Un cuore senz'anima

di Maryangy91
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Incontro inaspettato ***
Capitolo 2: *** Speranze riaccese ***
Capitolo 3: *** Sorprese ***
Capitolo 4: *** Il sogno realizzato ***
Capitolo 5: *** Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio! ***
Capitolo 6: *** I cattivi sono sempre i più deboli ***
Capitolo 7: *** Mai fermarsi alle apparenze ***
Capitolo 8: *** Promesse ***
Capitolo 9: *** Sollievo ***
Capitolo 10: *** Quando tutto sembra sistemarsi.... ***
Capitolo 11: *** Il dolore più grande ***
Capitolo 12: *** La rivincita di Marianne ***
Capitolo 13: *** Il quinto mese ***
Capitolo 14: *** Il cuore ha più potere dell'anima ***
Capitolo 15: *** Il vero amore non può non finire bene ***



Capitolo 1
*** Incontro inaspettato ***


Ricordo la mia vita come un film, dove la protagonista, improvvisando, tra una battuta sbagliata e l'altra corretta è riuscita sempre ad andare avanti, giungendo fin qui senza rimpianti né rimorsi.

Nacqui come una normale bambina che decisero di chiamare Victoria nella speranza che crescessi forte.

Vissi il periodo dell'infanzia nella totale spensieratezza.

Crescendo, quando il mio corpo iniziò a cambiare assumendo forme che sembravano quasi scolpite nel marmo, iniziarono i miei problemi.

Tutti erano colpiti dal mio fascino, dai miei lineamenti marcati, dai miei grandi occhi verdi e dai miei neri e lunghi capelli ondulati che scendevano delicatamente sulla mia pelle scura che sembrava sempre abbronzata.

Ricordo che quando camminavo per le strade lasciavo dietro di me scie di occhiate di uomini di tutte le età. Erano molti coloro che si proponevano di prendersi cura di me e rendermi la regina della loro vita per sempre.

Nonostante tutto ciò mi lusingava moltissimo io avevo qualcosa di molto più importante a cui pensare. Il mio povero padre che, colpito da una terribile malattia che lo costringeva, ormai già da due anni, al letto senza potersi minimamente muovere, aveva bisogno di cure che costavano. Ed essendo io la maggiore di tre figlie mi toccava lavorare insieme a mia sorella Marianne, mentre Ania, la più piccola, frequentava ancora il 4anno di liceo.

All'inizio, quando mio padre non poté più lavorare nostra madre si trovò un lavoro. Ma lei guadagnava poco e i soldi che avevamo da parte finirono. Nonostante i nostri sacrifici non riuscivamo ad andare avanti e fummo costrette a cambiare casa. Così passammo da un normale appartamento di due piani, composto da una cucina, una sala da pranzo, due bagni e quattro camere da letto, ad una molto più piccola composta da quattro misere camere divise in un bagno abbastanza piccolo, una cucina, la camera dei miei e una camera che condividevamo io e le mie sorelle.

All'epoca io avevo 19anni e mi mancava poco per l'esame del quinto anno. Appena terminato subito mi trovai un lavoro vicino casa dove lavorai per 2anni, fino a quando Marianne terminò anche lei il liceo e insieme trovammo lavoro in sartoria.

Il mio sogno era l'università, ma a casa avevano bisogno di entrate e non potevano permettersi ulteriori uscite. Poi preferì lavorare io più che far lavorare mia madre. Ora il suo compito era quello di tenere in ordine la casa e accudire papà.

 

Apparentemente potevo anche sembrare una ragazza tutta curve e poco cervello, e forse così sarei stata se la mia fosse stata una ricca famiglia senza problemi e con una confortevole ed enorme casa.

Sentivo le altre ragazze che si lamentavano di trovare il loro bagno personale sempre occupato o qualche fratello ad usare il loro PC. Ma uno dei loro drammi peggiori era vedere il padre uscire con la loro macchina, un dramma che io pregavo ogni notte e speravo ogni giorno di vivere, perché se mio padre fosse stato capace

almeno solo di scendere dal letto sarebbe stata già una grande conquista per la sua autonomia e per la nostra speranza.

Io continuavo a lavorare, pregare e sperare. Ormai la mia vita era diventata una serie di movimenti meccanici.

Molti mi chiamavano l'irresistibile, e molte ragazze erano invidiose di me, io invece ero invidiosa di loro che avevano tempo di pensare a queste cose. Vedendo la mia indifferenza nei confronti delle mia bellezza esclamavano:"Dio da pane a chi non ha denti!". Ed io intanto pensavo:"Se vi do il mio pane mi date la vostra normalità e spensieratezza?".

 

Era un Lunedì mattina ed io mi alzai alle 6:30 dal letto, svegliai Marianne e insieme rifacemmo i nostri letti, preparammo la colazione per tutti, ci preparammo, salutammo e ci avviammo alla fermata del bus che passava alle 7:30. Nel giro di mezz'ora mi trovai seduta davanti ad una macchina per cucire con una montagna di vestiti incompleti. Passandomi una mano sulla fronte esclamai:"Uffa! È appena iniziata un'altra settimana!". Dopo di che mi misi a lavoro fino alla pausa pranzo e poi ripresi.

Sembrava una giornata come le altre, stesso lavoro, stessa monotonia e stessi movimenti meccanici. Verso le 17:00 finimmo e andammo alla fermata per prendere il bus per ritornare a casa, e mentre aspettavamo mene stavo appoggiata al muro di un negozio. Appena il bus arrivò mentre salivo diedi distrattamente una gomitata ad una persona dietro di me, ma non riuscii a capire chi fosse. Appena prendemmo posto vidi un ragazzo massaggiarsi la spalla, così gli andai vicino e gli chiesi se per caso era stata colpa di una gomitata. Come immaginavo rispose di si ed io, mortificata, gli chiesi scusa. "Non fa nulla!" disse guardandomi negli occhi. Poiché, a causa mia non aveva fatto in tempo a prendere posto, lo feci sedere al mio e mi arrangiai condividendo il sediolino con mia sorella. Mentre ce ne stavamo seduti lui mi fissava e per la prima volta in vita mia mi vergognai così tanto da abbassare il capo arrossendo in viso, e al contempo nei fui felice.

Fu lui a rompere il ghiaccio. "Non ci siamo presentati, mi chiamo Daniele. Ma per gli amici sono Dany."

"Victoria. Piacere." Dissi stringendo la mano che mi aveva posto. Poi continuai:"Lei è mia sorella Marianne!" E lui porse la mano anche a lei, che naturalmente strinse.

"Andate o tornate?" Chiese.

"Torniamo a casa dal lavoro!" Risposi prima che Marianne potesse farlo. "E lei?"

"Oh! Diamoci del Tu!" Insistette lui.

"Ok! Tu?"

"Torno dall'università!"

"Dov'è che lavori?" Mi chiese come se Marianne non ci fosse.

"In una sartoria qui vicino, la proprietaria si chiama Margherita!"

"Si, la conosco!"

Ed a me salì il sangue alla testa pensare che forse avevo cucito anche per lui.

"E tu cos'è che studi?"

"Sto all'ultimo anno di Ingegneria" Dopo una breve pausa continuò chiedendomi: "Quanti anni hai?"

"21, mi sono diplomata due anni fa!"

"Io 23" rispose senza darmi il tempo di chiederglielo.

Ad un tratto si alzò e mentre prendeva tutte le sue cose disse:"Devo scendere, scendete anche voi ora?"

"No, la nostra è la prossima fermata!" Rispose Marianne che, probabilmente, si era sentita esclusa dalla nostra conversazione.

Lui pose la mano per salutarci e disse:"E' stato un piacere, alla prossima!"

Marianne afferrò la mano e si limitò a dire:"Alla prossima!"

Mentre io, dopo aver fatto in modo di salutare per ultima per rimanergli più impressa, gli afferrai la mano stringendola e mente lo guardavo negli occhi dissi:"Piacere mio, spero proprio di incontrarti ancora!"

"Idem!" Disse, poi scese.

Il giorno seguente mi svegliai un ora prima per avere più tempo per prepararmi, e alla fermata del bus non stavo annoiata e assonnata come al solito ma ero ansiosa perché speravo veramente di incontrarlo. Ma non fu così, le mie speranze si spensero sul bus delle 17:00 per poi riaccendersi, inutilmente, il mattino seguente. Dopo il quarto giorno capii che era inutile sperare di rincontrare uno sconosciuto e pretendere che si ricordasse di me. Anche se ancora non dovevo incontrare un ragazzo che non fosse colpito dal mio fascino e una ragazza che non fosse gelosa della mia bellezza, io ero consapevole che nel mondo non possiamo piacere a tutti. E purtroppo, forse, non piacevo proprio a lui.

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Capitolo 2
*** Speranze riaccese ***


Il Lunedì successivo, era trascorsa esattamente una settimana ed io non ci avevo pensato più, e mentre, stanca, me ne stavo seduta con la testa appoggiata sulla spalla di mia sorella nel bus che ci stava riportando a casa mi sentii toccare la spalla, mi girai di colpo e lo sentii esclamare, come se mi conoscesse da una vita:"Victoria, sei proprio tu?"

"Oh!Ciao Daniele, tutto bene?" dissi, illuminandomi, buttando a caso le prime parole che mi vennero in mente.

"Daniele? Chi è? Io per gli amici sono Dany!" poi riprese: "Comunque si, tutto bene! A te?"

"Bene Dany!" risposi, calcando l'ultima parola.

Intenzionata a scoprire di più di lui, dopo pochi istanti di silenzio chiesi:"In che zona abiti?"

"Proprio nella strada della mia fermata. Tu?"

"Sai dov'è la fermata subito dopo la tua?"

"Si" rispose.

"Due strade dopo"

"Ma i tuoi genitori non sono italiani?" chiese.

Un po' perplessa risposi:"Si, perché?"

"Il nome tuo e quello di tua sorella mi avevano fatto pensare l'inverso. Insomma stiamo in Italia."

"Anche in Italia ci sono persone con nomi stranieri" risposi io. Poi continuai:"I nostri genitori amano l'America, ecco il motivo!" poi continuai: "Però ho anche un'altra sorella, la più piccola. Lei ha un nome italiano, si chiama Ania”

"Almeno con l'ultima si sono sforzati di scegliere un nome diffuso nella loro patria" sorrise, poi facendosi più serio aggiunse: "Il tuo è proprio un bel nome!" io arrossii.

"Mi chiamo Victoria perché i miei genitori cercavano un nome americano ma forte, sperando che crescessi con una forza interiore da essere imbattibile!" spiegai.

"E lo sei diventata?" mi chiese.

"Lo spero!"

"Secondo me si. Non so perché ma ti vedo molto forte. E' una sensazione!"

"Mi fa piacere che pensi questo di me!" gli dissi, veramente contenta.

"E tu cosa pensi di me?"

Non sapendo cosa rispondere dissi:"Non lo so, ti conosco così poco!"

In realtà sapevo cosa pensavo di lui, che era bello da morire con i suoi capelli castani a spazzolino, la sua carnagione leggermente scura, bianchissima se paragonata alla mia, e i suoi grandi e neri occhi. Ma non mi andava di dirlo ad uno che in fin dei conti era ancora uno sconosciuto.

"Devo scendere!" disse prendendo le sue cose. Poi continuò dicendo:"Hai ragione, dovremmo conoscerci meglio!"

"Sai dove lavoro, sto tutti i giorni lì. E dalle 8:00 fino alle 17:00 non posso muovermi."

"Vengo a trovarti qualche volta. Mi piacerebbe vederti fuori la mia università ma tu non sai i miei orari, poi lavori fino alle 17:00 e sei stanchissima"

"Se potrò mi farà piacere venirti a trovare!"

"Lo spero tanto. Ora però devo scendere"

"Ciao" gli dissi, mentre mi salutava con un abbraccio.

Forse eravamo stati incorretti nei confronti di Marianne ma non ci avevo pensato, ero così presa da lui che mi ero scordata di tutto e di tutti. E forse anche lui. Ora ne ero lusingata e felicemente certa, piacevo anche a Daniele. Anzi no, Dany!

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Capitolo 3
*** Sorprese ***


Dopo due giorni, mentre uscivo dalla sartoria lo vidi appoggiato al muro vicino alla porta. Sorpresa dissi:"Ciao" andandogli incontro.

"Ciao" mi rispose.

Dopo averlo salutato con un bacio sulla guancia cercai di nascondere il mio nervosismo con la prima frase che mi venne in mente: "Sei un uomo di parola, sei venuto a trovarmi come avevi promesso!"

"Io cerco sempre di mantenerle le promesse!" poi continuò: "Ora merito di fare quattro passi con te?"

"Si! Ma aspetta un attimo, voglio avvisare Marianne"

Mentre andavo incontro a mia sorella non mi accorsi della sua presenza dietro di me fino a quando interruppe la nostra conversazione dicendo: "La rapisco massimo per un'oretta se per lei va bene". Poi si girò verso di me cercando, forse, di leggere l'espressione del mio volto che, anche se provassi con tutte le mie forze di nascondere, lasciava capire benissimo che spruzzavo felicità da tutti i pori!

Dopo aver detto a mia sorella che sarei tornata a casa più tardi ci avviammo presso un bar. Per strada parlammo di tutto e di più, anche delle cose più banali.

Appena arrivati ci sedemmo e dopo un po' ordinammo. Io presi un caffè perché oltre ad essere stanca avevo anche sonno poiché avevo dormito poco durante la notte a causa di mio padre che non si sentiva bene. Ma ovviamente di queste cose non mi andava di parlarne con lui, le ritenevo troppo intime per dirgliele ora. Forse mi sarei aperta, ma non dopo così poco tempo che lo conoscevo, e non senza aver vissuto quella situazione tanto da sapere almeno se ne valeva la pena di parlare.

Dopo mi riaccompagnò a casa, fino all'inizio della mia strada. E dopo esserci salutati, proprio mentre io mi stavo lentamente avviando verso casa, mi sentii chiamare. Mi voltai e vidi Dany che alzando una mano, come se stessimo a scuola, disse: "Un'ultima domanda, per favore!"

Io, indietreggiando dei pochi passi che avevo fatto mi avvicinai a lui che mi chiese: "Quali sono i tuoi fiori preferiti?"

Io arrossii, illudendomi che la prossima volta si sarebbe presentato con dei fiori in mano.

Passandomi una mano tra i capelli, aggiustandomi la frangetta che il vento aveva scompigliato, risposi: "I fiori mi piacciono moltissimo, ma in particolare i miei preferiti sono le rose e i tulipani".

"Grazie per l'informazione" disse.

Sinceramente quest'ultima frase mi rimase un po' stupita, poiché l'aveva detta solo dopo quella mia risposta e non per le altre domande che stesso lui mi aveva fatto?

"Ok allora alla prossima?"

"Alla prossima!" rispose lui. Ma si capiva chiaramente che nessuno dei due voleva veramente andarsene.

Ad un certo punto però lui disse: "Tra poco verrà il bus che mi porterà a casa! Se avessi la possibilità di utilizzare la macchina lo farei, ma ora devo arrangiarmi un po'. Circa tre mesi fa feci un incidete, io non so come, ma me la cavai con pochi punti che tolsi il mese scorso, ma la macchina è distrutta e quindi sta dal meccanico ad aggiustare" dopo una breve pausa continuò: "Potrei anche comprarne una nuova, forse risparmierei anche, ma quella macchina è l'ultimo regalo di mio padre."

Non aggiunse altro, ma io capii che era orfano di padre, e comunque non mi azzardai a chiedere.

Dissi solo: "Mi dispiace!"

A quel punto non sapevo che altro dire, per fortuna mi salvò il bus che arrivò.

"Allora ciao" dissi indicando con lo sguardo il bus.

"Ciao" disse. E abbracciandomi forte mi sussurrò all'orecchio un ti voglio bene accompagnato da un bacio che sfiorò le mie labbra, non fece centro solo perché istintivamente mi spostai. Un gesto di cui, dopo, mi pentii tantissimo.

 

Riflettendo, la sera nel letto, non capivo se veramente gli piacevo o se mi vedeva solo come un evasione da quella che, lui forse riteneva, solita e pesante vita.

 

La settimana successiva, verso le 15:00 vidi Marianne con il volto bianco e l'espressione stanca. Preoccupata mi avvicinai a lei, infischiandomene dell'antipaticissima datrice di lavoro, le diedi una barretta di cioccolato che avevo nella tasca del cappotto. Le misi una mano sulla fronte e notai che scottava parecchio, in quel momento si avvicino Margherita, la datrice di lavoro, e io le chiedi di accompagnare mia sorella a casa poiché aveva la febbre. Lei disse di no, credeva che fingessimo. Senza pensare alle conseguenze iniziai a litigare con lei che minacciò di licenziarmi. In quel preciso istante entrò Dany per farsi cucire una giacca. Poiché la sua famiglia erano migliori clienti di quella sartoria fu accolto a braccia aperte e riuscì anche a salvarmi il posto di lavoro e mi aiutò a portare Marianne a casa. Nel momento in cui lo vidi mi sembrò un angelo che mi fece alluminare tutta!

(Da quel giorno Margherita iniziò a riservarmi un comportamento speciale ma dai suoi occhi si poteva chiaramente leggere il suo disprezzo per me!)

Il giorno dopo andai da sola al lavoro, Marianne stava a casa con la febbre, così dopo finito di lavorare, pensando di fare una sorpresa a Dany, andai fuori la sua università ma lui non c'era.

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Capitolo 4
*** Il sogno realizzato ***


Dopo circa una settimana mi arrivò una telefonata, era Dany.

"Pronto" dissi, dopo aver accettato la chiamata.

"Ciao Victoria, volevo sapere come va, è da un po' che non ci vediamo!"

"Ciao Dany" dissi con quel stupore mescolato con la tanta gioia che la mia voce non si preoccupava di mascherare. "Tutto bene! Te?"

"Bene" rispose. Dopo un attimo di pausa continuò: " Dobbiamo vederci!"

"Devi dirmi qualcosa?"

"No! Cioè si, beh avrei tante cose da dirti e anche tu credo che debba dirmi tante cose o sbaglio?"

"Dany scusa ma non ti seguo, spiegati meglio!"

"Beh insomma, non so tu, ma io voglio rivederti!"

"Veramente anche io, la settimana scorsa venni fuori la tua università ma non c'eri!"

"Ho avuto la febbre" Poi senza darmi il tempo di parlare disse: "Allora quando ci vediamo? Mi manchi un sacco Victoria"

"Io propongo sabato fuori la sartoria. Credi di poter venire?"

"A che ora?"

"Alle 17:00, quando finisco di lavorare. Ci sarai?"

"Ci sarò!" pensandoci su continuò: "A patto che resterai con me tutta al serata"

"E' quello che avevo intenzione di fare"

"Così va bene. A Sabato allora, tra tre giorni. Ora devo scappare, un bacione."

"Ok, vai. Ti abbraccio!"

 

Aspettai quel Sabato con molta ansia e quando finalmente arrivò io non stavo nella pelle.

Al mattino, quando salimmo sul bus per andare al lavoro, dissi a Marianne che non sarei tornata con lei dopo il lavoro.

"Perché? Dove vai?"

"Se te lo dico mi prometti di non dirlo a nessuno?"

"Certo. Non ti fidi di me?"

"Ovvio che mi fido di te, sei mia sorella! Comunque stasera mi vedo con Dany. Voglio tenere segreta la cosa perché è troppo presto"

"Ecco cosa c'era dietro a tutto quel nervosismo e allegria che hai" poi continuò "Victoria attenta, cioè tu non lo conosci benissimo, alla tele se ne sentono tante. Non farmi stare in pensiero."

"Non preoccuparti sorellina, Dany è un bravo ragazzo, carino da morire e cotto di me. Cosa posso volere di più dalla vita?"

"OK. Però promettimi ugualmente di stare attenta!"

"Va bene, te lo prometto!" poi continuai "Marianne ho passato gli anni del liceo piegata sui libri, ora mi divido tra la malattia di papà e la sartoria. Finalmente ho incontrato chi mi fa stare bene. Vederlo è anche un modo per staccarmi dal mio mondo, liberarmi dai miei pensieri, io e lui, basta."

"Ti capisco!" disse abbracciandomi.

Scese dal bus iniziò una giornata lavorativa abbastanza faticosa, ma appena credevo di perdere le energie pensavo al dopo e mi risollevavo.

Verso le 16:30 mi recai in bagno per rifarmi il trucco, poi mi cambiai i vestiti che avevo in una borsa enorme. Indossai un pantalone bianco strettissimo con una camicia nera con delle paiette, dei tacchi neri non troppo alti, ed una borsa bianca. Mi avvicinai a mia sorella per darle quelli che avevo messo la mattina.

"Portali a casa. Come sto?"

"Quando cammini per strada tutti si girano per mangiarti con gli occhi anche se stai senza trucco e con dei stracci addosso e tu ti fai i problemi per come stai?"

"Dai dimmi come sto" insistetti io.

"Bene, anzi benissimo. Sei bellissima sempre come potresti non esserlo così preparata"

Mi allontanai per rimettermi a lavoro negli ultimi 15 minuti che restavano. Margherita mi guardava fisso ma non disse neanche una parola, anche se nei suoi occhi si leggeva tanta irritazione e disprezzo nei miei confronti.

 

Appena uscimmo non vidi Dany, stavo per arrabbiarmi quando all'improvviso mi sentii bussare sulla spalla destra , mi voltai e lo vidi lì difronte a me con un paio di jeans, una camicia bianca come le scarpe, i capelli gelatinati e un mazzo di rose e tulipani in mano.

Dopo esserci salutati con il bacio sulla guancia mi porse i fiori.

"Sono per te"

"Grazie Dany, sono bellissimi. Al dire il vero sono i miei preferiti"

"Lo so, me lo hai detto tu un po' di tempo fa"

"E' solo un mese che ci conosciamo"

"Scusami lo so, ma a me sembra già una vita. Scusa forse con quella frase..."

"Non preoccuparti Dany, anche a me sembra già una vita" lo interruppi io.

"Meglio così" Disse lui.

"Ora andiamo?" Chiesi io.

"Certo"

Mentre camminavo diritto mi fece segno che parcheggiata più avanti c'era la sua auto. Era una Mercedes nera, bellissima anche se non ne capivo il modello.

"E' bellissima! E' quella che era rotta?"

"Si. E finalmente ora non lo è, non ne potevo più di stare a piedi"

"Allora non posso più sperare di vederti nel bus"

"No. Ma non è un problema perché mi vedrai comunque e per più tempo"

Restai zitta ma non riuscivo a mascherare il mio stato d'animo allegro.

"Dove mi porti?"

"Aspetta e vedrai".

Dopo aver guidato per un po', mentre parlavamo, notai che stava parcheggiando. Spense la macchina, si slacciò la cintura di sicurezza, scese e venne ad aprirmi la porta. Stavamo in un bosco, e in mezzo al verde c'erano le panchine e un ruscello.

"Ti va di passeggiare con me tra gli alberi Vi?"

"Vi?"

"E' troppo lungo Victoria"

"Una volta mi dicesti che ti piaceva"

"Mi piace, però voglio chiamarti in un modo diverso dagli altri. Posso?"

"Ok, te lo concedo" dissi, ma in realtà ne ero felice.

"Oh! Grazie" iniziammo a ridere insieme.

"Ora andiamo?" chiese porgendomi la mano

"Andiamo" dissi afferrandola.

 

"Quali sono i tuoi progetti per il futuro?" mi chiese dopo aver camminato un po'.

"Non lo so, per il momento penso al presente e a quello che mi sarebbe piaciuto fare"

"A 21 anni già hai dei rimpianti? Se hai un sogno realizzalo"

"Alcune volte la vita ti impedisce di sognare"

"Qual è il tuo sogno?"

"Mi sarebbe piaciuto diventare un medico, aiutare le persone"

"Allora perché lavori in una sartoria e non studi medicina?"

"Dany la mia vita non è tutta rose e fiori" dissi fermandomi, con quel velo di tristezza negli occhi.

Feci qualche passo indietro e mi sedetti su una panchina, dopo essere stata seguita da lui iniziai a raccontare.

"Prima io e la mia famiglia vivevamo una casa di due piani, con due bagni, io e le mie sorelle avevamo tre camere separate. Tutto filava liscio fino a due anni fa, quando mio padre si ammalò, ora sta in un letto e non può muoversi. Io e Marianne dobbiamo lavorare per mantenere la famiglia, mentre mia madre lo accudisce e mia sorella minore sta al liceo" mi fermai un attimo, poi ripresi "Inoltre fummo costrette a cambiare casa. Ora abbiamo solo un bagno solo, una cucina e due camere da letto"

Lui mi abbracciò forte e mi disse: "Ci sono io qui, conta su di me per qualunque cosa. Qualunque" ripeté guardandomi diritto negli occhi.

"Grazie" riuscii solo a pronunciare.

Forse non dovevo dirglielo, non in quel momento, non al nostro primo vero appuntamento. Ma non ne ero pentita, sentivo di potermi fidare. La ritenevo una persona importante ormai.

"La mia situazione è inversa invece. Il mio è il classico padre riccone che ti riempie solo di soldi ma non di attenzioni"

"Mi dispiace tanto"

"Non fa niente, ormai ci sono abituato" poi continuò "Quella macchina è l'ultimo regalo che ho ricevuto da lui, per il mio compleanno dell'anno scorso, uno dei pochi che si è ricordato"

Io non riuscii a dire nulla.

Dopo un po' disse: "Basta parlare di lui, non lo merita. Ti va di vedere una cosa spettacolare?"

"Cosa?"

Controllò l'ora, mi prese per mano e disse: "Vieni e vedrai! E' per questo che ti ho portata qui"

Dopo aver camminato un po' ci trovammo alla fine del bosco, vicino ad una ringhiera, sotto c'era il mare.

"Ma quanto siamo alti?" dissi

"Abbastanza per goderci lo spettacolo"

"Dany ma di che spettacolo parli?"

"Se aspetti circa quindici minuti lo vedrai"

Mi teneva stretta a lui, ed io mi dimenticai di nuovo del mondo che ci circondava. Mi sentivo come se riusciva a trasportarmi in un'altra dimensione, dove non esisteva nulla, solo noi due.

Aspettammo in silenzio, e dopo circa quindici minuti vidi veramente uno spettacolo.

Il sole che tramontava nel mare sotto il bosco. L'acqua diventò rossa e sembrava che lo stesse inghiottendo.

"E' bellissimo"

"E' come te" disse, poi mi baciò. Fu un bacio a cui non seppi resistere, anzi era come se lo stessi aspettando da sempre.

 

"Ora che sai tutto di me, mi sento veramente legata a te" dissi quando salimmo in macchina.

"Anche io mi sento legato a te, ma da non so cosa" dopo un attimo di pausa riprese "Sono felice che stiamo insieme, perché stiamo insieme? O sbaglio?"

"Se è quello che vogliamo non sbagli"

"E' quello che voglio"

"Anche io"

Sostò un attimo, il tempo di darmi un bacio, poi ripartì.

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Capitolo 5
*** Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio! ***


Dopo aver concluso la magnifica serata con una cena al ristorante mi riaccompagnò a casa verso le 21:30. Disse che avrebbe voluto stare ancora in mia compagnia ma non voleva farmi fare tardi poiché il giorno dopo dovevo lavorare.

Arrivata a casa, ancora prima di andare in bagno per struccarmi e mettermi il pigiama, andai subito in camera mia per raccontare tutto a Marianne, ma la trovai a dormire. Cosa insolita poiché in genere andava a letto intorno alle 22:30. Pensai che non si sentisse bene così chiesi a mia sorella minore.

"Ania, Marianne non si sente bene?"

"No! Ma, a dire il vero, aveva un espressione amareggiata"

"Sai il perché?"

"No. A proposito, com'è andato il tuo appuntamento?"

"Cosa?"

Non potevo crederci Marianne aveva parlato. "Forse le sarà scappato, forse l'avranno costretta con il loro interrogatorio!" pensai.

"Marianne l'ha detto quando stavamo a tavola"

"Quante domande le avete fatto per farla parlare?" dissi infuriata.

"Mamma le ha chiesto dove eri e lei ha risposto che avevi un appuntamento con un ragazzo"

"Non posso crederci" dissi con le lacrime agli occhi, erano lacrime di rabbia e delusione allo stesso tempo.

 

Il mattino successivo ero intenzionata a non rivolgerle la parola, e a farmi stare meglio ci pensò Dany con il suo dolcissimo messaggio che mi augurava il buongiorno.

Ad un certo punto, mentre ce ne stavamo sedute nel bus, decisi che mi doveva delle spiegazioni, così iniziai con un discorso che non avevo preparato, ma era la mia rabbia a parlare.

"Marianne, si può sapere perché mi hai fatto questo? Ti avevo chiesto discrezione, io mi ero fidata di te. Grazie per aver mantenuto il segreto"

Lei non mi rispose.

"Almeno degnati di darmi una spiegazione"

"Scusa, so di aver sbagliato, ma mi hanno bombardato di domande. Mi sembrava un interrogatorio. Ho detto bugie su bugie fino a far capire che mentivo e così ho dovuto dire la verità"

"Continui a dire bugie?" dopo un po' continuai: "Ieri sera ho parlato con Ania, mi ha detto della tua espressione amareggiata e so che hai parlato subito dopo la prima, innocua e naturale domanda di mamma"

Lei abbassò lo sguardo, forse era in cerca di altre scuse, ma a quanto pare non ne trovò, perché non disse nulla.

"Io l'ho capito che sei gelosa di me. Anzi l'ho capito troppo tardi, dovevo accorgermene prima, quando incontravamo Dany nel bus"

Lei riuscì a dire solo: "Sbagli se credi che Dany......" ma a me non andava di ascoltarla e quindi la interruppi: "Taci, non voglio ascoltarti, ne ora ne mai più. Non mi fido più di te" poi, pensandoci su, ripresi: "Poi lui per te è solo Daniele".

Le mie ultime parole rivolte a lei, mentre prendevo le mie cose e scendevo dal bus, furono: "Mi hai delusa, ti credevo diversa".

 

Quella sera uscii con Dany, ero ancora delusa e lui se ne accorse che in me qualcosa non andava.

"Vi ti vedo strana. Va tutto bene?"

"Niente di grave" risposi.

"Se ti va di parlare sono qua. Tengo a farti sapere che ti puoi fidare di me"

"Si tratta di mia sorella Marianne"

"Avete litigato?"

"Mi ha delusa, non le parlerò più"

"Che esagerata, cosa avrà fatto di così grave?"

"Ieri mattina le dissi che non tornavo con lei perché dovevo uscire con te. Ma le avevo chiesto di non dirlo a nessuno perché era troppo presto. Invece ho scoperto che lo disse ieri sera a tavola, quando mia madre le chiese dove ero. Io mi ero fidata di lei, capisci perché mi sento così delusa e arrabbiata nei suoi confronti?"

"Capisco, hai ragione ad esserlo. Ma tu la conosci meglio di me, secondo te cosa l'ha spinta ha farti questo?"

"E' chiaro Dany, lei è gelosa di me. E' gelosa che io sto con te, che tu hai scelto me e non lei".

Lui non parlò.

 

La sera quando tornai a casa mia madre mi stava aspettando in cucina. Io guardando l'orologio dissi: " Mamma sono le 21:00, non è tardi, perché mi aspetti in cucina?"

"E' vero non è tardi, ma io voglio capire cosa succede"

"Non succede nulla mamma, va tutto bene"

"Chi è questo ragazzo?" tagliò corto mia madre.

"E' un bravo ragazzo, si chiama Dany e ha 23 anni. Studia ingegneria. Ti basta mamma?"

"Dovrebbe bastarmi? Mi hai sempre detto tutto, perché questa volta no? Cosa hai da nascondere Victoria?"

"Niente mamma, volevo tenere la cosa segreta perché è troppo presto. Poi te l'avrei detto"

"Victoria di me puoi fidarti, lo sai?" disse mia madre accarezzandomi il viso.

"Si, di te si. Ma a quanto pare di tua figlia Marianne no, sai perché? Perché è gelosa di me, proprio lei, proprio mia sorella"

"Ma cosa dici?"

"Allora secondo te perché ha parlato quando le avevo chiesto di non farlo?"

"Forse si sarà solo preoccupata per te" poi continuò: " Io mi fido di te! Però mi prometti ugualmente di stare attenta?"

"Certo mamma, non preoccuparti"

"Ci provo. Buona notte!" disse baciandomi sulla fronte.

"Bona notte anche a te mamma!"

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Capitolo 6
*** I cattivi sono sempre i più deboli ***


Erano trascorse circa due settimane da quell'evento che mi portò a non rivolgere la parola a Marianne. Ma in quel poco tempo lei era cambiata, ora era una di quelle che si vestono in maniera molto provocante e si comportano in maniera poco seria con il sesso opposto.

Anche se mi aveva delusa, restava sempre mia sorella e mi dispiaceva vederla così diversa. A dire il vero mi mancava la ragazza semplice e sincera che era stata, quella che era cresciuta con me. Non sapevo cosa volesse ottenere o dove volesse arrivare, ma ero intenzionata a scoprirlo, così decisi di parlarle.

"Marianne cosa stai combinando? Posso sapere perché ti comporti così?"

"Cosa te ne frega?" mi rispose bruscamente.

"Anche se mi hai delusa resti mia sorella. Voglio sapere cos'hai"

"Per una volta quando cammino per strada voglio essere guardata nello stesso modo che guardano te. Voglio che debbano dire: " Guarda c'è Marianne, senza aggiungere la sorella di Victoria!". E con il mio comportamento, che ti piaccia o no, sto ottenendo ciò che voglio"

"Non è così che funziona"

"Allora come funziona, signorina so tutto?"

Io restai zitta. Ad un certo punto lei mi abbracciò e scoppiò in lacrime.

"Victoria ti ricordi di Federico?"

"Si. Ma vi siete lasciati qualche anno fa, perché ci piangi ora?"

"E' stato il mio primo amore, la mia prima volta. E' stato l'inizio della fine"

"L'inizio della fine?"

"Si. Io ho l' aids"

Restai zitta, con gli occhi fuori dalle orbite.

"Poiché era la prima volta per me decidemmo di farlo senza protezioni. Dopo mi lascio e non si fece più vivo. Un paio di mesi fa mi mandò un messaggio con scritto: "Benvenuta nel mio mondo, quello dell'aids!"."

"Te lo avrà detto per farti spaventare"

"E' una delle opzioni che pensai, ma poi andai da un medico e mi confermò la malattia" poi continuò "Io cerco solo di divertirmi in questo tempo che mi rimane"

"Però così non lascerai un buon ricordo di te"

"Victoria io devo morire. Con l'aids si muore. Cosa può fregarmene di lasciare un buon ricordo quando la mia vita avrà fine durante il fiorire della mia gioventù?"

Io scoppiai in lacrime, anche se avevo cercato di trattenermi, vennero fuori da sole.

"Tu sei sempre stata forte, ora potresti divertirti in un altro modo"

"Forse hai ragione" dopo un po' continuò: "Victoria scusa se sono stata gelosa di te, ma tu ti eri fidanzata con un bel ragazzo che tiene tanto a te, e paragonando la tua vita alla mia distrutta da uno stronzo che mi ha sempre fatta piangere che mi ha condannata alla morte, questo mi ha resa gelosa"

"Non preoccuparti Marianne, ora capisco. Se c'è qualcosa che posso fare per te, qualunque, dimmelo e lo farò"

"Non dire niente a nessuno, la nostra famiglia già sta male per papà"

"Ok!"

"Un'altra cosa, quando morirò cerca di non far sapere la verità a nessuno. Soprattutto a mamma"

"Se fai le terapie, qualche speranza c'è"

"E' già passato un anno, poi possono prolungare la vita ma non salvare dalla morte"

A quel punto scoppiammo a piangere a singhiozzi insieme, non riuscivamo più a parlare. C'è ne stavamo abbracciate. Non riuscivo a pensare che la vita di mia sorella poteva spezzarsi da un momento all'altro.

 

Dopo un po' mi chiamò Dany.

"Pronto"

"Ciao amore, volevo sentirti un po'. Cosa stai facendo?"

"Niente di speciale!"

"Vi ma stai piangendo?"

Non riuscii a mentirgli. "Si, ma ti prego non chiedermi perché. Non riguarda me, però è una cosa che mi fa stare molto male ma ho promesso di non parlare"

"Ok, come vuoi"

"Dany, lo so che è Domenica pomeriggio e sono appena le 16:00, ma mi vieni a prendere? Ho bisogno di verti"

"Ok, vengo"

"Ti aspetto, Un abbraccio"

"Io ti mando un bacio!"

 

Quando arrivò salii in macchina e cercai di distrarmi in compagnia della persona che più di tutti mi faceva stare bene anche nei giorni peggiori come quello.

 

"Dany posso sapere cosa ci trovi di così speciale in me? Insomma, sei un bellissimo ragazzo, potresti avere tutte le ragazze che vuoi. Perché stai con una pieni di problemi come me?"

"In te ci vedo quello forse neanche te riesci a vedere in te stessa. Hai tanti problemi, ma sei matura, responsabile. Sei quella che ho sempre voluto e mai trovato. Tutte le ragazze che potrei avere, tutte insieme non sarebbero metà di te!"

Mi meravigliai che non parlò della mia parte esteriore. Prima di conoscere Dany, tutti si interessavano solo al mio fisico, che devo ammettere, aveva forme da fare invidia a chiunque.

Mi portò in spiaggia, era primavera, poiché la temperatura non permetteva di mettersi in costume e tuffarsi nel mare, era deserta. Ci baciammo tantissime volte, ad un certo punto mi disse: "Ti amo"

Io rimasi senza fiato, però ne avevo abbastanza per poter rispondere: "Anche io"

Ricordai la prima volta che me lo disse, erano passati quattro giorni da quando ci eravamo messi insieme. Stavamo su quella stessa spiaggia, solo noi due ad osservare il tramonto tanto amato da me e da lui. Quel ti amo sussurrato all'orecchio mi fece rabbrividire. Risposi: "Idem" poi ci baciammo.

 

Ad un certo punto le mani iniziarono a chiede di andare oltre, e non solo le sue, così mi alzai subito: "Scusa Dany, ma credo che sia troppo presto, sono solo due settimane che stiamo insieme"

"Hai ragione, scusami tu. Non credere che ti abbia preso per una ragazza facile, è solo che non so cosa mi sia preso" poi mi prese le mani nelle sue e disse: "Io ci tengo davvero a te. Credimi"

"Ti credo, perché ti amo" dissi, poi lo baciai. 

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Capitolo 7
*** Mai fermarsi alle apparenze ***


So che questo capitolo e corto, scusate. Mi farò perdonare. BUONA LETTURA!



Vedevo mia sorella Marianne che stava sempre peggio, e non solo moralmente. Cercavo di confortarla ma dentro anche io soffrivo per lei.

Aveva deciso di non fare nessuna cura. "Se non possono salvarmi dalla morte è inutile farle per vivere per più tempo una vita sofferente e con la consapevolezza di non poter invecchiare". Diceva. Avevo cercato di convincerla del contrario ma senza risultati, era molto testarda e quando si intestardiva nulla poteva farle cambiare idea.

 

Una mattina Margherita chiuse la sartoria per motivi che non ci spiegò mai. Colsi questa occasione per fare una sorpresa a Dany, andai fuori la sua università. "Questa volta c'è, lo so perché mi disse di avere un esame" pensai. Arrivata li lo vidi, ma non era solo, c'era una donna con lui. Andai su tutte le furie vedendo quella bella mora sulla cinquantina, portati bene, accanto a lui. Mi avvicinai a loro, lui appena mi vide sbiancò ed io provai schifo. Non feci nessuna scenata, mi voltai e me ne andai. Mi aspettavo almeno che mi venisse dietro per darmi qualche spiegazione, ma non lo fece.

Mi sentii morire dentro, e mentre mene stavo sdraiata sul letto con le lacrime che scendevano da sole, nella mia testa c'era una sola frase: "Mi ha tradita con una cinquantenne, che schifo!". Mi sentivo anche umiliata. Per fargliela pagare chiamai mio cugino, il mio scopo era quello di farmi vedere in sua compagnia e fargli assaggiare lo stesso bicchiere di veleno che avevo mandato giù io.

"Ciao Matteo, come va?"

"Ciao Victoria. Qui stiamo tutti bene. Voi?"

"Sempre solite cose" poi continuai: "Ti andrebbe di farmi un piacere?"

"Di che si tratta?"

"Dovrei fargliela pagare al mio ragazzo"

"Ha alzato le mani con te?" chiese Matteo con tono irritato come per dire: "Lo faccio fuori!"

"Mi ha tradita con una cinquantenne"

"Cosa?"

"Mi aiuti o no?"

"Certo che si"

Mi presentai sotto casa sua con mio cugino, ma ciò che vidi bastò a farmi capire quanto ero stata sciocca e superficiale.

Quella donna doveva essere la madre di Dany che era stata tradita dal marito, e ora le stava urlando contro sotto al palazzo. Dopo un po' scese lui che cercò di calmare la donna e sputò in pieno volto il padre. Poi mi vide e salì, arrossendo in viso.

 

Il giorno dopo lo chiamai ma non rispose. Gli mandai un messaggio dove mi scusavo e dicevo di amarlo, ma neanche a quello rispose.

Il terzo giorno lo aspettai fuori casa sua. Dopo due ore di attesa finalmente scese ma mi evitò. Lo afferrai per un braccio e inizia a piangere.

"Scusa" furono le uniche parole che mi uscirono di bocca mentre cercavo di abbracciarlo. Ma lui mi respinse.

"Sei contenta di ciò che hai visto?"

Io restia zitta con le lacrime che scendevano rigandomi il viso, ma lui continuò.

"Ti credevo diversa, più matura. Invece sei uguale alle altre. Puoi continuare a spassartela con quel tipo che ieri ti teneva compagnia"

"E' mio cugino, siamo cresciuti insieme. Si chiama Matteo"

"Victoria va a quel paese. Non voglio vederti ne sentirti più"

Dopo aver detto questo se ne andò, lasciandomi li da sola, in compagnia delle mie lacrime che inutilmente scendevano dai miei occhi, senza riuscire a fermarsi.

Quelle due settimane insieme erano bastate per farmi perdere la testa per lui, ora sentivo la sua mancanza. Mi sentivo a pezzi con la consapevolezza di non poter rimediare.

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Capitolo 8
*** Promesse ***


I giorni iniziarono ad essere tutti uguali, così anche le settimane. Non Avevo più scopi, né svaghi. Ormai mi sembrava di vivere più di 24 ore al giorno, perché ogni ora diventava sempre più pesante di quella precedente, senza lui. I miei movimenti iniziarono ad avere gli stessi ritmi meccanici di un tempo.

Non mi riconoscevo più, ero sempre triste, piangevo per ogni cosa che mi ricordava lui (per tutto in poche parole) e quando qualcuno tentava di farmi distrarmi io mi chiudevo il più possibile in me stessa, diventando anche acida e scorbutica. Mi rifiutavo di fare ogni cosa. Ogni mattina mi svegliavo, andavo a lavorare e quando stavo a casa passavo la maggior parte del tempo in camera mia con le lacrime agli occhi mentre ricordavo di noi. Quel noi che ora non c'era più, lasciando un grande vuoto colmo di colpe che davo a me stessa.

Qualcuno mi avrebbe potuto pure chiamare idiota dal momento che piangevo e stavo a pezzi per un ragazzo che conoscevo da un mese e mezzo e stava insieme da solo 15 giorni, ma io credevo di poter affermare di amarlo. Una sera mene stavo in camera a piangere, come sempre, quando sentii bussare alla porta. Non sapendo come nascondere le mie lacrime finsi di dormire nella mia solita posizione, a pancia in giù, con la testa schiacciata sul cuscino. Entrò mia sorella Ania e si sedette sul mio letto.

"Sorellona è inutile che fingi di dormire, lo so che stai piangendo. Io non riesco a vederti così, tu per me ci sei sempre stata e se ora se posso aiutarti lo farò volentieri."

Quelle parole mi fecero scattare, le stesse parole che dissi a Marianne quando mi confidò la sua malattia. Io ora mene stavo lì, senza starle accanto. Ero l'unica che sapevo, quindi l'unica che poteva aiutarla, moralmente almeno. Mi facevo schifo da sola al pensiero di essere così egoista da pensare solo al mio problema, neanche poi tanto grande se paragonato al suo.

"Dai, ti va di fare due chiacchiere? Ti farà bene" disse Ania accarezzandomi la testa.

"Ok. Ma non so di che parlare, ogni cosa mi fa pensare lui e mi fa piangere" dissi girandomi e mettendomi seduta con le ginocchia strette al petto.

"Che ne dici di fare due passi? Potremmo andare alla nuova gelateria vicino casa, non puoi esserci andata con lui, l'hanno inaugurata solo tre giorni fa"

"Ania scusa ma non mi va"

"Per quanto tempo vuoi continuare a vivere così? Sono cinque giorni che non esci se non per andare in sartoria"

"Lo so, ma sto male. Ti ringrazio per aver cercato di farmi distrarre, ma non ci riesco"

"Neanche se ti dicessi che fanno dei frappè buonissimi. Dai lo so che li adori. Vieni, ti prego" disse, quasi supplicandomi.

Io mi limitai a scuotere la testa.

"Ti ha più chiamata?"

"No!"

"E' Sabato sera, Victoria non puoi startene qui"

Mi trascinò sotto la doccia bagnandomi dalla testa ai piedi.

"Ora ti lavi, ti fai uno shampoo, ti prepari e vieni con me"

"Va bene" dissi rassegnata.

"Ti aspetto. Massimo mezz'ora e ti voglio vedere pronta e bella come sempre"

Tra una lacrima ed un singhiozzo mi feci shampoo e doccia. Mi vestii con i primi vestiti presi a caso nell'armadio.

"Sono pronta, andiamo"

"Cosa? Cosa? Ma ti sei vista?"

"Perché? Cos'ho che non va?"

"Hai una faccia scolorita, ti ci vuole un po' di trucco" Mi portò la mia trousse, poi mi guardò meglio e disse: "Maglia viola e pantalone blu? Sei inguardabile. Da quanto non sai più vestire?"

"Non ci sto con la testa!"

"Tu sei Victoria Belzerri, sei sempre stata forte. Ora non puoi ridurti così per un ragazzo. Anche se è Dany" poi continuò "Me lo prometti?"

"Te lo prometto!" dissi abbracciandola.

Ce l'aveva messa tutta, non potevo deluderla. Avevo già deluse troppe persone. Non ero stata vicino a Marianne come le avevo promesso, ero stata assente in casa contrariamente a come avevo promesso quando mio padre si ammalò. Ora non potevo deludere anche mia sorella Ania.

"Mentre io mi trucco, per favore mi prendi il vestitino azzurro nel mio armadio?"

"Ok! Così ti voglio" disse, poi mi diede una pacca sul fondoschiena.

Dopo essermi preparata andammo in quella gelateria dove veramente mangiai un frappè squisito.

"Victoria non vedi come ti guarda?"

"Chi?"

"Il cameriere, ti sta mangiando con gli occhi"

"Ma non dire idiozie"

"Davvero non te ne sei accorta?"

Aveva ragione lei perché quando Ania ordinò del tè lui lo portò posandolo davanti a me. Poi prima di andarsene mi fece un sorriso accompagnato da un occhiolino.

"Visto che avevo ragione?"

Io non risposi.

"Guarda che si avvicina di nuovo?"

"Ania hai ordinato altro?"

"No"

Lui si avvicinò e si sedette vicino a me.

"Ho appena finito di lavorare, posso fare due chiacchiere con voi?"

"Certamente" disse mia sorella dandomi un pizzicotto.

"Piacere Dario"

Appena disse le prime due lettere del suo nome mi salì il sangue alla testa.

"Io sono Ania e lei è mia sorella Victoria. Piacere nostro" mi diede un altro pizzicotto per dire : "Parla, fai amicizia che ne hai bisogno!"

"Scusate dovrei andare in bagno, voi continuate a parlare"

E con questa banalissima scusa si allontanò, rimanendomi sola con Dario.

"Allora, quanti anni hai?"

"21" risposi fredda

"Io 22"

Annuii come per dire: "Chi te l'ha chiesto!"

"Studi?"

"No, lavoro in una sartoria"

"Ed io in bar"

"Scusami, dove sono i bagni?"

"Da quella parte"

Andai e trovai mia sorella.

"Che ci fai qui? Non stavi parlando con quel tipo?"

"E tu che fai qui?"

"Ti ho lasciata sola con lui, così parlate meglio. Ora vai!"

"Cosa speri Ania?"

"Il meglio per mi sorella"

"Che ne sai se quel ragazzo è il meglio?"

"Vichy stiamo parlando di un bellissimo biondino che lavora, cosa dovrebbe avere che non va?"

"Vichy? Ora mi chiami come quando eri piccola e non sapevi parlare?"

"Sinceramente Vichy mi piace di più. Poi Victoria è troppo lungo. Inoltre se ti chiamo in un modo che non ti chiama nessuno sembriamo più complici no?"

 

Questo che disse mi fece venire in mente una cosa che mi fece scende alcune lacrime. "Vi?" dissi io "E' troppo lungo Victoria" mi rispose Dany

"Una volta mi dicesti che ti piaceva"

"Mi piace, però voglio chiamarti in un modo diverso dagli altri. Posso?"

"Ok, te lo concedo" risposi felice.

 

"Che fai li impalata? Torna da quel bel cameriere"

"No, scusa Ania" dissi piangendo.

Corsi dal bagno fino al tavolo dove presi la mia borsa e scappai a casa, inseguita da mia sorella che cercava di farmi fermare, senza capire cosa avessi.

 

Appena tornai a casa vidi Marianne stesa sul pavimento della nostra camera. Diedi un urlo che fece svegliare i miei genitori, mentre mi avvicinavo a lei per capire se fosse un calo di zuccheri oppure la sua malattia. Mia madre e mia sorella stavano per chiamare l'ambulanza ma io cercai di convincerle che non era nulla di cui preoccuparsi. Si fidavano di me perché mi piaceva molto la medicina e oltre ad averla studiata sui libri avevo fatto anche pratica con mio padre ed i miei nonni.

Cercavo di farla mettere in sesto altrimenti saremmo stati costretti a portarla in ospedale dove non avrei potuto mantenere la promessa di fare di tutto per non far sapere nulla a nessuno sulla sua malattia.  

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Capitolo 9
*** Sollievo ***


Dopo circa un quarto d'ora fummo costrette a chiamare un' ambulanza. Per fortuna riuscii a convincere mia madre a restare a casa, nel caso mio padre avesse avuto bisogno di qualcosa. Ania volle venire con me, così infransi la mia promessa e raccontai a mia sorella minore della malattia di Marianne e di come l'aveva presa.

"Cosa?"

"Si, è proprio così purtroppo. Però non devi dirlo a nessuno, me lo prometti?"

"Ok"

"E questo cos'è?" disse Ania sfogliando un quaderno dalla copertina maltrattata.

"Sarà qualche suo quaderno di quando andava a scuola"

"Apparentemente si"

"Cosa vorresti dire?"

"Sapevi che Marianne ha un diario segreto?"

"Posalo Ania, non è corretto"

"Hai ragione. Deve averlo amato davvero quel bastardo di Federico, in quelle righe che ho letto non c'è altro che il suo nome e il suo dolore per lui"

"Garda lui come l'ha ridotta"

"Spero per lui che non si faccia mai vedere da me. Altrimenti giuro che lo faccio finire sottoterra"

"E che concludi?"

"Victoria non fare la moralista, non con lui. No con quell'assassino"

Mentre parlavamo arrivò l'ambulanza. Presero mia sorella e la misero su una barella nell'ambulanza. Salimmo anche noi due e nel giro di mezz'ora stavamo in ospedale. Il medico la visitò e ci disse che lei si era avvelenata. Aveva fatto un cocktail di pillole e candeggina. Ci fecero aspettare in sala d'attesa mentre i medici facevano il proprio dovere. Io e Ania scoppiammo a piangere.

"Come abbiamo potuto non accorgerci del suo malessere?" diceva mia sorella minore.

"Come ho fatto ad essere così egoista da pensare solo a me che ho perso Dany?"

Tra un singhiozzo e un senso di colpa sentii vibrare il cellulare nella mia tasca.

"Pronto?"

"Victoria tua sorella si è..." mia madre parlava con la voce interrotta dalle lacrime.

"Si, lo so mamma. Abbiamo parlato con il medico"

"Come abbiamo fatto a non accorgerci che stava male? Che mamma ingrata che sono"

"No mamma, tu già fai tanto per noi. Non darti una colpa. Ma come l'hai scoperto?"

"Sono andata in bagno e ho visto un bicchiere, l'ho annusato e odorava di candeggina, poi mancavano delle pillole, l'ho notato quando stavo pendendo quelle per tuo padre e ho visto dei pacchetti aperti" dopo un po' sentii la voce di papà.

"Tuo padre mi chiama"

"Si, l'ho sentito. Vai, ti chiamo io per tenervi aggiornati"

"Ok, e dimmi tutta la verità"

"Non preoccuparti mamma, fidati di me. Ciao"

"Ciao tesoro"

Dopo un'ora il medico venne di nuovo vicino a noi.

"Appartenete a Marianne Belzerri?"

"Si, siamo le sorelle. Ci sono notizie?" disse Ania con voce ansiosa.

"Vostra sorella è fuori pericolo. E' sana come un pesce, ma ha solo bisogno che le stiate vicino. Per fare un gesto del genere, beh..."

"Sana come un pesce?" lo interruppi io.

"Si, perché?"

"Sta parlando di Marianne Belzerri?"

"Si, la ragazza che si è avvelenata"

"Mia sorella è malata di aids già da un anno"

"Ne è sicura?"

"Aveva dei dubbi e un medico le confermò la malattia"

"Non so chi medico sia, ma le assicuro che Marianne Belzerri ha solo un malessere ed è interiore"

"Com'è possibile?" dissi tra me.

Appena ci fu concesso di vederla le diedi la notizia.

"Marianne sei sana, non hai l'aids. Lo ha detto il medico"

"Non è possibile, me lo disse il medico vicino casa nostra"

"Scusa l'ho dovuto dire ad Ania, è venuta in ospedale e l'avrebbe scoperto. Se fosse stato vero"

"Non preoccuparti, capisco"

"Noi invecchieremo e moriremo insieme, tutte e tre" disse Ania.

"Secondo te perché Federico ti ha detto una bugia del genere?" chiesi io

"Per farmela pagare, ovvio"

"Pagare?"

"Avevo paura di una gravidanza così presi la pillola del giorno dopo. Lui mi lasciò perché sosteneva che non lo amassi abbastanza per questo volevo evitare di avere un figlio suo. Ma lui cosa ne può sapere della nostra situazione familiare? Solo io incinta ci mancavo. Per questo ha pagato il medico per farmi spaventare. Sapeva che sarei andata da quello vicino casa, dove altrimenti"

"Che stronzo" dissi io

"Ma tu lo ami ancora?" chiese Ania

"Purtroppo si" l'abbracciammo noi.

Mi chiamò di nuovo mia madre.

"Pronto"

"Victoria tua sorella come sta?" mia madre era veramente preoccupata

"Sta bene, è fuori pericolo"

"Oh grazie a Dio. Quando tornate?"

"Quando ce l'ho concedono"

 

Andammo a casa in taxi mettendo insieme i soldi che avevamo in tasca tutti e tre, eravamo veramente felici soprattutto per aver scoperto che nostra sorella non era malata di aids.

Nostra madre ci aspettava sulla porta, appena ci vide buttò le braccia al collo di Marianne, senza smettere di piangere a singhiozzi.

"Perché l'hai fatto tesoro? Noi immagini come eravamo spaventati"

"Scusa mamma, non lo farò mai più. La vita è troppo importante per buttarla via così"

"Posso sapere cosa ti ha spinta a farlo?"

"Credevo di essere malata, e questa terribile esperienza mi è servita anche per sapere che invece sono sana"

"Come un pesce" aggiungemmo noi abbracciandole.

 

Andando in camera nostra Marianne prese il diario e andò fuori. Io la seguii.

"Cosa fai?"

"Brucio i vecchi tormenti. Dopo aver fatto questa sciocchezza ho capito che devo cambiare vita"

"Non come prima però"

"Una nuova vita ma comportandomi bene. Ho capito l'errore, grazie a te"

"Sei mia sorella e staremo sempre insieme"

"Sempre" disse lei, dopodiché prese un accendino che usavamo per accendere il gas in cucina e incendio quel quaderno che in realtà era il suo diario.

 

Entrai in casa e andai in bagno per farmi una doccia. Volevo solo rilassarmi. Poi mi misi il pigiama e mi misi nel letto, mentre stavo per addormentarmi stanca morta, sentii vibrare il cellulare, lo presi premendo un bottone a caso, vidi un messaggio. "Sono le 3:30 del mattino, chi può cercarmi a quest'ora?" pensai. 

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Capitolo 10
*** Quando tutto sembra sistemarsi.... ***


Quando lessi il messaggio che diceva "Sei stata cercata dal numero 3######### alle 01:13" mi salii il sangue alla testa, non potevo crederci. Era il numero di Dany. "Avrà sbagliato numero. Sicuramente voleva chiamare qualche puttanella" pensai con le lacrime agli occhi. Ma in cuor mio speravo che non era così, inoltre ero felice sapere che lui aveva ancora il mio numero, oppure lo conosceva a memoria.

Infischiandomene dell'ora gli mandai un messaggio. "Mi è arrivato un messaggio dove c'era scritto che mi avevi cercata verso l'1:13. Non so se hai sbagliato numero o cercavi davvero me. Anche se lo spero."

Dopo un po' sentii di nuovo squillare il cellulare, mi era arrivato un messaggio con il suo numero con scritto: "Speri cosa?"

Non sapevo cosa rispondergli, anzi, non avevo il coraggio di farlo. Già soffrivo troppo stare senza di lui, ora un rifiuto mi avrebbe spezzata completamente.

Poiché non lo risposi mi chiamò.

"Pronto" dissi accettando la chiamata.

"Ciao, come va?"

"A seconda a cosa ti riferisci"

"Victoria per favore, ho sonno" mi implorò mia sorella minore.

"Scusa, ora vado di la. E' Dany" dissi a bassissima voce, soprattutto l'ultima frase. Vidi Ania alzare un pugno in cielo spruzzando allegria da tutti i pori.

"Scusami, era mia sorella"

"Non preoccuparti. Allora a quanto ho capito non stai molto bene"

"Sono tante cose. Ieri stasera mia sorella si è sentita poco bene e siamo state in ospedale. Poi mio padre, beh, lo sai"

"E tu, come stai?"

"Cerco di andare avanti, cerco di distrarmi per dimenticarti Dany" mi pentii di averglielo detto. Non sapevo se avevo fatto bene.

"E ci stai riuscendo?"

"Sinceramente no" dissi senza neanche pensarci.

"Confesso a anche tu manchi a me"

Mentre ero felice ma non sapevo cosa dire lui mi disse: "Cosa ne dici di vederci?"

"Ok, quando?" in quel momento le gambe non mi reggevano più, dovetti sedermi tanto ero contenta.

"Domani sera verso le 20:00 ti va bene? Vorrei portarti a cena"

"Ci sto"

"Sai credo che anche io ti debba delle scuse. Anche se tu ti sei comportata da immatura io ho scaricato su di te parte della rabbia che avevo dentro"

"Non preoccuparti Dany, ti comprendo. Scusami anche tu, dovevo parlarne con te invece di affrettare le cose e comportarmi da immatura"

"Va bene vediamoci e cerchiamo di riprovarci"

"Sono d'accordo"

"A domani allora, buona notte anche se notte non è più!"

"Hai ragione, allora buon giorno con gli occhi chiusi" dissi sorridendo, in quel momento mi sentivo veramente contenta.

"Anche a te!" disse, poi riagganciammo.

 

Senza neanche vedere l'ora andai a letto, ma mentre cercavo di addormentarmi le mie sorelle accesero una lampada facendomi capire che l'interrogatorio era iniziato.

"Allora cosa vi siete detti?" disse Ania

"Si, dai, raccontaci tutto" continuò Marianne

"Ok ok, se ve lo dico poi mi lasciate dormire? Sono stanca morta"

"Va bene"

"Allora, mi ha chiamata verso l' una e un quarto ma non avevo linea, così mi è arrivato un messaggio di avviso. Gli ho mandato un messaggio per sapere cosa voleva e mi ha risposto se mi faceva piacere essere stata chiamata da lui"

"E tu cosa gli hai risposto?" chiese Ania, la più curiosa della famiglia

"Io non l'ho risposto così lui mi ha chiamata e ci siamo organizzati per vederci domani sera, anzi stasera"

"Evvai" esultò Ania

"Finalmente" continuò Marianne

Vennero vicino al mio letto e mi abbracciarono tutte e due, contemporaneamente.

"Non poteva mancare il famoso abbraccio collettivo, vero Vichy?"

"Infatti. Ora però voglio solo dormire, vi prego"

"Ok ok"

Dissero lasciandomi finalmente dormire.

 

Mi svegliai alle 12:15 saltando giù dal letto e andando diritto in cucina.

"Ragazze state avete già pulito? Mi dispiace. Perché non mi avete svegliata?"

"Non preoccuparti, eri stanchissima"

"Grazie"

"Si ma non prenderci il vizio, questa è una tantum. Che non si verifichi più ok?" disse Marianne col volto serio, come una signora che rimprovera la sua cameriera.

"Zi, badrona, non zi verificherà più" risposi io, così scoppiammo a ridere tutte e tre.

Fino all'ora di pranzo mi misi a scegliere i vestiti e le scarpe per la serata con Dany.

Finalmente mi convinsi su un vestito bianco e nero che arrivava al ginocchio, con i sandali e la borsa nera. Dopo passai al trucco. Mi provai tutte le sfumature possibile con i colori che mi stavano meglio.

Andai a pranzo con un occhio truccato e l altro no.

"Bellissima, ti sta benissimo questo mezzo trucco"

"Non scherzate, sto letteralmente impazzendo"

"Dai che sarai bellissima"

Consumammo il pranzo in un'armonia che non vedevo da tanto, troppo tempo in casa mia.

"Ora per farmi perdonare la cucina la pulisco io"

"Vai a prepararti"

"Ho già tutto pronto" dissi prendendo i piatti sporchi che si trovavano sulla tavola.

"Ok, allora noi ti aiutiamo a sparecchiare e spazziamo il pavimento"

 

Quando loro finirono io mi trovavo a strofinare la spugna sulla cucina. In quel momento rimasi sola con mia madre. Non volevo fare lo stesso errore, questa volta volevo dirglielo io e subito.

"Mamma devo dirti una cosa"

"Cosa gioia"

"Ti ricordi di Daniele? Il ragazzo che.."

"Si si, mi ricordo. Quello che ti ha lasciata in un mare di lacrime e di dolore" tagliò corto mia madre interrompendomi.

"Fu anche colpa mia. Comunque stasera ci vediamo"

"Non cadere nella sua trappola Victoria. Sei una bellissima ragazza e anche in gamba, puoi trovare veramente chi ti farà solo ridere"

"Non preoccuparti mamma, abbiamo capito i nostri errori. Te l'ho detto solo per non ripetere l'errore di tempo fa"
"Tu sei una ragazza molto intelligente e matura, ma l'amore può chiudere gli occhi. Quello che voglio dirti è di stare attenta"

"Non preoccuparti mamma"

 

Dopo aver pulito andai a stendermi sul letto per un' ora circa. Verso le 18:00 mi preparai tutto sul letto, e andai a farmi doccia e shampoo. Poi mi asciugai i capelli, mi vestii e mi truccai. Nell'ultima mezz'ora ero tanto in ansia da non riuscire a mettere lo smalto.

"Vichy ti calmi?"

"Sono calma"

"Allora perché tremi tutta?"

"Non lo so"

"Dammi questo smalto, ci penso io"

"Grazie"

Non appena lo smalto si asciugò mi arrivò un messaggio di Dany, mi chiedeva di uscire poiché era arrivato.

Salutai ed uscii.

Appena salii in macchina ma sentii emozionatissima. Avevo una voglia matta di stringerlo forte e baciarlo innumerevoli volte. Ma mi limitai solo a parlargli.

"Buonasera Dany"

"Buonasera"

"Ti trovo bene" per non dire sei da urlo

"Anche a te" dopo un po' riprese: "Ti andrebbe una pizza?"

"La pizza mi va sempre, l'adoro"

"Allora ti porto in una pizzeria dove la fanno veramente buona"

"Attento, sono una buongustaia"

"Tu mangiala e poi mi dirai"

"Ok. E se non mi piacerà?"

"Scommettiamo che invece ti piacerà moltissimo?"

"Ci sto! E se perdi cosa farai?"

"Chi perde dirà il momento peggiore di quando ci siamo lasciati"

"Mi sta bene"

 

Purtroppo vinse lui, quella pizza era veramente squisita.

"Ora ti tocca pagare il pegno"

"Ti racconto una cosa successa ieri sera"

"Ti ascolto"

"Mia sorella Ania mi convinse ad uscire con lei, andammo nella gelateria da poco aperta vicino casa mia. Stavo gustando il mio frappè quando il cameriere iniziò a guardarmi, dopo un po' finì il suo turno e si sedette vicino a noi. Ania finse di andare in bagno per lasciarci soli, ma io non avevo voglia di fare conoscenza così ero molto fredda, poi andai in bagno dove mia sorella mia chiamò Vichy come quando era piccola e non sapeva parlare. Io mi ricordai di..." mi fermai un attimo, poi continuai: "Di te quando mi chiamavi Vi e iniziai a piangere prendendo la borsa appoggiata al tavolo e andai a casa"

"Mi dispiace. Ti confesso che anche io sono stato molto male in questa settimana, senza di te" disse sfiorandomi la mano.

"Ora andiamo. Voglio passare un po' di tempo solo con te"

Quando uscimmo dalla pizzeria mi portò sulla solita spiaggia, ormai lo consideravamo "il nostro posto".

"Non c'è il tramonto ma spero ti piaccia comunque"

"Ci sono le stelle a renderla perfetta" dissi io

"Per me ci sei tu" disse lui. Poi mi strinse a se e mi baciò, fu un bacio lungo e passionale. Era evidente che non aspettavamo altro.

"Sei bellissima Vi"

"Grazie, anche tu sei stupendo"

"Mi sei mancata, mi sono mancati i tuoi baci"

"Mi è mancato il tuo modo di chiamarmi"

"Sei unica Vi, la mia gelosa e immatura Vi"

"Ho capito il mio errore, non ripeterlo più mi fa male"

"Ok"

"Sono sempre stata matura e responsabile, è una pugnalata al cuore sentirmi chiamare immatura"

"Da oggi ti chiamerò solo Vi, amore"

Ci baciammo, e ci baciammo ancora.

 

In macchina mi disse: "Io so tutto di te e della tua famiglia, anche io voglio raccontarti qualcosa che non sai"

"Non devi se non vuoi"

"Ma io voglio. Ti ricordi quando sputai in pieno volto mio padre e cercai di calmare mia madre?"

"Non dimenticherò mai quel giorno"

"Neanche mia madre. Quel giorno scoprimmo che mio padre tradisce mia madre con una docente universitaria. Della mia facoltà precisamente. Per questo mia madre quella mattina era li"

"Mi dispiace moltissimo"

"Ora hanno avviato le pratiche per il divorzio"

"Mi dispiace moltissimo, non meriti questo"

"Anche io credo di non meritare un padre come il mio, crede di poter comprare tutto con i soldi. Ma non ha capito nulla"

"L'importante è che tu sei diverso, perché non conta figli di chi siamo oppure in quale contesto sociale o famigliare viviamo, ciò che veramente conta è come siamo noi. Se capiamo che i nostri "modelli" sono sbagliati e se cerchiamo di distinguerci da loro. Errare è umano, l'importante è non perseverare ed inoltre mettercela tutta"

"Questa è la Vi che conosco da due mesi"

"Sono solo due mesi? Sicuro?"

"Ne sono sicuro, anche a me sembra di più. Quando si sta bene il tempo vola"

"Questa settimana è stata lunga, terribilmente lunga"

"Ora risorgiamo più forti di prima perché sappiamo cosa significa perderci"

"Già. E ora faremo il possibile per non perderci più"

Mentre parlavamo il mio cellulare squillò.

"E' mia sorella Marianne. Perché mi chiama?"

"Rispondi e lo scoprirai"

"Pronto"

"Vichy sono Ania"

"E' successo qualcosa a Marianne?"

"No, ho chiamato con il suo cellulare perché sul mio non ho credito"

"Perché piangi, Ania?"

"Victoria papà..."

"Ok, torno più presto possibile” e riagganciai.

"Dany scusa ma devi portarmi immediatamente a casa, credo che mio padre non stia bene"

Dany fece un inversione di marcia pazzesca, mi fece spaventare ma non dissi nulla. Volevo arrivare presto a casa per capire cosa era successo precisamente.

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Capitolo 11
*** Il dolore più grande ***


Appena arrivata a casa vidi mia madre a telefono, chiamava un'ambulanza, le mie sorelle con i volti rigati. Ania cercava di fare qualcosa mentre Marianne era completamente immobile, incapace di fare qualunque cosa.

"Cosa succede?"

"Victoria ti prego dimmi che sai cosa fare, sei tu l'appassionata e un po' esperta in medicina in questa casa" disse Ania

"Tra poco arriverà un ambulanza" disse mia madre piangendo

"Mamma non si sa se l'ambulanza verrà in tempo, Vichy devi vedere come sta"

Così mi precipitai subito in camera da letto togliendomi i tacchi per strada per potermi muovere meglio.

"Papà cosa ti senti? Dove ti fa male?"

"Non riesco a muovermi, non ce la faccio" mi rispose con un filo di voce

"Dimmi che sai cosa fare, ti prego"

"Ania lui sta veramente male, non è cosa da poco ed io non sono una dottoressa"

"Ma tu ami la medicina, ne capisci più di qualcosa"

"Ma non in casi come questi, mi dispiace" risposi scoppiando in lacrime

In quel momento mi chiamò Dany.

"Pronto"

"Vi cosa è successo?"

"Dany mio padre sta davvero male, ho paura che questa volta succederà qualcosa di terribile. Non voglio neanche pensarlo"

"Non preoccuparti amore, andrà tutto bene"

"Lo spero tanto, ma non lo credo purtroppo"

"Vichy viene subito ti prego" mi disse urlando mia sorella

"Amore scusa devo andare. Ti mando un bacio"

"Vai amore"

"Cosa succede?"

"Garda"

"Oh! no. Mamma richiama l'ambulanza, digli che si muovono al più presto"

"Quanto è grave?"

"Chiamali, presto"

Mio padre era completamente nero e immobile. Non si era mai mosso tanto da quando si era ammalato. Ma almeno riusciva a girarsi nel letto e riusciva anche a parlare. Ora invece non riusciva neanche a tenere gli occhi aperti.

"Hanno detto che arrivano appena possibile"

"Si come no"

Presi il mio cellulare e chiamai il mio fidanzato.

"Con chi parlavi?"

"Con Daniele mamma, ora viene lui e portiamo papà al pronto soccorso"

"Ma ora arriva un ambulanza"

"Mamma so che non approvi, ma per quando arriva l'ambulanza potrà essere troppo tardi. Lo sto facendo per lui"

Mi arrivò un messaggio.

"Dany è arrivato, cerchiamo di portare papà in macchina sua"

Portammo papà in ospedale dove fu subito ricoverato. Gli misero la mascherina dell'ossigeno e lo portarono in una stanza dove non ci fecero entrare.

Dopo un po' venne un medico vicino a noi.

"I parenti del signor Belzerri?"

"Si, siamo noi"

"Il signore non sta bene, stiamo cercando di fare il possibile. Per il momento è sotto osservazione"

"La situazione quanto è grave?" chiesi io

"Speriamo che superi questa notte, ma non sarà fuori pericolo fino a domani"

Noi iniziammo a piangere, non potevamo crederci. Nostro padre si trovava a combattere tra la vita e la morte.

Andai vicino alle finestre dove stava Dany. Lo abbracciai e tra le lacrime gli spiegai la situazione. Lui mi accarezzava i capelli e il viso, non diceva nulla. Inoltre cosa si può dire in situazioni come quella "Non preoccuparti andrà tutto bene?" oppure "Si riprenderà alla grande?", la miglior cosa da fare è tacere e far capire che ci sei occupandoti di quella persona. Infatti mi fece addormentare sulle sue gambe in macchina con lui. Solo a mia madre fu concesso di restare, le mie sorelle scesero giù nella sala d'aspetto dove c'era il bar.

 

Mi svegliai nel cuore della notte, era tutto buio ed io credevo di aver fatto un brutto sogno, ma quando mi voltai i vidi l'insegna dell'ospedale compresi che quell'incubo era realtà e che ancora non doveva finire. Anzi non si sapeva se fosse finito e anche se ci speravamo tanto tutti, io sentivo che non sarebbe finita bene. Scoppiai di nuovo in lacrime e facendo meno rumore possibile per non svegliare il mio fidanzato, entrai nell'ospedale.

"Mi dispiace ma alle 3:00 di notte notte non sono concesse visite" mi disse fermandomi uno della vigilanza

"Lo so, mi scusi. Ma mio padre non sta bene e il medico vuole parlare con tutti i suoi famigliari"

"Vada allora"

Mentre l'ascensore saliva io vedevo i piani che segnava di volta in volta ed intanto pensavo: "Cavoli ho mentito e sono stata credibile con una sola frase" poi pensavo ancora: "Per mio padre sono capace anche di altro. Mio Dio aiutalo tu!".

Arrivai al quinto piano, entrai nella stanza. Li vidi mia madre che gli stringeva la mano e piangeva.

"Mamma come sta?" chiesi con un filo di voce

"Non migliora" mi rispose scuotendo la testa

"I medici hanno detto qualche altra cosa?"

"Di tanto in tanto vengono a controllarlo ma non hanno notato miglioramenti"

Io non parlai. Non sapevo cosa dire anche perché io stessa non volevo ammettere ciò che stava accadendo.

Mi chiamò Dany: "Vi dove sei? Va tutto bene?"

"Sono salita sopra. Ho cercato di non svegliarti"

"Come hai fatto con le guardie?"

"Ho detto che mio padre è ricoverato e ho finto che i medici volevano parlare con tutti i suoi famigliari"

"Capito. E' migliorato?"

"No, purtroppo no. Ho paura. Non so cosa succederà"

"Ok ora salgo sopra"

"Cosa dirai alle guardie?"

"La stessa cosa tua, solo che nomino un mio fratello che non ho e dico di essere l'unico familiare"

"Ok. Ti aspetto"

 

Mio padre superò quella notte, il mattino del giorno dopo noi restammo vicino a lui, non riuscivamo a smettere di piangere e accarezzarlo dicendogli "ti voglio bene". Lui riusciva solo ad annuire come per dire "lo so" e i suoi occhi, quella luce che emanavano sembravano dire "grazie di tutto".

Verso metà giornata iniziò a peggiorare, non riusciva neanche più a distinguerci. Peggiorò sempre di più, fino a morire. Eravamo tutte choccate. I medici ce lo fecero riportare a casa. Dany mi accompagnò a parlare con il parroco per celebrare il funerale, in un negozio di onoranze funebri e in tipografia per i manifesti. Era tutto pronto. Eravamo noi a non esserlo. Sembrava solo un terribile incubo da cui volevo svegliarmi al più presto. Non poteva crederci nessuno di noi. Le mie sorelle chiamarono i parenti e gli amici più stretti per metterli accorrente di quanto era accaduto.

 

Il giorno dopo ci furono i funerali, tutte quelle condoglianze mi mettevano solo ansia e mi davano anche tanto fastidio. Volevo stare sola con il mio dolore, solo la presenza di Dany non mi dava fastidio, lui mi capiva, mi stava vicino senza assillarmi e si stava prendendo cura di me in quel momento in cui non capivo se stavo più male o più sconfortata e disorientata.

Solo quando rimanemmo da sole comprendemmo che nostro padre non c'era più. Era morto un padre, un marito, una persona che aveva messo la parola fine alle sue sofferenze lasciando un grande vuoto dentro tutti noi. Ma soprattutto era morto Carlo Belzerri: mio padre.

Chiamai Dany.

"Pronto amore, hai bisogno che venga da te?"

"No, non preoccuparti. Riposati che ne hai bisogno"

"Voglio solo starti vicino"

"Ti ho chiamato solo per dirti grazie, grazie di tutto"

"E' il minimo, sei la mia fidanzata ed io ti amo e non ci lasceremo più"

Per un millesimo di secondo quelle parole mi fece entrare in un'altra dimensione, dove tutto era perfetto. Mi bastò girarmi e guardare i volti di mia madre e delle mie sorelle per ritornare alla realtà.

"Anche io ti amo. Non so come farei senza di te. Ma ora devo andare perché io ho te, mia madre e le mie sorelle non hanno nessuno quindi cercherò di stare vicino a loro per farle sentire un po' più sollevate come mi sento io grazie a te"

"Ok, vai. Per qualsiasi cosa chiamai. A qualsiasi ora. Ok?"

"Ok"

"Vi ci penso io a te"

"Grazie, ti amo"

Riagganciai e andai in cucina. Non dissi nulla ma cercavo di far capire che per loro io c'ero, anche se soffrivo anche io, volevo che anche loro avessero qualcuno su cui contare come io avevo il mio Dany.

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Capitolo 12
*** La rivincita di Marianne ***


So che è un capitolo veramente breve, ma mi farò perdonare.

 

 

Dopo la morte di mio padre noi tre eravamo veramente a pezzi. Nelle prime settimane piangevamo solo. Ma dopo un mese, per andare avanti, cercammo di dedicarci alle nostre passioni. Io mi dedicai a Dany, letture di medicina e lavoro. Mia madre trovò anche lei un lavoro, in una pasticceria vicino casa. Così poteva distrarsi con la sua creatività, che aveva sempre avuto, nel creare dolci. Ania si diede con anima e corpo ai libri in quell'ultimo mese di scuola, per concludere il quarto anno di liceo senza debiti. Marianne invece aveva un chiodo fisso nella mente. Da quando aveva scoperto il dispetto che le aveva fatto Federico voleva affrontarlo. Mia sorella preferiva risolvere le questioni in breve tempo, ma a causa della la morte di mio padre avvenuta subito dopo la sua scoperta, lei come tutti noi, non era in condizioni di affrontare una questione come quella. Ma anche lei dopo un mese raccolse le sue forze e cercò di essere la Marianne Berlzerri sveglia e combattiva di sempre. Quella che non temeva niente e nessuno. Almeno agli occhi di Federico.

Chiamò il suo ex ragazzo chiedendogli di incontrarsi perché doveva dirgli qualcosa di molto importante. Il giorno dopo andò nel luogo e all'ora stabiliti e, con sua grande sorpresa, lo vide. Non si sarebbe mai immaginata che lui veramente sarebbe venuto.

"Ciao ragazzina, come va?"

"Non scherzare Federico, ho scoperto tutto"

"Tutto cosa?" continuava lui con tono ironico

"Tu non sei malato altrimenti mi avresti contagiata ed io sono sana come un pesce"

"Si lo so"

"Tu immagini che momenti mi hai fatto vivere?"

"Volevo farti assaggiare il gusto di essere solo usata"

"Se ti riferisci a quella famosa pillola la presi solo perché ero spaventata e tu sei solo un psicopatico"

"Spaventata di avere un figlio da me. Ecco la verità"

"Federico tu non sai tante cose. Quindi taci"

"Dimmele allora"

"Perché dovrei?"

"Non credi che io abbia diritto ad una spiegazione?"

"Tanto non capiresti"

"Tu prova a spiegare"

"Mio padre è morto circa un mese fa. Era malato da tre anni" disse mia sorella con le lacrime agli occhi

"Capisco"

"No,non capisci. Non puoi. L'anno scorso presi quella pillola perché aveva paura di una gravidanza, può essere anche da sciocchi ma avevo già mio padre che stava male, io e mia sorella Victoria dovevamo lavorare per poter permettere alla nostra famiglia il lusso di mangiare e a mio padre la possibilità di curarsi. Sai cosa sarebbe significato un bambino per me? Lo sai? Come l'avrei mantenuto? Economicamente potevi anche esserci tu ma la mia famiglia non poteva occuparsi anche di me e di lui" spigò mia sorella piangendo e con tutta la rabbia e il dolore che aveva dentro.

"Saresti venuta a casa mia"

"E i soldi a casa, ogni mese, chi li portava? Credi che avrebbero potuto vivere solo con quelli che guadagnava mia sorella?"

"Mi dispiace, non potevo sapere. Mi dispiace credimi. Tu non me ne hai mai parlato"

"E mi avresti capita? Tu che sperperi i soldi per corrompere un medico e far spaventare una tua ex"

"Hai ragione, scusami ancora. Mi sento in colpa, cosa posso fare per farmi perdonare?" chiese lui serio

"Sparire dalla mia vita!" rispose Marianne fredda e arrabbiata

"Una come te non l'ho mai trovata"

"E non la dovrai mai trovare. Questa è la mia soddisfazione. Dovrai stare male come lo sono stata io per te e per la bugia che mi avevo detto"

"Queste sono le parole di una ragazza ancora innamorata"

"E' vero. Io sono ancora maledettamente innamorata di te, purtroppo" confessò lei.

"Anche io di te" disse lei afferrandole un braccio avvicinandosi al suo voto per cercare di baciarla.

"Lasciami" disse lei allontanandosi da lui e cercando di allentare la presa della sua mano sul suo braccio.

"Ma non hai affermato di essere ancora innamorata di me?"

"Si, ma ciò non vuol dire che io voglia rimettermi con te"

"Perché?"

"Sto soffrendo per te, ma preferisco soffrire e poi dimenticarti più che stare con un immaturo" dopo aver detto queste parole si allontanò, poi si voltò e disse: "E' l'ultima volta che ti ho cercato, da oggi tu non esisti più per me" detto questo andò a casa triste ma soddisfatta di essere stata lei a rifiutare un ragazzo che l'aveva fatta tanto soffrire.

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Capitolo 13
*** Il quinto mese ***


Erano passati quattro mesi e mezzo dalla morte di mio padre. Era passata anche l'estate, la più strana e dolorosa della mia vita. Ma con l'arrivo di Settembre tutti avevamo voglia di cambiare qualcosa nella nostra vita. Io mi iscrissi all'università, alla facoltà di medicina. Mia sorella Marianne iniziò a frequentare un ragazzo che conosceva da poco, inoltre non lavorava più in sartoria ma presso un parrucchiere dove dava sfogo alla sua passione per i capelli. Mia sorella Ania, dopo essere stata promossa al quinto anno di liceo con ottimi voti, lavorò in sartoria fino all'inizio della scuola. Più per hobby che altro, lei amava cucire e invidiava me e Marianne che lo facevamo solo per soldi, ma senza passione. Mia madre era diventata socia di quella pasticceria dove si sentiva a suo agio mentre metteva insieme gli ingredienti e si dimenticava di tutto, anche di essere una donna quasi cinquantenne. Diceva che preparare dolci le permetteva di sentirsi una ragazzina spensierata e piena di vita.

Io lavoravo part time come baby sitter per non far pesare troppo le spese universitarie sulle spalle di mia madre.

Ora non potevamo lamentarci, eravamo tre donne che lavoravano senza rinunciare alle proprie passioni. Potevamo farlo perché mia madre non aveva più mio padre da accudire e io e Marianne non eravamo più costrette a lavorare in sartoria solo perché la paga era buona. Ora eravamo solo noi tre e non si dovevano comprare medicine costosissime. Ma nonostante tutto sentivamo costantemente la mancanza di un padre che, anche se ci aveva privato di alcune cose, ci aveva amate in maniera incondizionata.

Stavamo anche mettendo i soldi da parte per poter vendere la casa in cui abitavamo e trasferirci in una un po' più grande.

 

Era un Sabato mattina e fui svegliata dal campanello. Ero sola in casa perché la madre del bambino a cui facevo da baby sitter aveva il giorno libero al lavoro, ma dovevo ripetere le materie da studiare all'università. Mi alzai dal letto e andai ad aprire. Fuori la porta c'era il mio fidanzato con un mazzo di fiori in mano.

"Auguri amore mio!"

"Auguri anche a te" dissi saltandogli addosso. Erano cinque mesi che stavamo insieme.

"Entra"

"Hai fatto colazione?"

"Sinceramente no. Ho una fame!"

"Ecco la tua colazione" disse porgendomi una scatola a forma di cuore. La aprii e dentro c'erano cornetti, caffè, cappuccini, latte, ciambelle e cioccolate varie.

"Oh! Ti amo amore. Grazie"

"Lo meriti"

Ci sedemmo in cucina e facemmo colazione.

"Hai da fare oggi?"

"Sono le 8:30. Tra poco dovrei iniziare a studiare"

"Vorrei portarti a pranzo fuori"

"Ok. Ci sto"

"Passo a prenderti alle 12:30"

"A dopo amore"

"Ti amo" rispose lui. Poi se ne andò.

 

Io pulii la casa e studiai fino alle 11:30. Dopodiché mi feci una doccia e mi preparai. Indossai una camicia bianca come i sandali sopra un pantalone nero come la borsa.

Dany arrivò puntualissimo, dopo aver lasciato un biglietto sul tavolo per avvisare a mia madre, salii in macchina con lui.

"Dove mi porti?"

"In un posto che sicuramente ti piacerà"

"Non mi dici dove?"

"No!"

Dopo circa mezz'ora arrivammo in una grandissima villa in campagna.

"Questa è dei miei. Stiamo solo noi"

"E' grandissima"

Si entrava da un cancello. Parcheggiò la macchina dentro, lo chiuse e quando scendemmo rimasi senza parole, era davvero bellissima.

Per entrare in casa c'era un vialetto circondato da piante, alberi e fiori.

Aveva un struttura rustica. Dentro c'era un enorme salone con un camino, un divano centrale e due poltrone laterali. Un tappetto rosso con un tavolo in legno tra il divano e il camino. Al centro della stanza c'era un grande tavolo in legno con dei disegni astratti intagliati, uguale alle sedie intorno ad esso. Ad una parete c'era una mezza botte con delle bottiglie di vino all'interno.

"E' bellissima, accogliente"

"Sapevo che ti sarebbe piaciuta"

"Questa è la cucina" disse aprendo una porta.

"Posso preparare qualcosa da mangiare?"

"Non serve. Ho fatto un ordinazione a domicilio presso un ristorante di fiducia"

"Non lo sapevo" mi limitai a dire solo, pensando a se davvero meritavo tutto questo.

"Che ore sono?"

"Le 13:05"

"Tra 15 minuti vengono a portarci ciò che ho ordinato. Vieni, nel frattempo ti faccio vedere il resto dell'abitazione"

Aprì una porta dove c'era un bagno enorme, con tanto di vasca idromassaggio. Un altro bagno più piccolo ma comunque con tutti i confort. Infine c'erano tre camere da letto. In una c'era un letto matrimoniale, un'altra aveva due letti separati e l'ultima aveva un letto a castello e un lettino singolo.

"Questa casa mi piace veramente tantissimo"

Sentimmo suonare il citofono. Dany andò ad aprire, ci consegnarono ciò che il mio fidanzato aveva ordinato. Sistemai tutto sul tavolo.

Mangiammo fino a scoppiare. C'erano molte pietanze, tra le quali anche gamberoni, ostriche e champagne.

"Ho ordinato a casa perché volevo stare solo con te"

"Dany sono molto contenta che hai fatto tutto questo per me, ma io non potrò mai ricambiare"

"Mi basta ciò che mi dai"

"Cosa ti do io?"

"Tutto il tuo amore"

 

Dopo aver pranzato lui andò a sdraiarsi sul letto della camere con due letti singoli, io lo seguii.

"Vorrei stare abbracciato con te, ma non è possibile su un letto singolo" dopo un po' riprese: "Ti va di venire sul letto matrimoniale dove guarderemo un bel film strettamente abbracciati l uno all'altra?"

"Si, vengo" dissi seguendolo.

"Che film vorresti vedere?"

"Dimmi che film hai"

"Che film è questo?" disse prendendone in mano uno

"E' twilight"

"Twi.... cosa?"

"Davvero non lo conosci? E' stupendo"

"Mio cugino si sarà confuso, anziché darmi il gioco mi diede il film di sua sorella. Ma se vuoi lo vediamo. Prima però fammi chiamare mia cugina per dirglielo"

E dopo che sua cugina confermo che era suo io mi sentii meglio. Mi fidavo di lui, ma lo amavo troppo e la paura di perderlo mi faceva fare pensieri assurdi.

Vedemmo quella storia romantica tra quel vampiro e quella ragazza umana, così dolci e innamorati proprio come noi due che lo stavamo guardando tanto stretti da sembrare siamesi.

Ad un certo punto lui inizio a baciarmi e con le mani cercava di togliermi la camicia dal pantalone. In un primo momento fui invasa dalla paura e istintivamente lo spostai da me.

"Vì io ti amo e ti desidero, non riesco più a resisterti"

"E hai fatto tutto questo solo per arrivare a questo tuo scopo?" chiesi io irritata

"No, credimi. Ma tu sei qui, bella come sempre e io ti desidero. Ma se non vuoi, cercherò di non pensarci"

"Ho solo paura, perché sono vergine"

"Ti capisco. Se vuoi aspetteremo"

Appena finì di parlare gli andai vicino e togliendomi la camicia iniziai a baciarlo. Mi accorsi di non poterlo più resistere, di desiderarlo anche io.

"Promettimi solo di fare piano" gli sussurrai ad un orecchio.

 

In poco tempo ci ritrovammo completamente nudi diventando un unico corpo tra un bacio e un “ti amo” sussurrato.

 

"Sai prima i miei unici interessi erano la scuola e la mia famiglia, ma da quando ho incontrato te ho capito ciò che mi perdevo se continuavo a pensare solo a quelle due cose. Dany io ti amo ma scusami se a volte non sono quella che tu ti aspetti" gli dissi in macchina sulla via del ritorno.

"Tu sei perfetta, non preoccuparti Vi, non potrei desiderare di meglio"

"Oggi è stato il giorno più bello di tutta la mia vita"

"Anche per me"

 

Eravamo veramente felici. La nostra felicità era quasi tangibile perché io lo sentivo veramente solo mio e lui mi sentiva veramente solo sua.

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Capitolo 14
*** Il cuore ha più potere dell'anima ***


Da quel magnifico giorno passarono tre giorni in cui Dany non si fece sentire. Non si degnava neanche di rispondere alle mie chiamate e messaggi. Andai sotto casa sua e citofonai.

"Chi è?" chiese una donna

"Buon giorno, mi chiamo Victoria, Daniele è in casa?"

"Victoria sali" quella donna mi invitò a salire come se mi conoscesse da una vita o come se io fossi la sua ultima speranza. Solo due parole dette in quel modo mi bastarono per farmi preoccupare tanto da arrivare al terzo piano a piedi, salendo le scale a due gradini alla volta. Non avevo tempo per aspettare l'ascensore.

Suonai il campanello e vidi davanti ai miei occhi la stessa donna che piangeva abbracciata a Dany all'università di suo figlio e la stessa che urlava contro suo marito il giorno in cui io andai sotto quel palazzo con mio cugino Matteo. La stessa donna solo più preoccupata e addolorata.

"Sei tu Victoria allora? Sai sei proprio una bella ragazza"

"Grazie"

"Hai saputo?"

"Saputo cosa?" chiesi io tanto preoccupata

"Il tuo fidanzato, ovvero mio figlio, è in ospedale da tre giorni. I medici non riescono a capire cos'ha"

"Oddio" fu l'unica parola che mi uscì dalla bocca, lasciandomi cadere su un divano dietro di me

"Voglio andare da lui"

"I medici hanno detto che è meglio se sta un po' da solo, ma tu sei la luce dei suoi occhi e da quando sta in ospedale non fa altro che chiedere di te. Vederti gli farà solo bene"

Andammo in ospedale dove vidi Dany con un volto strano, quasi inespressivo.

"Dany, amore cosa ti è successo?" chiesi piangendo mentre mi avvicinavo al suo letto

"Vi, vi, vi" non riusciva a parlare, i suoi battiti cardiaci accelerarono così tanto da far urtare violentemente il cuore contro la gabbia toracica. Istintivamente mi allontanai da lui, più mi allontanavo più il suo cuore si regolarizzava. Non capivo perché ma ci stavo male al pensiero di non potergli stare accanto.

Mentre scappavo giù in quel ospedale in cui morì mio padre, mi sentì bussare su una spalla, mi voltai di scatto e vidi un uomo con il volto di chi ha qualcosa da dire.

"Sei la fidanzata del ragazzo nella stanza 406 al secondo piano?"

"Si, lo conosce?"

"No, ma so cosa gli è capitato"

"Mi spieghi tutto, per favore"

"Gli è stata rubata l'anima, ora deve contare solo sul suo cuore. Ora è uno dei tanti “cuori senz'anima”"

"Cuori senz'anima?" ma cosa diceva quello? Mi aveva presa per stupida?

"Io lo sono diventato quando ero piccolo. Un giorno ti capita di stare nel posto sbagliato al momento sbagliato e qualche parassita senz'anima la ruba a te. Quando si vive solo con il cuore si ama infinitamente solo chi amavi tantissimo prima. Io ero piccolo ed ero legato a mia madre come tutti i bambini di 5 anni. Vivevo solo per lei e da quando è morta vivo una vita senza senso"

"Allora quella persona tanto speciale per Dany non sono io. Ha visto come ha reagito quando mi sono avvicinata a lui?"

"E' così che si reagisce quando si ha il cuore e non si ha l'anima. Il suo cuore quasi scoppia quando i suoi occhi ti vedono perché sei l'unica persona al mondo per cui prova sentimenti. Mi spiego meglio, lui ora per le altre persone non prova quasi nulla, anche per i genitori, e tutto ciò che prima provava per gli altri ora lo prova per te. Se per gli altri provava 8 su una scala da 1 a 10 e per te provava 10 ora per gli altri prova 2 massimo e per te prova il 10 di prima più il 6 che provava per ogni singola persona"

"Ho capito"

"Attenta però, questo non è un bene. Questo significa che non puoi stargli molto vicino altrimenti lui morirà con il cuore scoppiato e con la gabbia toracica rotta"

"Cosa si può fare?"

"Solo tu puoi fare qualcosa"

"Cosa posso fare?"

"Scava nel tuo cuore e in base a quanto lo ami troverai la soluzione. Lui ti ama da impazzire da sempre, questa è la prova. Ora tocca a te"

Detto questo se ne andò, lasciando me con mille dubbi e anche incredula. Decisi di andare da lui per verificare le teorie di quell'uomo.

Vidi Dany quasi fregarsene della madre che piangeva accarezzandolo e baciandolo, ma appena vide me stava per rompere la macchinetta che controllava i suoi battiti cardiaci. Quando fui tanto vicina da sentirlo piangere dal dolore lo vidi saltare dal lettino e ricadere su di esso. Il tutto cessò quando scappando mi allontanai da lui, lo feci ricordandomi delle parole di quell'uomo: “Non puoi stargli molto vicino altrimenti lui morirà con il cuore scoppiato e con la gabbia toracica rotta”.

 

Correvo tra i corridoi di quel maledettissimo ospedale, che mi aveva vista piangere più di una volta, senza una meta. Piangevo e singhiozzavo, la vista mi si annebbiò tanto da non vedere neanche dove mettevo i piedi. Mi sentivo cadere a pezzi su un mondo che si sbriciolava sotto i miei piedi. Un'unica frase echeggiava nella testa: non potrai più vederlo, ormai lui appartiene ai “cuori senz'anima”.

Tra un singhiozzo e un dolore acuto al cuore caddi sbattendo la testa. Ma non era il male provocato dall'urto che mi faceva sentire spezzata a metà, vuota e senza vita.

 

Andai in un bar difronte l'ospedale dove presi una bevanda ghiacciata, non avevo caldo ma volevo concentrarmi a bere quel liquido che mi pizzicava sulla lingua e per un attimo non volevo pensare a ciò che stava per accadendo. Per l'ennesima volta nella mia vita guardavo quella struttura ospedaliera maestosa e fredda che se ne stava li, immobile, facendomi rendere conto della mia impotenza difronte a tutto ciò che accadeva al suo interno. E mentre sorseggiavo la bevanda seduta al tavolino del bar pensavo ad una soluzione mentre con un polso premevo le miei tempie, non solo per il dolore causato dal freddo del liquido ghiacciato, neanche per la caduta presa. Decisi di chiedere a lui cosa potessi fare per aiutarlo, per farlo scrissi un biglietto che gli feci consegnare da sua madre.

 

Dany, amore mio, so cosa ti è capitato. Un uomo mi ha spigato tutto. Lui è come te, non ha l'anima. Non dirò nulla a nessuno, ma tu dimmi quando e come ti è successo e cosa si può fare. Ti amo e ti sono vicina sempre, non dimenticarlo mai.”

 

Dopo un po' mi rispose mandandomi un biglietto tramite sua madre:

 

Vì scusa se non riesco a scriverti parole dolci e non riesco a starti vicino ma l'uomo che ti ha spiegato tutto lo ha fatto anche con me. E' stato lui a trovarmi e a portarmi qui. E' successo tutto quando tornavo da casa tua il giorno del nostro 5 mese. Incontrai un tizio quando scesi dalla macchina per fare benzina. Mi ha rubato l'anima, io non sarò mai più quello di prima. Mi dispiace Vi.”

 

Lessi quelle sue parole dove era quasi tangibile la rabbia e il dolore, alcune lacrime scesero dai miei occhi ormai rossi, gonfi e stanchi di guardare ciò che quasi mi faceva morire.

Dopo un po' ci fu la mia risposta, sempre attraverso sua madre che ormai faceva da tramite, per fortuna senza chiedere perché, era troppo addolorata per farlo.

 

Se ti ha portato qui lui vuol dire che i sentimenti per le altre persone li provate. Ma non c'è proprio nulla da fare?”

 

Lui:

 

I sentimenti li proviamo anche se sono molto ridotti, ma proviamo tanta pena per chi è come noi. Un modo ci sarebbe per salvarmi. Dovrei rubare l'anima ad un'altra persona, ma se mi conosci bene sai che non lo farò mai. Non voglio condannare nessuno a ciò che sono stato condannato io. Solo io so cosa si prova”

 

Io:

 

Sai che per te sarei disposta anche a perdere l'anima”

 

Lui:

 

Non dirlo neanche per scherzo. So che ne saresti capace, ma non sarei capace io a strappartela.”

 

Io:

 

Qualunque cosa tu decida di fare io sono qui. Non ti abbandonerò, se sarà necessario mi accontenterò di vegliare su di te da lontano, ora sei tu ad averne bisogno.”

 

Detto questo, anzi scritto questo me ne andai a casa dove mi davano per dispersa. Ma non volevo arrendermi. Ero intenzionata a trovare una soluzione e sapevo che ci sarei riuscita, no perché ero un genio ma perché l'amore che provavo per lui mi dava la forza di esserlo. 

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Capitolo 15
*** Il vero amore non può non finire bene ***


Tornai a casa e a mia madre e alle mie sorelle che mi chiesero dov'ero risposi solo che Dany era in ospedale e i medici stavano ancora capendo cosa avesse.

 

Quella sera non cenai, andai a farmi una doccia e mi infilai nel letto. Cercai di dormire, ma senza risultati. Mi giravo e rigiravo tra quelle lenzuola così poco familiari per essere così vecchie tanto da esserci cresciuta dentro. Ormai nulla era come prima, nulla mi era più familiare, nessun posto mi faceva sentire al sicuro. Mi resi conto che la mia ancora in mezzo al mare, il mio posto sicuro e la mia certezza assoluta erano la stessa persona che ora aveva bisogno di me: Dany.

 

Verso le 2:00 del mattino andai in cucina per prendermi una camomilla, nella speranza di rilassarmi un po'. Sapevo di averne bisogno. Mi sedetti sulla sedia con i gomiti appoggiata al tavolo della cucina mentre la sorseggiavo. All'improvviso appoggiai la testa tra le braccia e mi addormentai tra mille punti interrogativi e tanto dolore. Ma in quel sogno trovai la risposta. Sognai di essere nella mia aula universitaria e il professore disse: " Ora vi dirò una cosa che sicuramente avrete sentito già in passato, a partire dalle elementari. I numeri interi si possono anche dividere, così come per le cose. Per i numeri è più semplice perché bisogna fare il calcolo matematico, mentre per le cose più semplici (come una mela o una barretta di cioccolato) basta dividerle senza una misura metrica, non saranno mai esattamente divise alla perfezione, ma più o meno si".

Mi svegliai subito. “Ecco la soluzione” pensai tra me.

Mi vestii in fretta e andai in ospedale. Alle 5:15 mi trovavo li. Scrissi un bigliettino da fargli recapitare: “Dany ho trovato una soluzione. Io non resterò altro tempo a vederti marcire qui senza neanche provare a fare qualcosa. Non posso darti tutta la mia anima perché poi sarei io quella a non poter stare vicino a te per evitare che mi scoppiasse il cuore. Ma con metà anima possiamo vivere entrambi.”

 

Trovai un signore a cui chiesi il favore di dare il foglietto al mio fidanzato. Dopo un po' mi rispose:

Non dirlo neanche per scherzo. Non ti toglierò neanche una minima parte di anima. Poi non credo che sarei capace di succhiarti metà anima. Non credo che sarei capace di staccarmi in tempo e non portarti via tutta l'anima”

 

Io: “Io mi fido di te. So che saresti capace di farlo, so che non mi porteresti via tutta l'anima”

 

Lui: “Non se ne parla”

 

Io: “Ti prego?”

 

Lui: “Non se ne parla”

 

Andai da lui, lo presi per il volto e continuavo a ripetere: "Vai, prenditi metà della mia anima, è l'unica soluzione". Lui continuava a ripetere, con molta fatica: "Vattene, non immagini quanto è pericoloso".

Sentivo il suo cuore quasi scoppiare, sapevo il rischio che gli stavo facendo correre e sapevo anche quello che stavo correndo io offrendo la mia mezza anima che non sapevo neanche se la perdevo tutta. Ma non potevo perdere lui.

Non sapevo come fare così gli aprii la bocca e mentre lo baciavo sentivo che qualcosa in me veniva risucchiato, mentre il suo cuore si ristabiliva poco alla volta.

Ad un certo punto mi staccò da lui spingendomi all'indietro con tutta la forza che aveva nella braccia.

"Ecco ora abbiamo mezza anima ciascuno, mi dispiace per te"

"Io invece sono contenta. Ora non devi contare solo sul tuo cuore, hai anche mezza anima. Proprio come me"

 

Mi sentivo scoppiare di amore per Dany, ma mi importava poco del mondo che mi circondava. Nel mio universo c'eravamo solo io e lui.

 

"Non so come sono riuscito a fermarmi" disse Dany incredulo.

"Io mi fido id te, sapevo che ci saresti riuscito"

"Fatti abbracciare ora che posso, mi sei mancata da morire Vi mia"

"Anche tu, anche tu amore mio"

Scappammo dall'ospedale, ormai non c'era più motivo di restare.

Andammo con la mia macchina (comprata da me, da mia madre e dalle mie sorelle. La usavamo tutte) nella sua casa in campagna dove facemmo l'amore e ci baciammo tantissime volte. Il desiderio che avevamo l'una del altro era quasi tangibile.

 

Dopo pochi mesi scoprii di aspettare un bambino. Eravamo spaventati perché non sapevamo se avesse avuto un'anima intera o no.

 

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Ora io sono un medico e mio marito è un ingegnere. Sono passati 7 anni, il nostro bambino ne ha 6 ed è bellissimo. Ha la pelle scura e gli occhi verdi come me, i capelli sono lisci e castani come quelli del padre. Da lui ha ereditato anche la capacità di saper disegnare. Ma soprattutto, ha un intera anima fondata su due mezze anime ed un amore immenso. Ora per me e per Dany esiste solo la nostra famiglia e le nostre passioni (la mia è, da sempre, quella di aiutare le persone). Amiamo tanto anche il piccolo Luca Thomas (Luca piace a suo padre, inoltre voleva un nome italiano. Thomas piace a me). E' parte di noi non possiamo non amarlo.

 

Ho capito che non conta quanta anima tua hai, ma quanto batte il tuo cuore.

 

 

 

P.S. Questa è la mia prima storia a capitoli completa. Spero sia venuta bene! 

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