See No Evil

di TooSixy
(/viewuser.php?uid=52688)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I. Broken ***
Capitolo 2: *** II. Vision Thing ***
Capitolo 3: *** III. Reflections ***
Capitolo 4: *** IV. With the Daughters of Sin ***
Capitolo 5: *** V. Soul Hunter: Corpses and Tea ***
Capitolo 6: *** VI. Transgression ***
Capitolo 7: *** VII. Cry of the Owl ***
Capitolo 8: *** VIII. White Snow and Black Flowers ***
Capitolo 9: *** IX. Punishment ***
Capitolo 10: *** X. Killer Master ***
Capitolo 11: *** XI. Not Your Average Guardian Angel ***
Capitolo 12: *** XII. Two Words Before Departure ***
Capitolo 13: *** XIII. Savage Saviour ***
Capitolo 14: *** XIV. Frozen ***
Capitolo 15: *** XV // 01. Still Alive ***
Capitolo 16: *** XVI // O2. Enduring Survivor ***
Capitolo 17: *** XVII // 03. Rebirth ***
Capitolo 18: *** XVIII. Awaking ***
Capitolo 19: *** XIX. Nephilim ***



Capitolo 1
*** I. Broken ***


seenoevilmodel Doveva piantarla di tormentarsi.
Per una volta doveva accettare la realtà così com'era, in tutta la sua crudezza, e ingoiare l'amaro boccone senza protestare; dopotutto, il suo compito era tacere e obbedire, come qualunque altra Fracciòn. Tacere e obbedire. E soffocare il folle istinto di fuggire, di urlare, di spaccare tutto.
Indar non aveva voluto portare Rayen con sé. Era una missione semplice, aveva detto, un banale giro di ricognizione per assicurarsi che i confini della vicina cittadella di Las Lloras fossero ancora ben fortificati. Nulla di cui preoccuparsi, insomma; in fondo era il decimo Espada, non il primo Hollow raccolto lungo la via.
E poi, tre giorni dopo, Ggio Vega era venuto a cercare Rayen e le aveva comunicato la notizia. Era stato stranamente comprensivo con lei, aveva persino provato a consolarla, ma i suoi goffi tentativi di conforto non erano serviti a niente: in un attimo il mondo della ragazza Arrancar si era miseramente sgretolato.


I. Broken

You left me broken
Torn up inside
And the sky has darkened
Like I'm buried alive...

This scar won't stop to bleed
But I can't make a sound
Try to say what I feel
But nothing comes out.

How did it come to this? - Lunatica


“È stato necessario indire una riunione nel minor lasso di tempo possibile” esordì Aizen, sedendosi al suo solito posto all'estremità della lunga tavola argentea della sala e intrecciando le mani di fronte a sé. Il suo volto era granitico, e solo un minaccioso scintillio nelle iridi scure tradiva una certa irritazione. “Sono certo che mi perdonerete se vi ho distolto dalle vostre attività, signori, ma è mio dovere informarvi che il decimo Espada, Indar Oroitz, è stato barbaramente assassinato presso il borgo di Las Lloras. In sua vece, a questa riunione parteciperà la sua unica Fracciòn, Rayen Fie Oneiron.”
Diverse paia di occhi si appuntarono sulla nuova arrivata, una giovane Arrancar irrigidita dalla tensione. Era slanciata e appena più alta della media, e aveva un viso pallido e serio, incorniciato da una selvaggia criniera di capelli tra il rosso e il castano. Sedeva immobile, a braccia conserte, l'indecifrabile sguardo nocciola fisso su Aizen come se questi fosse stato l'unica fonte di luce in mezzo alle più cupe tenebre.
“Com'è accaduto, Aizen-sama?” chiese a bassa voce la terza Espada, Tia Harribel, riportando l'attenzione sul suo superiore. “Chiunque sia il suo omicida, deve vantare una forza notevole... dopotutto, Oroitz-san non era certo un avversario facile da sopraffare.”
A risponderle fu Szayel: “Io e la mia Fracciòn ne stiamo ancora esaminando il corpo, ma possiamo già dedurre che ad attaccarlo sia stato un altro Hollow. Questo solleva tre domande fondamentali... chi è stato, in che modo e, soprattutto, per quale motivo.”
“Come fate ad essere sicuri che non si sia trattato di uno Shinigami?” fece Nnoitra Jilga in tono burbero. “Scommetto che alcuni di quegli sporchi bastardi sanno attivare un Garganta, pensate a quell'Urahara...”
“A cosa serve essere un genio se il tuo acume non viene mai riconosciuto?” sbuffò Szayel. “Per il codice psichico lasciato impresso tra i resti di Indar, ovviamente: il marchio non presenta alcuna traccia di reiatsu di Shinigami. Il che lascia aperta solo la prospettiva che sia stato un Hollow.”
“Non hai scoperto altro?”
Szayel assunse un'espressione contrita, come se il suo orgoglio di scienziato venisse offeso dalla scarsità di informazioni afferrate. “Purtroppo no.”
Un silenzio carico di inquietudine calò nella stanza.
“Dobbiamo stanarlo!” ringhiò Grimmjow, alzandosi in piedi e abbattendo un pugno sul tavolo. “Farlo fuori sarà un'idiozia, dopotutto siamo nove Espada e tre Shinigami di alto livello, senza contare i Nùmeros. Potrà anche aver avuto gioco facile con quell'incapace di Oroitz, ma...”
“Indar-san non era un incapace.” Le parole sfuggirono a Rayen prima che lei potesse controllarsi, e benché non fossero niente più che un sussurro echeggiarono nella sala in maniera stupefacentemente nitida.
Grimmjow inarcò un sopracciglio con evidente irritazione. “Nessuno ha chiesto il tuo parere, donna.”
La ragazza Hollow sollevò testardamente il mento. Sarebbe stato più saggio mordersi la lingua e tenere il becco chiuso, ma non poteva sopportare che la memoria di Indar venisse oltraggiata. Per lei, Indar era stato molto più di un semplice maestro da adorare e riverire.
“Io sono qui come sostituta decima Espada e in quanto tale ho i vostri stessi diritti.”
“Tu sei solo l'ex indovina di un mentecatto troppo debole per non tirare le cuoia al primo Hollow di passaggio” ribatté Grimmjow con aperto disprezzo.
“Silenzio!” Al secco comando di Aizen entrambi si azzittirono. “Non abbiamo tempo da perdere in sciocche liti del genere. Dobbiamo ponderare con cura la situazione prima di prendere una decisione definitiva e, nel frattempo, voglio che ogni Nùmero disponibile sia messo a sorveglianza del cerchio esterno di Las Noches. Soprattutto pretendo che venga controllata la zona di Las Lloras.”
I presenti assentirono.
“Per quanto riguarda il seggio del decimo Espada... Fie Oneiron, malgrado la tua non indifferente utilità temo di non poterti affidare un simile compito. Il decimo Espada sarà Yammy Rialgo.”
Rayen annuì con aria impassibile, tuttavia non poté soffocare una certa pungente delusione. Una minima parte di lei aveva sperato che Aizen le affidasse il titolo di decimo Espada, ma solo ora si rendeva conto di quanto fosse stata ingenua: era naturale che a Las Noches ci fosse qualcuno più degno di lei di averlo.
“Tuttavia vanti poteri interessanti, Fie Oneiron” aggiunse Aizen in tono cortese, rivolgendole un accenno di sorriso. “Sarebbe un peccato sprecare un'Arrancar come te, per cui vorrei chiedere a questi gentiluomini e a questa signora se tra di loro c'è qualcuno disposto ad accoglierti come sua Fracciòn.”
Per la seconda volta, un pesante silenzio avvolse la stanza. A infrangerlo stavolta fu Nnoitra.
“Sì, io” disse con un sorriso ambiguo. “Non mi dispiacerebbe, dopotutto.”
Oh cazzo. Rayen si sentì gelare. Non ci aveva fatto caso, prima, assorta com'era su Aizen, Grimmjow e i foschi pensieri su Indar, ma non ci voleva un telepate a indovinare i progetti che Nnoitra aveva in serbo per lei. Non riuscì a dissimulare la sua incertezza e il suo sgomento. I suoi occhi dilatati s'incontrarono brevemente con quelli famelici dell'Espada, e il sorriso di Nnoitra si allargò. La ragazza deglutì e fissò la superficie argentea del tavolo.
Vi prego, qualunque cosa ma non questo. Rayen indirizzò la sua silenziosa preghiera ad ogni divinità nota e sconosciuta, e anche a qualcuna improvvisata per l'occasione. Qualunque cosa, ma proprio qualunque cosa, però vi supplico risparmiatemi da Nnoitra...
“Un momento, Aizen-sama” intervenne una voce a lei spaventosamente nota. “Nnoitra non è certo l'individuo più adatto a proteggere un elemento come Fie Oneiron, anzi, conoscendolo, la spremerà come un agrume. E allora come potrete utilizzare il suo potere, se di lei non sarà rimasto altro che un guscio secco e vuoto?”
Rayen si girò verso Grimmjow, stupefatta. Cosa diavolo stava cercando di fare?
“Voi avete bisogno di qualcuno che la tenga d'occhio senza annientarla, né moralmente né fisicamente.” Il sesto Espada gettò un'occhiata esplicita a Nnoitra. “Credete davvero che uno come lui potrebbe astenersi dal farlo?”
“Chiudi il becco, Jaegerjacquez” sputò Nnoitra. “Mi sono già pronunciato, vattene a cercare un'altra in qualche vialone di Las Noches.”
Però l'interesse di Aizen era stato ormai destato. “Taci, Nnoitra. Grimmjow, continua pure.”
L'espressione soddisfatta di Grimmjow si velò di falsa umiltà. “Per quanto mi infastidisca dirlo, devo ammettere che potrebbe essere opportuno avere Fie Oneiron dalla nostra parte, soprattutto ora che abbiamo a che fare con un Hollow insospettabilmente forte. Sarebbe perciò meglio evitare di turbare le visioni della ragazza con la presenza di maniaci troppo vogliosi, non credete?”
“Quindi vorresti che l'assegnassi a te.” Il tono di Aizen era neutro, con una lieve nota di divertimento. “Capisco.”
“Se non ci fossi io, ci sarebbero comunque i miei Fracciòn a proteggerla” confermò Grimmjow. “Cosa che invece non potrebbe succedere con Nnoitra, visto che il suo unico Fracciòn è quel biondino smidollato troppo vigliacco per rispondergli a tono... probabilmente correrebbe a nascondersi dietro un angolo se vedesse il suo padrone addosso a Fie...”
“Jaegerjacquez, tu...”
L'ennesima replica di Nnoitra fu frustrata da Aizen. “Molto bene, Grimmjow, Fie Oneiron è tua. Sorvegliala con cura e assicurati che non corra più rischi dello stretto necessario. Si teme ciò che non si vede, ma gli occhi di questa giovane possono realmente vedere molte cose.”
“La terrò sotto controllo” ribadì Grimmjow.
Rayen spostò lo sguardo da lui a Nnoitra ad Aizen, ancora un po' scossa, quindi li sollevò al cielo. Be', che dire? Avete un modo tutto vostro per risolvere la situazione, comunque vi ringrazio, dei!
Evitò con accuratezza lo sguardo furente di Nnoitra. Adesso l'avrebbe detestata, come minimo, ma se non altro sarebbe stata al sicuro. Quasi. Più o meno.
Davanti a lei, Grimmjow Jaegerjacquez abbozzò un sorriso compiaciuto.
Contesa tra la mantide e la pantera... proprio una gran botta di culo, non c'è che dire.


*******************

Prima fiction su Bleach, per cui vi prego di essere clementi :] questo è un capitolo 'di apertura', spiegazioni più dettagliate emergeranno più avanti.







Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** II. Vision Thing ***


seenoevilmodel


Aveva raccolto i più preziosi averi di Indar e li aveva spostati nella propria stanza. Non aveva potuto prendere proprio tutto, naturalmente – il vestiario, ad esempio, l'aveva lasciato dov'era – perciò si era limitata a raccogliere gli oggetti a cui Indar aveva tenuto di più: i suoi amati libri, i suoi appunti personali, i diari che descrivevano ogni sua esperienza e persino qualche antico codice. Aveva anche preso la sua selezione di rocce, il suo orgoglioso assortimento di souvenir del Mondo Reale. Si trattava di minerali che Rayen non aveva mai visto nell'Hueco Mundo, e più li osservava più si chiedeva da dove accidenti fosse sorta quella passione tanto strampalata. Cosa poteva esserci di tanto interessante in una stupida pietra?

“Rayen, sapresti dirmi cos'è questo?”
“Ehm... un sasso?”
“No, sciocca, è un frammento di rubellite, un magnifico tipo di tormalina! Non è meraviglioso?”
“... Certo, Indar-san.”
“In verità la bellezza dovrebbe essere rara, ma sembra che questo minerale nel Mondo Reale sia piuttosto comune. Però in fondo cosa importa? Non pensi anche tu che sia a dir poco affascinante? Non sembra di tenere in mano un raggio di sole solidificato?”

Rayen ripensò all'entusiasmo di Indar, al suo perpetuo positivismo, al modo in cui i suoi occhi scuri sembravano risplendere come fiamme nere alla vista di un nuovo berillo, di un topazio o di una condronite. Indar talvolta poteva apparire un poco infantile, ma era - era stato - un tipo sveglio ed energico, con una memoria fotografica e un'intelligenza acuta come la punta di un diamante.
Senza dimenticare il particolare che l'aveva reso decimo Espada: la furia. Il suo spadone a due mani, per quanto grosso e pesante, le era sempre sembrato leggero come una piuma nelle sue mani, mentre roteava fulmineamente nell'aria e tracciava quasi con grazia i suoi scintillanti archi di morte. 
Se l'inferno fosse esistito, Indar avrebbe potuto esserne il guardiano.


II. Vision Thing

What do we need to make our world come alive?
What does it take to make us sing
While we're waiting for the next one to arrive?
One million points of light
One billion dollar vision thing.

Vision Thing - Sisters of Mercy


Un salmone, con una corona infilata al collo e la coda avvinghiata attorno ad una falce. Danza tra correnti invisibili, gli occhi vitrei fissi su un nebuloso obiettivo, le pinne che ondeggiano ad ogni scatto del corpo facendo sussultare l'affilata lama della falce; contro le lucide squame, la corona risplende come un frammento di sole.
Il salmone, la corona e la falce. Il salmone, la corona e la falce.
Il salmone la corona la falce il salmone la corona la falce il salmone la corona...


Una forte esplosione squassò l'aria, facendo trasalire Rayen. La ragazza Arrancar si voltò di scatto verso l'ingresso dei suoi appartamenti, e scoprì che la porta non c'era più: era stata violentamente scardinata da un calcio ben assestato, e ora giaceva in pezzi sul pavimento a parecchi metri di distanza.
“Ma che diavolo...” mormorò tra i denti, prima di vedere una sagoma alta e possente entrare dall'ingresso sfondato.
“Alla buon'ora, Fie! Quando il superiore chiama, il Nùmero deve scattare al suo comando come un cane ammaestrato.” Grimmjow torreggiava sopra di lei, le mani in tasca, le sopracciglia inarcate in un misto di sorpresa e scocciatura. “Be', che cazzo stai facendo distesa per terra? Alzati.”
Rayen si tirò lentamente su, la testa appesantita da un vago malessere. Era sempre così, quando arrivavano i Focus: veloci e improvvisi, le piombavano addosso quando meno se l'aspettava e la colpivano con la forza di un manrovescio mentale. La maggior parte delle volte, lei aveva appena il tempo di rendersi conto di quello che stava succedendo che si ritrovava stesa per terra col cervello alla deriva.
“Scusa” borbottò, spazzolandosi gli abiti e rimettendosi in piedi. “Ogni volta che appare un Focus, è come se venissi drogata.”
“Ogni volta che appare cosa?” Le sopracciglia di Grimmjow s'incurvarono ulteriormente, diventando assurdamente simili a fulmini azzurri.
“Un Focus” ripeté stancamente Rayen. “Sai, uno sprazzo di futuro. Non sono così nitidi, però. Molte volte sono un vero casino da interpretare.”
Questo sembrò accendere in Grimmjow un palpito d'interesse. “Perciò hai appena avuto una di quelle tue visioni, giusto? E cos'hai visto?”
“Oh, nulla di particolare...” Era un Focus troppo confuso, e si sarebbe sentita davvero stupida a raccontare una visione così poco coerente a colui che adesso era il suo nuovo leader. Oltretutto, le costava sempre un grosso sforzo descrivere i propri Focus, non solo perché erano difficili da spiegare, ma anche e soprattutto perché condividerli con qualcuno era come condividere un pezzo della sua stessa anima. Le uniche persone ad aver effettivamente ascoltato un Focus dalle sue labbra erano state Indar e Aizen, e se fosse stato per lei, neppure Aizen avrebbe dovuto sentirlo. “Per la cronaca, comunque, tu cosa ci fai qui? Credevo avessi un'adunanza, una missione o qualche altro impegno da Espada.”
Grimmjow si strinse nelle spalle. “Per il momento non c'è molto da fare. Ulquiorra e Yammy hanno fatto un salto nel Mondo Reale, e dobbiamo aspettare il loro resoconto prima di cominciare a stendere che un piano d'attacco. Anche se scommetterei la mia Zanpakuto che Aizen ha già progettato tutto.
Il repentino cambio d'argomento tranquillizzò Rayen, ma il sollievo durò poco: un attimo dopo, infatti, Grimmjow prese a ficcanasare senza ritegno per i suoi appartamenti.
“Ehi, che cavolo stai facendo?” protestò Rayen, parandoglisi davanti e cercando di bloccarlo. “Questa è violazione della privacy!”
L'Espada la spinse di lato, apparentemente senza il più piccolo sforzo. “Sono il tuo superiore, con me non devi avere segreti” replicò serafico, prima di mettersi a scartabellare la sua modesta biblioteca personale. La maggior parte dei suoi libri erano stati parte del tesoro cartaceo di Indar: probabilmente il Manuale di ottica dei minerali alcalini non sarebbe mai stato neppure sfogliato, ma Rayen non aveva cuore di distruggerlo. Era un volume che Indar aveva apprezzato particolarmente.
Come la maggior parte degli appartamenti delle Fracciònes, quello di Rayen non era troppo sontuoso: una semplice camera squadrata alla quale era annesso un piccolo bagno. L'ambiente principale era tagliato in altezza da un soppalco di legno bianchissimo, su cui si trovavano un futon di cotone grezzo e un vaso tondeggiante: dal vaso in questione affiorava un grazioso acero tridente, con un tronco scuro come il carbone e le foglie candide come la neve appena caduta. Nella parte inferiore della stanza c'erano la biblioteca, la rastrelliera della sua Zanpakuto e diversi mobili di mogano, incassati a forza contro le pareti nivee. A coronare il tutto, una delicata spirale di lanterne in stile Washi pendeva dal soffitto, avvolgendo l'appartamento in un morbido chiarore ambrato.
“Un bel misto di orientale e occidentale, vedo.”
“Già, mi piace fondere insieme stili diversi” tagliò corto Rayen, seccata. “Ti spiacerebbe andartene, ora?”
Grimmjow le rivolse un sogghigno, quindi si diresse verso una stretta porta bianca. “E perché mai dovrei? … hmm, cosa c'è di qua?”
“È il bagno, stanne fuori!”
“Qual è il problema, hai un amante nascosto nella vasca?”
Rayen attese impazientemente che finisse di sondare le stanze. La presenza di Grimmjow la esasperava: possibile che fosse lui il suo nuovo Espada?
Be', meglio lui di Nnoitra, su questo non c'è dubbio.
Però dentro di sé covava uno strano vuoto, un bruciante senso di perdita. Certo, meglio lui di Nnoitra, ma almeno con se stessa doveva essere sincera: il solo e unico Espada che desiderava avere al suo fianco, in quel momento, era Indar Oroitz. Era stato un compagno di viaggio e un prezioso alleato, e per diversi, lunghi anni era stato il suo migliore amico. Era lui che voleva, e nessun altro.
Il pensiero che Indar non esisteva più la torturava.
“Fie.”
Rayen nascose gelosamente ogni traccia di emozione e si voltò verso Grimmjow. L'Espada aveva staccato la sua Zanpakuto dalla rastrelliera e ora la stava esaminando con occhio critico. Era una katana lunga e sottile, venata di contorti fregi spiraliformi che s'arricciolavano con eleganza attorno all'elsa per poi risalire lungo la lama. Sul codolo era inciso un minuscolo quadrifoglio nero, e l'impugnatura di magnolia terminava in due sottili nastri blu zaffiro orlati di filigrana d'argento.
Nel guardare la propria spada, Rayen provò una strana fitta.
“Rimettila al suo posto” disse, più brusca di quanto non intendesse essere.
“Altrimenti?” soffiò Grimmjow in tono di scherno. Tra le sue mani grandi e callose, la Zanpakuto di Rayen non appariva più temibile di uno stuzzicadenti. Infastidita, la ragazza si rese conto che, benché non fosse bassa di statura, la sua fronte arrivava a malapena a sfiorare il mento dell'Espada.
“Altrimenti...” cercò in fretta una minaccia adeguata, ma prima di poterla esprimere a parole Grimmjow la interruppe.
“Non sprecare fiato, Fie, sai benissimo che non riusciresti a farmi un graffio senza finire cremata viva. Dimmi, piuttosto... ho saputo che tu e Oroitz siete stati insieme a lungo.”
“Una trentina di anni umani, più o meno.”
Grimmjow rimise la Zanpakuto nel suo fodero. Per un attimo sembrò assorto nei suoi pensieri, quasi meditabondo, poi sul suo volto balenò la solita arroganza di sempre.
“Non aspettarti da me lo stesso atteggiamento cavalleresco di Oroitz. Non m'importa se la mia Fracciòn è un uomo o una donna, per me siete tutti uguali, tutti asservite allo stesso scopo. Ora appartieni a me, sei un semplice strumento nelle mie mani.
“Indar non si è mai fatto problemi a riguardo” ribadì Rayen.
“Forse no, ma ti ha abituato comunque troppo bene per i miei gusti.” Grimmjow s'accigliò, guardando con severità la sua nuova Fracciòn. “Io non ti tratterò coi guanti, e se necessario non mi farò scrupoli a mandarti in un attacco kamikaze. E tu mi obbedirai. Voglio che la cosa sia ben chiara.”
Rayen si morse il labbro a sangue e contò mentalmente fino a dieci. “Lo è, non preoccuparti.”
“Buon per te.”
Grimmjow scrollò le spalle e fece per uscire dalla stanza. A malincuore, Rayen si costrinse a richiamarlo. “Ehi?”
L'Espada si girò.
“Che c'è?”
La riluttanza artigliava la ragazza e le parole le rotolarono fuori dalla bocca come pietre ruvide. “Grazie. Voglio dire, per aver impedito a Nnoitra di prendermi. L'ho... apprezzato.”
Al di sotto della mascella Hollow che gli bordeggiava la guancia, un mezzo sorriso attraversò le labbra dell'Espada. “Mi devi un favore, Fie. Dopotutto, scommetto che preferisci 'Grimmjow-sama' a 'Nnoitra-danna', no?”
“Be'...”
“Non avevo dubbi. Per ora guardati le spalle e lucidati bene il filo della Zanpakuto: per quel che ne sappiamo, Aizen potrebbe inviare noi a Las Lloras per quelle maledette investigazioni.”
Rayen aspettò che il sesto Espada se ne andasse definitivamente, quindi si concesse un sospiro di sollievo. Grimmjow la innervosiva, non poteva negarlo, e la innervosiva ancora di più il fatto di essere in debito con lui: per quello che ne sapeva, non era certo il tipo da mettersi così in gioco senza essere sicuro di ricevere un degno tornaconto. Ma le bastò pensare alla faccia cupa e lasciva di Nnoitra perché la sua diffidenza si sciogliesse: se non altro, Grimmjow le aveva impedito di toccare il fondo.


*******************

Inizio a divertirmi! Non sarà il più eccelso capolavoro mai scritto su Bleach, ma mi aiuta a svuotare la testa e a scaricare le tensioni. Sì, credo proprio che continuerò ad assillarvi con quest'assurda fiction :p








Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** III. Reflections ***


seenoevilmodel

Un salmone, una corona e una falce.
Il Focus la ossessionava. Ci pensava di continuo, mentre lucidava la spada, mentre se ne andava a zonzo per i candidi corridoi di Las Noches e persino mentre cacciava. Il suo infallibile istinto di veggente le sussurrava che non si trattava di una visione qualunque: questa non era solo importante, era fondamentale.
Era la chiave a quella nuova minaccia, la scia che l'avrebbe condotta fino all'assassino di Indar.
Indar-san.
Bastava il pensiero dell'amico a procurarle una dolorosa fitta al cuore. Se solo l'avesse avuto ancora al suo fianco... lui di certo avrebbe trovato una soluzione. Intelligente com'era, le avrebbe senz'altro decantato una delle sue leggendarie perle di saggezza e poi l'avrebbe aiutata a decifrare quei tre simboli. Se ci pensava, la ragazza Arrancar si sentiva sprofondare: non le era mai capitato un Focus tanto contorto, né aveva mai desiderato tanto disperatamente il supporto del decimo Espada.



III. Reflections


I've been feeling so uncertain
Since the day you left my life
Now I'm standing at che crossroads
No directions left to go.

Farewell my Love – Lunatica


L'eterno firmamento che risplendeva sull'Hueco Mundo sembrava più vivido che mai, come una rete di perle e diamanti intessuta contro un cielo di cupo onice. Rayen inspirò a fondo, assaporando il delicato profumo del deserto e beandosi della sensazione di libertà e di infinito che esso le trasmetteva. Quello che riempiva i suoi polmoni era l'odore del silenzio e della notte perenne, l'odore della morbida oscurità mai intaccata dai crudeli raggi del sole, l'odore degli Hollow più deboli acquattati sotto la sabbia e l'odore dei predatori alla loro perpetua ricerca.
C'era chi trovava nel deserto un rifugio, chi lo considerava un territorio di caccia e chi si era ormai rassegnato a vederlo solo come una tomba. Tra quelle dune bianche come le ossa esisteva solo una legge: mangiare o essere mangiati.
C'era qualcosa di straordinariamente puro e onesto nella semplice legge della natura, rifletté Rayen, scendendo da una duna e inoltrandosi verso le grandi distese meridionali. Era una zona poco battuta, in cui generalmente s'incontravano solo incaute lucertole Hollow... le cose più viscide e ripugnanti che Rayen avesse mai avuto la sfortuna di assaggiare.
Di solito, gli Hollow minori non si avvicinavano troppo a Las Noches, a meno di non covare forti istinti suicidi: a nessuno piaceva l'idea di incappare in un Arrancar affamato. Prima di imbattersi in Indar, anche Rayen aveva sempre evitato rigorosamente la città, perfino prima che Aizen ci mettesse le mani sopra e detronizzasse re Barragan.
Barragan!
Rayen si immobilizzò, attraversata da un'illuminazione. E se il Focus fosse stato riferito al vecchio re? La corona era il simbolo della regalità, dopotutto... e la falce avrebbe potuto rimandare alla morte, sì.
Ma che diavolo c'entrava il salmone?
Attenzione, signore e signori, qualcuno sta progettando di uccidere re Barragan a pesci in faccia.
La ragazza sbuffò e andò a sedersi tra le radici di un albero nero e scheletrico, l'unico visibile nel raggio di diverse miglia. Non era particolarmente affamata, quella sera; anzi, a dirla tutta non lo era per niente. Non aveva mai avuto meno voglia di andare a caccia. A gambe incrociate, si premurò di tenere una mano appoggiata all'elsa della sua Zanpakuto, ma era abbastanza sicura che nessuno l'avrebbe disturbata.
Tanto per cambiare, la sua attenzione scivolò inevitabilmente verso il Focus. Non capiva proprio come i vari pezzi potessero incastrarti. Era così importante che il pesce fosse un salmone e non ad esempio una trota? La corona poteva simboleggiare la sovranità, il potere, ma forse si riferiva anche ad una banale forma di autorevolezza. E la falce? Raffigurava davvero solo la morte? O c'era sotto qualcos'altro?
Rayen rimpianse l'assenza di Indar. Di certo lui e i suoi neuroni sempre in quinta avrebbero saputo ipotizzare almeno una risposta plausibile... una risposta che non comprendesse pesci in faccia e idiozie del genere. Ma non era solo la sua intelligenza a mancarle: era tutto il resto, la sua gentilezza, il suo zelo, la sua sottile ironia.
La ragazza si abbracciò le ginocchia, amareggiata. La tranquillità di Hueco Mundo era un balsamo per i suoi pensieri aggrovigliati. Gli Arrancar potevano soffrire fisicamente, questo era ovvio, ma potevano soffrire anche psicologicamente? In tutta sincerità, non si era mai posta il problema: nel suo piccolo universo personale non aveva mai subito ferite morali. Da Adjucha aveva conosciuto solo prede da cercare e predatori che cercavano lei, e non si era mai fatta scrupoli a strappare l'anima a qualche Hollow inferiore per non retrocedere alla forma di Gillian. In fondo, che male c'era ad accettarsi per come si era, ad essere un demone in un mondo di demoni? Non era né migliore né peggiore di tutti gli altri.
O almeno, così aveva creduto, fino a quando non aveva incontrato Indar.
Indar... senza dubbio il demone più civile che avesse mai calcato il suolo sabbioso di Hueco Mundo. L'unico Arrancar - ad eccezione forse solo di Tia Harribel - che si preoccupava per i suoi subordinati e che si curava di uccidere le sue vittime in modo rapido e indolore, affinché non patissero più dello stretto necessario.
Un Arrancar tanto compassionevole quanto temibile.
Aveva addestrato Rayen personalmente, sfiancandola con pressanti esercizi all'arma bianca e insegnandole ogni trucco e colpo segreto. Più anziano e più esperto di lei, veterano di infiniti scontri, era stato un maestro paziente ma inflessibile, il tipo di persona che ti costringe a ripetere la stessa tecnica più e più volte fino a quando non è sicuro che tu l'abbia imparata alla perfezione. E benché Rayen fosse una discreta combattente, non le passava nemmeno per l'anticamera del cervello di paragonarsi a Indar: perché non poche volte aveva avuto l'onore di guardarlo in battaglia. E non c'era stata una sola volta, mentre ammirava la danza mortale del suo spadone, in cui non fosse stata felice che fosse suo alleato.
Erano stati insieme a lungo, molto a lungo... e nel lento scandirsi dei secondi, nel silenzioso scorrere dei giorni, tra lei e Indar si era formato un legame, un legame saldo come una catena d'acciaio sotto l'eterna notte di Hueco Mundo.
Un legame che ora si era spezzato.
Per la prima volta da quando aveva saputo della morte di Indar, Rayen accantonò ogni egoismo, ogni scrupolo e ogni ritegno e si concesse un breve pianto liberatorio. 



*******************

Niente da dire, piccolo excursus tra i pensieri di Rayen. Alla prossima!






Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** IV. With the Daughters of Sin ***


seenoevilmodel Si era rifugiata tra i suoi libri, i suoi preziosi libri, il suo piccolo santuario di carta. Non erano molti, perché i testi sulla chiaroveggenza si potevano davvero contare sulla punta delle dita, ma spesso le loro pagine ingiallite si erano rivelate determinanti per la soluzione di qualche Focus. Con l'integrazione degli appunti di Indar, Rayen aveva sperato di riuscire a fare un piccolissimo passo avanti, tuttavia non aveva scoperto granché: solo che la corona poteva significare anche influenza o eredità, e che il salmone era un pesce dalle carni gustose che poteva produrre migliaia di uova e che andava a morire nello stesso posto in cui era nato.
Nessuno di questi significati sembrava particolarmente azzeccato, anzi, più si sforzava di capirci qualcosa, più la visione si faceva ingarbugliata. Non sarebbe stato facile comprendere cosa volesse sussurrarle quello strano Focus.
Ma prima di rimetterci mano, Rayen doveva risolvere un nuovo problema un po' più pratico...




IV. With the Daughters of Sin


Follow me through the night
We are sisters of the light
We are daughters of sin
We are laughter in the wind
Follow me through the night
We are sisters of the light
We are wild, we are free
Through the darkness follow me!

Sisters of the Light – Xandria


“Rayen Fie Oneiron, esci immediatamente da lì!”
“No!”
“Subito!”
“Mi rifiuto!”
“Razza di idiota, guarda che ci siamo solo Apache, Sun Sun e io...”
“Mila Rose, come diavolo fai a muoverti con disinvoltura con questa roba addosso? Io non riuscirei nemmeno a uscire dal mio appartamento!”
“Questo perché io ho imparato a valorizzare il mio bellissimo corpo.”
Mila Rose afferrò la porta del camerino (un oggetto a suo dire essenziale, che aveva voluto a tutti i costi infilare nella propria stanza) e la spalancò con un gesto sorprendentemente energico, facendo quasi fare un balzo indietro a Rayen. La ragazza dai capelli ramati assunse un vivace colorito bordeaux: quando aveva chiesto un cambio di vestiario si era aspettata qualcosa di sobrio e, be', un minimo coprente... non uno stringatissimo corpetto vedo-e-non-vedo e una gonna fatta di veli impalpabili, ancora più trasparenti delle ali di una libellula.
“Stai benissimo!” cinguettò Mila Rose, trascinandola a forza fuori dal camerino e mostrandola ad Apache e a Sun Sun con un sorriso orgoglioso, come se fosse stata un'opera da lei appena scolpita. “Ragazze, non trovate anche voi che sia assolutamente deliziosa?”
Apache era chiaramente sbigottita, e persino Sun Sun, di solito così distaccata, lasciava trapelare un evidente sconcerto. Per un attimo entrambe si limitarono a fissarla senza dire niente, poi Apache recuperò la sua leggendaria spigliatezza.
“Dannazione, Mila Rose, non hai proprio un briciolo di decoro!” strepitò la ragazza dai capelli blu, guardando in cagnesco la sua compagna bruna. “Insomma, siamo serie: Rayen deve andare in missione, non in un bordello. Possibile che tu non abbia niente di meno sconcio, in quel tuo armadio da sgualdrina?”
“Sei solo invidiosa perché non hai le mie splendide forme” la rimbeccò Mila Rose, scrollando indietro le superbe chiome color cioccolato e piantandosi le mani sui fianchi.
Apache stava per lanciarsi al contrattacco, ma Sun Sun la anticipò.

“Oh, piantatela, voi due” sospirò alzando gli occhi al cielo, quasi a chiedersi cosa avesse fatto di male per meritarsi due compagne tanto idiote. Ignorando del tutto le altre, si rivolse poi a Rayen. “Mi dispiace, ma sei troppo alta per la mia taglia e per quella di Apache, e i gusti stilistici di Mila Rose sono effettivamente più discutibili. Potresti forse provare qualcosa di Harribel...”
“Harribel-sama è una grande Espada, ma in fatto di abbigliamento non è molto più sobria di Mila Rose” borbottò Apache. “Lascia stare, Rayen. Significa che oggi io e queste due cretine andremo a cercarti qualcosa in giro per Las Noches, mentre tu se hai a cuore la tua reputazione cercherai di farti vedere in giro il meno possibile. Okay?”

“Okay.”
Rayen non se la sentiva proprio di andarsene a spasso coi succinti abitini di Mila Rose, né con la sua divisa lacera e stracciata: l'ultimo allenamento con la Glotoneria di Aaroniero era stato un'autentica ecatombe vestiaria, e non le era rimasta una sola divisa di riserva che non avesse bisogno di un bel lavoro d'ago. “Mi fareste un gran favore” aggiunse, rientrando nel camerino e infilandosi di nuovo i resti della sua divisa – se non altro, coprivano più quelli dei pezzi scelti da Mila Rose. “Vi risarcirò, promesso.”
“Certo che lo farai” affermò Apache, squadrandola severamente mentre si rivestiva. “Altrimenti ti acciufferemo e ti daremo in pasto ad Allon. E non sto scherzando.”
Rayen fece un mezzo sorriso. “Vi tagliereste le braccia solo per punirmi? Che gentili, lo apprezzo molto.”
“Questo e altro, per te.” Il tono solenne di Mila Rose si fece di colpo imbronciato. “Ma ti castigherei personalmente anche solo per la tua totale assenza di stile. Oggi sceglieremo qualcosa di raffinato e al contempo di provocante...”
“Ti ripeto che non deve andare a un bordello!”
“Chiudi il becco, Apache, è ovvio che questa povera ragazza muore dalla voglia di sedurre Jaegerjacquez e portarselo in camera!”
Rayen per poco non si strangolò con la sua stessa casacca.

“Jaegerjacquez?!” Apache sgranò gli occhi. “Ma sei pazza, Rayen? Quel tizio è uno psicopatico? Da quand'è che hai una tresca con lui?”

“Che? Ma no, no, assolutamente no!” protestò Rayen con fervore. “Col cavolo che lo voglio, io...”
“A noi puoi confessarlo, Rayen!” trillò Mila Rose, cingendole le spalle con un braccio e scoccandole un sorriso con aria complice. “O forse preferisci Starrk? O Ulquiorra...”
“Ulquiorra ha il suo fascino” commentò quietamente Sun Sun con la sua voce calma e dolce. “Non mi dispiace affatto, lo ammetto. Ha sempre quell'aria così tenebrosa, così enigmatica...”
“State scherzando? Il migliore è Tesla” interloquì Apache in tono appassionato. “Secondo me anche Nnoitra se lo vuole fare! Ah, se fossi io al suo posto, con un biondino del genere come mio subordinato... l'avrei già trasformato da un pezzo nel mio gigolò personale!”
Mila Rose ridacchiò. “E io avrei fatto lo stesso con Ggio Vega, se fossi stata Barragan! Ma l'avete guardato bene, il ragazzo? Sembra così fine, così delicato, come un tenero micino, ma quando sguaina gli artigli... RAWR!”
Ma stanno scherzando, queste?!
“Pazzesco” bofonchiò tra sé Rayen.
Davanti a lei, le tre Fracciònes di Tia Harribel cominciarono un accanito dibattito su chi fosse l'Arrancar più sexy di Las Noches.


“Aizen-sama...”
Aizen si appoggiò allo schienale del trono, le sopracciglia aggrottate. Conosceva bene quella voce bassa e roca, e sapeva quanto fosse raro che in essa risuonasse una minima nota di turbamento... e stavolta, nella voce di Tousen c'era ben più che semplice turbamento. Una sgradevole premonizione adombrò Aizen.
“Cosa ti angustia, mio fedele Tousen?” chiese, in tono impassibile.
Tousen esitò. Un'esitazione infinitesimale, ma sufficiente a confermare i tetri sospetti di Aizen.
“Parla, Tousen. Cos'hai scoperto?” insistette, pur mascherando abilmente ogni sfumatura di emozione.
“E' l'assassino di Oroitz” disse Tousen asciutto. “Ha riscosso un'altra vittima, una Fracciòn di Barragan rispondente al nome di Avirama Redder. A ritrovarne il corpo è stato un suo compagno, Parduoc; i due erano in perlustrazione presso la Foresta dei Menos.”
“Grantz ha già analizzato le cause del suo decesso?”
Tousen assentì. “E' stato ucciso da un'offensiva frontale, gli è stato trapassato il cranio da parte a parte. Grantz sostiene che il codice psichico impresso sulla ferita sia lo stesso presente su Oroitz.”
Aizen strinse impercettibilmente le palpebre. Chiunque fosse il misterioso omicida, cominciava a mettergli un po' troppo i bastoni fra le ruote. E nessuno poteva mettere i bastoni fra le ruote ad Aizen Sousuke senza essere travolto dalla sua furia.
“Ciò fa supporre che l'assassino agisca in proprio, e non per conto di qualche oscura rete...” Un rapidissimo lampo di frustrazione gli attraversò il viso. “Uccidere una Fracciòn e soprattutto un Espada non è cosa da poco. Com'è possibile che un simile Hollow non sia mai stato individuato prima, Tousen? Una reiatsu così intensa dev'essere molto difficile da occultare.”
Tousen non rispose. In tutti quegli anni di servizio, Aizen non l'aveva mai visto così impotente. Dentro di sé si ripromise di eliminare l'omicida, o meglio ancora porlo sotto il suo giogo: l'esperienza gli aveva insegnato che un potente nemico equivaleva ad un potente alleato, bastava trovare il modo di schierarlo dalla propria parte.
Ed era esattamente quello che Aizen aveva intenzione di fare.


*******************

Questo capitolo è assolutamente demenziale, probabilmente prima di abbozzarlo ho fatto una full immersion oppiacea. Comunque, se dovessi scegliere una theme song per Apache, Mila Rose e Sun Sun, quella sarebbe senza dubbio 'Sisters of the Light' di Xandria... la trovo perfetta per quelle tre.

..:: Shakuma92: si, la mia versione di Bleach è un po', ehm, 'distorta', e Aizen si riferiva agli Espada come 'brothers and sisters' (da notare il 'sisters'... o Harribel vale per due, o qualche signor Espada nasconde un piccolo segreto sotto quella divisetta!). Ehe, naturalmente Rayen non riesce a divertirsi se non si pone obiettivi impossibili xD e zio Nnoitra tornerà presto in scena...






Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** V. Soul Hunter: Corpses and Tea ***


seenoevil3

Apache, Sun Sun e Mila Rose avevano da poco consegnato a Rayen i capi di vestiario. Grazie al cielo - o più probabilmente all'influenza di Apache - non vi era nulla di particolarmente esagerato o succinto: un top a collo alto, una gonna a metà coscia con due strisce di stoffa più lunghe pendenti dai lati, stivali neri da Arrancar alti fino al ginocchio. Qualcuno, forse Sun Sun, le aveva procurato anche una larga cintura borchiata da stringere in vita e un paio di guanti, che da un'estremità le arrivavano a metà avambraccio e dall'altra coprivano solo il mignolo e l'anulare. Ogni singolo indumento, ovviamente, era di un luminoso bianco perlaceo.
Rayen aveva appena finito di provare la nuova divisa quando qualcuno bussò alla sua stanza. Era un messaggero Adjucha, un umanoide gracile e deforme, col volto quasi completamente coperto da un elmo osseo. Aveva una voce incerta e raspante, ma in qualche modo riuscì a comunicarle che Grantz-sama l'attendeva nel suo laboratorio.  
Lì per lì, Rayen ne rimase sorpresa: Szayel Aporro Grantz non aveva mai dato segno di sapere della sua esistenza. Si erano scambiati qualche parola forse un decennio prima, quando un Hollow velenoso aveva morso Rayen e lei s'era ritrovata pericolosamente vicina all'intossicazione, ma a parte quello non avevano mai avuto altre occasioni per conoscersi. Dopotutto, le dimensioni di Las Noches erano notevoli e Grantz trascorreva la maggior parte del tempo infossato nel suo laboratorio.
Cosa poteva dunque volere da lei Grantz? Doveva essere successo qualcosa di serio... e Rayen nutriva l'infelice sospetto che quel qualcosa fosse legato al Cacciatore d'Anime.
Il Cacciatore d'Anime: era così che avevano ribattezzato il misterioso assassino che da qualche tempo affliggeva Hueco Mundo. Arrivava, colpiva e spariva di nuovo, veloce e tagliente come una raffica di vento. E come il vento era elusivo, inafferrabile, al punto da spingere molti Hollow a chiedersi se non si trattasse di qualche oscura congettura di Aizen, magari mirata ad eliminare i migliori fra loro senza scatenare una rivolta. In effetti, bisognava ammettere che non c'erano prove concrete dell'esistenza del Cacciatore... ad eccezione, naturalmente, della sua macabra collezione di vittime.


V. Soul Hunter: Corpses and Tea

End of passion play, crumbling away
I'm your source of self-destruction
Veins that pump with fear, sucking darkest clear
Leading on your deaths construction
Taste me you will see
More is all you need
Dedicated to
How I'm killing you...


Master of Puppets – Metallica


Quel giorno Grantz non era certo un bello spettacolo: aveva la veste sporca e spiegazzata, gli occhi cerchiati da spesse ombre scure e i capelli color confetto tutti arruffati, come se una spettrale gallina avesse passato l'ultima settimana a covargli sul cranio. Se Rayen avesse visto Grimmjow conciato in quel modo non si sarebbe allarmata granché, ma tutti a Las Noches conoscevano la cura maniacale che Grantz impiegava nell'agghindarsi. Il turbamento crebbe dentro di lei, piantando le radici velenose nella sua pancia. Cosa poteva essere accaduto di tanto grave da destabilizzare persino l'impeccabile Grantz?
Alla comparsa della giovane, le labbra sottili dello scienziato si tesero in quello che avrebbe voluto essere un sorriso, ma che venne fuori come una specie di smorfia distorta.
“Salve, Fie Oneiron, ti stavo aspettando. Entra.”
Lui si fece da parte per lasciarla passare. Rayen mosse qualche passo guardingo nel suo laboratorio, ma quasi subito si fermò, sconvolta. Sembrava che la stanza attorno a lei fosse stata investita da un uragano: ovunque guardasse non si vedevano altro che cumuli di libri, pagine strappate, matracci e vari pezzi di vetreria. Angoli e pareti sparivano dietro scaffali su scaffali strapieni di documenti, complessi impianti meccanici e gli strampalati macchinari dall'aria poco raccomandabile. A completare il quadretto, inquietanti sbuffi di gas uscivano qua e là dal soffitto, increspandosi e attorcigliandosi su se stessi come eterei serpenti di brina.
“Grantz-sama...?”
“Le ricerche sul Cacciatore d'Anime hanno assorbito ogni stilla del mio tempo” la interruppe a lui a mo' di giustificazione, guidandola faticosamente attraverso il dedalo di vetro e carta. “Prego, da quella parte... attenta a non danneggiare l'ebullioscopio, è delicato...”
Rayen non aveva idea di cosa fosse un ebullioscopio, quindi si limitò ad evitare il contatto con qualunque oggetto sconosciuto. In qualche modo, tra una contorsione e l'altra, i due Hollow riuscirono a raggiungere un'ampia porta ovoidale. Dietro di essa si apriva una stanza squadrata, più piccola ma infinitamente più ordinata del laboratorio principale. Il mobilio era essenziale: due sedie a schienale alto, un tavolo - su cui facevano bella mostra di sé una serie di fiale, ampolle e barattoli pieni di strane cose contorte, di natura indefinita - e al di là di esso una grassa poltrona imbottita. Le pareti e il pavimento erano di un candore abbacinante.
Grantz fece accomodare Rayen, che prese cautamente posto su una delle sedie. 
“Non essere sgarbato, Medazeppi, offri del tè alla nostra ospite” latrò lo scienziato ad una sfortunata Fracciòn di passaggio, prima di andare a sedersi davanti alla ragazza. “Tornando a noi, gradirei porti un paio di domande, Fie Oneiron, a cui mi spero mi farai la compiacenza di rispondere. Potrebbe rivelarsi proficuo per i miei studi, e di riflesso anche per la protezione di Las Noches.”
Cosa posso sapere che voi non sappiate già? Rayen aggrottò la fronte, ma acconsentì. Non poteva fare altro.
“Innanzitutto, ritengo opportuno aggiornarti sulla situazione. Ti consiglierei però di non farne parola ad alcuno, neppure a Jaegerjacquez o ad altri Espada: ci penserà Aizen-sama ad informarli, alla riunione di domani, senza bisogno di indesiderati portavoce.” Nonostante il dolce color miele, lo sguardo dell'Ottava Espada rifletteva una calma gelida, spietata. Il messaggio era chiaro: vedi di obbedire o ti faccio esplodere gli organi interni uno ad uno.
“Ricevuto” disse Rayen con un filo di voce.
“Brava ragazza.” Grantz distese le labbra in un lento, indecifrabile sorriso, dopodiché si raddrizzò gli occhiali. “Come ormai saprai, da qualche tempo a questa parte Las Noches è stata presa di mira da una spregevole entità senza nome, conosciuta dal volgo con lo pseudonimo di 'Cacciatore'. Tra le sue vittime attualmente si contano l'Espada Oroitz, tre Nùmeros e venticinque Exequias. Trentun Hollow massacrati, e senza un solo indizio concreto che ci possa condurre al loro assassino.”
Il nervosismo divenne rapidamente sgomento. Quindi la cosa che aveva ucciso Indar era ancora in giro. Prima che potesse aprire la bocca per ribattere, comunque, la Fracciòn di nome Medazeppi giunse trotterellando fino al tavolo e vi posò sopra un vassoio, contenente una teiera e due tazze di fattura pregiata. Una volta versato il tè nelle tazze, Medazeppi scivolò via con la stessa silenziosa diligenza con cui era arrivato.
Grantz cominciò a sorseggiare lentamente la bevanda bollente. Rayen si costrinse a inghiottire a sua volta due sorsi, più per non apparire scortese che per altro. Quando si chinò verso la tazza, alle sue narici giunse un sottile profumo dolciastro, stucchevole.
“Mi sono permesso di esaminare i cadaveri” continuò poi Grantz, mellifluo. “E ho notato un dettaglio piuttosto interessante, che si ripete in ciascun caso, come la firma di un serial killer. Ogni singolo cadavere riporta una ferita alla testa, un taglio che attraversa il cranio dallo scalpo alla nuca.”
Rayen rabbrividì impercettibilmente.
“Si direbbe che il Cacciatore abbia voluto perforarne il cervello, o comunque qualcosa collocato all'interno del capo. Ho assegnato a questi corpi il nome di 'Traspasados', per differenziarli da quelli ordinari. Secondo la mia diagnosi, il codice psichico presente nella ferita non appartiene né a uno Shinigami, né a un Hollow. Sono però certo che l'assassino sia uno solo, dal momento che il codice è sempre lo stesso in ciascun cadavere. E quello è un particolare unico che varia da individuo a individuo, come le impronte digitali.”
Il codice psichico... ah, dev'essere quella roba di cui ha parlato durante la riunione
. Rayen si sforzò di mantenersi concentrata sul Cacciatore e sulle informazioni raccolte. Aveva la netta sensazione che, se si fosse abbandonata al pensiero di Indar, di lì a poco si sarebbe rannicchiata a piangere come una bambina. Il problema era che più Grantz parlava, più si delineava nella sua mente l'immagine di Indar disteso a terra in un lago di sangue, con la pelle del colore della cenere e un orrendo taglio slabbrato sulla fronte. L'immagine s'intensificò in modo quasi intollerabile.
Vedendo l'espressione della ragazza, lo scienziato non poté resistere a scoccarle una sarcastica frecciatina. “Forse avrei dovuto essere più delicato, Fie Oneiron, sembri un po' pallida.”
“Sto benissimo” sibilò Rayen, serrando le mani a pugno. “Perciò stavamo parlando di questi... Traspasados...”
“Oh, sì.” Grantz batté due volte le mani. “Lumina, Verona, portate immediatamente l'esperimento N2.”
Una ventina di secondi dopo, due tarchiati Fracciònes fecero il loro ingresso trascinando goffamente una barella. Su di essa era disteso il corpo senza vita di un Arrancar robusto e muscoloso, con lunghi capelli scuri e una pelle del colore del bronzo.
“Avirama Redder!” Rayen non poté impedirsi di sussultare. “La Fracciòn di Barragan.”
“Sì, proprio lui.” Il cinismo di Grantz era sconcertante: la sua voce suonava neutra, piatta, quasi annoiata, come se il corpo di Redder non fosse stato altro che un banale soprammobile. “Ora osserva con attenzione, ragazza: oltre alla fenditura alla fronte vedi forse altre ferite, o un qualsivoglia segno di lotta?”
Rayen dovette ammettere che in effetti non vi era nient'altro. Nulla, nel corpo di Redder, suggeriva che tra lui e il suo omicida si fosse svolto un combattimento.
“Come puoi vedere, non ha nemmeno tentato di rilasciare la sua Zanpakuto. I casi sono due: o non ha avuto il tempo di farlo, o non ha ritenuto essenziale rilasciarla fino a quando non è stato troppo tardi. Se la seconda ipotesi fosse vera, vorrebbe dire che il nostro uomo è ben diverso da come appare.” Un semplice cenno, e Lumina e Verona portarono via la barella e il suo triste contenuto.
Grantz intrecciò le mani di fronte a sé con un sorriso sgradevole sulle labbra. “Ottimo, e adesso che sei aggiornata sui nostri risultati più recenti...” - certo, come se Aizen ora si mettesse a raccontare i suoi segreti ad una misera Fracciòn - “... forse potresti aiutarmi a chiarire un paio di punti ancora piuttosto foschi. Prima di tutto, quand'è stata l'ultima volta che hai visto Oroitz?”
Mi hanno piazzata in cima alla lista dei sospettati? Il viso di Rayen s'indurì. “Tre giorni prima che venisse ucciso.”
“E ti è sembrato in qualche modo diverso?”
“No, affatto.”
Soppresse a fatica il ricordo dell'ultimo sorriso di Indar, la curva di una stella cadente nella penombra del suo appartamento. “Non c'è bisogno che tu venga con me, Ray, è solo un banale giro di ricognizione.”
Grantz si scostò casualmente una ciocca rosata dalla fronte. “Aizen-sama mi ha accennato alle tue curiose qualità... i 'Focus', se non erro. So che è stato questo tuo dono a permetterci di debellare per tempo una pericolosa aggregazione di Vasto Lorde prima che si fomentasse una rivolta, ed è stato sempre grazie a un Focus che Aizen-sama ha potuto prevedere l'arrivo dei ryoka. Personalmente preferisco adottare metodi più scientifici, ma persino io devo ammettere che queste visioni possono tornare utili, in certe circostanze.” Scosse la testa e appoggià il mento su una mano, osservando Rayen con espressione enigmatica. “Dimmi, Fie Oneiron, hai ricevuto predizioni interessanti, ultimamente? Informazioni che possano suggerirci una mossa futura, o se non altro rivelarci dove colpirà la prossima volta il Cacciatore?”
Rayen detestava il modo in cui la fissava. Era il modo in cui un giocatore di scacchi fissava un alfiere, domandandosi se sacrificarlo o no. La sua libertà - se non fisica almeno mentale - era il suo tesoro più prezioso e non aveva intenzione di farsi trattare come una marionetta tra le mani degli Espada o di Aizen. In quel momento, avrebbe voluto solo chiudersi la porta di quel laboratorio di morte alle spalle e correre a perdersi nell'infinito grigiore senza tempo del deserto.
Lo voleva, sì.
Ma non poteva. A tenerla inchiodata a quel candido carcere c'era la speranza di poter in qualche maniera migliorare le cose e (odiava ammetterlo) la paura di ritrovarsi sola. Non si sentiva così schifosamente vulnerabile dai suoi primi giorni come Adjucha. Se non altro, a Las Noches aveva Apache, Sun Sun e Mila Rose, e anche Aaroniero, che era amico di Indar e che infinite volte aveva combattuto al loro fianco. Entro un certo limite apprezzava persino Grimmjow: dopotutto l'aveva salvata da Nnoitra, almeno temporaneamente.
Senza contare il Cacciatore d'Anime. Il pensiero di diventare la prossima dei Traspasados la agghiacciava.
“Dunque?”
Rayen tornò sulla terra: Szayel la stava ancora guardando a braccia conserte, con le sopracciglia inarcate e una sottile ruga aleggiante tra le sopracciglia rosa confetto. Be', se mai se ne fosse andata, lui non sarebbe stato nella lista delle persone che le sarebbero mancate.
“I Focus non mi saltano davanti al naso a mio piacimento” rispose, piano. “Non posso anticiparli né controllarli, e anche quando arrivano non sono sempre facili da decodificare. Forse Aizen-sama si sbaglia, a nutrire aspettativa verso qualcosa di così instabile.”
“Capisco...” Grantz tacque per alcuni istanti, poi aggiunse: “Ma non dubitare mai di Aizen-sama, Fie Oneiron.  Le sue ragioni non sono mai immotivate.”
Lo so, si disse la ragazza stizzita, è proprio per questo che lo voglio il più lontano possibile da me.
Grantz non le staccava lo sguardo da serpente di dosso. Lei intuì che non gli importava assolutamente nulla dei Focus in sé, ma il fatto di non riuscire a sostituirli né a trovare una spiegazione logica lo uccideva. Era un onta, per il suo intelletto superiore, non poter comprendere il potere di quella che ai suoi occhi era una ragazzina un milione di volte più giovane, inesperta e ignorante di lui.
Lei si agitò sulla sedia, a disagio. “Be', ci sono altre domande?”
Un sorriso lezioso parve congelarsi sulle labbra dell'Espada, che finì il suo tè e appoggiò la tazza sul bordo del tavolo. “Per il momento sì.”
Rayen tirò un sospiro di sollievo. S'aspettava che l'interrogatorio fosse molto più lungo. Mentre si alzava in piedi, per un rapidissimo attimo le sembrò che il tè nei fondi di porcellana si fosse addensato, scurito, fino a diventare del rosso pieno e pastoso del sangue, ma non appena batté le palpebre la bevanda tornò della sua solita trasparenza verdognola. Quando fece per uscire dalla stanza, tuttavia, Grantz la fermò.
“Naturalmente confido nel fatto che, casomai dovessi avere nuove predizioni, me ne metterai subito al corrente. E... Fie Oneiron?”
La Fracciòn si voltò rigidamene. “Sì, Grantz-sama?”
Il volto di Grantz s'era fatto marmoreo. “Se la piega presa dagli eventi dovesse peggiorare, e scoprissi che tu vi eri in qualche modo coinvolta... sappi che ti userò come cavia per il mio più recente esperimento, la droga sarcofaga. E non sarà affatto piacevole.”


 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** VI. Transgression ***


Non sapeva nemmeno lei perché fosse lì. Forza dell'abitudine, probabilmente: quando Indar tornava da una riunione, Rayen si recava sempre da lui per carpire le ultime notizie e discutere dei piani futuri. Non che lei progettasse di dividere grandi piani con Grimmjow, sia chiaro; era solo curiosa di sapere come fosse andata la missione di Ulquiorra e Yammy nel Mondo Reale e se davvero quello Shinigami Delegato fosse speciale come raccontavano, e soprattutto voleva scoprire cos'altro stesse programmando Aizen.

Aizen. Bastava quel nome a farla impazzire.

Non lo detestava per un motivo specifico, si limitava a disprezzarlo per il rozzo modo in cui abusava del suo potere e per la facilità con cui disponeva delle loro esistenze.

Aizen, colui che teneva le loro vite appese a fili di brama e terrore, colui che li manovrava senza sforzo come il più abile dei burattinai. E cos'erano loro, se non marionette piegate alla sua volontà? Che genere di resistenza avrebbero potuto opporre, contro un individuo simile?

Mostra un briciolo di avversione, e quello è capace di annientarti seduta stante.

No, per il momento Rayen avrebbe aspettato. L'unico suo asso nella manica era la visione dei Focus, ma era un'energia così labile e incerta... decisamente troppo instabile per permetterle di diventare qualcosa di più di una pedina nella partita giocata tra Hueco Mundo e Soul Society. Nelle sue attuali condizioni, uccidere Aizen andava ben al di là della sua portata.

E come se non bastasse, c'era il Necroforo di cui preoccuparsi. Rayen non sapeva chi fosse, quando comparisse, come uccidesse le vittime o perché lo facesse: sapeva solo che se non si fosse spicciata a decifrare quel dannato Focus la lista di omicidi si sarebbe allungata ulteriormente.

E ciò non rientrava tra i suoi desideri.



VI. Transgression  


If you feel so empty
So used up, so let down
If you feel so angry
So ripped off, so stepped on
You're not the only one
Refusing to back down
You're not the only one, so get up
Let's start a riot, a riot.

Riot - Three Days Grace


Grimmjow?”

Dopo un'esitazione infinitesimale, Rayen si decise a bussare alla porta del suo appartamento. Per un lungo attimo vi fu silenzio, poi la porta si socchiuse e dallo spiraglio creato si intravvide il profilo del sesto Espada. Un paio di inquietanti occhi azzurri si socchiuse.

Grimmjow-sama” scandì Grimmjow. “Dovresti mostrare più rispetto al tuo Espada, Fie.”

Okay, Grimmjow-sama.” Rayen si assicurò di aggiungere nell'ultima parola la giusta punta di sarcasmo. “Posso entrare?”

E se ti rispondessi che se t'azzardi a entrare ti incenerisco?”

Era una domanda retorica.”

Grimmjow emise uno strano suono, a metà tra un grugnito e uno sbuffo. “Entra, di' quello che devi dire e togliti dai piedi. Non ho tempo da perdere con te.”

A quanto pareva, Grimmjow aveva già degli ospiti: i suoi cinque Fracciònes erano sparpagliati qua e là per la stanza, chi spaparanzato su un tozzo divano semisfondato, chi disteso sul tappeto, chi appoggiato al muro. All'entrata di Rayen, Edrad Liones s'affrettò a nascondere una rivista di dubbio gusto sotto uno dei cuscini del divano, ma non prima che la ragazza riuscisse a scorgere di sfuggita un seno prosperoso.

Ne fu insieme indignata e divertita.

Rayen.” Shawlong Kufang si staccò dalla parete e le rivolse un breve cenno di saluto col capo, con la tranquilla compostezza che gli era tipica. “Non ci aspettavamo una tua visita.”

Rayen increspò le labbra in un mezzo sorriso. “Ciao, Shawlong. Sono venuta solo per sentire com'è andata la riunione e cosa racconta Aizen, poi prometto che levo le tende.”

Un lieve tonfo risuonò alle sue spalle: Grimmjow aveva richiuso la porta.

Come ho appena finito di dire, la riunione è stata proficua come un pugno in faccia” chiosò in tono seccato. “Ulquiorra e Yammy sono rientrati poco fa dal Mondo Reale, e naturalmente non sono neppure riusciti a far fuori un bastardello e la sua patetica compagnia... non che ci si possa aspettare molto da uno stronzo apatico come uno zombie e da un grosso idiota senza un grammo di materia grigia. Mi domando come faccia Aizen a fidarsi ancora di loro... deve proprio avere gli occhi foderati di prosciutto.”

C'è da chiedersi chi sia più orbo, tra lui e Tousen...

Ovviamente, come tutti gli altri Nùmeros, Rayen teneva per sé le critiche e le battute su Aizen, consapevole del fatto che una singola nota di ironia avrebbe potuto costarle un arto o direttamente la vita, e non le garbava l'idea di essere mutilata o uccisa per via di un banalissimo scherzo. L'unico che pareva prendersi un po' più di libertà era Grimmjow, ma persino lui faceva attenzione a non andare mai oltre i limiti, non con tutti i fanatici come Loly, Menoly o Ulquiorra che infestavano Las Noches come larve di mosca, pronti a correre a spifferare ai loro superiori di ogni minimo barlume di scherno o ribellione.

Il Necroforo ci causa abbastanza problemi anche senza l'aggiunta di uno scocciante gruppo di Shinigami” continuò il sesto Espada a voce più bassa. “Perciò, dato che il nostro cosiddetto capo sembra non avere intenzione di alzare un dito, ho deciso di risolvere la faccenda una volta per tutte: ci recheremo nel Mondo Reale di persona e faremo piazza pulita di chiunque possa rappresentare una minaccia per i nostri piani. Eliminati i soggetti scomodi, potremo occuparci anche del Necroforo.”

I suoi Fracciònes annuirono, qualcuno con attenta circospezione e qualcun altro con feroce entusiasmo. Approvavano tutti, tutti ad eccezione di Rayen.

Sicuro che sia una buona idea?” chiese a Grimmjow con una certa diffidenza. “Se Aizen non ha inviato una seconda squadra, forse ha un valido motivo per non volere gli Shinigami morti. O magari ritiene che quello Shinigami Delegato sia meno...”

Una violenta scarica di reiatsu la trapassò di botto, mozzandole il fiato in gola. Fu un colpo rapido ma brutale, come lo scatto di una frusta, tanto forte che la ragazza dovette appoggiarsi al muro per non crollare penosamente a terra. All'improvviso si sentiva più fragile di un rametto di salice, le gambe molli come spaghetti da ramen.

Non dire stronzate, Fie” sibilò Grimmjow irritato. “Aizen vuole chiaramente vedere morti i suoi nemici. Tuttavia per qualche ragione protegge Ulquiorra... non credo si farebbe avanti per Yammy, ma sospetto che il suo rapporto col pipistrello zombie sia ben diverso da quello che manifesta in pubblico.”

Ed è per questo che perdona tanto facilmente i suoi errori?” chiese D-Roy Linker.

Grimmjow si strinse nelle spalle. “Possibile, non posso affermarlo per certo. Comunque, il problema degli Shinigami va risolto: bisogna sterminare i parassiti prima che crescano e si fortifichino. Cosa ci assicura che tra qualche anno quella società di bastardi non si sia rafforzata, magari assumendo qualche altro potere?”

È ragionevole” assentì Shawlong. “La rapidità e la cautela saranno necessarie, se vogliamo debellare gli Shinigami e coloro che parteggiano per la Soul Society.”

Ma sarebbe meglio se D-Roy e la ragazza rimanessero qui” suggerì Edrad con fare sibillino. “È conveniente avere qualcuno a coprirci le spalle qui a Las Noches.”

A tale affermazione, ci mancò poco che D-Roy Linker non lo strozzasse sul posto.

Non ci pensare neanche, Liones, io vengo con voi! Quando mai mi ricapiterà, di poter uccidere qualche anima vivente?”

Non fare l'idiota, D-Roy, ci saresti solo di peso.”

Tu ci sei di peso ogni stramaledetto giorno, eppure sfortunatamente sei ancora tra noi!”

Ancora indolenzita dalla dolorosa scarica di reiatsu, Rayen si tirò su e gettò uno sguardo inceneritore a Grimmjow: il sesto Espada studiava i suoi Fracciònes con aria soddisfatta, le mani immancabilmente affondate nelle tasche degli hakama. L'improvvisa voglia di strappargli dalla faccia quella compiaciuta maschera di spavalderia stuzzicò la ragazza.

Verrò anch'io” interloquì ad alta voce.

Il battibecco tra D-Roy e Edrad si interruppe, e sei sguardi sospettosi si posarono su di lei.

Dovremo stare attenti a non farci localizzare durante il passaggio verso il Mondo Reale, ma più alto sarà il nostro numero, più possibilità avremo di uccidere gli Shinigami senza rimetterci a nostra volta la pelle” insistette Rayen.

Non avrebbe avuto troppi problemi ad assassinare altre anime, non dopo i severi insegnamenti del deserto di Hueco Mundo, il miglior maestro mai esistito per quanto riguardava la complessa materia della sopravvivenza. Era nel deserto che imparavi a soffocare ogni scintilla di compassione e a colpire a sangue freddo, e Rayen lo sapeva bene, così come lo sapevano le altre cinque persone presenti in quella stanza.

'Persone' forse è un eufemismo... in fondo siamo pur sempre demoni, esseri che hanno ammazzato migliaia e migliaia di Hollow pur di conservare un minimo di individualità.

Un pensiero che avrebbe forse nauseato un umano, ma l'umanità di Rayen era morta da un pezzo.

Davanti a lei, Grimmjow fece mostra di riflettere. Non sorrideva più, ma sembrava che tutto sommato l'idea non lo infastidisse.

D-Roy e Fie verranno con noi, entrambi” concluse infine, attirandosi la sorpresa generale. “Adesso preparatevi, partiremo esattamente fra un'ora e mezza... e ricordatevi di nascondere con cura le vostre reiatsu, perché carbonizzerò personalmente chiunque si lasci cogliere in flagrante.”

ﬓﬔﬕﬖﬗﬓﬔﬕﬖﬗ

Scusate la lentezza, ma studio, prove e casini vari mi stanno letteralmente soffocando :(  che dire... spero vi piaccia! ^^ alla prossima, gente!


Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** VII. Cry of the Owl ***


Il pensiero di incorrere nelle ire di Aizen non la stimolava granché, ma non poteva resistere alla tentazione che Grimmjow le aveva lanciato: violare per un breve momento le salde regole dello Shinigami, ignorare la sua autorità, agire di testa propria senza curarsi del suo giudizio. Era una libertà dal sapore proibito, un'occasione troppo esaltante per lasciarsela scappare, un sottile piacere che non poteva negarsi.

Nel suo piccolo, persino una marionetta era in grado di spezzare la ferrea sorveglianza del burattinaio.

Senza contare che finalmente avrebbe avuto la possibilità di dimostrare ai suoi nuovi compagni quale fosse la sua vera forza. Nessuno avrebbe più dubitato di lei, ne era certa... non dopo che avesse provato una volta per tutte quanto potesse essere d'aiuto alla Fracciòn.


VII. Cry of the Owl

When they come, I'll be ready
I hear their voice inside
The stars in the heavens are moving
Soon they will align.

Fight Until We Die - Manowar

Il Garganta squarciò la limpidezza del cielo notturno, sbocciando sopra Karakura come un terrificante fiore nero. In perfetto silenzio, senza turbare la quiete cristallina della città, i Fracciònes di Grimmjow ne emersero uno di seguito all'altro e si librarono verso il punto prestabilito: il sesto Espada li attendeva, appollaiato sul candido tetto di un condominio.

Siete tutti qui?”

Sì, c'erano tutti. Tutti e sei.

Rayen si sentiva la testa stranamente vuota, come se fosse stata alticcia. Non era la prima volta che visitava il Mondo Reale, ma era trascorso un bel pezzo dall'ultima volta e tutto sommato non le dispiaceva di trovarsi lì: era sempre gradevole vedere colori diversi dalla perenne bicromia bianconera di Las Noches, e l'aria, per quanto contaminata e pesante, era pregna dell'inequivocabile odore della vita, una sottile fragranza che ti strisciava nei polmoni e ti donava l'effimera impressione di essere vivo a tua volta. Nella sua mente si affacciarono alcuni piacevoli ricordi: in un paio di occasioni, lei e Indar Oroitz avevano osservato gli umani dall'alto – più precisamente dalla Taipei 101 e dalle Torri Petronas – e si erano cimentati in un'ardimentosa serie di scommesse su chi sarebbe finito alla Soul Society e chi all'Hueco Mundo.

Un colpetto all'anca da parte di Nakim la riportò sulla terra: Grimmjow aveva ascoltato il breve resoconto di Shawlong sulle forze spirituali presenti, e aveva appena ordinato loro di attivare il Pesquisa. Rayen s'affrettò ad abbassare le palpebre e a cospargere i propri nervi con una pennellata di reiatsu, e nessuno – o almeno così sperò – fece caso al lievissimo ritardo con cui obbedì al comando.

Sensibilizzata dalla Pesquisa, la sua mente tese i suoi tentacoli spirituali e andò a sfiorare diverse fonti di reiatsu... una, due, tre, cinque, sette...

Così tante...! Riaprì gli occhi, sorpresa. Attorno a lei, la tensione e il disprezzo parevano imbevere l'aria.

Quell'idiota di Ulquiorra...” borbottò Grimmjow a denti stretti. “Non poteva ucciderlo e basta, quel Delegato, anziché aspettare che ricevesse rinforzi dalla Soul Society?! Stronzo proprio fino al midollo, non c'è che dire. D-Roy, Shawlong, Edrad, Illforte, Nakim, Fie... andate; non trattenetevi e non perdete tempo a identificare gli obiettivi. Chiunque abbia un briciolo di reiatsu... uccideteli, tutti quanti!” 

Le feroci acclamazioni di Edrad, D-Roy e Illforte gli fecero eco, appoggiate dalla muta approvazione di Shawlong. Nakim se ne stava un po' in disparte, con le braccia pacatamente incrociate sul petto e un'espressione calma e serafica dipinta sul volto. Per un attimo, guardandolo, Rayen si chiese quali pensieri frullassero nella testa di quel taciturno Fracciòn, e quali oscure motivazioni avessero costretto la sua anima a restare intrappolata a Hueco Mundo.

*******************************

È sempre più vicino...

Rayen assottigliò cautamente gli occhi, sfrecciando attraverso la volta notturna come un pallido fulmine bianco. La fonte di reiatsu da lei scelta si trovava da qualche parte nelle vicinanze, la percepiva più nitida di secondo in secondo.

La Fracciòn atterrò su un tetto, scivolò in perfetto equilibrio lungo le sue tegole rossastre e spiccò un nuovo salto verso l'edificio successivo.

Cerchi qualcuno, Arrancar?”

Rayen si voltò di scatto, a mezz'aria, e in un attimo inquadrò l'obiettivo: lo Shinigami era lì, inginocchiato sul comignolo dell'edificio accanto, con un sorriso ironico dipinto sulle labbra e una mano posata sull'impugnatura della sua Zanpakuto. Era un tipo singolare, dallo stile strampalato: corti capelli di un'esuberante tonalità verde acido scintillavano sotto il fioco chiarore lunare, un contorto tatuaggio a volute si incurvava sulla sua fronte spaziosa, un vistoso orecchino dai motivi geometrici pendeva dal lobo del suo orecchio sinistro e andava ad articolarsi lungo il collo fino a posarglisi sulla spalla muscolosa.

Questo tizio farebbe sembrare normale perfino Aaroniero...

L'unica cosa di assolutamente ordinaria, in lui, era la rigida divisa nera da Shinigami. E quel dettaglio bastava e avanzava.

Seishuu Chin, Ufficiale di Quinto Seggio della Nona Divisione del Gotei 13” si presentò lo sconosciuto, abbozzando un inchino sarcastico. “Con chi ho il piacere di parlare?”

La ragazza Hollow serrò la mascella, infastidita. “Rayen Fie Oneiron, Diciassettesimo Nùmero di Aizen-sama.”

Il Diciassettesimo Nùmero?” Il sorriso di Seishuu si fuse in un sogghigno. “Sei superstiziosa, Arrancar?”

Rayen sfoderò senza fretta la sua katana. “Io sì, da morire. E tu?”

 *******************************

Avevano iniziato scambiandosi affondi e colpi di taglio piuttosto mediocri, l'uno senza rivelare all'altro nulla delle sue reali capacità, ma ora lo scontro cominciava a scaldarsi: il ritmo accelerava, shunpo e sonido si velocizzavano e il clangore delle lame risuonava più rapido, più violento, più stridente. Ogni volta che le due Zanpakuto si incontravano, dai loro fili acuminati traboccavano torrenti di scintille, sottili unghie nivee che graffiavano le tenebre della notte.

Era come una danza di morte: un lieve tocco di qui, un soffio di là, lame che si sfioravano, si afferravano e si liberavano per poi incrociarsi di nuovo. Una danza sofisticata e letale: chi avrebbe perso il ritmo per primo sarebbe morto.

Per essere tanto muscoloso, Seishuu mostrava una sorprendente attitudine per l'agilità: non era pronto o veloce quanto Rayen, ma neppure goffo o insicuro. Ogni colpo era preciso, calcolato, sferrato con la giusta gradazione di energia; in tutta probabilità lo Shinigami si stava trattenendo per non palesare il vero raggio d'azione della sua forza fisica, e questo in attesa del momento giusto per far esplodere tutto il suo potenziale in un'unica mossa. Va bene, il trucco ora stava nel costringerlo a scoprirsi.

Rayen lo sollecitò gradualmente, con cautela e pazienza. Il severo addestramento di Indar stava dando i suoi frutti: la sua Zanpakuto saettava con facilità di fronte a lei, giocava con quella avversaria, incalzava lo Shinigami senza mai concedergli di perforare la sua difesa d'acciaio. Lentamente, il vigore di un sempre più impaziente Seishuu cominciò a riscuotersi, come una bestia selvaggia di malavoglia risvegliata dal proprio sonno.

Di lì a poco questi iniziò a martellare di colpi Rayen, obbligandola letteralmente a fare salti mortali per pararli o evitarli. Un fendente particolarmente veloce la colse quasi di sorpresa, e mentre poneva di piatto la Zanpakuto per bloccarlo, l'Arrancar intravvide un sogghigno compiaciuto increspare le labbra dell'altro.

Non capisco perché siate venuti qui in massa, ma avete firmato la vostra seconda condanna a morte” motteggiò Seishuu. “È stato ingenuo da parte vostra credere che un pugno di Hollow potesse vincere uno squadrone di Shinigami scelti. Mi dispiace, Arrancar, temo che non potrò neppure permetterti di andare a seppellire i tuoi spregevoli compagni... comunque ti prometto che sulla tua tomba inciderò un bel 17.”

Rayen non rispose: la sua tattica di costringerlo a svelarsi aveva parzialmente funzionato, ma la pressione sulla sua Zanpakuto stava aumentando in maniera allarmante; se non avesse fatto qualcosa, e in fretta, Seishuu l'avrebbe tranciata in due.

Mi conviene Rilasciare? O è ancora troppo presto?

Strinse i denti, cercando disperatamente di resistere alla pressione senza eseguire un Rilascio. Le ossa e i muscoli delle sue braccia sembravano gemere, ma nonostante i suoi sforzi la Zanpakuto di Seishuu continuava ad avvicinarsi al suo corpo, centimetro dopo centimetro.

Al di là delle lame incrociate, il sogghigno dello Shinigami si allargò. Doveva essere uno spasso, per lui, vedere una volgare Arrancar così in difficoltà.

Nel tuo patetico mondo di mostri succhia-anime non hai mai affrontato niente del genere, vero? E pensare che io non sono altro che un Quinto Seggio! E' un peccato però doverti uccidere, sai, stavo quasi cominciando a simpatizzare con te. Se non fossi un'Arrancar mi potresti andare a genio... Ma evidentemente non è il tuo giorno fortunato.” Una ruga sottile si scavò sulla sua fronte, ponendo in rilievo il tatuaggio a volute. “Si dice che il canto di una civetta inviti la sventura e annunci una morte prossima, lo sapevi? Ute, Fukuroumaru!”

Rayen dilatò gli occhi mentre la lama della Zanpakuto si accendeva di un vivido bagliore cremisi e nell'aria si levava un canto lamentoso, acuto, lacerante - quasi peggiore di Loly sotto la doccia. Approfittando del momento di gongolante soddisfazione di Seishuu, la ragazza disimpegnò rapidamente la propria arma e si portò a distanza di sicurezza, schivando per un soffio il morso di una scintillante frusta infuocata.

Il suo Shikai, constatò con un'assurda punta di divertimento osservando la Zanpakuto di Seishuu, che ora serpeggiava attorno al suo padrone tracciando arabeschi di fiamma. Be', non credo che un novellino come lui conosca il Bankai, ma suppongo di non potermi più permettere troppe leggerezze.

Abbozzò un sorriso feroce, quindi impugnò la sua Zanpakuto a due mani e la sollevò di fronte a sé. A mali estremi, estremi rimedi.

Erabe, Trèbol!”

ﬓﬔﬕﬖﬗﬓﬔﬕﬖﬗ

'Fukurou' significa civetta, mentre 'ute' è l'imperativo del verbo cantare.

'Erabe' è l'imperativo del verbo scegliere, stabilire (???) 

E rieccoci qui col settimo capitolo... coi combattimenti specifico subito che sono uno strazio, per cui questa non sarà la migliore battaglia Shinigami VS Arrancar. Hmm, pensavo che il cap venisse più breve; a questo punto temo che zio Nnoitra non salterà fuori prima del nono o del decimo :( vi ringrazio, comunque, sono commossa dal numero di visite... però una recensione non mi spezzerebbe il cuore, sappiatelo.

..:: Shakuma92: ahah grazie ^^ mi dispiace di non aver potuto caratterizzare meglio Seishuu, ma come si intuisce il suo ruolo è un po' quello di carne da macello. Sì, e mandare Rayen allo sbaraglio contro Ichigo non sembrava una buona idea neanche a me xD

 




Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** VIII. White Snow and Black Flowers ***


Rukia abbassò Sode no Shirayuki e si girò, tornando sui propri passi, senza degnare di una seconda occhiata il punto in cui l'Arrancar da lei ucciso si era appena disintegrato. Aveva avuto gioco facile, con quel tipo, ma dubitava che anche il resto di quel disgustoso ammasso di mostri noti come Arrancar fosse così debole.

Spero solo che anche gli altri se la siano cavata bene...

Be', se non altro non doveva temere per Ichigo: era convinta, anzi, era certa, che Chappy gli avesse fatto buona guardia. Era comunque una persona in meno di cui preoccuparsi e...

Tch.

Rukia si fermò, aggrottando la fronte. Era stata solo una frazione di secondo, ma le era sembrato di percepire da qualche parte nelle vicinanze un'esplosione di reiatsu... e più precisamente della reiatsu di Ichigo. L'irrequieto sguardo violetto della Shinigami scivolò bruscamente tra le ombre davanti a lei, e scorse il corpo del Kurosaki che si contorceva a terra nella ferrea presa di Chappy, come un topo bloccato dagli artigli di un gatto giocoso.

No, non è la sua reiatsu, concluse, sondando la forza spirituale dello sconosciuto con più attenzione. Eppure simile in modo allarmante... Sarà meglio recuperare Ichigo e andare ad investigarci su. Potrebbe essere un nuovo trucco Hollow.


A un paio di isolati di distanza, Grimmjow Jaegerjacquez si concesse un sorriso. Aveva localizzato due reiatsu interessanti... le due reiatsu che avevano condotto alla morte quell'idiota di D-Roy.


VIII. White Snow and Black Flowers

I tried to be like everyone, open my soul
But what I had to give resulted loathing
Enchanted by the power, licked by the grace
One beautiful black flower, the end of the human race
.

Wolf and Raven – Sonata Arctica


Erabe, Trèbol!”

Rayen si sentì invadere da una familiare sensazione di sicurezza e potere, che le schiarì i pensieri e le infuse nuova fiducia: ci voleva ben altro che uno Shinigami dai gusti random per fermare la futura assassina di Aizen. Sì, perché lei era un'assassina, non tanto perché aveva ucciso quanto perché non provava il minimo rimorso nell'uccidere. Ecco, era questa la vitale differenza tra assassino e omicida.

E lei si stava per macchiare di assassinio. Ancora.

Gustò in silenzio la famelica disinvoltura con cui il suo lato Hollow sopraffaceva la falsa maschera umana, e fu con piacere che osservò il proprio corpo mutare, gli arti allungarsi e assottigliarsi, come steli. Ora una sottile corazza di placche nivee le fasciava il torace, risalendo dalla vita al seno, e delicate increspature simili a spuma argentea le affioravano dalle spalle e lungo le gambe, mentre larghi ventagli dello stesso materiale si aprivano tra le folte ciocche di capelli color bronzo. La maschera Hollow, prima limitata a qualche sottile cresta attorno alle sopracciglia e alle tempie, adesso le proteggeva l'intera parte superiore del viso, lasciando scoperti solo gli aggressivi occhi nocciola.

Ma la parte fondamentale del suo Rilascio erano le braccia: la mano destra impugnava un tachi lievemente ricurvo e dall'aria letale, mentre all'avambraccio sinistro era allacciato uno scudo simile ad un tozzo quadrifoglio, sul quale erano incisi quattro simboli diversi: un calice ricolmo, una leonessa rampante, una graziosa bilancia e una serpentina sciarpa bianca. Un simbolo per ogni foglia.

Rayen tese lo scudo di fronte a sé, ammirando il riflesso argenteo che la luna proiettava su di esso. Al centro della sua superficie levigata risplendeva una sottile freccia opalescente, che lo faceva sembrare un enigmatico orologio ad una sola lancetta. Non lo si sarebbe mai detto, ma quello scudo, apparentemente così piccolo e inutile, era il suo asso nella manica.

La vera me... il mostro.

L'Arrancar sorrise. Si era accettata per quello che era molto tempo addietro.

Ti piace, Shinigami?” urlò a Seishuu, la voce vibrante di selvaggio trionfo. “Voglio un giudizio sincero, mi raccomando! Sennò mi offendo!”

Sospeso a mezz'aria sopra di lei, Seishuu la fissava come se fosse stata un abominevole scherzo della natura – cosa che probabilmente dal suo punto di vista non era così distante dalla realtà. A giudicare dalle sopracciglia inarcate e dalla piega disgustata della bocca, la trasformazione non doveva piacergli per niente.

Be', a Rayen invece piaceva eccome: si sentiva attraversata da scariche di adrenalina miste ad una pazzesca euforia, come se il Rilascio, oltre alla sua vera forma, avesse liberato anche un'ondata di endorfine. Era una bella sensazione, la quieta certezza di essere completa, libera da qualunque inutile apparenza umana.

Con fare casuale, l'Arrancar stiracchiò i muscoli delle gambe del suo nuovo corpo, quindi sollevò una mano e fece scorrere l'indice sul calice impresso nello scudo. Lo fece lentamente, assaporando ogni cambiamento di espressione di Seishuu, godendo del vacuo disorientamento dello Shinigami: il Rilascio aveva cancellato in lui ogni traccia di spavalderia.

Templanza.Un sussurro, e il calice fu avvolto da uno sfavillio azzurrognolo.

L'indice di Rayen si spostò sulla leonessa: “Fuerza.” Un secondo velo di luce cerulea accese il simbolo.

Sfiorò la bilancia. “Justicia.” Una terza scintilla balenò sullo scudo.

E infine l'ultima incisione, la sciarpa. “Arcano Sin Nombre.”

Ora che tutti i simboli erano attivati, sullo scudo si poteva scorgere un vivido quadrato azzurrino, e la freccia al suo centro pareva brillare di un riflesso incandescente.

Las...”

Un improvviso sibilo mordace giunse alle orecchie di Rayen, e la ragazza fece guizzare prontamente la lama del suo tachi di fronte a sé: attorno ad essa si serrò subito la frusta cremisi di Fukuroumaru. A quanto pareva, Seishuu non era intenzionato a permetterle di terminare la messa in opera.

Non so che accidenti sia quella cosa, ma ti impedirò di usarla” sputò lo Shinigami, forzando per strapparle il tachi di mano.

Decisione saggia, ma un po' tardiva.

Las Moirasscandì Rayen. La freccia al centro dello scudo prese a girare a folle velocità, ma pochi istanti dopo si bloccò, paralizzandosi di colpo, indicando la leonessa. La Fuerza.

La ragazza sentì il proprio reiatsu coagularsi nel tachi e avvilupparlo come una fiamma azzurra, e udì il ringhio di frustrazione di Seishuu mentre la lama infuocata scioglieva la presa della sua frusta. Quando spazzò l'aria con la spada, essa tracciò dietro di sé un'impalpabile scia di reiatsu color zaffiro.

Tra i quattro, quello della Fuerza era forse il suo effetto preferito: la capacità di infondere viva energia nella sua arma rubando la reiatsu dell'avversario.

Non c'è niente di male, in fondo, a rubare ai ricchi per donare ai poveri. Increspò le labbra in una smorfia soddisfatta, gli occhi chiari fissi in quelli sbigottiti dello Shinigami. E adesso, come direbbe Gin-san... bye bye!

Il suo tachi ruggì, un silenzioso ruggito che le riverberò attraverso le ossa mentre Rayen si slanciava in avanti, caricava il colpo, si cimentava in un audace affondo...

E lo mancava clamorosamente.

Che?!

L'Arrancar aggrottò la fronte, confusa, e con orripilato sconcerto si rese conto che cielo e terra si stavano progressivamente scambiando di posto e che di fronte a lei non c'era più solo un Seishuu, ma cinque, dieci, cento, mille... 

Ti prego, non adesso!, supplicò disperata, senza sapere bene a quale divinità fosse rivolta quella preghiera. Non potresti farlo comparire a Las Noches, dopo che avrò sistemato questo pagliaccio? Ti prego, aspetta ancora un po', solo pochi minuti...

Una miriade di puntini rossi iniziò a inondarle la visuale, come una colata di sangue vivo; attraverso quel velo di nausea vermiglia, Rayen intravvide lo stupore sul viso – sui visi – dello Shinigami, subito seguito da un lampo di compiacimento. Le sue parole rimbombarono nella testa della Fracciòn come da molto lontano, sulle ali di un'eco dolorosa: “Oggi decisamente non è la tua giornata fortunata, Arrancar...

Il taichi le sfuggì dalle dita, cadde da qualche parte nel vuoto, ma ora anche lei stava precipitando nel nulla, nel nero, in quel nero abissale che tutto inghiottiva, quel nero che stava divorando il mondo...

Rayen cadde come una marionetta dai fili recisi, sprofondando nel Focus.


Fragole. Fragole che spuntano in mezzo ad una radura innevata come rubini viventi, e una pioggia di petali neri come piume di corvo. Petali e fiocchi di neve, una danza bicolore come il cielo e la terra di Las Noches, una fusione completa e perfetta che volteggia nell'etere più limpido in un vortice tenebroso e immacolato. Avorio ed ebano che si sciolgono insieme, lampi bianchi e onde nere, latte e inchiostro mescolati in un amalgama di squisito equilibrio. Solo un filo di grigio sporca tale quieta bellezza... un ricciolo di fumo, fumo sulla neve, fuoco nel cielo.


Rayen.”

Gentili folate di vento le accarezzavano il viso, delicate e impalpabili come i petali e i fiocchi di neve della visione. Per un momento Rayen rimase immobile, ancora assorta nella morbida oscurità del Focus, poi la fredda voce di poco prima la chiamò di nuovo, risuonante di una nota minacciosa: “Rayen Fie Oneiron, svegliati.”

Era una voce maschile e stranamente familiare, ma in quel momento Rayen era troppo stordita per poterla collegare a un volto. Lentamente, lottando contro le palpebre pesanti come macigni, la ragazza riuscì ad aprire gli occhi... e quasi desiderò di averli chiusi per sempre con l'ultimo attacco di Seishuu.

Lo sguardo che incrociò il suo era verde e glaciale, obliquo come quello di un gatto, due iridi simili a severi smeraldi incastonati in un viso mortalmente pallido.

Un aspro sapore metallico invase il palato di Rayen.

U-Ulquiorra-sama!” farfugliò, compiendo uno sforzo sovrumano per non sobbalzare come un coniglio spaventato. “Lo Shinigami...”

L'ho ucciso” replicò il quarto Espada impassibile.

Con orrore crescente, la Fracciòn realizzò di essere stretta a lui in maniera quasi morbosa: sentiva un suo braccio sorreggerle la schiena, e l'altro sostenerla sotto le ginocchia. Per la seconda volta in cinque secondi, Rayen dovette imporsi un rigido autocontrollo per evitare un imbarazzante sussulto: il tocco di quelle mani ghiacciate non era diverso da quello che avrebbe potuto avere la Morte in persona. Detestava sentirsi così fragile, così schifosamente vulnerabile – e che diamine, era un Nùmero, mica una piagnucolosa bambola di porcellana! - ma non riusciva a vincere la soggezione che l'Espada gli incuteva.

Incapace di tollerare oltre la sua espressione di sprezzante distacco, Rayen abbassò lo sguardo... e con una punta di delusione constatò che il Rilascio si era ritirato dal suo corpo. Naturale: nel momento in cui la tua reiatsu si affievoliva, anche il Rilascio si comportava allo stesso modo.

Non ti ho mai vista rilasciata.”

Le pupille di Rayen si dilatarono mentre un pungente rivolo di ricordi cominciava finalmente a tornare a galla.

Mi devi un favore, Fie.”

Grimmjow.

Di colpo Rayen scoprì di essere lucidissima, come se qualcuno le avesse schiaffato in faccia una secchiata d'acqua gelida. Grimmjow, Shawlong, gli altri... che fine avevano fatto? Cosa accidenti era successo? Come aveva fatto Ulquiorra a localizzarli così in fretta? Perché l'aveva protetta da Seishuu anziché lasciarla tranquillamente uccidere?

Ulquiorra-sama...”

Non ti ho soccorsa per farti un favore” puntualizzò subito lui, fissandola con aperto disprezzo. “Ma non spetta a me decretare la tua punizione, e Aizen-sama avrebbe potuto non approvare il fatto che avessi lasciato la sua preziosa chiaroveggente alla mercé di uno Shinigami. Sarà lui a decidere il tuo castigo per aver osato misconoscere la sua autorità.” La spinse via di colpo, come se il contatto con una creatura tanto inferiore lo ripugnasse. “Avrei dovuto prevederlo, che Grimmjow avrebbe coinvolto te e il resto di quella spazzatura che lui si ostina a chiamare 'Fracciòn' in una missione insensata e suicida... tipico di lui.”

Rayen sdrucciolò a mezz'aria, vacillando come una pattinatrice maldestra prima di recuperare del tutto l'equilibrio. Lo sgomento le tagliava il fiato nei polmoni: forse avrebbe dovuto riferirgli del Focus appena visto, ma in quel momento il pensiero della visione passava completamente in secondo piano. Si detestava, ma non poteva negare di provare un certo timore per le atroci punizioni che Aizen avrebbe potuto infliggere: magari l'atto di salvarla da parte di Ulquiorra non era stato poi così caritatevole, magari comprendeva una sua piccola vendetta personale. Ma c'era dell'altro, a turbarla: 'Una missione insensata e suicida...'

Temeva già il peggio, e dovette inspirare a fondo prima di dare voce alle sue preoccupazioni.

In che senso, 'suicida'?” 

Ulquiorra si strinse nelle spalle. “Nel senso più stretto e ovvio. Di Grimmjow si è occupato Tousen, tutti gli altri sono stati uccisi dal Gotei 13.”

Tutti?” Come tutti?! Si era aspettata uno o due morti, questo sì, ma tutti...! “No, non è possibile...”

Il quarto Espada stese con calma una mano dietro di sé, e un Garganta cominciò a dilaniare il cielo. “Evidentemente sì, è possibile. Andiamo.”

ﬓﬔﬕﬖﬗﬓﬔﬕﬖﬗ

Ok, piccola licenza poetica: in realtà 'Trèbol' significherebbe trifoglio, ma 'Trèbol de Cuatro Hojas' (cioé quadrifoglio) era davvero troppo lungo :( 

Nuovo Focus - un po' più chiaro del primo, ammettiamolo -, nuovi casini, nuove minacce di morte... evvai. Be', spero che come capitolo vi sia piaciuto.

..:: Mimi93: ehi, del Nnoitra Fan Club fanno parte anche Sixy_Chan e Me Medesima xD ahah zio Nnoitra non sarà tutta 'sta gran bellezza, ma è fantastico, è completamente fuori di testa e poi adoravo il suo rapporto con Nel :) è un peccato che abbia quasi ammazzato Grimmy, se no mi andrebbe a genio xD  grazie per il supporto, farò del mio meglio ^^

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** IX. Punishment ***



Ulquiorra l'aveva lasciata nella sua stanza e se n'era andato, freddo e sfuggente come un'ombra stampata sul ghiaccio. Dal poco che era riuscita a cavare dalle sue labbra taciturne, Rayen aveva compreso che per il momento Aizen si sarebbe limitato a un breve colloquio con Grimmjow, e che la loro punizione sarebbe stata stabilita solo in seguito.

Rayen poteva ben immaginare come sarebbe stata punita: Grimmjow era un Espada, un elemento ancora fruttuoso, ma lei era un semplice Nùmero ed era possibilissimo che Aizen decidesse di farla giustiziare sul posto. Non era affatto sicura che l'interesse suscitato in lui dai Focus fosse sufficiente a garantirle la sopravvivenza.

Chissà cosa ne avrebbe pensato Indar di tutto questo... Si sarebbe vergognato di lei? Sarebbe andato su tutte le furie?

No, non credo. Rayen ne era convinta. Credo che ne avrebbe riso. E anche se fosse stato al mio posto, sarebbe morto ridendo.



IX. Punishment
Mutilate his arm, mutilate her mind

Did you ever let in what the world said?
Did we get this far just to feel your hate?
Did we play to become only pawns in the game?
How blind can you be, don't you see?

Bye Bye Beautiful – Nightwish


Chiusa nella sua stanza, Rayen ormai friggeva per l'agitazione. A Hueco Mundo era impossibile calcolare con precisione il tempo, ma ormai dovevano essere passate almeno due o tre ore da quando Ulquiorra l'aveva riportata a Las Noches... che accidenti stava succedendo fuori da quella camera? Cosa stava complottando Aizen?

Magari non vuoi davvero saperlo, le bisbigliò una maligna voce interiore. Avanti, sotto sotto sei contenta che non si sia ancora fatto vivo nessuno... sai bene che la prima persona che verrà a bussare alla tua porta potrebbe essere il tuo boia.

Era una possibilità che non andava esclusa. Era vero che avevano una scusa da ruffiani coi fiocchi – 'l'irrefrenabile desiderio di compiacere il venerabile Aizen-sama' – ma nessuno poteva sapere con certezza cosa frullasse nel cervello ambizioso e doppiogiochista dello Shinigami, dell'uomo che li manipolava come un burattinaio.

Bentornata ai tuoi amati lacci, patetica marionetta di Aizen.

Per distrarsi, Rayen aveva provato a comporre qualche origami e a riflettere sul nuovo Focus – come se quello del salmone incoronato non fosse stato un enigma sufficientemente arduo – e aveva formulato la fragile ipotesi che il nero e il bianco simboleggiassero l'equilibrio tra Shinigami ed Hollow... un equilibrio burrascoso, proprio come i vortici che avevano scosso i petali e la neve. Era una risposta accettabile, no?

Forse.

Oh, perché diamine doveva essere tutto così incasinato?! Perché dovevano esserci così poche certezze? Perché visioni senza senso tormentavano proprio lei, tra tutti gli Arrancar di Las Noches? Più che un grande onore, il dono dei Focus era un grande onere.

Seduta sul pavimento della sua stanza, Rayen strinse le gambe al petto e appoggiò la fronte sulle ginocchia, trattenendo a stento un sospiro. Percepiva la presenza di Trèbol dall'altra parte della camera, un frammento della sua stessa anima diviso da lei fisicamente ma non mentalmente; con amara ironia, pensò che fosse giusto che un'Arrancar incapace di controllare i propri doni avesse una Zanpakuto così imprevedibile. Contro Seishuu, Trèbol aveva scelto di attivare la Fuerza, ma come sempre si era trattato di una decisione casuale, non stabilita da Rayen.

Un oscuro potere che va e che viene, una Zanpakuto che si fa elegantemente i fatti suoi, e per completare il quadretto anche una pena di morte sospesa sulla testa a mo' di ghigliottina.

Ma bene.

Rayen si rialzò svogliatamente in piedi, con una mezza intenzione di sfogliare qualche vecchio documento di Indar per ammazzare il tempo, ma tutta la sua attenzione fu bruscamente attratta dal tonfo violento che risuonò fuori dalla porta.

Tousen, o Ulquiorra, o forse qualche Arrancar minore, pensò subito, mentre una strana calma le congelava ogni forma di ragionevolezza. Sono venuti a giustiziarmi.

Sentendosi come una condannata che cammina verso il patibolo, Rayen si diresse verso la porta e l'aprì con cautela... e quasi fece un balzo indietro quando si ritrovò davanti ad una figura alta e coperta di sangue, vistosamente priva del braccio sinistro.

Grimmjow?” realizzò stupefatta, dopo un attimo di esitazione. “Che diavolo ti è successo?”

Quel bastardo di Tousen” ringhiò Grimmjow, premendosi l'unica mano rimasta contro il ruscello di sangue che gli inzuppava il fianco. “Spicciati, Fie, fatti da parte... non sono sicuro che gli Hollow siano immuni alle infezioni.”

Ma non potresti semplicemente andare in infermeria? Io non ho idea di come funzioni la reiatsu curativa!”

E chi ti ha detto di curarmi?! Togliti dai piedi e basta!”

Con un rapido sonido, Grimmjow si arrampicò sulla parte superiore della sua soppalco-stanza e prese a strappare larghe strisce di tessuto dal suo futon, schiacciandole goffamente contro il moncherino del braccio per bloccare l'emorragia. A giudicare dalle labbra arricciate e dai denti stretti, doveva essere parecchio doloroso.

Per qualche motivo, l'immagine dell'Espada dal braccio mutilato le fece palpitare nella mente una vaga sensazione di dejà vu. La ragazza scosse la testa, scacciandola bruscamente: non aveva tempo da perdere con simili sciocchezze, ora.

Un fluido scatto di sonido la portò al fianco di Grimmjow; ignorando le sue occhiatacce, la Fracciòn afferrò alcune delle fasce improvvisate e cominciò a bendargli goffamente il moncherino facendogliele scorrere attorno al torace. Il tessuto era lavato e pulito, di questo era più che certa, ma sarebbe stato ancora meglio se avesse avuto a disposizione delle garze o delle bende disinfettate, o cose del genere... perché diamine quella testa di legno dai capelli azzurri non poteva cercare aiuto in infermeria, come tutte le persone normali?

Mistero della natura... Rayen alzò gli occhi al cielo, quindi prese ad esaminare la spalla del sesto Espada. Dunque, per cicatrizzare una ferita si potrebbe usare anche una lama ben arroventata, ma dubito che questo sia il caso... hmm, potrei provare a ricucire il moncherino, ma sinceramente non so come si faccia, non ho l'occorrente e non sono neppure sicura che con uno squarcio simile sia possibile... quindi, cosa ci posso fare? Bendarlo e basta sarà sufficiente?

Dio, le sue conoscenze di medicina facevano davvero schifo. Ma avrebbe avuto le mani legate anche se fosse stata più preparata: a quanto pareva, il punitore di Grimmjow si era assicurato di far sparire il braccio mozzato.

Non pensavo che Aizen lo avrebbe permesso” mormorò, guardando preoccupata la rozza fasciatura già scurita dal sangue. “Insomma, tu sei un Espada, no? Il sesto, oltretutto, uno dei suoi pezzi grossi... Perché ti ha fatto questo?”

Perché è il peggior stronzo mai capitato a Hueco Mundo” sibilò Grimmjow, pieno di rancore. “E comunque ti sbagli, Fie, io non sono più il sesto Espada.”

Sollevò con un gesto secco i resti sbrindellati della giacca, e nella parte inferiore della schiena, al posto del suo orgoglioso tatuaggio a 6, Rayen vide una brutta abrasione cosparsa di goccioline di sangue cremisi. Con una stretta allo stomaco, la ragazza notò che attorno ad essa biancheggiavano numerosi segni di unghiate.

Te l'hanno cancellato a mano... letteralmente.” Le si affievolì la voce, e distolse a fatica lo sguardo dall'escoriazione. “È stato Ulquiorra?”

E a te che importa?” Grimmjow emise uno sbuffo scocciato e riabbassò i lembi della giacca. “Vedi di evitare tante lagne per un graffietto, va bene? La tua pietà è l'ultima cosa di cui ho bisogno, e poi se fossi in te mi preoccuperei della tua punizione.”

Ah, ecco. Nella frenesia del momento, Rayen se n'era quasi dimenticata.

Lo so” disse, inespressiva. “Mi uccideranno.”

Ti piacerebbe.”

Lei inarcò un sopracciglio, sorpresa e confusa.

Ti piacerebbe” ripeté Grimmjow in tono duro. “E invece Aizen ha stabilito diversamente. Avanti, piccola idiota, spremiti le meningi e fa' un minimo sforzo d'immaginazione: io non sono più un Espada, perciò non ho più diritto né di portare il tatuaggio della Sexta né di avere una Fracciòn... e indovina un po' chi ti ha reclamato al mio posto.”

La vaga stretta dalle parti dello stomaco si trasformò in una morsa soffocante, come se un pitone la stesse stritolando dall'interno. Rayen fissò Grimmjow, vide il risentimento bruciare nei suoi occhi di ghiaccio, e la verità le strisciò nel cervello più viscida e velenosa di qualunque vipera.

Non lui” articolò con voce strozzata. “Ti prego, dimmi non Nnoitra Jiruga!”

ﬓﬔﬕﬖﬗﬓﬔﬕﬖﬗ

Per una buona volta sono stata piuttosto veloce :) spero che come capitolo vi piaccia, anche se è un po' stringato. E' mia intenzione sottolineare il fatto che Rayen non è una guaritrice U.U per qualche assurdo motivo, la maggior parte della gente sembra convinta che lo scopo di una donna in battaglia sia solo quello di preparare cataplasmi e guarire ferite.

..:: Mimi93: grazie, mio 'miglior critico puntuale' xD farò più attenzione, accolgo sempre con piacere i consigli :) e nel prossimo cap, l'atteso ritorno di zio Nnoitra! Cercherò di tratteggiarlo il meglio possibile, promesso ^^ pre-avviso, potrebbero esserci scene maniache...

..:: Elos: danke, recensione apprezzatissima :D  si, Rayen è il mio OC, e più avanti si spiegherà meglio il suo rapporto con Ichigo&co. Per quanto riguarda lo scudo e la forma di Trèbol, mi sono ispirata ai tarocchi e ai tradizionali simboli della fortuna :)

..:: Shakuma92: ed ecco il mio altro miglior critico puntuale ^^ grazie, i tuoi commenti alla maestro Jedi sono come sempre un ottimo supporto. Come scritto sopra, per Trèbol mi sono ispirata alla simbologia sia delle carte sia classica... simbologia rigorosamente adattata in scala Arrancar :) be', in questo capitolo ho un po' chiarito la natura di Trèbol... è la zanpakuto che 'sceglie' quale simbolo indicare, anche se in modo quasi casuale (oltretutto, mi suonava bene la consonanza tra 'erabe' e 'Trèbol' xD). Sì, la morte di Nnoitra (come quella degli altri Espada) è stata una gran delusione... :( io tifavo per gli Arrancar xD

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** X. Killer Master ***


Okay, tutto sommato il capitolo è molto più soft di quanto non avrebbe avuto ragione di essere u.u


Come successivo sesto Espada era stato scelto un tipo mingherlino ed effeminato, un tale Luppi. Personalmente, Rayen avrebbe preferito mille volte finire al servizio suo anziché a quello di Nnoitra, ma Aizen aveva preso la sua decisione e lei era tenuta a rispettarla.

Era naturale... trasferirla nella Fracciòn di Luppi, di Harribel o tra i mille schiavetti di Barragan sarebbe stato un castigo troppo dolce.

Per un attimo, Rayen aveva davvero desiderato di impugnare Trèbol e di ammazzarsi con la sua amata Zanpakuto, ma era ancora troppo (vigliacca) legata alla sua esistenza per abbandonare tutto in un modo tanto brusco.

Oltretutto, il suicidio era davvero un pessimo modo per andarsene.

Solitudine, vecchiaia, sacrificio, nichilismo, disperazione, distruzione, dedizione, follia, avidità e ira.

Dieci raffinati modi per togliersi di mezzo.

Ci sarebbe stato bene anche un undicesimo... la fatalità.


X. Killer Master

I'll tell you now, you can't win this
You're way too slow
I'll you now, I'm gonna take this
Did you come here to watch me, watch me burn?

Burn - Three Days Grace


A cosa serve?” 

Rayen si sfiorò con circospezione il pulsante numero 5 che ora le tatuava il polso. Premendo le dita su di esso si aveva la sensazione di percepire un lieve palpitare, come un falso battito cardiaco, ma il velo di reiatsu che aleggiava attorno al numero era quello di Nnoitra.

Questo è il Contacto” spiegò Tesla, togliendosi il guanto sinistro e mostrandole un 5 identico al suo. “È il metodo più rapido ed efficace di impartire ordini a distanza. Quando Nnoitra-sama vorrà comandarci qualcosa, sentirai il Contacto pulsare più forte, fin quasi a bruciare.”

Come una specie di ustione spirituale, quindi.”

Suppongo che la si potrebbe definire anche così. Comunque, quando questo accade tu tocca il numero, e riceverai gli ordini stabiliti da Nnoitra-sama. Non è difficile.”

Rayen assentì cupamente e lasciò ricadere il braccio. Non le sarebbe dispiaciuto avere un paio di guanti come quelli di Tesla, considerò: forse, se non avesse visto quell'odioso 5 zigzagarle sul polso tutto il santo giorno, sarebbe stato più facile non pensare a quale fosse il suo attuale padrone.

Attuale, ma non eterno. Si aggrappò a quel pensiero con disperazione, come all'unico scoglio ancora saldo in un oceano nero e tempestoso. Era praticamente impossibile che lei rimanesse incatenata a Nnoitra per tutta l'eternità: prima o poi uno dei due sarebbe morto – e indovina chi sarà la prima, con la mia solita fortuna – oppure magari qualche imprevisto avrebbe sconvolto i piani di Aizen e lui sarebbe stato costretto a trasferirla in un'altra Fracciòn, o persino al livello di Nùmero libero.

Gli artigli di brama di Rayen si conficcarono in quella flebile speranza.


Apparentemente, Nnoitra non voleva lei... voleva il suo cadavere.

Aveva deciso di organizzare una sessione di addestramento per 'testare' la sua nuova Fracciòn, ma più che metterla alla prova sembrava stesse cercando di metterla a morte: Rayen era stata costretta a evitare almeno un paio di affondi mirati a ucciderla, e quella maledetta falce quadrilama fischiava ogni volta più vicina alle sue carni.

Se non avesse fatto attenzione, Nnoitra l'avrebbe affettata.

Il freddo sibilo di un fendente assassino squarciò l'aria del deserto senza calore di Hueco Mundo. Rayen mise rapidamente la Zanpakuto di piatto, e la falce del quinto Espada si abbatté appena sopra di lei, a un soffio dalla sua testa, con tanta violenza da spingerla brutalmente all'indietro. I muscoli delle sue braccia urlarono la loro agonia per il tremendo sforzo di trattenere la pesante lama avversaria.

La Fracciòn si morse il labbro. Il quinto Espada era forte, dannatamente forte, molto più di quanto lei non avesse mai sognato di essere.

Stai troppo sulla difensiva” la rimproverò Nnoitra col più largo e maligno dei sorrisi, disimpegnando l'arma con agghiacciante facilità. “Dovresti seguire di più l'esempio del tuo ex Espada, Jaguerjacquez... è vero che è un completo fallimento, ma se non altro in battaglia non si metteva a recitare la parte della puttanella trepidante. I giocattoli troppo fragili non impiegano molto a rompersi, Oneiron.”

Rayen non rispose, ma si rabbuiò in volto. Nnoitra se la stava spassando, senza dubbio, però lei in quella situazione non vedeva nulla di divertente: non riusciva a capire cosa pretendesse l'Espada da lei, né a calcolare quanto scherzasse e quanto fosse serio. Aveva l'orribile presentimento che fosse serio su tutta la linea.

Nakim... Per qualche strano motivo, il pensiero del Fracciòn spuntò nella sua mente come un esile arbusto in un prato vuoto e polveroso. Lo ricordava bene, Nakim: tozzo e robusto di fisico, con uno sguardo flemmatico che assorbiva tutto e che non lasciava trapelare nulla. L'aveva visto l'ultima volta nei cieli di Karakura, stagliato contro la volta notturna insieme agli altri Fracciònes, prima che quegli sporchi Shinigami li trascinassero tutti nella morte.

Si pentì di non avergli chiesto cosa stesse pensando quella notte stessa. Non c'era un vero motivo dietro tale rimpianto, ma le pareva sbagliato che tutte le riflessioni di Nakim fossero andate perse a causa di qualche oscura negligenza.

Oh, ci penserai dopo a tessere i tuoi drammi mentali... Torna sulla terra, Rayen!

La giovane Arrancar si riscosse, giusto in tempo per evitare un possente colpo di falce da parte di Nnoitra. Sentendo le quattro lame ricurve ruggire accanto a sé, decise che era ora di piccolo azzardo: allontanò il manico della falce con Trèbol, quindi in uno scatto di sonido sfrecciò sotto il naso di Nnoitra e gli sferrò un risoluto fendente verso il braccio armato.

La lama di Trèbol rimbalzò innocua contro l'impenetrabile hierro dell'Espada.

Maledicendolo mentalmente, Rayen riprese il controllo della Zanpakuto e fece per portarsi di nuovo a distanza di sicurezza, ma una grande mano le afferrò fulmineamente la testa, bloccandola.

Ingenua...”

Rayen sibilò di dolore mentre lunghe dita simili ad avide zampe di ragno le affondavano tra i capelli, stringendone a manciate. Con uno strattone, Nnoitra la attirò a sé e la rivoltò come un guanto, quindi conficcò con decisione la falce a terra e posò la mano libera sulla spalla della Fracciòn, facendola poi scorrere pigramente prima sul seno e poi lungo il fianco slanciato, fino a fermarla sulle natiche. Una vampa di disgusto imporporò il viso di Rayen quando l'Espada si chinò ad appoggiarle la mascella contro il collo, titillandole la pelle con la lingua. Per quanto lieve, quel contatto fu sufficiente a farla impazzire.

Seguendo un impulso dettato dallo sdegno e dal ribrezzo, la ragazza serrò Trèbol e tentò di infilzare il torace del suo aguzzino, ma la punta della Zanpakuto non andò oltre il primo coriaceo strato di pelle. Un singolo puntino di sangue arrossò il petto dell'Espada mentre un sogghigno osceno ne deturpava la bocca.

Siamo cocciuti, vedo...” Una risatina. “Di sicuro Jaguerjacquez non ha mai capito un cazzo in fatto di donne, però puoi credermi se ti dico che non tutti gli Arrancar sono froci come lui!”

Fece per strapparle la casacca bianca della divisa, ma per una buona volta Rayen si mostrò più veloce di lui.

Erabe, Trèbol!”

Una nube azzurrina offuscò l'aria, e Nnoitra liberò di scatto Rayen dalla sua presa. Il tachi della ragazza fendette il punto in cui le sue dita si erano trovate fino a un decimo di secondo prima.

Gli ho quasi amputato un paio di dita... se anche lui Rilascia mi ammazza sul serio, pensò lei, compiendo un balzo all'indietro per allontanarsi da Nnoitra, sentendosi bruciare il collo laddove l'Espada aveva lasciato quella rozza caricatura di bacio. Il lieve peso del tachi e dello scudo-quadrifoglio era un poco rassicurante, ma nulla avrebbe potuto davvero tranquillizzarla in quella situazione: non con un maniaco omicida pronto a violentarla e a massacrarla, e con la cieca certezza che nessuno avrebbe mosso un dito per intervenire in suo favore. L'unico Arrancar nelle vicinanze sembrava essere Tesla, appoggiato al candido muro esterno di Las Noches con l'aria impassibile e un po' annoiata di chi osserva una vecchia soap-opera trita e ritrita; no, non ci si poteva certo aspettare sostegno dal fedele cagnolino di Nnoitra.

Tesla non tradirebbe mai Nnoitra. Indar è morto. Grimmjow è menomato, e anche se fosse in piena forma dubito molto che verrebbe ad aiutarmi. Apache, Mila Rose e Sun Sun non hanno speranza contro Nnoitra. Come me.

Rayen abbassò lo sguardo sulla lancetta argentea dello scudo. Niente da fare, in quel momento poteva fare affidamento solo su se stessa e sulle proprie armi naturali. E cercare di resistere come poteva.

Oggi muoio.

Fece un sorriso amaro. Sorrideva sempre nei momenti peggiori, lo sapeva, eppure non riusciva a trattenersi. Alla fine, la punizione scelta da Aizen l'avrebbe davvero uccisa... ovviamente il gran capo galattico non aveva trovato i Focus abbastanza allettanti da ritenerla utile a Las Noches.

A una ventina di metri dall'Arrancar, Nnoitra spazzò l'aria con la falce e l'appoggiò casualmente alla spalla, col viso affilato distorto da una vaga impronta di irritazione mista a compiacimento.

Oggi muoio, si ripeté cupamente Rayen, sfiorando in rapida successione i simboli impressi sullo scudo. “Templanza, Fuerza, Justicia, Arcano Sin Nombre!” Il solito quadrato di reiatsu avvampò attorno al quadrifoglio, facendolo risplendere come un fuoco ceruleo. “Las Moiras.”

Nnoitra non cercò d'interromperla, anzi, parve sinceramente interessato al funzionamento della sua Zanpakuto. Non aveva mai visto il suo Rilascio, naturalmente: tutti i Nùmeros conoscevano a menadito i Rilasci degli Espada, ma di rado un Espada si degnava di apprendere quello di qualche Nùmero.

Turbata, Rayen distolse l'attenzione dai magnetici occhi viola scuro dell'avversario e la concentrò sulla lancetta al centro dello scudo: pulsava in tutta la sua argentata sottigliezza, indicando la bilancia. La Justicia.

Avrei preferito un bell'Arcano Sin Nombre, ma mi dovrò accontentare.

La ragazza sollevò il tachi, rivolgendolo verso Nnoitra come se avesse avuto intenzione di impalarlo. La punta dell'arma si accese di un vago scintillio statico.

Uccidilo, uccidilo, uccidilo...

Cero de la Justicia” articolò, e un violento Cero blu zaffiro esplose di fronte a lei, alimentato dal suo desiderio offensivo. Il raggio sfrecciò verso Nnoitra, sfrigolando furiosamente, ma prima che lo investisse fu scontrato a mezz'aria da un secondo Cero, stavolta ambrato.

Un'assordante detonazione aggredì la calma piatta e monocorde del deserto.

Il Cero di un Espada è forte quanto il Cero de la Justicia di un Fracciòn... Rayen assimilò la nuova informazione in silenzio, schermandosi il viso con una mano per proteggerlo dall'esplosione. O almeno, forte abbastanza da contrastarlo del tutto.

Il pensiero la fece rabbrividire: il Cero de la Justicia assorbiva energia in base alla sua disposizione emotiva, e lei era sicura di non aver mai generato prima un Cero così potente; l'unica persona in grado di suscitare in lei più odio di Nnoitra era Aizen.

Se Nnoitra riusciva a bloccare con un semplice Cero una delle sue tecniche più forti, e senza neppure effettuare il Rilascio...

Le viscere della ragazza si annodarono. Se una minima parte di lei aveva mai sperato di resistere allo scontro, ora anche quella minima parte si era miseramente spenta.

ﬓﬔﬕﬖﬗﬓﬔﬕﬖﬗ

Scusate l'esasperante lentezza dell'aggiornamento, ma il periodo pre-natalizio è un autentico trauma per lo studio -.-" oltretutto ho dovuto tagliare questo capitolo perché stava venendo davvero troppo lungo... ok, non è il mio pezzo migliore ma spero lo gradiate comunque :)

..:: Elos: grazie mille ^.^ sono contenta che la storia ti piaccia.

..:: Mimi93: puntuale come un orologio svizzero xD un super arigatou per il sostegno... mi auguro di non aver deluso le tue aspettative su zio Nnoitra - non ho voluto tratteggiarlo troppo pesantemente, ho piuttosto il dubbio di averlo fatto con eccessiva leggerezza. Vabbe', vedrò di recuperare! 

..:: Exodus: grazie, mio primo commentatore :) si, ammetto che per la struttura mi sono ispirata un po' a Shunsui mescolandoci un po' di sana inventiva. A rischio di suonare banale, spero che il proseguimento ti piaccia.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** XI. Not Your Average Guardian Angel ***


Non voleva scomparire.
Sapeva cosa succedeva agli Arrancar abbattuti da uno Shinigami, ma non aveva idea di cosa accadesse a coloro che morivano per mano di un altro Arrancar. Una volta, scherzosamente, Indar le aveva detto che si dissolvevano nel nulla, come creste di spuma in un oceano nero e tempestoso, ma lei aveva sempre creduto che tali parole servissero solo per incoraggiarla a migliorare, senza mai cedere.
Ora iniziava a pensare che, dopotutto, Indar avesse avuto ragione.


XI. Not Your Average Guardian Angel

Deep into a dying day
I took a step outside an innocent heart
Prepare to hate me fall when I may
This night will hurt you like never before

Old loves they die hard
Old lies they die harder.

Wish I had an angel - Nightwish


Il sorriso da squalo non accennava ad abbandonare le labbra di Nnoitra. Per quanto cercasse di decifrarlo, Rayen non riusciva a comprendere fino a quanto l’Espada si sarebbe spinto lontano; forse si sarebbe accontentato di sfigurarla in modo irreversibile, come Grimmjow… forse di lì a breve si sarebbe ritrovata nei bassifondi di Las Lloras, a dare la caccia a qualche ripugnante ratto Hollow perché il suo corpo deforme non le avrebbe consentito di mirare a prede più robuste.
Basta, devo smetterla di costruirmi tragedie mentali! Se non mi schiarisco le idee, qui finisce veramente male.
Ma adesso i suoi rimproveri vibravano di un’eco disperata: la rassegnazione cominciava a strisciare dentro di lei come una vipera, un veleno che corrodeva la sua risolutezza. La parte più debole e fatalista di lei si stava arrendendo alla quasi certezza di essere uccisa… e questo non era affatto un bene.
Lentamente, Rayen abbassò Trèbol. L’arma palpitava fiocamente: avrebbe impiegato ancora un po’ a ricaricarsi. Per il momento la sua unica, sottile speranza consisteva nell’attendere che ripristinasse la sua piena reiatsu, e poi pregare che al prossimo attacco di Las Moiras la sua freccia nivea si puntasse sull’Arcano Sin Nombre. Era una speranza piuttosto esigua, ma ora come ora non aveva troppe alternative.
Doveva evitare Nnoitra il più possibile, a tutti i costi. Non voleva morire, non lo voleva affatto…
“Se tutti i Fracciònes di Jaguerjacquez avevano un Rilascio merdoso come il tuo, c’è poco da stupirsi che un branco di Shinigami li abbia fatti fuori” la schernì Nnoitra, notando la sua esitazione. “Sai, Oneiron, sono tentato dall’ucciderti qui e subito… magari nella tua prossima esistenza sarai meno scadente, che dici?”
Devo costringerlo a parlare, decise Rayen sull’orlo del panico. Più blatera, più tempo guadagno.
Attorno a loro, un’improvvisa folata di vento sollevò veli di sabbia argentea, facendo svolazzare i loro capelli. Le lunghe ciocche nere di Nnoitra parevano ali di corvo, stagliate contro quel cielo così vacuo.
“Non eri presente all’assalto agli Shinigami, pertanto non sai chi fossero i nostri avversari” improvvisò la ragazza Arrancar. “Nessun Hollow può permettersi il lusso di screditare i capitani o i luogotenenti del Gotei 13.”
“Nessuna Fracciòn, vorrai dire. Su dieci Espada, mi pare che solo quegli idioti del tuo ex e di Rialgo abbiano rischiato di farsi uccidere… e loro non sono certo i più brillanti modelli di forza di Las Noches.”
Sembrava proprio che non riuscisse a pronunciare una frase senza mettere di mezzo Grimmjow e tentare di diffamarlo. Tra i due non doveva certo correre buon sangue… il che forse avrebbe in parte spiegato perché Grimmjow avesse deciso di accettarla come sua Fracciòn, in un luogo dove indulgenza e compassione non esistevano.
S’illuminò. Probabilmente Grimmjow non aveva voluto proteggere lei… l’aveva fatto solo per il sottile piacere di scocciare Nnoitra.
Stranamente, benché una parte di lei ne fosse sempre stata consapevole, tale constatazione la infastidì.
“Grimmjow non ha corso il minimo rischio… ha massacrato il suo avversario senza fatica, e se Tousen non gli avesse mutilato il braccio, ora sarebbe ancora al suo posto di Espada.”
Con sua sorpresa, Nnoitra scoppiò a ridere. “Non dire stronzate, Oneiron, non è il caso. Scommetto che Jaguerjacquez non ti ha raccontato di chi fosse in realtà il suo avversario, vero? … Lo sapevo” infierì, vedendola accigliarsi, “presumo che fosse troppo denigrante, per lui, ammettere di essere sopravvissuto solo perché il suo avversario era un Delegato, un semplice umano camuffato da Shinigami. E vuoi saperne un’altra? Quell’emerito imbecille non è nemmeno stato capace di finirlo a dovere. Prima ha mandato allo sbaraglio la sua preziosissima Fracciòn, quindi è corso dietro al primo sbarbatello di passaggio per poi graziarlo dopo cinque minuti. Sei ancora così sicura che sia ancora degno del titolo di Espada?”
“Cosa, Grimmjow caritatevole?” Rayen ridacchiò, una risata piuttosto forzata. “Impossibile, non ci credo.”
“Faresti bene a crederci, invece. Chi lo sa, è possibile che abbia persino avuto un’avventura con questo Delegato… scommetto che se l’è spassata a più non posso, dopo aver mandato a morire i suoi cari Fracciònes.”
Non era vero, non poteva esserlo… avanti, forse non li avrebbe piazzati su un altare e venerati in ginocchio, ma Grimmjow in un certo senso teneva alla sua Fracciòn. Non era certo stato felice di vederla perlopiù sgominata, e quando Tousen lo aveva mutilato era venuto da lei, la sua unica superstite…
Per quanto riguarda il resto, non me ne frega assolutamente niente, si disse Rayen, benché l’idea di Grimmjow intento a pomiciare con uno Shinigami non le fosse troppo gradita.
“Ancora non mi credi?” motteggiò Nnoitra, divertito. “Peggio per te. Quando sia tu che il gattino sarete all’inferno, potrai interrogarlo quanto vorrai… anche se la conversazione potrebbe lasciarti un poco delusa.”
Senza darle il tempo di rispondere, l’Espada si lanciò contro di lei, sollevando la falce con tutta l’intenzione di ghigliottinarla su due piedi. Non aveva più voglia di perdere tempo con lei, voleva semplicemente uccidere il giocattolo di Grimmjow e farla finita così. Non le avrebbe più concesso di schivare un solo fendente.
Era veloce. Preciso. Schifosamente forte. Si sarebbe ritrovata all’altro mondo prima ancora di percepire la bollente freddezza della lama che le attraversava la carne.
Ti prego, Trèbol, ti imploro…!
In preda al panico più cieco, orribilmente cosciente del fatto che solo pochi decimi di secondo la separavano dalla morte, Rayen alzò il tachi ed emise un grido incoerente, un misto di confuse invocazioni Las Moiras impastate al più puro, rabbioso terrore.
“E dannazione, Las Moiras!!”
Una violenta ventata la investì in pieno, tanto brutale da spostarla di peso. Rayen si sentì strappare letteralmente dal suolo, e un sibilo di disappunto le sfuggì dalla gola quando la sua schiena urtò di botto contro l’arido terreno sabbioso.
Un momento, fermi tutti… era a terra. Vedeva il cielo illusorio e splendente di Aizen inarcarsi sopra di sé. Sotto le dita che ancora stringevano testardamente il tachi poteva sentire la soffice secchezza della sabbia. Nessun dolore pungente le straziava la carne.
I casi erano due: o Nnoitra era stato davvero così bravo da ucciderla senza che se ne rendesse conto, o Rayen era ancora viva.
Dedusse che la possibilità più vera fosse la seconda.
“Ma non ha senso” borbottò tra sé, incredula, meravigliandosi del suono della sua stessa voce. “Non ha affatto senso. Perché…?”
Piantò la spada a terra e la usò come puntello per tirarsi su. Le superficiali ferite causate da Nnoitra le bruciavano, ma erano sopportabili; quello che invece le fu quasi intollerabile fu l’assurdità della scena che le si presentò davanti agli occhi.
Per un lungo istante rimase immobile, attonita, a fissarli con gli occhi sgranati: di fronte a lei c’era Nnoitra, disteso a terra in un lago di sangue, sussultante come una bestia ferita e con l’unico occhio fisso sulle mura di Las Noches; e laggiù, sotto quei candidi blocchi, nel punto in cui fino a pochi istanti prima si era trovato Tesla…
“Il Necroforo” ringhiò Nnoitra, mentre una sorda collera incendiava ogni traccia di sarcasmo dal suo volto. “Eccolo qui, il celeberrimo bastardo. Non dovrò neppure andare a stanarlo fino a Las Lloras.”
Rayen scosse lentamente il capo, senza quasi sentirlo. Il suo sguardo era inchiodato sul Necroforo, come se potesse in qualche modo assorbire ogni suo dettaglio, catturare la sua immagine, inciderla per sempre nella sua mente.
Il cadavere di Tesla rotolò a terra, i lindi abiti bianchi ora sudici di sangue e polvere, le pupille dilatate sotto un’agghiacciante fessura spalancata in mezzo alla fronte. Era diventato un Traspasado, come li chiamava Szayel Aporro, una delle vittime del temuto Necroforo.
Ma la creatura che incombeva su Tesla non aveva niente di realmente mostruoso o terrificante: si trattava di un ragazzo alto e scheletrico, più simile a un semplice morto di fame che a chissà quale letale entità distruttiva, i cui lunghi capelli ramati risplendevano come metallo fuso contro il pallore mortale della pelle. Indossava solo degli hakama scuri, e il torace nudo metteva particolarmente in risalto la sua magrezza spettrale; dalla schiena, appena al di sotto delle scapole, si allargavano due fiere ali perlacee, a prima vista troppo grandi per un fisico così gracile. L’unica cosa di lui che poteva incutere un minimo di inquietudine erano le braccia: l’arto destro era normale, ma al posto del sinistro c’era quella che sarebbe potuta passare per una brillante protesi di infuocato reiatsu blu zaffiro, plasmato secondo la dardeggiante sagoma di un braccio concreto.
Il tachi sfuggì dalla mano di Rayen, andando a sbattere a terra con un lieve clangore. La giovane Arrancar non riusciva a staccare gli occhi dall’apparizione.
“Tu… sei tu il Necroforo?!” articolò, confusa.
Si era aspettata un essere selvaggio e crudele, un perfetto sconosciuto dominato da un istinto feroce, ma quell’angelo malinconico la prendeva totalmente alla sprovvista. E non solo per il suo aspetto: a sbigottirla era anche e soprattutto il fatto che c’era qualcosa, nel suo viso e nel suo braccio di reiatsu, che le bussava alla memoria come un visitatore notturno, chiamandola, attirandola.
Scostando da sé il cadavere di Tesla, nell’espressione del Necroforo si leggeva solo un’infinita tristezza, come se l’assassinio della Fracciòn gli fosse costato un gran sacrificio. Dalla cosiddetta protesi colava ancora il suo sangue, che ormai aveva formato una piccola macchia cremisi accanto ai suoi piedi nudi.
Non mi sei nuovo, no… oh, ti conosco, ma chi sei? Chi diavolo sei?!
Rayen fissava disperatamente il Necroforo, cercando di ricordare. Era importante, era dannatamente importante! Possibile che quel tipo fosse in qualche modo connesso anche con i suoi Focus? La domanda le urlava nel cervello, infiammandole i neuroni. Era convinta di conoscerlo, ci avrebbe scommesso la propria anima, ma chi accidenti poteva essere? L’aveva forse incontrato durante i suoi viaggi con Indar?
“Stronzo schifoso, ora che hai ucciso Tesla chi pulirà la mia camera delle torture? Tu, magari? Trascinerai il tuo culo piumato fino a Las Noches e userai le tue belle alucce come ramazza?!”
Rayen rabbrividì. Il Necroforo era comparso all’improvviso, ferendo Nnoitra e uccidendo Tesla nel giro di pochi secondi, ma non la spaventava neppure la metà di quanto lo facesse il quinto Espada: Nnoitra aveva una mano premuta contro il fianco, laddove era stato colpito – dalla protesi del Necroforo? Cos’altro poteva aver trapassato il suo hierro e ucciso Tesla? – e le ondate di reiatsu da lui emanate erano tanto massicce e aggressive che al confronto la pressione spirituale di Rayen non pareva più intensa di quella di una lucertola Hollow. 
Il viso del Necroforo s’incupì, un cipiglio che adombrò ulteriormente la sua espressione tetra. A metà tra un angelo, un serial killer e un invalido, era l’incarnazione dell’amarezza. Se il suo atteggiamento fosse stato un poco più freddo, avrebbe potuto essere il fratello pel di carota di Ulquiorra.
L’angelo e il demone, si disse Rayen, pensando a Murcièlago.
“Che c’è, sei anche sordo, oltre che bastardo?” lo derise Nnoitra, risollevandosi e levando la falce. “Peggio per te, sono sicuro che Grantz sarà contento di accogliere un grazioso canarino per le sue sperimentazioni. Inore, Santa Teresa!”
L’attacco finì prima ancora di iniziare.
Una seconda sferzata di vento schiaffò la faccia di Rayen, e lei s’affrettò a balzare all’indietro con un rapido sonido, allontanandosi dal Necroforo. Ma quando i suoi stivali ossei toccarono di nuovo terra, l’angelico omicida era scomparso: davanti a lei non restavano altro che il cadavere di Tesla e il corpo contratto e immobile di Nnoitra, entrambi distesi bocconi contro la bianca sabbia di Hueco Mundo.
La Resurrecciòn le scivolò cautamente via, e la vecchia maschera umana tornò a coprire la sua vera apparenza.   
Era sola.






********************************

Allora.
Eccomi qua, dopo due mesi di mutismo in cui mi è capitato di tutto e di più, senza contare un virus abbastanza fastidioso che mi ha costretto a resettare il computer e un mostruoso calo d’ispirazione. Da questo cap in poi la struttura potrebbe variare e me ne scuso -inchino-

Come capitolo ammetto che non mi soddisfa granché. Prima che qualcuno si lamenti che il Necroforo venga, prenda e se ne vada senza neppure sfiorare Rayen, garantisco che è un fatto calcolato.

Ringrazio tutti i miei fidati commentatori ^^

..:: Mimi93: mi dispiace per l’uscita di scena di zio Nnoitra, ma era necessaria xD però potrebbe non essere ancora morto del tutto, chissà… Grazie, mia fidata critica.


..:: Elos: ahah danke  spero che anche questo cap ti sia piaciuto.

..:: Shakuma92: muahahah Rayen’s powerful!! (eh sì, così powerful che passa non uno ma ben due capitoli aspettandosi di crepare da un momento all’altro…) a parte tutto, Rayen era stata pensata per essere un’Arrancar piuttosto forte, non proprio una mezza cartuccia xD

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** XII. Two Words Before Departure ***



Non si era accorta di nulla, seriamente. Era rimasta a fissare la scena con assoluto orrore fino a quando una mano pesante non le era calata sulla spalla, riscuotendola rudemente. Non aveva davvero realizzato chi fosse fino a quando non aveva riconosciuto il lampo azzurro dei capelli di Grimmjow.
Nella sua mente, accesa e vivida come una fiamma, ardeva ancora l’immagine del Necroforo, di quell’angelo magrissimo e dai capelli ramati che l’aveva così tanto turbata. Sapeva chi era, ma il suo ricordo era come una scivolosa anguilla ricoperta d’olio; per quanto cercasse di afferrarlo, lui continuava a eludere la sua presa.

XII. Two Words Before Departure
Heaven today is but a way
To a place I once called home.
Heart of a child, one final sigh
As another love goes cold.
For the heart I once had - Nightwish
“Che significa, ‘penso di conoscerlo ma non so chi sia’?!”
“Voglio dire, ricordo di averlo già visto da qualche parte ma non ho idea di chi posa essere. Sai, è stato uno di quei momenti di dejà vu.”
“Il che non giustifica il motivo per cui non ti ha fatta fuori.”
“Avresti voluto che mi ammazzasse?!”
Rayen e Grimmjow erano sul divano semisfondato dell’ex Espada, lei tranquillamente seduta, lui comodamente stravaccato. Benché a Hueco Mundo il concetto di tempo fosse alquanto relativo, Rayen riteneva che potessero essere passati al massimo un paio di giorni dall’incontro col Necroforo, e a Las Noches le acque erano ancora piuttosto agitate: ovunque non si parlava altro che dell’ultimo attacco dell’assassino e della letale velocità con cui aveva ucciso un altro Arrancar e condotto a un passo dalla morte perfino il quinto Espada. 
A Hueco Mundo non si svolgevano funerali. Non se n’era svolti per Neliel Tu Oderschvank, né per Indar, né per i Traspasados né per nessun altro. Non si sarebbe celebrato nulla neanche per Tesla, naturalmente.
Rilassandosi contro il soffice schienale, Rayen pensò ad Apache, a quella volta che le aveva confessato la sua segreta passione per Tesla. Non aveva mai visto un Hollow piangere, e si domandò se Apache avrebbe pianto la sua repentina scomparsa. Probabilmente no, il suo orgoglio non gliel'avrebbe permesso.
“Grimmjow” disse all’improvviso.
“Grimmjow-sama” precisò lui.
“Quello che è. Perché gli Hollow non celebrano funerali?”
“Non saprei…” borbottò lui in tono sarcastico. “Aspetta, forse perché siamo già morti? E poi, chi vuoi che si prenda la briga di darti una degna sepoltura? Nel caso non l’avessi notato, qui ogni singolo individuo pensa solo a pararsi il culo e tirare avanti più a lungo possibile.”
“È abbastanza triste.”
“Non sei tu a dettare le regole.”
“Non è nemmeno giusto che le detti Aizen… o il Necroforo.”
Grimmjow si passò una mano fra i capelli con un gesto irritato. Che l’argomento lo infastidiva, glielo si leggeva in faccia. “Non recitarmi la parte dell’ingenua pacifista, Fie. Ma hai visto com’è il mondo qui fuori? Ti sembra un piccolo paradiso tutto pace e amore?”
Rayen scosse la testa. “Ma potrebbe essere un posto migliore, se gli Arrancar riuscissero a vincere il loro lato bestiale.”
“Adesso parli come Tu Oderschvank... Se fossi in te, eviterei di filosofeggiare troppo sul nostro stile di vita e mi preoccuperei di più per quel bastardo d’un becchino noto come Necroforo: mi suona come una grandiosa stronzata il fatto che abbia quasi sventrato Nnoitra senza torcere a te neppure un capello.”
Rayen sospirò. Iniziava a chiedersi perché avesse deciso di confidarsi proprio con lui, con tutti i bravi Arrancar stipati in Las Noches. Forse per il banale motivo che era stato lui il primo a trovarla dopo l’assassinio di Tesla, il primo essere intelligente – be’, più o meno – in grado di poter ascoltare le sue farneticazioni.
“Non so perché non mi abbia uccisa, okay? Non riesco nemmeno a spiegarmi perché abbia scelto di ammazzare proprio Tesla… Vista la facilità con cui ha ferito Nnoitra, dubito che stesse mirando semplicemente alla preda più debole. E non capisco nemmeno come abbia fatto a coglierci così di sorpresa: in fin dei conti almeno il signor Cucchiaio avrebbe dovuto percepire la sua reiatsu, no?”
Grimmjow tacque per qualche istante. Pareva quasi pensieroso. Quasi.
“Qualche tempo fa, prima che tu e Oroitz arrivaste a Las Noches, l’Octava Espada era un tale Zeruko Loinaz. In quanto a idiozia rivaleggiava con Nnoitra, ma se la cavava abbastanza bene nell’attaccare mascherando la reiatsu. Era come se la facesse implodere dentro di sé… il suo corpo ne era carico, ma l’energia non era percepibile. Il che lo rendeva un asso nelle imboscate.” Distese l’unico braccio rimasto lungo il bordo dello schienale, stiracchiandolo e saggiandone i muscoli ancora pronti e funzionali. “Non si può uccidere un Arrancar senza utilizzare almeno una stilla di reiatsu, è un dato di fatto. Però è possibile che questo innaturale becchino abbia usato un sistema simile, in qualche modo."
Un sistema per sfruttare la reiatsu senza essere percepiti?
“Wow.” Rayen scosse lentamente la testa, sorpresa… ed eccitata. Forse, ma proprio forse, c’era la sottilissima possibilità che fossero finalmente sulla via giusta. “E come faceva, Loinaz?”
“Che ne so? Lo faceva e basta” sbottò Grimmjow. “Dubito che potrai approfondire la cosa, comunque, dato che Grantz l’ha sconfitto e imbottigliato un centinaio d’anni fa.”
 “In che senso, ‘imbottigliato’?”
“Nel senso che l’ultima volta che ho visto Loinaz, i suoi rimasugli stavano galleggiando in una fiala da laboratorio.”
La sorpresa di Rayen si trasformò in disgusto. Non osava neppure immaginare a quanto potesse essere orribile sentire il tocco di Szayel su di sé, le sue avide mani che la prendevano, la mutavano, spezzavano la sua anima fino a ridurla ad un misero mucchietto di materia sperimentale…
“Hai paura di Grantz?” Grimmjow rispose alla sua smorfia sfoderando un sorriso sghembo, derisorio. “Conosci la sua passione nel collezionare nuove cavie, suppongo. Effettivamente non ti conviene ronzargli troppo attorno, a meno che tu non desideri una morte lunga e tormentosa.”
Un risolino amaro. “No grazie. C’è già un Espada ansioso di uccidermi, e uno basta e avanza.”
Si sollevò la manica, rivelando il vibrante tatuaggio a forma di 5 impresso sul suo polso: il Contacto che la collegava a Nnoitra. La reiatsu del ‘signor Cucchiaio’ continuava ad aleggiare sulla sua pelle come un acre profumo.
“Collegarsi ai propri Fracciònes con un tatuaggio di reiatsu… che idea balorda” sibilò Grimmjow, stringendo le dita attorno al suo polso e osservando con attenzione quel contorto 5 nero. “È un peccato che Nnoitra non sia morto, sarebbe stato un attaccabrighe in meno a Las Noches. Se non altro, posso ancora togliermi lo sfizio di ucciderlo personalmente.”
“E ti lamenti anche? Dovresti ringraziare il cielo che non è il tuo Espada” protestò Rayen, ma non ritirò la mano: per qualche motivo che non riusciva a comprendere a fondo, il burbero tocco dell’ex Espada le trasmetteva un sottile piacere. L’assenza del suo braccio sinistro non le pareva più così vistosa, anzi, era del tutto irrilevante.
Un braccio mutilato…come il Necroforo.
Scartò il pensiero e guardò Grimmjow: lui fissava il 5 sul suo polso come se avesse potuto incenerire con lo sguardo colui che l’aveva marchiata. Osservando il suo volto teso, Rayen non poté fare a meno che seguire il profilo della guancia, la spietata mascella Hollow, gli occhi blu zaffiro ribollenti di un selvaggio fascino. Provò l’impulso di saltargli addosso e soffocare contro di lui ogni turbamento e preoccupazione, ma probabilmente avrebbe ottenuto solo di farsi polverizzare da un Cero.
“Hmm, Grimmjow?” Si schiarì la gola, incerta. Le parole di Nnoitra continuavano ad assillarla, come piccoli aghi appuntiti che le punzecchiavano il cervello. “Perché hai graziato lo Shinigami Delegato, la notte in cui Shawlong e gli altri sono morti?”
Grimmojow arricciò le labbra, senza staccare gli occhi dal Contacto. “’Graziato’ è una parola grossa, Fie. L’unico motivo per cui il marmocchio umano è ancora in giro sulle sue gambe è perché Tousen mi ha vivamente impedito di ammazzarlo.”
“Oh.” Un imbarazzo sollievo invase Rayen, che tutto d’un tratto trovò molto interessante una piccola ricucitura nella fodera del divano. Non avrebbe mai voluto porgli quella domanda, ma essa le sfuggì dalla lingua come dotata di volontà propria: “Perciò non hai mai avuto una relazione con lui, vero?”
Stavolta, le pupille di Grimmjow si dilatarono drasticamente, come se gli avesse appena dichiarato in faccia di nutrire scostumate brame per Aaroniero. Quando si appuntò su di lei, il suo sguardo traboccava rabbia, sdegno e pura stupefazione.
Io una relazione con uno Shinigami?! Ma si può sapere che ti frulla nel cervello, Fie? Certo che non ho avuto una relazione con quello psicopompo da quattro soldi! Se anche ce l’avessi, comunque, non sarebbe affar tuo.”
Ovvio, il fatto non la riguardava di sicuro, però la certezza che non covasse desideri simili la tranquillizzò. Tutta colpa di Nnoitra, è stato lui a mettermi la pulce nell’orecchio.
“No, non intendevo dire quello, è che… Aspetta, sta arrivando qualcuno.”
Rayen interruppe la sua goffa giustificazione, e un attimo dopo si udì un lieve bussare alla porta della stanza. Grimmjow sbuffò e lasciò la mano della ragazza.
“Che accidenti vuoi, Loly?”
Un’esile Arrancar fece capolino dalla porta, scrollando all’indietro i lunghi codini neri e sollevando orgogliosamente il mento, come se fosse stata più che fiera dell’incarico affidatole.
“Aizen-sama ha un messaggio da riferire” annunciò altezzosa. “Ha deciso di spedire un plotone di Arrancar nel Mondo Reale e vi invita a prenderne parte.”
Ci invita o ci comanda?, pensò ombrosamente Rayen.
“La Soul Society ha mandato una squadra di Shinigami a pattugliare la città di Karakura” proseguì Loly. “Il vostro scopo sarà distrarli il più a lungo possibile, in modo che si concentrino solo su di voi e tralascino tutto il resto. Nel frattempo, Ulquiorra ne approfitterà per catturare Inoue.”
“Inoue?”
“Un’umana dotata di qualche granello di reiatsu, che a quanto pare Aizen giudica interessante” chiosò Loly, grondando disprezzo da ogni sillaba. Era chiaro che a lei invece non interessava per niente, ma gli ordini erano ordini e nessuno poteva contestare Aizen-sama… il suo Aizen-sama.
Ci mancava solo la ragazzina aizenofila. Rayen pensò che Grimmjow avrebbe rifiutato comunque, ma con sua sorpresa lui accettò di gusto.
“Il tuo prezioso Aizenuccio-sama ti ha detto quando partiamo?”
Un leggero rossore infiammò la faccia di Loly, che s'irrigidì. “Il prima possibile, Jaeguerjaquez. Vuole che vi incontriate immediatamente nella Sala delle Udienze. Anche la Fracciòn di Nnoitra, tanto lo stronzo bendato è ancora in infermeria.”
Lo stronzo bendato, il Signor Cucchiaio… a quanto pareva, Nnoitra non godeva di grande popolarità a Las Noches. 
Loly se ne andò con la stessa alterigia con cui era arrivata, lasciando Rayen e Grimmjow di nuovo soli. Lei si volse verso il suo ex Espada, preoccupata: l’espressione sul suo volto tradiva un gioioso furore omicida, l’espressione di un predatore che ha appena puntato un bersaglio fragile e indifeso.
“Grimmjow?” chiese cautamente.
“Il Delegato” ringhiò lui di rimando, in un tono basso e pieno di rabbioso compiacimento. “Questa è la volta buona che lo ammazzo. Per certo.”



**********************************************
Voilà, dodicesimo capitolo. Se tutto va come deve andare, il prossimo conterrà una notevole rivelazione, ma se i vostri neuroni sono ancora tutti vivi e vegeti possono tirare un po’ il fiato, perché causa gita non potrò riaggiornare tra meno di una settimana. Ah, e nel manga vero e proprio la scena di Loly che funge da ‘messaggera’ per Grimmjow non esiste, è una mia piccola licenza poetica.
Ancora, ringrazio i commentatori, nonché BON e Shakuma92 per avere inserito la storia tra i preferiti, e Akisan, Asteria 95, Elos, Exodus e fujiima per averla inserita tra le seguite ^^
..:: Elos: grazie :) se vuoi un consiglio dai una spietata caccia soprattutto alla serie dell’Hueco Mundo, è spettacolosa! A volte mi piacerebbe essere una telepate, per poter dare un’occhiata alla mente di Tite Kubo… ha una fantasia terrificante, basta pensare a quanto sono ben delineati i caratteri dei personaggi minori.
..:: Exodus: yessss l’Arcano Sin Nombre è la morte ^.^ il come si ammazza qualcuno che teoricamente è già morto è tutta un’altra questione. Grazie del consiglio, cercherò di migliorarmi :)  per quanto riguarda l’originalità, a volte mi viene davvero da chiedermi cosa trinco alla sera prima di mettermi a scrivere…
..:: Garconne: se come potere super-figo-eccezionale si può intendere l’Arcano Sin Nombre, sì. Scusatemi se non sono particolarmente precisa nel descrivere gli effetti di Trèbol, il meccanismo nella mia testa è perfettamente chiaro ma al contempo è abbastanza difficile da mettere per iscritto. Thank you  :)

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** XIII. Savage Saviour ***


Il piano era semplice: un gruppetto di Arrancar si sarebbe recato a Karakura e avrebbe funto da diversivo, mentre Ulquiorra avrebbe approfittato della confusione generale per rapire Inoue Orihime. Aizen non aveva rivelato nulla riguardo alle potenzialità dell’umana, ma Rayen aveva lo spiacevole sospetto che le avrebbero scoperte presto. Doveva esserci qualcosa sotto, se Aizen inviava Ulquiorra anziché qualche Hollow di classe inferiore.
Le possibilità erano due: o Inoue era dotata di uno straordinario potere distruttivo, o era comunque una pedina di notevole valore. Ce ne voleva, per scomodare Ulquiorra Cifer.


XIII. Savage Saviour

There's a shadow that dwells inside your head
Within mine as well
Turns our lives into a living hell
Like a curse and a spell
I' ve been drifting away from days of light
I' ve been swept away far into the night
I guess I'll never ever make it back

Absent Without Leave – Sirenia



Il Garganta spalancò le sue nere fauci, dilaniando il vuoto azzurro del cielo sopra Karakura. Non appena l’apertura si dilatò, il gruppetto di Arrancar al suo interno fu investito da varie ondate di reiatsu: a giudicare dall’intensità del flusso, almeno una mezza dozzina di Shinigami doveva essere stata inviata a pattugliare la città.
“Bene, bene” fu il truce e soddisfatto commento di Yammy, come davanti a un ricco buffet, “ce n’è abbastanza per tutti.”
Il nero turbinava e gorgogliava attorno a Rayen come una cascata d’inchiostro, ma lei notò comunque l’espressione compiaciuta dipinta sul viso androgino di Luppi. Era la sua prima missione come Sexta Espada, e di sicuro l’idea lo stuzzicava; accanto a lui, il piccolo Wonderweiss Margela osservava Grimmjow con aria di vacuo stupore, come se non avesse mai prima un essere tanto interessante.
E come dargli torto, pensò Rayen con amaro umorismo, gettando una rapida occhiata alla figura alta e atletica del suo ex Espada.
Grimmjow stava scrutando il panorama sotto il Garganta con espressione assorta, gli occhi chiari inespressivi quasi quanto quelli di Wonderweiss. Una cinquantina di metri più in basso, uno sparuto gruppetto di Shinigami fissava attentamente il Garganta, in attesa della prossima mossa degli Arrancar.
“La persona che sto cercando non è qui” tagliò corto Grimmjow, un attimo prima di balzare fuori dal portale con un rapido sonido e sparire dalla vista.
“Grimmjow, dove diavolo vai?” lo chiamò inutilmente Rayen, colta di sorpresa. Cosa frulla nel cervello di quell’idiota?
D’istinto, la giovane Arrancar si tuffò fuori dal Garganta e con una spinta di sonido si sollevò in aria, nel terso cielo azzurro inarcato sulla città. Fu gradevole lasciarsi alle spalle tutta quell’oscurità claustrofobica, fu come strapparsi dal viso un sacchetto di plastica nero. I polmoni di Rayen accolsero con piacere i profumi della vita pulsanti nel vento.
“Fie Oneiron, torna qui!” tuonò Yammy alle sue spalle, ma la voce mielosa e insinuante di Luppi lo azzittì: “No, Yammy, lascia pure che vada dietro a Jaeguerjacquez… tanto nessuno dei due è un Espada, sarebbero solo un fardello per noi.”
‘Ma vai all’inferno, donnicciola.’ Rayen si morse la lingua per non gridarglielo in faccia. Il piano di Aizen consisteva nel distrarre gli Shinigami, non nel mettere Grimmjow nei guai… e poi tre Arrancar di alto livello sarebbero di certo bastati come diversivo. Anche se forse Wonderweiss non sarebbe stato di grande aiuto.
La Fracciòn puntò lo sguardo di fronte a sé, tra le rade nubi che maculavano il cielo. La reiatsu di Grimmjow ardeva da qualche parte nelle vicinanze, una fredda fiamma celeste che le riscaldava la mente: non si era ancora allontanato troppo, le era ancora facile seguire la sua scia.
Mentre saettava a mezz’aria, però, non poté fare a meno di chiedersi che accidenti gli fosse preso. Un momento prima era lì, tranquillo – insolitamente tranquillo, in effetti – e l’attimo dopo si era volatilizzato, alle calcagna del prossimo bersaglio.
Il Delegato… questa è la volta buona che lo ammazzo.”
Rayen rabbrividì: non invidiava affatto lo Shinigami Delegato, chiunque egli fosse. Grimmjow sapeva essere un maestro dell’uccisione, e non si sarebbe fatto scrupoli a toglierlo di mezzo. Senza contare che…
Okiro, Benihime.”
Eh? Rayen estrasse Trèbol e la mise di piatto, parando per un soffio un formidabile fendente al torace, tanto rapido quanto inaspettato. A interrompere le sue riflessioni era stato un tizio alto e strampalato, con un cappello a tesa larga calcato sui capelli biondi; a giudicare dall’abbigliamento sarebbe stato più facile prenderlo per un commerciante vecchio stile che per un dio della morte, ma la possente Zanpakuto premuta contro Trèbol non lasciava adito a dubbi.
“Ammetto che non vi aspettavo così presto,” fece lo sconosciuto, abbozzando un sorriso sornione al di là delle lame incrociate. “Eppure Aizen sa bene che l’Hogyoku non si risveglierà prima di quest’inverno… c’è qualcosa che non quadra, qui.”
Rayen serrò la mascella e fece forza per allontanare da sé la Zanpakuto. “E tu chi saresti, una specie Shinigami in borghese?”
Il sorriso dell’altro si allargò, assumendo però una piega più amara. “Puoi chiamarmi Urahara Kisuke. È un piacere rivederti, Raiha.”
“Rayen” lo corresse automaticamente lei, prima che gli impliciti significati di quella parola le si schiaffassero in faccia in tutta la loro pienezza. “Ehi, e tu come diavolo fai a sapere chi sono?”
Urahara disimpegnò la Zanpakuto, allontanandosi da lei con uno scatto di shunpo. Era veloce, dannatamente veloce, al punto che faticava a stargli dietro persino lei, che pure faceva dell’agilità la sua carta vincente. Sotto la tesa del cappello, gli occhi grigioverdi dello Shinigami le parevano pieni di sollievo e al contempo di tristezza, e quando parlò la sua voce suonò monocorde: “Ho fatto molti errori nella mia esistenza, Raiha, e il non essere stato in grado di proteggerti in modo adeguato è uno di quelli che mi grava di più. Non hai idea di quanto mi dispiaccia… Speravo che la tua anima fosse già stata purificata e che ora riposasse in pace nell’oltretomba, ma vedo che mi sbagliavo.”
“Cosa stai farneticando?” Rayen brandì Trèbol con fare intimidatorio. “Hai preso un bel granchio, perciò fammi il favore di risparmiarmi il melodramma... io non so chi tu sia e non ti ho mai visto prima.”
“Non in questa vita” concesse Urahara.
Rayen scosse lentamente la testa, confusa e spazientita. “Tu sei pazzo. Non ho mai fraternizzato con alcun Shinigami, e di sicuro non con te!”
“Sulla tua prima affermazione non posso contestare, ma la seconda è innegabilmente falsa.” Urahara ammorbidì la presa su Benihime, lo sguardo stranamente mite piantato sul viso di Rayen. Si era trasformato da macchina da guerra in tranquillo pacifista nel giro di pochi istanti, ma la cosa non la rasserenava affatto. “Non ricordi proprio niente, Raiha? Né me, né Isshin, né nessun altro, immagino... Il processo di trasformazione in Hollow ti ha cancellato la memoria in modo così drastico?”
Rayen non sapeva cosa pensare. Era venuta fin lì per guardare le spalle a Grimmjow, ed eccola a intavolare un’insensata discussione con un dio della morte travestito da umano. Urahara doveva essere ammattito, poco ma sicuro: un tempo lei sarà anche stata umana, sì, ma fino a prova contraria gli umani non potevano percepire gli Shinigami, o gli Hollow. Non avrebbe potuto incontrarlo in nessun caso.
“So che sei disorientata, e che mi ritieni un folle. È comprensibile.” Urahara rinfoderò con calma la Zanpakuto, ogni traccia di turbamento gli era sparita dal volto. Quando si girò di nuovo a guardarla, sorrideva con fare quasi di scusa. “Mi piacerebbe approfondire la questione, davvero, ma temo che sia già arrivato il momento di separarci: il dovere ci chiama entrambi, anche se per vie differenti. Dopotutto, alcuni miei colleghi sono in pericolo, e tu hai un nipote da salvare… ma prometto che un giorno o l’altro ti racconterò tutto, Raiha.”
“Ma che…” Prima ancora che Rayen potesse finire la domanda, Urahara era già scomparso, fulmineo e leggero come una raffica di vento. La sua prodigiosa reiatsu si spostava talmente in fretta da essere quasi impossibile da individuare.
Aspetta un minuto… vieni qui, provi a trafiggermi, mi snoccioli quattro idiozie senza senso e infine mi dici che mio nipote sta per essere fatto fuori?!
Che tipo bislacco, Urahara. Una volta a Las Noches, si sarebbe informata su di lui: una sagoma del genere non poteva non essere nota, almeno ai vertici Arrancar.
“Un nipote da salvare…” mormorò Rayen tra sé. Aveva veramente un nipote, o era solo frutto del delirio di Urahara? Dei del cielo, non ci capiva più niente. Urahara dev’essere pazzo, seriamente… magari è una specie di maniaco telepatico. O forse, più semplicemente, ha studiato a lungo le identità dei primi cinquanta Nùmeros per carpire le nostre tattiche, o…
Un’improvvisa esplosione di reiatsu davanti a lei la fece riscuotere. In quella vampata percepì sia la reiatsu cupa e rabbiosa di Grimmjow, sia quella fredda e violenta di uno Shinigami. La sua attenzione si appuntò su quest’ultima: le era familiare in maniera quasi allarmante.
Era la sua. Deglutì. O meglio, era molto simile alla sua... Oddio, possibile che quel maniaco dal sorriso sornione avesse detto il vero?
La detonazione s’intensificò, e un secondo pensiero le rotolò nella testa: Di questo passo, si uccideranno a vicenda.
Sibilando un’imprecazione, la ragazza si librò in direzione delle due reiatsu.

Erano lì, una ventina di metri di fronte a lei: un ragazzo in nero inginocchiato sull’asfalto di una strada secondaria, con il dorso della mano trafitto da una spada saldamente piantata a terra; sotto le ciocche di capelli arancioni, il viso era una maschera di collera e di sgomento. Sopra di lui torreggiava Grimmjow, il braccio inclinato all’indietro con aria trionfante, il palmo illuminato da un Cero.
“Grimmjow, no!” urlò Rayen, in preda al panico.
In un supremo slancio di sonido volò attraverso l’ultimo tratto di strada che li separava, e si scagliò contro Grimmjow con tanta veemenza da fargli perdere l’equilibrio. Deviato dal suo obiettivo, il Cero partì verso l’alto come un fuoco d’artificio, mentre i due Arrancar capitombolavano a terra in un groviglio di arti, ossa e invettive.
“Che cazzo stai facendo, Fie?” ringhiò Grimmjow, sorpreso e irritato. “Levati dai piedi!”
Distesa contro il bacino dell’ex Espada, Rayen s’affrettò a tirarsi su. Aveva il cuore in gola.
“Non puoi ammazzarlo, Grimmjow” ansò, con la voce affievolita dallo choc. “Non puoi, assolutamente… tu… lui…” Si girò verso il Delegato: sembrava stupito quanto Grimmjow, e la fissava con l’aria curiosa e incredula di un bambino che vede pioversi addosso la slitta di Babbo Natale. Sotto la divisa da Shinigami si indovinava un fisico asciutto e muscoloso, ma la cosa che più colpì Rayen furono i suoi occhi: occhi grandi ed espressivi, dal taglio esotico, di una profonda sfumatura nocciola che in parte sfumava nel castano, in parte nell’ambrato.
I suoi stessi occhi, identici.
Questo Delegato… è veramente imparentato con me?
Qualcosa le si ruppe dentro, come una lama corrosa dalla ruggine.
Era l’ira dell’istinto Hollow, che le imponeva di uccidere qualunque Shinigami.
Qualcos’altro le germogliò all’altezza dello sterno, un inesprimibile senso di calore.
Per un breve momento, osservando il ragazzo, fu felicissima di essere riuscita a salvarlo. Era suo nipote, figlio di un suo figlio, sangue del suo sangue.
“Come si chiama?” chiese in tono vacuo.
“Che cazzo di domanda è?” protestò Grimmjow, rimettendosi a sua volta in piedi. “Per la cronaca, questo è Kurosaki, ma perché non sei a combattere gli altri Shinigami, stupida Fracciòn? Togliti di mezzo!”
Fece per spostarla di peso, ma lei fu irremovibile.  Non si era mai sentita così viva, così umana, né così avvilita: dentro di lei, il folle desiderio di proteggere Kurosaki si scontrava contro la severa consapevolezza che questi era uno dei principali bersagli degli Hollow. Uno dei principali bersagli di Grimmjow.
Ma l'avrebbe comunque difeso, a qualunque costo. Perché la poca umanità che le era rimasta era tutta concentrata su quel ragazzo dagli occhi nocciola, e distruggerlo sarebbe stato come distruggere una parte di se stessa.
“Non posso permetterti di ucciderlo” insisté, in un tono tanto calmo da meravigliare persino se stessa. “Mi dispiace, ma proprio non posso.”
Si pose davanti a Kurosaki, fronteggiando il suo ex Espada.
Forse nei suoi sogni più fantasiosi aveva immaginato che Grimmjow si fermasse, rilassasse i muscoli e le confessasse di non poter lottare contro di lei, contro l’unica persona a cui tenesse davvero in tutta Las Noches… ma tutto quello che ottenne fu una leggera scrollata di spalle e un tranquillo “Come vuoi”, prima che la mano del Vasto Lorde iniziasse a risplendere di Cero.
Il terrore la folgorò come una scarica elettrica. Che stava facendo, lì? Grimmjow non si sarebbe mai fermato, non per lei, non fino a quando non avesse annientato lo Shinigami. Doveva andarsene, e in fretta!
Rayen s'irrigidì, come una marionetta dai fili tesi, ma un attimo dopo avvertì Kurosaki mugolare alle sue spalle, ancora inchiodato all’asfalto, e l'incantesimo si ruppe. Anche se lei avesse evitato il Cero, nulla avrebbe impedito a suo nipote di finire abbrustolito come un pollo alla brace. Non poteva permetterlo. Soffocando la paura, estrasse la spada e si preparò ad affrontare l’altro Arrancar, superiore a lei di ben undici gradi. Era un suicidio, lo sapeva: il Diciassettesimo Nùmero contro l’ex Sexta Espada...
Ma ormai hai fatto trenta, tanto vale fare trentuno.
Erabe, Trèbol!”  Più in fretta di quanto non avesse mai fatto in tutta la sua esistenza, sfiorò i quattro simboli impressi sullo scudo, chiamandoli per nome e accendendoli del familiare chiarore azzurrino. La paura velocizzava i suoi movimenti, rendendoli frenetici.  “Las Moiras.”
Ti supplico Trèbol spicciati…!
Sudava freddo: il calore sprigionato dal Cero andava rafforzandosi.
La freccia sullo scudo cominciò a ruotare, disegnando un cerchio argenteo. Se avesse indicato la Justicia, Rayen avrebbe potuto rispondere al Cero con un altro Cero. Se invece la scelta fosse caduta sulla Fuerza, avrebbe cercato di assorbire in Trèbol la violenza dell’impatto. Se poi Las Moiras avesse puntato sull’Arcano Sin Nombre, be’… in realtà, nemmeno lei sapeva cosa sarebbe accaduto: la sua efficacia sarebbe rimasta inalterata, anche se si trovava nel Mondo Reale anziché in Hueco Mundo?
Adesso era una questione di nanosecondi prima che il Cero venisse rilasciato.
Angosciata, Rayen gettò un’occhiata alla freccia… e quasi tirò un sospiro di sollievo. Forse da qualche parte c’era davvero un essere divino più influente degli Hollow e degli Shinigami. Riflessa nelle sue iridi, la luce del Cero danzava come un bagliore di morte.
Ma sul suo avambraccio la freccia indicava il calice, la Templanza.
Escudo Templado…”
Il Cero di Grimmjow esplose.

Ichigo rimase immobile, stupefatto, ormai quasi insensibile al pulsante dolore che gli trapassava le mani. La ragazza Arrancar che era saltata addosso a Grimmjow adesso incombeva sopra di lui, alta e sottile come un giunco, avvolta in una specie di leggera armatura argentea, con lo scudo a forma di quadrifoglio teso di fronte a sé.
Tutto attorno a loro era comparso uno scudo a forma di cupola, palpitante di reiatsu zaffiro; il Cero di Grimmjow incendiava l’aria al di là di esso, artigliandolo ferocemente con dita infuocate, ma non riusciva a penetrare la sua parete vitrea. Era come essere sotto una campana di diamante, tanto fragile all’apparenza quanto tenace in resistenza.
E questa chi è?! Ichigo scosse la testa: ci avrebbe pensato dopo, quando le acque si fossero calmate. Nessuno scudo poteva reggere per sempre, soprattutto sotto un attacco di Grimmjow. Con rinnovata determinazione, il ragazzo addentò l’elsa della spada ancora conficcata nel dorso della sua mano e tentò di svellerla. La sofferenza fu atroce, ma tentò di ingoiarla: se non si fosse liberato alla svelta, sarebbero morti entrambi, lui e l’Arrancar dai capelli ramati.
Una pioggia di Cero intervallati a Bala stava tempestando la parete cerulea, che ormai cominciava a incrinarsi. Ichigo moltiplicò i suoi sforzi per strappare la spada. Doveva, doveva farcela…
L’Escudo Templado fu attraversato da una crepa, un bianco lampo distruttivo. Ichigo sentì la ragazza Arrancar gridare per la tensione.
La spada scivolò via di qualche millimetro dalla mano. Non ancora a sufficienza. Il ragazzo fortificò la presa tra i denti e continuò a tirare, a tirare ancora, disperato...
“Ichigo!!”
La cupola stava per infrangersi quando un’acuta voce femminile gli giunse alle orecchie, e l’aria attorno allo Scudo parve cristallizzarsi di colpo.



********************************

Adoro il numero romano XIII, penso che sia il mio preferito in assoluto dopo l’XV!! (ma chissenefrega!, ndRayen)
[Sixy le sferra un calcio volante stile Chuck Norris] zitta, tu, se proprio devi morire allora fallo in silenzio! u.u dunque, siamo alla fine del capitolo XIII. Che ci crediate o no, è stato uno dei più difficili da scrivere. Premetto che il breve incontro con Urahara non mi convince per niente per come l’ho scritto, ma è la versione più accettabile che sia riuscita a sfornare. Spero abbiate comunque gradito il capitolo ☺

..:: Elos: grazie mille ^^ sono contenta che Rayen ti piaccia. Personalmente sono abbastanza fiera di lei [Rayen torna arrancando, ancora stordita dal calcio volante, e getta un’occhiata omicida a quell’ipocrita della sua autrice; Sixy la ignora, fischiettando con aria innocente]. Si, in effetti acquistare ogni singolo numero a prezzo intero è davvero massacrante per il portafogli… hai fatto una buona scelta ^^ kisu, alla prossima

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** XIV. Frozen ***


Era finita.
Certo, non era quella la morte che aveva progettato. Se proprio non poteva vivere per sempre, allora avrebbe voluto morire in uno scontro autentico, sotto il vessillo di qualche nobile causa, una di quelle solenni idiozie che la gente normalmente abbozza come scusa per andare a morire. Sarebbe stata una buona morte.
E invece avrebbe terminato la sua esistenza come un pollo alla brace, arrostita viva dal Cero di un suo stesso alleato… l’alleato che più ammirava e rispettava.
A volte, la sfortuna poteva essere davvero ingiusta.


XIV. Frozen  

I have you in my dreams at night
you were holding my hands
then I awake and you're not mine
now it's time to rise
I want to turn cold ice in my soul
got to freeze this yearning inside.

Reverie – Lacuna Coil

L’Escudo Templado si sbriciolò, dissolvendosi poco a poco in una pioggia di scintille azzurrine. Rayen, ormai psicologicamente pronta a finire carbonizzata da un momento all’altro, fu sorpresa di sentire un brivido di freddo: attorno a lei non c’erano letali fiamme di reiatsu, solo una manciata di fiocchi di neve, turbinanti a mezz’aria come esili farfalle di carta. A qualche metro di distanza si ergeva una statua di ghiaccio, la perfetta replica di Grimmjow congelato nell’atto di sparare un Cero. Gli occhi attoniti dell’Arrancar si appuntarono in quelli dell’ex Espada, chiari come l’inverno e velati di brina.
“Grimmjow?” lo chiamò, esitante.
Grimmjow non si mosse.
Rayen deglutì.
Non era morto. Non poteva esserlo… non così, in modo tanto repentino. Insomma, Grimmjow era Grimmjow, non un Gillian da quattro soldi. Las Noches iniziava e finiva con lui.
Del tutto dimentica di Kurosaki e del bizzarro miracolo che li aveva salvati, Rayen s’accostò all’altro Arrancar. Vacuamente, nel suo cervello balbettò l’idea di assorbire la reiatsu di ghiaccio tentando una Fuerza, ma fu distolta da una voce bassa e gentile.
“Stai bene, Ichigo?”
Una Shinigami dai corti capelli corvini era comparsa accanto al ragazzo e ora strattonava la spada di Grimmjow nel tentativo di estrarla da terra. Per quanto si sforzasse, però, l’arma sembrava non avere intenzione di svellersi, e ad ogni strattone sul viso di Ichigo balenava un lampo di dolore.
Grazie al Rilascio di Trèbol, Rayen avrebbe potuto strappare la spada da terra senza nessuna difficoltà, ma sarebbe stato profano per lei toccare la Zanpakuto di Grimmjow, la gelosa guardiana della sua anima: dopotutto, se lei non si fosse messa in mezzo, lui non sarebbe morto.
“Se sono ancora vivo, è grazie a quell’Arrancar” disse piano Ichigo alle sue spalle. “Ma non capisco perché abbia voluto opporsi a un Espada e rischiare la pelle per proteggermi.”
“Forse ha disertato” suggerì la Shinigami.
No, non aveva disertato. Aveva solo assassinato uno dei suoi pochi amici.
Svegliati, Rayen, gli amici non si uccidono a vicenda! Ma non riusciva a pensare all’episodio di pochi minuti prima, solo al giorno in cui Grimmjow l’aveva strappata a Nnoitra, o a quello in cui aveva discusso insieme a lei dei Focus, o a quello in cui era venuto a cercarla dopo l’apparizione del Necroforo. Non c'era niente di malvagio in tutto ciò.
“Ehm, Hollow?”
Rayen si voltò verso Ichigo, ancora scossa, ma si rasserenò nell’incrociare lo sguardo nocciola del giovane. Se non altro aveva fatto la scelta giusta: permettere l’omicidio di Ichigo sarebbe stato come morire di nuovo. Quella piccola certezza la tranquillizzò.
Dei del cielo, è ancora un ragazzino… quanto potrà avere, sedici, diciassette anni? Potrebbe passare per mio fratello. Un risolino amaro le risalì lungo la gola, ma lei lo soffocò. Probabilmente, Ichigo aveva sempre immaginato sua nonna come una vecchietta delicata e rugosa, incurvata dall’età e dalla stanchezza, non come un mostruoso ibrido tra una ragazza, una pianta e un Hollow.
Rayen si raddrizzò, quasi galleggiando sull’esile corpo Rilasciato. “Rayen, mi chiamo Rayen.”
“Io sono Kuchiki Rukia.” Le sopracciglia della Shinigami erano inarcate, l’espressione attenta e confusa. Le sue iridi blu cupo erano colme di sospetto, ma dopo averla studiata per un lungo istante si limitò a scrollare le spalle e a rinnovare l’assalto alla spada di Grimmjow. Evidentemente non la giudicava un elemento pericoloso… e in effetti non lo era, non con Trèbol fuori uso.
Rayen posò la mano libera sul tachi: non aveva smesso un momento di risucchiare particelle di reiatsu dall’atmosfera, ma lo faceva goccia a goccia, con lentezza esasperante.
“Dovremo condurti con noi presso la Soul Society” disse Rukia senza guardarla, tirando l’elsa della Zanpakuto di Grimmjow. “Non temere, Yamamoto-sama troverà di certo attenuanti per mitigare la tua causa… anche se credo non ci siano casi precedenti, di Hollow che si ribellano ai propri Espada per proteggere uno Shinigami.”
“La Soul Society?” Forse sarebbe stata la cosa migliore. A Hueco Mundo l’avrebbero di sicuro bollata come una traditrice e uccisa.
“Non ti accadrà niente” le garantì Ichigo, sforzandosi di celare una smorfia di dolore.  “Potresti rimanere con noi, anziché tornare dagli altri Arrancar. Ci saresti di grande aiuto.”
Rayen tentennò, combattuta tra la seducente crudeltà del suo vecchio mondo e le promesse sbandierate dalla Soul Society. Erano parole campate in aria o l’avrebbero guidata a un futuro concreto? E se gli Shinigami l’avessero usata e poi gettata via, come un oggetto rotto? Voleva davvero correre il rischio?
Per Ichigo forse sì, l’avrebbe fatto. In fondo, a Hueco Mundo non le restava nulla.
La maschera Hollow le copriva gran parte del viso, nascondendo la sua espressione. Rayen sollevò la testa, sul punto di accettare la proposta, ma la sua voce fu soffocata da una detonazione cristallina, gelida e profonda come il rintocco di una campana di ghiaccio.
La ragazza sbarrò gli occhi, invasa da un misto di terrore e sollievo. Impossibile…
Fu un lampo.
Un’esplosione di reiatsu, una raffica di sonido.  Prima che lei potesse accennare un minimo movimento, un dolore cocente le inondò i muscoli come una colata di metallo fuso, tanto intenso da stordirla. Nella sua lotta contro il torpore, fu quasi casualmente che si rese conto di non avere più i piedi piantati a terra, ma di stare volando… volava senza ali, sibilava nel vuoto…
Tunk.
Una seconda coltellata di dolore le trafisse la schiena, costringendola a mordersi il labbro per non urlare. Qualcosa l’aveva agguantata e brutalmente sbattuta contro un muro; lo realizzò subito prima che il suo corpo s’afflosciasse e ricadesse a terra con un tonfo sgraziato.
Un fresco profumo di erba tagliata di recente le invase le narici, insieme alla leggera, inconfondibile reiatsu che trapelava dai Bala.
Ma solo gli Arrancar sanno usare i Bala… no?
Rayen alzò stancamente il capo. Davanti a lei torreggiava Grimmjow, in carne ed ossa, le vesti appena spruzzate di schegge di ghiaccio, con una delle mani enormi serrate attorno alla testa della Shinigami. Il volto di Ichigo era pieno d’orrore.
“Rukia!”
Li ucciderà, si disse Rayen passivamente. Prima lei, poi lui. Quello che ho fatto non è servito a niente.
Grimmjow le aveva lanciato un Bala, e lei si era lasciata colpire in pieno come una novellina. Un Cero l’avrebbe subito annientata, ma, per quanto doloroso, un singolo Bala di rado era letale.
Distesa bocconi in quel giardino curatissimo, Rayen abbassò le palpebre. Il tachi le era sfuggito di mano, andando a perdersi chissà dove; se anche avesse avuto la forza di rialzarsi, non avrebbe potuto sostenere un altro scontro con Grimmjow.
Non è servito a niente, si ripeté.
Prima venne la tristezza, poi l’incoscienza.
La sua mente precipitò.

La casa da tè è fastosa, allegra e risuonante di chiacchiere. In un angolo, Ulquiorra sta facendo aria ad Aizen con un grosso ventaglio, mentre dall’altra parte Nnoitra si compiace della sensuale presenza di Mila Rose e Cirucci Sanderwicci, entrambe incipriate come geishe e strette in kimono dai toni autunnali.
Rayen ha un kimono simile, sul marrone rossiccio, e dal suo viso pesantemente imbellettato non trasuda la minima emozione. L’ospite che deve intrattenere è seduto accanto a lei, ma non capisce chi sia: a tratti le sembra di scorgere il volto di Grimmjow, a tratti riconosce il lampo sanguigno dei capelli del Necroforo. Ma quando lo scruta con più attenzione, vede anche i felini occhi scuri di Indar Oroitz e un cappello da pescatore come quello di Urahara.
“Te l’avevo detto di sbrigarti, Raiha” sospira l’ospite mentre lei gli versa del tè. “Io i miei compagni li ho salvati, ma tu non sei stata in grado di difendere un solo Shinigami. Era così difficile il tuo compito? Non si può dire però che tu non ci abbia provato… hai perfino cercato di uccidermi per riuscirci.” Ora vicino a lei c’è Grimmjow, le palpebre ancora lambite dalla brina. “Sei una tragedia, Fie. Kurosaki è morto perché tu mi hai permesso di ucciderlo, ma io non volevo ammazzarlo, ho già ammazzato Tesla e per qualche tempo sarebbe bastato… e Isshin, come credi che la prenderà Isshin? Riscattare suo figlio con un paio di tormaline non sarà abbastanza, e sono stufo di dover rimediare ai tuoi errori… Questo tè oltretutto non sa di niente, la tua anima è più allettante, ma tu hai già venduto l’anima, vero Fie? E nei tuoi famosi Focus, non vedi il fiorire di una relazione con Harribel? Di Arrancar lesbiche ce ne sono, a Las Noches, non so se conosci Cirucci ma lei ti fa il filo da più di cinquant’anni…”
Cirucci si stacca in quel momento dalla bocca bramosa di Nnoitra e s’avvicina a loro ancheggiando voluttuosamente, con un sorriso malizioso dipinto sulle labbra nere.
“Mi vuoi, Raiha?” S’incurva sul tavolino da tè, incurante dell’ospite col cappello da pescatore, gli occhi pieni di sottintesi fissi su Rayen. Lei indietreggia, ma l’ospite le afferra rapidamente un polso: i suoi occhi ora sono quelli tristi e violacei del Necroforo.
“I Focus sono importanti” mormora in un sussurro frettoloso. “Ricordali tutti, non dimenticarli mai.”
“Mi vuoi, Raiha?” Cirucci è sempre più insistente. Adesso la prende per le spalle, le è praticamente addosso…

“No, non ti voglio!!” urlò Rayen, facendo per spingerla via, ma le sue mani respinsero solo aria. Per fortuna era stato solo un incubo… però che incubo!
Ma guarda te che razza di sogni mi tocca sopportare, pensò irritata, ravviandosi una ciocca che le era ricaduta in faccia. Perché non posso sognare pazzi omicidi, psicopatici o Capitani del Gotei? Perché mi devo sorbire  stravaganze simili?
Cercando di scollarsi dalla testa l’immagine di Cirucci che le si pigiava addosso, Rayen si tirò su, ma al posto della propria stanza vide solo una selva di sbarre. Facendo memoria locale, la ragazza ricordò di aver partecipato al secondo attacco a Karakura, e di essersi opposta a Grimmjow… esatto, lei si era opposta e lui l’aveva messa K.O. con un Bala.
Il che non spiegava il motivo per cui si trovava in una cella.
Al di là delle sbarre non si vedeva nulla, solo una vitrea oscurità. Rayen annusò l’aria: la impregnavano diversi odori, un misto di asettico, stantio e gomma bruciata. Gli stessi odori che imbevevano gli abiti di Szayel Aporro Granz.
“Molto bene, sei sveglia” disse una voce nel buio, e la sagoma dello scienziato dai capelli rosati si materializzò davanti alla cella. Sotto la montatura degli occhiali, gli occhi dorati brillavano di compiacimento. “Presumo che tu sappia già per quale ragione sei qui…”
Rayen appoggiò i palmi alle sbarre, confusa. “Veramente no.”
“No? Non ne hai nemmeno la più pallida idea?” Szayel Aporro aggrottò la fronte. “Permetta che te lo spieghi, allora: Aizen-sama trova molto interessante il fatto che uno degli Shinigami più influenti della Soul Society ti abbia incontrato e sia passato oltre senza nuocerti minimamente. E il Diciassettesimo Nùmero non merita di essere ignorato come il più miserevole degli Hollow, non credi? Senza contare che, dopo la tua conversazione con lui, di punto in bianco hai deciso di schierarti contro gli Arrancar al fianco di uno Shinigami.”
“Come…”
“Come ne sono a conoscenza? Aizen-sama ha occhi e orecchie ovunque, persino nel Mondo Reale. Non potrai trarre un respiro senza che lui lo sappia.” Szayel Aporro sorrise, un sorriso minacciosamente calmo. “Dovresti essergli grata, ha deciso di chiudere un occhio riguardo alla faccenda degli Shinigami… ma naturalmente pretende qualcosa in cambio.”
Un campanello d’allarme squillò nel cervello di Rayen. “Ovvero?”
Il raggelante sorriso dello scienziato si ampliò. “Ovvero i tuoi ricordi. Chi eri prima di diventare Gillian? Per quale altra motivazione uno Shinigami ti avrebbe risparmiata? Porti sotto interrogatorio sarebbe la soluzione più semplice, ma purtroppo ci sono informazioni che hai rimosso dalla memoria e che potrò rintracciare solo nel tuo subconscio.”
“Quindi, che hai intenzione di fare?” domandò Rayen, circospetta.
“Ho intenzione di mettere allo scoperto tali informazioni. È ciò che Aizen-sama s’aspetta e desidera.” Szayel Aporro batté le mani, e due robusti servitori Arrancar sgusciarono fuori dalle tenebre, filtrando tra le sbarre come ombre e inchiodando Rayen per le braccia. Lei cercò istintivamente Trèbol, ma scoprì con orrore che la spada non era più al suo posto: alla cintura portava solo un fodero vuoto.
Szayel Aporro frugò in tasca, ne estrasse una microscopica chiave e aprì la cella con un gesto distratto, permettendo ai due Fracciònes di uscire da essa trascinando la prigioniera.
“Non sarà doloroso, Rayen-san” disse in tono tranquillo, guardando con aria serafica mentre i tre venivano inglobati nell’oscurità. “Non ti accorgerai di nulla.”
Qualcosa si strinse attorno a polsi di Rayen, come una catena viscida. Altre funi dello stesso materiale le si avvolsero attorno alle caviglie, alla vita, al collo, alla fronte, finché non si ritrovò schiacciata contro il pavimento e legata come un salame. I due servitori continuavano ad armeggiare attorno a lei, ma lei non vedeva altro che buio, oltre al candido zampettare di gambe innaturalmente lunghe.
“Ho sempre ritenuto balzana l’idea di riportare a galla antichi ricordi umani” sibilò la voce di Szayel Aporro “ma stavolta potrebbe essere utile. Prego, Medazeppi, attiva pure il rigeneratore mnemonico.”
Le funi che la legavano parvero incendiarsi, prendere vita. Di colpo, l’oscurità attorno a Rayen perse la sua impenetrabilità: adesso cominciava a schiarirsi, a popolarsi di volti, di voci…
Di ricordi.


*********************************

Capitolo potenzialmente folle. Scusate la lentezza, ma tra studio e fiumi di parenti che entrano ed escono non sono riuscita a combinare granché. Dunque, ecco il quattordicesimo capitolo… il prossimo potrebbe risultare alquanto impegnativo, dato che comprenderà un radicale cambiamento di stile, ma cercherò di renderlo meno opprimente possibile.

..:: Elos: grazie :) ahah be’ in effetti non mi quadrava per nulla l’idea di un Grimmjow segretamente coccolone che tra un bell’omicidio e la sua Fracciòn preferiva la Fracciòn… sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto, spero tu gradisca anche questo ^^

…:: Exodus: sì, diciamoci la verità… quella parte ha fatto veramente schifo. Confesso che l’ho postata perché mi stava facendo impazzire, ma avrei fatto meglio a pazientare un po’ di più e curarla con più attenzione. D’altro canto, inutile piangere sul latte versato! ^^ recensione graditissima, le critiche costruttive sono sempre ben accette, grazie.

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** XV // 01. Still Alive ***




Era come scivolare in un abisso senza fondo, una sensazione che la paralizzava e inebriava al tempo stesso. Attorno a sé non vedeva altro che oscurità, un'oscurità morbida e rivelatrice che andava popolandosi di immagini... Rayen si vide, vide se stessa, non il Diciassettesimo Nùmero di Aizen bensì una giovane umana, la pensierosa ragazza mortale che era stata prima che Hueco Mundo ne assorbisse l'anima.
Fu... strano. Come guardare in uno specchio distorto.
Da una parte c'era Rayen, un'Arrancar drogata dall'oscurità, che precipitava quietamente nell'incoscienza.
Dall'altra c'era Raiha, una semplice umana dall'aria sognatrice, seduta sul pavimento di una soffitta impolverata.



XV // 01. Still Alive

The ticktock of time allows me to see

An authent to an echo
New butterfly to a cocoon
The swan to ugly duckling
The lake to an ocean.

Forever Moments, Nightwish





Piove.
Il ticchettio della pioggia risuona al di sopra del tetto, un suono ritmico, costante. Ascoltando con più attenzione, si possono sentire i distanti sibili dei bombardieri, le strida lamentose delle loro ali metalliche tra le nuvole. E' la seconda volta che gli aerei americani sorvolano Karakura, ma per il momento non sembrano intenzionati ad attaccare... forse perché ritengono che non valga la pena di sprecare preziose munizioni contro un villaggio di contadini. Uno dei vantaggi dell'umiltà.
Un sospiro di sollievo mi accarezza i polmoni. Non lo nego, ho paura. La mia vita è tutt'altro che meravigliosa o principesca, ma la amo in ogni sua imperfezione: malgrado le vecchie tradizioni, dubito che sarei mai capace di uccidermi. Non vedo nessun onore nel suicidio, anzi, trovo che sia molto più onorevole continuare a vivere e cercare di rimediare ai propri errori anziché andarsene all'altro mondo e lasciarli irrisolti. Peccato che non siano in molti a condividere il mio punto di vista.
Socchiudo gli occhi. L'unica finestrella della soffitta è parzialmente sbarrata, lascia filtrare solo un debole chiarore opaco. Una luce sporca. Cucire in questa fastidiosa penombra può apparire impossibile, eppure le mie dita volteggiano agevolmente sulla stoffa ruvida, accompagnando l'argentea danza dell'ago. E' così che trascorro gran parte delle mie giornate, ricucendo paracaduti militari. E' un lavoro lento e faticoso, eppure ne sono contenta: molte mie coetanee trascinano un'esistenza ben peggiore, intossicandosi in qualche miniera o strisciando per le strade alla vana ricerca di elemosine. Ritrovarsi nella spiacevole condizione di mendicante, oggi, significa essere condannati a morire di fame, senza scampo.
Io e mio fratello Shin ce la caviamo come possiamo, io cucendo per l'esercito e lui occupandosi del nostro fazzoletto di terra gelata, che si ostina a chiamare orto. Non è facile, ma ci spalleggiamo a vicenda e in qualche modo riusciamo ad andare avanti: ogni tanto il mio lavoro viene ricompensato con sardine e carne essiccata, mentre gli sforzi di Shin ci beneficiano di riso e patate, in un paio di occasioni anche di zucche. Questo quando il tempo e le stagioni ce lo permettono.
Il vago rombo di un tuono echeggia in lontananza, spezzando il monotono tamburellare della pioggia. Probabilmente anche stanotte ci sarà un temporale coi fiocchi, magari uno di quelli brevi e violenti tipici di marzo. Dovrebbe essere primavera, eppure fa freddo come se fossimo nel cuore dell'inverno.  
“Kurosaki-chan...”
Alzo gli occhi: a chiamarmi è stato un vecchio, con il corpo scheletrico stretto in cenci pietosi e un volto talmente rugoso da far sembrare ad una ragnatela di carne. Un paio di ciuffi striati di bianco risaltano contro il cranio, in aperto contrasto con gli occhi del colore dell'inchiostro. Ci sono tuttavia un paio particolari che lo differenziano da qualunque altro uomo: innanzitutto, l'assurda trasparenza della sua pelle, e in secondo luogo il fatto che stia fluttuando a mezz'aria.
“Buonasera, Inoue-san” lo saluto educatamente. “Ci sono notizie dal fronte?”
Lui solleva cautamente la testa. Tra le rughe e le grinze spiccano varie piccole cicatrici, visibili persino nell'eterea vaporosità della morte.
“La cerchia periferica di Osaka è stata bombardata di nuovo” riferisce con voce stanca, sommessa. “E' il quinto attacco, ormai. Tuttavia per il momento hanno risparmiato Kyoto, e dobbiamo essere grati: è una splendida città, ma così fragile... se decidessero di raderla al suolo, non saremmo più in grado di ricostruirla...”
“Di Tokyo non si sa niente?”
"Nessuna novità."
Mi rendo conto di starmi mordicchiando il labbro, e smetto immediatamente. Dovrei cancellare Tokyo dalla memoria, lo so, ma mi è impossibile: in fondo è pur sempre la mia città natale, le immagini dei miei genitori sono tutte impresse lì. Inoue-san deve intuire il mio lieve turbamento, perché mi domanda con fare discorsivo: “E il giovane Shin-san, è ancora al lavoro?”
“Oh...” bofonchio. “Sì, certo.”
“Kaoru pare piuttosto interessata a lui, benché non sia il migliore dei partiti” sospira lo spirito. “Non voglio che mia nipote si ritrovi sul lastrico così presto, è ancora molto giovane e deve compiere le sue scelte con oculatezza. E un simile matrimonio non le recherebbe il minimo profitto economico, poco ma sicuro.”
La sua osservazione mi offende un poco. È vero che io e Shin ora risiediamo nella soffitta della sua vecchia casa, ma non c'è alcuna ragione di marcarlo, è una realtà già sufficientemente umiliante.
In tono piccato, replico: “Già, la guerra ci ha impoveriti tutti. Purtroppo, non sono molti a nascere fortunati e benestanti come i baroni di Kyoto.”
Un sorriso impalpabile gli sgualcisce il volto. “Naturalmente, mia cara, naturalmente. Ma malgrado tutto, sarei orgoglioso di accogliere nella mia famiglia due persone come te e tuo fratello, Kurosaki-chan... le vostre condizioni non sono le più prosperose, ma i vostri valori morali sono un tesoro di gran lunga più prezioso.”
Che valori morali? Tutto quello che abbiamo è mero istinto di sopravvivenza. Ritengo più saggio non farglielo notare e adotto un tono neutro, forse con un pizzico di ipocrisia.
“La ringrazio, Inoue-san. Non so se Shin sia un candidato accettabile o meno, ma Kaoru è una brava ragazza e sono sicura che se la caverà.”
Detesto la banalità, però lo spirito mi rivolge un cenno d'approvazione, con un lampo di fierezza nello sguardo vitreo. Riprendo a occuparmi del paracadute. La ruvidezza del tessuto mi punzecchia i palmi mentre cucio insieme due brandelli particolarmente grossolani, quasi squamosi al tatto. E' un bene parlare di argomenti come possibili matrimoni, perché ti permette per qualche breve istante di dimenticare la guerra. Se avessimo pensato sempre e solo all'agonia dei nostri compatrioti, presto o tardi avremmo perso la ragione.
Inoue-san si accoccola in un angolo e rimane a guardarmi a lungo, come soppesandomi. Chissà, forse mi attribuisce una buona reputazione solo per il fatto che posso vederlo, che posso smorzare la sua solitudine. Ammetto che comunicare con gli spettri non rientra nella normalità, ma questo, più che il turbamento, acuisce la mia compassione: dev'essere orribile trascorrere la propria esistenza incatenati al mondo dei vivi, senza poter interagire con nessuno o quasi, senza potersi dirigere verso il luogo a cui si è destinati. Cosa blocca gli spiriti sulla terra? Vorrei chiederlo, però temo di incupire Inoue-san ancora di più: e se non lo sapesse neppure lui?
Quando Shin torna a casa, alcune ore dopo, ci ritrova così, lui rannicchiato in un angolo, io seduta a cucire sul pavimento. I passi di mio fratello sono molli e sciaguattanti, e quando appare nella soffitta somiglia più a un Kappa che a un ragazzo umano: i logori abiti di stoffa grezza sono inzuppati d'acqua, che gocciola a terra formando piccole pozze scure, e sottili perle di pioggia rilucono tra i suoi capelli, appiccicati al viso come insolite alghe rossicce. Se le scosta pacatamente dalla fronte con l'unica mano rimastagli, e rimane a fissare per un lungo momento il punto in cui si trova Inoue-san; lo percepisce, anche se non lo distingue ancora con nitidezza. Il vecchio lo osserva con interesse.
Oniichan.” Mi alzo in piedi, e m'affretto a cercargli un cambio di vestiario. “Ti verrà la febbre, insistendo a spremerti in questo modo. Dovresti stare più attento.”
“Ho dovuto” replica lui, battendo leggermente i denti mentre si spoglia e si infila giacca e pantaloni, vecchi ma ancora in buone condizioni. “Le patate stanno deperendo, il campo è mezzo allagato. Se continua di questo passo, perderemo il raccolto.”
Mi si rizzano le radici dei capelli. Perdere il raccolto è un lusso che proprio non possiamo permetterci.
“L'inverno non può durare per sempre” dico debolmente. “Domani ti aiuterò anch'io, sono certa che ci sosterrà anche Kaoru e in qualche modo ce la faremo. Come sempre.”
Lui s'appunta una spilla sulla manica sinistra, tristemente vuota e ripiegata su se stessa laddove avrebbe dovuto esserci un braccio. Mentre la sistema lo sento borbottare tra sé e sé 'Come sempre'. L'accenno a Kaoru gli ha dipinto in viso un'espressione indecifrabile.
E' tardi, ormai. Alimentiamo la nostra piccola stufa bruciandoci dentro antiquate riviste, quindi mettiamo in caldo la cena: due ciotole di nukapan, un amaro intruglio a base di crusca e farina di frumento. Non è granché, ma almeno è qualcosa. Mastichiamo lentamente, senza parlare, solo vagamente consapevoli della taciturna presenza di Inoue-san. Mentre deglutisco, osservo mio fratello: il suo viso è smagrito e scavato dalle privazioni, la pelle cinerea, gli zigomi infossati. Non ha più nulla del ragazzo vivace ed esuberante che saltella nella mia memoria, è solo la sua tetra caricatura. Ciononostante, gli voglio bene più che a chiunque altro al mondo: ha solo due anni più di me, eppure si è caricato sulle spalle il ruolo di mio guardiano fin dalla morte di nostro padre, travolto da un crollo nella fabbrica in cui lavorava. Allora ero una bambina e non ricordo chiaramente l'episodio, tutto quello che rammento è il volto scuro di Shin e il suo pianto silenzioso. Prima e unica volta che abbia mai visto mio fratello piangere: se c'è qualcosa che di sicuro non manca al mio cocciuto oniichan è l'orgoglio. Non ha pianto neppure due anni fa, quando l'esplosione di una granata gli ha strappato il braccio, ponendo fine alla sua breve carriera militare. Mi angoscio ancora al pensiero della terribile ansia di quei giorni, quando ancora non sapevo se sarebbe morto o o se l'amputazione lo avesse salvato.
Grazie al cielo, la vicenda non si è conclusa col suo funerale. Non so se resisterei a lungo, senza Shin.
Ho bisogno di lui, un disperato bisogno. Anche se questo naturalmente non glielo confesserò mai.
“Raiha?”
Sbatto le palpebre, guardando Shin con aria interrogativa. “Sì?”
Lui apre la bocca, esita e la richiude. “Non importa” taglia corto, posando a terra la ciotola vuota e distendendosi sul suo pagliericcio. “Ne riparleremo. Cerca di riposarti, domani sarà una giornate intensa.”
“Certo, oniichan.”

Un appartamento di dimensioni modeste, grazioso nella sua sobrietà.
Edifici curvi e scuri avvolti in una calma quasi mistica.
Fuochi d’artificio che tagliano il fosco cielo di Tokyo, divampando in una nuvola di fiori di luce.
La voce bassa e monocorde di un uomo, a breve seguita da un’allegra risata infantile.
Un bambino e una bambina che fissano meravigliati i fuochi d’artificio, seduti sulle ginocchia di un uomo.
Hanabi…

Un urlo acuto spezza il silenzio della notte.
Sussulto bruscamente, col cuore a mille, gli occhi spalancati nell'oscurità. Non si vede ancora il più sottile raggio di sole, devono essere le tre o le quattro di mattina. A pochi metri da me scorgo la sagoma di Shin, raggomitolata come un gatto, tranquillamente assopita. Possibile che Shin non abbia udito niente? E se quel grido fosse echeggiato solo nella mia testa?
Rilasso i muscoli. Che sciocchezza... devo aver fatto un brutto sogno, ecco tutto. Un incubo. Straordinariamente realistico, ma pur sempre un incubo.
Sto per riabbassare le palpebre quando l'urlo risuona di nuovo, stavolta più vicino, e se possibile ancora più straziante. E' la voce stridula di un ragazzino, inasprita da una nota di puro terrore.
“Shin! Shin svegliati!” Provo a scuotere mio fratello, ma lui mugugna qualcosa e si gira dall'altra parte. Non posso contare su di lui, il freddo e la fatica lo hanno sfiancato.
Cerco a tentoni una mantella e me la getto sulle spalle, quindi scendo le scale due a due. Inoue-san è scomparso, probabilmente in camera di Kaoru a vegliare sul sonno della nipote. D'altro canto, un essere incorporeo non potrebbe essermi d'aiuto contro un pericolo materiale… ma che accidenti vado a pensare? Che pericolo potrà mai esserci, a Karakura? Sicuramente si tratta di un bambino che è incespicato e s’è sbucciato un ginocchio. Nulla di più.
Esco cautamente di casa, sgattaiolo in giardino. Ha smesso di piovere, eccezion fatta per poche ostinate gocce che ancora stillano dal cielo plumbeo. Adesso l'urlo si è sciolto in un pianto basso e angoscioso, inframmezzato di singhiozzi; si direbbe che il bambino si trovi appena oltre il muretto, da tanto suona vicino. Magari è uno dei tanti orfani di guerra, o un piccolo mendicante stroncato dalla fame. Mi sporgo verso l'esterno con la massima circospezione: accasciato contro il muro c'è un esserino minuscolo, sui sei o sette anni, più morto che vivo e con le carni pallide come quelle di un affogato. E' scosso da pietosi singulti.
Per un momento esito, dubbiosa, poi mi decido a farmi avanti. Attorno a me è calato un silenzio irreale, ma sono troppo preoccupata per il bambino per farci caso. Mi inginocchio accanto a lui.
“Stai bene?” domando, con più gentilezza possibile.
Il ragazzino fa cenno di no con la testa, senza smettere di piangere. Ciuffi di capelli umidi gli nascondono il viso, vedo solo le lacrime che gli scivolano lungo il mento per poi ricadere sul colletto sdrucito. Le sue costole spiccano contro il torace magro. Sta congelando, ci scommetterei. Stanotte potrebbe restare nella soffitta con me e Shin, e se a Kaoru è avanzato un po' di nukapan potrebbe nutrirsi di quello... meglio che niente.
“Forza, vieni” lo incito, prendendolo per un polso e aiutandolo a sollevarsi in piedi. “Almeno per questa notte dormirai con un tetto sulla testa e...”
Non riesco a finire la frase che qualcosa mi serra la gola: non una mano o un laccio, ma qualcosa di spesso e viscido, come un grosso tentacolo. Annaspante, lo artiglio, graffiandolo con tutte le mie forze, ma la sua presa vischiosa non si allenta minimamente.
“Stupidi umani... non c'è gusto nel predarvi, siete troppo facili da ingannare” sibila una voce bassa e gutturale alle mie spalle, con una nota di crudele divertimento. Un brivido mi attraversa la spina dorsale: che razza di bestia può avere una simile voce?
Sgomenta, piego appena il capo per vedere il mio aggressore, ma quello che si presenta alla mia vista è troppo pazzesco per essere reale. Il mio cuore manca un battito, trafitto da un'indicibile ripugnanza. La cosa dietro di me è un nauseante ammasso di pelle smorta e piaghe purulente, da cui cola una disgustosa sostanza grigiastra simile a muco; una dozzina di lunghi tentacoli serpentini si dimena a mezz'aria, rovesciandosi su se stessi, rivelando pezzi di carne marcia e bianchiccia ad ogni contrazione. Uno di quei tentacoli è stretto alla mia gola.
Il mostro emette una risata strozzata. Non capisco se abbia gli occhi o dove si trovi la bocca, ma quasi quasi preferisco non saperlo. Dev'essere alto all'incirca due metri, forse anche di più... com'è possibile che non l'abbia visto prima? E che fine ha fatto il bambino?
La stretta del tentacolo si rafforza, e io non riesco a trattenere un lamento. Mi sembra di avere un anello di fuoco attorno al collo. L'ossigeno comincia a mancarmi, vedo lampi rossi squarciare la notte.
Sto morendo.
Così. Adesso. In questo posto.
Un velo di lacrime mi offusca gli occhi. Non voglio morire.
“Shin...” bisbiglio rocamente, conficcando le unghie nella pelle dell'essere. “...Sh-Shin...”
Un dolore rovente mi trapassa la gola. Adesso non tocco più terra, i piedi penzolano nel vuoto come quelli di un impiccato o come la coda di un pesce preso all'amo. I polmoni mi scoppiano nel petto, il cuore martella all’impazzata mentre spalanco la bocca alla disperata ricerca di aria...
E di colpo la trovo.
Ricado a terra, crollando in ginocchio, incapace di bloccare il violento tremito che mi scuote le gambe. L'aria fredda della notte è come un pugnale per la mia gola scorticata, ma la aspiro avidamente, bramosa, senza curarmi del bruciore inflitto. Mai pugnale fu più gradito.
“Tutto a posto?”
Sollevo la testa. Sopra di me incombe qualcuno, un uomo avvolto in una strana divisa color felce; è giovane, ha un viso affabile e sorride cordialmente. Sotto il cappello da pescatore sporgono ciocche biondo cenere, tra cui s'intravedono occhi di una bonaria tonalità verde scuro. Mi tende una mano: io l'afferro e mi tiro su.
“Sì... grazie” boccheggio a fatica, saggiando con cautela le corde vocali. “Che... che diamine era quella cosa?”
“Un Hollow, un'anima dannata” risponde il nuovo arrivato con calma prontezza. “Di solito non si spingono fino a Karakura. Suppongo sia stato attratto dalla tua reiatsu.”
“La mia reiatsu?”
“Il tuo potere spirituale, chiamalo come vuoi. Se non ne avessi avuto, non saresti stata in grado di vederlo, né di sentirlo... così come ora non saresti in grado di vedere e sentire me.” Notando la mia confusione, aggiunge: “Non ti capita mai di avvertire cose inconsuete, cose che nessun altro riesce a percepire? Di avere premonizioni, o vedere spettri?”
Annuisco lentamente, pensando a Inoue-san. E' la reiatsu a permettermi di vedere i fantasmi? “Aspetta un momento, questo significa che anche tu sei uno spettro? Ma sei tangibile... ti ho toccato.”
“Sono uno Shinigami, non uno spettro” precisa il biondo, ora più serio. “Annientare Hollow e purificarne l'anima è il mio incarico principale. Confido che non parlerai a nessuno di quello che è accaduto stanotte... i tuoi amici e familiari stanno trascorrendo tempi spiacevoli, non è necessario aggravarli con preoccupazioni inutili.”
“E se un altro di questi Hollow tornasse a Karakura?” L'immagine di Shin aggredito da un ripugnante mostro soprannaturale è una ferita di gelo.
“In tal caso, farà la stessa fine del nostro ospite.” Fa un distratto cenno dietro di sé, dove giace il corpo smembrato e fumante dell'Hollow, simile a un polpo putrefatto. “Comunque io sono Urahara Kisuke, onorato di fare la tua conoscenza.”
Urahara... sarà il proprietario dell'emporio Urahara? Kaoru una volta mi ha detto che è gestito da un matto, ma l’unica cosa folle di quest’uomo è la velocità con cui si trasforma da tranquillo bonaccione a fulmineo assassino. Semmai è il mio equilibrio mentale quello a rischio…
Ricapitolando: sono stata quasi strangolata.
Da uno spirito maledetto.
Sono stata salvata.
Da un dio della morte.
La mia risata echeggia così forte da stupire persino me stessa, e i miei muscoli facciali si tendono con sorpresa: è una risata un po’ isterica, ma è pur sempre una risata, e credo sia la prima da diversi mesi. Non sono mai stata più confusa, eppure al contempo mi sento perfettamente in pace con me stessa, come se tutta la paura, il dolore e la frustrazione accumulati negli ultimi mesi scivolassero via insieme a quella risata.
Kisuke inarca un sopracciglio, in paziente attesa.
“Kurosaki Raiha” mi presento alla fine, senza fiato. “Perdonami ma… insomma, è la prima volta che incontro uno Shinigami. E anche un’anima dannata, per la precisione… non sono mai stata più convinta di essere pazza.”
“Un errore comprensibile.”
È assurdo credere all’esistenza degli Shinigami così, senza la minima prova, ma cosa vi aspettate da una visionaria che vede gli spiriti dei defunti e sfugge per miracolo all’assalto di un Hollow?
È notte fonda, il cielo è gonfio di nuvole. L'aria pungente profuma di pioggia. Dovrei tornare di corsa in casa e rinchiudermi nella soffitta, invece mi appoggio al muretto del giardino di Kaoru.
“Allora, Kisuke-san... cosa sono, esattamente, gli Shinigami?”



*********************

Ahh questo capitolo mi ha fatto impazzire >.< l’ho cancellato e riscritto tipo cinque volte, e ogni stramaledettissima volta cambiando il tempo e la persona. Alcuni punti non mi convincono, ma ormai mi dà la nausea e se lo rileggo ancora do di matto, perciò lo pubblico così com’è e al diavolo se non è perfetto. Nel prossimo vedrò di approfondire di più la psicologia dei personaggi, in questo è decisamente mancata.

Rayen: o.O ma…!
Six: e non protestare sempre, tu! (agguanta Trèbol)
Rayen: ehi, ridammi Trèbol, ladra!
Six: guarda che è stato Szayel a fregartelo, io l’ho semplicemente rubato a lui…
Rayen: >.< è uguale! Rendimelo!
Six: sì, col cavolo. Erabe, Trèbol! Las Moiras… (la freccia argentea si punta contro l’Arcano Sin Nombre e un bagliore azzurro avvolge lo scudo…)
Si chiude il sipario.

..:: Elos: grazie, crepi il lupo ^^ spero che anche questo capitolo ti sia gradito, nonostante i casini vari che ci ho buttato in mezzo… Per quanto riguarda il manga pazienta ancora un po’, non puoi assolutamente perderti la saga di Hueco Mundo!

..:: Exodus: ed ecco qua il mio puntiglioso critico :) si il sogno doveva creare quell’effetto, ironia e assurdità e inquietudine fusi insieme… mi fa piacere sapere di avercela fatta! ehe all’inizio le battaglie erano una disgrazia da scrivere, adesso se non ce n’è qualcuna quasi mi annoio… xD Rayen in quel frangente era stordita, ma una volta finiti questi capitoli di flashback il punto sarà chiarito. Grazie della recensione!

..:: Garconne: ahah sono contenta che ti piaccia! Grazie per la recensione :)

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** XVI // O2. Enduring Survivor ***


Quello psicopatico!
Turbata, Rayen guardò e riguardò la scena come se fosse la pellicola incantata di un vecchio film, senza riuscire a capacitarsi della sua nuova scoperta. Urahara Kisuke… Possibile che quello Shinigami fuori di testa una volta l’avesse salvata da un Hollow? Cosa ne era stato di lui, che fine aveva fatto dopo quel fugace incontro? E Shin… Shin, ora lo ricordava distintamente, ora i frammenti di memoria da lei goffamente incollati stavano cominciando ad assumere un certo senso. Ricordava il suo affetto e la sua ammirazione per il fratello, sì, ma non poteva sopprimere un lieve moto d’inquietudine: perché al contempo il viso di Shin era illogicamente simile ad un altro a lei ben noto.
Non è possibile…
Shin, Kisuke, Inoue-san… i suoi amici e conoscenti… i ricordi di Raiha rifluivano dentro di lei, impetuosi, con la veemenza di un torrente in piena. Il suo cervello lavorava febbrilmente, sforzandosi di macinare il mastodontico fiume di informazioni che le impregnava i pensieri, cercando di non lasciarsi sfuggire nemmeno il più piccolo dettaglio…



XVI // O2. Enduring Survivor

The dead times awake
As I've been called myself to yesterday
The flower has fallen its petals
Out of the petals a cradle I will.

Forever Moments, Nightwish




Il chiarore dell’aurora lambisce delicatamente i bordi della finestrella, cogliendomi di sorpresa. Mi sembrano trascorsi secoli dall’ultima volta che ho visto il sole, e il fatto di non udire alcun sibilo o boato acuisce il mio sollievo: è ancora presto per confermarla, ma comincio a nutrire la timida speranza che l’esercito americano abbia deciso di ignorare del tutto Karakura, magari ritenendola troppo piccola e disgraziata per costituire un problema. E così, spesso anche i bruchi riescono a resistere, pur nella loro goffa piccolezza, mentre le grandi ed eleganti farfalle sono facili prede per gli uccelli.
Mi tiro su lentamente, puntellandomi sui gomiti, però nonostante il buonumore mi sento la testa pesante come il piombo: avrei voluto un sonno placido e ristoratore, ma tutto quello che ho ottenuto è stato un lungo susseguirsi di incubi assurdi e sogni strampalati. Massaggiandomi le tempie, ripenso al bambino in lacrime, alla famelica aggressione del mostro tentacolare, al fulmineo intervento del dio della morte…
Cielo, la farina di frumento del nukapan doveva essere avariata. Parecchio.
“Buongiorno, Raiha…” mi saluta la voce assonnata e un po’ rauca di Shin, ma prima ancora che io faccia in tempo a rispondere essa assume un tono sorpreso, preoccupato: “Che accidenti ti è successo al collo, neechan? Come ti sei procurata quella brutta abrasione?”
Abrasione? Stupita quanto lui, porto una mano alla gola, per poi scostarla con un sussulto. Brucia.
Sgrano gli occhi. Di colpo non avverto più alcun torpore, solo una fredda, terribile lucidità.
Al posto della gola, adesso ho come un collare di pelle escoriata. A quella rivelazione, un brivido incandescente mi attraversa la spina dorsale, accompagnato dal viscido ricordo di un grosso tentacolo bitorzoluto…
Non è stato un sogno.
Quel semplice pensiero è come un pugno nello stomaco. Sento su di me lo sguardo di Shin, lo sguardo apprensivo e indagatore di una gru che nota che il suo pulcino ha un’ala spezzata. Non oso ricambiarlo.
“Raiha.” Lo pronuncia con insolita durezza. Continua con lo stesso tono lento, severo e ben scandito: “Rispondimi, cos’è successo?”
Rivolgo il viso alla tremula luce del sole. Quell’impercettibile carezza cala su di me, avvolgendomi tra le sue pallide ali, rassicurante ed eterea come il sorriso benevolo di una dea.

Quando finisco di raccontare, Shin è teso e immobile, inginocchiato sul vecchio materasso srotolato. Una perfetta statua umana dal volto inespressivo. L’unico palese segno di vita è la gelida fiamma scura che lampeggia dietro le sue iridi.
“Perché non mi hai svegliato?” chiede, monocorde.
Domanda ovvia, ma lo stesso temuta. “Non pensavo fosse necessario” dico con sincerità. “Credevo si trattasse semplicemente di un orfano di guerra, uno di quei bambini spinti dalla disperazione che a volte  incappano a Karakura. Di certo non sarei uscita e meno che mai da sola, se avessi saputo che era un mostro invasato pronto a risucchiarmi l’anima.”
“Non sei divertente.”
“Non era una battuta.”
Shin emette uno strano suono, qualcosa a metà tra uno sbuffo e un grugnito. “E poi, non mi convince affatto quell’Urahara. Come faceva a sapere della presenza di quell’Hora… Horu…”
“Hollow” lo correggo.
“Hollow, d’accordo. Come faceva a saperlo? E mi sembra oltremodo sospetto che sia apparso proprio nel momento del bisogno. Non solo: sono anni che vedi i fantasmi, eppure non ti sei mai imbattuta in uno spirito infernale o un dio della morte… almeno fino a stanotte, quando casualmente li hai incontrati entrambi.”
“E per fortuna, oneesan. Non sarei qui, se avessi incontrato solo l’Hollow.”
Shin socchiude le palpebre, forse con una punta d’esasperazione. “Sarò diretto, Raiha. È possibile che questo Urahara abbia programmato tutto fin dal principio, e che l’aggressione da parte dell’Hollow non fosse che un astuto stratagemma per accattivarsi la tua fiducia. Potrebbe essere a conoscenza del tuo talento segreto… potrebbe essere un meschino tentativo di strumentalizzarti, o peggio ancora di approfittarsi di te.”
Cosa?
Rimango per un attimo fissa, come stordita, refrattaria al ragionamento. In circostanze diverse mi soffermerei a riflettere, ponderando con attenzione l’opinione di Shin, ma adesso non ci riesco. Certo,  non sono più una bambina e so che esistono uomini malvagi disposti a tutto pur di ottenere il loro scopo, ma non posso abbinare la parola approfittatore al volto sorridente di Urahara. Sarebbe come definire ripugnante un limpido mare invernale, aureolato del riflesso argenteo di una rete di stelle.
È una cosa stupida e irrazionale. L’ho realizzato, eppure non cambia nulla: non cambia la situazione, non cambiano le mie idee. Neppure la sottile logica di Shin riesce a smuovermi. Non saprei dire come o in virtù di cosa, ma ho l’inflessibile certezza che Urahara-san sia un uomo buono. Me l’ha sussurrato il vago profumo di cannella e spezie esotiche che impregnava i suoi vestiti. Echeggiava nel canto mortale della sua spada mentre fendeva le carni dell’Hollow.
“Se avesse voluto approfittarsi di me, avrebbe potuto farlo tranquillamente” replico piano, con cautela. “Era piena notte e c’era pure la nebbia, nessuno l’avrebbe visto. Era un’occasione perfetta. Se avesse voluto la mia morte, gli sarebbe bastato aspettare qualche altro secondo e l’Hollow mi avrebbe strangolato. E se avesse voluto ‘accattivarsi la mia fiducia’, come dici tu…” Mi stringo nelle spalle. “A cosa gli servirebbe, la fiducia di una contadina? Vedo gli spiriti, va bene, ma per il resto rimango in tutto e per tutto una ragazzetta qualsiasi. Non riesco nemmeno a difendermi dal primo sgorbio di passaggio…”
Mi mordo il labbro. È questa la cosa che mi brucia di più: la mia fragilità. Pretendo di essere forte, sia fisicamente che spiritualmente, ma forse continuo a ripetermelo solo per mascherare quanto sono vulnerabile. A furia di mentire a se stessi, a volte si finisce per credere realmente alle proprie bugie. Tuttavia non bisogna dimenticare che la verità è una cacciatrice paziente: puoi cercare di sfuggirle, puoi forse illuderti di nasconderla adornandola di splendide falsità, ma alla fine lei ti ricompare davanti e riapre le tue vecchie ferite con precisione crudele, quasi sbeffeggiando l’ingenuità con cui hai tentato di coprirle.
Perché mai dovrei pensare di essere speciale? Se qualcuno mi ferisce, soffro come chiunque altro. Se qualcuno mi accoltella, sanguino come chiunque altro. Se qualcuno mi spezza il collo o la schiena,  muoio come chiunque altro.
Ho magari l’assurda capacità di vedere gli spettri, ma a cosa serve averla quando la guerra ha già trasformato il Giappone in un Paese fantasma?
“Raiha.” Nella voce di Shin c’è ora una nota più dolce, sembra quasi aver intuito i miei pensieri. Lo scorgo muoversi con la coda dell’occhio, e un attimo dopo avverto il suo palmo posarsi gentilmente sulla mia guancia. “Non m’interessa la tua Duplice Vista, tutto quello che desidero è che tu sia al sicuro da qualunque pericolo, sia terreno che ultraterreno. Cerca di comprendermi, se diffido di questo Urahara. Forse hai ragione, forse il suo intervento di ieri notte è stato solo una miracolosa coincidenza, ma concedimi almeno il beneficio del dubbio. In fondo, sono tuo fratello.”
Non riesco a trattenermi, e gli do a stento il tempo di terminare la frase prima di slanciarmi in avanti e abbracciarlo con forza, quasi con disperazione, aggrappandomi a lui come se fosse l’ancora della mia salvezza. Lo sento trasalire appena, sorpreso dal mio impeto, ma dopo un breve attimo di esitazione anche lui mi stringe a sé con l’unico braccio rimastogli. Non posso vedere il suo sorriso, però posso immaginarlo. Appoggio la fronte contro la sua spalla e rafforzo la presa. È la mia certezza, Shin, è l’ombra che segue ogni mio passo, è la luce che mi guida nel buio. Il mio cuore trabocca di affetto, un affetto troppo grande e sconfinato per essere espresso in semplici parole.
Non so dire quanto a lungo restiamo così, immobili, abbracciati. Sono solo meravigliosamente consapevole della presenza viva e ardente di Shin, della sua anima di fuoco e acciaio, dei sottili raggi di sole che entrano dalla finestra, del pulviscolo dorato che vi danza attraverso.
E di una vaga fragranza di spezie che mi aleggia ancora nelle narici.

Shin è tornato al campo, e io sono di nuovo da sola. Ho ripreso il lavoro di cucito del giorno prima, sforzandomi di continuarlo, ma oggi l’ago non pare intenzionato a collaborare: impiego diversi minuti a superare un passaggio appena più ostico,  rovino accidentalmente un punto che sono poi costretta a ricominciare da capo, e soprattutto mi pungo, mi pungo troppo spesso. All’ennesimo morsetto metallico sollevo l’indice, facendo scintillare come minuscoli rubini le piccole perle di sangue che lo orlano. Perché mi distraggo così? L’incubo dell’Hollow è finito, adesso devo tornare coi piedi per terra e affrontare una lotta ben peggiore, quella con la miseria e la carestia. Devo sbrigarmi a completare il lavoro…
Eppure la mia capacità di concentrazione oggi è minima. Lì per lì la cosa mi lascia perplessa, ma, mentre mi trovo a rammendare un pezzo particolarmente ostico, il mio cervello è attraversato da un’improvvisa illuminazione. Nella mia mente fa capolino un ricordo, dapprima confuso, poi sempre più nitido e concreto. Una leggerissima fitta alla mano mi comunica che mi sono punta di nuovo, ma la ignoro totalmente: nella mia testa rivedo il momento in cui Urahara-san – Kisuke – mi ha stretto la mano per aiutarmi a sollevarmi. Un contatto rapido, e tuttavia piacevole. La sua carne non era né fredda né spettrale, anzi, sprigionava un delicato tepore squisitamente umano.
Evoco l’immagine di Kisuke, del suo sorriso sornione e dei suoi felini occhi verde scuro, qua e là screziati di pagliuzze grigie. Forse non vanta la bellezza sensuale e scolpita tanto agognata da certe mie conoscenti, ma nel complesso è intrigante. E ha una voce bellissima! A tratti gentile, a tratti ironica, con un timbro virile e al tempo stesso melodioso. Sì, quell’uomo è senza un dubbio un soggetto più unico che raro. Non posso certo dire di conoscerlo bene, ma mi è sembrato calmo e padrone di sé, una di quelle poche persone che riescono ad apparire sicure e orgogliose senza sfociare nell’arroganza. Da un certo punto di vista mi ricorda Shin…
“Ahia!” Dannato ago.
Il sogno si squarcia, e la realtà torna ad assumere i suoi crudi confini. Ora, però, le mie labbra sono come forzate in un sorriso automatico: mi sento scioccamente, vacuamente felice, come se galleggiassi in una bolla di sapone. Il resto del mondo appare vago, distorto, e stranamente più luminoso.
Sto ancora fluttuando in questo curioso stato di benessere quando, una decina di minuti più tardi,  viene a trovarmi Kaoru. Solo il lieve scricchiolio della porta scorrevole annuncia il suo ingresso: per il resto cammina a passi agili e silenziosi, leggeri come quelli di un passero.  È una ragazza semplice e molto graziosa, appena più grande di me; la guerra l’ha smagrita e ha trasformato il candore della sua pelle in una pallidezza malsana, ma il suo viso è lo stesso ovale magnifico di sempre, e gli occhi neri come eclissi gemelle non hanno perso nulla del loro scuro splendore. Arriva fasciata in una veste verde muschio di modesta fattura, stretta in vita da una cintura di stoffa color lino, e tiene i capelli raccolti in una pratica treccia che le ricade fino a metà schiena.
“Buongiorno, Raiha” mi saluta, con voce quieta e musicale. “Shin-san mi ha detto della tua abrasione, e ti ho portato un po’ d’unguento.”
Sollevo la testa, sorpresa. La famiglia Inoue gestisce una piccola erboristeria, ultimamente trasformatasi in un vivaio di fortuna; è una condizione invidiabile, perché Kaoru e sua madre patiscono la fame sicuramente meno della maggior parte di Karakura, ma nemmeno loro possono permettersi di regalare preziosi medicinali.
“Ti ringrazio, Kaoru, però non saprei come rimborsarti” dico con una vena d’imbarazzo.
“Non dire sciocchezze, non mi devi nulla. Ti ricordo che Shin-san l’anno scorso ci ha aiutato a riparare la recinzione.”
Kaoru mi si siede accanto. Ha in mano un piccolo involucro tondeggiante, di legno smaltato. Ne sfila il coperchio, rivelando un unguento simile ad una fanghiglia molto diluita, e comincia a spalmarmelo sul collo con movimenti rapidi e delicati. Nonostante la tenerezza del suo tocco, tuttavia, non posso non affondarmi le unghie nel palmo della mano: il bruciore s’è acuito di colpo, dandomi la sensazione che zanne incandescenti mi stiano dilaniando la gola. Trattengo a fatica un gemito.
“Lo so, non è affatto piacevole, ma presto il dolore si attenuerà” mi rassicura Kaoru, dopodichè inizia a chiacchierare del più e del meno, tentando di sviare la mia attenzione. Mi aggiorna sugli alti e i bassi di Karakura. Vengo a sapere che il tessitore Himuro è stato rispedito indietro dal fronte con un piede amputato, e che la moglie di Fujiwara ha appena dato alla luce il suo quarto figlio. Infine, quasi timidamente, Kaoru accenna anche a Shin, commentando la sua fulminea ripresa dopo l’asportazione del braccio.
“È stato soprattutto merito tuo, Kaoru. Se non fosse stato per le tue cure, ora Shin sarebbe già nel mondo degli spiriti.”
Lei mi elargisce un sorriso radioso, arrossendo di piacere. È incredibile, il modo in cui cambia quando sorride: è come se i suoi lineamenti, già aggraziati di loro,  si accendessero di una luce interiore, simile a quella emanata dalle stelle. Mentre finisce di spalmarmi l’unguento, mi rendo conto di quanto la invidii – per la sua flemma, per la sua bellezza, per le attenzioni che strappa così facilmente a Shin – e l’intensità di tale sentimento mi sconcerta non poco. Non è da me essere gelosa, soprattutto di Kaoru. Insomma, per me è come una seconda sorella… A proposito, chissà perché non mi domandato nulla sull’abrasione? Forse è stato Shin stesso a chiederle di non indagare.
“Più tardi devo recarmi dai Fujiwara” dice Kaoru, beatamente ignara dei miei pensieri. “Sai, mi hanno chiesto di dare un’occhiata al bambino e assicurarmi che sia in buona salute. A quanto pare non è stato un parto proprio facilissimo… il feto non era in posizione perfetta. Solo che il dottore oggi è fuori città, e io sono la persona di loro conoscenza che più s’avvicina ad un’ostetrica.” Solleva la testa, guardandomi di sottecchi. “Ti andrebbe di accompagnarmi? Almeno per un pezzo di strada. Potresti approfittarne per comprare un po’ di pesce, la nostra scorta sta finendo.”
Mi scosto una ciocca dalla fronte, titubante. Shin non ha bisogno di me con l’orto, in fin dei conti, e prendere una boccata d’aria non mi può fare che bene… ma posso arringarmi questo diritto?
Sì.
Mi delineo mentalmente una mappa di Karakura. I Fujiwara abitano a ovest del villaggio, presso la zona dei campi. Il pescivendolo è situato più a est, verso il centro. E ad appena due viali di distanza dal pescivendolo c’è l’emporio Urahara.
“Sì, molto volentieri” mi sento rispondere.






*************************************

Six: e si riaggiornaaaa! Scusatemi se sono stata morta fino ad adesso…
Rayen: secondo me speravano che avessi tirato le cuoia sul serio -.-
(* padellata in testa a Rayen *)
Six: taci, essere inutile u.u ti ricordo che sei nelle mie mani.
Rayen: ç.ç nuuu…
Six: ebbene sì.


Capitolo un po’ smorto, ma necessario. In qualche modo, dovevo pur introdurre il personaggio di Kaoru, e volevo anche approfondire il rapporto tra lei, Shin e Raiha. Shin forse è un po’ troppo sdolcinato? Ho tentato di rendere il tipico fratello protettivo, però non so quanto mi sia riuscito. Raiha qui è ancora un po’ superficialotta, ma perdoniamola, dai… in questa tripletta di capitoli pre-Evil ha tra i quattordici e i quindici anni, è più che giustificabile un po’ di leggerezza emotiva.

Okay, adesso potete pure cominciare ad offendermi per l’esasperante lentezza dei miei aggiornamenti, e ammetto che un bradipo con la moviola sarebbe di gran lunga più veloce di me. Avrei dovuto pubblicarlo per maggio-giugno, ma la mia vita sentimentale ha scelto proprio quel periodo per collassare e ho avuto un’orribile fase in cui continuavo ad aprire Word, a fissare il foglio bianco e a dire a me stessa “Embé, che vogliamo fare?” senza riuscire a cavare un ragno da un buco. Spero che i prossimi cap saranno più rapidi.

Un grazie speciale a tutti i commentatori, che hanno continuato a recensire o a mettere tra i preferiti la storia ^^ siete stati un fantastico supporto!

..:: Elos: buona idea, apporterò questa piccola modifica! Sono contenta che tu abbia gradito il capitolo. Mi spiace che non ci sia molta azione ^^”

..:: Garconne: Shin è forse il mio personaggio preferito, e nella storia futura avrà un ruolo fondamentale… o meglio, l’ha già avuto, ma fino a questo momento è stato, diciamo, “nascosto” xD

..:: sarunia: eheh,  grazie mille =) mi fa piacere che la storia ti piaccia!

..:: Exodus: grazie boss, spero che tu abbia apprezzato anche questo =) per quanto riguarda l’ambientazione, ho preso spunto da “Memorie di una Geisha” (di Arthur Golden) e “Vento nero” (di Clive Cussler), più varie informazioni spillate da Internet frugando in un indefinibile numero di siti. Eh già, la presenza di mr. Kurosaki nel Gotei mi mette un po’ i bastoni tra le ruote, ma d’altro canto mi sono trovata a scegliere tra due imprecisioni temporali non conciliabili tra loro, e ho scelto il male minore.

Oh, stavo per dimenticare: questa è una immagine di Rayen, partorita dalla mia mente malata tramite Phusion: http://toosixy4thisworld.deviantart.com/art/Rayen-Fie-Oneiron-II-188809236
 

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** XVII // 03. Rebirth ***


 
L’aveva sentito.
Era stato poco più che una rapida pulsazione, ma l’aveva sentito… O almeno, avrebbe giurato di sentirlo. Il battito del proprio cuore le era parso così concreto, così reale, che per un secondo le era parso di essere di nuovo in vita. Ma in quella gelida sospensione, sprofondata in un’impalpabile nebbia oscura, tutto le appariva diverso e confuso… non sapeva più distinguere l’alto dal basso, il vero dall’illusorio. Era solo consapevole della propria coscienza, una fragile scintilla affogata in un oceano di tenebra, pericolosamente vicina al baratro della pazzia. A metà tra la veglia e il sonno, tra una vita morta e una morte viva, aveva smesso di lottare per il presente e s’era abbandonata del tutto al passato. Aveva permesso ai ricordi di trascinarla in un altro tempo, in un’altra dimensione, in un’esistenza lontana e splendente.
La sua esistenza.



XVII // 03.  Rebirth

Now I hear my mother from the deep
Sing me a lullaby of eternal sleep
Wilt blow wee plant that last to recall
As in silence we sing to reborn.

Forever Moments, Nightwish



Il benefico sole di mezzogiorno rifulge come una sfera d’oro, un prezioso gioiello incastonato nel cielo di lapislazzuli. Non ho mai visto un sole del genere, almeno non in pieno inverno, ma il suo raggiante splendore mi sembra in qualche modo giusto. È giusta anche la limpida trasparenza dell’aria. Adesso il sole è fuori e dentro di me.
Ho rimpinguato la nostra esile scorta di maguro1, a cui il nostro pescivendolo di fiducia ha gentilmente aggiunto due piccoli granchi. Per oggi, niente nukapan: basta questo ad allietarmi la giornata. Suona sciocco, soprattutto se paragonato alle gelide minacce che l’inverno porta ancora con sé, ma il pensiero che almeno per un giorno il mio stomaco ospiterà cibo vero non può che rallegrarmi. Il sapore di cuoio del nukapan è il sapore della miseria.
Kaoru è ancora presso i Fujiwara. Non sa quando le permetteranno di ritirarsi, perciò mi ha invitato a tornare a casa senza aspettarla. Ho intenzione di farlo, certo, ma non senza una veloce deviazione.
Non è la prima volta che il mio sguardo si posa sull’emporio Urahara, però è la prima volta che lo vedo davvero. Non ha un’aria particolarmente mistica: si presenta come un edificio di legno su due piani, piuttosto ordinario, coronato da un tetto spiovente di tegole maru-gawara. Non lascia presagire nulla di bizzarro, nulla di intimidatorio.
Vicino all’ingresso c’è un uomo alto e muscoloso, sulla quarantina, intento a spazzare meticolosamente per terra con una vecchia ramazza. Se al posto di quella impugnasse un fucile scommetto che sarebbe un soldato temibile, ma per qualche oscura ragione sento che è giusto così, che un individuo del genere non ha alcun bisogno di arruolarsi. Attorno a lui pulsa un’aura strana, profonda, l’aura di un esperto veterano molto più vecchio dell’età che dimostra. Non è una coincidenza il fatto che non sia a combattere per il Giappone o per chicchessia, perché lui non appartiene a questo mondo.
Quella certezza è uno schiaffo. E' la sua aura stessa a gridarlo.
Non appena muovo un passo verso di lui, l’uomo solleva subito la testa e si volta a guardarmi. Mi colpiscono la sua pelle scura, cotta dal sole, e il vistoso paio di mustacchi che gli nasconde quasi del tutto la bocca. Porta i capelli pressoché rasati, e sul gran naso aquilino brillano sottili occhiali rettangolari. Il suo sguardo fisso mi mette a disagio: ho la spiacevole sensazione che mi stia soppesando, quasi valutando se posso rappresentare o no un eventuale pericolo… ah, come se un omaccione del genere possa avere qualcosa da temere da me, una ragazzetta pelle e ossa e neppure tanto alta.
Gli rivolgo una rapida riverenza. Lui risponde con un saluto disinvolto. Mentre mi avvicino, non posso fare a meno di notare le sue mani, grandi come piatti di portata: se volesse, potrebbe prendermi per il collo e sollevarmi da terra con la stessa facilità dell’Hollow. Al semplice ricordo mi sfioro nervosamente la gola, ma la cicatrice è ben nascosta dalle ruvide pieghe della mia sciarpa.
Nel frattempo, davanti a me, l’uomo ha raddrizzato le spalle e ora si sfrega i palmi per liberarle dal pulviscolo. Osservandolo, non posso non stringere impercettibilmente i pugni: maledizione, avrà anche un'aria benigna ma in quanto a stazza è davvero un colosso.
“Mi chiamo Tsukabishi Tessai,” si presenta, con voce calma e profonda. “Ti do il benvenuto all’emporio Urahara. E tu saresti…?”
“Kurosaki Raiha” rispondo con un filo di voce. Tossicchio, cercando di darmi tono. “Ehm, Urahara-san è in casa?”
Tessai annuisce, ma prima ancora che possa aprire bocca è interrotto da una voce allegra e squillante:
KUROSAKI-SAAAN!”
Ci giriamo entrambi: Urahara Kisuke si sta letteralmente sbracciando dall’ingresso dell’edificio, col viso acceso dall’entusiasmo e un sorriso luminoso disegnato sulle labbra. Sotto l’inseparabile cappello da pescatore, le ciocche bionde sussultano come morbide ali di miele.
Io e Tsukabishi-san ci scambiamo una rapida occhiata, ma mentre lui scuote la testa con malcelata esasperazione, io sento i miei muscoli facciali tendersi spontaneamente, come dotati di volontà propria. Sto sorridendo, un sorriso talmente enorme da farmi prudere le guance.
“Entra, Kurosaki-san!” m’invita Kisuke, abbozzando un lieve inchino. “Permettimi di offrirti una tazza di tè. Abbiamo da poco ricevuto una confezione di tè verde di ottima qualità, distillato direttamente dalle camelie di Honshu.”
Per un attimo rimango immobile, come trattenuta da fili invisibili. Gli ammonimenti di Shin e i tetri racconti di Kaoru sono un sussurro di ferro nella mia mente, ma li scaccio con decisione e scelgo di entrare: ormai ho fatto trenta, tanto vale fare trentuno. È chiaro che Kisuke non è un uomo normale, ma è altrettanto chiaro che non è neppure malvagio. In fondo, mi ha salvato la vita… o almeno, questa mi sembra una buona scusa per giustificare il mio disperato bisogno di fidarmi di lui.
L’interno dell’emporio è piuttosto ampio. Non sarà un palazzo, ma non c’è nemmeno paragone con la stretta, soffocante soffitta che condivido con Shin. Le stuoie che rivestono il pavimento sembrano essere fresche d’acquisto e sulle pareti non s’intravede la più microscopica ombra di muffa. Tuttavia a colpirmi non sono tanto le ottime condizioni del posto, quanto piuttosto la grande varietà di oggetti presenti: ovunque si posi, il mio sguardo trova fasci di stoffe preziose, ceste di vimini finemente intrecciate, ventagli di ogni colore e dimensione e antichi pezzi di vasellame dall’aria costosa. In un angolo c’è una statuetta alta e slanciata, intagliata nell’ebano, e accanto ad essa una specie di asta cava e quasi trasparente, dalla quale si snoda un lungo filamento – un narghilé, come precisa Kisuke in seguito – entrambe provenienti dalle distanti lande africane. Dall’altra parte del mondo, in sostanza. Tutto è così nuovo e strampalato che non posso fare a meno di guardare con tanto d’occhi.
“Urahara-san… cosa sono questi, esattamente?”
“Oh, nulla di che. Ho semplicemente avuto occasione di viaggiare a lungo e di visitare i luoghi più disparati. Sono un commerciante, dopotutto.” Si volta in parte, scoccandomi un mezzo sorriso da sopra la spalla. “Vedili come una sorta di souvenirs.”
Mi guida verso un tavolo basso e tondeggiante, dalle zampe leonine. Nemmeno questo mi pare di foggia giapponese. Faccio scorrere lentamente l’indice sul suo bordo, pensierosa, saggiandone la consistenza bronzea.
“Sei stato in Europa?” Un’istintiva repulsione mista ad una punta di puro interesse. Gli occidentali sono nemici e devono essere odiati, certo, ma ammetto che verso quelle terre straniere provo anche una strana attrazione.
“In Spagna, in Francia, in Italia e in Inghilterra” conferma lui, prima di sedersi e farmi cenno di imitarlo. “Sono Paesi affascinanti, benché attualmente piuttosto instabili. Ma ho avuto la fortuna di poter ammirare la Spagna quindici anni fa, poco prima dello scoppio della guerra civile, e ti assicuro che era un posto meraviglioso, anche se già allora si poteva percepire il sentore del disastro.”
Il suo tono si è fatto secco, grave. Il sorriso, sebbene gli incurvi ancora gli angoli della bocca, non raggiunge più i glaciali occhi di felce e ardesia, ora appuntati nei miei. Mentre sostengo a fatica il suo sguardo, sforzandomi di ignorarne l’intensità e la bellezza, mi sorgono spontanee dozzine di domande: come ha fatto Kisuke ad arrivare in Europa? Aveva forse un salvacondotto, un qualche genere di licenza per oltrepassare i confini ed evitare le sanguinose scaramuccie che ormai da troppo tempo sporcano il mondo? Oppure, più semplicemente, è una conseguenza dei suoi poteri di Shinigami?
“E quello?” La mia attenzione è d’un tratto attirata da un piccolo parallelepipedo nero e lucente, posato su un ripiano accanto ad una specie di tozza caraffa. A occhio e croce, mi sembra formato da tanti pezzi di carta rettangolari, allineati gli uni sopra gli altri.
“È un mazzo di carte… tarocchi, per la precisione. È una pratica di origine cinese, ma queste carte le ho acquistate a Barcellona.”
Mi permetto di raccoglierle ed esaminarle. Riportano bizzarre figure coronate da scritte che non comprendo, delineate in caratteri indecifrabili. Una di quelle strampalate lingue europee. “A che cosa servono?”
“Si dice che attraverso di esse sia possibile prevedere il futuro.” Urahara lo pronuncia in modo neutro, senza alcuna inflessione particolare. “Può suonarti irrazionale, o addirittura folle, ma ho ottime ragioni di credere che irrazionalità e follia siano ormai divenute il tuo pane quotidiano. Ti confesso che la chiaroveggenza mi ha sempre affascinato: è uno dei talenti soprannaturali più rari e complessi che si possa sperare d’incontrare, ed è talmente ricco di sfaccettature che padroneggiarlo è una vera impresa.”
Le morbide parole di Kisuke mi rotolano con dolcezza nelle orecchie, e io le assorbo, avida.
“Hai mai conosciuto di persona un chiaroveggente?”
“Una, sì. Una Shinigami eccezionalmente capace e intraprendente. Reila, se non erro… brava ragazza, molto sveglia.”
È interrotto dall’improvviso arrivo di Tessai: l’uomo porta un vassoio con una teiera fumante e due eleganti tazze laccate di verde. Versa il tè in fretta e in silenzio, dopodichè sparisce con la stessa rapidità con cui è comparso.
Dopo, Kisuke mi spiega il funzionamento dei tarocchi. Mi aiuta a decodificare i caratteri e a interpretare ogni singolo simbolo, mostrandomi la maniera giusta di posizionare le carte. Si lamenta però che per lui l’ordine dei simboli non ha alcun senso logico.
“Non dubito che la chiaroveggenza esista, ma di certo non fa per me” borbotta in tono scherzosamente irritato, prima di rivolgermi un adorabile sorriso un po’ obliquo.
Avverto un fastidioso formicolio alle guance, ed è con imbarazzante chiarezza che mi rendo conto di stare arrossendo come una bambina alla sua prima cotta. Mordendomi l’interno della guancia, mi affretto ad abbassare gli occhi, fissando la disposizione delle carte come se fosse la cosa più interessante che abbia mai visto.
“Allora…” dico piano, sforzandomi di apparire rilassata e tranquilla. Sollevo una carta, poi un’altra e un’altra ancora, rivelando la Forza, la Giustizia e la Temperanza. O, se proprio vogliamo sottilizzare, Fuerza, Justicia e Templanza. L’ultima carta da me pescata è la più tetra di tutte, una sciarpa simile ad una vipera bianca come la morte quietamente ritorta su se stessa.
“L’Arcano Sin Nombre” specifica Kisuke.
Mentre le fisso – e noto che la carta della Justicia ha un’orecchietta in alto a destra – nella mia mente si fa improvvisamente largo un’idea, come un fresco zampillo d’acqua sorgiva che irrori le aride asprezze della roccia. Dapprima timidamente, poi quasi con prepotenza, vengo assalita da un’immagine forte e limpidissima, che impregna ogni mio pensiero. La mia bocca si muove di sua spontanea volontà, la voce che ne prorompe è chiara e scandita, ma al tempo stesso estranea, distante: la voce di una sconosciuta potente e terribile.
Vendetta e giustizia, sorelle di tenebra, dormiranno in letargo ancora per molti inverni, ma alla fine si desteranno per celebrare la distruzione di colui che ha rubato la tua vita e annientato la tua dignità. Una grande colpa pretende una grande espiazione; i legami sciolti saranno risplasmati, ed essi saranno le catene che spezzeranno la sua libertà. La chiave risiederà nel fuoco e nel sangue, e nell’anima e nel metallo, la chiave che schiuderà le porte di una nuova era.”
Sbatto le palpebre. L’immagine radiosa nella mia mente si spegne di colpo, come la delicata fiamma di una candela a cui qualcuno abbia messo un cappuccio.
Kisuke mi guarda a bocca aperta. “Cos’hai detto?”
“Cos’ho detto?” gli faccio eco, sbalordita quanto lui. “Non lo so, cos’ho detto?”
“Hai appena pronunciato una profezia!”
“Io?”
Intravedo casualmente una piccola rifrazione, un guizzo di sole morente che filtra dalla finestra. Cosa? Il sole sta già calando! Oh dei del cielo, che ore sono? Shin sarà già tornato a casa? Scatto in piedi, in modo più brusco di quanto non sia nelle mie intenzioni.
“Devo andare. Grazie per l’ospitalità, Urahara-san.”
“Aspetta, Raiha.”
Spalanco gli occhi. È la prima volta che mi chiama così.
Kisuke si alza a sua volta e mi appoggia gentilmente una mano sull’avambraccio. Quel tocco, caldo e leggero, è come quello di una farfalla di fuoco.
“È chiaro che per essere un’umana possiedi una reiatsu fuori dal comune, ma non avrei mai preso in considerazione l’idea che tu fossi una chiaroveggente… fino a pochi minuti fa, almeno. È ben lungi dai miei desideri metterti sotto pressione, ma vorrei sapere cos’hai sentito, cos’hai provato.”
Chiaroveggente… sono davvero una chiaroveggente? O è solo un delirio momentaneo? Non lo so, l’unica cosa di cui sono consapevole è la nausea che mi attanaglia lo stomaco come un insetto velenoso. Serro le palpebre. Vorrei fuggire da Kisuke, e al tempo stesso abbracciarlo con tutte le mie forze. Ribrezzo e attrazione si rincorrono. Vorrei Kisuke, ma solo Kisuke; mi piacerebbe poterlo portare via con me in qualche dimensione lontana, ritagliarlo via da questo mondo stregato. Avere una vita normale, una relazione normale, magari anche dei bambini se sarà il caso, ma questo in una Karakura tranquilla e ordinaria, alla larga da poteri soprannaturali, dèi della morte e spiriti assetati di sangue. Certo, questo se si dà per scontato che un uomo così affascinante e carismatico possa nutrire un qualche interesse verso una mocciosa come me.
Gli occhi mi lacrimano come se avessi passato il pomeriggio a sbucciare cipolle. Il viso cordiale di Urahara è una nube indistinta di fronte a me.
“Raiha?” mormora in tono incoraggiante.
Non so come spiegare la fulminea claustrofobia che di colpo mi prende alla gola, ho solo l’improvviso, disperato impulso di uscire da lì.
“Devo andare!”
Faccio per voltarmi, ma qualcosa – dita forti come l’acciaio – mi trattengono per il braccio. Apro la bocca per protestare, e tuttavia vengo subito ammutolita: Kisuke ha appoggiato le labbra contro le mie, e il suo dolce respiro speziato mi riempie i polmoni come un vento estivo. Avverto il suo indice sfiorarmi i capelli, arricciarne una ciocca. Un brivido caldo mi scuote la spina dorsale. Rimango immobile, terrorizzata dal pensiero di spezzare quel silenzioso incantesimo, e solo dopo diversi lunghi secondi Kisuke scosta il viso da me.
“Resta ancora un momento, Raiha. Per favore.”
La sua voce è una fiamma di seta.
Mi risiedo lentamente.


********************************

Maguro: tonno

A volte ritornano xD

Okay, non è certo il capitolo migliore che abbia mai scritto, lo ammetto – oltretutto, il romance non è proprio il mio genere – ma qui abbiamo una bella scenetta tra Kisuke e Raiha e il primo vero accenno di potere di quest’ultima. Dal prossimo cap si riprende la storia di sempre, fine dei Forever Moments =)

..:: Shirahime: grazie principessa bianca, una recensione molto gradita ^^ Shin è un gran figo, non vedo l’ora che torni alla ribalta *.* (shh niente spoiler u.u, ndShin)

..:: Garconne: thank you very very much ^^ ihih ogni tanto mi assento ma ormai mi sono decisa, questa storia la voglio proprio portare fino alla fine… spero che questo cap non ti abbia delusa!


Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** XVIII. Awaking ***


seenoevil In principio fu solo una scintilla… una scintilla che lentamente si propagò, irradiando e bruciando il buio fino a trasformarlo in un inferno di luce. Il nero cadeva a brandelli, come carne carbonizzata, dilaniato da un bianco sempre più intenso e abbagliante, da cui scaturivano migliaia di gelidi vortici luminosi che si contorcevano nelle tenebre come dragoni incandescenti.
E insieme all’oscurità si dissolveva anche lei: uno spettro diafano, simile al riverbero di uno specchio distorto, il ricordo più fragile e più follemente umano che si fosse mai affacciato nella sua memoria. Sì, Raiha era lì di fronte a lei, a una distanza talmente ravvicinata che avrebbe potuto toccarla semplicemente tendendo la mano. Così vicina, e al tempo stesso così lontana.
L’immagine della giovane contadina dalle chiome ramate tremolò impercettibilmente, il viso dai tratti ancora morbidi e infantili appariva e spariva a scatti. Il suo sguardo era perso del vuoto, spento e offuscato da un velo di tristezza, mentre sua pelle olivastra si scuriva di secondo  in secondo divorata da ombre sempre più pressanti.
Rayen la guardò, guardò se stessa. E fu come implodere, precipitare dentro di sé, scaraventata da una forza oscura in abissi senza nome.


XVIII. Awaking

And I'd walk through hell and high water.
Wash away with the tide.
I can lose a damn war all by myself,
if you were on the other side.
So, in the morning when the rooster crows,
pack your bags and get ready to go.
If you're walkin' through hell and high water, please don't do it alone.

Hell and High Water – Black Stone Cherry


“… Non me ne frega se tutti gli altri ti considerano un genio, Aporro, per me sei e rimarrai solo un’emerita testa di cazzo.”
“Fossi in te presterei più attenzione al lessico, Jaeguerjacquez. Finché grufoli con la tua plebaglia è un conto, ma ti consiglio calorosamente di esprimerti con maggiore rispetto quando parli con me.”
“Azzardati a rifare una cosa del genere e so io dove ficcartelo, quel tuo rispetto!”
Le palpebre le sembravano pesanti come il piombo, ma sebbene con una certa fatica Rayen riuscì ad aprire gli occhi. Era distesa su una superficie dura e levigata, fredda come una lastra di ghiaccio. Tutto attorno a sé palpitava una specie di schermo ambrato, luminescente, che avvolgeva il suo corpo come un guscio che avvolga un mollusco.
E questo che diavolo è?
Fu allora che la vide. Attraverso la dorata trasparenza dello schermo, la sua esile figura tremolava leggermente, come un riflesso sull’acqua. Era inginocchiata accanto a lei, abbigliata con una lunga tunica bianca di foggia Arrancar. Questa le copriva pudicamente ogni centimetro di pelle dal collo in giù, come cercando di nascondere quel corpo aggraziato e tentatore, le cui curve generose premevano contro la stoffa. Le piccole mani affusolate della giovane parevano sostenere lo schermo, come quelle di un burattinaio impegnato a sostenere le sue marionette, i grandi occhi scuri ridotti a fessure per lo sforzo di alimentarlo.
La spina dorsale di Rayen fu scossa da un lungo brivido. “K-Kaoru…?”
La ragazza le rivolse una brevissima occhiata. Il suo sguardo era vitreo e malinconico, ma non privo di una certa dolcezza.
“No, Orihime” mormorò. “Mi chiamo Inoue Orihime.”
“Orihime…”
Osservandola meglio, Rayen notò che il suo bel viso di porcellana era sì molto simile a quello dell’amica, ma con zigomi meno pronunciati e labbra un poco meno piene. Ma a saltare all’occhio erano senza dubbio i capelli, non del nero lucente delle piume dei corvi, bensì di un caldo castano ramato che ricordava una colata di metallo fuso. Rayen ne rimase sorpresa: era un colore piuttosto insolito, soprattutto tra i giapponesi, e lei l’aveva visto in testa solo a se stessa, a Ichigo… e a Shin.
Oh.
Un timido presentimento fece capolino in Rayen, presentimento che nel giro di pochi istanti si tramutò in una stupefacente certezza. Prima che potesse dirla ad alta voce, tuttavia, lo schermo attorno a lei s’infiammò di un bagliore più intenso e una meravigliosa corrente di energia benefica la attraversò da capo a piedi, riversandosi come acqua calda sulle sue carni ghiacciate. La reiatsu che fluiva da quello strano schermo era tiepida e delicata: faceva pensare al calore del sole, ai campi indorati di spighe. Più che vedere, Rayen percepiva che il suo corpo stava cambiando, anzi, rinascendo: i lividi si schiarivano e scomparivano, le cicatrici si richiudevano, e tutto ciò che rimaneva era una pelle rosea e fresca come quella di un neonato, perfettamente intatta. Persino la grossa bruciatura circolare sull’addome, quella del Bala che Grimmjow le aveva sferrato alcuni giorni prima, si dissolse poco a poco fino a svanire del tutto.
“Grazie” disse Rayen. L’unico segno che era rimasto addosso era il 5 nero tatuato sul suo polso, il Contacto di Nnoitra. Lo mostrò ad Orihime. “Questo non si può proprio rimuovere, vero?”
Orihime scosse la testa. “Mi dispiace, è stato tracciato con una reiatsu troppo forte per me.”
“Non importa” replicò Rayen, nascondendo una punta di delusione. “Suppongo che non sia così facile sfuggire all’avvoltoio. Piuttosto, chi sei tu realmente? Non ho mai visto un’umana con un potere simile.”
“Non so perché ho lo Shun Shun Rikka, credo che sia un dono naturale.” Orihime chinò il capo, a disagio. “Aizen-sama lo trova interessante.”
Rayen s’accigliò. L’umana parlava in tono inespressivo, quasi senza guardarla, con i lineamenti aggraziati sgualciti dall’infelicità. Conoscendo Aizen, sicuramente non l’aveva rapita a viva forza: era più probabile che le avesse promesso qualcosa, o forse avesse tentato di ricattarla. Ma a quale scopo? Rayen dubitava che fosse solo per i suoi poteri curativi: Aizen non si sarebbe esposto in quel modo per una semplice guaritrice. Doveva esserci qualcos’altro, sotto, qualcosa di grosso.
E di colpo, ricordò: Aizen aveva inviato Ulquiorra in persona a prelevarla. Glielo aveva detto Loly Aivirrne quello che le pareva due secoli prima.
“Togliti di mezzo, donna!”
Una grande mano callosa afferrò la spalla minuta di Orihime, allontanando rudemente la ragazza dallo schermo. Lo scudo vacillò e si spense come la fiamma di una candela. Rayen si sentì improvvisamente debole e indifesa: cercò istintivamente Trèbol, per poi ricordarsi che la Zanpakuto le era stata sottratta da Grantz. Era distesa a terra e disarmata, niente più che uno scricciolo rispetto all’enorme sagoma che torreggiava sopra di lei. Spalle larghe, muscoli guizzanti, lineamenti da falco in cui brillavano occhi simili a selvagge fiamme azzurre: nel riconoscerlo, lo stomaco di Rayen si contrasse, mentre un misto di timore, sollievo, felicità e vergogna le faceva ribollire il sangue.
“Ciao, Grimmjow” mormorò.
Grimmjow la fissò. “Fie” disse, asciutto. “Lo sai, vero, che sei nella merda fino al collo.”
“Sì, lo immaginavo.”
Dietro di lui apparve Grantz, con un sorriso sgradevole stampato in volto. “Bene, bene, vedo che la cavia è ancora viva e senziente, il che significa che nonostante l’interferenza di questo primate” e lanciò un’occhiataccia a Grimmjow “l’esperimento è stato un successo. Aizen-sama potrà ritenersi più che soddisfatto dei risultati. Suppongo che presto vorrà scambiare due chiacchiere con te, Fie Oneiron.”
Rayen si rialzò lentamente in piedi. Le girava un poco la testa, ma a parte quello era tutto sotto controllo: ciò che invece non lo era affatto era la sua prossima mossa. Le riusciva difficile credere che un tempo aveva amato quello psicopatico di Urahara. Cosa ancor più sorprendente, era stata amata a sua volta: un dato, questo, che avrebbe potuto destare l’interesse di Aizen.
Se scopre della nostra vecchia relazione, è finita, pensò disperatamente Rayen. Potrebbe decidere che sono la pedina perfetta e ordinarmi di ucciderlo. Dubito che lui si lascerà semplicemente ammazzare senza opporre resistenza, ma di sicuro nemmeno mi combatterebbe come farebbe con qualsiasi altro Arrancar.
Non voleva uccidere Urahara. Anzi, avrebbe voluto che nessuno lo uccidesse. Il rigeneratore mnemonico non aveva riportato a galla solo un pugno di vecchi ricordi, ma anche tutto l’affetto e l’ammirazione che un tempo aveva nutrito per lo Shinigami. La sua memoria ebbe un fremito, e per un attimo fu illuminata da altri sprazzi – immagini intime ed intense, così intense da far passare la sua silenziosa infatuazione per Grimmjow come la stupida cotta di un’adolescente alle prime armi. Rammentava di avere accolto Urahara dentro di sé, e a tre anni dal loro primo incontro gli aveva persino dato un figlio... una testolina nera come il carbone, identica a quella del padre della ragazza. Una testolina ribattezzata Isshin, in onore di suo fratello.
Nessuno ucciderà Kisuke... Nessuno. Anche se appartiene ad una vita precedente, è pur sempre il padre di mio figlio.
“Ridatemi Trèbol” disse Rayen, laconica, non senza una certa asprezza. 
Grantz batté due volte le mani, ed uno dei suoi zelanti servetti strisciò verso Rayen porgendole ossequiosamente la Zanpakuto. La ragazza gliela strappò di mano e la rinfoderò senza una parola.
Doveva inventarsi una storia plausibile, e doveva farlo adesso.
“Grimmjow, saresti così cortese da riportare l’umana alle sue stanze? Temo che Ulquiorra sia stato convocato da Aizen-sama, e non posso permettermi di sprecare tempo prezioso per tenerla d’occhio.”
La voce untuosa di Grantz le giunse alle orecchie in un’eco vagamente distorta. Rayen s'irrigidì: per un attimo, giusto un attimo, le era sembrato di sentire un odore di fresco e di selvatico e…
Una sonora detonazione fece tremare il laboratorio di Grantz, mentre il muro alle spalle di Grimmjow esplodeva in una pioggia di schegge e calcinacci. Sbalordita, Rayen fece un balzo all’indietro, evitando per un soffio di essere colpita da un mattone, e si ritrovò accanto ad Orihime, che si era rannicchiata a terra e ora si premeva le mani sul viso, i grandi occhi sgranati che sbirciavano tra le dita semiaperte. Stavolta non le parve una marionetta triste e malinconica, bensì un qualsiasi essere vivente terrorizzato dall’idea di morire. L’eco della detonazione si affievolì poco a poco, e anche le dense nubi biancastre provocate dal crollo cominciarono a dissiparsi. L’unico rumore che restò era il piagnucolio incessante degli assistenti deformi di Grantz.
“Silenzio!” ordinò lo scienziato, con una nota di tensione.
Il piagnucolio tacque subito.
L’attenzione di tutti i presenti si levò sulla figura appena comparsa tra i resti della parete distrutta. Era molto alta, quasi quanto Grimmjow, e tanto magra che le si potevano contare le costole. Un logoro paio di hakama erano il suo unico capo di vestiario; per il resto, l’apparizione era addobbata solo delle ali, immense e bellissime, spalancate verso l’alto come mani piumate pronte a chiudersi attorno alla gola dei nemici. I capelli dell’angelo, di un rosso impossibile, svolazzavano per le correnti d’aria che lui stesso aveva creato.
Era il Necroforo, la creatura che aveva seminato il panico a Las Noches, l’assassino del Decimo Espada Indar Oroitz. Ma non era solo quello, ora Rayen lo vedeva: il significato del suo primo Focus le appariva chiaro come il sole.
Una falce, un salmone, una corona.

Una falce, perché la persona che rappresentava aveva portato sia salvezza che distruzione: molte volte le sue lame di contadino avevano tagliato e raccolto il frutto del suo stesso lavoro, e altrettante volte le sue lame di guerriero avevano spezzato le vite di Arrancar come lei. Il freddo omicida che aveva assassinato il suo maestro e l’energico coltivatore che l'aveva nutrita erano fusi nella stessa persona, insieme, innegabilmente.
Un salmone perché, per quanto umile, quel pesce alla fine della sua vita tornava verso il luogo natio, le acque in cui era venuto alla luce. I rischi che il viaggio imponeva non lo preoccupavano: era pronto ad affrontare ogni pericolo pur di raggiungere la sua prima casa.
E la tua vera casa non è formata da pareti… la tua vera casa è la persona per cui daresti la vita.
Le mancava solo la corona, ma anche senza quella non faticò ad intuire chi si celava dietro l’identità del Necroforo.
Rayen alzò il mento, incrociando gli occhi scuri e brucianti dell’angelo.
“Ciao, Shin” sussurrò.
Un fremito percorse gli angoli della bocca dell’uomo alato, un qualcosa di molto simile ad un sorriso. L’infinita malinconia che spirava dalla sua figura si stemperò impercettibilmente.
Ciao, Raiha.” Non lo pronunciò ad alta voce: fu piuttosto come se un pensiero con il sapore di Shin le si insinuasse gentilmente in testa. Rayen ricacciò indietro le lacrime: vedere suo fratello in quelle condizioni la tormentava, ma quelle non erano certo le circostanze più adatte per mettersi a frignare.
“Come…” cominciò lei, ma lui subito la zittì: “Non possiamo permetterci di sprecare un solo istante, sorella. Lui sarà qui a momenti, e io non sono ancora in grado di contrastare il potere dell’Hokyoku. Vieni con me, ti porterò dove sarai al sicuro.”
Rayen rimase immobile, ma lo sguardo di Shin era un vortice senza fondo, nere oscurità in cui l’anima poteva affogare. Vacuamente, quasi involontariamente, il corpo della ragazza Arrancar mosse un passo in avanti, ma prima che potesse fare altro una stretta improvvisa la paralizzò.
“Razza di idiota, firmerai la tua stessa condanna a morte” sibilò Grimmjow, vicinissimo al suo orecchio. Le sue braccia – entrambe le braccia, notò lei con una certa sorpresa, anche l’arto mutilato da Tousen – le serravano la vita come serpenti d’acciaio.
Un leggero lampo di fastidio lampeggiò nel volto di Shin. “Raiha-chan, presumo che sia tuo amico e che sia mosso solo dalle migliori intenzioni, ma se non si toglie di mezzo lo ucciderò. La tua sopravvivenza è primaria, la sua no.”
“Non ci provare!” protestò Rayen. “Tu non faresti mai una cosa del genere, e lo sai! Lo Shin che conoscevo non avrebbe torto un capello a nessuno, men che mai a sangue freddo e senza ragione.”
“Si può sapere che cazzo stai dicendo?” grugnì Grimmjow.
Allora convincilo a lasciarti andare.
Rayen prese un grosso respiro. “Mi sta parlando. Dice che se andrò con lui vi lascerà stare, ma se mi oppongo vi ucciderà tutti.”
Grantz serrò la mascella. Un altro motivo di interesse per Aizen-sama, ma probabilmente Rayen non sarebbe sopravvissuta abbastanza a lungo per essere interrogata.
“E dove ti vorrebbe portare?” replicò freddamente Grimmjow.
“Questo non lo so.” Rivolse a Shin uno sguardo interrogativo.
Al sicuro” tagliò corto lui. Tese lentamente una mano davanti a sé, le dita lunghe e pallide simili alle zampe di un ragno. “Vieni, Raiha-chan. Non abbiamo molto tempo.”
“Lasciami, Grimmjow” disse Rayen a malincuore, ma la presa dell’Espada non fece che rafforzarsi. 
Raiha-chan, è l’ultimo avvertimento.” Shin ripiegò le ali contro la schiena e s’accucciò, pronto all’attacco. Con la sua incredibile velocità, gli sarebbe bastato un decimo di secondo ad atterrare Grimmjow. Rayen si stampò in testa l’immagine del Sesto Espada riverso a terra, col cranio perforato, e, odiandosi profondamente per quanto stava facendo, sguainò Trèbol e schizzò un leggero graffio sull’avambraccio destro di Grimmjow.
Grimmjow allentò istintivamente la presa. Rayen non aspettava altro: scattò in avanti con un sonido e raggiunse Shin, afferrando la sua mano. Un piccolo vortice apparve alle spalle dell’angelo, trasparente, ma il pezzo di muro ancora integro dietro di lui appariva distorto, come visto attraverso un caleidoscopio. Doveva essere una sorta di Gargantua, ma al suo interno non vi era alcuna traccia d’oscurità.
Lo chiamiamo Derech” spiegò Shin. “Ovvero, ‘la Via’.”
“Fie!” esplose Grimmjow.
Rayen si girò. Orihime era accoccolata nel suo angolo, spaventata, e vicino a lei c’era Grantz, che stringeva i pugni con tanta forza da sembrare lì lì per spezzarsi un dito da solo. Arti scomposti di due assistenti dello scienziato si dimenavano debolmente sotto le macerie.
Davanti a tutti incombeva Grimmjow: la fissava, furibondo, incurante delle goccioline di sangue che gli solcavano l’avambraccio.
La tua collezione di ottimi motivi per farmi fuori si sta allargando, Grim, pensò amaramente Rayen.
“Non azzardarti ad andartene!” ruggì l’Espada. “Te lo impedirò, dovessi tagliare personalmente la gola a quel maledetto bastardo!” Snudò la Zanpakuto. “Kishire…”
Uno strappo all’altezza delle viscere trafisse Rayen. La ragazza si sentì catapultata all’indietro da una forza irresistibile, e ben presto le figure di Grimmjow e degli altri rimpicciolirono fino a sparire del tutto in un turbine di luce bianchissima. Rayen perse ogni contatto con la realtà: si ritrovò a galleggiare in quel candore senza fine, aggrappata all’unica cosa ancora concreta, la mano ossuta di Shin.
Poi, improvvisamente, il bianco si dissolse. Non appena Rayen si sentì ricadere verso il basso, si diede una spinta coi reni e ruotò su se stessa con una prontezza tutta Arrancar, atterrando in piedi come un gatto. I suoi stivaletti neri non emisero il più piccolo suono nel toccare un suolo incredibilmente morbido, setoso.
Benvenuta a Eden” l’accolse la voce silenziosa di Shin.

*********************************************

ATTENZIONE: AIZEN-SAMA NON VUOLE CHE QUESTA FICTION PROSEGUA.

Altrimenti non saprei proprio spiegarmi perché batteria e caricabatteria del Mac decidano di andarsene insieme al diavolo nell’arco di due ore l’una dall’altra -.- Aizen, per punirti in questa fiction morirai.

* un kido supersonico di potenza allucinante si abbatte su Sixy e la scaraventa fuori scena *

* Rayen sgattaiola sul palco e s’impossessa del microfono *

Rayen: che dire? A volte ritornano. E dopo ben diciassette capitoli e un anno e mezzo di attesa, forse quella sciagurata della mia scrittrice è riuscita a spiegare il significato del mio primo Focus. Ne vedremo delle belle :) oltretutto, Sixy, in che diavolo di posto mi hai buttato?
Shin: un posto stupendo, garantisco io! *.*
Rayen: e tu da dove salti fuori?
Shin: da dietro le quinte, no?

* Sixy torna in scena con la testa bendata e un braccio appeso al collo, arrancando su una gruccia *

Sixy: questa me la paghi -.-

..:: Garconne: grazie mille, sono felice che tu abbia gradito il capitolo ^^ sono indecisa se aggiungere altri pezzi di flashback nei prossimi capitoli, ma è improbabile, perché già aggiorno lentamente e non vorrei che si perdesse il filo della storia. Credo che andrò quatta quatta verso il finale xD

..:: Exodus: be’, mi fa piacere che almeno in parte l’abbia apprezzato :) mi sto sforzando di regolarmi e rendere al massimo il racconto, ma la strada è ancora lunga!

Per quanto riguarda Urahara… inizialmente al suo posto doveva esserci mr Zaraki, ma poi sarebbe venuto un casino per il tempo e lo spazio – in altre parole, mi era più facile giustificare la presenza di Urahara a Karakura che non quella di Kenpachi. Oltretutto, Ura è anche più vicino al progetto dell’Honkyoku.

La canzone Hell & High Water dei Black Stone Cherry mi sembra perfetta per il legame tra Shin e Rayen. Se Shin dovesse avere una theme song, per me sarebbe quella.

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** XIX. Nephilim ***


seenoevilmodel
Rayen aveva ancora l'immagine di Grimmjow negli occhi, e dentro di sé si malediva con furore. Era stato uno dei pochi a schierarsi - più o meno - dalla sua parte, dopo l'assassinio di Indar, e lei non gli aveva portato altro che delusione. Giurò a se stessa che, se mai fosse tornata a Las Noches e se mai le fosse stato consentito di riappropriarsi di un'esistenza normale, avrebbe dato letteralmente l'anima per lui.
Sempre che lui non decidesse di farla finita una volta per tutte e trasformarla in un delizioso mucchietto di cenere.


XIX. Nephilim

When the loss seems too high and the Void grows inside

When a shroud veils my day and my way's gone astray
A falling star will dispel the night...

Goldeneyes - 4th Dimension


Eden era diversa da qualsiasi altra dimensione Rayen avesse mai visto. Non era uno sterminato deserto di tenebra, come Hueco Mundo, né ostentava i candidi palazzoni della Soul Society: quella che si estendeva davanti a Rayen era un’immensa foresta, o meglio, un intricato guazzabuglio di alberi di ogni forma e dimensione. Ve n’erano alcuni alti e maestosi, altri rachitici e mingherlini, altri ancora tozzi e possenti. Certi tronchi apparivano lisci e lucenti come la seta più raffinata, mentre alcuni erano ricoperti da una corteccia così ruvida e grinzosa da far prudere le mani solo a guardarla. Ma la cosa più inquietante, almeno dal punto di vista di Rayen, erano le ossa: di tanto in tanto, si potevano scorgere alberi avviluppati da fitti reticoli ossei, intrecci bianchi come il gesso contro le tinte scure del legno.

Rayen si guardava attorno, senza capacitarsi di quello che vedeva. Non c’era uno solo, di quegli strani alberi, che non emanasse almeno un palpito di reiatsu. “Shin, che razza di posto è questo? Cos’hanno questi alberi?”
Shin, al suo fianco, le indirizzò un sorriso malinconico. “Te l’ho già detto, questa è Eden. E quelli che tu definisci ‘alberi’ in realtà sono anime cristallizzate.” All’occhiata interrogativa di Rayen, proseguì: “Non ti sei mai chiesta cosa accade agli Shinigami, dopo la loro seconda morte? Si crogiolano nell’illusione della propria immortalità, convinti di poter vivere per sempre, ma alla fine, chi prima chi dopo, tutti affluiscono qui.”
“E si trasformano in questi affari?”
Rayen appoggiò cautamente il palmo su quello che sembrava un cedro dorato: s’era aspettata di trovarlo fresco, ma sotto i polpastrelli percepiva un tepore vorticante, come se sotto la corteccia fosse intrappolato un turbine d’aria calda. Poi qualcosa la toccò: decine di piccoli tentacoli invisibili s’attorcigliarono attorno alla sua mano, spingendola più in profondità, verso il cuore del cedro stesso. La ragazza Arrancar si ritrasse bruscamente.
 “Se resti in contatto più a lungo, ti attirano verso la loro coscienza” chiosò Shin, guardando la scena senza fare una piega. “Non preoccuparti, di solito non hanno intenzioni malevole. Molti sono semplicemente curiosi, perché non comprendono la natura della loro nuova esistenza: sanno solo che tu sei diversa da loro, tutto qui.”
Rayen scrutò il cedro, impensierita. “Vuoi dire che non si rendono conto di cosa sono diventati?”
“Non da un punto di vista esterno” puntualizzò Shin.  “Per quello che li riguarda, la loro esistenza è perfetta: conservano i ricordi del loro passato, certamente, e volendo possono protendere le loro coscienze verso quelle di altre anime, ma il loro desiderio supremo è continuare meramente ad esistere, liberi da ogni affanno e preoccupazione. Ora sono immersi in una pace senza fine, e persino le anime più crudeli e impetuose non possono che essere ammansite da questo stato di armonia. È l’eterno riposo, Raiha.”
“E gli alberi con le ossa…”
“Anime di Hollow.”
Rayen rimase attonita. “Come anime di Hollow? Pensavo che, una volta uccisi, gli Hollow rinascessero nella Soul Society come qualunque altro spirito…”
“Effettivamente rinascono nella Soul Society” disse Shin. “Ma solo nel caso in cui vengano purificati dalla Zanpakuto di uno Shinigami. Nel caso invece che ad ucciderli sia un altro Hollow, come ben sai, essi sono assorbiti e finiscono per rafforzare l’Hollow che li ha distrutti. Ma…” sollevò l’indice “nel caso sia la Zanpakuto di un Nephilim a trapassarli, gli Hollow convergono qui, a Eden, proprio come gli Shinigami.”
Rayen batté le palpebre, perplessa. “E che è un Nephilim?”
“Una persona come me.” Shin spalancò le braccia, e le sue grandi ali setose si allargarono accompagnando il movimento. “Non siamo molti, solo un’anima ogni cinque o sei secoli viene scelta per diventare Nephilim. Ciascuno di noi è stato selezionato personalmente dalla corte del Re Spirito allo scopo di eliminare i Segnati, coloro che potrebbero usurpare il suo trono.” Davanti alla faccia sempre più confusa di Rayen, esibì un mezzo sorriso senza allegria. “Permettimi di cominciare dall’inizio, vuoi?”
Si sedette sul terreno erboso e fece cenno a Rayen di fare altrettanto. Dopo un’esitazione infinitesimale, lei obbedì.
“Devo ammettere che sono rimasto piacevolmente sorpreso dal fatto che ti ricordi chi sono. La maggioranza degli Arrancar cancella i ricordi della propria vita umana… Comunque, non è di questo che volevo parlare. Vedi, dopo la tua morte…”
La mia morte…

È lei… ma lei  è me.
Sono io a correre, correre a perdifiato, correre fino a farmi dolere i muscoli delle gambe.
Il mio stesso battito cardiaco mi pulsa forsennato nelle orecchie.
Non c’è tempo, non c’è tempo!

“Rayen?”

Una spada di fuoco mi trapassa la pancia, o almeno, questa è la mia impressione.
Senza fiato, stringo i denti per non soccombere a quel bruciore infernale.
Non abbasso subito lo sguardo, ma quando finalmente trovo il coraggio di farlo impazzisco.
Un artiglio largo come un ceppo di legno mi ha infilzato da parte a parte.
Non mi accorgo di stare piangendo finché non vedo le calde lacrime che cadono copiose sul dorso appena inarcato dell’artiglio, mescolandosi al mio sangue.

“Rayen!”
Rayen tornò in sé. “Sì, scusa, dimmi.”
Shin la guardò un po’ stranito, ma non commentò. “Come stavo dicendo, dopo la tua scomparsa non sono stato più lo stesso. Pensavo di essere sul punto di crollare da un giorno all’altro. Se non l’ho fatto, è solo grazie a Kaoru e ai bambini: bastava la loro presenza a conferirmi nuova forza. Se non fosse stato per loro, non sono sicuro che avrei superato il colpo.” Forse imbarazzato per aver esternato tanto la sua debolezza, indurì la voce. “Io e Kaoru abbiamo allevato Isshin insieme a nostro figlio Kotaro, nella speranza che i due crescessero come fratelli, ma fu una speranza fallace: Isshin e Kotaro non potevano nemmeno vedersi, e a fatica sopportavano di vivere e dormire sotto lo stesso tetto. Appena ne ebbero l’occasione, andarono ognuno per la propria strada. Non si parlano da almeno un paio di decadi.”
“E perché si odiano?”
“Per la loro eccessiva diversità, suppongo.” Shin si massaggiò distrattamente il mento col pollice, pensoso. “Isshin era un inguaribile sognatore, con la testa costantemente tra le nuvole… un bravo ragazzo, anche se un po’ troppo fantasioso. E indovina un po’? Era convinto di poter comunicare con i fantasmi dei defunti.”
Rayen non riuscì a trattenere un sorriso amaro ma velato di tenerezza. Sarebbe stato splendido poter condividere quei preziosi anni di vita con suo figlio… anni che non sarebbero mai più tornati. Quanto tempo poteva essere trascorso, in termini umani, dal suo ingresso ad Hueco Mundo? Almeno una quarantina d’anni, se non di più.
“Kotaro invece era una persona molto concreta, pragmatica, il tipo di persona che crede unicamente a ciò che vede. Aveva un gran cervello e un ingegno invidiabile, e c’era chi scommetteva sul suo futuro luminoso… Da parte mia, è stata un’angoscia guardarlo scivolare poco a poco nella grettezza senza poter far nulla per aiutarlo. La morte di Kaoru è stata uno shock davvero terribile per lui.”
La ragazza sobbalzò, stupefatta. Un soffocante senso di pesantezza le schiacciò la gola, dandole la sensazione di aver ingoiato un pugno di sabbia. “Kaoru… Kaoru è morta?”
“Sì, anni fa” rispose tranquillamente Shin. Il suo tono non era affatto turbato, anzi, sembrava che vi si fosse insinuata una nota di… ammirazione? “Adesso è una magnifica Shinigami, e presto diventerà una delle punte di diamante della Soul Society. Veglierò su di lei fino a quando la sua anima non tornerà a Eden: allora io e lei ci ricongiungeremo e ci godremo insieme la nostra eternità.”
“Sotto forma di albero?”
“Pur nella loro essenza vegetale, ci sono cose che le anime conservano sempre.” Shin sorrise. “Ma questo te lo spiegherò in un’altra occasione, quando tornerai qui per addormentarti del tuo ultimo riposo. Mi rendo conto che può suonare macabro, ma ti garantisco che è l’apice della felicità, l’appagamento totale dei sensi e dello spirito.”
“A me suona più come un’eterna prigione” mormorò Rayen.
“Forse dovresti sperimentarlo in prima persona” suggerì Shin, tirandosi su e tendendole una mano. Lei l’accettò e si lasciò sollevare. Lo sguardo del Nephilim si fece ombroso, rifiutandosi di incrociare quello della sorella. “Mi dispiace di aver ucciso il decimo Espada, sono venuto a sapere solo dopo che eravate amici. Ma cerca di comprendermi: Oroitz era un Segnato, e il compito assegnatemi dal mio signore è di difendere la corona dagli spiriti come lui.” Si schiarì la voce. “Un tempo, il Re Spirito aveva un vice, un potente braccio destro… si chiamava Reila.”
Reila… un lumicino s’accese nella memoria di Rayen.

“Hai mai conosciuto di persona un chiaroveggente?”
“Una, sì. Una Shinigami eccezionalmente capace e intraprendente. Reila, se non erro… brava ragazza, molto sveglia.”

La voce di Urahara risuonò straordinariamente nitida nella sua memoria, come se il biondo fosse stato accanto a lei.
“Una chiaroveggente” disse Rayen apatica.
“Esatto, una chiaroveggente e una Shinigami di grande talento. Anche lei, come me, fu chiamata dal Re Spirito e consacrò la sua esistenza alla protezione del sovrano. A renderla formidabile non erano tanto le sue capacità di guerriera, benché notevoli, quanto piuttosto l’eccezionale dono di prevedere il futuro. E le sue predizioni erano infallibili.”
Come quelle dei Focus. Forse un po’ meno intricate e un po’ più esplicite, però.
“Reila aveva previsto che un giorno qualcuno avrebbe spodestato il Re Spirito per innalzare un vessillo di sangue e costruire un regno di terrore e distruzione. Soul Society e Hueco Mundo sarebbero stati fusi in un’unica, immensa landa desolata, dove buoni e malvagi, senza distinzione, avrebbero trascinato le loro esistenze in catene, senza alcuna speranza di fuga, senza alcun appiglio per aggrapparsi alla vita.”
Realizzato di essere rimasta a bocca aperta, Rayen richiuse subito la mascella.
“Reila non sapeva precisamente chi avrebbe ucciso e detronizzato il Re Spirito – forse quel qualcuno non era neppure nato – ma intuiva chi potesse essere: e questi, all’incirca un’anima ogni mille, sono i cosiddetti Segnati. In genere si tratta di anime molto forti, ma solo il Re Spirito in persona o uno dei suoi Nephilim potrebbe individuare il Segno senza la minima possibilità di errore. Non guardarmi così, Raiha: io offro loro una morte rapida e indolore, subito seguita da un ristoro senza fine.”
Lei chinò il capo, cercando di non assumere un’espressione accusatrice. Non poteva giustificare le azioni di Shin, ma non poteva nemmeno criminalizzarlo: aveva preso la decisione che riteneva più giusta e ora si stava impegnando a mantenerla con onore.
“Avanti, sorellina.” Shin le appoggiò l’indice sotto il mento e le alzò delicatamente il viso. “Se non hai nulla in contrario, vorrei mostrarti qualcosa. Sono sicuro che apprezzerai.”

L’albero davanti a cui Shin l’aveva condotta era alto e dritto, coronato da sfavillanti ventagli di calde foglie color rame. A prima vista si sarebbe detto un sorbo, ma la sua corteccia liscia e scura ricordava l’ebano. Da essa affioravano ossa sottili, che s’attorcigliavano verso l’alto come candidi vortici. Avvicinandosi a quello strano sorbo, Rayen notò che sotto il legno nero scintillavano venature di cristallo: lampi di rubino, di zaffiro, di giada e di topazio zigzagavano e ammiccavano come lo sguardo di una bestia divina.
La ragazza si volse verso Shin, dubbiosa, ma lui le annuì fiduciosamente. Esitante, lei tese una mano e sfiorò la corteccia del sorbo… e subito questa cominciò a risucchiarla dentro di sé. Rayen s’irrigidì, ma s’impose con fermezza di restare immobile e lasciarsi attirare. Abbassò le palpebre, e nel buio vide diramarsi una rete di reiatsu infuocata e brillante.
Un barlume cremisi le accarezzò i polpastrelli, come chiedendole il permesso, quindi s’insinuò sotto la sua pelle e attraversò il braccio fino a raggiungerle la spalla, il collo e infine la testa. Una coscienza esterna – ma non del tutto estranea – lambì quella di lei.
… Rayen? Sei tu?
Quella voce sicura e vivace, appena adombrata da un’eco insonnolita…
Indar-san?!
Rayen riaprì gli occhi, e scoprì di non trovarsi più davanti a quel bizzarro sorbo. Si trovava in una sorta di biblioteca… una biblioteca vecchio stile, squadrata e rettangolare, con le pareti completamente ricoperte da scaffali su scaffali di libroni polverosi. Al centro della stanza c’era un ampio tavolo di legno nero, identico a quello dell’albero; sulla sua superficie ruvida era posata una lampada ad olio, il cui delicato chiarore proiettava spettri d’ambra sul viso sorpreso di Indar Oroitz.
“Indar-san!” Abbandonando qualunque formalità, Rayen aggirò di corsa il tavolo e gli si gettò tra le braccia. Indar si alzò in piedi per intercettarla e la strinse vigorosamente a sé. Il calore del suo corpo irrorò Rayen.
“Finalmente, Ray!” Indar la scostò gentilmente da sé e sfoderò uno dei suoi candidi sorrisi da lupo. Rayen era confusa, sorpresa, ed euforica. La pelle tiepida di Indar non aveva nulla di falso o illusorio, così come il caldo flusso di reiatsu ramata che scorreva dirompente sotto di essa.  L’ex decimo Espada si presentava a primo impatto come un ragazzo sulla ventina dall’aria attiva e intelligente, con una scarmigliata zazzera di capelli corvini e iridi nere e brillanti come onici. Non indossava più la vecchia divisa bianca propinata a Las Noches, bensì un paio di sobri pantaloni scuri e una casacca sugli stessi toni. Ojo de Tigre, il suo enorme spadone a due mani, giaceva dimenticato contro il muro a poca distanza da lì.
“Cominciavo quasi a sentire la tua mancanza” disse scherzosamente Indar. “Ma tutto sommato la cosa non mi dispiaceva, perché sapevo che finché fossi rimasta a Hueco Mundo avresti potuto prendere Aizen a pedate. Allora, come stai?”
“Hmm, niente male. Sono giornate un po’ intense, diciamo, ma non mi lamento.”
Con un abbandono mai sperimentato prima di allora, Rayen si gettò nel dettagliato racconto degli ultimi avvenimenti. Le parole esplodevano dalla sua bocca l’una dopo l’altra, come dotate di vita propria, e via via che parlava il senso di oppressione dentro di lei si alleggeriva sensibilmente. Aggiornò Indar sulla situazione a Hueco Mundo e gli descrisse le proprie vicende in qualità di Nùmero prima di Grimmjow e poi di Nnoitra. Gli disse delle apparizioni del Necroforo, degli attacchi al Mondo Reale, del rapimento di Orihime, per poi concludere il tutto con la scoperta del suo passato e dell’arrivo a Eden. L’unico particolare che gli tacque fu la vera identità del Necroforo: adesso che aveva ritrovato un briciolo del suo vecchio mondo, non aveva fretta di complicare di nuovo le cose, che già erano abbastanza intricate per conto loro.
A parte quello, confidarsi con Indar le riuscì incredibilmente facile. Per intere decine di anni avevano vissuto e combattuto fianco a fianco, sostenendosi e guardandosi le spalle a vicenda, talvolta anche chiedendo consiglio all’altro prima di compiere una decisione. Era stato Indar a trovarla nel deserto, a prenderla sotto la sua ala protettiva, a sceglierla come suo unico Nùmero una volta conquistato il titolo di Espada. In barba a chi diceva che l’amicizia pura tra uomo e donna non poteva esistere, il legame tra loro due era privo di qualsivoglia attrazione o malizia. Quando terminò il racconto, Rayen aveva la gola secca. Si sentiva infinitamente più leggera, e al tempo stesso una velenosa angoscia le corrodeva i pensieri, perché ora più che mai si rendeva conto in pieno di quanto fosse titanica la montagna di guai che incombeva su di lei.
“Certo che siete una tragedia, ragazzi, non posso lasciarvi soli due settimane che subito si scatena un pandemonio” sbuffò Indar, ma sotto il tono giocoso echeggiava una punta di serietà. “Ricapitolando: Aizen è ancora al potere e ti vuole perché ritiene, e non a torto, che tu sia in qualche modo collegata a quell’Urahara. Dopo gli eventi di oggi, poi, probabilmente ti darà doppiamente la caccia, in quanto ora sa che se ti prende e ti mette sotto tortura potresti cantargli tutto quello che sai su Urahara e il Necroforo.”
“Oh, questo sì che è rassicurante” fece Rayen sarcastica.
“Non voglio rassicurarti, voglio cercare di salvarti la vita” ribatté Indar, stavolta serissimo. “Non preoccuparti, Ray… o meglio, sì, preoccupati, perché non preoccuparsi ora sarebbe da folli, ma niente panico: anche se le circostanze sono un po’ delicate forse possiamo ancora trovare una scappatoia.”
“Vai, sono tutta orecchie.”
Indar cominciò a camminare avanti e indietro nella stanza, come sempre quand’era assorto in qualcosa. “Innanzitutto, poniamo che Aizen scopra quello che tu adesso sai su Urahara… cosa pensi che farebbe?”
Rayen azzardò: “Potrebbe costringermi a combattere contro di lui, contando sul fatto che lui non mi torcerebbe mai un capello di sua spontanea volontà…”
“Immagino che sia una buona ipotesi, ma potrebbe anche usarti come esca e tendergli un agguato. O meglio ancora, potrebbe prendere te ed Isshin come ostaggi e minacciarvi nel caso Urahara non si consegni a lui solo e disarmato.”
Rayen rabbrividì. A questo non ci aveva pensato.
“Prendendo in esame gli altri problemi” proseguì Indar imperterrito “bisogna tener conto di un altro microscopico particolare: il fatto che, tra tutte le persone vive e non che infestano le quattro dimensioni, tuo nipote Ichigo ha voluto scegliersi come nemico mortale proprio Grimmjow, la testa calda per eccellenza, il quale ovviamente non terrà conto dei limiti imposti da Aizen e smuoverà mari, monti e mondi pur di mettergli le mani addosso.”
“Non se posso impedirlo” rimarcò Rayen.
“Non se puoi impedirlo” approvò Indar. “E come faresti?”
“Entrambi, Grimmjow e Ichigo, hanno un nemico comune, che è Aizen stesso” spiegò lei. “Se riuscissi a indirizzare le loro attenzioni su di lei, be’… sarebbe un gran bel risultato. Non posso sopportare che si facciano del male a vicenda.”
Indar rise senza allegria. “Sei parecchio affezionata a tutti e due, vero?”
“Abbastanza” ammise Rayen.
“Il che non toglie che siano una coppia di idioti straripanti di testosterone” sentenziò Indar scuotendo la testa. “Convincili a collaborare, Ray, potrebbero rivelarsi un aiuto prezioso. Da quanto mi hai detto, il Necroforo ti ha portato sino a qui per proteggerti, visto che lui è una sorta di guardiano delle anime… Personalmente, credo che dovresti cercare di apprendere da lui i segreti della spada – perché è chiaro che è un combattente di tutto rispetto – e poi ti consiglierei di cercare Ichigo, o Urahara. Ricordati che Urahara, Yamamoto e la Shihoin sono gli Shinigami più temuti da Aizen, sempre che lui possa realmente temere qualcuno. Se riuscissi a contattarli, ti farebbero comodo anche un po’ di Arrancar: ci sarà pure un manipolo di ribelli che rifiutano di sottostare al giogo di Aizen: hai bisogno di tutto il supporto disponibile per affrontarlo.”
“Mi stai dicendo che devo fomentare una specie di rivolta?”
“Ray.” Indar le strinse gentilmente le spalle, gli occhi neri fissi in quelli nocciola della ragazza. “La posta è alta: non si tratta più di te o di me, qui c’è in gioco l’intero Hueco Mundo e forse chissà quanto altro. Secondo te, perché Aizen ha voluto a tutti i costi controllare Hueco Mundo? Te lo dico io: perché mira ad ottenere il dominio su tutte le dimensioni esistenti, a diventare una specie di dio universale. Se attaccasse direttamente la Soul Society col suo esercito di Arrancar, sfoltirebbe facilmente le file sia degli uni che degli altri e indebolirebbe i capi galattici di entrambe le fazioni, tutto in un colpo solo. A quel punto sarebbe una sciocchezza togliere di mezzo gli ultimi oppositori, e ai suoi piedi non avrebbe altro che schiavetti adoranti, burattini fedelissimi pronti ad obbedire ad ogni suo ordine.” Si passò una mano tra le irte ciocche corvine. “In altre parole, o domati o uccisi: questo è il futuro che aspetta te, Grimmjow e tutti coloro che non gli baceranno ossequiosamente i piedi. E questo non sarà che il primo passo: dopo di voi toccherà al Re Spirito, e forse anche a questo posto. Potrebbe trasformarsi nella sua stanza delle torture preferita, dal momento che non c’è una sola molecola di ossigeno e un essere umano morirebbe prima ancora di mettere piede a terra.”
Rayen si morse l’interno della guancia. “Okay, questo futuro fa schifo. Ma cosa posso fare per cambiarlo? Non potrei fare nulla nemmeno se fossi la Primera Espada…”
“Il che non toglie che tu debba tornare a Hueco Mundo al massimo della tua forza. Forse potresti chiedere al signor Nephilim di darti una mano, dato che evidentemente gli vai a genio. Non si può negare che sia un vero maestro del combattimento.” Le indirizzò un sorriso. “Senza rancore, Ray. L’unico mio dispiacere è che non potrò essere al tuo fianco quando spaccherai il culo ad Aizen.”
“La fai facile, tu” disse Rayen, sforzandosi di ricambiare il suo sorriso ma producendo solo una smorfia. “Sei così sicuro che troverò il modo di abbattere Aizen, se non ce l’ha fatta nessun altro prima di me?”
“Nessun altro era un profeta… Reila a parte, ma la sua è tutta un’altra storia.” Indar le strinse un braccio. “La fonte del potere supremo di Aizen è la Sfera della Distruzione: elimina quella, e ti troverai davanti ad uno Shinigami potente, sì, ma tutt’altro che invincibile.”
“Indar, mi stai chiedendo di salvare quattro dimensioni da un essere che aspira a diventare un dio!” si disperò Rayen, la voce per la prima volta resa acuta dall'isterismo. “Posso forse evitare che Grimmjow e Ichigo si scannino tra di loro, ma il mio potenziale finisce qui. Ho sempre desiderato uccidere Aizen, ma non ho mai pensato che sarei riuscita a farlo davvero! Mi farà fuori in un battito di ciglia!”
La presa sul suo braccio s’intensificò. Un rivolo di fredda calma rabbonì le sue paure. “Io mi fido di te. Da sola no, non ce la farai mai, ma potresti essere la scintilla che appiccherà il fuoco al trono di Aizen. Solo, non affrontarlo mai a viso aperto.”
“Indar…”
Rayen s’irrigidì. Il volto dell’amico cominciava ad annebbiarsi, a confondersi, come se lo stesse guardando attraverso la superficie dell’acqua. La ragazza fu afferrata da una forza ultraterrena, che cominciò a trascinarla delicatamente indietro, fuori dall’albero, verso il mondo esterno.
La pressione delle dita di Indar sul suo braccio si rafforzò di nuovo, per un ultimo istante.
“Ci vediamo tra qualche secolo, Ray. Preparati bene il discorso, perché vorrò sapere per filo e per segno della caduta di Aizen!”
Prima che la coscienza di Indar si allontanasse, Rayen fu attraversata da una folgore di reiatsu cremisi, tanto densa da saturare ogni sua cellula, tanto forte da inondarle le vene.



*******************

OMG che capitolo difficile da scrivere...
La nostra Fie è stata incaricata di spaccare il culo ad Aizen, vedremo se ce la farà o no. Tra parentesi, i Nephilim non me li sono inventati io, sono delle creature mitologiche citate nel Libro di Enoch e rappresentano il frutto delle relazioni tra le donne umane e gli angeli caduti.

..:: Grimmy: wow, ammiro il tuo coraggio *.* grazie mille per la recensione! Da qualche parte quella digressione dovevo pur cacciarla xD è stato un lavoraccio, però, il pezzo più difficile di tutta la storia.

..:: SamHaunter: e già, anche Rayen è d'accordo sul fatto che mr Grimmjow sia il personaggio più figo della saga xD spero che il nuovo capitolo ti abbia soddisfatto. Grazie della recensione!








Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=420366