Em

di Dea Sofia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ufficio postale ***
Capitolo 2: *** "Pretty Woman" ***
Capitolo 3: *** Blackout ***



Capitolo 1
*** Ufficio postale ***


In fila allo sportello postale, Emilia si passò una mano sulla guancia arrossata sospirando spazientita per l'ennesima volta.

Pensò che non avrebbe mai perdonato l'ideatore di quegli infernali uffici postali, e tanto meno il direttore che aveva assunto quell'impiegata dall'aria squilibrata con cui lei aveva a che fare in quel momento.

« Dev'esserci stato un errore signorina, devono aver confuso il suo cognome con quello di qualcun altro. »

« Confuso il cognome? Quindi la mia lettera è stata letta da qualche estraneo in chissà quale cazzo di paese? »

La donna dall'altra parte del vetro abbassò lo sguardo sfiorandosi nervosamente il colletto della camicia, sorpresa dall'esplosione verbale di Emilia.

« Signorina le..le ripeto che ci dev'essere stata confusione, ci dispia..»

« Certo! Mi raccomando, quando telefona stia attenta a non confondere il cellulare con il ferro da stiro »

Detto questo, voltò le spalle all'impiegata sconvolta e si avviò a grandi passi all'uscita sgomitando tra la folla che riempiva l'ufficio.

Una volta fuori si fermò a specchiarsi in una vetrina. La moltitudine dei suoi lunghi capelli ramati sparavano in ogni direzione, i segni della stanchezza sul viso per via della notte precedente.

Prese a tastarsi le tasche cercando il cellulare che aveva cominciato a squillare.

Penelope.

« Em, dove sei? »

« Fuori, al..ma che t'importa scusa? »

« Qui a casa ha telefonato un tizio che ti cerca. È molto insistente, vuole parlarti a tutti i costi. Em, chi è? » Emilia si immaginò Penelope seduta a gambe incrociate sul pavimento a rosicchiarsi le unghie, preoccupata.

« Ah. Niente, è una persona che ho conosciuto ieri sera ai Navigli. Niente di che, davvero. Sto tornando, se chiama di nuovo digli che non sai dove sono. Anzi, non rispondergli e stacca il telefono. »

Dall'altra parte del telefono, l'amica di Emilia restò in silenzio.

Penelope era la ragazza con cui lei condivideva l'appartamento, nonché una sua cara amica nonostante fossero molto diverse.

Notando il silenzio, Emilia riprese a parlare. « Pen, non stare in ansia per ogni stronzata! Ci vediamo fra poco »

Dall'altra parte, un sospiro. « Ok, allora a tra poco. »

La ragazza dai capelli rossicci si sentì ribollire per quel tizio maniacale che, dopo la sera prima, non aveva mai smesso di chiamarla. E ora aveva trovato anche il suo numero di casa!

Si sarebbe dovuta far togliere dall'elenco delle pagine bianche.

“Nuovo proposito per una vita tranquilla” pensò Emilia scendendo le scale che portavano alla Metrò “non dire mai più « chiamami!» con voce sensuale a un uomo mentre è arrapato.”

 

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Capitolo 2
*** "Pretty Woman" ***


Al risveglio, Emilia cercò di liberarsi dalle lenzuola rosse cremisi mettendosi a sedere sul letto.

Le pulsava la testa. Si strofinò gli occhi con in mente dei vaghi ricordi della sera precedente.

Tornata a casa aveva trovato tutto sottosopra, tipico quando Penelope si metteva ai fornelli.

« Sulla rivista di cucina c'era scritto che il cus cus era veramente facile da preparare in casa » aveva mormorato, scusandosi.

Così alla fine le due avevano ordinato al negozio di sotto del cibo pronto e si erano sedute sul pavimento davanti alla televisione, con i piatti e due bicchieri di vetro alti per il vino.

Pen aveva infilato nel lettore DVD “Pretty Woman”.. con gran ribrezzo di Emily, che non sopportava quel genere di film così sdolcinati.

Si misero a discutere di quel tizio conosciuto ai Navigli.

Emilia non era una ragazza solita alle botte e via.

« Non sai neanche tu che cosa vuoi » aveva commentato Penelope con la bocca piena, togliendosi dalla fronte un ciuffetto dei suoi capelli neri corvini perfettamente lisci.

Emilia alzò le spalle. « Può darsi. Ma non mi va neanche una storia seria, troppa fatica. »

Si versò altro vino.

Spostò lo sguardo su Julia Roberts nel televisore ed era come se la guardasse attraverso una cascata di bollicine, segno che era completamente brilla.

Da qui in poi non aveva più ricordi della sera precedente.

Si alzò in fretta e andò a sciacquarsi il viso con l'acqua gelida.

Una voce dalla cucina. « EM! Sbrigati, la protesta è alle dieci e mezzo! »

« Ma che caz..» Em prese un asciugamano e attraversò il corridoio a piedi nudi.

Penelope era in piedi su una sedia a cercare se ci fossero avanzi di caffè nei ripiani alti.

« Quale protesta? »

« Me l'avevi promesso, Em! »

Si passò con furia l'asciugamano sul viso e lo gettò sul tavolo. « Se sapessi di che cazzo stai parlando »

La ragazza dai capelli nero corvino scese dalla sedia con un sospiro. « Abbiamo finito il caffè. Comunque la protesta ecologista oggi, in piazza del Duomo »

« E io dovrei venire? » ghignò Emilia raccogliendosi i capelli in uno chignon con un elastico.

« Eh già cara mia, l'hai promesso!»

« Cristo santo, ero ubriaca Pen! Avrei potuto prometterti che sarei partita per Baghdad se me l'avessi chiesto »

« Dai, mi serve una mano per portare gli striscioni » Da qualche tempo a Penelope era venuta la fissa per l'ecologismo.

Dapprima era diventata vegetariana. Ma Em continuava a comprare carne e così non era facile resistere.

Poi aveva cominciato a credere a quelle tisane dagli strani nomi, che dicevano di purificare il corpo e la mente.

« Io sono troppo buona » disse Em tornando in camera sua.

Prese dall'armadio vestiti a caso. Un paio di jeans neri, una maglia rossa che le stava troppo larga, un paio di calzini uno rosa e uno verde.

Le proteste e le buone azioni non erano roba per lei, ma in fondo non aveva niente di meglio da fare quella mattina se non che vagare per casa in pigiama mangiando Gocciole.

« Sbrigati » disse Pen con la sua voce sottile, affacciandosi alla porta della stanza. « Mi ringrazierai per averti portato alla protesta, vedrai. Cambierà il tuo modo di guardare il mondo come è successo a me, anzi chissà! Magari ti cambierà la vita »

Emilia sbuffò, infilandosi un calzino. « Contaci »

Eppure Penelope non aveva tutti i torti. 

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Capitolo 3
*** Blackout ***


La metropolitana affollata lasciò una nota di sorpresa in Emilia, che non si aspettava di certo che così tanta gente partecipasse alla protesta ecologista a cui Pen l'aveva trascinata.

Nonostante questo le due amiche erano riuscite a trovare un posto a sedere, il che era un vantaggio visti gli striscioni pesanti che dovevano portare.

« So di non essere la migliore consigliera del mondo » stava dicendo Penelope, che quella mattina aveva applicato sui capelli corvini un ciuffo finto blu fluorescente. « Ma so ascoltare. E poi pensavo fossimo migliori amiche »

« La tua frase non mi farà sentire in colpa, sappilo. » Sentenziò Em, alzando gli angoli della bocca in una specie di sorriso.

« Non era quello il mio scopo » Penny aveva fatto una pausa, elaborando una risposta da dare a quella presuntuosa di Emilia. « Ma credo di avere tutto il diritto si sapere con chi, dove e perché si è svolta la tua notte di sesso selvaggio l'altro ieri sera. »

Una specie di smorfia. « Non è stata assolutamente una notte di sesso selvaggio! »

Em non aveva quasi mai avuto problemi a confidarsi con la sua coinquilina, con cui aveva parlato anche di cose imbarazzanti, facendosi una risata sopra.

Eppure questa volta era andata diversamente con quell'uomo così strano dei Navigli, e ora voleva solamente rimuovere quel ricordo dalla sua testa.

Ma Penelope testarda, non rinunciava a insistere.

« Se te lo raccontassi, ti annoieresti di si..» Un arresto brusco della metro nel bel mezzo della galleria e poi il buio.

Si era alzato un mormorio nella carrozza. « Ci dev'essere stato un blackout » commentò Penelope cercando di mettere a fuoco l'immagine rabbuiata dell'amica, di fianco a lei.

« Cazzo » disse Em.

Erano passati una decina di minuti e tutto rimase com'era, senza che nessuno avvisasse i passeggeri di scendere dalla carrozza o altro.

« Dovranno pur dirci qualcosa » disse stridula la signora grassa con il foulard di Hèrmes al collo, seduta accanto alle due ragazze.

« Beh, di sicuro non ci lasceranno qui a marcire »

« Arriveremo tardi alla protesta » si sentì dire da qualcuno « Inizia fra un quarto d'ora! »

« Che disgrazia » commentò Em a bassa voce.

Penelope cominciò a chiacchierare instancabile come al solito, nella carrozza della buia galleria della metropolitana ferma e, un discorso tira l'altro, tirò fuori di bocca a Emilia la storia del tizio dei Navigli.

Gli raccontò dell'happy-our, di come lui l'avesse abbordata al bancone del bar offrendole un cocktail rosa.

Castano e alto come piaceva a lei, ragioniere in un'azienda di telefonia, senso dell'umorismo pungente e un'unica voglia evidente negl'occhi.

Al ricordo di quella sera Em si sentiva ancora lo stomaco avvampare, una sensazione che conosceva ben poco e che non riusciva a soffocare con il suo menefreghismo.

« Ho voglia di ballare » aveva detto lui « andiamo in quel pub ».

E nonostante la mezzanotte inoltrata Emilia si era vista ballare per tutta la notte come mai aveva fatto. Non l'aveva mai fatto con un uomo al primo appuntamento - e questo non si poteva neanche chiamare appuntamento - ed è banale dirlo, ma quella sera era diverso.

Quell'uomo era diverso, non aveva uno di quei caratteri imbranati ed egocentrici degli sfigati milanesi.

Deciso, spavaldo, un po' cafone ma irresistibilmente sexy.

Erano finiti nei bagni del pub e, come è facile immaginare, Em era pronta a quello che doveva succedere senza esitazioni.

Lui le aveva abbassato la maglia senza spalline, sfilato il reggiseno, e quando le aveva sfiorato con la bocca il capezzolo Emilia aveva rabbrividito come da tempo non succedeva.

« E poi? E poi? » Penelope aveva ascoltato tutto il racconto in silenzio, e Em poteva percepire la sua curiosità uscirle da tutti i pori.

« Pensavo quello che era ovvio pensare » continuò « ma.. a quanto pare mi sbagliavo. »

Si passò una mano fra i capelli ramati, per poi portarseli tutti da un lato come per fare una coda.

« Cos'hai fatto? » C'era buio, ma Em si immaginò l'amica Penelope con gli occhi che le brillavano dalla voglia di sapere, con le espressioni facciali che solo lei sapeva fare.

« Cosa vuoi che ho fatto? Gli ho infilato una mano nei pantaloni » rispose, abbandonando per un attimo l'imbarazzo e ritrovando il suo solito tono brusco.

« E lui mi ha respinto. » Sospirò infine. Capì che era inutile esitare. « Pensavo stesse facendo una specie di gioco, ma non era così. Mi ha detto che..è cattolico e vuole arrivare vergine al matrimonio. Che gli interessavo, e se sarei stata disposta a conoscerlo meglio. »

Pen invece attese a rispondere. Le scappava da ridere, voleva esclamare “cosa?!” ma sapeva che non era il caso. Così si limitò a chiedere: « ma lui era..insomma, era eccitato? » e si mangiucchiò le unghie nervosamente.

« Era arrapato in una maniera patetica » disse con disprezzo Emilia. « Capisci? Come potevo immaginare che fosse così? Stavo andando fuori di testa. Allora gli ho lasciato il mio numero e gli ho detto di chiamarmi. » concluse il suo pistolotto con uno sbuffo.

« Ecco perché continuava a chiamare. Cazzo Em, questo tizio ti doveva piacere davvero per avergli dato il numero. Conoscendoti, se fosse stato un altro l'avresti mandato affanculo senza neanche pensarci. »

Em si sentì arrossire. L'amica aveva centrato il punto e aveva distrutto la sua “reputazione” da dura.

« Non è così » balbettò cercando di giustificarsi « gli ho lasciato il numero è vero, ma solo per divertirmi. Per farmi quattro risate »

Le luci che si riaccesero all'improvviso interruppero le ragazze.

Con un sospiro di sollievo dei passeggeri, la carrozza ripartì veloce.

Una voce metallica .« Cadorna, fermata Cadorna »

« Cadorna » ripeté Pen. « Siamo quasi arrivati. E..Em. Finiremo il discorso dell'arrapato vergine dopo la protesta, ora aiutami a piegare questo » e prese uno degli striscioni.

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