With a thousand sweet kisses di Shatzy (/viewuser.php?uid=8433)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Uno ***
Capitolo 2: *** Due ***
Capitolo 3: *** Tre ***
Capitolo 4: *** Quattro ***
Capitolo 5: *** Cinque ***
Capitolo 6: *** Uno ***
Capitolo 1 *** Uno ***
Disclaimer:
i personaggi citati non mi appartengono e la storia non è
stata
scritta a scopo di lucro. Il titolo è ripreso da "I'll cover
you", dal musical RENT. La canzone citata in questo primo capitolo
è "Here comes the sun" by The Beatles.
Note: questa
storia nasce da un
favore che mi è stato fatto da parte di una persona che non
conosco direttamente. Sono piuttosto timida e quindi non so se
sarò in grado di ringraziarla a dovere, per cui ho pensato
fosse meglio scrivere qualcosa.
La sua
richiesta era una futurefic Klaine (e questa raccolta lo è,
tranne il primo capitolo). La cosa però mi è un
tantino
sfuggita di mano, e alla fine ho scritto sei mini capitoli. A lei
dedico il sesto, perché è quello più
"future"
che c'è (e che mi convince di più), ma visto che
ormai ho scritto anche gli altri cinque e
che tra l'altro mi sono pure stati betati ve li tenete XD
Beta: Roby
<3 La beta fangirl più veloce del mondo.
With a thousand
sweet kisses...
I'll cover you
Kurt: “Di
cosa sanno le labbra dei ragazzi?”
Brittany:
“Di solito di salsa, talvolta di hamburger. O delle mie
ascelle”.
1x18
Laryngitis
1.
Le
cose da dire in
quel momento sarebbero state infinite. Milioni di frasi dolci, parole
romantiche, sguardi sinceri e così tanto innamorati da far
sciogliere anche il cuore più restio. Oppure, in
alternativa, si
poteva anche non dire nulla. Assolutamente nulla.
Ciò
che era
certo era che in nessun caso, nemmeno il più remoto, quella
era
una frase da far uscire dalle proprie labbra e dal proprio cervello in
un momento del genere.
“Non
sanno di hamburger…”
E
fu per questo che Blaine, spostandosi con più risolutezza
dal viso di Kurt, riuscì a dire solo una parola.
“Eh?”
“Cosa?”
gli fece eco l’altro, aprendo finalmente gli occhi e
ritrovandosi
davanti lo sguardo confuso del suo ragazzo. Così distante da
lui, ora… Perché era così distante da
lui? Che
fosse uno di quei momenti in cui bisognava solo riprendere fiato? Lo
sapeva, non avrebbe dovuto tentare di rimuovere tutto quello che
gli aveva detto Brittany l’anno prima.
Da
oltre la porta di
quella stanza arrivavano attutite le note di una vecchia canzone, cosa
non così strana alla Dalton – Little darling, it’s
been a long cold lonely winter – ma in quel
momento quella musica spensierata e solare sembrava rendere la
situazione solo più imbarazzante.
“Hai
appena
detto che…” ricominciò Blaine, ancora
confuso.
“Veramente non lo so cosa hai detto. Hamburger? Hai fame?
Preferisci mangiare qualcosa piuttosto
che…” e
lasciò la frase in sospeso, allontanandosi ancora da Kurt
e mettendosi a sedere composto, assestandosi meglio la cravatta della
divisa. Tuttavia, il rossore sulle guance era piuttosto evidente.
“No!”
negò subito l’altro, che in quel momento avrebbe
solo
voluto uccidere il suo subconscio, se fosse stato possibile, per
avergli riportato alla mente un episodio che avrebbe volentieri
dimenticato. “Mi piaceva quello che… Insomma, che
stavamo
facendo…”
Blaine
sorrise,
sfiorandogli di nuovo le labbra. “Anche a
me”. Gli
prese entrambe le mani con le proprie, accarezzandole piano mentre
entrambi si appoggiavano di nuovo contro quel divano che condividevano.
Divano su cui a malapena ricordavano come ci erano arrivati, dopo quel
primo bacio scambiato in una sala comune della scuola. Quanto tempo era
passato? Minuti? Ore? Kurt sapeva solamente che cominciava ad abituarsi
all’idea di vivere incollato a Blaine, e che per questo il
suo
cervello aveva abbassato le difese, facendogli sussurrare cose che
avevano ucciso tutto quel romanticismo che invece amava così
tanto.
Little darling, the smiles
returning to the faces,
continuava la canzone, e adesso qualche voce meno timida iniziava a
cantare sopra quelle note, lungo quei corridoi riccamente decorati.
“Davvero?”
si ritrovò a chiedere, socchiudendo gli occhi. Le labbra
cominciavano a fargli male, le sentiva gonfie e indolenzite,
che
Brittany gli avesse spiegato anche questo? Be’, poco
importava
al momento, baciare quell’accenno di barba che Blaine aveva
sul
mento era più che riposante, quasi come una carezza.
“Molto”
confermò l’altro, sorridendo contro la pelle della
sua
guancia, mentre risaliva fino all’orecchio. Oh sì,
le
labbra dei ragazzi erano un milione di volte meglio di quelle delle
ragazze, pensò Kurt. Meglio di qualsiasi fantasia e di
qualsiasi
prova contro l’interno del gomito. “Ma hai
ragione”
continuò Blaine. “È meglio mangiare
qualcosa” affermò, alzandosi velocemente
mentre
cercava con lo sguardo le loro borse abbandonate sul pavimento.
“Eh?” si
ritrovò a chiedere Kurt, sorpreso. Perché
c’era
sempre qualcosa che doveva interrompere le sue… come le
aveva
chiamate di fronte a suo padre? Relazioni sessuali? Meglio non
pensarci.
“Si
è
fatto tardi, dovresti tornare a casa” gli disse, controllando
l’orologio che portava sempre con sé nella tasca
della
divisa.
“Oh.
Già”. Stupida perdita di cognizione temporale.
Blaine
gli
allungò la mano, permettendogli di tirarsi su con
facilità dal divano e di avvicinarglisi di nuovo.
“Non
voglio lasciarti andare, Kurt” gli sussurrò.
“Che ne
dici se ceniamo insieme? Hamburger. Offro io”.
Kurt
sospirò.
Non poteva nemmeno pensare a quanto fosse felice in quel momento, con
Blaine che ricambiava la sua cotta, con il suo primo, vero bacio, con
quel divano che non avrebbero mai più guardato nello stesso
modo. E se stare con lui gli avrebbe rovinato la sua perfetta dieta,
facendogli prendere qualche chilo mangiando cibi di dubbia salute e
sicurezza… Be’, quel sorriso perfetto, quelle mani
calde
sui suoi fianchi e quelle labbra così troppo vicine al
suo orecchio erano decisamente un buon compromesso.
La
canzone in lontananza terminava dolcemente – And I say it’s all
right, and I say it’s all right
– ma erano entrambi già troppo lontani per
rendersene
conto. Ma tanto lo sapevano, che sarebbe andato tutto bene.
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Capitolo 2 *** Due ***
Grazie mille a Rota
per il suo commento :) e a chi ha messo la storia tra i preferiti, le
seguite e le ricordate (i nomi non li faccio, ma thank you anyway).
La canzone citata in questo capitolo è "This Love" dei
Maroon 5.
2.
Era strano come
quel bar che era sempre stato il loro luogo di ritrovo fin da quando
erano solo amici ora sembrasse un posto sconosciuto. Kurt si strinse
nelle spalle, reggendo con entrambe le mani il suo caffè
bollente – solo un anno da quel primo bacio nella sala della
Dalton, perché dava l’impressione che fossero
passati secoli? – mentre Blaine, seduto davanti a
lui a quel tavolino in un angolo, giocava con una bustina di zucchero,
tenendo gli occhi fissi altrove.
Una canzone
allegra di qualche anno prima riecheggiava dalla radio del Lima Bean
sopra il vociare delle persone – Kept playing love like it was
just a game, pretending to feel the same – e
nessuno dei due capiva perché un ritmo tanto movimentato e
spensierato dovesse accompagnare parole così fredde.
“Senti”
Kurt ruppe quel silenzio teso quando proprio non ce la fece
più. “Si tratta soltanto di spostare il nostro
appuntamento a sabato, non lo voglio cancellare”.
Solo allora
l’altro lo guardò, seriamente. “Vuoi
rimandare?” gli chiese, pacato.
“Blaine,
non farne un dramma”.
“Perché
dovrei?” domandò con un tono distaccato, facendo
per questo sobbalzare Kurt. “Hai solo rimandato tutti i
nostri appuntamenti nell’ultimo mese. Perfino per il nostro
anniversario, Kurt”.
L’altro
socchiuse gli occhi al ricordo di quella serata non del tutto
piacevole. “Te l’ho spiegato, non posso saltare
così le prove del glee club. È per il
college!”
“Lo
so, ce le ho anche io, Kurt, ma è solo una questione di
precedenze” sussurrò, irritato.
“Non
posso permettermi una qualsiasi università come puoi fare
tu, ho bisogno di quella borsa di studio. E se il signor Schuester
è così gentile da lasciarmi provare fino a sera
ogni volta che-”
“Ne
ho bisogno anche io!” Blaine alzò leggermente la
voce. “Credi che mio padre voglia pagare per tutto quello che
gli chiedo? Dopo che- Anche se è passato un anno da quando
stiamo-”
“Non
farmene una colpa” lo avvertì l’altro.
“Non
te l’ho mai fatta, Kurt” sospirò,
prendendosi la testa tra le mani. “E’
solo…” provò, più calmo e
con voce bassa. “È solo che quando torni a casa
sei sempre troppo stanco per tutto il resto, per me, e non so se siano
soltanto le prove, il problema”.
Kurt
sgranò gli occhi, incredulo. “Pensi ci sia un
altro? Blaine, pensi che possa interessarmi ad un altro ragazzo?
È ridicolo”.
“No.
Non lo so. So solo che sono settimane che… E domani doveva
essere il nostro primo appuntamento serio in un mese. Forse dovremmo
prenderci una pausa” chiarì infine, sostenendo con
fermezza il suo sguardo.
L’altro,
dal canto suo, si sentì morire in quel preciso momento. And her heart is breaking in
front of me
I have no choice cause I won't
say goodbye anymore, continuava la canzone in sottofondo,
ma non ci badò. Tra l’altro, il suo ragazzo la
cantava decisamente meglio. “Oh mio Dio…
Non ci credo. Mi stai lasciando, Blaine?” chiese, fingendo
una risata. “Oh mio Dio, mi stai lasciando sul serio. In un bar. Non
riesco a credere che stia accadendo a me. A noi”.
“N-no!
Kurt, non ti sto…” sospirò, di nuovo,
passandosi una mano sugli occhi. “Vorrei solo che tu fossi
ancora sicuro di quello che provi”.
“Lo
sono!” sbottò, alzando la voce di
un’ottava.
“Certo…”
affermò amaramente Blaine, guardando di nuovo lontano
dall’altro.
Come poteva non
crederlo? Come poteva anche solo lontanamente credere che…?
Kurt si
alzò velocemente dalla sua sedia e senza nemmeno pensarci
prese il viso di Blaine tra le mani per poi baciarlo con forza. In quel
momento non gli importava della gente intorno a loro, delle occhiate,
delle possibili ripercussioni per quel gesto così semplice.
In quel momento c’era il suo ragazzo che dubitava dei suoi
sentimenti, e ricordò che spesso i fatti erano meglio di
mille parole.
Blaine si
allontanò dall’altro dopo poco, alzandosi poi a
sua volta, prendendo la borsa appoggiata alla sedia e uscendo dal
locale. Gli rivolse un sorriso prima di sparire dalla sua vista. Un
sorriso debole, breve, ma sincero.
Era pur sempre
un inizio, no? O meglio, non era la fine. Era questo a cui Kurt doveva
pensare, si disse.
Eppure
l’unica cosa che aveva in mente erano le labbra di Blaine
sulle proprie. Non avevano il minimo sapore, non aveva nemmeno toccato
il suo caffè, raffreddatosi ormai sul tavolo.
Domani sarebbe
stato il loro primo appuntamento dopo un mese – I’ll fix these broken
things, repair your broken wings, terminava la canzone,
finalmente.
Il loro primo
appuntamento serio. Magari avrebbero cenato fuori in un posto elegante,
visto un film romantico, si sarebbero scambiati qualche bacio mentre
programmavano la loro vita al college – New York li
aspettava, in fondo – e si sarebbero ripetuti fino alla
nausea quanto si amavano ogni giorno di più.
Già.
And make sure
everything’s alright.
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Capitolo 3 *** Tre ***
Note: visto che
questa storia è ambientata nel futuro, io mi sono
liberamente ispirata a ciò che ci viene detto alla fine
della 2x22 (molto liberamente, visto che Dio solo sa cosa passa nella
mente di Ryan Murphy... quell'uomo mi terrorizza). Non è che
ci siano grandi spoiler, ma mi sono comunque basata su un particolare
non indifferente che Kurt dice a Rachel durante le Nazionali a New
York.
C'è anche una spruzzatina indiretta di Finchel in questo
capitolo, non che sia una fiera sostenitrice della coppia visto che mi
sono piuttosto indifferenti, ma insieme sono perfetti e sarebbe la
giusta conclusione, per me.
Grazie come al solito
a chi ha recensito <3 e a chi continua a seguire la fic.
3.
Ogni
tanto gli piaceva guardarlo dalla porta della cucina, in silenzio,
soprattutto quando Blaine era così intento e concentrato a
lavare i piatti. Kurt si soffermava sulle sue spalle, sui movimenti di
quelle braccia forti che adorava, su quel grembiule di spugna rosa con
le stelline dorate che proprio non sapeva dove il suo ragazzo avesse
trovato – era quasi convinto di aver bandito
dall’appartamento tutto ciò che fosse stato
comprato da Rachel.
E
in quei momenti gli nasceva un sorriso dolce sulle labbra e si scopriva
ancora più innamorato.
“Se
non hai niente da fare potresti anche darmi una mano” gli
disse Blaine, ancora voltato verso il lavello ma ben resosi conto della
presenza dell’altro alle sue spalle.
Kurt
rise, avvicinandosi piano. “Sei tu che hai insistito per
lavare i piatti” gli fece notare, appoggiandosi al bordo del
lavandino.
“Solo
perché tu hai voluto cucinare tutto da solo”
commentò, insistendo con più forza sul grasso di
una padella.
“E
non mi pare che tu te ne sia lamentato” disse, abbracciandolo
alla vita e poggiando il mento sulla sua spalla, spiando
l’operato di Blaine.
“Assolutamente
no. La miglior cena di anniversario che abbiamo mai avuto”
dichiarò convinto, sciacquando i calici di vetro che avevano
usato poco prima.
Kurt
sorrise contro il suo collo, provocandogli un brivido. “E
allora perché non vieni in salotto? Non dovresti lasciarmi
da solo proprio stasera, no?” provò, mentre dalla
stanza adiacente arrivava la melodia di Everybody’s changing.
Aveva davvero un debole per i Keane, ma nascondeva che fosse dovuto a
una serenata ricevuta al liceo McKinley, tanto tempo prima.
Blaine
sorrise a sua volta, voltando leggermente il viso e lasciando un bacio
davvero poco sensuale sul suo naso. “Prima voglio finire qui,
non voglio lasciare una pila di piatti sporchi per quando Rachel
tornerà a casa. Perché non vai di là e
ti rilassi un po’? So che domani mattina hai un esame
importante” buttò lì.
“E
tu come lo sai?” gridò, sorpreso.
“Si
dà il caso che i tuoi compagni di corso siano i miei
coinquilini, se te lo fossi dimenticato” spiegò
calmo.
Kurt
mormorò qualcosa a mezza voce per poi stringersi di
più al suo ragazzo. “Vuoi andare via
subito?”
E a
quel tono a metà tra una preghiera e un lamento Blaine non
sapeva proprio come reagire, soprattutto se le labbra
dell’altro erano finite non si sa come sul suo collo. Di
nuovo. “Non subito, tra poco”. Per fortuna tutti
quegli anni di allenamento erano serviti a qualcosa.
“Blaine,
sono le nove e un quarto! Non puoi andare via tra poco!”
notò, allontanandosi leggermente visto che le sue attenzioni
non stavano sortendo l’effetto desiderato
– ovvero fargli fare tutto quello che desiderava,
come sempre.
“La
prossima volta faresti meglio a rimandare il nostro appuntamento,
così non avremo interruzioni” rise, lasciando il
piatto ancora sporco nel lavandino e girandosi verso Kurt per guardarlo
meglio. E tutto quello che poté notare furono un
sopracciglio alzato e uno sguardo decisamente scettico.
“Seriamente,
Blaine? Devo forse ricordarti cos’è successo
l’ultima volta che ho rimandato un appuntamento?”
chiese in modo retorico.
L’altro
alzò gli occhi al soffitto, avvicinandosi di più.
“Eravamo ancora al liceo” spiegò.
“E avevi rimandato almeno venti appuntamenti”
aggiunse, piccato.
“Mi
hai lasciato in un bar, Blaine. Nel nostro bar preferito, ma comunque in un bar”
gli ricordò, pensando a quel giorno lontano di tre anni
prima e al freddo che aveva provato.
“Non
ti ho mai lasciato” chiarì. “Non ero
nemmeno arrivato alla mia auto nel parcheggio che già ti
avevo scritto un messaggio di scuse, me lo devi proprio far
ricordare?” si lamentò. “Sono tornato
immediatamente indietro da te. Diciamo che non è stato uno
dei momenti di cui vado più fiero… E avrei dovuto
sostenerti invece che-”
“Essere
geloso di qualcuno che nemmeno esisteva”
puntualizzò.
“Ma
da allora non hai più rimandato un appuntamento. Nemmeno
quella volta in cui Rachel ti aveva chiesto di accompagnarla a vedere
la prima del nuovo cast di Wicked” gli ricordò,
mentre faceva scorrere le mani ancora umide sul collo
dell’altro.
“Solo
perché tu mi avevi regalato i biglietti e
l’abbiamo vista insieme a sua insaputa – non mi
bagnare i capelli!”.
“È
il giusto compromesso” affermò Blaine, mentre gli
baciava lentamente una guancia.
“È
per questo che noi staremo insieme per sempre. Nessuno può
toccare ciò che abbiamo” sussurrò Kurt,
chiudendo gli occhi e lasciandosi andare sotto le attenzioni
dell’altro. “Rachel stasera non torna a
casa”.
“Eh?”
chiese, perplesso, tornando a guardarlo negli occhi.
“L’hai minacciata o cosa? Non perderebbe mai
l’occasione di fare ulteriore esercizio vocale dopo cena, la
sento ogni giorno visto che tra il vostro appartamento ed il mio
c’è solo un muro, che purtroppo è
quello della camera di Rachel”.
“Diciamo
che Finn sarebbe potuto casualmente venire a conoscenza della
cronologia del suo computer, se stasera lei non avesse trovato un altro
alloggio” ammise, sentendosi veramente poco colpevole.
Blaine,
che non voleva indagare oltre, gli sorrise e tornò a
preoccuparsi della pelle del suo collo, riprendendo a baciarlo.
“Mh…
Ha detto che per l’ultimo anno di college vuole cambiare
appartamento” farfugliò Kurt. “Rachel,
intendo”.
Blaine
si fermò di nuovo, guardandolo. “Ti lascia da solo
in questo posto così grande?” ironizzò,
ben conoscendo le tre stanze che lo componevano.
“Magari
potremmo…” cominciò, ma si
bloccò subito, incerto. L’altro notò il
rossore sulle sue guance, ma non disse nulla, trovandolo adorabile come
al solito. “Se ti va, potremmo… Tu non vuoi vivere
con me?” si ritrovò a chiedere, improvvisamente
spaventato.
“Cosa?
Kurt, certo che voglio vivere con te” lo
tranquillizzò, e proprio non sarebbe mai riuscito ad
abituarsi ai suoi repentini cambi d’umore.
“Bene!
Quindi è deciso!” esultò, e se non
avesse preferito tenere le mani sui fianchi di Blaine probabilmente le
avrebbe battute insieme entusiasta.
“Deciso
cosa?” si ritrovò a chiedere l’altro,
che capiva sempre meno i ragionamenti del suo ragazzo.
“È
l’occasione giusta per rimodernare questo appartamento.
Domani comprerò qualche rivista adeguata,
quest’anno va molto il pervinca, si intonerebbe molto bene a
quel tappeto color melanzana che ti chiederò di comprarmi
per il mio compleanno” cominciò, mentre Blaine
scuoteva la testa rassegnato. “E ovviamente spariranno tutte
le cose orribili con cui Rachel ha arredato – se di
arredamento si può parlare – la casa, a partire da
questo orrendo grembiule, Blaine, non so come tu abbia avuto il
coraggio di indossarlo. Anche se almeno copre quei pantaloni che chiaramente non
sono quelli che abbiamo comprato insieme la scorsa settimana, ma che chiaramente sono
quelli che ti avevo detto di buttare”.
Blaine
a quel punto non riuscì a trattenersi, passandogli
scherzosamente una mano sul viso. Una mano ancora bagnata e piana di
sapone, visto che non era riuscito a finire di lavare i piatti. Ma
decise che l’urlo disperato di Kurt valesse qualsiasi cosa,
anche passare la serata del proprio anniversario a sistemare la cucina
di Rachel Berry.
“Blaine,
se hai intenzione di rovinare la mia pelle sappi che
combatterò fino alla morte!” si
lamentò, tentando di spostarsi.
L’altro
gli passò le dita sulle labbra – e rabbrividirono
entrambi leggermente a quel contatto – ma non demorse.
“E guerra sia” ridacchiò.
E
doveva ammetterlo, Kurt era forte quando voleva – solo quando
voleva, ricordava bene come avevano dovuto chiamare Finn
dall’Ohio per aiutarlo a portare a casa le valigie durante lo
scorso Natale (anche se pensava che ci fosse lo zampino di Rachel sotto
e che fosse tutta una scusa colossale) – ma lui non era da
meno, soprattutto se era in ballo il suo onore. E come ex solista di un
coro scolastico il suo onore era molto alto, così come il
suo orgoglio. E poi toccare in quel modo la pelle di Kurt gli piaceva
da impazzire, era inutile non ammetterlo.
“Sai
che vestire fuori moda è un motivo di divorzio? Dovresti
seriamente pensarci, Blaine” gli disse a un certo punto
l’altro, mentre era finito non sapeva bene come incastrato
tra il lavandino e il suo ragazzo.
“Prima
dovresti farmi ubriacare così tanto da convincermi a
sposarti, Kurt” gli rispose con un sorrisetto.
A
quel punto l’espressione scioccata sul viso di Kurt era
qualcosa di talmente impagabile che Blaine non riuscì a
trattenere la risata. Una sonora risata. Nei suoi confronti.
E
quando Kurt capì di essere stato preso in giro –
l’ultima di una lunga serie di volte –
arrossì furiosamente. “Fai pure, ma sappi che
stavolta ti lascerò in balia di Rachel Berry se cominci di
nuovo a succhiarle la faccia!” tentò di
controbattere, inutilmente .
Provò
ad allontanarsi ma non ci riuscì, ovviamente,
perché Blaine lo teneva stretto contro di sé e lo
baciava con tutta la passione di cui era capace – ed era
tanta.
E
alla fine pensò che non aveva bisogno di riposarsi
più di tanto per il suo esame importante del giorno dopo,
tanto sarebbe stato perfetto come al solito, e che le labbra di Blaine,
che non poteva assaporare bene perché aveva un velo di
sapone per piatti sulla bocca, grazie a quello stupido attacco alla
perfezione della sua pelle di poco prima… beh, le labbra di
Blaine avevano la precedenza su tutto. Come sempre.
Note: vorrei fare
una piccola precisazione sul capitolo. Sono la prima ad urlare di
felicità all'idea di Kurt&Blaine a NY, e spero tanto
che accada davvero, ma non so se sarà possibile una loro
convivenza. Il problema si chiama Burt. Secondo me i nostri due
piccioncini dovranno passare sul suo freddo cadavere prima di avere il
permesso di vivere insieme XD Ho quindi pensato a un'alternativa: Kurt
e Rachel vivranno insieme (lo so, è irrealistico, si
ucciderebbero dopo due ore), Blaine e gente varia di cui non mi importa
nulla vivranno da un'altra parte. Che poi siano due appartamenti vicini
è una cosa del tutto casuale, non c'entra niente il fatto
che Kurt sia furbo.
So che c'è una fanfic lunghissima che riguarda Kurt, Blaine
e Rachel a NY, ma non ho ancora avuto modo di leggerla, quindi non so
come Kikisinger abbia sistemato le cose tra loro.
Cosa ci sarà nella cronologia del computer di Rachel? La mia
beta dice fanfic slash su Wicked. Sarebbero femslash visto che il cast
è quasi tutto femminile (a meno che Fiyero e il mago non ci
nascondano qualcosa), ma da Rachel me lo aspetterei anche io XD Meglio
che resti un mistero.
A proposito di esami di Kurt, se qualcuna sta affrontando la
maturità faccio un grosso in bocca al lupo :) io la sto
affrontando indirettamente e ricordo bene il carico emotivo enorme.
Spero che il capitolo possa alleviare le vostre sofferenze almeno per
dieci minuti :D Non sarà la stessa cosa che sentirlo da
Blaine, ma vi dico comunque "Coraggio".
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Capitolo 4 *** Quattro ***
Note: la canzone
citata è "Non, je ne regrette rien" di Edith Piaf (tra
l'altro fa parte della colonna sonora di Inception <3). Il
sottofondo musicale francese durante i momenti di intimità
è decisamente da Kurt, quella parte della 1x18 mi ha fatto
morire :D
In questo capitolo c'è un riferimento alla fanfic "So, what
about the future?" di RobyLupin, che consiglio di leggere <3
Spero questa storia continui a piacervi :)
4.
Le luci soffuse
delle candele, i calici riempiti di vino rosso da cui era stato bevuto
soltanto un sorso – i ventuno anni li avevano raggiunti da
tempo, ma l’alcool ricordava loro troppe brutte sensazioni
–, un mazzo di rose rosse che Kurt si era ostinato a voler
comprare, e dei cioccolatini che Blaine
si era ostinato a voler comprare. Ma le note delicate cantate in
francese dalla melodica voce di Edith Piaf che uscivano dal lettore CD
e si diffondevano nella stanza silenziosa erano la ciliegina sulla
torta.
Kurt
rilassò le spalle, lasciandosi sprofondare sul divano, e
spostò la testa da un lato, permettendo a Blaine di baciarlo
più facilmente sul collo. Gli passò le mani sulle
braccia, accarezzandolo fino alle spalle in movimenti lenti e misurati,
mentre intuiva le labbra dell’altro risalire dolcemente fino
al suo mento. Avvertì un brivido quando percepì
il respiro di Blaine sul suo orecchio, e gli strinse i capelli per
tenerlo lì e avere qualche altra attenzione - come se gliene
avesse mai fatte mancare.
“C’est payé,
balayé, oublié”
mormorò Kurt, cantando sopra le parole della canzone con la
sua voce chiara. “Je
me fous du passé” sorrise.
Sentì
Blaine sorridere contro la sua tempia, prima di tornare a guardarlo
dritto negli occhi. Gli aveva poggiato la fronte contro la sua, facendo
aderire meglio i loro corpi; sapeva che per Kurt quella vicinanza non
era mai troppa, ormai aveva imparato le cose che gli piacevano di
più – e soprattutto il modo
più veloce di fare pace.
“Non
ti importa più del passato?” gli
sussurrò, scendendo a baciargli piano uno zigomo e poi una
guancia, mentre con la mano gli accarezzava i capelli. “Amo
quando parli in francese, è talmente sexy”.
E lo sapeva,
eccome se Kurt lo sapeva.
Si
limitò però a sorridere, facendo scorrere una
gamba contro quella di Blaine, lasciandosi sfuggire un sospiro quando
l’altro gli baciò l’angolo della bocca.
“Pensavo di essere sexy sempre” gli disse, beandosi
del mugolio di assenso che l’altro aveva soffocato contro il
suo collo. “Blaine, gradirei una risposta
intelligibile”.
“Sei
bellissimo” chiarì quindi, rialzandosi a
guardarlo, non curandosi di quanto i suoi capelli ricci fossero
spettinati. E nonostante tutto i suoi occhi non mentivano, per questo
quando Kurt se ne accorse decise che poteva considerarlo perdonato
– anche perché sarebbe stato difficile
nascondergli di essere arrossito. “Sei bellissimo, Kurt, e
non riesco a smettere di pensare che presto
sarai…” ma si bloccò, mentre un
pensiero gli increspava la pelle della fronte.
“Perché quello era un sì,
giusto? Intendo, quello di oggi pomeriggio al Lima
Bean…”
L’altro
roteò gli occhi e per quanto gli dispiacque si
spostò, sciogliendosi dall’abbraccio e tornando
seduto composto sul divano della sua stanza.
“Dove
vai?” chiese preoccupato Blaine, sedendosi subito accanto a
lui e prendendogli la mano. “Preferivo quello che stavamo
facendo prima” gli fece sapere dolcemente, riavvicinandosi al
suo viso.
Ma Kurt fu
più veloce e si allontanò, fintamente
scandalizzato. “Blaine! Ci sono mio padre e Carole al piano
di sotto, non mi sembra il momento adatto per certe cose!”
L’altro
sbuffò alzando gli occhi al cielo, in un modo
così lontano dal suo comportamento sempre impeccabile ma
così stranamente vicino al gesto che vedeva fare
quotidianamente a Kurt. Evitò tuttavia di fargli notare che certe cose le
aveva volute cominciare proprio lui
come valido metodo per farsi perdonare l’uscita di quel
pomeriggio.
Continuò
a tenere la mano nella sua, stringendola leggermente, e alla fine gli
disse con un sorriso smagliante: “E allora?
Perdonato?”
Kurt
sospirò in quel modo teatrale che amava tanto fare, per
l’appunto, come a pensarci ancora un attimo anche se aveva
preso una decisione ore prima. “Mi hai chiesto di sposarti
così all’improvviso... In un bar. Ok, era
il nostro bar, ma era sempre e comunque un- Blaine!”
“Mh?”
domandò l’altro, riemergendo pigramente dal collo
di Kurt. “Era un sì, vero?”
evidenziò con un sorriso sornione.
“Mh.
Domani comunque torniamo a New York, dovremmo finire di preparare le
valigie” disse con fare pratico, solo per togliersi certe
idee dalla testa ed evitare di arrossire più di quanto
già non fosse, ignorando con difficoltà i fiori,
i cioccolatini, i calici di vino e la musica che ancora faceva loro da
sottofondo.
“Possiamo
farlo dopo” decise per lui, passando un braccio attorno alla
vita di Kurt e attirandolo a sé. “E per dopo
intendo domani” precisò, spingendolo di nuovo sui
cuscini del divano e riprendendo a baciarlo da dove si era fermato.
“Immagino…”
rispose divertito, lasciandosi andare a tutte quelle dolci coccole. Il
suo ragazzo - e da quel pomeriggio futuro marito - era davvero bravo in
questo. Futuro marito… suonava proprio bene, si disse,
ridendo compiaciuto tra sé e sé.
“Però devi smetterla, la prossima volta cosa
farai? Mi dirai di aspettare un bambino mentre bevi tranquillamente il
tuo caffè al Lima Bean?”
Blaine si
limitò a mordergli il collo, facendolo sussultare, sorpreso.
“Troverò il modo di curare questo trauma da
bar” gli disse, sussurrando al suo orecchio con quel suo tono
profondo che faceva impazzire Kurt nel giro di un nanosecondo.
“Anzi, credo di averlo già
trovato…” e lasciò in sospeso la
frase, risalendo con le labbra fino al mento, sempre
più vicino alla bocca, con lentezza esasperante, mentre con
le dita gli accarezzava una guancia e l’altra mano scendeva
sulla sua pancia e scivolava sul divano.
“E
sarebbe…?” si ritrovò a chiedere,
notando quanto la sua voce si fosse abbassata.
“Cioccolata”
esultò, prendendo rapidamente un cioccolatino dal tavolino
accanto a loro e infilandolo nella bocca aperta per lo stupore di Kurt.
Kurt,
sì. Che rischiò di morire soffocato in quel
momento. “Sei impazzito?” sbottò,
tentando di sollevarsi. “Non la mangio questa
roba!” finì con voce stridula.
L’altro
si limitò a ridacchiare, soprattutto notando che quel
cioccolatino il suo ragazzo lo aveva ingoiato senza fare troppe storie.
Gli passò le dita sulle labbra, guardandolo poi seriamente
negli occhi azzurri, e Kurt si ritrovò senza fiato, di
nuovo.
“Le
tue dita sanno di cioccolato” pigolò, cercando un
contatto maggiore con il corpo di Blaine, portando una mano alla sua
nuca e avvicinandolo al suo viso.
Blaine gli
baciò una guancia, indugiando più a lungo del
dovuto sulla sua pelle delicata, chiudendo gli occhi e riaprendoli
l’attimo dopo, per guardarlo di nuovo.
“Non, rien de rien. Non, je ne
regrette rien” cantò Kurt, sottovoce,
sulle note finali della canzone, mentre l’altro ora gli
baciava delicatamente il lato della bocca. Si ritrovò a
fissarlo, perdendosi in quegli occhi scuri e innamorati che fin troppo
spesso, anche dopo tutti quegli anni, gli facevano mancare un battito.
“E comunque era un sì”.
E Kurt
pensò che al mondo non poteva esistere nulla di
più bello del suo ragazzo – futuro marito
– a pochi centimetri dal suo viso, che gli
sorrideva in quel modo, e che lo amava
in quel modo.
Poi Blaine si
chinò quel poco che bastava per arrivare alla sua bocca.
“Car ma vie,
car mes joies, aujurd’hui ça commence avec toi”
gli sussurrò prima di baciargli le labbra.
E
capì che niente, niente,
sarebbe mai stato più bello di quel bacio, anche se aveva
ancora il sapore di cioccolato impastato nella sua bocca.
Traduzione:
C’est payé,
balayé, oublié. Je me fous du passé
“E’
stato pagato, spazzato via, dimenticato, non mi importa del
passato.”
Non, rien de rien. Non, je ne
regrette rien
“No,
niente di niente, non rimpiango niente”
Car ma vie, car mes joies,
aujurd’hui ça commence avec toi
“Perché
la mia vita, la mia gioia, oggi comincia con te”
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Capitolo 5 *** Cinque ***
Note: sono un
pochino in ritardo, ma ecco qui il capitolo. L'ultimo
arriverà prestissimo, visto che poi devo sparire per un po'.
Grazie ancora a tutte quelle che hanno commentato :) siete dolcissime
come la Klaine <3 Spero vi piaccia anche questo capitolo.
5.
Appena
richiusero la porta alle loro spalle si addossarono entrambi contro di
essa, lasciando la presa sulle loro valigie; si sedettero poi per
terra, vicini, fissando l’ingresso e il salotto della loro
nuova casa, emettendo un sospiro nello stesso istante.
Blaine
poggiò la tempia contro quella di Kurt, mentre
quest’ultimo gli prendeva la mano nella sua. “Siamo
a casa…”
“Ed
è ancora tutta intera”.
“Kurt,
hai minacciato chiunque di non avvicinarsi mentre eravamo in luna di
miele, e sei stato particolarmente convincente”
spiegò, mentre un rossore d’imbarazzo andava
diffondendosi sulle guance dell’altro. Blaine sorrise,
scivolando piano fino a mettere la testa sulle gambe di Kurt.
“Jetlag” disse soltanto, come se fosse una scusa
per rimanere in quella posizione.
“Hai
dormito per tutto il viaggio di ritorno” evidenziò
Kurt, ma la sua mano corse involontariamente tra quei capelli ricci.
Il silenzio
della loro casa nuova non era pesante, si ritrovarono a pensare.
L’avevano comprata subito, innamorandosene
all’istante, e l’avevano finita di arredare poco
prima del loro matrimonio, in modo che li potesse accogliere appena
tornati dal viaggio di nozze – Parigi, Kurt era stato
intransigente.
“Non
è vero” si ribellò pigramente Blaine,
strofinando una guancia sulla sua coscia. “Mi sono svegliato
quando quella hostess voleva attentare all’onore di mio
marito”.
E si
ritrovarono ad arrossire come due ragazzini per quanto quella parola
suonasse bene. Quasi familiare.
“Quella
povera ragazza voleva solo offrirmi un succo di frutta, Blaine, e ci ha
fatto le sue più vive congratulazioni quando gli hai detto
– urlato – che eravamo sposati”
spiegò con tutta la pazienza possibile.
“Mpf”
mugolò l’altro, chiudendo gli occhi e stringendo
la stoffa dei pantaloni di Kurt, che ovviamente guardò la
cosa con enorme preoccupazione. Aveva idea di quanto tempo ci volesse
per stirarli?
Eppure
sospirò, continuando a passare dolcemente le dita tra i
capelli di Blaine, rilassandosi a sua volta. “Dovremmo
alzarci da qui” sussurrò dopo qualche minuto di
completo silenzio.
L’altro
si girò in modo da poterlo guardare negli occhi, alzando un
braccio fino a toccargli una guancia. “Spaventato?”
“Un
po’” ammise subito, calmandosi leggermente grazie a
quella carezza.
Blaine fece un
mezzo sorriso, tirandogli scherzosamente la pelle del viso.
“Di aver commesso un errore?”
“Cosa?”
tentò di dire Kurt, liberandosi da quella presa.
“No! È solo che… una casa nuova, una
vita nuova… E sono felice, ecco” ammise,
arrossendo in quel modo adorabile che non era cambiato di una virgola
da quando avevano solo sedici anni.
“Anche
io” gli disse, allungando anche l’altro braccio
verso il suo viso e facendolo avvicinare a lui, ancora sdraiato. Kurt
si limitò a chiudere gli occhi per un momento, indugiando
leggermente contro la mano sinistra dell’altro. Poi si
sorrisero, prima che Blaine gli baciasse la punta del naso.
“Ora
dovremmo davvero alzarci. Sistemare le nostre cose, preparare la cena,
organizzare la giornata di domani” cominciò Kurt,
mentre l’altro emetteva un suono a metà tra la
pigrizia e la frustrazione. “E fare una doccia,
magari”.
“Mi
piace fare la doccia” ammise Blaine, con un tono che doveva
sembrare seducente, ma che risultò piuttosto assonnato.
“Lo
spero bene, Blaine, o sono ancora in tempo per annullare il
matrimonio” lo prese in giro, tirandogli leggermente quei
capelli con cui amava giocare. Ma l’altro, per tutta
risposta, spostò la testa indietro, contro la sua mano,
mostrandogli il collo.
Kurt
sospirò, ancora. Non era il momento.
“Non
hai motivo di essere spaventato, Kurt” gli disse poi.
“Per ogni giorno della nostra vita sappi che
laverò i piatti dopo i pasti, visto che mi hai vietato di
cucinare, e porterò sempre in lavanderia tutti i pantaloni e
le camicie che ti rovinerò stringendoli troppo. E ogni
mattina ti sveglierò con una canzone diversa, una importante
nella nostra storia, e domani sappi che inizierò con la
prima, quella che ha segnato il nostro incontro, che poi è
rimasta la migliore-”
“Non
stiamo per iniziare la nostra prima discussione, vero,
Blaine?” lo ammonì Kurt. E sembrava davvero
minaccioso.
“…
Ti preparerò sempre il tuo caffè
preferito” continuò imperterrito. “Posso
anche portartelo direttamente dall’Ohio se vuoi, anche se
viviamo a New York” fece una pausa. “A New York.
Viviamo a New York. Insieme” ripeté.
E al diavolo
chi non aveva mai creduto in loro e nei loro sogni.
Kurt sorrise,
accarezzandogli la guancia con la mano sinistra. Blaine ne
approfittò per lasciargli un bacio sul palmo, e poi
sull’anulare, contro quella fede lucente con cui lo aveva
sposato appena due settimane prima.
“Va
bene, ma per ora voglio solo che ti alzi” gli disse poi.
Blaine lo
avvicinò di nuovo al suo viso. Gli diede un bacio leggero
sulle labbra, e a Kurt tornò in mente una discussione
vissuta almeno dieci anni prima. E non sapeva perché si
fosse ricordato un discorso del genere, con una ragazza – con
una ragazza con cui stava pomiciando, per giunta – proprio in
quel momento, mentre suo marito gli dava il primo bacio nella loro
nuova casa, ma ricordò Brittany, e il seminterrato della
casa dei suoi genitori, e le sue domande ingenue e inesperte.
E mentre Blaine
lo teneva stretto a sé come se non volesse lasciarlo andare
mai più, pensò che lui fosse diverso. Le sue
labbra non sapevamo mai di hamburger, o di salse, o di qualsiasi altra
cosa. Le sue labbra sapevano soltanto di Blaine, e di Kurt, e di loro
due insieme.
E seduti in
quel modo scomodo sul pavimento della loro nuova casa, nel silenzio
complice che li avvolgeva – nessuna musica, per una volta
– Kurt capì che anche se Blaine lo avesse baciato
mille volte in tutto, o mille volte in un giorno, o mille volte al
secondo, non gli sarebbe bastato mai.
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Capitolo 6 *** Uno ***
Ultimo capitolo :)
Grazie mille a chi ha seguito questa storia fino alla fine (soprattutto
a chi invece di studiare per gli esami era qui a leggere =P).
E grazie ancora a Roby per il betaggio ultraveloce e a Lucia, santa
donna, che non so se leggerà mai ma che ringrazio lo stesso
per ovvi motivi, e perché ora ho capito che scrivere su
commissione mi leva la fatica di pensare all'idea di base, e visto che
sono pigra questa cosa mi piace parecchio.
6.
A
volte si svegliava all’improvviso durante la notte, e ci
metteva qualche secondo prima di mettere a fuoco dove si trovasse,
rilasciando un respiro che non sapeva di star trattenendo; a volte
appena prima di addormentarsi stringeva forte la mano di Blaine, e la
teneva contro il suo petto fino alla mattina seguente. A volte
semplicemente aveva paura. Paura che stesse vivendo uno dei suoi sogni
ricorrenti di adolescente, e che appena avesse aperto gli occhi si
sarebbe ritrovato a dover affrontare un’altra giornata
qualsiasi in quel terribile liceo di quella terribile città
sperduta in Ohio, ricominciando tutto da capo.
Per
questo si ritrovava spesso a fissare in silenzio scene del genere dalla
porta della camera, braccia incrociate al petto, fianco poggiato contro
lo stipite e un sorriso aperto sulle labbra.
“Per
quanto pensi ancora di rimanere lì a guardarmi senza far
niente?” gli disse Blaine, senza sollevare lo sguardo da
ciò che stava facendo. Sembrava sempre sapere dove fosse
Kurt, anche se non lo vedeva, anche se non lo sentiva.
L’altro
infatti sospirò per poi avvicinarglisi. Si sedette sul
divano accanto al marito, sbirciando oltre il suo braccio.
“Sta bene?” chiese, apprensivo.
Blaine
sbuffò divertito. “Certo che sta bene. Sta
benissimo. Non è mai stata meglio”
assicurò, lasciando che poggiasse il mento sulla sua spalla.
“Potevi dormire ancora un po’, ormai dovresti
fidarti. Non l’ho più fatta cadere” lo
prese in giro, aggiungendo subito uno “Scherzavo!”
notando l’occhiataccia di Kurt.
Tornò
quindi a quel piccolo esserino avvolto in una calda copertina rosa tra
le sue braccia. La loro bambina. Elizabeth. Due mesi e un cappellino
giallo con i ponpon sulla testa – perché
quest’anno è di moda e s’intona
perfettamente con il colore rosa della sua culla. A volte Blaine
pensava che Kurt sarebbe seriamente impazzito nel riempire il
guardaroba dello loro figlia. Be’, non che lui fosse da meno.
“Lasciamela
tenere un po’” si lamentò, posando una
mano sul gomito di Blaine per spostarlo leggermente e avere una visuale
migliore.
“Sta
bevendo il suo latte, Kurt, è già complicato
tenere lei con un braccio con la paura di farle male e il biberon con
l’altra mano in equilibrio precario senza che anche tu mi
faccia pressione” chiarì.
L’altro
rise, scoccandogli un sonoro bacio sulla guancia. “Rilassati,
amore, se faranno un’audizione per il papà
migliore del quartiere il secondo posto ce l’hai
assicurato” tentò di tranquillizzarlo.
“Perché ovviamente il primo è il
mio” evidenziò, mentre Blaine alzava gli occhi al
soffitto.
Kurt
poi si accoccolò meglio contro la sua spalla, continuando a
guardare la bimba finire il suo pasto. “Non pensi che mi
somigli?” sussurrò. “Quello è
sicuramente il mio naso. E quelle sono sicuramente le tue orecchie,
Blaine. Ci somiglia!” esultò, fiero della sua
scoperta.
Blaine
ridacchiò, posando il biberon quasi vuoto sul pavimento e
stringendosi al petto la figlia. “Kurt, temo sia del tutto
impossibile, anche solo per sbaglio. Si chiama eredità
genetica, e non ha la nostra” lo prese in giro.
Kurt
mise il broncio, dandogli una pacca non tanto amorevole sul braccio.
“Lo so. Ma penso ci somigli lo stesso”
s’impuntò, e la risata sincera
dell’altro era un chiaro segno che gli dava ragione.
“È bellissima”
commentò un attimo dopo, allungando un braccio fino ad
accarezzarle piano una guancia.
“Assolutamente”.
“È
la cosa più bella che potesse capitare nella nostra
vita” ammise, continuando a guardare la bambina mentre si
addormentava contro il petto di uno dei suoi due papà.
Blaine
si scostò lentamente solo per poterlo guardare meglio negli
occhi. “La seconda” gli disse, fissandolo
eloquentemente e sorridendogli, facendolo arrossire – e lo
sapeva che flirtare in quel modo era il suo punto debole.
“La
seconda” ripeté allora Kurt, ancora leggermente
imbarazzato, protendendosi verso il suo viso e sfiorandogli le labbra
con le proprie.
Non
che Blaine si lasciò sfuggire l’occasione,
ricambiando più che volentieri il bacio, facendo maggiore
pressione e rimanendo lì, fermo contro quella bocca che
amava, respirando la sua aria contro la sua pelle, per poi tentare di
approfondire il contatto; ma quando sentì il sorriso di Kurt
aprirsi sotto le sue labbra si allontanò, guardandolo con un
broncio adorabile. “Che c’è di
così divertente?”
E
l’altro evitò di pensare ai riccioli ribelli che
scendevano scomposti sulla fronte di Blaine dopo una notte
probabilmente insonne, o alla tuta grigia
dell’università che più volte gli aveva
rimproverato di buttare, ora sporca di latte su una manica e
chissà che altro sulla spalla opposta, o a quello sguardo
profondo che gli riservava – a lui, e a lui soltanto
– fin dalla prima volta, fin da Teenage Dream cantata alla
Dalton, ma che perdeva tutto il suo fascino se si teneva tra le braccia
una bambina che aveva appena avvertito di aver digerito bene.
“Le
tue labbra…” rispose soltanto Kurt.
“Che
hanno?”
“Sanno
di latte” ammise, e si lasciò andare a una sonora
risata – non tanto sonora, per non svegliare la figlia
– notando il rossore improvviso sulle guance di Blaine.
L’altro
infatti spostò subito lo sguardo, tentando di nascondere
l’imbarazzo. “Dovevo pur essere sicuro di cosa
farle mangiare”.
“Blaine”
lo riprese, respirando e calmandosi dalle risate. “Basta che
senti la temperatura del latte sulla pelle del polso, non
c’è bisogno di berlo”.
“Volevo
assicurarmi che fosse buono!” rispose piccato. “Se
le vengono altri mal di pancia rimani tu sveglio tutta la notte con
lei” s’infervorò, stringendo le labbra
ed evitando ancora di guardarlo.
“Va
bene, va bene” accordò, stringendosi ancora di
più a lui e poggiando di nuovo la testa sulla sua spalla.
Rimasero
così per qualche minuto, guardando solo il lento respirare
della bambina, i suoi pugni chiusi, le guance paffute, quella
carnagione rosea che lasciava intravedere le vene, e si ritrovarono a
fantasticare su come sarebbe stata, su che carattere avrebbe avuto, sul
suo musical preferito, su come poteva essere la sua voce, su che
canzoni avrebbe cantato per loro dopo cena, sul colore dei suoi occhi,
sul tono della sua risata, e stranamente solo su una cosa erano
entrambi d’accordo: sarebbe stata bellissima.
Perché era loro. E tutto ciò che era loro era
bellissimo.
“Mercedes
ha detto che sarebbe passata stasera e temeva che Rachel si sarebbe
aggregata, come sempre, ma stavolta non ho intenzione di far entrare in
casa mia, né tantomeno nel guardaroba firmato di mia figlia,
qualsiasi capo d’abbigliamento regalatoci da quella maniaca
dei vestiti fuori moda. A proposito di stranezze, se Wes e David si
ripresentano di nuovo insieme ad un orario improponibile come le sei
del mattino comincerò a credere che ci nascondano qualcosa,
e non mi importa nulla del volo che hanno dovuto prendere per farci una
sorpresa e del fuso orario. Oh, e mio padre e Carole saranno a pranzo
da noi questo fine settimana, sto pensando di sfruttare il libro di
cucina francese che mi hai regalato lo scorso mese, e-”
“Ti
amo”.
Blaine
lo aveva guardato negli occhi con quello sguardo sincero che lo faceva
sciogliere ancora dopo tutti quegli anni, anche con i capelli
spettinati, la maglia sporca e la bambina tra le braccia.
Certe
cose non sarebbero mai cambiate, ed erano proprio quelle a fargli
credere che tutto ciò che avevano costruito non era un
sogno, e che non si sarebbe mai più risvegliato adolescente,
in Ohio, lontano da Blaine. Non era più possibile.
E
per questo sorrise.
“Ti
amo anche io”.
FINE
Nota finale: ero molto indecisa sul nome della bimba. Ho passato in
rassegna tutti i musical citati da Kurt, ma niente. Wicked ha nomi
troppo strani, mentre RENT ha un perfetto Angel - che adoro - ma...
ehm... no, non potevo usarlo, e gli altri personaggi femminili non
vanno bene. Ho pensato quindi a Gypsy, a Rose... ma no, nemmeno quello,
perché non le auguro una vita così, alla piccola
Hummel-Anderson. E quindi ho lasciato perdere i musical e ho pensato a
Kurt che si firma con "Elizabeth" come secondo nome, e
chissà se quello è davvero il nome della madre
(non ci credo che sia il suo vero secondo nome, Burt non avrebbe mai
messo al suo primogenito un nome da donna XD) o un nome a caso scelto
dal gusto di Kurt. Rimarrà un mistero (grazie, RIB, vi amo
alla follia quando fate così). Io intanto ne approfitto
senza vergogna.
Se volete lasciarmi un commento almeno per l'ultimo capitolo sarebbe
una cosa carina e gradita. Risponderò a tutti il prima
possibile, sperando di non perdere la capacità di parola
dopo la - ehm - vacanza massacrante che andrò a fare.
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