Angie

di cazzarola
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Breve introduzione ***
Capitolo 2: *** Il mio migliore amico ***
Capitolo 3: *** Il bianco del male ***
Capitolo 4: *** Della vodka di troppo ***
Capitolo 5: *** I postumi di una sbornia ***
Capitolo 6: *** Meglio non studiare ***
Capitolo 7: *** Prima prova ***
Capitolo 8: *** Orale, biblioteca e Filippo ***
Capitolo 9: *** Tra gli scaffali di letteratura spagnola ***



Capitolo 1
*** Breve introduzione ***


ANGIE  




 

 _ PROLOGO _
 


Tutto ha avuto inizio con una canzone.
Si, adoravo quel suono così semplice e melodico nelle orecchie.
Riusciva a mandarmi in un altro mondo e a farmi fare cose incredibili, che senza quella spinta non sarei mai stata in grado di fare.
Anche se molte delle volte, quando racconto l’accaduto che tutti vogliono sentire nei particolari, parto con la scusa della canzone, che ha fatto in modo di aprire la mia mente a questa nuova esperienza.
Anche se non era solo la musica, ma anche qualche sigaretta e birra fredda, che rendevano l’atmosfera intima e famigliare, sapevamo benissimo a che cosa andavamo incontro e abbiamo voluto affrontare il pericolo a braccia aperte.
Grave errore.
Lo considero lo sbaglio più grave della mia vita, di questi schifosi vent’anni che mi porto sulle spalle.
 
Ho sofferto molto fino a qualche mese fa quando ho conosciuto quello che adesso è il mio fidanzato, non mio marito.
Lui ha conosciuto Angie e sono diventati amici.








Ehi ragazzi!! che ne dite di questo prologo?? mi è venuto in mente mentre ascoltavo una canzone che molto probabilmente metterò nel prossimo capitolo....
Bhe sono felice per aver scrito,anche se poco, e pubblicato in questa nuova categoria per me!
non ho ancora ricevuto il benvenuto e spero di averlo con delle recensioni sul capitolo!! mi dispiace che sia breve,ma non ho potuto fare di meglio... :)
un bacio!
CAZZAROLA

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Capitolo 2
*** Il mio migliore amico ***


ANGIE  




 

 _ CAPITOLO UNO _
 


 

Due anni prima

Mi è sempre piaciuto dormire.
Non per la stanchezza, ma solo per il fatto di chiudere gli occhi, anche se per un breve periodo, tenere gli occhi chiusi, per quegli istanti sufficienti, mi ha sempre portata dentro quel mondo.
Un buco nero, dove una volta uscita vedo i colori più magnifici: il rosa delle nuvole, gli alberi azzurri e l’erba marrone…
Tutto intorno e’ pieno di vita, di piccole creature che si muovono velocemente, certe battono le ali, altre corrono in lontananza.
Mi sento bene quando mi distendo in quel prato morbido, non mi bruciano gli occhi se guarda il cielo rosa e quei buffi animaletti mi mettono allegria.
Ogni notte quando vado a dormire questo paesaggio si riapre e mi infilo, dopo lunghe giornate, in cui i miei impegni non mi lasciano nemmeno trarre un respiro in più.
A volte però sono davvero stanca e dormo.
Solo quando chiudo gli occhi posso diventare me stessa; in quel mondo mi accettano per come sono.
 
Quando alla mattina apro gli occhi e mi alzo, rientro nella realtà;
E’ come se avessi un'altra vita, quella che vivo e quella della mia immaginazione; a volte sono più rilassata, ma spesso sono ancora più stanca.
Apro gli occhi, gli sgrano più di una volta.
Mi siedo sul letto, raddrizzo la schiena, chiudo gli occhi e faccio un respiro profondo, sperando, che arrivi al più presto la sera.
Ogni giorno cambio modo di vestire, ho stili diversi e confusi, che negli ultimi anni si sono anche mescolati.

Niente di più bello.
Scendo le scale e vado verso la fermata della corriera, deserta per l’ora mattiniera, ma quell’ aria tiepida di maggio, mi mette i brividi.
Indosso solo una maglietta corta e il giubbetto in pelle sopra, con dei jeans neri.
Semplice.
Questa mattina non sono in vena di cose particolari, perché non ho una brutta sensazione allo stomaco, come se avessi mangiato qualcosa di non salutare, ma invece so che è solo il sentimento che sta per succedere qualcosa di negativo.
L’idea di non conoscere mi da sui nervi, ma non posso farci niente.
Entro a scuola e sorrido.
Quell’ambiente famigliare e così neutro…
Sono veramente stanca di questa scuola e per fortuna sono all’ultimo anno e poi, se supero l’esame di ammissione di lingua tedesca, vado all’università, anche se devo vedere bene che indirizzo scegliere, ma la segreteria degli studenti mi ha detto, che una volta superato l’esame non ci sono problemi per l’iscrizione a qualsiasi corso.
Sono entrata a scuola sorridendo perché c’è il mio migliore amico che mi aspetta sui gradini delle scale.
Ieri ci eravamo messi d’accordo per fare colazione e per passare qualche minuto prima delle lezioni a parlare del più e del meno come sempre.

Il mio tempo libero lo passo solo con lui e la mia migliore amica Francesca, che ha finito due anni fa le superiori e adesso sta facendo dei strani corsi di recitazione e teatro.
 
Arriviamo al bar della scuola e mi prende la solita colazione, mi conosce così bene che non serve che dica niente.
Paga e si siede davanti di me.
Sorseggio quel caffè macchiato guardando il mio migliore amico.
Massimo.
Max.
Ah…la creatura che ai miei occhi, dentro questo bar, è la più bella; quei suoi capelli neri a spazzola, quei suoi occhioni marroni e quegli zigomi da uomo.
Questa mattina si è fatto la barba ed è ancora più carino del solito.
Lo guardo bere quel cappuccino con la panna e sorrido.
Quanto gli voglio bene.
- Che c’è Giulia?- mi chiede pulendosi con il tovagliolo la bocca.
Scuoto la testa e gli sorrido ancora.
La cosa più bella di quel ragazzo, oltre al suo viso, è il suo carattere sempre così allegro e spensierato.
Potrei giurare che per quell’anno e mezzo che lo conosco, non l’ho mai visto triste neppure dopo la rottura con una ragazza, per un brutto voto preso a scuola, nemmeno quando litiga con i suoi genitori.
Anche lui è all’ultimo anno, ma si è già iscritto a Verona al corso di medicina.
Ha sempre sognato, fin da quando era piccolo, di voler diventare un medico per  salvare le persone.

E’ una delle poche cose che so del suo passato.
Abbiamo tante cose in comune come la musica, e anche lui, come me. si definisce un artista; abbiamo idee molto strane e contraddicenti con il resto del mondo, e poi c’è la nostra solita voglia matta di scappare e le nostre manie per i tatuaggi.
Io mi disegno sempre stelle, scritte e personaggi ovunque, sulla schiena, polso, fianchi e caviglie; quando le guardo mi fanno felice.
Lui invece adora tutte le cose che gli disegno con le penne colorate sulle braccia.
Ogni momento che passiamo insieme è più divertente, è ironico e spiritoso…
Potrei elencane ancora, fino all’infinito.
Ne parlo così di lui perché è l’unica persona con cui sto bene sia a scuola che a casa, perché molti pomeriggi studiamo insieme in vista degli esami.
Poi alla sera ci troviamo anche con Francesca e andiamo a bere e a divertirci nei pub, stiamo insieme fino a notte fonda.
 
- Giulia….. ehi…. Tutto ok? – mi chiede Max.
- Si stavo solo pensando…- sorrido di nuovo.
- A cosa?-

Mi chiede curioso di sapere dov’era andata a finire la mia mente.
-Ma la morosa, Max?-
Incredulo della mia domanda, lieve arrossimento e un sorrisino sulle labbra.
Sa benissimo che non stavo pensando a niente di simile.
Non risponde.
Nessun cenno di risposta.
Continua a bere quel cappuccino e i suoi occhi mi fulminano, bucando quel briciolo di imbarazzo che si era creato rovesciandolo.
-Ma il moroso, Giulia?-
Sorridiamo increduli di essere così semplici.
 
Finiamo di fare colazione e mi saluta con la mano prima di salire le scale opposte alle mie.
È lunedì mattina e vado in classe per le prime due ore di fisica, giusto per distruggere la mia felicità paradisiaca ed entrare in quell’incubo.
È da due settimane che non apro quello stupido libro, non mi va proprio giù, per fortuna ho preso un sei meno all’orale e quindi sono a posto.
Ascolto i primi venti minuti della lezione, con la faccia stupita e incredula del professore che continua a fissare i banchi in ultima fila, cercando di trovare qualcuno che parla per interrogarlo e fare in modo di saltare la spiegazione.
Non riuscendoci continua ad andare avanti.
Professori… Non sanno fare una professione e allora provano a rompere le palle agli studenti.
La mia concentrazione ad ogni suo sguardo diminuisce, finchè non fisso il libro che sposto più avanti.
Prendo il blocco notes nel quale faccio disegni strani con la penna nera che crea un effetto opposto con il foglio a quadri bianco, anzi, a volte mi metto a disegnare i professori come degli scienziati o supereroi, quelli si che vengono bene!
È buffo.
Mi rendo conto che non sto dando nessuno peso alle parole emesse dall’insegnate, è proprio vero che spendono le parole al vento, almeno in una cosa hanno ragione.
La mia compagna di banco mi da una gomitata, guardo il professore che mi squadra.
Riprende il discorso.
Finiscono le prime tre ore: ricreazione.
Il momento più bello della giornata.
Prendo il cellulare nel quale c’è un messaggio di Francesca che dice:
“ Stasera a casa mia! La festa inizia alle nove”.
Non faccio a tempo a rispondere che vedo Max appoggiato al muretto davanti alla mia classe, con le mani in tasca e il viso leggermente spostato di lato.
Metto il cellulare nei pantaloni e usciamo fuori a fumarci una sigaretta.

 

 

CIAO RAGAZZI!! allora, devo iniziare scusandomi perchè non ho messo la canzone ma la vorrei mettere in un momento più opportuno... penso sia meglio metterla più avanti così si capisce meglio il tutto...comunque voglio dirvi GRAZIE  per le vostre recensioni e non me lo aspettavo e quindi siete GRANDI!! :D
questo è il primo capitolo e spero che vi piaccia,anche se lo trovo abbastanza noioso, ma se non la pensate così ditemelo! RECENSITE che apprezzo molto... VI ADORO!      

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Capitolo 3
*** Il bianco del male ***


ANGIE  




 

 _ CAPITOLO DUE _
 


 

Usciamo a fumare.
Lui appoggia sulle labbra una Lucky Strike.
- Come sono andate le prime tre ore?-
- Potevano andare meglio- mi risponde.
- Prima mi è arrivato un messaggio dalla Francesca…- gli dico.
Il suo viso si illumina e mi fa cenno con gli occhi di proseguire.
- Fa una festa a casa sua, stasera – concludo ridendo.
Le feste a casa sua sono bellissime e vengono ricordate per i fiumi d’alcool, per la musica,  per i bei ragazzi, anzi non li definirei bei ragazzi, ma particolari, perché molti sono attori del suo corso di recitazione.
- Ci vuoi andare?- mi chiede prima di inspirare un’altra volta.
- Si… certo non mi dispiacerebbe per niente… tu invece che vuoi fare?? -
Ci pensa su qualche secondo e malizioso dice:   
– Se ci sono quelle fighe dell’altra volta vengo di sicuro! –
Che scemo.
I ragazzi attorno ci vedono parlare di una festa e senza farsi vedere origliano…
Tutti che si vogliono divertire e nessuno che invece ha voglia di rientrare dalla ricreazione.
- Stasera ti vengo a prendere e ci andiamo a divertire, va bene? - mi dice convinto delle parole che gli escono dalla bocca.
Io non avevo chiesto niente ai miei, anche perché come al solito lei organizza e fa le cose all’ultimo minuto.
Nemmeno i suoi sapevano niente, tanto cosa vuoi che ci dicano, siamo maggiorenni e le responsabilità sono nostre.
Non possono più decidere niente.
L’unico orgoglio di essere maggiorenni.
- Ok, alle nove e mezza da me?- gli chiedo, perché lui arriva sempre in ritardo.
In mezzo a tutta quella bellezza, forse un difetto l’ho trovato.
- Si, va bene…!! Non vedo l’ora! L’ultima volta ci siamo messi a ballare sopra i tavoli e a saltare sui letti… ed erano le quattro di notte…!! Che ricordi! - mi dice lui surriscaldandosi all’idea di fare casino come al solito, e poi non gli sembra vero che ci siano anche le ragazze.
Se ci sono le tipe dell’altra volta ci divertiamo sul serio, quelle si che erano festaiole!
- Dopo non aspettarmi fuori alla fine delle lezioni, perché devo andare in ospedale da mia zia- gli sussurro senza dare ulteriori spiegazioni.

Non gli ho mai detto niente riguardo mia zia Elly, non voglio che stia in pensiero o cose simili, non se lo merita e io non voglio che stia male, per nessuna ragione. Anche se è il mio migliore amico, a volte, certe cose non le posso dire nemmeno a lui.
 
Mia zia sta male.
quattro mesi fa le hanno diagnosticato il cancro, le hanno dato poco tempo di vita ancora e allora voglio passare il maggior tempo possibile con lei.
Deve stare in ospedale, perché vogliono tenerla sotto controllo per assicurasi che non stia male e per farle le terapie che avvengono due volte alla settimana.
Così dicono i medici.
Di lunedì non ha mai terapie e come sempre colgo l’occasione per farle visita.
Esco un paio di minuti prima da scuola, per arrivare in ospedale prima dell’orario di chiusura delle visite della mattina, sperando di trovare poche persone in quella maledettissima struttura.
Quel posto mi mette i brividi, c’è sempre un gran movimento e tante persone diverse che ti scrutano ad ogni corridoio.
La cosa peggiore per un malato, ma anche per le stesse persone che stanno in ospedale, è l’ambiente che mette angoscia: le pareti bianche, gli armadi bianchi, le sedie bianche.
Non c’è miglior modo per impazzire.
 
C’è silenzio, la quiete che si crea per il rispetto, la coscienza che, chi si trova in questo stabile sta male, male fisico, ma soprattutto psicologico che è in grado di distruggere.
Elly è al piano di sopra, i cellulari non prendono e i pazienti possono stare tranquilli. Una cosa positiva c’è.
Si trova nel letto, distesa, con le braccia lungo ai fianchi e la testa appoggiata sul cuscino.
Lo sguardo è in avanti, poi si sposta su di me.
- Ciao zia - le dico sottovoce
- Ciao Giulia… mi fa piacere vederti, ogni volta diventi sempre più carina - mi risponde.
Le solite parole delle zie che ti voglio bene.
- Come stai? Stai meglio? -
- Tesoro, non sento dolore… sto bene.-
Mi dice calma, ma continua… sembra perplessa adesso, piccolo sbalzo d’umore che ho notato sul suo viso.
- No, io non sto bene.
Fisicamente sto bene, ma intendo che non sto bene qui dentro, non riesco a stare chiusa in questa stanza tutto il giorno.
E’ tutto così uguale, a partire dai controlli alla mattina, al pranzo schifoso che mi porta la solita infermiera  dai capelli neri, i controlli pomeridiani e poi la cena, dove se è una buona giornata, ti danno una fetta di dolce.
Almeno tu ti ricordi di me e mi fa sempre piacere quando mi vieni a far visita.
Mi rendi le giornate meno monotone e poi mi fai felice. – mi spiega triste, come se dovesse dirmi queste cose da tempo e non ha mai trovato il coraggio, doveva sfogarsi e ha fatto bene.
Mi fa arrossire e mi fa sentire quasi in colpa, quando i suoi occhi ripiombano su di me.
Sensazione di vuoto.
Sensazione di imbarazzo.
 
Mi siedo sul letto affianco a lei.
Non mi piace vedere le persone tristi, rinchiuse in un posto così, anche se lei non ha scelta, questo è vero, sembrerà strano, ma riesco a percepire il suo stato d’animo, la sua silenziosa tristezza.
Apro la borsa e faccio uscire la ciambella che ho comprato prima al bar di sotto, e le porgo il sacchettino.
- A proposito di dolci – le dico invitandola ad aprire.
Incuriosita da questa busta, dal fatto che qualcuno le desse qualcosa, dall’emozione di aprire, di sperare di scoprire all’interno il diverso della sua solita routine.
 
Apre la busta e i suoi occhi si illuminano, sorride maliziosa e incredula.
Si mette a ridere, ride di gusto.
Mi abbraccia, mi bacia sulla guancia vicino all’orecchio e mi accarezza i miei lunghi capelli arancione chiaro.
- Lo sai che non mi lasciano mangiare queste schifezze….- mi dice e intanto gli da un morso.
- Mmh…buonissimo!- esclama ancora divertita.
Un infermiera si ferma, quella dai capelli neri e ricci che le consegna il pranzo, si sporge sulla porta per controllare se tutto va bene, mia zia la chiama per nome, Elena, che le prende la ciambella dalla mano.
- No! un ultimo morso… – insiste… il suo comportamento è peggio di quello di un bambino che non vede mai le caramelle.
-Signora, lo sa che non deve…-
Mia zia le fa gli occhi dolci, devo dire che gli vengono anche bene;
Dai suoi occhi, mi accorgo della sua giovane età, quei quaranta anni, che hanno la consapevolezza di morire e i suoi sorrisi che ottengo quando la vado a trovare non mi bastano.
Sta soffrendo.
Ogni giorno di più.
- …solo per questa volta- le raccomanda l’infermiera dai bei capelli.
 
Me ne sono andata due ore dopo con un finto sorriso sulle labbra.
Torno a casa a piedi.
Apro la porta e sento mia madre che urla con mio fratello; mi chiede dove sono stata e mi rimprovera che dovevo avvisarla se uscivo prima da scuola.
Non mi interessa.
Vado in camera senza mangiare, con quel vuoto dentro.
Ho solo bisogno del silenzio che c’era in ospedale, forse un po’ lo invidio.

 
 




CIAO! PRIMA DI TUTTO VI DEVO RINGRAZIARE PER LE VOSTRE RECENSIONI E PER IL TEMPO CHE DEDICATE A ME...! :D  ALLORA, QUESTO CAPITOLO, MOLTO DIVERSO DAL PRECENDENTE SPIEGA UN PO' LA SUA FAMIGLIA, PARLA DI SUA ZIA... UN PO' UNA PALLA DI CAPITOLO, MA SUL PROSSIMO SI VA A FARE FESTA!! E CI DIVERTIREMO DI PIU'.... NE VEDREMO DI BELLE, GARANTITO! RECENSITE ANCHE QUESTO CAPITOLO CHE FORSE AVRA' BISOGNO DI SOLLIEVO... BHO CAZZATE MIE! AH AH
OK... VI LASCIO! ALLA PROSSIMA!


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Capitolo 4
*** Della vodka di troppo ***


ANGIE  




 

 _ CAPITOLO TRE _
 

 

Sto spettando Max in camera.
Non arriva.
Sono le dieci e deve ancora chiamare per avvisarmi del ritardo.
Dopotutto mi basta sapere che è in ritardo, almeno non mi preoccupo, visto che ha la macchina e guida come un disperato.
La mia camera si affaccia sulla via e mi accorgo che la sua jeep nera corre veloce e mi fa i fanali per indicarmi che è arrivato.
Sa che mi piace guardare le persone che passano al di fuori della finestra, mi fanno capire che le cose si muovono, cambiano. 
Ultima occhiata allo specchio: un paio di jeans, canotta floreale con cintura fina marrone e cardigan sopra, con un paio di scarpe con il tacco, ma non troppo alto.
 
Scendo e vedo Max che parla con mia madre;
- Si sto attento sulla strada, non si preoccupi – le dice per tranquillizzarla.
- Sai che di te mi fido.-
Solite raccomandazioni, solita rottura di scatole, manca solo il terzo grado che verrà domani mattina a colazione e tutti sono felici.
Mia madre e mio fratello non lo lasciano mai stare quando mi viene a trovare; mio fratello Andrea vuole sempre stare con lui, forse perché ha solo tredici anni e vuole stare con le persone più grandi.
Si trovano bene insieme, si capiscono, stanno pomeriggi interi a giocare con la play station, infatti moto spesso lo faccio venire quando non sono a casa, almeno così non lo torturano.
Mi vedono e smettono di parlare.
Piccola intrusione.
- andiamo!! - gli dico seccata del ritardo, appoggiando la mano sulla sua spalla e lo spingo verso l’ingresso trascinando le scarpe.
Lui mi squadra e sorride vedendo che sono impacciata a camminare con i tacchi, naturalmente mi ha preso in giro per tutto il tragitto fino a casa di Francesca.
Non è mica colpa mia se non porto mai questo genere di scarpe, perché di solito tendo a stare comoda con le Converse.
Questa sera gliela faccio pagare, non mi deve ridere in faccia e continuare spudoratamente, non è giusto.
- Hai intenzione di continuare ancora? – lo stuzzico
- Si, sei troppo impacciata! – esclama continuando a ridere,
- E’ così? Va bene… - faccio finta di essermela presa, ma non riuscirei mai a stare arrabbiata con lui.
Mentre una canzone uscita da poco si fa spazio nelle casse della macchina,  e sono sicura che non sopporta questo genere di musica, lo conosco troppo bene, odiamo dal profondo del nostro cuore le canzoni  così definite “tettoniche” o “tecno”.
Cose da ragazzini.
Provo a cambiare stazione, ma la sua mano arriva per prima e preme il pulsante che ti consente di ascoltare il cd inserito.
Io e lui ci guardiamo, ci mettiamo a ridere.
Stessi gusti,
stesse intenzioni,
stesso obbiettivo.
Il cd inizia con una canzone dei Nirvana, passando per i Police, per arrivare a una canzone mai sentita prima.
Non mi è mai sfuggito un artista che fa musica in questo modo, una canzone decisamente dolce e sincera.
- scusami la domanda, ma chi canta questa canzone?-
Il suo sguardo rimane sbalordito, io non potevo non conoscere l’artista e la canzone secondo lui, me lo dice con un filo di amarezza.
- Giulia, così mi deludi, sono i Rolling Stones…-
Si, sono chi sono, ma la canzone non l’avevo mai sentita, sembra strano, come se il destino mi avesse riservato questa canzone per questo singolo momento.
- Non lo sapevo… non ho mai ascoltato questa canzone, ma mi piace - dico chiudendo gli occhi, stringendomi il cardigan in vita, provando ad assorbire la melodia il più possibile; sento della flebile aria tra i capelli, vorrei pensare di riuscire a fermare il tempo, il suono e la macchina che mi porta veloce alla festa, voglio che non finisca mai questa voce piegata, scongiurando quel mal di stomaco incomprensibile.
Ho fame.


Provo a scendere dalla sua auto, ma saltare con i tacchi non è una buona idea, quindi, lui si accorge che ho qualche problema e mi viene incontro dandomi la mano per aiutarmi a scendere.
Sorride divertito.
 
Fuori, dalle finestre della casa si vedono le luci accese,  persone che si muovono e si sente la musica a tutto volume.
Entriamo, la porta è aperta ed è pieno di gente che si muove verso il soggiorno dove c’è da bere, fette di anguria molto invitanti e succose, e tante cose stuzzicanti da mangiare.
Mangio una pezzo d’anguria perché sono molto affamata, visto che a cena non ho mangiato niente, sperando che il mal di stomaco passi.
Max mi segue a ruota.
 
È pieno di persone che ballano con i bicchieri di birra sopra la testa, in ogni stanza della casa ci sono gruppi di ragazzi che si muovono felici, ondeggiando il corpo, tanto da fare fatica a spostarci.
Ci sono molti ragazzi, molto più grandi, avranno trenta anni, che ci provano solo con lo sguardo e ti fanno capire che si vogliono divertire.
Un tipo dagli occhiali da vista spessi mi prende per i fianchi, mi trascina verso il centro della stanza e ci mettiamo a ballare.
Perdo di vista Max, ma sono circondata da ragazzi misteriosi dai vestiti particolari, come hippy, certi indossano cappelli da cowboy, stivali e scarpe con il tacco più vertiginoso, pieni di gioielli e truccati con colori e sfumature a dir poco stupende.
Quei ragazzi stanno magnificamente e continuano a ballare e bere.
 
Cammino avanti e indietro, dalla zona in cui ballano al soggiorno dove danno quelle squisite angurie, un altro bicchiere di birra e di nuovo in pista a ballare.
Il tipo con gli occhiali mi segue, fino quando mi ha preso i polsi in modo da farmi alzare le braccia, evitando di far uscire la birra, e da lì ha iniziato a strusciare il suo petto contro la mia schiena.
Chiudo gli occhi, scuotendo la testa e il bacino al ritmo della musica, gli riapro per evitare di inciampare, visto che sono miope e non ho gli occhiali, e guardo le nostre mani unite; mi accorgo che ha una croce tatuata sul braccio e che i suoi possenti tendini mi tengono ferma.
Mi giro, sorseggio da quel grande bicchiere di birra e lo guardo negli occhi, quegli occhi neri e profondi.
Continuiamo a muoverci, sono così vicina da sentire il suo respiro caldo e affannato, il profumo di dopo barba mischiato al sudore del collo.
Voglio provare a parlare, ma la musica è troppo alta, le urla dei ragazzi , quegli occhiali stupendi e il tatuaggio…… non mi fanno capire niente.
- Come ti chiami?- gli chiedo.
Mi guarda confuso, perplesso.
Non risponde, guardo le sue labbra, aspetto che si muovano per capire il labiale, ma niente, forse non ha capito la domanda.
Non voglio ripetere, essere insistente.
- Filippo, e tu invece? – mi dice
Filippo… bel nome, non originale come i suoi occhiali neri, non come il suo maglioncino grigio attillato, ma mi piace lo stesso.
- Giulia – gli dico guardandolo di nuovo e sorridendo.
- Piacere -
 
Continuiamo a muoverci tra le persone e mi accorgo che Max è circondato da cinque ragazze bionde troppo slanciate e cortesi con lui.
Lui sta ridendo, io non ci ho più visto.
Ma cosa ci trova di divertente in quelle tipe?
Loro non sono il suo tipo, sono troppo egocentriche e sbadate, non sanno nemmeno tenersi sotto controllo.
Ho lasciato Filippo e sono andata da Max, attraversando l’intero salone traballando con le scarpe, scavalco la barriera di ragazze che si è formata, le sposto dalle braccia, allungo la mano a Max che afferra subito, senza pensarci su due volte.
Lo fulmino con gli occhi e lui sospira.
Vaga impressione ma sembra che l’abbia salvato.
- Scusate ragazze, ve lo rubo un attimo – dico portandomelo a seguito.
Saliamo le scale.
Voglio trovare un posto più tranquillo dove potergli parlare.
Una cosa non mi è chiara : ma perché ho reagito così?
Perché quella reazione stranamente…Gelosa?
Sono gelosa del mio migliore amico?
No, forse sono quelle ragazze che non mi piacciono.
Ci sediamo sull’ultimo gradino in alto, anche se la musica si sente ancora, ma meno di prima e Max mi guarda confuso, anche lui non ha capito la mia reazione.
- Ma che hai? –
- Niente, ma chi erano quelle tipe? -
- Mah… non sono riuscito a conoscerle tutte perché sei arrivata tu, ma mi stavo presentando. Hanno detto che sono carino. –
- Si, chi non direbbe che sei carino qui dentro -
Sussurro stupido.
Max ride senza controllo, perché di sicuro, se fossi stata sobria, non mi sarebbe mai uscito dalla bocca niente del genere.
L’alcool è entrato perfettamente in circolo.
Non capisco : ho bevuto solo due birre e sono ubriaca molto più di qualche minuto fa.
- Giulia quante fette d’anguria hai mangiato? - 
- Un paio perché? Sono buone! –
Ingenua.
Sono ufficialmente ubriaca e inizio a non vederci più, non che prima ci vedessi meglio, maledetta miopia e maledetta voglia di non portare gli occhiali.
- Come perché? Quelle angurie sono piene di vodka – mi dice ancora ridendo, piegato a metà, da non riuscire nemmeno a guardarmi in faccia.
- Stai s-scherzando ? - inizio a ridere ancora di più, inconscia di quello che mi è successo.
Non sta scherzando, i conti tornano.
Ma sono così buone e fresche, forse avevo fame e ne ho mangiate troppe.
Provo ad alzarmi, ma non mi reggo in piedi, colpa dei tacchi.
Slaccio le scarpe e le tengo in mano, ma non ci riesco lo stesso.
Non è colpa dei tacchi, sono troppo ubriaca da non tenermi in piedi.
Mi risiedo con le scarpe in mano.
La musica ad alto volume si è abbassata, un cambio di ritmo fatto male, forse non è nemmeno mai successo, ma nella mia testa c’è la canzone che suonava prima in macchina, quelle note splendide mi stanno confondendo ancora di più.
- Max, cos’è che sbaglio ? -
Non capiva che genere di domanda fosse quella.
- Cosa stai sbagliando ?- mi risponde.
Bene, se nemmeno il mio migliore amico mi capisce, non so più dove andare a sbattere.
Sono presa veramente male.
Non so se siano state le angurie, anzi la vodka delle angurie, o qualcos’altro, ma ho bisogno d’affetto, come sempre è colpa del ciclo che mi deve arrivare, non ce la faccio più.
Appoggio la testa sulla sua spalla, lui leggermente mi accarezza i capelli, ci giocherella.
- Sei ingenua -
- Si, forse lo sono. –
Ma che ci posso fare?
- Ma mi piace la tua ingenuità -
Come sarebbe? Cos’ha la mia ingenuità? Di sicuro si comporta meglio di me.
Sorrido, per questa sua affermazione mi si è aperto il cuore.
Lo guardo negli occhi, chino leggermente la testa, lui si avvicina e ci troviamo talmente vicini, tanto da riuscire a sentire il suo fiato caldo avvicinarsi sempre di più, finché quelle labbra stupende non si sono incontrate con le mie.
Un leggero, innocente e fragile bacio.
Ci guardiamo negli occhi, cosciente solo dal fatto che i sui brillavano.
 
- Ragazzi! Ma da quanto siete qui? – chiede Francesca che spunta dalle scale.
Ecco, imprevedibile e sicuramente contraria a questi miei, anzi, in questo caso nostri, comportamenti e sbalzi d’amino che le fanno girare la testa.
- Circa da due cocomeri fa – le rispondo scoppiando a ridere.





CIAO A TUTTI!! come state? si, è da un pò che non pubblico, scusatemi, ma ho dovuto studiare per le ultime verifiche... una rottura che non vi dico!
comunque che ne dite di questa festa? Giulia si è divertita con Filippo, Max con quelle biondine...
ma cos'era quel bacio tra Giulia e Max?? cos'ha significato?
ho fatto un capitolo un pò più lungo e più divertente dell'altro, cosa vi sembra?
RINGRAZIO di CUORE tutte le PERSONE che mi hanno recensito!! vedo che vi piace la storia o sbaglio? :D
GRAZIE, senza di voi non sarei qui a scrivere ancora! a presto con un nuovo capitolo...

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Capitolo 5
*** I postumi di una sbornia ***


ANGIE  




 

 _ CAPITOLO QUATTRO _
 

 
 

Mi sveglio con la testa pesante, con una voglia matta di andare in bagno a vomitare.
Mi alzo e provo a camminare, cerco di scendere le scale senza molto successo e ad ogni gradino penso a quello che è capitato la sera prima.
Non ricordo esattamente niente.
La tracolla sulla spalla pesa e vado verso il salotto per metterla giù e vedo mia madre che pensierosa fa colazione.
Mi vede ma non mi saluta.
Che cosa ho combinato ieri sera ?
Vado in bagno con il passo di un morto che cerca di tenersi in piedi.
Provo a vomitare ma non ci riesco, mi lavo il viso, tolgo il trucco sbavato e cerco di sistemare la mia espressione, il mio viso pallido e le occhiaie.
Operazione non riuscita, signore.
Così vado a fare colazione e cerco tutti i modi per far credere a mia madre che sia andato tutto bene, se mi chiede qualcosa improvviso, come faccio quando mi interrogano.
Mi siedo.
- Buongiorno - sussurro
- Ciao tesoro, ti sei divertita ieri sera? –
- Si, si …cera tanta gente –
- E Max? –
- Si anche lui, era circondato da ragazze –
Ecco, qualcosa mi ricordo, le super tipe che avevano circondato Max e anche la mia stupida reazione.
Le cose stanno riemergendo.
Piano piano le cose ritornano al loro posto.
- E non sei gelosa ? -
-  Di chi ? –
- Di Max –
- Di Max ? No… perché ? –
- Ma non è il tuo ragazzo? – mi chiede facendomi soffocare con una fetta biscottata con la marmellata. Ma che discorsi sta facendo?
- Il mio cosa ? –
- Il tuo ragazzo…–
- No.. no.. no… lui è il mio migliore amico –
Così si conclude questo interrogatorio, o terzo grado, e devo dire che sta mattina mi è anche andata bene, perché di solito mi chiede anche cose più imbarazzanti che evito di specificare.
 
Prendo qualche pacchetto di crackers, questo perché collego sempre il fatto vomito con quello dei crackers.
Tutta colpa dei film, forse.
Vado verso la fermato con gli occhiali da sole.
Ormai si avvicinano gli ultimi giorni di scuola e sono abbastanza agitata per gli esami, anche se con lo studio sono presa abbastanza bene, ma poi all’orale c’è anche quella maledetta commissione esterna che distrugge tutti i buoni propositi.
Al massimo chiedo a Max di studiare.
Mi avvicino a scuola con i Ray Ban che mi aiutano a nascondere la mia espressione stanca, di chi non ha dormito a sufficienza, con la cartella, con una sensazione di vuoto che mi tormenta da due giorni interi, la maledetta consapevolezza di non ricordare niente di ieri sera, mal di testa e sensazioni di vomito continue.
Ho solo diciott’ anni e sto peggio di una vecchia.
 
Sono sempre stata consapevole del fatto che la cicogna, quella maledettissima volta, abbia sbagliato destinazione, non posso essere capitata in questo paese confuso di mezza città e mezza periferia del nord.
Ho sempre provato grande invidia per chi vive al sud, nei paesi caldi, ma non solo per il clima, ma anche per le persone, perché qui se non bevono quel bicchierino non si sanno divertire e stanno male.
Per non parlare poi della politica che non voglio dire niente, perché se no me ne vado con la cartella sulle spalle adesso. ORA.
 
Varco la porta d’ingresso, come ogni mattina ci sono troppi nanerottoli che bloccano l’entrata, dovrebbero creare una porta vip per quelli più grandi, sarebbe almeno un tributo alla resistenza;
 
Entro a scuola e vado in palestra.
Martedì.
Prima ora: educazione fisica.
Sto seduta per i cavoli miei a pensare, sulla tribuna in alto.
Guardo i ragazzi correre e giocare a pallavolo.
Quello con la maglia verde gioca molto bene, che polpacci muscolosi, di sicuro è un’ atleta; anche se c’è quel ragazzo stanno perdendo lo stesso.
Peccato.
Il preside entra in palestra, non l’avrei riconosciuto, se non fosse stato per la sua giacca marroncina che porta tutto l’anno e che lo fa sembrare esattamente quello che è.
 
Qualcuno si avvicina a me.
Non lo considero nemmeno, ma non per fare la snob,  perché non mi sono accorta della sua presenza così vicina, anche grazie al mal di testa che mi rende molto irritabile.
- Ehi bella! Ci sei ?  - mi dice scuotendo la mano.
Lo guardo in faccia, in quel momento il mio cervello ha pensato solo a tre cose:
occhiali, tatuaggio, festa.
Filippo.
Filippo, che con una maglietta bianca e con un paio di pantaloncini scuri si avvicina lentamente, non l’avevo nemmeno riconosciuto se non fosse stato per quegli occhiali spessi.
Io non l’ho mai visto in questa scuola, da cinque anni che sono qui, di sicuro lui non è uno che passa inosservato ai miei occhi.
- Ciao, scusami ma stavo guardando la partita, non ti ho visto. Che ci fai qui ? -
- Non importa. Vengo a scuola qui… come tutti purtroppo. –
- Io non ti ho mai visto –
Ridacchia.
- Come stai ? Ieri sera ci sei andata giù di brutto -
- Giù di brutto in che senso ? –
- Che hai bevuto troppo –
- Adesso capisco cos’è questo mal di testa –
Non mi ricordo di aver bevuto così tanto…
La vodka che c’era nell’anguria, quella mi ha stregato.
- Non ti facevo una tipa così, sembri molto più tranquilla -
- Sono tranquilla, è stata la vodka che c’era nelle angurie a fregarmi –
- Questo giustifica anche i tuo comportamenti… –
- Mi stai facendo preoccupare – dico pacata
- Non ti ricordi proprio niente, eh? –
Annuisco, pregando in silenzio che mi dica cos’ho fatto di così tanto folle, perché la mia memoria sembra avere qualche problema.
Suona la campanella, sempre nel momento meno opportuno.
- Adesso devo andare, magari fatti raccontare dal tuo amico che ha provato a fermarti più di una volta senza riuscirci -
Che ha provato a fermarmi ? Non riesco a credere a nessuna parola pronunciata dalle sue labbra.
Devo trovare Max.
Devo sapere.
 
Esco dalla palestra e vado in classe
Seconda e terza ora: italiano.
Italiano, quindi posso sia scrivere a Max che fare un leggero riposino, giusto per farmi passare il mal di testa.
Il professore entra in classe, ormai è distrutto anche lui dalle ore passate con noi, ma semplicemente non si lamenta e continua a spiegare le tipologie delle tracce che potremmo trovare all’esame, cioè nella prima prova, e qualcosa su Aristotele che non ho capito bene…
È dall’inizio dell’anno che dice queste cose e ancora continua, lasciamolo fare, così almeno riesco a scrivere a Max.
“ Dopo ci dobbiamo assolutamente vedere, dobbiamo chiarire alcune cose “
Apro la cartella e ci metto dentro il cellulare, così almeno non me lo ritira.
Appoggio la testa sul primo libro che trovo e li ci rimane, più che a dormire veramente, a pensare a che cavolo ho fatto la sera precedente, perché ogni minuto che passa sembra che mi venga sottratto dell’ossigeno al cervello.
Non ce la faccio più.
Allora, facciamo un riepilogo: io so che sono andata alla festa di Francesca ieri sera con Max, e questo è sicuro, poi ho conosciuto Filippo, e ne ho avuto le prove prima, ho salvato Max da delle ragazze e poi l’alcool ha fatto il suo effetto.
E che effetto…
La tipica conseguenza è quella di non ricordare niente, giusto?
Non mi sembra logico.
Apro la borsa e vedo due messaggi non letti: Max che dice “ Va bene. In ricreazione dobbiamo parlare”.
L’altro è di Francesca, che invece, è quello che ha catturato maggiormente la mia attenzione.
“ Giulia… la prossima festa ti voglio ancora così! Tutti si sono divertiti moltissimo e volevano conoscerti, ma poi Max ti ha portata via… peccato, potevamo divertirci ancora “.
- Allora, qualcuno mi dice che ho fatto? - Lo sussurro un po’ ad alta voce che il professore si ferma e mi guarda con aria abbastanza incattivita.
Ok, devo studiare Aristotele perché all’orale è sicuro che me lo chiede.
 
Arriva la ricreazione e vedo Max che mi aspetta, come la solito vicino alle scale, fuori dalla mia aula.
Sorride vedendo la mia faccia, che di sicuro è presa peggio del solito.
Speriamo che mi dica quello che è successo e che lo faccia in fretta.
- Ciao. Come stai ? – mi chiede lui con una nota di allegria.
- Male. Tu ? –
- Male per quello che hai fatto eri sera.-
- E che ho fatto ? –
- Partiamo dalla cosa meno grave ? –
- Si, ti prego! –
- Beh, sai… mi hai baciato –
Penso che il colore della mia faccia abbia cambiato qualche gradazione di rosso.
Non ci credo, con occhi increduli guardo la sua espressione quasi stupita, ma non capisco da che cosa, e poi io non mi ricordo di averlo baciato.
Di sicuro mi sarei ricordata di questo.
Mi sarei ricordata le sue labbra.
Quando mi ha detto del bacio, le note della canzone che sentivo in testa ieri sera, quasi incredibilmente, le ricordo anche adesso.
Forse è stata proprio la canzone che mi ha spinto a baciarlo.
Più probabilmente è stato l’alcool, non può essere stata la canzone.
Ma lui ha detto che il bacio è stata la cosa meno grave che ho fatto ieri sera, il seguito mi mette il voltastomaco.
- Continua ti prego - dico guardando il basso, non voglio incontrare i suoi occhi.
- Poi hai sceso le scale e hai iniziato a ballare con i ragazzi con il capello da cow boy senza maglietta, loro ti hanno alzata sopra il tavolo della cucina, buttando per terra tutto, e hai iniziato a ballare, più che a ballare hai iniziato a spogliarti. Ma tu queste cose non te le ricordi, giusto? –
- No, non mi ricordo –
Lui ride, ma si trattiene perché deve ancora finire.
- Hai presente la mia macchina ? Ci hai vomitato dentro! -
Non ci credo.
Non posso credere a queste parole.
Si, sono capace di divertirmi, ma senza fare così; questo spiega il messaggio di Francesca e perchè mi ha detto che si sono divertiti…
Tutto è chiaro.
Quello che ho fatto dopo il bacio non mi interessa, a me importa del bacio, di lui, e voglio capire bene che cos’è successo, non voglio rovinare tutto.
- Ma riguardo il bacio… - dico per risollevare questo immenso polverone.
- Non ti preoccupare, so che non volevi, eri ubriaca punto -
L’unica persona che riesce a capirmi.
Lui sa veramente che non sarei mai stata capace di fare azioni di questo genere, come baciarlo e spogliarmi, anche se le sue labbra sono invitanti anche ora, ma non lo bacerò di nuovo.
Non berrò, e soprattutto non mangerò più angurie ad una festa.
Stanne certa.
 
- Grazie Max, grazie di tutto. - gli dico camminando verso la sua auto.
La macchina è quella di ieri sera, e giuro, che dall’odore, qualcuno ci ha vomitato dentro e non una volta sola.
- Tu non sai quanto mi devi ringraziare. Puoi dire che ieri sera ti ho salvato la vita, anzi ti ho salvato la faccia portandoti via da sopra quel tavolo e poi sono riuscito a portarti in camera senza farti beccare ubriaca dai tuoi. -
- Grazie. L’ho sempre saputo che sei un grande. Ma bisogna trovare un modo per far scomparire questa puzza tremenda. –
- Apri il finestrino –
Ci mettiamo a ridere quasi increduli per quello che abbiamo fatto, ma di una cosa posso starne certa: io posso contare su di lui.
 - Che ne dici se oggi studiamo Aristotele insieme? - propongo senza tanta enfasi.
- Aristotele ? –
- Si, è una lunga storia… -

 



CIAO RAGAZZI!!eccomi qui di nuovo con un altro capitolo! Sono veramente felice che sia finita la scuola, così posso dedicarmi di più alla storia e a voi.
Il capitolo personalmente mi piace moltissimo, penso che sia quello venuto meglio, ma sarete voi a giudicare, anche se come al solito sento che manca qualcosa, ma non so bene cosa, sono insoddisfatta, ma felice!
Che ve ne pare? Filippo è tornato in gioco, è comparso anche il questo capitolo e ha incontrato Giulia.
Max è la persona che stimo di più per il suo comportamento così saggio e responsabile, ha davvero dato un’enorme mano a Giulia che sicuramente non sarebbe stata in grado di cavarsela da sola.
Prima di concludere devo fare un immenso RINGRAZIAMENTO a tutti coloro che hanno RECENSITO, messo tra i preferiti e nelle seguite, la storia senza di voi non potrebbe andare avanti!
GRAZIE MILLE!

Adesso vi lascio, e mi raccomando fatemi sapere cosa ne pensate, ci conto!
A presto!


 

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Capitolo 6
*** Meglio non studiare ***


ANGIE  




 

 _ CAPITOLO CINQUE _
 

 
 

Arriviamo a casa mia.
Il pranzo è già pronto perché oggi abbiamo avuto sei ore, quindi mia madre ci ha lasciato qualcosa da mangiare.
Ogni tanto mangiamo insieme, specialmente quando studiamo, così non dobbiamo sprecare tanto tempo per trovarci dopo.
È da qualche giorno che non apro i libri per gli esami, ho sempre qualcosa di meglio o di più importante da fare, ma oggi mi devo concentrare.
Finiamo e ci mettiamo a guardare la tv, i Simpson sono già iniziati, ci accovacciamo sul divano a guardarli con mio fratello che ci fissa.
- Andrea, c’è qualche problema ? -
- No, perché ? –
- Perché lo schermo è dall’altra parte -
Si gira arrabbiato, ma con la coda dell’occhio ci spia lo stesso.
Siamo solo seduti, non stiamo facendo niente, qualcosa lo turba.
Avete presente l’espressione, sul viso di una persona, che sa una cosa ed è consapevole del fatto che tu non sai praticamente niente?
Beh, lui ha quell’espressione.
La prima cosa, che mi è venuta in mente dopo il “che cavolo guardi?”, è stato il bacio, incredibile che abbia ancora in mente quell’incidente, se lo possiamo chiamare così, naturalmente.
Lui non può sapere quello che è successo… non era li, poi non può conoscere i ragazzi della festa, dopotutto non li conosco nemmeno io!
- Max, al posto di stare con mia sorella, quando è finito il programma, giochiamo con la play? -
- Sai che devo studiare…ho gli esami quest’anno –
- Si anche io –
- Andrea, ma noi abbiamo la maturità, è diverso dagli esami di terza media…- mi intrometto io.
- Nemmeno una partita ? –
- Si ok, solo una –
Squadro Max, non può farmi questo! È venuto qui per studiare, non per giocare con mio fratello, no?
Mi sembra così sbagliato.
Hanno giocato insieme altre volte, non so perché oggi mi da fastidio, forse è la sbornia che mi deve ancora passare.
Metto il broncio, provvisorio, come sempre, non riesco ad arrabbiarmi vedendo due persone che si divertono a stare insieme.
 
Accendono la playstation e si mettono a giocare.
In questo preciso istante sto invidiando mio fratello, solamente perché lui sta con Max, anche se lui non ci fosse non giocheremo di certo insieme, non siamo mai riusciti a trovare qualcosa in comune da fare, a malapena d’estate stiamo fuori a fare qualche passaggio di pallavolo, c’è solamente troppa differenza d’età, o forse è solo quello che credo io.
 
La partita dura circa quindici minuti, è breve, così dopo andiamo a studiare in pace di sopra, almeno questo fatto mi solleva un po’.
Loro due stanno giocando con la stessa squadra, stanno vincendo.
Mi sto annoiando, ma mi piace vederli giocare insieme, mettono tenerezza.
Il loro attaccante, controllato da Max, si sta avvicinando alla porta per segnare un goal, ma lui non vuole passare la palla, vuole giocare da solo per provare a vedere se riesce a segnare da quella distanza.
Sfortunatamente non ci riesce.
- Idiota dovevi passare la palla! - dico a Max
- Idiota sei tu! –
- No tu! –
- No tu! –
- Ragazzi smettetela! – si intromette mio fratello.
Con sguardi di sfida ci fermiamo, si gira verso la televisione e continua la partita.
Riescono a finire, a vincere, anche con i miei insulti amichevoli; così alzo lo zaino da per terra e andiamo di sopra a studiare.
 
Prendo il libro di italiano, quello di filosofia, i quaderni degli appunti e accendo la luce della scrivania.
Mi siedo sulla mia sedia mentre lui prende i suoi libri dalla borsa .
Ho solo una sedia in camera mia, così provo a chiedere la sedia a mio fratello, così Max si siede e finalmente iniziamo.
- Andrea mi dai la sedia ? –
Nessuna risposta.
Ho sentito i suo passi prima salire le scale, ma forse sta ascoltando qualcosa al computer da non riuscire a sentire la mia voce.
Oppure semplicemente mi sta ignorando.
Mi alzo, faccio quei tre brevi gradini che separano le nostre camere e lo vedo che ascolta musica dalle cuffie.
Gliene tolgo una, cercando di non litigare.
- Mi puoi, gentilmente, dare la tua sedia? –
- Che palle…! Si tieni, solo perché è Max –
Questa cosa non la capisco.
Solo perché è lui?
La sedia me la dava lo stesso, perché sono sua sorella e comunque con le buone o con le cattive so come ottenere quello che desidero.
 
Rientro in camera per l’ennesima volta, con più stanchezza di prima, ma con più voglia di aprire quel maledetto libro.
- Hai detto che ti dovevo spiegare Aristotele, giusto? –
- Si, non l’ho studiato molto quest’anno –
- Quindi te lo devo spiegare tutto, vero? E se non fossi capace? Se me la fossi presa perché mi ha dato dell’idiota? Sai, gli idioti non sanno tutto quello che so io.. –
- Dai Max, non fare così…sai che stavo scherzando e poi anche tu mi hai dato dell’idiota… ricordatelo –
- Ok, solo perché siamo pari –
 
- Da che punto iniziamo? Biografia e opere? Mi sembra quella la parte più importante e se quello di italiano all’orale te lo chiede, sicuramente queste sono le cose principali –
- Si, fammi vedere sul libro cosa c’è scritto…-
Sfoglio il libro di filosofia, non trovando tanto, solite cose, data di nascita le sue opere spiegate in breve e la sua vita raccontata come se tutti gli uomini più rinomati, stimati e intelligenti, che sono vissuti molti anni fa e che hanno segnato la loro presenza nella storia, soffrissero di qualche tipo di problema, forse sentimentale, mentale o culturale; secondo me, loro erano qualcosa al di fuori della società, del secolo di provenienza, anche solo per il fatto che ragionassero con una mentalità così aperta, alla mano, e che a volte le persone non riuscissero nemmeno a capirlo.
Quindi se le persone non ti capisco cosa vuol dire? Che anche io ragiono in modo diverso e nuovo dalla massa?
- Giulia, stavo dicendo…Aristotele nacque a Stagira , una cittadina della penisola greca nel nord della Grecia nel 384 a.c.  e all'età di 17 anni, andò ad Atene al fine di entrare a far parte dell'Accademia di Platone, che si trovava all'epoca a Siracusa.Vi rimase per ben 20 anni svolgendo un'attività di insegnamento…-
- Si, ma dimmi le cose più importanti… mi fai fare confusione…non mi interessa ogni particolare, solo le cose fondamentali giusto per fargli vedere che le cose le so…-
- Allora, in sintesi: Aristotele, è stato uno scienziato e filosofo greco antico, noto come il "filosofo dell'immanenza". È considerato uno dei più innovativi e prolifici uomini di cultura del mondo antico occidentale e una delle menti filosofiche più stimate e influenti, nonché un precursore di scoperte in vari campi della conoscenza.-
- Non è difficile, poi mi devo studiare anche le sue opere… -
- Si, ma non ti preoccupare, anche quelle non sono molto difficili, senti una delle mie citazioni preferite: Cos'è un amico? Una singola anima che vive in due corpi -
Una singola anima che vive in due corpi.
La cosa più bella che io abbia mai sentito.
Mi sto pentendo di non averlo studiato nel momento opportuno, potevo tranquillamente anche approfondirlo, ma dovevo studiare fisica visto che quel professore mi odia.
È il filosofo preferito di Max e lo credo bene, è molto profondo e sentimentale, ma non affronta solo il campo dell’amore, ma anche della politica e della scienza.
Penso che più tardi mi leggerò qualcosa.
Ci guardiamo con aria confusa, era dedicata a me quella citazione, quella stupenda frase ?
Giro la pagina del libro, ma Max ha avuto la mia stessa intenzione e le nostre mani si sono toccate.
Nono avevo mai toccato le sue mani, nemmeno per scherzo, il leggero sfiorare la sua pelle calda mi manda su di giri.
Dobbiamo studiare.
Fortunatamente un messaggio nel cellulare mi salva dai suoi occhi marroni.
Lo prendo dalla scrivania; è di Francesca che dice: “ Scimmietta, vieni a trovarmi ?”
Le rispondo velocemente, avrei fatto di tutto per non incontrare ancora una volta i suoi occhi che mi hanno scombinato il cervello.
“ Arrivo, anzi arriviamo, c’è anche Max ”
“ Immancabile ”
- Francesca chiede se andiamo a trovarla – dico a Max che stava evidenziando qualcosa sul suo libro.
- Ma non dovevamo studiare? –
- Si, dai, solo un’oretta –
- E va bene, ma prima finiamo di parlare di Aristotele… -
 
Decidiamo di partire.
Sono le quattro, fuori c’è il sole e io sono felice, ma allo stesso tempo sono pensierosa.
La macchina di Max odora ancora di vomito che mi dà alla testa, ma ormai non ci sto nemmeno più facendo caso.
Mi vibra di nuovo il cellulare.
Un nuovo messaggio non letto: numero sconosciuto.
“ Ciao, scusa se ti disturbo, sono Filippo… tutto bene? “
“ Ciao! Non ti preoccupare sto bene… tu? “
- Giulia chi ti sta scrivendo ? -mi chiede Max
- No, nessuno –
Finalmente arriviamo da Francesca, non vedevo l’ora, l’aria iniziava a mancare in quella macchina.
Quei jeans corti e la canottiera non fanno nessun effetto, sento ancora più caldo.
 
Saliamo le scale, terzo piano a destra, bussiamo.
- Ciao Giulia, ciao Max! Come state ?? - dice Francesca tutta contenta abbracciandoci e baciandoci.
- Bene, bene… -
- Non dite niente, venite con me, ho scoperto un posto bellissimo un paio di giorni fa, ma non ho fatto in tempo a dirvelo ieri sera –
Abbiamo preso le biciclette, dopo una ventina di minuti in direzione nord, verso una strada sterrata, ci avviciniamo ad una cascata.
L’acqua cade velocemente, il vento leggero porta delle particelle d’acqua nella nostra pelle, ci rinfresca.
Arriviamo in un via stretta, lungo un canale, ci si passa solo una bicicletta alla volta.
Francesca si ferma quando la stradina fa una curva, in un posto all’ombra, costeggiato dall’acqua fresca e dagli alberi alti con un verde scuro come chioma.
Ci siamo seduti sulla terra ricoperta di erbaccia, nessuno ci fa caso, il sole sta tramontando, è di un colore arancione e di un giallo leggero, color pastello; delle nuvole sono da cornice a quel magnifico paesaggio.
È incredibile che esista ancora un posto del genere.
- Allora che ne pensate? Bello vero? – Francesca interrompe i miei pensieri.
- Si… meraviglioso! – dice Max con lo sguardo all’orizzonte.
Mi vibra di nuovo il cellulare, è ancora Filippo.
“ Io sto bene…sei tu quella che stava male stamattina… Come sei presa con lo studio ? “
“ Bene, non mi manca tanto... non vedo l’ora di finire tutto e andare in vacanza! Tu? ”
Risponde subito. Ha proprio voglia di rompere, io non ho voglia di rispondere, voglio solo godermi questo magnifico paesaggio in santa pace.
“ Si anche a me non manca tanto… ti va di fare un ultimo ripasso insieme a me ?”
Ripassare insieme ad un ragazzo, che non sia il tuo amico, ma lo stesso, come ho visto oggi provoca distrazioni, non mi sembra una buona idea.
Ma alla fine cos’ho da perdere? È per sempre un nuovo amico, io di amici non ne ho mai avuti tanti, e devo dire che questi due angeli che adesso sono al mio fianco in questo momento sono veramente caduti dal cielo.
“ Si va bene… Ci sentiamo più avanti che adesso non posso, ok ?”
- Giulia, dopo che fai? -
- Intendi nei prossimi cinque minuti o l’anno prossimo?-
- Tutti e due… -
- Nei prossimi cinque minuti sto qui con voi due, per l’anno prossimo ho fatto qualche mese fa il test d’ingresso di lingua, per quell’università che ti avevo detto a Berlino -
- Si, se ne va…  ci lascia qui da soli – dice Max con aria sconfitta.
- ehi, non è detto che io abbia passato il test perché era difficile e poi anche tu Max vai a medicina a Verona… Quando finiamo gli esami ci divideremo –
Anche se non ho mai affrontato l’argomento così apertamente con loro due, ne ho solo parlato individualmente, ho lasciato uscire i miei pensieri, qualcuno doveva affrontarli prima o poi.
- L’unica che rimane qui sono io, allora. Qualche mese fa, ho fatto quella pubblicità di intimo, mi sono messa via un paio di soldi, quindi mentre voi studiate, io mi faccio il corso di recitazione che avevo in programma dall’anno scorso, poi d’estate dobbiamo sicuramente stare insieme -
- Si, a me va bene. Mi dispiacerebbe perdere degli amici così… -
- Per me è lo stesso, non potrei mai stare senza voi due –
Sospiriamo e ci guardiamo tutti e tre negli occhi, non può arrivare la nostra fine, noi siamo amici e l’amicizia non può crollare solo per la distanza; se vuoi bene a delle persone gli stai vicino, anche solo con il pensiero, ma ci sarai sempre, anche se non fisicamente.
- Tua zia come sta, Giulia? – mi chiede Francesca, provando a recuperare qualche minuto di silenzio, che sembra portare via quel pomeriggio.
- Il solito, sta male e non sembra che le cure facciano tanto effetto, ma in compenso non è una malattia fisica, molto più psicologica, secondo me… -
- Mi dispiace, è così giovane… – mi risponde con una nota di dispiacere, nella sua voce sono riuscita a sentire un soffio leggero di sconforto.
- Come l’hai saputo che aveva questa malattia? – mi chiede Max
- Me l’ha detto mia madre. Io ci sono rimasta male, dopotutto è l’unica persona della mia famiglia a cui dico tutto, è una donna giovane e vera per natura, penso che dalle mie descrizioni vi conosca meglio di me… –
 
Dicendo questo mi viene in mente quando lunedì sono andata a trovare mia zia, e di tutte le volte che parlo dei miei amici:
 
- E i tuoi amici? Francesca come sta?-
- Sta bene… adesso sta facendo dei corsi, è molto brava e intelligente come sempre. –
- E Massimo? –
- Max, lui è incredibile, è davvero una persona meravigliosa in tutti i sensi, non so cosa farei senza di lui… –
- Ma è il tuo ragazzo, giusto? –
- No, zia, lui è il mio migliore amico. Non posso avere un migliore amico maschio?-
- Si, tesoro, ma sei sicura ? lo so che vi volete bene, è solo che quando parli di lui i tuoi occhi si illuminano e il tuo viso assume un’altra espressione… Per me lui ti piace…-
- No… non è così… non mi p-piace –
- Nemmeno un pochino? –
-No, è bel ragazzo, questo si, ma niente di più dall’essere amici –
 
Almeno così cercavo di convincermi.



 
 

 Ciao ragazzi!!! scusatemi veramente, ma sono riuscita a pubblicare solo adesso... avevo così tante idee in testa, ecco cosa è uscito! non mi entusiasma più di tanto, ma troviamo Max quasi geloso o meglio curioso, ritorna Filippo, ma come al solito non si sa dove vuole andare a parare... :D
Poi troviamo questi amici che forse si allontaneranno... speriamo anche di NO!
Volevo ringraziare tutti quelli che recensiscono la mia storia e anche chi la segue!! GRAZIE
Spero solo che vi soddisfi, niente di più, ditemi cosa me pensate!
p.s.: sono in partenza per Roma, quindi perdonatemi se trovate qualche errore, ma non ho potuto veramente fare di meglio! domenica ho il concerto, quindi scriverò appena ritorno a casa...
bacione!
CAZZAROLA
 

 
 

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Capitolo 7
*** Prima prova ***


ANGIE  




 

 _ CAPITOLO SEI _
 

 

 
 Le settimane prima degli esami sono passate in un batter d’occhio, volate così velocemente, che mi sono ritrovata a finire l’ultimo anno di scuola superiore con un’estrema tristezza e un vuoto interiore pronto ad esplodere da un momento all’altro.
Non sono felice come ogni anno della fine della scuola, sono terrorizzata dagli esami e dal poter fallire, non ho più le forze e il coraggio non ne vuole sapere di affrontare un’altra prova così difficile.
Ho solo paura di non farcela.
Questa cosa mi sta distruggendo mentalmente, ogni giorno di più; non riesco nemmeno ad immaginarmi l’anno prossimo a Berlino, lontana da Max e da Francesca, ma è il mio sogno e non voglio rinunciare di certo perché starò un paio di mesi distante da loro, di sicuro io non gli voglio perdere, loro in un certo senso, sono tutto quello che ho.
Non posso farne a meno.
 
È come se mi trovassi in una barca in mezzo al mare e le possibilità sono due: fare marcia indietro e tornare al porto o andare avanti e arrivare a destinazione, in un porto forse più bello e pieno di soddisfazioni, ma costerà fatica arrivarci.
Da un certo punto di vista voglio liberarmi dal peso degli esami, andare in vacanza e stare con i miei amici, dall’altra parte non voglio finire la scuola e prendere la maturità, perché sicuramente ci divideremo prima della fine dell’estate.
 
Non so come andrà a finire dopo l’estate, so che non si può fermare il tempo, che il sole domani mattina sorgerà e che la guerra non finirà mai, ma di sicuro farò gli esami, e bene o male uscirò con un pezzo di carta in mano che mi darà il permesso di lasciare tutto quello che ho creato.
Mi sono messa a studiare e a ripetere ogni giorno dopo la fine della scuola, ho ignorato il cellulare e Francesca che continuava a chiamare per avere mie notizie, ma io dovevo solo studiare, perché stavo male se non mi concentravo nello studio, sentivo un male cresce tra la cassa toracica.
Non ce la facevo più.
 
La sera prima dell’esame scritto di italiano, non ho chiuso occhio, sono stata ferma immobile sul letto, con le braccia lungo i fianchi, il cervello non si fermava più, frenetico continuava ad elaborare informazioni su scrittori, date storiche ed eventi accaduti di recente, mi chiedevo se Max poteva superare l‘esame, ma la risposta è sicuramente con un punteggio migliore del mio.
Si, sono brava a scrivere, forse, a parte i disegni sui professori, l’unica cosa che so fare è scrivere dei racconti su personaggi buffi ed inventati.
Devo solo convincermi che andrà tutto bene.
Chiudo gli occhi.
 
Sono entrata nel mio paradiso, in quel mondo meraviglioso e incredibile che solo la mia immaginazione è in grado di creare, e i colori sono ancora più vivi dai miei vaghi ricordi; Sono seduta sotto ad un albero dalla chioma arancione, la corteccia si sta togliendo come zucchero filato e delle piccole anatre azzurre camminano in fila indiana vicino al mio fianco.
Le farfalle volano in un moto circolare e leggero, quelle creaturine sono fragili e deboli, ma con il particolare dono del volo.
Delle pecore gialle stanno bevendo dal ruscello che attraversa questa pianura viola.
Il paesaggio in lontananza è molto vario e sempre pieno di vita.
Guardo in giro, in cerca di qualcos’altro di nuovo e magico, ma più guardo in lontananza il paesaggio, questo si disintegra, si colora di nero e poi sparisce, come se un intero buco nero stesse travolgendo il mio mondo, il mio spazio.
Il nero ha cancellato quegli animaletti che avevo prima al mio fianco, facendoli diventare il vuoto, si sono vaporizzati come la neve sotto il sole cuocente.
Quelle creature non posso vivere, come non può vivere una persona che immagina queste cose, così nel vuoto più profondo, con quei animali indifesi ci sono finita anche io, senza un filo di respiro di troppo, sono stata risucchiata.
 
Non ho visto più niente, ho solo il ricordo di una soffusa luce che spunta dalla finestra, il sole sta sorgendo, richiudo gli occhi, lasciando che il mio soffice respiro mi culli, ancora incosciente di quello che starà per succedere.
 
Devo dire che il risveglio è stato la mia salvezza, il punto di equilibrio, ne ho avuto bisogno per recuperare il fiato, l’energia vitale che ho perso durante quel drastico sogno.
Il senso di vuoto e di disorientamento è ancora completamente presente, ogni cosa che sogno, immancabilmente, si riversa sul presente, travolgendo un’altra volta la mia vita.
 
Sono stanca, ma ho una stanchezza strana, da non riuscire nemmeno a reggermi in piedi, peggio della sbornia di due settimane fa, l’avessi mai fatto!
Ma devo alzarmi da questo posto, le lenzuola iniziano a stringermi troppo il bacino e le gambe, devo darmi una mossa per non arrivare tardi all’esame.
C’è un’emozione forte che si cela al mio interno, vuole esplodere.
Scendo a fare colazione già vestita con un paio di jeans attillati e una maglietta con due fate sulla scollatura a V.
Prendo una tazza e ci metto del caffè.
Ho iniziato a bere il caffè pensando che tutti i problemi, in un certo modo si risolvessero, come fanno gli adulti, ma mi sono accorta che non è così per niente.
Provo a riprendere la situazione in mano, meglio di quanto l’avessi la sera prima, devo caricarmi, non posso dormire sul banco durante l’esame, anche se sono cosciente dal fatto che non prenderò mai sonno, perché ho un’agitazione nel corpo che nessuno riuscirebbe a trattenere.
Esco di casa con i miei soliti occhiali da sole e lo zaino quasi vuoto se non fosse per il dizionario che è d’obbligo.
 
C’è una piccola folla piazzata dentro la scuola, vicino all’entrata che aspetta che le porte si aprino per prendere i posti migliori per riuscire a copiare qualcosa in più.
Non ci sono più quegli odiosi ragazzini del biennio che bloccano sempre tutti i passaggi; è la prima cosa positiva della giornata, che evidentemente non promette niente di buono.
Ci sono dei ragazzi con delle occhiaia molto più profonde delle mie, con dei capelli scompigliati, c’è chi piange e chi affronta l’esame ridendo per non pensarci, pensavo di trovare una situazione più tesa, invece è abbastanza tranquilla.
Posso farcela.
 
Non vedo Max tra la folla, mi alzo in punta di piedi e riesco a vedere i suoi capelli a spazzola che compaiono tra un gruppetto formato dai suoi compagni di classe.
Mi vede e mi viene incontro.
- Ciao -
- Ciao -
- Sei agitata? –
- Si, anche se non si vede … tu? –
Ce l’ha stampato in fronte che stava alla grande, ha l’espressione della’atleta che si è allenato tanto e che è consapevole di vincere. 
È sicuro che passa senza tanti problemi, lui è fatto così, sulle cose su cui è sicuro, può cadere il mondo che è ancora lì, spensierato come non mai.
- No, sono abbastanza tranquillo -
- Non mi tranquillizzi con questo tuo atteggiamento così sicuro, mi stai facendo preoccupare –
- Ma dai Giulia! Sei brava a scrivere… non dovresti preoccuparti! –
Caro il mio amico!
Mi sta facendo venire male, il respiro si fa debole e sta passando sempre meno fiato all’interno della gola.
Giulia, non svenire, ti prego!
Max mi prende per le spalle e mi dà due scossoni forti da farmi riprendere una cerca conoscenza di me.
- Giulia, ma che cazzo stai facendo? –
Faccio un passo in avanti e traballo, chiudo gli occhi e respiro profondamente.
- Niente… è solo che non ho dormito bene questa notte -
- I tuoi soliti sogni ? –
- Diciamo che questa volta non era proprio un sogno, più un incubo – gli spiego guardandolo dritto negli occhi.
- Mi dispiace, è la cosa peggiore prima di un grande evento come questo… ma tu puoi farcela comunque, sono sicuro che tu hai le capacità per fare bene l’esame.
Togli quella tristezza dal tuo viso e fammi un bel sorriso, sai che non mi piace vederti così –
Max ha sempre ragione in tutto.
Maledizione.
Mi sorride.
La cosa più strana forse è che non riesco a resistere al suo sorriso, quando le sue guance si contraggono gonfiandosi leggermente, mentre le sue labbra diventano più sottili e fanno spuntare i denti bianchi.
Ricambio il sorriso.
Riesco solo a muovere i muscoli facciali.
-Finalmente un sorriso! Sei molto più carina quando sorridi –
 
Non mi può distrarre in questa maniera cinque minuti prima dell’esame, il mio cervello non si attiverà proprio più!
Adesso manca Filippo e abbiamo completato l’opera!
 
Ma per fortuna decido di entrare.
I banchi si trovano sui corridoi e formano due colonne, sistemati in fila.
Mi siedo su un banca a caso, prendo la penna dalla borsa con un foglio protocollo a righe.
Ci spiegano le regole fondamentali compreso il fatto: “chi viene sorpreso a copiare, il compito verrà immediatamente ritirato e annullato”.
Ci vengono consegnate le trame mandate direttamente dal ministero.
Ore 8.00 si inizia.
Le tracce sono molto semplici, inizio a pensare cosa mi potrebbe riuscire meglio.
Allora le varie categorie sono: saggio breve, tema socio economico, tema socio politico, scienza e tecnologia, tema storico e ordine generale.
Vada per il saggio breve che dice: Per la redazione del "saggio breve" o "articolo di giornale" dell'ambito artistico letterario si parla di "Piacere e Piaceri" e tra i documenti sono allegati brani di D'Annunzio, Leopardi, Ungaretti, Brecht e Andrea Emo e Paolo Mantegazza e dipinti di Botticelli, Picasso e Matisse.
Avendo fatto parte al giornale studentesco per tutti e cinque gli anni, a scuola sono conosciuta come “la giornalista” per le persone che leggono quello che scrivo o “la sfigata che scrive al giornale” per chi non sa esattamente niente di quello che ci può essere nel giornale studentesco, ma per me fa lo stesso.
I miei articoli parlano di temi attuali e di politica, ma anche di musica.
Più volte la redazione mi ha chiesto se volevo diventare la redattrice, ma io ho sempre rifiutato perché richiedeva troppo tempo, soprattutto quest’anno per lo studio e il tempo con gli amici è sacro.
Quindi in brutta copia metto giù qualche appunto o idea del momento, per poi costruire bene il testo, ho cinque ore dure davanti, ma ce la posso fare.
 
Sono partita con questa convinzione e mi sono messa a scrivere, senza tanto pensare all’agitazione, come fiumi in piena, il foglio di brutta copia si sta riempiendo, inserisco anche qualche citazione di Leopardi; rileggo il tutto, aggiungo e taglio, alla fine il foglio è come sempre pieno di schizzi d’inchiostro.
Sono le 11.15 e inizio a scrivere in bella copia e come introduzione questa non mi sembra niente male:
E’ più facile che i poeti si siano soffermati sul dolore, la tristezza e la malinconia che sul piacere. Sembra dunque che abbia ragione Leopardi, quando afferma: “uscir di pena è diletto tra noi”, assegnando al piacere la sola valenza negativa dell’assenza dell’affanno connesso con il vivere…
 
Una donna dall’aspetto molto importante, con camicia bianca molto scollata, una gonna nera e un paio di tacchi vertiginosi si avvicina e mi prende il foglio dalle mani, bloccando la mia mano nel scrivere, che con cura e precisione, ha iniziato l’introduzione.
Fantastico!
Fa una firma e io la squadro.
Lei mi guarda come per dire: “dai, dammi il foglio, non ho tempo da perdere con te”.
Tutte queste arie per fare una firma, se veniva con una tuta da ginnastica forse aveva più credibilità.
 
Non ci faccio caso e continuo a scrivere, facendo attenzione alla punteggiatura e agli errori grammaticali.
 
Sono le 12.20 e ho dato l’ultima rilettura.
Guardo il foglio con aria un po’ sconfitta ma anche fiera di quello che c’è scritto e penso tra me: “ ecco, speriamo bene! “
Così mi alzo, spostando la sedia che fa un rumore incredibile sul pavimento del corridoio, con tutti gli sguardi incattiviti degli altri ragazzi, vado a portare il mio esame al professore che ci sta controllando, e lui con sospetto e con un enorme disinvoltura mi dice:
-Già finito? –
Si, sono più di quattro ore che ci lavoro senza sosta, penso di avere finito.
Maledetto.
Un sacchetto di cavoli suoi, no?
Hanno deciso loro di stare agli esami, non si possono rivolgere in questo modo.
Ma alla fine più di tanto non mi interessa, sono felice d’aver finalmente finito e gli faccio un sorriso, perché oggi è andata bene, a confronto di questa mattina!
 
Ritorno a posto e metto via la penna e i vari fogli nella borsa, prendo la prima porta che vedo e mi dirigo fuori.
Aria.
Sembra da anni che non respiri più quest’aria fresca.
Faccio un respiro a pieni polmoni e chiudo gli occhi.
- Ma che stai facendo?-
- Ciao Filippo! -

 







Ciao! scusatemi per il ritardo, come sempre!! questo capitolo l'ho scritto in molto tempo, perchè non ho avuto ispirazioni buone, ma ho grandi IDEE per il prossimo! Quindi anche se questo non mi piace, spero con tutto il cuore che il prossimo sia il migliore!
Che ne dite?
Giulia che quasi sviene, Max che la fa tornare in sè, quei strani sogni e Filippo che compare come sempre dal niente, è un buon segno?
Vi ringrazio perchè mi seguite sempre e commentate ogni mio capitolo!
GRAZIE
un bacione,
CAZZAROLA

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Capitolo 8
*** Orale, biblioteca e Filippo ***


ANGIE  




 

 _ CAPITOLO SETTE _
 

 

Dopo l’esame scritto, sono riuscita a prendere fiducia con me stessa.
Le prove si sono susseguite tutte molto velocemente, senza l’ansia che ho provato il girono dello scritto, le ho superate giorno dopo giorno senza tanti problemi, anche se non ero l’unica.
Max ogni giorno era sempre più fiducioso e come al solito la sua estrema sicurezza mi mandava fuori di testa.
Non lo sopportavo più.
 
L’orale è andato anche meglio del previsto.
Quella mattina sono entrata a scuola, mi sono diretta verso l’aula con scritto fuori: ESAME ORALE CLASSE 5°A
Fuori, nel corridoio, c’erano le mie compagne di classe con i libri di fisica aperti, si interrogavano a vicenda e si mostravano le tesine e tutti i grafici che avevano preparato.
C’erano ancora due ragazze prima di me, sono entrate avendo una colorazione del viso sul giallo pallido ma sono uscite rosse e con un sorriso stampato in faccia.
Questi sorrisi mi mettevano fiducia, mi rilassavano.
E anche l’ultima è uscita, ho aspettato che mi chiamassero, ho fatto un respiro profondo e sono entrata.
Il professore di italiano, ha visto che stavo rispondendo a tutte le domande fatte dai docenti, così per mettermi in difficoltà e per farmi capire che è sempre meglio stare attenti alle sue lezioni, naturalmente, mi ha fatto qualche domanda su Aristotele e grazie a Max sono riuscita a rispondere correttamente.
- Signorina, le ricorda qualcosa il filosofo Aristotele? –
- Si, Aristotele, è stato uno scienziatoe filosofogreco antico…-
Così ho continuato a spiegare al professore, anche se la sua faccia non sembrava affatto sbalordita dal fatto che sapessi rispondere, lui sa benissimo che sono una ragazza che studia.
- Mi sa dire qualche sua citazione famosa o una che si ricorda? –
Cavolo, cosa mi aveva detto Max, quando abbiamo studiato insieme?
Mi ricordo che mi ha toccato la mano.
La frase, la frase, la frase!
Sono sicura che mi aveva detto una frase sull’amicizia…
Giulia usa quel cervello una buona volta.
- Cos'è un amico? Una singola anima che vive in due corpi… questa è la mia citazione preferita -
Anzi, per dire la verità è la citazione preferita di Max, ma per pochi minuti gliela prendo in prestito, lui non si arrabbia.
 
Il mio colloquio è durato cinquanta minuti, i cinquanta minuti più intensi e duri della mia vita.
Quando sono uscita dall’aula, non ho guardato in faccia le mie compagne che si stavano preparando per entrare, nemmeno un “in bocca al lupo”, sono troppo elettrizzata, così sono uscita, mi sono messa a correre sul piazzale delle macchine, rischiando anche di farmi prendere sotto, ma con il cellulare in mano ho chiamato subito Max:
- Ciao…- dico io, cercando di trattenere tutta la felicità
- Allora l’esame? –
- E’ andato tutto bene! –
- Immaginavo, te l’avevo detto che andavi bene -
- Si, per fortuna mi sono studiata bene Aristotele, perché quello di italiano ha iniziato a farmi domande… Che stronzo! –
- Sono un ottimo insegnate… -
- Si Max, lo sei! –
- Io devo andare adesso, ti mando un messaggio dopo, ok?
- Va bene, a dopo –
 
L’ultima volta che ho visto Filippo è stata dopo la fine del primo scritto.
L’ho trovato fuori dalla porta d’emergenza laterale e abbiamo iniziato a parlare:
- Ciao Filippo! -
- Ciao… ogni volta che ti vedo ti comporti in modo strano –
- Chi ? Io ? –
Ci mettiamo a ridere.
- Si, hai pensato alla mia offerta ? -
- Offerta ? –
- Si, quella di studiare insieme… ricordi ? –
Giusto, lui voleva ripassare insieme a me.
- Si per me va bene…-
- L’esame è fra due settimane, quindi qualche giorno prima devo ripassare tutto per bene –
- Io ce l’ho prima di te, quindi, quando ho finito il mio, mi dedico al tuo, ok? –
Anche se suona un po’ male è questo che mi era uscito dalla bocca.
- Dove ci troviamo per studiare? -
- Non lo so… dove va meglio a te… -
Non voglio portarlo a casa mia, perché poi alla fine ho visto anche con Max che non si studia, quindi preferisco in un luogo un po’ più serio.
Io e Francesca, quando lei doveva studiare, quindi si parla di circa due anni fa, ci trovavamo in biblioteca o nel locale tranquillo che si trova in centro.
Ma per lui la biblioteca è meglio, molto meglio.
- In biblioteca, ci sono problemi? -
- No, perché ci sono i libri per approfondire e anche i computer per fare qualche ricerca, quindi direi che è perfetto –
- Io intanto mi preparo per il mio, che è anche più importante, poi ci sentiamo per decidere un giorno –
- E’ ok, pensa al tuo, il mio può tranquillamente aspettare –
 
Chiudo la chiamata di Max e vedo il messaggio di Filippo sotto che dice :
“ Ciao! L’esame com’è andato ? “
Filippo non me la racconta giusta: come fa a sapere quando ho fatto l’esame? Non gli ho mai detto il giorno e nemmeno l’ora…
Per caso gli interesso?
Con quel pensiero ho sorriso, mi sono sentita al settimo celo, nessuno si era mai interessato a me in questo modo.
Forse mi sto un po’ preoccupando, ma gli voglio rispondere, non sto più nella pelle.
“ Si è andato tutto bene…”
Una risposta semplice e tranquilla, anche se ho risposto nello stesso modo anche a Max, solo con meno entusiasmo.
“ Quindi oggi sei libera… “
“ Non ho in programma ancora niente “
“ Mi dai una mano a studiare, allora? “
“ Si, alle tre in biblioteca ? “
“ Ok, ti spetto all’entrata “
 
C’è un problema.
Io non ho la patente, mi sono sempre spostata con i mezzi pubblici, gli orari sono cambiati perché la scuola è finita e ci sono quelli estivi.
Magari chiedo a Max se mi accompagna.
Lui non si è mai rifiutato di accompagnarmi.
 
Vado a casa a piedi.
Mangio quello che mia madre ha preparato.
L’argomento del giorno a tavola è stato il mio esame, non ho detto più di tanto, perché alla fine è stato bello e le sensazioni che ho provato sono state incredibili, a volte non voglio dire a nessuno come mi sento, soprattutto se sto male, ma anche quando sono felice.
Mi capita molto spesso di essere riservata, non voglio aggiungere niente, nessun dettaglio.
Facendo così, però mia madre crede che mi sia andato male, anche se non voglio dare quest’impressione, non so cosa le passi per la testa, quindi di sicuro è qualcosa di pensieroso, è stranita, perché finisce di mangiare senza parlare.
- Quando escono i risultati ? -  mi chiede la grande investigatrice.
- La prossima settimana, quando tutti finiscono di fare gli orali –
- Speriamo che tu sia uscita con una buona media, magari riesci anche a prendere la borsa di studio… -
- Non penso di uscire con più di ottanta centesimi –
- Ma hai fatto il tuo meglio, quindi uscirai bene, ne sono certa –
Devo cambiare un po’ il discorso perché mi sta un po’ demoralizzando.
- Si, dopo mi viene a prendere Max –
- E dove andate ? –
- Andiamo in un posto… -
- Lo so che puoi andare dove vuoi visto che hai la maggiore età, ma sono sempre tua madre, quindi puoi anche dirmelo –
- In biblioteca –
 
Ma aspetta, io non ho chiesto a Max se mi può accompagnare.
Cavolo!
Prendo il cellulare dalla tasca dei pantaloni e scrivo più velocemente possibile un messaggio:
“ Max, alle due e mezza da me, mi devi portare in biblioteca, per favore.. “
E’ tanto se mi risponde.
Però se non mi risponde ha ragione, gli rovino sempre i programmi ed è sempre l’ultimo a sapere le cose, a volte mi fa anche un immenso dispiacere, anche se quando glielo chiedo lui è sempre felice.
E questo ricompensa la cosa.
 
Vado in camera, l’orologio sul comodino segna che già le 14.40 ed è da quindici minuti che lui non mi risponde.
Mi siedo sul letto, guarda fuori dalla finestra  e c’è una donna anziana che torna a casa da lavoro a piedi, in mano ha il sacchetto del pane, immancabile nella sua tavola, penso, indossa un paio di pantaloni lunghi e una camicetta con un spilla sulla scollatura, i capelli ben raccolti e con un viso abbastanza triste percorre il mio vicolo.
 
Il cellulare vibra e vedo il messaggio di Max che dice che fra dieci minuti è da me.
Felice e speranzosa mi preparo. Mi tolgo i pantaloni e la maglietta per mettermi un vestito lunghezza ginocchio, molto leggero.
Mi chiedo se devo portare dei libri, ma penso di no.
Mi raccolgo con una coda i capelli e mi rinfresco il viso.
Fuori fa caldo, è la metà di luglio e l’umidità inizia a farsi sentire.
Se l’anno prossimo sono a Berlino, sempre se il test che ho fatto a marzo l’ho superato, dovrò patire il freddo in quella città del nord della Germania e la cosa del freddo non mi va molto a genio.
Mi piacciono i cambi di stagione, il freddo e il caldo, ma a Berlino penso che sarà sempre freddo anche d’estate.
Ma ci farò l’abitudine.
 
Con due colpi di clacson Max mi avvisa del suo arrivo.
Mi metto le scarpe e mio fratello che sta guardando la tv, mi ricorda che Max è arrivato e che devo salutarlo da parte sua.
Anche se non lo farò mai.
 
Entro in macchina sempre con un po’di fatica per via dell’altezza della jeep, mi siedo sul sedile in pelle e sorrido a Max che ricambia.
- Ciao! Scusa se ti dico le cose sempre all’ultimo minuto… -
- Sai che lo faccio con piacere –
- Lo so, ma ti devo ringraziare anche per i passaggi che mi dai, sei il mio taxista  personale… -
- Sono il tuo insegnante e il tuo taxista personale – mi dice lui.
- E anche il mio migliore amico – aggiungo io.
Accende la radio, immancabile.
Un giorno mi ha detto che non gli piace guidare se non c’è della musica in sottofondo, perché lo rende nervoso.
- Ho pensato… - dico io, anche se non sono convinta affatto di quello che mi sta per uscire dalla bocca.
- Si… -
- Che potremmo fare un festa per festeggiare la maturità –
- Hai presente cos’è successo all’ultima festa ? –
Ma perché mi deve ricordare tutte le mie disavventure ?
Certo che me lo ricordo, ci ho impiegato una settimana a smaltire quella maledetta sbornia.
- Si, bell’ amico che sei! Io che per una volta voglio organizzare una festa, non mi appoggi nemmeno… -
- Ma sai che quando si parla di festa io ci sono sempre –
- Vero –
- Quindi quando volevi farla ? E dove? –
- Quindi ti va se la facciamo? Grandioso! La facciamo dopo che sono usciti i risultati… Ma non so dove farla -
- Beh, io ho una casa che potrebbe ospitare parecchia gente nel giardino, se vuoi la facciamo a casa mia, non mi dispiacerebbe –
Un’altra cosa che non ho mai visto di Max è la casa, io non ci sono mai entrata, so solo che abita vicino a me, non a molti chilometri, me lo aveva spiegato più o meno, ma non ho mai avuto la possibilità di entrarci.
Sarà una nuova esperienza anche questa.
- Adesso che mi ricordo, i miei genitori non sono a casa l’ultimo fine settimana e ho la casa libera. -
- Aspetta, di che giorno cade il prossimo fine settimana ? –
- Sabato dovrebbe essere il trenta luglio –
Trenta luglio, mi suona bene, mi suona anche strano, mi ricorda anche qualcosa…
- Scusa, il trenta luglio devo fare qualcosa, ma non mi ricordo cosa… -
- Io mi ricordo cosa dovevi fare… il trenta luglio compio gli anni! –
Ecco, lo sapevo, con le date sono davvero una schifezza e questa ne è la prova.
- Ma certo che lo sapevo! Ti stavo solo prendendo in giro! Cosa credevi ?! -
Che figura di merda!
Non ricordarsi il compleanno del proprio migliore amico!
Tanto lo ha capito che non lo sapevo.
Cavolo.
- Si come no… -
- Mi suonava male, anzi strano, dovevo comprarti il regalo, ecco cosa dovevo fare… -
 
Ci avviciniamo alla biblioteca e da lontano vedo Filippo fuori che mi aspetta.
Ma non doveva aspettarmi all’entrata?
Ti prego, fa che Max non se ne accorga.
Devo distrarlo in qualche modo.
- Hai già deciso chi invitare alla festa ? -
- Un po’ dei miei compagni di classe, tu e Francesca… poi non lo so, se vuoi invitare qualcuno fai pure –
- Ok, vedo cosa posso fare… se vuoi ti do una mano con i preparativi, ma ci mettiamo d’accordo dopo quando mi vieni a prendere -
- A che ora vengo ? Se ti mando un messaggio ci sono problemi ? –
- Anche se non sono cavoli miei, ma cosa devi fare in biblioteca se hai finito gli esami oggi, non vuoi rilassarti un momento? –
- Lo vorrei, ma un mio amico mi ha chiesto se gli davo una mano con gli esami e allora lo aiuto –
- E’ quello che ti sta salutando ? Quello con gli occhiali neri ? Devo averlo già visto da qualche parte… –
- Anche io. Ci vediamo dopo. Ti mando un messaggio. Grazie per il passaggio. –
 
Scendo dalla machina con un salto di venti centimetri, quasi storgendomi la caviglia, mi avvicino a Filippo che mi saluta dandomi un bacio sulla guancia.
Anche oggi non sarà una giornata di studio.

 
 
Ciao ragazzi!! Che bello! Allora, avete letto ?! che ve ne pare ? abbiamo visto una Giulia che come al solito è smemorata, ma un po’ meno del solito, ma nel prossimo capitolo la vedremo alle prese con lo studio di Filippo, Max che sta diventando un vero geloso scassa “maroni” e la festa di diploma e di compleanno del suo migliore amico…
Vi avevo detto che avevo grandi idee… ma in questo capitolo non sono uscite, ma che nel prossimo ESPLODERANNO! garantito :)
Devo ringraziare veramente tutti per le vostre RECENSIONI, che se anche negative, critiche o positive che siano state, sono state accettate…
Un grazie speciale a chi mi segue sempre e anche ai lettori silenziosi…
Un bacio,
CAZZAROLA



 
 

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Capitolo 9
*** Tra gli scaffali di letteratura spagnola ***


ANGIE






_CAPITOLO OTTO_



Sono appena arrivata in biblioteca e Filippo mi chiede di seguirlo.
Penso che abbia messo il suo zaino in uno dei tavolini dove i ragazzi studiano, dopo lo spazio dei libri di letteratura inglese e spagnola.
Non mi sono mai accorta con Francesca che ci fossero dei tavoli dietro quei scaffali con i libri ingialliti e datati, nascosti dalle persone e dalle bibliotecarie.
Mi siedo su una sedia davanti a Filippo, appoggiando la mia borsa quasi vuota affianco.
Non ho la minima idea di che programma porti all’esame.

Brevemente mi spiega come ha organizzato questo pomeriggio.
Mi chiede se posso controllargli la tesina, un ottimo inizio, così magari posso dargli qualche suggerimento e dirgli cosa potrebbe approfondire.
Mi da un pacchetto di fogli sistemati bene e stampati a computer e inizio a leggere.
Appoggio la schiena sullo schienale della sedia e metto gli occhiali per leggere, giusto per non affaticare la vista.
- Da quando porti gli occhiali ? -
- Io? Da qualche anno… sai, sono miope –
- Anche io…! -
Con questa affermazione vuole sottolineare che abbiamo qualcosa in comune, ma a me dà un po’ fastidio.

Continuo a leggere, ma sento il suo sguardo addosso che sta delineando il contorno del mio vestito, dalle spalle fino alla scollatura.
Sorrido e copro con i fogli il mio petto.
- Chi è il ragazzo che ti ha portato in macchina ? -
Benissimo, un altro che si mette a fare l’investigatore…
Ragazzi, sono cavoli miei con chi sto, no?
Lasciatemi stare.
- E’ Max -
- Il tuo ragazzo… - dice traendo una conclusione affrettata.
- No, no, non è il mio ragazzo, è il mio migliore amico – dico incerta, chiedendomi come mai tutti credono che Max sia il mio ragazzo.
Tutte queste persone con una mentalità così ristretta.
Non ci credo.
- Ma non ti devi preoccupare, se è il tuo ragazzo va bene lo stesso, non m’interessa…ma mi dispiacerebbe -
- Ti dispiacerebbe per cosa ? –
- Se Max è il tuo ragazzo, mi dispiacerebbe perché tu non saresti libera –
- Eh ? Scusami ? Non sto capendo -
- Penso che tu mi … -
Mi suona il cellulare.
Max.
Parli del diavolo…
Perchè mai mi chiama ?
Il mio sesto senso pensa subito al peggio: un incidente tornando a casa, visto che guida come uno scemo, ma non può essere, perché è prudente quando vuole.
-Devo rispondere –
Mi alzo,lui annuisce e allontanandomi dal tavolo rispondo istintivamente senza rendermi conto che sono in biblioteca.
- Max, tutto ok ? -
- Si… -
- Che è successo ? –
- Signorina non può usare il cellulare qui dentro… - mi rimprovera una vecchia bibliotecaria occhialuta, piegata sul carrello per sistemare i libri.
- Niente, volevo solo sentire come stavi… a dopo –
Cade la linea.
Rimango spiazzata, mi sento sola, come se mi mancasse qualcosa; sento il sospiro di Filippo e i suoi occhi puntati addosso, ritorno in me.
- Tutto ok? – mi chiede subito Filippo, non oso immaginare l’espressione della mia faccia.
- Era Max – dico con voce spezzata
- Max ? E cosa voleva? –
- Non lo so, niente…-
La domanda di Filippo rimane sospesa nell’aria per qualche minuto mentre riprendo a leggere e il silenzio avanza lentamente.

- La tesina è molto buona, è anche approfondita bene, studiala e supererai il colloquio con tranquillità -
- Si… Ma sono molto incerto sulla globalizzazione e le conseguenze che ha sull’economia di oggi, ma non so come collegarlo con italiano… Hai qualche idea? –
- La globalizzazione è iniziata con Napoleone… Quindi se vuoi provo a cercare qualcosa qui sui libri e tu magari su internet –
Filippo non mi risponde, ma continua a fissarmi, il suo sguardo si abbassa lentamente, segue i lineamenti del mio braccio soffermandosi sulla mia mano che leggermente tocca per qualche istante, qualche minuto, un tocco veloce ma infinito.
Ci guardiamo negli occhi, ma non diciamo niente.
Alla fine ci sorridiamo.

Io mi alzo e vado a cercare qualche libro utile, mentre lui va dalla parte opposta verso i computer.
Vado tra gli scaffali di letteratura spagnola, guardo qualche titolo a caso, senza darci tanta importanza, provo a vedere se c’è qualche autore interessante, ma mi trovo a riflettere su quello che è appena capitato.
Quindi io gli interesso ?
Forse gli piaccio, ma magari l’ha fatto solo per mettermi alla prova, per vedere come reagivo.
È un ragazzo molto tenero, che si accontenta di toccarmi la mano e di guardarmi negli occhi, una cosa semplicemente stupenda.
Pochi ragazzi riescono a stare fermi a guardare la tua scollatura, le braccia e le mani…
C’è il profumo di libri vecchi, ingialliti e di polvere.
È una cosa meravigliosa, starei giornate intere ad sentire quest’odore.
Prendo un libro e lo sfoglio molto velocemente: le parole sono scritte in piccolo, il colore delle pagine assomiglia ad un ocra e i bordi sono tutti rovinati, forse non ci sono nemmeno tutte le pagine.
Sento dei passi venire alle mi spalle.
Non mi giro per non voglio fare rumore.
Sento delle mani sui miei fianchi, mi volto di scatto prendendo paura, certa, che è Filippo e il suo profumo di dopo barba che aveva anche alla festa di Francesca lo conferma.
Ci troviamo a pochi centimetri l’uno dall’altro, continua a guardarmi e il suo profumo mi sta dando alla testa.
Lui continua a venire più vicino, io mollo il libro per terra senza darci molta importanza, il mio sguardo è fermo sulle sue labbra che si unisco alle mie.
Sono così soffici e dolci.
Le mie mani si fiondano sul suo viso e sui capelli neri, toccandogli il collo, mentre le sue percorrono la mia schiena dall’alto verso il basso.
Ci baciamo per qualche minuto, finchè non è arrivata quella vecchia bibliotecaria di prima a disturbarci.
- Ragazzi, questa è una biblioteca, non potete stare qui a baciarvi! -
- Ci scusi –
La donna se ne va e noi due ridiamo come degli scemi.

Io torno alla mia sedia con una bella sensazione, di nuovo, di felicità, ma anche di malinconia.
L’ultima volta che le mie labbra hanno baciato qualcuno, quel qualcuno è stato Max, e i sentimenti che ho provato quella sera non gli dimenticherò mai, ma il bacio di Filippo, un vero bacio da maestro, non è niente in confronto a quell’ingenuo tocco con le labbra di Max.
Nel bacio a stampo con Max c’erano qualche centinaio di sentimenti nascosti, di sensazioni e di emozioni, anche se il girono dopo non mi ricordavo niente della festa, ma quelle sensazioni le ricordo come se fossero un blocco fisso nella mia testa, indimenticabili, che con Filippo non sono riuscita ad avere, forse perché non lo conosco bene, forse i miei pensieri cambieranno.

Metto giù la testa sul tavolo, sopra la sua tesina, copro gli spazi di luce con le mia braccia.
Forse non mi aspettavo che con Filippo andasse a finire così, anche se però ci speravo molto.
Ma lui mi piace ?
Se togliamo il fatto che è un bel ragazzo, caratterialmente non lo conosco, non so dare una risposta.
Sono piena di domande di questo tipo, vorrei andarmi a fare un bagno.

Arriva Filippo che si siede davanti a me in silenzio.
Forse sta pensando anche lui a che cosa dire, fatto sta che non voglio alzare la testa.
Un nuvola di silenzio si piazza tra noi due, finchè un’ondata di parole l’ha fatta spostare.
- Che c’ è ? Ho sbagliato qualcosa ? -
- No… - riesco a mugolare.
- Guardami per favore –
Tolgo le braccia e alzo la testa, ricomponendo i capelli.
Lo guardo negli occhi.
- Ho sbagliato a baciarti, vero ? -
- No, c’è si, non lo so, è che non sono venuta qui a fare quello che abbiamo fatto…-
- Allora scusami, non volevo –
- Ma non è un problema per me… -
- Ma allora che hai ? –
- Facciamo finta che non sia successo niente ? –
- Si, anche se vorrei baciarti ancora…. –
Scuoto la testa, non devo ascoltare le sue provocazioni.
- Max fa una festa sabato trenta, vuoi venire ? -
- Solo se ci sei anche tu –
- Certo che ci sarò, è una festa per i nuovi diplomati –
Ma è anche la sua festa di compleanno. Cavolo!
Forse ho sbagliato ad invitarlo, ma non posso rimangiarmi tutto.
- Per me va bene, basta che non dia disturbo a lui –
- Ti mando l’indirizzo per messaggio, ok ? –
- Si –

Mi alzo e prendo la borsa con il cellulare per chiamare Max.
Suona.
- Max, vienimi a prendere - dico prendendo il pacchetto di sigarette e l’accendino che è disperso nella borsa.
Accendo la sigaretta e aspetto Max che cinque minuti dopo è lì.
Entro in macchina.
Sono troppo curiosa di sapere cosa voleva quando mi ha telefonato, perché non mi ha mai chiamata per “ sentire solo come stavo”…
Lui non me la racconta giusta.
- Cosa volevi prima ? –gli chiedo confusa e un po’ arrabbiata.
- No, niente –
- Dai, non mi puoi aver chiamato per niente… -
- No –
- Max, per favore, me lo puoi dire ? –
- No, non insistere…-
Lui continua a guidare, senza musica, ancora una volta regna il silenzio, ma mi sono stanca di spettare in silenzio.
Non voglio sentire lui che come un bambino arrabbiato mi dice di no ad ogni mia domanda, non posso sopportare che sia lui a comportarsi in questo modo fastidioso e che non possa darmi delle risposte.
Così decido di dirgli quello che è appena successo in biblioteca, forse così, una risposta decente me la può dare.
- Filippo mi ha baciata -
- C- cosa ha fatto ? –
- Mi ha baciata –
- Adesso mi giro e lo vado a picchiare! – ruggisce rosso in volto
- NO! Max, non devi ! -
- Stai insieme a lui ? –
- No! –
Stessa situazione di prima.
Max si assicura che io non stia con Filippo e Filippo si assicura che io non stia con Max.
Ma mi state prendendo in giro ?
Sto con chi voglio, senza che gli altri pensino male, sono due miei amici : Max e Filippo.
Anche se gli ho baciati tutti e due, non vuol dire che sto insieme a loro.
Per ora vorrei considerarli come li ho considerati fin ad adesso:
Max, il mio migliore amico, Filippo, un amico che ho conosciuto ad una festa.
La storia è finita.
Niente di più, niente di meno.

Devo cercare di non pensare a quello che ho fatto e a quello che ho detto ingiustamente a Max, lui non se lo merita.
Voglio vederlo felice, non arrabbiato, non l’ho mai visto così infuriato e voglioso di andare a picchiare qualcuno.
Non è da lui.
Devo salvare la situazione.

- Mi vieni a prendere venerdì, così io e Francesca ti diamo una mano con i preparativi e diamo una pulita ? -
Lui annuisce, è arrabbiato.
- Se vuoi io e Francesca andiamo a fare la spesa, sai che lei è brava a scegliere le cose per le feste, così tu ti occupi di sistemare il giardino e non ti disturbiamo… -
Anzi, meglio che in questi giorni stia con Francesca, perché dopo avergli detto di Filippo, non mi sento più a mio agio.
Forse è solo il senso di colpa che mi sta travolgendo.
Spero che se ne vada tutto questo peso e dolore, non voglio rovinargli la festa.
Mi dispiace che Max ci stia male, non me lo aspettavo…
Lui però mi risponde, forse ha capito che doveva appoggiarmi, forse starsene zitto, forse rimanere quello che è.
- Si, ma mi raccomando, niente Vodka! –
Gli sorrido, ricordandomi quanto ha fatto per me la sera della festa, ringraziandolo ancora una volta per esserci stato, per essere mio amico.
- Si, niente Vodka -
Io adoro quel ragazzo!





Ciao!!
BUONE VACANZE!! :D
Spero che non siate partiti tutti…
Allora, ho scritto questo capitolo molto velocemente, così mi sono concessa un po’ di tempo per modificare i capitoli precedenti, togliere le banalità e cancellare gli errori grammaticali o di battitura.

Non ho modificato le cose importanti, così chi mi segue può continuare tranquillamente a leggere.
Come vi sembra il capitolo ? vi piace ? ho voluto scrive molti più avvenimenti, perché so che a voi piacciono, ma forse ho esagerato un po’ in questo capitolo, infatti mi dispiace troppo per Max !! L
Poveretto!
Max che si arrabbia lo vedremo nel prossimo capitolo, Giulia e Filippo che fanno dei casini assurdi se stanno vicino, e poi lei lo invita anche al compleanno di Max?!
Ne vedremo delle belle!
Un’altra super festa in programma per il prossimo capitolo!

Volevo dirvi che questa mattina ho modificato il mio account di EFP, così se volete dare un occhio:
http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=89094

Queste invece sono le storie finite che ho pubblicato ultimamente :

  1. Questa storia è PROFUMO DI TE, si trova nella categoria originali, romantico
    http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=751067&i=1

  1. Questa storia invece è NEREZZA SCINTILLANTE
    e si trova nella categoria artisti musicali e parla dei DOORS

    http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=779994&i=1

  1. Questa storia è COME SFOTTERE I PROFESSORI
    e si trova nella categoria originali, comico
    http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=770178&i=1


un bacione!
CAZZAROLA

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