† Primo
†
–
Sbagliato.
Questo non prova niente. –
Le
sue parole riecheggiarono nella stanza per appena qualche secondo, ma
a L
parvero passare interi giorni prima che qualcuno rompesse nuovamente
il silenzio. Quel qualcuno ovviamente era Matsuda.
–
Come
sarebbe a dire?! –
esplose –
Ormai è ovvio che né Light né Misa-Misa possono essere Kira!
–
–
Le
regole del quaderno
parlano chiaro. –
convenne Aizawa.
L
sentì alle
sue spalle il fruscio
della carta sfogliata. Posò
un vasetto di plastica
sopra la pila in equilibrio precario.
–
Essere
Bianco. –
Lo
sentì muoversi appena, emettendo sinistri scricchiolii che coprirono
l'ennesima protesta di Matsuda sul suo modo di apostrofare lo
Shinigami.
–
Hai
detto che tutti i
quaderni hanno
le stesse regole. –
–
L'ho
già detto. Sono uguali per tutti.
–
– Per
tutti.
– mormorò
L, sollevando con due dita un altro vasetto –
Ed
una di queste regole, se non sbaglio, dice che ci sono molte cose
riguardo i Death Note che nemmeno voi
conoscete.
–
–
Sì.
Nemmeno noi Shinigami
conosciamo come funzionano esattamente, ci limitiamo ad usarli per
aumentare la durata della
nostra vita. –
–
Dove
vuoi arrivare, Ryuzaki? –
intervenne Yagami.
L
non gli badò. Stava
seguendo uno schema
preciso: se non avesse tenuto alta la concentrazione, la pila avrebbe
potuto crollare.
–
Un'altra
regola, invece, –
continuò valutando
attentamente la piccola torre
che stava lentamente prendendo forma davanti a sé –
dice che comunque uno
Shinigami non è tenuto a spiegare agli umani le regole del quaderno.
–
Calò
di nuovo il silenzio, mentre un
altro vasetto
andava al suo posto, sulla cima.
–
È
così. – sentì
dire a Rem.
Bene.
La torre appariva solida,
mancavano pochi pezzi.
–
Dunque,
se ti chiedessi se le regole da voi stessi compilate potessero essere
falsificate, tu potresti
anche mentirmi. O
semplicemente non saperlo.
–
Un
paio di rumori soffocati lo informarono che dietro di lui un po' di
gente aveva preso quell'affermazione esattamente nel modo in cui
doveva essere presa.
–
Suppongo
di sì. –
La
risposta di Rem scatenò definitavemnte
il pandemonio. L non fece
nemmeno lo sforzo di capire chi stava dicendo cosa, perché tanto era
chiaro che nessuno avrebbe condiviso la sua teoria.
–
Le
vostre proteste sono comprensibili.
– posò le mani sulle
ginocchia e contò i vasetti che ancora mancavano
– Ma
questi sono i fatti: non libererò Light Yagami
né Misa Amane
fino a quando non avrò la certezza che quelle regole siano vere. E
ciò accadrà solo quando troveremo un altro quaderno.
–
Matsuda
sbatté una mano sulla scrivania, blaterando
che era assurdo. Aizawa
obbiettò che
avrebbero anche
potuto non trovare mai
un altro quaderno,
visto che non c'era alcuna
certezza che ve ne fosse altri nel mondo degli umani.
–
Ryuzaki.
–
L
girò lo sguardo verso
Yagami, in attesa.
–
Ti
ho sempre dato fiducia, nonostante tutto.
– affermò grave –
E non smetterò di farlo
adesso. –
–
Gliene
sono grato. –
Lo
era davvero, ma dubitava fortemente che chiunque potesse
comprenderlo.
–
Ma
sono certo che mio figlio è innocente e sono pronto a dimostrarlo
ancora una volta trovando un altro quaderno.
–
–
Sì!
– esclamò
Matsuda, infervorato –
Noi lo troveremo e
scagioneremo Light e Misa-Misa!
–
–
Molto
bene. –
mormorò, prendendo in mano l'ultimo vasetto.
Era
esattamente ciò a cui
puntava.
Valutò
per un lungo attimo la
stabilità della torre. Sullo sfondo, lo schermo della telecamera a
circuito chiuso rimandava l'immagine di Misa Amane che leggeva,
seduta sul divano dei suoi
alloggi.
–
Fino
ad allora, rimarrete entrambi sotto la nostra sorveglianza, come se
non fosse cambiato niente. –
Posò
infine l'ultimo vasetto, con cauta precisione. La torre resse, e in
quel momento si rese conto che Light non aveva mai
commentato.
–
E
va bene. –
L'aveva
sospirato. Come se avesse percepito i suoi pensieri, Light aveva
sospirato quelle poche
parole. L faceva fatica a distinguerne il significato: era un modo
per acconsentire al dilungarsi di quella costrizione,
o stava solo cercando di
apparire normale?
Sempre che si potesse
parlare di normalità quando si aveva a che fare con Light.
–
Ma
sono stanco di rendere conto di ogni mia mossa.
– alzò il polso al
quale era ammanettato, facendo tintinnare la catena –
Ti chiedo di concedermi un
po' di respiro. Penso di essermelo meritato.
–
Prevedibile.
Colpevole
o meno, nessuno avrebbe potuto sopportare una situazione simile molto
a lungo. Nemmeno L – e
men che meno adesso.
–
Comunque
mi avrai sempre sotto gli occhi, ventiquattr'ore al giorno. Proprio
come adesso controlli le mosse di Misa, puoi farlo con me senza
costringermi a questo. –
Aveva
già deciso di concedergli un margine di libertà prima che
continuasse a perorare la sua causa. Il
problema era esattamente l'opposto: L era perfettamente consapevole
dell'esattezza del proprio ragionamento, ma questo non lo esonerava
dal disagio che gli provocava l'idea di dover continuare a convivere
con quel
Light.
–
Hai
ragione. –
Si
concentrò nuovamente
sulla
sua torre di vasetti. Non sapeva spiegarsene il perché, ma
d'improvviso
non gli sembrava poi così stabile.
–
Sarai
libero durante il giorno, ma non la notte.
– concluse, e
premette l'interfono –
Watari, porti le chiavi. –
–
Sì,
immagino di non poter pretendere
di più.
– lo sentì
commentare in
tono vagamente rassegnato.
In
realtà avrebbe potuto. Eccome.
Era un po' troppo condiscendente questo Light, per i suoi gusti.
Proprio come lo
era prima del periodo di prigionia.
Gli
bastò un'occhiata per capire che
quella torre perfettamente strutturata avrebbe avuto vita breve.
~
† ~
Non
credeva che sarebbe stato così semplice. Era pur vero che i suoi
piani non stavano andando esattamente come aveva immaginato, eppure
anche da quella situazione precaria era riuscito a trarre il meglio.
Come sempre, d'altra parte.
Essere
libero durante il
giorno non solo lo
dispensava dal dover subire la presenza fastidiosamente indagatrice
di Light per molte ore, ma gli permetteva anche
di mettere in atto la
seconda parte del suo piano. La prima era solo rimandata, viste le
circostanze, ma per ora si
sarebbe accontentato
di muovere Misa come aveva progettato.
Non
era stato difficile farle ritrovare
il Death Note sepolto, con quell'incapace di Matsuda alle calcagna. E
naturalmente era andata esattamente come si aspettava: aveva fatto di
nuovo lo scambio degli occhi. Ma
stavolta con Ryuk. Se lo
Shinigami fosse stato Rem, sicuramente avrebbe opposto resistenza –
forse si sarebbe persino rifiutato –
mentre Ryuk non si faceva
certo di questi problemi.
E
Light aveva previsto anche questo. Poteva
esistere una mente più geniale della sua? Senza alcuna modestia, era
convinto che solo L avrebbe potuto eguagliarlo. E
anche di lui presto
sarebbe rimasto solo un pallido ricordo.
–
Ma
perché non possiamo ucciderlo subito?
– piagnucolò Misa tra
le sue braccia – Posso
farlo io... o Rem! Rem lo farebbe per me, ne sono sicura!
–
Light
sospirò. Le aveva già detto che non dovevano mai parlarne, se non
quando lo decideva lui. Fortunatamente non era così stupida da
parlare ad alta voce e, a giudicare dalla posizione delle
telecamere rispetto a
loro, L
non poteva leggere il
labiale.
–
Te
l'ho già spiegato. Dobbiamo far credere loro
che Higuchi
fosse davvero Kira,
in modo che la polizia chiuda il caso. Quando
si saranno calmate le acque, per sicurezza, sistemeremo anche
L.
–
C'era
qualcosa di forzato nel suo ragionamento, ma non sapeva precisamente
cosa. Stava agendo con troppa prudenza, forse? Eppure era stata
proprio la prudenza con
cui aveva gestito tutto a farlo uscire sempre vittorioso da ogni
difficoltà.
La
sua opera era destinata a trionfare. Prima
sarebbe toccato a L
e
poi... poi, se la sua ipotesi era esatta –
se Rem non gli aveva mentito –
fra qualche anno avrebbe avuto un potere illimitato.
Adesso
doveva solo
attendere con pazienza.
Quel era il problema? Cos'era che lo turbava tanto?
Mentre
il momento di euforia scemava lentamente, Light sentì nuovamente il
tarlo rimettersi al lavoro. Ne
aveva avvertito la presenza nel momento in cui le manette si erano
richiuse sul suo polso per la seconda volta, qualche sera prima, al
termine del suo primo giorno di semi-libertà. Constatò allora che,
mentre non gli badava, il tarlo s'era
fatto grasso e vorace –
e lui nemmeno se n'era
accorto, impegnato
com'era a gestire la propria autocelebrazione.
Era
stato nutrito da ricordi, quel
dannato tarlo. Sguardi,
parole dette, parole non dette, riflessioni, idee,
sensazioni, abbozzi
di sentimenti – tutto ciò che per molti mesi aveva atrofizzato.
Frammenti
di vita recente che
credeva debellati da ricordi precedenti ma ben più importanti.
Il
tarlo aveva dovuto scavare
il profondità per trovarli, ma non aveva incontrato molta resistenza
e li aveva raggiunti subito. Adesso glieli riproponeva costantemente,
li vomitava uno ad uno. E tutti pensieri di Light, ogni sua
singola percezione, era inficiata da quel confronto: tra
ciò che era e pensava e desiderava prima, e ciò che era e pensava e
desiderava ancor
prima.
Ma
ciò che più lo inquietava era che il fatto
che il risultato di quel
confronto non si stesse traducendo in una lotta. Non
ancora, per lo meno. Per
ora restava solo un disagio di fondo, che scattava ogni sera, assieme
alle manette.
~
† ~
Che
uccidere Light Yagami fosse la soluzione migliore per tutti, Rem
l'aveva pensato prima ancora d'incontrarlo. Poi gli era bastato
conoscerlo per convincersi che le sue sensazioni erano esatte: Light
doveva morire.
Le
ragioni erano ovvie.
Altrettanto
ovvio era in fatto che le intenzioni omicide di Rem fossero congelate
dal timore di far soffrire Misa. Ma quel pensiero riaffiorava
ciclicamente, rinnovato di nuova forza, ogni volta che era costretto
ad osservare impotente come Light si serviva dei sentimenti di Misa.
E
per lo Shinigami era sempre più difficile convincersi che, no, non
doveva farlo, non doveva ucciderlo. Perché Misa lo amava ed era
felice accanto a lui, e la felicità di Misa veniva prima di ogni
altra cosa. Prima della sua stessa vita.
Ma
questa è forse felicità?
Rem
aveva un vago ricordo della felicità e sapeva che aveva molto a che
fare con l'inconsapevolezza. Essere ciechi difronte al Male, rendeva
in certi casi felici. Di una felicità fittizia e labile, ben inteso,
ma che poteva essere pur sempre definita “felicità”.
Era
questo ciò che Misa provava a stare al fianco di Light. E come
poteva Rem privala di questa felicità?
Tanto
più che, se prima andava incontro alla sua fine come un animale
ignaro di andare al macello, ora Misa appariva consapevole del
sacrificio che stava facendo in nome di un amore che non avrebbe mai
ricevuto. I suoi immutati sentimenti per Light la inducevano a
credere alle sue menzogne.
Tale
è il tuo bisogno di essere amata, Misa?
Avrebbe
potuto anche rivelarle tutto, certo, dirle la verità. E Misa aveva
fiducia in lui, così tanta che forse gli avrebbe anche creduto. Ma
ancora una volta Rem si chiedeva come poteva distruggere i suoi
castelli di sabbia. L'inganno proveniva da Light, ma chi l'avrebbe
svegliava dalla sua illusione sarebbe stato lui. A far soffrire Misa
rivelando la natura disumana e incapace di amare di Ligh, sarebbe
stato Rem. Poteva sopportare di causarle un tale dolore?
Infine
c'era quella domanda. Non l'aveva dimenticata, ma adesso
l'ossessionava, più vivida che mai. Perché la durata vita di Misa
era nuovamente dimezzata e questo gli aveva dato la misura di quanto
Light era disposto ad fare pur di perseguire i suoi piani. Così, tra
la rabbia e il disgusto, mentre soffocava l'ennesimo, imperioso
impulso che lo spingeva ad ucciderlo, Rem ripensò a quella domanda e
comprese appieno quali erano i suoi veri piani.
Quei
numeri rossi che aleggiavano sopra
Misa, andando a comporre
la data della sua morte,
erano
sufficienti
a confermargli i suoi peggiori dubbi.
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