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Lista capitoli: Capitolo 1: *** PROLOGO: Occhi azzurri nel fuoco *** Capitolo 2: *** CAP1: Una ragazza particolare *** Capitolo 3: *** CAP2: Il Consiglio *** Capitolo 4: *** CAP3: Il dolore di uno spadaccino *** Capitolo 5: *** CAP4: Lacrime paterne *** Capitolo 6: *** CAP5: Scelte *** Capitolo 7: *** CAP6: Sangue Oscuro *** Capitolo 8: *** CAP7: Speranza e rassegnazione *** Capitolo 9: *** CAP8: Semplicemente vivere *** Capitolo 10: *** CAP9: Luce ed ombra *** Capitolo 11: *** EPILOGO: Bagliore rosso ***
Capitolo 1 *** PROLOGO: Occhi azzurri nel fuoco ***
La Fanciulla
La Fanciulla
-Prologo-
C’era una volta un Demone.
Un Demone talmente forte
Che
perfino i più valorosi cavalieri
Soccombevano contro di lui.
Anche la potente magia dei Saggi
Non bastò a fermare la sua avanzata.
Ed ogni suo passo devastava la terra.
Allora i Saggi crearono una Fanciulla
Legarono la sua vita a quella del Demone.
E quando il Demone giunse nel loro villaggio
I Saggi uccisero la Fanciulla.
Un ragazzo camminava nel sentiero silenzioso, sotto un cielo
sempre più scuro dove le stelle si accendevano una dopo l’altra. Una folata di
vento passò rapida e gelida contro il suo corpo, costringendolo a stringersi
nel mantello grigio che lo avvolgeva, nascondendo anche i tratti del suo volto.
Solo gli occhi azzurri splendevano nell’oscurità di quel
cappuccio, come fossero stati scolpiti nel ghiaccio.
Un improvviso movimento dietro di lui lo fece trasalire.
Si voltò di scatto, distogliendo lo sguardo dalle luci del
villaggio poco lontano che promettevano ristoro e protezione per posarlo sulle
due sagome comparse alle sue spalle.
-Sbagli a viaggiare dopo il tramonto, straniero.- lo
apostrofò l’uomo più alto, con un’espressione di falsa cordialità stampata sul
volto rozzo e minaccioso. Il suo compagno si limitò a tirare fuori un coltello,
puntandolo contro il petto del giovane che era rimasto immobile, come
pietrificato da quell’aggressione inaspettata.
-Allora, cos’hai di valore per cui
potremmo decidere di lasciarti in vita?- chiese sempre lo stesso uomo, che
sembrava essere il capo, e, senza attendere risposta, fece un cenno al
compagno.
Il coltello si avvicinò pericolosamente di qualche
centimetro.
Gli occhi azzurri del ragazzo si dilatarono per la paura
mentre, passo dopo passo, l’aggressore più lontano si avvicinava e, con gesti
rudi, cominciò a frugargli sotto il mantello, nella speranza di trovare una
borsa o un qualche oggetto di valore nascosto sotto di esso.
Il sorriso dell’uomo si incupì non
appena si rese conto che il giovane di fronte a lui non possedeva nulla, tranne
i logori abiti con cui si era messo in cammino.
-Solo un misero vagabondo.- imprecò
sputando per terra, vicino agli stivali del ragazzo, che non si mosse.
-Se hai qualcosa di valore daccelo
immediatamente, o non mi resta che sgozzarti come un cane.- lo minacciò con
un’espressione feroce l’uomo con il coltello, alzando il braccio con la chiara
intenzione di mantener fede alle sue parole.
La lama non raggiunse mai il suo obiettivo, semplicemente
esplose in mille pezzi sotto gli occhi sconvolti dell’aggressore, che si
ritrovò a stringere spasmodicamente solo il manico di quella che un tempo era
la sua arma preferita.
Il ragazzo rise, con un suono che agghiacciò i due uomini
penetrando fin nelle loro ossa.
Ammutoliti rimasero a guardare la loro vittima dagli occhi
azzurri mutare in qualcosa di orribile, che non aveva
visitato nemmeno i loro incubi più spaventosi.
La pelle del ragazzo si tinse di nero, indurendosi sopra i
muscoli compatti come una corazza, le unghie si allungarono fino a diventare
degli artigli ricurvi ed un sorriso crudele si schiuse in quel volto che
sembrava parte delle tenebre stesse.
Nessuno dei due criminali riuscì a muoversi, quando la morte
giunse a reclamare le loro vite con le false sembianze
di un giovane viaggiatore; solo un unico urlo, esploso all’unisono nelle loro
gole, si levò nella notte gelida, mentre due occhi non più azzurri brillavano
con lo stesso colore del fuoco.
Dopo essersi ripulito l’abito e gli artigli dagli schizzi di
sangue, il Demone riprese le sue sembianze umane e si
avviò verso il villaggio con passo leggero.
-Vacci piano, Haris! Guarda che è solo un allenamento, non devi mica cercare di uccidermi!- si lamentò un alto ragazzo
biondo con il volto coperto dalle lentiggini, mentre indietreggiava incalzato
dai rapidi affondi di una giovane di poco più bassa di lui.
-Scusami Vahn, ma non pensavo che avessi i
riflessi tanto lenti.- sorrise lei, disarmandolo con un attacco
fulmineo.
Si accinse a riporre la spada nel fodero con un movimento
che si sforzava il più possibile di risultare fluido e
sicuro. Come le volte precedenti, l’arma si incastrò a
metà strada, facendo sbuffare la ragazza che, pronunciando un paio di
maledizioni e spingendo l’elsa con entrambe le mani, riuscì infine nel suo
intento.
L’amico, intanto, aveva osservato tutta l’azione con un ghigno
ironico.
-Sei incredibile.- le disse scuotendo la testa con finta
esasperazione –Disobbedendo a tuo padre hai deciso di imparare a combattere
invece di comportarti come conviene ad una donna e sei riuscita perfino a
raggiungere il livello dei migliori spadaccini del villaggio, eppure ancora non
sai infilare la spada nel fodero!-
La ragazza arrossì, fulminandolo con i suoi occhi verdi.
-Tu stai zitto, che in duello vinco sempre io.- borbottò con aria offesa.
Si allontanò di un paio di passi, addentrandosi nella
sterminata prateria che circondava il villaggio.
Vahn sorrise nel vedere l’espressione offesa dell’amica. Non
l’aveva mai detto a nessuno, ma Haris, nonostante la totale assenza di grazia e
femminilità, gli piaceva. Forse per il suo carattere sempre
allegro e vitale.
Forse semplicemente perché era diversa,
sia dalle serie apprendiste dei maghi, così terribilmente composte e mature,
sia dalle altre ragazze che già cominciavano a pensare al marito o a come
comportarsi per conquistarlo. Ombre grigie che si
limitavano ad esistere nella consuetudine e sfiorarlo senza interessarlo
davvero. Figure prive di consistenza, semplici sorrisi
su volti spenti e tutti uguali.
Haris invece era viva.
Rideva, si arrabbiava, lottava per le sue decisioni e amava
sovvertire ogni regola con il sorriso sulle labbra, riuscendo inspiegabilmente
ad essere perdonata tutte le volte. Aveva sfidato suo padre per ottenere il
permesso di allenarsi nella scherma, ed infine anche il venerabile Saggio si
era dovuto ricredere, riconoscendo il valore della figlia, e le aveva regalato una spada vecchia ma dignitosa, che lei portava
sempre con sè.
Lo sguardo affettuoso di Vahn si posò sull’amica, ferma poco
distante con la mano inconsciamente posata sull’elsa.
Decisamente, Haris gli piaceva. Ed il suo carattere permaloso rendeva un divertimento quasi
imperdibile stuzzicarla.
-Io non mi vanterei di avere la stessa grazia di un uomo.-
la prese in giro –A volte mi viene il dubbio che tu non sia una ragazza.-
-Come osi?- esclamò lei con tono
furioso.
Gli si avventò contro con l’intenzione di
colpirlo, ma Vahn, abituato agli scatti d’ira dell’amica, le bloccò
prontamente le mani, facendola sbilanciare. D’istinto Haris gli si aggrappò
addosso, franandogli contro. Il ragazzo non era preparato a sostenere il suo
peso, così, dopo aver mulinato le braccia nel tentativo di mantenere
l’equilibrio, si arrese alla forza di gravità ed entrambi ruzzolarono
sull’erba.
Con una smorfia la ragazza si alzò a sedere, reprimendo
l’impulso di scoppiare a ridere per assumere un’aria offesa.
-Sei proprio il solito idiot…-
Haris non riuscì a completare la frase: l’amico le aveva circondato la vita con
le braccia e la stava fissando con un’espressione stranamente seria che le fece
accelerare suo malgrado i battiti del cuore.
Lentamente Vahn avvicinò le proprie labbra a quelle di lei,
sentendo il suo respiro sempre più rapido e caldo solleticargli il volto…
Un improvviso rumore di zoccoli li fece trasalire e
allontanare di scatto.
Haris si alzò in piedi, spolverandosi i vestiti e togliendo
qualche filo d’erba che si era infilato in essi con lo
sguardo basso, rossa in viso. Dentro di lei sentiva i contrastanti impulsi di
riavvicinarsi all’amico e di picchiarlo per la sua sfrontatezza.
-E quello chi è?- chiese Vahn,
facendo voltare Haris verso un lontano cavaliere che galoppava a tutta velocità
in direzione del villaggio.
Man mano che si avvicinava, i due ragazzi videro delinearsi la sagoma di un giovane guerriero dai capelli
neri avvolto da un logoro mantello grigio; i suoi occhi azzurri li fissarono
gelidi mentre li oltrepassò senza dire niente.
Haris venne all’improvviso scossa
da un brivido.
-Torniamo al villaggio.- disse con
una voce stranamente seria.
-Perché?-
-Ho un brutto presentimento.- sussurrò mentre i suoi occhi
solitamente allegri si incupivano.
Una volta raggiunte le prime case,
i due ragazzi notarono con una certa sorpresa che il grande edificio al centro
del villaggio aveva le porte spalancate e si guardarono perplessi:
quell’edificio era adibito ai membri del Consiglio e di solito veniva aperto
solo durante la loro riunione mensile, l’ultima delle quali era avvenuta appena
cinque giorni prima.
Incuriosita, Haris fece un paio di passi verso l’entrata,
subito seguita dall’amico…
-E voi due che ci fate qui?-
esclamò una voce che si sforzava invano di risultare adirata.
La ragazza si volse, trovandosi di fronte a Royl, un mago
biondo la cui somiglianza con Vahn era fin troppo evidente per non riconoscerlo
come suo padre. Lentamente cercò di indietreggiare senza farsi notare, il suo
intuito le faceva sospettare che l’amico avesse nuovamente
saltato le sue lezioni per allenarsi con lei, e non desiderava
particolarmente averne la conferma.
-Sbaglio, o tu adesso dovresti
essere in palestra con il maestro di scherma?- chiese ancora l’uomo, rivolgendosi
direttamente al figlio.
Vahn si dipinse in volto un’espressione innocente, era
pienamente consapevole dell’adorazione che il padre aveva per lui e della sua
incapacità di sgridarlo, così sfoderò il migliore dei suoi sorrisi, mentre gli
rispondeva.
-Ma non è lo stesso se mi alleno
con Haris? Tanto lo sai anche tu che è più brava del
mio maestro.-
Royl si girò a guardare l’amica del figlio ed i suoi
lineamenti si rilassarono ancora di più: esattamente come Vahn, provava
un’incredibile simpatia per quella buffa ragazza che si vestiva come un maschio
e infrangeva una regola dopo l’altra, eppure, a fatica, riuscì a mantenere
un’espressione quasi severa.
-Haris, e tu non dovresti imparare a comportarti come si
conviene ad una donna, invece di sostenere le mascalzonate di mio figlio?- le
chiese in tono gentile, sapendo benissimo a priori che le sue parole non
avrebbero avuto nessun effetto.
La ragazza assentì, lanciando nel contempo un’occhiata
assassina all’amico che l’aveva coinvolta, quindi Royl cominciò a redarguire
entrambi con una predica sui doveri e sulle regole del villaggio, per poi
rivolgersi unicamente Vahn e sgridarlo senza troppa convinzione.
-Va bene, scusa papà, non lo farò
più.- disse il giovane, più preoccupato per l’occhiataccia di Haris che per la
predica del padre.
-Lo spero.- borbottò l’uomo con
aria burbera.
Vahn assunse un’espressione contrita,
mettendo a dura prova la finta arrabbiatura del padre, quindi si allontanò
assieme a lui dopo aver salutato Haris con un sorrisetto senza alcuna traccia
del pentimento tanto ostentato.
Rimasta sola, la ragazza si rese conto che l’edificio di
fronte a lei stava cominciando a riempirsi con tutti i maghi più anziani ed
autorevoli del villaggio, segno di un’imminente riunione del Consiglio.
Subito si avvicinò alle porte dorate, spiando all’interno
senza dare nell’occhio per capire cosa stava
succedendo.
Il Consiglio era un organo di protezione non solo del
villaggio, ma di tutte le Terre dell’Ovest, una delle frazioni in cui era
diviso il continente delle Cinque Terre, ed era formato dai più potenti maghi di quel tempo, detti Saggi. Questi uomini si riunivano una
volta al mese per discutere e prendere le decisioni
per la collettività.
La ragazza aveva sentito dire che anche nelle altre terre
c’erano dei simili concili di maghi, ma non raggiungevano né la fama né la
potenza del Consiglio, conosciuto in tutto il continente per aver sconfitto
Grelkor più di un secolo prima; la ragazza rabbrividì inconsapevolmente nel
ricordare il nome del Demone della leggenda, l’oscura incarnazione della magia
di Tenebra che, prima di essere fermata dai Saggi dell’epoca, aveva portato morte e devastazione in tutte le Terre dell’Ovest.
Haris scosse la testa, essendo totalmente priva di talento
non aveva mai studiato a fondo la magia, ma sapeva che ne esistevano
di due tipi: quella di Luce, utilizzabile in particolar modo per curare o
difendersi, la stessa che veniva insegnata nelle scuole del suo villaggio, e
l’altra, quella di Tenebra. Nessuno era a conoscenza delle origini di questi
due differenti poteri, ma c’era una teoria, osteggiata dalla maggior parte
degli studiosi, secondo cui la magia inizialmente era unica e priva di inclinazione, e fu poi l’uomo a dividerla in due rami,
uno buono e uno malvagio, per poterla utilizzare.
Un paio di persone quasi urtarono
la ragazza persa nelle sue riflessioni accanto alle alte porte dorate,
facendole prendere all’improvviso una decisione. Nascosta dalla folla di maghi
anziani, entrò nella grande sala circolare fermandosi
accanto ad una colonna senza farsi notare, e subito i suoi occhi verdi si
volsero a fissare uno per uno tutti i Saggi, seduti al lato più lontano della
stanza.
Nel posto più a destra, quasi totalmente in ombra, riconobbe Thori, il più giovane, che aveva raggiunto questo
rango solo qualche settimana prima e, come dimostrava la sua aria timida,
ancora non si era abituato a far parte del Consiglio.
Seduto accanto a lui, con l’espressione severa e la barba
striata di grigio, si ergeva fieramente Talok, il più conservatore tra questi
maghi. Haris fece una smorfia contrariata: era stato lui a redarguirla
severamente quando aveva deciso di vestire abiti maschili e diventare una
spadaccina, le sue parole incollerite l’avevano umiliata di fronte al padre e
ancora bruciavano nella sua mente.
Lo sguardo della ragazza si spostò verso il centro del
gruppo, fissandosi con una sorta di muto rispetto sull’unica donna del
Consiglio. Kayla, colei che aveva più potere e più autorità di
ogni altra persona nel villaggio e forse nelle stesse Terre dell’Ovest.
I Saggi erano persone meritevoli ed incredibilmente dotate dal punto di vista
magico che venivano scelte tra i candidati di
tuttii villaggi delle Terre dell’Ovest,
ma le capacità della donna erano tenute in alta considerazione perfino dagli
stessi membri del Consiglio. Con i capelli argentei e la figura eretta, Kayla
sembrava la reincarnazione stessa dell’autorità e della magia; nonostante si
facesse vedere poco tra la gente, conosceva ogni faccia ed ogni luogo del
villaggio, eppure Haris si rese conto con stupore che nessuno sembrava
conoscere le sue origini.
E accanto a lei, con il mantello
azzurro chiuso da una piccola spilla dorata, c’era Ferhion.
Haris sorrise con orgoglio nel vedere suo
padre seduto composto con la sua solita aria tranquilla. Da quando era
morta sua madre, la ragazza si era scontrata diverse volte con il Saggio,
sfidando e spesso infrangendo le sue regole, ma tra loro c’era un forte legame
affettivo e, nonostante i frequenti litigi, Haris amava suo padre sopra ogni
cosa.
Con una certa sorpresa si accorse che la sedia alla sinistra
di Ferhion, solitamente vuota, era occupata dal più anziano del gruppo, Ramak,
un vecchio dalla barba e dai capelli completamente bianchi, che lasciava di
rado la sua casa e disertava la maggior parte delle riunioni mensili.
Un vago senso di inquietudine
s’impadronì della ragazza quando vide che tutti i Saggi erano presenti nella
sala: solo un avvenimento particolarmente grave poteva richiedere un concilio
inaspettato.
Cercò di mimetizzarsi il più possibile tra i mantelli degli
uomini accanto a lei: le riunioni del Consiglio solitamente erano aperte solo
ai maghi più anziani e meritevoli, che si posizionavano
in piedi ai lati della sala e di rado osavano prendere la parola, tuttavia la
presenza di Haris, se composta e silenziosa, era tollerata.
C’erano voluti diversi episodi prima
che la ragazza conquistasse questo privilegio, ma la sua perseveranza nei
tentativi di ascoltare attraverso gli spessi muri dell’edificio, o di entrare
di nascosto, aveva sortito il proprio effetto e, vista l’inutilità di prediche
e punizioni, i maghi si erano infine rassegnati e durante le riunioni mensili
fingevano di non vederla.
Perfino Talok aveva dovuto arrendersi e lasciare che la
ragazza fosse presente a questi incontri, ma Haris era quasi sicura che quella
riunione sarebbe stata diversa dalle precedenti e pensò
a ragione che questa volta i Saggi l’avrebbero buttata fuori se si fosse fatta
scoprire.
Il brusio nella sala cessò di colpo non appena Talok richiese
con un gesto il silenzio. Da una porta laterale, scortato da un paio tra i rari
guerrieri del villaggio, si fece avanti l’uomo che Haris aveva notato mentre
era in compagnia dell’amico.
Molti maghi lo fissarono con curiosità, ma lo straniero non
mostrò la minima traccia di soggezione mentre s’inginocchiava rapidamente e
subito rialzava il capo, solo un’espressione stanca trapelava dai suoi occhi
azzurri, cerchiati per la fatica e la sofferenza.
-Chi sei?- chiese Ramak, ponendo la
domanda di rito che apriva tutti i Consigli in cui uno straniero chiedeva la
parola.
-Mi chiamo Aster, del villaggio di Northlear.- rispose
l’uomo, contraendo la bocca in una smorfia amara mentre rivelava le sue
origini. Aveva una voce dal timbro forte e autoritario, eppure, in quel
momento, il suo suono ed il contegno fiero contrastavano non poco con il suo
volto esausto.
Haris spalancò gli occhi, sorpresa. Northlear era un
villaggio a parecchie leghe di distanza, da dove provenivano i migliori
spadaccini delle Terre dell’Ovest; il suo sguardo corse istintivamente al
fianco dell’uomo, soffermandosi con desiderio sull’elsa decorata che spuntava
appena dal mantello grigio in cui lui era avvolto.
La ragazza non era mai stata a Northlear, ma contava di
visitarlo una volta raggiunta la maggiore età.
-Perché hai chiesto udienza al
Consiglio?- chiese Talok.
Aster incurvò le labbra in un accenno di sorriso sarcastico.
-Non conosco un modo per alleggerire la notizia che vi
porto, quindi sarò diretto.- mormorò con appena un
velo d’ironia per quella formalità forzata che vigeva all’interno del
Consiglio. Riprese a parlare subito dopo, con voce grave ed un’espressione
seria –Grelkor è tornato.-
Un silenzio di morte seguì a questa dichiarazione, Haris
stessa scosse la testa, come per negare quelle parole che avrebbero turbato le
vite di innumerevoli persone. Possibile che il Demone
della leggenda fosse tornato?
Nella sala esplose il caos.
I membri del Consiglio si guardarono attoniti tra loro,
mentre dai maghi ai lati della sala partirono mormorii confusi e spaventati,
prima che la voce autoritaria di Talok si levasse alta a riportare la calma
nello scompiglio generale.
-Non è possibile, i nostri predecessori lo hanno sconfitto
più di cento anni fa.-
Aster sostenne il suo sguardo trattenendo a stento la
rabbia.
-E invece vi dico che è tornato, l’ho visto io stesso, prima
di trovare il mio villaggio ridotto ad un cumulo di macerie fumanti.-
-Potresti esserti ingannato, Grelkor è
morto.- la voce roca di Ramak rimbalzò contro di lui senza scalfire in alcun
modo la sua determinazione.
-Quel demone ha distrutto il mio villaggio! Dovrà forse
rimanere impunito e libero di distruggere perché voi non credete alle mie
parole?- urlò l’uomo, dando sfogo al suo dolore con un
violento pugno alla colonna più vicina. L’impatto con i suoi guanti di maglia
risuonò nel silenzio per diversi secondi, accompagnando l’eco delle sue parole.
Questa volta fu Ferhion a rispondere con un tono ben più
calmo e conciliante di quello utilizzato da Talok.
-No, ma sarebbe sciocco agire senza prima
avere la conferma alle tue parole.-
Aster si irrigidì, lanciando
un’occhiata colma di sdegno all’intero Consiglio.
-Ho galoppato per due giorni senza sosta in modo da arrivare
ad avvertirvi il prima possibile, e adesso sapete solo temporeggiare?- la sua
voce si abbassò in un sibilo amaro –Non pensavo che voi Saggi foste un branco
di codardi.-
Tutta la sala trattenne il respiro,
perfino Haris sentì il battito del suo cuore rimbombarle sempre più
veloce nella mente, sconvolta dall’accusa irrispettosa pronunciata da quello
straniero.
I Saggi si guardarono tra loro, ma, prima che Talok, con il
volto arrossato per l’ira, prendesse la parola, Kayla si alzò in piedi.
Subito tutta la sala tacque, ed anche Asterricompose i suoi lineamenti in un’espressione
rispettosa.
-Comprendo la tua impazienza ed il tuo dolore.- proferì la donna, con una voce senza età –Tuttavia le tue
accuse sono ingiuste. Se Grelkor è davvero tornato, allora noi lo uccideremo
per la seconda volta.-
L’uomo la guardò a lungo nei limpidi occhi verdi prima di
annuire.
-Ti chiedo perdono per le mie parole.-
Kayla fece un leggero cenno con la testa, prima di tornare a
sedere.
-Hai detto che vieni da Northlear, è lì che hai visto il
Demone?-
Aster scosse la testa, nascondendo i ricordi dietro la piega
amara delle labbra.
-L’ho incontrato quando era a metà
strada tra il mio villaggio e Liektawn. Sono riuscito a sfuggirgli per
miracolo, e una volta tornato a Northlear ho visto
cos’aveva fatto.- la sua voce si perse nel silenzio della sala -Non ha lasciato
in vita nessuno.-
-Ci sono altri villaggi tra Northlear e questo. Perché sei
venuto da noi, invece di avvisarli?- domandò Thori, che fino ad
allora era rimasto in silenzio nella penombra della sala.
-Voi Saggi siete gli unici con il potere di fermare il
Demone, proprio come hanno fatto i vostri predecessori un secolo fa.-
-Ma così gli altri villaggi sono
condannati! Se li avessi avvisati, i loro abitanti
avrebbero avuto almeno il tempo di scappare, invece adesso moriranno tutti.-
esclamò il più giovane del Consiglio, manifestando tutto il suo orrore per la
situazione che si era venuta a creare. Si accasciò sulla
sedia, cercando di rimanere calmo, sotto lo sguardo quasi protettivo di
Ramak e Ferhion.
Kayla si rivolse ad Aster, con un leggero sorriso
d’apprezzamento sul volto ora teso e preoccupato.
-Hai preso la decisione giusta.- commentò,
prima di alzarsi in piedi -Adesso noi ci ritiriamo, dobbiamo prepararci ad
affrontare Grelkor e abbiamo bisogno di concentrazione. Tu sarai nostro ospite,
le guardie ti accompagneranno nella tua camera.-
-Vi ringrazio.- rispose l’uomo con
voce stanca, mentre abbassava la testa in un inchino appena accennato. Barcollò
leggermente prima di ritrovare l’equilibrio.
-Ma tu sei ferito!- esclamò Ferhion, notando le macchie
vermiglie sul mantello, che a prima vista potevano sembrare semplice terriccio,
ed il volto grigio per il dolore e la stanchezza –Perché non l’hai detto
subito?-
-Volevo avvertirvi il prima possibile.-
Un’ondata di dolore lo sommerse
facendolo vacillare in cerca di sostegno, mentre la forza di volontà che
l’aveva tenuto in piedi fino a quel momento gli veniva meno. Si appoggiò ad una
colonna, passandosi una mano sul volto sudato.
In pochi passi, i maghi più vicini a lui gli
furono accanto, pronti a soccorrerlo. Nonostante le sue proteste gli
scostarono il mantello, rivelando profonde lacerazioni all’altezza della terza
costola che erano state tamponate frettolosamente da
delle strisce di stoffa ormai luride. Un fiotto di sangue scuro uscì dalle ferite, facendolo gemere per il dolore, poi un velo nero
si stese sulla sua coscienza.
Nel momento in cui cadeva a terra, Haris incrociò i suoi
occhi azzurri velati dalla sofferenza ed uno strano senso di turbamento la
colpì, facendole distogliere lo sguardo. Con tutto il suo cuore, senza nessuna
razionalità, sperò che quello straniero sopravvivesse.
Subito Thori fu accanto all’uomo privo di sensi, silenzioso
e concentrato come suo solito.
Un fioco bagliore dorato apparve tra le sue mani, sollevate
a coppa a qualche centimetro di distanza dal volto, ed un fascio di luce
raggiunse le ferite di Aster, pulendole e
rimarginandole in qualche minuto.
-Questo è il massimo che riesco a
fare, ho guarito la sua carne, ma ha perso molto sangue e quello non glielo
posso restituire.- disse come per scusarsi, tenendo verso il basso il volto
pallido per lo sforzo.
Ferhion gli mise una mano sulla spalla per rassicurarlo.
-Hai già fatto abbastanza.- gli disse, prima di voltarsi
verso le guardie –Portatelo a casa mia.-
Capitolo 4 *** CAP3: Il dolore di uno spadaccino ***
-Capitolo3-
-Capitolo3-
Aster riprese coscienza dopo quelli
che gli sembrarono pochi minuti, ma il sole alto fuori dalla finestra gli fece
capire con stupore che doveva aver dormito tutta la notte e parte della
mattina.
-Come ti senti?-
L’uomo si voltò di scatto, incrociando gli occhi verdi di
una giovane donna che lo fissavano preoccupati.
-Abbastanza bene, direi.- rispose mentre si tastava il
fianco, constatando con sorpresa che, sotto le bende,
le ferite erano quasi totalmente rimarginate e non sentiva più alcun dolore. La
ragazza gli sorrise incoraggiante.
-Dove mi trovo?-
-A casa mia. Veramente è la casa di Ferhion, uno dei Saggi;
io sono sua figlia Haris.- si presentò lei.
-Io mi chiamo Aster.-
-Lo so.- disse la ragazza, aggiungendo poi come spiegazione
–Ho assistito alla riunione del Consiglio.-
L’uomo annuì, ricordandosi all’improvviso l’immagine sfocata
di due occhi verdi attraverso il velo nero di dolore che stava sopraffacendo la
sua coscienza.
-Devi essere una maga molto potente, per partecipare alla
riunione nonostante tu sia così giovane.-
Haris scosse la testa, senza riuscire a nascondere una
smorfia.
-Io non ho nessun potere.- sussurrò
con lo sguardo basso.
Nemmeno Vahn, il suo più caro amico, sapeva quanto avesse sofferto nello scoprirsi totalmente incapace di
praticare la magia; c’era stato un periodo, nella sua infanzia, in cui Haris
aveva pensato di scappare di casa, sentendosi solo un peso ed una delusione per
quel padre tanto importante che pure aveva continuato ad amarla.
Vivere nell’unico villaggio delle Terre dell’Ovest in cui si
formavano i maghi e venivano mandati a studiare i
giovani particolarmente dotati sembrava quasi una crudele ironia del destino
per lei, ma avere un padre nel Consiglio dei Saggi, il gruppo di maghi più
potenti delle Cinque Terre, era ancora più umiliante. Poi, però, Haris si era
rassegnata all’idea che non possedeva nessun potere, smettendo di studiare
ossessivamente la magia.
Impegnandosi nell’arte della spada,
piuttosto che in qualcosa di più femminile come avrebbe voluto suo padre, aveva
scoperto di essere incredibilmente dotata e ormai, nonostante i suoi sedici
anni, poteva misurarsi alla pari con gli spadaccini più esperti del villaggio.
Inoltre aveva scoperto che combattere e allenarsi la divertiva più di ogni altra cosa al mondo, tuttavia Haris sapeva che gran
parte degli abitanti del villaggio disapprovava la sua condotta, definendola
una riprovevole mancanza di femminilità e buone maniere.
Rialzò lo sguardo dai ricordi, scoprendo che Aster la stava
fissando con un’espressione pensierosa.
-Non dev’essere facile per te.-
commentò infine, sorprendendola con quella comprensione che non aveva mai
ricevuto.
Quasi senza rendersene conto, la ragazza aprì il suo cuore a
quello straniero dagli occhi azzurri di cui sapeva a malapena il nome,
raccontando la sua vita senza che lui la interrompesse. Le parole si
susseguivano alle parole, dando forma alla sua delusione, ai suoi sogni, alle
sue speranze; per la prima volta, Haris svelava cosa nascondeva dietro il suo
onnipresente sorriso.
Quando ebbe detto tutto, tacque in
attesa di un rimprovero, un’occhiata di derisione o semplicemente
un’espressione compassionevole che l’avrebbe ferita più di ogni altra reazione,
tuttavia l’uomo si limitò a fissarla con sguardo impenetrabile.
-Dunque non sei una maga. E come sei riuscita a farti ammettere alla riunione? Pensavo
che i Saggi non permettessero ai ragazzi di assistervi.-
-Infatti. Non sapevano che c’ero.-
aggiunse poi con aria titubante, nonostante fosse quasi sicura che, durante il
concilio, Kayla avesse rivolto in più occasioni lo
sguardo verso di lei.
Aster increspò le labbra in un accenno di sorriso che gli
ringiovanì il volto di parecchi anni.
-Non ti piacciono le regole, eh?-
-Sono io che non piaccio a loro. Sembrano fatte su misura per
impedirmi di comportarmi come mi piace.-
Lo sguardo dell’uomo scivolò sui vestiti maschili che la
ragazza indossava; perfino nel suo villaggio, meno tradizionalista e
conservatorio rispetto a quello di Haris, erano in poche le donne che
utilizzavano i pantaloni e spesso la gente non risparmiava aspre critiche nei
loro confronti.
Una fitta al cuore lo colse all’improvviso, assieme al
ricordo di quel suo passato che ormai non esisteva più.
La ragazza si morse il labbro inferiore, preoccupata per
quello che era venuta a sapere.
Di nuovo fissò il volto di quello straniero, percependo
all’improvviso tutto il dolore che lui cercava disperatamente di non far
trapelare. Con un gesto del tutto istintivo gli poggiò la mano sulla spalla, in
un impacciato tentativo di consolarlo.
-Mi dispiace per il tuo villaggio.-
sussurrò.
Gli occhi azzurri di Aster si
incupirono all’improvviso, lasciando intravedere ombre di rabbia e dolore
nascoste sotto quella superficie cristallina.
Case intere ridotte a
macerie fumanti, cento piccoli incedi che ad ogni
secondo ingoiavano una parte del suo villaggio.
L’aria impregnata di
sangue che gli aveva causato un conato di vomito, costringendolo a piegarsi su
sé stesso, lo sguardo fisso sulle spade spezzate a terra di fronte a lui.
E,
stesi in mezzo a mille altri cadaveri senza volto, i corpi dilaniati dei suoi
familiari.
Gli occhi verdi di Haris si sovrapposero a quelle immagini,
mentre Aster sentiva su di sé il suo sguardo preoccupato. Si riscosse,
reprimendo in profondità i ricordi e le emozioni; il dolore avrebbe ricevuto il
suo compenso in un altro momento.
-Spero che il Consiglio si stia attivando per distruggere
Grelkor, o qui succederà lo stesso.- mormorò con voce
appena soffocata.
-Non ti preoccupare, sono certa che presto troverà una
soluzione.-
-Nutri molta fiducia nel Consiglio.-
Haris sorrise con fierezza.
-Ho fiducia in mio padre.-
Aster non ricambiò il sorriso, ma i suoi lineamenti si
distesero impercettibilmente, mentre con tutto sé stesso sperava che la ragazza
di fronte a lui avesse ragione.
Uno strano odore di bruciato raggiunse i due giovani nella
camera.
Haris impallidì all’improvviso, lanciando un’imprecazione e
alzandosi di scatto.
-Maledizione, il pranzo!- esclamò con tono molto poco femminile, arrossendo furiosamente subito dopo
per l’espressione colorita che aveva pronunciato in presenza dell’ospite
–Scusami, torno subito.-
Aster la vide fare un leggero inchino di commiato e sparire
in direzione della cucina. Le immagini del suo villaggio in fiamme e della sua
gente uccisa continuavano a tormentargli la mente, eppure, mentre quella strana
ragazza si allontanava con fare impacciato, sulle stanche labbra dell’uomo si
disegnò un sorriso.
Una porta pesante si aprì cigolando piano,
poi diverse figure entrarono nella stanza scarsamente illuminata, senza
nascondere il loro turbamento né i volti pallidissimi. I Saggi si scrutarono
l’un l’altro senza parlare; pochi minuti prima avevano
avuto la conferma delle loro paure ed ora presero posto sulle sedie attorno ad
un lucido tavolo di cristallo.
Non un rumore né un alito di vento riusciva a penetrare i
muri di quell’ambiente sotterraneo. In pochi nel villaggio erano a conoscenza
di una scalinata nella sala del Consiglio che portava ad un dedalo di corridoi
e stanze in cui i Saggi praticavano le loro arti magiche
e si consultavano in segreto. Era in una di queste stesse stanze, che pochi
minuti prima Ferhion aveva divinato il Demone,
infrangendo le deboli speranze di chi ancora si rifiutava di credere alle
parole di Aster.
Con un cenno delle dita, Talok accese
altre candele presenti sul tavolo prima di prendere la parola per rompere quel
silenzio insopportabilmente pesante.
-Grelkor è tornato. Quell’uomo diceva il vero, dunque.-
commentò con amarezza.
-I suoi poteri sono di gran lunga
superiori ai nostri. L’unica speranza che abbiamo di poterlo battere è
compiere il rituale come fecero i nostri predecessori oltre cent’anni
fa.- disse Ramak in un sussurro.
Thori si voltò a guardarlo con sgomento.
-Intendi sacrificare la Fanciulla?-
-Non abbiamo scelta.-
-Io…non posso accettare che una vita innocente si spenga
così.-
Ferhion guardò l’uomo con una sorta di compassione. Prima di
essere scelto come Saggio, Thori aveva studiato lunghi anni come guaritore, e
gli insegnamenti ricevuti erano penetrati troppo in profondità in lui,
rendendolo incapace di accettare la morte e la sofferenza di altre
persone.
-E perché no? – lo schernì Talok
con disprezzo.
-Come puoi assumerti la
responsabilità di uccidere qualcuno?! Io non lo farò di
certo!- esclamò il giovane Saggio alzandosi in piedi.
Solo allora Kayla prese la parola,
soppesando ciascuno con i suoi occhi castani.
-Sapete qual è il nostro compito.- un guizzo delle labbra
che avrebbe anche potuto rappresentare dolore, gli
occhi si fecero blu scuro –Salvaguardare il villaggio e le Terre dell’Ovest.
Anche sacrificando la Fanciulla.-
Tacque bruscamente, un bagliore dorato apparve nel suo
sguardo mentre una lacrima si fermava prima ancora di scenderle sulla guancia,
poi il volto di Kayla tornò impassibile.
Gli altri Saggi la guardarono sorpresi. Tutti sapevano che
gli occhi della donna, per una qualche strana forma di potere, cambiavano
colore a seconda dei suoi pensieri e delle sue
emozioni, eppure era la prima volta che essi mutavano con tale rapidità. Ed era la prima volta in assoluto, che lei palesava i suoi
sentimenti così.
-Abbiamo bisogno di te per compiere il rituale. Cosa pensi di fare?- chiese Ferhion al suo compagno più
giovane, che, dopo l’intervento di Kayla, era rimasto immobile senza dire una
parola.
Il Saggio scosse la testa, apparentemente incapace di
risolvere il contrasto tra la sua natura di guaritore e la pura e semplice
razionalità.
-In fondo, è solo una vita. Con il suo sacrificio se ne
salveranno a centinaia.- commentò Ramak –Non è così difficile decidere.-
-Lo so, ma…-
Thori alzò la testa, per un attimo il suo sguardo smarrito
sembrò appartenere ad una ragazzino più che ad uno
degli uomini più potenti del villaggio. Kayla lo fissò con una punta di
compassione negli occhi azzurri.
-Non dimenticartelo, Thori, in quanto
Saggio dovrai prendere parecchie decisioni difficili, ma finchè
riuscirai a salvaguardare il villaggio, nessun prezzo sarà mai troppo elevato.-
L’uomo si risedette con un’espressione amara, ma annuì.
-Ora che il problema è stato risolto,-
disse Talok con un’occhiata sarcastica rivolta al compagno più giovane –direi
che possiamo cominciare con la ricerca, abbiamo già perso troppo tempo. Sei
pronta, Kayla?-
La donna fece un cenno affermativo. Grazie al suo potere,
non sarebbe stato difficile trovare la prescelta per il rituale.
I Saggi la accompagnarono nella stanza adibita alla
meditazione, senza esprimere il timore che insidioso s’insinuava nelle loro
menti: la Fanciulla avrebbe potuto trovarsi in un
luogo troppo lontano perché raggiungesse il villaggio in tempo, o, peggio, non
esistere affatto.
Kayla non pronunciò una parola mentre si sedeva al centro di
strani simboli e chiudeva gli occhi.
Gli uomini sentirono il suo respiro rallentare e
indebolirsi, fino a raggiungere un suono appena percettibile, unico indizio che
la maga fosse ancora viva. La vegliarono a turno nelle
fredde ore della notte, attendendo con ansia che i suoi occhi si aprissero per rivelare i loro segreti.
Che bella sorpresa, appena prima di aggiornare mi trovo due
recensioni!! Grazie mille a Rowina,
troppo buona come al solito (per i nomi mi sono
scervellata per un pomeriggio, non ne trovavo uno che mi piacesse, poi è
bastato aprire il libro di mate per ritrovare improvvisamente l’ispirazione!
Della serie: tutto, ma non studiare!) ; a Sharkie,
apprezzo il consiglio, ma purtroppo non saprei come cambiare la presentazione
(comunque anche a me piace un sacco Eragon, in
particolar modo il secondo libro)e
aKristin, che è stata la prima a commentare! Un bacione
a tutte e tre!!
-Capitolo 4-
Fu solo appena prima dell’alba che Kayla uscì dalla trance e si rimise in piedi, trovandosi di fronte a Ferhion.
-L’hai trovata?-
chiese l’uomo, guardando preoccupato il volto pallidissimo della donna.
-La Fanciulla esiste.- sussurrò lei
con voce remota.
Ferhion tradì un sospiro di sollievo.
-Allora, chi è la prescelta?-
La donna attese in silenzio, mentre sul suo volto non più
giovane compariva una ruga di amarezza.
-La risposta non ti piacerà, Ferhion.-
Un improvviso gelo scese tra loro.
-Chi sarà la Fanciulla?- chiese
ancora l’uomo, sentendo il cuore stretto in una morsa angosciante di cui non
riusciva a trovare spiegazioni.
-Tua figlia.-
Ferhion accusò il colpo come se una mazzata lo avesse
colpito direttamente al cuore.
Due parole, erano bastate due parole a cancellare tutta
l’aria presente nella stanza e penetrare gelide come pugnali nella mente del
Saggio. Respirò senza rendersene veramente conto, poi la rabbia e l’incredulità
presero il sopravvento.
-Ma non è possibile, Haris non ha
mai dimostrato nessun potere! Devi aver sbagliato.-
La donna lo gelò con il suo sguardo. Adesso i suoi occhi
erano grigi come la roccia che avvolgeva la stanza sotterranea.
-Io non sbaglio mai, dovresti saperlo.-
-Haris non sa usare la magia, hai visto anche tu che si è
rivelata incapace perfino di eseguire i più semplici incantesimi, come può
avere il Potere?!-
-Forse è stato il suo stesso corpo a rifiutare di mostrarlo,
per paura di venire distrutto da esso, ma posso
assicurarti che in lei la magia è più potente che in qualunque altro abitante
delle Cinque Terre. Me compresa.-
Ferhion scosse la testa, incapace di accettare le parole che
gli stavano trafiggendo il cuore.
-Trova un’altra prescelta.-
La donna sorrise con una sorta di
comprensione, mitigando appena il tono duro della voce.
-Sai meglio di me che di prescelta ne esiste
solo una.-
Seguirono pochi, duri secondi, nei quali Ferhion strinse
spasmodicamente i pugni prima di parlare nuovamente.
-Non posso accettarlo.-
-Non hai scelta.- gli fece Kayla
con voce gelida.
-Non distruggerò così mia figlia, è
tutta la mia famiglia!- urlò l’uomo, convertendo la paura ed il dolore in un
tono carico di rabbia.
-Hai voltato le spalle alla tua famiglia nel momento in cui
sei diventato uno dei Saggi. Il potere ti è stato dato per salvaguardare il
villaggio, non per piegarlo al tuo volere. Fosse anche per salvare tua figlia.-
-Mi stai chiedendo di sacrificarla?- ruggì
lui, facendo un passo in avanti come per attaccarla.
-Ti sto ordinando di compiere il tuo dovere.-
Ferhion e Kayla si guardarono negli occhi, erano tanto
vicini che, per un attimo, l’uomo provò l’impulso di soffocarla con le sue
stesse mani per la consapevolezza che ad ogni secondo gli dilaniava il cuore.
-Se non si farà il rituale, Haris morirà comunque.
Assieme a tutto il villaggio.- fece la donna con voce impassibile, nonostante nei suoi occhi ora azzurri fossero specchiati il
dolore e la rabbia del mago.
Ferhion chinò la testa, sconfitto. Forse una lacrima scese
da quegli occhi che un tempo appartenevano ad un
padre, ma le sue labbra presero una piega decisa: quando era divenuto un
Saggio, aveva fatto il giuramento di proteggere tutti gli abitanti del
villaggio come se fossero suoi figli, per quanto amaro e doloroso, lo avrebbe
rispettato.
Aster si alzò dal letto conuno sbadiglio, stirandosi le membra intorpidite per l’inattività.
Fuori dalla finestra, il cielo
rivelava ancora le tracce dei caldi colori dell’alba appena passata.
Si mise a fissarlo senza nemmeno chiedersene il motivo,
pervaso da un senso di spossatezza che andava ricercato nel malessere presente
dentro di lui. I suoi vestiti erano stati lavati e riparati, le sue ferite
curate, eppure dentro di sé sentiva che il sangue scorreva ancora, mischiandosi
alle lacrime silenziose che erano state asciugate dal vento durante il suo
furioso galoppare verso quel villaggio.
Aveva appena ventun’anni e,
nonostante viaggiasse spesso per le Terre dell’Ovest, il suo villaggio era
sempre stato il suo punto fermo, un luogo dove poter tornare, la sua casa.
Adesso non aveva nulla. Non un casa, non un passato e
forse nemmeno un futuro.
-Già in piedi?-
Lentamente si volse a fissare la porta, da dove faceva
capolino il volto sorridente di Haris.
Annuì, senza nessuna voglia di parlare con quella ragazza
che pure, il giorno prima, era riuscita lenire un po’ la sua sofferenza; in
quel momento voleva solo soffrire in solitudine, annullandosi silenziosamente
nel dolore e nella rabbia che lo stavano lacerando.
Eppure, una parte di lui desiderava ardentemente la
sua compagnia.
-Come vanno le ferite?-
-Bene.- rispose con voce impenetrabile che fece comparire
un’espressione preoccupata nel viso della ragazza.
Si sedette sul letto, dondolando le gambe mentre gli
lanciava un’occhiata di sottecchi, indecisa se lasciarlo al suo dolore o
cercare di distrarlo.
-Tu sei uno spadaccino, giusto?- chiese dopo qualche attimo
di riflessione.
L’uomo annuì, senza alcuna voglia di ricordare come la sua
abilità nella scherma non fosse bastata a uccidere il
Demone, né sarebbe stata in grado di proteggere il villaggio se si fosse
trovato lì al momento del suo arrivo.
-Te la senti di combattere adesso?-
Aster si permise un sorriso ironico, se per sconfiggere il
Demone i Saggi avevano deciso di fare affidamento su di lui, allora erano tutti
condannati.
-Perché me lo chiedi?-
-Prima rispondi alla mia domanda.-
-…sì.- mormorò l’uomo, senza troppa convinzione.
-Allora prendi la spada!- gli disse
la ragazza, il volto raggiante d’eccitazione.
Quasi senza rendersene conto, Aster si ritrovò nella stessa
radura di dove l’aveva vista la prima volta, stringendo un’arma che sentiva
inutile e, forse per la prima volta in vita sua, estranea. Sapeva di essere un grande combattente, perfino nel suo villaggio in pochi
riuscivano a tenergli testa, ma l’incontro con Grelkor aveva portato alla luce
all’improvviso la propria vulnerabilità ed impotenza. Non si era salvato grazie
alla sua abilità di spadaccino, ma per un incredibile colpo di fortuna, e quella
spada, che l’aveva accompagnato per anni di vittoriose battaglie, adesso era
come se l’avesse tradito.
-Avanti, fatti sotto!-
Aster non guardò realmente verso di lei mentre entrambi sfoderavano le spade, davanti a suoi occhi si susseguivano
solamente le immagini del suo villaggio distrutto e della sua gente uccisa.
In un lampo sentì il freddo bacio della lama sulla guancia.
Lentamente, Haris abbassò la spada, senza però riporla nel
fodero.
L’uomo la guardò sorpreso, mentre lei gli sorrideva con
fierezza.
-Te l’ho detto che so combattere. Allora, questa volta hai
intenzione di reagire o rimarrai impalato come prima? Pensavo fossi un bravo
spadaccino.- lo provocò con tono gentile, allontanandosi di qualche passo.
Aster la guardò con rabbia, provando l’intenso desiderio di
colpirla, ma poi l’espressione preoccupata che trapelava dai suoi occhi verdi
lo bloccò. Haris era sinceramente preoccupata per il suo dolore e, a modo suo,
cercava di distrarlo e farlo reagire da quel senso di sconfitta che lo stava facendo
precipitare nell’apatia. Si riscosse, stringendo l’elsa della sua spada con
tanta forza da sentire i rilievi delle decorazioni imprimersi sul palmo.
-Ed infatti lo sono.- disse,
mettendosi in guardia.
Ancora una volta lasciò che fosse lei a fare la prima mossa,
ma questa volta era preparato all’attacco. Scambiarono un paio di rapidi colpi,
giusto per sondare le rispettive capacità, quindi si bloccarono, studiandosi
con aria attenta. Nel successivo assalto si vennero incontro, facendo sfoggio
entrambi di una buona conoscenza di affondi e parate,
prima di separarsi di nuovo.
Aster studiò Haris come se la vedesse per la prima volta,
mentre in lui l’uomo veniva sostituito dallo
spadaccino.
Non era più una ragazza goffa e dai movimenti impacciati;
quella davanti a lui, con il volto arrossato per l’eccitazione, era una
combattente da non sottovalutare. Con un sorriso, l’uomo si preparò a fare sul
serio.
Le due spade si incrociarono ancora
una volta, con un forte suono metallico, e Haris dovette reggere l’arma con
entrambe le mani per non cadere in ginocchio, sopraffatta dalla forza
dell’uomo. Con un agile movimento del polso, la ragazza riuscì a deviare la
lama avversaria e contrattaccare.
L’uomo evitò senza problemi il suo
affondo, quindi la costrinse in difesa.
Aster era un ottimo spadaccino, ma con stupore si accorse
che Haris riusciva a tenergli testa, utilizzando entrambe le mani per parare i
suoi affondi e compensando la sua scarsa forza con un’agilità incredibile ed
una buona conoscenza tecnica.
Nel giro di qualche minuto, entrambi i contendenti erano
stanchi e sudati, tuttavia nessuno era riuscito a prevalere.
Un nuovo attacco di Haris venne
parato e respinto, quindi la ragazza si accorse di un varco nella guardia
dell’avversario e subito si esibì in un rapido affondo. Troppo tardi si rese
conto della trappola in cui era caduta: Aster schivò
la lama senza problemi, poi, approfittando del fatto che si era sbilanciata, le
sfiorò la gola con la punta della spada.
Il combattimento era terminato.
Haris s’irrigidì e lasciò cadere l’arma, accettando la
sconfitta con un sorriso, prima di piombare a sedere sull’erba per recuperare
fiato.
Aster si sedette accanto a lei, socchiudendo gli occhi per
il sole primaverile che ormai si levava alto nel cielo.
-I miei complimenti, non sono in molti quelli che riescono a
tenermi testa così a lungo.- le disse, sentendo un
leggero senso di pace accompagnare la stanchezza fisica che riusciva a
distogliergli la mente dai dolorosi ricordi.
-Ma adesso sei ferito. Se fossi
stato in piena salute probabilmente mi avresti battuto
subito.- replicò la ragazza, arrossendo però d’orgoglio alle parole dell’uomo.
-Chi ti ha insegnato?-
-Nessuno in particolare, i maghi più anziani disapprovano il fatto che a me piaccia combattere. Di solito
mi alleno con un mio amico, ma lui non è abile quanto te.- commentò con un
sorriso affettuoso all’indirizzo di Vahn. -E tu come hai imparato?-
Incalzato dalle sue domande, Aster le raccontò il suo
addestramento nelle severissime scuole del suo villaggio, i primi duelli, il
tentativo di raggiungere il rango di spadaccino e poi quello più elevato di
maestro, concesso solo ai migliori combattenti.
-E’ da quando avevo quindici anni che sono un maestro di
scherma.- una ruga amara comparve nel suo volto –Ora sono l’unico rimasto.-
Un silenzio improvviso scese su di loro,
latore di ricordi e sofferenza.
-Posso vedere la tua spada?- chiese timidamente la ragazza,
tendendo la mano.
Aster le passò l’arma, osservando la cura e l’ammirazione
con cui Haris toccava l’elsa finemente decorata, la lama
affilatissima ed una piccola scalfittura proprio vicino alla punta.
-E’ bellissima.- mormorò lei, eppure in quel commento
apparentemente banale si nascondeva tutto l’entusiasmo e l’ammirazione che non
si possono esprimere a parole.
-Me l’ha regalata mio fratello maggiore quando ho rotto la
mia prima spada.-
Quasi a malincuore, Haris gliela restituì,
ascoltandolo rapita mentre le parlava dell’equilibrio e della flessibilità
della lama, di quanto fosse importante l’impugnatura e di come, tramite
determinate leghe di metalli, fosse possibile ottenere armi leggerissime eppure
molto resistenti. Nemmeno con Vahn aveva mai provato quell’intensa
sensazione di affinità che adesso sentiva nei
confronti di Aster.
Lo guardò con rispetto, assaporando la gioia di condividere
la stessa passione; adesso che Aster si sentiva interrogato nel suo argomento
preferito, la sua espressione di dolore era scomparsa, rivelandole un volto
poco più vecchio del suo.
-Quanti anni hai?- gli chiese
all’improvviso, non appena ebbe finito di parlare.
-Ventuno, come mai me lo chiedi?-
-Allora ho cinque anni per raggiungere la tua abilità con la
spada.-
Aster le sorrise, stupito degli imprevedibili ragionamenti
che sembravano uscire da quella testa arruffata con una logica tutta
particolare.
-Due, ormai sono tre anni che non faccio grossi progressi.-
-Solo due? Dubito di riuscirci.- commentò
lei con un’espressione sconfortata.
L’uomo si ritirò nei suoi pensieri per qualche minuto.
-Una volta sconfitto il Demone,
potrei insegnarti a migliorare il tuo stile.- le propose infine.
Haris lo guardò, cercando invano una traccia di presa in
giro nei suoi occhi azzurri.
-Guarda che è una promessa!- lo avvertì,
sorridendo per l’offerta.
Si alzarono, il sole alto sopra di loro e la fame che
cominciava a farsi sentire indicavano come ormai fosse
ora di pranzo.
Haris raccolse la sua spada, che giaceva sull’erba da quando
l’aveva lasciata cadere dopo la sconfitta. Stranamente, l’arma scivolò nel
fodero senza fatica.
Mentre si avviavano verso il
villaggio, videro una ragazzina che correva verso di loro.
Non appena fu a pochi passi di distanza, Haris la riconobbe
come Leera, una piccola apprendista maga molto dotata, che spesso veniva usata dai Saggi per le commissioni. La spadaccina la
salutò con cordiale cenno della testa, facendole apparire un sorriso.
Forse a causa del suo carattere timido e introverso, Leera
aveva un’adorazione per Haris e cercava di emularla in ogni suo comportamento,
tanto che un giorno le aveva chiesto di insegnarle a
combattere, nonostante fosse a conoscenza della disapprovazione del villaggio
per una pratica così poco femminile.
Haris aveva rifiutato, eppure capitava spesso che la
ragazzina più giovane fosse presente quando si allenava con Vahn, seduta in
silenzio poco distante da loro, con gli occhi castani fissi sulle spade in
un’espressione attenta.
-Haris, tuo padre ti vuole parlare, ti aspetta nella sala
del Consiglio.- disse Leera non appena li raggiunse e
riuscì a riprendere fiato.
-Perché?-
-Non lo so, ma ha detto di sbrigarti.-
Lanciò un’occhiata di timida curiosità allo sconosciuto, poi
si dileguò, rapida com’era arrivata.
Con un’espressione perplessa, Haris salutò lo spadaccino e
si avviò assieme a lei
Aster le guardò allontanarsi assieme, la composta e aggraziata
ragazzina dai capelli biondi, vestita con l’immacolata tunica delle
apprendiste, e la spadaccina, con i capelli un po’ arruffati e i pantaloni
sporchi di erba; una strana emozione lo attraversò
all’improvviso.
Quella mattina, a parte l’ultima breve conversazione, non
aveva pensato al suo villaggio nemmeno una volta.
Ecco
il nuovo capitolo, scusate il ritardo. Per Sharkie: grazie mille del
commento! Non ho ancora letto le “Cronache del mondo emerso”, ma conto di farlo
in futuro, vista la mia passione per il fantasy. Un
bacione.
-Capitolo 5-
Haris seguì Leera fino alla sala del Consiglio, dove un
Thori dall’espressione seria e impenetrabile congedò la ragazzina e la guidò
giù da una scalinata e poi nella parte sotterranea dell’edificio, fino a
raggiungere una stanza piccola ma accogliente, in cui c’erano anche gli altri
Saggi.
Durante tutto il tragitto, l’uomo non aveva pronunciato una
parola ed Haris aveva raggiunto con muto stupore quel piano sotterraneo di cui
non sospettava l’esistenza.
Ad un cenno di Thori si sedette su una sedia, aspettando
invano che il padre, appoggiato al muro con il volto basso, ricambiasse
il suo saluto o almeno mostrasse di essersi accorto di lei. Gli altri Saggi si
accomodarono attorno a lei, solo Ferhion rimase in piedi al lato opposto della
stanza, senza reagire alle occhiate interrogative che Haris gli stava scoccando.
-Perché mi avete convocato?- chiese
la ragazza, titubante. In un angolo della sua mente temeva che avessero notato
la sua presenza all’ultima riunione del Consiglio e per questo la volessero punire.
-Questo te lo diremo più avanti.- le disse Talok,
continuando poi con un’espressione grave -Grelkor è tornato, ormai non ci sono
più dubbi.-
Lo stomaco di Haris si contrasse a quell’affermazione. Una
paura gelida la investì, tenuta a freno solo dalla fiducia che riponeva nel
Consiglio.
-Siete in grado di sconfiggerlo?- chiese con voce tremante.
Ramak annuì.
-Sì, un modo c’è.-
-E allora cosa aspettate? Adesso il
Demone starà devastando un altro villaggio.-
-Sai come lo sconfissero i nostri predecessori?-
Haris fece un cenno d’assenso, sorpresa da questo cambio di argomento.
-I Saggi crearono una Fanciulla,
con un incantesimo legarono la sua vita a quella del Demone e poi lei si
sacrificò, salvando le Cinque Terre.- recitò come se fosse un brano imparato a
memoria.
Ramak scosse la testa.
-Questa è la versione che si tramanda, ma in realtà non è
andata proprio così. La Fanciulla sacrificata non era
stata generata da una magia.- fece una pausa, ed il suo volto segnato dall’età
si fece ad una tratto impenetrabile –Lei possedeva un Potere immenso, uguale
eppure opposto a quello del Demone. Grelkor era la Tenebra, la Fanciulla era la Luce. Per questo i Saggi furono in grado di
compiere il rituale: non puoi legare la tua vita a qualcuno di molto più
potente se vuoi che l’incantesimo abbia successo.
Quella Fanciulla era la prescelta, l’unica in grado di
sconfiggere il Demone con il suo sacrificio. Scelse di morire per proteggere le
Cinque Terre, entrando nella leggenda. E, negli anni a venire, la Fanciulla assunse i connotati di creatura nata dalla magia,
forse perché è più facile da accettare l’idea che a sacrificarsi non sia stato
un essere umano; ma non è questa la verità, non esiste una magia tanto potente
da creare la vita.-
Haris si mosse sulla sedia a disagio.
-Perché mi state dicendo queste cose?-
La voce di Ramak continuò ad echeggiare nella fredda stanza,
ignorando l’interruzione.
-Lei era semplicemente una ragazza del villaggio.-
E Haris finalmente capì.
Capì perché l’avevano convocata.
Capì perché l’espressione di suo padre era vuota e
impenetrabile.
Capì perché nessuno la guardava negli occhi.
Smise di respirare.
All’improvviso tutto le sembrava sfocato e silenzioso in
confronto a quelle parole che le avevano invaso la
testa.
-Sono io la prescelta, vero?- chiese, cercando invano di deglutire
la saliva che sembrava volerla soffocare.
Kayla annuì, un semplice gesto che agli occhi di Haris era
l’equivalente di una condanna a morte.
- Tu sei l’unica che può salvare queste terre. Adesso devi
decidere se sacrificarti contro Grelkor o condannare il villaggio; è una scelta
difficile, ma non abbiamo molto tempo, quindi dovrai effettuarla
il prima possibile.- si alzò, subito seguita dagli altri Saggi –Torneremo tra
un paio d’ore per ascoltare la tua decisione.-
La ragazza scosse la testa, poi posò
gli occhi sulla figura in piedi con lo sguardo basso, cancellando dalla sua
vista ogni altro volto a parte quello di Ferhion.
-E’ vero?- chiese
-Haris…-
-Padre! Io voglio vivere…- sussurrò, come a chiedergli il
permesso per quel diritto che è proprio di ogni
creatura eppure, in quel momento, non le appariva più tanto scontato.
Il Saggio le diede le spalle senza rispondere, la schiena
curva in una muta richiesta di perdono che non poteva essere pronunciata. Sentì
gli occhi di sua figlia accompagnarlo per ogni passo mentre gli trafiggevano la
schiena ed il cuore.
-Non posso sacrificare tutto il villaggio
per salvarti.- disse, uscendo dalla stanza senza voltarsi.
La ragazza abbassò lo sguardo mentre tutto attorno a lei si
faceva sfocato ed una sorta di ronzio le tormentava le orecchie.
Tacque, senza dire più niente.
I Saggi uscirono dalla stanza senza guardarla, lasciandola
sola nel silenzio di una lacrima e della disperazione.
Le ombre della stanza sembrarono coprire la ragazza,
soffocando i singhiozzi che, nonostante tutti i suoi sforzi, non era riuscita a
trattenere.
Un sussurro si levò infine dalle sue labbra.
Perché non posso vivere?
Haris alzò la testa mentre la pesante porta di quercia si
apriva con un leggero cigolio.
Non sapeva quanto tempo era rimasta
a combattere contro la fredda consapevolezza che le stava invadendo il petto
con un peso soffocante. Forse ore, forse giorni, in cui l’unico pensiero
ossessivo che le aveva tenuto compagnia presentava i
crudi colori della propria morte, tuttavia, l’inaspettata interruzione della
sua solitudine, non le diede alcun conforto.
I Saggi entrarono silenziosamente nella stanza, senza che
lei desse segno di riconoscerli, eppure, in una parte della sua mente, la
ragazza si accorse dell’assenza di Ferhion. Fece un debole sorriso più doloroso
di qualunque smorfia e chiuse gli occhi. Il padre che
aveva sempre ammirato, adesso non trovava nemmeno il coraggio di affrontarla.
La voce quasi dolce di Kayla la scosse dal suo torpore.
-Hai preso la tua decisione?-
-Non c’è un altro modo?- lasciò che
la sua ultima speranza s’infrangesse in un sussurro disperato contro i volti
scuri dei Saggi intorno a lei.
Ramak scosse la testa.
-Io non voglio morire.- sussurrò
Haris senza guardarli.
-E’ un onore essere prescelti per un compito tanto nobile!-
le disse Talok con voce severa, velando di disprezzo le sue parole.
Thori lo afferrò all’improvviso per il bavero della tunica,
sbattendolo contro la parete con un suono secco.
-Ha sedici anni, come puoi parlare di onore
ad una ragazza che si è appena affacciata alla vita?!- sibilò, tremando per
trattenere la rabbia.
Il Saggio si liberò della sua presa e gli lanciò uno sguardo
livido di collera, ma un gesto di Kayla gli bloccò le parole irate che stavano
per affiorargli alle labbra; senza parlare uscì dalla stanza assieme a Thori e
a Ramak, lasciando sole la donna e la ragazza.
-Se tu non compirai il rituale il villaggio
è condannato.- disse la maga.
Haris sollevò gli occhi spaventati sul suo volto
impassibile.
-E se rifiutassi? Mi costringereste?-
Kayla scosse la testa.
-No. E’
una decisione molto difficile, ma spetta solamente a te; la magia non
funzionerebbe se ti costringessimo con la forza.- sussurrò con una voce
stranamente triste e remota. Nuovamente nei suoi occhi apparve un bagliore
dorato.
Attraverso il velo di sofferenza che ormai l’avvolgeva,
Haris si rese conto all’improvviso che non conosceva l’età della donna. Tutti
davano per scontato che il Saggio più anziano fosse
Ramak a causa del suo aspetto, eppure Kayla, per un attimo, le era sembrata
quasi antica, come se nascosti dentro quegli occhi dai mille colori ci fossero
innumerevoli anni di dolore e solitudine.
-Vorrei tanto che non fosse successo a me.- articolò a fatica, trattenendo le lacrime.
Kayla annuì, un lampo di compassione le attraversò lo sguardo prima di dileguarsi nella solita espressione
impenetrabile.
-Ti prego di deciderti in fretta, non abbiamo molto tempo.-
La ragazza scoppiò a piangere all’improvviso, incapace di
prendere quella decisione che avrebbe salvato il suo villaggio, poi le immagini
di Aster, con gli occhi azzurri disperati e senza
speranza, le tornarono alla mente.
-Non pensavo di essere così codarda.- sussurrò, asciugandosi
le lacrime –Cosa devo fare?-
Haris cominciò a camminare nel corridoio scuro con passi
tremanti, sentendosi schiacciare dalla paura e da una solitudine ancora più
dolorosa. Kayla le avevo spiegato che per compiere il
rituale avrebbe dovuto essere sola.
Lentamente aprì la porta che dava sulla piccola stanza dove
avrebbe ricevuto l’incantesimo che i Saggi avevano preparato. Si guardò intorno
senza curiosità.
Davanti a lei all’improvviso comparve una luce azzurra, di
tale intensità che ogni centimetro della stanza venne
illuminato a giorno per qualche secondo, poi, gradatamente, quell’esplosione di
colore si affievolì fino a ridursi ad un globo brillante, grande quanto il
pugno di un uomo.
Haris si sfiorò le guance con una mano e la ritrasse
inumidita dalle lacrime, senza sapere se le aveva causate
la luce troppo forte o il gelo che sentiva nel cuore. Si costrinse ad avanzare
verso quella luce, tremando per la paura e la tensione; perfino a diversi passi
di distanza la magia presente in essa le agitava le
vesti ed i capelli.
-Che cosa devo fare?- chiese con
voce spezzata, quando si trovò tanto vicino al globo azzurro da poterlo
sfiorare stendendo una mano.
Un sussurro remoto le raggiunse la mente, con il timbro
autoritario di Talok.
-Toccala.-
Lentamente Haris sollevò il braccio e sfiorò la sfera.
Subito la magia le avvolse le dita, poi la mano, il braccio, il petto…la
ragazza si sentì invasa da quel fiume ora di colore argenteo che la
attraversava dilaniandola, fino a raggiungere la parte più profonda e nascosta
di lei.
Cercò disperatamente di staccarsi da quella luce, ma ormai
era parte del suo cuore e stava penetrando nei suoi pensieri…
E poi la vide, la Fanciulla che si era sacrificata prima di lei, una ragazzina
di appena dodici anni persa nella sua tristezza e nel suo dolore in una camera
buia. Sentì la sua sorpresa, l’incredulità nello scoprirsi tradita dalle
persone di cui si fidava, la paura della morte. E poi ancora dolore ed un senso
di abbandono tanto forte da spingerla a urlare per
cancellare l’immagine di quella bambina con il volto pieno di lacrime.
Ciao
Kanako91, sono felice di trovarti anche qui^^.
Ringrazio molto per i complimentiDamned88, spero che i prossimi capitoli non ti
deluderanno! Un bacione a tutte e due e grazie anche a chi legge questa storia.
-Capitolo 6-
Il Demone camminava sul sentiero, lasciando dietro di sè
l’ennesimo cumulo di rovine e devastazione.
Un altro villaggio si era spento al suo passaggio, tra
lacrime e sangue. Grelkor si fissò distrattamente una mano, dove una macchia
vermiglia cominciava già a tendergli la pelle, e la toccò con un dito; gli
piaceva quel liquido caldo e denso, dal sapore dolce e rugginoso, in fondo era
scritto nello stesso nome con cui i Saggi lo avevano chiamato: “Grelkor”,
nell’antica lingua “Sangue Oscuro”.
Si pulì il dito su un tronco d’albero, lasciando il rosso
marchio del dolore sulla corteccia.
Non lo faceva per sadismo, anche se ad ogni vita spezzata
lui provava un perverso piacere.
Doveva continuare a distruggere perché questa era la sua
ragione di esistere, fin da quando il suo corpo era stato ceduto alla parte
oscura della magia. L’espressione si contrasse in una smorfia irritata, non
pensava spesso al suo passato, gli anni in cui ancora non portava il nome di
Grelkor rappresentavano una realtà che non gli apparteneva più. Confusamente
ricordava la propria esistenza mortale, ma l’immagine di un antico studioso
sempre chino sui libri per lui non aveva ormai nessun significato.
All’improvviso un tenue bagliore azzurro lo illuminò
dolorosamente per un paio di secondi e poi scomparve dentro di lui.
Grelkor alzò la testa con un’espressione irritata per quello
strano fenomeno, e allora la vide.
Una ragazza dai
capelli castani e gli occhi verdi urlava e piangeva di
fronte a lui
Provò il suo dolore,
così terribilmente lacerante nella sua umanità, si ritrovò le guance bagnate
dalle sue lacrime, il proprio corpo era immobile eppure lui stava tremando…
Un’ondata di paura lo avvolse, il sangue rappreso sulla sua mano gli diede un
improvviso senso di nausea, costringendolo a pulirsela freneticamente sull’erba.
E per un attimo il
Demone fu la Fanciulla e la Fanciulla fu il Demone.
Cadde a terra
boccheggiando, senza capire se le gambe che si erano rifiutate di sostenerlo
appartenevano a lui o alla ragazza.
Poi, tutto scomparve.
Grelkor si rialzò ringhiando, aveva mantenuto la sua forma
umana, ma gli occhi erano rossi.
Una mano salì a toccarsi istintivamente le guance e la
ritrasse inumidita; inorridito la strofinò per terra, cancellando la traccia
bruciante delle lacrime, poi un’imprecazione si levò dalle sue labbra.
Non era la prima volta che vedeva quella magia.
Ricordò una bambina, gli occhi dorati dilatati dalla paura e
l’orrore di un’improvvisa consapevolezza disegnata sul suo volto infantile, una
fitta al cuore e poi più nulla, solo un vuoto terribile e infinito.
Urlò, e una fiammata nera divampò dal suo corpo, devastando
il terreno per un raggio di cinquanta metri.
I Saggi l’avevano
fatto di nuovo.
Presto sarebbe morto per la seconda volta, a causa di quel
rituale.
Una scarica di rabbia e di desiderio di vendetta lo
attraversò. Emozioni ancora troppo umane, che la magia non era riuscita
totalmente a sopprimere, eppure esplosero violente nel
suo petto, lasciandolo quasi senza fiato.
Accelerò il passo, con una fiammata d’odio negli occhi
appena tornati azzurri: sapeva dove vivevano i Saggi.
Presto, nel loro villaggio, sarebbe stato lui l’unico che
ancora respirava.
E poi vide il Demone.
Percepì il suo potere,
respirò la magia che lo permeava e ormai era parte di lui, i suoi pensieri le
invasero la mente facendola urlare per la loro crudeltà, eppure per un attimo
rise della morte e della distruzione, e del sangue che le bagnava le mani.
Un violento desiderio
di uccidere la attraversò all’improvviso, mozzandole il respiro per la sua
intensità, mentre entrava nella parte più profonda del Demone e mille immagini si insinuavano nella sua testa, facendola barcollare.
Vide una famiglia felice, padre, madre e figlia che sorridevano
in una casa piccola ma accogliente.
Vide degli studiosi
uccidere la donna e la bambina sotto gli occhi dell’uomo, in modo che la sua
disperazione risvegliasse e attirasse la parte
negativa della magia.
Vide l’uomocostretto ad assorbire la magia di Tenebra
affinché gli altri potessero usare quella di Luce e poi, inspiegabilmente,
sopravvivere.
E Haris seppe chi era Grelkor.
Cadde in ginocchio boccheggiante, il volto rigato da lacrime
di dolore che non era riuscita a trattenere.
Confusamente si rese conto che qualcuno la sollevava e la
portava in una stanza sconosciuta, sempre nei sotterranei, poi chiuse gli occhi, abbandonandosi al conforto delle tenebre.
Si svegliò qualche ora dopo, guardandosi attorno senza
curiosità, mentre la morsa gelida che l’aveva afferrata il
giorno prima tornava a torturarle il cuore.
La luce delle candele rischiarava la stanza, rivelando la
sagoma del Saggio stagliata nell’oscurità.
-Perché sei qui?- chiese la ragazza
con voce spenta.
Ferhion guardò la figlia con una stretta al cuore. Haris era
irriconoscibile: il volto pallido e tirato mostrava ancora le tracce delle
lacrime, gli occhi sempre allegri adesso erano velati di una tristezza profonda
e disperata, e risplendevano azzurri, portando il
marchio della magia che la legava alla morte.
Li fissò con una sorta di stupore, poi ricordò
all’improvviso uno stralcio dell’antico libro che narrava la distruzione del
Demone: “Solo tramite la Fanciulla si sarebbe potuto compiere l’incantesimo e la
magia dentro di lei si sarebbe rivelata nei suoi occhi.”
-Volevo parlarti. E chiederti
scusa.-
La ragazza lo guardò come se non capisse le sue parole.
-Cosa accadrà domani?-
-Aspetteremo il Demone e poi, Thori compirà il rituale.- mormorò Ferhion, il volto contratto per la fatica con cui
pronunciava le parole. Sapeva che per la riuscita dell’incantesimo la vicinanza
era un fattore fondamentale: nel sacrificio di un secolo prima i Saggi avevano
aspettato che Grelkor arrivasse nel villaggio prima di
pugnalare la Fanciulla.
I suoi lineamenti si contrassero istintivamente.
-Mi dispiace, Haris.-
Guardò la figlia, che cercava disperatamente di mantenere
un’espressione decisa e invece tremava, rivelando tutta la sua paura attraverso
gli occhi azzurri troppo grandi. La abbracciò per non mostrarle le lacrime che
minacciavano di scendere sul suo volto stanco.
Haris perse all’improvviso tutto il suo autocontrollo,
scoppiando a piangere contro la sua spalla.
-Farà…male?- chiese tra i singhiozzi, sentendo una
stilettata al cuore al pensiero di cosa sarebbe successo
l’indomani.
-Thori userà la magia. Non sentirai nulla.- mormorò Ferhion, mentre il dolore per sua figlia si sommava
al dispiacere per delegare il rituale al giovane Saggio, costringendolo ad un
compito che rifuggiva con tutto sé stesso; eppure Thori era l’unico in grado di
garantire una morte rapida e indolore, fermandole il cuore con la semplice
imposizione delle mani.
Haris si staccò dall’abbraccio con un vago
senso di nausea, ancora non riusciva ad accettare l’idea della morte.
-Sono fiero di te.- le disse
Ferhion, controllando il tremito che accompagnava la sua voce.
La ragazza annuì, dandogli le spalle e chiedendogli con voce
appena percettibile di andarsene. Lo sentì esitare qualche secondo in silenzio,
lui, il Saggio sempre sicuro di sé e dalla parola pronta, quindi lo scatto
secco della porta che si chiudeva le ferì le orecchie.
Rimase da sola, nel buio meno oscuro dei
suoi pensieri, poi qualcosa cambiò.
Tutto il suo essere si ribellò
all’improvviso alla morte, con una tale forza che la ragazza trattenne a stento
un conato di vomito.
Con il cuore in gola si gettò nella notte appena cominciata,
raggiungendo una casa familiare che aveva le stanze al pianoterra debolmente
illuminate. Cominciò a bussare quasi istericamente alla porta, smettendo solo
quando questa si aprì, lasciando intravedere una testa bionda.
Vahn guardò sorpreso il volto pallidissimo dell’amica, le
tracce di lacrime ed il corpo che, nonostante i suoi sforzi, continuava a
tremare.
-Haris, che succede?-
-Domani Grelkor sarà qui.- mormorò
con voce spezzata.
-Lo so, ma mio padre ha detto di non preoccuparsi, i Saggi
lo sconfiggeranno con il rituale.- Vahn fece un sorriso che voleva risultare rassicurante –Non pensavo fossi così spaventata,
ti credevo…-
-Sono io la Fanciulla del rituale.-
lo interruppe lei con voce quasi dura, congelandolo.
Tre secondi di silenzio.
-Cosa?!-
Senza guardarlo negli occhi, Haris gli
raccontò l’incontro con i Saggi, la loro rivelazione e la magia che adesso
albergava in lei e la legava ad un destino di morte.
-Capisci, io domani non esiterò più.- mormorò,
mentre si gettava su di lui in un abbraccio disperato, soffocando il pianto
sulla sua spalla e inumidendogli la giacca con lacrime che per la prima volta
non si vergognava a versare. Lentamente le mani di Vahn si posarono sulla
schiena scossa dai singhiozzi dell’amica e timidamente cominciò ad accarezzarla
finchè non la sentì calmarsi.
Haris rimase qualche secondo appoggiata
contro il petto del ragazzo, immersa nel suo calore, prima che un’insensata,
crudele speranza le affiorasse sulle labbra.
-Scapperesti con me?-
Vahn non disse niente, stringendola più forte a sé.
Sentiva un acuto dolore in prossimità del petto al pensiero
che non ci sarebbero stati più duelli con le spade, né
litigi, né i sorrisi che gli scaldavano il cuore…eppure dire addio al
villaggio, alla sua gente, ai suoi genitori era un sacrificio superiore alle
sue forze.
La ragazza si staccò da lui, aspettando una risposta che non
arrivò, ma il suo sguardo esprimeva un rifiuto che la colpì al cuore come una
pugnalata. Abbassò gli occhi, mentre combatteva contro il proprio egoismo per
non prendersela con l’amico
-Non dovevo chiedertelo.- sussurrò,
sentendosi suo malgrado tradita da lui.
Vahn le prese la mano mentre si sforzava disperatamente di
trovare qualcosa da dirle.
-Diventerai una leggenda, il tuo nome verrà
pronunciato in eterno.- sussurrò poi senza guardarla, cercando invano di
trasmettere quell’illusoria consolazione che pure, se se la ripeteva più volte
nella mente, poteva apparire quasi confortante.
-Ma io non ci sarò più.- mormorò
lei.
Vahn cercò di abbracciarla nuovamente, ma Haris lo scansò
con un passo indietro e bruscamente gli tolse la mano che lui le aveva posato sulla spalla, combattendo interiormente contro
l’insopprimibile desiderio di ferirlo. Sapeva che la sua era stata una
richiesta troppo grande per essere accettata, eppure
la parte più egoista dentro di lei voleva fargli provare almeno un po’ del
dolore che la torturava e adesso era stato amplificato da questo rifiuto.
Alzò lo sguardo sull’amico, notando la sua espressione
triste e ferita e all’improvviso desiderò solo andarsene via.
Si morse le labbra, deglutendo la delusione e accettando
senza una parola la morte della sua ultima speranza.
-Buona notte, Vahn.- sussurrò prima di sparire, un’ombra
nera nella notte ancora più scura.
Grazie
mille a Sharkie e Rowina (anche per il
consiglio sul topic^^) , e scusate la fretta con cui
vi ringrazio, ma ho davvero poco tempo libero in questo periodo. Un bacione!
-Capitolo 7-
Haris corse a lungo nel villaggio ignorando il dolore al
fianco che la colse dopo qualche minuto, facendosi via via
più acuto fino a costringerla a fermarsi, poi si accasciò a terra,
singhiozzando con le ginocchia strette al petto. Sapeva quanto assurda fosse stata l’idea che Vahn sarebbe scappato con lei, eppure
una parte del suo cuore ci aveva quasi creduto, aggrappandosi a quella fragile
speranza con tutta la tenacia nata dalla disperazione.
Ma, alla fine, come poteva
pretendere che l’amico sacrificasse tutto per lei quando lei stessa non voleva
sacrificarsi?
Piano piano i singhiozzi si
placarono, fino a cessare del tutto.
Fece un respiro profondo, cancellando le tracce delle
lacrime e alzandosi in piedi.
Il giorno dopo avrebbe fatto il rituale. Lei sarebbe morta e
Grelkor sarebbe stato sconfitto.
In fondo, era tutto estremamente
semplice.
Lentamente raggiunse la sua abitazione, sapendo che Ferhion
non sarebbe tornato prima di notte fonda.
Entrò in casa senza far rumore, tuttavia, non appena richiuse
la porta dietro di sé, Aster comparve di fronte a lei vestito di tutto punto,
come se l’avesse aspettata fino a quel momento.
-Haris, cos’è successo?-
La ragazza sorrise debolmente senza
guardarlo negli occhi.
-I Saggi hanno trovato il modo per sconfiggere il Demone.-
-Ovvero?-
-Ne avrai sentito parlare, è lo stesso rituale con cui lo uccisero un secolo fa.-
-Quindi adesso i Saggi stanno creando la Fanciulla?-
chiese lo spadaccino con un tono vibrante di speranze e sollievo.
Haris scosse la testa, lasciando che i capelli castani
scendessero a coprirle il volto e la lacrima che aveva cominciato a rigarle la
guancia.
-Non dovrà essere creata. La Fanciulla
sarò io.-
Aster si volse di scatto a fissarla.
-Che diavolo stai dicendo?!-
-Oggi ho compiuto il rito per legarmi a lui e domani, con il
mio sacrificio, Grelkor morirà. Il tuo villaggio verrà
vendicato.- sussurrò con voce incolore, prima di sparire nella sua camera.
Aster rimase sconvolto a guardare la porta chiusa, le parole
della ragazza continuavano a risuonargli nelle orecchie senza che lui fosse disposto ad accettarle. Eppure
sapeva con assoluta certezza che Haris non gli aveva mentito, i suoi stessi
occhi, ora di colore azzurro, mostravano come la magia fosse già in lei.
Si appoggiò al muro ad occhi chiusi, la mente persa tra le
immagini del suo villaggio distrutto e di quella ragazza che l’aveva convinto a
vivere dilaniata dagli artigli del Demone. Con un ringhio riaprì gli occhi.
Pochi secondi dopo era dentro la
sala del Consiglio.
I Saggi erano chini in perfetto silenzio su un grande
specchio al centro del tavolo.
Stavano fissando ormai da tempo
l’avanzata del Demone, ancora qualche ora e sarebbe giunto al villaggio.
La porta si spalancò all’improvviso, rivelando una figura
vestita di grigio con gli occhi azzurri lampeggianti di rabbia.
-Che cosa significa questa
storia?!- ruggì, cercando invano di mantenere bassa la voce, mentre nella sua
testa risuonavano ancora le parole senza speranza di Haris.
-Storia?- chiese Talok, alzando un sopracciglio con fare
interrogativo, sorpreso che quello straniero fosse riuscito
a raggiungerli, trovando la scalinata nascosta dietro un pesante arazzo.
-Ho appena saputo cos’avete fatto ad
Haris.-
-Quella ragazza è la prescelta. Compiremo il rituale. Il
Demone sarà sconfitto. Non era questo ciò che volevi?-
Aster contrasse i pugni per trattenere la rabbia.
-Non al prezzo della sua vita.- disse a denti stretti,
quindi il suo sguardo si posò su Ferhion, l’unico dei Saggi ad essere seduto in
disparte a testa china -Come puoi sacrificare tua
figlia? Non t’importa niente di lei?- lo accusò con
tono amaro.
Il mago sollevò lo sguardo, rivelando un’espressione dura e
determinata, tuttavia i suoi erano gli occhi spenti di chi è senza speranza.
-Il villaggio e le Terre dell’Ovest vengono prima di tutto.
Sono un Saggio prima di essere padre.- rispose con
voce atona e fredda, per nascondere il dolore straziante che traspariva dai
lineamenti rigidi e contratti.
-Nessuno di noi vuole che Haris muoia, ma non c’è altra
scelta.- sussurrò Thori, il bel volto turbato dalla
stessa sofferenza che Aster sentiva nel cuore.
Anche Ramak gli si avvicinò,
sfiorandogli la spalla in un gesto di comprensione.
-E’ meglio il sacrificio di una sola vita che la morte di
molti.-
Kayla e Talok si limitarono a stare in silenzio,
quest’ultimo con un’aria sarcastica, la donna senza alcuna emozione.
Lo spadaccino li fissò uno per uno,
reprimendo il desiderio di prenderli a pugni, poi uscì dalla stanza,
chiudendo la porta dietro di sé e sedendosi poco distante.
-Ma io non lo accetto.-
-Deve pur esserci un altro modo per sconfiggere Grelkor.- mormorò Thori; ancora non aveva accettato pienamente l’idea
di sacrificare una ragazza e l’arrivo inaspettato dello straniero aveva
alimentato i suoi dubbi.
Kayla si riscosse dai suoi pensieri, per un attimo i suoi
occhi avevano guardato l’esatto punto del muro a cui, nel corridoio fuori dalla stanza, era appoggiato Aster.
-Infatti, esiste, ma non è certo che funzioni.-
-E quale sarebbe?-
La donna fissò a lungo i Saggi, quindi rispose con voce
priva di emozioni.
-Sacrificare il Consiglio.-
I quattro si fissarono attoniti, mentre Ferhion sentiva il
gelido dolore che gli schiacciava il petto farsi appena più leggero.
Kayla lo guardò con un’emozione imperscrutabile, prima di ricominciare
a parlare.
-Come voi sapete, il Demone possiede
la magia opposta alla nostra, la magia di Tenebra. Quando Grelkor comparve
nelle Cinque Terre, forse perché la natura voleva mantenere una sorta di equilibrio, nacqueuna bambina con un potere pari al suo, ma appartenente alla Luce.- gli
occhi della donna si chiusero per un secondo; quando le palpebre si rialzarono,
essi erano neri
-Ella divenne poi la Fanciulla che
si sacrificò per sconfiggere il Demone. Ora che Grelkor è tornato, l’unica in
grado di distruggerlo tramite il rito è Haris. Oppure
l’intero Consiglio. Se noi cinque sommassimo il nostro potere, forse
raggiungeremmo quello del Demone e potremmo sacrificarci al posto della
ragazza.-
Le parole della donna aleggiarono per numerosi secondi senza
che gli altri Saggi aprissero bocca, troppo presi dalle riflessioni.
-No.- la secca negazione di Ramak echeggiò nella sala,
rompendo il silenzio –Mi dispiace Ferhion, ma il Consiglio è troppo importante per sacrificarlo, fosse anche per salvare tua figlia.-
Talok annuì vivacemente, nella sua espressione severa non
c’era traccia del dolore che si intravedeva sui tratti
rugosi del Saggio più anziano e che aveva scavato solchi profondi sul volto di
Ferhion.
Thori rimase in silenzio a fissare le fiamme delle candele
che tremolavano piano, sentendo un’insopportabile tristezza opprimergli il
petto. Non aveva neanche trent’anni, amava la vita
come solo un uomo in piena salute può fare, ma allo
stesso modo concepiva anche il valore di quella degli altri. Alzò lo sguardo
sulla donna, sostenendo i suoi occhi neri con un’espressione decisa.
-E’ vero, il Consiglio è importante, ma altri maghi potranno
prendere il nostro posto. Haris ha il diritto di vivere, io sono pronto a
sacrificarmi.-
Ferhion lo fissò con gratitudine, quindi si volse a guardare
Kayla, mentre una nuova, fragile speranza compariva nel suo volto, in attesa di splendere o spegnersi del tutto.
La donna lo fissò di rimando, poi suoi occhi divennero
azzurri ed il suo volto sembrò invecchiare all’improvviso.
-Dobbiamo essere tutti d’accordo per fare il rituale. E poi potrebbe non funzionare. Mi dispiace, tra qualche ora
compiremo il rituale con Haris.-
Aster si rialzò dallo scomodo pavimento del sotterraneo,
dirigendosi verso le scuderie dove riposava il suo cavallo.
Aveva sentito tutto.
Con gesti bruschi sellò lo stallone nero con cui era giunto
nel villaggio, poi gli montò in groppa. Forse avrebbe dovuto ucciderli tutti,
forse solamente quell’odioso Saggio dalla voce sprezzante, ma in quel momento aveva un altro scopo.
Una leggera pressione dei talloni, ed il cavallo cominciò la
sua corsa.
Ecco
uno degli ultimi capitoli, grazie mille a Yuna per i complimenti,spero
che anche questa parte ti piaccia^^
-Capitolo 8-
Haris era seduta vicino alla finestra.
Non aveva dormito, dopo l’incontro con
Aster era rimasta tesa a fissare la luna, assaporando ogni secondo di
quella vita ormai agli sgoccioli, che inesorabile si allontanava con l’amaro
retrogusto delle lacrime.
Era doloroso respirare nel silenzio di una notte troppo
breve, sapendo che l’alba avrebbe portato solamente la propria morte.
Dalla finestra vide Aster avvicinarsi al galoppo, poi il
cavallo venne legato alla staccionata che delimitava
il giardino e la ragazza sentì dei passi sulle scale.
Non si voltò quando lo sentì entrare di corsa nella camera
senza bussare.
-Haris!-
-Vattene.- mormorò in un sussurro
appena percettibile.
L’uomo la raggiunse, mettendosi tra lei e la finestra per
catturare la sua attenzione.
-C’è un altro modo per battere il Demone.- le disse, raccontando velocemente quello che era venuto a
sapere, mentre Haris lo guardava incredula. Una nuova speranza passò in un lampo in quegli occhi azzurri, poi la ragazza scosse
la testa.
-Il Consiglio è più importante di me. Li hai sentiti, sono
l’unica che può fare il rituale.-
Distolse lo sguardo dall’uomo, dirigendolo nuovamente verso
il cielo scuro, dove già cominciavano a brillare i primi colori dell’alba.
Aster le si parò nuovamente di fronte e chiuse la
finestra senza staccare gli occhi dal suo viso, che si contrasse in
un’espressione rabbiosa.
-Io non lascerò che ti mandino a morire per salvarsi la
vita.-
-Non ho scelta, perché continui a torturarmi così?-
La voce furiosa della ragazza non riuscì a nascondere il
tremito che pervadeva ogni singola sillaba. Aster le posò le mani sulle spalle,
con una pacata sicurezza.
-Haris, tu vuoi vivere?-
-Io non posso vivere!- esplose lei,
singhiozzando mentre cercava di scacciarlo.
La stretta dell’uomo sulle sue spalle si fece più salda,
senza però farle del male.
-Guardami.-
Haris fissò i suoi occhi in quelli di Aster,
che sembravano bruciare di determinazione.
-Che cosa vuoi fare?-
La ragazza si vide riflessa in quell’azzurro perfettamente
identico alla magia che luccicava nei propri occhi; mai aveva provato un tale
spasmodico desiderio…
La sua bocca si aprì in un sussurro appena percettibile.
-Io voglio vivere.-
Haris sentiva il vento impetuoso sferzare
il suo viso, asciugando le lacrime che, silenziose, le scendevano sulle
guance. Mentre il cavallo oltrepassava le ultime case al galoppo, si appoggiò
alla schiena di Aster per soffocare un singhiozzo
contro il suo mantello. Alle sue spalle il villaggio si allontanava sempre di
più, un’immagine che continuava a passarle tormentosamente davanti agli occhi.
Sentì il suo cuore battere in maniera quasi dolorosa, come se volesse staccarsi
da lei e rimanere in quel piccolo paese che aveva sempre rappresentato tutta la
sua esistenza e presto, a causa sua, sarebbe scomparso.
Singhiozzò ancora.
Lo aveva tradito, rivelandosi una vigliacca incapace di
accettare la morte.
Aveva tradito Leera, Vahn, suo padre…Eppure era viva.
Viva.
Una parola tanto corta e insignificante,
ma insita in ogni sua cellula, sussurrata ad ogni respiro.
Solo a questo riusciva a pensare, mentre galoppava verso la
libertà.
Lei era viva.
Un vuoto doloroso si allargò dentro di lei, costringendola
ad aprire la bocca per respirare l’aria che i suoi polmoni sembravano rifiutare
all’improvviso. Si chinò verso il compagno e delicatamente gli tirò il
mantello, chiedendogli di fermarsi.
Scese da cavallo quando questo stava ancora rallentando e si
diresse verso l’albero più vicino, appoggiandoci le mani come se volesse
imprimersi nel palmo la corteccia, poi una fitta al petto la fece impallidire
all’improvviso.
Con assoluta certezza, Haris seppe che il Demone era
arrivato nel villaggio.
-Cosa c’è?- le chiese dolcemente lo spadaccino.
-Lo sento.-
Si mise a tremare.
Aster le circondò le spalle con un braccio, attirandola a sé
e accarezzandole dolcemente i capelli castani. Haris si strinse a lui e affondò
il viso nel suo petto, mentre cercava invano di cancellare il sordo dolore che
le tormentava il cuore e la mente. Era troppo insopportabile, neppure il caldo
abbraccio dello spadaccino riusciva ad alleviare quella sensazione; la ragazza
tremò, l’unica cosa che desiderava in quel momento era sfuggire a quel
terribile rimorso.
Un sorriso amaro comparve sul suo volto.
La soluzione era così semplice…
Sollevò lo sguardo incrociando quello dell’uomo.
Si alzò sulle punte per raggiungere le labbra dell’amico e
lo baciò con un tocco leggero come una lacrima. Aster la guardò, turbato dal
lampo di disperazione che lesse nei suoi occhi così simili ai propri.
L’abbracciò più stretta e questa volta, non appena Haris riappoggiò a terra i
talloni, fu lui a chinarsi per cercare le sue labbra, in un bacio più lungo e profondo del precedente.
Mentre le sue dita vagavano tra i
capelli castani della ragazza, quasi sorprese di trovarli così morbidi
nonostante l’aspetto arruffato, la sentì aggrapparsi al suo collo in uno
spasmodico bisogno di consolazione.
Si staccarono dolcemente, dopo secondi intensi come minuti.
Senza dire una parola lo spadaccino tornò verso il cavallo,
pronto a riprendere la fuga che avrebbe salvato quella strana ragazza divenuta
ormai il centro della sua vita.
-Aster.-
L’uomo si voltò verso di lei, turbato dall’urgenza con cui
aveva pronunciato il suo nome.
-Riportami indietro.-
-No! Io non ti lascerò morire.-
-Non spetta a te la decisione.- replicò
la ragazza quasi con dolcezza.
-Tu vuoi vivere!-
-E’ vero.- una lacrima le scese sulla guancia, ma la sua
voce rimase ferma –Io desidero vivere con tutta me stessa, ma il prezzo per
poterlo fare è troppo alto.-
-Haris, ascoltami, andremo lontano, il Demone non ci troverà
e tu non farai nessun rituale.-
-Anche se sapevo di non poter fare
diversamente, per un attimo è stato bello illudermi con questa speranza. Ma
adesso non posso più scappare inseguendo un sogno irrealizzabile, adesso sono
io dover portare una speranza alla mia gente.-
Istintivamente Aster si mise di fronte a lei, pronto a
fermarla se avesse voluto raggiungere il villaggio a piedi.
-Non ti permetterò di morire per una speranza. Grelkor
potrebbe tornare di nuovo, e allora il tuo sacrificio sarebbe stato inutile.-
Haris rimase immobile a fissarlo, solo
un’incrollabile determinazione traspariva dal suo volto serio.
-E’ tornato perché la Fanciulla
prima di me fu costretta con l’inganno. L’ho visto quando i Saggi hanno legato
la mia vita a quella di Grelkor. Lei non sapeva che con il rituale sarebbe
andata incontro alla morte ed una volta fatto l’incantesimo
era troppo tardi per tornare indietro. L’hanno ingannata, è
per questo che l’incantesimo non ha funzionato. A me, invece, è stata
concessa la libertà di scegliere il mio destino.- lo guardò negli occhi mentre
l’ultima frase le usciva in un sussurro -Non togliermela proprio tu.-
Il Demone aveva già cominciato a distruggere le prime case,
ovunque c’erano donne e bambini che fuggivano dagli
edifici in fiamme, solo Kayla, Ferhion e qualche raro guerriero armato di
coraggio e disperazione sfidavano la morte.
Non appena il cavallo entrò nel villaggio, Haris vide Thori
chino sui feriti con lo sguardo stanco e concentrato, incurante degli attacchi
di Grelkor, mentre rimarginava ferite senza sosta, il vecchio Ramak accasciato
a terra che cercava di rialzarsi e scappare e Talok, con il volto distorto
dall’ira, che si rifugiava dietro le case ancora in piedi.
Aster fermò il cavallo all’altezza delle prime abitazioni.
Per tutto il ritorno era rimasto in silenzio, senza il coraggio di trattenere
con la forza la ragazza seduta dietro di lui, ma vedendo i Saggi ancora vivi
l’amarezza tornò nel suo cuore, cancellando la
speranza che lo aveva sorretto fino a quel momento. Si voltò verso Haris,
indicandoglieli col dito.
-Li vedi? Loro potrebbero salvare il villaggio al posto tuo,
eppure preferiscono vivere.- s’interruppe per deglutire quella sensazione di
rabbia e paura che lo stava soffocando –Hai detto che
ti hanno concesso la libertà di scelta, ma in realtà non ti hanno mai rivelato
che potevano eseguirlo anche loro il rituale, costringendoti così a decidere di
sacrificarti per salvare tutti.-
Haris scese da cavallo, lanciando allo spadaccino uno
sguardo terribilmente serio, prima di abbozzare un sorriso.
-Non l’ho avuta da loro la libertà di scegliere, ma da te.
Ti ringrazio Aster.-
Senza attendere risposta cominciò ad avvicinarsi al Demone.
L’uomo provò invano di calmare il cavallo, semplicemente
terrorizzato dalla presenza di Grelkor, quindi lo lasciò libero di scappare,
mentre in un disperato tentativo cercava di fermare l’avanzata di Haris.
-Ho promesso che ti avrei insegnato a combattere.-
Lei si voltò all’improvviso, guardandolo un’ultima volta con
i suoi occhi azzurri luccicanti più per il pianto che per la magia in essi contenuta.
-Allena Vahn. Lui è un caso senza speranza.-
Sorrise tra le lacrime e, per un attimo, Aster si sentì
quasi confortato.
Cercando di trattenere l’emozione che gli stava lacerando il
cuore, lo spadaccino la vide avanzare inesorabilmente verso Grelkor.
Il Demone si accorse di lei non appena entrò nel villaggio.
Si bloccò di scatto, fissando incuriosito quella fragile ragazza che, invece di
scappare, si avvicinava a lui con apparente tranquillità. La attese in
silenzio, senza capire come mai tutta la gente del villaggio si fosse voltata a guardarla, quasi trattenendo il respiro.
Haris non guardò nessuno mentre compiva gli ultimi passi
verso Grelkor, solamente l’immagine di Aster
continuava a danzarle davanti agli occhi e infonderle il coraggio di avanzare
verso la morte. La distanza tra i due si ridusse a pochi
centimetri prima che Grelkor decidesse di ucciderla.
La mano della ragazza si tese a toccare la ruvida pelle del
Demone nell’esatto momento in cui i suoi artigli penetrarono nella corta giubba
di cuoio, lacerandola e raggiungendo il cuore. Fu allora, con un ringhio di orrore, che la riconobbe, ma era troppo tardi.
Una luce divampò fra loro, inglobandoli in un’esplosione di
colore che, per qualche secondo, li nascose alla vista, poi i contorni argentei
delle anime si unirono e, per un attimo, sembrò che la mano del Demone e quella
della Fanciulla si intrecciassero.
In un silenzio diviso tra paura e speranza, gli occhi rossi
di Grelkor si spensero nell’azzurro di Haris.
I due corpi caddero a terra uno accanto all’altro, privi di
vita.
Un enorme grazie a Sharkie, Yunae Damned88 per i complimenti (*me arrossice*). Riguardo l’ipotetica
resurrezione di Haris ancora non mi pronuncio, intanto ecco il penultimo
capitolo, spero vi piaccia!
-Capitolo 9-
Aster si sentiva svuotato. Non aveva pianto, le ultime
lacrime se n’erano andate con la distruzione del suo villaggio, ma il doloroso
vuoto che per breve tempo Haris aveva colmato, adesso lo tormentava, sempre più
nero e profondo.
S’incamminò svogliatamente verso il centro del villaggio,
dove gli abitanti erano riuniti per dare l’estremo saluto alla Fanciulla, prima che il suo corpo venisse cremato e le
ceneri sparse nel vento; avrebbe voluto andarsene il prima possibile da quel
luogo che per lui aveva rappresentato solo dolore, ma Haris si meritava la sua
presenza.
I suoi passi stanchi lo portarono in mezzo alla folla,
facendogli incrociare il biondo ragazzo con le lentiggini che aveva visto in compagnia di Haris quel pomeriggio, accanto
ad un uomo con i suoi stessi lineamenti. Teneva lo sguardo basso, forse per
nascondere gli occhi rossi e cerchiati di chi piange più volte nello stesso
giorno, eppure si poteva percepire un vago senso di sollievo nel volto giovane,
come se le lacrime avessero lavato via il suo dolore.
Aster lo oltrepassò senza dirgli una parola.
Distolse volutamente lo sguardo dal corpo senza vita di
Grelkor, disteso su una pira funebre, in attesa di
essere cremato; così come erano stati uniti nella morte, il Demone e la
Fanciulla lo sarebbero stati anche nelle fiamme, ma le ceneri di Grelkor
sarebbero state sigillate in un’urna e sepolte fuori dal villaggio.
Infine raggiunse la catasta di legna su cui era adagiato il
corpo di Haris.
Guardò con una sorta di amara
incredulità quella ragazza vivace e sempre allegra giacere immobile davanti ai
suoi occhi, rivivendo all’infinito il momento della sua morte, mentre lottava
contro il sordo dolore che minacciava di incrinare la sua espressione dura.
Ferhion gli si accostò senza salutarlo.
Aveva lo sguardo duro e inespressivo, tipico di chi prova fin troppo dolore per poterlo esternare e allora lo
rinchiude nelle pareti del proprio cuore, soffrendo in silenzio.
Rimasero lì, a condividere lo stesso dolore, due figure
taciturne e sconfitte davanti ad una ragazza che, con il suo sacrificio, aveva
ucciso un po’ anche loro.
Poi il Saggio posò la mano sulla spalla dello spadaccino,
fissandolo senza dire nulla, incapace di esprimere a parole la riconoscenza che
pure trapelava dal suo sguardo, quindi si allontanò, silenzioso com’era
arrivato.
Non si accorse della donna che lo seguiva se non quando si
fermò di fronte alla folla, nel posto riservato ai membri del Consiglio.
-Kayla.- la salutò stancamente Ferhion –Come sta Ramak?-
Il vecchio mago era rimasto ferito il
giorno prima, durante lo scontro con il Demone, e versava ancora in
gravi condizioni.
-C’è Thori con lui ora. E tu come stai?-
L’uomo scosse la testa, come per scrollarsi di dosso quella domanda troppo insidiosa.
-Sai, quando ho scoperto che Haris era sparita, per un
attimo ho sperato che non tornasse. Anche a costo del
villaggio.- mormorò con l’ombra di un sorriso ironico sul volto pallido e
tirato.
-Per un attimo l’ho sperato anch’io. Aster mi sembrava
abbastanza deciso per convincerla a fuggire.-
Il Saggio la guardò, capendo all’improvviso.
-Tu lo sapevi che sarebbero scappati.-
Kayla annuì.
-Aveva diritto ad una possibilità. Almeno lei…- mormorò con un triste sorriso, gli occhi verdi chiarissimi la
resero per un istante incredibilmente fragile.
Ferhion comprese subito a chi si riferiva.
-La prima Fanciulla…- mormorò,
ricordandosi di come i Saggi l’avessero convinta con l’inganno a sacrificarsi e
poi tutto fosse stato messo a tacere.
-Kyra.- lo interruppe la donna –Era così che si chiamava.-
-Ma tu come sai il suo nome?-
Kayla fece un triste sorriso, i suoi occhi
si velarono d’azzurro.
-Era mia sorella.- fece una pausa prima di pronunciare le
altre parole in un sussurro che portava l’eco di lacrime mai versate –La mia
sorella gemella.-
Ferhion la fissò sconvolto, chiedendole silenziosamente delle
spiegazioni che non si fecero attendere.
-I nostri genitori erano entrambi nel Consiglio quando
comparve Grelkor. Io avevo da sempre manifestato un potere incredibile per la
mia età, ma era Kyra ad essere la più dotata. Quando venne
prescelta, i Saggi la ingannarono, pensando che una bambina di dodici anni non
avrebbe mai scelto consapevolmente la morte, e le dissero che con la sua magia
ed un loro incantesimo il Demone poteva essere sconfitto. Troppo tardi Kyra comprese che l’incantesimo comportava il suo
sacrificio e, fino all’ultimo, i Saggi credettero di
avere agito per il meglio. Invece l’incantesimo non funzionò, o almeno non alla
perfezione: mia sorella venne sacrificata ed il Demone
fu sconfitto, ma la magia di Tenebra di cui era imbevuto non scomparve, venne
solo indebolita.-
-Ma questo significa che tu vivi da più di un secolo…com’è
possibile?-
-La magia che è in me mi fa invecchiare molto lentamente.-
-Non pensavo che tu avessi un tale potere.- commentò l’uomo,
senza particolari emozioni.
-Sai, anche se adesso sono troppo debole per
venire ancora considerata tale, all’epoca della prima Fanciulla anche io
avrei potuto essere una prescelta.- disse in un sussurro mentre gli occhi si
facevano dorati.
Un attimo dopo era scomparsa tra la folla.
Una volta che tutti gli abitanti del villaggio furono
riuniti nella piazza, Talok si fece avanti, prendendo la parola.
-Siamo qui riuniti per rendere grazie ad
Haris, figlia di Ferhion. Che il suo nome risuoni di paese in paese, poiché ella ha dato la vita per la nostra salvezza.-
Senza smettere di parlare, il Saggio prese una torcia e
diede fuoco alla pira di legno su cui era posato il corpo della ragazza. Poi si
diresse verso quella di Grelkor.
-Non ha avuto paura di sacrificarsi per noi pur di
sconfiggere il Demone.-
I due corpi cominciarono a bruciare, Aster vide il fumo
bianco proveniente dalla pira di Haris mischiarsi a quello nero della pira di
Grelkor, mentre le false parole di Talok gli scavavano nel petto un solco
d’amarezza.
-Il suo coraggio rimarrà scolpito nella nostra memoria.-
Vahn scoppiò a piangere silenziosamente. Dietro di lui,
Leera fissava il corpo della ragazza senza una lacrima, solo il volto
pallidissimo dimostrava come per lei fosse difficile
trattenere il dolore; al suo fianco portava una vecchia spada, simile a quella
di Haris, a cui la sua mano destra si aggrappava quasi in cerca di conforto.
-Ha perso la vita, ma ha guadagnato qualcosa di più grande:
l’immortalità del suo nome.-
Le dita di Aster si strinsero
spasmodicamente alla sua spada, mentre un sentimento di pura rabbia
s’impadroniva di lui. All’improvviso sentì come se le fiamme che circondavano
il corpo di Haris gli stessero bruciando il petto. Se lo
toccò, sorpreso di vedere un leggero bagliore attraverso i suoi occhi azzurri appannati
dalle lacrime.
Nessuno si accorse quando cadde in ginocchio.
-Ma oggi non dobbiamo piangere o
essere tristi, lei non l’avrebbe voluto.
Adesso sorridiamo, e lasciamo che nel nostro cuore s’imprima
il nome di colei che divenne la Fanciulla.-
Ed ecco l’ultimo capitolo di questa mia storia. Spero che non
mi lincerete per il finale, comunque forse (ma solo
forse) in futuro scriverò un seguito; per ora ho solamente qualche idea, se
riuscirò a renderle concrete allora Aster & co.
potrebbero tornare! Ringrazio un sacco Rowinaper le sue belle
recensioni, mi fa piacere che Haris (ho voluto renderla più umana rispetto alle
eroine senza macchia o paura…in fondo era solo una ragazza di sedici anni) e
Kayla ti siano piaciute, spero di non averti fatto attendere
troppo per scoprire cos’era successo ad Aster; Damned88, i tuoi complimenti mi
fanno arrossire, anche se mi dispiace di aver infranto le tue speranze su una
resurrezione di Haris nel capitolo scorso; e Sharkie, spero che non rimarrai delusa da questo breve
epilogo.
Grazie mille per il sostegno e grazie a tutti gli altri che
hanno letto e recensito o anche solamente letto. Un bacione!
-Epilogo -
La donna si sedette lentamente su uno
degli scranni appartenenti ai membri del Consiglio, lasciando che i suoi occhi
stanchi, velati dai ricordi, vagassero sulla superficie cristallina del
tavolo di fronte a lei. I posti dei Saggi adesso erano solo quattro.
Ramak era stato il primo ad andarsene, in seguito alle
ferite inferte dal Demone, poi Ferhion l’aveva seguito, spegnendosi senza una
lacrima in una notte più fredda delle precedenti; non si era mai ripreso
veramente dalla morte di Haris ed era sprofondato in un’esistenza priva di
scopo, accettando la fine con un sorriso.
Adesso al loro posto c’era una giovane maga dai capelli
biondi, timida e silenziosa, che portava sempre con sé una vecchia spada,
sfidando perfino le terribili occhiate di biasimo di Talok.
La donna sorrise. Il vecchio Saggio
con l’età aveva peggiorato il proprio carattere, diventando perfino più severo
di prima.
E poi c’era Thori. Quello che un
tempo era il più giovane di loro, adesso era un uomo dal volto segnato, i suoi
occhi si erano fatti più penetranti, scolpiti dagli anni e dalla sofferenza, ma
in loro il bagliore della giovinezza era rimasto intatto, così come la sua
generosità.
Una leggera raffica di vento s’intromise tra questi
pensieri, disturbandoli.
La donna sollevò sorpresa lo sguardo dalle proprie mani,
fissandolo su una figura incappucciata comparsa all’improvviso di fronte a lei.
Non l’aveva sentito arrivare.
Rimanendo nell’ombra, l’uomo si avvicinò lentamente, mentre
gli occhi della donna si facevano castani, senza nascondere un lampo di
sospetto.
-Chi sei?-
La maga intuì un sorriso nascosto dal cappuccio, al posto
della risposta.
-Strana cosa la magia, non è vero, Kayla?- disse una voce
dolce eppure vibrante di malinconia.
La donna trasalì leggermente nel sentire il suo nome, ma non
si mosse.
-L’uomo non può servirsene finchè essa è completa, perché non gli ubbidirebbe, eppure
è riuscito a trovare ugualmente un modo per usarla. Basta scegliere di
utilizzare solamente la magia di Luce, separandola dal resto, ma prima bisogna
trovare un corpo che contenga quella di Tenebra, un
mago tanto ambizioso da desiderarne scioccamente il potere.- fece una pausa,
lasciando che gli occhi azzurri luccicassero sul volto della donna -O un uomo
abbastanza disperato da accettarlo.-
Kayla si alzò, turbata.
-Chi sei?- chiese per la seconda
volta, con voce meno tranquilla rispetto a prima.
Lentamente, l’uomo tirò indietro il
cappuccio, lasciando che alcune ciocche corvine dei suoi capelli gli
ricadessero sulla fronte.
-Aster!- sussurrò Kayla, riconoscendo stupefatta
quel volto ancora giovane, nonostante fossero passati più di dieci anni
dall’ultima volta che l’aveva visto.
Lo spadaccino sorrise.
-Non Aster.- per un attimo nei suoi occhi comparve un
bagliore rosso come il sangue –Grelkor.-