This Is How He Will End It

di Akemi_Kaires
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I - Quiete Prima Della Tempesta ***
Capitolo 2: *** Capitolo II - Il Portatore Di Morte ***



Capitolo 1
*** Capitolo I - Quiete Prima Della Tempesta ***


Ventiquattro anni… ripensandoci bene non sono molti, non come credevo.
Eppure posso dire con certezza che i miei sono stati alquanto ricchi di emozioni, sensazioni, ed avvenimenti che hanno cambiato radicalmente la mia vita molteplici volte. Sono stati pieni di colpi di scena, di tristi e tragici avvenimenti, di eventi emozionanti.
Ho provato sulla mia pelle tanti sentimenti differenti, dei quali ho fatto tesoro.
Forse è per questo che oggi ho deciso di vergare ognuna delle tappe che mi hanno segnata. Oppure lo sto facendo per puro capriccio, per far sì che qualcuno si ricordi di me, che faccia del mio nome una storia.
Invece sono partita con un altro intento: vorrei che, un giorno, mio figlio potesse leggere queste parole, per imparare dalle mie esperienze e per non compiere i miei stessi, sciocchi, errori.
Desidererei che anche gli altri potessero usufruire di questo; il mio desiderio è quello di rendere la vita di questi molto più semplice di quanto lo sia stata la mia.
Comincerò proprio da qui, da queste semplici prime pagine, per comunicargli un mucchio di cose che con semplici parole non potrei dire.
Inizierò proprio dal principio, dalla fine che ha segnato l’inizio della mia avventura, e concluderò col giorno dove ho potuto finalmente assaporare gioia pura, quando sono stata ripagata delle mie fatiche.
Il mio nome è Lulu, e voglio narrarvi la mia storia…



Quiete prima della Tempesta


Su Spira aleggiava aria di morte e di tensione. La pace, con la conclusione dell’ultimo Bonacciale, ormai scemava pian piano, sostituita dalla tempesta che preannunciava una guerra ormai imminente. La Milizia era in tumulto e nuovi Invocatori si preparavano ad intraprendere i loro pellegrinaggi.
Ormai tutto era in fermento. Alcune persone, spinte dal desiderio di contribuire alla costruzione di un mondo senza sofferenza, si organizzavano per un possibile scontro col nemico. Altre, in balia della paura, prediligevano una fuga eterna, una vita da nomadi sempre in fuga dalle avversità.
Solo in un piccolo angolo di paradiso la serenità regnava sovrana. A Besaid, le persone conducevano la vita pacifica di sempre e i bambini giocavano in riva al mare. Era come se quel mondo fosse rimasto intaccato da ciò che accadeva all’esterno.
I giorni erano tutti uguali, pacifici. Il mare era calmo, il cielo era sereno e la soffiava una dolce e carezzevole brezza marina. La luce del sole, calda e rassicurante, riscaldava tutto ciò che illuminava.
Perfino la sabbia era bollente. O almeno, Lulu la percepiva così sulla sua pelle candida e pallida come la luna. Con i piedi a penzoloni nell’acqua tiepida, osservava il tramonto con un’espressione di felicità dipinta sul volto infantile. Adorava letteralmente quello spettacolo della natura, specialmente quando la superficie cristallina del mare si tingeva di varie tonalità di rosso e arancione.
Il vento salmastro scompigliò giocosamente i suoi lunghi capelli color ebano, facendoli ondeggiare attorno al suo corpo esile e minuto. I suoi occhi cremisi osservarono a lungo il panorama che si stagliava dinnanzi a lei, godendo di tutta quella bellezza.
- Ehi, sei ancora qui? – disse una voce alle sue spalle, cogliendola di sorpresa e facendola sobbalzare. La voce di quel bambino l’aveva colta all’improvviso, mentre era immersa nei suoi pensieri.
Si voltò di scatto, sorpresa. Sfoderò un sorriso gioioso, non appena riconobbe colui che aveva parlato. Si trattava di un infante, di un anno più grande di lei, dalla pelle ambrata e dai capelli rossicci, simili a fuoco vivo.
- Ciao, Wakka – lo salutò lei, alzandosi in piedi. – Come mai non sei a giocare con gli altri?
- Ho voluto prendermi una pausa – rispose, incrociando le mani dietro alla testa. – E poi, ormai, è ora di andare al Tempio.
La piccola si portò una mano alla bocca, spaventata. Si era totalmente dimenticata della ricorrenza che cadeva quella giornata, della festa dove, ogni anno, si rendeva omaggio a Yevon e lo si ringraziava per aver protetto l’isola e i suoi abitanti.
- Lo immaginavo – ridacchiò lui, guardandola con i suoi occhi da cerbiatto. – Ah, se non ci sono io…
Ella arrossì visibilmente, incrociando le caviglie. Si morse il labbro inferiore, evitando lo sguardo dell’amico. Si vergognava altamente di quella sua dimenticanza, ancor più se era stato lui a fargliela notare.
Gli era grata, dopotutto. Se non fosse venuto ad avvisarla, a strapparla dalle sue lunghe riflessioni, lei sarebbe rimasta lì, incantata, fino a quando non sarebbe calata la notte.
Inutile dire che, poi, sarebbe stata rimproverata dai suoi genitori per via della sua negligenza.
- Grazie – mormorò timidamente, a voce bassa. In risposta, lui fece un gesto di noncuranza con la mano.
Dopo essersi infilata nuovamente i sandali, si incamminò a passo svelto verso il passaggio che li avrebbe condotti al centro abitato, seguita dall’amico.

Era giusto ringraziare Yevon per tutto quello che aveva fatto per loro, per averli sempre preservati dal male e dal dolore.
Nei suoi cinque anni di vita, Lulu non aveva mai assistito ad una guerra, né ad uno scontro. Non aveva mai avuto l’occasione di vedere dal vivo Sin e la devastazione che portava con sé. Sinceramente, sperò di non incontrarlo mai durante la sua esistenza.
Pregava che la pace restasse sempre intatta nel suo paese natale, anche per ragioni personali. Suo padre, essendo un Miliziano, non avrebbe mai preso in mano la spada se la situazione sarebbe sempre rimasta integra come ora. Ne aveva affrontate altre, in precedenza, dove, fortunatamente, ne era uscito integro.
Non avrebbe mai potuto immaginare come sarebbero state le giornate senza di lui, con la mancanza della sua presenza paterna. Non osava neppure pensarci.
Affiancati, i due bambini raggiunsero assieme l’ingresso del Tempio. Sulla soglia, impaziente, li aspettava una donna sorridente; tra le braccia stringeva uno scricciolo d’infante, avente poco più di un mese.
- Figliolo! – esclamò, sfoderando un’espressione gioiosa, non appena li vide arrivare. – Vedo che l’hai trovata in tempo, allora.
La piccola la conosceva molto bene. Era la madre di Wakka, signora dal carattere solare e determinato, ed il piccolo che aveva in braccio era il suo secondogenito Chappu.
I due fratelli non si assomigliavano per niente, esclusi pochi tratti che li accomunavano come il colore dei capelli e degli occhi. Pochi particolari, difficili da scorgere, li accomunavano. Forse erano così differenti l’un dall’altro per via dell’età. Magari, in futuro, sarebbero diventati indistinguibili.
Inutile dirlo, la piccola provava una gran simpatia per entrambi, nonostante tutto. La maggior parte delle giornate le passava in loro compagnia. Si divertivano molto, assieme, nonostante le varie differenze di età.
- Hanno già cominciato? – domandò il maggiore, indicando la porta chiusa, spaventato.
Lei scosse la testa, entrando. – Tra poco, però, lo faranno. Siete giunti appena in tempo!
Il giovane sospirò di sollievo, alzando gli occhi al cielo. Credeva ciecamente nel suo Dio e per nessuna ragione al mondo si sarebbe perso il rito di ringraziamento. Nessuna… meno una.
- Andiamo? – disse, sorridendo, rivolgendosi alla bambina.
- Wakka, è colpa mia se non sei arrivato presto… - riuscì solo a dire lei, prima che l’altro la prendesse per mano. – So che ci tieni…
Le rivolse uno sguardo carico di gioia e dolcezza, rassicurandola. – Non preoccuparti per questo.

Il Tempio era gremito di persone. I credenti brulicavano ovunque, sussurrando Odi ai Grand’Invocatori e pregando il Dio per rendergli omaggio.
Nella stanza risuonava la melodia dei canti composti in onore della grande Yunalesca, ricordandola e venerandola come la prima Invocatrice che ha portato la pace su Spira.
I bambini fecero la reverenza, inchinandosi dinnanzi alla grandezza della loro divinità.
Si guardarono attorno, spaesati, alla ricerca dei loro genitori.
- C’è mancato poco – sussurrò una voce accanto a loro, irata. – Siete arrivati appena in tempo.
Si voltarono, cercando colui che aveva appena proferito parola. Si trattava di un bambino, di sei anni circa, dai capelli rosso vermiglio e dagli occhi scuri. A braccia incrociate al petto, li guardava furente.
- Luzzu… - disse sotto voce Wakka, serenamente. – Tanto i grandi non hanno cominciato, no? Ora ci siamo tutti.
- Scommetto che Lei – mormorò l’altro, ridacchiando, indicando la piccola – era ancora in spiaggia a giocare con il suo stupido pupazzo.
- Non è stupido – ribatté lei, sbuffando, fulminandolo con lo sguardo, abbracciando la sua bambola di pezza. – Moguri è sensibile, e non devi offenderlo. Chiedigli scusa, altrimenti mi arrabbio!
Adorava e stravedeva per il suo giocattolo. Era il suo preferito, dopotutto, ed era un regalo confezionato proprio da sua madre stessa. Non andava mai in giro senza, se lo portava sempre appresso dovunque lei andasse.
Sotto un certo aspetto era diventato il suo amico immaginario. Ella stessa, ogni giorno, continuava a ribadire che, prima o poi, “avrebbe preso vita”.
L’altro la guardò con superficialità, sbuffando. – E va bene. Scusami.
Tralasciati questi infantili battibecchi, il loro era un gruppetto davvero molto unito. Amici sin dalla nascita, non si erano mai separati.
Amavano, durante ogni giornata, intraprendere nuove avventure sull’isola, facendo incetta di nuove ed entusiasmanti emozioni, alla ricerca di tesori. Inventavano leggende sui vari luoghi esplorati, alle quali tenevano continuamente fede.
Inutile dire quanto i loro genitori fossero sempre contrari a queste loro scorribande, perché ritenute pericolose. Nonostante tutto, però, anche a loro faceva piacere vederli così uniti e affiatati.
A Lulu, specialmente, piaceva la loro compagnia. Erano gli unici ad averla accettata com’era, per il suo carattere e per il suo essere stravagante. Lei si divertiva un mondo assieme a loro.
Li osservava giocare a Blitzball e i bambini, dal canto loro, cercavano di farle imparare qualche nozione base. Ignoravano totalmente il fatto che ella fosse imbranata e impacciata: la prima regola d’oro, per loro, era divertirsi.
Restavano sempre sulla spiaggia fino a notte tarda dove, sdraiati sulla sabbia, contemplavano la bellezza delle stelle.
Nessuno di loro provava ad immaginare come sarebbero state le loro vite senza la pace che regnava su Besaid. Sicuramente avrebbero dovuto rinunciare a tutta quella felicità.
- Stanno per cominciare – esclamò, infine, lei, vedendo uscire il Sacerdote dalla sua stanza.
- Io vado dalla mia famiglia – disse Wakka, facendo un cenno verso i suoi genitori. – Dopo torniamo.
La piccola fece lo stesso. Cercò i suoi con lo sguardo, scrutando con attenzione ogni gruppo di persone, alla loro ricerca.
Eccoli. Erano vicini alla scalinata che conduceva al Naos dell’Intercessore, l’uno accanto all’altra. Mancava solamente lei.
Li raggiunse, trotterellando, sfoderando un sorriso gioioso. Non vedeva l’ora di potergli raccontare, come faceva ogni sera, dopotutto, quanto era stata divertente la giornata passata assieme alla banda. Erano discorsi molto infantili, ma che loro, nonostante tutto, ascoltavano volentieri.
Non passando molto tempo assieme alla figlia, dati i loro impegni, era il minimo che potevano fare. Non l’avrebbero mai privata della soddisfazione di poter descrivere accuratamente ogni esperienza fatta.
Ma quella sera avrebbe dovuto aspettare la fine del rito per potersi togliere quello sfizio. Giusto un’oretta e poi avrebbe potuto narrar loro ogni cosa.
Bastava solo pazientare un po’ e cercare di capire la parola di Yevon.
- Lulù – disse sua madre, prendendola in braccio. – Dove sei stata?
Era sempre così. Per vizio, la donna storpiava sempre l’accento del suo nome. Lo faceva per vezzo, per trovarle un nomignolo che, pur non ammettendolo, la piccola detestava con tutte le sue forze. Eppure adorava sua mamma per quello, per la sua semplicità e il suo strano carattere.
- Dove vuoi che sia andata? – bofonchiò affettuosamente suo marito, accarezzando la testa della piccola. – Scommetto che questa sera avrai un mucchio di cose da raccontarci, vero, Lulu?
Lei saltellò dalla gioia, fremendo dall’emozione. Non vedeva l’ora.
Quanto desiderò che la celebrazione si concludesse in fretta!

Il rito si era concluso piuttosto velocemente, seguito da canti e da inni di ringraziamento nei confronti di Yevon. Tutti i presenti, più e più volte, resero omaggio attraverso la reverenza e doni posti ai piedi delle statue.
Era oramai giunta l’ora, per tutte le famiglie, di rincasare per cenare e godersi il meritato riposo dopo una lunga ed estenuante giornata di lavoro. Lentamente, ognuno uscì dal Tempio, avviandosi verso le proprie abitazioni.
Per la piccola, finalmente, era quasi arrivato il momento che tanto bramava. Non vedeva l’ora di poter narrare ai suoi familiari le vicende e le avventure intraprese durante il giorno, esprimendo tutte le emozioni provate e le belle sensazioni delle quali aveva fatto tesoro.
Trotterellò allegramente, seguita dai suoi genitori, verso casa sua.
La sua euforia fu interrotta improvvisamente da un richiamo inaspettato, da un grido che richiamò immediatamente la sua attenzione. – Lulu! – la chiamò qualcuno dall’altro lato del paese.
Lei si voltò di scatto, rivolgendo uno sguardo stupito verso il luogo dal quale proveniva la voce. Notò, con gioia e sorpresa, che era stato il suo amico Wakka a chiamarla. Teneva in braccio, impacciatamente, il suo fratellino, in quale si dimenava insistentemente.
- Dimmi! – esclamò in risposta, sorridendo a quella buffa scenetta.
- Luzzu si è dimenticato di dirti che voleva fare un piccolo ritrovo adesso, prima di cena – annunciò lui, cercando di tenere a bada il piccolo. – E’ al campo, adesso, vicino al luogo dove si prega prima di partire.
La giovane era a dir poco entusiasta della bella notizia ricevuta. Non vedeva l’ora di partecipare ad un’altra bella “riunione”, ossia ad un’altra avventura alla ricerca di qualcosa di prezioso localizzato in luoghi citati dalle leggende del posto.
- Chiedo ai miei se posso venire! – disse, decisa, abbracciando il suo moguri con gioia. – Intanto voi andate! Se mi lasciano, vengo tra poco.
Il bambino non se lo fece ripetere due volte. Iniziò, a passi veloci, ad incamminarsi verso l’uscita del villaggio, ridendo gaudioso. Vederlo così felice fece nascere un sorriso sulle labbra morbide e rosee della piccola. Per un attimo si chiese, inoltre, che necessità aveva di portarsi appresso anche Chappu. Sicuramente, per sua immensa gioia glielo avrebbero affidato con la solita scusa "Le femmine sanno come fare con i bambini" ignorando le sue proteste. Preferì non pensarci, concentrandosi sul suo nuovo obiettivo: convincere la sua famiglia.
- Posso andarci…? – domandò ai suoi genitori, con sguardo implorante. Pregò con tutto il cuore che acconsentissero.
- E va bene – rispose suo padre, sospirando. – Però devi promettermi che non vi caccerete in nessun genere di guaio.
- Lo giuro! – urlò Lulu, felicemente, saltellando.
Correndo il più velocemente che poteva, canticchiando tra sé e sé, si avviò verso la porta che separava e delimitava i confini tra il paesino balneare di Besaid e il passo che conduceva alle alture.
Si trovava proprio sul limitare, pronta ad affrontare la salita che conduceva al monile, quando un rombo assordante spezzò la quiete del posto.
Spaventata, si guardò alle spalle. Con orrore, notò che il cielo si era fatto improvvisamente scuro e che il mare, tinto di nero, si stava agitando sempre più. “Una tempesta?” pensò lei, sgranando gli occhi. “Che strano. In questa stagione il tempo non fa mai i capricci…”.
Una violenta scossa di terremoto le fece perdere l’equilibrio. Cadde a terra, gridando spaventata, coprendosi la testa con le mani e serrando con terrore le palpebre. Tremava, spaurita, mentre la terra sotto i suoi piedi continuava a vibrare furiosamente.
Non trovò neppure il coraggio di alzarsi e tornarsene a casa. Immobile, restò accucciata lì, con la speranza che tutto cessasse il più presto possibile.
Urla disperate giunsero alle sue orecchie. Provenivano dal villaggio. Attorno a lei, miriadi di persone, in preda al panico, presero a fuggire, impazzite, alla ricerca di un luogo sicuro.
Scappavano, sì, ma da cosa? La bambina non riusciva a darsi risposta.
Lo venne a scoprire troppo presto.
- SIN!!! – strillò qualcuno, disperato.
L’innominabile. Colui che portava morte e lasciava lutto e desolazione al suo passaggio.
Colui che, alla sua venuta, lasciava in ginocchio interi popoli. Alcuni, sopraffatti dalla sua immensa ed infinita forza, ne restavano vittime.
Lulu trovò il coraggio di alzare lo sguardo. Alla vista di quell’atroce spettacolo, il suo cuore cessò di battere.
Eccolo, dinnanzi ai suoi occhi, ormai vicino.
Viaggiava a pelo d’acqua, avvicinandosi alla spiaggia a velocità spaventosa.
Era giunto anche da loro. Era arrivato anche nell’isola, dove da anni, regnava la pace. Ironia della sorte, era arrivato proprio nel giorno dove si festeggiava la pietà di Yevon nei loro confronti.
Ma lui era lì, era arrivato lo stesso, ignorando la potenza e la magnaminità del loro Dio.
E non li avrebbe risparmiati.
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L'Angolo della Magia Nera:
Finalmente ho dato inizio alla mia serie. E' da giorni che ci lavoro su e, prendendo il coraggio a due mani, ho deciso di postare il primo capitolo di una delle tante fic che la comporranno.
Sinceramente mi è piaciuto molto scriverlo, nonostante l'ultimo e cruento pezzo... però ammetto, sinceramente, che non ho dato il meglio... cioè, a volte mentre lo rileggo mi sembra uno schifo.
L'inizio, la prefazione scritta in prima persona di Lulu, mi è risultato piacevole. Ho fatto in modo che fuoriuscissero i suoi tre desideri: quello di ricordare, quello di essere ricordata e quello di essere una buona madre. Insomma, ho voluto far trasparire il suo lato umano, ignorando il suo essere fredda.
Ho fatto in modo che, durante il capitolo, Lulu incontrasse varie persone, descrivendole in modo diverso. Un occhio attento avrà sicuramente colto come la descrizione di Wakka e Luzzu fossero dettagliate anche nel carattere, a differenza di quelle scarne dei suoi genitori.
Come mai? Beh, è molto semplice. Questa storia... è praticamente scritta da lei. Ho voluto fare in modo che scrivesse ciò che ricordava con certezza. Wakka e Luzzu, infatti, sono stati descritti dettagliatamente. Riguardo ai genitori, invece, ho detto poco a riguardo. Mi sono affidata alla sua affermazione in FFX "Non posso dire di odiarli. Non li ricordo molto bene... avevo 5 anni quando erano morti".
Riguardo il titolo... si capisce a cosa mi riferisco!
Non ditemi che Lulu è OOC. Un bambino non è mai troppo chiuso con gli altri, non è mai impassibile ad ogni cosa. Da adulto magari sì, ma da piccoli si è tutti più o meno simili.
Se qualcuno ha cominciato a chiedersi come mai Wakka si è trascinato dietro il piccolo Chappu... beh, potete già intuire quanto sia stata provvidenziale la sua mossa.
Inoltre ci tenevo ad aggiungere che... Wakka, all'inizio della fic, ha sbagliato apposta un vero. Ha messo "sono" al posto di "fossi". Come mai? Beh, un bambino di sei anni che usa i congiuntivi mi sembra troppo eccessivo!
Detto questo... spero vi sia piaciuto!
A presto con il prossimo capitolo!
Akemi, the Black Mage ^^

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Capitolo 2
*** Capitolo II - Il Portatore Di Morte ***


Approfitto di queste due piccole righe per ringraziare:
Fairy of fire per la sua gentilezza (e pazienza!) innata;
Puccio per tutte le sue recensioni;
gm19961 per la sua dolcezza;
ros per le sue fantastiche recensioni!
E vorrei ringraziare anche:__gIuLiNa__, berseker eagle, _Eleutera_ per tutto il supporto che mi danno qui, nel fantastico angolo di FFX! Grazie ancora di cuore!


Il Portatore Di Morte


Il villaggio di Besaid era in preda al panico. Attorno ad esso, oscurato dal cielo tempestoso, aleggiava aria di morte e dolore.
Gli abitanti, disperati, fuggivano in ogni direzione, ansiosi di trovare un posto sicuro dove ripararsi, mentre i Miliziani, in stato di allerta, cercavano di avviarsi il più velocemente alla spiaggia, le armi strette in mano.
Lulu, ancora inginocchiata a terra, sbiancò improvvisamente. Respirando a fatica, osservava la scena cruenta e spaventosa che si presentava dinnanzi ai suoi occhi infantili e innocenti.
Non poteva ancora credere a ciò che vedeva. Desiderò con tutto il cuore che si trattasse di un brutto ed orrido incubo.
Eccolo, proprio a poca distanza da loro, il Portatore di Morte. Dopo tanti anni di ininterrotta ed intaccata pace, aveva deciso di punire anche loro, di infliggere il suo flagello anche all’isola. Era arrivato e nulla avrebbe potuto placare la sua ira, se non l’espiazione dei loro peccati.
Li avrebbe puniti per tutti i crimini commessi nel passato, senza alcuna pietà.
La bambina, terrorizzata, cercò di rialzarsi, invano. Le gambe cedettero nuovamente alla paura, facendole perdere l’equilibrio. Cadde rovinosamente a terra.
La paura cieca, ormai, si era impossessata del suo piccolo cuore puro.
Non trovava neppure la forza di urlare, di gridare al cielo il suo spavento e la sua disperazione. Lui sarebbe arrivato e avrebbe sterminato ogni cosa. Non poteva accettare l’idea di dover dire “addio” a tutte le gioie provate durante le splendide e soleggiate giornate, all’affetto dei suoi cari, alla pace. Inerme, fissò con orrore il mostro il quale, velocemente e impetuosamente, si avvicinava con fare minaccioso alla costa. Avrebbe tanto voluto poterlo allontanare e sconfiggere, eppure era consapevole di non poter nulla contro quella potenza divina.
- SIN! – urlavano i compaesani, correndo come forsennati, passandole accanto senza neppure degnarla di uno sguardo. – SIN!
Le lacrime presero a scorrerle lungo il candido viso, rigandolo, lasciando una scia salata sulle sue guance rosse. Singhiozzò, impaurita, disperata.
Alla fine, come tutti temevano da anni, la morte era giunta da loro ed avrebbe bruciato ogni cosa, lasciando dietro sé solo misericordia e miseria, lutto e dolore. Tutti avrebbero sofferto, nessuno escluso. Sarebbero rimaste vittime, direttamente o indirettamente, di quella punizione millenaria.
Riscattandosi dai suoi pensieri, cercando di tornare lucida, cercò con lo sguardo i suoi genitori. Fece leva sulle sue braccia esili e sottili, alzandosi in piedi nuovamente. Doveva assolutamente trovarli poiché assieme, finalmente, sarebbero riusciti forse a salvarsi. Almeno loro, tra tutti, sarebbero usciti indenni da quel delirio.
Fece ritorno verso la piazza centrale, guardandosi attorno. Scrutò con attenzione ogni folla di persone, alla loro ricerca. Ma di loro, purtroppo, non vi era alcuna traccia. Eppure, dovevano essere da qualche parte!
In preda alle scosse violente di terremoto, barcollò in varie occasioni, cercando di mantenere l’equilibrio precario. Cominciò a correre alla cieca, d’istinto, dirigendosi in ogni angolo del villaggio, pur di trovarli.
Irruppe in casa sua, pregando con tutto il cuore che si trovassero lì. Con orrore, notò che era vuota, immersa nel totale silenzio. Non vi era anima viva, neppure un segno che annunciasse la loro presenza da qualche parte.
Fece il suo ingresso anche nella tenda della Milizia, trovandola nelle stesse condizioni della sua abitazione: disabitata, spoglia perfino delle armi che solitamente ornavano le pareti. Alla vista di quello stato, un dubbio atroce assalì la sua mente.
Si precipitò, correndo ed incespicando, verso il portone che delimitava il confine di Besaid.
Li chiamò, urlando i loro nomi a squarciagola, fino a farsi bruciare la gola per lo sforzo, invano. Nessuna risposta giunse alle sue orecchie. Non una persona si avvicinava a lei per rispondere al suo richiamo.
Il più velocemente che poteva, si avviò verso il sentiero che conduceva alla spiaggia, mentre il suo cuore batteva a mille per lo sforzo e la paura.
Non potevano essere andati lì, per combattere Sin. Sarebbe stato da folli e da sciocchi, aver intrapreso una missione suicida. Dinnanzi a quella situazione, certamente non si sarebbero gettati fra le braccia della morte senza riflettere.
Non l’avrebbero mai lasciata da sola, così si disse. Non l’avrebbero mai abbandonata a causa di un eterno assassino.
Giunse in un luogo dal quale era possibile scorgere tutto il lido. Era certa che da lì avrebbe potuto notare se l’esercito si era già schierato. Si morse con furia il labbro inferiore, sperando che la loro coscienza li avesse trattenuti dal combatterlo.
Sbarrò gli occhi, cessando immediatamente di respirare.
Nonostante l’enorme distanza che li divideva, li riconobbe senza alcun dubbio. Erano tutti lì, i soldati, schierati lungo la spiaggia, con le armi in mano. Brandivano spade e lance, pronti ad attaccare sotto l’ordine del comandante. Suo padre, sicuramente, si trovava in mezzo a quella mischia di persone pronte a proteggere Besaid anche a costo della loro vita.
Alle spalle degli uomini, un gruppo di donne avevano le mani protese verso l’alto, con i palmi rivolti al cielo. Si trattavano di sacerdotesse e maghe, con il compito di lanciare magie offensive e difensive per aiutare i guerrieri nel loro compito.
La piccola aveva la certezza che, in quel preciso istante, anche sua madre stava pronunciando qualche rito per la protezione del marito. Pianse, disperata, stringendo il suo moguri tra le braccia.
- NOOOOOOOO! – urlò, scuotendo la testa con furia, mentre le lacrime le solcavano il viso.
Il suo corpo, percosso da tremiti e singhiozzi, non trovò neppure più la forza di compiere un minimo movimento. Il panico stava avendo la meglio su di lei, sulla sua anima e sul suo cuore.
Abbassò lo sguardo, stringendo i pugni, mentre un antico istinto risvegliava furia e astio nel suo cuore, sentimenti rivolti nei confronti di quel mostro che stava per portarle via tutto. Sentiva di odiarlo, perché tra breve ogni cosa sarebbe scomparsa per causa sua.
Prese ad avviarsi, determinata, lungo la scarpata. Aumentò sempre più la velocità, per quanto le sue piccole gambe potessero consentirglielo, pur di raggiungerli.
Doveva farlo. Doveva aiutarli in qualche modo e stare accanto a loro.
Qualunque cosa sarebbe successa, non sarebbe rimasta sola.
Non li avrebbe mai abbandonati.

- Dov’è?!
Wakka si guardò attorno, spaventato e preoccupato, scrutando con attenzione i volti dei bambini che lo circondavano. Come lui, erano stati tutti trovati e radunati con urgenza dal Sacerdote, nel tentativo di preservarli dalle furie di Sin. Almeno loro avrebbero avuto più possibilità di salvezza dalla guerra.
Chappu, stretto tra le braccia del fratello maggiore, piangeva sommessamente, con disperazione. Sembrava quasi che riuscisse a percepire l’aura di morte e distruzione che gli aleggiava attorno, nonostante la sua tenera età. Attraverso le sue lacrime, comunicava tutta la paura provata da chi gli stava intorno.
Tutti tremavano spauriti, gemendo ogni qualvolta che udivano un rombo assordante o una scossa di terremoto. Terrorizzati, non trovavano neppure la forza di gridare, di strillare. Temevano per le sorti del paese, per il loro futuro.
C’erano proprio tutti, a partire dai più grandi e a finire con Luzzu e gli altri.
Tutti… meno una.
Lulu.
Della piccola non vi era alcuna traccia. Gli adulti l’avevano cercata ovunque, setacciando ogni angolo di Besaid, pur di trovarla. Eppure pareva sparita, scomparsa, inghiottita dalle atrocità del momento.
Non era stata vista da nessuno, neanche una persona poteva dire di averla vista. Non si trovava neppure a casa sua, nascosta magari in qualche angolo. Sembrava svanita nel nulla.
Il bambino dai capelli rossi e dagli occhi color nocciola si mordeva il labbro inferiore, in pensiero per la sua salute. Non era da lei andare via senza dir nulla, senza lasciare segno del suo passaggio.
- Sarà con la sua mamma – cercò di tranquillizzarlo una donna, percependo ciò che stava pensando. – E’ così legata a loro e sicuramente si troverà al sicuro…
L’infante sgranò gli occhi, sbarrandoli. Eccola, la sensazione attanagliante che lo stava stringendo dalla scomparsa della piccola. Purtroppo, la certezza si era mostrata davanti ai suoi occhi in tutta la sua brutalità, violenta e travolgente.
Stupendo tutti i presenti, porse il fratellino a Luzzu, avviandosi velocemente verso la porta che conduceva all’uscita del Tempio dove si erano rifugiati.
- Dove vai?! – gli urlò l’amico, sbraitandogli alle spalle.
- Vado a cercarla – rispose con decisione lui, spalancando il portone d’ingresso. Fuori da questo, la tempesta infliggeva numerose ferite al paese, mettendolo in ginocchio.
- Ma sei impazzito?! – esclamò l’altro, lanciandogli un’occhiataccia furente. – Sarà in salvo, vedrai!
- No – disse gelido, cominciando a correre, ignorandolo. – Non lo è. È in pericolo e basta.
Lo sentiva davvero, nel suo cuore. Poteva vederla, lì, spaurita, dinnanzi a Sin.
Poteva vedere i suoi capelli color ebano ondeggiare sotto il vento sferzante e violento, guardare i suoi occhi cremisi inumidirsi di lacrime mentre il volto candido era contratto in una smorfia di dolore e tristezza. Poteva udire i suoi pianti ed i suoi singhiozzi soffocati, sentire le sue grida disperate.
Non aveva il coraggio di lasciarla sola, in balia del nemico e delle sue emozioni che l’avrebbero condotta all’oblio. Se l’avesse abbandonata, sarebbe morta.
E se questo fosse successo, lui non se lo sarebbe mai perdonato. Si sarebbe sentito colpevole di ciò che le era accaduto, artefice della tragedia. Doveva salvarla, ad ogni costo; era la sua migliore amica, dopotutto.
Avrebbe protetto tutte le persone a lui care, come gli era possibile fare. Nessuno escluso.
Lei men che meno.
Poteva udire gli schiamazzi degli adulti, ormai distanti, che lo rimproveravano e lo minacciavano di tornare indietro, di ripensare alla sciocchezza che stava facendo.
Ma lui non stava correndo per nulla. Aveva motivo, stava affrontando la tempesta per colei alla quale voleva bene, per una sua cara amica, per la sua vita.
Non appena giunse alla scarpata che conduceva alla spiaggia, un rumore squarciante e possente catturò la sua attenzione. Voltò, incredulo, lo sguardo verso il litorale. Il mostro era già passato all’attacco e, con orrore, notò che anche i Miliziani stavano passando all’azione.
Sicuramente, purtroppo, anche i loro genitori erano impegnati in quello scontro mortale e suicida. Non osò neppure immaginare cosa sarebbe successo se sarebbero rimasti vittime di quella cruenta vicenda…
Scacciò di mente quel pensiero malsano, scuotendo la testa più o più volte. Non c’era tempo per la fantasia crudele, nemmeno per l’immaginazione. Aveva un obiettivo da raggiungere e non poteva perdere altro tempo; di questo ne aveva poco a disposizione ed ormai scemava sempre più.
Riprese ad avanzare, il più velocemente possibile, pregando con tutto il cuore Yevon di non essere arrivato troppo tardi, di essersi accorto appena in tempo della mancanza della bambina.
Ed eccola, in risposto alle sue preghiere. La poteva scorgere, mentre incespicava nei suoi stessi passi, che correva disperata verso il crocevia.
- LULU! – urlò l’infante, precipitandosi da lei. – FERMATI!

Un rimbombo assordante spezzò nuovamente la quiete allarmante e colma di tensione, mentre il terremoto tornava a scuotere ogni cosa, perfino i cuori impauriti degli abitanti di Besaid.
La piccola gridò, tappandosi le orecchie, piangendo disperata. Chiuse gli occhi, scuotendo la testa, strillando a squarciagola. Le sue urla furono coperte dai suoni violenti della guerra ormai scoppiata.
Non ne poteva più. Sentiva la tempie pulsare, come se la testa stesse per esploderle. Il cuore, impazzito, batteva agitato, come se stesse per squarciarle il petto.
“Basta. Basta. Basta!” pensò, cercando di abbandonarsi alla silenziosa tristezza che la stava avvolgendo.
Doveva sicuramente trattarsi di un orribile incubo, come quelli che faceva di tanto in tanto. Si sarebbe risvegliata tra breve, ansimante, e si sarebbe trovata sulla sabbia bollente. Si era sicuramente assopita mentre osservava il tramonto, ed avrebbe trovato accanto a sé Wakka che le diceva di sbrigarsi a far ritorno al villaggio.
Sarebbe tornata a casa, dai suoi genitori, dove tutto era immerso nella quotidianità. Avrebbe sorpreso suo padre a lucidare la spada e avrebbe osservato con curiosità sua madre mentre si dilettava nella cucina. Tutto sarebbe tornato alla normalità.
Risollevò lentamente le palpebre, riscoprendo la stessa scena cruenta di prima. Ancora pianti, miseria, dolore. Ed i suoi cari, con le armi in mano, al centro di quel vortice maligno.
Era la cruda ed amara verità.
Riprese a correre immediatamente, mentre le lacrime scorrevano lungo le sue guance, con il vento salmastro che le sferzava il viso.
Inciampò in un sasso, rotolò per un lungo tratto scosceso di strada, ricco di rocce. Si fece forza, cercando di rialzarsi, ma tutto fu invano. Un dolore acuto le mozzò il respiro, costringendola a tornare a terra.
Osservò la sua gamba, con orrore. Sanguinava copiosamente, il sangue vermiglio sgorgava furiosamente da una lunga ferita sporca di terra. Bruciava come fuoco vivo, ardeva dentro di lei. Il dolore atroce la dilaniava. Si morse violentemente il labbro inferiore, fino a farlo diventare bianco, urlando il nome della madre.
Protese il braccio verso la figura lontana della madre, ormai a lei visibile, come se volesse afferrarla e trascinarla via, strappandola dall’orrida battaglia. La voleva, gelosamente, accanto a sé.
Ma lei non poteva sentirla, non poteva accorrere da lei per curarla. Con grande fatica, cercando di ignorare il dolore cieco, si rialzò, appoggiandosi ad un costone di pietra.
Fece, titubante, per muovere un passo, quando, improvvisamente, sentì il tocco di una mano calda afferrarle il suo esile braccio.
Stupita e scioccata, voltò leggermente il capo, quel tanto che le bastava per poter scorgere il volto della misteriosa figura che l’aveva appena sorpresa. Si rilassò, non appena scoprì che, accanto a lei, vi era Wakka, il suo migliore amico.
- Lasciami! – singhiozzò lei, cercando inutilmente di divincolarsi dalla presa salda altrui. – Devo andare da loro!
Non c’era tempo per domandarsi come mai lui fosse accorso proprio lì, nonostante i pericoli. Non c’era alcun attimo per poter pensare se anche il bambino, sempre allegro e diligente, si fosse abbandonato ad un attimo di follia e disperazione come lei. Chissà se anche lui desiderava raggiungere i suoi genitori.
Dal suo sguardo, Lulu dedusse che si stava sbagliando. Non era venuto per loro.
Era accorso per lei. Solamente per lei e per la sua assurda scelleratezza.
- Non c’è niente che tu puoi fare! – la rimproverò, infatti, trattenendola. – Se vai là, morirai anche tu!
Fece appena in tempo a concludere la frase, prima che Sin sferrasse l’attacco finale. Alzò il suo braccio, con un movimento di carica lento ma impetuoso, ed attaccò immediatamente la riva, travolgendo molteplici persone servendosi del maremoto generato.
Il vento innalzato dal mostro scaraventò contro i costoni di roccia alcuni Miliziani, uccidendoli sul colpo. Altri affogarono nel mare, ed infine alcuni altri furono schiacciati dai suoi possenti attacchi.
Uno ad uno, tutti gli eserciti vennero sopraffatti dalla furia omicida del nemico. Quest’ultimo rase al suolo ogni cosa, sradicando fitte vegetazioni di palme, distruggendo il pontile del molo, facendo volare via navi e barche. Soggette alla forza impetuosa del vento, alcune pietre volarono via nel vortice. La sabbia, come una tempesta, si levò verso il cielo.
Prima che la piccola potesse voltare lo sguardo verso quel massacro, Wakka le afferrò il capo, posandolo contro il suo petto. Tenendola ferma in quella posizione con le mani, le impedì di muoversi, di osservare la fine della pace.
- Chiudi gli occhi – le ordinò, con voce rotta dal pianto. Ella obbedì, stringendo convulsamente le sue mani alla sua maglietta. Inzuppò la stoffa con le sue lacrime, singhiozzando disperatamente.
Lui, invece, osservò tutto per filo e per segno, senza tralasciare neanche un piccolo particolare. Più volte tentò di distaccare lo sguardo, eppure qualcosa nel suo inconscio desiderava che imprimesse nella sua mente le crudeli immagini di quello scempio, per ricordarle in futuro.
Pregò con tutto il cuore che la bambina non potesse mai vederle, non potesse mai macchiare la sua anima con quegli attimi mortali e cruenti.
A terra, di tutto l’ardore dei soldati, era rimasto il nulla. Giacevano solamente corpi martoriati, distrutti dalla battaglia, e le aste delle maghe abbandonate e senza padrone.
Il piccolo cercò di trattenere le lacrime, accarezzando la testa dell’amica in modo affettuoso.
Lo promise a sé stesso: un giorno Sin l’avrebbe pagata; si sarebbe vendicato di ciò che aveva fatto a lui e a Lulu. Lo avrebbe distrutto con le sue stesse mani, per ripicca al dolore che aveva recato nei loro cuori puri e semplici.
Ma la guerra non era ancora finita. Dovevano muoversi ad andare via da lì, prima che potesse travolgere e uccidere anche loro. Dovevano vivere o le fatiche dei loro parenti sarebbero state vane.
- Non ti girare – ordinò alla bambina, per impedirle di scoprire ciò che era successo alla sua famiglia. Sì, forse potevano essere ancora vivi, ma le speranze erano ben poche. Lei obbedì, tenendo serrate le palpebre. Piangeva silenziosamente, ora. A Wakka fece una gran pena.
Con orrore, notò la sua gamba grondante di sangue. – Ce la fai a camminare? – domandò, sinceramente preoccupato.
Quella situazione doveva averla provata in tutti i sensi. Eppure trovò il coraggio di annuire lentamente, gemendo. Era molto forte per la sua giovane età.
Il fanciullo optò che sarebbe stato meglio caricarsela sulle spalle, per impedirle di fare sforzi e così aggravare la sua situazione. Era così minuta e gracile mentre lui era in grado di portarla senza molte difficoltà. La aiutò a salire, ed ella intrecciò le braccia accanto al suo collo, tenendo stretto in mano, per un braccio, il suo Moguri.
Non aveva fallito: l’aveva difesa.
Ma ora chi avrebbe protetto loro dalla solitudine?

L’incubo era terminato da un’ora circa. Tutto stava tornando pian piano alla normalità, mentre il paese riprendeva vita faticosamente.
Lulu, ristabilita e con la gamba fasciata, si avviò lentamente verso casa sua, fremendo dall’agitazione. Non aveva avuto modo di incrociare i suoi genitori, per strada; forse li avrebbe trovati lì, ad aspettarla. Pregò con tutto il cuore che fosse così.
Inspirò profondamente, esitando. Scostò la tenda, timidamente, che ostruiva l’ingresso. Fece un passo in avanti, varcando la soglia.
- Mamma…? Papà…? – esclamò a voce bassa, guardandosi inquieta attorno.
Nessuna risposta. Purtroppo, l’abitazione era vuota. Maledettamente vuota.
Silenziosamente, si avviò verso il letto dei suoi cari. Si rannicchiò sotto quelle calde e amate coperte, stringendo il Moguri fra le braccia.
La fredda sensazione che non li avrebbe mai più visti le attanagliò il cuore, facendole mancare il respiro. Non poteva di certo essere così. Sicuramente, si trovavano dai Sacerdoti per farsi curare le ferite inferte da Sin.
Chiuse gli occhi, stanca e spaventata, mentre bollenti lacrime sgorgavano da essi e scivolavano lungo le guance rosee. Li avrebbe aspettati lì, in silenzio, attendendo con gioia il loro ritorno, mentre la solitudine la accompagnava nel mondo dei sogni.
Sarebbero tornati presto, si disse, e l’avrebbero riabbracciata.
Sarebbero tornati presto, ed avrebbero gioito per la morte scampata.
Sarebbero tornati presto, e tutto sarebbe tornato come prima.
Sarebbero tornati presto, e lei non sarebbe più stata sola.

Vi avevo aspettati, invano, per tutta la notte. Fremevo e volgevo lo sguardo verso l’ingresso, ansiosa, aspettando il vostro arrivo. Sì, nonostante l’enorme stanchezza non avevo trovato il coraggio di addormentarmi. Attendevo il vostro ritorno.
Ancora non sapevo cosa vi era successo, ancor meno volevo accettare il pensiero ed il sospetto della vostra scomparsa.
La verità mi fu rivelata solamente la mattina dopo, all’alba di un nuovo giorno e di una nuova epoca.

Seduta al tavolo dove solitamente pranzavano, la piccola giocava con la sua bambola di pezza, accarezzando la stoffa bianca con la quale era stata realizzata.
Poteva ancora percepire l’amore con il quale sua madre l’aveva cucita per lei. Poteva ancora rivedere, vivo nei suoi ricordi, il momento in cui gliela regalò. Rievocò lo stesso sorriso di allora, cercando di auto-convincersi che tutto sarebbe andato bene.
Loro non erano morti. Stavano riposando altrove, mentre i maghi bianchi stavano medicando le loro ferite. Sarebbero tornati e suo padre l’avrebbe sollevata da terra, facendola girare su sé stessa.
Avrebbero festeggiato.
Un rumore sordo catturò la sua attenzione, dissolvendo le sue fantasie che, ai suoi occhi infantili, parevano realtà.
Una figura oscurata aveva appena scostato la tenda d’ingresso, facendo capolino all’interno.
Giunse fino al centro della stanza e la bambina ebbe modo di riconoscerlo. Era il sommo Sacerdote.
Scese dalla sedia con un balzello, avvicinandosi a lui.
- Dove sono i miei genitori? – domandò, ansiosa, mentre un nodo si stava formando sempre più nella gola. – Stanno bene, vero…?
- Lulu… - sussurrò lui, in risposta, chinandosi alla sua altezza. Il suo sguardo era ricolmo di tristezza e non presagiva nulla di buono. – Sii forte, piccola. Fallo per loro, per ripagarli delle loro fatiche. Vivi per loro, come avrebbero voluto…
Non lo lasciò finire. Nonostante che le parole utilizzate dall’uomo risultassero difficili alle orecchie dell’infante, ella aveva compreso chiaramente il messaggio che voleva comunicarle dolcemente.
Sbarrò gli occhi, respirando a fatica. Non ci poteva credere. Non voleva crederci.
Si scansò dalla sua presa, precipitandosi al di fuori dell’abitazione.
Non poteva essere vero. Loro non erano morti. Non potevano essersene andati davvero, lasciandola sola. Glielo avevano promesso: non l’avrebbero mai abbandonata.
Non avrebbero mai infranto la loro promessa!
Scoppiò a piangere, gridando come una forsennata la sua disperazione.
Due braccia l’afferrarono al volo, trattenendola.
Lulu pianse, singhiozzò e strillò come mai aveva fatto prima di allora. Tutti i paesani si affacciarono dalle loro case, osservando con compassione la bambina alla quale Sin aveva strappato le persone amate.
Wakka la strinse dolcemente a sé, lasciando che si sfogasse. Come un fratello, le carezzò le guance, asciugando le lacrime versate. Cercò di consolarla, a modo suo.
Eppure anche lui piangeva.
Perché ormai era come lui, come Chappu, come Luzzu. E non si poteva restare indifferenti davanti a quella tragica situazione, a quel duro colpo subito al cuore.
Orfani. Ecco come li aveva resi il Portatore di Morte.

Ricordo solo che piansi a lungo, ininterrottamente, mentre nella mia mente rimbombavano i suoni della guerra. Stretta al suo petto, mi abbandonai alla disperazione.
Con rammarico, oggi mi accorgo di non ricordare i vostri volti né i vostri comportamenti.
Ancor ora sento di essere grata a mio marito per avermi impedito di assistere alla vostra fine. Meglio un ricordo sfumato e plasmato a mio piacimento e desiderio, piuttosto che l’orrendo incubo di riscoprire nei miei pensieri l’immagine vivida dei vostri corpi esanimi abbandonati sulla spiaggia, sdraiati sulla sabbia, con gli occhi rivolti eternamente al cielo.
A volte ho l’impressione che voi, da qualche parte, mi stiate osservando. Mi chiedo spesso se vi sareste mai immaginati un futuro così per me.
Dopotutto i genitori desiderano il meglio e la felicità per i loro figli. Adesso lo so per esperienza.
Posso ritenermi fortunata. Ho sempre avuto accanto un amico fidato, che ora è mio marito, in grado di ridonarmi il sorriso nei momenti cruciali ed altre persone che hanno donato gioia alla mia vita. Tra le braccia, ora, stringo il mio adorato e amato figlio, la mia ragione di esistenza.
Chissà se ora i miei pensieri si stanno tramutando in realtà…
State sorridendo, voi, nell’Oltremondo?


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Il Concilio delle Maghe:
Eccomi qua! Perdonate il mio oltraggioso ritardo! ^^
A quanto pare la povera Lulu se l’era vista molto brutta… se non fosse arrivato Wakka, cosa le sarebbe successo? Non voglio neppure immaginarlo! *_*
Ammetto di aver trasformato il bel bambino di 6 anni in un piccolo principe azzurro per la nostra piccola! Il mio influsso deve averlo colpito (e affondato)!!!
Spero di non aver reso troppo PESANTE la storia… oddio, se lo è davvero sprofondo sotto terra!
E’ confermato: quando faccio un bozzetto sono sicura che all’ultima stesura saltano fuori il doppio delle pagine XD
Tornando a noi… chissà come ha preso il colpo la povera piccola. Ora che sono tutti orfani, cosa succederà in futuro? Riusciranno a cavarsela lo stesso?
O meglio… accetteranno il loro stato?
Ah, dimenticavo. Se trovate alcuni errori nel dialogo ricordate che sono voluti. Sapete com'è... un bambino che parla correttamente la sua lingua a 5-6 anni mi sembrava esagerato!!! A presto col prossimo (e UlTiMo) capitolo!
Grazie per le vostre future recensioni! Una vostra opinione è sempre ben accetta, qualunque essa sia!
Akemi_Kaires
PS: Finalmente ho trovato un nome degno per il mio angolo d’autore!!! XD

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