Candle in the Snow

di whateverhappened
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** // ***
Capitolo 2: *** // ***
Capitolo 3: *** // ***



Capitolo 1
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Candle in the Snow




Le giornate primaverili erano da sempre le predilette per le gite fuori città e per i ritrovi in famiglia, due passatempi spesso fusi in ritrovi alla Tana. I bambini adoravano rincorrersi nel giardino, mentre gli adulti si godevano la pace di una bella chiacchierata accompagnata dal canto degli uccellini. Arthur e Molly adoravano quelle occasioni in cui tutta la famiglia – o quasi – si riuniva, proprio come quando i loro figli erano ragazzi e gli amici venivano in visita durante l'estate. Spesso, ad onor del vero, approfittavano della presenza di tutti per sistemare la casa, ormai difficile da gestire da una Molly sempre più in là con gli anni e senza più l'aiuto di nessuno. Quel giorno la donna si era messa in testa di ripulire la Tana da cima a fondo, delle pulizie di primavera in regola d'arte, e ad ogni figlio era stata attribuita una parte della casa.

«Pulite a fondo e buttate il superfluo» si era raccomandata Molly, così in quel momento erano tutti indaffarati.

Victoire, la primogenita di Bill e Fleur, aveva insistito perché loro si occupassero della soffitta. Era innamorata da sempre di quella parte della casa, che invece spaventava a morte la piccola Lily Potter, e ogni volta riusciva a trovarvi lo spunto per nuove avventure o l'occasione per farsi raccontare delle storie. Nella sua mente curiosa i bauli raccolti in soffitta erano dei veri e propri tesori, custodi di chissà quali segreti conservati gelosamente negli anni. Spesso chiedeva alla nonna di mostrarle delle foto, degli oggetti appartenuti a qualche parente: Victoire era una vera appassionata di storia, si era messa in testa di scrivere quella della sua famiglia.

Quel giorno, mentre Fleur si dava da fare per ripulire al meglio quella stanza polverosa e Bill spostava delle vecchie casse, lei e Dominique si divertirono ad esplorare la soffitta. Addossati alla parete vi erano due bauli neri con ricami bianchi, nascosti da altri ben meno eleganti. La curiosità delle bambine era troppa perché non li aprissero, forse avrebbero trovato qualcosa di interessante. Non vennero deluse: appena aprirono il primo baule trovarono numerosi oggetti che stuzzicarono la loro fantasia, tuttavia nulla le colpì maggiormente di una fotografia rimasta incastrata nel coperchio. Dominique, la più delicata delle due sorelle, riuscì ad estrarla senza romperla e corse immediatamente dal padre, seguita da Victoire.

«Papà, chi è?» domandò, fissando i grandi occhi azzurri sul genitore. Bill, coperto di polvere da capo a piedi, si chinò a prendere la foto dalle mani della figlia e sorrise.

«Una donna dalla storia davvero interessante» rispose enigmatico, conscio che le bambine avrebbero richiesto a gran voce quel racconto.

«Ce la racconti?» chiesero, infatti, un attimo dopo.

Bill sorrise, osservando meglio la fotografia. La donna rappresentata sorrideva apertamente, la pettinatura faceva immediatamente pensare agli anni Trenta, periodo confermato dall'anno scritto sul retro. Sistemò l'immagine in bella vista su un tavolino e, sedendosi meglio sul pavimento, cominciò a raccontare.


















Questa storia - composta da prologo, capitolo ed epilogo – si è classificata prima al terzo ed ultimo turno del contest Il Club dei Duellanti, indetto da Lilyblack, Fabi e vogue. Il giudizio verrà postato con l’epilogo, così come le note :)

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Capitolo 2
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Tutto cominciò nel 1934. Era un periodo di prosperità per la comunità magica, che assisteva alla nascita di attività che ancora oggi sono importanti. Nessuno avrebbe potuto sospettare che da lì a qualche anno sarebbe scoppiata una guerra fra i Babbani, una guerra talmente importante ed estesa a livello mondiale da coinvolgere fortemente anche la nostra vita. Le famiglie magiche si preoccupavano principalmente di organizzare matrimoni vantaggiosi e di criticare l'accesso di Nati Babbani al nostro mondo, che all'epoca era estremamente conservatore.

La nostra storia si svolge nella migliore Scuola di Magia e Stregoneria d'Europa. Molti potrebbero attribuire questa descrizione a diverse scuole, ma per onor di patria per noi la migliore sarà sempre Hogwarts. Da poco era stato eletto Dippet come Preside e tutti stavano ancora cercando di avere un'opinione precisa al riguardo, ma per gli studenti nulla era cambiato particolarmente. Fra questi vi erano, in particolare, due ragazzi che interessano la nostra storia.

Lei era una Serpeverde dell'ultimo anno. Non era una ragazza che dava particolarmente nell'occhio, in una stanza piena di giovani donne nulla la avrebbe fatta brillare in modo maggiore rispetto alle altre. Non aveva delle attrattive particolari, anzi, a guardarla con attenzione un buon osservatore avrebbe potuto notare che la gamba sinistra era leggermente più corta della destra. Era una bella ragazza, ma comune sotto ogni aspetto fisico. Ciò che la faceva notare all'ingresso in una stanza era il ciondolo che portava al collo, una “B” di argento che la identificava immediatamente come esponente di una delle più importanti famiglie della società magica. Era una Black, il suo cognome le portava attenzioni che altrimenti non avrebbe avuto. Il suo nome era Cedrella, a quell'epoca la più grande delle figlie di Arcturus Black da maritare: la sorella più grande, Callidora, si era sposata l'anno precedente e da allora ogni proposito matrimoniale dei genitori era rivolto a lei.

Lui, invece, era un Grifondoro. Aveva la stessa età di Cedrella e con lei si era sempre comportato come se non fosse stata una Black, con il risultato che in sette anni di scuola si era accorto della sua presenza forse un paio di volte. Non aveva né voglia né possibilità di sposare una Black e Cedrella era troppo anonima perché ci si potesse accorgere di lei senza alcuno scopo. Septimus era altrettanto poco celebre a Hogwarts, l'amore per lo studio e gli scacchi lo tenevano lontano da qualsiasi occasione di popolarità. Non gli piaceva particolarmente il Quidditch, anzi, lo riteneva uno sport abbastanza stupido. Trascorreva le sue giornate sui libri o davanti al camino, raramente metteva il naso fuori dalla Sala Comune se non per le lezioni e per i pasti.

La nostra storia ha inizio in uno di quei pochi giorni in cui Septimus, per qualche particolare congiunzione astrale, era portato a concedersi all'aria aperta. Non era un bel giorno di sole, nessuna brezza leggera invitava gli studenti di Hogwarts a passeggiare per il parco, ma per Septimus era diverso. Non amava la confusione, preferiva di gran lunga camminare in mezzo al nulla piuttosto che essere attorniato da diverse persone, per la pace di una bella passeggiata sarebbe uscito persino con la grandine. Quello di cui parliamo è un giorno decisamente invernale, con la neve a ricoprire i prati e la temperatura adatta ad una buona cioccolata calda. La Sala Comune di Grifondoro era gremita, fatto che ostacolava le letture di Septimus che, nonostante il freddo, non si fece problemi ad uscire per ovviare al problema. Il parco di Hogwarts aveva sempre avuto un'attrattiva particolare, ricordava ancora come avrebbe voluto visitarlo la sera stessa del suo Smistamento, e non perdeva occasione per esplorarne zone nuove ogni volta che si allontanava dalle mura protettive della sua Sala Comune. Era un individuo strano, Septimus, e quando passeggiava lo faceva sempre senza una meta precisa, semplicemente camminava finché non sentiva di doversi fermare. Anche quella mattina camminò senza destinazione attraverso la neve per diversi minuti, godendosi il silenzio assoluto che solo quella condizione atmosferica sapeva dare, solo ogni tanto udiva qualche uccellino cinguettare in lontananza. Septimus amava la neve, era in grado di infondergli un senso di pace anche nei momenti di maggiore rabbia: gli bastava rimanere solo in mezzo al bianco per sentirsi immediatamente meglio. Tuttavia, man mano che si avvicinava al lago l'idea che quel giorno non sarebbe stato solo si insinuò nella sua mente: persino in lontananza si riconosceva la fiammella di una candela accesa e di sicuro nessuno accendeva una candela in mezzo alla neve per poi andarsene. Istintivamente aumentò il passo, guidato da quella stessa curiosità che lo rendeva avido di sapere nello studio. Era una caratteristica di Septimus voler sapere sempre tutto, se qualcosa lo stuzzicava andava a fondo fino a conoscerne origini e collegamenti.

Quando Septimus giunse in riva al lago, proprio dove aveva visto ardere la candela, notò una figura minuta raggomitolata sulla neve. Era seduta a terra, nascosta dalla panchina fino a che Septimus non le fu accanto. Istintivamente il ragazzo evocò una coperta e gliela porse senza parlare, la sua attenzione era concentrata su quella piccola fiammella a un metro da loro. Non era razionale pensare che la ragazza sperasse di scaldarsi con quel minuscolo fuoco, pure un bambino avrebbe capito che era impossibile, eppure lei la fissava come se da quella dipendessero le sue sorti. Septimus la osservò rapidamente mentre si avvolgeva nella coperta, non ci mise molto a riconoscerla. Per quanto le loro strade non si fossero mai realmente incrociate, avrebbe riconosciuto ovunque Cedrella Black e il suo ciondolo d'argento. Appartenevano a due famiglie diametralmente opposte, Cedrella non avrebbe dovuto neanche rivolgergli uno sguardo, figurarsi accettare qualcosa da lui! Tuttavia Septimus notò che la ragazza aveva uno sguardo strano, quasi rassegnato. Spinto da quella stessa attrazione che lo aveva spinto a raggiungere quel luogo, si sedette sulla neve accanto alla ragazza. Non le disse nulla, si limitò a osservare quella candela rossa che sembrava catturare così tanto l'attenzione di Cedrella. Rimasero in silenzio diversi minuti, Septimus sospettò persino che la ragazza non si fosse accorta della sua presenza, ma ad un tratto lei gli parlò.

«Ha una grande forza quella candela – gli disse – È fuoco in mezzo all'acqua. L'acqua spegne il fuoco, ma quella fiamma rimane accesa. Sopravvive in un ambiente che le è avverso, riesce persino a brillare».

Poteva sembrare una frase senza alcun senso, eppure Septimus ne rimase profondamente colpito. Osservò Cedrella di sfuggita, notando come avesse ancora la stessa espressione rassegnata che aveva quando era arrivato. Ebbe quasi l'impressione che quella frase non si riferisse tanto alla candela, quanto a Cedrella stessa.

«La copertura di cera fa sì che il fuoco non venga toccato dalla neve» rispose semplicemente, dando una spiegazione fredda e impersonale al fenomeno. Sapeva che probabilmente non era il modo più giusto per risponderle, magari per confortarla, ma Septimus non era tipo da parole dolci.

«La protegge. Tutti dovremmo avere quella protezione che fa brillare una fiamma in mezzo alla neve» ribatté Cedrella.

Le parole della ragazza diedero a Septimus la conferma che le sue supposizioni erano corrette, parlando della candela Cedrella si riferiva effettivamente a se stessa. Non sapeva come risponderle, non era mai stato bravo con le parole e non era capace di consolare nemmeno sua sorella dopo una caduta. Si limitò ad annuire, rimanendo in silenzio. Cedrella non parlò più, i due rimasero in silenzio finché il brontolio dello stomaco di Septimus non fece loro capire che era giunta l'ora di pranzo. Si avviarono verso il castello senza rivolgersi la parola, Cedrella aveva portato con sé la candela, e quando si separarono Septimus sentì che quella ragazza era una curiosità vivente.

Il giorno seguente si alzò determinato a tornare alla panchina. Era sicuro che Cedrella sarebbe stata lì, non sapeva dire per quale motivo ma ne era assolutamente certo. Non aspettò neppure troppo tempo: subito dopo colazione uscì nel parco, camminando rapidamente sulla neve già schiacciata da qualche altro mattiniero. Gran parte degli studenti dormiva ancora, come sempre la domenica mattina, ma a Septimus piaceva sentire l'aria fredda del mattino sulla pelle. Quando arrivò alla panchina di pietra notò che Cedrella era già lì, avvolta in quella coperta che lui aveva evocato il giorno precedente. Non lo salutò quando le fu accanto, ma con la coda dell'occhio Septimus vide che un piccolo sorriso era comparso sulle labbra della ragazza. Con gesti rapidi evocò una candela azzurra, che accese con un tocco di bacchetta e posizionò accanto a quella rossa di Cedrella.

«A volte quello che serve è solo un po' di compagnia» mormorò, senza neppure guardarla.

Fu come se Septimus seguisse lo stesso schema del giorno precedente: si sedette accanto a Cedrella e non parlò, il silenzio regnò fra loro per diversi minuti prima che la ragazza decidesse di romperlo. Non gli disse molto, in realtà, semplicemente concordò con quanto detto da lui e aggiunse che era difficile trovare una candela che ardesse con la stessa intensità di un'altra. Inoltre, a suo parere, per essere realmente un bello spettacolo dovevano essere di due colori complementari, così che il loro insieme fosse gradevole sin dal primo impatto. Septimus sorrise fra sé a quell'uscita, ben conscio che il complementare del rosso era proprio l'azzurro. Dopo quella risposta, il silenzio tornò a essere protagonista sulla scena. Come il giorno precedente Septimus e Cedrella non dissero nulla fino a mezzogiorno, limitandosi a osservare le due candele che brillavano anche della luce dell'altra, quindi si alzarono e tornarono al castello.

Quegli incontri apparentemente senza senso, spesso dediti al silenzio più che alle discussioni, continuarono il fine-settimana successivo e quello dopo ancora. Septimus e Cedrella si trovavano in riva al lago per osservare il brillare di una candela in mezzo alla neve e, quando la temperatura divenne troppo alta perché potesse nevicare, semplicemente osservavano l'acqua. L'inverno del 1934 trascorse, arrivò il 1935 e i due ragazzi continuavano a incontrarsi nel parco della scuola. Fra loro il silenzio riempiva sempre meno spazi, occupati ora da racconti e discorsi. Entrambi si aprirono con l'altro, finendo per rivelare paure e timori, lati dei loro caratteri ignoti a chiunque altro. Era diventata quasi una consuetudine raccontare all'altro la settimana trascorsa, un incontro fisso. Nessuno ne era a conoscenza, probabilmente ogni persona ad Hogwarts non li riteneva né appropriati né adatti a loro due e, soprattutto, alle famiglie a cui appartenevano.

Nonostante tutto, Cedrella e Septimus continuavano a vedersi, alla fine – com'era forse prevedibile – finirono per innamorarsi. Il loro era un amore quasi proibito, secondo i canoni della società magica degli anni Trenta non avrebbero nemmeno dovuto parlarsi, una storia sentimentale era assolutamente fuori questione. La famiglia di lei, in particolar modo, sarebbe stata estremamente contraria a quell'unione. Fino a pochi anni fa i Black puntavano a matrimoni il più possibile vantaggiosi, figuratevi negli anni Trenta: più prestigioso era il partito, più facilmente i genitori di Cedrella avrebbero acconsentito alle nozze. In poche parole, Septimus non aveva la minima speranza di poterla sposare con il benestare della famiglia. Capite bene che un rifiuto esplicito da parte dei genitori di Cedrella avrebbe portato esclusivamente a due alternative: i due ragazzi dovevano rinunciare al loro amore oppure lei sarebbe stata diseredata, esclusa per sempre dalla sua famiglia, cancellata dall'albero genealogico. Septimus non voleva assolutamente che Cedrella rinunciasse alla sua famiglia, gli risultava insopportabile solo l'idea che potesse essere cacciata di casa come un ladro scoperto a rubare, che non venisse più considerata una figlia da chi l'aveva messa al mondo a causa sua. Non negava, specialmente in quei momenti in cui si concedeva di sognare e di sperare, che avrebbe desiderato come nient'altro di poter stare con lei, ma tutta l'alta società magica sarebbe stata contro quell'unione.

Quasi senza che i due ragazzi se ne accorgessero, i mesi passarono veloci e la fine di giugno arrivò inesorabile. Era l'ultimo anno, non sarebbero tornati ad Hogwarts a settembre e non si sarebbero più rivisti. Entrambi speravano che, in fondo, qualcosa sarebbe cambiato a loro favore ma, allo stesso tempo, sapevano che non sarebbe mai successo. Non avrebbero mai potuto vedersi come in quei mesi senza incontrare le ire dei Black, per nulla al mondo sarebbe potuto accadere. La situazione era bloccata, apparentemente senza via di uscita: Cedrella avrebbe voluto lasciare tutto per Septimus ma aveva paura delle conseguenze e lui, forse spaventato dalle responsabilità che aveva in quella scelta, non riusciva mai a tranquillizzarla a dovere.

Quando giunse l'ultimo giorno e un antenato dell'Espresso di Hogwarts arrivò a Hogsmeade, Cedrella e Septimus si erano salutati per non vedersi mai più. Sulla loro panchina, quel posto frequentato da loro due soli, avevano lasciato una candela rossa e una azzurra a testimonianza della loro storia.




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Capitolo 3
*** // ***




Bill parlava ormai da diversi minuti, il suo pubblico lo ascoltava totalmente preso. Dominique, la più romantica, aveva la bocca aperta dalla curiosità e Victoire, solitamente molto loquace, aveva ascoltato le sue parole in assoluto silenzio. Louis, poco interessato alle vicende amorose di chiunque, si era addormentato fra le braccia di Fleur, che ascoltava il marito rapita. La soffitta era impolverata e in disordine esattamente come quando vi avevano messo piede, non avevano sistemato neanche un centimetro di quella stanza. Poco importava, per Bill quel momento con la sua famiglia valeva più di qualsiasi altra cosa.

«Quando giunse l'ultimo giorno e un antenato dell'Espresso di Hogwarts arrivò a Hogsmeade, Cedrella e Septimus si erano salutati per non vedersi mai più. Sulla loro panchina, quel posto frequentato da loro due soli, avevano lasciato una candela rossa e una azzurra a testimonianza della loro storia».

«Che storia triste» sussurrò Dominique, asciugandosi le lacrime con la piccola mano.

«Ma non può finire così!» intervenne Victoire, afferrando la fotografia. «Qui sembra così felice, non può avere avuto una storia così triste».

Il volto di Cedrella Black appariva raggiante in quell'immagine in bianco e nero, sorrideva come se nulla avrebbe potuto turbarla e Victorie era certa, avendo notato quel leggero scuotersi delle spalle della ragazza della foto, che fosse sul punto di mettersi a ridere. Non poteva credere che avesse avuto un destino così triste.

«Nessuno ha detto che la storia si è conclusa» rispose Bill con un sorriso enigmatico, che fece spalancare ancora di più la bocca a Dominique. Si allungò verso il baule in cui Victoire aveva trovato la foto e, dopo pochi istanti, ne estrasse una cornice.

«Septimus non era un ragazzo qualsiasi di Grifondoro, era un Weasley» girò la cornice in modo che la moglie e le figlie potessero vedere la foto che vi era contenuta, che era palesemente l'immagine di un matrimonio. La sposa, che tutte riconobbero immediatamente come Cedrella, aveva un meraviglioso abito da cerimonia e si stringeva ad un uomo altrettanto elegante, con degli occhiali pesanti sul naso.

«È identico allo zio Percy!» esclamò Victoire, subito seguita da Dominique. Bill sorrise, annuendo.

«In effetti Percy è quello che ha preso di più da nonno Septimus, gli assomiglia in ben più di un aspetto!» ridacchiò Bill.

«Nonno Septimus?» esclamarono le figlie in contemporanea, facendo ridere Fleur.

«Bisnonno, per voi: Septimus era il padre di nonno Arthur».

«Quindi Cedrella era tua nonna?» domandò Dominique, gli occhi le brillavano per la curiosità e, Bill avrebbe potuto scommetterci, per il romanticismo di quell'immagine.

«Sì, alla fine Cedrella Black è diventata una Weasley. Una volta che fu tornata a casa non seppe resistere alla tentazione di scrivere a Septimus, fu più forte di lei. Ovviamente Septimus le rispose, ma la sua lettera venne intercettata dalla sorella minore di Cedrella, Charis, che andò immediatamente a riferirlo ai genitori. A quel punto Cedrella fu costretta ad ammettere di essersi innamorata di un uomo che i suoi genitori mai avrebbero voluto al suo fianco. Le fu imposto di tagliare ogni contatto con Septimus, agli elfi domestici venne dato ordine di non lasciarla mai sola e persino Charis si offrì volontaria per evitare che Cedrella avesse contatti con un Babbanofilo. Ma Cedrella era davvero legata a Septimus, molto più di quanto tutti potessero sospettare, e non riuscì a tollerare quella situazione più di due settimane. A fine luglio si presentò davanti a casa di Septimus, solo le sue lettere come bagaglio. Si sposarono quello stesso settembre e quattro anni dopo nacque il prozio Bilius, il resto della storia lo conoscete».

«È così romantico!» esclamò Dominique, di nuovo con gli occhi illuminati dalla felicità.

«E così coraggioso da parte di Cedrella!» aggiunse Victoire, più propensa all'avventura che al romanticismo. «Della bisnonna, voglio dire».

Bill sorrise apertamente osservando le sue figlie, così prese dalla storia che aveva appena raccontato. Gli tornò in mente i giorni trascorsi a casa dei nonni, quando erano bambini, quando nonno Septimus giocava a scacchi con Ron e la nonna beveva il the in giardino. Erano ricordi preziosi, memorie di un'epoca felice e spensierata.

«Bill» la voce della moglie lo riscosse. «Le hai rapite, sono rimoste incantote» gli disse, guardando le bambine che ripercorrevano i punti più importanti del racconto. Dagli occhi di Fleur, leggermente lucidi e sognanti come nei momenti più dolci, Bill capì che le sue parole avevano avuto effetto anche su di lei.

«Ginny adorava sentire questa storia» le rispose. «Ogni volta che vedeva la nonna le chiedeva di raccontarla, ogni volta con le stesse parole, alla fine l'abbiamo imparata tutti a memoria» Fleur gli strinse una mano, sorridendo.

«Ti mancano?»

«Sempre. La nonna era una donna meravigliosa, coraggiosa come se fosse stata una Grifondoro. Il nonno, invece, molto riflessivo. È stato lui ad insegnare a Ron a giocare a scacchi, sai? Per quello vince ogni volta, conosce tutte le mosse».

Gli occhi di Bill si inumidirono, come sempre quando ripensava alla sua infanzia. Erano giorni felici, quando il pericolo più grande era cadere e sbucciarsi un ginocchio. Nessuno avrebbe mai potuto immaginare quello che sarebbe successo negli anni seguenti, allora erano tutti spensierati. Quando pensava a quei tempi Bill si sentiva invadere da un senso di pace eguagliabile solamente dalla vista dei suoi figli felici, nient'altro riusciva a renderlo altrettanto contento.

Osservò Dominique e Victoire che ricordavano i momenti più importanti della storia, mentre Louis continuava a dormire fra le braccia di Fleur, e un gran sorriso si fece strada sul suo volto. Gli sembrò quasi che la foto della nonna lo ricambiasse, mentre ringraziava mentalmente quella candela accesa nella neve che aveva permesso a tutto quello di esistere.


























Un ritardo incredibile, lo so, ma non ho davvero avuto tempo per collegarmi e pubblicare.

Il titolo mi è venuto in mente pensando alla canzone “Candle in the Wind – Goodbye England’s Rose” di Elton John. Ho pensato a un altro titolo perché mi sembrava – e mi sembra tuttora – un insulto legare quella canzone stupenda (e che mi fa piangere ogni volta, lo ammetto) a una banale fanfiction come la mia, ma purtroppo non mi è venuto in mente nient'altro. Riascoltandola e facendo bene caso al testo ho anche notato la frase “And it seems to me you lived your life like a candle in the wind, never fading with the sunset when the rain set in” che in qualche modo, molto alla larga, mi ha ricordato quello che ho scritto.
Il discorso sulla candela e la neve è, come Septimus ha intuito, un modo di Cedrella di parlare di sé: secondo Lexicon Cedrella potrebbe aver sposato Septimus solo per andarsene dalla famiglia, sentendosi diversa così come sarà per Sirius, e l'immagine della candela mi ci ha fatto pensare. Lei, come fuoco, in mezzo alla neve della famiglia Black, pronta a spegnerla se solo brilla troppo. Non ho inserito la spiegazione perché non mi piaceva (XD), in pratica mi sembra che vada bene così. A proposito della teoria scritta prima, ho ripreso solamente il fatto che Cedrella si sentisse fuori posto già prima dell'arrivo di Septimus. Io credo nel matrimonio d'amore u_u
Mi sono documentata su Cedrella e Septimus prima di scrivere – leggasi: ho consultato Lexicon e mi son fatta una cultura incredibile – e lì dice che non è verificato che siano i genitori di Arthur, ma è altamente probabile. Si ipotizzava anche che Septimus fosse il nonno che ha regalato a Ron gli scacchi, ho immaginato che giocassero spesso insieme.


Whateverhappened: “Candle in the snow”
Grammatica e sintassi: 10/10
Lessico e Stile: 10/10
Originalità: 9.6/10
Caratterizzazione dei personaggi: 15/15
Attinenza al prompt e sviluppo della trama: 15/15
Gradimento personale: 10/10
totale: 69.6/70

Giudizio di Fabi_:
Una storia che unisce le generazioni, e che lo fa in modo naturale. Una storia che mi ha permesso di apprezzare una volta di più il personaggio di Bill e la sua, da me meno amata, prole. L'espediente di raccontare una storia a partire da un ricordo visto in soffitta è molto utilizzata, quindi non posso dire che la storia all'inizio mi abbia colpito per la sua originalità, ma quando una cosa è ben fatta, e non c'è dubbio che la tua storia sia molto ben scritta, certe cose passano in secondo piano. Infatti il racconto mi è piaciuto moltissimo. L'idea della panchina e il modo che hai usato per inserire l'immagine. Quel senso di tristezza e di solitudine che si trasforma in calore è splendido, mi ha riempito il cuore di amore, se così posso dire.
Credo che qualunque sia il risultato che otterrà la tua storia, questa sia senza dubbio quella che io preferisco tra le quattro.
Ottimo il modo in cui hai delineato i personaggi, splendide immagini. I bambini e le loro domande sono divertenti, il racconto è dolce e metaforico al punto giusto.
Insomma, non so cos'altro dire. Mi hai colpita al cuore con questa storia.
Grazie.
cit: '«Ha una grande forza quella candela – gli disse – È fuoco in mezzo all'acqua. L'acqua spegne il fuoco, ma quella fiamma rimane accesa. Sopravvive in un ambiente che le è avverso, riesce persino a brillare».

Giudizio di LilyBlack:
Non so se amarti od odiarti, per il modo spudorato con il quale mi fai innamorare delle tue storie, nonostante ci sia la nuova generazione, nonostante tutto. Bill ti riesce come al solito da favola, è un personaggio di quelli giusti, positivi e nonostante tutto non stupidi, con 'i cosiddetti'.
L'immagine trovo sia stata inserita splendidatamente, hai fatto girare tutta la storia su quel nucleo di linee e di colori, l'hai fatta diventare storia, parole, sensazioni, ricordi, l'hai fatta VIVERE ed era proprio questo che mi aspettavo e che cercavo.
Hai creato un equilibrio tra passato, presente, adulti, giovani, realtà e favola che ha quasi dell'incredibile perché è davvero molto difficile dosare gli ingredienti giusti e tu da brava pasticciera, lo sai sicuramente. Mi piace il modo in cui hai unito i due personaggi centrali, C. e S., senza scavalcare in fondo nessuno dei due a favore dell'altro, forse proprio grazie al racconto fatto a posteriori: sono entrambi presenti ed OTTIMAMENTE, presenti.
Brava, e grazie per questa tua ennesima perla.
Lys

Giudizio di Vogue:
So che lo dico spesso parlando delle tue storie, ma sono costretta a ribadirlo anche qui: una favola. Questa è l’impressione che mi ha dato, forse più di altri tuoi lavori.
Una favola di quelle antiche, perché ad esse rimanda la vicenda, rimanda lo stile e rimandano i personaggi stessi.
L’espediente della foto, dei ricordi che essa suscita in Bill e del successivo racconto è sicuramente appropriata come introduzione e dà una sorta di sensazione di familiarità, di un ambiente confortevole come solo quello della famiglia sa essere.
Quanto alla parte centrale, hai sviluppato quello che è un po’ il leitmotiv della famiglia Black, eppure dai dalla tua il fatto di averne parlato in toni e in modalità che non danno l’impressione di ‘già letto’, ma che riescono anzi a risultare interessanti, freschi, nuovi.
La narrazione procede in modo lineare, con uno stile quanto mai piacevole e che ben si confà a questo genere di storia.
Ogni singolo personaggio è ben analizzato: tanto Cedrella quanto Septimus sono inseriti in un’ottica di sostanziale impersonalità, ma anche così le loro azioni e la vicenda stessa riescono a riflettere parte dei loro caratteri, delle riflessioni che li seguono durante il corso della storia e delle scelte che hanno operato. Il personaggio che ho senz’altro adorato tuttavia, è Bill: ho amato il modo in cui parlare alle figlie della storia dei nonni gli abbia riportato alla mente i ricordi di quando era bambino, di come sia portato quasi alla commozione, di quanto si senta ‘vicino’ alla storia che ha appena raccontato.
In sintesi... perfetta, a parer mio. Sarà che la narrazione centrale fa vagare la mente verso un tempo che non è il nostro, pur essendogli abbastanza vicino, sarà che mi è parsa una storia oggettivamente godibile, sarà che sono sensibile all’argomento ‘nonni’ e alle storie che li riguardano... ma l’ho amata, lo ribadisco.
Quanto alla tua ‘richiesta’, a parer mio la narrazione funziona meglio se la storia è separata “Prologo-Vicenda-Epilogo”, ma è solo la mia opinione xD.
I miei complimenti, davvero!


Ringrazio ancora Fabi, Lily e Von non solo per il giudizio meraviglioso, ma anche per aver indetto un contest come il Club dei Duellanti. E’ stato davvero bello partecipare!

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