Compagni di Sventura - Resistance

di Martin Eden
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sulle tracce degli Hobbit ***
Capitolo 2: *** Nella foresta ***
Capitolo 3: *** Re Théoden ***
Capitolo 4: *** L'attacco dei Mannari ***
Capitolo 5: *** Niente è come sembra! ***
Capitolo 6: *** Guerra ***



Capitolo 1
*** Sulle tracce degli Hobbit ***


1 – SULLE TRACCE DEGLI HOBBIT
 
 
Erano già tre giorni che inseguivano gli uruk-hai, ma quelli sembravano non stancarsi.
Aragorn, Legolas, Gimli e Lilian seguivano le loro tracce a fatica: niente riposo, niente cibo, erano a dir poco stremati, nonostante tutti e quattro fossero abituati alle grandi distanze.
Aragorn era quasi sempre in testa, scrutava la terra con l'abilità di un segugio in cerca di una preda: sapeva sempre quando i nemici cambiavano strada, quando il loro passo diventava più lento, quando ripartivano come se avessero alle calca-gna i padroni con le fruste.
Le leghe che separavano i quattro amici dagli uruk-hai era ancora enorme: ed essi non si fermavano mai nemmeno per bere.
- Se continuiamo così non li raggiungeremo prima di Isengard..- disse cupo Le-golas- Sono troppo veloci: Saruman deve averne studiata un'altra delle sue..-
Salirono il pendio di una collina, Lilian in testa apriva il passaggio agli altri tre; Gimli era sempre ultimo, anche se borbottava continuamente di essere imbatti-bile nelle brevi distanze.
- Avanti ragazzi, non potete mollare adesso!- incitava Lilian- Merry e Pipino sono in pericolo, non possiamo abbandonarli!-
- Se tu credi che sia facile scalare queste brulle colline, ti sbagli!- ribattè Gimli mentre si inerpicava come poteva sulle rocce.
Lilian raggiunse la sommità dell'altura, e si voltò:
- Ah, ditela tutta! Le fatiche vi pesano molto più che a me! La verità è che ormai siete dei vecchi decrepiti!!-
- Cosa? Ma come ti permetti...?!!- gridarono in coro Legolas e Aragorn, mentre si mettevano ad arrampicarsi ancora più velocemente e minacciosamente.
Lilian capì che era meglio cambiare aria: cercò di scendere in fretta dalla collina, ormai consapevole che aveva tirato un po' troppo la corda.
Ma prima che potesse nascondersi da qualche parte per sfuggire alla rabbia dei suoi amici, Legolas le balzò addosso sorprendendola e facendola cadere giù per il pendio; e anche quando sembrò che il ruzzolone dovesse fermarsi, Aragorn die-de il suo contributo.
- Ahio, ma lo sapete che siete pesanti? Mi state schiacciando!-
- E' quello che ti meriteresti!- replicò Legolas, ma sorrideva.
L'uomo al suo fianco invece sembrava come incantato: fissava dritto davanti a sè, lo sguardo incollato al paesaggio che si presentava ora ai suoi occhi stanchi:
- Rohan..- disse scavalcando Lilian- la dimora dei signori dei cavalli..-
Davanti a lui le brulle colline si diradavano, lasciando al loro posto una vasta pia-nura cosparsa di rocce che sembravano grossi sassi finiti lì per caso; lontano, apparivano le montagne.
Avanzarono più velocemente, ora che il sentiero si presentava più agevole, ma gli uruk-hai non concedevano tregua: continuavano imperterriti per la loro stra-da, e all'orizzonte non si vedevano nemmeno le loro ombre.
- Guardate!- disse ad un tratto Lilian- Che cos'è che brilla in mezzo all'erba, lag-giù?-
Aragorn si avvicinò al punto che la ragazza gli stava indicando: per terra giaceva una piccola spilla verde:
- E' uno dei fermagli dei nostri mantelli elfici..- disse- Questo vuol dire che Merry  Pipino sono ancora vivi!-
- Già, ma molto, molto lontani..- borbottò Gimli, sopraggiungendo alle spalle del-l'uomo.
- Non dobbiamo fermarci, forza, in marcia!-
Legolas si inerpicò su una roccia, scrutando il sole che ormai stava scomparendo dietro le montagne; Lilian lo seguì e lo superò senza dare segni di stanchezza.
Con l'avanzare della notte dovettero procedere più lenti, non ci si vedeva a un palmo dal naso: Gimli incespicava continuamente, rimanendo sempre indietro.
Aragorn procedeva in testa, sicuro di sè: i nemici non erano più a una grande di-stanza da loro.
Il vento tra l'erba frusciava; degli ululati selvaggi echeggiavano in tutta la pianu-ra: ma di lupi nemmeno la più pallida traccia. Solo la tensione che cresceva.
- Mi domando che diamine staranno facendo a quei poveri hobbit..- borbottò Gimli.
- Non sento nulla che possa darci informazioni su come stanno- ammise Lilian    - ma di una cosa sono sicura: sono ancora vivi.-
- E come fai tu a dirlo?-
- Conosco gli orchi: di solito non uccidono nessuno che possa servire al loro padrone, temono molto le punizioni inflitte da qualcuno più forte di loro..e poi il vento è dalla nostra parte, e non mi sta portando odore di carne arrosto..-
- Odio dare ragione a un elfo, ma devo ammettere che il tuo discorso non fa una piega..speriamo solo che quei mostriciattoli siano orchi nella norma.-
Continuarono a correre per tutta la notte, permettendosi solo alcune brevissime soste quando era proprio impossibile proseguire a causa della fatica: ma erano poche le volte che si abbandonavano alla stanchezza del corpo, e inesistenti quelle in cui si abbandonavano al sonno.
Tutti e quattro preferivano andare avanti, ed evitavano di parlare per rispar-miare il fiato.
 
Il sole si alzò pigramente molte ore dopo la loro ultima sosta:
- Sorge un sole rosso..- disse cupo Legolas voltandosi un secondo- Stanotte è stato versato del sangue.-
Di solito era così: o perlomeno, a Bosco Atro si credeva che fosse così.
Anche Lilian pareva allarmata: qualcosa era cambiato, gli uruk-hai sembravano essersi fermati parecchio tempo quella notte.
- Speriamo non sia successo niente di grave...- mormorò la ragazza quando il sole si fece più chiaro dietro di lei.
- Qualcosa mi dice, invece, che troveremo molte sorprese oggi..in bene o in ma-le.- le rispose Legolas, anche se era più propenso a pensare al peggio.
- Zitti, zitti!- urlò ad un tratto Aragorn- Sta arrivando qualcuno!-
Si nascose in mezzo a due rocce, seguito da Lilian e Legolas; Gimli, come al soli-to, arrivò per ultimo, quando ormai lo scalpiccìo di zoccoli di cavalli era abba-stanza forte.
I quattro amici si avvolsero nei loro mantelli elfici, in modo da osservare senza essere visti da anima viva.
Oltre la roccia dove si erano nascosti i rumori si facevano sempre più forti.
Poco dopo, stagliati nitidamente contro la luce del sole, apparve una compagnia di cavalieri, armati di lunghe lance e scudi brillanti: proveniveno dalla stessa di-rezione che avevano preso gli uruk-hai.
Erano velocissimi, ma stranamente sembravano andarsene da quelle terre:
- Cavalieri di Rohan!- Aragorn uscì dal nascondiglio e si mise allo scoperto: il suo grido echeggiò fra le brulle colline.
In un attimo, la schiera di fronte a lui si volse e la valanga luccicante di uomini in armatura si volse verso il ramigo e i suoi amici, che intanto l'avevano rag-giunto, seppur riluttanti.
I cavalieri li raggiunsero e li circondarono, puntando contro di loro le lunghe lance appuntite: non c'era più una via di uscita.
Aragorn, Legolas, Gimli e Lilian, schiena contro schiena, si guardarono attorno atterriti: quagli uomini non avevano un'aria che si dice amichevole...
Uno di loro si fece avanti, splendente sul suo cavallo bruno:
- Chi siete? Che ci fanno un uomo, due elfi e un nano in giro per queste terre?- domandò con voce austera.
- Sono affari nostri..- ribattè seccata Lilian, brandendo l'asta.
L'uomo balzò giù dal destriero mentre Aragorn le lanciava un occhiata di rim-provero:
- Dimmi il tuo nome, signore dei cavalli, e io ti dirò il mio..- Gimli si avvicinò e alzò la testa per osservare il suo interlocutore.
Lo sconosciuto aveva assunto un'aria indispettita:
- Ti taglierei la testa, nano, se solo si levasse a un palmo da terra!- sibilò.
Ma non fece in tempo ad afferrare l'impugnatura della spada, poichè Legolas a-veva preso arco e frecce e lo teneva sotto tiro: un movimento sbagliato e...:
- Non riusciresti a vibrare il colpo...- ora era l'elfo che sibilava di rabbia.
Subito la schiera di uomini alle sue spalle prese mano alle lance e le avvicinaro-no impulsivamente al "nemico":
- Provateci....!- ringhiò Lilian, e dall'asta scaturì una potente luce dorata.
Aragorn fu costretto a intervenire e abbassò l'arco di Legolas, facendo cenno alla ragazza di fare altrettanto: i due elfi obbedirono all'ordine, ma i loro occhi erano ancora fissi sullo sconosciuto.
Gimli guardava Legolas con aria sorpresa:
- Siamo amici di Rohan..- spiegò l'uomo- Io sono Aragorn figlio di Arathorn, que-sto è Gimli figlio di Glòin, lei è Lilian e lui Legolas, del Reame di Bosco Atro... Stiamo inseguendo degli uruk-hai diretti a Isengard...-
- Gli uruk-hai che cercate sono morti...tutti per mano nostra.-
- Ma c'erano degli hobbit con loro, dei piccoletti, non so come chiamarli- s'intro-mise Lilian- Li hai visti?-
- Ho detto che sono morti tutti... Mi dispiace..-
Aragorn abbassò lo sguardo a terra, costernato dalla notizia; Legolas fece altret-tanto, stringendo i denti per la tristezza.
- Forse sono scappati...- Lilian cercò invano di consolarli, ma sapeva, in una pic-cola parte del suo cuore che era molto più probabile che avesse torto.
- Non so se sono riusciti a sfuggirci, c'era troppa confusione..- il cavaliere salì sul suo cavallo- Se volete, cercateli, ma non confidate nella speranza...-
Fece un fischio acuto, e la schiera di uomini abbassò le lance e si diradò, lascian-do il passo a due cavalli:
- Prendete questi, intanto. Spero vi conducano a una sorte migliore dei loro pa-droni...- sussurrò ad Aragorn e poi guidò la sua compagnia lontano, verso nord.
Il baluginare delle loro armature si perse presto fra l'erba alta di Rohan:
- Quello doveva essere un incoraggiamento?- chiese dubbiosa Lilian.     
Nessuno si preoccupò di risponderle. Aragorn montò su uno dei due cavalli e prese con sè Gimli; Lilian andò con Legolas, e poichè i cavalli non le stavano granchè simpatici, preferì che fosse l'elfo a tenere le briglie.
Spronarono i destrieri verso una collina, oltre la quale si notava innalzarsi una lunga e bianca scia di fumo: un accampamento forse?
No...erano..:
- Cadaveri!- esclamò Lilian appena vide il mucchio fumante di carcasse di uruk-hai e orchi - Che schifo!-
La testa di un uruk-hai troneggiava con la sua smorfia di sorpresa e dolore in cima a una lancia conficcata a terra.
La ragazza saltò giù dal cavallo, e si mise a esplorare i dintorni: nessuna traccia di hobbit, solo il puzzo tremendo dei corpi cremati sul rogo.
Gimli spostò riluttante quel che restava delle fetide creature per cercare degli indizi: restavano solo ossa, che si sbriciolavano orribilmente sotto la lama della sua ascia.
Dopo un po' trovò qualcosa di troppo familiare: una cintura scura e intrecciata, che di solito si usava a Lòrien.
Appena la vide, Legolas abbassò gli occhi a terra: era chiaro che avesse perso anche l'ultima delle speranze. Si portò una mano al cuore, e recitò un paio di preghiere per i propri amici.
Aragorn invece si lasciò cadere in ginocchio dopo aver calciato un lurido elmo trovato a terra: urlò dalla disperazione, e il suo grido rieccheggiò per tutte le terre di Rohan.
Strinse i pugni, li abbattè sull'erba secca: ma non servì a calmarlo.
Dopo un attimo di pesante silenzio, Lilian gli si avvicinò e lo strinse forte: da dietro la sua schiena non poteva vedere l’espressione dell’uomo, ma non doveva essere molto diversa da quella che aveva lei.
Da dov’era, però, potè rendersi conto di una cosa veramente importante: quello che disse in se-guito colse i suoi compagni di sorpresa:
- Ho trovato qualcosa che potrebbe interessarci..- esordì, e guidò Aragorn e gli altri poco più lontano da lì - Guardate!-
Con un dito indicava a terra: c'era un segno confuso nell'erba, che lei interpretò come il segno di qualcuno che fosse stato disteso lì molto tempo: era una sago-ma troppo piccola per essere quella di un uruk-hai o di un orco.
- Forse quello era un hobbit...- disse Lilian - e qui c'era l'altro..- indicò un punto più a destra.
- Ci sono delle orme..- sussurrò Legolas.
- Orme? Dove? Dove?- esclamò Aragorn facendo pochi passi avanti.
Si chinò per terra, e afferrò qualcosa che giaceva nascosto dall'erba: una corda tagliata.
- Allora erano legati! E si sono liberati....e si sono allontanati, via dalla batta-glia!!-
Seguì a grandi passi le orme, seguito dagli altri tre increduli amici, guardando fisso per terra, finchè non si fermò di colpo:
- ...e si dirigono alla Foresta di Fangorn..- affermò Legolas.
Davanti ai quattro compagni giganteggiava un albero alquanto vecchio rugoso: dietro di esso, fitti rami intrecciati e foglie verdi ricoprivano quel lembo di pianu-ra fin dove occhio poteva vedere.
- Non dovremo mica entrare lì dentro, vero?- sussurrò spaventata Lilian.
- Se i due hobbit si sono rifugiati qui dentro, dovremmo andarci anche noi..- affermò pazientemente Aragorn: e s'inoltrò nella foresta.
Lilian si guardò attorno confusa, e incrociò negli occhi degli altri suoi due amici la sua stessa preoccupazione, nonostante cercassero di non darla a vedere:
- Dopo di te...- le disse Legolas, nel tono più tranquillo possibile, quasi sorridendole.
La ragazza si avviò nel buio di Fangorn, ma la sua paura non svanì nemmeno quando sentì i rassicuranti e silenziosi passi dell'elfo dietro di lei.
- "Dopo di te"...- Gimli imitò la voce di Legolas appena tutti furono spariti - Che ruffiano!-
Prese in mano la sua fidata ascia e s'inoltrò anch'egli. 

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Capitolo 2
*** Nella foresta ***


2 – NELLA FORESTA
 
 
Fangorn aveva un valido motivo per non essere vista di buon occhio: era buia, tenebrosa, antica e sembrava terribilmente piena di rabbia.
Lilian se n'era accorta appena si era fatta spazio fra i rami per raggiungere A-ragorn: e non era stata l'unica ad avere quella brutta sensazione.
Restò vicino all'uomo il più a lungo possibile, e questa volta non ispezionò i din-torni come era sua abitudine: si limitò a darsi un'occhiata in giro, molto ma molto vaga.
- Questo è sangue di orco..- disse piano appena vide su una foglia il liquido ros-sastro- Non siamo soli qui dentro.-
Un rumore improvviso la fece sobbalzare e con lei anche gli altri tre amici: qual-cuno (o qualcosa) aveva emesso un lungo brontolìo malfermo.
Qualche ramo si spezzò sopra di loro e tutti e quattro si voltarono verso dove continuava a provenire quello strano suono: ma non videro niente, a parte....:
- Gimli..- sussurrò l'uomo - Abbassa quell'ascia...-
Il nano se la passò da una mano all'altra, guardandosi attorno spaventato, fin-chè non fu Legolas a dire una frase inquietante:
- Aragorn, c'è qualcosa là!- l'elfo si avvicinò ad un vecchio tronco e lì si fermò, arco teso, aspettando che gli altri lo raggiungessero.
- Che cosa hai visto?- gli domandò tremante Lilian, alla sua sinistra.
- Lo stregone bianco, è qui..-
Aragorn e la ragazza si guardarono in faccia, con un unico pensiero nella testa
(Saruman!)
- Dov'è?- chiese Gimli, quasi gracchiando.
- Dietro di noi, forse...-
- Non lasciamo che ci getti addosso qualche incantesimo: attacchiamo fulminei!-
Lilian strinse l'asta magica, irrigidendosi; Aragorn prese mano alla sua spada, Gimli all'ascia; Legolas accarezzava nervoso le piume della sua freccia posata sull'arco.
Aspettarono con il cuore in gola interminabili minuti: la presenza che aveva av-vertito Legolas si faceva sempre più vicina, vicina e terribile.
- Ora!- sibilò ad un tratto Aragorn, e tutti e quettro si voltarono di scatto.
Non videro esattamente che cosa avevano davanti, perchè una luce potentissima li costrinse a socchiudere gli occhi: Legolas scagliò la freccia, ma quella fu straordinariamente deviata, mentre la spada di Aragorn diventò incandescente.
Lilian e Gimli restarono talmente abbagliati dalla luce che non fecero nemmeno in tempo a connettere i movimenti: erano come paralizzati, e del resto non ve-devano nulla.
Ed eccoli lì, un nano, un uomo, un elfo e un mezzano in preda al terrore.
- State cercando due hobbit?- una voce profonda li fece tutti sobbalzare dallo spavento.
- Perchè?- chiese Lilian.
- Sono passati di qui, qualche giorno fa. Hanno incontrato qualcuno che non si aspettavano..-
Strano, ora che l'avevano sentita meglio, quella voce risuonava come familiare, o appartenente a un ricordo lontano.
La luce scomparve pian piano, lasciando agli occhi dei quattro amici la possibilità di vedere una grande figura incapucciata e vestita di bianco: si appoggiava a un lungo candido bastone, e il suo viso...
- Gandalf?- chiese tremante Aragorn, avvicinandosi.
- Sì, Gandalf il Bianco.-
- Ma...non eri caduto..?-
- Sì..- rispose lo stregone - Ho combattuto con quel Balrog di Morgoth dalla pun-ta più bassa alla cima più alta, con tutto il coraggio possibile...-
Si abbandonò ad osservare gli altri tre amici, poi riprese a raccontare della sua battaglia, e di come fosse ritornato in vita, sotto forma di stregone bianco; i quattro compagni ascoltavano meravigliati la sua storia.
- Ora però c'è bisogno anche del vostro aiuto...- disse Gandalf- alla reggia di E-doras: seguitemi!-
Si vestì con un mantello scuro e condusse Aragorn e gli altri fuori dalla foresta, al campo dove gli uruk-hai erano stati bruciati: ordinò loro di prendere i cavalli, e poi fece un lungo fischio.
Dalle pianure di Rohan arrivò un destriero bianchissimo: Legolas spiegò a Lilian che quello era uno dei Mears, i principi dei cavalli, e i più begli esemplari che si potessero trovare.
- Ombromanto...- sussurrò Gandalf- Mi è stato amico in molte avventure...-
Salì in groppa, senza redini e senza sella, e lo spronò nella direzione di Edoras: gli altri si limitarono a seguirlo senza scambiarsi una sola parola.
 
Cavalcarono per qualche ora, poi si accamparono per la notte.
C’era freddo e la luna non era che uno spiraglio bianco in mezzo alla carcassa di nubi sfilacciate che promettevano pioggia: i quattro si scelsero un posto abbastanza riparato, prepararono una frugale cena e si coricarono presto.
Il primo turno di guardia spettava ad Aragorn: l’uomo si sedette accanto alle ultime ceneri del fuoco e si apprestò a una lunga nottata, dato che sapeva che non sarebbe riuscito mai e poi mai a dormire.
Gandalf si era allontanato di qualche passo e fissava le pianure di Rohan con aria meditabonda; Aragorn gli si affiancò poco dopo, stanco di dover continuare a rimirarsi gli stivali logori che por-tava.
Gli chiese come intendeva procedere.
- Saruman è un nemico astuto...credo che abbia intrappolato la mente del re e ne abbia fatto un burattino per i suoi loschi interessi..dobbiamo salvarlo, Aragorn, prima che sia troppo tardi... E poi..- guardò di sottecchi l’uomo- Noi abbiamo un vantaggio: l’Anello resta nascosto, nelle mani di un piccolo e coraggioso hobbit. E Sauron ha scoperto la tua esistenza...e ti teme, Aragorn.-
L’uomo lo guardò: c’erano paura e inquietudine, in quegli occhi chiari, ma anche una determina-zione senza eguali.
- Lo sconfiggerai..- sentenziò Gandalf- Sei forte, e hai buoni amici a cui appoggiarti..-
Scoccò un’occhiata fugace alle sagome di Gimli, Legolas e Lilian, apparentemente addormentate poco lontano: in verità, l’unica che dormiva della grossa era proprio la ragazza.
Distesa su un letto di terra e erbacce, senza un buon mantello a tenerla al caldo, si era avvicina-ta, nel sonno, al suo compagno Legolas: e, allungata una mano rapace verso il mantello di que-st’ultimo, l’aveva tirato su di sè, proteggendosi così dal vento freddo.
Il problema era che l’elfo se n’era fin troppo accorto, e non aveva esitato a riprendersi ciò che era, in effetti, suo; con il risultato che Lilian, sempre addormentata, aveva riafferrato la “sua co-perta”, raggomitolandocisi inestricabilmente.
Al che Legolas si era del tutto svegliato, aveva scoperto il perchè di tanto freddo addosso e aveva inutilmente tentato di riconquistarsi almeno un lembo del suo mantello; Lilian invece l’aveva te-nuto più stretto, e aveva sommessamente ringhiato di non provarci, luridi, sporchi mostriciattoli.
L’elfo non si era di certo arreso per così poco: aveva tirato più forte il mantello, coprendosi con decisione.
Quello che si aspettava non era sicuramente una reazione violenta!
Ma in quel momento Lilian aveva inconsapevolmente stabilito che quel mantello doveva essere la sua coperta, e alimentata da una rabbia segreta e per niente giustificata aveva sferrato un calcio a chi le stava di fianco, aveva di nuovo sottratto a Legolas quello che voleva, e seguitava a dire, con voce impastata dal sonno:
- Non prendetevi ciò che è mio...non avvicin..atevi! Maledetti...grar..bastardi..ve la farò pagare... non..avrò da fare...tanti flauti con le vostra ossa...-
Legolas, massaggiandosi il punto colpito e sentendo quelle parole senza senso, si era voltato ver-so di lei, l’aveva guardata mentre si dibatteva come un animale in gabbia, con scatti repentini, sotto le pieghe del suo mantello:
- Ma..- si era detto- che diamine sta sognando?!-
E quell’interrogativo gli rimase fino alla mattina, quando furono tutti pronti per ripartire. Lui un po’ meno, visto che non aveva chiuso più occhio per tutta la notte. 

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Capitolo 3
*** Re Théoden ***


3 - RE THÉODEN

  
Gandalf li guidò attraverso le pianure di Rohan, e cavalcarono per altre lunghe ore: e proprio quando a Lilian sembrò di non avere più il fondoschiena avvistarono Edoras, e il palazzo d'oro del re, arroccati su una collinetta.
Gandalf li mise in guardia: non sarebbero stati i benvenuti, poichè Saruman ave-va steso i suoi poteri fin lì, e il re era da tempo sotto il suo controllo.
I quattro amici se ne resero conto a loro spese quando entrarono in città: tutti li guardavano in un modo strano, serio..troppo serio.
- Trovi più allegria in un cimitero..- borbottò Gimli.
- Siete sempre così ospitali voi uomini?- chiese Lilian ad Aragorn, ma questi si limitò a sorriderle.
Legarono i cavalli a pochi passi dal palazzo, e si diressero verso la sommità della collina: nessuno riconobbe Gandalf, era camuffato sotto il suo mantello scuro.
- Fermi voi!- una guardia si parò davanti ai cinque arrivati- Non potete stare davanti al re così armati!-
Lilian, Gimli e Legolas si guardarono in faccia: che razza di benvenuto era quel-lo?
Ma obbedirono a un cenno di Gandalf, seppur riluttanti:
- Il tuo bastone..- chiese cortesemente la guardia.
- Oh..non vorrai separare un vecchio dal suo sostegno, vero?- gli occhi suppli-chevoli del mago sciolsero il buon cuore del soldato, che li fece passare.
Gandalf si appoggiò a Legolas, fingendo di essere un povero vecchio bisognoso d'aiuto; Lilian continuava a guardarsi attorno, tutt'altro che tranquilla.
Il re sedeva su un trono in fondo alla sala: vicino aveva un uomo vestito di nero, che non dava di certo una buona impressione.
Sussurrò qualcosa al sovrano mentre Gandalf salutava cordialmente:   
- Salute a te, signore di Rohan..l'ospitalià del tuo palazzo è alquanto diminuita!-
- Perchè dovrei darti il benvenuto, Gandalf Corvotempesta?-
La voce del re era quasi un sussurro del vento: forse a causa della vecchiaia, il suo viso era quasi del tutto coperto dalla barba bianca e incolta.
Mentre parlava con il mago, Aragorn e gli altri si guardarono attorno: nell'enor-me sala si stavano riversando decine di uomini.
Non avevano un'aria molto rassicurante....
Ad un tratto il re si lasciò sfuggire una risata cavernosa, e il perfido consigliere fece uno strano segno alle guardie mentre si avvicinava pericolosamente allo stregone: ma Gandalf abbandonò finalmente il suo mantello scuro, apparendo al re in tutta la sua bianca figura.
Lilian e gli altri tre amici protessero il mago dagli uomini armati: anche senza ar-chi, spade o asce, non se la cavavano male.
Soprattutto Lilian: era pericoloso attaccarla in quel frangente, perchè i suoi calci preferivano di gran lunga le parti basse.
Il consigliere, vedendo che la situazione peggiorava (i suoi uomini venivano mal-menati di brutto e Gandalf stava liberando il re dalla magia oscura di Saruman), cercò di squagliarsela dietro al trono del sovrano; ma purtroppo per lui, Lilian lo vide in tempo, e una volta protese le braccia, lo attirò a sè:
- Vieni....vienivienivienivieni!!- sussurrò muovendo le dita: non ne sapeva molti di sortilegi, ma quello era proprio uno dei suoi preferiti.
Il consigliere cadde per terra e venne trascinato indietro da una forza misteriosa verso Lilian, senza potere far nulla: era terrorizzato, specie quando si ritrovò bocconi al cospetto della ragazza.
Ma lei non lo degnò di uno sguardo, e fece un cenno a Gimli, che afferrò il per-fido uomo per il mantello, intimandogli di non muoversi.
Lilian si stava concedendo una pausa, poichè usare gli incantesimi richiedeva molta energia: non si acorse che qualcuno, dietro di lei, la stava prendendo di mira con un grosso candelabro in mano....
Per fortuna, poco prima che il pesante oggetto si abbattesse sulla testa della ragazza, intervenne Legolas che mandò l'uomo per terra con un potente pugno:
- Le signorine non si toccano ....- lo rimproverò aspramente l'elfo.
(...specie se ci ho già poggiato gli occhi io)
Lilian si voltò e gli sorrise piena di gratitudine; lui le diede un amichevole buffet-to sulla guancia e lei sembrò accettarlo...fin troppo.
- Mi pagherai anche questa, Orecchie a Punta!- borbottò Gimli con un sibilo di rabbia repressa a fatica.
Lilian si rimise subito all'opera, e si divertì torturando un cavaliere che aveva tentato di sorprenderla alle spalle:
- No, vi prego...vi prego..non uccidetemi! Parliamone,..per favore..ragioniamo..-
disse tremando il soldato.
La ragazza lo prese per il bavero:
- Ti sembro una con la quale si può ragionare?- gli chiese con un sorriso demo-niaco.
-...no...-
- Bravo!- e con un calcio lo spedì contro una colonna- Non mi sono mai divertita tanto in vita mia!-
Ora di uomini non ce n'erano più..peccato!
Gandalf riuscì finalmente a liberare il re dalla perfida magia di Saruman con un ultimo colpo del suo bastone magico, e il sovrano si afflosciò: Eowyn, la sua nipote, subito lo sostenne con le lacrime agli occhi.
Era una bella ragazza, alta, bionda e con due occhi azzurri e splendenti: il suo vestito bianco le dava un'aria regale.
Il re, una volta liberato da Saruman, ringiovanì tanto che i capelli da bianchi ri-tornarono biondi, e lui si sentì come risvegliato da un incubo: non si ricordava quel che era successo, e così Gandalf dovette spiegargli tutto.
Appena imparò che il suo consigliere, che considerava fedele, l'aveva tradito, lo fece buttare fuori dal palazzo a pedate e presa mano a una spada, fece per uc-ciderlo.
Aragorn lo fermò prima che succedesse il peggio, e il perfido uomo scappò in groppa a un cavallo nero, verso Isengard.
Anche se non riuscì ad avere la sua vendetta, il re fu comunque gentile con Gan-dalf e gli altri visitatori: ridiede loro le armi, e li fece cenare con lui mentre par-lavano di una strategia: il viscido consigliere avrebbe sicuramente avvertito Saruman dei fatti accaduti quel giorno, e avrebbero elaborato un piano d'attacco.
Mentre Gimli finiva rumorosamente di mangiare ("maiale" pensò Lilian), a Théo-den re di Rohan venne in mente un'idea: la capitale dove si trovava il suo pa-lazzo, Edoras era troppo vulnerabile, e perciò aveva intenzione di trasferire tutta la gente possibile in un luogo più sicuro, il Fosso di Helm.
Aragorn non era d'accordo: fuggire sarebbe valso ben poco, la guerra aperta era prossima.
Ma Théoden fu irremovibile: l'indomani sarebbero partiti per il Fosso di Helm. 

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Capitolo 4
*** L'attacco dei Mannari ***


4 – L’ATTACCO DEI MANNARI

 
 
Gandalf se ne andò quella stessa sera in groppa a Ombromanto, e nessuno ne capì il perchè: l'unica cosa certa era che ora erano di nuovo soli, un nano, un mezzano, un elfo e un uomo del nord, agli ordini del signore di Rohan.
La gente di Edoras si portò appresso lo stretto indispensabile e la mattina par-tirono: erano una fila lunghissima, l'unica macchia scura e informe in mezzo alle luminose pianure.
Legolas fu mandato avanti, poichè con la sua vista di elfo avrebbe potuto vedere meglio di altri i nemici, nel caso avessero deciso di attaccare la gente; Lilian ri-mase con Aragorn, e questa volta toccarono a lei le briglie che di solito teneva Legolas: la cosa non le piaceva per niente.
Davanti a lei, Gimli aveva attaccato bottone con Eowyn, che aveva accettato di andare con loro: qualche volta, quando il nano non guardava, si voltava indietro e fissava Aragorn con un'espressione divertita.
Gimli, mentre rideva, le raccontava di come molti credessero che non ci fossero nane, e che secondo le leggende i nani spuntassero da buchi nel terreno.
Sentendo le sue parole, Lilian fece un gesto con la mano che poteva significare un "più o meno"; Aragorn dovette fare un notevole sforzo di autocontrollo per non ridere in modo indecoroso.
Ma la ragazza era stanca di ascoltare le baggianate del nano, la annoiavano terri-bilmente: per-ciò fece avvicinare di soppiatto il suo destriero a quello di Gimli, e senza che lui se ne accor-gesse, diede con le dita una piccola frustata al posterio-re del cavallo.
Aragorn cercò di fermarla, ma era troppo tardi: il destriero partì imbizzarrito e il nano capitombolò giù dalla sua groppa.
Eowyn lo aiutò ad alzarsi, ma sia lei che Aragorn ridevano come matti, mentre Gimli continuava a ripetere che non si era fatto niente e che l'aveva fatto di pro-posito: solo quando vide Lilian superarlo sul cavallo bianco di Legolas intuì a che cosa avrebbe potuto essere dovuta quella caduta; lei non lo guardò neppure.
- Mi odia proprio...- si disse serrando i denti con forza.
Il mezzano superò gli abitanti di Edoras, e si mise in testa: su una collina, davan-ti a lei, riconobbe la figura slanciata di Legolas intenta nello scrutare i dintorni:
- Visto niente?- gli chiese avvicinandosi.
- Niente di niente.-
Lei lo superò e con altre due guardie del re fece andare al piccolo trotto il cavallo bianco dell'elfo: ed una tratto ebbe come la sensazione di non essere più al sicu-ro.
Era strano quel silenzio intorno a lei, era strano quel dolce venticello che non portava novità alle sue orecchie.
Poi sotto il naso le arrivò una zaffata di odore acre e di sporcizia: da dove pro-veniva? Non c'erano fogne da quelle parti...
Arrestò il cavallo sotto un'alta roccia, dilatando le narici nel tentativo di scoprire da dove provenisse quell'odore così disgustoso; qualcosa di leggero le cadde in testa...e non solo quello.
Improvvisamente Lilian vide che l'ombra sotto il suo cavallo si stava ingrandendo senza che lei si muovesse: stava sognando?
No..altrimenti non avrebbe sentito la voce di Legolas urlarle di
(!!togliti di lì!!)
Non fece in tempo a ragionare: qualcosa le balzò addosso, qualcosa di enorme.
Il cavallo bianco cadde da una parte, ma Lilian fece in tempo a togliere i piedi dalle staffe e a spiccare un balzo, che comunque non le bastò per fuggire a una robusta zampata: fu sbattuta ferocemente a terra.
Quando si voltò indietro, la figura bianca del suo destriero era sparita come sotto un'immensa montagna scura da cui spuntavano due occhi affamati; Lilian rico-nobbe l'odore che aveva sentito poco prima: odore di lupo.
L'animale fece per balzarle addosso, spinto da un colpo di tacco dell'orco che gli stava in groppa: ma poco prima che affondasse i denti nella carne tenera della sua preda, una freccia ben mirata alla giugulare lo fece stramazzare a terra.
Le guardie del re provvidero a uccidere l'orco sulla schiena dell'animale; Legolas fu accanto a Lilian in men che non si dica:
- Sei ferita?- le chiese al culmine della preoccupazione.
La ragazza non lo sapeva, non riusciva a capirlo, non aveva tempo di pensarci ora:
- Quello era un esploratore, Legolas, ne sono sicura!- iniziò a dire - Infischiatene di me, vai ad avvertire Aragorn!!-
- Ma tu..-
- Non c'è tempo, va' ad avvertire il re: sbrigati!!-
Gli diede uno spintone con quante forze le erano rimaste:
- Vai!!-
L'elfo restò bloccato per qualche secondo, diviso tra il senso del dovere e la sua vera volontà: poi, quando vide Lilian alzarsi in piedi, senza ferite, pareva, diede l'allarme.
Appena in tempo! Dall'altro versante della collina piombarono come avvoltoi doz-zine di lupi con in groppa altrettanti orchi.
Re Théoden ordinò a sua nipote Eowyn di portare la gente indifesa al Fosso di Helm mentre lui e altri coraggiosi cavalieri avrebbero fermato i lupi di Saruman: la ragazza al-l'inizio insistette per seguirlo, ma alla fine prevalse il volere del re.
Andò Aragorn con il sovrano, e questo fu per lei il dolore più grande.
Anche Gimli partì all'attacco (dopo aver avuto un po' di problemi con il cavallo), mentre i due elfi abbattevano quanti più lupi possibili con le frecce:
- Legolas, sono qui!!- urlò Gimli quando passò vicino all'amico.
Il suo compagno ripose le frecce e con un balzo felino fu in groppa al destriero assieme a tutti gli altri cavalieri: Lilian era più avanti, ma si arrampicò su rocce più alte appena i lupi furono troppo vicini per i suoi gusti.
Lo scontro tra i cavalieri del re e quelli di Saruman fu uno dei più terribili: i ca-valli cadevano sotto il peso degli altri grossi animali, e uomini con loro, ma molti riuscirono a rompere le fila nemiche, trovandosi a combattere con un notevole svantaggio.
Gimli non riuscì a stare in sella che pochi minuti, poichè non ci era abituato, e rotolò giù sul piano della battaglia, e si trovò faccia a faccia con un enorme lupo: quest'ultimo tentò di balzargli addosso, e se non fosse stato per la provvidenzia-le freccia di Legolas, molto probabilmente il nano sarebbe caduto nelle fauci dell'animale.
Ma Gimli non fu affatto riconoscente al suo salvatore, anzi gli urlò:
- Questo conta come mio!- e prese a sgozzare i nemici ormai morenti.
Lilian balzò giù dalla roccia dove si era appostata, e corse più veloce del vento in mezzo ai cadaveri e alle lotte incessanti in direzione di Legolas:
- Mi dai un passaggio?- gridò appena gli fu vicino.
L'elfo la prese volentieri sul suo destriero: ma il suo gesto non passò inosserva-to....
- Ah, ecco perchè sono caduto giù da cavallo!- si disse rabbioso Gimli - Erano d'accordo loro due sul buttarmi giù, per stare insieme!! Questa poi, togliermi la possibilità di combattere al fianco di Lilian! Il tuo conto si allunga, elfo dei miei stivali!-
Ed immediatamente abbattè un grosso lupo che gli stava balzando addosso: pur-troppo stavolta l'animale era troppo grande per la portata di Gimli, e molto pe-sante, quindi la sua furia non fu fermata in tempo, e il corpo del nano fu "som-merso".
L'ascia gli scivolò dalle dita: e ora, che avrebbe fatto?
Seppur riluttante, cominciò a sperare che qualcuno si accorgesse di lui: la bat-taglia infuriava, erano poche le possibilità che qualcuno lo vedesse...a parte gli orchi.
Intanto, Lilian e Legolas facevano piazza pulita dei lupi e dei loro condottieri con grande abilità, specialmente Lilian, che non mancava di elargire gratis anche po-tenti calci.
Ma non erano invincibili, e presto anche loro furono costretti a scendere dal de-striero e atterrare i nemici da terra: poco male, ne erano rimasti pochi.
Gimli riuscì pian piano a togliersi di dosso la carcassa del lupo e raggiunse i due elfi mentre stavano finendo un'altra belva: solo in quel momento si rese conto dello strano silenzio piombato nella radura ormai coperta di sangue e di morte.
I cavalieri alla fine ne erano usciti vittoriosi, seppur con gravi perdite...e a pro- posito di perdite: dov'era Aragorn?
Legolas iniziò a chiamarlo trai corpi morenti dei nemici, e Gimli si sentì sollevato all'idea che si fosse finalmente allontanato da Lilian: anche lei stava cercando l'uomo, ma senza risultati.
Il nano si prese comodamente il tempo di guardarsi attorno: nessuna traccia del loro amico, solo un orco che rantolava poco più in là: chissà, poteva saperne qualcosa...
- Dimmi che è successo ad Aragorn, e ti faciliterò il trapasso...- lo minacciò Gimli agitando impaziente l'ascia.
- E'...morto...- gracchiò l'orco - ha fatto un piccolo capitombolo dal dirupo...-
Legolas, sentendo quelle parole da poco lontano, si avvicinò al nemico e lo pre-se per il bavero, colmo di rabbia e incredulità:
- Tu menti...- sibilò.
La creatura tra le sue mani non rispose che con un ultimo verso senza senso, si inarcò e morì; l'elfo lo lasciò pieno di disgusto.
Eppure qualcosa catturò la sua attenzione: tra le dita del nemico, sembrava luc-cicare un oggetto.
Lo prese in mano per esaminarlo meglio, e per poco non gli venne un colpo: era una collanina dell'immortalità.
L'unico che la possedesse oltre a lui stesso era il suo amico, poichè Arwen, figlia del re elfico El-rond, gliel'aveva donata rinunciando all'immortalità, per amore: e se ora era lì fra le sue mani e non al collo di Ara-gorn doveva esserci un motivo...un motivo.
Che l'orco evesse detto la verità in fondo? Aragorn poteva davvero essere caduto giù dal burrone?
Il dubbio ottenebrò la mente dell'elfo: egli si alzò di scatto, la collanina stretta in pugno, e si diresse verso lo strapiombo più vicino.
Lilian era là, curva a scrutare al di là dello sperone che la separava dal vuoto, ar-co in mano nervi tesi; Legolas si fermò a debita distanza, scrutandola: aveva co-me il terribile presentimento che....
- Lilian...- le sussurrò preoccupato - vieni via da lì...-
- Perchè?- il tono soave della ragazza lo sorprese a tal punto da non permettergli di replicare- Se Aragorn è caduto veramente da qui poco fa, forse posso raggiun-gerlo a nuoto: c'è un fiume qua sotto, nemmeno troppo impetuoso e lui non dev'essere andato lontano..- aggiunse lei.
Legolas si avvicinò furtivamente:
- No, ascoltami...vieni via da lì...- le ripetè.
Troppo tardi, la ragazza si stava già calando giù dallo strapiombo:
- Ci sono abituata a cose del genere...- lo rassicurò Lilian.
Appoggiò delicatamente il piede su una piccola sporgenza poco più in basso: si- nistro scricchiolare di sassi.
Il mezzano non se ne curò più di tanto: e fu un errore.
La roccia non riuscì a sostenere il suo peso e si frantumò sotto i piedi stessi della ragazza, senza lasciarle nemmeno il tempo di aggrapparsi a qualcosa: ed ecco, sotto di lei...il vuoto.
A nulla servirono le unghie e il loro disperato tentativo di afferrare la roccia, troppo scivolosa per le emergenze: Lilian si ritrovò a volteggiare nell'aria, a una velocità inverosimile verso il fiume sottostante.
Legolas, fino ad allora impietrito dall'indecisione, spiccò un balzo verso la spor-genza nel vedere sparire l'appiglio dalle mani di Lilian, ma non fece in tempo ad afferrarla: la vide solo precipitare giù, sempre più giù, sempre più verso il fiume, sempre più lontano da lui, finchè...scomparve.
Così, di botto. Un'onda se la portò via. Per sempre.
 
Chino, con le mani ancora inchiodate in una spasmodica presa, Legolas guardava il fiume ruggire e correre lontano. Con Lilian
(PER SEMPRE)
Lentamente si tirò su, in ginocchio, incapace di distogliere anche solo per un at-timo gli occhi da oltre la sporgenza: serrò le mani con un gesto quasi rabbioso, scuotendo la testa per non accettare la dura realtà.
Non si accorse nemmeno di Gimli, accorso vicino a lui, finchè quest'ultimo non parlò con voce strozzata:
- Lilian...no...-
Legolas rispose versando calde lacrime sulle guance: mai aveva creduto di poter perdere anche lei, no, non Lilian.
- Gliel'avevo detto di non andare....perchè non l'ho fermata, PERCHE'??- si prese la testa fra le mani: avrebbe voluto buttarsi giù da quella sporgenza, tentare l'im-possibile, tentare...o scomparire sotto terra.
Si sentiva un verme.
E fu sorpreso nel sentire una mano che gli stringeva la spalla:
- Vieni...- gli sussurrò amichevolmente re Théoden.
Anche se non ne capiva il motivo, Legolas trovò solo in quel momento la forza di alzarsi in piedi e abbandonare quel luogo: una cosa era certa: lui era vivo.
Vivo, ma solo.
Ma non per questo si sarebbe arreso: una guerra era in atto.
E anche se Lilian e Aragorn non avrebbero mai potuto vederla, lui l'avrebbe af-frontata, e l'avrebbe vinta: anche per loro.
Salì in groppa a un cavallo assieme a Gimli, ma non gli parlò per tutta la durata del viaggio fino al Fosso di Helm: un groppo alla gola gli impediva di parlare, e non gli pareva che Gimli fosse in migliori condizioni.
La verità era che la morte di Lilian aveva lasciato un segno molto più profondo di quella di Aragorn, del quale ora non rimaneva che la sua collanina elfica: ma Li-lian....solo ricordi fluttuanti.
Una volta portato il cavallo nelle stalle, Gimli s'incaricò di portare le brutte noti-zie a Dama Eowyn, e Legolas rimase di nuovo solo per ore interminabili: in ef-fetti, nemmeno quando il re stesso l'invitò a cenare con lui si sentì meglio.
Eppure era in mezzo a tanta gente, aveva davanti un piatto colmo di leccornie, ma non si decideva a cominciare: si limitava a sospirare, appoggiato a una ma-no.
- Mangia qualcosa, Legolas...- lo esortò Gimli mentre addentava una coscia di pollo - capisco che questo è un brutto momento per te, lo è anche per me, cre-dimi...ma sarai stanco, cerca di recuperare un po' di forze...-
- Non posso...- rispose con voce strozzata l'elfo: aveva una pietra nello stomaco.
- Lilian non avrebbe voluto vederti in questo stato...- ribattè il nano: sapeva che quella frase avrebbe sicuramente smosso il suo amico.
- Mi dispiace Gimli, ma non ho fame...- Legolas si alzò di scatto e si diresse ver-so il portone principale, lasciando il compagno di stucco.
Uscì all'aperto, credendo che il fresco della sera gli avrebbe regalato un po' di sollievo: tirava vento freddo da ovest, e il cielo quella notte era coperto e mi-naccioso, quasi a voler ricordare i brutti avvenimenti successi.
Legolas si diresse verso quella specie di ponte senza paratoie che collegava i portoni del Fosso di Helm alla terra: c'era una buona distanza, sembrava, per chi avesse avuto la brillante idea di buttarsi giù.
Quel pensiero per un attimo sfiorò anche la mente di Legolas, man mano che a-vanzava: dei lampi squarciarono il cielo, illumi-nando le terre desolate incastonate fra quelle montagne scure.
Rombi di tuono, più forti di catapulte all'assalto: forse una saetta era caduta poco lontano.
L'elfo guardò in alto, chiedendosi se in pochi attimi sarebbe venuto giù il fini-mondo: la risposta gli cadde su una guancia sotto forma di fredda pioggia.
In pochi secondi i nuvoloni riversarono sulla nuda terra tutta la loro potenza, facendo balenare lampi e creando un lugubre concerto di rombi.
Legolas si ritrovò bagnato fino all'osso in pochi attimi, gli sembrava che ogni singola goccia gli penetrasse nella pelle: doveva andarsene da lì, subito.
Corse in direzione della roccaforte: un lampo lo accecò per un momento, tanto fu vicino.
L'elfo tentò di fermarsi e si protesse gli occhi, ma la pioggia si trasformò nella peggiore delle traditrici: il ponte si era fatto scivoloso come non mai, sicuramen-te non adatto per fermarsi in gran fretta.
Legolas cadde da un lato, scivolò verso il bordo: non seppe dire quanto rimase in equilibrio, sospeso fra le terra e il vuoto, un secondo, forse due.
Poi, un lampo colorò di un bianco accecante le pianure, e il tentativo dell'elfo di proteggersi da quella improvvisa furia segnò anche il destino.
Il ponte d'un tratto scomparve sotto la sua schiena, esattamente come la roccia era scomparsa sotto i piedi di Lilian: ora Legolas sapeva cosa significava volteg-giare nel vuoto.
La pioggia continuava a frustarlo con la sua intensità, finchè qualcosa di molto più duro non colpì la schiena dell'elfo: il suolo.
Ora, l'immagine remota del ponte che si allontanava da lui a velocità vorticosa si era fermata: sembrava anch'essa qualcosa di lontano, come se appartenesse ad un' altra dimensione.
La pioggia che continuava a picchiettare sul suo viso, l'elfo non la sentiva più, e nemmeno i tuoni, i fulmini, la natura che si stava scatenando con tutte le sue forze contro di lui: rimase lì, supino, a fissare il cielo che rombava imperterrito.
Il freddo del fango che gli impregnava i vestiti si era fatto lontano.
In quel momento Legolas si chiese se non fosse tutta una punizione per quello che aveva fatto, una punizione esemplare per il suo gesto
(la potevo salvare...e non l'ho fatto)
Forse se lo meritava, anzi, era sicuramente così: se lo meritava.
Gli si appannarono gli occhi dalla tristezza, le forme si fecero confuse davanti a lui: che stesse già morendo?      
Se davvero così fosse stato, l'avrebbe accettato: ormai troppo debole anche per pensare, Legolas abbassò le palpebre...e si arrese.

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Capitolo 5
*** Niente è come sembra! ***


5 – NIENTE È COME SEMBRA!

  
- Accidenti, ci mancava anche questa!!- esclamò stizzita Lilian mentre osservava la pioggia battente che scendeva fitta fitta - Non bastava essere quasi morta annegata nel fiume, non bastava aver rischiato la vita per salvare un amico, oh no, anche le forze della natura si devono alleare contro di me! Anzi: noi, dico bene Aragorn?-
- Dici bene.- rispose pensieroso l'uomo, mentre guidava il cavallo verso il Fosso di Helm: era stata una fortuna averlo trovato poco lontano dalla riva del fiume.
A dir la verità, Aragorn non si sarebbe mai immaginato di essere ancora vivo, una volta caduto da quella rupe, ma le cose non erano andate precisamente co- me si era aspettato.
Era semisvenuto quando aveva sentito un grido provenire da poco lontano: la rabbia del fiume lo stava trasportando lontano, per lui ormai era finita, o così aveva creduto.
Sentiva le membra intorpidirsi nell'acqua gelida, la testa andare continuamente sott'acqua sempre con minor risultati di uscirne: aveva sbattuto un braccio con-tro una roccia, ma nemmeno il dolore era servito a ridestarlo da quella specie di lento oblìo.
Poi, una mano l'aveva riportato in superficie, alla calda luce del sole: c'era qual-cuno vicino a lui, qualcuno che lo voleva salvare da una morte certa.
Un'ombra benigna l'aveva spinto verso la riva del fiume, sentiva la tiepida aria emessa dalla sua bocca e il suo sguardo irrequieto: era stato trascinato sulla terra da una forza che non si aspettava.
Aveva aperto gli occhi, in preda alla curiosità e, non era possibile, davanti a lui era apparsa Arwen, la sua amata Arwen!
I lunghi capelli corvini le incorniciavano il bel viso elfico e i suoi occhi azzurri e-rano fissi su di lui: avrebbe voluto baciarla in quel momento, solo per un attimo, quell'ultimo attimo.
Invece aveva sentito qualcuno scuoterlo con tanta forza che anche un morto a- vrebbe spalancato gli occhi: l'immagine angelica di Arwen era scomparsa, e al suo posto c'era Lilian, sul punto di schiaffeggiarlo e farlo così rinvenire di certo.
Aragorn aveva supplicato pietà di fronte a tanta furia, ma la ragazza gli aveva semplicemente chiesto come stava: l'uomo si era tranquillizzato un poco, aveva sentito le forze ritornargli, sebbene con molta lentezza.
Aveva cercato di alzarsi, ma il suo tentativo era fallito, finchè Lilian non gli aveva dato un valido aiuto, facendolo appoggiare a sè: gli aveva riferito che Théoden era ripartito per il Fosso di Helm.
Non sapeva dire per quanto tempo avevano camminato, per uscire dalla gola del fiume, ma sicuramente più di un'ora, tutte e due così deboli da rendersi a malapena conto di dove si trovavano: e poi avevano trovato quel destriero che o-ra li stava conducendo verso la roccaforte di Helm Mandimartello.
Li aspettava ancora una lunga marcia notturna, sotto un cielo coperto e lampeg-giante:
- Proteggiti un po' con il mio mantello.....- propose Aragorn a Lilian mentre la co-priva con la sua veste -..o quando arriveremo non potrai nemmeno raccontare a Legolas ciò che ti è successo tanto sarai infreddolita!-
- Credevo che lo volessi dire tu come ci siamo salvati....-
- Lo so, ma credo che il nostro amico elfo tartasserà di domande te, e non me.-
- Perchè mai dovrebbe farlo?-
- Non lo indovini?-
Lilian gli tirò un orecchio, costringendolo a tacere per il suo bene.
Dei lampi squarciarono il manto cupo della notte, illuminando per un attimo il paesaggio desolato di Rohan; poi rombi, suoni fortissimi che parevano scandire la fine del mondo.
Eppure, mescolato a quelle trombe di guerra, un altro rumore giunse alle orec-chie di Aragorn e Lilian: un corno.
- Proviene da là!- affermò la ragazza, e indicò un punto imprecisato sulla colli-netta che stavano superando.
L'uomo, incuriosito, guidò il cavallo verso la sommità dell'altura, e quello che vi-de oltre ad essa lo impietrì: giù, la piccola valle brulicava di creature di Isen-gard: uruk-hai, orchi, goblin e altri inimmaginabili nemici usciti dalle fornaci di quella città.
Marciavano diritti, non erano meno di diecimila: viaggiavano in modo incredibil-mente veloce, incitati dalle grida di quelli che dovevano essere i capi e guidati dalle fiaccole.
Aragorn spronò il cavallo e andò giù dalla collina, al riparo:
- Non ho mai visto un esercito così grande!- esclamò Lilian - Siamo certi che Théoden e i suoi cavalieri resistano?-
- Lo spero, ma dovranno essere molto coraggiosi...e dovranno essere avvertiti prima: andiamo!-
Incitò il cavallo ad andare al galoppo in direzione del Fosso di Helm: dovevano giungervi prima dell'esercito nemico, o per Rohan sarebbe stata una fine certa.
La pioggia cadeva fitta, ma ad Aragorn e a Lilian non importava.
Man mano che si allontanarono dagli orchi, le grida funeste e i corni di Isengard si spensero; cavalcarono tutta la notte, senza mai fermarsi nemmeno per dormi-re almeno un'ora: non avevano tempo.
Oltrepassarono colline e rigagnoli ingrossati dalla pioggia, sfidarono saette e freddo pungente: quando giunsero al Fosso di Helm, ormai era l'alba.
 
Legolas aprì gli occhi e si sorprese nel vedere che non si trovava in paradiso, bensì in un luogo che gli parve molto familiare: era steso su un comodo letto, in una camera che si ricordava di avere già visto.
Scosse la testa, credendo di stare sognando, e si alzò a sedere con le poche for-ze che aveva, guardandosi attorno:
- Dove sarò mai?- si chiese massaggiandosi una tempia.
- NO, la domanda giusta è: DOVE SEI STATO??!!- una voce cavernosa esplose nelle sue orecchie, costringendo Legolas a proteggerle con le mani.
Si girò di scatto, e vide di fronte a sè il suo amico nano:
- Gimli! Io....ecco...-
- SAI COSA VUOL DIRE CERCARTI PER TUTTA LA ROCCAFORTE E NON TROVARTI NEMMENO NEGLI SGABUZZINI???-
Il nano si arrampicò sul letto e cominciò ad avanzare minacciosamente verso Le-golas, che fu costretto a indietreggiare:
- SAI COSA VUOL DIRE SCOPRIRTI MEZZO MORTO NEL FANGO SOTTO IL PONTE??? HO RISCHIATO DI RITROVARMI SOLO DEL TUTTO!!-
- Gimli, mi dispiace...io non..-
Legolas non fece in tempo a terminare la frase, perchè cadde giù dal letto, largo solo un metro: ora sopra di lui troneggiava l'ombra di Gimli, che non aveva smesso di urlare.
- Sai come ti hanno trovato le guardie? SVENUTO, SEMIASSIDERATO, INFRED-DOLITO A TAL PUNTO CHE QUANDO TI HANNO PORTATO QUI SEMBRAVI PIU' MORTO CHE VIVO!! Mi hai fatto prendere un colpo!!-
- Non volevo...è che..-
- "è che..", "è che..", lo so, il perchè!! Non ti è passato il rimorso per Lilian, ma da quello ad arrivare a morire di dispiacere!!!-
- Non scherzarci su! Se tu fossi stato al mio posto capiresti perchè mi sento co-sì...- Legolas si alzò e guardò fuori dalla finestra: era l'alba.
Vedendolo così malinconico, Gimli si pentì di avergli urlato così forte, e parlò con tono più pacato:
- La morte di Lilian ha segnato profondamente anche il mio cuore, ma devi ca-pire una cosa: non è stata colpa tua, nè mia, ma di quegli orchi maledetti e dei loro lupi...-
- Ma io ero lì, lo sapevo che non poteva farcela, l'ho solo avvertita, mentre inve-ce avrei dovuto prenderla per un braccio e trascinarla via da quel dirupo assassi-no!!-
Di fronte a una risposta del genere, Gimli non seppe più come rispondere. Saltò giù dal letto, e si avvicinò all'elfo:
- Adesso che sei vivo e vegeto, come ti senti?- gli chiese in tono amichevole.
- Molto depresso...- rispose Legolas e una lacrima gli bruciò la guancia.- Lilian mi manca tanto....e anche Aragorn..-
Poco più in là squillarono delle trombe, segno di un nuovo venuto: poteva essere una buona occasione per distrarsi.
- Andiamo a vedere chi è arrivato...- propose Gimli, e iniziò a tirare energica-mente la veste di Legolas.
Quest'ultimo lo seguì, più perchè non sapeva come resistere alla forza di Gimli che per vera voglia: ma non se la sentiva di uscire all'aperto, non voleva che la gente lo vedesse così.
Si vergognava del suo stato:
- Io ti aspetto qui..- affermò sicuro quando fu in mezzo all'atrio.
- Perchè? Ti farà bene stare a contatto con le persone..-
- Lascia perdere, non è il momento.-
Gimli capì che era meglio lasciarlo solo: in fondo sapeva il dolore che lo attena-gliava, quell'orribile, dolciastro rimorso che sarebbe rimasto per tanti anni, forse per sempre.
Il nano si diresse solo verso il cortile dove era squillata la tromba, e notò che molta gente si era accalcata intorno al nuovo venuto, e c'era una confusione che non s'immaginava di trovare:
- Fate largo, fate largo, voglio vederlo in faccia, questo visitatore!!- gridò, e co-minciò a spintonare la gente per crearsi un passaggio.
Quando la folla si diradò un po', potè constatare il perchè di tutta quella confu-sione: davanti a lui si ergevano le figure silenziose di Aragorn e di Lilian.
Sulle prime credette di stare sognando, tant'è che strabuzzò gli occhi, incredulo:
- Tu?- balbettò appena ritrovò la voce- Tu...sei l'uomo più fortunato che io abbia mai visto!!- e si aggrappò saldamente al corpo di Aragorn.
Quest'ultimo lanciò un'occhiata di supplica a Lilian, ma lei non sembrò raccoglie-re; decise di usare un altro stratagemma:
- Dov'è il re, Gimli?- chiese.
Il nano indicò con un cenno la risposta: Théoden era dentro il palazzo.
Aragorn ebbe una buona scusa per togliersi da quell'abbraccio fraterno e si di-resse spedito verso il salone e Lilian, che di starsene sola con Gimli non ne vo-leva sentire nemmeno parlare, fece atto di seguirlo.
Sentì una mano possente che le tratteneva per una manica:
- Ehi, non mi saluti neanche?- le chiese il nano con una nota d'offesa.
- Ehm...ciao Gimli.- disse con voce malferma la ragazza, ma immaginava che non sarebbe certo bastato quello a toglierla d'impiccio.
Il nano la guardava storto:
- Dov'è Legolas?- domandò Lilian, sperando di ottenere lo stesso risultato di A-ragorn.
- Dentro...-
La ragazza si liberò finalmente della stretta di Gimli, e si diresse verso l'atrio del-la roccaforte: sapeva che il nano non la perdeva di vista una secondo, e che la stava seguendo, ma volle tentare l'impresa di liberarsi di lui.
Fece pochi passi, e poi vide la sagoma snella di Aragorn ferma davanti a quella di un altro uomo: ma no, che stava dicendo, quello non era un uomo, era un el-fo!
(Legolas!!)
Decise di fargli una sorpresa, sperando ardentemente che Aragorn non gli dices-se che lei era viva e vegeta: si avvicinò di soppiatto agli altri due amici, ma fece solo in tempo ad ascoltare poche frasi del loro dialogo:
- Questa è tua.- disse Legolas, e tese all'uomo qualcosa di lucente: la collanina di Arwen.
Aragorn rimase stupefatto nel ritrovarsi quell'oggetto tra le mani, e guardò l'a-mico con aria interrogativa: Legolas gli sorrise semplicemente.
- Che brutto aspetto...- scherzò - Lo sai che sei in ritardo?-
- Già, c'era un traffico d'inferno!- esclamò Lilian, balzando fuori dal suo "nascon-diglio"- Vero, Aragorn?-
Legolas rimase sbalordito da quell'apparizione: spalancò gli occhi, e la voce gli si fece malferma:
- Ma tu...non è possibile, tu sei..morta...-
- Morta a chi?? Io sono viva e in buona salute: tocca se non ci credi!-
Lilian tese il braccio, per dimostrare di essere lei in carne ed ossa, ma l'elfo non parve per nulla convinto: tremante, lui le sfiorò la mano, credendo che anche al suo minimo tocco Lilian si sarebbe volatilizzata nel nulla.
La ragazza, però, rimase dov'era, senza muoversi, impaziente di vedere le rea-zioni dell'amico.
Sempre più incredulo, Legolas le afferrò le braccia:
- Come hai fatto..?- le chiese balbettando.
- Sai, devo essere sincera con te: non lo so.-
Lilian immaginava che le avrebbe fatto altre domande, come aveva predetto Ara-gorn, invece lui fece qualcosa che non si aspettava minimamente, che la lasciò di stucco: l'abbracciò.
- Non farmi più scherzi del genere!!- la rimproverò con voce rotta.
Lilian non gli rispose, paralizzata com'era dalla sorpresa, ma capì che qualcosa di strano era successo in Legolas, in quel poco tempo che lei non era stata lì, al suo fianco: lasciò che lui la stringesse forte, sapeva che ne aveva un infinito bi-sogno.
Aragorn tossicchiò imbarazzato e si allontanò per andare a cercare il re; Gimli, dal canto suo, appena vide la scena, sentì una rabbia ribollire nel suo cuore che tutto d'un tratto credette di scoppiare: avvertiva la terribile urgenza di afferrare la sua ascia, scagliarsi con-tro....no, non poteva.
Rimase lì, pietrificato, assolutamente cosciente dei suoi pensieri: jalousie, jea-lousy, jelosìa...in quanti modi si può dire gelosia?
Eppure non poteva lasciarla sfogare, no, non lì: troppo rischioso.
Fece uno sforzo sovrumano per controllarsi, e si avvicinò facendo finta di niente; tanto, Lilian e Legolas avevano sciolto l'abbraccio:
- Sono contento di averti qui..- disse l'elfo.
- Ti sono mancata?-
- Abbastanza...ma andiamo a mangiare qualcosa, sarai affamata.-
Con un ultima, indiretta carezza, la lasciò del tutto, e le fece cenno di seguirlo: ma Lilian non si mosse neppure quando lo vide avviarsi.
Quel suo "abbastanza" l'aveva confusa: si aspettava un “molto”.
- Non dargli retta, si disperava senza di te..non ha mai smesso di piangere un secondo.- grugnì Gimli passandole accanto: chissà, forse così avrebbe avuto almeno la minima speranza di creare una falsa figura di Legolas nella mente della ragazza.
Era convinto che a lei non piacessero i disperati, nè tantomeno gli smidollati.
Invece non si accorse che così aveva segnato la sua rovina.
 
A cena, Aragorn discusse a lungo con il re di quelle truppe di Isengard che si av-vicinavano ogni ora di più al Fosso di Helm: Théoden rimase colpito dalla notizia, ora sì che si sentiva nei guai.
Gli uruk-hai non ci avrebbero impiegato molto tempo a giungere alla sua rocca-forte, e non aveva abbastanza soldati per sconfiggerli.
Aragorn propose di mandare messaggeri in quel preciso momento, diretti a Gran Burrone o altri luoghi dove risiedessero elfi, che erano stati preziosi alleati in passato.
Il re non ne volle sapere: sosteneva infatti che le antiche alleanza erano morte, e che non avevano amici a cui chiedere aiuti in tempo: erano soli.
Aragorn, però, non si arrese di fronte a un semplice rifiuto del re, pensò sempli-cemente ad un altro modo per dare il via al suo piano: unica cosa, aveva bisogno di qualche alleato.
Dopo cena, diede appuntamento a Legolas e Gimli in una stanza appartata della roccaforte e cercò in ogni dove Lilian, senza riuscirla a trovare: non poteva per-dere tempo con lei, perciò, dopo molte e vane ricerche, lasciò perdere la faccen-da.
- Che cosa hai intenzione di fare, Aragorn?- gli chiese sussurrando Legolas appe-na vide il suo amico entrare nella stanza.
- Il re non vuole ragionare, quindi ho deciso che dovremo dargli un aiuto senza il suo permesso: dovremo organizzarci di nascosto, se lo viene a sapere potrebbe essere molto pericoloso per la nostra incolumità..-
- Hai già un piano in mente?-
- Credo di sì: pensavo di mandare qualcuno di noi a Lòrien, con un messaggio per re Celeborn, qualcuno che cavalchi velocemente e silenziosamente...-
- Non guardate me..- interloquì Gimli- io a cavallo non ci vado neanche se mi pagano in mithril..-
- Allora andrò io!- disse Legolas.
- E' proprio qui il problema! Non puoi andarci, sei troppo importante per il re: senza di te, come faremo ad avvistare i nemici in tempo?-
- C'è sempre Lilian....-
- Veramente...io pensavo di mandare lei a Lòrien: senza offesa, ma lei è molto più resistente e veloce di tutti noi a cavallo: è snella e credo abbia una certa esperienza della Terra-di-Mezzo, conosce sicuramente delle scorciatoie. Voi che ne pensate?-
- Che ne penserà lei?- domandò Legolas, ricordandosi della brutta esperienza nelle terre elfiche  - Lo sai che con gli elfi non ci vuole avere niente a che fare.-
- Purtroppo stavolta credo che dovremmo obbligarla, e ripeto, purtroppo...-
- Obbligarla?-
- E' la nostra ultima speranza: se non ci salva lei, il Fosso di Helm sarà perduto!-
- Hai ragione, Aragorn, ma come si fa a farglielo capire a un mezzano?- disse Gi-mli.
- Non lo so...-
- Anch'io penso che dovremo praticamente obbligarla, ma...con la forza? Mi sembra eccessivo. Del resto non si sa se...-
Il resto della frase si perse fra le alte colonnate della stanza, ma giunse comun-que alle orecchie di qualcuno che non avrebbe mai dovuto sentire quella con-versazione fattasi così dura.
Dietro al portone, chiuso per estrema sicurezza, a origliare esattamente come u-na qualunque ladra, Lilian se ne stava premuta con l'orecchio alla serratura: passando da quella parte, per caso, si era accorta delle voci dei suoi tre amici...e putroppo aveva udito anche i loro piani.
Al sentir parlare di obblighi, aveva avvertito l'ira scagliarsi come una freccia nel suo cuore, accendendo una miccia che di lì a poco sarebbe scoppiata: come si e-rano permessi di..?
Per i suoi gusti, l'ultima frase di Legolas era stata come la goccia che aveva fatto traboccare il vaso: proprio lui, che lei credeva un amico!!
Alimentata dalla sua rabbia incontrollabile di mezzano, diede una calcio al porto-ne così potente da scardinare la serratura e aprirlo con un gran fragore: Aragorn e gli altri si girarono di scatto, spaventati da tutta quella confusione.
- Così è questo che stavate pensando, vero? Di fare finta di essere miei amici per poi usarmi al momento opportuno! Da voi questo non me lo sarei mai aspet-tato...soprattutto da te, Legolas!!- sibilò - Ti credevo un amico, invece ti sei preso gioco di me! Ora ho capito finalmente cosa sei: un elfo, proprio come tutti gli altri!!-
Respirò a fondo, mentre i tre amici la guardavano sbigottiti:
- Mi avete profondamente delusa: me ne vado! ADDIO PER SEMPRE!!-
Girò sui tacchi e si diresse in fretta verso il portone all'entrata della roccaforte; Legolas, il primo a riprendere coscienza di se stesso dopo quella piazzata, le corse dietro finchè non riuscì a prenderla per il braccio, supplicandola di capire le ragioni sue e degli altri amici.
Lilian non ne volle sapere, e cercò di scacciarlo a parole: ma l'elfo non mollava la presa, e lei fu costretta a usare metodi drastici.
In un unico, impensabile scatto, si girò e con un potente schiaffo mandò Legolas a terra, liberandosi dalla sua mano: ormai senza nessun ostacolo, aprì il portone e sparì nel paesaggio luminoso del mattino.
Aragorn tentò di raggiungerla, ma incappò in un paio di guardie che stavano tra-sportando armi, inciampò e cadde: quando riuscì ad alzare di nuovo lo sguardo sul portone d'ingresso, vide solo l'ombra fuggevole di Lilian che si allontanava a cavallo, troppo velocemente per poter essere raggiunta.
Mentre tentava di alzarsi, la figura snella di Legolas gli passò accanto e si fermò in cima allo scalone, intenta a guardare l'ultima speranza che si allontanava.
Aragorn lo raggiunse, e lì, accanto all'elfo, si fermò: non potevano fare più nulla.
Sembrava impossibile: si erano rovinati con le proprie parole.
Gimli arrivò poco dopo, e anch'egli rimase ritto e sconsolato di fronte alla verità.
E ora?
Sconcertato dal terribile futuro che si trovava davanti, Aragorn tentò di cercare aiuto in facce amiche: si voltò verso Legolas, sperando di trovare un po' di con-forto.
L'elfo non lo stava guardando: se ne stava silenzioso come una statua di sale a fissare il vuoto, i lunghi capelli biondi al vento.
La guancia che volgeva dalla parte dell'uomo era livida e tumefatta, sicuramente  quella colpita dalla pesante mano di Lilian: dalla bocca dell'elfo scendeva un pic-colissimo rigagnolo di sangue.
Aragorn stava per chiedergli se aveva bisogno d'aiuto, ma Legolas si pulì le lab-bra con il dorso della mano e si voltò: fu quello sguardo, quelle due fiamme az-zurre dei suoi occhi a fermare la voce dell'uomo.
Per un attimo credette che il messaggio fosse fin troppo esplicito: odio.
Legolas si girò di scatto e tornò nella roccaforte, i pugni chiusi dalla rabbia e dal dolore per quello schiaffo; Gimli e Aragorn si guardarono, indecisi su cosa pensa-re, che fare.
Poi Aragorn riprese coscienza di ciò che era successo, e di cosa stava succeden-do: si girò anch'egli, e in un lampo balzò al fianco di Legolas:
- Ce l'hai con me, per caso? Mi stai attribuendo la colpa di quello che è accaduto con Lilian?-
L'elfo non rispose e procedette per la sua strada:
- Lo so cosa stai pensando, ma ti prego di non metterti strane idee in testa: che dovevo fare secondo te?-
Aragorn afferrò l'amico per il mantello, costringendolo a guardarlo:
- Che avrei dovuto fare?- ripetè quasi sibilando.
- Non lo so, va bene? Non è vero che ti attribuisco la colpa di ciò che è succes-so! Vorrei solo aver avuto un'idea migliore di quella di usare Lilian per i nostri piani!-
- Secondo te c'erano altre alternative?!-
- Forse pensandoci di più le avremmo trovate, ma non l'abbiamo fatto: e ora..guarda gli uomini del re: sono afflitti, spaventati, sono a malapena qualche centinaio contro chissà quanti! Non hanno speranze, senza Lilian non riusciranno a resistere all'attacco di Isengard. Moriranno tutti!-
- ALLORA IO MORIRO' ANCH’IO, COME UNO DI LORO!!- gli gridò in faccia Aragorn, ma si pentì presto di averlo fatto: Legolas non aveva tutti i torti.
Lasciò il mantello del compagno, e si allontanò in tutta fretta, sparendo dietro la prima porta aperta che trovò; l'elfo, che non immaginava di averlo tanto offeso, lo seguì, ma appena fu di fronte alla porta chiusa qualcosa lo trattenne dall'en-trare: chiamò Aragorn, ma da dietro il viso legnoso di quel portale nessuno ri-spose.
- Lascialo stare..- gli consigliò Gimli, sopraggiunto alle sue spalle.
Legolas si chiese se non fosse meglio ascoltarlo: forse il nano aveva ragione, che senso aveva discutere proprio in quel momento?
L'elfo si allontanò dalla porta, e, sentendosi improvvisamente stanco, si abban-donò su una sedia lì vicino, massaggiandosi con una mano la guancia colpita: a-veva preso a bruciare peggio del fuoco.
- Te le ha suonate, eh?- scherzò Gimli, ma la sua ironia non fu affatto gradita: Legolas gli lanciò uno sguardo terribile, che lo fece zittire al momento.

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Capitolo 6
*** Guerra ***


6 - GUERRA

 
 Per quel che riguardava Aragorn, entrambi lo videro poche volte quella sera, e anche il giorno seguente: sembrava li evitasse.
- Prima Lilian, poi Aragorn...mi chiedo se mai riuscirò ad aprire bocca senza cau-sare guai.- disse sospirando Legolas, dopo un giorno pieno di rimorso.
- La colpa non è stata solo tua, lo sai bene...- cercò di tranquillizzarlo Gimli.
- Sarà anche così, ma adesso siamo divisi più che mai, proprio alla vigilia della battaglia!-
L'elfo sospirò di nuovo: nel suo cuore combattuto, si stava svolgendo un conflitto ben più grande di quello imminente.
Dopo alcuni minuti, inspiegabilmente, si voltò e si diresse verso la stanza dove aveva visto scomparire Aragorn, poche ore prima:
- Dove stai andando?- gli urlò Gimli, atterrito.
- A fare pace con almeno uno dei due!-
Legolas scese le scale, e l'ultima risposta del nano si perse nell'aria sempre più cupa della notte: arrivò a una porta, ma si guardò bene dall'entrare così di botto.
Aprì un piccolo spiraglio, disegnando sul pavimento una striscia tremolante di calda luce: Aragorn era dentro, stava indossando la cotta di maglia che l'avrebbe protetto da molti attacchi nemici.
In quel momento parve un uomo così perfetto, così ideale...: oh, come aveva potuto dubitare di un guerriero così forte ed onesto?
Legolas entrò di soppiatto nella stanza, e con altrettanto silenzio afferrò la spada che trovò poco lontano da Aragorn: quest'ultimo, quando si girò, lo vide che gli porgeva l'arma.
- Che c'è? Sei venuto ad avvertirmi dell'arrivo degli orchi?- gli chiese asciutto mentre si saldava il fodero e la spada alla cintura.
- No. Non sono ancora giunti qui.- gli rispose Legolas- Sono venuto per altre cose...-
Aragorn lo guardò sorpreso, scrutandolo attentamente, nel tentativo di indovina-re il perchè di quel tono altrettanto serio:
- Per me e per gli uomini di queste contrade, tu sei stato una guida, e non ci hai mai traditi, e non penso che tu voglia farlo ora....perdonami, Aragorn...ho..sbagliato...-
L'elfo chinò la testa, trovandosi a fissare un immenso pavimento sgretolato: non era sicuro che il suo amico comprendesse quello che cercava di dirgli.
Quando passò qualche minuto, Legolas perse ogni speranza di riappacificarsi: stava per fare dietrofront e andarsene, con il cuore pesante e sconfitto, ma una mano sulla sua spalla lo trattenne: alzò di nuovo gli occhi.
- Non c'è nulla da perdonare, Legolas...- gli sussurrò Aragorn, commosso dalle parole dell'amico   - è facile perdere la testa in questi tempi bui..-
Si sorrisero a vicenda. E in quel momento l'aria si riempì di un suono che fece allarmare entrambi: non erano corni di orchi...
Istintivamente si precipitarono fuori dalla stanza e salirono a capofitto le scale, rischiando più volte di inciampare e rompersi l'osso del collo: videro Gimli che correva come un ossesso verso il cortile della roccaforte, e capirono che qualcosa di strano era in atto, là fuori.
Il re era già davanti al portone principale, aveva appena dato l'ordine di aprire il cancello: in quel momento, nello spazio ristretto appena oltre le mura si riversò una valanga di quelli che sembravano uomini incappucciati.
Nè Aragorn nè Legolas capivano chi fossero quegli inattesi ospiti: si avvicinaro-no un poco, curiosi di scoprire chi si celava sotto quelle mentite spoglie.
Qualcuno si staccò dalla massa confusa e diede ordine agli altri di girarsi: im-provvisamente, dai mantelli che portavano gli stranieri scaturirono armature d'o-ro, lunghi archi e faretre colme di frecce: evidentemente erano amici, anzi, era-no elfi.
- Salve a voi, re di Rohan....- salutò cordialmente Haldir, togliendosi il cappuccio.
Aragorn non si era mai dimenticato di lui, quell'elfo benefico che li aveva condot-ti a Lòrien senza pericoli:
- Salve a te, Haldir!- disse, e senza tanti preamboli lo abbracciò.
- Giungete proprio nel momento del bisogno, amici.- esordì Théoden- Come ave-te intuito che eravamo quasi nel pieno di una battaglia? Credevo che nemmeno voi vi rammentaste delle vecchie alleanze.-
- Una brava ragazza è venuta a ricordarcele...-
A quella risposta, il cuore di Legolas si riempì di gioia: c'era solo una persona che poteva aver recato il messaggio d'aiuto a Lòrien, e quella persona era Lilian.
Lilian...era tornata.
- E dov'è ora questa ragazza?- chiese Legolas, agitato più che mai.
- Guarda, è proprio là..- Haldir si voltò e indicò con un dito una meta imprecisa-ta: ma in quel punto non c'era niente di niente.
- Come è possibile, era lì un minuto fa! Ci ha accompagnato sin qui!!- balbettò Haldir, non credendo ai suoi occhi.
In quel momento, dal nulla giunse un soldato, che riferì al re la notizia che un cavallo era fuggito e a chiedere se dovevano tentare di riprenderlo: il sovrano rispose di no, gli uomini gli servivano alla roccaforte.
La speranza che aveva provato Legolas in quei pochi secondi si tramutò in un'e-norme delusione: era stato un sogno, solo un bellissimo sogno.
Lei se n'era andata di nuovo.
Abbassò la testa, rattristato:
- Fa lo stesso...- sussurrò, ma Haldir non udì quelle parole: le udì Aragorn.
In quel tono sconfitto riconobbe l'amara verità che stava spezzando il cuore a Legolas, ma capì anche che non poteva farci niente: poggiò una mano sulla spalla dell'elfo, senza riuscirgli a dare un po' di conforto.
Il cielo aveva preso a rannuvolarsi.
 
Non erano passate molte ore dall'arrivo di Haldir quando pesanti passi rimbom-barono nelle spoglie pianure davanti alla roccaforte: elfi e uomini si misero ai posti di combattimento, in file compatte sulle mura, archi tesi.
Infine erano giunti: diecimila orchi come minimo si erano schierati davanti al Fosso di Helm, pronti a portare la vittoria a Isengard.
Era un esercito immenso.
Diecimila contro settecento: come avrebbe potuto vincere, re Théoden?
Il cielo, che fino ad allora era stato coperto, rovesciò di nuovo la sua ira sull'arso terreno: Legolas, con l'arco appoggiato a una spalla, si rammentò della brutta notte in cui aveva creduto che Lilian fosse morta.
Anche allora pioveva, anche allora i lampi avevano squarciato la cupa volta del cielo, anche allora i tuoni avevano segnato il destino.
- Alla fine..ci siamo.- sentenziò Aragorn, sopraggiungendo alle spalle dell'elfo.
- Qualunque sia la nostra sorte, che superi questa notte!- gli augurò Gimli, pochi passi più in là.
- I tuoi amici sono con te, Aragorn...anche se non tutti...- disse Legolas sovrap-pensiero: si stava riferendo a Lilian.
- Che anche loro superino questa notte.- bofonchiò il nano.
- Lei è con noi, Legolas...- sussurrò Aragorn, dando una stretta affettuosa alla spalla dell'elfo.
Poi se ne andò, per controllare meglio la parte di esercito che gli era stata asse-gnata: in quel momento, gli orchi al di là delle mura presero a pestare furiosa-mente le lance e i piedi, gettando gli uomini nell'incertezza.
- Potevi scegliere un posto migliore!-Gimli cominciò a saltellare, nel tentativo di vedere oltre il muretto che lo sovrastava di una decina di centimetri- Che sta succedendo? Che diamine sta succedendo??-
- Vuoi che te lo descriva...- disse Legolas, ma non fece in tempo a completare l'ironica battuta: qualcuno lo precedette.
-...o preferisci avere un rialzo?-
L'elfo rimase impietrito: qualcosa gli era scivolato silenziosamente alle spalle, e come un ombra si era posizionato accanto a lui.
Si voltò lentamente, non sapendo chi avrebbe trovato dinnanzi ai suoi occhi: non era certo Aragorn....
- Lilian?- domandò stupefatto appena mise a fuoco la figura al suo fianco- Sei tu?-
- Perchè, non dovrei esserlo?- gli rispose aspra la ragazza, voltandosi verso l'e-sercito di Isengard.
- Io...io credevo non mi volessi più vedere..-
- Infatti...-
Si capiva perfettamente che Lilian non aveva ancora sbollito la rabbia: Gimli se ne guardò bene dal parlare di quel fatto, e cercò anche di farlo capire a Legolas.
Ma questi non sembrava intenzionato a lasciar perdere la faccenda:
- Allora..perchè sei tornata?- le chiese.
- La guerra incombe, e sorvola ogni altra cosa: è troppo importante per essere lasciata al secondo posto, dopo i nostri affari..-
- Sei stata tu a chiamare in nostro aiuto Haldir, vero?-
- Grazie a un sogno di re Celeborn..altrimenti dubito che mi avrebbero creduto.-
Il martellare degli orchi impazienti riempì il breve vuoto:
- Visto che sei qui, Lilian, io...volevo chiederti scusa: non volevo obbligarti a farci da messaggero, cercavo solo un modo per tirarci fuori dai guai..-
- Lo so.-
La risposta fece rimanere Legolas di stucco, ma non demorse nella sua confes-sione:
- Mi dispiace di averti ferita...credimi, non volevo..-
- Lo so.-
-..allora....pace?-
Le tese la mano con espressione afflitta; Lilian indugiò per alcuni interminabili minuti, ma alla fine la strinse:
- Guai a te se mi fai altri scherzi del genere!- ammonì.
- Non li farò...-
Si guardarono, convinti di avere trovato nell'altro un perdono: era strano tro-varsi lì, in mezzo a tutte quelle armi, e a tutti quegli uomini, e avere una gran voglia di....
Intuendo che stava per succedere, Gimli s'intromise bruscamente fra i due a-mici, facendo loro staccare le mani e distanziandoli di qualche centimentro:
- Permesso, permesso: si vede meglio da questa parte?- chiese tranquillamente.
Ma poichè non riusciva a guardare niente di niente si vide costretto a ritornare sui suoi passi, alla sua prima postazione: ora, anche se Legolas e Lilian erano tornati vicini, li teneva d'occhio.
Loro non si guardarono per molto tempo, concentrati com'erano e impazienti di cominciare e finire, una volta per tutte.
Lilian, nonostante fosse abituata a quel genere di cose, si sentiva troppo nervo-sa: le battevano debolmente i denti, ma non era paura, bensì tensione: che a-spettavano quei mostri a fare il primo passo?
Incapace di trattenere i suoi sentimenti, strappò bruscamente una piantina cre-sciuta tra le fila di pietre del muretto: con mani tremanti iniziò a sminuzzarla, rendendola poltiglia in pochi secondi.
Non sapeva più come scaricare la tensione che le logorava i nervi: tentava di pensare alla vittoria, a quando sarebbe stata la fine, ma nemmeno la sorte più rosea che la potesse venire in mente riuscì a rasserenarla.
La verità era che in ogni momento anche la vittoria sembrava ottenebrata dalla notte incombente.
Legolas, adocchiando il lavorìo sommesso delle dita di Lilian, spostò lo sguardo su di lei, per vedere che stava combinando in un momento simile: la sorprese mentre stava ancora martirizzando quella povera pianticella che aveva trovato, e capì che evidentemente essere abituati a una vita dura non serviva per quel ge- nere di occasioni.
Lo sguardo della ragazza era fisso sull'esercito, ancora lì a scalpitare in attesa dell'inizio, e lei era rigida, quasi quanto l'asta che teneva nella sua faretra: anco-ra poco e le sarebbe venuta una crisi di nervi.
Volendo regalarle un momento di tranquillità, forse l'ultimo che avrebbe potuto godere, Legolas allungò la mano e con decisione ne afferrò una della ragazza, incrociando le sue dita sottili con quelle di lei: la trasse a sè.
- Andrà tutto bene...- le sussurrò a un orecchio, assaporando il dolce profumo dei suoi capelli.
- Se lo dici tu...- si limitò a dire Lilian: benchè intuisse le buone intenzioni di Le-golas, non si sentiva affatto tranquilla. Gli strinse la mano, mentre Gimli si mor-deva le nocche per non avere un eccesso di rabbia.
Ad un tratto, come un fulmine che attraversa il cielo, una freccia partì pochi me-tri più in là, andandosi a conficcare nel collo di un grosso uruk-hai: la creatura emise un gemito soffocato, prima di crollare per non rialzarsi mai più.
Fu quella la miccia che bastò a far esplodere l'odio fra i mostri di Isengard, che in quel momento gridarono di eccitazione e di rabbia, scagliandosi contro le mu-ra del Fosso di Helm.
Aragorn diede ordine di scagliare frecce a volontà, e la maestria degli elfi di Hal-dir servì a far cadere molti nemici: ma la marea nera si muoveva ancora inces-santemente, addossandosi alle pareti della roccaforte e spingendo poderose scale contro le mura.
Lilian e Legolas si misero subito all'opera per far cadere quei trabiccoli, con orchi compresi, sulle fila nemiche, ottenendo risultati che però non si mostrarono ri-levanti: i mostri continuavano a salire, e ben presto i due amici si videro costret-ti a usare ben più di un misero arco.
Gimli, dal canto suo, essendo piccolo e non visibile da oltre le mura, abbatteva i nemici semplicemente quando gli arrivavano sopra, nel tentativo di entrare:
- Sono già a due!- dichiarò contento mentre finiva un grosso uruk-hai: lui e l'elfo avevano fatto una scommessa su chi ne avrebbe uccisi di più.
- Io sono a diciassette!- gli urlò Legolas di rimando- Anzi, diciannove!- aggiunse ammazzandone altri due.
Per l'orgoglio del nano, quello fu un grave colpo:
- Non permetterò che Orecchie a Punta mi batta!- si disse e prese ad agitare l'a-scia in ogni direzione.
Lilian era poco più in alto, e per pura casualità, mentre stendeva un orco con il suo dolce peso, capitò vicino a Legolas:
- Quanti ne hai uccisi?- le chiese lui appena ne abbe l'occasione.
- Dunque...dovrebbero essere... Abbassati!!-
Legolas ubbidì e Lilian potè abbattere un uruk-hai che incombeva dietro al suo amico, pronto a fare da boia:
- Trentuno!- esclamò trionfante.
Quella volta fu Legolas ad avvertire un grave colpo al suo orgoglio.
 
Poche ore dopo, la situazione era in uno stato di traballante stallo.
Gli orchi sembravano non finire mai, mentre invece il numero degli uomini e de-gli elfi si andava via via assotigliando: non potevano resisitere ancora per molto sulle mura.
Aragorn ordinò la ritirata entro la seconda cerchia di protezione, e i pochi rimasti ancora in vita abbandonarono i posti d'avanguardia e si diressero verso il cuore della roccaforte: anche Lilian lo fece, sebbene non fosse la sua abituale strate-gia.
Stava correndo in direzione di Aragorn, quando, ad un tratto, ebbe l'atroce so-spetto che le stesse sfuggendo di mano la situazione: aveva come l'impressione che un invisibile occhio le stesse girando attorno, ma non era l'Occhio di Sauron, l'oscuro signore, bensì qualcosa che stava cercando di avvertirla.
Non di un pericolo, però.
Lilian s'immobilizzò ad ascoltare il vento fischiarle nelle orecchie e respirò...tal-mente piano.....
Sopra di lei un ascia di Isengard si abbattè pesantemente su un fragile corpo in-difeso e indebolito, ma fu proprio quel rauco crocchiare di ossa che riportò la ra-gazza alla realtà, inducendola, istintivamente, a scoccare una freccia sopra la sua testa: un uruk-hai stramazzò a terra.
Ma anche qualcun'altro cadde in ginocchio, afflitto da qualcosa che avrebbe per sempre distrutto il suo ritorno a casa.
Lilian si precipitò su per le vicine scale e corse più veloce che le permisero le gambe per raggiungere in tempo l'uomo che, a parer suo, era stato ferito gra-vemente: appena si avvicinò abbastanza, tanto quasi a toccarlo, si rese conto che chi stava cercando di salvare non era un uomo, bensì un elfo.
E più precisamente..:
- HALDIR!!- urlò sorreggendolo.
La testa del generale le ricadde pesantemente sulla spalla:
- Lilian...- sussurrò quasi impercittibilmente lui- ....scusa...- e con un ultimo re-spiro roco spirò.
Guardando sconvolta i vitrei occhi azzurri di Haldir, la ragazza capì che non c'era più nulla da fare: l'aveva perso, seppur per un misero soffio.
Trovarsi così faccia a faccia con la morte la fece capitombolare in un indicibile turbinìo di emozioni: di solito Lilian non si commuoveva facilmente, ma ora, chiusa come in un proprio mondo, le veniva da piangere.
Non osava pensare a quante lacrime avrebbero versato gli amici di Haldir, non vedendolo tornare dalla guerra, non osava pensare quanti eventuali figli sareb-bero rimasti privati di una parte del loro cuore.
Nè osava pensare alle loro fragili vite sull'orlo del crollo per una vita che si era spezzata.
Un altro mezzano, al posto di Lilian, non si sarebbe nemmeno fermato un minuto a perdere tempo con quella salma rigida e sanguinante, che solo pochi secondi prima (pochi secondi pochi secondi!) era viva, nella Terra-di-Mezzo.
Forse Legolas non aveva del tutto torto quando diceva che lei non era un mezzano come tutti gli altri...
La battaglia che infuriava pericolosamente sulle mura riportò la ragazza alla real-tà: si alzò in uno scatto, evitando la pesante ascia di un uruk-hai, e si diresse verso il salone principale.
Immaginava che avrebbe trovato il portone chiuso: e a giudicare dall'ammasso di fetide creature che spingevano contro le dure assi di legno, doveva avere ragione.
Si arrampicò su per il muro, cercando di evitare le frecce che le sibilavano ac-canto, incastrandosi a pochi centimetri dal suo viso: poco più in alto c'era una piccola finestra.
Più o meno doveva essere l'alba; Lilian raggiunse l'apertura nel muro e si lasciò cadere all'interno del salone: si aggrappò ai drappi raffiguranti i cavalli bianchi di Rohan, e scese.
I suoi amici erano intenti a bloccare il portone principale, mentre il re sembrava riflettere: udì Aragorn parlare di un'ultima possibilità, di sbaragliare gli avversari, di cavalcar....cavalcare??
- Aragorn, sei sicuro che sia una buona idea?- chiese la ragazza appena ebbe trovato conferma ai suoi sospetti.
- Perlomeno è l'unica: dobbiamo farlo!!-
- Ma io....-
- Verrai con me...-
Qualcuno sopraggiunse alle spalle della ragazza, che si voltò incuriosita: Legolas le tendeva la mano, dall'alto di un destriero dal baluginante pelo bianco.
A dire la verità, sembrava molto più il famoso principe delle favole che un sem-plice elfo vestito di verde: aveva...come dire...un certo fascino.
Lilian gli afferrò la mano e si issò sul suo cavallo, dietro la sella: il posto era un po' scomodo, ma valeva davvero la pena soffrire un pochino...
- Sei pronta?- le chiese Legolas, voltandosi: i loro visi parvero toccarsi.
- Credo di sì....- mormorò incerta Lilian, ma continuò a fissarlo: anche lui, in ef-fetti, non sembrava avesse intenzione di girarsi.
Così li sorprese Gimli:
- Goditela finchè puoi, amico, perchè prima o dopo cadrà in mano mia!- gracchiò beffardo a Legolas: l'elfo, colto sul fatto, si voltò di scatto e arrossì.
- Cosa voleva dire?- chiese Lilian, non sicura del tutto di aver capito.
- Niente...lascia perdere.-
 
Pochi minuti più tardi Aragorn e la cavalleria di re Théoden era pronta per fare l'ultimo, disperato tentativo di resisitenza: tutti s'immaginavano che cosa li a-spettasse al di là del pesante portone della sala, eppure la loro paura era in-credibilmente soppressa.
Alcuni riuscivano addirittura a pensare ad altro: fra quelli c'era Legolas.
La frase di Gimli gli rimbombava ancora in testa come i tuoni nella notte, rabbio-sa, restìa ad andarsene una volta per tutte: si vergognava di pensare a quelle frivolezze in un simile frangente, ma non ne poteva fare a meno.
Era fin troppo chiaro a che cosa alludeva: una sfida.
In cuor suo Legolas era contento che Lilian non avesse capito l'antifona e che non si fosse nemmeno imposta di scoprirlo: a lui bastava sentirla respirare agita-ta dietro la sua schiena, avvertire il calore delle sue mani sulle spalle.
Non chiedeva di più, a parte che quel momento durasse per sempre.
Se solo pensava che in un momento avrebbe potuto perderla, perderla davvero s'intende, la testa gli partiva e nemmeno la forte volontà di cui era dotato riusci-va a farla tornare.
- Stanno entrando!- urlò reThéoden- Fatevi valere! VIVA ROHAN!!-
Subito dopo il fragore del portone spezzato invase il salone: Aragorn ordinò la carica, e Legolas spronò il cavallo.
In un attimo si ritrovò in mezzo alla mischia di Isengard, a decapitare orchi su orchi, nemici su nemici, mentre Lilian, dal suo posto, dava il suo notevole con-tributo.
In pochi minuti si aprì un varco che permise a Théoden di andare verso l'uscita della roccaforte e poi sul ponte: la marmaglia di Isengard si squarciò al suo pas-saggio, fino a lasciarlo confondersi in mezzo agli uruk-hai.
Era ovvio che non avrebbe resistito per molto, senonchè, all'alba di un sole do-rato, giunse finalmente un aiuto: in cima a una collina poco distante comparve Gandalf, il mago, accompagnato da quel cavaliere che Aragorn aveva incontrato sulla strada per Edoras.
Lui e l'esercito che aveva raccolto si scagliarono sulle creature di Isengard che, straziate dalla battaglia contro Théoden e accecate dal sole, non resistettero.
Bastò poco tempo per battere del tutto gli uruk-hai.
Bastò poco tempo per proclamare la vittoria di Rohan.
E bastò anche poco tempo per capire che comunque non era finita.   
    
       
                                                                     FINE (per ora...) 

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