Star Trek - Harlock - Ombre dal Passato

di lames76
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 – Un vecchio amico ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 – Un aiuto inatteso ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 – Finalmente una pista ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 – Hog Melder ***
Capitolo 6: *** Capitolo 4 – Mazone ***
Capitolo 7: *** Capitolo 5 – Decisioni avventate ***
Capitolo 8: *** Capitolo 6 – Nuovi enigmi ***
Capitolo 9: *** Capitolo 7 – La ricerca continua ***
Capitolo 10: *** Capitolo 8 – Trappola nel mare ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 – La Sfida della regina ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 – La battaglia finale ***
Capitolo 13: *** Epilogo – Il richiamo delle stelle ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


"Non importa... devo farlo... Ci sono volte in cui devi andare... anche se sai che perderai. Ci sono volte in cui devi combattere... anche se sai che morirai. Se sei un vero uomo devi farlo"

"Il destini di Mazone e della Federazione, danzavano sulla punta delle loro lame"


Prologo



Attorno al grande tavolo erano assiepati tutti gli ufficiali superiori della nave. Attualmente la Pentesilea era agganciata alla morsa d’attracco posta sul lato destro della zona disco della nave di classe Galaxy, nella attesa che fosse deciso chi avrebbe dovuto comporre il suo equipaggio.
«...bene. Con il guardiamarina Ellis al timone, abbiamo completato la lista», Harlock appoggio' sul ripiano il DiPAD, «Non resta che decidere chi saranno gli ufficiali superiori...»
Se prima tutti erano stati pronti a parlare per decidere chi assegnare, ora nella sala si fece il silenzio.
La cosa diverti' Harlock. Nonostante le informazioni sul Dominio avessero portato molte preoccupazioni, era gia' da tempo, da quando era salito a bordo dell?Argo che si sentiva bene. Aveva cominciato ad aprirsi con i suoi ufficiali... con i suoi amici e questa era una situazione nuova per lui. Sentiva di aver perso un po’ della sua "marziale sicurezza", ma forse ci aveva guadagnato.
«Come ufficiale comandante di questo vascello credo di non poter andare sull’altra nave...», il bajoriano mise subito le mani avanti ma fu interrotto' dal del suo comunicatore.
Dalla plancia, un tenente lo avverti' che c’era una comunicazione personale urgente per lui.
«Me la passi qui», rispose il capitano alzandosi ed avvicinandosi al computer sul muro, «Intanto voi scegliete i "fortunati"...», disse rivolto ai suoi ufficiali lanciando un sorriso ironico.
Nella sala comincio' la discussione.
Sembrava che nessuno fosse entusiasta di andare. Anche se la missione assegnata alla nave di classe Galaxy non era delle piu' entusiasmanti, cartografare tre sistemi stellari che le sonde avevano trovato senza traccia di eventuali civilta'; tutto era meglio, piuttosto che fare da balia alle navi da trasporto!
Il brusio si alzo' ancora piu' di tono man mano che il momento di scegliere si avvicinava.
«Dannazione!», l’improvvisa imprecazione detta ad alta voce dal capitano fece ammutolire tutti, «...e non accetto scuse! Come avete potuto far accadere una cosa simile?», il mezzo bajoriano sembrava furioso ed ora aveva catalizzato tutta l’attenzione dei suoi ufficiali, «No, non mi basta! Andro' io stesso a cercarla e se scopro che le e' stato torto anche un solo capello GIURO che me la pagherete... E NON SARETE I SOLI! Harlock chiudo!», le ultime frasi erano state letteralmente urlate contro lo schermo.
Il capitano si volto', il suo viso era una maschera di pura rabbia e determinazione. Con passo marziale si avvicino' al tavolo appoggiandosi allo schienale della sua sedia.
«Le cose sono cambiate», disse con un tono di voce bassissimo ma che non lasciava spazio ad obiezioni, «Prendero' il comando della Pentesilea a tempo indeterminato», sposto' lo sguardo su Tosca ed il suo sguardo si addolci' un poco, «Comandante Kirtias, fino al mio ritorno le affido il comando di questa nave. La riunione e' tolta, potete andare»
Si sposto' di nuovo verso il computer armeggiando con le comunicazioni.
Mentre gli ufficiali decidevano, incerti, se alzarsi, il silenzio continuo' a farla da padrone nella stanza.
Poco dopo, Harlock termino' di lavorare sul computer e si volto' verso i suoi ufficiali. Si era calmato, ed ora il suo volto indicava solo una ferrea e dura determinazione. Scaccio' la voglia di mandare via, di nuovo, i suoi uomini e si decise a parlare, mentre tornava a sedersi tra loro.
«Sto per portare la Pentesilea di nuovo nel quadrante Alpha... ho avuto l’autorizzazione pochi minuti fa, facendomi restituire tutti i "favori" che mi restavano. Anche se usero' una nave federale, la mia sara' una missione di natura prettamente personale. Quindi coloro che verranno con me lo faranno di loro volonta', come civili, usufruendo del loro tempo di licenza...», guardo' i suoi interlocutori incerto se dire di piu'.
Alexya aveva riflettuto a lungo ed era giunta alla conclusione che sarebbe salita a bordo della Petensilea. Harlock era chiaramente angustiato e furioso per qualcosa di, evidentemente, molto personale, e lei, molto umanamente, era estremamente curiosa di saperne di piu'; anche se a muoverla nella sua decisione era stata la considerazione primaria che Harlock era ormai un amico. In ogni caso Alexya si sentiva spinta con ogni fibra del suo essere ad accompagnare il Capitano in quell’ignota ed insolita avventura.
Quando aveva comunicato al Capitano la sua decisione egli le aveva domandato: «E’ sicura?»
Alexya aveva osservato l’intensa espressione di Harlock, ascoltato attentamente le sue parole e poi senza esitazione aveva risposto con voce ferma: «Non ho dubbi, Capitano, saro' dei suoi»
Harlock le era parso stranamente sollevato dalla sua risposta, come se la sua presenza a bordo sulla Pentesilea fosse estremamente importante per la missione, o almeno questa era stata la sua impressione, ed ora mentre si avviava verso la morsa di attracco, per imbarcarsi, non poteva fare meno di chiedersi il perche'.
Appena salita a bordo Alexya incontro' il Dott. Johansen, che la saluto' dicendo: «Cosi' anche lei e' dei nostri Alex! Mi fa molto piacere vederla a bordo. Chissa' chi altri si unira' a noi?»
La donna sorrise per il caldo benvenuto: «Grazie Doc, anche io sono felice di essere qui e soprattutto che anche lei sia dei nostri»
Alexya si sentiva rassicurata dalla presenza del dottore, che era un uomo solido e affidabile, e non poteva fare a meno di sperare che anche molti altri membri dell’equipaggio si sentissero spinti dalla stessa affinita' elettiva a raggiungerli a bordo della Petensilea per questa nuova avventura.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 – Un vecchio amico ***


Capitolo 1 – Un vecchio amico

Prima di lasciare l’Argo, Harlock aveva aperto il suo armadio ed aveva afferrato il vecchio borsone. Non sapeva neppure lui perche' lo aveva fatto. Era stata una reazione istintiva.
Appena giunto sulla Pentesilea, aveva ordinato la partenza a massima curvatura, verso una zona di spazio nel quadrante Alpha.
Giunto nella sua cabina sulla piccola nave scout si accorse che era grande nemmeno un decimo di quella che aveva sull’Argo. Pero' non se ne curo', entro' e poso' la sua borsa sul piccolo letto.
Fece un lungo sospiro e poi apri' la sacca. Rimase solo un istante ad osservare il contenuto, poi, lentamente, inizio' ad estrarre i vestiti che conteneva. Era da tantissimo tempo che non li indossava.
Sposto' lo sguardo e si guardo' nello specchio vedendosi nella linda uniforme della flotta stellare e capi' che doveva prendere una decisione importante.
Continuando ad indossare quella divisa avrebbe dovuto seguire le regole, non avrebbe potuto fare di testa sua se la situazione lo avesse richiesto ma avrebbe potuto contare sulla fiducia incondizionata che i suoi uomini gli davano, in quanto loro capitano. Sarebbe rimasto il capitano che si era avvicinato ai suoi ufficiali permettendosi di pensarli come amici. Sarebbe rimasto quello che era faticosamente diventato, lasciandosi indietro il suo passato. Ma sarebbe anche stato costretto a seguire vincoli molto stretti sul suo modo di agire.
Se si fosse infilato i vestiti della sacca invece, sarebbe tornato indietro. Avrebbe potuto fare tutto cio' che voleva, avrebbe avuto la possibilita' di essere di nuovo libero ma forse gli altri non l’avrebbero capito. Sarebbe tornato la persona che era quando combatteva con la resistenza. Sarebbe tornato la persona che aveva aiutato il suo amico a realizzare il loro sogno. Sarebbe tornato a chiudersi in se' stesso senza possibilita' o voglia, di aprirsi agli altri.
Prese la decisione in un istante.
La promessa che aveva fatto era troppo importante.
Con lentezza inizio' a togliersi la divisa.

Quando Harlock giunse in plancia, gli ufficiali che lo accompagnavano sussultarono. Non indossava piu' la divisa della flotta ma una giacca nera con bordi dorati con colletto alto risvoltato che lasciava intravedere una fodera rossa, adornato da un teschio e tibie bianco sul petto. Al collo portava legato un foulard, anch’esso bianco. Al suo fianco aveva due cinturoni con fibbia di ferro dorato, rappresentanti due teschi. Appeso al primo, stava una pistola dalla forma incredibilmente allungata. Pareva l’incrocio tra una colt del "vecchio west" ed una pistola laser. Sul calcio, color legno, era posizionato un fregio bianco a forma di teschio. Appesa al secondo una lunga spada, simile a quelle da spadaccino, ma dall’aspetto stranamente tecnologico e con un grilletto sul manico.
Si accomodo' sulla poltrona di comando, poi noto' lo sguardo stupito del dottor Johansen
«Vestivo cosi' ai tempi della resistenza», disse con noncuranza ed una certa durezza nella voce.
"Certo che se voleva spaventare ed impressionare i cardassiani, vestito in quella maniera ci riusciva certamente", penso' il dottore osservando l’abbigliamento e la cicatrice del bajoriano.
Shakter gli si avvicino', «Harlock, quelle armi?»
«La spada/pistola appartiene alla mia famiglia bajoriana. Loro erano della D’Jarras (casta in bajoriano, N.d.A.) dei guerrieri e l’hanno costruita impiegando tecniche antiche e moderne assieme. E’ sia spada, sia arma da fuoco. La pistola...», fece una pausa quasi accarezzando l’arma, «...e' una "Cosmo Dragoon" ed e' stata ideata e costruita dal mio piu' caro amico. Ne esistono solo quattro esemplari in tutto l’universo»
"Sembra cosi' distante ora", penso' Alexya allarmata, "Quasi piu' che il giorno in cui e' salito per la prima volta sulla Pathfinder!"
Poi Harlock si rivolse piu' a se stesso che ad altri, «Questa missione mi sta facendo tornare in mente molti ricordi...», si alzo' e senza dire niente agli altri entro' nel suo studio.
«Non l’ho mai visto cosi'», mormoro' la giovane a dottore.
«Penso che sia giunto il momento di sapere dove stiamo andando...», rispose l’uomo con espressione risoluta.

Mentre fissava il baluginare delle stelle attraverso il piccolo oblo' della saletta tattica della Pentesilea, i ricordi lo assalirono e gli apparvero nitidi come se quei fatti fossero successi solo pochi istanti prima.

"Hog Melder ovvero Tau Neuva III per i cataloghi della Federazione.
Un piccolo pianeta di quella che ora e' la Zona Smilitarizzata, ma allora, durante l’occupazione di Bajor, era solo uno dei tanti pianeti sull’estrema frontiera cardassiana.
Era un pianeta arido, spoglio e tecnologicamente poco avanzato, controllato da pochi soldati cardassiani e quindi divenuto uno dei punti di attivita' di contrabbandieri, pirati ed anche di alcuni membri della resistenza bajoriana.
Harlock stava attraversando la polverosa via principale di Gun Frontier, la cittadina piu' grande del pianeta, organizzata come una delle antiche citta' della frontiera americana, durante la conquista dell’ovest. Era la capitale, ma era anche poco piu' che un piccolo villaggio.
Il mezzo bajoriano era abbigliato con gli stessi abiti che aveva reindossato poco prima sulla Pentesilea, anche se aveva in piu' un lungo mantello nero per nascondere le armi e per proteggersi dai cocenti raggi del sole.
Aveva deciso di fare un giro da quelle parti per procurarsi dei pezzi di ricambio per il suo caccia e ce l’aveva fatta. Ora voleva solo qualcosa da bere per calmare la sua gola riarsa dal calore e dalla polvere.
Quando giunse nei pressi del saloon/bar una persona fu letteralmente lanciata fuori dal locale e cadde ai suoi piedi.
Era un ragazzo giovane, molto basso, che indossava un logoro poncho marron scuro ed in testa calzava un largo cappello a tesa larga, annerito in parecchi punti da quelli che sembravano colpi di phaser. Quando alzo' lo sguardo verso Harlock, il bajoriano noto' con sorpresa che indossava degli spessi occhiali da vista, una cosa che nel XXIV secolo non si vedeva tutti i giorni. Aveva qualche livido sul volto, segno che era stato picchiato da poco. Vicino a lui stava un uccello nero gracchiante.
Harlock senti' un vociare provenire dal saloon. Un vociare in cardassiano.
Sorrise al ragazzo e gli porse una mano aiutandolo a rialzarsi.
«Torniamo dentro», disse con voce calma e quando noto' che lui accoglieva con gioia quella proposta lo ammiro' per il coraggio. L’uccello volo' sgraziatamente fino ad appollaiarsi sulla spalla del giovane.
«Hai cercato rinforzi?», chiese un enorme cardassiano appena misero piede nel locale, «Ne vuoi ancora?», gli fece eco un’altro alzandosi.
«Vediamo come ve la cavate contro uno della vostra taglia», li sfido' Harlock.
Erano in tre, ma durarono veramente poco.
Nonostante fosse poco piu' di un ragazzo, Harlock era oramai abituato a combattere per la propria vita ed era divenuto davvero abile, mentre i cardassiani erano solo dei bulletti.
Alla fine della zuffa li caccio' fuori e poi si sedette al bancone a bere con il nuovo amico.
In un angolo del locale sedeva anche una bellissima donna che si uni' al gruppetto per bere. Era alta, longilinea, dai capelli rossi lunghissimi. Disse di essere una libera mercante. Harlock cerco' di convincerla ad andarsene al piu' presto, quel pianeta non era adatto ad una donna bella come lei.
Erano ancora intenti a parlare quando entro' un drappello di cardassiani dell’esercito.
Uno dei tre con cui aveva fatto a pugni poco prima, aveva riconosciuto il bajoriano dalla sua cicatrice e soprattutto aveva ricordato la taglia che pendeva sulla sua testa. Erano entrati impugnando le armi ed ora li tenevano sotto tiro.
I tre si erano appena conosciuti e non si erano preparati, ma agirono all’unisono, come un solo corpo... come una sola mente.
Si voltarono in un fruscio di mantelli e cappe.
Harlock utilizzo' la sua spada che con un sordo scoppio ed uno sbuffo di fumo, lancio' un proiettile che colpi' in pieno la mano del cardassiano leader del gruppo, facendogli cadere di mano l’arma.
Il ragazzo sparo' con la sua "Cosmo Dragoon" e disarmo' il secondo militare.
La donna lancio' un pugnale che sibilo' nell’aria colpendo la mano del terzo militare.
I soldati, abituati a confrontarsi al piu' con degli ubriaconi, si ritirarono velocemente lasciando i nuovi amici a congratularsi l’un l’altro."


Harlock sospiro' girandosi.
Quello era stato il loro primo incontro, ma non fu l’ultimo.
Sorrise e si avvicino' al replicatore, poi osservo' il DiPAD che aveva appoggiato sulla sua scrivania. Sullo schermo c’erano delle immagini di una nave bajoriana stranamente colorata di blu scuro. Ma non era adornata dal simbolo del Governo Provvisorio o della Milizia Bajoriana, ma da un jolly roger pirata.
Il campanello dello studio trillo' e lui diede l’avanti tornando ad osservare le stelle.
Shakter ed il dottor Johansen entrarono e si misero dietro di lui.
Rimasero per un attimo in silenzio, durante il quale Alexya aveva preso il DiPAD distrattamente. Nessuno parlava, ma la ragazza ruppe l’imbarazzo, «E’ una nave bajoriana di classe Emissary mi sembra...», disse indicando le immagini che erano sul dispositivo, «...ma di una configurazione mai vista da me...»
«Quella era la Deathshadow», rispose Harlock con lo sguardo sempre perso nello spazio, «Era la nave che usavamo come appoggio, durante l’occupazione, per le nostre scorrerie coi caccia ad impulso»
«Ehi! Ma questo e' un disgregatore romulano tipo 5, non era in dotazione in queste navi e questo...», fece una pausa osservando l’immagine con occhio scientifico, «...direi che e' un rimodulatore di scudi. Ma e' impossibile! Era una tecnologia ancora non scoperta durante quel periodo...»
«L’ingegnere di quella nave era davvero brillante...», fu il solo commento del bajoriano.
Il silenzio torno' tra di loro.
Finalmente il dottore parlo': «Capitano credo che dovremmo sapere perche' siamo in viaggio»
Harlock fece un lungo sospiro e si volto' verso di loro, «Avete ragione», mormoro' facendoli accomodare.
Rimase ancora un istante in silenzio, riorganizzando i suoi pensieri, poi inizio' a parlare.
«Come sapete ho lungamente combattuto nella resistenza per liberare il mio pianeta. Durante quegli anni conobbi tanti strani personaggi, di varie razze, che ci aiutarono e che ci ostacolarono», ripenso' ai romulani ed in particolare a Sela. A vari altri alieni di razze diverse. Poi le immagini si focalizzarono su di una persona, «Ma il piu' strano di tutti fu un ragazzo, basso, sembrava un pezzente da come vestiva con il suo poncho marrone, l’enorme cappello tirato sugli occhi e quell’uccello nero sulla spalla», non riusci' a trattenere un sorriso, «Ma in realta' era la mente piu' brillate che io abbia mai conosciuto. Era un vero testone e quando si metteva qualcosa in testa, nessuno poteva fargli cambiare parere ed in questo eravamo molto simili», sospiro', «Si chiamava T’Kiro Ooyama. Formammo una coppia fissa, lui rimetteva a nuovo i nostri caccia e la Dethshadow e mi faceva da secondo durante le missioni. Non gli chiesi mai perche' avesse deciso di combattere una guerra non sua. Alla fine del conflitto, decidemmo insieme di andare all’Accademia della Flotta Stellare, la superammo sempre assieme, ma presto lui si ritiro' su un pianeta cercando di realizzare il suo... il nostro... sogno. Ma restammo sempre in contatto e ci vedemmo molto spesso»
Fece una lunga pausa, «Poi, finalmente, la donna amata da T’Kiro contraccambio' il suo sentimento. Lei la conoscevamo fin dai tempi della resistenza, quando lavorava come mercante libera. Un anno dopo, nacque Mayu», ripenso' con dolcezza a quel momento, «Fu un amore molto intenso anche se fini' in meno di sei anni... anche se, a dire il vero, non credo sia mai realmente finito... o che mai finira'...», si fermo' non sapendo come proseguire.
Era il suo piu' grande segreto e non era ancora pronto a rivelarlo, «Avvenne durante una missione... T’Kiro mi salvo' la vita... ma perse la sua», parve non voler dire altro, «Il giorno dopo Emeralda, la sua compagna, scomparve, lasciandomi una lettera in cui mi affidava la piccola Mayu», sospiro', «Io promisi, sulla tomba del mio amico, di prendermi cura della bambina. Ma visto che era appena scoppiata la guerra con il Dominio, decisi di affidarla ad una scuola/collegio della Terra per darle un’istruzione. La potei vedere meno, ma passai tutte le mie licenze con lei. Quel collegio termina quando i ragazzi compiono 12 anni. Avevo intenzione di portarla sull’Argo alla fine di quest’anno, finalmente comando una nave adatta a portare civili e saremmo stati piu' vicini...», si blocco', poi riprese, la sua voce ora era tornata dura, non piu' lenita dai ricordi, «Ma mi hanno comunicato che mentre erano in viaggio per il campo estivo che termina il periodo di studi, la sua nave e' letteralmente scomparsa. Non sanno altro», strinse i pugni ed assunse un’espressione ancora piu' determinata, «Ma dovessi pattugliare palmo a palmo tutta la via lattea... dovessi viaggiare fino alla fine dell’universo... la trovero' e la riportero' indietro sana e salva... lo giuro!»

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 – Un aiuto inatteso ***


Capitolo 2 – Un aiuto inatteso

La Pentesilea scivolava lentamente nello spazio, la rotta era tracciata e tranquilla e l’equipaggio di plancia stava svolgendo le normali mansioni, quando il computer segnalo' l’avvicinarsi di una nave stellare di classe Miranda modificata che non risultava nel registro di flotta.
Harlock arrivato subito in plancia e diede ordine di contattare il vascello.
«Qui Petensilea a nave sconosciuta, identificatevi prego»
«Qui Ombra di Morte, ciao Harlock», un volto familiare apparve nello schermo, era il gigantesco Capo della Sicurezza della USS Argo, Hiroshi Toraki, «La prossima volta che vuoi partire all’arrembaggio avvisami prima, avevo appena finito di rimettere insieme questo gioiello nei cantieri della mia famiglia, quando ho ricevuto la tua chiamata, ho fatto la valigia ed eccomi qui. Perche' non salite a bordo per parlare?»
Harlock pareva irritato da quella perdita di tempo, ma si trattenne ed annui'.

I corridoi della nave di classe Miranda erano illuminati come quelli delle navi piu' moderne. Anche le interfacce del computer parevano delle piu' avanzate.
Alexya si avvicino' all’euro-asiatico, «Ma Hiroshi non mi avevi detto che i sei mesi di sospensione ti servivano per ritrovare un vecchio amore?»
Lui sorrise, «E’ vero, l’ingegneria. Questa nave e' stata dismessa per limiti di eta' dalla Flotta Stellare, l’ho avuta per poco, ho ricostruito tutta la rete di sistemi con le gelatine neurali, i motori sono ispirati a quelli della Pathfinder, velocita' massima Curvatura 9,889, banchi Phaser di Tipo VIII orientabili, 14 in tutto, 4 tubi lancia sonde di tipo standard con 300 sonde di classe 4. L’intenzione era di rivenderla a Bajor al prezzo di costo, ma ho ricevuto la tua chiamata quindi penso che sarebbe stato meglio per i bajoriani avere un veicolo ben collaudato, inoltre voglio farti vedere una cosa»
Harlock rimugino', a parte il contrattempo pensava anche che l’idea di rivendere al suo mondo quel mezzo, non gli piaceva molto. Se la Federazione voleva ingraziarsi i suoi simili poteva anche regalare quel vecchio modello!
Il gruppo prese un turbo ascensore e scese di livello. La nave era stata radicalmente modificata al suo interno, l’equipaggio originario di oltre 200 persone era stato ridotto a solo 60 membri, tutto cio' grazie alle nuove tecnologie usate nell’ammodernamento.
Una voce computerizza parlo', quando entrarono nell’ampio locale: «Benvenuti nell’hangar principale»
Davanti agli occhi attoniti degli ospiti si trovava un panorama inconsueto a bordo di una nave federale, una ventina di caccia ad impulso bajoriani dipinti di nero trovavano posto, ordinati lungo le pareti dell’hangar, una squadra di bajoriani si stava esercitando nelle operazioni di decollo e di atterraggio al simulatore, Harlock riconobbe alcuni volti tra gli istruttori, tutti membri di cellule di resistenza che, come la sua, combatterono contro i cardassiani.
Harlock spiego' a Hiroshi quello che poteva, il gigantesco euroasiatico non fu molto contento delle scarne spiegazioni, ma accetto' di aiutare il bajoriano.


Altrove

Una bambina stava suonando una melodia dolce ma triste con un’ocarina.
La stanza dove si trovava era buia e fredda...
...ma lei sentiva il calore dei suoi genitori che l’avvolgeva come una tenera coperta.
Mormoro' un nome: «Harlock»

Harlock sbuffo', mentre percorreva i corridoi a passo veloce. Anche se una parte di lui (quella che restava capitano di Flotta) era felice per l’aiuto che Hiroshi gli aveva offerto, l’altra era seccata per la perdita di tempo.
"Chissa' perche' hanno chiamato questo vascello Ombra di Morte", penso', "E’ molto simile alla Deathshadow la nave che comandavo ai tempi della resistenza. Magari quei bajoriani hanno pensato di richiamare il nome... se non sbaglio hanno sempre invidiato la liberta' di cui godevamo..."
Harlock giunse con passo spedito alla sala teletrasporto.
Si era posizionato sulla pedana quando fu raggiunto dalla Shakter.
«Capitano?», inizio' a dire.
«Alexya, resta qui. Seguiteci e tenete i sensori alla massima potenza», taglio' corto lui poco prima di essere avvolto dalle luci.
Pochi istanti dopo le due navi erano in viaggio.

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 – Finalmente una pista ***


Capitolo 3 – Finalmente una pista

La Pentesilea, Ombra di Morte ed una piccola e vecchia nave di classe Oberth stavano effettuando i rilevamenti nella zona di spazio in cui era scomparsa la nave da crociera.
Erano passate gia' tre ore e non si era scoperto ancora nulla.
Harlock contatto' la nave di Hiroshi con rabbia.
«Alexya dimmi tutto cio' che rilevi. I sensori della Pentesilea sono meno sofisticati dei vostri», ordino'.
«Niente di insolito, solo le normali particelle che dovrebbero esserci», fece una pausa, «Niente scie di curvatura, niente residui di energia, niente di niente. Si rileva solo la scia della nave da crociera che e' arrivata e poi piu' nulla? Come se fosse scomparsa», controllo' ancora una volta i
sensori, «L’unica nota strana sono queste particelle in rapido degrado, solitamente si trovano solo nelle nebulose oscure, ma sono cosi' poch...»
Harlock spalanco' gli occhi, «Qual’e' lo schema di degradazione?»
«Qui sono quasi del tutto sparite, ma c’e' come una sorta di scia...»
«Timoniere, tracci una rotta lungo quella scia, massima curvatura!», ordino' il mezzo bajoriano.
Un secondo dopo la Pentesilea si lanciava a tutta velocita' nello spazio, lasciando le altre due navi indietro.
«Francamente sto iniziando a stufarmi di questo suo atteggiamento», sbotto' Toraki dalla sua poltrona di capitano sulla Ombra di Morte.
Alexya gli appoggio' una mano sul braccio, «Hiroshi devi capire che e' in gioco la vita della sua figliastra?»
Il capo della sicurezza tentenno', «Va bene ma se continua con questo suo atteggiamento, lo mando al diavolo e torno sull’Argo»
Dopo aver avvisato la nave di classe Oberth anche Ombra di Morte parti' a velocita' di curvatura.

Quando la nave di classe Miranda, usci' dalla curvatura impiego' un lungo minuto ad individuare l’altra nave tra i macigni della cintura di asteroidi di Gamma Leone Terzo.
«La Pentesilea e' affiancata ad un’altra nave dietro il terzo asteroide piu' grande», disse Shakter, «L’altra nave e' la SS Excellent la nave da crociera che cercavamo!»
Ombra di Morte di avvicino' ai due vascelli ed apri' un canale di comunicazione.
«Toraki a Harlock com’e' la situazione?», chiese con voce irritata.
Dall’altra parte gli rispose una voce che non era quella del capitano, «Sono il dottor Johansen, il capitano al momento non c’e'?», prima che il capo della sicurezza potesse parlare, l’uomo lo anticipo', «E’ voluto salire sulla nave da solo... non faccia quella faccia ho cercato di dissuaderlo in tutti i modi ma...»

Sulla nave passeggeri l’energia era al minimo.
Le luci a malapena sufficienti a vedere.
Attorno a lui c’erano solo cadaveri.
I sensori dicevano che ogni singolo membro dell’equipaggio era morto, apparentemente senza motivo. I bambini erano semplicemente scomparsi.
Aveva terminato di controllare i diari di bordo e non aveva scoperto nulla... tutte le registrazioni erano normali fino al momento di transitare nella zona di spazio che avevano lasciato poco prima poi... piu' nulla.
Era ancora intento a controllare, quando la creatura, dall’oscurita', si avvento' su di lui.

Il guardiamarina Ellis sbuffo' dalla sua consolle del timone. Lei odiava i conflitti... odiava dover spaventarsi... odiava i rischi... ma amava troppo viaggiare libera nello spazio e pilotare le navi stellari. Per questo aveva seguito il capitano Harlock sull’Argo, quella nave era un luogo sicuro.
D’altronde era una nave scientifica... che pericoli poteva correre? E poi avrebbe potuto allontanarsi il piu' possibile dalla guerra, andando addirittura in un’altra galassia.
Allora perche' ora si trovava di nuovo nel Quadrante Alpha? Perche' si era fatta coinvolgere in quell’azione? Perche' stava sprecando il periodo di una sua licenza li'?
La risposta le baleno' immediatamente in mente.
Doveva troppo al capitano.
Senza di lui chissa' dove sarebbe finita.
Senza il suo intervento la corte marziale non sarebbe stata cosi' blanda... ed ora lei sarebbe in una colonia penale o impossibilitata a viaggiare nello spazio.
Si, era li' al timone perche' il suo debito con il capitano non era ancora stato ripagato...

L’essere scuro si avvento' su di lui.
Con leggerezza gli si appollaio' sulla spalla destra e nascose la testa nell’incavo del suo collo.
L’uccello emetteva un verso simile ad un lamento.
Era completamente nero ed aveva il corpo grande come quello di un grosso pollo. Il collo era incredibilmente lungo e sottile e terminava in una piccola testa adornata da un grande becco giallo.
«Tori-san», Harlock lo accarezzo' con gentilezza.
Quel volatile era stato l’animale da compagnia prima del suo amico T’Kiro, poi il suo ed ora era di Mayu.
«Tori-san cosa e' successo! », gli chiese.
«CRAAAA! CRAAAAA! », gracchio' il volatile.
Harlock scosse il capo, «Dimmi di Mayu! Dove l’hanno portata?»
L’uccello rispose con due sole parole, «Hog Melder»

Se la prima volta, quando si era presentato in plancia con i suoi vecchi abiti, erano sussultati, questa volta, con il grande uccello nero sulla spalla, per poco non saltarono dalle loro postazioni per la sorpresa.
Anche i due ufficiali in collegamento dalla Ombra di Morte restarono a bocca aperta.
«Ho scoperto che la faccenda e' una cosa piu' personale di quanto credessi», disse sedendosi sulla poltrona del capitano, «Hanno rapito i bambini per colpire me»
«Capitano cosa dobbiamo fare? », chiese Toraki.
«Voi nulla», rispose brusco, «Anzi, tornate sull’Argo e riprendete servizio», si volto' verso Johansen, «Anche lei dottore. Dopo che mi avrete portato a destinazione»
Prima che potessero obiettare li guardo' uno ad uno, «E’ un ordine!»
Ci fu una pausa, «Timoniere faccia rotta per Hog Melder»
La giovane guardiamarina armeggio' con i comandi, poi si volto' verso il capitano, «Capitano... sui cataloghi federali non risulta nessun sistema o pianeta con quel nome?»
«Tau Neuva III», si corresse lui, «Hog Melder era il nome del pianeta prima che diventasse parte della Zona Smilitarizzata», spiego'.
«Rotta tracciata e pronta la massima curvatura», disse il guardiamarina Ellis.
La Pentesilea parti' a tutta velocita'.

Dalla sua sedia al centro della plancia Toraki sbotto', «Basta sono stufo! Adesso facciamo rotta per la stazione Galaxy Freedom e torniamo sull’Argo! »
«Ma Hiroshi...», cerco' di parlare Shakter.
«No Alex, niente ma! », la sua voce era carica d’ira, «Mi sono davvero scocciato del suo atteggiamento da superuomo! Vuole fare tutto da solo? Allora lo faccia!», fece una pausa, «Timoniere, rotta per la stazione Galaxy Freedom!»

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 – Hog Melder ***


Capitolo 4 – Hog Melder

Harlock si era fatto teletrasportare con Tori-san sulla superficie, dopo aver preso le ultime due cose che erano rimaste nella sua sacca.
Alla sua destra, a circa due miglia di distanza intravedeva Gun Frontier.
La cittadina era esattamente coma la ricordava, essere al centro della Zona Smilitarizzata non l’aveva aiutata a prosperare rispetto ai tempi dell’occupazione.
Era rimasta il crocevia di tutte le canaglie dell’universo conosciuto.
Alla sua sinistra, a meno di cento metri di distanza c’era il relitto di una vecchia nave, oramai consumato dal tempo e dalle intemperie. Era ancora visibile il nome, stampigliato in lettere bianche sulla chiglia sbiadita, una volta blu scura, Deathshadow.
Accanto ad essa, a pochissima distanza da lui, c’era un cumulo di terra ed una croce di legno. Sulla croce era posato un grande cappello a tesa larga bucherellato ed annerito da quelli che dovevano essere stati colpi di phaser.
Tori-san veleggio' goffamente fino a posarsi accanto al tumulo e con il becco scosto' dalla polvere un oggetto. Erano un paio di pesanti occhiali da vista rotti. Emise un lungo lamento simile a pianto.
«Lo so Tori-san...», disse Harlock accarezzando con affetto la testa dell’uccello, «Pur sapendo che il suo cuore vive... arrivare qui, dove riposa il suo corpo... trovarci nel luogo che ospita le sue spoglie mortali... ci provoca un grande dolore», si sposto' appoggiando una mano sulla croce di legno, poi riprese a parlare rivolto alla tomba, «Io e te viaggeremo insieme nello spazio fino alla morte... era questo il nostro patto: morire solo dopo aver realizzato i nostri sogni... ma il tuo piccolo corpo ti ha portato fin qui. Sei riuscito a realizzare dei sogni irraggiungibili per molti... conosco bene la fiamma che bruciava nel tuo petto... e' uguale a quella che brucia nel mio! Ed io non la spegnero' mai... perche' per meta' questa fiamma ti appartiene! », i suoi occhi si inumidirono, «T’Kiro! Perche' sei morto?! Perche' sei morto nonostante avessi detto che te ne saresti andato solo dopo aver visto la fine dell’universo!!», i suoi pugni si strinsero, «La tua amata Emeralda sta ancora vagando per gli oceani stellari alla tua ricerca...», prese la prima delle due cose che aveva portato con se, una bottiglia di vino.
La stappo' con mano ferma e verso' il contenuto sulla tomba, sapeva quanto piaceva quel tipo di vino al suo amico.
Poi svolse il secondo fagotto ed appoggio' la gualcita bandiera (un Jolly Roger) sulla tomba, fissandola alle estremita' con dei grandi sassi.
«Anche la nostra bandiera continua a resistere a ricordo del mio giuramento», sollevo' il cappuccio del mantello calandoselo sul capo, «Ti prometto che riportero' Mayu a casa sana e salva... », si volto' e si incammino' verso la cittadina, presto raggiunto dal volatile.

«Dottore e' sicuro di fare la cosa giusta? », chiese il guardiamarina Ellis incerta.
«Certo che no!», rispose l’uomo, poi sorrise, «Ma non mi perdonerei mai di averlo lasciato andare da solo»
La giovane ragazza lo guardo' e trattenne a stento un sorriso. Il dottore si era tolto la divisa ed indossava abiti civili, sopra di questi aveva messo un grande mantello per proteggersi dai raggi solari, particolarmente intensi su Tau Neuva III. In testa aveva un cappellaccio tipo cowboy.
Dopo le insistenze della ragazza, Johansen si fisso' alla vita una pistola phaser tipo II. Detestava le armi, ma se voleva essere d’aiuto al capitano sapeva che doveva portarne una.
«Ma gli ordini del capitano erano diversi... », tento' ancora di dissuaderlo la ragazza.
«Se ci pensa bene», replico' il medico posizionandosi sulla piattaforma del teletrasporto, «Harlock non e' in servizio ora... e neanche quando mi ha dato l’ordine di tornare sull’Argo... quindi non sto infrangendo nulla»
Mentre le luci lo avvolgevano il volto del guardiamarina era ancora dubbioso.

Alexya e Hiroshi discussero e ridiscussero tra loro ed alla fine Hiroshi disse: «Maledizione Alex, sei piu' testarda di un mulo!» La donna sorrise con una luce divertita negli occhi: «Via Hiroshi, e' quello che vuoi anche tu, no? Il tuo ego non e' poi cosi' ferito da impedirti di aiutare un amico nei guai, ed io so che muori dalla voglia di saperne di piu' su tutto questo mistero» Hiroshi scrollo' la testa: «Ricorda che, se ci troveremo nei guai, sara' stata colpa tua, e poi non dire che non ti avevo avvertita» Dopo qualche ora, Alexya, dopo attente ed approfondite analisi, giunse ad un’inquietante conclusione. Si affretto' a raggiungere Hiroshi nella sua cabina, per metterlo a parte delle sue convinzioni sul destino della Excellent.

Harlock avanzo' lentamente, con Tori-San saldamente aggrappato alla sua spalla, verso quello che sembrava un paesino del vecchio west, il vento sollevava nubi di polvere ed il silenzio avvolgeva quello che sembrava essere un paese fantasma. Contemporaneamente a qualche chilometro di distanza il Dott. Johansen avanzava con cautela alla ricerca di Harlock, spinto dal suo incrollabile spirito di lealta'. Harlock entro' in un vecchio saloon, qui un vecchio barman tellarita, dall’aria dimessa lo osservo' con stupore, mentre una donna umana dall’aria arcigna, seduta ad un tavolo, giocava con vecchio mazzo di carte dall’aria consunta un solitario, sorseggiando una bevanda azzurrognola. Harlock si avvicino' al bancone e disse, come se non se ne fosse mai andato: «Il solito, Jack» Il vecchio sorrise compiaciuto: «Sapevo che ti avrei rivisto un giorno, ma non pensavo cosi' presto», Jack sollevo' un sopracciglio con aria interrogativa per un attimo, poi un lampo di comprensione gli attraverso' lo sguardo, «Gia', gia'...» Nel frattempo il solerte dottore dell’Argo aveva raggiunto una strana tomba, su cui era stata stesa una bandiera che fece sgranare gli occhi al buon Johansen. «Diavolo...» Poi il suo sguardo cadde sul nome inciso sulla croce di legno, «T’Kiro... Chi era mai costui... Mmh... Devo avere gia' sentito questo nome da qualche parte»

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Capitolo 6
*** Capitolo 4 – Mazone ***



Hiroshi osservo' sul pannello alla sua destra i dati sulla nebulosa che aveva di fronte e poi scambio' uno sguardo di intesa con Alexya. La donna annui' di fronte al gesto dell’uomo e poi sfioro' appena i comandi di fronte a lei, «Sonda lanciata ed in corsa»
Hiroshi concentro' la sua attenzione sulla piccola sonda di classe uno di ultima generazione che si avviava verso il centro della nebulosa oscura che, di fronte all’astronave, sembrava occupare tutto lo spazio visibile dalla loro angolazione. La sonda si immerse silenziosamente nella nebulosa sempre piu' in profondita', lasciando dietro di se un filamento appena luminescente. Alexya controllava di dati che arrivavano da essa, finche', quando questa raggiunse il centro esatto della nebula, sobbalzo' nel leggerli.
«Hiroshi non ci crederai, ma c’e' una enorme stazione spaziale, proprio al centro della materia oscura e sembra anche abitata, anche se i segnali che leggo sono molto strani...»
L’orientale osservo' i dati poi esclamo', «Ma questo e' impossibile! La sonda e' di tipo sperimentale e non era andata ancora oltre i test di laboratorio, evidentemente e' guasta e trasmette dati errati»
Alexya scosse la testa con decisione, «No, sono sicura che la sonda funzioni correttamente, ho controllato. Tuttavia le forme di vita che abitano il pianeta sembrano una sorta di vegetali "superiori" e non riesco a capire...»
Hiroshi alzo' un sopracciglio con aria ironica, «Vegetali superiori... Via Alex dov’e' la tua professionalita'!»
«Maledizione Hiroshi guarda tu stesso e trova una definizione piu' consona se vuoi, ma per la miseria non ti azzardare a mettere in discussione...»
Un suono di allarme interruppe la baruffa tra i due, mentre una nave sconosciuta e misteriosa usciva dalla nebulosa e puntava dritto verso di loro.
«Allarme rosso, alzare gli scudi», ordino' Hiroshi con voce tesa. La nave aliena si fermo' esattamente davanti alla loro prua.
«Alex?»
«I nostri sensori non riescono a penetrare i loro scudi, non riesco ad avere nessun dato su quella nave», disse la donna con un tono frustrato.
«Signore», disse un guardiamarina, «Ci stanno chiamando»
«Sullo schermo», ordino' Toraki.
L’immagine di una donna di un’eterea bellezza abbaglio' con la sua leggiadria quanti la videro, «Voi, umani, ascoltate. La nebulosa, che avete violato, e' il Nuovo Impero di Mazone, e mai piu' dovrete osare insozzare il nostro spazio con la vostra misera tecnologia e la vostra inopportuna presenza. Questo e' l’ordine della nostra regina ed il volere di Mazone!»
Hiroshi non riusci' a fare neanche un fiato, che la comunicazione fu interrotta, poi l’astronave misteriosa rientro' nella nebulosa oscura in silenzio cosi' come era arrivata.

La donna dalla pelle blu, pur essendo priva di bocca, bevve avidamente dalla bottiglia un liquore giallognolo ed avanzo' ondeggiando lungo un corridoio lunghissimo ed interamente di metallo fino ad una porta a due ante, antica, di legno e tutta intarsiata con un jolly roger inciso su ognuna delle due parti. Poi con eleganza e senza abbandonare la bottiglia entro' all’interno di una grande stanza da letto, arredata con gusto ed eleganza; un grande letto antico a baldacchino troneggiava nell’ambiente, due belle poltrone di velluto rosso, un tavolino tondo con due belle sedie imbottite e ricoperte dello stesso velluto, un grande armadio ed un como', due comodini ed una grande arpa dorata completavano l’arredamento. La donna si sedette su una delle sedie di velluto rosso e dopo avere poggiato la bottiglia sul tavolino, inizio' con pigrizia a sfiorare le corde dell’arpa, traendone una triste melodia.

Harlock saluto' con un cenno d’intesa Jack e lascio' il polveroso saloon, poi si diresse verso un grande capanno, dove una grassa donna tellarita dall’aria gioviale lo accolse come se lo stesse aspettando: «E’ tutto a posto, la tua bella e' pronta all’uso ed in piena efficienza, proprio come me l’hai lasciata», disse indicando una jeep verde bottiglia del ventesimo secolo posteggiata di fronte a lei. L’uomo esamino' la macchina con occhio esperto ed annui' soddisfatto, mentre la donna gli passava le chiavi dell’inusuale veicolo con una complice strizzatina d’occhi. Harlock sali' a bordo ed accese il motore, che rispose prontamente ai suoi comandi, la macchina parti' sgommando ed usci' dal capannone.

Johansen che si era approssimato al paese vide una nuvola di polvere alzarsi poco lontano da lui ed un rumore insolito, poi vide una macchina d’epoca sfrecciare nella sua direzione, per poi deviare all’improvviso verso il relitto di una vecchia nave spaziale, che si intravedeva appena all’orizzonte. «Che macchina, roba di un’altra epoca, che meraviglia! Fortunato chi puo' guidare un gioiello simile», penso' il Dottore, mentre si dirigeva verso il paese.
Harlock Harlock doveva essere la', oltre le porte intarsiate con il marchio del Jolly Roger. Il dottor Johansen aveva visto ormai troppe volte quel simbolo, per non riconoscere lo schema che distingueva le tappe di quell’assurda caccia al tesoro. Ma quale disegno ci fosse dietro quello schema era ancora un mistero, e sarebbe rimasto tale fino a quando il capitano non avesse deciso di fidarsi... Di fidarsi, e di parlare. Il Jolly Roger era disegnato nella strana divisa indossata dal capitano all’inizio di quell’avventura. Il Jolly Roger sventolava sulla bandiera accanto alla tomba di T’Kiro, chiunque fosse... E Johansen non dubito' un istante che fosse stato il capitano stesso a piantare quella bandiera sulla tomba. Adesso, vedeva lo stesso simbolo sulle ante oscillanti della porta un locale, di fronte a lui. Forse, la' dentro avrebbe avuto qualche risposta. Esito', prima di entrare. Harlock Harlock era stato molto chiaro sul fatto di non volere nessuno con se'. Lui aveva contravvenuto ai suoi ordini. No, non poteva chiamarli ordini, visto che stava agendo da civile. Ma comunque, ai suoi desideri. Era giusto, per lui, immischiarsi contro il desiderio esplicito del capitano? Spinse le ante della porta ed entro'. L’aria del locale era impregnata di sudore e di polvere. Avanzo' di qualche passo sull’impiantito di legno vecchio, che scricchiolo' pesantemente sotto i suoi piedi.

I pochi clienti ed il barista si erano voltati verso di lui, come ologrammi bloccati in una recita. Una recita della quale lui non faceva parte, ma che era ben deciso a conoscere. Avanzo', sentendo il peso degli sguardi su di se'. Sfilo' il cappello, rivelando la propria pelle bianca d’albino e ando' a sedersi su uno sgabello, accanto al bancone. Il barista si rizzo' dietro il bancone, infrangendo l’immobilita' circostante, e si avvicino', lentamente. Come se avessero avuto un segnale segreto, i due avventori si girarono di nuovo, ignorando il nuovo arrivato, almeno in apparenza. Mark noto' tuttavia che i due non avevano ripreso a parlare fra di loro. «Cosa posso servirle?», domando' il barista.
«Non sono qui per bere», rispose Mark, «Cerco qualcuno. Un bajoriano»
Il barista si irrigidi': «Qui non ci sono bajoriani»
«E’ un mio amico»
«Qui non ci sono nemmeno amici. Se vuole, abbiamo da bere. Se non vuole bere, credo che conosca l’uscita» Mark si morse le labbra. Avrebbe dovuto comprendere che se il capitano si era chiuso come un’ostrica al solo ricordo di quel pianeta, i nativi sarebbero stati ancora piu' chiusi.
«L’amico che cerco ha una doppia cintura, con quel segno sulla fibbia», disse Mark, accennando al Jolly Roger intagliato.
Una luce apparve per un istante negli occhi del barista, ma rapidamente si spense, «Non e' un reato. Non abbiamo l’esclusiva di quel marchio»
Senti' che qualcuno si era messo alle sue spalle. Una donna dalla pelle verde si era accostata a lui tanto che poteva sentire il profumo che proveniva dalla sua scollatura. La donna gli rivolse un sorriso un po’ ambiguo, con le labbra tinte in rosa scuro.
«Sta calmo, Jack», disse la donna, rivolgendosi al barista, «Sono sicura che tutto e' a posto»
Prese Mark per la mano, portandolo verso un tavolo d’angolo, e si sedette, indicando all’uomo una sedia accanto alla sua.
«Tu lo conosci, vero?»
«Vai troppo in fretta, amico del bajoriano», disse lei, «Non so come tu sia abituato, ma qui non si danno troppe informazioni al primo venuto»
«Me ne sono accorto», sorrise Mark, «E tanto per non chiedere informazioni, tu come ti chiami? »
«Puoi chiamarmi Nefer. Qual e' il tuo nome?»
«Mark Johansen», rispose, «E sono un amico di Harlock»
La donna sussulto': «Sono pochi, qui, a conoscere l’uomo che cerchi con il suo vero nome»
Mark aggrotto' le ciglia: «Mi sto stancando di tutti questi misteri, Nefer», disse, «Sono stato alla tomba di T’Kiro, e sono sicuro di aver mancato Harlock di poco. Dopo essere stato alla tomba lui e' venuto qui, non e' vero? Dove si trova? Dov’e' andato? »
Nefer si morse le labbra, poi parve prendere una decisione: «Non lo so e non lo sa nessuno. Harlock e' venuto a prendere la vettura terrestre, che la moglie di Jack tiene nel garage qui dietro per lui»
"Dunque, era lui, quello che ho visto dirigersi verso il deserto!", riflette' il dottor Johansen, «Ma se Harlock ha una macchina qui, vuol dire che e' venuto altre volte. Anche le altre volte ha preso l’auto senza dire dove andava? »
«Certo»
Mark scosse la testa: «Non posso credere che nessuno gli abbia mai chiesto niente. A meno che non sapessero invece tutti che cosa andava a fare, e non avessero interesse a sapere dove era diretto esattamente. E’ cosi'? »
La donna non rispose.
«E’ cosi'? », ripete' Mark, prendendo le mani della donna fra le sue, «Tu non sai dove andava Harlock le altre volte. Ma sai cosa andava a fare, non e' vero? »
«Se sei amico di Harlock, perche' queste cose non le chiedi a lui?»
«Perche' lui non e' qui, adesso», ribatte' il dottore, «E quindi lo sto chiedendo a te. Cosa va a fare il capitano nelle sabbie del deserto di questo pianeta? »
«C’e' un deposito robotizzato», rispose Nefer, alzandosi, «Se sei veramente amico di Harlock Harlock, non mi chiederai altro», fece per andarsene. Mark la blocco' con un gesto: «Solo un’altra cosa», disse, «Dove posso trovare un’altra vettura terrestre?»

Il sole stava tramontando di fronte a lui, rapido e brutale come solo il sole del deserto sa essere. Molto presto il freddo della notte lo avrebbe costretto a fermarsi e a ricominciare il cammino solo con le prime luci dell’indomani. Harlock Harlock guidava in fretta, seguendo una pista fatta di piccoli punti di riferimento, conosciuti solo a lui. Non aveva paura di essere seguito: per esperienza, sapeva che il vento che soffiava incessantemente sulle sabbie cancellava le tracce della sua vettura. Non c’era pericolo neppure dal cielo: il minerale di verlaintite, presente in forti percentuali nella sabbia del pianeta, ostacolava anche i sensori piu' raffinati. Per questo, lui e T’Kiro avevano scelto quel luogo per il loro deposito. Un posto tranquillo, a portata di mano eppure non individuabile dai cardassiani. Il posto ideale, per combattere la loro guerra.
"Sara' rimasto intatto?", si chiese. Il sole era sparito oltre le montagne.
Domani, si disse Harlock calandosi il cappello sugli occhi, domani sapro'.

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Capitolo 7
*** Capitolo 5 – Decisioni avventate ***


Capitolo 5 – Decisioni avventate

Johansen si ritrovava su un pianeta sperduto in compagnia di una collega troppo giovane per rendersi neppure conto dei rischi ai quali andavano incontro in quella traversata del deserto di Tau Neuva III. Il guardiamarina Ellis, ancora non del tutto convinta di quello che stava facendo o del perche' lo stesse facendo, si era teletrasportata in paese, poco prima, raggiungendolo. Ora guidavano una specie di Squix, come li chiamavano dalle sue parti, un mezzo a impulsi ridotto alle pezze che volava piu' basso di un overcraft. Chissa' da dove veniva, da quale pianeta o da quale nave. Era comunque spazioso e ben climatizzato, quando l’impianto funzionava... il veicolo era rimasto fermo almeno 20 anni.
Johansen in realta', non sapeva dove andare, aveva solo una vecchia mappa olografica del pianeta, scaricata sul DiPAD prima di lasciare la Pentesilea, ma la mappa non era aggiornata. Era uno stralcio di una mappatura stellare proveniente dagli archivi Klingon, che il capo delle operazioni, il tenente Berak, aveva fornito come documenti da condividere al suo arrivo a bordo della Argo e che erano diventati parte della dotazione "un-official" di questo gruppo.
La mappa, aveva un grande vantaggio pero', riportava simboli di luoghi mai cancellati dal tempo che, forse, sarebbero risultati molto utili.
La prima direzione intrapresa fu quella del pieno deserto. La deduzione fu obbligata. Non sarebbe stato possibile superare i calanchi argillosi ai confini del deserto; non con una vecchia automobile terrestre.
Gli strumenti pero', non potevano rivelare quasi nulla, a causa delle elevate concentrazioni di verlaintite e giunta ormai notte fonda, gelida peraltro, il dottore decise di fermarsi per fare il punto della situazione e chiedere alla Ellis di guidare per un pezzo lasciandolo riposare.
«E’ probabile, dottore, che attraversi tutto il deserto per recarsi dalla parte opposta del pianeta, ma e' anche possibile che il deposito si trovi ai fianchi di questo deserto in qualche punto strategico. In fondo era un nascondiglio»
«Ha detto bene, Ellis, un nascondiglio. E non sappiamo altro»
«Forse e' arrivata l’ora di consultare quella mappa in modo piu' approfondito»
«Ma cosa cerchiamo?»
Il dottore aveva fermato e spento il mezzo. Il silenzio del deserto sibilava fuori degli oblo' che, socchiusi, lasciavano entrare soffi di un vento polare.
«Potrebbe trattarsi di un’antica area industriale, o di una stazione sperduta ai margini della distesa di sabbia. Chissa'!»
«A pensarci bene», mugugno' Johansen, «Se qui c’e' tutta questa verlaintite e' probabile che ci fosse un punto di estrazione....»
«Gia'! Una miniera! Ma come possiamo trovarla?»
«E’ proprio perche' e' difficile trovarla che l’ha scelta»
I due ripresero il DiPAD e cominciarono a cercare tracce di una miniera. Purtroppo, non conoscevano la lingua di Qo’nos cosi' non poterono usare la ricerca automatica. Persero circa un’ora nella consultazione e poi Johanson chiese alla Ellis di lasciarlo riposare.

Alle prime luci dell’alba, l’albino riapri' gli occhi e con estrema meraviglia scopri' di essere alle pendici di un monte. Non era il posto dove si era addormentato la sera prima.
Ellis dormiva con in grembo il DiPAD.
Il dottore lo prese con delicatezza ma lei si sveglio' comunque.
«Ho guidato un paio d’ore», disse sbadigliando, «Ho trovato tre miniere indicate sulla mappa. Ma solo una aveva un microscopico simbolo tracciato di fianco. Un Jolly Roger. A fianco allo stesso compariva uno strano simbolo che aveva l’aria di essere un punto interrogativo»
Di fronte a loro, c’era la montagna. Alle pendici del monte un blocco di roccia apparentemente basaltica ostruiva quello che aveva tutta l’aria di essere un ingresso. Apparentemente occluso in modo definitivo.
«Scendiamo», esclamo' Johansen.
«Ricordi il mantello. Il sole e' gia' alto»
I due fecero un giro intorno al mezzo e si diressero verso la montagna. Notarono che la sabbia non era friabile ma in realta' abbastanza consistente e compatta.
«Un’automobile avrebbe certo potuto marciare su questo suolo», constato' Johansen.
«Guardi!», urlo' la Ellis.
Indicava un’inequivocabile traccia di copertoni scavata nella sabbia. E la cosa strana era che la traccia spariva a cinquanta metri dall’ingresso. Spariva nel nulla.
Un qualche marchingegno ne aveva consentito l’ingresso; oppure un sistema di occultamento teneva quell’auto sotto i loro occhi, ma loro non potevano rilevarla.

Harlock era entrato gia' da una notte all’interno del vecchio deposito abbandonato.
Quel posto, molto piu' di tutti gli altri, gli faceva riaffiorare in mente decine e decine di ricordi.
Oramai era certo che il rapitore di Mayu e degli altri bambini era qualcuno che cercava una vendetta contro di lui... e da quel posto poteva controllare tutto cio' che gli serviva. Ripenso' a chi potesse essere il suo nemico ma non gli venne in mente nessuno. Il mezzo bajoriano credeva di non avere piu' nemici... almeno nessun nemico abbastanza coraggioso o abbastanza malvagio da sfidarlo rapendo la sua figliastra.
Durante la nottata era stato tentato dall’idea di scendere nei sotterranei del deposito abbandonato. Laggiu' era custodito il suo piu' grande segreto.
Laggiu' era custodito il sogno che lui ed il suo amico avevano creato.
Laggiu' era custodita una parte del cuore di Harlock.
Sempre durante la veglia gli era parso di udire la musica sprigionata dalle corde di un’arpa... chissa' se lei continuava ad attendere il suo ritorno? Dopo tutto quel tempo? Si, era li', ne era certo.
La mattina lo colse ancora immerso nei suoi pensieri. Fu distratto dal cicalino d’allarme.
I sensori avevano individuato due persone all’esterno della struttura.
Quando le guardo' Harlock trattenne a stento un sorriso.
Il dottore l’aveva seguito pur conoscendolo appena. Il capitano aveva subito trovato simpatico il nuovo medico, che non gli aveva fatto domande ne' richieste. Ed ora se lo ritrovava li', sperduto su un pianeta alieno, solo per dargli una mano.
Della presenza dell’altra era meno sorpreso. L’aveva incontrata per la prima volta quando lui prestava servizio sulla Budapest. Lei era stata "incastrata" dal suo ufficiale superiore che aveva sfruttato la sua compassione per catturare dei ribelli Maquis. Sentendosi tradita da colui in cui credeva, aveva colpito il suo superiore con un pugno ed era stata condannata dalla corte marziale. Harlock aveva visto nei suoi occhi la stessa determinazione che aveva visto nelle persone che avevano combattuto con lui durante la resistenza ed aveva fatto di tutto per aiutarla. Alla fine le aveva fatto dimezzare la pena e quando era diventato capitano l’aveva presa a bordo per darle la possibilita' di avere una carriera.
Attivo' alcuni pulsanti, mentre Tori-san gracchiava, e teletrasporto' all’interno i due.
Si ritrovarono di fronte al loro capitano, ma non fecero domande ed il bajoriano non diede spiegazioni. In quel momento carico di tensione l’impolverato e vetusto visore posto sulla parete si attivo'.
Harlock l’aveva lasciato acceso alla ricerca di comunicazioni su tutte le frequenze... ora pareva ne avesse trovata una. Sullo schermo, dopo una miriade di scariche statiche, apparve il volto di una bellissima donna dai capelli argentei. Non poteva vederlo perche' non era una comunicazione diretta, ma il bajoriano si accorse che era sulla stessa frequenza protetta che lui usava durante la resistenza.
«Harlock, T’Kiro. Mayu e' nostra prigioniera. Presentatevi alle coordinate che vi manderemo tra tre giorni esatti o lei morira'. Lunga vita a Mazone ed alla Regina Nera!», la comunicazione fu ripetuta per tre volte poi lo schermo tacque.
«Mazone?», chiese Johansen confuso.
Harlock fece segno ai due di sedersi poco lontano, attorno ad un vecchio e consumato tavolo di legno.
«Altra lunga storia appartenente al mio passato», sospiro' versando qualcosa da bere ai due, «Un giorno, durante l’occupazione, io e T’kiro eravamo in missione per recuperare dei pezzi di ricambio per la Deathshadow. Improvvisamente i sensori del nostro caccia impazzirono e ci fu una luce accecante. Fu come se un sole ci fosse scoppiato in faccia, ma poi tutto torno' normale. Solo che, di fronte a noi, c’era un’astronave sconosciuta che prima non c’era. Il nostro caccia era inspiegabilmente privo di energia, con i soli motori di manovra, al minimo, riuscii ad adagiarmi sulla carlinga dell’astronave stessa. Gli alieni sembrarono non accorgersi di noi cosi' decidemmo di provare a salire sulla loro nave passando da un boccaporto esterno»
«In pratica abbordaste, in due, quella nave aliena?», chiese stupita Ellis.
«Si, anche se noi avevamo intenzioni pacifiche», Harlock sorrise, «Entrammo e scoprimmo che l’atmosfera era respirabile cosi' ci togliemmo le tute spaziali. Scoprimmo anche che quella era una nave da battaglia... anzi da invasione. Gli alieni avevano l’aspetto di bellissime donne dai capelli chiari e dalla pelle verde pallido. I nostri sensori portatili ci dissero che erano organismi vegetali complessi...»
«Stai dicendo che erano piante senzienti?», adesso era il dottore ad essere stupito.
«Si' una sorta; erano una specie di combinazione tra DNA di mammifero e di pianta. Muovendoci furtivamente a bordo di quell’enorme nave scoprimmo che quel vascello doveva essere la testa di ponte per l’invasione del quadrante Alpha da parte dell’Impero di Mazone. Loro provenivano da un’altra galassia ed avevano viaggiato fino a li' con un motore sperimentale. Il loro piano era semplice, se la nave fosse tornata indietro sana e salva significava che il motore funzionava quindi avrebbero potuto iniziare l’invasione. Naturalmente, una volta scoperto questo decidemmo di intervenire. Purtroppo ci scoprirono ma non prima che T’Kiro avesse escogitato un piano e non prima che lui stesso avesse sabotato il motore. Ci dovemmo fare strada con la forza fino alle scialuppe di salvataggio. Fu dura ma ce la facemmo. Riuscimmo a fuggire giusto pochi secondi prima che la nave riattivasse il suo motore per tornare... e giusto pochi secondi prima che la sua attivazione la facesse esplodere», fece una pausa, «Da allora non ho piu' pensato a Mazone, a dirla tutta mi ero dimenticato di loro, fino ad oggi»
«Pare che il loro piano d’invasione non si sia fermato, ma sia stato solo rallentato», mormoro' il dottore.
«E pare anche che sappiano che e' stato lei ed il suo amico T’Kiro a sabotarlo, la prima volta», gli fece eco Micol.
«Ed ora dobbiamo assecondarle e raggiungere queste coordinate in tre giorni», Harlock appoggio' in mezzo al tavolo un DiPAD contenente i dati.
Johansen lo raccolse e lo lesse, poi sgrano' gli occhi: «Ma e' impossibile!», esclamo', «Neanche con la piu' veloce delle navi riusciremo mai a raggiungere quelle coordinate in cosi' poco tempo!»
Harlock si sposto' verso una parete e questa, rivelo' un passaggio segreto che pareva dare su un turboascensore. Fece segno ai due di seguirlo e questi, seppur ancora un po’ intimoriti da tutto quel mistero, lo fecero. Il turboascensore si chiuse ed inizio' a scendere, sempre piu' giu'.
Alla fine si fermo' e Harlock entro' in una stanza buia seguito dai due.
«Mark fidati se ti dico, che arriveremo in tempo», disse con calma il mezzo bajoriano.
La "stanza" si illumino' improvvisamente.
Si trovavano in quella che era, senza ombra di dubbio, la plancia di una nave.
C’erano postazioni su tutte le pareti e un enorme visore sovrastava l’intera parete anteriore.
A terra, vicino alle consolle anteriori, c’era un altro visore di forma circolare cosi' come ce n’era un altro sul tetto. Al posto della poltrona del capitano c’era una sorta di enorme scranno sovrastato dal simbolo del jolly roger ed al centro della plancia era posto quello che sembrava il timone di una nave a vela dell’antichita'.
Vicino a questo c’era una donna... priva della bocca e dagli occhi enormi e bianchi. Seppur priva di labbra, parve sorridere calorosamente alla vista del bajoriano, "Bentornato Harlock", lo saluto' come se parlasse nella sua mente.
«Sono felice di rivederti Meeme», rispose al saluto i bajoriano poi si rivolse ai due ospiti, «Dottore, Micol...», sorrideva con aria sognante, «Benvenuti a bordo dell’Arcadia!»
In quel momento la nave sembro' prendere vita ed inizio' a muoversi.

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Capitolo 8
*** Capitolo 6 – Nuovi enigmi ***


Capitolo 6 – Nuovi enigmi

«Nuovo Impero di Mazone?», chiese Toraki incerto.
Si trovavano ancora ai limiti della nebulosa oscura continuando ad analizzare i dati dei sensori del loro incontro con gli enigmatici alieni. Ora lui, Alexya, altri due tenenti e due ufficiali dell’esercito bajoriano erano nella sala riunione.
«Cosi' ha detto», rispose la Shakter, «Ma negli archivi federali questo nome non e' riportato»
«Anche le sembianze di quegli alieni sono sconosciute», aggiunse un tenente, «Alla lontana assomigliano agli orioniani, ma la loro pelle pare piu' pallida...»
«Una cosa e' chiara, sembrano molto determinati», Hiroshi raccolse un DiPAD e lesse, «"Voi, umani, ascoltate, la nebulosa, che avete violato, e' il Nuovo Impero di Mazone, e mai piu' dovrete osare di insozzare il nostro spazio con la vostra misera tecnologia e la vostra inopportuna presenza. Questo e' l’ordine della nostra regina ed il volere di Mazone"»
«Quindi stanno reclamando una zona di spazio appartenente alla Federazione!», esclamo' il secondo tenente, «Dobbiamo fare qualcosa!»
«Si calmi», lo apostrofo' Alexya, «Non possiamo permetterci di fare azioni sbagliate. La Federazione e' gia' impegnata nella guerra con il Dominio non vogliamo creare un altro conflitto...»
«Forse potremo tentare di effettuare un volo perlustrativo con la squadriglia delle Tigri Nere», si offri' uno dei due bajoriani.
«E’ un’opzione, ma prima di rischiare la vostra vita vediamo se riusciamo a spedire all’interno una sonda occultata», fini' la riunione il facente funzioni di capitano Toraki.

Passarono due ore in lunghi preparativi e simulazioni, poi tutto fu pronto.
«Siamo pronti a spedire la sonda occultata nella nebulosa», disse Alexya dalla sua postazione in plancia. Le fu dato l’ok e la sonda fu sparata fuori. Quasi immediatamente scomparve protetta dall’occultamento.
Si immerse in totale silenzio all’interno dell’oscura nebulosa diretta verso il centro.
«Hiroshi non rilevo solo la stazione ma anche altre navi... rilevo anche delle comunicazioni ma non riesco a decifrarle... vedo se riesco a...», la sonda smise di mandare segnali, «L’abbiamo persa forse l’occultamento ha sovracc...», non fini' la frase.
Di fronte a loro, dalla coltre nera dei gas della nebulosa, sbucarono tre navi di Mazone.
Prima che potessero anche solo pensare di attivare l’allarme rosso queste fecero fuoco con tutte le loro armi.

La splendida donna fece il suo ingresso con passo felino all’interno dell’enorme sala di controllo del nucleo energetico della stazione spaziale Galaxy Freedom I.
I tecnici di turno rimasero per un attimo stupiti di vedere una bellezza tale vicino al loro posto di lavoro. Uno di loro la avvicino' chiedendo cosa ci facesse li' e per avvertirla che serviva un’autorizzazione firmata dall’ammiraglio in persona per girare in quelle zone.
Come risposta la ragazza estrasse un’affusolata pistola ad energia e lo uccise.
Un istante dopo scoppio' il caos.
C’erano tecnici che fuggivano da tutte le parti mentre gli uomini delle squadre della sicurezza sciamavano all’interno.
La donna fu bloccata con le spalle al reattore principale.
«Getta la pistola ed alza le mani!», le intimo' un nerboruto agente brandendo il suo fucile phaser.
La donna non si scompose continuando a sorridere, getto' l’arma a terra.
Ma prima che la sicurezza potesse raggiungerla urlo': «Per la gloria dell’onnipotente Mazone e della Regina Nera!»
Poi fece detonare l’esplosivo che portava addosso.
La stazione spaziale Galaxy Freedom Alpha I fu dapprima scossa da cima a fondo, poi fu squarciata da un’esplosione ancora piu' forte che la sventro' completamente.

«Comandante», esclamo' Berak, «Ho appena rilevato un picco di energia proveniente dal luogo in cui si trovava la base stellare Galaxy Freedom Alpha I»
«Come sarebbe a dire "dove si trovava"?», chiese Tosca stupita.
«Intendo che ora non appare piu' sui sensori», rispose con calma il mezzo klingon.
«Usciamo dalla curvatura», ordino' la bajoriana, «Lanciamo una sonda per controllare»
«Lanciata», continuo' serafico il capo operazioni.
La bajoriana si avvicino' alla postazione dell’ufficiale ansiosa.
Attesero con tensione l’arrivo dei risultati.
«In arrivo i primi dati...», le dita del capo operazioni danzarono sui comandi.
«Per i Profeti!», esclamo' il comandante Kritias leggendo.
«Cosa succede?», chiese il consigliere.
«Galaxy Freedom... non esiste piu'...», mormoro' il facente funzioni di capitano.

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Capitolo 9
*** Capitolo 7 – La ricerca continua ***


Capitolo 7 – La ricerca continua

La missione di cartografia stellare della nave di classe Galaxy era passata in secondo piano. Ora l’Argo si stava dedicando a portare soccorso ai pochi sopravvissuti della base stellare.
Purtroppo non erano molti. Quando la base era esplosa all’interno del suo enorme hangar trovavano riparo ben sette navi stellari e di queste solo 3 erano ancora in grado di muoversi, seppure terribilmente danneggiate. Delle 50.000 persone a bordo della base al momento dell’esplosione si erano salvati in meno di 30.000.
Da quanto rilevato e dalle testimonianze, una donna aveva fatto detonare un ordigno nei pressi del nucleo centrale della stazione. La cosa sarebbe stata di rilevanza inferiore se prima, la stessa donna, non avesse sabotato i sistemi di protezione del nucleo. Come conseguenza, la piccola carica esplosiva che lei portava addosso era bastata ad innescare una reazione a catena che aveva distrutto gran parte della base e quasi tutte le navi che conteneva.
Una boa di fabbricazione aliena era stata lasciata da qualcuno (o qualcosa) nei pressi della base, continuava a ripetere su tutte le frequenze: «Lunga vita a Mazone ed alla Regina Nera!»
Tosca ed il consigliere erano in infermeria a controllare la situazione dei feriti che continuavano ad essere portati dentro.
«E’ terribile», mormoro' Vanessa, «Ma per fortuna ora e' finita...»
«Ho paura che sia solo l’inizio...», mormoro' Tosca.
«Cosa vuole dire?», chiese ancora Balash.
«Che, tatticamente parlando, non ha senso distruggere una delle due stazioni di questo quadrante lasciando intera l’altra», parlava con un’incredibile amarezza in bocca.
«Vuole dire che anche Galaxy Freedom Alpha II e' in pericolo?»
«Si e non possiamo fare niente per avvertirli visto che si trova dalla parte opposta del fronte bellico...»
L’odore acre del sangue e pelle bruciata permeava l’infermeria, Tosca non poteva fare a meno di pensare a quando a quella puzza lei non faceva piu' caso, durante la Resistenza. Era dappertutto, impregnava le vesti e lacerava gli animi dei sopravvissuti.
Di colpo torno' alla realta'.
Si era lasciata andare ai sentimentalismi, cosa insolita per lei, e aveva preso una decisione troppo affrettata, senza indagare sull’autorita' del messaggio che le aveva portato il consigliere. Ma evidentemente era una trappola, per allontanare la nave dalla zona dell’attentato.
«Comandante Kritias a Berak! »
«In ascolto»
«La aspetto in Sala Tattica. Chiudo», disse la Bajoriana bruscamente. Poi raggiunto la Consigliere che era impegnata a dare conforto a una donna in lacrime, le chiese di seguirla.

Pochi minuti dopo si ritrovarono nella saletta del capitano.
«Dunque, non c’e' bisogno di un cappello introduttivo in questo discorso. L’emergenza e' di tali proporzioni che la Flotta Stellare ha alzato il livello di allerta fino al penultimo stadio. Sto ancora cercando di mettermi in contatto con alcuni ...*amici*... ma nel frattempo vorrei che lei, capo operazioni, svolgesse la piu' accurata ricerca su tutto quello che ha a che fare con Mazone. Qualcosa sappiamo, ma gli archivi della Flotta sono lapidari e le informazioni scarne, sono a malapena citati nell’ambito di un vecchio diario di bordo, ma come popolo non e' nemmeno mappato. Mi affido a lei. Non le sottolineo la priorita' assoluta.»
Berak annuiva, mentre il comandante impartiva l’ordine e aveva gia' cominciato a far lavorare le sue cellule grigie. Sapeva dove poter mettere le mani e quindi rispose: «Subito, comandante», con un’espressione che lasciava intendere sicurezza.
«Quanto a lei, consigliere, mi piacerebbe che indagasse sulla presenza o meno del suo contatto a bordo della stazione al momento dell’esplosione e, se e' possibile, ricostruire i suoi spostamenti, in quanto pare essersi dileguato in grande stile»
«Certo Comandante, la donna con cui parlavo poc’anzi, pareva particolarmente sconvolta. Continuava a ripetere nomi tra le lacrime. Percepivo una sincera sensazione di consapevolezza nello sgomento... mi piacerebbe approfondire il discorso, potrebbe esserci utile.»
Tosca chiuse i pungi e,cosi' facendo, le scrocchiarono i pollici, «Lascio a voi carta bianca in questo senso. Qualsiasi indizio e' una buona pista. E ora, al lavoro!».
I tre lasciarono la sala a passo spedito dopo essersi scambiato un deciso gesto di intesa. In effetti era la prima volta che si trovavano a collaborare cosi' strettamente e questa – sebbene cosi' tragica – era l’occasione che avevano per farsi conoscere l’un l’altro.

La plancia di Ombra di Morte fu scossa facendo cadere a terra diversi ufficiali.
«Allarme rosso, manovre evasive!», dissero quasi all’unisono i due ufficiali dell’Argo. Ma non fecero in tempo a finire la frase che furono costretti ad afferrarsi saldamente ai loro sedili per non essere sbalzati a terra dagli scossoni a loro volta.
Per quanto corazzata, la nave non pote' fare a meno accusare i colpi. La plancia sembrava l’unico posto integro, sebbene sfavillanti cascate di scintille sprizzavano dai margini delle consolle. Ma i 14 banchi phaser furono l’effetto sorpresa che garantirono la salvezza della nave e la velocita' della curvatura fece il resto.
Alexya, studio' la situazione: «Hiroshi, e' incredibile: la nebulosa non sembra fissa, ma itinerante... certo, il movimento e' quasi impercettibile ai sensori, ma credo dovro' approfondire...»

Circa quattro ore dopo, gli ufficiali di comando si erano ritrovati per fare il punto della situazione. Comincio' il tenente comandante Berak: «Usando i miei canali paralleli, sono riuscito a scoprire parecchio... Si tratta di una razza aliena di natura vegetale, i cui individui hanno l’aspetto di bellissime donne umane. Ritenerle donne e', pero', un errore poiche' esse sono tali solo all’apparenza. Sarebbe quindi piu' giusto parlare di "Mazoniani", in senso generale, piuttosto che di "Mazoniane". La loro societa' e', per molti aspetti, simile a quelle di insetti evoluti quali le formiche o le api. Come queste ultime, infatti, al vertice si trova una regina, dotata di poteri pressoche' illimitati, mentre il resto non e' composto altro che di comandanti e subalterni. Tutto questo ci restituisce l’immagine di una civilta' dominata da leggi ferree e spietate, una societa' che ha ormai smarrito il senso dell’amicizia e dell’onore. Ogni essere esiste solamente per compiere il suo dovere, come miriadi di identiche formiche, ognuna specializzata nel proprio compito, tutte perfettamente identiche ed intercambiabili.»
«Ottimo lavoro, tenente comandante, davvero! Consigliere?»
«La donna in effetti e' ancora in stato confusionale e l’equipe medica ha preferito metterla sotto sedativi. Tuttavia, da quello che ho capito sembra avere legami con una squadra di ricerca terrestre che molto tempo fa ebbe a che fare con quello che pare essere un vero e proprio Impero. Alcuni membri di questo staff erano sulla base e questo potrebbe essere il motivo dell’attentato. Maggiori dettagli li avro' in seguito ».
Tosca sorrise, soddisfatta dell’operato del suo equipaggio. In effetti erano stati impeccabili! "Comunicazione urgente per il comandante Kritias"
«Apra un canale protetto»
La donna si alzo' in piedi: «Ovviamente ne' io ne' voi avremmo mai assistito a questa conversazione, vero?»
Consigliere e capo operazioni annuirono, sebbene un po’ confusi.
«Benissimo», sullo schermo comincio' a baluginare un’immagine confusa, un uomo in divisa militare terrestre, con i capelli lunghi neri, pettinati all’indietro il volto incorniciato da basette vecchio stile tra moltissime interferenze si delineava man mano tra i pixel.
«Ciao comandante! Sono anni che non ci sentiamo!», poi rivolta ai suoi, « Signori, vi presento Mitsuru Kiruta, un amico di tanto tempo fa, entrato nei Maquis nel mio stesso periodo», e di nuovo verso lo schermo, dove provenivano rumorosi ronzii, «Hai qualche buona notizia per me?»

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Capitolo 10
*** Capitolo 8 – Trappola nel mare ***


Capitolo 8 – Trappola nel mare

Il Dott. Johansen sgrano' gli occhi sorpreso mentre ogni pannello nella plancia dell’Arcadia si illuminava, prendendo vita. All’interno del ventre della nave, un grande portellone di lucido metallo nero si apriva automaticamente per mostrare al suo interno una stanza piu' piccola, seppur grande, al cui centro stava quello che poteva sembrare il computer centrale della nave, anche se con un design assai insolito.
Era di forma circolare, e poggiando sul pavimento si innalzava fin sul soffitto, al quale sembrava saldamente ancorato, restringendosi alquanto man mano che saliva in altezza; degli oblo' luminosi di circa dieci centimetri di diametro si aprivano lungo tutta la linea mediana dell’apparecchio, mentre altre piccole finestrelle rettangolari di varie e piu' piccole dimensioni si accendevano e spegnevano lungo tutto il corpo dello stesso senza un ordine apparente. Mentre la nave tornava alla vita, sistema dopo sistema, il computer centrale emanava uno strano borbottio, che incuriosi' molto i due ospiti di Harlock, tuttavia prima che potessero avanzare qualche interrogativo, uno scossone rischio' di mandarli a gambe all’aria mentre l’Arcadia iniziava a muoversi.
Non ci fu il rumoroso aprirsi di pesanti porte dell’hangar, la nave, semplicemente, avanzo' metro dopo metro verso l’alto finche', sfondando il tetto del deposito abbandonato sotto il quale si nascondeva, sbuco' in superficie. La luce del giorno illumino' la nave, mostrandola in tutto il suo splendore, era di un colore verde bottiglia, dalla linea ardita, slanciata, lucente. Una tripla fila di cannoni lunghi ed affusolati ornavano il ponte superiore esterno di quella meraviglia dell’ingegneria mentre un enorme jolly roger adornava la prua.
I due ufficiali dell’Argo furono accecati per un attimo dalla luce che penetro' prepotentemente nella plancia da una sorta di giganteschi finestroni posti sul lato anteriore della sala, che consentivano una visuale esterna di quasi 180°, e che altro non erano se gli elementi di un visore di straordinarie proporzioni.
Johansen si affaccio' verso l’esterno mentre una meraviglia assoluta lo invadeva alla vista di quella nave cosi' insolita e straordinaria.
Harlock era perso nei ricordi. Ricordava quando lui e T’Kiro avevano dovuto decidere come adornare il vascello. Era stata una lunga riunione, di fronte a del buon vino, mentre Emeralda e Meeme giocavano insieme ad una giovanissima Mayu.
Avevano discusso a lungo ma poi la cosa era stata chiara. Loro avrebbero voluto usare quella nave per esplorare l’universo senza regole se non la loro morale e, questo era chiaro a tutti, la cosa non sarebbe andata a genio a nessun governo, umano, klingon, romulano o altro. Cosi' avevano deciso che, avrebbero battuto solo la loro bandiera, non quella di un singolo mondo o governo. E scelsero il jolly roger, perche' rappresentava il non voler seguire nessuna regola, se non la propria morale.
Si, l’Arcadia, sarebbe stata una nave pirata, ma non perche' avrebbe depredato le altre navi, ma perche' avrebbe volato senza regole, nell’infinito mare dello spazio.

Alexya e Hiroshi stavano discutendo tra loro alla ricerca del bandolo di quella intricata matassa, quando l’ufficiale alle comunicazione li interruppe bruscamente.
«Comandante, abbiamo intercettato due messaggi in arrivo dalla Federazione, uno dalla Presidenza della Federazione e l’altro dell’Ammiraglio Aubrey! Li trasmetto sul monitor della sala tattica»
Hiroshi attivo' il monitor, che si illumino' mostrando il viso del Presidente della Federazione: «A tutti i pianeti federali, oggi alle ore 18,30 ora di San Francisco, Terra, un gigantesco oggetto sferoidale e' precipitato sul pianeta, per l’esattezza al centro di Washington; stranamente, e considerate le dimensioni, non ha procurato gravi danni se non il crollo di tre palazzine, che avvertite della minaccia incombente erano state prontamente evacuate; quando la polvere sollevata dall’impatto si e' sollevata e' apparsa quella, che sembra essere una sfera di metallo sconosciuto di colore nero, ricoperta di scritte di colore giallo oro in un alfabeto assai antico, quello maya. La scritta opportunamente tradotta dai nostri esperti dice: "Questo e' la seconda patria dell’onnipotente Mazone". Per ora vi porgo il mio saluto, certo nel mio cuore che voi non dubitiate del risultato finale di questa nuova sfida che ci trovera' pronti ed uniti»
Hiroshi ed Alexya si fissaro attoniti, poi l’uomo attivo' di nuovo il monitor, che mostro' questa volta il viso serio dell’Ammiraglio Aubrey: «A tutte le navi federali devo informarvi che oggi la base stellare Galaxy Feedom Alpha II e' stata sabotata e gravemente danneggiata da una donna di una razza sconosciuta che si e' fatta esplodere inneggiando all’Impero di Mazone. Per fortunai sistemi di backup di protezione del del nucleo di energia centrale della base stellare hanno reagito all’esplosione evitando danni peggiori. Non abbiamo notizie riguardanti Freedom Alpha I ma contiamo di ottenerle nel giro delle prossime 48 ore. Tutta la flotta e' in stato di allerta, chiunque abbia qualche informazione su questo nuovo nemico contatti il comando di flotta immediatamente.»
Alexya mormoro': «Accidenti!», mentre Hiroshi imprecava tra se in giapponese.

Tre giorni dopo gli strani avvenimenti cui era incorsa la Federazione Unita dei Pianeti, Harlock stava bevendo un bicchiere di vino rosso mentre osservava intensamente un punto al centro della sala del computer centrale dell’Arcadia: «Non preoccuparti amico mio, la troveremo e la riporteremo presto a casa»
«Capitano», lo interruppe una voce, quella di Ellis, «Ci siamo!»
Harlock ingoio' di colpo l’ultimo sorso poi si giro' e si diresse con aria decisa in plancia, dove fervevano le operazioni per portare l’Arcadia, in orbita geostazionaria attorno ad un pianeta sconosciuto di classe L, ricoperto interamente dal mare.
«Harlock», disse Meeme, «Riceviamo un segnale radio da un punto preciso dell’equatore, ma si trova ad una profondita' di 300 m sotto la superficie del mare»
Harlock annui' e poi disse, «Micol, stabilire la rotta e penetrare nell’atmosfera del pianeta!»
«Si' signore, sara' un piacere immenso!», la giovane lavoro' un attimo con il computer laterale poi si mise al centro della plancia afferrando la ruota del timone con aria orgogliosa. Harlock fece un sorrisetto a Johansen che osservava perplesso tutta quella serie di manovre, poi si sedette sulla sedia di legno, quasi un trono, al centro della plancia, mentre Tori-San gracchiando si posizionava sull’alto schienale intarsiato con il jolly roger.
L’Arcadia avanzo' sicura negli strati piu' alti dell’atmosfera e poi attraverso le nuvole, per piombare infine in mare diretta verso il loro misterioso obiettivo.
La nave rallento' nei pressi delle coordinate stabilite, mentre i suoi grandi fari illuminavano il fondo marino ricco di alghe e di svariate forme di vita, fino a colpire una grande sfera gelatinosa di colore azzurro e dalle dimensioni gigantesche.
«E’ da li' che proviene il segnale radio», osservo' Meeme senza bisogno di osservare gli strumenti.
«I sensori hanno analizzato la sfera, e' autosigillante ed all’interno c’e' un’atmosfera respirabile», riferi' il dottore.
Harlock annui' e poi disse, «Avanti piano e alla via cosi'»
«Ehi! Non avra' mica intenzione di entrarci dentro con la nave!», esclamo' Johansen. «Via doc dov’e' lo spirito di avventura che l’ha portata cosi' lontano! E poi, l’ha detto lei stesso, la sfera e' autosigillante», rispose il mezzo bajoriano con aria divertita.
Un attimo dopo l’Arcadia penetrava dolcemente la sfera, che si rinchiuse dietro alla nave con tale rapidita' che nemmeno una goccia di acqua penetro' nell’ambiente circostante. La nave avanzo' in un’immensa zona costruita con un pavimento di marmo e poi vi si adagio' lentamente.
Dopo qualche istante tutto l’equipaggio della strana nave emerse da un portellone della stessa.
Il gruppo avanzo' con cautela nell’ambiente alieno, prendendo nota dei particolari: l’azzurro sfumato della sfera vista dall’interno che tutto sovrastava, le pareti di blocchi di cristallo che si estendevano ordinatamente, in blocchi di quattro per quattro, nelle zone circostanti il grande piazzale dove l’Arcadia era atterrata.
Johansen si fermo' accanto ad una fila di questi blocchi e poi mormoro': «Che mi venga... Capitano! All’interno di ognuno di questi contenitori di cristallo ci sono delle forme di vita, un umano, un vulcaniano e poi altri di altre razze della Federazione, ma anche alieni di razze sconosciute, ci sono persino dei Borg! Sono biologicamente morti ma mantenuti in perfetto stato da queste specie di bare...»
«Benvenuti nel mio mondo!», li interruppe una melodiosa voce femminile proveniente da un punto alla loro sinistra.
Harlock si giro' di scatto senza vedere nulla, poi noto' in alto ferma su di una sottile lastra di cristallo, una donna di rara bellezza dai lunghi capelli argentei che gli sorrideva con apparente dolcezza, «Benvenuti all’inizio dell’eternita', benvenuti! Finalmente vi unirete anche voi a Mazone nella pace!»
Harlock scuro in volto disse, «Dov’e' Mayu! Dove l’avete nascosta! Se le avete fatto del male...»
La mazoniana sorrise, «Noi non maltrattiamo i cuccioli, non temere. Io sono Admira, comandante della prima fondazione, e vi do il benvenuto a queste trattative su... la Terra... Mazone...»
Mentre Admira parlava con la sua voce morbida e gentile Harlock si senti' venir meno, cosi' come gli altri del gruppo faticavano a seguire il discorso ed a tenere gli occhi aperti, finche' prima di rendersi conto di quello che succedeva si trovarono svenuti a terra.
Admira sorrise divertita, «Umani... Fragili creature... Ora saranno imbalsamati come tutti gli altri in questo museo della vita dedicato alla grande regina Raflesia, e presto anche la Federazione sara' nostra; il Pennard, che abbiamo inviato, annuncia il nostro avvento e quello dell’onnipotente Impero di Mazone»
Il computer dell’Arcadia si illumino', mentre riattivava i vari sistemi. Improvvisamente a bordo del vascello pirata, nei suoi piu' intimi recessi un borbottio scosse la nave, mentre i motori si accendevano con un fragore tale, che il loro rimbombo scosse la sfera azzurra con le sue vibrazioni.
Admira colta di sorpresa dall’improvviso rumore si volto' di scatto verso la nave, che si era sollevata a due metri da terra e, dopo avere teletrasportato il gruppo di Harlock a bordo, puntava i suoi cannoni verso di lei ed apriva il fuoco. In un attimo l’Arcadia aveva distrutto l’ambiente artificiale della sfera e, sfondando la parete della stessa, si era allontanata da li' e si era portata in orbita con uno scatto repentino.
Harlock apri' gli occhi con fatica e si alzo' in piedi nel centro della plancia, mentre anche gli altri membri dell’equipaggio si svegliavano dallo strano sonno artificiale.
«Capitano la sfera e' stata distrutta!», disse Ellis analizzando i registri dei sensori.
Johansen sgrano' gli occhi incredulo, mentre osservava l’immagine del pianeta sul grande schermo al centro della plancia: «Ma come e' possibile? Eravamo li' inermi, alla merce' della mazoniana, chi ci ha salvati? Capitano? Capitano!»
Harlock senza ascoltare le parole del dottore si stava dirigendo verso la sala del computer.
Il medico, infuriato, si sposto' verso la strana aliena, Meeme. Il dottore non era arrabbiato con la donna, ma voleva una spiegazione. Lei sbatte' le palpebre con divertimento, «Mark, sei buffo quando ti arrabbi», la sua voce risuonava allegra.
«Chi ci ha salvati?», scopri' di non riuscire ad inveire troppo forte contro di lei.
«Tu credi che a bordo siamo quattro membri d’equipaggio oltre Tori-San?», chiese con la sua voce melodiosa. L’uomo annui' e l’aliena riprese, «Ed invece siamo cinque»
La fronte del medico si corrugo', ma fu Ellis a parlare, «C’e' un altro membro che non abbiamo mai visto?»
Meeme rise e la sua risata sembro' un trillo di campanelli, «No, voi lo vedete... lo vedete anche in questo momento...»
I due ufficiali della Flotta Stellare si scambiarono un’occhiata strana.
In quel preciso momento il timone della nave si mosse da solo ed il vascello pirata, una volta tornato nello spazio, attivo' autonomamente la curvatura.
«La nave si e' mossa da sola...», mormoro' Micol incredula.
«Come dicevo io», mormoro' Meeme.
«Vuoi dire che la nave e' dotata di un computer senziente?», Johansen aveva rivolto la domanda a nessuno in particolare, come se temesse la risposta, «Ma neppure le menti piu' brillanti della Federazione sono mai riusciti a creare un’intelligenza artificiale cosi' ad eccezione del comandante Data che, pero', e' un caso unico...»
«Non e' un computer senziente», sentenzio' l’aliena afferrando una bottiglia di vino che era riposta da un lato della plancia, e bevendo un lungo sorso, «L’amico di Harlock, T’Kiro, lavoro' notte e giorno per creare questa nave. Utilizzo' i cantieri robotizzati presenti sul pianeta Hog Melder, ma si sforzo' di persona e vi pose tutte le sue energie. Nonostante fosse gravemente malato non si fermo' mai, per portare a compimento quest’opera. Era il suo sogno, il suo e quello di Harlock. Creare una nave in grado di portarli ovunque nello spazio. In modo che potessero viaggiare liberi da tutto e da tutti nel cosmo... ma, proprio quando aveva completato la costruzione, il suo corpo non lo sostenne piu'. T’Kiro mori'... e nel preciso momento in cui rilascio' il suo ultimo sospiro di vita, il computer dell’Arcadia si attivo'...»
Micol era a bocca aperta incredula. Il dottore, dal suo canto, sbuffo', «Pffff! Stai cercando di dirmi che lo spirito dell’amico di Harlock e' nel computer? Non raccontarmi frottole io so...»
«Non sto dicendo questo», rispose l’aliena voltandosi ed avviandosi verso l’uscita, «Dico solo che, quando dedichi tutto te stesso ed ogni tua energia ad un lavoro, qualcosa di te rimane in esso...»

La comunicazione con il Maquis si era conclusa. Le informazioni erano state molte e molto buone. A quanto pareva negli ultimi due anni, splendide donne dalla pelle verde pallido si erano date parecchio da fare per acquisire informazioni e tecnologie da tutte le culture piu' progredite del quadrante. In piu', aveva fornito le coordinate di una strana nebulosa oscura che, negli ultimi due anni, si era spostata di una decina di anni luce, in direzione della Terra. Pochi istanti dopo la nave di classe Galaxy stava viaggiando piu' veloce della luce verso la sua meta.

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 – La Sfida della regina ***


Capitolo 10 – La Sfida della regina

Harlock sedeva su una poltroncina a guardare le stelle fluire dietro la nave sorseggiando un bicchiere di vino rosso. Meeme era seduta poco lontano a suonare una melodia triste con la sua arpa. Improvvisamente smise e si sposto' velocemente vicino a Harlock in un moto di protezione.
Pochi istanti dopo l’immagine di una grande e splendida donna apparve al centro della stanza. Era tremenda ma splendida, abbigliata con abiti eleganti e riccamente adornati. I suoi occhi neri osservarono i due con lo stesso sguardo che usa un uomo per osservare un insetto fastidioso.
«Sono Raflesia, regina nera dell’onnipotente Mazone», disse la donna con voce imperiosa.
«Meeme non c’e' pericolo», mormoro' Harlock, «Vai pure... la regina vuole parlarmi in privato»
Seppur un po’ recalcitrante, l’aliena usci' dalla stanza.
«E cosi' ci incontriamo Harlock Harlock», disse la regina, quando furono soli.
«Perche' devo parlare con l’ologramma di una rapitrice di bambini?», la voce del capitano era seccata.
«Il rapimento mi ha rincresciuta, ma era un male necessario», la voce pareva sincera, «Sappi pero' che tutti i bambini, tranne Mayu, sono stati rilasciati due giorni fa»
«Che cosa vuoi?», ora Harlock si era un po’ calmato.
«Gia' diversi anni fa intralciasti il nostro destino. Ma nonostante i tuoi sforzi la nostra nave ritorno' indicandoci la via. Ci trasferimmo in questa parte della galassia, visto che il nostro pianeta natale era oramai morente. Ma l’incontro con te ed il tuo amico ci fece capire che non era ancora tempo di un’invasione, cosi' creammo e ci rintanammo nella nebulosa oscura ad aspettare... preparandoci», fece una lunga e drammatica pausa, «Ed ora siamo pronti! L’onnipotente Impero di Mazone e' pronto a riprendersi la sua antica patria!», sollevo' le braccia al cielo, poi torno' a fissare con determinazione il mezzo bajoriano, «Ma c’e' ancora una cosa. Il mio popolo, ed io, non dimentichiamo facilmente. L’altra volta le tue azioni e quelle del tuo compagno ci fecero capire che non eravamo ancora preparati... questa volta lo siamo! Ma prima di procedere voglio dimostrare a me stessa ed al mio popolo che voi non siete una minaccia, voglio dimostrare che mi sbarazzero' di te come di una mosca!», fece un’altra pausa, «Vieni capitano Harlock, vieni nella mia nebulosa, se ci riesci ed incontrami. Se riuscirai a raggiungermi, ci batteremo in duello leale. Cosi', quando ti avro' sconfitto, in un modo o nell’altro, Mazone sara' pronto a riconquistare la sua perduta patria!»
Senza attendere risposta l’ologramma sfarfallo' e scomparve.
Harlock sollevo' il bicchiere di vino verso il punto in cui, fino ad un istante prima, si trovava la regina, «Accetto la sfida Raflesia»

L’Argo usci' dalla curvatura e si fermo' vicino al terzo pianeta del sistema. Vicino ad esso era presente anche Ombra di Morte e la Pentesilea. Impiegarono solo meno di mezz’ora a scambiarsi le informazioni.
«...e tutte le navi federali sono impegnate ad almeno cinque giorni di viaggio da qui, sul confine con lo spazio cardassiano, quindi siamo soli...», termino' la bajoriana parlando al visore dal quale facevano capolino Toraki e Shakter.
«Signore, una nave sconosciuta e' appena uscita dalla curvatura, i nostri sensori non riescono ad analizzarla...», disse Berak, poi aggrotto' un sopraciglio, «Ci sta chiamando»
Sullo schermo apparve il volto di Harlock, appoggiato a quello che pareva il timone di un’antica imbarcazione terrestre a vela. Tosca sorrise nel vederlo e riusci' a non trasalire nello scorgere i suoi abiti e lo sgraziato uccello che gli stava appollaiato alla spalla.
«Che ne dici di una bella riunione prima della battaglia?», chiese allegramente alla sua seconda.

«Mentre venivo qui ho ricevuto una comunicazione dalla regina di Mazone», Harlock stava dando la notizia senza sentimenti nella voce, «Raflesia mi ha sfidato a raggiungerla per liberare Mayu. Mi ha anche detto che ha rilasciato gli altri bambini due giorni fa. Ho scoperto che ha detto il vero, la nave mercantile SS Oslo li ha imbarcati e li sta riportando a casa»
«Cosa hai intenzione di fare?», chiese Tosca preoccupata.
«Ho accettato la sfida», rispose lapidario il capitano.
«E come pensi di superare la flotta che, sicuramente, schierera' in sua difesa?», Toraki era calmo ma irritato, «E poi cosa ti fa credere che ti restituira' la bambina?»
«Nulla, solo una sensazione», rispose il bajoriano, «Comunque io prendero' l’Arcadia e la raggiungero'... o moriro' nel tentativo»
«E’ un rischio troppo grande capitano, non puo' andare! Non puo' sfidare un’intera flotta con una nave sola!», protesto' Hiroshi non riuscendo a capire i ragionamenti del suo ufficiale comandante.
«Non importa... devo farlo... Ci sono volte in cui devi andare... anche se sai che perderai. Ci sono volte in cui devi combattere... anche se sai che morirai. Se sei un vero uomo devi farlo», le parole colpirono l’euroasiatico come un pugno. Ora comprendeva in pieno il motivo del comportamento del capitano. Erano parole che parevano provenire direttamente dagli insegnamenti del Bushido, il codice d’onore degli antichi samurai, e lui le sentiva profondamente.
«Capitano noi saremo con te», intervenne la Shakter.
«Il vostro aiuto potrebbe essere determinante», osservo' i suoi ufficiali come indeciso se coinvolgerli in quella follia. Ma capi' che, con o senza la sua benedizione, l’avrebbero seguito e ne fu orgoglioso, «Sara' molto dura. Dovrete vedervela con l’intera flotta di Mazone, mentre io cerchero' di raggiungere la loro ammiraglia per scontrarmi con la regina», strinse un pugno, «Sono certo che, se dovessi batterla, lei terminera' l’invasione», Toraki scosse il capo ma non disse niente, non credeva che la loro avversaria avesse dell’onore, «Nonostante le sue azioni, nonostante la tremenda crudelta' che ha dimostrato, c’era della nobilta' nelle parole della regina», gli sguardi sbalorditi dei suoi ufficiali non lo fecero fermare, «Si, sono certo che manterra' le sue promesse»

L’Argo, la Pentesilea, l’Ombra di Morte e l’Arcadia erano in formazione serrata al di fuori della nebulosa. Tutto lasciava preannunciare un’imminente battaglia.
L’ammiraglia della piccola flotta, la nave di classe Galaxy, era al momento comandata da Alexya Shakter. La giovane donna aveva un cipiglio deciso che le increspava il volto, mentre partecipava, attraverso il visore della nave, agli ultimi preparativi di quel disperato attacco.
La piccola nave di classe Saber era capitanata da Tosca Kritias. Anche lei pareva decisa e sicura di se'. Aveva scelto la piccola nave invece della grossa ammiraglia, perche' la riteneva piu' consona alle sue caratteristiche di lotta: agile, veloce ma letale.
La vecchia nave di classe Miranda rimessa a nuovo era capitanata da Hiroshi Toraki. L’imponente eurasiatico non avrebbe ceduto il comando del suo vascello per niente al mondo. Le squadriglie di caccia la contornavano formando una strana corona bluastra.
Infine la strana ed avveniristica nave pirata era capitanata da Harlock in persona. In effetti, sulla nave, erano presenti solo cinque esseri viventi. Il capitano, Tori-San il suo strambo volatile, il guardiamarina Ellis, Meeme ed il dottore, che non voleva perdersi il gran finale di quell’avventura.
I volti dei quattro ufficiali al comando delle navi si spartivano il posto sui visori dei vari vascelli.
«Pronti a partire», disse la voce di Harlock.
Senza una parola gli altri annuirono e la comunicazione si spense. I loro volti lasciarono il posto al baluginare violetto della nebulosa.
Le quattro navi iniziarono ad avanzare verso il loro destino.

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 – La battaglia finale ***


Capitolo 11 – La battaglia finale

Un’altra consolle esplose alla destra della poltrona da capitano. La plancia della Pentesilea era invasa dal fumo.
«Rapporto!», la voce di Tosca quasi si perse nel rumore della battaglia.
«Gli scudi hanno quasi ceduto, i phaser sono al cinquanta per cento! Colpi diretti allo scafo! Falle sui ponti due, quattro e cinque! Segnalazione di feriti provengono da tutta la nave!», anche la voce del tenente Randall dalla postazione tattica era quasi impossibile da sentire.
«Continuate a sparare!», ordino' la bajoriana, «Diamo il tempo al capitano di salvare la bambina!»
Gli occhi le bruciavano per il fumo e per la rabbia. I capelli le ricadevano, non piu' trattenuti dall’acconciatura, su tutto il viso. Ma lei restava aggrappata alla poltrona ed alla battaglia e ci sarebbe rimasta per tutto il tempo necessario.
La sua immagine e la sua audacia, rendevano onore all’amazzone di cui la nave portava il nome.

Le luci si erano attenuate e la nave procedeva a rilento. Nei primi concitati momenti della battaglia, Shakter era rimasta in piedi al centro della plancia a dirigerla, ma ora si era dovuta sedere alla sua poltrona e si teneva saldamente ai braccioli. L’intera struttura dell’Argo era continuamente fatta sobbalzare dai colpi delle armi nemiche.
«Scudi al settanta per cento, phaser ancora operativi. Non si registrano caduti. La Pentesilea e' al limite, mentre la Ombra di Morte pare in procinto di esplodere!», fece il suo rapporto il tenente Redsun dalla postazione tattica.
«Prepararsi a teletrasportare a bordo l’equipaggio della Ombra di Morte», ordino'.
«Ma capitano, sono troppo lontani! Dovremmo abbassare gli scudi per farlo!», la nave di classe Galaxy fu colpita ancora una volta ed una consolle sprizzo' scintille.
«Non importa», rispose la donna.

La plancia della nave di classe Miranda non era piu' definibile tale. Le strutture superiori erano crollate schiacciando diverse postazioni ed i loro occupanti. Diversi incendi infuocavano la base delle pareti. Il visore era oscurato e la nave stava navigando alla cieca.
«Comandante a tutto l’equipaggio», disse Hiroshi dopo aver sfiorato il comunicatore, «Abbandonare la nave! Ripeto, abbandonare la nave!»
Detto questo si volto' per raggiungere una capsula di salvataggio, ma si fermo', per un lungo attimo, a scrutare la plancia in cui aveva speso tanto tempo e fatica.

Appena le navi federali si erano dirette verso la nebulosa, da questa era sbucata fuori un’intera flotta di navi di Mazone. Le navi federali si erano trovate subito a mal partito, non tanto per inferiorita' tecnologica, ma per pura inferiorita' numerica. Si erano limitate a fermarsi ed ingaggiare il nemico cercano di guadagnare tempo.
Unica eccezione era stata l’Arcadia.
La nave pirata era penetrata come un coltello caldo nel burro, sparando misurate raffiche di cannone contro le navi nemiche che provavano a porsi sulla sua rotta e superando con sorprendente facilita' la flotta nemica diretta verso la nave ammiraglia all’interno della nebulosa.
L’Arcadia pareva tecnologicamente piu' avanzata di tutti gli altri vascelli di decine, se non di centinaia, di anni.
«L’Argo, la Pentesilea e la Ombra di Morte non resisteranno molto senza il nostro aiuto», riferi' Ellis che stava controllando i sensori.
«Non possiamo lasciarli cosi'!», intervenne il dottore.
«Stanno combattendo per darci il tempo di finire il nostro compito», rispose Harlock tranquillo. Un raggio colpi' in pieno la nave pirata, ma questa ebbe solo un leggerissimo tremito, mentre gli scudi disperdevano l’energia con sorprendente facilita'.
"Harlock", Meeme appoggio' una mano sul braccio del bajoriano ed indico' lo schermo.
Tra quell’incredibile spettacolo che era la nebulosa violacea, in lontananza, si poteva scorgere un’enorme struttura meccanica. Una sorta di gigantesca nave o, piu' propriamente, un’enorme base spaziale mobile.
«Si Meeme, e' li' che tengono Mayu ed e' li' che sfidero' la loro regina»
«Non intenderai andarci davvero?», il dottore si stava chiedendo se, dopotutto, era stata una buona idea andare con il capitano, lasciando la moglie sull’Argo, «Non ci posso credere... tu vuoi andarci e sono pronto a scommettere che lo farai da solo!»
Dalla base spaziale aprirono il fuoco contro il vascello pirata. Harlock si era messo al timone e riusci', sorprendentemente, a schivare tutti i colpi facendo roteare il timone a destra e sinistra.
L’Arcadia aveva percorso quasi tutto lo spazio che la separava dalla stazione. L’aveva fatto accelerando spontaneamente, quasi che, adesso che vedeva la sua meta, non potesse piu' aspettare.
«Amico mio... anche tu sei impaziente di rivedere Mayu», mormoro' Harlock in modo impercettibile.
«Capitano! La base ha ancora gli scudi a piena potenza!», la voce di Micol era allarmata.
«Se continuiamo con questa rotta ed a questa velocita' ci schianteremo contro di essi!», gli fece eco il dottore.
«Arcadia, rostro di prua!», ordino' il bajoriano.
La prora della nave pirata fu avvolta di energia. Energia che sembro' assumere una forma precisa, quella di un’acuminata lama ricurva.
«Impatto tra cinque secondi!», Ellis afferro' la sua poltroncina con forza e cosi' fece anche il dottore. Chiusero gli occhi attendendo il peggio.
La nave ando' a cozzare contro gli scudi da battaglia della base spaziale ed incredibilmente, dopo un lampo di luce, li attraverso' con solo qualche brusco scossone.
Termino' la sua corsa andando a conficcarsi, di punta, dentro le strutture metalliche della base nemica.
«Abbordaggio», mormoro' il capitano e fu avvolto dalla luce del teletrasporto.

«Sono tutti a bordo comandante», riferi' il tenente Redsun rialzando gli scudi.
«Ha visto che nessuno ci ha colpiti?», disse tranquilla la donna sorridendo.
La giovane tenente annui' sorridendole.
L’ufficiale scientifico, ora al comando, sospiro'. Quello che non aveva detto alla giovane e' che erano riusciti a portare a bordo tutti i sopravvissuti della Ombra di Morte solo perche' la Pentesilea aveva fatto da scudo, con il suo scafo, a tutti i tentativi di colpirla. Con il risultato che la piccola nave adesso, rischiava a sua volta di esplodere.
«Estendiamo gli scudi sulla Pentesilea e portiamo a bordo anche il loro equipaggio»

Sulla plancia della nave di classe Saber, oramai non si riusciva piu' a vedere quasi nulla a causa del fumo e degli incendi scoppiati.
«Comandante, l’Argo ha esteso i suoi scudi su di noi per portarci a bordo», riferi' il tenente Randall che si teneva una mano su un fianco dove era stato ferito.
Quindi era finita, penso' Tosca arrabbiata.
Avevano perso la nave.
Chissa' se Harlock ce l’aveva fatta.
Chissa' se era riuscito a liberare la bambina.
Strinse i pugni con rabbia.
In quel momento il raggio del teletrasporto la porto' via.

Harlock si materializzo' in una sala di proporzioni titaniche, contornata di ciclopiche colonne che parevano di marmo chiaro. Di fronte a lui, su di una sorta di piccolo podio, era seduta una donna dalla pelle verdastra e dai lunghi capelli neri.
Si rese conto che altre donne, decine ed armate fino ai denti, l’avevano circondato.
«Lui e' mio», disse la donna sul trono alzandosi in maniera sinuosa.
Scese i pochi scalini che la separavano da terra con grazia felina ed afferro' una lunga sciabola che una delle altre donne le stava porgendo. La bellezza di quell’essere era sconvolgente.
«Raflesia ci incontriamo di persona», mormoro' Harlock sguainando la lunga spada-pistola.
«Sono la regina Raflesia, signora incontrastata della potente Mazone e sono qui per ucciderti», rispose l’altra con voce autoritaria iniziando a fronteggiare il suo rivale.
«Mayu?», il bajoriano era impaziente.
La regina fece un gesto e le sue guardie si aprirono lasciando avanzare la bambina che immediatamente corse tra le braccia di Harlock.
«Puoi farla tornare a bordo della tua nave», la voce della donna era sincera, «Ma tu resterai qui per batterti con me»
Harlock annui', tranquillizzo' la bambina e questa gli sorrise con calore. Un istante dopo un raggio teletrasporto la faceva scomparire portandola al sicuro.
«Sara' un duello leale?», chiese il capitano tornando a fronteggiare la donna aliena.
Lei lascio' cadere a terra il lungo mantello senza degnarsi di rispondere, come se la domanda del bajoriano fosse stata irrispettosa.
Era una visione fantastica. Alta, slanciata, atletica, fasciata in una tuta nera aderente che risaltava le sue forme. Scrollo' i lunghi capelli corvini sollevando la lama e preparandosi ad iniziare quello scontro all’ultimo sangue.
Il destini di Mazone e della Federazione, danzavano sulla punta delle loro lame.

«Non resisteremo ancora per molto», disse Tosca sorreggendosi alla poltrona del capitano.
L’Argo era colpita da tutti i lati dalle navi di Mazone che, dopo aver distrutto i due vascelli piu' piccoli, stavano cercando di finire il lavoro eliminando l’ammiraglia.
«Non so piu' come modulare gli scudi per potenziarli», Alexya, che era tornata alla sua postazione scientifica, era costernata.
«Le armi sono al dieci per cento», riferi' Hiroshi dalla postazione tattica.
Ancora uno scossone che fece mugolare le strutture interne della nave.
«Ora come ora e' inutile sparare, redirigiamo tutta l’energia agli scudi!», ordino' il comandante, "Harlock sbrigati", penso' la bajoriana allo stremo.

Raflesia era agile, veloce ed un’ottima spadaccina. Si muoveva in un turbinio di forme e guizzi che la rendevano un bersaglio difficilissimo. La sua mano portava stoccate ad una velocita' impensabile, seguite o precedute da finte e controfinte.
Eppure era in difficolta'.
Harlock si era allenato costantemente alla spada, anche mentre prestava servizio sulle navi federali. Ma non era questo a porlo in vantaggio, era il fatto che ora non stava lottando per se' e neppure per la sua vita. Non stava lottando per la salvezza della Federazione o per sconfiggere un nemico. Stava lottando per i suoi ideali, per salvare Mayu e per salvare il suo equipaggio che stava fornendogli quel tempo prezioso. Il suo equipaggio, i suoi amici, che avevano deciso di seguirlo nonostante che, negli ultimi tempi, li avesse trattati in maniera dura e scostante.
Le due lame si scontrarono piu' volte fragorosamente e sprizzando scintille. Ogni volta che uno dei due tentava un affondo, l’altro lo parava e tentava di rispondere. Quel balletto era splendido seppur mortale. Sarebbe potuto durare all’infinito tanta era la maestria dei due contendenti.
Ma Harlock penso' che era tempo di finirla.
Fece una finta a sinistra e poi colpi' con una velocita' incredibile, di punta, alla gamba destra della mazoniana, recidendo il vestito e la carne.
La regina indietreggio' inciampando e finendo a terra. Il bajoriano sollevo' la lama e la calo' verso il collo della donna.
La fermo' a pochi centimetri dalla candida pelle della mazoniana.
La regina, con un’espressione incredula sul volto, lascio' andare la spada che cadde a terra con un clangore metallico che risuono' nel silenzio della stanza come un rintocco funebre.
«Ho piantato semi che hanno germogliato contro di me», mormoro' per nulla intimorita dal fatto che, con un semplice movimento della mano, il suo nemico poteva recidergli la giugulare.
«Termina l’attacco, prendi la tua gente e stavolta, non tornare piu'», disse semplicemente Harlock ritraendo la lama e rinfoderandola.
La regina si sollevo' in piedi con estrema eleganza. La ferita alla gamba sanguinava, ma lei pareva non accorgersene.
Guardo' negli occhi, per un lungo attimo, il suo rivale.
Si chiese come, per la seconda volta, l’enorme impero che guidava, potesse essere stato fermato da una persona sola.
Senza darsi una risposta, si volto' facendo oscillare i lunghi capelli neri e si allontano' seguita dalle guardie.

«Siamo senza scudi!», esclamo' Shakter voltandosi sconsolata verso Tosca.
La bajoriana sapeva cosa significava quella notizia.
Significava che non avrebbero avvertito il prossimo colpo, perche' sarebbe stato l’ultimo.
Per un attimo penso' di lanciare un’ultima occhiata a tutti i presenti in plancia, come a ringraziarli di quel tempo speso insieme, ma capi' che non ne aveva il tempo.
Penso' per un lungo istante a Harlock.
Era arrabbiata di dover morire senza poterlo rivedere un’ultima volta.
Era arrabbiata di dover morire senza sapere se aveva salvato la bambina.
Era arrabbiata di dover morire senza aver conosciuto quella bambina.
Era arrabbiata di dover morire, punto.
Chiuse gli occhi attendendo la fine.
«Comandante hanno sospeso l’attacco», la voce, vagamente incredula, era quella di Toraki.
La bajoriana riapri' gli occhi e vide, sul visore principale e tra il fumo che stava iniziando a diradarsi, le navi di Mazone allontanarsi elegantemente tornando nella nebulosa.
Dalla stessa nebulosa sbuco' l’Arcadia, perfettamente intatta.
«Ci sta chiamando», la voce di Toraki era allegra, «Lo metto sullo schermo»
Sul visore apparve Harlock, sempre nella sua uniforme nera ed inquietante, ma aveva un sorriso stampato sul volto. Una bambina gli stava letteralmente aggrappata al fianco.
Harlock si fece serio, mentre passava gli occhi su tutti quelli che poteva scorgere, «E’ bello rivedervi», mormoro', «La regina sta radunando il suo popolo e se ne andra'. Stiamo per tornare a bordo...»

Ellis, Mayu ed il dottore erano stati teletrasportati a bordo dell’Argo pochi istanti prima. Harlock, con Tori-San sulla spalla e Meeme si erano spostati nella sala computer, dove l’immenso calcolatore pareva quieto.
«Amico mio», disse Harlock appoggiando una mano sulla parete della stanza, «La promessa che ti feci non e' ancora saldata. Non e' ancora venuto il momento di viaggiare insieme per esplorare l’universo liberi. Mayu ha ancora un po’ di anni davanti a se' ed io devo ancora badare a lei ed il modo migliore per farlo e restare nella Flotta», fece un sospiro, «Ma verra' un momento in cui la lascero' e tornero' qui. Ed insieme navigheremo liberi nell’immenso mare delle stelle»
Come a rispondergli le luci del computer si accesero illuminando la stanza.
«Meeme, amica mia, ti affido l’Arcadia», la mano dell’aliena si appoggio' sul braccio del bajoriano, «Resterai qui?»
"Sai che lo faro'. La mia vita vi appartiene", rispose melodiosamente la donna, "Da quando mi salvaste dal mio mondo impazzito, non ho altri che voi", allargo' le braccia includendo, nel suo gesto, il capitano e la nave, "Restero' ad attenderti per tutto il tempo dell’universo e di piu', se necessario"
«Porta l’Arcadia nella nostra base segreta, all’Isola Pirata. Io, un giorno, vi raggiungero'», sollevarono insieme i calici e brindarono. Poi il capitano ed il suo strano volatile furono avvolti dalla luce del teletrasporto e scomparvero.

Harlock riapparve, con il volatile sulla spalla, al centro della plancia.
«L’Arcadia si sta spostando e sta entrando in curvatura», riferi' Berak.
«Lasciatela andare», disse il capitano, poi si volto' verso il suo equipaggio, «Lasciatela andare...»

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Capitolo 13
*** Epilogo – Il richiamo delle stelle ***


Epilogo – Il richiamo delle stelle

Harlock era tornato ad indossare la sua uniforme ed ora si stava guardando nello specchio, nella penombra. Era stato duro tornare a vestirla dopo quell’avventura. In un angolo della stanza Tori-san dormiva, con il capo appoggiato al letto dove riposava Mayu. Anche la bambina dormiva tranquilla stringendo in pugno l’ocarina che le aveva dato la forza di resistere durante la reclusione. Povera piccola, ne aveva passate tante, ma era forte. Non poteva essere altrimenti visti i genitori che aveva.
Harlock si ritrovo' a guardare fuori dall’oblo'.
Le stelle erano li', come sempre, e come sempre lo stavano chiamando.
Erano come sirene. Sirene che intessevano un canto per dirgli di raggiungerle, di navigare nel loro mare, senza vincoli, senza restrizioni, senza ordini da seguire. Rifiutare ogni tipo di patteggiamento, vivere libero nel pensiero e nel comportamento, senza nessuna regola tranne la propria moralita'.
Quel richiamo era continuo, fortissimo e, quella sera, piu' forte che mai.
Perche' era voluto tornare? Poteva restare sull’Arcadia ed iniziare il viaggio che l’avrebbe portato ad esplorare l’universo, fino alla sua fine...
Mayu, nel lettino, si sposto', facendo frusciare le lenzuola e, con un leggero sospiro, riprese a dormire.
Ecco la ragione.
Aveva promesso al suo amico, che avrebbe vegliato su di lei e cosi' avrebbe fatto. Sarebbe restato al fianco della bambina finche' non fosse diventata indipendente e poi... poi avrebbe lasciato la Flotta Stellare e si sarebbe diretto nel luogo dove il suo amico l’attendeva.
Sorrise tornando a guardare le stelle.
"Non ci vorra' ancora molto", disse tra se' e se', "Io mi battero' solo per quello in cui credo. Non per un governo o un pianeta in particolare. Lottero' solamente per gli ideali che ho nel cuore. Errero' lungo le rotte delle stelle... la gente mi chiamera' capitano Harlock... nell’oscuro mare stellare, nello spazio infinito e senza domani, finche' ci sara' un unico sole che arde nel cosmo, io vivro' in liberta' sotto il mio vessillo. Io vaghero' per i confini dello spazio... il "jolly roger" sara' issato sulla mia nave e con quella bandiera che sventolera' tra le stelle, vivro' in liberta'. L’universo sara' la mia casa... la voce sommessa di questo mare infinito mi invoca e mi invita a vivere senza catene... la mia bandiera sara' un simbolo di liberta'!"

Harlock non riusciva ancora a credere che la terribile avventura potesse aver raggiunto il suo epilogo. Continuava a chiedersi sgomento: "Perche' abbiamo vinto?"
Ma non riusciva a dare una risposta precisa a questo perche'. Pensava alla sterminata flotta mazoniana, che a volte appariva immensa come una galassia; all’esercito di Raflesia, efficiente e preciso come un orologio, guidato con un ordinamento ferreo e spietato; al suo minuscolo esercito, composto da una manciata di uomini e donne, uniti da una forma di fraternita' e di umana reciproca abnegazione.
Ecco, ecco il perche' che Harlock non riusciva a trovare.
La spiegazione dei fatti piu' complicati la si trova a volte nelle spiegazioni piu' semplici, come nella nostra storia.




Un caloroso grazie a Leiji Matsumoto per averci donato Capitan Harlock e le sue storie.
Grazie, grazie davvero, di cuore!

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