Prisoner//Paper Plane

di Shinji Gasai
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prisoner (1 Parte) ***
Capitolo 2: *** Paper Plane (Seconda Parte) ***



Capitolo 1
*** Prisoner (1 Parte) ***


Prisoner
Prisoner



Seconda Guerra Mondiale.
Hitler diede inizio alla "Soluzione finale" per sterminare gli ebrei.
Consisteva nel rinchiuderli nei campi di concentramento e costrigerli ai lavori forzati.
Genitori e figli all'entrata venivano separati, e molto spesso i bambini venivano uccisi.
Solo pochi di loro venivano risparmiati e costretti ai lavori forzati.
Lì le condizioni erano orribili.
Erano malnutriti, picchiati...
Non potevano fuggire in alcun modo: i campi di concentramento erano circondati da filo spinato...









Per Paul il tempo si era fermato.
Viveva in quel mondo orribile, senza amici, separato da suo fratello.
Si reclutava molto fortunato essere sopravvissuto alla selezione all'inizio, ma la sua vita era orrenda.
Lavorava tutto il giorno, stava zitto, rinchiuso lì, senza poter scappare via.
A volte si sedeva a guardare al di fuori del filo spinato.
Fuori c'era il prato, c'erano le montagne, le case... Fuori c'era il mondo, c'era la libertà.
Un giorno, però, notò qualcosa di strano: un comandante delle SS passeggiava da quelle parti tenendo per mano una ragazzina.
Era abbastanza alta, con i capelli castani e mossi e un vestito lungo bianco.
Doveva essere sua figlia, dato che si somigliavano parecchio.
Camminava sorridendo al comandante, mentre il vento le muoveva i capelli.
Era davvero bella.
Ad un certo punto si girò nella sua direzione, mostrando gli occhi azzurri, facendolo arrossire.


"Un giorno, in qualche posto, uno dei prigionieri si innamorò di una ragazza al di fuori del recinto"


Paul scosse la testa: come poteva innamorarsi della figlia del comandante delle SS?
Lui era un povero ragazzo che viveva in un campo di concentramento, non aveva niente da offrirle...
Mentre lei era bella, ricca, e forse era anche nazista come il padre e favorevole allo sterminio degli ebrei.


"Tra me e te c'è solo sporcizia"


Eppure avrebbe voluto conoscerla, sapere qualcosa in più su di lei, parlarle...
Come avrebbe potuto fare?
Iniziò a pensare e gli venne un'idea: perchè non scriverle una lettera?
Quella sera, nel cuore della notte, scrisse una lettera e la piegò a forma di aereoplanino.
Se fosse stato in grado di lanciarla bene, sarebbe volata al di fuori della recinsione.


"Ti ho scritto una lettera e l'ho piegata in un aereo, potrà abbattere il muro tra di noi"


Il giorno dopo, verso mezzogiorno, si recò di nascosto ai bordi del campo.
Lei era di nuovo lì, seduta, senza il padre.
"Ehy tu!" urlò Paul alla ragazza. "Ce la fai a prenderla al volo?" le chiese, mostrandole l'aereoplano.
"Ci posso provare!" rispose lei, sorridendo.
Lui la lanciò in alto, facendole oltrepassare il filo spinato.
"Presa! Hai visto che ci sono riuscita?" esclamò lei, prendendola.
La ragazza controllò l'orologio, per poi gridare: "E' tardissimo, devo scappare! Ci vediamo presto!" e sparì correndo all'orizzonte.


"Se resti al mio fianco, posso anche mentire a me stesso, posso credere che tutto questo sia vero. Per favore, vieni qui e parlami!"


Il giorno dopo, Paul si presentò lì con un altra lettera.
Dopo un po' arrivò anche quella ragazza.
Anche lei aveva un'areoplanino tra le mani.
"Ho letto la lettera e ho voluto risponderti" disse, lanciandogliela.
"E io te ne ho scritta un'altra!" affermò lui, afferrando la lettera della ragazza e lanciando la sua.
"La leggerò molto volentieri! Ma ora devo andare, devo tornare prima che papà ritorni!" esclamò sparendo all'orizzonte.

I due ragazzi andarono avanti così per mesi.
Quelle lettere erano il loro modo per comunicare.


"Da allora, quegli aerei sono diventati la mia... Gioia!"


I giorni passarono felici per Paul. Quelle lettere erano diventate tutto per lui.
Era proprio grazie alle parole di quella misteriosa ragazza che trovava la forza per andare avanti.
Però, un giorno, vide quella ragazza con una strana espressione sul volto.
Gli occhi erano rossi, segno che aveva pianto.
Il suo sorriso sembrava forzato, quasi come se non volesse far notare al ragazzo la sua tristezza.
Gli lanciò la sua lettera, sorrise e andò via.
Appena Paul aprì la lettera e la lesse, iniziò a piangere: c'era scritto che lei sarebbe partita e che non sarebbe più tornata.


"Improvvisamente mi dicesti che dovevi andare via. Se restassi al mio fianco, anche con tutta questa malasorte, credo che riuscirei anche a sorridere. Ti ho incontrata e non conosco nemmeno il tuo nome, ma sentivo di poter guardare al futuro. Non posso chiamarti! Non posso seguirti! Non posso uscire!"



Paul stette molto male per la partenza della sua amata.
Però aveva ancora le sue lettere.
Le leggeva e le rileggeva, e non si stancava mai.
Erano la sua vita, erano tutto ciò che gli restava di lei.
Un giorno, mentre stava leggendo le lettere, entrò un gruppo di soldati tedeschi.
"Facci vedere immediatamente cosa stai leggendo ragazzino!" urlò uno di loro.
Paul gli tese timidamente una lettera, che l'uomo gli strappò dalla mano con violenza.
"Bene bene bene... Allora sei tu il ragazzo che inviava le lettere alla figlia del comandante?"
Il ragazzo annuì.
Il soldato allora prese tutte le lettere, gli diede un'occhiata e le stracciò, davanti ai suoi occhi.
"No! La prego! Si fermi! Quelle lettere sono tutto per me, vivo per quelle lettere, la prego no!" urlò Paul, piangendo.
L'altro gli rispose dandogli un pungno in faccia.
"Portatelo alle camere a gas, subito!" urlò, mentre gli altri due lo afferrarono per le braccia.
"No! La prego! Erano solo delle lettere!"
Il soldato rimase impassibile a quelle parole, e lo lasciò trascinare via.


Si sentì riecheggiare il passo dei soldati lungo tutta la strada.
Si sentì il pianto disperato di Paul che piangeva.
Si sentì l'urlo di un amore represso.

Il ragazzo venne chiuso in una strana stanza, insieme a tanti altri ebrei.
Intorno a loro iniziò ad apparire uno strano fumo...
Un fumo che non faceva riuscire a respirare.
Un fumo che uccideva.

L'ultimo suo pensiero andò a quella ragazza.
Quella ragazza che lo aveva fatto sorridere.
Quella ragazza le cui lettere erano diventate il suo motivo di vita.

"I giorni con te mi hanno regalato tanti dolci ricordi che mi passano davanti agli occhi.
Me li hai regalati a uno a uno, ora sono cibo per la mia mente e la mia vita.
Chiuso in una piccola camera buia, sento il mio pianto risuonare triste.
Il mio cuore e il mio respiro, sono nel dolore!
Almeno avrei voluto sapere quale fosse il suo nome!"




Spazio Autrice :3333

Salve a tutti! Eccovi con la mia nuovissima long-fic strappalacrime!
Vi dico che, nonostante sembri finita, manca ancora un capitolo.
Avrete notato che la ff si rifà alla saga "Prisoner" di Len e Rin Kagamine (si, sono una stalker di quei due gemellini x°)
Questo capitolo narra la storia dal punto di vista di Len (Paul) e il prossimo dal punto di vista di Rin (Celeste) e spiega perchè lei è partita, come hanno fatto i soldati a scoprirli e cosa fece lei una volta scoperta la morte di lui.
Questa (anche se parla di Seconda Guerra mondiale e Campi di Concentramento) è dedicata a tutti coloro che hanno fatto l'esame.
Un consiglio per chi l'avrà l'anno prossimo: NON ABBiATE PAURA SONO FACiLiSSiMi! i PROF Vi AiUTERANNO TANTiSSiMO! E ALMENO DA NOi NON HANNO FATTO DOMANDE SU TUTTO iL PROGRAMMA (i prof si divertono a dire che lo faranno, quando invece ti faranno dire metà tesina, credetemi.
Un bacione, al prossimo capitolo**
CèH <3

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Capitolo 2
*** Paper Plane (Seconda Parte) ***


Paper Plane

 
"Visto che l'ho preso al volo?" chiese una ragazzina a Paul, che si trovava dall'altra parte del recinto.
"Si, ho visto, niente male." rispose lui, timidamente.
 
"Molto tempo fa, in qualche luogo, in questo mondo, noi potevamo comunicare solo con degli aereoplanini"
 

 
Ormai però per lei si era fatto tardi, doveva tornare... In Ospedale.
Una volta tornata, doveva nascondere la lettera dal padre per poi leggerla con calma da sola.
Il giorno seguente, scappava dall'ospedale per spedire la risposta alla lettera ricevuta dal suo amato.
 
 
"Ogni giorno, quando mio padre è al lavoro, io scappo dall'ospedale, e corro via per stare con te"
 
Una volta ricevuta la lettera del ragazzo, doveva subito ritornare per non far accorgere a nessuno della sua assenza.
Andare avanti così per Celeste era molto duro, ma ne valeva la pena.
Nelle lettere di Paul c’erano scritte cose bellissime, che nessuno le aveva mai detto prima.
Le parole del ragazzo le scaldavano il cuore, le facevano capire che nonostante la lontananza lui le era vicino.
Suo padre però non doveva saperne niente, altrimenti sarebbe stata la fine.
 
“Ogni volta che leggo una tua lettera mi si scalda il cuore…
Come posso nascondere il nostro amore?”

 
La corrispondenza andò avanti per giorni, finchè un giorno, mentre Celeste leggeva una lettera, suo padre fece irruzione nella stanza.
“Tesoro… Sono venuto a vedere come stavi e… Un secondo, cos’hai in mano?” le chiese l’uomo.
“M-ma n-niente papà…” balbettò lei, in preda al panico.
“E’ una lettera!”
“S-Si…”
“E chi te l’ha spedita?”
“N-Nessuno…”
“Fammi vedere immediatamente!” urlò, strappando l’oggetto cartaceo dalla mano di Celeste.
“Papà… Posso spiegarti tutto!”
Lui non mosse un dito, continuando a leggere.
“Chi è Paul?” chiese, con tono minaccioso, guardando la piccola negli occhi.
“E’… Un mio amico…”
“Di dov’è?”
“…”
“Celeste, rispondimi immediatamente!”
“Ma papà…”
“Subito! O altrimenti non la passerai liscia!”
“V-Vive.. Nel… C-Campo di concentramento.”

“Nel Campo di concentramento?!” urlò l’uomo, accecato dalla rabbia.
“S-Si… Papà posso spiegarti tutto!”
“E spiega!”
“Papà io lo amo!”
“Lo ami?!!!!”
“S-Si… L-Lo amo…”
“Ami un ebreo, Celeste?!!!!”
Lei annuì, abbassando lo sguardo.
Il comandante, infuriato, diede l’ultimo sguardo alla lettera e poi a stracciò, davanti agli occhi della ragazza.
“Che ti serva da lezione!”
“Ma papà! Non puoi romperla!”
“Si invece!”
“Ma ho fatto tanta strada per andare a prenderla!”
“Sei andata da sola?!Senza nessuno?! Nelle tue condizioni?! Tu, gravemente malata, uscivi fuori, scappavi da qui… Per scambiarti delle lettere con un ebreo?! Dove ho fallito con te?!!! Cosa non ti ho dato?!!! Cosa non ho fatto per te?!!! Perché mi fai questo figlia mia!!!”
Lei scoppiò a piangere, mentre il padre se ne andò infuriato, sbattendo la porta.
 
“Comunque sia, papà dice che non devo più vederti…
Credi anche tu che non sia giusto?
Io non capisco!”

 
“Papà… Che ti hanno fatto di male gli ebrei? Cos’hai contro di loro? Perché non posso innamorarmi di uno di loro? Perché?...  Perché sei così crudele?” singhiozzò lei, mentre le lacrime cadevano su ciò che rimaneva della lettera di Paul.
 
“Io voglio stare al tuo fianco! Cosa c’è di così sbagliato?”
 
Il giorno dopo, appena il padre di Celeste andò al lavoro, la ragazzina provò ad alzarsi per andare a trovare Paul.
Appena poggiò i piedi per terrà però sentì un dolore lancinante.
Una lacrima percorse il viso della ragazza: prima o poi non sarebbe più stata capace di camminare.
 
“Quando mi sono resa conto di non riuscire più a camminare mi sono sentita persa!”
 
-Oggi perdo la capacità di camminare… E domani? Cosa perderò? Non voglio saperlo ma… Come farà Paul senza di me? Non voglio sparire nel nulla all’improvviso, vorrei fare qualcosa ma… Non ne sono più in grado…-
 
“La morte si avvicina."

-Basta, invierò la mia ultima lettera a Paul, costi quel che costi!- pensò Celeste, alzandosi con tutte le sue forze.
 
“Ma per dirti addio come dovrei fare?”
 

Una volta arrivata al capolinea, trovò Paul che la aspettava.
“Ehy, oggi sei arrivata in ritardo!”
“G-Già…” disse lei, provando a trattenere le lacrime.
 
“Non voglio mostrarti le mie lacrime!”

 
“Come mai sei arrivata in ritardo?”
“Niente di grave.”
“Ehy, sbaglio o stai per piangere?!”
La ragazza mostrò un sorriso, sebbene forzato, per far capire a Paul che si sbagliava. Gli lanciò la sua lettera.
Appena lui la prese la aprì, iniziò a leggerla e sbarrò gli occhi.
“Un momento! Tu sei la mia ragazza! Non puoi andartene per sempre, sei la mia vita!” urlò a pieni polmoni.
“…Mi dispiace Paul, ma devo.” Disse lei con un filo di voce, mentre le lacrime prendevano il sopravvento.
“Dimmi che tornerai!”
“… Forse.”
“Ti prego! Non andare, non lasciarmi qui!”
“Mi dispiace tanto Paul. Mi dispiace davvero tanto.”
“Io… Resterò per sempre qui ad aspettarti, ricordatelo!”
 
“Aspetta un momento, tu sei la mia ragazza!
Te ne stai andando per non tornare?!
Giuro che conserverò tutte le tue lettere con cura!
Aspetterò qui, finchè tu non torni, Ok?”

 
Quello fu il giorno più brutto della vita di Celeste.
Ma lei non sapeva che il peggio doveva ancora arrivare.
Il giorno dopo, nel letto dell’ospedale, notò che respirare era sempre più difficile.
Sentì un leggero giramento di testa, prima di chiudere gli occhi.

In quel momento passò un’infermiera che, notando il colorito della ragazza più pallido del solito, chiamò i suoi colleghi.
“Dobbiamo far presto, la stiamo perdendo!” esclamò uno di loro, avvicinandole la bomboletta dell’ossigeno.
“Avvertiamo suo padre?”
“Si, è la cosa migliore da fare…”
Appena il comandante arrivò, trovò un medico davanti alla porta.
“Mi scusi, ho fatto il prima possibile… Come sta la mia bambina?” chiese, nel panico.
“…Signore…Mi dispiace…”
“Le dispiace?! Perché?! La prego… Non mi dica che…”
Il signore in camice annuì, triste.
“Non mi dica che Celeste Brelitz è…”
“E’ morta, signore.”
“No, la prego, non ci credo…”
“Mi dispiace tantissimo…”
“P-Posso vederla? La prego…”
“Certo ma… Non la riporterà in vita…”
Appena entrato nella stanza, vide la piccola Celeste stesa sul letto, con gli occhi chiusi, pallida.
Il suo corpo era immobile, aveva smesso di respirare.
Però tra le mani stringeva ancora qualcosa: un aereo planino di carta.
“Potete aspettarmi un secondo? Devo risolvere una questione… Con un certo Paul… Che non la passerà liscia per aver ucciso la mia bambina.” Disse con tono secco, lasciando la stanza tra le lacrime.
 
“Odio quel muro che ci divideva.
Resti sempre dall’altra parte…
Non possiamo cambiare il destino…
Ti prego, anche dopo la mia morte…
Voglio che tu sopravviva!”

 
 
 
“Da quel giorno siamo sempre stati insieme!
Non dimenticherò mai il tuo viso sorridente e la profonda oscurità che ci inghiottì entrambi!
L’oscurità ci ha portato via la felicità!”

 
 
Spazio autrice :33
Massalve! (?)
E’ la vostra DJ Shinji Ramperouge che vi parla da radio EFP!
Oh che cazzo dico >.>” Torniamo a cazzeggiare in italiano, che è meglio và.
Eccomi con l’ultimo capitolo della mia bellissima (?) storia strappalacrime.
Ci sono dei punti che desidererei chiarire.
Il primo è che senza aver letto “Prisoner” ovvero il primo capitolo, non ci capireste un granchè, dato che racconta la versione dei fatti secondo Celeste (questo erano per quelli che non leggono il primo capitolo e passano direttamente al secondo). Poi Rin desiderava che Len sopravvivesse anche dopo la sua morte mentre il padre, credendo che fosse stato Paul ad ucciderla (semplicemente innamorandosi di lei) lo fa rinchiudere nella camera a gas.
Però, una volta morti entrambi, saranno felici e staranno sempre insieme in paradiso uwù.
Va bene, la finisco qui che sto piangendo.
Ho rivisto la Saga del Male °°
E poi quando vedo l’ultimo video di New Millennium quando sento la frase di Miku “Perché, quest’ascensore non rappresenta la tua vita?” io scoppio a piangere maledettamente.
Mi piace come lo dice**
Oppure quando ascolto “If we met again”, certo.
Mah, sarà che ho problemi con il mio ragazzo, tanti, tanti orribili problemi… Quindi, sto malissimo, ma la sto prendendo piuttosto bene, dai.
Beh… Un’ultima cosa, si.
Posso chiedervi una cosa?
Vi sembra che sia disgustoso il fatto che tocchi il tema dell’olocausto in questo modo?
Non sto insultando nessuno e né volevo essere dura con i termini… O almeno questo era il mio intento.
Un bacione.
CèH <3
 
 
 
 
Questo capitolo è dedicato a tutti gli amici che mi stanno vicino e che mi sostengono, ma in particolare a Vera, Adrano, MogliaH**, Federica, Daniela, Alessandro, Noemi, Giorgia e Axel <3

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