Alphabet. di a Game of Shadows (/viewuser.php?uid=56057)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Alabastro. ***
Capitolo 2: *** Baffi. ***
Capitolo 3: *** Cappelli. ***
Capitolo 4: *** Distratto. ***
Capitolo 5: *** Esperimenti. ***
Capitolo 6: *** Furti. ***
Capitolo 7: *** Gelido. ***
Capitolo 8: *** Holmes. ***
Capitolo 9: *** Irene. ***
Capitolo 10: *** John. ***
Capitolo 11: *** KKK. ***
Capitolo 12: *** Lontananza. ***
Capitolo 13: *** Mycroft. ***
Capitolo 14: *** Notte. ***
Capitolo 15: *** Ossessione. ***
Capitolo 16: *** Possibilità. ***
Capitolo 17: *** Quotare. ***
Capitolo 18: *** Rosse. ***
Capitolo 19: *** Sherlock. ***
Capitolo 20: *** Tossico. ***
Capitolo 21: *** Ultima. ***
Capitolo 22: *** Vacanza. ***
Capitolo 23: *** Watson. ***
Capitolo 24: *** Xenofobia. ***
Capitolo 25: *** Yarders. ***
Capitolo 26: *** Zoppia. ***
Capitolo 1 *** Alabastro. ***
Alphabet.
Alabastro.
Sherlock
Holmes non era tipo da apprezzare particolarmente la luce del sole.
Spesso e volentieri preferiva rimanere ritirato negli alloggi di Baker
Street,
illuminati solo forse dal fuoco nel camino, se non esigeva addirittura
l’oscurità
completa.
Il Dottor John Hamish Watson rimaneva ogni giorno sempre più
sorpreso da come
il suo collega e coinquilino sapesse vivere
nell’oscurità. Il buio, nei casi
più naturali, influiva sulla vista in modo negativo,
portando progressivamente
verso la cecità, mentre Holmes, nella mezza età
inoltrata, ci vedeva benissimo.
Tutto in lui, tranne la vista, però, aveva subito
l’influenza della costante
sottomissione alle tenebre. Il progressivo scurire degli occhi dal
castano
verso il nero, i capelli corvini che tardavano a diventare bianchi, se
non per
qualche ciuffo. Sembrava che addirittura la sua voce si fosse fatta
più roca,
come se volesse seguire la linea delle tenebre ma questo, forse,
pensò il
dottore, dipendeva dalle quantità industriali di tabacco che
fumava durante il
giorno.
Erano cose, in fondo, che a Watson piacevano. Gli sembrava quasi che
l’attitudine
di Holmes rispecchiasse il loro obbligo di vivere nell’ombra.
Ma ciò che a Watson piaceva di più, tra tutte,
era l’influenza che il buio
aveva avuto sulla pelle di Holmes.
Sorrise, posando un bacio sulla spalla candida del suo compagno mentre
lui
dormiva.
Perché a Watson, quella pelle d’alabastro, piaceva
molto.
[NdA]
Di nuovo qui xD
Cos'è questa? L'ennesima raccolta su questi due magnifici
figliuoli.
L'intento? Scrivere una drabble di 221 parole per ogni lettera
dell'alfabeto, quelle straniere incluse, quindi saranno 26 capitoli, se
non erro.
Ho già tutti i titoli, bisognerà vedere se mi
ricorderò di cosa devo scrivere xD
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Capitolo 2 *** Baffi. ***
Baffi.
Holmes si svegliò di prima mattina, infastidito dai raggi
del sole che
filtravano dalle tende, lasciate semiaperte la sera prima. Si
voltò
nell’abbraccio del compagno per evitare quei fastidiosi
raggi, trovandosi ad un
respiro di distanza dal viso del suo amante.
Per qualche strana ragione, rimase a fissarlo a lungo, senza riuscire a
distogliere lo sguardo dalla sua espressione rilassata, quasi come
fosse un
bambino.
“Watson?” lo chiamò, scuotendolo
leggermente.
Quello si lamentò, ancora immerso nel sonno, e si strinse a
lui, nascondendo il
viso nel suo petto. Passato un attimo di piacevole sorpresa, con un
lieve
sorriso ancora sul volto, Holmes prese ad accarezzargli la schiena,
continuando
a chiamarlo.
“Cosa?” si lamentò quello, lasciandogli
un pigro bacio sulla spalla.
“Ha delle foto di quando era piccolo?”
In quel momento Watson, preso dallo stupore, si risvegliò
completamente.
“Dovrei averne qualcuna. Perché?”
“Voglio vederle”
Dieci minuti dopo, i due uomini erano seduti sul pavimento della camera
del
dottore a passarsi quelle foto, che Holmes studiava con attenzione.
Mentre Watson era impegnato a risistemare quelle vecchie foto
nell’album,
Holmes prese l’ultima rimasta fuori e continuò a
studiarla, cercando di capire
cosa avesse il suo Watson
più di quel
bambino, poi capì.
“Non mi sono piaciute”
“Perché?”
“Non ha i baffi”
“Ero un bambino!”
Ma un Watson senza baffi non è la stessa cosa.
[NdA]
Lo so, avevo promesso Logic for the Hero. Ed il capitolo
è in lavorazione, giuro! Solo che non è di
grandissima allegria e con l'euforia che ho addosso per il trailer del
film, non ci riesco.. Sono troppo ... troppo... *O*
Faccio il possibile per aggiornare anche quella, per adesso
accontentatevi di questa e 7 Things!
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Capitolo 3 *** Cappelli. ***
Cappelli.
Holmes ne aveva tantissimi.
Spesso Watson passava le giornate di noia a cercare di contarli ma
quando
Holmes tornava e si metteva a cercare un cappello adatto alla
situazione, ne
spuntavano fuori altri dai più disparati angoli
dell’appartamento che il povero
Dottore non aveva mai visto prima, ma che Holmes asseriva con assoluta
certezza
di averli indossati in varie occasioni.
Senza dubbio uno dei motivi per cui Watson
insisteva tanto che Holmes mettesse
in ordine era perché così, finalmente, avrebbe
scoperto quanti erano in realtà.
Era probabile che, in tutti quegli anni, non lo avesse mai visto con lo
stesso
cappello per due volte. Se non altro, se ricorreva un occasione per cui
era
necessario un regalo, se non trovava altro, sapeva su cosa andare a
parare per
farlo contento.
Molti dei suoi cappelli, poi, erano davvero originali, tanto che Watson
non
poteva fare a meno di chiedersi dove diavolo
Holmes fosse riuscito a trovarli.
Però una cosa doveva ammetterla. Per quanto avere un
cappello sulla testa fosse
ormai una nota caratteristica del suo amico e amante, spesso non
riusciva a
sopportarli.
Una delle cose che Watson amava di più in Holmes erano i
suoi capelli. Per
qualche ragione, nonostante venissero trattati esattamente come ci si
aspetterebbe
li trattasse Holmes, erano incredibilmente morbidi e Watson adorava
passarci le
dita in mezzo.
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Capitolo 4 *** Distratto. ***
Distratto.
Sherlock Holmes non era il tipo di persona che prestava particolarmente
attenzione a qualunque cosa non fosse strettamente connessa al suo
lavoro o ai pericolosi
esperimenti che conduceva in casa. Occasionalmente prestava attenzione
a ciò
che diceva Watson ma dopo poche parole la sua soglia
d’attenzione si abbassava
al punto che a mala pena sentiva che il buon dottore stava parlando.
Qualunque
fosse l’argomento, pensava, senza dubbio non gli sarebbe
interessato.
Ormai aveva perso d’interessa anche nello sminuire Scotland
Yard, ogni parola
che gli veniva detta che non fosse di un cliente che cercava il suo
aiuto, era
una parola potenzialmente non sentita.
Una mattina il dottore, quando si alzò dal letto, aveva
preso una decisione
importante ed uscì dalla sua camera con aria leggermente
intimorita, sedendosi
di fianco a Holmes, sulla poltrona.
“Holmes, le devo parlare”
“La sto ascoltando”
Il buon Watson si perse in un discorso lunghissimo in cui cercava di
preparare
il suo collega e coinquilino al peggio ma Holmes non poté
fare a meno di
perdersi a metà del discorso, continuando a fissare il
dottore come se fosse
stato un alieno.
“… Insomma, Holmes… sto cercando di
dirle che mi sono innamorato di lei”
Watson alzò lo sguardo intimorito sul detective, che scosse
leggermente la
testa.
“Scusi, mi sono perso. Che cosa ha detto?”
“Niente, Holmes. Niente”
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Capitolo 5 *** Esperimenti. ***
Esperimenti.
Finché conduceva quegli esperimenti perché si
annoiava e le uniche cose bruciava
erano di sua proprietà, Watson poteva accettarlo.
Sopportava già meno quando testava i suoi esperimenti sul
cane. Ancor meno
quando li testava su se stesso. Per questo quando Watson notava che
Holmes
iniziava a tirare fuori il necessario, qualunque fossero i suoi
impegni, li
annullava e rimaneva a controllare che non stesse per suicidarsi.
Gli esperimenti, poi, spostarono la loro sede dalla camera di Holmes al
salotto,
dove anche gli oggetti di Watson erano a rischio.
Uno degli ultimi esperimenti era in bella mostra sulla scrivania.
Watson
osservava quella provetta chiedendosi cosa ci fosse dentro e quali
avrebbero
potuto esserne gli effetti, dubbioso. Era di un
rosso intenso e l’odore non
sembrava particolarmente malvagio.
“Cos’è quello?”
“Lo scoprirà tra poco”
“Non le permetterò di ingurgitare altri
esperimenti di dubbia fiducia”
“Lo prenda lei allora” rispose, con un tono che
faceva intendere che credeva
che non lo avrebbe fatto.
“Può scommetterci!” rispose Watson,
alzandosi, irritato.
Senza esitazione, afferrò la provetta e ne
ingurgitò il contenuto, chiedendosi
quale fosse la ragione per cui Holmes sorrideva in quel modo.
Poco dopo Watson sentì il proprio corpo in fiamme e il
sangue affluire verso il
basso ventre. Holmes sembrava persino più bello del solito.
“Holmes… quello non era un afrodisiaco,
vero?”
Holmes sorrise.
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Capitolo 6 *** Furti. ***
Furti.
Watson era un tipo abitudinario.
Qualche volta si ritrovava addirittura inconsciamente a scegliere dei
completi
predefiniti per ogni giorno della settimana ed indossarli senza
rendersene
conto. Fu Holmes a farglielo notare, come al solito. Gli
indicò il completo che
indossava un mercoledì e gli disse, il mercoledì
dopo, che lo aveva ripreso
anche quella settimana.
Ogni tanto, però, a Watson piaceva
uscire per andarsi a comprare qualcosa di
nuovo, ma sfuggire alla routine non era semplice come credeva.
Molte delle cose che aveva comprato giacevano ancora nuove sulle loro
grucce e
lui neanche le notava per l’abitudine di vederle
lì.
Holmes era l’esatto contrario. Non usciva mai per lo shopping
a meno che non
gli servissero degli abiti per un travestimento durante un caso, eppure
il suo
guardaroba straripava. Watson si convinse che la spiegazione fosse che
Holmes
non si metteva mai in testa di fare ordine e probabilmente possedeva
ancora
abiti vecchi di anni che neanche utilizzava più.
Solo raramente Watson si ricordava di indossare qualcuno dei suoi nuovi
acquisti, e questo generalmente succedeva quando lui e il suo compagno
decidevano di uscire. Non erano uscite galanti, spesso le destinazioni
erano la
box o qualche pub, ma si impegnava sempre per essere perfetto.
Rinunciò alla ricerca dei suoi acquisti scomparsi quando, di
volta in volta, li
vedeva indosso a Holmes.
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Capitolo 7 *** Gelido. ***
Gelido.
Non molto dopo l’inizio della sua relazione con il
collega Watson si convinse
che Holmes avesse una doppia personalità.
Aveva letto dei libri sul genere, come Il
Dottor Jekyll e Mr. Hyde, solo che Holmes riusciva a
mantenere il controllo
di entrambe le personalità e sembrava scegliere quale fosse
la più adatta alla
situazione.
Non c’erano paragoni su come fosse
Holmes nel privato e quando seguiva
un’indagine; quando erano da soli, al sicuro nelle loro
stanze, Holmes mostrava
un aspetto diverso del proprio carattere, tanto che
all’inizio Watson credette
che Holmes avesse necessitato solo di qualcuno che lo facesse
innamorare per
perdere quella maschera di logica. Se credeva che avesse una repulsione
verso
il contatto fisico, quando erano da soli doveva ricredersi,
perché Sherlock non
si faceva problemi ad abbracciarlo, baciarlo o prendere
l’iniziativa per…
altro.
Riusciva addirittura a dimostrarsi molto dolce, dedicando a Watson
tante
attenzioni che anche per una donna sarebbero state abbastanza.
Appena gli veniva presentato un caso, però, Watson vedeva
qualcosa in lui
cambiare velocemente. Ogni traccia di dolcezza lasciava i suoi occhi
mentre
ascoltava i dettagli di un’indagine che senza di lui non
poteva andare avanti.
Ovviamente non mancava mai di invitare Watson a seguirlo nel proprio
lavoro, ma
per ogni indagine sembrava che l’uomo innamorato scomparisse
e il gelido
investigatore prendeva di nuovo il sopravvento.
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Capitolo 8 *** Holmes. ***
Holmes.
Dopo anni e anni di convivenza, Watson ancora non aveva idea
di come sarebbe
stato possibile descrivere il suo collega in uno dei suoi diari in modo
coerente alla sua persona.
Ricordare ogni parola detta ed ogni passaggio dei loro casi era di gran
lunga
più semplice.
Il problema era che ogni volta che sembrava trovare le parole che lo
descrivessero coerentemente, Holmes faceva qualcosa che le smentiva ed
il
dottore si trovava di nuovo con un dizionario
bianco a disposizione.
Quello non era un diario destinato alla pubblicazione, ma uno sfizio
personale.
Gli era venuta l’idea quando, rileggendo il diario Uno studio in rosso, aveva ritrovato
quella lista che al tempo
segnava i limiti di Holmes. Aveva deciso, allora, di riprovare, ma in
modo più
ampio ed articolato.
Era ancora alla prima pagina.
Quando si erano conosciuti, Holmes gli era sembrato solamente una
persona molto
eccentrica e cinica, niente di più, ma conoscendolo con il
passare del tempo,
si era velocemente trasformato nella persona più intrigante
che avesse mai
conosciuto e senza dubbio quella con il carattere più ampio,
complesso ed
articolato di sempre.
“Cosa scrive, dottore?” chiese Holmes, arrivando
silenziosamente alle spalle
dell’amico, seduto alla scrivania.
“Praticamente nulla”
Si appoggiò alle spalle del collega per sbirciare sulla
pagina, leggendo
velocemente.
“Sono onorato”
“Dovrà esserlo se mai riuscirò a
finire”
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Capitolo 9 *** Irene. ***
Irene.
Watson la odiava.
Non perché fosse una criminale, ormai era talmente abituato
ad avere a che fare
con quelle persone che erano arrivate ad essergli indifferenti.
La odiava perché era affascinante. La odiava
perché sicuramente era di una rara
bellezza ed era quasi impossibile che passasse inosservata agli occhi
di un
uomo. La odiava perché, oltre ad essere bella, era anche
intelligente, altro
dettaglio che a certi tipi di uomini
piaceva. E molto.
La odiava perché più di una volta era riuscita a
far passare Holmes per un
perfetto imbecille e nessuno poteva permettersi di scalfire la
reputazione di
Sherlock dopo che avevano iniziato a lavorare insieme.
La odiava perché era una delle pochissime persone la cui
visita a Baker Street
non era mai sgradita.
La odiava perché la vedeva praticamente ogni giorno.
Quando l’aveva conosciuta, la odiava perché era
una ricattatrice, ma come donna
la apprezzava proprio per i motivi sopra citati. Una donna bella e
intelligente
è rara, soprattutto se tanto intelligente da fregare Holmes,
e smussare il suo
ego, all’inizio, lo divertiva, e non gli dava fastidio che si
presentasse a
Baker Street perché non veniva spesso.
Il motivo per cui la odiava di più, adesso, era che,
nonostante la sua
relazione con Holmes fosse iniziata da più di due mesi, il
suo ritratto era
ancora sul tavolo.
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Capitolo 10 *** John. ***
John.
Un nome troppo comune.
Holmes non credeva che fosse adatto a Watson. John.
Solo tra i suoi clienti aveva conosciuto un numero
spropositato di John, ma nessuno
aveva niente che ricordasse Watson.
Si, forse era un nome carino, ma non adatto a lui.
Watson non era come tutti gli altri John che aveva conosciuto nella sua
vita.
Non era ancora riuscito a capire perché, ma c’era
qualcosa nel suo John, che era
speciale.
Cercava di capirlo, fissandolo continuamente. Un giorno, mentre erano
seduti
sulle loro poltrone il suo sguardo sul dottore doveva essere parecchio
insistente perché Watson, straordinariamente, se ne accorse.
“Si può sapere
perché diavolo mi fissa, Holmes?!”
sbottò irritato,
accartocciando il giornale a lato e voltandosi a guardarlo.
“Sto indagando” rispose l’altro con
ovvietà, continuando a fissarlo
insistentemente come se fosse una cosa normale.
“Su che cosa, per l’amor di Dio?!”
“Su di lei. Sto cercando di capire perché lei
è diverso dagli altri John”
“Perché sono
un altro John! Per
favore, la smetta, vecchio mio, è davvero
irritante!”
Holmes, con falsa rassegnazione (senza dubbio avrebbe ripreso a fissare
Watson
più tardi), distolse lo sguardo, mormorando un
“Che nome ridicolo…” fatto
apposta per essere sentito.
Watson si girò verso di lui, irritato.
“Come, scusi?!” chiese, nonostante avesse sentito
benissimo.
“Niente” rispose Holmes con disinteresse.
“Meglio il suo, per caso?!”
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Capitolo 11 *** KKK. ***
KKK.
Watson non sopportava più il caso cinque
semi d’arancio.
Holmes aveva la necessaria conoscenza del KKK per poter risolvere il
caso ma,
dopo averlo concluso, aveva detto che la sua generale disconoscenza dei
clan
poteva essere una potenziale minaccia per il susseguirsi delle indagini
di un
caso futuro.
Dopo quel caso Holmes raramente si vedeva a
Baker Street di giorno. Sembrava che
avesse spostato la residenza nella biblioteca sommerso da libri che
parlavano
di clan e associazioni di tutto il mondo.
Per quanto Watson continuasse a ripetergli che non era necessario che
si
rinchiudesse in biblioteca fino all’orario di chiusura
perché era improbabile
che gli si presentasse di nuovo un caso che aveva a che fare con un
clan,
Holmes non gli dava ascolto e quando la biblioteca apriva lui era
già fuori ad
aspettare; non tornava a casa neanche per i pasti e questo fece
supporre a Watson
che li saltasse, mangiando meno di quando seguiva un caso.
Non lo seguiva mai nelle ricerche, manifestando il suo disappunto
aspettandolo
seduto sulla poltrona a braccia incrociate ed andandosene in camera sua
senza
rivolgergli parola quando tornava.
Una sera rientrò trionfante dicendo che aveva imparato tutto
ciò che era necessario
ma Watson ancora una volta si chiuse in camera.
“Watson!” protestò, bussando
“se volevo una moglie mi cercavo una Mary Morstan
qualunque!”
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Capitolo 12 *** Lontananza. ***
Lontananza.
Era inspiegabile come Holmes fosse diventato una dipendenza,
con il tempo.
Solo qualche anno prima, se avesse dovuto assentarsi dalla
città per qualche
giorno, forse sì, si sarebbe chiesto cosa Holmes avrebbe
fatto in certe
occasioni, ma di certo non fissava continuamente la porta della propria
camera
d’albergo sperando di vedere qualcuno portargli un suo
telegramma o di vederlo
fare una delle sue “sorprese”, come durante il suo
viaggio di nozze, raggiungendolo
ovunque fosse.
Cercò di calmarsi, seduto sul letto
della sua camera d’albergo, cercando di accettare
l’idea che Holmes non si sarebbe presentato quando lui aveva
lasciato Londra
solo per due giorni per un ritrovo di vecchi commilitoni. Sarebbe
ripartito per
tornare a casa la sera antecedente e avrebbe potuto dormire di nuovo
con il
viso immerso in quei capelli disordinati. Doveva passare solo una notte
da
solo. Ma la lontananza lo uccideva.
Bussarono.
“Si?”
“Consegna”
Aprì la porta, trovandosi davanti un fattorino che non aveva
visto durante il
giorno. Quello spinse il dottore di nuovo dentro la stanza e lo
seguì,
chiudendosi la porta alle spalle; lo baciò.
Successe tutto tanto velocemente che a mala pena capì cosa
era successo, ma lo
scostò appena riprese lucidità.
“Sono impegnato-” disse solo, prima che
l’altro assalisse di nuovo le sue
labbra.
“Lo so” sussurrò l’altro, con
una voce molto più familiare.
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Capitolo 13 *** Mycroft. ***
Mycroft.
Era l’unico che fosse a conoscenza della loro
relazione.
In realtà, Watson non sapeva neanche perché. Non
che fosse contrario, quando il
fratellino li appoggiava e spalleggiava così calorosamente.
Solo che non capiva
quando avesse saputo.
Quando Holmes andava a trovare il fratello,
Watson andava con lui e non avevano
mai detto niente a riguardo. Non poteva avergli scritto,
perché Holmes
commissionava i telegrammi e le lettere a Mrs. Hudson e Watson, per
assicurarsi
che non avesse ordinato qualcosa di pericoloso per gli esperimenti,
controllava
sempre prima della spedizione e non c’era mai stata una
lettera al fratello.
“Hai proprio ragione, Sherlock” annuì
Mycroft all’improvviso, interrompendo il
silenzio che solitamente regnava al Diogenes Club. “Ha
proprio delle belle
mani” continuò.
Watson si voltò a guardare il suo compagno, stupito del
fatto che gli avesse
parlato della sua ossessione per una delle parti del corpo che
preferiva del
dottore e dal fatto che, ancora una volta, in qualche modo che a lui
era
sfuggito erano riusciti a parlarsi.
“Perché non guardi quelle di quel tipo
laggiù, invece?” ed indicò un uomo in
fondo alla stanza. Mycroft rise.
“La tua gelosia è adorabile, Sherlock. Come quando
non volevi che papà mi desse
attenzioni e lo volevi tutto per te”
“Questa conversazione sta diventando ridicola”
“No, è interessantissima, invece” si
intromise Watson, adesso incuriosito dal
passato di Holmes “continui” chiese a Mycroft.
Mycroft e Watson divennero ottimi amici.
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Capitolo 14 *** Notte. ***
Notte.
Non
capiva perché Holmes preferisse la notte al giorno.
Di notte le possibilità di fare qualcosa erano limitate in
confronto al giorno.
I negozi erano chiusi ed anche molti locali ad una certa ora
chiudevano.
Rimanevano aperti solo la box e qualche squallido pub.
Finché uscivano di notte durante un
caso, Watson poteva capirlo. Doveva esserci
discrezione, meno luce possibile per non essere riconosciuti, ma non
capiva
perché Holmes insistesse nell’uscire dopo il
tramonto anche quando non seguiva
un’indagine.
Di conseguenza, l’estate camminavano per la città.
L’inverno si chiudevano in
uno di quei pub pieni di balordi per non congelare fuori.
“Glielo devo chiedere” iniziò Watson,
posando la birra sul tavolo. “Perché
insiste tanto nell’uscire di notte?”
“Strano che me l’abbia chiesto dopo più
di un anno che va avanti così. Alla
fine mi ero convinto che avesse capito” rispose invece,
prendendo un sorso
dalla propria birra.
Watson continuò a guardarlo, interrogativo; Holmes sorrise,
sporgendosi sul
tavolo in modo che solo Watson potesse sentire.
“La ragione è la stessa per cui voglio venire in
posti come questo. Non c’è
nessuno in giro e le poche persone che ci sono, sono troppo ubriache
per capire
se, quando voglio, faccio questo” si sporse di più
e lo bacio velocemente
“oppure no” concluse, risedendosi.
Watson divenne il primo ad insistere per uscire di notte.
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Capitolo 15 *** Ossessione. ***
Ossessione.
Quella di Holmes per le mani di Watson era un’ossessione.
Avrebbe passato giorni interi a stringerle, studiarle, capire cosa
fossero in
grado di fare. Quelle mani che lui, di nuovo, stava fissando mentre
reggevano
il giornale che il legittimo proprietario stava leggendo.
Quelle mani avevano tolto tante vite quante ne avevano salvate, eppure
(seppur
non appoggiasse granché le azioni belliche inglesi) non
riusciva a pensare a
Watson come ad un assassino perché
quelle mani, uccidendo in guerra, avevano
permesso che Watson tornasse vivo a Londra e lui aveva potuto
conoscerlo. Sì, quella
era l’unica guerra che in passato avrebbe potuto appoggiare.
Rimase a fissare quelle mani finché Watson piegò
il giornale per cambiare
pagina e, vedendo Holmes con la coda dell’occhio, si
voltò verso di lui.
“Holmes, che sta facendo?” chiese.
“Lavoro” rispose.
Prima che Watson potesse aggiungere altro, afferrò la sua
mano sinistra, la più
vicina, e la avvicinò per l’ennesima volta agli
occhi.
“Mi sono appena accorto che, nonostante lei sia un chirurgo,
non l’ho mai vista
operare. Che cosa è in grado di fare con le mani?”
Watson sorrise, cogliendo un doppio senso che, per una volta, in
realtà non
c’era. Si alzò, obbligando Holmes a fare lo stesso
e lo spinse verso la sua
camera.
“Lasci che glielo mostri” sussurrò.
Quel giorno, l’ossessione di Holmes crebbe esponenzialmente.
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Capitolo 16 *** Possibilità. ***
Possibilità.
Watson aveva stilato una lista sulle possibili reazioni di
Holmes dopo che
avrebbe tentato di parlargli di nuovo
e molte delle opzioni non erano promettenti.
1. Lo avrebbe cacciato da
Baker Street per non rischiare uno stupro notturno.
2. Lo avrebbe denunciato alle
autorità, regalandogli almeno due anni di lavori forzati.
3. Gli avrebbe riso in faccia.
4. Non lo avrebbe preso sul
serio.
5. Gli avrebbe detto che
avrebbe fatto finta di non sentire.
6. Una reazione positiva.
Non era una buona lista. Gli dava il 16,6% di possibilità di
successo contro
l’83,4% di fallimento.
Non era allettato dall’idea di tentare di nuovo a parlargli
quando la prima
volta era stata fallimentare e ora che la lista metteva bene in chiaro
quali
fossero i rischi, la voglia era diminuita ancora.
Tuttavia lasciò il pezzo di carta sul tavolino della sua
stanza ed uscì,
trovando Holmes che prendeva il cappotto e il cappello.
“Ah, Watson! Pensavo di andare a trovare Mycroft, viene con
me?”
“Non ho intenzione di ripeterlo altre volte in futuro quindi
è meglio se questa
volta mi ascolta” rispose invece, avvicinandosi.
Il detective piegò la testa, confuso; Watson prese un
respiro. Non parlò. Prese
il viso di Holmes tra le mani e lo baciò.
Rimase stupito di sentire, dopo un primo attimo di stordimento, le sue
labbra
rispondere.
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Capitolo 17 *** Quotare. ***
Quotare.
Era un vizio che Watson aveva preso con il tempo e Holmes lo
trovava a dir poco
fastidioso.
Non che Watson non se ne fosse accorto, le risposte acide di Holmes
ogni volta
che riutilizzava qualche sua frase erano la prova lampante, ed era
proprio per
questo che si divertiva a quotarlo continuamente. Spesso non era
un’azione che
aveva un fine utile era solo la personale vendetta del dottore.
Holmes si era divertito per anni sbeffeggiandolo in tutti i modi e
Watson non
aveva mai trovato qualcosa che irritasse Holmes in modo da poter
pareggiare i
conti.
Un giorno discutevano sulla
possibilità che esistessero altre forme di vita
nell’universo.
“Improbabile” aveva commentato Holmes, che a mala
pena ricordava la spiegazione
di Watson sul Sistema Solare.
“Una volta escluse tutte le probabilità, quello che
resta, per improbabile che
sia, deve essere la verità” commentò
con un sorriso Watson, senza guardarlo.
Sentendosi citato sulla sua massima migliore, Holmes si alzò
con gesti stizziti
e prese il soprabito.
“Holmes, dove va?” chiese Watson, trattenendo a
stento le risa.
“A fare due passi” fu la risposta acida di Holmes.
Watson si alzò a sua volta e lo raggiunse, fermandolo
cingendogli la vita con
le braccia e lo costrinse, a voltarsi verso di lui: lo baciò.
A Watson piaceva divertirsi ma, all’occorrenza, sapeva come
farsi perdonare.
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Capitolo 18 *** Rosse. ***
Rosse.
Rosse. Terribilmente attraenti.
Avrebbe volentieri baciato quelle labbra in quello stesso istate se non
fosse
stato in Luna di Miele con Mary.
Quelle erano la prima cosa che
aveva
notato, aveva rialzato lo sguardo soltanto dopo. I primi ad elaborare
un
pensiero erano stati i suoi ormoni, poi la mente, che si era accorta
che la
donna che aveva davanti era il suo
migliore amico. Poi avevano parlato ancora gli ormoni,
dicendogli non era
importante se era Holmes, era una donna terribilmente eccitante.
E quelle labbra erano tentatrici.
“Non è il mio travestimento migliore-”
iniziò Holmes.
Watson pensò immediatamente che si sbagliava, che quello era
in assoluto il suo travestimento
migliore che gli aveva visto dal giorno stesso in cui si erano
conosciuti.
“-ma ho dovuto improvvisare”
Grazie, Dio! Pensò Watson.
La discussione degenerò, in qualche modo finendo su uno dei
brevi e più
irritanti, se non completamente inadatti al momento, battibecchi che
avevano
avuto nel periodo in cui Watson si stava trasferendo, solo che i ruoli
erano
invertiti: Watson aveva ancora la pistola puntata su Holmes.
“Me la tolga dalla faccia”
“Non è sulla sua faccia, è nella mia
mano”
“Tolga quello che hai in mano dalla mia faccia”
E mai come in quel momento, a Watson sembrava che ci fosse un doppio
senso non
molto implicito in quelle parole.
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Capitolo 19 *** Sherlock. ***
Sherlock.
Era un nome strano.
Fu la prima cosa che pensò Watson quando Sherlock Holmes gli
fu presentato nel
laboratorio dell’ospedale da Stamford – uomo che
avrebbe ringraziato tutta la
vita per quell’incontro.
Era un nome molto
strano, unico
(senza dubbio in tutta l’Inghilterra non esisteva
un’altra persona con lo
stesso nome) e si chiese più di una volta dove lo avesse
pescato la madre.
Gli piaceva, però. Era originale, esattamente come il suo
proprietario. Si
chiedeva come avrebbe reagito Holmes a sentirsi chiamare
così da qualcuno che
non fosse il fratello, ma il rispetto nei suoi confronti e l’alta probabilità che Holmes
fraintendesse quel cambiamento glielo impedivano.
Scoprì, in seguito, che era meglio che non avesse mai
provato a chiamarlo con
il nome di battesimo.
Il giorno in cui, seduti sulle loro poltrone, Holmes aveva sbeffeggiato
il nome
del dottore, Watson aveva scoperto che al suo collega il proprio nome
non
piaceva affatto. Aveva detto che gli ricordava il verso di una papera
malata e
lui, che era cresciuto in campagna, sapeva
che verso facesse una papera malata.
Permetteva al fratello di chiamarlo così semplicemente
perché ormai c’era
abituato, e lo permetteva a Irene Adler perché dirle che gli
dava fastidio era
stato inutile.
Tuttavia, quando la voce spezzata del dottore chiamò per la
prima volta il suo
nome, non si lamentò.
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Capitolo 20 *** Tossico. ***
Tossico.
Watson non riusciva a capire.
Era snervante essere costretti a guardare la più brillante
mente d’Inghilterra
autodistruggersi con quelle droghe perché
si annoiava.
Finché assumeva morfina dopo un caso in cui aveva riportato
delle ferite,
allora forse poteva accettarlo; il
dubbio gli rimaneva, ma poteva anche essere che Holmes se la iniettasse
per
affievolire il dolore.
Quando, però, lo vedeva prendere la siringa in giornate che
lui semplicemente
definiva “inutili”, non riusciva a sopportarlo.
“Holmes, glielo chiedo per l’ultima volta: per
favore, smetta!” quasi implorò
il dottore.
“Ma io mi annoio!” fu la cantilenata risposta di
Holmes, quasi come se volesse
imitare il tono di un bambino che cerca di convincere i genitori, per
poi
ignorare la richiesta del dottore.
Se Watson avesse finto di non conoscere le ripercussioni negative delle
droghe
sull’organismo, non avrebbe comunque potuto sopportare come,
dopo il
rilassamento totale di Holmes, il suo carattere peggiorasse
esponenzialmente.
Ogni volta Watson gli diceva che era l’ultima volta in cui
gli chiedeva di
smettere, senza mai gettare davvero la spugna e questo Holmes lo sapeva.
Il più delle volte aveva iniziato ad assumere droghe quando
il dottore era
fuori casa solo per non fargli vedere quanto spesso succedesse. Voleva
evitargli quel fastidio ma, soprattutto, non voleva che lo guardasse
come se lo
stesse deludendo.
Ma Watson continuava a non rinunciare.
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Capitolo 21 *** Ultima. ***
Ultima.
Quello era il giorno di una grande vittoria per Watson anche
se non lo sapeva
ancora.
Non perché effettivamente Holmes
avesse perso contro di lui, quanto perché
Holmes stesso aveva deciso che fare contento il dottore poteva essere
il giusto
input per smettere.
Nonostante avesse ormai venduto da tempo il suo studio sotto la sua
vecchia
casa a Cavendish Place, il buon dottore continuava a fare qualche
visita a
domicilio per quelli che erano stati i suoi pazienti più
fedeli quindi ogni
tanto si assentava da Baker Street.
Una sera, rientrato da un giro visite piuttosto faticoso, Watson non si
accorse
neanche che sulla poltrona di Holmes era adagiata una siringa piena di
qualche
droga ed il laccio emostatico, mentre il proprietario di suddetti
elementi era
scomparso in bagno lasciando la porta aperta.
Watson, stanco ai limiti dell’immaginabile, se ne accorse
solo quando Holmes
tornò dal bagno, lanciando l’astuccio in
marocchino vuoto sul pavimento.
Watson seguì il tragitto dell’oggetto, confuso.
“Holmes, ma che cosa-“
Ancora più confuso, guardo Holmes raccogliere il laccio
emostatico, la siringa,
e sedersi. Guardò con irritazione la sua abilità,
ormai, nel legare quel laccio
medico in torno al proprio avanbraccio.
“Holmes, per l’amor del cielo-“
“Vede questa, Watson?” lo interruppe Holmes,
prendendo la siringa e mostrandogliela
prima di iniettare la droga. “Questa è la mia ultima dose”
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Capitolo 22 *** Vacanza. ***
Vacanza.
Impossibile. Holmes era una persona impossibile anche in vacanza,
quando questo
termine non avrebbe dovuto significare altro che
“riposo”.
Certo, Watson, quasi al quarto mese di distanza dall’ultimo
caso in cui Holmes
era rimasto chiuso in casa, al buio, ad uccidersi lentamente con le
droghe e
sparare al muro, lo aveva letteralmente
costretto a seguirlo fuori
dall’Inghilterra perché potesse distrarsi e
smettesse di cercare di uccidere il
cane con gli esperimenti.
Gli aveva preparato lui stesso la valigia per quella settimana fuori,
preoccupandosi di non metterci nessuna delle sue droghe, nessuno
medicinale che
Holmes avrebbe potuto assumere impropriamente al posto delle droghe,
nessun
alcolico e una quantità limitata di tabacco.
Il problema durante la vacanza, però, non erano le abitudini
nocive di Holmes a
renderlo impossibile. Era il suo modo di comportarsi con chi non era a
conoscenza delle sue capacità, il suo deridere allegramente
chiunque fosse a
tiro.
Aveva passato gli ultimi dieci minuti terrorizzando un povero mozzo
raccontandogli della sua stessa vita come se lo avesse pedinato dal
giorno in
cui era nato, dopo averlo osservato soltanto per un paio di minuti.
Questo
ragazzo, probabilmente al suo primo viaggio, se ne andò di
fretta, lasciando
Holmes a sghignazzare sul ponte, sotto lo sguardo esasperato di Watson,
che
aveva perfettamente capito che quel viaggio, di vacanza, avrebbe avuto
davvero
poco.
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Capitolo 23 *** Watson. ***
Watson.
Era senza ombra di dubbio la persona più affascinante che
avesse mai
conosciuto.
Non solo perché fisicamente era indubbiamente bello, punto
assolutamente
indiscutibile, ma anche dal lato caratteriale.
Generalmente le persone rimanevano sbalordite davanti a Holmes e alle
sue
capacità ma Watson, dopo il primo periodo, aveva smesso.
Aveva cambiato
registro, aveva iniziato a cercare di imparare il più
possibile ed ogni volta
che gli illustrava le proprie capacità Holmes riceveva
sempre meno complimenti
e sempre più ipotesi sul caso dall’amico.
Non gli dispiaceva affatto. Per quanto il suo ego necessitasse di
essere
farcito di complimenti sulle sue capacità, ogni tanto,
sentirsi ripetere le
stesse cose un’infinità di volte da tutti era
diventato incredibilmente noioso
e ripetitivo. Solo quando Watson si lasciava andare ad
un’esclamazione di
ammirazione gli faceva piacere, e solo perché era raro
sentire complimenti da
lui e non sentirlo muovere qualche accusa.
Era interessante vedere come si impegnasse per seguire le sue orme.
Sembrava
che Watson avesse iniziato a considerare Holmes come se fosse suo
padre, un
modello da seguire, nonostante le continue critiche al suo
comportamento e
lamentele sulle sue insane abitudini.
Holmes iniziò a pensare che se lui fosse morto prima di
Watson, il dottore, con
il giusto allenamento, avrebbe potuto diventare un suo degno successore
ed
essere il futuro, ancora unico, consulente investigativo del mondo.
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Capitolo 24 *** Xenofobia. ***
Xenofobia.
A Londra si erano verificati una serie di attentati
organizzati ed effettuati
da stranieri che protestavano per la linea di governo inglese.
Holmes era stato chiamato per indagare e non gli era servito poi molto
tempo
per avere successo là dove Scotland Yard aveva fallito;
aveva sventato
l’associazione in pochi giorni, consegnando tutti gli
appartenenti alla
giustizia e al patibolo.
Dal giorno dell’esecuzione, a Londra era scoppiata una
rivolta di tutti gli
stranieri che, come molti, non essendo a conoscenza di tutto quello che
era
successo, accusavano gli inglesi di essere razzisti.
I giornali non avevano dato la notizia con tutti i dettagli necessari a
rendere
gli eventi chiari per tutti, quindi si erano sparsi molti
fraintendimenti nella
city.
Dopo le rivolte, ogni straniero a Londra veniva poi guardato con
sospetto, come
se gli abitanti della città avessero paura che avessero
indosso primitivi
ordigni da lanciargli contro.
Si era sviluppata una sorta di xenofobia collettiva in tutta la
città, cui
sembrava persino Holmes fosse soggetto, forse a causa della paranoia
derivante
dal fatto di essere stato lui a mandare al
patibolo tutti quegli stranieri.
Aveva detto a più riprese che era meglio rimandare gli
stranieri ai propri
paesi.
Watson lo trovava molto curioso, considerato che la loro
categoria era tra le più soggette a maltrattamenti dagli
xenofobi e dal governo stesso.
[NdA]
Chiedo estremamente venia per questa drabble... Io odio la xenofobia,
ma era piuttosto difficile trovare una parola usata anche in Italia con
la X..
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Capitolo 25 *** Yarders. ***
Yarders.
Degli idioti.
Holmes non avrebbe mai smesso di ripeterselo. Per due casi su tre
Scotland Yard
chiedeva la sua consulenza ed un suo sopralluogo perché del
tutto inetti nello
scoprire qualcosa di utile da soli. Senza dubbio, però,
avrebbero fatto bene a
chiedere il suo aiuto anche per quell’unico dei casi su tre
in cui decidevano
di cavarsela da soli, perché spesso
Holmes, da casa, solo leggendo il giornale,
riusciva a trovare almeno due o tre errori di non trascurabile
importanza
commessi dagli Yarders durante l’indagine.
Quando era di buon umore, mandava un telegramma in forma anonima a
Scotland
Yard per segnalarli e cercare di metterli sulla pista giusta.
Ogni tanto, invece, si presentava direttamente a Scotland Yard per
prenderli in
giro di persona e indicare loro quali terribili errori avevano commesso.
Molti, a Scotland Yard, non provavano una grade simpatia per lui e
chiedevano
il suo allontanamento ma Lestrade, purtroppo per lui, sapeva cosa
avrebbe perso
se avesse allontanato l’investigatore e avesse accettato la
richiesta dei suoi
sottoposti. Neanche a lui piaceva sentirsi deriso, ma era necessario.
Era molto raro che il nome di Holmes comparisse nei crediti di un caso
brillantemente risolto, ma a Holmes non pesava. Era divertente vedere
Lestrade
davanti ai giornalisti che arrancava per cercare di spiegare delle cose
che
neanche lui aveva capito a fondo.
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Capitolo 26 *** Zoppia. ***
Zoppia.
“Holmes, non sono un bambino che deve imparare ad andare in
bicicletta, la smetta”
disse stizzito Watson, guardando Holmes dall’altra parte
della stanza
comodamente appoggiato al suo
bastone
con un ampio sorriso.
“Può farcela, dottore, non ha bisogno di questo
coso per camminare”
“Lo so perfettamente, io sono in
grado
di camminare, in caso non lo sappia!” rispose ancora, sempre
più irritato.
Incrociò le braccia al petto, continuando a fissare
Holmes come se avesse
voluto ucciderlo.
“Senza zoppicare? Quella ferita ha quasi vent’anni,
può farcela”
“Non sono un bambino!”
“Ma si sta comportando come tale. Adesso mi raggiunga senza
zoppicare”
Watson non si mosse di un millimetro, a mala pena respirava, fissando
Holmes
con odio.
“Watson?”
Il buon dottore scaricava tutto il peso sulla gamba sana pur di non
muoversi e
continuare a guardare Holmes come un figlio che crede di non aver
bisogno del
padre.
Holmes sbuffò, fingendo platealmente di rinunciare e,
appoggiandosi alla
mensola, fece accidentalmente
cadere
una foto di Mary.
“Oops. Mi
dispiace” e accidentalmente
la calpestò.
“Holmes!”
Watson lasciò la sua postazione e gli corse contro,
arrabbiato. Holmes lasciò
cadere il bastone di Watson a terra e si diede alla fuga in giro per
l’appartamento, fino a che non rallentò di
proposito e Watson lo placcò.
“Holmes, perché diavolo-“
“Avevo ragione io, Watson. Lo ammetta e basta”
[NdA]
26 drabble da 221 parole ed è finita. Smaniavo per postare
questa Z xD
Non ho molto da dire, in realtà. Vorrei solo ringraziare
tutte le persone che hanno letto, preferito, ricordato, seguito e
recensito.
Me ne vado così xD
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