Roar

di Rota
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** X ***
Capitolo 2: *** XXIIX ***



Capitolo 1
*** X ***


*Autore: Rota/margherota
*Titolo: Roar
*Capitolo: X

*Fandom: Axis Powers Hetalia
*Personaggi: Austria/Roderich Edelstein, Nord Italia/Feliciano Vargas, Nuovo Personaggio (OC!Brescia)
*Genere: Introspettivo, Storico
*Avvertimenti: One shot, Missing Moment
*Rating: Giallo
*Note: Presento al popolo il mio OC!Brescia, Carmine Lucio Vargas. Ci sarebbero tante cose da dire, a cominciare dal suo nome e dal suo carattere. Ma, prima di ogni cosa, vi lascio alla mia fan fiction, seguita subito da ogni nota necessaria.
In questo primo capitolo della mia raccolta, parlo delle Dieci Giornate di Brescia – da qui il titolo del capitolo.
Buona lettura (L)


Di guardarlo in viso, proprio non se ne parlava affatto: lo sguardo di Carmine(1) era rivolto al pavimento della sontuosa camera, incuriosito dalla raffinata incisione che serpeggiava tra le mattonelle, destreggiandosi come un serpente sinuoso e affascinante; l'ira di Roderich, come al solito, gli scivolava sulla pelle senza penetrare più in profondità, riuscendo magari ad arrivare là dove non aveva ancora osato spingersi. Per quante parole dure e spietate l'austriaco dicesse, Brescia avrebbe sempre sorriso conciliante, senza dimenticarsi quale fosse il suo vero posto, neanche per un misero istante. E quella era una delle sue poche qualità che Austria davvero apprezzava: l'arte dei servi(2).
Il sangue rosso – la ferita sulla fronte ancora ne faceva fuoriuscire – gli scivolò rapido sullo zigomo quando il mento chiaro appena si alzò, perché gli sguardi dei due si incrociassero a mezz'aria per poi perdersi nuovamente, ognuno per conto proprio. Se Roderich aveva in sé la stessa aria di un maestro spazientito – come se Brescia non avesse fatto altro che una delle sue solite marachelle di poco conto – Carmine sorrideva benevolo e senza la minima pretesa. D'altronde, le manette che gli legavano i polsi erano tanto strette da fargli un male assurdo, e quelle maledette guardie che, a forza, lo stavano tenendo in piedi, rigide nella loro posizione, avevano gli sguardi così severi che sarebbe stato un vero peccato deluderle, mostrando quel briciolo di giusta resistenza che avrebbe fatto tremare loro ancora le ginocchia in maniera quasi ridicola.(3)
-E a cosa mai dobbiamo questa rivolta così accesa, Carmine? Mi era parso di capire che male non ti trovavi, sotto la bandiera della mia Nazione! Oppure forse è stata un'idea di questo giovane – e qui si rivolse a quel ragazzo, zitto e tremolante, il cui unico ed evidente desiderio era quello di fondersi con la mobilia della stanza e scomparire tra di essa, per non apparire mai più – che pare divertirsi come il peggiore dei monelli a gozzovigliare di qua e di là, ignorando i miei ordini e facendo sempre di testa propria? Dimmi, Italia, dimmi che questa non è la verità!-
Carmine sorrise con più forza, con più vile servilismo, quando vide il minore dei suo fratelli, Feliciano, chinare il capo e continuare a tremare, senza fermarsi: pareva quasi di vedersi riflesso a uno specchio. Però lui aveva imparato a non tremare più così tanto – e forse era proprio per quello che la sua commedia risultava decisamente più efficace.(4) Feliciano non disse nulla, aveva perso la baldanza di qualche giorno prima, ora si ritrovava ancora a balbettare e a cercare conforto nel nulla, come sempre. Stupida Torino, se non fosse stato per lei...(5)
-Io ritengo, signore, che magari sarebbe anche ora di far cessare tutto questo, lei non crede? Vossignoria non avrà tempo da perdere con degli straccioni come noi... - Roderich lo guardò male, scoccandogli un'occhiata di rimprovero, avvertendo quel leggero veleno che trapelava dalle sue parole: dopotutto Carmine Lucio Vargas faceva quel lavoro da tantissimi anni, ed era più che preparato alla lusinga – Non le dispiacerebbe finire il tutto e portarci qualcosa da mangiare? In effetti, penso che mio fratello condivida la mia stessa identica fame, in questo momento...-(6)
Giurò di aver sentito un versetto spaurito lasciare la bocca contratta di Feliciano quando un secco e irritato schiaffo austriaco gli fece voltare il viso di lato, violentemente, mentre l'espressione sul viso di Roderich si faceva di una punta più seria e preoccupata, quasi come a voler dire “non è certo colpa mia se i magazzini della tua città ora sono vuoti, fellone insolente”. Ne sorrise, tornando immediatamente al proprio posto, guardando in basso e lasciando che i ciuffi chiari della sua frangia gli coprissero la fronte e gli nascondessero lo sguardo vitreo.(7) E così, a quel punto, ogni cosa in quella stanza parve perdere di contorno e di valore.
I segni delle cannonate austriache se li ricordava bene: bulloni purpurei sulla sua pelle che non sarebbero mai potuti andare via, neanche a medicarli e a curarli per decenni, così come tutte le altre cicatrici che, nel tempo, il suo corpo aveva dovuto sopportare in silenzio. A camminare per le vie della città, come Roderich si era premurato di fargli fare prima di farlo condurre al proprio cospetto, gli faceva male al cuore: una tacca da aggiungere alle numerose altre. Ma per quanto la gente piangesse, per quanto le donne si disperassero, per quanto gli uomini si afflosciassero lungo i marciapiedi al suo passaggio invocando la pietà, negli occhi chiari di Carmine non brillava che quella luce sinistra che spinge gli uomini a lasciare le proprie catene per strisciare un poco più in là.
Orgoglio, speranza, fede: tre qualità che parevano patrimonio culturale di quella povera gente, esattamente come le reliquie di Santa Giulia. Ed era chiaro, chiarissimo a tutti quello che stava facendo vibrare in alto le anime da mendicanti straccioni di tutti loro.
Rumore dei tamburi di guerra come un ruggito che scuote la terra(8): da Ovest pareva essersi diradata attraverso tutta la Pianura Padana – la Gallia Cisalpina! – una voce indomabile che austriaci e francesi non erano riusciti a frenare neppure con la loro forza. Carmine Lucio aveva alzato la testa, accogliendo quella voce in sé e facendola propria, parlando e vivendo per essa. Anche in quel momento, mentre sorrideva al proprio vecchio padrone, pareva infuso di quella strana forza che da tempo non gli si vedeva addosso.
Non voleva crederci, Roderich, ma quando anche per un solo istante aveva visto Feliciano imbracciare le armi che Carmine gli aveva offerto, dicendogli di andare con lui al Castello che ancora qualcuno faceva resistenza, aveva tremato di paura, stretto da quell'angosciante meraviglia che dona ogni situazione inaspettata e imprevista. Poi l'Italiano aveva gettato a terra il suo fucile, urlando e scalciando come un bambino impaurito e spaventato a morte: lui era scappato prima che la città fosse accerchiata, era scappato prima che Carmine fosse ritrovato a rigettare sangue in un vicolo laterale e periferico del suo amato capoluogo. E sebbene tutti sapessero che, com'era giusto per Roderich, ogni impudenza sarebbe stata punita, proprio in quel momento, quando Carmine era più sconfitto che mai, Feliciano riusciva a guardarlo con un'ammirazione e un rispetto che non gli aveva mai visto in volto prima d'allora. 
A quel punto, seppur sottile e controllata, la rabbia di Roderich si compose in un'espressione compita che ordinò alle guardie di portare via il giovane uomo: che fosse rinchiuso lontano e isolato, in un posto dove non l'avrebbe potuto vedere, fino a nuovo ordine. Carmine fu trascinato via, mentre Feliciano, impotente, seguiva il suo cammino con lo sguardo, chiudendo gli occhi al pianto mentre Roderich lo chiamava a sé, con voce incredibilmente gentile e pacata, ammaliante. Ma si sentì provenire da fuori la stanza, facendo ben attenzione, poco più forte di un sussurro molesto e smaliziato, la risata sottile di Lucio, mentre ancora la città bruciava e dalle finestre amplie del palazzo del Potere entrava la puzza del fumo e della carne cotta delle persone e del bestiame razziato. Pazzo di una sottile consapevolezza che dona a chi non ha nulla sulla Terra il Paradiso.
Tito Speri(9) sarebbe tornato, Tito Speri sarebbe tornato. E avrebbe di nuovo ruggito assieme alla Leonessa di una nuova Italia.(10)
E, a quel punto, non ci sarebbero state più forche per alcun bresciano.


Note:
(1)Carmine Lucio Vargas, ovvero il nome del mio OC. Brixia fu una città romana, per questo il nome del mio pg è di tale origine. Carmine ha un altro significato: è un nome che ricorda sacralità (Santa Giulia è una delle nostre Chiese più antiche).
(2)Una delle caratteristiche che ritengo più azzeccate del pg di Feliciano è proprio questa, l'arte dei servi, ovvero “l'arte” di essere servile e zelante. Carmine lo fa con maggior cinismo e capacità, semplicemente perché lui è “servo” da più tempo, essendo più grande di Feliciano. 
(3)Sottile riferimento alle Cinque Giornate di Milano
(4)Carmine è più grande di Feliciano in quanto discendente diretto di Nonno Roma – basti considerare che Brixia, ovvero Brescia con nome latino, esisteva prima della sua conquista da parte dei romani.
(5)Siamo in pieno Risorgimento, movimento “partito” da Torino, ovvero dal regno dei Savoia. In particolare, faccio riferimento al fatto che a Brescia arrivarono tardi notizie dal fronte comune e quando arrivarono non furono prese per vere. Ovviamente, per questo motivo, e per il fatto che Torino non fece nulla per Brescia o non lo fece in tempo, Carmine prova risentimento per la città.
(6)Riferimento ai saccheggi attuati dagli austriaci dopo la resa della città. Carmine, per questo, mostra di avere fame.
(7)Carmine ha l'aspetto tipico di un Celto, perché in realtà egli appartiene a quella etnia.
(8)Citazione liberamente tratta dalla “Ninnananna di Zira”, Re Leone 2 – Il regno di Simba
(9)Eroe delle Dieci Giornate
(10)Per le Dieci Giornate, Brescia si guadagnò il nome di Leonessa d'Italia.

Per ogni altro approfondimento: http://it.wikipedia.org/wiki/Dieci_giornate_di_Brescia

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Capitolo 2
*** XXIIX ***


roar XXIIX *Autore: Rota/margherota
*Titolo: Roar
*Capitolo: XXIIX
*Fandom: Axis Powers Hetalia
*Personaggi: Nord Italia/Feliciano Vargas, Nuovo Personaggio (OC!Brescia)
*Genere: Introspettivo, Storico, Drammatico
*Avvertimenti: One shot, Missing Moment
*Rating: Giallo
*Note: Di nuovo, ecco il mio Carmine Lucio Vargas.
Oggi non è una giornata commemorativa tanto allegra, per la mia povera città. Il 28 Maggio 1974 – nel pieno degli anni di piombo, per chi può comprendere il periodo storico – Brescia fu vittima di un attacco terroristico che vide lo scoppio di una bomba di Piazza Loggia durante una manifestazione sindacale. Ci furono diverse vittime, dacché il luogo era assai affollato.
Come per le dieci giornate, volevo semplicemente ricordare al mondo questo fatto. Spero mi perdoniate per la drammaticità intrinseca del momento che descrivo, ma per me è davvero importante.
La mia, infine, vorrebbe essere una semplice condanna all'indifferenza.
Buona lettura a tutti voi (L)




Vennero in tanti, quel giorno. Vennero talmente tanti che la Piazza(1) ne era davvero colma. Gli striscioni – rossi(2), molti di questi erano rossi – sventolarono nell'aria fresca del giorno, animati da una nuova forza che non avrebbe mai ammesso la violenza come ultima parola. Lì, proprio lì, in una tomba senza lapide.
E parlarono Castrezzati, Terraroli e Panella(3), parlarono alla gente muta e in attesa, parlarono alle coscienze dei presenti. Carmine, anche, era un passo dietro Franco, mentre assisteva in silenzio come se quella fosse non altro che l'omelia di una Messa all'aperto. Con questo animo era arrivato lì, quella mattina.
Non avrebbe mai potuto comprendere, Lucio, la profondità dell'odio che spinse un uomo a fare di un cestino(4) l'arma per un'ecatombe fraterna. Aveva sempre desiderato Roma più di qualsiasi altra cosa – lui, che dal suo primissimo dominatore era stato strappato con brutalità per secoli e secoli senza che si degnassero di chiedergli il parere – aveva sempre agognato il momento in cui, finalmente, avrebbe potuto riabbracciare entrambi in fratelli in un unico gesto. Dopo Salò(5), però, Lovino aveva cominciato a guardarlo con lo stesso sospetto che si riserva ai traditori e agli infami. Lui, proprio, lui non avrebbe mai dovuto voltargli le spalle così.
Tremò il terreno, a quel punto. Tremarono le mattonelle che ricoprivano la piazza, tremarono le persone assieme al tutto. E fu un attimo. Poi il botto – le grida, il sangue, la gente che c'era e non c'era già più, ormai.
Orrore, per un attimo, si dipinse sul volto impassibile di Carmine. Che di stragi ne aveva già viste, di morti non ne calcolava ormai più, di guerre ne aveva piena la memoria. Ma c'era qualcosa di diverso, così diverso, in tutto quello, che si voltò verso il fratello Feliciano lì presente tanto sgomento quanto lui. Il giovane Vargas, però, non sapeva cosa dire e cosa fare, restando immobile a vedere tutta quella gente che vorticava come impazzita attorno a un solo punto. Così,  senza aspettare di più, Carmine scese dal palco e si immerse nella folla, andando avanti.
Talenti, Pinto, Natali, Milani, Bazoli, Zambarda e due Trebeschi(6): questi nomi li avrebbe imparati solo dopo, a furia di ripeterli fino a quasi l'ossessione. Nella mente di Feliciano non ci sarebbero stati, accalcati ai mille anni che solo in quel periodo si stavano accumulando sulla lista dei martiri – in quella di Lucio c'era ancora spazio, nonostante tutto.
Troppa la gente, troppa la calca. Qualcuno gridava aiuto, un'ambulanza si accendeva lontano pronta ad arrivare in fretta, mentre già qualcuno cercava tra le macerie un dito o un piede che non aveva più attaccato al proprio corpo. Anche gli occhi di Carmine cominciarono a sanguinare, lentamente, mescolandosi a lacrime silenziose.
Ore dopo, quando finalmente anche Feliciano ebbe trovato il coraggio di muoversi a sua volta in tutta quella calca, avrebbe trovato Carmine immobile a fissare un volto pieno di sangue, senza dire nulla. E al minimo tocco sulla spalla, quella di un fratello che vuole soltanto rassicurare, timidamente e con tutto il timore del mondo, Carmine avrebbe riso. Riso e pianto, riso e gridato, prendendosi i capelli tra le mani e assomigliando nel volto proprio a Euplo, a Luigi, a Bartolomeo e Alberto.
Magari avesse capito, Brescia, il motivo che spinse qualcuno a spazzare via con idranti ogni oggetto sul posto, preso da una mania di pulizia che non aveva mai insegnato ai propri cittadini. Magari avesse capito, Brescia, il motivo che spinse qualcuno a derubare cadaveri e non di spoglie e oggetti, come il profano che alza il cofano di una bara e infierisce su un corpo verso cui si suol provare solamente pietà.(7) Magari avesse semplicemente capito, Brescia, il perché di tante domande e di nessuna risposta – Lovino e Feliciano lo odiavano così tanto, dentro i loro cuori?
Aprile fu segnata da un'altra morte, dove una parte di verità fu sepolta e racchiusa nella gola di Ermanno(8). Non altro che un'altra tacca bianca laddove era tutto, tutto nero.
Giudizio senza alcun colpevole: lo dissero poi, più avanti, quando Lucio sembrò pensare, in un lampo d'orrore, di aver mosso egli stesso la mano per stringere quella bomba.(9)
Giorno dopo giorno, eppure – ogni volta che fu di nuovo il 28 Maggio – Carmine non faceva altro che camminare su quella stessa Piazza, salire su un palco immaginario e guardare avanti. In attesa di qualcosa, in attesa forse che gli striscioni ritornassero a sventolare come un tempo. O che, magari, non fosse una lapide la semplice traccia del ricordo ma qualcosa che andasse oltre una cicatrice sulla sua mano sinistra.

Il tempo passa, nonostante qualcuno tendi a dimenticarlo. Feliciano si ritrova ancora con una corona d'alloro al collo, mentre trombe squillano e uomini parlano. Lucio è poco distante da lui e non fiata, risparmiando parole. Ci sono poche persone, realmente, a guardare quel marmo scuro e la croce che non ha smesso mai di brillare.
Gli si fa vicino, prendendogli la mano tra le proprie dita; stringe piano, per non far rumore.
Oh, ma Carmine sorride, portandoselo via piano, mentre ancora qualcuno parla di morti e volge lo sguardo, indicando con sgarbo un'indifferenza che non dovrebbe avere proprio luogo.
Ma non indifferenza quanto strazio si nasconde dietro quello sguardo servile che mai Carmine ha abbandonato, sulla maschera della farsa di quei giorni – riempiti di parole la bocca, gli uomini hanno svuotato il cuore di sentimento.
-Non ti ho mai fatto vedere la mia città, Feliciano caro...-
Che di altre tombe e di altro tempo si sopporterà, per sempre, in silenzio.





Note.
(1)Piazza della Loggia, davanti alla Sede Comunale (la Loggia, appunto) di Brescia.
(2)Prima dello scoppio della bomba, si stava svolgendo una Manifestazione contro le stragi del terrorismo di derivazione fascista.
(3)Rispettivamente, sindacalista del CISL, onorevole del PCI e segretario di camera del lavoro di Brescia, al tempo.
(4)La bomba fu nascosta in un cestino, per onor di cronaca.
(5)Immagino che tutti sappiano cosa sia successo a Salò, durante la Seconda Guerra Mondiale. Salò è in provincia di Brescia, se qualcuno se lo fosse mai chiesto (L)
(6)Questi i cognomi delle vittime della Strage.
(7)Cose veramente accadute, subito dopo la strage. Non fatti di mia invenzione.
(8)La prima istruttoria della magistratura portò alla condanna nel 1979 di alcuni esponenti dell'estrema destra bresciana. Uno di essi, Ermanno Buzzi, in carcere in attesa d'appello, fu strangolato il 13 aprile1981 da Pierluigi Concutelli e Mario Tuti.
(9)La Strage non ha ancora un suo colpevole, in quanto l'ultimo processo svolto ha assolto tutti gli imputati.

Per ogni altro approfondimento: http://it.wikipedia.org/wiki/Strage_di_Piazza_della_Loggia

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