Un matrimonio da sogno

di Little Fanny
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Uno ***
Capitolo 2: *** Capitolo Due ***
Capitolo 3: *** Capitolo Tre ***



Capitolo 1
*** Capitolo Uno ***


Titolo: Un matrimonio da sogno
Fandom: Doctor Who
Personaggi: Tenth Doctor, Rose Tyler, Martha Jones, Donna Noble
Parte: 1/3
Rating: PG13
Genere: romantico, fluff, comico
Conteggio parole: 15680, questa parte 5333
Avvertimenti: post “Journey’s End”, AU, het
Riassunto: Il Dottore e Rose si ritrovano incastrati in una strana avventura: il loro matrimonio.
Note: partecipa alla missione della settima settimana del Cow-T@[info]maridichallenge, con il prompt Matrimonio per il Vampire!Team e scritta per la mia tabella @[info]10disneyfic, con prompt Onore.
La storia non tiene minimamente conto dell’esistenza di 10.5, Dottore Metacrisi o come lo vogliate chiamare. Alla fine di Journey’s End Rose è rimasta sul suo giusto mondo e ha preso a viaggiare di nuovo col Dottore nel TARDIS.
Sono sconvolta dalla lunghezza di questa storia che si è praticamente scritta da sola. E pensare che doveva essere una piccola one-shot. Non è stata betata, ma l’ho letta e riletta più volte. Se ci sono errori segnalatemeli, perché dopo un po’ mi si sono incrociati gli occhi.
Disclaimer: La storia è basata su fatti e personaggi creati e appartenenti alla BBC e a chiunque ne detenga i diritti. La storia non è scritta a scopo di lucro, ma solo per mio puro diletto.



Un matrimonio da sogno



“Molto bene!” esclamò il Dottore mettendo piede fuori dal TARDIS.
“Dove siamo?” chiese la voce curiosa di Rose che era trotterellata felice dietro di lui, dimenticandosi ancora una volta la porta aperta dietro di sé.
Il Dottore sbuffò, chiudendola con un colpo secco.
“Rose… quante volte dovrò ripeterti che…”
“La porta del TARDIS va sempre chiusa, anche se si esce per due minuti?” continuò per lui Rose, imitando alla perfezione voce e intonazione del Signore del Tempo.
“Lo so e mi dispiace.” Rispose lei indossando la miglior espressione da cucciolo del proprio repertorio. “Comunque avevo calcolato di stare fuori un minuto appena, giusto il tempo di vedere il tempo all’esterno e poter scegliere l’abbigliamento adatto.”
Il Dottore la squadrò da capo a piedi: jeans, camicia e felpa. Erano adatti per qualsiasi occasione. Se proprio proprio ne avesse avuto la necessità le avrebbe prestato il suo adorabile cappotto che non avrebbe dato in mano a nessuno per nessun motivo al mondo, ma per Rose forse l’avrebbe anche fatto.
“Non ti ricordi forse la Regina Vittoria? Non vogliamo creare un altro scandalo del genere?”
“Effettivamente…” rispose lui, grattandosi imbarazzato il lobo dell’orecchio.
“E poi dobbiamo tenerci il più possibile discosti dagli eventi importanti della storia e quindi i nostri abiti – ok, va bene – almeno i miei abiti devono essere adeguati.”
“Questa cosa ti tenerti lontana dai maggiori fatti storici non mi riesce granché bene, vero?”
Rose annuì e gli appoggiò una mano sulla spalla comprensiva.
“No, quasi mai, se devo essere sincera. E di certo non aiuta il fatto che tu quasi sempre sbagli le coordinate temporali.”
“Ma è divertente, non è vero?” ribatté lui con un sorriso di felicità immensa a illuminargli il volto. Sembrava un bimbo alle prese con un pacchetto di dolciumi scovati per caso in casa. Nel suo caso sarebbero stati dei dolcetti alla banana e sicuramente nel suo frugare doveva aver distrutto qualcosa con l’utilizzo del suo fidato cacciavite sonico.
Rose scosse la testa per liberarsi di tutti quei pensieri, sorridendo complice.
“Dai, andiamo.” Disse lui prendendola per mano e trascinandola lungo le strade della nuova cittadina in cui erano piombati.
Era un piccolo centro abitato disperso nella campagna inglese, doveva essere intorno ai primi del ‘900 a giudicare dalla temperatura dell’aria e dal sapore dell’erba del prato.
“Niente erba mela?” chiese Rose, strappando dei fili verdognoli e lanciandoli in aria.
“No. Ancora la buona vecchia Terra nella sua forma e posizione originaria.”
“Che siamo venuti a fare qui?”
“Una scampagnata!” rispose lui raggiante facendo ondeggiare le loro mani intrecciate. “Non mi hai detto che volevi riposare un po’?”
“Sì, certo. Ma…”
“E cosa c’è di meglio di un pic-nic all’aria aperta per tirare un po’ il fiato?”
“Avevo pensato più a un centro termale.”
“Ma non sei inglese?”
Rose annuì, perplessa da quella stramba uscita del Dottore. Sì certo, non era più eccentrica del normale, anzi, a voler essere sinceri era una domanda comune, era solo il tono sorpreso che il Signore del Tempo aveva usato che l’aveva confusa.
“Sì, certo. Ma…”
“E gli inglesi adorano i pic-nic all’aria aperta!”
“Sì, certo. Ma…”
“Andiamo da quella parte, che ne dici?” disse lui, interrompendola per l’ennesima volta.
“Dottore!” lo richiamò Rose tirandolo indietro per il cappotto.
“Cosa c’è? Qualcosa non va?” chiese lui, perplesso dallo strano comportamento della giovane.
“Non abbiamo nulla per fare un pic-nic.” Riuscì a dire Rose infine, incrociando le braccia al petto.
Il Dottore tornò sui suoi passi, circondandole la vita con un braccio.
“Donna ti poca fede,” le disse baciandole la punta del naso. “Ti ricordo che viaggi con un Signore del Tempo. E i Signori del Tempo sono sempre pronti a ogni evenienza grazie a…”
“Tasche più grandi all’interno!” lo interruppe la compagna concludendo ancora una volta per lui la frase.
“Vedo che stai iniziando ad imparare.” Commentò lui sorridendo compiaciuto.
“Vado a lezione dal migliore.”
“Oh, grazie. Sei troppo gentile. Ora, mi faresti il grande onore di seguirmi da questa parte?” domandò porgendole ossequioso una mano.
Rose gli fece una linguaccia, cominciando a inerpicarsi lungo la collina, lasciando che il Dottore le trotterellasse dietro.

“Non mi sarebbe dispiaciuto, sai, un centro termale.” Biascicò dopo un po’ la ragazza a corto di fiato.
“Stanca?” offrì lui, posandole una mano sulla schiena e sospingendola in avanti.
“Un bel cambiamento rispetto al correre per la nostra vita, mi sento onorata per essere stata risparmiata da questa incombenza quest’oggi, ma questo sole a picco rischia davvero di uccidermi.”
Il Dottore alzò gli occhi al cielo. Le donne: non erano mai contente.
“Ho portato dietro il gelato.” Le sussurrò all’orecchio per farsi perdonare e per invogliarla a proseguire nella loro camminata.
“E non si scioglie con tutto questo caldo?” chiese lei bloccandosi nel bel mezzo della salita. Si slacciò gli ultimi bottoni della camicia e ne annodò i lembi sotto al seno, lasciando scoperta una buona porzione di pelle candida.
“Finalmente si respira un po’…” sospirò Rose, arrotolando le maniche della camicia e aprendo i primi bottoni, aumentando ancora quella scollatura a dir poco vertiginosa.
Il Dottore allentò il nodo della propria cravatta. Se l’avesse vista la Regina Vittoria l’avrebbe impiccata seduta stante, scostumata servetta o meno.
“Meglio?” domandò lui, cercando inutilmente di non far scivolare lo sguardo troppo in basso e facendosi violenza per tenerlo puntato sugli occhi nocciola e così grandi e morb-.
Su, doveva costringersi a guardarla negli occhi. Ne andava della sua stessa reputazione.
E no. Non desiderava davvero ricevere un altro scapaccione Tyler-style.
Gli occhi di Rose erano qualcosa di meraviglioso. Ogni volta che lui li guardava perdeva completamente il senno. Per gli occhi, si intende.
“Sono qui.” Lo richiamò Rose sollevandogli il volto.
Il Dottore arrossì imbarazzato e ripartì in quarta verso la cima della collina, maledicendosi per la propria trovata geniale. Un giro in campagna doveva essere qualcosa di rilassante, non un’arrampicata sotto il caldo sole estivo che faceva fluire troppo sangue in zone non appropriate.

“Cosa aveva quell’albero che non andava?” domandò Rose strascicando i piedi sul terreno.
“Non c’era la giusta ombra.” Borbottò lui, proseguendo lungo il sentiero con passo spedito.
“Ma è il terzo albero ormai che non aveva la giusta ombra. Non ti poi adattare per una volta?” mormorò la ragazza ormai sfinita dalla lunga camminata.
“Dai Rose. Solo un ultimo sforzo. Non chiedo tanto.” Disse lui, guardandola con i suoi occhioni e la migliore faccia da angioletto a cui lei non sapeva dire di no.
“Spera solo che ne valga la pena.” Smozzicò tra i denti, aggrappandosi al braccio del Dottore.
Camminarono silenziosamente per altri dieci minuti abbondanti, fino a quando il piccolo bosco non si aprì su un piccolo lago, circondato da bassi arbusti fioriti.
“Arrivati!” sussurrò il Dottore, mettendo una mano in tasca per cavarne fuori tutto il necessario.
Rose era incantata dal quel posto: sembrava un bosco abitato da fate.
“Non è che adesso spunta un mostro marino dall’acqua, vero?” chiese con un tono leggermente spaventato nella voce.
Il Dottore inarcò un sopracciglio perplesso.
“No. Perché dovrebbe?” domandò tirando fuori la coperta e distendendola per terra con un ampio movimento del braccio.
“Perché di solito queste cose accadono quando ci sei tu nei paraggi.”
“Allora ti prometto che non andrò a istigare nessun mostro marino.” Rispose lui ancora un attimo disorientato dallo strano comportamento della sua compagna. Doveva essere colpa del caldo, convenne infine, sistemando cibo e bevande sulla tovaglia improvvisata.
“Bene.” Disse Rose sedendosi al suo fianco e liberandosi delle scarpe da ginnastica.
“Sei più contenta ora?” chiese lui, offrendole un bicchiere d’acqua.
“Sarò felice quando per una volta potremo tornare al TARDIS con calma, senza dover affrontare nessuna catastrofe imminente.”
“Se non vai a tormentare i mostri marini ti assicuro che sarà così. Ma, senti una cosa, cosa ti hanno fatto di male i mostri marini? Perché li vuoi tormentare?”
Rose lo guardò un attimo sconcertata per la sua ennesima stramba uscita, prima di scoppiare a ridere di cuore.
“Oddio, Dottore!” esclamò posandosi una mano sul petto per prendere quanta più aria possibile. “Sei davvero incredibile sai?”
“Chi, io?” domandò lui, indicandosi con un dito.
La ragazza annuì e gattonò verso di lui, salendogli a cavalcioni.
“Sì, proprio tu, mio caro Signore del Tempo.” Gli disse, allacciando le braccia dietro al suo collo. “La cosa più incredibile è che nemmeno sai di esserlo.”
“Sono splendidamente naturale?” offrì lui, circondandole la vita con le braccia e tirandola verso di sé.
“Sì, e-”
Le sue parole furono sovrastate dalle urla di una donna poco distante da loro che li indicava spaventata.
Il Dottore e Rose si guardarono perplessi, mentre al grido della donna ne seguivano molti altri.
I due si scambiarono uno sguardo d’intesa prima di sollevarsi veloci e darsi alla fuga, diretti verso il TARDIS. Tuttavia non poterono andare molto lontano: erano stati circondati.
Rose si avvicinò al Dottore, posando la schiena contro la sua. Avrebbero affrontato il loro destino guardandolo dritto in faccia.
“Li abbiamo trovati!” gridò un ragazzo che doveva avere all’incirca dodici anni. Indossava un paio di calzoni sporchi di terra e erba e delle scarpe bucate che dovevano aver già visto molto primavere, sicuramente quelle di tutti i suoi fratelli maggiori. Aveva i capelli rossicci e delle lentiggini sul naso arrossato, il volto sporco di fuliggine e la camicia si posava ampia sulle sue spalle mingherline. Aveva un sorriso gioviale e sdentato, non sembrava molto minaccioso, come non lo erano i suoi fratelli maggiori di quindici, sedici e vent’anni.
“Fratelli, eh?” commentò il Dottore indicando i quattro ragazzi. “E tu devi essere loro sorella.” Disse all’indirizzo di una bambina che doveva avere all’incirca otto anni. La ragazzina annuì, grattandosi il naso con la mano sporca di terra. Portava i capelli raccolti in due folte trecce, la gonna era stropicciata e strappata in più punti, segno di corse tra i bassi arbusti dietro ai fratelli che le nascondevano la sua bambola preferita.
“Piacere, sono il Dottore.” Le si presentò accucciandosi per poter essere al suo livello e stringendole la manina paffuta. “E lei è Rose, la mia compagna.”
La bambina la salutò con un timido ciao, mentre il resto del gruppo composto da uomini e donne dagli abiti più disparati si faceva avanti, stringendoli in un piccolo cerchio.
Il Dottore si sollevò in piedi, infossando le mani nelle tasche del completo in modo che il cappotto rimanesse ben aperto. C’era un bel caldo quel giorno e il Dottore si sgridò silenziosamente per essere caduto nella tentazione di portarsi appresso il suo bel cappotto.
“Uh. Bene.” Commentò una volta che il cerchio si fu chiuso attorno a loro. Ora erano davvero in trappola. Fece un occhiolino a Rose mentre la sua mente elaborava un piano per la fuga.
“Finalmente vi ho trovato!” sbraitò una donna, facendosi largo tra la folla.
Aveva delle braccia minacciosamente enormi che facevano la loro imponente figura ben intrecciate davanti al petto prominente. Era bassa e grassoccia, con i capelli legati sopra la testa a formare uno stretto chignon da cui due solo due piccole ciocche grigiastre riuscivano a scappare.
Indossava delle scarpe con il tacco basso che si potevano intravedere dall’orlo della gonna leggermente sollevato per essere più agile nel muoversi lungo i campi, alla ricerca di chiunque fosse sfuggito al suo controllo. Aveva le guance arrossate per la grande camminata; doveva essere una faccenda importante, visto che non si era fermata un secondo, nemmeno il tempo di riprendere fiato.
“Uh, bene. Molto bene.” Ripeté il Dottore, annuendo leggermente con la testa.
“Ora lei. Lei viene con me.” Ordinò la donnona indicando il Signore del Tempo con un dito minaccioso.
“Chi, io?” domandò questi, girando la testa a destra e a sinistra convinto che ci dovesse essere un errore.
“Ma certo, carino. A chi altri mi dovrei riferire?” domandò lei retorica facendo un passo avanti, mentre il Dottore ne faceva uno indietro, addossandosi completamente alla compagna.
“Credo ci sia stato un errore.”
“Lo credo anch’io.” Ne convenne la donna allungando un braccio per bloccare la sua preda. Il Dottore riuscì a sgusciare via facilmente, ma vedeva davvero poche vie di fuga, circondati com’erano da tutta quella gente. Ma possibile che ovunque andasse i guai lo riuscissero sempre a trovare?
“Non si faccia pregare, mio Signore.” disse la donna, cercando di agguantarlo di sorpresa lasciando che le sue parole lo distraessero.
“A essere sincero lo gradirei.” Rispose il Dottore, zampettando da una parte all’altra del piccolo cerchio, cercando di scappare dalla presa di quelle mani tenaglia.
“Non faccia il bambino piccolo, Signore. Le devo ricordare che si deve sposare?”
“Sposare?” ripeté il Dottore, fermandosi sul posto e venendo subitamente bloccato dalle grandi mani della donna che non si lasciò scappare un’occasione così ghiotta.
“Ma certo, non mi dica che non se lo ricorda più.”
“A dire la verità…” cominciò a dire il Signore del Tempo con voce flebile.
La donna sbuffò e sollevò gli occhi al cielo.
“Lei, mio caro, domani si deve sposare con la signor- Oh. Mio. Dio!” esclamò interrompendo la frase a metà e portandosi le mani alla bocca. Il Dottore tentò di approfittarne per fuggire, ma fu subito abbrancato da un braccio di quella donnona. Lui la guardò stupito e leggermente impressionato: non poteva assolutamente essere impossibile. Come faceva una mole così grande a spostarsi con così tanta rapidità? Doveva avere sicuramente altre braccia, altrimenti non riusciva a spiegarsi come aveva fatto ad afferrarlo di nuovo. Avrebbe tanto voluto tirare fuori il cacciavite sonico per studiare il fenomeno più da vicino, ma la presa ferrea della sua mano gli stava togliendo il sangue nelle vene. Inoltre non sembrava il tipo che si lasciava sottoporre a indagini per l’amore della scienza. Ah sì, c’era anche il problema che la donna avesse puntato un suo dito cicciotto contro Rose e questo l’aveva fatto desistere dal portare avanti qualsiasi altra ricerca.
La osservò incuriosito, mentre con labbra tremanti si esibiva in un altro grido, più oltraggiato questa volta, piuttosto che arrabbiato ed esasperato.
“Ehi! Calma!”
“È una banshee?” sillabò Rose con le labbra, sentendo le proprie orecchie fischiare per la potenza dell’urlo.
Il Dottore sollevò le spalle non sapendo cosa rispondere: erano finiti in un posto davvero strambo.
“Che disonore!” si intromise una donna mingherlina, afferrando Rose da dietro e girandola di colpo verso di sé a dare le spalle al Dottore.
“Che disgrazia, che disonore, che disgrazia!” continuava a ripetere mentre cercava di fare forza per trascinare la ragazza via da quel cerchio di persone.
“Cosa?” domandò Rose puntando i piedi a terra e costringendo la donna a voltarsi.
Aveva un vestito del tutto simile a quello della donnona che aveva accalappiato il Dottore e, a giudicare dalle urla che provenivano da dietro, doveva tenerlo ancora nel suo pugno. Lei però era magra come uno stecco, con i capelli più chiari che le incorniciavano severi il volto. Un tempo dovevano essere stati ramati e la sua pelle liscia come una pesca. Indossava un paio di occhiali dalla montatura squadrata e doveva curare molto ogni più piccolo aspetto del suo vestiario, ma, come la sua collega, chiunque stesse cercando era più importante di qualsiasi foglia che fosse rimasta incastrata tra i suoi capelli.
“La tradizione, signorina.”
“Quale tradizione?” ripeté Rose spazientita. Sembrava di parlare con un dentista, costretti a cavare le parole di bocca una alla volta. Sperava solo che fosse un trattamento indolore.
“Ma come quale tradizione?”
Rose sollevò gli occhi al cielo, impuntandosi maggiormente per non andare avanti.
“La sposa non può vedere lo sposo il giorno prima delle nozze. Porta male.”
Rose si voltò verso il Dottore, uno sguardo spaventato sul volto.
“Signorina!” urlò la donna oltraggiata. “Non deve vederlo. Oh Dio del cielo, non so come faremo adesso. Sette abluzioni e una tunica di seta dovremo bruciare per rimediare al danno. Per non parlare del disonore che cadrà sulla sua famiglia se dovessero venire mai a sapere cosa è successo quest’oggi.”
La fece girare bruscamente, facendo cenno alla sua grassoccia compare di fare altrettanto con l’ostaggio che si dibatteva nelle sue mani. Mise tra di loro una schiera dei contadini accorsi in aiuto alla loro ricerca disperata, mentre i più forzuti impedivano ai futuri sposi di vedersi.
“È tutta colpa tua, Grimilde.” Stridette la donna mingherlina, muovendo le braccia in aria come ad assomigliare a un mulino a vento.
“Senti da che pulpito viene la predica, Matilda. Anche tu ti sei lasciata scappare la tua signorina. Sempre detto io che quella donna non fosse adatta per il mio signore.”
“Sta attenta a come parli, Grimilde.” La minacciò Matilda, per nulla intimorita dalla mole massiccia dell’altra. “A quanto mi è stato riferito è stato lui a trascinarla in questo luogo.”
“Ma è stata lei quella che si è denudata di fronte a un uomo non sposato.”
“Se volete la mia opinione,” si intromise il Dottore sovrastando le voci delle due donne, “credo ci sia stato un grosso malinteso.”
“Lo penso anch’io.” Rispose a tono Matilda raggiungendolo in poche ampie falcate. “Non si deve nemmeno immaginare di approfittarsi della mia signorina. Nemmeno per un momento. Il fatto che domani sarà suo marito non le dà il diritto di approfittarsi di lei oggi, di…” si interruppe, imbarazzata. Il Dottore le fece cenno di andare avanti, incoraggiandola a finire la frase. “Di deflorarla anzitempo!”
“Oh. Mio. Dio.” Mormorò Rose al colmo dell’imbarazzo.
“Non ci credo…” sussurrò Grimilde portandosi la mano alla bocca. Il Dottore guardò la sua carceriera con sguardo allarmato e le mani pronte a coprirsi le orecchie nel caso la sua banshee personale avesse deciso di dare ancora una volta prova della potenza delle sue corde vocali.
“Signore, complimenti!” continuò dando una vigorosa pacca sulla spalla del Dottore, facendolo quasi stramazzare al suolo. “Erano anni che tentavo di sentire quella parola uscire dalla bocca di Matilda. Non lo credevo affatto possibile. Ha sfatato un mito, mio Signore!” si complimentò ancora, mentre la povera Matilda faceva dietro-front del tutto oltraggiata.
La donna mingherlina afferrò Rose per un braccio e, con un ultimo cenno indispettito del capo, salutò la variopinta combriccola dirigendosi verso il folto del bosco.
“Ehi, aspetti!” urlò Rose cercando di sfuggire alle grinfie di quella donna. “Ci deve essere stato un errore. Non mi devo sposare!”
“Mi sta prendendo in giro, signorina?” domandò Matilda bloccandosi sul posto e girandosi a fronteggiarla.
“Credo sia assolutamente sincera.” Fu la replica pacata del Dottore, che invano cercava di liberarsi della sua tosta carceriera.
“Signorina?” la incalzò ancora una volta la donna, avvicinandosi minacciosa a Rose.
“Non mi devo sposare.” Ripeté questa leggermente intimorita.
“Mi auguro sul serio che lei stia scherzando, signorina. Dopo tutto quello che ho fatto per lei non credo di meritarmi un trattamento simile.” Singhiozzò Matilda nascondendo il volto in un piccolo fazzoletto ricamato.
Rose le si avvicinò, sfiorandole la spalla con una mano in un gesto di comprensione e conforto.
“Mi dispiace, ma non credo proprio che mi sposerò domani. Non io, per lo meno.” Continuò la ragazza girandosi a guardare il Dottore che le annuì incoraggiante. “Penso che ci sia stato uno scambio di persona. Ci avrete confuso con qualcun altro.”
“Non potrei mai scambiarvi con nessuna, signorina.” Ribatté la donna guardando Rose negli occhi. “Vi ho vista crescere sotto i miei occhi, vi conosco come il palmo della mia mano.”
“Mi state sicuramente confondendo con qualcun altro, glielo assicuro.” Rispose Rose iniziando a essere infastidita per la faccenda.
“Non mi prenda in giro, signorina. Lo scherzo è bello finché dura poco. Non faccia questo a una povera vecchia che l’unica cosa che desidera è vedervi felice. Anche a costo di vedervi con quell’uomo.”
A Rose venne in mente un’idea: sicuramente il nome del Dottore sarebbe stato sufficiente per far capire che dovevano essere tutti caduti in un enorme malinteso con relativo scambio di persona.
“Quell’uomo,” disse Rose indicando con un dito il Signore del Tempo. “Il mio sposo,” precisò alzando gli occhi al cielo quando la donna borbottò indispettita, “quale sarebbe il suo nome?”
Matilda la guardò sbigottita, ma vedendo lo sguardo determinato della giovane si decise a rispondere.
“Il Dottore, signorina Rose. Come altro dovrebbe chiamarsi il suo futuro marito?”
Rose ondeggiò all’indietro, del tutto incredula della piega che avevano assunto gli eventi. Osò guardare per un secondo il Dottore, prima di scivolare svenuta al suolo.

~o0o~


“Dove mi trovo?” domandò Rose aprendo di poco gli occhi.
La luce le stava dando fastidio. Si tirò il lenzuolo fin sopra la testa, nascondendo il volto nel cuscino. Cuscino? Rose si mise bruscamente a sedere, guardando spaventata l’ambiente attorno a sé. E sì che era sicura di trovarsi nel bosco. O almeno, i suoi ultimi ricordi comprendevano un bosco, gente impazzita e il Dottore. Si parlava anche di un matrimonio, ma quello doveva solo essere stato il frutto della sua immaginazione e del sole.
“Dove mi trovo?” ripeté spaventata, portandosi le ginocchia al petto.
Si guardò attorno nella stanza bianca invasa dalla luce. Doveva essere pomeriggio inoltrato, il sole aveva già iniziato la sua discesa verso le colline, conferendo alla camera variopinti giochi di luce.
Si spostò nel grande letto, posando la schiena contro la testata in ferro battuto.
La stanza era elegantemente decorata sulle tonalità del legno chiaro e del bianco. Esattamente di fronte al suo grande letto c’era una cassettiera con piccoli intarsi su cui faceva bella mostra di sé una composizione floreale di varie tonalità di rosa. Alla sua sinistra, opposto alle grande vetrate, si stagliava un armadio a quattro ante, parzialmente coperto da un paravento.
Dovevano essere ricchi i proprietari di quella casa per riservare una stanza del genere a una sconosciuta.
Rose scostò le lenzuola e balzò giù dal letto, stringendosi la vestaglia addosso per proteggersi dal venticello fresco che proveniva dalle finestre aperte. Con passo malfermo si diresse a chiudere le ampie vetrate, fermandosi poi a dare un’occhiata al panorama sottostante: la camera doveva dare sul giardino privato della villa. Sotto la sua finestra si apriva una grande corte al cui centro spiccava una fontana che zampillava allegramente acqua dalle statue che la adornavano.
Rose si guardò intorno, osservando incuriosita il movimento frenetico che c’era in giardino. Sembrava stessero preparando un banchetto.
Chiuse bruscamente la finestra posandosi contro i montanti in legno.
Il matrimonio! Allora non era colpa del sole!
Tirò bruscamente le tende e iniziò a spogliarsi: doveva scappare di lì, raggiungere il Dottore e mettere quanti più anni luce tra loro e quell’epoca.
Si diresse al mobile per la toeletta e si lavò velocemente con un po’ d’acqua gelata. Si pettinò con cura i capelli liberandoli delle ultime foglie ancora impigliate, mentre con gli occhi scandagliava la stanza alla ricerca dei suoi abiti.
In quel mentre la sua attenzione fu catturata da un disegno sullo scrittoio in mogano. Si avvicinò titubante, prendendo la cornice d’argento con la punta delle dita.
“Signorina!” esclamò una voce dietro di lei facendole fare un salto improvviso. Rose lasciò cadere il disegno sul tavolo che atterrò con un sonoro tonfo.
“Oh, mi scusi signorina. Non volevo spaventarla.” Si affrettò ad aggiungere la servetta abbassando colpevole lo sguardo.
“Non preoccuparti,” cominciò Rose girandosi a guardare la nuova arrivata. “Martha? Cosa ci fai tu qui?” aggiunse subito dopo raggiungendo la ragazza con due ampie falcate.
“Oh, Martha! Sono così felice di vederti!” la abbracciò di slancio. “Non puoi credere in quale assurda situazione siamo finiti io e il Dottore questa volta. Anche se penso tu lo possa immaginare.” Le disse all’orecchio con tono complice.
La servetta la guardò spalancando i suoi occhi neri, leggermente intimorita dallo strano comportamento della sua signora. La allontanò di colpo, abbassando il volto arrossato.
“No, mia signora. Davvero non so di cosa stiate parlando. E la prego,” continuò prendendole le mani e portandosele al petto in un gesto di supplica e preghiera. “La prego davvero di non dire più un’assurdità del genere.”
Rose la guardò sbigottita e annuì automaticamente con la testa. Martha le sorrise raggiante e si allontanò con un inchino informale. Rose rimase impietrita in mezzo alla stanza osservando meglio la ragazza che si affaccendava per la camera a sistemare il disordine che aveva causato.
“Martha?” la richiamò dopo un po’, ancora indecisa sul da farsi.
La servetta sistemò le ultime pieghe del lenzuolo prima di voltarsi, sempre con il capo abbassato, verso la propria padrona.
“Perché indossi quei vestiti?”
La ragazza spalancò gli occhi sorpresa, fissando con sguardo assente la gonna nera perfettamente stirata.
“Signorina, mi dispiace.” Sussurrò costernata, infossando maggiormente la testa contro il petto. “Era il giorno dell’abito blu. Sono profondamente dispiaciuta e le assicuro che non accadrà mai più una simile mancanza.”
“Martha… ehi, Martha.” Disse Rose, avvicinandosi alla giovane e sollevandole il volto con due dita. “Va tutto bene, Martha. Non hai fatto nulla di male. Volevo solo sapere perché indossavi questi vestiti da cameriera.”
“Oh, grazie mia signora. Grazie.” Disse sentitamente, asciugandosi veloce gli occhi umidi.
Rose le sorrise compiaciuta, porgendole un bicchiere d’acqua fresca.
“Ti senti meglio adesso?” le chiese dopo un po’ con un sorriso rassicurante. La ragazza annuì riconoscente, rimettendosi veloce al lavoro.
“Sono la sua cameriera personale, signorina.” Iniziò a raccontare sotto lo sguardo curioso della propria padrona. “Sono adibita alla cura della sua stanza e della sua persona.”
Rose annuì assente, pendendo dalle labbra della ragazza.
“E cos’altro?” le chiese Rose incalzante, beccandosi un’occhiata stranita dalla propria servetta.
Questa scosse la testa e scrollò le spalle.
“Mi sa che il sole mi ha dato la testa questa mattina,” continuò Rose cercando di non dare troppo a vedere quanto quelle risposte le fossero davvero necessarie. “Ho i ricordi un poco confusi.”
Martha annuì e le iniziò a raccontare tutto, dalla loro infanzia assieme fatta di giochi e studi, fino all’incontro con il Dottore. Rose la ascoltava affascinata: c’erano molti punti in comune con la sua vera vita e questo fatto era un po’ disturbante.
“Come ci siamo conosciuti io e il Dottore? E per favore, dammi del tu.” Domandò con un filo di voce, quando le mani veloci di Martha le chiusero con esperienza il corpetto stretto.
“Oh, questa è una delle storie che più mi piace ascoltare.” Le confidò la servetta porgendole un abito azzurro chiaro. Aveva il corpetto bordato di pizzo e le maniche a sbuffo, mentre la gonna voluminosa le copriva la punta dei piedi. Rose fece una piroetta su se stessa, ammirandosi nel riflesso dello specchio che occupava un angolo della stanza.
“Siete splendida, signorina.” Sussurrò Martha con affetto. “Farete morire d’invidia ogni uomo della città.”
Rose arrossì imbarazzata, nascondendo civettuola il volto dietro il ventaglio.
“Mi stavi raccontando di me e del Dottore.” Riprese il discorso Rose, lasciandosi guidare verso il mobile per la toeletta.
“Giusto. Vi siete conosciuti in un modo del tutto singolare. Ma in fondo niente è normale con quel signore.” Le disse con il sorriso di chi ne sa tante sulle labbra. “Lavoravat-“ si corresse subito, “lavoravi all’emporio del paese, cosa che ha sempre fatto infuriare tuo padre. Una donna della tua classe sociale non dovrebbe lavorare, ti ripeteva sempre. Ma tu non lo ascoltavi mai. E sotto sotto credo che tu padre ti abbia sempre ammirato per questa testa dura che ti ritrovi.” Le disse con tono fintamente serio, battendole scherzosa una mano sulla tempia. “Anche se molto spesso ci ha messo nei guai. Comunque, lavoravi all’emporio fino al giorno in cui il tuo caro Dottore non ha fatto saltare in aria il negozio.”
Rose rise di gusto. “Tipico del Dottore.” Commentò. “Non ha altro mezzo per farsi notare se non di fare un ingresso in grande stile.”
“Esatto! È proprio quello che mi hai detto la prima volta che mi hai raccontato questa storia. Visto che la memoria sta iniziando a tornare?”
Rose annuì al riflesso dello specchio, facendole cenno di continuare col proprio racconto.
“Da quel giorno non vi siete più lasciati, come se fosse scoccata una scintilla. Siete una bella coppia, davvero. Molto affiatati. Avete anche fatto impazzire tua madre, scappando in quel modo per sei lunghi mesi.”
“Davvero?”
“Oh sì!” confermò Martha con un sorriso complice sul volto. “Non faceva che sbraitare disonore di qua, disonore di là. Disonore sulla famiglia, disonore sulla cittadina intera.”
“L’ho fatta davvero impazzire.” Sussurrò Rose davvero dispiaciuta, come fosse lei la responsabile di tutto quel trambusto.
“Sì, è quasi morta di paura. Tutti qui eravamo in pena per la tua sorte. Ma infine sei tornata, raggiante forse più di prima.”
“E per fortuna non incinta.” Aggiunse Rose soprappensiero.
Martha annuì grave.
“Per fortuna.” Confermò la servetta in un sospiro.
“Dove sono stata?” chiese a bruciapelo curiosa.
Martha scosse la testa, ormai rassegnata a dover raccontare tutto alla sua smemorata padrona.
“Tu e il Dottore avete fatto un viaggio. Niente di sconveniente – come ha poi confermato il medico.” Bisbigliò sottovoce, facendo arrossire Rose e lei stessa. “Siete andati a New York e lì avete aperto una filiale della ditta di invenzioni di tuo padre. Forse è stato per quello o per la gioia di vederti sana e salva che tua madre ti ha poi perdonato.”
“Certo, il Dottore si è preso anche un bello schiaffone in faccia,” aggiunse poco dopo, massaggiandosi distrattamente una guancia. “Mi sa che doveva fare un bel po’ male.”
“Ne sono consapevole.” Commentò Rose, aprendo curiosa il portagioie. “Ma credo proprio che se lo sia meritato.”
Martha annuì. “Sì, gli è andata particolarmente di lusso. Pochi possono dire di essere rimasti incolumi alla furia Tyler. Ma credo che a tuo padre il Dottore piaccia particolarmente.”
La servetta le chiuse un acquamarina al collo e iniziò a intrecciarle i capelli in una complicata acconciatura che faceva risaltare gli orecchini coordinati.
“Ecco, ora sei pronta.” Annunciò orgogliosa Martha, guardando la propria padrona attraverso lo specchio.
Rose si ammirò nel riflesso: pareva un’altra persona. Si passò le dita nell’acconciatura stretta liberando due ciocche di capelli ad incorniciarle morbide il volto.
“Sono splendida.” Soffiò ancora stupita. Stentava davvero a riconoscersi. Martha le porse una maschera in tinta col vestito, contornata da piccole piume brillanti.
“Per cosa?” chiese fissando la servetta con uno sguardo perplesso.
“Per il ballo in maschera.” Rispose l’altra come fosse il fatto più ovvio del mondo, del tutto incredula che la propria padrona se lo fosse scordato.
Rose camuffò lo stupore dietro la maschera.
“Allora sono convinta che quel vestito rosso che c’è dentro il mio armadio ti calzi a pennello.” Commentò infine alzandosi in piedi.
Martha fece un passo indietro colta alla sprovvista.
“Ma, mia signora.” Balbettò con un filo di voce.
“Ti prego, Martha. Accettalo.”
“Ma, davvero, mia signora, non posso.”
“Martha, fallo per me, per l’amicizia che nutri nei miei confronti.”
“Io… io non so cosa dire.”
Rose annuì, andando a prendere veloce l’abito e sventolando davanti a sé.
“Dì solo grazie e mi renderai felice.”
Martha la abbracciò di slancio, felice come mai lo era stata prima.
“Grazie, Rose. Grazie davvero.” Sussurrò con le lacrime agli occhi, sfiorando con mani tremanti il tessuto prezioso. Era un abito rosso scuro, bordato di pizzo nero e decorato con complicati arabeschi neri anch’essi. Non aveva mai indossato un vestito del genere prima d’ora.
“Va’ a prepararti.” Le disse Rose con affetto, offrendole il riparo del proprio paravento.
Martha si cambiò velocemente, ridendo e scherzando con la propria padrona.
“Che lavoro fa il Dottore?” domandò a un certo punto Rose, lo sguardo perso fuori dalla finestra.
“Oh, un po’ di questo, un po’ di quello. È molto eclettico, forse è per quello che piace tanto a tuo padre e fa imbestialire tua madre.”
Rose sorrise, immaginando la scena nella sua mente.
“Qui in paese, comunque, lo conoscono come il signore del tempo. Come sto?” domandò ansiosa uscendo da dietro il paravento.
A Rose mancò un battito a quelle parole, ma si riscosse in fretta, vedendo lo sguardo di aspettativa dipinto sul volto della propria servetta.
“Sei splendida Martha.” Sussurrò con un filo di voce, prendendole una mano e facendole fare un giro su se stessa. “Mi sa che anche tu questa sera farai strage di cuori.” La ragazza arrossì imbarazzata, borbottando qualcosa che Rose non riuscì ad afferrare.
“Ma allora hai un ragazzo!” insinuò curiosa, prendendola sottobraccio. “Mi devi raccontare tutto!” le disse cospiratoria, uscendo dalla stanza e facendosi guidare fino alla sala del banchetto.

Continua…

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Capitolo 2
*** Capitolo Due ***


Titolo: Un matrimonio da sogno
Fandom: Doctor Who
Personaggi: Tenth Doctor, Rose Tyler, Martha Jones, Donna Noble
Rating: PG13
Genere: romantico, fluff, comico
Conteggio parole: 3841/15680
Avvertimenti: post “Journey’s End”, AU
Riassunto: Il Dottore e Rose si ritrovano incastrati in una strana avventura: il loro matrimonio.
Note: partecipa alla missione della settima settimana del Cow-T@[info]maridichallenge, con il prompt Matrimonio per il Vampire!Team e scritta per la mia tabella @[info]10disneyfic, con il prompt Onore.
La storia non tiene minimamente conto dell’esistenza di 10.5, Dottore Metacrisi o come lo vogliate chiamare. Alla fine di Journey’s End Rose è rimasta sul suo giusto mondo e ha preso a viaggiare di nuovo col Dottore nel TARDIS.
Sono sconvolta dalla lunghezza di questa storia che si è praticamente scritta da sola. Non è stata betata, ma l’ho letta e riletta più volte. Se ci sono errori segnalatemeli, perché dopo un po’ mi si sono incrociati gli occhi.
Disclaimer: La storia è basata su fatti e personaggi creati e appartenenti alla BBC e a chiunque ne detenga i diritti. La storia non è scritta a scopo di lucro, ma solo per mio puro diletto.
 
 
Capitolo 2


La serata stava procedendo bene. Intorno a lui vedeva i commensali ridere e scherzare, vedeva nuovi amori sbocciare e le coppie ballare.
Il Dottore scandagliò ancora una volta la pista da ballo alla ricerca della sua dama.
“Ehi, Space Man, l’hai trovata?” domandò festante Donna avvicinandosi con un calice colmo di champagne. Il Dottore negò con la testa, rubandole il bicchiere e buttandone giù il contenuto tutto d’un fiato.
“Calma, fratellino, con quella roba. Non vorrai far arrabbiare il nonno!” scherzò lei giocando distrattamente con la maschera che copriva il suo volto. Odiava quell’affare di piume, ma sotto insistenza di sua madre aveva dovuto tristemente acconsentire ad indossarlo. Non si sa mai che riesci a trovarti un uomo, le aveva detto salutandola dalla soglia di casa.
“No, Donna. E no, grazie, non è nelle mie intenzioni.” Rispose il Dottore a entrambe le domande.
“Tranquillo, vedrai che la troverai. Non capisco come mai tu sia così tanto preoccupato.”
“È complicato.” Borbottò lui, continuando a guardarsi in giro. Tutte quelle maschere e quegli abiti svolazzanti non lo aiutavano proprio nella sua ricerca disperata.
“Invitami a ballare.” Gli disse Donna con un cipiglio autoritario nella voce.
“Ma tu odi ballare.” Rispose a tono il Dottore, squadrandola da capo a piedi: non capiva dove volesse andare a parare.
Donna scrollò le spalle noncurante e lo afferrò per un braccio trascinandolo in mezzo alla pista. Si mise una delle sue mani sulla vita, mentre prendeva l’altra iniziando a condurlo in un impacciato valzer. Il Dottore sospirò e prese il comando del ballo, muovendo piano la sorella a ritmo di musica.
“Non capisco perché tu mi abbia trascinato in tutto questo.”
Donna lo guardò con uno strano luccichio nello sguardo che sembrava voler dire aspetta e vedrai. Qualche volteggio dopo, infatti, Donna decretò che il suo piano fosse andato a buon fine. Sentì un leggero colpetto sulla spalla e si voltò lentamente, facendo un breve inchino alla nuova venuta.
Era raggiante nel suo abito turchese e Donna non aveva avuto alcun dubbio sulla vera identità della giovane, celata dalla maschera.
“Perché non lo chiedi direttamente a lei, fratellino?” sussurrò Donna all’orecchio del fratello, prima di lasciarlo con una rapida stretta sul braccio.
Il Dottore si voltò a fissarla smarrito, mentre la nuova ragazza gli offriva dolcemente la mano.
“Mi fa l’onore di questo ballo?” chiese abbassando leggermente la maschera a scoprire un volto che lui conosceva fin troppo bene.
“Rose.” Sussurrò lui, facendole un inchino ed esibendosi in un perfetto baciamano cortese. Intrecciò le loro dita e le fece fare un giro su se stessa, bloccandola poi con un braccio e introducendola nelle danze. Ballavano vicini, in perfetta sintonia tra di loro e con la musica, che soave inondava la stanza.
“Come va?” le sussurrò all’orecchio, sentendo la giovane tremare appena.
Rose si aggrappò con più forza al vestito del suo Dottore, suo solo appiglio sicuro in quel mondo impazzito.
“Bene, credo.”
Il Dottore annuì, continuando a farla volteggiare per la sala.
“Scoperto qualcosa?” domandò Rose stando ben attenta a non far cadere la maschera. Non voleva sentire di nuovo l’urlo da banshee di Grimilde e men che meno la sfilza di disonori che sarebbero caduti sulla famiglia Tyler se qualcuno avesse scoperto che lei stava ballando con il suo futuro marito.
Tremò al solo pensiero.
Matrimonio.
“Uhm… siamo in America, non in Inghilterra come avevo supposto all’inizio. E…. uh! Ho sbagliato anche il periodo storico. Siamo sul finire del 1800.” Spiegò conciso e un po’ indispettito con se stesso per aver commesso un simile errore.
Rose alzò gli occhi al cielo.
“Non è importante. Parlavo del matrimonio.” Sibilò tra i denti.
“Ah. Il matrimonio.” Ripeté il Dottore, stringendola e poi allontanandola da sé, seguendo i passi di danza.
Rose lo fissò con aspettativa.
“No, non so nulla rispetto a questa mattina. A parte il fatto che ci dobbiamo sposare domani.”
“Hai notato niente di particolare?” lo incalzò di nuovo, mentre una nuova melodia accompagnava i danzatori.
“No, null-” si interruppe come folgorato. “Ma quella non è Martha?” chiese indicando la giovane che ballava al braccio di un giovanotto.
“Sì, è lei.” Confermò Rose, osservando compiaciuta la propria servetta divertirsi a quella festa. “E no, non sa niente di me e di te come persone degli anni 2000. Ma quello non è Mickey?” domandò scioccata, vedendo i due giovani scambiarsi un bacio appassionato.
Il Dottore annuì con la testa, sorpreso anche lui da quella strana accoppiata.
“Non sono neanche male come coppia.” Commentò inclinando di lato la testa come ad analizzare meglio la situazione. Rose scommise con se stessa che il Dottore avrebbe dato qualsiasi cosa pur di poter indossare i suoi occhiali per studiare con più attenzione il fatto.
“Sì, devo darti ragione. E brava Martha!” commentò Rose contenta.
“È strano sai.” Cominciò a dire il Dottore guardandosi attorno. “Non mi è mai capitato di trovare delle persone così simili ad altre in tutti i miei viaggi precedenti.”
Rose sospirò, appoggiandosi a lui.
Era strano davvero.
“Ti va se andiamo un po’ fuori, così ne possiamo parlare con calma?” le chiese il Dottore dopo un po’. Rose annuì appena e si lasciò condurre all’esterno della villa.
Camminarono con calma lungo il sentiero sterrato, la luna che illuminava il loro percorso.
“Tieni.” Sussurrò il Dottore sfilandosi la giacca e posandola cavallerescamente sulle spalle della compagna, proteggendola dal freddo.
“Grazie.” Rose gli sorrise dolcemente, stringendo le braccia attorno a sé per trattenere il calore.
Si sedettero su una panchina lontano da sguardi e orecchie indiscrete.
“Finalmente!” esalò Rose, liberandosi delle scarpe che la stavano facendo impazzire. “Un altro passo di danza e sarei svenuta lì.”
“Oh, non farlo Rose. Non vorrei che tu venissi trascinata via da me un’altra volta.” La supplicò lui, seriamente preoccupato.
La ragazza posò una mano sulla sua, appoggiandosi alla sua spalla con il volto rivolto verso le stelle.
“Cosa ne pensi, Dottore?” gli chiese interrompendo l’attimo di silenzio.
“Non lo so, Rose. È tutto molto strano. C’è Jackie e c’è tuo padre. Ci sono Mickey, Martha e Wilfred. C’è la madre di Donna e Donna. L’hai vista?”
Rose lo baciò piano sulla guancia, sapeva quanto aveva sofferto per la perdita dell’amica.
“Sì, è fantastica.”
“Oh, lo è. Lo è davvero.” Confermò lui con gli occhi brillanti di soddisfazione.
“Ho sentito che ti ha chiamato… fratellino?” gli domandò curiosa e un po’ preoccupata.
Il Dottore annuì. “Sì, è strano vero?”
Rose scrollò le spalle: ormai non si stupiva più di nulla.
“Non siamo fratelli fratelli. Cioè, non siamo fratelli di sangue. Mi hanno adottato che ero poco più che un bimbo. Sono arrivato qui dall’Inghilterra, unico superstite di un vascello inglese. Ero privo di qualsiasi cosa, se non fosse stato per un orologio da taschino con sopra inciso il mio nome: Dottore, per l’appunto.” Disse cercando di ricordare la miriade di informazioni con cui l’avevano bombardato per tutto il pomeriggio.
“Non trovi ironico tutto questo?”
“Io direi inquietante piuttosto.”
“Non essere così negativa,” la sgridò lui puntandole un dito contro. “Rose Tyler devi essere aperta ad ogni evenienza!”
“Pensi che sia un universo parallelo?” domandò Rose sbuffando. Ne aveva avuto abbastanza di universi paralleli e adesso, che finalmente era tornata in quello giusto, non aveva intenzione di rimanere bloccata in un altro.
“A essere sincero proprio non lo so.” Ripeté il Dottore alzandosi in piedi e mettendosi le mani in tasca. Si allentò il nodo del papillon: odiava vestirsi elegante e odiava i papillon. Inoltre, ogni volta che indossava un abito del genere succedevano delle disgrazie. Vedi quello che stava capitando a loro.
Si inginocchiò ai piedi di Rose, prendendole le mani tra le sue.
“Non so cosa accadrà, ma ti prometto che andrà tutto bene. Non sarai costretta a fare qualcosa che tu non voglia.” La rassicurò con il suo sorriso da Signore del Tempo Salvatore dell’Intero Universo.
Rose annuì incoraggiata.
“Chissà se c’è anche Jack in giro.”
“Se c’è sarà nascosto da qualche parte con qualcuno, conoscendolo.” Rispose il Dottore scherzoso, facendo scoppiare Rose a ridere e allentando un po’ la tensione che si era venuta a creare.
Rimasero lì seduti qualche minuto ancora, ognuno beandosi della compagnia dell’altro. Il Dottore sentì Rose tremare appena sotto il suo braccio e la strinse maggiormente a sé.
“Vuoi che rientriamo?” le chiese dolcemente.
“Tra cinque minuti.” Rispose la giovane, posando la testa sulla sua spalla.
“Dici che domani dovremo sposarci.”
“Non lo so, Rose. Davvero. Non te lo so dire.”
La ragazza sospirò, sentendo un macigno pesare sul suo stomaco. Si alzò bruscamente in piedi, porgendo una mano al suo cavaliere.
“Andiamo, signore del tempo, la nostra festa ci attende!” gli disse raggiante.
Il Dottore le strinse la mano e la fece sbilanciare in avanti, tirandola verso di sé per rubarle un bacio a fior di labbra.
“Perché l’hai fatto?”
Lui scrollò le spalle, imbarazzato da quel suo gesto impulsivo.
“Sei bellissima ed è dall’inizio della serata che desidero baciarti.” Le rivelò sincero, dandole le spalle. Rose gli trotterellò dietro e si aggrappò al suo braccio per baciarlo sulla guancia.
“Grazie, Dottore.”
“Come mai ti chiamano signore del tempo?” gli chiese poco prima di rientrare, spinta da una curiosità improvvisa.
“Uh, quello.” La condusse verso la balaustra, da dove si poteva ammirare il panorama dei giardini. “Credo che in parte sia dovuto all’orologio da taschino con cui mi hanno trovato e in parte al mio lavoro. Mi occupo di orologi.” Le rivelò con un sorriso incredulo sulle labbra.
“Sei sempre incredibile.” Esclamò lei sconcertata.
Il Dottore stava per aggiungere qualcosa quando la voce di Donna arrivò ad interromperli.
“Oh, eccoli qui i piccioncini!” esclamò afferrando Rose per un braccio e mettendole una maschera sul viso.
“Non che mi dispiaccia vedervi assieme,” le disse all’orecchio rassicurandola per la sua brusca entrata, “ma è pieno di malelingue in giro. E dico sempre che è meglio prevenire che curare.”
“Allora, Space Man, dove siete stati tutto questo tempo?” chiese prendendo il fratello per l’altro braccio e riportandoli alla festa. “E alt! Niente dettagli piccanti.” Lo redarguì offrendo un punch caldo a entrambi.
“Non dirmi che ti ha mostrato tutte le costellazioni della volta celeste?” chiese veloce a Rose non dando tempo al Dottore di smentirla. “A volte questo ragazzo sa essere un tale chiacchierone so tutto io. Non ti fa imbestialire? Poi parla sempre con questi paroloni altisonanti che ti lasciano la testa rintronata. Ma poi zac- basta un commento fuori dal suo stile e ti guarda con questa sua espressione da pesce lesso.” Disse Donna parlando a raffica. “Sì, proprio come questa.”
“Oh, Donna, grazie.” Commentò il Dottore, appena si fu ripreso da quel fiume di parole in piena.
“Non mi devi ringraziare. Ho fatto solo il mio dovere. E Rose,” aggiunse voltandosi verso la ragazza, “sono così felice che finalmente te lo sposi. È faticoso da gestire, ma se vuoi qualche consiglio basta che passi da me.”
“Uh, me ne ricorderò.” Balbettò Rose sollevando i pollici e battendo veloce in ritirata.
“Allora, signore del tempo, cos’hai da dire alla tua sorellina preferita?”
Il Dottore la fissò ammutolito, esibendosi ancora una volta nella famosa faccia da pesce lesso.
“Mi devi un favore: ti ho tenuto lontano le due arpie.” Disse indicando con orgoglio le due donne di quel pomeriggio che stavano parlando animatamente tra di loro.
“Mi devo preoccupare?” domandò il Dottore osservando il battibecco piuttosto colorito che si stava svolgendo dall’altra parte della sala.
“No, tranquillo. Non è successo nulla di grave.” Donna colse lo sguardo scettico del Dottore fisso su di sé. “Ok, non ho fatto nulla di tremendo. Un commento appena. Il resto è stato fatto da loro di loro spontanea volontà. Io sono completamente innocente.”
Il Dottore espirò rassegnato, buttando giù un altro bicchiere di champagne.
Seguì Rose con lo sguardo che si destreggiava tra i vari ospiti presenti al ballo, dispensando a quegli sconosciuti sorrisi di circostanza.
“Sei davvero cotto.” Constatò Donna passandogli una mano davanti agli occhi per richiamare la sua attenzione.
“Io- cioè, davvero-” balbettò lui imbarazzato per essere stato colto in flagrante.
“Tranquillo, con me puoi parlare sai. Ho da subito capito cosa c’era tra di voi. Era lampante, solo che tu,” lo colpì piano sulla spalla, “solito signore del tempo cieco e un po’ ottuso, non volevi vedere. Hai dovuto rischiare di perderla per sempre per trovare il coraggio di ammettere finalmente i tuoi sentimenti.”
Il Dottore sospirò, accorgendosi di come le vicende di quell’epoca si adattassero perfettamente a quelle che aveva provato in prima persona nel suo giusto tempo.
“Sono felice per te, sai?” gli rivelò all’orecchio, abbracciandolo all’improvviso. Il Dottore ricambiò un po’ impacciato il gesto, prima di rilassarsi tra le sue braccia.
“Il mio fratellino domani si sposa.” Si allontanò guardandolo fisso negli occhi. “Non fare scherzi, mi raccomando. Niente ripensamenti dell’ultimo minuto.”
“Stai piangendo.” Osservò il Dottore porgendole un fazzoletto.
“Come siamo perspicaci, caro il mio investigatore. Sto piangendo per la tua felicità, ti rendi conto?”
Il Dottore la aiutò a ripulirsi il viso e le offrì un bicchiere di champagne che la donna buttò giù tutto d’un fiato.
“Ehi, sta attenta!” la redarguì con tono scherzoso. “Non vorrai far arrabbiare il nonno!”
“Non si rubano le battute.” Rispose lei a tono, asciugandosi le ultime lacrime. “Siamo intesi, Space Man? Nessuna fuga e nessun ripensamento. O non sarai più il mio fratellino!” lo minacciò, scomparendo poi in un turbinio di vesti.
Il Dottore la vide mescolarsi con la folla.
Era strano tutto questo scenario, ma non vedeva nulla di diverso dal solito. Il TARDIS era atterrato senza problemi: era la Terra giusta, nessun universo parallelo. Nemmeno il suo cacciavite sonico segnalava qualche anomalia e i suoi sensi da Signore del Tempo non gli trasmettevano nulla di sbagliato.
“Oh! Eccovi qui!” cinguettò una voce al suo fianco con tono vagamente indispettito e un po’ isterico.
Il Dottore si voltò supplicando tutti gli dei del cielo che non fosse chi pensava fosse.
“Matilda.” Sillabò con tono funereo, comprendendo che quel giorno la fortuna non dovesse essere dalla sua parte.
“Esatto, Matilda, la tutrice di Madame Rose. E lei, mio caro giovanotto, dovrebbe portarle più rispetto.” Gli disse puntandogli un dito contro. Il Dottore lo allontanò un po’ infastidito, non voleva attirare l’attenzione della sua bulldog banshee.
“MATILDA!” sbraitò una voce ormai fin troppo conosciuta.
“Ecco che ci risiamo.” Borbottò il Dottore a mezza voce, tentando di allontanarsi il più velocemente possibile dalle due donne.
“Oh, ecco che arriva il mastino da guardia.” Commentò Matilda acida lanciando uno sguardo di circostanza alla nuova arrivata.
“Signora, stia attenta a come si rivolge a una mia sottoposta in mia presenza.” La sgridò il Dottore, intromettendosi suo malgrado in una disputa. “Siamo tra persone adulte e civili e dovremmo adeguare lo stile della conversazione al luogo in cui ci troviamo.”
“Sì, sì, Signore. Saremo cortesi ed educate. Ma lei,” continuò puntandogli contro il dito, “deve comprendere che non si deve fuggire nel bosco il giorno prima delle nozze.”
“Ma è proprio un vizio quella del dito!” commentò Grimilde, dandole un piccolo schiaffo sulla mano ancora puntata.
“Oh, ma senti chi parla! Miss Finezza in persona!” rispose Matilda per le rime, sistemandosi meglio la montatura degli occhiali sul naso.
“Calme, signore, calme.” Cercherò di placarle il Dottore facendo da paciere in quella disputa.
Le due donne si guardarono in cagnesco per qualche secondo ancora, prima di rivolgere entrambe la loro attenzione e furia sul Dottore.
“Ecco. Lo sapevo che avrei fatto molto meglio a starmene buono e zitto. Imparerò mai?” si domandò retoricamente facendo un passo indietro per nascondersi dalla vista degli altri invitati.
“È tutto pronto per il matrimonio, Signore. Non vorrà rovinare tutto adesso? Dopo tutti gli sforzi che ho fatto per lei?” disse la sua governante incrociando le braccia sul petto.
“E poi la mia signorina ne morirebbe di dolore. Ha già sofferto molto, poverina. Non potete farle un simile oltraggio.” Smozzicò l’altra tirando fuori il fazzoletto per asciugarsi le lacrime.
“Oltre al disonore che cadrà sulla famiglia intera. Cosa direbbe vostro nonno se abbandonaste la poverina sull’altare? Lui le vuole già così tanto bene, quasi fosse una figlia.”
“Per non parlare della famiglia Tyler che vi ha perdonato tutte le malefatte e la vostra fuga a New York. Li avete quasi fatti morire di paura, oltre ad aver rischiato il buon nome del loro intero casato.” Rincarò la dose Matilda, sospingendolo verso un angolo della stanza.
A turno le due donne lo accusavano di ogni cosa e gli rinfacciavano il grande lavoro che tutti avevano fatto per preparare quelle nozze. Non si poteva annullare un banchetto da trecento ospiti così da un giorno all’altro: la perdita economica e d’immagine era troppo grande perché lui si permettesse un ripensamento sull’altare. Bisognava poi ricordarsi anche dei fiori recisi: si doveva portare rispetto verso quella natura che si offriva volentieri ad adornare un grande matrimonio.
“Non lo so, Matilda. Non ti so dire davvero.” Soffiò Grimilde posando una mano sul braccio dell’altra, osservando il Dottore barricato in un angolo.
“È tutto il giorno che ripete che non si vuole sposare. Forse è giusto così.” Disse mesta, lanciando un’occhiata alla stanza dove le coppie ballavano inconsapevoli del dramma che si stava svolgendo in un angolo defilato.
“Anche la mia signorina continua ad affermare il suo desiderio di non volersi sposare.”
“Forse è destino.”
“Forse è così. Anche se sono davvero una così bella coppia.”
“Una bella coppia davvero.” Confermò l’altra, accettando il fazzoletto che Matilda le offriva per soffiarsi rumorosamente il naso.
“Magari si è innamorato di un’altra.” Insinuò maligna Matilda, scoccando un’occhiata penetrante al Dottore. Grimilde la guardò in cagnesco, prima di rivolgere la propria attenzione verso il Dottore, attendo una risposta: negazione o conferma che fosse.
Il Dottore incespicò all’indietro, sbattendo contro il muro. Non aveva più via di scampo, mentre le due donne gli si avvicinavano più minacciose che mai.
Quasi quasi lui le preferiva quando si sbranavano tra di loro.
Si guardò attorno, cercando Donna o Rose. Scomparivano sempre quando aveva bisogno del loro aiuto.
“Ehm… signore.” balbettò lui alzando le mani in un vano tentativo di difendersi dalla loro avanzata. “Signore, credo ci sia stato un enorme malinteso.”
“Ancora con la storia del malinteso.” Commentò Matilda scambiando uno sguardo complice ed esasperato con l’altra donna.
“Signore, lei la ama?” domandò a bruciapelo Grimilde.
Il Dottore deglutì preso in contropiede.
La amava? Era una bella domanda questa.
Assieme lui e Rose ne avevano passate tante. In sua compagnia si trovava bene, non sentiva più quel senso di solitudine. Quando la guerra e il Torchwood gliel’avevano strappata dalle mani si era sentito come svuotato, come se gli mancasse un pezzo di sé. Aveva viaggiato apatico per il tempo e per lo spazio, ma era tutto spento e grigio senza Rose al suo fianco.
Aveva incontrato donne straordinarie: Martha, che con pazienza e dolcezza aveva alleviato un po’ il suo dolore; e Donna. Donna era stata fantastica, come la sorella che non aveva mai avuto. Con lei viaggiare era tornato a essere bello e spensierato come un tempo. Avrebbe potuto durare per sempre, loro due nel TARDIS e l’Universo intero davanti. Ma come tutti i sogni si era infine svegliato e aveva dovuto perdere anche lei.
Era tornata Rose al suo fianco, aveva attraversato infiniti mondi paralleli solo per poterlo vedere di nuovo. La prima cosa che aveva fatto era stata quella di abbracciarla a sé, il suo unico desiderio quello di non perderla di nuovo, per nessun motivo al mondo. Avevano ripreso a viaggiare assieme, come ai vecchi tempi, riscoprendo una sintonia che mai aveva dimenticato.
Le voleva bene, un bene dell’anima. Ma l’amava?
Il Dottore gettò lo sguardo sulla folla e la vide lì, sorridente e raggiante nel suo vestito azzurro.
“Sì.” Sussurrò riempiendosi gli occhi di lei.
“E Rose.” Lo richiamò Grimilde, ostruendogli la visuale. “Rose la ama?”
Il Dottore annuì ancora una volta, sicuro della sua risposta. Rose lo amava, glielo aveva dimostrato tante volte, in infiniti modi. Solo che lui era sempre stato troppo cieco per accorgersene, oltre che troppo Signore del Tempo per permettersi di soccombere a sentimenti così umani ed effimeri.
“Farebbe qualunque cosa per lei e per la sua felicità?”
Il Dottore si passò una mano tra i capelli, mentre varie immagini si susseguivano nella sua mente.
“Morirei per lei.”
Le due donne si lanciarono uno sguardo soddisfatto, stringendosi la mano per l’ottimo lavoro compiuto.
“Te lo dicevo io, Matilda. Solo ansia da notte prima del matrimonio. È un male molto comune.” E così dicendo le due donne scomparvero dalla vista del Dottore, lasciandolo solo e leggermente sconvolto contro il muro.
“Due ossi duri, eh?” commentò Donna poco dopo, arrivando con un tartina in soccorso al fratello. “Mangia qualcosa, Skinny Boy, o domani mi svieni sull’altare.”
Il Dottore abbozzò un sorriso, cercando di mandare giù il boccone. Si sentiva le farfalle nello stomaco e una strana ansia che gli impediva di ragionare correttamente.
“L’emozione inizia a farsi sentire, non è vero?” gli chiese appendendosi al suo braccio e guardandolo con affetto.
“Sì.” Le rivelò guardando ancora una volta Rose danzare con uno sconosciuto. “Non sono mai stato tipo da matrimoni…”
“Ma con lei è diverso, giusto?” finì per lui la frase.
Il Dottore annuì appena e la prese per un braccio, conducendola in mezzo al pista.
“Cosa stai facendo?” sibilò lei oltraggiata, muovendosi impacciata tra quegli esperti ballerini. “Non ti piace nemmeno ballare il valzer. E io sono una frana.”
“Una così bella dama non può essere rilegata in un angolo. Sei fantastica Donna. Sei brillante e meravigliosa e tutti qui devo saperlo.”
“Ma non lo sono.” Si schermò lei, posando la testa contro la sua spalle nel vano tentativo di nascondersi dagli occhi degli altri invitati.
“Lo sei, solo che non ci credi. Devi avere più fiducia in te stessa, Donna.”
Volteggiarono per un po’ in silenzio, ognuno perso nei propri pensieri.
“Posso avere l’onore di questo ballo?” domandò un cavaliere, inchinandosi di fronte a Donna. Il Dottore lo guardò un momento, prima di offrirgli la mano della sua dama che fece una timida riverenza accettando l’offerta del nuovo arrivato.
“Sii felice, Donna.” Sussurrò il Dottore, osservandoli ballare a ritmo di musica.
Stava per allontanarsi dalla pista da ballo quando i suoi occhi caddero su una maschera azzurro chiaro, adornata di piccole piume.
Rose.
L’avrebbe riconosciuta tra mille.
La raggiunse in pochi passi e le fece un regale inchino.
“Madame? Mi farebbe l’onore di questo ballo?”
Rose arrossì e si lasciò trasportare dalle sue mani esperte sulle note di un valzer.
“Credo che ci dovremo sposare domani.” sussurrò lui al suo orecchio, stringendola per la vita sottile. “Non sono riuscito a trovare una scusa adatta per fuggire. Mi hanno incastrato.”
Rose annuì senza guardarlo negli occhi. Sentiva il suo cuore battere impazzito nella cassa toracica.
“Mi dispiace Rose di averti coinvolto in questo pasticcio.”
“Tranquillo, abbiamo affrontato cose ben peggiori.” Lo rincuorò lei, posando la testa sulla sua spalla. “Un matrimonio non è nulla di grave.”
Il Dottore le baciò la fronte, stringendola più forte al suo petto.
“Magari sognavi un matrimonio diverso, con una persona diversa.” Sussurrò lui, abbassando lo sguardo a disagio.
Rose si fermò in mezzo la pista e gli sollevò il volto bruscamente, rubandogli un bacio appassionato, che fece voltare tutti gli altri invitati nella loro direzione.
“Non dirlo nemmeno per scherzo.” Gli disse minacciosa. “Io ti amo ed è un onore per me diventare tua moglie.” Lo baciò di nuovo, furiosa, mordendogli il labbro inferiore. Il Dottore si lasciò travolgere dal bacio, mentre le sue mani risalivano dai fianchi di Rose fino a intrecciarsi nei suoi capelli. La attirò maggiormente a sé sentendo il bacio farsi più dolce fino a ridursi a un tocco appena accennato.
“Ti amo.” Soffiò lui sulle sue labbra, sorridendole dolcemente. “Sarà un onore per me diventare tuo marito, Rose Tyler.” Le disse, baciandole la mano e scomparendo dalla stanza prima che la sfuriata di mamma Tyler si abbattesse su di lui.
Al fianco di sua sorella lasciò la villa, mentre dalla sala del banchetto si potevano ancora udire le urla di disonore e tradizione rovinata della Signora Tyler e delle due vecchie megere.
Continua…

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Capitolo 3
*** Capitolo Tre ***


Titolo: Un matrimonio da sogno 
Fandom: Doctor Who 
Personaggi: Tenth Doctor, Rose Tyler, Martha Jones, Donna Noble 
Parte: 3/3 
Rating: PG13 
Genere: romantico, fluff, comico 
Conteggio parole: 6370/15680 
Avvertimenti: post “Journey’s End”, AU, het 
Riassunto: Il Dottore e Rose si ritrovano incastrati in una strana avventura: il loro matrimonio. 
Note: partecipa alla missione della settima settimana del Cow-T@[info]maridichallenge, con il prompt Matrimonio per il Vampire!Team e scritta per la mia tabella @[info]10disneyfic, con prompt Onore
La storia non tiene minimamente conto dell’esistenza di 10.5, Dottore Metacrisi o come lo vogliate chiamare. Alla fine di Journey’s End Rose è rimasta sul suo giusto mondo e ha preso a viaggiare di nuovo col Dottore nel TARDIS. 
Sono sconvolta dalla lunghezza di questa storia che si è praticamente scritta da sola. E pensare che doveva essere una piccola one-shot. Non è stata betata, ma l’ho letta e riletta più volte. Se ci sono errori segnalatemeli, perché dopo un po’ mi si sono incrociati gli occhi. 
Disclaimer: La storia è basata su fatti e personaggi creati e appartenenti alla BBC e a chiunque ne detenga i diritti. La storia non è scritta a scopo di lucro, ma solo per mio puro diletto. 

Capitolo 3

 

“Sorgi e risplendi, signorina!” esclamò Martha, aprendo con un colpo secco le tende e facendo entrare la luce del sole. “Oggi è il gran giorno e abbiamo ancora tante cose da sistemare.” 
Rose si rigirò nel letto, tentando di nascondere la faccia dentro il cuscino. 
“Su, su. Non c’è tempo oggi per crogiolarsi sotto le coperte.” Le disse solare, strappandole con un colpo secco le suddette coperte di dosso. Rose tremò dal freddo e balzò giù dal letto, cercando di afferrare la vestaglia che le fu sottratta con un gesto veloce della mano. 
“Oddio, Martha. A volte sai essere peggio di Matilda.” 
Martha rise di cuore, aiutando la propria padrona a spogliarsi e ad immergersi nella tinozza di acqua bollette. 
“Ma molto spesso sono meglio di Matilda. Lei non ti avrebbe preparato un bel bagno caldo.” Le rivelò massaggiandole i capelli con un po’ di sapone. 
“Allora grazie.” Concesse Rose sorridendole con affetto. 
“Come è andata la serata ieri? Ti sei divertita?” domandò casualmente, strofinandosi un braccio. 
“Sì, signorina. Molto.” 
“E…” 
“E niente! Non mi sono di certo divertita quanto voi!” rispose arrossendo fin sulla punta dei capelli. “Ma che insolente!” ribatté Rose con il sorriso sulle labbra, schizzandola con l’acqua. 
“Avete dato spettacolo.” Rispose Martha per nulla intimorita dalle minacce della sua padrona. 
Rose si immerse completamente nella vasca, impendendole così di vedere il suo volto paonazzo. 
“Vi sentite meglio?” domandò Martha, porgendole un asciugamano con cui tamponarsi il viso. Rose annuì sospirando, lasciando che l’acqua calda sciogliesse un po’ la tensione che sentiva nei suoi muscoli. 
“Credo che sia un bravo ragazzo.” Disse Rose dopo un po’. 
“Chi?” domandò Martha curiosa, avvolgendo la padrona in un grande telo di lino. 
“Mickey. Siete una bella coppia.” 
Martha sentì il rossore risalire fino alla punta delle orecchie e abbassò gli occhi imbarazzata. 
“Siete davvero carini assieme, sono contenta per voi.” Continuò Rose, asciugandosi il corpo. “A quando il grande annuncio?” 
“Signorina!” strepitò Martha al colmo dell’imbarazzo. 
“Cosa? Mi sembra una domanda più che legittima.” Si difese l’altra guardandola con gli occhi brillanti. 
“Uh, non lo so.” 
“Tranquilla. Non volevo farti pressione.” Le disse Rose, prendendole le mani tra le proprie. 
Martha sorrise dolcemente. 
“Questa storia del matrimonio sta iniziando a piacervi.” Commentò districandole i capelli con il pettine. 
Rose mosse le dita a disagio. “È tutto ancora così strano e un po’ improvviso. Mi sembra di vivere in un sogno.” 
“È normale avere un po’ di paura, ma quando lo vedrete lì, di fianco all’altare, passerà tutto. Concentratevi solo sui suoi occhi e vedrete che andrà tutto bene.” 
Rose sospirò, cercando di allentare un po’ l’oppressione che sentiva sul suo petto e che le rendeva difficoltoso respirare. 
Martha lavorò in silenzio sui suoi capelli, districando le ciocche una per una e arricciandole sul ferro riscaldato. 
“Sarete una sposa stupenda e del vostro matrimonio si parlerà negli anni a venire.” 
“Anche grazie a te. Sono davvero splendida. Come hai fatto?” le domandò specchiandosi prima da una parte e poi dall’altra. Aveva una testa di piccoli boccoli biondi, che morbidi le incorniciavano il volto. Le varie ciocche brillavano alla luce del sole, come se ci fossero tanti piccoli brillantini incastonati. 
“Tanta pazienza e polvere di fata!” le rivelò Martha con un sorriso, decisa a non svelare i suoi segreti. 
Rose la abbracciò di slancio, scoccandole un bacio rumoroso sulla guancia. 
“Oh Martha. Non so cosa farei senza di te!” 
“A volte me lo chiedo anch’io!” scherzò l’altra ricambiando l’abbraccio. “Ma ora forza, che il vostro sposo vi attende!” 
La truccò appena, rendendola una sposa raggiante nel suo abito candido. Era composto da un bustino stretto chiuso da una scollatura a barchetta, mentre l’ampia gonna si concludeva con un piccolo strascico. Era semplice, ma molto elegante nel suo insieme. 
“Ecco, sei pronta.” Sussurrò Martha con un groppo in gola. 
“Non ancora!” esclamò Matilda, sbucando da dietro il paravento. “Una mela per la serenità e una collana per l’equilibrio!” 
Rose sputò la mela che quella pazza le aveva ficcato in bocca. Forse tentava di ucciderla in un modo alternativo. 
“Uh, grazie.” Boccheggiò a corto di fiato, pulendosi la bocca con un fazzoletto. 
“Come sto?” domandò ansiosa, facendo un giro su stessa. Le due donne la guardarono estasiate: era davvero bellissima. 
“Siete fantastica, signorina.” Balbettò Matilda commossa, mentre Martha annuiva con gli occhi appena lucidi. 
Rose arrossì, ammirandosi allo specchio. 
Un leggero bussare alla porta la fece girare bruscamente. 
“Rose? Sei pronta?” chiese Jackie facendo spuntare la testa dall’uscio socchiuso. “Oh! Ma sei splendida!” aggiunse raggiungendola per posarle due baci sulle guance. 
“Quell’uomo è davvero fortunato! Ma se solo osa renderti triste assaggerà la vera furia Tyler. Parola di mamma, tesoro mio.” Decretò Jackie alzando il pugno con fare combattivo. 
“Grazie mamma.” Rispose Rose commossa. In tutto quel trambusto non aveva avuto modo di vederla neanche per un secondo. Da una parte le sarebbe piaciuto condividere con lei quei momenti, ma dall’altra non voleva che lei usurpasse il posto della sua vera madre, che la stava aspettando nel suo giusto tempo. 
La abbracciò con affetto, nascondendo il volto tra i suoi capelli, mentre due lacrime le solcavano le guancie. 
“Bambina mia, tranquilla.” Sussurrò Jackie asciugandole il volto con dolcezza. “Andrà tutto bene. Sono sicura che il tuo Dottore sarà un ottimo marito e saprà renderti felice.” 
Rose annuì timidamente, asciugandosi gli occhi umidi. 
“Bene, tesoro. Ora fammi un bel sorriso.” Le disse sollevandole il viso con una mano e osservando orgogliosa un tremulo sorriso farsi largo sul volto della figlia. “Ecco, così va meglio.” 
Martha si schiarì piano la voce, attirando l’attenzione delle proprie padrone. 
“Signora?” domandò incerta. “La signorina è pronta?” 
Jackie osservò con aria critica la figlia. 
“Non ancora: abbiamo qualcosa di nuovo e di prestato,” spiegò sollevando la collana agganciata al collo della figlia e indicando i piccoli orecchini pendenti. “Matilda, non dovevi.” La sgridò la signora Tyler con dolcezza. 
“È un onore per me, mia Signora. Lo consideri un piccolo regalo da parte di tutta la comunità. Avete fatto sempre così tanto per noi che era giusto ricambiare.” Spiegò includendo anche Martha nell’idea del dono con un ampio gesto del braccio. 
“Allora vi ringrazio a nome di tutta la famiglia Tyler.” Disse Jackie con tono solenne. 
“Ora, secondo la tradizione manca qualcosa di antico e di blu.” Continuò tirando fuori dalla piccola borsetta di perline un piccolo astuccio che porse alla figlia. 
Rose lo aprì con mani tremanti, rivelando al suo interno un piccolo lapislazzulo a forma di goccia. 
“Ma… non dovevi…” balbettò Rose a corto di parole, mentre sua madre armeggiava con la chiusura della collana. 
“È la tradizione, Rose. Apparteneva a tua nonna che l’ha donata a me il giorno delle nozze. Adesso è giusto che l’abbia tu.” Le disse richiudendole la catenina al collo e portando la figlia a specchiarsi nuovamente nel grande specchio. 
“Ecco, ora sei pronta.” 
“Grazie mamma.” Sussurrò Rose giocando con il pendente mentre sentiva le lacrime che minacciavano di fare nuovamente capolino nei suoi occhi. 
“Grazie a te, bambina mia. E sii felice.” 

~o0o~


Rose camminava su e giù per la sagrestia, torturandosi le mani per l’ansia. 
“I fiori sono a posto in chiesa?” domandò per l’ennesima volta a Martha che annuì esasperata. “Vai a controllare per favore?” le chiese arricciandosi una ciocca di capelli sul dito. 
“Rose, tesoro. È tutto perfettamente in ordine.” Le disse sua madre, tentando di farla ragionare. 
Rose sembrava non ascoltarla, continuando a passeggiare su e giù per la stanza. 
“Stai un attimo calma o ti sgualcirai il vestito!” 
“E arriverai all’altare con il fiatone.” Rincarò la dose Martha cercando di fare aria all’amica con il ventaglio. “Capisco che la vostra vita sia tutta di corsa, ma almeno il giorno delle vostre nozze potreste camminare!” 
Rose annuì e negò con la testa, si mise seduta e si rialzò subito in piedi del tutto irrequieta. 
“Non posso sposarmi.” Esalò infine, buttandosi a peso morto su una sedia. 
“Come?!” quasi urlò sua madre, correndo dalla figlia con la stessa angoscia che avrebbe potuto avere se fosse accorsa al suo capezzale. 
“Non devi essere così tesa. Anzi! Casomai sarà lui quello a dover essere in ansia. Non capita a tutti l’onore di poter essere legati con la famiglia Tyler.” Sbottò, venendo subito zitta da un’occhiata di rimprovero da parte di Martha. La servetta le mise una mano sulla spalla, facendole segno di non pressarla ulteriormente. Ansia da matrimonio, era assolutamente normale. 
“Rose…” la chiamò dolcemente, sedendosi ai suoi piedi. “Perché non mi spieghi il motivo per cui non lo vuoi più sposare?” 
Rose chinò il volto, lasciando che i riccioli morbidi nascondessero la sua espressione. 
“Non lo ami?” provò Martha, osservando compiaciuta come la testa dell’amica si muovesse a negare quella domanda. 
“Temi il giudizio degli altri?” ritentò, venendo smentita ancora una volta. 
“Troppa differenza di età?” 
Rose sollevò il volto lanciandole un’occhiata perplessa. 
“Ehi, non lo so!” si difese Martha sollevando le mani in gesto di resa. “Sto provando a indovinare il motivo del tuo turbamento. Sei sempre stata così decisa e sicura dei tuoi sentimenti che vederti qui così spaventata… hai paura?” chiese infine colta da un’illuminazione improvvisa. 
Rose annuì appena, raggomitolandosi in una piccola palla bianca. 
Martha si sollevò a sedere, spolverandosi la gonna con le mani. 
“Qui c’è solo una cosa da fare.” Decretò infine prendendo in mano le redini della situazione. “Matilda!” chiamò a gran voce facendo entrare in un turbinio di stoffe sia lei che la bulldog banshee. “Oh, perfetto, c’è anche lei.” Commentò compiaciuta la ragazza, avvicinandosi a Grimilde. 
“Ho bisogno che-” bisbigliò al loro orecchio, ricevendo come risposta uno sguardo oltraggiato. 
“Ma non si può!” esclamò la banshee dando ancora una volta prova delle proprie abilità canore. “Ma la tradizione!” balbettò Matilda guardando prima Martha e poi Rose. Scambiò un’occhiata con la propria padrona che scrollò le spalle come a significare che se non si poteva fare altrimenti al diavolo la tradizione! 
“Va bene.” Acconsentirono le due, defilandosi veloci dalla stanza. 
Martha e Jackie si lanciarono uno sguardo complice, avvicinandosi a Rose. 
“Rose, tesoro. Abbiamo pensato a un rimedio. Ma se ci ripensi non ti devi preoccupare. Noi saremo sempre al tuo fianco, qualsiasi cosa tu decida di fare.” Detto questo le due donne uscirono velocemente dalla stanza, lasciando Rose in balia dei propri pensieri. 
La ragazza osservò con sguardo vacuo il vaso di fiori che conteneva il suo bouquet, non resistendo alla tentazione di carezzare un petalo di rosa. Un leggero bussare la distrasse dal suo rimuginare silenzioso, facendola avvicinare alla porta di servizio per far entrare l’ospite. 
“Rose? Sono io!” disse la voce del Dottore al di là del legno. “Mi hanno raccomandato, per l’ennesima volta, che non dobbiamo vederci.” 
“Già, la tradizione.” Commentò Rose con tono funereo, allontanando la mano che già si era posata sul pomello della porta. 
“Come mai ti hanno spedito qui?” 
“Hanno pensato che tu avessi bisogno di aiuto. Hanno ragione?” chiese lui, posandosi contro il legno. 
Rose annuì con la testa, poi, ricordandosi che lui non poteva vederla glielo sussurrò a voce. 
“Va tutto bene, Rose. Non dobbiamo sposarci, se non vuoi.” 
“Ma tu vuoi sposarmi?” domandò lei a bruciapelo, posando una mano sul legno là dove sapeva che dall’altra parte battevano due cuori. 
Il Dottore rimase in silenzio per qualche secondo, prima di iniziare a parlare. 
“All’inizio no. Cioè, non fraintendermi, ma l’idea di legarmi per sempre a qualcuno mi spaventava.” 
“Anche a me.” Gli rivelò Rose con un filo di voce. 
“Per me è diverso, Rose. Il ‘per sempre’ è un concetto molto relativo. Lo capisci, vero?” 
“Lo so, Dottore. Lo capisco.” 
Rimasero in silenzio per qualche attimo ancora. 
“Però, adesso… adesso che questa storia è andata così tanto avanti,” continuò a parlare il Dottore, esponendo come mai aveva fatto prima il suo cuore; “adesso voglio andare fino in fondo.” 
“Io ti amo Rose Tyler.” Proclamò, posando una mano contro il legno freddo della porta. “E vorrei poter essere il marito che tu hai sempre sognato. Farei qualunque cosa e diventerei qualunque cosa pur di farti felice.” 
“Oh. Dottore. Io- io non so cosa dire.” 
“Dì che mi ami.” 
“Ti amo, Dottore!” esclamò la ragazza aprendo di slancio la porta e gettandosi tra le sue braccia. Lo baciò con tutto l’amore e la passione che provava per quel pazzo uomo che le aveva scombussolato l’intera esistenza. 
“E sì, voglio sposarti.” 
Il Dottore la guardò raggiante per un istante, prima che le due vecchie megere li separassero bruscamente, mettendo di nuovo la porta in legno tra di loro. 
“L’abbiamo combinata grossa.” Scherzò Rose, posando la schiena contro la porta chiusa. 
“Puoi dirlo forte, Rose. Ma non saremmo noi se avessimo rispettato le regole.” Le rivelò lui con un sorriso sornione che faceva capolino sul volto. 
“Allora che si fa?” le domandò, ancora un po’ ansioso. “Se vuoi possiamo sempre chiamare dei bravi che spaventino il prete.” Offrì scherzoso. 
“No, andiamo fino in fondo.” 
“Fino in fondo.” Ripeté lui dolcemente. 


~o0o~


Il Dottore tamburellava il piede per terra, di fianco all’altare. 
Era in ansia. 
Sempre detto lui che non era tipo da matrimoni. 
“Tranquillo.” Sibilò Donna per l’ennesima volta al suo orecchio. “Tranquillo o farai un buco nel pavimento.” 
“È in ritardo!” sbuffò lui per l’ennesima volta, spostando il peso da un piede all’altro. Si allentò di un poco il nodo della cravatta. 
Donna roteò gli occhi, alzando il volto al cielo come a voler pregare una qualche divinità affinché il Dottore si mettesse calmo e zitto. 
“Uomini.” Borbottò, mentre lui sbuffava un: “Donne.” 
“Non ci avrà ripensato, vero?” domandò lui, ancora ansioso per la crisi che aveva dovuto arginare poco prima. Quasi quasi preferiva le situazioni in cui aveva poco tempo per salvare il mondo. 
Donna gli strinse una mano incoraggiante, mentre gli lanciava l’ennesima occhiata stranita per lo strano abbigliamento che all’ultimo aveva deciso di adottare. 
“Arriverà. È un ritardo studiato ad arte per fare più scena. Vedrai, sarà stata tutta un’idea di sua madre.” Scherzò Donna, muovendo la mano a sottolineare che a volte quella donna poteva essere una pazza. 
“Sicuramente.” Confermò lui, sorridendo per la prima volta nella giornata. 
Sollevò lo sguardo e fu in quel momento che la vide sulla soglia della chiesa. Si sistemò il nodo alla cravatta e si mise dritto in piedi, mentre i suoi occhi seguivano la lenta avanzata di Rose lungo la navata della chiesa. 
Era bellissima, con i raggi del sole che la facevano risplendere di una luce calda, rendendo tutto il resto del mondo opaco al confronto. Camminava con il sole alle spalle, ma i suoi occhi erano brillanti, come avessero luce propria nascosta al loro interno. 
Il Dottore deglutì, sentendo le sue gambe tremare dall’emozione. 
Rose gli sorrise facendo ondeggiare piano i riccioli biondi che sparsero una miriade di giochi di luce sulle mura della chiesa. 
Era senza parole quando finalmente la ragazza arrivò a stringere la sua mano. 
“Sei bellissima.” Le sussurrò ricolmo d’amore, accompagnandola negli ultimi metri che li separavano dall’altare. 
“Anche tu lo sei, mio caro Dottore.” Rispose lei emozionata, carezzando con lo sguardo il suo Signore del Tempo. Aveva indossato i suoi soliti abiti: il completo beige gessato e la sua cravatta preferita. Rose si arrischiò a lanciare un’occhiata alle sue scarpe, scoprendo dei semplici mocassini. 
“Come mai…?” gli domandò sottovoce, sistemando il bouquet di fiori sull’inginocchiatoio. 
“Le sneakers avrebbero destato troppi sospetti.” Le rivelò sistemandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio con la piccola rosa rosa che portava all’occhiello. 
Seguirono la funzione trepidanti, le loro dita intrecciate. Ogni tanto si lanciavano sguardi ancora increduli, ma indubbiamente carichi d’affetto. 
“E ora,” annunciò il prete guardando con dolcezza i due giovani, “se dunque è vostra intenzione di unirvi in matrimonio, datevi la mano destra ed esprimete davanti a Dio e alla sua Chiesa il vostro consenso.” 
Rose e il Dottore si misero uno di fronte all’altra, sorridendosi un po’ impacciati. La ragazza gli porse la mano destra che tremava appena racchiusa nel palmo del suo Signore del Tempo. 
“Ci siamo.” Sussurrò lui, carezzandole le dita per infonderle un po’ di coraggio. 
“Già. Ci siamo.” Rispose lei in una risatina nervosa. 
Il Dottore le baciò le dita, prima di pronunciare la formula di rito. Rose la ripeté con un filo di voce e gli occhi puntati in quelli brillanti del suo Dottore. Sentiva il cuore nella sua cassa toracica battere a un ritmo frenetico, le orecchie fischiare. Tutti i suoni erano ovattati: esistevano solo loro in quella chiesetta di campagna, tutto il resto era dimenticato. 
Fu riportata alla realtà dallo scalpiccio dei piedi del piccolo paggetto che portava tutto orgoglioso le fedi. Il Dottore si chinò a prenderle dalle mani del bimbo, ringraziandolo con un tenero complimento. Slegò la vera più piccola e la baciò con dolcezza. 
“Rose, ricevi questo anello, segno del mio amore e della mia fedeltà, nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.” Disse con voce ferma e sicura, infilando l’anello al dito della sua sposa. Si chinò a sussurrare qualcosa nell’orecchio di Rose, prima di rimettersi dritto in piedi e offrire la mano sinistra alla ragazza. 
Rose balbettò incerta il suo nome, un sussurro appena udibile solo dallo sposo, che le sorrise ricolmo d’amore. “Ricevi questo anello, segno del mio amore e della mia fedeltà, nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.” Concluse emozionata, facendo scivolare la vera al suo posto. 
Il prete finì di officiare la messa, mentre gli invitati si asciugavano commossi le lacrime. 
“Puoi baciare la sposa.” Concluse, benedicendo la coppia. 
Il Dottore si chinò sulla sua giovane sposa e le depositò un casto bacio sulle labbra, al quale Rose rispose con entusiasmo. Uscirono mano nella mano, accolti da un festoso lancio di riso e coriandoli bianchi. 
Fu un pomeriggio movimentato il loro: un’infinità di convenevoli da scambiare, mille discorsi da intrattenere con le più disparate persone. 
Il ricevimento si era tenuto nel parco della villa Tyler, allestito per l’occasione. Era stato innalzato un gazebo coperto da tendoni di lino bianco e decorato con edera rampicante e rose bianche, la famiglia non aveva affatto badato alle spese. I vari ospiti erano stati fatti accomodare attorno a tavoli rotondi, imbanditi con ogni prelibatezza. Al centro vi era una piccola fontana che rinfrescava l’ambiente, arricchita anch’essa da una decorazione floreale di rose di una tenue tonalità di rosa pastello. Gli sposi sedevano nella zona più ombreggiata, al centro dell’attenzione ma al contempo abbastanza defilati. Ridevano e scherzavano con la famiglia e gli amici più stretti, le dita intrecciate sotto al tavolo. 
“Ma ti rendi conto?” bisbigliò Rose al suo orecchio entusiasta ma ancora incredula. “Siamo sposati!” 
“Sì.” Confermò lui, baciandola dolcemente sulle labbra. “Sono tuo marito.” 
“E sai qual è un privilegio del marito?” gli domandò Rose ammiccando. 
“Avere il primo ballo con la sposa. Che privilegiato.” Rispose per lui Jack, facendo un inchino davanti alla coppia. 
“Jack!” esclamarono i due novelli sposi sorpresi di vederlo lì. 
“Eccomi qui, in persona. Non potevo certo mancare al matrimonio dei miei amici più cari? Vi sembra?” disse, gonfiando il petto e facendo un occhiolino ad entrambi. 
“O diciamo che non potevi perdere l’occasione di conoscere nuove nubili signore.” commentò il Dottore alzandosi in piedi per abbracciarlo. 
“Non dimenticarti i maschietti.” Rispose lui in un sorriso, dandogli una leggera pacca sul sedere. “Scusa, Rose. Ma non ho proprio resistito.” Si finse costernato facendo scoppiare la sposa a ridere. 
“Tranquillo Jack. Non mi sarei aspettata niente di meno da parte tua.” Ribatté la ragazza gettandogli le braccia al collo e lasciandosi sollevare per una piroetta in aria. 
“Jack. Vorresti ridarmi mia moglie?” gli chiese il Dottore incrociando le braccia al petto e guardandolo con quell’espressione da ‘non cambierai mai’. 
Il ragazzo lasciò andare la sposa e si allontanò con un leggero inchino. 
“Ma il secondo ballo è mio!” urlò irriverente, mentre andava a salutare un gruppetto di giovani ragazze. 
Rose e il Dottore scossero la testa rassegnati, mentre i camerieri facevano posto sulla pista da ballo per gli sposi. Partì una musica lenta e il Dottore condusse con sicurezza Rose nelle danze, facendola volteggiare tra le sue braccia. 
“Tra quanto possiamo andare?” domandò il Dottore all’orecchio della moglie. Era stato strano dirlo ad alta voce, ma la parola era uscita fluida dalle sue labbra, come fosse del tutto naturale. 
“Credo che dobbiamo intrattenerci un altro po’.” Rispose Rose guardandosi attorno. Gli invitati avevano gli occhi fissi su di loro, non sarebbe stato facile sgattaiolare via senza destare sospetti. 
“Ci stanno ancora guardando?” chiese senza aprire gli occhi. 
“Sì, siamo l’attrazione principale della festa.” Confermò la ragazza, girando su se stessa. 
“E allora diamo qualcosa da guardare davvero!” esclamò il Dottore inchiodandola sul posto per rubarle un bacio appassionato. Si baciarono lì, nel bel mezzo della pista mentre la musica suonava ancora e gli invitati battevano allegri le mani. Si baciarono sordi ai fischi di incitamento e incuranti dei gridolini scandalizzati delle due vecchie megere. 
“Dici che ora possiamo andare?” si premurò di chiedere il Dottore, interrompendo il bacio. 
Rose gli sorrise e gli afferrò la mano, trascinandolo di corsa all’interno della villa, prima che qualcuno potesse bloccarli nella loro fuga. 
Erano marito e moglie, adesso. E niente poteva impedire loro di goderne tutti i benefici. 


~o0o~



Giunsero all’interno della casa col fiatone e si sorrisero complici: avevano sul serio dato spettacolo. Con le mani ancora intrecciate si diressero verso l’ala della villa che era stata loro riservata per la prima notte di nozze. 
Rose arrossì al pensiero, mentre il Dottore trotterellava felice al suo fianco, facendo ondeggiare le loro mani unite.
“Arrivati!” le disse fermandosi davanti a una porta. Si cacciò una mano in tasca e dopo molto frugare, ne tirò fuori una piccola chiave con un nastro di seta bianco. 
“Così non mi confondo con le altre.” Le spiegò facendola girare nella toppa. Spalancò la porta con un ampio movimento del braccio e fermò Rose prima che potesse mettere piede all’interno. 
“La tradizione.” Borbottò un po’ impacciato, massaggiandosi la nuca mentre sentiva il rossore colorare le sue guance. 
La prese in braccio e Rose si lasciò scappare un gridolino di sorpresa, mentre gli allacciava le mani dietro al collo per non cadere. Il Dottore entrò nella stanza con passo malfermo, ma tuttavia dimostrò il grande equilibrio degno di un Signore del Tempo chiudendo con un colpo di tacco la porta dietro le sue spalle. 
Le regalò un sorriso da mascalzone prima di posarla sul letto e rubarle un bacio. 
“Non ti facevo così…” Rose si interruppe, cercando la parola più adatta da usare. “Romantico.” Decretò infine, sistemando la gonna stropicciata. 
“Sono un Signore del Tempo dalle mille sorprese!” le rivelò lui, sedendosi al suo fianco. 
Rimasero in silenzio per alcuni minuti, ognuno perso nei propri pensieri. 
“Uh, Rose.” Biascicò lui imbarazzato, alzandosi in piedi e passandosi nervoso una mano tra i capelli. 
“Dimmi.” Disse dolcemente la ragazza offrendogli la sua completa attenzione. 
“Avrei… ecco… latradizionedellamiagentevuolechelosposo
scrivaundiscorsoperlapropriasposa… ecosì… ecco… orateloleggo.” Disse tutto d’un fiato. 
“Cosa?” ripeté Rose sconvolta. “Non ho capito una parola.” Gli disse sincera, prendendogli le mani tra le proprie. “Fa’ un respiro profondo e ricomincia.” 
Il Dottore fece quanto gli era stato detto e, con la voce chiara del Signore del Tempo, disse: “La tradizione della mia gente vuole che lo sposo scriva un discorso per la propria sposa.” 
Si schiarì la voce, tirando fuori di tasca un foglio stropicciato. Lo scorse veloce con gli occhi, prima di farlo in piccoli pezzettini e lanciarli dietro le sue spalle. 
“Mi ero preparato un bellissimo discorso,” cominciò a raccontare passeggiando su e giù per la stanza per cercare di smaltire un po’ di nervoso. “L’ho provato mille volte a casa, cercando le parole giuste da dire. Era anche un bel discorso davvero.” Commentò quasi parlasse tra sé e sé. “Ma tutte le parole del mondo non sono sufficienti a dirti quello che provo per te.” 
Il Dottore si sedette di fianco alla ragazza, stringendo la mano con la fede tra le sue mani. 
“Rose. Tu sei una donna fantastica, fantastica sul serio. 
Al tuo fianco ho dimenticato cosa volesse dire essere solo, l’ultimo della mia specie. Con te ho provato sensazioni che pensavo di aver dimenticato: ho vissuto il sogno di potermi costruire una vita umana, una vita vera… grazie a te. 
Quando ti ho perso, quando quel maledetto Torchwood ci ha allontano ho sentito i miei due cuori morire. 
Non credevo di poter andare avanti, ancora una volta avevo perso tutto senza poter fare nulla per poter salvare ciò che davvero mi importava. 
Non sai quanto a lungo ho cercato quel sole morente, sperando di trovare un modo, se non per potarti di nuovo con me, almeno per dirti addio. Non sai quanto avrei voluto strapparti da quel mondo… e il non poterti toccare è stato difficile. Ti avevo lì, a un soffio di distanza e non ho potuto baciarti. 
Sono stato uno sciocco, ottuso e cieco Signore del Tempo, sempre ligio alle regole. Ma tu sei stata più forte e testarda. Tu sei stata meravigliosa: sei saltata da un universo all’altro solo per vedermi, per darci una nuova possibilità. 
È per me un onore essere il destinatario del tuo amore, non sai quanto i tuoi sentimenti mi rendano davvero felice. E io… io farò di tutto per meritarmi il tuo amore.” 
Rose lo guardò con gli occhi brillanti di commozione. 
“Io-” balbettò imbarazzata, “io non so davvero cosa dire.” 
“Rose, sei la persona più importante della mia vita.” Gli disse lui sincero, carezzandole il collo con dolcezza. “Non so come sarei potuto resistere ancora senza averti al mio fianco.” La baciò su un orecchio, proseguì lungo il profilo del volto scendendo poi lungo il collo. Continuò nella sua scia di baci appena accennati risalendo dall’altra parte, sfiorando lo zigomo e poi un occhio, la fronte e poi giù sulla punta del naso. Infine le baciò le labbra. Un tocco appena accennato, ma che ben presto si trasformò in qualcosa di più profondo con le lingue che giocavano e si rincorrevano, in una battaglia senza vincitori né vinti. 
“Probabilmente avrei commesso una qualche sciocchezza, andando a cambiare il corso degli eventi. Avrei superato i limiti imposti dalle vecchie leggi dei Signori del Tempo. Avrei fatto cose che non mi sarei mai più perdonato.” Continuò guardando seriamente la sua compagna. 
“Ma ora io sono qui e rimarrò qui per sempre. Niente più ci separerà.” Sussurrò Rose solenne in un filo di voce, stringendolo a sé. 
Il Dottore la guardò con dolcezza prima di baciarla di nuovo. Non ne aveva mai abbastanza di lei e del suo sapore. Sarebbe rimasto lì a baciarla per sempre. 
Le sfiorò la nuca con due dita, slacciando la collana che ricadde sul suo palmo aperto. La mise sul comodino, trovando la scusa per allontanarsi un po’ in modo da alleviare la tensione e l’ansia che sentiva percorrere il suo sangue, facendogli annebbiare i pensieri. 
Stare con Rose era bello da togliere il fiato, qualcosa di così profondo che impediva alla sua mente di ragionare. 
Le offrì una mano e la rimise in piedi. Le cinse la vita con le braccia, mentre sentiva le sue gambe tremare appena dall’emozione. 
“Posso avere l’onore di…” soffiò sul collo della sua giovane sposa, mentre le mani aprivano la chiusura dell’abito e la sua bocca depositava soffici baci sulla schiena, per ogni bottone liberato dall’asola. 
Rose tremò appena sotto l’assalto della sua bocca. Si lasciò spogliare con calma, mentre le labbra del suo Dottore la vezzeggiavano di baci. Il vestito scivolò per terra in un fruscio di stoffa, subito seguito dal rumore irrequieto degli abiti del Signore del Tempo che cadevano sul pavimento. 
Con mano ferma le strinse una mano e la condusse al letto, facendola distendere al suo fianco. 
Si guardarono per un attimo senza fiato, intrecciando le loro dita ornate del prezioso anello. 
“Insieme?” domandò Rose ricercando gli occhi del suo sposo. 
“Insieme.” Rispose il Dottore solenne. 


~o0o~


Rose si svegliò di soprassalto, portandosi la mano alla testa. Scosse i capelli all’indietro, come a liberarsi dei pensieri che le avevano affollato la mente nel cuore della notte. Si mise seduta contro la testata del letto, guardandosi attorno spaesata. 
Era nella sua stanza nel TARDIS. Alla sua destra sul comodino c’era la foto della sua famiglia: Jackie e Mickey. Pete e il suo fratellino. Rotolò dall’altra parte del letto matrimoniale per accendere la luce: doveva ricordarsi di chiedere al TARDIS di procurarle una seconda lampada dal comodino, non poteva tutte le volte rigirarsi nel letto per avere un po’ di luce. 
“Strano.” Commentò massaggiandosi gli occhi e cercando la vestaglia caduta per terra. Se la drappeggiò sulle spalle meccanicamente, muovendosi sicura tra il caos della sua stanza. Infilò un paio di jeans pescati a caso dal fondo dell’armadio e tentò di ravvivarsi i capelli. 
Si sentiva la testa pesante, come se il giorno prima avesse bevuto troppo. 
Ondeggiò fino alla porta e quasi lanciò un’imprecazione quando il suo piede nudo andò a sbattere contro qualcosa.
“Accidenti!” sibilò massaggiandosi la parte lesa. Si chinò per terra per scovare il responsabile di questo atroce delitto e afferrò una cornice d’argento. Osservò confusa il piccolo dipinto che era lì rappresentato, sentendo il battito del suo cuore accelerare nel petto. 
“Ma cos-?” balbettò incredula. Si scagliò fuori dalla stanza alla ricerca del Dottore: doveva assolutamente parlarne con lui. 
Questi sbucò da dietro l’angolo reggendo due tazze di the tra le mani. 
“Dottore!” 
“Ah, Rose. Ti sei svegliata. Come ti senti?” 
“Bene. O almeno credo.” Biascicò la ragazza, mordicchiandosi nervosamente un labbro. 
“Qualcosa non va?” domandò posando le tazze per terra e sollevando una mano per carezzarle una guancia. 
“No, non credo. Ho solo fatto questo sogno,” cominciò a raccontare stringendosi la vestaglia al petto, “dove noi eravamo…” Si interruppe, guardando sconvolta la mano sinistra del Dottore. La fissò per qualche minuto senza fiatare, boccheggiando come un pesce fuor d’acqua. Osò lanciare un’occhiata alla sua mano mancina, dove un anello simile faceva capolino. 
Erano due fedine uguali, due cerchietti d’oro molto semplici ma che spiccavano lucenti sulle loro dita. 
Rose deglutì nervosa, cercando la parola giusta per concludere la frase. Si portò la mano sinistra davanti al volto, per osservarla meglio. 
Inspirò a fondo e con voce appena tremante disse: “Ho fatto uno strano sogno stanotte.” 
“Oh! Anch’io ho fatto un sogno davvero singolare.” Disse il Dottore come se stesse ripescando un evento dalla sua memoria. 
“C’erano Donna e mia madre.” Iniziò a raccontare Rose. 
“E anche Martha e Wilfred.” Continuò per lei il Dottore. 
Si guardarono un attimo perplessi. 
“C’era anche Jack!” dissero in coro, spalancando gli occhi per l’incredibile rassomiglianza dei loro sogni. 
“Non lo trovi strano?” domandò Rose, annodandosi la vestaglia con un colpo secco. 
“Uhm… beh… non più strano del solito.” Minimizzò lui con un vago gesto della mano. 
“Oh, beh… ci siamo solo sposati. Una cosa che capita tutti i giorni.” Scherzò Rose con un leggero tono seccato nella voce. 
“Io lo trovo un passo in avanti, rispetto alle nostre solite avventure. Almeno non abbiamo dovuto combattere contro creature che ci volevano morti o, in alternativa, volevano conquistare la Terra.” 
“Sì, non posso darti torto. Anche se quelle due…” 
“Grimilde e Matilda, dici?” la interruppe lui, ripescando quei due nomi da un angolo della sua mente. 
Rose annuì, ancora meravigliata da quanto quell’avventura apparisse reale. “Due ossi duri davvero. Anche se abbiamo dato loro un bel po’ di filo da torcere. Ragazzaccia!” concluse lui facendole un occhiolino. 
Rose arrossì e gli tirò un colpetto sulla spalla. 
“Non che tu sia stato tanto un santarellino!” 
Si sedettero per terra posandosi contro muro del corridoio, spalla contro spalla. 
“Allora: ci siamo davvero sposati?” chiese Rose dopo un po’ giocando con la fede che brillava sul suo dito. 
Il Dottore la occhieggiò di sfuggita, distendendo le gambe davanti a sé e posando con un tonfo la testa contro il muro. 
“Qual è l’ultimo ricordo che hai?” le domandò inclinando il volto nella sua direzione. 
Rose arrossì fin sulla punta dei capelli e il Dottore fece schioccare la lingua sul palato, comprendendo al volo l’imbarazzo della compagnia. 
“Capisco. Quindi diciamo che l’ultimo ricordo che hai è di esserti addormentata là a villa Tyler.” Riepilogò il Dottore. Rose fece un cenno affermativo con la testa, mentre un brivido le attraversava la schiena. 
“Sì, e poi mi sono svegliata qui. Sul TARDIS.” Disse guardando il Dottore negli occhi, alla ricerca di una risposta. 
“Uhm… bene. Molto bene.” 
“Hai capito qualcosa?” lo incalzò speranzosa. 
“Uh? No. No, no. Volevo solo controllare se i nostri ricordi coincidevano.” 
Il Dottore rimase in silenzio per qualche minuto, perso nei propri pensieri. 
“E…” lo richiamò Rose, sempre in paziente attesa di una risposta. 
“Cosa?” chiese il Dottore, voltandosi verso di lei con quell’espressione da ‘mi sono perso qualcosa?’ sul volto. 
La ragazza scosse la testa del tutto rassegnata a dover spiegare ogni cosa da capo al suo Signore del Tempo. 
“I nostri ricordi – o sogni, che dir si voglia – coincidono?” 
“Ah, quelli! Sì, sì. Coincidono perfettamente!” 
“Qualche idea?” sbuffò Rose al limite ormai della pazienza, andando ad afferrare la propria tazza di the. Era ancora abbastanza caldo, per fortuna. Lo sorseggiò con calma, lasciando che quell’aroma di erbe le calmasse un po’ i pensieri in subbuglio. 
“No. Nessuna.” Rispose il Dottore, fissando con sguardo assorto la propria tazza di the. 
“Ultimo ricordo del TARDIS?” le domandò dopo un po’, sgranocchiando un biscotto che aveva scovato sul fondo di una delle tasche del completo. 
Rose ci pensò su un minuto, cercando di ripescare qualcosa di utile nei recessi della sua memoria. 
“È confuso.” Biascicò Rose, massaggiandosi distrattamente la tempia. “Più tento di andare indietro con i ricordi, più vedo solo nebbia. È lo stesso anche per te?” chiese, sperando che la mente del Signore del Tempo fosse molto più attiva della sua. 
Il Dottore rimase silenzioso per qualche attimo ancora, prima di balzare di colpo a sedere. 
“Ci sono Rose. Ci sono!” esclamò euforico, battendosi una mano sulla fronte. “Come ho fatto a essere così cieco? Era ovvio. Era palesemente ovvio!” 
“Cosa era ovvio?” 
“Ma il sogno! Dai, Rose, non dirmi che non te ne sei accorta!” 
“Accorta di cosa?” ripeté la ragazza, cercando di capire dove il Dottore volesse andare a parare, senza riuscire ad afferrare quale fosse l’anello mancante della catena. 
“Pensaci. Non c’era qualcosa di strano?” le chiese incalzate, cercando di spiegarle l’ovvietà della situazione. 
“Qualcosa di strano a parte tutto?” rispose la ragazza in uno sbuffo. 
“Dai, Rose. Non essere così pessimista. Sono così tremendo come marito?” le domandò facendole un sorriso da mascalzone. 
Il rossore colorò le gote della ragazza, facendole borbottare un’imbarazzata negazione. 
“Bene.” Rispose il Dottore ammiccando. “E ora, veniamo agli altri protagonisti di questo sogno. Chi c’era?” 
“Oltre ai due cani da guardia?” 
“A loro arriveremo dopo. Dai, Rose, è davvero semplice.” 
“Beh… c’erano mia madre e Martha. Anche Donna e Wilfred.” Elencò contandoli sulla punta della mano. “Jack e la madre di Donna.” Continuò, mentre il Dottore le faceva cenno di andare avanti. “Mio padre e Mickey.” 
“C’erano anche Sarah Jane e Harriet Jones.” Concluse l’elenco il Dottore. 
“Cosa ci facevano tutti lì?” 
“Ecco! È questa la domanda giusta!” commentò il Dottore euforico. “Lo sapevo che ci saresti arrivata. Sei fantastica!” 
“Ti avevo detto che era strano vedere così tante facce conosciute in un normale viaggio nel tempo, no?” aspettò l’assenso di Rose prima di continuare. “E questo doveva farmi scattare una qualche lampadina in testa, ma devo ammettere che la storia del matrimonio mi ha leggermente mandato in confusione.” Ammise un tantino imbarazzato. 
“Quindi?” lo richiamò Rose, prima che il Dottore si perdesse in uno dei suoi mille mila discorsi correlati. 
“Quindi dovevo accorgermi che era un mondo strano, ben diverso da quello a cui siamo abituati!” 
“Siamo finiti su un universo parallelo? Come io avevo giustamente detto?” 
Il Dottore mosse la testa a destra e a sinistra. 
“Sì e no. Più o meno.” Borbottò grattandosi il lobo dell’orecchio. 
“Qualcosa come mondo dei sogni?” provò di nuovo Rose. 
“Ecco! Qualcosa del genere.” 
“Spiegati meglio.” lo esortò la ragazza, bloccandolo nel suo andirivieni lungo il corridoio. 
“È stato il TARDIS a creare tutto quanto. Credo si sia intrufolato nei nostri pensieri più…” si fermò, cercando la parola più adatta. 
“Profondi?” gli offrì Rose. 
“Più intimi, direi.” Disse in un borbottio sconnesso. “Ha creato un mondo sulla base dei nostri sogni.” 
“Ok.” Gli concesse Rose. “Ma quindi, ammesso e non concesso che il TARDIS abbia creato tutto, che detto in parole povere si sia trattato di un sogno, non hai ancora risposto alla mia domanda: ci siamo sposati?” 
Il Dottore ondeggiò sui talloni a disagio. 
“E un sì e no, non mi va bene come risposta.” Lo anticipò la ragazza, incrociando le braccia al petto. 
“Uh… beh… vedendo le fedi alle nostre dita e il dipinto che hai in mano… direi di sì.” 
“Ah.” Fu tutto ciò che riuscì a dire Rose, presa in contropiede dalla situazione. 
“Quindi, nonostante sia stato tutto una sottospecie di strano sogno,” riepilogò la ragazza sbrigativa, guadagnandosi un’occhiata da ‘non è del tutto corretto, ma ti passo questa definizione spiccia’ da parte del Dottore, “noi siamo sposati.” 
“Già.” 
“Sposati, sposati.” 
“Sì. Sposati, sposati. Cos’ha che non va dire sposati una volta soltanto?” le domandò perplesso. 
Rose scosse la testa esasperata. Inutile: il suo Signore del Tempo non sarebbe mai cambiato. 
“E le due donne cos’erano?” 
“Oh, quelle! Solo le rappresentazioni della voce della nostra coscienza. Sai quella vocina fastidiosa che ti dice sempre di non fare quella cosa e tu, puntualmente, non le dai retta?” attese una risposta affermativa da parte della compagna. “Beh, quella Matilda era la voce della tua coscienza.” 
“Carina la tua, Grimilde.” Ribatté Rose, nascondendo una risata dietro la mano. 
“Ma quindi siamo proprio sposati?” 
“Sì. Certo.” 
“E ora dimmi, Dottore.” Disse Rose avvicinandosi al suo sposo e intrecciandogli le mani dietro al collo. Il Signore del Tempo la guardò con un velo di preoccupazione nello sguardo. Dalle sue parole aveva capito che la bomba non era ancora stata sganciata, ma sapeva che, non appena avesse toccato il suolo, avrebbe creato un bel po’ di scompiglio. 
“Per quanto sia onorata di essere diventata tua moglie, rimane un piccolo problema da affrontare: come lo diciamo a mia madre?” 





Fine

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