me and you

di saraviktoria
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** un nuovo arrivo ***
Capitolo 2: *** kiss me ***
Capitolo 3: *** my dad ***
Capitolo 4: *** aquia harbour ***
Capitolo 5: *** pace ***
Capitolo 6: *** in love ***
Capitolo 7: *** hurt ***
Capitolo 8: *** "ciro" ***



Capitolo 1
*** un nuovo arrivo ***


Sulla costa atlantica degli stati uniti si trova la Virginia. Sede di quella che fu la capitale dello stato confederato e terra di origine di otto presidenti americani, vanta oggi più di sette milioni di abitanti. Nella parte nord-orientale della Virginia, forse più vicino a Washington che a Richmond, sorge la città di Quantico, famosa per essere la sede degli U.S. Marine Corps e della squadra di elicotteri presidenziale, oltre che dell'accademia dell'Fbi e di uno dei suoi meglio attrezzati laboratori. La base dell'Fbi, edificata in un'aerea di 100 miglia quadrate, ospita la Behavioral Analysis Unit, unità di analisi comportamentali, dove lavorano i migliori profiler d'America: la squadra del capitano Aaron Hotchner, ubicata nel sottosuolo dell'accademia stessa. Il capitano Hotchner, laureato in giurisprudenza ed ex agente della SWAT è il supervisore della squadra; il suo secondo, l'agente supervisore speciale Derek Morgan, ha lavorato per gli artificieri ed è esperto di Judo; il resto della squadra comprende l'agente speciale Jennifer Jareau occupata nel settore burocratico, il tecnico informatico Penelope Garcia,l'agente speciale Emily Prentiss figlia di ambasciatori e parlante molte lingue, l'agente speciale David Rossi profiler di fama internazionale e autore di svariati libri di psicologia e l'agente speciale Spencer Reid, un vero genio, dotato di memoria eidetica, possiede tre dottorati e due laure. E infine ci sono io. Anche se tecnicamente ancora non faccio parte della squadra: oggi è il mio primo giorno di lavoro. Mi chiamo Laure Kiel, sono nata e cresciuta a Chicago , nell'Illinois. Sono laureata in sociologia e psicologia, ho un dottorato in  matematica e ho sempre sognato di lavorare nella polizia. Mentre preparavo la tesi di laurea ho frequentato un corso all'accademia del dipartimento di polizia di Chicago. Durante il tirocinio ho conosciuto il capitano Hotchner,che dopo aver parlato con il mio superiore, mi ha fatto trasferire a Quantico, senza spiegarmene il motivo. Il tenente della polizia di Chicago mi ha riferito che avevo molto colpito il capitano e che mi riteneva adatta a far parte della sua squadra di profiler.
 "con il tuo curriculum e le tue conoscenze, non potevi pensare di rimanere qui tutta la vita, no?" aveva concluso dandomi la mano. Il mio curriculum? Non avevo mai lavorato. Certo, ho preso la mia prima laurea a ventuno anni, con due anni di anticipo rispetto al normale, e la seconda dopo altri tre anni. Mia madre mi ha sempre detto che per lei ero speciale, ma questo lo dicono tutte le mamme. Ho un bel ricordo di lei, anche se ora non c'è più. Mi ha sempre incoraggiato ed è per lei che ho accettato di venire a Quantico. Scendo dal taxi davanti al grande edificio di vetro che è sede dell'FBI ed entro.
"buongiorno signorina, la posso aiutare?" chiede la guardia all'entrata. Inizio ad agitarmi, iniziano a venirmi i dubbi.
"buongiorno … sono Laure Kiel" gli porgo i documenti "mi ha chiamato il capitano Hotchner" l'agente controlla i documenti
"prenda il primo ascensore e scenda nel seminterrato. Arrivederci " riprendo i documenti, faccio un respiro profondo e mi incammino. Entrata nell'ascensore vuoto, premo il pulsante -1 . Sono nervosa, non riesco a stare ferma. Controllo che la giacca sia a posto, che i tacchi degli stivali non prendano dentro i pantaloni, che i capelli siano raccolti in ordine, che il fondotinta non abbia sbavato. Con un rumore metallico l'ascensore si ferma. Scendo, mi guardo intorno e … bum! Qualcuno mi finisce addosso, facendo cadere una pila di cartelle. I fogli si sparpagliano dappertutto. Mi chino a raccogliergli
"scusami … scusa davvero … non ti avevo visto …" si scusa la donna che mi è venuta addosso. È alta e mora, con la frangetta. Indossa una camicetta lilla con il collo a fiori e dei pantaloni neri. Ha gli occhi scuri e sorride. "tu devi essere quella nuova" aggiunge riordinando i fascicoli "Emily Prentiss" tende la mano. Gliela stringo
 "Laure Kiel, è un vero piacere"
"vieni, ti presento gli altri" appoggia tutte le cartelle su un tavolo li accanto e mi guida verso un gruppo di scrivanie, con uomini e donne seduti a fa colazione.
"ragazzi, salve" saluta. Loro rispondono, poi il loro sguardo si fissa su di me. "questa è Laure Kiel, l'agente di Chicago che aspettavamo. " l'uomo più vicino si alza e mi stringe la mano.
 "Derek Morgan e loro sono JJ, David Rossi e..."
" … e Spencer Reid " conclude un ragazzo, avvicinandosi.
 Saluta con la mano e mi sento più tranquilla. Non sono abituata a stringere la mano quando conosco una persona, sono contenta ci sia qualcun altro come me. È infantile, me lo avranno ripetuto milioni di volte, ma è un vizio che non riesco a togliermi. Secondo il mio professore di psicologia dell'università è perché ho bruciato le tappe, soprattutto quelle dell'adolescenza.
"è un onore per me conoscervi" rispondo guardando tutti. l'agente Morgan ha la pelle scura, i capelli corti e gli occhi neri, sembra alto anche da seduto i muscoli tesi sotto la maglia di cotone, ha l'aria di uno a cui piace mettersi in mostra, soprattutto davanti alle ragazze. E a giudicare dall'espressione da gatto sornione, deve avere un discreto successo; JJ è bionda e incinta, a occhio e croce da sei o sette mesi, dall'aria materna e gentile. Non nasconde sofferenze, pare solo felice; l'agente Rossi è il più anziano, con i capelli neri e la barba piuttosto lunga. Il più esperto, senza dubbio. Nel frattempo arriva un altro uomo, alto e moro, vestito elegantemente, che non sembra tradire emozioni.
"Emily, ragazzi … buongiorno. Sto aspettando quella ragazza dell'Illinois, se arriva la mandate da me?"
 "ehm … Hotch.." interviene l'agente Morgan "sarebbe lei" annuncia indicandomi.
Il capitano mi guarda stupito, poi si ricompone
"benvenuta nella squadra. Sono sicuro che ti piacerà lavorare con noi" sorride. Cerco di ricambiare, ma mi esce solo una smorfia "nervosa? Reid, falle fare un giro" saluta e se ne va. Si alza l'agente Reid
"vieni" lo seguo lungo un infinito corridoio di scrivanie, fino a una fila di uffici di vetro "questo  è il nostro mondo. E anche il tuo" aggiunge ripensandoci "Hotch dice che lo hai colpito molto quando si trovava a Chicago. Dove lavoravi?"
 "facevo il tirocinio nella polizia. Non capisco cosa abbia potuto colpire il suo capitano" rispondo, arrossendo imbarazzata. Non mi piace quando la gente mi fa delle domande, soprattutto quando neanche io so le risposte.
"non darmi del lei, ti prego. Sarò solo di poco più grande di te" mi viene spontanea una domanda ma me ne pento subito
 "quanti anni hai?"
"ventisei … tranquilla, non ti mangio. Tu quanti anni hai?" sorrido
"ventiquattro". Ride. "cos'ho detto di divertente?"
 "oh, niente scusa. Aspetta che Garcia sappia che sei più giovane di me … non potrà più prendermi in giro!" guarda la mia faccia spaventata e si spiega. "qui tutti mi trattano come un bambino. E in un certo senso hanno ragione, sono il più piccolo … anzi …. Ero il più piccolo" conclude con un'espressione di gioia. Si, sembra proprio un bambino, ma forse è la stessa impressione che faccio io alla gente.
Come primo giorno di lavoro niente male, davvero. Alle cinque esco dall'ufficio.
"aspetta!! Scendo anch'io" urla Reid mentre l'ascensore si sta chiudendo. Metto un piede tra le porte, che si riaprono subito. Lui entra e preme il pulsante che porta al parcheggio.
"ti va di andare  a mangiare qualcosa?" chiede tutto d'un fiato, quando l'ascensore si ferma. Fortunatamente non ho bisogno di trovare una scusa.
"mi piacerebbe molto,davvero, ma devo ancora sistemare casa … sono arrivata soltanto ieri … mi dispiace …. Sarà per un'altra volta" sorride
 "ma certo. Ci vediamo domani" ed entra nel parcheggio. Esco e chiamo un taxi.
"350 3rd Avenue" dico all'autista. Si ferma davanti a un condominio dopo mezz'ora.
"ventidue dollari e settantacinque. Grazie, buona notte signorina" pago e scendo.
 Devo trovarmi un'auto al più presto. Salgo le scale fino al secondo piano e apro la porta. Scavalco le file di scatoloni per arrivare al divano. Sono a pezzi: tutto il giorno in piedi e non ho neanche mangiato. Prendo un panino dall'unico tavolo montato, mangio e mi armo di buona volontà. Inizio ad aprire gli scatoloni più vicini e prendo delle mensole. Le poggio per terra e parto alla ricerca di chiodi e martello, che ovviamente non trovo. Mi butto per terra. "mi riposo cinque minuti e poi finisco …." non faccio in tempo  finire la frase che mi addormento.
 Mattina del lunedì successivo. Driiiiiin!!!! Driiin!!!
"un attimo, adesso mi alzo!" urlo alla sveglia, conscia che non mi può sentire. Apro le finestre facendo entrare l'aria gelida nella camera, per non riaddormentarmi. Vado in bagno per una doccia bollente. Mi vesto, prendo il cappotto ed esco. Mi fermo al bar per un caffè, che bevo aspettando l'autobus. Ho deciso che il taxi è troppo dispendioso e in attesa di trovare una macchina vado al lavoro con i mezzi pubblici. Questo significa svegliarsi un'ora prima, ma pazienza.
"buongiorno" saluto l'autista e mi siedo. Appoggio la testa al finestrino freddo e finisco il caffè. Venti minuti dopo il mezzo si ferma. Scendo e salgo appena in tempo sull'altro autobus. Stavolta non c'è posto, perciò mi attacco a una maniglia e aspetto. Con un botto l'autista si ferma davanti al parco pubblico. Scendo e inizio a camminare. Cinque … dieci …. Quindici minuti dopo sono davanti alla sede dell'Fbi. Entro e porgo i documenti alla guardia di turno, poi salgo in ascensore e scendo nel seminterrato. La mia routine.
"buongiorno!"
 "salve capitano Hotchner !"
 "ciao, Kiel "
"buongiorno Morgan " . Mi siedo sulla mia scrivania, vicino al tavolo dove sono riuniti gli altri. "che succede?" chiedo alla più vicina, JJ.
"in un campus dell'Arizona qualcuno si sta divertendo ad appiccare incendi, e stavolta è morto un ragazzo" riassume, passandomi un fascicolo.
Arriva Reid, si siede su una sedia girevole e inizia a muoversi da destra a sinistra, proprio come un bambino. Non posso negare di averci pensato anch'io, appena arrivata, ma mi era sembrato un po' troppo infantile. Forse per lui va bene.
"incendi? E una sola vittima?" chiede avvicinandosi al tavolo con una spinta.
"già … forse un piromane poco attento, o un assassino inesperto. Ma non credo si fermerà. Preparatevi, si parte"annuncia il capitano. Il tempo di prendere il materiale e saliamo sull'aereo. l'Arizona è due ore indietro, perciò sono le cinque e quarantacinque di mattina. Troppo presto. E infatti, arrivati al dipartimento di polizia più vicino troviamo un assonnato sceriffo ad accoglierci
"ehi, salve! Non pensavo arrivaste così presto" saluta con uno sbadiglio. Tiene in mano una tazza enorme di caffè, con cui ha già sporcato la camicia.
"buongiorno anche a lei. Scusi per l'orario, ma sa noi siamo due ore avanti. Possiamo entrare?" chiede Hotchner. Lo sceriffo si sposta di lato per lasciarci entrare. Nel passargli davanti vengo investita da un forte odore di tabacco. Mah! Non ho mai capito le persone che fumano in prima mattina. Veramente non ho mai capito le persone che fumano e basta.
"agenti speciali Morgan, Jareau e Prentiss. I dottori Reid e Kiel "  il capitano ci presenta agli altri agenti già svegli: un paio di guardie e due detective che stanno facendo colazione.
"benvenuti. Io sono il detective Fork lui è Markins, loro sono gli agenti Reese e Cole, e lo sceriffo Wiston. Vi abbiamo riservato un ufficio" apre una porta sulla sinistra e ci mostra una stanzetta squallida, con le pareti ormai gialle e sei sedie attorno a un tavolo sgangherato. Appese alle pareti, le foto della vittima e degli incendi precedenti. In fondo, una vecchia lavagna nera a gessetti. c'è polvere dappertutto, forse perfino sulle foto.
 "purtroppo non siamo attrezzati come l'Fbi … " annuncia lo sceriffo. Ne sembra risentito, ma non è certo colpa nostra.
Lasciamo le cartelle sul tavolo, poi Reid prende un gessetto.
 SHELLY MOORE, scrive in un angolo della lavagna,  26. FEBBRAIO ORE 2:45. prende la foto della vittima e la mette sotto il nome con un pezzetto di scotch.
"bene, cosa sappiamo?" chiede JJ. Prendo uno dei fascicoli, letti appena qualche ora prima.
"studentessa dell'università dell'Arizona, corso di legge, terzo anno. Nata a Sacramento, California, il 22 giugno di venti anni fa. Andava bene a scuola, le mancavano pochi esami per finire l'anno … " mentre leggo qualcuno prende appunti sulla lavagna.
 "poverina … solo vent'anni" commenta Emily "andiamo al campus?".
Arriviamo all'università mentre iniziano le lezioni. Ci sono tantissimi studenti in giro. Mi ricorda il college quando andavo io. Dovrebbero essere gli anni più felici, ma per me non è stato così. Sono entrata un anno prima del previsto, perché mi sono diplomata in anticipo. Ricordo che mi prendevano in giro, perché ero più piccola, che i più grandi si arrabbiavano quando sapevo fare qualcosa che loro non riuscivano, quando davo la risposta a un problema che loro non sapevano risolvere. In conclusione, degli anni terribili. Ero sostenuta solo dalla voglia di laurearmi. Meno male che è tutto finito.
La zona incendiata è stata recintata, con delle guardie tutt'intorno. Al centro un lenzuolo copre qualcosa di informe, il cadavere, risaltando come un faro sul pavimento bruciato. Qualcuno si ferma a guardare, altri scuotono la testa. Sorpasso le transenne proprio mentre alzano il lenzuolo: quello che una volta era una persona, ridotto  a pelle e ossa bruciate. Mi viene la nausea, è uno spettacolo terribile, non è rimasto niente di identificabile. Provo a guardare da un'altra parte, ma il mio sguardo continua a cadere lì.
 "è il primo cadavere che vedi?" chiede JJ preoccupata. Annuisco. "non ci si fa mai l'abitudine" commenta
 "vieni, andiamo a sentire i testimoni. Reid, vieni con noi?" chiede poi. "anche lui ha qualche problema con la morte" mi sussurra mentre Reid ci raggiunge.
Entrata nel campus mi sento meglio. Per lo meno, non vedo più i resti dell'incendio. Ci viene in contro un uomo, un professore all'apparenza.
 "agente speciale Jareau, dottori Reid e Kiel"
"buongiorno e benvenuti, sono il rettore. Un incidente …. Un avvenimento molto spiacevole …. Se volete seguirmi …." ci introduce nel suo ufficio, perfetto e maniacale, come lui. I libri allineati alle pareti, le matite in fila sulla scrivania, le frange del tappeto regolari e precise. Non una cosa fuori posto. Terribile. "
e non ci fosse il caos, non ci sarebbe niente da scoprire, niente da mettere in ordine." commento riprendendo le parole di un poeta dell'antichità. Reid ride, mentre il rettore si siede dietro la scrivania.
"chi ha trovato il cadavere?" chiede JJ
"oh … uno dei nostri sorveglianti, appena iniziato il turno. Era in giro a controllare che fosse tutto in ordine, quando ha visto l'incendio. Sono intervenuti i pompieri che domato l'incendio, l'ennesimo, hanno trovato il corpo"
 "ha detto l'ennesimo?"chiedo
"si, è già il sesto in due settimane, ma non era mai rimasto ucciso nessuno"
"la studentessa …. La vittima …. Ci può parlare di lei?"
"certo, agente Jareau. Era iscritta alla facoltà di giurisprudenza, un'ottima studentessa. Faceva parte della rappresentanza studentesca e aderiva a molte altre iniziative. Davvero brava, mancherà a tutti..."
 "i genitori … li avete già avvisati?" chiedo, interrompendo il suo monologo.
"si, certo. Sono partiti da Sacramento appena li abbiamo chiamati. Saranno qui fra qualche ora."
"perfetto, li mandi da noi, quando arrivano. E avremmo bisogno anche della cartella scolastica della vittima, se non le dispiace"
 "naturalmente. Ora se volete scusarmi, agente, devo andare a tranquillizzare i miei studenti … arrivederci"  e in pochi secondi ci fa uscire dall'ufficio, anzi ci caccia letteralmente.
 Incontriamo la guardia di cui ci aveva parlato il rettore.
 "siete quelli dell'Fbi?"  chiede vedendoci passare.
"si, lei è …?"
"agente di sorveglianza Agathe. Ho trovato io la povera Shelly"
"la conosceva?"
"certo. Chi non la conosceva, qua? Era un angelo, ammirata da tutti … dovete scoprire chi è stato … "
 "non si preoccupi, faremo il possibile. Potrebbe parlarci degli altri incendi?"
"si, sei se non sbaglio negli ultimi quindici giorni … una cosa terribile, da non dormirci la notte. Prima la biblioteca, poi gli alloggi delle ragazze per due o tre volte …. Qualche giorno fa perfino l'ala dei trofei, e adesso questo … scusatemi..." scoppia a piangere e ci lascia.
Passo la mattinata a seguire JJ. Interroga prima le altre studentesse, poi i compagni di corso della vittima e infine i suoi professori. Quando torniamo al dipartimento di polizia Reid mi porta un caffè.
 "bevilo, ti servirà, dopo il corso accelerato di 'raccolta informazioni'.  … bene ora al lavoro" mi lancia un gessetto. Ma nel frattempo penso a tutto ciò che ho sentito nella mattinata e il gessetto mi atterra di fianco.
 "ah, scusa..." lo raccolgo "stavo pensando …."
"non ti devi scusare" interviene Morgan con una risata "quando pensa lui, non si accorgerebbe neanche se stesse arrivando un carro armato"  Reid tira un gessetto anche a lui.
 "possiamo pensare a cose serie?" chiede, imbarazzato. Povero, mi dispiace, soprattutto perché è colpa mia.
 "cosa avete scoperto?"  interviene il capitano.
"secondo i compagni e i professori non aveva nemici" risponde JJ.
 "poco credibile. Non possiamo essere tutti santi e martiri" 
 "già … ma a quanto pare era davvero amata da tutti. Era nel corpo studentesco e riusciva sempre a far andare d'accordo tutti; la conoscevano anche gli uomini della sorveglianza, dicono che non avevano mai visto una ragazza così precisa, educata e gentile" ribatto sfogliando i fascicoli.
 "e se si fosse trovata davvero al posto sbagliato nel momento sbagliato? Dopotutto questi incendi vanno avanti da parecchio tempo" chiede Morgan.
 "in tal caso è ancora più pericoloso … " Inizia Reid
 " … se un piromane non ha paura di fare vittime, non si fermerà facilmente" concludo. Il resto della squadra scoppia a ridere.
"cos'ho detto?" chiedo.
"tu niente … ma è la prima volta che qualcuno di noi riesce ad anticipare il genio!"
 "oh, scusate..."
"non importa, non ti devi scusare" interviene Reid. "quindi per voi è un piromane?"
"forse … o forse no. Chi lo sa?"
 "grazie dell'aiuto Morgan. Però abbiamo un modus operandi … ecco qua …. Secondo il rapporto dei vigili del fuoco il nostro SI appicca gli incendi con un mix di sostanze altamente esplosive, utilizzando come comburente del metano e per scatenare la scintilla utilizza dei semplici fiammiferi, ritrovati sempre a pochi isolati di distanza; prende di mira luoghi isolati, o posti difficilmente raggiungibili …. Una scala di evacuazione, l'ala riservata della biblioteca, il ripostiglio delle scope, una camera abbandonata, o un angolo di giardino dimenticato da tutti … " "perché?? Non vuole essere notato??"
 "forse. Ma ricordati Morgan, che sono posti difficili da raggiungere anche per i soccorritori, quindi … "
"non può aver scelto a caso, ci dev'essere dietro qualche ragionamento..." intervengo guardando le foto "ehi … aspettate un attimo …. Cos'è questo? " indico un rigonfiamento presente in tutte le fotografie.
 "fa vedere …." Reid si avvicina "sembra un contenitore …. JJ prova  a controllare i rapporti..."
 "si, è un barile di acido cianit …cianidr …."
 "cianidrico?" chiedo
"si, quello". Incrocio gli occhi di Reid, sicura che la sua espressione sia lo specchio della mia: terrore.
"che succede? Cos'è questo acido?" chiede il capitano Hotchner. Mi riprendo
 "Èun composto molto reattivo e estremamente tossico: 300 ppm di vapori di acido cianidrico nell'ariapossono uccidere una persona nell'arco di pochi minuti. È pericoloso, molto pericoloso... "
 "...e difficile da reperire. Lo conoscono in pochi, era usato come arma chimica nella seconda guerra mondiale. Per maneggiarlo bisogna essere esperti" conclude Reid. "se ne hanno trovato un barile ogni volta …. Dobbiamo controllare i fornitori, sono pochi non ci vorrà molto" prosegue guardando le facce scioccate degli altri
"ci state dicendo che il nostro SI ha in mano un'arma chimica che potrebbe uccidere tutto il campus?"
 "in teoria si. Ma l'acido rinvenuto era liquido, perciò non letale..."
" …. Ma i fumi si sprigionano a contatto con le alte temperature, chiunque si trovi nelle vicinanze di un incendio del genere morirebbe" finisco la frase e appoggio la testa indietro, sullo schienale della sedia.
 Il capitano prende in mano la situazione.
 "Morgan, Prentiss fate analizzare l'aria del campus, in cerca di questa sostanza; JJ , parla con i professori di chimica e cerca di scoprire qualcosa di più; Kiel, Reid, chiamate Garcia, rintracciate l'acido venduto …. Forza, al lavoro!" e in meno di un minuto la stanza si svuota, se non per le occhiate curiose dei poliziotti nell'altra stanza. Reid compone il numero della base a Quantico.
"Garcia?"
"salve, tesori. Come posso esservi utile?"
 "dovresti rintracciare dei barili di sostanze chimiche … acido cianidrico … vogliamo sapere dove sono state vendute e a chi" si sente il ticchettio della tastiera, qualcosa che si muove
 "barili?? Ragazzi, ma siete matti?! Secondo le normative vigenti nei laboratori, si possono acquistare solo minime quantità e con un'autorizzazione del governo statale … negli ultimi dieci anni ne sono stati venduti 3 mg, e sotto ordine di Washington. "
 "ok, grazie. ciao"
"ciao. Fatemi sapere". Fisso la lavagna
 "e allora dove li ha presi?"
 "e se li avesse creati lui? Dopotutto siamo in un'università …. l'acido cianidrico è il prodotto della reazione tra metano e ammoniaca … "
 "si, ma a 1200°C e con un catalizzatore al platino" completo scuotendo la testa.
 "un catalizzatore al platino, dici?" annuisco, mentre sistemo i capelli "vediamo … " prende il computer e iniziamo a cercare qualche altra informazione.
Non si trova molto in internet, neanche Garcia riesce a dirci qualcosa in più.
Verso le undici di sera lo sceriffo ci augura buona notte e prima di andarsene lascia sul tavolo una caraffa di caffè.
  Sette ore dopo la caraffa è vuota . Mi strofino gli occhi
"niente di niente … sappiamo solo che ce n'è uno all'università ,ma risale a cinquant'anni fa ed è in una stanza di cui solo il rettore ha le chiavi. E non può essere stato lui perché ha un alibi per quattro  dei sei incendi" commento sfinita
. Quando tornano gli altri comunichiamo le novità, non molte in verità.
 "proviamo a parlare di nuovo con il rettore. Magari non ci ha detto qualcosa"  propone Morgan
"va bene, ma andateci piano. Non dev'essere un interrogatorio. Prentiss, ci pensi tu? Reid? Kiel?" prendo due tazze di caffè e ne porgo una a Reid mentre usciamo
 "benedetto caffè" mormora prima di salire in auto.
"cosa state insinuando?" chiede il rettore quando gli parliamo del catalizzatore
 "nulla, professore" si affretta ad assicurare Emily. "chiedevamo solo se lei avesse per caso prestato le chiavi a qualcuno"
"no, ve lo ripeto. E ora, se volete lasciarmi in pace … " non ci resta altra alternativa se non andarcene.
 "per me nasconde qualcosa" affermo dopo aver    sbadigliato per la centesima volta.
"si, anche secondo me. Continuava a torcersi le mani..."
"e non guardava Emily negli occhi" concludo con un latro sbadiglio "scusate, ma sono così stanca..."
"non ti preoccupare, stai per battere il record della quarantott'ore sveglia, è normale sentirsi così" mi consola Reid
 "già, e ci dovrai fare l'abitudine" aggiunge Emily parcheggiando.
Raccontiamo tutto agli altri
 "vado a parlarci io" propone Morgan
"ok, andiamo " concorda Hotchner. In quel momento squilla in telefono. JJ alza la cornetta. Mormora qualcosa, poi riattacca.
 "un altro incendio e un'altra vittima. Sembra si tratti di un professore".
DR. JACKSON MILLER, 27 FEBBRAIO ORE 19.30 scrive Morgan sulla lavagna qualche ora dopo.
 "ormai non è più un caso" commenta Rossi, rimasto in disparte finora.
 "certo …. Ma che cos'hanno in comune?"
 "quello che hanno in comune una talpa e un serpente a sonagli" rispondo alla domanda di Reid e in quel momento ricordo una cosa, dei numeri, letti solo il giorno prima …. "quando hai detto che era nata Shelley Moore?" JJ prende un foglio
 "il 3 marzo. Perché?" anche Reid capisce e mi passa il gessetto, controllando l'agenda della nuova vittima.
 "3/03..." scrivo sotto la foto
"e hai ragione! Ufficio 3, mercoledì dalle undici a mezzogiorno, terza ora" aggiungo le altre informazioni.
 " … per  i comuni mortali?"  chiede Morgan . Mi giro verso gli altri
 " qualcosa in comune c'è. Il numero 3"
 "cosa c'entra?"
"il nostro SI è legato a questo numero … forse qualcosa nell'infanzia"
 "3 non è il numero di Dio?" chiede Rossi.
"bene. Controlliamo studenti e professori, chiunque abbia a che fare con questo numero" il capitano ci passa dei fascicoli e iniziamo a controllarli.
 Ogni pagina letta è un po' di stanchezza in più … la testa che non vuole più ascoltarmi, che vuole solo dormire.
 "trovato!" esclama JJ "guardate qua..." alza un articolo di giornale "sopravvissuta a un incendio, a tre anni. Scottsdale, numero civico 333 …. Clara Hayes, studia chimica "
 "torniamo dal rettore. Ora non può più mentirci" Morgan batte un pugno sul tavolo, ma il capitano lo riporta alla calma
 "Prentiss, JJ, Rossi e Morgan con me. Kiel e Reid, rimanete qua per il collegamento. Prendete delle mappe satellitari" prendono i giubbotti antiproiettile ed escono.
"complimenti. Non ci avevo pensato"
"ci saresti arrivato anche senza di me. Sei un genio" borbotto appoggiando la testa sul tavolo.
Garcia ci invia le mappe del campus direttamente dal satellite. Riusciamo a vedere gli altri, mentre la voce di Hotchner da gli ordini. Due ore dopo, mentre ormai sono in dormiveglia, ritornano con una donna in manette.
 "ha confessato " annuncia JJ.
 "e come ha fatto ad avere le chiavi?" chiede Reid
 "come farebbe una bella ragazza che sa di poter controllare gli uomini … " un altro attacco di nausea. E nessun cadavere.
"lo so. È orribile vedere dove arriva certa gente pur di ottenere quello che vuole" commenta Emily .
 "perché lo ha fatto?"  chiede Garcia dal telefono
 "disturbo ossessivo - compulsivo. Voleva mettere alla prova con il fuoco chiunque avesse a che fare con quel numero sacro" risponde Reid.
Mi trascino fino al jet come in coma e crollo addormentata appena mi siedo.
Mi risveglio quando atterriamo, decisamente più riposata di prima.
 Controllo l'orologio: sono le dieci di mattina, ma è ancora buio
"aria di tempesta" annuncia il capitano "tornate a casa, vi siete meritati un po' di riposo. Ci vediamo tra due giorni. Se succede qualcosa vi chiamo".
Esco dall'ufficio
"come va il trasloco?" chiede Reid, inseguendomi mentre cerco di ricordare gli orari del pullman
 "male, anzi malissimo" ammetto con un sospiro "mi sa che dovrò chiedere a mio padre di venire a darmi una mano" ma quando passava il 25?
 "ferma. l'autobus sarà qui fra due minuti" e come sempre ha ragione. Ma devo decidermi a comprare un'auto.

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Capitolo 2
*** kiss me ***


Arrivata a casa prendo un altro caffè e passo la giornata a sistemare i mobili e a svuotare gli scatoloni, senza molto successo: c'è ancora troppa roba da mettere a posto, dei mobili sono riuscita a montare solo il divano e il letto. Meno male che bagno e cucina erano già a posto. Provo a montare qualche tavolino, ma mancano sempre i pezzi. "uffa!" borbotto rivolta alla libreria, cui mancano puntualmente alcune viti. Bussano alla porta, non ho ancora il campanello. Apro. "Reid, cosa ci fai qua?" "pensavo avessi bisogno una mano, non ci vuole molto a trovare un indirizzo, se lavori per l'Fbi" gli tocco una guancia con il dito "mmh … sembri umano quindi, anche se ho ancora qualche dubbio, hai bisogno di dormire" ride "ho già dormito e ti ho portato la cena" alza due buste bianche "la cena?" ripeto spaesata. Controllo l'orologio "sono già le otto?" mi sposto per farlo entrare. Vedo che valuta la situazione della casa, poi scuote la testa. "lo so, lo so. Ma sono lenta con le faccende manuali. E imbranata" aggiungo mentre sto per scivolare su un lenzuolo. Mi rimetto in piedi e lo invito a sedersi sul divano "scusa, ma non ho ancora montato il tavolo" "non importa, non ti preoccupare" sarà la centesima volta che mi ripetono questa frase, da quando sono a Quantico. Mi preoccupo davvero per nulla? "pizza e coca cola" annuncia passandomi un sacchetto "buon appetito!" mangiamo in silenzio, poi prendo un sacco di plastica per mettere la spazzatura e lo appoggio alla vetrata del balcone. "bella vista" commenta, mentre prendo uno scatolone "sei ancora sicuro di volermi aiutare?" "al cento per cento! Mettimi pure al lavoro" "bene" gli passo un paio di forbici e una scatola. Ne prendo un'altra e inizio a scartare il contenuto: posate, piatti e bicchieri. Lui fa lo stesso. Dopo due ore e qualche scatolone in meno, siamo circondati da carta da imballaggio e plastica. "grazie" "figurati. È divertente, quando ci prendi la mano" già, come no. Appoggio la testa sulle ginocchia e prendo dei cuscini dal divano "ehmm … Laure …. " "si?" "mi dai il permesso di fare una cosa?" per quel poco che lo conosco non avrei dovuto chiedere, ma anni passati con due fratelli combina guai più piccoli hanno la meglio. "dipende da cosa devi fare … " abbassa la testa "se te lo dico mi dici di no …. Non importa, lasciamo stare" ormai ha stuzzicato la mia curiosità "e no … così non vale! Se adesso non me lo dici non riuscirò a dormire neanche stanotte!" gli tiro un cuscino. Trova un modo per distrarmi. "ah, si ? Vuoi la guerra?" me lo rilancia e iniziamo a giocare come bambini. Venti minuti dopo e meno fiato di prima, siamo sul divano, seduti vicini "mi dai il permesso di fare una cosa?" ripete. Annuisco, troppo stanca per parlare. Lascio cadere il cuscino quando vedo che si avvicina. Sento le sue labbra calde sulle mie. Il suo dolce respiro mi costringe ad aprire la bocca. Senza sapere come né perché, senza neanche averci minimamente pensato, mi ritrovo a ricambiare quel bacio. Sento una delle sue mani sulla mia schiena, passo le dita fra quei capelli lunghi e sottili. Sono confusa certo, ma una parte di me è sicura che è quello che volevo. La parte meno razionale di me. Il resto si è scollegato dal cervello. A un certo punto si allontana, quasi di scatto. "scusa … beh, ora devo andare …. Ehm … ci vediamo..." sparisce in un secondo. Dopo quasi mezzo minuti mi accorgo che ha lasciato la giacca sul divano. La prendo e vado alla porta, ma è troppo tardi. Mi trascino a letto, ma non ho più sonno. Passo la notte a ripensare alle ore precedenti. Provo a convincermi di essermi sognata tutto, ma ogni volta che sembro riuscirci il mio cuore inizia a battere forte, in protesta. Vorrei mettere una mano nel petto e schiacciarlo. O qualcosa del genere. Mi addormento finalmente quando ormai è mattina. Al pomeriggio cerco di recuperare il tempo perso, senza successo. Non riesco a concentrarmi su niente se non la giacca nera appesa alla porta. Quando rischio di tagliarmi un dito con il taglierino lascio perdere e torno a dormire. Mi alzo al suono della sveglia e per poco non cado giù dal letto. Prendo il pullman e arrivo in ufficio. Ormai la guardia si ricorda di me e non mi chiede neanche più i documenti. Scendo nel seminterrato e mi siedo vicino a JJ. "ciao" "ehi, ciao. Come va?" chiede premurosa "bene, grazie. Tu, anzi, voi come state?" "tutto a posto. Sono appena andata a fare l'ecografia" "Reid è già arrivato?" chiedo. In quel momento esce dall'ascensore con Rossi. Mi alzo e lo raggiungo "avevi dimenticato …." gli porgo la giacca "ah … si … grazie" la prende, poi lo intercetta Morgan. Emily mi prende sotto braccio, JJ mi fa sedere davanti a lei "come mai hai tu la giacca di Reid?" chiede curiosa. "oh … perché … beh , ha voluto darmi una mano a sistemare casa e se l'è dimenticata. Me ne sono accorta solo stamattina" "non puoi ingannare dei profiler, o non saremmo tali" obbietta Emily "vi siete baciati?" chiede poi, senza darmi il tempo di pensare a una scusa. Resto in silenzio, cercando di inventare una bugia plausibile. "chi tace acconsente" JJ interrompe la mia disperata ricerca di una scusa, una qualsiasi "che bello!!! Che carini!!" "abbassa la voce, per favore!" esclamo in un sussurro. Per fortuna nel caos del mattino nessuno si è accorto di niente "ci devi raccontare tutto!" "no, Emily, perché non c'è niente da raccontare!" "però ti ha dato una mano con il trasloco" annuisco " … e vi siete baciati!" cerco di concentrarmi su qualcos'altro. E che cavolo! Ho ventiquattro anni, e ancora faccio fatica a parlare dei miei sentimenti, sembro un'adolescente alla sua prima cotta. Solo che non ho diciassette anni e non è la mia prima cotta. Il mio primo bacio si, se così si può definire …. "buongiorno, squadra!" "salve capitano" "Hotch " "buongiorno" "bene, spero vi siate riposati per bene … ci ha chiamato la CIA, è morto uno dei loro uomini e vogliono che ce ne occupiamo" "un uomo solo? Se non è un serial killer perché hanno chiamato noi?" chiede Morgan "ufficialmente è stato archiviato come suicidio, ma pensano ci sia qualcosa di più e non se ne può occupare la polizia. Se non ci sono più domande possiamo partire". La sede della Cia è in Virginia, 43 miglia più a nord della nostra base, nella cittadina di Langley, vicino a Mc Lean. "benvenuti. Prego seguitemi" un uomo vestito di scuro ci fa strada lungo una serie infinita di corridoi, fino al quarto piano quando si ferma e apre una porta. "entrate" quando gli passiamo di fianco lo vedo squadrarci. Dietro le lenti scure degli occhiali ci fissa ostile. Quando anche Morgan entra nella stanza, chiude la porta. Siamo in una stanza circolare con il pavimento di marmo e i muri coperti da librerie. Un'austera scrivania troneggia al centro. Dietro un uomo piccolo piccolo seduto rigido su una sedia troppo grande per lui. Pareva un bambino che si fosse messo a giocare nello studio del padre, con indosso i suoi vestiti. Rispetto all'ambente che lo circondava, faceva davvero una magra figura. "buongiorno e ben arrivati. Vi aspettavamo" disse con una voce profonda, così in contrasto con la sua figura da sembrare quasi irreale "agente Summers" annuncia indicando lo schermo davanti a lui. Appaiono le immagini di un uomo con il volto coperto di sangue, visibilmente torturato. Scorrono varie foto, scattate da diverse angolazioni. Chi potrebbe scambiarlo per un suicidio? " a cosa lavorava?" chiede il capitano "affari riservati. Ma a questo punto credo ne valga la pena … " sembra voglia convincersi da solo "si occupava della protezione della moglie e dei figli di un terrorista islamico. Doveva nasconderli da qualche parte a Washington, e lo abbiamo ritrovato così" "secondo voi cos'è successo? " chiede Rossi "vicino al cadavere è stato ritrovato un biglietto, in cui l'agente si scusava di non aver potuto portare a termine un incarico per lo stato. Secondo noi si è suicidato quando si è accorto che qualcuno gli stava alle costole. Non sarebbe la prima volta" ammette con un sospiro "suicidato?" chiedo incredula "ma è stato torturato!" "con il nostro lavoro è da mettere in conto, dottoressa Kiel. Mi meraviglio che lei non ci abbia pensato" mi sento punta sul vivo. Che senso ha? "e allora perché ci avete chiamato?" chiedo cercando di rimanere calma. "come ha supposto lei, il nostro agente è stato torturato. Siamo preoccupati per le persone che l'agente Summers deve proteggere, per le prossime vittime che potrà fare. Il vostro compito sarà scoprire cosa vogliono da loro. Siete o no dei profilers?" chiede con un sorrisetto "certo, agente. Faremo il possibile" si affretta a rispondere Reid, prima che possa fare qualche altra insinuazione. Usciamo e ci portano in un ufficio sopraelevato, con un grande tavolo in metallo ,otto sedie e un grande schermo, con il simbolo della CIA. "tutto a posto?" chiede Emily mentre ci sediamo. Annuisco. "ehm … capitano? Volevo scusarmi per prima" "chiamami pure Hotch " "ok … mi dispiace, non so cosa mi sia successo è solo che … " "noi non siamo abituati a negare l'evidente. Qui si. È il loro lavoro. Potrà anche sembrarvi che si preoccupino poco di ciò che succede ai loro uomini. In parte è davvero così, ma ci sono persone con il cuore anche alla CIA" ci distribuisce dei fascicoli. "queste sono le schede della signora Summers e dei suoi figli" appaiono le loro foto sullo schermo. Studiando le cartelle della CIA si scoprono molte cose "chi altro era a conoscenza della missione?" chiede JJ in collegamento con Garcia da Quantico. "soltanto altre quattro persone: gli agenti Sanchez, Ramiro, Holden e Coleman. Due donne e due uomini. Lavorano tutti al vostro stesso piano " risponde Garcia. "ci sono anche i loro fascicoli?" chiede Rossi "si" risponde il capitano "ma non saranno molto d'aiuto" ce li passa. Ha ragione. Solo una sintetica scheda riassuntiva delle esperienze lavorative. Niente di più "e se li seguissimo mentre lavorano?" propone Reid. Così usciamo dall'ufficio e scendiamo le scale. Vengo travolta da un turbinio di persone indaffarate che vanno avanti e indietro. "oh, mi scusi …." "permesso..." mi faccio da parte a osservare il loro lavoro. Molti sembrano davvero presi da quello che fanno: una donna controlla delle mappe, due uomini in divisa leggono delle carte, un anziano borbotta rivolto a una lavagna elettronica. Mentre altri forse non sanno nemmeno perché si trovano lì. Ci sono delle persone che giocano a carte alcuni personaggi misteriosi che interrogano un sospetto. Ma sono quattro figure ad attirare la mia attenzione. Sono seduti in un angolo a confabulare, senza badare agli altri, ma gettando sguardi preoccupati ai colleghi. "e quelli chi sono?" chiedo "prova a indovinare … agenti Sanchez, Ramiro Holden e Coleman" "cosa faranno ora che uno di loro è stato ucciso ?" chiedo a Reid, l'unico rimasto vicino a me. Degli altri non vedo traccia. "continueranno a fare quello che facevano prima. Non è successo nulla che li costringa a cambiare i loro piani" risponde lui, mesto "è una cosa terribile" commento. Poi mi viene un'idea "dici che ci faranno partecipare al discorso?" "se non proviamo non lo sapremo mai" ci avviciniamo e visto che non incontriamo resistenza, ci fermiamo ad ascoltare "oh, buongiorno" uno degli agenti ci vede "salve" saluto alzando la mano "non per essere scortesi, ma stavamo lavorando" fa notare una delle due donne. Ha i capelli corvini e la carnagione olivastra, sul viso un'espressione per niente amichevole. "anche noi" ribatte Reid "e forse potete aiutarci" prima che possa fare qualche domanda si avvicina un altro uomo "scusate …. Agente Sanchez, è arrivato questo per lei" gli mostra un foglio coperto di simboli: un codice. l'agente interpellato fa una smorfia "chi lo ha mandato?" chiede al collega " è arrivato con la posta ordinaria signore. Mi dispiace" l'agente posa il foglio sulla scrivania per sottoporlo ai colleghi "cosa ne pensate?" chiede. Ma nessuno risponde. Guardo il foglio Un linguaggio stranamente familiare. "posso …?" chiede Reid. "non mi sembra di aver chiesto il vostro aiuto" ribatte la donna bionda, con freddezza. Poi, ignorandoci si rivolge ai colleghi "mettiamolo nel computer. Anche se ci vorranno dei giorni avremo la risposta" ecco cos'era!!! Il codice di Edgar Allan Poe, Lo Scarabeo D'oro. Solo riprodotto in un altro ordine. Guardo Reid: ha capito anche lui, ma se non ce lo fanno vedere …. La bionda si alza e si avvicina a uno dei computer. La seguo "hai bisogno di qualcosa?" chiede mielosa. Sorrido "si, grazie. Posso vedere?" "mi dispiace, ma sono affari riservati." risponde fingendosi ingenua "andate a giocare con il Cluedo, piccoli investigatori " aggiunge poi sottovoce. E a quel punto mi f perdere la pazienza. "scommetto che noi riusciamo a risolverlo prima del computer" mi anticipa Reid. Sorridono tutti e quattro, beffardi "ma si, falli provare, se si vogliono divertire …. Se ce la farete, cosa su cui ho seri dubbi, potrete farci tutte le domande che volete. Ma se perdete, ci lascerete stare. Ok?" dice il più anziano. Gli tendo la mano e lui la stringe. Poi fanno una fotocopia del foglio e ce la consegnano. Torniamo in ufficio. "avete scommesso contro un computer?" chiede il capitano, preoccupato "no, vinceremo contro un computer" ribatto decisa. Ci mettiamo al lavoro. "secondo i crittografi ci sono centinaia di modi di decifrare uno di questi messaggi, ma solo una avrà senso nel nostro caso … " inizia Reid. "i codici ariani assegnano una lettera ad ogni simbolo … ogni lettera corrisponde a un numero, e a ogni combinazione binaria di numeri un'altra lettera che compone le parole al contrario. Basterà leggere tutto alla rovescia" riassumo le mie conoscenze sull'argomento. Morgan mi guarda male "bene … se la metti così … buon divertimento geni!" ed esce. 01 87 65 38 75 49 02 27 46 17 36 98 47 23 18 47 39 09 28 487 48 32 57 86 47 65 03 43 01 11 27 33 91 60 49 45/ …. Quattro ore e cinque tazze di caffè più tardi veniamo a capo dell'enigma. Prendo il foglio con la soluzione e corriamo giù dalle scale, fino alle scrivanie . "L'anima sicura della sua esistenza sorride al pugnale e sfida il suo punto. Le stelle sono tramontate, il sole si affievolisce con l'età e la natura lavello in anni, ma tu fiorire in giovinezza immortale, illeso in mezzo alla guerra di elementi , il relitto della materia e la calca dei mondi " annuncio agli agenti, che ci guardano sbigottiti "ma come avete fatto?" chiede uno "ci sono centinaia di combinazioni. Che computer avete?" "è stato più semplice farlo a mente. Un computer non troverebbe la connessione logica con il caso" rispondo, conscia che ci stanno guardando come se fossimo alieni. "bene. Complimenti, non ce lo aspettavamo. Sapete per caso anche cosa vuol dire?" chiede la donna mora, beffarda. "forse …." inizia Reid "ma avremmo bisogno di altre informazioni … dopotutto ci avevate dato il permesso di fare domande, se fossimo riusciti a decifrare il messaggio … " l'uomo più anziano, che sembra anche il capo si alza "avete ragione e avete vinto. Fateci pure le domande che desiderate" si risiede in attesa. "ok … di cosa vi state occupando?" chiede Reid "le persone che doveva proteggere l'agente Summers sono la famiglia di un terrorista molto noto alla Cia. Ha deciso di collaborare con noi qualche mese fa, dopo che la sua famiglia è stata minacciata dagli estremisti mediorientali. Gli abbiamo offerto la nostra protezione in cambio di informazioni sui prossimi attentati. Summers doveva nascondere la moglie e i figli e ora che lui è morto nessuno sa dove si trovino" "abbiamo visto che è stato torturato. E se gli assassini gli avessero fatto dire dove gli ha nascosti?" "agente Reid, con tutto il rispetto, ma il nostro lavoro è sinonimo di segretezza. Nemmeno le nostre famiglie sanno di cosa ci occupiamo" l'uomo più giovane, che dev'essere l'agente Holden, sembra amichevole, nonostante il pessimo inizio. Quello che ha detto mi fa pensare "come si può mentire alla persona che si ama?" chiedo più tardi al capitano, mentre ci dirigiamo in albergo "vedi, non è che gli mentono …. O almeno, loro la vedono in maniera diversa … vedila solo come …. Beh, loro non dicono tutto, e le loro famiglie non fanno domande. I loro familiari ci sono abituati, hanno scelto di stare con un agente dei servizi segreti, sapevano a cosa andavano in contro " cerca di spiegarmelo, ma non mi entra in testa "quindi la signora Summers accetterà la banale scusa che suo marito si è suicidato, mentre è morto per proteggere altri?" "no, diranno alla signora che è morto mentre faceva il suo lavoro. Avrà il funerale di un servitore dello stato. Ma lei non lo dovrà dire a nessuno …." vede che per me è inconcepibile "hai mai amato qualcuno al punto di fidarti ciecamente di lui, accettando quello che non ti poteva dire?" chi penso … "in realtà non credo di aver mai amato nessuno …. "inizio "sicura? A me non sembra. " segue il mio sguardo pochi metri più avanti, dove Emily, Reid e Morgan stanno prendendo le chiavi delle stanze. Scuoto la testa "no!" il capitano sorride "come vuoi … adesso non ci pensare … vedrai che la signora Summers capirà, e sarà anche abbastanza in gamba da farlo capire ai figli. " "ok … proverò a mettermi nei suoi panni … buona notte" salgo al secondo piano. In fondo c'è la camera 301, la mia casa per i prossimi giorni. Entro e appoggio il borsone, poi mi butto sul letto, senza neanche togliere le scarpe. Hotchner non può aver ragione …. Perché …. Beh, perché non ha senso. Eppure … potrebbe … insomma, non mi tremano le gambe quando ci parlo? Non sento una scarica di elettricità ogni volta che ci penso? Anche in questo momento … eppure … non oso pensare a che conseguenze andrei in contro …. Se avesse ragione … ma non ha ragione, perciò nessun problema. Ma chi voglio prendere in giro?? Solo me stessa, forse è questa la risposta …. L'amore è un sentimento strano. C'è senza esistere, si nutre di stati d'animo di ogni tipo, non segue vie logiche o prevedibili. A volte provoca dolore, lacrime e sofferenza … Paulo Coelho. Ma una logica ci deve essere, anzi dir la verità una logica c'è. Secondo i più recenti studi l'amore non è altro che un aumento di dopamina, adrenalina e ossitocina nel sangue. Dodici aree del cervello producono una serie di sostanze chimiche che provocano euforia. Io ho smesso da un pezzo di credere nelle belle favolette, quelle che finiscono con un 'e vissero tutti felici e contenti … ' ma questo non significa che possa esserne immune. E dopo tutti questi ragionamenti , la conclusione è una sola: sono innamorata. Che vorrà dire, poi …. ?ma tanto basta a incasinarmi. I legami affettivi della mia vita, fino ad ora, sono sempre stati molto semplici: la mamma e papà, i miei fratelli, quelle poche amiche che mi ero fatta al liceo … non c'era nessuna categoria di sforo. Niente che poteva cambiare, ma ora …. Mi rigiro nel letto fino a quando decido di non essere in grado di dormire, così mi alzo e prendo la giacca: l'aria fredda potrebbe farmi anche bene. Mi siedo sulle scale d'entrata dell'albergo. In strada non c'è nessuno, nessun rumore. Dormono anche gli uccelli. Appoggio la testa sulle ginocchia e inizio a piangere senza motivo, ma non c'è modo di fermare le lacrime calde che mi scorrono sul volto. "Laure?" chiede una voce incredula. Mi asciugo la faccio con la manica della giacca "tutto a posto?" chiede Reid "no. Lasciami stare" "ehi..." si avvicina e si siede accanto a me. Nascondo di più la testa " … cos'è successo?" "niente. Voglio solo stare da sola" non voglio essere scortese, ma è l'unica cosa che riesco a dire. È vero: ho bisogno di stare sola, soprattutto senza che la fonte dei miei problemi mi chieda come sto. Ma Reid aspetta una risposta "tu non dovresti essere in camera a dormire?" chiedo, sviando la domanda "potrei chiederti la stessa cosa" "non hai risposto alla mia domanda" "non riesco a dormire. Tu come rispondi?" "non riesco a dormire neanche io. E in più ho una tale confusione in testa …." "mi dispiace … so di essere la causa di gran parte della tua confusione..." "oltre a essere un genio praticamente in tutto, ora leggi anche nel pensiero?" chiedo, ancora arrabbiata. Ride. "forse …" e in quel momento mi viene un'idea. Una cosa che mi diceva sempre la mamma: un bagno caldo aiuta a sciogliere i dubbi, una doccia fredda a prendere una decisione. E io ho proprio bisogno di prendere una decisone. Ma più che di una doccia fredda mi serve … si …. Un bagno gelato! E cosa meglio di una piscina di notte? "aspetta un attimo!" corro su per le scale "dove stai andando?" mi urla dietro Reid "a mettere il costume, ho voglia di fare un bagno! " "un bagno? Ma è notte, fa freddo!" si lamenta lui "non ti ho chiesto di venire con me. Torna in camera a dormire!" "no aspetta. Vado a dormire se mi prometti che farai lo stesso" "mi spiace, ma non posso! Ho bisogno di un bagno" di nuovo sorridente, animata da quell'idea che potrebbe cambiare tutto, gli chiudo in faccia la porta della mia camera. Tolgo la giacca e la camicia. Prendo un costume nero dal borsone e ci metto sopra l'accappatoio. Lancio uno sguardo all'orologio: segna quasi mezzanotte, ma non mi interessa. Riapro la porta e Reid è ancora lì. Scendo le scale e mi segue. Arrivo in piscina, lascio l'accappatoio e mi tuffo. l'acqua è gelata, ma mi fa tornare me stessa. Che bisogno c'è di farsi tutti questi problemi? Sono innamorata, e allora? Guarderò in faccia i problemi quando sarà il momento. Per ora mi limito a vivere il presente. Gioco nell'acqua mentre Reid, in piedi vicino al bordo, mi guarda disapprovando "Laure, ti vuoi ammalare?" chiede quando torno a galla. Sorrido "vieni anche tu" "no " "perché no?" "basta una sola motivazione, anzi due : è notte e fa freddo" "l'acqua è calda" ribatto per puro spirito di contraddizione "dai, esci. Il bagno puoi farlo domani, se proprio ci tieni" "e va bene..." mi avvicino al bordo, ma con in testa un'idea diversa da ciò a cui pensa lui "dammi una mano a uscire..." tendo una mano fuori dall'acqua e lui la afferra aiutandomi ad uscire. Poggio i piedi contro la parete della piscina e anziché uscire, mi spingo indietro, col risultato che finiamo tutti e due in acqua . Rido mentre lui torna a galla spostando i lunghi capelli dal viso "ah aha, davvero divertente, Laure! " non riesco a smettere di ridere "i miei vestiti!" si lamenta ,riavvicinandosi. gli metto le mani sulle spalle "vedi, non fa poi così tanto freddo" e lo bacio senza dargli il tempo di rispondere. Ho deciso che non mi importa, che d'ora in poi proverò a seguire un po' di più il cuore, e non solo il cervello. "aspetta..." si allontana "che c'è?" "io … " "non ti piaccio" "no, non è quello..." "non ti piaccio" ripeto allontanandomi "ma tu mi piaci" "anche tu mi piaci, Laure..." "e allora dov'è il problema?" finalmente si arrende e mi bacia. "e adesso cosa c'è?" chiedo trattenendolo per un braccio quando cerca di allontanarsi ancora "non lo so. È solo una sensazione, ma non sono sicuro … " "che sensazione?" chiedo incuriosita "è una specie di sesto senso … mi sento … come dire …. spiato" "spiato? Ma qui ci siamo solo noi!" ribatto. Ma vedendo che non si convince "va bene ,torniamo dentro … ehi, aspetta, non così in fretta. Non ti voglio lasciar scappare di nuovo!" ride "non vado da nessuna parte. Non senza di te almeno" esco dall'acqua "che freddo! Laure, la prossima volta che hai in mente di coinvolgermi nei tuoi bagni notturni, avvertimi prima. Non vorrei prendermi una polmonite" mi unisco alla sua risata. Saliamo al secondo piano "vado ad asciugarmi" propongo aprendo la porta "perfetto. Io invece vado a mettermi dei vestiti asciutti. Ci vediamo fra cinque minuti?" sorrido entrando in camera. Ormai sarà la una, ma non sono stanca. Al contrario, sono euforica e tesa, ma anche felice. Questo è l'importante. Passo l'asciugamano tra i capelli, senza migliorarli di molto, mentre mi rimetto i jeans e la camicia. Mi rimetto le calze e stendo il costume in bagno, vicino alla doccia. Preparo il letto per andare a dormire, poi esco. E ovviamente Reid è lì ad aspettarmi, di nuovo asciutto, tranne i capelli. "dobbiamo parlare?" esordisco giocando con le chiavi "parlare?? Veramente pensavo avessi in mente altro … " mi abbraccia e mi bacia. Andando indietro finisco contro la porta della mia camera che, ancora aperta, scivola indietro. Entriamo in camera e per poco non inciampo in qualcosa di indefinito, lasciato per terra. Rido. "attento … " è buio e io non sono molto ordinata, vorrei dire, ma in un attimo mi ritrovo con le labbra molto impegnate …. Toc - toc!! Mi alzo dal letto attenta a non fare rumore e corro ad aprire. Mi fermo però davanti allo specchio, quando mi accorgo di essere in reggiseno e mutande. Raccolgo una camicia da terra, troppo addormentata per capire se è mia. Toc - toc !! "arrivo!" apro la porta e mi ritrovo davanti Morgan. "oh … buon giorno" "ciao, Kiel. Mi hanno mandato a svegliarti, partiamo tra mezz'ora. A proposito … sai dov'è finito Reid? Sono andato in camera sua ma non risponde nessuno, non penso sia uscito …." mi giro indietro e Morgan se ne accorge. Mi sposto per evitare che guardi in camera. "arriviamo …. Ehm …. Volevo dire … arrivo …. Cinque minuti!" chiudo la porta sulla sua faccia curiosa e accendo la luce, senza pensarci "ehi! Cosa …?" "oddio, scusa! Non ci avevo pensato. Dobbiamo vestirci" "ehm … ok … dammi due secondi per elaborare qualche pensiero coerente … e ridammi la camicia!" rido e gliela passo "Dio, quanto sei bella" mormora, rimanendo imbambolato. "e la mia dov'è?" chiedo guardando in giro. Controllo anche sotto il letto "ecco qua!" è rimasta fra le lenzuola. mi vesto, poi vado in bagno. Mi sciacquo la faccia e cerco di pettinare i capelli. Rinuncio dopo qualche minuto, prendo un elastico e li raccolgo. Ritorno in camera analizzando il disordine "mi devi spiegare una cosa" "dimmi" prendo le scarpe e gli passo la cravatta "come fai a vivere con tutto questo casino?" "beh, hai visto casa mia: scatoloni o no, è sempre in disordine" "mah … " scendiamo per la colazione. Morgan al centro di un capannello di persone sta raccontando qualcosa di divertente, forse una barzelletta. "buongiorno a tutti" saluto sorridendo. Si avvicina Emily "ciao … oh, eccoti qua" aggiunge in direzione di Spencer "ti abbiamo cercato ovunque. Dov'eri finito?" "ehm … " abbassa la testa, imbarazzato "io lo so dov'era, anzi dov'erano!" provoca Morgan . Gli tiro in testa il giornale che trovo sul tavolo "fatti gli affari tuoi!" lo rimbecco, ma lui ci tiene a finire la frase. "se avete finito di litigare …." "scusa Hotch" diciamo all'unisono "bene … c'è un'altra vittima, un altro agente coinvolto nell'operazione. Ora mancano la moglie e i figli, ma non sappiamo dove cercarli" tutta la mia euforia svanisce in un attimo. Povera donna. Poveri bambini. "cosa sa Morgan che noi non sappiamo?" chiede Emily in macchina "ma niente … ieri avevo bisogno di fare un bagno in piscina e Reid mi ha fatto compagnia … tutto qui..." "ah … ok … capito" e in effetti sembra aver capito molto di più di quello che gli ho detto . Arriviamo alla base della Cia dieci minuti dopo. "buongiorno, agenti" "salve agente Ramiro. Cosa è successo?" l'agente ci lancia un'occhiata di fuoco, poi si sposta e ci fa passare. "stamattina abbiamo ricevuto una e-mail. Aprendo il collegamento è apparso questo..." si gira e sullo schermo appare un video: una donna con il velo legata ad una sedia, piena di sangue. Poi si sente una risata e uno sparo. Nascondo il viso dietro al capitano, mentre il proiettile colpisce la donna in pieno volto facendo schizzare sangue dappertutto. Si sente un'altra risata, ma non oso guardare il video che va avanti "lo fermi, per favore..." prega Spencer a un certo punto. l'uomo alla scrivania preme un tasto e lo sfondo della Cia sostituisce quell'orrore. Guardo Emily , sconvolta; il capitano arrabbiato e Morgan che si morde le labbra. "credo che possa bastare" interviene il capitano "Kiel, Reid, andate con la squadra dell'agente Ramiro; Prentiss e Morgan con me" escono mentre mi riprendo. "tutto a posto ?" chiede l'agente Holden poco dopo "si … grazie". La donna mora, l'agente Sanchez mormora qualcosa che non sento. Ci sediamo e mi passano la fotocopia del giorno prima, quella del codice di Poe. "il nesso è qui, dobbiamo solo trovarlo … " ci concentriamo tutti su quella serie di simboli. "il messaggio diceva: L'anima sicura della sua esistenza sorride al pugnale e sfida il suo punto. Le stelle sono tramontate..." inizio " il sole si affievolisce con l'età e la natura lavello in anni, ma tu fiorire in giovinezza immortale, illeso in mezzo alla guerra di elementi , il relitto della materia e la calca dei mondi " conclude Spencer. "l'anima sfida il suo punto … il sole si affievolisce con l'età …. ma tu illeso in mezzo alla guerra di elementi … " cerco di trovare un senso "e se volesse dirci qualcosa? Il sole si affievolisce con l'età, potrebbe voler dire che ormai è vecchio …. " "l'anima sfida il suo punto …. Il punto del pugnale … qualcuno che ha già sfidato la morte in passato e ora si vuole vendicare" "con tutto il rispetto agente Reid, ma è un luogo comune della maggior parte dei nostri agenti" come al solito non hanno capito. Ma quella frase fa scattare qualcosa nella mia mente "non parlavamo di voi, ma …. E se fosse un ex agente, magari congedato con disonore dopo aver sfidato la morte? Se ora volesse vendicarsi?" gli agenti della Cia mi guardano come se avessi detto una terribile parolaccia. "non ci sono congedati con disonore tra di noi, sia chiaro, dottoressa Kiel" ribatte secca l'agente Coleman "va bene, allora congedato e basta" interviene Spencer prima che possa ribattere "comunque qualcuno vede la Cia come qualcosa di intoccabile … illeso in mezzo alla guerra degli elementi … e ha trovato il modo per sfidarvi" "ma perché proprio l'agente Summers?" chiede il capo "questo non lo sappiamo ancora" ammetto. La bionda sorride "intanto, potremmo avere un elenco di ex agenti, delle persone che hanno lavorato qua e che hanno avuto a che fare con l'agente Summers o con i terroristi mediorientali?" chiedo, ignorandola "ma certo" risponde l'agente Holden "Kyra, Manuel potreste andare a prendere i fascicoli in archivio ?" gli agenti Sanchez e Ramiro si alzano e spariscono. "non è che potrei avere un caffè?" chiedo. La notte pressoché insonne inizia a farsi sentire. "certo, forse ne avremmo bisogno tutti. Venite … " ci portano in un locale che sinceramente non avevo notato. c'è una brocca di caffè sul tavolo e dei bicchieri di carta di lato. Verso un po' di caffè. l'agente Coleman mi passa davanti con una smorfia "ma che cosa le ho fatto?" chiedo all'agente Holden dopo che se n'è andata "niente, non ti preoccupare. Lei è fatta così … e il fatto che siete due geni più giovani di lei non aiuta … " "oh, mi dispiace, agente Holden, se posso fare qualcosa …." "chiamami pure Mark, e per Monique non ti devi preoccupare, le passerà " esco bevendo il caffè. La caffeina mi aiuta a concentrarmi sui problemi più imminenti. "a proposito, avete trovato il corpo della donna?" chiedo tornata alla scrivania "si, per fortuna si. Ma ora non sappiamo dove si trovino i figli. E l'unica persona che lo sapeva si è portata il segreto nella tomba" "e se lo avesse detto ai suoi assassini? Dopo le torture avrebbe potuto cedere … " interviene l'agente Sanchez appena tornata carica di cartelle "no." obbietto convinta "una madre non darebbe mai i figli in mano a degli assassini, a costo di rimetterci la vita" spiego di filato. In quel momento mi suona il cellulare. È un messaggio, da un numero che non conosco. Lo apro e vedo un link, che rimanda a una pagina internet. Lo mostro agli altri "che faccio?" "aspetta … mandiamolo a Garcia e JJ …." Spencer compone il numero e mette il vivavoce "come state piccioncini?" arrossisco "mi spieghi come fai a sapere sempre tutto?" chiedo, punta. "ho appena parlato con Morgan, quello non sarebbe di mantenere un segreto neppure sotto tortura … avete bisogno? " "si. Dovresti seguire un link per noi. È arrivato sul cellulare di Laure qualche secondo fa. Adesso te lo mando" inoltro il messaggio e lo mando a JJ "eccolo, è arrivato. Aspettate che vado a vedere … " segue una pausa. Immagino che la pagina debba caricarsi " … oddio!!!" un tonfo

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Capitolo 3
*** my dad ***


 "cosa è successo?" chiedo spaventata
"Garcia è caduta dalla sedia" spiega JJ, ma ha un tono di voce troppo nervoso "ragazzi, il collegamento rimandava a una serie di siti oltreoceano … "
 "e?"
 " … e alla fine a una cartella multimediale di foto … "
"JJ ,per favore non tenerci sulle spine. Dicci cosa c'era nelle foto" chiede Spencer
"voi due. In piscina … "
 "oh … " rimango a bocca aperta, mentre JJ e Garcia mandano le foto sui computer della Cia. Com'è possibile? Non c'era nessuno, almeno che …. 'mi sento …. Come dire … spiato' aveva detto Spencer la sera prima. E se avesse ragione? Sarebbe solo colpa mia. Non avrei mai dovuto farmi venite quell'idea, stupida e insensata..
 "hai il diritto di fare ciò che vuoi" obbietta Hotch qualche minuto più tardi, dopo aver sentito tutta la storia
 "non è colpa tua" aggiunge Morgan. Poi si rivolge a Emily
 "Garcia è riuscita a risalire alla sorgente della pagina?"
 "si, ma non ci serve a molto. Dice che è partito tutto da Chicago, rimbalzando su centinaia di siti americani ed europei. Ma Chicago è grande, non restringe molto il campo di ricerca"
 "Chicago hai detto?" chiede Spencer, interrompendola mentre ci sediamo intorno alla scrivania, nell'ufficio sopraelevato. Lei annuisce
"si, perché?" e in quel momento presto attenzione anch'io
"io sono di Chicago " rispondo. Mi volto verso il capitano "Hotch, cosa vuol dire?"
 "purtroppo niente di buono"
 driiin!!!driiin!!! "scusate, è mio" Spencer prende il cellulare dalla tasca: un altro link
"ma con le stesse foto. Ehi, Laure sei fotogenica!" Garcia cerca di sdrammatizzare
 "da dove arrivano?" chiede Morgan alzando gli occhi al cielo
 "un momento, tesorini ….. Las Vegas" la città natale di Spencer
 "ma come fa a saperlo?" chiedo sempre più spaventata.
 "calmati" ordina Rossi. Eseguo "non dobbiamo agitarci. È quello che vuole. Kiel, devi rimanere lucida, se vuoi aiutarci … mandate una cartina di Chicago e una di Las Vegas sullo schermo  " appaiono "bene, Garcia, prova a sovrapporle". Le mappe si spostano.
 "cerchiamo un punto in comune" afferma Spencer. "Laure, puoi indicare dove abitavi, dove sei andata a scuola … insomma i luoghi che in un modo o nell'altro sono collegati a te?"
. Faccio un respiro profondo. Un altro. Poi mi alzo e prendo il puntatore per lo schermo.
"Monroe Street, casa mia; Roosevelt High School il liceo che ho frequentato; cotton Tail Park, ci andavo a giocare da bambina;Lyric Opera Of Chicago, dove lavora mio padre; North Western Memorial Hospital ci sono nata e hanno ricoverato mia madre … scusate, ma non mi viene in mente nient'altro" scoppio a piangere senza motivo.
 La mia casa, la mia Chicago. l'unico posto al mondo dove pensavo di essere al sicuro circondata da gente che amo …
"bene, ora tocca a me" Spencer si alza e controlla l'altra mappa. "Harmond Avenue; Desert Rose Resort ;  ristorante Taco Bell e Twain Avenue …. Che altro? "
 "perfetto grazie" l'agente Rossi riprende in mano il discorso "sovrapponete le mappe, per favore … " la cartina a sinistra, sono troppo sconvolta per capire di quale si tratta, diventa trasparente e passa sopra l'altra.
Controllo i puntini rossi e blu: nessuna corrispondenza, però è una sequenza familiare … "triskelion!" esclamo  all'unisono con Spencer.
" … e cioè?" chiede Morgan
 "è un simbolo celtico, forse il più conosciuto. Indica passato, futuro e presente, che si uniscono nel continuo infinito presente … "rispondo
 " … fu usato da San Patrizio per spiegare il concetto della trinità agli irlandesi, sostituendo il simbolo con un trifoglio. Simboleggia l'energia universale … "  conclude Spencer
 "si, questo lo so: ciò che tutto muove … ma cosa c'entra?" s'intromette Morgan.
 "possiamo sovrapporre anche un triskelion alle cartine?" chiedo, finendo di asciugarmi le lacrime.
 "detto fatto" risponde la voce di Garcia dal telefono. E in men che non si dica una tripla spirale appare sullo schermo 
"controlliamo … quanti punti mancano?" chiedo.
Ci mettiamo tutti a far corrispondere i puntini colorati
"c'è un colore per ogni spirale e i rimanenti al centro" riassume il capitano.
 "per completare il disegno mancano almeno altri dieci punti" osserva Emily.
 "e se fosse qualcosa che ha a che fare con ognuno di noi ?" chiedo
"giusto. Perché no? Dopotutto è l'unica cosa che ha senso … l'SI non può essersela presa solo con Kiel e Reid, non hanno niente in comune, nessuno che potrebbe avercela con entrambi … " grazie a JJ recuperiamo le mappe delle città natali di tutta la squadra: Long Island a New York, Medio Oriente, Boston, San Diego, Pittsburgh, Londra.
"niente. Tutti i nostri punti non rientrano nella spirale" commenta Rossi, amareggiato "e ora cosa facciamo? Se gli altri punti non esistessero?" si rivolge verso Spencer
"impossibile. Se ha deciso di usare questo simbolo dev'essere riuscito a riempirlo, o avrebbe trovato qualcos'altro"
 "insomma … è strano … " sentiamo JJ ragionare ad alta voce da Quantico "chi può avercela con voi, riuscire a spiarvi, conoscere tutti i vostri movimenti, i vostri contatti e sapere dove avete passato l'infanzia? Le probabilità sono bassissime … meno di uno su un milione"
 "0,86 su un milione" rispondo senza pensarci.
 Emily mi tira una ciocca di capelli, poi fa lo stesso con Spencer
 "mmh … e l'interruttore dov' è?" chiede ridendo.
Provo a unirmi alla sua risata, ma dalle labbra esce soltanto una smorfia.
"avete ragione" Hotchner cerca di riportare un po' d'ordine "non può essere un caso dell'Fbi, perché ne avete seguito solo uno insieme, e la colpevole è in carcere … non può essere qualcuno che avete conosciuto, perché non vi siete mai incontrati prima di qualche settimana fa … e non può essere una persona qualunque perché sa troppe cose … " nel mio cervello scatta qualcosa
 "hai detto non una persona qualunque?" chiedo
"si, perché?" capisce anche Morgan
 "si!" allunga un pugno verso di me. Ci faccio scontrare il mio.
"Laure?" chiede Spencer
 "non vi siete accorti che siamo nella base della Cia. Qui tutti sanno tutto di tutti, non dev'essere difficile trovare due fascicoli … " spiego
 "ma perché?" chiede Garcia.
 "questo non lo so" ammette Morgan "ma è già qualcosa".
"dite che negli archivi della Cia ci siamo anche noi?" chiede Spencer curioso
 "non ci resta che controllare" risponde il capitano alzandosi.
Gli archivi segreti della Cia sono un bunker nel terreno, sotto gli uffici. Per entrare bisogna seguire una trafila interminabile, tra guardie armate e controlli di documenti, body scanner e raggi X.
 Ma alla fine riusciamo a entrare. È uno stanzone pieno di scaffali umidi. Su ogni scaffale centinaia di scatoloni bianchi e beige, con strane etichette. Arriviamo alla sezione dedicata all'Fbi.
Troviamo lo scatolone con i documenti della BAU e lo portiamo di sopra.
"tra un'ora deve tornare qua" minaccia la guardia all'entrata.
Il capitano lo rassicura ed entriamo nell'ascensore. Morgan posa la scatola sul tavolo del nostro ufficio e lo apre. Tira fuori dei fascicoli rosa sbiadito e ce li passa.
 Troviamo i nostri incartamenti senza troppi problemi.
"ehi, che bella foto Kiel!" esclama Morgan aprendo il mio fascicolo
 "non si può dire lo stesso della tua!" lo rimbecca Emily, mostrandogliela. Lui fa una smorfia.
 "mettila via!" esclama fingendo di arrossire.
 Mi passano il mio fascicolo.
LAUREN MARIANNE KIEL, CHICAGO, ILLINOIS, USA, 1 NOVEMBRE 1986.
Lauren Marianne, oddio! Non mi chiamavano più così da quando andavo a scuola. Odiavo l'appello: io sono Laure e basta! Apro la cartelletta. Sotto varie foto che non mi va di guardare ci sono le copie degli attestati di diploma e laurea, le sintesi dei dottorati, l'ammissione in polizia e  i documenti dell'Fbi. In un'altra sezione ci sono le informazioni dei miei genitori. Chiudo il fascicolo di scatto arrivata alla parte riguardante mia madre.
Passo tutto a Emily, di fianco a me. Mi arrivano le schede di tutti gli altri.
 DEREK MORGAN, SAN DIEGO , CALIFORNIA, USA, 23 MAGGIO 1980;
DAVID PIETRO ROSSI, LONG ISLAND, New YORK, New YORK, 9 SETTEMBRE 1976;
AARON HOTCHNER, BOSTON, MASSACHUSSETS, USA, 15 GIUGNO 1975;
JENNIFER JAREAU, PITTSBURGH, PENNSYLVANIA, USA , 18 FEBBRAIO 1982;
EMILY PRENTISS, LARNACA, CIPRO, 27 LUGLIO 1980;
PENELOPE SANDRA GARCIA, LONDRA, INGHILTERRA, REGNO UNITO, 10 GENNAIO 1978;
 e infine SPENCER REID, LAS VEGAS, NEVADA, USA, 22 OTTOBRE 1984.
"carino … " commento guardando la foto.
 "non è vero, Reid, è orribile" ribatte Morgan. Si avvicina Emily
"io concordo con lei. Bella foto!"e ha ragione. Non solo perché sono di parte: è davvero una bella foto. Forse la più recente di quelle che ho visto, con la luce giusta, angolazione perfetta … insomma: la mia risale al liceo ed è la foto del diploma, nessuno viene bene con quelle ridicole tonache. La madre è una bellissima donna, con un bel portamento. Così come la madre di JJ era perfetta, secondo me.
 "tempo scaduto!" annuncia il capitano "sarà meglio riportare tutta questa roba di sotto" lui e Morgan rimettono le carte nello scatolone, poi lo portano in archivio.
"bene, e ora occupiamoci dei nostri problemi. La Cia mi ha appena comunicato che sono grati per il nostro aiuto, che abbiamo fatto abbastanza" apro la bocca per ribattere, ma Hotchner alza una mano per fermarmi "aspetta, fammi finire. Grazie all'appello di JJ al telegiornale, i figli del terrorista hanno rintracciato gli agenti della Cia e sono  stati portati in salvo. Il direttore è spiacente per quello che è accaduto, ma ci ha invitato a tornare a Quantico. Con una certa insistenza a dire il vero "
 "e l'assassino dell'agente Summers?" chiedo
 "lo troveranno loro. Non posso dargli torto, e poi abbiamo un problema più grave" annuisco. Qualche ora più tardi siamo sul jet, destinazione casa.
"so che è una situazione difficile, ma dovete stare calmi" dice il capitano dopo l'ennesima partita a carte "la cosa migliore sarebbe farvi rimanere alla base. Ma dobbiamo pensare anche alle vostre famiglie, dobbiamo proteggere anche loro. E ,infine ma non come importanza, bisogna finire di comporre quel simbolo celtico che avete detto voi, il triskelion"
 "come facciamo a pensare alle nostre famiglie se non possiamo lasciare il quartier generale?" chiede Spencer.
 "sarai anche un genio, ma ti perdi in un bicchier d'acqua … " commenta Morgan
"perché tu hai un'idea?" ribatte lui
"no, ma il genio sei tu"
"ce l'ho io l'idea" interviene il capitano, prima che si mettano a litigare "chiedete ai vostri genitori se hanno voglia di farvi una visita. Accetteranno sicuramente. Gli facciamo passare la giornata alla base, saranno entusiasti di seguire il vostro lavoro; e la sera rincaseranno con voi, in un luogo che vi diremo noi" aggiunge anticipando l'ovvia domanda "l'ideale sarebbe riuscire a farli parlare un po', in modo da scoprire se avete qualcosa in comune" sarà difficile, convincere mio padre a rimanere tutto il giorno al chiuso, soprattutto con persone che non conosce né rispetta … ma tanto vale provarci, non si sa mai.
"fateli arrivare a Quantico il più presto possibile. Reid, l'autorizzazione per la clinica te la faccio io. Beh, buona fortuna" conclude Hotchner quando scendiamo dall'aereo, dopo poco più di venti minuti. Appena entro in ufficio , Garcia mi stritola in un abbraccio
"mi siete mancati tantissimo!!!" poi si allontana e mi guarda storto "e la prossima volta che ti metti con qualcuno voglio essere la prima a saperlo, intesi?" chiede con finto fare minaccioso. Sorrido
"allora spero dovrai aspettare parecchio, forse per sempre" rispondo
"mi sembra un ottimo programma" commenta Spencer abbracciandomi da dietro.
"vedi di non fare così quando ci sarà qui mio padre" lo avverto
"ah, e perché no?"
 "beh, l'ultima vota che l'ho sentito, subito dopo il trasloco, stava per partire per la Russia e mi ha avvertito di non fargli trovare sorprese al suo ritorno" rido.
 Mi bacia sulla gola e Garcia applaude. Arrossisco e abbasso la testa. Per fortuna JJ se ne accorge
"bene..." la spinge via "lo spettacolo è finito, torna in laboratorio … "
 Garcia sorride e se ne va, girandosi indietro ogni tanto per guardarci.
"certo che abbracciati così formate proprio un bel quadretto!" commenta JJ
" … ci manca solo un bel bambino" Morgan deve sempre rovinare tutto.
Gli tiro una gomitata mentre cerca di scappare, ma sono imprigionata dalle braccia di Spencer. Cerco di liberarmi
 "te ne pentiresti" osserva. Alzo gli occhi al cielo.
"chiamo mio padre. Non credo che i miei fratelli corrano pericolo, sono al college in Canada, e poi il capitano ha parlato solo dei genitori … " mi avvicino alla scrivania per comporre il numero.
Gioco con il cavo dell'apparecchio mentre aspetto che qualcuno risponda
"pronto?"
 "papà, ciao, sono io"
 "oh, Laure che piacere sentirti. Hai colto il tempismo giusto, sono appena rientrato in casa. Volevi dirmi qualcosa?"
 "volevo solo chiederti se ti piacerebbe venire a Quantico per un po'. Mi farebbe piacere passare del tempo con te. Ultimamente non abbiamo avuto molto tempo per parlare, e sarebbe carino se conoscessi il mio … il mio lavoro … "
 "ma certo che mi farebbe piacere! Rimando un paio di appuntamenti e domani sarò da te. c'è posto a casa tua o devo prenotare in albergo?"
 "no, non ti preoccupare, c'è posto. c'è sempre posto per te. Sarai entusiasta di conoscere i miei colleghi"
 "davvero? Beh, allora ci vediamo" riattacca.
 Lo immagino sorridente, in corridoio o sul divano. Pronto a raccontare ai suoi colleghi che va a trovare la figlia, agente dell'Fbi. Ho sempre disapprovato quel lato pomposo del suo carattere, ma fa parte di lui e gli voglio bene così com'è. Poso la cornetta e sento Spencer parlare con la madre. Il capitano gli farà avere 'un'autorizzazione per la clinica' chissà a cosa si riferiva …
 "certo mamma, ti aspetto. Un bacio. ciao" riappende. "tutto sistemato. Arriva domani in mattinata. Ah, Laure, Hotch mi ha dato le chiavi dei nostri appartamenti … tieni" mi passa un mazzo di chiavi. "non è lontano da qui. Ci passa anche l'autobus" scherza scrivendo l'indirizzo su un foglietto. Me lo passa  e lo metto in tasca.
Scendo alla seconda fermata e entro nel portone. Un bel palazzo residenziale, lontano dalle arterie principali e perciò più tranquillo.
Entro e salgo al terzo piano. Ci sono solo due porte. Chi sarà il mio vicino? Entro e cerco il tasto per accendere la luce. Lo trovo dopo essere andata a sbattere solo due volte, senza neanche farmi male.  Esploro la nuova casa: dovrò fingere di viverci da più di due settimane e devo essere credibile. Due camere, un bagno, cucina con ripostiglio e soggiorno. Il tutto già arredato . l'Fbi sa il fatto suo.
Sento movimento all'esterno e controllo dallo spioncino, pronta a osservare il vicino sconosciuto. E invece dall'ascensore spunta Spencer. Apro la porta
"dovevo aspettarmelo" borbotto quando mi vede
"eh già" ride, aprendo la porta
"così non dovrai neanche prendere l'autobus" rientro in casa e sposto un po' di cose, per dargli il mio tocco personale.  Che parolona! Metto un po' in disordine per far credere a papà che è casa mia, poi vado a dormire.
 Il campanello della porta mi sveglia alle sette. Strano: non ero abituata ad avere un campanello, né tanto meno a ricevere visite di prima mattina. Vado ad aprire mezzo imbambolata, con addosso solo la vestaglia sopra alla biancheria intima
 "buongiorno, bellissima!"
 "ciao Spencer" rispondo con uno sbadiglio. Mi sposto per farlo entrare.
"colazione!" esclama alzando un sacchetto di carta.
 Deja-vu. Rido.
 "che c'è ? Ho detto qualcosa di divertente?"
 "devo ricordarti che l'ultima volta che ti sei presentato a casa mia con dei sacchetti di carta ci siamo baciati?"
"come vuoi … " mi bacia finché non oppongo più resistenza e mi siedo sul divano. È diventato troppo facile. E mi piace.
Riprendo fiato proprio mentre suona di nuovo il campanello. Balzo in piedi
"questo è mio padre!! e … "
" …. E non è il caso che mi faccia trovare qui, giusto?" conclude con una smorfia.
 Corro in cucina e metto del caffè solubile in una ciotolina. Poi gliela piazzo in mano.
"stai qui, vado ad aprire. ". Corro alla porta e mi controllo allo specchio.
Nulla fuori posto , se non le guance rosse. Ma per quello non posso fare niente
 "ciao, papà!"
"Laure!!" mi abbraccia "come sei cresciuta!"
"papà, non ci vediamo solo da due settimane" faccio notare. Lui alza le spalle a mo' di scusa e porta dentro la valigia. Esplora un po' la casa, arrivando in cucina
"e questo chi è ?" chiede sottovoce non appena lo raggiungo.
 "ehm … papà, lui è il mio vicino di casa, aveva finito il caffè, così … " papà tende la mano
"Pietr Rovok Kiel"
"Spencer Reid, molto piacere … grazie del caffè e buona giornata" approfitta della confusione per uscire
 "giovane" commenta papà quando Spencer esce. Poi ci pensa su un attimo "e tu ti fai vedere così da un vicino di casa?" chiede alludendo ai miei vestiti
"non è uno sconosciuto … lavora con me" ammetto dato che non trovo una scusa migliore "mi vede tutti i giorni, non mi sembra un problema … " cerco di recuperare, e per fortuna lui ci casca.
"allora oggi vengo al lavoro con te?" chiede, entusiasta.
 "e già … vedrai, ti piacerà"
 "nel pomeriggio mi porti in giro?" aggiunge speranzoso
"no, papà mi dispiace, ma devo lavorare tutto il giorno … un'altra volta, ok?" sorride e gli preparo la colazione. Poi vado a vestirmi.
 "pronto? Andiamo?"
 "si, certo … hai la macchina?"
"non ho ancora avuto il tempo di comprarne una … da quando sono qua ho visto solo la casa e l'ufficio, ma va bene così … e poi non è tanto lontano, possiamo fare una passeggiata" così vedrà la città e non mi chiederà di portarlo in giro.
 "fa caldo qui" si lamenta a metà strada
"no, è da noi che fa freddo" ribatto "ok … va bene, fa caldo" ammetto per evitare discussioni.
Per lui tutto ruota intorno a Chicago, parametro di misura di ogni cosa, in ogni parte del mondo. Incredibile. Di strette vedute, diceva sempre la nonna. I miei nonni parlavano poco, ma facevano sempre dei discorsi con inizio e fine, a differenza di molte persone che conosco e che si credono più intelligenti.
 "di qua. Siamo arrivati"  entriamo alla base dell'Fbi.
 Le guardie fermano papà e dopo avergli controllato i documenti gli chiedono l'autografo. Gli svantaggi di avere come padre un famoso direttore d'orchestra. Fortunatamente la lirica è meno seguita di un tempo, di quando sono nata io per esempio.
"lavori qua sotto?" chiede allibito quando premo il tasto del seminterrato
 "si, perché? Non è mica un bunker" lui lascia perdere. Mi avvicino alle scrivanie.
 "aspetta qui. In questo preciso punto, intesi?" lui si siede, con una faccia angelica che ingannerebbe chiunque, ma non sua figlia. Vado a prendere del caffè.
 "ciao Laure!"
 "oh, JJ ciao. Mi passeresti un bicchiere?"
 "ecco … " ringrazio e prendo la caraffa con l'acqua calda.
"ecco perché sei così magra … troppo caffè!"
 "papà ! Non ti avevo detto di rimanere di la?"
 "e dai! Non faccio certo danni!" alzo gli occhi al cielo
 "Aiuta a bruciare i grassi, accelera il metabolismo, spegne la fame e contiene pochissime calorie" 
Interviene Spencerdalla porta. Fantastico! Mio padre e il mio fidanzato si coalizzano contro di me! Questa mi mancava
"tu bevi più caffè di me"
 "ecco, vedi Spencer che non sono l'unica a dirti che sei troppo magro!" si aggiunge alla compagnia una donna anziana, dall'aria gentile e materna
"mamma non ti ci mettere anche tu!" esclama Spencer esasperato.
"riunione di famiglia, ho capito, tolgo il disturbo" sussurra JJ sgattaiolando via.
 "mamma, lei è Laure Kiel, una mia collega. E quel signore è suo padre" mi stringe la mano "Jennifer Reid, piacere di conoscerti cara. Tu devi essere la ragazza che tanto piace a mio figlio … " sorrido , preoccupata, ma mio padre sembra tutto occupato con il capitano Hotchner, appena sopraggiunto.
 "mamma, per favore …. " la riprende Spencer
"oh, adesso non si può fare neanche un'osservazione.. " borbotta lei uscendo.
"ne parlate dopo. Adesso andate di la, che dobbiamo lavorare." Hotchner mette fine al battibecco.
Torno alle scrivanie, prendo una sedia e mi metto di fianco a Emily
 "ho mandato i vostri genitori con JJ alle pubbliche relazioni, si divertiranno" inizia il capitano quando siamo tutti seduti. "ho fatto stampare una copia dei nostri famosi puntini per ognuno di voi, ecco … " le consegna "così possiamo lavorarci sopra. Cerchiamo tutto ciò che possa completare la spirale, e che abbia a che fare con loro due …" mi suona il telefono

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Capitolo 4
*** aquia harbour ***


"scusate" apro il messaggio "Città irreale,  Sotto la nebbia bruna di un'alba d'inverno,  Una gran folla fluiva sopra il London Bridge, così tanta,  Ch'io non avrei mai creduto che morte tanta n'avesse disfatta. Sospiri, brevi e infrequenti, se ne esalavano,  E ognuno procedeva con gli occhi fissi ai piedi. " "che c'è?" chiede Emily vedendomi sbiancare. Le mostro il telefono. Alla fine del messaggio c'è un altro collegamento. "Hotch, un altro messaggio" controlla il collegamento sul computer. Dopo una serie di re indirizzamenti si apre una cartella di foto. "oddio!" mi metto una mano sulla bocca per non urlare. Ci sono alcune foto della mia famiglia. "dove siete?" chiede Rossi, riprendendo in mano il simbolo celtico del giorno prima. Osservo meglio e cerco di ricordare "sono vecchie … c'è ancora la mamma, e Nathan ora è molto più grande … la prima è di quando andavo alle elementari, siamo in campeggio" la seconda foto ci ritrae mentre facciamo il bagno al mare "questa è stata scattata in Europa, in Francia, forse dieci anni fa … l'altra … " mi passo una mano nei capelli cercando di mettere a fuoco la situazione "in Russia, dai nonni … e l'ultima è recente, forse dopo la mia laurea" "forse?" "Rossi, mi dispiace, non me lo ricordo … però è la più recente … siamo solo io e papà. I miei fratelli sono partiti per il college quattro anni fa, la mamma ci ha lasciato tre anni fa, e io mi sono laureata solo l'anno scorso … quindi dev'essere recente … " "ok, non importa" interviene il capitano "dove tenevi queste foto? Nel computer, in un album?" ci penso "no, io non ho nessuna di queste foto. Ho portato solo qualche ritratto ,ma nessuno con tutta la famiglia. Sono tutte a Chicago … no … " esclamo in un sussurro "chi c'è a Chicago?" chiede Morgan metodico "la nonna" rispondo "papà è appena tornato dalla Russia" "come si chiama tua nonna?" "Marianne Law da sposata. Da ragazza non so come si chiamasse" Emily si mette al computer per controllare se hanno sporto denuncia. Nessun risultato. "e il messaggio, ti dice qualcosa?" lo rileggo, incapace di ragionare "è una poesia, si mi ricorda qualcosa, ma non saprei dirti cosa … è di T.S. Eliot, LA Terra Desolata … " "l'hai letto?" "e cosa non ha letto?" chiede Emily sarcastica. "ci penserò … proverò a chiedere a papà … si lo so , con discrezione …. Poi vi faccio sapere … " driiin!driiin! Squilla il telefono di Spencer. "La tenda del fiume è rotta: le ultime dita delle foglie  S'afferrano e affondano dentro la riva umida. Il vento  Incrocia non udito sulla terra bruna. Le ninfe son partite.  Dolce Tamigi, scorri lievemente, finché non abbia finito il mio Canto " il collegamento sottostante porta a un'altra cartella con le foto di Spencer e della madre "è un altro pezzo della stessa poesia" osservo "continua con Il fiume non trascina bottiglie vuote, carte da sandwich,  Fazzoletti di seta, scatole di cartone, cicche di sigarette  O altre testimonianze delle notti estive. Le ninfe son partite.  E i loro amici, eredi bighelloni di direttori di banca della City;  Partiti, e non hanno lasciato indirizzo.  Presso le acque dei Lemano mi sedetti e piansi... Ma cosa c'entra?" ovviamente nessuno riesce a dare risposta a questo "va, bene. Dieci minuti di pausa. Andate a parlare con i vostri genitori, vediamo se loro sanno qualcosa, ma mi raccomando, con discrezione … " mi alzo e vado all'ufficio delle pubbliche relazioni. La madre di Spencer e mio padre chiacchierano allegramente mentre JJ parla al telefono "andiamo a pranzo?" propongo "certo Laure cara. Arrivo " mio padre si alza e mi segue. Davanti a un toast caldo cerco di carpirgli informazioni "oggi mi è venuta in mente una poesia di Eliot, ma non capisco il perché … " "sentiamo, che poesia è?" "la terra desolata: città irreale sotto la nebbia bruna di un'alba d'inverno … " "oh si, me la ricordo. Te la leggevamo da piccola. Secondo tua madre aiutava a sviluppare il cervello. Era una sciocchezza, ma sei un genio, forse è merito anche di quello … " ah, ecco perché era così familiare "ok, grazie" finiamo di mangiare e torno in ufficio. "ho trovato perché la poesia mi sembrava familiare … " inizio appena entrata. "anch'io!" sopraggiunge Spencer "me la leggevano da piccola" "anche a me! Mia mamma credeva avesse un effetto rilassante" "rilassante?" interviene Morgan "a me da piccolo leggevano le favole : cenerentola, Biancaneve e i sette nani … avete presente?" già, in effetti può risultare strano … "bene, fantastico! Una tessera del puzzle in più … il nostro SI sa anche che libri leggevate da piccoli. Ma come fa?" chiede JJ. Tutti scuotono la testa. "scusa Hotch … " inizia Spencer "hai detto che la Cia non aveva più bisogno di noi, ma non è che ci hanno mandato a casa per un altro motivo?" "è vero!" interviene Morgan "hanno iniziato a ringraziarci del lavoro quando abbiamo controllato i nostri fascicoli …." "in effetti … " risponde il capitano cercando di essere diplomatico "la nostra idea era che alla Cia ci fosse una spia, qualcuno che poteva avere accesso ai database, e se la talpa c'è davvero potrebbe aver fatto in modo che ce ne andassimo" "si!" Morgan batte un pugno sul tavolo, contento di aver ragione. Ci penso su "ma se abbiamo a che fare con una talpa della Cia sarà impossibile sfuggirgli" osservo "tu devi sempre rovinare tutto?" chiede Morgan, con la mano sospesa a mezz'aria "staremo attenti. E dobbiamo anche scoprire perché se la sono presa proprio con voi due. Credo che la cosa migliore sia fare finta di niente e indagare in segreto. Se c'è una talpa dobbiamo stare attenti. JJ, tra i casi che ti sono arrivati ce n'è uno che ci permetta di rimanere a Quantico?" lei controlla su una lista. È impressionante quante persone si rivolgano all'Fbi per casi di sparizione "a dir la verità si … Aquia Harbour, Fredericksburg … " "oh, si. È una città di 7,8 miglia quadrate nella contea di Stafford, 13 miglia a nord da Fredericksburg " completo senza pensarci. Era su una delle cartine che avevo controllato prima di trasferirmi. "oh" Emily rimane a bocca aperta, mentre JJ, evidentemente abituata a cose del genere, prosegue "15 ragazze sotto i trent'anni stuprate in un mese, praticamente una ogni due giorni. Per fortuna nessun morto … " fortuna mica tanto "ma è terribile … chi potrebbe voler fare una cosa del genere?" chiedo, orripilata. Probabilmente non mi abituerò mai. "già … è terribile. Vediamo di mettere fine a questa storia. Pronti a partire? Portate anche i genitori". vado nell'altra stanza "papà, andiamo?" lui mi guarda sorpreso "e dove?" "dobbiamo seguire un caso , qui vicino. Puoi venire se vuoi" "ma certo che vengo. È un'occasione in più per stare con te." sorrido, preparando la borsa. Torniamo di là, dove il capitano ha già iniziato a dare indicazioni per la partenza. "bene, Kiel, Morgan e Reid in una macchina; Rossi con me e il signor Kiel; gli altri con Emily. Forza, andiamo" mi avvicino a Morgan "tu sai guidare?" mi chiede "certo. Perché?" "perfetto, allora guidi tu. Io devo tormentare Reid" mi lancia le chiavi. Vedo mio padre seguire il capitano sorridendo. Wow, ha già fatto amicizia. Saliamo in macchina e metto in moto. Gli altri due sono seduti dietro. "prima di dire qualunque cosa" avverto Morgan "ricordati che sto guidando io". Lui sorride, beffardo. "va bene, va bene … ma mi dovete spiegare una cosa" "cosa?" chiede Spencer. "anzi, più di una cosa. Intanto, com'è possibile essere riusciti a mettere due geni nello stesso ufficio" "devi chiedere a Hotch" lo interrompo . "chiederò, non ti preoccupare …. Secondo per te Reid: non hai mai degnato di uno sguardo una donna e adesso ti metti con una delle più belle ragazze del dipartimento? " mormoro qualcosa, in protesta ma nessuno mi sta a sentire "Morgan, queste sono questioni private … e comunque non credo proprio che Laure sarebbe uscita con te" lo rimbecca Spencer. Li sento borbottare per il resto del viaggio, ma lascio perdere e mi concentro sulla guida. "ehi, siamo arrivati!" annuncio dopo venti minuti. Ventitré per essere precisi. Nel frattempo arrivano anche gli altri. Entriamo al dipartimento di polizia e ci viene incontro un giovane ufficiale. "benvenuti. Agente speciale Londini, al vostro servizio, signore" pare il classico dongiovanni di paese "grazie. Io sono il capitano Hotchner e loro sono gli agenti speciali Morgan, Prentiss, Jareau, Rossi e i dottori Kiel e Reid." ci saluta tutti con un cenno del capo. "siamo felici che siate venuti. Ormai la situazione è diventata insostenibile, e non sappiamo che pesci pigliare" prosegue l'ufficiale. Si sposta scoprendo una lavagna trasparente coperta da quindici fotografie di ragazza giovanissime, more e sorridenti. Al centro un grande punto di domanda. "è tutto vostro, mi dispiace … oh, auguri signora!" esclama passando davanti a JJ. Lei ringrazia e si siede. Mi accomodo sul divanetto di fianco a lei. "tra i venti e i trent'anni, more e belle, di razza europea … e lavoratrici a tempo pieno. Le aspetta quando escono dal posto di lavoro" riassume Rossi cancellando il punto di domanda. "dove lavorano?" chiedo. Mi passano un fascicolo "qualcuno può scriverlo?... Grazie Spencer … azienda plastica OrTiS; ristorante da Luis … " continuo a leggere, quando mi salta all'occhio una cosa "sono tutti posti in fuori, verso nord" uno degli ultimi è a Midway Island, vicino al confine con Prince William County "sembra si sposti sempre più verso nord … " osserva Spencer " di qualche miglio più in su ogni volta … forse vuole arrivare da qualche parte" "ma dove?" chiede Rossi controllando una cartina "beh, se cambia contea ha meno probabilità di essere preso, se non intervengono i federali" "ma siamo già intervenuti anche se l'SI non lo sa … ma perché non spostarsi direttamente in un'altra contea invece di seminare vittime lungo il percorso?" "secondo me, e secondo quello che ho letto, deve avere un qualche disturbo che lo porta a compiere i reati. Nessun uomo sano di mente violenterebbe quindici innocenti in un mese, neanche se volesse vendicare qualcuno … " risponde Spencer " … giusto. Se lo facesse per interesse personale aspetterebbe di sparire dai notiziari prima di fare un'altra vittima, perché in cerca di gloria personale … dev'essere malato per forza" concludo "il che lo rende più pericoloso e soprattutto incontrollabile" Rossi tira le fila scrivendo sulla lavagna le ultime informazioni "credete sia possibile riparlare con le vittime?" chiede JJ "so quanto possa essere difficile per loro, ma nei rapporti della polizia ci sono un sacco di buchi, forse negligenza, ma vorrei controllare" "scusate … " interviene mio padre, leggendo sopra le spalle di JJ. Scuoto la testa. " … ecco io avevo pensato che … forse … se c'entrasse con l'ispezione sanitaria?" "con cosa? E perché? " chiede Morgan "beh … in questi giorni nella contea ci sono le ispezioni sanitarie di stabilimenti, ristoranti, ospedali … l'ho sentito alla radio … se non sbaglio il percorso è all'incirca quello seguito dal vostro maniaco … " "ogni opzione resta aperta. Grazie dell'aiuto signor Kiel … Prentiss, Morgan, chiamata le prime cinque vittime, dobbiamo interrogarle." a un cenno del capitano Emily e Morgan si alzano ed escono "Kiel, Reid, preparate un profilo dell'SI da sottoporre alle ragazze". Si avvicina mio padre "posso rimanere qua con voi?" "si a patto che ci lasci lavorare e non fai domande". Lui annuisce e si siede zitto zitto. "bene, iniziamo … " Spencer cancella un lato della lavagna, spostando le foto. "abbiamo detto malato e probabilmente in fuga … " lo scrive "aggredisce solo ragazze giovani e senza possibilità di difendersi, vuole andare sul sicuro, senza lasciare niente al caso … " "programmatore, calcolatore … inoltre persone del genere aggrediscono donne di classi sociali vicine alle loro e di età simile alla loro … " "quindi maschio bianco, tra i venti e i trent'anni, lavoratore stabile, classe media?" riassumo. "perfetto" scrive anche questo "sa che se cambia contea sarà più difficile da rintracciare, perciò non può essere un novellino … forse qualcuno con dei precedenti … " "violenta le donne per sentirsi superiore, deve aver subito qualche sopruso da piccolo, forse dai compagni di scuola … " "forse dalla famiglia. Magari prestavano più attenzione al fratello o alla sorella" "giusto. E conosce bene la zona, le industrie e i locali, quindi dev'essere uno del luogo, o avrebbe iniziato da qualche altra parte … vediamo cosa dicono gli archivi" propongo prendendo il computer dalla borsa. Entro nel sito dell'anagrafe di Aquia Harbour … "bene, ora vediamo: nati tra il 1980 e il 1990, residenti ad oggi della stessa fascia d'età … maschi bianchi … lavoratori stabili … pregiudicati … " e mano a mano la lista si restringe. Dopotutto la città ha solo 7856 abitanti, la maggior parte abita qui da generazioni. Mentre aspetto che il computer carichi le informazioni tamburello con le dita sulla scrivania "nervosa?" chiede Spencer avvicinandosi. Controllo alle mie spalle: papà se ne è andato, forse aveva fame. Lo abbraccio "c'è qualcuno la fuori che sa tutto di me, compreso dove abito e che cosa mi piace leggere, come faccio a stare tranquilla?". Si allontana sentendo arrivare qualcuno. Papà è tornato, mangiando un panino "scusate, volevo aspettarvi, ma avevo fame … " "non importa, noi mangiamo dopo" mi affretto a rispondere. Intanto sul computer è apparsa una schermata con dieci nomi "sono ancora troppi" mormoro"non possiamo controllarli tutti" "proviamo a restringere di più il campo … cerca le denunce per malattie mentali, stalking e cose del genere … " digito "DENUNCIE-STALKING" nell'apposito campo di ricerca e premo invio. Dopo qualche secondo appaiono cinque nomi. "così va meglio. Aspetta che stampo la lista" lancio la stampa e vado nell'ufficio accanto a prendere il foglio. "faccio fare le fotocopie … intanto andiamo a mangiare" propone Spencer "molto volentieri … papà, vai di la da JJ e dalle una mano con le pratiche. Ok?" usciamo, cercando un bar "hai intenzione di dirglielo a tuo padre, prima o poi?" chiede dopo un po'. Non ho bisogno di chiedere a cosa si riferisce "si, certo che si. Ma devo aspettare il momento giusto. Lo vedi anche tu, quando è con me si comporta come un bambino. E con i miei fratelli è ancora peggio. Non so se abbia paura di perderci o che cosa, ma andrebbe su tutte le furie se di punto in bianco gli dicessi 'papà, lui è il mio fidanzato', capisci?" "si, certo. È normale. d'altronde, scusa la critica … ma secondo me hai paura di affrontarlo" dice, cauto. Ma per me non è una critica, soltanto un'osservazione della realtà da un altro punto di vista "lo so" ammetto "anche quando ero piccola. Lui urlava perché avevo combinato qualcosa e io mi nascondevo in camera, sotto il letto. Ho sempre avuto paura della sua reazione, pensavo non ci fosse niente che giustificasse una simile reazione e non gli ho detto un sacco di cose, soprattutto negli ultimi anni … sarebbe il caso di recuperare, ma so che se non fosse d’accordo mi nasconderei ancora sotto il letto" "non ti preoccupare, devi aspettare fino a quando non ti sentirai pronta … " "ma io voglio che lo sappia!" obbietto arrabbiata, più verso me stessa che altro "non ho mai tenuto così tanto a qualcosa, non ho mai avuto voglia di raccontargli qualcosa come adesso … ho solo paura della sua reazione, disapproverà di sicuro … " "anche se non è d’accordo capirà. È la tua vita!" "sarà … entriamo qua?" chiedo indicando un piccolo bar sul ciglio della strada. Ci sediamo a un tavolo e ordiniamo. La cameriera, una donna alta e possente, con due braccia robuste ma dal viso amichevole ci riconosce subito "voi siete quelli dell'Fbi?" chiede curiosa scrutandoci "si, siamo noi, signora. Si vede tanto?" domanda Spencer "vede, da queste parti ci conosciamo tutti e quando arrivano dei forestieri ce ne accorgiamo subito" "senta … " mi viene in mente una cosa. Quella donna sembra essere gli occhi e la bocca del paese "non è che avete visto qualche altro forestiero, oltre a noi?" "no, signorina … siete i primi visitatori da quando quelle povere ragazze … " "ok, ma magari qualcuno del posto si è allontanato? Ci pensi bene, è importante" "questo si … un giovane, figlio di buona famiglia, bravo studente … beh, non lo vede nessuno da una settimana … ma i genitori non hanno fatto denuncia, perché il ragazzo è maggiorenne e ha lasciato una lettera in cui spiegava di voler iniziare una vita tutta sua …" risponde in un bisbiglio. "come si chiama?" la signora ci pensa un attimo "se è per fare del bene …. Andrew Derrick, la famiglia abita a Washington Street" "grazie, signora, è stata di grande aiuto" paghiamo e usciamo "pensi sia lui?" chiede Spencer mentre torniamo in ufficio "non lo so. Vediamo chi è e se rientra nel profilo ed è sulla lista, io proporrei una visita ai genitori" "ottima idea, dottoressa Kiel" rido, aprendo la porta del dipartimento. Ci viene incontro l'agente speciale Londini. "ben tornati. Sono già tutti di la, stanno per arrivare le ragazze" raggiungiamo la squadra "abbiamo dei sospettati, ma uno più sicuro degli altri" controllo la lista e infatti figura il nome di quel ragazzo. Altro che bravo ragazzo e ottimo studente: espulso da due università, precedenti per piccoli furti e spaccio di droga, le autorità lo conoscono bene. "si chiama Andrew Derrick, scappato settimana scorsa. Ha dei piccoli precedenti e corrisponde al profilo dell'SI" mostro la lista "stanno arrivando le prime vittime, chi ci parla?" chiede il capitano. "forse è meglio se andiamo noi" propone Emily "con delle donne potrebbero sentirsi più a loro agio. Laure, vieni anche tu?" annuisco, raggruppando qualche foglio. In realtà sono terrorizzata. Spero parli solo lei. Sentiamo arrivare la prima ragazza. Si siede al di là del vetro e aspetta. Si tortura le mani, poi scoppia a piangere, in ricordo di chissà cosa. Entriamo "buongiorno" saluto. Emily tende la mano alla ragazza "Agente speciale Emily Prentiss, lei è la dottoressa Laure Kiel" "piacere … so perché mi avete chiamato … voglio anch'io che lo prendiate, ma ora mi va solo di dimenticare … mi dispiace … ma se avete letto i verbali" "Andrew Derrick lo conosci?" "Sii, certo. Qui lo conoscono tutti, lui e la sua banda … scusate … posso andare .. " "ma certo, vai pure." si alza ed esce un po' traballante "la sua banda?" chiedo quando si richiude la porta. "mmh … già, non ce ne aveva parlato nessuno … aspettiamo la prossima". La seconda ragazza arriva a distanza di dieci minuti, troppo poco per farmi riprendere dal primo shock. "salve" "ciao" è più giovane dell'altra, ma sembra più forte. Perlomeno non piange "so quanto sia dura per te, ma abbiamo bisogno di sapere .. Quando te la senti … potresti raccontarci quello che hai detto agli agenti?" la ragazza deglutisce e prende fiato "ero appena uscita dal lavoro e stavo andando verso la macchina quando mi ha avvicinato un uomo. Ha detto qualcosa, ma non l'ho ascoltato e ho tirato dritto, ma lui continuava a seguirmi e a parlare … ho pensato di gridare per chiedere aiuto, ma in quel momento sono arrivati degli altri uomini e mi hanno trascinato in un vicolo .. Scusate … " la sua voce si spezza "non importa … sei stata bravissima, grazie" lei prova a sorridere senza riuscirci, poi si alza e se ne va. Torniamo dagli altri "questo, sommato alla banda di Derrick … sarà il caso di fare una visitina a casa sua" Spencer mi anticipa. "ma perché non era scritto nei rapporti?" chiede Rossi "agente Londini!" esclama a voce alta in direzione della porta, che si apre istantaneamente "mi dica" "ha stilato lei il rapporto per l'aggressione a Paget Brown?" "mi pare di si. Perché?" "rinterrogando la ragazza sono emersi elementi che nel verbale non erano presenti" "non so … quella sera e nei giorni successivi Page era molto scossa, ho preso per buono quel poco che le andava di dire e non ho chiesto altro … saprà anche lei di quale argomento delicato si tratta ..." sembra in difficoltà e la sua spiegazione non mi convince "ok, vada pure" lo congeda Rossi. "non mi convince" afferma il capitano "nemmeno un po'" rincaro sedendomi. Quella sera, dopo aver interrogato altre tre vittime torniamo a Quantico. "stanca?" chiede papà quando scendo dall'auto. "abbastanza. Andiamo a casa?" sono solo le dieci eppure mi sento a pezzi. Passeggiamo lungo la strada, prima di girare nella via di casa. Saliamo e apro la porta. Vado a preparare i letti per la notte, quando sento l'ascensore fermarsi al piano. Apro piano la porta ed esco senza far rumore, come quando ero piccola e volevo vedere la mamma tornare dal lavoro, anche se era tardi. Mi fermo sul pianerottolo "ciao" "ciao, Laure" "tutte quelle povere ragazze … sai cosa stavo pensando ?" "no, cosa?" "a nord di Aquia Harbour c'è Quantico .. Dobbiamo fermarlo, prima che faccia qualche altra vittima" "non ti preoccupare, lo prenderemo" vede che non sono convinta "ok .. Non lo posso sapere … ma spero anch'io , e poi le probabilità sono alte" rido di fronte a quell'assurdità: è un caso pressoché unico, come potrebbero esserci delle probabilità "e le probabilità di prendere l'SI dei collegamenti quante sono?" "spero alte anche quelle … ne sei davvero tanto spaventata?" "tu no? La mia vita è mia, non si deve intromettere nessuno … o perlomeno nessuno che io non voglia" sorride "prenderemo anche lui, non ti preoccupare. Tuo padre come si trova qui?" "bene, penso. Lui si ambienta ovunque." commento sconsolata. Purtroppo non ho ereditato quella sua qualità. "e tua madre?" chiedo sottovoce "diciamo che l'inizio non è dei migliori. Ha paura di volare e quando ho mandato degli agenti per scortarla li ha scambiati per fascisti che volevano arrestarla … è schizofrenica, non posso farla viaggiare da sola. Vive in una clinica a Las Vegas e ogni tanto vado a trovarla, anche se spesso è lei che viene qui … non è abituata ai cambiamenti, dorme già … " mi avvicino e lo abbraccio "ho paura" mormoro. Ricambia "anch'io. Ma vedrai che lo prenderemo" mi sposta i capelli dal viso per baciarmi. Scollego il cervello dal resto del corpo: basta pensieri, basta preoccupazione, per una volta voglio essere felice. Sento un colpo di tosse alle mie spalle e mi giro. Papà fa un gesto imperioso. Rientro arrabbiata. Non mi farò mettere i piedi in testa. Non riuscirà a rovinare la mia felicità. Non questa volta. Chiudo la porta alle mie spalle e preparo l'arringa. "te l'avrei detto … " "quando? " sbotta rabbioso "anzi forse non te l'avrei detto … non se reagisci così" "e come dovrei reagire?" faccio finta di pensarci "mmh … non so … magari pensando che ormai ho ventiquattro anni e tutto il diritto di farmi una vita!" "e invece no! Sono tuo padre!" "con tutto il rispetto possibile, papà, ma davvero credi che debba chiederti il permesso per ogni cosa che faccio? " "perché non dovresti?" "non dovrei perché non sono più una bambina, perché voglio fare le mie scelte, giuste o sbagliate che siano!" "no, perché sono sbagliate" "e tu come fai a saperlo? E poi, se anche fosse? Avrò i miei rimorsi. Sempre meglio del rimpianto di non averci provato … e poi, non mi dirai certo che hai chiesto il permesso al nonno per sposare la mamma?" "no, certo che no … non è la stessa cosa!" "ah no? E allora cos'è? Vedi, papà, fino a cinque minuti fa ero felice … ora beh, mi hai fatto più o meno incazzare!" "non usare questo linguaggio con me, signorina … fila in camera tua!" "in camera mia? A casa mia? Dovrei essere io a chiederti di andare via! Ma sai che c'è … forse è meglio che me ne vada io … forse è meglio se ne parliamo domani. Pensaci su stanotte" prendo la giacca ed esco sbattendo la porta. Aspetto qualche secondo prima di scoppiare a piangere. Non volevo litigare con mio padre, ma non può pretendere di controllarmi. Si apre la porta accanto alla mia "avete litigato?" "secondo te?" ribatto fra le lacrime "ti ha cacciato?" "no, me ne sono andata io, anche se è casa mia" cerco di formare una frase che abbia senso "vieni?" tende la mano. La afferro e mi accorgo di essermi seduta senza accorgermene. Mi rimetto in piedi e lo seguo. Casa sua è un po' come la mia, ma allo specchio. È tutto più in ordine, non ci sono vestiti in giro. Sul divano letto la madre dorme con la televisione accesa. "e questa è camera mia. Familiare vero?" in effetti è la fotocopia della mia, ma con le lenzuola meno stropicciate e aggrovigliate assieme ai vestiti "si , direi di si" si avvicina al comodino. Accende una piccola lampada, di quella da lettura. Poi spegne la luce "paura del buio?" chiedo "no. Paura della mancanza di luce" "ah, ok" "con il buio non si vedono le cose. Nel buio si possono nascondere ogni sorta di cose … ma ci sto lavorando" "non è detto che si nascondano solo cose brutte" commento "ma tu non ti nascondi" risponde ingenuo. "io? Cosa centro io?" domando cercando di venire a capo di quello strano ragionamento "sei la cosa più bella dei miei ultimi ventisei anni … " mi bacia buttandomi sul letto. In poco tempo i nostri vestiti abbandonano i rispettivi corpi. È fin troppo facile. Dovrei forse preoccuparmi? In sua presenza faccio fatica a concentrarmi su altro, soprattutto quando mi bacia. Ma non è detto che sia un male … Abituata a sentire la sveglia trillare alle sei e mezzo del mattino, rimango spaesata quando mi sveglio al suono di una dolce musica. Apro gli occhi e cerco la fonte di quella melodia: un telefono sulla scrivania. "Beethoven, ti piace? " chiede Spencer. Stropiccio gli occhi "si. È una piacevole novità" "perché, tu con cosa ti svegli?" "non so che canzone sia … la suoneria più forte del cellulare" "sai che sentire rumori forti di prima mattina è fonte di stress per il resto della giornata?" "si, ma la musica classica è un invito a tornare sotto le coperte" "non oggi. Forza. in piedi!" mi alzo riluttante, sentendo l'aria fredda che entra dalla finestra aperta. Sento dei passi nell'altra stanza "credi che tua madre la pensi come mio padre? Potrei nascondermi nell'armadio" ride "no … aspetta … vestiti" obbedisco e Spencer chiama la madre. Lei entra come un fantasma, analizza la situazione, poi si apre in un sorriso "mamma, potrebbe non essere quello che pensi" "è quello che penso?" "si" ammette lui "bene! Sono felice per voi. Colazione?" ricambio il sorriso "no, vi ringrazio. Devo far pace con mio padre " "quel vecchio brontolone? Lascialo stare. Si riprenderà" "già.. Scusate … " prendo la giacca e torno a casa. Papà non sembra in vena di rappacificamenti. Fa colazione e non mi saluta neanche quando entro. Si limita a grugnire quando gli dico che è ora di andare. Per strada non parla. Neanche quando rischio di andare a sbattere contro un albero. In condizioni normali mi avrebbe preso in giro all'infinito. Ma ora niente, neanche un sorriso. Inizio a preoccuparmi. Scendiamo nei sotterranei e quando arrivano tutti partiamo per Aquia Harbour. Dopo neanche dieci minuti rimaniamo bloccati nel traffico "cavolo!" esclamo arrabbiata. "qualcuno è un po' nervoso stamattina?" commenta Morgan "prova a farti un po' i fatti tuoi!" lo rimbecco "mmh … suscettibile" "senti, oggi non è proprio giornata … evita di fare commenti per favore … " per fortuna la coda riparte, anche se a passo d'uomo. E dopo mezz'ora di estenuanti frenate ogni dieci metri, arriviamo a destinazione. Inizia a piovere, proprio mentre scendiamo dall'auto "questa ci mancava!" osservo correndo verso il dipartimento. "buongiorno a tutti!" "salve, agente Londini" entro in ufficio e prendo una tazza di caffè. "novità?" "si, un'altra vittima. Sarah Frost, venticinque anni aggredita al Locust Shade Park, dove lavorava come ranger … che c'è Laure?" Rossi si interrompe "Locust Shade Park … ma è nella Prince William County … ha già cambiato contea?" "a quanto pare si … dobbiamo parlare con altre cinque ragazze, stanno per arrivare" annuncia il capitano guardando l'orologio. "ci pensiamo noi" risponde JJ indicando prima se stessa poi Emily. Mi siedo sul tavolo per guardare al di la del vetro, quando arriva una delle vittime. Racconta di essere stata aggredita da alcuni uomini, forse quattro, uscendo dal lavoro. Esattamente come le altre. Conosce Andrew Derrick di vista "come tutti qui, d'altronde" conclude. JJ la ringrazia e un agente la accompagna all'uscita. E così con le altre. Stesso modus operandi, stessa dinamica … e guarda un po', è sempre l'agente Londini a fare rapporto "mi scusi, potrei farle una domanda?" chiedo avvicinandomi alla scrivania dell'agente "ma certo.. Se vuole possiamo darci del tu … Derek" "Laure. Stavo controllando i verbali … volevo sapere come mai chiamano sempre qua" "è semplice, Laure. Vedi, Aquia Harbour è il centro più grande da queste parti. Anche la polizia di Midway Island si appoggia a noi" "si, ma il Locust Shade park è in un'altra contea. Avrebbero dovuto chiamare a Triangle o a Quantico" "oh.. Questo non lo so … dovreste chiedere a loro … forse è perché sanno che state lavorando qui … " sembra in difficoltà. c'è qualcosa che non va: ci sta nascondendo qualcosa. "posso invitarti a pranzo, Laure?" "si, certo" così avrò occasione di farlo parlare un po' "dove andiamo?" "qui vicino c'è un bar che fa una pizza ottima" lo seguo per varie stradine, fino a un locale lucido e molto illuminato. Ci sediamo e ordiniamo. "posso farti un'altra domanda?" "ma certo, dimmi pure" "qui vi conoscete tutti da generazioni … tu cosa sai di Andrew Derrick e della sua banda?" esita un attimo " … non molto in realtà. Non hanno mai dato problemi, che io sappia. So che Andrew è scappato, mi spiace per la madre … " "avete dei sospetti, per quanto riguarda il caso?" "all'inizio abbiamo pensato a un forestiero, magari qualcuno delle ispezioni sanitarie. Abbiamo controllato, ma non è saltato fuori niente … voi avete qualche sospetto? Ho provato a chiedere al vostro capitano, ma non ha mai tempo" "già, è sempre così impegnato … comunque non abbiamo ancora niente, ti informeremo appena possibile ... " finiamo di mangiare e torniamo al dipartimento "quanti anni hai ?" chiede a un certo punto "ventiquattro. Tu?" "ventotto … usciamo qualche sera?" cerco una scusa "non credo sia possibile, sono molto impegnata" "ah, peccato.. " rientro. "piove ancora?" chiede Spencer "no, sembra abbia smesso, ma magari ricomincia … a proposito, ho parlato con l'agente Londini" "scoperto qualcosa?" "non molto, ma di sicuro non ci ha detto la verità … non mi sapeva spiegare perché hanno chiamato lui per l'ultima violenza, mentre al parco ci hanno detto che è stato lui a prendere la chiamata senza trasmetterla a Triangle … e poi è preoccupato per Derrick … ma come ha fatto a sapere che è fuggito di casa? La madre ha detto allo sceriffo di tenerlo fuori da questa storia" "si, in effetti è strano … ma potrebbe essere anche una coincidenza" osserva Morgan "oppure no. Lo terremo d'occhio … mi sembra il momento di andare a trovare la signora Derrick, cosa ne dite?" propone il capitano "si, ottima idea. Chi viene con me?" chiede Rossi. Alzo la mano "io. Ho un paio di cose da chiederle" "vengo anch'io" si offre Spencer "devo controllare una cosa, lontano dagli occhi dell'agente Londini". Per arrivare a Washington Street bisogna percorrere una serie di stradine strette e male asfaltate, e tutto per colpa dei sensi unici. "hai chiarito con tuo padre?" chiede Spencer quando scendiamo dall'auto "no, al momento si sente decisamente anti-me … gli passerà" liquido la domanda con un'alzata di spalle. Ci spero, gli passerà … "buongiorno, lei è la signora Derrick?" chiede Rossi quando una donna apre la porta. Casa Derrick è un'elegante villetta in fondo a Washington Street, lontano dalle altre case, circondata solo da alberi. Un grande giardino cinge tutta la casa, dando l'idea di una famiglia tranquilla. E tranquilla è la donna che viene ad aprire. Alta poco meno di me - o forse sono io a essere troppo alta, quasi un metro e settantacinque, - bionda e di carnagione chiara, vestita con abiti anonimi e un sorriso caldo ma disperato sulle labbra. "salve, si sono io. Posso esservi utile?" "Behavioral Analysis Unit, Fbi. Possiamo entrare? " "ma certo. Venite pure. Posso offrirvi qualcosa?" "no, grazie dovremmo farle qualche domanda , se non è un problema" chiedo cauta. "nessun problema. Ditemi " si siede e prende un bicchiere d'acqua. Riordino le idee. "quando suo figlio è sparito, perché avete chiesto allo sceriffo di tenere l'agente Londini all'oscuro dei fatti?" "quell'uomo perseguitava mio figlio e i suoi amici … da queste parti li chiamavano 'la banda', ma solo come gioco. Erano solo un gruppo di amici che si ritrovava al parco, non hanno mai fatto nulla … ma l'agente Londini non li lasciava stare, ogni volta che in città succedeva qualcosa lui veniva a bussare da noi … Andrew non ce la faceva più, forse è anche per questo se n'è andato … " sta per piangere. Prendo fiato per un'altra domanda "potrebbe dirci chi sono gli amici di suo figlio?" "non so i nomi.. Però potete prendere questa … " mi porge una foto: una decina di ragazzi appoggiati a una panchina, tutti giovani e sorridenti "questo è Andrew " indica il ragazzo biondo al centro del gruppo. "grazie" la metto in borsa. In quel momento arriva un uomo, che presumo essere il marito. "salve" "buongiorno … con tutto il rispetto, ma chi siete?" "agente speciale Rossi, dottori Kiel e Reid, Fbi. Lei è il signor Derrick?" "si. Cosa è successo?" si rivolge alla moglie, come se noi non esistessimo "ma niente, caro … sono qui per Andrew" "non ne vogliamo sapere niente" sbotta lui "ha deciso di vivere la sua vita. Non gli andremo contro … e ora se non vi dispiace … " indica la porta. La moglie emette un debole lamento. Usciamo , stupiti "questa storia si complica ogni giorno che passa" osservo mentre Rossi mette in moto l'auto "una serie di violenze che si spostano verso nord, un ragazzo scappato di casa ma che il padre non vuole cercare, un agente di polizia che si inventa bugie su bugie e una banda di ragazzi che probabilmente non c'entra niente" conto sulle dita. "puoi fermarti un attimo?" chiede Spencer a un certo punto "qualunque cosa tu debba fare può aspettare altri dieci minuti" lo rimbecca Rossi, mentre lui guarda nella borsa "no, per favore fermati.. .ho detto che dovevo vedere una cosa, lontano dall'agente Londini" "e non puoi controllare per strada?" "no, mi concentro meglio quando sono fermo" "ma siamo fermi !" "no, invece no. Ci sembra di essere fermi, mentre in realtà ci muoviamo alla stessa velocità dell'auto, nella stessa direzione e verso, ma ci muoviamo" "e va bene, mi fermo" concede Rossi esasperato. Parcheggia poco distante e Spencer accende il computer. Digita veloce qualcosa sulla tastiera e sorride soddisfatto "che cosa hai trovato?" chiedo "che cosa cercavi?" aggiunge Rossi. "stavo cercando informazioni sull'agente Londini … non potevo farlo al dipartimento perché la rete wireless lascia traccia dei siti visitati nel computer centrale … e guardate un po'! " mi avvicino allo schermo. c'è un articolo di giornale vecchio almeno dieci anni, con una banda di cinque ragazzini vicino a un albero "Derek Londini, Amir Ashabi, Jean Ville, Dominico Rodriguez, Aston Querzy: ci sarebbero loro dietro alle violenze della Stafford County " sotto un lungo articolo in cui si spiegava di come le forze dell'ordine avessero fermato i sospettati. "non c'entravano niente, ma questo si è scoperto solo tre anni dopo. Nel frattempo l'agente Londini e i suoi amici si sono fatti tre anni di carcere … e indovinate un po' che li ha arrestati? Il detective Derrick" "il signor Derrick?" chiedo, spaesata da tutte quella rivelazioni "si. Era nell'unità speciale per i crimini sessuali. Quando l'ho visto mi sono ricordato qualcosa e avevo ragione!" "quindi … l'agente Londini avrebbe inscenato tutto questo per punire il figlio del poliziotto che lo aveva accusato ingiustamente?" provo a trarre una conclusione "non ci resta che chiederlo a lui" risponde Spencer "chiama Hotch, digli di trattenerlo" prendo il telefono e compongo il numero "capitano?" "oh, Kiel, dimmi" "crediamo che dietro a tutto questo ci sia l'agente Londini, che abbia fatto tutto per vendetta. Riuscite a trattenerlo fino a che non arriviamo?" "vado a vedere" una pausa " … è scappato … Prentiss, Morgan con me … Laure, localizzate il GPS e seguitelo, noi arriviamo" riattacca. Riferisco a Rossi, che inverte bruscamente la marcia. Prendo il computer "allora, vediamo … una macchina della polizia è partita dal dipartimenti senza autorizzazione dieci minuti fa.. Si dirige a sud, verso Richmond. Statale 95" seguo con gli occhi il puntino rosso che si muove "dov'è adesso ?" "alle porte di Fredericksburg" Rossi preme un tasto sul cellulare e lo appoggia sull'altro sedile "Hotch, sta per passare a Fredericksburg, possiamo prenderlo prima che entri in città" "ci vediamo lì" "ragazzi, mettevi il giubbotto antiproiettile" ordina rivolgendosi verso di noi "di solito mi tengono fuori dall'azione, se ci riescono" mi sussurra Spencer "penso che l'idea fosse di tenere lontano anche te" "ehi, vi sento … preparatevi che siamo quasi arrivati" metto il giubbotto antiproiettile, nero con la scritta Fbi bianca davanti e dietro. Poi prendo la pistola e controllo che sia carica "sapete cosa fare?" "devo ricordarti che ero nella polizia?" "ok. Reid?" "certo. Perché avrei una pistola se no?" "bene, allora pronti via. scendiamo" inchioda davanti su un marciapiede. Non appena l'auto si ferma scendiamo. Vedo in lontananza un uomo che scappa e iniziamo a inseguirlo. Ci porta in un campo desolato, bruciato dal sole. l'agente Londini si ferma e si gira verso di noi. Sorride beffardo. "sparate pure. Io in carcere non ci torno" è sotto tiro e lo sa. In quel momento arrivano gli altri. Manca solo JJ. "metti giù quella pistola!" intima Morgan "no. Sparate se avete il coraggio". Morgan prende la mira, forse per non essere considerato un codardo, ma il capitano lo ferma "non vogliamo ucciderti. Metti giù la pistola" ripete Hotchner. "a no? Perché secondo voi in carcere non mi uccideranno? Un ex poliziotto che violenta le ragazze è ricercato quasi quanto un pedofilo" "non ti ucciderà nessuno, se ti consegni" sembra cedere. La pistola si abbassa di qualche millimetro. La disperazione sta per avere la meglio sulla pazzia. Rossi si avvicina "dammi quella pistola" tende la mano. l'agente rialza l'arma contro Rossi. In un attimo Morgan gli piomba addosso da dietro, buttandolo per terra. Allontanano la sua pistola e gli mettono le manette. Tutto nel giro di qualche secondo. Poi lo trascinano verso la macchina e finisce in prigione "e gli altri?" chiedo "gli altri agenti del dipartimento sono andati da loro. Nessuno ha opposto resistenza" "e i nostri genitori dive li avete lasciati?" chiede Spencer facendo abbassare la testa all'agente per entrare in macchina "sono in commissariato con JJ. Noi portiamo l'agente Londini a Richmond, voi andate a riprendere gli altri e tornate a Quantico" "certo Hotch. Ci vediamo dopo. Laure, andiamo?" "aspetta un attimo, Spence, arrivo" mi avvicino al finestrino "Derek, posso farti una domanda?" lui annuisce "Andrew Derrick. Dov'è?" sbuffa "dovevi proprio ricordartelo? Sarebbe stata la mia piccola rivincita. Non è scappato, come avrai intuito. È in un casolare, dove mi avete arrestato" "andate voi. Poi tornate a casa" ordina Hotchner. Mi riavvicino a Spencer "andiamo?" ride e mi segue. Torniamo nel campo. Si vede in lontananza una vecchia cascina "sarà quella?" "andiamo a vedere" mi prende per mano e inizia a correre. Ci fermiamo davanti alla porta, o quello che ne rimane. Tiro fuori di nuovo la pistola e entriamo. In un angolo c'è un ragazzo legato a un palo, che urla vedendoci arrivare "shhh … siamo dell'Fbi. Sei Andrew Derrick?" "si" risponde in un sussurro, mentre Spencer si accerta che non ci sia nessun altro "li avete presi? Io non ho fatto niente" "lo sappiamo. Abbiamo arrestato l'agente Londini e i suoi amici … non ti devi preoccupare" lo aiuto a liberarsi delle corde e si alza in piedi. Ci segue fuori, strizzando gli occhi all'improvvisa luce del sole. Quando lo riportiamo a casa la madre ci ringrazia, mentre il padre inizia a urlare "ti sembra il modo di tornare? Scortato dagli agenti dell'Fbi?" "veramente, signor Derrick … suo figlio era stato rapito … " provo a mettermi in mezzo "le ho chiesto qualcosa? Non mi pare. Lasci che sgridi mio figlio come si merita" "ma papà, lei ha ragione, sono stati Londini e la sua banda, gli hanno arrestati!" protesta il figlio "bene … scusate ma noi dobbiamo proprio andare … signori Derrick, Andrew … arrivederci" "addio" saluta il padre mentre ce ne andiamo. Torniamo al dipartimento a recuperare JJ, papà e la signora Reid. "papà dobbiamo andare … " non si gira neanche. JJ sorride comprensiva "Pietr, la prego , è ora di tornare a Quantico" lui si alza e la segue. Alzo gli occhi al cielo "scusa, è colpa mia" commenta Spencer "no, non è colpa tua. È lui che è troppo testardo" non parla più nessuno fino a quando non torniamo a casa. Nervosa come sono, mi accorgo del semaforo rosso solo pochi metri prima. Inchiodo e l'auto dietro mi suona. Alzo una mano in segno di scusa, in modo che si veda dallo specchietto "vuoi che guido io?" "no, Spencer, ce la faccio. Siamo quasi arrivati" lascio la macchina alla base e poi andiamo a casa a piedi. La goccia che fa traboccare il vaso quella sera a cena. Nel silenzio totale, mentre mio padre mangia, sento il suo sguardo accusatorio alle spalle. Arrabbiata, batto un pugno sul piano della cucina

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Capitolo 5
*** pace ***


"non possiamo andare avanti così!" esclamo. Lui continua a mangiare in silenzio. "bene , è ora del monologo. Allora, papà , sappi che non sono per niente dispiaciuta, né intendo rimangiarmi quello che ho detto. Ma non puoi alzare un muro di silenzio … ormai è come se vivessi di nuovo sola! Ti senti deluso? Beh, io sono contenta..è la prima volta da tanto tempo, speravo che avresti capito … anche se non è il ragazzo che avresti scelto per me … e il ragazzo giusto per me" ci manca poco che scoppio in lacrime.
L'approvazione di mio padre è sempre stata una di quelle poche cose che mi importavano davvero. Non sopporto che non mi parli. Mi scappa un singhiozzo e lui alza la testa. Finalmente: non gli è mai piaciuto quando piangevo, gli ispiravo pietà.
 "non sono deluso. Di più … lui non va bene per te "
"questo lo dici tu!" ribatto , punta
 "no, questa è la verità Laury … "
 "non chiamarmi Laury, non sono più una bambina!"
 "come vuoi Laure, ma è la verità. Non siete fatti per stare insieme … gli opposti si attraggono, voi siete troppo simili"
 "questo è un luogo comune. l'amore è soggettivo"
 "e chi lo può sapere meglio di te che sei laureata in psicologia … il punto è che si vede, non andate bene insieme"
 "a dire il vero lo vedi solo tu" sorrido , felice che abbia ricominciato a parlarmi
"se dici di essere felice" conclude rassegnato "proverò ad abituarmi … sono venuto qui per stare un po' con te e siamo finiti a litigare"
"grazie" mi suona il cellulare"scusa" apro il messaggio:
"bell'arresto, anche se mi aspettavo un po' di azione … se vuoi rivederti" seguiva un collegamento.
Panico. Panico puro.
"aspetta un attimo" compongo veloce il numero dell'ufficio "capitano …"
 "dimmi"
"mi è arrivato un altro messaggio"
 "si, l'ho visto. Abbiamo collegato i vostri cellulari al computer. Ci sono le foto dell'arresto, dall'alto, come da un satellite … riesci a venire adesso?"
 "si, dieci minuti  e arrivo"
 "bene, porta anche Reid" riattacco.
"papà devo andare … torno tardi non mi aspettare alzato … ci vediamo domani" saluto con la mano mentre esco. Suono il campanello di Spencer. Mi spavento quando viene ad aprire la madre
"buonasera cara"
 "buonasera anche a lei signora. c'è suo figlio?"
 "si, adesso te lo chiamo … tutto a posto?" chiede preoccupata, notando la mia espressione
"si, certo … tutto a posto … ". Sorride e rientra. La sento che chiama Spencer. Lui esce dopo qualche secondo
"ti stavo per chiamare … Hotch lo sa?"
 "l'ho appena chiamato, ha detto di raggiungerlo. Vieni?" corre dentro a prendere il giubbotto. Saluta la madre e afferra le chiavi dell'auto.
 "potremmo anche andare a piedi. Si fa prima" osservo
 "se vieni con me andiamo in macchina … anzi sarebbe ora che te ne comprassi una anche tu"
"lo so, lo so … appena ho un po' di tempo vado a vedere " rispondo rassegnata, aprendo la portiera del passeggero.
Mi siedo e parte. Le luci della città mi passano davanti come una linea sfocata.
 "non stai andando un po' troppo veloce?" chiedo dopo un po'.
 "sono nervoso … anzi, no. Sono preoccupato. Per te. Basta come giustificazione?"
 "e per te non sei preoccupato? "
 "no , ormai dovrei averci fatto l'abitudine. Qualche mese fa abbiamo interrogato un ragazzo che aveva assistito a un omicidio. Mi ha chiesto dopo quanto tempo sarebbe riuscito a chiudere gli occhi senza vedere più niente"
 "cosa gli hai risposto ?"
 "ho mentito. Gli ho detto che con il tempo sarebbe passato … la verità è che neanche io a volte riesco a dormire … " stringe le mani sul volante, superando una macchina.
"non sapevo … non avrei mai potuto pensare che … " mi mordo le labbra cercando di trovare le parole giuste
"lo so, ti capisco …. Quando tutto questo sarà finito, ricordami di farti vedere una cosa"
 "ok, me lo scriverò" cerco di sorridere scendendo dall'auto. Senza molto successo, ovviamente.
Arriviamo nel seminterrato, dove sono già riuniti tutti gli altri
 "mi sa che avevate ragione" dice Garcia in quel momento
"ah si?  E su cosa?" chiedo sedendomi. Sullo schermo appaiono le immagini dell'arresto dell'agente Londini "si tratta di qualcuno della Cia. Il satellite da cui arrivano queste foto appartiene al pentagono. Vi hanno accesso solo poche persone"
 "ti prego, dimmi che hai la lista di quelle poche persone" implora Emily
 "certo che ce l'ho. Chi credete che sia? Te l'ho mandata sul palmare …. Reid, Laure forse ho trovato l'unica cosa che vi lega" sorride soddisfatta
 "sentiamo" interviene il capitano
"allora … ventiquattro anni fa, si, Laure quando sei nata tu … Reid, ti trovavi a Chicago, a far visita a una lontana parente di tua madre, la quale ha avuto una crisi ed è stata portata all'ospedale … stanza 314 . La madre di Laure era  nella 311, esattamente di fronte. Mentre si trovava all'ospedale, la signora Reid ha avuto una discussione con un uomo, un agente della Cia, per una futilità. La signora Kiel è intervenuta a mettere pace ed entrambe sono state minacciate da quell'uomo"
"figurati, se mia madre non litiga con qualcuno non è contenta … " commenta Spencer sarcastico.
 "non lo sapevo … papà dovrebbe saperlo. Devo chiederglielo..." poi mi viene in mente un'altra cosa "perché avrebbe deciso di vendicarsi proprio adesso? Perché aspettare più di venti anni?"
 "questo non lo so.. Dopotutto i profiler siete voi … "
"va bene, grazie, Garcia … ragazzi, sarebbe un problema se vi chiedessi di indagare su quest'uomo?" chiede il capitano. Ci penso. No, non mi sembra un problema. Più che altro, un modo per arrivare alla verità.
 "per me no"
 "nessun problema "
"perfetto. Allora buon lavoro. Noi dobbiamo andare a Memphis, in Mississippi, sono scomparse sette ragazze in tre mesi e ci hanno chiamato. Tenetevi pronti , se abbiamo bisogno vi chiamiamo  " Hotchner fa il punto della situazione e poi partono tutto. Ci spostiamo in una delle sale riunioni
"Hotch ha dato disposizione perché un agente controlli i nostri genitori e li porti qui per le nove. Tranquilla, andrà tutto bene" mi bacia sui capelli quando mi siedo
 "e cosa gli diciamo? Mio padre non crederà per sempre alla storia che sono impegnata, e che mando qualcuno a prenderlo, a controllarlo  … "
"ci crederà il tempo necessario a farci scoprire chi si nasconde dietro tutto questo" ribatte lui fiducioso. Prende in mano la lista che ha stampato Garcia "sono dieci nomi … ma ci vorrà un'eternità …. Tra agenti della Cia, consiglieri del governo, dirigenti del pentagono e infiltrati, dovremmo chiedere un sacco di permessi"
"proviamo a restringere il campo. Profilo del nostro SI?"
 "abile al computer, perciò piuttosto giovane.. Escluderei i consiglieri di stato, probabilmente loro il computer non lo vedono neanche … "
 "con possibilità di viaggiare, e seguirci: ad Aquia Harbour e prima ancora a Phoenix …  perciò o un pezzo grosso con tanti al suo servizio, o direttamente un agente … toglierei anche gli infiltrati, hanno altro a cui pensare, non essere uccisi per esempio" cancella qualche nome
 "ne sono rimasti cinque, tra cui i dirigenti massimi del pentagono … dobbiamo scoprire chi era quell'agente che ha avuto un diverbio con mia madre.. Certo non posso chiederlo a lei. Probabilmente non si ricorda neanche di avere parenti a Chicago..." entra Garcia.
 "wow! Hai lasciato il tuo laboratorio?"  chiede Spencer con una risata
"posso rubartela un attimo?" chiede lei indicandomi.
"devi chiederlo a lei, non a me"
 "allora è un si. Vieni, Laure!" la seguo spaesata. Mi porta nel suo mondo, i laboratori di  informatica . "seduta" ordina indicando una sedia vicino ai computer . Eseguo.
 Lei si avvicina e mi posa le mani sulle spalle "se con Reid fate sul serio … credo sia arrivato il momento di fare un piccolo discorso"
 "oh, no! Mia madre ti ha anticipato di almeno quindici anni!"
 "ma quindici anni fa non avevi un ragazzo!"
"e tu che ne sai?? Tra l'altro, non credo che i fondamentali siamo cambiati granché … " arrossisco, imbarazzata da quel discorso
 "ah! Allora avete già.."
 "Garcia, non sono cose che ti riguardano!" lei mi guarda insistente "no, non sono affari tuoi"
"perciò è si … "
 "non ho detto questo !"
"il tuo corpo si … ti sporgi in avanti quando si fa il suo nome … lavorare con dei profiler è servito a qualcosa dopotutto … il che mi fa pensare che ricordi qualcosa … e cosa mai potresti ricordare?"
 "va bene, lascia stare i discorsi di psicologia, quelli dovrebbero essere compito mio. Tra l'altro , ci sono milioni di motivi per giustificare le mie reazioni " non può battermi nel mio campo, solo Spencer ci riuscirebbe, e non solo perché sa più cose di me. Soprattutto perché non mi sarebbe possibile mantenere la concentrazione necessaria a mentire in sua presenza.
 "dimmene qualcuno"
"tanto per cominciare, quando metti in difficoltà qualcuno, è molto probabile che cerchi di allontanarsi, di sfuggirti. Secondo … non dovresti stare così vicino a una persona, confondi le sue reazioni..   " si allontana "questo non cambia. E non cercare di imbambolarmi con i tuoi discorsi filosofici, che sono più grande di te e il mondo lo conosco un poco di più" rido
"conoscerai pure il mondo, ma non me"
 "da che mondo è mondo voi ragionate come profiler, io come un'adolescente … chiedi pure a Reid … comunque, scommetto che se metto alle strette lui crolla" cedo
 "va bene, Garcia, cosa vuoi sapere?"
"e che domanda è ? Tutto! Insomma, tutto ciò che ti va di raccontarmi"
 "non c'è molto da raccontare, davvero Garcia.." cerco di sviare la domanda, non mi piace parlare di me.
 È stato già difficile ammettere a me stessa che mi stavo innamorando, figuriamoci dirlo a qualcun altro, soprattutto qualcuno che non sa tenere un segreto
 "non ci credo. Come ti sei innamorata di lui? Perché? Quando vi siete baciati?"
 "Garcia, calmati" alzo le mani in segno di resa. Poi, per fortuna, la mia salvezza. Entra Spencer
"scusate, ragazze … ho interrotto qualcosa? Laure, mi servi per il profilo dell'SI" sorrido al mio salvatore "arrivo subito" esce. Mi alzo e lo seguo
 "gli servi solo per il profilo?" mormora Garcia maliziosa. Sorrido e felice che quella tortura sia finita, azzardo anche una risposta
"di certo non mi offenderei" sussurro in risposta.
 Lascio il laboratorio con l'eco della sua risata e torno in ufficio
"Garcia aveva bisogno di qualcosa?"
 "no, mi stava facendo il terzo grado. A proposito, grazie"
 "figurati … stavo pensando … non è che stasera ti andrebbe di andare a mangiare qualcosa?"
 "certo, molto volentieri" fa un piccolo salto
 "fantastico, ti passo a prendere alle otto".
 Proprio in quel momento entra un uomo, sui quarant'anni e ben vestito
 "agenti Reid e Kiel?"
 "si. Ha bisogno?" chiedo alzandomi in piedi per stringergli la mano.
 "a dire il vero si. Siete voi che avete chiesto l'autorizzazione ad indagare su alcuni membri della Cia?"
 "si, che velocità. Ho appena chiamato" risponde Spencer
 "già … dovete sapere che è una cosa a cui teniamo molto … vorremmo sapere perché avete interesse a indagare su dette personalità" si siede. Non si è nemmeno presentato, che sfacciato.
 "qualcuno ha preso di mira alcuni dei nostri agenti" non gli voglio dare la soddisfazione di saperne di più, non prima che ci abbia dato l'autorizzazione a indagare "mandandogli dei messaggi e delle foto. Alcune di queste foto provengono da uno dei satelliti della Cia, e abbiamo un collegamento per cui sospettiamo di loro"
"e questo collegamento, di cosa si tratta?"
 "nulla di rilevante, se preso da solo. Una cosa successa anni fa. Vorremmo saperne di più"
"va bene, non mi sembra niente di preoccupante, potete indagare, ma con assoluta discrezione, e ovviamente in segreto. Intesi, ragazzini?" non mi piace il suo modo di fare e neppure il termine che ha usato per definirci, ma annuisco. Se ne va senza salutare.
 "che tipo strano" commento dopo un po'
 "già … ma almeno ci ha dato l'autorizzazione alle indagini …. Forza, al lavoro!" non avevo idea di quante cose si possano trovare scavando a fondo nella vita di una persona.
 Vado a pranzo con papà, che nel frattempo è diventato un'istallazione permanente nell'ufficio delle pubbliche relazioni. Non ho fame, sono solo stanca, ma devo chiedergli una cosa
"non mangi?"
 "no, papà,non ho molta fame, magari più tardi"
 "sicura? Beh, allora mangio da solo" si tuffa in un piatto di spaghetti. Lo osservo per qualche minuto, cercando di trovare il modo migliore di porgli la domanda.
"senti … papà … ma tu conosci la signora Reid?"
"no, ma lei ha conosciuto la mamma … pensa che non lo sapevo neanch'io . Mi ha detto che tua madre l'aveva aiutata in una discussione con un uomo, quando era in ospedale.. Ma non si ricordava bene.   "
"e la mamma? Non ti aveva raccontato niente?" sospira
 "mi aveva detto qualcosa a proposito , ma non molto … da quello che so, era un uomo presuntuoso e tua madre non si è fatta mettere i piedi in testa … ma perché tutte queste domande?"
 "nulla.. Era solo per sapere … "
 "ah, ok … ho finito. Andiamo?" per fortuna non ci vuole molto a convincerlo.
 Torniamo alla base e lo lascio con la madre di Spencer
 "scoperto qualcosa?"
 "niente di più di quello che sapevamo già.. Papà non si ricorda"
 "neanche mia madre. Torniamo al lavoro?" niente. Niente di niente. Neanche un piccolo barlume di speranza  .Uffa
. "oh, cavolo! Sono già le sei? " esclamo guardando l'orologio "devo proprio andare, ho bisogno di fare un paio di commissioni prima che chiudano i negozi … scusami … "
"ma no, vai pure. Ci vediamo dopo?"
 "certo" lo bacio prima di uscire.
Corro in strada, poi per le vie del centro. Passo davanti al supermercato e alla farmacia. Possono aspettare, prima devo fare un'altra cosa. Entro in un negozio di abbigliamento cercando di riprendere fiato. "buonasera" saluta la commessa alla cassa
"salve" mi guardo intorno,  cerco un vestito. Un bel vestito. Stasera voglio essere perfetta.
 "posso aiutarla?" mi si avvicina una ragazza
 "si, grazie. Sto cercando un vestito, ma mi serve qualcosa di speciale … "
 "una serata importante?"
"si, direi di si" sorride. Credo abbia capito
 "vieni, forse ho qualcosa per te" tira fuori un vestito corto tra due stampelle. Me lo appoggia sulle spalle.
 È blu scuro, semplice, senza spalline, ma arriva a malapena sopra il ginocchio. Un po' troppo sopra il ginocchio.
 "non è un po' corto?" chiedo osservando i jeans che spuntano sotto il vestito
 "ma no … per me è perfetto. provalo" vado nel camerino con il vestito in mano.
Tolgo pantaloni e maglietta e infilo il vestito. In effetti non mi sta male. Ma resto dell'idea che sia un po' troppo corto … però … non mi sono mai vestita così, magari è il caso di provare … mi rivesto ed esco.
"allora, ti piace?" chiede la commessa
 "si, molto. Spero vada bene" aggiungo rivolta più a me stessa che a lei.
 Pago, ringrazio ed esco. Un salto veloce al supermercato, giusto per mettere qualcosa nel frigorifero, poi vado in farmacia a prendere due cose per papà. Corro a casa.
"bentornata. Iniziavo a pensare che avresti passato un'altra notte al lavoro. Non hai dormito neanche ieri, vero?" mi accoglie papà
 "oh, no. Stasera esco … ti ho preso qualcosa, guarda nella borsa, io vado a prepararmi.." schizzo in camera. Mi rimetto il vestito. Sarà il caso di mettere le calze? Comunque non ne ho di quel colore, e ormai è troppo tardi. Poi prendo un paio di scarpe che non avrei mai creduto di mettere. Blu, con il tacco alto, regalo di un'amica del liceo, Jessica. Due trampoli. Soprattutto per me che non ho equilibrio. Poi vado in bagno con la trousse dei trucchi. Molto poco usata anche quella. Bianco e blu. I miei colori preferiti. Torno in soggiorno. Papà sta guardando una partita alla televisione . Mi squadra
 "non ti vestivi così da … ehi , un momento, non ti sei mai vestita così!"
 "già, come sto?" mi osserva da tutte le angolazioni
"bellissima, come al solito, Laure. Mi raccomando … "
 "papà! Non sono più una bambina"
 "si, ma vale lo stesso. Attenta  a quello che fai e a quello che dici … i ragazzi hanno in mente una sola               cosa …"
 "non il ragazzo che dico io. Scusa, devo andare" suonano alla porta e corro ad aprire …. Prima di ricordarmi che ho i tacchi. Scivolo in corridoio, ma mi rialzo, illesa. Apro la porta
 "ciao"
 "wow! Sei bellissima Laure"
"grazie" abbasso la testa. Chiudo la porta e usciamo.
"dove andiamo?". Mi apre la porta dell'auto senza rispondere.
Ha una camicia bianca, per una volta senza gilet, né cravatta. Sta proprio bene. Parte. Prende la statale che va verso nord, verso DC. Ma tra Washington e Quantico non ricordo altro che boschi e riserve naturali. Ci fermiamo dopo poco più di venti minuti, vicino a un rifugio
 "dove siamo?" chiedo per l'ennesima volta. Ma questa volta ottengo una risposta
 "questo è il Marumsco National Wildlife Refuge di Woodbridge" ne so quanto prima, anzi , forse di meno. Entriamo nel rifugio, dove ci accoglie una donna anziana dall'aria materna e premurosa
 "buonasera ragazzi"
 "buonasera"
 "lei è il signor Reid, vero?" annuisce e la signora ci porta in un'altra stanza, con dei tavoli apparecchiati "buon appetito". Ci sediamo
 "come mai proprio qua?" chiedo mentre ordiniamo
"ti ricordi le informazioni che abbiamo trovato oggi? Il nostro principale sospettato, ricoverato all'ospedale di Chicago, oggi vive ad Agnesville, a pochi chilometri da qui. Hotch ci ha dato il permesso di controllare"
"e io dovrei andare in giro così?" indico il vestito
 "tranquilla ci ho pensato io. Mi ha aiutato Garcia. Ho parlato con lo sceriffo della città, ha detto che l'agente Chinn viene qui a correre tutte le mattine, basterà agganciarlo con una scusa … "
 "Chinn? Non è il nome dell'antica famiglia che ha fondato Agnesville?"
 "esatto. Ma dobbiamo saperne di più.. E mi sembrava una buona idea … fingerci dei turisti, insomma"
 "si, sembra un' idea perfetta anche a me … beh, buon appetito!" finito di mangiare mi viene un dubbio
 "e i nostri genitori'?" chiedo
"ho già sistemato anche quello … ci sarà una pattuglia sotto casa … mi spiace non avertelo detto prima, ma mi serviva la conferma"
 "non importa … va bene così" e mentre saliamo in camera realizzo che per una volta saremo noi due da soli, senza Morgan e le sue battutine, senza mio padre e la sua gelosia insensata. Una notte solo per noi due …
"ah!!!" mi sveglio di soprassalto, con una paura addosso che non so nemmeno io da dove arriva
"ehi, tutto a posto?" mi giro e trovo Spencer accanto a me.
"si.. Era solo un incubo … "
 "mmh … " mi bacia sulle guancie, poi sul collo e sulle spalle, fino a farmi perdere la concentrazione " … ti amo … "
 "anch'io  … " rispondo. Penso a qualcosa in più da dire, ma non mi sembra il momento più adatto per parlare ….
Torno alla realtà troppo presto
 "Laure … è ora di alzarsi, dobbiamo andare a correre … " mi giro dall'altra parte
 "ho sonno" mi lamento
 "dai, che è tardi … " seppur riluttante mi alzo .
 "ma stasera torniamo qui, vero?"
 "se non fosse così credi che ti lascerei andare?" risponde ridendo.
 "bene … hai detto che avevi pensato ai miei vestiti.. "
 "ecco qua. Perfetto per correre" mi passa un paio di pantaloncini striminziti e una maglietta attillata
 "e io che pensavo che il vestito fosse troppo corto … "
"cosa?"
 "niente … pensavo ad alta voce … " mi vesto e raccolgo i capelli. "tu non vieni?"
 "io non corro. Cerca di fermarlo con una scusa, anche solo per sapere l'ora e poi prova ad attaccare discorso, non dovrebbe essere difficile" controlla ancora il mio abbigliamento
 "ok … ho capito, vado"
 "in bocca al lupo!" grida mentre esco. Saluto la signora all'ingresso ed esco. l'aria fredda mi sveglia definitivamente. Inizio a correre seguendo il sentiero di terra battuta. Era tantissimo tempo che non andavo più a correre. È una bella sensazione. Il vento fra i capelli, la sensazione di essere veramente liberi …
"salve!" mi raggiunge un uomo, l'agente Chinn
"buongiorno!"
 "nuova?"
 "si, sono qui in vacanza … adoro la natura" in effetti non è stato difficile, Spencer aveva ragione.
 "anch'io … George Chinn"
 "Laure Kiel"
 "che nome strano … posso chiederle di dov'è?"
 "Chicago … perché?"
 "no, così … mi sembrava …"
 "lei di dov'è?"
 "sono nato e cresciuto qui, cioè non qui … in città, intendo!" ride da solo davanti a quella che sembra, solo a lui, una bella battuta. Sorrido.
 "sa se qui, oltre al bosco, c'è qualcosa che val bene una visita?"
 "due chiese battiste e una episcopale … ma il bosco è molto bello"
 "già … c'è per caso qualche rifugio, un po' più a nord? 
"si, dopo Woodbridge, ma è un po' lontano"
 "perciò se volessi fare un'escursione … "
"le consiglio vivamente di portarsi la tenda" continuiamo a correre in silenzio.
Quello, persecutore di due agenti dell'Fbi? Strano, sembra non sapere neanche chi sono, ma forse finge. Se finge, lo fa bene.
"lavora?"
 "studio" non è proprio una bugia, io studio ancora  "lei?"
 "lavoravo, ora sono in pensione e mi godo i pomeriggi con i nipotini".
 Dopo circa un'ora torniamo al punto di partenza
 "io devo tornare in città … buona giornata"
"anche a lei. Arrivederci "
 torno in camera e riferisco tutto a Spencer .
 "non corrisponde al profilo " concludo con una smorfia.
 "già … da quello che sappiamo è ossessionato dalle persone che prende di mira … avrebbe dovuto reagire in modo diverso, non si ricordava neanche il tuo cognome.. Se ha deciso di vendicarsi, quell'episodio dev'essere ben presente nella sua mente"
 "facciamo un controllo incrociato. Prova a guardare se ha prenotato un biglietto per Phoenix o Richmond" prende il computer.
 "Sky Harbor di Phoenix e Richmond International Airport, biglietti delle ultime settimane … vediamo anche per Chicago Midway e o'Hare International Airport, McCarran International Airport, Las Vegas … Chinn … guarda qua!!  " volta il portatile verso di me. Ci sono quattro scritte che lampeggiano. Nome dell'aeroporto, numero di biglietto e nome: Sebastian Chinn.
"a me ha detto di chiamarsi George … forse il figlio.. Prova a controllare" riprende il computer e digita qualcosa.
"no … colpo di scena, è il padre!"
 "il padre?!?" ripeto stupita "ma non ha senso!"
 "il senso c'è … siamo noi che non lo troviamo"
 "chiediamo a Garcia, se il segnale dei messaggi passa anche una sola volta da qui potrà rintracciarlo" "perfetto. Chiami tu?" compongo il numero
 "Garcia? Ciao, ci serve un favore"
 "ditemi pure tesorini"
"ti ricordi quei segnali che ti facevano impazzire? Bene, dovresti cercare se passano da Woodbridge, Agnesville o qualche città vicino"
 "certo … qualche minuto" tic-tic-tic . Aspetto.  "si, passano entrambi da Agnesville. Perché?"
 "te lo spieghiamo dopo.. Puoi rintracciare il segnale?"
 "certo che posso! Io posso fare tutto … internet Point Drexel Street . "
 "grazie" riattacca.
"che facciamo?"
 "andiamo a controllare nel registro degli utenti e nell'elenco di cronologia … spero tu t'intenda di computer"
"si, non ci vuole molto a controllare la cronologia. E un po' come cancellare le e-mail … che c'è?"
 "beh, sono contento che tu lo sappia fare"
 "non sai come funzione un indirizzo e-mail?"
 "si, so come funziona. Ci sono migliaia di libri sull'argomento, ma non ho u indirizzo e-mail, perciò non ho idea di come si faccia"
"se io mi compro la macchina, tu ti fai un account internet. Promesso?"
 "promesso. Andiamo?"  prendo la pistola dalla borsa. Mi sento ridicola vestita così, ma sempre meglio del vestito da sera.
"buongiorno"
"buon pomeriggio. Posso esservi utile?  " mostro il tesserino
"Fbi. Vorremmo vedere l'elenco degli utenti delle ultime settimane" ci fa strada verso uno dei computer "questo è il server centrale. Buon lavoro!" mi siedo e inizio a digitare sulla tastiera.
 Sebastian Chinn, registrato quasi tutti i giorni. Ci sono anche le mail inviate. Stampo l'elenco
"la ringrazio.  Conosce Sebastian Chinn?"
 "certo che lo conosco. Qui lo conoscono tutti. Ma perché? Ha fatto qualcosa di male?"
 "no, non si preoccupi. Era solo un controllo. Arrivederci " usciamo dal negozio
 "sappiamo anche dove abita?" chiedo a Spencer. Lui controlla l'agenda
 "a due isolati da qui. Da questa parte" arriviamo davanti a una palazzina sulla strada. Suono il campanello. Mentre aspettiamo che qualcuno venga ad aprire mi squilla il telefono
"complimenti!centro! " lo mostro a Spencer
"è arrivato anche a me, guarda" la porta si apre. Appare un uomo anziano, sui settant'anni, ben vestito e con un cellulare in mano.
"ben arrivati. Cominciavo a pensare vi foste persi" ci accoglie in casa come se fossimo vecchi amici venuti a fare una visita
 "lei è in arresto. Lo sa?" chiedo stupita da tutta quella cordialità
 "ma certo che lo so, dottoressa Kiel. So molte più cose di lei"
 "bene, allora mi può spiegare perché lo ha fatto?" sorride, un sorriso sdentato.
"vede, dottoressa, sua madre ha osato insultare mio figlio, gli disse che doveva farsi gli affari suoi …
colpa dei social network e del web. e colpa della contraddizione che distingue gli esseri umani:
raccontano la loro vita a degli sconosciuti, chiedono consigli su cose personali e poi si lamentano se la gente non si fa gli affari propri. 
strana gente gli esseri umani.."
 "visitors" risponde Spencer in automatico
 "esatto. Volevo dimostrarvi che farsi gli affari degli altri aiuta, anzi è alla base della nostra nazione. Lo stato americano vive della raccolta di informazioni. I servizi segreti sono in grado di prevenire gli attacchi terroristici. Io mi sono soltanto infiltrato nelle vostre vita" tende le mani avanti "mi arresti pure, dottor Reid" Spencer gli mette le manette.
 A Quantico l'anziano signore ripete  la storiella anche agli altri membri della squadra, appena tornati da Memphis
"terribile" commenta Morgan "e quest'uomo avrebbe sprecato tempo e denaro solo per darvi una lezione?" "a quanto pare  si. Sono contenta sia tutto finito. Iniziavo a diventare paranoica" commento esausta. Prima di tornare a casa. 

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Capitolo 6
*** in love ***


"ciao, papà, torna presto!"
 "ciao, piccola ti voglio bene!" papà sale sull'aereo che lo riporterà a Chicago e da li chissà dove.
 A emergenza finita, sono stata molto più felice che mio padre fosse con me, ma alla fine è arrivato il momento di salutarlo, dopo solo qualche settimana.
 Esco dall'aeroporto e salgo sulla nuova auto che alla fine mi hanno convinta a comprare. Arrivo in ufficio, dove Spencer sta discutendo con la madre
"non voglio andare con questi fascisti!" si lamenta lei
 "mamma, non sono fascisti, sono gli agenti dell'Fbi " spiega pazientemente Spencer
 "come vuoi, ma non ci voglio andare lo stesso. Perché non mi puoi accompagnare tu?" punta i piedi come una bambina testarda.
 "perché devo lavorare" risponde lui alzando gli occhi al cielo "abbiamo fatto questo discorso centinaia di volta, mamma … "
 "se vuoi l'accompagno io" interviene Hotch "devo andare a Las Vegas a sistemare alcune cose, può viaggiare con me, così non faranno storie alla clinica"
 "se non è un problema … "
"certo che no. Venga signora Reid" tende la mano. La signora la afferra e spariscono oltre la porta.
 "tuo padre è già partito?"
 "venti minuti fa. Qualche novità?" chiedo versandomi una tazza di caffè "perché Hotch deve andare a Las Vegas?"
"non lo so. Proviamo a chiedere a qualcuno" andiamo verso le scrivanie. Rossi ci precede
 "oggi dobbiamo lavorare da soli, Hotch è in Nevada per la riunione dell'Fbi … devono fare dei tagli"
 "se tolgono il caffè mi licenzio" commenta Spencer
"quello si che farebbe risparmiare trenta dollari al giorno" osserva Morgan, prima di beccarsi un buffetto di JJ sulla testa. "va bene, sto zitto … ci ha chiamato qualcuno?"
 "a dire il vero si" risponde JJ "nell'Oregon si stanno verificando strane sparizioni di bambini. Mamme che vanno a prendere i propri figli a scuola e la maestra dice che sono andate con il fratello o lo zio"
 "perché un uomo dovrebbe rapire questi bambini?" chiede Morgan
 "vi abbiamo chiamato per questo" interviene una donna sulla porta
"lei è l'agente Greenaway, dell'unità antipedofilia, collaborerà con noi  " il capitano presenta la nuova arrivata, poi saliamo sull'aereo.
"qualcuno dei bambini è stato ritrovato?" chiedo a nessuno in particolare. "si, i primi due. Morti e sepolti in un giardino pubblico"
"forse erano diventati troppo grandi" ipotizza Spencer
"forse avevano provato a scappare. E lui non voleva che si ripetesse"
"perché dite 'lui'? Potrebbe essere anche una donna" chiede l'agente Greenaway
"il 99% dei pedofili sono uomini, con un aumento del 52% dal 2002 " rispondo in automatico.
Statistiche, sempre e solo statistiche. È l'unica cosa che mi viene in mente su qualunque argomento. l'unica cosa di cui sono sempre stata sicura. Ma è davvero così? E se i dati non fossero tutto? Se ci fosse qualcosa che va al di là del ragionamento? Qualcosa senza dimensione, senza spazio né tempo, qualcosa che sfugge al cervello umano? Non c'è, la mia risposta pronta. Non esiste nulla che non si possa ricondurre a una formula, a un algoritmo. Persino l'amore. Sembra strano, ma avevo una risposta anche per quello. l'amore, insieme di sensazioni inebrianti. Ma, nonostante tutte le ricerche condotte negli anni, nessuno è riuscito a rispondere a una domanda fondamentale. Perché? Perché amiamo una persona, piuttosto che un'altra? Come mai è proprio lui a scatenare in noi certe emozioni? Hanno fatto tante teorie, tanti studi, ognuno con il suo esito. Ma nessuno che convincesse tutti, per una volta. Avevo la mia teoria: abbiamo bisogno di sentire vicino una persona, senza amarla necessariamente. È la prerogativa della  sopravvivenza della specie, la riproduzione. Cerchiamo compagni con i quali avere figli, il nostro cervello seleziona i modelli che darebbero figli più sani e forti. Senza per forza amarli. Non ho mai creduto nell'amore, se non come sensazione fisica. Il cuore pompa sangue, non può sostituire il cervello nel controllo delle emozioni. Ma è veramente così? La mia teoria non è stata forse smentita dalla mia stessa esperienza? Sentire le sue mani sul mio corpo, desiderare che stringano di più … questo non ha niente a che fare con il cervello. Il cervello non sa spiegare perché, vedendolo, desidero che  mi baci, sentire le sue labbra sulle mie, sul mio collo, sul mio viso, ricambiare quel bacio … il cervello non spiega neanche questo. Stare con una persona per nostro volere, non ha uno scopo ai fini del ragionamento, non corrisponde a nessuna teoria umana. Eppure esiste. Lo vediamo tutti i giorni, lo proviamo sulla nostra pelle. Ha una sola spiegazione, se di questo si tratta: l'amore. Quell'emozione che ci inibisce, che crea quel legame di sintonia dal cui non puoi sottrarti. Che ti fa battere il cuore e mozzare il fiato, desiderando che non finisca mai. l'amore, roba da telefilm, per me. Ma solo fino a quando non ho incontrato lui. E non sono più riuscita a rientrare nelle mie idee, nessuno schema aveva più senso … e  mi sono semplicemente lasciata andare, scoprendo che era molto più semplice, molto più facile che cercare una spiegazione … il primo dubbio della mia vita. La prima domanda a cui non sono riuscita a rispondere con dei numeri, con un'equazione che spiegasse il tutto. Forse, dopotutto, voglio rimanere con un dubbio. Se l'uomo riuscisse a svelare i segreti dell'amore, cambierebbe tutto. Non avremmo più quella magia che avvolge un bacio …
"Ehm … dottoressa Kiel … Laure?" qualcuno cerca di risvegliarmi dai miei pensieri e torno malvolentieri alla realtà. Stanno ancora discutendo del caso, l'aereo si prepara ad atterrare. Mi alzo per riprendere i fascicoli, leggerli velocemente, dato che mi sono persa la riunione. Morgan allunga una mano, mi sporgo per prendere la cartelletta, che manco, facendola scivolare a terra. I fogli si sparpagliano sul pavimento. Qualcuno ride. Mi abbasso e ricompongo il fascicolo. Scendiamo dal jet. Sento le voci degli altri, qualcuna forse anche preoccupata, ma non ci faccio caso. Saliamo su una macchina che ci aspetta all'aeroporto. Vedo il cartello che indica la direzione per la città di Bend, appoggio al testa al sedile e chiudo gli occhi.
Sconvolgimento emotivo, l'espressione preferita del mio insegnante di psicologia al college. Ecco, l'espressione giusta per definire il mio stato d'animo in questo momento. Sconvolto, sottosopra. E tutto perché? Perché non riesco a spiegarmi una cosa. Ma è la cosa più importante della mia vita. La sento importante. Quando le mie compagne a scuola parlavano dei loro ragazzi, di fare l'amore, non ascoltavo mai. Mi fingevo interessata solo per non deluderle. Cos'è un gesto in confronto all'eternità? Cosa siamo noi rispetto all'universo? A me non importava. Ma or ami importa, e parecchio anche. Tanto che mi è difficile anche concentrarmi su qualcosa che non sia il suo profumo, il suono della sua voce, il rumore dei suoi passi, il fruscio del suo respiro.  Mi viene spontaneo mordermi le labbra ripensandoci, divento di porpora al ricordo. Abbasso la testa e mi guardo i piedi, fino a quando l'auto non si ferma. Scendo e seguo gli altri, senza prestarvi attenzione. Lascio che i miei arti si muovano da soli, mentre il cervello vaga in un'altra dimensione, sconosciuta. Inciampo in qualcosa di duro per terra e cado sulle ginocchia. Morgan e Emily si avvicinano per aiutarmi a rimettermi in piedi. Emily si assicura che non mi sia fatta male, prima di entrare al commissariato di polizia di Bend. Li seguo, mi siedo a una scrivania. La mia attenzione viene portata brutalmente alla realtà da due immagini appese sul muro. I corpi di due bambini di poco più di dieci anni, dilaniati e martoriati, sangue dappertutto. Mi mordo ancora le labbra, ma stavolta per non svenire.
"Colin Farrel e Charlie Jackson" annuncia il capitano indicando le foto che ritorno a guardare mio malgrado. Due bambini, due vite distrutte. Ma le indagini non portano da nessuna parte. Siamo arrivati nel tardo pomeriggio, causa l'assenza di strade decenti, o per lo meno con un limite di velocità superiore  alle 30 miglia orarie. Ci hanno prenotato un albergo fuori città, disperso nel nulla, identificabile da un unico lampione solitario davanti all'entrata.
"ehi, ma che cos'hai?" chiede Emily, affiancata, subito da Rossi "è tutto il giorno che hai la testa sulle nuvole. Cos'è successo?"
"niente, pensavo. E a volte non è facile trovare delle risposte" i miei occhi guizzano involontariamente su Spencer, qualche metro avanti
"mai provato a non pensare?" interviene Morgan
"ti sembra facile? Non pensare, così, di punto in bianco?" ribatto con una smorfia. Ma ha ragione. È la soluzione giusta. Non pensare. Scollegare il cervello. Fosse così facile come dice lui
"vieni, andiamo a bere qualcosa" propone Emily. Mi prende sottobraccio fino a un piccolo locale, sporco e male illuminato. Mi fa sedere al bancone e ordina da bere.
"qual è il tuo problema?" chiede di nuovo
"Spencer … cioè non lui,l'amore in generale … non so se riesco a spiegarlo …"
"Mmh … e perché dovrebbe essere un problema. Lo ami, no?"
"e questo il problema. Cosa vuol dire amare? Tu lo sai? Io no"
"capisco … è difficile. Amore è volere una persona. Volere il bene per lui, esserci sempre e comunque"
"questa è anche amicizia"
"già … ma molto più forte più assoluto. Qualcosa da cui non possiamo scappare. E secondo me non dobbiamo neanche provarci"
"perché no? Io ho paura delle cose a cui non posso dare una risposta. Perché non dovrei scappare?"
"non sempre si riesce a dare una risposta a tutto. La vita è bella anche per i suoi dubbi, i ma e i perché "
"no" ribatto decisa "siamo sempre riusciti a dare una risposta a tutto, perché questa volta dovrebbe essere diverso … "
"perché stai parlando di qualcosa che l'uomo non vuole spiegarsi"
"e perché mai? Carpire i segreti di un gesto, di qualsiasi cosa, aiuta a migliorare, a non commettere due volte lo stesso errore"
"che male c'è a commettere errori?"
"tutto il male possibile!"
"sbagliando s'impara"
"non sempre. Se sbagli troppo rischi di perdere le persone che ami"
"nel tuo caso, rischi di perdere Spencer … "
"parlavo di un caso ipotetico" commento, punta.
"io no. Tu stai male. Vuoi dirmi perché?" scuoto la testa
"te lo direi, se capissi cosa c'è che non va … in realtà va tutto bene, più che bene, rispetto alla statistiche … "
"basta statistiche!" esclama esasperata "per una sera, non pensarci … pensa a ciò che ti rende felice, anche se non puoi spiegartelo" alza il bicchiere "all'amore", lo fa scontrare con il mio. Sorrido e bevo l'ultimo quel poco che è rimasto nel bicchiere. l'alcool mi brucia la gola, dandomi una strana sensazione di brividi lungo la schiena. Gioco col ghiaccio nel bicchiere, poi Emily richiama la mia attenzione
"torniamo in albergo?" mi alzo e la seguo. Con il vento gelido che si sente anche attraverso il cappotto di lana, gioisco alla vista del lampione dell'albergo. La mia felicità scema un po' vedendo Spencer appoggiato alla porta d'entrata: vorrà delle risposte, risposte che non ho.
"beh, buona notte" commenta Emily superandomi per entrare.
"tutto a posto?" chiede Spencer quando rimaniamo da soli "oggi sembravi un po' sovrappensiero"
"pensavo … ma non si trovano delle risposte a tutto"
"che cosa cercavi? Che risposte ti servivano?"
"amore" mormoro, diventando rossa di botto
"oh … " ribatte, abbassando la testa. Argomento spinoso anche per lui. Poi fa una cosa che non mi aspettavo: si avvicina e mi bacia di colpo, tanto da mandarmi in tilt il cervello. E in quel momento capisco cosa intendevano Emily e Morgan, 'non pensarci' . All'inizio mi sembrava strano, persino impossibile. Ho passato la mia vita a pensare, non mi sembrava possibile smettere, anche solo per un po', nel momento in cui avevo più bisogno che le mie conoscenze mi venissero incontro, facendomi trovare una risposta. La verità e che non voglio trovare una risposta, perché in fondo va bene così. Perché devo smontare una delle  cose più belle della mia vita? Perché non viverle e basta? Quando Spencer si allontana rialzo lo sguardo, con il fiato corto. Poi rabbrividisco, ancora, a causa del freddo
"entriamo, o ti ammalerai" protettivo. Troppo. Come sempre. Ma è anche per questo che lo amo. Per i suoi modi impacciati quasi quanto i miei, per quell'aria da cucciolo smarrito, per la sua determinazione nei momenti giusti, per quel modo di ragionare, tanto simile al mio, che porterebbe chiunque alla pazzia, per come vede le cose, da eterno bambino. E vorrei dirglielo, vorrei urlarlo al mondo, ma non riesco neanche ad aprire la bocca. Mi fermo su un divanetto, posto a ogni piano vicino alle scale. Tra il bacio e la scalinata dell'albergo, credo che i miei polmoni si siano dimenticati di prendere aria, o forse,molto più semplicemente, in quel momento non ne sentivo il bisogno. Mi appoggio alla spalliera e chiudo gli occhi. Ripenso al mio primo giorno alla BAU, alla prima volta che l'ho visto. Troppo nervosa per altri motivi, non mi ero accorta del perché l'avevo notato quel giorno. Si era alzato per salutarmi, poi Hotch gli aveva chiesto di portarmi a fare un giro. Avevo analizzato quanto fosse magro e alto, ma per niente atletico, a differenza di Morgan, prima di soffermarmi sul viso. Quel viso che, riconosco solo ora, mi aveva subito conquistato. È giovane, mi assomiglia, è un genio: queste le mie spiegazioni portate avanti fino a quando non era venuto da me, per aiutarmi con il trasloco. Quella notte avevo ammesso a me stessa ciò che già sapevo, con il risultato di una notte insonne.
"ehi, tutto a posto?" sarà la decima volta che me lo chiedono, oggi. Alla stessa domanda, da parte di Morgan per esempio, non avrei esitato a rispondere male. Invece riprendo fiato e riapro gli occhi.
"sono solo stanca" mi passa una mano attorno alla vita, avvicinandomi a sé. Inizia a baciarmi sul collo. Cedo facilmente, come al solito. Devo lavorare sull'autocontrollo. d'un tratto mi trovo sdraiata sul divano. No, non in mezzo al corridoio, vorrei dire. Ma le mie labbra sono al momento troppo impegnate per dire qualsiasi cosa. Sento le sue mani nei miei capelli, sulla mia schiena …
"ehm, ehm" qualcuno si schiarisce la voce, sopra di noi. Riconosco il tono provocatorio di Morgan. Spencer salta in piedi, rosso come un peperone in viso. Mi rialzo, sicura di avere la stessa sfumatura. Morgan scuote la testa
"giovani!" mormora fingendosi dispiaciuto.
"giovani? Senti chi parla. Non ti ricordi neanche i nomi di tutte le ragazze con cui sei stato!" esclama Spencer divertito "a me non è mai successo" aggiunge poi, rivolto più a se stesso che a noi
"tu hai un solo nome da ricordare. E la vedi abbastanza spesso da non dimenticartene" risponde lui, alzando una  mano verso di me.
"o forse la amo tanto da non volermene dimenticare" ribatte lui, come se la cosa fosse ovvia. Poi, ricordandosi di me, arrossisce di nuovo e abbassa la testa. Morgan assume l'espressione da poker dei controllori delle camere dei college
"per questa volta chiuderò un occhio e non dirò niente al capo, ma se vi fate beccare un'altra volta..." dice con fare minaccioso, prima di voltarsi e andarsene con passo marziale. l'eco della mia risata lo insegue per tutto il corridoio.  Vado in camera come uno zombie. Non mi sono mai sentita così stanca. A un certo punto diventa tutto confuso, crollo addormentata, senza capire se sono già arrivata sul letto.
Sbadiglio e mi giro. Finisco contro qualcosa di morbido. E profumato. Un profumo familiare. Apro gli occhi. "scusa l'intrusione, ma sei svenuta sulla porta della camera. Ti sarebbe potuto servire un dottore" si scusa Spencer, anche se in realtà non sembra poi tanto dispiaciuto.
 "bene, allora qual è il parere del dottore? Come sto?" cerco di alzarmi, ma mi gira la testa e ricado sul letto
"ti servono degli zuccheri, riposo e, soprattutto … " alza una mano con fare importante " … ricordati di non tormentarti più con certe domande, potresti starci male sul serio. Ok?"
"promesso" quando finalmente riesco a mettermi in piedi prendo una caramella dal comodino "vuoi?"
"no, grazie. Preferisco..."
" … le gelatine, giusto" vado in bagno per cambiarmi: ho ancora addosso i vestiti del giorno prima. Quando ritorno in camera mi viene un dubbio
"ma come hai fatto a mettermi sul letto? Tu non hai abbastanza forza per alzarmi" chiedo, convinta
"infatti … " risponde arrossendo " … ho chiamato Hotch, è stato molto comprensivo. Morgan mi avrebbe preso in giro ha vita. " 
Scendiamo per fare colazione, Spencer si assicura che prenda cibi ad alto contenuto di zucchero.
"tutto a posto?" chiede il capitano
"si … a proposito grazie" sorrido riconoscente. Lui mi dà una pacca sulla spalla, prima di parlare con tutta la squadra
"le indagini di ieri non hanno portato a niente, perciò proviamo a guardare in un'altra direzione. Proviamo a guardare il tutto da un'altra prospettiva. Invece che pensare all'SI, proviamo a immedesimarci nei bambini. I risultati delle autopsie?" JJ gli passa un fascicolo
"erano in perfetta salute, alimentazione sana e sport. Non sembrava soffrissero di patologie legate allo stress o alla mancanza di luce solare, ed erano stati rapiti da qualche anno"
"quindi … " provo a trarre le conclusioni "non li teneva rinchiusi, ne li seviziava … "
"forse li faceva giocare, li portava a fare la spesa … " continua Spencer
"sindrome di Stoccolma?" chiedo
"che cos'è?" chiede Morgan
"La sindrome di Stoccolma èuna condizione psicologica nella quale una persona vittima di un sequestro puòmanifestare sentimenti positivi (talvolta giungendo all'innamoramento) nei confronti del proprio sequestratore" rispondo in automatico "si manifesta nell'8% dei casi di rapimento, soprattutto nei bambini"
"perciò li rapisce e gli fa credere di essere il padre? Ma è terribile" commenta Emily
"già, ma non per loro
La vittima ha bisogno di interiorizzare alcune caratteristiche dell'aggressore per difendersi, di comprenderlo quasi empaticamente, ad esempio tentando di sentire quel senso di colpa che egli stesso prova. Nella sua brutalità, la Sindrome di Stoccolma nasconde quasi un aspetto positivo: aiuta la sopravvivenza del soggetto vittima riuscendo a realizzare un feed back positivo da parte dell'aggressore. Si può trovare spiegazione a tutto ciò partendo da due meccanismi: la regressione e l'identificazione con l'aggressore. "
"è comunque terribile" ribatte Rossi, guardando Spencer come se fosse matto. Poi ci prepariamo per andare alla centrale di polizia.
"novità?" chiede Morgan all'agente di turno.
"nossignore, agente Morgan, ma poco fa è arrivata una donna che vuole parlarvi"
Controlliamo dal vetro: una giovane donna bionda, avrà su per giù la mia età, con un vestito corto color acquamarina. Il capitano e Rossi entrano e la salutano
"buongiorno. È un piacere conoscervi" risponde lei "sono qui perché penso di avere qualcosa che vi può aiutare"
"ci dica" il capitano la invita a sedersi
"io … credo di sapere chi sia stato. Il mio vicino di casa … lo vedo sempre con dei bambini, giocano in giardino. E mi è sembrato che alcuni di loro assomiglino alle foto che sono passate in televisione … "
"quanto somiglianti?" chiede Rossi
"di viso molto … ma i capelli erano più corti o di un altro colore, e alcuni sembravano cresciuti, ma sono quasi certa siano loro … non potete fare qualcosa?" farfuglia in preda alla disperazione
"ma certo, signora" la rassicura Hotch "controlleremo, stia tranquilla"
Escono e ci raggiungono
"cosa ne pensate?" chiede Rossi
"non lo so, Dave"  risponde JJ "cioè, lei è sincera senza dubbio. E un controllo non farà male, ma … "
"ma?"
" …. Ma sembra un po' troppo spaventata per un vicino che non conosce" concludo.
"giusto. Da quello che ha detto all'agente, non sa neanche come si chiami" aggiunge Spencer
"magari è solo preoccupata per quei bambini, comunque suggerirei di fare qualche ricerca anche su di lei" propone Morgan, prendendo il giubbotto. Madison avenue è in un quartiere signorile, lontano dal centro della piccola città. Formata dai vialetti di accesso di una lunga serie di villette a schiera dipinte dello stesso colore, sembra un luogo di pace e calma. Ma forse proprio in una di queste ridenti case si nasconde un mostro. 103245 …  103257 … 103261
"è questa" esclama il capitano "Prentiss e Reid, rimanete qui e attendete i rinforzi; JJ tieni i giornalisti lontano dalla casa; gli altri con me" stranamente sono invitata a prendere parte all'azione. Prendo la pistola dalla fondina e controllo che sia carica. Tolgo la sicura. Il capitano bussa alla porta
"FBI, aprite!" nessuna risposta. A un cenno di Hotch, Morgan sfonda la porta. Entriamo.
"libero!" grida Rossi da una camera
"libero!" gli faccio eco da quella che sembra la cucina. Ci sono dei piatti a tavola, ancora vuoti. Poggio una mano sulle piastre: sono tiepide "se ne sono appena andati" urlo agli altri. In un batter d'occhio mi raggiungono. Tutti tranne Hotch, che torna dopo qualche secondo, per mano a un bambino.
"ciao io sono Jeremy" il bimbo mi si avvicina e tende la mano
"io mi chiamo Laure" lui si avvicina e mi abbraccia le ginocchia
"lo sapevo. Per questo ti ho chiesto di venire" mi spiega Hotch "noi lo chiamiamo effetto Reid. Succede con i bambini e con i cani. Ma era meglio non portare Reid in questa casa degli orrori"
"dov'è papà?" chiedo a Jeremy
"ha detto che doveva andare via, che doveva andare da Nathan e Laurence" le due vittime
"e loro dove sono?"
"papà ha detto che sono diventati grandi e sono andati a vivere da soli. Lui e i miei fratelli sono andati a trovarli"
"quanti fratelli hai?"
"tre, ma sono tutti più grandi. Papà ha detto che dovevo proteggere la casa da Shania"
"chi è Shania?"
"l'amica di papà. È una signora bionda e alta, sempre vestita bene. Ma lei e papà hanno litigato, perché lei diceva che papà sbagliava. Lei se n'è andata piangendo". La donna che è venuta alla stazione di polizia. Ma ho notato che quando Jeremy parlava dei fratelli si sfregava i piedi, come se nascondesse qualcosa
"tu lo sai dov'è papà?" chiedo piegandomi per guardarlo negli occhi
"si … ma se lo scopre si arrabbia"
"e noi non glielo diciamo"
"ho sentito che lo diceva a Nathan, settimana scorsa. Lo voleva portare sui monti di Redmond"
Usciamo dalla casa. Il bambino si avvicina a Spencer, proprio come aveva fatto poco prima con me. Il capitano ci invita a salire in macchina. Prendiamo la tangenziale, fino alla piccola cittadina di Redmond, quindici miglia a nord di Bend, sulla statale 97. i SUV ci portano fino a metà della montagna
"dobbiamo proseguire a piedi. Morgan chiedi a Garcia di mandarmi le coordinate del satellite sul cellulare" seguiamo Hotch per un sentiero sterrato. Jeremy e JJ sono rimasti di sotto. Ogni tanto il capitano si gira per controllare che siamo ancora dietro di lui. Spencer chiude la fila, in quanto più lento degli altri. A un certo punto Morgan si gira verso est.
"shh" si mette un dito sulle labbra "ho sentito qualcosa" sussurra e ci fa segno di seguirlo. Controllo la pistola e seguo gli altri. Arriviamo in una radura. Al centro ci sono un uomo e alcuni ragazzi, tre per la precisione. Sono chini su qualcosa di indefinito, perlomeno da quella distanza. l'uomo parla, parla con fare convincente, come di un oratore che deve convincere la platea a seguirlo. A un certo punto uno dei bambini inizia a piangere. Nel giro di qualche secondo si accascia per terra. l'uomo prende un coltello …
"Fbi, mani in alto!" urla il capitano, correndo verso lo strano gruppetto con la pistola puntata sull'uomo. Lui getta il coltello a terra.
 "una lezione di caccia per i miei figli, signore" risponde lui ingenuamente, alzando uno scoiattolo morto al centro del gruppo
"ho detto mani in alto" ripete Hotch. Morgan gli si avvicina per mettergli le manette. Io e Spencer prendiamo i bambini. Sembrano molto preoccupati per il 'padre' . Scendiamo a valle. Il ragazzo più grande si avvicina a Jeremy e lo abbraccia. Il piccolo gli racconta tutto, e insieme lo riferiscono ai fratelli. Saliamo in macchina per raggiungere la stazione di polizia.
"Spencer … "
"dimmi" Morgan, alla guida, fa finta di concentrarsi su qualcos'altro. La strada, per esempio.
"quei bambini … riconosceranno i loro genitori?"
"è una cosa molto soggettiva. Ma sono stati rapiti quando erano già in grado di ricordare, perciò, si … penso di si. Anche se ci vorrà molto tempo prima che lo accettino. Avranno bisogno di supporto psichiatrico e ovviamente di tempo. Il tempo porta rimedio a molte cose" risponde lui malinconico
"se avete finito di fare i sentimentali … " interviene Morgan. Faccio una smorfia mentre continua " … che ne dite di andare a bere qualcosa, prima di tornare a Quantico?". Spencer fa una faccia strana. Preferirebbe tornare subito a casa, magari a leggere un buon libro "ovviamente non accetto rifiuti" conclude Morgan, parcheggiando alla centrale. Propone lo stesso agli altri che, naturalmente, accettano con entusiasmo. Lo sceriffo ci suggerisce un locale poco lontano da lì. Dieci minuti più tardi entriamo in un pub con le insegne dai colori sfolgoranti. Non ne ho molta voglia. Vorrei andare in albergo, buttarmi sul letto e non pensare più a niente, per una volta. E invece seguo gli altri fino a un tavolo libero, ordiniamo qualcosa da bere, ridendo alle battute di Morgan. 

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Capitolo 7
*** hurt ***


Mi addormento la mattina dopo sul jet. Appoggio semplicemente la testa contro il vetro e chiudo gli occhi. Mi risveglio qualche ora dopo, sentendo delle labbra che mi sfiorano il collo. Apro gli occhi e mi ritrovo a fissare il soffitto dell'aereo. Realizzo di avere la testa in grembo a Spencer. Come abbia fatto a spostarmi senza che mi svegliassi è un mistero.
"dobbiamo scendere" sussurra aiutandomi a sedermi. Arrivo a casa mezza addormentata, mi svesto e ritorno a dormire.
Apro gli occhi, è buio e sento dei rumori provenienti da un'altra stanza. Mi allungo verso il comodino, per prendere la pistola, quando mi accorgo che non c'è. In preda al panico, mi alzo ed esco dalla camera. Prendo la lacca da una mensola e vado in soggiorno, ma non appena metto piede nella stanza, qualcuno mi prende da dietro, stringendomi con le braccia. Provo a urlare, ma dalla mia bocca non esce alcun suono. Mi alzo di scatto, in un bagno di sudore, ancora nel mio letto. Prendo la pistola, al suo posto sul comodino. La luce è ancora accesa, la porta chiusa, come ricordavo di averla lasciata. Stavo solo sognando. Era solo uno stupido sogno. Ma non posso far a meno di aver paura di riaddormentarmi. Controllo l'orologio: sono le cinque del mattino. Faccio la doccia e mi vesto, il più lentamente possibile. Alle sette esco di casa, chiudendo a doppia mandata e attivando l'allarme. Mi siedo in macchina e il rumore del motore mi rilassa. Arrivo in ufficio decisamente tesa. Sono già tutti lì, cattivo segno. E li sento mormorare, pessimo segno.
"buongiorno a tutti" saluto, sospettosa "che cosa succede?"
"niente. Vuoi un caffè?" prova Spencer senza troppa convinzione
"cosa succede?" chiedo ancora, sentendomi invadere dal panico.
"siediti" ordina il capitano. Eseguo, mentre la mia preoccupazione crescere
"abbiamo ricevuto una chiamata anonima, che ci invitava ad andare in un capanno abbandonato … " inizia Morgan
" … dove abbiamo trovato una scatola con un pupazzo, una foto e una lettera. " continua Emily. Me le mostra.
"li conosco … " mormoro, mentre anche JJ crolla sul divano. Scuoto la testa per togliermi quelle immagini dal cervello. Avevo visto quei volti molte volte nei mesi precedenti, praticamente in ogni telegiornale. Perlomeno, fino a quando le famiglie non avevano perso la speranza di ritrovarli vivi. Speranze inutili: i bambini nelle foto erano stati torturati, uccisi e privati delle viscere, inscatolate di fianco ai cadaveri.
"noi cosa c'entriamo?" chiede Spencer, più orripilato degli altri: per colpa della sua memoria eidetica non riuscirà più a scordare quelle immagini.
"sono stati rapiti altri due ragazzi, sempre in Virginia, e le autorità locali pensano che i due casi siano collegati" risponde JJ
"un sadico?" chiede Rossi
"non credo. Secondo il medico legale sono morti in fretta, quindi l'SI non prova piacere nel vederli soffrire" trovo la risposta in uno dei fascicoli
"gli antichi egizi conservavano le interiora dei morti. Le mettevano in alcuni contenitori di argilla, accanto al cadavere" osserva Spencer "perché le anime le potessero riutilizzare nell'aldilà"
"una setta ?" prova Morgan.
"bene, sono tutte ottime ipotesi. Andiamo sulla scena del  delitto?" propone il capitano
"perché? Hanno ritrovato i corpi?" chiedo, rendendomi conto di essermi persa qualche battuta
"si, nella scatola c'era anche un indirizzo. E in una villetta fuori città abbiamo trovato i due cadaveri"
"perché guida lui?" chiede Morgan, arrabbiato qualche minuto dopo. Scesi nel garage, Spencer ha preso il posto di giuda, che normalmente occupa Morgan, partendo senza dire niente
"lascialo distrarre" sussurro, mentre prendo posto di fianco a lui. Controlliamo la casa in lungo e in largo
"niente! Nemmeno l'impronta di una scarpa!" esclamo esasperata, dopo aver fatto il giro delle stanza per ben due volte.
"Kiel! Vieni un momento" urla Morgan dalla camera accanto. Lo raggiungo
"qui dietro c'è qualcosa" afferma battendo la mano sul muro bianco della cucina. Controllo le carte della casa
"si, in effetti questa stanza doveva essere rettangolare" prende la rincorsa e sfonda la parete. c'è un'altra stanza. E sulla parete di fondo una scala.
"io controllo qui, tu prova a scendere". Prendo la torcia e inizio a scendere le scale. Prendo dentro una ragnatela, e per poco non inciampo in una trave spostata del pavimento, ma riesco ad arrivare in fondo alla scalinata. Sento uno scricchiolio. Probabilmente un topo, ma per sicurezza prendo la pistola. Vedo un'ombra muoversi poco lontano da me. Decisamente, qualcosa di più di un topo.
"FBI, mani in alto!" urlo al vuoto, puntando la pistola. Sento altri passi, frettolosi stavolta e un colpo. Sento un dolore acutissimo alla spalla e il sangue caldo che inizia ad uscire.
"Morgan!" riesco ad urlare prima di accasciarmi per terra, priva di forze.
Bip - bip - bip apro gli occhi spaesata e mi guardo intorno. Vengo accecata dalla luce al neon che riflette sulle pareti bianche. Sento l'odore delle soluzioni fisiologiche. Ospedale. Cavolo! Giro la testa a destra e poi a sinistra
"ehi, finalmente ti sei svegliata!"
"Emily" mormoro voltandomi verso di lei, seduta ai piedi del letto "cos'è successo?"
"allora …. Due giorni fa ti hanno sparato. Il proiettile ha reciso un'arteria e ti hanno dovuto operare d'urgenza … siamo all'ospedale di Richmond … " aggiunge quando si accorge che cerco di leggere il nome ricamato sulle federe del cuscino " …. Siamo andati avanti con le indagini, ma a quanto pare l'uomo che ti ha sparato ha lasciato il paese …. Che c'è?"
"gli altri? Sono rimasti a Quantico?"
"stanno continuando ad indagare. Morgan si è molto spaventato, sai ti ha trovato lui, così Hotch lo tiene concentrato sulle indagini. Reid è qui ventiquattrore su ventiquattro. È appena andato a prendere qualcosa da mangiare, non sapevamo ti saresti svegliata … e io, beh, Hotch mi ha mandato qui per controllare che Reid dorma almeno qualche ora, ma non credo di essere stata molto brava … " proprio in quel momento entra Spencer. Sorride vedendo i miei occhi aperti
"come stai?" chiede premuroso
"bene … " non ci casca " …. Ok, beh, mi sento un po' rintontita, e la spalla fa male. Ma per il resto tutto bene, davvero" questa volta ci crede. Emily esce per andare a mangiare
"posso?" chiedo allungando la mano verso il pacchetto di caramelle sul comodino. Mi da un buffetto sulla mano
"quando ti toglieranno le flebo …. E cioè fra qualche ora. Aspettavano solo che ti risvegliassi" faccio una smorfia, prima di prendere le caramelle per nasconderle dalla mia vista.  Una tentazione in meno. Spencer mi prende la mano e inizia a giocarci
"mi spiace averti fatto preoccupare … " inizio, ma lui mi interrompe
"lascia stare, non è colpa tua. l'importante è che ora stai meglio" alzo la mano per fargli una carezza sulla guancia. Sfortuna vuole che in quel momento entri in medico. Spencer diventa tutto rosso e si siede sul divanetto in fondo alla stanza.
"come sta, signorina?" chiede il dottore, gioviale
"molto meglio, la ringrazio. Quando mi dimettete?" chiedo speranzosa
"anche oggi se vuole. Ma prima dovrei chiederle un paio di cose … " annuisco " … bene. c'è qualcuno che le tiene compagnia e che potrebbe assisterla, una volta a casa?" sto per rispondere un veritiero 'di solito no', ma Spencer mi anticipa
"si. Ci sono io" il medico ne sembra rincuorato. Penso abbia ci abbia già parlato
"ok, così va meglio" si rivolge verso Spencer "allora parlo con lei. Non le faccia fare troppi sforzi, né movimenti strani. Non deve portare pesi per almeno un mese. La prognosi è di cinquanta giorni e il certificato di malattia sarà inoltrato al datore di lavoro entro domani mattina. Tra poco più di un mese potrà tornare anche a lavorare. Ah, un'ultima cosa … " torna a guardarmi "controlli  e lastre periodiche, almeno una ogni due settimane. Intesi?" annuisco ancora, da brava bambina.
Poco prima di mezzogiorno, un'infermiera mi fa firmare alcune carte. Mi aiuta ad alzarmi e a vestirmi, facendo uscire Spencer. Ho qualche problema con le magliette perciò prendo mentalmente nota di indossare solo camicie. La donna mi posa la giacca sulle spalle prima di lasciarmi uscire. Spencer mi aiuta a salire in macchina per tornare a casa. Poi sale al posto di guida con una smorfia: detesta guidare.
"mi sdebiterò" prometto quando mette in moto "a proposito … hai detto una bugia!" lo prendo in giro, ma proprio non ci arriva
"no"  obbietta, pensando
"concentrati sulla strada. Lo sai che la maggior parte degli incidenti stradali è causata dalla distrazione dei guidatori?" ride "hai detto una bugia: non puoi controllarmi ventiquattrore su ventiquattro"
"e invece si" ribatte felice
"e come?" chiedo, stupita
"negli ultimi anni ho maturato tante ferie che posso benissimo stare a casa un mese. E poi, potresti trasferirti da me" balbetta cercando di non guardarmi
"o potresti venire tu da me. A casa tua non c'è spazio" osservo. Il suo appartamento è un trilocale con una camera molto piccola, troppo piccola per due persone
"si, in effetti hai ragione" riconosce, girando a sinistra "vado a casa a prendere la mia roba" mi lascia in macchina sotto casa sua. Torna venti minuti dopo con un borsone nero
"dove sono le chiavi?" chiede quando arriviamo sotto casa mia
"posso aprire io, non è un grande sforzo" mi lamento. Non mi piace dipendere da un'altra persona, nemmeno se questa persona è Spencer. Ricordo che le chiavi sono nella tasca davanti dei pantaloni, ma non riesco a prenderle
"sei ancora sicura di voler aprire tu?" ride
"va bene, dammi una mano, sono nella tasca sinistra" evidentemente l'idea non gli piace. Diventa color peperone, prima di mettermi una mano in tasca per prendere le chiavi. Apre il cancello e la porta. Posa il suo borsone per terra e il mio su un tavolino
"non è migliorata molto dalla prima volta che sono stato qui" commenta, notando il disordine
"come no? Ho montato anche tutti i mobili. Quanto al disordine … ti ci dovrai abituare" alza gli occhi al cielo e mi fa sedere sul divano.
"hai fame?" chiedo, tirando a me la borsa
"no, ho mangiato all'ospedale …. Che fai?"
"mi serve qualcosa di decente da mettere" borbotto, armeggiando con le cerniere, invano "non mi ero mai accorta di quanto fosse importante avere due braccia" mi lamento
"non ti accorgi di quanto è importante qualcosa finché non la perdi" cita con un sorriso, prima di chinarsi per aiutarmi. Prende un paio di jeans viola e una maglietta gialla
"oddio!" esclamo "non mi ricordavo neanche  di avere una cosa del genere!" indico orripilata l'assurdo abbinamento di colori
"oh, li ho presi io. Emily mi ha mandato qui dicendomi di prendere qualcosa di comodo, e a parte questi non c'era molto di comodo … solo jeans stretti, camice, giacche e qualche maglietta attillata"
"non fa niente" vado nell'armadio a prendere i vestiti 'scomodi' come dice Spencer. Tolgo la camicia con un po' di fatica, e altrettanto per i pantaloni. Mi abbasso per appoggiare i vestiti sul letto e … si rompe il gancio del reggiseno. cavolo!  Capitano tutte a me , oggi! Ne prendo un altro dal cassetto, ma non riesco ad allacciarlo. Mi scoccia chiamare Spencer, primo perché mi vergogno e secondo perché non credo sia capace: la sua coordinazione è peggio della mia
"Laure? Ci sei? Tutto a posto?" chiede in quel momento da dietro la porta chiusa
"si, tutto bene" annaspo, ma non ci casca. Sento che apre la porta. Arrossisco e mi giro dall'altra parte
"ma cosa stai facendo ?" chiede preoccupato
"mi si è rotto il reggiseno" mormoro diventando di nuovo rossa
"oh … " abbassa la testa "ce la fai?"
"si ….  Dammi un attimo … " ma l'attimo passa senza che riesca a fare alcunché. Spencer entra e si avvicina
"aspetta … non dev'essere tanto difficile, dopotutto … " inizia ad armeggiare con la stoffa sulla mia schiena, fino a che non riesce ad allacciarmi il reggiseno " … ecco!" esclama soddisfatto. Mi giro di scatto per dargli un bacio, lasciandolo interdetto. Ma è un attimo, si riprende subito. E non finisco neanche di vestirmi.
Mi sveglio che è buio. Guardo la luna alta fuori dalla finestra, poi mi giro verso la sveglia: sono le tre del mattino e sento una fitta alla spalla
"fa male?" chiede Spencer protettivo
"un po'" mento, cercando un antidolorifico nel cassetto. Trovo il Tylenol, che mando giù con un sorso d'acqua. Poi mi rimetto nel letto, accanto a Spencer, cercando di riprendere sonno.
"Laure …." sento un tocco delicato sulle mie spalle. Mi giro verso quella voce e do un bacio a Spencer "è mattina …. Vuoi fare colazione?" cerco di alzarmi dal letto, non voglio passare un mese a sentirmi inutile. Vado in cucina e sento Spencer che mi segue. Sento una ventata gelida sulla pelle e  mi ricordo di avere addosso solo la biancheria intima. Pazienza. Preparo il caffè e metto a scaldare due brioches nel microonde, poi appoggio la schiena al bancone della cucina. Passo a Spencer una delle due tazze
"che c'è?" chiedo quando vedo che mi fissa. Distoglie subito lo sguardo e arrossisce "sei sicuro di riuscire a resistere un mese in reclusione?"
"ma certo. E poi non è reclusione, se sono con te" risponde, gli occhi ancora puntati verso il pavimento. Mi avvicino e con la mano sana gli alzo il viso, verso il mio. Lo bacio e sento il sapore del caffè. Mica male. Faccio qualche passo indietro e mi ritrovo di nuovo contro il ripiano della cucina . Mi prende per la vita e mi solleva, fino a farmi sedere sul bancone, per baciarmi meglio. Sposto la mano sulla sua camicia per slacciare i bottoni. Non credo che sarà un mese di solo relax.
"ammettilo: ti ho fatto impazzire!" ripeto per l'ennesima volta, salendo in macchina
"ma no! Mi sono divertito" risponde lui, controllando per l'ennesima volta la giacca.
 È passato più di un mese da quando sono uscita dall'ospedale, e ora sono pronta per tornare al lavoro. Uno dei periodi più belli della mia vita. Probabilmente il più bello in assoluto
"piuttosto, stai bene? Sicura?"
"se me lo chiedi un'altra volta …." minaccio, ridendo. Spencer parcheggia il SUV al suo posto. Ho insistito per guidare ma non voleva farmi 'affaticare'. Arriviamo in ufficio e mi lascio abbracciare da tutta la squadra.
"mi sei mancata" sussurra Emily
"già ci siete mancati … per un mese non ho avuto nessuno da prendere in giro!" concorda Morgan. Sorrido, accondiscendente. Poi arriva JJ
"mi dispiace rovinarvi la mattinata … ah, bentornati ragazzi" ci abbraccia "hanno chiesto il nostro aiuto" alza un fascicolo come se fosse un cartello stradale e la seguiamo fino alla sala riunioni. Stringo la mano a Hotch, prima di sedermi.
"cos'abbiamo JJ?" chiede Rossi
"una serie di omicidi, sulla 95, all'altezza di Jacksonville. Qualcuno spara agli autisti dei grossi fuoristrada, soprattutto turisti. Quattro vittime in due giorni, la polizia ha chiesto il nostro intervento " mentre parla sullo schermo scorrono le immagini dei ritrovamenti.
"mi hai mentito" afferma Hotch, guardandomi. Ripenso alla telefonata di qualche giorno prima "hai detto che potevi volare … il medico non la pensa così"
"cattiva ragazza" aggiunge Garcia, ferma sulla porta. Cerco di difendermi
"sono un dottore, quindi tecnicamente non era una bugia … "
"e cosa allora?" chiede l'informatica
" … un secondo parere " ribatto decisa. Anche Hotch si lascia scappare un sorriso
"sei mia" esclama Garcia con fare minaccioso.
 
 
 
 

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Capitolo 8
*** "ciro" ***


Alzo gli occhi al cielo e la seguo nel suo rifugio. l'ufficio di Garcia è … direi 'un effetto personale'. Ci sono foto e pupazzetti ovunque, penne colorate e piume disseminate dappertutto. Prendo una sedia a rotelle e la avvicino al computer. Mi arriva una bacchettata sulla mano

"fai la brava bambina e non toccare niente, la zia Penny arriva subito" esce per qualche minuto e torna con due tazze di caffè. Nel frattempo la squadra è salita sul jet. Accendiamo la web cam

"i turisti spesso sono insolenti" sta dicendo Spencer "qualche comportamento in particolare potrebbe farlo scattare"

"o forse ce l'ha semplicemente con i turisti, perché non rispettano la pulizia delle spiagge" aggiunge Emily "gli autisti dei fuoristrada erano tutti ragazzi fra i sedici e i venticinque anni"

"bene, ragazzi. Vi lasciamo al vostro lavoro. l'oracolo di Quantico saluta … e anche il piccolo genio" detto così, Garcia spegne lo schermo. Mormoro un no di protesta, ma non serve a nulla

"non puoi passare tutta la giornata a guardare Reid" spiega "ho io qualcosa da farti fare" inizio seriamente a preoccuparmi. Di certo, sarà una giornata da ricordare

"non sono capace Garcia, è inutile che insisti!" protesto per l'ennesima volta. Ormai è pomeriggio, sono davanti al computer da ore, con la migliore informatica del mondo, che non riesce a insegnarmi qualcosa di più su internet

"non dire che non sei capace! Non è una scusa" ribatte lei decisa

"non voleva essere una scusa" commento "dopotutto spiegami cos'altro mi può servire: so controllare la posta e usare due o tre programmi, non mi sembra di essere un disastro totale!"

"noooo" risponde, accondiscendente "adesso vai a mangiare, poi ne riparliamo" mi alzo, sconfitta ed esco dall'ufficio.

Entro in mensa, prendo un vassoio e qualcosa da mangiare. Una cosa qualsiasi. Finito di mangiare, con tutta la lentezza possibile, torno da Garcia

"ti ho portato un panino" esordisco

"grazie … ma non pensare di addolcirmi!" commenta con una strizzata d'occhio. In quel momento una suoneria allegra ci interrompe

"dimmi, tesoro" risponde Garcia, mettendo in vivavoce

"ciao, Garcia " era Spencer "dovresti cercarmi un nome … c'è Laure?"

"si" rispondo prima che l'informatica possa zittirmi
"ho appena avuto il piacere di conoscere tuo fratello" annuncia. Spalanco la bocca

"mio fratello?? Ma non è al college?" chiedo, incredula

"si, ma tuo fratello Nathan e alcuni suoi amici sono venuti a Jacksonville in vacanza. Sono stati testimoni dell'ultimo incidente"

"sta bene?" chiedo, apprensiva

"si, non ti preoccupare. Stanno tutti bene. E ti manda i suoi saluti … ah, mi ha fatto delle domande a proposito di 'Ciro' … tu ne sai qualcosa?" arrossisco, imbarazzata. Perché Nathan mi deve sempre far fare figuracce

"non è niente. Te lo spiego quando tornate a Quantico "

 

 

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