The Deathberries...Live in Karakura!

di Kuchiki Chan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Let's start! ***
Capitolo 2: *** Your voice is my drug ***
Capitolo 3: *** Pieces of life ***
Capitolo 4: *** Every breath we take ***
Capitolo 5: *** How I fell when I'm around you ***
Capitolo 6: *** Harrowing Feelings ***
Capitolo 7: *** Poison Hearts ***
Capitolo 8: *** Don't be too hard on my emotions ***
Capitolo 9: *** Are you ready? ***
Capitolo 10: *** This is my true love ***
Capitolo 11: *** I can't cry the pain away ***
Capitolo 12: *** Ti supplico, non lasciarmi. ***
Capitolo 13: *** Alone in your embrace. ***
Capitolo 14: *** Love is our resistance. ***
Capitolo 15: *** You're my wonderwall ***
Capitolo 16: *** Changing ***
Capitolo 17: *** I just want you to know who I am ***



Capitolo 1
*** Let's start! ***


The Deathberries...Live in Karakura!

 
1 ) Let’s start!


La sala prove era, come al solito, immersa in un caldo asfissiante. Nonostante fosse ancora marzo, i ragazzi che ci andavano erano costretti a stare a maniche corte. L’ambiente era piccolo e mal insonorizzato, quindi il suono degli strumenti rimbombava anche per strada, causando le proteste dei vari passanti e dei vicini.
Ma, nonostante questo, rimaneva aperta e continuava ad essere molto frequentata. Anche in quel momento, era occupata da un gruppo che si esercitava, e la loro musica era udibile da almeno due isolati di distanza.

Appena sentì che il gruppo aveva già iniziato a suonare, Inoue Orihime iniziò a correre a perdifiato sul marciapiede. Si era addormentata come una bambina mentre guardava la televisione, e appena si era svegliata si era resa conto di essere terribilmente in ritardo.

Dovrei preparare pasti più leggeri, per pranzo!  pensò, mentre correva più veloce che poteva.
Possibile che, quando i suoi amici la invitavano in sala prove, arrivava sempre dopo e non riusciva mai a sentirli dall’inizio?!

Arrivata in vista dell’ingresso, forzò le sue gambe ad andare ancora più veloce, ed entrò in sala come un tornado, gridando: - ECCOMI! -.

- Orihime! Finalmente, stavo per chiamarti!- la salutò una ragazza con i capelli corti e disordinati, urlando per superare il volume della musica.

Inoue si asciugò il sudore dalla fronte, e si appoggiò al muro per riprendere fiato, mentre la sua amica le si avvicinava.

- Scusa, Tatsuki, mi sono addormentata come una stupida. Hanno iniziato da tanto?- chiese, preoccupata.

- Stai tranquilla, hanno appena cominciato. Non ti sei persa granché!- rispose Tatsuki, battendole una mano sulla spalla.

Orihime le sorrise, e si girò verso il palco. Cinque ragazzi stavano suonando, silenziosi e concentrati.
Un ragazzone bruno, con i capelli scuri che gli coprivano quasi interamente la faccia, batteva deciso le bacchette sulla batteria. Teneva la testa bassa, concentrato al massimo sul ritmo della canzone.

Sulla sua destra, un altro ragazzo era intento a pizzicare le corde di un basso nero. Era di carnagione pallida e aveva i capelli lunghi e nerissimi, tenuti fermi da degli strani fermagli bianchi. Suonava con grande grazia e naturalezza, emanando una certa nobiltà. 

Il ragazzo che suonava la chitarra era quasi il suo opposto. Portava i capelli rossi legati in una coda alta e disordinata, e aveva strani tatuaggi neri sulle sopracciglia, sul collo e sul petto. Suonava con passione, quasi con rabbia, muovendo la testa a tempo di musica.

In mezzo a lui e al bassista, stava la cantante. Bassina e con i capelli lunghi e neri, cantava ad occhi chiusi, tenendo il microfono con entrambe le mani, poco distante dalle labbra. Anche lei, come il ragazzo con i fermagli bianchi, emanava una grazia innata, sia con la voce che con il corpo.
Nonostante non fosse la prima volta che Orihime la sentiva cantare, la voce di Kuchiki Rukia riusciva sempre a sorprenderla e a toccare le corde più profonde della sua anima. Bloccò lo sguardo sul viso della ragazza, affascinata ed ammirata. 

Tuttavia, dopo qualche secondo i suoi occhi si ribellarono e andarono a posarsi sul secondo chitarrista.
Troppo tardi.
Per quanto cercasse di controllarsi, non poteva evitare quel momento.

Era un ragazzo alto e magro, con una strana zazzera di capelli arancioni in testa. Imbracciava la chitarra con sicurezza e muoveva le dita sui tasti, concentrato. Teneva le sopracciglia aggrottate, lo sguardo fisso sulle corde. Il suono della sua chitarra era meno aggressivo di quello del compagno, più ritmico, più melodico.
Orihime non poté evitare che il suo cuore facesse una capriola, nel vederlo.

Adorava guardarlo suonare. Amava il suo volto concentrato, il modo in cui teneva in mano la chitarra, persino la postura che assumeva.  Era innamorata di Kurosaki Ichigo da molti anni, ormai.

All’improvviso, lui si sporse verso il microfono che gli stava davanti, e unì la sua voce a quella della compagna.
Orihime sentì qualcosa di caldo rimescolarsi nel suo stomaco. E non era certo il pranzo pesante che aveva mangiato prima.

Se la voce di Kuchiki aveva qualcosa di magico, unita a quella di Kurosaki l’incantesimo era completo. Anche se non fossero stati due dei suoi migliori amici a cantare, Inoue ne sarebbe rimasta stregata lo stesso. Avevano talento. E anche molto. Tutto il gruppo aveva qualcosa di speciale. E Orihime non poteva fare altro che guardarli a bocca aperta, ammirata ed in un certo senso intimorita.

Nel frattempo, Tatsuki la osservava, divertita.

- Chiudi la bocca, Orihime! Non è mica la prima volta che li vedi suonare! - disse, ridendo.

La ragazza si girò, arrossendo:- Non posso farci niente! Mi piacciono sia come gruppo, che come musica. Non trovi che abbiano qualcosa di magico, Tatsuki?-.

- Magico? Solo tu potevi associargli un tale aggettivo! Io direi piuttosto che sono bravi. Credo che la voce di Kuchiki sia veramente splendida. Non so se l’hai notato, presa come sei ad ascoltare quella di Ichigo - rispose l’amica, facendole l’occhiolino.

Le guance di Orihime si fecero ancora più rosse.

- Lo so che Kuchiki-san è bravissima! Stavo ascoltando anche lei, oltre Kurosaki-kun!- disse, imbarazzata.

- Dai, stavo scherzando - rise Tatsuki, dandole una pacca sulla spalla - Anche se non riesco a capire cosa ci trovi in lui, devo dire che Ichigo quando suona sembra figo. Quando riusciranno a fare un concerto, dovrai stare attenta a tutte le ragazzine che gli sbaveranno dietro! Anche se lui, di sicuro, sarà così stupido da non riuscire a capirlo, visto che non si è accorto che ti sei innamorata di lui dopo tutto questo tempo! -.

Orihime stava per rispondere alle provocazioni dell’amica, quando la chitarra di Ichigo suonò l’assolo finale e la batteria scandì la fine della canzone. Un silenzio teatrale invase la sala prove.

- Finalmente è finita! Ma non potevi scegliere una canzone più corta, Rukia? - disse scocciato il ragazzo dai capelli rossi, sedendosi per terra con un sospiro.

- Che vai blaterando, Renji? Non dirmi che sei già stanco! - rispose Rukia, guardando sarcastica il chitarrista - Abbiamo appena iniziato! Non dirmi che non sei abbastanza bravo per suonarla! -.

Abarai Renji si limitò a guardarla storto.

- Certo che lo sono, brutta nana malefica. Solo che è troppo lunga, prova tu a stare per tutto quel tempo con uno strumento pesante sulle spalle! E poi, il testo è troppo smielato! Ma devi per forza scegliere canzoni romantiche? -

Rukia si voltò di scatto, imbarazzata: - Non sono troppo smielate! A me piacciono! E poi sei l’unico che si sta lamentando, quindi questa canzone la suoneremo lo stesso, che ti piaccia o no. Dico bene, ragazzi? Oh, benarrivata, Inoue! -.

La ragazza posò il microfono sull’asta e si avvicinò all’amica, per salutarla.

- Grazie, Kuchiki-san! Sei stata bravissima, come sempre!- rispose Orihime, andando ad abbracciare l’amica.

- Tu sei facilmente impressionabile, Inoue. Non sei uno strumento di misura abbastanza affidabile - rise Rukia.

Nel frattempo, gli altri membri del gruppo si erano seduti per terra, esausti. Tutti tranne il ragazzo con i fermagli bianchi, che rimaneva appoggiato al muro con il basso a tracolla, con fare spavaldo.

- Siete davvero già stanchi? Che delusione - sbuffò, incrociando le braccia sul petto.

Kurosaki Ichigo lo guardò storto: - Insomma, Byakuya, non è colpa nostra se sei fatto di ferro! Per me, Chad e Renji questa è la prima esperienza in una band. Sii un po’ più comprensivo!-.

Byakuya non lo degnò nemmeno di uno sguardo, nel rispondere: - Comprensivo? Dovrei fare da balia ad un branco di mocciosi privi di esperienza? Non se ne parla neanche! -.

- Ma tu sei il leader, capo! Il più grande di età, quello che suona uno strumento da più tempo e che ha più esperienza in questa campo! Non dovresti venire incontro ai membri più giovani?- disse Renji con fare lamentoso, accarezzando le corde della chitarra.

Il bassista si limitò a rimanere in silenzio, sistemando i toni del basso sull’amplificatore.

- Ehi dov’è finita Rukia? Oh ciao, Inoue!- disse Ichigo, voltandosi verso le due ragazze.

Orihime si liberò dall’abbraccio dell’amica, arrossendo.

- Buon giorno, Kurosaki-kun! Scusami, sono arrivata in ritardo anche stavolta!-.

- Non fa niente, stai tranquilla. Almeno, sei riuscita a sentire parte della canzone? Come ti è sembrata?- disse lui, avvicinandosi.

- E’ bellissima, Kurosaki-kun! Davvero, mi piace un sacco. Sia la musica che il testo sono favolosi! - rispose Orihime, con gli occhi grandi di ammirazione.

- Sono contenta che ti piaccia - rispose Rukia con un sorriso,  facendo poi la linguaccia a Renji - E tu che ne pensi, Arisawa?-.

Tatsuki incrociò le braccia dietro la testa:- Penso che avete talento, Kuchiki. Quindi, qualunque cosa suonata da voi diventa accettabile-.

Ichigo sospirò, guardandola storto: - Sempre avida nei commenti tu, vero?-.

La ragazza gli sorrise, sarcastica:- Accontentati, Ichigo. E’ il massimo che sentirai uscire dalla mia bocca. Se vuoi sentirti riempire di complimenti, chiedi a Orihime! - disse, facendo l’occhiolino all’amica.

La ragazza sentì le punte delle orecchie scottare, mentre Ichigo le rivolgeva un mezzo sorriso.
Poi, si girò verso Rukia: - Senti, nana, ma la dobbiamo suonare per forza questa canzone? Ha ragione Renji, è lunga e fin troppo calma per i miei gusti!-.

La ragazza lo guardò  scocciata, allargando le braccia:- Ma insomma, che avete tutti contro questa canzone? A me piace davvero un sacco! Onii-sama, Chad, voi cosa ne pensate?-.

- Per me non fa alcuna differenza aggiungerla o no al nostro repertorio. Quindi, possiamo benissimo continuare a suonarla- disse il ragazzone bruno, con fare disinteressato.

Rukia lanciò a Ichigo uno sguardo vittorioso, poi si girò verso Byakuya:- E tu, Onii-sama?-.

- Secondo me è una delle canzoni migliori che dei principianti come voi possano arrivare a suonare. Ha un ritmo abbastanza regolare, ed è diversa dal trambusto  delle altre canzoni- disse il ragazzo, appoggiando nuovamente le spalle al muro.

- Siamo due contro tre! Quindi la canzone si suonerà, e niente discussioni!- disse Rukia, facendo una linguaccia ad Ichigo e Renji.

I due ragazzi si presero la testa tra le mani, rassegnati.

- Anche se Byakuya è il leader, la nana malefica finisce sempre per spuntarla- sussurrò Ichigo al compagno dai capelli rossi.

- Cosa ci vuoi fare, sono fratelli, è normale che sia raccomandata!- sospirò Renji, rialzandosi in piedi e rimettendosi la chitarra a tracollo- Penso che la pausa sia durata fin troppo! Forza, continuiamo! -.

- Giusto! Abbiamo battuto troppo la fiacca, ragazzi! - disse Rukia.
Rivolse un sorriso a Orihime e Tatsuki, e ritornò al microfono, mentre gli altri tornavano alle loro postazioni.

Chad battè il tempo sulle bacchette, e il gruppo iniziò una nuova canzone.

Orihime si sedette per terra, soddisfatta.
Sono in sala prove con i Deathberries, dovrei esserne onorata pensò ad occhi chiusi, mentre la voce di Kuchiki Rukia tornava a riempirle l’anima.

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Angolo dell'autrice:

Rieccomi con una storia nuova di zecca *-*
Lo so, non è il genere che scrivo di solito, ma devo dire che mi ero scocciata delle fic introspettive >.>
Cosa ne pensate di questa idea? Devo dire che mi è venuta in mente perchè in questo periodo sto seguendo contemporaneamente Bleach e Nana, e ho un pò di confusione in testa >.<
Ho cercato di associare ai membri del gruppo lo strumento che gli si addice di più. Non è troppo figo, un Byakuya bassista? *Q*
Però le sue battute sono difficili da scrivere, perchè volevo mantenerlo più IC che potevo T.T 
Lo so che questo primo capitolo sembra abbastanza IchiHime, ma potete stare tranquilli, non scriverei una fic IchiHime nemmeno da ubriaca ù_ù Però qualche paring interessante lo vedremo di sicuro, nei prossimi capitoli :D
NOTA: Deathberry è una parola che compare spesso nei titoli dei capitoli di Blech, nonchè il titolo del volume 18. Ho avuto l'idea di usarlo come nome del gruppo :D
Un grazie a tutti quelli che hanno letto questo capitolo, una statua a chiunque si prenderà la briga di recensire ^^
Alla prossima

       Kuchiki Chan
 
 
 

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Capitolo 2
*** Your voice is my drug ***


The Deathberries...Live in Karakura!

2) Your voice is my drug

C’era stato un tempo, prima della fondazione dei Deathberries, in cui per Kurosaki Ichigo il momento migliore della giornata consisteva nel prendere in mano la sua chitarra. Ora, le cose erano cambiate.
O almeno, si erano modificate. Sentiva di aver trovato il suo posto nel mondo solo quando poteva suonare accompagnando la voce di Kuchiki Rukia, e quando cantava mescolando la propria voce a quella di lei. Anche se non l’avrebbe mai ammesso davanti a qualcuno, nemmeno sotto tortura.

I Deathberries erano una delle sue ragioni di vita. Aveva avuto l’idea di fondare una band insieme al suo amico Renji, più di un anno prima. Suonava la chitarra già da molto tempo, e avrebbe voluto mettere a frutto i suoi studi e il suo talento.
Non che volesse diventare famoso, Ichigo era sempre stato un tipo piuttosto tranquillo; uno di quelli che odia i posti affollati e l’essere al centro dell’attenzione.
Semplicemente voleva divertirsi con i suoi amici per mezzo della musica, che aveva sempre amato fin da quando era piccolo.

Ricordava ancora ogni particolare di quella luminosa giornata d’agosto in cui i Deathberries erano stati fondati.

- Renji, perché non cerchiamo di mettere su una band?-

Era iniziato tutto così, con una proposta fatta a bruciapelo a uno dei suoi migliori amici. Sapeva già che Renji  suonava il suo stesso strumento: più volte avevano suonato insieme a casa sua in orari improponibili, causando le proteste e il malcontento dei vicini. Ogni volta che voleva farsi una bella risata, gli bastava pensare alla faccia della vecchietta in vestaglia che era venuta a bussare alla sua porta per protestare, dopo che lui e il suo amico avevano improvvisato un concerto di chitarre alle tre di notte.

- U…una band?! Come ti è venuta un’idea simile, Ichigo?-

Ricordava benissimo la faccia sorpresa di Renji, quando si era sentito fare quella domanda strana. E ricordava alla perfezione ciò che gli aveva risposto.

- Credi che sia una brutta idea? Non dev’essere poi così difficile! Molti dei nostri amici e conoscenti suonano qualcosa, ci basta chiedere un po’ in giro per trovare un basso, una batteria e una voce. Potrebbe essere divertente!-

Renji si era preso il mento tra le mani, pensandoci su. Poi, si era girato verso Ichigo con un sorriso sghembo, e aveva risposto: - Ok, Fragolo! Ma preparati, perché il suono della tua chitarra verrà subito inghiottito dalla mia bravura. Sei disposto a sopportare tutti i complessi di inferiorità che ne deriveranno?

A quella provocazione, l’amico aveva risposto con un sonoro pugno sulla spalla, e i due ragazzi si erano amichevolmente presi a cazzotti per tutta la durata della mezz’ora successiva.

Aveva tanti bei ricordi legati ai membri della sua band. Li custodiva gelosamente in un angolo della sua anima, e non avrebbe voluto dimenticarli per niente al mondo.

*
 When I sit alone come get a little known
But I need more than myself this time
Step from the road to the sea to the sky
And I do believe that we rely on


La voce di Rukia rimbombava sulle pareti della piccola sala prove. Nonostante Ichigo fosse impegnato a muovere le dita sui tasti della chitarra, non poteva evitare che quella voce scuotesse qualcosa dentro di lui. La sentiva mescolarsi al suono degli strumenti, creando una melodia impossibile da descrivere a parole. Quando cantava, quella ragazza aveva veramente qualcosa di magico. Qualcosa che Ichigo amava terribilmente, e che era fiero di supportare con il suono della sua chitarra. Qualcosa che lo faceva sentire stranamente in pace con sé stesso.

When I lay it on
Come get to play it on
All my life to sacrifice


Il ragazzo dai capelli arancioni aspettò la fine della strofa, poi avvicinò la bocca al microfono e intonò il ritornello insieme a Rukia, attento a non perdere la concentrazione sul suo strumento.

Hey oh listen what I say oh
I got your
Hey oh now listen what I say oh, oh


A volte, quando doveva cantare con la compagna, pensava che sarebbe stato meglio stare zitto, per non sporcare la purezza della voce di Rukia con la propria. Ma avere più di una voce era vantaggioso in un piccolo gruppo, e dava il suo bell’effetto, così Ichigo si era dovuto adattare. Avendo il privilegio di avere un tono di voce decente, non si era potuto tirare indietro. Anche se, in fondo, avrebbe preferito ascoltare.

Quella piccola sala prove era davvero un angolo del suo mondo. Sentiva le vibrazioni del basso di Byakuya sotto le scarpe, il rombo della batteria di Chad nella testa, il grido della chitarra di Renji nelle orecchie e il suono della voce di Rukia in fondo all’anima. Non c’era nessun altro posto, in cui si sentiva veramente sé stesso.

The more I see the less I know
The more I like to let it go hey oh
Woooh oh oh


Di solito quando suonava non amava distogliere lo sguardo dalle proprie dita, per paura di perdere la concentrazione. Ma quando invitavano degli amici ad ascoltarli era più volte tentato di farlo, per vedere
che faccia facevano:  solo così poteva sapere cosa ne pensavano davvero della loro musica. Quindi, quella volta alzò lo sguardo per qualche secondo, per controllare le espressioni di Tatsuki e Inoue.

La sua amica di infanzia li ascoltava attenta, con una smorfia all’apparenza disinteressata. Ma Ichigo ormai la conosceva bene, e sapeva che adottava quell’espressione solo quando era seriamente impressionata da qualcosa. Era così, Tatsuki. Non amava esternare i propri sentimenti, ed era veramente difficile entrare nel suo cuore, o anche solo capire cosa le passava per la testa. Ichigo ora riusciva a comprenderla, ma solo dopo anni di pratica.

Il ragazzo dai capelli arancioni spostò lo sguardo su Inoue. E, con sorpresa, si ritrovò a guardare sul fondo di due occhi castani che lo osservavano attenti, pieni di meraviglia ed ammirazione. 
Due occhi limpidi, attraverso i quali era fin troppo facile vedere.
Due occhi troppo sinceri.

La ragazza abbassò lo sguardo, imbarazzata, limitandosi a guardare la punta delle proprie scarpe. Ichigo posò nuovamente gli occhi sulla chitarra, confuso. Per certi versi, Inoue era esattamente l’opposto di Tatsuki. Il suo volto era come un libro aperto, ed era ingenua ed innocente fino all’inverosimile. Ma, per il ragazzo, risultava mille volte più complicata da comprendere. Semplicemente, era troppo diversa da lui, quasi un mondo lontano anni luce. Si conoscevano da molti anni, ormai, ma alcuni suoi comportamenti gli risultavano ancora incomprensibili.  

In between the cover of another perfect wonder
And it's so white as snow
Running through the field where all my tracks will
Be concealed and there's nowhere to go oh!

Il suono della voce di Rukia lo riportò alla realtà. Smise di pensare ad Inoue e si concentrò sulla musica.
Ma qualcos’altro, questa volta, lo invogliava ad alzare lo sguardo.
E questo qualcosa era proprio Rukia.

Sentiva una strana voglia di guardarla, di riempirsi gli occhi della sua figura e le orecchie del suo canto.
Sentiva un irrefrenabile desiderio di guardare dentro i suoi occhi blu, così diversi da quelli di Inoue.

Rukia somigliava di più a Tatsuki: non le piaceva mostrare al mondo i suoi sentimenti. Ma non riusciva mai a nasconderli completamente; in un certo senso le sue espressioni erano mosse da uno pseudo-orgoglio che le impediva di esternare i suoi attimi di debolezza. Forse Rukia ,dall’esterno, poteva sembrare una persona forte, ma in realtà era incredibilmente fragile. Non che avesse un carattere debole, semplicemente c’erano momenti in cui veniva letteralmente travolta dalle emozioni, o dai ricordi. In breve, era una di quelle persone che vivono di sentimenti e di pensieri. Per questo i suoi occhi non erano specchi di acqua limpida, ma labirinti intricati, enigmi difficili da sciogliere, senza la chiave giusta.
E Ichigo avrebbe voluto tanto possedere quella chiave.
Avrebbe voluto conoscere ogni suo minimo pensiero, ogni sua emozione.
Avrebbe voluto entrare di nascosto nel suo cuore, e conoscerla meglio di sé stesso.

Erano strani per lui, questi sentimenti. Kurosaki Ichigo era sempre stato una persona estremamente riservata, stava sempre attento a tenere il naso fuori dagli affari altrui. Parlava raramente di cose che non lo riguardavano, ma era ben disposto ad ascoltare chiunque avesse bisogno di un aiuto, o di un consiglio. E allora, come mai quella fissazione su ciò che provava quella nana malefica?

L’irritazione per non riuscire a controllare i propri sentimenti deconcentrò il ragazzo,  che si interruppe per qualche secondo proprio durante l’assolo finale della canzone. Per qualche attimo, tutti i membri del gruppo andarono fuori tempo, ma Chad riuscì a sistemare tutto scandendo il ritmo con la batteria, e gli altri lo seguirono.
Rukia, che durante l’assolo non doveva cantare, si girò verso Ichigo con aria interrogativa.
Il ragazzo dai capelli arancioni lesse nei suoi occhi stupore e un accenno di divertimento.
Sospirò, rassegnato.
Lo avrebbe preso in giro fino alla morte.

*
- Che cosa ti è successo oggi, Ichigo? Per poco non ci hai fatto andare tutti fuori tempo!-

Le prove erano appena finite, e Rukia, Ichigo e Byakuya stavano facendo insieme la strada per tornare nelle rispettive case. Villa Kuchiki era poco distante dalla clinica Kurosaki.

Byakuya teneva il basso a tracolla e camminava qualche metro davanti agli altri due, silenzioso come sempre e immerso nei propri pensieri.
Rukia e Ichigo, invece, camminavano fianco a fianco.
 
Appena il ragazzo dai capelli arancioni si sentì rivolgere quella domanda, sospirò sconsolato.

- Non è successo niente, Rukia. Ero solo un po’ distratto, tutto qui-

La ragazza lo squadrò dall’alto in basso, scettica:- Tu non sei mai distratto, Ichigo. Hai per caso qualche problema di cui vorresti parlare?-.

Quelle parole sorpresero non poco il ragazzo. Sicuramente non si aspettava un tale interessamento da parte di Rukia, pensava piuttosto che lo avrebbe preso in giro. Quella ragazza era più acuta di quanto pensasse. O forse, non era stato abbastanza bravo da riuscire a nasconderle il proprio turbamento.

Si girò verso di lei, e la guardò negli occhi.

-Ti ringrazio, Rukia. Ma puoi stare tranquilla, non è successo niente di particolare. Stavo solo pensando-.

La ragazza gli lanciò uno sguardo sarcastico:- Puoi davvero pensare, in quella zucca arancione? Non me n’ero mai resa conto!-.

Ecco. Fine dell’atmosfera.

Ichigo spostò la tracolla della chitarra sull’altra spalla, e le rispose: - Certo che posso pensare, nana. Piuttosto, tu sei sicura di poterlo fare? C’è abbastanza ossigeno, alle altezze a cui si trova il tuo cervello?-.

L’ultima parola della frase rimase incompleta. Il ragazzo dovette sforzarsi per evitare il calcio in faccia che minacciava di spappolargli il naso.

- Stolto! Vedi che l’ossigeno viene a mancare in alto, non in basso! Per questo il tuo cervello è così danneggiato!-.

I ragazzi continuarono a stuzzicarsi lungo tutta la strada del ritorno.
Ichigo si fermò una volta arrivato a casa sua, ed entrò, salutando i fratelli Kuchiki con la mano.
Rukia si girò verso di lui, sorridendo.

- A domani, stolto! E ricorda di studiare meglio la nuova canzone!-.

Ichigo rimase sulla soglia di casa per alcuni minuti, guardando la sua schiena che piano piano si allontanava.
Il sorriso che gli aveva rivolto prima di andarsene era rimasto impresso nella sua mente.
I sorrisi di Rukia erano davvero rari, quindi li custodiva gelosamente in un angolo della sua anima.

Scusa se ti ho mentito, Rukia. Ho davvero qualcosa che non va.
Il mio problema sei tu.
 

Angolo dell'autrice:

Scusate davvero per questo ritardo >.< Di solito pubblico i capitoli molto più in fretta, ma questa è stata una settimana d'inferno. La scuola inizia a diventare pesante, per non parlare di tutte le altre cose!
Pubblicare questa fic mi ha davvero portato fortuna. Riuscirò a suonare nel mio primo Live forse anche prima dei Deathberries *-*
Devo scusarmi un'altra volta per aver reso il capitolo eccessivamente introspettivo. Non perdo mai questo vizio >.>
Ho voluto parlare un pò di Ichigo, questa volta. Forse, visto che è il protagonista del manga, mi sentivo in dovere di mettere in chiaro i suoi sentimenti. Anche se sono stati abbastanza difficili da struttutare è.é
Spero, nei prossimi capitoli, di riuscire a far apparire più personaggi. E soprattutto, di avere abbastanza tempo per scrivere un altro capitolo xD

Mille grazie a: Valez, Espada_Numero_11, Sarugaki145 e Exodus per aver recensito ^^
Inoltre, grazie anche a: Sarugaki145, Valez e Crista85 per avere inserito la storia tra le preferite, ricordate o seguite.
Infine, grazie anche a chi legge e basta.

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto ^^

NOTA: La canzone che i Deathberries stanno suonando in questo capitolo è Snow, dei Red Hot Chili Peppers, come molti di voi avranno senz'altro intuito. E non è la canzone che stavano suonando nel capitolo scorso, perchè questo è ambientato subito dopo la pausa. Spero di essere stata abbastanza chiara (:

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Capitolo 3
*** Pieces of life ***


The Deathberries...Live in Karakura!


3) Pieces of life

- Hai notato che Kurosaki fa di tutto per starti appiccicato, Rukia?-

Al suono di quelle parole, la ragazza dagli occhi blu si fermò in mezzo alla strada, paralizzata dalla sorpresa. Girò con strana lentezza il volto verso suo fratello, che le aveva fatto quella domanda con estrema noncuranza mentre camminavano l’ uno dietro l’altra sulla strada per casa.

Byakuya continuò a camminare, fingendo di non notare il suo stupore.
Sempre così, suo fratello.
Le sue domande erano sempre crude, dirette, senza un minimo di tatto.

Anche se, il più delle volte, quello che diceva corrispondeva alla realtà.

- Cosa stai dicendo, Onii-sama? Io e Ichigo stiamo nello stesso gruppo, è ovvio che passiamo tanto tempo insieme- rispose Rukia, arrossendo lievemente e riprendendo a camminare, cercando di riprendersi dallo shock che le avevano causato quelle semplici parole.

E pensare che, qualche secondo prima, stava pensando proprio a quello stolto. O, per essere più precisi, allo sguardo intenso che le aveva lanciato mentre la salutava sulla soglia di casa.
Quegli occhi avevano letteralmente trafitto la ragazza, lasciandole dietro una sensazione di dolcezza e disagio che non riusciva a spiegarsi.

Ichigo aveva qualcosa di diverso, quella sera. Chissà di che tipo erano i pensieri che vagavano in quella zucca arancione.

- Sai benissimo cosa intendo, Rukia. Non dirmi che non ti sei mai accorta che Kurosaki è attratto da te!- disse Byakuya con estrema tranquillità, spostando la tracolla del basso sull’altra spalla.

Le guance di Rukia, leggermente velate di rosso dopo la domanda precedente, diventarono completamente paonazze. Sentiva che persino le sue orecchie stavano andando a fuoco.

- Stai saltando a conclusioni troppo affrettate! Si, può darsi che Ichigo mi voglia bene, ma sicuramente come un amico! Non potrà mai essere attratto da me, né ora e né mai! - rispose, ringraziando il fatto che il fratello non potesse vederla in volto, visto che camminava dietro di lei.

Come mai Byakuya insisteva nel continuare quel discorso? Era sempre stato piuttosto freddo con lei, e assolutamente disinteressato in ciò che faceva.
Da dove nasceva tutto quell’interesse per il rapporto che si era instaurato tra lei ed Ichigo?

Non contentò, però, il bassista continuò a mettere il dito nella piaga: - Sbaglio o in quel “né ora né mai” c’era una nota di rimpianto?-.

Rukia si voltò di scatto, come un delinquente colto in flagrante, mentre il suo viso assumeva una colorazione tra il rosso acceso e l’indaco: - Non c’era nessuna nota di rimpianto! Era solo un modo di dire! E comunque, Onii-sama, perché tutto questo interesse verso me ed Ichigo? Non mi avevi mai detto delle cose simili!- gridò, bloccandosi di nuovo.

Byakuya le lanciò uno sguardo di sufficienza. Poi si fermò anche lui, frugando nella tasca del giubbotto di pelle. Prese il pacchetto di sigarette e, con estrema lentezza, ne estrasse una e se la portò alla bocca. Tirò fuori l’accendino dalla tasca dei jeans e la accese, schermando la fiamma con la mano.

Rukia assistette trepidante a queste operazioni, aspettando che il fratello aprisse nuovamente la bocca e le desse una risposta. Sembrava si divertisse a lasciarla sulle spine, anche se aveva la faccia più seria del mondo.

Il ragazzo allontanò la sigaretta dalla bocca per poter espirare una folata di fumo. Poi, finalmente, si decise a parlare: - Sono tuo fratello, no? Un buon fratello dovrebbe vigilare per bene sulle amicizia della propria sorella-.

No. Onii-sama non è per niente in sé, questa sera. Da quand’è che ha deciso di fare il fratello modello? Com’è che oggi sono tutti così strani? pensò la ragazza, riprendendo a camminare con fare nervoso.

Tenne per sé le domande che le giravano per la testa. Non aveva voglia di continuare il discorso, sentire suo fratello parlare di certi argomenti la metteva a disagio. Senza contare, che non voleva sentire altre parole riguardo un presunto interesse che Ichigo provava verso di lei. Non voleva proprio pensare a quella zucca arancione, in quel momento.

Byakuya non disse più una parola, rispettando il suo silenzio.

Forse ha capito che le sue intuizioni non avevano fondamenta abbastanza solide pensò Rukia Oppure semplicemente vuole evitare di mettermi ancora in imbarazzo. Quali fossero le ragioni, non le importava più di tanto. Era solo contenta di essere riuscita a chiudere quel discorso scomodo.

Si, proprio scomodo: era davvero una bella parola per definirlo. Le risultava difficile parlare di Ichigo a chiunque, persino alla sua amica Inoue! Non sarebbe mai riuscita a confidarsi con suo fratello; aveva troppa paura di deludere le sue aspettative.

Rukia sospirò, sconsolata.
Avrebbe voluto prendersi la testa tra le mani, o sbatterla sul muro fino a quando non avesse smesso di pensare sempre a quello stolto di Ichigo.
Avrebbe voluto poter controllare i propri pensieri.
Si sentiva debole, e impotente.
E se c’era una cosa che Kuchiki Rukia odiava, era la propria debolezza.

Iniziò a canticchiare un motivetto, per distrarsi. Per essere precisi, il ritornello della canzone che avevano provato quel giorno in sala prove. Quella che non era piaciuta né Renji nè ad Ichigo, ma che per lei era troppo importante.  La canzone che sembrava parlare della sua vita.

Era stato proprio Ichigo a farle scoprire la passione per il canto. Da quel giorno d’estate in cui era entrata nei Deathberries, cantare era diventata una delle sue ragioni di vita; forse, era una delle poche cose che le piacevano veramente fare.

*

- Come hai detto, Ichigo? Formare una band con te e Renji?-

Il ragazzo incrociò le braccia sul petto e sbuffò, scocciato: - Hai sentito benissimo quello che ti ho detto, non c’è bisogno che io lo ripeta-.

Gli occhi di Rukia erano grandi di stupore: - Ma non sarei di nessuna utilità! Cioè, non so suonare nessuno strumento, e….-

- Però sai cantare! Quando andavamo al karaoke con Renji e gli altri, ti ascoltavo attentamente. Sinceramente, credo che tu abbia talento- la interruppe il ragazzo, lanciandole uno sguardo serio.

La ragazza era incredula. Kurosaki Ichigo le aveva appena fatto un complimento. Erano amici da molti anni, ormai, ma normalmente non facevano altro che stuzzicarsi. O almeno, così appariva alla gente esterna, perché quando erano soli i due ragazzi parlavano molto. E non litigavano così spesso come poteva sembrare, anche se  avevano caratteri troppo simili per andare completamente d’accordo.

Rukia, però, non ricordava che le avesse mai fatto un complimento prima di allora, e anche Ichigo sembrava imbarazzato: spostava continuamente il peso da una gamba all’altra, e teneva lo sguardo perso nel vuoto per evitare di incrociare i suoi occhi.

- Ma eravamo tra amici! Non so come mi comporterei se dovessi cantare davanti ad un pubblico più vasto di persone…- obiettò Rukia, divisa tra l’imbarazzo e la voglia di mettersi alla prova.

Ichigo sembrò intuire al volo i suoi pensieri.

- Finchè non ci proverai, non potrai mai saperlo. E poi, non voglio certo arrivare a chissà quale traguardo! E’ solo un modo come un altro di divertirsi! Allora che ne dici, nana? Ci stai?-

Le tese la mano, con un sorriso sghembo. Rukia ebbe la sensazione che la sua anima si stesse sciogliendo come cioccolata al sole. Incantata dal suo volto, allungò la mano verso la sua e la strinse con decisione, senza dire nulla. Era certa che lui avrebbe capito senza bisogno di troppe parole.

Il sorriso di Ichigo si allargò, illuminando ancora di più il suo volto.

Illuminare, anche questo era un verbo adatto alla situazione. Perché Ichigo, per lei, era come un sole. Qualcosa che dava luce alle sue giornate, ma che lei aveva finito per dare per scontato tanto da non poterne comprendere il valore. Solo una cosa sapeva per certo: non poteva superare gli ostacoli che le si paravano di fronte senza il suo sole personale.

Di questo, ne era assolutamente convinta.

 
******

Nel frattempo, a soli due isolati di distanza, una mano candida si muoveva sicura su quattro corde nere. Le dita scattavano velocissime, intrecciandosi tra di loro; intrecciata era anche la melodia che stavano suonando.
Una melodia strana, frenetica e tormentata, che riusciva sia a turbare l’ascoltatore quanto a suscitare ammirazione.
Una melodia che sembrava far vibrare le corde dell’anima delle persone che avevano la fortuna di sentirla.

Il musicista era uno strano ragazzo, praticamente l’immagine della musica che stava suonando.
Pallido fino all’inverosimile, con capelli nerissimi che arrivavano a sfiorare le spalle e due enormi occhi verde scuro. Era magro e di altezza media, con lineamenti fini e labbra sottilissime, in quel momento increspate in un gesto di assoluta concentrazione.

Stava seduto su un anonimo letto con un basso in grembo,  pizzicandone le corde con delicatezza, quasi accarezzandole, e teneva gli occhi chiusi, come se per lui suonare fosse stato un gesto automatico, facile come respirare.

Cupo e profondo, come il suono dello strumento che teneva poggiato al petto.

- Yo, Ulquiorra! Sapevo che ti avrei trovato qui!-

Una voce graffiante e roca piombò sulla tranquillità della stanza come una doccia d’acqua fredda. Il ragazzo dai capelli neri aprì gli occhi e assunse un’espressione infastidita, smettendo immediatamente di suonare. Rivolse lo sguardo verso la persona che aveva appena disturbato la sua musica.

- Ti serve qualcosa, Grimmjow? - chiese, con tono incolore. La sua voce era esattamente come il sua aspetto: anonima, afona, disinteressata.

Il ragazzo che gli stava davanti sbuffò, scocciato, incrociando le braccia al petto.

Anche lui aveva davvero un aspetto strano: capelli di un azzurro acceso e occhi dello stesso colore, con una sottile linea di trucco sotto di essi. Aveva dei lineamenti stranamente ferini, sia la sagoma degli occhi che la forma della bocca accentuavano la sua somiglianza con questi animali. Il suo fisico era snello e muscoloso, e a quanto pare il ragazzo non aveva problemi col metterlo in mostra, visto che teneva la camicia bianca completamente sbottonata, lasciando intravedere gli addominali e i muscoli del petto.

Era esattamente l’opposto del suo compagno.

- Niente in particolare. Sono solo venuto a portarti il tuo cellulare. L’hai scordato nella mia stanza, e non fa altro che vibrare ogni due minuti da più di mezz’ora. Visto che mi stava facendo incazzare, ho preferito riportartelo- disse, estraendo un cellulare nero dalla tasca dei jeans strappati e porgendolo ad Ulquiorra.

Il ragazzo pallido lo prese, sbloccò la tastiera e rimase a guardare lo schermo per più di un minuto, immobile.

Nel frattempo, Grimmjow non accennava ad andarsene: aveva comodamente appoggiato le spalle alla porta e fissava il compagno con un sorriso sarcastico.

- Perché sei ancora lì, Grimmjow? Ti ringrazio per avermelo riportato, ma ora la tua presenza in questa stanza non ha nessun motivo- disse Ulquiorra, infastidito dallo sguardo dell’altro ragazzo.

Il sorriso di Grimmjow si allargò, assumendo una piega animalesca, quasi l’espressione di un predatore che ha tra le sue mani la preda indifesa.

- Chi era, Ulquiorra? La tua fidanzata? - disse, in tono sarcastico.

L’espressione del bassista si indurì, e pose sul ragazzo dai capelli azzurri uno sguardo inceneritore.

- Non sono fatti che ti riguardano - disse, in tono arrabbiato.

- Oh oh, Ulquiorra Shiffer incazzato! Non mi era mai capitato di vedere una cosa simile! Significa che ci ho azzeccato, vero?- disse Grimmjow.

Il ragazzo dai capelli neri si rese conto di avere assunto un comportamento troppo sospetto. Distolse lo sguardo dal compagno, posandolo nuovamente sulle corde del basso che teneva ancora in grembo.

- Hai esattamente due secondi per uscire da questa stanza, Grimmjow - disse, con il suo solito tono incolore.

L’altro ragazzo alzò le mani, in segno di resa.

 - Va bene, mi tolgo via dalle palle. Però tu stai attento, Ulquiorra: fai in modo che questa ragazza non ti distragga troppo dal tuo lavoro- disse, con il tono malizioso di chi sa più di quello che lascia trasparire.

Poi, uscì dalla stanza con la sua andatura dinoccolata, chiudendosi la porta alle spalle.

Ulquiorra tirò un sospiro di sollievo. Non si sentiva molto a suo agio, in presenza di altre persone: lasciarlo solo era il miglior regalo che potessero fargli.

Ricominciò a guardare il cellulare, e la sua bocca si increspò in un leggero sorriso. Sullo schermo, era visualizzato uno dei messaggi ricevuti.

Ciao, Ulquiorra!
Scusami se prima non ho risposto alla tua chiamata, mi sono addormentata come una scema >.< E poi sono dovuta correre in sala prove dai Deathberries. Ti ricordi di loro? Il gruppo che hanno formato i miei amici, quello di cui ti parlo sempre. Sono davvero fantastici! Mi piacerebbe trovare un modo per farteli sentire!
Tu cosa hai fatto, oggi? Scommetto che ti sei esercitato con il basso, come al solito xD
Fatti sentire, ok?

Orihime.  


Angolo dell'autrice:
In primis, credo di dovermi scusare con tutti quelli che mi seguono per il pauroso ritardo con cui posto questo capitolo >.< Ho avuto davvero due settimane di fuoco, ma non credo che succederà mai più: stasera farò il Live per cui mi sono tanto impegnata e finirà lì xD 
Tornando al capitolo, spero davvero che vi sia piaciuto ^^ Nella prima parte, ho voluto un pò approfondire sia il personaggio di Rukia che quello di Byakuya (anche se ho l'impressione di averlo descritto in modo troppo OOC). Continuo ad inserire flashback sul periodo in cui la band è stata fondata, per me sono abbastanza importanti per sviluppare la storia.
E, per la gioia delle fangirl, sono comparsi Ulquiorra e Grimmjow *-* Chissà cosa combineranno nei prossimi capitoli ù.ù

Un ringraziamento speciale va a: Sarugaki145, Senna_ e Toshira_Chan per aver recensito.
Poi, ringrazio anche: sweet_kami95, T e r s i c o r e, Toshira_Chan, dragon ball z, kitsune999 per aver inserito la storia tra le preferite e le seguite.

Infine un enorme grazie a tutti quelli che leggono.

Alla prossima ^^
 

 

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Capitolo 4
*** Every breath we take ***


The Deathberries...Live in Karakura!



4) Every breath we take


- …E poi sono stata in sala prove con Kurosaki-kun, Kuchiki-san e gli altri. E’ stato davvero fantastico, fratellino! La loro musica è qualcosa di speciale, ti entra dentro e lascia davvero una traccia nella tua anima. E la voce di Kuchiki-san è così bella…Sembra che stia mettendo tutti i suoi sentimenti e le sue energie in quel canto! Per non parlare di Kurosaki-kun! Lui è sempre…Oh, un messaggio!-

Inoue Orihime interruppe di colpo il suo monologo davanti alla foto del fratello, frugando nelle tasche dell’ampia giacca. Era inginocchiata su un cuscino, di fronte a quell’improvvisato altare casalingo che aveva allestito per  Sora Inoue, deceduto otto anni prima in un cruento incidente stradale.

Dopo la morte del fratello, che era la sua unica famiglia, Orihime si era trovata sola di colpo. Ma aveva resistito. Pur essendo una ragazza emotiva, maldestra e in certi casi un po’ tonta, aveva tirato avanti con determinazione, nascondendo con luminosi sorrisi la ferita profonda che provava dentro di sé.
Raccontare al fratello la propria giornata era quasi un rituale, per Orihime. Un modo per riassumere quello che era accaduto e prenderne coscienza, ma che le serviva  soprattutto per riuscire a sentirlo ancora vicino. Era un modo come un altro per aiutare sé stessa, anche se per lei aveva una grande importanza.

La ragazza estrasse con delicatezza il cellulare dalla tasca, con un sorriso soddisfatto. Era da un po’ che aspettava quel messaggio, ma come al solito la persona che glielo aveva mandato si faceva attendere.

Andò sull’icona dei messaggi ricevuti e lo aprì, curiosa.

Ciao Orihime.
Non preoccuparti per la chiamata, può succedere a tutti. Si, certo che mi ricordo dei Deathberries, dopotutto non fai altro che parlare di loro e di quanto siano fantastici. Vorrei tanto farti sentire il mio, di gruppo. Spero tu ti decida presto ad accettare di venire alle nostre prove.
La mia giornata non è stata niente di che, mi sono solo esercitato con il basso e ho cercato di sopravvivere ad un’altra giornata senza uccidere Grimmjow, il mio coinquilino. Come vedi, tutto normale. Scusa per il ritardo con cui ti sto rispondendo.

Ulquiorra.

Orihime rise di cuore. Certo che era ben poco normale, la normalità di quel ragazzo.

Nel messaggio non c’era scritto niente di così spiritoso, ma Inoue non poteva fare a meno di trovare quel ragazzo…buffo. La sua apparente apatia, che normalmente scoraggiava le persone che tentavano di legare con lui, per la ragazza era stranamente interessante.

Ulquiorra, seppur a modo suo, riusciva a divertirla e a farla sentire meglio.
E soprattutto, anche se Orihime faticava ad ammetterlo, la aiutava a distogliere per un po’ i pensieri dal suo amato Kurosaki-kun.

Guardò fuori dalla finestra. Una bella giornata primaverile, soleggiata e fresca. Insomma, la sua giornata ideale.
I suoi pensieri andarono ad una giornata molto simile a quella, di quasi un anno prima.

Il giorno in cui aveva conosciuto quel ragazzo all’apparenza freddo e apatico di nome Ulquiorra Shiffer.

*

Orihime correva per il corridoio della scuola, cercando con tutte le sue forze di trattenere le lacrime che minacciavano di assalirla.
Aveva voglia di sbattere la testa contro il muro, di prendere a pugni quel suo stupido cervello finché non l’avesse smessa di sommergerla a tradimento con pensieri così crudeli ed egoisti.

Era stato solo un sguardo.

Kuchiki era inciampata mentre correva durante la lezione di educazione fisica, e si era sbucciata un ginocchio. Orihime era inginocchiata accanto all’amica, quando aveva visto Kurosaki accorrere a rotta di collo con una bottiglia di disinfettante tra le mani. Aveva negli occhi uno sguardo così sinceramente preoccupato che Inoue aveva sentito qualcosa spezzarsi dentro di sé.

Non era il solito sguardo apprensivo di Kurosaki, la solita faccia che assumeva quando si sentiva in colpa per non essere riuscito a proteggere qualcuno.
No, Kurosaki stava male perché lei si era ferita.
Orihime non aveva alcun dubbio, su questo.

Il ragazzo dai capelli arancioni si era inginocchiato accanto a lei, e aveva iniziato a versare il disinfettante sul ginocchio di Kuchiki e a pulire la ferita con il cotone idrofilo. La ragazza aveva protestato, dicendogli che non aveva bisogno di essere medicata come una bambina di tre anni, ma lui non le aveva risposto, né si era fermato. Aveva continuato a curarla, mettendo un tale affetto in quei gesti ed esternando una tale preoccupazione che Orihime aveva sentito la gola seccarsi di colpo e qualcosa di arroventato e doloroso scenderle nello stomaco.

Non avrebbe dovuto sentirsi così, non avrebbe dovuto essere così gelosa del rapporto tra Kuchiki e Kurosaki. Kuchiki era una delle sue migliori amiche, sentiva di farle un torto anche solo provando quei sentimenti.
Si sentiva una persona schifosamente e egoista.

Non era riuscita ad assistere oltre. Si era alzata in piedi di scatto, dicendo ai suoi compagni che andava semplicemente in bagno.
Ma mentre camminava per la scuola aveva sentito il sapore salato delle lacrime in fondo alla gola e si era messa a correre a rotta di collo per raggiungere il bagno prima di scoppiare a piangere.

Non ce l’aveva con Kurosaki, né con Kuchiki. L’unica persona che odiava era sé stessa, e quei sentimenti così egoisti e dolorosi che la avvolgevano di punto in bianco.
Avrebbe voluto essere una persona migliore più di qualsiasi altra cosa al mondo.

All’improvviso, poggiò il piede su una mattonella instabile e inciampò, storcendosi la caviglia e sbattendo violentemente il gomito sul pavimento. Successe tutto così in fretta, che non si rese nemmeno conto di essere caduta. Non provò nemmeno dolore, all’inizio. Rimase carponi sul pavimento della scuola, intontita.

- Ehi, stai bene?-

Una voce la aiutò a ritrovare contatto con la realtà.
Alzò lo sguardo, e si ritrovò a guardare un ragazzo pallido con i capelli neri e gli occhi verdi chinato su di lei, vicinissimo al suo volto. Il tono di quella voce era stato piatto, senza apparente preoccupazione, ma riuscì a scorgere un grande fermento negli occhi del ragazzo.
Qualcosa di così genuino e spontaneo che Orihime sentì le lacrime pungerle gli occhi.

Il dolore fisico, la sofferenza che aveva provato poco prima e ora quello. L’instabile equilibrio emotivo della ragazza di ruppe di colpo, e Inoue scoppiò in un pianto disperato, gettando le braccia al collo dello sconosciuto  e rifugiando il viso nel suo petto, bagnandogli la camicia con le sue lacrime.

Se il ragazzo dagli occhi verdi ne fu sorpreso, non lo diede di certo a vedere. Anzi, non fece assolutamente niente. Non l’allontanò, come avrebbe fatto una persona normale con qualsiasi stramba sconosciuta, né la strinse a sé per consolarla. Le posò gentilmente una mano sulla schiena e le offrì una spalla su cui piangere, senza dire una parola.

Orihime pianse come non faceva da mesi. Ormai l’argine era stato rotto e voleva solo esternare tutto il dolore che si era tenuta dentro, voleva sfogarsi fino a sfinirsi. La mano del ragazzo sulla propria schiena le dava un senso di calore protettivo, non era né un invito a restare né esprimeva fastidio. Era assolutamente neutrale, come il ragazzo che le stava di fronte.
Il ragazzo che non si era sottratto al suo goffo abbraccio e che la stava aiutando anche senza conoscerla.

Dopo qualche minuto, i singhiozzi e le lacrime di Orihime si placarono.
La ragazza rimase in quella posizione, con il viso affondato nel petto dello sconosciuto e le braccia attorno al suo collo. Si sentiva bene, finalmente. Era la prima volta, che provava un senso di pace così profondo.

Tuttavia,  all’improvviso si rese conto che stava importunando una persona che non conosceva, che il suo gesto aveva sicuramente messo in imbarazzo lo strano ragazzo o che lui doveva averla presa per pazza.
Si staccò di scatto da lui e arrossì, imbarazzatissima.

- Devi scusarmi, non riesco davvero a spiegarmi cosa mi sia preso! Mettermi a piangere in quel modo…assurdo! Mi dispiace di averti importunato!- disse, parlando velocemente per l’eccessivo imbarazzo.

Il ragazzo continuò a guardarla impassibile, passandosi lentamente una mano tra i capelli.

- Non c’è bisogno di scusarsi, non mi hai recato nessun disturbo. Le persone sono come grandi contenitori pieni di sentimenti, con un limite oltre il quale non possono essere più caricate. Allora le emozioni straripano dal recipiente e ci rodono l’anima. Piangere fa bene, ogni tanto-.

Quelle parole colpirono profondamente la ragazza. Erano troppo adatte per descrivere il suo stato d’animo.

- Come ti chiami? - chiese d’impulso, guardandolo imbambolata.

- Ulquiorra Shiffer- disse il ragazzo, tendendole la mano.
Il suo volto rimase impassibile, rendendolo quasi un gesto automatico di cortesia.

Ma Orihime ormai aveva intuito che c’era qualcosa di speciale, dietro a quella strana maschera che si ostinava a portare.

Strinse quella mano pallida con delicatezza, quasi fosse un fiore di vetro che avrebbe potuto spezzarsi con un minima pressione.

Ulquiorra. Anche il suo stesso nome, era pregno di fragilità.

*****


Kuchiki Byakuya si buttò a peso morto sul letto, sospirando. La tranquillità della propria stanza lo invase, cancellando tutta la stanchezza e lo stress accumulato quel giorno, e il ragazzo si sentì subito meglio.

Cambiò posizione, distendendosi per lungo con le mani dietro la testa, rivolgendo gli occhi al soffitto immacolato di casa sua. Cercò a tastoni il pacco di sigarette sul comodino accanto al letto e se ne accese una.

Niente meglio del proprio letto e di una sigaretta, per cancellare le fatiche della giornata. Byakuya era una persona laboriosa e ligia al dovere, riusciva a cavarsela in ogni situazione e i suoi tempi di recupero erano veramente brevi. Ma tutto quello che doveva fare in quel periodo stava mettendo seriamente a dura prova persino un uomo di ferro come lui: le fatiche dell’ultimo anno di liceo, il lavoro nel pomeriggio negli studi legali gestiti dal signor Yamamoto, e ora pure i Deathberries.

E stranamente, era proprio per la sua band che doveva spendere più energie.

Era il leader del gruppo e da mesi tentava di farli suonare in qualche locale, ma senza successo. I proprietari erano persona avide e diffidenti e non se la sentivano di lanciare una band senza avere prove del successo che avrebbero riscosso e del prestigio che avrebbero donato al proprio locale. Un gruppo sconosciuto formato da ragazzini del liceo: chi avrebbe mai voluto farli suonare?

Byakuya si passò la mano sul viso, scoraggiato. Aveva impiegato tutte le sue energie in quel progetto, ma i continui fallimenti lo stavano letteralmente demotivando.

Non riusciva a capire perché tenesse tanto al successo di quel gruppo di mocciosi. Tentava di convincere sé stesso che la motivazione principale era rendere felice sua sorella: Rukia teneva molto ai Deathberries e lui non poteva assolutamente tirarsi indietro.

Ma c’era anche qualcos’altro. Una sensazione strana, un ambiguo sentimento che lo spingeva a preoccuparsi tanto per il futuro di quella band da quattro soldi. Forse, era orgoglio personale: in fondo, ne faceva parte anche lui. O forse, in fondo aveva finito per essere contagiato dall’entusiasmo dei propri compagni e a prendere a cuore quel progetto.
Nemmeno lui stesso, avrebbe saputo spiegarlo.

God save the queen 
The fascist regime 
They made you a moron 
Potential H-bomb!


I pensieri di Byakuya vennero bruscamente interrotti dallo squillare del proprio cellulare. Il ragazzo lo estrasse con fare scocciato dalla tasca dei pantaloni, mentre la voce di Sid Vicious spezzava letteralmente in due la tranquillità della sua stanza.

- Pronto? - disse Byakuya, cercando di apparire cordiale.

- Parlo con Kuchiki Byakuya? - disse una voce maschile dall’altro lato del telefono.

- In persona - rispose il ragazzo - Con chi parlo? -.

- Parli con Kyoraku Shunsui, il proprietario del Black Moon. Ti ricordi di me? Eri venuto a cercarmi qualche settimana fa, chiedendomi di far debuttare il tuo gruppo nel mio locale -.

- Si, ricordo benissimo - disse seccamente il ragazzo - E se non ricordo male, lei me l’aveva vietato. Cosa vuole ancora da me? -.

- Perché questo tono così freddo, Byakuya-kun? E pensare che ti avevo chiamato per darti una bella notizia. Ebbene, ho cambiato idea! Tu e il tuo gruppo avrete il vostro debutto sabato prossimo! Non è fantastico, Byakuya-kun? - disse Kyoraku, con fare gioioso.

Il ragazzo non rispose immediatamente, dovette aspettare qualche secondo per assimilare la notizia.
Ce l’aveva fatta.
Per qualche ragione sulla quale non avrebbe certo indagato, il signor Kyoraku li avrebbe aiutati a realizzare il proprio sogno. Chissà gli altri come sarebbero stati contenti!

- Si, Kyoraku-san. La ringrazio davvero moltissimo - disse, cercando di contenere la sua soddisfazione e di essere neutrale - Ora, può spiegarmi bene i dettagli?-.  

Poche cose erano in grado di suscitare emozioni nell’animo impenetrabile di Kuchiki Byakuya.

Subito dopo sua sorella Rukia e la sua ragazza Hisana, venivano i Deathberries.

 


 Angolo dell'autrice: 

Vedere la sezione Bleach deserta mi metteva una tale tristezza che ho deciso di aggiornare prima, questa volta xD
Spero che vi sia piaciuto l'incontro tra Ulquiorra e Orihime *_* E soprattutto, la scena di Ichigo che medica Rukia (ho preso spunto dalla scena del manga dove Orihime cura Rukia ferita da Grimmjow e Ichigo la guarda in quel modo dolcissimo *-*)
Che bello, i nostri Deathberries finalmente suoneranno! Riusciranno a fare bella figura? E quali saranno i paring che si formeranno alla fine?
Spero che continuerete a seguirmi, per scoprirlo :D

NOTA: La suoneria di Byakuya è God Save The Queen, dei Sex Pistols. Visto che bei gusti che ha il nostro Oni-sama? xD

Ringrazio di cuore Sarugaki145 per aver recensito :') 

Un grazie anche a: Momiji, byebye 00, kira988, LindaJSixx, smile989 per aver inserito la storia tra le preferite e le seguite.

Alla prossima! :D

 
 
 
 
 
 

 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 5
*** How I fell when I'm around you ***


The Deathberries...Live in Karakura!


5) How I fell when I’m around you

- Kyoraku-san ci ha dato il permesso di suonare?! Ma mi stai prendendo per il culo, Rukia?-

Ichigo era completamente incredulo. Fissava la sua chitarra riposta nella custodia come imbambolato, credendo che da un momento all’altro la voce che gli parlava attraverso il cellulare si mettesse a ridere e dicesse che si trattava tutto di uno scherzo, o di una trovata inventata da quella nana malefica per incitarlo ad esercitarsi di più.

- Se non vuoi crederci sono affari tuoi, stolto. Kyoraku-san ha chiamato al mio Onii-sama ieri sera. Un direttore di una casa discografica, un certo Aizen, ha organizzato un contest per le band emergenti di Karakura, che avrà luogo al Black Moon sabato prossimo. Kyoraku-san è stato tanto gentile da ricordarsi della nostra chiamata ed avvertirci - spiegò invece Rukia, con voce scocciata.

Ma era facile intuire che anche lei era emozionata.

- Un contest per le migliori band emergenti?! - ripeté Ichigo a pappagallo -  Ma saranno tutti più grandi e più bravi di noi! Siamo sicuri di volerlo fare?-

- Non mi dire che te la stai già facendo sotto per la paura! Non me ne frega niente del giudizio della gente, per me possiamo anche perdere alla grande. L’importante è partecipare, in modo da iniziare a farsi conoscere. E poi potremo invitare tutti i nostri amici! Sarà fantastico, Ichigo! - disse Rukia con voce sognante.

Ichigo se ne stupì, raramente l’aveva sentita così emozionata per qualcosa. Si pentì delle parole che aveva detto prima, e ringraziò il cielo per non essere riuscito a raffreddare l’entusiasmo di Rukia. Per nessuna ragione al mondo avrebbe voluto farle perdere quel tono allegro: avrebbe suonato, avrebbe affrontato anche questa sfida.

- Era solo un avvertimento, nana, per prepararti nel caso sabato dovessimo perdere alla grande. Secondo te riuscirei davvero a farmela sotto, in un momento del genere? E’ uno dei sogni della mia vita che si realizza! - disse Ichigo con un nuovo sorriso deciso sul volto.

 Si guardò le mani, ruvide e callose a furia di suonare le corde della chitarra. Presto, avrebbe potuto mettere a frutto anni di studio e passione. Presto, sarebbe riuscito a realizzare uno dei sogni di Rukia, uno dei propri sogni.

Non poteva vederla, ma sarebbe stato pronto a giurare che la compagna, dall’altra parte della città, stava sorridendo.

- Non mi sarei aspettata niente di meno da te, Ichigo. Ora ti saluto, devo avvertire anche Renji e Sado. Spero che il Live ti dia le motivazioni necessarie per esercitarti di più. Non azzardarti a battere la fiacca, stolto!- disse Rukia, e chiuse la chiamata.

Il ragazzo dai capelli arancioni ripose il cellulare in tasca, con un sorriso sghembo stampato sul volto.

Come può quella stupida nana azzardarsi a pensare che batterò la fiacca? Evidentemente non mi conosce bene pensò, divertito.
Proiettò i suoi pensieri al sabato della settimana dopo: immaginò il palco, le luci, i suoi amici che urlavano i loro nomi.
Immaginò la chitarra ruggire sotto le sue dita, la musica rimbombare sulle pareti della sala.
Immaginò la voce di Rukia che piano piano riempiva quell’ambiente e ammutoliva gli spettatori.

Quel pensiero lo caricò dell’energia necessaria, e subito, andò a prendere in mano la chitarra, tirandola fuori dalla custodia.

Voglio assolutamente che questo sogno diventi realtà. Te lo prometto, Rukia: sarà una delle serate più belle delle nostre vite! pensò, mentre accarezzava le corde del suo strumento con fare paterno.
 

******


- Ma che cazzo fai, Ulquiorra?! Davvero ci hai scritto a quel contest per sfigati?!- urlò Grimmjow in faccia al compagno, avvicinandosi minacciosamente.

Ulquiorra si allontanò di istinto: l’alito del ragazzo dai capelli azzurri puzzava di birra e i suoi occhi erano stranamente lucidi.
Deve essere di nuovo ubriaco pensò il ragazzo, notando la lattina di birra che Grimmjow teneva in mano. E per lui, che beveva vodka e rum come acqua fresca, significava aver bevuto davvero tantissimo, per essere diventato sbronzo solo con della birra.

Davvero un ragazzo problematico pensò Ulquiorra Se non cantasse così bene e non fosse così bravo a trascinare le folle l’avrei sbattuto fuori all’istante!

Ma stavolta non aveva tempo per ascoltare le sue lamentele. L’organizzatore del contest era Aizen Sosuke in persona, il grande direttore della casa discografica più importante di Karakura, e avrebbero potuto vincere un contratto. Dopotutto, loro erano i Black Wings, la band emergente più famosa della città. Gli altri partecipanti non avrebbero avuto alcuna chance contro di loro.

Ulquiorra, freddo e calcolatore com’era, non avrebbe mai potuto farsi sfuggire una tale opportunità.

Aveva dato al signor Kyoraku la conferma della loro presenza solo qualche ora prima. Dopotutto, era il leader indiscusso del gruppo, e le sue decisioni erano legge: i suoi compagni si fidavano ciecamente di lui.

Tutti, eccetto il teppista dai capelli tinti che gli stava davanti in quel momento.

Appena Ulquiorra era tornato nell’appartamento fatiscente alle periferie di Karakura che condivideva con Grimmjow, era subito andato nella sua stanza per avvertirlo.
Non che fosse un gesto di premura, sia ben chiaro: doveva comunicarglielo per necessità, non voleva che il cantante arrivasse al concerto senza aver imparato i pezzi.

Ma scene come quella a cui stava assistendo in quel momento rischiavano seriamente di mettere a dura prova la sua pazienza.

Grimmjow lo scrutava, ansimando. Un rivolo di birra gli colava dalle labbra, ed era a petto nudo, con solo un paio di jeans stracciati addosso. Ulquiorra poteva benissimo vedere le varie cicatrici che gli solcavano il torace, così come i muscoli innaturali che aveva sviluppato: regali di una vita da gatto randagio, prove di quanto fosse stata solitaria e difficile la sua vita.

Il ragazzo dagli occhi verdi si passò una mano sul volto, rassegnato.

- E’ inutile che ti spieghi la situazione ora, non sei per niente in condizione di ascoltarmi. Domani mattina, dopo che avrai messo la testa sotto l’acqua e fatto passare la sbornia, ti dirò quello che devi fare e i
titoli delle canzoni che devi imparare - disse Ulquiorra, apprestandosi ad uscire dalla stanza del compagno.

Ma una mano aggressiva lo bloccò, trattenendolo per una spalla.

- Dove stai andando, pezzo di merda?! Ti diverti così tanto a prendermi per il culo?!- urlò Grimmjow, con una tale rabbia che avrebbe fatto tremare anche gli uomini più coraggiosi.

Il compagno però, non batté ciglio. Girò di poco la testa verso il ragazzo dai capelli azzurri, abbastanza per poterlo guardare negli occhi con il suo sguardo verde cupo.
Abbastanza perché il suo freddo sguardo paralizzasse il ragazzo arrabbiato che lo stava importunando.

- Se non vuoi restare mutilato, hai esattamente tre secondi per togliermi la mano di dosso, Grimmjow - disse Ulquiorra con un sussurro minaccioso.

Se la rabbia dimostrata dal cantante faceva paura, la fredda calma del bassista generava un terrore gelido, che entrò letteralmente nelle ossa del compagno, paralizzandolo.

Un barlume di lucidità brillò negli occhi del ragazzo ubriaco, che ritirò la mano con una scrollata di spalle e si ributtò sul letto lurido della sua stanza, con le mani incrociate dietro la testa.
Il giovane dagli occhi verdi  uscì, senza degnarlo nemmeno di uno sguardo.

Era assolutamente impossibile sfidare Ulquiorra, ubriaco o no Grimmjow doveva farsene una ragione. Perché, benché la sua vita fosse stata sicuramente difficile, quella del compagno era stata molto più dura della sua.


******


Now, what do you own the world?
How do you own disorder, disorder?
Now somewhere between the sacred silence
Sacred silence and sleep
Somewhere, between the sacred silence and sleep
Disorder, disorder, disorder!


Abarai Renji cantava a squarciagola nella sua stanza, strimpellando con forza la chitarra. Era certo che qualcuno sarebbe venuto a lamentarsi: dopotutto, era mezzanotte.
Ma non gliene importava, in fondo quello era l’unico metodo che conosceva per scacciare tutte le preoccupazioni e sentirsi un pò in pace con sé stesso.

Con l’arrivo dell’assolo, Renji iniziò a strusciare il plettro sulle corde sempre con più violenza, muovendo la testa a tempo di musica.
Così andava molto meglio.
Quelle fastidiose emozioni che durante la giornata si agitavano dentro di lui rendendolo terribilmente debole ed ansioso, in quel momento tacevano.

Esisteva solo il peso rassicurante della chitarra sulla spalla, la musica così forte da far tremare i vetri delle finestre e la sua voce che, stonata, l’accompagnava.  

When I became the sun
I shone life into the man's hearts
When I became the sun
I shone life into the man's hearts!


La canzone finì, e il silenzio si occupò svelto di riempire quel vuoto.

Dopo tutto questo casino, c’è troppo silenzio, cazzo! pensò Renji  infastidito, riponendo la chitarra nella custodia.
Era sudato dalla testa ai piedi, e le orecchie gli ronzavano anche troppo, ma non avrebbe rinunciato per niente al mondo a quei piccoli momenti di sfogo. C’era anche una ragione pratica: avrebbe dovuto suonare al suo primo Live il sabato seguente, e non si sentiva per niente pronto.

Si buttò a peso morto sul letto e si sistemò supino con le braccia dietro la testa, sbadigliando sonoramente. Svelto, sciolse la coda alta e disordinata che portava durante il giorno e si tolse la camicia, preparandosi ad andare a dormire. C’era davvero troppo caldo, in quel periodo dell’anno, e l’afa lo stancava e gli faceva venire sonno.

Decise di andare subito a letto, e si alzò per andare a spegnere la luce.
Nel farlo, passò davanti al piccolo specchio incollato all’anta dell’armadio. Renji, si girò, voltandosi a guardare un ragazzo diciottenne alto e ben piazzato. Aveva i capelli lunghi e rossi, e strani tatuaggi che gli decoravano le sopracciglia, la fronte e il petto muscoloso.

Un ragazzo che incuteva un po’ di timore, ma con un bel sorriso rassicurante.

Peccato fosse anche il riflesso di una persona che non riusciva mai ad essere abbastanza brava, di qualcuno destinato a venire sempre dopo gli altri, ad essere solamente una figura di contorno, messo sempre in ombra da qualcuno più luminoso di lui.

Abarai Renji ebbe un fortissimo impulso di rompere in mille pezzi quello stupido pezzo di vetro.

Li aveva sempre odiati, gli specchi. Riflettevano sempre tutti i suoi difetti e le sue mancanze, per lui specchiarsi era come fare una radiografia alla propria anima.
Forse, il suo odio per gli specchi derivava solamente dall’avversione che provava per sé stesso.

Fece una smorfia sarcastica, intercettata subito dallo specchio traditore. Quando i suoi capelli erano sciolti, riuscivano almeno un po’ a coprire quegli strani tatuaggi che lo facevano passare come un poco di buono davanti agli occhi dei perbenisti. A lui invece piacevano un sacco, perché lo distinguevano totalmente dagli altri.
Erano le sopracciglia per cui Rukia lo aveva tanto preso in giro.

Rukia…

Quel pensiero gli fece male come una pugnalata al cuore. E pensare che quella sera si era messo a suonare come un pazzo per evitare di pensare a lei, e c’era quasi riuscito. Ma era inutile, il suo viso riempiva continuamente la sua testa. Anche senza esserne cosciente, non poteva evitare di tirarla in ballo per ogni minima cazzata.

Rukia era in assoluto la persona più importante della sua vita. La conosceva fin da quando era bambino, quando facevano il bagno insieme nello stagno senza imbarazzo, con l’innocenza tipica dei bambini. Lei era stata l’unico raggio di sole della sua infanzia: Renji aveva vissuto con due genitori che litigavano continuamente e che spesso si dimenticavano di avere un figlio.
Per questo, il ragazzo era scappato di casa quando ne aveva avuto l’opportunità e in quel momento viveva da solo.

Lui e Rukia erano sempre stati molto vicini. Anche prima di suonare nella stessa band, lei era la sua migliore amica, l’unica persona in assoluto per cui provasse interesse, la ragazza di cui era innamorato follemente da tempo immemore.
Poco importava che Rukia non fosse una bellezza, che avesse un carattere da maschiaccio e che molto spesso fosse scontrosa con lui. Dopotutto, quello era il suo modo di essere.  

Ma come al solito, lui non era all’altezza di amare una come lei, una stella che splende ai confini del cielo.
No, lui era solo un povero cane randagio che poteva solo limitarsi ad ululare al firmamento scaricando tutta la sua frustrazione.
Un po’ come faceva quando suonava la chitarra.

Sentendo che pensieri autodistruttivi stavano nuovamente per assalirlo, Renji tirò svelto un pugno sul muro, ferendosi le nocche. Il dolore lo colpiva come aghi acuminati sulla pelle, mentre il sangue colava lento lungo il polso.

Perfetto, almeno la sofferenza fisica avrebbe attenuato per un po’ quella psicologica.

Il ragazzo spense la luce, e si affrettò a mettersi sotto le coperte.

Tuttavia, non riusciva a prendere sonno.

La mano ferita stava macchiando le lenzuola di sangue, ma Renji non sembrava farci caso. Si limitava a guardare la luna piena fuori dalla propria finestra, come imbambolato. Era così bello, quel disco luminoso, e così elegante.
Gli ricordava troppo una certa nanetta dagli occhi blu, profondi come il cielo notturno.

Avrebbe davvero dato l’anima per lei, avrebbe fatto l’impossibile per renderla felice.
Ma, in fondo, era solo inutile, sia come amico e come persona.
L’unica cosa che sapeva fare, era essere sorpassato in tutto dal suo amico Ichigo.
Renji sarebbe stato pronto a scommettere che persino nel cuore di Rukia, Ichigo occupava una posizione più importante della sua.

Il ragazzo morse le lenzuola sporche di sangue, con rabbia, e il suo sapore metallico gli riempì la gola.

Il Live è la mia ultima tappa, Rukia. Mi impegnerò sul serio, in modo che tu possa essere fiera di me. Te lo giuro, farò l’impossibile per renderla una delle serate più belle della tua vita.


Angolo dell'autrice:

Sono tornata *-*
Credo di aver aggiornato abbastanza regolarmente stavolta, ho cercato di fare più in fretta che ho potuto perchè avevo un sacco di idee in testa!
Vi è piaciuto il capitolo? Ormai le emozioni dei nostri personaggi sono state chiarite quasi tutte, ma non possiamo ancora dire cosa succederà ù.ù
Ah, la canzone che Renji sta suonando è ovviamente Toxicity, dei System Of A Down :D Non so perchè lo scelta, mi sembrava molto....da Renji, ecco xD
Anche il titolo è ispirato ad una canzone dei System, cioè Roulette.

Mille grazie a: valez, Sarugaki145, Senna_ per aver recensito *-*
Ringrazio anche valez per averla inserita tra le preferite :D

Inoltre, come al solito un bacio a tutti quelli che si sono presi la briga di leggere ^^
Alla prossima ^^
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 6
*** Harrowing Feelings ***


The Deathberries...Live in Karakura!



6) Harrowing Feelings
 

- Davvero suonerete sabato in un contest per band?! Ma è assolutamente fantastico, Kurosaki-kun!!!-

Gli occhi di Orihime iniziarono a brillare di un entusiasmo così sincero e spontaneo che Ichigo si commosse. Era genuinamente contenta per lui e gli altri, non stava fingendo.
Il suo altruismo e la sua allegria perenne gli facevano provare verso di lei un’enorme tenerezza.

- Perché quella faccia stupita, Orihime? Dai, era logico che tra poco avrebbero suonato, si esercitano già da un sacco di tempo - disse Tatsuki, scostando dalla bocca la lattina di Coca Cola da cui stava bevendo.

Ichigo fece una smorfia.

- Non puoi imparare dalla tua migliore amica e farmi vedere almeno per una volta che sei felice per noi? -.

Il ragazzo dai capelli arancioni notò subito lo strano rossore che andò a colorare le guance di Orihime. Era l’imbarazzo di chi si rende improvvisamente conto di essere come un libro aperto, per gli altri: provò una strana stretta al cuore, al pensiero di averla messa a disagio.

Nel frattempo, Tatsuki sbadigliò, alzandosi dal muretto su cui si era seduta.

- Lo sai che non riceverai mai soddisfazioni da me, Ichigo. Per ora, ti conviene accontentarti - disse, con aria scocciata.

Sul volto di Ichigo comparve un sorriso sghembo. Conosceva troppo bene le risposte della sua amica, dopo tanti anni si era abituato alla sua personalità un po’ strana e per certi versi aggressiva.
Tutto il contrario di quella di Orihime, che guardava ancora il vuoto con occhi sognanti.

Si trovavano nei pressi del parco dietro casa di Tatsuki. Il ragazzo era passato da lei, dicendole di avere una notizia importante da darle, così erano usciti per bere qualcosa di fresco e avevano incontrato anche Orihime, intenta a fare una passeggiata.
Quindi, Ichigo aveva subito comunicato la novità anche a lei.

- E a che ora suonerete? Che canzoni avete deciso di portare? Contro chi sarete sabato prossimo? Quando proverete di nuovo? - gli chiese la ragazza dai capelli castani, sempre più entusiasta.

- Mi spiace ma non ho ancora una risposta per nessuna delle tue domande. Dobbiamo metterci d’accordo sia per le prove che per le canzoni, e soprattutto non so quale saranno le band che sfideremo - disse Ichigo, con un sorriso orgoglioso sul volto.

L’allegria di Orihime lo contagiava, e lo rendeva fiero di quello che stava facendo.

- Certo che siete poco organizzati! Dovete informarvi sulle band che dovrete sfidare, per capire a che livello sono e soprattutto se avete possibilità di batterli. A proposito, come si svolgerà la sfida? - chiese Tatsuki, portando le mani dietro la testa e appoggiandosi a un albero.

- In che senso come si svolgerà? - rispose Ichigo, confuso, alzando leggermente un sopracciglio.

- Secondo quali criteri si deciderà il vincitore? Ci sarà una giuria?- disse la ragazza, con tono seccato, come se stesse parlando ad un ritardato mentale - Sveglia, Ichigo, è mattina, splende il sole e tu sabato dovrai suonare! -.

Il ragazzo dai capelli arancioni si limitò ad ignorare il suo tono sarcastico, mettendosi le mani in tasca, mentre Orihime arrossiva nuovamente, imbarazzata dalla poca cortesia della propria migliore amica.

- Giuria? Non è mica una competizione di chissà quale livello! La votazione sarà pubblica, tutte le persone che assisteranno ai concerti potranno votare la band che preferiscono. Del resto, ad Aizen non importa se sappiamo suonare o no, basta piacere alla gente - rispose il ragazzo, in tono un po’ malinconico.

Pensare che persino nel mondo della musica l’importante era apparire gli metteva dentro una strana sorta di malinconia.

- Allora sarà facile vincere, avrete un sacco di amici che verranno a vedervi e vi voteranno! Io verrò sicuramente, Kurosaki-kun, e tiferò per voi - disse Orihime con tono deciso, alzando il pollice.

- Thank you, Inoue - disse Ichigo, sorridendole.

Apprezzava le persone gentili, e quella ragazza lo era in maniera quasi esagerata. In fondo, le era grato per gli sforzi che faceva nel cercare di incoraggiarlo.

All’improvviso, Tatsuki lanciò un’esclamazione allarmata, guardando l’orologio.

- Cavolo, è tardissimo! Dovevo essere al dojo alle 11, ho già mezz’ora di ritardo! Continueremo il discorso dopo! Ciao Ichigo, ciao Orihime! - disse, uscendo dal parco di corsa e scomparendo dietro un angolo.

Ichigo e Orihime restarono per qualche istante a guardare il punto da dove era sparita, sorpresi.

- Bah, quella fa tanto la dura ma ha sempre la testa tra le nuvole! - esclamò Ichigo, sbuffando.

- Non essere così duro con lei, Kurosaki-kun! E’ solo molto impegnata con il karate di questi tempi, fra poco ha i campionati internazionali - disse Orihime, difendendo la sua amica.

Il ragazzo dai capelli arancioni le sorrise.

- Dai, Inoue, non dicevo sul serio. Ma davvero Tatsuki ha di nuovo i campionati internazionali? -

- Si, dopo che l’anno scorso è arrivata seconda quest’anno si sta impegnando veramente tanto per raggiungere il primo posto! Tatsuki-chan è davvero fantastica! - rispose Orihime, in tono allegro.

- Ce la farà senz’altro, non esiste ragazza più determinata e testarda di lei - disse Ichigo, con una inusuale traccia di affetto nella voce - Hai bisogno che ti accompagni a casa, Inoue? -.

La ragazza arrossì fino alla punta delle orecchie, andando leggermente in panico per qualche secondo.

- N..non devi disturbarti mica, Kurosaki-kun! Tanto, casa mia è qui vicino - disse, tormentandosi nervosamente le dita intrecciate dietro la schiena.

In cuor suo, invece, sperava che il ragazzo insistesse, ma uno strano pudore l’aveva spinta a rifiutare il suo invito.

- D’accordo, allora. Ci si vede, Inoue! - esclamò Ichigo, salutandola con la mano e avviandosi verso casa propria.

Orihime chinò il capo, frustrata dalla propria incapacità di dimostrare i propri sentimenti.
Era convinta che amare una persona non significasse possederla, che avrebbe continuato a guardarlo da lontano e le sarebbe bastato vedere che era felice.

Ma, giorno dopo giorno, Kurosaki Ichigo penetrava più a fondo nel suo cuore, e tutto quello iniziava a non bastarle più. Iniziava piano piano a sperare in qualche reazione da parte sua, a sperare di possedere l’oggetto del suo amore.

E i suoi sentimenti iniziavano a pesarle in fondo all’anima, tanto che trovare un modo per liberarsene era diventato quasi un bisogno fisico.

Decise di seguire il proprio istinto. Lo rincorse, finché non arrivò a poggiargli una mano sulla spalla.

- Aspetta, Kurosaki-kun!- esclamò, con voce affannata.

Ichigo si voltò di scatto, sorpreso e preoccupato dallo strano comportamento dell’amica.

- Cosa c’è, Inoue? Hai bisogno di qualcosa? -.

Erano vicinissimi. Kurosaki era chinato verso di lei, a pochi centimetri di distanza.
Orihime sentì le ginocchia tremare quando si rese conto di essere a un soffio dalle sue labbra, e quella assurda sensazione di debolezza le disattivò il cervello per qualche istante.

Rimasero così, vicini, mentre la ragazza ansimava cercando di riprendere fiato e trovare il coraggio necessario per spiccicare parola, e Ichigo aspettava pazientemente che la ragazza fosse in grado di parlare.

Se solo mi avvicinassi ancora di un po’, potrei baciarlo. Basterà incespicare in avanti e fingere di aver perso l’equilibrio, di aver fatto uno sbaglio! Una piccola menzogna potrebbe regalarmi uno dei momenti più belli della mia vita! pensò Orihime, letteralmente trascinata dalle sensazioni causate  dalla vicinanza con il ragazzo dai capelli arancioni.

Ma era troppo onesta, troppo innocente per fare una cosa del genere.
Alla fine, vinse la sua parte razionale: la ragazza si allontanò di colpo, mettendosi una mano dietro la testa e assumendo un’espressione carica di allegra innocenza.

- N…niente in particolare, K…Kurosaki-kun, solo che….non ti avevo salutato come si deve, ecco! - balbettò, senza riuscire a trovare una scusa migliore.

L’espressione di Ichigo si rilassò di colpo.

- Oh, è solo questo? Allora a domani, Inoue! - disse, dandole un frettoloso bacio sulla guancia.
Orihime rimase bloccata per qualche secondo, totalmente immersa nelle emozioni scaturite dal solo contatto delle sue labbra sul proprio viso.

- A domani, Kurosaki-kun - sussurrò la ragazza, guardando la schiena di lui sparire piano piano tra le vie della città.

Rimase in quel punto per svariati minuti, anche quando non riuscì più a scorgere la figura di Ichigo. Stava lì, in piedi, accarezzando piano il punto del suo viso che era stato sfiorato dalle sue labbra.

Lo amo così tanto, eppure non riesco a spingermi più avanti di così pensò, con una nota di rassegnazione.

Inoue Orihime era una ragazza forte, più forte di quanto potesse sembrare. Riusciva a provare emozioni tanto forti senza modificare la propria personalità.

E’ davvero questo, l’amore? Un’eterna attesa?

 

******


- Ehi, Renji! Cosa ci fai qui?-

Rukia guardò sorpresa il ragazzo che aveva appena suonato al campanello di Villa Kuchiki. I suoi capelli rossi erano legati come al solito in una coda disordinata, aveva la sua amata bandana bianca legata intorno alla fronte e la sua chitarra sulle spalle.

Di fronte alla palese sorpresa dell’amica, Renji ridacchiò.

- Che cosa c’è di male, Rukia? Ti dispiace così tanto che io sia venuto? - disse, facendole l’occhiolino.

La ragazza lo guardò storto. Era davvero strano quel comportamento, da parte del suo amico di infanzia.
Raramente era andato a casa sua, e quelle poche volte era comunque stato invitato. Non le aveva mai fatto un’improvvisata del genere, e sicuramente non le aveva mai strizzato l’occhio in quel modo.

- Hai per caso fumato qualcosa prima di venire qui? - chiese, sospettosa, mentre stava ancora ferma sulla soglia della porta e non si decideva a lasciar entrare il ragazzo.

- Non ho fumato proprio un bel niente, sono qui solo per chiedere a Byakuya- senpai qualche consiglio sulle canzoni che dobbiamo fare sabato - sbuffò Renji, esasperato - E ora, che ne diresti di farmi entrare?-

Rukia aprì completamente la porta e si fece da parte, tranquillizzata un pochino dalle parole del ragazzo.

Sentiva chiaramente qualcosa di diverso provenire dalla sua figura, qualcosa di strano, ma preferì non indagare oltre. Magari era solo stanco, o gli era successo qualcosa che non aveva voglia di raccontarle. Era sempre stata una ragazza così, discreta ma pronta ad intervenire quando gli altri avevano bisogno di lei.

E anche se era palese che in quel momento Renji avesse dei pensieri che gli torturavano il cervello, la ragazza sentiva che sarebbe stato superfluo intervenire.

- Onii-sama è di sopra. Vieni, ti accompagno - disse, facendogli strada in quel labirinto di scale e stanze che chiamava casa.

Renji la seguì, camminando accanto a lei con le mani in tasca.

Per tutta la durata del tragitto, Rukia si accorse che l’amico la guardava di sottecchi, e ogni tanto dischiudeva le labbra, come se volesse dirle qualcosa ma non ne trovasse il coraggio. La sua intuizione era corretta, come sempre: Abarai Renji era tormentato da qualcosa.

E, in quel momento, aveva bisogno di lei.

- C’è qualcosa che non va, Renji? Qualcosa di cui vorresti parlarmi? - chiese Rukia, di getto, quando arrivarono davanti alla stanza di suo fratello.
Il loro rapporto di amicizia era sempre stato così: spontaneo, diretto, senza bisogno di troppi giri di parole.

Al suono di quelle parole, il ragazzo si fermò di colpo in mezzo al corridoio.
Il suo sguardo prima confuso si fece all’improvviso più scuro e deciso; con un movimento rapido, si portò subito davanti a lei, mettendole entrambe le mani sulle spalle.

Erano così vicini che Rukia poteva sentire il suo respiro irregolare sulla pelle.
Il suo primo istinto fu quello di allontanarlo con uno spintone, ma decise di pazientare e aspettare quello che Renji aveva da dirle.

- Te lo prometto, Rukia. Mi impegnerò al massimo, mi eserciterò ogni giorno, in modo da rendere il prossimo sabato una delle serate più belle della tua vita. Farò il possibile, e forse riuscirò a superarlo - sussurrò il ragazzo, e Rukia si sentì letteralmente sopraffatta dalla determinazione che scaturiva dal suo tono di voce.

- A superare…chi? - chiese con un filo di voce, atterrita dalla sorpresa e dalle parole dell’amico.

Renji si staccò di scatto da lei e si voltò, dandole le spalle. Poggiò la mano sul pomello della porta della stanza di Byakuya, ma non sembrava intenzionato ad entrare subito.

La ragazza rimase in piedi in mezzo al corridoio per qualche istante, aspettando una risposta che non arrivava. Non poteva vedere il volto del compagno, non riusciva a comprendere quello che stava provando, e questo la faceva sentire dolorosamente impotente.

D’improvviso, Renji girò il pomello, socchiudendo la porta.

-Ichigo - sussurrò, entrando nella stanza e chiudendosi la porta alle spalle.

Quel semplice nome stordì Rukia di più di un pugno nello stomaco, mandandola letteralmente in preda al panico. Si portò le mani al viso e iniziò a tremare, lottando disperatamente per mantenere il controllo di sé.

Ichigo…? Cosa c’entra Ichigo, ora? E perché Renji è così determinato a superarlo? pensava, senza riuscire a trovare una risposta.

Rimase in quel punto per un tempo indefinibile, tremando come una foglia e cercando invano di mettere ordine nei suoi pensieri.

La cosa che più la tormentava, era il pensiero di aver fatto del male al suo amico di infanzia, di non essere riuscita a comprenderlo e ad aiutarlo.

E’ davvero impossibile per le persone riuscire a comprendersi a vicenda?

 

Angolo dell'autrice: 

Per iniziare, credo di dover chiedere scusa ai lettori che mi seguono per il pauroso ritardo! T.T Sono stata impegnata, e poi mi mancava l'ispirazione per scrivere la seconda parte. Insomma, forgive me!
Stavolta ho scopiazzato un pò, lo ammetto, soprattutto nella parte dedicata a Renj e Rukia. La scena somiglia moltissimo a una di quelle di Nana, mentre la frase finale del capitolo è ispirata a Naruto.
Perchè ho voluto scrivere un capitolo su Renji e Orihime? Beh, provano tutti e due sensazioni forti e dolorose, da qui il titolo "Harrowing Feelings" e penso che un pò si somiglino xD
Spero di poter aggiornare prima la prossima volta, anche perchè il Live dei Deathberries è davvero vicino *-*

Un ringraziamento specale a: Sarugaki145, valez, Senna_ e Inu e Kaggi 4ever per aver recensito! Senza di voi, la storia non andrebbe avanti!
Poi, ringrazio anche: spottyworm che ha inserito la storia tra le preferite e carcar93 e Sixy_Chan per averla messa tra le seguite.

Infine, un enorme grazie a Senna, che mi ha addirittura inserita tra gli autori preferiti! *-* 
E a Sarugaki145, per aver "scelto" la mia storia e averla segnalata all'amministratore! 
Vi abbraccio entrambe, non so come farei senza di voi ç_ç

Alla prossima!

 
 
 
 
 

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Capitolo 7
*** Poison Hearts ***


The Deathberries...Live in Karakura!


7) Poison Hearts


Well, I just want to walk right out of this world,
'Cause everybody has a poison heart
I just want to walk right out of this world,
'Cause everybody has a poison heart.

A poison heart.
A poison heart.

Rukia allontanò il microfono dalle labbra, cercando di riprendere un po’ di fiato, mentre Chad concludeva la canzone colpendo ripetutamente il piatto della batteria con le bacchette e i chitarristi suonavano l’accordo conclusivo. Ichigo sospirò, stanco e accaldato, tergendosi il sudore dalla fronte.

Le prove duravano già da molto, da almeno tre ore ed erano tutti esausti, anche se nessuno si sarebbe mai permesso di lamentarsi. Erano gasatissimi a causa del Live imminente, e ormai provavano quasi tutti i giorni, anche quando non erano in sala prove occupavano il tempo esercitandosi individualmente.
Nessuno voleva deludere le aspettative degli altri, e tutti, per motivi diversi tra loro, tenevano in modo particolare a quella serata.

Ma mancavano due giorni al contest,  e nei membri iniziava a farsi strada una certa ansia.

- Bravissimi, ragazzi! - urlò Keigo Asano, applaudendo sonoramente - Soprattutto tu, Rukia-chan, sei splendida come al solito! Per non parlare di Fragolin…Ouch! -.

Un sonoro pugno sul naso interruppe il monologo entusiasta di Keigo.

- Ti ho già detto che non devi chiamarmi così! - disse Ichigo passandosi una mano tra i capelli arancioni, con tono scocciato.

- Complimenti, Ichigo. Se suonerete così anche sabato, vincerete senz’altro - disse tranquillamente Mizuiro Kojima.

- Thank you, Mizuiro - esclamò il ragazzo, apprezzando i commenti tranquilli dell’amico. Tutto il contrario di quelli di Keigo, che si stava ancora massaggiando il naso con aria offesa. Ichigo si limitò ad ignorarlo, come faceva di solito.

- Cazzo, invece non va poi così bene! Soprattutto questa canzone, potremo migliorarla ancora! - sbottò Renji, togliendosi la chitarra di dosso - Tu, Ichigo, dovresti alzare di più il volume! Io non riesco a sentirti bene, quando fai l’assolo. E anche tu, Chad, ogni tanto vai troppo veloce! Dovresti rallentare un po’, non riesco a starti dietro!-.

Rukia si girò verso il ragazzo dai capelli rossi, con una strana espressione sul volto.

Come se fosse tormentata da qualcosa, e di questo qualcosa facesse parte Renji pensò Ichigo, a cui non era sfuggito il movimento della ragazza. Tuttavia distolse lo sguardo, facendo finta di non essersi accorto di niente: sapeva bene che Rukia e Renji erano amici da tanti anni, e non gli andava di immischiarsi in faccende che non lo riguardavano.
Anche se, dopotutto, non riusciva ad essere completamente insensibile di fronte al dolore della ragazza.

- Il volume della chitarra di Kurosaki va benissimo così, Abarai. E non è Sado che aumenta la velocità, sono le tue dita che, stancandosi, non riescono a stare dietro al ritmo - commentò seccamente Byakuya, con tono disinteressato.

Renji incassò il colpo, abbassando lo sguardo verso il pavimento.

- Se lo dici tu, Byakuya-senpai…ma io credo comunque che ci sia qualcosa che non va, in questa canzone! - disse,  rialzando il viso e stringendo i pugni, con una strana espressione ansiosa e arrabbiata al tempo stesso.

- La canzone è perfetta! I Ramones sono orecchiabili e facili da suonare, e anche i loro testi hanno un forte impatto sul pubblico. Non è che sei solo ansioso per sabato, Renji? - intervenne Ichigo voltandosi di scatto verso il compagno dai capelli rossi.

- Io..io non sono per niente ansioso! Voglio solamente che i Deathberries diano il meglio di sé. C’è qualcosa di male, in questo?! - lo aggredì Renji, con tono alterato.

Mizuiro e Keigo stavano in silenzio, sentendosi di troppo in quella discussione tra membri della band.

- Allora…noi iniziamo ad uscire, ok? Ci vediamo fuori - disse all’improvviso Kojima, trascinando il compagno fuori dalla stanza nonostante le sue sonore proteste.

Rukia attese il tonfo della porta che si chiudeva, prima di parlare.

- Non vogliamo litigare, Renji. Tutti teniamo a questo Live, e tutti noi proviamo ansia, ma almeno cerchiamo di contenerla in modo da non caricarla sulle spalle degli altri. Il tuo è un comportamento infantile ed egoista. Cerca di controllarti - disse la ragazza dagli occhi blu, con tono duro. Ma, dopo qualche secondo, si pentì subito di quello che aveva detto.

Soprattutto quando, alzando gli occhi, notò lo sguardo ferito che il compagno le stava lanciando.

Maledizione! Perché non sai fare altro che ferirlo in continuazione? pensò prendendosi il volto tra le mani In fondo, si sta impegnando così tanto solo per farti contenta! Perché non riesci ad abbandonare questo atteggiamento antipatico e saccente?

Avrebbe voluto scusarsi, ma non lo fece. Renji aveva torto, ed il suo orgoglio era più importante di qualunque cosa.
Già, perché l’orgoglio era l’unica cosa capace di sostenere un animo fragile come il suo.

- Dai Rukia, non esagerare - intervenne Ichigo - Dopotutto, lui vuole solo il bene della band, esattamente come me e te. E poi, capita a tutti di perdere il controllo ogni tanto! -.

Invece di ringraziarlo per averlo difeso, Renji si limitò a guardarlo storto.

- Non ho bisogno di essere difeso da te, Ichigo! Non ho bisogno dell’aiuto né della comprensione di nessuno. Io vado a casa! - disse, con tono astioso, mentre si avviava a grandi falcate verso la porta e usciva chiudendola rumorosamente dietro di sé.

Il ragazzo dai capelli arancioni si passò una mano sul volto, sconsolato. Nella piccola sala prove scese il silenzio.

- Che persona infantile - commentò seccamente Byakuya, mettendosi a tracolla la custodia del basso.

- E’ solo un po’ fragile - disse Chad, aprendo bocca per la prima volta da quando era iniziata quella discussione - Abarai è solo una di quelle persone in continua ricerca dell’approvazione degli altri. Per lui sentirsi inferiore ai suoi compagni è una consuetudine e tutto quello che fa ha come scopo dimostrare di valere quanto gli altri. Non ci vedo nulla di strano in questo -.

Quelle parole scivolarono addosso a Rukia come una doccia fredda.

Renji non fa altro che sentirsi inferiore, Renji vuole solo che le persone a cui vuole bene riconoscano il suo valore  pensò, mentre una fredda consapevolezza la ricopriva come una campana di ghiaccio E tu, fino ad ora, cosa hai saputo fare per lui? Niente. Sai di provare affetto sincero verso di lui, ma se non lo dimostri, è come se in realtà non provassi niente. Come può lui vedere attraverso i tuoi atteggiamenti orgogliosi e freddi? Non puoi pretendere che riesca a leggerti nel cuore!

Finalmente riusciva a capirlo, o almeno, credeva di esserci riuscita. Ma questo non la aiutava, il pensiero di essere riuscita a far male ad una delle persone più importanti della sua vita la dilaniava.

- Credo che tu abbia ragione Chad - sospirò Ichigo, avviandosi verso la porta - Ma ora è inutile pensarci, tanto l’arrabbiatura gli passerà in fretta. Vedrete che domani sarà di nuovo tutto normale-.

- Concordo con Kurosaki - disse Byakuya, seguendolo - Abarai è infantile, ma non è stupido-.

Rukia teneva gli occhi bassi, come paralizzata, e non sembrava intenzionata a lasciare la sala.

- Rukia…? - la chiamò Ichigo, voltandosi verso di lei - Hai intenzione di uscire o no? Ehi, Rukia!-.

La ragazza si riscosse, alzando all’improvviso lo sguardo verso di lui. E quegli occhi da cucciolo smarrito catturarono Ichigo, spedendolo all’interno di un uragano di dolore e senso di colpa.

Rukia stava affondando, riusciva a percepirlo con chiarezza. Tutta la sua figura emanava fragilità, ma non l’insicurezza derivata dalla paura del mondo esterno e dalla incapacità di fronteggiare persone e situazioni.
No, Rukia aveva paura di sé stessa.

Aveva paura di quello che avrebbe potuto scoprire se avesse scavato un po’ più a fondo dentro di sé, aveva paura di guardare in faccia la propria anima. Non poteva evitare di appoggiarsi a qualcuno, anche se l’immagine che dava di sé era quella di una ragazza impetrabile e assolutamente indipendente.
Aveva bisogno degli altri, per capire sé stessa.

Rukia stava affondando nel proprio mare di frustrazione, e Ichigo avrebbe tanto voluto allungare un mano e tirarla fuori.
Ma come si fa a salvare colui che dovrebbe salvarci?

Lei era uno dei pochi punti fermi della sua vita. Una delle poche persone destinate a proteggerlo, e non ad essere protetta. In un certo senso, l’unica donna che avrebbe potuto sostituire sua madre: l’unica che lo rimproverava, l’unica che sapeva infondergli coraggio, l’unica persona alla quale si era sempre aggrappato senza paura che potesse crollare.

Ma forse, l’aveva idealizzata un po’ troppo.

Rukia stava crollando, e aveva bisogno di lui.

Ichigo si avvicinò alla ragazza, e le mise una mano sulla spalla.
- Torniamo a casa, Rukia - disse, con il tono di voce serio che non usava quasi mai.

La ragazza si limitò ad annuire, senza però accennare a muoversi .

Devo fare in modo che riesca a sentire il mio sostegno senza però essere troppo invadente pensò Ichigo.

Allora le circondò istintivamente la schiena con il braccio e le posò una mano sulla spalla, spingendola dolcemente in avanti. Sentì sotto le dita la morbidezza della pelle di Rukia, e uno strano brivido gli attraversò il corpo, ma si decise ad ignorarlo. In quel momento, gli stupidi istinti del suo corpo importavano ben poco.

Come risvegliata dal tocco del compagno, finalmente  la ragazza si decise a camminare, ed uscirono abbracciati dalla sala prove.

E’ così caldo, questo braccio pensò Rukia, avvicinando inconsciamente il viso al petto del ragazzo. La consapevolezza delle proprie azioni genera disperazione, questo era riuscito ad impararlo. Per lei, non esisteva dolore più grande che essere causa di sofferenza. Ma Ichigo la stava aiutando, Ichigo la capiva, Ichigo riusciva a farla stare bene senza bisogno di parole.

Ichigo riusciva a farle diventare quasi piacevole l’enorme sforzo che per lei era vivere.
Per quanto gli volesse bene, Renji non era mai stato in grado di farla sentire così. Aveva bisogno di lui perché era una delle poche persone con cui riuscisse ad essere davvero sé stessa, ma il suo carattere irrequieto e impulsivo non le permetteva di aggrapparsi a lui come stava facendo con Ichigo.

Renji non era mai riuscito a capirla in quel modo.

In fondo, lei e quella testa arancione erano due sbandati che la vita aveva fatto incontrare al solo scopo di sopportarsi a vicenda.
 

* * * * *
 

- Davvero parteciperai al Contest del Black Moon, Ulquiorra-kun?! -

Il tono sorpreso e incredulo di Orihime stupì non poco il ragazzo dai capelli verdi.

- Si, certamente. Perché quella faccia stupita? - le chiese, con tono apparentemente disinteressato.

- Non ci crederai, Ulquiorra-kun! E’ la stessa serata a cui partecipano anche i Deathberries, il gruppo dei miei amici! Probabilmente saranno una delle band che sfiderete! - rispose la ragazza, con gli occhi grandi di sorpresa.

- Beh, credo sia una bella notizia. Così, visto che partecipa anche il gruppo dei tuoi amici, avrai una ragione in più per venire e finalmente riuscirai a sentire la mia band - replicò il ragazzo con la sua solita logica tranquilla.

Erano seduti su una panchina del parco, e parlavano già da un po’. Dopo il loro rocambolesco primo incontro, vedersi di tanto in tanto per chiacchierare era diventata un’abitudine. E il luogo di quegli incontri era sempre quella piccola panchina verde. La loro panchina, l’ambiente dove silenziosamente veniva consumata un’amicizia un po’ stramba di cui nessuno sospettava, da ambo le parti.

Ulquiorra non amava parlare di sé, e i suoi conoscenti e amici erano abituati a non avere idea di ciò che gli passava per la testa. Ma, d’altro canto, neppure Orihime aveva mai parlato di lui ai suoi amici: né a Kurosaki, né a Kuchiki, nemmeno alla sua migliore amica Tatsuki. Uno strano pudore l’aveva convinta a tenere nascosto l’argomento, quasi se ne vergognasse.

Non era difficile rendersi conto di quanto avesse bisogno di parlare con quello strano ragazzo. Ulquiorra non la giudicava mai, sembrava capirla alla perfezione. Lei gli parlava della scuola, dei suoi amici, dei suoi pensieri e delle sue emozioni. Una volta era arrivata persino a confessargli di essere perdutamente innamorata di un ragazzo fantastico, ma l’imbarazzo l’aveva trattenuta nel dirne il nome, e Ulquiorra non aveva insistito per sapere di chi si trattasse.

- Beh, la tua logica non fa una piega, Ulquiorra-kun, solo che…Ho già promesso di votare i Deathberries…Quindi…- balbettò Orihime, imbarazzata, tormentandosi l’orlo della gonna con le dita.

Il ragazzo dagli occhi verdi capì immediatamente il motivo del suo disagio.

- Stai tranquilla, non volevo certo farti venire per avere un voto in più. Mi basta che tu sia presente quando suoneremo, è già da un po’ che voglio farti sentire la nostra musica - disse, cercando di tranquillizzarla.

Sapeva che il modo migliore per toglierle quella preoccupazione sarebbe stato ridere, metterle un braccio intorno alle spalle e dirle semplicemente che sentiva di avere bisogno della sua presenza, che quella sera, guardando in mezzo al pubblico, avrebbe voluto specchiarsi negli occhi perennemente sorpresi di lei.

Ma semplicemente non ci riusciva.
Benché fosse attratto da Inoue Orihime, non riusciva ad abbandonare il suo atteggiamento distaccato e freddo.
Forse, aveva solo bisogno di tempo.
Forse, un giorno, sarebbe riuscito ad aprirsi con lei come lei faceva con lui.

- Ma ne sei sicuro? Mi dispiace di non poter votare per te - disse la ragazza, guardandolo con quegli occhi da cagnolino sperduto che gli facevano letteralmente sciogliere qualcosa dentro.

Ulquiorra si agitò nervoso sulla panchina, cercando di controllare le emozioni strane che quello sguardo riusciva a suscitargli.

- Ti ho già detto che non ti devi preoccupare. Abbiamo già tanti sostenitori disposti a votare per noi, non credo che un voto potrebbe stravolgere l’esito della gara- disse, cercando invano di mantenere il suo solito tono di voce apatico.

Orihime però, si accorse del disagio che stava cercando in tutti i modi di celare.

- Ho per caso fatto qualcosa che ti ha infastidito, Ulquiorra-kun? - disse, spezzando il breve silenzio che si era venuto a creare dopo le sue parole.

Il ragazzo sgranò gli occhi, sorpreso dalla perspicacia che quella ragazza all’apparenza un po’ tonta sapeva tirare fuori in certe situazioni.

- Infastidirmi? No, stai tranquilla, tu non mi infastidisci per niente! E’ solo che…- balbettò, mentre la sua mente era in fermento per trovare qualcosa di plausibile da dire.
Ulquiorra Shiffer era in difficoltà, sicuramente qualcosa che non accadeva tutti i giorni.

Fortunatamente, quella scomoda situazione fu interrotta da un grido proveniente dall’esterno del parco.

- Yo, Inoue! Cosa ci fai qui? - urlò una voce maschile che Orihime conosceva molto bene.

La ragazza si girò, sorpresa e imbarazzata, verso le tre figure che stavano avanzando verso di loro.

- Kurosaki-kun! Kuchiki-san! Byakuya-senpai! - esclamò, arrossendo di colpo, come se fosse stata scoperta a fare qualcosa di cui si vergognasse. Ulquiorra si limitò a osservarli, senza dire una parola.

A quanto pare, la sua amicizia segreta non sarebbe stata più così segreta.



Angolo dell'autrice:
Perdono perdono perdono perdono perdono perdono perdono perdono! Chiedo scusa a tutti quelli che mi seguono per questo ritardo pauroso T.T
*E meno male che ogni volta prometti che aggiornerai in fretta, dovresti solo vergognari!* [ndCoscienza Dell'Autrice]  *Vuoi stare un pò zitta tu?! Mi sento già abbastanza in colpa così!* [ndMe]
Sono consapevole del fatto che il capitolo non sia un granchè. Ulquiorra non mi sembra abbastanza IC, e rileggendolo ho notato che ho liquidato alcune scene troppo velocemente. Ma so bene che meglio di così non avrei potuto fare, quindi ho deciso di correre il rischio e postare. Si, credo di essere abbastanza masochista v.v

Scusatemi se stavolta non elenco i nomi di tutti quelli che hanno recensito o inserito la storia tra preferite e seguite, ma sinceramente non ho per niente voglia di andarli a cercare xD Vi ringrazio comunque ^^

Ah, sia il titolo che il verso iniziale sono tratti dalla canzone Poison Heart dei Ramones *-*

Spero che apprezzerete il capitolo, nonostante sia così brutto e io abbia aggiornato così tardi!
Alla prossima!

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Capitolo 8
*** Don't be too hard on my emotions ***


The Deathberries...Live in Karakura!



8) Don’t be too hard on my emotions


Ichigo osservò di sottecchi il ragazzo seduto accanto a Inoue.

Aveva un aspetto abbastanza anonimo: magro e mediamente alto, capelli corvini né troppo corti né troppo lunghi e occhi verdi.
Al contrario di lui, non era certo uno di quei tipi appariscenti che saltano subito all’occhio delle persone.

Ma allora, perché lo colpi così profondamente? 

Erano appena usciti dalla sala prove, e come al solito stava tornando a casa accompagnato da Rukia e Byakuya.
Dopo il suo strano momento di confusione, di cui Ichigo ancora sconosceva le cause, la ragazza si era ripresa ed era ritornata a comportarsi normalmente. Ichigo non poteva non pensare, con un punta di vanità insolita per un tipo come lui, di esserne le causa.

Era riuscito a far uscire Rukia dal suo momento di depressione con un misero abbraccio: per una volta, poteva essere veramente fiero di sé stesso.

Passando per il parco, avevano scorto attraverso i cespugli la sagoma castana di Inoue ed erano andati verso di lei, per salutarla. Avvicinandosi, però, Ichigo  si era accorto che la ragazza non era sola: stava parlando con un ragazzo, probabilmente un loro coetaneo, seduto accanto a lei.

Che Inoue abbia un fidanzato segreto?  aveva pensato Ichigo, con disinteressata razionalità.

Era solo un’ipotesi, più che plausibile a giudicare dalla scena, che lasciava il ragazzo del tutto indifferente. Dopotutto, Inoue avrebbe sicuramente avuto un motivo per tenerlo segreto, e non stava sicuramente a lui immischiarsi negli affari della gente.
Non aveva mai amato i pettegolezzi .

Forse, sarebbe stato meglio tornare indietro e lasciarli soli.
Ma ormai Orihime li aveva notati, e girando i tacchi all’improvviso l’avrebbe sicuramente messa a disagio.

Il ragazzo si voltò verso i suoi due compagni: Byakuya era impassibile, come al solito, mentre Rukia osservava la scena con aria interrogativa. Sicuramente, anche lei stava facendo ipotesi sull’identità del ragazzo misterioso.

All’improvviso, il ragazzo dai capelli neri alzò la testa, e lo guardò negli occhi.

Ichigo si sentì letteralmente trapassato da quello sguardo. Non avrebbe saputo dire perché, ma gli mise addosso una strana inquietudine.
Gli occhi di quel ragazzo erano di un verde metallico, freddo, duro.
Un verde impenetrabile.

Ichigo aveva sempre considerato gli occhi come lo specchio dell’anima: guardava spesso le persone negli occhi, soprattutto quando le conosceva appena o voleva capire come si sentivano. Era sempre stato bravo a decifrare gli sguardi, con una rapida occhiata riusciva a farsi un’idea, il più delle volte corretta, sulla persona che aveva di fronte.

Tuttavia, non riusciva a decifrare lo sguardo ghiacciato di quel ragazzo. I suoi occhi non erano trasparenti, come quelli della maggior parte delle persone.
No, il suo era uno sguardo blindato, impenetrabile.
Come se quel ragazzo facesse tutto il possibile per nascondere la propria anima.
Come se avesse paura di mostrare il vero sé stesso.

Oppure, come se fosse stato costretto dalla vita a costruire un muro intorno al proprio cuore per evitare di venire distrutto.
O di autodistruggersi.

Ma cosa ci fa un tipo simile con Inoue? pensò Ichigo, abbassando gli occhi, incapace di sostenere lo sguardo del ragazzo.

- Kurosaki-kun! Kuchiki-san! Byakuya-senpai! - esclamò la ragazza, in tono sorpreso e allarmato, alzandosi in piedi di scatto.

Molto strano, da parte sua.
Il ragazzo dai capelli arancioni non poté non notare il palese rossore sulle sue guance, segno dell’imbarazzo e del disagio che stava provando in quel momento. Ichigo non riusciva a comprenderne il motivo: del resto, l’avevano solo sorpresa a parlare con un ragazzo, una cosa del tutto normale!
Cosa spingeva Inoue Orihime a comportarsi in quel modo?

- Yo Inoue! Cosa ci fai qui? - la salutò con tono neutro, fermandosi a qualche passo dalla panchina.

La ragazza abbassò subito lo sguardo, lasciandolo vagare sull’erba del parco.
-
C..cosa ci faccio qui?! N…niente, stavo s…solo parlando un po’ con U…Ulquiorra-kun - balbettò, tormentandosi con le dita le pieghe della gonna. 

Si voltò verso il ragazzo, che ancora stava seduto comodamente sulla panchina e non sembrava avere intenzione di alzarsi.

- Ulquiorra-kun, questi sono i miei amici! Dai, quelli di cui ti ho parlato tante volte! Quelli del gruppo che dovrai sfidare sabato sera! - li presentò Orihime, cercando di essere cordiale e sfuggire all’imbarazzo che continuava a provare sfoggiando uno dei suoi soliti sorrisi innocenti. Il quale però, più che al suo sorriso, somigliò a una smorfia di disagio - Ragazzi, lui è un mio amico, Ulquiorra Shiffer! Frequenta la nostra stessa scuola-.

Ulquiorra rivolse loro un cenno sbrigativo con la mano, limitandosi a guardarli come se fossero esseri assolutamente privi di interesse.
Ichigo iniziò a sentirsi leggermente irritato dai modi di fare di quel tizio.

- Molto piacere, io sono Kuchiki Rukia e…Oh Inoue, aspetta un momento! Cosa intendevi dire con “quelli del gruppo che dovrai sfidare sabato sera”?- chiese Rukia, sgranando dalla sorpresa i suoi grandi occhi blu.

Quella domanda colpì Ichigo come un pugno sullo stomaco. Non aveva ascoltato per niente il banale tentativo di Inoue di normalizzare l’atmosfera, distratto com’era dall’osservare quell’Ulquiorra e i suoi occhi inespressivi, e non aveva fatto caso a quelle parole.

Byakuya spostò il peso da un piede all’altro, incuriosito da quell’affermazione ma intenzionato a mantenere il controllo.

- Ulquiorra-kun ha un gruppo, proprio come voi, e parteciperà al contest del Black Moon - spiegò Inoue, palesemente sollevata dalla piega che aveva preso il discorso.

Evidentemente pensò Ichigo sembra disposta a parlare di qualunque cosa che non sia il rapporto che la lega a questo tizio.

- Come si chiama la tua band, Shiffer-kun? - chiese Rukia, incuriosita, sforzandosi di apparire cordiale. Era palese che quello strano ragazzo non piaceva molto nemmeno a lei.

- Siamo i Black Wings - rispose Ulquiorra, parlando per la prima volta da quando erano arrivati in quel posto.

Nel sentire la sua voce, Ichigo avvertì un brivido freddo correre lungo la sua schiena.

Era esattamente come i suoi occhi: incolore, apatica, piatta. Indecifrabile. Irrazionalmente, quel ragazzo lo attirava e lo respingeva al tempo stesso.
Era palese che dentro di lui ci fosse di più di quello che lasciava trapelare, ma Ichigo era spaventato da ciò che avrebbe potuto trovarvi.
Forse era meglio tenere le distanze.

Al suono di quelle parole, Rukia e Byakuya sgranarono gli occhi, sorpresi e intimoriti.

- I Black Wings?! Davvero sei un membro dei Black Wings?! - esclamò Rukia, con tono incredulo.

Ichigo si voltò verso di lei, confuso.

- Li conosci?- le chiese, cercando di capirci qualcosa.

- Ma dove vivi, stolto? I Black Wings sono in assoluto la band esordiente più famosa ed esperta di Karakura! Tutti li conoscono! - rispose la ragazza, sbuffando.

- Che strumento suoni, Shiffer? - chiese educatamente Byakuya. Evidentemente, nemmeno lui riusciva a reprimere la curiosità.

- Sono un bassista - rispose tranquillamente Ulquiorra - Proprio come te, Kuchiki Byakuya -

Il ragazzo lanciò al fratello di Rukia uno sguardo penetrante, come se stesse cercando di leggergli dentro.
Ichigo avvertì che persino il glaciale Byakuya, turbato da quegli occhi, faceva un passo indietro, mantenendosi sulla difensiva.

A quanto pare, non era l’unico a cui quel tizio metteva inquietudine.

- Mi conosci? - chiese, ricambiando quello sguardo indagatore.

Ulquiorra alzò le spalle, come se non fosse minimamente interessato alla conversazione.

- Non conosco te di persona, solo la tua fama di bassista - rispose, in tono monocorde - Sei stato in diversi gruppi, quindi ormai nell’ambiente sei abbastanza conosciuto. Tutto qui -.

Inoue seguiva il breve scambio di battute tra i Deathberries e il suo amico con apprensione. Ichigo notò che si stava mordicchiando freneticamente il labbro inferiore, si tormentava continuamente le dita intrecciate ed il rossore sulle sue guance non era ancora svanito.
Evidentemente, per lei quella era una situazione abbastanza scomoda.

Forse era arrivato davvero il momento di levare le tende.

- Beh, felice di averti conosciuto, Ulquiorra. Ora però si sta facendo tardi, e se non sono a casa prima del tramonto il mio vecchio si mette a farmi la predica. Ciao, Inoue. Ci vediamo sabato! - esordì, spostando sulla spalla sinistra la cinghia che sosteneva la custodia della chitarra e facendo un cenno di saluto ai due.

Rukia e Byakuya colsero l’occasione al volo e lo seguirono all’esterno del parco, salutando educatamente Orihime e Ulquiorra.
La ragazza dai capelli castani li salutò agitando energicamente la mano, tornando poi a sedere sulla panchina.

Appena vide le loro schiene sparire dientro un palazzo, tirò un lungo sospiro, come se stesse uscendo da una lunga apnea.

- Non capisco - sussurrò Ulquiorra, facendola sussultare - Se erano tuoi amici, perché eri così tesa? -.

- T…Tesa? Stai tranquillo, U...Ulquiorra-kun, non ero affatto tesa! - balbettò Inoue, agitandosi e arrossendo nuovamente.

- Quando i tuoi amici sono venuti qui ti sei alzata in piedi di scatto e non hai parlato quasi per niente. Poi, quando loro stavano parlando con me, ti mordicchiavi il labbro inferiore e giocherellavi nervosamente con le dita. Per la maggior parte delle persone, questi sono sintomi di disagio - esordì Ulquiorra, con il suo solito tono incolore.

Orihime sentì uno strano calore in fondo alla gola, al pensiero che quel ragazzo avesse saputo analizzarla così bene.

- Si, d’accordo, ero un po’ tesa! Ma non è colpa tua, Ulquiorra-kun! - confessò la ragazza, sperando di chiudere in quel modo il discorso.

- Invece credo che un po’ sia colpa mia. Vorrei solo cercare di capirti - insistette invece il ragazzo, avvicinando il suo volto a quello di lei, guardandola negli occhi.

Orihime si ritrasse forse un po’ troppo bruscamente, imbarazzata, ma allo stesso tempo attratta da quella voce roca che la incitava ad aprire la sua anima.
Però, la ragazza non era ancora pronta.

Non era pronta ad ammettere con Ulquiorra cose che non ammetteva nemmeno con sé stessa.

- Perché ti interessa così tanto capirmi? - chiese,  invece, animata da un sincero stupore.

Si era sempre considerata una persona come tante, insignificante, indegna dell’attenzione degli altri.
Il suo viso era come un libro aperto, le sue emozioni facilmente decifrabili. Perché quello strano interesse verso quello che provava?

- Mi chiedi perché? Beh, perché in genere riesco a capire bene i sentimenti che si agitano dentro le persone. Sono sempre stato un bravo lettore di anime, mi è sufficiente guardare negli occhi qualcuno. Ma con te, non ci riesco - disse Ulquiorra a denti stretti, con una lieve smorfia di disappunto sul volto - Riesco a capire se sei nervosa, agitata, felice o triste, ma non ne comprendo le cause. Per me tutto questo è esageratamente snervante -.

Orihime lo osservò, sorpresa. Benché quel ragazzo sembrasse incapace di provare sentimenti, ogni momento che passavano insieme smentiva piano piano quell’affermazione. Sin da quando l’aveva conosciuto, aveva pensato che dentro di lui ci fosse un mondo da scoprire, un mondo che forse lei, da ragazza tonta e superficiale, non avrebbe mai potuto capire.
Ma almeno ci avrebbe provato.

Non riusciva a credere che la sua anima fosse altrettanto incomprensibile per lui.

- Mi dispiace, Ulquiorra-kun, ma non posso parlare chiaramente con altri di cose che non sono riuscita a comprendere da sola. Ci penserò, cercherò di capire i sentimenti che mi hanno provocato questa reazione e poi verrò a parlare con te - promise, stringendo tra i pugni il tessuto della gonna.

Ulquiorra le lanciò un sguardo indecifrabile, da cui Orihime si sentì letteralmente trapassata.
Come potevano, gli occhi di una persona normale, avere così tanto potere?

- Va bene così. Se non ti senti pronta per parlarne, non fa niente. Ti aspetterò, la pazienza certo non mi manca - esordì, chiudendo gli occhi, immerso in chissà quali pensieri.

- Ti ringrazio, Ulquiorra-kun - sussurrò Orihime, osservando distrattamente il pallido viso del ragazzo.

Codarda. Sei solo una codarda pensò, mordendosi nervosamente l’interno della guancia Quando riuscirai a trovare il coraggio necessario per ammettere la verità? Quando smetterai di prenderlo in giro, usandolo senza ritegno? Sei davvero una persona vergognosa!

Si sentiva in colpa, Inoue Orihime.
Questo perché sapeva bene che le parole pregne di determinazione che aveva detto ad Ulquiorra erano solo una patetica scusa per fuggire nuovamente.

Nonostante si ostinasse a mentire a sé stessa, in fondo conosceva alla perfezione le proprie paure nei confronti di quel suo strano amico.

 
* * * * * *

- Arrivo, solo un attimo! -

Grimmjow Jaegerjaques prese una camicia a casaccio tra la montagna di panni che alloggiavano perennemente sulla sua sedia e la infilò, sbraitando contro il campanello di casa che continuava a suonare ad intermittenza.

Per una volta che aveva deciso di fare il bravo ragazzo e studiare i testi delle canzoni, qualche scocciatore era venuto a rompergli i coglioni. Con che faccia quel bastardo di Ulquiorra continuava a rimproverarlo perché secondo lui non si esercitava abbastanza? Era quel destino in cui non credeva, che non voleva farlo studiare!

Aprì la porta con violenza, contraendo i lineamenti del volto in un espressione talmente incazzata da far scappare a gambe levate qualsiasi sconosciuto venuto a disturbarlo.
Per fortuna, questo scocciatore non era per niente uno sconosciuto.

Davanti a Grimmjow, stava una ragazza stramba quanto lui. Aveva i capelli di un verde fosforescente, lunghi fino alla vita, e gli occhi di un grigio così irreale da far pensare a tutti quelli che lo notavano che la ragazza portasse le lenti a contatto.
Era alta quanto il ragazzo dai capelli blu, magra ma abbastanza formosa. Sulle spalle, teneva con disinvoltura la custodia di una chitarra e il dito indice della sua mano sinistra era ancora poggiato sul campanello.
Evidentemente, stava per suonare nuovamente, prima che Grimmjow si decidesse ad aprire la porta.

Il viso del ragazzo, distorto dalla rabbia per essere stato interrotto, si distese immediatamente non appena i suoi occhi si posarono su di lei.

- Buongiorno, bellezza! Potevi dirmelo, che saresti venuta: se avessi saputo che c’eri tu dietro questa dannata porta, non mi sarei di certo preoccupato di infilarmi la camicia - disse, con un sorriso ferino e malizioso sulle labbra.

- Non mi sembra il momento di fare lo spiritoso, Grimmjow - ribatté la ragazza, con una smorfia di allegro disappunto sul volto - Oggi sono venuta qui solo per provare, nient’altro-.

Il ragazzo dai capelli azzurri indossò una finta maschera di delusione.

- Ma come, Neliel? Non ti va di tenere un po’ di compagnia al tuo ragazzo?- piagnucolò, con uno studiato tono di voce lamentoso.

- Prima il dovere, poi il piacere! - ribatté la ragazza, mentre sulle sue labbra compariva un lieve sorriso - E ora, come mi diresti di farmi entrare? Dov’è Ulquiorra-kun?-.

Grimmjow si limitò ad incrociare le braccia sul petto e posizionarsi a gambe larghe davanti alla porta, mentre un sorriso malizioso increspava il suo viso.
Evidentemente, non aveva alcuna intenzione di farla passare.

Neliel doveva essere abituata a queste provocazioni. Con un determinato sguardo di sfida, poggiò una mano sul petto del ragazzo, spingendolo all’indietro con dolcezza.

Grimmjow sbuffò, passandosi una mano tra i capelli arruffati.

- Va bene, te la do vinta anche stavolta! Tanto sai già che non riesco a minacciarti sul serio! - esclamò, spostandosi di lato e facendo entrare la ragazza.

Neliel gli diede un piccolo buffetto sulla guancia, come fosse solo un bambino un po’ vivace.
Si affacciò oltre la soglia dell’appartamento.

- Ulquiorra-kuuuuun! Vieni fuoriiiiiiii! - urlò, circondando la bocca con le mani per amplificare il suono.


- Smettila di strillare, deficiente! Ulquiorra è uscito! - disse scocciato il ragazzo dai capelli azzurri, prendendola delicatamente per un polso e strascinandola dentro.
Anche se, nonostante la durezza del suo tono, era presente una nota di dolcezza in quella voce roca.

Come se stesse parlando con una bambina un po’ vivace che ha bisogno di essere ripresa.

- Ulquiorra-kun è uscito? E dove è andato? - chiese sorpresa Neliel, togliendosi la chitarra di dosso e poggiandola al muro.

- Non la sai la novità? Il nostro glaciale Ulquiorra Shiffer si è fissato con una ragazza! - esclamò Grimmjow,  con un ghigno malizioso sul volto - Te lo saresti mai aspettato, da uno come lui?

Gli occhi grigi della ragazza si fecero grandi dalla sorpresa.

- Dici davvero?! Una ragazza?! Non posso credere che esista un tipo di ragazza che possa piacere ad Ulquiorra-kun! - disse stupita, guardando come in trance il soffitto della stanza - Comunque, aspetterò qui finché non ritornerà! Dopodomani abbiamo un concerto, e dobbiamo provare!-.

Grimmjow le circondò le spalle con un braccio, afferrandole con fermezza il mento con l’altra mano.

- Visto che il tuo dolce Ulquiorra-kun deve ancora arrivare, che ne dici di impiegare bene il tempo che ci resta nell’attesa? - propose, con un sorriso malizioso.

Neliel finse un sospiro di resa, passandosi una mano sul viso.

- Sei proprio incorregibile, Grimmjow - sussurrò, avvolgendogli lentamente il collo con le braccia e attirandolo a sé in un bacio appassionato.  



Angolo dell'autrice:
Contrariamente alle sue abitudini, oggi Kuchiki Chan è abbastanza fiera del suo operato *_*
Insomma, sono riuscita a completare un capitolo difficile che mi stava prendendo non poco tempo. Ah, quanto è complicato scrivere le battute di Ulquiorra T.T
E diciamo che ce l'ho fatta anche in tempi abbastanza accettabili.
E per giunta, ho trovato il momento giusto per far comparire Neliel, cosa che volevo fare già da molto tempo *-*
Insomma, adoro la coppia Grimmjow x Nel, benché sia ovviamente un Crack Paring! Forse ho reso i due un pò OOC, nei panni dei fidanzatini, ma di certo sono abbastanza soddisfatta :D
Il Live dei Deathberries si avvicina, e con questo, anche la fine dei dubbi. Che tipo di sentimenti prova Orihime nei confronti di Ulquiorra? 
Lo scoprirete presto!

Ah, il titolo è tratto dalla canzone Patience, dei Take That, che ho usato come colonna sonora di questo capitolo *_*

Ringrazio come al solito tutti quelli che hanno inserito la storia tra le preferite e le seguite, ma un ringraziamento speciale va a rukiachian15, per avermi INSERITO TRA GLI AUTORI PREFERITI *_* 
Arigatou!

Un abbraccio a tutti quelli che sono così buoni da continuare a seguire questa storia ^^
Alla prossima!

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Capitolo 9
*** Are you ready? ***


The Deathberries...Live in Karakura!


9) Are you ready?

Ichigo infilò i jeans attillati e la maglietta nera, lentamente, come se stesse compiendo un rituale. Aprì l’armadio per prendere la sua camicia a strisce blu e nere, e la infilò piano, come in trance, lasciandola sbottonata.
Aveva deciso di vestirsi normalmente, anche se era una delle serate più importanti della sua vita: almeno così, avrebbe avuto l’illusione di sentirsi a proprio agio.

In fondo, credeva che una volta sul palco il subbuglio interiore che sentiva in quel momento si sarebbe calmato, che sarebbe riuscito a caricarsi e avrebbe suonato meglio di quanto faceva di solito. Tuttavia, non poteva evitare di sentirsi agitato: le ginocchia gli tremavano lievemente, e sembravano praticamente in grado di abbandonarlo da un momento all’altro. Inoltre, aveva iniziato a sudare freddo sin da quando aveva realizzato che il Live sarebbe stato quella sera.

Già, il Live. Avevano fatto le ultime prove quella mattina, e l’atmosfera era stata tesa come le corde della sua chitarra. Forse, solo l’imperscrutabile Byakuya sembrava a proprio agio. Dopo la sfuriata del giorno prima, Renji era stato in silenzio tutto il tempo, e mentre suonava aveva anche fatto degli errori di distrazione. Ichigo si era ritrovato a sperare con tutte le sue forze che il suo amico sarebbe riuscito a ritrovare la calma.

Persino Chad aveva tenuto una smorfia preoccupata sul volto, riuscendo però a rimanere tranquillo come al suo solito, e la sua esecuzione era stata impeccabile. Anche Rukia aveva cantato bene come al solito, cercando invano di riscaldare l’atmosfera con discorsi sull’ordine delle canzoni che avrebbero suonato e vari dettagli tecnici.
Ad Ichigo aveva fatto davvero tenerezza: era la prima ad essere nervosa, eppure cercava di infondere agli altri una sicurezza che nemmeno lei aveva.
Non avrebbe saputo dire se era da ammirare o da compatire.

Erano rare le volte in cui Kurosaki Ichigo era teso. Era un ragazzo normalmente calmo e paziente, tranne quando riceveva una provocazione da qualcuno che voleva fare a pugni. Non era mai stato agitato nemmeno per qualche esame: accettava tutto con tranquillità ammirevole. Semplicemente, conosceva bene i propri limiti e le proprie possibilità.

Eppure, quella volta era diverso. In fondo, sapeva che non avrebbe commesso errori, ma aveva paura.
Paura che l’ansia potesse giocargli qualche brutto scherzo.
Paura di sbagliare, distratto dal pubblico, dall’ambiente o da qualche strano pensiero.
Paura che i membri del suo gruppo non fossero riusciti a contenere l’ansia che stava lentamente invadendo il suo corpo.
E soprattutto, paura di come avrebbe potuto sentirsi Rukia alla fine di quella serata.

Non aveva paura di sfigurare davanti a lei. Era certo che lei l’avrebbe capito, qualunque errore avesse commesso. Anche se normalmente manteneva un contegno strafottente nei suoi confronti, Ichigo sapeva benissimo che lo conosceva meglio di sé stesso. Semplicemente, aveva promesso al proprio orgoglio di musicista che le avrebbe fatto passare una serata indimenticabile, che avrebbe dato il meglio di sé, che i Deathberries avrebbero vinto e lei sarebbe stata felice. Ma non era certo una promessa facile da mantenere, specie mentre quella fottuta paura gli martellava le ginocchia.

Forse, quella sera sarebbe finalmente riuscito a capire quale fosse il sentimento che provava realmente per Rukia.

Allacciò rapidamente i lacci delle scarpe, e andò a prendere la custodia della chitarra, che era poggiata contro il muro.
Rapito da un bisogno immediato, aprì piano la cerniera e tirò fuori il suo strumento, mettendoselo a tracolla.

Lentamente, ne accarezzò il manico e le corde, improvvisando qualche accordo.
Quasi senza rendersene conto, si ritrovò a suonare la canzone che provavano da una settimana.
Quella che non lo aveva completamente convinto.
Quella che piaceva a Rukia.

Senza amplificatore, il suono delle corde era a malapena più forte di un sussurro, ma ad Ichigo non importava.
A bassa voce, intonò il ritornello, accompagnando la musica con la propria voce. Quella chitarra, per lui, era come un amplificatore di sentimenti. Riempiva di emozioni ogni colpo di plettro, ogni nota.

Sentiva un bisogno logorante di suonare quella canzone, la canzone di Rukia, e cantarla insieme a lei, gridare sul palco quelle parole che sembravano scritte apposta per loro due.

Ichigo rimase così, a suonare la chitarra senza amplificatore, fino alla fine della canzone. Poi, ripose con dolcezza il proprio strumento nella custodia, e la prese in mano. Era davvero arrivato il momento di andare.

Ma Ichigo Kurosaki non era più teso, ormai. Prendere in mano la chitarra lo aveva aiutato a mettere pace nel proprio cuore, cantare quella canzone a fargli tornare la determinazione. Non avrebbe permesso che qualcosa andasse storto, quella sera.
Quella era una delle serate più importanti della sua vita, la serata in cui lui e i suoi amici si sarebbero battuti per coronare il proprio sogno.
La serata in cui avrebbe messo davvero alla prova le proprie capacità.
Quella in cui quel sogno chiamato Deathberries avrebbe raggiunto una tappa importante.
La serata in cui avrebbe sconfitto quell’Ulquiorra, e i suoi occhi di ghiaccio.

La sera in cui avrebbe finalmente sciolto quel groviglio di sentimenti che lo avvolgevano in presenza di quella nanetta dagli occhi blu di nome Rukia Kuchiki.

 
* * * * * *

Rukia Kuchiki tirò su con attenzione la cerniera della gonna che aveva indossato. Si era vestita in modo abbastanza semplice: una camicia nera e bianca a maniche corte e una gonna degli stessi colori. Non aveva mai amato vestirsi in modo appariscente, aveva sempre avuto gusti abbastanza semplici.

Rukia si guardò allo specchio, poggiando i palmi delle mani sui fianchi. Non sapeva se essere soddisfatta del risultato. Non aveva davvero l’aspetto di una cantante di una band, ma forse la cosa migliore era rimanere sé stessa, senza fingersi nessuno. Anche se impersonava la cantante dei Deathberries, era pur sempre Rukia Kuchiki.

Aveva completato tutti gli esercizi per la voce qualche minuto prima, e si sentiva abbastanza pronta. O almeno, non si sentiva ancora tesa,  anche se la ragazza era sicura che l’ansia sarebbe arrivata presto a farle compagnia. Sapeva che, una volta sul palco, avrebbe avuto la forte tentazione di scappare via. Sperava solo di essere abbastanza forte da cacciare quegli impulsi.

Più che per sé stessa, era molto preoccupata per Renji. Il suo amico aveva fatto degli insoliti errori durante le prove di quella mattina, e Rukia aveva paura che l’ansia potesse mandargli in pappa il cervello. Ma soprattutto, sapeva di essere in buona parte responsabile di quel suo comportamento, e se ne sentiva ancora colpevole. Sospirò, abbattuta, mentre lo specchio riprendeva tutti i suoi movimenti. Ormai, non aveva più tempo per questi pensieri autodistruttivi, doveva solo credere nella determinazione e nella bravura del suo migliore amico.

D’improvviso, si ritrovò a pensare a quando Ichigo l’aveva aiutata a sfuggire dai suoi pensieri, due giorni prima in sala prove,  e qualcosa di caldo si rimescolò nel suo stomaco. Non pensava che quello stolto riuscisse a capirla così bene. Invece, sembrava che Ichigo ormai la conoscesse meglio di sé stessa.

Erano state le esperienze che avevano passato a costruire una tale intesa tra di loro?
Oppure era merito dei loro caratteri troppo simili?
Rukia non avrebbe saputo dare una risposta, e nemmeno le importava. L’unica cosa che le rimaneva, era la certezza di aver bisogno di quell’idiota dai capelli arancioni.

- Rukia, sei pronta? Posso entrare? -

La ragazza si voltò di scatto, mentre quella voce la riportava bruscamente alla realtà.

- Certo, Onii-sama! Puoi entrare! - disse, lasciandosi cadere stancamente sul letto.

La maniglia della porta si abbassò e Byakuya fece il suo ingresso nella stanza. Indossava una semplice camicia bianca, dello stesso colore della sua pelle, e una paio di pantaloni neri. Una cravatta scura era allacciata intorno al suo collo. Teneva in mano il suo basso bianco e nero, abbinato perfettamente ai suoi vestiti.

Rukia rimase come al solito stupita dall’eleganza che il fratello riusciva a sprigionare quasi senza rendersene conto.

Byakuya si sedette sul letto accanto alla sorella, poggiando il proprio strumento dietro di sé. Nessuno dei due parlò per qualche minuti. Ma non erano immersi nel silenzio in cui piombano due persone che non hanno niente da dirsi.
No, quello era il silenzio di chi non ha bisogno di parole per esprimere i propri sentimenti.

Guardando di sottecchi il fratello, Rukia si accorse che il suo volto era serio e composto come al solito, senza nessuna traccia dell’ansia nascosta che albergava dentro di lei.
Avrebbe tanto voluto riuscire ad essere determinata e sicura come lui.

- Credi nelle tue capacità, Rukia. Tendi a sottovalutarle un po’ troppo spesso - disse Byakuya all’improvviso, spezzando il denso silenzio che si era venuto a creare.

La ragazza si voltò verso di lui di scatto, stupita da quelle parole. Erano rare le volte in cui suo fratello cercava di confortarla, era sempre stato un ragazzo che non amava sprecare parole, se non quando era estremamente necessario. Si sentiva onorata dal fatto che avesse ritenuto opportuno farlo.

Era stata una frase piuttosto semplice, ma, detta da lui, la aiutò a recuperare un po’ di determinazione. Ora, Rukia sentiva che la paura di era trasformata in smania di agire, in voglia di mettersi alla prova. Era diventata desiderio di darsi da fare per non deludere chi credeva in lei: suo fratello, Renji, i suoi amici.
E Ichigo.
Avrebbe cantato, caricando la sua voce di tutto quello che provava.

Avrebbe cantato, perché era una delle poche cose che la facevano sentire viva.
Avrebbe cantato, per Ichigo che le aveva regalato quel sogno.

- Grazie, Onii-sama - sussurrò, alzandosi in piedi.

Byakuya la imitò, con quel mezzo sorriso compiaciuto che raramente compariva sulle sue labbra.

- E’ ora di andare, Rukia - disse semplicemente, avviandosi con calma verso la porta.

La ragazza chiuse gli occhi per un attimo.
Immaginò il palco, le luci, il microfono accanto alla bocca, i suoi amici che facevano il tifo per lei.
Immaginò il suono della chitarra di Ichigo che la sosteneva, che le dava un motivo per continuare.
Sorrise dolcemente, seguendo il fratello a passi decisi.
 

* * * * * *

 
- Cazzo, è tardissimo! -

Il viso di Renji Abarai esplose in un’espressione allarmata, mentre, guardando l’orologio, si rendeva conto di avere almeno mezz’ora di ritardo. Si alzò dal letto di scatto, riponendo in fretta e furia la chitarra elettrica nella custodia. Si esercitava da più di tre ore, ormai, e aveva smesso di fare attenzione al tempo che passava.

Prese in un attimo i jeans dall’armadio, e li infilò più in fretta che poteva, saltellando sul posto. Con la stessa rapidità, recuperò e infilò la maglietta rossa, in tono con i suoi capelli, e le scarpe scure. Controllò sullo specchio che la sua pettinatura ad ananas fosse perfetta, stringendo la bandana bianca che portava sulla fronte.

Mentre si accingeva a prendere il manico della custodia della chitarra, però, si bloccò di scatto.

Aspetta un attimo, Renji, rifletti. Oggi è sabato sera! Queste non sono semplici prove, questo è il tuo primo Live! E tu non sei ancora pronto, e lo sai! Che senso ha suonare animato da questa convinzione? Faresti solo una brutto figura davanti a Rukia pensò, prendendosi la testa tra le mani.

 La tentazione di scappare era forte. Quella mattina, in sala prove, aveva fatto un mucchio di errori, ed era certo che i suoi amici se ne fossero accorti, anche se non avevano osato correggerlo. Evidentemente, attribuivano tutto all’ansia e avevano ritenuto necessario non strapazzarlo più del dovuto. Renji  non riusciva a decidere se gli piacesse questo tipo di comprensione che un po’ somigliava alla pietà. Quella stessa pietà che aveva scorto più volte negli occhi di Rukia, da quando avevano avuto quella breve conversazione.

Era consapevole di averle fatto male. Probabilmente, sarebbe stato meglio tenere la bocca chiusa, ma Renji sapeva di aver bisogno di quel piccolo sfogo. Aveva seguito l’istinto, e non se ne pentiva. Tuttavia, sapeva che Rukia si sentiva colpevole di non essere riuscita a comprendere le dimensioni dei suoi sentimenti, e non poteva evitare di soffrirne. Per Renji però, era di gran lunga preferibile sopportare il senso di colpa per averle fatto male che la consapevolezza di non essere capace di dimostrarle i propri sentimenti.

Si sedette sul letto, prendendosi il volto tra le mani.
Qual era la cosa giusta da fare?
Essere odiato dai suoi amici perché non si era presentato, o essere odiato per aver rovinato la loro esibizione?

Forse, a quel punto, la cosa giusta da fare era ritirarsi e lasciare tutto nelle mani di Ichigo. D’altronde, era sempre stato più bravo di lui. Persino nel suonare la chitarra, si trovava ad un livello superiore. Da quando lo conosceva, non aveva potuto evitare di provare quel sentimento subdolo e fastidioso simile all’invidia che lo assaliva quando si rendeva conto di essere sempre un gradino sotto di lui.
Persino se si parlava di Rukia.

Sei un codardo, Renji. Sei solo un codardo. Hai paura di sbagliare, per questo non vuoi metterti alla prova. Ma non saprai come andrà fino a quando non ci avrai provato! Cosa aspetti? I tuoi amici ti stanno aspettando! Non puoi abbandonarli! urlò una voce nella sua testa.

Il ragazzo scosse la testa, in preda al panico. Non si sentiva pronto, per affrontare quella prova. Eppure aveva fatto una promessa. Aveva giurato a Rukia che quello sarebbe stato uno dei giorni più belli della sua vita, che sarebbe riuscito a superare Ichigo. Glielo aveva promesso, e si era impegnato veramente per cercare di farlo. Ma non ci era riuscito. Per quanto si fosse impegnato e fosse migliorato in quei giorni, Ichigo era sempre un gradino sopra di lui, e lui un gradino troppo in basso per affrontare le situazioni. Era un bravo chitarrista, ma si lasciava sopraffare dalle emozioni con troppa facilità, e questa era la sua rovina. Non riusciva a non distrarsi durante le prove, figurarsi sopra un palco in un locale gremito di gente!

Cosa penserà Rukia di te, se scappi via? Che sei un codardo, un vile che non riesce a raccogliere la determinazione per affrontare le proprie battaglie, un uomo che non riesce a mantenere le promesse! insistette la voce molesta nella sua testa.

Ma questa volta, Renji rimase folgorato da quel pensiero.
Sapeva, sapeva benissimo che Rukia avrebbe preferito di gran lunga sentirlo sbagliare sul palco, che non vederlo arrivare.
Sapeva che in fondo lo avrebbe ammirato, per non essersi tirato indietro.
Magari alla fine della serata lo avrebbe guardato di nuovo con quegli occhi pieni di pietà, ma era sicuro di preferirla al disprezzo.

- Oh, al diavolo! - urlò il ragazzo, alzandosi in piedi di scatto.

Afferrò in fretta e furia la custodia della chitarra, se la mise in spalla, uscì aprendo violentemente la porta e si mise a correre a rotta di collo per le strade di Karakura, diretto al Black Moon.

Poteva solo sperare con tutte le sue forze che non sarebbe stato costretto a pentirsi della decisione presa.


* * * * *


- Grimmjow, ti decidi a darti una mossa? - disse Ulquiorra, irritato, bussando nervosamente sulla porta della stanza del coinquilino.

- Si, Ulquiorra non rompermi i coglioni, sono quasi pronto! - gridò il ragazzo dai capelli azzurri, mentre si spalmava con cura il gel sulla chioma.
Una catena argentata gli pendeva dai jeans scuri, strappati sul ginocchio, ed indossava un’anonima maglietta bianca sgualcita, almeno di due taglie più grande.

Dietro la porta, Ulquiorra sospirò, cercando di darsi una calmata.
Grimmjow Jaegerjaques era in assoluto l’unico essere sulla terra capace di fargli perdere la pazienza.

Era vestito in modo piuttosto sobrio: jeans neri e maglietta a strisce bianche e nere, in tono con al sua capigliatura e la sua pelle pallida. Tuttavia, seppur  vestito come il più comune degli esseri umani, aveva un’aria diversa da quella di qualsiasi altra persona, uno sguardo e un portamento che lo differenziavano dalla gente comune.

Del resto, non si era mai sentito a proprio agio con gli altri esseri umani, tranne qualche rara eccezione.
Orihime era un chiaro esempio.

- Eccomi, sono pronto! - sbraitò Grimmjow, aprendo la porta di scatto - Possiamo andare! -

I due ragazzi si avviarono verso il salotto della piccola abitazione, dove gli altri membri dei Black Wings erano spaparanzati sui divanetti.

- Yo Grimmjow! Hai finito finalmente di truccarti? Ci metti quasi più di una femmina! - sbraitò un ragazzo alto e magro, con lunghi capelli neri e lisci che gli ricadevano morbidi sulle spalle.
Stava sul divano con le braccia dietro la testa, più sdraiato che seduto, e teneva la custodia di una chitarra appoggiata ad una gamba.

- Non rompere, Nnoitra! Non sono cazzi tuoi, quanto tempo ci metto a prepararmi! - rispose a tono il ragazzo dai capelli azzurri, senza però dare segno di essere troppo arrabbiato.
Evidentemente, era abituato alle frecciatine del compagno.

- Invece credo che importi a tutti, Grimmjow, visto che siamo qui ad aspettarti da un po’ - disse Neliel, con una smorfia di disappunto sul volto, alzandosi dalla sedia su cui si era sistemata e andando ad abbracciare il suo ragazzo. Grimmjow le diede un rapido bacio sulle labbra, circondandole la vita con un braccio.

- A quanto pare ci siamo tutti. Che ne direste di andare? Dopotutto, dobbiamo suonare per primi - disse con voce calma una ragazza bionda, con i capelli legati in due codini sottili e due occhi azzurri e penetranti. Era vestita quasi totalmente di bianco, e teneva fra le mani un paio di bacchette per la batteria.

- Tia-san ha ragione! - esclamò Nel, ancora appiccicata a Grimmjow - Se non ci sbrighiamo, arriveremo in ritardo! -.

- Puah! Non ho proprio voglia di essere puntuale! - sbraitò Nnoitra, stiracchiandosi vistosamente - Ma dobbiamo per forza partecipare a questo contest del cazzo, Ulquiorra? -.

- Vi ho già spiegato come stanno le cose. C’è in palio un contratto con la casa discografica di Aizen Sosuke, e non possiamo permetterci di perderlo. Sicuramente non lo perderemo per colpa della tua testardaggine - disse tagliente il ragazzo dagli occhi verdi, prendendo in mano la custodia del suo basso e avviandosi verso la porta.

Nessun altro osò replicare. Grimmjow si limitò a sbuffare, imitato da Nnoitra, mentre Tia rimaneva in silenzio, alzandosi dal divano su cui si era seduto per seguire il compagno.

Chissà se questa serata riuscirà a dare una svolta a questa situazione pensò Ulquiorra, aprendo piano la porta.

La musica era l’unica cosa che lo manteneva ancora in vita, e avrebbe sopportato di tutto per continuare ad andare avanti. Persino a convivere giornalmente con persone come Nnoitra e Grimmjow. Poi, quella sera, anche Orihime sarebbe stata lì ad ascoltarlo.
Pensarlo, gli provocò uno strano formicolio sulle punte delle dita.

Chissà se oggi riuscirò a fabbricarmi un altro pretesto per continuare a vivere pensò, mentre il volto di quella ragazza pura e innocente come poche gli riempiva gli occhi e il cuore.


Angolo dell'autrice:

Sono tornata *w*
Si lo so, in ritardo anche questa volta, e me ne assumo tutte le colpe. Semplicemente, ero a corto di ispirazione, e col caldo che sta facendo in questi giorni non avevo voglia di fare nulla, nemmeno di pensare T.T
Eccovi il capitolo. Niente di speciale, serve solo a prepararvi al Live, che inizierà ufficialmente nel prossimo! 
Nonostante tutto, mi è venuto un pò complicato da scrivere. Temevo di rendere OOC Rukia o Renj, tanto che alla fine ho finito per scriverlo di getto e pubblicarlo così, senza averlo riletto. Quindi siete autorizzato a linciarmi per qualsiasi traccia di OOC v.v
Ah, ho utilizzato una canzone tema per questo capitolo, cioè Shunkan Sentimental delle Scandal, una delle ending di Full Metal Alchemist Brotherhood (Ah, io AMO le Scandal *-*). Provate a leggerlo mentre la ascoltate!

Colgo l'occasione per ringraziare _Senna e AllenNeko che hanno recensito la mia One-shot IchiRuki, Let me light up you sky.
Arigatou!

Ringrazio ovviamente _Senna (come al solito *-*), valez, Espada_Numero_11, Sarugaki145 per aver recensito il capitolo precedente.
E anche tutti quelli che leggono, o che hanno inserito la storia tra le preferite e seguite (purtroppo ho perso il conto e non vi posso elencare, scusatemi T.T)
 
Spero che il capitolo vi sia piaciuto!
Alla prossima <3

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Capitolo 10
*** This is my true love ***


The Deathberries...Live in Karakura!




10) This is my true love



Renji entrò come un tornado nel locale, voltandosi intorno freneticamente per trovare i suoi compagni.
Era sudato e affannato, aveva fatto tutta la strada di corsa per limitare almeno di qualche minuto il suo ritardo.

- Renji! Finalmente! Ma dove cavolo eri finito? Ci stavi facendo preoccupare! -

Il ragazzo dai capelli rossi si voltò di scatto, mentre Rukia e gli altri gli venivano incontro. Si passò una mano tra i capelli, con fare pentito.

- Scusatemi tanto ragazzi, ho avuto un contrattempo. Fra quanto dobbiamo salire sul palco? - chiese, cercando di riprendere fiato e togliendosi la chitarra di dosso.

- Siamo capitati terzi. Vedi quella band che sta suonando? Dopo di loro ci sono i Black Wings, e ancora dopo veniamo noi - rispose Ichigo, indicando il palco con un dito.

Quando era entrato, Renji era troppo ansioso per fare caso all’ambiente che lo circondava. Ma la risposta dell’amico lo tranquillizzò, dandogli il tempo di guardarsi intorno.

Il Black Moon era un locale ampio e arieggiato, abbastanza famoso tra i giovani: infatti, in quel momento era pieno di persone. Le luci riflettevano ad intermittenza sul palco, dove un gruppo che il ragazzo non conosceva stava arrangiando una canzone punk. Il pubblico però non sembrava molto interessato all’esibizione, quasi tutti stavano bevendo, mangiando o chiacchierando tra loro.

In mezzo alla folla, il ragazzo scorse Inoue, Tatsuki  e il resto del loro gruppo di amici, tutti tirati a lucido e sorridenti.
Poteva solo esser loro grato per il fatto che fossero venuti.

Al bancone Renji intravide il signor Kyoraku, con un immancabile  bicchiere di vino davanti. Era impegnato in una conversazione con un uomo che il ragazzo non aveva mai visto: aveva i capelli castani, tutti tirati all’indietro all’infuori di un ciuffo ribelle che gli ricadeva in mezzo agli occhi, e il volto affilato come quello di una volpe. Era elegante, calmo e composto, tutto il contrario del chiassoso ed esuberante Kyoraku.

- Quello è Sosuke Aizen - disse Byakuya, che aveva seguito la direzione del suo sguardo, parlando accanto al orecchio per farsi sentire nonostante il volume della musica.

- Aizen? Il direttore della casa discografica? - urlò Renji, sbigottito, voltandosi verso il compagno.

- Proprio così. E’ a lui che dobbiamo fare buona impressione - rispose il ragazzo, con tono incolore.

In quel momento, il giovane dai capelli rossi non poté fare altro che invidiare la calma che Byakuya riusciva ad ostentare.

Davvero quello è Aizen? pensò, sbigottito, mentre una strana inquietudine lo assaliva. A prima vista, quell’uomo non gli piaceva. Era troppo…perfetto. Aveva una strana luce negli occhi, qualcosa che Renji poteva benissimo identificare come spietata intelligenza. Sembrava impossibile prevedere le sue mosse, o capire cosa gli passava per la testa. Dava tutta l’impressione di un uomo furbo, senza scrupoli, imprevedibile e dotato di una fredda intelligenza.

Se dobbiamo prendere accordi con quel tizio, quasi quasi preferisco non avere l’attenzione della sua casa discografica si disse Renji, mentre un brivido gelido gli percorreva la schiena. Scosse la testa, cercando di non pensarci: prima di tutto, dovevano vincere il contest.

All’improvviso, una mano piccola e fresca si poggiò sulla sua spalla, come se avesse percepito l’inquietudine che albergava dentro di lui. Il ragazzo dai capelli rossi si voltò d’impulso, trovandosi davanti gli occhi blu intenso di Rukia.

Sentì qualcosa di caldo e liquido scendere lungo la gola: era davvero bellissima, col quel trucco leggero sul volto e quella camicia attillata che riusciva a far risaltare le forme del suo corpo minuto.  Il viso della ragazza però era contratto in una smorfia di disagio, sembrava quasi…imbarazzata.
E sofferente.

- Potresti venire un attimo fuori con me, Renji? Devo parlarti - gli chiese, quasi con liberazione, come se avesse portato dentro di sé quelle parole per tanto tempo.

Il ragazzo si allontanò di qualche centimetro da lei, preso alla sprovvista. Un velo rosso scarlatto andò a tingere le sue guance: sapeva benissimo che Rukia voleva parlare di quello che era successo qualche giorno prima a casa sua, delle parole senza senso che lui le aveva rivolto. Sapeva che avrebbero dovuto chiarire, ma era proprio necessario parlarne in quel momento, prima del loro primo Live?

Eppure, non poteva certo tirarsi indietro.
Anche se una parte di lui era terrorizzata al pensiero di parlare con chiarezza a Rukia dei propri sentimenti, c’era anche una parte che voleva al più presto togliersi quel peso dal cuore.

Si limitò ad annuire, senza dire una parola, e seguì l’amica fuori dal Black Moon, dove la musica che rimbombava all’interno si riduceva ad un flebile eco.

Quando Renji e Rukia si ritrovarono l’uno di fronte all’altra, un silenzio imbarazzato crollò fra i due.

Il ragazzo aspettava che l’amica introducesse il discorso, ma Rukia sembrava ancora più in difficoltà di prima. Teneva gli occhi rivolti verso il pavimento e spostava continuamente il peso da un piede all’altro, come se avesse perso tutto il coraggio che l’aveva indotta a chiedergli di uscire.

- Allora? Di cosa vuoi parlarmi? - chiese Renji dopo aver raccolto tutto il proprio coraggio, facendo finta di non aver intuito nulla.

Forse, avrebbe fatto meglio a parlare chiaro, ma non ce l’aveva fatta.
Del resto, anche lui era imbarazzato.

La ragazza sembrò riscuotersi: distolse gli occhi dal pavimento e piantò nei suoi uno sguardo deciso, ma anche incredibilmente tormentato.

- Io sento di doverti chiedere scusa, Renji - sussurrò, con tono così sincero e intenso che Renji sentì qualcosa bruciare all’altezza del cuore.

- Scusa? E perché dovresti fare una cosa del genere? - chiese il ragazzo, incrociando le braccia sul petto e cercando di mantenere il suo solito tono strafottente.

Probabilmente, era meglio che Rukia non intuisse quanto quelle parole erano riuscite a disorientarlo: si sarebbe sentita ancora più in colpa, a causa dell’effetto che aveva su di lui.

- Ho ferito i tuoi sentimenti, Renji. Tante, troppe volte. Non ho mai ritenuto opportuno fare uno sforzo per comprendere quello che provavi, e ho finito per recarti solo dolore. Perdonami - disse, abbassando nuovamente lo sguardo.

Quelle parole colpirono Renji al petto come una cannonata.

Insomma, Rukia si sentiva colpevole? Credeva di essere stata indelicata nei suoi confronti? Pensava di essere stata lei a ferire i suoi sentimenti?
Se c’era un pensiero che non gli era mai passato nemmeno dall’anticamera del cervello, era che lei fosse l’origine dei suoi mali.

In fondo, però, avrebbe dovuto aspettarselo.
Addossarsi colpe che non aveva, sentirsi peggiore di quello che era…era proprio un comportamento da Rukia.

- Ma sei scema?! Smettila di ferire te stessa addossandoti colpe che non hai! Sono io a fare del male a me stesso. IO, ok? Tu non c’entri proprio nulla! - sbottò, mentre una strana rabbia iniziava a prendere possesso di lui.

Poteva accettare che Rukia provasse qualsiasi emozione, fuorché il senso di colpa. Per lei, non esisteva sentimento più pericoloso.

- Come fai a dire che non c’entro proprio nulla?! Io non ho mai fatto nemmeno uno sforzo per cercare di capire quello che provavi, ti ho sempre considerato una presenza scontata nella mia vita. E nel frattempo, tu soffrivi per ogni minima attenzione che dedicavo ad Ichigo…- la voce della ragazza si spezzò nel pronunciare quel nome.
Si prese il volto tra le mani, disperata.

No. Ora basta. Non posso sopportare di vederla così pensò Renji, mentre la rabbia continuava a salire.

Si avvicinò all’amica a passi larghi, mettendole le mani sulle spalle. Rukia non si mosse, né tolse le mani dal viso. Il senso di colpa le rendeva difficile persino guardarlo in faccia.

Il ragazzo le scostò piano le dita dal volto, rivelando un paio di occhi blu appannati di lacrime.
Sussultò: raramente gli era capitato di vedere Rukia in quello stato. Le prese dolcemente il mento con una mano, mentre con l’altra le asciugava le lacrime venute a formarsi agli angoli degli occhi.

- Ora ascoltami attentamente, nana. Non devi preoccuparti in questo modo per me, capisci? Sono resistente, non mi faccio mettere al tappeto da qualcosa come i sentimenti. L’unica cosa che voglio è che tu sia felice, chiaro? Quindi, è tormentandoti in questo modo che mi rendi infelice. Si vede lontano un miglio che sei innamorata di Ichigo - disse, con voce dolce per la prima volta da quando avevano iniziato quella conversazione.

Rukia sembrò abbastanza scossa da quel cambiamento d’umore, specialmente sussultò nel sentire l’ultima frase.

- No…ma che stai dicendo, Renji?!...Io…- balbettò, roteando gli occhi a destra e a sinistra nella speranza di trovare qualcosa di intelligente da dire.

Il ragazzo si limitò a zittirla, poggiandole sulle labbra l’indice della mano destra. I loro volti erano così vicini che le punte dei loro nasi si sfioravano, ma Renji cercò di non farci caso. L’unica cosa che voleva era che Rukia fosse felice, i suoi sentimenti passavano in secondo piano. In quel momento, era vitale schiacciare quel desiderio che proveniva dalla parte più animalesca di lui.

Era lì per dimostrare la vera essenza del suo amore.

- Negando i tuoi sentimenti farai solo del male a te stessa, e io non voglio. Anche quella testa arancione si è preso una bella sbandata per te, te lo posso assicurare. E io, a prescindere da qualsiasi sentimento possa provare per te, rimango comunque il tuo migliore amico. E sono felice così, davvero. Mi basta poterti stare vicino, e vedere che sei felice. E magari, non sarei per niente dispiaciuto se parte di questa felicità dipendesse da me - ridacchiò, accarezzandole una guancia con la mano.

Gli occhi blu di Rukia si riempirono nuovamente di lacrime.

- Oh, Renji…- sussurrò, poggiando la mano sul suo braccio.

Il ragazzo dai capelli rossi non seppe più resistere: con un solo movimento la attirò a sé, stringendola in un abbraccio pregno di tutti i sentimenti che fino a quel momento si era ostinato a sopprimere.

Sentì i piccoli pugni di Rukia stringere la stoffa della sua maglietta, e capì che quello gli sarebbe bastato per l’eternità.
Starle vicino, asciugarle le lacrime, abbracciarla…era tutto quello di cui aveva bisogno per essere felice. Sicuramente, in fondo a lui sarebbe rimasto il rimpianto per qualcosa che non c’era stato, ma lo avrebbe cacciato nelle profondità della sua anima.

Si sarebbe fatto da parte cavallerescamente, lasciando campo libero a quell’idiota  dalla testa arancione.

Prova anche solo a farle uscire una lacrima, Ichigo, e giuro che ti spezzo le gambe giurò a sé stesso, accarezzando piano i capelli dell’amica.

Ma in fondo, sapeva benissimo che il suo intervento non sarebbe stato necessario. Conosceva Ichigo da molti anni e, anche se l’amico non gliene aveva mai parlato, conosceva la forza dei sentimenti che quello stupido provava per Rukia.

D’improvviso, la musica che proveniva dal locale cessò, facendo andare Renji letteralmente in panico.
Si staccò da Rukia bruscamente.

- Rukia! Cazzo, è arrivato il nostro turno! Sbrighiamoci ad entrare! - urlò, mettendosi le mani tra i capelli.

La ragazza dagli occhi blu ridacchiò, ormai qualsiasi traccia di pianto era sparita dai suoi occhi.

- Meno male che dicevi di non essere ansioso! Calmati, Renji. Ora dovrebbero salire sul palco i Black Wings, e non veniamo solo dopo di loro - esordì, con una smorfia divertita sul volto.

Il ragazzo dai capelli rossi si calmò ed incrociò le braccia al petto, leggermente offeso.

- Io non sono ansioso per niente, stupida nana che non sei altro! Ficcatelo in testa - sbuffò, arrossendo lievemente.

- Dai, stavo solo scherzando! Piuttosto, perché non andiamo a sentirli? Hanno la fama di essere la band esordiente più in gamba di Karakura, e poi sono curiosa di vedere suonare quell’Ulquiorra Shiffer - disse Rukia, entrando nel locale.

- Ulquiorra Shiffer? E chi sarebbe questo tizio? - chiese stupito Renji, seguendo l’amica.

- Un amico di Inoue! Giusto, tu non c’eri quando l’abbiamo incontrato! Aspetta, ti racconto! - esclamò la ragazza, voltandosi verso di lui.

Mentre l’amica parlava dello strano incontro che aveva avuto al parco, sul volto del ragazzo spuntò un sorriso di tenerezza.
Si, era davvero felice.

Ora avrebbe potuto suonare senza pensieri per la testa. Chissà, magari Rukia aveva scelto di parlargli prima del Live proprio per quel motivo.

Ti preoccupi troppo per me e per la mia salute mentale, stupida nana pensò , divertito.

Ora è tutto nelle tue mani, Ichigo.


 

Angolo dell'autrice:

Eh già, ritardo pauroso. Potrei dare la colpa all'estare, alla noia, al blocco della scrittrice. Ma l'uncia cosa sensata, sarebbe limitarmi invocare umilmente perdono.
Perciò, vi prego di scusarmi, e scusatemi anche per il capitolo cortissimo che ho inserito.
Scrivere questa scena è stato enormemente difficile. Temevo di far cadere Renji in un OOC irrecuperabile, e in parte credo di esserci riuscita. Insomma, il Renji che descrivo non è completamente IC, e ne sono pienamente consapevole. 
Ritardo e OOC a parte, spero che questo capitolo vi sia piaciuto, e spero in qualche recensione ^^

Ah, anche per questo capitolo ho usato una colonna sonora, cioè la canzone che mi ha aiutato a trovare le idee: Be As One, dei W-inds, la sesta ending di Fairy Tail *__*
Letto con questa canzone come sottofondo, il capitolo ha tutto un'altro effetto xD

Come al solito, ringrazio chi ha recensito il capitolo scorso, e chi ha inserito tra i preferiti ^^

Nota: ad agosto parto, quindi non vi so dire quando aggiornerò di nuovo 
Alla prossima!

 

 
 

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Capitolo 11
*** I can't cry the pain away ***


The Deathberries...Live in Karakura!
 


11) I can’t cry the pain away


"We can't cry the pain away
We can't find a need to stay
I slowly realized there's nothing on our side".

"Out of my life, out of my mind
Out of the tears we can't deny
We need to swallow all our pride
And leave this mess behind"

[Sunrise Avenue - Fairytale Gone Bad]


- Chi è quello strano ragazzo che sta venendo verso di noi? Lo conosci, Orihime? -

Sentendo quella domanda fatta a bruciapelo dalla sua amica Tatsuki, Orihime Inoue si voltò di scatto, rischiando quasi di far cadere il cocktail analcolico che stringeva in una mano.

Aveva intuito subito chi fosse quel ragazzo non appena Tatsuki lo aveva definito “strano”.  In effetti, era quella la prima impressione che Ulquiorra Shiffer dava alle persone, quella di un individuo “diverso”. Anche per questo, la gente si sentiva a disagio in presenza di quel giovane che all’apparenza sembrava completamente indifferente al mondo che lo circondava.

Per fortuna c’era qualche eccezione, tra cui Orihime stessa.

Ulquiorra emanava una strana aura, quella sera. Era vestito in modo abbastanza semplice, con una maglietta bianca e nera e un paio di jeans scuri. Eppure, era leggermente diverso dal solito, Orihime lo sentiva. Forse, dipendeva dalle sottili strisce verdi che solcavano il suo volto, partendo dagli occhi e arrivando al mento: la ragazza non l’aveva mai visto truccato in quel modo. Conciato così, il viso del ragazzo le infondeva una strana inquietudine, ma anche un pizzico di pena.

Sembrava quasi che tutta la disperazione, la tristezza, tutti i sentimenti strazianti che Ulquiorra poteva provare fossero racchiusi in quelle due sottili linee di trucco.

- Orihime? - la chiamò Ulquiorra, non appena raggiunse una distanza che gli permettesse di essere sentito in mezzo al trambusto  di musica e voci che scuoteva il locale.

- Ulquiorra-kun! - lo salutò la ragazza con il suo solito tono entusiasta, raggiungendolo in due balzi sotto gli occhi sospettosi di Tatsuki.

Il pensiero che anche la sua migliore amica fosse venuta a conoscenza di quell’amicizia che nascondeva da mesi strinse il cuore di Orihime in una morsa di senso di colpa.
Scusami, Tatsuki-chan. Ti spiegherò tutto dopo, te lo prometto si disse, sperando che i suoi pensieri raggiungessero l’amica.

In quel momento, aveva cose più importanti a cui pensare.

Ulquiorra le fece strada fino all’esterno del locale, passando dalla porta di servizio, dove avrebbero potuto parlare tranquillamente senza essere costretti ad urlare. Orihime lo seguì, mordicchiandosi nervosamente le labbra: non aveva idea del perché il ragazzo volesse parlare con lei, avrebbe potuto essere un semplice saluto come un discorso serio.

E se volesse continuare il discorso di qualche giorno fa al parco? pensò tutto d’un tratto, arrossendo visibilmente. Non era ancora riuscita a sciogliere e comprendere il groviglio di sensazioni che provava verso di lui, e non era ancora pronta a discuterne con lo stesso Ulquiorra. Era preoccupata di quello che avrebbe potuto farfugliare una volta rapita dall’incantesimo degli occhi verdi di quel ragazzo, occhi ai quali era impossibile mentire, specie per lei che non era mai stata brava.

Ma forse, non ci sarebbe stato bisogno di preoccuparsi: magari voleva solo salutarla e ricevere gli “in bocca al lupo” per l’esibizione.

- Saliremo sul palco tra cinque minuti - disse Ulquiorra dopo qualche secondo di silenzio.

- Solo fra cinque minuti? Bè, posso solo augurarti buona fortuna, Ulquiorra-kun, e scusarmi nuovamente per non poterti votare. Sono sicura che sarete bravissimi! - rispose Orihime, tirando silenziosamente un sospiro di sollievo.

A quanto pare, non le sarebbe toccato affrontare sé stessa nemmeno quella sera.

Però, il tono di voce che il ragazzo aveva usato per dire quelle semplici parole l’aveva stupita. Era come al solito piatto e incolore, ma aveva qualcosa di diverso. Era come se Ulquiorra si fosse sforzato di ottenere quel tono, come se non fosse psicologicamente in condizione di parlare con la sua solita voce.

Come se ci fosse qualcosa, una specie di ansia che lo stava divorando dall’interno.

Attenta, Orihime studiò con discrezione il suo volto: in effetti, c’era qualcosa che non andava.  Le sopracciglia scure del ragazzo erano leggermente aggrottate, come stesse prendendo una decisione importante, e i suoi occhi erano letteralmente in subbuglio, mentre emozioni contrastanti scivolavano sulla loro superficie.
Insomma, Ulquiorra era agitato.

Ma non era per niente ansia da palcoscenico, e Orihime se ne sarebbe accorta presto.
Un nuovo silenzio imbarazzato era piombato tra i due. Il ragazzo non dava segni di voler tornare nel locale, e lei non sapeva se era il caso di muoversi o aspettare che lui dicesse qualcosa.
La ragazza distolse lo sguardo dal suo volto, limitandosi a guardare l’asfalto sotto i suoi piedi.

Sentì con chiarezza il calore di un paio di labbra sulle sue prima che il suo cervello si rendesse conto di quello che stava succedendo. 

Era successo tutto in una frazione di secondo: un attimo prima Ulquiorra era ad un passo da lei, totalmente concentrato su sé stesso, un attimo dopo i loro nasi si sfioravano e le loro labbra si toccavano in un bacio dolce come una carezza.

Il contatto improvviso fece fare una capriola al cuore della ragazza, che sgranò gli occhi per la sorpresa, senza avere però il coraggio di fare un passo indietro per sottrarsi ad esso. Sentì le orecchie e le guance bruciare, mentre una strana sensazione scendeva lungo la sua gola, calda e rovente.

- Devo andare. Spero che questo ti abbia aiutato a comprendere i tuoi sentimenti -

La voce di Ulquiorra era solo un sussurro, eppure quelle parole risuonarono chiare come se le stesse urlando. Il ragazzo sparì prima che Orihime ebbe il tempo di rendersi conto che il calore sulle sue labbra era svanito. Appena il suo cervello riuscì a realizzare che si, Ulquiorra l’aveva davvero baciata, la ragazza ebbe un capogiro e fu costretta ad appoggiarsi al muro esterno del locale per riprendersi.

Le ginocchia le tremavano furiosamente e non sembravano essere in grado di reggere il suo peso.

Ulquiorra-kun! Perché lui avrebbe dovuto fare una cosa del genere?! Io…non so più cosa devo fare, ormai! Non riesco a capire nemmeno quello che provo! Kurosaki-kun!  pensò Orihime disperata, prendendosi il volto tra le mani.

Nella sua mente, il viso corrucciato di Ichigo si sovrapponeva a quello impassibile di Ulquiorra, in uno strano gioco di sguardi ed espressioni.
La voce cupa del ragazzo dagli occhi verdi continuava a risuonare nelle sue orecchie.

- Vorrei solo cercare di capirti -
- Ti aspetterò, tanto la pazienza non mi manca-
- Spero che questo ti abbia aiutato a comprendere i tuoi sentimenti -
- Fa bene piangere, ogni tanto -

Il loro primo incontro, quando aveva pianto sulla sua camicia come una bambina; le innumerevoli chiacchierate su quella panchina del parco, che in breve tempo era diventata la loro panchina, tutte le volte in cui il ragazzo l’aveva ascoltata…I ricordi di quei momenti invasero la mente di Orihime, in un caos di voci, emozioni e colori.

Una lacrima comparve silenziosa in un angolo del suo occhio destro, e attraversò implacabile il volto della ragazza fino a precipitare sull’asfalto.

Non posso continuare a divagare così! Impazzirò! pensò Orihime, cercando invano di controllare i pensieri e i ricordi che la stavano letteralmente assalendo.

Ora alla voce di Ulquiorra si era aggiunta anche quella di Kurosaki.

- Ciao Inoue! -
- Grazie mille, Inoue! -
- Ci vediamo Inoue! -

Frammenti di vita quotidiana le passavano davanti agli occhi: quando stava con lui a scuola, quando uscivano insieme al loro solito gruppo di amici, quando andava a sentirlo suonare in sala prove…Tutti i mezzi sorrisi che lui le rivolgeva, il tono di voce con cui parlava con lei, come se avesse avuto paura di ferirla con una sola parola, il modo in cui la guardava, come se si sentisse in dovere di proteggerla, come se la considerasse così fragile da essere incapace di difendersi da sola, quel modo di fare gentile ma disinteressato con cui lui la trattava, le volte in cui gli sguardi che lui indirizzava a Kuchiki le stringevano il cuore in una morsa di dolore…

Sbam!

Orihime picchiò violentemente la testa contro il muro, in un repentino impeto di determinazione, trattenendo a stento un gemito. Il dolore fisico spezzò il flusso inarrestabile di pensieri e ricordi, facendo tornare la calma all’interno della sua mente.

Ok, Orihime. Calmati. Non è il momento di lasciarsi trascinare dai sentimenti, devi rimanere concentrata e analizzare bene la situazione. Se Ulquiorra-kun ti ha baciata e ti ha detto quella frase, è palese che provi qualcosa per te pensò, ad occhi chiusi, tenendo la fronte e le braccia appoggiate contro il muro.

Probabilmente, Ulquiorra provava per Orihime lo stesso sentimento che lei sentiva verso Kurosaki. Quel pensiero fece arrossire nuovamente la ragazza, che trovava inconcepibile che qualcuno potesse innamorarsi di lei.

In fondo, cosa aveva di speciale?
Era solo debole, emotiva, incapace di capire sé stessa e gli altri.
Perché qualcuno avrebbe dovuto interessarsi a lei?

Eppure, Ulquiorra l’aveva baciata, Ulquiorra le era sempre stato vicino, Ulquiorra faceva il possibile per capirla. Nessuno aveva mai mostrato quel genere di attenzioni verso di lei, i ragazzi di solito erano più attratti dal suo corpo che dalla sua anima. E poi c’era Kurosaki, che le voleva bene in quel suo modo distaccato e con quell’atteggiamento protettivo che mostrava nei confronti ti tutti, ma che non poteva ricambiare quello che lei provava per lui semplicemente perché era innamorato di un’altra ragazza.

Una ragazza mille volte migliore di lei.

Anche se non capiva perché Ulquiorra era interessato a lei, avrebbe mentito spudoratamente se avesse detto che la cosa non le faceva piacere. Orihime non aveva una gran considerazione di sé stessa, e aveva la tendenza a considerarsi inferiore agli altri, soprattutto a causa della situazione in cui si trovava a causa di quello che provava per Kurosaki. Il suo amore per lui era tale che la ragazza aveva continuato a guardarlo da lontano, facendo il possibile perché fosse felice. Eppure, per quanto altruista potesse essere, anche Inoue Orihime era un essere umano,  e come tale aveva bisogno di sentirsi amata.

E nel periodo che aveva passato con Ulquiorra, Orihime si era davvero sentita amata. Era davvero strano che un tipo glaciale come lui fosse riuscito a darle quell’amore che in un certo senso le era sempre mancato.

La ragazza non aveva mai conosciuto i propri genitori, era stata allevata dal fratello fin da quando era piccola, ritrovandosi poi sola quando Sora Inoue era morto in un incidente stradale. Quindi, in un certo senso, non aveva mai capito cosa significasse essere amati dai propri genitori, e anche se suo fratello aveva fatto il possibile per compensare quel vuoto non sarebbe stato mai capace di riempirlo completamente, neanche se fosse vissuto altri cinquant'anni.

Aveva ricevuto l’affetto delle amiche, questo non poteva dimenticarlo. C’era stata Tatsuki, che l’aveva sempre difesa  sin da quando era una bambina sperduta che aveva perso la sua unica famiglia; c’era stata Kuchiki, che le era sempre stata accanto e le aveva offerto la sua amicizia in qualunque momento.

Ma Orihime, nel profondo del suo animo, aveva sempre sentito il bisogno di un altro tipo di amore. Sin da quando si era innamorata di Kurosaki, la speranza di poter essere ricambiata non l’aveva mai abbandonata, sebbene lei avesse sempre cercato di sopprimerla. Cercava continuamente di autoconvincersi che l’amore non doveva per forza basarsi sul possesso, che poteva amarlo semplicemente desiderando la sua felicità.

Ma gli esseri umani sono creature egoiste, e persino una ragazza pura come Orihime non riusciva ad essere completamente altruista.

Ulquiorra, con le sue attenzioni celate da un’apparente freddezza, l’aveva fatta sentire bene. Il bacio di poco prima aveva confuso ancora di più i suoi sentimenti già troppo ingarbugliati, ma in fondo al cuore, la ragazza si era sentita inaspettatamente felice.

Insomma, il gesto del ragazzo non le era per niente dispiaciuto.

No! Perché devo sentirmi per forza così?! Non so ancora che cosa provo per Ulquiorra, eppure il mio corpo è già pronto ad accettare il suo amore! Perché devo essere così maledettamente egoista?! E i miei sentimenti per Kurosaki, allora? Non contano proprio niente?! pensò Orihime, picchiando un pugno sul muro per la frustrazione.

Certo che i suoi sentimenti per Kurosaki contavano, contavano eccome.

Magari se non fosse stata sicura di essere innamorata di lui, si sarebbe resa conto di provare per Ulquiorra qualcosa di più di una semplice amicizia.
Magari se avesse conosciuto il ragazzo dagli occhi verdi prima di lui, non avrebbe avuto dubbi su cosa scegliere.

Eppure doveva anche pensare al fatto che, se avesse detto ad Ulquiorra che per lei era solo un amico, il ragazzo non avrebbe potuto evitare di soffrire. Se era davvero innamorato di lei quanto lei lo era di Kurosaki, avrebbe sofferto, questo era sicuro.

E Orihime non voleva che lui soffrisse.
Non lo voleva, perché a prescindere dal nome del sentimento che provava per lui, le era comunque molto affezionata.

Che cosa devo fare? pensò la ragazza, disperata, accasciandosi definitivamente contro la parete.
Ma non avrebbe pianto, non quella volta.
Se c’era una cosa di cui era sicura, era il voler dimostrare a sé stessa che era diventata abbastanza matura da risolvere i suoi problemi senza l’aiuto delle lacrime.

Eppure, perché doveva essere tutto così maledettamente complicato?

Un paio di colpi di batteria provenienti dall’interno del locale la fecero uscire bruscamente dalle proprie riflessioni.

-Saliremo sul palco tra cinque minuti -

L’aveva completamente dimenticato! Il gruppo di Ulquiorra stava per suonare e lei doveva essere presente, a prescindere da tutto quello che era accaduto negli ultimi cinque minuti.
In fondo, glielo aveva promesso.

Le mie questioni personali possono aspettare pensò, passandosi la manica della maglietta sugli occhi e alzandosi in piedi, come se stesse riemergendo da un lungo sonno.

Che effetto le avrebbe fatto vedere Ulquiorra suonare?





Angolo dell'autrice:

Potete provare ad uccidermi, se volete.
Potete mandarmi tutte le maledizioni di questo mondo, vi capirò.
Potete anche smettere di seguire la mia storia, capirò anche quello.
Perchè riesco a capire anche da sola che è assolutamente squallido da parte mia aggiornare dopo più di un mese con questa MISERIA di capitolo. 
Potrei scusarmi, ma non servirebbe a nulla. Sono partita per tutto agosto, questo è vero, ma avrei potuto aggiornare molto prima. Semplicemente, non avevo voglia di scrivere.
Questo capitolo è così corto perchè dovevo pur stoppare in un punto la parte Ulquiorra/Orihime/Ichigo, purtroppo sono incapace di pubblicare capitoli troppo lunghi xD

Spero che vi sia piaciuto, nonostante il ritardo pazzesco e la brevità.

Ringrazio di cuore chi legge, chi recensisce e chi inserisce la storia tra le preferite o tra le seguite. Scusate se non ho risposto alle recensioni, ma non ne ho trovato davvero il tempo T.T
Grazie mille lo stesso!


 

 
 

 
 

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Capitolo 12
*** Ti supplico, non lasciarmi. ***


The Deathberries...Live in Karakura!



12) Ti supplico, non lasciarmi


- Oh Inoue, allora sei qui! Ma dove eri finita? - esclamò Rukia, vedendo la sua amica entrare nel locale.

Orihime Inoue aveva decisamente qualcosa che non andava: il suo respiro era affannato, e la sua espressione era tormentata e concentrata, come se si stesse sforzando per risolvere un problema o un’equazione difficile. Era completamente diversa dalla ragazza che Rukia aveva imparato a conoscere, sembrava più decisa, più matura.
L’aura di fragilità che inconsapevolmente portava sulle sue spalle si era assottigliata fino a scomparire del tutto.

- Ero fuori a prendere un po’ d’aria, Kuchiki-san! Improvvisamente ho avuto un capogiro, forse per colpa della musica troppo alta, ma ora sto molto meglio! - rispose Orihime, con il suo solito sorriso un po’ tonto, raggiungendola fin sotto il palco.

Anche il tono di voce con cui la ragazza le aveva risposto aveva qualcosa di strano. Rukia ormai la conosceva da molto tempo, sapeva bene che Orihime ricorreva a quelle futili scuse quando non se la sentiva di rivelare agli altri i suoi problemi, o non voleva farli preoccupare.  Una parte di lei le urlava di chiedere chiaro e tondo alla sua amica se c’era qualcosa che non andava, magari avrebbe potuto aiutarla in qualche modo. Ma, d’altra parte, a Rukia non piaceva ficcanasare nei problemi delle persone.
Era sempre stata una ragazza riservata, che riusciva a legare solo con poche persone, ma che all’occorrenza sapeva aiutare e consolare i propri amici.
Se Orihime avesse avuto bisogno di lei, non avrebbe esitato a chiederglielo.

Magari è un problema che vuole risolvere da sola pensò Rukia, accantonando la questione.

- Quelli lì sono i Black Wings? - chiese la voce di Ichigo dietro le sue spalle, facendola sobbalzare.

Rukia si voltò di scatto verso di lui, infastidita dal fatto che lui avesse interrotto le sue riflessioni, ma irrazionalmente felice di sentire la sua voce, quella voce dolce e ruvida allo stesso tempo che sosteneva la sua quando cantava.
Cazzo.
Perché Ichigo Kurosaki doveva farle ogni volta quell’effetto?

- Di chi stai parlando, stolto? - sbottò, guardandosi intorno. Durante la serata non aveva visto Ulquiorra Shiffer nemmeno una volta, e non aveva idea di che aspetto avessero gli altri componenti di quel gruppo. Conosceva soltanto il nome del loro cantante, il famoso Grimmjow Jaegerjaques, il teppista dai capelli azzurri. Si diceva in giro che fosse il miglior frontman di tutta Karakura, per non parlare poi delle sue doti canore.

Al pensiero che avrebbe dovuto confrontarsi con lui, Rukia sentì un brivido gelido correre lungo la schiena.

- Ma sei cieca? Guarda un po’ lì, nana! - sbottò Ichigo, indicando il palco con un dito.

La ragazza si voltò nella direzione indicata da lui: effettivamente, i Black Wings erano saliti sul palco. Era stata così concentrata su Inoue che non se ne era nemmeno accorta, dando occasione a quello stolto dai capelli arancioni di prendersi gioco di lei.
Gli diede le spalle, infastidita, tornando ad osservare la band.

Ulquiorra Shiffer era lì, con quelli che probabilmente erano i suoi compagni.
Sempre pallido, sempre inespressivo, senza nessuna nota di colore che non fossero i suoi occhi e quelle lacrime verdi che gli attraversavano il volto. Persino il basso che portava a tracolla era nero.
Quel ragazzo le metteva una strana inquietudine addosso. I suoi gesti e i suoi movimenti sembravano spenti, senza vita, mentre il suo sguardo era saturo di sentimenti.

Come se desse l’impressione di essere insensibile per nascondere la sua fragilità interiore.
Come se fosse morto dentro così tante volte da spingere sé stesso a rifiutare il mondo e le persone.
Anche mentre compiva gesti semplici come sistemare i toni del basso sull’amplificatore aveva qualcosa di diverso, di alieno.

Come colta da un’illuminazione, Rukia si voltò verso Orihime. La ragazza era completamente concentrata su  Ulquiorra; lo guardava come non aveva mai guardato nessuno prima di allora.

Gli occhi castani di Inoue Orihime stavano letteralmente brillando. Erano pieni di ansia, di sofferenza, di tormento, eppure brillavano. Forse nemmeno lei si rendeva conto di quanto in realtà tenesse a quel ragazzo, e stava cercando con tutta sé stessa di capirlo.

Ti auguro davvero  di trovare la tua strada, Orihime pensò la ragazza, provando istintivo affetto verso quella sua strana amica.

Tornò ad osservare il palco. Davanti ad Ulquiorra c’era una ragazza che come lui era tutto fuorché banale: aveva lunghi capelli verdi, tinti così bene da sembrare naturali, ed un paio di enormi occhi grigi e luminosi. Sul volto aveva una striscia di trucco rosso, che le andava da una guancia all’altra, e teneva in mano una chitarra verde acqua. Andava da un lato all’altro del palco saltellando, parlava e rideva con tutti. Sebbene fosse strana come Ulquiorra, a quanto pare avevano in comune solo quello strambo aspetto fisico.

Strana era anche la ragazza seduta dietro la batteria. Aveva lunghi capelli biondi legati in due code morbide che le ricadevano sulle spalle, ma la sua carnagione era molto scura, fin troppo per una ragazza giapponese. I suoi occhi verdi andavano da un lato all’altro del locale, analizzando tutto quello che c’era intorno a lei. Rukia provò un’istintiva ammirazione per quella ragazza batterista. Sembrava essere la più calma del gruppo a parte Ulquiorra.

Sicuramente più calma e più composta del chitarrista con i capelli lunghi e neri, che non faceva altro che strepitare e lamentarsi con gli addetti alle luci e alle casse.

Infine, al centro del palco stava lui, il miglior frontman di Karakura, Grimmjow Jaegerjaques. Aveva i capelli azzurri, proprio come dicevano le storie su di lui, e spettinati strategicamente con il gel. I suoi occhi erano dello stesso colore, e il loro taglio dava alla sua espressione qualcosa di vagamente ferino.
Era una pantera, una pantera azzurra.

Ed io dovrei cercare di battere questo qui? pensò Rukia, torcendosi nervosamente le dita.

No, non ci sarebbe mai riuscita: quel Grimmjow ci sapeva fare sul palco, di questo era sicura. Lei non poteva reggere al confronto, come cantante e in un certo senso come immagine della band. Perché in fondo era questo che un cantante rappresentava per qualsiasi gruppo: non solo una voce, ma un punto di riferimento. Gli ascoltatori che non studiavano musica potevano giudicare solo lui, e Rukia lo sapeva bene. Sapeva che, tra tutti i membri della sua band, sarebbe stata quella su cui sarebbero cadute più critiche. Sapeva, eppure non era sicura di essere abbastanza forte per sopportarlo.

Ma insomma, Rukia, cosa sono questi pensieri? I Deathberries vinceranno! Non puoi giudicare quel Grimmjow prima di averlo visto all’opera, può anche darsi che la gente lo sopravvaluti! pensò, cercando di infondersi coraggio. Ma non era una ragazza brava a mentire, non lo era stata mai.

- Sei nervosa ? - le chiese Ichigo, con noncuranza, spezzando di netto il filo dei suoi pensieri.

Quello stolto dalla testa arancione. Come faceva a capire così bene quello che provava?

- Non sono affatto nervosa! Ero solo sovrappensiero, tutto qui. Pensavo solo che dovremo darci da fare per sconfiggere questi tizi, tutto qui! - sbottò Rukia, cercando di darsi un contegno.

Non poteva evitare però, di sentirsi dannatamente felice: realizzare quanto fosse profondo il legame che aveva con Ichigo riusciva ogni volta ad emozionarla, ma non lo avrebbe ammesso neanche sotto tortura. Il suo orgoglio tendeva fin troppo spesso a scavalcare i suoi sentimenti.

- E’ quel Grimmjow che ti preoccupa? Oppure Ulquiorra? - domandò il ragazzo, osservando pensieroso i preparativi dei Black Wings.

- Entrambi - rispose lei, sospirando -Tutto il gruppo sembra essere abbastanza esperto, non trovi? -

- Danno sicuramente un bell’impatto visivo, ma noi non siamo da meno -

- Non credo di poter reggere al confronto di Grimmjow Jaegerjaques - esclamò Rukia, incapace di tenersi ancora dentro il pensiero che la tormentava.

Perché, perché confidarsi con quel ragazzo le veniva così facile?
Lei che tendeva sempre ad allontanarsi dalle persone, che non amava parlare di sé, che non sapeva bene come gestire un rapporto d’amicizia, con Ichigo era assolutamente a suo agio.
E le piaceva.
Le piaceva da impazzire ma, in un certo senso, odiava sentirsi così debole.

- Allora è questo il problema! E perché non l’hai detto subito? - esclamò lui, allargando le braccia con fare esasperato. Poi,  tornando serio, avvicinò di qualche centimetro il proprio volto a quello di Rukia, guardandola fissa negli occhi. La ragazza sentì con chiarezza qualcosa di caldo e liquido rimescolarsi nel suo stomaco.

- Ora ascoltami bene, nana. Punto primo, non puoi giudicarti inferiore a questo tizio senza prima averlo sentito cantare. Punto secondo, sono sicuro che anche dopo averlo sentito ti considererai meno brava di lui, perché non sei assolutamente oggettiva nel giudicare te stessa. Punto terzo, quando imparerai per una buona volta ad avere un po’ di fiducia in te stessa? Non quella specie di maschera di forza che ti ostini a mostrare agli altri: intendo un po’ di vera autostima. Cazzo, come fai a non renderti conto di che effetto ha la tua voce sulle persone? Sei proprio da ricovero! -

Ichigo aveva pronunciato quelle parole a bassa voce, senza mai smettere di guardarla negli occhi.
Improvvisamente, Rukia si commosse come mai prima di allora.
Nessuno, nemmeno il suo amico Renji o suo fratello Byakuya, le aveva mai parlato in quel modo.
Nessuno era mai riuscito a farla sentire così in pace con sé stessa, a trovare le parole esatte per liberarla dalle sue paure.
Nessuno, nessuno l’aveva mai compresa così profondamente.

E’ così caldo pensò Rukia, osservando gli occhi castani di Ichigo.
Era lui, il sole che riscaldava le sue giornate, l’unico sole capace di sciogliere quella parete di ghiaccio che la separava dal resto del mondo.
La ragazza provò un istintivo desiderio di abbracciarlo, di circondargli il collo con le braccia e rifugiare il viso nel suo petto ampio e muscoloso.

Renji non l’aveva mai fatta sentire così, non avrebbe mai potuto essere come Ichigo. Forse il suo amico dai capelli rossi aveva ragione: si era davvero innamorata di quello stolto.
Lei, Rukia Kuchiki, aveva trovato la persona che avrebbe potuto completarla per l’eternità.

Quel pensiero la fece arrossire, ed istintivamente si allontanò dal ragazzo, torcendosi nervosamente le dita delle mani.
Ichigo sorrise, probabilmente contento dell’effetto che le sue parole avevano avuto su di lei.

- Ichigo…tu…- il balbettio di Rukia si interruppe bruscamente quando le luci all’interno del locale si spensero.

L'esibizione dei Black Wings stava per iniziare.

- Ne parliamo dopo, Rukia - tagliò corto il ragazzo, poggiandole una mano sulla spalla con fare protettivo e voltandosi verso il palco.

Ma a lei ormai non importava più del concerto, dei Black Wings, del contest, dei Deathberries.
Tutti i suoi pensieri si fecero da parte, lasciando spazio a quella meravigliosa sensazione che il contatto tra le dita di Ichigo e la stoffa della sua camicia aveva generato.
 

*  *  *  *  *  *


- Buonasera a tutti, teste di cazzo! Per chi è così sfigato da non conoscerci, noi siamo i Black Wings! Vi conviene votare per noi, se ci tenete alla vostra salute! -

Il saluto di Grimmjow venne subito accolto da un’ovazione. La gente presente nel locale si era ammassata tutta sotto il palco, curiosa ed emozionata al pensiero che presto avrebbe visto all’opera i famosi Black Wings. Le ragazze indicavano il ragazzo dai capelli azzurri, guardandolo con occhi sognanti, mentre i ragazzi si concentravano su Neliel o su Tia, che sotto le luci colorate dei fari acquisivano un fascino tutto nuovo.

Orihime si trovava in mezzo alla folla, continuamente spintonata e sballottata avanti e indietro da chi cercava di accaparrarsi il posto migliore. La ragazza, però, rimase salda nella sua posizione, senza farsi scavalcare da nessuno.
Per Ulquiorra, sarebbe sopravvissuta pure all’impeto di quella folla assassina.

Durante i preparativi, il suo sguardo era stato sempre fisso su di lui. Con il suo basso addosso, il ragazzo dagli occhi verdi aveva un’aura completamente diversa. Sul palco, il giovane anonimo e silenzioso si trasformava in un musicista sicuro ed esperto. Orihime rimase totalmente catturata da quell’immagine: non le era mai sembrato così affascinante. Era del tutto diverso dal ragazzo che aveva imparato a conoscere.

Possibile che, nonostante il tempo che abbiamo passato insieme,  non avrei potuto conoscerlo a pieno se non l’avessi mai visto suonare? pensò la ragazza, ed improvvisamente capì perché Ulquiorra aveva insistito tanto per farla venire alle sue prove. La musica era parte della vita del ragazzo, in un modo strano e contorto che Orihime non avrebbe mai potuto capire, se non l’avesse mai visto all’opera.

Magari, quella sera avrebbe scoperto lati del carattere di Ulquiorra Shiffer che non avrebbe mai immaginato.

D’improvviso, Tia Harribel alzò le bacchette al cielo, preannunciando l’inizio della canzone. Il rumoroso brusio della folla cessò all’instante, come se tutti stessero seguendo il silenzioso comando della batterista bionda. Orihime trattenne il fiato: quell’atmosfera quasi sacra aveva finito per stregare pure lei. Si sentiva stranamente emozionata.

Tia batté veloce il tempo sulle bacchette, dando il ritmo a Grimmjow e Neliel che cominciarono la canzone perfettamente in sincronia. La ragazza dai capelli verdi calò il plettro sulle corde, mentre il suo compagno avvicinò le labbra carnose al microfono per intonare:

Seize the day or die regretting the time you lost
It's empty and cold without you here
Too many people to ache over
 
Il ragazzo dagli occhi azzurri cantò quelle poche parole ad occhi chiusi, con una delicatezza pregna di sentimenti strazianti che cozzava sonoramente con il suo aggressivo aspetto esteriore. La sua voce era così intensa che per un secondo Orihime dovette distogliere la sua attenzione da Ulquiorra per concentrarla su Grimmjow, completamente ammaliata dal canto del ragazzo.

Alla fine della strofa, Tia, Nnoitra e Ulquiorra si unirono alla canzone, dando un tono più completo alla melodia. Il ragazzo dagli occhi verdi chiuse gli occhi e strattonò le corde con le dita, con energia ma anche con dolcezza. Nel percepire il suono del basso di Ulquiorra, Orihime concentrò nuovamente la sua attenzione su di lui, continuando a guardarlo con occhi liquidi di ammirazione e meraviglia.

Grimmjow prese il manico del microfono a due mani, se lo portò alla bocca e riprese a cantare.

I see my vision burn,
I feel my memories fade with time
But I'm too young to worry
These streets we travel on will undergo our same lost past
 
I found you here, now please just stay for a while
I can move on with you around
I hand you, my mortal life, but will it be forever?
I'd do anything for a smile, holding you 'til our time is done
We both know the day will come, but I don't want to leave you
 
Orihime era stata letteralmente catturata da quella canzone, e da quel gruppo.

La voce di Grimmjow era calda ed energica, ma nascondeva una disperazione e un senso di perdita senza precedenti. Teneva il microfono a due mani e cantava, mettendo tutto se stesso in quella canzone. Evidentemente, sotto l’aria da spaccone e la sua aggressività doveva esserci molto di più. Per non parlare poi, del fascino che i suoi movimenti esercitavano su quel palco. Tutti gli spettatori pendevano dalle sue labbra, e il loro sguardo era velato da stupore e stima. Anche gli altri membri del gruppo sembravano circondati da un’aura quasi magica, sebbene dessero impressioni completamente diverse.

Nnoitra scuoteva le corde con il plettro quasi con rabbia, ma anche con impeccabile precisione. Il suo viso era contratto in un’espressione totalmente concentrata, mentre le sue dita si muovevano sicure sulla tastiera. Senza ombra di dubbio era un professionista, e non avrebbe perso la concentrazione per niente al mondo. Il suo modo di fare era di certo un po’ spavaldo, e rappresentava una totale fiducia in sé stesso e nelle proprie capacità.

Neliel invece suonava con delicatezza, sciolta ed elegante, ondeggiando piano la testa a ritmo. Sembrava quasi che le sue dita danzassero sulle corde. Ad ogni movimento della testa, i suoi anomali capelli verdi ondeggiavano attorno al suo viso, risaltando sotto le luci colorate dei riflettori. Era una ragazza nata per suonare la chitarra: i suoi movimenti erano sicuri, ma in un modo diverso da quelli di Nnoitra. Neliel era molto più tranquilla di lui, e per certi versi la sua tecnica era anche migliore. Una cosa che il ragazzo dai capelli neri sopportava a mala pena.

Lo stile di Tia somigliava molto a quello della compagna: preciso, sicuro ed elegante. Erano i suoi poderosi colpi di batteria a tenere in piedi la canzone, e la ragazza sapeva benissimo che non poteva permettersi il minimo sbaglio.

Poi c’era Ulquiorra.
Orihime non riusciva letteralmente a distogliere lo sguardo da lui. Lo osservava mentre pizzicava le corde con le dita e muoveva l’altra mano sulla tastiera come se stesse compiendo un’azione ordinaria, come se stesse respirando. I suoi movimenti sciolti erano sicuramente frutto di esercizio, ma anche di un innato talento: la ragazza poteva capirlo anche senza aver mai studiato musica. I suoi occhi verdi non si staccarono nemmeno un secondo dal suo strumento, ma il suo volto era disteso, privo di qualsiasi tensione.

Sebbene il suono del basso non risaltasse come quello degli altri strumenti, Orihime lo sentiva quasi più chiaramente della voce di Grimmjow. Era una vibrazione cupa che le scuoteva il corpo ed il cuore, ma era densa di significato. La ragazza pensò che quel suono era davvero adatto ad Ulquiorra: in un certo senso incompreso, mascherato dagli altri strumenti, ma senza di lui la canzone non poteva andare avanti.

 I see my vision burn,
I feel my memories fade with time
But I'm too young to worry
A melody, a memory, or just one picture
 
Alla fine della strofa, Grimmjow allontanò la bocca dal microfono con fare teatrale, guardando fisso la folla con i suoi occhi da pantera. Non posò gli occhi su nessuno in particolare, ma per la gente fu come un cenno, come un permesso accordato. Se fino a quel momento nessuno aveva fiatato, appena il cantante diede il via il pubblico iniziò a saltare, gridare, incitare i musicisti e accompagnare la voce del ragazzo. Temendo di essere sballottata dalla folla, Orihime si aggrappò saldamente al bordo del palco, decisa a non lasciare la sua posizione.
 
Seize the day or die regretting the time you lost
It's empty and cold without you here,
Too many people to ache over
 
Newborn life replacing all of us, changing this fable we live in
No longer needed here so where do we go?
Will you take a journey tonight, follow me past the walls of death?
But girl, what if there is no eternal life?
 
I see my vision burn, I feel my memories fade with time
But I'm too young to worry
A melody, a memory, or just one picture
 
“Ho visto la mia visione bruciare,
ho sentito i miei ricordi scomparire con il tempo”
 
Era come se Ulquiorra le parlasse attraverso quella canzone, come se le stesse rivelando il più importante pezzo di sé. Orihime poggiò istintivamente una mano sul petto, stringendo i pugni.
Come potevano emozioni così forti viaggiare nell’aria grazie alla musica?
E come poteva lei comprendere così chiaramente i sentimenti di qualcun altro?
 
“Cogli l’attimo, o morirai rimpiangendo il tempo che hai perso
Qui è vuoto e freddo, senza di te
Troppe persone che soffrono”
 
Vuoto e freddo…era così che lui doveva sentirsi. Ulquiorra aveva davvero bisogno di qualcuno luminoso come lei, Ulquiorra aveva bisogno di un sole che spazzasse la fredda solitudine del suo mondo.

E questo Orhime non lo aveva mai capito.

Anzi, aveva sempre pensato che fosse lei ad essere aiutata da lui, e non il contrario. La sua scarsa considerazione di sé aveva sempre oscurato tutto: come aveva fatto a non rendersi conto che Ulquiorra, da quando l’aveva conosciuto, era diventato molto meno incline a chiudersi in sé stesso? Come aveva fatto a non rendersi conto di quanto lo avesse cambiato, e quanto lui avesse bisogno di questo cambiamento?
 
Seize the day or die regretting the time you lost 
It's empty and cold without you here,

Too many people to ache over 

Trials in life, questions of us existing here,

Don't wanna die alone without you here 
Please tell me what we have is real 

 
Poco prima che Grimmjow finisse di cantare la strofa, Neliel iniziò il suo assolo.

Quel rapido susseguirsi di suoni fu forse la parte più espressiva ed intensa dell’intera canzone. Il pubblico gridava e batteva le mani entusiasta, lo sguardo fisso sulla chitarrista dai capelli verdi, mentre le sue note scuotevano corde nascoste nell’animo di ognuno. Quelle vibrazioni erano cariche di disperazione e speranza, di malinconia e dolcezza, di commozione e rassegnazione. Con sorpresa, Orihime si accorse di avere gli occhi colmi di lacrime. Avrebbe voluto asciugarsi le palpebre, ma non riusciva a muovere un muscolo. Aveva pensieri molto più importanti per la testa.
 
Ulquiorra la amava.
Ulquiorra aveva bisogno di lei.
Kurosaki amava Kuchiki.
Kurosaki non aveva bisogno del suo amore.
 
Ma lei, sarebbe mai riuscita ad amare Ulquiorra come amava Kurosaki?
Sarebbe riuscita ad essere all’altezza delle sue aspettative?
Sarebbe riuscita a cancellare Kurosaki dal suo cuore?
 
So, what if I never hold you, yeah, or kiss your lips again?
So I never want to leave you
And the memories of us to see
I beg don't leave me
 
“ Ti supplico, non lasciarmi”

Le parole cantate da Grimmjow furono come un pugno nello stomaco. Il cantante le aveva pronunciate quasi urlando, con rabbia, con disperazione.

E Orihime capì.
Capì che anche prima di comprendere di essere importante per Ulquiorra non avrebbe mai potuto lasciarlo.
Perché non voleva.
Perché aveva bisogno di lui quanto lui aveva bisogno di lei.
Perché lui la aiutava a credere in sé stessa, la ascoltava, la capiva meglio di chiunque altro.

E' possibile amare due persone nello stesso momento?
 
Seize the day or die regretting the time you lost
It's empty and cold without you here,
Too many people to ache over
 
Trials in life, questions of us existing here,
Don't wanna die alone without you here
Please tell me what we have is real
 
Alla fine dell’ultimo ritornello, un altro piccolo assolo di Neliel cambiò il tono della canzone. Tutti i sentimenti che aveva trasmesso fino a quel momento si diradarono, sino a lasciare nella melodia unicamente una disperazione senza fine.
Orihime sentì le lacrime di commozione agli angoli dei suoi occhi diventare lacrime di malinconia, mentre Grimmjow chiudeva gli occhi ed intonava con voce grave:
 
Silence you lost me
No chance for one more day

“Nessuna possibilità per un nuovo giorno”

Era come se Ulquiorra le stesse urlando queste parole. Come se volesse farle capire cosa ne sarebbe rimasto della sua vita se lei si fosse allontanata da lui. La ragazza si lasciò sfuggire un singhiozzo sordo, mentre le lacrime che fino a quel momento erano rimaste sui suoi occhi iniziarono a scendere, lente ed inesorabili.
Nessuno, nessuno era riuscito a dimostrare così bene quanto teneva a lei.
 
Grimmjow si limitò a ripetere quelle due frasi con rabbia e disperazione sino alla fine della canzone. Tia concluse la melodia con un poderoso colpo di batteria, accompagnato dal basso di Ulquiorra, mentre Neliel e Nnoitra suonavano le note finali e il cantante riapriva gli occhi, allontanandosi dal microfono.
 
La folla era in fermento. Saltava, agitava le mani la cielo, urlava i nomi dei componenti e quello della band. Orihime sentì tutto questo come attraverso una parete. Perché il tumulto che si era scatenato all’interno della sua testa era di sicuro più rumoroso di tutto il trambusto che potevano sentire le sue orecchie.
 
Sono innamorata di Kurosaki, eppure amo anche Ulquiorra.
Ulquiorra mi ricambia, mentre Kurosaki ama Kuchiki.
Ulquiorra ha bisogno del mio amore, Kurosaki si accontenta della mia amicizia.
Ma sarei veramente disposta a tradire il mio amore storico per accettare la persona che mi fa stare meglio?
Sarei davvero disposta a calpestare tutto quello in cui ho creduto fino ad ora e ad iniziare un nuovo percorso insieme ad un altro?

 
Ulquiorra stava scendendo dal palco, con il suo basso tra le mani.
Aveva una strana espressione compiaciuta sul volto, ma i suoi occhi scrutavano la folla, attenti.
Stava cercando qualcuno.
Stava cercando lei.
 
Orihime corse, corse come non aveva mai corso prima.
Distribuì gomitate e spallate alla folla che la separava da lui, ma non ci fece caso.
Nulla era più importante di lui, dei suoi occhi che cercavano il suo volto, della sua anima che cercava il suo amore.
 
Gli saltò addosso, buttandogli le braccia al collo con disperazione, singhiozzando come una bambina.
Orihime sentì il corpo di Ulquiorra vacillare sotto la sua stretta, ma in un attimo il ragazzo ritrovò l’equilibrio e strinse le braccia attorno alla sua vita, con la stessa forza con cui lei lo stava abbracciando.
 
Per la prima volta in vita sua, la ragazza si sentì realmente in pace, realmente al sicuro.
Per la prima volta in vita sua, si sentì realmente felice.

Si, ce l'avrebbe fatta.
Avrebbe calpestato quello che aveva provato per Kurosaki, perchè accanto a lei aveva un persona alla quale poteva appoggiarsi, una persona che aveva bisogno di lei.
 
Si staccò per un momento dal corpo di Ulquiorra, gli prese il viso tra le mani e lo baciò con passione.
 
Era questo, l’amore? Un perfetto equilibrio tra due persone che avevano bisogno l’uno dell’altra?
 




Angolo dell'autrice:

Ebbene si, Kuchiki Chan è tornata *w* 
Con la bellezza di 8 pagine di capitolo!
Vi prego, non lapidatemi per il pauroso ritardo. Questo è stato in assoluto il capitolo più lungo che io abbia mai scritto, ed è uno dei più importanti. E' strano, detto da me, ma sono soddisfatta! Ho cercato di fare del mio meglio, di rendere come meglio potevo il cambiamento interiore di Orihime, e se non ci sono riuscita posso solo dirvi che questo è il massimo che posso fare! E sono riuscita anche ad inserire un pò di IchiRuki *-*
Potete benissimo rovinare la mia felicità con qualche recensione negativa, non vi maledirò xD
Quindi, criticatemi e recensitemi, per favore ^^

Ah, non so quanti di voi hanno riconosciuto Seize The Day, la meravigliosa canzone degli Avenged Sevenfold. Non trovate che sia assolutamente perfetta per un pò di UlquiHime? *w*

Ringrazio di cuore chi mi ha recensito fino ad ora, chi mi recensirà e chi mi legge. Davvero, grazie di tutto.
Alla prossima! ^^

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Capitolo 13
*** Alone in your embrace. ***


The Deathberries...Live in Karakura!

 

13) Alone in your embrace.
 

"Now I'm in your secret place
Alone in your embrace
Where all my wrongs have been erased
You have forgiven.

All my promises and lies
All the times I compromised
All the times you were denied
You have forgiven"

[Forgiven - Skillet]


- Un altro bicchiere di vodka alla fragola, per favore! - urlò Renji, cercando di farsi sentire dal barman nonostante il trambusto che regnava nel locale.
Il ragazzo dietro al bancone alzò il pollice, facendogli segno di averlo sentito, e tornò a riempirgli il bicchiere.

Merda pensò il ragazzo, prendendosi la testa tra le mani Dovrei davvero smetterla di bere, per ora. Altrimenti non sarò più in grado di reggermi in piedi, figuriamoci suonare la chitarra!

I Black Wings erano stati davvero fantastici, e Renji era caduto in depressione non appena si era reso conto che non avrebbero mai potuto vincere contro di loro. Il pubblico era ancora in agitazione e urlava a squarciagola il nome del gruppo, mentre i fan più coraggiosi erano già alla ricerca dei membri della band. Il palco, in quel momento, era vuoto, e il ragazzo sapeva bene che tra qualche minuto i suoi amici sarebbero venuti a chiamarlo.

Sapeva bene che tra qualche minuto avrebbe dovuto imbracciare la sua chitarra e suonare, eppure si sentiva completamente privo di energie.

Era approdato al bancone del locale dopo l’esibizione dei Black Wings, distrutto fisicamente e psicologicamente. Aveva assistito al loro concerto da lontano, non osando avvicinarsi a Rukia e Ichigo.
Li aveva osservati molto, fino a smettere di prestare attenzione al gruppo che suonava: sembravano così affiatati, quei due. Ichigo teneva una mano sulla spalla di Rukia, come se la stesse proteggendo, come se le stesse offrendo il suo sostegno.
L’espressione libera e felice della ragazza aveva stretto il cuore di Renji in una morsa dolorosa, ma il ragazzo aveva cercato semplicemente di ignorarlo.

Dovrai accettarlo, Renji. Dovrai accettare di vederli sempre insieme, dovrai abituarti a loro due, e prima o poi smetterai di soffrire per lei. Lei è felice, ha scelto la sua strada. In fondo, sei stato proprio tu a dirle di buttarsi tra le braccia di Ichigo!

Allora, perché faceva così maledettamente male?

Renji aveva bevuto il primo drink in un sorso solo, quasi con rabbia. Sperava che l’alcol avrebbe potuto ridargli un po’ di vigore fisico e attenuare la tensione psicologica.
Eppure non succedeva niente, se possibile era ancora peggio di prima.

Vuotò in un secondo il cocktail che gli porgeva il barista, cercando di farsi forza. Insomma, Rukia era felice, e questo doveva bastargli!
Doveva dimenticarla. Starle accanto quando ne aveva bisogno, ma smettere di provare per lei di più di una semplice amicizia.
Doveva farlo, per il suo bene.

- Un bicchiere anche a me, per favore! - urlò una voce dietro di lui, una voce che Renji conosceva.
Si voltò di scatto, cercando di controllare il proprio mal di testa.

- Arisawa! - esclamò , non appena la figura asciutta della sua compagna di scuola entrò nel suo campo visivo.

- Ah, sei tu, Abarai! Devo avere proprio la testa tra le nuvole, se non sono riuscita a riconoscerti da dietro - borbottò Tatsuki, prendendo uno sgabello e sedendosi accanto a lui.

Un silenzio imbarazzato crollò tra i due. Renji osservò di sottecchi la ragazza, soffermandosi sull’aspetto stanco e tirato che aveva il suo volto: non aveva mai visto Tatsuki Arisawa in quello stato. Non era mai stato eccessivamente legato a quella ragazza, si era ritrovato a frequentarla solo perché lei era amica di Inoue, Rukia e Ichigo.
Nonostante i suoi modi un po’ bruschi e il suo aspetto poco femminile, il ragazzo aveva sempre provato un’istintiva simpatia per lei, pur non conoscendola a fondo: per certi versi, gli ricordava Rukia. Gli occhi di Tatsuki erano infuocati e tormentati proprio come quelli della sua migliore amica e proprio come lei nascondeva il suo vero animo sotto un’apparenza spavalda e sicura di sé.

Eppure, in quel momento, gli occhi della ragazza sembravano spenti, senza nessun tipo di ardore. Il ragazzo la osservò strappare il bicchiere dalle mani del barman e vuotarlo tutto d’un fiato. Si sentì stranamente vicino a quella ragazza provata che cercava nell’alcol un po’ di sollievo dai propri problemi.
Tatsuki rimise il bicchiere sul bancone, chiedendo al ragazzo del bar di riempirglielo di nuovo.

- Ehi, ma non ti sembra di esagerare? Non vorrai mica crollare prima del nostro concerto! - esclamò Renji d’istinto, afferrando il braccio della ragazza prima che potesse portarsi di nuovo il cocktail alle labbra. Non gli importava di rovinare sé stesso con quel tipo di comportamenti, ma sperava almeno di riuscire ad evitare la rovina degli altri.

- Ma sei impazzito, Abarai?! Levami le mani di dosso! E comunque puoi stare tranquillo, vedi che l’alcol lo reggo di sicuro più di te, che stai già crollando dopo tre bicchieri! - rispose la ragazza con tono infastidito, divincolandosi bruscamente dalla presa del rosso.

Dannata vipera, me l’ha fatta! pensò Renji contrariato, staccando la mano dal braccio della ragazza e distogliendo lo sguardo da lei, mentre Tatsuki tornava a sorseggiare la sua vodka, anche se con meno irruenza di prima.

Sentiva dentro di lui il bisogno di chiedere alla ragazza quale fosse il suo problema, di consolarla, di aiutarla. Gli occhi spenti e il viso tirato di lei lo avevano davvero impressionato, in un certo senso era stato come guardarsi allo specchio. Probabilmente, anche lui in quel momento doveva avere quella stessa espressione e quello stesso volto. Renji si era ridotto in quello stato a causa della propria incapacità di controllare i sentimenti, e quella ragazza così simile a lui doveva essere finita a bere alcolici quell’angolo buio del locale per un motivo molto simile.
Chissà, magari avrebbero potuto comprendersi ed aiutarsi a vicenda.

- Come ti sembrata l’esibizione dei Black Wings, Arisawa? - le chiese cordialmente, per spezzare il denso silenzio che si era di nuovo venuto a creare tra di loro.

- Il gruppo che ha suonato prima? - rispose Tatsuki, guardandolo con aria interrogativa - Beh, effettivamente sono stati bravi, ma non mi fanno molta simpatia. Specialmente quel tizio-

La ragazza abbassò gli occhi di scatto e chinò il capo, come se si fosse improvvisamente pentita di quello che aveva detto.
Renji aveva notato che nel nominare il cosiddetto “tizio” la voce della ragazza si era incrinata, come se avesse avuto difficoltà a parlare di lui. Forse quell’individuo era la causa del suo palese malumore.

- Quale tizio? - le domandò, sperando che Tatsuki non decidesse di chiudere la conversazione proprio in quel momento.

Evidentemente però, quella ragazza aveva un enorme bisogno di parlare con qualcuno dei dubbi e delle paure che tormentavano il suo cuore, e l’alcol era servito a scioglierle la lingua.

- Quello che suona il basso. Il ragazzo strano - sussurrò, prendendosi la testa tra le mani.

Il pensiero di Renji andò subito al ragazzo pallido con gli occhi verdi che gli aveva indicato Rukia, quello che secondo lei era un amico di Inoue.
Probabilmente era lui la persona alla quale Tatsuki si stava riferendo.

- L’amico di Inoue? - domandò, sperando di non essere indiscreto.

La ragazza si voltò di scatto verso di lui, rovesciando con un movimento brusco il bicchiere che aveva davanti.
Renji rimase inchiodato dallo sguardo colmo di frustrazione e collera che lei gli rivolse, e capì di aver toccato un tasto dolente. Non poté fare altro che pentirsene, in silenzio.

- Allora lo sapevi anche tu! Accidenti a te! - esclamò Tatsuki, stringendo i pugni sotto il tavolo - Vuoi forse dirmi che ero l’unica cretina a non essermi mai accorta di loro? Eppure sono la sua migliore amica! -

Ah, allora era proprio Inoue il problema: Renji l’aveva intuito, ma in quel momento era palese. Gli occhi della ragazza erano lucidi, sembrava quasi che stesse trattenendo a forza le lacrime. Reagiva al dolore con la rabbia, come un cane randagio, abbaiando e mordendo.

Come fa a somigliarmi così tanto? si chiese il ragazzo, colpito.

- Perché non me lo ha detto? Perché? Pensava di non potersi fidare di me? Sono stata un’amica tanto pessima? - sussurrò Tatsuki, abbassando di colpo il tono della voce. Distolse lo sguardo da Renji, poggiò i gomiti sul bancone e si prese la testa tra le mani, cercando disperatamente di calmarsi.
Ma ormai l’argine era rotto e la ragazza voleva solo parlare dei suoi problemi, renderli concreti davanti al mondo.

Probabilmente non le interessa proprio niente del fatto che io la stia ascoltando. Vuole solo sfogarsi  pensò Renji, con una strana nota di rimpianto. Osservò attentamente Tatsuki: la sua figura snella china sul bancone, i capelli corti e spettinati che le circondavano il viso, la sua espressione tormentata.
Non si era mai accorta di quanto fosse diventata bella col passare del tempo.

- Non credo tu sia capace di essere un’amica pessima - rispose, d’istinto, distogliendo lo sguardo da lei - Sei la migliore amica che Inoue potesse desiderare, e credo che lei lo sappia benissimo. Forse il fatto che non ti abbia mai parlato di questo Ulquiorra è una prova dell’affetto che prova verso di te. Magari temeva di deluderti, o forse aveva paura del tuo giudizio. Non lo saprai mai, finché non ne parlerai con lei -

Si pentì quasi immediatamente di quelle parole, non appena ebbe finito di pronunciarle. Temeva che la ragazza potesse fraintendere il suo tentativo di comprenderla con una manifestazione di compassione, e se davvero gli somigliava come lui credeva, le avrebbe dato non poco fastidio.

Confermando le sue preoccupazioni, Tatsuki si girò verso di lui lanciandogli uno sguardo colmo di dubbio e diffidenza.

- Non ho bisogno della tua compassione - sbottò, stringendo i pugni - Non ho bisogno della compassione di nessuno. Non riuscirò mai ad essere al primo posto per nessuno, così come non ci sono riuscita per Orihime, ma almeno vorrei mantenere intatto il mio orgoglio! -

Non riuscirò mai ad essere al primo posto per nessuno.

Quelle parole colpirono Renji come un improvviso pugno nello stomaco.
Quante volte aveva ripetuto quella frase nella solitudine della sua stanza durante le sue numerose notti insonni?
Quante pugni aveva tirato sul muro con la consapevolezza di essere un eterno secondo?
Quante volte aveva avuto voglia di piangere e urlare sulla propria inutilità?

- Non è compassione - rispose, secco, cercando di non far trapelare i sentimenti che provava in quel momento - Ma comprensione. Ti capisco, Arisawa, forse più di quanto tu possa capire me. In fondo, credo di somigliarti, almeno un po’. Vorresti gridare, vorresti trovare qualcuno a cui dare la colpa, qualche capio espiatorio, ma hai solo te stessa. E allora è con te stessa che te la prendi, incolpandoti, facendoti male. Smettila, per favore. Se continui così, finirai per diventare un relitto umano, così come lo sono diventato io, e non voglio che esistano altri come me -

Renji pronunciò quelle parole con finta freddezza: non avrebbe voluto mostrare a quella ragazza una parte così profonda di sé, ma sapeva che era il modo migliore per riuscire a calmarla. Gli era bastato immaginare cosa avrebbe voluto sentirsi dire lui nei suoi numerosi momenti di sbandamento, e aveva messo insieme quel discorso affrettato, ma sicuramente d’effetto.

Infatti, dopo quelle parole, l’espressione di Tatsuki cambiò totalmente. Sorpresa, indignazione, commozione e orgoglio passarono contemporaneamente sul volto della ragazza, ma non c’era più nessuna traccia di rabbia, diffidenza o dolore. Il ragazzo scorse persino il luccichio di una lacrima nell’angolo del suo occhi sinistro, ma lei si affrettò ad asciugarla con la manica della maglietta.

Nel vedere quella palese dimostrazione di orgoglio e forza d’animo, il volto del ragazzo si curvò in un sorriso compiaciuto.

- Sei un ragazzo strano, Abarai - disse Tatsuki, guardandolo negli occhi - Ho come l’impressione di non essere mai riuscita a capire chi sei veramente -

- E’ lo stesso per me - rispose il ragazzo, sincero.

Un nuovo silenzio calò in mezzo ai due, ma non era colmo di imbarazzo come il primo.
Non era il silenzio di due persone che non sanno cosa dire, ma il silenzio di due esseri simili che non avevano bisogno di parole per comunicare.

Chissà, forse la felicità ha ancora qualcos’altro in serbo per me pensò Renji con un lieve sorriso sulle labbra, guardando di sottecchi quella ragazza che il destino gli aveva improvvisamente fatto scoprire.
 

* * * * * *

Ulquiorra non le era mai sembrato così caldo.

Lo aveva sempre paragonato a un blocco di ghiaccio, freddo e asciutto.
I loro contatti fisici erano sempre stati rari, al massimo strette di mano, o dita che si sfioravano, e i quelle occasioni la pelle di Ulquiorra le era sempre sembrata fresca, quasi innaturale.

Eppure il quel momento le sue labbra erano calde e morbide, il suo abbraccio rovente. Era il contatto più intimo che la ragazza avesse mai provato, ma si sentiva stranamente a suo agio. Come se, da qualche parte dentro la sua anima, avesse sempre saputo che un giorno sarebbe finita lì, in quell’angolo del locale, a stringere Ulquiorra come se non avesse altro al mondo.

Non si era mai, mai sentita così viva. La lingua del ragazzo giocava con la sua, con energia ma anche con dolcezza, mentre le sue mani si muovevano delicate ma sicure sulla sua schiena e sui suoi fianchi. Se, in quel momento, le avessero chiesto cosa significava veramente vivere, la ragazza avrebbe elencato all’istante tutte quelle sensazioni. Sentiva il suo corpo in maniera del tutto diversa da prima, come se in realtà non lo avesse mai conosciuto: si osservava come da esterna mentre passava le dita tra i capelli neri di Ulquiorra, mentre muoveva la lingua e le labbra, mentre inarcava la schiena alla ricerca di altre carezze.

Erano reazioni del tutto impreviste, che la sorprendevano ma non le facevano perdere il controllo di sé stessa. Orihime era stranamente…calma.
Non le importava che qualcuno potesse vederli, non le importava di chi magari li stava già osservando: l’unica cosa che le interessava era il ragazzo freddo che le stava facendo sentire quel calore mai provato prima.

Seppur travolta da quelle sensazioni, sentì con chiarezza che invece Ulquiorra era abbastanza infastidito dalle persone che vagavano intorno a loro.
Già, lui era sempre stato infastidito dalle persone.

Senza interrompere il loro bacio, il ragazzo la spinse delicatamente contro il muro, in un angolo del locale delimitato da un piccolo corridoio che portava ai bagni, dove difficilmente qualcuno li avrebbe disturbati. Orihime assecondò i suoi movimenti senza dire una parola, intensificando il ritmo del loro bacio, fino a quando non sentì la parete del corridoio contro la schiena.

Sentì le mani di Ulquiorra abbandonare la sua schiena per un lungo, doloroso istante, per poi andare ad accarezzarle l’interno della coscia. Le sfuggì un gemito di sorpresa, mentre le sue dita abbandonavano i capelli del ragazzo per andare a sfiorargli il petto e le spalle. Ormai non ricordava neppure come avevano fatto ad arrivare a quel punto, ma il sentimento puro che provava per Ulquiorra era ancora lì, vivo in mezzo al desiderio.

L’unica differenza era che Orihime, in quel momento,  si rese conto con non poco stupore che desiderava il suo corpo almeno quanto desiderava la sua anima. Voleva stringerlo così forte da sentirlo parte di sé, voleva che le sue dita continuassero all’infinito a vagare sulla sua pelle, voleva tutto di lui.

In un altro momento, magari, si sarebbe sentito egoista nel desiderarlo con così tanta foga.
Eppure era tranquilla, perché sentiva che Ulquiorra aveva bisogno di lei almeno quanto lei aveva bisogno di lui.
Lui aveva bisogno di essere desiderato da lei, quindi ciò che stava facendo non era solo soddisfare un desiderio egoistico.

Aveva finalmente raggiunto l’equilibrio perfetto?

La bocca di Ulquiorra lasciò la suo bocca per andare a posarsi sul suo collo, strappandole un nuovo gemito.

Chissà cosa direbbero Tatsuki-chan, Kurosaki o Kuchiki se mi vedessero adesso pensò la ragazza, mentre il pensiero degli amici vicini ma in quel momento così lontani scivolava sul fondo del suo cuore, infondendole una nota di senso di colpa.

D’improvviso, però, Orihime si rese conto di aver tralasciato qualcosa di più importante, e trasalì di colpo bloccando i movimenti delle sue mani sul petto di Ulquiorra.
Il ragazzo si accorse della sua improvvisa reazione a si staccò da lei, guardandola negli occhi con una nota di sorpresa.

- Che cosa c’è? Ho fatto forse qualcosa di male? - le chiese, accarezzandole i capelli con una mano.

- Tu non c’entri, Ulquiorra-kun! Però il Live dei Deathberries sta per iniziare, e io l’avevo quasi dimenticato! - esclamò Orihime, sentendosi in colpa per non averci pensato ma allo stesso tempo contrariata per essersi dovuta staccare dal ragazzo.

Ulquiorra capì, senza nessuna nota di nervosismo o dispiacere nel suo sguardo di ghiaccio. Le prese la mano, intrecciando le dita alle sue, e insieme si avviarono verso il palco.
Orihime strinse le sue dita pallide, ringraziando silenziosamente quel ragazzo che sapeva capirla meglio di sé stessa.

Chissà, forse ora avrebbe potuto guardare Kurosaki suonare senza provare altro che affetto verso un caro amico.




Angolo dell'autrice: 

Eccomi di ritorno! Mi scuso per la brevità di questo capitolo, ma me ne serviva uno di transizione prima di far iniziare il Live dei Deathberries.

Ma non sono troppo carini Renji e Tatsuki insieme? ** Nei capitoli precedenti lei non è stata molto menzionata e di questo me ne pento, ma mi serviva una sorta di lieto fine anche per il nostro Renji! Non era giusto che solo Orihime fosse felice con Ulquiorra v.v
Eh già, ormai manca davvero poco. Orihime è ok, Renji è ok, mancano solo Ichigo e Rukia!
Spero di non deludere le vostre aspettative!
Alla prossima ^^
 

 
 

 


 

 

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Capitolo 14
*** Love is our resistance. ***


The Deathberries...Live in Karakura!



14) Love is our resistance


Love is our resistance
They keep us apart and won't stop breaking us down
And hold me
Our lips must always be sealed

[Muse - Resistance]


Ichigo estrasse piano la chitarra dalla custodia e la prese in mano, esponendola alla luce dei riflettori.  Aveva ricevuto quello strumento tanti anni prima, il giorno del suo quattordicesimo compleanno: erano stati i suoi amici a fargli quel regalo, mettendo insieme soldi ed energie per organizzargli una specie di festa a sorpresa. Ricordava bene quel giorno e la felicità che aveva provato, e da quel momento quella chitarra era diventata il simbolo dell’affetto delle persone a lui care, affetto che col passare del tempo Ichigo aveva fatto diventare parte della sua forza.
Ora, avrebbe dovuto prenderla in mano, e mostrare a quella gente il risultato di tutti i suoi sforzi.
La sua chitarra sarebbe presto diventato il veicolo con il quale i suoi sentimenti avrebbero raggiunto le persone presenti in quella sala, era arrivato il momento di dimostrare al mondo che anche lui poteva mettersi in gioco e dimostrare di valere qualcosa.

Si trovavano appena sotto il palco, ed aspettavano che l’addetto ai volumi desse loro il permesso di salire. Il ragazzo si mise la chitarra a tracolla, e si girò verso i propri compagni.

Chad stava appoggiato contro il muro, e giocherellava con le bacchette da batteria che teneva in mano, battendo il tempo sulle proprie gambe. Sembrava essere abbastanza rilassato, anche se i folti capelli scuri gli ricadevano sul viso in modo tale da nascondere qualsiasi sua espressione. Sul viso di Ichigo si delineò un sorriso affettuoso: Chad era sempre stato così, silenzioso e stabile, uno dei pilastri della sua vita che non sarebbe mai crollato.
La sua calma e la sua pazienza erano sempre state fondamentali nei Deathberries, anche se agli occhi di osservatori esterni appariva spesso come un membro di poco rilievo, messo in secondo piano dai suoi appariscenti compagni.

Eppure Chad era proprio questo, la colonna che sorreggeva tutti in silenzio e con assoluta dedizione.

Byakuya si trovava proprio accanto al batterista, con il suo basso bianco e nero a tracolla. Anche il suo viso non tradiva il minimo segno di nervosismo, era impassibile e concentrato come sempre.
Il capo, ecco cosa era sempre stato Byakuya: il più grande, il più bravo, il più esperto, il più preparato. Molti lati del suo carattere, soprattutto la completa dedizione alle regole, la sua freddezza e la sua apparente superbia, avevano spesso urtato Ichigo, anche perché il bassista non era certo un tipo silenzioso come Chad, e il ragazzo dai capelli arancioni non era tipo da non rispondere alle provocazioni. Eppure tutti lo avevano sempre rispettato, e, in un certo senso, anche sopportato.

Si, Byakuya poteva anche trattarli da bambini immaturi, ma si faceva davvero in quattro per i Deathberries, ed era sempre stato pronto a mettere da parte i propri interessi: una qualità che Ichigo aveva sempre apprezzato e stimato.

Poi c’era Renji, il membro più problematico. Si guardava intorno come intontito e teneva ancora la chitarra in mano, quasi come se avesse paura di indossarla.

Avrà bevuto, ne sono sicuro si disse Ichigo, osservandolo con la coda nell’occhio, ma senza nessuna nota di rimprovero. Nei suoi pensieri c’era solo comprensione, e una buona dose di affetto. Aveva sempre voluto bene a Renji, sebbene fossero sempre stati, in un certo senso, rivali. Erano sempre in competizione per ogni minima cosa, e questa loro guerra segreta si era accentuata molto quando entrambi avevano cominciato a suonare la chitarra. Eppure, Ichigo non aveva mai avuto paura di essere messo in ombra dal compagno, perché sapeva che entrambi erano fondamentali per i Deathberries.

Renji era quello che non stava mai fermo, quello che parlava a sproposito, quello che si dava costantemente da fare per non deludere le aspettative degli altri.
Era la sua esuberanza a dare energia al gruppo.

Infine, Ichigo si voltò verso l’ultimo membro dei Deathberries, che stava appoggiata al palco proprio accanto a lui. La osservò con la coda nell’occhio: aveva un’espressione assorta, perduta in chissà quali pensieri, e fissava il tetto del locale senza vederlo veramente. Il ragazzo poteva sentire il nervosismo e l’ansia di Rukia sulla propria pelle, ormai la conosceva abbastanza da capire al volo cosa provava, ma rimase come sempre affascinato dalla sua capacità di contenere i propri sentimenti. Capacità che in un certo senso lo affascinava, che non aveva mai rappresentato un ostacolo: in fondo, non lo faceva anche lui? Non era lui quello che indossava sempre la maschera da eroe invincibile per non mostrarsi debole agli occhi degli altri?

Certo che siamo davvero più simili di quanto pensassi, tu e io.

Osservò attentamente il volto di Rukia, la sua espressione corrucciata, i suoi enormi occhi blu, i suoi corti capelli neri, le sue labbra morbide leggermente piegate in una smorfia.

Strano, non si era mai accorto di quanto fosse diventata bella.

Quel pensiero lo fece arrossire violentemente, e staccò lo sguardo da lei, imbarazzato. Perché, perché doveva provare quelle cose? Stava bene con Rukia, le voleva bene, era una delle persone più importanti della sua vita. Ma le sensazioni che provava stando vicino a lei non erano quelle che avrebbe dovuto provare un amico fraterno.

- C’è qualcosa che ti turba, Ichigo? -

Eccola, di nuovo. Sempre lì, ad annusare nell’aria ogni sua preoccupazione. Si voltò nuovamente verso di lei, e scoprì due intensissimi occhi blu intenti ad osservarlo con aria interrogativa. Erano davvero pieni di tutto, quegli occhi: comprensione, nervosismo, ansia, affetto, preoccupazione, ma anche una nota di calore che raramente aveva visto dentro di lei. Aveva sempre considerato lo sguardo di Rukia come qualcosa di freddo, capace di entrare dentro le persone e comprendere qualsiasi sentimento nascosto, eppure in quel momento erano…caldi.
Anche la sua voce era leggermente diversa, aveva perso quella nota di sarcasmo e fastidio che aveva sempre caratterizzato il suo modo di parlare.

- Qualcosa che mi turba? Sto per salire su un palco per la prima volta in tutta la mia vita e tu mi chiedi se c’è qualcosa che mi turba? - ironizzò, cercando di cancellare con quel tono di voce rilassato le emozioni che lo avevano agitato qualche istante prima.

Chissà se Rukia era consapevole dell’enorme potere che aveva su di lui.

- Non sei ansioso, o almeno, non molto. Ne sono sicura, non è questo il tuo vero problema. Se ti conosco davvero, per te questo Live è una semplice sfida, non un ostacolo che credi di non poter superare. Sai di avere le capacità e la volontà necessarie. Però sei diverso, sento con chiarezza che c’è qualcosa che non va - sussurrò lei, improvvisamente seria.

Io strano? Se tu fossi stata davvero normale in questo momento, mi avresti dato dello stolto e mi avresti risposto con una delle tue battute taglienti. Che cos’è tutta questa serietà, adesso? pensò Ichigo, sentendosi messo con le spalle al muro.

Doveva dare a Rukia una risposta, ma cosa avrebbe potuto fare?
Inventarsi una scusa? Mentirle? No, non ne sarebbe stato mai capace.
Evitare di rispondere? No, si sarebbe preoccupata o offesa.
Ma sarebbe riuscito a confessarle la verità così di colpo? A dirle che lei era l’unica, l’unica persona capace di scuotere i suoi pensieri come un tornado, l’unica persona con cui si sentisse davvero completo?

Il silenzio si stava facendo pesante, e l’espressione di Rukia diventava sempre più cupa. Doveva dire qualcosa, o avrebbe rovinato tutto.

- Rukia….io…-

Il suo penoso balbettio venne interrotto dal grido di uno dei tecnici, che li invitò a salire sul palco. Ichigo non ebbe nemmeno il tempo di provare sollievo per la fine di quel momento di imbarazzo: si voltò di scatto, mentre un brivido gelido gli percorreva la schiena. Strinse le dita sul manico della chitarra, cercando di racimolare tutta la determinazione che aveva in corpo.

- A quanto pare, è iniziata - disse Rukia con un sospiro, passando in fretta le mani sulle pieghe della gonna.

- Così sembra - rispose Byakuya, avanzando verso il palco con aria distratta.

- Andremo benissimo! - urlò Renji, battendo una pacca sulla schiena granitica di Chad - Riceveremo più applausi persino di quei palloni gonfiati dei Black Wings! -

Ichigo poggiò una mano sulla spalla del compagno dai capelli rossi, in una stretta di incoraggiamento.

- Possiamo anche perdere, possiamo anche essere la band peggiore di Karakura. Ma finché siamo insieme e ci divertiamo suonando, credo di poter accettare qualsiasi critica - disse il ragazzo dai capelli arancioni, sperando di infondere in quella semplice frase tutti i sentimenti che provava per i Deathberries.

Rukia gli sorrise dolcemente, e Ichigo si sentì scaldare il cuore.

Posso andare dovunque, finché tu mi sorriderai in questo modo.
 


* * * * * * *

 

Rukia strinse con forza l’asta del microfono. Da quando era salita sul palco con i suoi compagni, era stata avvolta da una bolla di apatia che l’aveva fatta agire meccanicamente, senza un briciolo di quell’ansia che l’aveva accompagnata per il resto della serata. Ormai era salita, era lì, non poteva tornare indietro. Tutto iniziava a finiva su quel palco, tutto sarebbe stato deciso quella sera: il futuro dei Deathberries, la sua carriera da cantante in erba, l’evolversi del suo rapporto con Ichigo. Eppure, in quel momento Rukia era calma, aveva inconsciamente capito che preoccuparsi era inutile e che avrebbe accettato con tranquillità tutte le possibili conseguenze.

E’ sempre così, quando raggiungiamo i momenti cruciali della nostra vita? Ci tormentiamo, disperiamo e preoccupiamo per poi scoprire che è stato tutto inutile? pensò, con una lieve nota d’irritazione.

Aveva capito da tempo che la vita è un’enorme burla, e che il Dio che guidava le loro azioni doveva avere uno spiccato senso dell’umorismo.

Si voltò verso i suoi compagni, per controllare a che punto erano i loro preparativi. Chad si batteva le bacchette sulle gambe canticchiando ad occhi chiusi, Byakuya passava le dita sulle corde del basso, senza però azzardarsi a farlo suonare. Renji teneva stretto il manico della chitarra con una mano, mentre si guardava nervosamente intorno.

Rukia ebbe un involontario moto d’affetto verso il suo migliore amico: avrebbe voluto tanto abbracciarlo, dirgli che era il migliore, che sarebbe andato tutto bene, che una come lei non meritava il suo amore. Eppure si limitò ad osservarlo, sorridendogli dolcemente quando gli occhi del rosso incontrarono i suoi, cercando di infondergli  tutto l’affetto possibile.
Renji la guardò con immensa gratitudine e il suo sguardo prima perduto si illuminò di colpo.

Constatando quanto riusciva ancora a fare effetto su di lui, il cuore di Rukia si strinse in una morsa dolorosa, ma si costrinse a distogliere lo sguardo da lui.
Aveva scelto, aveva deciso di rifiutare l’amore che il rosso le aveva offerto e non poteva più tornare indietro.

Cercando di scavalcare il senso di colpa che l’aveva assalita, Rukia spostò gli occhi sull’ultimo membro dei Deathberries, sulla figura che più di ogni altra desiderava guardare.

Ichigo era davvero bellissimo, quella sera.
Il suo volto affilato splendeva di determinazione e i suoi occhi ardevano di una luce nuova, che la ragazza non era ancora riuscita a decifrare. Pizzicava dolcemente le corde della chitarra con il plettro, così piano che non si udiva alcun suono provenire dal suo amplificatore, muovendo le labbra e la testa al ritmo della canzone che stava immaginando.

Qualcosa di caldo e liquido ribollì nello stomaco di Rukia, una sensazione che la faceva sentire immensamente fragile, ma anche immensamente  viva.
Lo desiderava.
Voleva il suo corpo, la sua anima.
Erano pensieri egoistici, lo sapeva bene, ma erano i più umani che una persona potesse provare, e Rukia lo stava sperimentando proprio in quel momento.

Lui era l’unica persona con la quale potesse sopportare il peso della propria vita, l’unica capace di comprenderla, l’unica capace di farla sentire così bene.
Lo amava, lo aveva sempre amato.

Rukia sempre avuto paura persino di pensare quella parola, amore. L’aveva sempre trovata esagerata, e aveva sempre considerato un’utopia quel sentimento che la gente tirava in ballo con troppa leggerezza. Eppure, era l’unica parola capace di comprendere per intero tutto quello che stava provando.

Fu lì, su quel palco illuminato da luci colorate, che Rukia comprese per la prima volta quanto fosse forte e speciale il legame che aveva intrecciato con Ichigo. Sentì con stupore lacrime di sorpresa e commozione premere agli angoli degli occhi, ma scosse la testa con violenza per ricacciarle indietro.  Non era quello il momento di piangere e dare sfogo alle proprie emozioni, ma c’era qualcosa che doveva assolutamente fare prima di iniziare a cantare, per cercare di arginare l’uragano che aveva dentro.

Spinta da un impulso irrefrenabile, lasciò l’asta del microfono e si avvicinò ad Ichigo, gettandogli le braccia al collo e abbracciandolo forte. Rukia percepì lo stupore provato dal ragazzo con la stessa chiarezza con cui sentiva il freddo delle corde metalliche della chitarra a contatto con il suo ventre, ma dopo un iniziale momento di indecisione le braccia del compagno andarono a cingerle i fianchi, con dolcezza ma anche con determinazione.

Gli sguardi delle persone sotto il palco e degli altri membri del gruppo erano fissi su di loro, ma Rukia decise per la prima volta di mettere da parte quell’orgoglio che troppo spesso le aveva precluso la felicità.

- Sta per iniziare - mormorò Ichigo, le labbra sull’orecchio della ragazza.

Un brivido bollente corse lungo la schiena di Rukia quando sentì il respiro caldo del ragazzo contro la propria pelle.

- Già - rispose, inspirando a pieni polmoni l’odore familiare della sua pelle - Speriamo solo che non sia l’ultima volta -

A cosa si riferivano quelle parole?
Al concerto, oppure a quella nuova fase del loro rapporto che avevano appena inaugurato?
Probabilmente a entrambi, anche se nessuno dei due era lucido abbastanza per pensarci, in quel momento.

Si staccarono l’uno dall’altra nello stesso momento, come se avessero percepito che era ora di andare.
Nell’allontanarsi da Ichigo, però, Rukia gli sfiorò istintivamente le labbra con le sue, godendo per un attimo del calore della bocca del ragazzo prima di tornare al microfono.

Ichigo provava qualcosa per lei, qualcosa di molto simile a quello che lei provava per lui.
Erano due anime affini, create al solo scopo di completarsi a vicenda.

Era questo quello che Rukia aveva letto in quell’abbraccio e in quel rapidissimo bacio.
E si sentiva felice, completa per la prima volta in tutta la sua vita, come se dopo tanto peregrinare avesse finalmente trovato la sua strada.
Tornò a stringere con forza l’asta del microfono, gli occhi fissi sulla folla davanti a lei, su quelle persone che li guardavano cariche di aspettative.


Era pronta.
 







Angolo dell'autrice:
A forza di scrivere scene così sdolcinate mi verrà il diabete, ne sono certa. Eppure è più forte di me: inizio con un pò di romanticismo e non riesco più a fermarmi. E poi dico di odiare i romantici. Mah, sono strana!
Anyway, spero che il capitolo vi sia piaciuto nonostante sia corto, stupido, non aggiunga niente di nuovo alla storia e sia stato pubblicato con DUE MESI di ritardo. Sono un'autrice degenere, mi dovrei solo vergognare, e non avrei dovuto pubblicare questa schifezza, ma consideratelo il mio regalo di Natale per tutti quelli che mi seguono <3
Questo capitolo è dedicato innanzitutto a sweet_kami95, che è stata così gentile da cercarmi via MP per chiedermi di aggiornare. Davvero, la pubblicazione di questo capitolo è solo merito tuo, che mi hai dato la volontà per scrivere! ^^
Poi ovviamente ringrazio anche tutti quelli che hanno inserito la storia tra le preferite e le seguite, tutti quelli che leggono e leggeranno.
I love you, guys <3

Ah, la citazione e il titolo del capitolo sono tratte dalla canzone Resistance dei Muse, che semplicemente adoro **
Alla prossima!

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Capitolo 15
*** You're my wonderwall ***


The Deathberries...Live in Karakura!





15) You’re my wonderwall



Orihime non si era mai sentita veramente al sicuro, prima di quel momento. Era una ragazza solare e ottimista, ma anche tremendamente insicura, dipendente dall’opinione delle persone a cui teneva. Aveva sempre avuto l’abitudine di sottovalutarsi, di considerare sempre gli altri un gradino sopra di lei. In fondo aveva sempre sperato di poter essere davvero importante per qualcuno, ma l’aveva subito etichettato come un desiderio egoistico ed egocentrico e seppellito nelle profondità del suo animo. Non aveva mai realizzato quanto in realtà fosse importante quella convinzione.

Incredibile come la semplice sensazione delle dita di Ulquiorra intrecciate alle sue cambiasse totalmente il suo modo di vedere il mondo. Si fidava completamente di lui e sapeva che quelle dita non l’avrebbero mai lasciata, che avevano bisogno del suo calore come lei aveva bisogno della loro stretta. Era semplicemente una questione di necessità. Con Ulquiorra, Orihime aveva finalmente capito che il desiderare qualcuno non era egoismo, che il vero egoismo si manifesta solo quando si reca danno agli altri per seguire i propri desideri. Aveva capito che era inutile crearsi un sacco di problemi al solo scopo di negarsi la felicità.

E Orihime era felice, poteva dirlo con certezza. Non aveva rimpianti per la scelta che aveva fatto, l’aveva capito quando aveva visto Kuchiki e Kurosaki abbracciati sul palco. Aveva sentito una stretta al cuore, ma quando si era voltata verso Ulquiorra aveva capito che era una sensazione dettata dall’abitudine. Kuchiki e Kurosaki erano come due tessere di un puzzle, create al solo scopo di incastrarsi tra di loro, ogni tratto delle loro personalità combaciava perfettamente.
Esattamente come lei e Ulquiorra.

La sensazione di disagio iniziale aveva lasciato spazio ad una genuina felicità. Orihime non era mai stata invidiosa delle coppiette felici che osservava di tanto in tanto o di cui sentiva parlare, le era sempre piaciuto sapere che c’era ancora un po’ di amore nel mondo. Piuttosto la questione l’affascinava, e si chiedeva spesso che cosa unisse quelle persone che si scambiavano effusioni nei posti più disparati, incuranti del resto del mondo.
A quel punto si voltava verso Kurosaki, e osservando il suo volto corrucciato si chiedeva il perché della sua attrazione per lui.

Erano due persone molto diverse, lei e Kurosaki, senza comportamenti simili o interessi comuni che potessero unirli. Non avevano neppure un rapporto di amicizia fuori dal comune, dato che si erano trovati raramente a parlare di questioni che non fossero la scuola, il tempo o i loro amici. Non aveva mai indagato davvero a fondo dentro di lei per scoprire le ragioni del suo attaccamento per quel ragazzo, forse perché non voleva rendersi conto di quanto fossero lontane dall’amore.

Orihime all’epoca era una ragazzina che aveva perso da poco la sua unica famiglia, che si era trovata improvvisamente sola in un mondo sconosciuto. Aveva mostrato una grande forza di volontà nel risollevarsi, ma non ci sarebbe mai riuscita senza persone alle quali aggrapparsi e con cui sostituire il senso di protezione che le infondeva suo fratello. La prima era stata la sua amica Tatsuki, sempre pronta a difenderla con le unghie e con i denti da ragazzi troppo invadenti e compagne di classe invidiose della sua bellezza. Orihime era cresciuta grazie a lei, le voleva bene e le era infinitamente grata, ma era altro quello di cui aveva bisogno.

Era pur sempre una ragazzina, e tutte le ragazzine cercano e sognano il principe azzurro.

In quel periodo aveva conosciuto Ichigo Kurosaki. Era bello, questo si, ma non sorridente e premuroso come un principe delle favole. Lui era sempre serio, riservato e dimostrava agli altri solo quel pizzico di cortesia che era lontano mille miglia dal vero affetto. Eppure, con quella sua mania di proteggere tutte le persone che aveva accanto, le infondeva sicurezza. Orihime si era aggrappata a lui e al pensiero di lui con tutte le sue forze: Kurosaki le piaceva perché era diverso, perché la faceva sentire protetta, le teneva la mente occupata dandole qualcosa su cui fantasticare. Non le piaceva quello che lui era veramente, ma il sé stesso che si ostinava a mostrare al mondo. Probabilmente non era mai riuscita a comprenderlo davvero, nonostante tutto il tempo che aveva passato con lui.

Guardando Kurosaki abbracciare Kuchiki e tenendo stretta la mano di Ulquiorra, Orihime finalmente fu capace di accettare tutto quello in passato si era rifiutata persino di pensare. La sicurezza che quel ragazzo dagli occhi verdi le stava infondendo in quel momento era diversa da quella che scaturiva da Kurosaki, più intima. Era la sua sicurezza personale, una sicurezza di cui solo lei avrebbe potuto godere.

- A cosa stai pensando? - le chiese all’improvviso Ulquiorra, gli occhi fissi in un punto indefinito sul tetto del locale.

- Sto pensando a noi due, e a quello che ci unisce - rispose Orihime con voce sicura, continuando a guardare i Deathberries che si preparavano sul palco.

Il ragazzo si voltò verso di lei, con un mezzo sorriso stampato in faccia: - E le tue conclusioni? -

- Che ad unirci sono le nostre personalità, il nostro passato, i nostri sentimenti. Siamo uniti perché abbiamo bisogno l’uno dell’altra, siamo uniti perché tu sei quello che ho sempre cercato, anche se me ne sono resa conto solo ora. Siamo uniti per ragioni di pura necessità - rispose la ragazza, incurvando le labbra in uno splendido sorriso.

- Sai, credo davvero che tu abbia ragione - concordò Ulquiorra. Il suo non era un sorriso pieno, come non lo era mai stato, ma i suoi occhi brillavano. Aveva ancora difficoltà ad esprimere quello che provava, ma ad Orihime non importava: dopotutto, ormai aveva imparato a conoscerlo. E poi lei avrebbe fatto tutto il possibile perché quell’incurvare leggermente le labbra diventasse un sorriso luminoso e spontaneo.

Diede una lieve stretta alla sua mano, in un piccolo e innocente gesto di affetto. Ormai era quasi tutto perfetto, mancava solo una cosa.

- Scusami un secondo, Ulquiorra, devo andare a parlare con una persona - disse, lasciando a malincuore le sue dita.

Il ragazzo dagli occhi verdi la guardò per un secondo con aria sorpresa, ma poi il suo volto si distese e avvicinò la testa a quella di Orihime, poggiandole le labbra sull’orecchio.

- Non metterci troppo - sussurrò, mentre la ragazza sentiva un inaspettato brivido di eccitazione scorrere lungo la schiena. Non era ancora abituata a quelle emozioni, e quando arrivavano non poteva evitare di sentirsi scossa, ma anche stranamente viva. Totalmente in balia dei suoi istinti prese il viso di Ulquiorra tra le mani e premette per un secondo le labbra sulle sue. Il ragazzo si lasciò sfuggire una risata, dandole un’ultima carezza sui capelli prima che si allontanasse.

La vide raggiungere il bancone del bar e sedersi vicino ad una ragazza con i capelli corti e scuri. Era la sua migliore amica, quella di cui gli parlava spesso….Tatsuki, ecco come si chiamava. Probabilmente si sentiva in colpa per averle tenuta nascosta la sua esistenza, ed era andata da lei a spiegarle tutto.

Sul viso di Ulquiorra comparve una smorfia di tenerezza. Non era da Orihime lasciare qualcosa di incompiuto, né far si che la sua migliore amica si sentisse trascurata o pensasse male di lei. Avrebbe aggiustato tutto e sarebbe tornata da lui, così in fretta da non lasciare nemmeno il tempo alla sua mano di raffreddarsi.



* * * * *


Era tutto pronto.
Le luci erano puntate su di loro, gli strumenti erano accordati e pronti a suonare, la gente si era riunita sotto il palco in attesa del loro concerto. Ichigo contemplò quello spettacolo con una strana allegria: i perfetti sconosciuti che li guardavano colmi di attesa, Keigo, Mizuiro, Ishida, Chizuru, Tatsuki e tutti i loro amici che li incitavano fischiando e gridando i loro nomi, il sorriso sincero e spensierato di Inoue mentre si stringeva al braccio di Ulquiorra Shiffer, i volti tesi ma determinati dei suoi compagni. Chiuse gli occhi per un attimo, respirando a pieni polmoni e beandosi delle grida che provenivano da sotto il palco.

Rukia strinse il microfono tra le mani con determinazione, ripassando mentalmente le parole della canzone che avevano scelto per quella serata. Non avrebbe sbagliato, non quella volta. Raddrizzò le spalle in un moto di sicurezza e si scostò con una mano i capelli dal viso, lanciando uno sguardo di sfida a Grimmjow dei Black Wings, che si accingeva ad assistere al loro concerto appoggiato a una parete del locale, insieme ai suoi compagni. Quando le grida di incoraggiamento dei suoi amici la raggiunsero, la ragazza non poté fare a meno di ringraziarli mentalmente per il loro sostegno, mentre un sorriso sincero e grato appariva sul suo viso.

Un attimo prima dell’inizio del concerto, Renji stava davvero per crollare. La stanchezza, l’alcool e la tensione lo avevano privato di tutte le energie e persino della voglia di suonare. Non appena le grida del pubblico lo raggiunsero, però, Renji sentì una nuova forza scorrere lungo le sue vene, uno strano e offuscante senso di euforia, una felicità senza precedenti. Si sentì colmo di orgoglio e di fiducia in sé stesso: era Renji Abarai, chitarrista dei Deathberries! Non doveva permettere a nessuna stanchezza e a nessuna depressione di interferire con la riuscita del suo primo concerto.  Strinse con forza il manico della chitarra e sorrise, ringraziando silenziosamente tutte le persone che gli avevano permesso di arrivare fin lì.

La folla sotto di lui stava gridando, fischiando e chiamando il suo nome, ma a Byakuya non importava più di tanto. Voleva solo che il suo valore di musicista venisse riconosciuto da persone che se ne intendevano, da esperti. Gli incitamenti di quella massa di persone senza un minimo di cultura musicale non lo entusiasmavano, ma almeno costruivano la giusta atmosfera per il concerto. Da un certo punto di vista, Byakuya sentiva il bisogno di ringraziarli: sapeva che i suoi compagni al suono di quelle urla si sarebbero caricati e avrebbero suonato al meglio delle loro possibilità. Chiuse gli occhi, accarezzando piano le corde del suo basso: in fondo, nemmeno per lui quello era un concerto come tutti gli altri.

Chad non aveva mai cercato l’approvazione delle persone, gli era sempre bastato il loro rispetto e la loro stima. Era un ragazzo sincero e tranquillo, sempre pronto a difendere gli altri ma non era mai stato dipendente dalla loro opinione. Eppure, gli incitamenti e le urla delle persone che considerava “amici” non potevano che fargli piacere, nonostante non fosse stato per niente ansioso o preoccupato per quel concerto. Sperava solo di poter fare bella figura e di passare una bella serata con i suoi amici, non spendeva mai tempo a preoccuparsi inutilmente. Ma anche lui, in quel momento, si sentiva felice, soddisfatto e orgoglioso di sé stesso e dei propri compagni per essere stato capace di arrivare fino a quel punto.

- Buonasera a tutti, noi siamo i Deathberries! - urlò Rukia nel microfono, e la sua voce amplificata dall’apparecchio risuonò in tutto il locale fino a sovrastare il rumore del pubblico - Grazie mille per essere venuti qui stasera! -

Un sonoro e disordinato applauso seguì immediatamente la presentazione della ragazza, che istintivamente sorrise, soddisfatta. Si voltò verso i suoi compagni con sguardo deciso, facendo un lieve cenno con la testa a Chad. Il batterista annuì e, capendo che era il momento di iniziare, alzò le bacchette al cielo.

Nell’osservare il gesto del ragazzo, il pubblico si zittì, facendo piombare il locale in un silenzio carico di promessa e attesa. Come aveva fatto tante volte in vita sua, anche se mai in quelle stesse condizioni, Chad batté ritmicamente una bacchetta sull’altra per quattro volte, scandendo il tempo.

Alla fine del quarto tocco, Ichigo calò il plettro sulle corde della chitarra, iniziando a suonare da solo una melodia dolce, calma e incisiva al tempo stesso. Passava da un accordo all’altro con la massima concentrazione, con lo sguardo fisso sui tasti, attento a non sbagliare neanche una nota. Il suono della sua chitarra riempiva il locale e paralizzava gli spettatori che, catturati dall’incantesimo del ragazzo dai capelli arancioni, non osarono muovere neanche un muscolo.

Rukia strinse forte l’asta del microfono e chiuse gli occhi, contando il tempo con il piede ed aspettando il momento giusto per cominciare a cantare.

Non è la prima volta che canti questa canzone  pensava, cercando di controllare il tremore incontrollato del suo corpo Non c’è niente di diverso da quando la canti in sala prove. Aprì gli occhi, osservando quel pubblico così sterminato in confronto alle persone che era abituata a trovarsi di fronte quando cantava. Magari, era arrivato il momento di cambiare abitudine, di imparare ad uscire dalla sicurezza della sua bolla privata e aspirare ad altro.

Arrivato il momento giusto, un lampo di determinazione attraversò i suoi occhi blu e Rukia cominciò a cantare, accompagnata dal suono della chitarra di Ichigo, quella canzone che troppe volte aveva ascoltato nella solitudine della sua stanza pensando a quel ragazzo dalla testa arancione.

Today is gonna be the day
That they're gonna throw it back to you
By now you should've somehow
Realized what you gotta do
I don't believe that anybody
Feels the way I do, about you now


“Io non credo che qualcuno abbia mai provato quello che io sento ora per te”

Quella ragazza minuta cantò quelle parole con tutta sé stessa, e la sua voce forte e vibrante risuonò in quella stanza stupendo tutti gli ascoltatori, che non si aspettavano certo che da un corpo così piccolo potesse scaturire una voce del genere.

Orihime ascoltava con gli occhi colmi di meraviglia, mentre continuava a stringere la mano di Ulquiorra. Aveva ascoltato molte volte i Deathberries, ma mai prima di allora si era resa conto di quanto la voce di Rukia si fondesse bene con la chitarra di Ichigo, e di quanto quei due fossero in sintonia. Probabilmente, quel sentimento che credeva di provare per Kurosaki l’aveva resa cieca su tante cose, ma ormai poteva solo essere felice per l’esistenza di quel legame che univa dal profondo due dei suoi migliori amici. Istintivamente, lasciò le dita di Ulquiorra e si strinse a lui, poggiandogli il capo sul petto, mentre una strana serenità piano piano la invadeva.

All’inizio della seconda strofa, Chad si inserì nella canzone battendo con energia le bacchette sulla batteria, mentre Byakuya e Renji cominciavano a suonare rendendo la canzone completa.

Back beat, the word was on the street
That the fire in your heart is out
I'm sure you've heard it all before
But you never really had a doubt
I don't believe that anybody
Feels the way I do about you now


“Io non credo che nessuno abbia mai provato quello che io sento ora per te”

Rukia si sentiva svuotata, ma anche piena sino all’orlo di emozioni. Quella frase era in grado di racchiudere completamente quello che lei sentiva per Ichigo, e anche se la stava pronunciando davanti a un sacco di persone era a lui che si stava rivolgendo. I suoi sentimenti le apparivano chiari come mai prima di allora, ed era per questo che la sua voce era piena di determinazione e sicurezza come mai prima di quel momento.

Aveva capito che era proprio questa la bellezza del suo amore per Ichigo: la sua unicità. Quello che provava era irripetibile, privato, così terribilmente suo da essere qualcosa da preservare e a cui pensare con affetto. Grazie alla musica, quel miscuglio di sentimenti che sentiva nel petto riusciva a diventare più completo, più chiaro. Nessuna parola, nessun “ti amo”, nessun gesto, avrebbero potuto manifestare meglio il suo amore. Non poté fare altro che continuare a cantare con tutta l’energia che aveva in corpo, riempita da due differenti desideri: essere apprezzata come cantante ed essere amata da Ichigo.

And all the roads we have to walk are winding 
And all the lights that lead us there are blinding 
There are many things that I would 
Like to say to you 
but I don't know how 


- Ehi, Grimmjow - disse Neliel, dando una lieve stretta alla mano del ragazzo dai capelli azzurri - Non sono per niente male, non trovi? -

- Mmmh - mugugnò lui, allontanando dalle labbra la sigaretta che stava fumando ed espirando una lunga boccata di fumo - Sono discreti, ma non mi piace la musica da femminucce che suonano -

La ragazza accanto a lui sospirò, con aria rassegnata.

- Per te qualunque gruppo con una cantante femmina suona “musica da femminucce”. Quando la smetterai con questo maschilismo insensato, Grimmjow? - rispose, con un lieve tono di rimprovero.

Nel sentire quella risposta, il ragazzo sbuffò sonoramente, portando di nuovo la sigaretta alle labbra.

- Non mi piacciono le cantanti femmine, troppo delicate, non sono per niente capaci di stare su un palco - ribatté, con gli occhi fissi su quella piccola cantante dagli occhi blu.

- Eppure a me sembra che questa ragazza ci sappia fare. E ha pure una bellissima voce, questo non puoi negarlo! - disse Neliel, con un sorriso sarcastico sul viso.

- Mmmmh - si limitò a rispondere lui, inspirando un’altra boccata di fumo dalla sua amata sigaretta e lasciando cadere la discussione, con enorme soddisfazione della sua ragazza.

Alla fine della strofa  Ichigo inspirò una lunga boccata d’aria, e avvicinando la bocca al microfono iniziò a cantare con voce ferma e sicura, intonando il ritornello insieme a Rukia.

Because maybe 
You're gonna be the one that saves me  
And after all 
You're my wonderwall 


“ Tu sei l’unica in grado di salvarmi”

Era questo che pensava Ichigo, mentre cantava con tutte le sue forze quella frase, stando bene attento a non perdere la concentrazione sulla chitarra. Lei era davvero l’unica persona al mondo capace di capirlo, capace di salvarlo da sé stesso. L’unica persona capace di condividere con lui quel peso che aveva sempre portato sulle spalle, l’unica con cui si sentiva veramente sé stesso. Cantare quella canzone insieme a lei era per lui un’emozione indescrivibile: era come se stesse rivelando una parte di sé a quelle persone che lo stavano guardando ed era una cosa che gli metteva addosso una strana vergogna mista ad eccitazione. Perché tra la gente che lo stava ascoltando c’era Rukia, ed era a lei che il ragazzo voleva comunicare quella parte di sé.

Alla fine del primo ritornello, quel pubblico che sino a quel momento era stato più che silenzioso sembrò risvegliarsi di colpo: la gente urlava, saltava, gridava i loro nomi e cantava con loro. Ichigo accolse quel trambusto con un sorriso sincero ed orgoglioso sul volto. Dalla posizione in cui si trovava poteva osservare benissimo le facce sorridenti di Tatsuki, Orihime e gli altri, sentire le loro risate e le loro incitazioni. Si stavano divertendo, si stavano divertendo grazie alla loro musica. E lui, Ichigo Kurosaki, chitarrista dei Deathberries, si stava divertendo? L’ansia, la tensione e tutte le altre emozioni che lo avevano scosso quella sera avevano distolto la sua mente da quello che era uno scopo importante della musica: divertirsi e stare bene con gli altri.

Non appena ebbe realizzato questo concetto, il suo sorriso si allargò e i suoi movimenti divennero molto più sciolti e sicuri di sé.  Muoveva con agilità le dita sui tasti della chitarra e scuoteva la testa a ritmo, mentre una strana sensazione di completezza e felicità gli scaldava il petto.

Era Ichigo Kurosaki, chitarrista dei Deathberries, ed era indistruttibile.

Today was gonna be the day? 
But they'll never throw it back to you 
By now you should've somehow 
Realized what you're not to do 
I don't believe that anybody 
Feels the way I do 
About you now 

Renji non aveva mai suonato meglio in vita sua, e ne era pienamente consapevole. Nella tensione, nell’adrenalina aveva scoperto una nuova energia e una inaspettata lucidità. Fino a quel momento, non aveva sbagliato neanche una nota: le sue mani si muovevano con una sicurezza che non avevano mai avuto. Le urla del pubblico lo galvanizzavano, lo entusiasmavano, lo spronavano a dare il meglio di sé. E Renji era davvero soddisfatto, davvero orgoglioso di sé stesso, forse per la prima volta in tutta la sua vita. Non c’era niente di più bello di sentire quella perfetta coordinazione tra i loro strumenti, niente di più bello di avvertire il pavimento tremare sotto le vibrazioni della loro musica.

Nei rari momenti in cui alzava lo sguardo dal manico della chitarra, il ragazzo dai capelli rossi osservava la schiena di Rukia, impegnata a cantare davanti a lui. La vedeva muoversi sicura e aggraziata, poteva percepire nelle parole che stava cantando la felicità che stava provando in quel momento. Un sorriso intenerito affiorò sulle sue labbra: se anche Rukia era contenta, allora tutto era davvero perfetto.

Istintivamente, il suo guardo si spostò dalla schiena della ragazza a un volto femminile in mezzo al pubblico, circondato da una massa di corti capelli neri. Gli occhi di Tatsuki, fissi su di lui, ricambiarono quello sguardo d’intesa, e Renji sentì di aver dato inizio a qualcosa. Qualcosa che doveva ancora scoprire,  che doveva ancora definire, ma qualcosa di incredibilmente dolce.

And all the roads that lead to you were winding 
And all the lights that light the way are blinding 
There are many things that I would like to say to you 
I don't know how 

Appena sotto il palco, in mezzo alla gente che si saltava e gridava, Ulquiorra stava fermo ad assistere al concerto. Si sentiva stranamente…a suo agio. Il respiro di Orihime sul suo collo, il suo braccio che gli cingeva la schiena, quella canzone nelle sue orecchie, persino quella baraonda attorno a lui: tutto sembrava combaciare perfettamente. Il suo istintivo rifiuto verso il mondo e il genere umano sembrava svanito, o almeno calmato. Per la prima volta in vita sua, Ulquiorra pensò di essere nel posto giusto al momento giusto: tutto ciò che aveva fatto durante la sua vita, tutte le battaglie che aveva combattuto, tutti gli ostacoli che aveva dovuto superare erano serviti ad arrivare in quel punto, e sentire nel profondo del cuore quella magnifica sensazione di completezza.

Osservò Ichigo Kurosaki muoversi sul palco con un sorriso luminoso sul volto, osservò Rukia Kuchiki cantare con tutta la forza che aveva in corpo, osservò gli sguardi furtivi che si lanciavano di tanto in tanto. Comprese che tra quei due c’era un legame forte, simile per certi aspetti a quello che legava lui a Orihime, ma anche completamente differente. Strinse ancora più forte la ragazza appoggiata al suo petto, mentre una lacrima solitaria gli attraversava il viso, sciogliendo una striscia di trucco verde.  Se fino a quel momento non aveva messo fine alla sua vita la ragione era solo una: la speranza nascosta di trovare amore nel mondo e in sé stesso. Era già riuscito a soddisfare il secondo punto: Orihime era riuscita a suscitare in lui sentimenti che non avrebbe mai pensato di poter provare.

E per la faccenda dell’amore del mondo? Beh, bastava guardare quei due ragazzi sul palco per rendersi conto che l’amore esiste, anche se si manifesta in modo diverso in ogni persona.

Forse vale davvero  la pena di restare in questo mondo pensò Ulquiorra, cancellando con la manica della maglietta le lacrime di trucco verde che erano rimaste sul suo viso.

I said maybe 
You're gonna be the one who saves me
And after all 
You're my wonderwall 

Ichigo non riuscì più a resistere: attento a non sbagliare, con un lieve corsa raggiunse Rukia, posizionandosi accanto a lei e avvicinando il proprio volto a quello della ragazza. Nel sentire il calore del ragazzo contro la sua guancia, Rukia si lasciò sfuggire un sussulto per la sorpresa, ma poi il suo volto si distese in un sorriso grato e intenerito. Rapidamente, staccò il microfono dall’asta e lo mise in mezzo tra le proprie labbra e quelle di Ichigo.

Allora, come una persona sola, Ichigo e Rukia intonarono insieme l’ultimo ritornello della canzone.

I said maybe 
You're gonna be the one who saves me
And after all 
You're my wonderwall 

Quando I due ragazzi finirono di cantare, Chad concluse la canzone con un poderoso colpo di batteria, mentre Byakuya suonava l’ultima nota e Ichigo e Renji l’ultimo accordo. Rukia strinse forte il microfono al petto, mentre lacrime di commozione le attraversavano il viso come un fiume in piena.

Ce l’avevano fatta. Avevano suonato meglio di tutte le volte in cui avevano provato, erano stati tutti davvero bravissimi.
Il pubblico era letteralmente in delirio: saltava, applaudiva, gridava ritmicamente il nome del loro gruppo.

Ma per Ichigo, stanco e sudato ma profondamente soddisfatto, la folla in quel momento non esisteva. L’unica cosa davvero importante era la ragazza che piangeva di gioia davanti a lui, che seppelliva i suoi enormi occhi blu nel palmo delle mani cercando di controllare le sue emozioni.

- Tu sei l’unica che può salvarmi - le sussurrò, scostandole delicatamente le mani dal viso.

Rukia lo guardò attraverso le lacrime, e Ichigo venne letteralmente investito da tutte le emozioni presenti in quello sguardo: affetto, gratitudine, soddisfazione, amore
Quello sguardo sarebbe rimasto impresso nella sua memoria per molti anni a venire.

Il ragazzo le accarezzò dolcemente il volto, asciugandole una guancia bagnata e avvicinò le labbra alle sue, sfiorandole appena. Rukia, però, reagì immediatamente: gli gettò le braccia al collo e lo baciò con foga, stringendolo con tutta la forza che aveva in corpo.

You’re my wonderwall.

 





Angolo dell'autrice:

Beh, a quanto pare abbiamo quasi finito. 
Mi dispiace solo di essere stata capace di rovinare in questo modo il capitolo più importante di tutta la storia. Ci ho messo due mesi, DUE MESI per finirlo, ma fa comunque schifo. Chiedo perdono a tutti quelli che si aspettavano qualcosa di meglio (se c'è ancora qualcuno che legge questa storia).
Questo è il capitolo più stupido e brutto che io abbia mai scritto, quindi lasciatemi pure qualche recensione per comunicarmi quanto vi ha deluso. 
Come al solito, ringrazio i recensori, tutti coloro che inseriscono la storia tra le preferite o le seguite e soprattutto i lettori.
Ah, la canzone è Wonderwall, degli Oasis. Praticamente, la mia colonna sonora IchiRuki.

Non so ancora in quanti capitoli riuscirò a finire la storia, ma non credo di poter fare peggio di così.
Alla prossima, se avrete ancora il coraggio di continuare a seguirmi ^^
 

 

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Capitolo 16
*** Changing ***


The Deathberries...Live in Karakura!




16) Changing
 
Ichigo era dappertutto.
Rukia lo sentiva. Sentiva il suo calore sul viso, sulle labbra, sulle braccia e su tutto il corpo.
Sentiva la sua lingua attorcigliata alla propria, i suoi capelli sotto le dita, le sue mani sulla schiena.
E, ironicamente, sentiva anche il freddo metallo delle corde della sua chitarra premere contro il ventre, come quando si erano abbracciati prima dell’inizio della canzone. Era come se le sue percezioni si fossero ampliate, come se il tempo si fosse rallentato. Era persino consapevole degli sguardi che lei e Ichigo avevano puntati addosso, ma decise di tagliarli fuori.
Non avrebbe permesso a niente, a niente e a nessuno di rovinare la perfezione di quel momento.
 
Le mani di Ichigo iniziarono a muoversi sulla sua schiena, accarezzandole piano i fianchi. Rukia, colta di sorpresa dal brivido che quel contatto le aveva provocato, si lasciò sfuggire un gemito e si staccò istintivamente dalle labbra del ragazzo, affondando il volto nel suo petto ampio e muscoloso. Era abituata a lui e alla sua presenza, ma sicuramente non era abituata alle sensazione che in quel momento quel ragazzo dai capelli arancioni stava risvegliando in lei.
 
Sentì un mormorio soffocato e capì che Ichigo aveva soffocato una risata affondando il viso nei suoi capelli.
 
- Cosa c’è tanto da ridere, stolto? - sbottò, staccandosi violentemente da lui e guardandolo storto.
 
- Niente - rispose lui, con una smorfia di amore e tenerezza sul volto.
 
Si era staccato da lei solo per un attimo, eppure sentiva  la lontananza dal corpo di Rukia quasi come un dolore fisico. Quel bisogno che aveva sempre seppellito nel profondo del suo animo era riemerso con forza e non vedeva l’ora di essere saziato, specialmente ora che aveva capito che lei provava qualcosa di molto simile. Allungò una mano verso di lei e le accarezzò dolcemente il volto, asciugando le lacrime solidificate sulle sue guance.
 
- Niente - ripeté, con tono divertito - Penso solo che dovremo spostarci da qui -
 
La mano di Ichigo era grande, persino troppo per il suo viso minuto.
Grande, e calda.
Grande, e bollente.
Rukia ci poggiò sopra la sua piccola mano fredda, cercando di assorbire parte del suo calore, e per la prima volta da quando avevano finito di suonare si guardò intorno.
 
Aveva vissuto quei momenti così intensamente che non si era nemmeno resa conto di quanto poco tempo fosse passato. Praticamente, avevano appena finito di suonare e i suoi compagni stavano smontando. Renji e Byakuya stavano spegnendo gli amplificatori e riavvolgendo i cavi: il rosso aveva un enorme sorriso sul volto stanco, e persino suo fratello sembrava soddisfatto. Chad li aspettava accanto alla scala, con un’espressione di genuina ma controllata felicità.
 
Effettivamente, Ichigo aveva ragione: si erano baciati rimanendo praticamente al centro del palco, senza nessuno scrupolo. Quel pensiero fece arrossire Rukia, che certamente in condizioni normali non avrebbe fatto una cosa simile. Riportando lo sguardo su quel volto luminoso circondato da quella massa così strana di capelli arancioni, però, la ragazza fu costretta a ricredersi: se avesse potuto, avrebbe registrato quel momento per riviverlo all’infinito, e senza mai provare alcuna vergogna.
 
- Non cantare vittoria solo perché ti do ragione per una volta - esclamò, dandogli le spalle e avviandosi verso il fondo del palco. Ma quello con cui aveva parlato non era il solito tono arrabbiato e infastidito che usava spesso quando si rivolgeva a lui: era velato da una nota di affetto, da uno strano calore che Ichigo non aveva mai percepito nella sua voce.
 
Fu in quel momento che comprese che le cose erano realmente cambiate, dopo quel bacio. Lui e Rukia non sarebbero rimasti due ragazzi incapaci di dimostrare quanto in realtà tenevano l’uno all’altro, due ragazzi schiacciati dal proprio stupido orgoglio. La vera natura del loro legame, quella sera, era venuta alla luce esplodendo con violenza, e non era più possibile negarla, né agli altri né a sé stessi.
 
Ichigo sentì qualcosa, una bolla di felicità, espandersi nel proprio petto. Si sfilò la chitarra di dosso, appoggiandola al muro e sciogliendo le spalle indolenzite, e in due brevissimi balzi raggiunse Rukia, che era appena scesa dal palco, e la strinse a sé con tutta la forza che aveva. All’inizio sentì il corpo della ragazza irrigidirsi per la sorpresa,  ma in un secondo momento avvertì le sue esili braccia afferrargli con forza la stoffa della maglietta all’altezza della schiena.
 
- Rukia - sussurrò, assaporando quel nome con la punta della lingua - Rukia, le cose tra di noi sono cambiate, vero? Io non sopporterei di lasciarti andare nemmeno per un secondo! -
 
Più che il contenuto di quelle parole, fu il tono con cui Ichigo le pronunciò a sorprendere Rukia. Era fragile, tremante, disperato, quasi supplichevole.
Ma come poteva supplicarla di non lasciarlo solo, quando era lei ad avere un infinito bisogno di lui?
Quando non avrebbe potuto staccarsi da lui nemmeno con tutta la sua volontà, quando aveva calpestato persino il suo orgoglio a causa sua?
 
- Si, le cose sono cambiate - mormorò lei, affondando ancora di più il volto nel suo petto - Sono stanca, stanca di mentire a me stessa, stanca di rifiutare le mie emozioni, stanca di essere una persona a metà -
 
E piano piano, mentre pronunciava quelle parole, sentiva quel vuoto di solitudine che aveva sempre avuto in mezzo al petto colmarsi, scomparire, attenuarsi. Una bolla calda di sicurezza e felicità la stava avvolgendo, riscaldandola e proteggendola. E circondando, di riflesso, anche il ragazzo che in quel momento la stava stringendo tra le braccia come un’ancora di salvezza.
 
E’ questo che si prova quando non si è più soli?
 
- Anche io - continuò Ichigo, con voce strozzata -  Anche io sono stanco. Io ho bisogno di te, Rukia. Io ti voglio bene, io ti amo. Quando sono con te posso essere davvero me stesso, so che tu mi comprendi, riesci a leggermi dentro. Quando sono con te sento di non essere più solo -
 
Il ragazzo dai capelli arancioni sembrava ormai a un passo dalle lacrime. Pur avendola sempre percepita, era la prima volta che Rukia osservava la sua fragilità, la sua debolezza. Prima di quel momento, Ichigo si era sempre trattenuto, ostinandosi a portare persino davanti a lei quella maschera di sicurezza e invulnerabilità che era solito mostrare al mondo.
 
La dichiarazione del ragazzo la commosse dal profondo. Rukia sentì le lacrime premere agli angoli degli occhi, ma le ricacciò indietro: aveva pianto abbastanza, quella sera. Invece, iniziò ad accarezzare con movimenti lenti i capelli di Ichigo, cercando di tranquillizzarlo e comunicargli il suo amore.
 
- E’ lo stesso per me - sussurrò, avvicinando le labbra al suo orecchio - Io ti amo, Ichigo Kurosaki. E ho davvero bisogno di te, più di quanto tu possa immaginare -
 
Pronunciare quelle parole, buttare fuori tutto ciò che sentiva fu per Rukia una straordinaria liberazione.
Era come se si stesse liberando piano piano di un grumo di sentimenti che aveva sempre portato in fondo allo stomaco, era come tornare di nuovo a respirare dopo un lungo periodo di apnea.
 
Ichigo si staccò piano da lei, poggiandole le mani sulle spalle minute. La ragazza osservò attentamente il suo volto: era stanco e provato, con i capelli in disordine e gli occhi lucidi, ma non le sarebbe mai sembrato bello come in quel momento. I suoi lineamenti regolari, il suo naso affilato, i suoi occhi leggermente a mandorla, il suo mento un po’ sporgente…Era come se Rukia lo vedesse per la prima volta.
 
- Non sai quanto sono felice di sentirtelo dire - mormorò il ragazzo dai capelli arancioni, chiudendo piano gli occhi e avvicinando di nuovo il proprio volto a quello della ragazza. Rukia sentì il suo respiro caldo sulle guance, e poi nuovamente le sue labbra sulle proprie. Chiuse gli occhi, mentre una lacrima solitaria le scivolava lungo la guancia.
 
Non sono più sola, ormai.
 

 


*  *   *   *   *   *

 
 
 
- Aspetta un attimo, Ulquiorra-kun, mi sono dimenticata di fare una cosa importante! -
 
Orihime rivolse al ragazzo dagli occhi verdi uno splendido sorriso, prima di allontanarsi da lui e andare dalla sua amica Tatsuki, che lo osservava con diffidenza a qualche passo di distanza. Ulquiorra era solito giudicare le persone piatte e indegne del proprio interesse, ma non poteva evitare di provare una strana simpatia e un pizzico di gratitudine per quella ragazza: del resto, era la migliore amica di Orihime e le era sempre stata vicina. Era anche merito suo se era diventata la persona che era.
 
Per questo, si dimostrò cortese come non aveva mai fatto prima: le lanciò un occhiata colma di rispetto e le fece un cenno di saluto con la mano. Tatsuki lo squadrò da capo a piedi, ancora sospettosa, ma ricambiò il gesto. Poi prese sottobraccio la sua amica Orihime e si avviò con lei verso il bancone del locale.
 
Il viso di Ulquiorra si piegò in un mezzo sorriso. Quella ragazza non si sarebbe fidata di lui tanto facilmente, probabilmente temeva che potesse fare del male ad Orihime, ma prima o poi si sarebbe abituata alla sua presenza. Con quella breve occhiata il ragazzo capì di essersi conquistato, se non la sua simpatia, il suo rispetto e la sua approvazione.
 
- Noi due non abbiamo ancora votato! - esclamò Tatsuki, battendo con violenza un pugno sul bancone - Deve darci due biglietti -
 
- Va bene, va bene! -  rispose il barista, in tono infastidito - Ecco qui i vostri biglietti! -
 
Frugò velocemente in una tasca del grembiule e porse alle due ragazze due semplici biglietti di carta numerati.
 
- Grazie mille, signore - disse Orihime, cercando di rimediare ai modi diretti della sua amica - Potrebbe per favore spiegarci dove dobbiamo metterli per poter votare? -
 
- Ma certo, tesoro -  rispose il barista, cambiando totalmente atteggiamento e rivolgendole un sorriso a trentadue denti - Vedi quelle due scatole vicino all’ingresso? Su ognuna di esse deve esserci una targhetta con il nome delle band. Basta mettere il biglietto nella scatola del gruppo che vuoi votare - .
 
- Grazie per l’informazione - ringraziò nuovamente Orihime, prima di essere trascinata via per un braccio da una scocciata Tatsuki.
 
- Ma insomma, Orihime! - sbuffò la ragazza dai capelli corti - Perché devi parlare con cortesia anche alle persone di cui non ti interessa praticamente nulla? -
 
- Sei tu che sei fin troppo diretta, Tatsuki-chan - rispose lei, guardandola con aria di rimprovero - Penso che a volte dovresti cercare di contenerti -
 
Nel sentire quella risposta, Tatsuki si bloccò all’improvviso e le rivolse un’occhiata sorpresa, come se la vedesse veramente per la prima volta.
Che cos’era quel tono così sicuro?
Da dove venivano quelle parole pronunciate chiaramente, senza la minima esitazione?
 
- Ho detto qualcosa di male? -  si preoccupò Orihime, assumendo di nuovo la sua solita aria colpevole e insicura di fronte allo strano atteggiamento dell'amica.
 
- No, per niente. Anzi, sono contenta che tu abbia imparato finalmente a esprimere la tua opinione senza paura - rispose Tatsuki, facendo un gesto di noncuranza con la mano e riprendendo a camminare con una smorfia soddisfatta sul volto - A quanto pare il tuo bellimbusto dagli occhi verdi ha fatto proprio un bel lavoro! -
 
Nel sentire la risposa dell’amica, Orihime arrossì vistosamente.
 
- Tatsuki-chan…- sussurrò, nascondendosi il viso con le mani - Io credo di essere davvero innamorata di lui-
 
La ragazza dai capelli corti si fermò all’improvviso, senza però voltarsi verso di lei. Non riuscì a reprimere un mezzo sorriso: nonostante l’aura di quel ragazzo la facesse sentire più sicura, Orihime aveva ancora bisogno di lei e dei suoi consigli. E Tatsuki aveva ancora bisogno di essere per lei un sostegno, una spalla su cui piangere, di essere la sua migliore amica.
 
- Lo so - rispose, osservando distrattamente il tetto del locale - Non hai alcun bisogno di scusarti per questo -
 
- Ma io non vorrei che tu pensassi male di me - ribatté Orihime, con voce supplichevole - Starai pensando che sono una persona incoerente, perché sono passata da Kurosaki-kun a Ulquiorra-kun nel giro di una sera! -
 
Nell’udire quel tono disperato, Tatsuki sentì una stretta al cuore. Finalmente si decise a voltarsi, e si trovò davanti una Orihime prossima alle lacrime, con una supplica muta negli occhi.
Le si avvicinò piano, e le accarezzò dolcemente i capelli con una mano.
 
- Io non potrei mai pensare male di te, Orihime. Ti capisco meglio di quanto tu possa pensare, e per questo sono l’ultima persona di cui tu debba preoccuparti in questo momento, chiaro? Non farti troppi problemi, vai dritto per la tua strada. Io ci sarò sempre, quando avrai bisogno di me -
 
Orihime osservò attentamente il volto di Tatsuki attraverso il velo delle lacrime: i capelli spettinati, gli occhi sinceri e luminosi, le labbra piegate in un sorriso intenerito, il contatto di quella mano sulla sua testa…Tutto ciò le trasmise una piacevole sensazione di familiarità. La sua amica era lì, accanto a lei, e ci sarebbe sempre stata.
 
- Grazie, Tatsuki-chan - sussurrò, mentre una lacrima scorreva piano sul suo viso.
 
Tatsuki non rispose: spalancò le braccia, in un muto invito, e Orihime vi si rifugiò come un cucciolo smarrito.
 
 

*    *    *    *   *

 
- Questi qui non valgono nulla in confronto al gruppo che si è esibito prima di loro! Dico bene, Aizen-san? -
 
Kyoraku tracannò tutto d’un fiato l’ennesimo bicchiere di vino, mentre osservava la prestazione del gruppo venuto dopo i Deathberries insieme al capo della casa discografica.
 
- Ha proprio ragione, Kyoraku-san. L’immagine, la bravura individuale, la tecnica, l’entusiasmo…tutto è inferiore. Quei ragazzi che hanno suonato per terzi mi sono piaciuti molto di più - rispose Sosuke Aizen, guardando i ragazzi che suonavano con l’attenzione di un predatore.

Fino a quel momento, il suo sguardo aveva oscillato solo tra il palco e le scatole con i voti, senza nemmeno soffermarsi sul volto del suo interlocutore.
 
- Ormai credo che il contest se lo giochino i Black Wings e i Deathberries - esordì l’esuberante proprietario del locale, cercando di intavolare una discussione nonostante la freddezza dell'altro uomo - Ho visto soltanto gente che votava per loro, alle scatole -
 
- Sono proprio curioso di vedere chi vincerà tra quelle due band - mormorò Aizen, più a sé stesso che all’uomo seduto accanto a lui - Questo contest si è rivelata un’idea più interessante di quanto avessi mai creduto-
 
Kyoraku sospirò, rassegnandosi all’essere ignorato. Non rispose, ma concordava pienamente col suo interlocutore:  anche lui era curioso di vedere la fine di quella serata, soprattutto per i notevoli incassi che aveva portato al suo locale.
Nell’attesa, si versò un altro bicchiere di vino rosso, cercando di attenuare la stanchezza che quella serata gli stava procurando.







Angolo dell'autrice: 

Innanzitutto mi complimento con me stessa per aver aggiornato con solo UN MESE di distanza! Questa volta mi sono data da fare, e sono riuscita ad essere puntuale v.v
In compenso, il capitolo fa schifo. Me ne rendo perfettamente conto. Questa storia sta diventando troppo sdolcinata, gente che piange a destra e a sinistra.
L'ultima parte, la scenetta tra Aizen e Kyoraku, è la parte che mi convince di meno. Insomma, è assolutamente priva di senso.
Anyway, spero comunque che lo apprezzerete. 

Ci tenevo a ringraziare delle persone, cosa che non faccio più da mesi.
Innanzitutto MoonBlossom, Sarugaki145, nana21guns, valez, Franz3v e Luncindaes che hanno recensito lo scorso capitolo. Grazie davvero, senza le vostre recensioni perderei totalmente la voglia di scrivere <3

Poi un grazie speciale a Sarugaki145, nana21guns, valez, Senna_ e sweet_kami95,  che mi seguono fin dall'anno scorso, quando ho cominciato a scrivere questa storia.

Un enorme abbraccio anche alla mia cara MoonBlossom,  che ora è a Londra senza di me ma si fionderà a leggere il capitolo non appena tornerà a casa. Grazie mille, tesoro <3

Infine, grazie a tutti quelli che hanno semplicemente letto!
Alla prossima ^^

 
 
 
 
 

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Capitolo 17
*** I just want you to know who I am ***


The Deathberries...Live in Karakura!




17) I just want you to know who I am


Renji non amava molto bere, o almeno non lo aveva come abitudine, ma gli era capitato di ritrovarsi ubriaco una o due volte e non gli ci volle molto per riconoscere quella sensazione. Da quando era sceso dal palco dopo la loro più che buona esibizione si sentiva avvolto da una bolla di felicità e non poteva evitare di sorridere come un ebete, ridere a squarciagola ed abbracciare chiunque gli stesse davanti, persino gli sconosciuti. Era proprio come essere ubriachi: tutto andava fin troppo bene per essere reale, ma Renji avrebbe continuato a crederci fino all’ultimo, perché aveva uno stramaledetto bisogno di un po’ di felicità.

Era stato tutto perfetto, assolutamente perfetto. La sensazione di stare su un palco era qualcosa di indescrivibile, qualcosa di unico, e il pensiero di non aver sbagliato nulla e di aver suonato al meglio delle proprie possibilità era ancora più soddisfacente. Lui era stato perfetto, gli altri erano stati perfetti. Rukia aveva cantato magnificamente e nessuno di loro aveva sbagliato neppure una nota. Subito dopo essere sceso dal palco Renji si era sentito davvero apprezzato, specie quando aveva incontrato i suoi amici: Asano gli aveva dato una sonora pacca sulle spalle, Inoue gli aveva sorriso, Kojima gli aveva fatto i complimenti con controllata allegria e persino Ishida gli si era avvicinato. Per non parlare poi degli sconosciuti che erano andati a stringergli la mano e a complimentarsi. Persino il signor Kyoraku gli aveva rivolto un cenno di approvazione dal bancone!

Tutto questo è troppo bello per essere vero pensava spesso, ma non avrebbe mai potuto evitare di immergersi fino in fondo in quella magnifica illusione.  

La sua allegria, però, sfumò quando vide Ichigo e Rukia baciarsi. Si erano appartati in un angolo del locale, stretti l’un l’altro come se non avessero altro al mondo, e stavano bisbigliando tra di loro, alternando baci, carezze e parole. Provò una stretta al cuore, ma riflettendoci con calma comprese che era stata solo dettata dall’abitudine. Non era geloso di Ichigo, affatto. Sapeva bene che con lui Rukia era felice, e questo pensiero lo confortava. In fondo al cuore, però, rimaneva ancora il sordo rimpianto di qualcosa che era morto ancora prima di nascere, una sorta di rassegnazione.

Io non ho perso contro Ichigo, io mi sono fatto da parte perché Rukia fosse felice pensò, e ne era davvero convinto. Quella non era mai stata una competizione tra loro due, e Rukia non era mai stata un premio. Rukia era la sua migliore amica, il sentimento che provava per lei era qualcosa di davvero forte, forse un po’ vincolante, ma avrebbe imparato a gestirlo.

Chissà di cosa staranno parlando si chiese, ma poi comprese di non volerlo sapere. Non erano fatti suoi, e da quel momento in poi avrebbe fatto bene a stare al suo posto. Non poteva evitare, però, di sentirsi un po’ vuoto. Il sentimento che provava per Rukia era una parte importante di lui, e solo il pensiero di dover rinunciare a quel Renji che si tormentava a causa di quell’amore puro e disinteressato gli metteva addosso una strana tristezza. Nella vita si cresce e si cambia, e lui lo sapeva bene, ma non poteva evitare di sentire un vuoto tra il petto e il diaframma, un vuoto che non sapeva ancora come colmare.

Ti passerà si consolò, scuotendo la testa per scacciare tutte quelle sensazioni moleste.

- Oh, Abarai! Che cosa stai fissando, lì impalato? -

Arisawa, ancora lei. Renji si voltò sbuffando, trovandosi di fronte l’espressione accigliata e sarcastica della ragazza. Con una sola occhiata, però, comprese che l’inquietudine che aveva scorto nei suoi occhi durante il loro precedente incontro era completamente svanita ed era stata sostituita da una controllata soddisfazione. Fece un mezzo sorriso, genuinamente contento per lei: se quella ragazza che gli somigliava così tanto risolveva i suoi problemi era come se si riscattasse un po’ anche lui.

- Non sono fatti tuoi - grugnì, riacquistando il suo solito tono scostante. Non riusciva proprio a non essere il più naturale possibile quando parlava con lei, quell’apparente disinteresse era solo il suo modo di fare.

Come previsto il sorriso furbo sul viso di Tatsuki si allargò, per poi spegnersi immediatamente qualche istante dopo. Renji rimase turbato e sorpreso dal suo repentino cambiamento di espressione, per poi comprendere che la ragazza aveva scorto Ichigo e Rukia insieme e capito che lui li stava osservando.

Abbassò gli occhi, incapace di incrociare lo sguardo della ragazza. Sapeva che nei suoi occhi non avrebbe trovato alcuna traccia di pietà, ma la paura di vedere l’idea che aveva di lei infrangersi di colpo era più forte di qualunque cosa. Sentì i passi di Tatsuki rimbombare sul pavimento del locale e sentì una mano piccola e fresca posarsi sulla sua spalla.

- La ami davvero molto, vero? - sussurrò vicino al suo orecchio destro. Il suo tono di voce era così caldo, così rassicurante che Renji ebbe la fortissima tentazione di mettersi a piangere come un bambino e raccontarle tra le lacrime quegli anni di dolorosissimo amore non corrisposto. Ma sarebbe stato puro e semplice vittimismo, era lui che aveva scelto di innamorarsi di Rukia e non aveva senso piangere sul latte versato.

- Già - si limitò a rispondere, continuando a tenere gli occhi bassi - Non immagini neanche quanto -

- E ti fa male? - chiese ancora, con una lieve nota di malinconia nella voce. Renji si decise e si voltò verso di lei: Tatsuki lo stava guardando in modo quasi supplichevole, aveva lo sguardo di chi riesce ad immergersi completamente nel dolore altri e ne soffre. Per la prima volta nella sua vita si sentì interamente compreso da un’altra persona.

- Non lo so - sussurrò, prendendosi la testa tra le mani - A volte sembra attenuarsi, ma poi ritorna a fare male. Ci vorrà tempo per liberarmene -

- Non vorrei scoraggiarti, ma credo che tu abbia ragione. Ma se uscirai, ne sono sicura. Gli esseri umani prima o poi imparano come sfuggire al dolore, è istinto di sopravvivenza. E poi, devi solo trovare qualcosa che rimpiazzi tutto questo -

Potresti essere tu, la mia nuova ragione per vivere pensò d’impulso Renji, ma soppresse immediatamente quel pensiero. Avrebbe smesso di farsi illusioni prive di senso e avrebbe costruito un rapporto solido e stabile con una persona, fondato sulla fiducia reciproca e su fondamenta concrete. Forse quella persona sarebbe stata Tasuki Arisawa, forse no, ma lui avrebbe continuato ad andare avanti. Per Rukia e per tutte le altre persone che avevano creduto in lui.

- Grazie - sussurrò, sorridendole con dolcezza.

- Volevo solo ripagarti per avermi ascoltato al bar - borbottò Tatsuki, arrossendo di colpo e distogliendo lo sguardo da lui.

Non ci sapeva proprio convivere con la dolcezza, quella ragazza, ma in fondo andava bene anche così.
Anzi, era molto meglio.
 

 
* * *  * * * *

Come previsto dal regolamento del contest, a mezzanotte in punto il signor Kyoraku, barcollante a causa di tutto l’alcol che aveva in corpo, si alzò a fatica dal bancone ed annunciò a gran voce la chiusura delle votazioni. Ichigo, che stava discutendo tranquillamente con Renji e Byakuya sulle prestazioni degli altri gruppi, sentì un brivido freddo scendere lungo la sua spina dorsale. Erano arrivati alla fine: finalmente avrebbero saputo il risultato di quella serata che sembrava non finire mai.

Non si era allontanato da Rukia nemmeno per un istante. Anche se si erano appartati per molto tempo, avevano presto deciso di tornare dai loro amici, e magari dare qualche spiegazione su quello che era successo, visto che tutte le persone in sala avevano assistito al loro bacio sul palco. Ichigo aveva sopportato con ammirevole pazienza le battutine e le congratulazioni di Keigo, gli entusiastici “era ora!” di Tatsuki, il sorriso furbo di Renji e il suo “non azzardarti a farla soffrire” e persino lo sguardo inceneritore di Byakuya.

- Tuo fratello sta meditando seriamente di uccidermi - aveva detto a Rukia in tono sarcastico.

- Mio fratello fa il sostenuto, ma ha sempre appoggiato le mie scelte. Dovrai sopportare per un po’ la sua freddezza, ma vedrai che gli passerà - aveva risposto lei, scoccandogli un’occhiata di sfida, come se gli stesse chiedendo se il gioco valesse la candela.

- Chissà come farò a sopportare un Byakuya arrabbiato - aveva ribattuto con una risata, a cui Rukia si era subito unita.

Aveva persino incontrato Inoue e il suo nuovo ragazzo, ed era rimasto stupito da quanto quella ragazza sembrasse felice mano nella mano con quel tizio pallido. Quando aveva visto lui e Rukia insieme aveva rivolto loro un enorme sorriso e aveva urlato - Kuchiki-san, Kurosaki-kun, sono così felice per voi! - con la sua solita espressione sognante. Con Ulquiorra, Ichigo aveva scambiato solo fredde parole di cortesia: quel ragazzo continuava a non stargli molto simpatico, ma doveva avere qualche qualità nascosta se era riuscito a destare l’interesse di Inoue. Magari con il tempo sarebbe riuscito persino a trovarlo simpatico.

Era stata davvero una bella serata, una delle migliori nella sua vita, e anche Rukia sembrava pensarla come lui. Erano entrambi sfiniti ma enormemente soddisfatti, e lo sarebbero rimasti persino se fossero arrivati ultimi. Ormai ad Ichigo non importava più vincere: gli bastava aver compiuto quel percorso. E poi, non aveva più nemmeno molta voglia di firmare un contratto con quell’Aizen e il suo aspetto da spietato calcolatore: era sempre stato convinto che la musica servisse a rappresentare la realtà e le emozioni umane, non a fare soldi.

Quando Kyoraku annunciò lo scadere delle votazioni, i pensieri che gli vorticavano in testa ruotavano tutti intorno a questo concetto, ma li scacciò violentemente scuotendo la testa e concluse che si sarebbe posto quel problema solo se avessero vinto.
Kyoraku e il barista presero tutte le sei scatole e le trasportarono sul bancone, seguiti da un codazzo di gente perlopiù formato dai membri dei gruppi. Ichigo e i suoi amici li raggiunsero in un attimo, facendosi largo tra la folla per raggiungere una posizione da cui avere una buona visuale.

- Bene, cari ragazzi, siamo giunti alla fine di questa serata. Innanzitutto, ci terrei a ringraziare tutti i partecipanti e le persone che sono venute ad assistere, siamo stati tutti fondamentali per la realizzazione di questo progetto - disse Kyoraku con solennità quasi esagerata, attirando un coro di applausi.

- In secondo luogo vorrei ringraziare il produttore Aizen Sosuke, per aver richiesto questo contest - continuò, indicando l’uomo accanto a sé e scatenando un altro, seppur contenuto, applauso. Aizen si limitò ad accennare un lieve sorriso da predatore e annuire in segno di approvazione.

Niente da fare, ad Ichigo quell’uomo non riusciva proprio ad essere simpatico. Trovava irritante il suo sorrisino untuoso e i suoi modi di fare da uomo abituato a stare al centro dell’attenzione. Non sarebbe mai riuscito a lavorare con lui, e per un momento il pensiero di poter vincere lo mise seriamente a disagio. Rukia, accorgendosi che il ragazzo si era improvvisamente irrigidito, gli mise una mano sulla spalla e lo guardò con una muta domanda negli occhi. Ichigo si limitò a scuotere la testa e abbozzare un sorriso poco convito, ma sentì che la ragazza aveva avvertito il suo improvviso cambiamento d’umore e gli avrebbe presto chiesto spiegazioni.

Kyoraku, allegro come al solito, aprì la scatola del primo gruppo e iniziò a contare i bigliettini con voce entusiasta. Ichigo accennò un sorriso nel vedere gli occhi piedi di aspettative dei membri di quella band: tutti avevano il volto pieno di piercing e i capelli di colori improponibili, ma in quel momento avevano lo sguardo di bambini ansiosi.

30 voti, un risultato abbastanza misero.

- Poverini - commentò Rukia, indicando la band che si allontanava a capo chino.

- Secondo me il nostro punteggio sarà pure più basso - commentò stancamente Ichigo. Magari, in un certo senso, lo sperava.

Ai tre gruppi che seguirono non andò meglio. La band migliore riuscì a raggiungere quota cinquanta, la peggiore aveva avuto una ventina di voti. Ogni volta che Kyoraku apriva una nuova scatola, Ichigo non poteva impedire che un brivido gli scendesse lungo la spina dorsale.

Alla fine, il proprietario del locale si avvicinò alla scatola dei Black Wings. Il ragazzo lanciò uno sguardo a Grimmjow e Ulquiorra: il primo teneva le braccia incrociate sul petto, come se nulla di quello che stesse succedendo in quel momento lo interessasse, l’altro osservava attentamente i movimenti di Kyoraku e sussultava ogni volta che l’uomo scuoteva la scatola per far uscire altri biglietti. Dieci, venti, cinquanta, sessanta…Kyoraku contava quei biglietti che sembravano non avere fine. L’espressione strafottente di Grimmjow si trasformò in un ghigno di vittoria quando il conteggio raggiunse quota cento voti, Nnoitra gridò entusiasta, Neliel cominciò a saltellare sul posto e persino sul volto imperscrutabile di Tia comparve un minuscolo sorriso.

Solo Ulquiorra manteneva la sua espressione concentrata e non mostrava alcun sollievo sul volto pallido. Accanto a lui c’era Inoue, che spostava continuamente lo sguardo da Kyoraku al suo ragazzo e dal suo ragazzo a Kyoraku senza sapere bene che espressione adottare.

120…130…135

Il proprietario del locale continuava imperterrito a contare, con un’enorme smorfia di soddisfazione sul volto.

140…145…150!

Quando i biglietti finirono, Ichigo sospirò, sollevato. Non potevano superare quel punteggio, era assurdo anche solo sperare di potercela fare. Si guardò intorno: Byakuya e Chad avevano la loro solita espressione impassibile, mentre Renji digrignava i denti per la rabbia e la frustrazione. Sentì che Rukia si stava agitando al suo fianco e le mise protettivamente un braccio intorno alle spalle, attirandola a sé per calmarla. Sentì uno dei suoi piccoli pugni stringergli la stoffa della maglietta all’altezza del petto e non poté che gustarsi fino in fondo quell’attimo di tensione in cui lui e i Deathberries erano più uniti che mai.

- Complimenti ragazzi, avevo quasi finito la voce a forza di contare! - esclamò Kyoraku, dando a Grimmjow una pacca sul braccio - E ora andiamo ai nostri ultimi concorrenti -

L’uomo aprì la scatola dei Deathberries mentre le altre band, capendo di aver perso, abbandonavano il campo a capo chino. Tutti a accezione dei Black Wings, che si appoggiarono al muro con fare spavaldo, certi di avere la vittoria in pugno. Persino Ulquiorra si rilassò e sospirò, scoccando ad Orihime un lieve bacio sulla tempia. Nel frattempo Aizen, accanto a Kyoraku, osservava la scena con espressione soddisfatta e divertita al tempo stesso.

Ichigo era tesissimo: osservava Kyoraku tirare fuori una manciata di biglietti dalla scatola, contarli ad uno ad uno e annotare i risultati su un foglio. Erano davvero tanti, avevano fatto un buon punteggio.

30…40…50

- Cazzo - mormorò Renji accanto all’orecchio del ragazzo dai capelli arancioni. Ichigo gli mise una mano sulla spalla cercando di rassicurarlo. Con l’altra teneva ancora Rukia stretta al petto.

60…70…80

Byakuya e Chad si avvicinarono al bancone, gli occhi fissi sulla scatola.
- Vai così! - esclamarono Mizuiro e Keigo alle loro spalle.

90…100…110

Ichigo spalancò gli occhi, incredulo. La stretta di Rukia si fece più forte, Renji accennò un sorriso. I Black Wings tornarono vicino al bancone: Grimmjow sembrava nervoso, Neliel aveva un’espressione preoccupata. Solo Ulquiorra non batteva ciglio, mentre Orihime, divisa tra il suo ragazzo e i suoi amici, non sapeva più per chi tifare.

120…130…140

Kyoraku tirò fuori dalla scatola un’altra manciata di bigliettini, l’ultima. I Deathberries si protesero sul bancone pieni di aspettativa, pieni di paura, pieni di speranza. Il cuore di Ichigo perse un battito, quello di Rukia fece una capriola. Le espressioni dei Black Wings si facevano ogni secondo più tirate.

141…145…147

Ce l’abbiamo fatta! pensò Ichigo, incredulo, sfinito, felice, pronto a esultare. Lui e Rukia si scambiarono un timido sorriso speranzoso. Negli occhi di Aizen brillò una luce divertita.

148…149…150!

Parità. Avevano fatto esattamente lo stesso numero di voti. L’urlo di vittoria si bloccò all’improvviso nella gola del ragazzo dai capelli arancioni, mentre un enorme senso di stupore lo invadeva.

E adesso?

All’interno del Black Moon era calato un silenzio pesante come il piombo. Il respiro di Rukia si arrestò, la mano di Ichigo rimase congelata sulla spalla di Renji, Byakuya e Chad non muovevano un muscolo. Kyoraku scosse più volte la scatola per vedere se era rimasto qualche biglietto ma di fronte all’evidenza lasciò cadere le braccia lungo i fianchi e scoppiò a ridere.

- Ragazzi, siete davvero uno spasso! Come siete riusciti ad ottenere proprio l’unico risultato che non avevo contemplato, cioè la parità? Ora che si fa, Aizen-san? - esclamò allegramente, rivolgendosi all’uomo accanto a lui. Questi si avvicinò lentamente, abbracciando con lo sguardo tutti i ragazzi davanti a lui. Loro rimasero in silenzio, senza distogliere gli occhi da quell’uomo che avrebbe deciso il futuro delle loro band.

- Entrambi i gruppi sono promettenti, non c’è che dire - disse Aizen, spostando di qualche centimetro il ciuffo castano che gli ricadeva sulla fronte - Ottima tecnica individuale, ottimo spirito di gruppo. Avete talento, ragazzi, potreste fare strada -

- Dove vuole arrivare, questo qui? - sussurrò Rukia accanto all’orecchio di Ichigo, con tono nervoso. Lui si limitò a scuotere la testa, facendole cenno di aspettare.

- Sapete tutti che il premio previsto era un contratto con la mia casa discografica. Ebbene, io penso che voi abbiate talento, ma siete ancora tutti agli inizi. Le canzoni che suonate sono perlopiù cover di altri brani, pertanto non posso certo lanciarvi sul mercato. Tuttavia avevo intenzione di garantire al vincitore tutto il sostegno della mia casa discografica e il mio aiuto per la realizzazione di un CD. Avere importanti sostenitori può fare la differenza, nella vita - Aizen si sfregò le mani, con aria soddisfatta - E dopo il risultato di questa sera ho deciso di offrire questa possibilità ad entrambi i gruppi, come premio per essere riusciti ad impressionarmi! -

Un silenzio assoluto, durante il quale tutti i presenti cercarono di elaborare quello che l’uomo aveva detto, seguì quelle parole. Ichigo e Rukia si scambiarono un’occhiata di assoluta sorpresa, Renji sussultò, assolutamente spiazzato, persino Byakuya sgranò gli occhi. Aizen aveva deciso di accettare entrambi i gruppi come vincitori? Sembrava una soluzione troppo facile per essere vera, e nessuno ebbe il tempo per provare anche solo un minimo di sollievo.

- Stai dicendo che dovremmo dividere il nostro premio con questi perdenti? - sbottò Grimmjow, puntando un dito verso di loro con disprezzo - Ti rendi conto di chi siamo, cazzo? Loro non sono nulla in confronto a noi! -

Ichigo si voltò di scatto verso il ragazzo dai capelli azzurri, sprizzando collera da tutti i pori.

- Non ti azzardare ad insultare i miei compagni! - esclamò, sollevando i pugni con aria di sfida.

Grimmjow ridacchiò sommessamente e mosse un passo verso di lui, come se fosse intenzionato ad azzuffarsi, ma venne bloccato dal braccio di Neliel, che lo trattenne per una spalla scuotendo il capo con disappunto. Indirizzò ai Deathberries un sorriso a fior di labbra in cui i ragazzi lessero vergogna per il comportamento del compagno, e Ichigo abbassò i pugni, accettando le sue scuse mute.
Aizen osservò quello scambio di provocazioni con il solito sorrisetto viscido sulle labbra.

-Via, ragazzi, non c’è bisogno di scaldarsi. E tu, caro Grimmjow, prova a vedere la cosa da un’altra prospettiva: il premio non è stato diviso, ma moltiplicato per due. Non devi spartire niente con nessuno, solo goderti il tuo premio con il tuo gruppo. Non ti sembra la soluzione migliore? -

Grimmjow, trattenuto ancora dalla mano di Neliel, si limitò a grugnire e guardarlo con disprezzo, ma l’uomo non ne sembrò minimamente toccato e lo ignorò.

- Potrete usare tutti le sale prove della mia casa discografica e persino trasferirvi in dormitorio con gli altri artisti. Dei tecnici del suono vi aiuteranno e sosterranno nella composizione e nell’esecuzione dei brani - continuò, con disinvoltura - Ovviamente dovete decidere voi se accettare o meno il mio appoggio -

La vita che Aizen aveva descritto passò davanti agli occhi di Ichigo come i ricordi di una vita passata: avrebbero vissuto tutti insieme, avuto pochissimo tempo per la scuola, suonato per lavoro, corretto il suono secondo le indicazioni degli esperti, si sarebbero adattati al mercato per vendere dischi. La musica avrebbe smesso di essere un modo per rendere concreti i propri sentimenti e sarebbe diventata un’altra cosa: una pura e semplice fonte di soldi. Capì con chiarezza che non era questa la vita che voleva.

Guardò Rukia negli occhi, e non appena si accorse della smorfia di disappunto che aveva sul viso capì che aveva esattamente i suoi stessi pensieri, e che nemmeno lei voleva scendere a quel compromesso.

- Io non voglio - sussurrò la ragazza, attenta a non farsi sentire dagli altri.

- Sono d’accordo con te - rispose lui parlando piano vicino al suo orecchio.

Nel frattempo, Ichigo vide che Ulquiorra aveva mosso un passo verso Aizen. Orihime stava qualche passo dietro di lui, e lo guardava con espressione preoccupata.

- Noi accettiamo subito la sua proposta - disse il ragazzo dagli occhi verdi, con voce sicura.

Il produttore fece un cenno di assenso col capo e il suo sorriso furbo si allargò ancora di più. Ichigo si accorse però che non tutti i Black Wings sembravano convinti: Grimmjow sembrava ancora arrabbiato e stringeva i pugni con forza, mentre Neliel gli lanciava occhiate preoccupate. Tia era impassibile come sempre, mentre Nnoitra guardava Ulquiorra con espressione omicida: evidentemente era infastidito dal fatto che il bassista avesse deciso senza prima consultare gli altri. Ichigo si stupì della naturalezza con cui Ulquiorra aveva preso quella decisione, ed in un certo senso gli invidiò quella sicurezza e il comando assoluto che esercitava sul suo gruppo.

- Ne sono contento - disse Aizen, passandosi una mano tra i capelli - E i Deathberries, invece? -

- Avrei bisogno di cinque minuti di tempo per discutere con i miei compagni - esclamò Rukia con voce sicura. Era sempre così lei: decisa, sicura, capace di farsi ascoltare e accontentare.

Aizen annuì.

- Certo, discutete pure con calma - disse - Nel frattempo io parlerò con i Black Wings e decideremo insieme i termini del loro contratto -

Ichigo e Rukia si voltarono verso i propri compagni: Renji aveva sul volto un’espressione di totale sorpresa e insicurezza, Chad sembrava pensieroso. Solo Byakuya sembrava calmo come al solito.

- Io sono contraria! - esordì Rukia con tono fermo, guardando ad uno da uno i propri compagni negli occhi - Questi vogliono solo usarci per fare soldi -

- Sono d’accordo con lei - sussurrò Ichigo - Non voglio fare musica in questo modo -

- Io non ho mai pensato che avrei potuto guadagnarmi da vivere con la musica, e non ho intenzione di farlo - disse Byakuya - Ho un lavoro e degli impegni che non possono essere messi in secondo piano -

- Questo Aizen non mi piace - borbottò Renji - E’ un impegno troppo grande. Io voglio continuare a suonare come sto facendo ora, in quella minuscola sala prove, facendo quello che voglio e con chi voglio -

- Chad? - chiamò Ichigo, invitando il loro ultimo componente ad esprimere la sua opinione.

- Sono assolutamente d’accordo con voi, ragazzi - disse il ragazzo bruno con un sorriso a fior di labbra - Rinunciamo! -

Sul viso del ragazzo dai capelli arancioni comparve un enorme sorriso sicuro. I suoi amici la pensavano come lui, avrebbero rifiutato la proposta e continuato a suonare senza essere vincolati da alcun obbligo. Si voltò verso Rukia e la guardò negli occhi: i due giovani si scambiarono un sorriso e si baciarono dolcemente. Poi i Deathberries, uniti come sempre, si avvicinarono ad Aizen e ai Black Wings, ognuno con i propri dubbi e le proprie gioie nel cuore.

Ichigo e Rukia si tenevano per mano, Orihime teneva gli occhi fissi su Ulquiorra come se fosse la persona più importante della sua vita, Renji si voltò per un secondo e lui e Tatsuki si scambiarono uno sguardo d’intesa.  Ognuno in cuor suo ringraziò il cielo per avergli fatto incontrare delle persone meravigliose come quelle che aveva accanto, ognuno sapeva che quella serata era stata una tappa importante nella propria vita.

Ognuno aveva gioito, si era preoccupato, aveva lottato e si era impegnato, e comprese che ne era valsa la pena.

La musica non era altro che un mezzo per dimostrare quello che provavano. La musica li aveva fatti incontrare, li aveva uniti, aveva fatto passare loro tutti quei fantastici momenti.

Sto per iniziare una nuova vita pensò Ichigo, e con incredibile gioia si rese conto di non essere più solo.
C’era Rukia appoggiata al suo petto, c’erano i suoi compagni attorno a lui.
E pensò che valeva la pena di vivere anche solo per provare quella fantastica sensazione.

Anche solo per specchiarsi negli occhi blu cobalto di Rukia Kuchiki.


 

 - FINE-

 
Angolo dell'autrice (l'ultimo T.T):

Che dire? Sono commossa ç_ç
Questo progetto va avanti da un anno e finirlo mi sembra quasi un peccato. Ma mentre scrivevo ho capito che questo era il momento giusto per interrompere. Un pò delusi dalla fine, vero? Magari speravate in una bella scazzottata tra Ichigo e Grimmjow o ad un bel confronto tra i Deathberries e Aizen, invece ho voluto dare una fine netta, che lasciasse il lettore un pò insoddisfatto e libero di immaginare come vuole il futuro dei nostri personaggi. Spero che non mi odierete per questo T.T

Innanzitutto, grazie. Grazie davvero a tutti quelli che mi hanno seguito, a quelli che hanno recensito, a quelli che hanno inserito la storia tra seguite, preferite e ricordate. Vorrei citare i vostri nomi ad uno ad uno ma siete veramente tanti, più di quando mi sarei mai aspettata, e perdonatemi per questo squallido ringraziamento generale.

E grazie anche alla musica, che ha ispirato questa storia e su cui questa storia e basata.

Spero davvero che tutto questo vi sia piaciuto, grazie per avermi fatto compagnia durante questo lungo anno.
Grazie, davvero.

Ci vediamo in giro, anche se penso che smetterò di scrivere Long Fic per un pò!
Alla prossima <3 


 


 
 
 
 
 

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