Star Trek Ardito - New Worlds - Q-est

di lames76
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


"Deran Nos, diario personale.
Finalmente sono riuscito a trovare un incarico per Sela.
All’inizio speravo di tenerla per un po’ fuori dal gioco dandole
Da studiare il linguaggio Tamariano. Ma lei lo ha imparato tutto in
Meno di due giorni. Cosi' ora e' a bordo della nave dei Figli di Tama
Assieme ad altri ufficiali e civili, per il programma di scambio di personale.
E’ appena iniziato il mio turno di risposo e vorrei approfittarne
Per riuscire a fraternizzare e conoscere meglio i miei nuovi ufficiali"


Il bajoriano camminava per i corridoi della nave da ormai una ventina di minuti. Era ancora alla ricerca di qualcuno dei suoi nuovi ufficiali con cui spendere il suo tempo libero. Dapprima aveva contattato Giuliani, ma lui era impegnato in una delicatissima fase di ricalibrazione dei sensori esterni. Dos Santos era in servizio cosi' come il dottor G’Ratok. Erika e Melixa le conosceva fin troppo bene ed a lui interessava approfondire la conoscenza dei nuovi elementi. Cosi' Nos si ritrovo' di fronte alla cabina del Comandante Tashen e premette il campanello.
Le porte si aprirono poco dopo.
La ragazza appena lo vide si mise sull’attenti, «Posso fare qualcosa per lei capitano?»
Come lui, non indossava l’uniforme, ma un vestito comodo da civile. La cosa che colpi' Nos fu che teneva in una mano una specie di piccola sega e nell’altra una specie di minuscola sedia di legno.
«Non sono qui in veste ufficiale», le spiego' Deran, «Sono solo passato per vedere se le interessava passare un po’ del suo tempo libero con me. Credo che ci servirebbe per conoscerci meglio e poter sfruttare queste conoscenze per lavorare meglio fianco a fianco»
Gli occhi della ragazza lo studiarono attentamente, «E’ strano», continuava a fissarlo, «Di solito i capitani tendono ad essere il piu' distaccati possibile»
«Non e' il mio caso», le sorrise, «Preferisco conoscere bene le persone con cui lavoro, credo che mi possa aiutare a non sbagliare» Phoebe rispose al suo sorriso, «Cosa aveva in mente? Ponte ologrammi?»
«Si, lascero' scegliere a lei il programma», mentre lui parlava Tashen si era spostata nel retro della sua cabina.
Quando ne usci' aveva posato la sega ed impugnava un lungo arco di legno. «Ora possiamo andare», disse facendo strada al suo superiore.

La pianura attorno a loro era ricoperta di erba verde. Dalla collinetta di roccia su cui stavano potevano dominare tutta la valle. A sud, molto in lontananza, si poteva scorgere un bagliore rossastro e del fumo nero salire dalla cima di quello che poteva essere solo un vulcano. A nord c’era una grande e lussureggiante foresta verde, tagliata in mezzo da un fiume scintillante alla luce del sole.
«Eccoci qui», Phoebe sorrideva calorosamente, «Ci saro' stata mille volte, ma mi emoziona sempre questo posto»
Deran annui' con il capo, poi le si avvicino', «Dove siamo?»
Tashen si volto' verso di lui sorpresa, «Beh, a sud c’e' Mordor...»
«Eh?», chiese con fare interrogativo il bajoriano.
«Il nome Sauron non le dice niente?», vide che Nos era ancora perplesso, «Bilbo Baggins?», esclamo', ma non ottenne niente, «Gandalf, Aragorn, Frodo... l’Anello del Potere!»
«Non so di cosa stia parlando, mi spiace», il capitano era visibilmente dispiaciuto.
«Non ha mai letto "Il Signore degli Anelli"?», la ragazza aveva sgranato gli occhi dallo stupore. Il ragazzo scosse il capo e l’altra aggiunse, «Capitano, con tutto il rispetto, ma cosa diavolo legge nel tempo libero?»
Lui tentenno' solo per pochi istanti.
«Computer caricare il programma Deran-M-01», ordino' in risposta l’altro.
La pianura scomparve ed al suo posto apparvero quattro mura di una stanza. Sembrava uno studio privato abbastanza spoglio, quattro schedari da ufficio, una scrivania di finta noce con un ripiano di finto cristallo sopra, tendine che avrebbero avuto bisogno di una lavata e due poltroncine. Deran si sposto' ed apri' le persiane, un moscone sbatteva il capo ostinatamente contro il vetro della finestra, nell’inutile tentativo di uscire.
Phoebe storse il naso con una smorfia. In effetti aveva ragione: prima o poi si sarebbe dovuta dare una bella ripulita a quell’immondezzaio. Nos si sedette e la osservo'.
«Dovrebbe dirmi qualcosa?», chiese la ragazza guardandosi intorno. «Guardi la scritta sulla porta», le disse lui trattenendo un sorriso.
Lei si sposto' elegantemente fino all’uscio ed apri' il battente. Sul vetro era stampigliato in chiare lettere, seppur un po’ nascoste dalla polvere: "Philip Marlowe – Investigatore Privato"
«Mi spiace non mi aiuta per niente», mormoro' la ragazza.
«Ma come non conosce Marlowe!», il bajoriano si alzo' e si sposto' vicino a lei imitando lo stupore che aveva avuto poco tempo prima, «Comandante, con tutto il rispetto ma cosa diavolo legge nel tempo libero?» Lei si volto' verso di lui e scoppio' a ridere, presto seguita dal bajoriano. Furono interrotti dall’accensione delle luci dell’allarme rosso.

Entrarono in plancia pochi istanti dopo. Indossavano ancora abiti civili e Phoebe poso' vicino alla sua poltrona l’arco. Sullo schermo principale capeggiava l’immagine della nave Tamariana, agganciata alla nave federale da un raggio traente.
«Rapporto», chiese Deran prendendo posto sulla sua poltrona.
«E’ successo l’impossibile», dichiaro' il consigliere Zarton.
«Improvvisamente la stella di questo sistema si e' tramutata in un buco nero», spiego' Giuliani girando la poltrona per guardare negli occhi il suo superiore, «E’ qualcosa che va contro tutte le leggi della fisica»
«In piu' la nave Tamariana sembra aver perso, senza motivo, l’energia principale», intervenne dos Santos, «L’abbiamo agganciata con un raggio traente e siamo a piena potenza indietro... ma continuiamo ad essere attirati verso il buco nero»
Tashen analizzo' il computer, «Non e' possibile. Andando indietro tutta, a questa distanza, dovremmo riuscire facilmente a liberarci della forza gravitazionale»
«Sembra che l’universo sia impazzito e che niente vada come dovrebbe», fini' Thomas tornando a girarsi verso la sua postazione.
«Una bolla di curvatura potrebbe riuscire a compensare l’effetto gravitazionale?», il bajoriano si era alzato e si era avvicinato alla postazione delle operazioni.
«Ho gia' tentato», rispose Giuliani, «Ma semplicemente non e' stato possibile crearla»
«Ma e' impossibile! Le leggi della fisica non si possono cambiare!», esclamo' il bajoriano.
Ci fu un lampo di luce e, di fronte alla porta dello studio del capitano apparve un uomo.
Indossava una divisa della flotta stellare rossa, di qualche anno prima ed al collo portava quattro lustrini da capitano.
«Vorra' dire che VOI non potete cambiare le leggi della fisica», disse il nuovo venuto sorridendo.
«Chi diavolo e' lei?», ruggi' Deran.
Dos Santos aveva estratto il suo phaser e lo puntava contro l’intruso.
«Sempre cosi' aggressivi voi umani», mormoro' l’uomo senza preoccupazione.
Ci fu un altro lampo di luce ed il phaser spari', al suo posto apparve, in mano a dos Santos, un fiore.
«Lei e' uno del Continuum dei Q», Phoebe si avvicino' al suo capitano guardinga.
L’essere si mise in posa sorridendo, «Si, io sono Q», si guardo' intorno ed assunse un’aria dispiaciuta, «Per un attimo ho pensato che foste l’Enterprise», sospiro' in modo melodrammatico, «Mi sarebbe piaciuto rivedere Jean-Luc»
«E’ lei la causa di tutto questo?», Deran si era spostato a pochi centimetri da Q.
«Chi diavolo sei?», mormoro' l’essere onnipotente con fare scocciato.
«Sono Deran Nos, capitano di questo vascello», rispose il bajoriano. L’alieno schiocco' le dita e lui e Tashen furono avvolti da un bagliore. Quando scomparve entrambi indossavano la loro uniforme.
«Ora vi riconosco», sorrise Q compiaciuto.
«Cosa diavolo ci fa qui!», chiese ancora con voce arrabbiata Nos.
«Sono io a porvi questa domanda», gli disse distrattamente l’alieno, «Cosa ci fate in questo sistema? Chi vi ha dato il permesso di entrarvi?»
Deran rimase interdetto per un istante, «Sta cercando di dirmi che questo sistema e' vostro?»
«"Sta cercando di dirmi che questo sistema e' vostro?"», gli fece il verso Q, «Sveglia capitano, sto solo dicendovi che qui non dovevate e non dovete entrare!»
«Riattivi i motori della nave Tamariana e ce ne andremo», lo incalzo' Tashen.
«Uffa», sbuffo' l’essere onnipotente con fare pedante, «Non ho sentito la parolina magica...»
«Per favore!», gli ruggi' in faccia Nos.
Q si volto' verso il bajoriano con fare sorpreso, «Lei e' strano», gli giro' attorno osservandolo, «Non avevo mai incontrato un capitano che mi dicesse: "per favore"», allargo' le braccia sorridendo, «E sia!»
Un altro lampo di luce e la nave torno' in condizione normale uscendo dall’allarme rosso.
«Il buco nero e' scomparso ed i motori della nave Tamariana sono di nuovo attivi», spiego' Thomas.
«Ed ora andatevene e non tornate piu' a ficcare il naso», ordino' Q scomparendo dalla plancia in un lampo.
«Timoniere tracciare una rotta che ci porti fuori dal sistema, curvatura 5», ordino' Deran poi si volto' verso dos Santos, «Tenente apra un canale con la nave Tamariana e dica che ci segua, poi daremo loro spiegazioni »

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


"Diario del capitano, supplemento.
La Flotta Stellare si e' detta molto interessata da questa
Strana "territorialita'" di Q. Ci ha ordinato di attendere
Un "esperto". Lo scambio di personale con i Tamariani e'
Terminato e la nave dei Figli di Tama ci ha lasciato"


Deran sorrise, erano oramai fermi da due giorni in un sistema vicino a quello dei Q e niente di nuovo era successo. Le scansioni a lungo raggio non avevano rivelato nulla di nulla . Il bajoriano afferro' l’oggetto dalla sua scrivania e si diresse verso l’uscita, quando era a pochi metri dalla porta d’uscita il campanello trillo'. Diede l’avanti e si ritrovo' di fronte il comandante Tashen.
«Stava uscendo?», la ragazza lo guardo' incuriosita.
«A dire il vero stavo venendo a trovare lei», si sposto' dall’uscio, «Ma visto che e' qui... si accomodi»
La ragazza lo supero' entrando e Nos si accorse che portava appeso alla spalla l’arco. In mano teneva un grande libro.
«Io ero venuta per prestarle questo», la ragazza gli porse l’oggetto, «Il Signore degli Anelli, edizione del 2003...», spiego', «Un cimelio»
Il bajoriano lo prese ringraziando la sua seconda, poi fu il suo turno di agire. Porse il libro che teneva in mano alla ragazza, «Il Grande Sonno, edizione del 1997...», spiego', «Una rarita'»
La ragazza lo ringrazio' a sua volta.
«Vuole farmi compagnia in sala ologrammi?», gli chiese.
«Si, solo un istante», Deran si sposto' verso l’altro ambiente della sua cabina.
Quando usci' impugnava una spada ed un pugnale.
«Mi sono informato sul suo "Signore degli Anelli"», chiari' Nos, «Se non sbaglio e' ambientato in un periodo storico simile al Medio Evo terrestre...», la ragazza annui', «Allora queste mi saranno utili»
Dopo essere passati a posare il libro nell’alloggio del comandante, si avviarono verso il Ponte Ologrammi 1.
«Ha replicato la spada solo per il mio programma?»
Lo sguardo di Phoebe rivelava curiosita'.
«No, questa lama e' sempre appartenuta alla mia famiglia... alla mia famiglia bajoriana, la casata Deran. Qualche anno fa ho indagato sui miei genitori naturali ed ho scoperto che appartenevano entrambi alla D’Jarras dei guerrieri. Questa lama appartiene a loro da tempo ed e' il solo ricordo dei miei che mi sia rimasto»
Le porse la spada.
«Come puo' notare e' perfettamente bilanciata. Negli ultimi 500 anni l’impugnatura e' stata cambiata una decina di volte mentre la lama e' affilata come il giorno in cui e' stata forgiata»
«Di che materiale e' fatta?», la ragazza stava provando a muovere l’arma per testarla.
«Una specie di duranio... incredibile se si pensa che e' stata forgiata quando non si potevano ancora utilizzare le tecniche di fusione odierne. Questi caratteri...», le disse indicando delle rune incise su tutta la parte centrale della lama, «...sono in antico bajoriano. Indicano il motto della casata: "Onore a chi m’uccide, ma guai a chi m’offende"», si fermo' e sorrise alla ragazza, «Un po’ melodrammatico ma carino»
Ripresero il percorso e raggiunsero la sala.
Tashen carico' il programma e poi si volto' verso il bajoriano, «Il pugnale?»
«Questo l’ho replicato... ma un po’ di tempo fa. Se nota questa e' una lama che era usata nel 1500 circa, e' un pugnale da parata», rispose Deran mostrando l’arma, «L’ho usato parecchio per un altro programma olografico... a Parigi, palazzo di Borgogna... ma e' da un bel po’ che non ci torno, richiama ricordi dolorosi...»
Entrarono e quando l’uscita scomparve si ritrovarono ancora sulla cima della collinetta.
«Cosa ha imparato di altro sul Signore degli Anelli?», Phoebe stava imbracciando l’arco ed aveva estratto una lunga freccia.
«Non molto, ho letto che ci sono dei nemici... orchi se non sbaglio...», rispose il capitano.
«In effetti se guarda laggiu' in fondo», indico' dei puntini in lontananza, «Ne vedra' due... stanno venendo qui per ucciderci» «Oh comandante», Nos si finse sorpreso, «Non la facevo cosi' violenta»
«Ho imparato che nulla e' migliore di un bel combattimento quando ci si deve scaricare»
Incocco' una freccia e tese l’arco.
Quando lascio' andare la corda, lo strale sibilo' via e pochi istanti dopo si pianto' nel collo di uno degli orchi, che stramazzo' al suolo.
«Se non si sbriga non gli restera' niente», gli sorrise ed incocco' un altro dardo.
Lui discese un po’ della collina e poi si fermo' ad attendere un avversario.
L’orco brandiva un’enorme ascia bipenne e la sollevo' per colpirlo.
Deran, non finto' neppure ma fece un allungo colpendo il suo avversario al braccio destro.
Il colpo ando' a segno, ma l’orco non diede segno di averlo sentito ed abbasso' la sua arma.
Il bajoriano tento' di pararla con il pugnale, ma la forza del colpo gli fece sfuggire di mano la lama.
Riusci' a resistere circa cinque minuti, aveva utilizzato tutte le tecniche di scherma che conosceva per poter debilitare il suo avversario. Un umano sarebbe stato gia' battuto, ma quell’essere continuava a combattere ignorando tutti i colpi. Alla fine, con un colpo potentissimo, gli fece volare via la spada di mano. L’orco alzo' la sua lama per finire il lavoro, quando una freccia lo abbatte'. Il capitano fu raggiunto dalla ragazza.
«Credo che le tecniche di scherma del 1500 non siano molto adatte qui...», mormoro' lui raccogliendo il pugnale e la spada da terra.
«Non dica cosi'», Phoebe stava recuperando le frecce, «Ha resistito contro un orco, da solo, al primo incontro, per piu' di cinque minuti... e' uno dei pochi che ci sia riuscito»
Nos stava per replicare, quando il suo comunicatore trillo', «Plancia a Deran. Una nave federale e' appena entrata nel raggio dei nostri sensori. E’ l’Enterprise»

Sela strinse i pugni con rabbia. Mille domande si formavano nella sua testa... mille domande cui non riusciva a dare una risposta.
Cosa diavolo ci faceva lei su quella dannatissima nave?
Perche' non stava tentando di scappare?
Perche' aveva accettato tutto quello che le aveva detto quel capitano?
Perche' si era fidata di lui?
Scosse il capo frustrata nel non potersi rispondere.
Si blocco'.
In tutta la sua vita aveva sempre dimostrato di essere un ottimo ufficiale, rispettato dai suoi compagni. E questo perche' aveva un segreto... Anche quando niente e nessuno sembrava capirla, lei aveva sempre contato sul suo istinto, il suo istinto non l’aveva mai tradita.
Eppure ora, il suo stesso istinto, le diceva che poteva, anzi doveva, fidarsi di quel capitano.
No, c’era qualcosa di piu'.
Era qualcosa di piu' profondo... qualcosa a livello cellulare.
Pur non avendolo mai conosciuto, pur non avendolo mai visto... Sela sapeva che quel bajoriano le era amico.
Era questo che la rendeva cosi' rabbiosa...

Nella sala teletrasporto della nave stellare di classe Galaxy, quando il luccichio si spense, apparvero due persone.
«Che piacere rivederla capitano Picard», saluto' il bajoriano dandogli la mano.
Prima di presentarsi in sala teletrasporto Deran aveva dovuto fare due cose... Nei suoi ricordi, i suoi ricordi sull’altra Ardito, aveva conosciuto di persona il capitano Picard... anzi aveva anche salvato l’Enterprise-E da sicura distruzione sacrificando la sua nave !
Ma in questa realta'?
Come scopri' dopo una breve ricerca, aveva conosciuto anche qui Picard, durante il periodo in cui, proprio il capitano dell’Enterprise, aveva negoziato il rilascio di Sito dal campo di lavoro in cui era tenuta.
Cosi' aveva potuto salutare il piu' famoso capitano della flotta con quel "che piacere rivederla".
La seconda cosa fu raggiungere Sela e convincerla a non farsi vedere...quando la romulana giuro' che lo avrebbe fatto, Deran senti' un brivido corrergli lungo la spina dorsale.
Deran strinse formalmente la mano di Picard e gli presento' il comandante Tashen, poi non resistette, si rivolse all’altro ospite e lo abbraccio' forte.
Dopo un istante di imbarazzo anche Sito rispose all’abbraccio calorosamente.

Pochi minuti dopo si sedettero intorno al tavolo della sala riunioni per parlare. Picard, durante il tragitto, aveva confessato a Deran che era strano per lui camminare di nuovo lungo i corridoi di una nave di classe Galaxy, visto che aveva passato piu' di sette anni a servire su di una di quelle navi.
Appena ebbero preso posto nella sala, il capitano dell’Enterprise spiego' che la Flotta Stellare era molto interessata alla "territorialita'" di Q ed aveva deciso di mandare lui ad indagare. Proprio lui, perche’ era considerato il maggior esperto in fatto di Q di tutta la Federazione.
Gli ordini di Deran erano semplici, sarebbe dovuto restare in quel sistema a controllare la situazione e, in caso di problemi alla nave di Picard, avrebbe dovuto avvertire l’Ammiragliato.
La riunione fu sciolta e Nos riusci' a scambiare solo poche parole con Sito, scoprendo che lei stava bene e che David era in missione su di un pianeta su cui l’Enterprise aveva sostato due giorni prima.
Forse era un bene, chissa' come avrebbe reagito a rivedere l’amico creduto morto... da lui anzi vissuto morto per anni...
Ancora pochi minuti ed i due ospiti tornarono sulla loro nave.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Deran passeggiava nervoso lungo la parte sopraelevata della plancia, alle spalle del tenente dos Stantos. Faceva cosi' da quando l’Enterprise li aveva lasciati ed aveva iniziato ad addentrarsi all’interno del settore di Q. Loro la stavano monitorando con i sensori a lungo raggio e per ora non si rilevava nulla di insolito.
Con passo veloce il bajoriano si infilo' nella sua saletta tattica e si ando' a sedere sul divanetto posto proprio alla destra della porta di ingresso. Pochi istanti dopo fu raggiunto dal consigliere.
«Nos che cos’hai?», gli chiese sedendosi al suo fianco.
«Sono preoccupato. Su quella nave c’e' la persona a cui piu' voglio bene», si volto' a guardare negli occhi la ragazza, «Ora me ne rendo conto. Sono riuscito a farmi una ragione del fatto che Renae non sia con me... ma con Jaxa non ci riesco! Quando ero sull’Ardito... sull’altra Ardito... ero completamente felice perche' avevo al mio fianco la persona che amavo e... la mia cara sorellina»
Erika allungo' una mano per posargliela sulla spalla ma, prima che le sue dita potessero farlo, il comunicatore di Deran trillo'.
«Capitano in plancia!», la voce di Tashen era ferma e controllata. In un baleno il bajoriano fece il suo ingresso sul ponte di comando chiedendo un rapporto.
Gli fu riferito che l’Enterprise era scomparsa dai sensori pochi istanti prima, senza un apparente motivo, e che tutto attorno al settore di Q era apparsa una griglia di energia a forma di rete.
«E’ qualcosa di simile alla griglia incontrata dall’Enterprise-D durante la sua prima missione, proprio quando incontro' Q per la prima volta », spiego' Giuliani.
«Non c’e' proprio nessun contatto?», chiese Zarton avvicinandosi alla sua poltrona.
«No, sono semplicemente scomparsi», rispose il capo della sicurezza. Tutta la rabbia e la frustrazione che Nos aveva represso dal suo arrivo in quel nuovo universo esplose, «Prepararsi a separare la zona disco», ordino' con una calma irreale, «dos Santos, Giuliani, seguitemi sul ponte da battaglia»
Si volto' verso il turboascensore che collegava direttamene la plancia con l’altro ponte.
«Capitano...», inizio' a protestare Tashen.
«Lei resti al comando della sezione a disco, con il consigliere», vide che la ragazza era pronta a contrattaccare e lui non lo permise, «Comandante e' un ordine», l’aveva detto con un tono di voce molto basso, senza caricare le parole, ma l’effetto fu incredibile.
Riusci' a bloccare la protesta.
Pochi minuti dopo la nave si divise e la sezione da battaglia entro' in curvatura per raggiungere la barriera.

Poco prima dell’arrivo alla sua meta fece il suo ingresso sul ponte da battaglia Sela. La romulana si libero' di un addetto alla sicurezza che voleva impedirle di entrare e ando' a mettersi a fianco di Deran. Lui non la degno' di uno sguardo, fece fermare la nave a poca distanza dalla barriera e fece armare i siluri.
«Credi che riuscirai ad aprirti un varco?», la voce della romulana era un sussurro.
Il bajoriano ordino' di fare fuoco.
«Non credo... io voglio solo attirare l’attenzione», rispose continuando a fissare lo schermo.
«Tutti i siluri a segno», comunico' dos Santos.
«Nessun danno apparente»
Ci fu un bagliore bianco e sul ponte apparve Q, abbigliato come un generale napoleonico ed allargo' le braccia, «Un’altra prova che voi umani siete una razza aggressiva!»
Nos salto' in piedi, raggiunse l’alieno e lo afferro' per il bavero della giacca, «Riporta indietro l’Enterprise!», gli urlo' in faccia. Q scomparve in un lampo di luce e riapparve vicino a Sela. Lei fece per impugnare il suo disgregatore ma si fermo'.
«Sei piu' stupido di quanto pensassi!», la voce di Q era piena di sdegno, «Credi davvero che abbia fatto sparire io quella nave?», si mosse osservando le orecchie della romulana con sguardo curioso, «Magari credi anche che abbia messo quella barriera per impedirvi di entrare...» «Vuoi dire che l’hai messa per impedire a... qualcosa di uscire?» Il bajoriano, finalmente, aveva ripreso il controllo di se stesso.
Q schiocco' le dita ed apparvero quattro persone in abiti civili che lo applaudirono. Poi fece un altro gesto e questi sparirono in un baleno.
«Cosa diavolo c’e' li' dentro?», era stato Giuliani a parlare.
«Beh un piccolo errore...», Q si blocco' e sul suo viso apparve un’espressione trionfante, «Ce l’ho!»
Vi fu un forte lampo proveniente, apparentemente, dal visore.
Quando scomparve, l’Enterprise apparve di fronte all’Ardito.
Subito Thomas si mise ad armeggiare con i sensori.
«Oh-oh», mormoro' l’essere onnipotente.
Come a rispondergli, l’ufficiale scientifico si volto' verso il suo capitano, «Sulla nave mancano tre persone...», controllo' ancora gli strumenti, «Precisamente, il capitano Picard, la dottoressa Crusher e... il tenente comandante Sito»
Deran si volto' vero Q che inizio' a parlare, «Ho fatto tutto il possibile, non posso recuperarli...»
Improvvisamente si fermo' avvicinandosi a Nos, fino a portarsi a pochi centimetri da lui.
Gli giro' attorno, poi gli si mise di fronte.
«Come ho fatto a non accorgermene subito!», batte' le mani felice, «Tu puoi aiutarmi!»
Schiocco' le dita ed entrambi scomparvero dalla plancia, lasciando gli altri a bocca aperta.

Riapparvero in quella che sembrava un normale ufficio della Flotta Stellare. «Tu non appartieni a questa linea temporale!», esordi' Q.
«E’ una lunga storia...», sbuffo' il bajoriano.
«Non mi interessa!», rispose l’essere onnipotente facendolo tacere, «Mi interessa il fatto che tu puoi andare dentro e ritrovare gli altri»
Fece un gesto a Nos.
«Non parlare, cerchero' di spiegare cosa e' successo velocemente ed in modo che la tua mente primitiva possa comprendermi. Mio figlio...»
«Tu hai un figlio?», il capitano sgrano' gli occhi non riuscendo a trattenere lo stupore.
Q, semplicemente lo ignoro' e con un gesto fece apparire un bavaglio sulla bocca del bajoriano.
«Non c’e' tempo!», si sposto' vicino a lui, «E’ molto giovane e non e' ancora in grado di gestire tutti i poteri di Q. Cosi' si e' creato un gioco... e ci e' sfuggito di mano», indico' un muro, con un lampo spari' ed apparve una specie di visore che mostrava la barriera, «L’ho creata per arginarlo. Non e' molto potente, potremo farlo sparire in un battito di ciglia e cosi' era stato deciso ma ora...»
Deran dopo essersi strappato via il bavaglio, con immenso stupore, capi', «Stai cercando di dirmi che ti opponi alla distruzione di... di quella cosa, qualunque essa sia, perche' non vuoi che Picard, Sito e gli altri siano distrutti con lui?»
Q gli si avvicino' come per mormorargli qualcosa all’orecchio... Poi si allontano' senza rispondere.
«Tu, non appartenendo a questo tempo puoi entrare e tirarli fuori, questo e' tutto», si sposto' e lo saluto' con una mano, «Chissa' se ti rivedro'...»
Deran fu avvolto dalla luce e scomparve.

Riapri' gli occhi un istante dopo. Era in una stanza arredata quasi esattamente come il suo ufficio quando interpretava Marlowe. Per un istante penso' di trovarsi sul ponte ologrammi, poi noto' diversi piccole cose che lo fecero ricredere.
Si alzo', notando che non indossava piu' la divisa ma un abito anni ’50 ed apri' la porta. Stampigliato dall’altro lato c’era la scritta: "Anton Zelden – Investigatore Privato". Stava per richiudere l’uscio, quando noto' che una copia di un giornale era stata posata nella piccola sala d’aspetto.
La raccolse, si trattava del New York Times.
Lesse la data: 20 febbraio 1953.
Guardo' all’esterno e capi' che il suo ufficio era situato in un palazzo grande, con cortile interno. Decise di fare un giro ed usci'.
Nel cortile erano presenti solo altre due persone, quello che pareva un portinaio ed una specie di giornalaio che aveva un piccolo chiosco vicino alla scala principale.
Si volto' verso le scale e trasali'.
Di fronte a lui stava Sela, fiera nella sua divisa dell’impero romulano. «Cosa ci fai qui?», esclamo' stupito.
«Signor Zelden ha detto qualcosa?», gli chiese, dal fondo alla scala, il giornalaio.
Sela si trovava proprio fra lui e l’uomo, ma questi agi' senza curarsene.
«Mi puoi vedere solo tu», la voce della romulana era disgustata.
La donna si sposto' verso l’ufficio.
«No niente...», biascico' in risposta al giornalaio Deran e poi si affretto' a tornare nel suo studio.
Una volta dentro si sedette alla scrivania ed indico' una sedia a Sela.
«Non posso sedermi», lo sguardo che gli lancio' era carico di noia, «Sono qui sotto forma... beh non lo so neppure io in che forma sono qui, ma sono piu' intangibile di un ologramma mal riuscito»
«Ti sta mandando Q?», le chiese Nos.
«Oggi fai domande proprio stupide!», sbuffo' la romulana, «E’ logico che mi manda lui, ma posso solo apparire a te e non interferire... non so bene perche'...»
«Ma allora cosa sei venuta a fare?», ora era Deran ad essersi scocciato.
«Ero qui per dirti le regole del gioco ma se non le vuoi sapere...», si volto' come per andarsene ma il bajoriano si affretto' a richiamarla. Lei sorrise trionfante, «Passerai in vari "scenari", in tempi e luoghi diversi. Dovrai trovare l’ufficiale disperso e finire la storia nel modo giusto. Tutto qui»
«Dovro' "giocare" quattro storie per salvare tutti?», la romulana annui', «Ma cosa significa, finire la storia nel modo giusto, qual e' il giusto finale?»
«Quello in cui non morite...», rispose la donna. Si avvio' verso l’uscita ma si fermo' di fronte alla porta voltandosi verso di lui, «Ah dimenticavo!», esclamo' con un sorriso ironico sulle labbra, «Tu manterrai la tua lucidita', ma inizierai a comportarti come il personaggio che interpreti...»
«Cosa diavolo vuoi dire con questo, pupa!», Deran si blocco', non voleva assolutamente dare a Sela della "pupa" ma...
«Giusto come stavo dicendo. Ha a che fare con qualcosa sul tuo allineamento temporale... cose che ha biascicato quell’alieno... ti tiene qui cosciente di te, ma non del tutto», la romulana sbuffo', fece un gesto di saluto con la mano, «Beh e' piu' o meno tutto, cerca di non morire», detto questo svani' nell’aria.

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3

Era una giornata come tante a prima vista. Una di quelle giornate in cui svegliandoti hai l'impressione di non dover andare a lavorare perche' capiteranno solo guai. E' solo una sensazione, nulla di piu', ma nella maggior parte delle volte ha ragione lei.
Purtroppo la gente non da' retta alle sensazioni.
Purtroppo io faccio parte della gente.
Mi ricordavo di essermi svegliato presto e di essermi sbarbato. Dopo aver consumato una rapida colazione in un bar sotto casa ero arrivato in ufficio puntuale. Ricordavo il giro nel palazzo e la venuta di Sela.
Ed ora ero qui, seduto alla scrivania, pronto a lavorare.
Udii un leggero bussare, proveniente dalla porta, mi alzai e la aprii.
Mi stupii di trovare nella sala d'aspetto due persone, una che aveva appena bussato e l’altra seduta. Il primo era un uomo, alto un metro ed ottanta circa e robusto come un gorilla che aveva esagerato con gli esercizi fisici. Avra' avuto una trentina d'anni circa. Viso squadrato ed occhi neri che scrutavano in giro con aria spietata. Indossava un vestito da damerino che stonava addosso a lui.
Giacca e pantaloni neri e camicia bianca. Nessun fazzoletto spuntava dal taschino, ed un leggero rigonfiamento sotto il braccio mi diceva che i muscoli non erano la sola arma a sua disposizione.
La seconda era una donna, di una quarantina d'anni, ma portati d’incanto. Aveva i capelli lunghi di un biondo ramato che le ricadevano sulle spalle come una cascata di luccicanti rubini. Occhi azzurri attenti e pronti a rubarti l'anima. Indossava una gonna stretta color crema, una camicia bianca ed una giacchetta beige; anche se i vestiti non erano esageratamente aderenti, non nascondevano le curve del suo corpo. In testa indossava un cappellino con tanto di veletta, uno di quegli affari che nelle vetrine delle boutique sembrano dei polli spennati, ma su quella particolare testa sembrava una freccia pronta ad indicare: qui c’e' una donna.
E che donna.
L’unica cosa che stonava, nel suo abbigliamento, era il paio di guanti bianchi che portava sulle mani e che non mi permettevano di vedere le sue dita.
- Lei e' Anton Zelden, l'investigatore? - chiese il ragazzo con voce bassa baritonale.
Risposi: - Cosi' dice la mia carta d'identita'.
La donna sorrise ma non nascose la bocca come fanno le altre donne. Aveva dei bei denti.
- Vorrei ingaggiarla per un lavoro - disse alzandosi e mettendosi di fronte a me.
Aprii la porta e li feci accomodare nel mio studio privato, tre schedari da ufficio di cui due pieni solo d’aria, una scrivania di finta noce, tendine che avrebbero avuto bisogno di una lavata e ben tre poltroncine. Mentre aprivo le persiane si sedettero sui due divanetti di fronte alla mia scrivania. Anche in questo la donna agi' diversamente da tutte le altre femmine che erano entrate nel mio ufficio. Si sedette infatti comodamente, mentre le altre, di solito, usavano solo pochi centimetri del sedile, forse per paura che fosse sporco.
In effetti avevano ragione, prima o poi avrei dovuto dare una bella ripulita a quell’immondezzaio.
Mi sedetti a mia volta e presi la mia pipa tra le mani, poi spinsi un pacchetto di sigarette verso i miei ospiti.
- Grazie ma non fumiamo - si scuso' la mia interlocutrice.
Le lanciai un’occhiata mentre caricavo la pipa con il mio tabacco preferito, poi, molto lentamente, la accesi con un fiammifero. Mi basto' una tirata per capire che anche se stavo fondendomi con il mio alter ego, il mio fisico bajoriano non la tollerava. Cosi' la posai spegnendola.
- Cosa posso fare per voi – dissi infine.
- Ho bisogno che lei mi trovi una persona – prese dalla sua borsetta una foto e me la passo'.
Ritraeva un uomo sulla quarantina, capelli biondi piuttosto lunghi e trasandati, occhi scuri, occhiali da quattro soldi. Si vedeva solo il torso e neanche bene, ma si poteva intuire che non era una persona particolarmente atletica. Anzi doveva essere abbastanza gracile.
- E perche' lo cercate, signora... - lasciai cadere il discorso anche se conoscevo benissimo il suo nome.
- Crusher, Beverly Crusher – si presento' lei – e lui e' Antony Krily – disse indicando il ragazzo – La mia guardia personale. Ho fondato, proprio al centro di Manhattan, una societa'... pero' l’ho fatto assieme a quell’uomo, Edward Milles. Ora ho la possibilita' di vendere la maggioranza delle azioni ad un ricco uomo d’affari del Texas, ma ho bisogno della firma di tutti e due i soci.
- E questo signor Milles e' sparito, vero? – intervenni. La donna annui' muovendo la sua bella testolina.
- Sappiamo solo che e' sparito dal suo alloggio da alcune settimane, niente di piu' – disse ancora – Crede di poterlo trovare entro non molto? – mi chiese sbattendo le sopraciglia.
Misi le cose in chiaro subito - Non ho molti elementi su cui indagare e non posso promettervi nulla, ma faro' il possibile. Il mio costo sono trentacinque dollari al giorno piu' le spese.
- Vanno bene cinquanta dollari come acconto? – mi chiese ed io li accettai come manna dal cielo, poi le feci firmare la ricevuta. Infine li salutai e li scortai all’uscita dicendogli che mi sarei fatto sentire non appena avessi scoperto qualcosa.
Mi sedetti di nuovo alla scrivania. Avevo pochi elementi a mia disposizione, ma alcuni amici in varie societa' di trasporti forse mi avrebbero potuto aiutare.
Il telefono pero' squillo' prima che potessi prenderlo per fare la telefonata. - Signor Zelden? – disse una voce strascicata dall’altra parte della cornetta.
- Sono io – risposi.
- Vorrebbe guadagnare cinque bigliettoni da mille dollari senza fare nulla? – mi disse.
Sorrisi tra me e' me – Vorrei anche volare ma non ho le ali – risposi.
- Non faccia lo spiritoso – mi ringhio' contro l’altro – La nostra offerta e' questa: non accetti nessun caso e receda da quelli che ha stipulato ed entro un mese avra' la sua paga. Un affare onesto.
Rimasi in silenzio a pensare poi parlai – E chi devo ringraziare per questo? – chiesi.
- Non e' affar suo – rispose il mio interlocutore – Faccia il bravo e ricevera' dei soldi, non lo faccia e ricevera' del piombo caldo – fini' e chiuse la comunicazione.
Sospirai e mi versai da bere da una bottiglia di whisky che tenevo nel cassetto della scrivania. Possibile che non si potesse mai fare un lavoro pulito? Feci le mie telefonate per sapere qualcosa sull’uomo scomparso, ma nessuno dei miei contatti aveva mai sentito parlare di Edward Milles. Forse aveva usato un nome falso. La giornata fini' che non avevo scoperto nulla di nuovo, tranne che i cinquemila dollari mi erano stati offerti per non trovare Milles. Infatti nessun altro era venuto a chiedere i miei servigi e percio' si poteva ragionevolmente credere che non volessero che ritrovassi lui. C'era qualcosa sotto ma non riuscivo a capire bene cosa. Chiusi le luci e l’ufficio e scoprii che qualcuno aveva infilato sotto la porta della sala d’aspetto una busta senza mittente. La aprii, vi trovai dentro una banconota da mille dollari ed un biglietto. Lo lessi: "Bel lavoro. Continua cosi' e ne avrai altri quattro". Rimisi i soldi nella busta e me la infilai in tasca, poi tornai nel mio ufficio e composi il numero della centrale di polizia, dopo di che mi feci passare il mio amico Arthur McMiller, il capo della squadra omicidi. Dopo che ci fummo amichevolmente insultati a vicenda gli chiesi se sapeva qualcosa di un certo Edward Milles e quando mi disse di no glielo descrissi. Ottenni un bel buco nell’acqua e qualche parolaccia per l’ora tarda.
Con tutti quegli elementi mi diressi a casa.

La mattina dopo mi capito' il classico colpo di fortuna. Almeno cosi' lo interpretai io, anche se altri lo avrebbero inteso diversamente.
Arrivai in ufficio presto ed aprii le persiane facendo fluire all’interno la luce. Un grosso moscone continuava a sbattere il suo capo contro il vetro ed io lo aiutai ad uscire. Mentre ero intento in quell’opera francescana, la porta si apri' ed entro un tipetto strano. Era basso, portava due baffoni alla Charlie Chan neri ed i suoi capelli unti erano appiccicati alla testa. Era brutto ma questo non mi spavento, mi spavento' molto di piu' la sua pistola che non mi guardava con poco affetto.
- Zelden, lei non ha capito il messaggio - disse chiudendosi alle spalle la porta e sedendosi sulla poltrona dei clienti facendomi segno di fare altrettanto.
- Con chi ho l’onore di parlare? – chiesi appoggiando e mani sulle mie ginocchia.
L’altro sorrise, i suoi denti non incontravano un dentista da parecchio tempo, - Non e' importante, sono solo un ambasciatore. Lei ha intascato i nostri mille dollari ma ha fatto delle domande in giro. Non erano questi gli accordi.
Misi la mano in tasca e gli lanciai la busta, - Ecco i suoi soldi, non li ho toccati – gli dissi e con l’altra mano impugnai da sotto il tavolo la mia ’38, - Ed in piu' le voglio dire che il vostro accordo non mi interessa.
- Non e' nella situazione di poter rifiutare Zelden – disse sorridendo ed intascandosi i soldi - Potrei ucciderla e non verrei mai arrestato.
- Io potrei ucciderla e non verrei arrestato. Chi arresta l’uccisore di uno scarafaggio? – risposi sorridendo. Una goccia di sudore scese lungo la tempia dell’uomo.
- Sta bluffando, e' disarmato – disse, ma la sua voce non era piu' tanto ferma. - La mia ’38, che impugno sotto la scrivania non la pensa cosi' – gli risposi sorridendo a mia volta – E’ un’arma piuttosto pesante una ’38, a questa distanza potrebbe farle un buco in pancia ed il proiettile finirebbe nella stanza accanto. Sicuramente verrebbe sbattuto contro il muro con violenza, ma non penso che se ne accorgerebbe.
- E va bene – disse lui cercando di rimanere calmo e posando la sua pistola sul piano della scrivania.
Io mi alzai lentamente ed impugnai la sua arma, e poi gli legai le mani con una corda.
Mi dovevano aver preso per un sempliciotto se mi mandavano un pesce piccolo a spaventarmi. Tra l’altro un pesce cosi' piccolo che mi era bastato parlargli per disarmarlo.
- Devo pensare a cosa fare con te – gli dissi ripugnato, poi lo sbattei nel piccolo bagno annesso al mio ufficio e lo chiusi dentro. Uscii dallo stabile e mi infilai nel bar sottostante a far colazione. Mentre aspettavo di essere servito richiamai l’attenzione del giornalaio, un ragazzo che si chiamava Muilly Colton. Dai miei ricordi posticci, Colton non faceva altro che girarmi attorno chiedendo un lavoro.
Oggi l’avrei accontentato.
- Tra poco tornero' nel mio ufficio – gli dissi – Poco dopo vedrai uscire dal mio stabile un tipo basso, baffi alla Charlie Chan, capelli neri unti, vestito con un completo grigio perla. Dovresti seguirlo e poi dirmi dove e' stato – mi fermai a fare mente locale cercando di capire se avevo dimenticato qualcosa, poi aggiunsi – Stai attento, lui non e' tanto pericoloso ma i suoi compari si.
Muilly rise, aveva come sempre una risata asinina rumorosa - Ti ho gia' aiutato, non ti deludero'.
- Stai attento, i suoi soci sono tipi che non scherzano e non ci penserebbero due volte ad ucciderti – gli dissi. Lui mi rassicuro' ancora e torno' al suo chiosco.
Io mi sedetti e mangiai la mia colazione con la netta impressione di aver fatto una cosa sbagliata.


Note: come noterete questo pezzo della storia è identico al mio racconto di Marlowe pubblicato qui un pò di tempo fa. In realtà era nato qui, poi avevo deciso di renderlo un racconto a sè.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4

Dieci minuti dopo lasciai i soldi sul mio tavolino del bar e tornai in ufficio. Da dietro la porta del bagno continuavano a giungere dei mugolii. Avevo fatto proprio bene ad imbavagliarlo, almeno non dovevo sentire le sue imprecazioni.
Aspettai ancora qualche minuto e poi aprii la porta del bagno. Il mio amico era sempre nella stessa posizione e mi guardava con negli occhi un profondo odio. Non ci feci caso e lo feci alzare di peso, cosa che mi riusci' facile visto che era proprio piccolo.
Mentre lo slegavo gli dissi: - Ho deciso cosa fare di te – lui si massaggio' i polsi e mi guardo' con paura – Ti lascero' andare, voglio che tu riferisca al tuo capo che se vuole propormi un accordo o anche solo parlarmi, deve venire di persona – gli sorrisi e gli ridiedi la sua pistola. Ero tranquillo, l’avevo scaricata e lui avrebbe potuto usarla solo come arma contundente. Dimostro' intelligenza non facendo nulla ma andandosene, non si prese neanche la briga di insultarmi. Io mi sedetti alla scrivania ebbi un irrefrenabile desiderio, che scacciai subito, di accendere la pipa, poi aspettai.

Aspettai per piu' di un’ora ed inizia a preoccuparmi. Non era la prima volta che utilizzavo Muilly come pedinatore ma, in questo caso, sentivo di aver sbagliato. Non avevo che qualche tassello del mosaico, ma quello che sapevo mi faceva sentire a disagio. Il telefono squillo' in quel momento risvegliandomi da quei foschi pensieri. Sollevai la cornetta meccanicamente.
- Signor Zelden sono io – la voce stonata del giornalaio non mi sarebbe parsa piu' bella – L’ho seguito fino al quartiere ovest poi mi e' sfuggito... - fece una pausa riprendendo fiato – Ma ho scoperto che e' entrato in un palazzo, all’angolo tra la XXX e la XXX.
Sospirai, come al solito aveva svolto il suo compito meglio di quanto potessi sperare, - Bravissimo, ora torna qui cosi' possiamo andare a pranzo – gli dissi sorridendo tra me e me.
- Questa volta me lo sono proprio meritato – aggiunse lui prima di chiudere la comunicazione.
Chiamai la mia committente ma sfortunatamente trovai solo il suo gorilla. Riferii che non avevo novita' salvo la visita che avevo avuto quella mattina. Tralasciai il fatto che l’avevo fatto seguire.
Poi chiusi la comunicazione e scesi per pranzare.

Fu un buon pranzo e passato in buona compagnia. Muilly fu felice del fatto che mi era stato molto utile. Terminato il pranzo tornammo con calma al nostro stabile. Lui si fermo' dentro al suo chiosco con la mia promessa che l’avrei chiamato per altri lavori eventuali... molto eventuali.
Quando entrai dentro la mia sala d’aspetto trasalii.
Seduta in attesa c’era un angelo rosso.
Beverly si alzo' e mi si avvicino', pareva agitata.
- Sta bene? – la sua voce era concitata – Sono venuta appena ho saputo Capii che aveva bisogno di qualcosa, cosi' aprii la porta del mio studio e la feci entrare e sedere sulla poltroncina posta.
Mentre armeggiavo con la bottiglia dello Scotch lei si alzo' ed inizio' a camminare avanti ed indietro.
- Non pensavo potesse essere pericoloso – inizio' preoccupatamene a balbettare – Io... non volevo... credevo fosse facile... che non ci fossero altri coinvolti...
Era giunta al limite e c’e' solo una cosa da fare quando succede.
Mi spostai vicino a lei afferrandola per le braccia e la baciai. All’inizio si irrigidi' poi si lascio' andare.
Baciava bene.
Quando ci staccammo lei torno' a sedersi sulla poltroncina afferrando con due mani il bicchiere mezzo pieno di scotch che gli avevo messo davanti. Poi fece una sciocca risatina imbarazzata.
Io tornai sulla mia poltrona e decisi di rompere il ghiaccio.
- Non deve preoccuparsi – afferrai la pipa per istinto e la posai per amor proprio – Di cose del genere me ne sono capitata parecchie, quel tipo non mi ha colpito.
Lei bevve un lungo sorso con le mani che le tremavano e che causarono la tracimazione del liquido che bagno’ i suoi guanti. Ma dopo il sorso riprese un po’ di colore.
- Se vuole abbandonare il caso...
- Non se ne parla, ho preso un incarico e lo portero' a termine
Lei sorrise e si alzo' facendo frusciare la gonna.
Io la accompagnai fino all’uscio.
- E’ stato molto gentile – mi disse prima di salutarmi – E mi scusi, non sono solito lasciarmi andare cosi'
- Non l’ho mai pensato – lei mi sorrise mostrando i suoi splendidi denti bianchi – E non si preoccupi per il caso. Oggi ho intenzione di andare a trovare il nostro gangster da strapazzo...
Nei suoi occhi comparve un lampo di paura.
- Stai tranquilla – le dissi con calma – Non e' riuscito a farmela una volta e non ci riuscira'.
Lei mi regalo' un ultimo sorriso che avrebbe risvegliato un morto e poi se ne ando'.

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5

Meno di un’ora dopo ero in strada pronto a prende un taxi. Fui fortunato, ne trovai uno libero in meno di quindici minuti e dissi all’autista di portarmi all’indirizzo presunto del mio mancato "persuasore". Il viaggio non fu particolarmente lungo, nonostante il traffico.
Arrivati all’indirizzo scesi, pagai l’autista e poi mi avviai verso lo stabile che Muilly mi aveva indicato.
Stavo per attraversare la strada per raggiungerlo quando vidi il mio uomo. Camminava tranquillamente lungo il marciapiede di fronte al mio. Io mi misi a seguirlo. Lui continuo' per la sua strada e poi fece per attraversare. Stava venendo diritto verso di me.
Improvvisamente un’auto nera sbuco' da un vicolo facendo stridere le gomme ed accelero' verso di lui.
L’impatto fu secco e la macchina, dopo aver sbandato, accelero' e si dileguo' svoltando in una strada laterale.
Io corsi al capezzale dell’uomo solo per scoprire che era gia' passato dall’altra sponda. Velocemente lo perquisii e intascai il suo portafoglio.
Alcune persone si erano avvicinate per guardare.
Io mi voltai verso di loro: - Vado a chiamare un’ambulanza! – dissi e mi allontanai.
Raggiunsi un telefono pubblico e controllai il portafogli.
Non c’era fretta di chiamare i medici, quell’uomo non sarebbe andato da nessuna parte.
Controllai con calma ed alla fine, quando ebbi soddisfatto la mia curiosita', chiamai gli aiuti.
All’interno trovai indicato il suo nome, tale Kurt Steiner, e l’indirizzo di residenza, lo stabile che conoscevo. Trovai anche dieci dollari che lasciai nel cappello di un barbone poco dopo.
Mentre io mi infilavo nello stabile, sentii le sirene dell’ambulanza.

Quando giunsi sul pianerottolo indicato dal suo indirizzo, dopo aver abilmente schivato il custode dello stabile, rimasi per un attimo allibito.
Sulla porta era stampigliata in lettere chiare la frase: "Kurt Steiner – Investigatore Privato".
Forzai la serratura ed entrai. Lo studio era molto piu' accogliente del mio ed anche molto piu' pulito.
Controllai in fretta gli schedari ed i cassetti della scrivania.
Trovai solo alcuni appunti nella sua agenda:
  • 19 febbraio: ricevuto incarico da B.M. – 500$ Anticipo + 2000$ di esca.
  • 21 febbraio: visita a Zelden.
  • 23 febbraio: riscuotere il compenso – 500$.
Evidentemente non sarebbe riuscito a riscuotere il resto del suo compenso.
Non pensavo fosse prudente fermarmi oltre, probabilmente la polizia stava iniziando a fare domande e non ci avrebbero messo molto ad arrivare in questo ufficio.
Cosi' uscii, chiamai un taxi e me la filai.

Giunsi in ufficio piu' confuso che mai.
Poteva essere una coincidenza che la visita che Steiner mi aveva fatto, fosse tra un anticipo ed il suo saldo completo. Pero' io non credo alle coincidenze.
Qualcuno l’aveva pagato per fingersi un gangster e per spaventarmi, inducendomi a non indagare sul caso Edward Milles. Il punto era, chi lo aveva fatto?
Sicuramente la stessa persona che l’aveva eliminato... ma l’aveva eliminato solo per eliminare un testimone scomodo oppure per impedirgli di essere scoperto da me? Ed in questo secondo caso, come poteva il mandante sapere che avevo scoperto il suo recapito?
L’unica risposta era che avessero visto e seguito Muilly quando aveva, a sua volta, seguito Steiner.
Si' era l’unica spiegazione.
A dire il vero ce n’era un’altra... ma non mi piaceva per niente!

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