gelosia

di _morph_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** prologo ***
Capitolo 2: *** ragazzina ***
Capitolo 3: *** tutto ciò che non mi aspettavo ***
Capitolo 4: *** primi sintomi di un amore difficile ***
Capitolo 5: *** l'incubo del castello ***
Capitolo 6: *** scoperte ***
Capitolo 7: *** non respiro ***
Capitolo 8: *** momenti difficili ***
Capitolo 9: *** grandi e piccoli inconvenienti ***
Capitolo 10: *** Tradimenti ***
Capitolo 11: *** Perdonare, dimenticare, soffrire ***
Capitolo 12: *** vendette da giocattoli ***
Capitolo 13: *** un problema in meno ***
Capitolo 14: *** comunicazione ***
Capitolo 15: *** Stare Insieme ***
Capitolo 16: *** Lati Nascosti ***



Capitolo 1
*** prologo ***


Sinceramente non ho mai pensato di poterne essere gelosa, insomma, ormai ero abituata alle attenzioni che gli altri gli prestavano, a tutte le ragazze che gli giravano intorno. gelosa di lui, del ragazzo che, da quando lo vidi la prima volta, mi aveva rubato il cuore senza più restituirmelo, al ragazzo che mi aveva tante e tante volte fatta soffrire, e che non si decideva a farmi stare tranquilla anche solo per un po'. per tutte le volte che ci potevamo vedere, ogni volta che mi si presentava davanti mi si mozzava il fiato, le guance si tingevano di rosso, e le parole venivano fuori smorzate, improvvisamente diventavo agitata e per quanto cercassi di fare la dura sembravo una totale imbecille di fronte a lui, un imbecille di fronte al ragazzo sempre perfetto dalla risposta sempre e comunque giusta. davvero non credevo di poterne diventare gelosa, eppure è successo. Avevo quindici anni, compiuti. non posso dire che è successo tutto velocemente come non posso dire che ci siano stati passaggi graduali che mi hanno portato a quello che è successo. è stato il periodo più brutto e allo stesso tempo il più felice della mia vita. ormai stavamo insieme da cinque anni, cinque bellissimi anni. litigavamo spesso, ma era il nostro modo di amarci. ci stuzzicavamo a vicenda e io, come sempre, finivo per arrabbiarmi come una bambina. facevo i capricci quando mi prendeva in giro e mi addormentavo tra le sue braccia quando mi sentivo più tranquilla. può sembrare infantile dire che mi sono innamorata di Pierre quando avevo solo dieci anni, eppure era amore, innocente, puro, ma amore. non so ancora precisamente cosa mi sia preso, so solo che l'unica cosa che mi ha tirato fuori dal mio stato sono stata io. o meglio, il mio mondo. Vanilla, Saul, Houx e Pierre. il mio mondo, ma più di tutto, ciò che mi ha fatto vedere un baratro di luce, ero io. ho scavato fino a trovare il motivo per cui la rabbia mi cresceva dentro e mi scuarciava il petto, facendomi addormentare con le lacrime e risvegliare con gli occhi gonfi. ho scavato e ho trovato nuovamente la luce, ho ricominciato a respirare, a sentire nuovamente l'aria nei polmoni e le lacrime improvvisamente scomparvero.

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Capitolo 2
*** ragazzina ***


ragazzina sentii il suono della campanella che segnava la fine delle lezioni, tirai un sospiro di sollievo. portavo due trecce fermate in fondo da due nastri neri, la gonna della divisa scolastica e un golfino abbinato a quest'ultima, le calze pesanti e le scarpe in corredo con la divisa. mi alzai e sorrisi nel vedere Vanilla sulla porta che mi aspettava. mi infilai con estrema lentezza i guanti e il cappello. infilai i libri in cartella come capitava per poi rendere felice la mia amica uscendo -ti viene a prendere Pierre oggi?- mi chiese con la sua graziosa voce, aveva un potere tranquillante su di me, anche quando andavo completamente fuori di testa
-non lo so, credo di sì- non sapevo mai quando veniva, di solito ci vedevamo nel pomeriggio, ma di sabato lo trovavo, solitamente, sul portico ad aspettarmi. la sera dormivo da lui. continuammo a chiacchierare fino all'uscita, ormai il piazzale era deserto, le uniche persone rimaste erano le ragazze accalcate intorno a Pierre, routine. tutte molto belle e sicuramente più grandi di me. ormai non facevo più caso ai loro commenti sarcastici, soliti delle ragazze isteriche e viziate. devo ammettere però che uno più di tutti mi colpì -principe non può frequentare una ragazzina come quella!- ragazzina?! a me?! il loro caro principe però continuava sempre a rispondere in modo indifferente alle loro domande e complimenti, finché non arrivavo io, la cosiddetta "ragazzina" che faceva passare tutte loro in secondo piano. durante questo flusso di pensieri non potei fare a meno di fare un ghigno soddisfatto. sentii le sue mani prendermi dolcemente per la vita. salutò prima le ragazze poi Vanilla, che salutai anche io. quando fummo abbastanza lontani lo guardai indispettita
- comincio a rimpiangere le socie - affermai a tono. ormai si erano ritirate dalle loro avance, finalmente si erano accorte fossero inutili, io le continuavo a definire "il nemico caduto in battaglia" credo sia questo il nome più adatto a loro, ogni volta che lo dicevo Pierre mi rispondeva che io, invece, dovevo pensare a cose più serie invece che a loro. lui e Yurika ancora si sentivano, ma la cosa non mi disturbava, piuttosto mi lasciava del tutto indifferente
-non credevo fosse possibile-
- sono insopportabili! - mi lagnai -non puoi dirgli semplicemente che non ti interessano?!-
-perchè dovrei? prendo molti cristalli-
-quelli lasciali stare! e poi li prenderesti comunque tantissimi cristalli- risposi con un sorriso speranzoso, mi squadrò dall'alto al basso.
-dove vuoi andare?- mi guardai per qualche istante intorno
-non importa- riflettei un secondo stringendo i pugni -andiamo a casa tua, ho freddo qui fuori!- mi sorrise stringendomi
-va bene- sotto suppliche, accettò di camminare invece di andare volando. nonostante avessi imparato, in quel periodo dell'anno congelavo ogni volta che provavo a librarmi. mi morsi il labbro inferiore sentendo che si stava screpolando la bocca, sentivo dolore per il freddo in tutto il corpo
-sto congelando- sussurrai con la voce tremante
-appena arriviamo ti vai a cambiare e ti fai un bagno, così ti starai meglio- a volte mi sentivo davvero come una bambina. la differenza era nel fatto che lui era il mio ragazzo -che hai?- chiese guardando la mia espressione assorta nel flusso dei pensieri che avevo in testa
-quelle ragazze quanti anni hanno?- gli chiesi incuriosita
-la mia età credo, forse un anno di meno. vanno nella tua stessa scuola. come mai me lo chiedi?- lo guardai, facendomi la stessa domanda
-secondo me sono scioccate dal fatto che sei fidanzato con una quindicenne- sorrisi divertita, lui ricambiò
-già, non perderanno facilmente la speranza che mi piaccia una ragazza un po' più matura- feci un ghigno arrabbiato
-vorresti forse dire che io non sono matura?!- mi sorrise circondandomi i fianchi con le braccia, sentivo la sua mano sulla schiena che mi teneva per non farmi scivolare. eravamo uno di fronte all'altro, mi sentivo bassina, la mia fronte gli arrivava alla spalla, ero impotente quando mi si parava davanti e mi guardava negli occhi. arrossii violentemente, e maledii questa mia reazione -neanche mi rispondi?!- chiesi per sciogliere la tenzione
-su certe cose sei matura su altre un po' meno- rispose impassibile sorridendomi in modo beffardo
-e qusto che vorrebbe dire?! quali sono le cose in cui non lo sarei?!-
-oh oh! tante!- lo cominciai a colpire con dei pugni, reazione poco efficace poichè lo sentivo ridere divertito. una ventata gelida mi bloccò facendomi sussultare. mi prese per mano -dai andiamo-. arrivati entrai infreddolita. mi accompagnò verso la sua camera -hai ancora freddo?- mi chiese una volta messa la sua camicia, mi arrivava a metà coscia. le gambe erano nude. e, nonostante nella casa ci fosse caldo avevo ancora i brividi
-un po'! qui non ho niente di mio?- chiesi speranzosa
-ogni volta è la stessa storia...- mi rispose con un ghigno divertito. sbuffai
-la prossima volta giuro che mi ricordo di portarmi il pigiama!- esclamai convinta.
lui mi guardò saccente -sì, certo...-
-smettila di prendermi in giro!- la sua faccia che si divertiva nel vedermi così era il massimo dell'irritazione
-è difficile smettere, ti dovresti guardare-
-ah sì? bhe, io sto benissimo anche solo con la tua camicia!- mi avviai indispettita verso la cucina, dove la cena era pronta. vedendo i domastici cominciao ad abbassarmi l'indumento per coprirmi il più possibile le gambe. lo guardai, non sembrava a disagio, come faceva?! arrossii nuovamente ma mantenni lo stesso la mia espressione da dura. durante la cena finii per abbuffarmi, anche quella ormai era routine. entrando nella camera sentii un piacevole tepore, mi fiondai sul letto, mettendomi sotto le coperte constatai felice che c'era un piumoncino ad avvolgermi. mi appoggiai sul petto nudo di Pierre. mi prese il viso tra le mani facendomi stendere nuovamente sul letto con la testa sul cuscino. mi baciò dolcemente, arrossi. gli circondai il collo con le mani. lui passò le labbra sulle mie guance, poi sul collo. sentii la sua lingua accarezzarmi la pelle lentamente. sentendomi sussultare capì che stava andando troppo oltre. quando smise, nonostante fossi stata io a desiderarlo, volevo che le sue labbra mi accarezzassero ancora. mi avvicinai baciandolo. sentivo le sue mani stringermi forte, quasi da farmi male, ma non volevo smettesse, volevo assaporare completamente la sensazioni di essere avvolta nelle sue braccia, dove mi sentivo protetta, dove ad aspettarmi c'era un mondo ovattato che mi avvolgeva. mi addormentai poco dopo. a svegliarmi ci fu un rumore flebile. ero ancora con il viso poggiato su di lui, ma c'era il silenzio assoluto se non quel rumore. affinando attentamente l'orecchio capii che si trattava delle pagine quando venivano girate. c'era il calore della mano di pierre sui miei capelli. con un braccio mi aiutai ad alzarmi, mantenne la mano sulla mia testa.
-buongiorno- mi sorrise, io, che ero ancora stordita lo guardai torva
-che ore sono?-
-presto- mi spinse nuovamente sul suo petto. provai a riaddormentarmi, inutile, a causa di quegli stupidi libri, avevo perso il sonno.
-perchè la mattina non dormi come fanno tutti?!- domandai stizzita al "ragazzo libro"
-sei nervosa?- chiese retorico sorprendendomi. ovvio che lo fossi, io la mattina volevo dormire!
-metti via quel libro non mi fa dormire- lagnai, forse in tono un po' troppo infantile. lo chiuse per poi alzarsi. lo guardai stupita del gesto -perchè ti sei alzato?- chiesi improvvisamente indifesa
-sei una sciocca, che fastidio ti può dare un libro?!- in un certo senso mi sentii in colpa. forse aveva ragione. di istinto lo fermai prendendogli la mano quando stava per fare un passo
-scusa- sussurrai fissandolo. subito dopo arrossii notando che rimaneva in piedi, in attesa che dicessi qualcosa. incrociai le braccia -bhe? cos'hai da guardare?- aspettai qualche istante -dove vai?-
-a farmi una doccia- nonostante avessi capito gli ripresi la mano avvicinandolo a me. -ti va se ti porto su extramondo oggi?- rimasi sorpresa, ma allargai un sorriso, mi sarebbe piaciuto tornarci
-sì, che bello! e dove mi porti? quando partiamo?- chiesi entusiasta
-mentre mi faccio la doccia tu preparati, partiremo subito dopo. ti farò vedere un bel posto. si trova su una delle montagne rocciose, fa freddo la sù, ti creerò dei vestiti con la magia- annuii soddisfatta, lo baciai felice, nonostante cercò di approfondire il bacio me ne andai, saltellando, a fare colazione.  




commenti dell'autore:
scusate se l'altra volta non ho messo i commenti, a causa di "imprevisti" mi è stato impossibile. lo so che il prologo è un po' triste, però questa fiction è nata perchè volevo sperimentare le mie capacità e per ricevere commenti sul mio lavoro individuale dalle mie amiche honey e crazy_chiara. spero che vi piaccia, l'idea l'ho sviluppata in 30 secondi, e devo ammettere che ne sono molto soddisfatta, sopratutto perchè pensavo che ci volesse una fanfic a raiting arancione, non le scrive praticamente nessuno! recensite e ditemi che ne pensate del primo capitolo.
nello svolgimento delle vicende i capitoli non saranno così tristi e malinconici come il prologo (anche se a me, devo ammetere che piace).
recensite per favore, anche per sapere come scrivo, l'ho detto, è nata per sperimentare le mie capacità individuali, quindi, fatemi sapere che ne pensate.
bacio Marmelade

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Capitolo 3
*** tutto ciò che non mi aspettavo ***


tutto ciò che non mi aspettavo

tutto ciò che non mi aspettavo

 

quando arrivammo sentii l'aria caratteristica di extramondo, profumata. nonostante il freddo non facevo altro che volteggiare felice tra gli alberi spogli della foresta, erano da mesi che non tornavo sul mio mondo, e nonostante non fossi mai andata su quella montagna, ero felice di poter di nuovo vivere momenti di gioia nel mio ambiente. sentii Pierre avvicinarsi a me -vieni- mi sussurro prendendomi per mano e trascinandomi in basso, la velocità aumentò, e i fiocchi di neve, che provenivano dal cielo, non mi aiutavano a vedere, mi feci guidare. dopo poco atterrammo. lo guardai stupita. un'enorme struttura c'era di fronte. era in pietra, di quelle che si vedono nelle fiabe, solo un po' più sinistra e affascinante, o per meglio dire, imponente. tornai a guardare Pierre -ogni tanto con i malefici ci fermavamo qui. quando non riuscivamo a proseguire per le tempeste di neve- spigò scrutandomi attentamente me, che lo guardavo affascinata -vieni, entriamo- dentro continuava a mantenere la sua bellezza. erano presenti mobili molto antichi, impolverati. presi a gironzolare allegramente per le diverse sale presenti, vedevo il fumo uscire dalle nostre bocche. gli sorrisi

-ci fermiamo qui stanotte?- gli chiesi speranzosa di ricevere un consenso, e soprattutto, speranzosa di usufruire di una di quelle grandi stanze che tanto mi piacevano

-tu domani hai la scuola, e non hai avvertito a casa- sussurrò laconico raggiungendo la mia posizione

-se manco un giorno non importa, e poi spiegherò tutto domani a Robin... ti prego!- mi diede un bacio leggero

-se Robin si arrabbia è colpa tua. vai a scegliere una camera, io accendo il fuoco- quando stavo per andare mi riprese per un braccio -sei capace di mettere a posto una camera con la magia vero?-

mi sentii sotto valutata -certo! per chi mi hai preso?-

-dai, vai...- mi addentrai nel castello, cercando un po' in tutte le stanze finché una non mi impressionò maggiormente. non era molto grande, il letto era rivestito di un tessuto pesante color porpora e il pavimento era di parquet scuro, che presentava segni evidenti di molte scarpe che ci erano passate, nel corso del tempo, sopra. ai lati della stanza, sulle pareti, c'erano dei candelabri applicati sulle mura. le candele non erano del tutto consumate. feci un incantesimo e riuscii a togliere la polvere in poco dal letto e dai vecchi mobili, tuttavia, mantenuti discretamente. presi le candele e nel raggiungere Pierre inciampai, cadendo mi ferii un dito. esaminai la scheggia con cui mi ero tagliata, sembrava un ago, un ago di legno, un pochino più grande, lo portai in salone e lo buttai nel camino distrattamente. feci vedere a Pierre ciò che avevo in mano -vedo che hai trovato la camera che ti piace di più- sorrise e mi cinse la vita nel vedere le candele -appoggiali su quel tavolinetto- notai che il fuoco bruciava nonostante non ci fosse legna, feci come mi aveva detto. mi sedetti poi su un divanetto di fronte al camino. mi mise la sua giacca sulle spalle. lo guardai, era com'era alto e particolarmente bello. arrossii a quei pensieri

-che mangiamo?- a pranzo eravamo stati in città, ma ormai si era fatto tardo pomeriggio, e io, per giunta, non avevo assolutamente intenzione di lasciare la mia posizione

-non lo so...- rifletté per qualche istante -se andassi in un paesino qui vicino potrei prendere qualcosa- si voltò per poi tornare a guardarmi -tu rimani qui, non uscire mi raccomando- mi guardò serio imponendomi con lo sguardo di non uscire, non che ne avessi intenzione

-d'accordo. torna presto- gli sussurrai sdraiandomi, portai le gambe al petto. lo sentii darmi un bacio sulla testa -prendi anche qualche dolcetto- mi diede un buffetto sulla guancia

-va bene- lo sentii uscire. venni avvolta dal tepore di quel fuoco. chiusi gli occhi e senza accorgermene mi addormentai. il sogno che feci era strano. sognai di precipitare nell'oscurità, nulla che mi trattenesse, niente su cui aggrapparmi, non c'era pierre, mi sentivo incredibilmente pesante. quando mi svegliai vidi il fuoco. mi alzai, ero completamente sudata -finalmente ti sei svegliata- mi porse un  fazzoletto con cui mi pulii la fronte, sentimmo il mio stomaco brontolare. sorridemmo entrambi divertiti per come era stato interrotto il silenzio di quel momento, per così dire, tetro. mangiammo a sazietà per poi metterci nuovamente sul divano

-è bellissimo qui-

-sì, lo so. mi è sempre piaciuto, già dalla prima volta in cui ci sono stato- lo guardai incantata

-faceva così freddo anche quando ci venivi con i malefici?-

-sì. ma non importava, non lo sentivo- mi guardò, per poi soffermarsi sulla mia mano - che hai fatto al dito?-

-prima sono caduta e mi sono tagliata- constatai che il taglio continuava a sanguinare flebilmente

-ti fa male?- mi chiese prendendo il dito ferito per osservare più attentamente la ferita marginale

-non molto, domani sarà già guarito-

-meglio- mi sdraiai nuovamente -andiamo a dormire prima che ti addormenti qui- mi prese per mano -sono felice di essere qui con te- sussurrò senza guardarmi negli occhi, non mi spiegavo perchè cercasse di nascondere le sue emozioni di fronte a me. sorrise -ti immagini la faccia di Robin quando gli diremo che abbiamo passato la notte sul monte roccioso?!-

-non è detto che glielo dobbiamo dire- sussurrai sorridendo. mi guardò cercando di leggere la mia espressione -possiamo dirgli che siamo stati a casa tua e tenerci questo posto solo per noi- entrammo nella camera, lui si tolse la camicia, arrossii. me la porse. mi spogliai con molta attenzione, ero tesa e sentivo il suo sguardo su di me, che osservava i miei movimenti lenti e, stranamente, precisi. una volta messa la camicia ci sdraiammo. le lenzuola e le coperte erano piuttosto pesanti e calde. mi poggiai sui gomiti guardandolo -torneremo, vero?-

-sì, se ti piace tanto- mi allungai per baciarlo. sentii le sue mani intrecciarsi ai miei capelli. mi sdraiai su di lui con il mio piccolo corpo. i baci continuavano e si facevano sempre più intensi. spinse le mie spalle sul materasso per poi riprendere. prese a passarmi le labbra sulla fronte, per poi scendere passando le labbra sotto il mio viso, arrossii nuovamente, ma non mi opposi. con la lingua mi accarezzò il collo e l'angolo della bocca per poi riprendere a baciarmi. sentii le sue dita passarmi dolcemente sulle gambe accarezzandomi le cosce con delicatezza palesemente volontaria. con l'indice salì fino a scoprirmi parte del busto. continuò a passare con leggerezza la mano sulla mia pancia, finché non scese baciandomi il punto in cui fino a poco prima le sue dita mi stavano accarezzando. non pensavo che una cosa del genere potesse capitare in un posto come quello, e nonostante pensavo di non essere pronta, non volevo che smettesse, neanche per un istante, di baciarmi o di accarezzarmi, anche se, a causa di quelle sensazioni, il mio corpo era completamente intorpidito. chiusi gli occhi rilassata, lo sentii sbottonare la camicia per poi allontanarsi da me. indossavo ancora l'indumento, che non mi copriva più il seno, che fino a quel momento era sempre stato, volontariamente,  all'oscuro dei suoi occhi. mi esaminò poggiato sui talloni. io rimasi stesa, non riuscivo a capire che cosa gli passasse per la testa, per un istante credetti di non piacergli più, finché non lo vidi sorridere nel vedere la mia espressione ansiosa -lo sai che sei bellissima?!- mi chiese osservandomi, il suo sguardo era dolce. non risposi. si avvicinò nuovamente a me, baciandomi con più dolcezza e possessività. posai le mani sul suo torace. aveva la pelle incredibilmente liscia e perfetta. mi tolse la camicia con lentezza facendomi rimanere unicamente in slip. arrossii di nuovo. era steso su di me, avevo il viso nell'incavo del suo collo, ne sentivo il profumo, mi piaceva come niente al mondo. senza rendermene conto mi ritrovai con le mani che gli volevano slacciare i pantaloni. si discostò leggermente da me, fermando le mie mani -sei sicura di quello che fai? dopo non si può tornare indietro- riflettei un istante sulle sue parole arrivando alla conclusione che non avrei mai rimpianto di aver fatto l'amore per la prima volta con lui. annuii convinta. riprendemmo a baciarci. lui si tolse i vestiti per poi togliermi anche l'ultimo indumento che avevo. si distese su di me, sentii un impatto doloroso, devo ammetterlo. cominciò a muoversi ritmicamente su di me. mi morsi le labbra pur di tacere, strinsi anche gli occhi, sentivo il suo sguardo e il suo respiro nell'incavo del collo. non ci volle molto perchè il dolore si trasformasse in piacere. mi ritrovai imprigionata tra le sue braccia, che mi circondavano il busto stringendomi. io, che avevo le mani intrecciate ai suoi capelli, volevo che non mi lasciasse, che continuasse a stringermi forte, quasi da non permettermi di respirare. dopo che sentii un piacere più intenso degli altri invadermi il corpo, il senso di completezza prese possesso di me. Pierre mi fece poggiare il viso sul suo petto. avevo il respiro affannato, i brividi di freddo in tutto il corpo e la fronte imperlata di sudore. avevo strane sensazioni, mai provate nel corpo, che mi facevano sentire incredibilmente bene, anche se stanca. con un dito feci disegni immaginari sulla sua pelle. lo sentii stringermi di più, mi passò una mano sul viso -come ti senti?- mi chiese accarezzandomi i capelli

-bene- sussurrai. ringraziai dio di non aver sanguinato, non avrei sopportato un simile imbarazzo. alzò le coperte per coprirmi meglio. non mi sentivo messa in soggezione dalla situazione -era...la prima volta per te?- chiesi sussurrando

-a meno che non lo avessi fatto prima dei quattordici anni, allora sì- mi sentii sollevata. anche se, in qualche modo, mi aspettavo quella risposta -che hai, sei delusa?- chiese divertito, lo guardai

-certo che no- aspettai qualche istante -era tutto premeditato?-

-che cosa?-

-portarmi qui, restare e poi... ecco...- le guance diventarono di un colore purpureo facendomi balbettare

-no, non avevo programmato nulla- mi sentii più rilassata

-quindi, non hai mai pensato di fare l'amore con me?- volevo sapere tante cose, non so dove presi il coraggio per chiederglielo ma da qualche parte si creò la forza di domandarglielo, forse era la curiosità, o forse il fatto che ormai l'avevamo fatto, nulla mi avrebbe scandalizzata, poiché sapevo cosa si prova

fece un espressione divertita -sei molto curiosa stasera...- rispose dopo qualche istante -qualche volta ci pensavo-

-sei molto più forte di me, sia negli incantesimi, sia come forza fisica- mi alzai sui gomiti per guardarlo -perchè non mi hai costretta?-

-che domanda è?!- mi guardò stupito -se ti avessi costretta non mi avresti mai perdonato, e io non l'avrei perdonato a me stesso... e poi non sarebbe stato bello quanto lo è stato stasera- sorrisi felice, mi morsi poi il labbro consapevole di ciò che gli volevo chiedere

-e che pensavi?-

-su che cosa?-

-quando pensavi a noi due che...- sbuffai -insomma, hai capito!- mi infastidiva dovergli spiegare le cose che capiva da solo, ero consapevole che lo faceva a posta

-non lo so... dipendeva dalle situazioni...-

-per esempio... ieri?-

-ieri cosa?-

-che hai pensato?- lo guardai dispettosa -lo so che qualche cosa l'hai pensata-

-non lo so Chocola. quando ti bacio mi passano per la testa un milione di cose-

non mi bastava, ero decisa a sapere che cosa ci fosse dentro quella testa -voglio solo sapere cosa pensassi quando ti veniva voglia  di fare l'amore con me-

-che volevo farlo con te-

-e daii...-

-sei insopportabile- ne ero consapevole, feci una smorfia -non fare quella faccia-

-perchè non me lo dici?!-

-va bene...- mi fece uno sguardo beffardo -io però, poi voglio sapere che cosa hai pensato tu, prima, quando mi volevi slacciare i pantaloni-

mi rigirai -sei cattivo!- lo sentii ridere, e in qualche modo venne da ridere anche a me nel sentirlo. mi abbracciò da dietro, al suo contatto mi girai nuovamente, posando il viso sul suo petto, ancora -da quant'è che volevi farlo?-

-da un po'. ma volevo aspettare che fossi tu quella pronta- fece una pausa che mi allertò, mi chiesi perchè non continuasse -devo ammettere che qualche volta, ho davvero pensato di perdere il controllo, a costo di costringerti- mi guardò, era in attesa di un mio commento scandalizzato, forse arrabbiato, magari... deluso. eppure non arrivò, lui aveva diciannove anni e avere una ragazza che spesso lo istigava non era semplicissimo. mi avvicinai e gli sfiorai dolcemente le labbra per poi sdraiarmi nuovamente. lo sentii alzarsi, prese la camicia, che era finita per terra, per poi risedersi -mettila, comincia a far freddo- mi porse l'indumento, lo presi con delicatezza. la infilai lasciandola però sbottonata. lo vidi rivestirsi. dopo poco mi porse anche la biancheria. ci sdraiammo nuovamente, mi stringeva forte, forse anche lui aveva freddo. sentivo il suo viso sulla mia chioma rossa, il suo respiro mi confortava. posai l'orecchio sul suo petto, sentivo il battito del suo cuore, era piacevole. le sue mani erano sotto la camicia e mi accarezzavano dolcemente la schiena. ci addormentammo in poco tempo. feci di nuovo quel sogno, cadevo nell'oscurità, di diverso c'era il fatto che più scendevo, precipitando, più l'aria diminuiva, o meglio, l'aria non entrava nei miei polmoni, la sentivo sulla mia pelle, sfiorarmi le labbra, ma anche se la sentivo, non riuscivo a respirare, cercavo di ribellarmi in ogni modo, ma l'aria non entrava. mi svegliai completamente sudata, nonostante sentissi freddo. constatai che era notte fonda, l'orologio grande in oro di fronte al letto, segnava le tre del mattino, che vennero segnate da flebili rintocchi. mi metteva ansia. respirai profondamente per calmarmi, poi guardai Pierre, che era addormentato tenendo le mani sui miei fianchi, fui felice nel notare che non mi aveva lasciata. gli scossi il braccio con una mano. si svegliò immediatamente -ehi Chocola... che...?- mugugnò con una voce tipica di una persona appena sveglio. notato il mio viso impaurito, sconvolto. si sedette per poi attirarmi con un braccio a se -che hai?- mi accarezzo i capelli -qualche ripensamento?-

-no... ho fatto un incubo-

-che tipo di incubo?- lo discostai con una mano chiusa a pugno

-non...non importa...- abbassai lo sguardo -adesso è tutto a posto- non so di preciso cosa avessi, ma quel sogno... mi spaventava, non avevo abbastanza coraggio neanche per raccontarlo ad alta voce.

-dimmi cos'è che ti spaventa- il suo volto, per quanto lo potessi vedere, era serio e reso maledettamene affascinante dal chiarore della luna. i suoi lineamenti tesi non nascondevano la fermezza e la serietà che si concentrava sul suo viso

-ti ho detto che non ha importanza, non me lo ricordo- risposi sussurrando.

-se c'è qualcosa che ti spaventa, voglio saperlo, capito?- annuii, mi strinse di più a se, lo sentii darmi un bacio sulla fronte, era confortevole. me ne diede un altro sulle labbra, a quello se ne susseguirono, aumentando di intensità e coinvolgimento. mi strinse a se portandomi su di lui, mi accarezzo un fianco mentre continuava a passarmi le labbra sul collo. lo sentii spingermi di nuovo sul letto. mi baciò dolcemente il seno facendomi emettere un flebile gemito, scese con lentezza, spalancai gli occhi, non ero preparata. lo sentii sfiorarmi con le labbra la mia intimità, strinsi a pugno le lenzuola percependo il suo tocco delicato che mi accarezzava con le labbra, non pensavo però, fosse tanto piacevole. tutti i calcoli, i preconcetti, tutte le paure che avevo, erano errate. quando tornò a baciarmi decisi di abbandonarmi, lo spogliai senza pudore. non mi importava se l'avevamo fatto solo poco prima, desideravo mi stringesse ancora, come la prima volta. non pensavo di ottenere di più. fare l'amore con lui la seconda volta fu molto più piacevole. la tensione, l'imbarazzo di farmi vedere nuda da lui, la consapevolezza di non sapere ciò che mi aspettava, erano scomparsi. mi lasciai andare completamente a quelle emozioni splendide e allo stesso tempo travolgenti. quando venne mattino ero ancora sveglia, non avevo sonno, forse era solo il timore di rifare quello stupido incubo. tuttavia, non mi annoiavo, guardavo Pierre dormire serenamente, gli accarezzavo delicatamente il viso. la fronte, le guance, le labbra...

 

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  

 

 

commenti dell'autore:

allora, era la prima volta che scrivevo una cosa del genere, ho dovuto leggere molte, moltissime fanfiction prima di scrivere questa, e devo ammettere che non ne ho seguita nessuna. ho preferito scrivere seguendo la mia testa e le mie idee, spero comunque che vi piaccia come sta venendo.  Vi prego, anzi, vi supplico, scongiuro, recensite, è importante

bacio Marmelade

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Capitolo 4
*** primi sintomi di un amore difficile ***


primi sintomi di un amore difficile

primi sintomi di un amore difficile

 

quando mi riaccompagnò a casa, vidi Vanilla, Houx e Saul che mi aspettavano preoccupati. inventammo che, a causa del brutto tempo, avevamo preferito restare a casa di Pierre. quando se ne andò mi salutò come suo solito baciandomi una guancia. presi poi Vanilla e la portai in camera, volevo raccontarle tutto, ero felice. quando entrammo ci sedemmo entrambe ai piedi del letto.

-che mi volevi dire?- feci il mio sorriso migliore

-ieri siamo stati su extramondo- sorrise anche lei

-davvero? e siete stati da mia madre? com'era la città?- era più disinvolta quando si parlava di quell'argomento

-non siamo stati in città- mi guardò incuriosita -mi ha portato su uno dei monti rocciosi-

-a far che?-

-mi ha portato in un castello, era fantastico, anche se faceva freddissimo-

-avete passato lì la notte?-

-sì, l'idea era di rimanere fino al pomeriggio, ma volevo restare anche a dormire- mi guardò affascinata

-deve essere stato bello- osservò

fissai per un istante il vuoto -sì, è stato fantastico...- sussurrai ripensando alla notte trascorsa con Pierre

-che ti prende?- mi chiese notando la mia espressione inebedita

feci un ampio sorriso -niente...- quello che era successo sarebbe rimasta una cosa solo mia. mia e basta.

per il resto della serata dovetti inventare mille scuse riguardanti il giorno prima. notai che Robin mi guardava con uno sguardo poco convinto. arrossii impaurita che scoprisse ciò che era successo con Pierre. era un tipo permissivo quando si parlava di certe cose, mi preoccupava di più che scoprisse che eravamo stati sui monti rocciosi. quando tutti se ne andarono mi tornò a guardare

-che è successo veramente tra te e Pierre?- arrossii, ma ero decisa a non fargli scoprire nulla, era pur sempre la mia vita privata. incrociai le braccia infastidita voltandomi

-niente di niente-

si avvicinò a me, che ero seduta. fece per andarsene, ma si fermò, quando mi fù di fianco, mi mise una mano sulla testa -spero che tu sappia ciò che hai fatto e che non te ne penta. non voglio sinceramente sapere dove siete stati- come faceva a saperlo?! ancora non ne ero perfettamente consapevole io, come faceva a saperlo lui?! sbuffai indispettita, per poi andare a letto. sotto le coperte desiderai che Pierre mi fosse accanto, che mi stringesse forte, che mi baciasse... mi addormentai dopo diverse ore, che spesi a pensare a tutto ciò che mi era intorno, a ciò che avevo visto, e a quello che mi aspettava quando sarei diventata regina, una volta compiuti i diciassette anni. quella notte non feci l'incubo fatto nel castello, ne fui felice, non avrei sopportato di riaddormentarmi da sola.

il giorno dopo, a scuola, avevo la testa altrove, non che le altre volte ascoltassi la lezione, ma ero completamente assente, ignoravo le mie compagne che bisbigliavano mentre il professore spiegava, ignoravo Vanilla. tutto ciò che mi circondava era scomparso. continuavo a dondolare incessantemente una penna tra il pollice e l'indice fissando il banco, ero stranamente nervosa. finite le lezioni non mi accorsi neanche del tempo che era passato. uscendo vidi il solito gruppo di ragazze. non so cosa scaturì la mia rabbia, ma qualcosa mi bruciava dentro, mi avvicinai infastidita con un passo pesante. quando Pierre mi vide, mi venne incontro. mi circondò la schiena con un braccio sorridendomi gentilmente. ci allontanammo, non riuscivo a capire perchè fosse venuto, non lo faceva quasi mai. perchè proprio quel giorno? cos'è che non andava?! la sua visita, la presenza di quelle tizie, che mi ostinavo a non voler conoscere, mi irritavano

-perchè sei venuto?!- chiesi brusca. mi guardò, sorpreso dalle mie parole

-hai passato una brutta giornata?!- chiese infastidito

-no...- aspettai qualche secondo, in cui abbassai lo sguardo -odio quelle ragazze- sussurrai senza guardarlo, avevo paura della sua espressione

-questo da quando?-

-da sempre-

-non ci credo, non ti ha mai dato fastidio la loro presenza. che ti è preso?- sentii la rabbia montarmi dentro

-tu che ne vuoi sapere?! non te ne è mai importato niente di quello che penso, ti basta avere l'attenzione di quelle illuse!- sbottai infuriata, mi resi conto che stavo urlando solo quando notai che tutti mi stavano guardando. Pierre mi prese per mano. quando fummo davanti a Vanilla parlò

-ti dispiace se oggi la porto con me?- chiese calmo

-no... tranquillo- rispose timidamente. chinai la testa dispiaciuta per quello che gli avevo detto, non so da dove mi uscirono quelle parole che neanche pensavo. ci dirigemmo in silenzio verso il centro della città, dove ci fermammo in un bar. seduti non facevo altro che fissare la tazza di cioccolata calda che avevo ordinato. lo sentivo che mi guardava incessantemente. le mie guance erano rosse, ne ero certa.

-allora? non dici niente?- mi chiese serio, le guance si infiammarono ancora di più. non sapevo cosa dirgli, il mio orgoglio era più forte della sua rabbia, preferii tacere -posso sapere che ti è preso?- continuai a non rispondere. lo sentii che mi prese le mani tra le sue -le pensavi le cose che mi hai detto?- mi chiese gentilmente

-no...- risposi con una voce flebile che tradiva l'emozione

-e allora che avevi?- continuò serio, con una voce ferma

-è che... di solito mi vieni a prendere solo di sabato e, non ero preparata a vederti con quelle ragazze... mi sono arrabbiata quando le ho viste che facevano le civette con te, tu... sei il mio ragazzo, non voglio che qualcun altra ti stia così vicina- mi giustificai. sentii la sua mano sfiorarmi i capelli

-lo sai che io non voglio nessun altra apparte te- mi ricordò una di quelle stupide frasi da film romantico, storsi il naso poco convinta -non ci credi?-

-con una qualsiasi di quelle ragazze fareste una splendida coppia- osseravai brontolando, non riuscivo a concepire che cos'era a irritarmi tanto

-quando ti dai una calmata fatti vedere- sentii la sua voce arrabbiata, spalancai gli occhi. non volevo che se ne andasse, le mie risposte non volevo lo facessero arrabbiare tanto da andarsene. prima di alzarsi notò la mia espressione turbata -non voglio che pensi che io preferisco quelle ragazze a te. sai bene che non è così, loro sono umane, e non possono darmi tutto ciò che mi dai tu-

-lo so... mi ha dato solo fastidio vederle fare così con te. è come se lo facesse un altro ragazzo con me... non ti darebbe fastidio?!-

-cerca di controllarti la prossima volta...-

sorrisi divertita -però non mi hai risposto- si alzò infastidito per poi prendermi per mano, quando uscimmo dal bar tornò a guardarmi

-non permetterò mai a nessun altro di avvicinarsi a te-

-non vale!- mi lamentai incrociando le braccia. mi cinse i fianchi

-sì, invece- mi accompagnò a casa, entrati andammo nella mia camera. lui si sedette su una poltrona all'angolo della stanza -vieni- mi fece cenno di avvicinarmi, mi prese tra le sue braccia -hai preso dei cristalli oggi?-

feci comparire dal mio ciondolo un cuore rosa e due arancioni -guarda che bello questo- accarezzai con l'indice il cristallo rosa

-già...- li prese e li rimise nel ciondolo. -hai raccontato a Vanilla ciò che è successo sul monte roccioso?- lo guardai stupita

-dipende dai punti di vista-

-il che vuol dire...?- gli sorrisi

-le ho raccontato del castello, ma non di quello che è successo tra di noi- feci una pausa -ma Robin l'ha capito, non so come ha fatto!-

-tipico... tu non sai mentire!- che impertinente, io sapevo mentire benissimo

-non è vero! ero credibilissima-

-scommetto che ci osserva da un po', e alla prima ti sei fatta scoprire-

-tanto non mi importa, è la mia vita privata!-

-la nostra- mi corresse. appoggiai il viso nell'incavo del suo collo. sentimmo entrambi la porta aprirsi. c'era Saul sulla soglia

-resti qui a cena?- chiese con la sua solita energia, mi sorprendeva come trattasse con tanta gentilezza Pierre, fin dal primo istante era stato così con lui. lo guardai, lui ricambiò

-va bene- rispose in un tono neutrale. quando Saul uscì, lo baciai dolcemente, lo sentii discostarsi dopo qualche istante. la cosa non mi piaceva affatto. lo guardai con le sopracciglia aggrottate -non siamo più nel castello, dobbiamo darci una calmata- rimasi impassibile

-che esagerato. solo per qualche bacio...-

-io te lo dicevo solo- ripresi a baciarlo con più delicatezza, lo sentii rispondere. si discostò nuovamente -perchè non hai raccontato a Vanilla quello che è successo?- vidi il suo sguardo azzurro fissarmi incuriosito. non risposi. infondo era la mia migliore amica, era logico che glielo raccontassi, eppure non lo volevo fare -non è che ti vergogni di dirgli che non sei più vergine?- lo colpii con una mano. odiavo il suo modo di dirmi le cose in maniera così diretta, non lo sopportavo. mi bloccò i pugni -rispondimi-

-non glielo volevo dire e basta!- mi strinse nuovamente a se

-posso farti delle domande?-

-tipo?-

-ti ho fatto male quando lo abbiamo fatto la prima volta?- rimasi sorpresa

-un...un po', all'inizio-

-e la seconda?-

-no...- risposi sinceramente

-hai voluto farlo perchè ti sentivi pronta o per far felice me?-

-perchè mi sono sentita pronta- lo vidi fare un sorriso sarcastico

-sì, certo...- mi stizzì quella sua frase, non avrei di certo avuto un rapporto con lui se non mi fossi sentita pronta

-come sarebbe a dire?!- dicendo quelle parole mi alzai

-voglio dire che era da tempo che volevo farlo con te, ci siamo baciati più volte. ma bastava che ti sfiorassi il collo che ti cominciavi ad agitare. non credo che di punto in bianco ti sei sentita pronta- adesso cominciava davvero a farmi arrabbiare

-credi davvero che abbia fatto sesso con te solo per farti contento?!-

-credo... non lo so. nel castello questo pensiero non mi è nemmeno sfiorato, ti conosco, so che non lo avresti fatto se non te la fossi sentita. ma è da quando siamo tornati che questa idea mi tormenta- non mi ero calmata, anzi, ero molto lontana dal farlo. il suo tono era deciso, fermo.

-è questo il punto, tu dovresti conoscermi!-

-ti conosco infatti, ma ho paura che tu abbia commesso qualche sciocchezza, sei così... imprevedibile, non riesto mai a decifrare quello che fai- abbassai il capo sconfitta, di nuovo il senso di impotenza, la consapevolezza di essere, ai suoi occhi, una bambina, mi colpì. sentii qualche lacrima solcarmi il viso, non riuscivo a capire perchè si comportasse in modo così protettivo nei miei confronti. i ragazzi delle mie compagne di classe non lo facevano. non volevo un padre come fidanzato. se solo avessi compreso il motivo del suo modo di agire, allora lo avrei accettato. lo sentii posarmi una mano sulla guancia ma mi discostai prontamente

-perchè fai così?!- gli chiesi senza guardarlo

-così come?-

-perchè mi tratti così? perchè non fai come tutti i fidanzati e non mi lasci agire come voglio?- cercavo di oppormi alle lacrime con tutta me stessa

-perchè dovrei fare come tutti quegli idioti che permettono alle loro ragazze di commetere sciocchezze?!-

-perchè sono io a chiedertelo! non voglio che mi tratti come se fossi il mio tutore-

-ma io non voglio trattarti così, non voglio che soffri. preferisco aspettare che tu sia pronta piuttosto che farti sentire costretta. so che ti senti colpevole poichè ho diciannove anni, ma ce la faccio ad aspettare- mi sentii sollevata, si avvicinò cauto a me prendendomi il viso tra le mani -tu per me sei più importante del sesso, più importante di tutte quelle ragazze- mi fece alzare sulle punte baciandomi con trasporto. mi srinsi a lui, al mio mondo, felice di quelle risposte.

-forse... dovrei raccontare a Vanilla ciò che è successo...- sussurrai con aria colpevole

-non devi se non vuoi, ma è la tua migliore amica, lei è importante per te, forse ti sentiresti meglio dicendoglielo- mi abbracciò dandomi un bacio sui capelli.le sue grandi mani e braccia mi avvolgevano, era una sensazione bellissima

-è che... non so cosa ne potrebbe pensare, lei è così introversa quando si tratta di queste cose...- feci una pausa - e poi, mi vergogno a raccontargli ciò che abbiamo fatto- borbottai con il viso affondato nel suo petto

-non abbiamo fatto niente di strano- rispose divertito

-Pierre...- lo richiamai in un sussurro

-dimmi-

mi morsi il labbro -io ho voluto farlo con te perchè sentivo che era quello il momento giusto, non me ne sono pentita. te lo giuro- 

-bene, ne sono felice-

 

 

 

 

commenti dell'autore:

questo capitolo è stato creato per risolvere dubbi generali. volevo far capire che la storia, sì è incentrata su Pierre e Chocola, ma gli altri personaggi ci sono ancora. quando ho scritto "Robin è piuttosto permissivo su queste cose" è perchè io ho visto sia l'anime che letto il manga, il carattere dei personaggi  è sempre lo stesso e, nel manga, Robin è un pervertito, nonostante sia innamorato, per questo l'ho scritto, me lo sono sempre immaginato più permissivo su certe cose che su altre. la storia è presa dall'anime (sia chiaro)

bacio Marmelade

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Capitolo 5
*** l'incubo del castello ***


l'incubo del castello

Scusate ma avevo sbagliato la pubblicazione del capitolo, avevo pubblicato il 4 invece che il terzo, leggete quindi prima il capitolo antecedente a questo

 

                                                                                  Marmelade

 

l'incubo del castello

 

mi ritrovai faccia a faccia con Vanilla, dopo che la cena era finita e Pierre se ne era andato, continuava a fissarmi incuriosita

-ecco...io...- borbottai a testa bassa -non ti ho raccontato proprio tutto quello che è successo-

-che intendi?

arrossii violentemente, mi guardai intorno chiedendomi se ci fosse un modo di sfuggire a quella "rivelazione". tornai a osservare la mia amica -è successa un'altra cosa nel castello... nel monte roccioso-

-che cosa?- la sua espressione era gentile e dolce, come sempre. mi sentii in colpa per non averglielo detto prima.

-ecco... io e Pierre, abbiamo...- la sua espressione cambiò, da incuriosita diventò stupita, mi chiesi se avesse capito -fatto l'amore per la prima volta-

-oh.- la vidi sbiancare, credetti per un istante che le fosse preso un colpo -e... ecco... lui com'è stato con te?-

-dolce, non l'avevamo programmato, è successo e basta-

-ha fatto...- fece un lungo respiro -ha fatto male?-

-solo all'inizio, dopo poco no- rimanemmo in silenzio per qualche istante -non dici niente?-

-chocola...- mi guardò apprensiva -non è che l'hai fatto solo perchè lo voleva Pierre?-

rimasi irritata da quell'affermazione -certo che no! io lo amo davvero, ma non ho perso la mia verginità per fargli piacere. l'ho fatto perchè in quel momento era ciò che desideravo di più, e lo voglio ancora. non me ne sono pentita-

mi sorrise -bene, sono felice per te- sussurrò, abbassò lo sguardo

-Vanilla?- lei mi guardò

-dimmi-

-oggi... ti sono sembrata strana quando ho visto Pierre a scuola?-

-un po'... ma che ti è preso? non ti ho mai vista così nei suoi confronti...-

gli occhi mi diventarono lucidi -lo so... non so cosa avessi, quando ho visto quelle ragazze girare intorno a Pierre, mi sono infuriata-

-ma dovresti essere abituata a tutte le ragazze che gli girano intorno-

-lo sono, non so cosa avessi ieri...-

-Pierre che ti ha detto quando ti ha portata via?-

-mi ha chiesto cosa avessi, e mi ha detto che per lui ci sono soltanto io- fece un sorriso dolce

-è stato carino a dirtelo- sorrisi anche io

-già, hai ragione... non me lo meritavo... quelle cose che gli ho detto io... non le pensavo-

-sono sicura lui l'abbia capito...- restammo per qualche ora a parlare nella sua stanza, finchè non vidi che era insonnolita. rientrai nella mia camera mettendomi sotto le coperte. sentii la  finestra aprirsi. mi voltai allarmata finché non lo vidi, richiuse la finestra alle sue spalle, notai il cappotto pieno di neve e i capelli biondo cenere bagnati. si avvicinò a me sedendosi sul letto, gli posai una mano sulla testa

-che ci fai qui?- gli chiesi in un sussurro.

-avevo voglia di vederti...- mi baciò dolcemente

-ma non eri tu a dire che ci dovevamo dare una calmata?!-

-esagerata. per un bacio- mi rimbeccò imitandomi -e poi non posso perdere tutto il mio contegno con te...- mi diede un altro bacio leggero -non qui dentro almeno- riprese con più passione

lo fermai per qualche istante -perchè non puoi?- mi passò le labbra sul collo, sfiorandolo, il che mi provocò il solletico facendomi ridere

-perchè se ci scoprissero faremmo la figura degli idioti, il responsabile tra noi due sono io, sembrerei il ragazzo cattivo che entra dalla finestra, e poi, non credo che Houx o Saul mi farebbero più avvicinare a te-

-e tu glielo permetteresti?-

-certo che no, ma non voglio avere problemi per vederti- riprese a baciarmi sulle labbra -e poi... ti basta aspettare fino a sabato-

-con quell'affermazione vorresti dire che io non sono responsabile?!-

-esatto- mi sorrise per poi sdraiarsi facendomi poggiare sul suo petto. mi sfiorai con l'indice le labbra rosse per i baci, arrossii -come ha reagito Vanilla?- mi chiese indifferente

-quando gliel'ho detto è sbiancata, ma ha capito, si è solo preoccupata se lo avessi fatto solo per te- infondo era prevedibile la intimorisse che fossi stata con lui per fargli piacere, ma non era così, io avevo davvero desiderato quel rapporto -quando pensi potremmo tornare sul monte roccioso?-

-non lo so...- mi strinse a se dolcemente -domani sarà il tuo ultimo giorno di scuola...-

-passiamo la giornata insieme?-

-voglio starmene un po' a casa a risposarmi. ci vediamo domani sera, ti porto a cena fuori- sorrisi allegra

-dove?!- ero felice di passare una serata, fuori, con lui

-non lo so, vestiti elegante- mi alzò il viso dandomi un altro bacio -ora vado, dormi- poggiai la testa sul mio morbido cuscino a forma di cuore.lo vidi uscire, chiusi gli occhi rilassata. neanche quella sera feci l'incubo. non avevo ancora raccontato a nessuno cosa avevo sognato, non avevo raccontato a nessuno di aver fatto quell'incubo, se non a Pierre. mi chiesi se non era quel castello a provocarmi quei sogni, ero decisa a scoprirlo. sarei tornata sul monte roccioso, avrei passato la notte lì e avrei scoperto se era quello a farmi venire gli incubi.

pochi giorni dopo raccontai a Pierra, Vanilla, Robin e i gemelli, che avrei passato la giornata a palazzo. arrivata su extramondo volai verso i monti con cui ero stata con Pierre. feci mille giri prima di trovare il castello in cui ero stata poco tempo prima. entrata fui felice di vedere che il salone principale e la camera da letto erano messi decentemente. mi ero portata dietro da mangiare, provaia a rifare l'incantesimo del fuoco che aveva fatto Pierre. unii le mani e provaia a concentrarmi in tutti i modi, quando sentivo il calore, l'energia, entrarmi dentro, improvvisamente spariva. mi diressi verso la camera, nonostante non riuscissi a creare un fuoco, riuscii ad accendere le candele senza problemi. faceva davvero troppo freddo. avevo il cappotto bagnato, che tolsi malvolentieri insieme agli stivali. mi lascia addosso i pantaloni pesanti che avevo indossato e il maglione. mi misi sotto le coperte. appoggiando la testa al cuscino sentii l'odore di Pierre, sorrisi. mi rannichiai portando le gambe al petto. indulgiai nel chiudere gli occhi, alla fine decisi che era venuto il momento di scoprire cosa causasse quegli incubi. mi addormentai, e in poco tempo, come previsto, iniziai ad agitarmi nel letto. precipitavo, niente che mi trattenesse, non c'era nessuno, non respiravo. ma sembrava che più volte facessi quel sogno, più le cose peggioravano. di differente, c'era che, precipitando, vedevo uno spiraglio di luce... che si allontanava, sempre di più, e io che allungavo le braccia per prenderlo, ma era sfuggente. non sapevo più cosa fare, ero conscia fosse un sogno, mi sarei dovuta svegliare. in qualche modo pensavo di morire. non respiravo, e per quanto mi ribellassi, la situazione non cambiava. mi svegliai nel buio, il respiro affannato, il solito orologio che mi intimoriva. mi alzai agitata infilandomi il cappotto e gli stivali, non mi interessava fosse notte, volevo andarmene, fuggire da quel posto che tanto mi aveva resa felice e che allo stesso tempo mi faceva stare male. 

tornai a casa piangendo, era notte fonda. le lacrime scendevano ininterrottamente. avevo gli occhi gonfi, li asciugai prima di entrare a casa. appena aperta la porta constatai che dormivano tutti, non avevo svegliato nessuno. andai in camera, mi spogliai per poi mettermi il pigiama. appena fui nel letto ricominciai a piangere, mi sentivo vuota e non capivo il perchè. sapevo di non riuscire a riaddormentarmi da sola dopo aver fatto quel sogno, eppure lo speravo. avevo mal di pancia ed ero, nonostante si gelava, completamente sudata. uscii nuovamente dalla finestra, sarei andata da Pierre, non riuscivo a stare da sola in una situazione come quella, e se fossi andata da Vanilla, di sicuro si sarebbe accorta che c'era qualcosa che non andava. cominciai a bussare alla sua porta finché non mi aprì -chocola, che ci fai qui?-

-posso restare con te stanotte?- sussurrai infreddolita.

 

 

 

 

commenti dell'autore:

ecco un altro capitolo, spero vi piaccia. fatemi sapere.

(non so cosa scrivere ^-^)

baci Marmelade

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Capitolo 6
*** scoperte ***


scoperte

scoperte

mi fece entrare

-che è successo?- non sapevo cosa raccontargli -mi rispondi?!- la sua voce era gentile, come sempre -lo dovevo immaginare che non saresti andata a palazzo- non mi chiesi come faceva a saperlo

-sono stata sul monte roccioso- sussurrai. entrammo entrambi in camera, dove mi fece svestire e mi diede una sua maglietta, azzurra a maniche lunghe. mi stava decisamente male. -ho fatto un incubo e non riuscivo ad addormentarmi-

-lo stesso che hai fatto quando ci siamo stati insieme?-

mentii -no...- si sdraiò vicino a me, abbracciandomi. mi chiesi se forse quei sogni li avevo poiché c'erano stati i malefici -tu... sei sempre stato bene in quel castello?!-

-sì... non ho mai avuto problemi di nessun genere- lo vidi mettere un braccio dietro la testa -perchè ci sei voluta tornare?- non risposi, non sapevo che inventarmi, non volevo si preoccupasse per le brutte notti che, mio malgrado, passavo ­-che hai stasera?! non rispondi a nessuna delle mie domande-

-te l'avevo detto, volevo tornarci- mi giustificai con la voce titubante

-dimmi la verità, tu volevi tornarci con me. sei stata tu a dirlo, è il nostro posto- mi irrigidii

-non è detto che ci dovevo stare con te-

si alzò mettendosi seduto, facendo alzare poi anche me -si può sapere che hai in questi giorni?! mi fai una scenata davanti alla tua scuola senza neanche un preciso motivo, te ne vai raccontando a tutti una bugia, per poi presentarti qui a notte fonda e neanche mi vuoi dare spiegazioni, se non altre bugie! che ti succede?- era infuriato con me, non capivo perchè se la prendesse tanto

-non ti devo raccontare tutto ciò che mi succede nella vita! volevo andare di nuovo sul monte roccioso, che c'è di strano?!-

-c'è di strano che non hai mai fatto così. e vederti a notte fonda che vieni a casa mia perchè non riesci a dormire per un sogno non è da te, tu non sei il tipo da spaventarti tanto per un incubo, mi fai preoccupare. ho bisogno di sapere che sta succedendo- mi parlò con voce ferma e decisa

-non succede niente Pierre... mi dispiace di averti fatto preoccupare, ma non c'è niente che non va- gli risposi in un sussurro. mi strinse forte a se

-non ci credo. ma non ti posso costringere- si appoggiò alla testata del letto, mi addormentai tra le sue braccia. la mattina dopo mi ritrovai sola, guardandomi attorno vidi Pierre di fronte a letto che portava la colazione su un vassoio. si avvicinò lentamente a me posandomi la portata sulle gambe -buongiorno- mi sorrise

-ciao- mi avvicinai al suo viso sfiorandogli le labbra

-ti ho portato una cioccolata e biscotti vari- presi un sorso di cioccolata e mangiai qualche biscotto, niente di più. -non hai fame oggi?- mi chiese serio, era poggiato con le spalle alla grande finestra, le braccia incrociate

-non molta...- vidi entrare uno dei domestici che portò via il vassoio, mi appoggiai allo schienale -posso passare la giornata da te e dormire qui anche stasera?- lo vidi annuire con un sorriso felice, anche se faceva di tutto per non mostrarlo

-vado ad avvetire Robin, vieni con me?- feci un cenno di dissenzo. quando uscì mi alzai e constatai la mia posizione in fatto di abbigliamento, non ne rimasi toppo contenta. andai nel bagno, della camera di Pierre, aprii i rubinetti della vasca mettendoci dentro il bagno schiuma, mi spogliai per poi immergermi, feci un incantesimo così che la schiuma aumentasse. ripensai alla sera precedente, quando stavo con Pierre, per quanto tragica potesse essere la situazione, io mi sentivo bene quando ero con lui. dopo qualche secondo, o forse minuto, vidi la porta aprirsi. di istinto mi immersi ancora di più nella grande vasca. lo vidi sulla soglia con dei vestiti in mano -Vanilla mi ha dato qualcosa che ti puoi mettere- mise i capi su uno sgabellino accanto al lavandino in marmo

-va bene- sorrisi rilassata chiudendo gli occhi, lo sentii avvicinarsi, lo guardai sorpresa -che...che stai facendo?-

mi accarezzò una guancia con due dita -volevo darti un bacio- si avvicinò baciandomi dolcemente la fronte, arrossii -ti va di uscire dopo?-

-sì- rimasi ancora, per una buona mezz'ora,immerasa. finito di lavarmi uscii per poi vestirmi con ciò che mi aveva dato Vanilla, un paio di pantaloni neri, degli anfibi e un maglione leggero verde scuro. asciugai i capelli con la magia, finito iniziai a pettinarli, notando che erano ribelli e che non si lisciavano, tornai nella stanza con i capelli mossi. lo vidi avvicinarsi a me mettendomi una mano sulla testa, arruffando le mie ciocche rosse - smettila!- lagnai scostandolo da me.

fuori la neve non sembrava intenzionata a smettere di cadere, nonostante fosse leggera. mi strinsi a Pierre che mi cingeva la vita con un braccio. passeggiammo allegramente finché non vidi in lontananza una figura familiare. non me ne preoccupai finché non fu vicina, la

vidi sorridere a Pierre, lui ricambiò. sinceramente, in quel momentl, non capii cosa stesse succedendo

-buongiorno, come stai?- lo sguardo di Pierre era gentile, e anche lui sembrava mostrare interesse come me 

-ciao Pierre, è da un po' che non ci vediamo- osservò la figura con un tono dolce. notai le gambe slanciate, i capelli lunghi e i boccoli castani, gli occhi che mostravano una grande forza e del carattere, la sua voce mi colpì come un fulmine a ciel sereno, non poteva essere altri che Yurika, si voltò e mi guardò anche lei -ciao Chocola, non sei cresciuta molto- i suoi riferimenti all'altezza e all'età non mi erano troppo indifferenti, chiusi le mani a pugno

-a Pierre vado bene così...- risposi irritata. mi pentii immediatamente di quella frase, io non ero di certo una bambola, che se non ti piace la cambi. Pierre mi amava per come ero io, non per il mio aspetto. li vidi parlare come se fossero due vecchi amici che si rincontravano. una fitta di dolore mi colpì al petto, non capivo cosa mi succedesse. mi veniva da piangere, la mia reazione era stupida e insensata, in cuor mio lo sapevo, ma allora perchè reagivo in quel modo, cosa c'era che non andava?! conoscevo entrambi, sapevo che erano semplicemente amici. forse neanche quello, ma allora perchè? sentii Pierre darmi una leggera pacca al fianco, dove aveva posato la mano, circondandomi la vita -eh?-

-andiamo?- notai che Yurika si stava allontanando

-sì- risposi distrattamente guardando quella figura andarsene, era decisamente bella, lo era sempre stata, anche se non era uguale a quando l'avevo conosciuta. i capelli erano sciolti, non più fermati dal nastro azzurro che tanto mi era familiare, era più alta e il suo viso più... adulto, anche se era sempre stata una piccola donna.

-tutto a posto?- mi chiese il ragazzo che mi era di fianco con un tono sull'ovvio

-sì, perchè me lo chiedi?!- domandai brusca

-sembravi scioccata quando l'hai vista- sorrise divertito

-mi lascia del tutto indifferente la sua presenza- mi diede un bacio sulla guancia

riprendemmo a camminare -mi ha sorpreso quella risposta-

-quale?-

-quella che hai dato a Yurika-

ero infastidita e non sapevo il perchè -era la verità no?! io ti vado bene così come sono. e se mi sbaglio, puoi anche andartene da lei-

-comincia a irritarmi questo tuo comportamento- mi disse serio

-e allora perchè non torni da lei?! magari il suo modo di fare tutto zucchero ti piace di più- mi diedi mentalmente dell'idiota. continuammo a camminare in silenzio, sentii Pierre togliere il braccio che cingeva i miei fianchi, ne rimasi delusa

-vuoi tornare a casa?- il senso di colpa prese possesso di me, non facevo altro che trattarlo male, e tutto per quei sogni che mi rendevano nervosa e quell'insicurezza su di noi ogni volta che lo vedevo con qualcun altra, che complicava il nostro rapporto in modo tremendo. si fermò, bloccando anche me -mi rispondi?- abbassai lo sguardo

-no, voglio passare un po' di tempo fuori con te- lo sentii baciarmi dolcemente, gli avvolsi le braccia intorno al collo alzandomi in punta di piedi -ti amo, mi dispiace se reagisco così in questi giorni-

sorrise -dove la trovo un'altra come te?!- risi divertita

-perderesti solo tempo- mi cinse nuovamente la vita ricominciando a passeggiare -mi compri una crep alla cioccolata?- gli chiesi innocente

-certo- mi comprò ciò che gli avevo chiesto -buona?-

lo guardai porgendogli ciò che avevo in mano -vuoi?- mi sorrise

-no, grazie- continuai a mangiare serena -dopo prenderò un té-

annuii -quand'è che hai visto Yurika l'ultima volta?-

-qualche settimana fa- rispose distrattamente

-perchè non me l'hai detto?-

-credevo non ti interessasse- mi guardò, diedi un altro morso alla mia crep

-è diventata molto bella- sussurrai mentre sentivo la sua mano avvicinarmi di più a lui

-già... lo è sempre stata- rimasi stizzita dall'ultima frase, ma cercai di fare l'indifferente, infondo aveva ragione -non è niente a paragone con te-

mi girai verso di lui sorpresa -che vuoi dire?!- chiesi impaziente, non so perchè lo fossi

-voglio dire che per me tu lo sei molto di più-  il modo in cui lo disse era naturale

-lo so, lo so!- mi vantai ma, per quanto non lo dimostrassi, ero felice di quel complimento. mi diede un buffetto sul fianco facendomi il solletico. passammo la giornata a bazzicare in giro per la città. di sera mi venne in mente l'idea più assurda del mondo per farmi perdonare, ma per quanto fosse assurda, volevo provarci. lo costrinsi ad andare nel suo studio. entrati si sedette sul grande divano attirandomi a sé, baciandomi con dolcezza -no, no, fermo!- mi rialzai, lui mi guardò stupito

-che ti prende?-

-voglio che resti qui finché la cena non è pronta- alzò un sopracciglio

-e perchè?-

-lo scoprirai. tu resta qui, io vado in cucina- chiusi la porta alle mie spalle, senza preoccuparmi se ci fosse rimasto male. arrivata nella grande sala della cucina parlai -attenzione!- li richiamai con la mia voce squillante e un sorriso allegro sulle labbra -stasera preparo io la cena per il principe Pierre- mi guardarono stupiti, ormai mi conoscevano tutti da anni, sfociarono in una grande risata. misi il broncio. sotto molte suppliche accettarono di farmi cucinare sotto la supervisione di qualcuno, qualche impavido che aveva del coraggio. combinai molteplici disastri, ma riuscii comunque a fare qualcosa di semplice e commestibile. arrivata l'ora di cena uscii dalla porta che dava sulla sala da pranzo con un grembiule a quadretti rossi e bianchi. a ripensarci forse ero un po' ridicola. lo vidi seduto a capo tavola. mi avvicinai con una portata in mano

-che hai combinato?- mi chiese divertito

-la cena- in risposta ovvia. lo servii sorridente

-e perchè l'hai preparata tu?- domandò una volta che ero seduta

-oggi sono stata cattiva con te, mi volevo far perdonare-

sorrise divertito -è commestibile?-

lo guardai irritata -è ovvio che lo è! e poi i tuoi domestici non si fidano, quindi mi hanno fatto cucinare sotto la supervisione di qualcuno- sbiascicai l'ultima frase

-sagge persone- borbottò, non gli risposi.

durante il pasto lo vidi mangiare serenamente, non fece smorfie di disgusto grazie a dio. di certo non avrei più preparato la cena per lui, e se lo avessi fatto allora sarebbe stata una rarissima occasione. non ero il tipo che aspettava il marito a casa e che gli preparava la cena solo per compiacerlo. 

-ti è piaciuta?- chiesi impaziente

lo vidi fare un sorriso -sì, molto-

mi avvicinai a lui, che era ancora seduto -davvero?- annuì, mi sedetti sulle sue gambe, fiera della sua risposta muta -bhe, non ti aspettare succeda ancora- mi strinse a se attirandomi con una mano

-tranquilla, non voglio una ragazza che mi prepari ogni giorno la cena- mi baciò con dolcezza

-meglio...- gli sussurrai sulle labbra. intrecciai le mani ai suoi capelli, per poi riprendere. lo sentii sollevarmi, distaccandomi da lui constatai che mi aveva presa in braccio, cominciò a camminare -dove mi porti?- domandai titubante

-in camera- rispose impassibile, mi chiesi come facesse a sostenere il mio peso in modo così naturale, come se fossi una piuma. mi sorrise -spero non ti dispiaccia- arrossii vistosamente ma mantenni le sopracciglia aggrottate

-no...- dissi indifferente, anche se, ovviamente, non lo ero. appena arrivati mi poggiò sul letto delicatamente. ero a disagio, non mi ero mai trovata in una situazione del genere, o meglio, sì mi ci ero trovata, ma non ne ero consapevole, ne ero vittima. mi sorrise

-che hai?- mi allontanai da lui mettendomi al centro del grande letto

-niente- si sedette accarezzandomi con lo sguardo

-vieni- mi avvicinai a lui con estrema lentezza -hai paura?-

mi ritrovai imprigionata tra le sue braccia -e...di che cosa?-

-non lo so... dimmelo tu- aveva un tono di voce gentile, dolce. lo guardai negli occhi con nuovo coraggio che mi naque dal cuore.

-non potrei mai avere paura di te, neanche se dovessi farmi del male- sussurrai passando le labbra sulle sue. mi strinse portandomi sulle sue gambe, senza lasciarmi un attimo. sentivo le sue mani sulla schiena, che mi accarezzavano. mi tolsi il maglioncino in modo impacciato arrossii nel vedere che stava osservenado i miei, poco aggrazziati, movimenti, mi guardò ridendo per poi riprendere a baciarmi. mi tolse anche i pantaloni e il grambiule che ancora indossavo, mi sentii imbarazzata per non averlo tolto prima. gli tolsi la maglietta lentamente, lo sentii spingermi sotto di lui, ero di nuovo impotente, ma, in qualche modo, che ancora non comprendevo, quel senso di impotenza, il sentirmi sempre e comunque parte di lui, come se dipendessi da un qualche suo particolare gesto, mi piaceva, mi piaceva e mi spaventava. gli tolsi gli ultimi vestiti rimasti. mi baciò con delicatezza le gambe, per poi passare all'interno coscia. rabbrividivo a ogni sua carezza, ogni suo tocco. tolse anche la biancheria. mi strinse a se portandomi sopra di lui. lo abbracciai intrecciandogli le braccia al collo. mi sentii una completa incapace, mi feci guidare dalle sue mani che mi tenevano per i fianchi, che facevano sì che io stessi stretta a lui, come in una morsa, ma più piacevole. mi sfuggì un gemito quando entrò in me. mi distaccai guardandolo negli occhi cristallini per poi riabbracciarlo, sentendomi protetta, amata. capii che con nessun altro avrei mai potuto rivivere le stesse forti emozioni che provavo con Pierre. perchè io avevo bisogno di lui, dipendevo da lui.

 

 

commenti dell'autore:

in questo capitolo ci tengo davvero molto alla vostra opinione. non prendetemi per una matta, anche se ne avreste tutte le ragioni. l'idea della cena mi è venuta in mente con una puntata di una mamma per amica, in cui Rory prepara per il suo fidanzato una cena anni 30, non ho copiato l'idea, mi sono solo ispirata. il carattere di Chocola e Pierre non è assolutamente cambiato.

chocola continua ad essere la pazza scatenata che fa quello che vuole, volevo solo evidenziare come sia cambiata (quando si arrabbia) dopo i sogni. lo so che sembra che sia incinta con i continui sbalzi di umore, ma non vi allarmate, non lo è, non sono così fuori di testa. Pierre non ha cattive intenzioni quando la porta in camera con se. l'ho scritto solo per spostare la scena da qualche altra parte, e la camera mi sembrava la più adatta, e per far prendere l'iniziativa a Pierre, decide sempre tutto Chocola!!

mi raccomando voglio sapere che ne pensate! un ultima cosa, quando Chocola dice "dipendevo da lui" non è il significato letterale, volevo dire che lei è talmente presa da questo amore che pur di tenerselo combatterebbe con le unghie e con i denti e non ce la farebbe senza, si sentirebbe vuota, poichè Pierre le da tutto ciò di cui ha bisogno.

bacio Marmelade

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Capitolo 7
*** non respiro ***


non respiro

non respiro

mi svegliai nel grande letto di Pierre leggermente intontita. vidi le tende della finestra accostate, notai che era buio. posai lo sguardo su Pierre, era sveglio.

-Pierre...- lo richiamai in un sussurro

si girò verso di me, che ero completamente avvolta dalle lenzuola e le coperte, messe in disordine -come mai sei sveglia a quest'ora?- mi misi seduta tenendo un lenzuolo per coprirmi. portai una mano alla fronte, scostando una ciocca indiscreta che si era posata sul mio viso

-fa freddo...- continuai con la voce flebile. mi prese tra le sue braccia, le mani sui capelli e sul viso, alzò le coperte fino a coprirmi sulla spalla

-meglio?-

-s-sì- portai le mani sulla sua schiena, cercando di farmi stringere il più possibile

-hai fatto di nuovo un incubo?-

-no, sto bene- aspettai qualche istante -dopo quanto mi sono addormentata?-

-appena ti sei poggiata sul mio petto- ricordai improvvisamente la notte trascorsa con Pierre -si vede che avevi davvero molto sonno-

-no... è che quando mi prendi tra le braccia, mi rilasso-

-ho notato...- sorrise -vuoi che ti dia qualcosa per coprirti?-

-no, stò bene così-

-io mi rivesto- si rimise i pantaloni per poi sedersi sul letto. si mise anche la maglietta. ammirai i suoi bei lineamenti -vorrei mi raccontassi degli incubi che hai avuto- era girato di spalle, mi sorpresi della sua affermazione

-che c'entrano adesso i miei incubi? e poi li ho solo avuti due volte- risposi a tono, anche se non volevo

-hai sognato sempre la stessa cosa vero?!- abbassai il capo quando lo vidi girarsi per osservarmi -ci stavo pensando prima, finché non ti sei svegliata. sei strana in questi giorni, sono quei sogni a renderti nervosa?-

-sì, a volte. ma... non sono solo quelli-

-e allora che cos'è?- mi chiese avvicinandomi

-sono successe tante cose. e... il giorno dopo che avevamo passato la notte insieme, mi infastidiva vederti con altre ragazze. e poi, quando ho visto Yurika, che è bella, alta e... ha un carattere fatto per te, mi sono sentita inadatta- il suo sguardo rimaneva deciso. mi intimoriva

-non ci credo- si avvicinò veloce prendomi per i polsi -perchè ti ostini a non volermi dire la verità?!-

-questa è la verità- sussurrai sentendo la presa di Pierre aumentare fino a farmi male. qualche lacrima scese dai miei occhi. si alzò dal letto lasciandomi

-non voglio stare con una bugiarda!- mi comunicò andandosene. iniziai a piangere trovandomi da sola nel letto. le lacrime aumentavano e io, che ero raggomitolata con le gambe al petto, mi sentii sprofondare. l'oscurità mi avvolse ancora una volta, precipitavo, niente che mi tenesse, non c'era nessuno, non respiravo. Pierre mi aveva lasciata, mi sentivo vuota, come se il cuore mi avesse abbandonato.

mi svegliai urlando, vidi Pierre di fronte a me che mi guardava proccupato -Pierre...- sussurrai come nel sogno. mi strinse a se, facendomi sedere. mi guardai intorno ancora stordita, solo dopo realizzai che quello di poco prima, era solo un sogno. lo abbracciai intrecciandogli le braccia al collo, piangevo di disperazione, poiché l'incubo si era ripresentato nonostante non fossi nel castello. eppure fui felice di sapere che Pierre non mi aveva mai, veramente, lasciata.

-stai meglio?- mi chiese dolcemente continuando a stringermi forte

-sì...-

-che hai sognato?- non risposi, volevo solo godermi la sua presenza -Chocola, raccontami cosa hai sognato- mi ordinò secco

-mi svegliavo, poi tu ti sei arrabbiato e mi hai detto che non volevi stare con una bugiarda. poi mi hai lasciata da sola a piangere- raccontai frettolosamente. ci risdraiammo entrambi. prese ad accarezzarmi delicatamente il viso

-era solo un incubo- abbassai lo sguardo. lui, puntandomi due dita sotto il mento, mi guardò negli occhi -era solo un incubo, chiaro? io non ti lascerò mai sola, te lo prometto-

mi strinsi al suo petto -era tutto così reale...- sussurrai spaventata -ti amo- gli dissi con voce tremante

-anche io ti amo- mi rassicurò serio, era piacevole sentirlo, erano così rare le volte in cui me lo diceva

-grazie...-

-perchè mi ringrazi? lo sai che è così...- risi divertita baciandolo ripetutamente sulle labbra -perchè ti davo della bugiarda nel sogno?-

-mi avevi chiesto se erano i sogni a rendermi nervosa, io ti ho risposto di sì, ma c'erano anche altri motivi, te li ho spiegati, e tu mi hai risposto che non ci credevi e mi hai detto che non volevi stare con una bugiarda, lasciandomi a piangere sul tuo letto- risposi tutto d'un fiato

-gli incubi che fai ti spaventano parecchio vero?- chiese serio

-sì... mi fanno stare male-

-hai sognato sempre la stessa cosa?- aspettò qualche istante per poi aggiungere -rispondi sinceramente-

-sì, ma peggiorano di volta in volta- gli circondai la schiena con un braccio

-niente può farti del male nei tuoi stessi sogni. niente può farti del male se ci sono io- lo sentii stringermi a se più di quanto già non facesse

-questa notte mi sono addormentata subito?-

-sì... nonostante fosse molto presto-

-e tu che hai fatto?-

-ti ho guardata dormire finché non ho ceduto anche io- mi alzai mettendomi la maglietta che mi aveva prestato il giorno prima per dormire per poi riaccomodarmi tra le sue braccia, guardai il soffitto fissando il vuoto. lo sentii giocherellare con una ciocca dei miei capelli.

-Yurika è ancora innamorata di te?- lasciò i capelli

-è diventata una fissazione...- si lamentò infastidito

-e dai... rispondimi!-

-suppongo di sì-

-deve odiarmi parecchio- osservai in un sussurro

-perchè dovrebbe? ormai se ne sarà fatta una ragione-

-lo so però, voi due vi conoscevate da prima che arrivassi. poi io ti ho trattato male quando ci siamo incontrati, poiché non volevo innamorarmi di te. insomma, per lei deve essere dura, ti ha sempre ammirato, rispettato, ha difeso anche me pur di farti piacere, ha sempre cercato di fare una buona impressione, poi vede arrivare me di punto in bianco a soffiargli il ragazzo di cui è sempre stata innamorata, e continua a sopportare in silenzio- spiegai poggiandomi sui gomiti per guardarlo

-io non sono il ragazzo giusto per lei- rispose impassibile

feci una smorfia a quell'affermazione che ritenevo particolarmente esatta -certo che non lo sei! tanto per cominciare tu sei il mio fidanzato!- si giro verso di me per guardare la mia espressione stizzita. lo vidi fare un ghigno divertito nel sentire le mie ragioni -poi lei è umana e poi è troppo composta per stare con un tipo come te, vi annoiereste a morte insieme!-

-perchè, che tipo sono io?!-

-tanto per cominciare sei tutto precisino, sei estremamente serio, per non parlare di quanto sei noioso, e poi fai qualcosa che uno non si aspetta all'improvviso. se non ci fossi io...- elencai contando sulle dita. gli dissi quelle cose a posta, facendo una faccia indifferente, come se ci credessi io stessa

-dici che sarei un ragazzo disperato se non ci fossi tu?-

-sìsì, secondo me non riusciresti a vivere- osservai tanto per vedere la sua reazione

-così io sarei noioso eh?- mi chiese prendendomi i polsi e portandoli sopra la mia testa -e precisino, e serio- arrossii vistosamente

-esatto, ti sciogli solo quando sei con me, con le altre persone sei così- risposi con le soppracciglia aggrottate

-non pensavo mi ritenessi noioso-

-no, bhe... magari noioso no, però sei certamente un precisino serio- proseguii ribellandomi alla sua presa. si alzò rivestendosi, questa scena era troppo uguale a quella del sogno, così mi alzai anche io

-sai, io sono serio e preciso solo perchè ho una ragazza che non lo è- si difese con un sorriso beffardo

-saresti così anche se io fossi come Yurika- continuammo a battibeccare sullo stesso argomento per una buona parte della mattina

-ti riporto a casa- mi annunciò sfiorandomi la punta delle labbra

-va bene...- andammo volando, mi piaceva sentire l'aria che mi passava sul viso. arrivati mi salutò sulla porta. non ero calma, per niente. Pierre mi aveva detto che non mi sarebbe mai accaduto nulla di male quando fossi stata con lui. ma quando se ne sarebbe andato che avrei fatto?! entrai agitata, sapevo che gli incubi potevano tornare sempre, non ero più al sicuro. mi sedetti sul divano, tra Houx e Saul

-tutto a posto? ti sei divertita da Pierre?- mi chiese alzandosi per prendere dei croassan che aveva appena fatto, li adoravo.

-sì, molto. però ho fatto un incubo, quindi non ho dormito troppo bene- li informai appoggiando la testa su un cuscino

-sai, oggi abbiamo rivisto Yurika- subentrò Vanilla, che era seduta su di una poltrona

-l'abbiamo vista anche noi ieri- risposi secca

-è diventata bellissima- feci una smorfia -abbiamo anche parlato, ci ha detto che era felice di vedere spesso Pierre, e di aver tenuto così stretti i rapporti- una nuova fitta di dolore, intensa, mi colpì al petto

-Pierre e Yurika si sono visti l'ultima volta qualche settimana fa, i loro rapporti non sono stretti e non si vedono così spesso!- vidi tutti guardarmi sorpresi dal modo in cui dissi quelle mie parole, che erano venute fuori tanto male.

-a noi ci ha detto che si vedevano molto spesso- sentii il cuore rosa, che era di un colore così intenso da sembrare rosso, farmi male. mi alzai guizzante uscendo. raggiunsi nuovamente la villa di Pierre. arrivata cominciai a bussare con una tale furia da spaventare i passanti. le lacrime scendevano ininterrottamente dai miei occhi. quando aprì mi fiondai su di lui, colpendolo con dei deboli pugni sul petto, mentre il fiato veniva reso debole dal pianto, che affievoliva anche il mio poco contegno. mi fermò prendendomi i polsi con una mano e attirandomi a se con quell'altra -tu sei un bugiardo- sussurrai tra i singhiozzi che mi smorzavano il fiato

-che è successo?- chiese con quella sua bellissima voce, maestra dell'inganno

-sei un bugiardo!- ribadii allontanandomi il necessario per poterlo guardare negli occhi -tu mi hai fatto credere di amarmi, quando invece stavi solo giocando con me! sei un bugiardo, solo un bugiardo, non voglio più vederti!- realizzai in quell'istante che stavo facendo quella scenata solo perchè Pierre aveva incontato un'umana, che non avrebbe mai potuto amare, senza dirmelo. realizzai in quel momento della sofferenza che stavo procurando a entrambi, ma per qualche strana ragione, non riuscivo a fermarmi

-mi spieghi che diavolo ho fatto?!-

-tu hai incontrato spesso Yurika- sussurrai con la testa china -senza dirmelo, mentendomi dicendo che l'avevi vista molte settimane prima-

-ti ho detto la verità, io l'ultima volta che l'ho vista è stato settimane fa- le lacrime ripresero a scendere

-non è vero-

-sì, che lo è, l'ho vista qualche settimana fa. io e lei...-

-non è vero, non è vero! tu sei un bugiardo!- lo interruppi accusandolo in malo modo

-perchè non mi credi?! sei gelosa di qualcuna che non potrei mai amare!- adesso era arrabbiato anche lui

-sì invece che potresti, Blanca si è innamorata di un umano! potresti anche tu!- non potevo crederci che stavo paragonando un topo, che per giunta non soffrivo, al mio ragazzo

-non è così, io amo te!-

-non è vero!- ripetei urlando. mi prese per il polso stringendolo e trascinandomi fuori dall'abitazione -dove mi porti?! lasciami!

-andiamo da Yurika- aveva un tono serio, che non ammeteva repliche. mi condusse verso la grande casa della ragazza in questione, la ricordavo perfettamente. la vidi uscire dalla porta, come se ci aspettasse, restando in attesa che ci avvicinassimo per accoglierci, come farebbe una perfetta ragazza abituata alle compostezze e alle buone maniere che la borghesia imponeva, cosa di cui non mi ero mai preoccupata poiché il mio mondo aveva a che fare con tutt'altro. mi bloccai di colpo -che ti prende?!- mi chiese voltandosi verso di me

-non voglio andarci! ti prego, torniamo a casa tua!- gli chiesi in modo infantile agitando il braccio per liberarmi dalla sua presa. sforzi completamente inutili poiché la sua forza che scagliava violentemente contro di me, era di gran lunga superiore

-che cosa? tu fino ad adesso mi hai accusato, non sentendo ragioni. dicendomi che sono un bugiardo e che non volevi più vedermi! e adesso non vuoi venire?!- era di nuovo infuriato, e la sua morsa intorno al mio polso aumentò facendomi emettere un flebile suono. allentò di nuovo la stretta notando il dolore che provavo e la sua graduale perdita di controllo

-no, non voglio- sussurrai intimorita

-e perchè?!-

-perchè andando da lei faccio la figura della ragazzina gelosa del suo ragazzo tanto più grande-

-ma tu sei la ragazzina gelosa del suo ragazzo di tanto più grande- mi sentii incapace di agire, non sapevo come tirarmi indietro dall'imminente colpa che Yurika mi avrebbe gettato addosso guardandomi come se non fossi degna di stare con lui. vidi avvicinarsi la mia condannatrice, che avrebbe sicuramente segnato quella giornata aumentando i sensi di colpa che non sarebbero tardati a venire una volta che mi fossi resa conto dell'ingiusta colpa che avevo affibbiato a Pierre

-buon pomeriggio ragazzi, non vi aspettavo-

-ciao Yurika, è che...- lo vidi riflettere per un istante, senza far notare la sua pausa -ieri abbiamo parlato solo per pochi secondi, volevamo fare un giro e abbiamo pensato di passare a trovarti. non ricordo nemmeno quand'è che ci siamo visti l'ultima volta- disse tutto in modo naturale, con un tono fermo. Yurika sorrise felice dalle sue parole

-tre settimane fa, circa. mi fa piacere rivederti Chocola- mi guardò con i suoi grandi occhi scuri, arrossii. Pierre non mi aveva umiliata, come avrebbe dovuto. lui non aveva detto a Yurika che ero gelosa, che non mi fidavo, le aveva mentito per evitare a me una sicura umiliazione

-grazie, anche a me fa piacere rivederti- risposi a tono. quando cominciò a camminare, Pierre, si voltò verso di me guardandomi con un sorriso gentile. sussultai. la brutta figura l'avevo comunque fatta, però con la persona sbagliata. passammo il pomeriggio in compagnia di Yurika, il dolore al petto non accennò a diminuire e per giunta mi sentivo terribilmente fuori posto. una volta salutata ci avviammo a casa, continuavo a guardare in basso, timorosa di incontrare il suo sguardo e di inciampare ancora in una qualche parola che mi avrebbe assicurato una litigata con lui

-allora? non hai niente da dirmi?- chiese cingendomi i fianchi

-lei ha detto a Houx, Saul e Vanilla che voi vi incontrate spesso- mi giustificai tenendo le mani sulle sue, pronta a spingerlo via se mai fosse sfociato tutto in un altra scenata. speravo vivamente non accadesse.

-per lei incontrarmi ogni due settimane è incontrarsi spesso, visto come sono impegnato con te- la sua presa aumentò -come hai intenzione di scusarti per quello che hai fatto?!- chiese con un sorriso beffardo sulle labbra

mi sentii irritata, io stavo male e lui si divertiva, ridendo del dolore che provavo -io non chiederò mai scusa!- risposi chiudendo i pugni imponendomi di non correre via da lui

-che cosa?!- qualche lacrima silenziosa solcò nuovamente il mio candido viso -ti rendi conto di quello che hai fatto?! ti sei infuriata con me solo perchè sono rimasto suo amico-

-credevo mi avessi mentito- sussurai, mi fermò circondandomi la vita con le sue grandi mani

-perchè ti comporti così?! sai bene quello che provo per te-

-tu non mi avevi detto che vi incontravate ancora!-

-sapevi che ci sentivamo-

mi sentii alterata ancora una volta. la rabbia ormai era di entrambi -tu però mi impediresti di andare con un qualsiasi altro ragazzo!- sbraitai stupendomi delle mie stesse parole. lui non mi impediva di essere amica di Houx o Saul. eppure sapeva bene quello che Houx continuava a provare per me ormai da anni. che stavo facendo? perchè gli dicevo quelle cose che, ero consapevole, lo facevano soffriere.

-siamo solo amici! che c'è di strano?!-

-sono io la tua ragazza!-

mi prese il viso fra le mani -lo so, e nessuno può prendere il tuo posto!- eppure continuavo a sentirmi da meno, la sua dolcezza non riusciva ad arrivarmi al mio cuore come avrei voluto

-lasciami in pace Pierre, voglio starmene un po' da sola- lo liquidai allontanandomi. pensai che forse, per riordinare le idee, mi servisse solo un po' di tempo, per pensare, per ragionare. tornai a casa senza salutare nessuno, andai in camera sentendo lo sguardo preoccupato di Robin e Vanilla su di me. mi sdraiai sul mio letto piangendo

-chocola, tutto a posto?- chiese apprensiva la mia amica da fuori la porta. risposi flebilmente di sì. le volevo davvero bene, mi dispiaceva coinvolgerla nel mio insensato e inutle, per entrambi, dolore. di sera non mangiai, continuavo a pensare al viso di Yurika, e a quello di Pierre quando mi diceva di amarmi. sentii la finestra aprirsi, lo vidi entrare per poi mettersi al mio fianco

-che ci fai qui?- chiesi felice di vederlo, mi era mancato terribilmente nonostante fossi stata io ad allontanarmi lestamente da lui, come fossi una vigliacca che non voleva affrontare le proprie colpe

-ho pensato che avessi voglia di vedermi dopo quello che è successo oggi, così sono venuto- lo baciai con passione, mettendomi a cavalcioni su di lui. lo strinsi a me possessiva -posso dedurre che sei felice di vedermi- continuai a passargli le labbra sulle sue

-mi dispiace... sono una stupida!- mi scusai per come mi ero comportata con il massimo impegno

-sì, è vero, lo sei!- mi sfiorò il fianco con una mano, arrossii allontanandolo ma restando sulle sue gambe -stai meglio?- chiese asciugandomi una lacrima che si era posata sulla guancia

-sì- 

-tu... mi avresti lasciato se avessi visto Yurika spesso come pensavi?- chiese avvicinandomi nuovamente a se con un tono serio e deciso, tipica di quando voleva una risposta sincera e diretta da parte mia

-no... parlavo senza pensare-

-le tue reazioni in questo periodo sono strane. i sogni che fai modificano il tuo comportamento, devi raccontarmi cosa succede negli incubi- ciò che disse mi colpì come un fulmine, non volevo raccontargli ciò che accadeva. volevo tenermi tutto dentro in modo da soffocare quello che sentivo, non sarei più stata gelosa, me lo ero ripromesso.

-no- affermai risoluta -quei sogni non mi disturbano più. quella che ho avuto è stata una reazione infantile, ma non accadrà più-

-chocola, non mi interessa se riaccade, se fai quelle scenate. io non voglio che stai male- abbassai lo sguardo, per poi tornare a guardarlo trovando nuovamente la forza, anche se sentivo il peso, il dolore del mio cristallo del cuore

-io sto bene, non mi importa se le sei amico, ne hai tutto il diritto- mai niente fu più difficoltoso da dire quanto quelle parole

-ma a me non interessa se ti preoccupi per questa sciocchezza, io non voglio che stai male!-

-ma io sto bene- risposi irritata. mi prese tra le braccia stringendomi -Pierre, sto bene!-

-meglio che sia così- dopo qualche istante iniziò a baciarmi per poi accarezzarmi dolcemente sotto la maglietta, con una naturalezza che mi sorprese. mi chiesi se fosse nuovamente un sogno, sentendolo così sciolto, così deciso nelle sue azioni. credevo non arrivasse mai a voler fare l'amore con me nella mia camera, prevenuto com'è, ma comunque la cosa non mi dispiaceva, visto com'ero stata male gran parte della giornata, volevo sentirlo vicino. così, lo lasciai fare. chiuse la porta della mia camera a chiave. nei momenti seguenti non feci altro che farmi guidare dai suoi movimenti, sentendomi parte di lui. non desideravo altro che essere in lui, restarci, non andare mai via. eppure mi rendevo conto che era impossibile, tuttavia in quelle ore che passavamo insieme, in cui avevamo un rapporto così intimo, volevo sentirmi in quel modo. sperando che almeno quella sensazione di appartenenza durasse per sempre, che non finisse mai, fosse eterna. ancora non mi rendevo conto che io e Pierre facevamo parte l'uno dell'altra. in quel periodo ero stupida, fragile. il mio cuore era sull'orlo di un precipizio, la differenza è che io, senza rendermene conto, stavo già cadendo nell'oscurità. niente che mi tenesse, non respiravo.

 

commenti dell'autore:

in questo capitolo ho messo tutta me stessa, spero vivamente apprezzerete.

bacio Marmelade                                                                                                                                                                                                        

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Capitolo 8
*** momenti difficili ***


momenti difficili

Momenti difficili

Nel buio, tra le braccia di Pierre, contemplai la bellezza di quella serata. La luna splendeva, offuscata da leggere nuvole che ne sfumavano i colori. sbadigliai insonnolita -lo sai che finisco sempre per addormentarmi?!- chiesi infastidita dalla mia, ormai costante, reazione.

-è il caso che ti rivesti, tra poco me ne vado, e non è il caso di farti trovare così- comunicò serio. misi il broncio, non poteva lasciarmi sola

-perché te ne vuoi andare subito?! rimani ancora un po'!- lo supplicai stringendomi a lui. Rise divertito, non sapevo per cosa, forse per il mio esplicito invito a restare.

-non era il caso che lo facessimo in camera tua. ho perso il controllo di me stesso stasera- anche io avevo perso il controllo, lasciandomi trasportare, di riflesso, da ciò che voleva lui. aveva ragione, anche se mi seccava ammetterlo. non era stata la migliore delle idee fare l'amore con lui quella notte, nella mia stanza

-ma ormai sei qui- sentii bussare, di scatto, entrambi ci girammo verso la porta

-Chocola tutto a posto?! non hai mangiato niente, vuoi che ti prepari qualcosa?!- la voce apprensiva di Vanilla risuonava nella stanza

-no... è tutto a posto- la rassicurai più convincente possibile. sentii i suoi passi farsi sempre più flebili, fino a scomparire -se ne è andata- sussurrai guardandolo

-sai, è stato difficile farti tacere prima. non riuscivi a capire che non dovevano sentirci- lo colpii con una mano sul petto

-lo capivo! ma era difficile tacere!- risposi in modo infantile alle sue, fastidiose e, particolarmente reali, accuse

-sì, certo, lo capivi, ti ho dovuto far azzittire mettendoti una mano sulla bocca- rise di gusto. cominciai a dargli dei, poco efficaci, pugni, leggermene sopra il petto -prima che si faccia tardi devo andare, non vorrai farci scoprire?!-

lo guardai seria -vorrei poter passare con te tutta la notte. e poi la porta è chiusa a chiave, non ci scoprirebbero...-

riflettè per un istante, in cui sperai vivamente non avesse pensato di lasciarmi in camera da sola -però se vedessero la porta bloccata si insospettirebbero- ragionò in un sussurro

-allora ci rivestiamo, aspettiamo che tutti siano andati a dormire, poi sblocchiamo la porta e dormiamo- fece un sorriso sincero e rilassato riappoggiandosi sul cuscino. continuai a guardarlo aspettandomi un eventuale e tanto ambito consenso

-d'accordo- mi alzai velocemente, mettendomi di spalle rispetto a lui, per poi rivestirmi. non sapevo il preciso motivo, ma farmi vedere senza vestiti da lui, ancora un po' mi imbarazzava. rientrai velocemente nel letto, come a non voler perdermi un solo istante per stargli accanto, avvicinò con un incantesimo anche i suoi di vestiti per poi rivestirsi direttamente nel letto. mi diedi dell'imbecille per non aver fatto la stessa cosa.

-devi fermarmi la prossima volta- mi accennò serio. non capii il senso delle sue parole, così, lo guardai incuriosita

-che vuoi dire?-

-non deve più accadere una cosa del genere, potrebbero scoprirci e tu non verresti più da me. quindi, la prossima volta che faccio così con te, ti prego di fermarmi-

feci una smorfia infastidita -guarda che non hai fatto tutto da solo!-

-lo so, però sono stato io a cominciare. il fatto è che oggi non abbiamo fatto altro che litigare e mi mancavi, per questo non ho neanche pensato a trattenermi un po'- e io continuavo a non capire

-vuoi dire che basta che io e te litighiamo oppure non ci vediamo per un solo giorno, che tu perdi tutto il tuo contegno?!-

-no, però se vieni a casa mia e mi attacchi con le lacrime agli occhi, passiamo tutto il pomeriggio con un'altra ragazza, per poi rilitigare, lasciarti andare via e rimanere con il dubbio se stai male, se stai bene o se stai piangendo, allora sì, appena ti vedo perdo il controllo solo per il gusto di averti nuovamente tra le mie braccia- rimasi con un misto di emozioni, mi sentivo lusingata e allo stesso tempo gli ero grata delle sue parole

-grazie...- sussurrai arrossendo

-perchè mi ringrazi?! non è da te-

-sì invece, ti ringrazio sempre quando te lo meriti!- affermai convinta come non mai

-come no...- mi fece il solletico ridendo con trasporto, venni contagiata sghignazzando divertita di rimando. sentii la maniglia della porta girarsi senza troppi risultati. la voce di Houx che mi chiamava allertato arrivò anche alle orecchie di Pierre. lo vidi fare un incantesimo diventando invisibile. mi guardai per un istante intorno chiedendomi dove fosse per poi decidermi ad alzarmi per aprire. vidi Houx sulla soglia che mi sorrideva, lo so che non è un pensiero carino, ma non vedevo l'ora se ne andasse

-che... che ci fai qui?- chiesi bloccandolo all'entrata

-volevo sapere se era tutto a posto-

-sì, va tutto bene- mi scansò entrando senza troppe cerimonie. mi irrigidii sul posto indispettita da quel suo gesto

-volevo anche parlarti di una cosa-

rimasi allibita dal suo sguardo malinconico e allo stesso tempo indeciso -dimmi-

-sai... è da un po' che ti volevo dire una cosa, solo che... c'è sempre Pierre con te e io non trovo mai il momento- gli feci segno di proseguire anche se, sinceramente, mi intimidiva ciò che mi voleva dire -io... ho notato che in questi giorni sei molto strana, non è che è perchè Pierre ti fa qualcosa di male?! ogni volta che esci con lui torni a casa desolata, infelice, e mi preoccupo-

feci una smorfia disgustata da quelle inutili, e tanto meno, insensate moine -Pierre non mi fa niente, sono io che in questi giorni sono nervosa e mi arrabbio con lui senza motivo, e finiamo per litigare. ma tra noi due va tutto splendidamente-

-non sono sicuro lui ti possa rendere felice come meriti. tu hai bisogno di qualcuno che ti capisca, non che appena tu fai una bizza ti riprende-

immaginai Pierre, in un angolino della stanza, adirato da quelle parole -io e Pierre stiamo bene insieme. i miei capricci lui sa perfettamente che sono inutili e molto spesso insensati, per questo mi riprende e mi fa tornare con i piedi per terra, ma non esagera mai-

-Chocola... non è solo questo. Lui è di molto più grande di te, potrebbe arrivare a perdere il controllo che ha avuo finora- mi venne da ridere, ma cercai di trattenermi con tutta me stessa

-se mai dovesse fare qualcosa del genere sarebbe un problema mio, tu non preoccuparti- si congedò uscendo dalla stanza con i lineamenti tesi, mi dispiaceva averlo trattato in modo così freddo e duro, sapevo si preoccupava per me, ma avevo intenzione di risolvere quella situazione inconsueta da sola, ritrovando me stessa tra tutto il rumore che si affollava nella mia testa. vidi Pierre sedersi al mio fianco appena mi accomodai sul letto. mi strinse a se attirandomi con un braccio -ti sei offeso?- gli chiesi guardandolo mentre mi teneva da sotto le braccia

-no... perchè dovrei? si è solo preoccupato per te, è tuo amico- quell'angustiante situazione metteva tutti a disagio, dovevo risolverla il più presto possibile

-ti prometto che non accadrà più- sussurrai succinta

-in che senso?!-

-non farò più quelle scenate, non voglio più metterti a disagio in quel modo, come ho fatto con Yurika e quelle ragazze... sono stata una stupida, ho fatto angosciare tutti quanti-

-non provare più a dirla una cosa del genere capito? tu devi smetterla di preoccuparti di queste sciocchezze, devi capire che devi cominciare a stare bene tu. non mi interessa di quelle scenate, mi manca la mia Chocola-

abbassai lo sguardo confusa -e allora tornerò ad essere me- mi sorrise felice, sentimmo i passi dei tre ragazzi che erano in salone avviarsi verso le camere

-anche se devo ammettere che questa tua versione così gelosa delle ragazze che mi girano in torno, non mi dispiace-

gli sorrisi divertita -lo so, sono adorabile quando mi arrabbio- mi diede un lieve bacio sulle labbra, le sentii dolci, morbide. ci sdraiammo nuovamente. mi girai e lui mi abbracciò tenendomi stretta da dietro.

-dormi, non devi temere nulla se ci sono io con te. sussurrò al mio orecchio mentre mi addormentavo spossata dall'intensa giornata

sentivo il suo fiato sul collo. sentii improvvisamente freddo e non percepivo più le braccia di Pierre ad avvolgermi. non indugiai neanche un istante ad aprire gli occhi per capire cosa stesse succedendo. non vedevo niente e mi accorsi che stavo, nuovamente, precipitando. cominciai a piangere dalla disperazione, non sapevo come oppormi, sentii che il fiato mi veniva a mancare, ma prima di cominciare a scalciare, a ribellarmi a quell'enorme forza che mi spingeva giù, udii la voce di Pierre

-svegliati, chocola!- mi feci cullare da quel bel suono fino a calmarmi, chiusi gli occhi per poi riaprirli e ritrovarmi nella mia stanza -adesso mi racconti che cosa succede nell'incubo, non puoi continuare così- sussurrò adirato, non pensai neanche per un istante a rispondergli male, sapevo che quella rabbia era solo dovuta al mio disagio. mi portò a se -ti prego, raccontami che ti succede-

-io... precipito- allontanò leggermente il viso da me

-che cosa?- chiese non comprendendo il senso delle mie parole, tornò a stringermi forte

-precipito, nell'oscurità, non c'è nessuno con me e io... io non respiro- sussurrai con il panico nella voce. mi baciò dolcemente la testa, tenendomi stretta a se con le dita intrecciate ad alcune ciocche di capelli -ma... stanotte mi hai svegliato prima che io cominciassi a soffocare...-

-ti giuro che non ti lascerò mai più sola quando ti addormenterai. da quando hai questi incubi?- chiese fin troppo apprensivo, non lo riconoscevo sotto l'aspetto di ragazzo preoccupato, anche se ammetto che non mi dispiaceva

-da quando siamo andati sui monti rocciosi. io mi ero addormentata davanti al camino mentre tu eri uscito...- sussurrai flebilmente

-forse... sarebbe meglio chiedere consiglio a tua madre- non ne capii il preciso motivo, ma la cosa mi istigava -lei è una strega potente e... di grande esperienza, forse lei può sapere cos'hai­-

-d'accordo- mi strinsi al suo petto -andiamoci subito-

-che cosa? ma è notte fonda- abbassai leggermente il viso, delusa dalla risposta. si alzò facendomi cadere sul letto, lo guardai sbalordita -vestiti, partiamo appena sei pronta- sorrisi felice avvinghiando le braccia al suo collo -dai ferma, sbrighiamoci- sorrise divertito baciandomi. ci preparammo entrambi, lasciai un biglietto sul mio comodino. mi portò in spalla fino ad extramondo, un po' per il vento gelido, un po' per le vertigini che avevo a causa dello stato confusionale dovuto ai sogni. mi portò fino al castello dei malefici continuando a tenermi tra le braccia, nonostante le continue ribellioni e le minacce che gli mandavo

-smettila di lamentarti, non stai bene e l'energia dei malefici ti indebolisce, vedi di smetterla!- affermò irritato. arrivammo nel regno che, avevano con fatica ricostruito. entrai titubante nel castello, avevo Pierre che mi stringeva forte la mano, forse anche lui aveva paura, nonostante non lo desse a vedere. percepivo uno scudo, creato da Pierre, che ci avvolgeva, in modo da proteggerci. arrivammo nella stanza in cui era mia madre, fu Pierre ad aprire la porta, mi fece spazio per entrare, appena varacata la soglia mi fiondai nelle sue braccia

-Chocola, che ci fai qui?- chiese con voce dura che faceva trapelare tutto l'amore e l'affetto che una madre può provare per sua figlia

-abbiamo bisogno del tuo aiuto per una faccenda- la informò Pierre serio

-che succede?- ci fece accomodare su un divanetto fissai la moquette scura, aspettando che fosse Pierre a parlare

-Chocola, da quando siamo andati a passare la notte sul castello, del monte roccioso, ha degli strani incubi, e questa storia va avanti da troppo tempo- rispose alla domanda di mia madre con tono deciso

-che cosa sogni?- raccontai a mia madre, nei dettagli, ciò che da qualche settimana continuava ad assillarmi -io, credo che, il modo migliore per sconfiggere questi sogni, che sono solo frutto delle tue continue paure, sia tu. soltanto tu puoi uscire fuori da questa nube di pressione, con le tue capacità- arrossii, mi ritenevo incapace di uscirne, come faceva a non capirlo?! aggrottai le sopracciglia per non dimostrarmi insicura -oppure, devi rivivere quegli incubi, così che io, mentre sogni, possa entrare nella tua mente, vedendo ciò che sogni e capendo qual è il problema-

-no- risposi pronta, di riflesso. mi guardarono entrambi stupiti -io non voglio, non voglio rivivere quegli incubi- mi voltai verso Pierre che mi guardava serio -non voglio!- ribadii vedendo la sua espressione austera

-bene, allora l'unica che può risolvere questo problema sei tu- mi comunicò mia madre alzandosi per guardare fuori dalla finestra, da cui si poteva osservare un paesaggio tutt'altro che bello.

-bene, farò da sola- asserii alzandomi per andarmene. Pierre mi prese per il braccio fermandomi

-non puoi farcela da sola, questa situazione deve cambiare...- mi sgridò attirandomi a se, vidi mia madre fissarci con la coda dell'occhio. lo spinsi via con forza

-sì che ce la faccio, smettila di trattarmi come una bambina!- tornai a guardarla, che era ancora voltata -ora vado- corsi via infuriata, finché non lo vidi raggiungermi fermandomi per la vita -lasciami!- mi mise una mano sulle labbra, facendomi poggiare la testa al suo petto mentre mi azzittiva. gli ero volutamente di spalle, ma fui costretta a girarmi -perchè l'hai fatto?!- sussurrai sentendo ancora la sua mano sul viso

-ci sono i malefici, non attirare l'attenzione...- ci guardammo per qualche istante, finché non mi alzai sulle punte per baciarlo -meglio che ce ne andiamo- disse con voce dura e fredda sviando il mio viso. ne rimasi abbastanza delusa. per tornare a casa mi prese solamente per mano, nonostante volessi, prima di andare dai malefici, che mi lasciasse, in quegli interminabili istanti pregai con tutta me stessa che mi prendesse tra le sue braccia. mi riportò in camera, stavano ancora tutti dormendo, ci avevamo messo meno del previsto. mi sedetti sul letto, mentre lui restava in piedi a fissarmi -credo, che sia meglio che me ne vada-

sbarrai gli occhi -no... perchè?-

-sono stanco e voglio andarmene a casa-

abbassai lo sguardo incapace di rispondere -sei arrabbiato per la decisione che ho preso?- chiesi sussurrando

-è la tua vita... fanne quello che vuoi- fece per andarsene, lo fermai prendendolo per un lembo della giacca

-perchè fai così?! non voglio rivivere quell'incubo... mi spaventa!- gli dissi senza guardarlo

-se solo lo avessi rivissuto una sola volta magari sarebbe finito tutto... invece vuoi fare di testa tua. non ti aspettare che stia dalla tua parte, non voglio starmene qui a vederti soffrire- diede uno strattone col braccio per far sì che lo lasciassi. abbassai lo sguardo delusa

-vorrebbe dire che preferisci lasciarmi?!- chiesi digrignado fra i denti. la sua reazione mi infastidiva, non riusciva a capire ciò che provassi io

-voglio dire che... io non ce la faccio a vederti con quell'espressione confusa, triste, arrabbiata, quando  ti svegli dai tuoi sogni-

-neanche a me piace- sussurrai sentendo una lacrima solcarmi il viso, la asciugai velocemente, senza che se ne accorgesse

-e allora perchè non ascolti tua madre?!- mi chiese cingendomi dolcemente le spalle

-perchè voglio risolvere questo problema con le mie capacità e... voglio almeno sperare di non rivivere più quell'incubo- mi diede un bacio sulla fronte

-ci vediamo domani- sussurrò. andai a dormire arrabbiata, non capendo, neanche lontanamente, la sua reazione così assurda, sembrava volesse proteggermi, eppure si allontanava

commenti dell'autore:
avete visto?! c'è anche Cinnamon, spero siate felici e che il capitolo vi piaccia!
Marmelade

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Capitolo 9
*** grandi e piccoli inconvenienti ***


grandi e piccoli inconvenienti

Il ritorno a scuola non fu affatto piacevole. avevo i compiti in arretrato, continuavo a cercare un modo per liberarmi dagli incubi, purtroppo, senza risultati. i pomeriggi non li passavo più molto con Pierre, stavamo insieme al massimo mezz'ora, poi basta, e i sogni aumentavano, non mi davano  tregua, mi stremavano e non mi facevano respirare. ero finita col dormire con Vanilla, e lei, ogni santa notte, mi svegliava. ma non durò molto neanche quella situazione, le chiesi di poter dormire nuovamente sola, ma i miei tormentati sogni si stavano cominciando a manifestare più volte durante la notte, non lasciandomi spazio, non facendomi dormire.

 

Pierre mi circondava i fianchi con le braccia, sorridendomi gentilmente -non hai dormito bene questa notte?- chiese notando il mio viso stanco

-no... in questo periodo non ci riesco- abbassai lo sguardo infastidita dal suo palese disinteresse. solo adesso si preoccupava?! eppure non mi sembrava gli interessasse quando mi lasciava sola, oppure mi chiamava per incontrarci per soli dieci minuti

-i tuoi incubi?- abbassò il viso guardandomi

-i miei incubi- asserii nervosa

-d'accordo... ci vediamo domani- fece per baciarmi ma mi allontanai prontamente

-domani non posso- continuai mentendo, ma non avevo voglia di vederlo. non capivo il perchè, ma lui in quel periodo se ne stava fregando di me, perchè mi sarei dovuta preoccupare di incontrarlo?

-come mai?-

-ho da fare. devo trovare un modo per stare meglio...-

-va bene- si girò, ma lo fermai prendendolo per la manica della giacca

-va bene?! io non dormo perché continuo a sognare di non riuscire più a respirare e per te va bene?!- stavo urlando, ma non mi interessava, ero nella mia camera, facevo quello che volevo

-è una tua scelta avere ancora questi incubi- rispose impassibile. iniziai a piangere. lacrime di rabbia, tristezza, solitudine... disperazione.

-sai che ti dico?! non venire domani, neanche dopo domani, e il giorno dopo ancora. io non lo voglio un ragazzo che quando tutto va bene vuole stare con me, e quando c'è qualche problema mi lascia sola. hai capito?! io non voglio! credevo di fare la cosa giusta a stare con te, ma evidentemente mi sbagliavo!- il suo viso era stupito, ma il mio... il mio era una maschera di dolore -vattene! vattene via dalla mia vita, perchè se mi tratti così, evidentemente il nostro... il tuo, non è amore!- guardai il velo posato sui suoi occhi, quel velo ghiacciato, quel velo azzurro, frantumarsi miserabilmente

-vuoi dire che non vuoi continuare a stare con me?-

-a stare con te?! credi che quello che stavamo facendo era stare insieme?! eh?! per te stare dieci minuti con una persona è stare insieme?! fregarsene di lei, dei suoi problemi, di tutto quello che passa, è amare una persona?!- i singhiozzi di tanto in tanto mi fermavano, le sue pupille erano dilatate, gli occhi sbarrati

-sai che ti amo!-

-questo sarebbe amore?! tu non mi ami, non mi hai mai amata, ero io ad amare te!-

-vorresti dire che è finita?!-

sentii una fitta al cuore, che mi fece mancare il respiro -sì- sussurrai. ebbe la mia stessa reazione, come se tutto ciò in cui credeva, in cui aveva riposto le sue speranze si fosse... svuotato senza lasciare entrare nient'altro. il vuoto. quello in cui navigavo io ormai da tempo.

-credi che lasciandomi le cose si risolveranno?! sono i tuoi incubi che ci allontanano! e non dire che non me ne importa di te, perché mi sembra che quando non riuscivi a dormire ero io a tenerti tra le mie braccia, io a consolarti!-

-hai ragione, all'inizio era così, ma appena ti è stato detto che questo problema lo potevo risolvere da sola, allora ti sei allontanato. io ormai non dormo più, dopo che ho quei sogni non mi riaddormento. e tu lo sai perfettamente, ne sei cosciente, e non te ne importa! magari questa situazione è troppo per te, ma io ho bisogno di una persona presente!-

-io non riesco a starti accanto mentre soffri, urli, piangi! è una cosa che non riesco a fare! perché quando ti guardo, e capisco che tu potresti stare meglio, che potresti smetterla di avere questi incubi, io non posso non arrabbiarmi!-

-e allora vattene! vai via da me! se non mi vuoi vattene!-

-ma io non voglio andarmene da te, devi capirlo!-

mi calmai, ma era una quiete nervosa -mi avevi promesso che non mi avresti mai lasciata sola. era una bugia?-

-non era una bugia! è così difficile da capire, non riesco a vederti in questo stato, tu potresti stare meglio, ma non vuoi. non puoi pretendere che io resti qui a guardarti!-

-e allora vattene via!- la mia furia stava divampando, non volevo veramente lasciarlo, ma la nostra non era più una relazione, lui si stava allontanando da me

-bene- sussurrò voltandosi, uscì dalla finestra. mi sdrai sul letto. lasciando cadere le lacrime, che per troppo avevo trattenuto.

stringevo le lenzuola a pugno, trattenendole sulle mie labbra, in modo che i gemiti di dolore fossero soffocati. il mio cuore si stava lentamente frantumendo, non mi piaceva. la porta si aprì. vidi Vanilla di fronte a me, un'aria preoccupata dipinta sul viso. si sedé accanto a me, abbracciandomi, come solo la mia migliore amica sapeva fare -che è successo?-

-ci siamo lasciati- sussurrai tra i singhiozzi

-come mai?-

-io mi sono arrabbiata perché non stava mai con me, e lui continuava a dirmi che era perché non riusciva a vedermi in questo stato, ma io continuavo ad attaccarlo, e abbiamo finito per litigare, e lui poi se ne è andato, dopo che gli ho detto che non volevo più stare con lui- aumentò il suo abbraccio

-non hai sbagliato Chocola- mi consolò

-ma... lui era arrabbiato con me anche perché... quando siamo andati da mia madre lei mi ha detto che forse poteva togliermi questi incubi dalla testa, ma io dovevo addormentarmi, tornando ad avere quei sogni, così che lei, con un incantesimo, li avesse potuti vedere. ma mi sono rifiutata, perché non volevo e lei mi aveva detto che potevo riolvere il problema anche da sola. ma lui la notte in cui mi ha riportata a casa, mi ha detto che non ce l'avrebbe fatta a vedermi con l'espressione che avevo quando stavo male- avevo raccontato solo a Vanilla della sera in cui ero andata da mia madre

-forse lasciarvi non è stata la soluzione più adatta-

-io non ce la facevo più a vederlo solo dieci minuti al giorno. senza potergli raccontare che cosa avessi, senza...- vidi Vanilla che fissava un punto lontano, mi voltai per constatare cosa stesse guardando. Pierre era fuori dalla mia finestra, aspettava pazientemente. la mia amica si alzò

-cerca di dire anche a lui le cose che hai detto a me- aveva le guance completamente arrossate. mi alzai frettolosamente, aprendo la finestra, mi guardò per qualche istante

-ti va di parlare, con più tranquillità?- propose gentilmente. sorrisi allegramente, felice che fosse tornato. ci sedemmo entrambi sul mio letto, io a gambe incrociate di fronte a lui. gli raccontai tutto ciò che mi era capitato in quei giorni, tutti i nuovi dettagli dei miei incubi, tutto ciò che provavo per lui e il motivo per cui mi ero tanto arrabbiata. ascoltò tutto ciò che avevo da dire, interrompendomi ogni tanto -quindi hai sentito molto la mia assenza-

-sì, tantissimo- mi prese fra le sue braccia

-credevo solo di fare il tuo bene allontanandomi per un po' da te-

-io ho bisogno di sentirti vicino a me- mi sorrise baciandomi dolcemente

-se starti accanto in questi momenti difficili è il prezzo da pagare per stare con te... accetto volentieri- notai la naturalezza e la spontaneità delle sue parole, non potei fare a meno di sorridere soddisfatta

-davvero è difficile starmi vicino con questo problema che ho?-

-no... ma, credevo che vedendoci di meno tu avresti ritrovato un po' di tranquillità, che negli ultimi tempi non sembrava esserci. Ma è stato stupido, dovevo starti accanto, proteggendoti da ciò che ti faceva soffrire-

-sì, dovevi- asserii con un sorriso. mi prese tra le braccia

-qual'è il problema?- sussurrò baciandomi la testa

-cosa?-

-qual'è il problema?cos'è che ti fa avere questi incubi?-

-io... non lo so. ma, sono sicura che diminuiranno presto, mi sto calmando- sapeva che stavo mentendo, lo percepiva -ti va di uscire? è da un po' che non stiamo insieme fuori- proposi sperando di cambiare argomento

-certo- il suo tono era serio, quasi deluso dalle mie mensogne.

mi portò in giro per la città. comprandomi vestiti, oggetti vari, di cui sicuramente non avevo bisogno, ma volevo -vuoi qualcos'altro?-

-non lo so, se vedo qualcos'altro che mi piace...- rise divertito della mia ingordigia nel comprare, anzi, fargli comprare. mi diede un bacio delicato sulle labbra -hai dormito sempre sola in questi giorni?-

-no... per un po' c'è stata Vanilla, ma le stavo solo causando problemi, facendole perdere il sonno. però quando ho ripreso a dormire da sola, mi svegliavo urlando, quando davvero credevo di morire soffocata, e non mi addormentavo più-

-rimarrò io con te ogni notte-

-non devi se non vuoi- lo ammonii gentilmente arrossendo

-per me non è un problema, e poi mi mancava dormire con te-

-ma... non ti farò dormire, ti dovrai svegliare, per poi calmarmi. non devi, a me basta vederti di più, passare il pomeriggio con te-

-sciocca, a me passare il pomeriggio con te non basta, stavo impazzendo senza poterti stringere a me quando volevo...- vidi una delle ragazze presenti nella mia scuola, che facevano la corte a Pierre, avvicinarsi, la notò anche lui. mi sentii minacciata da quella presenza. digrignai i denti imponendomi di non pregarlo di andarcene via. appena ci fu vicina mi scansò, attaccandosi a Pierre come una cozza. il mio cuore batteva come se mi volesse uscire dal petto, volevo urlare, piangere, dirle che lui era mio, che amava me. Ma le rispondeva gentilmente, e lei continuava a civettare, come se la mia presenza fosse una cosa scontata, che non era abbastanza importante per essere presa in considerazione. strinsi i pugni cercando l'auto controllo, che da qualche parte, dentro di me, ero sicura esistesse. aspettai qualche istante, il tempo di farla andare via, in cui ignorai le sue parole, i suoi gesti, finché non si allontanò -ti ha dato fastidio?-

-no-

-non mentire-

-un po'...- sussurrai innervosita, abbassando il capo -è solo che... entrambi mi ignoravate come se non esistessi...- intrecciai le braccia al suo collo, ero in punta di piedi, e non riuscivo comunque ad essere alla sua altezza

-se ti ha dato fastidio, allora ti prometto che la prossima volta la prima cosa che farò sarà presentarti- risi divertita. provò a baciarmi ma allontanai il viso prontamente -che c'è?-

-Pierre... tra poco è il tuo compleanno-

-già- mi avvicinò di più a se, non riuscivo a stare dritta, quasi non toccavo più per terra -avrò vent'anni-

-non ti vergogni a stare con una bambina?!- mi beffai di lui, con un tono sarcastico. Passò le labbra sulle mie, dischiusi la bocca donandogli la risposta che cercava. Le mie dita gli accarezzarono dolcemente i capelli. Quando mi lasciò lo guardai gentilmente -non so che regalo farti- gli sussurrai arrossendo

-tutti gli anni è la stessa storia, e tutti gli anni ti ripeto che non voglio nulla- feci una smorfia dissentendo quella sua affermazione

-appunto, facciamo allora uno strappo alla regola, visto che ogni anno mi ritrovo a non sapere cosa farti, aiutami a decidere il tuo regalo- sentenziai speranzosa

-te la caverai da sola, io non voglio niente. Tu che passi la serata a casa mia è il mio regalo di compleanno più bello- mi dava fastidio che non mi aiutasse

-ogni anno passo la sera a casa tua, anzi, ogni Sabato. voglio farti un regalo di compleanno, come tu lo fai a me-

-ma io non voglio niente- cercò di baciarmi ancora, ma discostai la testa

-questa poi è una cavolata- sbuffai irritata

-prendi ciò che vuoi-

-non posso prendere ciò che voglio- mi guardò stupito

-e perché no?-

buttai gli occhi al cielo -perché se prendo ciò che voglio, ovviamente, quando arriverò sul punto di non sapere sul serio cosa fare, penserò ai tuoi gusti, subito mi verrà in mente la tua libreria, e finirò col comprarti un libro- continuava a non capire

-e allora? a me piacciono i libri, andrebbe benissimo un regalo del genere-

-non dalla tua fidanzata, è banale, io sono responsabile di fare qualcosa che ti piaccia sul serio-

-ma a me piacerebbe sul serio- abbassai lo sguardo; continuava a non capire

-è come se tu mi regalassi una barretta di cioccolata- borbottai aggrottando le sopracciglia

-va bene, farò una lista delle cose che desidero per il compleanno, va bene?- annuii nuovamente felice, mi baciò per poi riprendere a camminare, entrambi felici di come fossero andate le cose. Ma il dolore che provavo al petto non era cessato, e quando avevo visto quella ragazza che parlava con Pierre, era addirittura aumentato. Nulla stava andando veramente bene. Abbassai il viso sconsolata da quei pensieri -va tutto bene?- mi chiese scrollandomi un fianco, dalla parte in cui mi prendeva. Annuii tristemente -credevo fossi felice visto che abbiamo fatto pace e hai ottenuto per una volta la lista di ciò che voglio per il compleanno- constatò, facendomi notare il fatto che c'era, ancora una volta, qualcosa che non andava. Vedendo il suo viso serio, e il fatto che non mi guardava, cominciai a preoccuparmi che potessimo litigare ancora

-infatti sono felice, sono felicissima di come stanno andando le cose tra di noi e per la storia del regalo- ma continuava a fare quella faccia che mi faceva tanto sussultare -che cosa facciamo la sera del tuo compleanno?-

-ti porto a cena fuori- rispose senza un velo di emozione -non riesco a capire che ha il mio compleanno per mandarti fuori di testa-

-perché?-

-ogni anno appena si avvicina il mio compleanno ti metti a fare le cose più strane- feci una smorfia, non era assolutamente vero

-che bugiardo... e poi non sarò mai peggio di te- fece una risata sarcastica

-ah io?! non tu che l'anno scorso volevi regalarmi un fiore che avevi visto su un libro e per andarlo a prenderlo su extramondo ti sei quasi ammazzata-

-che ne potevo sapere si trovasse in un bosco?! tu a ogni mio compleanno ti metti a fare il romantico e mi fai regali che qualcuno solo a vedere quanto costano sverrebbero- non che mi dispiacesse il fatto che mi facesse cose del genere

-ingrata. comunque non fare stupidaggini del genere, questa volta non voglio venire a cercarti per tutta extramondo- gli diedi una leggera gomitata

-non sono ingrata, a me piacciono tutti i tuoi regali, ma è vero che spendi un patrimonio-

-e la cosa ti dispiace?-

-assolutamente no- risposi con un sorriso birichino stampato in faccia -comunque nel caso non ti piaccia il mio di regalo, hai sempre quelli che ti faranno le altre duemila ragazze a cui piaci e poi c'è Yurika...-

-questo che vorrebbe dire?!- mi fece fermare, non ero la sola ad essere nervosa allora

-che ricevi tantissimi regali e che Yurika di sicuro lo ha già scelto, comprato, impacchettato e di sicuro avrà dato un bacio al bigliettino, con il rossetto, così da farti piacere- risposi di riflesso, senza riflettere neanche per un istante, e sapevo si sarebbe arrabbiato

-magari allora mi farà piacere davvero, forse mi avrà preso un libro, senza badare alle idiozie e prendendo una cosa che mi piace sul serio, seguendo i miei gusti- si calmò solo dopo facendomi riprendere a camminare. Mi ribellai alla sua presa voltandomi e andandomene. Magari aveva ragione ad arrabbiarsi, ma sapeva che dicendomi quelle cose mi avrebbe ferita, sapeva quanto tenessi a fare una buona impressione quando compieva gli anni, visto ciò che faceva lui ad ogni mio compleanno. Forse quella non era una ragione valida per litigare, sta di fatto che arrivai a casa sola, arrabbiata e con la voglia di rompere tutto.

 

 

 

 

Commenti dell’autore:

io capisco che siete pigri ed occupati, ma non recensisce nessuno, mi fate andare in depressione. Tanto per cambiare li ho fatti litigare (ma io sono un genio) ma non sperate sia facile questa volta, dovrete aspettare il prossimo chapter per capire perché.

Bacio Marmelade

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 10
*** Tradimenti ***


tradimenti

quattro interminabili giorni. erano quattro giorni che non ci parlavamo. avevamo provato a vederci una sola volta, ma avevamo finito per litigare, dicendoci di tutto. Avevamo urlato entrambi questa volta, non si era risparmiato in carinerie, e forse era giusto così. Lui non mi cercava, e io non cercavo assolutamente lui. Ero arrabbiata, furiosa, ma di sera, quando avvolgevo il mio corpo sotto le coperte, cominciavo a desiderare che lui entrasse dalla finestra, come aveva sempre fatto quanto discutevamo. Non pretendevo le sue scuse, volevo solo che entrasse da quella stupida finestra e mi abbracciasse, che mi facesse sentire che lui c'era ancora. Non mi aveva lasciato niente, se non la sua rabbia, e io gli avevo lasciato la mia. Mi ritrovavo a chiedermi se mi voleva ancora, avevo capito fosse cambiato qualcosa, si era stancato dei miei comportamenti, dei miei sbalzi d'umore, del mio atteggiamento, ma non potevo fare a meno di arrabbiarmi con lui appena sbagliava. Di certo Vanilla non mi era di aiuto

-avete litigato ancora?- mi chiese quando una sera ci eravamo ritrovate a parlare nella sua camera

-sì... e anche in modo brutale- borbottai passando un dito sulla trapunta chiara

-dovresti essere più gentile con lui... come lui lo è sempre con te- ed ecco di nuovo l'irritazione, come poteva dire così?!

-io sono sempre gentile con lui! ma se forse non civettasse davanti a me con tutte quelle ragazze, magari la nostra relazione avrebbe anche meno problemi!- mi diedi una calmata, notando che era rimasta male -scusa, non volevo prendermela con te-

-non importa...- ci fù un attimo di silenzio -domani è il suo compleanno, ci farai pace o vi ignorerete a vicenda?-

-probabilmente la seconda- mi sdraiai posando una mano sul viso, coprendo la parte superiore -gli darò comunque il mio regalo, non di persona ovviamente- anche se vederlo sarebbe stata la cosa che mi avrebbe resa più felice al mondo

-cosa gli hai fatto?-

-un viaggio, volevo andarci con lui, ma visto come stanno le cose, gli dirò di portare chi vuole, e un libro-

-quando avete litigato perché gli hai detto del regalo di Yurika non avevi ancora deciso cosa prendergli, e l'ultima dubito tu abbia pensato ad un viaggio da fare insieme. Quando gliel'hai fatto?-

-tra la prima e la seconda litigata, quando volevo far pace, poi quando sono andata da lui per scusarmi è successo il finimondo e a quel punto ho pensato di comprare anche il libro- e la cosa non mi piaceva, anzi la detestavo

-perché un viaggio?-

-perché non avevo altre idee. Alla fine la lista delle cose che voleva non me l'ha più fatta-

-e il libro?- perché almeno lo avrei accontentato come avrebbe fatto Yurika

-è una lunga storia...-

-credi che farete pace?- quella domanda mi scombussolò, certo che avremmo fatto pace, noi non potevamo lasciare tutto così

-è ovvio, tra noi sono frequenti dei litigi, va tutto bene- e lo avevo detto più a me stessa che a lei. Me ne andai nella mia camera. Il giorno dopo avrei lasciato la busta con i biglietti per partire e una lettera, davanti alla sua porta. Gli avrei detto di andare con chi voleva e gli avrei augurato buon compleanno, nulla di più. Mi ritrovai a chiedermi come avrebbe reagito alla vista del libro, sapevo che quello era solo un modo per incitarlo ad arrabbiarsi di più. Mi addormentai con questi pensieri che mi riempivano la testa.

 

Mi alzai piuttosto presto, nervosa sapendo ciò che avrei dovuto fare. Mi preparai lentamente, tardando il più possibile il momento in cui sarei dovuta andare a dargli il regalo.

Arrivai davanti alla sua villa con una certa frenesia, volevo vedere la faccia che avrebbe fatto. Ero certa fosse ancora arrabbiato, visto che ancora non era venuto da me, e cominciavo a temere rimanesse così per sempre. Mi fermai davanti all'entrata. Pensai che lasciandogli il regalo davanti alla porta, avrebbe pensato ancora che ero una bambina. Decisi di affrontarlo, forse, vedendo del viaggio, avremmo fatto pace, come sempre, e non vedevo l'ora. Suonai più smaniosa di prima di vederlo. Aspettai qualche istante, finché non vidi la porta che fece per aprirsi. Allargai un sorriso allegro che si spense subito, appena vidi chi c'era davanti a me

-oh, Chocola- sussurrò stupita Yurika. Era troppo presto per essere andata lì a fargli gli auguri

-tu...tu che ci fai qui?- sibilai con difficoltà

-ecco, ieri Pierre mi ha chiamata, mi ha raccontato che avevate litigato, ciò che vi eravate detti e...- il suo viso mi fece intuire tutto. Non sapevo se si erano solo baciati, se erano andati a letto insieme, o se aveva dimenticato me con lei, non volevo neanche saperlo. Tutto ciò che fui capace di fare fu far cadere il suo regalo, cominciando a indiereggiare. Ero incapace di dire qualsiasi cosa, di fare qualsiasi cosa. Continuava a guardarmi, sembrava dispiaciuta per me e io, senza neanche un preciso senso, non riuscivo neanche ad odiarla, sentivo le lacrime sul mio viso -senti, non è stato nulla di importante. Svegliati Chocola, lui ama te- se mi avesse amata non mi avrebbe mai fatto una cosa del genere, continuavo a tacere, le lacrime scendevano senza il mio consenso, ma non ci badavo

-è sveglio?- chiesi senza un preciso motivo

-no... sta ancora dormendo, se vuoi te lo sveglio oppure se vuoi andare tu...- feci segno di no con la testa

-lascialo dormire... quando, quando si sveglia fagli gli auguri e... dagli il mio regalo per favore e... basta- dissi tutto con la voce che mi tremava, stavo troppo male perfino per guardarlo negli occhi

-vuoi che gli dica che sai tutto?- una lacrima mi scese sulla guancia

-come vuoi, non cambia molto...- mi asciugai il volto con il dorso della mano -ci vediamo- andai via correndo. Non volevo più vederlo, non volevo più sentir parlare di lui, lo odiavo, forse era quello ciò che provavo in quell'istante. Aperta la porta vidi Vanilla che sbarrò gli occhi nel vedermi

-che è successo?!-

-forse era meglio che restavo a casa...- sussurrai scoppiando a piangere. Mi abbracciò, stringendomi come solo la mia migliore amica poteva fare -mi ha tradita-

-con chi?-

-con Yurika, avevo ragione! credevo di stare impazzendo per quegli incubi, invece avevo ragione!- poggiai il viso sulla sua spalla

-te lo ha detto lui?-

-no... ho visto direttamente lei, Pierre dormiva- feci una pausa -e sai qual'è la cosa peggiore?-

-quale?-

-che io le facevo pure pena!- scoppiai a piangere di nuovo

-non sarà stato nulla di importante, lo sai ciò che prova per te. Sono sicura che è stato con lei solo per rabbia verso di te...-

-non mi importa! se fossi stata io con un altro lui si sarebbe infuriato, forse non mi parlerebbe neanche più. Invece lui come al solito fa quello che vuole! lo odio, lo detesto!- in quel momento lo pensavo, ma sapevo che era la rabbia momentanea, ne ero cosciente

-non dire così- soffiò al mio orecchio passandomi incessantemente la mano sulla schiena. La lasciai guardandola

-io esco...-

-non credo sia il caso visto come stai-

-Pierre verrà a cercarmi e a me non farà altro che bene svagarmi un po'- prima che avesse la possibilità di ribattere, uscii senza troppe cerimonie. Mi misi il cappuccio vedendo che stava nevicando, avevo voglia di urlare. Mi infilai nel centro della città, non mi importava di dove stessi andando, non mi importava di niente. Ormai erano ore, forse, che giravo. Mi sentii prendere da dietro. Appena mi girai lo vidi, era di fronte a me, pronto a dirmi qualsiasi cosa pur di farmi cambiare idea.

-sono ore che ti cerco, si può sapere dov'eri?!- mi levai le sue mani di dosso, facendo poi un passo indietro, tutto ciò che trapelava dal mio sguardo era ripugnanza -dobbiamo parlare di ciò che è successo-

-dobbiamo?! io non ho niente da dirti, per me puoi anche andartene- si avvicinò di nuovo

-mi devi lasciar spiegare ciò che è successo-

-ma io non voglio sapere niente, sei libero di fare ciò che vuoi, vattene da tutte quelle ragazze che possono renderti felice come meriti, io ho finito qua- non lo credevo davvero, ma era ciò che si meritava

-lei per me non conta nulla, lo so io, lo sai tu e lo sa anche Yurika. Ho sbagliato, non cerco giustificazioni, ma io e te avevamo litigato, non capivo niente!- lo spinsi via

-ti odio! tu capivi tutto perfettamente! vattene da lei, io non ti voglio più vedere, ti odio con tutta me stessa!-

-non dire così, mi ami come io amo te, ho fatto uno sbaglio, mi dispiace!- cominciai nuovamente a piangere, mi feriva, quelle sue parole mi laceravano, mi facevano rendere conto di quanto grave fosse la situazione

-sì che volevi! lo sapevo, sapevo sarebbe andata a finire in questo modo, da quando vi ho visti insieme!-

-Chocola, ti sbagli, tra me e lei non c'è niente, non voglio nessun altra a parte te-

-smettila di dirmi bugie! scommetto che questo pensiero non ti ha sfiorato nemmeno quando le tue mani erano sul suo corpo- rimase in silenzio, le sue difese erano finite, sentivo un dolore tanto forte da non riuscire a respirare -sono stata così stupida a pensare di venire a casa tua e fare pace con te- mi pulii le guance passandoci il dorso della mano

-possiamo ancora far pace, partiremo con i biglietti che mi hai regalato, niente si intrometterà tra di noi- non riuscivo più a credergli, non ce la facevo, non in quel momento

-parti con lei, o con chi vuoi, io non ne voglio più sapere di te- me ne andai, lasciandolo dov'era. Era finita, tra me e lui, tra me e il principe dei Malefici era tutto finito. Ma lo amavo, continuavo ad amarlo più di ogni altra cosa, forse era questo il problema. Entrai nella mia camera sbattendo la porta. Mi accasciai in ginocchio, una mano sul petto. Di nuovo quel dolore, mi feriva, mi faceva tanto male da farmi sudare freddo. Non ce la facevo più, stava andando tutto degenerando.

Provai a dormire, ma i miei incubi mi continuavano a perseguitare, ormai si era fatta notte, alternavo i pianti al sonno, ma entrambi mi facevano soffrire. Ero rannicchiata sul letto, di nuovo il desiderio che lui fosse con me. Come aveva potuto farmi una cosa tanto orribile? Io non l'avrei mai fatto, e se fosse successo lui non me l'avrebbe mai perdonato. L'immagine di loro due insieme mi scombussolava la testa. Era davvero tutto finito?! Tra me e lui? che ne avevamo passate tante, che non avevamo mai neanche pensato lontanamente a stare uno lontano dall'altra. Non riuscivo ad immaginarmi con un qualsiasi altro ragazzo, non ce la facevo, non volevo. Volevo stare con lui, volevo passare il giorno del suo compleanno a casa sua, avrei voluto dargli di persona il mio regalo, renderlo felice, far pace. Ero io a dover passare la notte con lui, non lei. Invece era andato tutto male, lei era andata da lui, che le aveva parlato dei nostri litigi, di quanto ero insopportabile in quel periodo ed erano finiti con lo stare insieme. Lei gli aveva accarezzato il viso, lo aveva stretto a se, l'aveva baciato, lei stava passando con lui il suo ventesimo compleanno, non io, e questo mi faceva male, mi faceva soffocare, non mi permetteva di respirare, ma questa volta non era un incubo.

 

 

 

commenti dell'autore:

allora, come prima cosa vorrei dirvi che non sono stata io a volere il tradimento, ma i fatti. Ve lo giuro, io non centro nulla, io avevo pensato che lei gli dovesse portare il regalo, lasciarlo davanti alla porta e poi aspettare che uscisse e vedere la sua reazione, senza che la vedesse, poi però ho pensato che sarebbe sembrato infantile e da vigliacca lasciarlo davanti alla porta per poi andarsene, così ho pensato che glielo dovesse dare di persona, ma poi sarebbe stato smielato fargli far pace quando lui avrebbe visto i biglietti. Così mi sono detta, perché non far aprire la porta a Yurika? sarebbe scoppiata la terza guerra mondiale e poi avrebbero fatto pace, ma poi mi sono ricordata che era mattina presto, e mi sono chiesta "perché Yurika dovrebbe essere lì a quell'ora del mattino?" e la risposta è venuta da se. Come potete vedere è stata colpa dei fatti, non mia, io non centro niente! Vorrei ringraziare honey che mi ha consigliato il regalo (io non avevo idee) e come farli rincontrare dopo il tradimento, io avevo pensato che dopo aver parlato con Vanilla sarebbe andata in camera e lo avrebbe trovato lì, ma è più carino così, non credete?! Meglio che vada, vi prego non mi insultate, al mio cervelletto verrà in mente un modo per far tornare tutto a posto (credo)

bacio Marmelade!

 

 

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Capitolo 11
*** Perdonare, dimenticare, soffrire ***


perdonare

Mi svegliai con il mal di testa, non avevo dormito quasi per niente. Arrivai in salotto, dove vidi i gemelli agitati; Vanilla doveva avergli raccontato cosa aveva fatto Pierre

-è venuto a cercarti- mi sussurrò la mia amica mentre piegava i vestiti sul tavolo; un giorno di questi mi sarei dovuta decidere ad aiutarla. Vidi Houx e Saul fare una smorfia infastidita

-lo hai mandato via?- chiesi nervosamente prendendo una tazza di cioccolata calda

-mentre andava in camera tua, gli ho detto che stavi dormendo, si è subito fermato e mi ha detto che tornerà più tardi- capii che le dispiaceva. Teneva a Pierre, non le piaceva quella situazione, sapeva che entrambi stavamo soffrendo, e la colpa non era solo sua. Mi avvicinai a lei, tutta quella tensione la faceva stare male

-non mi sento ancora pronta per parlargli... Non ce la faccio- cercai di tranquillizzarla, ma entrambe sapevamo che non era quello: io non volevo parlargli, non ne avevo le capacità, l'ultima volta che l'avevo visto, non facevo altro che ricordare il viso di Yurika, che mi intimava ad essere triste, che aveva pietà di me, davvero non riuscivo ad accettarlo, mi immaginavo loro due insieme nel suo letto, dove ero stata io per prima, dove non ci sarebbe dovuta essere stata nessun altra. Ma noi ci eravamo lasciati, chiunque poteva baciarmi, chiunque poteva toccarmi come faceva lui, che non avrei commesso nulla di male: non lo avrei permesso comunque. Mi sedei sul divano, poggiando la testa sulla spalla di Saul, portando le gambe al petto -ti ha detto quando sarebbe venuto?-

-no...-

-non si darà pace finché non andrò completamente fuori di testa- borbottai. Un'idea mi balenò in testa. Mi alzai di scatto -faccio prima di lui!- corsi in camera, il desiderio di vendetta e il dolore di non averlo accanto, mi stavano uccidendo

-che vuoi fare?- mi chiesero i gemelli alla porta

-gli riporto tutto ciò che c'è di suo nella mia camera- aprii l'armadio prendendo una miriade di sue camice, che avevo tenuto io e che ogni tanto mettevo ancora

-perché hai tu le sue camice?- vidi Houx che mi guardava sconvolto. Era palese per tutti che dormivamo quasi sempre insieme, con o senza sesso, solo per lui ancora non era chiaro. Non risposi, vidi Saul sghignazzare. Misi tutto in uno scatolone, insieme a qualche suo libro, che aveva lasciato da me, le sere in cui non dormivo. Non misi anche tutti i regali che mi aveva fatto, perché erano troppi, e perché era ciò che mi era rimasto di lui. Tenni anche un'altra sua camicia, non se ne sarebbe accorto. Nel preparare tutto, non mi resi conto che una lacrima indiscreta si era posata sul mio viso, lo avevano visto tutti. La scacciai via in fretta, passando il dorso della mano sulla guancia. Dovevo farmi coraggio, anche se sapevo che l'unico motivo per cui gli portavo quelle cose, era vederlo, magari litigare, ma avere in qualche modo un contatto con lui.

 

Mi fermai davanti alla porta, ricordai del regalo che avevo lasciato cadere sull'entrata. Mi venne in mente la carta da regalo che avevo usato per il libro, era gelida senza significato. La busta della lettera e dei biglietti l'avevo decorata con disegnini stupidi, che sapevano a Pierre non piacevano, amava la sobrietà, ma sapevo anche che lo divertiva immaginarmi a scarabocchiare sulla carta bianca. Non indugiai oltre. Bussai trovando di nuovo la grinta, rimase stupito nel vedermi -ciao- provò ad avvicinarsi, ma arretrai di un passo con assoluta convinzione

-ti ho portato delle cose...- sussurrai senza guardarlo negli occhi. Notò lo scatolone e vidi la sua espressione spegnersi

-che cos'è?!-

-sono cose tue, che avevi lasciato nella mia stanza, libri e camicie...- lo prese per poi buttarlo al lato, si avvicinò a me prendendomi per la vita con forza -smettila, mi fai male!-

-è a questo che siamo arrivati? sbaglio io e finisce tutto in questo modo?!- cercai di spingerlo via senza successo

-sai perfettamente che ciò che hai fatto è andato oltre tutti gli sbagli!-

-vogliamo parlare di ciò che è andato oltre?! credi che avere l'atteggiamento che hai avuto tu nelle ultime settimane sia comparabile a tutti gli sbagli?!-

-non voglio perdonarti come tu non perdoneresti me e adesso lasciami!- sembrava che facessi le cose solo di riflesso a lui

-dipenderebbe dalla situazione, sai che ti perdonerei!-

-no, non lo faresti, perché io non ti tradirei mai, perché il solo pensiero di andare a letto con un altro mi fa schifo, ma se non è lo stesso per te, io non posso accettarlo!- ed era la verità, non lo avrei mai fatto, per rispetto, perché non ce l'avrei fatta

-hai ragione, non ti merito in questo senso, ma cerca di capirmi, sono state settimane difficili, soprattutto per i nostri litigi, non lo avrei mai fatto!- ma quel ragionamento non faceva una piega, non era corretto

-se vuoi passare la vita con me, non sarà sempre tutto rose e fiori, ci saranno sempre dei problemi, e allora che farai, ogni sera andrai con una ragazza diversa?!- mi spinse via con rabbia

-smettila, hai capito?! non ce la faccio più, ti sei mai posta una sola volta la domanda se a me stessero bene tutti i tuoi comportamenti?!- piansi di nuovo, consapevole di ciò che stavo per dire

-è per questo che tra di noi è finita, tu potrai stare con tutte le ragazze che vuoi, senza dovermi sopportare-

-ma io non voglio altre ragazze, voglio solo te, sempre, senza eccezioni- il dolore che avevo sentito il giorno mi colpì nuovamente al petto, emisi nuovamente un leggero gemito di dolore, portandomi la mano sul punto dolorante. Mi guardò preoccupato

-se avessi voluto solo me, non mi avresti fatto una cosa simile- farfugliai respirando affannosamente

-stai male...- fece per avvicinare la mano per farmi rialzare, ma la schiaffai via di riflesso. Mi allontanai guardando in basso; sarei rimasta di più, ma sapevo che se mi avesse vista male, mi avrebbe portata in casa, e forse avrei ceduto. Barcollai, le gambe mi sembravano incredibilmente pesanti. Sentii due forti braccia sorreggermi, sapevo a chi appartenevano. Mi aggrappai a lui, sentendomi cedere. Mi prese in braccio, la mia vista era offuscata, avevo un incredibile nausea. Quando entrammo sentii la sua voce, distante, ordinare a qualcuno di portare dell'acqua fredda, ci mancava. Mi appoggiò su un letto, in una delle tante stanze presenti nella villa. Per fortuna, non avrei sopportato di stare nella sua stanza dopo ciò che era capitato. Si sedé accanto a me, accarezzandomi il viso con una mano. Cominciai a vederci nuovamente. Osservai qualcuno entrare, Pierre lo fece subito uscire, prendendo poi, un quadretto di stoffa bagnato, appoggiandomelo sulla fronte, feci una smorfia sentendolo freddo. Sorrise -stai meglio?- annuii, non era il momento di litigare, non ne avevo minimamente voglia -che hai avuto?- mi alzai leggermente, giusto il necessario per mettermi sotto le coperte, girandomi su di un fianco

-non lo so…-

-hai dormito questa notte?-

-non molto…- mi guardò aggrottando le sopracciglia poco convinto -per niente- mi corressi sviando il suo sguardo magnetico

-ti faccio portare altre coperte, cerca di stare meglio- fece come detto, mi ritrovai sotterrata in una serie di morbidi plaid. Cercai di restare sveglia, in modo da non dover stare peggio. Volevo uscire da quella casa, era doloroso e anche maledettamente triste. L'idea sola di spostarmi da quel caldo letto mi faceva tornare alla mia classica pigrizia. Strofinai con un sorriso la guancia al cuscino. Sentii la porta aprirsi, d'istinto sbarrai gli occhi constatando chi fosse. Lo vidi entrare, alzai di più le coperte, di nuovo il desiderio di andarmene. Avevo una spontanea espressione infastidita -hai dormito?-

-non ne avevo bisogno, non ero stanca, ho solo avuto un cedimento-

-eri pallida, ti faceva male il petto, l'ho notato, non può essere stato un semplice cedimento- diventai rossa per la rabbia

-e a te che cosa te ne importa?! io faccio quello che voglio con me stessa, se mi sono sentita male sono affari miei, non te ne deve importare- adesso era infastidito anche lui, lo avevo trattato peggio di quanto pensassi

-sai che ti dico?! fai come ti pare, io vado giù, se vuoi vattene, tanto nessuno riuscirebbe a fermarti, tantomeno io. Mi sono stancato di prendermi cura di te senza ricevere niente in cambio- mi alzai, la stanchezza mi rendeva debole, ma non abbastanza

-e che cosa vorresti? che ti dicessi che sei l'unico che amo e che ho costantemente bisogno di te?!- mi pentii di ciò che avevo detto, stavamo di nuovo urlando, e la cosa non piaceva a nessuno dei due

-se hai fame chiamami- riprese serio, ma evidentemente deluso. Quando fu sulla soglia mi ritrovai a non essere soddisfatta avrei preferito continuare a litigare piuttosto che non parlargli

-perché non mi hai portata nella tua camera?- si girò appena

-so che ti avrebbe fatta soffrire- mi rimisi giù, accucciandomi nelle lenzuola ricoperte da morbdi e caldi tessuti. Le persiane erano chiuse, in modo che io potessi dormire meglio. Lo sentii sfiornarmi dolcemente i capelli, per poi passare alla guancia, arrossii sgranando gli occhi, ma non vide questa mia reazione, poiché ero girata di spalle. la percepì solamente. Mi alzai di scatto. Andando avanti così, avrei ceduto senza troppe cerimonie.

-io è meglio che me ne vada- gli comunicai succinta, sollevandomi dal letto. Misi le scarpe velocemente, infilandomi poi anche il cappotto

-non è il caso tu esca in questo stato- tirai fuori dal cappuccio i capelli, facendoli per un istante fluttuare. Presi anche la borsa

-grazie di avermi aiutata- sussurrai aprendo velocemente la porta. E chi vi trovai?! lei, ovviamente. Cosa ci faceva lì? sembrava mi stesse perseguitando. Di nuovo il dolore al petto. Il mio viso fu colpito da una contrazione, ma solo per un istante, mi ricomposi immediatamente

-scusate, non pensavo tu fossi qui...- tanto che sarebbe cambiato? La scansai, sentii Pierre cercare di venire ancora verso di me, ma appenà tentò di prendermi per il braccio, lo spinsi via, nuovamente arrabbiata

-divertitevi insieme. Io me ne vado!- corsi via, senza neanche guardare Yurika in faccia, mi avrebbe fatto solo male.

Tornata in casa, mi chiusi nella mia camera. Avevo udito Houx provare a dirmi qualcosa, ma non avevo minimamente voglia di ascoltarlo. Chiusi gli scuri, in modo che se avesse provato ad entrare, non ci sarebbe riuscito. Scaraventai a terra tutto ciò che mi aveva regalato, non ne volevo più sapere. Buttai tutto dentro un vecchio e logoro scatolone, seppellito nel mio armadio. Lo portai alla mia amica, chiedendole di restituirglielo. Quando fece per allontanarsi e poggiarlo in un angolo della stanza, la fermai, riprendendomi l'unica camicia che mi ero tenuta, ci tenevo molto, almeno quello me lo doveva. La indossai, addormentandomi con il suo profumo addosso. La scenografia del mio sogno era nuovamente cambiata: non precipitavo più, nonostante continuassi a soffocare, ero semplicemente contratta in due dal dolore, sentivo la testa starmi per scoppiare, continuavo a urlare. Tutte le persone a cui tenevo erano di fronte a me, ma non si muovevano. Continuavano a guardarmi attoniti, come se stessi completamente impazzendo, e la colpa fosse solo mia.

 

 

 

 

Commenti dell'autore:

ok, ok, non ho ancora trovato un modo per far tornare tutto a posto, ma vedrete che ci riesco, tranquilli... come sempre spero vi sia piaciuto, non so se avete notato che gli incubi cominciano ad assomigliare alla realtà.

Baci Marmelade!

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Capitolo 12
*** vendette da giocattoli ***


vendette da giocattoli -non puoi farlo!- mi urlò contro esasperato. Era l'ennesima litigata dopo che c'eravamo lasciati
-sì che posso, non dirmi cosa fare!- mi prese per i polsi, ma con dolcezza. Trovai tenero quel suo gesto
-perché vuoi farmi questo? Perché vuoi uscire con un altro?- schiaffai via la sua presa. C'era una morsa intorno al mio cuore, che si stringeva. Era questa la sensazione. Era questo ciò che provavo ogni volta che il petto mi doleva. Era paradossale che lui si arrabbiasse solo perché quella sera sarei uscita con un altro, solo per provare qualcosa di diverso dal dolore
-perché io e il mio ragazzo ci siamo lasciati e vorrei svagarmi- tenevo gli occhi puntati sui suoi. Avevo più grinta, ero più sicura di me. Lui non meritava delle spiegazioni, non da me almeno -adesso vattene- feci per allontanarmi, ma la sua forza si scagliò sul mio braccio
-sai che te ne pentiresti- scovai la paura nei suoi occhi. Quella che non aveva mai avuto. Aveva paura di perdermi, paura che quell'errore avesse segnato la fine del nostro rapporto; ed era così. A questo aveva portato il suo sbaglio, alla mia perdita
-o forse sei tu quello che si sta pentendo?- mi abbracciò. Provò a mettere tutto il suo amore, trasmettendolo nel mio corpo. Ma pur sapendo dell'esistenza di quel sentimento che ci univa, non riuscivo a perdonarlo. Mi faceva male
-Chocola, mi sono già pentito. Ti prego, ti supplico di perdonarmi- sapevo che l'ultima cosa che voleva era sembrare pietoso. Non lo volevo neanche io. C'era rigore nella sua voce, il tono rafforzato da una punta di serietà
-non posso... Ti giuro che lo vorrei, ma non ce la faccio- sussurrai soffocando le lacrime. Opprimendo quel senso di solitudine provocato dalle parole appena dette
-sì che ce la fai. Promettimi che un giorno mi perdonerai- ma io lo avevo già perdonato. Semplicemente non volevo si approfittasse di me. Volevo che capisse che io non ero un giocattolino nelle sue mani. Non poteva trattarmi a suo piacimento. Lo spinsi via, girandomi lentamente. Volevo fargli vedere cosa gli sarebbe mancato. Schiaffarglielo in faccia. Sciolsi i capelli
-devo andare- smuovei la mia chioma, in modo da non lasciare traccia dello chignone che mi ero fatta
-non fare stupidaggini- mi suggerì serio. Provai a non ascoltarlo, era questo che dovevo fare. Tornai a casa con una certa fretta. La litigata tra me e Pierre era sfociata quando Vanilla gli aveva riportato i regali che mi aveva fatto. Mi aveva trascinata fuori dalla mia abitazione. Le tensioni tra noi non erano diminuite. Non facevano altro che renderci entrambi più nervosi.
Mi infilai un tubino nero, rivestito di seta ricamata, che formava dei fiori. Presi un cerchietto con un fiore a sinistra. Cerchiai gli occhi con un po' di matita, e misi un velo di lucidalabbra sulla bocca. Il leggero rossore sulle mie guance rendeva più vivo perfino quell'abito, che per quanto fosse scuro, mi rendeva terribilmente affascinante. Hai sbagliato, sono queste le conseguenze. Io non sono un gioco. Avevo chiesto di uscire a un ragazzo che ormai erano anni che provava a conquistarmi, pur sapendo di Pierre. E seppur gli avessi catturato il cuore, tante e tante volte, questo ogni volta riappariva. Camminavamo tra le strade della città. Le ballelline ai piedi mi facevano male. Mi guardò con un sorriso, ricambiai
-dove andiamo?- domandai innocentemente
-ad una festa, è un evento della città, ci saranno le persone più importanti. Credo ci sia perfino il tuo tutore- essendo un evento della città, ci sarebbe stato sicuramente anche Pierre ti farò vedere di cosa sono capace sussurrò una vocina nella mia testa -non vedevo l'ora di uscire con te- Pierre non si sarebbe mai abbassato a dirlo taci, ecco cosa mi dicevo. Pierre mi aveva trattata male, non avevo nessun diritto di fare paragoni con Satomi
-già... anche io- sussurrai. Bugiarda.
-tu e il tuo ragazzo vi siete lasciati vero?- nessuno ti ha dato questa confidenza, io lo ho lasciato, non lui, non noi, io.
-sì... Qualche settimana fa- strinsi nervosamente il giacchetto a me
-se non ricordo male è stata una storia importante... Quanto è durata, qualche mese?- ha un tono gentile, ho l'impulso di correre via sono 5 anni, 5 lunghissimi anni a cui tu non arriverai mai. Nessuno sarà mai al livello dell'amore che abbiamo vissuto, tantomeno tu. Taci, zitta
-no... Non è stata poi così importante... è durata qualche mese- Bugiarda, che stai dicendo?. La testa mi stava per scoppiare. Pensieri silenziosi affollavano la mia mente. Io dovevo andare avanti. Pierre non mi meritava. Restò in silenzio, si era accorto della mia esplicita menzogna. Tutti sapevano della storia tra me e Pierre, anche lui. Mi aveva messa alla prova, e io ci ero cascata -però... ecco, diciamo che è stata importante per i primi mesi. In effetti sono 5 anni che stiamo insieme, ma non c'è mai stato un vero e proprio amore, stavamo insieme per abitudine- continua a tacere. Continuo a mentire. Continua ad accorgersene. Ho combinato un pasticcio
-ci sarà anche lui stasera-
-ah- risposi flebilmente. Sarebbe stato un disastro se ci fosse stato anche Pierre. Non mi avrebbe permesso di fare assolutamente nulla -tra di noi non c'è più nulla. Questa sera ci divertiremo- spiegai con un sorriso. Sembrava poco convinto, ma accettò quella mia affermazione. Denigrare nel fondo del cuore, quel sentimento per Pierre, era la scelta giusta. Bugiarda.
Arrivata mi guardai immediatamente intorno, non era ancora arrivato. Satomi si voltò verso di me, scrutandomi in viso -tutto apposto?- annuii calma, rassicurata dal fatto che ancora non c'era. La sala era ben addobbata da teli bianchi e argentei. I tavoli erano ben disposti, riempendo una parte della sala, su essi un mazzo di rose bianche al centro. Il pavimento era di parquet, faceva ticchettare le mie ballerine Doveva essere una festa di beneficenza, a cui partecipavano solo le persone più facoltose. Non volevo litigare. Non in pubblico. Lo vidi entrare. Le persone non si erano ancora accomodate ai rispettivi posti. Satomi mi presentò alcuni suoi amici. Era qui che cominciava la mia sottile e tagliente vendetta. Mi avrebbe vista, ma non mi avrebbe avuta. Mi squadrò accorgendosi che ero presente. Non gli rivolsi un ulteriore sguardo. Continuavo a sentir riecheggiare le parole del mio accompagnatore e dei tizi con lui, nella mia testa. Quando ci sedemmo cercai di ignorarlo, nonostante qualche volta, avessi la tentazione di spostare i miei occhi su di lui,  rimirando qualcuno di cui mi interessasse davvero. Andavo avanti con falsi sorrisi divertiti, fingendo interessamento. Mi alzai avvicinandomi al bar. Avrei fatto qualsiasi cosa pur di allontanarmi da "quelli".
Ordinai distrattamente una bevanda vista di sfuggita sul menù. Sentii una presa avvolgermi stretta sulla vita. Sussultai incredula, per poi rendermi conto di chi fosse. Quando fui girata, mi prese per mano, facendomi allontanare. Quei suoi modi non mi piacevano affatto -lasciami subito-
-voglio solo parlare con te- scacciai via la sua presa con uno strattone al braccio
-noi due non abbiamo niente da dirci- fece un ghigno arrabbiato
-ti ho detto che voglio solo parlare, abbiamo ancora molto di cui discutere-
-solo adesso ti accorgi di avere qualcosa da dirmi?! Ci potevi pensare prima...- feci per allontanarmi, ma si piazzò irrispettosamente davanti a me -che vuoi?-
-credi che stando con quelli tu possa dimenticarmi?-
-è questo il punto- lo guardai negli occhi in segno di sfida -io ti ho già dimenticato...- ne rimase deluso. Il suo sguardo era sofferente, per un attimo mi volli ritrarre, ma era quello il mio scopo: fargli male.
Stupida ragazzina, pensi di ottenere qualcosa in questo modo? Taci, sei solo una vocina nella mia testa. Tu non sai niente, niente
-la prossima volta usi il cervello invece di altro...- quando feci per girarmi, mi prese per le spalle, sbattendomi contro la colonna. Provai un leggero dolore, ma lo soffocai. Quando tornai a guardarlo, notai che era furioso. Provò a dire qualcosa ma Satomi fece prima, spingendolo via da me.
Perché ti sei intromesso? Mi piace la sua rabbia, è con lui che voglio stare quando litighiamo, non ho bisogno di qualcuno che mi protegga.
-lasciala stare, chiaro?- feci una smorfia. Non avevo certamente bisogno di lui
-vedi di andartene! Tu non centri niente! Questa questione è tra me e Chocola!- mi riprese per il polso, con più violenza, ma lo spinsi via
-io non ti voglio più nella mai vita. L'unica cosa che stai ottenendo è una brutta figura!- Quando arretrai di un passo, sbuffai irritata
-esatto, ha ragione- mi diede corda Satomi. Ne rimasi indispettita.
Che cosa ne vuoi sapere tu di ciò che provo io?!
Mi cinse le spalle con un braccio, facendomi camminare, ma la voce di Pierre si fece sentire ancora
-stai attento a quello che fai, se dovessi andare troppo oltre con lei, perderei la pazienza!- urlò adirato, facendoci bloccare entrambi.
Amore mio, nessuno sarebbe più felice di me, se ti arrabbiassi, facendo valere il rispetto di cui necessito, facendo valere ciò che provi per me.
Come si permetteva di dire certe cose? Io non gli appartenevo minimamente. Mi girai facendo avvalere il mio tono imperioso, che saltava fuori solo quando volevo impartire qualcosa -Satomi può farmi tutto ciò che vuole, tanto sono stata abituata a un ragazzo, che in ogni situazione si approfittava di me- perché dicevo queste bugie? Pierre non si sarebbe mai approfittato di me, mai
-non hai capito niente!- il suo tono era più fine e rigido di quanto pensassi. Rabbrividii
-e te ne accorgi solo ora di aver un incompetente accanto?-
-non pensavo fossi così...- sussurrò attonito
-per 5 anni ti sei illuso che io fossi diversa, oppure è adesso che stai fingendo che io sia diversa?- rimase stupito nel sentirmi parlare con così tanta decisione
Perché non rispondi? Perchè non mi provi che sono io quella che sbaglia?
Il suo silenzio mi fece male. Quando feci per girarmi, ancora, mi costrinse a bloccare la mia trionfale uscita da quello scontro -o forse ho dovuto fare altre esperienze per capire quanto tu fossi diversa- per un istante sperai di non aver sentito, o aver udito male. Il cuore mancò di un battito. Satomi si girò sbigottito
Ma... che fai? Perché dici queste cose? Perché mi imponi di odiarti quando io vorrei stare solo con te? Perché mi umili davanti a tutti?
Il mio viso era trasformato in una maschera di dolore. Come aveva potuto? Perché se mi amava mi faceva questo? -spero almeno ti sia piaciuto- mi imposi di non scoppiare in lacrime. Arretrai di qualche passo, ma accogendosi del mio viso, mi raggiunse prendendomi dolcemente una mano
-mi dispiace, non volevo dire una cosa del genere, sono un'idiota- si fermò per un istante riprendendo fiato, e cercando la cosa da dire -non sopporto che tu faccia così, mi fai arrabbiare e dire cose che non penso- di nuovo quel tono duro e sottile.
Sciolsi la mia mano dalla sua. La morsa si stringeva, il dolore aumentava, io non respiravo. Un brucione forte quanto intenso mi colpì al petto -non devi chiedere scusa, il dolore è passato e insieme anche il mio amore per te-
-non può esserti passato tutto così...- lacrime silenziose e amare, erano posate sui miei occhi, velandoli di una tristezza che mi spezzava
-tu al posto mio cosa faresti? Come reagiresti di fronte a colui che sostiene di amarti, ma che in realtà ti umilia senza il minimo rispetto, di fronte a tutti?-
-tutti fanno degli errori, Chocola. Se mi ami come credo che sia, dovresti riuscire a perdonarmi... Non andare con altri ragazzi-
Ma tu non hai fatto niente per dimostrarmi che mi ami... Perché mi fai questo? Perché non mi dimostri quanto il tuo sentimento è forte?
-se vuoi essere rispettato, devi portarne di rispetto...- sibilai con le sopracciglia aggrottate. La morsa si stringeva, lentamente, perché faceva così?
-scusami, ho detto quelle cose solo per attirare la tua attenzione-
-potevi chiedermi gentilmente se potevamo parlare, invece di fare questa scenata in pubblico- continuai pacata. Le persone non prestavano molta attenzione a me. Mi sentivo comunque messa in soggezzione. Rimase senza parole
Ti prego dì qualcosa e giuro che ti seguirò ovunque.
Mi scrutò ancora per qualche interminabile istante -potresti, per favore, venire con me, in modo da poter parlare, io e te da soli?- Satomi mi guardò in cerca di una mia risposta negativa, tornai a fissare l''unico di cui veramente mi interessava
-d'accordo, ma solo per farla finita-
Voglio stare con te, sono stanca delle persone che continuano ad intromettersi tra di noi.
Mi portò fuori. Il parco era tempestato di cespugli di rose bianche e grandi querce, che contornavano l'immenso giardino -allora che vuoi?- esordii spontanea, colpendolo con la mia strafottenza
-voglio che la smetti di stare con quei ragazzi, ti fai solo del male- abbassai gli occhi. Feci un sorriso amaro, ricordando i giorni in cui veniva a prendermi, di quando mi chiedeva se avevo catturato qualche cuore, allora non si preoccupava dei ragazzi che mi ronzavano intorno. Mi guardò saccente -non ridere, ti stai comportando come una bambina- continuò imperterrito. Misi un tenero broncio. Quando eravamo soli non mi riusciva poi tanto bene essere arrabbiata con lui
-non sono andata con nessuno di quei ragazzi- farfugliai sperando che avesse capito
-e devi continuare a non farlo. Primo perché te ne pentiresti, secondo perché sarei io a perdere la pazienza con quei tizi- affermò scorbutico. Mi fece piacere sentirgli dire certe cose.
Lo faresti davvero? sfideresti un miliardo di ragazzi, solo per stare con me?
-Pierre... Per quale motivo mi hai tradita?- abbassò lo sguardo rassegnato
-perché sono stato uno stupido, lo riconosco. Ma non voglio che tu commetta sciocchezze- non era quella la risposta alla mia domanda, io avevo bisogno di spiegazioni
-non sei stato uno stupido... ma un vero e proprio idiota- feci un sorriso dispettoso, sapevo quanto gli piacesse. Fece qualche passo verso di me. Posò le sue grandi mani sui miei fianchi
-hai ragione- si avvicinò di più al mio viso -però potresti anche perdonarmi...- ero in uno stato di confusione aggravato. Per un attimo persi i sensi.
Baciami, ma provami quanto mi ami... Dimostrami quello che provi per me.
Si avvicinava, sempre più pericolosamente al mio viso. Perché non mi sussurrava all'orecchio "ti amo?", perché non capiva che un bacio non era ciò di cui in quel momento avevo bisogno?
Lo spinsi via irata -smettila, non è così che mi riconquisterai!- rimase sbigottito. Vidi la furia nei suoi occhi. Forse avevo esagerato.
Non ti arrabbiare con me... Sai come sono fatta, non volevo farti del male...
Fece per andarsene, ma non poteva finire così, con me che lo sgridavo e lui che se ne andava
-e poi te ne vai pure arrabbiato...- borbottai incrociando le braccia. Si voltò appena, scrutandomi con la coda dell'occhio
-non provare a criticare le mie scelte- ringhiò studiandomi
-allora io posso andare con chi voglio, magari andandoci anche a letto!- stavo davvero andando fuori di testa. Saremmo arrivati a un punto in cui sarebbe stato lui a non sopportarmi più
-non ci devi nemmeno provare-
-ah, quindi fammi capire, tu puoi tradirmi, arrabbiarti, andartene, umiliarmi di fronte a tutti e io non posso neanche stare con un altro ragazzo per una sera, una soltanto! Quando ci siamo pure lasciati! Certo, giustamente!-
Smettila, non si risolverà niente, finirà per odiarti. Fermati.
-non è assolutamente vero, tu mi ami ancora, ma non lo vuoi ammettere nemmeno con te stessa-
-non è vero!- gridai sentendo uno schiaffo condito di verità, arrivarmi sulla faccia.
Sei una bugiarda.
-è quello che sta succedendo, è ciò che tu mi stai facendo! Hai sempre fatto come volevi!- perché urlavo, perché non riuscivo a calmarmi?
-puoi dire quello che vuoi, io continuo a non credere che tu pensi queste cose...- una scarica di adrenalina mi attraversò la schiena
-quando stavi con Yurika hai pensato anche per un solo istante cosa ne avrei pensato io quando sarei venuta a saperlo?! Sempre che avessi intenzione di dirmelo...- lo aggredii
-ero confuso!- esordì senza più difese.
Dimostrami che mi ami!
-è la solita scusa del cavolo, potevi fare di meglio!- gridai
-senti...- sussurrò -ti va se ne parliamo un'altra volta?- sgranai gli occhi. Era un vigliacco, solo un vigliacco
-che c'è?! Hai paura di affrontare la verità con la ragazza che hai sostenuto per cinque anni di amare?! Sei un bugiardo, mi hai sempre mentito, non mi hai mai amata!- mi prese velocemente per i polsi, stringendoli
-smettila, smettila subito, chiaro?! Te l'ho detto perché siamo in pubblico- mi calmai capendo che aveva, in un certo senso, ragione -domani mattina vengo a casa tua e ne parliamo- annuii, non ce la facevo più a litigare -va bene?-
-sì...-
Tornata a casa ritrovai Vanilla ad aspettarmi, seduta in cucina che beveva il thè -com'è andata la serata?- mi chiese guardando la mia espressione confusa. Indossava il pigiama. Anche lei era uscita, me l'aveva detto
-disastrosa, io e Pierre abbiamo litigato in pubblico-
-e Satomi?-
-succube di un Pierre infuriato- sorrise divertita
-mi sarebbe piaciuto vederlo geloso di un altro, non credevo potesse accadere- ricambiai
-nemmeno io! Lo dovevi vedere quando gli ho detto che Satomi poteva farmi tutto- fece una smorfia
-ovviamente scherzavi...-
-certo che sì! Figurati se vado con un altro solo per farlo ingelosire, non sono il tipo...- mi guardò apprensiva
-quindi non c'è stato niente tra di voi?- dissentii con la testa -posso dirti ciò che penso?- ne rimasi lievemente sorpresa. Cosa aveva Vanillla in quei giorni? Sembrava voler dar ragione a Pierre, volerlo giustificare. Annuii con la curiosità che mi brillava negli occhi
-lui ha sbagliato, è vero, non ha avuto la minima considerazione di come saresti stata...- fece una pausa. Dove voleva arrivare? Che intendeva dire? Lo stava forse giustificando? -ma lui ce la sta mettendo tutta per dimostrarti quanto ti ama, e sai anche tu che è così, so che ha sbagliato, ma prova a metterti anche tu un po' nei suoi panni, visto ciò che avete passato recenemente... d'accordo?- annuii attonita. Voleva forse dire che stavo sbagliando? Perché? Me ne andai. Il giorno dopo sarebbe venuto. Mi sentivo svuotata. Lui doveva uscire da me, dalla mia vita. Adesso ne ero convinta più che mai. Anche Vanilla stava dalla sua parte, mi aveva sorpassata, mi stava buttando fuori




Commenti dell'autore:
capitolo scritto dopo aver scritto quello in cui facevano pace, l'idea me l'ha data Yuki Love quando mi ha detto che Chocola gli doveva far venire una certa paura... Comunque mi auguro come sempre che vi sia piaciuto. So che è strano usare quella voce nella testa di Chocola. Ma sembrava come la voce che diceva ciò che Chocola pensava davvero. Quella vocetta che internamente abbiamo tutti. Metto una foto mia e di Honey non per vanità, ma solo per vedere se riuscite a vedere le immagini da facebook, così metto le immagini http://www.facebook.com/photo.php?fbid=1630374114555&set=a.1426443416415.2056883.1092673457&theater
fatemi sapere se la vedete Bacio Marmelade

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Capitolo 13
*** un problema in meno ***


un problema in meno

Era un meccanismo quello in cui mi trovavo. Un incrocio di fili spinati da cui non potevo sottrarmi o scappare. Respirai a fondo. Diverse realtà nella mia testa, si stavano, da giorni, scontrando, entrando in collisione, non lasciandomi scampo: l'amore che provavo per Pierre, che per quanto mi avesse fatta soffrire, per quanto non riuscissi a respirare la notte, ripensando a loro due, insieme nel suo letto, che mi escludevano completamente dalle loro teste. L'imminente incoronazione, che non avevo in alcun modo il coraggio e la tenacia di affrontare. E infine il perdono, che pulsava forte nel mio petto, che mi faceva esitare quando si avvicinava a me, quando semplicemente mi parlava, ma che veniva puntualmente taciuto dal mio immenso orgoglio e dalle numerose barriere che avevo instaurato contro di lui, in modo che non mi potesse più attaccare, in modo che non mi potesse più fare del male. Ero ancora nel mio letto, coinvolta da un immenso flusso di pensieri che mi facevano pulsare le tempie dal dolore, quando la porta della camera si aprì leggermente, senza fare troppo rumore. Vidi il passo leggero ed aggraziato di Vanilla entrare nella stanza, appoggiandosi delicatamente accanto a me. Mi scoprii completamente dalla difesa costruita con le coperte. Mi morsi il labbro, quando feci forza sulle braccia, per appoggiare la schiena sulla testiera

-è qui vero?- sussurrai piegando le gambe al petto

-lui e Houx stanno affrontando un'accesa discussione- odiavo che fosse lui a dovermi difendere, come se io non avessi abbastanza forza per resistere alle sue mediocri scuse nei miei confronti, ai suoi vani tentativi di farmi capire quanto mi amasse. Ma che fosse stata questa la verità? Non ero capace di resistere a lui, al mio primo e unico amore, colui che non avrei mai dimenticato, che avrebbe per sempre imprigionato la mia mente nella sua immagine perfetta?

-digli di venire qui- farfugliai, presa nuovamente dalla morsa della confusione che aleggiava nella mia testa, e che metteva a serio rischio la precaria calma che ero riuscita ad ottenere da quando ci eravamo lasciati

-sei sicura?- annuii lentamente, guardando la sua minuta figura scomparire nuovamente. Ancora poco e sarebbe venuto da me, non da Yurika, era per me che era venuto.

Lo vidi sulla soglia, sul suo sguardo era dipinto un velo si speranza. Entrò, chiudendosi la porta dietro di se. Si sedé accanto a me cercando di catturare il mio sguardo, che era fisso su un angolo della coperta

-sei venuto alla fine...- presi un lungo sospiro -tu non devi più venire qui... devi, devi smetterla- esordii farfugliando tristemente

-hai dormito questa notte?- serrai le labbra, consapevole di non potergli mentire. I miei occhi cerchiati di nero, erano un segno evidente della mia notte insonne

-non molto- mi limitai a rispondere

-che cos'è successo?- lo guardai stupita, non capii di cosa stesse parlando -è da quando abbiamo fatto l'amore la prima volta che tra di noi va tutto storto, non riesco a capire il perché- non aveva tutti i torti, è stato quel giorno che tutto è finito, che i litigi si sono fatti più aspri e con troppa frequenza e disordine

-non è stato quello, semplicemente io e te non andiamo più d'accordo- percepii l'ira nascere nel suo cuore, e ne fui maledettamente fiera. Perché era quello che volevo, la sua rabbia

-tu credi che basti questo a far rompere tutto, a farlo crollare?!- non risposi, certo che non lo pensavo. Ciò che avevo detto non aveva un senso concreto, solo con lui stavo bene, ma fargli provare il dolore che stavo provando io, in qualche modo, mi soddisfaceva, mi riscattava da tutta la sofferenza -sei impazzita forse?! Sono quei sogni vero?! Ti hanno cambiata- feci una smorfia irritata, mostrando il mio disappunto

-adesso ti importa?! Non quando eri a letto con un'altra?! Non quando io ero qui a chiedermi come mi sarei potuta far perdonare per il tuo compleanno, quando volevo partire con te, soli, in modo da recuperare in qualche modo il nostro rapporto?!- stavo di nuovo piangendo disperatamente

-quando due persone si amano, non c'è niente da recuperare-

-e allora perché litigavamo sempre?! perché non siamo stati capaci di stare insieme?-

-Chocola, ne siamo stati capaci per cinque anni- mi strinse a lui, e non mi opposi, mi aggrappai a quel corpo caldo, che mi smorzava il respiro, che mi tagliava, feriva. Sentii le sue labbra scendere dalle tempie fino alla mia guancia, sfiorando appena le mie gote bagnate dalle lacrime che scendevano copiose -io non ti lascerò- lo sentii premere il viso sui miei capelli -ti amo, sei l'unica persona per cui provo qualcosa, l'unica che non vorrei mai lasciare- premei il naso contro il suo collo, sentendone il profumo buono e seducente

-e allora perché sei stato con lei? non riesco a capire...- farfugliai cominciando nuovamente a versare lacrime. Sentendo le nostre vite nuovamente intrecciate, divenire nuovamente una, come doveva essere

-perché ho avuto paura... Credevo di perderti, credevo che il tuo modo di fare fosse solo un invito ad allontanarmi, ho cercato di rivivere le stesse forti sensazioni che mi fai provare tu, quando stiamo insieme- rimasi senza parole, sentendo che non mentiva, che la sua voce era limpida, sincera, priva di ogni menzogna. Davvero gli avevo fatto credere di volerlo fuori da me, dalla mia vita? Mi diede un bacio sulla fronte

-e se questa storia non finisse? Se continuassi ad avere questi incubi e quindi ad essere costantemente nervosa che faresti?- si avvicinò al mio viso. Con le labbra mi sfiorò appena il volto, prima di arrivare all'orecchio. Serrai la mascella, sentendolo così vicino

-vuol dire che la notte veglierò su di te, in modo che tu possa star bene, e il giorno, se saremo nervosi, tireremo i piatti- c'era una punta di ironia nella sua voce, e questo mi piacque terribilmente, più di quanto non dovesse. Sorrisi, e lo percepì, poiché si posizionò di nuovo di fronte a me, guardandomi negli occhi. Un brivido mi solcò la schiena. Ero stanca di quella situazione, richiedeva fin troppe energie. Non volevo più combattere contro me stessa, con le menzogne, lui mi amava, perché allora indugiare ancora? Non aveva senso. Mi avvicinai di più a lui, ero nervosa, era da molto che non avevamo nessun contatto. Con lentezza palesemente volontaria, gli intrecciai le braccia al collo, lui fece lo stesso sulla mia vita. Vedevo che mi bramava, bramava le mie labbra, bramava me. Mi diede un leggero bacio, delicato quanto bellissimo. Dopo un secondo tornammo a guardarci, sorridendo. A entrambi era mancato quel contatto. Lo ripresi a baciare con più foga e passione. Sentivo la sua lingua nella mia bocca, iniziare a cercarmi. Non c'era niente di sbagliato, eravamo noi, finalmente. Tutto il resto del mondo non c'era più. La porta della mia stanza si aprì indiscretamente. Non volevo distaccarmi, non mi interessava se qualcuno ci stesse guardando. Mi allontanò da se delicatamente. Mi morsi il labbro appoggiando nuovamente il viso sul suo petto, aderiva perfettamente. Notai Vanilla sulla soglia, mi sorrise dolcemente. La calma era finalmente tornata, aleggiava nell'aria, la potevamo percepire nei nostri polmoni

-avete fatto pace- affermò estasiata. Lei non aveva un ragazzo, non ne aveva mai avuto uno. Ed era felice per noi, per me e Pierre, me e il mio Principe, non aveva senso. Annuii ancora frastornata da ciò che era successo. Quando gli avevo chiesto ti farlo entrare, pensavo di cacciarlo, dolorosamente, fuori dalla mia vita. Uscì, pensando forse, con quanta indiscrezione era entrata. Tornai a guardarlo. Era sorridente, più rilassato

-quindi è di nuovo tutto a posto?- mi chiese con naturalezza. Forse sì, ma il fatto che mi aveva tradita, era solo una parte dei problemi presenti, a prescindere del nostro rapporto. Annuii, mi baciò ancora, ma finì presto, troppo presto

-i suoi baci erano come i miei?- tornai sui miei passi, chiedendogli con sguardo febbrile, riferendomi a Yurika

-non ci si avvicinano nemmeno- sorrisi mordendomi il labbro

-spero in modo positivo- mi fece sdraiare ancora

-dovresti dormire- sentenziò carezzandomi una guancia in un gesto ritmico e particolarmente dolce. La rabbia che ardeva in me, solo pochi giorni prima, era scomparsa. Forse quando sarei andata a casa sua e sarei entrata nella sua camera, mi sarei arrabbiata ancora, forse allora le nostre vite unite in un intreccio, si sarebbero sciolte nuovamente, e sarei di nuovo sprofondata, senza alcun rispetto, senza riuscire a tirarmi fuori dal baratro oscuro, che avrei costruito con le mie mani per isolarmi da tutto, proteggendomi dalla sofferenza, creandone altra. Mi cominciò a sfiorare il viso con piccoli baci, non voleva altro, solo condividere quel momento, e io non pretendevo nulla di più

-credevi di perdermi?- sussurrai presa da quelle attenzioni, che facevano sì che il mio cuore battesse all'unisolo con il suo, in un movimento forte e frenetico

-sì- rispose semplicemente senza distaccarsi da me -e tu non immagini ciò che si prova- incrociò i suoi occhi con i miei -e tu che hai provato quando hai visto Yurika davanti la porta?-

mi voleva mettere alla prova, era solo un tentativo per vedere a che punto sarei arrivata

-assolutamente niente­- sibilai continuando a fissarlo -solo dolore, non sentivo nulla, non riuscivo neanche ad odiarla, neanche ad odiare te... è stato strano, le lacrime scendevano e io non me ne rendevo conto. è arrivato tutto quanto dopo- aggrottò le sopracciglia, stupito nel sentirmi parlare così -forse sarebbe stato meglio se fossi arrivata una, due ore dopo. Almeno non avrei saputo niente e non avrei dovuto portarti rancore, arrivare a pensare di odiarti profondamente-

-sai che te l'avrei detto, non ti avrei mai tenuto nascosta una cosa del genere- gli passai una mano sulla pelle bianca e perfetta del volto. Amavo quei suoi capelli biondi, quelle ciglia lunghe, quelle labbra dannatamente perfette. Continuammo a guardarci, senza stancarci del reciproco aspetto. Fece scivolare la mano sotto la mia schiena, passandola gentilmente fino a raggiungere la mia nuca. Si avvicinò al mio orecchio -io non ti lascerò mai- mi feci trascinare da quell'avvolgente sensazione di trasporto. Una lacrima di pura felicità, mi solcò il viso. La asciugò con l'indice della mano destra, gli sorrisi felice -mi piace quando sei rilassata, sento che posso dirti qualsiasi cosa- perché queste cose non ce le eravamo mai dette, perché non ero riuscita a capire ciò che aveva provato? che fossi stata davvero così egoista?

-anche per me è così...- mi baciò ancora

-e allora dimmi che cos'hai? svelami che cosa ti fa tanto innervosire- mi abbracciò, stringendomi forte. Le lacrime mi bagnavano le guance

-io... non lo so- feci una pausa -insomma, tutto. Vorrei stare con te in ogni secondo della giornata, ma quando ti vedo con qualcun'altra, o quando mi parli di qualche altra ragazza, non lo so che mi prende, ma è come se tu non mi appartenessi più, mi si presenta davanti la realtà, cioè che tu potresti anche innamorarti di un'altra- mi faceva male il petto, di nuovo. Se ne accorse anche lui, per cui mi guardò apprensivo. Emisi un gemito soffocato, non ce la facevo ad andare avanti in quel modo

-io ho solo te in testa... Non riesco a pensare a nessun'altra- il suo costante bisogno di attenzioni, che siano pure da ragazze magari sconosciute, mi faceva preoccupare. Sapevo della profonda solitudine di cui aveva sofferto Pierre, non me lo faceva pesare, credeva non me ne accorgessi che tutti quei complimenti, quei gesti interessati, fossero solo un modo per scacciare l'amarezza che gli covava nel cuore, quel senso di incompletezza, quella consapevolezza che le uniche persone che lo avevano fatto sentire parte di qualcosa, che gli avevano dato una certa importanza, non erano più interessate a lui. Erano rinchiusi, accartocciati, nella loro parte di mondo, in quel lugubre e tetro impero delle tenebre: di certo i Malefici non sospettavano nemmeno di mancargli a tal punto. Lo baciai, ancora e ancora. C'ero io, non lo avrei mai escluso, non mi sarei mai rinchiusa in me stessa, abbandonandolo in un angolo del mio cuore, che avrei seppellito con l'affluenza, sempre più alta, degli incubi e il mio continuo stato d'animo. Non avrei permesso che accadesse

-mi sei mancato- gli sussurrai sinceramente. Lo amavo, non ce l'avrei fatta ancora senza di lui.

 

 

 

Commenti dell'autore:

non mi piace tanto come capitolo. Sono stata un po' tanto sdolcinata! Lo so, lo ammetto, ma spero vi sia piaciuto il modo in cui gli ho fatto fare pace. So che non è da me essere così smielosa... Però, boh, in qualche modo, la sera, a volte mi piace rileggerlo, mi addolcisce, mi da più zucchero. Però, vorrei far presente che, se voi, mie furbe lettrici, non mi date un parere sincero TUTTE, vi giuro che interrompo la storia! Uffi, voglio sapere che ne pensate di questo chapterrrr!! :) ci mettero qualche giorno in più ad aggiornare il prossimo capitolo poiché mi sto deidicando alla mia altra storia, ma non vi allrmate, non ci metto un mese, si parla al massimo di due settimane, niente di più! Volevo avvisarvi, scusate, ma con la new story mi voglio impegnare, mentre in questa ormai siamo agli sgoccioli, mancano pochi cappy alla fine.

Bacio Marmelade

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Capitolo 14
*** comunicazione ***


scusate, so che vi aspettate un capitolo, ma devo dire una cosa importante. Ho deciso di interrompere questa storia, non ho il blocco dello scrittore, ma solo veramente poca fiducia nelle mie capacità, e io delle storie che a me per prima non soddisfano per la banalità con cui le scrivo, non voglio pubblicarle. Scusatemi tutte, io odio quando qualcuno inizia una storia e poi non la porta a termine, ma io sinceramente non ce la faccio. L'unica che continuerà il suo normale svolgimento sarà sugar sugar the best damn thing, poiché è convolta anche Honey e non posso mollare tutto così. Marmelade

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Capitolo 15
*** Stare Insieme ***


stare insieme

Mi risvegliai con Pierre accanto che mi stringeva da dietro. Doveva essere pomeriggio, non avevo fatto nessun incubo -finalmente- sussurrò facendomi voltare. Sorrisi divertita stiracchiandomi

-che bello dormire così tanto!- rise della mia espressione beata -sei rimasto tutto il tempo?- si alzò, probabilmente non ce la faceva più a stare sdraiato

-sì, nonostante Houx venisse ogni quarto d'ora, intimandomi ad andarmene. è da un po' che non lo vedo, chissà che fine ha fatto- mi alzai anche io, raggiungendolo, soddisfatta di essermi potuta finalmente riposare. Mi feci prendere per i fianchi e avvicinare

-mi inviti a cena stasera?- lo vidi avvicinarsi, donandomi il bacio più desiderato della mia vita

-certo- sentimmo entrambi bussare

-avanti!- gridai forse troppo forte. Notai Vanilla e Saul sulla soglia -rimanete a cena?- dissentii con la testa

-usciamo...- annuirono entrambi. Tornai a guardarlo quando uscirono -Saul era stranamente calmo...- constatai cercando di capire che cosa fosse successo

-prima che venissi da te, abbiamo parlato-

-e?- mi spinse per farmi camminare, dirigendomi verso il bagno

-non sono affari tuoi...- sentii che mi stava baciando il collo, facendomi il solletico

-sì che lo sono! Dai, voglio saperlo!- lagnai cercando di fermarmi

-e io non te lo dico- si impadronì avidamente delle mie labbra

-smettila!- mugugnai sentendo che continuava -sei impossibile!- rise ancora

-dai, vai a cambiarti- mi ritrovai costretta ad entrare in bagno. Chiuse la porta dietro di me. Non avevo scelta che fare quello che diceva. Saul era calmo, ma Pierre mi aveva tradita, andava contro la logica tutta la sua calma. Spinsi il palmo della mano sul bordo del lavandino marmoreo. I piedi perfettamente poggiati a terra. Ancora segreti, volevo sapere, conoscere cosa si nascondeva dietro quella quiete, cosa si nascondeva dietro i miei incubi, dietro quella che ormai era un'instancabile gelosia

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Ero nervoso, erano giorni che bastava poco per farmi arrabbiare. Che mi era passato per la testa? Che diavolo avevo in  mente da farmi arrivare a tradirla?

Ormai erano passate settimane. Mi mancava il sapore delle sue labbra, che per quante volte potessi spirarle con le mie, non mi stancava. Mi mancava la morbidezza dei suoi capelli, quando mentre dormiva ci affondavo il viso, abbandonandomi alle sensazioni che mi donava. Il nostro rapporto aveva subito troppo velocemente una spaccatura netta. Era stato il castello, ne ero certo. Qualcosa l'aveva colpita quella notte, pensavo di renderla felice portandola con me, invece avevo messe un punto a l'armonia tra noi. Adesso non mi rimaneva niente. I ricordi mi facevano male, ma occupavano prepotenti la mia testa, ostruendo il corso dei pensieri, riempendo il mio tempo della notte in cui era stata finalmente mia, in cui aveva lasciato che prendessi io il controllo del suo corpo, in cui aveva affidato la sua vita nelle mie mani. Il campanello suonava insistentemente da ormai qualche minuto, non volevo aprire, non ne avevo ne la voglia ne la forza. Mi diressi verso l'entrata, desideroso di scacciare velocemente colui che aveva interroto la pena che mi ero inflitto: pensare continuamente a lei, a come l'avevo persa, alla sua rabbia, al suo sguardo deluso. Mi ritrova Saul davanti, non era arrabbiato, aveva lo stesso sguardo che aveva Chocola il giorno della festa, quando avevo avvertito Satomi di non andare oltre con lei, poiché avrei perso l'ultimo barlume di lucidità che ancora avevo, quando stava con un altro

-possiamo parlare?- esordì serio. Avevo conquistato la sua stima, il suo rispetto, la sua amicizia negli ultimi anni. Mi era crollato tutto addosso

-sarei venuto a casa vostra tra poco- si guardò intorno circospetto, fissando imperterrito i quadri

-sta ancora dormendo...- mi informò neutrale. Tornò a fissarmi -non sono qui per farti la morale, credo tu abbia capito da solo la gravità del tuo errore- feci cenno di assenzo, rimanendo serio -tu ami Chocola?-

-se si ama una persona, viene spontaneo evitare di farle del male. Io gliene ho fatto, eppure sto impazzendo per lei, se potessi la porterei via con me anche in questo istante- mi interruppi per un solo istante -se solo acconsentisse...- sperai avesse capito

-quindi la ami...- si fermò per un istante -a che cosa hai pensato quando eri con Yurika?- feci un sorriso amaro

-pensavo a lei... Pensavo che se avessi baciato Yurika lei avrebbe capito che anche io potevo frefarmene. Pensavo che se l'avessi tradita, le avrei dato un motivo valido per arrabbiarsi, per poi fare pace e allora sarebbe tornato tutto a posto, ma ho ottenuto l'effetto contrario- mi sedei sullo sgabello del pianoforte, passando il dito svogliatamente su qualche tasto, senza seguire un ritmo preciso

-lei ti ama, in modo morboso, quasi sconcertante per avere solo 15 anni. Sai ti perdonerebbe qualsiasi cosa, ma sono cinque anni che state insieme, la vostra non si può esattamente dire una cotta adolescenziale, dovrai fare di più che chiederle scusa e dirle che è l'unica per te, dovrai aprirti, mostrarle la sua sincerità, e se ciò che mi hai detto è una mensogna, se la stai ingannando, giuro che sarò il primo a fare in modo che si dimentichi di te-

**********************************************************************************************************

Uscii dal bagno con la sola biancheria addosso, mi porse un paio di pantaloni neri, una canottiera rosa e un giacchetto coordinato. Feci un sorriso dispettoso -adesso decidi anche cosa mi devo mettere?- scosse la testa

-certo...- raccolsi in una coda i lungui capelli rossi -perché li leghi?- arricciai il naso. Si avvicinò, aiutandomi a radunarli in modo più compatto, in modo da farli sembrare in ordine. Mi diede un bacio sul collo nudo, facendomi sorridere divertita. Feci per scansarmi, ma mi cinse i fianchi tenendomi stretta a se -fai anche la difficile quando ti sto solo baciando-

-mi fai il solletico- sussurrai percependo le sue labbra salire, percorrendo la lina del mio collo. Lo sentii poi fermo sulla mia guancia -era da tanto che ti aspettavo-

-aspettavi che mi facessi perdonare?-

-aspettavo che ti aprissi a me, abbattendo tutto l'orgoglio che hai- mi fece girare

-non attenderai più...- ed era convinto delle sue parole, convinto di poter rispettare quella promessa -vuoi andare?- annuii. Indossai il mio trech grigio. Fuori mi prese per la vita, stringendomi a se -vestita così sembri più grande...-

-ah sì? E quanti anni mi dai?-

-ho detto che sembri. Se uno si mette a guardare la tua altezza ne dimostri 12- aggrottai le sopracciglia offesa

-dovresti vergognarti allora, stai con una di ben sette anni più giovane!-

-non mi vergognerei neanche se avessimo vent'anni di differenza- mi baciò ridendo dell'espressione che feci a quella sua affermazione

-dici davvero?- annuì imponendomi di continuare a camminare -ti sei mai sentito in colpa per la nostra differenza di età?-

-sono solo quattro anni, non mi sono mai preoccupato di questo- mi morsi il labbro inferiore -tu hai fatto le tue scelte, io le mie-

-e non ti sei mai chiesto cosa sarebbe successo se io per esempio avessi voluto farlo...- feci una pausa arrossendo -ecco, a 17 anni, o 18?-

-andiamo Chocola, smettila, non si riduce tutto al sesso, sì, sarebbe stata una cosa che mi sarebbe mancata, ma non parte tutto da quello, io ho te, il tuo carattere, ho i tuoi baci, posso accarezzarti la pelle, mi permetti di dormire nel tuo letto e tu nel mio, sarebbe stato come se mi avresti privato di una caramella in particolare, non avrei mangiato quella ma avrei avuto comunque tutte le altre- rimasi sbigottita da quel ragionamento contorto

-è diverso, diciamo più che sarebbe come se ti avessi privato dei dolci in generale e ti fossero rimaste solo le verdure-

-non dire sciocchezze, è come dire che te sei come i broccoli e quando facciamo l'amore ti trasformi in  cioccolata- feci una smorfia confusa

-sai, non è un bel paragone quello del cibo, visto il mio nome!- rise della mia affermazine, tornò a stringermi a se

-tu per me rimani cioccolata tutto il giorno, con o senza sesso- posai il viso al suo braccio

-Chocola- lo corressi sentendolo fare un ghigno compiaciuto dal mio assenzo alla sua affermazione -e stasera?-

-stasera che?- arrossii

-dormo da te?- mi sorrise

-vuoi tornare a casa?- dissentii con la testa

-quindi siamo arrivati alla conclusione che io sono della cioccolata in generale, e dopo essere stati sul monte roccioso, sono di tutti i gusti!- rise del mio tentativo di capire

-esatto, sei tutti i gusti...- feci un cenno convinto -e comunque sapevo di non dover aspettare- mi voltai di scatto verso di lui

-che vuoi dire?-

-sono passati cinque anni, ti affidi a occhi chiusi alle mie mani. Sapevo non avresti voluto aspettare tanto...- non volevo più parlare di quell'argomento, mi dava fastidio, mi irrigidivo quando si trattava quella questione -non dici più niente?- abbassai lo sguardo. Mi strinse dolcemente un fianco

-dove andiamo a cena?- sorrise facendosi beffe del mio imbarazzo

-non so, hai una vasta scelta...- lo interruppi fermandolo

-andiamo a casa tua, non ho voglia di cenare fuori. Ho freddo e ho voglia di...- strinsi i pugni -starmene un po' tra le tue braccia, stretta, e accoccolarmi un po' con te...- mi baciò con trasporto -non ti esaltare, non ho detto niente di strano! Sono settimane che non me ne stò abbracciata a te, l'ultima che ti è stata così vicino è stata Yurika, non mi sembra giusto!- scoppiò a ridere

-quindi è questo il motivo, ma dimmi, è più per gelosia, o perché ti sono mancato?- sbuffai irritata delle sue allusioni.

Mi portò a casa sua. Entrammo in punta di piedi, senza un preciso motivo. Mi trascinò nella sua stanza, facendo attenzione al rumore che producevano le scarpe sul pavimento di marmo. Nel vedere la sua stanza ebbi un brivido. Notai gli scatoloni che gli avevo dato, buttai in un angolo della stanza. Non li aveva neanche guardati, erano stati ignorati in quel piccolo spazio. Mi avvolse nelle sue braccia -hai ancora freddo?- dissentii con la testa aggrappandomi alle sue spalle larghe. Mi baciò dolcemente le tempie -non entrerà più nessuno qui dentro se non tu- mi sussurrò scivolando sulle mie labbra. C'era un velo di convinzione nel suo tono. Lo sentii stringermi a se, mi sfilò velocemente la canottiera. Mi coprii istintivamente, non ero più abituata, forse non lo ero mai stata. Mi guardò sbigottito -ti vergogni?- lo sentii prendermi i polsi delicatamente. Arrossii distaccando lentamente le braccia dal mio petto. Mi avviciò nuovamente prendendo possesso delle mie labbra, della mia bocca, premendo con forza su quel bacio. Mi fece sdraiare. Ero sotto di lui, succube del suo volere. Mi tolse i pantaloni, ma non me ne accorsi. Lo sentivo sul mio corpo. La sua camicia era volata via poco prima del mio indumento inferiore. Passavo incessantemente le mani sulla sua pelle liscia, su quei muscoli evidenziati, ben scolpiti ma non esagerati. Era più dolce del solito, mi sfiorava i capelli, le guance, indisturbato, con una delicatezza che mi sorprese. Mi morsi il labbro quando lo sentii soffermarzi sul collo, la lingua disegnare delle lenee che raggiunsero anche la clavicola. Mi irrigidii, non osando muovermi. Improvvisamente cominciai a odiare quel letto, odiare quella stanza, odiare lei. Come si era permessa di stare con lui quella notte? Lo spinsi via, con la fretta che mi scorreva nelle mani di prendere la mia maglietta e coprirmi dai suoi occhi. Mi guardò sbigottito -che hai?- feci una smorfia, simile a quella che assumevo quando provavo un certo disgusto per qualcosa

-sono stanca... non, non voglio...-

-fino a qualche secondo fa rispondevi tranquillamente ai miei baci, che ti è preso?- indossai la canottiera alzandomi

-ti ho detto che sono stanca, non voglio farlo con te!- mi resi conto di aver gridato. Si fece serio, rivestendosi. Si diresse verso la porta con passo spedito -dove stai andando?- si girò fulminandomi

-sai, credevo di potercela fare, perché ti amo, perché voglio aiutarti a superare qualunque sia il problema che hai, ma così non ci riesco!-

-vorresti dire che se non voglio fare sesso con te, allora non vuoi aiutarmi?!- ero rossa dalla rabbia, ero conscia della situazione che stavamo attraversando, ma cominciavo ad essere stanca, cominciavo a non farcela veramente più

-non sto dicendo questo! Ma i tuoi stupidi sbalzi d'umore mi fanno girare la testa, credevo di poter gestire la situazione, ma non se ti arrabbi anche quando non ne hai neanche l'ombra di un motivo!- strinsi convulsivamente i pugni, non avevo ragioni, motivi. Lui non capiva, non mi capiva. Mi trattava come se dovessi fare tutto secondo ciò che desiderava lui. Indossai i pantaloni, sconvolta da ciò che mi aveva detto. Lo guardai in cagnesco aggrottando offesa le sopracciglia. Feci a mia volta per andarmene. Mi fermò prendendomi i polsi -non andare via- scandì accuratamente le parole -io e te siamo fidanzati, stiamo discutendo, e adesso finiamo. Non provare ad andartene senza esserci chiariti!- lo spinsi via più irritata di quanto già non fossi

-hai ancora qualcosa, qualche insulto da lanciarmi? Dopo potrò andarmene o dovrò subire il tuo sfogo tutta la sera?- lanciai un occhiata verso il mio cappotto, rendendomi conto di doverlo prendere

-non ti ho insultata! Scusami se volevo sapere il motivo per cui di punto in bianco ti sei infuriata!-

-non mi sono infuriata!- sospirò facendo un sorriso amaro

-è meglio se ci vediamo un'altra volta- sussurrò dandomi le spalle. Uscii, delusa da quella serata, da me, dalla mia rabbia, dalla sua, dalla nostra disastrosa relazione che stava lentamente precipitando.

 

 

commenti dell'autore: lo so che sembra un po' un argomento futile da trattare quello del sesso, visto e considerato che in pratica devo improvvisare visto che il tempo è passato rispetto all'anime. Però volevo far vedere l'atteggiamento di lei che cambia per un nonnulla senza una precisa motivazione e dell'impatto che ha quando comunque deve rivivere le stesse esperienze dopo Yurika. è un  po' strano come capitolo, soprattutto il discorso sui dolci, spero comunque vi sia piaciuto.

Baci Marmelade

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Capitolo 16
*** Lati Nascosti ***


Lati Nascosti

Si voltarono tutti nel sentire il rumore ritmato di passi. Distinsero la minuta figura di Chocola dal salotto, che avanzava verso di loro nel corridoio. Vanilla osò tirare un finto sorriso allegro sperando in vano di scorgere anche la minima ombra di sollievo nel suo viso trafitto dall’indifferenza a ciò che la circondava. Si avvicinò cautamente a lei prendendole una mano «vuoi fare colazione?» non desisteva dal curvare gli angoli della bocca verso l’alto, mantenendo a fatica lo sguardo posato su quello, decisamente più forte, della ragazza.

«no, ti ringrazio» si limitò a dire prima sedersi accanto ai due gemelli.

«potremo uscire e andare al luna park, che ne dite?» propose Houx affabile notando Saul cingere fraternamente le spalle dell’amica.

«vi devo chiedere di farmi un favore» esordì la rossa incolore lasciandoli nelle loro espressioni attonite «voglio tornare sul monte roccioso, ma so che da sola non ce la farei, sono stanca e…» prese un respiro come per cercare la forza di sputare l’orribile parola che si prodigava a uscire proprio sulla punta della lingua «debole, impotente» ammise infine stringendo i pugni sulle ginocchia «ho bisogno che ci sia qualcuno accanto a me» rivolse un sorriso supplichevole ai suoi amici scrollando le spalle «ho pensato a voi».

«certo, ma…» cominciò il moro.

«perché proprio sul monte roccioso?» completò la frase il fratello.

«è da lì che sono cominciati gli incubi, e io ho il bisogno fisico, oltre che psicologico, di acquietare le mie maratone notturne. Il mio corpo non regge più, non sto in piedi» annuirono all’unisolo «se non è un problema, vorrei partire al più presto».

«vado a preparare la valigia» gridò Saul già diretto in camera, facendole scappare un sorriso rallegrato dalla sua sola presenza.

«chiamo la scuola per avvisare che farete qualche giorno di assenza» sussurrò Houx componendo il numero, per poi debuttare più rumorosamente «fai anche la mia!» urlò a sua volta al suo gemello con un tono non certamente troppo gentile.

«andiamo a prepararci anche noi» disse in tono flebile la bionda sistemandosi la gonna pervinca. Il viso diafano mostrò tutta la sua compostezza per ciò che succedeva soltanto in quel piccolo gesto di strutturare meglio i suoi abiti. Chocola piegò la testa su di un lato concependo questo misero pensiero, come se improvvisamente, dopo tutto il tempo in cui si conoscevano, si fosse accorta in quell’istante dell’autocontrollo adottato dalla sua amica. Quell’autocontrollo era la sua forza. Si alzò seguendola, assorta nei suoi pensieri «non hai visto Pierre?» le chiese, incuriosita dalla sua assenza, inconsapevole dell’irritazione provocata all’altra.

«perché ti importa tanto?» sbraitò bellicosa, facendola voltare stupita.

«scusami» il suo fu solo un sibilo intimorito.

«non importa, ma non impicciarti» l’incomprensibile comportamento piccato della fanciulla la fece automaticamente azzittire, costruendo una maschera, con il solo fine di nascondere tutto. Finita di prepararsi, raggiunse Chocola, osservando ogni suo minimo movimento, sperando di scovare anche un solo gesto anomalo che spiegasse il suo atteggiamento. Eppure, tutto ciò che vide furono solo movimenti meccanici e fin troppo precisi, come se facendo tutto a comando avesse la certezza di non sbagliare, di fare tutto in modo giusto. Notò il copri-spalle posato sul letto, scivolare a terra, si avvicinò per riprenderlo, ma la mano di Chocola fu ancora una volta più veloce, afferrando l’indumento per prima. In quei pochi attimi, si senti maledettamente inutile nei confronti dell’amica «mi prenderesti il maglione nell’armadio?» nel sentire quelle parole, eseguì come un automa.

Nel partire Chocola riprese, dopo diversi mesi, la sua scopa, per paura di crollare in preda a un attacco di sonno. Il viaggio fu fin troppo tranquillo. Nessuna gara a chi faceva prima, nessuna battuta, nessuno scherzo. Il silenzio regnava trasformando quei movimenti librati nell’aria, i soli suoni presenti. I ragazzi sentirono i brividi solcargli lenti la schiena alla visione del imperioso portone che si stagliava dinnanzi ai loro occhi.

«lugubre» commentò uno di loro spingendo a due mani la porta d’entrata, nel notare l’ingresso spento. Chocola li superò sicura di come muoversi, respingendo anche il minimo pensiero che si presentasse, facendole notare quanto si sarebbe dovuta preoccupare. Raggiunsero il salone centrale, dove accesero i diversi candelabri applicati alle pareti. I gemelli emisero un sospiro di sollievo nel sedersi sul divano posizionato davanti al camino.

«ehi Chocola, quante volte sei venuta qui?» domandò senza accenno di preoccupazione, ma solo totale tranquillità nella sua voce.

«due volte» si limitò a dire tirando fuori dallo zaino una coperta di lana, portandola successivamente sulle esili spalle, rannicchiandosi anche lei di fronte al focolare. Vanilla la seguì a ruota, facendole posare il capo sul braccio.

«Pierre era con te?» sentì una fitta all’altezza del cuore nel sentir pronunciare il suo nome, quella lama che trafiggeva le sue orecchie fino a provare il culmine dell’irritazione, quando il suono arrivò al timpano. Si passò nervosamente una mano tra le lunghe ciocche di n rosso Tiziano, mentendo a se stessa, fingendo di non aver immortalato l’immagine dell’’uomo amato nel cuore, impiantando quella ferita che più passava il tempo, più scavava solchi, fino a cancellare i restii di lucidità presenti nel suo animo. Sospirò pesantemente alla ricerca del buon senso, e cercando quel barlume di nitidezza che la facesse rimanere sveglia.

«solo la prima» sussurrò prima di cadere vittima della stanchezza, presentatasi più volte in quella giornata, pronta a reclamare la sua paga. Chiuse appena le palpebre, constatando quanto piacevole fosse quel silenzio così saturo di parole, che come una spugna assorbiva, senza ascoltarle davvero. Non poteva opporsi a Morfeo, era più forte, e in quel momento cedere le sembrò l’invito più florido che avrebbe potuto ricevere.

Si sentì accarezzare dolcemente dalle sue braccia, come una cantilena. Dilatò leggermente le narici nel percepire l’odore aromatico della cannella. La sensazione che la travolse la fece diventare improvvisamente neonata, piena del suo candore e purezza. Dalla sua culla, il mondo davanti le si stagliava con una semplicità imbarazzante, una semplicità colma dei colori più vividi che illuminavano i suoi occhi smeraldi riscaldandole il cuore. Continuò a sentirsi dondolare dalle braccia forti che l’avvolgevano, avvertì i suoi amici richiamarla, ma quell’invito a lasciarsi andare era più stuzzicante delle stridule voci che la reclamavano come se avessero ancora qualcosa da spartire. Piegò la testa, col fine di appoggiarla, nascondendosi dalle invocazioni lanciate in suo nome. Il soffice appello dell’ombra che la ninnava prendendosi cura di lei, fece apparire quegli attimi di una tragica perfezione, tanto da far invidia ai narcisi in fiore. Quella percezione della realtà, di quella dimensione ovattata e dal sapore soffice la inebriarono. Strofinò la guancia contro quel petto dal manto nero. Non sentiva il bisogno dell’affetto di Vanilla, dell’amore di Pierre. Tutto intorno a lei si offriva con una pienezza tale da essere tonificante. Una pietanza di cui non si può fare a meno di cui non ci si può pentire. In quegli attimi, la sua vita composta da sfumature nascoste, bugie, tradimenti, gelosia, si dissolveva, entrando in quella bolla troppo brillante, così velata nella sua composizione da commuovere il più perfido tra i malfattori. Un sorriso si estese sulle sue labbra. Il mondo aveva di nuovo ripreso i suoi brillanti colori. Come da bambina, nessuna guerra da combattere, neanche l’amore di quel ragazzo –che aveva ritenuto la cosa più importante- non riusciva a raggirarla. Sentì quel dondolio come una rapsodia. Come un aquilone, troppo in alto per tornare a terra, ma legato da un filo, quindi incapace di volare. Ma quel filo si stava rompendo. Respirò ancora una volta a pieni polmoni quel profumo, lasciandosi andare a una risata gioiosa.

I colori non si dissolvevano, e l’unica cosa che riusciva a provare, pensando ai suoi cari, era ripudio. Le fece schifo il movimento delle foglie degli alberi, il sapore del gelato, tutto, messo a confronto con quel magico istante, sembrava di un’importanza nulla.

Ricordò la prima notte trascorsa in quel castello. Il suo modo imbranato di fare, che la fece inciampare e la portò a ferirsi il dito. Scoppiò nuovamente a ridere, divertita da se stessa. Quell’ago… aveva tanto incolpato il suo amore, quando era stato tutto causato da uno stupido ago. La sua gelosia dipesa da un pezzo di legno colmo di veleno, che era andato gettato nelle fiamme. Fiamme che logoravano la sua anima, rendendola schiava della gelosia, del possesso. L’ossessione quasi patologica che ci fosse qualcosa di sbagliato, che alla fine si era rivelato esserci. Rise gioiosamente rannicchiandosi con più attacco a quelle braccia imperiose che determinavano il suo umore. Ripensò alle scenate di pura follia che lo costringeva a subire, a tutti gli affronti immotivati, cui poi Pierre, grazie a Yurika, aveva finalmente dato un senso. Ricordò quei graffi nel cuore che la piegavano in due, e solo allora la risata prese un inclinazione diversa. Aprì appena gli occhi ritrovandosi abbagliata dalla luminosità di quelle tinte brillanti. Gli sembrò tutto dannatamente triste. E una lacrima di malinconia le solcò la guancia. Addio.

 

La malinconia è la tristezza al tramonto. Quando c’è il sintomo di malinconia vuol dire che qualcosa è finito. E in quelle braccia un cuore aveva smesso di battere e il respiro aveva cessato il suo ritmo, concludendo quella tragica avventura.

 

 

∞∞∞∞∞∞

 

«Chocola… Chocola, svegliati» il rimbombare di quelle voci nella testa la costrinse ad aprire gli occhi. Sbatté più volte le palpebre col fine di mettere a fuoco ciò che la circondava. La prima cosa a stagliarsi nella sua visuale era il suo ragazzo, che le teneva una mano sulla guancia, voltò lo sguardo da una parte, riscontrando il volto ansioso della sua amica, poco lontano notò i gemelli, Robin e sua madre. Accanto al poggia-testa del divano su cui era stesa, riscontrò che accostato al suo viso, era seduto perfino Duke, scoprì confortante la sua presenza. Si sentì sollevare e stringere al petto da Pierre. Nonostante le facesse dannatamente piacere poter gustare ancora quel contatto, boccheggiò in preda alla confusione.

«so…sono morta…?» azzardò la ragazza incredula del vedere la presenza di tutte quelle persone così care a lei.

«No. Ma ci sei andata molto vicina» la voce bassa e burbera dell’uomo che l’aveva allevata le giunse alle orecchie, trovandola così distinta e franca, dal fondo della sala, dove era comodamente poggiato sulla soglia della porta che conduceva alla sala da pranzo. Percepì le mani del biondo scorrerle con leggerezza tra i capelli, le sue labbra sfiorarle la fronte. Quei pochi e semplici gesti le scatenarono un irrefrenabile senso di tristezza. Si aggrappò istintivamente alle sue spalle.

«mi dispiace…» mugugnò in preda ai sensi di colpa, rivolgendosi a tutti i presenti «credevo che il problema foste voi, che non riuscivate a comprendermi, quando la prima a sbagliare era io» si passò il dorso della mano sulla guancia indirizzando alla sua amica un sorriso carico di dispiacere «questa mattina me la sono presa con te… ero fuori di testa» ammise emettendo una lieve risata amareggiata, guadagnandosi un’occhiata complice e comprensiva da parte sua. Tornò a posare lo sguardo su Pierre, abbassando lievemente la vista, passando incessantemente un dito sulla sua camicia, come una bambina divorata dai rimorsi «avevi ragione» sussurrò «avrei dovuto accettare l’invito a farmi visitare da mia madre. Ho combinato solo un enorme pasticcio» sentì le dita di lui sfiorarle il mento, fino ad alzarlo, le loro iridi si incastrarono, trovando sollievo le une con le altre.

«tranquilla, sono abituato alla tua pazzia, e poi, ero sicuro di avere ragione, ce l’ho sempre» si meritò un colpetto datogli dalla ragazza, all’altezza della spalla.

«sono stati gli aghi della gelosia, quella sera in cui sono inciampata…» tentò di confessare la sua scoperta.

«lo sappiamo» proruppe sua madre accigliata e anche molto arrabbiata per il comportamento irresponsabile adottato da sua figlia «ti abbiamo ripresa in tempo, stavi per morire soffocata. Ti ho tolto il veleno dal corpo con un incantesimo che mi ha privato di energie, mentre il tuo fidanzato faceva i salti mortali per non far smettere di funzionare i tuoi organi vitali» si sfogò ancora agitata alla sola idea di poter perdere la sua prediletta.

«scusami» bisbigliò imbronciandosi. La donna la raggiunse a grandi falcate, trovando la sua bambina così tenera e innocente nel suo giovane splendore. Le baciò una guancia, posando il mento sul suo capo, gustandosi la presenza della sua sola erede. La lasciò pochi attimi dopo, ricomponendosi del tutto, e cedendola alle cure di Pierre. Dopo ore di spiegazioni e grandi risa per l’autenticità di quei momenti, si avviarono nelle loro camere, meno ansiosi di sapere se la loro amica era nelle mani di quel mostro nero che attanagliava il suo cuore.

I due fanciulli si rannicchiarono sotto le coperte, stringendosi l’uno all’altra.

«ho creduto di perderti» le bisbigliò all’orecchio accarezzandola come per accertarsi che non scomparisse.

«mi sono sentita bene, quando stavo per morire… come se tutte le sofferenze che avevo vissuto, non fossero mai esistite...» Spiegò lei, guardandolo negli occhi. Notò la calma che ancora aleggiava nel suo sguardo.

«per morire ci vuole un attimo. Un incontro sbagliato, il calcolo errato del tempo, che ti fa attraversare la strada troppo presto, un passo falso o dei semplici medicinali. La vita però va combattuta, Chocola» le passò le dita sulle guance candide «va compresa, accettata, e non sempre è tutto sotto il nostro controllo. Spesso, l’unica cosa che rimane da fare, è lasciarsi travolgere dagli avvenimenti, senza opporre resistenza a ognuno di essi» le spiegò tranquillamente, cosciente che avrebbe compreso ciò che aveva detto.

«perché gli aghi non hanno agito subito, come successe, quando me li iniettasti tu?» il ragazzo si portò un braccio dietro la testa, cercando le parole da dire.

«perché non ti hanno trafitto il cuore, è stato un percorso molto più lento e tortuoso, e quando ci sono arrivati sei stata come inghiottita. Ecco perché avevi gli incubi, era solo un assaggio, e più si avvicinavano, più la situazione peggiorava, condizionata anche dalle circostanze».

«e perché soffocavo?» domandò ancora una volta presa dalla curiosità del momento.

«annegavi nel dolore, nella rabbia» sibilò contrito nel ricordare le sue urla la notte, rimpiangendo di non aver mai capito cosa stesse succedendo.

«se rabbia e dolore compongono i miei sentimenti, mi chiedo cosa ci sia di bello nel vivere» borbottò appoggiando nuovamente la testa sul suo petto. Il giovane le rivolse, con la coda dell’occhio, un’occhiata ironica, sorridendo appena. Le alzò leggermente il viso puntando gli occhi nei suoi. Si avvicinò ancora fino a sentire il suo alito accarezzargli la bocca.

«questo» si limitò a dire prima di congiungere le loro bocche in un unico dolce gesto. Sentì i loro nasi sfiorarsi, finché non si distaccarono appena.

«diventa tutto più interessante» asserì prima di perdersi nuovamente in quel sapore tanto caro ai suoi sensi.

 

Fine.

 

 

Commenti dell’autore:

allora, fine molto diversa da quella che avevo già scritto. E che poi mi si è cancellata -.-” mi auguro ne siate rimasti soddisfatti e che non vi sia preso un mezzo infarto quando ho detto che chocola moriva. Ci tengo a precisare che questa è la terza “fine” che scrivo, nella seconda lei moriva sul serio. Dovreste ringraziarmi di non essere così sadica.

Spero che questa storia sia piaciuta quanto è piaciuta a me, soprattutto perché è stata la mia prima storia da “solista” e per me è stata veramente MOLTO e dico molto importante per lo sviluppo del mio stile, che grazie a questo scritto si è delineato, anche se a me fa un “tantino” schifo, poiché effettivamente non sono brava a scrivere, anche se è quello che mi piace fare. E comunque que sera, sera, infondo ho solo 15 anni :D vorrei ringraziare tutte le persone che hanno letto indipendentemente dalle recensioni e da i preferiti. È bello avere qualcuno che ti sostiene. Un bacio a tutti, e la mia prima storia è conclusa. È stato bello arrivare fin qui da sola.

Marmelade.

 

P.S un ringraziamento veramente speciale a Honey, anzi, Martina, che per me c’è sempre. Credo che questo basti per farle capire. E comunque, congratulazione Honey, superati i quiz della patente! Mi scarrozzerai in giro, yehh!

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