Tentazione

di Sibilla Delfica
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Bryan ***
Capitolo 2: *** Paride ***
Capitolo 3: *** Sono un Angelo ***
Capitolo 4: *** Dolore nel cuore ***
Capitolo 5: *** storie ***
Capitolo 6: *** La cosa giusta ***
Capitolo 7: *** Sfida ***
Capitolo 8: *** Ambra ***
Capitolo 9: *** Un'amica ***
Capitolo 10: *** Buio ***
Capitolo 11: *** Vicolo cieco ***
Capitolo 12: *** Inaspettata. ***
Capitolo 13: *** Spiegazioni ***
Capitolo 14: *** Ti amo ***
Capitolo 15: *** La Scelta ***
Capitolo 16: *** L'avviso ***
Capitolo 17: *** una cena romantica ***
Capitolo 18: *** Partenza ***
Capitolo 19: *** La perfezione ***
Capitolo 20: *** travestimento ***
Capitolo 21: *** Sogno. ***
Capitolo 22: *** Il male. ***
Capitolo 23: *** La rivelazione ***
Capitolo 24: *** Pioggia di vita ***
Capitolo 25: *** Il cancello ***
Capitolo 26: *** L'incontro ***
Capitolo 27: *** L'attore ***
Capitolo 28: *** Confusa ***
Capitolo 29: *** Il verdetto ***
Capitolo 30: *** La luce ***
Capitolo 31: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Bryan ***


 

Nel mio mondo esistevano tre regole importanti: la prima era, mai cedere alla tentazione, come se non l'avessi già fatto, la seconda diceva di non lasciarsi trasportare dalla passione carnale per una persona e terza mai avere rapporti con gli umani.

Naturalmente accompagnate da quelle più ovvie non uccidere e non rivelare la propria vera natura agli umani.

Non sono umano.

Sono un Angelo, la creatura più bella che esista nel intero universo, io sono la tentazione vivente per ogni umana esistente sulla terra.

Mi crederete buono, saggio e misericordioso, ma non è proprio così, io sono una delle poche eccezioni tra gli angeli.

Odiavo quel mondo costruito sul buonismo e sul perdono, mi sembrava debole, e io non volevo farne parte.

Per questo andavo sulla terra a incantare belle ragazze, e per provare piaceri carnali a noi proibiti.

Lo so non avrei dovuto, e ho avuto i miei guai con il “capo” del regno dei cieli, ma tanto al misericordioso Signore bastava che cantassi una nenia per tre giorni in questo modo espiavo i miei peccati , poi ripartivo di nuovo per la giostra.

Era una catena, un giorno di peccato, tre di nenia, peccato e nenia.

Quel giorno dopo aver espiato i miei peccati, dovevo proprio partire alla ricerca di nuove ragazze.

Mi stavo guardando allo specchio, vidi come sempre i miei occhi scuri color cioccolato, i miei capelli neri ribelli, le mie ali candide che erano ripiegate dietro la mia schiena e il mio corpo statuario emanava una strana luce, la luce della sapienza, veniva chiamata.

Il mio aspetto aiutava sicuramente a trovare ragazze disposte a unirsi con me nel peccato, ma se esso non funzionava riservavo di poteri per convincerle.

I miei amici angeli dicevano che ingannavo quelle povere ragazze, che non era giusto, ma a loro in fondo cosa importava, non facevano niente per quelle umane.

Vivono nel loro regno dorato,dove tutto è così schifosamente perfetto, sono io l'unico difetto del loro stramaledetto regno.

-Terra- sussurrai, concentrandomi e subito mi ritrovai dove richiesto.

Sulla Terra doveva ancora spuntare il sole, tutto era avvolto nel silenzio più totale, doveva essere mattino presto.

Non sapevo di certo dove ero capitato, e non mi importava.

Ero su una strada pedonale, di fianco a me c'era un piccolo canale sporco e maleodorante, e non c'erano tante case intorno .

Sentii dei passi veloci, e subito sussurrai – invisibile- il mio corpo si smaterializzò all'istante.

Dalla via sbucò una ragazza, di media altezza, magra, ma con forme sinuose e provocanti, uno splendido viso a forma di cuore incorniciato da una folta chioma nera ondulata, e a completare la sua faccia c'erano due grandi occhi verdi luminosi come due fari nella notte.

Indossava un paio di jeans attillati, che risaltavano le cosce ben tornite, e un cappotto corto.

Una sola parola si poteva usare per definirla: splendida.

Dovevo rendermi subito visibile, ma così all'improvviso l'avrei spaventata... da quando mi preoccupo per le umane?

-rendimi visibile- sospirai piano, comparsi esattamente davanti a lei.

La ragazza si fermò, non sembrava però spaventata, mi guardava solo incuriosita e intravedevo in quegli occhi bellissimi già una punta di desiderio.

-ciao- la salutai in modo malizioso, nel mio solito modo di fare.

-chi sei?- chiese subito.

-importa qualcosa?- a questo punto di solito le incantavo, c'era qualcosa nei suoi occhi questa volta che mi impediva di farlo, mi sembrava ingiusto ingannare una creatura così fragile e di rara bellezza.

-importa e come! Di solito non c'è tanta gente a quest'ora che spunta dal nulla, e per di più mi blocca la strada- tosta la ragazza!

-già... ma per me puoi fare un eccezione...- le sfiorai lievemente un braccio, non riuscivo a usare i miei poteri su di lei, o meglio non volevo, la mia testa mi diceva che lei non se lo meritava, ma io volevo quella pelle candida, perché mi stavo facendo queste paranoie?

- per caso sei uno stupratore? O qualcosa del genere?- domandò sostenendo il mio sguardo – no perché hai sbagliato proprio persona...ora se per favore ti puoi spostare io andrei- cosa? Cosa ? Mi stava rifiutando? Stava rifiutando un essere perfetto? Un angelo? In questi quattro mila anni non mi era mai capitato!

-no non sono nulla del genere... ma dove stai andando con tutta questa fretta?- dissi concentrandomi per rimanere calmo, ma anche con una certa curiosità.

Io curioso di una umana? Forse ha ragione il Signore del regno dei cieli quando blatera sui misteri della vita.

-sai sono le sette meno cinque, e io devo prendere un pullman per andare a scuola, ma mi sa che oggi dovrò tornare a casa!- mi urlò contro.

Doveva andare a scuola, quel posto dove gli umani imparano a leggere a scrivere, certo, certo.

-allora visto che ormai non puoi più andare a scuola, magari potresti venire a fare un giro con me?- le stavo dando la possibilità di scegliere? Ma cosa mi stava succedendo?

Mi guardò prima spaesata, poi il suo sguardo divenne sempre più deciso, e diede la risposta con un filo di voce -Va bene... ti potresti presentare?- aveva detto sì, vittoria!

-Bryan piacere, e tu?- volevo stranamente conoscere il suo nome.

-Mi chiamo Giada- portava il nome di una pietra preziosa, sicuramente a parità di bellezza il nome era appropriato.


ti prego oh mio angelo fai...” una preghiera rimbombava nella mia testa, ma questi umani per cosa pregavano?

Non avevano ancora capito che dai Serafini fino alla schiera più bassa, cioè gli Angeli di cui io faccio parte, tutti sono impegnati a tener sistemato il loro regno luminoso e bianco.

Ormai non è più come una volta il Signore sta invecchiando e per quanto si dica che lui sia onnipotente, non riesce più a governare il regno come faceva qualche secolo fa.

Se avessi commesso questi peccati al tempo di Lucifero mi avrebbe già espulso dal regno.

Mentre pensavo a tutto ciò Giada camminava accanto a me, guardava in basso e non aveva più parlato, mi seguiva e basta, il che è normalissimo, agli umani viene naturale fidarci di noi messaggeri del Signore.

-Giada dove vorresti andare?- sembrò che si fosse appena svegliata da chi sa quali pensieri, distolse i suoi occhi dal terreno e ritornò a guardarmi, questo semplice gesto riaccese dentro me un desiderio devastante.

-non so potremmo avviarci verso un bar e...- si abbassò per raccogliere qualcosa lasciando la frase a metà.

Teneva tra le mani una piuma candida lievemente luminosa grande quanto il palmo della sua mano, la guardava come ipnotizzata, la portò lievemente verso il naso e la annusò – mm...- miagolò.

Quella era sicuramente una piuma delle mie ali, che sulla terra diventavano magicamente invisibili, era difficilissimo che le piume delle ali si staccassero, questo accadeva ogni cento anni ad un sola creatura angelica che abitava il regno dei cieli.

Era la prima volta che mi capitava una cosa del genere.

-E' stupenda! Chissà magari ho trovato la piuma di un Angelo- per un attimo pensai che mi avesse scoperto, poi capii che era soltanto una battuta anche se inconsapevolmente era molto vicina a scoprire la verità.

-beh stavo dicendo si può andare ad un bar e prendere una buona cioccolata calda con panna- mentre diceva questo sorrideva, un sorriso così luminoso e caldo più del sole estivo, che era ormai alto nel cielo.

Sentii il mio cuore tremare e per un attimo il respiro si bloccò, era troppo bella.

-certo signorina, come posso disubbidire a lei- il suo volto arrossì, e questo la rese ancora più invitante...lo so... sembrerò un pazzo maniaco!

La segui in silenzio fino a un piccolo bar all'angolo di una via.

-eccoci-esclamò ancora con quel sorriso troppo bello stampato in faccia...cazzo!- che te ne pare?- mi domandò.

Se avessi dovuto dire la verità, avrei detto che questo locale come d'altronde tutti quegli stupidi posti per gli umani era proprio uno squallore, naturalmente se paragonati ai luoghi del regno delle creature angeliche, ma siccome non mi sembrava la cosa più carina da dire dissi esattamente l'inverso- splendido...proprio il mio genere-

gli occhi già splendenti si illuminarono di gioia, e il sorriso si allargò ancora di più.

-ne sono felice...- disse con entusiasmo.

Io galantemente gli aprii la porta e feci un piccolo inchino invitandola ad entrare, lei sembrò sorpresa da questo mio gesto, il che mi pareva piuttosto strano era impossibile che qualcuno non avesse fatto un gesto ancora più eclatante con una ragazza così dolce e fisicamente perfetta.

Si sedette sul primo tavolo che trovò libero, e io la seguii a ruota.

Subito arrivò il cameriere – allora cosa porto qui?-

Aprii il piccolo menù che conteneva una vasta lista di tipi differenti di cioccolate, con tono roco e sexy al punto giusto dissi – una cioccolata fondente al peperoncino con aggiunta di panna- mentre parlavo continuai a guardare gli occhi verdi di quella umana che per bellezza si poteva paragonare ad un Angelo.

-Io invece vorrei una cioccolata normale con panna- disse accavallando le gambe, non era possibile, lo faceva apposta voleva farmi impazzire.

-arrivano subito- annunciò il cameriere correndo via.

Giada aspettò che il cameriere si fosse allontanato poi cominciò a parlare -Allora come mai stamattina sei spuntato così all'improvviso e mi hai bloccato la strada?- domandò tutto di un fiato.

-Beh non volevo rinunciare alla compagnia di una ragazza così interessante...- risposi con tono roco.

Il suo viso divenne paonazzo per l'imbarazzo, che cercava di nascondere mantenendo un sorriso rigido.

-Non ti ho mai notato da queste parti, ed strano perché sei un ragazzo così...- si fermò rendendosi conto di aver detto troppo e non sapendo più come andare avanti.

-Forse vuoi dire stupendo? Perfetto? Angelico?- chiesi dimostrandomi lo spavaldo e lo sbruffone quale ero.

-Sei un po' presuntuoso non credi?- era chiaramente una domanda retorica.

Avvicinai lentamente il mio viso al suo fino a trovarmi praticamente a pochi centimetri dalle sue labbra.

-Non credi che sia una tentazione?- sussurrai, Giada guardava le mie labbra ipnotizzata, e sapevo perfettamente a cosa stava pensando, perché lo stavo pensando anche io: le miei labbra sopra le sue che viaggiavano di pari passo in una danza senza fine, e un turbine di colori di cui il rosso era il principale ci avrebbe sommersi fino a tal punto che le nostre menti si sarebbero svuotate di ogni pensiero, di ogni ricordo, neanche il nostro nome sarebbe sopravvissuto.

Era la prima volta che anche se non usufruivo dei miei poteri, mi sentivo così in simbiosi con una ragazza.

Ero spaventato dalle nuove emozioni che stavo provando, ma anche felice di aver scoperto che potevo ancora provarne e trovarne di nuove.

Il suo viso si avvicinò pericolosamente al mio, proprio quando le sue labbra stavano per toccare le mie, ecco che con uno scatto improvviso si allontanò.

-scusa, io...- la sua voce era agitata e impaurita.

Perché non mi ha baciato? Ho qualcosa che non va? Ho fatto qualcosa che non dovevo?

Avrei dovuto andarmene, oppure avrei dovuto usare i miei poteri e prendermi ciò che volevo, ma tutte le due opzioni non potevo e non volevo metterle in pratica.

-Devo andare- farfugliò dopo pochi secondi.

Si mise in piedi, e cominciò a muovere i primi passi verso la porta d'uscita, io le presi il braccio per fermarla, appena la toccai una scossa fortissima attraversò il mio corpo come un fulmine.

-Aspetta, non bevi la cioccolata?-mi sentivo un cane bastonato.

Fortunatamente in quel momento arrivò il cameriere con le nostre due cioccolate, gli occhi incantevoli di Giada si posarono pensierosi prima nei miei occhi poi sulle cioccolate.

Alla fine annuì con la testa e tornò lentamente seduta al suo posto.

Il cameriere ci guardò di sottecchi, ed elegantemente ci consegnò le cioccolate fumanti e con un odore inebriante.

Era un peccato anche bere quella cioccolata, gli Angeli non potevano cedere ad alcuna tentazione, quindi neanche alla golosità.

Ma questo piccolo peccato non mi avrebbe procurato alcun guaio ai piani superiori, sicuramente non se ne sarebbe accorto nessuno.

Bevemmo la nostra cioccolata in silenzio.

Un silenzio troppo rumoroso per i miei gusti, un silenzio che per qualche strano motivo mi devastava fisicamente e mentalmente.

-Io adesso devo proprio andare- disse Giada guardandomi con quegli occhi luminosi.

Si alzò e io la segui come attratto da una calamita.

Rimase ferma per un attimo, poi successe qualcosa che non mi sarei mai aspettato.

Giada si lanciò sul mio petto, e le sue labbra divorarono le mie in un bacio travolgente, pieno di desiderio.

Volevo che questo bacio potesse non finire mai, allora la strinsi ancora di più a me, anche lei sembrava della stessa idea perché le sue mani trovarono i miei capelli e li strinsero forte per tener ferma la testa.

Non so quanto durò quel bacio governato solo dalla lussuria, ma so per certo che fu lei la prima ad allontanarsi da me.

-Bryan, voglio poterti rivedere...potresti darmi il tuo numero di telefono?- diceva queste parole diventando sempre più rossa.

-So che può sembrare strano, ma quando mi vuoi rivedere devi soltanto dire queste parole, Bryan aiutami, vieni da me, e io sarò subito da te- gli avevo detto la frase segreta.

La frase per cui un Angelo è obbligato a recarsi sulla terra e aiutare l'umano che l'aveva pronunciata.

Sbatté le palpebre pensierosa- va bene ti credo...allora ci vediamo...ciao- si avvicinò, mi diede un bacio a stampo e uscì dal bar.

Rimasi per molto tempo bloccato vicino al tavolo, ebbi solo la forza di sedermi.

Mi sentivo le gambe molli e il mio cuore batteva all'impazzata.

Però ero felice, per la prima volta nella mia lunga carriera di angelo ero veramente felice, anche se poi alla fine il mio obbiettivo per cui ero venuto apposta sulla terra non era stato proprio centrato.

Ma non mi importava, ora non riuscivo a vedere altre ragazze a letto con me se non lei, stavo impazzendo! Cazzo!

Qualcosa stava cambiando dentro di me l'avevo percepito da quando avevo visto quella ragazza dal viso angelico.

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Capitolo 2
*** Paride ***


Ero seduto su una nuvola e guardavo il mio regno.

Tutto era bellissimo e perfetto, ma era proprio questo che odiavo di più.

-Bryan- una melodia mi fece sobbalzare, si perché questa voce si poteva paragonare ad una bellissima canzone.

Mi girai, e vidi una luce che brillava come una stella.

-Sono un Serafino- l'avevo già capito questo, solo i Serafini sono formati solo dalla luce, la luce della sapienza e della speranza.

-Questo l'avevo capito da me, cosa vuoi?- gli chiesi bruscamente, palesemente seccato dalla sua presenza.

-Ho sentito il tuo stato d'animo, cosa ti fa sentire così tormentato?- in effetti il mio stato d'animo non era dei migliori.

Ero tormentato dal viso di quella umana stupenda, il cui nome era Giada.

Quel viso perfetto, che si colorava di rosso ogni qual volta mi guardava, quel bacio così passionale che mi aveva regalato, avrei voluto ricontrarla.

Non ero riuscito neanche ad andare a letto con altre ragazze dopo di lei, desideravo solo lei.

Avevo tentato di ritornare alla stessa ora, alla stessa strada in cui c'eravamo incontrati, ma niente non l'avevo più trovata.

-niente...- risposi per essere vago.

-Io percepisco quando tu dici cose false o incomplete, quindi dimmi la verità, non andrò a dirlo al grande Signore, lo giuro- ero incuriosito da questo Serafino, era strano che si preoccupasse per un semplice Angelo, però ero anche sicuro che potevo raccontargli tutto, perché se un Serafino da la sua parola la deve mantenere sempre e comunque.

E poi avevo bisogno di sfogarmi.

-beh sono tormentato da una ragazza...Giada la voglio, la desidero...il problema che da quando l'ho incontrata non riesco ad andare a letto con nessuna altra ragazza... nella mia testa rivedo sempre il suo viso colorato di rosso, e il nostro primo bacio- mentre dicevo questo i miei occhi fissavano il vuoto.

-Allora sei tu l'angelo peccatore che ha procurato tanti guai sulla terra- disse con molta calma il Serafino.

-Presente!- Esclamai.

La luce fluttuò fino a trovare posto vicino a me, si sedette sulla nuvola e cominciò a parlare.

-Io lo so cosa senti, e so anche quanto è proibito ciò che senti- queste frasi enigmatiche mi facevano parecchio innervosire.

-Senti non ho bisogno di frasi misteriose- questi Serafini sono tutti fatti con lo stampino, cosa mi aspettavo?

Feci per andarmene, ma il Serafino mi bloccò la strada.

-no aspetta!- cosa voleva ancora da me quel maledetto Serafino.

-Cosa vuoi ancora?- domandai più acido di uno yogurt.

-è amore... si è amore puro quel che provi...- che cos'era una barzelletta? Io che provo amore e per lo più puro?

Scoppiai a ridere, come un pazzo. Certo che questi Serafini sono proprio degli idioti. Io che provo amore puro? Ma come ha fatto ad inventarsela.

-Certo, ora per favore togliti dai piedi!- gli dissi sghignazzando.

Il Serafino non ne voleva sapere di togliersi, e io non lo volevo di certo costringerlo.

-Vieni con me...- mi prese per un braccio e cominciò a trascinarmi.

Passammo per le stanze dorate, che non si devono pensare come le stanze degli umani, ma come una vasta pianura completamente di color oro.

Infine ci addentrammo nel bosco immacolato, luogo incontaminato, in cui regnano sovrane piante di un verde innaturale.

-Siamo arrivati ecco la grotta- mi annunciò il Serafino, la scorgevo, quella era la grotta delle meraviglie, le leggende narravano che in quel luogo si riunissero creature angeliche contrarie allo sfarzo del regno e alle antiche regole che vi vigevano, il nome della setta era gli angeli neri.

Era proibito per tutte le creature angeliche entrarvi.

Il Serafino andava a passo veloce e deciso, ed entrò proprio nella grotta delle meraviglie.

-Saprai le leggende su questo posto...- Ecco perché il buon Serafino si era tanto preoccupato per me, sapeva il mio dissenso verso il regno, e sapeva anche le marachelle che avevo combinato, mi voleva sicuramente offrire un posto nella sua setta.

-Certo che le so le leggende, e io non voglio entrare nella tua setta, mi sembrava strano che un Serafino si preoccupasse tanto per un semplice Angelo!- gli urlai contro senza pensarci.

-No cosa stai dicendo io non ti voglio offrire alcun posto, gli angeli neri non danno la possibilità tanto facilmente di entrare in questa setta- allora cosa voleva da me.

-Tu saprai cose false su questa setta, noi non intendiamo togliere le regole antiche, ma rinnovarle, noi non vogliamo togliere la bellezza del regno, ma soltanto togliere un po' di oro che a noi non serve.- Questa filosofia non mi sembrava così sbagliata.

-Tu come ci sei arrivato fino qua?- gli domandai.

-Io ero un Serafino fedele al Signore, poi mi sono accorto che nel regno c'era corruzione, anzi c'è corruzione, e che anche il Signore purtroppo ne è rimasto immischiato, e tutto questo è colpa di Lucifero.- Lucifero?

-Come Lucifero? Non era stato esiliato?- chiesi molto incuriosito da tutta questa faccenda.

-Da un po' di anni è tornato a minacciare il nostro regno, e da quando è tornato tutto il sistema si sta danneggiando, noi vorremmo evitarlo a modo nostro...- poi continuò- Naturalmente noi abbiamo provato a spiegarlo al Signore, ma non ci vuole dare ascolto- Ero veramente stupito da tutta questa storia, Lucifero a piede libero, il Signore onnipotente immischiato nella corruzione, l'avevo sempre detto che questo regno è bello solo all'apparenza!

-Posso chiedere se è lecito, come vorreste aggiustare il sistema?- La luce rimase in silenzio per qualche secondo prima di rispondere.

-Vorremmo neutralizzare per sempre Lucifero, ucciderlo- Adesso capivo perché il Signore era contrario: una delle più antiche regole diceva che non si poteva uccidere.

-Come ti chiami?- chiesi.

-Mi chiamo Paride- Il nome mi suonava bene.

- Bel nome- esclamai divertito.

Io, in tutto ciò che questo Paride stava dicendo, in cosa centravo? Non mi voleva offrire un posto all'interno della setta degli angeli neri, allora con che scopo mi aveva portato fin qui?

-E io cosa centro in tutto questo?- domandai.

Paride mi guardò, come se avessi dovuto capire tutto da solo.

-Tu ami quella ragazza anche se ancora non te rendi conto, tu sei l'esempio che le regole devono essere rinnovate, che tutto deve essere rinnovato, sia chiara una cosa, anche io sono contrario alle tue scappatelle compiute prima che quella ragazza arrivasse!- ancora con sta storia dell'amore! Io non amavo proprio nessuno!

-No non sono l'esempio per niente, io non amo nessuno, sono solo un Angelo che si vuole divertire ecco tutto...- questa volta fu lui che rise, era una risata cristallina, il suono più bello che avessi mai sentito.

-Perché ti ostini a mentire a te stesso...- ma in quel momento qualcuno mi stava chiamando, “Bryan aiutami, vieni da me”.

Quel richiamo a cui gli angeli non possono resistere, e le uniche labbra che lo potevano pronunciare erano quelle di Giada.

Le labbra più dolci che avessi mai assaggiato.

- Devo andare!- dissi e un sorriso inaspettato mi spuntò sulle labbra.

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Capitolo 3
*** Sono un Angelo ***


Il viaggio fu veloce come al solito.

Arrivai in una stanza calda, arredata da un letto, un armadio e una scrivania su cui c'era posizionato un computer.

Seduta sul letto c'era Giada , aveva i capelli corvini arruffati, i due grandi occhi verdi erano lucidi e il respiro era affannato.

Non era molto vestita: indossava solo una culotte rosa, e una canottiera abbinata.

Sembrava che non mi avesse notato.

Quindi mi avvicinai a lei.

Giada saltò dal letto, e si acquattò vicino al muro, allontanandosi da me. percepivo la paura che arrivava dal suo corpo. Ora qual'è il problema non sono mica un mostro? E poi mi ha chiamato lei!

-Bryan?- domandò.

-Sì, sono proprio io chi pensavi che fossi? Mi hai chiamato tu...- mi guardò con gli occhi pieni di sorpresa.

-Io non ho chiamato nessuno- allora com'era possibile? Mi aveva per forza dovuto chiamare, la voce che rimbombava nella mia testa era la sua!

-Come hai fatto a entrare?- Giada era sospettosa lo sentivo dalla voce, e questo era un problema per me, non potevo rivelare agli umani la mia vera natura.

-dalla porta – risposi cominciando ad usare il mio tono più seducente, il tono più angelico.

-Ok...Ok...- come ok? OK? Ma questa ragazza era veramente strana. Tutte le ragazze avrebbero pagato oro per essere in una stanza sole con me, come lo era ora lei.

Non riuscivo proprio a capire cosa passava per la mente di questa ragazza da favola, di solito le umane sono prevedibili, i loro gesti e parole sono scontate.

Invece lei no, forse non era umana? Opzione plausibile se avesse tre teste e sei occhi!

-Giada stai bene?- chiesi abbastanza preoccupato, perché le sue mani avevano cominciato a tremare.

-Si, solo che non capisco come fai ad apparire sempre in modo così improvviso, però resta, ti prego ho appena fatto un incubo e ho bisogno di qualcuno- le sue parole erano lievi e dolcissime.

Sembrava un cucciolo che doveva trovare un rifugio per ripararsi dall'uomo cattivo, che tenera, che amore...niente amore Bryan, niente amore, cosa ti salta in testa?

-Io ci sarò sempre- l'avevo detta io quella frase? Io Bryan in pieno delle mie facoltà mentali?

-Grazie, sai non ho più l'età per andare a dormire nel letto dei miei genitori- disse lei .

Si allontanò dal muro, e venne verso di me con una lentezza esasperante.

Quando fu abbastanza vicina, mi abbracciò e mi sussurrò nell'orecchio - Grazie Bryan, anche se non so cosa sei, grazie- allora aveva capito di già che non ero proprio umano, come potevo biasimarla nessun umano arriva se non è chiamato da un telefono, e per di più così improvvisamente.

-Bryan adesso devo proprio dormire, sdraiati accanto a me e abbracciami- mi dava degli ordini precisi, ed io ribelle e autoritario non volevo disubbidire, anzi mi sarei frustato da solo se avessi provato a farlo.

Si stese sul letto prima lei, e io rapidissimo feci la stessa cosa.

Giada era così bella avvolta nelle lenzuola, e la luce lunare che filtrava dalle finestre la faceva sembrare irreale.

L'abbracciai forte al mio petto, come se fosse un importante tesoro, in quel momento non avevo le voglie animalesche che hanno caratterizzato il mio passato di Angelo ribelle, piuttosto volevo proteggerla, accudirla.

La mia piccola Giada, una pietra preziosa di eccezionale bellezza, volevo solo lei per sempre.

Era il mio cielo, era il mio cuore, era il mio tutto in questo niente che mi circondava.

La mia ancora di salvezza in questo mare burrascoso in cui ero precipitato.

Tutta la mia sfacciataggine, la mia arroganza e la mia presunzione si erano sciolte come neve al sole.

Tutto quello che ero stato sparito scomparso portato via da un piccolo uragano che dormiva sorridente tra le mie braccia.

Paride aveva ragione, i Serafini hanno sempre ragione, loro rappresentano la lealtà, la saggezza e la verità.

Non potrei provare questo mi è proibito.

Ma io sono un Angelo peccatore, io non sono un santo.

Io amo Giada, io la voglio, io la desidero lei solo lei per sempre.

Guardai il volto del mio amore, e sentii una musica crescere dentro il mio animo, una musica stupenda più bella della voce di qualunque Serafino, anche il più maestoso.

Quella musica era pacifica, infondeva una tranquillità e un amore immenso.

Con un dito sfiorai il suo viso, la pelle vellutata e delicata come la porcellana.

-Bryan ti amo Bryan – il suo dolce sospiro avvolse la stanza, sembrava sveglia, ma io sapevo benissimo che stava dormendo profondamente.

Mi stava sognando, e mi amava.

Adesso capivo tante sensazioni provate appena l'ebbi incontrata, adesso capivo della mia ribellione, io non volevo essere un Angelo, io voglio essere Bryan, libero di amare una donna, libero di essere umano.

Libero di amare Giada.

Fuori era l'alba, l'alba più bella della mia vita, se così si può definire.

Tra poco si sarebbe svegliata, e avrei potuto godere della stupenda visione di quegli occhi così belli.

Intanto continuai ad accarezzarle i capelli setosi.

Quando il sole splendeva nel cielo il mio angelo personale aprì gli occhi – Bryan – disse.

-Si sono qui cosa c'è?- domandai con tutta la dolcezza che avevo acquisito questa notte.

-Bryan io ti...a..., ti volevo chiedere se hai dormito bene- forse mi stavo sbagliando, ma avevo sentito un ti amo interrotto.

-Si è stata la notte più bella della mia esistenza- stavo esagerando forse, oppure mi dovevo sbilanciare di più.

-Certo, ma adesso dimmi cosa sei e cosa vuoi- in un attimo la voce di Giada si era trasformata, era diventata forte, quasi aggressiva.

-Non voglio proprio niente, se non poterti vedere e conoscere, beh quel che sono...io non posso!- Non potevo, non solo per me, ma anche per lei, gli umani non dovevano sapere, e se questo accadeva anche loro subivano una punizione.

Si dice che queste punizioni erano molto pesanti sia per l' Angelo che per l'umano, non avrei mai permesso che facessero del male a Giada.

-Ascolta Bryan io devo sapere la verità, è importante per me- ora stava piangendo, e la sua voce era di nuovo un dolce suono.

Perché ora piangeva? Si era fatta male? Non ero pratico con queste emozioni.

-Io da quando ti ho incontrato penso solo a te, al tuo viso, a quel bacio, che non so neanche io perché te l'ho dato, adesso non so neanche perché piango, è impossibile che già ti ami, ti ho visto solo due volte.- era molto confusa, non osavo però interrompere il suo monologo, stava esprimendo i suoi pensieri ad alta voce, ed io egoista li volevo sentire.

-Bryan ti prego non stare lì impalato, ti prego dimmi qualcosa-Giada mi stava implorando di parlarle, di dirle qualcosa, se l'amavo forse le avrei dovuto dire la verità, tutta la verità.

Non ero certo di quello che stavo per dire, e forse non avrei mai dovuto fare quello che stavo per mettere in atto.

Mi alzai e mi allontanai dal letto con passo lento, non avrei dovuto, ma d'altronde non “avrei dovuto” per tante altre cose.

-Io sono un Angelo- dissi solenne, questo però non bastava dovevo farle vedere il mio vero aspetto così mi avrebbe creduto- rendi a me la mia vera immagine-

le ali divennero visibili, erano ali perfette, il loro uso non era quello di volare, ma erano il contenitore dei miei poteri, senza di quelle sarei stato un normale umano.

Il mio corpo cominciò a illuminarsi di una strana luce.

Il mio falso aspetto umano era già strepitoso, ma questo, questo lo superava di gran lunga.

Giada si era inchinata davanti a me – Bryan sei bellissimo- continuava a ripetere convulsamente.

Non si preoccupava del fatto che ero un Angelo, e che questo poteva comportare non pochi problemi.

-Ora che sai la verità sei in pericolo Giada, tu devi sapere che è proibito vedere l'aspetto di un Angelo- Era ancora inginocchiata mentre parlavo.

Si alzò con uno slancio, e mi piantò il suo sguardo addosso, senza dire niente si avvicinò a me, sempre di più, sempre di più.

Il suo viso era a qualche millimetro dal mio, non riuscivo a muovermi, con le mani iniziò a tracciare i tratti del mio viso, sembrava una cieca che cercava di riconoscere il viso del proprio amato.

Ero in Paradiso finalmente in quello vero!

Poi cominciò a baciarmi, lentamente, ma con molta passione, ed io partecipai con altrettanto ardore.

-Bryan Angelo cattivo- sussurrava quando lasciava la mia bocca, la mia Giada non era poi così impacciata.

Il mio corpo era incollato al suo, la sentivo fremere di desiderio, e io invece era infuocato dalla tentazione, e perso ormai nel peccato più nero.

Mi stava trascinando sul letto, ma era sicura ? Lo voleva veramente? Infondo non mi conosceva neanche.

-Giada, aspetta- dissi con tutta la gentilezza possibile.

-C'è qualcosa che non va?- chiese con l'affanno.

-Non c'è niente che non va anzi, ma sei sicura?- domandai, io dovevo essere certo che era una sua volontà vera, sicura.

Mi guardò e sorrise, cosa aveva da ridere ora?

-La prima volta che ci siamo incontrati eri tu che mi volevi portare a letto, ora che sono io vuoi essere sicuro che sia veramente ciò che voglio? - si era accorta del mio intento di quella prima volta, osservatrice acuta la ragazza.

Ridacchiò ancora, poi ricominciò a baciarmi il collo, dopo intrufolò le sue piccole mani nella mia maglia, e con rapidità me la tolse.

Con delicatezza mi fece sedere sul letto.

Quel letto fu un vortice di passioni inaudite, un letto di fuoco.

Note dell'autrice: Ciao, prima di tutto vorrei ringraziare le persone che hanno visitato la mia storia e la persona che ha messo la mia storia tra le seguite.

Forse questo amore vi può sembrare un po' precipitoso, ne sono consapevole, ma per me per innamorarsi può bastare anche solo uno sguardo, beh non vorrei essere logorroica, un bacio Erica.

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Capitolo 4
*** Dolore nel cuore ***



Era sdraiata accanto a me, e dormiva ancora tra le mie braccia.

Quello che era appena successo era stato indescrivibile, era stata la cosa più bella che mi fosse mai capitata, mai mi ero sentito così come mi sentivo in quel momento.

Ti amo Giada, ti amo, l'avrei voluto urlare al mondo, avrei voluto correre per strada e urlarlo con tutta l'aria che avevo nei polmoni.

Non avrei mai pensato di sapere amare ed ero felice di avere scoperto di poterlo fare tranquillamente, senza essere più falso con me stesso.

In casa non c'erano rumori, niente, sembrava non ci fosse nessuno oltre che noi due abbracciati stretti in quel piccolo letto.

Stava aprendo nuovamente gli occhi, sbatté le palpebre infastidita dai raggi caldi del sole che penetravano dalla finestra.

Mi guardò in silenzio, i suoi occhi stavano studiando ogni mio più piccolo movimento, ogni mio gesto.

Non sapevo cosa dirle, come potevo iniziare un discorso ? Non potevo certo dire:” Piacere come hai visto sono un Angelo, e sai adesso ti devo raccontare un po' di cose...ah...a proposito ora stai rischiando la vita”, no, non mi sembrava la cosa più adatta da dire.

-Bryan a cosa stai pensando?- chiese lei togliendomi dall'imbarazzo di dover parlare per primo.

Come faceva ad essere così calma, forse non aveva capito tutte le parole che gli avevo detto poco fa, ma avevo i miei dubbi lei è troppo sveglia, lei comprende tutto, lei è consapevole di ogni suo gesto, è decisa, è unica.

-A te, tu sei il mio pensiero fisso, io ti amo- glielo dissi accarezzandola dolcemente, quanto l'amavo.

-Bryan- disse con le lacrime agli occhi e si buttò su di me con un velocissimo scatto.

-Ti amo, ti amo e ti amo- urlò contro il mio petto, me l'aveva detto, mi amava, si mi amava anche lei non era un sogno e neanche Giada stava sognando, eravamo tutti e due svegli e ci amavamo.

Però dovevo dirle anche un'altra cosa, più brutta, lo so, ma doveva sapere la verità.

-Giada, guardami negli occhi- ero seriamente preoccupato per qualcuno che non fossi io per la prima volta, era incredibile quanto una semplice piccola umana mi avesse cambiato nel giro di un mese.

Appoggiò la testa al braccio che a sua volta era appoggiato sul letto, i suoi occhi verdi erano lucidi e inquieti.

Quando vidi che era pronta per ascoltarmi cominciai a parlare -Tu stai rischiando la vita ora che sai la verità su di me, dovrei andarmene e non farmi vedere mai più, forse è l'unico...- la mia frase venne interrotta da un bacio a fior di labbra.

-No, tu sei mio, tu sei tutto ciò che conta ora per me, non voglio assolutamente perderti, sei tu la mia vita- Giada era così decisa mentre parlava che sembrava quasi arrabbiata.

Ero contento che mi amasse così tanto, ma non voleva capire i rischi che correva stando con me, e sicuramente non ci potevamo nascondere da nessuna parte!

-Giada tu non riesci a capire...- ero disperato come potevo fargli capire che rischiava la vita sempre di più ogni minuto che passava con me?

-Io capisco benissimo, ma senza di te cosa me ne faccio della vita?- anche io pensavo che la mia esistenza senza di lei non avrebbe avuto senso, ma allo stesso tempo era radicato ormai in me il desiderio di proteggerla da qualunque pericolo.

Non sapevo più come spiegarmi, e onestamente non volevo fare altri tentavi, perché anche a me piaceva l'idea di stare per sempre insieme, lo so sono un Angelo egoista, io cosa ci posso fare?

Mi alzai dal letto e dissi – Ok, ma ne riparleremo, non è finita qua!-

-Angelo testone- parlò con quel sorriso abbagliante che mi rendeva instabile, furba la ragazza, mi prendeva per la gola!

Restai in ascolto per sentire se qualcuno in casa si era già svegliato, stranamente non era passato nessuno a controllare nella camera di Giada, ero abituato che uno dei genitori passasse sempre, e la cosa più strampalata è che non c'era l'ombra di un suono nel resto della casa, e dire che grazie ai miei poteri il mio udito era più fine di quello umano.

-Giada, ma sei sola oggi?- le domandai dubbioso.

si alzò anche lei, iniziò a vestirsi e con voce molto calma rispose – Io vivo da sola da alcuni mesi ormai-

rimasi seriamente stupito, una ragazza bella e intelligente come lei era sola? Come era possibile?

-Giada come mai vivi da sola?- a questa domanda Giada abbassò la testa affranta, e appoggiò una mano sul suo viso, era triste, sembrava che li avessi fatto ritornare alla mente qualche brutto ricordo lasciato da parte per non soffrire troppo.

Cosa avevo fatto? Mi avvicinai e l'abbracciai stretta, stretta a me, la mia spalla nuda si stava bagnando di calde gocce d'acqua, stava piangendo.

Non insistetti per farmi dare una risposta, mi avrebbe chiarito questa reazione quando avrebbe voluto.

Dopo circa venti minuti si divincolò dal mio braccio, e guardandomi profondamente negli occhi disse- Io vivo da sola perché... i miei genitori sono morti... e non ho nessuno...sono sola al mondo- si ributtò ancora tra le mie abbraccia e ricominciò a singhiozzare da prima meno rumorosamente, per aumentare sempre più, era un pianto di sfogo, di liberazione, tutto il dolore che aveva represso nel suo piccolo, ma spazioso cuore, lo stava cacciando fuori.

Sapevo che sarebbe stata meglio dopo questo pianto, ma non potevo fare a meno di soffrire vedendola così fragile.

Non avrei mai giurato che fosse così tanto emotivamente sensibile, mi sembrava forte, ma forse era solo uno scudo, una barriera, che serviva a proteggersi, invece aveva bisogno di sentirsi amata e protetta da qualcuno, e quel qualcuno ero proprio io.

Adesso capii ancora di più quanto ero importante per lei, per la sua vita, ed ero ancora più dispiaciuto che il nostro futuro non fosse una certezza reale, ma era meglio non pensare a questo, dovevo guardare il presente e godere del suo amore, del suo corpo contro al mio finché potevo

-Bryan- sussurrò al mio orecchio facendomi venire i brividi, dei brividi mai sperimentanti prima che entrasse nella mia esistenza e la sconvolgesse.

-Cosa c'è Giada?- ero dolcissimo, ero proprio cambiato, ero un po' spaventato da questo mutamento improvviso, ma come dice il Signore: “ Se è per amore, non è mai uno sbaglio”, anche se non si riferisce propriamente a questo tipo di amore.

-Ti voglio raccontare la mia storia- affermò con voce ancora tremante per lo sfogo appena terminato, ero lusingato che volesse raccontare rendendomi partecipe dei suoi pensieri e ricordi.

-Anche io- mi sembrava equo, poi così sicuramente mi avrebbe confidato più volentieri i suoi segreti.

-Va bene, andiamo in cucina- mi prese la mano, e mi accompagnò verso la porta per uscire dalla stanza.

Chissà cosa mi avrebbe raccontato? Chissà forse ne sarei rimasto stupito? Forse l'avrei amata ancora di più, anche se non so se il mio cuore fino ad oggi arido avrebbe sopportato altro amore, forse sarebbe scoppiato, ma onestamente sarei morto volentieri per amore, soprattutto se questo amore era rivolto a Giada


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Capitolo 5
*** storie ***


La casa era piccola ,niente di speciale, solo un piccolo salotto con angolo cottura.

Mi invitò a sedermi sul piccolo divano a due posti,  Giada era accanto a me e teneva forte la mia mano senza alcuna intenzione a lasciarla libera.

Mi guardò con i suoi grandi occhi lucidi, come se attraverso me riuscisse a trovare il coraggio di parlare, fece un respiro profondo e strinse ancora più forte la mia mano.

-Premetto che non ho mai raccontato a nessuno questa storia, non ne ho mai parlato perché così sembrava meno reale, e il dolore l'ho rinchiuso in un piccolo pezzo del mio cuore per riuscire ad andare avanti- tratteneva le lacrime a stento, mi stavo preoccupando, e allo stesso tempo ero incuriosito di sapere cosa la tormentava tanto da ridurla in quello stato.

-Sono sempre stata felice, ho avuto una famiglia meravigliosa, mi hanno dato amore e non mi hanno mai fatto mancare niente.

Avevo una sorella, mi assomigliava tanto, era più piccola di me di due anni, eravamo complici in tutto, sapevamo l'una i segreti dell'altra, e ci scambiavamo consigli.

Tutto è finito, quel maledetto giorno, tutto è finito perché purtroppo non tutti gli uomini sono buoni, tutto è finito per un pazzo.- si fermò e inghiottì rumorosamente la saliva, il suo dolore era percepibile e riempiva la stanza, forse non avrebbe dovuto andare avanti, forse questo bastava.

-Giada se vuoi puoi...- non mi permise di parlare mettendo un dito sulla mia bocca.

-No devo andare avanti, con chi altro potrei liberarmi di questo masso?- era una domanda retorica, la mia piccola Giada aveva trovato il coraggio di ricordare grazie a me, e ora era lì che si sforzava di descrivermi i suoi pensieri.

-Era agosto. Il 14 agosto, ed eravamo andati al luna- park. Doveva essere una giornata magnifica, fatta di gioia e di frivolezze. Fatta per dimenticare i problemi della vita di tutti i giorni, e lasciarsi andare come bambini... invece...- la voce si era spenta, gli occhi si erano riempiti ancora di lacrime, ma lei non si arrendeva, voleva raccontarmi una parte di lei, una parte della sua vita.

-qualcuno ci aveva seguiti, qualcuno che non si riesce più a trovare, qualcuno che ha spento tre vite. Le vite erano quelle di...- la sua voce tremava di una sofferenza che solo adesso trovava una via di uscita.

La strinsi a me il più forte possibile, per fargli capire che non stava affrontando tutto quel dolore da sola, aveva me, avrebbe sempre avuto me.

-Quel qualcuno a ucciso mia sorella e i miei genitori con una pistola, io mi sono salvata per miracolo, per colpa di quest'uomo sono rimasta sola al mondo, non ho nessuno zio o zia, nessun nonno o nonna. - questa ultima frase la disse con rabbia, era arrabbiata con l'assassino della sua famiglia, era arrabbiata con il mondo, era arrabbiata con il destino, era arrabbiata con se stessa per essersi salvata al massacro.

In questa ragazza era racchiusa una storia tremenda: aveva perso tutto quello che aveva considerato importante nella sua vita, aveva perso un punto su cui poter sempre trovare appoggio nei momenti di gioia e nei momenti più problematici, aveva perso l'amore, ma la cosa più importante è che aveva perso la gioia di vivere.

-Ora non sei più sola- le dissi, prendendole il viso tra le mani e baciandole le lacrime salate rimaste sulle guance.

-Lo so Bryan- e dicendo così si buttò sul mio petto, vi affondò il viso e rimanemmo in quella posizione per svariati minuti.

La mia piccola Giada così forte e così decisa, ma allo stesso tempo dolce e fragile, aveva bisogno di sentirsi amata, alla fine non era poi così differente da me, a parte per le ali e il resto.

Quando decise che si era abbastanza protetta nel mio petto, alzò la testa e si allontanò giusto per guardarmi.

-Anche tu mi dovevi raccontare qualcosa- La sua voce non era ancora del tutto normale, di sotto fondo potevo sentire ancora qualche piccolo tremore, ma il suo sorriso anche se un po' spento mi confermò che si era ripresa.

-Da dove posso iniziare...- mormorai ad alta voce.

-beh direi dall'inizio- disse Giada rispondendo involontariamente ai miei pensieri.

-Vuoi proprio sapere tutto e...- risposi scherzosamente cercando di rendere l'aria intorno a noi meno carica di tensione.

Non disse niente, parlava con lo sguardo, che mi intimava di iniziare a raccontare.

-Partiamo dal principio, gli Angeli non possono sapere come nascono o perché nascono, il Signore è lui che designa le vite di tutti noi messaggeri- solo ora mi rendevo conto quanto questa regola fosse ingiusta, perché non posso sapere come sono nato? Perché devo sottostare al destino che mi ha creato il Signore? Anche se credo che trasgredendo alle regole più importanti sia già evaso dal destino che aveva designato per me.

-Fin dalla mia creazione ad oggi sono stato sempre contrario al mio regno e ho trasgredito molte volte alle regole che ci sono imposte...- volevo continuare, ma Giada che aveva ascoltato tutto con molta attenzione mi bloccò.

-Perché sei contrario al tuo regno? e quali tipi di leggi vi sono?- domandò con foga.

-Il mio regno è perfetto bellissimo, anche troppo, questo mi da fastidio perché lì tutti badano che tutto sia bello e luccicante,ma nessuno bada alla Terra, anche se in teoria quello sarebbe il nostro compito, e per le leggi, ce ne sono molte, alcune ovvie per esempio quella di non uccidere e di non mostrare la nostra natura, altre pur sempre importanti, ma forse più strane per te, per esempio non cedere ad alcuna tentazione e non avere rapporti carnali con umani- gli esempi che gli stavo facendo non erano a caso, perché forse se la mettevo davanti alle regole si sarebbe spaventata e si sarebbe salvata da ciò che le poteva capitare continuando a stare con me.

-Ho capito... Ma quale regola trasgredivi più spesso? Anche se forse ho già intuito- domandò con calma, e cercando di essere più razionale possibile.

-Più che altro ho avuto rapporti carnali con molte ragazze umane, per queste mie scappatelle ho scontato una pena leggera, solo tre giorni di preghiera ininterrotta, poi ritornavo a peccare- annuì continuando a fissarmi.

-Avevo intuito bene allora, quel giorno che ci siamo incontrati avevi appena finito di scontare la tua punizione ed eri venuto a cercare una ragazza?- mi chiese.

Questa ragazza mi sorprendeva sempre di più, non mi giudicava, non criticava niente, era solo curiosa di chi ero non gli interessava cosa avevo fatto o con quante ragazze ero andato a letto.

-Sì, esattamente, e ti ho incontrato, non me la sentivo di usare i miei poteri su di te, però non ti volevo neanche perdere allora...- mi fermò un'altra volta.

-Aspetta, quali poteri?- era una domanda del tutto legittima, anche perché non li avevo ancora nominati i miei poteri fino ad adesso.

-ho il potere di persuadere gli umani a fare quello che voglio io, posso teletrasportarmi ovunque e posso rendermi invisibile- non credo mancasse niente.

Lei annuì con un espressione neutra, né scandalizzata, né troppo spaventata.

Restai in silenzio qualche minuto per vedere se la sua espressione cambiava in modo da poterla leggere, ma niente il suo viso mantenne l'espressione neutra, anche se si notava perfettamente che conservava quell'espressione con un certo sforzo.

-Vai avanti- mi incitò Giada.

-quello che è successo dopo lo sai...- dissi.

-La piuma che ho trovato era per caso...- per un momento si tradì e il suo viso divenne rosso, ma non sapevo esattamente il perché.

-Si era una piuma delle mie ali- evitai di raccontare la leggenda inerente alla caduta delle piume, anche perché credo non le sarebbe minimamente interessata.

Pensierosa si sedette sopra le mie gambe, e cominciò a tracciare linee invisibili sul mio petto, come se così facendo riuscisse a meditare meglio su ciò che avevo appena detto.

Mi sembrava tranquilla, ma so per certo che in quel momento si stava ponendo la stessa domanda che mi stavo ponendo io:” Ci sarà un futuro per noi?

Improvvisamente alzò lo sguardo dal mio petto, e la sua bocca trovò la mia, era un bacio disperato, non era dolce come quelli che mi aveva concesso, era il suo modo per dirmi che aveva paura.

Si staccò da me troppo presto, e ancora con il respiro affannato mi chiese – Dopo che mi hai incontrata sei stato a letto con qualche altra ragazza?- Credeva veramente che avrei mai potuto? Dopo averla incontrata non volevo ammettere a me stesso di amarla, però io già l'amavo, l'ho sempre amata.

-Dopo averti incontrato te, ho pensato solo al nostro bacio, al tuo viso, alla tua pelle, non sarei mai riuscito ad andare a letto con una ragazza che non fossi te, non volevo ammetterlo a me stesso, ma ti ho amata dal primo momento che ho posato lo sguardo su di te- adesso sapeva tutto proprio tutto di me, eravamo pari.

-Un'ultima domanda...- disse Giada incerta.

-Certo...- Mi sembrava di avere detto tutto.

-Come hai fatto a sapere dove abito? Mi hai seguito?- Bella domanda, magari ne conoscessi la risposta anche io.

-Ricordi quando ci siamo salutati al bar che ti ho detto che per rivedermi dovevi pronunciare “Bryan aiutami, vieni da me” non ti stavo prendendo in giro- Magari ora avrebbe capito cosa intendevo io per “chiamarmi”.

- Strano io... Forse ho capito, ho pronunciato la frase nel sonno, sai io alcune volte parlo mentre dormo- lo sapevo molto bene, aveva detto anche che mi amava mentre dormiva, ma non dissi nulla, che bisogno c'era?

Credevo proprio che avevo detto tutto proprio tutto.

Giada sembrava soddisfatta e ora il suo bel viso mostrava un meraviglioso sorriso, ed io di rimando sorrisi a lei, non potevo farne a meno, è come se di colpo tutto ciò che era importante fosse stato concentrato in quel sorriso, nella sua felicità, non avrei voluto mai più vederla piangere, lei non lo meritava.

Lei era ciò che di più prezioso avessi mai avuto.

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Capitolo 6
*** La cosa giusta ***


Sentivo nell'aria un odore strano, non era un odore sgradevole tutt'altro, era l'odore dei fiori con un pizzico di menta, straordinario.

Stava per accadere qualcosa, il problema era: cosa stava per accadere? Sono un Angelo, ma non sono un veggente.

Giada improvvisamente si bloccò, tentai di chiamarla, ma nulla era come se il tempo si fosse fermato, ed io ero l'unico che non era stato bloccato.

Il Signore mi era venuto a prendere? Era già qua? Se fosse stato così, avrei dovuto proteggere il mio amore in qualche modo, il che però mi apparve assai strano.

Una grande luce apparse nella stanza, e arrivò vicino a me fluttuando.

Era Paride, il Serafino che mi aveva detto già prima che lo capissi che amavo Giada, quello della setta degli angeli neri, i ribelli del Regno Supremo.

Cosa ci faceva sulla terra? In teoria i Serafini non possono venire sulla Terra, se non in casi rarissimi e importantissimi, ma siccome in questi ultimi anni le regole si erano andate a fare benedire, non ero così stupito nel vederlo.

-Ehi Paride avevi ragione- dissi con leggerezza.

-La tua stupidità non è venuta meno vedo- ribatté lui, ma che simpatia, certo che i Serafini si dovrebbero rilassare ogni tanto, magari farsi una bella vacanza.

-Devo dirti una cosa importante!- proclamò Paride, non so perché, ma sapevo che sarebbe stata una cosa abbastanza bruttina, anzi molto brutta.

Paride restò sospeso nel silenzio, attesi per qualche secondo, però non potevo aspettare di più, la tensione era troppa da sostenere.

-Per favore Paride parla- lo pregai.

-Bryan il Signore ti ha dichiarato traditore del regno, sai cosa comporta questo?- disse tutto di un fiato.

Sapevo perfettamente cosa avrebbe comportato, mi avrebbero processato in un tribunale composto da Serafini con il Signore a presiedere, e se mi avrebbero dichiarato colpevole mi avrebbero effettuato il taglio delle ali.

Non mi avrebbero neanche bandito nel regno di Lucifero, ero così insignificante che neanche lì mi avrebbero accolto.

Il taglio delle ali, è in pratica la confisca di tutti i poteri e di tutto ciò che di angelico hai, quando a un Angelo tagliano le ali questo diventa umano, il che mi renderebbe felice, ma naturalmente il taglio delle ali comporta un dolore non indifferente, nei maggiori casi gli Angeli che hanno subito questa punizione sono impazziti per il dolore, altri in rari casi sono perfino morti.

Un altro problema poi era Giada, il Signore poteva farla scomparire dal mondo, poteva fare in modo che non fosse mai esistita, il Signore è onnipotente.

Cosa potevo fare ora? Non volevo lasciare Giada, ma neanche farla scomparire dal mondo.

Non riuscivo a rispondere a Paride.

-Bryan dobbiamo tornare nel regno, tu sei il prescelto vedrai che tutto si sistemerà, però ora devi venire con me- Certo si poteva sistemare tutto ... ma cosa stava blaterando quel Serafino senza cuore, era tutto facile per lui, e poi cosa sarei stato io il prescelto?

Se avessi potuto parlare l'avrei insultato pesantemente, forse era meglio che non riuscivo a spiccicare mezza parola.

Dopo tutto però aveva ragione per amore di Giada dovevo scomparire dalla sua vita, io non volevo essere causa di altri mali per lei, aveva già sofferto troppo, sapevo anche che la mia scomparsa sarebbe stata una nuova ferita, ma questo dolore sarebbe stato minimo in confronto al primo, e poi dovevo cominciare a fare qualcosa per qualcuno che non fossi io.

Trovai la forza di rispondere – Paride, io verrò con te ma voglio passare un' ultima notte con lei- la mia voce nonostante il dolore, era perfetta non un tremolio non un'incertezza, era quella perfezione tipica del mio regno, e non la potevo sopportare.

-Certo Bryan, capisco- No, non capiva niente, non capiva minimamente quanto amavo quella piccola umana, Paride era una creatura angelica e non poteva capire questo tipo di amore speciale, io ero privilegiato.

Non sapevo perché mi fu dato questo grande dono o la mia condanna dipende dal punto di vista, io sapevo per certo che l'avevo ricevuto e dovevo proteggerlo.

-Paride grazie, so quanto ti è costato venire qui, adesso puoi tornare nel tuo regno- Sapevo benissimo che non si sentiva a suo agio in questo mondo governato dal caos.

-Ci vediamo, e ricorda che potrai sempre contare su di me- Svanì in pochissimo tempo così come era apparso, di certo io e Paride saremmo diventati grandi amici.

Il difficile arrivava adesso: cosa avrei detto a Giada? Avrei dovuto dirle la verità o partire e basta? Stavo entrando nel oscuro tunnel del panico, e stavo piangendo come un bambino.

Le mie lacrime erano gocce d'oro puro, era la prima volta in vita mia che piangevo, e per la prima volta vedevo quelle gocce anch'esse perfette, alla vista delle mie gocce dorate la collera che avevo verso il regno che fino a quel momento avevo cercato di nascondere fuoruscì in tutta la sua prepotenza.

Urlai come un pazzo e con un colpo secco spezzai il tavolo che c'era al centro della stanza.

In quel momento il tempo rincominciò a girare.

Non sapevo cosa vide e cosa pensò Giada di me in quel momento, sapevo solo che non ero in buone condizioni.

Le lacrime dorate continuavano a scendere dai miei occhi come una cascata fatata, continuavo a distruggere tutto ciò che trovavo davanti a me, non avvertivo minimamente la presenza di Giada dietro le mie spalle che mi pregava di smetterla, piangendo anche lei.

Non mi ero mai lasciato trasportare dalle mie emozioni, ed ecco le conseguenza, la prima volta che accadeva il mio corpo era completamente alla merce di esse.

La mia furia piano piano si placò, mi sedetti sul divano, e Giada si sedette accanto a me,però non avevo il coraggio di guardarla negli occhi.

Chissà come si sentiva, chissà cosa stava pensando di me.

Sentii le sue mani che si appoggiavano sul mio viso, mi fece girare verso di lei e la prima cosa che vidi furono i suoi occhi rossi e lucidi, aveva pianto con me tutto il tempo.

Il suo volto delicato, adesso era terrorizzato, e mi stava faceva domande mute a cui io non sapevo come rispondere.

Non potevo vederla ancora soffrire, odiavo vederla in quello stato, dovevo solo lasciarla vivere lasciarla stare, dovevo imparare ad essere meno egoista.

Potevo farcela a dirle una bugia, dovevo farcela, la verità in quel momento non sarebbe stata un bene per lei.

Avrebbe peggiorato la sua situazione al tribunale del Regno, e io non volevo, volevo lasciarla fuori da questa storia, lasciarla fuori dalla mia vita, per quanto impossibile mi potesse sembrare dovevo farcela.

Non riuscivo a trovare le parole adatte .

-Bryan- stava sussurrando il mio nome, era come se mi stesse pregando di non fare qualcosa, ma cosa? Io non avevo ancora fatto e detto niente!

-Bryan, cosa è successo?- adesso mi stava facendo una domanda a cui non mi sentivo pronto a rispondere.

Le sue mani delicate continuavano a stringermi il viso, e i suoi occhi continuavano ad indagare il mio viso alla ricerca della verità assoluta.

-Giada – feci un tentativo che non andò evidentemente a buon fine.

-Dimmi, puoi dirmi tutto ciò che vuoi...lo sai- lo sapevo perfettamente, ma era giusto dirle tutto? Era giusto metterla in pericolo?

NO! non era giusto io non dovevo in alcun modo permettere che la facessero soffrire.

-Giada devo andare- lo dissi con voce fredda e dura, cercando di non essere tradito dai sentimenti che provavo per lei.

-Dove e perché?- chiese velocemente.

-Devo andare via da te...- per un attimo la mia voce mi tradì, ma subito si riprese- perché non posso stare con te- questo che avevo detto era vero, ma a lei sarebbe bastata questa spiegazione? La risposta a questa domanda la ricevetti subito.

-Come mai così improvvisamente? E come spieghi queste lacrime e la casa distrutta?- io non potevo rispondere a queste domande, allora dovevo mentire.

-Non posso, devo andare basta, ho chiuso con te- non so con quale forza lo dissi e con quale cuore.

La sua reazione fu quella di lasciare il mio viso, e buttarsi totalmente su di me fino ad aderire perfettamente sul mio corpo, e cominciare di nuovo a piangere rumorosamente, senza alcun contegno.

-Ti stai sentendo, Bryan, tu menti, dimmi la verità, io non ti credo- urlava e intanto picchiava i pugni sul mio petto come un'indemoniata.

L'avvolgei tra le mie braccia nel tentativo di calmarla, ma niente e nessuno sarebbe riuscito a farla tornare in se.

-Giada, io devo...- mi diede uno schiaffo in pieno viso, non mi fece molto male, ma mi sorprese questa sua reazione.

-Vattene! Mi hai usato esattamente come tutte le altre... sono una stupida!- si alzò in piedi e con sdegno si allontanò il più possibile da me.

Quella frase mi colpì come un coltello al cuore, lei non poteva sentire ciò che provavo per lei, ma non poteva credere che fosse stata come le altre, sapevo che nel suo cuore non lo credeva, ma era in collera per il mio rifiuto senza spiegazione.

-Io...- tentai di parlare, ma subito lei mi bloccò.

-Vattene!- urlò.

Stavo per fare una cosa che non avrei voluto fare, ma era per il bene di Giada ne ero sicuro.

-Va bene, vado-mi voltai dando così le spalle a Giada, non volevo vedere il suo viso mentre avrei pronunciato quelle parole che mi avrebbero allontanato da lei per un po' se non per sempre. Respirai profondamente e pensai che tutto si sarebbe risolto, che avrei potuto rivedere Giada, e che tutto dopo sarebbe stato più facile.

-Aspetta- sussurrò Giada.

Mi girai verso di lei, si era calmata un pochino, il suo corpo però tremava ancora,speravo forse in una frase del tipo “ Ti aspetterò per sempre“ oppure “ Ti capisco che vuoi mantenere il segreto”,ma non fu affatto una frase del genere.

-Mi devi dire che non mi ami, se no non c'è motivo che mi lasci così senza spiegazioni- sospirò con una calma, che onestamente non riuscivo a capire.

Non potevo dirgli ciò che mi aveva chiesto, non riuscivo neanche a pensare a quelle tre parole, allora feci ciò che sapevo fare meglio, scappare, non affrontare la situazione.

-Regno Supremo- dissi velocemente con le lacrime che mi bagnavano le guance, per ultimo vidi il suo viso, e lo volli imprimere nella mia mente, nel caso che... Non ci volevo neanche pensare!

-Bryan, ti prego...-la sua voce riempì le mie orecchie, poi non sentii altro perché il mio breve viaggio era cominciato.

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Capitolo 7
*** Sfida ***


Ero arrivato, in quel maledetto posto, nel regno dove si pensa che debba regnare la felicità eterna invece tutto gira intorno all'ipocrisia, intorno all'apparenza, intorno a ciò che non conta davvero.

Le lacrime mi continuavano a scendere, ero troppo debole, sicuramente Giada sarebbe stata più forte o almeno lo speravo.

Mi guardai attorno disgustato, lo stomaco si rivoltò e la nausea salì pericolosamente.

La troppa luce mi costrinse a socchiudere gli occhi, ero abituato ancora alla luce tenue che c'è sulla Terra.

-Bryan- una voce melodiosa mi aveva chiamato, immediatamente la riconobbi, era Paride.

Non mi ero neanche accorto della sua presenza accanto a me, la sua luce procurava bruciore ai miei occhi stressati da quelle lacrime dorate, con le mani cercai di asciugare le mie guance devastate e ricacciai indietro le lacrime ancora non versate, mi vergognavo a piangere davanti a lui, non volevo che vedesse quanto ero debole.

-Eccomi, ci ho messo meno tempo del previsto- risposi alla sua chiamata.

-Non devi nascondere le tue lacrime, sono d'oro puro, quindi preziose, ciò vuol dire che quando le versi è sempre per causa giusta- poi non disse più niente a proposito delle mie lacrime, anzi cambiò completamente discorso – Ascolta, io sarò il tuo difensore, per favore non parlare troppo davanti alla giuria, lo so ti sarà difficile io conosco il tuo carattere, ma per favore fai in modo di non peggiorare la tua posizione-

Non commentai, non avevo la forza, annui con la testa e basta.

Mi fece segno di seguirlo, io obbediente gli fui dietro a testa bassa, un dolore immenso mi colpì il cuore e ricominciai a piangere silenziosamente, sperando che Paride non lo notasse, ma sapevo perfettamente che poteva sentirmi.

-Bryan, adesso ricomponiti siamo quasi arrivati- la traduzione era “ Bryan, smettila di piangere devi presentarti in modo dignitoso davanti alla corte”, il suo discorso sulle lacrime era stato molto carino, ma comunque le lacrime erano la dimostrazione dei miei sentimenti d'amore, così sarebbero subito passati al taglio delle ali.

Mi asciugai le lacrime e cercai di scacciare via il dolore che mi opprimeva.

Eccola la corte bellissima, luminosa e spietata.

Una cinquantina di Serafini erano seduti a semicerchio intorno a me e a Paride, le loro sedie erano soffici e bianchi pezzi di nuvole, al centro del semicerchio c'era un trono di nuvole più grande vuoto per il momento.

Quello era il posto del Signore.

Un Serafino si alzò e guardandomi con disprezzo, cominciò a elencare le mie colpe.

-L'Angelo Bryan qui presente si è macchiato di orribili peccati: primo fra tutti ha mostrato la sua vera natura angelica a un'umana, si è lasciato tentare da questa stessa umana, che per altro ha sedotto il qui presente Angelo nella consapevolezza della sua natura, per di più ha già espiato molti peccati- aveva nominato anche Giada, quel lurido non si poteva permettere.

-Tu non ti devi neanche permettere di nominare Giada e addossarle colpe che non ha- urlai.

Paride mi guardò malissimo, mi aveva avvertito di non parlare – Bryan per favore – tentò di farmi zittire, ma io continuai.

-Io amo quella umana che si chiama Giada, lei è la mia unica ragione di vita e voi non lo potete capire, voi vedete ciò che volete vedere, io l'amo- lo dissi con una tale rabbia, con un tale ardore che per un attimo zittii tutti quei Serafini.

Un altro Serafino si alzò e cominciò a parlare – Tu non sei stato creato per amare, tu non puoi amare e per questo tu sarai punito per la tua arroganza- mi misi a ridere, adesso le avevo sentite proprio tutte.

-Perché tu sai come sei stato creato? Nessuno qua sa dove e quando è nato, è la legge , solo il Signore lo sa, si spera- esclamai sghignazzando, il Serafino non osò controbattere, mi guardò esterrefatto e si risedette al proprio posto.

Improvvisamente sul trono centrale si materializzò una luce sfavillante, la luce più bella che avessi mai visto nella mia intera esistenza, neanche la luce che emanavano quei cinquanta Serafini era paragonabile a questa luce nuova.

-Tu come ti permetti Angelo!- tuonò la luce, aveva una voce profonda e stupenda.

Non so dove trovai il coraggio di rispondere, ma lo feci – Io so molte cose, non vorrei ricordargliele Signore- ero molto educato, ma allo stesso tempo prepotente.

-Ricordami peccatore- suonava come una minaccia.

-Lucifero- ero risoluto, sicuro di me come non lo ero mai stato.

I Serafini cominciavano a vociferare e il Signore si sedette sul suo trono senza controbattere, avevo toccato il gusto punto, forse c'era ancora qualche speranza per me, ma il processo sarebbe stato lungo.

-La tua sorte non sarà decisa oggi, ma faremo più sedute con te sempre presente, devi sapere che potremmo sottoporti al taglio delle ali- guardai intensamente quella luce.

- Lo so- dissi e sorrisi.

- Un'ultima cosa se dovessi vedere l'umana, non devi lasciarti andare in alcun modo- disse e poi sparì.

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Capitolo 8
*** Ambra ***


PovGiada

Piegata sul pavimento mi disperavo, sentivo un dolore lancinante allo stomaco, con Bryan un pezzo di me era andato via, perché se ne era andato? Non mi voleva più?

Corsi verso il bagno, stavo per vomitare, abbassai la testa sul water, e cominciai a rigettare tutta la mia sofferenza.

Non mi poteva lasciare anche lui, io non ce l'avrei fatta a vivere.

Mi alzai e andai verso lo specchio per controllare la situazione, il mio viso appariva malaticcio due occhiaie contornavano i miei occhi di un verde intenso.

Pensai al suo viso, quegli occhi scuri colmi d'amore che mi guardavano come se avessero visto il sole per la prima volta, i suoi capelli neri ribelli, le sue labbra sorridenti che erano una dolce tentazione, ricominciai a piangere buttandomi a terra.

Lo odiavo, perché mi aveva lasciato da sola, non mi aveva neanche avuto il coraggio di dirmi che non mi amava, mi aveva lasciata sospesa, io lo amavo.

Mi trascinai verso il letto, non riuscii a salirci sopra ero troppo debole, quindi mi sdraiai sul pavimento.

Ero a pancia in su, sentivo le piastrelle fredde dietro la schiena, rabbrividii, guardavo il soffitto, bianco, vuoto, che rifletteva ciò che sarebbe diventata la mia vita in un futuro non molto lontano, allora perché continuare a vivere?

Non lo volevo ammettere a me stessa, ma sapevo esattamente la risposta, perché speravo che Bryan prima o poi sarebbe tornato, anche lui avrebbe capito che non poteva continuare a vivere senza di me, stupida!

Certo che ero cambiata da quando lo avevo incontrato: non ero mai stata una ragazza che dava confidenza alle persone con così tanta facilità, e pure con lui tutto mi era sembrato così semplice, normale come respirare, e lo avevo baciato senza quasi rendermene conto quella prima volta al bar.

Era lui che mi aveva fatto uscire dalla mia eterna solitudine che opprimevano le mie giornate, quanto lo amavo, non so neanche se il mio cuore avesse ancora spazio, o se tutto fosse occupato da questo amore insano.

Le lacrime scorrevano lente sulle mie guance, erano calde e salate, segno di quanto soffrivo al solo vederlo nei miei pensieri.

Mi sentivo rifiutata, come una carta di credito scaduta, ma cosa pensavo? Che un ragazzo così stupendo fosse veramente rimasto con me ? Si poteva sicuramente permettere di meglio.

Il freddo pavimento era diventato a un tratto spinoso, per il fastidio cominciai a muovermi come in preda ad un raptus.

Io non potevo odiarlo, no perché lo amavo con ogni fibra del mio essere, e mai avrei dimenticato quei pochi, ma bellissimi momenti passati insieme, mai avrei dimenticato il suo viso anche se mi provocava un dolore assurdo nell'anima, mai sarei riuscita a smettere di amarlo.

Questa era quindi la conclusione, ero addolorata di non essere capace di dimenticarlo, forse sarebbe stato tutto più semplice, ma un po' ero sollevata, perché capii che Bryan non sarebbe mai uscito definitivamente dalla mia inutile vita.

***************************************************************************

Era passato solo un mese da quando mi aveva lasciata sola nella mia piccola casa in preda alla mia pazza disperazione.

In quel momento stavo viaggiando su un pullman diretta ovunque pur di scappare dal fuoco che mi logorava.

Osservavo il paesaggio cittadino che mi si presentava fuori dal finestrino, c'erano piccole palazzine l'una affiancata all'altra, persone che si affrettavano verso le fermate dei mezzi pubblici, bambini per mano alle loro mamme con un sorriso smagliante stampato in faccia e sulle spalle uno zaino, per la maggior parte delle volte più grande dei loro piccoli corpicini.

Quei bambini mi ricordarono la scelta che avevo appena compiuto, avevo appena lasciato la scuola e per sempre, un po' per il fatto che non potevo più frequentarla per ragioni economiche, un po' perché non volevo più vedere sempre gli stessi visi spensierati e senza problemi che mi si avvicinavano per chiedermi cosa mi era successo, ormai ero finita per diventare un'emarginata con la e maiuscola.

Avevo bisogno di facce nuove di aria nuova, che non fosse impregnata di quel orribile profumo usato dalla mia prof di italiano.

Oggi mi ero finalmente decisa a lasciare quella squallida scuola, e trovarmi finalmente un lavoro, magari anche dignitoso, ed ero partita subito alla ricerca, viaggiavo da quella mattina, ma ancora alcuna possibilità concreta mi si era presentata.

Il sole brillava alto nel cielo, assomigliava a...

La mia vista si annebbiò improvvisamente, il paesaggio perse ogni forma, ogni colore, i bambini sorridenti scomparvero insieme alla loro mamme, e quel nome che cercavo invano di non pensare si presentò nella mia mente ormai distrutta dallo sforzo di non pensare al mio amore.

Bryan, colpiva come trapano senza sosta.

Bryan, ricompariva sempre come i fiori in primavera o come la neve fredda dell'inverno.

Bryan, il nome impronunciabile era sempre lì a punzecchiarmi come una fastidiosa zanzara mai sazia di sangue.

Di solito gridavo a questo punto, ma non ero a casa, la gente seduta sul pullman si sarebbe spaventata, oppure mi avrebbero pensato una mezza matta e sicuramente mi avrebbero fatta internare in qualche manicomio di quelli dove praticano ancora l'elettro shock, e forse non avevano neanche tutti i torti.

La giornata era ufficialmente finita, dovevo tornare a casa, ora la gente sarebbe stata solo un fastidio da cui scappare al più presto, ecco un altro motivo per cui lasciare la scuola.

Il paesaggio riprese stranamente i contorni e i colori, giusto in tempo per vedere una stupenda e grandissima libreria, mi attirò, dovevo andare dentro quel posto, da sempre i libri mi affascinavano, e ne leggevo di ogni genere mi si presentava anche se fosse il manuale di costruzione di uno stupido giocattolo, e quel mese lo avevo passato in pratica tutto il tempo nella biblioteca di quartiere per evadere dalla mia orrenda realtà.

-Si fermi!- urlai, andando verso la postazione dell'autista.

-Non posso signorina, non c'è la fermata- ascoltai la sua giustificazione, ma non mi arresi.

-Sto male, si fermi- e non era affatto una bugia.

-Signorina se sta male chiamo...- lo fermai subito, chiunque volesse chiamare, nessuno avrebbe curato la mia malattia, che si chiama amore.

-Ho solo bisogno d'aria- dissi risoluta.

Senza controbattere l'autista si fermò qualche metro più lontano dal mio obiettivo, con passo veloce mi affrettai a scendere, e solo allora mi accorsi che tutti mi stavano guardando stupiti, ma cosa importava di quegli stupidi, forse qualcuno aveva fatto anche qualche commentino cattivello, ma neanche di quello mi importava più di tanto, potevano dire e fare ciò che volevano per quanto mi riguardava, io volevo soltanto scendere!

Corsi fino alla libreria, in cinque minuti mi ritrovai davanti all'entrata, mi fermai un attimo davanti alle porte scorrevoli e poi entrai.

Subito un forte odore di inchiostro e pagine nuove colpì il mio naso senza alcuna pietà e mi sentii veramente meglio, ero più leggera come se il dolore che si era aggrappato all'animo senza preoccuparsi se fosse troppo pesante si era accorto solo adesso che non era affatto leggero e avesse deciso di darmi un po' di tregua.

Certo il dolore era ancora lì e non ne sarebbe mai andato, ma per lo meno mi sentivo meglio.

Non c'era molta gente giovane all'interno, ma onestamente non feci per niente caso alle persone vicino a me.

Il mio genere preferito in assoluto in questo periodo era il fantasy, il massimo per evadere dalla realtà, stavo ore china sui quei libri lasciandomi trasportare solo da storie di draghi, maghi e paesi lontani che in questo mondo non potrebbero mai esistere.

Mi fiondai alla ricerca di qualche libro carino proprio di quel genere, mi ritrovai davanti a un immenso scaffale pieno zeppo di libri e cominciai la mia ricerca come un'affamata, visionai ogni titolo, ma c'era sempre qualcosa che mi faceva ricordare quel nome impronunciabile e ogni volta trasalivo, non potevo avere un minimo di pace.

Dopo non so quanto tempo qualcuno si avvicinò a me, me ne accorsi solo perché la persona in questione mi toccò una spalla, mi voltai verso la persona mal volentieri, non avevo troppa voglia di parlare.

Era una ragazza dal viso dolcissimo che mi guardava con un sorriso luminoso stampato in faccia, risposi automaticamente al suo sorriso senza quasi rendermene conto, non era molto alta sarà stata sul metro e sessanta, capelli lisci e castani e due occhi color del cielo.

-La posso aiutare?- mi chiese cordialmente, evidentemente era una commessa.

-Beh... non so neanche io cosa stia cercando...- le dissi la verità, ero proprio una pazza!

-Non ti preoccupare, ti piace il fantasy?- mi sembrava cordiale e dolce e per forza era il suo lavoro, stupida!

-In realtà leggo un po' di tutto...- ma perché allora avevo il desiderio di raccontare tutta la mia storia a questa piccola ragazza?

-Una nuova pazza lettrice, benvenuta nel club- la sua voce irradiava un calore e una gioia, che riuscì addirittura a farmi ridere. - Come ti chiami?- mi chiese subito dopo.

-Giada, e tu?- le domandai.

-Ambra, vedo che anche il tuo nome può essere una pietra preziosa, esattamente come il mio, abbiamo già due cose in comune- continuava a sorridermi.

Poteva essere che la forza che mi attirato qui, non era stata un caso, ma era stata proprio per farmi incontrare questa ragazza? Il destino è scritto?

Vide che non avevo intenzione di continuare la conversazione allora fu lei ad andare avanti – Cosa sei venuta a fare qui?- mi chiese.

-Non lo so...- risposi, ed era vero non sapevo il perché fossi entrata là dentro, ma credevo sempre di più che la causa che aveva scatenato la mia attrazione fosse Ambra.

-Hai proprio le idee chiare...- la sua voce mi apparve un soffio, mi era appena venuta un'idea straordinaria.


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Capitolo 9
*** Un'amica ***


Ci contavo seriamente sull'idea che mi era venuta, forse sarei stata un po' meglio, ed era perfetta per concentrarmi totalmente su me stessa.

-Ambra lavori qui?- chiesi, i suoi occhi sorridevano, Ambra sembrava la felicità fatta persona e non mi avrebbe per niente fatto male averla accanto a me per mezza giornata.

-Esattamente, per servirla- parlava in tono scherzoso.

-Per caso state cercando una commessa?- volevo seriamente andare a lavorare in quel posto, avevo sempre sognato di essere sommersa dai libri e poi il lavoro mi sembrava dignitoso, magari non pagato profumatamente, ma comunque sempre meglio di finire a fare la cubista in qualche postaccio.

Rise – Una commessa si è appena licenziata, la fortuna è dalla tua parte Giada- feci una smorfia.

Quale fortuna? Oh certo dimenticavo, ero sola al mondo, i miei genitori sono stati uccisi da uno sconosciuto pazzoide e l'unico appiglio su cui avevo contato era un angelo bellissimo che mi aveva lasciato senza uno straccio di spiegazione, questa era veramente fortuna sfacciata!

-ho detto qualcosa di sbagliato?- mi domandò con tono seriamente preoccupato.

-Scusa, io... Devo fare un colloquio?- Le stavo per dirle tutto, io non era mai stata una ragazza così, prima di fidarmi delle persone e raccontare tutto di me ci mettevo almeno un anno buono, cosa mi stava accadendo?

Ambra continuava a mantenere il suo splendido sorriso, sembrava quasi paralizzata o forse lo era? Poteva essere un ipotesi.

-Si...In teoria...Ma se vuoi faccio due chiacchiere con il capo e sei assunta- Non mi conosceva neanche e pure eccola pronta a raccomandarmi al gestore del negozio per farmi avere un lavoro, era la ragazza più carina che avessi mai conosciuto, ormai al mondo sono rare o quasi inesistenti questo tipo di persone.

Tutti sono troppo indaffarati per accorgersi dei problemi degli altri.

-Grazie!- urlai e l'abbracciai con slancio.

-Non c'è bisogno- commentò dolcemente.

-Ho finito per oggi, andiamo a bere qualcosa?- Mi chiesi, subito dopo aver sciolto quel goffo abbraccio.

Veramente voleva andare a bere qualcosa con una perfetta sconosciuta? Mi dovevo fidare? E se...

I “Se” nella mia vita stavano diventando troppi, dovevo lanciarmi, insomma basta con queste stupide paranoie.

-Certo andiamo- lo dissi con entusiasmo.

Mi prese per mano e mi trascinò verso la fermata dell'autobus, poi mi fece salire sul bus, quella ragazza era un vulcano in eruzione, non stava un minuto ferma nella stessa posizione, però mi lasciava il mio spazio, non invadeva il mio silenzioe il silenzio non sembrava infastidirla.

Guardava assorta il paesaggio fuori dal finestrino e canticchiava a bassa voce canzoni che non conoscevo.

Quando vidi che ancora non eravamo scese e che non sembrava volesse farlo ruppi il silenzio – Dove stiamo andando?-

-Oh è vero, non te l'ho detto, comunque a casa mia, sai non mi posso permettere molto, prendo un stipendio misero, è un po' lontana- per dirlo si girò verso di me  senza togliersi quel sorriso da viso.

-Va bene- dissi.

Ambra intanto si era fatta più seria in volto -Dimmi un po', cosa ti è successo?- mi domandò poi continuò- mi sembri come dire infelice- era la prima a farmi questa domanda, tutti mi chiedevano “ Ti senti bene?” oppure “ C'è qualcosa che non va?” e appena io rispondevo “si sto bene” o “ no niente”, subito si dileguavano, come se fossero obbligati a fare quella domanda per convenevoli, ma non perché li interessasse realmente la risposta, nessuno si interessava a me era quella la verità, Ambra era la prima a cui interessava realmente da che cos'era causato quello sconforto chiaramente visibile sul mio viso.

-Io... Io...- volevo raccontarle tutto, ma non riuscivo a trovare le parole giuste, non avevo detto a nessuno ciò che mi era successo, mi ero crogiolata nel dolore da sola, avevo paura che le parole avrebbero reso il dolore ancora più tangibile, ancora più insopportabile.

-Se non vuoi raccontarmelo ne hai tutto il diritto, insomma ci siamo appena conosciute- era comprensiva, un altro pregio da aggiungere alla lista già stracolma.

-Non è questo, ho paura che dicendolo diventi più reale, e il dolore che già mi sovrasta mi annienti definitamente- mentre parlavo mi guardava dritta negli occhi, e sembrava che riuscisse a leggermi dentro, forse aveva già capito tutto... No non poteva!

-Siamo quasi arrivate, se vuoi me ne parli davanti a una buona bibita- e aggiunse – sai una cosa Giada, sembra che ti conosca da una vita anzi che da mezz'ora, ti voglio già bene- mi sorrise e sembrò che un raggio di sole fosse spuntato sul mio viso, le sorrisi anche io di rimando, in modo naturale, semplice, era un sorriso ritrovato, che avevo perso da tanto tempo.

-Ambra anch'io ho la stessa sensazione e ti voglio già bene anche io, sento che diventeremo grandi amiche- continuai a sorridere, felice di aver alleviato un po' la mia sofferenza.

-Ancora dieci minuti e siamo arrivate- disse poi Ambra.

Quei dieci minuti li passammo in silenzio, un silenzio rilassante, senza alcuna tensione o imbarazzo, era bello potermi sentire così leggera, quasi se con lei accanto tutte le mie preoccupazioni fossero scomparse, quasi se la mia vita fosse diventata più semplice dopo averla incontrata.

Era un illusione, perché ero ancora avvolta in quel abisso oscuro, freddo e ostile, avevo solo trovato un po' di ossigeno, la mia vita ormai era racchiusa in quel nome impronunciabile.

Bryan, eccolo di nuovo a tormentarmi.

Respiravo affannosamente, cercando un modo per non piangere, ma le lacrime ormai stavano uscendo senza sosta.

-Giada – sussurrò Ambra, prese la mia mano e la strinse come se volesse farmi forza

-Scusa- di cosa si scusava? - Dobbiamo scendere...- questa volta non mi trascinò, ma mi accompagnò dolcemente verso l'uscita con fare materno, si sembrava proprio mia madre.

È vero, ecco a chi assomigliava, alla mia mamma, alla mia dolce mamma, capivo tutto ora: capivo perché le avevo dato così confidenza, inconsciamente l'avevo associata alla figura rassicurante, protettiva e di cui mi fidavo ciecamente di mia madre.

Ricordando la mia mamma le lacrime uscirono più copiose di prima, avevo perso tutto, perché la vita era stata così ingiusta con me?

Forse, anzi sicuramente avevo guadagnato una grande amica quel giorno, Ambra, si era certo.


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Capitolo 10
*** Buio ***


Non capii bene a quale fermata eravamo scese, o quale strada avevamo preso per arrivare a casa sua, il mio cervello si era bloccato, vedevo soltanto una massa indistinta di colori e sentivo un fastidioso ronzio nelle mie orecchie.

Mi svegliai soltanto quando sentii sbattere una porta, mi accorsi che ero nell'appartamento di Ambra.

Non era molto più grande del mio, però era molto più carino: i muri erano spugnati di arancione, l'angolo cottura era di un arancio acceso che si intonava perfettamente ai muri, il tavolo al centro era rotondo e contornato da tre sedie, e accanto a me c'era un divano a due posti giallino chiaro.

Tutti i colori erano ben mescolati, creando un atmosfera rilassante quasi surreale.

-Bello...- mormorai a bassa voce.

-Sei sveglia allora, beh grazie- la sua voce era sempre rilassata, come se la mia scenata non fosse mai avvenuta.

Avevo finalmente smesso di piangere, cercai di asciugarmi le guance senza molto successo.

-Dai siediti- mi invitò gentilmente Ambra, non me lo feci ripetere due volte.

Ambra si avvicinò al frigorifero – The, coca, aranciata o acqua?- mi chiese.

-vada per il the- certo che era più fornita di un bar.

Prese due bicchieri, li riempì fino all'orlo, e con cautela li trasportò fino al tavolo, uno lo spinse dalla mia parte, poi si sedette di fronte a me, bevve un sorso di the e appoggiò il suo bicchiere sul tavolo.

Mi accorsi improvvisamente di avere sete, e sorseggiai il mio the, era veramente dolce e fresco.

-Allora mi vuoi dire per cosa stavi piangendo?- esordì Ambra.

Smisi subito di bere, sbattei senza volerlo il bicchiere sul tavolo di legno chiaro e per un attimo trattenni il respiro.

-é una storia lunga...- sussurrai, ma lei continuava a guardarmi

-Io amo le storie lunghe- dovevo superare la mia stupida paura e raccontare, sfogarmi, esattamente come avevo fatto con... Bra..., ed eccolo, non riuscivo mai ad evitarlo era più forte di me!

Il dolore sarebbe rimasto lo stesso, non poteva diventare più grande di così.

-Ok- presi un bel respiro e comincia a parlare come un automa – devi sapere che i miei genitori sono stati uccisi,era agosto e avevo appena compiuto diciotto anni.

Mi hanno lasciato una grossa eredità e sono riuscita a vivere di rendita fino ad oggi, giorno in cui ho lasciato definitivamente la scuola.

Ho passato giorni orrendi, ma alla fine ho deciso di chiudere questa storia nel mio cuore e continuare a vivere come se non fosse successo niente, naturalmente non ci sono mai riuscita bene.

Poi è arrivato lui, Bry...an, lo amo veramente tanto e pensavo che anche lui mi amasse allo stesso modo, ma mi ha lasciato senza darmi spiegazioni... capisci? Sono di nuovo sola... Bryan è... tutto! Tutto!- mi accasciai sul tavolo, nascosi il viso tra le braccia e ricominciai di nuovo a piangere, ero disperata esattamente come il primo giorno, mi ero illusa che forse con il tempo avrei potuto sopportare invece eccomi di nuovo qui a distanza di un mese con la stessa afflizione che mi attanagliava lo stomaco.

Avvertii un leggero tocco sulle spalle, probabilmente era Ambra, divenne una certezza quando il tocco si trasformò in un abbraccio.

Mi alzai e contraccambia la sua stretta, avevo un disperato bisogno di conforto, e questa ragazza così somigliante alla mia mamma era la persona giusta.

Ogni lacrima lasciava una scia di fuoco che bruciava sulla pelle del mio viso tormentato, ogni volta che il suo nome attraversava la mia mente, il supplizio si triplicava.

Ora mi chiedevo se avevo fatto bene a sfogarmi, magari non ero ancora pronta per raccontarle la mia noiosa storia, avevo solo riaperto la ferita?

No, la ferita era già aperta, già sgorgante di sangue, non si può riaprire una ferita già aperta, però ci si può buttare sopra del sale, forse era ciò che avevo fatto?

Intanto Ambra continuava a sussurrarmi nel orecchio -Giada ci sono io calmati, non sei sola-

la sua voce sembrava lontana anni luce, divenne un eco, poi sparì del tutto, come se avessi perso l'udito.

I colori si mischiarono fino a diventare indistinguibili, poi anche quelli sparirono, e tutto divenne nero: un nero sinistro, che mi fece ghiacciare il sangue nelle vene.

La vista, dunque, mi aveva abbandonato.

Gli unici sensi che mi rimanevano erano l'olfatto e il tatto, ma ben presto anche questi mi lasciarono.

Ora ero veramente in quel abisso buio, ero sprofondata così sotto che mi sembrava di dover morire da un momento all'altro, avrei proprio gradito in quel frangente la morte.

La morte mi pareva una buona soluzione.

Ad un tratto anche i miei pensieri sparirono, tutto il mio corpo si lasciò trasportare solo dal suplizio straziante, non avrei mai pensato di poter soffrire così tanto.

Quando il cervello si ricollegò al resto del mio corpo, la prima cosa che notai era di essere stesa su qualcosa di comodo e morbido, probabilmente un letto.

Il buio era ancora lì, avrei dovuto aprire gli occhi, ma sentivo le palpebre pesanti, pareva avessi un sasso pesante a tenermele schiacciate verso il basso.

La testa era straziata da colpi di martello di dubbia provenienza, che rimbombavano fastidiosamente.

La sensazione era tale e quale a quella di quando ti risvegli da una nottata passata tra sconosciuti a bere qualunque bevanda purché contenesse del buon ( si fa per dire ) alcol, dopo esserti scolata tutto ciò che era possibile e rimani senza soldi torni a casa, e qui in seguito a una bella vomitata svieni sfinita nel tuo letto.

La differenza sta nel fatto che l'alcol ti fa dimenticare, mentre io ricordavo perfettamente cosa era accaduto.

Mossi le dita, per vedere se i comandi arrivano in modo corretto.

Quindi strizzai le palpebre, e piano piano con uno sforzo non indifferente le spalancai, vidi un soffitto di colore bianco e niente altro, avrei dovuto guardarmi in giro, ma non volevo, non volevo incontrare gli occhi azzurri di Ambra, che ora mi stava tenendo la mano.

-Giada- chiamava Ambra, sembrava volesse sollecitarmi a voltarmi per guardarla. -Non ti vergognare, io non sono qui per giudicare le tue scenate, sono qui per aiutarti, per farti capire che non sei sola, perché con te ora ci sono io- le sue parole erano piene di affetto, un affetto che all'apparenza non aveva alcun motivo di esistere.

Con calma voltai la testa fino ad incontrare il suo viso minuto, appena incontrai il suo sguardo le sue labbra accennarono un sorriso.

Non era assolutamente un sorriso di godimento del mio stato, ma piuttosto un sorriso di incoraggiamento, come quello di una mamma quando il bimbo cade dopo il suo primo passo.

-Giada mi hai fatto veramente spaventare non farlo mai più- mi sgridò con dolcezza, non c'era un pizzico di autorevolezza nella sua voce.

-Cosa ?- ero ancora un po' stordita.

-Giada sei svenuta, fortunatamente sono riuscita a portarti a letto, non ti ho portato all'ospedale solo perché sapevo che lo svenimento era dovuto allo stato di shock- mi asciugò le lacrime con un fazzoletto in modo delicato.

Guardai verso la finestra e non vidi assolutamente niente perché la tapparella era giù, avrei voluto sapere che ore erano, cercai un orologio, ma non c'era nulla che poteva dare un indizio sul orario.

-Che ore sono?- chiesi solo allora.

-Sono le nove, hai dormito quasi tutto il tempo, da quanto è che non ti fai una bella dormita?- era veramente tardi, volevo tornare a casa mia, non ne capivo il motivo, ma volevo sedermi sul mio letto ad ascoltare la musica fino a tardi e bere del buon caffè caldo nel mio piccolo salotto.

-Devo andare- mi alzai con un unico fluido movimento, e con passi veloci cominciai a muovermi verso la mia meta.

-Giada aspetta- gridò Ambra -Ti senti bene? Sei sicura di non voler passare la notte qui?- mi domandò con una certa apprensione.

-Sto bene, voglio solo andare a casa mia, mi capisci?- ricominciai a camminare senza aspettare la sua risposta.

-Aspetta- mi fermò ancora Ambra davanti alla porta -ti ricordi dov'è la fermata? Se vuoi ti accompagno... comunque l'ultimo pullman passa alle nove e mezza- era proprio preoccupata, ma io non avevo intenzione di fermarmi.

-Si mi ricordo vado da sola, grazie per tutto, ah... domani posso già iniziare a lavorare?- le domandai.

-Si, dalle dieci fino all'una, allora a domani- l'abbracciai, e la ringraziai nuovamente, poi uscii dalla sua casa, adesso finalmente avrei raggiunto la mia meta.



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Capitolo 11
*** Vicolo cieco ***


Era tardi, e ancora giravo tra le strade buie.

Ogni volta speravo fosse la fermata del pullman, ogni volta pensavo fosse la strada giusta, invece poi si rivelava un vicolo cieco o un luogo senza neanche un po' di luce.

Iniziavo a tremare, ma non per il freddo bensì per la paura di essermi persa, sarei dovuta stare a casa di Ambra, io e le mie strane idee!

Oppure avrei potuto farmi accompagnare fino a quella dannata fermata, ma ero troppo testarda.

Sarà stata quasi mezzanotte ormai e non c'era un'anima viva in giro, il quartiere non sembrava molto promettente anzi sembrava molto malfamato, vedevo solo pattumiera e palazzi palesemente da ristrutturare.

Continuavo a camminare, sperando di ritrovare le luci rassicuranti del centro della città popolato anche a quell'ora della notte, camminavo alla cieca senza una vera propria ragione, l'istinto mi guidava, ma con risultati pessimi.

Tutto intorno a me continuava a essere uguale, pareva girassi in tondo, forse qualcuno lo stava facendo apposta per ridere di me.

Il che non era per nulla possibile.

Niente, ancora nulla di famigliare, di rassicurante e il panico continuava a crescere: il respiro accelerava, il cuore sobbalzava nel petto e il mio corpo era percorso da spasmi violenti, conclusione stavo per svenire un'altra volta, se fossi svenuta sarei stata aggiunta nei record mondiali come l'unica donna che è svenuta per due volte in un giorno senza nemmeno soffrire di qualche rara malattia.

Mi dovevo assolutamente fermare.

La strada sembrò avermi letto nel pensiero, infatti davanti a me c'era un nuovo vicolo cieco, mi avvicinai al muro, appoggiai la schiena su di esso e lentamente mi trascinai fino a terra sfinita.

Il panico non si decideva a scendere.

Volevo andare a casa.

Volevo sentirmi protetta.

Volevo una famiglia.

Soprattutto però, volevo Bryan, il mio angelo peccatore, che sembrava desiderarmi tantissimo in quella notte d'amore, che ora mi sembrava lontana secoli se non millenni.

Quegli occhi scuri infuocati, ora me li sentivo addosso, ma lui non era lì, non sarebbe più tornato, me ne dovevo fare una ragione, non potevo andare avanti così.

Improvvisamente mi ricordai ciò che mi aveva detto “Ricordi quando ci siamo salutati al bar che ti ho detto che per rivedermi dovevi pronunciare “Bryan aiutami, vieni da me” non ti stavo prendendo in giro” la sua voce era un lontano suono nella mia mente.

Ci dovevo provare, dovevo assolutamente.

Ma se avessi sofferto ancora di più? Forse non avrei mai dovuto, ma ormai avevo preso la mia decisione, non mi importava quanto dovessi stare male volevo vedere il suo viso ancora una volta.

-Bryan aiutami, vieni da me- lo dissi insicura e timorosa, avrebbe veramente funzionato?

La risposta apparve davanti ai miei occhi.

Eccolo il suo corpo perfetto a pochi metri da me, la maglia aderente lasciava intravedere il suo pettorale statuario, i jeans sembravano essergli cuciti addosso in modo straordinario.

Sul viso mi spuntò un sorriso.

Salii verso il suo viso, quello era un miracolo, i suoi occhi scuri e profondi mi scrutavano e la bocca carnosa era serrata, ma rimaneva comunque la più dolce tentazione esistente nell'intero universo e non esageravo affatto, i riccioli ribelli ricadevano sulla fronte liberi.

Ogni cellula del suo corpo mi chiamava, gli sarei corsa volentieri incontro, mi sarei rifugiata nel suo petto forte e non l'avrei lasciato mai più, ma lui lo voleva?

-Giada- la sua voce pareva il suono mancante nella melodia della mia vita e il sollievo nel risentirla fu immediato.

-Non sei un sogno vero?- chiesi continuandolo a fissare estasiata.

-No Giada, sono qui- la sua espressione non tradiva alcun sentimento, sembrava freddo e insensibile davanti al mio sguardo penetrante.

-Di cosa hai bisogno?- domandò meccanicamente.

Ed io d'impulso risposi -Ho bisogno di te- e poi aggiunsi -Per sempre-

il suo viso non mutò espressione, non era il mio Bryan passionale, c'era qualcosa che lo tormentava, c'era un muro invisibile che lo divideva da me.

-Perché?- glielo avevo già chiesto prima che se ne andasse, ma tentare un altra volta non è mai troppo.

-Non dipende da te, io..., non posso dire il nome di quel sentimento, se no...- si fermò – basta, ti ho già detto troppo, lo faccio per te- misurava le parole mentre parlava come se qualcuno lo stesse controllando.

-Bryan io ti...- non riuscii a finire perché lui mi bloccò.

-No! Lo so, ma lo faccio per te- cosa voleva dire, perché non poteva dirmi esplicitamente che mi amava? Perché io non potevo dirlo a lui?

-Perché sei qui tutta sola e per giunta di notte?- notavo anche che cercava di guardarmi il meno possibile, quando mi fece questa domanda per esempio guardava l'asfalto.

-Mi sono persa- non avevo tempo per raccontargli tutta la storia, avevo la sensazione che non sarebbe stato lì ancora per molto.

-Non avere paura ora ti riporto a casa- il tono della sua voce irradiava più dolcezza.

-Poi te ne andrai? Mi lascerai di nuovo sola?- non avevo calcolato che sarei stata colpita da una crisi di nervi, le parole uscivano come un fiume in piena, poi ritrovai la calma.

-Bryan resta...- mentre lo dicevo allungavo la mano verso di lui come se volessi prenderlo e portarlo accanto a me, l'acqua salata bagnava ancora le mie guance.

-Non posso...Giada ti prego non fare così devi essere forte per me, fallo per me- mi stava letteralmente pregando, ma non aveva intenzione di avvicinarsi a me neanche di un millimetro.

-Non capisci quanto io stia soffrendo, io ti amo troppo, Bryan devi restare qui con me- adesso era pensieroso, ma sempre con il viso deciso a rifiutare la mia richiesta. -Giada basta devi andare a casa- in quel momento tutte le emozioni che aveva represso si presentarono insieme davanti ai miei occhi: dolore, tristezza, impotenza e forse un po' d'amore, ma non ne ero del tutto sicura. -Ti prego Bryan!- ecco ancora la crisi di nervi. -Basta!- la violenza nella voce di Brayan mi spiazzò, cosa pensava che io mi ero dimenticata di lui? Che avevo un colapasta con cui scolavo i ricordi? Mi alzai con rabbia -Tu non mi ami dillo e basta, non ne hai il coraggio? Non inventarti strane scuse!- -Giada io non posso dire niente! Miei poteri trasportate Giada a casa- no, lo aveva fatto ancora, pur di non affrontarmi aveva usato i suoi stupidi poteri per allontanarmi, dopo tutto adesso avevo capito che potevo vederlo in qualsiasi momento, sarò stata una masochista, ma vederlo mi faceva sentire completa. una frazione di secondo ed eccomi a casa, sul mio letto, stranamente trovai subito il sonno.

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Capitolo 12
*** Inaspettata. ***


Sognai tutta la notte Bryan.

Sognavo di baciarlo con avidità senz'alcun imbarazzo, di abbracciarlo con amore e lui ricambiava con eguale passione e tenerezza, ero felice nel sogno i nostri cuori battevano all'unisono creando una musica perfetta, la musica dell'amore puro. 
Quando mi svegliavo e mi accorgevo che lui non c'era, ed ero soltanto sola nel mio letto, quel sogno stupendo, si trasformava in un orrendo incubo, Bryan non sarebbe più stato così dolce con me, non sarebbe più stato il mio Bryan. Avrei voluto dormire per sempre solo per sentire i brividi delle mie labbra sopra le sue, solo per sentire le sue braccia accogliermi e stringermi, come se fossi la sua ancora di salvezza.
Le lacrime di amarezza allora ricominciavano a scendere, piangevo troppo, ma io non ero mai stata così forte, non sapevo serrare il mio dolore, avevo provato con i miei genitori, ma avevo tenuto nascosto per poco il mio strazio.
Avrei potuto chiamarlo, ma a cosa sarebbe servito? Non mi avrebbe mai dato ciò che stavo cercando, aveva costruito un muro tra noi ed io non potevo certo distruggerlo. Guardai la sveglia erano già le otto, dovevo andare a lavorare, non avevo molta voglia, ma forse mi avrebbe distratto un po'. Andai in bagno decisa a farmi una doccia calda, mi misi la cuffia per non bagnarmi i capelli e aprii l'acqua. 
La doccia non diede gli effetti benefici che di solito aveva sul mio corpo, ero troppo tesa e agitata, uscii e mi accoccolai nel mio accappatoio. 
Mi vestii velocemente: indossai il primo jeans che trovai nell'armadio e una maglietta a maniche lunghe rossa, le mie solite scarpe da tennis, ed eccomi pronta per andare a lavorare. Presi al volo la borsa e uscii di casa di corsa, mi avviai verso la fermata del pullman e attesi che arrivasse. 
Il viaggio durò si e no dieci minuti ed eccomi di nuovo davanti alla libreria, entrai e l'odore della carta e dell'inchiostro mi infuse una tranquillità innaturale.
Chiusi gli occhi e mi concentrai su quell'odore inebriante, la mia mente volò ai giorni in cui stavo rintanata nella biblioteca per non pensare a Bryan, poi apparve l'ultimo ricordo che avevo di lui della scorsa notte, il sogno di baciarlo... aprii di scatto gli occhi, poiché qualcuno mi aveva toccato una spalla. Vidi il viso sorridente di Ambra, dall'espressione pareva sinceramente sorpresa di vedermi, ma sempre e comunque felice. -Onestamente pensavo non saresti venuta- cominciò Ambra. 
-Perché mai non dovrei essere venuta?- le domandai sicura che mi avrebbe dato una risposta sincera. 
-Forse perché ieri ti ho fatto soffrire, e sembravi arrabbiata con me quando te ne sei andata- pensò ad alta voce guardandomi fissa negli occhi.
-Primo non è colpa tua la mia sofferenza, secondo non ero arrabbiata con te ieri volevo semplicemente andare a casa il più presto possibile- mi dispiaceva averle dato l'impressione di essere in collera con lei, in verità non so neanche io cosa mi aveva fatto scattare la voglia di tornare a casa ieri sera, forse il destino era scritto? Forse qualcuno voleva che incontrassi Bryan? Non lo saprò mai!
-Se è così... basta perderci in stupide chiacchiere, al lavoro! Ho detto al capo che non eri affatto una scansa fatiche vuoi o no dimostrarglielo?- il tono era giocoso, capii che si fidava molto delle mie parole.
-Si signora!- esclamai. 
Il lavoro era abbastanza piacevole, si trattava di sistemare negli scaffali i libri e di aiutare i clienti a trovare i testi di cui chiedevano informazioni, non era difficile sapere se un libro era presente nel negozio, bastava digitare al computer il titolo o l'autore e sullo schermo appariva all'istante in quale scaffale si trovava il libro cercato, oppure se non era presente appariva l'opzione che permetteva di prenotarlo all'istante. 
I pensieri malinconici lasciavano stare il mio corpo mentre lavoravo, la maggior parte della gente dice che il lavoro è stressante invece per me era l'esatto contrario. 
Ambra mi spiegò tutto ciò che c'era da sapere e mi aiutò durante tutta la giornata, anche la sua presenza era una sorta di antidoto, la sua felicità era contagiosa, e per un attimo giurai che forse avevo dimenticato tutto. Ma ogni tanto qualche parola o qualche persona mi faceva tornare in mente Bryan, o la mia ormai defunta famiglia e ancora sentivo lo stomaco schiacciato. Pareva che qualcuno mi avesse colpito con una sorta di maledizione. 
Le mie quattro ore di lavoro terminarono ben presto. 
-Per oggi abbiamo concluso- annunciò Ambra, facendo finta di togliersi il sudore dalla fronte candida.
-Mi piace questo lavoro- esclamai estasiata, mi sentivo stranamente appagata. 
-Certo... io sapevo che ti sarebbe piaciuto...- disse così e poi si mise una mano sulla bocca come se avesse detto qualcosa che non doveva dire.
Tolse la mano dalla bocca con un gesto teatrale, e mi guardò con occhi terrorizzati. Non riuscivo a capire perché la sua espressione fosse cambiata tanto.
-Ambra c'è qualcosa che non va?- il mio tono era preoccupato Non reagiva sembrava non sentirmi, cosa le stava accadendo? Mi guardai attorno per vedere se c'era qualcuno o qualcosa che potesse averla spaventata, ma non c'era niente a parte alcuni signori intenti a curiosare tra gli scaffali per passare un po' di tempo. 
-Ambra mi vuoi rispondere?- mi prese la mano e mi trascinò verso una porta che conduceva nel magazzino, la mia preoccupazione salì e il cuore cominciò ad accelerare. Entrate mi fece accomodare su uno scatolone, mi guardò negli occhi con la stessa faccia terrorizzata.
Per la prima volta osservai bene il suo viso. 
Il viso di Ambra se pur contorto dalla paura era perfetto, bellissimo. La sua bellezza era quasi surreale, simile a quella di Bryan: quei tratti sembravano disegnati da un esperto pittore e poi era avvolta da una luce strana, una luce mistica. Tutte caratteristiche che conoscevo abbastanza bene , che avevo già incontrato, e che mi avevano già insospettito.
Non era possibile...Ambra era un... Adesso capivo perché era così terrorizzata pensava che quella la frase l'avesse compromessa, pensava di avermi detto chiaramente che era lei la causa di questo nuovo lavoro, perché sapeva perfettamente chi ero e che cosa mi piaceva. Ma cosa ci faceva qui? Soprattutto perché era venuta da me? Con quale scopo? 
-Giada hai capito...- parlava a bassa voce. 
-Sì tu sei...- mi tappò la bocca con una mano zittendomi. 
-Zitta per pietà non vorrai cacciarmi nei guai, io ho capito che tu sai - un'altra, ma gli Angeli soffrivano per caso di qualche virus che non permetteva loro di dire ciò che pensano, detto ciò mi tolse la sua mano da davanti.
-Sei qui per Bryan? Sei qui per conto suo?- la mia voce era stizzita, ma se la risposta fosse stata “si”, voleva dire che interessavo ancora a Bryan.
-No- il mio umore tornò a terra -Ascoltami bene, io faccio parte di un gruppo molto famoso nel mio mondo, dei rivoluzionari che sono contro il capo del mondo, io sono qui per aiutarti, sono stata mandata da un uomo di nome Paride- 
Così come Ambra mi era apparsa da subito una persona speciale, così perse subito la mia fiducia.
Ero veramente infuriata, non la volevo più vedere: primo perché mi ricordava troppo Bryan, secondo perché non ero sicura se mi avessero condizionato i suoi poteri ad avvicinarmi a lei. Ed ora cosa stava blaterando: mondo? Capo del mondo? Cos'è lingua farfallina? Ma a me in fondo non me ne fregava un bel niente di quello che stava dicendo anche se fosse stata la ricetta della formula della vita eterna. L'unica cosa che mi interessava era se avesse usato qualche strana influenza su di me! Io non volevo essere la marionetta di nessuno!
-Hai usato qualche potere su di me? Voglio la verità!- la sua mano ritornò sulla mia bocca per farmi zittire, cercai di divincolarmi, ma era troppo forte, eppure era così piccola.
-Andiamo alla Grotta delle Meraviglie- non ho avuto neanche il tempo di pensare alle sue parole, che una luce accecante mi aveva abbagliato costringendomi a chiudere gli occhi.

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Capitolo 13
*** Spiegazioni ***


Ero spossata.

Il mio corpo sembrava gelatina, avrei dovuto aprire gli occhi per vedere dove quella pazzoide di un Angelo mi aveva portato o cosa mi aveva fatto, ma gli occhi bruciavano e non riuscivo ad aprirli.
Ma cosa serviva continuare a lamentarsi, cosa serviva aprire gli occhi?
Quando tutto sembrava non avere più senso, quando la mia vita si stava trasformando in un mondo parallelo popolato da creature che avrebbero dovuto aiutarmi e che invece tendevano a farmi soffrire di più. 
Quando anche quella che sembrava la mia migliore amica non era altro che un illusione, allora mi chiedo: l'amore che provavo anche esso era una stupida illusione che mi ero creata per non soffrire troppo. Non può essere così dolorosa un illusione! Gli occhi continuavano a non aprirsi e la mia mente annegava nei pensieri più assurdi, nelle speranze più inutili e nella dura realtà. 
La crudele realtà, è lei che fa soffrire, lei non guarda in faccia a nessuno.
-Giada non puoi aprire gli occhi qui...- una voce si faceva strada tra i miei pensieri ingarbugliati.
Non mi importava più di tanto dei mie stupidi occhi, volevo tornare alla mia vita, volevo tornare in dietro, non avrei mai voluto incontrare Bryan, anche se mi sarei privata di alcune emozioni uniche, anche se non avrei mai amato nessun altro come lui. 
Mi odiavo, perché sapevo di stare mentendo a me stessa, sapevo che anche la sofferenza mi ricordava lui e questo mi bastava. Quando credi che tutto va puttane e proprio in quel momento che capisci cosa vale davvero, ma è sempre troppo tardi, e allora si soffre.
-Giada mi puoi ascoltare?- la voce fastidiosa di Ambra tornava. 
-Sì- nella mia risposta non c'era alcun entusiasmo. -Siamo nel Regno Supremo, in un posto speciale che si chiama la Grotta delle Meraviglie, qui il Signore non ci può sentire, qui ti posso raccontare tutto- quel “tutto” mi faceva ben sperare, forse avrei smesso di vivere nell'illusione, ma allo stesso tempo avevo paura di Lei: la realtà crudele. 
-Vai- portai le mie mano automaticamente al viso, per proteggermi da una sberla virtuale che sarebbe arrivata presto.
-Tu sai già qualcosa del Regno supremo, per esempio le regole su cui è fondato da sempre e quando dico sempre faccio rifermento all'inizio della vita- Ambra si fermò un attimo, poi continuò -Io faccio parte di una congrega di ribelli così veniamo definiti dal Signore: la Setta degli Angeli Neri, il nome può incutere un po' di paura, ma in realtà noi vogliamo soltanto rinnovare queste regole antiche che non portano beneficio a nessuno, tu conosci la storia di Lucifero?-Angeli Neri, congreghe, ribelli, la realtà non era solo crudele, ma anche complicata.
-Si conosco la storia, ti riferisci alla cacciata di Lucifero e alla formazione del Regno del male- dico tentando di non rendere percepibile la mia instabilità. 
-Esatto, Lucifero è stato cacciato, ma mai definitivamente e ora ci minaccia, vorrebbe impossessarsi del Regno Supremo, minaccia il Signore di far passare dalla sua parte le sue schiere e il Signore ha paura perché non è più potente come una volta. 
Quindi è entrato in un circolo vizioso. Per questo sta esaudendo tutte le richieste di Lucifero, il quale gli chiede di avere peccati per alimentare il suo Regno e diventare sempre più potente. il Signore, in tal modo, invece di proteggere il suo Regno come crede stia facendo si sta distruggendo con le proprie mani!- che situazione difficile, il Signore credeva di stare facendo il giusto credeva che tenendosi buono Lucifero, egli si sarebbe accontentato. Il male è bene sapere che non si accontenta mai!
- Capisco, ma io cosa centro in tutto questo? Dove vuoi arrivare?- Mi dava fastidio quando non si arrivava al nocciolo della questione. 
-La mia setta vuole uccidere Lucifero, ma questo va contro tutte le regole, come d'altronde va contro tutte le regole l'amore che tu provi per Bryan e che lui prova per te, se si può fare un eccezione per il vostro bellissimo amore, si può fare un eccezione anche per Lucifero- era una cosa del tipo, se va bene a voi va bene anche a noi che razza di piano era? Io non volevo di certo essere presa in giro da una massa di creature alate!
-Io non so cosa avete voi Angeli nella testa, so solo che io non mi faccio prendere in giro da nessuno e soprattutto da voi , io Giada non sono un test e tanto meno lo diventerò, poi c'è un altro problema siete sicuri che Bryan mi ami ancora?- non so dove fosse uscita tutta quella grinta improvvisa, ma per fortuna le mie scorte di forza non erano ancora del tutto esaurite. 
Ambra non rispose subito. Lo sapevo loro mi volevano solo usare come prova, Bryan non mi amava, era solo una scusa, a loro serviva solo una piccola e inutile umana, l'unica che avevano sotto mano e che disgraziatamente si era innamorata di un Angelo ero io. 
-No Giada lui ti ama, io lo so, non dovrei raccontartelo, ma lo farò comunque: è vero io sono qui per conto di un Serafino di nome Paride, il quale adesso sta tentando con tutte le sue forze di far assolvere Bryan dalle accuse di cui è colpevole, per questo lui se ne è andato, non vuole che tu subisca le conseguenze della brutta posizione in cui si trova, e non ti ha detto niente solo perché voleva proteggerti, ma non capisce che se quei cinquanta Serafini vogliono metterti dentro tutta questa faccenda non esiteranno- l'Angelo parlò improvvisamente e con una rabbia che mi fece rabbrividire. 
-Questo vuol dire che lui mi ha lasciato per non...- io dubitavo di lui, invece mi voleva solo proteggere, nuove lacrime cominciarono a scendere sul mi viso, l'avrei dovuto capire, ero soltanto un egoista. 
-Si Giada Bryan ti ha lasciato per proteggerti, e se sapesse che Paride vuole il tuo aiuto lo avrebbe già cacciato, ma solo insieme potrete dimostrare quanto è grande il vostro amore è l'unica possibilità di salvezza per tutti e due- era stata chiara, se moriva Bryan, morivo anche io, ma di me a questo punto non mi importava molto.
-Ah io ho usato i miei poteri solo per farti entrare nella libreria, per il resto non ti ho mai manipolata- un altro errore, Ambra era buona, era mia amica.
-Bene possiamo tornare- no come tornare! Io dovevo fare ancora alcune domande. 
-No aspetta, ma non possono uccidere Bryan, è la legge!- infatti come il Signore non poteva uccidere Lucifero per andare contro le sue leggi, così non poteva uccidere Bryan sarebbe stata un incoerenza. -Infatti, chi ha parlato di uccidere, se risulterà colpevole verrà sottoposto al taglio delle ali, è una pratica molto dolorosa che però di solito non comporta la morte del soggetto, le ali sono la fonte di tutti i nostri poteri in teoria Bryan diventerebbe umano, dipende però dal livello di sopportazione del dolore di un Angelo, c'è chi impazzisce e più raramente chi muore, ma in questi casi la colpa è data al destino- 
Come dire noi sappiamo che potrebbe morire, ma è il destino noi mica lo vogliamo far morire, ipocriti! 
-Non si può eseguire il taglio delle ali anche a Lucifero?- domandai.
-No lui è un Serafino, e i Serafini non hanno ali, esistono pochi modi per fargli del male e ancora meno per ucciderli, adesso torniamo sulla Terra!- disse infine. 
Neanche il tempo di protestare che già mi ritrovavo seduta sullo stesso scatolone di prima, nello stesso squallido magazzino.







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Capitolo 14
*** Ti amo ***


Ambra davanti a me sorrideva, perché sorrideva? Bryan era in pericolo e io sulla Terra non potevo combinare nulla, perché ce ne eravamo andate? Io dovevo restare, io dovevo aiutare il mio Angelo, la mia unica ragione di vita. 

Non era un illusione, lui era tutto ciò che avevo di prezioso al mondo e nessuno me lo avrebbe portato via, anche se quel qualcuno era il Signore onnipotente con tutta la schiera angelica al seguito. Intanto mi ero alzata e guardavo sospettosa quel sorriso, era di comprensione, di compassione oppure era un sorriso di cui allarmarsi? 
-Giada ora ti devi riprendere, devi far finta che non sia successo nulla, io in realtà non avevo il permesso di fare ciò che ho fatto, ho agito in questo modo solo perché mi sembrava giusto che avessi qualche spiegazione, ora però devo attendere ordini da Paride, non posso più disubbidire- quel sorriso quindi era soltanto una finzione, doveva dare l'impressione che non fosse successo nulla. 
-Capisco, ma io come faccio ad aspettare così senza poter fare niente, mi sento inutile- dissi disperata e con le lacrime che continuavano a scendere senza sosta.
-Ambra io lo devo aiutare- urlai, torturandomi le mani.
-Giada- disse prendendo le mie mani fra le sue -Evita di farti prendere dal panico, devi restare calma- facile per lei dirlo, avrei potuto non rivedere mai più Bryan, mai più! 
Forse però... Dovevo solo resistere poco tempo... 
Riuscii a racimolare quel tanto di calma che mi serviva per ingannarla. 
-Ambra hai ragione devo restare calma e tutto si risolverà- non sapevo mentire proprio bene, ma speravo almeno di essere stata convincente. 
-Brava...Vedi che non è poi così difficile come sembra trovare la calma... Adesso ti accompagno a casa e rimarrò lì con te a farti compagnia, che ne dici?- No! Se si fosse fermata a casa mia il mio piano sarebbe andato in pezzi e con esso tutte le mie speranze. Ora cosa mi potevo inventare?
-Ambra non ti preoccupare per me, vado a casa da sola e poi ho proprio bisogno di un po' di solitudine per pensare, grazie per la tua disponibilità- speriamo che si sarebbe bevuta questa orribile scusa.
-Capisco che tu voglia stare sola, ti accompagno soltanto a casa e poi me ne vado ok?- forse dopo tutto non ero così pessima nella parte della bugiarda. Prese il pullman con me e mi accompagnò fino a dentro casa . -Ciao e ricorda resta calma e fai attenzione- mi salutò Ambra prima di andarsene.
Eccomi di nuovo da sola, la mia casa non sembrava più così ospitale come lo era sempre stata, mi faceva paura. Mi faceva paura perché adesso avrei messo in atto il mio piano, la mia ultima speranza, avrei chiamato Bryan. Ambra non poteva sapere che io ero a conoscenza di quella frase che obbligava il mio Angelo a portarlo da me ovunque fossi, se lo avesse saputo non mi avrebbe mai e poi mai lasciata da sola.
Ma adesso ero sola, e dovevo agire in fretta.
-Bryan aiutami, vieni da me- lo dissi con fermezza, questa volta non c'era alcun segno di esitazione nella mia voce. Ed eccolo.
Ero in piedi e lo guardavo, il mio cuore cominciò a martellare nel petto.
Lui era seduto lontano da me, non capivo la ragione di quella lontananza, non capivo perché non era ancora corso verso di me.
I suoi bellissimi occhi color cioccolato mi scrutavano, osservavano ogni mio più piccolo movimento. 
Era incerto, insicuro,e perché mai lo era ? 
Sapeva benissimo che lo amavo, ero sicura che lo sapeva!
Forse proprio per questo non sapeva cosa fare... perché non abbatteva per una buona volta quel muro, che lo teneva così distante da me, così dannatamente lontano. 
Stava valutando ciò che doveva fare, stava valutando se resistere ancora una volta ai suoi sentimenti o rassegnarsi al suo amore verso di me. 
Tentavo di intuire qualcosa dai suoi occhi, ma ogni volta annegavo nella profondità di quelle pupille scure. 
Dopo qualche secondo che mi parve un eternità lo sentii respirare profondamente, si era arreso... lo intuivo anche dai suoi occhi accesi d'amore e di desiderio che non poteva più starmi lontano. 
Il suo braccio si alzò, e con la mano mi fece segno di avvicinarmi.
Lentamente feci due passi verso di lui, verso quel piccolo orsacchiotto insicuro, che si credeva forte. 
Ero davanti a lui.
Leggevo nel suo sguardo ancora un filo di insicurezza...” ti prego non ripensarci...io ti voglio...io ti amo...anche se non dovrei”, pensavo, sperando che il mio pensiero potesse arrivare fino alla sua mente.
Un altro attimo, secondo... ma cosa importava del tempo, la cosa importante fu quel gesto, quel gesto che aspettavo da quando lo avevo visto per la prima volta, da quando mi aveva detto che per noi due non c'era speranza, da quando mi aveva abbandonato in quella strada buia nella notte più brutta e fredda di tutta la mia vita.
Quel gesto che mi confermava l'abbattimento di quel muro.
Quel gesto che mi faceva capire finalmente che mi amava. 
Quel gesto così semplice, e allo stesso tempo così raro. 
Con le mani diede una leggera pacca sulle sue cosce, si questo fu il gesto tanto agognato, un semplice invito a sedersi sulle sue gambe fasciate dai jeans. Mi sedetti lentamente, per capire se veramente lo voleva, ma non vidi alcun ripensamento nel suo sguardo, anzi per un secondo credo di aver visto solo decisione. Quando fui completamente seduta sulle sue gambe, le sua braccia mi avvolsero in un insicuro, ma allo stesso tempo deciso abbraccio. 
Mi abbandonai completamente al suo corpo, al suo petto, finalmente mi sentivo a casa, sentivo che avevo trovato il mio posto giusto. 
Sentii che si stava alzando... se ne voleva andare? No ti prego non andartene avrei voluto urlare, ma capii che non era quello il suo intento. 
Mi voleva solo abbracciare meglio, voleva sentire il mio corpo aderire al suo perfettamente come due pezzi di un puzzle, lo sapevo perché anche io lo volevo, e lui lo sapeva perfettamente, perché noi due eravamo due pezzi di una stessa metà. Noi ci capivamo senza bisogno di parole inutili. Non ci baciammo, ma il bacio non serve quando ci si ama così profondamente, così pazzamente e perché no... così morbosamente.
Mentre ancora eravamo abbracciati, avvicinò la sua bocca al mio orecchio e mi sussurrò due sole parole che racchiudevano tutta la mia vita:- Ti amo- il suo sospiro caldo mi sfiorò l'orecchio, mi fece provare dei brividi mai sperimentati e quelle due parole mi diedero una forza incomparabile e inimmaginabile, ma non era una forza fisica, bensì una forza mentale che mi era stata negata per quei due orrendi mesi vissuta nella convinzione che il suo amore non fosse altro che una mia assurda fantasia.
Una forza che mi diede nuova vita, nuova speranza.
E finalmente riuscii a vedere uno spiraglio di luce in quel lungo tunnel nero, in cui ero disgraziatamente stata risucchiata, e in cui ero stara intrappolata per lungo tempo.

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Capitolo 15
*** La Scelta ***


Pov Bryan

Ancora una volta mi trovavo davanti a una scelta dolorosa, che avevo cercato di evitare per molto tempo.

La ragazza della tentazione, la ragazza che non avrei dovuto amare era davanti a me che attendeva solo una mia scelta definitiva, si questa volta sarebbe stato per sempre, niente più illusioni, niente più ripensamenti.

La guardavo, era in piedi lontana da me, i suoi occhi erano ricolmi d'amore e quel amore era tutto per me, anche se io non lo meritavo, perché io l'avevo fatta soffrire, solo sofferenza avevo seminato da quando ero entrato nella sua vita e lei non la meritava.

Lei era un fragile fiore, da curare, da nutrire, ed io non ero quello giusto per questo compito e lei ne era consapevole.

Lo sapeva ma mi amava troppo per andarsene.

Ed eccomi qui a compiere la mia scelta, lasciarla andare per sempre verso una strada più giusta, verso una strada senza ostacoli, senza curve e sicura, oppure portarla con me verso ciò che non si poteva definire nemmeno una strada.

Quel corpo così perfetto , mi attendeva, già immaginavo i nostri corpi muoversi in sincronia mossi solo dal desiderio e dal amore che ci univa in un unico destino, in un comune futuro.

Ma io non potevo, io non... ma al diavolo!

Non potevo rinunciare a lei, alla mia tentazione, anche se avrei dovuto vendere la mia anima a Satana, io la volevo per sempre, si per sempre e ovunque!

Sospirai pesantemente, arrendendomi ormai al desiderio...

Vidi i suoi occhi illuminarsi di una nuova felicità, non riuscivo a non essere eccitato per questa nuova luce.

Quindi non attesi molto per il gesto di consenso , alzai il braccio lentamente e gli feci segno di venire da me.

Avanzò verso di me con passi lenti e incerti, come una bambina che ha appena imparato a camminare e sembra che prima o poi cadrà.

Si fermò davanti alla mia sedia e mi guardò cercando una conferma nei miei occhi, lei a quella distanza faceva nascere in me istinti proibiti per quelli della mia specie.

Volevo sentire quel corpo finalmente sul mio, non potevo più resistere, basta!

Con le mani sfiorai le mie cosce, invitandola a sedersi sulle mie gambe.

Continuando a sostenere il mio sguardo, si sedette su di me e finalmente sentii il calore del suo corpo, non riuscii a capire come avevo fatto a vivere fino adesso, o meglio a esistere.

Allungai le braccia per stringerla a me.

La volevo sentire tutta, tutte le sue curve che fino ad adesso mi ero negato, tutto quel calore che avevo rifiutato sfacciatamente, volevo sentirla finalmente mia!

Quindi per stringerla ancora meglio mi alzai.

Ora si che era mia, mia era il mio aggettivo preferito, e sempre lo seguiva al secondo posto come avverbio.

Solo ora capivo quanto l'amavo, quanto la volevo...

Non potevo tenere dentro ancora una volta tutto, dovevo farle sentire con le orecchie quanto l'amavo, allora avvicinai le mie labbra al suo orecchio e sospirai:- ti amo-

la sentii rabbrividire sotto le mie braccia, rabbrividire per un desiderio devastante quanto il mio.

La mia anima angelica, ormai era stata segnata, avevo ceduto alla tentazione, avevo ceduto al suo corpo, ma cosa ben più importante avevo ceduto all'amore passionale e carnale, quasi morboso che avevo per quella creatura demoniaca.

Ma ero consapevole di aver fatto la scelta più giusta, per lei valeva la pena vendere la mia anima a Satana.

-Bryan so tutto- esclamò Giada ancora tra le mie braccia.

-Cosa sai?- le chiesi di rimando.

-So che tu sei sotto processo per colpa mia e che mi hai lasciato solo per proteggermi, so di Paride e mi hanno anche raccontato la storia di Lucifero- sapeva proprio tutto chi le aveva raccontato la storia non si era proprio risparmiato nulla.

-Chi è stato questo buono a nulla di un Angelo- dissi con rabbia, lo sapevo che qualche coglione di un mio compagno di merenda avrebbe spifferato tutto, vatti a fidare degli Angeli.

-è stata Ambra, mi ha portato nella Grotta delle Meraviglie e, anche se ho dovuto tenere gli occhi chiusi, mi ha raccontato tutto e ha fatto la cosa giusta- sciolse l'abbraccio dolcemente, prese la mia testa tra le sue mani e mi costrinse a guardarla negli occhi, quegli occhi verdi come i prati primaverili, quegli occhi che mi ricordavano la sua sofferenza.

-Scusa Giada...io non avrei dovuto...- le parole non uscivano, e una lacrima oro cadde.

-Non piangere amore mio l'avrei dovuto capire, sono stata stupida e cieca, ti amo e non mi lasciare mai più- poi si buttò famelica sulle mie labbra, i polmoni tornarono a prendere vita, il cuore cominciò a galoppare veloce come un cavallo, le sue labbra mi fecero risvegliare da un letargo cominciato quando l'avevo lasciata.

Ora però ero sicuro che non sarei mai più riuscito a stare senza quelle labbra, senza la mia unica fonte di vitalità, ora dovevo proteggere il nostro amore con tutte le mie forze, e credetemi se vi dico che dopo tutta questa storia di forze per il nostro amore ne avrei trovate, conservate e usate nel momento più opportuno.

Il bacio durò un eternità, sembrava che le mie labbra si rifiutassero di staccarsi da quelle di Giada, e lei non era da meno.

-Amore scusa se ti ho fatto soffrire non l'ho meritavi, meritavi la verità-le dissi con le labbra ancora a pochi millimetri dalle sue.

La verità non era sempre bella e facile da accettare e non poteva sempre essere causa di felicità, ma quando ami una persona per davvero quella persona merita di sapere, Giada meritava di sapere, solo ora ho capito, d'altronde era la prima volta che amavo per davvero.

Lei meritava tutto ciò che potevo darle.

-Mi volevi proteggere anche io avrei fatto la stessa cosa, l'importante e che ora siamo qui abbracciati- non riuscii a resistere e questa volta fui io a avventarmi sulle sue labbra perfettamente morbide e calde, la amavo, la amo, la amerò ovunque, per sempre.

-Adesso però forse dovremmo parlare tesoro- mi aveva chiamato tesoro, il desiderio mi fece tremare.

-Giada dobbiamo per forza parlare, forse potremmo...- e avvicinai la mano verso il bordo della maglietta rossa come il fuoco della passione che ardeva in me.

-Ah,ah adesso no...Fai il bravo Angelo...- disse così e mi allontanò posandomi una mano sul petto e sorridendo maliziosa, cattiva, quella ragazza mi avrebbe fatto impazzire, stavo bruciando, cazzo... e quel sorriso...l'avrei mangiata, e non stavo scherzando.

Bryan ricomponiti, d'altra parte cosa ti aspettavi che ti avrebbe aspettato a braccia aperte, o almeno quelle erano aperte, io però volevo qualcos'altro di aperto...” dovevo fare zittire i miei pensieri maniaci.

-Uffa sei cattiva, io è da due mesi che...- mi mise un dito sulla bocca, avvicinò la sua bocca al orecchio.

-Non sai quanto anche io sono impaziente, ma prima dobbiamo parlare, sai aspettare mezz'oretta- Mi voleva anche lei dovevo solo aspettare, mezz'oretta Bryan e poi sarà tua...

-Non ne sono sicuro, ma ci proverò- usai il mio tono angelico, mi piaceva vedere il suo viso arrossire e questa mia voce le faceva sempre quest'effetto.

Le mie braccia l'avevano fatta mia prigioniera appena si era avvicinata, i nostri corpi erano appiccicati.

-Bryan se mi lasci andare- la slegai da quell'abbraccio possessivo, Giada mi prese per mano e mi portò verso il divano che conoscevo molto bene.

-Mi devi raccontare cosa ti sta succedendo così posso pensare a come aiutarti- mi ordinò sicura di sé, ma cosa voleva fare contro quei cinquanta Serafini ostinati una piccola e debole umana come lei, certo bellissima e pura ( a parer di quei Serafini non era pura anzi... ), ma pur sempre fragile, comunque non la volevo demoralizzare o sminuire.

-Come sai già sono sotto processo, prima di tutto perché ti ho mostrato la mia vera natura e secondo perché mi sono lasciato tentare dalla tua pelle, uso le loro parole, e se vengo giudicato colpevole verrò sottoposto al taglio delle ali.

In realtà mi avrebbero già giudicato colpevole, se non fosse che io ho fatto capire al Signore che sapevo tutto su Lucifero, e sapevo anche che il Signore era coinvolto in un giro di accordi e corruzioni, per questo non mi ha giudicato subito ha paura che parli e che il suo popolo si ribelli contro di lui- certo che aveva paura, il Signore aveva diminuito tutte le punizioni per i peccatori per far in modo che arrivassero una quantità maggiori di peccati per nutrire il Regno del male capeggiato da indovina chi? Lucifero, e lui vuole sempre di più e lo minaccia di distruggere il Regno Supremo, io lo so, ma i Serafini no, che reazione avrebbero se lo scoprissero?

-In pratica il Signore ha paura di te- concluse Giada sconcertata.

-Certo che ha paura, per questo ha cercato di non fare più il tuo nome durante il processo, sa come avrei reagito, ma ora non so se avrà molte scelte, i Serafini vorranno anche te- in pratica le stavo dicendo che era dentro fino al collo in questa storia ormai non c'era più niente da fare.

-Ok io ci sarò- dove? Voleva venire nel Regno Supremo, era completamente pazza?

-Tu resti qua, non puoi venire con me è pericoloso- certo che era pericoloso, lei era soltanto un'umana, era fragile.

-Bryan, sai chi ha mandato Ambra qui?- la guardai dubbioso, come qualcuno aveva mandato sulla terra un Angelo apposta per Giada? Continuò -E' stato Paride, io so che lui è quello che ti difende nel processo, Ambra mi ha detto che Paride dice che per aiutarci dobbiamo mostrare il nostro amore al Signore, solo così ci possiamo salvare-il plurale che stava usando non mi piaceva neanche un po', solo io ci sarei rimasto immischiato in questa storia.

-Tu resterai qui! Basta! Ora passiamo ad altro- avvicinai la mia bocca al suo collo cominciando a baciarlo, che sapore!

-Aspetta!- prese la mia testa con le mani e la allontanò con forza.

-Cosa c'è ancora?- chiesi contrariato.

-Tu non hai capito un bel niente se quei Serafini mi vogliono mettere in mezzo lo faranno anche se non vengo con te, e loro vogliono mettermi in mezzo, vero che Paride ti ha detto questo? Quindi tu mi porti con te!- in effetti Paride mi aveva detto una cosa del genere ed io non avevo voluto dargli ascolto, l'avrei dovuta portare con me? Sarebbe stato un rischio? In fondo aveva ragione... Insomma se la vorrebbero mettere in mezzo lo potrebbero fare in qualsiasi momento, sia che non venga nel Regno sia che venga... Però mi serviva un permesso scritto con la luce di un Serafino in modo che Giada avrebbe potuto tenere gli occhi aperti nel Regno, e avevo anche quello, Paride mi avrebbe aiutato sicuramente, era fattibile.

-Va bene Giada, ad una condizione però ...- gli occhi verdi di Giada si illuminarono di felicità.

-Quale?-

-Che tu non faccia pazzie!- mi guardò perplessa e anche un po' impaurita.

-Ma non è che devo tenere gli occhi chiusi tutto il tempo?- aveva paura del buio ora?

-No per questo mi farò ottenere un permesso, se no la luce che c'è nel Regno ti accecherebbe- annuì con la testa e si avvicinò lentamente al mio petto, quella la ragazza mi voleva torturare.

Guardò la camicia con sufficienza e sdraiandosi completamente su di me, soffiò nel mio orecchio -Non credi che questa camicia sia superflua- basta il mio cervello aveva perso ogni connessione con la realtà: sentivo solo il calore del suo corpo sul mio, il suo respiro nel mio orecchio, le sue mani che con delicatezza sbottonavano uno a uno i bottoni della mia camicia, e vedevo solo il suo corpo perfetto.

Buttò sorridendo la camicia a terra lasciandomi a petto nudo, i suoi occhi erano ormai offuscati dalla passione, la ragione aveva abbandonato anche lei, con slancio la presi in braccio per portarla in camera.


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Capitolo 16
*** L'avviso ***


-Bryan mi vuoi far tirar su, ho sete!- protestava la mia dolce metà accanto a me, secondo lei l'avrei lasciata andare tanto facilmente.

Eravamo a terra accanto al letto che era in origine il nostro obbiettivo, ma il desiderio non mi aveva permesso di raggiungerlo, il suo viso era appoggiato sul mio petto, ed io con un braccio la tenevo con forza legata a me, quanto avrei voluto stare così per sempre.

-Amore non ti ho avuta per due mesi, ora non mi dispiacerebbe se stessi un altro po' qui nelle mie braccia- le dissi accarezzando la sua schiena nuda, Giada tremò e si lasciò andare contro il mio petto, vedevo che la sete gli era passata!

-Bryan non sai quanto ti amo e ti voglio- le sue labbra si attaccarono al mio collo, e poi tutto si fermò, il tempo si era fermato un'altra volta, un odore dolce colpì il mio naso, ci scommettevo i miei vestiti che qualcuno di nome Paride mi stava venendo a fare una visita, certo che sapeva trovare proprio il momento più adatto!

Mi tirai su i gomiti e attesi.

Infatti come volevasi dimostrare Paride apparse in tutta la sua luminosità!

-Paride non so se hai notato, ma avevo da fare...- e dicendo questo indicai Giada accanto a me che si era bloccata con le labbra contratte intenta a baciare un collo immaginario.

-Bryan alzati e vestiti, se non chiedo troppo!- allora non aveva capito.

-Paride non è che magari puoi tornare più tardi?- anche se la risposta era ovvia, io ci tentai comunque.

-NO! Muoviti, devo dire che sei troppo rilassato per i miei gusti, ti preferivo quando eri triste almeno evitavo la tua stupidità- che carino, a questo Serafino li dovevano dare il nobel per la simpatia.

Mi alzai, mi diressi verso i vestiti ammucchiati in un angolo e me li misi addosso , feci il tutto molto velocemente e fissato da Paride: adesso non mi era concessa neanche la privasi per vestirmi!

-Ok parla- mi piazzai davanti a lui e aspettai che parlasse ticchettando nervosamente il piede.

-Sei un coglione- aveva detto una parolaccia, alleluia, alleluia, il mio Paride aveva perso finalmente la sua impostazione seria e scrupolosa alcune volte pensavo che fosse qualcosa di più simile ad una macchina.

-Cosa ho fatto?- chiesi con calma.

-Bryan cosa hai fatto? Hai aggravato la tua situazione di molto, sei caduto di nuovo in tentazione, e adesso hanno messo in mezzo Giada in modo definitivo- me lo dovevo aspettare, che questa mia scelta si sarebbe ritorta contro di me, ma non pensavo che anche Giada mi avrebbe seguita a ruota, sono un coglione!

-Sono un coglione!- obbiettai dandogli ragione per la prima volta.

-Lo so, io quando ti dicevo vai a prendere Giada e nascondila nella Grotta delle Meraviglie, non intendevo vai portatela a letto e poi accompagnala nella Grotta delle Meraviglie- in verità al letto non ci eravamo mai arrivati! Forse questo però non gli interessava, anzi forse avrebbe peggiorato la mia già squallida situazione.

-Hai ragione, ma è colpa mia se desidero troppo quella ragazza, è colpa mia se la amo- sbraitai.

-Non hai altro modo di dimostrare il tuo amore?- mi domandò questa volta con calma.

-Ehi io non la vedevo da due santissimi e benedettissimi mesi, il mio corpo ne reagisse di conseguenza e... Ma cosa parlo a fare con te di queste cose non sai neanche cosa sono o come sono! Sono un coglione! Chiudiamola così!- Paride mio caro Paride tu non capisci un emerito cazzo, ma questo lo sapevo già.

-Hai bisogno di qualcos'altro?- mi chiese Paride con eleganza.

-Sì, ho bisogno di un permesso per Giada la porto con me- ero deciso, avevo deciso e non importava più se Paride avesse cambiato idea o avesse le palle girate o se non ne avesse voglia, mi doveva fare il permesso se no gli avrebbero dato il nobel come miglior morto.

-Tieni- l'aveva già fatto? Ma stava tutto il tempo a spiarci?

-Caro Paride ti devi proprio trovare un hobby- mi guardò perplesso, ma io continuai comunque, mi piaceva troppo stuzzicarlo – ti voglio fare una domanda, ma ci hai spiato anche mentre “ero tentato dalla sua pelle”?- l'ultimo pezzo della frase lo dissi cercando di imitare il tono del Serafino che mi aveva letto le accuse.

-Bryan...- i suo occhi erano diventati abbastanza incandescenti da farmi capire che forse era l'ora di smettere di stuzzicare il povero Paride, alla fine secondo me l'avrebbero fatto Santo, si Santo Paride martire ( naturalmente martire delle battute di Bryan il sottoscritto).

-L'ho sempre saputo che sei un guardone- questa ultima mia frase ci stava, lo so, avrei dovuto pensare al processo, ma più ci pensavo e più mi deprimevo, mi sembrava impossibile vincere contro quei cinquanta Serafini, soprattutto però contro il Signore, certo io avevo qualcosa in mano facevo paura al Signore, ma siamo sicuri che lui non avrebbe trovato una soluzione? Insomma il Signore era sempre onnipotente, veramente un Angelo debole come lo ero io poteva mettergli il bastone tra le ruote?

Siccome avevo paura di rispondere a queste domande, anche il solo ipotizzare risposte, facevo il coglione.

-Ho paura Paride è questa la verità, ho paura della fine che potrebbe fare Giada se io venissi giudicato colpevole, Paride ho paura- questa volta parlai sinceramente senza usufruire della mia stupidità, Paride annuì con la testa, lui percepiva benissimo quello che sentivo, Paride era un Serafino diverso, non si faceva condizionare da niente, mi leggeva dentro l'anima e riconosceva che era amore vero quello che provavo per Giada, solo per questo mi stava difendendo, aveva capito anche lui che il Regno Supremo stava diventando il luogo più falso che poteva esistere su questa Terra, capiva perfettamente che nessuno all'interno del Regno riusciva a comprendere le emozioni, i sentimenti, aveva capito che il popolo angelico stava diventando freddo, indifferente, spietato, caratteristiche che appartenevano più al Regno di Lucifero.

Questo voleva dire solo una cosa che la conquista del Regno Supremo da parte di Lucifero era già iniziata, e solo se qualcuno avrebbe riconosciuto i sentimenti si sarebbe fermata, solo se quei Serafini avrebbero riconosciuto l'amore mio e di Giada.

-Grazie Paride, vai che soffri qua- Paride sparì all'istante, e Giada cadde con la faccia a terra.

-Ma dove sei scappato?- domandò cercando i miei occhi, e trovandoli subito.

-Giada dobbiamo andare-

-Così subito? Dai Bryan vieni un po' qua...- non sa quanto avrei esaudito i suoi desideri, ma non era il momento di ascoltare i miei ormoni impazziti ( o dovrei dire qualcos'altro...).

-Giada vestiti, te lo chiedo per favore- doveva vestirsi, le motivazioni erano semplici: non volevo far processare tutti gli Angeli in massa come si dice la carne è debole, non volevo impazzire lo ammetto ero debole anche io, nessuno a parte me ( Paride non conta per lui la nudità è come un Angelo che lo stuzzica non gli fa effetto! ) l'avrebbe dovuta vedere nuda e doveva rendersi un poco presentabile ( anche se forse per me il concetto di “presentabile” era un tantino diverso).

-Va bene- mi aveva ascoltata, miracolo!

-Grazie signorina- stavo per avvicinarmi, quando capii che forse era meglio tenersi a debite distanze per almeno dieci minuti da ora.

-Mi posso fare una doccia mio padrone Bryan?- aveva capito bene Giada lei era mia!

-Questo glielo concedo Signorina- mi guardò dubbiosa e poi mi fece una domanda tranello.

-Mi vuole seguire padrone?- ecco di nuovo gli ormoni impazziti:” respira, ragiona e comprendi la doccia voleva dire acqua e a me non piace l'acqua, si ma quell'acqua avrebbe attraversato il suo corpo lentamente, l'avrebbe avvolto e...” stavo sbavando, la domanda giusta era:”Sono un coglione?” e la risposta era:”Sì”.

-Naturalmente, devo controllare se ti lavi bene- ero proprio un coglione, ma cosa ci posso fare se sono debole? E se colei che avrebbe dovuto essere la mia preda era in realtà la cacciatrice più pericolosa?

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Capitolo 17
*** una cena romantica ***


Ero avvolto in un grande asciugamano aspettando che la signorina Giada si vestisse, forse se avesse messo il turbo non avrebbe fatto per niente male.

-Giada, dai muoviti- gridai io verso la porta del bagno, dove lei era chiusa, e chissà a fare cosa da un ora buona, i miei vestiti erano in bagno quindi mi toccava aspettare e pazientare.

Finalmente uscì dal bagno, oh santi lumi, stavo sognando: Giada aveva indosso un vestito delizioso a balze di un azzurro delicato che arrivava giusto sopra il ginocchio e che in vita si stringeva in modo tale da risaltarle il seno, ai piedi portava dei sandali argento vertiginosi, i capelli corvini e mossi le ricadevano morbidamente sulle spalle e gli occhi erano luminosi e felici come non lo erano mai stati.

Non capivo però il motivo per cui si era vestita così, forse andando al patibolo voleva far morire qualche Angelo di desiderio?

-Giada perché ti sei vestita così elegante? Non fraintendere sei stupenda, ma dobbiamo andare nel Regno dei cieli- i suoi occhi si spensero, ecco avevo detto qualcosa di sbagliato.

-Io pensavo...va beh lascia perdere- no adesso volevo sapere dove pensava che la stessi portando! Non mi piaceva vederla triste a causa mia, doveva solo essere felice a causa mia.

-No adesso parli- le dissi.

-Io credevo che prima potessimo cenare, insomma fare una specie di cena romantica, speravo che il Regno potesse attendere un attimo...- un appuntamento certo, la mia Giada voleva che la portassi fuori a mangiare come la maggior parte di questi zoticoni di umani.

Siccome io però non ero umano non mi era mai passata una cosa del genere nella testa e poi comunque non mi sembrava il momento più adatto, dovevamo andare in fretta nel Regno Supremo, più tempo passavo con lei sulla Terra più la nostra situazione peggiorava.

-Neanche io pensavo dovessimo già partire, ma Paride è venuto qui e mi ha consegnato il permesso per te quindi siamo pronti per partire- non avevo detto tutto, ma non desideravo certo spaventarla e aggiunsi -Vado a prendere i vestiti- Giada annuì continuando a tenere la testa bassa, certo che era un mistero questa ragazza, era più dispiaciuta del fatto che non avremmo cenato che non del fatto che il Signore onnipotente ci volesse incastrare e uccidere, la cosa mi stupiva al quanto.

Ma ormai non mi sorprendeva più niente di questa ragazza umana anomala, non volevo, però vedere quel visino ancora triste per me, dovevo renderla sempre e comunque felice, anche se la sua richiesta fosse stata la più pazza l'avrei esaudita se fosse servito a rivedere il sorriso sulle sua labbra.

Vestito mi diressi verso di lei e dolcemente le presi il mento con le dita e le feci alzare il viso -Amore vuoi andare a mangiare fuori?- i suoi occhi mi ipnotizzavano e mi rendevano incapace di intendere e di volere.

-Sì, ma se dobbiamo andare fa niente, insomma... Lo so che per te è una cazzata- le misi un dito sulla bocca,.

-Dove vuoi andare a mangiare?- chiesi.

-Possiamo stare anche qui- disse sottovoce -Preparo io la cena- aggiunse.

-Aspetta tu sei elegantissima, sembri una principessa- arrossì al complimento -ma guarda me non vado bene- in effetti indossavo jeans e maglietta, non ero così elegante.

-Sei sempre perfetto...non ti devi preoccupare- le stampai un bacio sulle labbra, era così dolce, era un dono inaspettato, era l'unica a cui avrei dato il mio cuore.

-Aspettami arrivo presto e sarò elegantissimo- e poi aggiunsi – voglio andare in un negozio prestigioso e dove possa comprare qualcosa di elegante-

Ed eccomi in un attimo dove volevo essere, entrai subito nel negozio, una commessa mi aiutò a scegliere.

La commessa continuava a farmi avance con una sfacciataggine allucinante, ma voleva capire che a me di lei non mi importava nulla, anche dirle che l'abito mi serviva per andare a cenare fuori con la mia ragazza non servì a niente.

Alla fine scelsi un abito nero dal taglio moderno abbinato a una camicia bianca attillata, con scarpe eleganti in pelle, tutto di alta sartoria.

Chiesi alla commessa se potevo tenerlo addosso e dopo l'avrei pagato.

Ovviamente non avrei comprato proprio niente, l'avrei preso in prestito o più propriamente l'avrei rubato.

Con la scusa di dovermi andare a rivedermi allo specchio per essere veramente convinto della mia scelta mi defilai, pronunciai due parole per ritornare dal mio piccolo amore.

Giada era in cucina e aveva iniziato a cucinare.

Il tavolo era apparecchiato in modo perfetto: la tovaglia era bianca, i piatti raffinati erano adagiati su di un tovagliolo rosso, all'interno dei piatti erano ammucchiate rose e calle, le posate argentee e i bicchieri di cristallo brillavano alla luce fioca della stanza, per finire questo bellissimo capolavoro petali di rosa erano sparsi qua e là sulla tovaglia.

Rimasi per qualche minuto sbalordito da quello che aveva creato, ma poi la mia attenzione ritornò su Giada che non si era ancora accorta della mia presenza.

La sua attenzione era completamente dedicata al sugo che stava preparando, ne approfittai per farle un piccolo scherzo.

Mi avvicinai lentamente e la presi per i fianchi, Giada sussultò e girò di scatto la testa per vedere chi l'aveva toccata.

-Bryan mi vuoi morta pensavo che fosse qualche mal intenzionato- disse sorridendomi.

-Io sono un mal intenzionato- risposi e le baciai il collo.

-Bryan invece di fare il cretino prendimi la pasta, comunque sei proprio bello vestito elegante!- il suo tono era affettuoso e scherzoso, mi sembrava la donna più felice del mondo, come se bastasse solo la mia presenza per farle dimenticare tutti i nostri problemi.

Presi il pacchetto che mi aveva indicato e glielo passai, Giada lo prese lo aprì e ne buttò il contenuto in acqua.

-Ci vorranno ancora dieci minuti- annunciò.

Guardai ancora quella tavola perfetta e le chiesi -Ma come hai fatto in così poco tempo ad apparecchiare in questa maniera la tavola? È stupenda!- esclamai.

Un velo di tristezza coprì i suoi occhi verdi -Mia madre adorava decorare e addobbare la casa nelle occasioni speciali, lei aveva sempre tutto pronto. Per esempio i fiori all'interno dei piatti sono finti e anche i petali di rosa, di tovaglie ne ho di tantissimi colori e di tovaglioli ne ho altrettanti, il servizio di stoviglie è quello delle occasioni speciali, l'unica cosa che serve è il gusto di abbinare, ma credo di averlo ereditato da mia madre come tutte le altre cose che vedi sulla tavola- finalmente aveva parlato di sua madre, non l'aveva mai fatto volontariamente.

-Bryan siediti l'antipasto è pronto!- la sua voce tintinnava come un campanellino.

-Wow ma sei super veloce- la punzecchiai, intanto mi sedetti continuandola a osservare mentre trafficava in cucina.

-No sei tu che ci hai messo un'ora e mezza per comprarti un completo elegante- in effetti la commessa continuava a farmi vedere giacche, camicie e pantaloni di tutti i colori, di tutte le stoffe e di tutti i modelli possibili e immaginabili, continuava a ripetere che ero così perfetto che avrei potuto mettere qualsiasi cosa che sarei comunque stato bene e che quindi anche per lei era difficile consigliare.

-La commessa non mi lasciava più andare- mi lamentai.

-Le commesse sono sempre state odiose- borbottò, ma io riuscii a sentirla, era gelosa.

-Cos'hai contro le commesse?- la sfidai.

-Niente...dico solo che non mi sono mai piaciute, troppo appiccicose- mi avvicinai di nuovo a lei, la presi nuovamente per i fianchi.

Avvicinai le mie labbra al suo orecchio e sussurrai -Sei gelosa?-

-No e solo che...- rispose Giada.

-E solo che sei gelosa, ma sai una cosa? Mi piace che tu sia gelosa- la feci girare verso di me, e mi avventai sulle sua labbra morbide e carnose.

-Ti amo- le dissi ancora affannato.

-Anche io- rispose lei.

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Capitolo 18
*** Partenza ***


Giada preparò una cena fantastica: iniziammo con il mangiare antipasti vari, di primo un piatto di penne zucchine, pomodorini e gamberetti, di secondo una fetta di pesce spada al cartoccio condito con pomodori e olio, e infine un po' di gelato, il tutto annaffiato da buon vino bianco e da tante chiacchiere e risa.

-Amore mi sa che hai bevuto troppo vino...- le dissi scherzando, stava ridendo di gusto da una buona mezz'ora come una forsennata per qualcosa che avevo detto io su gli Angeli, e non gli davo affatto torto gli Angeli certe volte fanno e dicono cose alquanto buffe.

-No, io sono lucidissima il problema sono le creature angeliche- Giada parlò continuando a ridacchiare.

Ora che era finita la cena era arrivato il momento di spiegarle un paio di cose, e poi partire verso il Regno.

-Giada- dissi serio, lei smise di ridere all'istante e mi guardò negli occhi aspettando che parlassi -Paride è venuto qui non solo per darmi il permesso, la situazione è peggiorata a causa della mia condotta, ora sei veramente accusata anche tu di sedurre una creatura Angelica nella consapevolezza che non lo potresti fare, per questo volevo partire subito; non te l'ho detto prima per non farti preoccupare- la sua espressione rimase fredda e impassibile, stava metabolizzando il problema.

-E tu ? La tua posizione si è aggravata?- io le dicevo che era stata accusata, e lei si preoccupava per me, io non sarei mai riuscito a capire questa ragazza, dovrebbe essere stata un po' più egoista.

-Giada la mia posizione non conta!- urlai arrabbiato.

-Invece conta! - restai zitto e la guardai, piangeva, riuscivo sempre a rovinare tutto, ero uno stronzo con la s maiuscola.

Le presi le mani appoggiate sul tavolo -Cosa c'è? Tesoro per favore dimmi perché piangi?-

-Perché ti amo stupido -Urlò esasperata, mi alzai e mi avvicinai alla sua sedia, anche Giada si alzò e ci cullammo l'uno nella braccia dell'altro in silenzio, cercando di goderci quel calore e l'armonia che crescevano nel nostro cuore ogni volta che i nostri corpi si ritrovavano legati.

-Bryan ho paura per te, ho paura- Sussurrò nel mio orecchio.

-Ed io non voglio che tu soffra ancora a causa mia- gli dissi io in un sospiro.

Allora mi staccai giusto quel poco per guardarla in viso e continui -Andiamo, se non arriviamo in fretta peggioreremo ancora di più la situazione, tieni questo foglio guardalo per qualche secondo- gli porsi il permesso e misi fine definitivamente a quel abbraccio.

Il permesso in questione non era altro che un foglio di pergamena impregnato di quella luce che costituiva il Regno, essa si andava a infiltrare negli occhi rendendoli come quelli di un Angelo, così da permettere ad un umano di vedere il Regno senza rimanere cieco, la trasformazione degli occhi era permanente.

Giada guardò il foglio.

-Quanto brucia...- Si portò le mani agli occhi e io mi avvicinai a lei preoccupato.

Dopo pochi minuti sbatté le ciglia e con cautela aprì gli occhi.

-Bryan sei stupendo, e le ali sembrano magiche- adesso avrebbe sempre potuto vedere la mia vera natura.

Senza preavviso mi prese il viso e cominciò a baciarmi, avevo compreso che se non l'avessi fermato sarebbe andata ben oltre il bacio, il mio aspetto reale era la cosa più irresistibile per un'umana.

-Giada, amore, dobbiamo andare- dicendolo l'allontanai dolcemente, Giada ritrovò la ragione e annuì.

-Andiamo nel Regno- la mia voce perfetta tremò, in qualche modo questo amore mi stava cambiando non solo interiormente, ma anche esteriormente: la voce vibrava a seconda delle emozioni, la luce che illuminava il mio corpo si era leggermente spenta, poi mi ricordai anche della piuma che avevo perso quando l'avevo incontrata, un segno? Una coincidenza? Stavo cambiando, ma cosa stavo diventando?

Eravamo arrivati, davanti a noi c'era la Grotta delle Meraviglie e Paride che ci avrebbe fatto una bella ramanzina per essere arrivati in ritardo, Giada era affianco a me e continuava fissarmi, ma poi i suoi occhi si spostarono su Paride sbarrandoli stupita.

-Piacere sono Paride- disse il Serafino rivolto verso Giada.

-La luce parla?- chiese sbigottita il mio amore.

-Sì sono un Serafino e sono costituito di luce- Paride manteneva un tono di voce calmo e rilassato, ma potevo capire dal tremare della luce che non si sentiva a suo agio con davanti un'umana.

-Scusa, piacere Giada- e allungò il braccio come per stringergli la mano.

-Mia cara non credo tu possa toccarmi- imbarazzata Giada fece ricadere il braccio sul fianco.

-Bryan dovevi venire subito, cosa ti dice il cervello !- urlò rimproverando me, in realtà la colpa era più di Giada questa volta, ma naturalmente non feci ricadere la colpa su di lei, rimasi zitto e mi presi la sgridata.

-In verità Paride è colpa mia- era la voce di Giada, Paride la guardò incuriosito -Sono stata io a pregarlo di poter cenare con me, e anche a...- il suo viso arrossì, stava pensando alla doccia.

-Giada non sei tu quella che deve essere responsabile, dovrebbe essere Bryan, vero?- incominciai a ridere.

-Paride ci stavi ancora spiando?- chiesi continuando a ridere, anche per Giada la quale era diventata paonazza e mi guardava con faccia interrogativa.

-Sì ti devo controllare in qualità di difensore- quando tentava di celare il suo nervosismo scambiandolo con il lavoro era ancora più divertente. -E comunque...-

Giada lo interruppe bruscamente -Paride, tu hai aiutato Bryan ed io ti ringrazio per questo, ma vorrei dirti che esisto sono qui, io devo capire ciò che posso e ciò che non posso fare, io voglio prendermi le responsabilità che mi spettano!- che coraggio! Interrompere un Serafino, che ora la guardava stupefatto e senza parole, e in più ribatterlo, nessuno osava interrompere un Serafino, neanche io l'avevo mai interrotto!

Il silenzio rimase finché io non lo ruppi -Paride hai trovato pane per i tuoi denti!- scherzai.

-Giada hai ragione, tu sei qui esisti e devo rispettarti, quindi voglio dirti: niente più rapporti intimi! I baci li tollero...- Giada gli sorrise, uno di quei sorrisi luminosi che mi lasciavano di stucco, imbambolato a guardarla come fosse il miglior tramonto della mia vita che non finiva mai.

-Paride grazie- anche Paride parve quasi rispondere con un sorriso, Giada era veramente speciale.

-Giada all'interno di quella cavità c'è Ambra, ti vuole salutare so che siete diventate amiche!- capivo che voleva parlare in privato con me, aveva bisogno di dirmi qualcosa di nuovo.

-Sì la rivedo volentieri- Giada scomparve nella cavità, ma mi guardò e mimò con la bocca:”Dopo mi racconti”.

-Bryan dobbiamo parlare, per favore fai il serio, è importante!- la voce tuonò maestosa e inquietante nelle mie orecchie.

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Capitolo 19
*** La perfezione ***


Pov Giada


Il Regno Supremo, il Regno dei cieli... luminoso, bellissimo, un diamante dal valore inestimabile che durerà veramente per sempre, come Bryan che ora potevo vedere nella sua eterea bellezza che non era minimamente paragonabile con quella che potevo vedere con gli altri occhi.

Le ali candide erano chiuse e all'apparenza sembravano morbide, ero tentata a toccarle per verificare la consistenza, ma probabilmente non era il momento migliore, il suo corpo era coperto solo da un paio di pantaloni bianchi che svolazzavano flessuosi davanti ai miei occhi e il suo petto era nudo e scolpito nell'ebano, provai invano a non alzare lo sguardo verso il viso, ma non ci riuscii, il mio cuore partì veloce la sua corsa sfrenata: le labbra carnose, il naso perfetto e i suoi occhi neri e profondi dove giuro di aver potuto scorgere la mia anima.

Poi il suo odore... la luce che adesso grazie ai miei occhi più intensa lo avvolgeva... era ciò di più bello potesse esistere.

Un'altra luce più forte mio malgrado mi fece spostare gli occhi davanti a me, li sbarrai intimorita.

Dopo pochi secondi la luce parlò, dapprima rimasi un attimo stupita, poi la luce stessa mi spiegò che era Paride, e che era un Serafino, e aggiunse che i Serafini sono composti interamente di luce.

Io a mia volta mi presentai e allungai il braccio come d'abitudine per stringergli la mano, ma Paride cortesemente rifiutò la stretta spiegandomi che non avrei mai potuto toccarlo.

Detto ciò il Serafino volse il suo sguardo verso Bryan, il quale lo fissava divertito, Paride lo rimproverò per non essere subito venuto nel Regno.

Non trovai giusto che solo Bryan si prendesse tutte le colpe allora parlai e dissi che il ritardo era soprattutto colpa mia, ma Paride ribatté dicendo che la maggiore responsabilità era di Bryan.

Mi sentii offesa, io ero lì esistevo non ero soltanto un'umana nelle mani potenti di Bryan, io potevo e dovevo prendermi le mie responsabilità in questa storia, non potevano portarmi in questo Regno solo come soprammobile, lo sapevo di essere debole, ma sapevo anche che dovevo capire ciò che non potevo fare...

Stavo per aprire bocca quando Bryan fece una strana domanda -Paride ci stavi ancora spiando?- come spiando, Paride ci guardava anche mentre... Arrossii all'istante.

Paride rispose in modo calmo e diligente, ma non potevo rimandare il mio monologo quindi lo interruppi -Paride, tu hai aiutato Bryan ed io ti ringrazio per questo, ma vorrei dirti che esisto sono qui, io devo capire ciò posso e ciò che non posso fare, io voglio prendermi le responsabilità che mi spettano!- ero convinta al cento per cento di ciò che stavo dicendo, non capivo bene se Paride mi stesse guardando o quale espressione avesse sul viso, ma il punto interrogativo sul viso di Bryan mi fece capire che forse non avrei dovuto interrompere il Serafino così bruscamente.

-Giada hai ragione, tu sei qui esisti e devo rispettarti, quindi voglio dirti: niente più rapporti intimi! I baci li tollero...- sbottò all'improvviso Paride sempre mantenendo un tono di voce molto professionale, gli sorrisi caldamente per aver esaudito le mie richieste.

-Paride grazie- risposi sentendo l'irremovibile imposizione del mio cuore di esprimere il mio ringraziamento a parole, ma non solo per quel momento, ma per tutto ciò che aveva fatto fino ad ora per noi.

-Giada all'interno di quella cavità c'è Ambra, ti vuole salutare so che siete diventate amiche!- la scusa di Paride era ovvia, voleva parlare da solo con Bryan, d'altronde non potevo certo pensare che si sarebbe subito aperto con me.

-Sì la rivedo volentieri- dissi e andai verso la cavità che mi era stata indicata, mimando con le labbra, rivolta verso Bryan, un ”Dopo mi racconti”.

Bryan annuì, e mi immersi nella cavità colorata da tantissime pietre preziose incastonate nelle pareti.

Ambra anch'essa stupenda, era girata di spalle, potevo vedere benissimo le sue grandi e maestose ali partire dalle scapole, chissà se le poteva aprire?

L'Angelo si girò appena sentì i miei passi sicuri che si avvicinavano , mi sorrise appena arrivai davanti a lei e mi abbracciò dolcemente, e incredibile quanto quel tocco leggero e delicato assomigliasse a quello della mia defunta mamma.

-Ciao Giada, come stai?- mi chiese lasciandomi andare dalle sue braccia.

-Ciao Ambra tutto bene, tu piuttosto spero che non ti sia beccata una sgridata da Paride- le dissi sorridendo.

-Paride sembra impostato e duro, ma è molto buono, poi lui voleva che ti raccontassi tutto, ma le richieste di Bryan erano ben precise e le voleva rispettare- mi annunciò sorridente. - e poi tu hai chiamato Bryan, conosci la frase vero?- mi chiese curiosa.

-Sì, e scusami non volevo ingannarti, ma non potevo stare a casa senza fare niente- pronunciai queste parole a testa bassa, mi vergognavo per averla ingannata.

-Non ti devi preoccupare... qualcosa avevo capito...- con una mano accarezzò i miei capelli.

Il suo sorriso riusciva sempre a indurmi serenità e tranquillità, mi sembrava di ritornare bambina quando cadevo e mi facevo male, solo il sorriso della mia mamma riusciva a farmi smettere di piangere e a farmi ritrovare la calma.

Le sorrisi e la riabbracciai forte.

Quando mi staccai i pensieri tornarono su Bryan che era con Paride a discutere di qualcosa di importante.

-Ambra cosa sta succedendo?- domandai, il sorriso di Ambra si spense all'istante, quindi era qualcosa di veramente serio e preoccupante.

-Giada non è il momento, sono sicura che Bryan te ne parlerà, adesso ti devo sistemare- non so cosa intendesse per “sistemare”, però mi fidavo di lei.

-Cosa devo fare?- chiesi speranzosa di ottenere una risposta chiara, e non enigmatica.

-Tu niente, anzi devi stare ferma- mi immobilizzai come una statua – L'odore umano è inconfondibile, forse dovrei cambiarti di abito, per il resto non credo di avere abbastanza poteri, mi sa che ci dovrà pensare Paride...- mormorò Ambra quasi parlasse con se stessa.

-Voglio vestirla con un abito simile al mio- abbassai di istinto gli occhi sul suo abito, portava una tunica candida legata da una corda oro al disotto del seno, le maniche erano lunghe e a pipistrello la gonna arrivava fino alle caviglie e sia le maniche che la gonna svolazzavano mosse da un venticello di provenienza ignota, i piedi erano scalzi.

Neanche il tempo di capire ciò che mi stava accadendo, che mi ritrovai vestita più o meno allo stesso modo di Ambra, l'unica differenza era che la mia veste era di colore rosa pastello.

Osservai il mio corpo, coperto da quella veste, assomigliavo molto di più di quello che pensassi ad una creatura angelica.

-Questo è tutto ciò che posso fare...Ora tocca a Paride...Credo che tra qualche minuto sarà qui- Ambra sparì, lasciandomi sola nel cunicolo a vicolo cieco, nell'attesa che arrivasse Paride.

Non sapere mi stava logorando, cosa mi avrebbe fatto Paride? Perché mi stavano conciando in questo modo?

Le domande si sarebbero risolte solo con il suo arrivo sicuramente seguito dal mio amore.

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Capitolo 20
*** travestimento ***


Paride entrò dalla cavità, seguito come avevo previsto da Bryan, il suo viso era un calvario di emozioni: preoccupazione misto qualcosa che sembrava speranza o disperazione, una contraddizione secondo i miei standard.

Volevo chiedere, ma non avevo il coraggio, rimasi con la bocca spalancata senza emettere alcuna parola, avevo paura, e poi mi sentivo strana, come se il mio fisico stesse mutando, il che mi sembrava un'opzione abbastanza remota.

Il Serafino si avvicinò a me lentamente, studiando i miei movimenti, calibrando ogni mia espressione facciale.

Avvicinò alla mia spalla qualcosa che per forma mi ricordava una mano, fu allora che mi accorsi di quello che voleva fare, mi voleva toccare.

-Cosa vuoi fare?- chiesi fermando il suo movimento.

-Ambra non te l'ha detto?- domandò il Serafino con tono stupito.

-No, Bryan?- mormorai implorante guardando il volto del mio Angelo.

-Il verdetto è stato pronunciato, taglio della ali per me e... per te... perdita di tutti i ricordi che hanno a che a fare con me... Mi dispiace - tuonò la voce melodiosa di Bryan.

Adesso capivo la strana espressione sul volto di Bryan, capivo tutto ora, capivo lo strano sguardo di Ambra quando le avevo chiesto cosa stava succedendo, ed era colpa mia, della mia stupida umanità, di non sapermi fermare senza prima avere tutto il suo corpo.

Urlai.

Un urlo di rabbia, rassegnazione, di odio verso di me, verso quel mondo così stranamente perfetto.

Bryan corse verso di me scansando il Serafino, afferrò le mie mani e le avvicinò al suo viso, implorandomi con voce dolce di calmarmi che non sarebbe servito a niente urlare a quel modo.

-Bryan è colpa mia!- urlai contro il suo viso a pochi centimetri dal mio.

Bryan senza preoccuparsi della presenza di Paride mi baciò, quel bacio non era altro che un diversivo per farmi smettere per un attimo di pensare, di ragionare, e premettere al mio Angelo di guadagnare qualche minuto per permettergli di parlare, sapeva che quando ero arrabbiata o nervosa niente mi poteva fermare, se non a eccezione delle sue magiche labbra, ne ero consapevole, ma non avrei mai rifiutato un suo bacio.

Non fu un bacio particolarmente lungo, giusto il tempo di farmi perdere la concentrazione sulla realtà.

-Giada amore mio tu non hai nessuna colpa, la colpa è dell'oscurità che lentamente sta coprendo questo mondo, adesso dobbiamo risolvere questo problema, ma per risolverlo Paride deve camuffare la tua umanità, tutti quelli che ti vedranno compreso me, ti vedranno come un Angelo, vedrai che tutto si risolverà presto- parlò lentamente e continuando ad accarezzare delicatamente le mie guance. -Adesso Giada permetti che Paride faccia quel che deve- aggiunse.

Mi fidavo di Bryan e se lui mi diceva che avremmo risolto tutto solo se io fossi diventata davanti agli occhi delle creature angeliche un Angelo, non avrei esitato.

Il mio amore si allontanò da me facendo qualche passo indietro, lasciando passare Paride.

Il Serafino continuò la sua opera di osservazione e riallungò la sua mano verso di me questa volta non la fermai, mi avrebbe fatto male? Appena la mano del Serafino toccò la mia spalla un calore piacevole invase il mio corpo fino nelle viscere, quel calore in poco tempo, però, scottò sempre di più fino a diventare fastidioso.

La luce avvolse il mio corpo, ed era una luce talmente intensa che costrinse anche i miei nuovi occhi a chiudersi.

I miei piede si staccarono da terra e mi ritrovai a fluttuare nel aria come una bolla di sapone nella speranza che non scoppiassi.

Pochi secondi, tutto svanì, mi ritrovai seduta a terra, con le natiche doloranti per la caduta improvvisa.

Sentii Bryan che con un movimento veloce si avvicinò a me, si inginocchiò e prese il mio viso tra le sue mani, in automatico alzai lo sguardo e il suo viso colmò il mio orizzonte.

-Giada stai bene?- era preoccupato lo potevo percepire perfettamente.

-Sì...ahi!- emessi un gridolino... mi sa che c'era un bel livido sulle mie natiche.

-Cosa ti fa male?- continuò poco tranquillo Bryan.

-Il culo, la caduta non è stata proprio morbida- mi lamentai.

Finalmente le sue labbra mi sorrisero, ed io contrassi le mie rispondendogli con un altro sorriso.

-Se vuoi ti posso curare...- il tono cambiò completamente: da preoccupato a malizioso.

Non potei neanche rispondere perché Paride mi anticipò -Bryan!- urlò esasperato.

-Stavo scherzando- ribatté Bryan.

-Scusate, ma vorrei guardarmi- protestai io.

-Specchio- disse Bryan.

Uno specchio alto quanto me, apparve su una parate del cunicolo, mi avvicinai lentamente.

Riflessa nello specchio, c'era una giovane donna bellissima, una veste rosa cadeva a pennello sul suo corpo magro, ma perfettamente proporzionato, il seno era risaltato dalla corda sotto di esso, il viso dai lineamenti fini sembrava quasi essere stato dipinto da qualche famoso e bravo pittore, i capelli neri ricadevano dolci sulle spalle, ma la cosa più bella era il contrasto di colori scuri e chiari creato da quegli occhi verdi smeraldo.

Quella giovane donna ero io.

L'ultima cosa che notai furono le magnifiche ali bianche dietro la mia schiena, ne sfiorai una con una mano: era davvero morbida!

Mi accorsi solamente dallo specchio che Bryan aveva cinto le mie spalle e si era abbassato fino a trovare con le labbra il mio orecchio -Sei abbagliante... ma a i miei occhi tu brilli sempre- in effetti ero avvolta dalla stessa luce che avvolgeva Bryan.

Lo specchio mi fece sorgere un'altra domanda, come aveva fatto Bryan a farlo apparire, lui non aveva solo il potere di teletrasportare cose e se stesso, di persuadere gli umani e di rendersi invisibile?

-Bryan come hai fatto a far apparire lo specchio? Non avevi soltanto tre poteri?- domandai curiosa della sua risposta.

-Nel Regno e solo nel Regno tutti gli Angeli hanno anche il potere di far apparire alcuni oggetti, ovviamente purché siano inoffensivi- quindi poteva far apparire tutto ciò che voleva? Utile!

Il mio sguardo tra lo sbalordito e il confuso, rese il mio Angelo ilare, cominciò a ridere, ma più che felicità mi sembrava nervosismo, voleva che pensassi il meno possibile a quello che mi aveva detto prima, ma io non dimentico.

-Perché mi avete camuffato? Hai detto che siamo stati condannati...- l'ultima parola la pronunciai a bassissima voce.

-Tesoro non siamo spacciati, dobbiamo a partire per una specie di missione ed è meglio che ti credano un Angelo- volevo più dettagli!

-Giada non ho detto altro a Bryan se non di fidarsi di me!- intervenne Paride come se mi leggesse nel pensiero.

Osservai attentamente la luce davanti a me, non sembrava inaffidabile o ingannatrice, Paride sentiva per qualche strana ragione che l'amore che legava me e Bryan era puro e vero, mi pareva un tipo apposto di cui ci si poteva fidare, se partire per questa fantomatica missione era tutto ciò che potevamo fare, io l'avrei fatto.

-Ok- sillabai.

-Chissà perché la tua veste è rosa...- borbottò tra se Paride, ma persa nei miei pensieri non feci molto caso alle sue parole...


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Capitolo 21
*** Sogno. ***


Stavamo camminando da ore in quel bosco incantato, sembrava di essere nell'Eden, tutto era così verde, tutto era così colorato, la temperatura era perfetta, un dolce venticello primaverile accarezzava la mia pelle, l'ansia, la paura si stava allontanando gradualmente, mi sentivo rinata.

Quel bosco era tale e quale a quello che mia mamma mi descriveva durante l'ora del racconto prima di addormentarmi, irrealmente stupendo, non mi sarei stupita se avessi trovato animali e alberi parlanti, oppure se quel luogo fosse il nascondiglio per un popolo di fate immortali.

Non potevo però evitare di sentirmi stanca, mi facevano male i piedi e avevo una fame da lupi, mi volevo fermare, ma nessuno pareva volesse darmi ascolto.

Ebbene sì, non potevamo usare il potere di Bryan per teletrasportarci nel posto voluto, il Signore si sarebbe accorto subito della nostra fuga e avrebbe saputo perfettamente dove trovarci, se invece andavamo a piedi gli avremmo complicato un po' il lavoro, ma l'onnipotente non ci avrebbe messo molto a rintracciarci.

Ecco perché Bryan mi trascinava tendomi per mano lungo le vie tortuose del bosco, cercando di non ascoltare i miei lamenti, il mio Angelo soffriva per me, ma non riusciva a disubbidire agli ordini di quel Serafino, il quale aveva ordinato di andare avanti fino a ordine contrario.

Io ero umana e avevo bisogno di risposo, di cibo, se no diventavo pazza, capivo che quel viaggio era per noi la salvezza, ma non potevo andare avanti così.

Guardavo sognante quei frutti colorati sugli alberi, quanto avrei voluto assaggiarne qualcuno, sembravano così succosi!

Puntai i piedi a terra, fermandomi bruscamente, Bryan si voltò rivolgendomi una preghiera con lo sguardo.

-Basta, devo riposare, devo mangiare, insomma non sono una creatura angelica che può camminare a oltranza senza aver bisogno di niente- urlai stravolta, la notizia che le creature angeliche potevano vivere senza dormire e senza mangiare l'avevo saputa da poco, e dal mio punto di vista era veramente un'ingiustizia .

L'espressione sul viso di Paride era indecifrabile (ormai sapevo interpretare anche quello che esprimeva il volto del nostro difensore), forse era sorpreso.

La mia forza interiore aveva colpito Paride, me lo aveva confessato usciti dalla Grotta, pensava che i dolori che avevo vissuto mi avevano portata ad essere determinata e forte a tal punto che neanche un Serafino che in teoria avrei dovuto ascoltare e ubbidire istintivamente nello stesso modo di Bryan non influiva sulle mie decisioni.

Ero per il Serafino “una creatura rara”.

-Bryan fai apparire del cibo per lei, non può mangiare alcun frutto di questo bosco è proibito, e prendila in braccio, dobbiamo andare avanti- già questa soluzione mi piaceva di più, peccato però per i frutti.

-Cosa vuoi da mangiare?- mi domandò Bryan, obbedendo a Paride.

-Un panino e una bottiglia d'acqua basteranno- dissi soddisfatta che finalmente mi avessero dato ascolto.

Bryan mi accontentò subito, ma ripartimmo all'istante, mangiai tra le braccia del mio Angelo che procedeva a passo spedito, gli avevo detto che se era un problema potevo scendere, ma Bryan aveva ribattuto dicendo che per lui ero veramente leggera e che in più non aveva bisogno di riposarsi o mangiare.

Continuammo a camminare, o per lo meno Bryan continuò a camminare, io mi rilassavo accoccolata nelle sue braccia forti, pensavo che le mie ali avessero dato fastidio invece creavano un sorta di materasso naturale.

Chissà dove stavamo andando... Paride non aveva voluto parlarne per non rischiare che qualcuno sentisse, aveva solo detto che il posto era lontano.

Il bosco pareva non finire mai, era così fitto che neanche la luce del Regno riusciva a penetrare, gli alberi però emettevano uno strano luccichio, ogni cosa dentro quel Regno pareva brillasse.

Gli alberi verdi mi sfilavano davanti, ero veramente stanca, sbadigliai, e piano piano la mia vista si appannò le palpebre si chiusero e mi addormentai.

Sognai mia madre, per la prima volta da quando l'avevo persa, probabilmente anche il mio inconscio si rifiutava di ricordarla per non soffrire troppo.

Era in quel bosco con me, ma non era umana, era un bellissimo Angelo vestito con una veste d'oro, i suoi lineamenti, i suoi capelli castani e i suoi occhi azzurri che aveva ereditato mia sorella non erano cambiati.

-Amore- la dolce melodia della sua voce avvolse l'aria.

-Si mamma sono qui- calde lacrime scorrevano sulle mie guance.

-Devi promettermi che non ti farai male durante questo viaggio, io veglio su di te bambina mia, ti voglio bene, mi raccomando stai attenta e fidati del tuo cuore- disse questo e sparì nel nulla, corsi fino dove un minuto prima c'era mia mamma, ma naturalmente non c'era niente.

Mi destai dal sonno, ero molto scossa, quel sogno era stato molto realistico.

Sbattei le palpebre, poi le spalancai.

Mia mamma mi mandava un messaggio? Era veramente lei? I miei pensieri vennero interrotti dalla voce del mio Angelo.

-Buongiorno bella addormentata- mi disse con il sorriso sulle labbra Bryan, uno di quei sorrisi che riusciva a calmarmi,ma niente riusciva a liberarmi dell'immagine di mia mamma, quelle poche parole che mi aveva detto risuonavano ancora nelle mie orecchie prepotenti.

Mi accorsi a mala pena che eravamo fermi, eravamo arrivati? -Hai dormito ben dodici ore, eri stanca!- continuò Bryan mantenendo il sorriso, in effetti sentivo i miei muscoli intorpiditi per effetto del lungo sonno.

-WOW- riuscii solo a dire sorpresa della mia lunga dormita, ma forse mi serviva proprio.

-Siamo fuori dal bosco, il panorama per te da qui deve essere molto suggestivo- parlava Paride con il suo solito tono di voce distaccato e freddo.

La curiosità era troppa, quindi mi feci mettere giù da Bryan, e mi accorsi che il bosco era alle nostre spalle e che noi eravamo su una collina.

Il panorama era fantastico una strada piena di tornanti e curve dorate portava ai piedi della collina, lì si poteva vedere uno strano luccichio diverso da quelli già incontrati.

Tutto era circondato dal prato verdissimo, il colore della speranza, e da migliaia di specie diverse di fiori tutti con una caratteristica in comune il colore azzurro intenso.

Bryan e Paride mi lasciarono ammirare quello spettacolo senza disturbarmi per alcuni minuti.

-Dobbiamo percorrere quella strada?- domandai.

-Certo- confermò Paride dietro di me.

-Cosa aspettiamo? Andiamo!- Affermai io, felice di aver attraversato quella strada stupenda.

-Giada vuoi che ti prenda in braccio?- mi chiese Bryan mettendosi davanti a me e accarezzandomi lievemente una guancia.

-No, voglio camminare- non obbiettò la mia decisione, mi prese per mano e cominciò incamminarsi lungo quella strada dorata che non sapevo ancora dove ci avrebbe condotto.

L'immagine di mia mamma continuava a popolare i miei pensieri, era lei che voleva parlare con me?

Ma la domanda principale era perché? Lasciai stare questi strani pensieri e non chiesi niente ai miei compagni... Sicuramente era soltanto uno stupido sogno...

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Capitolo 22
*** Il male. ***


La strada sembrava corta invece era più lunga di quanto mi immaginassi, infatti eravamo soltanto al primo tornante dei sei che ancora ci aspettavano pazienti.

Non ero stanca, avevo dormito così tanto, ma non sapere dove ci stavamo dirigendo e quali problemi avremmo incontrato mi faceva veramente innervosire.

Odio fare qualcosa senza avere uno scopo ben preciso nella mia testa, certo ci dovevamo salvare, ma in che modo?

L'Angelo di fianco a me si fermò improvvisamente sulla faccia era dipinta una tipica espressione di paura misto sbalordimento per qualcosa che io evidentemente non potevo né sentire né toccare né tanto meno vedere.

Paride bloccò la sua camminata, anche se era davanti a noi e il suo sguardo era rivolto verso la strada , pareva sentirci benissimo.

-Bryan cosa c'è?- domandai immergendomi nel nero dei suoi occhi.

-Non hai sentito quella voce?- era confuso, ed ora cosa aveva sentito? Eravamo in pericolo? Perché si era spaventato così tanto?

-No- riuscii a rispondere.

-Mi ha detto di proteggerti di non perderti mai di vista, ha detto che non ti dovrò mai più far soffrire, poi ha detto di ricordarti di fidarti di te stessa sempre e comunque- le parole somigliavano spaventosamente a quelle che mia mamma mi aveva detto nel sogno, cominciavo a pensare che forse veramente mia madre si voleva mettere in comunicazione con noi e ciò da una parte mi spaventava, perché le sue parole preannunciavano sventura, ma da una parte mi rendeva anche felice di sapere che in qualche luogo la mia mamma era ancora presente e che vegliava su di me.

-Chi era?- domandò Paride, ed io tornai alla realtà.

-Non lo so - Bryan aveva ancora gli occhi spalancati e velati.

Dovevo raccontare del mio sogno, di mia madre, di quanto quelle parole che aveva appena udito il mio Angelo fossero simili a quelle che avevo sentito io.

Non lo feci, il motivo può apparire stupido: l'immagine di mia mamma doveva rimanere una cosa personale, non avevo voglia di discutere con loro del mio sogno e sottolineo mio, non era il momento adatto.

Paride indagò i miei occhi, cercava di leggermi dentro, avevo compreso che il Serafino riusciva parecchie volte a carpire i miei pensieri, con tutte le mie forze costruii un muro nella mia mente: il mio sogno sarebbe stato al sicuro?

-Strano...- mormorò Paride -Sicuro che non fosse una preghiera?- chiese infine il Serafino rivolto a Bryan, non distogliendo comunque il suo sguardo fisso su di me.

-No, sapeva il nome di Giada- Bryan mi strinse la mano, avevo l'impressione che aveva detto qualcosa di importante, qualcosa di così pauroso da non riuscir dire ad alta voce, ma Bryan per me era come un libro aperto, solo con un semplice tocco riusciva trasmettermi un sacco di informazioni.

-Andiamo avanti- ordinò il Serafino e Bryan procedette trascinandomi sulla strada dorata circondata da fiori celestiali, lo segui ben volentieri, intanto studiavo il viso del mio amore.

Qualcosa sicuramente lo rendeva pensieroso, lo notavo dalle sopracciglia aggrottate e dalle piccole rughe formatosi sulla fronte, quel qualcosa era per certo una brutta notizia perché gli occhi erano velati da una sorta di nebbiolina lucida e la sua mano stringeva forte la mia.

Il suo corpo era qui, la sua mente vagava per strade la cui esistenza era a noi estranea.

Paride non era per niente scalfito da ciò che era successo continuava a camminare davanti a noi con sicurezza.

Il silenzio intorno al nostro piccolo gruppo era infido, maligno, non mi piaceva affatto, il vento tipico del Regno era scomparso e i fiori erano meno luminosi, assomigliava alla quiete prima della tempesta.

Mi sentivo sola.

-Bryan- tentai di richiamare la sua attenzione, non rispondeva.

-Bryan- chiamai più forte, il mio Angelo non mi degnò di uno sguardo, continuava a camminare senza sosta, ma non mi udiva, cominciavo ad avere paura.

Tentai altre due o tre volte, eppure sentivo la sua mano nella mia, il rumore dei suoi passi, provai anche a pizzicarmi per vedere se era un sogno, ma purtroppo era tutto vero.

-Paride- urlai come una dannata, ma neanche il Serafino sembrava non riuscire a sentire la mia voce, e ciò era altamente improbabile.

Urlavo invano contro il cielo bianco come il latte, ma continuavo a tenere stretta la mano del mio amore non volevo lasciare quella sicurezza.

Il mio cuore rimbalzava nel mio petto furioso e questo era l'unico suono di vita che potevo sentire in quel mare di silenzio.

Terrorizzata continuavo a camminare condotta dalla mano di Bryan.

-Giada- una voce spregevole, fredda, rivoltante, un suono fastidioso e stridente, tuonò nella valle silente.

-Chi sei?- chiesi tremante e con voce incerta.

-Che domanda è la tua? Sono ciò che pensi che sono, sono ciò che porta pianto, disgrazia, odio, male, paura, lampo, tuono, i tuoi incubi peggiori, io sono colui che ti ha fatto incontrare il tuo amore, sono tentazione e peccato, sono la pece nera, sono potente!- il tono viscido come un serpente strisciante mi stringeva lo stomaco in una morsa soffocante.

-Tu sei Lucifero- ebbi il coraggio di sentenziare affannosamente, l'aria tiepida primaverile che era scomparsa si stava tramutando in un gelido vento invernale, il cielo prima di un bianco puro stava diventando nero, inquietante, solo i lampi illuminavano la strada.

-Cosa vuoi da me?- domandai, stringendo ancora di più la mano di Bryan.

-Voglio fare un patto con te- rispose con semplicità alla mia domanda.

-Di cosa si tratta?- chiesi in automatico.

-Non sono mai generoso in genere, ma oggi mi sento particolarmente buono e caritatevole- un ghigno seguì la frase -Ti voglio proporre un buon compromesso io lascerò Bryan per sempre con te come umano, però prima tu ti dovrai inchinare davanti a me, un inchino soltanto, cosa da poco- la richiesta non era così male, un semplice inchino e avrei avuto Bryan per tutta la vita.

-Un solo inchino per una vita con Bryan- Lucifero parlava con voce suadente, mi incantava.

Un solo inchino.

-Mi devo mettere in ginocchio?- non sapevo come erano gli inchini qui nel Regno Supremo.

-Sì Giada un inchino, uno solo- la voce continuava seducente non era più maligna, era dolce, calda, affidabile perfino bella.

-Grazie Lucifero- dissi completamente presa dalla sue parole promettenti.

Un dito alla volta mi staccai dalla mano di Bryan.

Un solo inchino.

Lentamente cominciai ad abbassarmi.

Un solo inchino.

Le ginocchia stavano ormai quasi toccando terra.

Un solo inchino per Bryan.

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Capitolo 23
*** La rivelazione ***


-Giada, non lo fare, Lucifero ti sta ingannando, un inchino equivale a essere sua per sempre, non lo fare! Giada ascolta te stessa- quelle parole entrarono nella mia testa improvvisamente.

Mi fermai.

Lucifero era il male, era l'inganno perché lo stavo ascoltando? Perché avevo accettato la proposta, mi guardai attorno cercando Bryan, si era fermato anche lui, ed era lì accanto a me, gli presi la mano e la strinsi alla mia, e mi misi in piedi.

-Tu non puoi incantarmi, non puoi tentarmi, io non accetto il patto- urlai verso il nulla.

-Come hai fatto?- domandò Lucifero con un certo stupore. -Comunque in qualunque modo tu abbia fatto, sicuramente io te ci rivedremo, insulsa umana- sentivo tutta la sua rabbia venirmi addosso e dovetti ricorrere a tutte le mie forze per non cadere a faccia in giù.

Intanto tornò la pace.

Il cielo non diventò di nuovo bianco, ma rimase scuro.

Una luna piena stupenda mi guardava sorridente, le stelle erano tantissime nel cielo, ed i fiori frusciavano al ritmo del venticello, ero estasiata dal cielo luccicante e dalla tranquillità che si era creata intorno a me, sembrava di essere caduta in un quadro tanto quella notte era fantastica.

Il terrore che mi aveva infuso Lucifero, però non scomparve, neanche quella notte perfetta riuscì a far scomparire i miei timori.

-Giada stai bene?- Bryan mi guardava interrogativo, la paura mi aveva inchiodato le gambe e bloccato la parola, l'unica cosa che riuscii a fare fu buttare le braccia al collo del mio angelo e incollare febbrilmente le mie labbra alle sue.

Appoggiai le mani sul suo petto caldo, perfetto e sentii come se una energia nuova circolasse nelle mie vene fluida e potente, mi sentii più forte.

-Questo lo considero un sì- annunciò sorridente, poi si guardò intorno dubbioso. -Paride, perché è notte? Fino a un minuto fa era giorno? E non sapevo che tu Giada dormissi anche in piedi...- io non ho mai dormito in piedi, naturalmente Lucifero doveva aver creato una sorta di visione nella mia mente e forse sembrava che dormissi per Paride e Bryan.

-Giada cosa hai visto? E Bryan cerca di essere meno spiritoso...- Paride era agitato, anche se per un umano non molto pratico di Serafini poteva sembrare perfettamente a proprio agio.

Serrai forte la mano di Bryan nella mia e poi dissi quel nome -Lucifero-

La luce scintillante di cui era composto Paride si attenuò per un attimo, Bryan spalancò la bocca e strabuzzò gli occhi come se avesse visto un gatto parlare tranquillamente con un topo avente giacca e cravatta incorporati.

-Giada, cosa ti ha detto?- Paride fu il primo a uscire dallo shock.

-Lucifero mi ha proposto un patto...- non riuscii a finire il discorso che Paride mi bloccò con altre domande.

-che patto? Hai accettato il compromesso?- la velocità con cui parlava era sorprendente, dovevo stare molto attenta per capire tutto ciò che mi chiedeva.

-Mi ha proposto un inchino per avere Bryan per tutta la vita, in un primo momento ho accettato, poi però ho capito con chi avevo a che fare e mi sono fermata...- non era propriamente vero, in realtà era stata la voce di mia mamma a fermarmi, ma il momento di dire tutto a proposito di mia madre non era ancora arrivato, non mi sentivo ancora pronta.

-Tu mi stai dicendo che sei riuscita a non farti governare dal male, lo sai che nessun umano dopo che ha accettato il patto può uscirne, Lucifero dopo il fatidico “sì” tiene in potere le proprie vittime, come hai fatto?- forse era questo che intendeva Lucifero quando mi aveva chiesto come avessi fatto, ero sicura che ero riuscita a non farmi comandare dal influenza funesta di Lucifero solo grazie a mia mamma, però né Paride né Lucifero lo potevano sapere.

Intanto Bryan era ancora bloccato, era impietrito.

-Bryan dobbiamo andare avanti, dobbiamo muoverci!- solo quando Paride lo esortò a camminare lui si sbloccò.

-Perché è notte?- Bryan era ancora impressionato dal incontro che avevo avuto lo capivo dal suo tono flebile.

-Il buio è Segno del male, la conquista sta iniziando ufficialmente da ora- la solennità della voce Paride mi fece tremare le gambe e seccare la gola, Lucifero ci aveva trovati, ed ora noi dovevamo scappare.

Osservai il cielo che mi si presentava perplessa: era bello come poteva essere opera del male, era rassicurante e calmante.

Era troppo affascinante per essere opera di Lucifero, non avrei potuto credere che Lui fosse in grado di creare una cosa così splendida.

-Paride sei sicuro? È una notte talmente bella...- lo dissi continuando a guardare verso il cielo rapita completamente dalla sua bellezza.

-Giada svegliati! Lucifero sa illudere, sa ingannare molto meglio di quanto creda ed è meglio non perdere mai alla lettera ciò che dice ed è meglio non farsi ingannare da ciò che vedi, soprattutto quando la sua presenza è vicina...- la verità di quelle parole mi fece abbassare gli occhi, era la seconda volta che venivo soggiogata da Lucifero: la prima con il patto, la seconda con questa incantevole notte e ora avevo paura che ce ne potesse essere una terza.

Dovevo parlare con Bryan e chiedergli esattamente ciò che quella voce gli aveva detto, sentivo che era qualcosa di importante, qualcosa che dovevo sapere.

Tirai il braccio del mio Angelo, gli feci segno di avvicinare il suo orecchio alla mia bocca.

-Bryan noi due dobbiamo parlare, portami un attimo nella Grotta delle Meraviglie tanto ormai Lucifero sa dove siamo- Bryan ascoltò in silenzio, poi pronunciò due parole e davanti a me comparve la Grotta.

Bryan era ancora indeciso se dirmi la verità, le sue mani erano strette a pugno e le pupille dei suoi occhi erano puntate nelle mie, quasi nei miei occhi ci fosse la risposta alla sua incertezza.

Lentamente il sguardo scese fino ad arrivare al mio ventre, lo sfiorò con delicatezza poi tornò a guardare il mio viso e lo sfiorò allo stesso modo.

Prese la mia mano e con dolcezza mi spinse dentro la grotta ed entrò nel piccolo cunicolo a destra dove avevo incontrato Ambra prima di partire.

Lasciò la mia mano e si allontanò tenendomi le spalle, io rimasi all'entrata del cunicolo, non so perché, ma non lo volevo seguire.

-Giada- pronunciò il mio nome mentre era ancora di spalle, poi si girò teatralmente. -Non so come dirtelo...- cosa mi doveva dire di così terribile?

Tante teorie mi vorticavano nella mente: forse mia mamma gli aveva detto che non c'era speranza per il nostro amore malato che alla fine di questa “missione” ci saremmo salutati e ognuno sarebbe andato per la propria strada senza lacrime, senza stupide scenate da filmetti da quattro soldi e senza rimpianti da parte di nessuno dei due, oppure che nonostante il nostro amore non saremmo mai arrivati alla fine della “missione” perché saremmo morti prima di arrivare al finale e il nostro amore sarebbe diventato una leggenda per le creature angeliche sottomesse alla tirannia di Lucifero, e il male avrebbe avvelenato la Terra e tutto ciò che avrebbe potuto avvelenare con il suo veleno malefico.

-Io non sapevo che poteva succedere- la sua voce si ridusse a un borbottio a mala pena decifrabile, cosa non sapeva, e cosa era successo, maledizione!

-Bryan ti prego parlami- lo implorai, ma il mio Angelo rimaneva immobile, con gli occhi fissi sul pavimento liscio.

-Giada è difficile- non l'avevo mai visto così preoccupato, ed incominciavo a pensare cose ancora più orribili a quelle che avevo ipotizzato. -Adesso capisco perché la tua tunica è rosa- ed ora cosa centrava il colore della mia tunica, era solo una stupida tunica.

Corsi verso di lui e gli presi tutte e due le mani pensando che forse era in una specie di trance dovuta alla paura di quello che doveva dirmi.

Bryan alzò lentamente la testa.

-Giada tu sei incinta- sillabò, ed io svenni tra le sue braccia.

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Capitolo 24
*** Pioggia di vita ***


La pioggia.

Meravigliosa con il suo ticchettio di libertà.

Ti bagna con gentilezza.

Giulia .


Ero incinta, qualcuno me lo aveva detto, doveva essere stato un sogno uno di quelli vividi che sembrano reali, era impossibile che fossi incinta, ma poi ricordai che era tutto vero, nessuno scherzo, nessun inganno, la voce cioè mia madre l'aveva detto a Bryan e mia mamma non poteva mentire su una cosa del genere.

Due braccia mi stavano sorreggendo in quel momento, quelle braccia erano di Bryan, il mio amore, l'unico con cui avevo fatto l'amore in questi l'ultimi tempi, il padre del bambino che portavo in grembo.

Potrebbe parere paradossale, però ero felice, ero gioiosa, il nostro bambino.

Aprii gli occhi, il viso di Bryan copriva la mia visuale, le sue linee virili, forti, mi affascinavano come la prima volta che lo avevo incontrato.

Lo amavo, e avrei amato ancora di più il frutto del nostro amore.

-Amore stai bene? Non te lo avrei dovuto dire... lo sapevo che ti avrebbe fatto questo effetto... tu sei giovane ed io ti ho messo nei guai, lo so- lo guardai spaesata, lui pensava che mi avesse inguaiata, che fossi troppo giovane? Cosa stava blaterando!

-Bryan io sto benissimo, ma...- non mi lasciò finire la frase, quanto mi dava fastidio quando pensava di sapere quello che stavo per dire.

-ma pensi che avrei dovuto dirtelo, così avremmo preso le precauzioni necessarie, ti chiedo scusa per la mia ignoranza avrei dovuto sapere se avessi potuto mettere incinta una ragazza.- se avessi avuto un masso sotto mano in quel momento glielo avrei lanciato sul quel suo testone cocciuto, ma mi fu concesso solo di sbuffare sonoramente e lanciargli un occhiataccia omicida.

-Vuoi ascoltarmi per favore, io sono felice di avere un bambino da te, la cosa mi ha solo colto con un po' di sorpresa, pensavo che mi dovessi dire qualcosa di più pauroso, invece eri solo nervoso che io non accettassi la situazione, meglio così- non mi ero mai immaginata sino a quel momento mamma, però questo ruolo inaspettato mi faceva sentire più leggera, certo le responsabilità aumentano, i pannolini, le prime pappe, la scuola e poi c'era l'educazione naturalmente, stranamente tutto questo non mi pesava affatto, anzi mi rendeva più forte, mamma, io mamma: mi piaceva!

-Veramente? Non sei arrabbiata? Io pensavo che volessi vivere ancora la tua gioventù , che volessi essere ancora spensierata per un po'- il mio Angelo esitava ancora.

-Si, sono felice e purtroppo la mia spensieratezza l'ho persa già da un po' di tempo.- un poco di tristezza fece capolino al pensiero della morte della mia famiglia, e il cambiamento che avevo dovuto affrontare da sola.

Bryan mi stritolò tra le sue braccia e girò in tondo.

-Adesso Bryan mi fai scendere?- chiesi un po' acida, avevo due gambe e le volevo usare.

-certo- piano, piano mi fece scendere.

Non eravamo più nella Grotta, eravamo sulla strada dove avevamo lasciato Paride, il Serafino era poco lontano da noi, ci guardava, non sembrava arrabbiato, non mi ero neanche accorta della sua presenza durante il discorso con Bryan, in realtà pensavo di essere ancora nella Grotta delle Meraviglie.

Paride si avvicinò a me e fissò il mio ventre quasi potesse vedere cosa c'era all'interno.

-Bryan non dovevi continuare il discorso qui, adesso anche Lucifero può aver ascoltato, sei uno sconsiderato!- urlò il Serafino, perdendo le staffe veramente per la prima volta da quando lo avevo incontrato.

-Giada, tu devi essere meno impulsiva e voglio che mi dici a chi appartiene la voce che ha sentito Bryan!- sgridò anche me ferocemente, avevamo sbagliato.

-La voce appartiene a mia madre- risposi all'istante senza raccontare tutti i particolari.

-Vi dovete mettere in testa che questo non è un gioco, Lucifero farà di tutto per ucciderci, e questo è solo l'inizio, la tentazione non è facile da evitare, soprattutto per te Giada, tu sei umana- Paride parlò con calma.

Avevamo appena gridato al mondo che ero incinta, mettendo a rischio sia la nostra vita, che quella di nostro figlio, non avremmo mai dovuto essere così stupidi, e pure lo eravamo stati.

Bryan per primo, lui non si censura mai, ciò che pensa dice, ma ogni tanto si dovrebbe limitare, in quel momento l'avrebbe dovuto fare.

Io avevo sbagliato, avrei dovuto rendermi conto di dove eravamo, avrei dovuto bloccarlo, invece ero incantata dal suo viso, il suo viso mi inebriava come un dolce vino pregiato, quando lo vedevo non riuscivo a guardare altrove, non mi interessava dov'ero se c'era il suo viso davanti ai miei occhi.

Ora Lucifero sapeva in un certo senso della mia “debolezza”, sapeva il mio punto debole, odiavo considerare il mio bambino in quel modo, però era esattamente così.

Poi i miei capelli iniziarono a inumidirsi.

Una leggera pioggerella cominciò a cadere, il cielo era immacolato,non c'era alcuna nube nera minacciosamente ricolma d'acqua, e pure la pioggia continuava a scendere, creando una sinfonia inconfondibile, rilassante, depurante.

Ho sempre amato la pioggia, da quel senso di libertà, spensieratezza, e in quel momento fu un tocca sana, respirai a fondo il suo odore, avrei avuto voglia di gridare, un urlo liberatorio, alzare le braccia al cielo e cercare di prendere più gocce possibili, aprire la bocca, berla, sentirmi viva, come quando baciavo Bryan, si perché era quella la sensazione che mi dava, mi faceva sentire viva, reale, ed la sensazione più bella che abbia mai provato nella vita.

Basta sensi di colpa, il mio obbiettivo era mantenere in vita quella sensazione, e senza Bryan non era possibile, senza il bimbo che c'era nel mio grembo non era possibile, quel bimbo che sentivo già tra le mie braccia era ormai essenziale alla mia felicità.

Toccai la mia pancia come se accarezzassi il volto di mio figlio o figlia che sia, una lacrima dolce scese lentamente dalla mia guancia.

Dovevo farcela per il mio bimbo, non potevo permettermi di fallire, niente sbagli, nessun errore, io glielo dovevo, dovevo tutto al frutto del nostro amore.

-Scusa, sono sempre il solito, non permetterò a nessuno di far male al nostro bimbo, lo giuro- Bryan si avvicinò e prese il mio viso tra le sue mani, mi asciugò con un gesto lento la scia bagnata che aveva lasciato dietro di se la lacrima e poi come se fossi qualcosa di fragile baciò le mie labbra.

Le gocce si insinuavano nei suoi capelli, sulle nostre labbra, rendendo quel bacio assolutamente surreale.

Lasciato andare il mio viso si abbassò fino ad essere di fronte al mio ventre ancora piatto, lo baciò altrettanto delicatamente e prese ad accarezzarlo amorevolmente.

-Lo giuro anche a te, fosse l'ultima cosa che faccio- sussurrò solennemente il mio Angelo e la luce che lo avvolgeva si illuminò ancora di più.

Paride si intrufolò tra di noi, guardò prima me poi Bryan -Io ammiro il vostro amore- fu tutto ciò che disse.

Per qualche minuto restammo immobili e in silenzio, il ticchettio della pioggia era il solo suono udibile.

-Detto questo, ora dovete scegliere se continuare a piedi o teletrasportarci fino alla fine di questa strada.

Alla fine di questa strada ci sono dei cancelli, il cui passaggio è consentito solo ad Arcangeli, Cherubini, Serafini e naturalmente al Signore, io vi ho fatto ottenere un permesso speciale, non ci si può teletrasportare oltre il cancello, non è permesso, ci si deve entrare a piedi.- Paride fece terminare il silenzio.

-Secondo te Paride qual è la scelta migliore?-chiesi, mi fidavo di lui, ci aveva portato fino a qui, aveva aiutato me e Bryan.

-Lucifero ormai ci ha scoperto, adesso secondo me la nostra priorità è la velocità, io sceglierei di teletrasportarci fino alla fine di questa strada- la sua logica non faceva una piega.

-Ci potrebbero essere conseguenze per il bambino?- domandò Bryan a bruciapelo.

-Non lo so- disse sinceramente Paride.

-Io non voglio rischiare, e credo che tu Giada sia del mio parere?- il mio Angelo mi guardava con un espressione seria in viso, io annui, non volevo rischiare per nessuna ragione al mondo di perdere il mio bambino.

-Allora è deciso Paride andremo a piedi, magari per fare più veloce potrei prendere in braccio Giada e correre- Bryan parlava chiaro, ed era più deciso che mai.

    NOTE DELL'AUTRICE

Ciao a tutti coloro che sono arrivati alla fine di questo capitolo e grazie per averlo letto... 

Ringrazio l'autrice della poesia  la mia piccola sorellina Giulia di undici anni... Brava amore!!! <3

Colgo l'occasione anche per ringraziare di cuore chi ha messo la mia storia tra le seguite, ricordate e preferite e tutti coloro che l'hanno recensita!!!

Dopo la settimana di vacanza vi farò trovare un nuovo capitolo... Alla prossima!!!

Grazie un bacione...

Erica


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Capitolo 25
*** Il cancello ***


La pioggia continuava a cadere inarrestabile, fine e fredda, ero in braccio a Bryan, lui correva, ed io avevo chiuso gli occhi, sentivo solo l'aria gelida sul mio corpo e le gocce bagnate sul mio viso e sulla mia tunica.

Avevo freddo e tremavo Bryan mi stringeva sempre più forte al suo petto per riscaldarmi.

Mia madre non era più ricomparsa nella mia mente e la sua voce non si era più fatta sentire, mi angosciava non sentirla più, la cosa che però mi angosciava ancora di più era perché solo mia madre riusciva a comunicare con me? Mio padre, mia sorella che fine avevano fatto? Non potevano certo far parte del Regno del male, erano troppo buoni, allora perché non mi parlavano?

La pioggia aumentò, ero completamente bagnata, i denti battevano forti, avevo bisogno di una coperta e di una tazza di tè caldo, con le braccia proteggevo il mio ventre, forse anche il mio bimbo aveva freddo.

-Bryan ho bisogno di una coperta, sto congelando- cercai di parlare più forte che potevo, ma in realtà il mio tono era stanco e flebile.

-Coperta- disse Bryan, e un plaid caldo mi avvolse, mi rilassai sotto la coperta, chiusi gli occhi nel vano tentativo di dormire, ma non ci riuscivo, troppi pensieri, troppe paure, troppo di tutto, avevo un sovraccarico di emozioni.

-Bryan tu sai dove stiamo andando e cosa stiamo cercando?- la domanda si formulò da se nella mia mente e quasi non mi accorsi di averla pronunciata.

-No, io mi fido di Paride- fu l'unica risposta che riuscii ad ottenere.

La pioggia aumentò ancora, secchiate d'acqua venivano giù dal cielo, di questo passo la strada si sarebbe trasformata presto in un fiume, avevo gli occhi ancora chiusi, ma la vista non serviva per accorgersene, bastava sentire il rumore forte delle gocce che cadevano sul terreno.

Ormai neanche quella coperta riusciva a tenermi calda e asciutta.

-Bryan- sentii la voce di Paride carica di preoccupazione e paura.

-Lo so- avevo saltato alcune battute del loro discorso, riuscivo a sentire solo la pioggia che scrosciava violentemente, sentivo solo l'umidità che mi penetrava fino nella ossa, la sensibilità tattile delle mani e dei piedi mi stava abbandonando.

Tentai di parlare -Bryan...- riuscii solo a biascicare il suo nome.

-Giada, adesso ti portiamo al caldo- la sua voce sembrava amplificata, provai ad aprire gli occhi, ma ero troppo debole.

-Paride ora come facciamo?- un'altra frase sconnessa arrivò alle mie orecchie.

-Dobbiamo resistere- a cosa dovevamo resistere? Alla pioggia? Maledizione era solo acqua, cosa stava succedendo, stavo sognando, perché ero ancora bagnata? Ero confusa, avevo paura.

-Bryan... ho freddo...- cercai di dire ad alta voce, doveva portarmi via da quella strada, da quell'acqua.

-Lo so, Giada, ma non posso fare niente- era un Angelo lui poteva fare tutto.

-Ho bisogno di te- questa fu l'ultima frase sensata che pronunciai, poi non capii più niente, ero solo bagnata, avevo solo freddo e avevo tanto, ma tanto sonno, mi abbandonai tra le braccia di Bryan sfinita.

Finalmente sentivo l'aria tiepida sulla mia pelle, la mia tunica era ancora umida, la sentivo appiccicata sul mio corpo che si stava asciugando lentamente, qualcuno mi accarezzava il viso, la sua mano era asciutta e rassicurante, ero sicura che fosse Bryan.

Aprii gli occhi il viso del mio Angelo era intento a guardare qualcosa davanti a lui , cercai di parlare, ma Bryan mi tappò la bocca con una mano, segui lo sguardo del mio amore, poco davanti a noi c'era Paride che parlava con tre figure: quella davanti al Serafino aveva quattro ali, possedeva un corpo di leone e ben quattro facce, una inconfondibilmente dai tratti umani, la seconda aveva i tratti di una mucca, la terza invece era incorniciata da una folta criniera dorata che poteva appartene solo ad un leone e l'ultima dai tratti spigolosi e con un becco a uncino probabilmente apparteneva a un uccello rapace, o un aquila o un falco, alla destra di questo essere, sospesa nell'aria, c'era una ruota oro di un carro, la particolarità della ruota era che su di essa c'erano dei piccoli fori che assomigliavano a degli occhi.

Altre due figure indietro rispetto al essere a quattro teste erano posizionate alle due estremità di un cancello argentato, queste sembravano Angeli, però indossavano un armatura di ferro con buchi per permettere il passaggio delle ali e l'elmo che portavano non mi permetteva di vedere e studiare i tratti dei loro visi.

Avevo voglia di capire chi fossero mai quelle strane creature, e perché Paride intrattenesse con l'animale/uomo a quattro teste una conversazione all'apparenza molto intima, non riuscivo neanche a capire di cosa stessero parlando tanto il loro tono di voce era basso, e pure ero lontana meno di un metro da Paride e dall'animale/uomo.

Il Serafino tirò fuori un foglio luminoso simile a quello che Bryan mi aveva fatto guardare prima di partire per questa avventura, il foglio luminoso galleggiava nell'aria alla giusta altezza per permettere alle quattro teste di controllare il contenuto.

Gli occhi delle teste osservarono per qualche minuto il foglio, poi il foglio si sistemò all'altezza della ruota, allora erano veramente degli occhi quei fori su di essa!

Anche la ruota osservò per qualche minuto il foglio.

Capii che Paride stava aspettando un responso, poi un flash attraversò la mia mente, il cancello, la fine della strada, i permessi per varcare il cancello, forse il foglio luminoso era il permesso mio e di Bryan per andare oltre il cancello, e quelle due creature stavano controllando se fosse tutto in regola.

-Bryan, Giada avvicinatevi- Paride richiamò la nostra attenzione.

Bryan mi posò a terra, non ero sicura di poter mantenermi in equilibrio, sentivo le gambe molli come se al posto di quegli arti ci fossero due enormi panetti di burro, mi aggrappai al braccio del mio amore e camminai insicura verso l'essere a quattro teste.

Abbassai lo sguardo, la mia tunica rosa era bagnata e poco presentabile, le mie forme di donna erano molto accentuate, rialzai lo sguardo, e mi accorsi che anche i pantaloni del mio tesoro, svolazzanti e bianchi, erano molto umidi e il suo petto perfetto non si era ancora asciugato del tutto.

Avevo una voglia pazzesca di aggrapparmi al suo petto e non lasciarlo più, sentire il calore della sua pelle penetrare nella mia e poi... era meglio chiudere lì il pensiero erotico, la mia mente contorta generava pensieri sbagliati al momento sbagliato.

Per distrarmi dai pensieri mi soffermai a guardare la camminata sicura di Bryan, ogni tanto l'essere sfacciato aiuta, e questa caratteristica di certo al mio Angelo non mancava, non era minimamente preoccupato dello stato dei suoi vestiti oppure se lo era non lo dava per niente a vedere.

La voce di mia mamma tuonò nella mia testa, mi pregava di credere in me stessa, di andare davanti a quell'essere sicura di me, perché gli Angeli sono sempre sicuri di se stessi, quasi mai un Angelo prova paura, l'ultima cosa che mi disse fu:” fidati di quello che hai dentro”.

Il cuore batteva, lo sentivo sbattere contro la schiena fastidioso, ne sentivo il rumore nelle orecchie: tum tu tum... Il respiro era difficoltoso dovevo pensarci, dovevo concentrarmi per far entrare ossigeno e far uscire anidride carbonica: uno, due inspira... uno due espira.

Non so dove trovai la forza di mettere un piede davanti all'altro, la creatura a quattro teste diventava sempre più vicina, riuscivo a distinguere perfettamente l'espressione stupita delle facce, almeno di quella umana, mi chiedevo da che cosa fosse dato quello stupore.

Ero davanti alla creatura, se allungavo una mano potevo toccarla, un freddo pervase le mie membra e tremai inconsapevolmente, però la pioggia e la mia tunica impregnata di acqua non centravano nulla con quel gelo e quel brivido improvviso.

Tum tu tum... uno due inspira.. uno due espira.

-Due Angeli affascinanti oserei dire- mosse le labbra solo la testa umana, le altre teste si limitavano a fissarci. -emettete vibrazioni mai sentite prima d'ora, mi aveva avvertito il Serafino, siete interessanti- il tono estremamente cordiale mi metteva a disagio, sembrava falso e spietato, non mi piaceva.

-La vostra affermazione ci lusinga, mio caro amico Cherubino, se posso osare quel è il vostro nome?- Bryan parlò in un modo e in un tono diverso da qualunque altro modo in cui si era espresso con me o con Paride.

-Mio caro Angelo parla prima tu- sembrava quasi una minaccia, oppure semplicemente si sentiva talmente superiore a Bryan da poter non rispondere alle sue domande.

-Bryan- il mio Angelo non si lasciò intimorire, e rispose prontamente dimostrando il suo coraggio.

Tum tu tum...uno due inspira... uno due espira.

-e tu che non hai ancora parlato qual è il tuo nome?- ci misi qualche secondo a capire che il Cherubino si stava rivolgendo a me, risultando a parer mio ancora una volta debole agli occhi di quella creatura angelica, magari aveva già capito che ero umana e ci voleva solo far soffrire un po', ero troppo catastrofica come al solito.

Allora tentai di parlare, ma avevo la gola troppo secca e salivazione ridotta a zero.

-Vuoi parlare mi sembra una richiesta mol...- si bloccò rimanendo con la bocca aperta e si avvicinò ancora di più verso di me, sentivo il suo respiro sfiorarmi il viso tanto quel Cherubino era vicino a me.

Il cervello smise di pensare per un attimo.

Tum tu tum.. uno due inspira... uno due espira.

-Straordinario tu oltre alle vibrazioni angeliche, emetti ancora vibrazioni umane, non l'avevo ancora sentito, dimmi per favore il tuo nome, non avere timore- emettevo ancora vibrazioni umane, ma non era questo che mi preoccupava, emettevo vibrazioni angeliche? Stavo diventando forse un angelo? Oppure era l'effetto del camuffamento?

Distolsi un attimo lo sguardo dal Cherubino, e osservai attentamente le reazioni di Bryan, ma il suo viso non tradiva alcuna emozione.

Allora ritornai a guardare il Cherubino e mi ricordai che mi aveva rivolto una domanda, a cui avrei dovuto rispondere -Il mio nome è Giada- la mia voce era leggermente gracchiante e sforzata, sicuramente se ne era accorto.

Tum tu tum... uno due inspira... uno due espira.

-Bel nome, potrei toccarti?- mi chiese pochi secondi dopo la mia risposta.

-Si- dissi senza pensarci, non potevo oppormi a lui, avrei solo peggiorato la situazione dovevo affrontarlo, Bryan doveva pensarla come me perché rimase in silenzio forse pregando come me.

Il Cherubino borbottò qualcosa in una lingua strana, una leggera nebbiolina lo avvolse e quando la nebbia si dissolse davanti a me c'era un umano vestito tale uguale a Bryan, ma capii che era la stessa creatura a quattro teste di prima poiché la testa umana era la stessa di poco fa, sicuramente toccarmi con le zampe era più difficile che toccarmi con una mano.

Mi appoggiò una mano sulla spalla e chiuse gli occhi, sentii una scossa pervadermi il corpo, e anche io chiusi gli occhi.

La sua mano rimase sulla mia spalla per pochi secondi, poi la tolse ed io rimasi immobile aspettando quel tanto atteso responso, in quella frazioni di minuti ripensai alla mia vita: dalla mia famiglia, alle mie sofferenze e alle mie gioie un immagine ne susseguiva un'altra, a un certo punto mi ritrovai a guardare un possibile futuro, la mia bambina in braccio, un piccolo fagotto con occhi marroni scuro, qualcun altro le stringeva la mano paffuta, era Bryan che con la testa affiancata alla mia ammirava estasiato il nostro capolavoro.

Ritornai alla realtà duramente, capii però il senso dell'ultima frase che mi aveva detto mia madre, la quale mi suggeriva di fidarmi di quello che avevo dentro, quello che avevo dentro non era riferito a una mia qualità o a una parte del mio carattere, ma era semplicemente riferito a quella bimba.

Misi una mano sulla pancia.

Eravamo un corpo solo, era lei che mi regalava quelle vibrazioni angeliche, era a lei a cui mi dovevo completamente affidare.

-Passate- il Cherubino emise il suo verdetto con decisione, i cancelli avanti a noi si aprirono ed io con naturalezza presi per mano Bryan, e cominciai a camminare verso il nostro destino.


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Capitolo 26
*** L'incontro ***


Varcati quei cancelli si aprì a me uno spettacolo meraviglioso.

Il cielo era di un azzurro terso illuminato da qualche saetta d'oro che ogni tanto faceva capolino in quel immenso mare celeste, tutto era invaso dal verde e dai fiori colorati, tutto profumava, un odore dolce che penetrava nel mio naso con gentilezza, faceva caldo, un caldo estivo, ma non afoso, era perfetto.

Respirai a fondo, l'aria pulita riempì i miei polmoni e già un po' di tensione accumulata a causa del viaggio e moltiplicatosi a causa del verdetto mi abbandonò, ma rimasi comunque in allerta avendo lo strano presentimento che non avevamo ancora vinto.

Bryan che mi stava tenendo la mano, mi tirò verso il suo petto e mi abbracciò con tenerezza, ed io naturalmente feci altrettanto.

Il mio Angelo mi allontanò poi solo per guardarmi negli occhi, sorrideva beato pregustando il dolce sapore che ha la vittoria.

-Giada ce l'abbiamo fatta!- gridò ridendo a squarciagola, mi prese di peso da terra e mi fece girare in tondo.

-Bryan- Paride parlò, ci girammo verso di lui e ci rendemmo conto ancora una volta di aver ignorato la sua preziosa presenza -Non è ancora finito il nostro viaggio, questa è solo una piccola vittoria, confronto a quello che ci aspetta- il Serafino aveva detto ciò che temevo avrebbe detto, purtroppo i miei presentimenti non mi avevano ingannato.

Abbassai lo sguardo un po' affranta, vidi la mia tunica ancora non completamente asciutta e la domanda sorse spontanea -La pioggia centra qualcosa con Lucifero?-

-Sì, tutte le creature angeliche odiano il freddo e la pioggia, il gelo, il buio è sinonimo di tenebre, quindi del male- l'acqua che ancora bagnava la tunica divenne pesante e fastidiosa più del dovuto, non mi piaceva l'idea che il male poteva toccare la mia pelle, starmi accanto.

-Certo infatti l'acqua fredda, il ghiaccio e la temperatura bassa sono le uniche cose che possono indebolire noi creature angeliche, dico bene Paride?- disse Bryan sicuro di quello che diceva.

-Esatto, Lucifero ci ha voluto mettere in difficoltà inviandoci pioggia fredda in abbondanza e una temperatura molto bassa- il Serafino confermò la spiegazione di Bryan –ma non solo ha anche confuso la tua mente sperando che Bryan andasse in panico vedendoti svenire, sperava che tutti questi elementi lo facessero abbattere a tal punto che avrebbe rinunciato alla missione, l'ha sottovalutato!- la voce di Paride, sembrava la voce di un padre fiero dei suoi figli.

Paride e Bryan continuarono a parlottare tra loro, io invece volli godermi per un attimo la pace che si era creata intorno a me, ignorai le lo loro voci che divennero appena dei ronzii nella mia testa.

Godei del sole tiepido che riscaldava la mia pelle e mi asciugava la tunica, il sole mi stava aiutando a disfarmi di quell'acqua gelida e scura come il male.

Mi sedetti sul prato, l'erba soffice sfiorava dolce le mie caviglie, mi faceva un po' il solletico, ma era piacevole.

Alzai gli occhi al cielo celestiale e li chiusi, respirai a fondo, l'aria sapeva di fiori e di un odore buonissimo che non avevo mai sentito prima.

Questo posto sembrava fuori dal mondo, fuori da ogni problema, tutto era così maledettamente vero, non era una pace irreale, sarei rimasta lì sdraiata per anni interi solo per godere di quella calma, solo per riempirmi fino a scoppiare di questa sensazione di benessere e calore che riscaldava ogni parte del mio corpo.

-Giada, cosa stai facendo?- la voce di Bryan mi fece sobbalzare, guardai verso di lui, l'espressione del suo viso era di nuovo preoccupata.

-Niente, mi stavo solo rilassando- risposi, ancora un po' scossa a causa del brusco risveglio.

Fissò i suoi occhi dentro i miei, quasi volesse leggere i miei pensieri perché insoddisfatto dalla risposta, qualcuno forse avrebbe distolto lo sguardo: non è affatto facile riuscire a gestire un simile modo di guardare.

Ma io, io ero incantata dai suoi occhi, persa in quel nero, sguazzavo dentro le sue pupille, mi sentivo più leggera ed era impossibile per me non guardarli, non avrei mai distolto lo sguardo per prima, non potevo.

-Giada dobbiamo entrare dentro quel edificio- aveva indicato qualcosa che stava alle mie spalle, mi voltai ed eccolo un enorme castello trasandato e imperioso, un po' inquietante, uno di quei edifici che diresti abitato da fantasmi.

Stonava in quel paesaggio così pacifico e quasi idilliaco.

Il castello era in pietra rozza e fredda, era enorme, non avevo mai visto niente di così grande nella mia vita, ed era posizionato su promontorio appena accennato e circondato da un fossato pieno di acqua limpida, il ponte levatoio era alzato, rendendo impossibile l'accesso, almeno per le mie capacità umane.

La costruzione era di forma perfettamente quadrata, ogni angolo di quel quadrato ospitava una torre massiccia, le quattro torri erano unite fra loro da mura merlate, poi ognuna di queste torri confluiva ad una centrale, la più maestosa ed alta torre che forse avevo potuto vedere .

Capii all'istante che quel castello sarebbe stata la nostra meta, forse era proprio quella la meta del nostro viaggio, ma non era sicuramente l'arrivo.

Bryan si avvicinò a me e mi prese la mano, Paride si mise davanti a noi e lentamente come se dovessimo fare un'entrata trionfante si avvicinò al ponte levatoio, si fermò esattamente qualche centimetro prima del inizio del fossato, ci fermammo anche noi.

Paride pronunciò qualcosa in una lingua strana, assomigliava vagamente al latino, però sembrava più arcaica o forse era solamente una lingua che non esisteva sulla Terra, la lingua delle creature angeliche.

L'importante fu che il ponte levatoio si abbassò e ci permise di entrare.

Probabilmente l'entrata portava direttamente nella torre centrale.

Infatti, mi ritrovai davanti ad un enorme biblioteca ogni parte di quel infinita stanza , ogni alta parete, ogni angolo era coperto da libri di varie grandezze e colori.

L'odore della carta e dell'inchiostro mi riportò con il pensiero alla mia amica Ambra, a quei giorni in cui ero diventata l'ombra di me stessa, qualcosa di più simile a un fantasma che a una persona umana.

Poi mi resi conto che non avrei più dovuto pensare a quel periodo era passato ed ora Bryan era qui mi stringeva la mano e sapevo benissimo che non mi avrebbe mai più lasciato.

Mandai via quei pensieri dalla mia mente e ritornai al presente.

Incominciai a esaminare accuratamente ciò che avevo attorno a me: gli scaffali appoggiati al muro erano di legno massiccio intarsiato, ma ormai corrosi dal tempo, il pavimento anche esso di legno scricchiolava ad ogni passo, a lato vicino agli scaffali c'erano grandi scrivanie di legno messe una davanti all'altra a formare due file parallele infinite divise da un vecchio tappeto rosso, anche queste scrivanie erano stracolme di libri.

Tutti i libri non riportavano autore e titolo, lasciai la mano di Bryan e mi avvicinai a una di quelle scrivanie piene di libri, volevo prendere e curiosare.

-Ferma!- la voce melodiosa di Paride mi aveva bloccata.

Di scatto ritrassi la mano come se mi fossi scottata.

-Cosa facciamo in questo posto?- chiesi io veramente incuriosita .

-Dobbiamo fare una ricerca- disse Paride senza dare dettagli volutamente.

-Che genere di ricerca?- insistetti.

-Quando la faremo capirai- con questa risposta mi zittì.

Bryan era rimasto un po' indietro, stranamente era silenzioso quasi sapesse cosa dovevamo fare.

Guardandolo meglio mi accorsi che era impaurito, molto spaventato, ma non capivo da cosa, ma qualunque cosa lo spaventava, spaventava anche me.

-Bryan cosa faremo?- lui sapeva qualcosa me lo sentivo.

-Lo saprai- anche lui mi rispose enigmaticamente.

Ero un po' frustrata da tutti questi segreti, ma non impaziente, avrei scoperto tutto nel momento giusto.

-Se vuoi te lo posso dire io- una voce risuonò nella stanza, ma non era una voce qualunque, era quella voce, era la voce di Lucifero e questa volta non era lontana, era vicina e non poco.

Un ragazzo alto e stupendo apparve dal nulla nella stanza, nello stesso momento la temperatura calò, tanto che il mio respiro si trasformava in nuvolette, la brina ricoprì gli scaffali.

Il ragazzo aveva un viso angelico, perfetto, capelli biondo cenere incorniciavano il viso dove risplendevano due occhi azzurro cielo, la bocca carnosa e vermiglia completava la sua faccia che era di una straordinaria bellezza.

La sua pelle era chiara, vellutata ero tentata a toccarla per sentirne la consistenza, le spalle erano mascoline, le braccia muscolose e il petto scoperto era perfettamente scolpito.

Indossava solo un pantalone simile a quello di Bryan di colore nero e le sue ali erano schiuse rivelandosi fatte di piume dello stesso colore dell'unico abito che copriva il suo corpo.

Mi sorrideva ed io mi trattenevo per non rispondergli, quella voce disgustosa non poteva appartenere ad un ragazzo così bello.

Scossi la testa, mi ricordai che non dovevo cadere in fallo, lui era, è e sempre sarà il male.

Bryan si avvicinò a me, mi prese i fianchi e mi strinse contro il suo petto.

-Ciao Bryan, ciao Paride, ma soprattutto ciao Giada- queste sono le prime parole che disse lucifero, la sua voce mi fece rabbrividire.

Misi una mano sul ventre e attesi che continuasse a parlare.
Paride si spostò davanti a noi con il chiaro intento di proteggerci, perché in qualche modo lui si era affezionato a noi, avevamo risvegliato qualche sentimento morto in lui.

-Wow i due piccioncini innamorati, sono così felice di fare la vostra conoscenza- Lucifero ora aveva la voce benevola , ma d'ora in avanti non mi avrebbe più ingannato.

Le apparenze non mi avrebbero più ingannato, perché dopo che un umano vede questo posto, il cui involucro è bellissimo, un posto da sogno, un posto dove tutti a prima vista vorrebbero vivere, cominci a capire che tutto è solo un illusione, un miraggio di ciò che nasconde realmente.

L'odio nasconde, l'odio sporco, viscido niente paragonato a quel serpente sibilante emblema della perfidia, della lusinga e del peccato.

Questo posto è l'Odio.

L'ho capito dopo aver visto il castello, quel pauroso, freddo castello, racchiuso in una valle idilliaca, in un primo momento sono stata colpita dalle bellezze che offriva questa valle incantata tanto da non vedere altro, Bryan mi ha fatto notare il castello.

Quanto di vero c'è in quel detto che dice “ l'abito non fa il monaco”, qui non solo l'involucro non rispecchia ciò che contiene, ma talvolta anche le emozioni ci confondono e capire ciò che è illusione da ciò che invece esiste, è reale diventa una sorta di gioco perverso.

Lucifero è il protagonista di questo gioco e batterlo non è così semplice, anche perché lui gioca ad armi impari, lui non è condizionato dalle emozioni e dai sentimenti a lui importa solo di se stesso.

Ma è quando il gioco diventa duro che chi è veramente forte per farlo si mette in gioco.

Ed io ero in gioco più che mai.

-Cosa ci fai qui? Con quale coraggio ti mostri?- mentre ancora questi pensieri mi affollavano la mente, Paride aveva parlato con una voce così dura che quasi mi aveva spaventato.

-Paride non ti scaldare troppo, non vorrei...- Lucifero aveva sorriso malizioso. -Adesso per favore spostati- il suo comando fu subito eseguito da Paride, che si allontanò da noi con la testa bassa, affranto.

Il Serafino non aveva il potere necessario per disubbidire ai suoi ordini, per troppo tempo era stato un ingranaggio di quella macchina, la macchina del regno celestiale costruita su falsi ideali.

-Non osare avvicinarti a lei- Bryan mi aveva avvolto con le sue braccia il ventre e la mia schiena era completamente appoggiata sul suo petto nudo, giuro che vicino a lui non avevo paura, sapevo che mi avrebbe protetta a qualsiasi costo.

-Io non voglio farle del male, devo parlarle, da solo con lei- questa frase mi fece tremare, Bryan lo percepì e mi strinse ancora di più come per farmi capire che non mi avrebbe lasciato.

-Su levati di torno Bryan- avevo paura che anche lui avrebbe obbedito al suo ordine.

-No, io non sono una tua marionetta- la risposta di Bryan mi lasciò per un attimo stupita, uno stupore bello, capivo solo in quel momento che il mio Angelo non aveva mai fatto parte di questo regno ed io ne ero veramente felice.

Sorrisi, si sorrisi proprio a Lucifero, era un sorriso di sfida e lui contraccambiò, ma nei suoi occhi non c'era soltanto sfida.

-Bryan lasciami parlare con lei, ti do la mia parola che non le farò del male- questa volta Lucifero parlò con voce persuasiva, non avrebbe mollato l'osso tanto facilmente, lui voleva parlare solo con me, quello era il suo obbiettivo e lo avrebbe ottenuto.

Bryan stava per parlare, ma io lo feci per prima.

-Va bene, parlerò da sola con te, ma promettimi un'ultima cosa...- dissi, stava cominciando il mio gioco.

-Certo bellezza- rispose Lucifero sogghignando.

Bryan a questa affermazione mi aveva tolto le braccia dal ventre e stava andandogli incontro con la chiara intenzione di dargli un cazzotto, ma non penso sarebbe stata una buona idea.

-Amore fermati- li misi una mano sul petto e gli lanciai uno sguardo implorante. -Lasciami fare, per una volta- continuai.

-Ma... Io...- Bryan balbettava, per la prima volta era realmente in difficoltà con le parole, gli misi una mano sulla bocca, per fargli capire che non doveva dire niente.

Il mio Angelo annuì con la testa, forse aveva capito, tolsi la mano dalla sua bocca e rivolsi il mio sguardo a Lucifero.

-Promettimi che non farai del male né a Bryan, né a Paride e né tanto meno alla bambina che porto in grembo- ero sicura di me stessa e la mia voce lo rispecchiava.

-Affare fatto e adesso se vuoi seguirmi- mi fece un piccolo inchino, si avvicinò a me, mi mise una mano sulla schiena e seguimmo il tappeto rosso infinito.


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Capitolo 27
*** L'attore ***


Quando fummo abbastanza lontani in modo da non poter essere né sentiti né visti, cominciò a parlare.

-Devo dire la verità sei bella quasi quanto una creatura angelica- esordì, guardandomi fisso negli occhi con un sorriso malizioso appena accennato. -Chissà se...- sospese la frase, si avvicinò a me, il suo viso ormai era a pochi centimetri dal mio, con una mano prese una ciocca dei miei capelli corvini e la portò al naso per sentirne l'odore.

Non avevo il coraggio di parlare.

Avrei dovuto spostargli la mano, non avrei dovuto permettergli di annusarmi i capelli a quel modo, ma Lucifero mi incantava con la sua bellezza, non riuscivo a staccare gli occhi dal suo viso etereo, i suoi occhi di quell'azzurro chiarissimo mi ipnotizzavano.

-Hai un odore dolce, ingenuo e di donna- continuò lasciando i miei capelli, poi cominciò a girarmi intorno come un cacciatore che studia la sua preda, esaminò ogni parte del mio corpo, ed io ero immobile.

Mi sentivo sola, senza protezione, senza Bryan.

Il cuore batteva forte, avevo paura, ma continuavo ad essere affascinata da Lucifero.

Si fermò di nuovo davanti a me, con il viso vicinissimo al mio, tanto che potevo sentire il suo respiro polare sulla pelle del mio viso.

-Giada sei bella e odori di buono, neanche io avrei saputo resistere a te- perché mi diceva queste cose.

Presi un respiro, l'aria era fredda naturalmente, Lucifero ovunque andava portava con se il gelo, il suo ambiente naturale.

Dovevo dimostrarmi forte e decisa, dovevo parlare: niente di più complicato.

Mi concentrai sul viso di Bryan, respinsi il freddo e accolsi il calore del mio Angelo.

-Lucifero, cosa vuoi?- chiesi senza alcuna esitazione.

-Giada tu non ti rendi conto di quanto sei preziosa- mi voleva fregare a forza di complimenti, mi sa che aveva sbagliato ragazza.

Mi allontanai dal suo viso.

-Non bastano quattro complimenti per conquistarmi- ogni parola traboccava di disprezzo e anche se adesso sentivo un calore confortante sulla mia pelle, non riuscivo del tutto ad disincantarmi dalla chiara e misteriosa bellezza del mio interlocutore.

-Io dico che se adesso ti bacio tu non mi respingerai- vedevo che la distanza che avevo appena acquistato si stava di nuovo accorciando, vedevo le sue labbra vermiglie e carnose avvicinarsi sempre di più.

Ed io ero immobile.

Incapace di muovere un solo muscolo.

Non riuscivo a formulare un pensiero compiuto.

Non volevo baciarlo.

Ancora pochi centimetri e le sue labbra gelide avrebbero incontrato le mie calde, ancora un passo e non avrei più potuto guardare le labbra di Bryan senza sentirmi in colpa.

Ma non incontrò mai le mie labbra, la mia mano si poggiò giusto in tempo sulle mia bocca e l'unica cosa che baciò fu il mio palmo.

Un brivido di freddo partì dalla mano e arrivò fino alle dita dei piedi.

-Hai vinto- disse come un bambino capriccioso, prendendo le debite distanze da me.

-Io non ti bacerò mai!- e urlando alzai la mano pronta a dargli uno schiaffone, quelli che ti lasciano le cinque dita stampate sulla faccia per almeno un'ora.

La mia mano si avvicinò velocemente al suo viso, ma lui la prese prontamente e mi storse il polso.

Dalla mia bocca uscì un gemito di dolore, se avesse stretto ancora un po' mi avrebbe rotto sicuramente il polso.

Lucifero sghignazzava mentre mi vedeva soffrire.

-Sei così violenta? Non va proprio bene...- dicendo questo mi lasciò il polso.

Appena lo lasciò il dolore mi abbandonò.

Cominciai a pensare quale poteva essere il vero scopo di Lucifero: forse voleva piegarmi al suo volere, come aveva già tentato di fare in passato, forse voleva confondermi o forse mi voleva semplicemente uccidere, così ne avrebbe avuta una in meno e Bryan sarebbe diventato più vulnerabile.

Tutte, però, mi sembravano spiegazioni inconsistenti.

-Perché sono qui?- chiesi, mi ero stancata di aspettare qualche spiegazione da parte di Lucifero.

Io volevo riuscire a capire e non tentare di ipotizzare situazioni catastrofiche.

-Vuoi sapere che luogo è questo e il motivo per cui sei qui?- l'agitazione, l'irritazione e la curiosità erano ormai salite alle stelle e mi logoravano lo stomaco.

Le situazioni nella mia mente divennero sempre più disastrose, nere, senza via di fuga.

Incominciavo a temere ciò che mi avrebbe detto, ma allo stesso tempo gli avrei urlato di parlare perché non ne potevo più di aspettare.

Probabilmente la mia attesa era incominciata il giorno che avevo incontrato Bryan o forse quando la mia famiglia era morta lasciandomi sola al mondo, in quel momento però sapevo solo che le parole di Lucifero avrebbero posto fine a questa estenuante inquietudine.

Lucifero intanto continuava il suo piccolo spettacolo: sorrideva, si toccava i capelli e apriva la bocca come per parlare, ma usciva solo aria che sapeva d'inverno.

Poi quando sembrava che stesse per aprire le labbra ancora una volta senza pronunciar parola, cominciò il suo monologo, con parole curate e misurate.

-Questa è una biblioteca- si fermò come se gli occorresse pensare a ciò che doveva dire, io trattenevo il respiro, con crescente curiosità, se non avesse continuato il discorso da un momento all'altro sarei scoppiata.

-Ma non è una biblioteca come tutte le altre- buttai fuori l'aria e inspirai nuova aria – vedi... dentro questi libri non ci sono i soliti romanzi... e non per questo questi sono meno interessanti, tu che sei una lettrice così accanita saresti capace si portarteli a casa oggi e domani averli già letti tutti...- con questa frase voleva farmi intendere che non gli ero poi così sconosciuta, naturalmente io me lo aspettavo.

Quale cacciatore, se ne avesse l'occasione, non studierebbe la sua preda da vicino per conoscerla meglio in modo tale da rendere la sua caccia breve e meno faticosa?

-In ogni libro qui dentro c'è scritta la vita, e non solo, di ognuno di noi- questa frase fu una novità, ma non era ancora stato chiaro, i libri contenevano il destino di ogni uomo compreso quello dopo la morte? C'erano i libri solo delle persone morte? Oppure ci poteva essere anche il mio? Con un no o un sì, si poteva dare il via a miliardi di ipotesi diverse, che adesso martellavano con insistenza nella mia testa.

-C'è anche il tuo libro naturalmente, nel tuo non c'è ancora scritta la parola fine...- allora eravamo qui per leggere il mio libro? -Ma d'altronde in nessuno di questi libri c'è scritta la parola fine-

Lucifero sembrava un attore perfetto nel suo monologo.

Manteneva un certo mistero, ma avvinandosi lentamente alla verità, sviando il discorso, allungandolo e commentandolo, facendomi restare con gli occhi sgranati, con il respiro sospeso fino alla fine.

Sentivo il mio cuore veloce e la sua nuova pausa non faceva che agitarmi maggiormente.

Volevo quel benedetto colpo di scena.

-Sto divagando, naturalmente Bryan e Paride stanno cercando un libro preciso- Lucifero sorrise e prese un altro respiro.

-Prova a indovinare di quale si tratta?- mi guardò aspettando la mia risposta.

-Il mio- dissi istintivamente, ma a pensarci bene, non c'era motivo per indagare nella mia vita, insomma sapevano tutto di me, della mia storia.

Allora quale libro stavano cercando, forse quello di un componente della mia famiglia, forse quello di Lucifero o forse...

-Dalla tua espressione vedo che tu hai capito, si mia cara stanno cercano il libro di Bryan, stanno cercando quella storia...-

l'espressione sul viso di Lucifero ora era compiaciuta, lui sapeva perfettamente la storia, ma gli piaceva vedermi impaziente, vedermi pendere dalle sue labbra, mi sentiva in suo potere e probabilmente un po' lo ero.

-Se vuoi posso raccontarti la sua storia, dalla sua nascita- si fermò nuovamente per mandare giù la saliva.

-Parla per favore- ormai ero all'esasperazione e l'avrei supplicato di continuare.

-Bryan nasce da un unione peccaminosa, sua madre era un'inutile umana proprio come te, il padre invece è un Angelo si chiama Daniele-

Rimasi molto stupita da questa nuova informazione, non riuscivo a capire come tutta questa storia poteva centrare con noi, ero sempre più confusa, la mia testa cominciava a girare e la mia bocca era arida come il deserto del Sahara.

-Il Signore e la sua banda di Serafini immediatamente giudicò e punì i due amanti, l'Angelo fu condannato a vivere al mio fianco nel Regno del male, ed è ancora lì.

L'umana venne condannata alla cancellazione di tutti i ricordi in cui era presente l'Angelo e i luoghi del regno supremo- Pausa, altra tortura.

-A questo punto sorse il problema, non potevano cancellare i ricordi ad una ragazza incinta e in più non di un normale bambino, ma di un mezzo Angelo...- Lucifero sembrava una mamma che legge una favola alla sua bimba per farla dormire, con quella voce carezzevole e innocente -Allora il Signore pensò bene di farla partorire, dopo di che toglierle i ricordi e in qualche modo sbarazzarsi del bambino...

-Ma naturalmente non poteva uccidere il bambino e non poteva neanche dare a qualche famiglia un bambino mezzo Angelo. Così il Signore decise di crescerlo e per non fare accorgere a nessuna creatura angelica di quel bambino represse la sua natura umana e fece in modo che gli altri potessero vedere solo la sua natura angelica, ovviamente nascose ben benino tutta la storia.

-L'unico elemento che non aveva calcolato era io. Io avevo scoperto tutto e minacciai di raccontare a tutte le creature angeliche chi era quel bambino e soprattutto da chi era stato originato.

-Il rischio era naturalmente che le creature angeliche non si fidassero più del Signore e che si alleassero a me.

-Allora mi propose una dose di peccati per tenere nascosta la situazione e così accettai il patto. Ma sai cara mia che non è consigliabile fare patti con me: io cominciai a chiedere sempre di più e ora sta rischiando di perdere tutto il suo Regno perché io sono diventato potente!-

Nei suoi occhi c'era la luce della gioia, sembrava un bambino quando a Natale vede tutti quei pacchetti colorati sotto l'albero.

Però ancora una cosa non mi era chiara, come era possibile che Bryan non ricordasse niente della sua infanzia?

Poi ricordai che il Signore aveva tolto la memoria a quella umana, forse anche a Bryan era stata tolta la memoria della sua infanzia.

-Cosa centriamo noi con tutta questa storia?- i miei pensieri senza rendermene conto divennero parole. Lucifero mi guardò stupito come se la risposta alla mia domanda dovesse essere già chiara.

-Giada, io pensavo che questo errore del Signore dovesse rendermi facile conquistare il Suo Regno, invece era solo un illusione perché il Suo stesso errore Lo sta salvando o più precisamente il vostro amore Lo potrebbe salvare, devi capire che ora tutte le creature angeliche compreso il Signore sono come addormentati e non comprendono pienamente i sentimenti, sono offuscati dal Male, voi potete svegliarli.

Il suo sguardo ora divenne crudele per un attimo, ma tornò benevolo all'istante.

-Ma questo credo che tu lo sappia, quello che  vorrei farti capire che la linea tra male e bene non è poi così netta e dalla storia di Bryan si intende.

-Per questo vorrei proporti a te, a Bryan e alla tua creatura di venire a vivere nel Mio Regno, lì il vostro amore non sarebbe perseguitato e Bryan lo farei diventare il mio erede e a parte il freddo non è così male il mio Regno come si dice di solito.-

Lo guardai sbalordita, che strana proposta, come pretendeva che io avrei accettato una cosa simile? Quindi non era così temibile Lucifero, non era così furbo, ma mai sottovalutare il nemico.

Ma soprattutto mai sottovalutare Lucifero.

-Io non accetto- dissi con risolutezza guardando negli occhi il mio avversario, e mi girai per tornare indietro verso Bryan.

-Aspetta- mi prese per un braccio e con forza mi spinse fino a che il mio corpo venne a contatto con il suo petto.

-Lasciami- protestai cercando di liberarmi con uno strattone, ma tutti i miei forzi furono vani contro la forza del capo del Regno del Male.

-Tu sei speciale è vero, tu non sei un'insulsa umana, tu sei Giada, sei forte, capace e decisa, ma tu non hai ancora capito una cosa se il Signore decidesse di uccidere Bryan lo farà e io voglio solo darvi protezione, asilo-

-Perché?- Urlai.

-Perché Giada io voglio te, la tua immagine mi sta perseguitando e se per avere te dovrò ospitare anche Bryan io lo farò, non voglio essere costretto a farti del male per conquistare il Regno Celeste-

Il mondo mi stava girando in tondo, Lucifero voleva me, mi voleva proteggere cosa voleva dire tutto ciò, non volevo stare male, ma la testa cominciò a dolermi pesantemente, non sentivo più le gambe e la vista stava cominciando a lasciarmi, non volevo svenire tra le braccia di Lucifero, ma lo feci.


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Capitolo 28
*** Confusa ***


Quando riaprii gli occhi ero tra le braccia di Lucifero, inerte come lui avrebbe sempre voluto che fossi.

Gli occhi azzurri di Lucifero mi fissavano, avevano un non so che di infantile, si avevano proprio quella luce di curiosità e birbanteria tipica dei bambini.

Misi a fuoco per bene il suo viso e ancora una volta venni colpita dalla sua bellezza, da quelle linee dolci e fanciullesche, da quei capelli color dell'oro e dalla sua bocca

carnosa.

-Ma tu non dovresti essere brutto?- La domanda nata forse dalla confusione e dal fatto di essermi appena svegliata da uno svenimento, era veramente assurda, ma in un qual modo interpretava i miei pensieri in quel preciso momento.

La sua risata risuonò celestiale.

-Io brutto? Sono pur sempre una creatura angelica e come tale sono fatta con la luce del Signore, e la luce del Signore crea solo creature con aspetto assolutamente magnifico, comunque grazie-

-Grazie? E di cosa?- Domandai io confusa, non gli avevo fatto alcun complimento, gli avevo fatto una semplice domanda.

-Grazie perché tu mi hai appena fatto capire di essere bello per te- Lo guardai esterrefatta e forse in quel momento riconquistai la ragione e mi accorsi che ero in braccio a Lucifero, il che non era del tutto normale.

-Adesso fammi scendere- Esclamai risoluta, guardandolo in cagnesco.

Lucifero mi posò delicatamente a terra, all'istante sentii il freddo pavimento sotto di me e raccolsi le braccia attorno alla pancia per proteggere la mia creatura.

Il legno sotto di me sembrava ghiaccio, ma non mi alzai subito.

Stetti un momento con il viso basso, dovevo riflettere su tutto ciò che mi aveva detto, dovevo capire qual'era la vera causa di questa proposta, perché non potevo assolutamente essere io.

Poi alzai il viso e incontrai i suoi occhi chiari come le acque del mare in una giornata assolata.

Poteva un essere simile provare una qualsiasi emozione? Poteva un essere che rappresentava l'essenza del male più pura tenere a una persona?

I suoi occhi mi dicevano di sì, le sue iridi profonde dicevano esattamente il contrario di quello che avevo pensato di Lucifero fino a quel momento.

-Allora pensi davvero che io sia male?- mormorò -Pensi che cadere in tentazione sia sempre sbagliato?- domandò ancora -Pensi che Bryan abbia sbagliato?-

Il terrore attanagliò lo stomaco.

Fra il male e il bene c'era davvero un confine così sottile, una membrana così fine e così fragile da poter frantumare con un leggero movimento?

Ed io da che parte ero?

Questa domanda mi spaventava sempre più, pensare che il mio amore fosse sbagliato e che di conseguenza mio figlio fosse un errore mi faceva soffrire.

Lucifero mi voleva far capire che non ero poi così diversa da lui, insomma che non dovevo poi dare così per scontato che mi trovassi dalla parte del bene, anzi addirittura potevo essere stata sempre dalla parte del male senza accorgermene.

Così come lo era stata la mamma di Bryan.

Così come poteva invece esserlo stato il Signore.

-Non voglio che tu mi dia una risposta ora

, ti lascerò il tempo necessario, adesso devo andare- concluse e ignorando il mio stato, le mie paure e il mio silenzio, sparì all'improvviso senza fare rumore e senza lasciare tracce.

Lentamente mi alzai, intorno a me c'erano solo scaffali pieni di libri, pieni di storie, pieni di vita e in silenzio mi avviai verso il punto in cui sapevo avrei trovato Bryan.

La mia vista era annebbiata e il mio cervello era in una sorta di catalessi, non avevo voglia di avvelenarmi con altre domande, con altro dolore.

Andavo piano, perché avevo paura di rivedere il mio Angelo, per la prima volta da quando lo avevo incontrato non correvo da lui e il motivo era che avevo paura di guardarlo negli occhi e sentire la voce di Lucifero dire: “ Pensi che Bryan abbia sbagliato?”.

Eppure continuavo a camminare verso il punto in cui sapevo l'avrei trovato, come se fossi collegata a lui da un filo invisibile.

La mia testa era pesante, avevo un emicrania allucinante, eppure camminavo.

Stavo tremando non sapevo se per paura o per il freddo che penetrava le mie ossa e che me le faceva dolere.

La mia bocca era completamente asciutta, ma non avevo sete, sentivo solo freddo, vedevo solo libri.

Quando davanti a me apparve un viso conosciuto.

Ero arrivata da Bryan, i suoi occhi mi guardavano preoccupati mi prese per un braccio e mi fece sbattere contro il suo petto e nonostante tutto mi sentii a casa.

Rimasi immobile nel suo abbraccio e una lacrima attraversò la mia guancia, Bryan si staccò da me giusto per guardarmi in viso.

-Cosa ti ha fatto quel maledetto bastardo ? - mi domandò Bryan con una rabbia da far venire i brividi.

Io rimasi in silenzio guardandolo, lui non poteva essere un errore, come poteva essere un errore, ma cos'era un errore?

Intanto Bryan mi scuoteva come un pazzo, continuando a urlare che gli dovevo parlare.

-Bryan basta non vedi che è scioccata- era la voce benevola di Paride quella che avevo sentito.

Solo in quel momento smise di scuotermi, mi guardò negli occhi profondamente.

Riuscivo a leggervi preoccupazione, paura e sgomento.

-Amore- Disse e mi accarezzò dolcemente una guancia -Qualunque cosa ti abbia detto quel... Non so neanche come chiamarlo... Non devi dargli retta se gli darai retta farai soltanto il suo gioco-

Per porre fine ai miei tormenti dovevo solo fare una domanda e se la risposta sarebbe stata uguale a quella che mi aveva già fornito Lucifero, forse anche se egli rappresentava ciò che di peggio esiste al mondo non diceva solo bugie, forse dovevo rivalutare tutto ciò che io avevo sempre pensato di lui.

-Perché siamo qui? Stiamo cercando il libro della vita di Bryan, vero?-

Paride mi scrutò sconvolto -Come lo sai?- chiese.

-Lucifero mi ha raccontato, quindi non vi serve più quel maledetto libro, io so- la mia voce era seria, apatica e dura.

-E probabilmente le speranze di vincere si riducono a zero, perché ho finalmente compreso che tra il bene e il male non c'è poi una differenza così netta- continuai prendendo le mani di Bryan fra le mie -Il Signore ha cancellato la memoria a tua madre umana e a te, ti ha negato la possibilità di scegliere, sì, perché tu sei metà umano, ma il Signore ha deciso di reprimere la tua umanità e per non fare venire a sapere alle altre creature angeliche della tua esistenza ha pagato Lucifero con i peccati, questo è bene per voi?-

-Giada...- Paride tentò di fermarmi, ma le parole uscivano senza sosta.

-Fa tutto questo perché due persone si amano, forse il Signore avrebbe potuto trovare una soluzione migliore e ciò che mi sconvolge di più è che l'unica proposta di salvezza l'ho ricevuta da colui che dovrebbe rappresentare il male per antonomasia.-

-Cosa? Che proposta ti ha fatto?- Bryan era veramente scioccato.

-Tu sapevi vero, sapevi esattamente lo scopo della nostra missione vero?- domandai puntando il dito sul petto del mio Angelo.

-No, cioè Paride mi aveva raccontato ciò che sapeva della mia storia, ma mi aveva detto che non ne era sicuro e comunque che trovare il mio libro sarebbe stato soltanto il primo passo e non l'obbiettivo della missione, quindi non so ancora lo scopo di tutto ciò- quindi Bryan si girò verso Paride cercando di fargli capire che forse era meglio rispondere.

-Lo scopo della missione era quello di far riaffiorare in Bryan la sua metà umana, in questo modo avremmo fatto cadere tutti i capi d'accusa e forse Lucifero avrebbe in qualche modo perso un po' di quel potere che ha conquistato in tutti questi anni- disse Paride guardandomi negli occhi -Ascolta Giada, io avevo avuto alcune notizie riguardo a questa storia e sospettavo tutto ciò da molto tempo, infatti l'ho sempre seguito da lontano, ma non mi sono mai fidato di Lucifero e mai me ne fiderò, quindi se permetti io vorrei avere tra le mani quel libro-

Ero infuriata, Paride sapeva.

-Bryan io ho una teoria... Paride vuole rivelare la tua umanità, non come dice lui per far cadere tutti i capi d'accusa, ma per conquistare il Regno Supremo, perché quando le altre creature sapranno non si fideranno più del Signore, a questo punto seguiranno Paride e lui diventerà il nuovo Signore-

Bryan era completamente sbigottito si guardò intorno e probabilmente vide qualcosa perché si incamminò verso uno scaffale stracolmo di libri e ne prese uno, poi tornò indietro con passo aggraziato.

Guardò Paride e guardò me che in silenzio lo osservavamo, aprì il libro e lesse avidamente, i suoi occhi si riempirono di stupore.

-Non è possibile, allora è tutto vero- esclamò Bryan chiudendo il libro.

-Bryan io non sapevo per certo, supponevo.- il mio Angelo alzò lo sguardo verso il Serafino, era estremamente pieno d'ira e di tristezza.

-Tu c'eri, tu hai condannato mia madre, lei non aveva colpe allo stesso modo in cui Giada è innocente- urlò e la sua faccia diventò una maschera d'odio -Quindi non supponevi, sapevi-

-No Bryan, io non ti avevo mai visto da bambino,non sapevo che quella donna fosse incinta, il Signore ci ha tenuto nascosta la tua nascita, è vero tra quei cinquanta Serafini c'ero anche io, ma ho capito di aver fatto un errore per questo vi voglio aiutare, Bryan ti prego devi credermi-

-No basta andiamo Giada- mi prese per un polso e mi costrinse fuori.

Uscimmo da quel castello in gran velocità e raggiungemmo il cancello d'oro in pochissimo tempo e in altrettanto poco tempo ne uscimmo.

Ma quando fummo fuori, fummo costretti a fermarci perché una schiera di creature angeliche era lì ad attenderci e sembravano non avere buone intenzioni.

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Capitolo 29
*** Il verdetto ***


Davanti a noi circa cinquanta Serafini brillavano e sedevano in modo regale su delle nuvole, avente la forma di un trono.

Sembravano guardarci con occhi severi, nessuna pietà e nessun ripensamento.

Tutto sembrava immobile, sentivo il mio respiro pesante, sentivo la paura di Bryan, che mi stava stringendo la mano così forte tanto da farmi male.

L'altra mano era poggiata sul ventre quasi volesse creare uno scudo protettivo per il mio bambino.

Non sapevo esattamente come ero arrivata in quel luogo austero, sapevo solo che avevo camminato fino a quel punto con i polsi legati dietro la schiena, non sapevo esattamente quanto tempo avevo impiegato per arrivarci, minuti, ore o secondi non ne ero per niente certa.

Mi girai verso Bryan e vidi solo terrore nei suoi occhi, ora che sapeva tutta la sua storia aveva ancora più paura, conoscevo perfettamente i suoi pensieri: pensava a nostro figlio, pensava che avrebbe vissuto nello stesso modo in cui aveva vissuto lui per tantissimi anni, senza alcun ricordo della sua infanzia, senza affetto e senza amore.

-Creature angeliche riunite in questo tribunale- cominciò con voce tonante un Serafino alzandosi in piedi e osservando tutti i presenti quasi avesse cento occhi.

-Io propongo la pena massima per entrambi i peccatori, vi invito a votare ulteriormente- continuò il Serafino, poi tutti i giudici si alzarono in piedi senza scomporsi.

-Come pensavo tutti sono favorevoli alla massima pena-

I miei occhi si riempirono di lacrime.

Non poteva finire in quella maniera, dovevo provare a parlare, perché era colpa mia se ci trovavamo davanti a questa corte.

-Aspettate- urlai e Bryan mi guardò stupito e con lo sguardo che mi pregava di stare zitta.

-Cosa vuoi umana?- il modo sprezzante con cui un Serafino mi fece questa domanda mi irritò e stranamente mi indusse a parlare con più fervore quasi come se la rabbia mi desse una strana forza.

-Io umana voglio raccontarvi una piccola storiella.

Sapete che qualche tempo fa un Angelo si innamorò di un'umana, quest'umana era incinta e partorito il bambino gli fu tolta una parte di memoria e poi fu rispedita come un pacco sulla Terra, mentre l'Angelo fu mandato nel Regno del Male.

Il bambino fu cresciuto dal Signore, quando divenne un ragazzo fu repressa la sua parte umana e i suoi ricordi di infanzia gli furono tolti.

Si da il caso che Bryan è quel bambino-

I Serafini si guardarono l'uno con l'altro poi rivolsero i loro sguardi su di me.

Uno di loro parlò -Io c'ero al processo di quei due peccatori e ti posso assicurare che l'umana non era incinta, anche perché il Signore ha esplicitamente chiarito questo punto : nessun Angelo può mettere incinta un'umana. Vuoi che tra i tuoi peccati sia aggiunto anche quello di essere una bugiarda!-

I miei occhi divennero di fuoco.

-Beh chissà come io sono incinta, sarò la nuova Vergine- I Serafini bofonchiarono tra loro, ma io continuai -Perché il Signore non c'è magari lui potrebbe chiarire questa spiacevole situazione-

Subito apparve una luce fortissima in mezzo alla folla di Serafini, quasi accecante anche ai miei occhi che erano di fattura angelica.

-Tu non sai quel che dici- Disse il Signore con voce profonda. -Non datele ascolto-

A questo punto qualcuno che io conoscevo molto bene apparve davanti a me e a Bryan.

-Signore sa perfettamente che quello che sta dicendo questa ragazza è vero e lo so anche io, tra l'altro me ne sono assicurato personalmente, io mi sono recato alla Biblioteca della vita e lì ho controllato.

E sapete meglio di me che i libri non mentono mai!-

Paride non era coinvolto per niente in tutta questa faccenda lui ci voleva solo aiutare fin dal inizio e molto probabilmente se avessimo ascoltato lui adesso non saremmo qua.

Lucifero, quel maledetto era riuscito a confondermi e ottenere ciò che voleva, ovvero noi due separati il nostro amore soffocato dal dolore.

-Paride, come osi?! Sai, ho scoperto tutto su di te e la tua setta che vorrebbe profanare le nostre leggi, volete credere ad un essere del genere? Tu verrai confinato nel Regno di Lucifero- tuonò la voce del Signore arrabbiatissima.

-Signore con tutto il rispetto, non può continuare a governare in questo modo e sa perfettamente a cosa mi riferisco, si guardi intorno per favore, non continui a pensare che nulla può essere cambiato, non continui a basarsi su ciò che appare, se lei guarda davvero vedrà marcio ovunque- Questo fu l'ultimo tentativo di Paride.

Queste ultime parole furono un concentrato di verità, ma soprattutto non furono per niente misurate, anzi furono così dirette che anche il Signore per circa un minuto non riuscì a controbattere.

Io continuavo a maledirmi per aver dubitato di lui anche solo per un attimo, adesso sapevo che sarebbe marcito nel Regno del Male piuttosto che lasciare che a Bryan venissero tagliate le ali.

-Basta!- il Signore urlò esasperato -Effettuate il taglio delle ali - e indicò Bryan, in quel momento non tentai neanche di fermare il pianto e l'urlo che uscì dalla mia bocca.

-Voi... Non...- Mi lanciai sul petto del mio Angelo, lui mi accolse e mi abbracciò stretta.

Le lacrime mi toglievano completamente la vista.

Tremavo disperata, i singhiozzi erano incontrollabili, dalla bocca uscivano parole senza senso.

Sentivo che era colpa mia, mia e di nessun altro.

Insulsa umana.

Lucifero aveva centrato il punto.

Senza Bryan, sarei diventata trasparente, un fil d'erba che si fa trascinare dall'aria, il vuoto più totale, avrei vissuto una vita apatica, anzi non avrei vissuto una vita perché la mia vita era l'uomo a cui mi stavo aggrappando con tutte le mie forze, sperando che in questa maniera nessuno me lo avrebbe portato via.

-Ascoltami- la sua voce era calda, un sussurro, cercava di calmarmi -Amore mio, la mia piccola grande vittoria, non c'è parola che possa descrivere il mio amore per te, non c'è cosa a cui io lo possa paragonare, non c'è una forma o un colore che lo possano rappresentare, io so che è qui - e toccò il mio e il suo cuore – E ci starà per sempre io lo so, tu lo sai, ma loro no, loro non sanno il nostro segreto, per questo niente ci potrà dividere- A questo punto neanche lui riuscì più trattenere le lacrime.

-Può bastare- La voce fastidiosa di un Serafino fece terminare il nostro momento di addio, qualcuno me lo stava strappando dalle braccia.

-Lasciatemi- urlavo come una pazza scalciando, vedendo davanti a me solo il viso del mio Angelo.

-Ricorda, per sempre- ripeteva di continuo davanti a me.

-Devi venire via di qui umana, non servirà a niente continuare a dimenarti- L'essere dietro di me parlava con voce odiosa, viscida senza il minimo di commozione.

-Aspetta- qualcun altro disse, penso il Signore, ma in quel momento non ero certa. -Falla restare, diamo un esempio-

L'essere dietro di me mi lasciò e io caddi in avanti, ma subito mi rialzai e corsi contro l'unica persona che vedevo, l'unica che appariva, ma allo stesso tempo era.

-No, vi prego non fatele questo- urlava il mio Angelo, ma le sue preghiere erano vane perché nessuno le stava ascoltando. - Non deve vedermi soffrire-

Sentii l'impatto con il suo corpo, lo abbracciai, gli baciai le labbra mentre le lacrime mie e sue si mischiavano ricordandomi quel bacio bagnato dalla pioggia.

Poi qualcosa lo fece urlare di dolore e vidi del sangue uscire dalla sua schiena.

Sangue.

Era tutto ciò che vedevo.

Sangue.

Rosso.

Denso.

Ricopriva le mie mani, le mie vesti.

La ragione scivolava via dai suoi occhi.

Le mie lacrime si mischiavano al sangue.

Disperate.

Ero completamente nuda.

Le mie emozioni.

Il mio amore.

Davano bella mostra di sé.

Ma poco importava.

Niente importava come chi avevo davanti a me in quel momento.

Niente.

Perché soffriva.

Perché io non potevo fare niente.

Perché quel sangue che mi ricopriva era il suo.

Perché la ragione che stava scivolando via era la sua.

Ed io potevo solo abbracciarlo.

Potevo solo mostrare la mia anima nuda a quei Serafini.

Potevo solo sussurragli -Proteggerò la nostra bambina, ti amo-

Potevo solo prendere il suo viso tra le mie mani e guardare i suoi occhi vuoti e piangere.

Potevo solo amarlo.



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Capitolo 30
*** La luce ***


Il suo sangue che colava sulla mia veste, mi fece smettere di ragionare, urlavo mentre Bryan perdeva i sensi e mi sentivo completamente inutile.

Ma quando il mio cervello ritornò a ragionare e mi resi conto che il corpo dell'uomo che amavo era disteso in una pozza di sangue.

Una voce in quel momento attraversò la mia mente -Dopo tutto non è così difficile confonderti le idee, è stato estremamente facile, ora ho vinto, tra poco il Regno Celeste sarà mio- Era la voce di Lucifero e un'altra emozione si fece spazio dentro di me: la rabbia.

Mi alzai da terra di scatto e senza alcuna paura guardai tutti i Serafini uno ad uno, mi asciugai con il dorso della mano le guance fradice e alzai le mani verso di loro così che potessero vedere il sangue di un innocente.

-Voi- iniziai con enfasi -Siete delle ignobili creature-

Un Serafino tentò di intervenire, ma io lo bloccai all'istante.

-No, stai zitto!- Probabilmente pensavano fossi impazzita anche io.

-Guardate come lo avete ridotto e lui non è neanche totalmente un Angelo, quindi aveva tutto il diritto di innamorarsi, ma anche se fosse stato in tutto e per tutto un Angelo come fate a far soffrire così una creatura-

-è ciò che si meritava e smettila di dire menzogne- intervenne subito un Serafino con voce odiosa.

-Sapete- cominciai sbraitando-Non mi importa cosa pensate, non mi importa se mi toglierete tutti i ricordi felici passati con Bryan perché il segreto è che il nostro amore non si può cancellare.

Voi potete cancellare i ricordi, Bryan, me , mia figlia, ma l'amore resta, mi dispiace solo per voi che non lo potete vedere.

Io mi sento privilegiata e sono molto triste per voi.-

Tutti erano stranamente in silenzio, allora con l'ultima briciola di coraggio che mi era rimasta dissi un'ultima frase rivolta all'artefice di tutto ciò.

-Lucifero, tu credi di essere potente, certo fra un po' tutto il regno Celeste sarà tuo, ma l'unica cosa che mai ti apparterà è l'Amore.-

Dissi ciò e una luce abbagliante mi accecò, in quel istante pensai che stessi per morire e tutto ciò che importava era la mia bambina che non avrebbe mai visto la luce del sole.

Tutto divenne bianco, forse tra un po' avrei riabbracciato la mia famiglia, mia mamma che per tutto questo tempo mi aveva vegliata e consigliata, mia sorella e mio padre.

Mi ero quasi rassegnata.

Quando una figura formata da una luce bellissima tanto da non poter descrivere mi apparve davanti.

-Giada creatura magnifica, pura, saggia e piena d'Amore, mi hai salvato e hai salvato tutti noi-

Lo guardai esterrefatta, probabilmente ero svenuta e stavo sognando.

-No Giada, io sono il Signore e ti dico che non stai sognando, tu con il tuo Amore per Bryan ci hai salvato, ci hai risvegliato dal torpore, hai sconfitto Lucifero-

Non era possibile, io da sola non potevo aver sconfitto Lucifero era una pazzia, non ci potevo credere.

-Perché non ci puoi credere? Tu non sei un'insulsa umana, tu hai compreso ciò che forse a me per un po' è sfuggito, che l'Amore deve essere anteposto a tutto ciò che esiste, tu l'hai dimostrato e ci hai salvato- e poi aggiunse -Bryan è salvo, l'ho reso completamente umano, vi auguro ogni fortuna e adesso ci dobbiamo salutare-

Lentamente il Signore cominciò a sparire, ma prima di andarsene disse – Ah dimenticavo Paride sta bene e anche Ambra, non ti preoccupare per loro- e sparì.

A questo punto sentii mancarmi le forze e chiusi gli occhi.

Quando li riaprii ero nel mio letto, sdraiato accanto a me c'era Bryan che dormiva dolcemente.

Capii che era tutto finito, ce l'avevamo fatta e l'unica cosa che fui capace di fare fu piangere di gioia.

Non svegliai il mio amore, aveva bisogno di riposare, restai immobile ad osservare il suo viso rilassato, nessun dolore ne distorceva i tratti bellissimi.

Poi aprì gli occhi, così scuri e profondi, gli sorrisi all'istante, Bryan era completamente confuso forse pensava di essere morto.

-Dove siamo?- Chiese.

-Bryan siamo a casa, ce l'abbiamo fatta!-

A queste parole le sue labbra trovarono le mie all'istante, potevo sentire tutta la felicità, tutto il suo amore che era così tanto che quasi ci potevo affogare, ma era naufragio talmente dolce!

-Giada- sussurrò a un millimetro dalle mie labbra -Tu mi hai salvato, grazie, ti amo-

E ricominciò a baciarmi senza darmi il tempo di rispondere ed io non protestai.

Finalmente avevo ritrovato la felicità che avevo perso, finalmente potevo vivere una vita serena senza più paure, il mio cuore poteva disfarsi di quel macigno che si era attaccato senza darmi tregua, ora non ero più sola.

Bryan non sarebbe più sparito dalla mia vita, il nostro futuro non era più solo una vana speranza, era reale e lo potevamo passare insieme e con la nostra bambina.

Mi sentivo veramente una privilegiata.

-Bryan- sussurrai al suo orecchio dopo che le mie labbra lasciarono le sue -Ti rendi conto tra un po' sarai padre?-

Il mio Angelo, ormai umano, si allontanò un po' dal mio viso per potermi guardare negli occhi.

-Sì e tu sarai una splendida madre, anche se un po' più in carne- e sghignazzò.

Gli feci una linguaccia, presi il cuscino e glielo tirai in faccia.

-Spiritoso-

Cominciammo a ridere come due bambini.

Eravamo spensierati, sorridenti come non lo eravamo da un po' e innamorati più che mai.


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Capitolo 31
*** Epilogo ***


Non mi sembrava ancora vero che vivevo con Bryan, anche se ormai vivevo insieme a lui da mesi.

Il mio Angelo si era integrato sulla Terra perfettamente, anche se i primi tempi aveva fatto fatica a vivere senza l'ausilio dei sui suoi poteri che gli permettevano di rubare un abito d'alta sartoria come fosse una caramella.

Aveva trovato lavoro e ora potrebbe essere scambiato per un comune ragazzo, ma ai miei occhi lui sarà sempre il mio Angelo.

Il Campanello suonò, a quell'ora non poteva essere che lui, mi avvicinai alla porta e aprii ed eccolo in tutta la sua bellezza abbagliante.

Entrò e chiuse la porta dietro di sé continuando a guardarmi con quello sguardo carico di desiderio e passione.

Si avvicinò a me fino a che le nostre labbra si incontrarono.

Il bacio era talmente carico di passione che mi ritrovai sopra il divano, le sue mani erano già sotto la mia maglietta, quando un pianto richiamò la nostra attenzione.

La piccola si era svegliata con un tempismo perfetto, mi tolsi Bryan di dosso che comicamente cadde dal divano e corsi nella camera della mia bambina, quando piangeva diventavo intrattabile fino a che non la rivedevo serena tra le mie braccia.

La presi in braccio e per prima cosa controllai il pannolino, questo era apposto, non poteva avere neanche fame perché aveva mangiato circa mezzora fa, quindi presi a cullarla dolcemente, in quell'istante arrivò anche Bryan che sorridente si posizionò dietro le mie spalle e cominciò a farle delle boccacce.

-Devi proprio fare il cretino- Dissi innervosita dal pianto che sembrava non voler più smettere.

E tu devi proprio essere così acida- Rispose con voce quasi infantile, tirando fuori la lingua e facendo una nuova smorfia. -Quello che è caduto dal divano sono io- Aggiunse.

Sbuffai, ma allo stesso tempo sorrisi sotto i baffi, non sarebbe mai cambiato.

La bambina iniziava a calmarsi, sembrava che le smorfie del mio Angelo sortissero l'effetto desiderato.

-A Caterina piacciono, vero piccola?- a queste parole la piccola bocca a forma di cuoricino della nostra bambina si aprì in un sorriso.

-Traditrice- Ribattei io ormai divertita offrendo Caterina alle braccia del padre già pronte ad accudirla con amore.

Rimasi incantata a guardare Bryan giocare con la nostra bambina.

Caterina aveva ereditato i suoi occhi scuri e anche il suo temperamento giocoso e attivo, infatti dormiva poco e questo lo si vedeva dalle borse sotto gli occhi che avevamo entrambi acquisito e da cui sembrava non potessimo separarci.

Ma oltre a queste caratteristiche, nel suo aspetto vedevo chiaramente elementi che appartenevano alla sua natura angelica, sì perché a lei non erano state tolte come a Bryan e questo mi spaventava un po'.

Fortunatamente non aveva le ali, era circondata da quell'alone di luce tipico nelle creature angeliche e ogni tanto, anche se io facevo finta di non vedere, il suo corpo scompariva dalla culla e la trovavo sulla coperta piena di giochi che avevo sistemato in sala e che si può dire non toglievo mai, era chiaro che poteva teletrasportarsi, ma non sapevo ancora se aveva gli altri due poteri caratteristici delle creature angeliche.

Avevo paura per il suo futuro, anche se non lo davo a vedere, avevo paura che Lucifero tornasse e si volesse vendicare, però Bryan mi aveva rassicurato anche sotto questo punto di vista, era stata Ambra a dirglielo: Lucifero era troppo debole ormai e lo sarebbe rimasto per sempre, niente più patti tra Signore e Lui.

Nel Regno Celeste tutto era tornato come doveva essere, niente più inganni, i peccati erano giustamente puniti, ma mai più sarebbe esistito il taglio delle ali, lo sfarzo era stato attutito e Paride era tornato ad essere il braccio destro del Signore.

La nostra vita era perfetta, ma io non mi ero scordata di tutta la sofferenza che avevo dovuto sopportare per renderla tale, ancora di notte mi svegliavo sudata sognando il corpo di Bryan riverso a terra in una pozza di sangue, ogni volta il mio Angelo mi doveva calmare e far capire che quello era il passato.

Ma come potevo dimenticare tutti i soprusi e le violenze di quel passato, che poi tanto passato non era, ma cercavo comunque di non pensarci guardando il mio Bryan che sorrideva alla nostra bambina, la vita doveva andare avanti, dovevo cercare di smettere di aver paura almeno per Caterina.


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