ma aveva rallentato l’andatura, permettendo ad Raffaele di raccogliere le idee. Già davanti alla banca gli era chiaro quello che doveva fare: aveva preso il borsone, preso i soldi americani che già aveva pronti,li aveva passati all’autista quando si era sporto in avanti e gli aveva anche chiesto di aspettare qualcosa come un quarto d’ora, per dargli il tempo di scappare, e poi poteva anche andarsene. Lui aveva accettato. Una volta dentro la banca si era fatto rapidamente cambiare i soldi, era andato in bagno e si era cambiato i vestiti, mettendosi quelli della sorella insieme alla parrucca, sotto cui aveva nascosto mediante le forcine i suoi veri capelli, poi si era infilato il suo berretto e aveva affrontato la prova del fuoco con calma, camminando tranquillamente e con sicurezza. Il trucco era riuscito, difatti li aveva seminati! Sua madre sarebbe stata molto orgogliosa di lui se avesse saputo come aveva gestito la situazione! Già, se fosse stata ancora viva……
“Buongiorno, avrei bisogno di aiuto, per favore. Sono appena arrivato qui dal Giappone e dovrei trovare una persona, però non so dove abiti.” il poliziotto a cui si era rivolto per tutta risposta lo guardò con aria abbastanza perplessa e cominciò a girargli intorno, osservandolo con tale attenzione da spingere Raffaele a chiedergli, incerto “Scusi, ma che sta facendo?” per tutta risposta quello si fece paonazzo in faccia, “Mi scusi” riuscì a balbettare e senza guardarlo in faccia, forse per l’imbarazzo, lo portò in un ufficio, dicendo di aspettare l’ispettore, che sarebbe arrivato subito. Lo lasciò lì nell’ufficio chiudendosi dietro la porta. “Ma che diavolo gli sarà preso?” pensò Raffaele ancora più perplesso grattandosi la testa ,poi, senza più voler dare pensiero alla cosa appoggiò vicino alla scrivania il borsone poi si diede un occhiata intorno facendo scivolare lo sguardo su tutto quello che lo circondava: chiunque lavorasse lì, era sicuramente un tipo abbastanza austero in quanto davanti a lui c’era una scrivania, piena di quelli che sembravano ordini d’arresto, una aveva la grossa foto di un uomo. Dietro la scrivania era appeso un grosso specchio, che gli fece capire immediatamente perché il poliziotto di prima lo avesse guardato stupefatto: non si era tolto il travestimento e aveva parlato con voce maschile. “Madonna, ma che è oggi? Non ne faccio una che sia giusta!” esclamò togliendosi velocemente il tailleur e la parrucca affrettandosi ad indossare il kimono e liberare i capelli; per un attimo pensò di rimettersi anche la spada ma dopo un minuto passato a rigirarsela fra le mani decise di no, in quanto lì in America sapeva che per oggetti simili era necessario il porto d’armi e lui naturalmente non c’è l’aveva in quanto non ne aveva mai avuto bisogno in Giappone. La sistemò nel borsone e aveva appena fatto in tempo a chiudere la cerniera quando sentì improvvisamente un rumore provenire ,almeno così gli sembrò, da fuori; per lo spavento si alzò così bruscamente che andò a sbattere con violenza inaudita la testa contro lo spigolo della scrivania: gli si annebbiò momentaneamente la vista avendo contemporaneamente la sensazione di vedere le stelle girargli attorno alla testa. Mentre si massaggiava il punto colpito notò che uno dei fogli sulla scrivania era caduto per terra a causa del colpo, lo prese e fece per rimetterlo a posto quando un particolare lo bloccò e lo spinse a leggere: sulla parte centrale del foglio c’era il mezzobusto di un uomo (giacca rosso cremisi, camicia blu scuro e cravatta gialla, sguardo intelligente e furbetto su una faccia da scimmia) con sotto scritto un nome che  riconobbe subito in quanto era stato citato nella famosa lettera: Lupin III. Era quello l’amico di Goemon? Un ladro? E adesso che diavolo avrebbe detto all’ispettore quando sarebbe arrivato? “Salve signor ispettore, sono appena arrivato dal Giappone e sto cercando una persona. È un mio parente ed è ,a quanto mi risulta in questo momento, un amico di un ladro che ,a giudicare da questi fogli presenti sul vostro tavolo, lei dovrebbe arrestare”, proprio questo doveva dirgli!   
“E adesso che faccio?” pensò Raffaele guardandosi velocemente intorno cercando posto in cui potesse nascondere il foglio; non osava rimetterlo sulla scrivania in quanto aveva la strana sensazione che se l’avesse fatto qualcuno se ne sarebbe accorto. Lo sguardo gli cadde sul borsone e allora con uno scatto ce lo infilò dentro proprio quando la porta dietro di lui si aprì. Cercando di mostrarsi calmo e di non assumere uno sguardo colpevole si voltò con calma e vide sulla porta un uomo abbastanza alto che lo superava ad occhio e croce di 5 cm buoni (Raffaele era alto un 1,65). L’uomo forse amava il colore marrone chiaro in quanto tutto ciò che indossava: il completo, il pastrano e anche il cappello ,eccetto la camicia, che era bianca, era tutto di colore marrone; il vestito gli fasciava il corpo mettendo il risalto la muscolatura delle gambe e delle braccia. Aveva un espressione molto seria ma non scostante, che incuteva comunque un certo rispetto difatti Raffaele fu preso da un improvviso attacco di timidezza guardandolo negli occhi tant’è vero che non seppe cosa dire perciò rimase in silenzio a fissarsi le scarpe. Passò un minuto di assoluto e imbarazzante silenzio, che fu poi rotto dallo sconosciuto che ,senza dar peso all’imbarazzo del ragazzo salutò per primo tendendo la mano, che fu subito stretta; “Buongiorno, io sono l’ispettore Zenigata. Mi è stato detto che sei appena arrivato dal Giappone e stai cercando una persona, che però non sai dove abiti, è corretto?” “Si, è esatto, signore.” “Bene, è meglio se ci sediamo e che mi racconti tutto con calma.” gli indicò la sedia davanti alla scrivania mentre lui si sedette con calma sulla poltrona posizionata dietro la scrivania. A quel punto Raffaele cominciò a sudare freddo: che accidenti gli poteva dire? Non poteva certo raccontargli che Goemon fosse amico di un ladro, no? Se avesse fatto così probabilmente avrebbe dovuto parlargli anche del Grande Segreto per convincerlo a lasciar stare lo zio ma ciò non era possibile, era meglio non coinvolgere estranei. Ma allora che poteva fare? “Ebbene?” riprese l’uomo seduto davanti a lui adesso con una vaga traccia di perplessità in volto che non fece altro che aumentare l’imbarazzo di Raffaele, il quale non sapeva come sbrogliarsela. “Ecco….io…” cominciò ma in quel momento entrò un poliziotto che ,dopo aver fatto il saluto, parlò rivolgendosi al suo superiore “Mi scusi, ispettore ma qui fuori ci sono due tipi che desiderano parlarle, è molto urgente.” “Molto bene, arrivo subito. Scusami.” disse rivolto a Raffaele il quale fece un cenno con una mano per dire: non si preoccupi, non è un problema. I due uscirono lasciando solo Raffaele che d’istinto si alzò anche lui e spiò dalle tapparelle appese alla porta chi fossero coloro che avevano richiesto l’ispettore: rimase per un attimo come paralizzato a guardare per poi con un movimento veloce afferrare il borsone, avvicinarsi alla finestra che stava alla sua sinistra, aprirla e scendere da lì. “Per fortuna siamo al piano terra” pensò Raffaele mentre i suoi piedi toccavano il terreno per poi portarlo velocemente lontano dal commissariato. “Va bene, ho capito signor Kanemoti. Lupin non riuscirà nemmeno ad avvicinarsi alla sua villa” “Lo spero tanto, signor ispettore” rispose un uomo elegantemente vestito accompagnato da un samurai.   
Intanto in un altro posto, per esattezza a 5 km da lì, in una villa molto  accogliente, tre uomini erano riuniti intorno al tavolo sulla veranda, da cui si vedeva in lontananza la città sia pure con una certa difficoltà, visto che era coperta dalle scale che permettevano di salire al primo piano, e chini su quella che sembrava la piantina di una villa. Stavano discutendo. Quello che sembrava il capo ,un uomo sui quarantacinque con la giacca rosso cremisi, camicia blu, cravatta gialla, pantaloni bianchi e clarks nere ai piedi, stava esponendo il suo piano agli altri due che lo ascoltavano con la dovuta attenzione. Uno era inequivocabilmente un samurai in quanto indossava un kimono con la parte superiore di colore bianco mentre i pantaloni erano grigio. Aveva una spada in mano mentre l’altro compagno sembrava più un addetto delle pompe funebri perché a parte la camicia azzurra tutto quello che indossava ,a partire dal completo al cappello, era di colore nero. Aveva in bocca una sigaretta accesa tutta storta mentre il cappello gli scendeva sul viso coprendogli gli occhi in modo che non si riusciva a vederne il colore, comunque erano dello stesso colore dei capelli e della barba che gli incorniciava il volto per terminare in una specie di ciuffo sul mento: nero pece. Aveva un aria molto distaccata e fredda come il samurai. “Allora, ragazzi avete capito cosa dovete fare?” chiese l’uomo con la giacca rossa e di fronte al cenno affermativo dei suoi due complici sorrise soddisfatto: se tutti avessero fatto diligentemente la loro parte il colpo sarebbe riuscito. “Va bene, ragazzi. Ci muoveremo quando avremo trovato un uomo disposto ad aiutarci, cercate un po’ dappertutto” “Di solito chiedi aiuto a Fujiko ma perché almeno questa volta non la tieni fuori?” “Perché ,mio caro Jigen, questa volta si tratta di un colpo troppo appetitoso, ho bisogno di lei ,spiegherò poi il perché, e stavolta non mi lascerò fregare” “Speravo che stavolta tu volessi adoperare un po’ di buonsenso” “Non penserai mica che io sia completamente rimbambito, no?” “A dire il vero si” “Jigen!!” “Scherzavo” rispose sorridendo l’uomo vestito di nero alzando le mani in segno di resa mentre il samurai a sua volta si concesse un’ innocente risata prima di alzarsi dalla sedia e uscire fuori. “Va bene ragazzi, ci vediamo dopo.” riprese Lupin alzandosi dalla sedia “E tu che farai?” chiese l’uomo chiamato Jigen alzandosi a sua volta “Io? Beh, mio caro, credo che andrò a fare una bella visitina alla mia dolce Fujiko” “Mah, sei proprio irrecuperabile” rispose Jigen con un gesto di stizza “Perché tu non credi nell’amore, mio caro!” “Molta gente è finita male per averci creduto.” rispose lui mentre scendeva le scale “Io ne so qualcosa” si disse con amarezza prima di incamminarsi verso una non definita meta.
Angelica.. Karen…Caterine…Linda…Barbara     

“Ma come accidenti avranno fatto a capire che stavo lì?” pensò Raffaele fermandosi a riprendere fiato davanti a quello che sembrava un pub di infimo ordine; gli sembrò davvero inspiegabile che i suoi due inseguitori avessero capito che si sarebbe diretto al commissariato, almeno fin quando non si ricordò della figuraccia fatta mentre scendeva dall’aereo e capì che probabilmente i suoi nemici lo avevano sentito grazie a quel inconveniente. “Sono proprio cotto a puntino ora! Come faccio?” pensò sconsolato e rabbioso mentre entrava nel pub senza evidentemente ricordarsi della clientela che lo frequentava. Il posto non era proprio un granchè: era scarsamente illuminato, il pavimento aveva visto pochissime volte se non addirittura mai lo spazzolone, i tavoli non erano da meno e come se non bastasse il barista ,assieme ai clienti, non aveva né l’aria dell’uomo onesto né di quello che aveva in simpatia le facce nuove difatti quando Raffaele entrò tutti smisero di preoccuparsi delle loro occupazioni per osservare con poca simpatia il nuovo arrivato; l’unico a non mostrare interesse per il nuovo arrivato era il cliente appoggiato al bancone, che si stava tranquillamente scolando un whisky. Senza preoccuparsi dell’ attenzione che aveva provocato con il suo ingresso si avvicinò con noncuranza al banco e ordinò una birra con tono tranquillo. Il barista dopo avergli lanciato un aria indagatrice gli servì la birra che fu fatta scomparire in sole due abbondanti sorsate, aveva evidentemente proprio sete e d’altronde la bevanda era fredda e ghiacciata perfettamente. Mentre la birra gli scendeva giù per la gola facendogli provare quel piacevole bruciore che conosceva ormai troppo bene Raffaele si ricordò dell’ordine di cattura, “Mi scusi” iniziò rivolto al barista che si era un attimo allontanato da lui “Per cosa?” rispose lui sollevando lo sguardo dall’altro cliente che aveva nuovamente chiesto un whisky “Sto cercando una persona, forse lei sa dove abita?” “No, a meno che non mi dici qual è il suo nome” “Si chiama Lupin III” rispose tenendo d’occhio l’uomo alla sua destra, che si bloccò con il bicchiere a mezz’aria per poi appoggiarlo sul bancone e rimanere in silenzio. “No, non so dove abiti, mi dispiace.” rispose il barista indifferente ma lanciando occhiate molto significative all’indirizzo del cliente vestito di nero, il quale appoggiò con calma sul bancone una banconota per poi dirigersi verso l’uscita. “Grazie” sussurrò al barista porgendogli una banconota e dirigendosi a sua volta verso l’uscita; una volta fuori lo vide in fondo alla strada e cominciò a seguirlo pensando a quello che doveva dirgli e sperando che quello sconosciuto lo aiutasse. L’uomo ,che apparentemente non sembrava essersi accorto di avere Raffaele alle calcagna, finì con il portarlo in luogo visibilmente malfamato a giudicare dallo stato delle macchine parcheggiate lì, i vetri dei negozi e la gente che ci viveva: tutti con tatuaggi, cicatrici in faccia. Evidentemente non amavano neanche loro le facce nuove perché tutti smisero di occuparsi delle loro faccende per guardare con palese ostilità l’albino, il quale sentendo nell’aria la puzza di trappola e di agguato in arrivo, sempre senza fermarsi né mostrare timore prese dal borsone la spada e se la sistemò sulla schiena. “Il guerriero guarda con un occhio la strada davanti a sé e con l’altro tiene d’occhio quello che si lascia indietro” pensò proprio quando un uomo di colore, gigantesco dal punto di vista di Raffaele, con grossi baffi da mangiafuoco e il tatuaggio di un pipistrello sul collo gli sbarrò la strada “Ehi, moccioso! È necessario pagare il pedaggio per girare qui liberamente” lo apostrofò sgarbatamente “In effetti questo sembrerebbe più uno zoo che un luogo abitato da uomini” rispose Raffaele malignamente guardandosi intorno. “Che!?” sbraitò l’uomo infuriato ma non fu l’unico ad irritarsi: attorno alla coppia intanto si era raggruppata una folla formata da cinque persone armate di coltelli, pistole, catene e spranghe e tutti erano desiderosi di ridurre quel mocciosetto impertinente ad un piccolo rifiuto. Guardarono un attimo il ragazzo come per valutarlo e poi partirono all’attacco saltandogli addosso, con il risultato di catturare solo l’aria perché Raffaele ,prevedendo la loro mossa, si era messo temporaneamente al sicuro con un salto degno dello stile Kuuki uscendo dalla trappola e atterrando da una certa distanza dai suoi aggressori, che una volta accortosi dove si fosse cacciato si stavano avvicinando rapidamente. Con estrema calma, Raffaele appoggiò il suo borsone per terra, afferrò la spada mettendosi in stile di combattimento Kuuki, (consistente nel mettersi in Kokutsu Dachi ed estrarre la spada prendendola con la mano sinistra e metterla vicino alla faccia di modo che la lama quasi sfiori il viso) e non appena notò che uno degli aggressori ,un tipo biondo con il codino e armato di pistola, era sufficientemente vicino a lui e leggermente lontano dagli altri compagni, Raffaele adoperando come leva il piede destro scattò in avanti proprio quando l’uomo gli scaricò contro l’intero caricatore mirando al cuore; continuando a correre a tutta velocità Raffaele mosse la spada intercettando i proiettili,i quali caddero a terra con un rumore simili ai chicchi di grandine, e quando passò vicino all’aggressore ,che lo guardava sbalordito, compì un movimento talmente veloce che nessuno lo vide, anzi per un folle attimo l’uomo biondo pensò che effettivamente Raffaele non lo avesse attaccato ma quando vide la sua Remington farsi in mille pezzi cambiò idea ma non ebbe tempo di pensare ad altro perché un colpo estremamente violento alla nuca gli fece perdere i sensi; l’ultima cosa che vide prima di svenire fu il retro di una grossa scarpa, che l’uomo identificò come appartenente al ragazzo. Quest’ultimo ,una volta appurato che il biondino fosse effettivamente svenuto, concentrò la sua attenzione sugli altri, i quali adesso non sembravano tanto ansiosi di continuare l’aggressione. Si guardarono in faccia, lasciarono cadere le armi a terra e poi scapparono disordinatamente lasciando Raffaele da solo. “Mai sottovalutare l’avversario ,pensò riprendendo il borsone, e adesso continuiamo il nostro pedinamento ma…dove è accidenti andato?” esclamò allarmato guardandosi freneticamente intorno alla ricerca dell’uomo vestito di nero che non c’era più. “Deve essersene andato, maledizione!” sbraitò Raffaele correndo in fondo al vicolo, dove erano scappati anche i suoi aggressori di poco prima, fino ad arrivare ad una strada biforcata e deserta: “Quale mi conviene prendere?” pensò osservando le due strade, delle quali una procedeva diritta mentre l’altra andava a destra; mentre osservava con attenzione quella che procedeva diritta ,forse con l’intenzione di imboccarla, improvvisamente sentì il rumore del cane di una pistola che si alzava e poi una detonazione da destra. Con uno scatto si buttò a terra lasciando cadere il borsone mentre il proiettile andava a colpire il punto esatto in cui un minuto prima c’era la sua testa; con uno scatto velocissimo l’aggressore gli si avvicinò e con un colpo del piede gli fece volare la spada di mano poi sgarbatamente lo rimise in piedi e lo spinse lontano da sé ,facendogli quasi perdere l’equilibrio, stando bene attento a tenerlo d’occhio con la pistola puntata al cuore.

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Capitolo 4
*** Una festa alquanto particolare ***


Una festa alquanto particolare Senza l’arma, col sole negli occhi e con un uomo che aveva tutta l’aria di saper padroneggiare la pistola che aveva in mano Raffaele si sentì completamente indifeso. Ma chi accidenti era? Non riusciva ad identificarlo perché la luce del sole lo accecava impedendogli di vedere bene. Provò a muoversi ottenendo solo il risultato di sentire un proiettile conficcarsi nel terreno a pochi cm dal suo piede sinistro e sentire il suo avversario parlare con tono secco “Fermo dove sei” “Qui ci resto secco” pensò Raffaele particolarmente irritato di fronte al nuovo ostacolo; ma perché tutto gli andava storto? “È da un pezzo che mi segui, credi che non me ne sia accorto? Che vuoi?” riprese l’uomo interrompendo i suoi pensieri “Cerco informazioni” “Ah, davvero? Stai parlando di Lupin?” chiese l’uomo sorridendo di fronte allo sguardo stupito del ragazzo, che riuscì a balbettare un appena percepibile “Siete voi allora l’uomo che stavo seguendo?” “Chi vuoi che sia?” “Benone, avrei delle domande da porle!” “Faresti meglio a preoccuparti per la tua vita che per le domande, ragazzo” “Ah,davvero?” fece Raffaele accingendosi ad avvicinarsi ma una seconda detonazione ,stavolta più vicina, gli fece cambiare idea. “Fermo dove sei” ripetè di nuovo il pistolero stavolta con voce leggermente minacciosa mentre osservava Raffaele indietreggiare di qualche passo a causa del proiettile e andare a sbattere contro il muro che aveva alle spalle; nell’urto questi avvertì il suo boomerang battergli violentemente il petto. Si guardò velocemente intorno alla ricerca della spada e si rese conto che stava tra lui e il suo aggressore, “Se tutto va bene dovrei riuscire a svantaggiarlo, in qualche modo” pensò un attimo prima di buttarsi a terra di lato mentre contemporaneamente la mano destra strappò dal collo il boomerang e lo lanciò verso l’avversario mirando alla spalla. Quest’ultimo istintivamente gli sparò addosso mentre si abbassava per evitare il boomerang, che gli fece volare via il cappello, trascinandolo a pochi passi da lì. “Maledizione!!” ringhiò l’uomo portandosi una mano alla testa e guardandosi in giro alla ricerca del cappello senza più badare all’albino, che visto il vantaggio si gettò verso la sua spada con le braccia allungate al massimo: vide la sua mano avvicinarsi sempre più all’arma finchè non avvertì le dita stringersi attorno al fodero ruvido della spada e proprio in quel momento sentì altri due proiettili planargli sopra la testa. Infatti quando l’uomo ,che stava per riprendersi il cappello, si era accorto di quel che stava cercando di fare Raffaele aveva provato a colpirlo senza riuscirci. “Chissà perché mi ha mancato?” si chiese guardandolo toccarsi la testa scoperta per poi infilarsi con gesto nervoso il cappello in testa “Ma perché perde tempo con il cappello? Non si rende conto che….” casualmente aveva dato una rapida occhiata dietro di lui e ciò che vide gli aveva fatto venire la pelle da cappone: il boomerang proprio in quel momento stava ritornando da lui però il suo nemico, che ora lo minacciava con la pistola e non aveva occhi che per lui, si era spostato mettendosi sulla traiettoria con il risultato adesso di rischiare di prenderselo in piena testa. Raffaele non seppe mai cosa lo spinse a correre verso il suo avversario con il solo scopo di salvarlo, sapeva solo che lo doveva fare e basta. Il suo nemico da parte sua non appena lo vide correre con la spada sguainata ,probabilmente per attaccarlo, gli sparò nuovamente questa volta con la reale intenzione di ucciderlo anche se il ragazzo intercettò la pallottola con la spada, sempre continuando a correre. Raffaele lesse sulle labbra dell’uomo il labiale “Merda!” mentre premeva ripetutamente il grilletto ricevendo in risposta soltanto “click”, segno che aveva finito le pallottole; capendo che ormai non faceva in tempo a caricare poiché Raffaele gli era praticamente addosso, istintivamente gli appoggiò la canna della pistola sulla gola, costringendolo a fermarsi, cosa che effettivamente avvenne: Raffaele infatti si fermò per eseguire velocemente un calcio laterale con la gamba posteriore per colpirlo dietro alla nuca. Vedendo la mala parata l’uomo si preparò al colpo, che non arrivò; si arrischiò allora a dare un occhiata dietro di se giusto in tempo per vedere la gamba di Raffaele intercettare il boomerang, che andò violentemente a sbattere contro l’ostacolo, per poi cadere al suolo con un tintinnio. “Ti saresti potuto liberare di me senza sporcarti le mani se avessi lasciato che il boomerang mi colpisse” gli fece notare “Non uccido mai senza un valido motivo” replicò secco Raffaele voltandogli le spalle per raccogliere il boomerang. In quelle sole sette parole l’uomo si sentì come se fosse ritornato indietro nel tempo:
una radura con un laghetto in cui c’era un samurai in posizione di attesa; gli voltava le spalle e sembrava concentrato. Lui che gli si avvicinava accendendosi una sigaretta con tutta calma, come se stesse andando a prendere un thè. Si fermò a rispettosa distanza per osservarlo: indossava un kimono bicolore, bianco per la parte coprente il torace mentre i pantaloni erano grigi. Aveva tutta l’aria di essere un avversario molto pericoloso ma non si sentiva nervoso. Non era la prima volta che uccideva, non era la prima e non sarebbe stata neanche l’ultima volta in cui avrebbe privato un altro essere vivente della vita, vederlo agonizzare e poi stendersi nell’ immobilità tipica della morte. Nessuno era in grado di competere con lui, Daisuke Jigen. Dopo quel samurai ci sarebbe stato un più gradito bersaglio di fronte alla sua pistola: Lupin. Adesso avrebbe ucciso il samurai di modo che potesse scontrarsi con la coscienza a posto contro di lui; gli aveva salvato la vita e adesso lo avrebbe ripagato uccidendo l’uomo che aveva davanti a se e che voleva a sua volta uccidere Lupin. “Non ho bisogno del secondo” parlò improvvisamente il samurai senza voltarsi. “Sono venuto ad ucciderti” spiegò lui con indifferenza “Te l’ha chiesto Lupin?” chiese il samurai con lo stesso tono incolore “No, ma quello mi ha salvato la vita e io voglio sdebitarmi con lui” “Non uccido mai, senza un valido motivo” “Io ne ho uno più che valido:” ,si ricordò che il samurai a quel punto aveva leggermente mosso la testa verso di lui, voglio essere io ad uccidere Lupin” ,qui il samurai si era finalmente messo in piedi, “D’accordo,allora, sei pronto a morire” “Perché non ripeti la domanda guardandoti allo specchio?”gli aveva risposto lui gettando a terra la sigaretta. Si erano guardati negli occhi per una manciata di secondi mentre il vento scompigliava loro i capelli e faceva passare in mezzo una manciata di petali di fior di ciliegio, poi si erano finalmente scontrati.                
“Adesso volete ascoltarmi o preferite continuare questa pagliacciata?”, la voce di Raffaele interruppe bruscamente i suoi pensieri facendolo ritornare al presente “Che cosa vuoi da Lupin?” “Desidero solo delle informazioni” gli rispose mentre riprendeva il borsone “Che genere di informazioni?” “Se non vi dispiace preferirei dirlo quando saremo in un posto più sicuro di questa strada” “Va bene ,accettò l’uomo dopo un attimo di esitazione, seguimi” e si avviò con Raffaele alle calcagna. Avvicinandosi all’uomo ebbe noto di osservarlo bene: tutti i suoi indumenti ,a parte la camicia azzurra, erano di colore nero, compresi i capelli e il cappello. Quest’ultimo lo portava talmente calato sugli occhi che Raffaele non riuscì a capire di che colore fossero, non che fosse importante per lui saperlo, semplice curiosità. “Sono neri” disse l’uomo interpretando lo sguardo curioso di Raffaele, il quale prima che riuscisse a frenare la lingua si sentì dire “È uno dei miei colori preferiti”; l’uomo assunse un espressione leggermente stupita prima di sorridere e pronunciare un “Anche a me”. Continuarono a camminare ancora per un po’ finchè il pistolero non si fermò bruscamente e guardando l’albino disse “Io mi chiamo Jigen Daisuke, qual è il tuo nome?” “Mi chiamo Raffaele” “Mh” borbottò Jigen continuando a camminare senza più dire una parola. Svoltarono l’angolo e arrivarono in una stradina che portava a quella che sembrava una piazza. C’erano negozi di vario genere: gioiellerie, negozi di vestiti, supermercati, l’uno vicino all’altro insieme ad pub e tutto sembrava più pulito e civile a giudicare dalle persone che passavano in strada, “Siamo quasi arrivati” disse Jigen procedendo diritto in fondo alla piazza, la cui strada sembrava portare vero quella che sembrava una stradina di campagna, in fondo alla quale in lontananza si vedeva una casa. Avvicinandosi sempre più, Raffaele si accorse che non era una casa ma una villa, circondata da un giardinetto ben curato, con qualche cespuglio sparso qua e là. Il garage stava proprio al piano terra e sembrava che il suo ruolo ,oltre ad essere quello di contenere le macchine parcheggiate dentro, fosse anche di sostenere le scale che portavano di sopra. Di sopra si poteva scegliere se entrare dentro la casa, passando per la porta marrone a sinistra oppure andare a destra, in cui si giungeva alla veranda. Fermatosi a guardare indietro Raffaele notò che si vedeva chiaramente sia la città che la stradina ma quando si voltò alla chiamata di Jigen notò con la coda dell’occhio la spaziosa veranda: a causa della balaustra che faceva parte delle scale, la visione della città era più difficile lì. Jigen imboccò la porta,  non prima di aver preso la posta infilata nella cassetta delle lettere, che nelle sua posizione dava più l’impressione che facesse da cartello direzionale.
La posta consisteva soltanto in un pacchetto giallo senape, che dalle dimensioni sembrava contenere una cassetta “Ma guarda un po’! È per Goemon, chissà chi glielo manda?”esclamò Jigen stupito fissando con perplessità il pacchetto e voltandolo per vedere chi l’avesse spedito ma non trovò niente: nessun nome o indirizzo. Era talmente occupato a guardare il pacchetto da non accorgersi dell’espressione commossa apparsa sul viso di Raffaele: quest’ultimo ,quando aveva sentito il nome dello zio aveva avvertito una grande emozione “Finalmente adesso lo incontrerò, dopo tanti anni!” pensò Raffaele cercando di controllare la grande emozione che lo prendeva. Si avvicinarono alla porta, che dall’aspetto sembrava che qualcuno si fosse divertito a prenderla a calci perché era leggermente ammaccata. “Ogni tanto c’è una piccola discussione tra il mio capo e la sua “ragazza” spiegò Jigen indicando la porta e le sue numerose ammaccature notando gli occhi spalancati del giovane “Fa parte dello stile Tuti, vero?” chiese comprensivo Raffaele “Scusa?” “No, non importa” ed entrarono dentro. C’era un corridoio, con due porte a destra e una a sinistra mentre in fondo la porta spalancata lasciava vedere il salotto. La prima porta a destra ,come spiegò Jigen, portava alla veranda, la seconda nelle camere da letto come quella a sinistra, andando in fondo per il corridoio ,passando davanti ad un divano mignon e un comodino, si andava in salotto in cui c’era anche la cucina e un tavolo e un comodino su cui stava il telefono. “Molto simpatica come casa” commentò Raffaele facendo sorridere Jigen che gli disse con tono meno secco mentre sistemava da una parte il pacchetto “Metti pure il borsone per terra”. Proprio in quel momento si sentì dal salotto quello che sembrava una risatina insieme a dei piccoli gemiti “Oddio, fa che non sia successo quello che penso, ti prego…ti prego” sibilò Jigen andando a passo veloce in salotto insieme a Raffale, che si trovò davanti alla seguente scena: quello che sembrava un samurai dello stile Kuuki stava seduto sul divano con le gambe incrociate e guardava palesemente infastidito ,come Jigen del resto, l’uomo e la donna intenti a coccolarsi sull’altro divano. L’uomo ,che Raffaele identificò come Lupin III, teneva sulle ginocchia una donna molto carina, con dei bei capelli marroni a caschetto che le arrivavano fino alle spalle, degli stivaletti bianchi con  un vestito rosso che le copriva il corpo fino alle ginocchia e una collana di perle intorno al collo. Quest’ultima si stava strusciando sul petto dell’uomo mentre con un dito gli solleticava il mento mentre Lupin ,ben lungi dal volerla fermare, si godeva le coccole. “Dunque è vero, mio caro Lupin? Mi farai davvero partecipare alla partita?” “Ma certo, cherì.” replicò Lupin ,completamente rimbecillito “Gesù, questo è proprio scemo” pensò Raffaele guardando allucinato la scenetta “L’ho sempre detto che sei grande, non è vero Jigen?” chiese la donna fingendo di accorgersi della presenza di Jigen solo in quel momento, che guardando deluso Lupin rispose “Si, è proprio un grande idiota” “Concordo perfettamente ,si intromise il samurai alzandosi dal divano e notando il ragazzo che osservava perplesso la scena disse, chi è lui?” “Giusto, lui è Raffaele. Ci aiuterà nel colpo” “Stai scherzando, spero? È solo un ragazzo” si intromise Lupin sovrastando la risatina di scherno di Fujiko all’indirizzo di Raffaele “L’ho messo alla prova, è abilissimo con la spada” insistette Jigen “Sei sicuro?” “Si” “Posso sapere di cosa state parlando? Io voglio solo delle informazioni, non aiutarvi a fare…” non riuscì a finire perché Jigen lo guardò in faccia e gli disse “Se vuoi le informazioni devi prima aiutarci” “Questo è un ricatto!” rispose scandalizzato Raffaele “Lo so” “Non ti preoccupare Raffaele, non avrai un ruolo particolarmente difficile. Comunque è meglio presentarci prima. Io sono Lupin III, lei è Fujiko ,indicando la ragazza seduta sul divano che gli sorrise e lo salutò con un cenno del capo, mentre lui è” “Goemon Ishikawa XIII” completò Raffaele lasciando di stucco tutti “E tu  come lo sai?” chiese perplesso Goemon  “Sei molto famoso alla scuola di arti marziali Kuuki” sparò Raffaele “Io effettivamente ho appreso le mie tecniche lì, sei anche tu un allievo di quella scuola?” chiese ancora piuttosto scettico Goemon guardando il kimono di Raffaele ma quest’ultimo “Avendo avuto il Massuguna ho scelto di studiare il Tuti e il Kuuki, ma nella scelta finale ho favorito il primo.” “Il Diritto? Ma allora sei un Ni Sirusi?” “Si” “E che segno?” chiese ancora Goemon stavolta realmente interessato “Hakari” “Io invece sono Hutago.,e dopo una breve pausa, nello stile Tuti se non ricordo male insegnano colpi non solo d’arti marziali ma anche colpi detti naturali perché compiuti con l’ausilio di pietre e altre cose della natura” “Esatto” “Emh, scusate ragazzi, ma di che diavolo state parlando?” la voce leggermente stupita di Lupin fece tornare entrambi al presente “Niente, Lupin. Ho chiesto a questo ragazzo a che scuola di arti marziali fosse andato a studiare e mi ha risposto che ha scelto lo stile della Terra e dell’Aria” “Ah, capisco” rispose Lupin che dalla faccia si capiva che aveva capito ancor meno, come del resto anche gli altri presenti. “Puoi cominciare a spiegare il piano, Lupin caro?” chiese Fujiko con tono disgustosamente mieloso rompendo il silenzio “Ma certo”, prese da un cassetto quella che sembrava la piantina di una villa, l’aprì sul tavolo e disse ai presenti ,che intanto si erano seduti intorno al tavolo “Sono andato a fare un giretto di ispezione e ho scoperto che ci sarà una festa questo pomeriggio, ovviamente i poliziotti di Zenigata saranno presenti.” “La stessa persona che ho incontrato al commissariato” sussurrò Raffaele a mezza voce “Cosa hai detto, ragazzo?” chiese subito Lupin alzando di scatto la testa verso di lui  “Nulla” “Dicevo ,continuò Lupin continuando tuttavia a guardare sospettoso Raffaele, ci saranno i poliziotti. Ce ne saranno due all’ingresso, quattro insieme all’ispettore Zenigata nella sala da ballo ,che si trova subito all’entrata e tre per ogni piano. Ora dovremmo muoverci in questo modo: io e Jigen prenderemo il posto delle due guardie d’ingresso dopo averle stordite, Goemon e Fujiko entreranno dentro come ospiti insieme a te, Raffaele, che con una scusa cercherai di fare uscire dalla villa l’ispettore affinché io possa sostituirlo. A te Fujiko toccherà adesso un ruolo molto importante: il padrone è un noto donnaiolo e ha spesso l’abitudine di portarsi ,anche durante le feste, alcune delle sue invitate a letto. Tu devi cercare di fare si che ti porti in camera sua, dove si trova il tesoro, Goemon vi seguirà. Bada a non chiudere completamente la porta, devi lasciarla aperta quel tanto che basti per permettere a Goemon di entrare dentro. Poi ruberete il tesoro, usciremo dalla villa e ce ne andremo.” “Ti è dato di volta il cervello, per caso? Non è sufficiente che tu ti faccia con una scusa portare lì travestito da Zenigata oppure che tu ti travesta da donna o nello stesso padrone di casa?” “Non è possibile ciò perché alla porta c’è un meccanismo che permette di fare entrare nella stanza il vero padrone e una donna, tra l’altro il meccanismo di difesa si mette in azione se sente che la donna è un uomo travestito oppure il padrone è un impostore. Devi cercare altresì di impedire in qualche modo che la porta non venga completamente chiusa perché in questo caso il piano si può dire fallito” “E perché mai?” chiese Jigen incuriosito “Perché la porta si apre con una speciale parola d’ordine, che non sono riuscito a scoprire” “Goemon potrebbe provare a tagliarla con la spada” propose Fujiko “No, perché la porta è rivestita di un materiale che la zantetsu non può tagliare” “Cioè?” chiese Goemon, leggermente infastidito all’idea che la sua spada non potesse tagliare qualcosa “Conniaku” rispose Lupin guardandolo con un espressione desolata “E come diavolo fa quel tipo a conoscere il segreto della spada di Goemon?” disse Jigen stupefatto “Devi chiederlo a lui” rispose Lupin “Insomma: o si fa così o non se ne fa niente, vero Lupin?” concluse con tono serpentifero Fujiko “Naturalmente ,Fujiko cara, se vuoi ritirarti per me va bene ma allora il colpo va a monte” rispose in tono tranquillo Lupin guardando la sua ragazza, che dopo un occhiata inceneritrice all’indirizzo del suo uomo disse “D’accordo, ti aiuterò ma voglio una grossa fetta del tesoro” “Questo è certo, amore mio” “Una fetta grossa del tesoro” per te significa “tutto il tesoro”, non è vero Fujiko?” puntualizzò in tono tagliente Jigen “Non è così. Non farei mai una cosa simile a voi, che siete miei amici, no?” rispose in tono dolce Fujiko e con un sorriso falso “Mia cara Fujiko, per te la parola amici è soltanto sinonimo di quattrini” rispose Jigen pedante “Stavolta non sarà così” “Voglio proprio vedere” “Dai Jigen, non essere sempre così prevenuto nei suoi confronti! Ti ricordi che quando Mynnesota ti bruciò i cappelli lei ,senza pretendere niente in cambio, te ne comprò uno nuovo all’insaputa di tutti noi oppure quando io fui arrestato lei cercò sempre senza compromessi di liberarmi?” “D’accordo Lupin, queste sono eccezioni ma il più delle volte è anche vero che ci ha fregati” “Non lo nego ,intervenne Fujiko, ma questa volta sarò fedele ai patti” “Lo spero per te” queste due ultime parole le pronunciò a voce talmente bassa che nessuno le sentì, a parte Raffaele che gli stava proprio vicino. “Coraggio, dobbiamo andare. Jigen, tu rimani, voglio parlarti un attimo” disse Lupin indicando contemporaneamente con un cenno del capo Raffaele, il quale uscì insieme agli altri. Jigen annuì e seguì l’amico in cucina. “Credi che sia una spia?” chiese di punto in bianco “Non lo so, l’ho sentito chiaramente dire che ha incontrato l’ispettore Zenigata e ciò mi dà da pensare. Ci manchi solo che ci tradisca e ci faccia sbattere dentro” “Ha portato con sé un borsone, penso che sia straniero poiché il suo inglese ha un accento particolare. Forse la polizia in cambio di favori gli ha chiesto di fare….” “Potresti andare a dare un occhiata al borsone?” “Ora?” “Si”. Jigen uscì per tornare circa dieci minuti con il famoso foglio in mano, il viso di Lupin si fece di pietra vedendolo “Faremmo meglio a guardarci le spalle” suggerì Jigen incontrando l’assenso di Lupin, il quale dopo averlo accartocciato gettò il mandato di cattura nella pattumiera. “E adesso che facciamo, cambiamo il piano?” chiese ancora Jigen ma Lupin ,scuotendo la testa, “No, lo faremo tale e quale come lo abbiamo deciso e per i seguenti motivi: primo, non c’è più tempo. Secondo, perché lo insospettiremmo. Terzo, perché riuscirà comunque il piano e ,quarto, perché sono Lupin III” e dicendo questo uscì seguito da un dubbioso Jigen che si limitò a scuotere la testa toccandosi la tesa del cappello. La casa rimase vuota. Nonostante si sentisse molto nervoso, raggiunta la Fiat500 al cospetto dei suoi amici Lupin si mostrò del tutto tranquillo, come se non fosse accaduto niente e lo stesso accadde per Jigen poiché se Raffaele era una spia era meglio non metterlo in allarme. Durante il tragitto nessuno disse nulla, tranne Lupin che ad un certo punto espresse ad alta voce una domanda che lui e i suoi amici ,da quando avevano visto quel ragazzo, si tenevano in mente “Scusa Raffaele, posso porti una domanda forse un po’ personale?” gli chiese girandosi a guardarlo “Prego” disse Raffaele sorridendogli “Ma come mai indossi a metà il kimono ed ha un colore completamente diverso da quello di Goemon?” prima di rispondere Raffaele scambiò una rapida occhiata con Goemon, il quale aveva interrotto apposta la meditazione: gli fece un cenno affermativo con la testa “Ecco ,signor Lupin, rispose rassicurato Raffaele, io ho scelto di frequentare una scuola diversa da quella di Goemon. Quest’ultimo ha scelto l’Aria, io ho invece ho scelto lo stile della Terra. Il colore del mio kimono rappresenta la terra e il fatto che io indossi la metà del mio kimono sta ad indicare che una parte di me è umana mentre il resto è rappresentato dalla terra” “Poco fa ti ho sentito parlare anche del Ni Sirusi, che cos’è?” “Il Ni Sirusi è il doppio segno, riferito a quello zodiacale, in base al quale una persona può studiare due stili diversi, uno a sua scelta e uno corrispondente al suo segno; nel mio caso ho scelto l’Aria e poi la Terra” “E se uno non ha questa cosa?” “Studia un solo stile, corrispondente all’elemento del suo segno” “Io sono scorpione” disse Lupin; era più una domanda che un affermazione  “Ah, a segno Sasori corrisponde l’Acqua” rispose Raffaele “Come?!” chiese Lupin guardandolo perplesso “Sasori è lo Scorpione” “E tu, che segno sei?” chiese improvvisamente Jigen guardandolo dallo specchietto “Io sono Hakari, la Bilancia” “Io sono Leone” rispose Jigen “Raion? Il tuo elemento è il Fuoco” “E tu, Margot?” chiese Lupin “Vergine” “Syozyo corrisponde al mio stile, la Terra” completò Raffaele “Che cosa sono il Tuti e il Kuuki?” “Sono i nomi di quattro stili, corrispondenti ai quattro elementi: Acqua, Terra, Fuoco e Aria. Gli stili che ho scelto sono rispettivamente la Terra (Tuti) e l’Aria (Kuuki)” “E come mai tu e Goemon, che sembrate aver studiato lo stesso stile, avete divise diverse?” “Le persone che hanno il Ni Sirusi e quindi il Massuguna ,ovvero il diritto di studiare più di uno stile, quando hanno studiato i due stili, devono decidere a quale scuola appartenere completamente e quindi indossarne l’uniforme.” E con questo nessuno parlò più. Arrivarono alla villa Kanemoti dopo circa un ora: la villa era completamente circondata da un muro tranne al centro, dove c’era un cancello in ferro ove stavano appostati due poliziotti insieme a due pitbull. Parcheggiarono la macchina a distanza di sicurezza mentre guardavano gli invitati superare il controllo ed entrare nella villa. “Perfetto ,disse Lupin spegnendo il motore, e adesso dobbiamo prepararci, continuò scendendo dalla macchina seguito dai suoi compagni.” “Dobbiamo prima levarci dai piedi i due poliziotti con i cani, altrimenti non potremo entrare” disse Fujiko guardando i cani con evidente preoccupazione “Ci penso io” disse Goemon facendo atto di avviarsi “Aspetta ,disse subito Raffaele, ci penso io” disse guardando supplicante Lupin “Va bene, vai tu, Raffaele” disse quest’ultimo bloccando con un gesto Goemon. Raffaele con passo tranquillo si diresse verso il cancello “Ma che fa? ,chiese Fujiko guardandolo stupita, vuol farsi scoprire?” “Lupin…” disse Jigen preoccupato facendo atto di prendere la pistola ma si bloccò guardando l’aria tranquilla di Lupin. Raffaele intanto si era avvicinato ai poliziotti “Chi sei, ragazzo?” gli chiese sospettoso uno dei poliziotti lanciandogli un aria stravagante mentre lui e il collega tenevano fermi i cani “Una sola informazione” chiese cortese Raffaele con un sorriso “Cioè?” “Credo di essermi perso ,disse traendo un foglietto dalla tasca, dovrei raggiungere questo posto, dov’era previsto un cosplay ma non riesco a trovarlo” e dicendo questo fece atto di passargli il foglietto ma gli cadde di mano e il poliziotto si abbassò per prenderlo; quando notò che era bianco capì l’inghippo ma fu troppo tardi per evitare di prendersi un colpo sulla nuca e di precipitare nel mondo dei sogni “Che fai?” urlò l’altro tra il furioso e l’allibito facendo atto di colpirlo con il manganello ma colpì il vuoto “Cosa?!” disse il poliziotto guardandosi intorno “Heya!!” urlò Raffaele colpendolo con un calcio laterale volante alla mascella, facendolo stramazzare al suolo e facendo uscire dalla tasca un foglio, con su scritto un elenco degli invitati; Raffaele notò che tutti i nomi avevano un segno sopra e ciò significava che tutti gli ospiti erano nella villa. Non si accorse che dietro i cani ,lasciati a sé, gli stavano arrivando addosso “Attento!” urlò d’istinto Jigen indicandogli le spalle ma Raffaele con un scatto prese la spada limitandosi ad agitarla dietro di sé prima di rinfoderarla con fluidità. I cani rimasero per un attimo come bloccati e l’ultima cosa che i loro occhi videro fu un fiotto di sangue sprizzare dalle arterie delle loro gole prima che le teste si staccassero per rotolare per un breve tratto, simili a palloni da basket con gli occhi spalancati e fissi su un punto inesistente. Con naturalezza e senza provare alcun disgusto, Raffaele raccolse i cadaveri dei cani ,teste comprese, e li buttò nel bidone dell’immondizia lì vicino, solo una lunga striscia di sangue stava per terra a testimoniare l’accaduto. “Urgh!” Fujiko a quella vista cercò di non vomitare mentre la testa si voltò di scatto coprendosi la bocca con la mano, Lupin e Jigen rimasero alquanto sconcertati, solo Goemon rimase impassibile, apparentemente. “Ecco fatto” disse orgoglioso Raffaele avvicinandosi a loro e guardando Goemon come se si aspettasse un parere.
Sono stato bravo?
“Non si uccide mai senza un valido motivo” lo rimproverò severamente Goemon ricordandogli un antico precetto della regola “È stato istintivo quello di usare la spada” si giustificò Raffaele facendosi rosso “Allora devi migliorare tantissimo. Un vero samurai sa controllare le sue emozioni” rimbeccò implacabile Goemon passandogli accanto mentre Raffaele si sentì abbattuto: aveva usato entrambi gli stili per fargli vedere quanto fosse bravo. Neanche Lupin, Jigen e Fujiko gli dissero qualcosa di positivo: effettivamente non c’era stato proprio alcun motivo di uccidere quegli animali in quel modo e ciò contribuì ad abbattere ulteriormente Raffaele ma nessuno pensò di dirgli qualcosa di consolante. Lupin e Jigen ,dopo essersi opportunatamente travestiti da poliziotti e disfatti di quelli veri, aprirono i cancelli ed entrarono, seguiti da Goemon e Fujiko, anch’essi travestiti: Goemon era impeccabile con quell’abito da cerimonia bianco neve che metteva in risalto i capelli e gli occhi neri mentre Fujiko era stupenda come al solito con il vestito blu marino lungo fino ai piedi che metteva ,senza essere volgare, in risalto le forme e il colore dei capelli, marrone chiaro. Appena varcato il cancello si passava sotto un corridoio verde smeraldo di foglie punteggiato qua e là da profumatissime rose del colore del sangue, un corridoio che si estendeva per qualcosa come 1 km ma nessuno faceva caso alla distanza visto lo spettacolo che si offriva ai loro occhi durante e dopo il tragitto, rappresentato dalla comparsa di una grande vasca rotonda, in cui nuotavano pigramente dei pesci multicolore di vario genere intorno ad una statua di marmo raffigurante un angelo che dalla brocca ,che reggeva con una mano, faceva uscire ininterrottamente uno zampillo d’acqua. L’angelo ,con gli occhi di marmo, fissavano con un espressione squisitamente dolce la creatura (anch’essa di marmo bianco) che inginocchiata sotto di lui e con i gomiti appoggiati sulle ginocchia dell’angelo si dissetava mentre con l’altra mano che reggeva una rosa l’angelo gliela infilava nei capelli. Le ali dell’angelo erano aperte e sembravano reali. “Wow!” pensò Raffaele vedendola e capì dalle espressioni di meraviglia dei suoi compagni che anche loro erano rimasti impressionati “Accidenti che lusso!” disse Lupin guardando interessato la statua mentre una mano distrattamente toccava il bordo. Nello stesso momento in cui Lupin toccò la vasca, al secondo piano della villa, in una stanza riccamente ammobiliata, una bambina con un abito nero da ballo che giocava con due bambole ,un uomo e una donna, d’improvviso le lasciò cadere a terra, si alzò e scomparì, apparendo nella stanza di un ragazzo dai capelli neri, lunghissimi, che in quel momento riposava, completamente nudo, indossando soltanto un paio di boxer. Senza sentirsi in imbarazzo lo svegliò, il quale ,per niente seccato dall’interruzione, le sorrise chiedendogli mentre si alzava “Sono qui?” “Si” “Okay” e dicendo questo si affrettò a vestirsi. Mentre lo guardava Chi si sorprese a pensare  di desiderare che lui la ringraziasse dandole un bacio, lo stesso che aveva visto qualche volta scambiarsi fra loro i suoi genitori ma ciò ovviamente non avvenne. Sorrise tristemente vedendolo uscire dalla stanza senza prestarle alcuna attenzione mentre con aria distratta si percorreva con una mano le curve della bocca prima di ritornare in camera sua e guardare le bambole con cui stava giocando prima, si sedette e ricominciò a giocare: era arrivata al punto in cui l’uomo aveva finalmente convinto la donna ad andare a letto con lui ma dopo neanche un secondo ,con stizza, li scaraventò a terra sentendosi frustrata: indubbiamente non era la stessa cosa che farlo di persona con l’uomo desiderato. Sospirando, si sedette alla scrivania su cui stava uno specchio rotondo e sul vetro apparve la sala da ballo.     
Girando intorno alla vasca si arrivava davanti alle scale che portavano alla villa, affiancata da un percorso riservato agli invalidi, Lupin notò che una macchina poteva passarci tranquillamente. Alla fine delle scale si arrivava al portone d’ingresso davanti alla quale, appostati con le loro onnipresenti uniformi c’erano altri due poliziotti “Pensaci tu stavolta, Goemon, disse Lupin a bassa voce per non ferire Raffaele mentre lui e Jigen si nascondevano. “Buonasera, signore e signora. Benvenuti alla villa Kanemoti” disse uno dei poliziotti portando una mano alla visiera del cappello, subito imitato dal compagno ma la sua espressione cordiale si squagliò in dolorosa sorpresa quando il pugno di Goemon li colpì pesantemente allo stomaco, facendo perdere loro i sensi. Svelti, Lupin e Jigen li legarono e nascosero “Ora tocca a te, Raffaele. Fa uscire l’ispettore Zenigata” disse Lupin guardandolo mentre gli metteva una mano sulla spalla. A quelle parole sentì congelarsi  “C’è qualche problema?” gli chiese Lupin cercando di non sorridere di fronte all’evidente disagio del ragazzo, il quale si limitò a dire “Tutto a posto”  prima di entrare con Goemon e Fujiko, almeno non prima di essersi infilato il resto del kimono per non dare nell’occhio. Entrati dentro, i tre si trovarono in una gigantesca stanza tutta illuminata da più luci e ,sparse qua e là per la stanza c’erano tavoli da gioco di vario genere con playmates che ,con le loro svolazzanti orecchie da coniglio e il provocante codino, si aggiravano tra gli ospiti con i vassoi dei rinfreschi. “Bene, Raffaele, buona fortuna” disse Fujiko facendogli l’occhiolino e dicendo si mescolarono alla folla lasciando Raffaele in preda ad un forte imbarazzo, l’ispettore Zenigata sicuramente lo avrebbe riconosciuto ma se non l’avesse fatto uscire, sarebbe andato all’aria tutto il piano. “Uffa! ,sbuffò Raffaele tirando un calcio ad una pietra immaginaria, perché sono così sfigato?” pensò amaramente mentre girava tra gli invitati cercando l’ispettore con tanto entusiasmo e attenzione da non evitare di andare a sbattere addosso contro una certa persona “Mi scusi, non l’avevo vista ,disse reggendosi la testa ma quando sollevò lo sguardo,  opporca…” bisbigliò desiderando essere da tutt’altra parte “E tu che ci fai qui, ragazzo?” gli chiese l’ispettore stupito sistemandosi il pastrano “Qui ci abita mio zio, signore” sparò a raffica mandando al diavolo ogni riserva. “È la persona che cercavi?” gli chiese “Ma come ,ispettore, non ci avete fatto caso?” disse Raffaele mostrandosi stupito “A cosa?” “Quando voi vi siete assentato un attimo dall’ufficio, mi sono messo a guardare dalla porta con chi stavate parlando e da lì ho visto il mio tanto cercato parente. Volevo fargli una sorpresa e sono uscito dalla finestra aspettandolo in macchina ma poiché non volevo fare con voi la figura del maleducato vi ho lasciato un biglietto, appoggiato proprio sulla lista dei ricercati sul vostro tavolo” “Io veramente non ho trovato niente sulla mia scrivania” rispose lui dubbioso grattandosi la testa mentre lo guardava intensamente “Potreste non averci fatto caso, ispettore” rispose Raffaele sorridendogli conciliante “Stavi cercando qualcuno?” gli chiese “Si, voi” “Me?” guardandolo stupito “Si, perché i poliziotti davanti all’entrata mi hanno detto che c’era un problema e poiché non potevano abbandonare il posto, a rischio che arrivasse un ospite indesiderato mi hanno chiesto di pregarvi di uscire fuori a parlare con loro” “Non ti hanno detto di che si tratta?” “No, hanno solo detto di fare presto e sembravano molto agitati” “D’accordo, vado subito, grazie.” e fece atto di avviarsi quando si bloccò “Scusa, ma non ti ho chiesto come ti chiami” gli chiese con tono strano “Mi chiamo Raffaele Kanemoti” “Mh” e dicendo questo Zenigata andò verso la porta. All’esterno “Jigen ,disse Lupin togliendosi una mano dall’orecchio dove c’era una piccola trasmittente, collegata alla spia che aveva precedentemente messo sulla spalla di Raffaelle, stai pronto” e dicendo questo sia lui che il suo amico si misero in allerta quando la porta si aprì “Ispettore, volevamo parlarle!” disse Jigen camuffando la voce voltandosi verso di lui “Che succede?” chiese l’ispettore voltandosi verso questi “Succede questo” rispose Lupin e dicendo questo gli assestò una bella legnata che lo fece cadere a terra; rapidamente, Lupin lo svestì e ne indosso gli abiti e dopo averlo legato Jigen lo nascose “Jigen ,disse Lupin, facciamo attenzione con quel ragazzo, è il nipote del padrone di questa villa” “Che?!” disse lui guardandolo stupefatto “Vai a prendere la macchina e portala qui, muoviti” senza rispondere, con l’aria di aver già capito tutto, Jigen dopo dieci minuti tornò con la macchina, leggermente coperta da rose e foglie e la sistemò proprio sotto alla finestra in cui c’era la stanza del tesoro “Dirò a Goemon e Fujiko che dopo aver preso il tesoro saltino dalla finestra, dove tu li aspetterai con la macchina mentre io vi coprirò la fuga. Ci vedremo direttamente a casa, non mi aspettate” “D’accordo, Lupin” e dicendo questo entrarono dentro, girando tra gli ospiti cercando i loro amici, che vedendoli sembrarono rassicurati, con loro c’era anche Raffaele; vedendolo, Lupin ebbe l’improvvisa voglia di strangolarlo ma si trattenne anzi si sforzò di sorridere. “Potete cominciare. Raffaele, tu resta qui. Quando dobbiamo andarcene via ti veniamo a prendere” disse strizzandogli l’occhio con aria complice “D’ accordo, mi trovate al tavolo da gioco al centro della stanza” e dicendo questo si allontanò “Ragazzi, disse Lupin rivolgendosi al samurai e alla sua fidanzata con aria seria, si cambia il piano: quando prenderete il tesoro, non uscite dalla stanza ma saltate direttamente dalla finestra, dove Jigen vi aspetterà con la macchina” “Perché hai cambiato idea, Lupin?” gli chiese Fujiko perplessa “Perché quel ragazzo è in combutta con la polizia, si chiama Raffaele Kanemoti ed è il nipote del padrone della villa.” “Che cosa?” esclamarono desiderosi di saperne di più ma Lupin troncò tutto con un “Muoviamoci”. Lupin si allontanò andando di sopra per poter allontanare per quel che era possibile i poliziotti, con Jigen che uscì fuori aspettandoli in macchina mentre Fujiko ,con Goemon che la seguiva a debita distanza, cominciò a girare tra gli ospiti alla ricerca del padrone di casa e non ci mise molto a trovarlo: tutti i presenti gli sorridevano untuosamente, perfino quando questi toccò il sedere di una playmates particolarmente procace in quella zona, quest’ultima ,arrossendo ferocemente, si limitò a ridacchiare in modo sciocco prima di andare in cucina a sfogarsi tra le braccia di una sua collega. “Coraggio, Fujiko” si disse prima di avvicinarsi al padrone, il quale indossava un elegante completo nero “Buonasera, signor Kanemoti” lo disse adoperando il tono più dolce e allo stesso tempo sensuale che gli riuscisse “Buonasera a lei, Miss…?” disse lui guardandola interessato mentre gli occhi andavano a guardarle rapidamente i seni per poi ritornare sul volto, sguardo che a Fujiko non sfuggì “Il mio nome è Fujiko” disse lei sfoggiando un bel sorriso “Si sta divertendo?” le chiese lui mentre con un leggero movimento della mano chiamò una delle cameriere per prendere due calici pieni di vino rosso ed offrirgliene uno “Grazie! Si, mi sto divertendo molto. Stavo per andare a fare una partitina alla roulotte ma non so giocare molto bene, sarei felice se mi facesse da Cicerone” gli disse con tono vagamente implorante e quello ,che non aspettava altro, in risposta le offrì il braccio, che lei prese subito. “Sua moglie è davvero molto fortunata” disse mentre prendevano posto “Sono vedovo” rispose lui prendendo qualche gettone “Oh, mi dispiace” fece lei con tono dispiaciuto fingendosi mortificata stringendogli una spalla “Non importa ,disse con tono tranquillo mentre inclinava il bicchiere dando fondo al contenuto, diceva Aristotele “vitam brevem esse, longam artem” continuò pulendosi la bocca col tovagliolo “La vita è breve, l’arte è lunga” rispose Fujiko guardandolo intensamente “Ottima traduzione. Si, c’è un fondo di verità in queste parole ma dipende unicamente da come usiamo il tempo messo a nostra disposizione” “Il tempo è lungo se lo usiamo bene ,come un patrimonio ridotto che messo nelle mani della persona giusta prospera, ma diventa breve se speso male, come un grande tesoro messo nelle mani di un pessimo amministratore ,disse lei mentre si stringeva a lui premurandosi che i suoi procaci seni finissero schiacciati contro il suo torace, e questo significa anche carpe diem” completò strizzandogli un occhio con aria complice, l’uomo per attimo rimase come stupito prima che uno strano sorriso gli comparisse in faccia. Intanto dietro di loro, Goemon non stava affatto ascoltando quello che lei e quell’uomo si dicevano, stava guardando Raffaele ,che stava giocando accanitamente ed era pure abile, visto la quantità di gettoni vicino a sé: più lo guardava e più gli sembrava che ci fosse qualcosa che non andava, come se non bastasse i lineamenti gli ricordavano qualcosa ,o meglio, qualcuno ma se avesse dovuto fare un nome, non avrebbe saputo quale. Come se si fosse accorto di essere osservato, Raffaele alzò lo sguardo e quando lo vide gli sorrise con tanto affetto da lasciare Goemon ancora più stupito “Chissà se assomiglio alla mamma al punto tale da fargli fare qualche collegamento con me” pensò guardandolo. Era tanto occupato a guardarlo che prese una monetina in modo da farsela sfuggire, mandandola a rotolare sotto il tavolo; si chinò a prenderla e quando si alzò vide Goemon seguire il padrone di casa e Fujiko “Buona fortuna” pensò e dopo un altro paio di tiri in cui lui perse tutto si limitò a guardare gli altri giocare, si sentiva molto nervoso e per di più avvertiva una strana sensazione alla spalla, come se avesse qualcosa di fastidioso attaccato e poi sentiva uno strano rumore come un sibilo: andò a guardare e vide una cosa rossa rotonda piccolissima che mandava a scatti una luce. La guardò bene e rimase di sasso: una ricetrasmittente! Chi gliel’aveva messa addosso? Un pensiero improvviso gli attraversò il cervello:
“Ora tocca a te, Raffaele. Fai uscire l’ispettore Zenigata” gli disse Lupin mettendogli una mano sulla spalla.
Lupin! Solo lui poteva avergliela messa addosso ma perché l’aveva fatto?
“Qual è il tuo nome, ragazzo?” gli chiese l’ispettore voltandosi a guardarlo “Raffaele Kanemoti” rispose lui sentendosi a disagio per la bugia detta.     
Ecco perché! Sentendolo parlare con l’ispettore probabilmente anzi certamente si era convinto che fosse un parente del padrone della villa e che fosse in combutta coi poliziotti ergo il piano era stato cambiato ,ovvio, ma in che modo? E se fossero già andati via? Quel pensiero gli mise addosso una paura tremenda, lasciò cadere a terra la trasmittente e uscì fuori correndo, senza notare la macchina all’angolo, correndo al meglio delle sue possibilità raggiunse il cancello e si guardò intorno: non vide più la macchina. Si sentì come se qualcuno gli avesse buttato un secchio di acqua fredda addosso: e adesso come avrebbe fatto? “O cacchio!” disse a mezza voce fissando con sguardo vacuo il punto dove prima c’era la macchina mentre nel cervello si affollavano i pensieri, l’uno staccato dall’altro: la missione, la morte di sua madre e sua sorella ed infine ma non meno importante Goemon. “E adesso come faccio, come faccio?” balbettò cercando di trattenere le lacrime mentre con le mani si reggeva le testa. Tornato indietro, si sedette sul bordo della vasca e lì cedette alle lacrime e allo sconforto, rimproverandosi di non essere stato più svelto ad individuare quell’aggeggio. Intanto alla villa, Kanemoti e Fujiko erano arrivati davanti alla porta rivestita di una poltiglia che Goemon riconobbe come Conniaku. Vicino alla porta stava il computer, Kanemoti prese una speciale chiavetta che aveva legato al collo e l’infilò dentro la serratura, il computer si accese e una voce maschile disse “Digiti la parola d’ordine” : allontanata Fujiko ,la quale si mostrò alquanto riluttante ad abbandonarlo, l’uomo scrisse una breve parola e le porte si aprirono; mentre entravano Fujiko e Kanemoti furono investiti per un breve attimo da un fascio di luce rosso “Probabilmente il macchinario controlla che il padrone o io non siamo impostori” pensò Fujiko mentre lasciava cadere a terra il braccialetto di pelle che si era portata dietro proprio per bloccare la porta, che fu secondo il piano appannata e proprio in quel momento nella sua stanza, Chi sorrise divertita guardando dallo specchio ciò che aveva fatto Fujiko “Molto astuta ma non basta”, dicendo questo si alzò e comparì davanti alla porta, proprio quando Goemon stava per entrare, invisibile ai suoi occhi, Chi con un calcio chiuse la porta per poi comparire nella stanza di Hikijo che ,seduto su una sedia, sembrava aspettarla “Hikijo” disse lei “È arrivato?” disse lui ,incapace di controllare l’emozione saltando in piedi. Lei gli sorrise apertamente e lui ,emozionantissimo, riuscì solo a dire “Portami da lui”, lei lo prese per la mano ,celando un involontario tremito quando le sue dita infantili si chiusero su quella del giovane, e sparirono. Goemon nel frattempo stava cercando di aprire la porta ,spingendola in ogni modo possibile ma era inutile. Vedendo inutili i suoi sforzi, cercò allora di scalfirla con la spada ma l’unico risultato che ottenne fu quello di far incastrare per un breve attimo la spada: riuscì a liberarla dopo molti sforzi.
“E adesso?” pensò guardando preoccupato la porta ma i suoi pensieri furono bruscamente interrotti da un grido femminile. “Fujiko!” urlò Goemon avvicinandosi alla porta accostando l’orecchio: sentì una risata maligna e poi altre urla. Che accidenti stava succedendo? Doveva avvertire subito Lupin. Si tolse in un attimo l’abito da cerimonia liberando il kimono quando avvertì uno strano movimento dietro di sé: si voltò di scatto mentre la mano afferrava la spada ed ebbe appena il tempo di vedere un giovane uomo dello stile Kuroi coi capelli lunghi accompagnato da una bambina bionda prima che qualcosa di incredibilmente veloce e affilato lo colpisse alla tempia, facendogli perdere i sensi.
Quando la porta si chiuse, Fujiko si era voltata di scatto e vedendosi preclusa ogni possibilità di uscita si era sentita ghiacciare. Dimenticandosi di tutto, per un tempo che a lei parve incalcolabile fissò la porta ma quando l’uomo l’afferrò da dietro buttandola sul letto, per poi salirle addosso bloccandole completamente ogni possibilità di fuga si era sentita per un attimo prendere dal panico, soprattutto quando l’uomo con una mano le accarezzò una gamba per poi cominciare lentamente ad alzarle la gonna. Ma non ci mise molto a riprendere il sangue freddo: doveva cavarsela da sola in qualche modo e inoltre non voleva rinunciare al tesoro perciò gli bloccò con fermezza la mano per dirgli lentamente ,guardandolo negli occhi “Lasciami spruzzare un po’ di profumo” mentre con una mano prendeva un oggetto infilato nelle calze ,uno spray “Non ne hai alcun bisogno, mia cara” rispose lui sorridendole “Io no, ma tu si” e dicendo gli puntò all’altezza degli occhi lo spray per spruzzarglielo negli occhi “Maledizione!!!” imprecò l’uomo mollandola di scatto mentre si strofinava gli occhi, inondati di lacrime per via del peperoncino ma non riuscì a fare altro perchè un colpo dietro alla nuca lo fece stramazzare al suolo. Sorridendo diabolicamente, Fujiko si affacciò alla finestra guardando in basso: vide la Fiat con Jigen comodamente seduto mentre la sua sigaretta ,perennemente piegata, mandava sottili fili di fumo “Jigen!” lo chiamò lei a voce il più possibile bassa, lui alzò lo sguardo e vedendola le sorrise mentre si alzava a stiracchiarsi “Allora? L’avete preso?” “No” disse lei “Come no?” chiese lui stupito scendendo dalla macchina “La porta si è chiusa e Goemon non è riuscito ad entrare, ma non è venuto ad avvertirvi?” disse lei guardandolo stupefatta “No” disse lui con un filo di voce: che stava succedendo? “Vai da Lupin, muovetevi mentre io cerco di…AH!” non riuscì a completare la frase perché qualcuno di incredibilmente forte l’aveva acchiappata da dietro “Fujiko!” urlò Jigen guardando per un attimo la finestra come ipnotizzato prima di scattare e correre a razzo verso la porta “Lupin!” urlò sul portone; quella voce e quel nome fecero rizzare la testa di scatto a Raffale che vide Jigen entrare nel portone. Un sorriso gli si allargò sulla bocca: allora non erano andati via! Si alzò e lo seguì, entrato dentro, lo vide salire le scale al piano di sopra. Lo seguì per il corridoio fino ad incontrare Lupin, sempre travestito da Zenigata. Fece per chiamarli quando notò una cosa che lo preoccupò: Jigen gesticolava e parlava alquanto concitato mentre Lupin lo ascoltava attento finchè non lo vide sbiancare come uno straccio, afferrare per le spalle il suo amico e poi vedere entrambi mettersi a correre a razzo; pur non sapendo che cosa stesse accadendo, li seguì e quando arrivarono ad una certa porta con un computer accanto, capì: la cosiddetta stanza del tesoro. Si avvicinò lentamente e non solo sentì quello che si dicevano ma anche quello che stava accadendo nella stanza: urla di donna e le riconobbe subito: Fujiko. A quelle urla vide Lupin tempestare di pugni la porta chiamando a gran voce la sua donna mentre Jigen cercava di capire come manomettere il computer,con scarsi risultati. Si mise a correre come un pazzo finchè non li raggiunse “Levatevi!” urlò mentre estraeva la spada: con uno movimento velocissimo mandò in pezzi il computer e con un movimento circolare e poi a x mandò in pezzi la porta: entrò come una furia seguito da Lupin e Jigen, entrambi con le pistole in mano e tutti e tre rimasero dapprima impietriti di fronte alla scena che avveniva davanti i loro occhi: un uomo stava sopra Fujiko ,che aveva il vestito ridotto a pezzi, e ,questo mandò un ruggito di rabbia Lupin, da come le era ridotta la faccia, era stata picchiata dall’uomo che la sovrastava. Sentendo la porta crollare, l’uomo si voltò e gli scappò un ruggito di rabbia vedendo Jigen “TU!” urlò furioso prendendo la pistola che aveva sul comodino accanto al letto e fece fuoco, sparandogli addosso ma prima che Lupin e Jigen potessero rispondere Raffele scattò in avanti facendo ruotare la spada di fronte a sé intercettando il proiettile poi ,sempre con la spada in pugno, saltò sul letto e sferrò con forza un calcio sul viso dell’uomo facendolo cadere svenuto dal letto con il viso sporco di sangue. “Fujiko!” urlò Lupin correndo sul letto accanto alla sua donna ma quest’ultima era svenuta “Fujiko, amore, svegliati, ti prego!” la supplicò con voce rotta Lupin mentre Raffaele ,immobile, osservava la scena e Jigen era chino sull’uomo svenuto, guardandolo perplesso: non l’aveva mai visto. “Ma tu chi sei?” chiese Jigen rialzandosi guardando Raffaele, il quale preso alla sprovvista non rispose “Lupin!” si sentì dal basso la voce di Zenigata ,il vero Zenigata, per essere precisi. “Lupin, dobbiamo andarcene, presto!” urlò Jigen scuotendosi ma Lupin sembrava non averlo sentito “Dov’è Goemon?” chiese preoccupato Raffaele accorgendosi solo in quel momento che lui non era nella stanza “Non lo so” rispose Jigen guardandosi intorno mentre Lupin si alzava dal letto prendendo la donna in braccio e si dirigeva verso la finestra, seguito dai suoi amici. Si aspettavano che si buttasse ma invece Lupin si voltò e mise Fujiko in braccio a Jigen, che la prese senza fare resistenza “Andatevene, vi copro la fuga e cerco anche di scoprire che fine abbia fatto Goemon” disse mentre controllava la pistola e si toglieva il travestimento “Rimango con lei ,disse Raffaele stringendo la spada con forza, e non dica no perché la seguirò ugualmente” disse anticipando Lupin, il quale lo guardò per un lungo attimo prima di limitarsi a fare un breve accenno con le testa. “Ci vediamo al rifugio” disse Jigen e senza dire altro uscì; dopo cinque secondi si sentirono delle voci concitate ,probabilmente poliziotti, insieme al rumore di una macchina lanciata ad alta velocità. “Vieni” disse Lupin e uscirono correndo dalla stanza. Uscendo notarono che a destra c’erano delle scale, che portavano di sopra e in trappola mentre a sinistra le scale a chiocciola   portava di sotto, nella sala da ballo ma era un tragitto più lungo perciò ,come disse Lupin, era meglio andare dritto. Lungo il corridoio incontrarono i poliziotti con in testa Zenigata, che vedendo anche Raffaele per un attimo si bloccò insieme ai suoi uomini “Anche tu sei in combutta con loro, ragazzo?” chiese con un voce stupita “Si ,e poiché capì che era finalmente il momento di gettare la maschera, disse ancora, credo che sia davvero il caso di dirlo ,guardando tutti con aria di sfida, sono il nipote di Goemon Ishikawa XIII” completò con orgoglio come se avesse detto “Sono il nipote di Alessandro Magno” “Sei stata bravissima, Chi! Adesso lui è qui, nelle mie mani e posso divertirmi un po’ ” esclamò al colmo della gioia Hikijo fregandosi le mani guardando Goemon steso ai suoi piedi “Ti puoi divertire ma ricorda: non devi ucciderlo” lo ammonì Chi puntandogli un dito contro, ricordando nell’ atteggiamento una madre che ammonisce un proprio figlio a non fare una certa cosa “Non preoccuparti, non lo ucciderò” rispose lui sempre continuando a fissare Goemon, che continuava a rimanere privo di sensi, almeno prima che Hikijo gli sferrasse un calcio piuttosto violento sulla spalla “Svegliati!” gli urlò sgarbatamente. Goemon lentamente riprese conoscenza, si guardò intorno ,tutto completamente buio, chiedendosi che cosa ci facesse lì: non era mai stato in quel posto. Faceva anche freddo. Avvertì dolore alla spalla sinistra: che era accaduto? Mentre se la massaggiava si rimise in piedi e finalmente si accorse che non era solo: con lui c’erano un ragazzo dello stile Kuroi e una bambina coi capelli biondi, tutta vestita di nero. Loro non dissero niente, limitandosi a restituirgli lo sguardo; era certo di averli già visti, ma dove? Cercando di vincere l’oscurità che gli impediva di identificarli, guardò bene il giovane e lo riconobbe: d’istinto mise mano alla spada ma non fece in tempo ad adoperarla perché qualcosa di forte, quanto un pugno sotto il mento, lo fece indietreggiare. Fu un attimo: un piede nell’arretrare si era appoggiato al vuoto, rischiando di farlo cadere: che accidenti..? Si guardò un attimo indietro per rendersi conto che erano sul tetto della villa “Mi spiace ma tu, come mio fratello, non potrai scappare” settenziò beffardo Hikijo “Che vuoi da me?” replicò Goemon freddamente senza perderlo d’occhio “Mi sembra ovvio che cosa voglio” e dicendo questo prese la spada e si mise in una posizione che Goemon non conosceva: come se stesse bloccando qualcosa, aveva completamente disteso davanti a sé il braccio sinistro mentre il destro ,reggente la spada, sovrastava la testa cosicché la lama era a pochi cm dal suo cranio mentre la gamba sinistra era distesa in avanti e il destro al contrario era piegato con il ginocchio puntato verso destra, formando con le gambe una L. Guardandolo, gli venne da pensare ad un onda piccola, rappresentata dal braccio sinistro e la gamba corrispondente sovrastata da un'altra più grossa e capì: lo stile Mizu. “Beh, buon divertimento” augurò Chi poco prima di scomparire, i due rimasero soli. “Voglio vedere se sarai in grado di battermi, Goemon, disse interrompendo il silenzio Hikijo, fatti sotto, avanti, disse ancora incoraggiandolo ad attaccarlo, la mia spada non vede l’ora di ferirti” senza degnarlo di una risposta, Goemon si mise in posizione e lo attaccò: si mise a correre e quando gli fu quasi addosso, lo superò con un salto. Mentre gli passava sopra con un colpo di reni si volto per colpirlo alla testa ma Hikijo usando come perno la gamba di dietro si voltò per bloccare il colpo e sferrare un fedente al braccio sinistro di Goemon, il quale riuscì a limitare il danno indietreggiando, riportando una piccola lacerazione alla manica del kimono, lasciando intravedere una porzione di avambraccio. “Veloce” pensò Goemon guardando la lacerazione mentre si rimetteva in guardia poco prima di venire riattaccato.
Rimasero tutti come folgorati, guardando quel giovane albino finchè questi, approfittando dell’effetto sorpresa avuto sui poliziotti, si slacciò il boomerang dal collo e con velocità lo puntò al gigantesco lampadario che li sovrastava, facendolo cadere al suolo con un suono infernale, sbarrando la strada ai suoi avversari “Venga!” urlò a Lupin riprendendo il boomerang al volo mentre tornavano indietro “Così tu saresti il nipote di Goemon?” gli chiese raggiungendolo guardandolo curioso “Si” replicò lui restituendogli lo sguardo “Sei tu allora che scrivevi quelle lettere a Goemon?” “No, mia madre” “Tua madre?” ripetè esterrefatto Lupin “La sorella minore di Goemon” spiegò Raffaele sorridendo di fronte all’aria sbigottita di Lupin mentre ritornavano davanti alla stanza del padrone, il quale si era ripreso e li aspettava con una pistola in mano “Fermi!” ruggì furioso puntando loro la pistola mentre il sangue gli colava dal naso rotto. Senza fermarsi, Lupin gli puntò la pistola e fece fuoco, facendogliela saltare di mano mentre Raffaele completò l’opera con un pugno in faccia ben assestato, che lo fece nuovamente partire per il mondo dei sogni, “Andiamo di sopra” disse Raffaele salendo le scale seguito da Lupin.
“Sbaglio o sei in difficoltà?” gli chiese canzonatorio Hikijo guardandolo con aria di compatimento mentre Goemon ,in ginocchio e appoggiandosi alla spada, che riprendeva fiato mentre il sangue uscente dalle ferite gli macchiava rapidamente il kimono, non gli rispose. “Povero Goemon, cosa direbbero i tuoi antenati se potessero vederti? Che cosa direbbe il tuo maestro e soprattutto …. tua sorella?” disse con voce lenta e malvagia “Miyuki” pensò allora Goemon riaprendo gli occhi di scatto e rivedendo per un attimo il dolce volto sorridente di sua sorella: Miyuki “Piccolo Tulipano” Ishikawa. Ricordando con gli occhi della mente quel volto, si sentì immediatamente pieno di energie e con uno scatto si rimise in piedi, poi si tolse la parte superiore del kimono per aver maggior movimento, ignorando il dolore che ne ebbe da quel gesto e si rimise in posizione quando un particolare lo colpì: come sapeva quello sconosciuto di Miyuki? “Come fai a sapere di mia sorella?” gli chiese stringendo gli occhi senza abbassare la spada “Io so tutto di te, Goemon Ishikawa. È da quando che hai ammazzato mio fratello che ti tengo d’occhio.” gli rispose Hikijo guardandolo con odio crescente “Tuo fratello?” ripetè lentamente cercando di ricordare qualcuno nei lineamenti di quel giovane “Il nome Jinkuro Semboo ti dice niente?” chiese venendogli in aiuto sorridendo vedendo l’espressione leggermente stupita di Goemon: si, aveva capito. “Sei il fratello di Jinkuro?!” ripetè lentamente “Si, mi chiamo Hikijo e sono qui per vendicarlo; l’hai ucciso come un cane e adesso paghi” “Aveva ucciso il mio maestro, tradito la scuola e cercato di rubare la pergamena” gli spiegò pacato Goemon “Non mi interessano le tue motivazioni. Allora, che ne dici del filmino?” gli chiese con un sorriso cattivo che gli allargò la bocca conferendogli un aspetto demoniaco “Di quale filmino parli?” gli chiese sempre stando in guardia temendo una trappola  “Ma come, non ti è arrivato ,chiese Hikijo fingendosi sorpreso e dispiaciuto, ero curioso di chiederti che cosa ne pensassi! E a dire che avevo dato il massimo per renderlo piacevole” “Non capisco di che cosa stai parlando” e detto questo Goemon lo attaccò, cercando inizialmente di colpirlo alla gamba prima di deviare la lama dirigendola al collo, attacco che non andò fino in fondo poiché Hikijo lo parò, sebbene la punta gli lasciò un taglio, che dopo un attimo cominciò a sanguinare, macchiandogli il colletto del kimono. Senza scomporsi Hikijo passò una mano sulla ferita, ritraendola sporca e alternando lo sguardo tra Goemon e la mano “Lo stesso sangue che le impregnava il kimono prima di morire, commentò freddamente e poiché dalla sua espressione capì che non lo seguiva, tua sorella” spiegò guardandolo. Sentendo quelle parole, Goemon ebbe come la sensazione di sentire uno strano rumore alle orecchie, come se tutto intorno a lui stesse disintegrandosi. L’aria che gli riempiva i polmoni sembrava essersi volatilizzata e sentiva freddo, ma non era un freddo dovuto al tempo notturno ma qualcosa dell’anima. Per un attimo vide davanti a sé la sua amata sorella che gli sorrideva mentre si aggiustava la lunga treccia rossa che le teneva bloccati i lunghi capelli e la consapevolezza del fatto che non l’avrebbe mai più rivista a causa dell’uomo che gli stava davanti, e che adesso rideva di lui, gli fece montare addosso una furia incontrollabile mentre la mani che reggevano la spada ,come se volessero spezzarla, si stringevano spasmodicamente all’elsa. “Chi, sussurrò Hikijo, credo che possa bastare” “D’accordo” si sentì sussurrare da una voce femminile e quando Goemon fece per saltargli addosso ,pazzo di rabbia, si ritrovò in mezzo ad un corridoio. “Dove sono?” si chiese guardandosi intorno senza riconoscere il posto; si mise a percorrerlo, sperando di incontrare qualcuno ma le sue speranze andarono a farsi benedire quando si vide arrivare contro ,di gran carriera anche, quello che non era altri che l’ispettore Zenigata “È Goemon, prendetelo!” sbraitò puntando il dito verso di lui facendo sì che due zelanti poliziotti lo superassero e saltassero addosso al samurai “Avete scelto il momento meno adatto per seccarmi” sibilò furioso quest’ultimo desideroso di ritrovare Hikijo e lanciando un urlo altissimo ,che arrestò per un attimo i suoi aggressori, passò in mezzo ai poliziotti e gli altri, muovendo a destra e a sinistra la spada, colpendo in un punto sulla spalla, provocando lo svenimento, come gli avevano insegnato allo stile Hi. “Hikijo!” urlò correndo nella direzione che sarebbe stata imboccata dall’ispettore Zenigata se non fosse apparso lui fino a raggiungere le scale che sembravano portare per sotto e fermandosi giusto in tempo per non andare a sbattere contro Lupin e Raffaele, il cui viso vedendolo si illuminò di un gran sorriso “Eccoti, finalmente. Ti stavamo cercando” esclamò sollevato “Cercando?” gli chiese Goemon guardandolo perplesso mentre abbassava la spada “Vieni, ci spiegheremo tutto dopo, adesso dobbiamo assolutamente scappare” si intromise Lupin prendendolo per un braccio. Senza fare domande si misero rapidamente a scendere le scale, fino ad arrivare alla sala da ballo, in cui regnava la confusione in quanto gli ospiti erano preoccupati e spaventati avendo sentito i rumori degli spari e le urla. “Non abbiamo macchine, come facciamo ad andarcene?” disse Raffaele guardando preoccupato Lupin ,il quale con una risatina e uno sguardo furbo, disse “Quando sono andato a fare un sopralluogo, ho anche guardato dove tengono le macchine.” e dicendo questo mostrò un mazzo di chiavi. Facendosi largo tra la folla, uscirono fuori, girando a sinistra per trovarsi in uno spiazzo in cui ,sistemate in quelle che sembravano due garage, c’erano le macchine. “Goemon, apri quella di destra” urlò Lupin e quest’ultimo, superandoli in velocità corse verso il garage che sembrava più grosso per aprire la porta, formando ,con un veloce movimento, prima un quadrato e poi un cerchio, abbattendo la porta. Entrati dentro, trovarono sistemate accuratamente l’una vicino all’altra, ricordando i soldatini di stagno in una scatola, macchine da corse di vario tipo e tutte assurdamente costose ma quella a cui puntò Lupin fu una Ferrari 456 station wagon, sistemata proprio in fondo e incastrata tra due macchine meno potenti. “Posso guidarla io?” propose Raffaele supplicante guardando la macchina mentre con una mano accarezzava il cofano. Lupin e Goemon si guardarono dubbiosi ma quando da fuori si sentì la voce alquanto alterata di Zenigata, ogni voglia di discutere sparì “D’accordo, ma sai riportarci a casa? Ti ricordi?” gli chiese Lupin ansioso “Ahò!” disse allegramente Raffaele sventolando la mano, come per dire “E che ci vuole?” “Speriamo in bene” pensò Lupin prendendo posto vicino a lui mentre Goemon si sedeva dietro; fattosi dare le chiavi, Raffaele ,con un sorriso che gli andava da un orecchio all’altro, accese il motore, inondando in un attimo di fumo il garage mentre il rumore del motore sembrava amplificato. Con prudenza, uscì dal parcheggio in modo da trovarsi con il muso proprio davanti l’entrata. “Si parteee!” disse tutto allegro preparandosi a partire ma improvvisamente sull’entrata si stagliò la figura dell’ispettore con dietro i suoi uomini. “Fermi!” urlò spalancando le braccia ma Raffaele per tutta risposta diede una robusta accelerata, facendo schizzare in avanti non solo la macchina ma anche i passeggeri, facendoli sombalzare, per poi dirigersi a tutta velocità verso l’ispettore e i suoi uomini, che sembravano bloccati ai loro posti, sicuri che Raffaele si sarebbe fermato ma quando videro la sua aria diabolica stampata in faccia, le loro espressioni tranquille si squagliarono per passare dapprima ad un aria sbigottita per poi levarsi di scatto, giusto in tempo per non finire travolti. “Alle macchine, presto!!!” urlò Zenigata alzandosi in piedi di scatto indicando la Ferrari che si allontanava allegramente passando attraverso il pergolato, distruggendolo a costo di uno specchietto.
Intanto dentro la villa, nella stanza del tesoro la bambina rispondente al nome di Chi stava aggiustando il naso rotto del padrone, il quale ,seduto sul letto e lanciante bestemmie ogni tanto all’indirizzo del responsabile, parlava con il giovane davanti a lui, un samurai coi capelli neri “E così gliel’hai detto?” gli chiese l’uomo sul letto “Si, mi sono goduto molto l’aria disperata che cercava disperatamente di nascondere!” disse con aria soddisfatta il giovane mentre il sorriso di Chi si allargava sempre più sentendo quelle parole, come se Hikijo le avesse fatto un complimento “Sei sicuro che ritornerà da solo?” si informò l’uomo “Goemon è sempre stato un tipo chiuso anche coi suoi amici” confermò il samurai "Ecco fatto ,l’interruppe Chi ,rialzandosi e allontanandosi per ammirare l’opera, come nuovo” “Perfetto, disse l’uomo tastandosi il naso, adesso devo chiamare una delle nostre spie per farmi dare la risposta dal nostro nuovo alleato e poi dovremo aspettare” e dicendo questo uscì, lasciando soli Hikijo e Chi. Rimasero in quello che per Chi era un imbarazzante silenzio fino a quando non sospirò dicendo con un sorriso timido “Vado sopra” , cominciando lentamente a sparire; solo allora Hikijo si riscosse bruscamente “Chi!” esclamò alzando un braccio come se volesse afferrarla “Si? gli chiese lei perplessa “Grazie per l’aiuto “Nulla” ,rispose lei sorridendo, con un sorriso ancora più largo. Ritornata in camera, si accorse di sentirsi molto felice e quando si interrogò perché, si rese conto che tutta la sua felicità era collegata al ringraziamento di Hikijo.      

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Capitolo 5
*** Arrestati! ***


Arrestati! “Accidenti, quant’è veloce stà macchina!” gongolò Raffaele scendendo pimpante da quello che era ormai più rispettoso identificare come “il possibile cadavere di una Ferrari” mentre Lupin dalla sua espressione sembrava piuttosto occupato a riprendersi da una tragica esperienza mentre la portiera accanto a lui ,quando cercò di aprirla, cadde a terra con un tonfo sordo, lasciando Lupin con una mano a mezz’aria. Goemon invece scese impassibile dalla macchina ma osservandola disse “Devi fare ancora molta esperienza; l’hai distrutta irrimediabilmente e hai anche compiuto azioni che potevi risparmiarti perché puramente esibizioniste” “Ma dai! Ho solo fatto qualche slalom e qualche frenata brusca” rispose lui evasivo facendo spallucce e guardando con aria di sufficienza la macchina “E hai anche confuso più di una volta il freno per l’accelleratore” boccheggiò Lupin massaggiandosi la testa mentre si appoggiava sul cofano della macchina, il quale mandò una robusta nuvola di fumo, come se volesse dare il suo personale parere riguardo il trattamento ricevuto “Un errore che tutti possono fare” rispose “Anche quello di entrare contromano in una strada a senso unico?” insistette Lupin “Quello non era un errore ,precisò Raffaele con aria diplomatica sollevando un dito, era un mezzo per…” “farci finire all’ospedale?” completò Goemon sarcastico “No ,replicò offeso, per sfuggire ai poliziotti! La prossima volta..” “guido io, se non ti spiace” lo interruppe con aria autoritaria Lupin dando un pugno sul cofano della macchina, il quale ,come se volesse dargli ragione, gli sputò in faccia una nuvola di fumo, rendendolo simile ad un nero. “Finalmente siete arrivati!” esclamò la voce inconfondibile di Jigen e tutti, voltandosi, videro la sua figura slanciata stagliarsi sulla porta “Jigen, Fujiko come sta?” gli chiese Lupin preoccupatissimo andandogli incontro “Sta bene, ma quel maledetto l’ha colpita con forza. Le resteranno i segni per po’ ” gli rispose mentre si toccava la tesa del cappello “Devo vederla” disse allora Lupin guardando di sopra e fece per superare l’amico ma questi l’afferrò per un braccio “Lupin ,gli disse lentamente e guardandolo seriamente, per un po’ è meglio che tu non faccia lo sciocco. Con lei” precisò. Si guardarono per un tempo che parve infinito finchè Lupin ,con un impercettibile cenno della testa, non sparì oltre la porta, lasciando soli i suoi amici, i quali dopo un attimo di silenzio, entrarono dentro anche loro. “Che è successo a quella macchina?” chiese Jigen voltandosi fissando il rottame spalancando tanto d’occhi “Qualcuno ha fatto pratica di guida” spiegò Goemon mentre salivano le scale. Entrati dentro, Raffaele andò in salotto dove c‘erano anche Fujiko ,che stava bene a parte qualche livido in viso, e Lupin mentre ,passando accanto al tavolino, Goemon notò quel pacchetto giallo che aveva già visto prima che lui e i suoi amici uscissero. Lo prese in mano e non nascose il suo stupore quando vide che arrivava dal Giappone ed era per lui “A proposito, Goemon. Ti è arrivato quel pacchetto ma mi sono dimenticato poi di dirtelo. Chi te lo manda?” gli chiese Jigen avvicinandosi indicando il pacchetto “Non c’è nome” rispose lui perplesso sollevando gli occhi dal pacco mentre lo tastava, sentendo sotto le dita un oggetto, per essere poi identificato per una cassetta quando lo tirò fuori. “Chi me lo manda?” si chiese mentalmente e solo quando nella mente gli ritornarono improvvisamente le parole di Hikijo capì che cosa fosse. “Goemon?” gli chiese cautamente Jigen guardandolo preoccupato ma Goemon ,senza rispondergli, come un automa andò in salotto dirigendosi verso la TV. “Come ti senti, cherì?” gli chiese gentilmente Lupin e quest’ultima “Sto bene ma dov’è il tesoro? Vorrei vederlo” a quelle parole Lupin si sentì come se stesse per sedersi su un pacco di carboni ardenti; degludendo nervosamente le rispose “Non l’abbiamo preso, perché…” ma fu interrotto “Lo sapevo che non dovevo fidarmi di te, sei il solito idiota!” “Ma tesoruccio, non è mica colpa mia se tutto è andato a monte” “E allora di chi?” stava per dire Fujiko ma si bloccò vedendo l’espressione di Goemon “Cosa c’è?” gli chiese a sua volta preoccupato Lupin vedendolo pallido ma non ottenne risposta. Dopo un breve attimo di esitazione, infilò la cassetta nel registratore e lo fece partire, sedendosi poi su una poltrona. “Ma che cos’è?” insistette Jigen avvicinandosi ma Goemon si limitò a dire senza staccare gli occhi dallo schermo “Vi spiego tutto dopo”. Sullo schermo cominciarono ad apparire delle immagini: vide una donna incatenata al muro e solo quando notò i capelli rossi e il kimono la riconobbe “Miyuki!!” urlò alzandosi di scatto nello stesso tempo in cui Raffaele ,diventato pallido come un fantasma, urlò “Mamma!” ma questa esclamazione passò inosservata solo alle orecchie di Goemon, il quale era troppo concentrato sullo schermo per badare ad altro. Improvvisamente apparve Hikijo ,che legò una ragazza che Goemon non riconobbe ,anch’essa coi capelli rossi, e ,dopo averla trascinata vicino a Miyuki, le puntò alla nuca una pistola. Raffaele riconobbe subito la sconosciuta “Mina” balbettò cadendo in ginocchio per poi lanciare un urlo disperato quando vide la detonazione e il sangue imbrattare nel film il pavimento e il muro mentre gli altri presenti ,Lupin, Fujiko e Jigen, restarono come paralizzati dall’orrore di quanto stava avvenendo. Goemon, che fino a quel momento era rimasto immobile, perse il controllo quando vide Hikijo sparare su sua sorella e lanciare poi la sua sfida ma prima che potesse fare qualcosa Lupin fu il primo ad alzarsi e spegnere il televisore con tanta violenza che il cavo si spezzò ma Lupin, rosso in faccia e tremante di indignazione, lo buttò con rabbia a terra mentre Jigen si levava il cappello, con quella che sembrava un aria triste in volto. “Miyuki” disse Goemon con voce quasi irriconoscibile mentre si buttava pesantemente sulla poltrona mentre Raffaele stringeva i pugni con tale forza che le unghie gli penetrarono nella carne mentre una rabbia cieca si impadroniva lentamente di lui. Goemon rimase in silenzio per molto tempo e solo Lupin alla fine ruppe il silenzio “Goemon…” quest’ultimo non diede segno di averlo sentito “Raffaele” disse allora Lupin rivolgendosi a lui e questi ,dopo aver lanciato una rapida occhiata allo zio, disse “Vi spiegherò tutto ma è meglio ora lasciarlo solo” e dicendo questo, andarono in cucina e dopo che tutti si furono seduti iniziò a parlare “Come ho già detto al signor Lupin, io sono il nipote di Goemon, essendo figlio della sua sorella minore Miyuki, la donna che….,respirò profondamente prima di continuare, avete visto prima e la ragazza era mia sorella gemella Mina, ovviamente anch’essa nipote di Goemon.” Dopo che tutti superarono il primo momento di sorpresa “Come facciamo a fidarci di te? Goemon non ti ha riconosciuto e in più Lupin ti ha sentito dire a Zenigata che sei il nipote del padrone della villa” replicò Fujiko “Goemon e mia madre non si scrivono più da molto tempo quindi non sa che lei ha avuto due figli” “Chi era tuo padre?” gli chiese Lupin lanciandogli un occhiata ai capelli “Mio padre era un italiano e nelle mie stesse condizioni, è grazie a lui se sono albino” aggiunse toccandoseli “Se sei veramente mio nipote, come puoi dimostrarmelo?” chiese freddamente Goemon comparso in quel momento “Mia madre ,e quindi tua sorella, adorava dormire con una foglia di limone attaccata al cuscino e adorava mangiare il riso saltato aggiungendo pezzi di tofu abbrustoliti” gli rispose d’istinto Raffaele e fu lieto di vedere l’espressione tesa di Goemon rilassarsi e la mano allontanarsi dalla spada “Non ho mai saputo di avere un nipote” gli disse guardandolo come se lo vedesse per la prima volta senza dar segno di commozione “Gliela faremo pagare insieme a quell’uomo, per mia madre e mia sorella, vero?” gli chiese Raffaele cercando di trattenere le lacrime, Goemon si limitò a fare un cenno con la testa “Potete contare anche su di noi” li informò tranquillo Lupin alzandosi dalla sedia insieme agli altri. “Ti ho riportato insieme alle lettere di mia madre anche un' altra cosa” lo informò Raffaele guardandolo negli occhi “Che cosa?” gli chiese Goemon ma senza rispondergli, Raffaele uscì dalla cucina per ritornare col borsone. Lo aprì e tirò fuori il cofanetto per poi aprirlo con aria solenne, lasciando vedere all’interno un rotolo di pergamena legata da un nastro grigio. Vedendolo, Goemon trattenne bruscamente il respiro mentre il poco colore rimasto in viso gli scomparve “Che cos’è?” chiese Lupin guardando il rotolo ma non ottenne risposta “È per quello che le hanno ammazzate?” chiese bruscamente Goemon continuando a fissare il rotolo “Probabile. D’altronde hai visto anche tu che quell’uomo era dello stile Kuroi e l’ho riconosciuto: era sul mio stesso aereo quando sono venuto qui inoltre la notte in cui sono fuggito sono stato aggredito in casa da un gruppo di uomini che volevano la pergamena. È piuttosto semplice com’ è il fatto e certamente sai che cosa bisogna fare” completò Raffaele ricevendo in risposta un cenno della testa da parte di Goemon “Ragazzi, scusate se vi interrompo ma se volete il nostro aiuto, credo che dobbiate spiegarci che succede” intervenne Lupin ma prima che Goemon o Raffaele potessero rispondere, si sentì bussare alla porta. “Per favore, vai a vedere chi è, Jigen”, quest’ultimo, stando all’erta, andò ad aprire alla porta per trovarsi di fronte un vecchietto con la testa a pallottola e con due baffi neri a tricheco “Larry!” esclamò lieto Jigen facendolo entrare “Larry, che piacere!” esclamò a sua volta Lupin andando incontrò all’ospite mentre Raffaele nascondeva il cofanetto “Sono passato a salutarvi passando da queste parti. È vostro il cadavere qui sotto?” “Cadavere?” ripetè perplessa Fujiko mentre gli stringeva la mano “La “cosa” malamente riconoscibile per una Ferrari. Mamma mia, non ho mai visto una cosa simile. Non dirmi che l’hai guidata tu, vero Jigen?” gli chiese guardandolo malizioso “Io no ma il giovane lì” rispose lui con un ghigno indicando il giovane albino, il quale con un sorriso imbarazzato si presentò stringendogli la mano. “Che mi dite, è successo qualcosa di nuovo?” chiese Larry sedendosi sul divano imitato dagli altri mentre Fujiko ritornava dalla cucina con un vassoio pieno di tazze di caffè; solo allora Larry notò il viso di Fujiko “Santo cielo, che è successo?” le chiese accigliato “Beh, oggi abbiamo cercato di fare il colpo alla villa Kanemoti” gli spiegò Lupin passandogli una tazza. Sentendo Kanemoti la mano di Larry tremò leggermente ma Lupin non ci fece caso, a parte i due samurai presenti, i quali si scambiarono un occhiata significativa, senza tuttavia dire una parola. “E Fujiko è stata picchiata dal padrone” completò spiccio Jigen “Capisco. Beh ragazzi, disse l’uomo alzandosi dal divano, devo andare adesso.” “Ti accompagno alla porta” si offrì inaspettatamente Fujiko. “Lupin” disse Goemon avvicinandosi all’amico “Cosa?” chiese lui voltandosi a guardarlo “Quell’uomo deve aver a che fare qualcosa con Kanemoti” disse guardando verso il corridoio “Che cosa te lo fa supporre?” rispose Lupin accigliandosi “Quando avete pronunciato quel nome ,signor Lupin, gli è ha tremata la mano” spiegò Raffaele “Vuoi farla finita di chiamarmi “signore”? disse Lupin fingendosi scocciato, dammi del tu” “E lo stesso fai pure con me” intervenne Jigen sorridendogli apertamente “Idem” disse Fujiko ritornata in salotto “E adesso, ragazzi, vogliamo ritornare a prima? Che cos’è quel rotolo che Raffaele ha portato?” chiese Lupin indicando il cofanetto. Raffaele a quella domanda socchiuse leggermente gli occhi, i quali si incrociarono rapidamente con quelli di Goemon: avrebbero mai coinvolto degli estranei in una faccenda che non li riguardava? L’occhiata di Goemon gli fece immediatamente capire che risposta avrebbe dato ai suoi amici “Vi basti sapere che è la causa per cui mia sorella e mia nipote hanno dato la vita ,rispose pacato e prima che qualcuno potesse aggiungere qualcos’altro disse, incamminandosi verso l’uscita, vieni con me Raffaele” quest’ultimo preso il rotolo e consegnatolo a Goemon, che lo infilò in una tasca interna del kimono, uscì insieme a quest’ultimo dalla villa: Jigen, Lupin e Fujiko dalle scale li guardarono allontanarsi finchè non arrivarono in città. Ci fu un attimo di silenzio in cui nessuno si mosse o parlò finchè Jigen non si infilò una mano nella tasca interna della giacca per ritirarla che stringeva una sigaretta, la quale fu accesa da Lupin, che non disse in tutto questo una parola, continuando a guardare il punto in cui il loro amico era scomparso con il nuovo arrivato “Beh, disse Jigen rompendo il silenzio mentre del fumo gli usciva dalla bocca, che altre spiegazioni ci dovevamo aspettare da un samurai?” aggiunse ricordando quando Goemon in un'altra occasione, quella in cui Lupin aveva recuperato la statua del dragone imprigionato nel Titanic, statua contenente un segreto che riguardava la spada di Goemon stesso, si era comportato nello stesso identico modo e anche in altre occasioni era stato sempre restio a dare spiegazioni “No, Jigen, non è così stavolta. Lui non ha voluto spiegarci niente perché non vuole metterci in pericolo.” le parole di Lupin sembrarono apparentemente cadere nel vuoto mentre il sole cominciava a fare capolino, illuminando di una ,prima lieve e poi sempre più forte, luce rosata per poi assumere un colore giallo oro, rendendo i colori circostanti più luminosi “Beh, ragazzi, disse Fujiko trattenendo gli sbadigli a stento, io credo che andrò a casa. Non vedo l’ora di farmi un bel sonnellino” e detto questo andò via “Credo che andrò anch’io a riposare, dopo cercheremo di riformulare un nuovo piano per quel tesoro, non ho intenzione di arrendermi. Vieni anche tu, Jigen?” disse Lupin guardando l’amico ,che dopo aver formato due anelli di fuoco e sempre tenendo la sigaretta, ormai quasi del tutto consumata tra le labbra, disse “No, io devo fare una ricerca col computer, devo levarmi una curiosità” “D’accordo allora, buonanotte, Jigen” e dicendo questo entrò dentro. Jigen rimase altri due minuti fuori finchè consumata la sigaretta non la buttò per terra per schiacciarla col piede mentre la sua mente era concentrata su un uomo: l’uomo della villa. Intanto “Ha detto si, signore. Ha accettato” disse l’uomo guardando il personaggio davanti a lui seduto sulla poltrona, il quale, con le mani incrociate ben visibili sulla scrivania, la stessa che lo separava dall’ospite, si lasciò sfuggire un piccolo sorriso “Perfetto, davvero perfetto. Ottimo lavoro, tieni” e dicendo si cacciò una mano nella giacca nera per poi poggiare sul tavolo un ben nutrito fascio di banconote che sparirono nella giacca dell’uomo in piedi, il quale ,nonostante il buio presente in quello che sembrava un ufficio, si capì dall’intonazione della voce che aveva un espressione preoccupata e triste “Se posso chiederlo, signore….” “Cosa?” rispose l’uomo davanti a lui, che intanto aveva preso il telefono poggiato vicino a lui “Perché volete vendicarvi di loro?” “Se fossi in te adesso andrei a godermi i soldi appena guadagnati; dubito infatti che una persona del tuo livello nella malavita abbia visto e posseduto tanti soldi tutti in una volta ” rispose lui con un tono leggermente secco e con lo sguardo improvvisamente duro “Si certo, signore” rispose in fretta l’uomo e uscì dalla stanza. L’uomo col completo nero guardò la porta per diversi minuti e dall’espressione accigliata che gli comparve sul volto si poteva dedurne che era preoccupato, si passò una mano sul viso affilato e poi tra i capelli marroni, che adesso gli erano ricresciuti talmente che gli arrivavano sulle spalle. “Chi” disse e immediatamente nella stanza comparve lei “Cosa?” chiese lei con quello che sembrava un aria un po’ seccata “Dì ad uno dei miei uomini di tenere d’occhio quell’uomo che ho appena ricevuto” “D’accordo” rispose sbrigativa e detto questo sparì, lasciando l’uomo completamente tranquillo, che chiamò qualcuno al telefono. Fatto quello che le aveva chiesto di fare, Chi ritornò nella sua cameretta, al centro del quale c’era un tappeto su cui stavano abbandonate due bambole, le stesse con cui stava giocando prima ma non aveva voglia di continuare, c’era qualcosa su cui doveva riflettere. Si distese sul letto, appoggiando sulle braccia incrociate la testa mentre nella mente ,quasi suo malgrado, compariva prepotente l’immagine di Hikijo, ultimamente l’oggetto dei suoi pensieri: dapprima non ci aveva fatto caso, ma ultimamente si era accorta che molti pensieri dolci erano dedicati a lui, che ogni volta che lo guardava si sentiva molto nervosa e strani sensazioni in alcune parti del corpo, tutte cose che non conosceva. E ,ancora più strano, quando faceva qualcosa e nessuno la ringraziava lei non se ne preoccupava granchè ma se era Hikijo a non ringraziarla…che cosa significava tutto questo? Si chiese grattandosi perplessa la testa ma non trovò risposta prima di fare una spallucciata e uscire dalla stanza: anche se il problema era molto interessante, l’ora del gelato lo era ancora di più.  Dopo un ora, Raffaele e Goemon ritornarono nuovamente alla villa, davanti la quale c’erano ancora auto della polizia; “Non sarà semplice entrare” commentò Goemon guardando le macchine parcheggiate “Zio, credi che sia solo quell’uomo a cercare le pergamene?” zio: non era mai stato chiamato così da nessuno, e il suono di quella parola gli sembrava dolce, come dolci erano i ricordi legati a sua sorella e lui non l’aveva mai fatto capire…“Chiamami solo Goemon ,rispose, e per ritornare alla tua domanda, non lo so ma se è possibile preferirei evitare di convocare il Consiglio” “Perchè vuoi vendicare tu Miyuki, vero?” sentendo quel nome non disse niente ma il suo silenzio parve già una risposta “Tu e mia madre eravate molto legati, vero?” chiese ancora e la mente di Goemon si riempì involontariamente di ricordi…
“Concentratevi, ragazzi” la voce forte ma allo stesso tempo garbata del maestro fu portata dal vento fino alle orecchie dei ragazzi bendati che ,in quel momento rigidi come scope per il nervosismo, stavano in equilibrio su una gamba sola, appoggiata ad un bastone sufficientemente largo per poter contenere un solo piede, a patto che questo stesse sulle punte. Tutti i ragazzi dovevano con lentezza estrarre le spade per poi eseguire velocemente le mosse studiate quel giorno, cercando di non perdere l’equilibrio, causa punizione. Il maestro si avvicinò al primo allievo a sinistra e dopo aver guardato bene la posizione del piede e delle mani, senza mostrare l’orgoglio che provava per quel giovane, disse “Comincia tu” : un giovane di sedici anni con i capelli neri, con le mani vicine al petto come se fosse in preghiera e le gambe che ricordavano per la posizione una squadra, lentamente staccò la mano destra dalla sinistra per avvicinarla al fodero per poi estrarre con velocità la spada e muoverla con movimenti aggraziati e precisi prima di rimetterla nel fodero, nuovamente con lentezza. “Molto bene davvero, Goemon” disse sorridendo il maestro senza accorgersi del terzo ragazzo, un giovane con i capelli neri corti e un viso quadrato, che si mordeva con rabbia le labbra. Il maestro passò alla seconda ,una ragazza coi capelli rossi, la quale ,sorridendo nervosamente, prese la spada ed eseguì l’esercizio in modo corretto “Brava Miyuki, solamente devi esser più veloce e sicura” e dicendo questo passò al terzo, il quale ,senza aspettare che il maestro gli desse il via, prese la spada ed eseguì l’esercizio in modo corretto per poi riporre la spada con un piccolo sorriso di soddisfazione in volto. Il maestro lo guardò per dieci minuti buoni prima che il bastone che aveva in mano lo picchiasse sulla testa del ragazzo, il quale non disse niente, limitandosi a mordersi le labbra per il dolore e l’umiliazione “Un samurai non si vanta né si pavoneggia come hai fatto tu, Jinkuro” lo rimbrottò con voce severa il maestro prima di passare all’altro ragazzo. Il giovane rimproverato ,quando fu sicuro che il maestro non lo vedesse, sollevò leggermente la bandana e con un espressione malevola in volto cercò di colpire con un rapido calcio la gamba di Miyuki, ma andò a sbattere contro il fodero di una spada, che riconobbe subito per quella di Goemon; infatti quest’ultimo, senza aver sollevato la bandana ma facendo unicamente uso del senso dell’udito aveva avvertito e parato il colpo destinato alla sorella. Prima che Jinkuro potesse ritirare la gamba, Goemon lo colpì con un rapido calcio, facendolo cadere al suolo e sorridendo di fronte alla sua aria furiosa, si rimise in posizione, lasciando il compagno ai rimproveri e alla punizione del maestro, che aveva visto tutto. “Grazie, fratellone” bisbigliò Miyuki sorridendo al fratello, il quale ,sorridendole, si limitò a darle un buffetto prima di ritornare all’esercizio.
“Goemon, mi senti?” la voce di Raffaele lo riportò alla realtà “Eh?” “Ti stavo dicendo che la polizia si sta allontanando” spiegò indicando le macchine, che effettivamente se ne stavano andando “Vieni” e dicendo questo si avvicinarono al cancello, lo scavalcarono ed entrarono nel giardino, nascondendosi nei cespugli, alcuni dei quali abbastanza grandi da nasconderli; continuando così arrivarono alla fontana dove videro che la casa era protetta da uomini dalle facce poco raccomandabili ed erano armati fino ai denti “Che diavolo ci fanno dei tizi ,inequivocabilmente della malavita, davanti ad una casa abitata da gente rispettabile?” domandò Raffaele visibilmente stupito “Se sono lì, vuol dire che anche il padrone non è tanto onesto” si limitò a rispondere Goemon guardandosi intorno cercando un modo per entrare e notò che c’era sulla loro destra un fitto intrico di cespugli, che si estendeva fino a portare sotto alla finestra del secondo piano. Camminando curvi il più possibile senza farsi vedere, riuscirono ad entrare nella villa, adoperando il rampino che entrambi avevano con sé; entrarono in quella che si era rivelata la camera di un bambino, una femmina per la precisione, a giudicare dalle bambole e dagli altri giocattoli. Si mossero cercando di non inciampare sia tra i vari giocattoli sparsi a terra e di non cadere nel frattempo sul letto a baldacchino, sistemato quasi sotto la finestra a destra mentre un gradevole profumo di rose riempiva la stanza, proveniente dal vaso di fiori appoggiato sul comodino vicino al letto. “Carina come stanza” commentò Raffaele guardandosi in giro mentre Goemon fissava il letto “Probabile che sia la camera della stessa bambina che ha aiutato Hikijo” pensò mentre fissava una bambola che aveva preso da terra. La padrona della camera ,che in quel momento stava di sotto, era comodamente sdraiata su una poltrona a mangiare un gelato al gusto fragola e pistacchio mentre la televisione a colori davanti a lei trasmetteva il suo film d’animazione preferito: Basil l’investigatopo. Gli era stato regalato da Kanemoti come premio per il suo impegno e si stava veramente divertendo: stava giusto congratulandosi mentalmente con Rattigan ,il cattivo della storia, per la trappola che aveva architettato per catturare Basil, il topo investigatore ficcanaso ma non per questo meno intelligente agli occhi della bambina, ma aveva più apprezzato il metodo crudele che aveva scelto per liberarsi del detective e del suo assistente: la trovava un’idea ,per usare le sue stesse parole, deliziosamente crudele quella di legare ad una trappola per topi i due “eroi” della storia e fare in modo che morissero in mille modi diversi (tutti dolorosi, ovvio): prima lo schiacciamento della calotta cranica e quindi del cervello quando sarebbe scattata la trappola all’arrivo della pallina che avrebbe messo in moto tutto, poi la distruzione dello stomaco per il passaggio di una pallottola gigantesca proveniente da una Medusa (una pistola sufficientemente piccola per essere contenuta e nascosta in una mano) poi la perforazione della gola mediante una gigantesca freccia partente da una balestra, poi il taglio in due da una gigantesca ascia sospesa su di loro e dulcis in fundo schiacciamento di tutte le ossa con una gigantesca incudine. Chi si era fatta un sacco di risate maligne ,a rischio di soffocarsi col gelato, quando Tompson ,l’assistente di Basil, all’elenco di tutte le “disgrazie” che avrebbero messo fine “all’insignificante e breve vita e carriera di Basil di Baker Street” aveva manifestato tutta la sua disapprovazione al riguardo “A chi la tocca la tocca, bello mio” gli aveva detto lei tra le risate prima che il sorriso gli scomparisse dalla faccia ad un improvvisa illuminazione: Basil e il suo assistente dal primo colpo in poi non si sarebbero più accorti di niente: che forse una persona si accorge di venire colpita da una pallottola, trafitta da una freccia, tagliata in due da un ascia e poi schiacciata da un incudine quando il cervello è stato completamente distrutto? Ne dubitava un po’. “E no! Così non è divertente, uffa! Ehi, tu ,urlò seccata a Rattigan, in quel  momento impegnato a salire su un elicottero, deficiente! Non capiranno niente dal primo colpo in poi, rimedia!” ma con suo grande fastidio non accadde niente quando d’improvviso ebbe come un sussulto mentre il suo sguardo si incupiva. Poggiò con calma la coppa di gelato sul tavolo dopo aver spento il televisore poi scomparì per comparire nello studio di Kanemoti, che avvertì la polizia di tornare indietro e nella stanza di Hikijo, il quale ,colmo di gioia, prese la spada e si diresse verso la stanza di Chi, con quest’ultima alle calcagna. “Tutto procede secondo i piani” disse più a se stesso che ad altri l’uomo rispondente al nome di Kanemoti, il quale incrociando le mani sulla scrivania, se le fissava con aria di soddisfazione mentre il suo pensiero tornava al passato e anche all’uomo che aveva fatto intrusione nella sua stanza insieme ai suoi amici; a quel ricordo strinse le mani fino a spezzarle: gliel’ avrebbe fatta pagare!
“Andiamo a cercare Hikijo” disse Raffaele avviandosi verso la porta ed aprendola, giusto in tempo per trovarsi Hikijo ed una bambina davanti, rimasero come bloccati ad osservarsi “Hikijo!” urlò Goemon alzandosi e sfoderando la spada ma Raffaele fu più veloce a prendere la spada e cercare di colpire Hikijo, il quale non avrebbe fatto in tempo a schivare ma la lama andò a cozzare contro una mano infantile, la cui proprietaria, con uno sguardo che adesso era passato repentinamente dall’impassibile al furioso, strinse la lama tra le dita con più forza mentre quest’ultime e la mano stessa cominciavano ad assumere un brutto colore rossastro, simile al ferro incandescente mentre un caldo soffocante cominciò a riempire l’aria. Goemon, che era rimasto come immobile, anche da quella distanza sentiva il calore proveniente da quella mano e immediatamente intuì il pericolo “Raffaele, allontanati subito!” fece per urlare ma troppo tardi per impedire che la mano di Chi con velocità si andasse ad appoggiare sul petto del giovane, il quale ,sulle prime come paralizzato dal dolore si levò di scatto con quella che sembrava una scottatura sul petto “Mannaggia” prese ad imprecare facendo aria con le mani allo scopo di dare sollievo al dolore mentre Goemon lo raggiungeva “Non dovevi attaccarlo”  replicò furiosa Chi guardandolo mentre Hikijo, leggermente perplesso fissava lei “Chi, aspetta, questo è affare mio” disse prendendola per un braccio vedendola sul punto di riattaccare “Stava per attaccarti!” rispose lei guardandolo prima di riposare lo sguardo sui due: Goemon quasi a proteggere Raffaele, con una sua mano su una spalla del giovane mentre l’altra mano teneva la spada, un mezzo della sua lama già fuori dal fodero, gli occhi incendiati e carichi di rabbia alla pari di quelli di Chi mentre in quelli di Hikijo c’era solo confusione. I presenti si guardarono in silenzio quando si sentirono i rumori delle sirene “La polizia!” esclamò Raffaele voltandosi verso la finestra ma Goemon ,sordo ai suoni, teneva occhi solo per l’uomo che gli stava di fronte, il quale si mise in posizione, preparandosi allo scontro. “Goemon, dobbiamo andarcene” disse Raffaele afferrando il compagno per il braccio e tirandolo senza ottenere un apprezzabile risultato “Se proprio volete andarvene, vi aiuto io” sibilò Chi ancora e ,sotto lo sguardo ,adesso furioso, di Hikijo mise la mani in una strana posizione: la mano sinistra a conca all’altezza del bacino mentre l’altra ,anch’essa a conca, all’altezza della testa con le braccia stese al massimo poi con uno scatto ruotò la mano destra con un movimento verso il basso in modo che prendesse il posto dell’altra mano e viceversa, facendone scaturire una piccola tromba d’aria, che investì Goemon e Raffaele, scaraventandoli fuori dalla stanza e facendoli cadere sull’erba ,o meglio, Raffaele cadde sulla schiena ,con il bruciore della scottatura improvvisamente aumentato, mentre Goemon ,con un elegante capriola, era atterrato in piedi e continuava a fissare con sguardo freddo la finestra da cui erano appena usciti. “Goemon, dobbiamo andare ” disse Raffaele rialzatosi subito in piedi e presolo per un braccio ma l’uomo davanti a lui sembrava come ipnotizzato “Goemon!” insistette, scuotendolo ma senza ottenere ancora risposta mentre una decina di poliziotti ,con le pistole puntate contro di loro, li circondavano. “Oh no” disse guardando con aria sconsolata i poliziotti, due dei quali si avvicinarono a loro e dopo aver tolto loro le armi li ammanettarono “Siete in arresto” li informò stupidamente un poliziotto “Davvero? Per un attimo ho pensato che ci stesse solo facendo un regalo” replicò sarcastico ed infastidito Raffaele guardandosi i polsi “Poco spirito, ragazzo. Non siete nella situazione di potervi permettere spiritosaggini” replicò una voce ben conosciuta ma stavolta fredda “Non mi aspettavo di rivederla, signor ispettore” replicò sorridente Raffaele ma Zenigata ,guardando freddamente sia lui che Goemon, il quale continuava a guardare la finestra senza preoccuparsi di quanto stesse avvenendo, riprese ,rivolgendosi ad un sottoposto “Al commissariato portateli nel mio ufficio, vorrei parlare con loro” e dicendo questo tornò insieme agli altri alle macchine. “Adesso siamo in un bel guaio” disse Raffaele nel sedersi sul sedile posteriore della macchina dell’ispettore rivolgendosi a Goemon, il quale solo allora sembrò accorgersi di essere stato arrestato: si guardò prima intorno, poi i polsi e notando le manette fece un movimento strano, come se cercasse di spezzarle per poi ,vedendo inutile il suo tentativo, chinare la testa ed immergersi nuovamente nei propri pensieri. 


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Capitolo 6
*** I fratelli Fujimoto e la decisione di Larry ***


I fratelli Fujimoto e la decisione di Larry “PERCHÈ TI SEI INTROMESSA? NON AVEVO BISOGNO DELLA TUA PROTEZIONE!!!” gli urlò furioso Hikijo sbattendo il pugno sulla scrivania, sul quale lo specchio oscillò pericolosamente “Se non ti avessi difeso ti avrebbe fatto a tocchetti, visto che tu te ne stavi impalato senza fare niente”  rispose lei “E chi te l’ha detto? Se tu non ti fossi prima di tutto messa in mezzo, ce l’avrei fatta!” “Perché allora, quando mi hai vista mettermi in mezzo tu non ti sei affrettato a reagire?” rispose trionfante Chi “Perché contavo sul fatto che tu sapessi quanto avesse importanza per me la vendetta e quindi non ti saresti messa in mezzo, rubandomela” replicò freddo Hikijo con gli occhi a mandorla che mandavano scintille: quelle parole e soprattutto quello sguardo freddo nei suoi confronti furono come lame di ghiaccio che non le diedero momentaneamente modo di spiegarsi mentre una parte del suo cervello si rese conto dell’errore commesso. Abbassò gli occhi, non riuscendo a sostenere il suo sguardo mentre ,scrutandola con freddezza, Hikijo le voltò le spalle ed uscì sbattendo con violenza la porta. Quel rumore le fece sollevare la testa e rendersi conto di essere sola insieme ad una sensazione di abbandono che le si diffondeva sgradevolmente in tutto il corpo; rimase per molto tempo a fissare la porta finchè ,con un singhiozzo non si buttò sul letto a piangere.
Intanto fuori città in una villetta ,o meglio, dentro la villetta e più precisamente in salotto un uomo ,con una criniera di capelli che gli coprivano a mo di aureola la testa da dietro per terminare sulla fronte in un ciuffo talmente lungo da quasi nascondergli gli occhi, ruolo ricoperto in genere dal cappello ,in quel momento appoggiato vicino al computer su cui stava lavorando, con un gesto che esprimeva il suo inequivocabile nervosismo spense l’ennesima sigaretta nel portacenere, da cui si levò un  filo di fumo sottile come la tela di un ragno mentre l’ennesimo grugnito di frustrazione gli uscì dalle labbra quando sullo schermo del computer ricomparve ,nuovamente, la frase “Non ci sono informazioni sul soggetto richiesto”. Vedendo inutile il suo tentativo, Jigen decise di desistere infatti premette il pulsante che dopo pochi minuti fece cessare ogni segno di vita da parte del computer, lasciando la casa nel più completo silenzio. Si stiracchiò ,esaudendo il silenzioso desiderio del suo corpo visto che era stato davanti al computer più di due ore poi prese il cappello che ritornò a svolgere il suo compito e si diresse in quella che era anche camera sua, dove già una persona stava dormendo beatamente. Cercando di non fare il minimo rumore per non svegliare il suo compagno, si distese sul letto incrociando la mani dietro la testa mentre fissava senza vederlo il soffitto. Aveva cercato informazioni sul quell’ uomo ,Hideyoshi Kanemoti, ma non era riuscito a trovare niente di utile, niente che potesse aiutarlo. I suoi ricordi ritornarono al momento in cui lui, Lupin e Raffaele erano entrati nella stanza del tesoro e quell’ uomo ,sopra Fujiko, aveva guardato con occhi traboccanti di odio proprio lui ,qui non poteva sbagliarsi, e aveva cercato anche di ucciderlo. Perché? Chi era quell’uomo? I suoi lineamenti ,benché li avesse innumerevoli volte analizzate con gli occhi della mente, non riuscivano proprio a ricordargli niente. Aveva cercato sul computer notizie, andando anche ad intrufolarsi nei file tenuti segreti e ben protetti delle forze dell’ordine ma non aveva trovato niente, neanche attraverso uno speciale programma ,faticosamente trovato, che gli aveva permesso di disegnare ,attraverso la sua descrizione scritta, il volto di quell’ uomo. Una cosa era chiara: se quell’uomo lo conosceva era ovvio che avesse a che fare con il suo lontano passato, magari quando faceva il killer ma chi poteva essere? Non lo aveva mai visto ,ne era sicuro, e d’altra parte aveva ucciso molte persone, non poteva ricordarseli tutti. Per lui erano tutti volti senza nome o nomi senza volti, gente che aveva ucciso per soldi e per ordine del suo capo, quando faceva parte della banda mafiosa e lui ,per la sua abilità con la pistola Magnum, faceva il killer. Non che le sue vittime  fossero stinchi di santo: erano in genere appartenenti alla malavita quindi non si sentiva molto in colpa….alla malavita? “Forse al commissariato potrei trovare qualcosa” pensò all’improvviso rizzandosi a sedere con tale violenza che le molle del letto cigolarono rumorosamente. Stette immobile per pochi minuti ,con le mani appoggiate alle gambe e la testa china a fissarsi apparentemente la punta delle scarpe nere quando si alzò ed uscì.   
Al commissariato intanto Goemon e Raffaele non appena arrivati furono portati nell’ufficio dell’ispettore, il quale ebbe appena il tempo di accorgersi che nel suo ufficio ci fossero due perfetti sconosciuti con uniforme di poliziotti indosso che fu immediatamente convocato da quello che era il suo superiore e che lui chiamava capo, come tutti i suoi sottoposti del resto. “Capo, mi avete fatto chiamare?” chiese davanti alla scrivania dietro cui stava seduto un uomo tarchiato coi capelli rossi e due baffoni neri talmente folti da far crepare di invidia Nietzsche. “Si, ispettore Zenigata. L’ho chiamata per ,qui si guardò un attimo intorno, come per accertarsi di essere veramente soli, chiederle un grosso favore” “Cioè?” chiese guardandolo perplesso “Non so se l’avrà notato ma nel suo ufficio c’erano due persone” “Si, li avevo notati e mi stavo giusto chiedendo chi fossero” rispose senza nascondere la sua curiosità “Ecco, vede, signor ispettore, quei due non appena arrivati mi hanno fatto espressa domanda affinché venissero messi a lavorare con lei. Mi hanno fatto capire che l’ammirano molto e io ,siccome conosco la loro famiglia so che potrebbero crearci non pochi problemi, la prego di accettare. Non sono novellini, sono entrati nella polizia a pieni voti e posso assicurarvi che non perché provengono da famiglie potenti” si affrettò ad aggiungere “Capisco ,rispose Zenigata guardandolo con aria quasi fredda mentre la mano sinistra tormentava la tesa del cappello e dopo pochi minuti di silenzio, va bene, accetto.” “Grazie, ispettore” e detto questo lo congedò. Non appena uscito, l’uomo dopo essersi concesso un sospiro di liberazione prese il telefono e si affrettò a fare una telefonata: “Pronto? Si, ha accettato”  “Perfetto” si sentì rispondere dall’altro capo della cornetta. Sceso giù nel suo ufficio, l’ispettore entrò nel suo ufficio, dove insieme ai nuovi arrivati c’erano ad aspettarlo Goemon e Raffaele ,il quale si stava medicando con i medicinali gentilmente concessi dai poliziotti la scottatura. Il primo sembrava in meditazione ,giacchè aveva gli occhi chiusi e l’aria concentrata mentre il secondo sembrava stranamente tranquillo, per quanto potesse essere tranquillo un uomo che rischiava di finire dentro. “Salve, ispettore. Io sono Oscar Fujimoto e questi è mio fratello Walter” si presentò un ragazzo sui trenta con i capelli viola ,lunghi fino alle spalle e legati in un codino con degli occhi così verdi che nel guardarli l’ispettore si ricordò delle belle foglie verdi che a primavera ricoprivano gli alberi  mentre l’altro ,di cinque anni più giovane, aveva i capelli marroni ricciuti e gli occhi di un blu molto particolare, che ricordavano un cielo senza nuvole ,sempre a primavera. “Piacere ragazzi e benvenuti nella polizia.” rispose l’ispettore stringendo loro la mano prima di concentrare la sua attenzione sui due samurai, i quali avevano ancore le spade in mano. “Non hanno voluto lasciarle” spiegò mortificato Walter “Non importa. Cominciamo l’interrogatorio ,guardò prima Goemon e poi Raffaele, il quale diventò subito serio, per poi ,dopo aver deciso chi torchiare per primo, guardare il ragazzo più giovane, bene, tu sei Raffaele Ishikawa, nipote del qui presente Goemon Ishikawa, è corretto?” “Si, signore” rispose cautamente ma senza nascondere la nota di fierezza presente nella voce “Mi sembra di capire che questa è la prima volta in cui tu e tuo zio vi vedete” “Si” “Dove vivevi, prima?” “In Giappone, ma questo vi è già stato detto quando ci siamo incontrati per la prima volta, rammentate?” rispose gentilmente “Come mai poco fa avete cercato di entrare nella villa Kanemoti e tu  ,Raffaele, come ti sei fatta quella?” gli chiese a bruciapelo indicando con un gesto eloquente la scottatura ancora visibile, qui Goemon aprì gli occhi e guardò prima suo nipote e poi l’ispettore ma non disse niente “Non posso dirvi niente” replicò freddamente il primo “Credo che invece che tu debba dirmelo ,Raffaele, in quanto se c’è in quella villa qualcosa di losco noi dobbiamo saperlo. È il nostro compito, capisci?” “Mi dispiace ma questa domanda è fin troppo indiscreta” replicò gentilmente ma con fermezza per chiudersi poi in un ostinato silenzio sfoggiando un sorriso strafottente su cui si leggeva a chiare lettere “Non parlo neanche sotto minaccia” “Portateli dentro” si arrese l’ispettore rivolgendosi ai suoi sottoposti “Deve essere un vizio della loro famiglia, quella di essere così chiusi” commentò tormentando il cappello. Mentre uscivano un poliziotto ,che in quel momento stava uscendo dalla stanza dello schedario e sembrava alquanto frustrato a giudicare dai suoi movimenti nervosi e rapidi, si bloccò alla vista dei due samurai mentre un aria di stupore gli si stampò in faccia ma riprese immediatamente controllo di se stesso. Nel passargli davanti, Goemon ,che sembrava aver notato lo stupore del poliziotto, si limitò a dargli una fuggevole occhiata insieme ad un appena visibile cenno del capo prima di venire portato di sotto, più precisamente nelle celle. Il poliziotto, non appena uscito fuori e voltato l’angolo ,in cui c’era una macchina, si levò l’uniforme ma invece di un corpo nudo si presentò un completo nero il cui colore era messo in risalto da una camicia azzurra. Poi l’uomo si toccò la faccia e cominciando a tirare verso il basso quella che sembrava la pelle del volto dopo un attimo si squarciò per rivelare un volto incorniciato ai lati da una folta barba nera terminate in un ciuffo sul mento. La mano destra frugò dentro in una della larghe tasche interne della giacca per tirarne fuori una sigaretta tutta storta che fu accesa in un attimo mentre la folta criniera di capelli veniva ,per così dire, domata da un cappello che ,ben calato in testa, nascose gli occhi ,neri, dell’uomo. “Devo avvertire Lupin ,pensò mentre metteva in moto la macchina, non ho trovato informazioni riguardanti il mio uomo ma comunque la mia visita al commissariato si è rivelata provvidenziale” e dicendo questo uscì dalla città per raggiungere una certa villetta; dopo un quarto d’ora, la stessa macchina di prima ,con due uomini a bordo stavolta, ritornò indietro fino al commissariato. In città ,intanto, nei bassifondi, in un appartamento alquanto squallido un uomo con la testa a pallottola e con folti baffi neri stava seduto su una poltrona vicino alla quale c’era un piccolo e scassato mobiletto su cui stava appoggiato insieme ad un libro un ben nutrito fascio di banconote, il quale era l’oggetto dei pensieri dell’uomo e anche la causa del suo turbamento interiore. L’uomo ,che rispondeva al nome di Larry, era per la prima volta in vita sua vittima del senso di colpa: aveva accettato di vendere coloro che si erano dimostrati suoi amici per un robusto fascio di banconote, lo stesso che adesso gli stava proprio davanti agli occhi, come per assicurargli che ciò che aveva fatto fosse vero e non frutto del suo disperato bisogno di illudersi. Gli occhi gli si riempirono di lacrime mentre le mani salirono a tormentargli i capelli finchè ,a mano a mano che smise di piangere, una nuova luce gli illuminò gli occhi, la stessa decisione che lo spinse a passarsi una mano sopra gli occhi per asciugarsi per poi prendere quei soldi ,frutto della corruzione, e stracciarli, riducendoli per dimensioni coriandoli di colore verde e bianco che andarono ad unirsi alla polvere presente sul pavimento. Stracciando quei soldi, si sentiva come se in parte avesse stracciato anche il senso di colpa che gli gravava sulle spalle poi prese il cappotto ed uscì, decidendo di fare quanto gli era possibile per riparare all’errore.
Intanto nelle celle, Raffaele camminava avanti e indietro, nervoso come una tigre in gabbia ,appunto, mentre Goemon stava come al solito seduto in posizione zen, a gambe incrociate e le mani appoggiate sulle gambe. “Come cavolo facciamo ad uscire di qui se non usiamo le spade?” ripetè  nuovamente sperando di snervare suo zio quel tanto che bastasse per convincerlo ad usare quelle benedette spade ma quest’ultimo si limitò ,sempre tenendo gli occhi chiusi, a rispondere con quel onnipresente tono pacato “Un samurai controlla le sue emozioni e non tira fuori la sua spada senza un motivo” “Senza un motivo?! Senza un motivo?! Ma ,Goemon, siamo chiusi dentro e i nostri amici non lo sanno. Se non ci liberiamo noi, come facciamo?” “Un’altra virtù del samurai è la pazienza” rispose Goemon, risposta che tappò la bocca a Raffaele in quanto quest’ ultimo lo guardò con la bocca aperta, le braccia sollevate a mezz’aria e lo sguardo semplicemente allucinato vedendolo così tranquillo e pacato. Cercò di dire ancora qualcosa infatti le sue labbra si mossero senza che da esse uscisse qualche suono, almeno finchè non superò lo stupore quel tanto che bastasse per dire “Mah!” e fare un gesto eloquente con la mano destra che ,tradotto, significava “Al diavolo”. Raffaele ,voltando le sue spalle al suo taciturno parente, si avvicinò alle sbarre della cella mentre la mano sinistra si infilava tra i capelli bianchi mentre continuava a ripetere “Senza un motivo, dice senza un motivo, lui ,pronunciò quel lui con un leggero tono sarcastico, e noi intanto stiamo come tanti fessi qui dentro quando la chiave per la libertà è già nelle nostre mani. Gesù, non ci posso pensare ,continuò scandalizzato ed incredulo, senza un motivo! Madre mia ,disse guardando il cielo e gesticolando con le mani, tu mi hai spedito da un pazzo suonato e Tu, Signore, mi hai mandato in un manicomio, complimenti ad entrambi” terminò applaudendo sarcastico senza notare che Goemon dietro di lui aveva osservato interessato fino alla fine quella “sparata” per poi limitarsi ad esprimere il gradimento dello spettacolo appena assistito scuotendo il capo con sguardo bonariamente compassionevole. Improvvisamente si sentirono da lontano dei passi “Zenigata” annunciò a bassa voce Goemon uscendo dalla meditazione e aprendo gli occhi “E tu come lo sai?” gli chiese perplesso Raffaele “Ormai riconosco bene i suoi passi, ascolta: sono pesanti e per di più la scarpa sinistra fa un particolare rumore dovuto ,suppongo, ad una crepa che fa sbattere la parte superiore con quella di sotto” “A mo del suonatore di piatti nell’orchestra?” domandò il ragazzo, insicuro di aver capito “Ehm, si” rispose Goemon ,guardandolo sinceramente perplesso. “Goemon, Raffaele” una voce fin troppo conosciuta li fece voltare per vedere al di là delle sbarre la figura possente dell’ispettore Zenigata, sul cui volto c’era un espressione di sincera preoccupazione “Non ci sente nessuno e possiamo parlare lontano da sguardi indiscreti. Vorrei ,per favore, che voi mi diceste perché senza un piano e da soli avete cercato di entrare in quella villa” prima di rispondere i due samurai si scambiarono una rapida occhiata e fu Goemon a prendere la parola “Mi dispiace, ispettore ma non possiamo dirvi niente. È una cosa molto personale.” “Ma perché? Se c’è qualcosa di illegale potete dirmelo; non sarebbe la prima volta che io unisco le mie forze a voi o viceversa, ti ricordi, Goemon?” ,quest’ultimo ,trattenendo a stento un sorriso nel ricordare quando Zenigata e Lupin lavorarono insieme per recuperare un lingotto in cui erano contenute tutte le prove del caso Kennedy e la verità su Alcatraz, lottando contro il cartello criminale dei Sette Occulti oppure quando l’ispettore ,destituito dal suo incarico per essersi lasciato scappare innumerevoli volte Lupin, si era alla fine messo insieme con quest’ultimo per lottare contro la Shot Shell, si limitò a fare un cenno affermativo col capo “Bene, continuò speranzoso l’ispettore, allora?” “Signor ispettore, la ringrazio per la disponibilità ma le ripeto che stavolta il caso è troppo particolare e personale per potervelo rivelare” “Va bene” rispose ,alquanto ferito l’ispettore accingendosi ad andarsene prima di chiedere un ultima cosa “Almeno i tuoi amici lo sanno?” “Neanche loro” rispose Goemon sentendosi improvvisamente a disagio “Io sono un poliziotto mentre tu sei un ladro, posso capire che non ci sia questa grande confidenza tra noi anche se ci conosciamo da tanto tempo, ma a prescindere da ciò ho capito perché non vuoi parlare e ti ringrazio ma credo che almeno i tuoi amici dovrebbero sapere quello che stai macchinando, perché loro sicuramente saranno in pericolo più di me e se non riveli almeno una parte di ciò che ti stai preparando a fare, rischi di renderli maggiormente vulnerabili” quelle parole fecero visibilmente effetto su Goemon ma prima che potesse dire qualcosa si avvicinò un poliziotto con un documento in mano “Ispettore, mi scusi ma c’è un ordine di trasferimento” con quella che sembrava una voce contraffatta “Mh? Va bene, mi faccia vedere” e dicendo questo lesse il mandato mentre il poliziotto apriva la cella “Uscite, ragazzi” disse l’uomo strizzando l’occhio ai due, Goemon senza dire niente si alzò mentre Raffaele ci mise qualche secondo a capire “Lupin” bisbigliò e in quel momento gli fu chiaro ,vedendo che Goemon non fosse rimasto sorpreso, il motivo della sua condotta verso di lui “Potevi dirmelo, accidenti” disse uscendo insieme a lui dalla cella proprio nel momento in cui Zenigata lesse “Mandare Raffaele e Goemon Ishikawa alla villa Lupin per discutere di una certa cosa. Villa Lupin? Certa cosa? Ma che diavolo…?” non ebbe neanche il tempo di completare la frase perché il poliziotto ,che altri non era che Lupin, lo afferrò e sotto lo sguardo divertito di Raffaele lo chiuse dentro la cella senza tanti complimenti per poi buttare le chiavi a due passi da lì “Lupin, maledetto!!” gli ruggì addosso “Suvvia ,caro Zazzà, non te la prendere e pensa al lato positivo della situazione: ti ho lasciato le chiavi a portata di mano, con la fortuna che hai ci metterai solo un paio di secoli a liberarti, bye, bye!” terminò con un sorriso talmente strafottente che fu probabilmente quello che fece sfuggire al povero e furioso ispettore un colorito improperio. 
“Venite” disse Lupin rivolgendosi ai suoi compagni e senza badare alle  imprecazioni lanciate a loro indirizzo dalla cella li portò fuori alla macchina in cui li stava tranquillamente aspettando ,seduto al posto di guida, Jigen. Ritornati alla villa trovarono ad aspettarli Fujiko, la quale aveva preparato ,lasciando di stucco tutti ,tranne Raffaele, un thè per i giovani samurai e tre tazze di bourbon per loro, quest’ultima cosa fu particolarmente gradita da Jigen. Bevvero in perfetto silenzio finchè Lupin ,poggiato il bicchiere sul tavolo, cominciò “Bene, adesso che ci siamo rinfrescati possiamo parlare di cose serie. Ho ideato un nuovo piano per il colpo e sono sicuro che stavolta non fallirà” stava già per mettersi a spiegare quando Goemon l’interruppe “Mi dispiace Lupin ma io e Raffaele non siamo disponibili, abbiamo un grosso compito da assolvere” sottolineò maggiormente la frase alzandosi mentre Raffaele ,che era rimasto in silenzio fino a quel momento, invece di alzarsi ,come Goemon si aspettava che facesse disse rivolgendosi a lui “Senti, perché non ci facciamo aiutare da loro? Giacchè sono nostri amici ,a dire il vero stava per dire la tua famiglia ma si era trattenuto appena in tempo per non metterlo a disagio, tanto vale che ne parliamo con loro; ciò che ci ha detto l’ispettore mi da  pensare ed effettivamente devo ammettere che aveva ragione, per di più sappiamo che il proprietario della villa e il suo protettore e la strana bambina incontrata alla villa che mi ha lasciato questo simpatico regalino, disse indicando la scottatura e qui si dovette interrompere per spiegarsi meglio, sono in gioco, nel senso che sono molto probabilmente immischiati fino al collo nel nostro compito, tanto vale che spieghiamo loro come stanno le cose così almeno se loro decidono di continuare per conto loro e noi per conto nostro, per lo meno loro sapranno come stanno le cose e saranno meno vulnerabili” Goemon lo guardò senza dire una parola prima di ritornare a sedersi “Hai ragione ,disse e guardando i suoi amici, che gli ricambiavano lo sguardo con grande attenzione cominciò,   inizierò dicendovi prima di tutto che il rotolo di pergamena portato da mio nipote ,qui Raffaele fece un sorriso largo, contiene un precetto riguardante lo stile dell’Aria. Tutto ebbe inizio parecchio tempo fa, in Giappone, al tempo dei Tokugawa e del mio antenato Goemon Ishikawa I. Quell’epoca era segnata da continue violenze e per sopravvivere era necessario saper combattere in modo a dir poco superbo. Quattro monaci taoisti studiando il Chi (CI) “Il cosa?” chiesero in coro i presenti stupefatti “Lo spiego io che cos’è il Chi ,intervenne Raffaele anticipando Goemon, dovete prima di tutto sapere che nel taoismo non esiste il concetto di creazione poiché la vita presente non è stata creata da un dio ma è il risultato di un continuo ciclo, che trova inizio e causa nel Tao o ,se preferite, la Via. Quest’ultimo si manifesta con un processo di dualizzazione e poi di pluralizzazione: prima di tutto il Tao è in uno stato di calma, chiamato Wu Chi poi quando l’energia si mette in movimento dà origine ad una polarizzazione primordiale, una negativa e un’altra positiva, Yin e Yang, quando queste due forze interagiscono fra loro si crea qualcosa. Il Chi è la manifestazione del Tao attraverso il ciclo Yin-Yang e vitalizza tutte le cose dell’universo, per essere più chiaro è la Forza nella saga StarWars, se l’avete vista. Il Chi si manifesta a sua volta attraverso quattro manifestazioni: gli elementi Aria (Kuuki), Terra (Tuti), Acqua (Mizu) e Fuoco (Hi). I monaci studiando tutto questo scoprirono che attraverso particolari meditazioni ed esercizi e arrivando ad uno stato di perfezione interiore, si poteva vedere il Chi e prevedere le mosse di uno o anche più nemici. Scrissero i precetti per vedere il Chi, ognuno riguardante un elemento, e li consegnarono ai loro allievi più esperti perché li proteggessero da mani malvagie. Il precetto dell’Aria andò in mano al nostro antenato Goemon Ishikawa I. Poiché fu subito chiaro che ogni persona avesse una particolare affinità con uno stile legato ad un certo elemento piuttosto che con un altro, si decise ,attraverso i segni zodiacali, contenenti un elemento con cui ogni uomo aveva affinità, di addestrare gli allievi allo stile corrispondente al proprio segno zodiacale ed elemento. Per farvi un esempio, tu Lupin hai detto che sei del segno dello Scorpione (Sasori), questo segno corrisponde all’Acqua quindi tu dovresti addestrarti nello stile dell’Acqua mentre tu Jigen che sei Leone (Raion) il tuo segno è il Fuoco ,infatti ti trovi a tuo perfetto agio con tutte le cose collegabili al fuoco, e dovresti allenarti solo con questo stile, evitando accuratamente l’elemento opposto, cioè l’acqua, con cui saresti assolutamente incompatibile. Può capitare che ci siano persone con il Ni-Sirusi ovvero segni doppi: Bilancia o Gemelli e in questo caso l’allievo deve studiare, ma questo l’ho già spiegato prima, lo stile corrispondente al suo segno e poi un altro a sua scelta: io per esempio sono Bilancia (Hakari) e ho studiato l’Aria e poi la Terra. La possibilità di studiare due stili si chiama Massuguna ovvero il Diritto. È chiaro fin qui?, non ottenendo risposta continuò, uno degli allievi ,Takato Shigikomi, si ribellò ai maestri, volendo adoperare la forza del Chi per scopi malvagi e aveva bisogno del precetto dell’Aria per completare il suo piano, così chiese aiuto alla famiglia Toyotomi, i quali non ottennero niente poiché il nostro onorevole antenato piuttosto che dire che il rotolo fosse nelle mani di suo figlio e metterlo quindi in pericolo, si lasciò uccidere, non prima tuttavia di aver detto ai suoi aguzzini di aver distrutto la pergamena. Non sapendo più come fare ma senza volersi dare per vinto Takato ,secondo una leggenda, fece un patto con le tenebre perché potesse raggiungere ugualmente lo scopo, infatti l’oscurità gli diede quattro pergamene ,una per ogni stile, che una volta lette ,semplicemente leggendole, neanche mettere in pratica i precetti, disse con tono trasudante disprezzo, permetteva di vedere immediatamente il Chi ma riusciva a vederlo in modo assai differente rispetto a quello dei suoi maestri; quest’ultimi riuscivano a vedere il Chi nel suo splendore prevedendo le mosse dell’avversario ma anche provando nell’animo un senso di tranquillità e perfezione interiore che permetteva loro di vivere nel modo più bello possibile mentre Takato, troppo avido e troppo imbevuto di male non aveva questa possibilità, vivendo la vita in modo impossibile. Con questo Takato fondò lo stile Kuroi (Nero), in cui tutti gli allievi indossano un kimono nero per distinguersi da quelli dello stile Bianco (Hikari) cioè quelli come noi ,disse indicando se stesso e Goemon con un gesto eloquente. Ora che qualcuno dello stile Kuroi sta cercando di appropriarsi della pergamena che abbiamo noi due per riuscire non a vedere il Chi ,perché come ho già detto quelli dello stile Kuroi imparano subito a vederlo, ma per distruggerle in modo da poter in qualche modo prendere il potere o essere comunque in grado di fare gli affaracci propri e siccome questo non bisogna permetterlo è stato stabilito che tutti i guerrieri dello stile Hikari custodi delle pergamene si riuniscano in Giappone per eleggere l’uomo che deve prendersi l’incarico di vedere il Chi e io e Goemon adesso dobbiamo dare l’allarme passando negli altri tre dojo Hikari.” ci fu un momento di silenzio in cui i presenti pensarono a ciò che avevano sentito finchè Lupin non interruppe il silenzio “C’è anche una cosa che non è molto chiara ,lo anticipò Jigen prendendo una sigaretta, se questo stile è di origine giapponese perché usate i segni dello zodiaco occidentale?” la domanda fece alzare gli occhi a Goemon “Non si è mai saputo perché. Nessuno ,a parte i maestri fondatori di questo stile, conosce la risposta ma è possibile che i nostri maestri abbiano preso spunto da alcuni occidentali venuti a quel tempo in Giappone” “Non dimenticate che al tempo dei Toyotomi il Giappone ospitò molti  appartenenti al mondo occidentale” aggiunse Raffaele “Un’altra cosa, chiese ancora Jigen, parlando di quella strana bambina di cui avete parlato poco fa e che è capace di fare cose straordinarie, voi sapete dare una spiegazione? È possibile che abbia qualcosa a che fare con il Chi?” “Se esiste la possibilità di fare cose simili con il Chi, non lo sappiamo. Negli addestramenti a cui siamo stati sottoposti non si è mai parlato della possibilità di una cosa simile proprio non si è mai verificata, quindi è possibile ma è anche possibile che tutto questo non abbia niente a che vedere col Chi” rispose Raffaele “Scusa, Raffaele, avete detto che Takato per avere le pergamene oscure e compagnia bella abbia avuto un aiuto dall’oscurità, vero?,chiese Lupin che sembrava uscire da una rapida riflessione e di fronte allo sguardo affermativo di Raffaele, Non potrebbe essere che l’Oscurità personificata protegga gli appartenenti allo stile Kuroi?” il silenzio di tomba che scese sulla stanza fu l’unica risposta. Quando chiuse la porta della camera di Chi dietro di sé rimase diversi secondi appoggiato ad essa con gli occhi chiusi e facendo respiri profondi imponendosi di calmarsi ma gli bastò poco per accorgersi quanto fossero inutili i suoi sforzi: era talmente arrabbiato che gli tremavano le mani, in quel momento vogliose di abbattersi sulla pelle liscia e infantile della padrona della stanza che aveva appena lasciato mentre l’aria che mandava fuori dalle nari era paragonabile in violenza a quella di un toro infuriato mentre i denti sembravano sul punto di spezzarsi tanto li teneva serrati per non dare modo di farsi scappare i tanti improperi che gli dettava la mente. Quest’ultima era invasa da pensieri di odio e rancore verso Chi: anche se lei aveva agito ,a suo dire, a fin di bene per impedire che gli facessero del male a lui la cosa non era andata giù, poiché Chi con il suo non richiesto intervento gli aveva sottratto una piccola ma non per questo meno invitante occasione di scontrarsi con Goemon e di restituirgli ancora una parte del dolore che aveva inflitto a lui. Non gliel’avrebbe perdonata tanto facilmente. Si allontanò dalla stanza con l’intenzione di tornarsene in camera sua, magari per farsi una dormita o comunque per fare qualcosa che potesse cancellare dalla sua mente ,anche per poco tempo, l’occasione perduta ma non si era allontanato molto che sentì dalla camera di Chi qualcosa di strano, tese l’orecchio: sembravano gemiti o qualcosa di simile. Ritornato indietro, si avvicinò alla camera e appoggiò l’orecchio alla porta: era Chi e dai suoni sembrava che stesse piangendo. La cosa lo lasciò stupito e il suo primo impulso fu quello di entrare per chiederle spiegazioni ma si bloccò ,già con una mano sulla maniglia, quando gli tornò alla memoria quello che aveva fatto. Bastò il semplice ricordo per fargli scomparire l’improvvisa tenerezza ,o quel che era, e spingerlo ad allontanarsi, insensibile al dolore della bambina. Scendendo le scale incontrò Kanemoti, il quale ,vedendolo, passò dal sorriso complice ad un aria piena di sorpresa “Come mai sei così arrabbiato? ,gli chiese accompagnandolo al divano su cui prima stava seduta Chi, Hai avuto la possibilità di scontrarti con Goemon” continuò passandogli un calice pieno di sakè mentre per sé versava whisky; quelle parole furono sufficienti per far crollare i nervi di Hikijo, il quale con un ringhio appoggiò il bicchiere ,vuoto, sul tavolino con tale violenza che lo stelo si incrinò con un tintinnio lasciando all’interno un segno visibile del danno. Kanemoti guardando freddamente il bicchiere e limitandosi a spalancare leggermente gli occhi disse “Deduco che qualcosa sia andato storto” “Chi” rispose il giovane “Si è forse intromessa?” disse l’uomo alquanto preoccupato e ,anche se non lo dava a vedere, improvvisamente arrabbiato “Non appena siamo entrati nella sua stanza, si è messa fra me e loro e li ha sbattuti fuori, senza darmi possibilità di …” non riuscì a continuare “Le hai chiesto perché, poi?” “Si, ma era una risposta infantile, degna della bambina che è. Diceva che l’aveva fatto per proteggermi e altre scemenze ” terminò con tono pieno di veleno senza accorgersi della luce che per un attimo aveva illuminato gli occhi dell’uomo di fronte a lui e del piccolo sorriso che gli aveva increspato le labbra. Rimasero in silenzio per un po’, Hikijo immerso nei suoi pensieri e nei suoi ricordi mentre Kanemoti con le dita incrociate fra loro sembrava riflettere finchè non ruppe il silenzio, alzandosi “Andrò a parlarle ,qui Hikijo sollevò lo sguardo, ma per farle capire che non deve intromettersi nella nostra vendetta. Oggi è toccato a te, ti è stata portata via una piccola occasione ma vedrai che alla fine che sarai soddisfatto però Chi deve essere ammonita, poiché se per i suoi sentimenti ti ha portato via una possibilità di scontrarti col tuo nemico, la prossima volta potrebbe involontariamente crearci guai peggiori e questo non possiamo permetterlo.” fece per andare di sopra quando Hikijo lo bloccò “Per i suoi sentimenti?” ripetè perplesso “Secondo te per quale motivo si è intromessa? ,di fronte allo sguardo pieno di stupore di Hikijo lui si mise a ridere, E non ha tutti i torti, sei davvero molto carino” continuò malizioso lasciando un esterrefatto Hikijo a guardarlo allontanarsi. Di fronte alla camera di Chi, il sorriso dell’uomo si squagliò per mutare in uno sguardo pieno di fastidio: con quella bambina non poteva comportarsi come con i suoi uomini, doveva essere gentile o comunque controllato per non rischiare di mandare al diavolo qualcosa; avevano faticato troppo lui e i suoi complici per trovare gli oggetti del loro odio per rischiare che poi i capricci di una bambina innamorata mandassero tutto all’aria. Aveva dovuto chiedere aiuto a vari delinquenti o boss della malavita per costruire  il piano e renderlo perfetto; aveva fatto in modo ,anche attraverso un pizzico di fortuna e l’aiuto della persona che stava per andare a trovare, che Raffaele incontrasse Lupin e i suoi amici il giorno ,o per lo meno, il momento in cui quest’ultimo avrebbe provato a derubarlo. Aveva dovuto rintracciare ,per neutralizzare la spada di Goemon ed evitare che rubassero il tesoro custodito nella sua stanza, Camon ,il boss che aveva ,attraverso l’aiuto di Fujiko Mine, rubato la spada al samurai per costruire un elicottero che doveva contribuire a far vendere le armi del suo socio Sherlock, ma infine era stato sconfitto dal geniale ,inutile negarlo, ladro attraverso un elicottero ricoperto di conniaku, elemento destinato in genere al consumo umano contro il quale ,incredibilmente, la zantetsu non aveva potuto fare niente. Inoltre aveva lasciato l’incarico ,importantissimo, di guidare il resto della malavita al suo nipote Liu Kang, sia per permettergli di prendere dimestichezza con il ruolo di capo che un giorno avrebbe dovuto ricoprire e sia perché lui doveva tenere sotto controllo il resto del piano. Ogni tanto il nipote lo telefonava o lo telefonava lui per consigli o semplicemente per tenersi l’un l’altro compagnia e rinnovando implicitamente così ogni volta il giuramento che avevano fatto alla madre del ragazzo e anche al codice d’onore della malavita: quello di ripagare i torti subiti. No, non poteva assolutamente commettere errori a livello di comportamento con Chi, che d’altra parte era indispensabile per la riuscita del piano con le sue straordinarie capacità. Si costrinse a sorridere e prima di entrare ,contrariamente alle sue abitudini, bussò “Chi, posso entrare?” chiese con tono per quanto possibile paterno. Hikijo ,intanto, superato il primo momento di sbigottimento per la rivelazione ,del tutto inaspettata, di Kanemoti andò in camera sua per riflettere e per raccogliere le idee. Entrato in camera, si sedette sul letto con le mani in mezzo alle gambe e lo sguardo leggermente vacuo; si sentiva confuso e del tutto spiazzato. Si passò una mano in mezzo ai lunghi capelli mentre lo sguardo si posava sul comodino, su cui stava appoggiato quello che era da molto tempo l’oggetto dei suoi pensieri: Jinkuro. Quest’ultimo ,senza veramente vederlo, gli sorrideva con calore; Hikijo, guardando quel volto sorridente gli apparve involontariamente un sorriso triste sulle labbra, accompagnato da tanti ricordi e marachelle compiute da bambino insieme a lui. Prese la cornice con delicatezza, come se avesse paura di farle del male e l’osservò: quella foto era stata scattata il giorno in cui Jinkuro si apprestava a partire per la scuola Kuuki, diretta da un certo maestro Shiden. Si ricordò che lo aveva supplicato a lungo di rimanere con lui, di non andarsene, di aspettare almeno che lui ,Hikijo, raggiungesse l’età giusta per poter iniziare l’addestramento ma era stato inutile. Il giorno della partenza, vedendolo ancora triste Jinkuro si era fatto scattare a sua insaputa quella foto e gliel’aveva regalata:
“Tieni ,gli aveva detto infilandogli in mano un pacchetto verde legato con un nastrino giallo oro accompagnando il gesto con un sorriso affettuoso, ti terrà compagnia nei momenti di sconforto e ti farà sentire meno solo.” e detto questo e accompagnando il suo saluto con un buffetto affettuosissimo sulla testa del fratello si era allontanato con uno dei sempai (cinture anziane e aiutanti del maestro) della scuola, che lo era venuto a prendere e che fino a quel momento aveva guardato la scena con quella che sembrava un aria indifferente. “Aspetta ,fratello, che cos’è?” gli chiese Hikijo sventolando il dono ma non ricevette alcuna risposta. Abbassò lo sguardo sul pacchetto: notò che era piuttosto piccolo. Provò a scuoterlo, a tastarlo per capire che cosa fosse ma essendo inutili le sue facezie decise di essere più pratico: lo aprì e trovò una cornice con dentro quella che sembrava una fotografia: la guardò attentamente e mandò un grido di gioia prima di stringersi al petto la fotografia con gli occhi pieni di lacrime riconoscendo suo fratello in quella foto. Si promise solennemente di non lasciarla mai e da allora aveva sempre mantenuto il voto: si era sempre portato la foto appresso come se fosse una reliquia.              
Pensando a quel giorno, appartenente ormai al passato e anche a tante cose che avrebbero potuto essere e che non sarebbero state mai, tante cose che avrebbero dovuto essere e non che non sarebbero state mai più, gli occhi ,contro la sua volontà, si riempirono di lacrime mentre il corpo cominciò a tremare, scosso dai singhiozzi. Si sdraiò sul letto, coprendosi il viso con una mano ,quella che non reggeva la cornice, quest’ultima appoggiata sul petto del giovane, lo stesso petto che conteneva un cuore in quel momento squassato dal dolore.             
Intanto al commissariato l’ispettore Zenigata era appena tornato dal suo ufficio, intento a bere l’acqua contenuta nel bicchiere che Walter gli aveva messo in mano mentre di fronte a lui Oscar lo guardava con aria preoccupata mentre era in realtà piuttosto impegnato in una dura lotta contro sé stesso nel tentativo di non ridere a ciò che aveva visto giù, nelle celle. Zenigata era stato, per così dire, salvato da quest’ultimo ,il quale ,preoccupatosi del fatto che l’ispettore non fosse ancora tornato dalla prigione di sotto lo aveva raggiunto, rimanendo di stucco vedendolo dietro le sbarre che cercava con disperati ed inutili contorcimenti di raggiungere le chiavi messe a pochi passi da lui. Senza dire niente, indovinando già tutto, lo aveva liberato e portato sopra, nell’ufficio. “Dannatissimo Lupin, se lo becco questa gliela faccio pagare” ripetè per l’ennesima volta l’ispettore vuotando l’ennesimo bicchiere di acqua fresca “Meno male che non è vino” pensò Walter guardando alternativamente il suo superiore e la seconda bottiglietta d’acqua che si era scolato. “Sta meglio adesso, ispettore?” gli chiese cordialmente Oscar appoggiato con le spalle al muro vicino alla scrivania osservando i movimenti intorno a lui mentre giocherellava con il ciuffo di capelli viola che portava appoggiata sulla spalla destra “Si, grazie, adesso va bene” rispose l’ispettore spolverandosi con una mano l’impolverato pastrano nel momento in cui entrò un poliziotto “Mi scusi ,ispettore ma c’è un uomo che vorrebbe vederla. Dice che è molto importante, non ha voluto dare ulteriori spiegazioni” continuò allargando le braccia con aria mortificata in risposta allo sguardo significativo dell’ispettore e dei suoi aiutanti “Va bene, fatelo entrare”. Dopo cinque minuti, il poliziotto ritornò con un uomo di età piuttosto avanzata con due paia di baffi a tricheco e una testa che dalla forma ricordava una pallottola. “Prego, si sieda, signor…?” parlò Zenigata offrendo allo sconosciuto la mano per poi indicare con la stessa la sedia su cui stava seduto Walter, il quale si alzò immediatamente. “Grazie, signor ispettore. ,disse il vecchietto sedendosi, Sono venuto per parlarle di una cosa molto urgente ma preferirei parlare da solo con lei, se non le dispiace” disse riferendosi a Walter e suo fratello, i quali senza fare una piega uscirono immediatamente dall’ufficio, lasciando l’ispettore e lo sconosciuto da soli. “Lei chi è?” chiese l’ispettore accingendosi ad ascoltare l’uomo di fronte a lui, il quale rispose prontamente e con una certa ansia “Mi chiamo Larry, signor ispettore. Solo Larry. Sono venuto per parlarle di persone che noi conosciamo molto bene” “Noi?” ripetè perplesso l’ispettore “Parlo di Lupin III e dei  suoi amici” rispose l’uomo sorridendo di fronte l’aria stupita dell’ispettore, il quale si era sentito letteralmente freddato: come faceva quell’uomo a sapere del rapporto che aveva con Lupin? “Come… come fate a….?” balbettò cercando di ricomporsi e riprendere un minimo di controllo sulla situazione e su sé stesso “Lo so e basta” tagliò corto l’uomo con voce tranquilla, contribuendo ad aumentargli la preoccupazione che si stava lentamente impadronendo di lui: e adesso? Che cosa voleva quell’uomo da lui? Voleva forse ricattarlo, ottenere qualche vantaggio in cambio del silenzio? Rimase muto, preoccupato ed ansioso finchè Larry non ritenne opportuno infrangere il silenzio “Non sono qui per ricattarla ,spiegò come se gli avesse letto nel pensiero, ma per chiederle di aiutarmi” continuò con voce adesso supplichevole e ,notò l’ispettore, vicina al pianto “Di che cosa si tratta?” gli domandò quest’ultimo rasserenato incrociando le mani sul tavolo e riprendendo la sua aria seria “È meglio che vi racconti tutto dall’inizio” e dicendo questo aveva raccontato tutta la sua storia, dal momento in cui era stato assoldato da Kanemoti per avvicinarsi a Lupin e sorvegliarlo fino ad arrivare al momento in cui aveva provato qualcosa di simile al rimorso, lo stesso che lo aveva spinto a distruggere i soldi che gli erano stati consegnati in cambio dei suoi servizi a andare al commissariato. “E perché tutto questo?” chiese l’ispettore attentissimo “So che vogliono vendicarsi di loro ma quando ho provato a chiedere il perché Kanemoti non ha voluto darmi spiegazioni ed allora non ho insistito ,rimase un attimo in silenzio prima di scoppiare in lacrime, la prego, ispettore ,singhiozzò, li aiuti, quelli li uccideranno” senza sapere perché Zenigata avvertì una sorta di improvviso fastidio e quasi disgusto “E SOLO DOPO CHE LI HAI TRADITI E INTASCATO I SOLDI TI SEI RICORDATO CHE PROBABILMENTE LI UCCIDERANNO, EH ?” scattò alzandosi dalla sedia e guardandolo con ira mentre il vecchio sollevava il viso inondato di lacrime “Ispettore, la prego, li aiuti! Non cerco giustificazioni per quello che ho fatto, io in tutta la mia vita non mi sono mai affezionato a nessuno, non ho mai avuto un vero amico e non mi sono mai fatto tanti scrupoli nel fare vari lavoretti in cambio di soldi ma quelle persone….mi hanno fatto riflettere” si limitò a dire guardandosi le scarpe mentre due lacrime cadevano a terra. Zenigata ,ancora in piedi e leggermente spiazzato di fronte a quella confessione, rimase in silenzio a guardarlo mentre la mente lavorava spedita finchè “D’accordo, aiuterò Lupin. Dopo andremo al tribunale per denunciare la cosa, mi servirai come testimone. Portami da Lupin” disse balzando dalla sedia per infilarsi con velocità in testa il cappello, in quel momento appoggiato sulla cima dell’attaccapanni mentre Larry si alzava dalla sedia. Fuori dall’ufficio trovarono ad aspettarli Oscar e Walter, i quali vedendo l’ispettore in procinto di uscire fecero per avvicinarsi ma l’ispettore li bloccò prima che potessero parlare ordinando loro di rimanere in commissariato, in quanto non poteva farsi vedere insieme con Lupin per non rischiare il posto e portare guai al ladro. Senza dare alcuna spiegazione, li lasciò in mezzo al corridoio senza badare alle loro flebili proteste. Né l’ispettore Zenigata né Larry si accorsero che durante il tragitto una macchina nera li stava seguendo.      



















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Capitolo 7
*** Scontro tra gang ***


Scontro tra gang
“Adesso che sapete tutto che volete fare?” la domanda di Raffaele ruppe il lungo silenzio che era piombato nella stanza dopo la domanda ,o meglio, la riflessione di Lupin. Goemon ,come il nipote, non disse niente né per incoraggiare i suoi amici a seguirlo né per continuare la loro strada da soli: qualunque cosa avesse detto avrebbe influenzato le loro scelte e lui sentiva che dovevano decidere in completa autonomia perciò si limitò a guardarli riflettere: Jigen ,sedutosi sul divano, si versò un altro bicchiere di bourbon  mentre con una mano accendeva la sigaretta che Lupin si era infilata in bocca, il quale guardando l’amico lo ringraziò con un lieve cenno del capo. Dopo aver fatto in completo silenzio due fumate con aria distratta Lupin rispose “Verremo con voi, se completerete la missione sconfiggerete anche il nostro nemico e noi potremmo prendere il tesoro. Non possiamo fare niente finchè c’è quella bambina anormale” lo disse con un tono strano, quasi amaro che spinse Raffaele a chiedergli “Lo sai che dovremo probabilmente ucciderla?” Lupin lo guardò intensamente ma prima che potesse rispondere fu Jigen ad anticiparlo “Se sarà necessario lo faremo senza problemi” rispose appoggiando il bicchiere sul tavolino guardando contemporaneamente Lupin prima di alzarsi e lasciare un la stanza. Raffaele rimase come basito a guardare la porta che un momento prima era stata varcata da Jigen; era rimasto piuttosto scosso dal tono freddo e dalla determinazione che aveva sentito nella voce del pistolero “Faceva sul serio ,constatò turbato tornando a guardare i suoi compagni, l’ha detto come se si trattasse non di una bambina ma di una persona adulta” “Jigen è fatto così, Raffaele ,spiegò Goemon pacato, imparerai a conoscerlo” “Ho avuto come l’impressione che si stesse riferendo ad una vostra vecchia esperienza quando ha detto quelle parole” continuò ancora perplesso Raffaele e qui Lupin uscì dal mutismo “Non hai sbagliato: Jigen si riferiva probabilmente al giorno in cui Madame X ,una donna che aveva la fissa di crearsi statue di cera incerando le persone ,vive, era aiutata da una forza soprannaturale che aveva le sembianze di un bambino. Riuscimmo a scampare alla morte perché Goemon all’ultimo minuto riuscì a capire dove fosse il nascondiglio del bambino e colpirlo.” “Che cosa?! ,esclamò stupefatto Raffaele alzandosi dalla sedia e guardando incredulo lo zio, il quale non disse niente, Hai ucciso un bambino” esalò lentamente scuotendo il capo, rifiutandosi di credere a ciò che aveva sentito “Non è questo il momento di rimembrare cose del passato, ora dobbiamo assolutamente partire e cercare le pergamene” l’interruppe Goemon, rifiutandosi di continuare la conversazione su quell’argomento e su quel doloroso ricordo, alzandosi dalla poltrona guardando Lupin e gli altri ,anche Jigen, che intanto era tornato, con un espressione che recitava chiaramente: Che cosa volete fare? “Beh, io e Jigen ,il quale confermò subito muovendo il capo, veniamo con voi e tu, Fujiko?” rispose Lupin guardando la donna che senza esitazione “Io vengo con voi” “Perfetto. Ci conviene partire subito. Queste scuole dove si trovano?” chiese Lupin voltandosi a guardare i due samurai; Raffaele fu il primo a rispondere “Sono tutte in Giappone” per essere interrotto da Goemon “Non sono in Giappone” “Come no?” rispose Raffaele stupito “Tua madre non ti ha detto niente?” gli chiese Goemon guardandolo con un espressione indecifrabile trattenendosi dal coprirsi il viso con le mani mentre la mente pensava “Miyuki, ne hai fatta un' altra delle tue” “Che cosa avrebbe dovuto dirmi?” gli chiese perplesso il giovane “Le quattro scuole presenti in Giappone sono scuole minori, costruite per ingannare gli avversari, difatti sono custodite delle pergamene che vengono spacciate per le sacre pergamene, in modo da proteggerle anche dagli stessi allievi animati da  intenzioni malvagie e a questo proposito potremmo ricordare Jinkuro, che provò a rubare la pergamena ,disse rivolgendosi ai suoi amici, credendo che fosse quella dell’Aria ma Shiden fece in tempo ad imbrogliarlo” “Se tu e tua sorella siete andati alla scuola minore dell’Aria, come faceva quest’ultima ad avere la pergamena vera?” “Attraverso le scuole minori vengono scelti coloro che si mostrano meritevoli di studiare le tecniche segrete dello stile in questione alle scuole maggiori, in cui alla fine dell’apprendistato viene scelto il migliore, a cui ,come supremo onore, viene affidato l’incarico di proteggere la pergamena. Mia sorella non fu scelta e io ,con il permesso dei maestri, decisi di dargliela, continuando però a fare credere che l’avessi io, per proteggerla”  disse con voce piena di tristezza mentre Raffaele gli stringeva con un sorriso affettuoso la spalla “A quanto pare però non è servito molto” commentò freddamente Jigen; a quelle parole Raffaele gli lanciò un occhiata terribile mentre il suo corpo faceva un brusco movimento, Goemon ,quasi allarmato, lo prese per un braccio “Se quelle sono scuole minori, dove sono le scuole con le vere pergamene?” chiese allora Lupin ma il silenzio dei due samurai fu l’unica risposta “Non lo sapete?” chiese Lupin guardando con evidente sorpresa Goemon e Raffaele, i quali risposero limitandosi a scuotere insieme il capo “Non importa, li ritroveremo” fece Lupin con una spallucciata e una delle sue risatine qui Jigen ,che si era comodamente “spaparanzato” su una poltrona, con la mani dietro la testa e con una gamba appoggiata sull’ altra  si rizzò “Come facciamo a trovare queste scuole se non sappiamo neanche dove sono?” intervenne Jigen guardando l’ottimista amico con sguardo scettico “Basterà andare in Giappone. Andando lì troveremo la risposta alle nostre domande” spiegò tranquillo “Stai pensando alle scuole minori, vero Lupin?” gli chiese Fujiko lentamente “Già, cherì e sono sicuro che sapranno dirci dove sono le scuole maggiori” le rispose con una strizzatina d’occhio “Sei un genio, Lupin” esclamò estasiata Fujiko battendo le mani prima di baciarlo sulla guancia, mandandolo in pura estasi “Al diavolo” sibilò irritato Jigen spingendo ancora di più il cappello in testa di fronte a quella che per lui e Goemon era una scenetta ,sebbene molto conosciuta, sempre disgustosa. Incapace di starsene in silenzio e di non mollare un pugno a Lupin ,che in quel momento con i suoi gemiti esagerati e compagnia bella sembrava ben deciso a provocarlo, decise di uscire sulla veranda. Lì si sedette su una sedia, continuando a fumare la sua sigaretta mandando ogni tanto dei piccoli sbuffi di fumo. Ogni volta che vedeva Fujiko fare tutte quelle moine a Lupin e quest’ultimo rimbecillirsi, si sentiva prendere ogni volta da una grande rabbia ma purtroppo Lupin era fatto così: perdonava sempre i suoi tradimenti, continuava e probabilmente avrebbe continuato a difenderla dai pessimi e affatto gentili ,inutile negarlo, commenti che lui e Goemon ogni tanto le lanciavano al momento più opportuno. Nonostante Fujiko più di una volta  avesse dimostrato di essere una donna poco affidabile e ancor meno leale, lui ,Lupin, continuava a seguirla e cercare disperatamente il suo amore, che lei era ben lungi dal darglielo. Persino quando per ottenere l’esatta posizione di quello che era considerato il più grande tesoro di Lupin, che tra l’altro alla fine si era poi rivelata una colossale fregatura, era arrivata addirittura a fingere di morire in un incidente d’auto, lasciando che Lupin piangesse e si distruggesse di dolore davanti a quella che riteneva che fossero i suoi mortali resti, quest’ultimo l’aveva non solo perdonata ma anche protetta dalla furia dei suoi amici, i quali dire che si erano arrabbiati di fronte a tanta bassezza era un eufemismo. “La grandezza di un uomo si vede anche nella sua capacità di perdonare” aveva detto Lupin una volta ma questo secondo lui non giustificava il perenne perdono che quest’ultimo continuava a concederle in nome di quell’ amore che ogni volta ,salvo rarissime eccezioni, veniva calpestato senza remore. E questo per Jigen era motivo di continuo e profondo disprezzo verso quella donna traditrice ed opportunista; se non fosse stato per il fatto che Lupin l’amasse molto e che non avrebbe esitato a cancellare la profonda amicizia e anche l’affetto che si era instaurato ormai tra di loro in caso contrario, lui ,Jigen, le volte in cui Fujiko si era trovata in serio pericolo e la sua vita dipendeva esclusivamente dalla sua abilità con la pistola, probabilmente l’avrebbe lasciata morire. Gettò con stizza la sigaretta a terra, calpestandola col piede osservando come ipnotizzato come il fumo che saliva dalla punta a mano a mano che aumentava la pressione del piede diventava sempre più sottile e nel frattempo continuava con le sue riflessioni: non riusciva a capire che cosa ci trovasse Lupin in quella donna: era indubbiamente dotata di una grande bellezza, caratteristica adoperata in ogni modo e senza scrupoli come l’astuzia e la capacità di essere irresistibilmente sensuale che vendeva e regalava senza pudore pur di raggiungere lo scopo che si era prefissata, cosa che la rendeva completamente diversa dalle donne che lui stesso ,Jigen, aveva conosciuto in tutta la sua vita. Tutte le donne che aveva incontrato non lo avevano mai tradito, a parte alcune ma avevano mantenuto la loro dignità al contrario di Fujiko. Ognuna di loro aveva lasciato un ricordo nel suo cuore, ricordi che venivano riportati alla memoria anche e soprattutto attraverso la visione di certi oggetti che per chiunque sarebbero insignificanti, ricordi legati insomma ad un qualcosa che neppure lui sapeva definire con il termine adatto. Ogni volta che vedeva una suora ,qualunque suora, non sapeva e non aveva mai saputo a che ordine appartenesse Angelica, gli ricordava quest’ultima e vedere un uomo di colore gli ricordava il motivo per cui Angelica era salita in cielo: per servire quel Dio in cui lui non credeva più da tempo: mentre correva in mezzo a tutti quei cadaveri di colore, per vedere se poteva aiutare qualcuno a salvarsi o per lo meno permettergli di morire con i conforti religiosi a dispetto di quello che gli urlava lui, che gli diceva di non correre per non calpestare una di quelle mine inesplose che probabilmente erano ben nascoste dalle macerie, lei ,neanche a farlo apposta, era saltata in aria sotto i suoi occhi increduli ed impotenti. L’unica cosa che potè fare per lei fu quello di rimanerle vicino e di stringerla tra le braccia finchè non morì, lasciandolo solo in mezzo a tutti quei cadaveri, unico vivo fra i morti. Angelica, l’emblema della dolcezza e dell’amore. Ogni volta che pensava a lei e anche a Karen e Caterine soffriva molto; aveva certo amato tante altre donne e da queste era stato ricambiato ma sono poche le persone che prima con la loro presenza e poi con la loro scomparsa ci segnano la vita e queste sono le persone che ,tra le tante conosciute ed avute, rimembriamo più volte e con dolore diverso e più profondo essendo quelle che ci hanno dato qualcosa di veramente importante, qualcosa che arricchisce non solo fisicamente ma soprattutto spiritualmente: sé stessi. Con il termine sé stessi non ci si riferisce e non ci si ricollega al fatto che abbia acconsentito ad andare a letto, perché molte persone lo fanno e continueranno a farlo per l’unica ricerca del proprio piacere e non per cercare la parte mancante di sé stessi nell’altro, ma a prescindere da questo, per “sé stessi” s’intende donarsi senza riserva all’altro per aiutarlo e per aiutarsi a migliorare, a tirare fuori il meglio di lui e di sé. Poche donne in tutta la sua vita hanno fatto questo: poche donne hanno cercato veramente di capirlo, di andare al di là del suo corpo, di vedere cosa ci fosse dietro quella corazza di cinismo e di indifferenza che si era costruito, di scoprire quanto grande fosse il suo bisogno di essere amato, di non sentirsi solo. Lui ,alla pari di Goemon, era un lupo solitario, come molte volte gli aveva fatto notare Lupin con il suo sorriso strafottente e l’aria da sapientone. Gli venne da sorridere ,senza ragione, pensando a questo quando la mente gli riportò alla memoria ciò che gli aveva detto una persona ,un bambino di sette anni, tanto tempo fa ,quando era già una persona chiusa. Quest’ultimo gli aveva chiesto se sapeva perché i lupi solitari ululassero alla luna. Lui gli aveva dato una risposta che non era piaciuta affatto al bambino, il quale ,guardandolo quasi compassionevole, gli aveva detto, lasciandolo stupito “Tu ,che sei un lupo solitario, non sai perché ululi alla luna?” “Ma io non ululo alla luna” aveva risposto ,piuttosto confuso, lui mentre si chiedeva vagamente come facesse quel bambino a sapere che lui fosse così “Era un modo di dire ,sbottò infastidito il bambino, poiché non sai il motivo che spinge i lupi solitari ad ululare alla luna te lo dirò io: i lupi vivono in branchi. Si chiama lupo solitario una persona che vive in nobile solitudine ma in realtà si tratta di un lupo smarrito ed egli piange ed ulula perché si sente solo, triste ed impaurito. Non sapendo come farsi accettare dagli altri per paura di venire rifiutato chiede aiuto alla luna, pregandola di far capire ai suoi simili che ha bisogno di aiuto e allo stesso tempo finge ,facendo un verso lamentoso, di essere in pericolo sperando che qualcuno si avvicini a lui ma purtroppo ciò accade raramente, al punto che qualche lupo decide di lasciarsi morire. Tu continua ad ululare e alla fine incontrerai qualcuno.” e dicendo questo, prima che Jigen potesse fare o dire qualcosa quello strano bambino era scomparso. Lui ,seguendo il suo consiglio, aveva continuato ad “ululare” finchè non aveva trovato Lupin e Goemon ed entrato a fare parte di un branco. Quest’ultima considerazione gli fece capire anche un'altra cosa: se una persona è in un gruppo, gli altri non solo dovevano accettarlo per quel che era ma anche lui accettare gli altri con i propri difetti. Questo significava che doveva sopportare Fujiko, poiché anche lei faceva parte del gruppo e anche Lupin e i suoi rimbambimenti sentimentali. “Strano che fino ad adesso non mi sia mai venuta in mente” pensò Jigen alzandosi dalla sedia per ritornare in salotto quando gli parve di sentire uno strano rumore, tese le orecchie: no, non si sbagliava, rumore di macchine ,probabilmente due, lanciate ad alta velocità insieme al rumore di mitragliatrici; che stava accadendo? Sembrava che si stesse avvicinando alla villa. Si avvicinò meglio alla balaustra e vide una scena che lo lasciò a bocca aperta, senza darlo a vedere: una macchina della polizia inseguita da una macchina nera, dalla quale degli uomini in nero ,che si sporgevano stando seduti sui finestrini, sparavano a tutto spiano con quelle che ,a giudicare dal rumore, erano mitragliatrici. “Che succede, Jigen?” la voce di Lupin non lo fece voltare essendo rimasto come ipnotizzato di fronte allo spettacolo che gli si parava davanti “Sembra che si siano scambiati i ruoli tra i poliziotti e i delinquenti” si limitò a dire quando Lupin gli fu accanto “Come? ,gli chiese perplesso mentre afferrava un binocolo e guardava con attenzione, perdindirindella!” esclamò stupefatto “Cosa?” gli chiese Raffaele guardandolo incuriosito “Non ci crederete ma l’inseguito è Zazzà ,spiegò Lupin con una specie di sorriso divertito guardando dal binocolo, e l’uomo vicino a lui è…. Accidenti!” stavolta il sorriso gli si squagliò dalla faccia “C’è qualcuno che conosciamo con lui?” gli chiese Jigen “Larry” si limitò a rispondere “Ma che diavolo può essere successo?” domandò guardando le due macchine “Ce lo spiegheranno loro. ,rispose Lupin appoggiando il binocolo sulla balaustra mentre l’espressione sul viso gli si induriva, Andiamo, ragazzi!” e dicendo questo Lupin si mise a correre a perdifiato giù per le scale seguito dagli altri. Aprì il garage e ne uscì con una Alfa Romeo gialla che dopo un attimo partì sparata verso le macchine in arrivo. Si erano quasi avvicinati quando accadde ciò che lasciò i presenti senza parole, come se improvvisamente qualcuno avesse reciso loro la lingua mentre la scena assumeva qualcosa di surreale ed allo stesso tempo spaventevole: la gomma posteriore della macchina di Zenigata scoppiò, strisciando per terra e causando così lo sbandamento della macchina, la quale intanto girava come una trottola impazzita finchè non finì contro un albero. La macchina ci si schiantò di fianco, con un rumore misto di vetri rotti e di metallo che si accartocciava su sé stesso, rumore che alle orecchie dei presenti sembrò stranamente amplificato mentre li scuoteva dal semi-stato di ipnosi in cui erano caduti. “Dannazione ,esclamò furioso Lupin dando una robusta ciampata all’acceleratore e quando vide gli assalitori scendere dalle macchine ed avvicinarsi con le armi in pugno, Jigen!” “Ci penso io” replicò tranquillo Jigen toccandosi la punta del cappello prima di prendere la Magnum poi ,sotto lo sguardo tanto preoccupato quanto ammirato di Raffaele, che lo guardava a occhi spalancati, si sedette su quello che poteva essere chiamato il poggiatesta, trovando una certa stabilità nella sua originale posizione poggiando un piede sul cruscotto mentre l’altra stava sul sedile. Prese la mira con calma e sparò: due uomini ,quelli più vicini alla macchina, caddero come marionette a cui erano stati tagliati i fili mentre i loro compagni concentrarono la loro attenzione sugli intrusi, che intanto si erano fermati e scesi dalla macchina. Calò un silenzio di tomba, in cui i due gruppi erano formati da gente compatta e messa come se volesse formare una barriera, l’uno vicino all’altro; un gruppo formato da gente vestita di nero e l’altro da colori più vivaci, si squadrarono con lo sguardo uguale a quello di due cani intorno ad un succulento osso, con l’unica differenza che l’osso non era in mezzo ma in un angolo e rappresentato da uomini che non accennavano ad uscire dalla macchina schiantata contro l’albero, dal cui cofano usciva sempre più fumo. “Bisogna far uscire Zazzà immediatamente” pensò Lupin lanciando uno sguardo rapido e preoccupato alla macchina senza spostare la testa “Apprezzo gli ospiti che vengono a trovarmi ma non mi ricordo di avervi dato un appuntamento” disse fingendosi di sembrare occupato a ricordare qualcosa rivolgendosi a quello che sembrava il capo del gruppo, un uomo con una cicatrice a forma di x sul viso il quale sorrise freddamente “Non c’è problema, prendiamo le persone che sono nella macchina e togliamo il disturbo” “Ohoh, non c’è problema. Mi piacciono le improvvisate” replicò con una risata Lupin cominciando ad allungare la mano destra verso il petto, dove ,ben nascosta da una parte della giacca rossa e tenuta dalla speciale fondina, c’era la pistola automatica P38  “Allora ti piacerà anche questo” disse l’uomo e così dicendo insieme ad alcuni altri cominciò a sparare a raffica contro Lupin e i suoi compagni, i quali si sparpagliarono in diverse direzioni. Mentre Lupin, Jigen e Fujiko ,per mezzo delle pistole, disarmarono molte persone facendo saltare le armi di mano per completare con una botta in testa mediante l’utilizzo della pistola come clava e Goemon usava la spada per distruggere le pistole, riducendole a dimensioni e forme a pezzi di salame, Raffaele cercava di avvicinarsi alla macchina distrutta usando alternativamente la spada e poi pugni o i colpi di ginocchio. Dopo aver fatto a pezzi un’ altra mitragliatrice ,sotto lo sguardo pieno di sorpresa del suo avversario, sguardo che diventò di doloroso stupore quando gli arrivò una ginocchiata in pancia, cosa che gli bloccò temporaneamente l’arrivò dell’ossigeno ai polmoni e questo sommato al tremendo pugno in testa che gli arrivò poi quasi subito, partì verso il mondo dei sogni, si mise a correre verso la macchina concentrandoci la sua completa attenzione al punto da non accorgersi che dietro di lui qualcuno ,l’unico dotato di un fucile, lo stava incalzando; solo quando ,mentre tentava di aprire la portiera, sentì qualcosa di durissimo ,come il calcio di un fucile ,appunto, colpirlo alla testa e prima di perdere i sensi, capì che aveva infranto la seguente regola: il guerriero controlla sempre tutto ciò che accade davanti a lui non solo con gli occhi e ancora un attimo prima che il buio ricoprisse il suo campo visivo si rimproverò di non essere stato più attento. L’ultima cosa che vide furono gli occhi pieni di paura di Goemon che lo guardavano cadere a terra e rimanere immobile. Quest’ultimo effettivamente quando aveva sentito la voce di Raffaele aveva lasciato perdere il suo avversario e guardato in direzione del nipote; vedendolo cadere a terra e rimanere a terra, immobile ed indifeso, si era sentito come se qualcuno gli avesse gettato addosso dell’acqua ghiacciata mentre sentiva che per la seconda volta di avere il fiato corto ed irregolare. Rimase per pochi secondi immobile, fissando come ipnotizzato il corpo del nipote, il cui colore della pelle gli sembrò ancora più pallido di prima, sentì qualcosa bruciargli gli occhi e per un attimo la vista sembrò appannarsi mentre sentiva un bruciore in gola, qualcosa che non riusciva a mandare giù e che faceva grandi sforzi per salire. Sentì qualcosa ,come una vampata di fuoco, salirgli dallo stomaco per poi espandersi in diverse direzioni del suo corpo, facendogli sentire maggiormente sulle ciglia la presenza delle lacrime, le quali sembravano bruciargli sulla pelle. Guardò con ira crescente e occhi pieni di odio l’uomo che sovrastava Raffaele, il quale ,improvvisamente spaventato, indietreggiò. Cominciò a correre verso di lui ,il quale cominciò a sua volta a trafficare con qualcosa in tasca, e quando gli fu vicino lo superò con un salto per trovarsi alle sue spalle, si voltò rapidamente per trovarsi di fronte alla scena seguente: l’uomo si faceva scudo col corpo di Raffaele minacciandogli la gola col coltello che aveva appena preso. Goemon ,il quale si era voltato di scatto puntando verso il nemico la punta della spada, rimase come bloccato a fissare quell’uomo che in quel momento desiderava solo fare a pezzi “Mettete giù le armi o lui muore” disse l’uomo con una voce da papera rivolgendosi non solo a Goemon ma anche ai suoi compagni, i quali ,che avevano continuato a combattere per tutto il tempo, si bloccarono guardando con orrore la scena “A terra le armi” ripetè con un tono che non ammetteva repliche l’uomo facendo pressione sulla gola di Raffaele, dalla quale cominciarono a scorrere dei sottili fili di sangue,il cui colore era messo maggiormente in evidenza dalla pelle albina del giovane “Fermo, fermo” disse Lupin allarmato gettando l’arma a terra imitato dagli altri. Rimasero immobili, pieni di rabbia ed impotenti a guardare senza poter fare niente Zenigata ,svenuto, fatto salire su una delle macchine per essere poi portato via. Quando la macchina si allontanò, gli uomini restanti salirono a gruppi sulle macchine e sparirono finchè non rimase l’uomo che teneva prigioniero Raffaele e qualche altro “Ora potete lasciarlo andare” sibilò furioso Goemon rivolgendosi al capo che sorrise divertito prima di rispondere, rivolgendosi ad uno dei suoi uomini “Prendi le loro armi e butta via i proiettili” una volta fatta l’operazione il capo si fece passare Raffaele e lasciò il tempo di salire in macchina agli altri, restando con un piede dentro la macchina. Rimase ad osservare Lupin e gli altri con un piccolo sorriso di superiorità finchè ,con uno scatto, levò il coltello dalla gola dell’ostaggio mentre contemporaneamente lo spingeva lontano da sé. Con uno scatto, prima che cadesse a terra Goemon lo afferrò da sotto le ascelle, rimanendo in quella posizione e guardando i nemici andare via; solo quando fu completamente sicuro che fossero andati via e quindi non in grado di far ancora del male a colui che rappresentava tutto ciò che gli rimaneva della sua famiglia posò lo sguardo su Raffaele, che era ancora svenuto. Gli guardò il viso mentre lo stendeva a terra con una delicatezza piuttosto inusuale disinteressandosi del fatto che i suoi amici si fossero avvicinati a loro due poiché in quel momento la cosa che più lo interessava era la persona stesa a terra che sembrava ,sentì freddo al solo pensiero, più in là che in qua. L’osservò con attenzione, con vera attenzione, come non aveva mai fatto prima, quando lui era cosciente. Sembrava così indifeso, con quel viso bianco come uno spettro ma con un espressione così serena. Gli venne quasi da piangere. Raffaele ormai era l’unica cosa che gli ricordava sua sorella, l’eredità di quest’ultima e sentiva che non poteva accettare una terza perdita, aveva già perso una nipote ,Mina, non poteva morire anche Raffaele, non era giusto. “Raffaele, dai” pensò schiaffeggiando con decisione la guancia del ragazzo ma questi non accennò a riprendersi; sentì una mano posarsi gentilmente sulla sua spalla, si voltò e vide che apparteneva a Jigen, il quale gli porse qualcosa di scuro: la giacca di cui era tanto geloso “Non stenderlo a terra in questo modo” disse spiccio guardandolo con quella sua solita aria indifferente. Commosso ma senza darlo a vedere Goemon prese la giacca, stendendola a terra per farci appoggiare poi Raffaele “Hei, Jigen” disse Lupin guardando l’amico “Mh?” “Ma quella non era la tua giacca preferita?” gli chiese Lupin con un sorriso mesto in un coraggioso tentativo di sdrammatizzare “Mh” rispose lui facendo ulteriore pressione sul cappello e scuotendo la testa come per dire “Non è il momento” la voce ,sollevata, di Fujiko li fece voltare “Stai bene?” gli chiese lei osservandolo toccarsi la testa con aria imbambolata “Sto una meraviglia! Pensa ,e qui cominciò ad aprire le dita chiuse della mano sinistra man mano che procedeva con l’elenco e li toccava col dito dell’altra mano, mi sono appena beccato una botta in testa, ho un bernoccolo che potrebbe passare per un uovo di piccione sul cranio, mi fa un male cane quest’ultima, mi sono anche sporcato il kimono e anche i miei poveri capelli che Dio sa quanto ci vuole per pulirli. Si, sto proprio benissimo” concluse alzandosi in piedi e toccandosi seccato i capelli accompagnando il gesto con degli sbuffi sempre più alti finchè ,guardandosi intorno, non disse con tono leggermente ironico e allo stesso tempo fintamente irato “Ehi, non consolatemi, sai?” completò alzando le braccia “Se non ti è passata la voglia di scherzare nonostante tutto vuol dire che stai bene” intervenne lieto Lupin accendendosi una sigaretta “Lupin” disse Jigen rimettendosi la giacca “Si?” “Ci siamo scordati di Zenigata e di Larry” “Per Larry non c’è più niente da fare” rispose Lupin guardando la vettura con sguardo triste “Che cosa te lo fa pensare?” gli chiese Fujiko guardandolo intensamente “Non è uscito dalla macchina e i nostri aggressori non l’hanno portato via insieme a Zenigata, quindi probabilmente è morto” spiegò avvicinandosi alla macchina e aprendo lo sportello, infilò mezzo busto e dopo un attimo passato ad armeggiare con qualcosa accompagnato da un rumore di stoffe spostate insieme a qualcosa di pesante, i suoi amici lo videro uscire con le braccia infilate sotto le ascelle dell’ormai defunto Larry, il cui viso era ricoperto di sangue mentre il buco delle pallottole sul corpo erano poco visibili a causa del sangue uscito, il quale aveva impregnato i vestiti formando in alcune parti dei grumi. Lupin e Jigen, chini sul cadavere non dissero niente, limitandosi a fissare il cadavere prima che Jigen prendesse dalla giacca un fazzoletto e se ne servisse per coprire il volto del cadavere, non prima che Lupin gli chiudesse con delicatezza gli occhi. “E Zenigata? ,chiese Raffaele, il quale ripresosi dallo stordimento si era reso pienamente conto che Zenigata non c’era per poi accorgersi del segno sulla gola, e questo?” disse alzando due dita sporche del sangue, del suo sangue, quello uscito dal piccolo taglio sulla gola; nessuno gli rispose ma quel silenzio fu già una risposta “Non mi volete mica dire che l’hanno preso perché hanno usato me come ostaggio?” chiese con una voce sottilissima e a malapena udibile mentre l’espressione sul volto era indescrivibile, non ottenne risposta neanche questa volta ma anche stavolta il silenzio fu una risposta esauriente. Rimase senza parole, guardandosi intorno con la bocca semiaperta senza in realtà vedere niente mentre una mano gli saliva alla testa per frugargli i capelli. Goemon lo guardò: avvertiva il suo senso di colpa ,perfettamente palpabile, come se Raffaele stesse sprigionandolo  vapore bollente, con la differenza che invece di vapore quello che usciva dal suo corpo era ,invisibile, la consapevolezza del fatto di aver sia pure involontariamente aiutato quegli sconosciuti a rapire Zenigata. “Dobbiamo andare a prenderlo” disse all’improvviso ,voltandosi di scatto e guardando tutti con una strana luce gli altri “Non possiamo” intervenne Lupin mentre toccava uno strano oggetto che aveva sul polso, somigliante ad un orologio e dalla quale proveniva un rumore regolare, un bip-bip soffocato “Perché?” chiese Raffaele mortificato “Vedete, ragazzi, si accinse a spiegare invitando tutti ad avvicinarsi ed indicando lo schermo al centro dell’orologio, dal quale si vedeva un puntino rosso muoversi, questo orologio oltre a poter fare da ricetrasmittente è anche in grado di localizzare la posizione delle piccole spie che ogni tanto adopero per pedinare qualcuno, come per esempio un attimo fa durante la battaglia, difatti sono riuscito a mettere una spia addosso ad uno dei miei avversari e il percorso che stanno facendo e ciò che ci avete detto dopo che ho fatto evadere Goemon e Raffaele mi fanno pensare che fossero gli uomini di Kanemoti.” “E allora?” incalzò Raffaele ansioso “E allora c’è quella bambina e finchè lei è lì, noi non possiamo fare niente ,a quelle parole Raffaele assunse un espressione sconfortata e piena di paura, ma non preoccuparti, tentò di rassicurarlo Lupin, se l’hanno portato via vuol dire che serve loro vivo altrimenti lo avrebbero ammazzato come Larry, laggiù” completò indicando con un cenno della testa il cadavere a due passi da lì “Allora che facciamo, Lupin?” chiese Jigen prendendo una sigaretta ed infilandosela in bocca “Partiamo immediatamente per il Giappone” rispose Lupin mentre dal suo accendino compariva una fiammella a base blu che accese la sigaretta del pistolero. Tornati indietro, non prima di aver dato sepoltura a Larry, del quale rimase soltanto un cumulo di terra su cui al centro stava conficcata una croce, cominciarono seriamente ad organizzarsi per il viaggio che nel loro gergo più che preparare le valigie significava preparare le armi con le relative munizioni ma non tutti si preoccupavano di ciò: Lupin stava seduto al tavolo con la testa appoggiata al palmo della mano destra, la quale grazie al piegamento del gomito ne sosteneva il peso mentre le dita del suddetto gli tormentavano il mento, sul viso aveva un espressione piuttosto pensierosa e ,anche se cercava di non darlo a vedere, preoccupata per la persona rinchiusa nella inespugnabile casa di Kanemoti. Goemon era in meditazione, seduto vicino alla finestra a gambe incrociate con gli occhi chiusi mentre da fuori giungevano quelli che sembravano spari, causati dall’allenamento che Jigen stava facendo coi suoi bersagli. Appoggiato alla finestra stava Raffaele, il quale guardava lo spettacolo con grande attenzione e non poteva provare qualcosa di simile all’ammirazione nei confronti di quell’uomo: riusciva a far saltare i bersagli con grande abilità e senza sbagliare un colpo. Uscì fuori per vederlo meglio, sedendosi sui gradini e stando a guardarlo in perfetto silenzio “Che bravo” pensò con una puntina di invidia trattenendosi a stento dall’applaudire vedendo l’ennesimo bersaglio saltare in aria con Jigen che aveva sparato voltando le spalle usufruendo dell’aiuto di uno specchietto. “Sei davvero molto bravo ,commentò avvicinandosi a lui vedendo che aveva terminato, quanto tempo ti ci è voluto per riuscire ad arrivare a questo livello?” lui gli rispose guardando la sua pistola “Ho cominciato da quando avevo più o meno la tua età, mi insegnò mio padre a sparare. Ogni giorno mi esercitavo in prove sempre più complicate ,qui sorrise, più di una volta avevo pensato di lasciare stare, incontravo difficoltà, non riuscivo a superare la paura che mi prendeva ad ogni detonazione ma non mollavo per paura di deluderlo”
Rimasero per diversi minuti in silenzio, Jigen ricaricava la pistola mentre Raffaele guardava i bersagli distrutti. Immaginò di essere stato lui a sparare, di essere dotato di tale abilità: immaginò di avere la pistola che in quel momento Jigen teneva in mano, di tendere il braccio, prendere la mira e sparare centrando in mezzo il bersaglio e mandarlo in pezzi. Guardando i bersagli a terra e ricordando la sicurezza che quell’uomo esprimeva nei gesti, sentì dentro di sé il desiderio di provare, di vedere se anche lui fosse capace di…. “Jigen ,con una punta di fastidio si accorse che la sua voce era diventata improvvisamente bassa ed esprimente una sorta di timidezza, mi faresti provare?” l’occhiata perplessa e silenziosa che Jigen gli lanciò lo spinse istintivamente a fare marcia indietro “No, aspetta, lascia stare” e dicendo fece per allontanarsi ma si bloccò quando si vide offrire ,sempre in silenzio, la pistola. Guardò incerto Jigen, il quale stava pazientemente aspettando che il giovane samurai davanti a lui la prendesse. Rimase leggermente stupito quando ne avvertì il peso, a causa del quale poco mancò che non la facesse cadere a terra. Sollevò lo sguardo per ringraziare il proprietario ma vide che si era allontanato per sistemare i bersagli prima di avvicinarsi a lui. Cercando di vincere l’improvviso nervosismo dovuto al fatto che fosse osservato, fece un respiro profondo, impugnò meglio la pistola, distese il braccio mentre teneva gli occhi fissi sul bersaglio, con l’indice sul grilletto e il pollice che spingeva il cane verso il basso. Sentì Jigen da dietro toccarli le spalle “Che sta facendo?” si chiese stupefatto cercando di reprimere un brivido sentendo le dita di Jigen toccargli la pelle. Lo guardò in viso e capì dalla sua espressione fredda che aveva mal interpretato le sue intenzioni, infatti dalla pressione capì che doveva tenere le spalle meno rigide quindi le abbassò un po’ “Così” gli disse a bassa voce Jigen. Cercò di sparare ma si rese conto che il grilletto opponeva una certa resistenza; ben deciso a non farsi scoraggiare, aumentò la pressione finchè ,con una detonazione, il proiettile non uscì dalla canna, colpendo il bersaglio, non proprio al centro ma prometteva bene, pensò Jigen “Per essere la prima volta non c’è male” commentò riprendendo la pistola “Indubbiamente, sono meglio a mani nude” constatò il giovane continuando a fissare l’arma “Non sei andato male” gli rispose il pistolero posando la pistola “Ma sono meglio a sparare senza: guarda” e dicendo questo prese un sassolino da terra, lo chiuse nella mano fino a lasciar visibile solo la punta e ,una volta assicuratosi che il pollice fosse nel punto giusto, fece partire il proiettile: il bersaglio colpito andò a terra “Che diavolo…?” disse Jigen stupefatto con Raffaele che sorrideva sotto i baffi “Ma che hai fatto?” “Quello che hai appena visto è un colpo naturale della scuola Tuti. Ho usato quel sasso come proiettile ed il pollice come grilletto.” “Un samurai una volta mi mise fuori uso la pistola infilando una pallottola nella canna proprio come hai fatto tu adesso.” raccontò guardando la canna della pistola “Che pistola è quella che usi?” gli chiese Raffaele indicando l’arma mentre rientravano in casa “Combat Magnum, una pistola…” “Non automatica” lo anticipò Raffaele con evidente orgoglio “Mh ,approvò Jigen, e sai da che cosa si differenzia da una pistola automatica?” chiese ancora versandosi del bourbon in un bicchiere “Ma certo ,rispose con una spallucciata, le pistole automatiche al momento della detonazione sputano il proiettile, il coso fa quello strano movimento all’indietro mentre l’automatica non fa niente di tutto questo, si vede il tamburo in cui sono messi i proiettili e per sparare bisogna togliere il cane se no col cavolo che spari.” a quelle parole Lupin guardò Jigen trattenendosi a stento dal ridere: la faccia di Jigen era indescrivibile, un misto tra l’allucinato, l’incredulo e il raccapriccio nel sentire storpiare tutti i termini riguardanti le armi da fuoco. Osservava Raffaele a bocca aperta, la sigaretta gli cadde di bocca, il bicchiere a mezz’aria e totalmente incapace di parlare “Che c’è?” gli chiese candidamente Raffaele mentre a Jigen da come respirava sembrava sul punto di farsi venire un colpo. Quest’ultimo ,respirato profondamente e posato il bicchiere sul tavolo, spiegò ,con un sorriso a denti stretti, “Ragazzo mio ,sibilò, il coso in questione si chiama canna, lo strano movimento che fa ,come dici tu, si chiama rinculo e serve sia per espellere il proiettile appena usato e per inserirne uno nuovo e soprattutto… soprattutto ,adesso sembrava che gli stesse per venire veramente un accidente, le pistole non sputano!” esplose scandalizzato “Ma se le pistole espellono in quel modo i proiettili, perché non si può dire che sputano?” “Raffaele ,si intromise Lupin, ancora occupato nella sua lotta per non ridere, per favore, non usare quel termine” disse semplicemente “Va bene, va bene, le pistole automatiche non sputano” si arrese il giovane mentre solo allora Jigen bevve il bourbon con tranquillità. Con un sorriso, Raffaele uscì un attimo fuori, si guardò attentamente intorno con aria guardinga ,come per assicurarsi che non lo sentisse nessuno, prima di dire “Sputano” prima di rientrare. Quando rientrò dentro andò in quella che era anche la sua camera perché ,come avevano stabilito precedentemente, Raffaele avrebbe dormito ,con il suo consenso, insieme a Goemon. Quest’ultimo quando vide Raffaele andare in camera scosse la testa mentre le sue labbra formavano la parola “Testone” mentre un sorriso divertito gli increspava le labbra.

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Capitolo 8
*** Partenza ***


Partenza Al commissariato ,intanto, Oscar e Walter stavano di sotto ad esercitarsi al poligono, con quegli occhiali arancioni davanti agli occhi e con il rumore provocato da tante pistole usate non solo da loro due ma anche dagli altri sottoposti. Avevano aspettato che l’ispettore ritornasse dall’incarico che gli era stato evidentemente affidato da quell’uomo coi baffoni ma per non sprecare tempo e per non farsi beccare a leggere il giornale, magari mentre bevevano il caffè ,come aveva suggerito Oscar, erano andati ad esercitarsi  “Oscar ,fece Walter abbassando la pistola fino a farlo combaciare col bacino mentre lo sguardo si distoglieva dal bersaglio cartaceo per posarsi sulla figura di suo fratello, che stava prendendo la mira, con gli occhi fissi sul bersaglio e con i capelli viola ,perennemente legati col codino, i quali da come si appoggiavano sembravano incollati alla schiena “Si?” rispose questi sottolineando la domanda con una detonazione e dalla canna della pistola ne uscì una pallottola che fece spuntare un terzo occhio in mezzo alla fronte del sorridente bersaglio. “Quello che squilla non è il tuo telefonino?” gli chiese mentre nell’aria in mezzo al rumore delle pallottole si riusciva a distinguere ,sia pure lievemente, un suono dolce e melodioso “Occavolo, si!” rispose dando la pistola al moretto per prendere lo squillante telefonino “Pronto?” disse uscendo insieme al fratello dal poligono “Ragazzi ,dall’altra parte del telefono si sentì una voce bassa ed ansiosa ma ben conosciuta dai due, statemi a sentire ed eseguite alla lettera queste mie istruzioni, non mi fate domande perché abbiamo poco tempo” disse ancora sentendo che stava per essere interrotto; a mano a mano che parlava i visi di Oscar e Walter da confusi si fecero sempre più terrei finchè una volta chiusa la comunicazione, non si guardarono in faccia spaesati prima di dirigersi come un solo uomo alla macchina. Dopo un quarto d’ora arrivarono davanti alla villa Kanemoti e ,una volta entrati non senza difficoltà dentro, dopo un ora ne uscirono correndo a perdifiato ,inseguiti da una gragnola di proiettili piccoli come piselli ma molto più letali, insieme ad una terza persona, la quale indossava un abito marrone chiaro un po’ stracciato ma che sembrava stare bene. Dalla villa uscivano a plotoni uomini vestiti di nero che sparavano addosso ai fuggitivi cercando di colpirli; Walter e Oscar continuando a correre limitandosi solo a voltarsi rispondevano al fuoco mentre i proiettili sibilavano intorno sembrando   simili ad invisibili zanzare mentre l’ispettore Zenigata correva davanti loro ,tenendosi il malridotto cappello con una mano, ma non per sua scelta, erano stati i suoi stessi salvatori a volerlo e gli avevano tra l’altro esposto con termini inequivocabili che cosa sarebbe accaduto se avesse trasgredito il loro ordine, soprassedendo sul fatto che lui fosse l’ispettore mentre loro i sottoposti. Le minacce da parte di quei due di rotture d’ossa, di pestaggi e di fracassamenti corporali ancora gli rimbombavano nelle orecchie mentre con una mano si reggeva il cappello. Non era stato facile ma era riuscito a scappare, prima ancora a telefonare a quei due ,doveva ammetterlo, bravi poliziotti senza farsi scoprire dai suoi carnefici e da quella strana bambina che aveva visto quando era stato portato lì. Adesso doveva assolutamente parlare con Lupin e per fortuna sapeva cosa fare. Ci fu una detonazione, un urlo soffocato e poi la voce di Walter urlare con voce a metà irata e metà strozzata “FRATELLO!!!” l’ispettore a quella parola si sentì ghiacciare mentre sentiva le viscere torcersi, smise bruscamente di correre, si voltò per vedere Oscar a terra che si reggeva la spalla mentre Walter ,inginocchiato vicino a lui, continuava a sparare alternando ad ogni sparo un occhiata piena di preoccupazione dettata dall’affetto mentre Oscar non riusciva a rimettersi in piedi mentre sotto la spalla sinistra cominciava ad allargarsi una pozza cremisi. Con uno scatto ritornò indietro mentre rispondeva al fuoco con una furia che non aveva mai provato prima, provando qualcosa ,quasi simile al piacere, vedendo che ad ogni proiettile cadeva ,morto, qualcuno. Avvicinatosi ai due, passò la sua pistola a Walter, il quale dopo un attimo di stupore, così gli parve, la prese ricominciando a sparare usandole entrambe mentre Zenigata prese velocemente Oscar per il braccio sano avvolgendoselo intorno alle spalle mentre con l’altra gli circondava il fianco, aiutandolo a raggiungere la macchina mentre Walter li copriva. “Vieni!” lo chiamò Zenigata e a quelle parole Walter arretrando continuò a sparare finchè  ,spedito un ultimo proiettile, si voltò correndo verso la macchina per fiondarsi al sedile anteriore, vicino all’ispettore. La macchina si allontanò dalla villa mentre dal cancello alcuni uomini vestiti di nero continuavano a mandare proiettili finchè ,visti inutili i loro sforzi, rientrarono dentro. “Oscar” disse con voce angosciata Walter voltandosi indietro e toccando con delicatezza il torace del fratello, il quale ,a causa del dolore, tremava in modo incontrollabile mentre gli occhi ,resi più grandi dal dolore e dallo stato di shock, sembravano come opachi e si muovevano ovunque mentre il sedile su cui stava appoggiata l’arto ferito e la mano ,che copriva il punto in cui il proiettile era penetrato nella carne e sfortunatamente non uscito, si sporcavano di sangue. “Morirà?” domandò con voce angosciata all’ispettore, il quale guardandolo tranquillo ,nel limite del possibile “Non credo ma bisogna assolutamente togliergli quel maledetto proiettile” rispose deviando e dirigendosi fuori città  “Dove andiamo, ispettore? Qui è fuori città e mio fratello ha bisogno…” “Non preoccuparti, stiamo andando a trovare delle persone che devo assolutamente incontrare e che si prenderanno cura di tuo fratello” “Chi sono?” calò un attimo di silenzio in cui ,guardando la strada, l’ispettore si chiese se fosse il caso di dire tutto a quel ragazzo, quel giovane che nonostante i venticinque anni non aveva barba sul volto, dimostrandosi più giovane di quel che era e che certo non poteva immaginare la polveriera pronta a scoppiare; erano estranei ma si erano dimostrati affidabili e qualcosa diceva loro che poteva fidarsi, d’altronde non aveva scelta, doveva unirsi con Lupin e quindi non dovevano esserci imprevisti “Adesso ti dico” e cominciò a raccontare. “Accidenti, non mi sarei mai aspettato una cosa simile” commentò Walter quando scesero dalla macchina ,parcheggiata davanti alla villa. “Prendi Oscar mentre io vado a chiamare aiuto, sperando che non siano già andati a dormire” disse l’ispettore guardando la villa in cui stando a giudicare dalle luci spente stavano tutti dormendo mentre un assiolo ,quasi a voler confermare i suoi sospetti, faceva sentire il suo verso. Si avvicinò alla porta, con Walter ed Oscar dietro e cominciò a bussare alla porta “Lupin, mi senti? Aprimi, per favore!” dopo un minuto passato a battere le nocche sul legno della porta, si sentì dall’altra parte un rumore di passi poi qualcosa di simile ad una catena che veniva rimossa per poi affacciarsi da uno spicchio della porta per metà aperta il viso ,pieno di sonno, di un uomo con una faccia da scimmia “Accidenti ,sfregandosi gli occhi soffocando un gigantesco sbadiglio, chi è a quest’ora? ,chiese guardando gli ospiti senza dare l’impressione di aver riconosciuto l’uomo che aveva davanti “Non si riconoscono più gli amici ,eh, Lupin?” gli domandò Zenigata sorridendogli “Cosa?” fece Lupin sfregandosi meglio gli occhi per poi spalancarli in modo inverosimile “Zazzà?” chiese incredulo mentre dietro l’ispettore Oscar quasi cadde a terra “Ti spiego dopo ,Lupin, ora per favore lasciaci entrare, Oscar ha bisogno di aiuto” fece con urgenza Zenigata entrando dentro “Chi?” fece Lupin spalancando gli occhi vedendo due poliziotti sconosciuti che si fiondarono in salotto con tale velocità che Lupin dovette scansarsi per non finire travolto “E loro?” fece indicandoli con gesto teatralmente preoccupato “Dopo, dopo, adesso dov’è Jigen?” domandò l’ispettore guardandosi intorno senza vedere il richiesto pistolero “Sono qui” fece una voce appartenente all’ombra che stava vicina alla porta di una camera da letto; ci si accorgeva della sua presenza solo grazie alla cosa luminosa rossa, la base di una sigaretta come si potè notare quando Raffaele ,uscito dalla sua stanza insieme a Goemon, accese l’interruttore illuminando la stanza “Ma che succede?” chiese il ragazzo guardando perplesso la scena davanti ai suoi occhi “Bisogna estrarre il proiettile dalla spalla di mio fratello” prese improvvisamente la parola Walter guardando supplichevole Jigen. Quest’ultimo osservò il ferito per dieci minuti buoni con aria indifferente, prima di dire accompagnando il tutto con un sbuffo di fumo “Mettilo sul tavolo. Tu ,Raffaele, vai a prendere delle bende mentre tu ,Lupin, prendi una bottiglia di whisky” mentre Raffaele correva a prendere le bende e Lupin tornava con la bottiglia per riempirne un bicchiere, Jigen ,dopo essersi lavato bene le mani e rimboccato le maniche del pigiama blu, prese un coltello. Dopo averlo messo sul fuoco si avvicinò al ferito, prese il bicchiere che Lupin gli passò e glielo fece bere, con una certa difficoltà. “Perché il whisky?” bisbigliò Raffaele a Goemon guardando incuriosito la scena “L’alcool in questi casi aiuta a sentire meno dolore” fu la risposta “Il proiettile gli è rimasto dentro, tra l’acromio clavicolare e lo scapolo omerale (praticamente la spangella) ,commentò freddo Jigen tastando la spalla ferita, poi guardando Walter, tienilo fermo, dovrò fargli molto male e voi ,disse ancora guardando Lupin e gli altri, uscite” “Dovrei parlare con te, Lupin” disse Zenigata guardando il ladro, il quale fece un cenno col capo ed uscirono, insieme a Raffaele e Goemon, fuori. Con le mani che tremavano e il viso sudato pieno di paura, Walter si limitò a fare un cenno col capo prima di bloccare l’altra spalla del fratello e anche le gambe. Con l’uso di una forbice, Jigen tagliò la stoffa che ricopriva le ferita poi ,fatto un respiro profondo mentale, avvicinò la lama del coltello. Quando la punta entrò nella carne ,lacerando con i suoi denti impercettibili la pelle e una parte dei tendini, il dolore fisico provocato dalla brusca intrusione fu seguito da un urlo terribile lanciato dalla bocca ,in quel momento maleodorante di whisky, di Oscar, il quale ,sentendo che il coltello o quel che accidenti era continuava impietosamente ad entrargli  nonostante le sue urla disperate provocandogli senza pietà, senza motivo, in quanto in quel momento si era come scordato di essere ferito, senza un perché una sofferenza insopportabile, cercò di sollevare le braccia e le gambe nel tentativo di fermarla, ma si rese conto ,non senza un pizzico di spavento, che erano come imprigionate da qualcosa. Che stava succedendo? “Fratello ,la voce ,in quel momento dolce, di Walter servì a farlo calmare, stai calmo, va tutto bene, ti stiamo estraendo il proiettile, stai fermo, abbiamo quasi finito”: proiettile? Si domandò mentalmente sempre tenendo gli occhi chiusi ,troppo pesanti per poterli alzare in quel momento. Ma certo ,si ricordò, era stato ferito durante la loro fuga con l’ispettore Zenigata. Ma adesso dov’erano? Un'altra fitta, stavolta più terribile, come se gli avessero adesso estratto qualcosa, non gli diede il tempo di rispondersi, in quanto svenne. “Ho finito” disse Jigen sudato ma anche se non lo dava a vedere soddisfatto e contento mentre la mano destra reggeva un piccolo oggetto di ferro sporco anzi intriso di sangue che mandò un sordo e sgradevole suono metallico quando finì nel cestino dell’immondizia “È svenuto” disse Walter guardando preoccupato prima il fratello e poi Jigen, il quale, prendendo la bottiglia di whisky e bevendo un’ abbondante sorsata, rispose tranquillo “Lo credo, non posso dargli torto con un proiettile così grosso” e dicendo questo prese le bende e dopo aver pulito con l’ausilio di una spugna la ferita da tutto il sangue perso, la fasciò con delicatezza. “Non deve sforzarla per un po’, anzi sarebbe bene che non la muovesse proprio almeno per due settimane, il tempo perché la ferita si chiuda e sia in condizioni di muoversi” “Accidenti” disse Walter nel momento in cui rientravano Lupin e gli altri “Come sta?” chiese subito Zenigata guardando lo svenuto Oscar “Sta bene, guarirà ma deve stare almeno per due settimane a riposo” spiegò Jigen “Maledizione ,disse ancora Walter, così noi non possiamo aiutare Zenigata, non posso abbandonare mio fratello” spiegò rammaricato Walter guardando il ferito “Non ce n’è bisogno ,si intromise commosso l’ispettore, apprezzo l’intenzione ma non è il caso. Adesso ,Walter, l’unica cosa che voglio è che tu ti occupi di tuo fratello” “Ma…” provò a protestare “Mettiamo allora che sia un ordine” replicò spietato ed inflessibile l’ispettore “D’accordo” rispose abbassando il capo Walter “Porta tuo fratello alla macchina e aspettatemi, devo ancora parlare con loro” disse Zenigata. Quando fu certo che fossero usciti, riprese la parola “Adesso sai tutto” “Partiremo domani stesso ma tu che farai?” gli chiese Lupin “Io rimarrò qui nel tentativo di accumulare prove più che sufficienti per incriminare quell’uomo” rispose sicuro di sé Zenigata; a quelle parole, Raffaele e Goemon, che avevano sentito tutto con aria fredda e distaccata ebbero come uno scatto mentre si guardarono velocemente in faccia “Lupin” disse improvvisamente preoccupato Goemon “Tranquillo” fu il significato dello sventolio della mano e dell’occhiolino di Lupin “Aspetterò che voi torniate per incriminare quegli uomini ,disse ancora l’ispettore dirigendosi verso la porta, ma vi avverto ,disse voltandosi e guardando tutti con aria severa, : è la legge che deve fare giustizia, non vi passi per la testa di fare tutto da soli, devono essere giudicati da un tribunale, anche se sono dei delinquenti” e dicendo questo uscì. Passarono due minuti prima di sentire una macchina che si allontanava e prima che Raffaele interrompesse il silenzio “Sta fresco se spera che gli consegniamo Hikijo, quello è nostro. Gli altri possono fare la fine che vuole ma Hikijo no, giusto, Lupin?” disse con un tono che non accettava repliche guardando Lupin, il quale guardando l’orologio invece rispose “Sarebbe opportuno andare a letto e riprendere il sonnellino interrotto. Non so voi, ma io ci ritorno volentieri, stavo facendo un così bel sogno, tutte quelle belle ragazze” disse gesticolando con aria sognante mentre Jigen commentava con un ,condiviso da Goemon, “Stupido” “Ah, Jigen, Jigen, tu non fai questi sogni quindi non puoi sapere” rispose strafottente e con aria compassionevole Lupin toccandogli una spalla “Almeno io non mi sveglio col cuscino bagnato” rispose maligno Jigen dirigendosi in camera da letto tappando la bocca a Lupin “Beccati questa” disse mentalmente Raffaele trattenendo un sorrisetto mentre Goemon guardava da un' altra parte, celando così il sorriso di apprezzamento riguardante la battuta di Jigen.
Rimasero in perfetto silenzio finchè ,vincendo l’improvvisa timidezza, Walter prese la parola, evitando di guardare l’ispettore “Signore, mi sembra di capire che lei rimarrà qui” commentò cautamente. Zenigata non rispose subito, il tempo di prendersi una sigaretta, accenderla e fare qualche sbuffo, godendosi l’odore della sigaretta che gli riempì con il suo forte odore le nari e il movimento del fumo che si alzava dalla brace “Ho voluto far credere questo” “Partirete con loro?” chiese stupito Walter “Si, da quello che ho sentito è meglio che li segua mentre voi resterete qui sia a raccogliere le prove per incriminare quel delinquente e sia per permettere una buona convalescenza ad Oscar, che ne ha proprio bisogno” continuò gettando uno sguardo preoccupato al ragazzo dietro “Mi scusi, ispettore, ma non potremmo già incriminarlo per il suo rapimento?” “Si potrebbe anche fare ma se la caverebbe con poco, ricco com’è e con le influenze che può esercitare. Io voglio che si prenda il massimo della pena” completò quasi con rabbia “Capisco” disse Walter guardando dal finestrino il paesaggio scorrergli davanti gli occhi. Rimasero in perfetto silenzio finchè non arrivarono alla casa Fujimoto, qui l’ispettore si fermò giusto il tempo per aiutare Walter a portare di sopra senza problemi il fratello. “Ecco fatto, ora abbi cura di lui” disse l’ispettore avviandosi verso la porta ma davanti questa si fermò, con la mano già sulla maniglia “Qualche problema, ispettore?” gli si avvicinò Walter, preoccupato “Devo ringraziarvi, se non mi aveste risposto al telefono ed eseguito alla lettera le mie istruzioni, non so come sarebbe andata a finire e adesso tuo fratello è in quelle condizioni” disse con una strana voce. Quelle parole ebbero l’effetto di far comparire un sorriso commosso al ragazzo, che ebbe cura di stringere una spalla all’ispettore prima di dire “Non si preoccupi, eravamo abituati a ferite peggiori quando…” qui divenne ,anche se l’ispettore non se ne accorse, bianco come uno straccio mentre sul volto gli compariva l’ espressione tipica di chi ha parlato troppo insieme ad una preoccupata mentre gli occhi spiavano ansiosi l’ispettore, il quale continuava a guardare fisso a terra ma la domanda che gli porse lo fece rassicurare “Scusami, hai detto qualcosa? Ero sovrappensiero” “Meno male” pensò rassicurato il giovane mentre rispondeva “Ho detto di non preoccuparsi per Oscar, se la caverà, mio fratello ha sempre avuto una fibra resistente” “Va bene; buonanotte e grazie ragazzi” disse stringendo la mano al ragazzo. Il sorriso del giovane si squagliò bruscamente, lasciando il posto ad una piena di sconforto quando chiuse la porta dietro di sé. Si avvicinò al letto sui stava dormendo Oscar, lo guardò, guardò la ferita, facendoci scivolare le dita leggere prima di sedersi su una sedia lì vicino e scoppiare a piangere. Sia per una coincidenza e sia perché suo fratello non stesse controllando i gemiti, Oscar riaprì gli occhi, vedendo prima il soffitto, poi ,dando un occhiata in giro, dei mobili che identificò come quelli a casa sua per poi rimanere perplesso vedendo suo fratello seduto su una sedia occupato a piangere, senza essersi accorto del suo risveglio. Fece per alzarsi ma la fitta alla spalla sinistra gli ricordò di non compiere gesti avventati “Walter” lo chiamò e solo allora il viso ,increspato di lacrime, di Walter uscì dal rifugio offertogli dalle palme unite delle mani “Oscar” disse lui incredulo prima di salire con lentezza sul letto ed abbracciarlo “Si può sapere perché piangi? Mi sembra di stare bene, se tralasciamo certi fastidi” disse ironicamente indicando il braccio fasciato “Ti devo parlare” l’interruppe Walter guardandolo seriamente e dicendo questo gli raccontò tutto, insieme alla sua improvvisa decisione. “Lo seguirai, dunque?” domandò Oscar carezzandosi il mento e guardando intensamente il fratello “Non me la sento di abbandonarlo. Tu che dici?” “Ti ricordi cosa diceva nostra madre?” gli chiese invece Oscar con aria volutamente seria “A che proposito?” “Riguardo le decisioni affrettate” “Ah, ho capito” rispose Walter diventando di colpo triste “Ma se io dico che va bene allora non è più avventato, dico bene, fratellino?” riprese con una strizzatina d’occhio complice Oscar “Quindi mi permetti di partire?” “Mi? Ci ,disse calcando pesantemente il ci, permettiamo di partire” “Vieni con me?” gli chiese ,insicuro di aver capito, Walter “Non penserai mica che abbandoni a sé stesso il mio unico e amato fratellino, no?” disse alzandosi e ,sotto lo sguardo incredulo di Walter, frugando in un cassetto vicino al letto dentro cui custodiva le cose di cui era particolarmente geloso “E già che ci siamo, anche indifeso” continuò osservando un paio di calzoncini rossi “Indifeso tuo nonno” replicò fingendosi offeso il ragazzo “È anche il tuo” replicò strafottente il giovane lanciando con noncuranza dietro le spalle i calzoncini, i quali ,girando, atterrarono sulla testa di Walter, coprendogli la testa e una parte della bocca. “Cretino” replicò questi togliendoseli mentre suo fratello per tutta risposta scoppiò a ridere, risata a cui si unì di cuore anche Walter.
Intanto, in una certa villa un uomo elegantemente vestito ,coi capelli marroni lunghi fino alle spalle, leggeva due lettere insieme ad un ragazzo coi capelli eccezionalmente lunghi, il cui colore era indefinibile, visto che l’unica fonte di luce era generata dalla lampada sul tavolo su cui entrambi erano chinati ed era sufficientemente potente per illuminare la lettera appoggiata sulla stessa scrivania “Le nostre spie hanno dato ottime notizie” commentò Hikijo “Infatti e adesso dobbiamo telefonare subito ai nostri alleati” replicò l’uomo sotto di lui seduto alla scrivania “Il cerchio sta cominciando a chiudersi” commentò soddisfatto nel suo cuore Hikijo mentre lasciava l’ufficio per dirigersi in camera di Chi, trovandola vuota. Senza mostrare sorpresa, si sedette sul letto, guardandosi intorno come spaesato prima che la sua attenzione fosse attirata da una bambolina di ceramica vicina ai piedi del letto. La raccolse, guardando con attenzione l’espressione fissa del volto, le labbra innaturalmente rosse ,dovute al momento della sua creazione al passaggio del pennello intriso del colore rosso cremisi, che si sposavano alla perfezione con la bianchezza della pelle, ricordante la neve; la osservò come ipnotizzato prima di rimetterla al suo posto. Guardandosi ancora intorno, gli ritornò in mente ciò che gli aveva detto Kanemoti a proposito di Chi. Non si sarebbe mai aspettato una cosa simile e adesso non poteva nemmeno parlarle per chiarirsi: lei era una bambina, lui un uomo adulto. La storia non poteva neanche iniziare perché era innaturale, era inconcepibile che una bambina di quella età potesse già provare simili sentimenti, ammesso e non concesso che fossero poi veri, poiché non era assolutamente normale che una bambina di dieci o nove anni pensasse già a quelle cose invece di interessarsi a dare da mangiare alle sue bambole o cose simili. Anzi ,si rese conto, non poteva neanche farle un discorso simile perché l’infantilismo di Chi era paragonabile solo alla grandezza dei suoi poteri, perciò se le diceva che non l’amava o ,peggio, le toglieva ogni speranza, c’era anche il rischio che per vendicarsi mandasse all’aria tutto il piano. Sbuffò scocciato mentre una mano gli grattava la testa: come ne sarebbe uscito da quel pasticcio?       
Il giorno dopo ,fissato per la partenza, la banda Lupin salì sull’aereo diretto per il Giappone, con sbarco previsto ad Honshu, più precisamente nella capitale Tokyo. Non appena li vide salire sull’aereo, sul volto dell’ispettore Zenigata comparì un sorriso pieno di furbizia; allontanatosi dal nascondiglio, si diresse a tutta velocità verso le scalette ma una voce ,inaspettatamente familiare, lo fece bruscamente fermare spingendolo a guardarsi indietro prima di scendere, provocando così un semi-scontro a catena tra coloro che gli stavano dietro, scatenando a sua indirizzo un fiume di imprecazioni ed apprezzamenti poco simpatici di vario genere a cui lui non prestò la minima attenzione “Walter! Oscar! Ma che …?” disse guardando stupefatto i due ragazzi mentre si toccava la tesa del cappello “Veniamo con lei, ispettore. Abbiamo avuto il permesso dal capo stesso.” gli spiegò Oscar tendendogli un foglio su cui in bella vista c’era la firma del capo con cui dava l’autorizzazione ai due giovani di accompagnarlo “Ma siete due pazzi, e tu ,Oscar, disse guardando preoccupato la spalla sinistra, su cui si vedevano nonostante i vestiti la fasciatura, come diamine pensi di partire col braccio in quelle condizioni?” “Sono ambidestro, signore” rispose il ragazzo tranquillamente e con espressione che significava inequivocabilmente “Ormai sono qui e di qui non me ne vado” l’ispettore, davanti a quella che per lui era un insubordinazione aprì la bocca in un inutile tentativo di protestare quando una voce femminile annunciò la partenza dell’aereo, reggendo così il gioco ai ragazzi e costringendo l’ispettore ad assecondare quei due ammutinati, che dietro le sue spalle si scambiarono un sorrisetto di vittoria mentre si davano il cinque. Insieme a loro salirono altre tre persone.

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Capitolo 9
*** Arrivo ***


Arrivo Ritorniamo a casa, dunque” commentò Raffaele sedendosi vicino al finestrino dopo aver sistemato ,come i suoi amici, il borsone sul retino sopra di lui mentre Goemon si sedeva affianco a lui, con la fedele spada ben stretta tra le mani. Le voci fin troppo ben conosciute provenienti dai sedili davanti ebbero l’effetto di una calamità su Raffaele, il quale ,drizzatosi sul sedile, si sporse per vedere Lupin che ,seduto vicino al finestrino, cercava di convincere Fujiko a sedersi vicino a lui mentre lei si opponeva, sotto lo sguardo stupito e un po’ preoccupato degli altri passeggeri mentre Jigen ,seduto lì accanto ad una vecchia che leggeva un depliant ,riguardante cucito, fissava ostinatamente il soffitto trovando evidentemente molto interessante la disposizione delle luci e il colore dei retini che tenevano al sicuro le valigie. “Eddai, tesoro, vieni qui” l’implorò Lupin mezzo alzato dal sedile con sguardo da pesce lesso e con tono altrettanto lessato mentre la tirava per la manica “Molla!” rispose lei accompagnando l’intimazione con una sberla niente male che ebbe l’effetto di farlo cadere sul sedile “Facciamo cambio, Jigen” disse Fujiko avvicinandosi al pistolero, il quale dopo un attimo ,incapace di spiegare come, si ritrovò in piedi con Fujiko che occupava il posto suo. “Lo dicevo che quella starebbe bene nella mia scuola” commentò sorridendo Raffaele tornando a sedere ed incrociando le mani dietro la testa “Raffaele” parlò improvvisamente Goemon tenendo gli occhi chiusi “Mh?” “Hai con te le lettere di tua madre, vero?” “Si” rispose il giovane lentamente dopo un attimo di silenzio mentre fissava intensamente il volto dello zio “Potresti darmele?” aveva qualcosa di strano nel tono e fu probabilmente quello a spingere Raffaele a prendere il plico e consegnargliele. Questi guardò con attenzione le date delle lettere, con il risultato di scartarne alcune, nel senso che alcune ritornarono nel plico. Quando su due lettere comparvero delle date ,tra le quali correva poca distanza temporale, i suoi occhi si illuminarono mentre le mani cominciarono lievemente a tremargli, l’aprì e cominciò a leggere per prima quella che aveva scritto lui:
Cara Miyuki,
prima di tutto, buon compleanno! Nel cofanetto troverai o forse hai già trovato qualcosa che probabilmente ti stupirà o che ti ha non poco stupito, non so se abbia prevalso la curiosità di sapere cosa contenga quel cofanetto o che cosa ti dice questo vecchio rompiscatole che risponde al nome di tuo fratello. Ho deciso che lo proteggerai tu, so fin troppo bene che ci metterai più impegno di quanto non ce ne metterei io stesso ma ciò resti un segreto tra noi, è l’unica cosa che ti impongo seriamente e con grande fermezza; non voglio metterti in pericolo. Sai bene che i Custodi oltre a farsi carico di una grande responsabilità si sottopongono ad un grave pericolo e saperti in pericolo ,tra l’altro per colpa mia, non mi darebbe più pace. Tieni con grande cura il rotolo, non mostrarlo a nessuno, neanche a chi ti fidi: dice il saggio: la pecora non può tramutarsi in lupo, ma il lupo può travestirsi da pecora. Che cosa significa? Significa in poche parole che in mezzo a tanta gente che ti sorride e si finge amica, sicuramente qualcuno ti sorriderà con le labbra mentre il suo cuore penserà al modo migliore per farti lo sgambetto. Mi raccomandò, è bene mantenere il rotolo al sicuro, è giusto essere orgogliosi di questo incarico ma è anche giusto a pensare a sé stessi e non esporsi a gravi pericoli se il caso non lo richiede. Sai, ho scoperto una cosa molto interessante: nella scuola minore dell’Aria e anche nelle altre scuole minori la pergamena lì conservata non è altri che un falso, credevamo tutti che fosse una copia, ed invece è solo un rotolo contenete sciocchezze per depistare i nemici. Anche questo deve rimanere un segreto. Come l’ho scoperto? Te lo dirò ,sorellina, anche se non credo che ti farà molto piacere: due settimane fa sono andato dal maestro Shiden per ringraziarlo di tutto quello che aveva fatto per me e per aver sostenuto la mia candidatura alla protezione della pergamena e quando sono arrivato alla sua casa, mi sono ritrovato davanti ad uno spettacolo orrendo: lui era lì, in fin di vita, con il suo stesso sangue che gli macchiava il kimono. Mi sono avvicinato a lui e l’ultima cosa che mi ha detto è stato il nome del suo assassino: Jinkuro e che l’aveva fatto perché si era rifiutato di consegnargli la pergamena dell’Aria. Te lo ricordi Jinkuro, vero? Quel ragazzo che quando poteva ti dava fastidio non solo negli allenamenti ma in genere. Quando ho sentito il maestro dirmi con voce flebile che Jinkuro aveva preso la pergamena mi sono seriamente spaventato ,mia dolce sorella, perché allora ignoravo che quella pergamena rubata fosse un falso. Tu sai quanto amassi il maestro, quanta importanza abbia avuto e continuerà ad avere nella mia vita anche se non è più con noi. Oh, sai che è successo la notte dopo la sua morte? Ero in meditazione, con una grande tristezza che mi opprimeva l’animo mentre la mia mente formulava propositi di vendetta. Stavo giusto pensando al fatto che giuravo al maestro Shiden di vendicarlo quando ho sentito distintamente la sua voce chiamarmi. Per un attimo ,lo ammetto, pensai di essere impazzito ma quando ho riaperto gli occhi, me lo sono visto davanti! Io gli ho replicato che dovevo vendicarlo e lui…lui… sai che cosa mi ha risposto?
“Hai dimenticato i miei insegnamenti?” mi ha chiesto, sorridendo di fronte alla mia evidente perplessità di fronte a quella domanda “Io ho insegnato a te e agli altri allievi il corso della natura, facendovi vedere che la vita dei fiori inizia a primavera e finisce in autunno ma vi ho anche insegnato che la loro è una morte apparente perché la loro vita ricomincia in primavera” “Ma la vita ,maestro, la tua vita, quella non ti potrà mai essere restituita” ho replicato io con le lacrime che mi colavano dagli occhi, incontrollabili e lui ,sorridendo in un modo che non scorderò mai, mi ha risposto che lui riavrà la sua vita perché continuerà a vivere nel mio cuore se ne sarò degno. Non avrei potuto essere più commosso e felice insieme ma quando andò via non riuscì più a frenarmi. Ho pianto molto quella notte, con l’unico desiderio di congiungermi a lui.
Ha pagato, te lo dico subito che ha pagato per il suo tradimento e per l’omicidio del mio ,anzi, del nostro maestro con la speranza che adesso stia soffrendo le pene dell’inferno più orribili per ciò che ha fatto. Quando io e i miei amici abbiamo ritrovato la pergamena e l’ho guardata, sono rimasto di sasso: invece di leggere il precetto dell’ Aria, c’ ho trovato scritta una perfetta scemenza. Mi sono andato a rivolgere alla scuola maggiore e loro mi hanno spiegato l’inghippo, imponendomi però di tenere la bocca chiusa. Mi raccomando, acqua in bocca, sorella! Il tuo affezionato fratello Goemon”
Impassibile, infilò la lettera nel plico e poi lesse l’altra, scritta da Miyuki un mese dopo:
Carissimo fratello mio,
ho ricevuto la tua lettera con il famoso cofanetto e ti dico subito che ha prevalso la curiosità di sapere quello che voleva dirmi il mio ,usando le tue stesse parole, rompiscatole fratello maggiore. Ti confesso che quando ho finito di leggere la lettera sono rimasta così tanto a lungo a guardare quel cofanetto che ho finito col bruciare il pranzo: il riso si era talmente attaccato che non ho potuto lavarlo subito, così l’ho messo da una parte, ripromettendomi beninteso di ripulirlo più tardi per poi ,al momento più opportuno e comunque troppo tardi, ricordarmi che l’avevo messo nel posto meno adatto per sistemarci un oggetto che non fosse destinato a scomparire dall’ambiente domestico, non so se mi sono spiegata. Ti ringrazio per la fiducia dimostratami e ti assicuro che darò il massimo per proteggerlo. Mi ha molto rattristata la scomparsa del maestro; era un uomo buono e non meritava la fine che mi hai raccontato. Perché Jinkuro ha fatto questo? Come ha potuto farlo? Il maestro voleva bene a tutti gli allievi, anche a lui e sono sicura che anche Jinkuro ne volesse al maestro prima che il suo animo si corrompesse per il più meschino dei motivi: il desiderio di potere. Perché, Goemon? È triste che i sentimenti vengano distrutti e calpestati da cose così futili. Perché, Goemon, PERCHÉ? Sono stata anche io giù da quando mi hai detto della scomparsa del maestro, se ne è accorto anche Michelangelo. Sai quel ragazzo italiano albino che si allenava con noi? Da quando abbiamo finito la scuola, ci siamo mantenuti in contatto, ogni tanto usciamo anche insieme. Non so dirti perché ma ho l’impressione ,da come mi guarda, che io gli interesso e devo confessarti che mi è molto simpatico, più degli altri ragazzi. Ti farò sapere, ciao ciao!! Miyuki.                 
Quanta dolcezza c’era nelle sue lettere, la stessa che aveva nei rapporti con gli altri e che Raffaele aveva ereditato, anche se dovette ammettere ,non senza un pizzico di bonaria e triste malignità, che il giovane non aveva ereditato il carattere svampito ed imbranato ,quasi rasente l’idiozia, della madre. Mentre riponeva la lettera, guardò Raffaele, che il quel momento era impegnato a guardare il panorama dal piccolo finestrino vicino a lui all’altezza del viso, quest’ultimo incorniciato da capelli bianchi rasta. Guardandolo, gli venne da pensare che era suo nipote ergo il figlio di sua sorella, che né lui né Raffaele avrebbero mai più rivisto; se per Goemon era triste in quanto si trattava di sua sorella, non riusciva ad immaginare come si sentisse Raffaele che aveva perso sua madre e sua sorella gemella, a proposito, come si chiamava? Ah, si, Mina. La cosa gli provocò un  senso di vergogna: quando aveva visto il filmato si era esclusivamente preoccupato di Miyuki, senza prestare la minima attenzione all’omicidio di sua nipote. E tutto per colpa di Hikijo. Un momento. Era davvero solo colpa di Hikijo? Lui voleva vendicarsi e aveva usato un mezzo orribile per compiere in parte la sua vendetta ma c’era anche un'altra cosa che aveva decretato la condanna a morte delle due donne: il fatto che fossero in possesso della pergamena. E chi aveva consegnato loro la pergamena? Lui. Riprovò la stessa sensazione che aveva provato quando aveva visto il suo maestro in fin di vita, vedere morire sua sorella in quel filmato che gli era stato crudelmente spedito e vedere quasi morire suo nipote, che adesso, ignaro dei suoi processi mentali, gli stava tranquillamente seduto accanto, invece di insultarlo o di odiarlo per aver affidato il rotolo ,mettendole in pericolo, la sua famiglia. Raffale non lo odiava, anche se ne avrebbe avute tutte le ragioni. Gli voleva bene e lo dimostrava ampiamente. Lo guardò più intensamente, come se con questo sperasse che il giovane si voltasse verso di lui e cominciasse a dirgli tutto quello che un giovane ,accecato dal dolore per la perdita dei suoi familiari, potesse dire, in modo da alleggerirsi il senso di coscienza ma Raffaele non si voltò, continuando a guardare con sguardo sereno davanti a sé. Seppe subito cosa fare. “Vengo subito” disse e alzatosi dal sedile andò giù in fondo dove sulla destra e sulla sinistra trovò rispettivamente il bagno per donne ed uomini. Entrò nella sufficientemente grande toilette, volgendo un aria disgustata intorno: quest’ultima dava la migliore idea del bagno sporco: l’acqua era a terra sia sotto il lavandino ,soprattutto lì, ed intorno al water, provocando alla vista qualcosa di molto simile alla nausea. “Che schifo” pensò disgustato guardandosi intorno. Si mise davanti allo specchio messo sopra il lavandino e fissò ,in realtà senza vederlo, con sguardo severo la sua stessa immagine mentre le mani erano strette intorno alle manopole del rubinetto mentre la mente gli si riempiva di ricordi e rimorsi. Era talmente concentrato a rimproverarsi dei suoi presunti errori, ad interrogarsi sul suo operato, che non si era minimamente accorto di aver messo i piedi ,praticamente nudi ,in quanto aveva sempre indossato le cinesine, sull’acqua. Solo quando scivolò si accorse dell’errore commesso. Nel tentativo di non perdere l’equilibrio, si aggrappò con più forza ma nello scivolare i polsi fecero schizzare l’acqua, il quale colpì ,bagnandolo, una parte del vetro dello stretto, rettangolare e chiuso finestrino posto accanto al water. Come ipnotizzato, guardò l’acqua schizzata sul finestrino, che aveva una forma strana: un grumo, lo stesso grumo di sangue che ha macchiato la parete quando il sangue e il cervello di Mina sono schizzati fuori a causa di quel maledetto proiettile e anche adesso sanguina, sanguina sulla parete e sanguinerà per sempre nella coscienza del reale assassino di quelle due donne: lui, Goemon Ishikawa.

Tu ,Goemon Ishikawa, sei il colpevole della morte di tua sorella e di tua nipote.
Assassino!!  
Assassino!!
Due volte sei assassino.
Che questo sangue possa ricaderti addosso per la tua negligenza e stupidità!!
E tu che eri stato destinato a proteggere la pergamena, uno dei più grandi segreti delle arti marziali, hai condannato a morte tua sorella e il sangue del suo sangue.
Goemon Ishikawa, vuoi sapere la verità? L’unica e vera verità?
Tu…non… vali.. niente… né…come...persona…né come samurai. In poche parole sei…un…fa-lli-to.
Fa-lli-to!!

Quelle parole gli rimbombavano spietatamente nel cervello, la sua coscienza gli urlava ,sempre più alterata, la verità. Si tappò le orecchie, sperando di tappare anche la voce della coscienza e così non sentì la voce satura di preoccupazione e spavento di Raffaele che dall’altra parte della porta lo scongiurava di rispondergli mentre picchiava freneticamente il pugno sulla stessa. Sentiva dei rumori ma credeva che fossero quelli del suo cuore, il quale in quel momento batteva ad un ritmo accelerato mentre i polmoni divoravano con ingordigia l’aria puzzolente di chiuso che si poteva respirare solo lì dentro. “Miyuki, Mina, perdonatemi, non mi sono reso conto di quello che ho fatto” balbettò piangendo mentre le ginocchia lo facevano sedere sul water. Raffaele dall’altro lato non sentendo risposta si guardò velocemente intorno, non vide nessuno. Si avvicinò alla porta del bagno delle donne, alzò la gamba destra, fino a far combaciare col tallone il sedere e la punta del piede col bacino e per poi distendere tutta la gamba di scatto, facendo urtare la pianta del piede con la porta la quale, con un rumore sordo si staccò dai cardini. Entrò dentro, attento a non scivolare e si trovò davanti ad uno spettacolo che lo lasciò senza parole: Goemon seduto sul water a piangere e non sembrava essersi accorto della sua presenza. Gli si avvicinò, accovacciandosi in modo da poterlo vedere in volto mentre gli toccava una spalla e lo chiamava il più gentilmente possibile. Solo allora Goemon osò sollevare lo sguardo. “Goemon, cosa c’è?” gli chiese Raffaele preoccupato ma anche stupito di un simile comportamento “È colpa mia. Io ho consegnato la pergamena a Miyuki, l’ho messa in pericolo e ti reso orfano.” sulle prime Raffaele non seppe cosa diavolo rispondergli ma non perché non sapesse cosa dire ma perché non si aspettava che Goemon gli dicesse una cosa simile “Ma ,Goemon, non è stata colpa tua. Tu sapevi quanto Miyuki desiderasse proteggere la pergamena e non hai fatto altro che esaudire il suo desiderio, per di più ,cosa che io trovo meravigliosa da parte tua, nel giorno del suo compleanno, avvenimento che gli hai reso ancora più splendido con quella sorpresa. Aspetta, fammi finire ,disse alzando una mano per impedirgli di interromperlo poiché Goemon aveva aperto bocca e tra l’altro adesso che sapeva cosa dire non doveva farsi interrompere perché rischiava di dimenticarsi qualcosa, lei sapeva che pericoli correva tenendo sotto la sua protezione quel cofanetto ma non si è tirata indietro, li ha accettati serenamente e anche quando è morta ,l’hai visto, non ha mostrato pentimento nel fatto di aver svolto il compito destinato a te. È stata coraggiosa, una vera Ishikawa con la mia degna sorella Mina. Sono morte con onore e con coraggio insieme e in questo momento sono sicuro che ci stanno guardando e non staranno apprezzando la tua reazione e i tuoi ingiustificati sensi di colpa. Loro non ci sono più ma sono morte con lo stesso coraggio che le contraddistingueva da vive e il massimo torto che potresti fare loro sarebbe quello di piangerti addosso e di comportarti da perfetto idiota perché ,detto in tono papale papale, è quello che stai facendo mentre dovresti invece essere fiero di loro e portarti nel cuore il loro ricordo per quello che erano. E adesso puoi parlare però lo facciamo seduti su qualcosa di più comodo e in un posto meno puzzolente” e dicendo questo sotto lo sguardo incerto di suo zio si alzò e si diresse verso l’entrata varcando una ,ormai inesistente, porta “Raffaele?” la voce incerta di Goemon lo fece voltare “Mh?” “Che cosa significa il termine “papale, papale?” di fronte a quella domanda, Raffaele non potè fare altro che sorridere: sentiva che l’anima di Goemon adesso era realmente in pace e ,in qualche modo, anche quella di Miyuki. Quando se ne andarono, uscì dal suo nascondiglio una persona indossante un pastrano di colore marrone e un cappello dello stesso colore; quest’uomo ,guardando i due allontanarsi, sorrise in un modo strano mentre le sue labbra si muovevano silenziosamente, formando la frase “Quel ragazzino l’avevo giudicato un avversario da poco ma ,a quanto pare, mi sono sbagliata.” In mezzo al lieve rumore provocato dall’aereo in volo si sentì un bip-bip prima che una voce calda e morbida annunciasse ai passeggeri il buongiorno: “Preghiamo i signori passeggeri di attaccarsi le cinture di sicurezza in quanto stiamo per iniziare la manovra di atterraggio, chiedendo altresì in caso di emergenza di chiamare le hostess con il campanello sistemato vicino ad ogni sedile, evitando di alzarsi.” “Raffaele, svegliati, stiamo per atterrare” disse Goemon toccando la spalla del nipote, il quale ,dopo qualche evidente riluttanza a svegliarsi, si stiracchiò, sottraendosi alle braccia accoglienti di Morfeo. “Allora, ragazzi, disse Lupin bello pimpante voltandosi verso i due samurai, dove si trovano le palestre minori dell’Acqua, della Terra e del Fuoco?” “Sono qui, ad Honshu ma in posti diversi e significativi.” rispose Goemon “Come ci arriviamo?” chiese Fujiko, guardandosi intorno spaesata “Chiedete a mio nipote, è lui che ci farà da guida in quanto io non torno da queste parti da troppo tempo” disse subito Goemon indicando il ragazzo “Credo che la cosa migliore da fare sia quella di andare a Yokohama, nella parte sudorientale dell’isola, dove si trova la scuola Hi” “Guida, ti spiace parlare la nostra lingua?” chiese con tono ironico Lupin “Lo stile del fuoco ,spiegò il giovane con sguardo compassionevole, e se non ricordo male c’è l’autostrada Tomei Kosoku Doro che porta lì. Venite, prendiamo un taxi.” e dicendo questo si incamminò ,seguito dagli altri, verso una delle macchine. Tra i tanti taxi che partirono quel giorno, uno portò tre uomini, tutti e tre poliziotti, nella stessa destinazione di Lupin e gli altri mentre un altro scortò tre passeggeri ,un uomo elegantemente vestito con il viso affilato e i capelli marroni accompagnato da un giovane vestito con un  kimono nero e i capelli lunghi e un'altra persona non meglio identificata, a Nagoya, in una villa che era stata precedentemente teatro dell’omicidio di Miyuki e Mina Ishikawa.
“Senti Raffaele ,disse Lupin voltandosi indietro verso il sedile posteriore per vedere il ragazzo incastrato tra Goemon e Jigen, accanto al quale c’era Fujiko, fortunatamente i taxi giapponesi erano più larghi sul sedile posteriore rispetto alle altre macchine, visto che ci fai da guida, che ne diresti di parlarci un po’ di Yokohama?” disse accompagnando la domanda con un sorriso che era difficile capire se fosse da presa in giro oppure detto seriamente “D’accordo. Bene ,disse mentre il taxi sfrecciava sull’asfalto bollente e tutti gli occhi ,tranne quelli del taxista, puntavano su di lui, Yokohama è la seconda città del Giappone nonché il capoluogo della prefettura Kanagawa, posta in Kanto. Era una piccola città abitata da pescatori fino al termine del periodo Edo, durante il quale il Giappone non aveva ancora allacciato rapporti commerciali con gli altri stati; solo quando nel 1854 un commodoro americano entrò nella città con la sua flotta il Giappone fu costretto a firmare un trattato per l’apertura di alcuni porti per il commercio estero. Yokohama fu scelta come sede per l’istituzione di uno di essi. Ora ,continuò dopo una pausa, il porto di Yokohama fu aperto nel 1859 e divenne in poco tempo iol centro del commercio estero in Giappone anche grazie alla sua vicinanza a Tokyo. Durante il periodo Meji ,o meglio, durante la restaurazione Meji il famoso portò si specializzò anche nel commercio della seta per poi nel 1872 fu costruita la prima ferrovia giapponese tra Tokyo e Yokohama. Nel 1923 fu devastata da un forte terremoto e durante la seconda guerra mondiale fu anche bombardata dagli americani ,all’anima degli stronzi, commentò a bassa voce, si scusa, Goemon, aggiunse subito sentendo tossire con tono severo quest’ultimo, concludo dicendo che adesso Yokohama fa parte insieme a Tokyo e Kawasaki della grande megalopoli giapponese” “E io aggiungo che siamo arrivati” intervenne il taxista fermando la macchina. “E adesso?” “Fuma il Fuji dalla cima, nessuno sa perché quassù, lo san le bimbe di Mishima, che ardon d’amor lassù” replicò il ragazzo recitando un canto molto popolare dei mulattieri giapponesi gustando le facce trasecolate dei suoi compagni, l’unico a rimanere impassibile fu Goemon. “Sul monte Fuji?! Dobbiamo salire lì?” domandò sconvolta Fujiko seguita a ruota da Lupin e Jigen, il quale non disse niente, limitandosi a far cadere la sigaretta a terra “Ci sono degli autobus che portano lì, essendo quel vulcano un luogo sacro ed oggetto di continui pellegrinaggi” parlò improvvisamente Goemon “Io non vengo con voi, mi consumerei le scarpe” replicò Fujiko incrociando le braccia e distogliendo lo sguardo con il naso in aria “Se solo per questo, posso portarti in braccio io, cherì” disse subito Lupin con un largo sorriso allungando le braccia ma uno schiaffo ben dato ,a giudicare dalle cinque dita stampate in faccia, lo fecero cadere a terra, tra le risate silenziose degli altri. Stavano camminando da una buona mezz’ora, in mezzo al sentiero che avrebbe portato dopo un ora verso la punta innevata, immersi intanto in un profondo silenzio con il lieve cinguettio degli uccellini e il profumo emanato dall’erba mentre guardando a destra si poteva godere di un panorama bellissimo: tutta l’isola sembrava così piccola con i suoi grattacieli e i suoi porti, un puzzle fatto di tanti pezzi piccoli circondato dal mare blu scuro e il sole che illuminava solamente il paesaggio di sotto, lasciando loro al fresco e all’ombra dato dagli alberi dando al gruppo l’impressione di essere esseri che guardavano ,isolati da tutto, il mondo sotto di loro. Goemon e Raffaele ,instancabili, fianco a fianco e in testa guidavano il gruppo, che in quel momento sembrava aver perso la sua vitalità “Ma non potevano metterlo da un'altra parte questo benedetto dojo?” commentò Jigen infastidito “Via, Jigen, guarda che panorama meraviglioso” disse Lupin invitante indicando con un teatrale allargamento del braccio il panorama “Mi godrei pure il panorama se non fossi stanco” replicò lui guardando torvo l’amico “Coraggio ,pappemolli, tanto siamo arrivati” disse strafottente Raffaele voltandosi indietro per indicare a sinistra quello che sembrava un altro sentiero, messo in maggior evidenza ,proprio all’inizio, da due colonne bianche reggenti un'altra trasversale. Goemon si fermò proprio sotto, immobile a fissare quelle colonne con tale intensità da dare l’impressione di essere perplesso o smarrito “È questa la strada, vero, Goemon?” domandò con voce serpentifera la donna “Queste colonne mi ricordano quando venni qui, sono passati tanti anni” disse più a sé  stesso che agli altri con voce piena di malinconia mentre gli occhi guardavano il sentiero che gli si parava davanti. Detto questo continuò a camminare. In fondo si poteva vedere un gigantesco portone nero con al centro un blasone costituito da una lingua di fuoco rossa ,talmente ben fatta da sembrare vera, chiusa da un cerchio. Sembrava che nascessero direttamente dai lati del portone le mura che circondavano il dojo, formato ,guardando da fuori, presumibilmente da un cortile e anche un castello giapponese di tipo medievale. Goemon si avvicinò, prese uno dei battenti e picchiò con forza. Dopo un attimo, le mura del portone si spalancarono, lasciando vedere un enorme cortile in cui ,schierati in modo ordinato come cioccolatini dentro una scatola cioè con la perfetta distanza l’uno dall’altro, c’erano non meno di una quarantina di giovani indossanti un kimono rosso fuoco. Questi ultimi eseguivano i comandi del maestro, che stava sotto il portico, l’entrata di quello che era stato a ragione identificato come castello e che fungeva da casa a tutti. “Aspettate qui” disse Goemon e senza dire altro si diresse verso il maestro, lasciando gli altri a guardarlo allontanarsi. “Abbiamo fatto tutta questa strada e poi non possiamo neanche sentire le informazioni che gli darà il suo maestro?” sbuffò scocciata Fujiko facendo atto di avvicinarsi “Resta dove sei ,replicò severo Raffaele, è legge che nessuno ,all’infuori degli allievi o dei suoi aiutanti, parli col maestro a meno che  uno dei sempai ,le cinture nere più anziane aiutanti del maestro, non faccia da tramite. Né io che non sono allievo di questo stile né voi possiamo avvicinarci e parlargli. Di fatti qui non viene nessuno a parte le reclute.” Intanto Goemon si era avvicinato tranquillamente al maestro, il quale vedendolo, senza interrompere l’allenamento, in quel giorno consistente nello Iaido, fece un gesto silenzioso ad uno dei sempai che gli stavano affianco, il quale si affrettò ad andargli incontro. “Chi cerchi?” gli chiese “Sono Goemon Ishikawa, allievo di questo dojo al tempo del maestro Momochi. Dovrei parlare con il maestro, è una cosa molto importante” “Tanto urgente da far interrompere l’allenamento?” gli chiese il sempai con sguardo e modi freddi “Il Grande Segreto è in pericolo” replicò Goemon con una lieve nota d’urgenza nella voce, quelle parole fecero perdere il contegno freddo del sempai “Aspetta” e dicendo questo risalì le scale, si avvicinò al maestro che ,sempre senza dire una parola, lasciò la direzione dell’allenamento all’aiutante alla” sua sinistra e si avvicinò a Goemon. Lo guardò con attenzione per poi rivolgere lo sguardo ai suoi compagni, che lo aspettavano più o meno pazientemente e fece un piccolo cenno di approvazione “Vedo che i tuoi amici rispettano le regole della nostra scuola” commentò con voce profonda e lenta mentre si accarezzava con una mano il pizzetto argentato mentre fissava interessato il giovane samurai davanti a lui con sguardo cordiale. Chiunque avrebbe collegato il suo aspetto con una robusta e giovane quercia nonostante l’ evidente età di sessant’anni. La testa ,sebbene coperta da capelli bianchi lunghi fino alle spalle e le sottili rughe all’angolo degli occhi, mostrava una sorta di vigore e sicurezza di sé, oltre ad una certa imperturbabilità mista a serenità dell’animo. Il corpo era altrettanto robusto ed emanante vigore: le braccia, le mani e il tronco ricordavano appunto tronchi d’albero. Il kimono che indossava rosso fuoco come tutti gli altri avvolgeva un corpo snello che emanava salute da tutti i pori. “Vieni con me” disse a Goemon, portandolo dentro il castello e lasciando i sempai fuori. Passarono attraverso un corridoio lunghissimo, in cui c’erano le stanze degli allievi, alla fine girando a destra si vedeva una gigantesca porta, perennemente aperta, da cui proveniva un forte odore di incenso. Entrarono, trovando sulla destra la statua gigantesca di un Bodhisattva, ai lati del quale c’erano degli incensieri. “Dimmi” disse il maestro di fronte alla statua unendo le mani in preghiera e chiudendo gli occhi “Il Chi è in pericolo. Uno dello stile Kuroi Kuuki sta cercando le sacre pergamene ed è aiutato da una persona che riesce a compiere delle azioni soprannaturali” il maestro non cambiò l’espressione serena in viso “La persona che aiuta quest’uomo dello stile Kuroi che tipo di cose sa fare?” “Quella bambina riesce a fare cosa collegate col Chi, può aumentare il calore di una stanza rendendo bollente la sua mano, può far svanire le persone” l’espressione del maestro si incupì “A volte gli spiriti malvagi preferiscono indossare la maschera dell’innocenza per assicurarsi di poter operare più a lungo. ,commentò il maestro aprendo gli occhi per guardare la statua, la quale aveva un aria dolce; dopo un lungo silenzio, La scuola Hi si trova nell’Africa Orientale non posso dirti altro in quanto serve per dimostrare quanto desideri che il Grande Segreto non vada in mani sbagliate, se sarà nel tuo destino e davvero ti mostrerai tenace, la troverai anche senza ulteriori suggerimenti.” “Grazie, maestro” rispose Goemon inchinandosi e facendo atto di ritirarsi “A volte è necessario fare ciò che non vorremmo fare” continuò il maestro a suo indirizzo prima di cominciare una lenta preghiera che accompagnò Goemon finchè non uscì dal castello. “Allora, Goemon?” gli chiese Lupin andandogli incontro insieme agli altri “Africa Orientale” rispose il samurai “Dove?!” ripeterono, speranzosi di non aver capito mentre Raffaele esprimeva i suoi sentimenti alla notizia mandando un gemito “Africa Orientale” replicò spietato Goemon uscendo dal dojo.
Intanto alla famosa villa in cui adesso risiedevano Kanemoti e Hikijo, nel salotto insieme a loro c’erano quattro personaggi, tutti e quattro con un kimono nero come Hikijo. “Bene, ragazzi, sono contento che abbiate risposto così rapidamente alla chiamata. Com’è essere al governo di tutta la mafia, Liu Kang?” chiese Kanemoti guardando il  giovane samurai alla sua sinistra, con il quale c’era una grande assomiglianza poiché avevano i capelli castani tendenti al biondo e gli stessi occhi color miele. Quest’ultimo ,con un sorriso soddisfatto e pieno di orgoglio rispose “Pensavo che sarebbe stato difficile e invece mi sono trovato bene; i primi anni sono sempre i più difficili ma poi va tutto in scioltezza. Mi diverto molto nel traffico di armi e droga, mi sento molto a mio agio e per di più gli uomini mi obbediscono e ho tutte le donne che voglio. Peccato che mio padre non abbia potuto godersi tutto questo ,continuò con un sorriso un po’ malinconico, ma se lui non fosse morto, io non avrei potuto gustarmi prima la fetta della torta.” concluse tranquillo e con uno sguardo indefinibile “E tu, Kowalski?” chiese Hideyoshi alla donna con i capelli di uno smorto biondo cenere, per niente turbato dell’atteggiamento del nipote “Forse perché non appartengo a nessun clan mafioso, ma alcuni uomini non hanno voluto starmi a sentire e ho dovuto usare un po’ di persuasione” “Hai fatto bene, bisogna sempre farsi rispettare.” intervenne convinto e con aria severa Liu Kang “E voi, Pycal e Nemesi Wolf?” riferendosi rispettivamente alla donna con i capelli neri con due ciuffi rossi ai lati del viso e all’altra con i capelli biondi, le quali si limitarono a rispondere di non avere avuto problemi, almeno riguardo alla gestione del proprio gruppo poiché la prima dopo aver risposto si mise a tossire per poi sputare una considerevole quantità di sangue, una parte del quale le colò lungo il mento sporcandole il kimono “A quanto pare la tua malattia non ti lascia in pace” commentò impassibile Kanemoti “Vieni, Kate” intervenne Nemesi, la quale prese dolcemente per le spalle l’amica ,senza mostrare alcun disgusto al contrario degli altri, per portarla fuori, comportandosi come se fosse sua sorella la persona che abbracciava  “Ho letto da qualche parte che lo stesso dolore unisce le persone” disse Kowalski guardando la porta appena varcata dalle due donne “Non è per discutere di queste stronzate che vi ho fatto venire qui.,disse improvvisamente infastidito Kanemoti, Adesso state a sentire cosa dovete fare con le vostre squadre. La nostra spia ci ha appena mandato queste succulente informazioni” e detto questo cominciò a parlare, attentamente seguito dagli altri compagni, che in quel momento davano l’impressione di essere tutti perfettamente affiatati poiché niente unisce meglio della vendetta. Nemesi guardò Kate tossire, sputando nella conca messagli di fronte una quantità preoccupante di sangue, la quale in poco tempo tinse di rosso l’acqua presente nel recipiente. “Va meglio, adesso?” provò a chiederle gentilmente mentre una mano le teneva i capelli lontani dal viso “Si, mi è passato, grazie” rispose Kate ,tremante e leggermente sudata sulla fronte, mentre si ripuliva la bocca “Sai ,Nemesi, a volte mi chiedo ,disse mentre fissava l’immagine allo specchio, quando accadrà. Se oggi, se domani, se riuscirò a vendicare mio fratello Pycal” “Il tuo desiderio di vivere è grande, sono sicura che ci riuscirai a farcela” replicò convinta l’amica ma la risposta evidentemente non piacque a Kate “Si, il mio desiderio di vivere è forte, ne sono convinta ma non servirà a fermare la morte inesorabile che mi aspetta. ,qui Nemesi abbassò tristemente il capo, Mio fratello ,quando mi ammalai, ha cercato disperatamente una cura. Non si era arreso, mi teneva al corrente delle sue ricerche e fino a quel momento straordinario ,in cui mi scrisse che probabilmente aveva trovato la soluzione, io ero piuttosto scettica.” “Se posso chiedertelo….” iniziò timidamente Nemesi “Sei mia amica, puoi chiedermi tranquillamente ciò che vuoi” “Che cosa ti aveva scritto? Cioè la soluzione qual’ era?” Kate sorrise amaramente prima di rispondere “Su un isola ,se non ricordo male greca, aveva trovato dei cristalli multicolore che ,una volta messi insieme, davano vita a musiche di vario tipo, difficili da decifrare ma tra queste c’era il canto di Apollo, che aveva grandi poteri taumaturgici. Infatti la musica certe volte viene usata anche per curare certe malattie ,come mi spiegò nella lettera, e mio fratello aveva trovato la salvezza per me, almeno finchè ,qui lo sguardo gli si indurì paurosamente mentre fissava con odio l’immagine allo specchio, vedendoci non sé stessa ma un'altra persona, in quel momento oggetto del suo odio, finchè Lupin non rubò uno dei cristalli, rendendo inutile tutto. Mio fratello gli corse dietro e cercò di farseli restituire ma alla fine ,qui due lacrime gli sgorgarono dagli occhi, fu ucciso” completò con un singhiozzo “Mi dispiace” disse Nemesi colpita toccandogli una spalla “Se dovessi morire prima di riuscire a vendicarmi, lo farai al posto mio?” gli chiese Kate prendendogli la mano “Puoi contarci” le fu risposto subito mentre le mani si stringevano forte.    
“Dove andiamo adesso?” chiese Fujiko “Se posso dare un suggerimento, disse Lupin alzando ad angolo retto un braccio con in cima un solo dito,   consiglio di dividerci in due gruppi, uno capeggiato da Goemon, che andrà alla scuola dell’Acqua e Raffaele alla scuola della Terra” “Non è tanto malvagia come proposta, Lupin” approvò Jigen “Chi va con Goemon?” chiese Raffaele guardando i compagni cercando di trattenere l’emozione all’idea di guidare un gruppo “Lupin e Fujiko andranno con Goemon” intervenne subito Jigen dopo un attimo di silenzio “Ci terremo in contatto col telefonino?” chiese ancora Raffele “Ci vediamo direttamente alla stazione, più precisamente all’entrata” rispose Lupin prima che il gruppo si separasse, con quello di Goemon che si dirigeva alla prefettura di Nagano e Niigata, nella sezione settentrionale dell’isola per raggiungere il fiume Shinano mentre Jigen e Raffaele si dirigevano alla prefettura Gifu come meta il monte Hida. “Ringraziando il cielo, Goemon è il custode di una pergamena quindi conosce l’ ubicazione delle quattro scuole minori in quanto è una cosa che rivelano il giorno in cui viene consegnata la pergamena” pensò Raffaele mandando un sospiro di sollievo allo scampato pericolo di guidare il gruppo per la scuola dell’Acqua, il cui luogo era ignoto. “Com’ è andata a voi, ragazzi?” chiese Lupin raggiungendo Jigen e Raffaele dopo tre ore dall’essersi separati “Abbiamo le notizie tanto cercate ma se sono brutte o no dipende dai punti di vista” disse Jigen mentre la sigaretta mandava sottili ma continui fili di fumo. “La scuola della Terra si trova in Australia” intervenne Raffaele desolato “E l’Acqua in Egitto” commentò rassegnato Lupin “Nell’Africa Settentrionale” disse a bassa voce Raffaele spalancandogli occhi. Tutti si guardarono in faccia senza dire una parola: non c’era alcun dubbio che quella avventura sarebbe stata la più costosa di tutte.         
“Avete capito, vero, ragazzi?” chiese Kanemoti al gruppo davanti a lui che lo ascoltava con la massima attenzione “Si” risposero alzandosi in piedi e facendo atto di andarsene “Mi raccomando, fate tutti come è stato deciso. La vendetta è un piatto che va in genere gustato freddo” disse ancora Kanemoti “E non difficile attendere se lo guardi da lontano sapendo che lo mangerai” intervenne Liu Kang con un sorriso che chiunque avrebbe definito demoniaco prima che si voltasse verso una foto appoggiata sul mobile vicino alla porta d’ingresso e sfoderando la spada velocemente: la foto ,ritraente un uomo con la barba nera che gli incorniciava il viso terminante in un ciuffo sul mento, con un cappello che gli copriva gli occhi, si tagliò in due. “Ti ucciderò, Jigen Daisuke, come tu hai ucciso mio padre” promise a sé stesso il giovane prima di rivoltare con la punta della lama i due pezzi di fotografia e di sputarci sopra con aria di disgusto. Non avrebbe mai perdonato l’affronto che Jigen Daisuke aveva fatto alla mafia, uccidendo il figlio del boss della mafia internazionale ma non era tanto l’affetto verso suo padre a farlo agire così, in quanto non l’aveva mai conosciuto poiché aveva due anni, ma per un elementare regola della mafia: i torti andavano sempre ripagati ed inoltre suo zio avrebbe perso la faccia e il suo potere se si fosse venuto a sapere che lui ,capo della mafia internazionale, non era riuscito a rintracciare un killer da quattro soldi e fargli pagare un così grande e grave affronto. “Mi sembri ultimamente preoccupato, qualcosa non va?” gli chiese ad Hikijo e questi dopo un attimo di silenzio “Stavo pensando a Chi” disse ad Hideyoshi “Non mi dire che ricambi i suoi sentimenti” intervenne Liu Kang senza celare il suo stupore “Nossignore, non li ricambio affatto ma non so come dirglielo” “Ma sei pazzo? Se fai una cosa simile quella è capace di mandarci tutto all’aria! Dopo la fatica che abbiamo fatto sarebbe stupido” “Ma allora che faccio?” domandò disperato “La cosa più semplice: non gli dici niente e non gli fai capire che non provi niente per lei. Cerca di non far morire le sue speranze, anzi cerca di incoraggiarla” “Ma….” provò a protestare “Sta a sentire, maledetto stupido: se la “tua” Chi fa fallire il piano perché sei stato tanto idiota da farle capire che non ti importa niente di lei, ne farai le spese. Questo vuol dire che dovrai fare tutto quello che ti chiederà, anche se dovesse chiederti ,che ne so, di baciarla o di portarla a letto, tu lo farai ma non solo per salvaguardare la tua vendetta ma anche perché se non lo farai, compromettendo la riuscita del piano, ti faccio di peggio io, è chiaro?” scattò Liu Kang passando da un falso sguardo comprensivo ad uno pieno di rabbia ed esprimente comando. Hikijo non potè fare altro che abbassare il capo, sconfitto “Via, via Liu Kang, più garbato ,lo rimproverò Hideyoshi battendogli una mano sulla spalla, coraggio, Hikijo ,l’ incoraggiò paternamente, so che non è un spasso ma cerca di tenere duro, alla fine ,quando non avremo più bisogno di lei, ce ne libereremo. Per fortuna , disse con un ghigno che gli storse i lineamenti, tutti hanno i propri punti deboli” completò scoppiando in una risata a cui si unì quella del nipote. “Dobbiamo girare praticamente per tutto il mondo per trovare semplicemente delle pergamene, ma ne varrà la pena?” domandò Fujiko sbuffando mentre guardava il terreno allontanarsi sempre di più mentre l’aereo si alzava “Beh, cerchiamo di vedere il lato migliore della cosa, Fujiko cara: hai sempre desiderato fare un giro intorno al mondo e adesso lo stiamo facendo insieme” rispose Lupin cercando di circondarle con un braccio la vita “Avrei preferito farlo da sola, almeno non avrei avuto te con le mani che sembrano quelle di un polipo” replicò seccata Fujiko togliendo velocemente una mano dalla borsetta, con cui stava armeggiando. “Via, Fujiko, non essere così cattiva” replicò Lupin fingendo di mettere il broncio mentre cercava di darle un bacio, colpendo il vuoto poiché Fujiko, ,allo stesso modo di un gatto che schiva i colpi di scopa, schivò il colpo, chinandosi in avanti ed alzandosi in piedi nel momento stesso in cui Lupin si chinava velocemente su di lei, nel tentativo di prenderla di sorpresa, con il risultato di cadere sul sedile “Vado in bagno” disse Fujiko seccata seguita da Jigen. “Perché ogni volta mi deve sempre disturbare?” pensò mentre entrava nella toilette e sedendosi sul water mentre riprendeva il telefonino, per accertarsi che fosse tutto a posto. Di fronte alla scritta sullo schermo, che il messaggio era arrivato a destinazione, sul viso gli comparve un piccolo sorriso soddisfatto. Tutto procedeva secondo il piano. “Oscar, devi cambiare le bende” disse Walter “Va bene” rispose questi celando il  fastidio alzandosi e prendendo una piccola sacca in cui erano contenuti i medicinali. “Mi raccomando, non fatevi scoprire; fino ad adesso è andato tutto bene, cerchiamo di continuare così” li supplicò l’ispettore “Tranquillo, signor ispettore, invisibilità è il nostro secondo nome” lo rassicurò Walter mentre si allontanavano “Ti fa molto male il braccio, fratello?” domandò ad Oscar mentre si avvicinavano al bagno. “Dovremo aspettare un po’ ” rispose questi guardando la porta prima di mettersi in attesa, incrociando le braccia ed appoggiandosi ,senza accorgersi, sulla porta chiusa della toilette femminile “Mi fa un po’ male ma lo sopporto bene” rimasero un po’ in silenzio prima che Oscar chiedesse improvvisamente, sollevando lo sguardo dalle sue scarpe marroni “L’ispettore Zenigata è molto diverso dal capo che avevamo prima, vero?” “Si” rispose Walter con un certo fastidio a rimembrare il passato e le stupidaggini fatte “Con il signor Kanemoti erano guai a fallire, non che ti facesse picchiare o uccidere ma ti umiliava davanti a tutti, facendoti sentire un stupido e non diceva mai qualcosa di gentile, al contrario dell’ispettore Zenigata, che è un uomo buono e meritevole di rispetto ed onestà” “Forse con lui non siamo tanto onesti” osservò lentamente suo fratello “A che proposito?” “Al fatto che gli stiamo tenendo nascosto il nostro passato” “Dovremmo dirglielo, dici?” gi chiese dubbioso il fratello “Si” “Scordatelo, il passato è passato. Non serve dire ciò che abbiamo fatto, ora stiamo cercando di redimerci e tanto basta” replicò convinto Oscar sventolando la mano come se scacciasse una mosca, nel tentativo di scacciare con quel gesto anche le parole della sua coscienza, in quel momento approvante la proposta di Walter “Ma…” provò ancora questi “Oh, guarda, sta per uscire” disse subito Oscar indicando la porta del bagno maschile, scostandosi da quello femminile, il quale si aprì a sua volta. Il resto fu un vortice di imbarazzo e di figurato orrore: sulla porta ,con un espressione indiscutibilmente perplessa ed esterrefatta, si stagliava la figura inconfondibile di colui che aveva estratto pochi giorni fa, il proiettile dalla spalla della persona che ,in quel momento, davanti a lui lo fissava ,insieme a suo fratello, completamente ammutolito “E voi che diavolo ci fate qui?” domandò loro Jigen, i quali non seppero che rispondere “Che succede, Jigen?” chiese una voce femminile, proveniente dalle spalle dei ragazzi, i quali ,annientati e con un espressione indefinibile, si girarono per vedere una perfetta sconosciuta dotata di grande bellezza, che aveva l’aria di conoscere bene l’uomo che in quel momento non avrebbero voluto incontrare. “O merda, merda, merda” disse Walter ma non fece in tempo a dire altro perché si sentì afferrare bruscamente per la spalla e tirare via. “Via” sussurrò pallido come un cadavere Oscar partendo a razzo, trascinando nella sua corsa il fratello, che rischiò più di una volta di cadere finchè non ritornarono a posto, sudati e con l’aria colpevole “Che è successo?” chiese loro l’ispettore guardandoli sospettoso vedendoli sconvolti “Nulla, perché?” rispose subito Oscar “Mi sembrate un poco alterati, non è che avete incontrato qualcuno della banda Lupin e vi siete fatti riconoscere?” disse guardandoli con sguardo scrutatore e voltandosi dietro “Ma no, signor ispettore, si sbaglia. Non le abbiamo detto che invisibilità è il nostro secondo nome?” rispose scherzosamente Walter sfoderando un sorriso leggermente ebete “Allora, lui si sta facendo un giro panoramico?” chiese scettico Zenigata indicando Lupin che si stava avvicinando al loro posto “Ahio” pensò Walter toccandosi il viso prima di assumere un aria innocente “Ehilà, Zazzà, come mai qui? Hai vinto un viaggio-premio?” lo salutò con il solito sorriso sornione Lupin “Non fingere di non sapere ,Lupin, sai meglio di me perché sono qui” replicò Zenigata secco. Si guardarono negli occhi per una manciata di secondi “Ci vediamo all’uscita?” gli chiese Lupin facendo atto di andarsene con un sorriso strafottente “Contaci” gli rispose Zenigata sorridendo a denti stretti. Vedendolo così tranquillo, i due fratelli tirarono un sospiro di sollievo prima che le loro facce rilassate mutassero in un espressione di dolorosa sorpresa, a causa dell’improvviso emicrania scoppiata nelle loro teste ,o meglio, sulla sommità. “Bene, Lupin. Dove credi che sia la scuola maggiore della Terra?” domandò Zenigata dando un occhiata al territorio australiano che li circondava che rispondeva al nome di Canberra, la capitale. “Lì” rispose Lupin indicando un bar lì vicino “Dubito fortemente che si trovi in quel bar il dojo che cerchiamo” stava per dire scettico Oscar ma Fujiko lo anticipò ,guardandolo quasi arrabbiata “Ti pare questo il momento più adatto per pensare al cibo?” lo rimbrottò “A stomaco vuoto non si riesce a pensare ed inoltre dobbiamo riflettere per cercare di trovare subito il dojo. Non possiamo permetterci di perdere troppo tempo” spiegò tranquillo Lupin “Il solito Lupin” commentò sorridendo Raffaele mentre lo seguiva. L’interno era decisamente allegro: un’allegra canzoncina si diffondeva nell’aria insieme all’odore del cibo tenuto al caldo dalle varie confezioni appoggiate sul bancone. Si sedettero ad un tavolo quasi vicino alla porta per essere immediatamente avvicinati da una cameriera di diciotto anni, la quale ,con un sorriso gentile ,che si incrinò leggermente per lo stupore vedendo Raffaele a torso nudo, chiese loro cosa volessero mentre una mano con unghie lunghi laccate di rosso si sistemava una ciocca di capelli neri dietro l’orecchio. Prima che Lupin potesse parlare, Raffaele rispose subito “Potreste portarci sei caffè e due tazze di thè, per favore?” rispose per tutti “D’accordo, signori e benvenuti a Canberra” rispose cortese la ragazza allontanandosi per tornare dietro il bancone e mettersi a preparare tutto “Per favore, mi è venuta in mente un idea. Non dite una parola, fate finta di essere praticamente muti e lasciatemi fare. Ispettore Zenigata, quando farò due con le dita della mano sinistra lei mi dica questa frase “Solo zone importanti” “Che devo dire?!” gli domandò esterrefatto l’ispettore che non aveva capito una parola della frase  in lingua straniera che Rafaele gli aveva detto “È italiano, ho detto solo zone importanti” ripetè. I suoi compagni vedendolo così sicuro si limitarono ad accennare col capo “Come sa che siamo stranieri?” chiese perplesso Oscar a bassa voce “Deve averlo capito dall’accento e anche dalla nostra aria spaesata. Una persona che abita qui non si guarda in giro con l’aria di non sapere dove girare la testa” gli rispose Goemon. Sentendosi dire quelle parole guardò la ragazza con aria intensa mentre il cervello lavorava freneticamente: quella donna aveva l’aria molto ingenua, inoltre era del posto quindi poteva darsi che Raffaele…..“Scusami, potrei porti una domanda?” le chiese Raffaele mentre la ragazza appoggiava il vassoio sul tavolo “Se potrò risponderti, ben volentieri” rispose la ragazza e mettendosi in ascolto senza badare agli sguardi leggermente preoccupati degli altri clienti seduti vicino all’albino, il quale riprese “Come hai già capito, siamo appena arrivati qui e non siamo molto pratici del posto. Le persone qui con me ,spiegò indicandoli, sono petrografi e minerologi. Beh ,per non fartela tanto lunga, la guida che avevamo pagato non si è presentata e loro non conoscono nemmeno la lingua. Ora, loro stanno cercando zone particolarmente rocciose, desolate… Sai dirci qualche cosa in proposito?” le chiese guardandola cercando di nascondere l’emozione mentre i suoi compagni celavano a fatica la sorpresa “Beh, le zone rocciose ne potreste trovare a decine” iniziò la ragazza mentre Raffaele appoggiava la testa sulla mano sinistra “Solo in zone importanti” disse l’ispettore rivolto a Raffaele, il quale lo guardò, fece si col capo prima di precisare “Il professore mi ha detto che lui e i suoi colleghi sono interessati solo a zone particolarmente significative, cioè importanti dell’Australia” “In questo caso, vi posso suggerire due posti: l’Ayer’s Rock e il monte Kosciusko, il più alto e roccioso dell’Australia” “Dove si trovano?” chiese Raffaele con le labbra improvvisamente secche e la gola simile a carta vetrata “Sai che l’Australia può essere divisa in tre grandi regioni: a ovest si estende un tavolato di rocce antiche, chiamato Tavolato Occidentale, al centro un vasto bassopiano e ad est un insieme di catene montuose che si allungano presso la costa del Pacifico” “Si” le rispose Raffaele trattenendo l’impazienza “Certamente non ci arriverete mai in macchina, potrete raggiungerle entrambe con un elicottero e lo dico perché in entrambi i posti a parte il fatto che non ci vive nessuno, una macchina non ci arriva per la mancanza di terreno asfaltato, non c’è terreno adatto neppure per una jeep. Però, se mi posso permettere…” disse incerta “Di pure” l’incoraggiò Raffaele “Lascerei stare il monte Kosciusko. Non si può atterrare con l’elicottero, essendo da ogni parte pieno di spuntoni” a quelle parole il cuore di Raffele fece un balzo di gioia: allora potevano solo trovarsi sulle Ayer’s Rock “Credi che possiamo trovare qualcuno disposto a portarci lì?” domandò ancora Raffaele improvvisamente preoccupato di fronte al nuovo ostacolo “Io conosco una persona che potrebbe portarvici, naturalmente sotto adeguato compenso” propose la ragazza dopo aver riflettuto un attimo “Ci faresti un grande favore, credimi” le rispose Raffaele con un largo sorriso e non mentiva. “Adesso chiamo questo uomo e vi mettete d’accordo, okay?” “Okay” rispose Raffaele con un sorriso ancora più largo “Che fortuna sfacciata” commentò contenta Fujiko fregandosi le mani “E che faccia tosta” aggiunse Goemon guardando il nipote, il quale si limitò a fare una spallucciata indisponente prima di prendere il suo the e berlo in un sorso mentre la ragazza si attaccava al telefono posizionato vicino alla macchinetta del caffè. “Comunque credo che sia il caso di passare a dare un occhiata al famoso monte” disse Lupin mentre prendeva il pacchetto di sigarette dalla giacca “Perché, Lupin?” gli chiese Jigen facendo oscillare pericolosamente la sigaretta all’angolo della bocca “Meglio controllare, ho l’impressione che non ci pentiremo di averlo fatto” gli rispose lui frugando nel pacchetto con aria distratta prima di abbassare lo sguardo in tempo per vedersi tirare fuori due dita .….vuote.

   

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Capitolo 10
*** L'incontro di Jigen ***


L'incontro di Jigen “Ecco, vedete? Quello sotto di noi è il monte Kosciusko. ,disse il pilota dell’elicottero cercando di sovrastare il rumore provocato dal movimento orario dell’elica e cercando di mantenere il controllo sull’elicottero a causa del forte vento, è il più grande in Australia, 2230 metri” dicendolo con una nota d’orgoglio nella voce come se stesse descrivendo una sua qualità, preclusa ad altri e concessa soltanto a lui. “Non è possibile atterrare?” urlò Lupin al pilota, il quale sgranò tanto d’occhi prima di distogliere ,sia pure per una frazione di secondo, lo sguardo per puntarlo sull’uomo che gli aveva fatto una proposta ,ai suoi occhi, folle “Sta scherzando? Non vede che la montagna ha picchi dappertutto? Dove potrei atterrare? Inoltre ci sono forti raffiche di vento ,come può avvertire lei stesso, se mi avvicinassi troppo perderei il controllo dell’aereo ed andremmo a sbattere. Per favore, non mi chieda di fare questo. Posso allontanarmi e dirigermi verso le Ayer’s Rock?” “Un attimo ,rispose Raffaele che stava minuziosamente osservando tutto con un cannocchiale guardando dal suo finestrino, ho quasi finito” quando una raffica ,stavolta molto forte, fece scuotere il mezzo. “Dobbiamo allontanarci subito!” disse il pilota cercando di manovrare per liberarsi dal tirannico risucchio della raffica, riuscendoci dopo molti sforzi. “Un bell’applauso per l’abilità del nostro pilota!” propose Lupin battendo le mani, imitato dagli altri. L’ispettore Zenigata ,rimasto imperturbabile al suo posto con gli occhi chiusi per tutto il tempo, li aprì sentendo quel baccano “Incosciente” sibilò con voce flebile. “Adesso dove siamo?” chiese Raffaele rivolgendosi al pilota mentre ammirava insieme agli altri il panorama color ruggine con qualche macchia giallo sbiadito grazie a qualche cespuglio secco che si estendeva sotto i loro occhi: un luogo completamente desolato, con minuscole piante verdi che sembravano formiche verde oliva sparpagliate qua e là e montagnole che per la loro forma e disposizione stranamente ricordavano il pistone di un auto. “Questo sotto di noi è nei pressi dell’ Ayer’s Rock, precisamente fa parte del complesso roccioso dei monti Olga” “Potrebbe atterrare qui?” chiese Fujiko “Non ci sono problemi” rispose il pilota spingendo la leva verso il basso che portò l’elicottero  a scendere docile giù finchè ,con un movimento morbido, tutt’altro che brusco, e creando sul terreno ricoperto di erba secca intorno a sé una specie di aureola a causa del vento creato dal movimento rapido dell’elica, non atterrò. “Forse ci metteremo un po’ ” avvisò Lupin appoggiato di schiena all’elicottero guardando il pilota, che rispose semplicemente “Sono pagato per questo” rispose tranquillo mentre si sedeva di sbieco sul posto pilota per fumarsi una sigaretta “Perfetto ,disse intanto Raffaele allontanatosi di pochi passi per guardarsi in giro prima di raggiungere gli altri, che adesso sembravano un po’ riluttanti riguardo quello che Goemon aveva appena detto “No, io qui non resto sotto il sole. Non se ne parla proprio” disse un irritata Fujiko guardante un impassibile Goemon sotto lo sguardo scocciato di Jigen “Che succede?” chiese Raffaele avvicinatosi “Succede che la nostra Fujiko ha intenzione di piantarci una grana, in quanto le secca restare sotto il sole ,perfettamente sopportabile, a rovinarsi la pelle o qualcos’altro ,rispose Jigen con tono canzonatorio, e aspettare che voi torniate dal dojo.” “Vieni, Raffaele” disse Goemon ,indifferente alla protesta di Fujiko, guardando il nipote, il quale senza dire una  parola si mise affianco a lui per poi cominciare a correre a tutta velocità, allontanandosi in poco tempo. Guardandoli allontanarsi, Fujiko ebbe un gesto di stizza e un verso di disappunto “Beh ,Fujiko, mi sa che ora alcune delle tue informazioni siano incomplete e quindi non potrai fregarci in toto, adesso” la beccò Jigen con un sorriso di scherno, godendosi la sua aria ancora più arrabbiata “Non essere cattivo, Jigen. Sta dalla nostra parte” la difese Lupin guardando severamente l’amico, il quale si limitò a rispondere “Così sembra”. Intanto Goemon e Raffaele ,sempre continuando a correre, scrutavano con occhi minuziosi e acuti quanto quelli di un aquila il luogo, senza trovare o vedere niente. Stavano correndo da circa un quarto d’ora andando sempre avanti ,anche per non correre il rischio di perdersi, e nessuno dei due aveva aperto bocca finchè Raffaele ,persa ogni speranza che fosse lo zio ad intavolare per primo una conversazione, non ruppe il silenzio “Dovremmo incontrare uno degli allievi a quest’ora” gli disse mentre si guardavano in giro senza vedere niente “Come ben saprai, quelli delle scuole maggiori mantengono alcune abitudini delle scuole minori e sono sicuro che quella della scuola Tuti è quella nelle ore più calde di farsi una corsetta finchè non ti senti staccare i piedi dalle gambe” continuò Raffaele prima di fermarsi bruscamente e guardare di fronte a sé, vedendo qualcosa o meglio qualcuno avvicinarsi a tutta velocità “L’hai visto anche tu?” chiese Goemon fermatosi a sua volta ma Raffaele non gli rispose nemmeno, riprendendo la corsa urlando di gioia mentre andava incontro alla piccola nube di polvere che si sollevava a causa del passaggio dei veloci piedi dell’allievo a torso nudo che si stava velocemente avvicinando a loro. “Ehilà, compare!” lo salutò giulivo Raffaele salutandolo mentre l’altro ,accortosi di loro, con aria stupita rallentava gradualmente la velocità fino a fermarsi proprio davanti ai due. “Buongiorno ,salutò il ragazzo con un sorriso che non celava tuttavia lo stupore che l’aveva preso quando aveva visto quegli sconosciuti, state cercando la palestra, vero?” chiese loro asciugandosi il sudore sulla fronte con la manica del kimono che portava allacciato alla vita “Dovremmo parlare con il tuo maestro” rispose Goemon con aria severa “Ah ,rispose mentre le folte sopracciglia bionde si incurvavano quasi a voler raggiungere il naso, dopo una breve pausa, potrei sapere perché?” chiese lentamente osservando con attenzione i due uomini “Riguarda il Grande Segreto” rispose Raffele senza alcuna traccia di scherzo in volto mentre il colore dal viso del venticinquenne sparì per lasciare un bianco spettrale “Seguitemi” riuscì a dire vincendo l’improvviso nervosismo con il relativo balbettio prima di voltare loro le spalle e mettersi a correre, seguito immediatamente dai due. “Eccoci arrivati” disse il giovane indicando davanti a sé una roccia di modeste dimensioni ,alta quanto Raffaele, che ricordava a causa delle azioni deterioranti dei vari fenomeni atmosferici un viso. Sembrava che oltre quella roccia non ci fosse più niente, tutto sembrava essere risucchiato da un qualcosa che stava sotto mentre se si voltava lasciandosela alla propria sinistra si procedeva in zona aperta “Dov’è il dojo?” era la stessa domanda che il nipote avrebbe voluto porre “Venite” rispose il giovane sconosciuto facendo un movimento esprimente comando dirigendosi verso la roccia per poi superarla lasciandosela alle spalle per poi svanire, come risucchiato da sabbie mobili. Quando superarono la roccia lo videro sotto di loro correre a velocità minore rispetto a prima a causa della forte discesa che conduceva ad una valle decisamente più fiorita ,con qualche specie di cactus verde e qualche fiore altrettanto fornito di spine, ma la zona era chiusa da una specie di montagna a U rovesciata infatti in fondo alla valle si vedeva questa montagna grande come una casa ma molto più larga. “Eccoci” disse il giovane allievo una volta raggiunto dagli ospiti indicando l’ingresso del dojo, che i due samurai definirono sarcasticamente molto originale poiché ,come disse poi Raffaele, che stava trattenendo a stento il nervosismo di fronte a quello scherzo idiota, nessuno avrebbe anche lontanamente pensato che quei due cactus posti ad una certa distanza l’uno dall’altro fossero l’ingresso del dojo. Il ragazzo ,senza cambiare espressione di fronte a quelle battute, si  avvicinò ai due cactus e ,rivolgendosi a ciò che stava in mezzo disse “Eduard, puoi lasciarmi il posto. Ti sostituisco io, tu porta subito questi due dal maestro, è importante.” sotto lo sguardo impassibile di Goemon e lo stupore di Raffaele, in mezzo ai cactus si mosse un qualcosa che si rivelò un lenzuolo perfettamente mimetizzante con il colore della montagna prima che apparisse un ragazzo sui trenta, il quale senza dire una parola, passò il lenzuolo al compagno per poi ,guardando gli ospiti, fare loro cenno di seguirlo. Passarono dentro un piccolo corridoio fino ad arrivare ad un grande spiazzo dove venti ragazzi ,tra maschi e femmine,  si stavano allenando a coppie, intenti a scambiarsi pugni o calci mentre altri singolarmente colpivano ora con un pugno ora con un calcio una colonna di legno, tenuta ferma da una base di cemento ed ogni volta che colpivano, tutti emettevano il kiai, in modo da imprimere maggiore potenza al colpo. A parte le femmine ,che portavano un reggiseno marrone, tutti gli altri indossavano come Raffaele solo il pantalone, lasciando scoperto il torso allacciando la parte superiore del kimono attorno la vita. “Aspettate qui” disse Eduard senza l’ombra di un sorriso e si allontanò, scomparendo in mezzo alla folla di allievi “Vivono qui, è possibile?” “A quanto pare usano questo posto per allenarsi, viverci e sia per scoraggiare eventuali malintenzionati” rispose Goemon “Ma qui se si mettono a cucinare il fumo non riesce ad uscire, avvelenando l’aria, come faranno?” “La risposta è molto più facile di quanto non sembri ,ragazzo, talmente facile da essere ovvia” la risposta era stata pronunciata da una voce lenta e grave appartenente ad un uomo col viso più serio che Raffaele avesse mai visto: talmente da sembrare addirittura ostile: nessun sorriso, sguardo arcigno come se fosse contrariato di essere stato chiamato, la bocca era ricoperta da una barba bianchissima, talmente lunga che gli arrivava quasi al petto (avete presente i mormoni?) alla pari dei capelli, lisci e luccicanti come se fossero fatti d’argento. Alla comparsa del maestro e al suo ordine di fermarsi tutti gli allievi interruppero le loro occupazioni e con grande attenzione ascoltarono quanto avessero da dire i due stranieri.
“Questo posto viene usato solo per allenarsi e dormire ed ogni allievo si procura il cibo da solo, quando esce per la corsetta mattutina ma non credo che siate venuti per un giretto panoramico del dojo della Terra, vero? Che volete?” toccò a Raffaele rispondere “Il Chi è in pericolo insieme al Grande Segreto. Vi prego di avvisare il custode della pergamena” spiegò Raffaele sforzandosi di essere cortese e mantenere il sorriso in volto sebbene si sentisse leggermente offeso vedendo che il maestro ,dopo un rapida e fredda occhiata, guardava un punto al di sopra della sua spalla. “Capisco. ,rispose il maestro senza abbassare lo sguardo mentre un sospiro gli sfuggiva dalle labbra, sembrava rassegnato a qualcosa, Vi ringrazio per essere venuti. Faremo in modo che il custode della pergamena vi raggiunga in Giappone, al dojo supremo a Tokyo. Addio” e dicendo questo si allontanò senza attendere risposta mentre gli allievi riprendevano gli esercizi, con più determinazione di prima “Ma tu guarda che scortesia” disse Raffaele a denti stretti mentre venivano scortati all’uscita “Scusatelo ma il suo atteggiamento è legato ad una certa capacità acquisita col Chi.” spiegò Eduard prima di abbandonarli all’uscita. “Avete incontrato il maestro?” chiese loro l’allievo che li aveva portati lì con tono comprensivo “Si, ma non è stato molto gentile” replicò Raffaele ancora offeso “Dobbiamo andare” l’interruppe Goemon guardando il nipote, il quale gli rispose “Un attimo” prima di chiedere all’allievo ,dopo averlo fissato per un po’ di tempo, “Mica mi lasci il tuo numero di telefonino?”.
“Si può sapere quanto ci mettono?” esplose Fujiko senza dare segno di voler cessare la camminata su e giù che aveva lasciato i segni sul terreno vicino all’elicottero “Avremmo fatto meglio a lasciarti in America, Fujiko” rimbeccò Jigen scuotendo il capo prima che i suoi occhi notassero due figure veloci in rapido avvicinamento “Comunque puoi smettere di lamentarti, stanno arrivando” riprese mentre buttava la sigaretta a terra per poi spegnerla col calcagno. “Bene ,ragazzi, disse loro Lupin avvicinandosi insieme agli altri, avete trovato il dojo stando a giudicare dalla vostra ria soddisfatta” Goemon per tutta risposta si diresse verso l’elicottero “Si, l’abbiamo trovato” rispose per lui Raffaele “Era molto lontano da qui?” gli chiese Zenigata “Abbastanza” rispose infastidito Goemon senza degnare poi di una risposta la domanda di Fujiko riguardo l’aspetto del dojo, convincendo gli amici a non chiedere ulteriori informazioni. Dopo un po’, l’elicottero si alzò da terra sollevando polvere per poi allontanarsi e portare i passeggeri all’aeroporto. Arrivati lì, decisero di partire per l’Egitto, dopo aver aspettato circa due ore affinché l’aereo fosse pronto al decollo e altre tre perché uno degli addetti alla cabina di pilotaggio superasse il nervosismo dovuto a quello che era il suo primo volo da pilota.
Quando Hideyoshi sentì il telefonino squillare all’improvviso nell’ampia tasca della sua giacca nera, rompendo il perfetto silenzio carico di attesa calato tra i tre, Hikijo e Liu Kang ,entrambi immersi nei propri pensieri, ebbero uno scatto; “Che dice?” chiese per primo ,eccitatissimo, Liu Kang “Che possiamo dare il segnale di avvio a Kowalski” rispose Hideyoshi con un sorriso cattivo in volto mandando un messaggio alla donna ,la quale un volta ricevuto il messaggio, che le fu causa di un sorriso, sebbene contorto, guidò il gruppo a lei affidato verso l’indicata meta, della quale dopo non ne rimase più niente, a parte cenere, distruzione e ,inevitabilmente, morte: il fuoco ,che stava bruciando tutto, illuminava lo scenario di morte a cui Kowalski ,fredda ed impassibile come una statua, assisteva, con gli occhi che scivolavano insensibili sui cadaveri degli allievi di quella che fu la scuola maggiore dello stile Hi, con la Kalashnikov rovente per l’uso prolungato mentre la sua spada ,appesa ad un fianco, era l’unica cosa che non fosse imbrattata da sangue. Le urla di dolore degli allievi sembravano provenire dappertutto, non solo intorno a lei ma anche dalle mura; “Forse è il dojo che piange per la morte dei suoi ospiti” pensò sarcastica mentre girava in mezzo ai suoi uomini, in cerca come loro di qualcuno che dovesse essere finito o che fingeva di essere morto per salvarsi. Quattro dei suoi uomini le si avvicinarono, trascinando un uomo dai capelli e dalla barba argentati e lunghi e un ragazzo che sembrava un allievo. Kowalski guardò il ragazzo attentamente con i suoi occhi neri come le tenebre mentre una mano con le unghie ben curate saliva ad un orecchio per sistemarsi una ciocca di capelli: stabilì che il ragazzo non potesse avere più di venticinque anni. “Questi due ,signorina Kowalski, fanno parte della scuola” iniziò uno degli sgherri ma fu subito interrotto “Questo ci fa capire il tuo livello di perspicacia” commentò fredda Kowalski prima di rivolgersi al maestro “Lei è Korin Zampei, vero? L’uomo che può vedere il futuro” esalò la donna mentre affidava l’amata kalashnikov ad uno dei suoi uomini “Infatti sapevo che sareste venuti” replicò altrettanto freddo l’anziano maestro “Ma non si è rivelato furbo, se sapeva che saremmo arrivati, perché non ha mandato via i suoi allievi?” gli chiese Kowalski sinceramente curiosa di sapere che cosa gli avrebbe risposto l’uomo  “Sarebbero morti comunque, in quanto non vi sareste fermati finchè non fossero scomparsi tutti. È meglio una morte rapida che due o tre anni di vita passata in mezzo a terrore e fuga.” rispose tranquillo il vecchio mentre gli occhi di Kowalski a quelle parole si strinsero ma non ci mise molto a sorridere “Come può una persona come te mettersi a sorridere?” le chiese il maestro “Nessun cacciatore non sorride di fronte ad una preda di valore” “Le tue labbra sorridono ma sono fredde e vuote come i tuoi occhi. Non c’è un qualcosa che lo renda bello” “Che vorresti dire?” replicò Kowalski “Che il tuo obiettivo è inutile e ti sta rendendo inutile. La vendetta è come uno di quei camini che sembra che riscaldino meglio di tutti ma nel frattempo consumano tantissima legna, finchè ,dopo che hai consumato tutto il legno a disposizione, non ti rendi conto di essere rimasto a mani vuote, in tutti i sensi.” “Lasciateli” replicò Alexis ottenendo che Korin e l’allievo fossero liberi di muoversi, sebbene i mafiosi presenti a quell’ordine mostrarono stupore “Scusa se non continuiamo la conversazione di prima ,credimi, era molto interessante ma noi avremmo fretta. Sono curiosa di vedere se avrai il coraggio di uccidere con le tue stesse mani il tuo allievo per impedire a noi di fargli del male” continuò la donna facendosi passare un coltello per poi lanciarlo al maestro, che l’afferrò al volo mentre uno sguardo triste gli velava gli occhi, i quali fissavano ora la lama, ora l’allievo che ,perfettamente consapevole di quanto gli stesse per accadere, lo guardava sorridendo. Con un sospiro esprimente tutto il dolore che provava, il maestro si avvicinò all’allievo, il quale gli voltò le spalle, mettendosi seduto per terra. Si chinò su di lui, con una mano gli tenne ferma la fronte mentre con l’altra cominciò a recidergli le arterie agli angoli del collo fino a raggiungere quella al centro mentre il sangue schizzava a profusione, macchiando la terra, la veste bianca del maestro e lo stesso allievo, il quale si agitava a causa degli spasmi, facendo venire in mente ai presenti un pesce fuori dall’acqua ma nessuno osò ridere in quanto Kowalski lo aveva esplicitamente vietato, difatti quest’ultima osservò la morte dell’allievo con freddezza ma anche con rispetto, lo stesso con cui osservò il maestro appoggiare a terra l’allievo prima di sgozzarsi con le sue stesse mani. Si avvicinò ai corpi, li osservò e non potè fare a meno di stupirsi per tutto il sangue che era uscito fuori: davvero un corpo possedeva dentro di sé tutto quel sangue? Chissà se sua madre ,Karen Kowalski, al momento della morte era così sporca di sangue. Le parole di Korin le erano scivolate addosso, non le avevano fatto il minimo effetto ma tuttavia sentiva di provare rispetto per quell’uomo “Hai avuto un grande coraggio, Korin. Molti ti conoscono come un uomo insensibile ma in realtà la tua freddezza era dovuta al troppo sapere che possedevi: vedere il futuro, quindi sapere prima. Hai avuto il coraggio di sopportare tutto questo da solo, facendolo sapere solo ai tuoi allievi, i quali pur potendo salvarsi la vita, hanno preferito starti accanto fino alla fine e tu alla fine hai anche trovato il coraggio di uccidere un tuo allievo per risparmiargli il dolore e l’umiliazione che i miei uomini gli avrebbero sicuramente inflitto.” pensò la donna guardando i cadaveri prima di alzarsi ed allontanarsi.                      
“Lupin?” la voce di Jigen ,seduto vicino a lui, lo distolse dai suoi pensieri e anche dall’ammirazione del panorama, che a mano a mano che il sole calava si ricopriva di una coltre blu scuro “Mh?” “Cosa c’è?” gli chiese ancora l’amico mentre gli accendeva una sigaretta “Stavo pensando.…” “A cosa?” “Dove potrebbe essere il dojo dell’Acqua” “Non pensi nemmeno tu che sia il Nilo, vero?” “Sarebbe troppo scontato” rispose Lupin guardando l’amico “Quale fiume potrebbe essere altrettanto importante?” intervenne Zenigata “Ce ne sono ,iniziò Raffaele, seduto dietro Walter e Fujiko e di fianco a Lupin e Jigen, ma secondo me faremmo bene a discuterne quando saremo arrivati. Ora pensiamo a dormire, è stata veramente un giornata molto faticosa” “Ha ragione” intervenne convinta Fujiko e il suo intervento fu sufficiente affinché Lupin ne sostenesse il parere, con grande irritazione di Goemon e Jigen.
“Uhm, non riesco proprio ad immaginare quale potrebbe essere, ce ne sono troppi e non possiamo neanche perdere troppo tempo” commentò sconfortato Lupin grattandosi la testa con aria teatralmente disperata guardando la mappa dell’Egitto stesa sul tavolo intorno a cui si erano riuniti tutti dopo essersi sistemati nella camera d’albergo in cui adesso alloggiavano. “Potremmo anche dividerci, ognuno controlla un fiume e se ha fortuna contatta gli altri” provò a suggerire Oscar “Non è una cattiva idea ,approvò Lupin guardando il poliziotto, faremo così. Chi non è d’accordo parli ora oppure…” “taccia per sempre” completò Jigen.
Il suono del telefonino lo fece ritornare alla realtà, distogliendolo dai suoi pensieri “Jigen?” la voce piena di speranza di Lupin dall’altra parte del telefono gli fece capire che non aveva avuto migliore fortuna di lui “Niente” si limitò a rispondere. Dall’altra parte sentì Lupin esprimere tutto il suo sconforto “Dannazione, ma dove potrebbe essere questo stramaledetto dojo?” “Neanche gli altri l’hanno trovato, vero?” gli domandò Jigen ottenendo come risposta il silenzio “Ci ritroviamo all’albergo” riprese “D’accordo” e dicendo questo il telefonino ritornò al caldo nella tasca del proprietario. “Questo dojo è decisamente introvabile” pensò mentre entrava in un bar lì vicino e si sedeva ad un tavolo, ordinando un whisky. Stette lì per molto tempo, osservando il bicchiere riempirsi ogni volta quasi fino all’orlo di un liquido marrone chiaro, liquido che gli riempiva le nari di un odore forte che ormai conosceva fin troppo bene prima che facesse scomparire il contenuto nello stomaco. Riempì nuovamente il bicchiere fermandosi a metà, con il dito medio che percorreva l’orlo liscio del bicchiere, provocandogli una sorta di piacere al tatto mentre il cervello cercava di lavorare: aveva ,anzi, avevano cercato dappertutto senza risultati. Dove poteva essere? Sollevò lo sguardo dal bicchiere per osservare gli altri clienti ,tutti del luogo. Chissà se avrebbero saputo dargli qualche informazione? Si avvicinò al banco semisferico, aspettando pazientemente che il barista o uno degli inservienti si avvicinasse. Subito gli si avvicinò una donna con un grembiule bianco allacciato alla vita “Lei è straniero, perché non l’ha detto? Sarebbe stato servito prima degli altri” gli disse con l’accento del luogo sorridendogli amichevolmente; prima di risponderle Jigen si scoprì ad osservarla: la pelle era bianca, al punto che la neve sembrava grigia al confronto, i capelli lunghi ,che le scendevano disciplinati fino al torace, erano di un colore molto particolare, sembrava il risultato dell’unione tra il colore blu scuro e il grigio, con le labbra abbellite e rese più affascinanti e sensuali dal rossetto. Ma la cosa che più attirò il suo sguardo erano gli occhi: dal taglio a mandorla e quelle iridi di colore grigioazzurro, abbellite dal passaggio leggero della matita, eseguito con mano sapiente. Non seppe perché ma ebbe l’impressione di averla già vista, ma non seppe dire quando. Comunque, era straniera anche lei “C’è qualcosa che non va? Ha un aria così tremendamente assorta” “Lei è pratica del luogo” era più una domanda che un osservazione “Si, se posso aiutarla…” rispose piuttosto perplessa la donna “Mi sa dire se ci sono scuole d’arti marziali qui vicino? Mi hanno detto che ce n’ è una situata vicino ad un fiume, me ne hanno parlato molto bene ma non riesco a trovarla” “Ho capito ,rispose la donna dopo un breve silenzio passato a riflettere, ma non la troverà mai da solo, ha bisogno che qualcuno la guidi lì.” “Forse lei?” domandò a bruciapelo Jigen aspettandosi magari un rifiuto dalla donna ma con sua sorpresa “Esatto. Se aspetta cinque minuti, ce la porto subito” rispose lei allontanandosi per togliersi il grembiule e per parlare con il suo datore di lavoro dall’altro capo del bancone che non ebbe alcun problema a farla andare via prima del previsto. “Mi segua” disse la donna avvicinandosi a lui. Uscirono fuori sotto il sole bollente del mezzogiorno dirigendosi in fondo alla strada, facendosi largo in mezzo alla folla tra donne con il velo e uomini impegnati a raggiungere nel minore tempo possibile le loro case oppure il loro posto di lavoro. In fondo alla strada, la donna svoltò a destra, sempre con Jigen dietro, che non le staccava gli occhi di dosso, impegnato a cercare di ricordare dove l’avesse già vista: l’aveva vista di sfuggita, sul computer quando tanto tempo fa cercava informazioni su un gruppo terroristico che stava dando la caccia a lui e i suoi compagni, no, proprio non ricordava. La donna ,sempre senza voltarsi indietro per vedere se la seguiva o no, continuava a camminare imperterrita finchè non passò sotto un portico, lì Jigen non la vide più con la conseguenza che accelerò il passo finchè non la raggiunse. Si guardò intorno ,vedendo che si era bruscamente fermata e lo stava fissando: portico chiuso, con un pozzo all’angolo ai cui bordi riposava un gattino bianco perlaceo ma non fece in tempo a dire niente perché la donna ,cambiata l’espressione con la stessa rapidità con cui aveva cambiato atteggiamento, si era sollevata il vestito a fiori che indossava per lasciare il posto ad un kimono blu scuro, con un paio di cinesine rosse ai piedi ed una spada emanante un aura rosso fuoco intorno alla lama. “A quanto pare ho trovato non il dojo maggiore dell’Acqua ma un suo allievo” commentò freddo mentre la mano destra si avvicinava alla pistola “Mi chiamo Kaoru Susikiri e questa ,disse mostrando la spada, è la mia katana, Beniza Kura.” quelle parole furono come uno squillo di tromba: ecco dove l’aveva vista: le Bloody Angels, il gruppo terroristico anti-americano formato da sole donne, con a capo anche Kaoru. Ma Goemon aveva detto di averla uccisa, che ci faceva lì?  “Secondo Goemon, tu saresti morta” disse guardandola impassibile e lei ,senza rispondere, spostò con una mano la parte del kimono che le copriva il petto ,nello spazio tra i seni, perché un cicatrice sottile e rossa venisse messa in mostra “In effetti non sarei qui se non fosse per una bambina” spiegò tranquilla mentre un dito accarezzava la ferita “Una bambina?” ripetè preoccupato Jigen chiedendosi se la bambina in questione non fosse la causa di tutti i loro guai “Si, ero morente, con la Beniza Kura piantata in petto e con il mio povero cuore che battito dopo battito si indeboliva sempre di più finchè quella bambina bionda ,il tono con cui disse quelle tre ultime parole dimostrava quanto le fosse grata, non mi ha miracolosamente salvata” “Forse ignori che quella bambina è responsabile di un sacco di cose poco pulite” la pungolò lui ma Kaoru lo interruppe “Perché cerchi la mia scuola?” “È inutile che te lo dica visto che non la vedrò” rimbeccò lui tirando fuori la pistola “Ma a me interessa” insistette lei “E ciò non mi importa” “Se rispondi così a tutte le donne, non ti troverai mai un ragazza” rimbeccò lei con aria di rimprovero “Nemmeno questo ti dovrebbe interessare” “Sei proprio scostante” disse lei un attimo prima di attaccarlo con la spada levata mentre lui cominciò a spararle addosso: lei si fermò bruscamente, con la spada davanti a sé, limitandosi a muoverla per il manico facendo si che la lama intercettasse i proiettili, a differenza di quel che aveva visto fare a Goemon che muoveva tutto il braccio e tutta la spada. Quando intercettò il penultimo proiettile, Kaoru ,visto a pochi passi da sé il pozzo, scattò verso questo, rifugiandosi dietro. Qui ,accucciandosi il più possibile per stare ben riparata, prese una pietra e gliela lanciò addosso, colpendolo in piena faccia. Quando la pietra lo colpì in viso, Jigen non capì più niente: la zona colpita gli fece male, impedendogli di vedere per un breve attimo ma quando vide Kaoru uscire dal rifugio, istintivamente sparò ma non aveva fatto i conti con il gatto sul pozzo perché proprio in quel momento ,probabilmente spaventato dagli spari, la bestiola ebbe la pessima idea di scattare a rischio di beccarsi il proiettile. Accortasene in tempo ma vedendo inutile usare la spada, Kaoru lo protesse istintivamente con una mano, al centro della quale il proiettile formò un buco sanguinante. A quel gesto del tutto inaspettato, Jigen rimase stupito a guardarla ma lei ,stringendo i denti per il dolore, scappò via, scomparendo in un attimo e lasciando Jigen solo, insieme al gattino che adesso aveva sul pelo bianco alcune tracce di sangue. Tornato in albergo, si rese conto che gli altri lo stavano aspettando preoccupati “Che ti è successo?” gli chiese Lupin alzandosi dalla sedia vicino alla finestra e andandogli incontro “Sarebbe più corretto chiedergli che cosa abbia fatto alla faccia” replicò Goemon alludendo al segno rosso che l’amico aveva in viso “Lasciate perdere, ho comunque buone notizie” disse il pistolero cominciando a spiegare tutto: chiaramente, Goemon rimase più stupito degli altri quando sentì il nome di Kaoru ma il suo stupore sfumò rapidamente sentendo menzionare “una bambina bionda”: capirono tutti che c’entrava Chi. “Indubbiamente, è una bambina fenomenale” commentò Zenigata con tono involontariamente ammirato “Una fenomenale stronza, altrochè” commentò Raffaele, a quelle parole  Zenigata aprì la bocca per parlare ma poi decise di stare zitto, limitandosi a guardare infastidito Raffaele. “Se quella donna fa parte del dojo maggiore dell’Acqua, la prossima volta qualcuno di noi dovrà seguirla, stando attenta a non farsi beccare” spiegò Lupin “Potrei seguirla io, non dovrei avere problemi. Mi dispiace dirlo ma ,e credo che sia d’accordo anche Goemon, non è stata una buona idea da parte di Jigen non spiegarle come stessero veramente le cose. Quella donna sa che ci sono persone malvagie a caccia delle pergamene e tu ,continuò rivolgendosi al diretto interessato, hai fatto anche con lei…” qui si trattenne un attimo guardandolo incerto “Si?” lo incitò curioso Jigen mentre Lupin ,dopo aver guardato attentamente Raffaele, cominciò a dare segno di evidente agitazione “Hai fatto anche con lei Mr. Puzza-sotto-il-naso” spiegò cautamente Raffaele mentre Lupin ,che lo scongiurava in silenzio di tacere, mandava un forte gemito “Mr…cosa?” ripetè lentamente Jigen con una strana espressione in faccia “Ohiohi” pensarono in sincronia i presenti che con molto buonsenso si alzarono dalle sedie avvicinandosi a Jigen, dietro le spalle “Beh, scusa non è così? Ogni volta che ti trovi davanti ad una donna, ti comporti in modo sgradevole.” gli spiegò Raffaele strafottente cominciando lentamente a dirigersi verso la porta prima di voltarsi e stare per dire “Inoltre…” ma non fece in tempo a proseguire perché Lupin salvò Raffaele da un aggressione chiudendogli la porta in faccia “Quel ragazzo… ,esalò Jigen guardando la porta mentre tutti stavano in attesa, pronti all’esplosione, se non altro è sincero” completò prendendo la scatola delle sigarette per rendersi conto di essere rimasto a secco “Stavolta sei tu a secco, Jigen” commentò Lupin ostentando la sigaretta che aveva in bocca con un sorriso dispettoso, sorriso che si mutò in incredulità quando Jigen la prese e se la ficcò in bocca mentre rispondeva “Non mi pare proprio”. Beh, ragazzi, disse Zenigata facendo atto di uscire per dirigersi nella sua stanza, se avete bisogno di me, io sto di là.” Arrivato in camera, tirò fuori dal pastrano quella che sembrava una cassetta, l’inserì nel videoregistratore e mentre sullo schermo cominciavano ad apparire le prime immagine si disse tra sé “L’ultima volta non ho finito di vederlo, speriamo che li ammazzi entrambi quel simpaticone”. Arrivato davanti al bar in cui precedentemente era stato Jigen, Raffaele si concesse diversi minuti per osservare il bar dall’esterno prima di entrare: già da fuori dava una sensazione di refrigerio, una cura a quel caldo soffocante tipico del Cairo ,o meglio, dell’Egitto e a quel conseguente sudore che appiccicava impietosamente i capelli alla fronte e alle tempie, riempiendoli di sporco ed attaccando i vestiti al corpo; per fortuna ,pensò mentre passava attraverso i tanti e colorati fili verticali svolazzanti che fungevano da porta, lui era della scuola Tuti, perciò una parte del kimono non lo indossava. Entrato dentro, fu accolto da una ventata di vento, proveniente dall’elica del ventilatore posizionato al centro del soffitto. Con un gemito deliziato, si guardò intorno facendo scivolare lo sguardo sui tavoli marrone chiaro  sparsi qua e là ,tutto in una leggera penombra. Guardando quei tavolini rotondi, di quel colore marrone chiaro, quasi sbiadito e sparsi un po’ a casaccio, gli vennero in mente i funghi che aveva visto qualche volta nelle gite scolastiche di tanto tempo fa, quando era bambino. Gli sembrò persino di sentirne l’odore, forte ed invitante. Istintivamente respirò a fondo ma l’unico odore che sentì non fu quello dei funghi ma quello degli alcolici e dell’odore delle sigarette che venivano fumate. Si avvicinò al bancone, appoggiando i gomiti mentre si sistemava su una delle sedie rotonde girabili. Mentre aspettava di venire servito, guardò i vari camerieri, per vedere se c’era Kaoru ma non la vide. Gli si avvicinò un uomo “Che cosa vuoi?” gli chiese in tono garbato “Una birra, per favore ,replicò lui, e anche un informazione” “La birra è assicurata ma riguardo l’informazione non sono sicuro di poterti soddisfare, comunque sentiamo” replicò l’uomo riempiendogli un bicchiere ed alzando gli occhi per far capire che ascoltava “Dovrei parlare con una ragazza ,se non erro giapponese, di nome Kaoru Susikiri” “Potrei sapere perché?” “Scusatemi, ma è una cosa personale” rispose garbato Raffaele sostenendo tranquillamente lo sguardo indagatore del cameriere finchè questi ,evidentemente certo di potersi fidare, si allontanò ,il tempo di bere la birra e di appoggiare il bicchiere sporco di schiuma sul bancone, che ritornò seguito da una ragazza che Raffaele identificò come Kaoru e giudicò molto attraente. La donna ,con un espressione accigliata in volto, gli si avvicinò e solo dopo aver notato l’uniforme del giovane la sua espressione tesa si rasserenò leggermente “Mi stavi cercando?” gli chiese tranquilla “Si ,vedendo che l’altro cameriere si era allontanato, il Grande Segreto è in pericolo” disse in un fiato. A quelle parole, il volto di Kaoru impallidì leggermente ma mantenne l’espressione serena “Devi parlare con il mio maestro” rispose lei mentre fingeva di versargli qualcosa nel bicchiere mediante la mano destra, la quale era fasciata al centro “Puoi portarmi da lui?” senza rispondergli, Kaoru chiamò il cameriere di prima e gli disse qualche rapida parola poi uscì dal bancone e portò Raffaele fuori. “L’uomo di questa mattina era un tuo amico, vero?” gli domandò improvvisamente “Si ,rispose lui deciso a non mentire, si chiama…” “Jigen Daisuke, lo so” l’interruppe Kaoru pensierosa “Come lo sai?” le chiese guardandola stupito, ci volle qualche minuto prima che lo donna rispondesse “Un tempo facevo parte delle Bloody Angels, un gruppo terroristico antiamericano. ,qui mostro sul polso destro un tatuaggio raffigurante un cuore alato, Stavamo cercando il frammento di metallo originale ma Lupin e i suoi amici erano arrivati prima di noi. Io e gli altri tre capi seguimmo lui e i suoi soci sperando di riuscire a recuperare l’oggetto della nostra ricerca. Io stavo dietro a Goemon.” “Non sarebbero affari miei ma…” “Mh?” “Goemon ha detto di averti uccisa e Jigen ha detto che una bambina ti ha salvata” “Si, una bambina sui nove anni, bionda e con un vestito nero” “Chi” pensò Raffaele incupendosi “Una bambina adorabile e molto gentile” continuò lei “Hm? ,disse Raffaele spalancando tanto d’occhi, Adorabile e gentile? Questo vallo a dire alle sue vittime” disse senza trattenere un tono acido carico di rabbia “Perché? Mi sto sbagliando?” chiese lei perplessa “Quella bambina si è alleata consapevolmente con gente responsabile di omicidio, di rapimento di un poliziotto e Dio sa che altro” spiegò duro Raffaele “Eppure non mi sembrava così cattiva. Quando mi ha salvata, è stata così buona, gentile e premurosa. Non…” non sapeva cosa dire “Non sempre le cose sono come sembrano” replicò Raffaele. Non dissero più una parola finchè non arrivarono davanti al dojo, situato ,qui Raffaele ebbe l’improvviso rimpianto che non ci fosse Lupin con lui per prenderlo a pedate, proprio vicino al Nilo. “Lupin, mannaggia a te!” pensò mentre entravano dentro.
“Chissà se è riuscito a ….” le parole di Fujiko furono bruscamente troncate dall’apertura della porta, sulla cui soglia si stagliava la figura di Raffaele e dietro di lui ,piuttosto timida e nervosa, c’era Kaoru. “L’avete trovata, allora? Dov’era?” chiese Lupin guardando avido e curioso uno dei due aspettandosi una risposta ma prima che Kaoru potesse rispondere Raffaele ,con uno sguardo di pietra, si avvicinò con passo marziale a Lupin, il quale cominciò a mostrarsi preoccupato “Lupin…” sibilò irato Raffaele raggiungendolo e guardandolo in un modo da incenerire una statua “Lupin…” sibilò un ultima volta prima di afferrarlo per le spalle e strattonandolo bruscamente “ACCIDENTI A TE, LUPIN!” esplose “Raffaele, ma che..?” balbettò Lupin incredulo alla pari degli altri mentre tentava con scarsi risultati di liberarsi “ERA IL NILO IL FIUME DA CERCARE. ACCIDENTACCIO A TE!!! ,strepitò il giovane con aria da folle mentre continuava a sbatacchiarlo come un tappetino, COM’ È CHE HAI DETTO PRIMA CHE ARRIVASSIMO QUI? “IL NILO È SCONTATO.” IL NILO È SCONTATO?! IL NILO È SCONTATO?! ACCIDENTACCIO!!!” e pronunciata l’ennesima imprecazione lo lasciò libero mentre riprendeva lentamente e faticosamente il controllo di sé stesso. Kaoru ,che aveva fissato la scenata dalla porta esterrefatta, indugiò un attimo ad entrare, incerta se rimanere con quei folli come aveva stabilito di fare col maestro d’accordo con Raffaele oppure andarsene. “Entra pure, raggio di sole!” l’invitò Lupin andandole cavallerescamente incontro e prendendole con gentilezza la mano, sotto lo sguardo non proprio contento di Fujiko che lo guardava torva. “Scusate, mi sono perso qualcosa? Ho sentito un urlo tremendo e…” chiese Zenigata entrato in quel preciso momento nella stanza, rimanendo stupito guardando Kaoru. “Che ci fa qui?” chiese continuando a fissare la donna, la quale gli rispose freddamente mentre lo sguardi s’ induriva “D’accordo con Raffaele e seguendo gli ordini del mio maestro, mi unisco a voi invece di ,come custode della pergamena dell’Acqua, precedervi al dojo supremo in Giappone ma se la mia presenza non è gradita, non ho alcun problema ad andarmene” e così dicendo si diresse verso la porta. Se ne sarebbe andata via se Lupin non l’avesse fermata “Al contrario la tua presenza qui è graditissima, rimani con noi, così potrò conoscerti meglio” le disse lascivo cingendole le spalle con un braccio prima che la sberla di una certa persona gli facesse cambiare idea.        
“E due” disse Hideyoshi mandando il messaggio d’avvio a Pycal.
Credo che possa adesso togliermi le bende, dovrei essere più che in grado di maneggiare la pistola” tentò uno speranzoso Oscar indicando il braccio ferito ma l’espressione e ancor più la minaccia di Walter gli fece cambiare idea. Non ebbe altra scelta che ritornare a sedersi, limitandosi a protestare mettendo il broncio ed incrociando le braccia.  “Rimane un ultimo dojo” sospirò felice Raffaele “E poi ritorneremo in America a prendere il tesoro” intervenne Fujiko battendo le mani deliziata “Non sai pensare ad altro?” le chiese infastidito e tutt’altro che gentile Jigen voltandosi indietro a guardarla “Su smettetela, adesso dobbiamo pensare ai luoghi possibili per il Fuoco” intervenne Lupin conciliante alzando il braccio per interrompere l’iniziante battibecco “Sciocco a difenderla sempre” borbottò Jigen scuotendo il capo prima di guardare dritto davanti a sé “Non ti è molto simpatica o sbaglio?”  la domanda apparteneva a Kaoru, seduta vicino a lui e lo guardava con attenzione “Non riesce a pensare altro che al denaro, è l’unica cosa che gli interessa” le spiegò Jigen ricambiando lo sguardo “Per te?” “Non me n’ è mai importato niente ma non perdono chi me li ruba” rispose lui “Se non riesci a perdonare chi te li ruba, vuol dire che sei attaccato al denaro come Fujiko, noh?” intervenne Zenigata guardandolo con aria indisponente “Lei idolatra il denaro, non è il mio caso; so rinunciare al denaro per qualcosa di più importante.” protestò Jigen “Se lo dici tu” rispose Zenigata non proprio convinto prima di concentrare la sua attenzione su qualcos’altro mentre Kaoru continuava a guardarlo “L’amicizia, forse?” gli domandò con un sorriso leggermente triste indicando i suoi amici, inclinando leggermente la testa mettendo in evidenza una buona parte del collo e del viso. Jigen non rispose, guardando per tutta risposta il finestrino mentre la samurai ,dopo un attimo passato ancora ad osservarlo, cominciò a leggere i depliant che un hostess offriva ai passeggeri. Un'altra persona immersa nei suoi pensieri come Jigen era Goemon, che guardava interessato Kaoru: era cambiata davvero molto, non sembrava la Kaoru che aveva conosciuto prima. Era dolce come prima, lo stesso sguardo mansueto e allo stesso tempo disarmante. Quando voltava la testa mettendo la testa di profilo come aveva appena fatto e sfoggiando quel sorriso, assumeva un aria indifesa che la rendeva adorabile. La prima volta che l’aveva incontrata quella sua espressione gli aveva fatto salire il sangue alla testa e per salvare l’onore non aveva potuto fare altro che voltarsi e bere il sakè che lei stessa gli aveva versato nel bicchiere quando si era infilato la prima volta nel suo locale. A quel  tempo la sua dolcezza era finta, al punto da ricordare vagamente Fujiko. No, un minuto: Fujiko non esitava nemmeno ad usare il suo corpo per adescare le vittime, cosa che Kaoru non aveva fatto: aveva mantenuto la sua dignità e inoltre l’oggetto dei suoi scopi non era il denaro. Adesso sembrava ,anzi, era onesta e ,a quanto aveva raccontato Jigen, quando aveva estratto la spada lei non aveva avuto quella sete di violenza che la Beniza Kura ispirava ogni volta che veniva estratta. Represse un involontario brivido al ricordo della volta in cui si era scontrato con lei la prima volta: probabilmente non avrebbe mai dimenticato quell’espressione crudele e animalesca che le era comparso su quel viso tanto bello e dotato di lineamenti così delicati.
L’aria fresca e profumata di quella montagna insieme a quel meraviglioso silenzio rotto ogni tanto dal verso di  un rapace erano i suoi unici compagni in quel momento. Almeno così credeva. Infatti sentì dietro di sé dei passi, dei passi leggeri; era di sicuro una donna e non aveva intenzioni ostili poiché non si curava di non farsi sentire. Si voltò, appoggiando una mano a terra e usando quella per torcere il corpo lasciando ferme al loro posto le gambe, che in quel momento fungevano praticamente da cuscino. Si sorprese: davanti a lui, con un ombrello laccato e nell’altra mano un bastone rosso e una scatola nera abbellita da motivi floreali c’era…. “Kaoru” sussurrò senza nascondere il suo stupore e questa avvicinandosi a lui “Ho sentito che l’hanno vista da queste parti, spiegò lei inginocchiandosi e dopo aver appoggiato il bastone e l’ombrello affianco, prese la scatola mettendola in mezzo nello spazio che li divideva. Goemon si chiese che cosa contenesse. Quando fu aperta vide sistemate con ordine in vari scompartimenti di diverse dimensioni diversi tipi di cibi: gamberi e granchi al vapore, alghe preparate in vari e deliziosi modi, arancini di riso che emanavano un odore che aggredì con violenza le nari e con ancor più ferocia lo stomaco vuoto di Goemon, il quale non aveva fato colazione e si sentì affamato davanti a quel ben di Dio. “Prego, si serva pure, li ho preparati con le mie mani” l’invitò gentile Kaoru con l’aria di aver indovinato i sentimenti di Goemon, il quale ,con le bacchette in mano, sembrava però deciso a non toccare il cibo “L’ho forse disturbata?” gli chiese la donna “No, no affatto” rispose Goemon che si sentiva maledettamente in imbarazzo. Pensando di non essere vista, la donna avvicinò furtivamente la mano al bastone rosso per estrarre una spada con lama emanante una luce rossa che incuteva timore, ma non colpì il samurai che aveva già sguainato la spada bloccando il colpo. Di scatto, si allontanarono. “Che vuoi da me?” gli domandò Goemon dopo le presentazioni da parte delle donna, la quale con un sorriso malvagio rispose “Il frammento del metallo originale ma ora non ha più importanza, continuò avvicinando la lama al viso, adesso che ho estratto la spada devo prima soddisfare le sue esigenze ,qui si leccò le labbra in un modo che non gli piacque per niente, poiché questa spada reclama sangue, il tuo sangue” precisò mentre l’animale che albergava nel suo animo sembrava emergere, perfettamente visibile nei suoi occhi e nei suoi lineamenti, in quel momento deformati al punto da darle un aria demoniaca.         
Forse era dovuto all’intervento di Chi, che aveva cambiato la natura sia della donna che della spada? Ma perché ,poi, Chi l’aveva fatto? Forse ,pensò mentre iniziava la sua meditazione quotidiana, non tutto è completamente cattivo come nessuno è completamente buono.  

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Capitolo 11
*** Rottura ***


Rottura “Stavolta non diamo niente per scontato, eh?” avvisò Raffaele mentre passava un dito sul boomerang che portava al collo con un espressione ed un sorriso talmente allarmante che spinse tutti ad impegnarsi “Goemon, secondo te dove potrebbe essere il dojo del Fuoco?” gli chiese Lupin indicando i vari posti considerati relativi al fuoco cerchiati con un pennarello rosso sulla cartina. Non appena erano scesi dall’aereo s’erano trasferiti in un’ albergo e nonostante tutti si sentissero stanchi si erano subito riuniti intorno ad un tavolo con sopra appoggiata una cartina e si erano messi al lavoro; l’unico che non sembrava voler dare una mano era Zenigata, il quale ,sedutosi su una sedia, aveva incrociato le braccia e aveva chiuso gli occhi, non prima di aver chinato la testa sul petto. Sotto lo sguardo attento e paziente dei suoi compagni Goemon avvicinò meglio a sé la cartina e subito si era sentito scoraggiato: tutti i luoghi segnati potevano essere i potenziali luoghi del dojo poichè avevano scelto le montagne nate dal Rift Valley, tutte di origine vulcanica. Si sforzò di stare calmo e di concentrarsi “Rifletti, rifletti ,si impose, se tu fossi stato il maestro del dojo, dove l’avresti fatto costruire?”, calò il silenzio: vedendo che fissava la cartina senza dare segno di risposta, Fujiko fece atto di strappargli la cartina di mano ma Lupin con un cenno della mano la fermò mentre con lo sguardo gli proibì di distrarre Goemon. Quest’ultimo continuò a fissare la cartina, facendo scivolare lo sguardo sulle varie località. Forse il Kilimangiaro? Forse il Kenya? Oppure il Ruwenzori…oppure…oppure….no, proprio non riusciva ad immaginare quale potesse essere…..
“Lupin, non riesco a dare risposta alla tua domanda” disse alzando lo sguardo “Kaoru ,parlò improvvisamente Zenigata alzando la testa, perché il tuo dojo è stato costruito sul Nilo?” “E questo cosa diavolo c’entra?” intervenne Fujiko già di pessimo umore “Perché non freni una volta tanto il tuo desiderio di soldi e stai a sentire, possibilmente stando in silenzio?” la rimbeccò Zenigata stringendo gli occhi, ottenendo di lasciare Fujiko troppo esterrefatta per rispondere alla pari di Lupin e gli altri “Allora, Kaoru?” riprese Zenigata riunendo le mani come in preghiera lasciando che l’indice e il medio delle mani si toccassero ad intervalli. “Lo chiesi al mio maestro una volta perché avesse deciso di costruire il Nilo in un posto a mio parere troppo esposto, iniziò lei lentamente mentre la mente ritornava al passato, lui per tutta risposta prese l’Atlante, l’aprì al centro e mi chiese di scegliere una località. Dopo aver guardato a lungo, scelsi una località scritta a lettere minuscole. Il mio maestro guardando la località da me scelta, mi guardò in viso e mi disse soltanto “Kaoru, ricorda che il saggio mediocre si nasconde in un paese, quello medio in una grande città, il migliore si nasconde in un palazzo cioè ….” “il miglior modo per nascondersi a volte è mettersi in perfetta evidenza” l’anticipò Zenigata guardando Goemon mentre Raffaele si chinava sulla cartina “Questo significa che è una delle montagne importanti che abbiamo già preso in considerazione?” esclamò Raffaele guardando la cartine e l’ispettore, il quale si alzò dalla sedia e si avvicinò al tavolo “Forse non proprio quelle; il saggio migliore si nasconde in un palazzo importante ma non è detto che scelga il più importante di tutti ma uno che è altrettanto importante e allo stesso tempo che non possa essere “beccato” al primo colpo” completò paziente prima di ritornare a sedersi sulla sedia, lasciando tutti meditabondi. Un posto ugualmente importante che non potesse essere individuato subito? Tutti chinarono la testa sulla cartina. Passarono diversi minuti prima che Lupin ,con un grido di gioia esagerato, prendesse il pennarello rosso usato precedentemente per colpire la montagna scelta con forza tale da provocare un buco, lasciando comunque visibile il nome: Ras Dascian.
“Mh ,disse il maestro guardando Goemon senza reprimere la preoccupazione destata dal brutta notizia di cui il giovane davanti a lui era latore, questo è un grosso guaio e il fatto che ci sia quella bambina con loro certo non facilita le cose.” continuò camminando su e giù sotto lo sguardo di Goemon e degli allievi. Quando erano arrivati al dojo quegli ospiti, il maestro aveva fatto sospendere gli allenamenti e aveva ordinato che tutti si riunissero dentro il castello nel tempio di preghiera mentre i compagni di Goemon venivano distratti dalla bevuta di un thè preparato da alcune ragazze abili in cucina. “Maestro, se quella bambina è in grado di compiere simili azioni che nessuno ,neanche coloro che riuscirono a vedere il Chi, è mai riuscito a fare, come farà il prescelto a batterla?” gli chiese Goemon interrompendo il flusso di pensieri che si agitavano nel cervello dell’uomo davanti a lui che incuteva un certo rispetto nei suoi allievi. Questi interrotta la sua marcia e restituendogli lo sguardo rimase a lungo in silenzio prima di rispondere “Tu mi hai fatto una domanda legittima ,Goemon Ishikawa, e io ti darò una risposta sincera, anche se non credo che ti piacerà: a volte è necessario fare un sacrificio per arrivare all’obbiettivo. Adesso torna in Giappone, và al dojo supremo e ….,rimase un attimo di silenzio, con le mani sulle spalle del giovane che sembrava leggermente turbato da quanto aveva appena sentito, augurati di tutto cuore di non essere tu il prescelto”. concluse con un sorriso amichevole prima di abbandonarli al sempai che lo riaccompagnò dai suoi amici e poi all’uscita. Le parole del maestro continuavano a risuonare nel cervello di Goemon “Che cosa c’è, Goemon?” gli chiese Lupin guardandolo preoccupato nel vederlo così turbato mentre scendevano facendo attenzione a non inciampare in qualche sasso o a mettere male il piede, pena la caduta nel burrone di sotto. “No, niente, Lupin” rispose lui dandosi un aria convincentemente tranquilla ma il suo cuore era turbato da pensieri tristi: “Che cosa avrà voluto dire? Lui ha voluto dirmi qualcosa di importante, che potesse conferirmi la vittoria ma che io non ho capito…Che vuol dire un sacrificio? Che cosa dovrei sacrificare? Le parole che mi ha detto erano troppo difficili da capire o forse troppo semplici?” pensò augurandosi istintivamente a quel punto di non essere veramente il prescelto. “”Chissà cosa ha detto a Goemon il maestro.” si domandò Jigen “Niente di bello” rispose Kaoru raggiuntolo guardando pensierosa il samurai davanti a lui “Come fai a dirlo?” le chiese Jigen “Nonostante cerchi di nasconderlo, si vede che è turbato: i suoi movimenti ,di solito sicuri ed aggraziati, adesso sono pesanti, lenti ed insicuri, guarda a terra, altro sintomo di turbamento, e le dita che reggono la spada sono contratte. Credo di non sbagliare se dico che il maestro gli ha suggerito qualcosa per ottenere la vittoria che non è gradita a Goemon.” “Sei una brava osservatrice” commentò lui guardandola ottenendo una leggera risata da parte di Kaoru insieme ad un leggero arrossamento delle guance. Nervosa per il complimento, si sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio con la mano destra “Kaoru” disse Jigen sentendosi leggermente nervoso “Si?” rispose lei sorridendogli, cosa che provocò a Jigen un maggiore nervosismo “Ti volevo dire…” ma si rese conto di non riuscire a continuare “Che c’è, Jigen?” insistette lei fermandosi su una roccia e guardandolo perplessa “Mi dispiace di averti ferito” le disse tutto di un fiato prima di accelerare il passo e raggiungere Lupin “Adesso che si fa, Lupin?” gli domandò “Non abbiamo ancora finito. Dobbiamo tornare in Giappone, andare al dojo supremo a Tokyo e lì superare la selezione per decidere chi dovrà vedere il Chi” intervenne Goemon davanti a loro “Ho capito, non si torna a casa” commentò rassegnato Oscar “Fatti forza” replicò Raffaele con un sorriso che sembrava voler invitare qualcuno ad ucciderlo accompagnando il tutto scuotendo la testa. “Ti puoi togliere la benda adesso ma sarebbe bene se lasciassi in pace per un po’ il braccio” lo consigliò Jigen mentre Walter ,adoperando il tempo in cui l’aereo avrebbe impiegato ad arrivare all’aeroporto,  tagliava con l’ausilio di una forbice le bende che avevano fasciato il braccio e una porzione di torace di Oscar, il quale non stava nella pelle dalla contentezza “Grazie per avermi estratto il proiettile” gli disse quest’ultimo massaggiandosi il braccio “Si, davvero, non so come avremo fatto senza di voi” convenne Walter guardando riconoscente Jigen insieme al fratello ma il pistolero ,senza rispondere loro, si alzò dirigendosi verso il bar in fondo, lasciando i ragazzi perplessi “Ma avessimo detto qualcosa di sbagliato?” si chiese dubbioso Walter grattandosi una tempia “È fatto così” rispose Lupin rassicurandoli mentre osservava la figura del suo amico varcare la porta del bar “È un uomo che non ama mostrare il lato bello di sé” settenziò Kaoru guardando Jigen con una strana espressione “Se così si può definire un uomo chiuso” rispose Fujiko affatto interessata alla cosa mentre faceva scivolare la mano nella borsetta. “Vado anch’io al bar, ci vediamo dopo” disse Zenigata avviandosi “Ispettore, siamo in servizio” gli ricordò severo Oscar “Un caffè non mi farà male” rispose lui senza voltarsi “Tu quoque, Jigen?” gli domandò scherzoso sedendosi vicino a lui “Potrei farle la stessa domanda” rispose Jigen sollevando la testa dal bicchiere colmo di whisky “Un caffè, grazie” ordinò al cameriere prima di rivolgere la sua attenzione su Jigen “Ti va di brindare?” gli propose prendendo il caffè “A cosa?” gli fu chiesto con aria perplessa “Alla nostra vittoria sui nostri avversari” disse calcando la voce sui nostri con sguardo complice “Perché no?” accettò il pistolero toccando con un tintinnio argentato il bicchiere dell’ispettore. Mentre il whisky e il caffè scendeva nelle loro gole, si sentì da lontano l’annuncio dell’arrivo del tanto atteso aereo “Faremmo meglio ad andare” disse Zenigata voltando la testa verso l’uscita mentre appoggiava il bicchiere vuoto sul bancone insieme ai soldi per pagare il conto.  “Il dado è tratto” si disse tra sé e sé. “Goemon ,iniziò Lupin sedendosi sul sedile, dove si trova il dojo supremo?” gli chiese voltandosi verso il sedile accanto al suo “A Tokyo, più precisamente al fiume Shinano e per essere esatti al monte Shirane” rispose al posto suo Raffaele prima di lanciare un occhiata preoccupata al suo compagno, che da quando erano saliti sull’aereo si era messo a fissare il panorama dal finestrino “È da un po’ che si comporta in modo strano” commentò Walter guardando come gli altri il samurai “Goemon?” lo chiamò Raffaele senza ottenere risposta “Goemon” insistette provando a scuoterlo gentilmente, ottenendo che l’interessato si voltasse verso di lui “Che ti succede?” “Niente ,Raffaele, sono un po’ stanco. È la prima volta che mi capita di viaggiare così tanto” spiegò lui prima di seppellirsi nuovamente nei suoi pensieri: sacrificio, quella parola continuava a martellargli il cervello. Che cosa voleva dire? Per arrivare alla vittoria doveva sacrificare qualcosa. Forse per sconfiggere Chi doveva permettere che quest’ultima distruggesse qualcosa in modo che lui potesse colpirla? Un minuto: distruggesse qualcosa? E se si fosse trattata di una persona? Senza rendersene conto lo sguardo gli cadde su Raffaele, che continuava a guardarlo preoccupato. Accidenti, quanto si preoccupava per lui, era proprio un caro ragazzo e lui si sentiva orgoglioso di lui. D’improvviso s’immaginò la seguente scena: suo nipote che si lasciava colpire da Chi e lui ,Goemon, che accoppava quest’ultima. Si sentì rabbrividire al pensiero di Raffaele che moriva per la vittoria per poi sentirsi come sul punto di dare di stomaco per la paura improvvisa che l’aveva attanagliato: e se fosse stata proprio quella la soluzione? “Non sarà così” promise a sé stesso guardando il nipote ,che nel frattempo si era addormentato, per stringergli una mano. “Ci è voluto un po’ ma alla fine il nostro compito l’abbiamo quasi portato a termine. Coraggio, un ultimo sforzo” l’incoraggiò Raffaele mentre scendevano “Come facciamo a raggiungere il monte?” chiese Fujiko “Ci sono i pullman, ne prenderemo uno” rispose giulivo Raffaele avviandosi prima che Goemon lo fermasse “Un attimo, Raffaele” gli disse prendendolo per un braccio “Che c’è, Goemon?” gli chiese il nipote ,che vedendo la sua aria severa, si sentì improvvisamente preoccupato “Tu non verrai con noi” disse con sguardo duro. Le sue parole furono come un secchio di acqua gelata mentre sentiva l’allegria squagliarsi bruscamente “Co…?” riuscì a balbettare sperando di non aver capito bene mentre gli altri davano uguale segno di sconcerto scambiandosi occhiate stupefatte “Voglio che tu torni a casa” replicò Goemon secco “Ma perché?” riuscì a dire il ragazzo mentre faceva sforzi sovrumani per non scoppiare in lacrime; vedendo Raffaele sul punto di piangere, Goemon si sentì male: avrebbe voluto abbracciarlo, spiegargli tutto ma sentiva che era quella l’unica cosa da fare “Non voglio averti con noi. Vattene” intimò con voce tagliente ottenendo che Raffaele ,diventato con quelle parole più bianco di prima, a testa china, senza dire una parola, allontanarsi con le lacrime che adesso non cercava più di frenare. Rimasero tutti in silenzio a guardare la figura del giovane che si allontanava fino a scomparire “Perché?” intervenne Lupin guardando l’amico ma questi non gli diede la risposta che si aspettava “Andiamo, voglio terminare questa storia il prima possibile” replicò Goemon ingoiando il groppo che aveva in gola e reprimendo così un singhiozzo “Ecco che cosa rimuginava” disse a bassa voce Jigen pensando di non essere sentito da nessuno “A questo punto è chiaro cosa gli ha detto il maestro” disse Kaoru guardando Goemon con grande ammirazione mista a comprensione “Che vuoi dire, Kaoru?” gli domandò Jigen mentre spegneva la sigaretta “Probabilmente gli ha detto che Raffaele avrebbe dovuto fare qualcosa per permetterci di vincere contro i nostri avversari” spiegò guardando l’uomo davanti a lui “Per questo si comportava così?” le domandò ma la donna non gli rispose limitandosi a fare un cenno affermativo con la testa mentre continuava a guardare Goemon.
La parole di Goemon l’avevano profondamente ferito, continuavano a risuonargli in testa. Singhiozzando, si sedette su una panchina cercando di asciugarsi le lacrime e smettere di crearne altre ma era inutile: il suo corpo si rifiutava di obbedirgli. Non riusciva a spiegarsi il comportamento di Goemon: l’aveva cacciato perché era stato forse più di impiccio che di aiuto? Era vero che molte volte era stato fonte di guai, per colpa sua erano riusciti a rapire addirittura l’ispettore sotto il loro naso o forse perché voleva assicurarsi di vendicare Miyuki e Mina personalmente? In tutta coscienza non credeva che quelle fossero le motivazioni, infatti si rimproverò quasi subito di aver pensato a cose simili. Ma allora che cosa c’era sotto? Non sapeva rispondersi ma una cosa era sicura ,pensò mentre si asciugava con forza le lacrime,: non sarebbe tornato a casa.   
“Non credi che sia il caso di dirlo agli altri?”gli domandò guardandolo perplessa “Se avesse voluto che lo sapessimo ce l’avrebbe detto” replicò Jigen mentre si sistemavano sul pullman. Nessuno del gruppo si accorse che quasi insieme a loro era salito quello che avrebbe potuto essere definito un intruso. Un intruso con i capelli bianchi e gli occhi rossi.
“Ispettore Zenigata, secondo lei perché quel samurai…” Walter si bloccò mentre cercava di ricordare il nome “Goemon” gli suggerì a bassa voce l’ispettore voltandosi a guardarlo “Si, lui, perché si è comportato così?” “Non è una domanda che devi rivolgere a me. Non ti so rispondere” replicò “Avete visto come l’ha trattato? Una cosa assurda” continuò il ragazzo prima che Oscar lo rimbrottasse “Non giudicarlo, non sai perché si è comportato così ed inoltre lo vedi da solo che non ne è contento” disse severo indicando l’oggetto della conversazione, che in quel momento stava guardando dal finestrino con aria spenta “Perché non si spiega? Perché non dice il motivo che l’ha spinto a questo?” riprese Walter testardo “Forse perché non vuole farlo sapere” rispose Zenigata tornando a guardare dal finestrino, notando che si stavano avvicinando alla montagna e così al dojo “Un grande cervello ma non solo quello: sono alto e si molto bello” canticchiò a bassa voce mentre un sorriso contento gli compariva sulle labbra: stavano per incontrare i portatori della pergamena. “Io sono sempre del parere di dirglielo” provò Walter dopo aver lanciato un occhiata indagatrice all’ispettore ma Oscar freddò la proposta con un secco “Scordatelo”. “Da qui ci tocca procedere a piedi” commentò Lupin scendendo per primo dal bus per poi voltarsi per aiutare cavallerescamente Fujiko a scendere “Prego, cherì” le disse con un sorriso speranzoso “Mo lo vatte” pensò Raffaele guardando ben nascosto la scena aspettandosi come tutti che la donna lo rifiutasse quando invece con un sorriso accettò la mano per poi dargli ,inaspettatamente, un bacio, cosa che mandò l’uomo in completa trance amorosa o qualcosa di simile, lasciando tutti sorpresi “Accidenti!!” disse incapace di trattenersi Raffaele senza rendersi conto di aver urlato e di essersi anche scoperto: solo quando si voltarono, guardandolo sorpresi, capì che aveva fatto ,per usare le sue stesse parole, un guaio grosso come una palla di cannone…con il cannone. Il primo a riprendersi fu Goemon, che apparì freddo “Tu che ci fai qui?” “Indovina” rispose il ragazzo cercando di sorridere con scarsi risultati: Goemon ,anche se non lo dava a vedere, era arrabbiato “Non ti ho detto di tornare a casa? Perché non mi hai obbedito?” gli domandò mentre aveva voglia di sottolineare ogni domanda con uno schiaffo: perché non gli aveva obbedito? PERCHÈ?
Raffaele abbassò la testa, senza rispondere. 
Perché lo trattava così?
Kaoru a quella scena pensò di intervenire senonchè una mano avvolta da una camicia azzurra a sua volta avvolta in una giacca nera le sbarrò la strada; stupita, alzò lo sguardo: Jigen, il quale non guardava nemmeno lei, tenendo lo sguardo fisso sui due samurai. Anche gli altri non dissero niente, comprendendo che fosse il caso che se la vedessero da soli “Perché non c’era alcun motivo di tornare a casa ,la voce del ragazzo, che continuava a tenere la testa bassa, spezzò il silenzio, non ho ancora completato il mio dovere: devo assicurarmi che tua sorella e tua nipote ricevano giustizia. Forse tu quando hai deciso di tenermi fuori non hai pensato che Miyuki e Mina fossero mia madre e mia sorella, forse non hai pensato che avessi il diritto di vedere pagare l’uomo che mi ha portato via due familiari, visto che ho già capito che non hai alcuna intenzione di lasciare Hikijo a me. Non ti è proprio venuto in mente che avessi il diritto di decidere che cosa fare o non fare. Non ci hai pensato, vero? Beh, io ci ho pensato e mi è sembrato più importante del tuo ordine del cavolo. Adesso io sono qui e di qui non me ne vado. Se non sei d’accordo, mi spiace ma fai uno sforzo per sopportarmi, dopo ti assicuro che resterò qui in Giappone per non romperti più le scatole, va bene?” terminò con tono velenoso sollevando la testa di scatto, rivelando un espressione che nessuno gli aveva mai visto: i lineamenti si erano induriti, non c’era più un sorriso su quel volto mentre gli occhi ,stretti dalla rabbia, sembravano emanare scintille ma anche tanta tristezza. Qualcosa si era rotto in lui.


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Capitolo 12
*** In trappola ***


In trappola Calò il silenzio nel gruppo: da una parte c’era Raffaele che guardava freddo lo zio, che sembrava come fulminato da quanto gli aveva appena detto il giovane davanti a lui mentre gli altri erano rimasti altrettanto freddati da quanto era appena avvenuto. Non si aspettavano che le cose andassero a finire così. “Raffaele” disse Lupin mortificato cercando di posargli una mano sulla spalla, ottenendo che il ragazzo si scostò bruscamente per poi voltarsi e mettersi a salire il sentiero che li avrebbe portati al dojo. Sentendo che nessuno lo seguiva, si fermò, si voltò e li apostrofò “Volete venire o forse la mia presenza albina da qualche problema anche a voi?” ottenendo così che tutti ,scuotendosi dal improvviso torpore, lo seguirono; Goemon rimase fermo al suo posto, a fissare il terreno insieme a Jigen e Kaoru, che si bloccarono. “Dovremmo dirglielo a Raffaele” disse a bassa voce la donna ma Jigen ,guardando l’amico, scuotendo il capo rispose “Deve essere Goemon a dirglielo. ,le spiegò sottovoce, Vieni” disse gentilmente rivolgendosi al samurai, il quale solo in quel momento sembrò riprendersi, mettendosi dietro al gruppo, in modo che nessuno potesse vedere una lacrima ,un unico e sottile filo argentato, scendergli lungo la guancia per scomparire dentro il kimono. “Povero ragazzo” commentò sottovoce Walter rivolgendosi al fratello, il quale gli rispose “Hai ragione ma anche Goemon: il suo carattere è talmente chiuso che non riesce neanche a spiegare il motivo del suo comportamento ai suoi amici” “Sono sicuro che si riappacificheranno presto” confidò Zenigata prendendoli per le spalle “Come fa a dirlo?” gli chiese perplesso Oscar “Mi piace pensarlo” confessò l’ispettore con un sorriso pieno di speranza guardando prima Raffaele e poi Goemon.
Raffaele ,a capo del gruppo, continuava a camminare guardando fisso davanti a sé imponendosi di non voltarsi. Non voleva anzi non desiderava vedere Goemon in quel momento, anche se gli dispiaceva comportarsi così. C’era un limite a tutto e Goemon con quel comportamento l’aveva secondo lui superato. Poteva benissimo avere un buono motivo per essersi comportato così ma perché ,se non dirlo a lui, almeno ai suoi amici? Che motivo poteva avere per tacerlo a tutti? Erano domande che non avrebbero avuto risposta, almeno finchè non li avesse rivolte all’uomo a cui in quel momento non aveva alcun desiderio di rivolgere la parola.  
Si sentiva in colpa per come aveva trattato Raffaele ma d’altronde non aveva scelta: che cosa avrebbe ottenuto se gli avesse raccontato tutto? Non sarebbe servito a niente; conoscendo il suo carattere e coniugando la cosa con la sua età ,in cui i giovani erano ribelli e testardi, non sarebbe servito maggiormente a niente. Dirlo ai suoi amici? A che pro? Che c’entravano loro in quella storia? E se anche li avesse messi sull’avviso ,cosa per lui impossibile visto che non riusciva ad aprirsi per quanto si sforzasse, che cosa avrebbero potuto fare? Avrebbero ,certo, cercato di proteggerlo, Lupin e Jigen l’avrebbero fatto senz’altro, Fujiko…. forse; comunque, se era destino che morisse qualcuno…..(si fermò bruscamente mettendosi contemporaneamente le mani nei capelli) Ecco un altra preoccupazione: il maestro non gli aveva detto che era Raffaele a dover farsi ammazzare e neanche gli aveva detto che dovesse morire qualcuno: che diavolo stava combinando? Che cosa stava facendo? Stava perdendo sé stesso ,ecco cosa stava facendo, e probabilmente aveva perso suo nipote; ecco ,lupus in fabula, lo stava guardando, insieme a tutti gli altri: ma non con il solito sorriso da scavezzacollo o da ragazzo rompiscatole quale egli era certe volte ma con un atteggiamento freddo. Sotto gli occhi perplessi dei suoi compagni, lo raggiunse quanto più velocemente gli era possibile “Dovrei parlarti” Raffaele non rispose niente, limitandosi a spalancare leggermente gli occhi per la sorpresa. Non aveva voglia di parlargli ma per rispetto verso sua madre decise di fare un piccolo sforzo “Dimmi” gli rispose disponendosi ad ascoltare “Ho frainteso ciò che mi ha detto il maestro del dojo Maggiore del Fuoco, per questo ti ho trattato in quel modo” disse soltanto “Mh? ,rispose Raffaele dopo qualche minuto trascorso ad attendere l’inesistente continuazione del discorso di Goemon, beh, complimenti” rispose lui seccamente prima di continuare a camminare. “Avrebbe dovuto dirgli di più”commentò Kaoru a bassa voce coprendosi la bocca con una mano mentre guardava la scena con espressione triste “Già” convenne Jigen altrettanto spiacente mentre Lupin scuoteva la testa sconfortato guardando Raffaele allontanarsi e Goemon immobile, fissante il suolo. Quanto stava venendo a costare quella missione?   
“Raffaele” lo chiamò sperando di riuscire a salvare il rapporto tra Goemon e il giovane davanti a lui, il quale si arrestò al suono del suo nome, fece un respiro profondo e lentamente si girò verso Lupin “Cosa?” gli chiese con un espressione stanca “Mi rendo conto che sarai triste per come ti ha trattato Goemon e non posso darti torto ma secondo me dovresti provare a parlargli, a chiedergli il motivo che lo ha spinto a comportarsi così…” “A parlargli?! ,ripetè esterrefatto il samurai, tu dici che io dovrei parlargli? Ma io non voglio parlargli, in questo momento non voglio sentire niente da lui, non mi interessa il motivo che lo ha spinto a fare questo; tutto ha un limite, Lupin. Può avere un buon motivo che lo ha indotto a comportarsi così ma ciò non giustifica il mezzo che ha adoperato: non sempre il fine giustifica i mezzi. Se proprio non riesce ad aprirsi al punto da spiegare le sue motivazioni, avrebbe potuto allontanarmi in un modo diverso senza essere così…così…senza ferirmi. Voi sarete anche abituati ai suoi modi ma io no. ,concluse con le lacrime agli occhi “Credo di capire come ti senti” commentò Lupin ma fu interrotto “Oh no,oh no, Lupin, tu non puoi capire che cosa si prova ad essere trattati così. Tu e Jigen sarete abituati ai suoi modi, forse con voi non si è neanche mai comportato così ma io che lo vedo per la prima volta mi sento profondamente ferito. E adesso sarebbe meglio che ci muovessimo a raggiungere il dojo supremo, ci mancherebbe soltanto che arrivassimo in ritardo passando così per maleducati.” terminò continuando a camminare senza più voltarsi indietro, lasciando Lupin sconfortato. Camminarono in perfetto silenzio finchè sul sentiero non comparvero a sinistra delle scale decorate da foglie secche e qualche radice appartenente ad una dei tanti alberi presenti “Dobbiamo salirle per arrivare al dojo, vieni qui vicino a me, Goemon, i portatori della pergamena devono essere in testa al gruppo” chiarì Kaoru guardando le scale affiancandosi a Raffaele, che non sembrò tanto contento di vedersi affiancare dallo zio ma non lo diede a vedere, limitandosi a stringere per una frazione di secondi gli occhi. A mano che mano salivano facendo attenzione a non inciampare in una delle radici presenti sulle scale si fece sempre più visibile quella che sembrava a prima vista un tempio, una costruzione da cui sembrava alzarsi del fumo odoroso di incenso ma quando raggiunsero l’ultima scala si trovarono davanti al più bizzarro tempio che avessero mai visto: in mezzo ad una radura c’era una gigantesca costruzione quadrata priva di mura al lato destro, a quello sinistro e all’entrata, situata davanti a loro cosicché si poteva anche notare che in fondo ci fosse un qualcosa che sulle prime non riuscirono a distinguere. Avvicinandosi, si resero conto che il qualcosa in questione era rappresentato da quattro gigantesche statue uno vicino all’altra e ,cosa che suscitò perplessità, rappresentavano quattro divinità greche: Efesto, Poseidone, Eolo ed infine una donna che fu identificata per Gea. Entrando ebbero modo di rendersi conto che le statue erano talmente grandi che la testa toccava il soffitto ed erano così ben fatte da sembrare vere; con i loro occhi di marmo sembravano ricambiare lo sguardo ai nuovi arrivati che nel silenzio più assoluto li osservavano a loro volta “Queste sono statue greche, che ci fanno qui?” domandò perplesso Jigen guardando prima le statue e poi girandosi verso Kaoru,Goemon e Raffaele ma quest’ultimi ,perplessi alla pari degli altri, non seppero rispondere “Non sappiamo perché ci siano queste statue, questo dojo viene usato soltanto nei casi di emergenza riguardo il Grande Segreto. È la prima volta che veniamo qui” rispose Kaoru con gli altri due colleghi che confermarono le sue parole “È un tempio molto strano questo. Si trova in Giappone, eppure presenta statue di divinità greche dell’antichità” commentò Lupin grattandosi la testa guardandosi intorno stupito ma Goemon l’interruppe, freddo come al solito “Dobbiamo aspettare che arrivino gli altri portatori della pergamena” “Potete smettere di attendere allora” replicò una voce sconosciuta alquanto divertita “Co…?” disse Lupin guardandosi intorno come gli altri per vedersi con orrore circondato da almeno ventiquattro uomini vestiti di nero, tutti armati fino ai denti. Insieme ai compagni Lupin tirò fuori la pistola mentre continuava a guardarsi intorno: erano completamente circondati. “Oh cavolo, cavolo, cavolo” sibilò a denti stretti Oscar guardandosi freneticamente intorno mentre Walter impallidiva alla pari del fratello “Gli uomini di Kanemoti” disse a voce strozzata mentre stringeva il braccio del fratello “Bravo, bravo” disse la voce di prima ,adesso riconosciuta, accompagnata da un applauso saturo di sarcasmo mentre da dietro le statue usciva la figura di Kanemoti, Hikijo ,che si scambiò uno sguardo di puro odio con Goemon e Raffaele, e altri quattro personaggi che il gruppo non aveva mai visto prima. “Se devo essere sincero vi stavamo aspettando da un ora” precisò Kanemoti con una risata e un sorriso ironico mentre guardava l’orologio “Davvero? Mi spiace tanto, in genere non mi piace arrivare in ritardo agli appuntamenti ma la segreteria non mi aveva avvisato” rispose Lupin mentre cercava di trovare una via di uscita “Non importa, lo sapevamo e ci siamo organizzati in modo da incontrarvi ugualmente ,spiegò ancora Kanemoti senza perdere il sorriso, oh, a proposito, permettetemi di presentarvi i miei compagni: beh, Hikijo già lo conoscete. Questo ragazzo che mi assomiglia tanto ,disse appoggiando una mano sulla spalla al giovane samurai con i capelli marrone chiaro, è mio nipote Liu Kang Kanemoti mentre la ragazza con i capelli biondi con la pistola Condor si chiama ,disse guardando Jigen, Alexis Kowalski mentre la ragazza con i capelli neri si chiama Kate Pycal e l’altra è Nemesi Wolf. Si ,confermò di fronte le loro espressioni stupite, sono tutti parenti di vostre vecchie e perdute conoscenze.” concluse godendosi le loro espressioni incredule. “Io sono la figlia adottiva di Karen Kowalski. Mi adottò quando avevo sei anni quindi non pensare che io sia tua figlia” precisò immediatamente Alexis di fronte all’aria stupefatta di Jigen e alla sua espressione che lasciava ben capire a cosa stesse pensando. “Io invece sono la sorella minore di Pycal, lo ricordi, vero Lupin?” domandò con sguardo e voce saturi di rabbia “Si, me lo ricordo” rispose Lupin serio, non aveva voglia di scherzare “Io invece sono la sorella minore di Antonio Wolf, il killer a cui voi due, Lupin e Jigen, avete mozzato le orecchie” si presentò Nemesi “Sei contento, Lupin? I fantasmi del passato sono tornati a farvi visita” domandò Liu Kang  “Si sono presentati tutti ma mi pare che qualcuno non abbia ancora fatto le sue presentazioni ,rispose il ladro, voi due che cosa avete a che fare con il nostro passato?” chiese mentre si accendeva una sigaretta “Già, è vero. ,convenne Kanemoti mentre si avvicinava a lui e gli portava via la sigaretta per poi buttarla a terra, da cui uscì del fumo che avrebbe dovuto teoricamente accecare lui e i suoi uomini, mi spiace ma odio la gente che fuma mentre parlo ,spiegò strafottente mentre l’espressione di Lupin si irrigidiva, io e mio nipote abbiamo molto a che fare con il passato del tuo amico Jigen” disse guardando il pistolero, che non mutò la sua espressione fredda “Ti ricordi quando ti fu dato ordine di uccidere il figlio del capo della mafia internazionale, Crow Kanemoti?” prese la parola Liu Kang con voce lenta “Si” rispose Jigen altrettanto lentamente “Era mio padre e lui ,disse indicando Hideyoshi, era suo padre” a quelle parole, Jigen si sentì chiudere lo stomaco: erano nei guai, in grossi guai. “Ci sono voluti anni per trovarti ,anzi, precisò, per trovarvi e abbiamo fatto una faticaccia per trovare coloro che hanno avuto a che fare con voi, trovare i contatti giusti ma alla fine vi abbiamo preso” “Quando ho cercato informazioni su di voi non ho trovato niente” sibilò Jigen “Sapevamo che avresti cercato informazioni su di noi e ci siamo premuniti. Abbiamo contatti dappertutto che prendono grosse mazzette per collaborare con noi ,spiegò il giovane, non stato facile ma alla fine vi abbiamo preso. Prendeteli” ordinò rivolgendosi agli uomini che fino a quel momento si erano limitati a tenere d’occhio i prigionieri “E no, ragazzo mio, intervenne suo nonno, dobbiamo prima prendere le due ultime pergamene del Chi. Coraggio, consegnatecele” disse tendendo la mano ma Kaoru e Goemon non ci pensarono proprio “Suvvia, a che vi serve tenervi le pergamene se le altre sono completamente distrutte?” riprese l’uomo provocando il raccapriccio e lo stupore dei prigionieri “Distrutte?” ripetè incredulo Raffaele “E non solo quelle ma anche le scuole sono state ridotte in cenere” “Le scuole maggiori?” domandò raccapricciata Kaoru “Voi siete gli unici rimasti vivi delle vostre scuole” spiegò crudele Hikijo “Come…come le avete trovate?” balbettò Kaoru cercando di ricomporsi “Questo chiedetelo a lei” disse ancora Hikijo indicando una persona dietro tutti ma prima che potessero voltarsi Fujiko si era già avvicinata ai due Kanemoti “Tu, Fujiko?” disse incredulo Lupin mentre Jigen e Goemon la guardavano con grande disprezzo “Mi spiace, Lupin ma mi hanno fatto un offerta straordinaria che non saputo rifiutare. Vedi, mi hanno offerto tanti di quei soldi per collaborare con loro e mi hanno anche promesso di farmi dare un occhiata alle pergamene oscure, in modo da vedere il Chi. Potrò rubare senza rischio di farmi prendere” rispose la donna lasciandosi abbracciare da Liu Kang “Ma tu guarda che stronza” commentò Raffaele a bassa voce quando si sentì mettere qualcosa in mano; stupito, guardò la pergamena dell’acqua per poi guardare Kaoru ma prima che potesse dire qualcosa “Tienila tu” l’anticipò lei prima di scagliarsi a tutta velocità verso Liu Kang “Kaoru!” la chiamò allarmato Jigen ma ormai era troppo tardi: con la spada sguainata, Kaoru la levò cercando di colpire non Liu Kang ma….
“Fujiko!” urlò Lupin altrettanto allarmato ma ciò non impedì alla spada di Kaoru di passare molto vicino al collo di Fujiko, la quale ,spaventata e presa alla sprovvista, urlò mentre Liu Kang si allontanava, alquanto divertito “Maledetta cagna ,ruggì Kaoru furiosa ,guardando la donna davanti a lei con i lineamenti deturpati dall’ira, hai condannato a morire tanta gente per sete di denaro e anche i miei compagni, il mio amato maestro, tu…brutta…lurida serpe ipocrita!!!” ringhiò alzando la spada ma prima che potesse abbassarla si sentì una detonazione e la spada di Kaoru le volò di mano: stupita, si guardò indietro per vedere Lupin con la pistola in pugno “Mi spiace ma questo non posso lasciartelo fare” le spiegò freddo mentre Jigen lo guardò esterrefatto prima di ,pieno di rabbia, sferrargli un pugno che lo fece cadere a terra. A Raffaele gli scappò un grido allo stesso modo di Walter ed Oscar, solo Zenigata e Goemon rimasero freddi “Sei un maledetto idiota!!” ruggì Jigen furioso rivolgendosi all’amico, il quale non rispose niente, limitandosi a controllarsi la mascella prima di rialzarsi “Consegnatemi le pergamene o lei muore” la voce di Hikijo li fece voltare, provocando un brivido a tutti: Kaoru era tenuta ferma e minacciata da Hikijo, il quale le puntava la lama della spada alla gola. “Non dategliele, vi prego” li supplicò la donna guardando tutti, in particolare Jigen. Questi rimase fermo al suo posto a guardare la donna mentre Lupin sembrava riflettere velocemente. Jigen indietreggiò fino a raggiungere Goemon e Raffaele “Datemele” disse sottovoce “Come?” gli domandò Raffaele stupito mentre Goemon senza fare domande ma con l’aria di aver già compreso si frugava nel kimono “Volete darmele o preferite che le tagli il collo?” intervenne Hikijo seccato facendo ulteriore pressione sulla gola della donna, la quale serrò le labbra rifiutandosi di gridare quando la lama penetrò fino a far scaturire sottilissime strisce di sangue. “Tieni” gli disse Raffaele passandogli la pergamena “Jigen” lo chiamò Goemon mentre l’amico si accingeva a consegnarle “Mh?” guardandolo interrogativo “Bravo” lo approvò Goemon. Senza rispondere, Jigen superò Lupin, che lo guardò stupito “Ma…Jigen” ma quest’ultimo non lo lasciò parlare “Bene, dammele” disse Liu Kang avvicinandosi e tendendo la mano ma invece di dargliele Jigen guardò in modo significativo la donna, la quale passò dal raccapriccio al sorriso, poi sorrise a sua volta e sotto lo sguardo stupefatto degli avversari stracciò le pergamene “Le avreste comunque distrutte ma perlomeno non sapete che cosa ci fosse scritto” spiegò loro Jigen tranquillo “Mhp, hai ragione” convenne tranquillo a sua volta Hikijo che dopo aver allontanato la lama dalla gola della donna la spinse lontano da sé “Ma tu ,Chi, è inutile che rimani nascosta, unisciti a noi” riprese la parola Hideyoshi invitando la bambina a presentarsi “Perfetto, mi ero proprio rotta la scatole” si sentì rispondere “Ispettore Zenigata!” Lupin e gli altri si voltarono al grido dei fratelli Fujimoto per accorgersi che l’ispettore non c’era più.  
 

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Capitolo 13
*** Furore ***


Furore

“Sono qui, ragazzi” rispose una voce debole e a malapena udibile. Si voltarono per vedere uno spettacolo allucinante: vicino ad Hideyoshi c’era un ispettore Zenigata che li osservava sorridendo maligno mentre un altro  era sostenuto da due mafiosi. Lupin sentì una fitta al cuore vedendo le condizioni di quell’uomo che non avrebbe certo riconosciuto se non avesse saputo chi fosse: la barba gli era cresciuta piuttosto irregolare sul viso insieme ai capelli, ed era più magro di prima a causa delle privazioni a cui era stato costretto “Zazzà” lo chiamò Lupin controllando con sforzo supremo la voce “Mi dispiace, Lupin” gli rispose questi guardandolo mortificato “Non sapevo che Chi avesse preso le sembianze dell’ispettore Zenigata e ci avesse seguito” disse Fujiko stupita guardando leggermente offesa Hideyoshi, il quale sorridendole le rispose “Non mi è sembrato necessario, mia cara ma spero che tu possa perdonarmi” “Io…io non capisco” intervenne Walter guardando i due Zenigata con aria terribilmente confusa “Mi sembra chiaro che tu non capisca ,intervenne Hideyoshi improvvisamente duro guardando i traditori, anche quando tu e tuo fratello stavate ai miei ordini non eravate particolarmente brillanti” “Che?!” lo stupore della banda di Lupin fu secondo solo a quello di Zenigata ,il vero Zenigata, il quale guardò i due stupefatto “Oh, ispettore, non ve l’hanno detto? Mi spiace” gli chiese fintamente mortificato Hideyoshi battendogli comprensivo una mano sulla spalla prima di voltarsi verso i prigionieri “A quanto pare quei due miei ex killer non vi hanno detto che un tempo facevano parte della mia banda prima di tradirmi” disse guardando Oscar e Walter in modo talmente sprezzante da spingere il primo a prendere la parola “Scelta di cui non ci siamo mai pentiti e devo dire anche a nome di mio fratello ,che di sicuro è d’accordo con me, che il tempo trascorso in polizia anche se breve è stato il migliore della nostra vita” concluse fiero con il fratello che confermava le sue parole “Mi fa piacere ,disse Hideyoshi, ma a quanto pare la mamma non vi ha insegnato che si ringrazia colui che vi fa un favore, vero?” “Come?” domandò Oscar mentre la confusione si delineava sui suoi lineamenti “Vedete ,si accinse a spiegare unendo le dita delle mani come in preghiera, quando ho saputo che mi avete tradito avrei potuto farvi uccidere subito ma ho voluto semplicemente farvi un piccolo regalo prima: volevate avere una vita diversa? Okay. Vi ho tenuti d’occhio in modo che qualunque lavoro avreste scelto, mi sarebbe bastato un ordine per liquidarvi ma ho atteso, lasciando che vi godiate la nuova vita.” “Brutto stronzo” sibilarono insieme i due “Chi è stata tutto il tempo con noi?” chiese Lupin colpito guardando il falso ispettore, il quale per tutta risposta si mise a ridere prima che la pelle del volto e i vestiti si sciogliessero rivelando la figura di una bambina con un vestito nero “Per essere un ladro scaltro ed intelligente per me ti sei comportato come un idiota, Lupin” commentò la bambina sprezzante sistemandosi il berretto in testa prima di avvicinarsi al ladro “Non so se siete sordi o avete la memoria a breve termine ma vi detto di consegnare le armi oppure le taglio il collo” ricordò loro Hikijo “Ah già” rispose Lupin guardando prima Hikijo e poi Chi per poi puntare la pistola verso quest’ultima, la quale sembrò leggermente sorpresa ma non si mosse dal suo posto, limitandosi a spostare la testa per guardare da diverse angolazioni la pistola “Adesso tocca a voi gettare le pistole altrimenti l’uccido” disse con uno strano sorriso in faccia: sembrava sofferente. Ci fu un attimo di silenzio, interrotto poi dalla risata di Hideyoshi e del nipote mentre gli altri ,sia gli alleati che i prigionieri, restavano in silenzio “È inutile, Lupin” disse Chi fingendo di guardarsi le unghie con aria annoiata mentre l’aria soddisfatta di Lupin si incrinò leggermente “Perché?” le chiese guardandola preoccupato “Perché non provi a spararmi? Io penso che non ci riuscirai” lo sfidò la bambina mettendosi in posizione “Coraggio, Lupin, fa pure” l’incoraggiò tranquillo Hideyoshi con un gesto della mano. Di fronte a quella reazione del tutto inaspettata, Lupin si sentì in trappola: non si aspettava una simile reazione e non avrebbe mai, veramente, sparato. “Qualche problema? ,s’informò preoccupata la bambina, allora ti darò una mano” e dicendo questo si avvicinò fino a toccare la punta della canna con la eburnea fronte, cosa che sembrò agitare ulteriormente Lupin. Quest’ultimo ,con la mano che gli tremava e con gli occhi che guardavano con un misto di orrore e raccapriccio Chi, espressione in perfetto contrasto con l’aria di sfida e tranquilla dipinta sul volto di Chi. Era una stronza perversa ma non per questo avrebbe trovato il coraggio di sparare. Dopo un attimo di silenzio sepolcrale Lupin abbassò lentamente l’arma per farla poi cadere a terra, gesto che ,dopo un attimo di sorpresa, fu ripetuto da parte dei suoi amici. “Bene, Fujiko, hai fatto davvero uno splendido lavoro” si complimentò Hideyoshi guardando la donna mentre suo nipote alle sua spalle sorrideva “Non è stato difficile ,rispose lei modestamente prima di gettare uno sguardo sulle persone che aveva tradito, addio Lupin” disse con voce fintamente triste come la sua espressione mentre indietreggiava verso Hideyoshi “Scusa, Fujiko ma stai sbagliando posizione: il tuo posto è con loro” disse fredda Pycal mentre Nemesi le puntava la pistola contro “Come?” disse Fujiko esterrefatta guardando i suoi ex alleati puntarle le armi contro “Unisciti ai tuoi amici” le ordinò ancora Kate “Mi avete tradita” disse ancora la donna lentamente guardandoli uno ad uno “Parole strane sulla bocca di una come te” rispose Kate fredda prima di avere un accesso di tosse seguito dalla comparsa di sangue, cosa che spinse Nemesi ad avvicinarsi di corsa “Le mie condizioni stanno velocemente peggiorando ,disse Kate continuando a tossire, e di questo devo ringraziare te, Lupin” accompagnando il tutto con uno sguardo pieno di odio “Ah, si? E come mai?” le domandò Lupin leggermente incuriosito “Ti ricordi la faccenda dei cristalli? Quelli sull’isola greca che davano vita a delle melodie nascoste da una sequenza di numeri da decifrare?” intervenne Nemesi reggendo l’amica “Si, suo fratello mi diede molti problemi” rispose Lupin “Quei cristalli le avrebbero permesso di salvarla dalla malattia” concluse velenosa la donna, lasciando sconcertato e desolato il ladro. Quasi involontariamente, la memoria lo riportò al loro secondo incontro: Pycal si era travestito da Zenigata e l’aveva inseguito dal castello in cui aveva appena rubato il famoso cristallo fino ad arrivare in città, in cui si teneva una festa……

“Ehi ,amico, ci fai gli scherzi da pagliaccio?” la voce speranzosa ed ansiosa di divertirsi del bambino gli fece salire un sorriso a quaranta denti sul volto; per fortuna aveva previsto l’inseguimento ed era già truccato di tutto punto “Che fortuna ,bambini, siete arrivati giusto in tempo per vedere le prestazioni del pagliaccio equilibrista” gli rispose gaio facendo comparire da dietro la schiena degli anelli dorati che unì in un attimo mentre con un salto elegante all’indietro salì sulla corda tesa per l’occasione. Facendo attenzione a stare in equilibrio su un piede solo e contemporaneamente a non farsi scappare di mano gli anelli, Lupin si guardò intorno per assicurarsi che non ci fosse quell’infernale Pycal o qualcuno della sicurezza del castello tra i piedi ma le sue speranze andarono a farsi benedire perché proprio in quel momento dal vicolo uscì ,tranquillo e freddo, proprio Pycal con ancora il travestimento da Zenigata. Questi si avvicinò a guardare lo spettacolo, mettendosi dietro agli altri bambini, i quali guardavano eccitati Lupin, che a sua volta guardava con la coda dell’occhio l’ispettore senza dare l’impressione di essere preoccupato. Come niente, gli lanciò uno dei cerchi seguito poi dagli altri, che furono tutti presi al volo dall’ispettore, il quale da come li fece abilmente girare sembrò al piccolo ed estasiato pubblico l’aiutante del pagliaccio. Quest’ultimo ,sempre con gli occhi dell’ispettore addosso, sceso dalla corda prese una manciata di colorate palline di gomma, facendole volteggiare tra le mani imitando contemporaneamente ,forse per divertire ulteriormente i bambini o perché fosse effettivamente matto, il verso di una gallina.  L’ispettore ,avvicinatosi a lui con ancora i cerchi tra le mani, gli rivolse la parola “Dammi subito il cristallo” “Co,co, cosa?” gli chiese strafottente lui lanciandogli le palline, che si trasformarono in coltelli quando Pycal li prese in mano “Il cristallo che hai appena rubato.,gli spiegò esasperato, Tu non sapresti che fartene ,capì che Lupin non aveva la minima intenzione di darglielo, cosa che l’esasperò ulteriormente, dammelo subito” gli disse con voce imperiosa minacciandolo coi coltelli ma Lupin per tutta risposta tagliò la corda, con Pycal dietro.  

Adesso capiva perché gli avesse dato la caccia così tanto a lungo per quei cristalli e perché ci fosse in quegli occhi la disperazione: era per la sorella minore, che adesso stava davanti a lui e lo guardava piena di rabbia e dolore. “Mi dispiace molto, l’ignoravo altrimenti glieli avrei consegnati” si spiegò desolato “Credi che basti dire “Mi dispiace” per risolvere tutto?” gli chiese Kate smettendo di tossire mentre si puliva la mano e la bocca mentre delle lacrime le colavano sul volto ma a questa domanda non ci fu risposta. “Unisciti a loro ,Fujiko, non farmelo ripetere un'altra volta” le ordinò Nemesi pungolandola con l’arma “Ma io che c’entro con la vostra vendetta? Sono stati loro ad uccidere i vostri familiari, io non ho fatto niente!” si difese disperata “Mio fratello ti amava e tu l’hai tradito” le rispose Kate guardandola con disprezzo “Io non voglio morire, permettetemi di unirmi a voi e farò qualunque cosa vogliate” insistette disperata ma per tutta risposta Nemesi la pungolò con l’arma, gesto che convinse la donna ad obbedire insieme all’ispettore Zenigata.

Raffaele osservava l’approssimarsi della sua fine senza dire una parola e con crescente preoccupazione, sentimento condiviso anche dai suoi amici. Nessuno di loro era così stupido, così ingenuo da sperare di salvarsi la vita, nessuno si illudeva di uscirne vivo da quella trappola, che cosa potevano fare ormai? È vero, avevano lasciato loro le armi ma che utilità potevano avere contro così tanti avversari che li avevano circondati? Che cosa poteva fare un lupo quando era completamente circondato dai cani e dai cacciatori? Niente. Da come vide i nemici preparare le armi, capì che stavano per essere massacrati ed ebbe paura. Aveva voglia di scappare, darsi alla fuga, tentare qualcosa ma si controllo: che figura avrebbe fatto davanti a tutti? Sentì la gola seccarsi insieme ai brividi freddi, non si sentiva pronto quando sentì una mano stringere la sua ma gli bastò abbassare lo sguardo per riconoscere subito Goemon, il quale lo guardava con l’aria di chi aveva capito tutto. Si sentì improvvisamente in colpa per come l’aveva trattato e capì immediatamente quel che poteva fare: scusarsi con lui in quei pochi momenti che avevano ancora a disposizione. “Goemon ,gli disse esitante stringendogli ulteriormente la mano, mi dispiace per come ti ho trattato prima…” si accorse con orrore che la voce era roca, gracchiante ma Goemon non sembrò farci caso in quel momento “La colpa è mia, avrei dovuto dirti come stavano le cose. Perdonami” gli spiegò abbassando gli occhi: quelle parole ebbero lo strano effetto su entrambi di fare dimenticare la situazione in cui si trovavano; stettero in silenzio a guardarsi negli occhi per un breve attimo prima che Raffaele riprendesse la parola “Ho paura” confessò sinceramente non senza un pizzico di vergogna “Anch’io” gli rispose Goemon con un sorriso stiracchiato. “Stai per avere la tua vendetta, Hikijo, finalmente” la voce allegra della bambina li costrinse a ritornare alla realtà e vederla guardare adorante il samurai, che si costrinse a sorridere “Già, infatti” disse evitando di guardarla “E dopo…. ” disse la bambina stringendo le mani in boccio con una strana espressione che non piacque tanto al ragazzo, per cui si affrettò a chiedere “Che cosa?” mentre Liu Kang tratteneva a stento una risata “Avremo tutto il tempo per vivere insieme” gli spiegò la bimba guardandolo felice. Hikijo preferì non rispondere. “Coraggio, allora, uccideteli” ordinò Hideyoshi con un sorriso soddisfatto rivolgendosi ai suoi uomini ma al suo ordine nessuno fece fuoco: come statue, i sottoposti continuarono a tenere le armi puntate contro Lupin e i suoi amici. Restò leggermente interdetto “Non avete sentito? Fate fuoco” ordinò allora il nipote ma fu inutile “Mi dispiace ma non le obbediranno” gli disse Alexis guardandolo  “Che vuol dire?” gli chiese duro l’uomo stringendo gli occhi “Io e i miei compagni siamo cresciuti con i precetti dello stile Kuroi e c’è una regola che ci impegna a combattere l’avversario senza aiuti da parte di estranei perciò io, Kate, Nemesi ed Hikijo combatteremo senza l’aiuto del nostro gruppo ma non per questo obbedirà a voi: noi restiamo comunque loro capi.” spiegò la donna tranquilla sostenuta dai compagni samurai “Ma non siate ridicoli! ,intervenne Liu Kang guardando i compagni sprezzante, Precetti? Che vi importa? Questo stile serve solo per vedere il Chi, che cazzo vi frega delle regole?” “Noi faremo così” rispose impassibile Hikijo “Beh, affari vostri. Allora vorrà dire che Jigen verrà eliminato per primo. Prendetelo” ordinò ancora Liu Kang indicando con una mano l’oggetto della discussione ma questa volta Nemesi protestò insieme ad Alexis “Mi dispiace ma anche noi abbiamo un conto in sospeso con lui, non puoi farlo” disse Nemesi “La vendetta spetta anche a noi” aggiunse Alexis “E a me che mi frega?” rispose il giovane accalorandosi mentre Chi guardava divertita la cosa. Prima di intervenire, scosse il capo commiserevole coprendosi teatralmente il viso con la mano “Povera me, che scemi. Se posso dare un consiglio, vi consiglio di fare nel seguente modo: combattetelo tutti e tre senza accopparlo e al momento di levarvelo dai piedi lo uccidete contemporaneamente insieme.” suggerì con l’aria di una che ha appena parlato con dei babbei “Brava Chi, ottima idea” l’approvò Hideyoshi battendogli una mano sulla spalla. “Maledetti” sibilò Lupin guardandoli con odio “Ma che bastarda quella bambina” sibilò altrettanto arrabbiato Raffaele mentre guardava Jigen, il quale appariva perfettamente calmo benché avesse sentito benissimo che genere di morte lo attendeva. Sentì il rispetto per quell’uomo crescere insieme ad una grande tristezza: gli dispiaceva che morisse: gli era simpatico e gli aveva insegnato anche a sparare e adesso era condannato a causa di quella piccola stronzetta ad un morte atroce: si sentì montare la furia addosso: non era giusto. Ma che poteva fare?
“Faremo come ci ha suggerito Chi, allora: lo combatteremo insieme e al momento di ucciderlo lo colpiamo insieme però io lo finirò con una buona pallottola in testa.” disse cinicamente in quel momento Liu Kang mentre Jigen ,dopo aver lanciato un rapido sguardo a tutti veniva accompagnato verso la sua fine, rappresentata da quei tre samurai che lo aspettavano con le armi in mano. Raffaele sentì una stretta al cuore vedendo Lupin che tremava di rabbia con un espressione terribile in faccia: un misto di disperazione e furia più completa insieme alla sensazione di assoluta impotenza. Guardò Goemon: il suo volto non lasciava trasparire nessuna emozione ma avvicinandosi notò l’irrigidimento della mascella e il fuoco negli occhi mentre Kaoru piangeva a dirotto. Vedendola così pensò che dovesse dirle qualcosa ma non sapeva cosa, cioè cose da dire ne aveva ma erano alquanto inopportune: era buffo ma in casi come quelli le uniche cose che venivano in mente erano inopportune e ciniche, come per esempio il fatto che non fosse proprio una buona morte quella che attendeva Jigen: era sempre vissuto con la pistola in mano, quindi sarebbe stato meglio che morisse ucciso da proiettili, noh? Proiettili?
Gli venne in mente un idea: non era affatto certo di riuscire a salvare Jigen ma sicuramente l’avrebbe vendicato. Più velocemente che potè e cercando di non dare nell’occhio si avvicinò silenziosamente a Lupin, che in quel momento non aveva occhi che per l’amico prossimo alla morte “Lupin ,bisbigliò Raffaele, dammi dei proiettili, sbrigati” “Dei proiettili?” lo guardò lui sconcertato “
Sei pronto al combattimento, Jigen?” gli chiese maligna Chi senza ottenere risposta dal pistolero, che guardava freddo i suoi avversari mentre controllava che la pistola fosse carica “Muoviti” gli rispose Raffaele lanciando sguardi preoccupati al gruppo e intorno, sperando che nessuno notasse il loro movimento. Dopo un attimo di smarrimento, Lupin si frugò in tasca “Ecco” gli disse abbastanza perplesso mettendogli i proiettili in mano “Bene, mettiti a fianco a me, così non si notano e tieniti pronto a passarmi altri proiettili nel caso ne abbia bisogno” “Per caso mi hai scambiato per una cassa di proiettili?” gli chiese scherzando Lupin ma il ragazzo non gli rispose, mettendosi un proiettile nella mano destra e nell’altra. Fatto un respiro profondo, prese la mira e poi ,pregando di non sbagliare, fece partire i proiettili: Liu Kang e Alexis ,colpiti alla spalla, lasciarono cadere le armi mentre Nemesi li guardava stupita “Che succede?” chiese loro ma prima che potesse avere risposta Raffaele approfittando della confusione aveva già caricato nuovamente le mani e fatto partire altri due proiettili: uno colpì Nemesi, permettendo a Jigen di avvicinarsi di corsa ai suoi amici e l’altro proiettile diretto verso Hikijo, il quale ,confuso alla stessa maniera degli altri, non riusciva ancora a capire cosa stesse accadendo. “NO!!! ” la voce piena di spavento di Chi risuonò in tutto il tempio mentre Hikijo ,incosciente del pericolo, si guardava preoccupato in giro prima che Chi gli saltasse addosso buttandogli le braccia al collo. Per un attimo rimase come paralizzato, stupefatto del gesto di Chi quando sentì il corpo di questa tremare incontrollabile all’improvviso prima che una gigantesca raffica di vento uscente dal suo corpo si sprigionasse per tutto il tempio, scaraventandolo lontano da lei a terra insieme a tutti gli altri presenti. “State bene, amici?” fu la prima domanda che Raffaele porse guardando preoccupato i compagni, che a quanto pare erano incolumi: Lupin tenendo stretta Fujiko a sé gli rispose di si come Jigen che teneva stretta Kaoru, l’ispettore Zenigata, Goemon e i fratelli Fujimoto: stavano tutti bene. Rassicurato, si mise in piedi e un sorriso soddisfatto e allo stesso tempo stupito gli comparve in viso: due delle quattro statue greche erano a causa del forte vento scatenato da Chi state scalzate dalla loro posizione andando a cadere schiacciando fortunatamente i tirapiedi di Kanemoti, il quale in quel momento si era alzato a fatica da terra insieme agli altri e stava raggiungendo Chi, la quale stava a terra, immobile. Hikijo fu il primo a raggiungerla “Che diavolo…?” disse guardando con spavento la macchia di sangue sul  suo kimono e quello che Chi sputava dalla bocca; senza accorgersi che gli altri suoi compagni si erano velocemente avvicinati a lui e senza vedere il sorriso crudele e soddisfatto di Raffaele e quello stupito e ammirato dei suoi amici, Hikijo le guardò la schiena per vedere il buco di un proiettile: qualcuno le aveva sparato ma chi? Non c’erano state detonazioni. “Qualcuno le ha sparato” disse debolmente Hikijo continuando a guardarla  “Ma chi cazzo può aver sparato se non ci sono state detonazioni?!” ruggì furioso Hideyoshi mentre vicino a lui Liu Kang si tamponava la ferita “Io forse so chi” intervenne Pycal guardandosi intorno prima di fissare lo sguardo su Raffaele “È stato lui! È dello stile Tuti” urlò indicandolo “Via, ragazzi!” urlò Lupin ma prima che qualcuno potesse fare qualcosa, a quelle parole gli occhi di Chi ebbero un guizzo mentre una strana luce gli illuminò gli occhi. “Chi?” la chiamò esitante Hikijo ma tacque come tutti gli altri vedendo la sua espressione gelida e furiosa, gli occhi che si illuminavano di una luce rossa e i capelli biondi che turbinavano come scossi da un forte vento. Di fronte a quello spettacolo e contro la loro volontà Lupin e gli altri si bloccarono. Con evidente fatica, Chi si rialzò e guardò Raffaele mentre il sangue che le colava dalla bocca cadeva a terra “Ti credevo un avversario da poco ma ti ho sottovalutato. Mi hai preso di sorpresa, complimenti e per questo ti do il giusto premio” e dicendo questo fece uno strano movimento con le mani, come se stesse separando qualcosa prima di svanire. Preoccupato, Raffaele si guardò intorno senza vedere niente, a parte gli altri nemici e i suoi stessi compagni che si guardavano preoccupati in giro. Sentì dei passi leggeri e a mala pena udibili. Si mise attentamente in ascolto: si, aveva sentito bene ma non riusciva a localizzarne la posizione: sembravano dappertutto. Si guardò attorno freneticamente senza alcun risultato finchè i passi non cessarono bruscamente. Calò un silenzio di tomba in cui i presenti ebbero appena il tempo di chiedersi che cosa stesse per accadere che Chi ricomparve bruscamente davanti a Raffaele. Questi ebbe appena il tempo di notare che una delle mani di Chi era avvolta da una specie di sfera rossa e nera al cui interno c’era qualcosa in continuo movimento che la bambina gliela appoggiò sul petto. Scomparve ,apparentemente assorbita e dopo pochi secondi in cui Chi disse qualcosa di incomprensibile prima di cadere a terra indubbiamente morta, Raffaele fu scaraventato all’indietro, come spinto da una forza invisibile. In aria e contro la sua volontà, fece una capriola per cadere a terra toccando con violenza mostruosa il pavimento con la faccia. Toccò il suolo come una marionetta a cui erano stati tagliati i fili per poi non rialzarsi più. Tutto sembrò perdere importanza per Goemon: i suoi occhi non si staccavano dal corpo esanime di Raffaele, che non accennava a rialzarsi. Con gli occhi vitrei si diresse verso suo nipote. Quando lo raggiunse, si liberò della spada appoggiandola a terra, si chinò, voltò con delicatezza Raffaele facendogli appoggiare la testa sulle sue ginocchia. Gli bastò poco per capire che era inutile sperare: il cuore non batteva più e gli occhi erano fissi su un punto inesistente. Non fece caso al fatto che intorno al lui non ci fosse più nessuno poiché furiosi per la morte di Raffaele e intristiti per il dolore di Goemon, Lupin e gli altri avevano inseguito i complici di Chi, i quali se l’erano data a gambe spargendosi dappertutto ma ognuno con un nemico appresso. Sentì il cuore lacerarsi guardando il volto del ragazzo che si era perfettamente reso degno di essere chiamato Ishikawa e che aveva terminato così presto il suo viaggio. Era orgoglioso di lui: aveva combattuto con onore tutte le volte che ci fosse stato bisogno e grazie alla sua intelligenza aveva salvato tutti loro da una tremenda situazione. Gi venne da pensare che tutto questo non gliel’aveva mai detto e si rese conto delle conseguenze della realtà: non gli avrebbe mai più parlato e non l’avrebbe rivisto mai più. Si costrinse a parlare lottando contro il dolore che l’attanagliava e quando lo fece la sua voce era stranamente ferma e in perfetto contrasto con il pallore del volto e le lacrime agli occhi “Hai onorato tua madre e io sono orgoglioso di essere stato tuo zio e onorato di essere stato al tuo fianco. Ti saluto, Raffaele Ishikawa” e dicendo questo lo appoggiò a terra, lo coprì con la parte del kimono che aveva allacciata alla vita e si guardò in giro: non vide nessuno ma la cosa non lo preoccupò più di tanto: ora avrebbe dato la caccia ad Hikijo e l’avrebbe ucciso anche costo di doverlo inseguire fino all’inferno. Passando vicino al corpo di Chi, si fermò e guardandola sprezzante le disse “Eri forte ma mio nipote lo era molto di più. Addio” e passò oltre, senza accorgersi dell’alone rosso che fuoriusciva dal corpo di Chi e che aveva preso le sembianze di un uomo, anche se non si potevano vedere i lineamenti; solo quando si sentì afferrare per una spalla e sbattere violentemente a terra, incapace di muoversi e con quella figura rossa che lo sovrastava, si rese conto del pericolo mentre la mente si chiedeva da dove fosse uscito fuori quel personaggio. Cercò di scrollarselo di dosso facendo uso delle gambe in quanto le braccia erano tenute ferme dalle ginocchia dell’aggressore ma fu inutile: sembrava che stesse colpendo l’aria. L’uomo ,o quello che era, sembrò afferrare una specie di pugnale poiché sulla mano destra comparve qualcosa che sembrava affilato mentre con una mano gli spalancò bruscamente l’occhio sinistro. Con il cuore che batteva a mille e perfettamente consapevole di quello che stava per accadergli, Goemon vide il coltello scendere avvicinandosi sempre più all’occhio sinistro finchè non avvertì un dolore atroce insieme ai movimenti del coltello dentro l’orbita. Incapace di trattenersi, urlò come un folle mentre cercava con sforzi inutili di liberarsi, non seppe per quanto tempo durò la tortura poiché perse i sensi. Quando si risvegliò, si rese conto che quello strano tipo non c’era più insieme al fatto che la sua vista fosse completamente cambiata: l’occhio destro era normale ma quello sinistro vedeva tutto diverso: linee di colori vari in movimento continuo “Che mi sta succedendo?” si domandò spaventato. Involontariamente si guardò le mani e rimase sconvolto nel vedere linee di colore grigio e rosso ma il suo stupore aumentò vedendo il corpo di Raffaele formato da linee grigie e marroni, con l’unica differenza che oltre al colore differente, le linee erano ferme. Guardò gli alberi per vedere linee color marrone, tutto lo spazio che lo separava da un oggetto all’altro era come ricoperto da un tappeto di colore grigio. Il suo stupore era pari solo alla sua confusione: non riusciva proprio a capire che cosa significassero quelle linee e soprattutto perché gli fosse stato fatto questo: l’uomo gli aveva cavato l’occhio sinistro e poi…?
Non seppe darsi risposta ma tutte le sue domande persero importanza quando il suo cervello gli fece notare che Hikijo forse stava scappando in quel momento e con lui anche gli altri avversari, tutti responsabili della morte di Raffaele poiché avevano scatenato contro di lui e i suoi amici quella macchina da guerra e di morte che ora giaceva ai suoi piedi a pochi passi dal corpo del responsabile della sua poco compianta dipartita. Un ondata di rabbia e odio gli zampillò inebriandogli i sensi: dovevano morire tutti. “Non mi scapperete. In nome di Raffaele Ishikawa io vi ucciderò” e dicendo queste fece per lasciare il tempio quando si ricordò di una cosa: che Raffaele avrebbe voluto vendicare personalmente la madre. Ciò ormai ,pensò guardando il suo corpo coperto dal kimono, non era più possibile ma c’era una cosa che poteva fare: ritornò vicino al corpo e dopo un attimo di esitazione prese la spada del giovane, il quale non si oppose, come Goemon aveva assurdamente sperato che facesse per un breve attimo. Dopo aver guardato per un  breve attimo il giovane e fatto strisciare le sue robuste dita sulla fronte del giovane in un goffo gesto di tenerezza, si alzò e uscì dal tempio con tutta calma prima di correre come un razzo alla ricerca delle persone che adesso avevano poche possibilità di scampare alla fine.

 

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Capitolo 14
*** Combattimenti ***


Scontro

1° combattimento
Per schivare le pallottole di Kanemoti senior finirono per la disperazione col buttarsi dentro un cespuglio con le foglie larghe dal bel colore degli smeraldi insieme all’ispettore Zenigata, il quale nonostante le proteste dei fratelli Fujimoto aveva voluto seguirli. Stando il più possibile abbassati, continuarono a sparare mentre Kanemoti ,immediatamente riparatosi dietro un albero, faceva altrettanto. Le pallottole fischiavano intorno a loro come zanzare invisibili mentre il sudore ,conseguenza della paura che attanagliava i duellanti, cominciava a rendersi visibile sui loro corpi, appiccicando i capelli sulla fronte. “È arrivato il momento di pagare il vostro debito con la mafia e il vostro tradimento” urlò maligno il boss spedendo una pallottola prima di ripararsi per evitarne uno di Walter che gli passò vicino al braccio sinistro e un altro di Zenigata che per un soffio non lo colpì alla testa “Non credo proprio. Sarai tu a marcire all’altro mondo mentre io e mio fratello continueremo la nostra nuova vita” rispose  Oscar fingendosi tranquillo mentre cercava un modo per levarsi dai piedi Hideyoshi nel frattempo che Walter caricava velocemente la sua pistola. Mentre sparava gli venne da chiedersi come stessero gli altri e se stessero bene ma prima di potersi dare una risposta “Oscar ,la voce di suo fratello lo richiamò alla realtà facendogli abbassare lo sguardo, l’ispettore…. ”disse indicandolo con aria preoccupata mentre lo sguardo di Oscar si incupiva ulteriormente: ebbe purtroppo conferma dei suoi sospetti: non stava affatto bene come si ostinava a far credere, il digiuno a cui era stato sottoposto per Dio sa quanto tempo lo aveva privato delle forze e quindi non riusciva a sparare come al solito: ci metteva tempo persino per prendere la mira dopo aver identificato la posizione del bersaglio. Non poteva stare lì a combattere per molto ancora: aveva assolutamente bisogno di un ospedale e soprattutto delle cure di un medico, un buon medico. “Come facciamo adesso?” gli chiese preoccupato Walter senza ottenere risposta essendo suo fratello impegnato a trovarla guardandosi intorno. Si accorse che tra il loro cespuglio e l’albero che si era accollato il triste e spiacevole compito di proteggere Kanemoti non c’era un possibile rifugio che potesse permettere di avvicinarsi per le vie frontali in quanto erano abbastanza vicini però vicino il cespuglio che li proteggeva era collegato ad un albero e dopo questo c’erano altri alberi. “Walter” lo chiamò vicino a sé “Ti è venuto in mente qualcosa?” s’informò il ragazzo ansioso “Voi due continuate a spararmi per coprirmi, io cerco di avvicinarmi per le vie secondarie” rispose lui “Non è meglio che vada io? Sono più piccolo di te” propose il giovane “Ergo meno intelligente di me” rimbeccò strafottente Oscar preparandosi a quello che definì l’arrembaggio “Stronzo, sei il solito stronzo” disse scuotendo la testa con un sorriso storto Walter prima di rimettersi a sparare. Al cenno di via libera e stando chinato il più possibile, Oscar strisciò velocemente verso il riparo di un albero per ripetere lo stesso gesto fino ad arrivare alle spalle del boss, guardandolo da due alberi di distanza scoprirsi per sparare per poi ritornare al coperto. Cercando di non farsi scoprire, restò a guardarlo finchè non decise che fosse il momento di farla finita: cercando di camminare tenendo d’occhio sia lui che il terreno per evitare di fare rumore ed essere scoperto si avvicinò sempre più.
“Non preoccuparti di niente, quando devi uccidere qualunque modo va bene. Sei un mafioso e un mafioso qualunque cosa faccia, il suo onore non viene mai danneggiato. Le persone che non sono mafiose sono vermi in confronto a noi e noi li possiamo schiacciare come meglio crediamo”  quelle parole gli furono dette il giorno in stesso in cui lui e suo fratello entrarono a fare parte della mafia dallo stesso uomo che adesso gli voltava le spalle. Con un movimento automatico alzò la pistola, sollevò il cane e fece fuoco, colpendolo alla spalla. Con un urlo di dolore, Hideyoshi lasciò cadere la pistola mentre una mano andava a coprirsi la ferita. “Tu…” sibilò disgustato cercando di riprendere la pistola ma un altra pallottola piazzata sull’altra spalla lo costrinse lasciar stare mentre il dolore gli annebbiò la vista “Tu vuoi cambiare vita, sei diventato un poliziotto ma invece sei ancora un mafioso e lo resterai per sempre. Non hai dimenticato ciò che ti dissi quel giorno” disse cattivo al giovane davanti a lui che lo guardava freddamente e che freddamente gli rispose “Allora dovresti essere contento ,disse chinandosi mentre gli infilava contro la sua volontà la canna della pistola in bocca, ho messo in pratica i tuoi insegnamenti, però su di te” rispose con un sorriso sadico guardando la sua espressione ,adesso terrorizzata, nel sentire quel sapore metallico e gelido in bocca. Tirò il grilletto: il cervello gli fuoriuscì dal cranio decorando di rosso e di qualche altra cosa non meglio identificata l’albero e anche il vestito e il volto di Oscar, il quale ,imbrattato di sangue e senza guardare il cadavere davanti a lui, si appoggiò con la schiena all’albero sforzandosi di fare respiri profondi per calmarsi prima di pulirsi il viso alla meno peggio prima di staccarsi dall’albero e di avviarsi verso i suoi amici con il sorriso di chi si sente veramente libero dall’incubo.


2° combattimento

 
“Non ha alcuna importanza il fatto che tu abbia la pistola e io sia solo munito di una spada ,affermò il ragazzo con spavalderia guardando Jigen, il quale lo teneva sotto tiro con la pistola, grazie allo stile Kuroi posso  vedere il Chi quindi qualunque tuo colpo lo saprò in tempo” “Non ci casco, amico” replicò tranquillo e freddo Jigen “A cosa?” gli chiese il ragazzo curioso “Tu e i tuoi compagni non potete vedere il Chi” “Ah no?” replicò scettico e sarcastico il ragazzo “Se non fosse così, allora perché siete scappati come pecore senza più il loro pastore?” gli chiese freddo l’uomo lasciando quasi senza fiato il giovane, che rimbeccò con uno sbuffo derisorio all’indirizzo del nemico preparando la spada e mettendosi in posizione “Meno male che non ci sono quelle rompiballe di Wolf e Kowalski ,disse guardandosi in giro e fingendosi preoccupato, con me ,specificò temendo di non essere stato chiaro, altrimenti sai che inferno per te?” gli chiese sorridendogli in un modo falso che ricordò molto Fujiko “Da come ti guardi in giro sembra che tu lo speri ardentemente invece” replicò tagliente il pistolero cancellando il sorriso di Liu Kang quando improvvisamente un proiettile passò vicino alla gamba destra di Jigen mancandola per un soffio. Pur immaginando chi fosse l’avversario, Jigen si costrinse a voltarsi per vedere Kowalski dietro di sé con un sorriso non proprio socievole in faccia “Volevi tenertelo tutto per te?” gli domandò fredda la donna scrutando l’alleato “Tu che avresti fatto se fossi stata sola con lui?” replicò scocciato questi guardando crudelmente Jigen, il quale vedendo la nuova arrivata unirsi a Liu Kang e guardarlo come lupi che avevano circondato la pecora si abbassò con una mano il cappello sugli occhi per nascondere la sua aria di disappunto “Dannazione” sibilò a denti stretti mentre si chiedeva con un brivido freddo come avrebbe fatto a cavarsela da solo con tre avversari, uno dei quali con una mitragliatrice. Si sorprese a pensare a Kaoru e a chiedersi se stesse sola oppure no .    

Cinque minuti prima
“Dannazione, la morte di Chi non ci voleva proprio e tutto il piano è andato al diavolo per colpa di quel ragazzo” sputò furiosa Kate mentre al suo fianco Nemesi ,che le correva affianco, si limitò silenziosamente ad annuire prima di aggiungere altrettanto arrabbiata “E quel che peggio è il fatto che abbiamo perso il vantaggio maggiore” disse fermandosi bruscamente per tirare un calcio ad una pietra “Ma di questo dobbiamo rimproverare soltanto noi stessi: per avere la nostra vendetta al più presto abbiamo lasciato i nostri maestri e non abbiamo finito l’addestramento e quindi visto le pergamene” le ricordò saggiamente Kate guardandola severa “Su questo hai ragione ,convenne l’amica, però possiamo sempre  ritornare al dojo e completare l’allenamento” disse mentre il suo viso s’illuminava della nuova idea ma Kate scosse il capo “Forse tu ma io non ho più tempo” le spiegò tristemente mentre l’espressione di Nemesi si contorse a quelle parole nel più vivo e sincero dolore insieme a due lacrime che le scesero giù per il viso finchè Kate non le fermò gentilmente con un dito “Grazie” disse solamente guardando con affetto l’amica prima che si abbracciassero con forza. Sarebbero rimaste in quella posizione in eterno se la mente ,meno romantica e più pratica, non avesse ricordato ad entrambe che i loro nemici erano nelle vicinanze. “Dobbiamo andare” le ricordò Nemesi sciogliendosi dall’abbraccio prima che ricominciassero a muoversi “Vai a cercare Jigen” le disse Kate guardando preoccupata l’amica seguirla ma questa “Non preoccuparti, Jigen non mi scapperà comunque mentre tu devi compiere assolutamente la tua vendetta” “Ma tu non devi uccidere anche Lupin?” le chiese Kate meditabonda “Si ma te lo lascio, mi basta uccidere Jigen in quanto è stato proprio il suo proiettile secondo le informazioni di Chi ad ucciderlo quindi Lupin non è tanto importante” “Potremmo fare anche come ha proposto Chi: lo uccidiamo insieme” “Beh, si potrebbe fare” rispose Nemesi senza essere proprio convinta.
Intanto Lupin e Fujiko ,accompagnati da Kaoru, in quel momento stavano guardando con aria seria il segnale partente dall’orologio di Lupin “Sta venendo proprio verso di noi. Meno male che poco prima che scappasse sono riuscito a lanciare addosso a Pycal una piccola spia” e dicendo questo si avvicinò ad un albero e controllò la pistola insieme a Kaoru che si rimboccò le maniche del kimono in silenzio per evitare spiacevoli sorprese mentre la sua mente andava ad un uomo che aveva la maggior parte dei loro nemici appresso: Jigen. Si chiese se stesse bene ma la coscienza le ricordò perversamente che aveva tre avversari contro e che potevano vedere il Chi “Lupin” disse con voce tremante “Mh?” le chiese con fare interrogativo “Secondo te Jigen….,si sentì un poco in imbarazzo, se la caverà contro quei tre?” “Tranquilla ,le disse con fare amichevole e un occhiolino, Jigen è un tipo in gamba e d’altronde….” si fermò guardandola malizioso prima di avvicinarsi a lei serio “Cosa?” disse lei perplessa e preoccupata per la sua espressione “Il pensiero di te gli darà maggior forza” “Oh, Lupin…grazie” disse sorridendo e arrossendo ferocemente la donna prima che la comparsa in scena di Pycal e Wolf rompesse l’atmosfera che si era creata “Stavamo cercando proprio voi” spezzò il silenzio Kate guardando fredda sia Fujiko che Lupin “E noi vi stavamo aspettando” rispose secco “Una delle tue spie, vero?” gli chiese senza cambiare espressione Pycal mentre preparava la spada insieme all’amica, che non sembrava meno battagliera. Si guardarono freddi prima che il suono di un telefonino rompesse la tensione,lasciando i presenti come disarmati mentre si guardano nel tentativo di identificare il proprietario dello squillante telefonino. Dopo un attimo di smarrimento, Nemesi prese il suo sentendo dall’altro lato la voce decentemente eccitata di Kowalski “Ho trovato Jigen, vieni vicino allo spiazzo vicino alle scale che portano al tempio” “Vengo subito , e rimettendo nella custodia di pelle rossa lo strumento, devo andare” spiegò all’amica prima di voltare loro le spalle e sparendo tra gli alberi, lasciando Lupin teso e Kaoru semplicemente angosciata “Devo andare ad aiutarlo, mi dispiace Lupin” e dicendo questo le corse appresso senza che Pycal glielo impedisse “Quasi quasi vado ad aiutarla” provò Fujiko prima che Lupin la fermasse “Mi dispiace cherì ma tu ci hai messi nei guai e tu ci aiuterai a tirarci fuori” le disse rimettendola vicino a sé con un sorriso cattivello stampato in faccia.     

Le corse dietro finchè non le arrivò abbastanza vicino, solo allora spiccò un salto afferrandola per le gambe facendola cadere. Vedendo la pistola a portata di mano la prese subito nascondendola nella tasca interna del kimono prima di rimettersi subito in piedi e allontanarsi da lei, tirando fuori la spada che si circondò della solita aura rossa simile ad una fiamma “Beniza Kura, vero? La spada maledetta” commentò acida Nemesi rimettendosi in piedi e guardando la spada dell’avversaria, la quale appariva completamente concentrata e che si limitò ad un cenno del capo. “Non mi impedirai di uccidere il tuo amichetto, meglio che lasci perdere, d’altronde non ho niente contro di te” le disse seccata guardandosi nervosamente indietro immaginando Alexis che l’aspettava prima di tornare a concentrarsi sulla nemica, la quale per tutta risposta le saltò addosso con una serie di assalti che Nemesi riuscì a parare per miracolo con la spada a metà uscita dal fodero; indietreggiando, una infida pietra le fece perdere l’equilibrio e cadere a terra. Con Kaoru che la guardava fredda, senza commentare la sua apparente debolezza, Nemesi le ricambiò lo sguardo con un carico di odio e fastidio: ci mancava solo quella rompiscatole a mettergli i bastoni tra le ruote. Sentendo terra sotto le mani le venne un idea: ne prese rapidamente una manciata e quando le fu addosso gliela buttò in faccia, guardandola con perverso piacere sfregarsi gli occhi luccicanti di lacrime “E adesso come fai?” le domandò malevola avvicinandosi sconsideratamente a lei senza badare alla mano che era strisciata verso l’interno del kimono. Solo dopo che sentì una detonazione partita dalla tasca interna del kimono di Kaoru, da cui usciva del fumo insieme ad un forte odore della polvere da sparo, e avvertì un forte dolore allo stomaco capì cosa avesse fatto Kaoru: guardò stupefatta prima lei prima di abbassare lo sguardo verso la pancia, da cui fuoriusciva del sangue insieme all’intenso dolore che la fece cadere a terra, tremante “Questo” rispose fredda Kaoru guardandola contorcersi e gettando a terra la pistola in segno di disprezzo prima di voltarle le spalle con l’intenzione di dirigersi verso l’appuntamento con Alexis prima che una seconda detonazione lacerasse l’aria: con difficoltà e tremando incontrollabile, fece appena in tempo a voltarsi per vedere Nemesi lasciare la pistola con un sorriso soddisfatto in faccia alla vista della sua ferita prima di chinare la testa sul terreno e rimanere immobile. Fu l’ultima cosa che vide insieme al volto sorridente di Jigen prima che il buio ricoprisse completamente e con poco garbo la visuale.          

“Ci sta mettendo troppo tempo” si disse guardando in mezzo alla fila di alberi davanti a sé aspettandosi da un momento all’altro di vedere la sagoma di Nemesi avvicinarsi velocemente verso di lei lanciando di tanto in tanto occhiatine piene di desiderio al Jigen, il quale ,del tutto inconsapevole della sua presenza alle sue spalle, era piuttosto impegnato a conversare con quel moccioso viziato e mafioso di Liu Kang. Guardò di nuovo verso il bosco: niente “Ma faccia quel che vuole!” sbuffò spazientita uscendo allo scoperto e segnalando la sua presenza sparando un colpo in mezzo alle gambe di Jigen, il quale ,al contrario di Liu Kang, non fu per niente felice di vederla.   

 
3° combattimento
“La vostra amica sembra molto innamorata di Jigen. Peccato che mio fratello non abbia avuto la sua stessa fortuna e si sia innamorato di una donna simile” commentò Kate guardando con disgusto Fujiko, la quale sostenne impassibile il suo sguardo “Io non ho mai illuso Pycal né mi sono fatta gioco dei suoi sentimenti: se lui non riusciva ad accettare la realtà, non è colpa mia” “Però quando ti ha fatto comodo non hai esitato ad allearti con lui per poi fregarlo ,sibilò schiumante di rabbia tirando fuori con lentezza voluta la spada, e tu ,continuò rivolgendosi a Lupin, gli hai messo i bastoni tra le ruote mentre cercava il modo per aiutarmi a guarire dalla malattia” “Ti ripeto che io non ne sapevo niente” si giustificò Lupin paziente ma ciò non servi a placare la collera di Kate “Ma dalla sua insistenza nel prendere i cristalli, avresti potuto chiederti perché, noh?” rispose Kate balzando in avanti nel tentativo di colpire Lupin, il quale si scansò buttandosi di lato senza tuttavia sparare un colpo anzi rinfoderò la pistola “Che fai, Lupin? Difenditi” gli urlò Fujiko guardandolo storto mentre sparava addosso all’avversaria, la quale usufruendo della spada deviò tutti i proiettili prima di lanciarsi contro di lei. A quella vista,Lupin si rimise subito in piedi per correrle dietro finchè non riuscì a deviare il colpo afferrando la donna bloccandole le braccia con una mossa ferrea dettata dalla disperazione. Kate ,presa di sorpresa, scalciò e si divincolò senza ottenere apprezzabili risultati “Bravo, Lupin, adesso ci penso io” disse Fujiko sorridendo soddisfatta mentre prendeva accuratamente la mira. Nell’impossibilità di difendersi e con la pistola puntata contro, Kate si sentì tremare. Cercò disperatamente di divincolarsi ma fu assolutamente inutile, non potè fare altro che guardare Fujiko cominciare a premere il grilletto. Terrorizzata, chiuse gli occhi aspettando la fine quando la voce fredda ed imperiosa di Lupin e soprattutto la frase che pronunciò le fece aprire di scatto gli occhi, spingendola a torcere il collo per guardarlo ripetere l’ordine “Non sparare” “Come?!” gli domandò la donna guardandolo allibita alla pari di Kate, la cui confusione aumentò maggiormente quando si sentì liberare le braccia. Si voltò, guardando perplessa ed interrogativa un Lupin che disse freddo alla sua complice “Fujiko, vai ad aiutare i nostri compagni.” lo disse con un tono così imperioso che la donna ,senza pensare neanche ad attimo di disobbedire, si allontanò immediatamente senza dire nulla, lasciando i due soli. Kate aveva ancora la spada in mano che per puro impulso sollevò preparandosi all’imminente scontro, aspettandosi di vedere ora Lupin tirare fuori la pistola ma con sua grande sorpresa non lo fece anzi non fece alcun gesto, limitandosi a guardarla tranquillo. C’era qualcosa nel suo sguardo che spinse la ragazza a domandargli spiegazioni “Che ti passa per la testa, Lupin? Hai mandato via la tua donna per salvarla, ora perché non vuoi difenderti?” gli chiese perplessa “Io non combatto contro di te, Kate” rispose semplicemente Lupin, risposta che non piacque alla giovane “Non dire sciocchezze e difenditi” gli impose riprendendo ad attaccarlo nel tentativo di colpirlo senza tuttavia riuscirci “Tu sai bene che io non ho alcuna colpa per quello che è accaduto a te e tuo fratello” le disse Lupin continuando a schivare i colpi “Non dire stupidaggini: è tutta colpa tua” le rispose furiosa la donna cercando di costringerlo ad usare l’arma senza riuscirci “Tu in realtà mi stai dando la caccia perché ti senti responsabile della morte di tuo fratello e pensi che uccidendo me e rischiando di fare la stessa fine ti sentirai meglio e libera dal peso che ti opprime” continuò abbassandosi per schivare un colpo alla testa “Non è vero!!” urlò la donna con le lacrime agli occhi mentre i colpi cominciavano a perdere il loro vigore “Se non è così, perché allora stai cominciando a diventare meno precisa nei colpi?” le domandò dolcemente il ladro fermandole gentilmente il braccio con la spada, la quale dopo un attimo cadde a terra nella polvere. La donna tremando in modo incontrollabile e incapace di sostenere lo sguardo gentile del ladro gli voltò le spalle, reggendosi la fronte con una mano mentre l’altra si appoggiava al fianco. La sentì piangere ma non disse niente, pensando che fosse il caso di lasciarla sfogare “Hai idea di come mi sia sentita quando seppi della morte di mio fratello? Credetti che il responsabile fossi tu, che dovessi eliminarti ma in realtà era colpa mia ma non volevo fare i conti con me. È stata tutta colpa mia, mia e del mio male. Sono io l’assassina di mio fratello” disse tra i singhiozzi “No ,Kate, la colpa non è neanche tua. Qui non c’è un colpevole e tu forse lo sai, forse l’hai sempre saputo ma non vuoi ammetterlo e posso capire: se ci fosse un responsabile il tuo dolore troverebbe giovamento ma non c’è” le rispose Lupin mettendole una mano sulla spalla, contatto che ebbe l’effetto di farla calmare “Vuoi ancora uccidermi?” le domandò il ladro anche se già sapeva la risposta: lentamente, la donna fece un cenno di diniego con la testa “Ritornerò a casa ad aspettare che la malattia faccia il suo corso. Addio, Lupin” spiegò con voce triste riprendendosi la spada poi ,fatto un breve cenno di saluto, si allontanò scomparendo in poco tempo nel bosco “Addio, Pycal” rispose Lupin a bassa voce con un sorriso che non copriva la tristezza che sentiva dentro di sé.             

 

2° combattimento (seconda parte)
Al contrario dei suoi avversari si sentiva sudato e cominciava a risentire degli effetti dell’estenuante combattimento che stava sopportando: aveva il braccio sinistro ferito a causa del passaggio di striscio di una pallottola sparata da Kowalski con la sua maledetta Kalashnikov ma non si lamentava: gli era andata fin troppo bene, non era uno scherzo schivare i proiettili di una mitragliatrice cavandosela così a buon mercato. Correndo a perdifiato, si rifugiò dietro ad un albero approfittando per ricaricare velocemente la pistola mentre cercava di trovare una soluzione a quel maledetto pasticcio ma il cervello con suo grande e legittimo fastidio non sembrava tanto ansioso di rendersi utile. Sbuffando infastidito, si sporse leggermente dal suo rifugio: vide la donna venire nella sua direzione mentre gli occhi come pendoli si guardavano intorno nel tentativo di scovarlo. Ritornato al coperto pregò che qualcuno dei suoi compagni una volta liberatosi del proprio avversario venisse ad aiutarlo: sinceramente, dubitava di farcela da solo e dubitava di avere una grande quantità di proiettili appresso: a proposito ,si domandò frugandosi nella giacca, quanti ne aveva ancora? Ritrasse la mano destra ,chiusa a pugno, dalla giacca. L’aprì mentre un espressione di disappunto gli si dipinse in volto: aveva solo dieci proiettili ancora e troppo pochi per avversari simili che le intercettavano facilmente con le spade. Guardando nuovamente verso Kowalski si accorse che non c’era Liu Kang: dove si era cacciato? Ecco una altra preoccupazione: scoprire dove fosse il ragazzo “Dov’è Liu Kang?” si disse a bassa voce sollevando la pistola e cominciando a prendere la mira su Kowalski ma non fece in tempo a sparare che la donna si era bruscamente messa al riparo “Che diavolo..?” disse guardandola perplesso ma prima che potesse iniziare delle congetture sentì un movimento dietro di sé; si voltò di scatto per vedere Liu Kang dietro di lui. Gli fece saltare di mano la pistola con un calcio per poi tenerlo fermo puntandogli la punta della spada talmente vicina alla gola che il pistolero avvertì il fastidioso solletico ma non fu tanto quello a preoccuparlo quanto il fatto che era finito tutto: aveva perso “Alexis, vieni è qui, l’ho preso! ,urlò concitato il ragazzo sbracciandosi verso la donna, la quale una volta uscita dal suo rifugio cominciò ad avvicinarsi, e tu ,disse rivolgendosi a Jigen, il quale mantenne lo sguardo freddo, di la verità: alla fine non è stato tanto importante che vedessi o no il Chi, sei stato comunque battuto” “Dai, Liu Kang, non mi sembra il caso di umiliarlo” disse la donna affiancandosi a lui mentre guardava il prigioniero senza quel sorriso di gioia indecente che il compagno aveva stampato in faccia “Ha offeso la mafia, l’umiliazione è il minimo che gli possa capitare” “Ma tu non pensi ad altro?” gli chiese d’istinto Jigen lanciandogli uno sguardo pieno di disprezzo: quel ragazzo aveva bisogno di una perizia psichiatrica e dall’espressione di Kowalski c’era da credere che pensasse alla stessa cosa “Non è saggio pensare a queste cose quando il pensiero più adatto sarebbe quello di pregare” intervenne una voce fredda ma ben conosciuta da Jigen, il quale guardò qualcosa dietro le spalle dei suoi aguzzini: visibilmente sorpresi, quest’ultimi si voltarono per vedere Goemon con la sua spada in mano e col la testa talmente chinata da mettere in mostra solo i capelli neri  “Goemon!” lo chiamò il pistolero senza nascondere il suo stupore: come  diavolo lo aveva trovato? Senza rispondere al richiamo Goemon cominciò ad avanzare verso di loro sempre senza alzare la testa “Come ci hai trovato?” gli domandò nervosa la donna guardandosi in giro aspettandosi di vedere gli altri nemici “Non è questa la domanda da porsi quanto questa: come morirai?” rimbeccò Goemon sollevando la testa mostrando un sorriso che a mano a mano che si allargava prendeva sempre più un aria demoniaca mentre sui volti di Liu Kang, Kowalski e anche Jigen compariva lo stupore più grande insieme al raccapriccio quando notarono quella cosa rossa nell’orbita sinistra del samurai: un globo rosso come il fuoco. “Goemon…che. ..che cosa?” balbettò Jigen trascurando il suo abituale tono freddo e distaccato “Jigen, ora ci penso io: tu stattene tranquillo e ti prego di non metterti in pericolo: loro sono responsabili della morte di mio nipote e devo ammazzarli io, d’altronde ,aggiunse tranquillo, devo fare un po’ di pratica con la visione del Chi prima di combattere contro Hikijo” completò guardando i suoi avversari sbiancare a quelle parole “Tu puoi vedere il Chi?” ripetè la donna con la Kalashnikov sul punto di cadere a terra “Ma non dire sciocchezze ,intervenne il compagno guardando scettico Goemon, non vedi che sta bluffando?” ma non sembrava molto convinto: a quelle parole, Gomeon rise a suo indirizzo mentre Jigen lo guardava stranito ed incerto, come se non fosse sicuro di riconoscere quel samurai che si spacciava per Goemon e che invece sembrava un…un…non sapeva neanche lui come definire quell’essere quando i suoi pensieri furono bruscamente interrotti nell’avvertire la lama di Liu Kang graffiargli la gola ,senza procurargli danni, per essere poi puntata verso Goemon, il quale strinse gli occhi vedendo ciò che aveva fatto il mafioso ma non si scompose: tanto gliel’avrebbe fatta pagare tra poco “Se credete che io stia bluffando perché non mi attaccate invece di stare lì a guardarmi mentre i vostri pantaloni nelle parti basse pagano il prezzo della vostra vigliaccheria?” l’allusione non piacque molto ai due, i quali gli puntarono le armi contro mentre a quella vista il sorriso di Goemon scomparve per lasciare il posto ad un aria concentrata e seria: il tempo di scherzare era finito.            

Sferragliata di proiettili diretti alle gambe da parte di Alexis e colpo di spada in volo diretto alla gola da parte di Liu Kang
Non appena vide le linee rosse formanti l’arma della ragazza esplodere di una luce gialla spiccò in un balzo in contemporanea al ragazzo, il quale come si aspettava cercò di colpirlo alla gola ma Goemon con calma parò il colpo per poi deviare la lama colpendo in pieno la gola del giovane, da cui schizzò sangue che colpì sul petto Gomeon mentre l’espressione che gli comparve in volto era semplicemente stupefatta: ho perso, io? questo sembrava dire la sua faccia non più piena di stupida boria dalle cui labbra agli angoli uscivano rivoli di sangue mentre cadeva pesantemente a terra con un ulteriore e più violento schizzo di sangue dalla arterie recise dalla zantetsu. Toccato terra con un movimento elegante e atterrando con le gambe in ginocchio a pochi passi dal cadavere del presuntuoso ragazzo, ripose la spada prima di voltarsi verso Kowalski con le mani ancora intorno alla spada godendosi l’espressione stupita della donna e sorridendo allo stupore dell’amico Jigen. “Sei convinta che io riesca a vedere il Chi adesso o vuoi saggiare personalmente la veridicità delle mie parole?” “Sono sicura di quello che dici” rispose la donna sentendosi in trappola senza tuttavia voler rinunciare o peggio chiedere pietà “Vuoi combattere o preferisci andartene abbandonando i tuoi propositi di vendetta?” le chiese freddo guardandola riflettere per pochi attimi prima di vederla caricare la mitraglietta e fare fuoco: vide un sacco di linee rosse partire dall’arma e avvicinarsi a lui che non si scompose più di tanto, limitandosi a muovere la spada intercettando tutti i proiettili che Alexis gli scaricò addosso finchè il suono click non sostituì il ratatatà, informando dell’esaurimento dei proiettili. “Hai finito i proiettili. Dammi retta, lascia perdere” le consigliò guardandola controllare l’arma con aria semidisperata prima che diventasse di bragia sentendo il suggerimento che per lei era assolutamente fuori discussione “Puoi scordartelo” disse furiosa gettando l’arma scarica ed inutile a terra afferrando con entrambe le mani la spada mettendosi in posizione. Era un gesto completamente disperato e sia Goemon che Jigen l’avevano capito ma il primo ,senza commentare il comportamento della nemica, limitandosi a sollevare leggermente il sopracciglio destro si mise a sua volta in posizione, aspettando che lei facesse la prima mossa. Non dovette aspettare molto: la donna con gli occhi invasi dalla furia dettata della disperazione, si slanciò in avanti senza in realtà neanche pensare a cosa fare. In quei pochi attimi che lo separavano dallo scontro, Goemon lanciò uno sguardo di bieco a Jigen, il quale guardava la scena senza proferire parola anche se gli occhi parlarono per lui e nei suoi occhi c’era un unico e semplice desiderio: quello che la vita della nemica venisse risparmiata e di questo il samurai non se ne stupì: Alexis era comunque figlia di Karen, anche se adottiva. Gli sfuggì un piccolo sorriso: aveva in mente un piano: aspettò che Alexis le arrivasse proprio vicino, lasciò cadere la spada e quando la donna gli sferrò un colpo che avrebbe dovuto spaccargli la testa, lui limitandosi a muovere i piedi schivò il colpo per afferrarle le braccia, costringerla a mollare l’arma per poi proiettarla facendola cadere, con le braccia bloccate e un suo ginocchio alle gambe ma oltre a questo, non venne alcun altro gesto aggressivo da parte del nipponico, che si limitò a fissare la ragazza freddamente “Che stai aspettando? Uccidimi, forza” l’incitò la ragazza con una voce strana mentre gli occhi cominciavano ad annebbiarsi: si sentiva stanca ed umiliata: non era riuscita a vendicare la donna che l’aveva fatta sentire amata e veramente figlia di qualcuno e come se non bastasse non era stata sconfitta dall’oggetto del suo odio ma davanti a lui da un altro. Non vedendolo accanirsi su di lei, lo incitò ancora ma Goemon gli rispose secco “C’è un detto buddista che recita: impegnarsi in una causa senza conoscerne la vera natura, è come bere un veleno” parole che la lasciarono perplessa: che cosa voleva dire? “Significa che io non ho ucciso tua madre: io l’amavo ed ero ricambiato” rispose Jigen avvicinandosi e guardando l’amico in un modo tale che Goemon senza dire parola si allontanò, deciso adesso ad occuparsi di Hikijo mentre il suo cuore sperava che Jigen e Alexis si chiarissero. “Lo so che non fosti tu ,Jigen, ad uccidere fisicamente mia madre, non ti odio per questo. Ti odio perché fosti la causa. La pallottola di Keith non era indirizzata a lei ma a te ,disse guardando l’uomo con odio, e Karen in nome del suo stramaledetto amore ,disse con le lacrime agli occhi, si mise in mezzo, salvandoti la vita e lasciando me sola. Per questo ti odio, inoltre non posso fare altro che ucciderti perché per arrivare a questo momento non ho fatto altro, trascurando tutto. Se non ti uccidessi, la mia vita sarebbe priva di scopo” “La tua vita l’hai già resa priva di significato inseguendo una vendetta che non ti servirà a niente dopo. Hai pensato a cosa avresti fatto dopo avermi ucciso?” le domandò severamente il pistolero “Avrei pensato a me” rispose la donna senza guardarlo mentre fissava la spada a pochi passi da loro “Che futuro vuoi aspettarti se hai trascurato tutto per darmi la caccia?” le chiese Jigen guardandola “A quanto pare non è chiaro” disse la donna guardandolo negli occhi prima di dargli una violenta spinta che lo fece cadere a terra mentre lei si buttava a terra velocemente per prendere qualcosa. Ci fu una detonazione ma Jigen ,che al rumore dello sparo s’immobilizzò istintivamente, aspettò che la pallottola gli entrasse in corpo, cosa che non avvenne: aprì gli occhi per vedere Alexis a terra con il buco di un proiettile al petto, la spada in mano e con gli occhi vitrei “Alexis, no....” balbettò incredulo avvicinandosi di corsa a lei sperando che fosse ancora viva per parlarle ma si rese conto che non c’era più niente da fare: chiunque avesse sparato, aveva una buona mira. “Jigen” la voce di Lupin alle sue spalle lo fece voltare per vederlo con la pistola fumante in pugno e gli altri compagni dietro di lui “Mi dispiace, Jigen, credimi, so che avresti voluto riappacificarti con lei ma stava per ucciderti” gli spiegò mesto Lupin riponendo l’arma per poi aiutarlo a rimettersi in piedi, offrendogli la mano, subito accettata. Senza dire nulla, Jigen si rialzò per fissare lo sguardo ,quasi suo malgrado, sul corpo di Alexis: avrebbe tanto voluto chiarirsi con lei, magari prenderla con sé, avere cura di lei come un padre ma il destino e l’odio avevano deciso diversamente; fortunatamente, la voce di Lupin interruppe quel flusso di pensieri tristi “Jigen, dov’è Goemon?” “È andato a cercare Hikijo” rispose lui ricordando l’amico e il particolare dell’occhio rosso “Non so se sia il caso che sostenga un combattimento simile adesso nelle condizioni in cui si trova ora” disse improvvisamente preoccupata Fujiko “A che riguardo?” intervenne Lupin voltandosi a guardarla “Beh ,disse lei guardando tutti come se fosse ovvio, gli è appena morto Raffaele, credete che possa farcela?” “Beh, certo che combattere in queste condizioni quando ha un avversario che può prevedere le sue mosse non è una buona idea” convenne Lupin preoccupato “Lupin, in questo caso non c’è niente di cui preoccuparsi” disse Jigen rinfoderando la pistola dopo averla raccolta da terra “Che vuoi dire?” intervenne Walter perplesso “Ho scoperto che nessuno dei nostri avversari può vedere il Chi, in quanto per avere la vendetta il più presto possibile hanno finito con non completare l’addestramento e facendo particolare affidamento sui poteri di Chi” “Questa è una buona notizia ma Hikijo resta comunque un buon avversario” “Goemon può vedere il Chi” annunciò ancora Jigen accendendosi un sigaretta “Cosa?!” le espressioni comicamente stupite dei suoi amici ,che a quella notizia si erano tutti voltati verso di lui, lo fecero sorridere “Goemon può vedere il Chi” ripetè mentre una nuvola di fumo gli coprì per un attimo il viso.  


 

 

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Capitolo 15
*** Incubo finito ma.... ***


Incubo finito ma....

“Ti aspettavo, Goemon” la voce tranquilla di Hikijo alla sua sinistra ebbero l’effetto di bloccare immediatamente la sua corsa. Si voltò lentamente, ammirando suo malgrado la compostezza e la dignità con cui il suo avversario l’aveva aspettato: comodamente seduto a gambe incrociate su una piccola roccia e con la spada appoggiata al fianco. Hikijo si alzò con calma dalla roccia, si mise in ordine il kimono, prese la spada per dirigersi con tutta calma verso l’avversario, il quale si mise in posizione. Notò che sussultò leggermente vedendogli l’occhio sinistro “E quello?” gli domandò freddo ma non per questo meno perplesso “Posso vedere il Chi” gli disse secco Goemon “Congratulazioni ,disse allora Hikijo senza battere ciglio, sei pronto?” gli chiese tranquillo “Prima di iniziare mi devo scusare con te in quanto non riesco ancora a controllarlo, quindi non posso disinnescarlo” iniziò Gomeon rimettendo a posto la sua spada per tirare fuori quella di Raffaele “Non preoccuparti” rispose Hikijo con un piccolo cenno della testa prima di attaccarlo. Le lame si incontrarono con gran fracasso, si muovevano rapide come fulmini, senza che ognuna riuscisse a ferire il nemico e questo perché Goemon cercava disperatamente di ignorare le segnalazioni dell’occhio sinistro, impresa non proprio facile. Erano entrambi talmente presi dal combattimento che non si accorsero dell’arrivo di Lupin e degli altri, i quali si limitarono a guardare la scena senza azzardarsi a distrarre i combattenti, sebbene sfuggì quasi a tutti un grido di sorpresa vedendo l’occhio rosso di Goemon, urlo che avvisò quest’ultimo di non essere solo, sentendosi così pieno di energie. Dopo un ennesimo attacco frontale, entrambi saltarono in aria, incrociarono le lame per poi ritornare a terra con una elegante capriola. Tutti trattennero bruscamente il respiro: erano entrambi chinati per terra e non si poteva dire a colpo d’occhio chi avesse avuto la peggio quando videro Hikijo rialzarsi molto lentamente mentre Goemon continuava a rimanere chinato voltando loro le spalle, senza dare quindi informazioni riguardo le sue condizioni. Hikijo ,che sembrava stare bene, fece due passi, tentò un altro passo, si bloccò bruscamente, guardò in basso, guardò in cielo, per poi cadere a terra con una lentezza irreale. Quando il suo corpo toccò terra, Goemon si alzò in piedi per poi voltarsi guardando incolume il nemico. Ci fu un attimo di silenzio, il tempo perché i presenti si rendessero conto di quanto fosse accaduto per poi correre esultanti verso l’amico. Intanto Goemon ,guardando senza alcuna emozione il cadavere di Hikijo disteso ai suoi piedi e finalmente nell’impossibilità di nuocere, ripose lentamente nel fodero la spada di Raffaele mentre la soddisfazione di aver vendicato la sua famiglia e di aver in un certo senso permesso al suo amato nipote di vendicare la madre cominciava lentamente a zampillare dal suo animo. Rimase in silenzio tenendo gli occhi chiusi e respirando lentamente l’aria del bosco ,che in quel momento per lui era l’odore della vittoria, finchè la voce di Lupin lo richiamò alla realtà “Goemon” l’espressione di Lupin come gli altri era tesa e spaventata a causa dell’occhio sinistro, rosso come il fuoco “Goemon ,disse Lupin indicando l’occhio, che …che cosa…?” “Finalmente, io posso vedere il Chi, Lupin” rispose tranquillo toccandoselo con delicatezza “Ma come hai fatto?” gli chiese Jigen  guardandolo teso “Non so rispondere. Lo vedo e basta. Vado al tempio per riprendere Raffaele, intendo farlo seppellire in Giappone con tutti gli onori che si merita” e dicendo questo si allontanò. Calò il silenzio in cui Jigen nell’attesa ne approfittò per accendersi una sigaretta e guardarsi intorno per parlare con Kaoru ma non la vide “Dov’è Kaoru? ,chiese preoccupato, non era con te, Lupin?” gli chiese guardando l’amico “Era venuta a darti man forte ,rispose Lupin, ma non l’hai incontrata?” “No” rispose Jigen voltandosi a vedere il bosco prima di mettersi a correre sparendo in poco tempo in mezzo al verde seguito a ruota dagli altri “Kaoru, Kaoru, mi senti?” urlò a squarciagola senza udire risposta. La paura cominciò ad invaderlo lentamente, come un veleno: che cosa poteva esserle successo? Pregò che non le fosse accaduto qualcosa. Continuò a cercarla angosciato per un buon quarto d’ora finchè la voce lontana di Lupin lo spinse a raggiungerlo. Lo vide in lontananza grazie al colore della giacca, che spiccava vistosamente in mezzo a tutto quel verde. Avvicinandosi notò che c’era anche gli altri e tutti riuniti intorno a qualcosa, con aria decisamente cupa “Che sarà accaduto?” si domandò accelerando il passo fino a raggiungere i suoi amici “Che è successo?” domandò a Lupin, il quale lo guardò preoccupato, aprì la bocca per poi richiuderla subito prima di indicare un qualcosa che indossava un vestito blu. Si sentì la bocca asciugarsi e lo stomaco chiudersi, si costrinse ad avvicinarsi per vedere Kaoru a terra, con gli occhi chiusi e l’aria innocente ed indifesa, come un bambino. Si chinò sulle ginocchia mentre Goemon comparve in quel momento con in braccio il corpo di Raffaele. Guardò freddo il corpo di Kaoru senza dire niente guardando Jigen prenderle con delicatezza la testa ,sentendo il soffice contatto dei suoi capelli sulle mani, e passandole l’altra mano sotto le gambe sollevandola facendo combaciare quel viso delicato e dolce col suo torace. Lupin e i suoi amici non dissero niente, sentendo il silenzioso ordine di Jigen di non disturbare né lui né il suo bisogno di stare in silenzio, limitandosi quindi a guardarlo esprimendo i loro sentimenti per la sofferenza del loro compagno unicamente con le espressioni di dolore che non riuscivano a cancellare dai loro volti. Guardando fisso davanti a sé e senza in realtà vedere niente, a parte il suo ultimo sogno distrutto volare in cielo, Jigen con il viso che non tradiva la minima emozione ,come aveva fatto e forse avrebbe fatto altre volte, si avviò lentamente verso l’uscita di quel bosco che era stato testimone della morte di Kaoru e degli altri personaggi, seguito silenziosamente dagli altri. “Jigen ,la voce di Goemon non lo fece voltare ma ebbe l’effetto di interrompere il suo cammino, mi dispiace” disse lentamente Goemon. Jigen per un tempo che parve lunghissimo non disse nulla, tanto che diede l’impressione che non avesse sentito fin che non smentì le loro credenze “E a me dispiace per Raffaele, Goemon” disse con voce bassa prima di continuare a camminare seguito a ruota dagli altri. 


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Capitolo 16
*** Epilogo ***


Epilogo

Passarono diversi giorni da quando Lupin e i suoi amici erano tornati dal Giappone e si erano ripresi dalla loro ultima e pazzesca avventura. Tutti si erano bene o male ripresi dalle brutte esperienze senza danni permanenti: l’ispettore Zenigata all’ospedale risultò non avere assolutamente niente stando a giudicare dal fatto che il secondo giorno i medici lo dimisero, ma forse questo era dovuto al fatto che il giorno prima aveva scatenato una feroce ricerca tra i medici e infermieri prima che tutti si rendessero conto che l’oggetto della loro ricerca aveva letteralmente cercato di tagliare la corda travestendosi da inserviente rubando l’uniforme tra l’altro ad un povero diavolo che aveva avuto poi bisogno urgente di un ricovero e tutto questo adducendo che fosse per dare la caccia “a quel maledetto ladro”.
Walter e Oscar avevano continuato a fare carriera in polizia ma non più a New York preferendo tornare alla loro città d’origine rispondente al nome di Chicago. Stavano bene, felici e piano piano il passato stava cominciando a diventare meno oppressivo nelle loro menti. 
Di Kate Pycal non si seppe più niente, a parte il fatto che non morì della sua malattia poiché un benefattore ignoto le spedì una cassetta con sopra incisa quella che si rivelò il Canto di Apollo. Kate non seppe mai il nome del suo salvatore, il quale le aveva spedito anche un pacchetto con disegnato sopra a mo di firma il viso di un uomo somigliante ad una scimmia che sembrava intenta a fare linguacce.
  

Il sole entrava dolcemente dalla finestra illuminando la stanza in cui un uomo con indosso un kimono stava seduto su un divano in meditazione. Goemon si stava riprendendo dalla morte del suo nipote Raffaele, a cui il dojo minore della Terra aveva deciso di chiamare il colpo naturale Proiettile di pietra con il nome Colpo di Raffaele, per ricordare il giovane samurai che aveva sconfitto il più pericoloso nemico del Grande Segreto con quel colpo. Goemon al ricordo suo malgrado sorrise riconoscente all’indirizzo della donna di nome Fujiko Mine, la quale aveva si tradito i suoi compagni alleandosi con i nemici ma aveva imposto che la ricompensa includesse anche la salvezza degli allievi e maestri dei dojo minori e Kanemoti aveva acconsentito, come aveva spiegato lei stessa quando Goemon era ritornato dal Giappone stupito per avere incontrato allievi dello stile Hikari ancora vivi. Vicino al divano stava un tavolo a cui stava seduto un uomo con una giacca rossa e con una faccia descrivibile con una sola parola: scimmiesca. Questi guardava preoccupato l’uomo che stava guardando dalla finestra senza realtà vedere niente, pensando continuamente al passato, a Kaoru e ,si, anche ad Alexis. “Jigen ,iniziò Lupin lentamente e scegliendo con cura le parole, capisco che ogni mia parola potrebbe essere inutile ma devi farti forza. Non puoi vivere prigioniero dei ricordi, devi continuare la tua vita anche per Kaoru ,si fermò per vedere la sua reazione ma attese invano in quanto Jigen continuava a guardare fisso davanti a sé, ricordi ciò che ti ha detto Karen? Che non devi cedere al dolore e continuare la tua vita portando i ricordi delle persone che hai amato dentro di te perché così loro non ti abbandoneranno mai. Una persona ,Jigen, muore solo quando viene dimenticata.” quelle parole scesero nel cuore sia di Goemon che di Jigen, soprattutto in quest’ultimo che dopo dieci minuti passati a fissare la finestra immobile sembrò riscuotersi dalla sua apatia. Si toccò la tesa del cappello, si prese con calma una sigaretta e fece due anelli di fumo prima di voltarsi verso i suoi amici per chiedere a Lupin, con un sorriso complice “Qual è il nostro nuovo obbiettivo, Lupin?” a quelle parole, Lupin sorrise felice scambiandosi un occhiata molto significativa con Goemon prima di scervellarsi per il nuovo colpo: sentiva che la loro vita poteva riprendere le antiche abitudini, anche se avrebbero sempre ricordato quella straordinaria avventura che avevano vissuto e portato nel cuore tutti coloro che avevano incontrato sul loro cammino.     

 

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