Ventuno Giugno

di Kiki May
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** ~ ***
Capitolo 2: *** 1 ~ 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ~ 4 ***
Capitolo 4: *** 5 ***
Capitolo 5: *** 6 ***
Capitolo 6: *** 7 ***
Capitolo 7: *** 8 ***
Capitolo 8: *** 9 ***
Capitolo 9: *** 10 ***
Capitolo 10: *** 11 ***
Capitolo 11: *** 12 ***
Capitolo 12: *** 13 ***
Capitolo 13: *** 14 ***
Capitolo 14: *** 15 ***
Capitolo 15: *** 16 ***
Capitolo 16: *** 17 ***
Capitolo 17: *** 18 ***
Capitolo 18: *** 19 ***
Capitolo 19: *** 20 ***
Capitolo 20: *** 21 ***
Capitolo 21: *** 22 ***
Capitolo 22: *** 23 ***



Capitolo 1
*** ~ ***


Sarò onesta, io non so davvero come farò a portare avanti tutte queste long-fic in corso! Recentemente, purtroppo, ho avuto un altro attacco di fangirlismo da sperimentazione ed ho deciso di provare ad assecondarlo. Spero che mi perdonerete. >*<
Questa fic nasce anche per le insistenze di B, che sembra apprezzare molto una delle coppie in gioco, la ringrazio per il supporto e l’ascolto dei miei deliri creativi.
Cominciamo con la presentazione.


DISCLAIMER


I personaggi appartengono a Joss Whedon e a coloro che possiedono i diritti, li uso senza scopo di lucro, per puro cazzeggio.

Summary: Storia AU, ambientata nell’Inghilterra dei nostri giorni. Buffy Summers è candidata a sindaco di Londra e trova sostegno in un gruppo di fidati collaboratori. Ben presto la donna dovrà fare i conti col passato e con William, compagno del suo defunto mentore Giles.

Pairing: Eccola la novità: Buffy/Lindsey + Spike/Angel e Spike/Giles accennato. Spero non vi scandalizzerete, ecco! XD Cercherò di essere credibile ed IC.

Rating: NC17, suppongo.








Prologo.







Il vento del Nord si abbatteva sulle finestre del vecchio studio londinese, facendole tintinnare senza sosta. Pioveva incessantemente dal giorno prima.
Buffy fissava la parete scura dinnanzi a lei, immobile.
Seduta su un’enorme poltrona, che quasi la inglobava minuta com’era, la donna stringeva un fazzolettino di carta umido, stropicciato, che provvedeva a spezzettare meccanicamente, ad intervalli regolari. L’ambiente circostante era gelido in assenza di un impianto di riscaldamento funzionante, ma lei non sentiva freddo.
Tremava di stanchezza, soltanto.
“Sarebbe meglio che prendessi una giacca e ti riposassi un po’.” Mormorò l’uomo in piedi al suo fianco.
Buffy alzò lo sguardo.
Liam la fissava con apprensione, il bel volto pallido contratto e severo.
“Concludiamo prima.”
“Come vuoi.”
Lui si voltò appena e fece un cenno muto a Xander e Willow, vicini alla porta d’ingresso.
Buffy non riusciva a vederli, il notaio parlava.
“ … Posso continuare con la lettura, signorina Summers?”
“Sì.”
“ … E dunque io, Rupert Edmund Giles, nel pieno possesso delle mie facoltà, lascio tutte le mie proprietà, fatte salve quelle citate nella nota sopra, a … William Shelby.”
Il silenzio generale fu rotto da un singhiozzo violento.
Accanto a Buffy sedeva William, piegato da una sofferenza che non riusciva a censurare. Alla pronuncia del suo nome, il ragazzo aveva ripreso a piangere forte, come in obitorio, ed aveva coperto il volto umido con le mani tremanti.
Buffy spalancò gli occhi arrossati e gonfi senza emettere un fiato. Un lieve fastidio la prese allo stomaco, facendola sussultare.
“Stai bene?” domandò Liam, poggiandole una mano sulla spalla.
“Bene.”
William piangeva senza ritegno.
“Temo di aver concluso.” Interruppe il notaio, pragmatico. “Se avete qualche richiesta da avanzare …”
“Nessuna richiesta.” Replicò Liam.
Gentile, condusse il notaio in salotto. Lo congedò con una lauta parcella.
William non smetteva di piangere.
Xander lo scrutava con malcelato disprezzo, mentre aiutava l’amica a rialzarsi.
“Sto bene.” Mormorò Buffy, sottraendosi alla sua presa sudata e calda. “Sto bene.” Ripeté all’indirizzo di Willow, che la fissava triste.
Liam era tornato.
“Andiamo via adesso.”











Ventuno Giugno






 

 

 







La luce del neon la colpiva in pieno, accecandola.
Infastidita e stanca, Buffy piegò il volto in direzione della spalla.
“Signorina Summers, la prego!” esclamò la giovane parrucchiera alle prese con l’acconciatura dei suoi capelli. “Non riesco a lavorare se lei si muove in continuazione!”
Borbottando un’imprecazione incomprensibile, Buffy riprese a fissare lo specchio dinnanzi a lei e si tese appena, in modo di rimanere immobile nella posizione richiesta.
Da mezz’ora, ormai, stava ferma a farsi pettinare. Ad ogni spazzolata sentiva crescere l’insofferenza e fremeva dal desiderio di parlare coi suoi collaboratori fidati.
“Dovresti lasciarli sciolti!” esordì Willow, piena di documenti e fogli di segreteria da poggiare sulla scrivania.
Buffy si voltò a guardarla e venne rimproverata ancora una volta.
“Dovrebbe lasciarli sciolti.” Spiegò ancora la consulente, rivolta alla parrucchiera. “Mossi, come li ha fatti l’ultima volta. A quanto pare suggeriscono una sorta di fierezza, di bellezza femminile orgogliosamente mostrata al mondo.”
“Avevamo detto di puntare all’austerità!” intervenne Xander, facendo il suo ingresso.
La candidata s’imbronciò ed incrociò le braccia al petto.
“Cosa dovremmo fare, allora?”
“Sciolti!” insistette Willow, vincitrice. “La lega ambientalista per la salvaguardia del suolo cittadino è fiera della nuova candidata riformista.”
“Di quale lega ambientalista stiamo parlando? Quella ufficiale o quella –“
“L’altra. Ma va bene lo stesso, no? Si tratta pur sempre di voti,
il ventuno giugno si avvicina.”
“Voti, voti, voti …”
“Un sondaggio ha appena stabilito che gran parte del successo della tua campagna dipenderà dal consenso dei verdi. Dobbiamo conquistarli necessariamente ed abbiamo la strada in discesa, considerati i nostri avversari inquinatori.”
“Non sono ancora state accertate le responsabilità dell’inquinamento del complesso di depurazione in zona industriale.” Puntualizzò Fred, affiancandosi alla collega. “E la questione è scottante anche per noi, visto che i finanziamenti a quel progetto provenivano proprio da uno dei nostri sostenitori ufficiali.”
“Che si è affidato al sindaco Wilkins per fare appaltare la zona! Certamente noi non c’entriamo con le scelte dell’amministrazione uscente.”
“Non lo dire, Wills! L’amministrazione di Wilkins non è ancora uscente!”
“Smettetela!” esclamò Buffy, inascoltata e coi capelli gonfi. “Verdi, ho capito. Comprerò una piantina da mettere in studio per farli tutti contenti.”
“Non scherzare, dai!”
Buffy serrò gli occhi e scattò in piedi, finalmente libera dalla morsa crudele dell’acconciatrice.
“Mossi e sciolti.” Precisò, indicando la sua immagine allo specchio. “Fierezza femminile!”
“Ottimo. Adesso l’esperta consiglia di cambiare maglia.”
“Wills, paghiamo veramente un’esperta per dirmi di cambiare maglia! Aspettiamo il suo arrivo, che dici? Intanto cosa mi dite del Thames Eye? Ancora articoli su di noi?”
“Decisamente.” Sospirò Fred, mostrando i titoli di testa del quotidiano. “I conservatori non cederanno di un passo finché la campagna non sarà conclusa.”
“Non cederemo neanche noi, ma prepareremo qualche querela nel frattempo. Liam … qualcuno l’ha visto?”
“Sono qui.” Rispose l’interpellato, emergendo dal corridoio ombroso.
Tutti si volsero a guardarlo, consuetamente stupiti dalla sua capacità d’entrata in scena.
Vestito in nero come sempre, alto e bello, Liam pareva un eroe romantico ottocentesco, malinconico e solitario. Indecifrabile.
“Ho appena parlato con la dirigenza centrale del partito,” disse, calmo. “Saranno pronti a ricevere Buffy in mattinata e cercheranno di comporre lo scontro con Travers. Serve una linea unitaria di appoggio al candidato londinese.”
“Servirebbe eliminare Travers dalla circolazione.” Sorrise Buffy, impegnata nella comparazione di due giacche da indossare.
“Spero che non userai questo tono domani.”
“Oh, parlerò il politichese più sopraffino.” Assicurò lei, scambiando con l’amico uno sguardo di intesa silenzioso.
“Ti stanno bene i capelli sciolti.” Notò lui.
“Ecco, vedete?” fece Willow.
“Forse … dovresti vedere una cosa prima dell’intervista.” Accennò Liam, incerto. “Io non credo che –“
“Di cosa si tratta?”
“È una donazione!” osservò Fred, curiosa e veloce.
Buffy lesse la ricevuta. Tacque.
“Perché … perché l’ha fatto?” chiese poi, a bassa voce. “Io non capisco!”
“Non ha fatto nulla di male.” Provò a mediare Liam. “È nobile da parte sua elargire un contributo in favore della tua compagna elettorale. È un cittadino anche lui. Buffy, dovresti incontrarlo. Dovresti tentare di ristabilire un rapporto civile.”
La candidata alzò le braccia, sconvolta.
“Un rapporto civile!” ripeté. “Ma hai ragione su una cosa: dovrò parlare con lui. Dovrà sentirmi, William Shelby. Adesso.”
Rapida, Buffy si diresse all’uscita.
Xander spalancò gli occhi, incredulo.
“E l’intervista?!”

 

 

 

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Capitolo 2
*** 1 ~ 2 ***


 

Dunque, eccomi qui con due nuovi capitoli. Conto di postare presto anche il resto delle storie (ma perché scrivo così tantoH?! ç___ç) ma volevo farvi entrare subito nel vivo, che è più bello. ù_ù









1.








Il sole tramontava e l’auto di Buffy raggiungeva la villa appartenuta a Giles, divenuta proprietà di William Shelby. La casa, elegante e isolata, sorgeva sulla costa sud-orientale del paese, lontana della caotica area metropolitana della Grande Londra. Scegliendola, Giles aveva immaginato il ritiro dorato a vita privata, il ritorno alla lettura e allo studio. L’asfalto scivoloso e la guida pericolosa di un autista avevano spezzato per sempre il suo sogno.
Superato il cancello di ingresso, Buffy si diresse alla porta, suonò il campanello.
Venne accolta da una collaboratrice domestica, che la invitò a raggiungere la cucina; William era indaffarato nella preparazione della cena e non avrebbe potuto riceverla in salotto.
“Buon pomeriggio.” salutò il padrone di casa, voltandosi appena, cordiale.
Indossava un grembiule usato ed aveva le dita sporche di farina.
Buffy inclinò il capo, incuriosita, e scorse, accanto alla padella già ben oliata, delle fettine di pollo crudo e dei limoni spremuti. William stava preparando uno dei piatti preferiti da Giles, uno dei piatti che lei preferiva in assoluto.
“Non sono venuta a cenare da te.” Specificò la candidata, con ostentata indifferenza.
William rise.
“Credevo che i politici fossero molto più indiretti e scaltri.” Fece, sarcastico. “Accomodati tranquillamente, non ho intenzione di invitarti a cena.”
Buffy si morse le labbra, come una scolaretta rimproverata per una stupidaggine.
“Non voglio accomodarmi.”Replicò, testarda. “Voglio solo sapere perché mi hai inviato la donazione.”
“Sostengo il mio candidato prescelto, mi pare normalissimo.”
“Non ho bisogno dei tuoi soldi.”
“Sei decisamente fuori dal comune! Sono contento di votare per te.”
Buffy sbuffò sonoramente, allargando le braccia.
“Vuoi spiegarmi cosa … voterai per me? Nonostante tutto? In ogni caso non puoi piombare nella mia vita in questo modo, non ancora!”
William chinò il capo, riflessivo.
“Mettiamola così, allora: non voglio un altro mandato Wilkins a pesare sulla sorte della città. Da quando c’è lui le cose vanno veramente male, si respira un clima d’odio e di diffidenza insostenibile, la diversità – ogni genere di diversità – è diventata una vergogna e un problema. Andrò via da Londra, se la situazione non dovesse cambiare, e so che tu potresti evitarmi il trasferimento. Inoltre, Rupert avrebbe voluto che tu avessi i soldi, ti serviranno a vincere.”
“Non mi serve il tuo aiuto per vincere.”
“Davvero? È questo che dici ai tuoi elettori?”
Buffy strinse le labbra, imponendosi di tacere.
“Non posso permettermi di rinunciare ad alcun contributo,” sussurrò, dopo qualche secondo di ponderata pausa. “Ma se Giles avesse veramente voluto darmi dei soldi, l’avrebbe fatto.”
“Io credo che lui volesse –“
“… Perché tu lo conoscevi meglio di chiunque altro!” Interruppe lei, piena d’astio.
William non replicò.
Tentò di concentrarsi sulla cucina e soffocò un colpo di tosse.
“Hai ragione. Accetta il mio contributo e basta.”
“Lo farò. Ti ringrazio.”
Seguì un silenzio teso.
Buffy raggiunse la sala da pranzo che si apriva alla cucina e scrutò la nuova disposizione dei mobili. I vecchi divani avevano lasciato spazio a poltrone chiare, sobrie e essenziali, la tavola in legno di noce era stata sostituita con una simile, di dimensioni modeste. Solo il ritratto di Giles e William troneggiava ancora sulla mensola accanto alla portafinestra.
Sempre poggiata alla parete bianca la vecchia chitarra acustica.
“Sono le uniche cose che ho tenuto qui in casa,” spiegò William. “Non riuscivo a disfarmene.”
Buffy rimase muta.
“Sai …” continuò lui. “Ho ancora i libri che ti ha lasciato. Dovrai passare a prenderli prima o poi, quelli ti spettano di diritto.”
“Non so perché mi abbia donato dei libri.” Mormorò lei, senza fiato. “Forse è un rimprovero postumo per la mia scarsa propensione alla lettura. Non so ...”
William fece un passo in avanti, spinto dal desiderio compassionevole di raggiungerla, confortarla, ma venne frenato dallo squillo di un cellulare.
La campagna elettorale non si fermava un secondo.
Mentre Buffy parlava al telefono, William si diresse alla porta d’ingresso.
Suonavano. Era Liam.
“Ciao … ciao, William. Buffy è qui?”
“La senti sbraitare in cucina.” Scherzò l’interpellato, facendo largo all’ospite.
Buffy si precipitò dal collaboratore.
“Si è licenziato veramente!” esclamò, sconvolta. “Il manager ufficiale, si è licenziato! Oddio, voglio staccargli la testa con le mie mani!”
“Sapevamo che sarebbe successo ed è già pronto il sostituto. Non c’è niente di cui preoccuparsi.”
“C’è solo da fare una strage nello stupito partito che sta remando contro il suo candidato!” sbottò lei, furibonda. Nuovamente assorbita dagli impegni, lasciò Liam e William da soli.
I due non si rivedevano da anni.
“Non cambierà mai.” Sospirò William, ghignando.
Liam annuì d’impulso. Si voltò a guardarlo.
“Io … ti trovo bene.” Borbottò, imbarazzato. “Ti trovo bene, William. Sei dimagrito.”
“Davvero? Non saprei, sono sempre stato molto magro. Tu, piuttosto, sembri aver perso peso di recente e hai l’aria stanca di chi non dorme da settimane. La sfida con Wilkins non dev’essere facile.”
“Non lo è. Stiamo cercando di dare il massimo, ma sembra non bastare mai. Le cose non sono facili da quando Buffy ha attaccato la segreteria di partito e Travers.”
“Lo ha fatto davvero?”
“Sì. La versione ufficiale smentisce tutto, ma in realtà i rapporti sono tesissimi.”
“Capisco.” Mormorò William, chinando il capo.
Liam studiò la linea del suo profilo con languore nostalgico.
“È bello rivederti.” Disse, senza aggiungere altro.
William si tese, stupito.
“Anche per me.” Ammise. “Ho saputo che … ho letto i giornali. Mi dispiace molto per quello che ti hanno fatto.”
“È acqua passata. Una storia vecchia di tre anni, ormai.”
“Tre anni non sono così lontani, tutto nella mia vita sembra vecchio di tre anni ...”
“Scusami, non avrei dovuto ... sono mortificato.”
“No, no. Sono stato io a menzionare la cosa.” Sorrise William, sereno. “Volevo dirti soltanto che ho tifato per te. Non avrebbero dovuto sbattere informazioni così personali sul tuo conto nella prima pagina del loro fottuto quotidiano. Sono stati degli autentici bastardi e … beh, sono contento di sapere che stai meglio.”
“Grazie.” Mormorò Liam, commosso. “Grazie.” Ripeté, inclinando il viso quasi a volersi nascondere. Limpidi, gli occhi di William lo scrutavano senza paura, con onestà. Sentiva di non meritare tanta gentilezza.
“Dovrò scusarmi con te, prima o poi. Sai, fa parte del percorso.”
“Verrai a scusarti con comodo. Presto.”
“Presto …”
William sorrise ancora, ironico.
Buffy era tornata in cucina.
“Dobbiamo andare immediatamente.” Dichiarò rivolta ad Liam. “L’intervista è tra pochissimo e, a quanto pare, il nuovo manager ci raggiungerà oggi stesso.”
“Hanno già detto a chi è stato affidato il compito?”
“Lindsey, Lindsey McDonald.”
Liam serrò la mascella, incapace di trattenere il suo disappunto.
“Lo metteremo a lavorare sodo.” Biascicò, lapidario. “Andiamo, forza.” sussurrò, voltandosi a guardare William, quasi dispiaciuto all’idea di doverlo abbandonare.
Lui non disse nulla, si limitò a salutarlo con un cenno timido.
Liam si sentì riempire di gioia.








2.

 

 







“Dunque la vostra azione sarà improntata sulla valorizzazione degli enti e delle organizzazioni indipendenti?”
Buffy annuì composta, accavallando le gambe.
“Crediamo che sia molto importante il contributo della società civile nell’amministrazione di una città vivace, multiculturale come Londra. Certamente l’autorità centrale deve coordinare le attività, ma noi siamo per un modello partecipativo, d’impegno condiviso.”
“Comprendo.” Disse il cronista, scrutando pensoso i fogli sulla sua scrivania. “La gente continua a chiedersi una cosa: che rapporto esiste tra la signorina Summers, aspirante sindaco riformista, e il mondo omosessuale?”
Buffy aggrottò la fronte, sorpresa.
“Beh … credo di essere più che aperta alle loro esigenze. Ho combattuto tanto su questo fronte e mi sono circondata di collaboratori omosessuali.”
“Dunque li ha scelti di proposito?”
“Per carità! Non sceglierei mai un assistente sulla base dell’orientamento sessuale! Evidentemente, però, non discriminerei mai nessuno secondo questo criterio. Io credo che la libertà del singolo vada rispettata in ogni caso.”
“Rupert Giles, che ha avuto un ruolo così importante nella sua formazione politica, ha ufficializzato più di una relazione omosessuale nel corso della sua carriera. Prima della sua morte è andato a convivere con William Shelby, per esempio. I suoi rapporti col signor Shelby non sembrano essere amichevoli.”
“I miei rapporti con William Shelby non riguardano i problemi politici della città né la discriminazione sessuale, che condanno e combatto. È una questione di natura molto personale e più che privata, che vorrei serbare per me. Ribadisco il mio impegno nella lotta al riconoscimento dei diritti civili, nel segno delle battaglie di Rupert Giles, che ammiro e amo ancora come un padre.”



“Ma che cazzo di domanda era?!” sbottò Buffy, camminando veloce per i corridoi che conducevano al suo studio. “L’avete visto, no?! Ha praticamente frugato nel mio armadio, chiedendomi una cosa che non c’entrava assolutamente nulla con la politica!”
Liam scosse il capo.
“La gente vuole conoscere ogni dettaglio della vita personale dei propri candidati, è un modo per proteggersi.”
“Bisognerebbe proteggersi dal nepotismo di Wilkins e dalla sua corruzione! Lui sì che insozza la vita pubblica con le sue vicende personali! Io non faccio discriminazione se non ho buoni rapporti con un singolo individuo!”
Nervosa, Buffy roteò gli occhi, sbuffando sonoramente.
“Quei capelli ti stanno malissimo.” interruppe una voce, vicina.
La candidata si voltò, sorpresa.
In fondo al corridoio, vestito con un elegante completo grigio e armato di ghigno da iena, Lindsey McDonald sorrideva.
“Sembrano quelli della mia ex quando non riusciva a fare la piastra.” Aggiunse ancora, divertito.
Buffy serrò gli occhi, immediatamente infastidita.
“Sei un hair stylist oltre che un incompetente?” domandò, serafica.
Lindsey ridacchiò.
Raggiunse Liam e gli strinse la mano, in segno di sfida. Tornò a studiare il volto di Buffy, piccola e fragile a pochi centimetri da lui.
“Sarò lieto di collaborare con te.”
“Io no. Avevo già un campaign manager prima di te e mi è dispiaciuto perderlo.”
“Non tutti riescono a reggere la pressione.” Fece lui, scontato. “Dovremo cominciare a lavorare, da ora.”
“Ora?” s’intromise Fred, lieve. “Stavamo andando a cena, è stata una giornata faticosa e Buffy non mangiato praticamente nulla.”
“Mangerà tra poco. Dobbiamo scambiarci i convenevoli.”
Buffy sospirò, stanca.
“Andate pure, vi raggiungo immediatamente col nuovo collega.”
“Vuoi che rimanga?” chiese Liam, per nulla entusiasta all’idea di lavorare con McDonald.
“No, stai tranquillo. Arrivo subito.”
Soli, Buffy e Lindsey si diressero allo studio della candidata.
L’uomo chiuse la porta e versò un bicchiere d’acqua a Buffy, che sprofondava esausta sulla poltrona.
“Hai sete?”
“Non hai potuto rimandare di un secondo il tuo prezioso meeting, vero?”
“No.” Disse lui. “Volevo parlarti in privato e un tavolo di trenta persone mi pare poco intimo.”
“Cosa c’è che non ti è chiaro? Il precedente manager ti ha indirizzato ogni documento, compresi quelli sul finanziamento e le ricerche d’opposizione.”
“Non mi fido delle considerazioni di un idiota che si fa da parte a due mesi e mezzo dal voto.”
Buffy chiuse gli occhi e prese un lungo respiro.
“Dimmi.”
“Non tutti sono in grado di reggere alla pressione.” Ripeté Lindsey, poggiando i palmi aperti sulla scrivania. Aveva mani forti, grandi e abbronzate. Al polso sinistro portava un bracciale d’argento ed uno etnico, particolare.
“Vuoi aggiungere un’altra ovvietà?” ribatté Buffy, sarcastica.
“Non tutti sono in grado di reggere. Liam O’Connor, soprattutto.”
Negli occhi della candidata si palesò una luce intensa, rabbiosa.
“Fammi capire cosa stai farneticando: sei appena arrivato e vuoi sbattere fuori uno dei miei collaboratori più fidati? A due mesi dal ventuno giugno?!”
“Non voglio sbattere fuori nessuno! Avessi cominciato a modo mio, lui sarebbe rimasto escluso. Coi suoi precedenti e tutto lo scandalo che lo ha travolto è un problema per la campagna ed è un problema per il partito.”
“Liam ha superato lo scandalo e la dipendenza a testa alta, cosa che quel verme di Travers non riuscirebbe a fare neanche in quindici di queste vite. Inoltre è un organizzatore efficiente, che lavora con dedizione e impegno. Io non lo licenzio.”
Lindsey tese le labbra.
“Non ci siamo capiti bene, io non sono l’avvocato difensore di Travers. Per quello che mi importa il vecchio può anche morire domattina, nessuno sentirebbe la sua mancanza e le strutture di partito si alleggerirebbero significativamente. Io ti metto dinnanzi ad un problema, ti apro gli occhi, Buffy:
cosa succederebbe se Liam crollasse ancora? Che ripercussioni ci sarebbero per te?”
Lei si morse le labbra, indignata.
“Come me, sai bene che per vincere ci vuole molto più dell’impegno. Ci vuole una fermezza ed una tenacia sovrumana, inflessibile.”
“Lui non cederà, e comunque non posso impostare il gruppo basandomi sulla preoccupazione di un’eventuale abbandono. Dovrei escludere tutti, me compresa.”
“L’abbandono di Liam non sarebbe eventuale, lui ha già precedenti.”
“Ed ora è cambiato, è un altro uomo.”
“Raccontatela, Summers!” sorrise Lindsey, compiaciuto. “Secondo me non hai smesso di corrergli dietro neanche un secondo, sei ancora la ragazzina innamorata che gli stringeva la mano ai convegni nazionali.”
“Non azzardarti mai più a parlarmi con un tono del genere e ad impicciarti dei miei affari personali.”
“Tutti si impicceranno dei tuoi affari personali: sei un personaggio pubblico, adesso.”
Buffy si tese in avanti, poco impressionata.
“Bene, e la comando io questa campagna. Liam è dentro, punto.”
“Come vuoi.” Concesse Lindsey, affascinato.
Nella semioscurità della stanza lo sguardo smeraldino di Buffy splendeva di ostinazione e carisma.

 

 

 



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Capitolo 3
*** 3 ~ 4 ***


Dunque, ecco il terzo e quarto capitolo della fic.
Entriamo subito nel vivo. ù_ù









3.







Il primo giorno di lavoro di Lindsey trascorreva lento e impegnativo. Il campaign manager aveva dovuto alzarsi alle sei del mattino per apportare le ultime modifiche ai testi proposti, rileggere la documentazione inviatagli, ultimare le strategie da presentare in ufficio. Buffy lo attendeva per le dieci, nel suo studio.
“I sondaggi di McNair ci danno in vantaggio di due punti percentuali, ma dubito che manterremo un tale distacco nel corso della campagna. Bisogna raddoppiare gli incontri pubblici, cercare di emanciparci dall’immagine della ragazzina coraggiosa che affronta il titano.”
Buffy alzò lo sguardo, incuriosita.
“Chiedo scusa: ragazzina coraggiosa?”
Lindsey si avvicinò alla scrivania colma di incartamenti.
“È una sfida alla Davide e Golia, la nostra. Considerato il momento storico e l’influenza politica ed economica di Wilkins su tutta città, noi siamo principianti che cercano di fare il colpo grosso.”
“Io non sono una principiante, faccio questo mestiere da quando avevo diciassette anni e conosco Londra molto meglio di Wilkins.”
“Probabilmente il precedente manager avrà pensato che la tua attitudine eroica e ribelle avrebbe invogliato gli elettori al consenso …”
“Di quale attitudine eroica parli?” domandò Buffy, al limite dalla sopportazione.
I discorsi da incomprensibile sbruffone di McDonald la infastidivano alquanto.
“Sei una piccola donna bionda che sfida un gigante.” Specificò Lindsey, gelido. “Non vorrai negare di avere meno appoggi di lui? Di chi si fidano i banchieri che gestiscono gli affari della city?”
La candidata si poggiò alla poltrona e prese un lungo respiro.
“Cosa vorresti fare, dunque? Fingere che siamo come loro? È necessario che l’elettorato ci creda diversi o non saremo niente.”
Il campaign manager tacque, riflessivo.
“Su questo punto posso concordare. Cosa ne faremo del tuo retaggio femminista?”
“Prego?!” la domanda, stavolta, era accompagnata da una risata incredula.
Lindsey la ricambiò.
“Sei stata un’attivista per i diritti delle donne …”
“E voglio continuare ad esserlo.”
“Intendi presentarti agli occhi della gente da simbolo femminile?”
“Io sono una donna.” Replicò Buffy, puntigliosa. “Non posso che presentarmi come … oddio, simbolo? Dovrebbero vedermi come tale e non sono sicura che lo farebbero, ma sono sicura di voler lottare per i diritti delle donne.”
“La parità dei sessi è raggiunta e praticata.”
“Non diciamo sciocchezze! Al di là della nostra piccola città, della nostra piccola nazione, c’è un mondo di donne sottostimate e prigioniere. Io credo che si debba lottare per dar loro il potere. Per il resto, voglio che la gente mi voti perché sono competente, perché risolvo i problemi e spendo poco nel farlo, non perché ho la vagina.”
Lindsey sorrise.
“Perché, cosa credevi che avrei detto?”
La conversazione venne interrotta da Angel.
“Scusate il disturbo.” Fece lui, adocchiando in malo modo il collega. “Prima del pranzo ci sarà l’ultimo aggiornamento statistico di Fred.”
“Sei un ottimo segretario.” Osservò Lindsey, sardonico.
Buffy lo fulminò con lo sguardo.
“Se cominci coi capricci da dodicenne mi toccherà punirti.” Avvertì, a metà tra il serio e il faceto. Raggiunse Liam poi, gli carezzò una spalla. “Senti, se per oggi non ci sono grandi novità puoi andare a riposarti.”
“Come?”
“Prendi il pomeriggio libero.” Spiegò, affettuosa. “Vai a dormire un po’.”
“Sei sveglia dalle cinque di questa mattina e mandi a dormire me?”
“Sono il candidato, devo rimanere ancora un po’, ma non c’è nulla da fare al momento e sarebbe bene che riprendessi le forze in vista di tempi più impegnativi.”
Liam esitò, incerto. Infine acconsentì.
“Riposa anche tu.”
“Lo farò.” Mormorò lei.
Si voltò, al fischio compiaciuto di Lindsey.
“Cinque di mattina!”
“Ecco, dimostro la mia superiorità femminile.”



A pomeriggio inoltrato bussarono alla porta, William si precipitò ad aprire, pulendo le mani sporche di gesso. La scultura commissionatagli qualche giorno prima cominciava a prendere forma.
“Stavi lavorando … ti ho disturbato!” esclamò Liam, confuso e in imbarazzo.
“Entra!” disse William, allegro. “Non mi disturbi affatto e lo sai! Avevamo detto che ci saremmo rivisti e tu devi ancora scusarti!”
Liam accennò un sorriso.
“Hai ragione.”
“Accomodati in soggiorno. Mi lavo le mani e ti preparo un tè.”



“E così hai fatto attrezzare un piccolo studio in villa …”
Sorseggiavano tè da qualche secondo. Liam si era scottato la lingua ed aveva preso a rimestare la bevanda con un cucchiaino metallico, studiando il volto in controluce di William.
“L’idea è stata di Rupert, ai tempi in cui scelse la casa. Voleva permettermi di lavorare senza dover per forza percorrere chilometri e chilometri ogni giorno. Io protestai all’inizio, mi è sempre piaciuto uscire e non sono mai stato un tipo sedentario. Solo in seguito ho potuto apprezzare …”
Liam chinò il capo, dispiaciuto.
“Non volevo farti pensare al passato.”
“Non preoccuparti, sto meglio. Inoltre è davvero comodo poter sbrigare le commissioni in casa: c’è la possibilità di fare subito una doccia!”
“Sono stupito del fatto che tu abbia scelto di rimanere qui e non tornare a Londra …”
“Oh, ma tornerò!” puntualizzò William. “Mi trasferirò a qualche settimana dal voto.”
“Intendi appoggiare Buffy sul serio.”
“Sì.”
“Sono felice di sentirlo. Lei … lei verrà un giorno. Verrà a prendere i libri che Giles le ha lasciato, verrà a parlare con te da amica. Un giorno diventerà tua amica, ne sono certo.”
William fece spallucce.
“Non la biasimo, sai? Il suo astio, il distacco che cerca di mantenere … per lei Rupert era come un padre e non è mai riuscita a comprendere le sue scelte, perché lui non ha saputo né potuto spiegare.”
“C’è stato l’incidente e …”
“Anche prima. Rupert non l’ha aiutata a comprendere, è cambiato improvvisamente, lasciandola sola. Non è il comportamento di Buffy quello che non capisco e non giustifico ... è l’atteggiamento della gente, che giudica senza conoscere, che mi condanna senza sapere quello che ho passato. C’è persino chi sostiene che Rupert sia morto a causa mia.”
“Come possono crederlo?!”
“Non lo so, ma è così. Sono stanco di dovermi giustificare, preferisco stare da solo.”
Liam non riuscì a replicare.
Provò ad avvicinare una mano a quella di William, ma si trattenne.
“L’ho fatto anche io, ti ho giudicato senza sapere. Perdonami per questo.”
“Cominci a scusarti già da ora?” scherzò lo scultore. “Ti perdono, Liam. So che non dipendeva da te …”
“Dipendeva da me, invece. Ho inveito anch’io contro Giles che comprometteva la sua posizione per un ragazzino sconosciuto, avrei dovuto tacere. Voglio che tu sappia, però, che non ti ho mai colpevolizzato per la sua morte e che i miei erano solo i deliri senza senso di un … alcolizzato. Tu l’hai sempre reso felice.”
William accettò le parole di conforto senza aggiungere nulla.
Si sporse a toccare Liam, lievemente, e lo sentì sussultare al contatto. Lo sentì trattenere il respiro. Si alzò dal divano, veloce.
“Ti mostro perché non sono tornato a Londra, vuoi?”
Liam annuì.
Seguì il padrone di casa sino alla terrazza che dava sul mare.
Spalancò gli occhi, meravigliato.
“È magnifico qui.”
“Praticamente è l’unico pezzo di costa non occupato da un porto. Bello, vero?”
“Sì. Sì.” Mormorò Liam, rapito.
William sorrise.







4.







Il pomeriggio trascorse in un vortice di telefonate e avvisi urgenti.
Buffy ritornò in ufficio intorno alle sette di sera, stordita da un lieve mal di testa e poco propensa alla conversazione. Fred, Willow e Liam erano andati via qualche ora prima, il corridoio principale era più silenzioso del solito.
Stanca, la candidata tolse le scarpe alte, chiuse le porte del suo studio ed accese lo stereo, sprofondando nella poltrona reclinabile. Fece per scartare uno snack dietetico al cioccolato, quando venne interrotta da Lindsey.
“Il convegno sta per cominciare. Ho concordato la durata del tuo intervento: non più di un’ora e senza interruzioni. Acconsentirai a rispondere a domande che non ci saranno e scenderai in platea a salutare personalmente i tuoi elettori; alle undici, undici e mezza tornerai a casa e andrai a dormire immediatamente. Appuntamento per domani, ore nove.”
Buffy sospirò.
“Altri due giorni e mi pianifichi l’intera esistenza ...”
“È il mio lavoro.” Mormorò il campaign manager, raggiungendo la poltrona libera accanto alle decoltè abbandonate da Buffy.
“Hai male alla schiena?”
“Un po’.” Ammise lei, sgranocchiando il suo snack.
“Dovrai apparire molto più riposata e bella, a nessuno piace la sciatteria. Intanto molla quello schifo e prendi un vero panino.”
Buffy protestò alla vista della sua cena che si allontanava. Stupita, si ritrovò tra le mani un sandwich al prosciutto, con pomodori, lattuga e olive.
“Devi mangiare cibo vero.” Ammonì Lindsey. “O ti vedremo crollare prima del ventuno giugno. Sei già troppo magra.”
“Non sono troppo magra e resisto più di quanto credi!” protestò lei, addentando il pane aromatizzato. Era buonissimo.
“Non lo metto in dubbio …”
“Stai facendo allusioni sessuali, per caso?”
Lindsey rise di gusto. Tacque.
Nel silenzio inconsueto della stanza riusciva a sentire il ronzio degli elicotteri nel cielo scuro di Londra, i rumori del traffico e le grida dei passanti. Su tutto, la voce calda e profonda di Nina Simone: Ain't Got No, I Got Life.
“Ti piace Nina Simone?” domandò, incuriosito.
“La adoro.” Rispose Buffy. “E adoro questa canzone.”
“Perché?”
“È bella, semplicemente. Io la trovo anche … adatta a me. Mi rivedo nelle parole del testo.”
“Tu possiedi tante cose, non sei certo sprovvista di beni.”
Buffy si versò dell’acqua con calcolata lentezza.
Alzò lo sguardo che era verde e intenso.
“Certo che no.” Disse, mordendosi le labbra.
Lindsey si tese verso di lei.
“E dunque?” insistette.
“Non posso spiegarti il motivo razionale per cui amo una canzone … diciamo che ti sarai trovato anche tu con le spalle al muro, nella vita.”
“Milioni di volte.”
“Allora comprenderai. In un’occasione mi è stato chiesto cosa mi fosse rimasto, cosa avessi conservato che nessuno mi avrebbe mai portato via: io ho capito.”
Senza premurarsi di offrire ulteriori spiegazioni, la candidata bevve l’acqua. Si rimise in piedi, aggiustò le pieghe del tailleur nero e indossò le scarpe costose.
Si voltò verso il collaboratore, sistemando con le dita lo chignon.
“Così ti piacciono i miei capelli?”



Quando salì sul palco la folla vociante la applaudì con energia. Lei sorrise, in un modo meraviglioso, e raggiunse il centro della piattaforma. A precederla, nell’introduzione al dibattito, due deputati anziani e prestigiosi. Molto alti.
Un tecnico dovette regolare il microfono e Buffy colse l’occasione per fare una battuta scherzosa sulla sua statura e sull’importanza dei tacchi per le donne moderne. Sistemato l’inconveniente, la candidata prese la parola e fu appassionata, coraggiosa, spietata.
Lindsey la fissò per tutto il tempo, in disparte, accanto ai tavoli del rinfresco, interessato a testare l’impatto della sua immagine sulla platea.
La statura minuta smetteva quasi di contare, così come la magrezza e la grazia femminile, fragile; al contrario Buffy comunicava la spinta al cambiamento, il potere, la forza luminosa del leader. Lindsey non poté trattenere un sorriso di soddisfazione.



Liam rientrò in casa dopo aver fatto la spesa.
Non cenava da solo da mesi e nel frigo erano rimasti solo un pacco di wrustel e una confezione di latte scaduto. Armato di cibo cinese, l’uomo si sedette sul divano e accese la televisione. Buffy aveva un convegno.
Mangiò in silenzio, lasciando scorrere le immagini del telegiornale. Chiuse gli occhi.
Gli sembrò quasi di risentire il profumo della salsedine, quello della pelle di William sporca di gesso e polvere. Sognò di tendersi verso di lui e attirarlo in un bacio.
Lunghissimo, pieno.






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Capitolo 4
*** 5 ***


 

 

5.






Nonostante i tacchi alti, Buffy fece in tempo a raggiungere l’ascensore in partenza. Liam la aiutò, bloccando le porte scorrevoli, facendole spazio.
“Ottima dormita ieri notte, vero?” domandò, scherzoso.
Buffy aggiustò lo chignon, in un gesto involontario che celava un certo imbarazzo.
“Ero ridotta così male?”
“No. Eri solo stanca, come me.”
“Dopo il convegno Lindsey mi ha costretta a rientrare in casa. Alle undici e mezza ero già in pigiama, pronta a raggiungere il mondo dei sogni. Ho riposato benissimo.”
Liam chinò il capo, pensoso, e Buffy si tese a studiare la sua espressione accigliata.
“Sei arrabbiato perché ho nominato Lindsey? Mi vuoi spiegare cosa c’è tra voi due? Sembrate cani da combattimento pronti a saltarvi addosso.”
“Lui non mi piace, ecco tutto. Lindsey è un coglione.”
La candidata tacque.
Scoppiò a ridere, di botto.
“Siete due dodicenni! E tu sei sempre loquace e dettagliato nelle spiegazioni!”
Liam piegò le labbra in una smorfia divertita. Invitò Buffy a precederlo nel corridoio che conduceva all’ufficio principale.
“E tu? Trascorso bene il pomeriggio libero?”
“Sì.”
“In casa? A sonnecchiare?”
Liam chiuse la porta alle sue spalle, circospetto.
“No.” Disse.
“Dunque?”
“Sono stato … a trovare William.”
“Ah.”
“Adesso sei tu quella arrabbiata …”
“Non sono arrabbiata. Solo che … non voglio parlare di lui, lo sai.”
Liam prese un respiro profondo e raggiunse la scrivania. Si sedette.
“Dovresti rivederlo.” Fece.
Buffy roteò gli occhi, infastidita.
“Se è per la storia dei libri, sappi che adesso non posso –“
“Non è per i libri. Voglio dire, prima o poi andrai a prenderli, giusto? Ma non è per quello. Dovresti provare a parlarci, ad avere un rapporto civile …”
“Io non ti chiedo di avere un rapporto civile con la gente che non sopporti.”
“Buffy, ascoltami, è come se lui fosse … il tuo ultimo parente.”
“Oh! Questa è veramente buona!”
“Dico sul serio. Giles era molto più che un maestro per te e William è stato il suo ultimo compagno, il suo erede. Non vorresti frequentare l’unica persona che ha ancora un ricordo dell’uomo che consideravi quasi un padre?”
La candidata ingoiò nervosismo e sensi di colpa. Lui insistette.
“Lo dico anche per te, perché ci pensi ancora e soffri. Credo che riusciresti ad affrontare questa sofferenza se parlassi con William.”
“Okay, lo farò. Prometto che lo raggiungerò al più presto. Per favore, adesso raggiungi Willow e aiutala. Mi chiama da stamattina, non sa come gestire Travers.”
“Ci vediamo più tardi.” Mormorò Liam, congedandosi.
Buffy si morse le labbra, trattenendo le lacrime che le offuscavano la vista.
“Piangi ancora per lui?” domandò Lindsey, entrando in ufficio armato di registri.
La candidata portò le braccia al petto, offesa.
“Hai dei documenti da mostrarmi?”
“Stai piangendo …”
“Non sono affari tuoi!”
Lindsey non rispose, lei si calmò in un attimo.
“Scusami.” Sussurrò. “Concentriamoci sul lavoro da sbrigare, forza.”
“Come vuoi.”
“Non piangevo … non piangevo per Liam.”
“Non hai bisogno di giustificarti con me.”
“Non sono più innamorata di lui, gli voglio solo bene.”
“Posso capirlo … cioè, in effetti no. Non capisco nemmeno cosa vedano le donne in lui: voglio dire,
è un coglione!”
Buffy ridacchiò, portandosi una mano alle labbra.
Lindsey la fissò intensamente, compiaciuto.
“Inoltre, qualche hanno fa, prima che cominciasse con la storia del pentimento e dell’autoflagellazione, era un politico migliore, più perspicace e carismatico.”
“Smettetela tutti quanti di dire queste stronzate! Voi non avete idea di quello che Liam era diventato a causa dell’alcool! Ora è un uomo migliore.”
“Se lo dici tu …”
“Aveva sbalzi continui di umore.” Raccontò lei, lucida. “Andava a dormire in un modo e si svegliava in un altro. Riusciva a disorientare la gente che gli stava intorno; non sapevamo mai se trovarci di fronte a Liam o al suo alter ego esaltato. Sapeva essere estremamente freddo, crudele … e la cosa peggiore sai qual era? Quando si riprendeva e tornava ad essere se stesso. Allora sprofondava in un senso di colpa lacerante, doloroso, e appariva così fragile, così vulnerabile … come si fa a dire che stava meglio, che era più capace? Era un mostro a due facce, praticamente.” Buffy serrò le labbra che sapevano di amarezze mai dimenticate. Chiuse gli occhi. “Oh, non so neanche perché ti racconto queste cose! Cosa puoi saperne tu?”
Lindsey scelse di tacere ancora una volta.
Allungò gli incartamenti che necessitavano di firma.



L’ennesima mattinata lavorativa si era conclusa e Liam aveva deciso di raggiungere William. Imbarazzato, aveva esitato appena dinnanzi all’ingresso della villa sul mare. Era stato lo sguardo luminoso di lui, che gli apriva sorridente, a cancellare ogni dubbio.



“ … E così mi ha chiesto di fare questa cosa … questa statua enorme del suo cane, che era così piccolo e insignificante.”
Liam rise, rimestando il tè.
Lui e William si erano seduti in soggiorno, come la volta precedente, ed avevano cominciato a parlare di episodi divertenti.
William aveva parlato, Liam trovava piacevole il solo ascolto.
“Pazzesco, davvero pazzesco! Cosa deve fare un povero scultore per lavorare! E tu, invece? Non mi racconti niente di buffo? Col mestiere che fai te ne saranno capitate di esperienze estreme.”
“Tutte cose ordinarie …”
“In politica?”
“Non mi viene in mente di niente di brillante, non sono bravo a raccontare le storie.”
William tacque, riflessivo.
Poggiò sul tavolo le tazze di tè e si alzò di scatto.
“Ti mostro lo studio.” Disse, avventurandosi nei corridoi della casa solitaria. “Sarebbe da allargare, da perfezionare … quando lo progettarono io non c’ero e non ho potuto apportare le modifiche necessarie ad un funzionamento ottimale.”
Liam alzò lo sguardo, meravigliato.
Lo studio, ampio e luminoso, era occupato da una grande forma di gesso grezzo.
“Cos’è? È bella.”
“È ancora tutta da realizzare, è la mia ultima commissione per conto di un centro di ricerca. Quando terminerò l’opera verrai a vederla, spero che ti piacerà.”
“Non ne dubito.”
William si voltò di scatto. Silenzioso, studiò l’espressione dell’ospite.
“Dimmi una cosa,” chiese, senza giri di parole. “Ai tempi del nostro primo incontro, io ti piacevo?”
Liam trattenne il fiato, sorpreso.
“Puoi anche non rispondermi, è solo una curiosità. Io ti piacevo?”
Lui continuò a tacere e William scosse il capo, sorridente.
“Scusami, non avrei dovuto. Sono troppo diretto a volte, non intendevo metterti in imbarazzo.”
“Sì.” Mormorò Liam, pianissimo.
“Come?”
“Sì.” Ripeté. “Mi piacevi molto, ma … era un periodo particolare ed io non mi accorgevo … no, non volevo accorgermi. Non volevo accettare.”
William annuì, senza aggiungere altro.
Fece per dirigersi in cucina, nuovamente.
“Ti disturba saperlo?”
“No, perché dovrebbe?”
“Io non vorrei che …” Liam fece spallucce. “Non vorrei rovinare la nostra amicizia. Se siamo amici, è sottinteso.”
“Siamo amici.”
“Davvero?”
“Sì.”
Liam sorrise. Strinse la mano di William.



 

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Capitolo 5
*** 6 ***



Sto postando molto, me ne rendo conto. Rischio di esagerare! XD Questa storia mi sta prendendo più di tanto mi aspettassi.

 

 



6.


 





La mattina era singolarmente fredda, ventosa. In piedi su un palco di fortuna, Buffy stringeva la sciarpa alla gola. Aveva bisogno di voce per parlare alla folla che si era riunita intorno a lei, alle porte di un popolare mercatino pubblico di Londra.
In linea con lo spirito alternativo della sua campagna, Lindsey aveva allestito l’incontro a sorpresa, culminato in un comizio.
“Quello che intendo offrirvi non è semplice appoggio politico.” Scandì la candidata, puntando lo sguardo in direzione degli interlocutori. Lentamente scrutò gli sconosciuti, mantenendo concentrazione e fermezza. “Quello che intendo offrirvi è ciò di cui avete veramente bisogno: il potere. Avete bisogno di poter scegliere, di poter prendere decisioni in autonomia e portarle avanti con le vostre energie e col supporto dell’amministrazione centrale. Quello che Wilkins ha fatto nei suoi quattro anni di mandato è stato indebolire la società civile, renderla dipendente dagli apparati della politica. Io voglio porre un freno a questa condizione.”
All’ennesimo applauso, Buffy sorrise.
Domandò aiuto e scese sul palco.
“Sei stata brava.” Sussurrò Lindsey, immediatamente vicino.
Xander confermò con un cenno soddisfatto.
“Grazie.” Fece lei, raggiungendo l’auto che la attendeva.
Una volta a bordo, fece spazio al campaign manager.
“Sono una Davide molto infreddolita adesso. Stiamo andando a pranzo, giusto?”
“Certo che sì. Sei stata veramente brava.” Ripeté Lindsey.
Buffy aggrottò la fronte, lusingata e sorpresa.
“Lo dici come se fosse una cosa straordinaria. Ti ho spiegato che è il mio mestiere, che lo faccio da quando ero una ragazzina, e tu continui a guardarmi come se fossi un’improvvisata dotata di grande fortuna.”
“Non penso questo. Il fatto è che ho lavorato con uomini potenti che, nella pratica, si lasciavano prendere per mano dai loro manager. Tu sei indipendente, forte, capace. Potresti anche fare a meno di me.”
“Questo è sicuro.” Scherzò lei.
Lindsey le lanciò un’occhiata tagliente, indecifrabile.



“Passami il pepe.” Domandò William, porgendo il palmo aperto a Liam che lo aiutava.
L’amico era venuto a trovarlo ancora un volta e lui aveva deciso di invitarlo a pranzo.
Non gli succedeva da anni, ormai, di cucinare per qualcuno. Era bello.
“Ti piace nell’insalata?” chiese ancora, indaffarato.
Liam fece spallucce.
“Non troppo, però.”
William sorrise. Terminò di condire l’insalata ed estrasse dal forno le verdure cotte con carne. Raggiunse il frigo e fece per prendere del vino, quando si bloccò di scatto.
“Scusami! Ho quasi dimenticato.”
“Non fa niente.” Sussurrò Liam, gentile. “Puoi prenderlo per te, se vuoi.”
“E tu mi guarderesti bere vino senza poterlo assaggiare?”
“Non è un problema, davvero. Ceno tutti i giorni con un gruppo di politici e assistenti che consumano alcolici a tavola, non potrei imporre loro il mio regime contenuto.”
William esitò ancora. Infine scelse una bottiglia di bianco.
“Qualcosa per te? Aranciata, coca-cola?”
“L’acqua minerale andrà benissimo, grazie.”
Si sedettero in soggiorno, pranzarono tranquilli.
“Non volevo metterti in imbarazzo.” Fece William, d’un tratto.
Liam alzò lo sguardo.
“Come?”
“Quando ti ho chiesto se ti piacevo … non era per metterti in imbarazzo. Sono contento che tu sia qui, sono contento che siamo amici. Da quando Rupert è morto … no, lascia stare …”
“Puoi parlarmi di lui, se vuoi.”
“Non voglio, davvero.”
Liam annuì. Pulì le labbra sporche di salsa e si alzò da tavola a pasto concluso.
Aiutò William a caricare la lavastoviglie; lo lasciò solo, impegnato in una telefonata, e lo raggiunse dopo, quando era poggiato alla parete dinnanzi alla portafinestra che dava sul mare. Gli sfiorò una spalla. Lasciò cadere la mano, immediatamente.
“Sai a cosa penso in questi giorni?”
“No. Dimmi.”
“Penso che sia stata una fortuna averti ignorato al nostro primo incontro.”
William si voltò, stupito.
Liam scosse il capo.
“Non fraintendermi, io non – Sono contento di aver mantenuto una certa distanza nei tuoi confronti, perché allora ero diverso. Ero instabile e fottuto dall’alcool. Ho fatto soffrire tutti quelli che conoscevo, ho fatto soffrire Buffy, che mi amava, e ancora sto male al pensiero di quello che lei ha dovuto passare per causa mia. Fossi stato un uomo migliore, mi sarei allontanato immediatamente, ma non ne avevo la forza. Avevo bisogno di lei, anche se non potevo offrirle nulla. Per questo sono contento di non aver ferito anche te, almeno te.”
William non disse nulla.
“Tu eri così preso da Giles, eri saggio.”
“Ero solo innamorato.”
“Ed è stato meglio così. Hai potuto sperimentare la gioia dell’amore. Io non l’ho mai provata.”
“Neanche con Buffy?”
“Lei è stata la mia ancora di salvezza, ma non c’è stato che dolore e tristezza. Fossi stato più forte –“
“Non lo dire.”
“Cosa?”
“Non provare a riscrivere il passato. Io l’ho fatto tante volte ed ho capito quanto è sbagliato e inutile. Non potremo mai cambiare ciò che è successo.”
“Lo so, solo che non posso impedirmi di pensarci. Di pensare a come –“
William si tese in avanti, d’istinto. Baciò le labbra di Liam con lentezza, con dolcezza, lasciandosi guidare da lui che gli carezzava la schiena esitante, quasi spaventato all’idea di stringerlo davvero. Chiuse gli occhi, gemendo.
Tornò in sé al suono del campanello. Si fece da parte e raggiunse l’ingresso.
Buffy era venuta a trovarlo.
Senza parole la fece accomodare in soggiorno, l’aiutò a togliere la giacca.
“Non ti aspettavo …”
“Neanche io pensavo di venire.”
“Entra, fai come se fossi a casa tua. Vado a prenderti da bere.”
Lei si strinse le braccia, infreddolita.
“Sei qui.” Mormorò sorridente, a Liam che la guardava.
Lui aveva un’espressione strana, spaurita.
“Non pensavo di trovarti.”
“Sono contento che tu sia venuta. Vado via, vi lascio parlare in pace.”
“Non devi …”
“Ti sbagli, invece. Ci vediamo più tardi, in ufficio.”
William era tornato con il tè.
Liam gli riservò un saluto nervoso, imbarazzato. Uscì di corsa.
“Avete … avete pranzato insieme?” domandò Buffy, desiderosa di spezzare il tremendo silenzio che era sceso nella stanza. “Non immaginavo … io ho pensato di venire, ecco. Non ci sono ragioni particolari, non posso neanche prendere i libri.”
William poggiò il tè sul tavolino e si sedette.
“Va bene lo stesso, prima o poi lo farai.”
Buffy rimase in piedi, agitata.
“È la campagna elettorale!” farfugliò, a corto di giustificazioni. “Non ho tempo da dedicare a me stessa, non posso organizzare un trasporto …”
“Non preoccuparti, capisco perfettamente. Ho tenuto i libri per tre anni, posso tenerli ancora qualche mese, non credi?”
Lei si sedette immediatamente.
Prese un respiro, volgendo lo sguardo al mare impetuoso oltre le finestre.

 



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Capitolo 6
*** 7 ***


E anche questo è sfornato. ^^
Colgo l'occasione per augurare a tutti una felicissima, allegra Pasqua. Auguri!

 

 

 

 7.







Buffy spese lunghi minuti a studiare il soggiorno di casa Shelby.
L’ultima volta che vi aveva messo piede – per litigare con Giles di persona, senza l’impiccio di uno stupido cellulare guasto – i mobili erano diversi, più scuri, signorili. Accanto al tavolo c’era un vaso enorme, in ceramica, riempito di rametti secchi e viole; la chitarra acustica non giaceva in un angolo abbandonato, ma era poggiata sul divano, tra le coperte in disordine e i cuscini. Sulla parete c’era un ritratto a matita di William.
“Ti piace il nuovo arredamento?”
“No.” Rispose lei, lapidaria.
Si voltò a guardare l’interlocutore.
“Non è male.” Precisò, atona.
“Ma non ti piace.”
“È solo così … sembra l’arredamento di una camera d’albergo, è vacanziero.” Spiegò, giocherellando con l’orologio. “Sai cosa sembriamo noi, invece?”
“Cosa?”
“Una coppia di idioti. La ragazzina che incontra il compagno di suo …” Buffy tacque, mordendosi le labbra. “Peccato che tu sia inadatto ad interpretare il ruolo.”
“Perché sono un uomo?”
“Oh Cristo, la volete finire con la storia dell’omofobia?! Quando mai sono stata omofoba? La mia migliore amica è gay e il mio ex fidanzato si è accorto di preferire gli uomini, dopo la terapia di supporto! Fossi per davvero omofoba avrei chiuso con entrambi!” esclamò lei, esasperata. “Sei più giovane di me.” Tagliò corto. “Sei più giovane di me, di due anni.”
William non riuscì a replicare.
“E tutto questo è inutile, stiamo perdendo tempo che non abbiamo. Da quando è cominciata la campagna elettorale, non ho avuto neanche un istante di tregua e immagino che anche tu abbia del lavoro da fare. Devo chiamare Lindsey …”
“Mi dispiace che la campagna ti impegni tanto.”
“Per favore, non comportarti come se te ne importasse qualcosa.” Ammonì lei, estraendo il cellulare dalla borsa. Per il nervosismo non riusciva quasi ad aprirlo.
William allargò le braccia, disperato.
“Perché rendi tutto più difficile? Sto solo cercando di parlare con te!”
“Perché cerchi di parlare con me? Cosa siamo noi due?! Vecchi amici, parenti?”
La candidata si rialzò fece per dirigersi alla porta.
Furiosa, si voltò in direzione di William che la guardava ansioso.
“Io non capisco!” esclamò. “Quale sarà stata la tua grande tragedia? Tre anni insieme, tre anni di solitudine: i conti tornano, puoi smettere di soffrire! Tu non sei stato speciale! Sei stato solo l’ultimo! L’ultimo con cui ha vissuto, il più giovane, il più fragile. Giles ha voluto lasciarti qualcosa perché non ti sentissi solo … cosa credi che ci sia stato di tanto irripetibile nella vostra relazione?! Cosa?”
Finita la tirata, Buffy dovette poggiarsi alla parete.
Le tremavano le mani e pativa un forte senso di vertigine.
William la raggiunse per aiutarla, ma lei lo allontanò immediatamente.
“Allora ha fallito.”
“Cosa?”
“Rupert ha fallito.” Ripeté William, con un sorriso colmo di dolore e rimpianto. “Mi sento solo lo stesso.”
Con calma si diresse in cucina, riempì un bicchiere d’acqua e lo bevve lentamente, nel tentativo di scacciare la commozione che gli serrava la gola.
Buffy lo seguì senza esitazioni, rimanendo ad un passo da lui.
“Cosa dici?”
“Passerotto, perché avrei dovuto inviarti quella donazione? Coi soldi di Rupert ho cercato di stabilire un contatto umano, ma non ci sono riuscito. Non è servito a niente.”
“Il problema non sei tu, sono io.”
Lui si voltò d’impulso, divertito.
“Vuoi scaricarmi veramente, se dici queste frasi fatte.”
“Perché vuoi stabilire un contatto proprio con me?”
“Perché non dovrei volere?”
“Rispondi a quello che ti ho chiesto.”
William scosse il capo, in un gesto casuale.
“Ricordo l’ultima volta che hai messo piede in questa casa, quando litigasti con Rupert. Sei entrata di corsa dal cancello esterno, sbattendo le porte, fregandotene altamente del casino che stavi combinando. Eri incazzata come una iena, volevi parlare con lui ed io non potevo fermarti …”
“Cosa c’entra questo?”
“Mi sembrasti così forte in quel momento, così determinata. Lui ti aveva ferita, ma tu non volevi arrenderti; volevi farlo riflettere, fargli aprire gli occhi sulla pazzia che stava commettendo … Mi è capitato di ripensare a quel momento e avrei voluto … ho immaginato come sarebbe stato essere difeso da te. Oh sì, sono proprio una checca disperata per desiderare la protezione di una donna.”
Buffy tacque, impressionata.
“Non voglio importi il mio dolore.” Aggiunse lui, controllato. “Puoi andare via. Non mi sopporti e sarebbe stupido continuare a fingere il contrario.”
“Io non –“
“Come?”
“Niente. Vado via.”
Lei esitò. Si voltò nuovamente.
“Ricordo che avevate … ricordo che tu avevi portato delle coperte qui. Di tua madre, mi pare.”
“Sì, quelle che faceva a mano.”
“Mi sono sempre chiesta … a volte chiudevo gli occhi e ti immaginavo dormire sul divano, come un estraneo. Era la mia punizione mentale nei tuoi confronti.”
William aggrottò la fronte, incuriosito, e inarcò il sopracciglio sinistro.
Rise.
“Non mi sopportavi affatto, eh?”
“È una cosa infantile, lo so.” Scherzò lei. “Ho pensato a te.” Rivelò, tornando seria. “In questi giorni, dopo la donazione … ho pensato a questa casa, al passato. Mi ero ripromessa che, quando sarei venuta a trovarti, sarei riuscita a chiudere la faccenda una volta per tutte, con educazione e fermezza, ma adesso mi tremano le mani ed ho voglia di piangere.”
“Buffy …”
“Ma non lo farò, non preoccuparti. Ho un appuntamento tra un’ora e non posso lasciarmi andare all’autocommiserazione. Verrò a trovarti un’altra volta, quando sarò tranquilla.”
“Allora non verrai a trovarmi più.”
Buffy sorrise, imbarazzata.
“Verrò a prendere anche i libri.”
“Non c’è fretta.”
“Voglio … voglio avere un rapporto civile con te, e voglio parlare di Giles, perché non c’è nessun altro con cui potrei farlo. Perché lui ti amava.”
William tacque, colpito.
“Ora devo proprio andare.” Mormorò la candidata, congedandosi.
Raggiunse il corridoio e rimise la giacca, salutò William con una stretta di mano. Ad aspettarla, all’uscita, Lindsey.



“Questa villa apparteneva al tuo mentore scomparso?” domandò il campaign manager, poggiato sulla fiancata della sua auto.
Buffy scosse il capo e salì a bordo senza rispondere.
“Non vuoi parlarne …” Fece lui, con un sospiro rassegnato.
Veloce, mise in moto. Per il caldo tolse la giacca, rimanendo in maniche di camicia.
La candidata riuscì a scorgere un tatuaggio sul suo avambraccio destro: un simbolo giapponese, elegante e incomprensibile.
“Sì, apparteneva a lui.” Sospirò, dopo qualche minuto di silenzio.
Lindsey annuì, accese il radiogiornale.
“Ci informano degli ultimi sviluppi della campagna di Wilkins. Il nostro avversario ha scelto di schierare in campo Warren Mears, l’esperto di comunicazione politica. Ci saranno delle belle sorprese.”
“Odio le sorprese.” Sussurrò Buffy, chiudendo gli occhi.
Per un attimo la stanchezza aveva preso il sopravvento, assieme al sonno e al languore. Il sole al tramonto risultava piacevole sulle palpebre chiuse e il profumo di Lindsey avvolgeva l’abitacolo, sensuale, deciso.

 

 

 



 

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Capitolo 7
*** 8 ***




 

 

8.







Bloccati in un ascensore pieno, Buffy e Liam attendevano di arrivare ai loro uffici, all’ultimo piano dell’edificio affittato dal partito. La candidata mangiava del gelato coi croccantini, rumorosamente, per ingannare l’attesa.
“Potreste uscire assieme.” Mormorò, dopo una lunga riflessione silenziosa.
Liam si voltò stranito.
“Chi? A cosa ti riferisci?”
“A te e William, potreste uscire assieme.” Spiegò lei, serafica.
L’amico le indirizzò uno sguardo sconcertato.
“Cosa stai dicendo?”
“Oh niente, un pensiero che mi è venuto … ahi, mi fanno male le gengive! C’è ancora troppo freddo per prendere il gelato!”
“Potresti, per favore, non cambiare discorso?”
“Non sto cambiando discorso, il mio è un flusso di coscienza! In ogni caso, pensavo proprio che potreste cominciare a frequentarvi, tu e lui: siete entrambi single, avete le stesse preferenze sessuali …”
Liam arrossì vistosamente e si portò una mano al volto.
“Vuoi parlare piano? Ti sentono tutti!”
“Scusami! Dicevo soltanto che –“
“Non è che se due uomini sono omosessuali allora si accoppiano automaticamente, lo sai! E poi tu detestavi William!”
Le porte dell’ascensore si aprirono, Liam e Buffy uscirono nel corridoio.
“… Tu detestavi William!” esclamò lui, più forte e sicuro.
Buffy roteò gli occhi e raggiunse un cestino della spazzatura, per gettare la vaschetta vuota.
“Sei la donna più incoerente che conosca! La tua capacità di saltare di palo in frasca mi sorprende sempre!”
“Ehi, non te la prendere! Stavo semplicemente lasciando spazio all’immaginazione.”
“Non farlo più, Virginia. E adesso scusami, devo andare.”
La candidata aggrottò la fronte, Xander la raggiunse.
“Che ha Liam stamattina?”
“Non saprei. Hai, per caso, dei centesimi da prestare? Ho voglia di cioccolata calda.”



Liam raggiunse William intorno alle cinque del pomeriggio.
Lui stava lavorando alla nuova creazione commissionatagli, ma lo accolse con gentilezza e lo fece accomodare nel salone principale, mentre si rinfrescava. Liam lo attese in silenzio.
“Eccomi, perdonami se ti ho fatto aspettare!” esclamò William, con un asciugamano umido tra le mani.
“Non preoccuparti, non … non preoccuparti.”
Lo scultore posò l’asciugamano, lentamente, affilando lo sguardo chiaro.
“Posso offrirti qualcosa?” chiese, cordiale.
“Sto bene così.”
“Credevo che non saresti venuto, sai?”
Liam deglutì, soffocando un moto di tensione. Si mosse sul divano e aggiustò l’orologio da polso, inutilmente.
“Perché?” domandò.
William sorrise.
“Sei praticamente fuggito dopo il bacio.” Spiegò, allontanandosi in cucina.
Liam gli fu dietro immediatamente.
“Non sono fuggito!”
“Non mettiamoci in imbarazzo a vicenda, Liam. Ti sei sentito a disagio e sei corso via, per questa ragione immaginavo che non saresti più tornato, perché forse non avresti voluto rivedermi dopo quello che era successo.”
“Non è vero. Io voglio rivederti … voglio vederti sempre, ma –“
“Ma non sai come gestire la nostra amicizia, vero?”
Liam fece spallucce e chinò il capo, sconfitto.
William lo raggiunse, gli prese una mano.
“Sono così felice quando vieni a trovarmi …”
“Davvero?”
“Sì, ti sembra incredibile?”
Liam scosse il capo. Prese il voltò di William e lo carezzò, pieno di tenerezza, come un amante.
“Non so come gestire quello che sento per te.” Confessò, a mezza voce. “Non sono mai stato bravo coi sentimenti, per tanto tempo li ho repressi e basta, ho represso me stesso, ed ora … ho paura di sbagliare tutto e allontanarti per sempre. Non potrei sopportarlo un’altra volta.”
“Un’altra volta?”
“Sì … quando stavi con Giles … credo di aver provato qualcosa per te sin dal primo momento in cui ti ho visto, solo che la situazione era complicata ed io ero talmente impegnato a stordirmi da non sentire niente, in fondo.”
“Non sapevo … non pensavo …”
Liam si morse le labbra, colpevole.
“Mi dispiace,” disse. “Vorrai mandarmi via adesso.”
“Perché dovrei?”
“Perché non … perché tu amavi Giles.”
“Sì.”
“E non pensavi a me.”
“No.” Ammise William, onesto.
Liam arretrò di un passo, ma lui lo bloccò.
“Posso pensarti ora. Posso essere tuo amico oppure …”
“Oppure?”
William non terminò la frase.
Chiuse gli occhi e attirò a sé Liam, per baciarlo.



Seduta alla scrivania, sola e impegnata a leggere fascicoli, Buffy percepiva una vibrazione continua provenire dal piano di sotto. Dopo i primi tentativi di ignorarla, la candidata decise di alzarsi, rimettere le scarpe e prendere l’ascensore. Il sesto piano era un caos di luci e musica, gli impiegati davano una festa a sorpresa.
Buffy riusciva a scorgere il profilo di Willow, impegnata a conversare, e la figura slanciata di Fred, che si muoveva nell’improvvisata pista da ballo.
“Cosa sta succedendo?” domandò, incerta.
Lindsey la raggiunse.
“Cosa sta succedendo?” chiese ancora, rivolta al campaign manager. “Chi ha dato questa festa? Non sapete che dobbiamo lavorare?”
“Non stasera.”
Buffy sbuffò, contrariata.
“Manca pochissimo tempo, c’è ancora tanto da organizzare e –“
“Bisogna riposarsi, quando è necessario. E poi … andiamo, lo so che adori ballare!”
“Hai organizzato tu il party?”
“E se anche fosse? Mi bacchetteresti sulle mani perché non mi sono consultato prima con te?”
La candidata non rispose. Prese un respiro, guardandosi intorno.
Inutile rovinare il divertimento a tutto lo staff, era alquanto improbabile che sarebbero tornati alle loro scrivanie.
“Allora, mi concedi questo ballo?”
“Cosa?”
Lindsey sorrise, malizioso e divertito.
Offrì la mano a Buffy e le sussurrò a bassa voce, nell’incavo del collo.
“Mi concedi un ballo?”
Lei quasi rabbrividì.
“Sì.” Disse, lasciandosi guidare sino al centro della stanza.
In un attimo la musica da discoteca aveva lasciato spazio ad un lento sensuale, raffinato: I put a spell on you.
Buffy si portò i capelli dietro le orecchie, imbarazzata.
“Dio, era così scontato …”
“Non ti tirerai indietro adesso?”
“Io non mi tiro mai indietro.”
Lindsey assunse l’espressione compiaciuta di un gatto pigro.
Attirò Buffy al torace e lasciò scorrere le braccia sulla sua schiena.
“È anche la tua cantante preferita, Nina Simone.” Sussurrò.
“Il che mi fa pensare che hai organizzato tutto, come un ragno in agguato.”
“Sono un ragno in agguato?” rise lui.
“Può darsi.”
“E non ti spaventa neanche un po’?”
“Per carità, sono altre le cose spaventose!” esclamò lei, muovendosi con grazia.
Lo chignon che amava portare si era sciolto appena, lasciando cadere le ciocche di capelli biondi sulle spalle. In un istante l’espressione di Lindsey cambiò.
Buffy sorrise nell’ombra della stanza affollata.

 

 

 

 

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Capitolo 8
*** 9 ***


 






9.






Il sole tramontava e William dedicava un po’ di tempo a se stesso, impegnandosi nella preparazione della cena. Da sempre, cucinare lo aiutava a rilassarsi.
Suonarono alla porta e lo scultore dovette abbandonare la zuppa appena messa a bollire.
Ad attenderlo, sul vialetto, c’era Buffy.
“Ciao.” Sussurrò lei, esitante e guardinga.
William non poté frenare un sorriso di gioia nel vederla.
“Ciao.” Rispose, invitandola ad entrare. “Sono contento che tu sia venuta. Posa la giacca dove vuoi. Ero in cucina, stavo preparando qualcosa per stasera.”
“C’è un buon odore, in effetti.” Constatò la candidata, guardandosi intorno incuriosita.
“Ti ringrazio. Raggiungimi mentre termino, come procede la campagna?”
Buffy sospirò, poggiandosi al frigorifero chiuso.
“Procede.”
“Nient’altro da aggiungere?”
“Oh … in realtà è molto complicato da spiegare. Wilkins ha assunto un nuovo addetto alla comunicazione, Warren Maers, e il ragazzo sta cominciando a dare problemi, ma non è nulla di ingestibile, credo. È il periodo ad essere confuso.”
“Perché?”
“Perché il ventuno giugno si avvicina e gli indecisi si schierano, la gente cambia idea, e c’è sempre la possibilità di un colpo di scena che stravolga tutto. Detesto i conti alla rovescia!”
“Ma sei bravissima nell’affrontarli.”
Buffy aggrottò la fronte, stupita.
William scosse il capo.
“Scusami, questa è una cosa che diceva sempre Rupert, riguardo a te. Diceva che eri molto brava nel condurre il lavoro nei momenti cruciali.”
“Diceva questo?”
“Sì. Lui … ammirava il tuo autocontrollo, la tua resistenza. Non lo sapevi?”
“No, sì … sapevo che mi stimasse e … non sapevo che ti parlasse di me.”
“Era inevitabile, non trovi?” sorrise lo scultore, assaggiando un po’ di zuppa. “Tu eri come una figlia per lui ed io …”
“Non ti dava fastidio?”
“Perché avrebbe dovuto? Avrei solo voluto … essere oggetto di conversazione anch’io, ecco.”
Buffy non replicò.
Si avvicinò lentamente, attratta dalla cena sul fuoco. Si morse le labbra, frenando il languore improvviso. In un istante ricordò di non aver pranzato, sentiva lo stomaco stretto in una morsa, ma non avrebbe ceduto alle lusinghe della tavola di William.
“Vuoi favorire?” domandò lui, ottimo osservatore.
Testarda, Buffy scosse il capo. William raggiunse la credenza e cominciò ad affettare del pane tostato e dell’insalata di pomodoro a cubetti.
“Cosa stai facendo?”
“Le bruschette, passerotto. La metti un po’ di musica, per favore? Il comando dello stereo è accanto a te.”
Buffy s’imbronciò, irritata dal tono confidenziale del padrone di casa.
Accese lo stereo.
“Wow, ascolti i Ramones!” si limitò a dire, scorrendo i brani della lista scelta.
“Sì, fammi almeno sentire una canzone!”
“Non ascolterò i Ramones mentre prepari bruschette e zuppa!” protestò lei, insindacabile.
Cambiò qualche brano, in modalità casuale, e il punk rock venne sostituito dalla melodia dolce, malinconica di Chopin.
“Il preludio numero quindici …” mormorò.
“Ti piace?”
Buffy sorrise, mettendosi a sedere sul ripiano accanto ai fornelli, incurante.
“È una lunga storia.”
“Vuoi raccontarmela?”
“Come preferisci. Avevo diciannove anni … avevo diciannove anni e c’era questo saggio di pattinaggio artistico molto importante ed emozionante, per me.”
“Pattinavi?”
“Sì.” Rispose lei. “Sì, era il mio sport preferito, la mia passione. Lo praticavo quando potevo e mi sentivo così bene sulla pista, non credo di essermi sentita mai tanto bene come quando stavo sul ghiaccio …”
William alzò lo sguardo, silenzioso.
“Era una gara importante e mi ero allenata duramente per affrontarla. Una parte di me sperava anche di vincere, sebbene fosse difficilissimo. C’erano atlete molto più dotate, professioniste, ma tanto valeva provare. Fu bellissimo. Il brano che mi assegnarono fu proprio il preludio di Chopin e vennero a vedermi tutti …”
“Chi?”
“Xander e Willow, mia madre, Liam, il signor Giles …”
“Venne a vederti anche lui?”
“Sì! Fu buffo, in effetti. Mia madre era impegnata in galleria e, sino all’ultimo momento, non sapeva se avrebbe potuto raggiungermi; mio padre era troppo occupato a scopare con la segretaria di turno, Brittany, Bridget o quello che era, e figuriamoci se l’avrebbe mollata per venirmi a vedere! Alla fine venne Giles, per primo assieme a Willow e Xander, e si sedette proprio dinnanzi alla pista, negli spalti centrali. Fui così contenta di vederlo. Quella sera fu una delle più belle della mia vita.”
Buffy sorrideva, luminosa, nostalgica.
William ricambiò in un moto d’affetto incontenibile.



Liam gemeva piano, tra i baci pieni, lussuriosi che William gli donava.
Steso sul divano del soggiorno, il capo poggiato tra i cuscini morbidi, le braccia strette attorno alla vita dell’uomo su di lui, Liam tremava di piacere ed esasperazione.
William non gli concedeva alcuna tregua, stuzzicandolo e lasciandolo insoddisfatto. Mai aveva provato un desiderio tanto intenso per qualcuno, mai si era sentito così inerme e vinto. William avrebbe potuto continuare a torturarlo per anni e lui si sarebbe concesso comunque, inevitabilmente.
“Will … William … devo alzarmi …”
La vibrazione del cellulare non mentiva, l’organizzatore era atteso dai colleghi.
“Sì, scusami.”
Veloce, William si staccò dalle sue labbra, prendendo posto sul divano, recuperando compostezza. Gli occhi ridenti, però, tradivano una gioiosa soddisfazione.
“Pronto? Sì, sì …”
Liam dovette alzarsi, ché le dita dello scultore sfioravano le sue in un invito decisamente allettante.
Terminò la chiamata e, nervoso, si voltò verso William.
“Mi dispiace, devo andare.” Disse.
“Non preoccuparti, capisco.”
“Io … hanno convocato una riunione dello staff e sono atteso. Londra è lontana e ci vorrà un po’ di tempo prima di raggiungere gli altri, ma devo essere presente.”
“Capisco davvero. Mi dispiace solo che tu debba fare tanta strada a quest’ora …”
“Che dici? È solo un’ora e mezza, arriverò prima delle undici.”
William sorrise. Accompagnò l’ospite alla porta, gentile.
“Sai, non ti ho detto che … non ti ho detto che è venuta Buffy, oggi pomeriggio, prima del tuo inaspettato arrivo.”
L’organizzatore scosse il capo, imbarazzato.
Appena entrato in casa di William si era lasciato andare ai baci, come un adolescente eccitato; non avrebbe dovuto andare tanto di fretta.
“Ti racconterò del nostro incontro, la prossima volta che verrai.”
“Sì, la prossima volta.”
Liam si congedò definitivamente.
Incerto se dare un bacio a William, gli strinse la mano, formale.
Lo scultore rise. Lui annuì e gli baciò la guancia, languido.

 

 

 

 

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Capitolo 9
*** 10 ***




 



10.








La sala riunioni era colma di gente.
Buffy si era seduta su una poltrona, in disparte, mentre Lindsey descriveva gli ultimi correttivi apportati alla campagna d’immagine, le novità sul fronte delle statistiche, le azioni intraprese da Wilkins su consiglio di Maers.
L’avversario aveva inasprito i toni, con una serie di interviste giornalistiche e dichiarazioni rilasciate a mezzo stampa. A schierarsi con lui, seppure non apertamente, ci aveva pensato un noto quotidiano londinese che aveva pubblicato un articolo di critica feroce contro Buffy Summers.
“… Non dobbiamo smettere di puntare al nostro obiettivo: l’elettorato ancora indeciso. È a questa parte di cittadini che si rivolge la campagna di Maers e sono queste le persone che dovremo portare dalla nostra parte!” esclamò Lindsey, affaticato ma energico. “Sapete tutti cosa fare, ci aggiorniamo domani.”
I membri dello staff si diressero all’uscita. Xander era rimasto ad applaudire il bel discorso motivazionale, Buffy aveva chiuso gli occhi.
“Non concordi con quello che ho appena detto?” domandò Lindsey, una volta solo con la candidata.
Lei si voltò, distratta.
“Cosa?”
“Non hai ascoltato neanche una parola, non è così?”
“Stavo pensando all’editoriale del Thames, quello scritto dall’osservatrice politica.”
“Ah.”
“Una cosa odio più degli uomini fascisti: le donne fasciste. Io non voglio rispondere a quest’idiota!”
“Silenzio stampa, allora.”
“… Solo che mi manda in bestia! Le falsità che dice, i giudizi che spara! Dio, vorrei poter prenderla a pugni e risolvere la situazione una volta per tutte!”
Lindsey rise.
“I pugni non sono per niente fascisti.” Ironizzò. Per tutta risposta Buffy s’imbronciò. “Andiamo, non ti arrabbiare con me.”
“Non sono arrabbiata!” mentì lei, alzandosi di scatto.
Attenta, sistemò le pieghe del tailleur nero, facendo particolare attenzione alla gonna. Quando si voltò, il campaign manager aveva uno sguardo molto particolare, profondo.
“Che c’è?” domandò Buffy.
Sapeva riconoscere lo sguardo di un uomo attratto da lei, tuttavia avrebbe preferito fingere di non capire. La situazione era già abbastanza complicata, gli impegni erano pressanti e la campagna elettorale assorbiva tutta l’energia disponibile; inoltre, Lindsey era chiaramente uno squalo, il genere di persona che avrebbe fatto meglio ad evitare.
“Avrei una proposta da farti …”
“Spara.”
Lui piegò le labbra in un sorriso malizioso, il gesto studiato di un uomo consapevole del suo fascino.
“Volevo proporti di scendere in strada. C’è un caffè dietro l’angolo, vende torte molto buone.”
“Vuoi farmi ingrassare prima del ventuno? Non favorirà la mia elezione.”
“Chi può dirlo? Magari la gente ti vedrà meno perfetta ed empatizzerà con te.”
“La gente non vuole empatizzare con me, vuole che io sia impeccabile. Una fetta di torta, però, posso accettarla.”
“Avevo quasi perso le speranze.”



Si sedettero sul lato del locale che dava sulla strada.
Londra splendeva, luminosa e piena di vita, negli occhi verdi di Buffy.
“Vorrei governarla davvero questa città.” Sospirò la candidata, rivolgendo un sorriso gentile a coloro che la riconoscevano e salutavano. Il bar era stato requisito dai membri dello staff.
“È bello quando la dimostri …”
“Cosa?”
“La tua passione per quello che fai.”
Buffy scosse il capo e bevve un sorso di cioccolata. Lindsey si protese verso di lei, affascinato.
“Dovevi essere una potenza da adolescente. Se hai cominciato presto, dovevi essere molto portata per la politica sin da giovane.”
“In realtà no.” Rivelò lei. “Da ragazzina, durante i primi anni di liceo, ero piuttosto superficiale e disinteressata. Non m’importava molto del destino della mia comunità, dei problemi della gente … frequentavo Xander e Willow già allora ci chiamavano 'gli asociali'. Pensa che un ex compagno di studi, che ho rivisto qualche mese fa ad un convegno, è rimasto impressionato dal mio cambiamento. Lui credeva che fossi iscritta a qualche setta o gruppo religioso.”
“Non posso crederci.”
“È la pura verità. A sedici anni vivevo in una tranquilla ignoranza.”
“E poi cos’è cambiato?”
Buffy esitò, scrupolosa.
“Sono cresciuta.” Rispose, semplicemente.
Lindsey ebbe voglia di approfondire, ma preferì non mostrarsi eccessivamente curioso.
Era sempre così tra loro, le conversazioni parevano essere una partita a scacchi infinita, si lottava per non far prevalere l’avversario, ostentando superiorità, non svelandosi troppo.
“Tu, invece?” chiese lei, a cui toccava la mossa.
“Come ho fatto a diventare così bello e spregiudicato? Non mi piaceva la mia vita, volevo migliorarla. Sono sempre stato molto ambizioso.”
“L’ambizione è una buona cosa, se controllata.”
“Ti sembro uno che si controlla?”
“Io …”
Lindsey rise ancora.
Se ci pensava, gli capitava davvero raramente di mostrarsi così aperto e cordiale, soprattutto in momenti di grande tensione e sfida.



Il campaign manager scelse di accompagnare Buffy al suo appartamento, al quarto piano di un edificio residenziale. La salutò, dinnanzi alla porta, scherzoso.
Lei sembrava rilassata. Sebbene la stanchezza le segnasse il volto, era bella, bella da morire.
“Puoi smettere di fissarmi in quel modo …”
“Quale modo?”
“Lo sai, Lindsey. Per favore, comportiamoci da professionisti.”
Lui si tese, colpito.
Per la prima volta, Buffy partiva all’attacco, dimostrandosi più diretta del solito.
“Non sono professionale?”
La candidata rise, divertita.
“No.” Rispose, armeggiando con le chiavi.
Contagiato dalla sua ilarità, Lindsey la stuzzicò ancora e lei dovette frenarlo, poggiando una mano sul suo torace. Il contatto involontario risultò più intimo del previsto. Il campaign manager non arretrò, ma spinse la candidata contro la porta.
“Amoreggiare nel corridoio del palazzo non mi aiuterà di certo a conquistare gli elettori.”
“Stiamo amoreggiando? Non me n’ero accorto …”
“Ah, vai al diavolo!” esclamò Buffy, voltandosi.
Lindsey le prese polso, bloccandola, attirandola a sé.
Lasciò aderire il torace alla sua schiena e si chinò abbastanza da sfiorarle l’orecchio con le labbra.
“Mi piace il tuo stile.” Sussurrò. “Puoi vincere davvero.”
“È questo l’obiettivo, no?” replicò lei, tesa.
Sentì Lindsey annuire e poi allontanarsi.
Si voltò a guardarlo e lui sorrideva, indecifrabile. Ricambiò il sorriso ed entrò nell’appartamento.

 

 

 

 

 

 

 

 

 



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Capitolo 10
*** 11 ***


 

 

 

11.










Un vento freddo sferzava le coste della cittadina inglese affacciata sul mare. In spiaggia le onde s'erano ingrossate e la sabbia turbinava nell’aria, confondendo gli orizzonti, creando una barriera dorata e opaca alla luce del sole.
Liam e William passeggiavano quietamente. Indossati i cappotti, camminavano sulla battigia, conversando. Liam ascoltava con interesse i racconti di William sulle prime esperienze lavorative, sull’incontro con Giles.
“ … Avevo appena cominciato a collaborare in galleria, a Londra, e lui era lì.” Mormorò lo scultore, scrutando il volo dei gabbiani, assorto. “Aveva degli amici, la signora Joyce dirigeva le sezioni di restauro …”
“Lo ricordo.”
“Rupert veniva spesso a trovarla ed è stato così che ci siamo conosciuti. Io spendevo i pomeriggi nell’allestimento di una sala di arte contemporanea: era il mio primo incarico ufficiale, mi rendeva nervoso. Lui veniva a vedermi, diceva di amare le mie sculture.”
“Sono certo che lo facesse.” Replicò Liam, onesto.
William sorrise.
“Abbiamo cominciato a parlare, a prendere il caffè insieme. È successo. Mi sono innamorato di uno degli uomini politici più popolari del paese, ho intrapreso una relazione con lui. Non mi era mai capitato di amare in quel modo; avevo avuto le mie storie, frequentato uomini e donne, ma Rupert … non so, mi affascinava, mi pareva irraggiungibile e vicino allo stesso tempo. Lui si sentiva spesso inadeguato, per via della differenza d’età, sai? Altre volte era così sicuro e distante da farmi sentire un ragazzino inconsapevole. Mi spaventavano i suoi cambiamenti d’umore.”
“Ma lui ti adorava. Il modo in cui ti guardava, quello che ha rischiato per te …”
“Lo so, lo so. Rupert mi ha dato tutto, sino alla fine. Io avevo solo paura. Ero giovane.”
“Avevi ventitré anni. Lo ricordo bene perché Buffy entrava in crisi al solo pensiero di un ragazzo così giovane per suo … padre.”
“Povera Buffy.”
Liam si voltò, nervoso. Fece per afferrare la mano di William, ma riuscì a trattenersi.
“Ho sempre pensato che foste felici, mi dispiace sapere che Giles ti ha fatto soffrire.”
“Oh no, non devi credere questo. Rupert è stato buono con me, ma non si può evitare di dimostrarsi indifferenti, freddi o lontani. Sono cose che succedono, quando le relazioni durano a lungo, e siamo tutti esseri umani. Non si può evitare di fare del male al proprio compagno. Si ferisce sempre chi si ama.”
Liam tacque, scrutando il profilo chiaro dell’interlocutore.
Il rumore delle onde faceva da sottofondo ai suoi pensieri silenziosi, privati.
Gli occhi azzurri si tingevano di un’ombra scura, verde come le profondità dell’oceano.



Ritornarono in casa nel giro di qualche minuto.
Il vento era rinforzato e non consentiva una permanenza più lunga sulla spiaggia. William rideva, scuotendo i capelli pieni di sabbia, scherzoso. Avrebbe dovuto fare una doccia, ma amava dormire col sapore del mare sulla pelle, sulle labbra.
“Vieni, ho qualcosa da mostrarti.” Sussurrò, conducendo l’ospite nella stanza-laboratorio.
Una forma di gesso chiaro, dai contorni indefiniti, stava per essere modellata.
“Ti piace?” domandò, mostrando l’opera incompiuta. Pareva un busto maschile, un addome forte e muscoloso, che si perdeva nel confine delle gambe, nel sesso ancora da ultimare. “Ho pensato a te, in fase di realizzazione.”
Liam trattenne il fiato, incerto.
Continuò a fissare il blocco di gesso ruvido, serrando le dita tremanti.
“Ho pensato a te.” Ripeté William, suadente. “A come saresti stato … nudo. Dovevo figurarmi un corpo maschile.” Spiegò, muovendo qualche passo in avanti. “Ascolta, siamo entrambi adulti e tra noi c’è qualcosa che …”
“Mi immagini così?”
“Ti immagino anche meglio.” Rise lo scultore, divertito.
Liam gli prese il volto, serio.
“Ho sempre avuto difficoltà ad esprimere direttamente i miei desideri.”
“Ti dà fastidio il mio atteggiamento esplicito?”
“No, per niente.”
“Bene.” Mormorò William, allungando le dita al colletto della sua camicia. “Sei vuoi che smetta, fermami.”
“Non voglio farti smettere, ho solo …”
“Cosa?”
“Niente.” Sussurrò Liam, carezzandogli le labbra morbide. Sapevano di salsedine e sole, di lussuria. “Niente.” Ribadì, approfondendo il bacio.
Lo scultore lo strinse, circondandogli il collo con le braccia.
Ansimò nella presa appassionata e si staccò con lentezza.
Alzò sguardo chiaro, togliendosi la maglia leggera e i pantaloni. Chiuse gli occhi, in estasi per il tocco di Liam che, lieve, lo stuzzicava. Raggiunse la scrivania ed estrasse un tubetto di lubrificante e dei cuscini, una coperta da campeggio. Li stese al suolo.
“Ho dimenticato i preservativi.” Fece, dopo qualche secondo di riflessione.
“Non preoccuparti, li ho io.”
Sorrise ancora, Liam lo raggiungeva.
“Lasciati spogliare.” Disse, sbottonando la camicia scura, sfilando i boxer. “Sei bellissimo.”
“Tu … tu sei bello … sei proprio come ti immaginavo …”
“Abbiamo fantasticato abbastanza, vero?” scherzò William, stendendosi sulla coperta. “È tempo di passare ai fatti.” Anticipò, entusiasta.
Liam lo coprì col proprio corpo e serrò i denti, frenando l’eccitazione che lo dominava e gli rendeva difficoltosa la resistenza.
“Sei così bello.” ansimò, percorrendo con la lingua il torace liscio, l’addome teso. “Ti voglio così tanto …”
William non si trattenne e lo spinse in avanti, mordendogli una spalla.
“Prendimi.” Comandò, deciso.
“Qui, proprio qui? Sul pavimento?”
“Prendimi, stupido.”
Liam rise. Lo strinse forte.



Fecero l’amore tutto il pomeriggio, avvinghiati sul pavimento scomodo, col sole che tramontava. Liam non aveva mai provato tanta gioia, tanto appagamento come nei momenti tra le braccia di William, che lo baciava e lo amava e si muoveva veloce da togliere il fiato. Era meraviglioso.
Terminato l’amplesso, il dirigente politico non ebbe il coraggio di sciogliersi dall’abbraccio dell’amante e lo attirò a sé, immergendo il naso nei capelli sudati e mossi.
“Usavate farlo qui, in questa stanza?” chiese, senza riflettere.
William si bloccò immediatamente.
Fece per alzarsi, imbarazzato.
“Aspetta!” esclamò Liam, serrando la presa. “Aspetta, non volevo farti scappare.”
“Perché hai chiesto di me e Rupert, allora?”
“Io … non lo so. Credo di avervi immaginati …”
“Pensi a questo quando scopiamo?!”
Liam scosse il capo, dispiaciuto. Carezzò gli zigomi pronunciati di William, scrutandolo con sincerità.
“Penso solo a te.” Disse.
William esitò un istante. Poi chinò il capo, addolorato.
“Mi dispiace.”
“Shhh … non fa niente. Torna ad abbracciarmi, ho bisogno di te.”
“Hai bisogno di me?” domandò lo scultore, seppellendo il volto nel torace ampio.
“Sì, da morire.”
“Anch’io.” sussurrò. “Anch’io.” ripeté, svelando un sorriso raggiante.
Liam lo baciò.

 

 

 

 

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Capitolo 11
*** 12 ***


 

 

 

12.







Lo studio radiofonico era accogliente e ampio. Buffy venne guidata per i corridoi che conducevano alla sala della diretta. A scortarla, come di consueto, Lindsey ed Angel, affiancati da alcuni membri dello staff. La candidata venne ricevuta dallo speaker e si sedette dinnanzi al microfono dotato di cuffie per l’ascolto.
L’intervista poté cominciare.
“Buongiorno Londra, siamo insieme al candidato sindaco Buffy Summers, che risponderà alle domande degli ascoltatori e a quelle preparate dalla nostra redazione. Piacere di conoscerla, signorina Summers.”
“Il piacere è mio.” Rispose lei, aggiustando le enormi cuffie che le scompigliavano i capelli. “Vi ringrazio per avermi ospitata.”
“E noi la ringraziamo per aver scelto di partecipare alla trasmissione e, soprattutto, per aver accettato di rispondere alle domande degli ascoltatori. Sappiamo quanto sia rischioso sottoporsi ad un confronto diretto in una fase delicata come questa.”
“Beh, io credo che sia necessario dialogare apertamente con la città. Se diventerò sindaco, dovrò accogliere tantissime istanze, provenienti dalle parti più disparate, e cominciare già da ora mi sembra una cosa intelligente.”
Lo speaker sorrise.
“Lei nutre buone speranze di vittoria, quindi.”
“Diciamo che non mi lascio scoraggiare facilmente e che sono abituata a combattere. Cerco di essere ottimista.”
“Possiamo cominciare con le domande, allora.”
“Cominciamo.”



L’intervista durò un paio di ore, utilizzate da Buffy per illustrare i nodi salienti del programma e le novità apportate in vista dell’elezione. La candidata riuscì a rispondere in modo soddisfacente ai quesiti dei cittadini ascoltatori e terminò la conversazione con un aneddoto divertente sulla sua adolescenza. Si congedò dallo studio intorno all’ora di pranzo. Ad attenderla, all’ingresso, i suoi collaboratori.
“Sei stata molto brava.” Fece Angel, accennando un sorriso gentile.
Lindsey annuì.
“Siete stranamente in accordo, il che significa che ci stiamo avvicinando al giorno dell’apocalisse!” scherzò lei, aggiustando l’acconciatura che non ne voleva sapere di stare ferma.
Il campaign manager le rivolse un cenno suadente, tendendo una mano quasi a volerla sfiorare. Buffy piegò le labbra in un broncio pensoso e socchiuse gli occhi, attenta.
“Direi che possiamo andare a pranzo.” Mormorò, accogliendo l’invito di Angel che le porgeva il braccio.



Il tragitto in auto fu più silenzioso e pacifico del solito. Lindsey ed Angel evitarono di punzecchiarsi e Buffy poté rilassarsi. Raggiunto il ristorante, i tre si accomodarono al tavolo loro riservato; la candidata dovette congedarsi un attimo per andare al bagno.
“Mi eviti?” domandò Lindsey, in agguato all’ingresso della toilette.
Buffy si portò una mano al cuore, spaventata dall’apparizione improvvisa.
“È il bagno delle donne.” Notò, asciugando le mani appena lavate.
Lindsey ghignò e chiuse la porta alle sue spalle.
“Lo so.”
“C’è qualcosa che vorresti dirmi circa la tua sessualità?”
“Tante e tante cose.” Disse lui, affiancandosi alla candidata che riprendeva lo chignon. “Scioglili.” Comandò, neutro.
“Cosa?”
“L’acconciatura è andata e i tuoi capelli sono deliziosi, scioglili.”
“Credevo non ti piacessero.”
“Uhm …” borbottò Lindsey, cingendole i fianchi.
Buffy non poté frenare un sussulto.
“Ti faccio agitare così tanto?”
“Mi agita il pensiero che qualcuno ci veda. So gestire perfettamente uno come te.”
“Sono un uomo da gestire, addirittura?”
Buffy si voltò, veloce.
Alzò lo sguardo pieno d’orgoglio e inclinò il viso ovale.
“Certamente.” Rispose.
Lindsey sorrise, compiaciuto dalla testardaggine del suo capo.
“Dovremo affrettarci o qualcuno si accorgerà che ci siamo chiusi in bagno.”
Tu ci hai chiusi in bagno.”
“Non la dai mai vinta, vero? Devi sempre avere l’ultima parola su tutto.”
“Come mi conosci bene …”
Il campaign manager sfoggiò l’ennesimo ghigno da canaglia e sciolse i capelli della candidata, carezzandoli con le dita.
“Sto imparando.” Sussurrò.



“C’è una tensione sessuale che spacca le pietre.”
“Tra noi?” mormorò William, sospirando di piacere.
Angel si chinò a baciargli gli occhi e il naso morbido.
“Tra Lindsey e Buffy, credo. Capisco pochissimo di questioni sentimentali, ma McDonald sembra aver puntato Buff e, se lo conosco bene, non mollerà l’osso prima di aver raggiunto i suoi scopi. Dovrei fermarlo?”
William rise, attirando a sé l’amante nudo.
“Perché dovresti?” chiese. “Ti piacerebbe se qualcuno fermasse noi?”
“No.”
“Ecco la tua risposta. Lascia stare il manager.”
“Ma è un coglione.” Obiettò Angel, serissimo.
Il scultore rise ancora e lui lo baciò e l’abbracciò con trasporto.
Immerse il capo nell’incavo del suo collo e prese un respiro profondo, imprimendo nella mente il profumo del dopobarba e dello shampoo per capelli. Si tese e mordicchiò ancora il naso imperfetto, terribilmente adorabile.
Gli occhi di William splendevano di un azzurro luminoso, paragonabile a quello del cielo. Le ciglia lunghe erano arcuate e castane, lievemente dorate. Gli zigomi pronunciati evidenziavano il pallore della pelle calda in un gioco di ombre e sfumature.
“Sei così bello …”
“Non dire sciocchezze, dai.”
“Giuro.” Mormorò Angel, solenne. “Sei bellissimo. Non so come facciano i tuoi datori di lavoro a non saltarti addosso. Sei l’uomo più sexy che io abbia mai visto.”
William scosse il capo, nascondendo un moto di imbarazzo che l’aveva spinto ad arrossire.
“E l’effetto che mi fai …” esalò l’amante, rapito. “Io capisco … capisco perché Giles ti desiderasse così tanto …”
“Vuoi parlare di questo, adesso? Ti prego, Angel …”
Il politico scosse il capo, dispiaciuto e triste.
“Dico sempre le cose sbagliate al momento sbagliato.”
“No.” Replicò William, prendendogli il volto con una gentilezza inusitata, dolcissima. “Sei solo insicuro, lo capisco. Anche io lo sono stato per tanto tempo.”
“Ed ora non lo sei più?”
Lo scultore non rispose.
Si tese in avanti e reclamò le labbra dell’amante, assaporandole in un bacio lento.
Nuovamente fece scorrere le braccia attorno al capo forte, sulla schiena ampia, e si trovò premuto tra i cuscini che si appiattivano sotto il suo peso.
“Con Giles mi sentivo sempre un ragazzino, ma tu forse … tu sei come me, siamo allo stesso livello. Amami allora, amami per quello che ti posso offrire. Credi che sia abbastanza?”
“È tantissimo.” Replicò Angel, sincero.
Approfondì il bacio e immerse le dita nei capelli del compagno che gemeva di eccitazione.
Provò a cancellare dalla mente ogni altro pensiero.







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Capitolo 12
*** 13 ***



 

 

 

13.







Bussarono alla porta e William corse ad aprire.
Ad attenderlo, nel vialetto, c’era Buffy, reduce da un incontro coi lavoratori di uno stabilimento automobilistico. Stanca, soddisfatta, la candidata si era congedata dai collaboratori ed aveva deciso di dedicare del tempo libero a William.
“Sono venuta perché pensavo di prendere qualche libro, ma ho dimenticato di dirlo a Fred e ho scoperto di avere un altro appuntamento in serata. Non so se riesco a passare nel mio appartamento, non so se riesco a prendere i volumi.”
Lo scultore sorrise, affascinante.
“Non preoccuparti, non c’è fretta. Accomodati.”
Lei accolse l’invito, vagamente imbarazzata, e si sedette in soggiorno, sul divano.
Inconsciamente attirò un cuscino sulla pancia e lo strinse, in una posa protettiva e tenera.
“Vuoi del tè?” domandò William, gentile.
Buffy scosse il capo.
“Del succo d’arancia, se l’hai.” Rispose, voltandosi in tutte le direzioni. “Hai cambiato qualcosa? Sembra diverso questo posto e …” di sfuggita, con la coda dell’occhio, la candidata individuò un orologio maschile.
Lo riconobbe immediatamente.
“Succo d’arancia come richiesto!” annunciò William, rientrando in soggiorno.
Buffy aveva chinato il capo. Tra le mani stringeva l’orologio da polso dimenticato da Liam.
“Quindi vi frequentate … è stato qui e non per parlare, credo, visto che ha dovuto togliere l’orologio.”
Lo scultore poggiò le bibite sul tavolino e si chinò accanto all’ospite.
“Sì, Liam è stato qui.” Ammise. “Abbiamo fatto l’amore.”
Lei sussultò dinanzi alla rivelazione improvvisa e diretta.
Fece quasi cadere un bicchiere e si tenne il capo, arrossita.
“Mi dispiace che ti faccia così male saperlo.”
“No, no. In effetti, sono stata io ad incoraggiare Liam, aveva bisogno di tornare a frequentare qualcuno. Solo che non avrei mai immaginato che quel qualcuno … saresti stato tu, ecco.”
“Se può consolarti, lui aspettava solo il momento giusto per dirtelo. Non intendeva mentirti.”
“Va bene.”
“Sei arrabbiata, allora?” domandò William, prendendo posto sul divano.
Buffy fece spallucce e si voltò a guardarlo, imbronciata.
“Ma devi proprio scopare con tutti gli uomini della mia vita?” chiese.
Nello sguardo smeraldino il bagliore di una risata trattenuta.
William la colse e ricambiò con un sorriso solare.



Il mare era meravigliosamente impetuoso, scosso dal vento caldo del sud che scatenava le onde. Buffy passeggiava, tentando in vano di contenere i capelli che volavano in tutte le direzioni.
“… Ed è cominciata subito?”
“Cosa?” domandò William, incerto.
La candidata roteò gli occhi ostentando esasperazione.
“Tra te e Liam! Da quanto dura la vostra … avete una relazione, quindi?”
“Oh, quello! Non saprei rispondere, ci frequentiamo da così poco. So solo che tra noi c’è tanta passione.”
“Quello l’ho capito, non avete perso tempo!”
“Ti dà fastidio, vero?”
“Smettila!” esclamò lei, voltandosi a braccia aperte, come una ragazzina sognante. “Vorrei capire cosa ci trovi negli uomini che piacciono anche a me, questo sì, ma ho ben chiaro l’orientamento sessuale di Liam: uomini, uomini, uomini.”
William rise, gioviale.
“Ho provato a stare con lui …” riprese la candidata. “Ma non ero abbastanza mascolina, evidentemente. Sono contenta, comunque, che abbia deciso di rimettersi in gioco. Gli voglio un gran bene, merita di essere felice.”
“Sì. Lui è … molto insicuro.”
“Lo è sempre stato. Liam non si è mai sentito bene veramente. Ha provato intense gioie e profondissimi dolori, ma non ha mai sperimentato la tranquillità, né il benessere. Credevo che con uomo, finalmente, avrebbe provato queste cose.”
“Io credo che lui sia felice adesso, solo che –“
William si interruppe, mordendosi le labbra.
Buffy lo spronò a continuare rivolgendogli uno sguardo accigliato.
“Ha molta paura, penso. Ha paura che io lo ritenga un semplice sostituto di Giles, ha paura di rimanere scottato, di dirti la verità su di noi.”
“Non voleva dirmi della vostra relazione?”
“Voleva aspettare, ed io l’avrei rispettato.”
La candidata si bloccò.
“Lo fai sempre, vero?”
“Cosa?”
“Accontentare le persone che ti sono accanto. Lo facevi con Giles, questo lo so.”
Lui inclinò il capo e inarcò il sopracciglio sinistro in un modo disarmante.
“Beh, non c’è scelta, no? Non c’è scelta se si ama qualcuno …”
“Non sono d’accordo.”
“Tendo a mettere da parte il mio orgoglio per il benessere dell’altro e mi sta bene. Non so se è una cosa che puoi capire, per me è così.”
Buffy scosse il capo e si rifiutò di rispondere.
Non sapeva davvero cosa pensare riguardo all’amore e all’orgoglio.



“E come sei messo a vagine?”
William aggrottò la fronte, pensoso.
“Cosa intendi, scusa?”
Buffy emise un sonoro sbuffo e roteò gli occhi, carezzando le mensole della libreria.
“Sei sempre stato attratto dagli uomini oppure ti piacciono anche le donne?” spiegò, incuriosita.
Lo scultore rifletté.
“Sono stato con qualche ragazza, sì. Al liceo ero innamorato cotto di una certa Cecily che mi snobbava allegramente, poi ho frequentato per un paio d’anni Dru, una compagna di corso, ed ho intrapreso una relazione con lei. Era la donna più folle che avessi mai incontrato, ma ci divertivamo un sacco. Quando lei è partita per gli Stati Uniti, ho perso interesse per le questioni di cuore, ho smesso di uscire con le ragazze sono rimasto solo per un po’ di tempo. Poi ho incontrato Rupert.”
“Capisco.” Mormorò la candidata, nuovamente in imbarazzo.
William si chinò per scrutare il suo sguardo sfuggente.
“Ti incuriosisce tanto la mia vita?”
“No, no … è solo che – Non ti montare la testa.”
“Non insisto per pura vanità, è da quando sei arrivata che mi fai domande sulla mia vita sentimentale.”
Buffy si allontanò dalla libreria e si sedette su una poltrona.
Allargò le braccia, sconfitta.
“Immagino di voler solo … sono solo curiosa.”
“Va bene.”
“E tu sei maledettamente accondiscendente! Dai i nervi.”
Lo scultore tacque, lei sfogliò un libro poggiato sul comodino accanto alla poltrona.
Trovò una foto stropicciata, che la ritraeva assieme a Giles.
“Ricordo quando fu scattata.” Sussurrò, la gola stretta dall’emozione. “Eravamo seduti fianco a fianco e Giles mi stava chiedendo di essere forte, di non lasciarmi abbattere dalle prime sconfitte. Era noiosissimo quando cominciava coi suoi sermoni sulle difficoltà della lotta politica, quella volta fu breve e conciso. E mi lasciò qualcosa dentro.” La candidata alzò lo sguardo, lucido di lacrime. “Sono meschina con te, e credo di esserlo perché non ho mai accettato che fosse andato via in quel modo, l’unico uomo a cui ho permesso di proteggermi.”
William annuì, comprensivo.
Si chinò accanto a lei e la strinse in un abbraccio muto, atteso da anni.



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Capitolo 13
*** 14 ***


 

 

 

14.








Buffy si staccò dall’abbraccio, bruscamente, portando le mani al volto per nascondere le lacrime.
Sorridente, cercò di sminuire lo sfogo emotivo.
“Di solito sono molto più tosta … che avevi messo nel succo d’arancia, eh?”
William la scrutò a fondo, studiando la luce triste nei suoi occhi verdi.
“Buffy …”
“No, ti prego. Mi sono resa già abbastanza patetica.”
“Non sei –“
L’affermazione venne interrotta dal gesto di Buffy, più gentile, che si scostava da William, tenendogli le braccia.
“Verrò ancora, a prendere i libri. È una promessa.”
“Sono contento.” Disse lui, rasserenandosi.
Passò un tovagliolino di carta all’ospite e le prese un bicchiere d’acqua.
Andò ad aprire la porta, che avevano suonato il campanello.
“È qui Buffy?” domandò Lindsey, vagamente agitato.
“Sì, è in soggiorno.”
“Bene. È stata invitata ad una cena di gala coi Manners. Abbiamo poco tempo per vestirla e portarla alla villa.”
“Sono qui, Lindsey!” esclamò la candidata, alzandosi spazientita. “Non parlare di me come se fossi una bambolina assente.”
Il campaign manager aggrottò la fronte, lasciando trasparire un certo stupore.
“Cosa ti è successo?” domandò, notate le lacrime.
Lei fece un gesto vago.
“Andiamo.” Disse, rivolgendosi poi a William. “Tornerò prima possibile.”
“Ti aspetterò.”
“Arrivederci.”
In automobile, diretti all’appartamento della candidata, Lindsey e Buffy si parlarono a malapena. Giunti a destinazione, si separarono. Lei si diresse in bagno, lui in camera da letto.
“Scelgo un abito per te, mentre fai la doccia.”
“Fai come ti pare.”
Il campaign manager sospirò, stanco, e passò in rassegna il guardaroba del capo.
Buffy aveva una serie di abiti eleganti, molto belli. Tre, in particolare, colpivano l’attenzione e risultavano adatti all’occasione da presenziare: un vestito nero, semplice e rigoroso, con un filo di paillettes sulla scollatura; uno verde, altrettanto semplice ma più luminoso e singolare; un abito giallo, solare e vintage.
Desideroso di non eccedere in un congresso di conservatori, Lindsey optò per l’abito nero, immaginando tuttavia come sarebbe stata bella Buffy in giallo o in verde.
Dalla stanza adiacente, il campaign manager riusciva a percepire il suono del getto d’acqua e dei movimenti della candidata che insaponava la pelle. Un brivido continuo lo scosse al solo pensiero del corpo nudo di lei. Dovette imporsi una certa freddezza.
“Hai scelto?” domandò Buffy, avvolta in un asciugamano umido.
“Sì. Metti quello nero, non vorrei che risultassi troppo giovanile in mezzo a quelle cariatidi.”
“Oh, il pupillo di Holland Manners che si esprime con tanta crudezza! Nero sia.” Concesse lei, volando ad acconciare i capelli appena lavati.
Lindsey dovette attendere con pazienza che fosse pronta e vestita.
“Stai bene.” Mormorò infine, alle spalle di Buffy che si truccava con concentrazione.
“Grazie.” Rispose lei, terminando di applicare il mascara, indossando gli orecchini di perla. “Vogliamo andare?”



Il party si teneva nell’enorme dependance di Holland Manners, avvocato di successo e fama internazionale, partito dall’America alla volta di Londra in occasione delle elezioni amministrative della città. Padrone di uno studio prestigioso con filiale nella capitale del Regno Unito, Manners si muoveva alla ricerca del miglior candidato da appoggiare e coinvolgere nella gestione dei suoi interessi.
“È un’occasione che non puoi perdere.” Sussurrò Lindsey all’orecchio di Buffy, appena entrata nella sala ricevimenti.
“Vedremo.”
“Warren Maers ha già affilato gli artigli, ti conviene lanciarti adesso prima che sia troppo tardi.”
“Vedremo.” Replicò ancora Buffy, stringendo i denti per la tensione.
La sala era colma di uomini d’affari e personalità illustri, ma di una particolare estrazione sociale e con trascorsi politici non proprio limpidi.
La candidata prese un bicchiere di champagne e si precipitò a salutare Manners, già desiderosa di scappare.
“Oh Buffy Summers! È un piacere incontrarla!”
“Piacere mio.” Mormorò lei, lasciandosi salutare dall’avvocato sorridente. “Se posso esser sincera, mi ha stupita il suo invito all’ultimo momento.”
“Il merito di questo incontro, mia cara, va esclusivamente a Lindsey McDonald. Il tuo è un collaboratore prezioso, fai bene a circondarti di uomini così ambiziosi e pieni di iniziativa.”
“Sì, faccio bene.” Ripeté lei, impallidita.



“Mi hai fatto ottenere un incontro con Manners! Non era un invito, era un fottutissimo incontro organizzato!” sbottò Buffy, uscita dall’ascensore.
Il tragitto in auto si era svolto nel silenzio più glaciale e anche il party non era stato memorabile. Lindsey aveva cercato in tutti i modi di favorire un certo dialogo tra la candidata e l’avvocato, fallendo miseramente e alimentando la frustrazione di Buffy, costretta a sopportare una compagnia sgradita.
“Fermati, cazzo!” esclamò il campaign manager allargando le braccia.
“Non abbiamo un fottuto progetto in comune, uno straccio di idea che collima! E la gente di cui si circonda il signor Manners, oh! Vogliamo davvero parlarne? Frequentare individui del genere distruggerebbe la mia reputazione!”
“Dove vorresti prendere i voti? Sentiamo! Non fare la santa indignata, non lo sei!”
La candidata velocizzò il passo, in preda al furore, e raggiunse la porta del suo appartamento.
“Il miglior amico del tuo caro Holland è implicato in uno scandalo sessuale, vogliamo dimenticarlo?”
“Parla a bassa voce.” Mormorò lui, affiancandosi alla parete.
Buffy si scostò quanto più possibile, mentre armeggiava con le chiavi.
“Vaffanculo! Maledetta serratura!”
“Devi cercare un punto d’appoggio più solido delle adolescenti innamorate della tua figura da femminista post-moderna! Devi trovare fondi e supporto mediatico!”
“Ho già il supporto che mi serve e tu devi sparire dalla mia vista.” Ribatté lei, entrando in casa, togliendo le scarpe senza eleganza.
“Non me ne vado, Buffy.”
“Ah no? Cosa vuoi fare, bloccarmi ad una parete come quel tuo amico stupratore?”
“Non è mio amico!” esclamò Lindsey, inferocito. “E forse è proprio quello che voglio fare!” disse, premendo il corpo di Buffy contro la parete, contro il suo.
Invano la candidata tentò di liberarsi dalla presa.
“Non avresti dovuto! Come sei permesso?! Io non voglio avere nulla a che fare con Holland Manners né coi suoi compari! Io sono migliore di loro!”
“Ma ti senti? Senti la tua arroganza?!”
“Non sono arrogante.” Rispose lei. “Sono obiettiva. Chi frequenta la merda è destinato a morirci dentro ed io non voglio fare una brutta fine. Manners è stato motivo di lite anche con Liam. L’ho criticato aspramente quando voleva stringere un'alleanza, gli ho detto che c’era un limite a tutto!”
“E quindi siamo arrivati a parlare di Liam!” fece il campaign manager, sarcastico. “Ti bruciava da un po’, vero? Volevi parlarne!”
“Cosa vai blaterando?”
“Tu e il tuo amore impossibile che si è dato alla passione per il cazzo! Deve ferirti molto, orgogliosa come sei.”
Buffy ridusse gli occhi a due fessure.
“Non sai neanche di che parli.” Sibilò, disgustata.
Lindsey le serrò i polsi con forza.
“E per questo che non riesci a dare il massimo, per il pensiero di Liam? Fattene una ragione, mia cara, lui vuole un uomo.”
“Taci, non sai quello che dici!” urlò lei, trattenendo il pianto. Alzò lo sguardo bruciante d’odio in direzione del campaign manager. “Mi fai schifo.” Disse.
Lui la strinse più forte.
“Mi fai schifo.” Ripeté, prima di avventarsi sulle sue labbra.
Lindsey sussultò e la prese tra la braccia, sollevandola.
Approfondì il bacio pieno di passione e rabbia.



 

 

 

 

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Capitolo 14
*** 15 ***


 

 

15.







Buffy si risvegliò a distanza di cinque ore, quando il sole era già sorto e il traffico aveva ripreso a scorrere con rinnovato vigore.
Il letto in cui aveva giaciuto tutta la notte era sgombro, le lenzuola disfatte sparse sul pavimento, i cuscini all’altezza delle sue ginocchia. Anche la stanza intorno pareva reduce dal passaggio di un ciclone: l’armadio-guardaroba era stranamente aperto, gli oggetti sistemati sul mobile con specchio riversi sul pavimento o piegati.
“Oddio, ci siamo messi anche lì sopra …” mormorò la candidata, incredula.
Una confusione inspiegabile la attanagliava, si sentiva quasi preda degli effetti collaterali dell’alcool. I ricordi della notte precedente affioravano a tratti, le sensazioni erano più vivide, seppure indistinte.
Il profumo intenso del dopobarba e della pelle nuda; il tocco ruvido di due mani grandi; il sapore delle labbra; il retrogusto di champagne ...
Lindsey era stato un amante eccezionale, forte ed energico, affamato di lei.
Assente.
Il campaign manager si era dileguato con la luce del giorno.
La candidata prese un respiro profondo e si alzò in piedi, coprendosi col lenzuolo, quasi vergognosa della sua nudità. Si diresse alla doccia e ne fece una lunga e rinfrancante. Ordinò la colazione.
La domestica, attesa nel pomeriggio, avrebbe trovato una deliziosa sorpresa: disordine tremendo e inconsueto. Pazienza, non c’era tempo da perdere. L’appuntamento delle dodici si palesava all’orizzonte, minaccioso e sgradevole.
Buffy avrebbe voluto fare tutto, qualsiasi cosa, eccetto che uscire e presenziare ai comizi.
La missione, però, non si poteva ignorare.



Salita in auto, la candidata sorrise a Fred che la attendeva.
“I sondaggi sono incoraggianti! Stiamo recuperando quelle fasce d’elettorato che erano tendenzialmente indecise o propense a rinnovare la candidatura di Wilkins! Ci sarebbe da mettersi a ballare!”
“E lo faremo. Quando verrà il momento, balleremo sui tavoli.”
“Ho appena chiamato Willow: ha già raggiunto il posto. Lindsey ha deciso di fare un salto da Travers, dopo aver letto l’ultima comunicazione del mattino.”
“Che comunicazione?”
“Oh niente!” fece Fred, gesticolando nervosamente. “Travers ha fatto una dichiarazione idiota ieri sera, non appena ha saputo del tuo invito alla festa dei Manners, e Lindsey si è precipitato a risolvere la faccenda.”
“Proprio un cavaliere.” Ironizzò Buffy, amara.
“Come?”
“Lascia perdere. Abbiamo del lavoro da fare.”



Il comizio fu brillante, seppure più aggressivo del solito.
La candidata non esitò a denunciare alcuni comportamenti discutibili della classe politica al potere – compresi quelli dei membri del suo stesso partito – e puntò l’attenzione sulle riforme del costume necessarie a rilanciare l’immagine dei pubblici funzionari.
Stanca, infine, scese dal palco per ricevere i complimenti della fedele Willow e di tutto lo staff. Per la prima volta, dopo settimane di collaborazione serrata, Lindsey mancava.



“Vorrei andare da William …”
Willow inclinò il capo, incuriosita, e carezzò i capelli dell’amica stretta a lei.
Erano tornate in auto al termine del pranzo collettivo.
“Vorrei andare da William.” Ripeté Buffy, chiudendo gli occhi per la stanchezza.
“Siete diventati davvero così intimi? Non riuscivi neanche a guardarlo in faccia, fino a qualche tempo fa, e adesso ti fa piacere andarlo a trovare, parlare con lui … potrei diventare un po’ gelosa, sai?”
La candidata ridacchiò.
“Non c’è nessuno che possa prendere il tuo posto di migliore amica, ma ammetto che sto rivalutando il ragazzino di Giles.”
“E lo chiami ancora così! Mi fai pensare al passato …”
“Anche lui.” Mormorò Buffy, assorta. “Anche lui mi fa pensare al passato. E, stranamente, sento di non soffrire. Mi fa quasi piacere sapere che c’è qualcuno che ricorda con lo stesso amore con cui ricordo io. Oh, guarda che sciocchezze dico! La campagna elettorale mi sta devastando il sistema nervoso!”
“Io sono contenta, invece.” Replicò Willow. “Sono contenta perché hai represso dentro di te tante di quelle emozioni! Se stare con William ti aiuta ad aprirti, ben venga.”
“L’amore è una sofferenza inutile. Dovremmo abolirlo dalla faccia della terra.”
“Non essere così drastica!”



Buffy scese dall’auto dinanzi a casa dello scultore.
Salutò l’amica con un abbraccio e fece per suonare il campanello.
Intravide un’auto sportiva, scintillante nella luce del tramonto, e sospirò per l’esasperazione. Lindsey l’aveva raggiunta!
“Sapevo che ti avrei trovata qui.” Sussurrò il campaign manager, raggiungendola.
Si era cambiato ed era bellissimo. Indossava un completo grigio, senza cravatta, ed aveva tirato i capelli indietro, rivelando il profilo deciso.
“Sì, beh … sono in pausa. Contattami più tardi.”
“Volevo parlare.”
“Di cosa?”
“Di quello che è successo ieri. Sarai sconvolta adesso, penserai che ti abbia voluta abbandonare di proposito, dopo aver trascorso la notte insieme.”
Buffy sorrise, sprezzante.
“Non preoccuparti per me.” Disse. “Una cosa del genere mi avrebbe sconvolta a diciotto anni, ma ti assicuro che ne è passato di tempo e che sono cresciuta. Non mi strapperò i capelli per la disperazione.”
“Sei sarcastica, ne hai tutto il diritto.”
“Sei andato a parlare con Travers?”
“Ti prego.” Mormorò Lindsey, dispiaciuto. “Lasciami spiegare, non cambiare argomento.”
“Non sto cambiando argomento.” Rispose lei, impassibile. “Sto mettendo le cose in chiaro: siamo due adulti con una certa esperienza e quello che è successo ci può sorprendere, ma fino ad un certo punto. Siamo legati da un rapporto di lavoro, più che altro, e da una missione. Complicare le cose con una relazione sarebbe quanto di più stupido potremmo fare, in circostanze come queste. Non concordi?”
“Sì.”
“Allora dimentichiamo quello che è successo e comportiamoci con saggezza.”
Lindsey annuì, composto.
Si fece avanti ancora e tese una mano, desideroso di carezzare il volto di Buffy.
Lei si fece indietro.
“Per favore … non mi hai ascoltata.”
“Sì, invece. Capisco perfettamente quello che chiedi e so che hai ragione, ma … non ho mai incontrato una donna come te, un politico del tuo calibro. Voglio assicurarti che non ti tradirò.”
Buffy ingoiò la tensione.
“Grazie. Mi fa piacere sapere che mi apprezzi.”
“Lo faccio sinceramente.”
“Vorrei andare da William, adesso. Ho bisogno di rilassarmi un po’.”
“Certo, è comprensibile. Verrò a prenderti alle otto, se vuoi, e ti porterò a cena con gli altri membri dello staff. Mi sono permesso di cancellare l’impegno delle dieci, sei troppo stanca per parlare.”
“Hai fatto bene.”
Lindsey scosse il capo e si allontanò in direzione dell’auto.
Mise in moto e sparì all’orizzonte.
Buffy lo guardò, immobile.
Preda di un lieve capogiro, dovette reggersi al cancelletto della villa.

 

 

 

 


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Capitolo 15
*** 16 ***


Eccomi anche con questa storia, che non aggiornavo da un po' di tempo.
Spero che sia rimasto in giro qualche lettore, almeno! XD
Mi farebbe piacere farvi contenti. *___*











16.










“Eccoti qui!” rise William, solare, aprendo la porta d’ingresso della villa.
Buffy accennò un sorriso simpatetico, poco sentito.
“Entra, su! Dammi due minuti per levarmi di dosso questo gesso e vengo immediatamente da te.”
“Stavi lavorando?”
“Sì!” esclamò lo scultore, indicando la maglia imbiancata. “Mi pare evidente!”
“Non smettere, allora.”
“Come?”
“Non smettere per me, continua. Non ho mai visto uno scultore all’opera, potrebbe rivelarsi un’esperienza interessante.”
William ghignò, vagamente malizioso.
“Seguimi, allora.” Disse, facendo strada verso lo studio.
Un enorme cubo di gesso, dai contorni irregolari, troneggiava sul tavolo da lavoro. Il pavimento imbiancato dalla polvere era colmo di fogli di giornale, pezzi di cartone, penne e appunti sparsi. Accanto alla scultura ancora in fase di definizione, due specchi posizionati in modo da riflettere la luce del sole, un borsello degli arnesi.
“Scusami, è il trionfo del caos. Potrei dare una pulita … non so come … vado a prenderti una sedia così puoi accomodarti.”
“Non ti disturbare.” Replicò la candidata, vagamente divertita dell’imbarazzo del padrone di casa. “Posso sedermi sulla scrivania accanto ai fogli?”
William aggrottò la fronte.
“Certo.” Rispose.
“Bene. Sai, mi piaceva tanto sedermi lì sopra, quando ero più … uhm, cosa stai creando, posso saperlo?”
“Un’opera di arte astratta.”
“Non capisco l’arte astratta.”
“Neanche io, certe volte.”
Buffy scosse il capo, dolcemente.
William si avvicinò a lei di soppiatto.
“Ti è capitato qualcosa? Sembri più stanca del solito, malinconica … Vuoi parlarne?”
“Non particolarmente, no.”



Il vento ingrossava le onde scure, attraversate da gabbiani candidi alla ricerca di cibo.
Buffy rideva di gusto, abbracciata a William che aveva indossato una giacca pesante e morbida e si era steso sulla veranda illuminata dal sole.
“… Così hai tentato di sedurre una possibile acquirente?” chiese, con le lacrime agli occhi per il divertimento.
Lui ghignò, diabolico.
“Cosa avrei dovuto fare? La signora non sembrava molto interessata al mio lavoro, dovevo puntare decisamente su altro.”
“Sei proprio un disgraziato! Vendi il tuo corpo per –“
“… Per promuovere la mia arte. Sono certo che sia una buona scusa, sempre migliore di tante altre. Inoltre l’algida russa era davvero molto bella.”
“Ah!” esclamò Buffy, alzando appena il capo. “Dunque, adesso, ti piacciono le russe!”
“Solo se sono bionde e con gli occhi verdi.” Dichiarò lui, ostentando serietà e sicurezza.
“Quindi io potrei piacerti?” provocò la candidata, carezzandogli il torace.
“Non sei russa.”
Buffy scoppiò a ridere e chiuse gli occhi.
“Non la capisco davvero questa cosa della bisessualità.” Sussurrò. “Secondo me, dovrebbe sempre piacere uno dei sessi più dell’altro, dovrebbe esserci una sorta di preferenza. Oh, non sono un’esperta e detesto i maledetti puritani – falsi! – che criticano le scelte sessuali degli altri. Che male ci sarà mai ad amare uomini e donne allo stesso modo? Perché cavolo la legislazione non dovrebbe riconoscere uguali diritti a tutte le coppie?”
“Non cominciare con la politica, adesso! So che è il tuo pane quotidiano, ma a me basta il telegiornale della sera e il Times.”
“D’accordo, mi tappo la bocca.”
Will annuì e chiuse il discorso con un bacetto in fronte.
Buffy accolse il gesto d’affetto con stupore muto.
“Stai meglio adesso?” chiese lui. “Ti ho fatto dimenticare qualche guaio?”
“Sì. Devo ammetterlo, sto meglio.”
“Ma non vuoi dirmi cosa è successo.”
“Non importa poi, sai? Ordinaria amministrazione nelle relazioni tra uomo e donna. Un settore in cui, da una vita, ho una fortuna inesprimibile! Non importa davvero, supererò anche questa.”
“Un uomo ti ha appena spezzato il cuore: non dovresti reagire in modo così indifferente e rassegnato.”
“Vorresti vedermi piagnucolare come una quindicenne?”
“No, non riuscirei a calmarti.”
“Bene, allora! Comportiamoci da persone adulte. Come va la storia con Liam? Ti rende felice? È diverso?”
William inarcò il sopracciglio sinistro, dubbioso.
“Cosa vorrebbe dire diverso? E, poi, ti sembra il modo di cambiare discussione?”
“È un volo pindarico! Se potevano farlo i greci, posso farlo anch’io.”
“Mi tratta bene.” Sorrise lo scultore, rispondendo alla domanda. “Mi tratta davvero bene.”
“Sono contenta.”
“E non è per niente … diverso in che senso? Più felice e meno musone? Ti assicuro che, quando entra in camera da letto, abbandona quell’aria da esistenzialista depresso!”
La candidata rise, arrossendo.
“Oddio, non posso pensarci! In testa mi parte una specie di musichetta da film porno di quinta categoria!”
“E da quando guardi i porno?!”
Lei ridacchiò ancora.
Tornò seria in un istante.
“La verità è che non riesco ad immaginare Liam felice. Non nell’intimità, almeno.”
L’espressione di William si fece più dolce, comprensiva.
“Mi dispiace per quello che è successo tra voi.”
“Acqua passata!”
“Mi dispiace comunque. Deve essere stato –“
“Acqua passata, ho detto.” Interruppe Buffy, bruscamente. Aggiustò i capelli, allontanandosi dall’amico. “È stata un po’ una pugnalata,” ammise. “Ma sono cresciuta e sono assolutamente sopravvissuta. Nessun rancore.”
“Buon per te. Io non riesco a pensare a quello che hai passato … o, almeno, ci riesco, ma mi fa soffrire. Forse perché capisco cosa significa amare qualcuno e non poterlo avere.”
La candidata chinò il capo, vergognosa.
Catturò tra le dita la coperta da campeggio tra le sue gambe e la strinse nervosamente.
“Liam è stato il mio primo vero amore.” Confessò a mezza voce. “Prima di lui avevo frequentato altri ragazzi, ma non avevo mai provato un tale desiderio, una tale voglia di stare con qualcuno. Liam era inafferrabile, misterioso, bellissimo. Anche adesso è davvero bello e tu sei molto fortunato!”
“Lo so.”
“In ogni caso, lui aveva questo rapporto conflittuale con le sue origini, con la sua sessualità … non permetteva a nessuno di avvicinarsi e credevo che il fatto che mi avesse concesso di stargli accanto significasse qualcosa di speciale. Non era così.”
“Ma lui ti voleva bene sinceramente. Ti vuole ancora molto bene.”
“Sei gentile.” Sorrise Buffy, lusingata. “Anch’io gli voglio molto bene, ma adesso so che è omosessuale e che non potrà mai, mai cambiare la sua natura, neanche per me. Ai tempi in cui lo frequentavo, stavamo insieme ... Credevo di piacergli e credevo che saremmo durati per sempre. Avevo anche fantasticato sul … oh maledizione! Sul matrimonio.”
“Dev’essere stata dura accorgersi di quello che stava realmente accadendo.”
“Sì. Soprattutto perché lui si è lasciato andare, abbandonandosi all’alcool, agli eccessi … Mi ha fatta soffrire, non è stato un bel periodo quello. Ancora adesso lo ricordo come uno dei più bui della mia vita. Per questo sono contenta che tutto si sia sistemato. Inoltre sembra la trama di una schifosissima soap opera: doni il cuore ad un ragazzo e quello, puff!, si scopre gay! La vita è piena di sorprese.”
William rifletté, silenzioso, e attirò l’ospite in un abbraccio confortante.
“Non tutti si scopriranno gay, sai? Non tutti scapperanno via da te. Incontrerai un uomo intelligente abbastanza da accorgersi della sua fortuna.”
“Incontrerò l’uomo dei miei sogni.” Scherzò lei, con animo più leggero.







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Capitolo 16
*** 17 ***




 

 

 

 

17.









Prima di congedarsi dall’hotel dove si svolgeva una conferenza stampa dedicata alla campagna elettorale, Lindsey decise di chiamare Buffy per sentire come stava. Interruppe la telefonata al secondo squillo, arrabbiato per la sua stessa idea imbarazzante e ingenua. Optò per una chiamata a Fred, che in quel momento doveva trovarsi nella segreteria della sede centrale. Ottenne l’informazione desiderata: Buffy era tornata in ufficio a prendere qualche documento.



“Permesso?”
“Avanti.” Mormorò la candidata, accantonando gli articoli di giornale che aveva preso a visionare.
Lindsey sorrideva all’ingresso della stanza.
“Accomodati pure.” Disse lei, senza intonazione. Portò una mano al ciondolo che indossava e lo strinse, roteandolo. “Sei qui per aggiornarmi?”
“Più o meno. Non è stato detto granché, a parte le solite stronzate …”
“Solite stronzate? Lascia giudicare a me l’importanza di quello che è stato discusso alla conferenza. C’erano i membri del corpo di polizia, non è così? Sono tutti schierati con Wilkins?”
“No, non tutti. Uno dei dirigenti andrà in pensione tra qualche giorno. Molti pensano che questo potrebbe condizionare pesantemente l’orientamento del corpo di polizia nelle prossime elezioni, ma io sono di parere contrario. Del resto conosciamo il nome del sostituto.”
“Tu lo conosci.” Puntualizzò Buffy.
Lindsey alzò le braccia in segno di resa.
“Gunn,” rispose. “Charles Gunn. Giovane e promettente allievo del vecchio sergente Porter. Un uomo nuovo, veramente.”
“Ci complimenteremo col signor Gunn.”
Il campaign manager ridusse gli occhi chiari a due fessure.
Scrutò Buffy, truccata e bella, col solito chignon ed una maglia nera che la rendeva ancora più sensuale. Venne preso da una botta di rimorso a tradimento.
“Non credi che dovremmo parlare, adesso?”
La candidata sollevò le sopracciglia.
“Sì?” chiese, fintamente indifferente.
“So che avevamo detto che –“
“… Che ci saremmo comportati da persone adulte. È quello che stiamo facendo, giusto? Tu sei venuto qui esclusivamente per darmi gli aggiornamenti ed io ti ho ascoltato con calma, senza scagliarti contro anatemi biblici. Sono una donna matura, Lindsey. So gestire una notte di sesso con un collega.”
“Volevo solo che sapessi …” iniziò lui, interrompendosi immediatamente. “Volevo che sapessi che non sono fuggito.”
L’espressione di Buffy tradì finalmente un certo risentimento, una debolezza abilmente nascosta sotto strati di orgoglio e noncuranza.
“Farebbe qualche differenza?” domandò, controllando il tono di voce più acuto del solito. “Ti ho già detto che i quindici anni li ho superati da un tempo e so gestire una situazione come la nostra.”
“E che situazione sarebbe?”
La candidata roteò gli occhi, ammutolita.
Fece per alzarsi ma Lindsey le afferrò un polso, veloce.
“Mi dispiace.” Sussurrò, sincero.
Buffy si indurì di riflesso.
“Non fa niente. Ora scusami, sono stanca.”



Liam raggiunse casa di William solo dopo le dieci.
La conferenza stampa era stata più noiosa, lunga e snervante del previsto. Aveva dovuto fermarsi a chiacchierare con ufficiali che avevano pubblicamente riso di lui a tempi della dipendenza dall’alcool. Aveva gestito le relazioni in modo brillante, da manuale.
Si sentiva esausto.
“Sono così stanco …” sospirò, entrando in casa di Will che lo aiutava a togliere il cappotto.
“Lo vedo.” Disse lo scultore, baciandolo.
Un profumo delizioso si diffondeva dalla cucina all’ingresso.
“Hai fatto della zuppa di pesce?”
“Non ti piace?”
“Al contrario, la adoro.” Mormorò Liam, assaggiando nuovamente le labbra dell’amante.
Si diresse in bagno, a darsi una rinfrescata, e raggiunse William che stava apparecchiando nel salone centrale.
“C’è un po’ vento, altrimenti andremmo in veranda. Non voglio mangiare zuppa e sabbia! Quando farà più caldo potremo metterci lì, però. L’estate si avvicina.”
“Assieme al ventuno giugno.”
“Giornata difficile?”
“Diciamo che ho incontrato persone che avrei voluto non incontrare.” Rispose il manager, portando in tavola una bottiglia di vino e dell’acqua naturale.
La cena con William fu veramente piacevole, familiare.
Liam riuscì a parlare abbastanza per i suoi standard, a rispolverare qualche ricordo del passato non troppo doloroso. Venne ascoltato con attenzione e divertimento.
“Mi aiuti a sparecchiare?”
“Certamente.” Rispose il manager, alzandosi di scatto.
William lo fermò, ridendo.
“Non all’istante, sai? Possiamo stare un po’ così, se vuoi.”
Liam tornò a sedersi, rosso di vergogna.
“Potresti dormire qui.” Propose William, serio.
“Tu lo vorresti, ti piacerebbe?”
“Te lo sto proponendo, quindi mi piacerebbe decisamente. Inoltre è tardissimo e tutti questi viaggi ti stancano. Potresti fermarti a dormire qui e ripartire domattina.”
Liam esitò.
“Sì.” Rispose, infine.
L’amante sorrise compiaciuto, sorseggiando vino.
“Mi sento solo delle volte.” Sussurrò, seducente. Si alzò e raggiunse Liam. Lo baciò, sedendosi sulle sue ginocchia. “Potresti tenermi compagnia …”
“Quindi è questa la ragione della tua offerta generosa?”
William ghignò, divertito.
“Mi hai sgamato.”
Liam gli carezzò il volto con grande dolcezza e prese a mordere le sue labbra, ad indugiare con le dita sul cavallo dei pantaloni. Sentì William gemere.
“Sparecchiamo dopo, vuoi? Andiamo di là …”
Si fece strada nella villa che conosceva alla perfezione ormai.
Accese la luce in camera da letto.
“Mi sei mancato.” Mormorò, premendo William contro una parete.
Lui sorrise.
“Non sei troppo stanco per questo?”
Liam non rispose. Lo spinse contro il letto e gli strappò di dosso la maglia che indossava. Si tolse la giacca e la camicia, lasciandosi carezzare le spalle ampie.
“Mi piace il tuo tatuaggio …”
“Davvero, Will?”
“Quando l’hai fatto e cosa significa?”
Liam si lasciò spogliare, stendendosi tra le lenzuola profumate.
“Non conosco il significato … ero giovane e mi piaceva molto il disegno. In seguito non ho mai approfondito, forse perché non mi interessava. È stato solo un modo per distinguermi quando avevo poco più di vent’anni. Ti annoio a raccontarti queste sciocchezze?”
William rise.
“Smettila di essere tanto insicuro! Non vedi che voglio stare con te?”
Liam trattenne il fiato, stupito dall’ammissione così diretta.
Sentì una presa implacabile che gli serrava i polsi e lo costringeva ad aggrapparsi alla testiera del letto.
“Will …” chiamò, eccitato.
“Ti fidi di me?”
“Cosa?”
“Ti fidi di me?” chiese lo scultore, sventolando la cravatta dell’amante.
Liam annuì e si lasciò immobilizzare le mani senza opporre alcuna resistenza.
Chiuse gli occhi quando sentì la bocca di William che, lenta, scendeva sul suo torace, leccando ogni centimetro di pelle al suo passaggio.
Trattenne il fiato.
“Sei così fottutamente bello, Liam …”
Il manager ansimò, inarcando la schiena.
Sentì le dita di William che lo percorrevano frenetiche, abbandonandosi alla passione.





 





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Capitolo 17
*** 18 ***


 




 

 

18.









William dormiva beatamente tra le lenzuola stropicciate.
La cravatta – le cravatte - che aveva usato per movimentare la serata giacevano ai suoi piedi, in attesa di essere calciate sul pavimento in un gesto involontario del sonno. Lo scultore passionale e malizioso sembrava un angioletto senza colpe, addormentato profondamente.
Liam lo attirò a sé e lo baciò, giocherellando coi capelli biondi.
Indugiò nelle effusioni, beandosi del calore del suo corpo, provando a contenere la malinconia profonda che sentiva nel stringerlo. La relazione con William pareva un sogno gioioso che presto si sarebbe infranto.
Col cuore colmo di tristezza, il dirigente abbandonò l’amante e si diresse in cucina a prendere un bicchiere d’acqua.
La tavola era ancora imbandita.
Mosso dal senso del dovere, Liam sistemò i piatti nel lavello e posò la tovaglia, piegandola e poggiandola ad una sedia. Prese la bottiglia di vino, la posò nel frigo.
Chiuse gli occhi, amareggiato.
Nell’oscurità della stanza riusciva a scorgere alcuni oggetti di arredamento: la vecchia chitarra di Giles, le foto …
Raggiunse lo strumento musicale e sfiorò una corda con le dita, saltando di scatto per il rumore che gli parve un tuono nel silenzio generale.
Passandosi una mano in fronte, forte dello scongiurato pericolo, Liam prese un ritratto di William e Giles. Lo studiò con attenzione.
“Sei sveglio?”
Saltò di nuovo.
“Scusami.” Mormorò William, strofinando gli occhi gonfi per la stanchezza. “Non volevo spaventarti. Mi sono svegliato e tu non c’eri.”
“Sono venuto a prendere un bicchiere d’acqua.”
“Ed hai anche sparecchiato, a quanto vedo.”
“Sì. Io, beh …”
Lo scultore si avvicinò sorridente.
Leccò le labbra di Liam, sfoderando il solito ghigno malizioso, tremendamente sensuale.
Tornò serio una volta notato l’oggetto nelle mani dell’amante.
Stavolta fu Liam a scusarsi.
“Mi dispiace. Non volevo frugare tra le tue cose.” Disse.
Posò la foto, scuotendo il capo imbarazzato.
William non rispose.
“Vuoi venire a letto o …?”
“Certo. Certo che sì.”
“La foto l’abbiamo scattata dopo il trasferimento in questa casa. Non volevo toglierla, mi ricorda tanti bei momenti.”
“Non devi toglierla.”
William esitò, incerto.
Liam, allora, si armò di coraggio e prese il suo volto tra le mani. Lo baciò.
Non era più il gioco lussurioso di qualche ora prima, né la carezza divertita appena goduta. Non era solo mera attrazione fisica. Il bacio che seguì la parole di Liam fu dolce, profondo, lento.
William fu il primo a staccarsi.
“Liam …”
“Stai bene?”
“Sì. Sì, sto bene.”
“Vogliamo tornare a letto?”
“Sì.” Sospirò lo scultore, lasciandosi condurre in camera.



Nonostante la stanchezza Buffy non riusciva a chiudere occhio.
Stesa in silenzio, sul matrimoniale troppo grande e vuoto che aveva riempito di dolcetti e appunti e abiti, la candidata guardava con indifferenza le immagini che scorrevano sullo schermo. A quell’ora della notte davano un vecchio film di Hitchcock, uno di quelli che da bambina aveva visto più di una volta. Ricordava ogni singola scena.
“Ed ecco che Scottie comincia a capire …” sospirò annoiata, togliendo l’audio.
Prese fiato e decise di alzarsi.
Cominciò a passeggiare nell’appartamento solitario.
Si sedette a tavola, accendendo la luce, e rispolverò qualche vecchia foto dell’adolescenza. Giles che la affiancava ad un convegno, Liam che le dava un bacio, Willow ed Oz che posavano per un ritratto di coppia ...
Si sentì improvvisamente triste, desolata, e dovette trattenere il pianto.
“Che stupida!” esclamò, rimproverando se stessa.
Corse in bagno a sciacquare il viso e rovistò nell’armadietto dei farmaci.
I tranquillanti erano collocati al solito posto. Da anni.
Buffy li scrutò, inespressiva, e scelse si chiudere lo sportello, come sempre faceva, senza prendere neanche una pillola.
Tornò a letto.



“Hai una faccia!” borbottò Willow, avvicinandosi al buffet allestito per la colazione.
Buffy aveva preso una tazza di succo d’arancia e un biscottino, a malapena identificabile come cibo.
“Non sono riuscita a dormire ieri notte. I miei vicini facevano casino.”
“Davvero? Ho sempre saputo che i tuoi vicini fossero gente silenziosa e molto educata!”
La candidata roteò gli occhi, dirigendosi in fretta alla sala trucco.
Si sedette sulla poltrona reclinabile, ignorando la presunta colazione che aveva scelto.
“Non c’è niente che una buona dose di fondotinta non riesca a sistemare.” Annunciò, rivolta alla truccatrice. “Vedrai come sarò bella uscita di qui. A che ora ho l’incontro con le impiegate dei consultori?”
“Alle undici.”
“Magnifico.”
Buffy si immobilizzò, lasciandosi truccare sotto lo sguardo incuriosito e preoccupato di Willow. Strinse i margini della poltrona, cercando di controllare ogni possibile reazione, e sorrise allo specchio, soddisfatta per il risultato raggiunto.
“Vedi?” mormorò. “Sembro una fotomodella.”
L’amica si arrese, ghignando.
Posò il fascicolo di informazioni circa l’incontro imminente e si allontanò in direzione della segreteria d’ufficio.
Buffy restò sola.
Prese i fogli e cominciò a visionarli.
Vide i volti delle donne che avrebbe incontrato.
Assistenti sociali, psicologhe, avvocati … molte volontarie impiegate tre pomeriggi a settimana per puro impegno personale, un mare di ragazzine piene di problemi.
Rifletté e scelse di togliere quell’orrendo trucco che la rendeva una bambola di plastica, una donna finta in mezzo alle altre donne. Si diresse all’auto, addentando una merendina.
“Partiamo immediatamente.” Disse. “Stavolta arriveremo in anticipo.”
Lindsey, alle sue spalle, non ebbe neanche il tempo di fiatare.



L’aula d’ospedale riservata all’incontro era ancora in fase di allestimento, quando Buffy fece il suo ingresso.
Le volontarie, imbarazzate, si affannarono in scuse che lei sminuì con sorrisi gentili e battute.
“Sono venuta a vedervi al vostro meglio,” fece. “E il vostro meglio è già questo, senza bisogno di striscioni, cartelloni o altro. Voi siete quello che realizzate.”
Un applauso fortissimo seguì il discorso di presentazione.
Buffy si lasciò condurre per i corridoi del centro dedicato alle ragazze madri, alle giovani adolescenti in situazioni difficili. Strinse decine di mani e si lasciò raccontare i problemi e le speranze delle assistite.
Non degnò di uno sguardo Lindsey che, del resto, la seguiva a distanza, affascinato e quasi intimorito dal suo approccio diretto con la gente. Ancora afflitto dal senso di colpa.
“Sei intoccabile oggi.”
“Non direi.” Mormorò Buffy, alzando lo sguardo stanco.
Le occhiaie rivelavano una notte insonne, una grande fatica. La palle pallida risultava comunque morbida, profumata.
Lindsey si ricordò intento a baciarla.
“Hai avuto un’ottima idea … decidere di non mettere il trucco, sembri una donna vera.” Aggiunse il campaign manager, ammirato.
Buffy non trattenne un sorriso.
“Sarà che sono una donna vera?” ribatté, tornando immediatamente seria. Chinò il capo, aggiustando la sciarpa di seta azzurra che indossava. “Non è tutta una strategia, sai?”
Lindsey esitò.
“Non è tutta una strategia.” Ripeté lei, alzando lo sguardo enigmatico.
Le sue dita calde lo sfiorarono appena e Lindsey deglutì, incapace di proferire parola.
Il manager quasi rise di sé, della sua goffaggine inaspettata.
Carezzò il volto di Buffy che si allontanava, lasciandolo.


 

 

 




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Capitolo 18
*** 19 ***




 

19.





 





Buffy era piccola.
Allacciata al suo corpo teso, eccitato risultava morbida e fragile al contempo. Tanto magra da far paura, da suscitare un senso di protezione e l’istinto sensuale di stringerla più in alto contro la parete, ancora più in alto.
La candidata gemette, lasciandosi togliere il foulard di seta, offrendo il collo ai baci dell’amante affamato.
“Lind … Lindsey … fammi scendere …”
“Non ci penso neanche.” Replicò d’impulso il manager, spogliandosi della giacca fastidiosa. Tornando a baciare il collo di vaniglia, i capelli profumati. “Ho bisogno di te.”
Buffy si concesse ad altri baci appassionati, prima di scostare gentilmente le mani di Lindsey e di separarsi da lui.
“È tardi e sono stanca.” Si giustificò, chinando il capo.
Lindsey quasi non credette alle sue orecchie.
“Cosa?” chiese. “Mi hai attirato fin qui, baciato per dirmi che era troppo tardi? Per darmi un due di picche al momento buono?!”
Lei si infuriò e non fece nulla per celare la sua rabbia.
“Ti ho attirato?!” esclamò a gran voce. “Io ti avrei attirato?! Ma ti senti quando parli: sembri uno di quei maniaci sessuali che accusano le loro vittime di essere causa dei loro crimini! Pazzesco, incredibile!”
“Ma com’è che, ogni volta che litighiamo, devi tirare fuori la storia dei maniaci sessuali?! Non ti sembra una cosa assurda e vagamente offensiva? Ti sembro uno disposto a fare del male per godere?!”
“Non sto dicendo questo, Lindsey.”
“Ah no? Perché l’associazione è alquanto allarmante!”
“Non rigirare la frittata!” esclamò Buffy, imbronciandosi come una bambina capricciosa. “Sei tu che sei voluto salire nel mio appartamento, sei tu che mi hai premuta contro la parere e sei tu che mi hai –“
“Abbandonata la notte scorsa.”
“Non stavo affatto dicendo questo.”
“Buffy, per favore, non aggrapparti agli specchi …”
La candidata allargò le braccia e roteò gli occhi, ostentando esasperazione.
“Io! Aggrapparmi agli specchi … io!
Lindsey provò a cedere, a risultare più accomodante, per placare lo sfogo della donna di fronte a lui.
“Non sono scappato per lasciarti, perché non m’importava di te. Sono scappato perché ho dovuto.”
Buffy tacque e portò le mani ai fianchi.
“Sentiamo.” Concesse, dopo qualche secondo di riflessione silenziosa.
“Mia madre stava male ed sono dovuto correre da lei.”
“Tua … madre?”
Lindsey fece spallucce.
“Non mi sono creato da solo.”
“E non fare sarcasmo! Voglio dire, tu hai una madre e lei si è sentita male? Cosa le è capitato?”
“Ha avuto una delle sue solite ricadute. Lei è ricoverata in una clinica privata da anni ormai, solo che ogni tanto ha paura e chiede di me.”
“Mi dispiace.” Sussurrò Buffy. “Non avevo idea di quale situazione stessi attraversando.”
“Io non attraverso nessuna situazione.” Sbottò Lindsey, offeso. “Non sono certo caduto in depressione e non metterò le mie aspirazioni in un angolo per fare da babysitter a qualcuno. Ho una vita, una vita migliore di quella che avrei potuto condurre nel maledetto paesino del Texas dove sono nato!”
“Non volevo insinuare nulla. Hai portato tua madre con te, però … se posso farlo notare.”
Il campaign manager annuì di malavoglia.
“Sì, l’ho portata con me. Nessuno si sarebbe preso cura di lei, quindi non aveva senso lasciarla in America, giusto?”
“Giusto.” Convenne Buffy, chinando il capo.
L’atmosfera si era decisamente raffreddata, anche l’intento di un possibile dialogo serio su quanto accaduto la notte precedente era stato accantonato e perso di vista.
“Questo è perché io voglio che tu sappia … io voglio che tu sappia che non l’ho fatto di proposito.” Esalò Lindsey, tutto d’un fiato.
Buffy accettò le sue spiegazioni.
“Non importerebbe comunque, vero?”
“Perché lo pensi?”
“Siamo in piena campagna elettorale ed uno scandalo sessuale sarebbe l’ultima cosa da augurarsi. Neanche io voglio mettere da parte le mie ambizioni. Per un uomo, soprattutto.”
Il campaign manager non rispose.
Annuì, infine.
“Hai perfettamente ragione.” Disse, prendendo la giacca e le chiavi dell’auto.
Buffy lo guardò allontanarsi senza reagire.
Chiuse gli occhi, nel sentire le labbra morbide, maschili premute contro le sue.
“Ci vediamo domani al lavoro?”
“Vengo a prenderti alle nove. Ho già fatto una scaletta.”



William rideva senza sosta, rotolando sul letto e scostando a forza i cuscini che gli impedivano di sfuggire al tocco di Liam, che lo torturava col solletico.
“Non credevo che fossi tanto sensibile … no, aspetta. Lo sapevo.” Scherzò il dirigente, sollevando la maglia dell’amante.
William si tese e gli morse una mano.
“Ahia! Ma cos -?! Ma ti sembra modo?”
Tornò a stendersi, tra le risate, consolando il povero cucciolo ferito a furia di baci.
“Così va meglio.” Sospirò Liam, chiudendo gli occhi che William adorava.
Così profondi e pieni di tenerezza, con un taglio particolare che non cessava di affascinare lo scultore.
“Sei così bello.” Mormorò William. “Davvero bello. Non hai mai pensato di fare il modello?”
Liam scosse il capo.
“Come mai?”
“Non saprei, io … ammetto di avere consapevolezza del mio successo con le donne … ahem, con gli uomini, ma non ho mai pensato di avere quel genere di bellezza. Sai, quella che ispira i fotografi o gli artisti.”
“Io sono un artista e, secondo me, tu hai proprio quel genere di bellezza.”
“Sei gentile.”
Liam si chinò per un bacio dolcissimo, lento.
Sfiorò con le mani fredde la pelle di William, coperta da un leggero strato di cotone, e indugiò sulle pieghe del torace, sull’addome teso.
“Domani dovrò partire da qui alle cinque del mattino.”
“Alle cinque?”
“Sì, è in programma un grande comizio pubblico. Sarà una giornata faticosa.”
“Devi essere molto stressato di questi tempi.”
“No …”
“Come?”
“No.” Ripeté il manager, facendo spallucce. “Sono sereno, invece.”
William spalancò gli occhi, trattenendo il fiato per lo stupore.
Sorrise.
“Sei l’uomo politico ideale: reggi la pressione e non ti dai vinto.”
“Non è per quello, William. È che mi sento così … è come se la campagna elettorale, in cui ho investito ed investo forze e tempo, sia divenuta meno importante, secondaria per la mia felicità. C’è altro … altre cose magiche e meravigliose che mi fanno sentire appagato. Ci sei tu.”
Lo scultore dovette irrigidirsi, timoroso.
Non aspettava una tale dichiarazione.
Liam percepì il suo affanno e s’intristì immediatamente.
“Mi dispiace.” Si scusò. “Non volevo affrettare le cose, non volevo che tu ti preoccupassi … fai finta di non aver sentito nulla.”
Si voltò e si stese sul materasso, sistemando i cuscini sotto il capo.
William lo raggiunse.
“Non devi scusarti.” Disse, abbracciandolo. “Solo non aspettavo …”
“Sì, l’ho capito.”
“Sono felice di essere tanto importante per te …”
“Non c’è bisogno di aggiungere nulla.”
Lo scultore pretese un bacio profondo, che fece sprofondare Liam nella più completa confusione.
“È così strano … così strano essere tanto speciale per te.”
“William …”
“Voglio che mi baci, che mi fai sentire quanto tieni a me.”
“Ti prego, non fare questo.”
“Ne ho bisogno, Liam, ne ho tanto bisogno. Fammi sentire.”
Il dirigente si sedette e attirò l’amante a sé.
Lo baciò come fosse l'ultima volta.

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 19
*** 20 ***




 

 

20.










L’ufficio pullulava di dipendenti indaffarati e nervosi, che correvano da un capo all’altro della stanza ricevendo telefonate, trascinandosi appresso documenti, scrutando i monitor dei computer.
Fred, velocissima, si occupava del coordinamento del settore informatico: aveva intrecciato i capelli lunghi con tre matite e indossato gli occhiali per non forzare troppo la vista; Xander andava e veniva dal primo all’ultimo piano della sede centrale, portando di volta in volta notizie sempre più preoccupanti.
A dirigere le operazioni era Willow, determinatissima ed esasperata.
“Quando arriverà Liam?”
“Tra mezz’ora. È quasi all’ingresso della piazza, ma non riesce a passare perché c’è traffico.”
“Ottimo. Mezz’ora, mezz’ora, mezz’ora. Niente panico, Willow.”
“Dicono che l’intervista stia per andare in onda!”
“Sintonizzate la televisione sul sesto canale! Dove diamine sono Lindsey e Buffy?!?”



“… E così il Texas non ti piaceva ma Los Angeles sì.”
“Ti risulta così difficile immaginarlo?”
“Assolutamente. Anche io amo molto Los Angeles. Ci sono nata, sai?”
Lindsey sorrise, affiancandosi alla donna che ansimava piano tra le sue braccia, premuta tra la parete del ripostiglio e il suo torace.
Buffy era bellissima, calda e rilassata.
Aveva abbassato leggermente le mutandine di seta che e sbottonato la camicia stretta, per lasciarsi accarezzare.
“Hai dei piedi adorabili.” Fece lui, serio.
Lei rise.
“Come diavolo fai a vedere i miei piedi nel buio pesto di uno sgabuzzino, con me che sono alzata?!”
“Li vedo lo stesso. Sono bellissimi.”
Il campaign manager si chinò e prese tra le mani i piedi scalzi, baciandoli significativamente. Strappò l’ennesima risata all’amante.
“Tu sei pazzo!”
“Questa è una posizione molto interessante.”
“Direi di sì: sei ai miei piedi.”
“Una posizione interessante per fare tante cose vietate ai minori ...”
Buffy arricciò il naso, portandosi le mani al ventre.
“Vuoi distruggermi? Sono una povera ragazza che deve camminare ancora molto!”
“Camminerai, te lo assicuro. Forse.”
“Manager sciocco, devi tornare al lavoro.”
Lindsey si alzò nuovamente e prese tra la braccia la sua candidata piccola e dolce.
“Dovremmo raggiungere gli altri …”
“Vero.”
“Dovremmo …”
Lei si lasciò andare, inarcando la schiena, offrendo la curva del collo profumata dai capelli biondi.
“Mi fai impazzire ...”
“Tempo di alzarsi!” sbottò, separandosi bruscamente dal manager, indossando le mutandine e abbottonando la giacca. “Tutti si chiederanno dove siamo.”
“Avresti potuto evitare di spingermi via come un sacco di patate.”
“Non fare il delicato! Non ti ho mica colpito.”
“Quando siamo entrati sì.”
“È stato incidentale! Incidentale. Lo ripeterai fino alla vecchiaia?”
“Potrei, se continui a renderti così insopportabile.”
Lindsey sistemò i capelli, portandoli indietro con le dita.
Diede uno scossone ai vestiti e aggiustò la cravatta allentata, prendendo un respiro.
Fece strada a Buffy, che si assicurava che il corridoio fosse deserto.
“Saranno al piano di sopra …”
“Lo credo anch’io.”
I due amanti in incognito raggiunsero l’ascensore, assicurandosi di non essere visti e apportando gli ultimi ritocchi alla loro immagine. Avrebbero detto di essere arrivati separatamente e di aver fatto una sosta al caffè, prima di raggiungere di altri.
“Cosa diavolo sta succedendo?” mormorò Buffy, travolta dalla confusione dell’ufficio affollato.
Willow la raggiunse immediatamente e la trascinò davanti ad un monitor, afferrandole il braccio.
“Dove ti eri cacciata? Ti abbiamo cercata per tutta Londra! Non rispondevi neanche al cellulare e ci siamo preoccupati!”
“Beh, io …”
“Hai visto i notiziari? La rubrica delle cinque? Hai sentito le ultime dichiarazioni di Warren? Hai letto i giornali?”
“Io … io …”
“Cosa succede?” chiese Lindsey, freddo e lucido. “Che dichiarazioni ha rilasciato Maers?”
Willow scosse il capo, sconfitta.
“Nell’intervista del mattino ha detto che avrebbe fatto una serie di rivelazioni sulla vera identità di Buffy Summers. Stiamo attendendo, non sappiamo davvero cosa aspettarci.”
Buffy deglutì, sopprimendo un moto di terrore paralizzante.
Si avvicinò allo schermo senza proferire parola.
“E cosa potrebbero dire su di lei?! Che cazzo potrebbero tirare fuori, se non ha mai combinato niente?! Non è mai apparsa neanche nella più insignificante delle inchieste!”
“Non ne ho la minima idea. Credo che Warren abbia preparato una trappola.”
La candidata si portò una mano al cuore e percepì il battito accelerato.
Non riuscì a sentire la voce e le esclamazioni di Lindsey che le chiedeva spiegazioni e la chiamava senza sosta.
“Ascoltiamo.” Disse soltanto.
La sigla annunciò l’inizio dello speciale.
Warren Maers, accomodato in una delle poltrone dello studio, sorrideva ai telespettatori.
Accanto a lui, il cronista del network.
“Buonasera cittadini! Eccoci pronti all’inizio dello speciale sulle amministrative che si svolgeranno il ventuno giugno e che riguarderanno anche la capitale, Londra. In quest’occasione abbiamo invitato in studio il rappresentante del partito conservatore, che appoggia come candidato unico Richard Wilkins, sindaco uscente. Do il benvenuto a Warren Maers, addetto all’ufficio stampa.”
“La ringrazio.”
“Arriviamo immediatamente al dunque: gli ascoltatori si staranno chiedendo cosa significano le ultime dichiarazioni rilasciate dal suo ufficio a proposito della candidata Summers. Vuole spiegarci, signor Maers?”
“Certamente.”
Rispose Warren, sopprimendo a malapena un ghigno soddisfatto.
“Come ognuno di voi potrà immaginare, nel corso di una campagna elettorale si raccolgono quante più informazioni sull’attività e la vita dei propri avversari. Questo non per mero voyeurismo, quanto piuttosto per la necessità di conoscere al meglio il personaggio con cui si ha a che fare.”
“Conosci il nemico, come si usa dire?”
“Beh, sì. È una realtà incontestabile. Inoltre, col nostro lavoro, noi stessi apportiamo un servizio alla comunità, informandola e mettendola in guardia sui pericoli di un voto sbagliato.”
“Non vorrà dire che i cittadini che intendono votare Miss Summers hanno preso una cantonata?”
“A mio modo di vedere sì, naturalmente. Sarebbe curioso se non lo pensassi. Il problema è piuttosto la mancanza di sincerità della candidata riformista, il tremendo segreto che ha celato al suo elettorato e che noi crediamo fermamente di dover portare alla luce. Non si può pensare che una donna capace di celare un accadimento del genere non sia poi capace di fare altrettanto nell’ambito dello svolgimento della funzione pubblica. Buffy Summers è una bugiarda.”
“Spero per lei che sia capace di giustificare affermazioni forti come questa.”
“Assolutamente.”
Fece Warren, accompagnando le parole ad un cenno soddisfatto.
“Abbiamo con noi alcuni certificati e delle foto che dimostreranno la veridicità delle nostre accuse. La pregherei di mandarle in onda.”
L'inquadratura dello studio scomparve lasciando il posto all’ingrandimento di una foto scattata anni prima. Al centro dell’immagine si riuscivano a scorgere delle figure femminili, sedute in un tavolino da bridge che dava su una piscina sgombra; ai lati, infermiere in camice bianco, uomini della sicurezza.
Un cartello sfocato rendeva riconoscibile l’ambientazione: si trattava del giardino di un famoso centro di riabilitazione. Sullo sfondo, riconoscibilissima e sola, Buffy Summers camminava, in pigiama e con un flacone di medicine tra le mani.
“Mi lasci dire,” cominciò Maers, composto. “Che ci scusiamo con gli spettatori per la trasmissione di immagini tanto forti. Sappiamo che susciteranno scalpore e che segneranno l’opinione pubblica inglese. Non volevamo arrivare a tanto, ma pretendiamo onestà e rettitudine, soprattutto da quegli individui che vorrebbero governarci. Buffy Summers è stata ricoverata per nove mesi in un centro di riabilitazione per disturbi psichiatrici. Grazie alla complicità del defunto Rupert Giles, a cui non vogliamo muovere alcuna accusa visto che non potrebbe replicare, ma che intendiamo citare per correttezza, è riuscita a nascondere la verità al mondo. Era ora di gettare una luce su questa pagina oscura.”

 

 

 



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Capitolo 20
*** 21 ***


Eccomi col nuovo capitolo!

Nota iniziale: Ho deciso di chiamare anche Angel col suo nome da umano (Liam); visto che l’ho fatto per Spike/William non vedo per quale ragione non dovevo farlo anche per lui. Mi disturbava un po’ la mancata associazione dei nomi! XD
O sono entrambi Spike e Angel oppure sono William e Liam.

Detto questo, ecco a voi il nuovo capitolo di svolta della storia.
Angel fa il sexy *C*








21.








Lo staff assisteva all’intervista in religioso silenzio.
Solo i respiri di Willow, più affannati del solito, intervallavano le dichiarazioni di Warren Maers, determinato a rivelare l’inganno che si consumava dinanzi agli occhi dei londinesi.
La foto scelta dal portavoce del partito conservatore era particolarmente cruda: non solo Buffy era stata immortalata nel giardino di una casa di cura, ma teneva tra le mani un flaconcino di medicinali che, per associazione, i cittadini avrebbero considerato psicofarmaci.
“Vede, la nostra non è un’orribile campagna diffamatoria,” spiegò Maers, sistemandosi meglio nella poltrona.
“Noi vogliamo aprire gli occhi alla cittadinanza, mostrare ciò che deve essere mostrato! La signorina Summers ha taciuto le vere circostanze del suo ritiro dalla scena politica, anni fa. Vogliamo veramente affidare la nostra città, la nostra amata, illustre città, ad una donna così poco trasparente?”
“Ma stiamo parlando di un trattamento terapeutico! Non trova che l’informazione debba rimanere riservata, per rispetto della privacy di Buffy Summers?”
“È molto più complicato di così. Mi permetto di spiegare agli ascoltatori che …”

“Basta.” Mormorò Buffy, deglutendo inutilmente. “Basta.” Ribadì, alzando il capo.
Il primo sguardo che intercettò fu quello di Xander, che la fissava con occhi enormi per lo stupore e la confusione; accanto a lui c’era un’assistente giovane, appena entrata nello staff e … Lindsey.
Lindsey non diceva una parola.
Era serio, quasi indifferente, distaccato.
Buffy si tenne lo stomaco, sopprimendo una fitta di dolore improvvisa.
“Ho sentito abbastanza.” Disse, controllandosi. “Mi ritiro nel mio ufficio.”
Si voltò. Sentì Willow che la seguiva e la affiancava.
“Loro non avrebbero dovuto! Questa è invasione della privacy bella e buona! Hai sentito cosa ha detto quello stronzo di Warren?! Hanno dei certificati! Documenti medici riservati, che hanno certamente estorto a prezzo di profumatissime tangenti! Li distruggeremo! Sguinzaglieremo i nostri avvocati e dovranno pagarci danni per i prossimi due decenni!”
La candidata non ascoltava una sola parola.
Voleva stendersi un attimo in ufficio. Vomitare.
“Chiameremo Wyndham-Pryce col suo staff al completo! Distruggeremo quelle merde schifose prima del ventuno! C’è tempo prima del ventuno, vero? Non siamo in una condizione così disperata, vero?”
Buffy si aggrappò alla porta, esausta.
Cercò di tranquillizzare Willow, ma non riuscì a dire niente di sensato.
Il suono dell’ascensore la fece voltare: Liam era arrivato.
Il suo sguardo scuro, terribilmente serio tradiva la conoscenza della notizia.
Buffy mosse verso di lui, incerta, bloccandosi a metà corridoio.
Liam la fissava, immobile.
“Per fortuna sei qui!” esclamò Willow, disperata. “Hai appena sentito quello che –“
“Certamente. Mi dispiace.” Rispose lui, avvicinando Buffy, sfiorandole le braccia fredde.
In un istante si sentì catapultato nel passato, in un ufficio notarile accanto all’ex fidanzata che piangeva in silenzio la morte del suo mentore.
“Mi occuperò di te.” Disse soltanto.
La candidata si arrese, socchiudendo gli occhi chiari, abbandonandosi lievemente alla presa gentile.
Willow tacque, riflessiva.
“Ho capito.” Mormorò con ritrovata calma. “Io prendo l’incarico di dirigere le operazioni dell’ufficio stampa. Farò a pezzi i miei avversari.”
“Dovranno stare attenti, allora. Sei pericolosa quando ti arrabbi.” Sorrise Liam, nel tentativo di spezzare la tensione.
Abbracciò Buffy e la condusse all’ascensore.
Lindsey li aveva raggiunti di corsa.
“Ottimo.”
“Cosa?” domandò il dirigente, voltandosi a guardare il campaign manager.
La sua espressione più indurita e gelida del solito tradiva una determinazione feroce.
“Stai portando via Buffy: è ottimo.” Spiegò lui, senza tradire alcuna emozione. “Hai già in mente un luogo sicuro? I giornalisti vi staranno addosso dal secondo esatto in cui lascerete questo edificio.”
“Ho i miei metodi per evitare i giornalisti e, sì, ho già in mente un luogo sicuro.”
“Telefonami quando arrivi e tienimi informato. Provvederò a distrarre l’attenzione con qualche comunicato dell’ultima ora. Distruggeremo la campagna denigratoria montata da Maers.”
“Dovrebbe scegliere Buffy, in merito alla questione …”
La candidata strinse le spalle e annuì.
“Per adesso controbattete alle affermazioni di quell’idiota e smontate la legittimità delle accuse. Hanno frugato nei fascicoli che riguardano il mio stato di salute: hanno commesso un grandissimo errore.”
“Seguiremo questa linea. Dovrai rimetterti in sesto a breve, però.” Insistette Lindsey. “Non possiamo perdere tempo a pochi giorni dall’elezione.”
Lei deglutì, muta.
Si lasciò trascinare in ascensore senza aggiungere nulla.



William corse ad aprire, preoccupato.
“Entrate!” comandò, afferrando il modesto bagaglio portato da Liam, attirando a sé Buffy, che pareva più pallida del solito. “Ho appena finito di guardare lo speciale, non ho parole!”
“Non serve che tu ne abbia, si risolverà tutto molto presto.” Sussurrò lei, lasciandosi condurre nel salone principale.
Liam e William la assistevano come due infermieri premurosi.
“Io devo … devo scappare da qui, nascondere quantomeno la macchina …” cominciò il dirigente, aggrottando la fronte. “I giornalisti potrebbero averci individuati!”
“Non sanno che io abito qui? Non verranno ad appostarsi dietro la mia porta?”
“Non preoccuparti. Giles è stato sempre molto riservato e Buffy è venuta solo qualche volta, sempre da sola o con uomini fidati. Dovranno avere a disposizione alcune ore prima di precipitarsi.”
Lo scultore fece spallucce, pensoso.
Liam gli prese il volto con un gesto deciso.
“Non permetterò che prendano di mira anche te. Ho a disposizione un appartamento a Londra: qualora dovessero arrivare qui, saresti libero di trasferirti. Ti darò anche le chiavi.”
“Non c'è bisogno.”
“Ti prego, William.” Intervenne Buffy. “Lasciaci fare questo per te. Hai già aiutato abbastanza.”
Lo scultore annuì.
Chinò il capo ed esitò, allontanandosi da Liam.
“È un piacere per me.” Disse, sedendosi accanto a Buffy. “Ho promesso che ti avrei aiutata e, come vedi, non intendo sottrarmi. Ti ospiterò per tutto il tempo necessario.”
“Grazie.”
“Sistemo il tuo bagaglio in camera da letto.”
William si allontanò, seguito dall'amante.
Sospirò, poggiando le braccia alla parete della stanza scura.
“Cos’hai?”
“Questa situazione è proprio assurda ed io me ne rendo conto ora. Siete nel bel mezzo di una campagna elettorale e non potete lasciare che le vicende personali –“
“Aspetta, frena! Cosa stai per dirmi?” domandò il dirigente, avvicinandosi d’impulso.
“Non dovremmo.” Mormorò lo scultore, sconfitto.
Liam scosse il capo, negativo, e lo strinse tra le braccia.
“Non dire così, ti prego. Non dirlo.”
William sorrise ironico, nell’incavo del suo collo.
“La cosa sciocca è che mi sento trasportato indietro nel tempo. Stavolta sono io a tirarmi indietro per paura, non Giles.”
Liam si staccò e gli prese nuovamente il volto.
“Non c’è niente che sia più importante di te, per me. Se sarò costretto a chiamarmi fuori per questo lo accetterò volentieri.” Dichiarò, determinato e sincero.
William inclinò il capo, studiando la sua espressione.
“Tutto questo per me … è proprio una stronzata.”
“No.” Rispose Liam. “No. È che ti amo.” Confessò.
William trattenne il fiato.
Si premette contro di lui, baciandolo appassionatamente.
Lo spinse contro la parete, bloccandolo, ed esercitò una leggera pressione volta a dominarlo. Liam si arrese, ansimando. Passò al contrattacco, mordendo la bocca del suo amante con contenuta aggressività, aggrappandosi a lui con forza.
“Sono sincero, ti amo.” Ribadì, prima di staccarsi.
Sistemò la camicia sbottonata e la giacca scura, leccandosi le labbra arrossate.
Tornò in corridoio.

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 21
*** 22 ***


 

Eccomi, aggiorno anche questa storia! *C*
Premetto un piccolo spazio pubblicitario al capitolo: sto terminando LUSSURIA, mancano un paio di capitoli ancora e la storia arriverà a giusta conclusione. Se l'avete seguita, se vi è piaciuta o anche no, leggete gli ultimi sviluppi e fatemi sapere. Ci ho impiegato qualcosa come 3 anni per completarla. ._. Mi piacerebbe sapere che ne pensate e, ecco, condividere un po' di spuffylove. *C*

E torniamo nuovamente qui, alle prese coi problemi di Buffy e la relazione complicata (ma anche no?) di Liam e William.
















22.









William raggiunse il salone.
Buffy si era seduta sul divano ed aveva incrociato le mani sul grembo. Era pallida, visibilmente provata dagli ultimi eventi.
“Dovresti stenderti.” Raccomandò lo scultore.
“Sto bene.”
“Dovresti.” insistette, avvicinandosi ad aiutarla.
Lei oppose una vana resistenza, si vide trascinare tra i cuscini.
“Non sono una bambina!” Protestò.
“Non alzare le tue barriere adesso, non con me.” Replicò lui, poggiandole una mano sulla fronte, come un padre premuroso. “Vado a farti del tè, vuoi?”
Buffy annuì svogliatamente.
Afferrò la coperta poggiata sulla poltrona vicina e la sistemò addosso, chiudendo gli occhi. William tornò dopo qualche minuto, col tè caldo ed un vassoio di biscotti.
“Non ho voglia di mangiare.”
“Lo immaginavo, ma ho tentato lo stesso. Bevi un po’ almeno.”
“Come hanno potuto farmi questo?” domandò Buffy, smarrita e vulnerabile come non mai. “Come hanno potuto?! Tralasciando il fatto che hanno gettato fango su una vita di lavoro, su tutta la campagna … quel momento apparteneva solo a me! Loro lo hanno trasmesso in diretta ed ora tutti sapranno.”
“Pagheranno per questo, lo sai. Si tratta pur sempre di dati sensibili e non c’è stato alcun rispetto per la privacy … non riusciranno a farla franca, dopo un’azione del genere.”
Buffy soffocò un singhiozzò e si nascose ancora di più sotto la coperta.
“Mi hanno umiliata.”
“Non dire così …”
“Mi hanno umiliata pubblicamente.”
William non si trattenne.
Raggiunse la piccola donna stesa nel divano del suo soggiorno e le carezzò le spalle, nel blando tentativo di risultare confortante.
“E adesso …” riprese lei, in lacrime. “Adesso dovrò dimostrarmi più forte, più capace, più decisa. Sorprendere il pubblico, controbattere alle accuse, fronteggiare lo staff! Non posso farcela … non ne ho la forza.”
“Non devi averla in questo istante. In questo istante tu sei con me.”



Liam rientrò alla sede centrale dopo aver percorso un tragitto più lungo in auto, allo scopo di depistare i giornalisti che gli stavano alle calcagna. Raggiunse l’ufficio dove sedeva Willow, intenta a dirigere le operazioni.
“Ho accompagnato Buffy.” Disse, chiudendosi la porta alle spalle.
Lei annuì, posò la cornetta del telefono e fece un cenno del capo.
“I giornalisti –“
“Non ci hanno visti. Se dovessero precipitarsi alla villa, ospiterò Buffy nel mio appartamento.”
“Ottimo. Senti, potrei farti leggere una bozza della querela?”
“Falla leggere a me.” Ordinò Lindsey, introducendosi nella stanza senza salutare.
Willow e Liam si fissarono, muti.
“Avanti!” protestò lui. “Abbiamo poco tempo e dobbiamo muoverci.”
Nonostante qualche resistenza, Willow lesse ad alta voce il contenuto del documento appena redatto.
“Va bene così.” Fecero Lindsey e Liam all’unisono.
Furono loro a fissarsi in silenzio, stavolta.
Willow scosse il capo.
“Bene, perfetto! Tutto perfetto ad eccezione del fatto che vorrei prendere Warren Maers, legarlo da qualche parte, cucirgli quella bocca del cavolo e scuoiarlo vivo, per calmare un pochino i nervi.”
“Da quando sei diventata così … ahem, decisa nel lavoro?” domandò Liam, aggrottando la fronte.
Willow sbuffò e uscì a prendersi un caffè.
“Aspetta, non andare anche tu.” Mormorò Lindsey, rivolto a Liam.
“Cos’è, vuoi dichiararmi il tuo amore?”
Il campaign manager serrò la mascella, visibilmente nervoso.
“Voglio sapere se è vero.”
“Anche se fosse, cambierebbe qualcosa per te? Ti verrebbe una crisi di coscienza, ti allontaneresti dallo staff?”
“Sai che non lo farei mai. Voglio solo sapere.” Insistette. “Lei mi sembrava diversa.” Aggiunse piano, quasi a volersi giustificare.
Liam indugiò a lungo prima di rispondere.
“Lei è diversa.” Disse soltanto.
“Quindi non è vero?”
“Non sto dicendo questo.”
“Figurarsi!” esclamò Lindsey, allargando le braccia. “Ora capisco perché, nonostante tutto, andate così bene d’accordo voi due: siete fatti della stessa pasta! Sempre vaghi, misteriosi e sfuggenti! La gente deve costringervi a dire la verità!”
“E tu come vorresti costringermi, ragazzo?”
Il campaign manager strinse gli occhi, riducendoli a due fessure chiaro.
Liam lo fissava sereno.
“Buffy non ti ha detto nulla per un buon motivo, ne sono certo.”
“E questo te lo racconti per sentirti meglio?”
Stavolta fu il turno di Liam di abbassare il capo in segno di resa.
“Non siamo poi così diversi neanche noi.” Aggiunse Lindsey.
“Sì, lo siamo: tu non le hai spezzato il cuore.”



“Tieni, devi sentire freddo.”
Buffy forzò un sorriso gentile e prese la giacca che William le allungava. Lo scultore si sedette accanto a lei, sul divanetto in terrazza.
“Tra poco arriveranno i giornalisti e voglio guardare il mare finché mi è permesso.” Spiegò la candidata, volgendo lo sguardo stanco altrove. “È davvero bello qui. Forse è proprio quello che serve nella mia vita: il riposo, la quiete, il mare … capisco perché Giles amava tanto questo posto.”
“Lui lo amava, ma amava anche il suo lavoro. Sono convinto che non avrebbe passato il resto della sua esistenza a guardare onde e gabbiani.”
Buffy si voltò, curiosa.
“Ah no?” chiese.
“Credo proprio di no.” Rispose William, sorridente. “So che aveva annunciato il suo ritiro dalla scena politica e che erano mesi che non tornava a Londra, ma sono sicuro che, presto o tardi, avrebbe scelto di rimettersi in gioco, di aiutarti. Nonostante la sua apparenza così composta, Rupert aveva un carattere piuttosto intraprendente. Figurarsi se ti avrebbe lasciata affrontare gli squali da sola!”
“Non immaginavo …”
“Sì beh, lui preferiva non parlarne ma io sapevo lo stesso.”
“Sono stata così cieca!” esclamò lei, dispiaciuta. “Per tanto tempo mi sono detta che tu non eri importante … che non lo conoscevi abbastanza, che il vostro era solo un legame passeggero ... mi rendo conto adesso di quanto mi sbagliavo. Tu dovevi amarlo veramente tanto per capirlo così bene.”
William scosse il capo, incerto.
“Non so … forse avevi ragione tu. Ero l’uomo adatto?”
Buffy gli prese una mano e la strinse tra le sue.
Vinse il moto di imbarazzo che la frenava e attirò lo scultore in abbraccio confortante, materno.
“Certo che lo eri, e adesso c’è Liam. Lui ti ama.”
William chiuse gli occhi senza dire una parola.
Buffy continuò a carezzagli la schiena tesa. Lo sentì rilassarsi appena e provò anche lei una tranquillità inspiegabile.
La parentesi idilliaca venne interrotta da un bagliore sospetto che proveniva dalla spiaggia.
Buffy forzò la vista per individuarne la provenienza e scorse due uomini impegnati a discutere vicino agli scogli.
“Forse sarebbe meglio entrare in casa …” suggerì, dubbiosa.
William si rialzò di scatto. Passò una mano sugli occhi.
“Sì, è meglio.” Concordò, consapevole del problema principale: l’eventualità di giornalisti appostati nei paraggi, pronti a scattare l’ennesima foto compromettente. “Faccio strada.” Mormorò, aprendo la porta a Buffy.

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 22
*** 23 ***


Eccomi con l'aggiornamento.
Che fatica però, portare avanti tutte queste storie. *dies* Mi stresserei di meno se lavorassi ad un libro, credo. XDD

Altra cosa, con questa nuova grafica mi si è incasinato tutto l'html, non capisco perché! Ho mandato già un messaggio in amministrazione, ma aumento il carattere di questo capitolo per facilitare la lettura.

 

 

 

 

 


23.

 

 

 


“Voglio raccontarti quello che mi è capitato.” Mormorò Buffy, le mani strette a quelle di William. “Voglio dirlo a te.”
Lo scultore chinò il capo e, pensoso, scrutò l’intreccio di dita pallide e magre.
Prese un respiro.
“Voglio dirti che … mi dispiace tanto per quel pomeriggio dal notaio.”
“Cosa?!” esclamò, sorpreso.
“Piangevi.” Sussurrò Buffy, atterrita. “Piangevi ed io non riuscivo neanche a …” dovette interrompersi per deglutire.
“Lo capisco, Buffy.”
“Come puoi? Agli occhi di tutti ero gelida, di pietra … io non riuscivo a sentire –“
“Capisco.” Ribadì William, onesto. Abbozzò un sorriso, che risultasse confortante e sincero. “Quello che devi fare adesso è lasciare che anche gli altri capiscano, aprirti con Liam e coi tuoi amici. Con quel triceratopo di manager che ti sta addosso e sembra avere una cotta per te!”
Lei spalancò gli occhi verdi, lucidi.
Scoppiò a ridere.
“Sì!” esclamò, divertita. “Sì!” ripeté, soffiando il naso e scacciando le lacrime che le inumidivano le guance.
“È bravo a letto, almeno?”
“Beh ... solo con la pratica si raggiunge la perfezione, non trovi? Io miro a quella!”
Il ghigno che si dipinse sul volto di entrambi fu un misto di soddisfazione e ansia di agire. Buffy diede un bacio a William, sulle labbra, rapidissimo, e affondò il volto nell’incavo del suo collo.
“Col cazzo che permetterò a quel misogino represso di Warren di mandarmi al tappeto! Devo chiamare Willow!” decise, alzandosi dal divano.
Si voltò, a destra e sinistra, in cerca di un telefono qualsiasi.
Si diede un sonoro schiaffo sulla fronte.
“Chiama Liam!” comandò a William. “Deve portarti fuori di qui! Quei tizi in spiaggia: giornalisti, puoi metterci la mano sul fuoco. Non permetterò che rompano le scatole anche a te, solo perché mi hai ospitata un paio d’ore e, beh … eri l’amante del mio mentore e hai una di relazione col mio braccio destro e hai anche deciso di finanziare la mia campagna elettorale … forse è meglio che tu vada a Londra per un po’, che dici?”
Lo scultore fece spallucce.
Provò a pensare ai lavori che avrebbe dovuto completare in settimana, al problema dell’alloggio …
“Ti ospiterà Liam.” Prevenne Buffy, intuitiva.
“Io …”
Il suono del campanello interruppe l’obiezione.
Era proprio Liam.
“Buffy, tu stai … stai –“ borbottò, timido e apprensivo.
Bene.” Mormorò la candidata, volando tra le sue braccia, trattenendo a stento nuove lacrime che l’avrebbero messa in imbarazzo.
Le epifanie, a quanto pareva, erano questioni vergognosamente sentimentali.
Liam si bloccò, sorpreso dalla manifestazione d’affetto improvvisa. Cercò nello sguardo di William le risposte a quel gesto e ciò che vide lo rassicurò, scaldandogli il cuore.
“Buffy …” sorrise, baciando il capo profumato dell'amica. “Sono felice per te.”
“Ecco, ogni tanto anche tu sei capace di essere felice.” Scherzò lei, staccandosi. “Dobbiamo reagire. Devo parlare con Willow e Lindsey, devo pensare a qualcosa da ribattere a quella merda viscida e invidiosa. Non mi sentirò colpevole per essermi ammalata!”
“No, non lo farai.”

 

Raggiunta Londra, Liam, William e Buffy si separarono: la candidata venne accompagnata da Willow e Fred, che la attendevano nei pressi della sede centrale, pronte a stabilire la strategia di contrattacco; la coppia, invece, si diresse all'appartamento del dirigente politico, a pochi chilometri dal centro.

 

“Eccoci qui.” Mormorò Liam, conducendo l’ospite nell’ingresso buio.
L’appartamento era molto elegante, di considerevoli dimensioni. Collocato all’ultimo piano di uno stabile restaurato di recente, godeva di una vista mozzafiato.
William si guardava intorno, affascinato.
“È tutto un po’ in disordine …” borbottò Liam, spalancando finestre e riordinando oggetti a caso. “Scusami davvero. È ancora da arredare, in effetti, ed avrebbe bisogno di una spolverata. Avrei dovuto chiamare una domestica prima di farti venire qui, ma – Non vengo spesso. Alloggio ancora nel monolocale affittato nei primi anni d’università. Questo appartamento ho deciso di acquistarlo da poco. Mi piaceva.”
“Piace anche a me.” Sussurrò William, attento.
“È una vita che penso di trasferirmi. Credo di aver quasi timore di lasciare il vecchio monolocale. Qui c’è troppo spazio e mi sentirei solo.”
“Dovresti venirci a vivere con qualcuno. Potreste arredare le stanze insieme, dare un senso a tutto lo spazio a disposizione.”
Liam scosse il capo.
Si avvicinò ad una poltrona e tolse il telo che la copriva, tossendo.
“Santo cielo, ci vorrebbe una spolverata sul serio!” esclamò, in lacrime.
William scoppiò a ridere.
“Non soffro d’asma, non aver paura.” Scherzò, carezzando il volto dell’amante affannato. “E poi, col mio lavoro, sono abituato a vivere in mezzo alla polvere.” Aggiunse, sensuale.
Liam inclinò il capo, per godere pienamente della carezza gentile.
Si allontanò subito, intimidito.
“Cosa fai, scappi?”
“Non sto scappando. Non voglio metterti sotto pressione, ecco tutto. Sai già quello che provo per te e …” il dirigente s’interruppe, imbarazzato. “Non voglio metterti a disagio.”
William si avvicinò a lui.
Negli occhi una luce nuova, scintillante.
Che le epifanie fossero pure contagiose?
“Io … ho esitato anche troppo.” Dichiarò solenne, mordendo le labbra rosse che parevano invitare al bacio. “Devi sapere che sono irruento, quando si tratta di uomini o donne che desidero. Sono veramente una puttana dell’amore.”
Liam chinò il capo, restituendo uno sguardo che era scuro e profondissimo.
“Allora conquistami.” Disse, prima di assalire le labbra dell'uomo che amava.

 

 

 

 

 

 

 

 

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