Invisibile

di essie
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** #1 ***
Capitolo 2: *** #2 ***
Capitolo 3: *** #3 ***
Capitolo 4: *** #4 ***
Capitolo 5: *** #5 ***
Capitolo 6: *** #6 - Ultimo capitolo ***



Capitolo 1
*** #1 ***


Una storia diversa dalle altre, venutami in mente qualche giorno fa. L'ho già scritta, conta circa sei capitoli; manca solo l'ultimo =)

La prima parte dell'introduzione, come alcune avranno capito, è tratta dal libro "Il piccolo principe".

Spero vi piaccia e che il primo capitolo non vi annoi troppo ;) Ditemi cosa ne pensate, la fanfic è piuttosto importante per me. Soprattutto a causa del personaggio di Emmett. Spiegherò in seguito il perchè.

Buona lettura.

 

Capitolo 1

 

Isabella Swan era una ragazza piuttosto nella norma. Lunghi capelli castani, occhi marroni molto espressivi, magra, minuta. Come lei, al mondo, ce n’erano migliaia. I suoi vestiti non erano appariscenti, anzi, grazie a essi Bella – com’era solita farsi chiamare – riusciva a confondersi perfettamente con le altre persone.

Nessuno, a scuola, l’aveva mai notata. Molti non sapevano neanche il suo nome, cosa strana in un liceo formato da un così ridotto numero di studenti qual era l’High School di Forks, una cittadina dello Stato di Washington.

Isabella Swan era semplicemente invisibile, e all’apparenza stava bene così. Nel profondo ne soffriva, ma gli altri potevano immaginarlo? No, certo che no.

Bella non era come Alice Cullen, la ragazza più popolare della scuola. Non era come Edward Cullen, fratello di Alice, il più ambito della FHS e probabilmente dell’intera città.

Lei, Isabella, non sarebbe mai stata come loro.

Alice era molto bella, con corti capelli corvini e gli occhi verdi, bassa ma con le forme nei punti giusti. Era la capo-cheerleader, popolarissima, e desiderata dai ragazzi come può esserlo l’acqua nel mezzo del deserto.

Per Bella, Alice era troppo piena di sé, civettuola, superficiale.

Edward era decisamente carino, con quei capelli bronzei spettinati, gli occhi di un verde intenso e in fisico scultoreo. Bella aveva sempre pensato che lui fosse così famoso a causa di Alice: Edward era uno studente modello, dedito allo studio; era sempre gentile con tutti, al contrario della sorella, e sorrideva sempre.

Edward e Bella non avevano mai avuto alcun contatto, ma nel corso del tempo lei aveva maturato un’ardente - quanto bizzarra - passione per lui.  

Adesso Isabella si trovava in corridoio, durante il cambio d’ora, e cercava di raggiungere il suo armadietto. Di solito veniva sbalzata qua e là, riceveva spintoni e dolorose gomitate dagli altri studenti che non si accorgevano di lei. Era letteralmente invisibile.

‹‹Ehi!››. Qualcuno la afferrò per un braccio con forza impressionante, senza però farle male, e in pochi secondi Bella si ritrovò davanti al proprio armadietto.

Rivolse un sorriso al suo salvatore. ‹‹Grazie, Emm››.

Emmett McCarty ridacchiò. ‹‹Bella, sei talmente piccola che non ti vede nessuno. Dovresti fare attenzione! Potresti andare a sbattere contro qualcuno… magari contro un ragazzo dalla chioma rossiccia e il sorriso sempre sulle labbra?›› la stuzzicò, accennando a Edward Cullen, il quale passava proprio in quel momento davanti a loro con il solito gruppo di amici.

Bella arrossì furiosamente, ma si limitò a riporre nell’armadietto il libro di francese e a prendere quello di storia, ignorando le parole del migliore amico.

‹‹Stavo scherzando››. Emmett la riprese sotto la propria ala protettiva mentre si rigettavano nel caos di studenti.

‹‹Lo so›› mormorò Bella, ancora rossa in viso.

Raggiunsero l’aula di storia, in cui avevano lezione assieme, e presero posto.

Emmett era uno dei pochissimi amici di Bella, e lei gli voleva un gran bene. Era sempre ottimista, dalla battuta pronta, e aveva una risata davvero contagiosa. Lui era stato il primo ragazzo a provare a diventare suo amico. Appena aveva posato gli occhi su di lei, aveva capito che Bella sarebbe stata l’amica perfetta, quella persona che non ti giudicherà mai e che ti resterà accanto nonostante tutto.

Bella aveva trovato la salvezza. Emmett non era più solo.

Mentre prendevano tutto l’occorrente per la lezione, alcune ragazze appartenenti al gruppo di Alice fecero il loro ingresso in aula. Era palese il loro tentativo di imitare Alice. Era altrettanto palese che non erano ancora riuscite nel loro intento.

Andare a scuola in parte le piaceva, ma Isabella trovava assurda la questione della gerarchia. Al primo posto c’erano la capo-cheerleader e il capitano della squadra di football; seguivano le squadre di entrambi i gruppi, gli sportivi in generale e le persone che a scuola si distinguevano per la loro bellezza o ricchezza. Agli ultimi posti stavano i secchioni, gli assidui  frequentatori della biblioteca, i poco attraenti e, spesso, gli stranieri.

Bella ed Emmett non appartenevano a nessuna di queste categorie; erano semplicemente studenti dell’ultimo anno, come Alice, Edward e tutti gli altri.

Il resto delle lezioni si svolse tranquillamente, concludendosi con ginnastica. Emmett era un fenomeno, sarebbe potuto entrare senza problemi nella squadra di football, ma aveva sempre rifiutato di iscriversi alle selezioni.

Uscirono dalla scuola accolti da una pioggia fresca e leggera; naturalmente il sole era coperto dalle nuvole, ma gli abitanti di Forks non ci facevano neppure caso: era normale.

‹‹Studiamo insieme, dopo?›› chiese Emmett, accompagnando Bella al suo vecchio pick-up rosso.

Lei gli sorrise, aprendo la portiera. ‹‹Certo. Charlie è fuori fino a giovedì, ha un corso speciale a Seattle››.

Charlie Swan era l’ispettore capo della polizia di Forks, e quella mattina era partito per seguire un corso a Seattle lasciandola sola a casa per qualche giorno.

‹‹Ci vediamo dopo, allora››. Emmett le diede un buffetto sulla guancia e Bella salì sul pick-up sorridendo, guardandolo allontanarsi.

I suoi occhi perlustrarono il parcheggio, cercando un certo “ragazzo dalla chioma rossiccia e il sorriso sempre sulle labbra”, come lo aveva chiamato Emmett.

Non riusciva a spiegarsi ciò che le succedeva ogni volta che vedeva il suo viso o sentiva la sua voce! Il cuore cominciava a batterle all’impazzata, respirare era difficile quasi quanto impedirsi di scappare a gambe levate… o, peggio, di andare da lui. Avrebbe di certo combinato qualche cavolata.

Le sembrava un ragazzo talmente dolce e gentile… no, non credeva di esserne innamorata – in fondo, non lo conosceva neanche! – ma sentiva un qualche legame che li univa.

E questo la confondeva.

 

Il pomeriggio passò tranquillamente tra i difficili esercizi di francese, quella lunga ricerca sulle opere di Shakespeare, il capitolo diciotto di storia e tante risate.

Quando Emmett lasciò casa Swan, all’ora di cena, la pioggia leggera si era trasformata in un vero e proprio temporale, e il cielo era nero come poche volte Bella l’aveva visto.

I temporali le piacevano, in realtà. Avevano qualcosa di tremendamente affascinante, misterioso, pensò Bella mentre cenava, immersa nel silenzio della cucina.

Si fece una doccia, canticchiando una canzone che aveva sentito quel giorno alla radio, spazzolandosi i capelli scuri davanti allo specchio del bagno. Poi indossò il pigiama, il quale consisteva in una lunga maglietta grigia, larga e con qualche buco, che le lasciava scoperta una spalla e le arrivava fino a metà coscia. Non la copriva molto, ma per dormire era ottima.

Si avvolse in un plaid colorato, accoccolandosi sul divano, e si apprestò a continuare il libro del giorno. Bella era una grande lettrice, e la sua collezione probabilmente vantava più libri della biblioteca di Forks.

Amava anche scrivere, una delle sue passioni più grandi, e…

‹‹Chi può essere a quest’ora?›› mormorò Isabella tra sé, alzando gli occhi sulla porta di casa, perplessa.

Era quasi mezzanotte: chi poteva bussare, a quell’ora? Forse Charlie era tornato inspiegabilmente prima?

La persona fuori dalla porta bussò ancora, e Bella si affrettò, seppur timorosa, ad aprire.

 

Come vi è sembrato il primo capitolo? Vale la pena di continuare la storia?

A presto :****

Serena

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Capitolo 2
*** #2 ***


Buona giornata a tutte! Dopo questi due giorni pieni di avvenimenti (visto il trailer di Breaking Dawn? Come vi è sembrato? Io sono ancora emozionata!) mi accingo ad aggiornare questa storia.

Grazie a tutte voi per le magnifiche parole, vi prometto che durante la giornata rispondo a tutte le recensioni!

Ora, vi lascio il capitolo, nella speranza che lo apprezziate come avete apprezzato il primo =) Spero di non essere stata troppo prevedibile -.-"

Buona lettura.

 

Capitolo 2

 

Appena lo vide, Bella pensò di stare sognando. Sentì mancarle la terra sotto i piedi e il suo respiro si mozzò, facendola tremare.

‹‹Mi dispiace disturbarti, ma la macchina non parte e non so come fare, stavo tornando a casa da Port Angeles e…››. Edward Cullen si bloccò, alzò lo sguardo su di lei e allargò gli occhi quando la vide. ‹‹… e l’auto si è fermata›› concluse a voce bassa.

Bella avvampò, sotto il verde limpido dei suoi occhi; Edward la fissava quasi rapito, come se non avesse mai visto una ragazza in vita sua. Ma da dove spuntava fuori, si chiese, senza distogliere lo sguardo da lei.

I suoi amici l’avrebbero giudicata una ragazza come tante, ma ai suoi occhi era bellissima. Era bellissima perché la sua era una bellezza naturale, vera, come in giro ce n’erano poche. Le sue guance rosse erano adorabili.

‹‹Stavi dormendo?›› domandò, interrogandosi per l’ennesima volta sul perché non l’avesse mai vista nemmeno a scuola. Era forse una nuova arrivata? Ma no, quella era la casa del capo Swan.

‹‹No›› mormorò Bella. Si accorse che Edward era completamente bagnato, di certo a causa della pioggia fitta. Si schiarì la voce, imbarazzata. ‹‹Ehm… vuoi entrare?››.

Edward le sorrise e il suo cuore impazzì. ‹‹Sarebbe magnifico, grazie›› disse. ‹‹Beh, io sono Edward››.

Bella prese con mano instabile la sua. ‹‹Isabella, ma tutti mi chiamano Bella››.

Non le sembrava vero: Edward Cullen era lì, davanti a lei, e le stava parlando!

Si scostò per farlo entrare in casa e chiuse la porta, continuando ad osservarlo.

‹‹Sei da sola?›› chiese lui, guardandosi intorno. Era una casa molto diversa dalla sua, lo incuriosiva.

Bella annuì. ‹‹Sì, mio padre è fuori fino a giovedì›› spiegò. ‹‹Se… se ti vuoi asciugare, o se ti serve il bagno…››.

‹‹Oh, no grazie. È che il mio cellulare si è scaricato, quindi se…››

‹‹Certo››. Bella corse a prendere il telefono di casa e glielo porse.

Che situazione surreale… era anche mezza nuda davanti a Edward!

Non ascoltò la conversazione del ragazzo con quella che dedusse essere Alice, sua sorella; andò in sala e piegò il plaid, poi ripose il libro sullo scaffale giusto della libreria.

La voce di Edward la fece sobbalzare.

‹‹Quindi sei la figlia del capo Swan, Bella?››

Si voltò. ‹‹Sì›› confermò.

‹‹E vieni alla Forks High School?››

‹‹Sì›› ripetè, confusa da quelle domande. ‹‹Perché?››.

‹‹Non ti ho mai vista…›› rispose Edward accigliandosi.

‹‹Tua sorella arriva?››. Bella cambiò argomento: non aveva voglia di parlare di quanto era invisibile.

‹‹Sta arrivando, è nei dintorni. Scusa per il disturbo››

Ecco, adesso la riteneva una maleducata.

‹‹E’ che… non voglio parlare di scuola›› balbettò Isabella, e abbassò lo sguardo, intimidita.

Proprio in quel momento, qualcuno suonò ripetutamente il campanello, interrompendo quel silenzio che li metteva entrambi a disagio. Bella non sapeva cosa dire; Edward tentava di interpretare quella strana quanto affascinante ragazza.

Quando aprì la porta, Bella si trovò davanti Alice Cullen in tutto il suo splendore, che la osservò per dieci secondi buoni con quegli occhi così simili eppure così diversi da quelli del fratello.

‹‹Edward?›› si limitò a dire, senza più guardarla.

‹‹Sono qui››. Lui comparve alle spalle di Isabella, a cui si rivolse. ‹‹Allora, ci vediamo in giro. E grazie ancora››.

‹‹Di niente, figurati…››

‹‹Andiamo›› la interruppe Alice seccamente. ‹‹C’è una festa a casa di Jess, devo assolutamente andarci››.

‹‹Io vado a casa, Alice. Lo sai che non mi piacciono le feste›› disse Edward in tono risoluto, seguendola in macchina – Bella non sapeva quale fosse, ma era di certo una costosa auto sportiva.

‹‹Bella, entro domani mattina la mia macchina sparirà›› le sorrise. La salutò con un cenno della mano, ma dentro di lui albergava una strana sensazione: era come se non volesse andare via da quella casa, come se ci fosse qualcosa – o qualcuno – che lo teneva legato ad essa.

Isabella chiuse a chiave la porta dietro di sé, appoggiandosi al legno bianco, facendo dei respiri profondi per calmarsi. Spense tutte le luci e salì in camera sua per dormire, era già molto tardi.

In fondo, probabilmente, aveva sognato tutto.

 

Il mattino dopo, Bella si svegliò molto presto e fece colazione con calma, pensando a ciò che era successo con Edward. Beh, almeno gli aveva parlato. Ci aveva messo quasi due anni – infatti, da soli due anni era tornata a Forks – ma alla fine il destino le aveva offerto un’occasione.

Si vestì con il solito abbigliamento comodo, indossando un maglioncino color pervinca e un jeans chiaro, con le solite scarpe sportive. Raccolse i capelli in una coda alta, l’aria di aprile non era calda ma nemmeno invernale, e il temporale durante la notte era cessato.

Quando arrivò, il parcheggio era praticamente vuoto: la maggior parte degli studenti aveva l’abitudine di arrivare circa un minuto prima del suono della campanella che segnava l’inizio delle lezioni.

Emmett era già lì, ovviamente, la stava aspettando poco lontano dall’entrata. Appena la vide si aprì in un gran sorriso.

‹‹Ciao Emm›› lo salutò Bella, lanciando continue occhiate al parcheggio.

‹‹Buongiorno. Dormito bene? Cosa stai facendo?›› chiese curioso, fissandola.

‹‹Ieri ho conosciuto Edward››

Lo disse tutto d’un fiato, con il cuore che le batteva forte e le guance rosse, un po’ per l’imbarazzo e un po’ per l’emozione. Bella non aveva mai avuto un ragazzo, non aveva esperienze di quel genere, quindi si emozionava per tutto.

Emmett fece quello che si aspettava: spalancò la bocca, guardandola come se fosse un alieno. ‹‹Come? Quando?››. E l’abbracciò forte, felicissimo, stringendo a sé il corpo minuto di Isabella.

Lei gli raccontò ciò che era accaduto la sera prima, compreso l’incontro con Alice. Pensandoci, quella ragazza l’aveva turbata.

‹‹Lasciala perdere, Bella›› le suggerì Emmett. ‹‹Tu sei mille volte meglio di Alice Cullen››. E lo pensava davvero, ovviamente.

Intanto gli studenti della FHS erano arrivati, formando i soliti gruppi nel parcheggio. Bella non riusciva a vedere Edward… forse con l’acqua che aveva preso il giorno prima gli era venuta l’influenza.

La campanella interruppe i suoi pensieri. Con Emmett si diresse ad inglese, poi da sola a trigonometria.

Stava cercando il libro di biologia nell’armadietto, quando qualcuno vi bussò piano.

‹‹Bella?››

La parola le scivolò addosso con la forza equivalente a quella di una cascata d’acqua fredda, che divenne bollente nel momento stesso in cui incrociò gli occhi gentili e rassicuranti di Edward Cullen.

Il libro di biologia quasi cadde sul pavimento. ‹‹Edward?›› mormorò, per accertarsi della sua presenza. Che cosa faceva lì? Da quando le parlava? E soprattutto… perché?

Edward le sorrise, affabile. ‹‹Ciao. Come stai?››.

‹‹Bene››. Bella sperò di non doverlo ripetere. ‹‹E tu?››.

‹‹Benissimo, grazie. Posso parlarti?››

‹‹Ehm… in realtà tra un minuto devo andare a biologia, ho un test›› ammise lei, avvampando. Strinse forte il libro al suo petto.

‹‹Allora in pausa pranzo›› rilanciò rapido. Sembrava speranzoso.

‹‹E’ uno scherzo?›› si lasciò sfuggire Isabella, scrutandolo con attenzione. Era lecito chiederlo, no?

Edward si accigliò. ‹‹Assolutamente no!›› esclamò indignato ‹‹perché mai pensi una cosa simile?››.

‹‹Edward…››. Quando pronunciò il suo nome sentì un brivido e non ne fu felice. ‹‹Non mi hai mai parlato per due anni, non sapevi neanche della mia esistenza… come mai adesso fai così?››.

‹‹Ti sembra così strano che qualcuno si interessi a te?››. Il suo tono era dolce e sincero.

Bella abbassò lo sguardo, arrossendo per l’ennesima volta. ‹‹Un po’›› confessò sottovoce.

‹‹Voglio solo conoscerti, Bella››

Ogni volta che Edward pronunciava il suo nome, un caldo benessere la avvolgeva come un panno morbido, riscaldandola e rasserenandola.

Gli studenti non facevano caso a loro, stranamente; era come se non fossero lì.

La campanella li fece sobbalzare.

‹‹Va bene›› accettò Bella, agitata, iniziando a camminare verso l’aula di biologia.

‹‹Ci vediamo all’ora di pranzo! Davanti all’aula di musica!›› le urlò Edward, osservandola scomparire tra la folla.

Sospirò. Non vedeva l’ora di trascorrere ancora qualche minuto con Bella.

 

‹‹Ti ho vista con Edward, prima›› mormorò Emmett furtivamente, senza distogliere gli occhi dal professore di letteratura, che camminava per la classe leggendo “Sogno di una notte di mezza estate”.

Bella staccò dal quaderno un foglio e scrisse la risposta.

Cosa ne pensi?

Lui sorrise.

Penso che sia fantastico ma secondo me dovresti anche stare attenta. Cosa vi siete detti?

La ragazza scrisse rapidamente, tenendo d’occhio il professore.

Dice che vuole conoscermi.

E non ne sei contenta?, rispose Emmett, aggrottando la fronte.

Lei arrossì.  

Sono troppo nervosa per esserne felice. Mi ha invitata a stare con lui, all’ora di pranzo. Mi aspetta davanti all’aula di musica.

Emmett la guardò con dolcezza. Quella era la sua Bella, la ragazza timida e gentile che conosceva da solo due anni, ma che sentiva di conoscere da sempre; una ragazza speciale, con la S maiuscola. La persona più meravigliosa che aveva mai avuto la fortuna di conoscere.

Ti voglio bene, Bella.

Isabella gli sorrise, gli occhi luminosi.

Anch’io ti voglio bene, Emm.

 

Un abbraccio virtuale,

S.

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Capitolo 3
*** #3 ***


Rieccomi qui con un altro capitolo! Forse lo troverete un po' più triste dei precedenti, ma fidatevi di me ;) In fondo, c'è un motivo a tutto.

Ringrazio le sette persone che hanno recensito lo scorso capitolo, siete davvero fantastiche :**

Un ringraziamento speciale va a vanderbit, la quale mi ha dato un parere sul capitolo.

Ho notato che nessuna ha ancora chiesto di una eventuale compagna di Emmett xD

Spero vi piaccia! Ah, è purtroppo di fiori non so nulla, potrei aver scritto qualche stratosferica cavolata ;) Mi perdonate?

 

Capitolo 3

 

Quando sbucò nel corridoio in cui c’era l’aula di musica, Bella si arrestò improvvisamente, emozionata. Edward era appoggiato al muro, gli auricolari nelle orecchie e lo sguardo fisso davanti a sé; la sua espressione era pensierosa, come se stesse rimuginando su qualcosa.

Neanche l’avesse chiamato, Edward sollevò gli occhi su di lei e sulle sue labbra comparve un sorriso che con la propria luce illuminò il suo viso.

‹‹Bella›› la salutò, senza smettere di sorridere. Spense l’iPod e lo infilò nella tasca dei jeans.

‹‹Ciao›› disse lei, trattenendo il respiro. Avanzò ancora di qualche passo. ‹‹Perché ci vediamo qui?›› si decise a chiedere.

‹‹Non voglio che nessuno ci disturbi›› rispose Edward. ‹‹Ti porterò in un posto di cui pochi conoscono l’esistenza. Diciamo che è il mio posto speciale, ci vado quando sono qui e ho bisogno di stare da solo e pensare›› spiegò.

Bella era curiosa per natura, e di certo non mancava di esserlo anche in quel momento. ‹‹Dove andiamo?››.

Lui le porse la mano, invitandola a prenderla e a lasciarsi condurre dove lui sapeva. E Bella l’afferrò, insicura, esitante, timorosa di toccare la sua pelle vellutata. Emozionata. Perché lei provava qualcosa per Edward, qualcosa di forte, qualcosa che le faceva battere il cuore e tremare le gambe.

La condusse oltre la porta di emergenza, salendo quattro rampe di scale, e aprì una porta sulla destra.

Isabella, senza fiato, si portò una mano alla bocca per lo stupore. Non era mai stata sul tetto della scuola, ma mai se lo sarebbe immaginata così. ‹‹Wow!›› esclamò, guardandosi intorno rapita.

Edward fece qualche passo avanti, lasciando la sua mano con delicatezza, e sfiorò le rose bianche della serra. ‹‹Ti piace?››.

‹‹E’… è meraviglioso, Edward›› balbettò lei, senza parole. Non ne trovava, per definire quel posto. ‹‹Come hai fatto a scoprirlo?››.

Lui sorrise quando Bella pronunciò il suo nome. ‹‹E’ stato un caso, ma da allora vengo qui tutti i giorni››.

‹‹Come mai c’è una serra?››. La ragazza lo affiancò.

‹‹Alcuni studenti seguivano un corso di botanica qualche anno fa, qualcuno si occupa dei fiori ancora oggi››

‹‹E’ bellissimo›› ripetè Bella. Guardò Edward con occhi luccicanti e lo stregò completamente. ‹‹Grazie››.

Edward le sorrise, intenerito. ‹‹Non è niente›› cercò di minimizzare, in imbarazzo.

‹‹E’ molto per me›› lo corresse Isabella, varcando la soglia della serra. ‹‹Gigli, tulipani… magnolie…››.

‹‹Ti piacciono i fiori, vedo››

‹‹Sì. Anche a Phoenix avevo una serra›› sussurrò lei, sfiorando con la punta delle dita una petunia.

‹‹Perché ti sei trasferita qui? Se non sono invadente, è chiaro››. Edward era impaziente di conoscerla, ma non voleva spaventarla con la sua curiosità impellente. Bella gli sembrava così fragile e delicata, così… così bisognosa di affetto! Come se nella sua vita non ne avesse mai ricevuto.

E, in quell’esatto momento, ebbe l’impulso di stringerla forte tra le sue braccia, ripeterle che c’era lui con lei, che non l’avrebbe abbandonata mai. Per quanto lui potesse contare nella sua vita.

Isabella abbassò ancora gli occhi, ma li rialzò subito, puntandoli in quelli verdi e limpidi di Edward. ‹‹Mia madre mi ha espressamente chiesto di tornare qui a Forks, da mio padre›› cominciò sottovoce.

Lui inclinò il capo di lato. ‹‹Tornare?››.

Bella annuì. ‹‹Ho vissuto qui a Forks per quasi dieci anni. I miei genitori si sono separati sei mesi dopo la mia nascita… sono cresciuta con mio padre. Volli conoscere Renèe, mia madre, poiché la vedevo una volta ogni tre anni›› continuò ‹‹si era risposata con un ricco uomo d’affari, viveva nel lusso e nella comodità. Dopo cinque anni di convivenza del tutto pacifica mi ha rispedito qui, dicendomi che la mia presenza intralciava i piani suoi e di suo marito››. Si strinse nelle braccia, come se sentisse freddo, gli occhi pericolosamente lucidi. ‹‹Il rapporto con mio padre Charlie è molto cambiato, adesso è quasi inesistente. A malapena mi saluta quando torna dal lavoro›› disse con voce tremante.

Edward l’ascoltava, immobile. Isabella gli era sembrata così fragile e pura, così bisognosa di affetto… e adesso sapeva il perché.

‹‹E io mi sento… mi sento come se nessuno mi volesse, perché sono sempre di troppo ovunque. Mia madre non mi vuole, mio padre si è praticamente dimenticato della mia esistenza. Ed io… allora cerco di proteggermi, Edward, da questo mondo, perché…›› ormai singhiozzava, le lacrime che scendevano copiose sul suo viso.

E Edward la accolse tra le sue braccia, le quali, forti e protettive, serrarono Isabella al suo petto, premendosela addosso come a volerla assorbire nel suo corpo e non liberarla più. Respirò il suo profumo, stringendo con vigore il suo corpo morbido e minuto.

‹‹Oh, Bella›› bisbigliò all’orecchio della ragazza, accarezzandole dolcemente la schiena, cercando di rassicurarla e di infonderle il calore che agognava. Di proteggerla. ‹‹Non tenerti tutto dentro, piccola mia››.

Lei scosse la testa, si lasciò sfuggire un altro singhiozzo e strinse con più forza le braccia attorno al suo collo. Era stupita: aveva raccontato la sua storia a Edward, fidandosi di lui alla prima occasione, ammettendo subito quanto soffrisse. Soprattutto per suo padre, il quale l’aveva cresciuta con amore immenso, e che adesso non le parlava quasi più ed era sempre freddo e insensibile nei suoi confronti.

Aveva impiegato molto tempo ad aprirsi con Rosalie Hale, vecchia amica di Phoenix, e con Emmett, la persona che in quei due anni aveva sentito più vicina a sé in assoluto, e adesso con Edward era come se si conoscessero da sempre.

Lui aveva dei genitori meravigliosi, e si sentì stupida quando, per un momento, lo invidiò.

Edward la condusse fuori dalla serra, sedendosi su un vecchio divano marrone in un angolo, facendo accomodare Bella accanto a lui. Aveva gli occhi rossi, le guance bagnate, le labbra prigioniere dei denti candidi, lo sguardo basso, ma gli parve la più splendida creatura della Terra.

‹‹Scusami›› mormorò Bella con la voce roca a causa del pianto, senza guardarlo. Sarebbe voluta scappare da lì, andare lontano da lui. Chissà cosa Edward pensava di lei, adesso.

‹‹”Scusa” per cosa, Bella? Per esserti sfogata? Per avermi raccontato? Per essere così bella, semplice, pura da sembrare irreale?›› esclamò il ragazzo. ‹‹Tu sei… tu sei una persona splendida, e ci conosciamo solo da poche ore. Non vedo l’ora di scoprire cosa succederà nei prossimi giorni…››.

Isabella lo interruppe. ‹‹Nei prossimi giorni?››.

‹‹Certo che sì. Non ti lascerò scappare, Bella›› annuì convinto.

‹‹Sicuro che ne valga la pena?›› ribattè lei, dubbiosa.

‹‹Ne vale la pena. Credimi››

 

Nel tempo che rimaneva, Edward e Bella parlarono di scuola, delle loro passioni, del futuro.

Si sentiva libera, mentre lo ascoltava raccontare di quanto si sentisse in pace col mondo quando suonava il pianoforte, e la timidezza e l’imbarazzo erano scomparsi.

‹‹Devi essere bravissimo›› sussurrò sorridendogli. Era completamente rilassata, adesso.

Lui ricambiò il sorriso, lieto. ‹‹Non sono male. Un giorno ti farò sentire qualcosa››.

‹‹Sì!››. Bella rizzò a sedere con un movimento repentino, entusiasta.

E, all’improvviso, Edward si mise a ridere. Rideva senza motivo, rideva perché gli andava di farlo; Isabella lo fissò, attonita, ma appena incrociò i suoi occhi luminosi il suo riso la contagiò.

Ridevano spensierati, senza più preoccupazioni, di una risata spontanea, naturale. Felici, semplicemente, di trovarsi lì insieme, in quella strana giornata di aprile, sotto le nuvole di Forks.

 

 A presto!

:***

S.

 

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Capitolo 4
*** #4 ***


E dopo ore di attesa, finalmente, posso aggiornare *-* Su questo capitolo non dico nulla, ma alla fine ci sono dei piccoli dettagli tecnici su un argomento di cui si parla ;)

Ringrazio le otto persone che hanno recensito lo scorso capitolo, tra poco credo di poter riuscire a rispondervi ;) 

Ancora una volta devo ringraziare vanderbit, e salutare Lua93, la quale se ho capito bene adesso si trova a Londra *-* Londra non è una semplice città, Londra è... tutto.

Okay, buona lettura! Purtroppo anche questo capitolo è corto.

Capitolo 4

 

I giorni seguenti, Bella li visse come in un sogno. La mattina si alzava, faceva colazione con suo padre – tornato da Seattle per nulla cambiato –, passava da una lezione all’altra in compagnia di Emmett e all’ora di pranzo incontrava Edward sul tetto della scuola. In quei momenti era felice, era se stessa.

Nessuno era a conoscenza di quegli incontri. Edward raccontava ad Alice, ai suoi amici, a tutti i conoscenti, che era molto occupato con il corso di musica che la scuola, tra gli altri, offriva agli studenti; Bella non aveva bisogno di giustificarsi: Emmett sapeva dov’era.

Durante il secondo incontro parlarono del futuro. Bella sarebbe andata alla Cornell University quasi certamente, grazie alla borsa di studio che aveva vinto, a frequentare la facoltà di architettura. Edward aveva fatto domanda a vari college, gli sarebbe piaciuto diventare pediatra.

Nel terzo incontro, lui si ricordò di portare qualcosa da mettere sotto i denti, e parlarono di scuola e di professori per tutta l’ora che avevano a disposizione in compagnia dei loro panini. 

Al quarto, Edward le parlò della sua famiglia, e soprattutto di Alice. Il loro rapporto era stato splendido fino al secondo anno di liceo, poi lei aveva iniziato ad allontanarsi, ad andare alle feste, a tornare a casa a notte fonda, ad uscire in ogni suo momento libero. Era cambiata, la ragazzina solare e spensierata che voleva un mondo di bene a suo fratello – e che glielo dimostrava – era scomparsa, sostituita da una ragazza altezzosa, che a malapena salutava la sua famiglia il mattino e che non aveva più tempo per gli amici veri.

Al quinto, Bella iniziò ad aprirsi sempre di più. Gli raccontò dei suoi anni a Phoenix a casa della madre, della sua tuttora migliore amica Rosalie e di come l’avesse da subito capita. E di Emmett. Passò tanto, tanto, tantissimo tempo a parlargli di lui.

Al sesto si scambiarono anche i numeri di cellulare, in modo da potersi sentire quando ne avessero avuta voglia.

Andarono avanti così, scoprendosi pian piano, fino a sapere quasi tutto uno dell’altra, e viceversa.

‹‹Ehi››. Edward l’accolse con un abbraccio, immergendo il viso nei capelli sciolti di Isabella, inspirando il suo profumo a pieni polmoni per imprimerlo nella sua mente. ‹‹Mi sei mancata›› sussurrò.

‹‹Anche tu››. Lei gli regalò un bellissimo sorriso, lasciandogli un leggero bacio sulla guancia.

Era l’ennesimo incontro, maggio era arrivato portando con sé un’aria più calda, profumata d’estate, che si mischiava a quella naturale dei fiori della serra. Ormai Edward e Bella avevano un tale grado di intimità che avevano preso l’abitudine di salutarsi sempre così, ad entrambi veniva spontaneo.

‹‹Com’è andato il test di storia?›› gli chiese Bella, lasciandosi cadere sul “loro” divano.

Il ragazzo le si sedette accanto. ‹‹Bene, non era difficile. E la tua interrogazione di letteratura?››.

‹‹E’ andata bene››

‹‹E…?›› la incitò.

‹‹Ho preso una A››. Isabella appoggiò la testa sulla sua spalla e fece un sospiro rassegnato.

‹‹Lo sapevo!››. Edward le pizzicò i fianchi. ‹‹Hai visto che avevo ragione?››.

‹‹Già, per una volta nella tua vita avevi ragione…››

Lui non la fece finire: rapido, la stese sul divano, posizionandosi sopra di lei con delicatezza, e iniziò a farle il solletico.

‹‹No… Edward, Edward!›› urlò Bella tra le risate, dimenandosi nel vano tentativo di liberarsi.

Rise anche Edward, senza distogliere gli occhi sa Bella.

‹‹Ti prego, non… non…››

‹‹Non?›› la stuzzicò.

‹‹Non respiro!›› gridò lei, e finalmente il ragazzo smise di farle il solletico, rimanendo però sopra di lei, beandosi della morbidezza del suo corpo. I loro volti distavano pochi centimetri.

‹‹Ammettilo: il tuo obiettivo è attentare alla mia vita›› sussurrò Bella con il fiatone. Aveva i brividi, causati dalla vicinanza di Edward, e il cuore le stava impazzendo nel petto.

‹‹Oh, sì›› bisbigliò lui ‹‹ti finirò con il bacio che ti sto per dare››.

Isabella alzò la mano, posandola sulla sua guancia. ‹‹Mi stai per baciare?›› domandò emozionata. Non aveva mai baciato nessuno, quello sarebbe stato il suo primo bacio. Avvampò, ma non di imbarazzo, il quale stranamente in quel momento non provava.

‹‹Sempre che lo voglia anche tu››. Edward era senza fiato, le emozioni e le sensazioni lo travolgevano, erano destabilizzanti. Un pensiero, tra tutti, si distingueva: si stava innamorando di Bella.

E adesso che la vedeva lì, sotto di lui, con le guance accaldate, gli occhi lucidi e luminosi, i capelli setosi aperti a ventaglio sopra la sua testa… non desiderava altro che baciarla, baciarla, baciarla fino a consumarsi le labbra, baciarla senza mai fermarsi.

Per tutta risposta, Isabella eliminò gli ultimi millimetri che separavano la sua bocca da quella di Edward.

Fu un bacio dolce e intenso. Uno di quelli che Bella vedeva spesso nei film, ma che con Edward acquistava un nuovo sapore… ed era vero. Naturale. Gli accarezzò timidamente i capelli, mentre lui la guidava in quel bacio con delicatezza, stringendosi al suo corpo in modo naturale.

Quando si separarono, ansanti, avevano entrambi gli occhi lucidi.

Durante il tempo che restava loro prima delle lezioni pomeridiane, passarono tutto il tempo sul divano, abbracciati, a guardarsi in silenzio. Uno sguardo, spesso, valeva più di mille parole.

Al suono della campanella scesero le scale, in silenzio, ma prima che Bella potesse aprire la porta Edward la attirò a sé, abbracciandola forte.

‹‹Domani a scuola ti porto io›› sussurrò sulle sue labbra, prima di baciarla profondamente.

‹‹Co… come?››. Isabella si sforzò di rimettere in moto il cervello, ma non era facile. Le sembrava di vivere in un sogno.

Edward sospirò, pensieroso, prendendole il viso tra le mani. ‹‹Bella tu… tu per me sei importante. Molto importante››.

‹‹Anche tu lo sei per me›› replicò lei.

‹‹Voglio solo farlo vedere a tutti. Far vedere a tutti quanto siamo felici›› disse lui con semplicità. ‹‹No, non mi interessa cosa diranno. Non mi interessa cosa dirà Alice›› aggiunse, interpretando correttamente la sua espressione. ‹‹Niente ci impedirà di stare insieme. Sempre che… sempre che anche tu lo voglia›› borbottò imbarazzato, distogliendo lo sguardo da quegli occhi scuri e profondi.

Bella gli accarezzò la guancia con dolcezza, ma non fece in tempo a dire nulla: la porta si aprì, e loro saltarono dallo spavento, calmandosi solo quando capirono che era solo Laurent, un bidello simpatico dall’accento francese.

‹‹Cosa fate qui, ragazzi?›› chiese stancamente, come se vedesse tutti i giorni degli studenti che si appartavano lì.

‹‹Stiamo solo parlando›› rispose Edward.

Laurent si mise le mani sui fianchi con un sospiro. ‹‹Andate a parlare fuori, allora. Anche perché non potreste stare qui›› gli fece notare.

‹‹D’accordo, stiamo uscendo. Ci scusi››

Edward, dopo aver rivolto a Bella uno sguardo pieno di significato, uscì per primo, perdendosi nel caos di studenti. Isabella esitò, poi anche lei si diresse al suo armadietto per recuperare il materiale della penultima lezione della giornata con il sorriso sulle labbra.

‹‹Cos’è successo?›› indagò Emmett, sospettoso, appena la vide. Automaticamente fece un gran sorriso: se Bella era felice, anche lui lo era tantissimo per la sua amica.

‹‹Oh, Emm! È tutto così… perfetto››. Non trovava altre parole per dirlo. ‹‹Edward mi ha baciata, ha detto che per lui sono molto importante, e… e ha detto che vuole stare con me!›› raccontò, gli occhi luccicanti di felicità.

Emmett le accarezzò la guancia. ‹‹Sono davvero felice per te, Bella. Te lo meriti sul serio››.

‹‹Grazie›› bisbigliò Isabella. ‹‹Ti voglio bene››.

 

Allora, qualche dettaglio tecnico.

In America, gli studenti dell'ultimo anno di liceo spediscono le domande per i college/università circa ad ottobre, se ricordo bene. C'è una sessione anticipata, in cui le lettere di ammissione vengono inviate ai ragazzi a... febbraio, se non sbaglio, ma con Edward e Bella le cose si sono svolte nel modo più classico. Ed è per questo che, nella storia ma anche nella vita reale, le lettere d'ammissione sono arrivate ad aprile. Nella fanfic siamo a maggio, adesso, quindi le lettere sono già arrivate e gli studenti sanno in quali college/università sono stati accettati e in quali no. Naturalmente si usa fare domanda a più college/università; ad esempio, se non vengo ammessa ad Harvard e, oltre ad essa, ho fatto domanda ad altre università come Princeton, Brown, Columbia... almeno ho dei ''rimpiazzi''. E che rimpiazzi!

Spero di non avervi annoiati troppo con il monologo e che il capitolo vi sia piaciuto =)

:****

S.

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Capitolo 5
*** #5 ***


Sono imperdonabile, lo so. In questo periodo sono successe un sacco di cose, e poi il caldo, la poca voglia di scrivere, lo studio, gli esami, il 'mio ragazzo' che torna dall'Inghilterra e che tra poco deve ripartire ancora... insomma, tutto questo ha influito. Ma adesso sono qui, credo di essere tornata, per vostra sfortuna ;)

Per prima cosa, vorrei ringraziare le undici persone che hanno recensito lo scorso capitolo. Lo sapete che siamo quasi giunti alla fine di questa storia? Mancano solo questo capitolo e il prossimo =)

Questo capitolo, sinceramente, non mi piace. Non succede praticamente niente xD Lascio decidere a voi!

Buona lettura.

 

Capitolo 5

 

La cena, come al solito, procedeva silenziosa. Ma questa volta Isabella era troppo allegra, troppo spensierata per preoccuparsi del comportamento di Charlie. Certo, soffriva costantemente, ma riusciva a concentrarsi solo su Edward, sul suo viso, sulle sue labbra, sulle sue parole. Era ancora emozionata al pensiero di ciò che era accaduto tra loro.

‹‹Tra poco arriverà il dottor Cullen››. La voce di suo padre la fece sussultare sulla sedia.

Lo guardò, ma lui non le riservò neanche un’occhiata. ‹‹Come mai?›› chiese.

Conosceva Carlisle Cullen, il padre di Edward, perché spesso si trovava all’ospedale a causa della sua proverbiale goffaggine.

‹‹Mi deve consegnare dei documenti››

Bella annuì, gli occhi bassi. ‹‹Va bene›› mormorò.

‹‹Sbrigati a mettere in ordine ›› disse Charlie scostante.

E lei, semplicemente, fece come le era stato detto.

 

Quando Carlisle suonò il campanello di casa, Bella stava lavando i piatti e Charlie era in sala a guardare una partita di baseball.

Lei si affrettò ad aprire, asciugandosi le mani con uno straccio, e restò a bocca aperta.

‹‹Buonasera, Bella›› la salutò Carlisle con un sorriso gentile. Era un bell’uomo arzillo, con i capelli biondi e gli occhi chiari e penetranti. ‹‹Ti dispiace se ho portato anche Edward? Voleva vederti…››.

Bella arrossì. ‹‹No, no, non mi dispiace›› ebbe il tempo di balbettare prima che la voce di Charlie li interrompesse.

‹‹’Sera, Carl. Tutto bene?›› gli domandò, affiancando la figlia.

Carlisle lo salutò, gli presentò Edward e gli comunicò che i documenti di cui aveva bisogno erano pronti. Charlie lo precedette in soggiorno, e Carlisle, passandole accanto, sfiorò la guancia di Bella con affetto. Lei si sentì gli occhi pungere per quel gesto, era una strana sensazione.

Non capì come, ma si ritrovò tra le braccia di Edward, aggrappata al suo maglioncino grigio. ‹‹Edward›› bisbigliò nel suo collo. Respirò il suo profumo e lasciò un bacio sulla sua pelle candida e liscia.

‹‹Piccola mia›› sussurrò Edward preoccupato ‹‹come stai?››.

‹‹Bene›› rispose Bella annuendo.

Lui la osservò bene in viso e sospirò. ‹‹Sei bellissima››. La attirò a sé, facendo congiungere le loro labbra in un bacio che durò qualche secondo.

‹‹Non è vero, ma grazie›› mormorò impercettibilmente Isabella facendolo entrare in casa. Raccolse lo strofinaccio, cadutole quando Edward l’aveva abbracciata, e lo condusse in cucina. La porta del soggiorno era chiusa: probabilmente Charlie e Carlisle stavano parlando di cose serie.

‹‹Cosa stavi facendo?››. Edward la distrasse.

‹‹Niente di interessante›› minimizzò Bella, e lui sbuffò: ciò che faceva Isabella, in qualsiasi momento della giornata, era sempre interessante.

‹‹Cioè?›› insistette.

‹‹Stavo lavando i piatti. Continuo dopo›› rispose lei finalmente, e lo guardò timida.

‹‹Se continui dopo la tua serata è rovinata›› le fece notare.

Bella rise. ‹‹Edward, la sera non faccio altro che leggere!››.

Il ragazzo le sorrise. ‹‹Perfetto, allora. Tu lavi, io asciugo››.

 

Quando ebbero finito, dieci minuti più tardi, Edward decise di riprendere il discorso lasciato in sospeso quel pomeriggio.

‹‹Allora… hai pensato a ciò che ho detto oggi?››

Bella si mosse imbarazzata sulla sedia. Annuì.

Erano uno davanti all’altra, seduti al tavolo della cucina.

‹‹E…?›› la incitò Edward.

‹‹Perché io?››. La domanda le uscì spontanea, come spontaneo fu il gesto di coprirsi la bocca con le mani e darsi della stupida almeno quindici volte.

Inspiegabilmente, Edward le sorrise con tenerezza. ‹‹Sapevo che me l’avresti chiesto, Bella. E sai una cosa? Non c’è un perché. Semplicemente, voglio stare con te perché sei tu. Perché sei tu›› ripeté con fervore. Le scostò una mano dalla bocca e la prese tra le sue, portandola alle labbra e baciandone il dorso con dolcezza. ‹‹Ti voglio perché sei semplicemente, meravigliosamente, incondizionatamente Bella›› concluse. ‹‹Sii te stessa, sempre, e non perdere mai la tua unicità››.

Bella, con le guance che le andavano a fuoco, fu solo capace di annuire timidamente, ma a Edward non bastò: infatti, si alzò e andò verso di lei, prendendo posto sulla sua sedia e facendola sedere sulle sue gambe.

‹‹E domani, dopo giorni di segretezza, voglio mostrare a tutti quanto siamo felici›› le mormorò all’orecchio, circondandola con le braccia, mentre Bella appoggiava il capo sul suo petto con un sospiro e chiudeva gli occhi. Edward la sentiva completamente rilassata su di sé, stretta a lui come se fosse stato la sua ancora di salvezza.

Restarono in quella posizione un momento eterno, che lui sperava non finisse mai.

‹‹Bella?›› la chiamò, rompendo il silenzio.

Isabella non rispose.

‹‹Bella?››. La guardò in viso e sorrise dolcemente. La sua Bella si era addormentata, le labbra piegate in un sorriso leggero, l’espressione serena.

Avrebbe voluto portarla in camera sua e metterla a letto, ma non sapeva dove fosse. Quindi la sollevò, attento a non svegliarla, e bussò con una certa fatica alla porta della sala.

‹‹Capo Swan›› disse quando questi gli aprì ‹‹può indicarmi la camera di Bella? Si è addormentata…››.

‹‹Oh, ehm…››. Era evidente che Charlie non sapeva cosa fare.

‹‹Fidati, Charlie. Edward è un ragazzo affidabile›› intervenne Carlisle, dandogli una pacca sulla spalla.

Lui sospirò, rassegnandosi, e spiegò a Edward dove andare. ‹‹Non è pesante?›› aggiunse, guardando Isabella.

‹‹E’ leggera come una piuma›› sussurrò il ragazzo mentre si allontanava, regalando ad un’ignara Bella uno sguardo pieno di affetto.

Seguì le indicazioni di Charlie e aprì la porta della stanza di Bella. Era buia, illuminata solo dalla luce della luna, fuori dalla finestra, ma a quanto riusciva a vedere quella camera la rappresentava alla perfezione. Il profumo di Isabella era ovunque e lo inebriò, facendolo rimanere sulla soglia per qualche secondo, intontito.

Il letto era già preparato, le coperte già scostate; probabilmente per lei era un’abitudine.

Edward depositò delicatamente il suo piccolo corpo rilassato sul materasso morbido e la coprì con le lenzuola. Accarezzò piano il viso di Bella. ‹‹Sei stupenda›› bisbigliò nel silenzio, fissandola adorante. ‹‹Buonanotte tesoro, ci vediamo domani››.

‹‹Edward›› sospirò Bella confusamente.

Lui la guardò, temendo di averla svegliata, ma la ragazza aveva ancora gli occhi chiusi e l’espressione serena. Stava dormendo tranquilla. L’occhio gli cadde sul comodino accanto a lei, sopra il quale era appoggiato un libro dalla copertina bianca, raffigurante un ragazzino dai capelli biondi.

Il piccolo principe.

L’aveva letto anche lui, quel libro. Era un racconto semplice, e il suo fascino stava proprio in quello. Un libro senza tempo, senza età, non una favola per bambini come aveva detto Alice quando aveva cercato di convincerla a leggerlo. Tra gli altri, ricordava un pezzo in particolare.

 

‹‹ Addio ››, disse.
‹‹ Addio ››, disse la volpe. ‹‹ Ecco il mio segreto. È molto semplice: non si vede bene che col cuore.
L'essenziale è invisibile agli occhi ››.

 ‹‹ L'essenziale è invisibile agli occhi ››, ripeté il piccolo principe, per ricordarselo.

 

‹‹Edward…›› ripeté Bella nel sonno, e un sorriso illuminò il suo volto.

Lo stava sognando.

Edward le si avvicinò, inginocchiandosi accanto alla sua testa. ‹‹Sono qui, Bella›› mormorò al suo orecchio, gli occhi verdi lucidi. ‹‹Sono qui e non ti lascio. Dormi, piccola mia, fai tanti bei sogni››.

Il sorriso di Isabella si allargò. Si mosse un po’ tra le coperte, continuando a dormire serenamente, mentre una lacrima di felicità scorreva lungo la guancia di Edward.

Finalmente aveva trovato la sua Bella.

 

Fai tanti bei sogni, Eclipse.

Parte in corsivo, 'Il piccolo principe'.

A presto :***

S.

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Capitolo 6
*** #6 - Ultimo capitolo ***


Come sapete, questo è l'ultimo capitolo. Non so come l'avete immaginato, ma spero che vi piaccia nel bene e nel male ;)

Leggete le note finali, per favore.

Buona lettura.

 

Capitolo 6

 

Il mattino dopo, Bella si svegliò cinque minuti prima dello scatto della sveglia. La disattivò e si portò una mano agli occhi, assonnata, rigirandosi tra le coperte calde e profumate.

Un attimo… coperte?, pensò dubbiosa, guardandosi attorno. Aveva la mente ancora annebbiata, certo, ma non ricordava di essere salita in camera sua per dormire, né di aver salutato Edward e Carlisle. Il suo ultimo ricordo risaliva a quando Edward l’aveva accolta tra le sue braccia forti e protettive, e lei aveva poggiato la testa sul suo petto per sentire il battito del suo cuore.

Avvampò di imbarazzo quando si rese conto che, probabilmente, si era addormentata in braccio a lui. Era stato Edward a portarla lì, in camera?

Si alzò dal letto e andò in bagno, annesso alla sua stanza, per una breve doccia. Coperta solo da un asciugamano bianco, tornò in camera e aprì l’armadio. Cos’avrebbe indossato? Doveva vestirsi in modo diverso dal solito? Forse Edward avrebbe preferito vederla con abiti differenti, almeno per quel giorno…

Bella, ma cosa stai dicendo?, si rimproverò mentalmente. Lui era Edward. Il ragazzo splendido – sia dentro, sia fuori – che aveva scoperto pian piano sul tetto della scuola, durante i loro incontri, e che adesso sapeva di conoscere bene.

Senza più preoccuparsi, si infilò l’intimo, un paio di jeans a sigaretta e una camicia a quadri; lasciò i capelli scuri sciolti sulle spalle e sorrise timidamente alla sua immagine allo specchio. Poi scese in cucina per fare colazione.

Ma, lanciando un’occhiata fuori dalla finestra – l’auto di suo padre non c’era, segno che era già uscito – si accorse della presenza di un’altra macchina parcheggiata davanti casa.

Edward si era svegliato alle cinque, quella mattina, e per mezzora era rimasto disteso sul letto a fissare il soffitto della sua stanza, al buio, pieno di felicità. Non era riuscito a smettere di sorridere mentre si faceva la doccia, né mentre si vestiva, né mentre faceva colazione con la sua famiglia.

Era uscito quasi un’ora prima del solito orario, dirigendosi a casa Swan, e quando Charlie era partito per andare a lavorare, aveva preso il suo posto sul vialetto, attendendo la sua Bella con impazienza.

Isabella, scesa in cucina, osservò sbalordita la Volvo che aveva davanti. Che cosa faceva lì Edward così presto?!

Con la mano cercò di attirare la sua attenzione, e lui la guardò, contento e confuso. Bella gli fece segno di entrare in casa e gli aprì la porta.

‹‹Edward!››. Isabella gli si lanciò letteralmente addosso, stringendogli le braccia attorno al collo, e premette con foga le labbra sulle sue.

Edward, sorpreso ma lieto, ricambiò il bacio, e presto i due si ritrovarono senza fiato, felici però di essere ancora insieme. Lui fece sedere la ragazza sul tavolo della cucina, baciandola profondamente, beandosi del suo sapore zuccherino.

‹‹Buongiorno, tesoro›› sussurrò Edward sulle sue labbra, abbracciandola forte. ‹‹Dormito bene?››. La osservò: era bellissima.

Bella annuì con un sorriso. ‹‹Ho dormito magnificamente. Sei stato tu a mettermi a letto, ieri sera?›› chiese, strofinando il naso sulla sua maglietta.

Lui ricambiò con un sorriso ammiccante. ‹‹Sì. Hai già fatto colazione?››.

‹‹Avevo intenzione di farla, ma qualcosa, o meglio qualcuno, ha distolto la mia attenzione…››

Edward rise, e Bella si sentì mancare il fiato. Era davvero… non c’erano parole per descrivere il suo viso. Gli accarezzò la guancia, incredula di essere veramente lì con lui.

‹‹Sei così bello›› sussurrò rapita. Come poteva Edward Cullen stare con una ragazza così semplice, anonima e timida?

‹‹Smettila di pensare, Bella, hai il cervello che fuma›› la prese in giro, scostandosi da lei per permetterle di scendere dal tavolo.

Isabella prese una tazza e vi versò i cereali e il latte, afferrò un cucchiaio e si sedette al solito posto, facendo segno a Edward di accomodarsi.

Il ragazzo continuò a fissarla incantato: era bellissima, e indossava solo una camicia a quadri e un jeans, un abbigliamento semplicissimo. Eppure era meravigliosa, i suoi occhi rilucevano di felicità.

Bella avvampò sotto il suo sguardo, ingoiando una cucchiaiata di cereali. Finì di mangiare rapidamente e mise tutto nel lavandino, poi salì al piano di sopra per lavare i denti. Quando scese di sotto, lo trovò più vicino di quanto si aspettava.

‹‹Non riesco a starti lontano›› gli disse, baciandolo ancora. In quei giorni aveva maturato un’assurda dipendenza da lui.

Edward rise sulle sue labbra, accarezzandole delicatamente la schiena. ‹‹Ed io non potrei esserne più felice, credimi››. Posò la bocca sulla sua fronte per qualche secondo. ‹‹Ma credo sia ora di andare, non voglio arrivare in ritardo››.

‹‹Andiamo›› sospirò Bella. Era nervosa, non poteva impedirselo.

‹‹Andrà tutto bene, tesoro››. Edward le strinse forte la mano e la portò alle labbra, lasciandovi un lungo bacio. ‹‹Ci sono io›› la rassicurò dolcemente.

Isabella annuì, gli occhi che le brillavano. Che cosa importava di ciò che dicevano gli altri, in fondo? Stava con Edward, e questo bastava.

‹‹Andiamo a scuola›› disse semplicemente.

 

Quando la Volvo di Edward entrò nel parcheggio, la maggior parte degli studenti era già arrivata, e molte teste – come al solito – si voltarono nella loro direzione per assistere alla scena.

Bella vide Alice Cullen, munita di minigonna e tacchi alti, ridere con il solito gruppo di amici al centro del parcheggio. Notò anche Emmett, nel loro angolo abituale vicino all’entrata, parlare con un ragazzo con gli occhiali che riconobbe per Ben Cheney, un ragazzo molto simpatico e gentile che frequentava con lei biologia.

Isabella aveva avvertito Emmett che sarebbe arrivata a scuola con Edward, naturalmente, e che presto glielo avrebbe fatto conoscere.

‹‹Pronta?››

Lei sorrise tranquilla. ‹‹Andiamo››.

Nell’esatto momento in cui Edward scese dalla macchina, la campanella che segnava l’inizio delle lezioni trillò, ma nessuno si mosse, vedendo che il ragazzo andava ad aprire lo sportello del passeggero. E quando Edward porse la mano a Bella – per aiutarla a scendere, ma anche per infonderle sicurezza – e lei si mostrò agli altri, sul parcheggio scese un silenzio assordante.

I due, mano nella mano, camminarono fino all’entrata. Il cuore rimbombava nel petto di Isabella, e Edward poteva sentire quanto stava tremando la sua mano. Gliela strinse ancora più forte, ignorando l’insistente sguardo di sua sorella sulla sua ragazza, e varcò la soglia della scuola con il sorriso sulle labbra.

La accompagnò fino al suo armadietto, ignorando gli studenti che iniziavano a entrare nell’edificio senza mai distogliere lo sguardo da loro.

‹‹Allora…››

‹‹Edward!›› una voce lo interruppe proprio mentre stava per chiedere a Bella qual era la sua prima lezione. Una voce che non avrebbe voluto sentire, almeno per quel giorno.

Vide gli occhi di Bella allargarsi e la sua espressione divenire smarrita e si maledisse.

Si voltò, ritrovandosi davanti una livida Alice e le sue due tirapiedi, Jessica e Lauren.

‹‹Cosa stai facendo? È un modo per farmi innervosire, per caso?›› domandò al fratello, la voce vibrante di rabbia.

Edward strinse Bella a sé, rassicurandola, e sorrise ad Alice. ‹‹Perché dovrei cercare di farti innervosire? Sto semplicemente vivendo la mia vita, se non ti piace credo che dovrai ben presto rassegnarti››.

‹‹Rassegnarmi?›› ripetè Alice in tono di scherno, e puntò gli occhi verdi, così simili eppure così differenti da quelli del fratello, su Bella. ‹‹Tesoro, credi davvero che Edward stia con te perché gli interessi? Come potrebbe piacergli una come te? Sei solo una delle tante, si sbarazzerà di te tra qualche giorno›› disse con cattiveria, nel tentativo di ferirla. Alice non poteva permettersi che Edward stesse con una… con una qualunque!

Questa volta toccò a Edward ridere con disprezzo. ‹‹Una delle tante? Alice, sai benissimo che non ho una ragazza da…›› finse di pensarci ‹‹da mai›› dichiarò con orgoglio.

‹‹Non puoi stare con lei!››

‹‹E chi me lo vieta? Tu? Isabella sta diventando la cosa più importante della mia vita, e tu non riuscirai a togliermela›› bisbigliò a pochi centimetri dal viso della sorella.

Bella si morse le labbra, gli occhi lucidi, ma non si permise di parlare. Era una cosa tra Edward ed Alice, l’aveva capito.

‹‹Come può essere tanto importante per te?››. Questa volta, la voce di Alice era sinceramente curiosa, bassa per non farsi sentire dal gruppo di studenti che si era radunato attorno a loro.

Edward sorrise e anch’egli parlò sottovoce. ‹‹E’ l’amore, Alice. A quanto pare la persona che sei diventata non riesce a comprendere. Prova a cercare dentro di te, sorellina. Sono certo che alla fine capirai››.

Voltò le spalle a sua sorella, lasciandola in mezzo al corridoio, ammutolita, e prese Bella per mano, conducendola in un corridoio poco frequentato. Solo allora si accorse che lei stava silenziosamente piangendo.

‹‹Bella?›› la chiamò, spaventato. Aveva detto qualcosa di male? Qualcosa che lei non aveva apprezzato?

Isabella si asciugò le lacrime con calma e trasse un profondo respiro, come per calmarsi.

 ‹‹Edward, io…›› iniziò, ma lui non la fece finire.

‹‹Bella. No. Non devi curarti di ciò che pensano gli altri. Lascia perdere Alice, lei non capisce, e forse non capirà mai›› disse Edward, accarezzandole il viso con dolcezza.

Isabella sorrise, guardando l’ormai suo ragazzo ufficiale con tenerezza. ‹‹Veramente… veramente volevo dirti che… insomma…›› balbettò nervosa ‹‹no, forse non è il momento giusto››.

Però doveva dirglielo. Perché quando senti di amare una persona, quando sei ormai certo di non poterne farne a meno… devi dirlo.

Anche se la sua reazione non è quella che aspetti.

Anche se sei in imbarazzo, nervosa.

Anche se non sei sicura che quella persona ricambierà i tuoi sentimenti.

Anche se pensi che sia troppo presto.

L’amore non è una cosa che si programma, non esiste il momento giusto per dire ‘’ti amo’’. È sempre il momento giusto.

Edward la osservò. ‹‹Bella, lo sai che puoi sempre dirmi tutto. Tutto ciò che ti passa per la testa››. Le prese il viso tra le mani, accarezzandole le guance con i pollici. ‹‹Io sono qui››.

‹‹Ti amo››

Le parole le sfuggirono dalle labbra prima che lei potesse fermarle, e si sentì mancare il fiato.

Ti amo.

Ti amo.

Rimbombava nella testa di Edward.

Ti amo.

Era immobilizzato dalla sorpresa.

Ti amo.

Sentì inumidirsi gli occhi, di fronte a quella ragazza bellissima, intelligente, simpatica, brillante, timida. Speciale. La stessa ragazza che adesso lo guardava con timore, quasi si fosse pentita di quell’inaspettata confessione.

E una piccola lacrima accarezzò gentilmente la guancia di Edward.

‹‹Bella…›› cercò di parlare, ma passò un minuto buono prima che riuscisse a farlo.

‹‹Scusa›› lo anticipò lei, abbassando lo sguardo, privandolo della vista dei suoi occhi. Si sentiva nuda, in quel momento, terribilmente imbarazzata e a disagio. Non avrebbe dovuto aprire bocca.

Perché mi caccio sempre in queste situazioni?

Ma Edward le prese la mano, tentando di resistere all’impulso di stringerla a sé, e insieme iniziarono a camminare per il corridoio vuoto – la prima ora era ormai iniziata. Sospirò. ‹‹Bella, io… ho paura. Ho paura di ciò che provo quando sto con te, perché è un sentimento così forte, così totalizzante, che mi annienta›› cercò di spiegarle.

Isabella sentì un sorriso farsi strada sul suo volto, e anche la sua guancia fu percorsa da un’altra sua lacrima, che forse aveva la vana speranza di unirsi a quella di Edward, sua compagna.

‹‹Bella, in questi giorni per me sei diventata quasi… essenziale›› continuò il ragazzo, poggiando le mani sulla sua vita sottile.

Lei scosse la testa, incredula. ‹‹Sono sempre stata invisibile›› bisbigliò, parlando più tra sé.

Edward sorrise. ‹‹Beh, si sa… l’essenziale è invisibile agli occhi. Sei essenziale per me, Bella››. Le mani di entrambi tremarono, come le loro labbra quando si unirono in un breve, ma intenso, bacio.

E, mano nella mano, si incamminarono insieme verso un futuro luminoso, pieno, felice, che li guardava sorridendo e che li avrebbe accompagnati nella loro piccola, ma perfetta, eternità.

 

:Fine:

 

 

Credo abbiate riconosciuto la frase finale, tratta dall'ultima frase di Breaking Dawn =)

Prima di tutto, grazie. Grazie a tutte le splendide persone che hanno recensito i capitoli, a quelle che hanno inserito la storia tra le seguite e le preferite, a quelle che, per questa storia, mi hanno aggiunta tra gli autori preferiti. Grazie.

Scrivere questa storia è stato magnifico, davvero.

Un grazie speciale a vanderbit, la quale ha segnalato la fanfic per le storie scelte facendomi commuovere come pochi sanno fare.

Ora, vi avevo promesso qualche sorpresa. Probabilmente, la storia non è ancora definitivamente finita, so che ci sono ancora tantissime cose che vi piacerebbe sapere sul futuro di Edward e Bella. Quindi, presto arriveranno degli extra, che scriverò in una 'storia' a parte sottoforma di raccolta di OS.

Insomma, spero che come idea vi piaccia ;) Metterò un avviso qui quando posterò.

Spero ci risentiremo presto!

Grazie ancora :********

S.

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