Let your soul gravitate to the love y'all di Rota (/viewuser.php?uid=48345)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. I think the whole worlds addicted to the drama ***
Capitolo 2: *** 2. And if you hatin you're bound to get irate ***
Capitolo 3: *** 3. You gotta have love just to set it straight ***
Capitolo 4: *** 4. Let your soul gravitate to the love y'all ***
Capitolo 5: *** 5. So ask yourself is the loving really strong? ***
Capitolo 6: *** 6. Where's the truth y'all? (I don't know) ***
Capitolo 1 *** 1. I think the whole worlds addicted to the drama ***
*Autore: Rota
*Titolo: Let
your soul gravitate to the love y'all
*Fandom:
Axis Powers Hetalia
*Personaggi:
Un po' tutti
*Genere:
Introspettivo, Sentimentale
*Avvertimenti:
Flash fic, Raccolta, AU, Shonen ai, Shojo ai
*Parole: 350
precise ciascun capitolo (L)
*Rating:
Verde
*Prompt: "Una
metà del mondo non riesce a capire i piaceri dell'altra
metà" (Emma - Jane Austen)
*Note: Piccola
raccolta AU con i pg di APH (L) I titoli delle varie drabble
così come il titolo stesso della raccolta sono lyrics della
canzone "Where is the love?" dei Black Eyed Peas.
La cosa è semplice: Comitato e Marcia contro l'omofobia. Le
lettere al contrario mi servivano per creare il contrasto con il
"diverso", "l'incompreso" che il mio prompt suggeriva.
1. I think the whole worlds
addicted to the drama
¿ǝʌoן
sı ǝɹǝɥʍ
L'idea del logo non era venuta a una persona qualsiasi, all'interno del
piccolo Comitato - no, decisamente no.
Ivan Braginski era quello che, a ben vedere, aveva la mente
più macchinosa, più portata alla propaganda fine
e incisiva. Era una dote che gli scorreva semplicemente nel sangue,
come l'attitudine tipica a non ammettere mai di avere torto, neanche
una volta.
Lui più di tutti aveva compreso sulla propria pelle come una
metà del mondo non riuscisse a capire i piaceri dell'altra
metà.
Il suo perfetto padre l'aveva picchiato, insultato e quasi minacciato
per diversi giorni la prima volta che aveva baciato in pubblico un
ragazzo - un ragazzo come lui.
Era giovane e si chiamava Yao: aveva dei capelli bellissimi e degli
occhi che sapevano arrivare ovunque. Non era stato il primo, a poterlo
vedere con quegli occhi diversi, ma Ivan non aveva mai detto di amare
una persona in maniera così sincera, in precedenza.
Quando aveva scoperto l'esistenza del Comitato, Braginski indossava
già la sua sciarpa al collo, qualsiasi stagione dell'anno
fosse, per nascondere quell'amore tanto perverso che lo preferiva
umiliato piuttosto che felice.
Aveva visto tante, tante facce diverse, incontrato gente variegata, ma
niente fino a quel punto l'aveva vinto a rischiare così per
qualcun altro.
Alfred l'aveva convinto ad entrare, Alfred che non era stato scacciato
di casa e che se ne fregava, quelle sue risate tanto rumorose quanto
incredibilmente fastidiose, delle occhiate malevole della gente. Forse
per stupidità, forse per ignoranza, ma a una battuta cattiva
rispondeva con una sicurezza che Ivan non aveva mai visto, ridendo con
forza intoccabile, eroica.
Diceva, inoltre, che gli sarebbe piaciuto vedere un sorriso vero, sulle
sue labbra - e diavolo, ci riuscì eccome! Come vide e
sentì baci veri, come carezze vere, come amore vero.
Quando la Marcia partì, loro due erano davanti a tutti, mano
nella mano, mentre il furgone di Lovino camminava dietro di loro
sparando musica a palla.
A sorridere, a parlare, a ridere, a fare vedere al mondo che anche chi
era strano e diverso non era per forza cattivo e malvagio.
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Capitolo 2 *** 2. And if you hatin you're bound to get irate ***
2. And if you
hatin you're bound to get irate
¿ǝʌoן sı ǝɹǝɥʍ
L'idea dei volantini non era venuta a una persona qualsiasi,
all'interno del piccolo Comitato - no, decisamente no.
Francis Bonnefoy non era semplicemente quello più
narcisista, quello più vanitoso e quello più
desideroso d'attenzione, tra di loro, ma aveva anche una buonissima
conoscenza delle strutture e delle capacità straordinarie
delle varie tipologie di comunicazione, attraverso internet come
attraverso il contatto diretto, in piazza.
Perché, diceva, vedere la persona dal vivo era molto
più incisivo che leggere una scritta piatta e nera su uno
schermo.
E lui voleva, desiderava ardentemente, capire come mai una
metà del mondo non riuscisse a comprendere i piaceri
dell'altra metà.
Francis aveva sempre amato con sincerità - tante, tantissime
persone, di ogni razza e religione, riuscendo a vedere oltre lo
specchio dell'apparenza e cogliere quella che lui, da bravo romanticone
smielato, chiamata la vera essenza dell'anima.
Gli bastava, a sua detta, guardare una persona negli occhi per
più di cinque minuti, e non aver fretta di aver tutto e
subito.
All'interno del Comitato, aveva visto tanti tipi diversi di occhi. Chi
aveva trovato casa, chi lottava per averla, chi non era sicuro di
volerla, chi ancora doveva capire tutto.
Aveva amato ognuno di loro, in maniera indistinta - quella piccola
parte di umanità, così viva e sentita, gli era
entrata nel coeur e non c'era verso di farla uscire.
Il giorno che aveva visto quella piccola e dolce sirena dalla pelle di
mogano sorridergli con semplicità e sincerità e
trovandola lui più bella tra tutte, aveva trovato nuova
forza da mettere in quel grande progetto. Era bella per lui -
probabilmente, non come altre, ma intrisa di quella
specialità che la rendeva unica.
Francis pensava che se quell'amore poteva essere libero, allora
dovevano esserlo anche gli altri.
Quando la Marcia partì, lui era sopra il tetto del
furgoncino di Lovino - dietro il megafono, così da non
privarsi totalmente dell'udito e continuare nella sua missione.
Anche lei era lì, e ogni tanto prendeva un pacco di
volantini e li faceva volare in aria, perchè tutti li
vedessero e fossero felici assieme a loro.
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Capitolo 3 *** 3. You gotta have love just to set it straight ***
3. You gotta have love just to
set it straight
¿ǝʌoן sı ǝɹǝɥʍ
L'idea del furgone verde non era venuta a una persona qualsiasi,
all'interno del piccolo Comitato - no, decisamente no.
Lovino Vargas non era solo un uomo burbero, un uomo dal turpiloquio
facile e disinibito. Con il suo diploma eccellente, era riuscito ad
entrare nell'Accademia di Belle Arti senza problema, mantenendo quel
gusto del pratico e del necessario tipico della povera gente che tutti
si meravigliavano di come potesse nascondere un animo così
raffinato, sotto quel carattere intrattabile.
Lui aveva sempre avuto una vita normale, con i problemi di tutti i
giorni - il fratello, il fratello, il fratello Feliciano che altro non
sapeva fare, sembrava, che cacciarsi nei guai in continuazione e
chiedere aiuto a chicchessia, con quella faccia da ebete perenne.
Era una vita dove non si cercavano guai e non si andava per rogne.
Almeno finché non capitò di vedere quell'unica
persona in grado di far davvero sparire il mondo in un istante e di
riempirlo della sua sola presenza.
Lovino aveva amato tanto, quella donna dagli occhi furbi e dal tono
disponibile, seppur inclinato dalla durezza nordica. L'aveva amata
tanto, così tanto che non disse nulla quando lei si
presentò davanti ai suoi occhi - per caso, al centro
commerciale - in compagnia della sua ragazza, bella, bellissima anche
lei.
Il giovane Vargas aveva sofferto, aveva pianto e aveva anche lanciato
qualche maledizione contro il proprio Destino. Ma non aveva smesso di
amare, neppure per un attimo, la sua Bella - per quanto
irraggiungibile, per quanto distante. E mai riuscì a capire
come mai metà del mondo non capisse i piaceri dell'altra:
lui ci era riuscito.
Era entrato a far parte del Comitato senza che nessuno l'avesse
invitato - eppure, fu accolto come un compagno.
Quando la Marcia partì, lui era sul furgoncino a guidare,
alzando e abbassando il volume della musica secondo il suo piacere,
sbraitando contro quegli idioti là davanti che camminavano o
troppo lento o troppo veloce.
Stupidi, stupidi fessi!
In parte a lui, Bella sorrideva, guardandolo di tanto in tanto, con
l'affetto tipico delle amiche negli occhi.
Tutto era assolutamente perfetto.
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Capitolo 4 *** 4. Let your soul gravitate to the love y'all ***
4. Let your soul gravitate to the
love y'all
¿ǝʌoן sı ǝɹǝɥʍ
L'idea della Marcia non era venuta a una persona qualsiasi, all'interno
del piccolo Comitato - no, decisamente no.
Gilbert Beilschmidt era un megalomane, non come l'amico Francis ma ben
peggio: il suo farsi vedere, il suo esigere attenzione era rumoroso e
prepotente, quasi impositivo nei confronti di chi gli gravitava attorno
Era sempre stato così, fin da quando aveva avuto coscienza
di sé.
Con il suo fare, non si era mai posto domande sulle cattive abitudini
di certa gente. In realtà, Gilbert era il tipico esempio di
persona che, se non toccata, restava indifferente.
Eppure gli capitò l'occasione più che propizia
per alterare tutto questo e comprendere appieno come metà
del mondo non riuscisse e non sarebbe mai riuscita a comprendere i
piaceri dell'altra metà.
Aveva un fratello, Gilbert. Un fratello bravo, diligente - estremamente
discreto, forse per contrapposizione a lui. Aveva un fratello bello che
sapeva lavorare, parlare e fare il suo dovere.
Aveva un fratello che preferiva i maschi alle femmine.
Finché non gli era toccato, Gilbert non aveva visto la
differenza. Suo fratello sarebbe rimasto sempre tale, chiunque si fosse
portato a letto o si fosse fatto in un vicolo buio, lontano da sguardi
indiscreti; magari avesse fatto qualche pazzia del genere, proprio lui!
Gilbert aveva cambiato opinione non quando qualcuno lo aveva
apostrofato chiamandolo frocio - come lo era suo fratello -: a loro
aveva risposto a suon di pugni e basta, senza pensare con reale
cattiveria o serietà.
Gilbert aveva cambiato opinione quando era dovuto andare a prendere suo
fratello e quel che rimaneva del suo fidanzato dopo un pestaggio
selvaggio appena fuori da una discoteca.
Per la prima volta, aveva pianto di dolore.
Entrando nel Comitato, non si era stupito di vedere anche il fratello
al suo interno. E aveva riscoperto il suo sorriso più
sincero e puro.
Quando la Marcia partì, lui aveva tra le mani il megafono
con cui parlava, cercava di attirare gente, di farsi vedere e di non
lasciare più indifferente nessuno.
Urlava, rideva, parlava senza mai fermarsi.
Pieno d'amore e comprensione profondi per ognuna di quelle persone.
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Capitolo 5 *** 5. So ask yourself is the loving really strong? ***
5. So ask yourself is the loving really strong?
¿ǝʌoן sı ǝɹǝɥʍ L'idea della canzone non era venuta a una persona qualsiasi, all'interno del piccolo Comitato - no, decisamente no. Elizabeta Hèdervàry era una persona fondamentalmente allegra, decisa e diretta, che adorava le feste e i balli, stare con la gente e ridere in compagnia. Una donna di mondo con un divorzio alle spalle e tante delusioni d'amore, seppur non vecchia ma neanche troppo giovane. Eppure, brillavano di vitalità i suoi occhi, anche al mattino. Lei aveva fatto parte di quella metà del mondo che non riusciva a capire appieno i piaceri dell'altra metà. Natalia era il nome della prima donna che l'aveva baciata, a quel mondo. Natalia aveva lo sguardo più duro del ghiaccio e delle movenze da gran signora - ma diceva di trovare bellissimo il suo sorriso e incantevoli le sue mani, ogni volta che le loro dita si intrecciavano nel vuoto. L'aveva trovata folle, aveva detto di amare gli uomini e soltanto gli uomini: non altro davvero sul quella Terra. Natalia era stata fastidiosa. Insistente, troppo. Importuna, troppo. Indisponente, troppo. Lesbica, fin troppo. Elizabeta l'aveva allontanata con ogni mezzo - eppure, eppure davvero si ritrovava a stringere quel corpo, a baciare quelle labbra così spesso da star troppo male. Non riusciva a credere, non riusciva a vedere niente di giusto nello sguardo così pieno d'amore che quella creatura meravigliosa le rivolgeva, ogni volta che erano sole. Piano, con calma, con la pazienza degna di uno stalker, Natalia l'aveva fatta entrare nel Comitato, le aveva fatto conoscere le persone che lì lavoravano e vivevano. Così, una volta, persino davanti a Francis, Elizabeta si era lasciata baciare senza scappare via o guardarla male - avevano sorriso di felicità, tutti. Quando la Marcia partì, lei era vicina a Natalia. Senza mano a stringere la mano, ma le spalle si toccavano e gli sguardi si incrociavano. In mezzo a tutti loro, Elizabeta non si era sentita così strana, così sbagliata e debole. Sorrideva, contagiando tutti con il suo sorriso sincero, ballando assieme ai passanti e alle persone. Forse, anche per lei, era arrivato il tempo di amare davvero.
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Capitolo 6 *** 6. Where's the truth y'all? (I don't know) ***
6. Where's the truth y'all? (I don't know)
¿ǝʌoן sı ǝɹǝɥʍ L'idea del stessa Comitato non era venuta a una persona qualsiasi, all'interno del piccolo gruppo - no, decisamente no. Arthur Kirkland era un signore distinto, uno di quelli che amano essere perfetti e crogiolarsi nella loro perfezione d'apparenza e d'essenza. Lo zelo non era un difetto, sulle sue labbra, così come la tendenza a migliorarsi sempre più, in uno spasmo verso l'irraggiungibile che non finiva proprio mai. Era inglese e amava ripeterlo sempre, come se da quello dipendesse ogni cosa. Aveva preso moglie da qualche anno, dopo un lungo fidanzamento. Lei si chiamava Nina, veniva dal Sud dell'Europa e gli aveva dato una figlia da amare e da crescere. Nella sua vita non c'era niente di sbagliato, e questo gli aveva permesso di vedere e di capire molte cose. La rabbia della gente, che sembrava dare una scusa a ogni barbaria. L'odio della gente, che pareva diventato il fine di ogni azione e di ogni punizione mancata. La sofferenza della gente, che derivava dall'impotenza di essere soli e di non avere nessuno con cui, semplicemente, parlare. L'amore della gente, che voleva solo traboccare da bocche, occhi, pelle e mani, ma brillava ogni volta che ne aveva occasione, illuminando ogni cosa. Si era lasciato convincere da Nina a fondare il Comitato per questo, cercando di fare capire a ogni singola metà del mondo i piaceri dell'altra, in un'armonia perfetta. Quando la Marcia partì, lui aveva in braccio la sua bambina e nella mano le dita di sua moglie. La sua famiglia si era allargata, ora contava quasi una cinquantina di persone, più diversi gregari, volontari o semplici attivisti impegnati. Sapeva i loro nomi, i loro cognomi, e si era preoccupato di conoscere anche qualcosa in più, della maggior parte di loro - non ci era riuscito, e questo gli dispiaceva molto. Ma conosceva le storie di Ivan, di Francis, di Gilbert, di Lovino e di Elizabeta, conosceva Natalia e Bella, Alfred e tantissimi altri di loro. E per loro, avrebbe fatto qualsiasi cosa - e quando un inglese prometteva, si doveva essere sicuri che ogni cosa si sarebbe davvero avverata. |
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