gelosia di _morph_ (/viewuser.php?uid=107839)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** prologo ***
Capitolo 2: *** ragazzina ***
Capitolo 3: *** tutto ciò che non mi aspettavo ***
Capitolo 4: *** primi sintomi di un amore difficile ***
Capitolo 5: *** l'incubo del castello ***
Capitolo 6: *** scoperte ***
Capitolo 7: *** non respiro ***
Capitolo 8: *** momenti difficili ***
Capitolo 9: *** grandi e piccoli inconvenienti ***
Capitolo 10: *** Tradimenti ***
Capitolo 11: *** Perdonare, dimenticare, soffrire ***
Capitolo 12: *** vendette da giocattoli ***
Capitolo 13: *** un problema in meno ***
Capitolo 14: *** comunicazione ***
Capitolo 15: *** Stare Insieme ***
Capitolo 16: *** Lati Nascosti ***
Capitolo 1 *** prologo ***
Sinceramente non ho mai pensato di poterne essere gelosa, insomma, ormai ero abituata alle attenzioni che gli altri gli prestavano, a tutte le ragazze che gli giravano intorno. gelosa di lui, del ragazzo che, da quando lo vidi la prima volta, mi aveva rubato il cuore senza più restituirmelo, al ragazzo che mi aveva tante e tante volte fatta soffrire, e che non si decideva a farmi stare tranquilla anche solo per un po'. per tutte le volte che ci potevamo vedere, ogni volta che mi si presentava davanti mi si mozzava il fiato, le guance si tingevano di rosso, e le parole venivano fuori smorzate, improvvisamente diventavo agitata e per quanto cercassi di fare la dura sembravo una totale imbecille di fronte a lui, un imbecille di fronte al ragazzo sempre perfetto dalla risposta sempre e comunque giusta. davvero non credevo di poterne diventare gelosa, eppure è successo. Avevo quindici anni, compiuti. non posso dire che è successo tutto velocemente come non posso dire che ci siano stati passaggi graduali che mi hanno portato a quello che è successo. è stato il periodo più brutto e allo stesso tempo il più felice della mia vita. ormai stavamo insieme da cinque anni, cinque bellissimi anni. litigavamo spesso, ma era il nostro modo di amarci. ci stuzzicavamo a vicenda e io, come sempre, finivo per arrabbiarmi come una bambina. facevo i capricci quando mi prendeva in giro e mi addormentavo tra le sue braccia quando mi sentivo più tranquilla. può sembrare infantile dire che mi sono innamorata di Pierre quando avevo solo dieci anni, eppure era amore, innocente, puro, ma amore. non so ancora precisamente cosa mi sia preso, so solo che l'unica cosa che mi ha tirato fuori dal mio stato sono stata io. o meglio, il mio mondo. Vanilla, Saul, Houx e Pierre. il mio mondo, ma più di tutto, ciò che mi ha fatto vedere un baratro di luce, ero io. ho scavato fino a trovare il motivo per cui la rabbia mi cresceva dentro e mi scuarciava il petto, facendomi addormentare con le lacrime e risvegliare con gli occhi gonfi. ho scavato e ho trovato nuovamente la luce, ho ricominciato a respirare, a sentire nuovamente l'aria nei polmoni e le lacrime improvvisamente scomparvero. |
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Capitolo 2 *** ragazzina ***
ragazzina
sentii il suono della campanella che segnava la fine delle lezioni,
tirai un sospiro di sollievo. portavo due trecce fermate in fondo da
due nastri neri, la gonna della divisa scolastica e un golfino abbinato
a quest'ultima, le calze pesanti e le scarpe in corredo con la divisa.
mi alzai e sorrisi nel vedere Vanilla sulla porta che mi aspettava. mi
infilai con estrema lentezza i guanti e il cappello. infilai i libri in
cartella come capitava per poi rendere felice la mia amica uscendo -ti
viene a prendere Pierre oggi?- mi chiese con la sua graziosa voce,
aveva un potere tranquillante su di me, anche quando andavo
completamente fuori di testa
-non lo so, credo di sì- non sapevo mai quando veniva, di solito
ci vedevamo nel pomeriggio, ma di sabato lo trovavo, solitamente, sul
portico ad aspettarmi. la sera dormivo da lui. continuammo a
chiacchierare fino all'uscita, ormai il piazzale era deserto, le uniche
persone rimaste erano le ragazze accalcate intorno a Pierre, routine.
tutte molto belle e sicuramente più grandi di me. ormai non
facevo più caso ai loro commenti sarcastici, soliti delle
ragazze isteriche e viziate. devo ammettere però che uno
più di tutti mi colpì -principe non può
frequentare una ragazzina come quella!- ragazzina?! a me?! il loro caro
principe però continuava sempre a rispondere in modo
indifferente alle loro domande e complimenti, finché non
arrivavo io, la cosiddetta "ragazzina" che faceva passare tutte loro in
secondo piano. durante questo flusso di pensieri non potei fare a meno
di fare un ghigno soddisfatto. sentii le sue mani prendermi dolcemente
per la vita. salutò prima le ragazze poi Vanilla, che salutai
anche io. quando fummo abbastanza lontani lo guardai indispettita
- comincio a rimpiangere le socie - affermai a tono. ormai si erano
ritirate dalle loro avance, finalmente si erano accorte fossero
inutili, io le continuavo a definire "il nemico caduto in battaglia"
credo sia questo il nome più adatto a loro, ogni volta che lo
dicevo Pierre mi rispondeva che io, invece, dovevo pensare a cose
più serie invece che a loro. lui e Yurika ancora si sentivano,
ma la cosa non mi disturbava, piuttosto mi lasciava del tutto
indifferente
-non credevo fosse possibile-
- sono insopportabili! - mi lagnai -non puoi dirgli semplicemente che non ti interessano?!-
-perchè dovrei? prendo molti cristalli-
-quelli lasciali stare! e poi li prenderesti comunque tantissimi
cristalli- risposi con un sorriso speranzoso, mi squadrò
dall'alto al basso.
-dove vuoi andare?- mi guardai per qualche istante intorno
-non importa- riflettei un secondo stringendo i pugni -andiamo a casa tua, ho freddo qui fuori!- mi sorrise stringendomi
-va bene- sotto suppliche, accettò di camminare invece di andare
volando. nonostante avessi imparato, in quel periodo dell'anno
congelavo ogni volta che provavo a librarmi. mi morsi il labbro
inferiore sentendo che si stava screpolando la bocca, sentivo dolore
per il freddo in tutto il corpo
-sto congelando- sussurrai con la voce tremante
-appena arriviamo ti vai a cambiare e ti fai un bagno, così ti
starai meglio- a volte mi sentivo davvero come una bambina. la
differenza era nel fatto che lui era il mio ragazzo -che hai?- chiese
guardando la mia espressione assorta nel flusso dei pensieri che avevo
in testa
-quelle ragazze quanti anni hanno?- gli chiesi incuriosita
-la mia età credo, forse un anno di meno. vanno nella tua stessa
scuola. come mai me lo chiedi?- lo guardai, facendomi la stessa domanda
-secondo me sono scioccate dal fatto che sei fidanzato con una quindicenne- sorrisi divertita, lui ricambiò
-già, non perderanno facilmente la speranza che mi piaccia una
ragazza un po' più matura- feci un ghigno arrabbiato
-vorresti forse dire che io non sono matura?!- mi sorrise circondandomi
i fianchi con le braccia, sentivo la sua mano sulla schiena che mi
teneva per non farmi scivolare. eravamo uno di fronte all'altro, mi
sentivo bassina, la mia fronte gli arrivava alla spalla, ero impotente
quando mi si parava davanti e mi guardava negli occhi. arrossii
violentemente, e maledii questa mia reazione -neanche mi rispondi?!-
chiesi per sciogliere la tenzione
-su certe cose sei matura su altre un po' meno- rispose impassibile sorridendomi in modo beffardo
-e qusto che vorrebbe dire?! quali sono le cose in cui non lo sarei?!-
-oh oh! tante!- lo cominciai a colpire con dei pugni, reazione poco
efficace poichè lo sentivo ridere divertito. una ventata gelida
mi bloccò facendomi sussultare. mi prese per mano -dai andiamo-.
arrivati entrai infreddolita. mi accompagnò verso la sua camera
-hai ancora freddo?- mi chiese una volta messa la sua camicia, mi
arrivava a metà coscia. le gambe erano nude. e, nonostante nella
casa ci fosse caldo avevo ancora i brividi
-un po'! qui non ho niente di mio?- chiesi speranzosa
-ogni volta è la stessa storia...- mi rispose con un ghigno divertito. sbuffai
-la prossima volta giuro che mi ricordo di portarmi il pigiama!- esclamai convinta.
lui mi guardò saccente -sì, certo...-
-smettila di prendermi in giro!- la sua faccia che si divertiva nel vedermi così era il massimo dell'irritazione
-è difficile smettere, ti dovresti guardare-
-ah sì? bhe, io sto benissimo anche solo con la tua camicia!- mi
avviai indispettita verso la cucina, dove la cena era pronta. vedendo i
domastici cominciao ad abbassarmi l'indumento per coprirmi il
più possibile le gambe. lo guardai, non sembrava a disagio, come
faceva?! arrossii nuovamente ma mantenni lo stesso la mia espressione
da dura. durante la cena finii per abbuffarmi, anche quella ormai era
routine. entrando nella camera sentii un piacevole tepore, mi fiondai
sul letto, mettendomi sotto le coperte constatai felice che c'era un
piumoncino ad avvolgermi. mi appoggiai sul petto nudo di Pierre. mi
prese il viso tra le mani facendomi stendere nuovamente sul letto con
la testa sul cuscino. mi baciò dolcemente, arrossi. gli
circondai il collo con le mani. lui passò le labbra sulle mie
guance, poi sul collo. sentii la sua lingua accarezzarmi la pelle
lentamente. sentendomi sussultare capì che stava andando troppo
oltre. quando smise, nonostante fossi stata io a desiderarlo, volevo
che le sue labbra mi accarezzassero ancora. mi avvicinai baciandolo.
sentivo le sue mani stringermi forte, quasi da farmi male, ma non
volevo smettesse, volevo assaporare completamente la sensazioni di
essere avvolta nelle sue braccia, dove mi sentivo protetta, dove ad
aspettarmi c'era un mondo ovattato che mi avvolgeva. mi addormentai
poco dopo. a svegliarmi ci fu un rumore flebile. ero ancora con il viso
poggiato su di lui, ma c'era il silenzio assoluto se non quel rumore.
affinando attentamente l'orecchio capii che si trattava delle pagine
quando venivano girate. c'era il calore della mano di pierre sui miei
capelli. con un braccio mi aiutai ad alzarmi, mantenne la mano sulla
mia testa.
-buongiorno- mi sorrise, io, che ero ancora stordita lo guardai torva
-che ore sono?-
-presto- mi spinse nuovamente sul suo petto. provai a riaddormentarmi,
inutile, a causa di quegli stupidi libri, avevo perso il sonno.
-perchè la mattina non dormi come fanno tutti?!- domandai stizzita al "ragazzo libro"
-sei nervosa?- chiese retorico sorprendendomi. ovvio che lo fossi, io la mattina volevo dormire!
-metti via quel libro non mi fa dormire- lagnai, forse in tono un po'
troppo infantile. lo chiuse per poi alzarsi. lo guardai stupita del
gesto -perchè ti sei alzato?- chiesi improvvisamente indifesa
-sei una sciocca, che fastidio ti può dare un libro?!- in un
certo senso mi sentii in colpa. forse aveva ragione. di istinto lo
fermai prendendogli la mano quando stava per fare un passo
-scusa- sussurrai fissandolo. subito dopo arrossii notando che rimaneva
in piedi, in attesa che dicessi qualcosa. incrociai le braccia -bhe?
cos'hai da guardare?- aspettai qualche istante -dove vai?-
-a farmi una doccia- nonostante avessi capito gli ripresi la mano
avvicinandolo a me. -ti va se ti porto su extramondo oggi?- rimasi
sorpresa, ma allargai un sorriso, mi sarebbe piaciuto tornarci
-sì, che bello! e dove mi porti? quando partiamo?- chiesi entusiasta
-mentre mi faccio la doccia tu preparati, partiremo subito dopo. ti
farò vedere un bel posto. si trova su una delle montagne
rocciose, fa freddo la sù, ti creerò dei vestiti con la
magia- annuii soddisfatta, lo baciai felice, nonostante cercò di
approfondire il bacio me ne andai, saltellando, a fare colazione.
commenti dell'autore:
scusate se l'altra volta non ho messo i commenti, a causa di
"imprevisti" mi è stato impossibile. lo so che il prologo
è un po' triste, però questa fiction è nata
perchè volevo sperimentare le mie capacità e per ricevere
commenti sul mio lavoro individuale dalle mie amiche honey e
crazy_chiara. spero che vi piaccia, l'idea l'ho sviluppata in 30
secondi, e devo ammettere che ne sono molto soddisfatta, sopratutto
perchè pensavo che ci volesse una fanfic a raiting arancione,
non le scrive praticamente nessuno! recensite e ditemi che ne pensate
del primo capitolo.
nello svolgimento delle vicende i capitoli non saranno così
tristi e malinconici come il prologo (anche se a me, devo ammetere che
piace).
recensite per favore, anche per sapere come scrivo, l'ho detto,
è nata per sperimentare le mie capacità individuali,
quindi, fatemi sapere che ne pensate.
bacio Marmelade
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Capitolo 3 *** tutto ciò che non mi aspettavo ***
tutto ciò che non mi aspettavo
tutto ciò che non mi aspettavo
quando arrivammo sentii l'aria caratteristica di extramondo,
profumata. nonostante il freddo non facevo altro che volteggiare felice tra gli
alberi spogli della foresta, erano da mesi che non tornavo sul mio mondo, e
nonostante non fossi mai andata su quella montagna, ero felice di poter di
nuovo vivere momenti di gioia nel mio ambiente. sentii Pierre avvicinarsi a me
-vieni- mi sussurro prendendomi per mano e trascinandomi in basso, la velocità
aumentò, e i fiocchi di neve, che provenivano dal cielo, non mi aiutavano a
vedere, mi feci guidare. dopo poco atterrammo. lo guardai stupita. un'enorme
struttura c'era di fronte. era in pietra, di quelle che si vedono nelle fiabe,
solo un po' più sinistra e affascinante, o per meglio dire, imponente. tornai a
guardare Pierre -ogni tanto con i malefici ci fermavamo qui. quando non
riuscivamo a proseguire per le tempeste di neve- spigò scrutandomi attentamente
me, che lo guardavo affascinata -vieni, entriamo- dentro continuava a mantenere
la sua bellezza. erano presenti mobili molto antichi, impolverati. presi a gironzolare
allegramente per le diverse sale presenti, vedevo il fumo uscire dalle nostre
bocche. gli sorrisi
-ci fermiamo qui stanotte?- gli chiesi speranzosa di
ricevere un consenso, e soprattutto, speranzosa di usufruire di una di quelle
grandi stanze che tanto mi piacevano
-tu domani hai la scuola, e non hai avvertito a casa-
sussurrò laconico raggiungendo la mia posizione
-se manco un giorno non importa, e poi spiegherò tutto
domani a Robin... ti prego!- mi diede un bacio leggero
-se Robin si arrabbia è colpa tua. vai a scegliere una
camera, io accendo il fuoco- quando stavo per andare mi riprese per un braccio
-sei capace di mettere a posto una camera con la magia vero?-
mi sentii sotto valutata -certo! per chi mi hai preso?-
-dai, vai...- mi addentrai nel castello, cercando un po' in
tutte le stanze finché una non mi impressionò maggiormente. non era molto
grande, il letto era rivestito di un tessuto pesante color porpora e il
pavimento era di parquet scuro, che presentava segni evidenti di molte scarpe
che ci erano passate, nel corso del tempo, sopra. ai lati della stanza, sulle
pareti, c'erano dei candelabri applicati sulle mura. le candele non erano del
tutto consumate. feci un incantesimo e riuscii a togliere la polvere in poco
dal letto e dai vecchi mobili, tuttavia, mantenuti discretamente. presi le
candele e nel raggiungere Pierre inciampai, cadendo mi ferii un dito. esaminai
la scheggia con cui mi ero tagliata, sembrava un ago, un ago di legno, un
pochino più grande, lo portai in salone e lo buttai nel camino distrattamente.
feci vedere a Pierre ciò che avevo in mano -vedo che hai trovato la camera che
ti piace di più- sorrise e mi cinse la vita nel vedere le candele -appoggiali
su quel tavolinetto- notai che il fuoco bruciava nonostante non ci fosse legna,
feci come mi aveva detto. mi sedetti poi su un divanetto di fronte al camino.
mi mise la sua giacca sulle spalle. lo guardai, era com'era alto e
particolarmente bello. arrossii a quei pensieri
-che mangiamo?- a pranzo eravamo stati in città, ma ormai si
era fatto tardo pomeriggio, e io, per giunta, non avevo assolutamente
intenzione di lasciare la mia posizione
-non lo so...- rifletté per qualche istante -se andassi in
un paesino qui vicino potrei prendere qualcosa- si voltò per poi tornare a
guardarmi -tu rimani qui, non uscire mi raccomando- mi guardò serio imponendomi
con lo sguardo di non uscire, non che ne avessi intenzione
-d'accordo. torna presto- gli sussurrai sdraiandomi, portai
le gambe al petto. lo sentii darmi un bacio sulla testa -prendi anche qualche
dolcetto- mi diede un buffetto sulla guancia
-va bene- lo sentii uscire. venni avvolta dal tepore di quel
fuoco. chiusi gli occhi e senza accorgermene mi addormentai. il sogno che feci
era strano. sognai di precipitare nell'oscurità, nulla che mi trattenesse,
niente su cui aggrapparmi, non c'era pierre, mi sentivo incredibilmente
pesante. quando mi svegliai vidi il fuoco. mi alzai, ero completamente sudata
-finalmente ti sei svegliata- mi porse un
fazzoletto con cui mi pulii la fronte, sentimmo il mio stomaco
brontolare. sorridemmo entrambi divertiti per come era stato interrotto il
silenzio di quel momento, per così dire, tetro. mangiammo a sazietà per poi
metterci nuovamente sul divano
-è bellissimo qui-
-sì, lo so. mi è sempre piaciuto, già dalla prima volta in
cui ci sono stato- lo guardai incantata
-faceva così freddo anche quando ci venivi con i malefici?-
-sì. ma non importava, non lo sentivo- mi guardò, per poi
soffermarsi sulla mia mano - che hai fatto al dito?-
-prima sono caduta e mi sono tagliata- constatai che il
taglio continuava a sanguinare flebilmente
-ti fa male?- mi chiese prendendo il dito ferito per
osservare più attentamente la ferita marginale
-non molto, domani sarà già guarito-
-meglio- mi sdraiai nuovamente -andiamo a dormire prima che
ti addormenti qui- mi prese per mano -sono felice di essere qui con te-
sussurrò senza guardarmi negli occhi, non mi spiegavo perchè cercasse di
nascondere le sue emozioni di fronte a me. sorrise -ti immagini la faccia di
Robin quando gli diremo che abbiamo passato la notte sul monte roccioso?!-
-non è detto che glielo dobbiamo dire- sussurrai sorridendo.
mi guardò cercando di leggere la mia espressione -possiamo dirgli che siamo
stati a casa tua e tenerci questo posto solo per noi- entrammo nella camera,
lui si tolse la camicia, arrossii. me la porse. mi spogliai con molta
attenzione, ero tesa e sentivo il suo sguardo su di me, che osservava i miei
movimenti lenti e, stranamente, precisi. una volta messa la camicia ci
sdraiammo. le lenzuola e le coperte erano piuttosto pesanti e calde. mi poggiai
sui gomiti guardandolo -torneremo, vero?-
-sì, se ti piace tanto- mi allungai per baciarlo. sentii le
sue mani intrecciarsi ai miei capelli. mi sdraiai su di lui con il mio piccolo
corpo. i baci continuavano e si facevano sempre più intensi. spinse le mie
spalle sul materasso per poi riprendere. prese a passarmi le labbra sulla
fronte, per poi scendere passando le labbra sotto il mio viso, arrossii
nuovamente, ma non mi opposi. con la lingua mi accarezzò il collo e l'angolo
della bocca per poi riprendere a baciarmi. sentii le sue dita passarmi
dolcemente sulle gambe accarezzandomi le cosce con delicatezza palesemente
volontaria. con l'indice salì fino a scoprirmi parte del busto. continuò a
passare con leggerezza la mano sulla mia pancia, finché non scese baciandomi il
punto in cui fino a poco prima le sue dita mi stavano accarezzando. non pensavo
che una cosa del genere potesse capitare in un posto come quello, e nonostante
pensavo di non essere pronta, non volevo che smettesse, neanche per un istante,
di baciarmi o di accarezzarmi, anche se, a causa di quelle sensazioni, il mio
corpo era completamente intorpidito. chiusi gli occhi rilassata, lo sentii
sbottonare la camicia per poi allontanarsi da me. indossavo ancora l'indumento,
che non mi copriva più il seno, che fino a quel momento era sempre stato,
volontariamente, all'oscuro dei suoi
occhi. mi esaminò poggiato sui talloni. io rimasi stesa, non riuscivo a capire
che cosa gli passasse per la testa, per un istante credetti di non piacergli
più, finché non lo vidi sorridere nel vedere la mia espressione ansiosa -lo sai
che sei bellissima?!- mi chiese osservandomi, il suo sguardo era dolce. non
risposi. si avvicinò nuovamente a me, baciandomi con più dolcezza e
possessività. posai le mani sul suo torace. aveva la pelle incredibilmente
liscia e perfetta. mi tolse la camicia con lentezza facendomi rimanere
unicamente in slip. arrossii di nuovo. era steso su di me, avevo il viso
nell'incavo del suo collo, ne sentivo il profumo, mi piaceva come niente al
mondo. senza rendermene conto mi ritrovai con le mani che gli volevano
slacciare i pantaloni. si discostò leggermente da me, fermando le mie mani -sei
sicura di quello che fai? dopo non si può tornare indietro- riflettei un
istante sulle sue parole arrivando alla conclusione che non avrei mai rimpianto
di aver fatto l'amore per la prima volta con lui. annuii convinta. riprendemmo
a baciarci. lui si tolse i vestiti per poi togliermi anche l'ultimo indumento
che avevo. si distese su di me, sentii un impatto doloroso, devo ammetterlo.
cominciò a muoversi ritmicamente su di me. mi morsi le labbra pur di tacere,
strinsi anche gli occhi, sentivo il suo sguardo e il suo respiro nell'incavo
del collo. non ci volle molto perchè il dolore si trasformasse in piacere. mi
ritrovai imprigionata tra le sue braccia, che mi circondavano il busto
stringendomi. io, che avevo le mani intrecciate ai suoi capelli, volevo che non
mi lasciasse, che continuasse a stringermi forte, quasi da non permettermi di
respirare. dopo che sentii un piacere più intenso degli altri invadermi il
corpo, il senso di completezza prese possesso di me. Pierre mi fece poggiare il
viso sul suo petto. avevo il respiro affannato, i brividi di freddo in tutto il
corpo e la fronte imperlata di sudore. avevo strane sensazioni, mai provate nel
corpo, che mi facevano sentire incredibilmente bene, anche se stanca. con un
dito feci disegni immaginari sulla sua pelle. lo sentii stringermi di più, mi
passò una mano sul viso -come ti senti?- mi chiese accarezzandomi i capelli
-bene- sussurrai. ringraziai dio di non aver sanguinato, non
avrei sopportato un simile imbarazzo. alzò le coperte per coprirmi meglio. non
mi sentivo messa in soggezione dalla situazione -era...la prima volta per te?-
chiesi sussurrando
-a meno che non lo avessi fatto prima dei quattordici anni,
allora sì- mi sentii sollevata. anche se, in qualche modo, mi aspettavo quella
risposta -che hai, sei delusa?- chiese divertito, lo guardai
-certo che no- aspettai qualche istante -era tutto
premeditato?-
-che cosa?-
-portarmi qui, restare e poi... ecco...- le guance
diventarono di un colore purpureo facendomi balbettare
-no, non avevo programmato nulla- mi sentii più rilassata
-quindi, non hai mai pensato di fare l'amore con me?- volevo
sapere tante cose, non so dove presi il coraggio per chiederglielo ma da
qualche parte si creò la forza di domandarglielo, forse era la curiosità, o
forse il fatto che ormai l'avevamo fatto, nulla mi avrebbe scandalizzata,
poiché sapevo cosa si prova
fece un espressione divertita -sei molto curiosa stasera...-
rispose dopo qualche istante -qualche volta ci pensavo-
-sei molto più forte di me, sia negli incantesimi, sia come
forza fisica- mi alzai sui gomiti per guardarlo -perchè non mi hai costretta?-
-che domanda è?!- mi guardò stupito -se ti avessi costretta
non mi avresti mai perdonato, e io non l'avrei perdonato a me stesso... e poi
non sarebbe stato bello quanto lo è stato stasera- sorrisi felice, mi morsi poi
il labbro consapevole di ciò che gli volevo chiedere
-e che pensavi?-
-su che cosa?-
-quando pensavi a noi due che...- sbuffai -insomma, hai
capito!- mi infastidiva dovergli spiegare le cose che capiva da solo, ero
consapevole che lo faceva a posta
-non lo so... dipendeva dalle situazioni...-
-per esempio... ieri?-
-ieri cosa?-
-che hai pensato?- lo guardai dispettosa -lo so che qualche
cosa l'hai pensata-
-non lo so Chocola. quando ti bacio mi passano per la testa
un milione di cose-
non mi bastava, ero decisa a sapere che cosa ci fosse dentro
quella testa -voglio solo sapere cosa pensassi quando ti veniva voglia di fare l'amore con me-
-che volevo farlo con te-
-e daii...-
-sei insopportabile- ne ero consapevole, feci una smorfia
-non fare quella faccia-
-perchè non me lo dici?!-
-va bene...- mi fece uno sguardo beffardo -io però, poi
voglio sapere che cosa hai pensato tu, prima, quando mi volevi slacciare i
pantaloni-
mi rigirai -sei cattivo!- lo sentii ridere, e in qualche
modo venne da ridere anche a me nel sentirlo. mi abbracciò da dietro, al suo
contatto mi girai nuovamente, posando il viso sul suo petto, ancora -da quant'è
che volevi farlo?-
-da un po'. ma volevo aspettare che fossi tu quella pronta-
fece una pausa che mi allertò, mi chiesi perchè non continuasse -devo ammettere
che qualche volta, ho davvero pensato di perdere il controllo, a costo di
costringerti- mi guardò, era in attesa di un mio commento scandalizzato, forse
arrabbiato, magari... deluso. eppure non arrivò, lui aveva diciannove anni e
avere una ragazza che spesso lo istigava non era semplicissimo. mi avvicinai e
gli sfiorai dolcemente le labbra per poi sdraiarmi nuovamente. lo sentii
alzarsi, prese la camicia, che era finita per terra, per poi risedersi
-mettila, comincia a far freddo- mi porse l'indumento, lo presi con
delicatezza. la infilai lasciandola però sbottonata. lo vidi rivestirsi. dopo
poco mi porse anche la biancheria. ci sdraiammo nuovamente, mi stringeva forte,
forse anche lui aveva freddo. sentivo il suo viso sulla mia chioma rossa, il
suo respiro mi confortava. posai l'orecchio sul suo petto, sentivo il battito
del suo cuore, era piacevole. le sue mani erano sotto la camicia e mi
accarezzavano dolcemente la schiena. ci addormentammo in poco tempo. feci di
nuovo quel sogno, cadevo nell'oscurità, di diverso c'era il fatto che più
scendevo, precipitando, più l'aria diminuiva, o meglio, l'aria non entrava nei
miei polmoni, la sentivo sulla mia pelle, sfiorarmi le labbra, ma anche se la
sentivo, non riuscivo a respirare, cercavo di ribellarmi in ogni modo, ma
l'aria non entrava. mi svegliai completamente sudata, nonostante sentissi
freddo. constatai che era notte fonda, l'orologio grande in oro di fronte al
letto, segnava le tre del mattino, che vennero segnate da flebili rintocchi. mi
metteva ansia. respirai profondamente per calmarmi, poi guardai Pierre, che era
addormentato tenendo le mani sui miei fianchi, fui felice nel notare che non mi
aveva lasciata. gli scossi il braccio con una mano. si svegliò immediatamente
-ehi Chocola... che...?- mugugnò con una voce tipica di una persona appena
sveglio. notato il mio viso impaurito, sconvolto. si sedette per poi attirarmi
con un braccio a se -che hai?- mi accarezzo i capelli -qualche ripensamento?-
-no... ho fatto un incubo-
-che tipo di incubo?- lo discostai con una mano chiusa a
pugno
-non...non importa...- abbassai lo sguardo -adesso è tutto a
posto- non so di preciso cosa avessi, ma quel sogno... mi spaventava, non avevo
abbastanza coraggio neanche per raccontarlo ad alta voce.
-dimmi cos'è che ti spaventa- il suo volto, per quanto lo
potessi vedere, era serio e reso maledettamene affascinante dal chiarore della
luna. i suoi lineamenti tesi non nascondevano la fermezza e la serietà che si
concentrava sul suo viso
-ti ho detto che non ha importanza, non me lo ricordo-
risposi sussurrando.
-se c'è qualcosa che ti spaventa, voglio saperlo, capito?-
annuii, mi strinse di più a se, lo sentii darmi un bacio sulla fronte, era
confortevole. me ne diede un altro sulle labbra, a quello se ne susseguirono,
aumentando di intensità e coinvolgimento. mi strinse a se portandomi su di lui,
mi accarezzo un fianco mentre continuava a passarmi le labbra sul collo. lo
sentii spingermi di nuovo sul letto. mi baciò dolcemente il seno facendomi
emettere un flebile gemito, scese con lentezza, spalancai gli occhi, non ero
preparata. lo sentii sfiorarmi con le labbra la mia intimità, strinsi a pugno le
lenzuola percependo il suo tocco delicato che mi accarezzava con le labbra, non
pensavo però, fosse tanto piacevole. tutti i calcoli, i preconcetti, tutte le
paure che avevo, erano errate. quando tornò a baciarmi decisi di abbandonarmi,
lo spogliai senza pudore. non mi importava se l'avevamo fatto solo poco prima,
desideravo mi stringesse ancora, come la prima volta. non pensavo di ottenere
di più. fare l'amore con lui la seconda volta fu molto più piacevole. la
tensione, l'imbarazzo di farmi vedere nuda da lui, la consapevolezza di non
sapere ciò che mi aspettava, erano scomparsi. mi lasciai andare completamente a
quelle emozioni splendide e allo stesso tempo travolgenti. quando venne mattino
ero ancora sveglia, non avevo sonno, forse era solo il timore di rifare quello
stupido incubo. tuttavia, non mi annoiavo, guardavo Pierre dormire serenamente,
gli accarezzavo delicatamente il viso. la fronte, le guance, le labbra...
commenti dell'autore:
allora, era la prima volta che scrivevo una cosa del genere,
ho dovuto leggere molte, moltissime fanfiction prima di scrivere questa, e devo
ammettere che non ne ho seguita nessuna. ho preferito scrivere seguendo la mia
testa e le mie idee, spero comunque che vi piaccia come sta venendo. Vi prego, anzi, vi supplico, scongiuro,
recensite, è importante
bacio Marmelade
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Capitolo 4 *** primi sintomi di un amore difficile ***
primi sintomi di un amore difficile
primi sintomi di un
amore difficile
quando mi
riaccompagnò a casa, vidi Vanilla, Houx e Saul che mi aspettavano preoccupati.
inventammo che, a causa del brutto tempo, avevamo preferito restare a casa di
Pierre. quando se ne andò mi salutò come suo solito baciandomi una guancia.
presi poi Vanilla e la portai in camera, volevo raccontarle tutto, ero felice.
quando entrammo ci sedemmo entrambe ai piedi del letto.
-che mi volevi dire?-
feci il mio sorriso migliore
-ieri siamo stati su
extramondo- sorrise anche lei
-davvero? e siete
stati da mia madre? com'era la città?- era più disinvolta quando si parlava di
quell'argomento
-non siamo stati in
città- mi guardò incuriosita -mi ha portato su uno dei monti rocciosi-
-a far che?-
-mi ha portato in un
castello, era fantastico, anche se faceva freddissimo-
-avete passato lì la
notte?-
-sì, l'idea era di
rimanere fino al pomeriggio, ma volevo restare anche a dormire- mi guardò
affascinata
-deve essere stato
bello- osservò
fissai per un istante
il vuoto -sì, è stato fantastico...- sussurrai ripensando alla notte trascorsa
con Pierre
-che ti prende?- mi
chiese notando la mia espressione inebedita
feci un ampio sorriso
-niente...- quello che era successo sarebbe rimasta una cosa solo mia. mia e
basta.
per il resto della
serata dovetti inventare mille scuse riguardanti il giorno prima. notai che
Robin mi guardava con uno sguardo poco convinto. arrossii impaurita che
scoprisse ciò che era successo con Pierre. era un tipo permissivo quando si
parlava di certe cose, mi preoccupava di più che scoprisse che eravamo stati
sui monti rocciosi. quando tutti se ne andarono mi tornò a guardare
-che è successo
veramente tra te e Pierre?- arrossii, ma ero decisa a non fargli scoprire
nulla, era pur sempre la mia vita privata. incrociai le braccia infastidita
voltandomi
-niente di niente-
si avvicinò a me, che
ero seduta. fece per andarsene, ma si fermò, quando mi fù di fianco, mi mise
una mano sulla testa -spero che tu sappia ciò che hai fatto e che non te ne
penta. non voglio sinceramente sapere dove siete stati- come faceva a saperlo?!
ancora non ne ero perfettamente consapevole io, come faceva a saperlo lui?!
sbuffai indispettita, per poi andare a letto. sotto le coperte desiderai che
Pierre mi fosse accanto, che mi stringesse forte, che mi baciasse... mi
addormentai dopo diverse ore, che spesi a pensare a tutto ciò che mi era
intorno, a ciò che avevo visto, e a quello che mi aspettava quando sarei
diventata regina, una volta compiuti i diciassette anni. quella notte non feci
l'incubo fatto nel castello, ne fui felice, non avrei sopportato di
riaddormentarmi da sola.
il giorno dopo, a
scuola, avevo la testa altrove, non che le altre volte ascoltassi la lezione,
ma ero completamente assente, ignoravo le mie compagne che bisbigliavano mentre
il professore spiegava, ignoravo Vanilla. tutto ciò che mi circondava era
scomparso. continuavo a dondolare incessantemente una penna tra il pollice e
l'indice fissando il banco, ero stranamente nervosa. finite le lezioni non mi
accorsi neanche del tempo che era passato. uscendo vidi il solito gruppo di
ragazze. non so cosa scaturì la mia rabbia, ma qualcosa mi bruciava dentro, mi
avvicinai infastidita con un passo pesante. quando Pierre mi vide, mi venne
incontro. mi circondò la schiena con un braccio sorridendomi gentilmente. ci
allontanammo, non riuscivo a capire perchè fosse venuto, non lo faceva quasi
mai. perchè proprio quel giorno? cos'è che non andava?! la sua visita, la
presenza di quelle tizie, che mi ostinavo a non voler conoscere, mi irritavano
-perchè sei venuto?!-
chiesi brusca. mi guardò, sorpreso dalle mie parole
-hai passato una
brutta giornata?!- chiese infastidito
-no...- aspettai
qualche secondo, in cui abbassai lo sguardo -odio quelle ragazze- sussurrai
senza guardarlo, avevo paura della sua espressione
-questo da quando?-
-da sempre-
-non ci credo, non ti
ha mai dato fastidio la loro presenza. che ti è preso?- sentii la rabbia
montarmi dentro
-tu che ne vuoi
sapere?! non te ne è mai importato niente di quello che penso, ti basta avere
l'attenzione di quelle illuse!- sbottai infuriata, mi resi conto che stavo
urlando solo quando notai che tutti mi stavano guardando. Pierre mi prese per
mano. quando fummo davanti a Vanilla parlò
-ti dispiace se oggi
la porto con me?- chiese calmo
-no... tranquillo-
rispose timidamente. chinai la testa dispiaciuta per quello che gli avevo
detto, non so da dove mi uscirono quelle parole che neanche pensavo. ci
dirigemmo in silenzio verso il centro della città, dove ci fermammo in un bar.
seduti non facevo altro che fissare la tazza di cioccolata calda che avevo
ordinato. lo sentivo che mi guardava incessantemente. le mie guance erano
rosse, ne ero certa.
-allora? non dici
niente?- mi chiese serio, le guance si infiammarono ancora di più. non sapevo
cosa dirgli, il mio orgoglio era più forte della sua rabbia, preferii tacere
-posso sapere che ti è preso?- continuai a non rispondere. lo sentii che mi
prese le mani tra le sue -le pensavi le cose che mi hai detto?- mi chiese
gentilmente
-no...- risposi con
una voce flebile che tradiva l'emozione
-e allora che avevi?-
continuò serio, con una voce ferma
-è che... di solito
mi vieni a prendere solo di sabato e, non ero preparata a vederti con quelle
ragazze... mi sono arrabbiata quando le ho viste che facevano le civette con
te, tu... sei il mio ragazzo, non voglio che qualcun altra ti stia così vicina-
mi giustificai. sentii la sua mano sfiorarmi i capelli
-lo sai che io non
voglio nessun altra apparte te- mi ricordò una di quelle stupide frasi da film
romantico, storsi il naso poco convinta -non ci credi?-
-con una qualsiasi di
quelle ragazze fareste una splendida coppia- osseravai brontolando, non
riuscivo a concepire che cos'era a irritarmi tanto
-quando ti dai una
calmata fatti vedere- sentii la sua voce arrabbiata, spalancai gli occhi. non
volevo che se ne andasse, le mie risposte non volevo lo facessero arrabbiare
tanto da andarsene. prima di alzarsi notò la mia espressione turbata -non
voglio che pensi che io preferisco quelle ragazze a te. sai bene che non è
così, loro sono umane, e non possono darmi tutto ciò che mi dai tu-
-lo so... mi ha dato
solo fastidio vederle fare così con te. è come se lo facesse un altro ragazzo
con me... non ti darebbe fastidio?!-
-cerca di
controllarti la prossima volta...-
sorrisi divertita
-però non mi hai risposto- si alzò infastidito per poi prendermi per mano,
quando uscimmo dal bar tornò a guardarmi
-non permetterò mai a
nessun altro di avvicinarsi a te-
-non vale!- mi
lamentai incrociando le braccia. mi cinse i fianchi
-sì, invece- mi
accompagnò a casa, entrati andammo nella mia camera. lui si sedette su una
poltrona all'angolo della stanza -vieni- mi fece cenno di avvicinarmi, mi prese
tra le sue braccia -hai preso dei cristalli oggi?-
feci comparire dal
mio ciondolo un cuore rosa e due arancioni -guarda che bello questo- accarezzai
con l'indice il cristallo rosa
-già...- li prese e
li rimise nel ciondolo. -hai raccontato a Vanilla ciò che è successo sul monte
roccioso?- lo guardai stupita
-dipende dai punti di
vista-
-il che vuol
dire...?- gli sorrisi
-le ho raccontato del
castello, ma non di quello che è successo tra di noi- feci una pausa -ma Robin
l'ha capito, non so come ha fatto!-
-tipico... tu non sai
mentire!- che impertinente, io sapevo mentire benissimo
-non è vero! ero
credibilissima-
-scommetto che ci
osserva da un po', e alla prima ti sei fatta scoprire-
-tanto non mi
importa, è la mia vita privata!-
-la nostra- mi
corresse. appoggiai il viso nell'incavo del suo collo. sentimmo entrambi la
porta aprirsi. c'era Saul sulla soglia
-resti qui a cena?-
chiese con la sua solita energia, mi sorprendeva come trattasse con tanta
gentilezza Pierre, fin dal primo istante era stato così con lui. lo guardai,
lui ricambiò
-va bene- rispose in
un tono neutrale. quando Saul uscì, lo baciai dolcemente, lo sentii discostarsi
dopo qualche istante. la cosa non mi piaceva affatto. lo guardai con le
sopracciglia aggrottate -non siamo più nel castello, dobbiamo darci una
calmata- rimasi impassibile
-che esagerato. solo
per qualche bacio...-
-io te lo dicevo
solo- ripresi a baciarlo con più delicatezza, lo sentii rispondere. si discostò
nuovamente -perchè non hai raccontato a Vanilla quello che è successo?- vidi il
suo sguardo azzurro fissarmi incuriosito. non risposi. infondo era la mia
migliore amica, era logico che glielo raccontassi, eppure non lo volevo fare
-non è che ti vergogni di dirgli che non sei più vergine?- lo colpii con una
mano. odiavo il suo modo di dirmi le cose in maniera così diretta, non lo
sopportavo. mi bloccò i pugni -rispondimi-
-non glielo volevo
dire e basta!- mi strinse nuovamente a se
-posso farti delle
domande?-
-tipo?-
-ti ho fatto male
quando lo abbiamo fatto la prima volta?- rimasi sorpresa
-un...un po',
all'inizio-
-e la seconda?-
-no...- risposi
sinceramente
-hai voluto farlo
perchè ti sentivi pronta o per far felice me?-
-perchè mi sono
sentita pronta- lo vidi fare un sorriso sarcastico
-sì, certo...- mi
stizzì quella sua frase, non avrei di certo avuto un rapporto con lui se non mi
fossi sentita pronta
-come sarebbe a
dire?!- dicendo quelle parole mi alzai
-voglio dire che era
da tempo che volevo farlo con te, ci siamo baciati più volte. ma bastava che ti
sfiorassi il collo che ti cominciavi ad agitare. non credo che di punto in
bianco ti sei sentita pronta- adesso cominciava davvero a farmi arrabbiare
-credi davvero che
abbia fatto sesso con te solo per farti contento?!-
-credo... non lo so.
nel castello questo pensiero non mi è nemmeno sfiorato, ti conosco, so che non
lo avresti fatto se non te la fossi sentita. ma è da quando siamo tornati che
questa idea mi tormenta- non mi ero calmata, anzi, ero molto lontana dal farlo.
il suo tono era deciso, fermo.
-è questo il punto,
tu dovresti conoscermi!-
-ti conosco infatti,
ma ho paura che tu abbia commesso qualche sciocchezza, sei così...
imprevedibile, non riesto mai a decifrare quello che fai- abbassai il capo
sconfitta, di nuovo il senso di impotenza, la consapevolezza di essere, ai suoi
occhi, una bambina, mi colpì. sentii qualche lacrima solcarmi il viso, non
riuscivo a capire perchè si comportasse in modo così protettivo nei miei
confronti. i ragazzi delle mie compagne di classe non lo facevano. non volevo
un padre come fidanzato. se solo avessi compreso il motivo del suo modo di
agire, allora lo avrei accettato. lo sentii posarmi una mano sulla guancia ma
mi discostai prontamente
-perchè fai così?!-
gli chiesi senza guardarlo
-così come?-
-perchè mi tratti
così? perchè non fai come tutti i fidanzati e non mi lasci agire come voglio?-
cercavo di oppormi alle lacrime con tutta me stessa
-perchè dovrei fare
come tutti quegli idioti che permettono alle loro ragazze di commetere
sciocchezze?!-
-perchè sono io a
chiedertelo! non voglio che mi tratti come se fossi il mio tutore-
-ma io non voglio
trattarti così, non voglio che soffri. preferisco aspettare che tu sia pronta
piuttosto che farti sentire costretta. so che ti senti colpevole poichè ho
diciannove anni, ma ce la faccio ad aspettare- mi sentii sollevata, si avvicinò
cauto a me prendendomi il viso tra le mani -tu per me sei più importante del
sesso, più importante di tutte quelle ragazze- mi fece alzare sulle punte
baciandomi con trasporto. mi srinsi a lui, al mio mondo, felice di quelle
risposte.
-forse... dovrei
raccontare a Vanilla ciò che è successo...- sussurrai con aria colpevole
-non devi se non
vuoi, ma è la tua migliore amica, lei è importante per te, forse ti sentiresti
meglio dicendoglielo- mi abbracciò dandomi un bacio sui capelli.le sue grandi
mani e braccia mi avvolgevano, era una sensazione bellissima
-è che... non so cosa
ne potrebbe pensare, lei è così introversa quando si tratta di queste cose...-
feci una pausa - e poi, mi vergogno a raccontargli ciò che abbiamo fatto-
borbottai con il viso affondato nel suo petto
-non abbiamo fatto
niente di strano- rispose divertito
-Pierre...- lo
richiamai in un sussurro
-dimmi-
mi morsi il labbro
-io ho voluto farlo con te perchè sentivo che era quello il momento giusto, non
me ne sono pentita. te lo giuro-
-bene, ne sono
felice-
commenti dell'autore:
questo capitolo è
stato creato per risolvere dubbi generali. volevo far capire che la storia, sì
è incentrata su Pierre e Chocola, ma gli altri personaggi ci sono ancora.
quando ho scritto "Robin è piuttosto permissivo su queste cose" è
perchè io ho visto sia l'anime che letto il manga, il carattere dei
personaggi è sempre lo stesso e, nel
manga, Robin è un pervertito, nonostante sia innamorato, per questo l'ho
scritto, me lo sono sempre immaginato più permissivo su certe cose che su
altre. la storia è presa dall'anime (sia chiaro)
bacio Marmelade
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Capitolo 5 *** l'incubo del castello ***
l'incubo del castello
Scusate ma avevo
sbagliato la pubblicazione del capitolo, avevo pubblicato il 4 invece che il
terzo, leggete quindi prima il capitolo antecedente a questo
Marmelade
l'incubo del castello
mi ritrovai faccia a
faccia con Vanilla, dopo che la cena era finita e Pierre se ne era andato,
continuava a fissarmi incuriosita
-ecco...io...-
borbottai a testa bassa -non ti ho raccontato proprio tutto quello che è
successo-
-che intendi?
arrossii
violentemente, mi guardai intorno chiedendomi se ci fosse un modo di sfuggire a
quella "rivelazione". tornai a osservare la mia amica -è successa
un'altra cosa nel castello... nel monte roccioso-
-che cosa?- la sua
espressione era gentile e dolce, come sempre. mi sentii in colpa per non
averglielo detto prima.
-ecco... io e Pierre,
abbiamo...- la sua espressione cambiò, da incuriosita diventò stupita, mi
chiesi se avesse capito -fatto l'amore per la prima volta-
-oh.- la vidi sbiancare,
credetti per un istante che le fosse preso un colpo -e... ecco... lui com'è
stato con te?-
-dolce, non l'avevamo
programmato, è successo e basta-
-ha fatto...- fece un
lungo respiro -ha fatto male?-
-solo all'inizio,
dopo poco no- rimanemmo in silenzio per qualche istante -non dici niente?-
-chocola...- mi
guardò apprensiva -non è che l'hai fatto solo perchè lo voleva Pierre?-
rimasi irritata da
quell'affermazione -certo che no! io lo amo davvero, ma non ho perso la mia
verginità per fargli piacere. l'ho fatto perchè in quel momento era ciò che
desideravo di più, e lo voglio ancora. non me ne sono pentita-
mi sorrise -bene,
sono felice per te- sussurrò, abbassò lo sguardo
-Vanilla?- lei mi
guardò
-dimmi-
-oggi... ti sono
sembrata strana quando ho visto Pierre a scuola?-
-un po'... ma che ti
è preso? non ti ho mai vista così nei suoi confronti...-
gli occhi mi
diventarono lucidi -lo so... non so cosa avessi, quando ho visto quelle ragazze
girare intorno a Pierre, mi sono infuriata-
-ma dovresti essere
abituata a tutte le ragazze che gli girano intorno-
-lo sono, non so cosa
avessi ieri...-
-Pierre che ti ha
detto quando ti ha portata via?-
-mi ha chiesto cosa
avessi, e mi ha detto che per lui ci sono soltanto io- fece un sorriso dolce
-è stato carino a dirtelo-
sorrisi anche io
-già, hai ragione...
non me lo meritavo... quelle cose che gli ho detto io... non le pensavo-
-sono sicura lui
l'abbia capito...- restammo per qualche ora a parlare nella sua stanza, finchè
non vidi che era insonnolita. rientrai nella mia camera mettendomi sotto le
coperte. sentii la finestra aprirsi. mi
voltai allarmata finché non lo vidi, richiuse la finestra alle sue spalle,
notai il cappotto pieno di neve e i capelli biondo cenere bagnati. si avvicinò
a me sedendosi sul letto, gli posai una mano sulla testa
-che ci fai qui?- gli
chiesi in un sussurro.
-avevo voglia di
vederti...- mi baciò dolcemente
-ma non eri tu a dire
che ci dovevamo dare una calmata?!-
-esagerata. per un
bacio- mi rimbeccò imitandomi -e poi non posso perdere tutto il mio contegno
con te...- mi diede un altro bacio leggero -non qui dentro almeno- riprese con
più passione
lo fermai per qualche
istante -perchè non puoi?- mi passò le labbra sul collo, sfiorandolo, il che mi
provocò il solletico facendomi ridere
-perchè se ci
scoprissero faremmo la figura degli idioti, il responsabile tra noi due sono
io, sembrerei il ragazzo cattivo che entra dalla finestra, e poi, non credo che
Houx o Saul mi farebbero più avvicinare a te-
-e tu glielo
permetteresti?-
-certo che no, ma non
voglio avere problemi per vederti- riprese a baciarmi sulle labbra -e poi... ti
basta aspettare fino a sabato-
-con
quell'affermazione vorresti dire che io non sono responsabile?!-
-esatto- mi sorrise
per poi sdraiarsi facendomi poggiare sul suo petto. mi sfiorai con l'indice le
labbra rosse per i baci, arrossii -come ha reagito Vanilla?- mi chiese
indifferente
-quando gliel'ho
detto è sbiancata, ma ha capito, si è solo preoccupata se lo avessi fatto solo
per te- infondo era prevedibile la intimorisse che fossi stata con lui per
fargli piacere, ma non era così, io avevo davvero desiderato quel rapporto
-quando pensi potremmo tornare sul monte roccioso?-
-non lo so...- mi
strinse a se dolcemente -domani sarà il tuo ultimo giorno di scuola...-
-passiamo la giornata
insieme?-
-voglio starmene un
po' a casa a risposarmi. ci vediamo domani sera, ti porto a cena fuori- sorrisi
allegra
-dove?!- ero felice
di passare una serata, fuori, con lui
-non lo so, vestiti elegante-
mi alzò il viso dandomi un altro bacio -ora vado, dormi- poggiai la testa sul
mio morbido cuscino a forma di cuore.lo vidi uscire, chiusi gli occhi
rilassata. neanche quella sera feci l'incubo. non avevo ancora raccontato a
nessuno cosa avevo sognato, non avevo raccontato a nessuno di aver fatto
quell'incubo, se non a Pierre. mi chiesi se non era quel castello a provocarmi
quei sogni, ero decisa a scoprirlo. sarei tornata sul monte roccioso, avrei
passato la notte lì e avrei scoperto se era quello a farmi venire gli incubi.
pochi giorni dopo
raccontai a Pierra, Vanilla, Robin e i gemelli, che avrei passato la giornata a
palazzo. arrivata su extramondo volai verso i monti con cui ero stata con
Pierre. feci mille giri prima di trovare il castello in cui ero stata poco
tempo prima. entrata fui felice di vedere che il salone principale e la camera
da letto erano messi decentemente. mi ero portata dietro da mangiare, provaia a
rifare l'incantesimo del fuoco che aveva fatto Pierre. unii le mani e provaia a
concentrarmi in tutti i modi, quando sentivo il calore, l'energia, entrarmi
dentro, improvvisamente spariva. mi diressi verso la camera, nonostante non
riuscissi a creare un fuoco, riuscii ad accendere le candele senza problemi.
faceva davvero troppo freddo. avevo il cappotto bagnato, che tolsi
malvolentieri insieme agli stivali. mi lascia addosso i pantaloni pesanti che
avevo indossato e il maglione. mi misi sotto le coperte. appoggiando la testa
al cuscino sentii l'odore di Pierre, sorrisi. mi rannichiai portando le gambe
al petto. indulgiai nel chiudere gli occhi, alla fine decisi che era venuto il
momento di scoprire cosa causasse quegli incubi. mi addormentai, e in poco
tempo, come previsto, iniziai ad agitarmi nel letto. precipitavo, niente che mi
trattenesse, non c'era nessuno, non respiravo. ma sembrava che più volte
facessi quel sogno, più le cose peggioravano. di differente, c'era che,
precipitando, vedevo uno spiraglio di luce... che si allontanava, sempre di
più, e io che allungavo le braccia per prenderlo, ma era sfuggente. non sapevo
più cosa fare, ero conscia fosse un sogno, mi sarei dovuta svegliare. in
qualche modo pensavo di morire. non respiravo, e per quanto mi ribellassi, la
situazione non cambiava. mi svegliai nel buio, il respiro affannato, il solito
orologio che mi intimoriva. mi alzai agitata infilandomi il cappotto e gli
stivali, non mi interessava fosse notte, volevo andarmene, fuggire da quel
posto che tanto mi aveva resa felice e che allo stesso tempo mi faceva stare
male.
tornai a casa
piangendo, era notte fonda. le lacrime scendevano ininterrottamente. avevo gli
occhi gonfi, li asciugai prima di entrare a casa. appena aperta la porta
constatai che dormivano tutti, non avevo svegliato nessuno. andai in camera, mi
spogliai per poi mettermi il pigiama. appena fui nel letto ricominciai a
piangere, mi sentivo vuota e non capivo il perchè. sapevo di non riuscire a
riaddormentarmi da sola dopo aver fatto quel sogno, eppure lo speravo. avevo
mal di pancia ed ero, nonostante si gelava, completamente sudata. uscii
nuovamente dalla finestra, sarei andata da Pierre, non riuscivo a stare da sola
in una situazione come quella, e se fossi andata da Vanilla, di sicuro si
sarebbe accorta che c'era qualcosa che non andava. cominciai a bussare alla sua
porta finché non mi aprì -chocola, che ci fai qui?-
-posso restare con te
stanotte?- sussurrai infreddolita.
commenti dell'autore:
ecco un altro
capitolo, spero vi piaccia. fatemi sapere.
(non so cosa scrivere
^-^)
baci Marmelade
|
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Capitolo 6 *** scoperte ***
scoperte
scoperte
mi fece entrare
-che è successo?- non
sapevo cosa raccontargli -mi rispondi?!- la sua voce era gentile, come sempre
-lo dovevo immaginare che non saresti andata a palazzo- non mi chiesi come
faceva a saperlo
-sono stata sul monte
roccioso- sussurrai. entrammo entrambi in camera, dove mi fece svestire e mi
diede una sua maglietta, azzurra a maniche lunghe. mi stava decisamente male.
-ho fatto un incubo e non riuscivo ad addormentarmi-
-lo stesso che hai
fatto quando ci siamo stati insieme?-
mentii -no...- si
sdraiò vicino a me, abbracciandomi. mi chiesi se forse quei sogni li avevo
poiché c'erano stati i malefici -tu... sei sempre stato bene in quel
castello?!-
-sì... non ho mai
avuto problemi di nessun genere- lo vidi mettere un braccio dietro la testa
-perchè ci sei voluta tornare?- non risposi, non sapevo che inventarmi, non
volevo si preoccupasse per le brutte notti che, mio malgrado, passavo -che hai
stasera?! non rispondi a nessuna delle mie domande-
-te l'avevo detto,
volevo tornarci- mi giustificai con la voce titubante
-dimmi la verità, tu
volevi tornarci con me. sei stata tu a dirlo, è il nostro posto- mi irrigidii
-non è detto che ci
dovevo stare con te-
si alzò mettendosi
seduto, facendo alzare poi anche me -si può sapere che hai in questi giorni?!
mi fai una scenata davanti alla tua scuola senza neanche un preciso motivo, te
ne vai raccontando a tutti una bugia, per poi presentarti qui a notte fonda e
neanche mi vuoi dare spiegazioni, se non altre bugie! che ti succede?- era
infuriato con me, non capivo perchè se la prendesse tanto
-non ti devo
raccontare tutto ciò che mi succede nella vita! volevo andare di nuovo sul
monte roccioso, che c'è di strano?!-
-c'è di strano che
non hai mai fatto così. e vederti a notte fonda che vieni a casa mia perchè non
riesci a dormire per un sogno non è da te, tu non sei il tipo da spaventarti
tanto per un incubo, mi fai preoccupare. ho bisogno di sapere che sta
succedendo- mi parlò con voce ferma e decisa
-non succede niente
Pierre... mi dispiace di averti fatto preoccupare, ma non c'è niente che non
va- gli risposi in un sussurro. mi strinse forte a se
-non
ci credo. ma non ti posso costringere- si appoggiò alla testata del letto, mi
addormentai tra le sue braccia. la mattina dopo mi ritrovai sola, guardandomi
attorno vidi Pierre di fronte a letto che portava la colazione su un vassoio.
si avvicinò lentamente a me posandomi la portata sulle gambe -buongiorno- mi
sorrise
-ciao- mi avvicinai
al suo viso sfiorandogli le labbra
-ti ho portato una
cioccolata e biscotti vari- presi un sorso di cioccolata e mangiai qualche
biscotto, niente di più. -non hai fame oggi?- mi chiese serio, era poggiato con
le spalle alla grande finestra, le braccia incrociate
-non molta...- vidi
entrare uno dei domestici che portò via il vassoio, mi appoggiai allo schienale
-posso passare la giornata da te e dormire qui anche stasera?- lo vidi annuire
con un sorriso felice, anche se faceva di tutto per non mostrarlo
-vado ad avvetire
Robin, vieni con me?- feci un cenno di dissenzo. quando uscì mi alzai e
constatai la mia posizione in fatto di abbigliamento, non ne rimasi toppo
contenta. andai nel bagno, della camera di Pierre, aprii i rubinetti della
vasca mettendoci dentro il bagno schiuma, mi spogliai per poi immergermi, feci
un incantesimo così che la schiuma aumentasse. ripensai alla sera precedente,
quando stavo con Pierre, per quanto tragica potesse essere la situazione, io mi
sentivo bene quando ero con lui. dopo qualche secondo, o forse minuto, vidi la
porta aprirsi. di istinto mi immersi ancora di più nella grande vasca. lo vidi
sulla soglia con dei vestiti in mano -Vanilla mi ha dato qualcosa che ti puoi
mettere- mise i capi su uno sgabellino accanto al lavandino in marmo
-va bene- sorrisi
rilassata chiudendo gli occhi, lo sentii avvicinarsi, lo guardai sorpresa
-che...che stai facendo?-
mi accarezzò una
guancia con due dita -volevo darti un bacio- si avvicinò baciandomi dolcemente
la fronte, arrossii -ti va di uscire dopo?-
-sì- rimasi ancora,
per una buona mezz'ora,immerasa. finito di lavarmi uscii per poi vestirmi con
ciò che mi aveva dato Vanilla, un paio di pantaloni neri, degli anfibi e un
maglione leggero verde scuro. asciugai i capelli con la magia, finito iniziai a
pettinarli, notando che erano ribelli e che non si lisciavano, tornai nella
stanza con i capelli mossi. lo vidi avvicinarsi a me mettendomi una mano sulla
testa, arruffando le mie ciocche rosse - smettila!- lagnai scostandolo da me.
fuori la neve non
sembrava intenzionata a smettere di cadere, nonostante fosse leggera. mi
strinsi a Pierre che mi cingeva la vita con un braccio. passeggiammo
allegramente finché non vidi in lontananza una figura familiare. non me ne
preoccupai finché non fu vicina, la
vidi sorridere a Pierre,
lui ricambiò. sinceramente, in quel momentl, non capii cosa stesse succedendo
-buongiorno, come
stai?- lo sguardo di Pierre era gentile, e anche lui sembrava mostrare
interesse come me
-ciao Pierre, è da un
po' che non ci vediamo- osservò la figura con un tono dolce. notai le gambe
slanciate, i capelli lunghi e i boccoli castani, gli occhi che mostravano una
grande forza e del carattere, la sua voce mi colpì come un fulmine a ciel
sereno, non poteva essere altri che Yurika, si voltò e mi guardò anche lei
-ciao Chocola, non sei cresciuta molto- i suoi riferimenti all'altezza e
all'età non mi erano troppo indifferenti, chiusi le mani a pugno
-a Pierre vado bene
così...- risposi irritata. mi pentii immediatamente di quella frase, io non ero
di certo una bambola, che se non ti piace la cambi. Pierre mi amava per come
ero io, non per il mio aspetto. li vidi parlare come se fossero due vecchi
amici che si rincontravano. una fitta di dolore mi colpì al petto, non capivo
cosa mi succedesse. mi veniva da piangere, la mia reazione era stupida e
insensata, in cuor mio lo sapevo, ma allora perchè reagivo in quel modo, cosa
c'era che non andava?! conoscevo entrambi, sapevo che erano semplicemente
amici. forse neanche quello, ma allora perchè? sentii Pierre darmi una leggera
pacca al fianco, dove aveva posato la mano, circondandomi la vita -eh?-
-andiamo?- notai che
Yurika si stava allontanando
-sì- risposi
distrattamente guardando quella figura andarsene, era decisamente bella, lo era
sempre stata, anche se non era uguale a quando l'avevo conosciuta. i capelli
erano sciolti, non più fermati dal nastro azzurro che tanto mi era familiare,
era più alta e il suo viso più... adulto, anche se era sempre stata una piccola
donna.
-tutto a posto?- mi
chiese il ragazzo che mi era di fianco con un tono sull'ovvio
-sì, perchè me lo
chiedi?!- domandai brusca
-sembravi scioccata
quando l'hai vista- sorrise divertito
-mi lascia del tutto
indifferente la sua presenza- mi diede un bacio sulla guancia
riprendemmo a
camminare -mi ha sorpreso quella risposta-
-quale?-
-quella che hai dato
a Yurika-
ero infastidita e non
sapevo il perchè -era la verità no?! io ti vado bene così come sono. e se mi
sbaglio, puoi anche andartene da lei-
-comincia a irritarmi
questo tuo comportamento- mi disse serio
-e allora perchè non
torni da lei?! magari il suo modo di fare tutto zucchero ti piace di più- mi
diedi mentalmente dell'idiota. continuammo a camminare in silenzio, sentii
Pierre togliere il braccio che cingeva i miei fianchi, ne rimasi delusa
-vuoi tornare a
casa?- il senso di colpa prese possesso di me, non facevo altro che trattarlo
male, e tutto per quei sogni che mi rendevano nervosa e quell'insicurezza su di
noi ogni volta che lo vedevo con qualcun altra, che complicava il nostro
rapporto in modo tremendo. si fermò, bloccando anche me -mi rispondi?- abbassai
lo sguardo
-no, voglio passare
un po' di tempo fuori con te- lo sentii baciarmi dolcemente, gli avvolsi le
braccia intorno al collo alzandomi in punta di piedi -ti amo, mi dispiace se
reagisco così in questi giorni-
sorrise -dove la
trovo un'altra come te?!- risi divertita
-perderesti solo
tempo- mi cinse nuovamente la vita ricominciando a passeggiare -mi compri una
crep alla cioccolata?- gli chiesi innocente
-certo- mi comprò ciò
che gli avevo chiesto -buona?-
lo guardai
porgendogli ciò che avevo in mano -vuoi?- mi sorrise
-no, grazie-
continuai a mangiare serena -dopo prenderò un té-
annuii -quand'è che
hai visto Yurika l'ultima volta?-
-qualche settimana
fa- rispose distrattamente
-perchè non me l'hai
detto?-
-credevo non ti
interessasse- mi guardò, diedi un altro morso alla mia crep
-è diventata molto
bella- sussurrai mentre sentivo la sua mano avvicinarmi di più a lui
-già... lo è sempre
stata- rimasi stizzita dall'ultima frase, ma cercai di fare l'indifferente,
infondo aveva ragione -non è niente a paragone con te-
mi girai verso di lui
sorpresa -che vuoi dire?!- chiesi impaziente, non so perchè lo fossi
-voglio dire che per
me tu lo sei molto di più- il modo in
cui lo disse era naturale
-lo so, lo so!- mi
vantai ma, per quanto non lo dimostrassi, ero felice di quel complimento. mi
diede un buffetto sul fianco facendomi il solletico. passammo la giornata a
bazzicare in giro per la città. di sera mi venne in mente l'idea più assurda
del mondo per farmi perdonare, ma per quanto fosse assurda, volevo provarci. lo
costrinsi ad andare nel suo studio. entrati si sedette sul grande divano
attirandomi a sé, baciandomi con dolcezza -no, no, fermo!- mi rialzai, lui mi
guardò stupito
-che ti prende?-
-voglio che resti qui
finché la cena non è pronta- alzò un sopracciglio
-e perchè?-
-lo scoprirai. tu
resta qui, io vado in cucina- chiusi la porta alle mie spalle, senza
preoccuparmi se ci fosse rimasto male. arrivata nella grande sala della cucina
parlai -attenzione!- li richiamai con la mia voce squillante e un sorriso
allegro sulle labbra -stasera preparo io la cena per il principe Pierre- mi
guardarono stupiti, ormai mi conoscevano tutti da anni, sfociarono in una
grande risata. misi il broncio. sotto molte suppliche accettarono di farmi
cucinare sotto la supervisione di qualcuno, qualche impavido che aveva del
coraggio. combinai molteplici disastri, ma riuscii comunque a fare qualcosa di
semplice e commestibile. arrivata l'ora di cena uscii dalla porta che dava
sulla sala da pranzo con un grembiule a quadretti rossi e bianchi. a ripensarci
forse ero un po' ridicola. lo vidi seduto a capo tavola. mi avvicinai con una
portata in mano
-che hai combinato?-
mi chiese divertito
-la cena- in risposta
ovvia. lo servii sorridente
-e perchè l'hai
preparata tu?- domandò una volta che ero seduta
-oggi sono stata
cattiva con te, mi volevo far perdonare-
sorrise divertito -è
commestibile?-
lo guardai irritata
-è ovvio che lo è! e poi i tuoi domestici non si fidano, quindi mi hanno fatto
cucinare sotto la supervisione di qualcuno- sbiascicai l'ultima frase
-sagge persone-
borbottò, non gli risposi.
durante il pasto lo
vidi mangiare serenamente, non fece smorfie di disgusto grazie a dio. di certo
non avrei più preparato la cena per lui, e se lo avessi fatto allora sarebbe
stata una rarissima occasione. non ero il tipo che aspettava il marito a casa e
che gli preparava la cena solo per compiacerlo.
-ti è piaciuta?-
chiesi impaziente
lo vidi fare un
sorriso -sì, molto-
mi avvicinai a lui,
che era ancora seduto -davvero?- annuì, mi sedetti sulle sue gambe, fiera della
sua risposta muta -bhe, non ti aspettare succeda ancora- mi strinse a se
attirandomi con una mano
-tranquilla, non
voglio una ragazza che mi prepari ogni giorno la cena- mi baciò con dolcezza
-meglio...- gli
sussurrai sulle labbra. intrecciai le mani ai suoi capelli, per poi riprendere.
lo sentii sollevarmi, distaccandomi da lui constatai che mi aveva presa in
braccio, cominciò a camminare -dove mi porti?- domandai titubante
-in camera- rispose
impassibile, mi chiesi come facesse a sostenere il mio peso in modo così
naturale, come se fossi una piuma. mi sorrise -spero non ti dispiaccia-
arrossii vistosamente ma mantenni le sopracciglia aggrottate
-no...- dissi
indifferente, anche se, ovviamente, non lo ero. appena arrivati mi poggiò sul
letto delicatamente. ero a disagio, non mi ero mai trovata in una situazione
del genere, o meglio, sì mi ci ero trovata, ma non ne ero consapevole, ne ero
vittima. mi sorrise
-che hai?- mi
allontanai da lui mettendomi al centro del grande letto
-niente- si sedette
accarezzandomi con lo sguardo
-vieni- mi avvicinai
a lui con estrema lentezza -hai paura?-
mi ritrovai
imprigionata tra le sue braccia -e...di che cosa?-
-non lo so... dimmelo
tu- aveva un tono di voce gentile, dolce. lo guardai negli occhi con nuovo
coraggio che mi naque dal cuore.
-non potrei mai avere
paura di te, neanche se dovessi farmi del male- sussurrai passando le labbra
sulle sue. mi strinse portandomi sulle sue gambe, senza lasciarmi un attimo.
sentivo le sue mani sulla schiena, che mi accarezzavano. mi tolsi il
maglioncino in modo impacciato arrossii nel vedere che stava osservenado i
miei, poco aggrazziati, movimenti, mi guardò ridendo per poi riprendere a
baciarmi. mi tolse anche i pantaloni e il grambiule che ancora indossavo, mi
sentii imbarazzata per non averlo tolto prima. gli tolsi la maglietta
lentamente, lo sentii spingermi sotto di lui, ero di nuovo impotente, ma, in
qualche modo, che ancora non comprendevo, quel senso di impotenza, il sentirmi
sempre e comunque parte di lui, come se dipendessi da un qualche suo particolare
gesto, mi piaceva, mi piaceva e mi spaventava. gli tolsi gli ultimi vestiti
rimasti. mi baciò con delicatezza le gambe, per poi passare all'interno coscia.
rabbrividivo a ogni sua carezza, ogni suo tocco. tolse anche la biancheria. mi
strinse a se portandomi sopra di lui. lo abbracciai intrecciandogli le braccia
al collo. mi sentii una completa incapace, mi feci guidare dalle sue mani che
mi tenevano per i fianchi, che facevano sì che io stessi stretta a lui, come in
una morsa, ma più piacevole. mi sfuggì un gemito quando entrò in me. mi
distaccai guardandolo negli occhi cristallini per poi riabbracciarlo,
sentendomi protetta, amata. capii che con nessun altro avrei mai potuto
rivivere le stesse forti emozioni che provavo con Pierre. perchè io avevo bisogno
di lui, dipendevo da lui.
commenti dell'autore:
in questo capitolo ci
tengo davvero molto alla vostra opinione. non prendetemi per una matta, anche
se ne avreste tutte le ragioni. l'idea della cena mi è venuta in mente con una
puntata di una mamma per amica, in cui Rory prepara per il suo fidanzato una
cena anni 30, non ho copiato l'idea, mi sono solo ispirata. il carattere di
Chocola e Pierre non è assolutamente cambiato.
chocola continua ad
essere la pazza scatenata che fa quello che vuole, volevo solo evidenziare come
sia cambiata (quando si arrabbia) dopo i sogni. lo so che sembra che sia
incinta con i continui sbalzi di umore, ma non vi allarmate, non lo è, non sono
così fuori di testa. Pierre non ha cattive intenzioni quando la porta in camera
con se. l'ho scritto solo per spostare la scena da qualche altra parte, e la
camera mi sembrava la più adatta, e per far prendere l'iniziativa a Pierre,
decide sempre tutto Chocola!!
mi raccomando voglio
sapere che ne pensate! un ultima cosa, quando Chocola dice "dipendevo da
lui" non è il significato letterale, volevo dire che lei è talmente presa
da questo amore che pur di tenerselo combatterebbe con le unghie e con i denti
e non ce la farebbe senza, si sentirebbe vuota, poichè Pierre le da tutto ciò
di cui ha bisogno.
bacio Marmelade
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Capitolo 7 *** non respiro ***
non respiro
non respiro
mi svegliai nel
grande letto di Pierre leggermente intontita. vidi le tende della finestra
accostate, notai che era buio. posai lo sguardo su Pierre, era sveglio.
-Pierre...- lo
richiamai in un sussurro
si girò verso di me,
che ero completamente avvolta dalle lenzuola e le coperte, messe in disordine
-come mai sei sveglia a quest'ora?- mi misi seduta tenendo un lenzuolo per
coprirmi. portai una mano alla fronte, scostando una ciocca indiscreta che si
era posata sul mio viso
-fa freddo...-
continuai con la voce flebile. mi prese tra le sue braccia, le mani sui capelli
e sul viso, alzò le coperte fino a coprirmi sulla spalla
-meglio?-
-s-sì- portai le mani
sulla sua schiena, cercando di farmi stringere il più possibile
-hai fatto di nuovo
un incubo?-
-no, sto bene-
aspettai qualche istante -dopo quanto mi sono addormentata?-
-appena ti sei
poggiata sul mio petto- ricordai improvvisamente la notte trascorsa con Pierre
-si vede che avevi davvero molto sonno-
-no... è che quando
mi prendi tra le braccia, mi rilasso-
-ho notato...-
sorrise -vuoi che ti dia qualcosa per coprirti?-
-no, stò bene così-
-io mi rivesto- si
rimise i pantaloni per poi sedersi sul letto. si mise anche la maglietta.
ammirai i suoi bei lineamenti -vorrei mi raccontassi degli incubi che hai
avuto- era girato di spalle, mi sorpresi della sua affermazione
-che c'entrano adesso
i miei incubi? e poi li ho solo avuti due volte- risposi a tono, anche se non
volevo
-hai sognato sempre
la stessa cosa vero?!- abbassai il capo quando lo vidi girarsi per osservarmi
-ci stavo pensando prima, finché non ti sei svegliata. sei strana in questi
giorni, sono quei sogni a renderti nervosa?-
-sì, a volte. ma...
non sono solo quelli-
-e allora che cos'è?-
mi chiese avvicinandomi
-sono successe tante
cose. e... il giorno dopo che avevamo passato la notte insieme, mi infastidiva
vederti con altre ragazze. e poi, quando ho visto Yurika, che è bella, alta
e... ha un carattere fatto per te, mi sono sentita inadatta- il suo sguardo
rimaneva deciso. mi intimoriva
-non ci credo- si
avvicinò veloce prendomi per i polsi -perchè ti ostini a non volermi dire la
verità?!-
-questa è la verità-
sussurrai sentendo la presa di Pierre aumentare fino a farmi male. qualche
lacrima scese dai miei occhi. si alzò dal letto lasciandomi
-non voglio stare con
una bugiarda!- mi comunicò andandosene. iniziai a piangere trovandomi da sola
nel letto. le lacrime aumentavano e io, che ero raggomitolata con le gambe al
petto, mi sentii sprofondare. l'oscurità mi avvolse ancora una volta,
precipitavo, niente che mi tenesse, non c'era nessuno, non respiravo. Pierre mi
aveva lasciata, mi sentivo vuota, come se il cuore mi avesse abbandonato.
mi svegliai urlando,
vidi Pierre di fronte a me che mi guardava proccupato -Pierre...- sussurrai
come nel sogno. mi strinse a se, facendomi sedere. mi guardai intorno ancora
stordita, solo dopo realizzai che quello di poco prima, era solo un sogno. lo
abbracciai intrecciandogli le braccia al collo, piangevo di disperazione,
poiché l'incubo si era ripresentato nonostante non fossi nel castello. eppure
fui felice di sapere che Pierre non mi aveva mai, veramente, lasciata.
-stai meglio?- mi
chiese dolcemente continuando a stringermi forte
-sì...-
-che hai sognato?- non
risposi, volevo solo godermi la sua presenza -Chocola, raccontami cosa hai
sognato- mi ordinò secco
-mi svegliavo, poi tu
ti sei arrabbiato e mi hai detto che non volevi stare con una bugiarda. poi mi
hai lasciata da sola a piangere- raccontai frettolosamente. ci risdraiammo
entrambi. prese ad accarezzarmi delicatamente il viso
-era solo un incubo-
abbassai lo sguardo. lui, puntandomi due dita sotto il mento, mi guardò negli
occhi -era solo un incubo, chiaro? io non ti lascerò mai sola, te lo prometto-
mi strinsi al suo
petto -era tutto così reale...- sussurrai spaventata -ti amo- gli dissi con
voce tremante
-anche io ti amo- mi
rassicurò serio, era piacevole sentirlo, erano così rare le volte in cui me lo
diceva
-grazie...-
-perchè mi ringrazi?
lo sai che è così...- risi divertita baciandolo ripetutamente sulle labbra
-perchè ti davo della bugiarda nel sogno?-
-mi avevi chiesto se
erano i sogni a rendermi nervosa, io ti ho risposto di sì, ma c'erano anche
altri motivi, te li ho spiegati, e tu mi hai risposto che non ci credevi e mi
hai detto che non volevi stare con una bugiarda, lasciandomi a piangere sul tuo
letto- risposi tutto d'un fiato
-gli incubi che fai
ti spaventano parecchio vero?- chiese serio
-sì... mi fanno stare
male-
-hai sognato sempre
la stessa cosa?- aspettò qualche istante per poi aggiungere -rispondi
sinceramente-
-sì, ma peggiorano di
volta in volta- gli circondai la schiena con un braccio
-niente può farti del
male nei tuoi stessi sogni. niente può farti del male se ci sono io- lo sentii
stringermi a se più di quanto già non facesse
-questa notte mi sono
addormentata subito?-
-sì... nonostante
fosse molto presto-
-e tu che hai fatto?-
-ti ho guardata
dormire finché non ho ceduto anche io- mi alzai mettendomi la maglietta che mi
aveva prestato il giorno prima per dormire per poi riaccomodarmi tra le sue
braccia, guardai il soffitto fissando il vuoto. lo sentii giocherellare con una
ciocca dei miei capelli.
-Yurika è ancora
innamorata di te?- lasciò i capelli
-è diventata una
fissazione...- si lamentò infastidito
-e dai...
rispondimi!-
-suppongo di sì-
-deve odiarmi
parecchio- osservai in un sussurro
-perchè dovrebbe?
ormai se ne sarà fatta una ragione-
-lo so però, voi due
vi conoscevate da prima che arrivassi. poi io ti ho trattato male quando ci
siamo incontrati, poiché non volevo innamorarmi di te. insomma, per lei deve
essere dura, ti ha sempre ammirato, rispettato, ha difeso anche me pur di farti
piacere, ha sempre cercato di fare una buona impressione, poi vede arrivare me
di punto in bianco a soffiargli il ragazzo di cui è sempre stata innamorata, e
continua a sopportare in silenzio- spiegai poggiandomi sui gomiti per guardarlo
-io non sono il
ragazzo giusto per lei- rispose impassibile
feci una smorfia a quell'affermazione
che ritenevo particolarmente esatta -certo che non lo sei! tanto per cominciare
tu sei il mio fidanzato!- si giro verso di me per guardare la mia espressione
stizzita. lo vidi fare un ghigno divertito nel sentire le mie ragioni -poi lei
è umana e poi è troppo composta per stare con un tipo come te, vi annoiereste a
morte insieme!-
-perchè, che tipo
sono io?!-
-tanto per cominciare
sei tutto precisino, sei estremamente serio, per non parlare di quanto sei
noioso, e poi fai qualcosa che uno non si aspetta all'improvviso. se non ci
fossi io...- elencai contando sulle dita. gli dissi quelle cose a posta,
facendo una faccia indifferente, come se ci credessi io stessa
-dici che sarei un
ragazzo disperato se non ci fossi tu?-
-sìsì, secondo me non
riusciresti a vivere- osservai tanto per vedere la sua reazione
-così io sarei noioso
eh?- mi chiese prendendomi i polsi e portandoli sopra la mia testa -e
precisino, e serio- arrossii vistosamente
-esatto, ti sciogli
solo quando sei con me, con le altre persone sei così- risposi con le
soppracciglia aggrottate
-non pensavo mi
ritenessi noioso-
-no, bhe... magari
noioso no, però sei certamente un precisino serio- proseguii ribellandomi alla
sua presa. si alzò rivestendosi, questa scena era troppo uguale a quella del
sogno, così mi alzai anche io
-sai, io sono serio e
preciso solo perchè ho una ragazza che non lo è- si difese con un sorriso
beffardo
-saresti così anche
se io fossi come Yurika- continuammo a battibeccare sullo stesso argomento per
una buona parte della mattina
-ti riporto a casa-
mi annunciò sfiorandomi la punta delle labbra
-va bene...- andammo
volando, mi piaceva sentire l'aria che mi passava sul viso. arrivati mi salutò
sulla porta. non ero calma, per niente. Pierre mi aveva detto che non mi
sarebbe mai accaduto nulla di male quando fossi stata con lui. ma quando se ne
sarebbe andato che avrei fatto?! entrai agitata, sapevo che gli incubi potevano
tornare sempre, non ero più al sicuro. mi sedetti sul divano, tra Houx e Saul
-tutto a posto? ti
sei divertita da Pierre?- mi chiese alzandosi per prendere dei croassan che
aveva appena fatto, li adoravo.
-sì, molto. però ho
fatto un incubo, quindi non ho dormito troppo bene- li informai appoggiando la
testa su un cuscino
-sai, oggi abbiamo
rivisto Yurika- subentrò Vanilla, che era seduta su di una poltrona
-l'abbiamo vista
anche noi ieri- risposi secca
-è diventata
bellissima- feci una smorfia -abbiamo anche parlato, ci ha detto che era felice
di vedere spesso Pierre, e di aver tenuto così stretti i rapporti- una nuova
fitta di dolore, intensa, mi colpì al petto
-Pierre e Yurika si
sono visti l'ultima volta qualche settimana fa, i loro rapporti non sono
stretti e non si vedono così spesso!- vidi tutti guardarmi sorpresi dal modo in
cui dissi quelle mie parole, che erano venute fuori tanto male.
-a noi ci ha detto
che si vedevano molto spesso- sentii il cuore rosa, che era di un colore così
intenso da sembrare rosso, farmi male. mi alzai guizzante uscendo. raggiunsi
nuovamente la villa di Pierre. arrivata cominciai a bussare con una tale furia
da spaventare i passanti. le lacrime scendevano ininterrottamente dai miei
occhi. quando aprì mi fiondai su di lui, colpendolo con dei deboli pugni sul
petto, mentre il fiato veniva reso debole dal pianto, che affievoliva anche il
mio poco contegno. mi fermò prendendomi i polsi con una mano e attirandomi a se
con quell'altra -tu sei un bugiardo- sussurrai tra i singhiozzi che mi
smorzavano il fiato
-che è successo?-
chiese con quella sua bellissima voce, maestra dell'inganno
-sei un bugiardo!-
ribadii allontanandomi il necessario per poterlo guardare negli occhi -tu mi
hai fatto credere di amarmi, quando invece stavi solo giocando con me! sei un
bugiardo, solo un bugiardo, non voglio più vederti!- realizzai in quell'istante
che stavo facendo quella scenata solo perchè Pierre aveva incontato un'umana,
che non avrebbe mai potuto amare, senza dirmelo. realizzai in quel momento
della sofferenza che stavo procurando a entrambi, ma per qualche strana
ragione, non riuscivo a fermarmi
-mi spieghi che
diavolo ho fatto?!-
-tu hai incontrato
spesso Yurika- sussurrai con la testa china -senza dirmelo, mentendomi dicendo
che l'avevi vista molte settimane prima-
-ti ho detto la
verità, io l'ultima volta che l'ho vista è stato settimane fa- le lacrime
ripresero a scendere
-non è vero-
-sì, che lo è, l'ho
vista qualche settimana fa. io e lei...-
-non è vero, non è
vero! tu sei un bugiardo!- lo interruppi accusandolo in malo modo
-perchè non mi
credi?! sei gelosa di qualcuna che non potrei mai amare!- adesso era arrabbiato
anche lui
-sì invece che
potresti, Blanca si è innamorata di un umano! potresti anche tu!- non potevo
crederci che stavo paragonando un topo, che per giunta non soffrivo, al mio
ragazzo
-non è così, io amo
te!-
-non è vero!- ripetei
urlando. mi prese per il polso stringendolo e trascinandomi fuori
dall'abitazione -dove mi porti?! lasciami!
-andiamo da Yurika-
aveva un tono serio, che non ammeteva repliche. mi condusse verso la grande
casa della ragazza in questione, la ricordavo perfettamente. la vidi uscire
dalla porta, come se ci aspettasse, restando in attesa che ci avvicinassimo per
accoglierci, come farebbe una perfetta ragazza abituata alle compostezze e alle
buone maniere che la borghesia imponeva, cosa di cui non mi ero mai preoccupata
poiché il mio mondo aveva a che fare con tutt'altro. mi bloccai di colpo -che
ti prende?!- mi chiese voltandosi verso di me
-non voglio andarci!
ti prego, torniamo a casa tua!- gli chiesi in modo infantile agitando il
braccio per liberarmi dalla sua presa. sforzi completamente inutili poiché la
sua forza che scagliava violentemente contro di me, era di gran lunga superiore
-che cosa? tu fino ad
adesso mi hai accusato, non sentendo ragioni. dicendomi che sono un bugiardo e
che non volevi più vedermi! e adesso non vuoi venire?!- era di nuovo infuriato,
e la sua morsa intorno al mio polso aumentò facendomi emettere un flebile
suono. allentò di nuovo la stretta notando il dolore che provavo e la sua
graduale perdita di controllo
-no, non voglio-
sussurrai intimorita
-e perchè?!-
-perchè andando da
lei faccio la figura della ragazzina gelosa del suo ragazzo tanto più grande-
-ma tu sei la
ragazzina gelosa del suo ragazzo di tanto più grande- mi sentii incapace di
agire, non sapevo come tirarmi indietro dall'imminente colpa che Yurika mi
avrebbe gettato addosso guardandomi come se non fossi degna di stare con lui.
vidi avvicinarsi la mia condannatrice, che avrebbe sicuramente segnato quella
giornata aumentando i sensi di colpa che non sarebbero tardati a venire una
volta che mi fossi resa conto dell'ingiusta colpa che avevo affibbiato a Pierre
-buon pomeriggio
ragazzi, non vi aspettavo-
-ciao Yurika, è
che...- lo vidi riflettere per un istante, senza far notare la sua pausa -ieri
abbiamo parlato solo per pochi secondi, volevamo fare un giro e abbiamo pensato
di passare a trovarti. non ricordo nemmeno quand'è che ci siamo visti l'ultima
volta- disse tutto in modo naturale, con un tono fermo. Yurika sorrise felice
dalle sue parole
-tre settimane fa,
circa. mi fa piacere rivederti Chocola- mi guardò con i suoi grandi occhi
scuri, arrossii. Pierre non mi aveva umiliata, come avrebbe dovuto. lui non
aveva detto a Yurika che ero gelosa, che non mi fidavo, le aveva mentito per
evitare a me una sicura umiliazione
-grazie, anche a me
fa piacere rivederti- risposi a tono. quando cominciò a camminare, Pierre, si
voltò verso di me guardandomi con un sorriso gentile. sussultai. la brutta
figura l'avevo comunque fatta, però con la persona sbagliata. passammo il
pomeriggio in compagnia di Yurika, il dolore al petto non accennò a diminuire e
per giunta mi sentivo terribilmente fuori posto. una volta salutata ci avviammo
a casa, continuavo a guardare in basso, timorosa di incontrare il suo sguardo e
di inciampare ancora in una qualche parola che mi avrebbe assicurato una
litigata con lui
-allora? non hai
niente da dirmi?- chiese cingendomi i fianchi
-lei ha detto a Houx,
Saul e Vanilla che voi vi incontrate spesso- mi giustificai tenendo le mani
sulle sue, pronta a spingerlo via se mai fosse sfociato tutto in un altra
scenata. speravo vivamente non accadesse.
-per lei incontrarmi
ogni due settimane è incontrarsi spesso, visto come sono impegnato con te- la sua
presa aumentò -come hai intenzione di scusarti per quello che hai fatto?!-
chiese con un sorriso beffardo sulle labbra
mi sentii irritata,
io stavo male e lui si divertiva, ridendo del dolore che provavo -io non
chiederò mai scusa!- risposi chiudendo i pugni imponendomi di non correre via
da lui
-che cosa?!- qualche
lacrima silenziosa solcò nuovamente il mio candido viso -ti rendi conto di
quello che hai fatto?! ti sei infuriata con me solo perchè sono rimasto suo
amico-
-credevo mi avessi
mentito- sussurai, mi fermò circondandomi la vita con le sue grandi mani
-perchè ti comporti
così?! sai bene quello che provo per te-
-tu non mi avevi
detto che vi incontravate ancora!-
-sapevi che ci
sentivamo-
mi sentii alterata
ancora una volta. la rabbia ormai era di entrambi -tu però mi impediresti di
andare con un qualsiasi altro ragazzo!- sbraitai stupendomi delle mie stesse
parole. lui non mi impediva di essere amica di Houx o Saul. eppure sapeva bene
quello che Houx continuava a provare per me ormai da anni. che stavo facendo?
perchè gli dicevo quelle cose che, ero consapevole, lo facevano soffriere.
-siamo solo amici!
che c'è di strano?!-
-sono io la tua
ragazza!-
mi prese il viso fra
le mani -lo so, e nessuno può prendere il tuo posto!- eppure continuavo a
sentirmi da meno, la sua dolcezza non riusciva ad arrivarmi al mio cuore come
avrei voluto
-lasciami in pace
Pierre, voglio starmene un po' da sola- lo liquidai allontanandomi. pensai che
forse, per riordinare le idee, mi servisse solo un po' di tempo, per pensare,
per ragionare. tornai a casa senza salutare nessuno, andai in camera sentendo
lo sguardo preoccupato di Robin e Vanilla su di me. mi sdraiai sul mio letto
piangendo
-chocola, tutto a
posto?- chiese apprensiva la mia amica da fuori la porta. risposi flebilmente
di sì. le volevo davvero bene, mi dispiaceva coinvolgerla nel mio insensato e
inutle, per entrambi, dolore. di sera non mangiai, continuavo a pensare al viso
di Yurika, e a quello di Pierre quando mi diceva di amarmi. sentii la finestra aprirsi,
lo vidi entrare per poi mettersi al mio fianco
-che ci fai qui?-
chiesi felice di vederlo, mi era mancato terribilmente nonostante fossi stata
io ad allontanarmi lestamente da lui, come fossi una vigliacca che non voleva
affrontare le proprie colpe
-ho pensato che
avessi voglia di vedermi dopo quello che è successo oggi, così sono venuto- lo
baciai con passione, mettendomi a cavalcioni su di lui. lo strinsi a me
possessiva -posso dedurre che sei felice di vedermi- continuai a passargli le
labbra sulle sue
-mi dispiace... sono
una stupida!- mi scusai per come mi ero comportata con il massimo impegno
-sì, è vero, lo sei!-
mi sfiorò il fianco con una mano, arrossii allontanandolo ma restando sulle sue
gambe -stai meglio?- chiese asciugandomi una lacrima che si era posata sulla
guancia
-sì-
-tu... mi avresti
lasciato se avessi visto Yurika spesso come pensavi?- chiese avvicinandomi
nuovamente a se con un tono serio e deciso, tipica di quando voleva una
risposta sincera e diretta da parte mia
-no... parlavo senza
pensare-
-le tue reazioni in
questo periodo sono strane. i sogni che fai modificano il tuo comportamento,
devi raccontarmi cosa succede negli incubi- ciò che disse mi colpì come un
fulmine, non volevo raccontargli ciò che accadeva. volevo tenermi tutto dentro
in modo da soffocare quello che sentivo, non sarei più stata gelosa, me lo ero
ripromesso.
-no- affermai
risoluta -quei sogni non mi disturbano più. quella che ho avuto è stata una
reazione infantile, ma non accadrà più-
-chocola, non mi
interessa se riaccade, se fai quelle scenate. io non voglio che stai male-
abbassai lo sguardo, per poi tornare a guardarlo trovando nuovamente la forza,
anche se sentivo il peso, il dolore del mio cristallo del cuore
-io sto bene, non mi
importa se le sei amico, ne hai tutto il diritto- mai niente fu più
difficoltoso da dire quanto quelle parole
-ma a me non
interessa se ti preoccupi per questa sciocchezza, io non voglio che stai male!-
-ma io sto bene-
risposi irritata. mi prese tra le braccia stringendomi -Pierre, sto bene!-
-meglio che sia così-
dopo qualche istante iniziò a baciarmi per poi accarezzarmi dolcemente sotto la
maglietta, con una naturalezza che mi sorprese. mi chiesi se fosse nuovamente
un sogno, sentendolo così sciolto, così deciso nelle sue azioni. credevo non
arrivasse mai a voler fare l'amore con me nella mia camera, prevenuto com'è, ma
comunque la cosa non mi dispiaceva, visto com'ero stata male gran parte della
giornata, volevo sentirlo vicino. così, lo lasciai fare. chiuse la porta della
mia camera a chiave. nei momenti seguenti non feci altro che farmi guidare dai
suoi movimenti, sentendomi parte di lui. non desideravo altro che essere in
lui, restarci, non andare mai via. eppure mi rendevo conto che era impossibile,
tuttavia in quelle ore che passavamo insieme, in cui avevamo un rapporto così
intimo, volevo sentirmi in quel modo. sperando che almeno quella sensazione di
appartenenza durasse per sempre, che non finisse mai, fosse eterna. ancora non
mi rendevo conto che io e Pierre facevamo parte l'uno dell'altra. in quel
periodo ero stupida, fragile. il mio cuore era sull'orlo di un precipizio, la
differenza è che io, senza rendermene conto, stavo già cadendo nell'oscurità.
niente che mi tenesse, non respiravo.
commenti dell'autore:
in questo capitolo ho
messo tutta me stessa, spero vivamente apprezzerete.
bacio
Marmelade
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Capitolo 8 *** momenti difficili ***
momenti difficili
Momenti difficili
Nel buio, tra le
braccia di Pierre, contemplai la bellezza di quella serata. La luna splendeva,
offuscata da leggere nuvole che ne sfumavano i colori. sbadigliai insonnolita
-lo sai che finisco sempre per addormentarmi?!- chiesi infastidita dalla mia,
ormai costante, reazione.
-è il caso che ti
rivesti, tra poco me ne vado, e non è il caso di farti trovare così- comunicò
serio. misi il broncio, non poteva lasciarmi sola
-perché te ne vuoi
andare subito?! rimani ancora un po'!- lo supplicai stringendomi a lui. Rise
divertito, non sapevo per cosa, forse per il mio esplicito invito a restare.
-non era il caso che
lo facessimo in camera tua. ho perso il controllo di me stesso stasera- anche
io avevo perso il controllo, lasciandomi trasportare, di riflesso, da ciò che
voleva lui. aveva ragione, anche se mi seccava ammetterlo. non era stata la
migliore delle idee fare l'amore con lui quella notte, nella mia stanza
-ma ormai sei qui- sentii
bussare, di scatto, entrambi ci girammo verso la porta
-Chocola tutto a
posto?! non hai mangiato niente, vuoi che ti prepari qualcosa?!- la voce
apprensiva di Vanilla risuonava nella stanza
-no... è tutto a
posto- la rassicurai più convincente possibile. sentii i suoi passi farsi
sempre più flebili, fino a scomparire -se ne è andata- sussurrai guardandolo
-sai, è stato
difficile farti tacere prima. non riuscivi a capire che non dovevano sentirci-
lo colpii con una mano sul petto
-lo capivo! ma era difficile
tacere!- risposi in modo infantile alle sue, fastidiose e, particolarmente
reali, accuse
-sì, certo, lo
capivi, ti ho dovuto far azzittire mettendoti una mano sulla bocca- rise di
gusto. cominciai a dargli dei, poco efficaci, pugni, leggermene sopra il petto
-prima che si faccia tardi devo andare, non vorrai farci scoprire?!-
lo guardai seria
-vorrei poter passare con te tutta la notte. e poi la porta è chiusa a chiave,
non ci scoprirebbero...-
riflettè per un
istante, in cui sperai vivamente non avesse pensato di lasciarmi in camera da
sola -però se vedessero la porta bloccata si insospettirebbero- ragionò in un
sussurro
-allora ci
rivestiamo, aspettiamo che tutti siano andati a dormire, poi sblocchiamo la
porta e dormiamo- fece un sorriso sincero e rilassato riappoggiandosi sul
cuscino. continuai a guardarlo aspettandomi un eventuale e tanto ambito
consenso
-d'accordo- mi alzai
velocemente, mettendomi di spalle rispetto a lui, per poi rivestirmi. non
sapevo il preciso motivo, ma farmi vedere senza vestiti da lui, ancora un po'
mi imbarazzava. rientrai velocemente nel letto, come a non voler perdermi un
solo istante per stargli accanto, avvicinò con un incantesimo anche i suoi di
vestiti per poi rivestirsi direttamente nel letto. mi diedi dell'imbecille per
non aver fatto la stessa cosa.
-devi fermarmi la
prossima volta- mi accennò serio. non capii il senso delle sue parole, così, lo
guardai incuriosita
-che vuoi dire?-
-non deve più
accadere una cosa del genere, potrebbero scoprirci e tu non verresti più da me.
quindi, la prossima volta che faccio così con te, ti prego di fermarmi-
feci una smorfia
infastidita -guarda che non hai fatto tutto da solo!-
-lo so, però sono
stato io a cominciare. il fatto è che oggi non abbiamo fatto altro che litigare
e mi mancavi, per questo non ho neanche pensato a trattenermi un po'- e io
continuavo a non capire
-vuoi dire che basta
che io e te litighiamo oppure non ci vediamo per un solo giorno, che tu perdi
tutto il tuo contegno?!-
-no, però se vieni a
casa mia e mi attacchi con le lacrime agli occhi, passiamo tutto il pomeriggio
con un'altra ragazza, per poi rilitigare, lasciarti andare via e rimanere con
il dubbio se stai male, se stai bene o se stai piangendo, allora sì, appena ti
vedo perdo il controllo solo per il gusto di averti nuovamente tra le mie
braccia- rimasi con un misto di emozioni, mi sentivo lusingata e allo stesso
tempo gli ero grata delle sue parole
-grazie...- sussurrai
arrossendo
-perchè mi ringrazi?!
non è da te-
-sì invece, ti
ringrazio sempre quando te lo meriti!- affermai convinta come non mai
-come no...- mi fece
il solletico ridendo con trasporto, venni contagiata sghignazzando divertita di
rimando. sentii la maniglia della porta girarsi senza troppi risultati. la voce
di Houx che mi chiamava allertato arrivò anche alle orecchie di Pierre. lo vidi
fare un incantesimo diventando invisibile. mi guardai per un istante intorno
chiedendomi dove fosse per poi decidermi ad alzarmi per aprire. vidi Houx sulla
soglia che mi sorrideva, lo so che non è un pensiero carino, ma non vedevo
l'ora se ne andasse
-che... che ci fai
qui?- chiesi bloccandolo all'entrata
-volevo sapere se era
tutto a posto-
-sì, va tutto bene-
mi scansò entrando senza troppe cerimonie. mi irrigidii sul posto indispettita
da quel suo gesto
-volevo anche
parlarti di una cosa-
rimasi allibita dal
suo sguardo malinconico e allo stesso tempo indeciso -dimmi-
-sai... è da un po'
che ti volevo dire una cosa, solo che... c'è sempre Pierre con te e io non
trovo mai il momento- gli feci segno di proseguire anche se, sinceramente, mi
intimidiva ciò che mi voleva dire -io... ho notato che in questi giorni sei
molto strana, non è che è perchè Pierre ti fa qualcosa di male?! ogni volta che
esci con lui torni a casa desolata, infelice, e mi preoccupo-
feci una smorfia
disgustata da quelle inutili, e tanto meno, insensate moine -Pierre non mi fa
niente, sono io che in questi giorni sono nervosa e mi arrabbio con lui senza
motivo, e finiamo per litigare. ma tra noi due va tutto splendidamente-
-non sono sicuro lui
ti possa rendere felice come meriti. tu hai bisogno di qualcuno che ti capisca,
non che appena tu fai una bizza ti riprende-
immaginai Pierre, in
un angolino della stanza, adirato da quelle parole -io e Pierre stiamo bene
insieme. i miei capricci lui sa perfettamente che sono inutili e molto spesso
insensati, per questo mi riprende e mi fa tornare con i piedi per terra, ma non
esagera mai-
-Chocola... non è
solo questo. Lui è di molto più grande di te, potrebbe arrivare a perdere il
controllo che ha avuo finora- mi venne da ridere, ma cercai di trattenermi con
tutta me stessa
-se mai dovesse fare
qualcosa del genere sarebbe un problema mio, tu non preoccuparti- si congedò uscendo
dalla stanza con i lineamenti tesi, mi dispiaceva averlo trattato in modo così
freddo e duro, sapevo si preoccupava per me, ma avevo intenzione di risolvere
quella situazione inconsueta da sola, ritrovando me stessa tra tutto il rumore
che si affollava nella mia testa. vidi Pierre sedersi al mio fianco appena mi
accomodai sul letto. mi strinse a se attirandomi con un braccio -ti sei
offeso?- gli chiesi guardandolo mentre mi teneva da sotto le braccia
-no... perchè dovrei?
si è solo preoccupato per te, è tuo amico- quell'angustiante situazione metteva
tutti a disagio, dovevo risolverla il più presto possibile
-ti prometto che non
accadrà più- sussurrai succinta
-in che senso?!-
-non farò più quelle
scenate, non voglio più metterti a disagio in quel modo, come ho fatto con
Yurika e quelle ragazze... sono stata una stupida, ho fatto angosciare tutti
quanti-
-non provare più a
dirla una cosa del genere capito? tu devi smetterla di preoccuparti di queste
sciocchezze, devi capire che devi cominciare a stare bene tu. non mi interessa
di quelle scenate, mi manca la mia Chocola-
abbassai lo sguardo
confusa -e allora tornerò ad essere me- mi sorrise felice, sentimmo i passi dei
tre ragazzi che erano in salone avviarsi verso le camere
-anche se devo
ammettere che questa tua versione così gelosa delle ragazze che mi girano in
torno, non mi dispiace-
gli sorrisi divertita
-lo so, sono adorabile quando mi arrabbio- mi diede un lieve bacio sulle
labbra, le sentii dolci, morbide. ci sdraiammo nuovamente. mi girai e lui mi
abbracciò tenendomi stretta da dietro.
-dormi, non devi
temere nulla se ci sono io con te. sussurrò al mio orecchio mentre mi
addormentavo spossata dall'intensa giornata
sentivo il suo fiato
sul collo. sentii improvvisamente freddo e non percepivo più le braccia di
Pierre ad avvolgermi. non indugiai neanche un istante ad aprire gli occhi per
capire cosa stesse succedendo. non vedevo niente e mi accorsi che stavo,
nuovamente, precipitando. cominciai a piangere dalla disperazione, non sapevo
come oppormi, sentii che il fiato mi veniva a mancare, ma prima di cominciare a
scalciare, a ribellarmi a quell'enorme forza che mi spingeva giù, udii la voce
di Pierre
-svegliati, chocola!-
mi feci cullare da quel bel suono fino a calmarmi, chiusi gli occhi per poi
riaprirli e ritrovarmi nella mia stanza -adesso mi racconti che cosa succede
nell'incubo, non puoi continuare così- sussurrò adirato, non pensai neanche per
un istante a rispondergli male, sapevo che quella rabbia era solo dovuta al mio
disagio. mi portò a se -ti prego, raccontami che ti succede-
-io... precipito-
allontanò leggermente il viso da me
-che cosa?- chiese
non comprendendo il senso delle mie parole, tornò a stringermi forte
-precipito,
nell'oscurità, non c'è nessuno con me e io... io non respiro- sussurrai con il
panico nella voce. mi baciò dolcemente la testa, tenendomi stretta a se con le
dita intrecciate ad alcune ciocche di capelli -ma... stanotte mi hai svegliato
prima che io cominciassi a soffocare...-
-ti giuro che non ti
lascerò mai più sola quando ti addormenterai. da quando hai questi incubi?-
chiese fin troppo apprensivo, non lo riconoscevo sotto l'aspetto di ragazzo
preoccupato, anche se ammetto che non mi dispiaceva
-da quando siamo
andati sui monti rocciosi. io mi ero addormentata davanti al camino mentre tu
eri uscito...- sussurrai flebilmente
-forse... sarebbe
meglio chiedere consiglio a tua madre- non ne capii il preciso motivo, ma la
cosa mi istigava -lei è una strega potente e... di grande esperienza, forse lei
può sapere cos'hai-
-d'accordo- mi
strinsi al suo petto -andiamoci subito-
-che cosa? ma è notte
fonda- abbassai leggermente il viso, delusa dalla risposta. si alzò facendomi
cadere sul letto, lo guardai sbalordita -vestiti, partiamo appena sei pronta-
sorrisi felice avvinghiando le braccia al suo collo -dai ferma, sbrighiamoci-
sorrise divertito baciandomi. ci preparammo entrambi, lasciai un biglietto sul
mio comodino. mi portò in spalla fino ad extramondo, un po' per il vento
gelido, un po' per le vertigini che avevo a causa dello stato confusionale
dovuto ai sogni. mi portò fino al castello dei malefici continuando a tenermi
tra le braccia, nonostante le continue ribellioni e le minacce che gli mandavo
-smettila di
lamentarti, non stai bene e l'energia dei malefici ti indebolisce, vedi di
smetterla!- affermò irritato. arrivammo nel regno che, avevano con fatica
ricostruito. entrai titubante nel castello, avevo Pierre che mi stringeva forte
la mano, forse anche lui aveva paura, nonostante non lo desse a vedere. percepivo
uno scudo, creato da Pierre, che ci avvolgeva, in modo da proteggerci.
arrivammo nella stanza in cui era mia madre, fu Pierre ad aprire la porta, mi
fece spazio per entrare, appena varacata la soglia mi fiondai nelle sue braccia
-Chocola, che ci fai qui?-
chiese con voce dura che faceva trapelare tutto l'amore e l'affetto che una
madre può provare per sua figlia
-abbiamo bisogno del
tuo aiuto per una faccenda- la informò Pierre serio
-che succede?- ci
fece accomodare su un divanetto fissai la moquette scura, aspettando che fosse
Pierre a parlare
-Chocola, da quando
siamo andati a passare la notte sul castello, del monte roccioso, ha degli
strani incubi, e questa storia va avanti da troppo tempo- rispose alla domanda
di mia madre con tono deciso
-che cosa sogni?-
raccontai a mia madre, nei dettagli, ciò che da qualche settimana continuava ad
assillarmi -io, credo che, il modo migliore per sconfiggere questi sogni, che
sono solo frutto delle tue continue paure, sia tu. soltanto tu puoi uscire
fuori da questa nube di pressione, con le tue capacità- arrossii, mi ritenevo
incapace di uscirne, come faceva a non capirlo?! aggrottai le sopracciglia per
non dimostrarmi insicura -oppure, devi rivivere quegli incubi, così che io,
mentre sogni, possa entrare nella tua mente, vedendo ciò che sogni e capendo
qual è il problema-
-no- risposi pronta,
di riflesso. mi guardarono entrambi stupiti -io non voglio, non voglio rivivere
quegli incubi- mi voltai verso Pierre che mi guardava serio -non voglio!-
ribadii vedendo la sua espressione austera
-bene, allora l'unica
che può risolvere questo problema sei tu- mi comunicò mia madre alzandosi per
guardare fuori dalla finestra, da cui si poteva osservare un paesaggio
tutt'altro che bello.
-bene, farò da sola-
asserii alzandomi per andarmene. Pierre mi prese per il braccio fermandomi
-non puoi farcela da
sola, questa situazione deve cambiare...- mi sgridò attirandomi a se, vidi mia
madre fissarci con la coda dell'occhio. lo spinsi via con forza
-sì che ce la faccio,
smettila di trattarmi come una bambina!- tornai a guardarla, che era ancora
voltata -ora vado- corsi via infuriata, finché non lo vidi raggiungermi
fermandomi per la vita -lasciami!- mi mise una mano sulle labbra, facendomi
poggiare la testa al suo petto mentre mi azzittiva. gli ero volutamente di
spalle, ma fui costretta a girarmi -perchè l'hai fatto?!- sussurrai sentendo
ancora la sua mano sul viso
-ci sono i malefici,
non attirare l'attenzione...- ci guardammo per qualche istante, finché non mi
alzai sulle punte per baciarlo -meglio che ce ne andiamo- disse con voce dura e
fredda sviando il mio viso. ne rimasi abbastanza delusa. per tornare a casa mi
prese solamente per mano, nonostante volessi, prima di andare dai malefici, che
mi lasciasse, in quegli interminabili istanti pregai con tutta me stessa che mi
prendesse tra le sue braccia. mi riportò in camera, stavano ancora tutti
dormendo, ci avevamo messo meno del previsto. mi sedetti sul letto, mentre lui
restava in piedi a fissarmi -credo, che sia meglio che me ne vada-
sbarrai gli occhi
-no... perchè?-
-sono stanco e voglio
andarmene a casa-
abbassai lo sguardo
incapace di rispondere -sei arrabbiato per la decisione che ho preso?- chiesi
sussurrando
-è la tua vita...
fanne quello che vuoi- fece per andarsene, lo fermai prendendolo per un lembo
della giacca
-perchè fai così?!
non voglio rivivere quell'incubo... mi spaventa!- gli dissi senza guardarlo
-se solo lo avessi
rivissuto una sola volta magari sarebbe finito tutto... invece vuoi fare di
testa tua. non ti aspettare che stia dalla tua parte, non voglio starmene qui a
vederti soffrire- diede uno strattone col braccio per far sì che lo lasciassi.
abbassai lo sguardo delusa
-vorrebbe dire che
preferisci lasciarmi?!- chiesi digrignado fra i denti. la sua reazione mi
infastidiva, non riusciva a capire ciò che provassi io
-voglio dire che...
io non ce la faccio a vederti con quell'espressione confusa, triste,
arrabbiata, quando ti svegli dai tuoi
sogni-
-neanche a me piace-
sussurrai sentendo una lacrima solcarmi il viso, la asciugai velocemente, senza
che se ne accorgesse
-e allora perchè non
ascolti tua madre?!- mi chiese cingendomi dolcemente le spalle
-perchè voglio
risolvere questo problema con le mie capacità e... voglio almeno sperare di non
rivivere più quell'incubo- mi diede un bacio sulla fronte
-ci vediamo domani-
sussurrò. andai a dormire arrabbiata, non capendo, neanche lontanamente, la sua
reazione così assurda, sembrava volesse proteggermi, eppure si allontanava
commenti dell'autore:
avete visto?! c'è anche Cinnamon, spero siate felici e che il capitolo vi piaccia!
Marmelade
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Capitolo 9 *** grandi e piccoli inconvenienti ***
grandi e piccoli inconvenienti
Il ritorno a scuola
non fu affatto piacevole. avevo i compiti in arretrato, continuavo a cercare un
modo per liberarmi dagli incubi, purtroppo, senza risultati. i pomeriggi non li
passavo più molto con Pierre, stavamo insieme al massimo mezz'ora, poi basta, e
i sogni aumentavano, non mi davano
tregua, mi stremavano e non mi facevano respirare. ero finita col
dormire con Vanilla, e lei, ogni santa notte, mi svegliava. ma non durò molto
neanche quella situazione, le chiesi di poter dormire nuovamente sola, ma i
miei tormentati sogni si stavano cominciando a manifestare più volte durante la
notte, non lasciandomi spazio, non facendomi dormire.
Pierre mi circondava
i fianchi con le braccia, sorridendomi gentilmente -non hai dormito bene questa
notte?- chiese notando il mio viso stanco
-no... in questo
periodo non ci riesco- abbassai lo sguardo infastidita dal suo palese
disinteresse. solo adesso si preoccupava?! eppure non mi sembrava gli
interessasse quando mi lasciava sola, oppure mi chiamava per incontrarci per
soli dieci minuti
-i tuoi incubi?-
abbassò il viso guardandomi
-i miei incubi-
asserii nervosa
-d'accordo... ci
vediamo domani- fece per baciarmi ma mi allontanai prontamente
-domani non posso-
continuai mentendo, ma non avevo voglia di vederlo. non capivo il perchè, ma
lui in quel periodo se ne stava fregando di me, perchè mi sarei dovuta
preoccupare di incontrarlo?
-come mai?-
-ho da fare. devo
trovare un modo per stare meglio...-
-va bene- si girò, ma
lo fermai prendendolo per la manica della giacca
-va bene?! io non
dormo perché continuo a sognare di non riuscire più a respirare e per te va
bene?!- stavo urlando, ma non mi interessava, ero nella mia camera, facevo
quello che volevo
-è una tua scelta
avere ancora questi incubi- rispose impassibile. iniziai a piangere. lacrime di
rabbia, tristezza, solitudine... disperazione.
-sai che ti dico?!
non venire domani, neanche dopo domani, e il giorno dopo ancora. io non lo
voglio un ragazzo che quando tutto va bene vuole stare con me, e quando c'è
qualche problema mi lascia sola. hai capito?! io non voglio! credevo di fare la
cosa giusta a stare con te, ma evidentemente mi sbagliavo!- il suo viso era
stupito, ma il mio... il mio era una maschera di dolore -vattene! vattene via
dalla mia vita, perchè se mi tratti così, evidentemente il nostro... il tuo,
non è amore!- guardai il velo posato sui suoi occhi, quel velo ghiacciato, quel
velo azzurro, frantumarsi miserabilmente
-vuoi dire che non
vuoi continuare a stare con me?-
-a stare con te?!
credi che quello che stavamo facendo era stare insieme?! eh?! per te stare
dieci minuti con una persona è stare insieme?! fregarsene di lei, dei suoi problemi,
di tutto quello che passa, è amare una persona?!- i singhiozzi di tanto in
tanto mi fermavano, le sue pupille erano dilatate, gli occhi sbarrati
-sai che ti amo!-
-questo sarebbe
amore?! tu non mi ami, non mi hai mai amata, ero io ad amare te!-
-vorresti dire che è
finita?!-
sentii una fitta al
cuore, che mi fece mancare il respiro -sì- sussurrai. ebbe la mia stessa
reazione, come se tutto ciò in cui credeva, in cui aveva riposto le sue
speranze si fosse... svuotato senza lasciare entrare nient'altro. il vuoto.
quello in cui navigavo io ormai da tempo.
-credi che
lasciandomi le cose si risolveranno?! sono i tuoi incubi che ci allontanano! e
non dire che non me ne importa di te, perché mi sembra che quando non riuscivi
a dormire ero io a tenerti tra le mie braccia, io a consolarti!-
-hai ragione,
all'inizio era così, ma appena ti è stato detto che questo problema lo potevo
risolvere da sola, allora ti sei allontanato. io ormai non dormo più, dopo che
ho quei sogni non mi riaddormento. e tu lo sai perfettamente, ne sei cosciente,
e non te ne importa! magari questa situazione è troppo per te, ma io ho bisogno
di una persona presente!-
-io non riesco a
starti accanto mentre soffri, urli, piangi! è una cosa che non riesco a fare!
perché quando ti guardo, e capisco che tu potresti stare meglio, che potresti
smetterla di avere questi incubi, io non posso non arrabbiarmi!-
-e allora vattene!
vai via da me! se non mi vuoi vattene!-
-ma io non voglio
andarmene da te, devi capirlo!-
mi calmai, ma era una
quiete nervosa -mi avevi promesso che non mi avresti mai lasciata sola. era una
bugia?-
-non era una bugia! è
così difficile da capire, non riesco a vederti in questo stato, tu potresti
stare meglio, ma non vuoi. non puoi pretendere che io resti qui a guardarti!-
-e allora vattene
via!- la mia furia stava divampando, non volevo veramente lasciarlo, ma la
nostra non era più una relazione, lui si stava allontanando da me
-bene- sussurrò
voltandosi, uscì dalla finestra. mi sdrai sul letto. lasciando cadere le lacrime,
che per troppo avevo trattenuto.
stringevo le lenzuola
a pugno, trattenendole sulle mie labbra, in modo che i gemiti di dolore fossero
soffocati. il mio cuore si stava lentamente frantumendo, non mi piaceva. la
porta si aprì. vidi Vanilla di fronte a me, un'aria preoccupata dipinta sul
viso. si sedé accanto a me, abbracciandomi, come solo la mia migliore amica
sapeva fare -che è successo?-
-ci siamo lasciati-
sussurrai tra i singhiozzi
-come mai?-
-io mi sono
arrabbiata perché non stava mai con me, e lui continuava a dirmi che era perché
non riusciva a vedermi in questo stato, ma io continuavo ad attaccarlo, e
abbiamo finito per litigare, e lui poi se ne è andato, dopo che gli ho detto
che non volevo più stare con lui- aumentò il suo abbraccio
-non hai sbagliato
Chocola- mi consolò
-ma... lui era
arrabbiato con me anche perché... quando siamo andati da mia madre lei mi ha
detto che forse poteva togliermi questi incubi dalla testa, ma io dovevo
addormentarmi, tornando ad avere quei sogni, così che lei, con un incantesimo,
li avesse potuti vedere. ma mi sono rifiutata, perché non volevo e lei mi aveva
detto che potevo riolvere il problema anche da sola. ma lui la notte in cui mi
ha riportata a casa, mi ha detto che non ce l'avrebbe fatta a vedermi con
l'espressione che avevo quando stavo male- avevo raccontato solo a Vanilla
della sera in cui ero andata da mia madre
-forse lasciarvi non
è stata la soluzione più adatta-
-io non ce la facevo
più a vederlo solo dieci minuti al giorno. senza potergli raccontare che cosa
avessi, senza...- vidi Vanilla che fissava un punto lontano, mi voltai per
constatare cosa stesse guardando. Pierre era fuori dalla mia finestra,
aspettava pazientemente. la mia amica si alzò
-cerca di dire anche
a lui le cose che hai detto a me- aveva le guance completamente arrossate. mi
alzai frettolosamente, aprendo la finestra, mi guardò per qualche istante
-ti va di parlare,
con più tranquillità?- propose gentilmente. sorrisi allegramente, felice che
fosse tornato. ci sedemmo entrambi sul mio letto, io a gambe incrociate di
fronte a lui. gli raccontai tutto ciò che mi era capitato in quei giorni, tutti
i nuovi dettagli dei miei incubi, tutto ciò che provavo per lui e il motivo per
cui mi ero tanto arrabbiata. ascoltò tutto ciò che avevo da dire,
interrompendomi ogni tanto -quindi hai sentito molto la mia assenza-
-sì, tantissimo- mi
prese fra le sue braccia
-credevo solo di fare
il tuo bene allontanandomi per un po' da te-
-io ho bisogno di
sentirti vicino a me- mi sorrise baciandomi dolcemente
-se starti accanto in
questi momenti difficili è il prezzo da pagare per stare con te... accetto
volentieri- notai la naturalezza e la spontaneità delle sue parole, non potei
fare a meno di sorridere soddisfatta
-davvero è difficile
starmi vicino con questo problema che ho?-
-no... ma, credevo
che vedendoci di meno tu avresti ritrovato un po' di tranquillità, che negli
ultimi tempi non sembrava esserci. Ma è stato stupido, dovevo starti accanto,
proteggendoti da ciò che ti faceva soffrire-
-sì, dovevi- asserii
con un sorriso. mi prese tra le braccia
-qual'è il problema?-
sussurrò baciandomi la testa
-cosa?-
-qual'è il
problema?cos'è che ti fa avere questi incubi?-
-io... non lo so. ma,
sono sicura che diminuiranno presto, mi sto calmando- sapeva che stavo
mentendo, lo percepiva -ti va di uscire? è da un po' che non stiamo insieme
fuori- proposi sperando di cambiare argomento
-certo- il suo tono
era serio, quasi deluso dalle mie mensogne.
mi portò in giro per
la città. comprandomi vestiti, oggetti vari, di cui sicuramente non avevo
bisogno, ma volevo -vuoi qualcos'altro?-
-non lo so, se vedo
qualcos'altro che mi piace...- rise divertito della mia ingordigia nel
comprare, anzi, fargli comprare. mi diede un bacio delicato sulle labbra -hai
dormito sempre sola in questi giorni?-
-no... per un po' c'è
stata Vanilla, ma le stavo solo causando problemi, facendole perdere il sonno.
però quando ho ripreso a dormire da sola, mi svegliavo urlando, quando davvero
credevo di morire soffocata, e non mi addormentavo più-
-rimarrò io con te
ogni notte-
-non devi se non
vuoi- lo ammonii gentilmente arrossendo
-per me non è un
problema, e poi mi mancava dormire con te-
-ma... non ti farò
dormire, ti dovrai svegliare, per poi calmarmi. non devi, a me basta vederti di
più, passare il pomeriggio con te-
-sciocca, a me
passare il pomeriggio con te non basta, stavo impazzendo senza poterti
stringere a me quando volevo...- vidi una delle ragazze presenti nella mia
scuola, che facevano la corte a Pierre, avvicinarsi, la notò anche lui. mi
sentii minacciata da quella presenza. digrignai i denti imponendomi di non
pregarlo di andarcene via. appena ci fu vicina mi scansò, attaccandosi a Pierre
come una cozza. il mio cuore batteva come se mi volesse uscire dal petto,
volevo urlare, piangere, dirle che lui era mio, che amava me. Ma le rispondeva
gentilmente, e lei continuava a civettare, come se la mia presenza fosse una
cosa scontata, che non era abbastanza importante per essere presa in considerazione.
strinsi i pugni cercando l'auto controllo, che da qualche parte, dentro di me,
ero sicura esistesse. aspettai qualche istante, il tempo di farla andare via,
in cui ignorai le sue parole, i suoi gesti, finché non si allontanò -ti ha dato
fastidio?-
-no-
-non mentire-
-un po'...- sussurrai
innervosita, abbassando il capo -è solo che... entrambi mi ignoravate come se
non esistessi...- intrecciai le braccia al suo collo, ero in punta di piedi, e
non riuscivo comunque ad essere alla sua altezza
-se ti ha dato
fastidio, allora ti prometto che la prossima volta la prima cosa che farò sarà
presentarti- risi divertita. provò a baciarmi ma allontanai il viso prontamente
-che c'è?-
-Pierre... tra poco è
il tuo compleanno-
-già- mi avvicinò di
più a se, non riuscivo a stare dritta, quasi non toccavo più per terra -avrò
vent'anni-
-non ti vergogni a
stare con una bambina?!- mi beffai di lui, con un tono sarcastico. Passò le
labbra sulle mie, dischiusi la bocca donandogli la risposta che cercava. Le mie
dita gli accarezzarono dolcemente i capelli. Quando mi lasciò lo guardai
gentilmente -non so che regalo farti- gli sussurrai arrossendo
-tutti gli anni è la
stessa storia, e tutti gli anni ti ripeto che non voglio nulla- feci una
smorfia dissentendo quella sua affermazione
-appunto, facciamo
allora uno strappo alla regola, visto che ogni anno mi ritrovo a non sapere
cosa farti, aiutami a decidere il tuo regalo- sentenziai speranzosa
-te la caverai da
sola, io non voglio niente. Tu che passi la serata a casa mia è il mio regalo
di compleanno più bello- mi dava fastidio che non mi aiutasse
-ogni anno passo la
sera a casa tua, anzi, ogni Sabato. voglio farti un regalo di compleanno, come
tu lo fai a me-
-ma io non voglio
niente- cercò di baciarmi ancora, ma discostai la testa
-questa poi è una
cavolata- sbuffai irritata
-prendi ciò che vuoi-
-non posso prendere
ciò che voglio- mi guardò stupito
-e perché no?-
buttai gli occhi al
cielo -perché se prendo ciò che voglio, ovviamente, quando arriverò sul punto
di non sapere sul serio cosa fare, penserò ai tuoi gusti, subito mi verrà in
mente la tua libreria, e finirò col comprarti un libro- continuava a non capire
-e allora? a me
piacciono i libri, andrebbe benissimo un regalo del genere-
-non dalla tua
fidanzata, è banale, io sono responsabile di fare qualcosa che ti piaccia sul
serio-
-ma a me piacerebbe
sul serio- abbassai lo sguardo; continuava a non capire
-è come se tu mi
regalassi una barretta di cioccolata- borbottai aggrottando le sopracciglia
-va bene, farò una
lista delle cose che desidero per il compleanno, va bene?- annuii nuovamente
felice, mi baciò per poi riprendere a camminare, entrambi felici di come
fossero andate le cose. Ma il dolore che provavo al petto non era cessato, e
quando avevo visto quella ragazza che parlava con Pierre, era addirittura
aumentato. Nulla stava andando veramente bene. Abbassai il viso sconsolata da
quei pensieri -va tutto bene?- mi chiese scrollandomi un fianco, dalla parte in
cui mi prendeva. Annuii tristemente -credevo fossi felice visto che abbiamo
fatto pace e hai ottenuto per una volta la lista di ciò che voglio per il
compleanno- constatò, facendomi notare il fatto che c'era, ancora una volta,
qualcosa che non andava. Vedendo il suo viso serio, e il fatto che non mi guardava,
cominciai a preoccuparmi che potessimo litigare ancora
-infatti sono felice,
sono felicissima di come stanno andando le cose tra di noi e per la storia del
regalo- ma continuava a fare quella faccia che mi faceva tanto sussultare -che
cosa facciamo la sera del tuo compleanno?-
-ti porto a cena
fuori- rispose senza un velo di emozione -non riesco a capire che ha il mio
compleanno per mandarti fuori di testa-
-perché?-
-ogni anno appena si
avvicina il mio compleanno ti metti a fare le cose più strane- feci una
smorfia, non era assolutamente vero
-che bugiardo... e
poi non sarò mai peggio di te- fece una risata sarcastica
-ah io?! non tu che
l'anno scorso volevi regalarmi un fiore che avevi visto su un libro e per
andarlo a prenderlo su extramondo ti sei quasi ammazzata-
-che ne potevo sapere
si trovasse in un bosco?! tu a ogni mio compleanno ti metti a fare il romantico
e mi fai regali che qualcuno solo a vedere quanto costano sverrebbero- non che
mi dispiacesse il fatto che mi facesse cose del genere
-ingrata. comunque
non fare stupidaggini del genere, questa volta non voglio venire a cercarti per
tutta extramondo- gli diedi una leggera gomitata
-non sono ingrata, a
me piacciono tutti i tuoi regali, ma è vero che spendi un patrimonio-
-e la cosa ti
dispiace?-
-assolutamente no-
risposi con un sorriso birichino stampato in faccia -comunque nel caso non ti
piaccia il mio di regalo, hai sempre quelli che ti faranno le altre duemila
ragazze a cui piaci e poi c'è Yurika...-
-questo che vorrebbe dire?!-
mi fece fermare, non ero la sola ad essere nervosa allora
-che ricevi
tantissimi regali e che Yurika di sicuro lo ha già scelto, comprato,
impacchettato e di sicuro avrà dato un bacio al bigliettino, con il rossetto,
così da farti piacere- risposi di riflesso, senza riflettere neanche per un
istante, e sapevo si sarebbe arrabbiato
-magari allora mi
farà piacere davvero, forse mi avrà preso un libro, senza badare alle idiozie e
prendendo una cosa che mi piace sul serio, seguendo i miei gusti- si calmò solo
dopo facendomi riprendere a camminare. Mi ribellai alla sua presa voltandomi e
andandomene. Magari aveva ragione ad arrabbiarsi, ma sapeva che dicendomi
quelle cose mi avrebbe ferita, sapeva quanto tenessi a fare una buona
impressione quando compieva gli anni, visto ciò che faceva lui ad ogni mio
compleanno. Forse quella non era una ragione valida per litigare, sta di fatto
che arrivai a casa sola, arrabbiata e con la voglia di rompere tutto.
Commenti dell’autore:
io capisco che siete
pigri ed occupati, ma non recensisce nessuno, mi fate andare in depressione.
Tanto per cambiare li ho fatti litigare (ma io sono un genio) ma non sperate
sia facile questa volta, dovrete aspettare il prossimo chapter per capire perché.
Bacio Marmelade
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Capitolo 10 *** Tradimenti ***
tradimenti
quattro interminabili
giorni. erano quattro giorni che non ci parlavamo. avevamo provato a vederci
una sola volta, ma avevamo finito per litigare, dicendoci di tutto. Avevamo
urlato entrambi questa volta, non si era risparmiato in carinerie, e forse era
giusto così. Lui non mi cercava, e io non cercavo assolutamente lui. Ero
arrabbiata, furiosa, ma di sera, quando avvolgevo il mio corpo sotto le
coperte, cominciavo a desiderare che lui entrasse dalla finestra, come aveva
sempre fatto quanto discutevamo. Non pretendevo le sue scuse, volevo solo che entrasse
da quella stupida finestra e mi abbracciasse, che mi facesse sentire che lui
c'era ancora. Non mi aveva lasciato niente, se non la sua rabbia, e io gli
avevo lasciato la mia. Mi ritrovavo a chiedermi se mi voleva ancora, avevo
capito fosse cambiato qualcosa, si era stancato dei miei comportamenti, dei
miei sbalzi d'umore, del mio atteggiamento, ma non potevo fare a meno di
arrabbiarmi con lui appena sbagliava. Di certo Vanilla non mi era di aiuto
-avete litigato
ancora?- mi chiese quando una sera ci eravamo ritrovate a parlare nella sua
camera
-sì... e anche in
modo brutale- borbottai passando un dito sulla trapunta chiara
-dovresti essere più
gentile con lui... come lui lo è sempre con te- ed ecco di nuovo l'irritazione,
come poteva dire così?!
-io sono sempre
gentile con lui! ma se forse non civettasse davanti a me con tutte quelle
ragazze, magari la nostra relazione avrebbe anche meno problemi!- mi diedi una
calmata, notando che era rimasta male -scusa, non volevo prendermela con te-
-non importa...- ci
fù un attimo di silenzio -domani è il suo compleanno, ci farai pace o vi
ignorerete a vicenda?-
-probabilmente la
seconda- mi sdraiai posando una mano sul viso, coprendo la parte superiore -gli
darò comunque il mio regalo, non di persona ovviamente- anche se vederlo
sarebbe stata la cosa che mi avrebbe resa più felice al mondo
-cosa gli hai fatto?-
-un viaggio, volevo
andarci con lui, ma visto come stanno le cose, gli dirò di portare chi vuole, e
un libro-
-quando avete
litigato perché gli hai detto del regalo di Yurika non avevi ancora deciso cosa
prendergli, e l'ultima dubito tu abbia pensato ad un viaggio da fare insieme.
Quando gliel'hai fatto?-
-tra la prima e la
seconda litigata, quando volevo far pace, poi quando sono andata da lui per
scusarmi è successo il finimondo e a quel punto ho pensato di comprare anche il
libro- e la cosa non mi piaceva, anzi la detestavo
-perché un viaggio?-
-perché non avevo
altre idee. Alla fine la lista delle cose che voleva non me l'ha più fatta-
-e il libro?- perché
almeno lo avrei accontentato come avrebbe fatto Yurika
-è una lunga
storia...-
-credi che farete
pace?- quella domanda mi scombussolò, certo che avremmo fatto pace, noi non
potevamo lasciare tutto così
-è ovvio, tra noi
sono frequenti dei litigi, va tutto bene- e lo avevo detto più a me stessa che
a lei. Me ne andai nella mia camera. Il giorno dopo avrei lasciato la busta con
i biglietti per partire e una lettera, davanti alla sua porta. Gli avrei detto
di andare con chi voleva e gli avrei augurato buon compleanno, nulla di più. Mi
ritrovai a chiedermi come avrebbe reagito alla vista del libro, sapevo che
quello era solo un modo per incitarlo ad arrabbiarsi di più. Mi addormentai con
questi pensieri che mi riempivano la testa.
Mi alzai piuttosto
presto, nervosa sapendo ciò che avrei dovuto fare. Mi preparai lentamente,
tardando il più possibile il momento in cui sarei dovuta andare a dargli il
regalo.
Arrivai davanti alla
sua villa con una certa frenesia, volevo vedere la faccia che avrebbe fatto.
Ero certa fosse ancora arrabbiato, visto che ancora non era venuto da me, e
cominciavo a temere rimanesse così per sempre. Mi fermai davanti all'entrata.
Pensai che lasciandogli il regalo davanti alla porta, avrebbe pensato ancora
che ero una bambina. Decisi di affrontarlo, forse, vedendo del viaggio, avremmo
fatto pace, come sempre, e non vedevo l'ora. Suonai più smaniosa di prima di
vederlo. Aspettai qualche istante, finché non vidi la porta che fece per aprirsi.
Allargai un sorriso allegro che si spense subito, appena vidi chi c'era davanti
a me
-oh, Chocola-
sussurrò stupita Yurika. Era troppo presto per essere andata lì a fargli gli
auguri
-tu...tu che ci fai
qui?- sibilai con difficoltà
-ecco, ieri Pierre mi
ha chiamata, mi ha raccontato che avevate litigato, ciò che vi eravate detti
e...- il suo viso mi fece intuire tutto. Non sapevo se si erano solo baciati,
se erano andati a letto insieme, o se aveva dimenticato me con lei, non volevo
neanche saperlo. Tutto ciò che fui capace di fare fu far cadere il suo regalo,
cominciando a indiereggiare. Ero incapace di dire qualsiasi cosa, di fare
qualsiasi cosa. Continuava a guardarmi, sembrava dispiaciuta per me e io, senza
neanche un preciso senso, non riuscivo neanche ad odiarla, sentivo le lacrime
sul mio viso -senti, non è stato nulla di importante. Svegliati Chocola, lui
ama te- se mi avesse amata non mi avrebbe mai fatto una cosa del genere,
continuavo a tacere, le lacrime scendevano senza il mio consenso, ma non ci
badavo
-è sveglio?- chiesi
senza un preciso motivo
-no... sta ancora
dormendo, se vuoi te lo sveglio oppure se vuoi andare tu...- feci segno di no
con la testa
-lascialo dormire...
quando, quando si sveglia fagli gli auguri e... dagli il mio regalo per favore
e... basta- dissi tutto con la voce che mi tremava, stavo troppo male perfino
per guardarlo negli occhi
-vuoi che gli dica
che sai tutto?- una lacrima mi scese sulla guancia
-come vuoi, non
cambia molto...- mi asciugai il volto con il dorso della mano -ci vediamo-
andai via correndo. Non volevo più vederlo, non volevo più sentir parlare di
lui, lo odiavo, forse era quello ciò che provavo in quell'istante. Aperta la
porta vidi Vanilla che sbarrò gli occhi nel vedermi
-che è successo?!-
-forse era meglio che
restavo a casa...- sussurrai scoppiando a piangere. Mi abbracciò, stringendomi
come solo la mia migliore amica poteva fare -mi ha tradita-
-con chi?-
-con Yurika, avevo
ragione! credevo di stare impazzendo per quegli incubi, invece avevo ragione!-
poggiai il viso sulla sua spalla
-te lo ha detto lui?-
-no... ho visto
direttamente lei, Pierre dormiva- feci una pausa -e sai qual'è la cosa
peggiore?-
-quale?-
-che io le facevo
pure pena!- scoppiai a piangere di nuovo
-non sarà stato nulla
di importante, lo sai ciò che prova per te. Sono sicura che è stato con lei
solo per rabbia verso di te...-
-non mi importa! se
fossi stata io con un altro lui si sarebbe infuriato, forse non mi parlerebbe
neanche più. Invece lui come al solito fa quello che vuole! lo odio, lo
detesto!- in quel momento lo pensavo, ma sapevo che era la rabbia momentanea,
ne ero cosciente
-non dire così-
soffiò al mio orecchio passandomi incessantemente la mano sulla schiena. La
lasciai guardandola
-io esco...-
-non credo sia il
caso visto come stai-
-Pierre verrà a
cercarmi e a me non farà altro che bene svagarmi un po'- prima che avesse la
possibilità di ribattere, uscii senza troppe cerimonie. Mi misi il cappuccio
vedendo che stava nevicando, avevo voglia di urlare. Mi infilai nel centro
della città, non mi importava di dove stessi andando, non mi importava di
niente. Ormai erano ore, forse, che giravo. Mi sentii prendere da dietro.
Appena mi girai lo vidi, era di fronte a me, pronto a dirmi qualsiasi cosa pur
di farmi cambiare idea.
-sono ore che ti
cerco, si può sapere dov'eri?!- mi levai le sue mani di dosso, facendo poi un
passo indietro, tutto ciò che trapelava dal mio sguardo era ripugnanza
-dobbiamo parlare di ciò che è successo-
-dobbiamo?! io non ho
niente da dirti, per me puoi anche andartene- si avvicinò di nuovo
-mi devi lasciar
spiegare ciò che è successo-
-ma io non voglio
sapere niente, sei libero di fare ciò che vuoi, vattene da tutte quelle ragazze
che possono renderti felice come meriti, io ho finito qua- non lo credevo
davvero, ma era ciò che si meritava
-lei per me non conta
nulla, lo so io, lo sai tu e lo sa anche Yurika. Ho sbagliato, non cerco
giustificazioni, ma io e te avevamo litigato, non capivo niente!- lo spinsi via
-ti odio! tu capivi
tutto perfettamente! vattene da lei, io non ti voglio più vedere, ti odio con
tutta me stessa!-
-non dire così, mi
ami come io amo te, ho fatto uno sbaglio, mi dispiace!- cominciai nuovamente a
piangere, mi feriva, quelle sue parole mi laceravano, mi facevano rendere conto
di quanto grave fosse la situazione
-sì che volevi! lo
sapevo, sapevo sarebbe andata a finire in questo modo, da quando vi ho visti
insieme!-
-Chocola, ti sbagli,
tra me e lei non c'è niente, non voglio nessun altra a parte te-
-smettila di dirmi
bugie! scommetto che questo pensiero non ti ha sfiorato nemmeno quando le tue
mani erano sul suo corpo- rimase in silenzio, le sue difese erano finite,
sentivo un dolore tanto forte da non riuscire a respirare -sono stata così
stupida a pensare di venire a casa tua e fare pace con te- mi pulii le guance
passandoci il dorso della mano
-possiamo ancora far
pace, partiremo con i biglietti che mi hai regalato, niente si intrometterà tra
di noi- non riuscivo più a credergli, non ce la facevo, non in quel momento
-parti con lei, o con
chi vuoi, io non ne voglio più sapere di te- me ne andai, lasciandolo dov'era.
Era finita, tra me e lui, tra me e il principe dei Malefici era tutto finito.
Ma lo amavo, continuavo ad amarlo più di ogni altra cosa, forse era questo il
problema. Entrai nella mia camera sbattendo la porta. Mi accasciai in
ginocchio, una mano sul petto. Di nuovo quel dolore, mi feriva, mi faceva tanto
male da farmi sudare freddo. Non ce la facevo più, stava andando tutto
degenerando.
Provai a dormire, ma
i miei incubi mi continuavano a perseguitare, ormai si era fatta notte,
alternavo i pianti al sonno, ma entrambi mi facevano soffrire. Ero rannicchiata
sul letto, di nuovo il desiderio che lui fosse con me. Come aveva potuto farmi
una cosa tanto orribile? Io non l'avrei mai fatto, e se fosse successo lui non
me l'avrebbe mai perdonato. L'immagine di loro due insieme mi scombussolava la
testa. Era davvero tutto finito?! Tra me e lui? che ne avevamo passate tante,
che non avevamo mai neanche pensato lontanamente a stare uno lontano
dall'altra. Non riuscivo ad immaginarmi con un qualsiasi altro ragazzo, non ce
la facevo, non volevo. Volevo stare con lui, volevo passare il giorno del suo
compleanno a casa sua, avrei voluto dargli di persona il mio regalo, renderlo
felice, far pace. Ero io a dover passare la notte con lui, non lei. Invece era
andato tutto male, lei era andata da lui, che le aveva parlato dei nostri
litigi, di quanto ero insopportabile in quel periodo ed erano finiti con lo
stare insieme. Lei gli aveva accarezzato il viso, lo aveva stretto a se,
l'aveva baciato, lei stava passando con lui il suo ventesimo compleanno, non
io, e questo mi faceva male, mi faceva soffocare, non mi permetteva di
respirare, ma questa volta non era un incubo.
commenti dell'autore:
allora, come prima
cosa vorrei dirvi che non sono stata io a volere il tradimento, ma i fatti. Ve
lo giuro, io non centro nulla, io avevo pensato che lei gli dovesse portare il
regalo, lasciarlo davanti alla porta e poi aspettare che uscisse e vedere la
sua reazione, senza che la vedesse, poi però ho pensato che sarebbe sembrato
infantile e da vigliacca lasciarlo davanti alla porta per poi andarsene, così
ho pensato che glielo dovesse dare di persona, ma poi sarebbe stato smielato fargli
far pace quando lui avrebbe visto i biglietti. Così mi sono detta, perché non
far aprire la porta a Yurika? sarebbe scoppiata la terza guerra mondiale e poi
avrebbero fatto pace, ma poi mi sono ricordata che era mattina presto, e mi
sono chiesta "perché Yurika dovrebbe essere lì a quell'ora del
mattino?" e la risposta è venuta da se. Come potete vedere è stata colpa
dei fatti, non mia, io non centro niente! Vorrei ringraziare honey che mi ha
consigliato il regalo (io non avevo idee) e come farli rincontrare dopo il
tradimento, io avevo pensato che dopo aver parlato con Vanilla sarebbe andata
in camera e lo avrebbe trovato lì, ma è più carino così, non credete?! Meglio
che vada, vi prego non mi insultate, al mio cervelletto verrà in mente un modo
per far tornare tutto a posto (credo)
bacio Marmelade!
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Capitolo 11 *** Perdonare, dimenticare, soffrire ***
perdonare
Mi svegliai con il
mal di testa, non avevo dormito quasi per niente. Arrivai in salotto, dove vidi
i gemelli agitati; Vanilla doveva avergli raccontato cosa aveva fatto Pierre
-è venuto a cercarti-
mi sussurrò la mia amica mentre piegava i vestiti sul tavolo; un giorno di
questi mi sarei dovuta decidere ad aiutarla. Vidi Houx e Saul fare una smorfia
infastidita
-lo hai mandato via?-
chiesi nervosamente prendendo una tazza di cioccolata calda
-mentre andava in camera
tua, gli ho detto che stavi dormendo, si è subito fermato e mi ha detto che
tornerà più tardi- capii che le dispiaceva. Teneva a Pierre, non le piaceva
quella situazione, sapeva che entrambi stavamo soffrendo, e la colpa non era
solo sua. Mi avvicinai a lei, tutta quella tensione la faceva stare male
-non mi sento ancora
pronta per parlargli... Non ce la faccio- cercai di tranquillizzarla, ma
entrambe sapevamo che non era quello: io non volevo parlargli, non ne avevo le
capacità, l'ultima volta che l'avevo visto, non facevo altro che ricordare il
viso di Yurika, che mi intimava ad essere triste, che aveva pietà di me,
davvero non riuscivo ad accettarlo, mi immaginavo loro due insieme nel suo
letto, dove ero stata io per prima, dove non ci sarebbe dovuta essere stata
nessun altra. Ma noi ci eravamo lasciati, chiunque poteva baciarmi, chiunque
poteva toccarmi come faceva lui, che non avrei commesso nulla di male: non lo
avrei permesso comunque. Mi sedei sul divano, poggiando la testa sulla spalla
di Saul, portando le gambe al petto -ti ha detto quando sarebbe venuto?-
-no...-
-non si darà pace
finché non andrò completamente fuori di testa- borbottai. Un'idea mi balenò in
testa. Mi alzai di scatto -faccio prima di lui!- corsi in camera, il desiderio
di vendetta e il dolore di non averlo accanto, mi stavano uccidendo
-che vuoi fare?- mi
chiesero i gemelli alla porta
-gli riporto tutto
ciò che c'è di suo nella mia camera- aprii l'armadio prendendo una miriade di
sue camice, che avevo tenuto io e che ogni tanto mettevo ancora
-perché hai tu le sue
camice?- vidi Houx che mi guardava sconvolto. Era palese per tutti che
dormivamo quasi sempre insieme, con o senza sesso, solo per lui ancora non era
chiaro. Non risposi, vidi Saul sghignazzare. Misi tutto in uno scatolone,
insieme a qualche suo libro, che aveva lasciato da me, le sere in cui non
dormivo. Non misi anche tutti i regali che mi aveva fatto, perché erano troppi,
e perché era ciò che mi era rimasto di lui. Tenni anche un'altra sua camicia,
non se ne sarebbe accorto. Nel preparare tutto, non mi resi conto che una
lacrima indiscreta si era posata sul mio viso, lo avevano visto tutti. La
scacciai via in fretta, passando il dorso della mano sulla guancia. Dovevo
farmi coraggio, anche se sapevo che l'unico motivo per cui gli portavo quelle
cose, era vederlo, magari litigare, ma avere in qualche modo un contatto con
lui.
Mi fermai davanti
alla porta, ricordai del regalo che avevo lasciato cadere sull'entrata. Mi
venne in mente la carta da regalo che avevo usato per il libro, era gelida
senza significato. La busta della lettera e dei biglietti l'avevo decorata con
disegnini stupidi, che sapevano a Pierre non piacevano, amava la sobrietà, ma
sapevo anche che lo divertiva immaginarmi a scarabocchiare sulla carta bianca.
Non indugiai oltre. Bussai trovando di nuovo la grinta, rimase stupito nel
vedermi -ciao- provò ad avvicinarsi, ma arretrai di un passo con assoluta
convinzione
-ti ho portato delle
cose...- sussurrai senza guardarlo negli occhi. Notò lo scatolone e vidi la sua
espressione spegnersi
-che cos'è?!-
-sono cose tue, che
avevi lasciato nella mia stanza, libri e camicie...- lo prese per poi buttarlo
al lato, si avvicinò a me prendendomi per la vita con forza -smettila, mi fai
male!-
-è a questo che siamo
arrivati? sbaglio io e finisce tutto in questo modo?!- cercai di spingerlo via
senza successo
-sai perfettamente
che ciò che hai fatto è andato oltre tutti gli sbagli!-
-vogliamo parlare di
ciò che è andato oltre?! credi che avere l'atteggiamento che hai avuto tu nelle
ultime settimane sia comparabile a tutti gli sbagli?!-
-non voglio
perdonarti come tu non perdoneresti me e adesso lasciami!- sembrava che facessi
le cose solo di riflesso a lui
-dipenderebbe dalla
situazione, sai che ti perdonerei!-
-no, non lo faresti,
perché io non ti tradirei mai, perché il solo pensiero di andare a letto con un
altro mi fa schifo, ma se non è lo stesso per te, io non posso accettarlo!- ed
era la verità, non lo avrei mai fatto, per rispetto, perché non ce l'avrei fatta
-hai ragione, non ti
merito in questo senso, ma cerca di capirmi, sono state settimane difficili,
soprattutto per i nostri litigi, non lo avrei mai fatto!- ma quel ragionamento
non faceva una piega, non era corretto
-se vuoi passare la
vita con me, non sarà sempre tutto rose e fiori, ci saranno sempre dei
problemi, e allora che farai, ogni sera andrai con una ragazza diversa?!- mi
spinse via con rabbia
-smettila, hai
capito?! non ce la faccio più, ti sei mai posta una sola volta la domanda se a
me stessero bene tutti i tuoi comportamenti?!- piansi di nuovo, consapevole di
ciò che stavo per dire
-è per questo che tra
di noi è finita, tu potrai stare con tutte le ragazze che vuoi, senza dovermi
sopportare-
-ma io non voglio
altre ragazze, voglio solo te, sempre, senza eccezioni- il dolore che avevo
sentito il giorno mi colpì nuovamente al petto, emisi nuovamente un leggero
gemito di dolore, portandomi la mano sul punto dolorante. Mi guardò preoccupato
-se avessi voluto
solo me, non mi avresti fatto una cosa simile- farfugliai respirando
affannosamente
-stai male...- fece
per avvicinare la mano per farmi rialzare, ma la schiaffai via di riflesso. Mi
allontanai guardando in basso; sarei rimasta di più, ma sapevo che se mi avesse
vista male, mi avrebbe portata in casa, e forse avrei ceduto. Barcollai, le
gambe mi sembravano incredibilmente pesanti. Sentii due forti braccia
sorreggermi, sapevo a chi appartenevano. Mi aggrappai a lui, sentendomi cedere.
Mi prese in braccio, la mia vista era offuscata, avevo un incredibile nausea.
Quando entrammo sentii la sua voce, distante, ordinare a qualcuno di portare
dell'acqua fredda, ci mancava. Mi appoggiò su un letto, in una delle tante
stanze presenti nella villa. Per fortuna, non avrei sopportato di stare nella
sua stanza dopo ciò che era capitato. Si sedé accanto a me, accarezzandomi il
viso con una mano. Cominciai a vederci nuovamente. Osservai qualcuno entrare,
Pierre lo fece subito uscire, prendendo poi, un quadretto di stoffa bagnato,
appoggiandomelo sulla fronte, feci una smorfia sentendolo freddo. Sorrise -stai
meglio?- annuii, non era il momento di litigare, non ne avevo minimamente
voglia -che hai avuto?- mi alzai leggermente, giusto il necessario per mettermi
sotto le coperte, girandomi su di un fianco
-non lo so…-
-hai dormito questa
notte?-
-non molto…- mi
guardò aggrottando le sopracciglia poco convinto -per niente- mi corressi
sviando il suo sguardo magnetico
-ti faccio portare
altre coperte, cerca di stare meglio- fece come detto, mi ritrovai sotterrata
in una serie di morbidi plaid. Cercai di restare sveglia, in modo da non dover
stare peggio. Volevo uscire da quella casa, era doloroso e anche maledettamente
triste. L'idea sola di spostarmi da quel caldo letto mi faceva tornare alla mia
classica pigrizia. Strofinai con un sorriso la guancia al cuscino. Sentii la
porta aprirsi, d'istinto sbarrai gli occhi constatando chi fosse. Lo vidi
entrare, alzai di più le coperte, di nuovo il desiderio di andarmene. Avevo una
spontanea espressione infastidita -hai dormito?-
-non ne avevo
bisogno, non ero stanca, ho solo avuto un cedimento-
-eri pallida, ti
faceva male il petto, l'ho notato, non può essere stato un semplice cedimento-
diventai rossa per la rabbia
-e a te che cosa te
ne importa?! io faccio quello che voglio con me stessa, se mi sono sentita male
sono affari miei, non te ne deve importare- adesso era infastidito anche lui,
lo avevo trattato peggio di quanto pensassi
-sai che ti dico?!
fai come ti pare, io vado giù, se vuoi vattene, tanto nessuno riuscirebbe a
fermarti, tantomeno io. Mi sono stancato di prendermi cura di te senza ricevere
niente in cambio- mi alzai, la stanchezza mi rendeva debole, ma non abbastanza
-e che cosa vorresti?
che ti dicessi che sei l'unico che amo e che ho costantemente bisogno di te?!-
mi pentii di ciò che avevo detto, stavamo di nuovo urlando, e la cosa non
piaceva a nessuno dei due
-se hai fame
chiamami- riprese serio, ma evidentemente deluso. Quando fu sulla soglia mi
ritrovai a non essere soddisfatta avrei preferito continuare a litigare
piuttosto che non parlargli
-perché non mi hai
portata nella tua camera?- si girò appena
-so che ti avrebbe
fatta soffrire- mi rimisi giù, accucciandomi nelle lenzuola ricoperte da morbdi
e caldi tessuti. Le persiane erano chiuse, in modo che io potessi dormire
meglio. Lo sentii sfiornarmi dolcemente i capelli, per poi passare alla
guancia, arrossii sgranando gli occhi, ma non vide questa mia reazione, poiché
ero girata di spalle. la percepì solamente. Mi alzai di scatto. Andando avanti
così, avrei ceduto senza troppe cerimonie.
-io è meglio che me
ne vada- gli comunicai succinta, sollevandomi dal letto. Misi le scarpe
velocemente, infilandomi poi anche il cappotto
-non è il caso tu
esca in questo stato- tirai fuori dal cappuccio i capelli, facendoli per un
istante fluttuare. Presi anche la borsa
-grazie di avermi
aiutata- sussurrai aprendo velocemente la porta. E chi vi trovai?! lei,
ovviamente. Cosa ci faceva lì? sembrava mi stesse perseguitando. Di nuovo il
dolore al petto. Il mio viso fu colpito da una contrazione, ma solo per un
istante, mi ricomposi immediatamente
-scusate, non pensavo
tu fossi qui...- tanto che sarebbe cambiato? La scansai, sentii Pierre cercare
di venire ancora verso di me, ma appenà tentò di prendermi per il braccio, lo
spinsi via, nuovamente arrabbiata
-divertitevi insieme.
Io me ne vado!- corsi via, senza neanche guardare Yurika in faccia, mi avrebbe
fatto solo male.
Tornata in casa, mi
chiusi nella mia camera. Avevo udito Houx provare a dirmi qualcosa, ma non
avevo minimamente voglia di ascoltarlo. Chiusi gli scuri, in modo che se avesse
provato ad entrare, non ci sarebbe riuscito. Scaraventai a terra tutto ciò che
mi aveva regalato, non ne volevo più sapere. Buttai tutto dentro un vecchio e
logoro scatolone, seppellito nel mio armadio. Lo portai alla mia amica,
chiedendole di restituirglielo. Quando fece per allontanarsi e poggiarlo in un
angolo della stanza, la fermai, riprendendomi l'unica camicia che mi ero
tenuta, ci tenevo molto, almeno quello me lo doveva. La indossai,
addormentandomi con il suo profumo addosso. La scenografia del mio sogno era
nuovamente cambiata: non precipitavo più, nonostante continuassi a soffocare,
ero semplicemente contratta in due dal dolore, sentivo la testa starmi per
scoppiare, continuavo a urlare. Tutte le persone a cui tenevo erano di fronte a
me, ma non si muovevano. Continuavano a guardarmi attoniti, come se stessi
completamente impazzendo, e la colpa fosse solo mia.
Commenti dell'autore:
ok, ok, non ho ancora
trovato un modo per far tornare tutto a posto, ma vedrete che ci riesco,
tranquilli... come sempre spero vi sia piaciuto, non so se avete notato che gli
incubi cominciano ad assomigliare alla realtà.
Baci Marmelade!
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Capitolo 12 *** vendette da giocattoli ***
vendette da giocattoli
-non puoi farlo!- mi urlò contro esasperato. Era l'ennesima litigata dopo che c'eravamo lasciati
-sì che posso, non dirmi cosa fare!- mi prese per i polsi, ma con dolcezza. Trovai tenero quel suo gesto
-perché vuoi farmi questo? Perché vuoi uscire con un
altro?- schiaffai via la sua presa. C'era una morsa intorno al mio
cuore, che si stringeva. Era questa la sensazione. Era questo
ciò che provavo ogni volta che il petto mi doleva. Era
paradossale che lui si arrabbiasse solo perché quella sera sarei
uscita con un altro, solo per provare qualcosa di diverso dal dolore
-perché io e il mio ragazzo ci siamo lasciati e vorrei svagarmi-
tenevo gli occhi puntati sui suoi. Avevo più grinta, ero
più sicura di me. Lui non meritava delle spiegazioni, non da me
almeno -adesso vattene- feci per allontanarmi, ma la sua forza si
scagliò sul mio braccio
-sai che te ne pentiresti- scovai la paura nei suoi occhi. Quella che
non aveva mai avuto. Aveva paura di perdermi, paura che quell'errore
avesse segnato la fine del nostro rapporto; ed era così. A
questo aveva portato il suo sbaglio, alla mia perdita
-o forse sei tu quello che si sta pentendo?- mi abbracciò.
Provò a mettere tutto il suo amore, trasmettendolo nel mio
corpo. Ma pur sapendo dell'esistenza di quel sentimento che ci univa,
non riuscivo a perdonarlo. Mi faceva male
-Chocola, mi sono già pentito. Ti prego, ti supplico di
perdonarmi- sapevo che l'ultima cosa che voleva era sembrare pietoso.
Non lo volevo neanche io. C'era rigore nella sua voce, il tono
rafforzato da una punta di serietà
-non posso... Ti giuro che lo vorrei, ma non ce la faccio- sussurrai
soffocando le lacrime. Opprimendo quel senso di solitudine provocato
dalle parole appena dette
-sì che ce la fai. Promettimi che un giorno mi perdonerai- ma io
lo avevo già perdonato. Semplicemente non volevo si
approfittasse di me. Volevo che capisse che io non ero un giocattolino
nelle sue mani. Non poteva trattarmi a suo piacimento. Lo spinsi via,
girandomi lentamente. Volevo fargli vedere cosa gli sarebbe mancato.
Schiaffarglielo in faccia. Sciolsi i capelli
-devo andare- smuovei la mia chioma, in modo da non lasciare traccia dello chignone che mi ero fatta
-non fare stupidaggini- mi suggerì serio. Provai a non
ascoltarlo, era questo che dovevo fare. Tornai a casa con una certa
fretta. La litigata tra me e Pierre era sfociata quando Vanilla gli
aveva riportato i regali che mi aveva fatto. Mi aveva trascinata fuori
dalla mia abitazione. Le tensioni tra noi non erano diminuite. Non
facevano altro che renderci entrambi più nervosi.
Mi infilai un tubino nero, rivestito di seta ricamata, che formava dei
fiori. Presi un cerchietto con un fiore a sinistra. Cerchiai gli occhi
con un po' di matita, e misi un velo di lucidalabbra sulla bocca. Il
leggero rossore sulle mie guance rendeva più vivo perfino
quell'abito, che per quanto fosse scuro, mi rendeva terribilmente
affascinante. Hai sbagliato, sono queste le conseguenze. Io non sono un
gioco. Avevo chiesto di uscire a un ragazzo che ormai erano anni che
provava a conquistarmi, pur sapendo di Pierre. E seppur gli avessi
catturato il cuore, tante e tante volte, questo ogni volta riappariva.
Camminavamo tra le strade della città. Le ballelline ai piedi mi
facevano male. Mi guardò con un sorriso, ricambiai
-dove andiamo?- domandai innocentemente
-ad una festa, è un evento della città, ci saranno le
persone più importanti. Credo ci sia perfino il tuo tutore-
essendo un evento della città, ci sarebbe stato sicuramente
anche Pierre ti farò vedere di cosa sono capace sussurrò
una vocina nella mia testa -non vedevo l'ora di uscire con te- Pierre
non si sarebbe mai abbassato a dirlo taci, ecco cosa mi dicevo. Pierre
mi aveva trattata male, non avevo nessun diritto di fare paragoni con
Satomi
-già... anche io- sussurrai. Bugiarda.
-tu e il tuo ragazzo vi siete lasciati vero?- nessuno ti ha dato questa confidenza, io lo ho lasciato, non lui, non noi, io.
-sì... Qualche settimana fa- strinsi nervosamente il giacchetto a me
-se non ricordo male è stata una storia importante... Quanto
è durata, qualche mese?- ha un tono gentile, ho l'impulso di
correre via sono 5 anni, 5 lunghissimi anni a cui tu non arriverai mai.
Nessuno sarà mai al livello dell'amore che abbiamo vissuto,
tantomeno tu. Taci, zitta
-no... Non è stata poi così importante... è durata
qualche mese- Bugiarda, che stai dicendo?. La testa mi stava per
scoppiare. Pensieri silenziosi affollavano la mia mente. Io dovevo
andare avanti. Pierre non mi meritava. Restò in silenzio, si era
accorto della mia esplicita menzogna. Tutti sapevano della storia tra
me e Pierre, anche lui. Mi aveva messa alla prova, e io ci ero cascata
-però... ecco, diciamo che è stata importante per i primi
mesi. In effetti sono 5 anni che stiamo insieme, ma non c'è mai
stato un vero e proprio amore, stavamo insieme per abitudine- continua
a tacere. Continuo a mentire. Continua ad accorgersene. Ho combinato un
pasticcio
-ci sarà anche lui stasera-
-ah- risposi flebilmente. Sarebbe stato un disastro se ci fosse stato
anche Pierre. Non mi avrebbe permesso di fare assolutamente nulla -tra
di noi non c'è più nulla. Questa sera ci divertiremo-
spiegai con un sorriso. Sembrava poco convinto, ma accettò
quella mia affermazione. Denigrare nel fondo del cuore, quel sentimento
per Pierre, era la scelta giusta. Bugiarda.
Arrivata mi guardai immediatamente intorno, non era ancora arrivato.
Satomi si voltò verso di me, scrutandomi in viso -tutto
apposto?- annuii calma, rassicurata dal fatto che ancora non c'era. La
sala era ben addobbata da teli bianchi e argentei. I tavoli erano ben
disposti, riempendo una parte della sala, su essi un mazzo di rose
bianche al centro. Il pavimento era di parquet, faceva ticchettare le
mie ballerine Doveva essere una festa di beneficenza, a cui
partecipavano solo le persone più facoltose. Non volevo
litigare. Non in pubblico. Lo vidi entrare. Le persone non si erano
ancora accomodate ai rispettivi posti. Satomi mi presentò alcuni
suoi amici. Era qui che cominciava la mia sottile e tagliente vendetta.
Mi avrebbe vista, ma non mi avrebbe avuta. Mi squadrò
accorgendosi che ero presente. Non gli rivolsi un ulteriore sguardo.
Continuavo a sentir riecheggiare le parole del mio accompagnatore e dei
tizi con lui, nella mia testa. Quando ci sedemmo cercai di ignorarlo,
nonostante qualche volta, avessi la tentazione di spostare i miei occhi
su di lui, rimirando qualcuno di cui mi interessasse davvero.
Andavo avanti con falsi sorrisi divertiti, fingendo interessamento. Mi
alzai avvicinandomi al bar. Avrei fatto qualsiasi cosa pur di
allontanarmi da "quelli".
Ordinai distrattamente una bevanda vista di sfuggita sul menù.
Sentii una presa avvolgermi stretta sulla vita. Sussultai incredula,
per poi rendermi conto di chi fosse. Quando fui girata, mi prese per
mano, facendomi allontanare. Quei suoi modi non mi piacevano affatto
-lasciami subito-
-voglio solo parlare con te- scacciai via la sua presa con uno strattone al braccio
-noi due non abbiamo niente da dirci- fece un ghigno arrabbiato
-ti ho detto che voglio solo parlare, abbiamo ancora molto di cui discutere-
-solo adesso ti accorgi di avere qualcosa da dirmi?! Ci potevi pensare
prima...- feci per allontanarmi, ma si piazzò irrispettosamente
davanti a me -che vuoi?-
-credi che stando con quelli tu possa dimenticarmi?-
-è questo il punto- lo guardai negli occhi in segno di sfida -io
ti ho già dimenticato...- ne rimase deluso. Il suo sguardo era
sofferente, per un attimo mi volli ritrarre, ma era quello il mio
scopo: fargli male.
Stupida ragazzina, pensi di ottenere qualcosa in questo modo? Taci, sei
solo una vocina nella mia testa. Tu non sai niente, niente
-la prossima volta usi il cervello invece di altro...- quando feci per
girarmi, mi prese per le spalle, sbattendomi contro la colonna. Provai
un leggero dolore, ma lo soffocai. Quando tornai a guardarlo, notai che
era furioso. Provò a dire qualcosa ma Satomi fece prima,
spingendolo via da me.
Perché ti sei intromesso? Mi piace la sua rabbia, è con
lui che voglio stare quando litighiamo, non ho bisogno di qualcuno che
mi protegga.
-lasciala stare, chiaro?- feci una smorfia. Non avevo certamente bisogno di lui
-vedi di andartene! Tu non centri niente! Questa questione è tra
me e Chocola!- mi riprese per il polso, con più violenza, ma lo
spinsi via
-io non ti voglio più nella mai vita. L'unica cosa che stai
ottenendo è una brutta figura!- Quando arretrai di un passo,
sbuffai irritata
-esatto, ha ragione- mi diede corda Satomi. Ne rimasi indispettita.
Che cosa ne vuoi sapere tu di ciò che provo io?!
Mi cinse le spalle con un braccio, facendomi camminare, ma la voce di Pierre si fece sentire ancora
-stai attento a quello che fai, se dovessi andare troppo oltre con lei,
perderei la pazienza!- urlò adirato, facendoci bloccare
entrambi.
Amore mio, nessuno sarebbe più felice di me, se ti arrabbiassi,
facendo valere il rispetto di cui necessito, facendo valere ciò
che provi per me.
Come si permetteva di dire certe cose? Io non gli appartenevo
minimamente. Mi girai facendo avvalere il mio tono imperioso, che
saltava fuori solo quando volevo impartire qualcosa -Satomi può
farmi tutto ciò che vuole, tanto sono stata abituata a un
ragazzo, che in ogni situazione si approfittava di me- perché
dicevo queste bugie? Pierre non si sarebbe mai approfittato di me, mai
-non hai capito niente!- il suo tono era più fine e rigido di quanto pensassi. Rabbrividii
-e te ne accorgi solo ora di aver un incompetente accanto?-
-non pensavo fossi così...- sussurrò attonito
-per 5 anni ti sei illuso che io fossi diversa, oppure è adesso
che stai fingendo che io sia diversa?- rimase stupito nel sentirmi
parlare con così tanta decisione
Perché non rispondi? Perchè non mi provi che sono io quella che sbaglia?
Il suo silenzio mi fece male. Quando feci per girarmi, ancora, mi
costrinse a bloccare la mia trionfale uscita da quello scontro -o forse
ho dovuto fare altre esperienze per capire quanto tu fossi diversa- per
un istante sperai di non aver sentito, o aver udito male. Il cuore
mancò di un battito. Satomi si girò sbigottito
Ma... che fai? Perché dici queste cose? Perché mi imponi
di odiarti quando io vorrei stare solo con te? Perché mi umili
davanti a tutti?
Il mio viso era trasformato in una maschera di dolore. Come aveva
potuto? Perché se mi amava mi faceva questo? -spero almeno ti
sia piaciuto- mi imposi di non scoppiare in lacrime. Arretrai di
qualche passo, ma accogendosi del mio viso, mi raggiunse prendendomi
dolcemente una mano
-mi dispiace, non volevo dire una cosa del genere, sono un'idiota- si
fermò per un istante riprendendo fiato, e cercando la cosa da
dire -non sopporto che tu faccia così, mi fai arrabbiare e dire
cose che non penso- di nuovo quel tono duro e sottile.
Sciolsi la mia mano dalla sua. La morsa si stringeva, il dolore
aumentava, io non respiravo. Un brucione forte quanto intenso mi
colpì al petto -non devi chiedere scusa, il dolore è
passato e insieme anche il mio amore per te-
-non può esserti passato tutto così...- lacrime
silenziose e amare, erano posate sui miei occhi, velandoli di una
tristezza che mi spezzava
-tu al posto mio cosa faresti? Come reagiresti di fronte a colui che
sostiene di amarti, ma che in realtà ti umilia senza il minimo
rispetto, di fronte a tutti?-
-tutti fanno degli errori, Chocola. Se mi ami come credo che sia,
dovresti riuscire a perdonarmi... Non andare con altri ragazzi-
Ma tu non hai fatto niente per dimostrarmi che mi ami... Perché
mi fai questo? Perché non mi dimostri quanto il tuo sentimento
è forte?
-se vuoi essere rispettato, devi portarne di rispetto...- sibilai con
le sopracciglia aggrottate. La morsa si stringeva, lentamente,
perché faceva così?
-scusami, ho detto quelle cose solo per attirare la tua attenzione-
-potevi chiedermi gentilmente se potevamo parlare, invece di fare
questa scenata in pubblico- continuai pacata. Le persone non prestavano
molta attenzione a me. Mi sentivo comunque messa in soggezzione. Rimase
senza parole
Ti prego dì qualcosa e giuro che ti seguirò ovunque.
Mi scrutò ancora per qualche interminabile istante -potresti,
per favore, venire con me, in modo da poter parlare, io e te da soli?-
Satomi mi guardò in cerca di una mia risposta negativa, tornai a
fissare l''unico di cui veramente mi interessava
-d'accordo, ma solo per farla finita-
Voglio stare con te, sono stanca delle persone che continuano ad intromettersi tra di noi.
Mi portò fuori. Il parco era tempestato di cespugli di rose
bianche e grandi querce, che contornavano l'immenso giardino -allora
che vuoi?- esordii spontanea, colpendolo con la mia strafottenza
-voglio che la smetti di stare con quei ragazzi, ti fai solo del male-
abbassai gli occhi. Feci un sorriso amaro, ricordando i giorni in cui
veniva a prendermi, di quando mi chiedeva se avevo catturato qualche
cuore, allora non si preoccupava dei ragazzi che mi ronzavano intorno.
Mi guardò saccente -non ridere, ti stai comportando come una
bambina- continuò imperterrito. Misi un tenero broncio. Quando
eravamo soli non mi riusciva poi tanto bene essere arrabbiata con lui
-non sono andata con nessuno di quei ragazzi- farfugliai sperando che avesse capito
-e devi continuare a non farlo. Primo perché te ne pentiresti,
secondo perché sarei io a perdere la pazienza con quei tizi-
affermò scorbutico. Mi fece piacere sentirgli dire certe cose.
Lo faresti davvero? sfideresti un miliardo di ragazzi, solo per stare con me?
-Pierre... Per quale motivo mi hai tradita?- abbassò lo sguardo rassegnato
-perché sono stato uno stupido, lo riconosco. Ma non voglio che
tu commetta sciocchezze- non era quella la risposta alla mia domanda,
io avevo bisogno di spiegazioni
-non sei stato uno stupido... ma un vero e proprio idiota- feci un
sorriso dispettoso, sapevo quanto gli piacesse. Fece qualche passo
verso di me. Posò le sue grandi mani sui miei fianchi
-hai ragione- si avvicinò di più al mio viso -però
potresti anche perdonarmi...- ero in uno stato di confusione aggravato.
Per un attimo persi i sensi.
Baciami, ma provami quanto mi ami... Dimostrami quello che provi per me.
Si avvicinava, sempre più pericolosamente al mio viso.
Perché non mi sussurrava all'orecchio "ti amo?", perché
non capiva che un bacio non era ciò di cui in quel momento avevo
bisogno?
Lo spinsi via irata -smettila, non è così che mi
riconquisterai!- rimase sbigottito. Vidi la furia nei suoi occhi. Forse
avevo esagerato.
Non ti arrabbiare con me... Sai come sono fatta, non volevo farti del male...
Fece per andarsene, ma non poteva finire così, con me che lo sgridavo e lui che se ne andava
-e poi te ne vai pure arrabbiato...- borbottai incrociando le braccia.
Si voltò appena, scrutandomi con la coda dell'occhio
-non provare a criticare le mie scelte- ringhiò studiandomi
-allora io posso andare con chi voglio, magari andandoci anche a
letto!- stavo davvero andando fuori di testa. Saremmo arrivati a un
punto in cui sarebbe stato lui a non sopportarmi più
-non ci devi nemmeno provare-
-ah, quindi fammi capire, tu puoi tradirmi, arrabbiarti, andartene,
umiliarmi di fronte a tutti e io non posso neanche stare con un altro
ragazzo per una sera, una soltanto! Quando ci siamo pure lasciati!
Certo, giustamente!-
Smettila, non si risolverà niente, finirà per odiarti. Fermati.
-non è assolutamente vero, tu mi ami ancora, ma non lo vuoi ammettere nemmeno con te stessa-
-non è vero!- gridai sentendo uno schiaffo condito di verità, arrivarmi sulla faccia.
Sei una bugiarda.
-è quello che sta succedendo, è ciò che tu mi stai
facendo! Hai sempre fatto come volevi!- perché urlavo,
perché non riuscivo a calmarmi?
-puoi dire quello che vuoi, io continuo a non credere che tu pensi
queste cose...- una scarica di adrenalina mi attraversò la
schiena
-quando stavi con Yurika hai pensato anche per un solo istante cosa ne
avrei pensato io quando sarei venuta a saperlo?! Sempre che avessi
intenzione di dirmelo...- lo aggredii
-ero confuso!- esordì senza più difese.
Dimostrami che mi ami!
-è la solita scusa del cavolo, potevi fare di meglio!- gridai
-senti...- sussurrò -ti va se ne parliamo un'altra volta?- sgranai gli occhi. Era un vigliacco, solo un vigliacco
-che c'è?! Hai paura di affrontare la verità con la
ragazza che hai sostenuto per cinque anni di amare?! Sei un bugiardo,
mi hai sempre mentito, non mi hai mai amata!- mi prese velocemente per
i polsi, stringendoli
-smettila, smettila subito, chiaro?! Te l'ho detto perché siamo
in pubblico- mi calmai capendo che aveva, in un certo senso, ragione
-domani mattina vengo a casa tua e ne parliamo- annuii, non ce la
facevo più a litigare -va bene?-
-sì...-
Tornata a casa ritrovai Vanilla ad aspettarmi, seduta in cucina che
beveva il thè -com'è andata la serata?- mi chiese
guardando la mia espressione confusa. Indossava il pigiama. Anche lei
era uscita, me l'aveva detto
-disastrosa, io e Pierre abbiamo litigato in pubblico-
-e Satomi?-
-succube di un Pierre infuriato- sorrise divertita
-mi sarebbe piaciuto vederlo geloso di un altro, non credevo potesse accadere- ricambiai
-nemmeno io! Lo dovevi vedere quando gli ho detto che Satomi poteva farmi tutto- fece una smorfia
-ovviamente scherzavi...-
-certo che sì! Figurati se vado con un altro solo per farlo ingelosire, non sono il tipo...- mi guardò apprensiva
-quindi non c'è stato niente tra di voi?- dissentii con la testa
-posso dirti ciò che penso?- ne rimasi lievemente sorpresa. Cosa
aveva Vanillla in quei giorni? Sembrava voler dar ragione a Pierre,
volerlo giustificare. Annuii con la curiosità che mi brillava
negli occhi
-lui ha sbagliato, è vero, non ha avuto la minima considerazione
di come saresti stata...- fece una pausa. Dove voleva arrivare? Che
intendeva dire? Lo stava forse giustificando? -ma lui ce la sta
mettendo tutta per dimostrarti quanto ti ama, e sai anche tu che
è così, so che ha sbagliato, ma prova a metterti anche tu
un po' nei suoi panni, visto ciò che avete passato
recenemente... d'accordo?- annuii attonita. Voleva forse dire che stavo
sbagliando? Perché? Me ne andai. Il giorno dopo sarebbe venuto.
Mi sentivo svuotata. Lui doveva uscire da me, dalla mia vita. Adesso ne
ero convinta più che mai. Anche Vanilla stava dalla sua parte,
mi aveva sorpassata, mi stava buttando fuori
Commenti dell'autore:
capitolo scritto dopo aver scritto quello in cui facevano pace, l'idea
me l'ha data Yuki Love quando mi ha detto che Chocola gli doveva far
venire una certa paura... Comunque mi auguro come sempre che vi sia
piaciuto. So che è strano usare quella voce nella testa di
Chocola. Ma sembrava come la voce che diceva ciò che Chocola
pensava davvero. Quella vocetta che internamente abbiamo tutti. Metto una foto mia e di Honey non per vanità, ma solo per vedere se riuscite a vedere le immagini da facebook, così metto le immagini http://www.facebook.com/photo.php?fbid=1630374114555&set=a.1426443416415.2056883.1092673457&theater fatemi sapere se la vedete
Bacio Marmelade
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Capitolo 13 *** un problema in meno ***
un problema in meno
Era un meccanismo
quello in cui mi trovavo. Un incrocio di fili spinati da cui non potevo
sottrarmi o scappare. Respirai a fondo. Diverse realtà nella mia testa, si
stavano, da giorni, scontrando, entrando in collisione, non lasciandomi scampo:
l'amore che provavo per Pierre, che per quanto mi avesse fatta soffrire, per
quanto non riuscissi a respirare la notte, ripensando a loro due, insieme nel
suo letto, che mi escludevano completamente dalle loro teste. L'imminente
incoronazione, che non avevo in alcun modo il coraggio e la tenacia di
affrontare. E infine il perdono, che pulsava forte nel mio petto, che mi faceva
esitare quando si avvicinava a me, quando semplicemente mi parlava, ma che
veniva puntualmente taciuto dal mio immenso orgoglio e dalle numerose barriere
che avevo instaurato contro di lui, in modo che non mi potesse più attaccare,
in modo che non mi potesse più fare del male. Ero ancora nel mio letto,
coinvolta da un immenso flusso di pensieri che mi facevano pulsare le tempie
dal dolore, quando la porta della camera si aprì leggermente, senza fare troppo
rumore. Vidi il passo leggero ed aggraziato di Vanilla entrare nella stanza,
appoggiandosi delicatamente accanto a me. Mi scoprii completamente dalla difesa
costruita con le coperte. Mi morsi il labbro, quando feci forza sulle braccia,
per appoggiare la schiena sulla testiera
-è qui vero?-
sussurrai piegando le gambe al petto
-lui e Houx stanno
affrontando un'accesa discussione- odiavo che fosse lui a dovermi difendere,
come se io non avessi abbastanza forza per resistere alle sue mediocri scuse
nei miei confronti, ai suoi vani tentativi di farmi capire quanto mi amasse. Ma
che fosse stata questa la verità? Non ero capace di resistere a lui, al mio
primo e unico amore, colui che non avrei mai dimenticato, che avrebbe per
sempre imprigionato la mia mente nella sua immagine perfetta?
-digli di venire qui-
farfugliai, presa nuovamente dalla morsa della confusione che aleggiava nella
mia testa, e che metteva a serio rischio la precaria calma che ero riuscita ad
ottenere da quando ci eravamo lasciati
-sei sicura?- annuii
lentamente, guardando la sua minuta figura scomparire nuovamente. Ancora poco e
sarebbe venuto da me, non da Yurika, era per me che era venuto.
Lo vidi sulla soglia,
sul suo sguardo era dipinto un velo si speranza. Entrò, chiudendosi la porta
dietro di se. Si sedé accanto a me cercando di catturare il mio sguardo, che
era fisso su un angolo della coperta
-sei venuto alla
fine...- presi un lungo sospiro -tu non devi più venire qui... devi, devi
smetterla- esordii farfugliando tristemente
-hai dormito questa
notte?- serrai le labbra, consapevole di non potergli mentire. I miei occhi
cerchiati di nero, erano un segno evidente della mia notte insonne
-non molto- mi
limitai a rispondere
-che cos'è successo?-
lo guardai stupita, non capii di cosa stesse parlando -è da quando abbiamo
fatto l'amore la prima volta che tra di noi va tutto storto, non riesco a
capire il perché- non aveva tutti i torti, è stato quel giorno che tutto è
finito, che i litigi si sono fatti più aspri e con troppa frequenza e disordine
-non è stato quello,
semplicemente io e te non andiamo più d'accordo- percepii l'ira nascere nel suo
cuore, e ne fui maledettamente fiera. Perché era quello che volevo, la sua
rabbia
-tu credi che basti
questo a far rompere tutto, a farlo crollare?!- non risposi, certo che non lo
pensavo. Ciò che avevo detto non aveva un senso concreto, solo con lui stavo
bene, ma fargli provare il dolore che stavo provando io, in qualche modo, mi
soddisfaceva, mi riscattava da tutta la sofferenza -sei impazzita forse?! Sono
quei sogni vero?! Ti hanno cambiata- feci una smorfia irritata, mostrando il
mio disappunto
-adesso ti importa?!
Non quando eri a letto con un'altra?! Non quando io ero qui a chiedermi come mi
sarei potuta far perdonare per il tuo compleanno, quando volevo partire con te,
soli, in modo da recuperare in qualche modo il nostro rapporto?!- stavo di
nuovo piangendo disperatamente
-quando due persone
si amano, non c'è niente da recuperare-
-e allora perché
litigavamo sempre?! perché non siamo stati capaci di stare insieme?-
-Chocola, ne siamo
stati capaci per cinque anni- mi strinse a lui, e non mi opposi, mi aggrappai a
quel corpo caldo, che mi smorzava il respiro, che mi tagliava, feriva. Sentii
le sue labbra scendere dalle tempie fino alla mia guancia, sfiorando appena le
mie gote bagnate dalle lacrime che scendevano copiose -io non ti lascerò- lo
sentii premere il viso sui miei capelli -ti amo, sei l'unica persona per cui
provo qualcosa, l'unica che non vorrei mai lasciare- premei il naso contro il
suo collo, sentendone il profumo buono e seducente
-e allora perché sei
stato con lei? non riesco a capire...- farfugliai cominciando nuovamente a
versare lacrime. Sentendo le nostre vite nuovamente intrecciate, divenire
nuovamente una, come doveva essere
-perché ho avuto
paura... Credevo di perderti, credevo che il tuo modo di fare fosse solo un
invito ad allontanarmi, ho cercato di rivivere le stesse forti sensazioni che
mi fai provare tu, quando stiamo insieme- rimasi senza parole, sentendo che non
mentiva, che la sua voce era limpida, sincera, priva di ogni menzogna. Davvero gli
avevo fatto credere di volerlo fuori da me, dalla mia vita? Mi diede un bacio
sulla fronte
-e se questa storia
non finisse? Se continuassi ad avere questi incubi e quindi ad essere
costantemente nervosa che faresti?- si avvicinò al mio viso. Con le labbra mi
sfiorò appena il volto, prima di arrivare all'orecchio. Serrai la mascella,
sentendolo così vicino
-vuol dire che la
notte veglierò su di te, in modo che tu possa star bene, e il giorno, se saremo
nervosi, tireremo i piatti- c'era una punta di ironia nella sua voce, e questo
mi piacque terribilmente, più di quanto non dovesse. Sorrisi, e lo percepì,
poiché si posizionò di nuovo di fronte a me, guardandomi negli occhi. Un
brivido mi solcò la schiena. Ero stanca di quella situazione, richiedeva fin
troppe energie. Non volevo più combattere contro me stessa, con le menzogne,
lui mi amava, perché allora indugiare ancora? Non aveva senso. Mi avvicinai di
più a lui, ero nervosa, era da molto che non avevamo nessun contatto. Con
lentezza palesemente volontaria, gli intrecciai le braccia al collo, lui fece
lo stesso sulla mia vita. Vedevo che mi bramava, bramava le mie labbra, bramava
me. Mi diede un leggero bacio, delicato quanto bellissimo. Dopo un secondo
tornammo a guardarci, sorridendo. A entrambi era mancato quel contatto. Lo
ripresi a baciare con più foga e passione. Sentivo la sua lingua nella mia
bocca, iniziare a cercarmi. Non c'era niente di sbagliato, eravamo noi,
finalmente. Tutto il resto del mondo non c'era più. La porta della mia stanza
si aprì indiscretamente. Non volevo distaccarmi, non mi interessava se qualcuno
ci stesse guardando. Mi allontanò da se delicatamente. Mi morsi il labbro
appoggiando nuovamente il viso sul suo petto, aderiva perfettamente. Notai
Vanilla sulla soglia, mi sorrise dolcemente. La calma era finalmente tornata,
aleggiava nell'aria, la potevamo percepire nei nostri polmoni
-avete fatto pace-
affermò estasiata. Lei non aveva un ragazzo, non ne aveva mai avuto uno. Ed era
felice per noi, per me e Pierre, me e il mio Principe, non aveva senso. Annuii
ancora frastornata da ciò che era successo. Quando gli avevo chiesto ti farlo
entrare, pensavo di cacciarlo, dolorosamente, fuori dalla mia vita. Uscì,
pensando forse, con quanta indiscrezione era entrata. Tornai a guardarlo. Era sorridente,
più rilassato
-quindi è di nuovo
tutto a posto?- mi chiese con naturalezza. Forse sì, ma il fatto che mi aveva
tradita, era solo una parte dei problemi presenti, a prescindere del nostro
rapporto. Annuii, mi baciò ancora, ma finì presto, troppo presto
-i suoi baci erano
come i miei?- tornai sui miei passi, chiedendogli con sguardo febbrile,
riferendomi a Yurika
-non ci si avvicinano
nemmeno- sorrisi mordendomi il labbro
-spero in modo
positivo- mi fece sdraiare ancora
-dovresti dormire-
sentenziò carezzandomi una guancia in un gesto ritmico e particolarmente dolce.
La rabbia che ardeva in me, solo pochi giorni prima, era scomparsa. Forse
quando sarei andata a casa sua e sarei entrata nella sua camera, mi sarei
arrabbiata ancora, forse allora le nostre vite unite in un intreccio, si
sarebbero sciolte nuovamente, e sarei di nuovo sprofondata, senza alcun
rispetto, senza riuscire a tirarmi fuori dal baratro oscuro, che avrei
costruito con le mie mani per isolarmi da tutto, proteggendomi dalla sofferenza,
creandone altra. Mi cominciò a sfiorare il viso con piccoli baci, non voleva
altro, solo condividere quel momento, e io non pretendevo nulla di più
-credevi di
perdermi?- sussurrai presa da quelle attenzioni, che facevano sì che il mio
cuore battesse all'unisolo con il suo, in un movimento forte e frenetico
-sì- rispose
semplicemente senza distaccarsi da me -e tu non immagini ciò che si prova-
incrociò i suoi occhi con i miei -e tu che hai provato quando hai visto Yurika
davanti la porta?-
mi voleva mettere
alla prova, era solo un tentativo per vedere a che punto sarei arrivata
-assolutamente niente-
sibilai continuando a fissarlo -solo dolore, non sentivo nulla, non riuscivo
neanche ad odiarla, neanche ad odiare te... è stato strano, le lacrime
scendevano e io non me ne rendevo conto. è arrivato tutto quanto dopo- aggrottò
le sopracciglia, stupito nel sentirmi parlare così -forse sarebbe stato meglio
se fossi arrivata una, due ore dopo. Almeno non avrei saputo niente e non avrei
dovuto portarti rancore, arrivare a pensare di odiarti profondamente-
-sai che te l'avrei
detto, non ti avrei mai tenuto nascosta una cosa del genere- gli passai una
mano sulla pelle bianca e perfetta del volto. Amavo quei suoi capelli biondi,
quelle ciglia lunghe, quelle labbra dannatamente perfette. Continuammo a
guardarci, senza stancarci del reciproco aspetto. Fece scivolare la mano sotto
la mia schiena, passandola gentilmente fino a raggiungere la mia nuca. Si
avvicinò al mio orecchio -io non ti lascerò mai- mi feci trascinare da
quell'avvolgente sensazione di trasporto. Una lacrima di pura felicità, mi
solcò il viso. La asciugò con l'indice della mano destra, gli sorrisi felice
-mi piace quando sei rilassata, sento che posso dirti qualsiasi cosa- perché
queste cose non ce le eravamo mai dette, perché non ero riuscita a capire ciò
che aveva provato? che fossi stata davvero così egoista?
-anche per me è
così...- mi baciò ancora
-e allora dimmi che
cos'hai? svelami che cosa ti fa tanto innervosire- mi abbracciò, stringendomi
forte. Le lacrime mi bagnavano le guance
-io... non lo so-
feci una pausa -insomma, tutto. Vorrei stare con te in ogni secondo della
giornata, ma quando ti vedo con qualcun'altra, o quando mi parli di qualche
altra ragazza, non lo so che mi prende, ma è come se tu non mi appartenessi
più, mi si presenta davanti la realtà, cioè che tu potresti anche innamorarti
di un'altra- mi faceva male il petto, di nuovo. Se ne accorse anche lui, per
cui mi guardò apprensivo. Emisi un gemito soffocato, non ce la facevo ad andare
avanti in quel modo
-io ho solo te in
testa... Non riesco a pensare a nessun'altra- il suo costante bisogno di
attenzioni, che siano pure da ragazze magari sconosciute, mi faceva
preoccupare. Sapevo della profonda solitudine di cui aveva sofferto Pierre, non
me lo faceva pesare, credeva non me ne accorgessi che tutti quei complimenti,
quei gesti interessati, fossero solo un modo per scacciare l'amarezza che gli
covava nel cuore, quel senso di incompletezza, quella consapevolezza che le
uniche persone che lo avevano fatto sentire parte di qualcosa, che gli avevano
dato una certa importanza, non erano più interessate a lui. Erano rinchiusi,
accartocciati, nella loro parte di mondo, in quel lugubre e tetro impero delle
tenebre: di certo i Malefici non sospettavano nemmeno di mancargli a tal punto.
Lo baciai, ancora e ancora. C'ero io, non lo avrei mai escluso, non mi sarei
mai rinchiusa in me stessa, abbandonandolo in un angolo del mio cuore, che
avrei seppellito con l'affluenza, sempre più alta, degli incubi e il mio
continuo stato d'animo. Non avrei permesso che accadesse
-mi sei mancato- gli
sussurrai sinceramente. Lo amavo, non ce l'avrei fatta ancora senza di lui.
Commenti dell'autore:
non mi piace tanto
come capitolo. Sono stata un po' tanto sdolcinata! Lo so, lo ammetto, ma spero
vi sia piaciuto il modo in cui gli ho fatto fare pace. So che non è da me
essere così smielosa... Però, boh, in qualche modo, la sera, a volte mi piace
rileggerlo, mi addolcisce, mi da più zucchero. Però, vorrei far presente che,
se voi, mie furbe lettrici, non mi date un parere sincero TUTTE, vi giuro che
interrompo la storia! Uffi, voglio sapere che ne pensate di questo chapterrrr!!
:) ci mettero qualche giorno in più ad aggiornare il prossimo capitolo poiché
mi sto deidicando alla mia altra storia, ma non vi allrmate, non ci metto un
mese, si parla al massimo di due settimane, niente di più! Volevo avvisarvi,
scusate, ma con la new story mi voglio impegnare, mentre in questa ormai siamo
agli sgoccioli, mancano pochi cappy alla fine.
Bacio Marmelade
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Capitolo 14 *** comunicazione ***
scusate, so che vi aspettate un capitolo, ma devo dire una cosa importante. Ho deciso di interrompere questa storia, non ho il blocco dello scrittore, ma solo veramente poca fiducia nelle mie capacità, e io delle storie che a me per prima non soddisfano per la banalità con cui le scrivo, non voglio pubblicarle. Scusatemi tutte, io odio quando qualcuno inizia una storia e poi non la porta a termine, ma io sinceramente non ce la faccio. L'unica che continuerà il suo normale svolgimento sarà sugar sugar the best damn thing, poiché è convolta anche Honey e non posso mollare tutto così. Marmelade |
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Capitolo 15 *** Stare Insieme ***
stare insieme
Mi risvegliai con
Pierre accanto che mi stringeva da dietro. Doveva essere pomeriggio, non avevo
fatto nessun incubo -finalmente- sussurrò facendomi voltare. Sorrisi divertita
stiracchiandomi
-che bello dormire
così tanto!- rise della mia espressione beata -sei rimasto tutto il tempo?- si
alzò, probabilmente non ce la faceva più a stare sdraiato
-sì, nonostante Houx
venisse ogni quarto d'ora, intimandomi ad andarmene. è da un po' che non lo
vedo, chissà che fine ha fatto- mi alzai anche io, raggiungendolo, soddisfatta
di essermi potuta finalmente riposare. Mi feci prendere per i fianchi e
avvicinare
-mi inviti a cena
stasera?- lo vidi avvicinarsi, donandomi il bacio più desiderato della mia vita
-certo- sentimmo
entrambi bussare
-avanti!- gridai
forse troppo forte. Notai Vanilla e Saul sulla soglia -rimanete a cena?-
dissentii con la testa
-usciamo...-
annuirono entrambi. Tornai a guardarlo quando uscirono -Saul era stranamente
calmo...- constatai cercando di capire che cosa fosse successo
-prima che venissi da
te, abbiamo parlato-
-e?- mi spinse per
farmi camminare, dirigendomi verso il bagno
-non sono affari
tuoi...- sentii che mi stava baciando il collo, facendomi il solletico
-sì che lo sono! Dai,
voglio saperlo!- lagnai cercando di fermarmi
-e io non te lo dico-
si impadronì avidamente delle mie labbra
-smettila!- mugugnai
sentendo che continuava -sei impossibile!- rise ancora
-dai, vai a
cambiarti- mi ritrovai costretta ad entrare in bagno. Chiuse la porta dietro di
me. Non avevo scelta che fare quello che diceva. Saul era calmo, ma Pierre mi
aveva tradita, andava contro la logica tutta la sua calma. Spinsi il palmo
della mano sul bordo del lavandino marmoreo. I piedi perfettamente poggiati a
terra. Ancora segreti, volevo sapere, conoscere cosa si nascondeva dietro
quella quiete, cosa si nascondeva dietro i miei incubi, dietro quella che ormai
era un'instancabile gelosia
***********************************************************************************************************
Ero nervoso, erano
giorni che bastava poco per farmi arrabbiare. Che mi era passato per la testa?
Che diavolo avevo in mente da farmi
arrivare a tradirla?
Ormai erano passate
settimane. Mi mancava il sapore delle sue labbra, che per quante volte potessi
spirarle con le mie, non mi stancava. Mi mancava la morbidezza dei suoi
capelli, quando mentre dormiva ci affondavo il viso, abbandonandomi alle
sensazioni che mi donava. Il nostro rapporto aveva subito troppo velocemente
una spaccatura netta. Era stato il castello, ne ero certo. Qualcosa l'aveva
colpita quella notte, pensavo di renderla felice portandola con me, invece
avevo messe un punto a l'armonia tra noi. Adesso non mi rimaneva niente. I
ricordi mi facevano male, ma occupavano prepotenti la mia testa, ostruendo il
corso dei pensieri, riempendo il mio tempo della notte in cui era stata
finalmente mia, in cui aveva lasciato che prendessi io il controllo del suo
corpo, in cui aveva affidato la sua vita nelle mie mani. Il campanello suonava
insistentemente da ormai qualche minuto, non volevo aprire, non ne avevo ne la
voglia ne la forza. Mi diressi verso l'entrata, desideroso di scacciare
velocemente colui che aveva interroto la pena che mi ero inflitto: pensare
continuamente a lei, a come l'avevo persa, alla sua rabbia, al suo sguardo
deluso. Mi ritrova Saul davanti, non era arrabbiato, aveva lo stesso sguardo
che aveva Chocola il giorno della festa, quando avevo avvertito Satomi di non
andare oltre con lei, poiché avrei perso l'ultimo barlume di lucidità che
ancora avevo, quando stava con un altro
-possiamo parlare?-
esordì serio. Avevo conquistato la sua stima, il suo rispetto, la sua amicizia
negli ultimi anni. Mi era crollato tutto addosso
-sarei venuto a casa
vostra tra poco- si guardò intorno circospetto, fissando imperterrito i quadri
-sta ancora
dormendo...- mi informò neutrale. Tornò a fissarmi -non sono qui per farti la
morale, credo tu abbia capito da solo la gravità del tuo errore- feci cenno di
assenzo, rimanendo serio -tu ami Chocola?-
-se si ama una
persona, viene spontaneo evitare di farle del male. Io gliene ho fatto, eppure
sto impazzendo per lei, se potessi la porterei via con me anche in questo
istante- mi interruppi per un solo istante -se solo acconsentisse...- sperai
avesse capito
-quindi la ami...- si
fermò per un istante -a che cosa hai pensato quando eri con Yurika?- feci un
sorriso amaro
-pensavo a lei...
Pensavo che se avessi baciato Yurika lei avrebbe capito che anche io potevo
frefarmene. Pensavo che se l'avessi tradita, le avrei dato un motivo valido per
arrabbiarsi, per poi fare pace e allora sarebbe tornato tutto a posto, ma ho
ottenuto l'effetto contrario- mi sedei sullo sgabello del pianoforte, passando
il dito svogliatamente su qualche tasto, senza seguire un ritmo preciso
-lei ti ama, in modo
morboso, quasi sconcertante per avere solo 15 anni. Sai ti perdonerebbe
qualsiasi cosa, ma sono cinque anni che state insieme, la vostra non si può
esattamente dire una cotta adolescenziale, dovrai fare di più che chiederle
scusa e dirle che è l'unica per te, dovrai aprirti, mostrarle la sua sincerità,
e se ciò che mi hai detto è una mensogna, se la stai ingannando, giuro che sarò
il primo a fare in modo che si dimentichi di te-
**********************************************************************************************************
Uscii dal bagno con
la sola biancheria addosso, mi porse un paio di pantaloni neri, una canottiera
rosa e un giacchetto coordinato. Feci un sorriso dispettoso -adesso decidi
anche cosa mi devo mettere?- scosse la testa
-certo...- raccolsi
in una coda i lungui capelli rossi -perché li leghi?- arricciai il naso. Si
avvicinò, aiutandomi a radunarli in modo più compatto, in modo da farli
sembrare in ordine. Mi diede un bacio sul collo nudo, facendomi sorridere
divertita. Feci per scansarmi, ma mi cinse i fianchi tenendomi stretta a se
-fai anche la difficile quando ti sto solo baciando-
-mi fai il solletico-
sussurrai percependo le sue labbra salire, percorrendo la lina del mio collo.
Lo sentii poi fermo sulla mia guancia -era da tanto che ti aspettavo-
-aspettavi che mi
facessi perdonare?-
-aspettavo che ti
aprissi a me, abbattendo tutto l'orgoglio che hai- mi fece girare
-non attenderai
più...- ed era convinto delle sue parole, convinto di poter rispettare quella
promessa -vuoi andare?- annuii. Indossai il mio trech grigio. Fuori mi prese
per la vita, stringendomi a se -vestita così sembri più grande...-
-ah sì? E quanti anni
mi dai?-
-ho detto che sembri.
Se uno si mette a guardare la tua altezza ne dimostri 12- aggrottai le
sopracciglia offesa
-dovresti vergognarti
allora, stai con una di ben sette anni più giovane!-
-non mi vergognerei
neanche se avessimo vent'anni di differenza- mi baciò ridendo dell'espressione
che feci a quella sua affermazione
-dici davvero?- annuì
imponendomi di continuare a camminare -ti sei mai sentito in colpa per la
nostra differenza di età?-
-sono solo quattro
anni, non mi sono mai preoccupato di questo- mi morsi il labbro inferiore -tu
hai fatto le tue scelte, io le mie-
-e non ti sei mai
chiesto cosa sarebbe successo se io per esempio avessi voluto farlo...- feci
una pausa arrossendo -ecco, a 17 anni, o 18?-
-andiamo Chocola,
smettila, non si riduce tutto al sesso, sì, sarebbe stata una cosa che mi
sarebbe mancata, ma non parte tutto da quello, io ho te, il tuo carattere, ho i
tuoi baci, posso accarezzarti la pelle, mi permetti di dormire nel tuo letto e
tu nel mio, sarebbe stato come se mi avresti privato di una caramella in
particolare, non avrei mangiato quella ma avrei avuto comunque tutte le altre-
rimasi sbigottita da quel ragionamento contorto
-è diverso, diciamo
più che sarebbe come se ti avessi privato dei dolci in generale e ti fossero
rimaste solo le verdure-
-non dire
sciocchezze, è come dire che te sei come i broccoli e quando facciamo l'amore
ti trasformi in cioccolata- feci una
smorfia confusa
-sai, non è un bel
paragone quello del cibo, visto il mio nome!- rise della mia affermazine, tornò
a stringermi a se
-tu per me rimani
cioccolata tutto il giorno, con o senza sesso- posai il viso al suo braccio
-Chocola- lo corressi
sentendolo fare un ghigno compiaciuto dal mio assenzo alla sua affermazione -e
stasera?-
-stasera che?-
arrossii
-dormo da te?- mi
sorrise
-vuoi tornare a
casa?- dissentii con la testa
-quindi siamo
arrivati alla conclusione che io sono della cioccolata in generale, e dopo
essere stati sul monte roccioso, sono di tutti i gusti!- rise del mio tentativo
di capire
-esatto, sei tutti i
gusti...- feci un cenno convinto -e comunque sapevo di non dover aspettare- mi
voltai di scatto verso di lui
-che vuoi dire?-
-sono passati cinque
anni, ti affidi a occhi chiusi alle mie mani. Sapevo non avresti voluto
aspettare tanto...- non volevo più parlare di quell'argomento, mi dava
fastidio, mi irrigidivo quando si trattava quella questione -non dici più
niente?- abbassai lo sguardo. Mi strinse dolcemente un fianco
-dove andiamo a
cena?- sorrise facendosi beffe del mio imbarazzo
-non so, hai una
vasta scelta...- lo interruppi fermandolo
-andiamo a casa tua,
non ho voglia di cenare fuori. Ho freddo e ho voglia di...- strinsi i pugni
-starmene un po' tra le tue braccia, stretta, e accoccolarmi un po' con te...-
mi baciò con trasporto -non ti esaltare, non ho detto niente di strano! Sono
settimane che non me ne stò abbracciata a te, l'ultima che ti è stata così
vicino è stata Yurika, non mi sembra giusto!- scoppiò a ridere
-quindi è questo il
motivo, ma dimmi, è più per gelosia, o perché ti sono mancato?- sbuffai
irritata delle sue allusioni.
Mi portò a casa sua.
Entrammo in punta di piedi, senza un preciso motivo. Mi trascinò nella sua
stanza, facendo attenzione al rumore che producevano le scarpe sul pavimento di
marmo. Nel vedere la sua stanza ebbi un brivido. Notai gli scatoloni che gli
avevo dato, buttai in un angolo della stanza. Non li aveva neanche guardati,
erano stati ignorati in quel piccolo spazio. Mi avvolse nelle sue braccia -hai
ancora freddo?- dissentii con la testa aggrappandomi alle sue spalle larghe. Mi
baciò dolcemente le tempie -non entrerà più nessuno qui dentro se non tu- mi
sussurrò scivolando sulle mie labbra. C'era un velo di convinzione nel suo
tono. Lo sentii stringermi a se, mi sfilò velocemente la canottiera. Mi coprii
istintivamente, non ero più abituata, forse non lo ero mai stata. Mi guardò
sbigottito -ti vergogni?- lo sentii prendermi i polsi delicatamente. Arrossii
distaccando lentamente le braccia dal mio petto. Mi avviciò nuovamente
prendendo possesso delle mie labbra, della mia bocca, premendo con forza su
quel bacio. Mi fece sdraiare. Ero sotto di lui, succube del suo volere. Mi
tolse i pantaloni, ma non me ne accorsi. Lo sentivo sul mio corpo. La sua
camicia era volata via poco prima del mio indumento inferiore. Passavo
incessantemente le mani sulla sua pelle liscia, su quei muscoli evidenziati,
ben scolpiti ma non esagerati. Era più dolce del solito, mi sfiorava i capelli,
le guance, indisturbato, con una delicatezza che mi sorprese. Mi morsi il
labbro quando lo sentii soffermarzi sul collo, la lingua disegnare delle lenee
che raggiunsero anche la clavicola. Mi irrigidii, non osando muovermi.
Improvvisamente cominciai a odiare quel letto, odiare quella stanza, odiare lei.
Come si era permessa di stare con lui quella notte? Lo spinsi via, con la
fretta che mi scorreva nelle mani di prendere la mia maglietta e coprirmi dai
suoi occhi. Mi guardò sbigottito -che hai?- feci una smorfia, simile a quella
che assumevo quando provavo un certo disgusto per qualcosa
-sono stanca... non,
non voglio...-
-fino a qualche
secondo fa rispondevi tranquillamente ai miei baci, che ti è preso?- indossai
la canottiera alzandomi
-ti ho detto che sono
stanca, non voglio farlo con te!- mi resi conto di aver gridato. Si fece serio,
rivestendosi. Si diresse verso la porta con passo spedito -dove stai andando?-
si girò fulminandomi
-sai, credevo di
potercela fare, perché ti amo, perché voglio aiutarti a superare qualunque sia
il problema che hai, ma così non ci riesco!-
-vorresti dire che se
non voglio fare sesso con te, allora non vuoi aiutarmi?!- ero rossa dalla
rabbia, ero conscia della situazione che stavamo attraversando, ma cominciavo
ad essere stanca, cominciavo a non farcela veramente più
-non sto dicendo
questo! Ma i tuoi stupidi sbalzi d'umore mi fanno girare la testa, credevo di
poter gestire la situazione, ma non se ti arrabbi anche quando non ne hai
neanche l'ombra di un motivo!- strinsi convulsivamente i pugni, non avevo
ragioni, motivi. Lui non capiva, non mi capiva. Mi trattava come se dovessi
fare tutto secondo ciò che desiderava lui. Indossai i pantaloni, sconvolta da
ciò che mi aveva detto. Lo guardai in cagnesco aggrottando offesa le
sopracciglia. Feci a mia volta per andarmene. Mi fermò prendendomi i polsi -non
andare via- scandì accuratamente le parole -io e te siamo fidanzati, stiamo
discutendo, e adesso finiamo. Non provare ad andartene senza esserci chiariti!-
lo spinsi via più irritata di quanto già non fossi
-hai ancora qualcosa,
qualche insulto da lanciarmi? Dopo potrò andarmene o dovrò subire il tuo sfogo
tutta la sera?- lanciai un occhiata verso il mio cappotto, rendendomi conto di
doverlo prendere
-non ti ho insultata!
Scusami se volevo sapere il motivo per cui di punto in bianco ti sei
infuriata!-
-non mi sono
infuriata!- sospirò facendo un sorriso amaro
-è meglio se ci
vediamo un'altra volta- sussurrò dandomi le spalle. Uscii, delusa da quella serata,
da me, dalla mia rabbia, dalla sua, dalla nostra disastrosa relazione che stava
lentamente precipitando.
commenti dell'autore:
lo so che sembra un po' un argomento futile da trattare quello del sesso, visto
e considerato che in pratica devo improvvisare visto che il tempo è passato
rispetto all'anime. Però volevo far vedere l'atteggiamento di lei che cambia
per un nonnulla senza una precisa motivazione e dell'impatto che ha quando
comunque deve rivivere le stesse esperienze dopo Yurika. è un po' strano come capitolo, soprattutto il
discorso sui dolci, spero comunque vi sia piaciuto.
Baci Marmelade
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Capitolo 16 *** Lati Nascosti ***
Lati Nascosti
Si
voltarono tutti nel sentire il rumore ritmato di passi. Distinsero la minuta
figura di Chocola dal salotto, che avanzava verso di loro nel corridoio.
Vanilla osò tirare un finto sorriso allegro sperando in vano di scorgere anche
la minima ombra di sollievo nel suo viso trafitto dall’indifferenza a ciò che
la circondava. Si avvicinò cautamente a lei prendendole una mano «vuoi fare
colazione?» non desisteva dal curvare gli angoli della bocca verso l’alto,
mantenendo a fatica lo sguardo posato su quello, decisamente più forte, della
ragazza.
«no,
ti ringrazio» si limitò a dire prima sedersi accanto ai due gemelli.
«potremo
uscire e andare al luna park, che ne dite?» propose Houx affabile notando Saul
cingere fraternamente le spalle dell’amica.
«vi
devo chiedere di farmi un favore» esordì la rossa incolore lasciandoli nelle
loro espressioni attonite «voglio tornare sul monte roccioso, ma so che da sola
non ce la farei, sono stanca e…» prese un respiro come per cercare la forza di
sputare l’orribile parola che si prodigava a uscire proprio sulla punta della
lingua «debole, impotente» ammise infine stringendo i pugni sulle ginocchia «ho
bisogno che ci sia qualcuno accanto a me» rivolse un sorriso supplichevole ai
suoi amici scrollando le spalle «ho pensato a voi».
«certo,
ma…» cominciò il moro.
«perché
proprio sul monte roccioso?» completò la frase il fratello.
«è
da lì che sono cominciati gli incubi, e io ho il bisogno fisico, oltre che
psicologico, di acquietare le mie maratone notturne. Il mio corpo non regge più,
non sto in piedi» annuirono all’unisolo «se non è un problema, vorrei partire
al più presto».
«vado
a preparare la valigia» gridò Saul già diretto in camera, facendole scappare un
sorriso rallegrato dalla sua sola presenza.
«chiamo
la scuola per avvisare che farete qualche giorno di assenza» sussurrò Houx
componendo il numero, per poi debuttare più rumorosamente «fai anche la mia!»
urlò a sua volta al suo gemello con un tono non certamente troppo gentile.
«andiamo
a prepararci anche noi» disse in tono flebile la bionda sistemandosi la gonna
pervinca. Il viso diafano mostrò tutta la sua compostezza per ciò che succedeva
soltanto in quel piccolo gesto di strutturare meglio i suoi abiti. Chocola
piegò la testa su di un lato concependo questo misero pensiero, come se
improvvisamente, dopo tutto il tempo in cui si conoscevano, si fosse accorta in
quell’istante dell’autocontrollo adottato dalla sua amica. Quell’autocontrollo
era la sua forza. Si alzò seguendola, assorta nei suoi pensieri «non hai visto
Pierre?» le chiese, incuriosita dalla sua assenza, inconsapevole
dell’irritazione provocata all’altra.
«perché
ti importa tanto?» sbraitò bellicosa, facendola voltare stupita.
«scusami»
il suo fu solo un sibilo intimorito.
«non
importa, ma non impicciarti» l’incomprensibile comportamento piccato della
fanciulla la fece automaticamente azzittire, costruendo una maschera, con il
solo fine di nascondere tutto. Finita di prepararsi, raggiunse Chocola,
osservando ogni suo minimo movimento, sperando di scovare anche un solo gesto
anomalo che spiegasse il suo atteggiamento. Eppure, tutto ciò che vide furono
solo movimenti meccanici e fin troppo precisi, come se facendo tutto a comando
avesse la certezza di non sbagliare, di fare tutto in modo giusto. Notò il
copri-spalle posato sul letto, scivolare a terra, si avvicinò per riprenderlo,
ma la mano di Chocola fu ancora una volta più veloce, afferrando l’indumento
per prima. In quei pochi attimi, si senti maledettamente inutile nei confronti
dell’amica «mi prenderesti il maglione nell’armadio?» nel sentire quelle
parole, eseguì come un automa.
Nel
partire Chocola riprese, dopo diversi mesi, la sua scopa, per paura di crollare
in preda a un attacco di sonno. Il viaggio fu fin troppo tranquillo. Nessuna
gara a chi faceva prima, nessuna battuta, nessuno scherzo. Il silenzio regnava
trasformando quei movimenti librati nell’aria, i soli suoni presenti. I ragazzi
sentirono i brividi solcargli lenti la schiena alla visione del imperioso
portone che si stagliava dinnanzi ai loro occhi.
«lugubre»
commentò uno di loro spingendo a due mani la porta d’entrata, nel notare
l’ingresso spento. Chocola li superò sicura di come muoversi, respingendo anche
il minimo pensiero che si presentasse, facendole notare quanto si sarebbe
dovuta preoccupare. Raggiunsero il salone centrale, dove accesero i diversi
candelabri applicati alle pareti. I gemelli emisero un sospiro di sollievo nel
sedersi sul divano posizionato davanti al camino.
«ehi
Chocola, quante volte sei venuta qui?» domandò senza accenno di preoccupazione,
ma solo totale tranquillità nella sua voce.
«due
volte» si limitò a dire tirando fuori dallo zaino una coperta di lana,
portandola successivamente sulle esili spalle, rannicchiandosi anche lei di
fronte al focolare. Vanilla la seguì a ruota, facendole posare il capo sul
braccio.
«Pierre
era con te?» sentì una fitta all’altezza del cuore nel sentir pronunciare il
suo nome, quella lama che trafiggeva le sue orecchie fino a provare il culmine
dell’irritazione, quando il suono arrivò al timpano. Si passò nervosamente una
mano tra le lunghe ciocche di n rosso Tiziano, mentendo a se stessa, fingendo
di non aver immortalato l’immagine dell’’uomo amato nel cuore, impiantando
quella ferita che più passava il tempo, più scavava solchi, fino a cancellare i
restii di lucidità presenti nel suo animo. Sospirò pesantemente alla ricerca
del buon senso, e cercando quel barlume di nitidezza che la facesse rimanere
sveglia.
«solo
la prima» sussurrò prima di cadere vittima della stanchezza, presentatasi più
volte in quella giornata, pronta a reclamare la sua paga. Chiuse appena le
palpebre, constatando quanto piacevole fosse quel silenzio così saturo di
parole, che come una spugna assorbiva, senza ascoltarle davvero. Non poteva
opporsi a Morfeo, era più forte, e in quel momento cedere le sembrò l’invito
più florido che avrebbe potuto ricevere.
Si
sentì accarezzare dolcemente dalle sue braccia, come una cantilena. Dilatò
leggermente le narici nel percepire l’odore aromatico della cannella. La
sensazione che la travolse la fece diventare improvvisamente neonata, piena del
suo candore e purezza. Dalla sua culla, il mondo davanti le si stagliava con
una semplicità imbarazzante, una semplicità colma dei colori più vividi che
illuminavano i suoi occhi smeraldi riscaldandole il cuore. Continuò a sentirsi
dondolare dalle braccia forti che l’avvolgevano, avvertì i suoi amici
richiamarla, ma quell’invito a lasciarsi andare era più stuzzicante delle
stridule voci che la reclamavano come se avessero ancora qualcosa da spartire. Piegò
la testa, col fine di appoggiarla, nascondendosi dalle invocazioni lanciate in
suo nome. Il soffice appello dell’ombra che la ninnava prendendosi cura di lei,
fece apparire quegli attimi di una tragica perfezione, tanto da far invidia ai
narcisi in fiore. Quella percezione della realtà, di quella dimensione ovattata
e dal sapore soffice la inebriarono. Strofinò la guancia contro quel petto dal
manto nero. Non sentiva il bisogno dell’affetto di Vanilla, dell’amore di
Pierre. Tutto intorno a lei si offriva con una pienezza tale da essere
tonificante. Una pietanza di cui non si può fare a meno di cui non ci si può
pentire. In quegli attimi, la sua vita composta da sfumature nascoste, bugie,
tradimenti, gelosia, si dissolveva, entrando in quella bolla troppo brillante,
così velata nella sua composizione da commuovere il più perfido tra i
malfattori. Un sorriso si estese sulle sue labbra. Il mondo aveva di nuovo
ripreso i suoi brillanti colori. Come da bambina, nessuna guerra da combattere,
neanche l’amore di quel ragazzo –che aveva ritenuto la cosa più importante- non
riusciva a raggirarla. Sentì quel dondolio come una rapsodia. Come un aquilone,
troppo in alto per tornare a terra, ma legato da un filo, quindi incapace di
volare. Ma quel filo si stava rompendo. Respirò ancora una volta a pieni
polmoni quel profumo, lasciandosi andare a una risata gioiosa.
I
colori non si dissolvevano, e l’unica cosa che riusciva a provare, pensando ai
suoi cari, era ripudio. Le fece schifo il movimento delle foglie degli alberi,
il sapore del gelato, tutto, messo a confronto con quel magico istante,
sembrava di un’importanza nulla.
Ricordò
la prima notte trascorsa in quel castello. Il suo modo imbranato di fare, che
la fece inciampare e la portò a ferirsi il dito. Scoppiò nuovamente a ridere,
divertita da se stessa. Quell’ago… aveva tanto incolpato il suo amore, quando
era stato tutto causato da uno stupido ago. La sua gelosia dipesa da un pezzo
di legno colmo di veleno, che era andato gettato nelle fiamme. Fiamme che
logoravano la sua anima, rendendola schiava della gelosia, del possesso. L’ossessione
quasi patologica che ci fosse qualcosa di sbagliato, che alla fine si era
rivelato esserci. Rise gioiosamente rannicchiandosi con più attacco a quelle
braccia imperiose che determinavano il suo umore. Ripensò alle scenate di pura
follia che lo costringeva a subire, a tutti gli affronti immotivati, cui poi
Pierre, grazie a Yurika, aveva finalmente dato un senso. Ricordò quei graffi
nel cuore che la piegavano in due, e solo allora la risata prese un
inclinazione diversa. Aprì appena gli occhi ritrovandosi abbagliata dalla
luminosità di quelle tinte brillanti. Gli sembrò tutto dannatamente triste. E
una lacrima di malinconia le solcò la guancia. Addio.
La malinconia è la
tristezza al tramonto. Quando c’è il sintomo di malinconia vuol dire che qualcosa è
finito. E in quelle braccia un cuore aveva smesso di battere e il respiro aveva
cessato il suo ritmo, concludendo quella tragica avventura.
∞∞∞∞∞∞
«Chocola…
Chocola, svegliati» il rimbombare di quelle voci nella testa la costrinse ad
aprire gli occhi. Sbatté più volte le palpebre col fine di mettere a fuoco ciò
che la circondava. La prima cosa a stagliarsi nella sua visuale era il suo
ragazzo, che le teneva una mano sulla guancia, voltò lo sguardo da una parte,
riscontrando il volto ansioso della sua amica, poco lontano notò i gemelli,
Robin e sua madre. Accanto al poggia-testa del divano su cui era stesa, riscontrò
che accostato al suo viso, era seduto perfino Duke, scoprì confortante la sua
presenza. Si sentì sollevare e stringere al petto da Pierre. Nonostante le
facesse dannatamente piacere poter gustare ancora quel contatto, boccheggiò in
preda alla confusione.
«so…sono
morta…?» azzardò la ragazza incredula del vedere la presenza di tutte quelle
persone così care a lei.
«No.
Ma ci sei andata molto vicina» la voce bassa e burbera dell’uomo che l’aveva
allevata le giunse alle orecchie, trovandola così distinta e franca, dal fondo
della sala, dove era comodamente poggiato sulla soglia della porta che
conduceva alla sala da pranzo. Percepì le mani del biondo scorrerle con
leggerezza tra i capelli, le sue labbra sfiorarle la fronte. Quei pochi e
semplici gesti le scatenarono un irrefrenabile senso di tristezza. Si aggrappò
istintivamente alle sue spalle.
«mi
dispiace…» mugugnò in preda ai sensi di colpa, rivolgendosi a tutti i presenti
«credevo che il problema foste voi, che non riuscivate a comprendermi, quando
la prima a sbagliare era io» si passò il dorso della mano sulla guancia
indirizzando alla sua amica un sorriso carico di dispiacere «questa mattina me
la sono presa con te… ero fuori di testa» ammise emettendo una lieve risata
amareggiata, guadagnandosi un’occhiata complice e comprensiva da parte sua.
Tornò a posare lo sguardo su Pierre, abbassando lievemente la vista, passando
incessantemente un dito sulla sua camicia, come una bambina divorata dai
rimorsi «avevi ragione» sussurrò «avrei dovuto accettare l’invito a farmi
visitare da mia madre. Ho combinato solo un enorme pasticcio» sentì le dita di
lui sfiorarle il mento, fino ad alzarlo, le loro iridi si incastrarono,
trovando sollievo le une con le altre.
«tranquilla,
sono abituato alla tua pazzia, e poi, ero sicuro di avere ragione, ce l’ho
sempre» si meritò un colpetto datogli dalla ragazza, all’altezza della spalla.
«sono
stati gli aghi della gelosia, quella sera in cui sono inciampata…» tentò di
confessare la sua scoperta.
«lo
sappiamo» proruppe sua madre accigliata e anche molto arrabbiata per il
comportamento irresponsabile adottato da sua figlia «ti abbiamo ripresa in
tempo, stavi per morire soffocata. Ti ho tolto il veleno dal corpo con un
incantesimo che mi ha privato di energie, mentre il tuo fidanzato faceva i
salti mortali per non far smettere di funzionare i tuoi organi vitali» si sfogò
ancora agitata alla sola idea di poter perdere la sua prediletta.
«scusami»
bisbigliò imbronciandosi. La donna la raggiunse a grandi falcate, trovando la
sua bambina così tenera e innocente nel suo giovane splendore. Le baciò una
guancia, posando il mento sul suo capo, gustandosi la presenza della sua sola
erede. La lasciò pochi attimi dopo, ricomponendosi del tutto, e cedendola alle
cure di Pierre. Dopo ore di spiegazioni e grandi risa per l’autenticità di quei
momenti, si avviarono nelle loro camere, meno ansiosi di sapere se la loro
amica era nelle mani di quel mostro nero che attanagliava il suo cuore.
I
due fanciulli si rannicchiarono sotto le coperte, stringendosi l’uno all’altra.
«ho
creduto di perderti» le bisbigliò all’orecchio accarezzandola come per
accertarsi che non scomparisse.
«mi
sono sentita bene, quando stavo per morire… come se tutte le sofferenze che
avevo vissuto, non fossero mai esistite...» Spiegò lei, guardandolo negli
occhi. Notò la calma che ancora aleggiava nel suo sguardo.
«per
morire ci vuole un attimo. Un incontro sbagliato, il calcolo errato del tempo,
che ti fa attraversare la strada troppo presto, un passo falso o dei semplici
medicinali. La vita però va combattuta, Chocola» le passò le dita sulle guance
candide «va compresa, accettata, e non sempre è tutto sotto il nostro
controllo. Spesso, l’unica cosa che rimane da fare, è lasciarsi travolgere
dagli avvenimenti, senza opporre resistenza a ognuno di essi» le spiegò tranquillamente,
cosciente che avrebbe compreso ciò che aveva detto.
«perché
gli aghi non hanno agito subito, come successe, quando me li iniettasti tu?» il
ragazzo si portò un braccio dietro la testa, cercando le parole da dire.
«perché
non ti hanno trafitto il cuore, è stato un percorso molto più lento e tortuoso,
e quando ci sono arrivati sei stata come inghiottita. Ecco perché avevi gli
incubi, era solo un assaggio, e più si avvicinavano, più la situazione
peggiorava, condizionata anche dalle circostanze».
«e
perché soffocavo?» domandò ancora una volta presa dalla curiosità del momento.
«annegavi
nel dolore, nella rabbia» sibilò contrito nel ricordare le sue urla la notte,
rimpiangendo di non aver mai capito cosa stesse succedendo.
«se
rabbia e dolore compongono i miei sentimenti, mi chiedo cosa ci sia di bello
nel vivere» borbottò appoggiando nuovamente la testa sul suo petto. Il giovane le
rivolse, con la coda dell’occhio, un’occhiata ironica, sorridendo appena. Le
alzò leggermente il viso puntando gli occhi nei suoi. Si avvicinò ancora fino a
sentire il suo alito accarezzargli la bocca.
«questo»
si limitò a dire prima di congiungere le loro bocche in un unico dolce gesto.
Sentì i loro nasi sfiorarsi, finché non si distaccarono appena.
«diventa
tutto più interessante» asserì prima di perdersi nuovamente in quel sapore
tanto caro ai suoi sensi.
Fine.
Commenti
dell’autore:
allora,
fine molto diversa da quella che avevo già scritto. E che poi mi si è
cancellata -.-” mi auguro ne siate rimasti soddisfatti e che non vi sia preso
un mezzo infarto quando ho detto che chocola moriva. Ci tengo a precisare che
questa è la terza “fine” che scrivo, nella seconda lei moriva sul serio.
Dovreste ringraziarmi di non essere così sadica.
Spero
che questa storia sia piaciuta quanto è piaciuta a me, soprattutto perché è
stata la mia prima storia da “solista” e per me è stata veramente MOLTO e dico
molto importante per lo sviluppo del mio stile, che grazie a questo scritto si
è delineato, anche se a me fa un “tantino” schifo, poiché effettivamente non
sono brava a scrivere, anche se è quello che mi piace fare. E comunque que
sera, sera, infondo ho solo 15 anni :D vorrei ringraziare tutte le persone che
hanno letto indipendentemente dalle recensioni e da i preferiti. È bello avere
qualcuno che ti sostiene. Un bacio a tutti, e la mia prima storia è conclusa. È
stato bello arrivare fin qui da sola.
Marmelade.
P.S
un ringraziamento veramente speciale a Honey, anzi, Martina, che per me c’è
sempre. Credo che questo basti per farle capire. E comunque, congratulazione
Honey, superati i quiz della patente! Mi scarrozzerai in giro, yehh!
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