“E’
TROPPO…”
Severus Piton si
svegliò di soprassalto, il cuore che gli martellava furiosamente nel petto,
tanto che, per qualche istante, quel pulsare incessante gli riempì le tempie
dandogli un senso di vertigine.
In
un attimo fu completamente sveglio e dolorosamente cosciente. Si mise a sedere
e si guardò intorno, tutto era buio e silenzioso.
“Lumos” - pensò
Severus, senza formulare l’incantesimo ad alta voce, ed alzando la bacchetta
che, anche durante il sonno, aveva tenuta ben salda nella mano destra. La camera
fu rischiarata all’improvviso dal fiotto di luce che partiva dalla punta della stessa.
Severus storse la bocca disgustato alla vista di quel che ora si rivelava
ai suoi occhi in tutto il suo squallore.
Un ambiente sporco
e maleodorante, una stanza cadente, pochi sporchi brandelli di tappezzeria
strappati in più punti, ma ancora tenacemente aggrappati alle pareti, come in
una sorta di agonia, si arricciavano verso l’esterno
come mani protese. Il pavimento dalle assi marce aveva ceduto in più punti.
Severus non poteva
ancora credere di essersi dovuto rifugiare proprio in quel luogo che, più di
una volta, anche nel recente passato, era stato teatro di avvenimenti
tanto umilianti per lui. Si senti fremere dal disgusto, ma sapeva di non poter
fare lo schizzinoso al riguardo, non nella situazione in cui al momento si
trovava. Sperava solo di non dover rimanere lì troppo a lungo.
Volgendo la
bacchetta verso l’angolo più scuro della stanza, alla sua sinistra, Severus
cercò con gli occhi la figura familiare di Malfoy e lo vide agitarsi sul
vecchio letto semisfondato, che se ne stava, desolantemente cascante, addossato
alla parete. Draco dormiva ancora, sebbene il suo sonno fosse tutt’altro che
sereno. Severus lo vide rigirarsi ed il suo volto appuntito, ancora imberbe,
sembrava stravolto, come se qualcosa di peggiore di un semplice incubo lo tormentasse,
ma non se ne preoccupò, gli sarebbe, piuttosto, parso
strano vederlo del tutto tranquillo.
Spense la piccola
luce ed abbassò la bacchetta, ascoltando, attento a cogliere il minimo rumore
sospetto, ma nella stanza regnava il silenzio, rotto ogni tanto da normali
scricchiolii e schiocchi che testimoniavano quanto l’edificio fosse vecchio e
malconcio.
In realtà, Piton
non aveva davvero un gran timore che qualcuno potesse andare a cercarli proprio
lì, almeno non che lo facesse qualcuno di quelli che ora, di certo, erano sulle
sue tracce per via di ciò che era successo a Hogwarts.
I Mangiamorte,
invece, sapevano bene che quello era il suo attuale nascondiglio. Naturalmente
lo sapeva anche Lui; anzi Lord Voldemort in persona aveva approvato la scelta
di quel rifugio, promettendogli protezione e pregandolo di attendere fino a che
non gli avesse ordinato di raggiungerlo altrove.
Nessuno dei membri
dell’Ordine della Fenice, però, avrebbe mai immaginato
che lui, Severus Piton, potesse avere l’ardire di scegliersi come “tana”
proprio quella casa in cui, tanti anni prima, aveva rischiato di essere
sbranato da Remus Lupin in una notte di luna piena. Severus si sentiva ancora
bruciare di collera al solo pensiero di quel giorno e, peggio ancora, di ciò
che era successo con il giovane Potter, pochi anni prima, nella stanza accanto.
Ma la casa era un
posto sicuro, per ora – pensò - in fondo, Silente stesso gli aveva consigliato
di usarla, se fosse stato necessario sparire.
“A nessuno verrebbe
mai in mente di cercarti là Severus, a maggior ragione dopo che è stato il covo
di Sirius Black, penserebbero che è troppo scontato
come rifugio e poi in molti sanno quanto odi la Stamberga Strillante e quanto
poco propenso tu sia a mettervi piede. Quindi,
ricordati di queste mie parole in caso di bisogno”.
Silente aveva ragione
– si disse Piton – lasciandosi di nuovo cadere su quel che restava di un
vecchio materasso mangiato dai topi e dall’umidità.
Silente…
Al pensiero del
vecchio mago Severus sentì una fitta al petto, dolorosa e acuta, come se una
mano gelida si fosse insinuata nella sua carne, tra le costole, per stringerli
il cuore in una morsa atroce. Come in un incantesimo senza perdono. Per un
istante, l’angoscia fu talmente intensa che gli parve di non riuscire a
respirare e, nonostante il suo orgoglio, fece fatica a dominarsi. Fu ben
felice, in quel momento, dell’oscurità e che Malfoy fosse
ancora immerso nel sonno e non potesse vederlo in viso.
Provò a calmarsi e,
pian piano, fu di nuovo padrone di sè, ma il pensiero di Silente ed il ricordo
di quel che era accaduto appena due notti prima si rifiutava ostinatamente di
abbandonarlo. Non riusciva ancora a credere di averlo fatto davvero e, nello
stesso tempo, ne era del tutto consapevole, come se il
suo animo fosse scisso in due distinte entità, entrambe altrettanto angosciate.
Piton, frugò nella
memoria alla disperata ricerca di un ricordo diverso, di qualsiasi ricordo,
anche non necessariamente lieto, che non avesse a che
fare con quegli avvenimenti orribili che lo tormentavano da un tempo che gli
sembrava già eterno, sebbene fossero passate solo quarantotto brevi ore. Due
giorni soltanto, ma un secolo per il suo cuore.
L’unico altro ricordo
che gli si presentò, però, era ugualmente legato a ciò che anelava con tutta
l’anima a dimenticare, e, pur non volendolo, Severus chiuse gli occhi e
precipitò in quell’angolo della sua memoria esattamente come se avesse immerso
la testa nel pensatoio che si trovava sulla mensola nell’ufficio del Preside a
Hogwarts.
Rivide se stesso e
l’alto mago canuto, insieme, nel parco della scuola, al limitare della foresta,
in una notte in cui avrebbe davvero voluto essere altrove.
“E’ troppo” - aveva
esclamato, nel sentire ciò per cui Silente l’aveva
convocato quella sera – “Voi mi state chiedendo troppo, io…io non posso..” – si
era interrotto la voce strozzata, tentando di riprendersi dallo stupore,
cercando di mantenere la calma, lui che era così restio a scomporsi, a lasciar
trapelare le proprie emozioni – “E’ troppo…” – era stato tutto quel che, ancora
una volta, gli era riuscito di cavarsi di bocca.
“Non
è affatto troppo, Severus. E’ giusto. E’ quel che va fatto, lo sai anche
tu, ed è quel che farai, perché reputo che tu non sia uno sciocco e nemmeno un
ingrato” – aveva ribattuto Silente, con calma e persino con gentilezza, mentre
Piton si domandava come quell’uomo dalla lunga barba grigia e dagli occhi miti, ma svegli, dietro gli occhiali a mezzaluna riuscisse a
rimanere così tranquillo nel pronunciare simili parole.
“No, non sono un
ingrato Signore e so…” – Piton aveva deglutito, buttando giù per la gola anche
il suo orgoglio – “…cosa voi avete fatto per me, riaccogliendomi qui alla
scuola, onorandomi nel farmi professore e persino Capocasa e…tacendo a tutti quel…beh…ciò che voi ed io soli sappiamo sul mio
passato”.
“Quel che anche
tutti gli altri dovrebbero sapere già da tempo, Severus” – lo aveva interrotto
il Preside – “Quel che avrebbe fatto sì che tu ricevessi maggior rispetto, e la
stima e fiducia che meriti, da parte di tutti, persino di Harry…”.
“Mai! Per nessun
motivo al mondo voglio che Potter sappia. Proprio lui, lui più di chiunque
altro, deve rimanere all’oscuro” – aveva sbottato Piton colmo di rabbia e
raccapriccio all’idea che il figlio di James, il figlioccio di Sirius per
giunta, venisse a conoscenza del vero motivo per cui
da anni Silente si fidava ciecamente di lui, quel segreto che avrebbe rivelato
la parte più vulnerabile del suo essere.
“Potter lo racconterebbe
a tutti, lui…degno figlio di suo padre…ed anche se non lo rivelasse, non voglio
che lui sappia” – aveva detto, pronunciando la parola Potter con tutto il disprezzo
e l’antipatia che gli riuscisse di esprimere col solo
tono della voce.
“Severus!” – lo aveva ammonito il vecchio – “Non dovresti parlare così di
Harry. Io personalmente credo che se lui sapesse il vostro
rapporto sarebbe molto diverso. E sono sicuro
che lo terrebbe per sé. Ma non saprà nulla comunque,
non da me in ogni caso” – e il suo tono si era raddolcito nel pronunciare
l’ultima frase.
Severus Piton aveva
annuito – “So che non gliene parlerete, vi sono debitore anche per questo, per
quanto a volte, il mio carattere, mi renda difficile
dimostrarvelo sino in fondo. Ma…” – e la sua voce
aveva assunto una sfumatura angosciata, mentre tornava al fulcro di quella
discussione notturna – “…proprio perché vi sono grato non posso fare ciò che
pretendete di ordinarmi. Non a voi, ve ne prego e sapete quanto poco io ami
pregare chiunque”.
Silente, però, per
tutta risposta, si era eretto ancor di più, stirando la schiena e le spalle,
sino a raggiungere il massimo della statura consentitagli dalla natura e dalla
non più verde età.
“Severus!”- lo
aveva ancora ammonito, fissandolo dritto negli occhi mentre
gli si ergeva davanti, più imponente di quanto ci si sarebbe potuti aspettare
da un vecchio.
Piton, si era
infervorato ancora, aveva quasi urlato, dominandosi a stento solo perché nessun
altro oltre al Preside sentisse le sue parole – “Ma
volete rendervi conto di ciò che mi state chiedendo di fare? Come potete rimanere così calmo e chiedermi…ordinarmi
di…uccidervi, assassinarvi?”- l’ultima parola gli era scivolata fuori dalla
gola quasi in un sibilo strozzato, simile al richiamo di un grosso serpente.
Silente aveva
scosso il capo, senza che la sua calma diminuisse di un briciolo – “Non ti sto
chiedendo di assassinarmi, Severus, ti sto domandando
di togliermi la vita e solo se ciò fosse assolutamente necessario, per il bene
di molte persone, forse anche di più di quante tu ora immagini”.
“E’ non è la stessa
cosa?”- Piton si sentiva irritato, come se Silente si stesse burlando di lui –
“Che differenza fa l’usare un termine o l’altro? Mi state comunque
domandando di darvi la morte. Di uccidere l’unica persona che…” – gli si era
incrinata la voce, ma, questa volta, non per
l’orgoglio.
“No, non è per
niente la stessa cosa nella sostanza. Anche i termini
hanno la loro valenza, un assassino è una creatura vile ed abbietta che agisce
solo per crudeltà e per il proprio tornaconto. Tu, Severus, non sei né vile, né
abietto, e non lo sarai mai, nemmeno nel caso in cui dovessi
uccidermi” – aveva ribattuto Silente con fermezza, mentre Piton cercava di
ritrovare la sua proverbiale freddezza.
“In ogni caso”-
aveva poi aggiunto – “Non è ancora detto che tu debba farlo. Forse si troverà
un altro mezzo e non sarai costretto a compiere questo passo, che, mi lusinga constatarlo, ti è così difficile accettare di
intraprendere. Ad ogni modo, ho bisogno della massima tranquillità adesso, per
portare a termine alcune cose della più grande importanza. Perciò, Severus,
concedimi questa sicurezza, promettimi che se qualcosa dovesse
andare storto, farai quanto ti ho chiesto, ad ogni costo”.
“No! Non vi
prometterò mai una cosa del genere”- Piton ora stava ricambiando lo sguardo del
Preside con grande fermezza, il volto ancora più
pallido dell’usuale e gli occhi ardenti come ghiaccio in fiamme - “MAI!”.
“Lo farai invece,
Severus” – replicò ancora Silente, per nulla intimorito da quello sguardo, e
col tono di chi sa di aver già ottenuto ciò che desidera - “Me lo prometterai, stanotte. Non un giuramento magico, solo una
normale promessa da uomo a uomo, sul tuo onore, che è
molto più immacolato di quel che comunemente si pensi…”- il Preside aveva
persino sorriso divertito nel pronunciare la frase - “Hai già fatto abbastanza voti
infrangibili ultimamente, e dubito che farne un altro avrebbe qualche utilità
concreta in questo caso. Ti conosco meglio di chiunque altro Severus, perciò so
che, se a tenerti legato alla promessa che ti sto domandando di farmi ci fosse
soltanto la tua sopravvivenza, ti sarebbe fin troppo
facile scegliere di infrangere il nostro patto. L’ultima cosa
che desidero, Severus, e vederti scegliere con leggerezza tra la tua vita e la
mia. Sarebbe un errore imperdonabile. No, Severus, no, so troppo bene
che il tuo onore ti sta più a cuore della tua stessa vita. Dunque,
è a questo che mi appellerò: al tuo onore, alla gratitudine che provi nei miei
confronti, sebbene mi spiaccia di fartela pesare, ed, in fine, alla tua
saggezza. Non sei uno stupido e sai bene quanto me che rischiamo di pagare un
prezzo troppo alto solo per salvare la mia vita di vecchio. Inoltre, non
desidero proprio che tutto il tuo prezioso lavoro in qualità
di spia dell’Ordine sia vanificato da un impeto di sentimentaliastico
altruismo del tutto fuori luogo. Il sentimentalismo ti si addice
poco Severus, mi aspetto di molto meglio da te. Quindi,
ora desidero…”.
Piton lo aveva bruscamente interrotto, di nuovo faticando a dominarsi – “Ho
fatto quel giuramento a Narcissa, solo perché…”.
“So fin troppo bene
perché hai fatto quel giuramento”- Silente gli aveva tolto la
possibilità di continuare – “Io ti ho chiesto di farlo. I motivi li conosciamo bene entrambi, è inutile discuterne ancora!”.
“Ma
non posso acconsentire ad uccidervi solo per salvare…solo perché Potter…” –
aveva tentato allora Piton, sempre più afflitto ed ora anche profondamente
disgustato all’idea di doversi spingere sino a tal punto per colpa di quel
mocciosetto occhialuto che lo disprezzava tanto.
“Sai che preferisco
che tu non parli così di Harry, Severus” – il Preside per un istante era parso
adirato, poi il suo volto si era rasserenato, mentre continuava - “In fondo, tu
sai meglio di chiunque altro quanto sia fondamentale
che Harry sopravviva e porti a compimento il suo destino. Sai che lui potrebbe
riuscire dove tutti finora hanno fallito ed esistono poche altre persone al
mondo a cui la caduta del tuo vecchio Padrone stia a
cuore quanto a te. Per questo hai sempre forzato la tua
natura proteggendo Harry, egregiamente devo dire, sino ad ora. Non credo
te lo perdoneresti se dopo tanta fatica Voldemort
dovesse trionfare. Cosa accadrebbe se Lui vincesse?
Come ti sentiresti?
Né si tratta solo
dell’incolumità di Harry Potter, ne siamo consapevoli entrambi. Te lo ripeto
ancora, molte altre vite sono in gioco, non ultima quella di Malfoy. Draco è sempre stato il tuo pupillo, Severus, vuoi davvero
lasciarlo morire così giovane? O che commetta un errore
irreparabile? Io non avrei pace se questo accadesse e nemmeno tu. Draco è ancora giovane ed immaturo, non gliene voglio per aver
accettato quell’incarico da Voldemort. Del resto, sta solo tentando di
proteggere i suoi cari e, anche se ha scelto il modo sbagliato, questo dimostra
che può maturare. E’ ancora così giovane, mentre io sono vecchio ormai, e la
sua anima è ancora più pura di quanto lui stesso non creda
. Voglio che sia preservato Severus, anche per questo motivo desidero che tu mi
giuri, sul tuo onore, che non consentirai a Malfoy di portare a termine il suo
piano, a costo di uccidermi tu stesso”.
Piton ormai non
poteva più tenere a freno la propria angoscia. Nell’intimo sapeva bene che il
vecchio Silente aveva ragione, ma non riusciva ad arrendersi all’idea di
acconsentire alla sua accorata richiesta.
“Non posso” – aveva
ripetuto febbrilmente, quasi con rabbia - “Non chiedetemelo. Deve esserci
un'altra via”.
Silente appariva
ottimista ed il suo tono aveva un che d’incoraggiante e consolatorio mentre
rispondeva - “Non ho mai affermato che non possa esistere un'altra via, non sono così poco attaccato alla mia esistenza da non tentare
di trovare un’altra soluzione se solo ciò sarà possibile. Sono un essere umano,
non meno fragile di chiunque altro, in fondo. Se un’altra strada esiste la
cercheremo e percorreremo insieme, ma, nel caso in cui non vi fosse altro modo
per risolvere ogni cosa, mi sentirei assai più sollevato se tu, sin d’ora, mi
facessi questa promessa” – la sua voce aveva tradito un attimo di malinconia –
“E poi” – aveva aggiunto – “Se proprio non ci fosse alternativa alcuna,
Severus, preferirei che fossi tu a togliermi la vita,
piuttosto che Draco o un Mangiamorte. Tu che sei stato un mio brillante
allievo, che hai consolato il mio cuore di Preside
tornando sulla giusta via dopo esserti momentaneamente smarrito, che sei
diventato un ottimo professore ed un collaboratore fidato, tu, Severus, che
dopo tanti anni non posso che considerare, in fin dei conti, un amico”.
Le ultime parole
avevano fatto salire il sangue alle guance di Severus Piton, tanto da dargli la
sensazione che il suo viso avesse preso fuoco. Nessuno
o quasi aveva mai pronunciato quelle parole nei suoi confronti. Nessuno si era
sentito di pronunciarle, o, in ogni caso, lui non aveva mai consentito a
nessuno di avvicinarglisi tanto da potersi permettere
di pronunciarle. La corazza di gelo che si era creato per proteggersi
lo aveva, sinora, impedito persino a quelli che tra i suoi colleghi lo
conoscevano da più tempo, come, ad esempio, la Professoressa McGranit, la quale
lo stimava, ma non poteva certo dirsi una sua amica.
Solo Silente lo
conosceva così profondamente da aver concepito per lui l’affetto che si tributa
ad un amico, ed ora aveva anche dimostrato di essere
l’unico abbastanza sfrontato da infischiarsene della sua gelida scorza e
azzardarsi a chiamarlo apertamente così.
Piton era talmente
imbarazzato ed impegnato a nascondere il proprio turbamento che il Preside
aveva potuto continuare il discorso, senza ulteriori
interruzioni – “Se proprio devo morire a conclusione di questa vicenda, non
voglio che ciò accada per mano di uno dei miei studenti. Sarebbe un orribile
fine ed un terribile fallimento, anzi sarebbe il fallimento
completo della mia intera esistenza che è sempre stata tutta consacrata a
queste mura” – Silente aveva indicato Hogwarts con un cenno della mano - “ed ai
giovani maghi e streghe che si formano al loro interno. Non ho fallito con te,
Severus, sebbene per un certo tempo avessi temuto il contrario, e non voglio
fallire con Malfoy. Non deve diventare un assassino, mai! Né
potrei sopportare che mi uccidesse un Mangiamorte. Tu vuoi che io me ne vada
ucciso da un odioso trionfante nemico che se ne vanterebbe per il resto dei
suoi giorni? Non mi concederesti Severus, ciò che anche tu aneleresti al mio
posto? Una fine decorosa e rapida per mano di un amico pietoso, nella
tranquilla speranza che la mia morte serva alla causa più grande per cui io abbia mai lottato? Davvero mi porti così poco
affetto, si proprio affetto, Severus, che preferiresti
lasciarmi morire, magari lentamente, col dolore che mi priva di ogni dignità,
per mano di un servitore di Voldemort?”.
Queste ultime
quattro domande erano state per Piton come la lama fredda di un pugnale puntata
su quel cuore che troppe volte avrebbe preferito non avere
affatto, ma che pur tuttavia gli albergava caldo nel petto, nonostante
il gelo esteriore.
Non trovando più
una sola obiezione possibile, non avendo più forza per lottare contro il
disarmante calore umano di Silente, aveva rialzato il capo, che era rimasto
chino sin da quando il vecchio aveva pronunciato la
parola amico. Il Preside l’aveva guardato negli occhi e Severus gli aveva letto
nello sguardo la consapevolezza del proprio imminente cedimento, ma, incredibilmente
non ne era rimasto offeso o umiliato. In fondo, Piton
in quel momento aveva compreso che il motivo per cui
non avrebbe rifiutato più a lungo a Silente il giuramento richiesto stava appunto
nel fatto che, mai, nemmeno quando era solo uno studentello, il vecchio lo
aveva intenzionalmente umiliato, come gli altri invece erano soliti fare. Albus
Silente non gli aveva mai negato la cosa per lui più importante tra tutte,
persino più importante della stima e delle lodi
altrui: la dignità.
Infine il Preside
gli aveva sorriso, incoraggiante – “Allora Severus, me lo
prometti?”.
“E’ troppo, Signore.
Ma ve lo prometto, sul mio onore”.