Il nero si spezza nel bianco

di elrohir
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** alessandro: il nero si spezza nel bianco ***
Capitolo 2: *** nico - sangue e battiti di cuore ***
Capitolo 3: *** daniele - confusioni, musica e colori ***
Capitolo 4: *** francesco - perchè ci stiamo allontantando ***
Capitolo 5: *** alessandro - frammenti di specchio ***
Capitolo 6: *** nico - annegare nei ricordi ***
Capitolo 7: *** daniele - in volo sopra il mare ***
Capitolo 8: *** francesco - l'autunno negli occhi ***
Capitolo 9: *** alessandro - cielo d'estate ***
Capitolo 10: *** nico - a forza di essere vento ***
Capitolo 11: *** daniele - mi manca il tuo sorriso ***
Capitolo 12: *** francesco - gelosia blue ed occhi verdi ***
Capitolo 13: *** alessandro - specchiarsi sotto il sole ***
Capitolo 14: *** nico - essere quasi felice ***
Capitolo 15: *** Blue - paura del tramonto ***
Capitolo 16: *** francesco - il tempo ticchetta minuti ***
Capitolo 17: *** nico - bello il cielo ***
Capitolo 18: *** Alessandro - Angeli ed ombre ***
Capitolo 19: *** dani - morir di sete in mezzo al mare ***
Capitolo 20: *** nico - hai paura? ***
Capitolo 21: *** Francesco & Blue ***
Capitolo 22: *** Blue - Giorni senza pelle ***
Capitolo 23: *** Nico & Ale ***
Capitolo 24: *** Blue - Come morire ***



Capitolo 1
*** alessandro: il nero si spezza nel bianco ***


Alessandro: il nero si spezza nel bianco

Alessandro: il nero si spezza nel bianco.

 

Sveglia. Sogno nero che improvvisamente mi scoppia davanti in una miriade di frammenti bianchi (come può il nero spezzarsi nel bianco? Mi chiedo per l’ennesima volta mentre resto nel letto e respiro).

Poi improvvisamente salto in piedi, le lenzuola per terra.

Cazzo. È il primo giorno e sono già in ritardo.

Non ho tempo per fare colazione… non che in casa qualcuno se ne stupisca, sia chiaro. Anzi. Avrebbero considerato più strano vedermi seduto a tavola davanti a un caffè insieme a loro, piuttosto che sfrecciare alle loro spalle, strappando una sorsata alla tazza di mio fratello e afferrando dalla credenza una brioches, prima di infilare la giacca le scarpe e precipitarmi fuori di casa.

Come faccio, nell’ordine, dal 15 settembre al 8 giugno, salvo cambiamenti nel calendario ministeriale.

Non posso cambiare me stesso. Il risveglio per me è sempre quello. Precipitarmi in strada con i Blink a palla nelle orecchie e lo sguardo torvo rivolto al cielo.

Dio, quanto odio questa vita. E quanto la amo.

La scuola è chiara in fondo alla strada. E la classe è chiara in fondo al corridoio.

Il mio banco. In seconda fila, vicino alla finestra. Per poter parlare con il cielo, quando il momento lo richiede. Per poter guardare gli uccelli, quando c’è bisogno di respirare.

Il prof non c’è ancora. Ma io sono l’ultimo tra i miei compagni.

Mentre camminavo mi è venuta una strana incazzatura, così non saluto nessuno e getto lo zaino sul banco, mi siedo senza staccare l’mp3. Attraverso le pause della canzone, li sento parlare. Commentano me. Il mio ritardo. E la mia aria scazzata.

Poi. La sua voce.

-Figuratevi ci riusciva anche a Napoli.

-Cosa hai detto?- ringhio, voltandomi a guardarlo. Sorriso da schiaffi, ho voglia di baciarlo.

Basta! Non puoi cominciare così l’anno!

-Perché? Non è forse vero che l’ingrato compito di trascinarti fuori dal letto in vacanza spettava al sottoscritto?

Sì, certo, e a me spettava quello di tenere le mani a posto e non trascinartici dentro, stronzo!

Ma è inutile, Fra è un idiota, non saprebbe leggere i miei occhi neanche se gli regalassi un traduttore simultaneo di sguardi. Posso divorarmelo quando voglio, e lui al massimo mi chiede se ho la febbre. Quante volte è successo, quest’estate, a Napoli?

Rimetto l’auricolare e mi volto. Non ho voglia di parlargli. Non questa mattina. Non in questo momento.

Ma l’idiota non la capisce. Sento il suo braccio sulla mia spalla, mi volto, il suo viso è a pochi centimetri dal mio. Per un attimo resto a guardarlo, senza far caso a cosa dice. Poi, attivo l’impianto uditivo.

-Allora, ci stai?

-A cosa?

Sospira. –Il concerto, cretino! Il concerto! Stasera. Alle 10. Ci sei?

-Il concerto di chi?

Lui mi tira uno schiaffo sulla nuca. Mi abbasso. –Come di chi? Ma ci fai o ci sei? Il mio! E ti ricordo che con me ci saranno anche tuo fratello e tuo cugino, quindi ti conviene presentarti…

Non faccio in tempo a rispondere, viene spinto via. –Smamma Fra, questo è il mio posto. Torna dalla tua bella, che ad Ale ci penso io.

Francesco mette su una faccia offesa, poi si allontana. Io guardo rassegnato Martino prendere possesso del banco accanto al mio.

-Allora come ti butta?

Gemo. –Come vuoi che sia? Mi sono strozzato per strada con il cornetto, arrivo qui per sentire quello stronzo di Fra blaterare del suo concerto… tutto contento…

-E dagli torto! Guardatelo, con quella meraviglia… anche io sarei contento c’avessi una come Vale vicino…- s’interrompe, accorgendosi di avere fatto una gaffe. Ma neanche lui, neanche Martino sa cosa davvero mi brucia di quella storia.

Non rispondo. La ferita è ancora troppo fresca. Non riesco neanche a trovare la forza di voltare la testa per vederli seduti vicini.

Se ripenso a quella sera, la prima sera in cui li ho visti insieme…

E l’idiota che pensava fosse perché ero geloso di lei! Mi ha inseguito dieci minuti, prima che io trovassi il buon senso di fermarmi.

–Ale…Ale aspetta! Ale…- afferrato per il braccio, strattonato, sbattuto contro il muro. Fissato negli occhi. –Scusa. Ma pensavo ti fosse passata ormai… sono due anni!

Avrei dovuto rispondergli la verità in quel momento? Invertire le posizioni e baciarlo e poi dirgli sulle labbra che non era per Vale che stavo così, ma per lui?

Forse. Adesso almeno non mi starebbe intorno preoccupato come una chioccia e non pretenderebbe di trascinarmi ai suoi concerti la sera.

Ma non sarebbe neanche lì per farmi ridere con le sue cazzate, o per ascoltare i miei rimescolamenti interiori, per chiedermi confuso “cosa ho fatto di male?” e telefonarmi di notte esaltato per una nuova canzone appena sognata.

E questo non me lo sarei mai perdonato.

Così, ringrazio il Dio in cui non credo di essermi trattenuto, e aver sorriso invece, spettinandogli i capelli (quei meravigliosi capelli di rame), sussurrando –No, no Fra… è solo che non me l’aspettavo e ci sono rimasto un po’ di merda. Ma va bene, sul serio… lei non mi importa più.

Cazzo, ancora adesso il ricordo del suo sguardo mi fa rabbrividire. Serissimo di colpo, scuro, mentre la sua mano posava sulla mia spalla, sulla clavicola… -Dimmi la verità Ale… basta che me lo dici e tra me e lei finisce tutto qui. Tu sei più importante di Vale.

Mi scuoto. –Dicevi?

-Cazzo Ale ma dove c’hai la testa? A volte credo abbia ragione Fra…

-Marti che vuoi? Lo sai che al mattino non carburo…

Lui posa la testa sul polso, mi guarda. –Certo che sei strano… comunque, chiedevo… stasera ci vai al concerto di Fra?

Volto uno sguardo truce sul muro. –E come potrei scamparla? Con Alberto e Nico nel gruppo…

Non fraintendetemi. Di solito adoro ascoltare i DarkSun suonare… ma questa sera l’idea di Fra sul palco con quel cazzo di basso in mano, e gli occhi chiusi perso nella musica è troppo da sopportare.

Non è facile essere gay, dice qualcuno. Verissimo. Ma vi assicuro che essere gay in incognito, per di più innamorato del tuo migliore amico, è ancora più difficile.

Ricordo quando per la prima volta mi accorsi che qualcosa non andava. Fu proprio così… come se all’improvviso la lastra di luce che circondava la mia esistenza si spezzasse in mille frammenti di buio. E ognuno di questi frammenti neri, a sua volta, si divideva in mille, minuscole schegge di bianco.

Da allora, è come se ogni volta che apro gli occhi, quando mi sveglio, quando sto sotto un albero o ascolto una canzone, quando piove e sento le gocce baciarmi la pelle, il nero si spezzasse in bianco. E lasciate che ve lo dica. Non è uno spettacolo cui col tempo fai l’abitudine.

 

 

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Capitolo 2
*** nico - sangue e battiti di cuore ***


Nico- sangue e battiti di cuore

Nico- sangue e battiti di cuore

 

-Comunque io non capisco proprio che cazzo ha.

Alzo la testa, solo per metà sorpreso.

Osservo Fra lasciarsi cadere a terra, una gamba distesa e il gomito posato sul ginocchio ripiegato dell’altra. Appoggia la tempia sulla mano e sbuffa. I capelli gli cadono davanti agli occhi, velandoli. Non da spiegazioni. Non lo fa mai. Come se tutti fossero perennemente al corrente di quello che passa nella sua testa di bassita sclerato.

-Non capisci cos’ha chi?- chiedo, e Dani subito mi scocca uno sguardo cupo. Ops…

Avrei dovuto pensarci meglio, lo so… ormai Fra lo conosco… dovrei saperlo trattare…

Ma io non ci riesco proprio a fare come Dani. Lui, quando Fra se ne esce con le sue sparate, fa finta di capire, lo ascolta interessato e molto acutamente fornisce consigli, come se sapesse benissimo l’argomento della conversazione… certo, corre il rischio (più che probabile in realtà) di farsi gaffe tremende, ma almeno evita…

-COME CHI?

Questo…

-Ma ti sei rincoglionito? Che, è un difetto di famiglia?

Ok, ok, se si tira in ballo la famiglia non può esserci che una risposta: mio fratello ne ha combinata un’altra delle sue.

-Che ha fatto stavolta?- sospiro, e Fra mi guarda stralunato.

-Che ha fatto? Cioè, a te pare normale?

Mi stringo nelle spalle, non vedo mio fratello da questa mattina ma non ho notato niente di drammaticamente strano. Mi concentro, e l’immagine di Ale compare davanti ai miei occhi. Spettinato, sguardo scazzato, maglietta scomposta, scarpa slacciata, mia tazza di caffè in mano, l’autobus praticamente già a destinazione… no, tutto in regola direi.

Francesco ha l’aria di parlare con un idiota. –Non ti sei accorto che è un tantino… diciamo… irritabile?

-E qual è la novità?- sbuffa Dani. Lo incenerisco con lo sguardo. Poi incrocio gli occhi di Fra.

Pessima mossa. Quello sguardo verde chiaro è talmente ingenuo e sincero che mi stringe il cuore. Faccio ruotare le bacchette in mano, le batto su un piatto. Francesco me le strappa di mano.

-Nico piantala con i giochetti. Si può sapere che cazzo ha tuo fratello? Oggi quando gli ho ricordato del concerto mi ha praticamente sbranato…

Ma in che situazione mi ha messo quel cretino… come faccio a mentire a Fra? Lo sa benissimo, quello, che non ne sono capace… non quando mi guarda con quegli occhi imploranti…

Eppure che posso fare? Battergli la spalla, sorridere caloroso e dire con un sorriso a trentadue denti –Tranquillo, my friend, ha solo qualche problema di ormoni… sai, con te è un po’ nervoso perché si è preso la peggiore sbandata della sua vita ma non preoccuparti, passerà… tempo una quarantina d’anni l’avrà superata…

Dio, Ale mi ammazzerebbe se sapesse che l’idea mi ha anche solo sfiorato.

-Ma che ne so… c’avrà i cazzi suoi, perché è vietato?- sbotto invece, e gli do le spalle.

Fra resta immobile, e scorgo uno sguardo corrucciato di Dani. Oh, cosa si mette anche lui, adesso? È in questi momenti che vorrei mio fratello vicino: lui sa quando è meglio lasciarmi in pace. Così come io so quando lasciare in pace lui.

Sento la mano di Dani sulla spalla, e lo scrollo via. –Senti… perché invece di star qui a perdere tempo sui cazzi di mio fratello non ci mettiamo a suonare? Che abbiamo ancora tre pezzi da provare e io devo essere a casa massimo tra due ore?

Neanche lo guardo mentre parlo, e sento il suo stupore come uno schiaffo.

Mi infilo la chitarra e gli rendo le bacchette. Lui siede dietro la batteria e senza una parola comincia a battere il tempo.

Mentre canto sento le lacrime pizzicare gli occhi, e le asciugo in fretta, sperando che gli altri non se ne siano accorti. Sperando che Dani non se ne sia accorto.

È quasi ridicolo. Fino a un anno, che dico, sei mesi fa sarei corso da lui per ogni minimo graffio sul cuore, e adesso… adesso…

Basta. Che se cominci a pensarci va a finire che fai qualcosa di davvero stupido.

Tipo metterti a piangere in mezzo alla sala prove.

O a urlare, che è più probabile.

Stringi i denti, va avanti fino in fondo, ecco ora puoi andartene. Fallo in fretta, disinvolto, come se fossi davvero di corsa, così magari non si preoccuperanno troppo.

O almeno, aspetteranno a farlo quando avrai svoltato l’angolo.

-Boh ci si vede boys, io scappo.

-Niki…

Ma perché mi deve chiamare così? Non sono più un bambino… e di certo non sono più il suo Niki. Mmmm… dubito mi guarderebbe con quegli occhi gentili e affettuosi, se sapesse come sono cresciuto. No, decisamente non avrebbe più quello sguardo fraterno. E dolce.

Fanculo Dani, fammi vivere la mia vita e non mi stressare troppo. Basta già la tua sola esistenza a complicare le cose, senza che ti ci metti d’impegno.

-Devo correre, davvero… a dopo! In gamba belli, mi raccomando puntuali!

-Come se ci fosse bisogno di dirlo a noi- prova a scherzare Francesco, ma vedo che è preoccupato. Mi sembra quasi di sentire le rotelle girare in quella sua deliziosa testolina.

Ale scontroso, Nico sbrigativo, ci sarà qualche strano affare gemello nell’aria…

Ma sì, Fra, pensala così. In fondo, non è poi tanto diverso dalla realtà.

Anzi… sembra quasi una maledizione. Perché, perché dovevo copiare mio fratello anche in questo?

E l’avessi solo copiato, voglio dire, potevo anche sopportarlo, magari saremmo riusciti a riderci su insieme. Ma no, io come sempre ho dovuto fare le cose in grande, giusto? Non sarei Niki, altrimenti…. Quindi, non mi bastava innamorarmi del classico, tranquillo migliore amico, no? Eh no, troppo facile… dovevo perdere la testa proprio per…

-Beh, t’ha morso una tarantola per caso?

Senti chi parla….

-Niki… Niki che c’hai? Tutto bene?

Scuoto la testa, entro nel cortile e tengo il cancello aperto anche per mio fratello. Che questo è capace di schiantarsi con i roller sul cemento, e poi chi la sente mamma…

-Oh fratellino..?

Sorrido, mi volto e lo ritrovo seduto sul secondo gradino, una gamba ripiegata. Sta togliendo un pattino e intanto mi guarda perplesso. Anche un po’ spaventato. Mi lascio cadere al suo fianco e sospiro. –Lo sai che Fra è preoccupato per te?

Geme. –Cosa gli hai detto?

-Tranquillo, bro, sei al sicuro con me…

Entriamo nella nostra stanzetta, e lui si getta sul letto. Mi guarda. –Lo so… è solo che è sempre più difficile mentire.

Annuisco, mentre mi distendo al suo fianco. Poso il mento sul suo petto e giocherello con i lacci della sua camicia. Inutile, non ci sarà mai nessuno come lui. Potrei cercare in tutto il mondo, ma non troverò qualcuno che mi capisca meglio.

In fondo, aveva ragione Robi, quando mi ha detto che poteva andare peggio.

-Animo, fratellino! Pensa in positivo! Potevi sempre innamorarti di Ale. Allora si che sarebbe stata dura…

Ridacchio, al pensiero, e Ale mi guarda storto. –Bè, adesso che c’è da ridere.

-Ale, ci hai mai pensato che potremmo semplicemente sposarci io e te e risolvere tutti i nostri problemi?

Lui mi guarda, fingendo di soppesare la proposta. Poi scuote la testa. –Naaa Nikita, non funzionerebbe… tu non sopporteresti di lavarmi le magliette sudate, ti lamenti anche solo delle scarpe… non saresti per niente una brava moglie!

-Ehi! Chi ha detto che dovrei fare io la parte femminile? E poi, credi che Fra sarebbe tanto tollerante della tua puzza?

Si rabbuia di colpo e guarda fuori dalla finestra. Gli tiro scherzoso una ciocca di capelli. Quanto mi fa male vederlo così. –Bro, davvero dovresti dirglielo…

-Solo quando lo farai tu.- mi risponde con un mezzo sorrisetto da schiaffi.

Sospiro. Poi poso la guancia sul suo petto per guardare il cielo anche io.

È viola, macchiato dal tramonto. Le nuvole sembrano sbuffi di fumo scuro. Vorrei avere i colori sotto mano per dipingerlo.

Chiudo gli occhi. Il cuore di mio fratello batte nel mio orecchio, un ritmo veloce come la vita.

So che nelle mie vene il sangue scorre alla stessa velocità.

 

Nota- spero vi piaccia… fatemi sapere qualcosa! Commenti, critiche costruttive, suggerimenti, impressioni… tutto è bene accetto!

werty junko eraclea… se stai leggendo… che ne dici del secondo capitolo? Mi piacerebbe sapere cosa ne pensi…

Thanks Roh

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Capitolo 3
*** daniele - confusioni, musica e colori ***


È arrivato

Daniele: confusioni, musica e colori

 

È arrivato.

Tutto allegro, come se oggi pomeriggio non fosse mai esistito.

Si è infilato la chitarra, ha gettato la custodia da un lato, ci ha dato le spalle e ha cominciato a strimpellare. Normalissimo. Il Nico di sempre.

Resto qui, da solo perché Fra è andato a cercare Vale, a guardarlo.

A volte mi chiedo se sono completamente impazzito a pensare a lui in questo modo.

Cioè, non si sta parlando di un ragazzo qualunque. Lui è Nico, il mio Nico, mio cugino. Non è proprio normale che io me lo sogni ogni notte, giusto?

-Ehi, Niki, passata l’incazzatura?

Si volta e ha uno sguardo gelido. Come facciano a essere freddi due occhi così scuri non lo so.

Ultimamente non sopporta che lo chiami Niki. Quando lo fa Ale, si trasforma in un micino che fa le fusa, ma se sono io… è una pantera distaccata quella che mi osserva.

Chiaramente, io mi diverto da impazzire a dargli sui nervi. Anche se ci sono gli effetti collaterali, perché quando è irritato e freddo paradossalmente diventa ancora più irresistibile.

-Non ero incazzato.

E con questo chiude l’argomento.

Mi appoggio al muro e lo guardo. Quanto può cambiare una persona in sei mesi?

Nico ha fatto l’impossibile. Entrambi i gemelli sono completamente diversi dai ragazzini che conoscevo, ma con Nico il cambiamento è stato così brusco, così… diretto.

Mi chiedo dove sia finito il Nikita folle che conoscevo. Il bambino che alla fine della terza media, quando tutti se lo vedevano al classico, e poi laureato in lettere, e chissà cosa, ha deciso di iscriversi a un’istituto d’arte per poter disegnare e suonare a piacimento. Il mio cuginetto sempre allegro, sempre sorridente. Con le trecce rasta e il nasino sporco di pittura.

Il Nico che rideva anche quando litigava.

Adesso al suo posto mi ritrovo un diciottenne nervoso, imbronciato, alto e… terribilmente intrigante.

Scuoto la testa mentre lui si sistema una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Ogni giorno che passa diventa più bello. Si girano a guardarlo, Niki, sia i maschi che le femmine, e suonare al suo fianco a volte è esasperante. Vedi gli sguardi incollati a lui, seguirlo istante dopo istante.

Non potete immaginarvi la gelosia.

Una volta era il mio migliore amico. Non importavano i due anni di differenza, mi vedeva come il suo eroe, e per me lui era una specie di cassaforte cui affidare i pensieri.

Sapevo che mi raccontava tutto, anche le cose più imbarazzanti.

Ma da qualche tempo non è più così. Ha i suoi segreti, segreti oscuri, che solo Alessandro conosce. I gemelli sono ancora più vicini di quando erano bambini, se possibile, e questo mi fa un po’ male, mi fa sentire tagliato fuori.

Certo, sono il primo da biasimare, in fondo questo patto di reciproca fiducia l’ho tradito io per primo, quando non gli ho detto che i miei sentimenti stavano cambiando, ma…

Non ho ancora trovato il coraggio per quella confessione, e più passa il tempo più dubito che mai lo troverò.

Ha lo sguardo fisso nel pubblico, Nico, sembra cercare qualcuno.

Sento una lieve fitta di gelosia, ma la soffoco in fretta. –Chi cerchi, occhi splendenti?

Lui arrossisce e non mi guarda. –Dov’è Fra?

-Con Vale.

Fa una smorfia scorgendo il nostro battista e la sua ragazza. Si stanno baciando piuttosto appassionatamente, e non posso sprecare l’occasione per sfottere mio cugino. –Che c’è Niki, siamo diventati improvvisamente pudichi?

-Spero solo che Ale non arrivi adesso.

Già. Ale. La seconda parte del rompicapo gemello.

Mi chiedo in quale senso vada letta la frase sibillina di Nico. Se davvero è Vale quella che lo manda fuori di testa come tutti sembrano pensare.

Io credo di sapere quale sia il problema tra lui e Fra. Mi chiedo se Francesco l’ha già capito. A giudicare dall’entusiasmo con cui divora la bocca di Valentina, direi di no. Ma non si può mai sapere. In fondo, sono mie congetture. Magari sto solo cercando una consolazione, e quindi immagino che altri siano nelle mie stesse condizioni. Certo, per Fra sarebbe più facile. In ogni caso, non sarebbe suo cugino quello per cui ha perso la testa.

Nico mi guarda. Sorride, è quasi dolce. Quanto mi mancava questa sua espressione.

-Su, va a chiamare il depravato, che dobbiamo iniziare.

E la serata fila come sempre, simile a uno dei disegni astratti di Nico. Con esplosioni di viola, di verde, di rosso. Con botti di vita, con risate di chitarra. E la sua voce…. la sua voce vellutata, che cola nel microfono e poi ci scoppia tutto intorno. Bellissima. Irraggiungibile.

Siedo sul gradino e rido. Fra e Ale sono con noi, per una volta paiono sereni. Forse mi sono sbagliato, forse non c’è niente di strano tra quei due. Forse…

Ma Vale se n’è andata da poco, e non me la sono sognata quell’espressione sollevata. Negli occhi di Fra. Negli occhi di Ale.

Forse dovrei fare un discorsetto a mio cugino, prima che le cose si deteriorino troppo.

Nico comunque è sparito. Ha detto qualcosa all’orecchio di Ale, poi si è dileguato.

Con un tipo alto, bruno, che lo aspettava nell’ombra.

Non posso dire che la cosa mi abbia fatto piacere. Ma è la sua vita, in fondo… se vuole passarsi la sera con quell’energumeno non posso farci niente. Anche perché ho ormai perso qualunque diritto sia inerente alla figura di cugino più grande.

Guardo i miei piedi, uno dopo l’altro, percorrono il sentiero. Intorno l’erba è umida, scura. Il parco sembra immenso.

Fra e Ale si spintonano e battibeccano, come sempre. Quest’estate al mare erano sempre gli ultimi ad addormentarsi, passavano ore a dire cazzate solo per avere l’ultima parola. Io e Nico li guardavamo rassegnati, poi chiudevamo gli occhi e cercavamo di dormire. Inutile dire che io restavo sveglio a lungo, ascoltandolo respirare. Ascoltandolo vivere.

Basta, devo smetterla di pensare a Niki o…

Niki.

Questo non dovevo vederlo.

Ha la schiena poggiata contro il tronco di un albero, e l’energumeno… l’energumeno… è addosso a lui. Chiudo gli occhi. Dio, che male allo stomaco…

Sento Fra trattenere il respiro, stupito e forse un po’ imbarazzato. E poi Ale.

-Ehi, ma che cazzo fa quel bastardo?

Apro gli occhi. Ale ha il volto scurissimo, e si muove svelto, furioso.

In quel momento guardo meglio, e mi accorgo che Nico sta tentando di allontanare il tizio, che lo schiaccia contro l’albero, cercando di baciarlo.

Li raggiungiamo, spintono via il tipo, poi lo riconosco. Eravamo insieme alle medie, anche stati amici per qualche tempo. Mi viene voglia di vomitare.

-Cazzo ti credevi di fare?- ringhio, e lui mi guarda negli occhi. –Cazzo te ne frega a te, Daniele?

-Senti stronzo, quello è mio cugino, quindi vedi di girare al largo…

Mi spinge. Gli tiro un pugno. Si mette Fra in mezzo e lo allontana. –Senti, vattene e non peggioriamo le cose, ok?

Non sono per niente convinto, e so che anche Ale non lo sarebbe, ma adesso lui è preoccupato per suo fratello, e anche io ho cose più importanti da fare che una rissa con quello lì.

Così, mentre lui si allontana piuttosto in fretta, mi volto.

I gemelli sono a terra, Nico è rannicchiato contro il petto di Ale e respira profondamente. Non mi è mai sembrato tanto piccolo e indifeso. Alessandro gli accarezza i capelli e sussurra dolce –Dai Nikita, dai, non è successo niente vero? Non ti ha fatto nulla… siamo arrivati in tempo…

Mio cugino ha i pantaloni slacciati, e mi sento rabbrividire. Ale li riabbottona con dita tremanti, penso di non averlo mai visto più arrabbiato. Del resto, per lui Nico è sacro. Credo che avrebbe ammazzato l’energumeno, se non fosse stato più occupato a controllare che suo fratello stesse bene. E condivido abbastanza le sue emozioni.

Fra si inginocchia al suo fianco, gli tocca la spalla. Ale si scrolla, insofferente.

-Quel frocio di merda, perché l’hai lasciato andare?

Vedo Francesco sbiancare, ritrae la mano. Spalanca gli occhi, sconvolto. Ale lo fissa malevolo.

-preferivi se lasciavo che lui e Dani si pestassero?

-Sarebbe stato il minimo, dopo quello che ha cercato di fare…

-E cosa ha cercato di fare?

Alessandro ha occhi che mandano fiamme. –Ma ti sei rincoglionito di botto, Fra? Se non arrivavamo in tempo quello violentava mio fratello, e…

-Non puoi esserne sicuro, Ale…

Alessandro si tira in piedi, sconvolto. –Ma che cazzo dici? L’hai visto anche tu… non starai mica insinuando che Niki fosse d’accordo, spero?

Suo fratello trema tra le sue braccia. Fra non parla, io li guardo e non capisco cosa stanno dicendo. Però è stata la prima impressione anche per me, e per questo mi sento una merda.

-Ale aspetta…

Apro di nuovo gli occhi, Ale se ne sta andando insieme a suo fratello. Nico ha gli occhi chiusi e la testa posata sulla spalla di Ale. Fa male il cuore vederlo così.

Vedo Francesco con le lacrime agli occhi, e questo mi fa strano. Ma poi sento Ale –Senti Fra non ho più voglia di ascoltare le tue cazzate per stasera… ci vediamo. Notte.

I gemelli spariscono verso l’entrata. Io guardo Fra e scuoto la testa.

-Ma cosa ti è saltato in testa di dire quella roba? Lo sai com’è Ale quando gli toccano Nico.

Lui scuote il capo, e i suoi bei capelli rossi scendono a velare il viso. Si lascia scivolare a terra, le ginocchia tra le braccia.

–Non lo so.

 

Nota- Che ne dite? Se trovate qualche contraddizione o qualcosa di assurdo, vi prego, fatemelo sapere… non so se questo sviluppo funziona, ma era una scena che avevo in mente e dovevo metterla giù. Per favore, commentate…

X Venus87: Grazie! Sono contenta che il primo ti sia piaciuto. Che dici degli altri? Kisses Roh

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Capitolo 4
*** francesco - perchè ci stiamo allontantando ***


Francesco: perché ci stiamo allontanando

Francesco: perché ci stiamo allontanando

 

Sono un coglione.

Come ho fatto, mi chiedo, a dire quelle cazzate? Non lo so. è come ho detto a Dani subito dopo: non lo so.

Non lo so, perché l’ho detto.

Non lo so, perché l’ho fatto.

Non lo so, perché mi sento in questo modo, perché provo tutto questo, tutte queste sensazioni di bruciore e rabbia e amore, e proprio per te, Ale, per te, mio più caro amico…

E forse, una ragione per quelle parole che ti hanno fatto incazzare tanto la riesco anche a trovare. Il mio cervello in quel momento era completamente partito, avrei voluto che quello fosse un film, poter pigiare il tasto pause e aspettare, tirare qualche respiro profondo e dire “Bene, ragazzi, adesso con calma ci ragioniamo sopra, ok?”

Invece tu continuavi a sputare veleno e ogni tua sillaba era una pugnalata al cuore, e non vedevo più niente non sentivo, ero così confuso che cercavo solo di prolungare la conversazione, perché sapevo che nel momento in cui tu mi avessi salutato qualcosa sarebbe finito, finito per sempre. Purtroppo, l’ho prolungata nella direzione sbagliata.

Non ho mai voluto dire che tuo fratello se la fosse cercata, Ale! Come avrei potuto? Era di Nico che si parlava.

Ma… non sai cosa ho pensato quando l’ho visto sbattuto contro quell’albero. È così simile a te, Nico, e io sono così disperatamente disarmato davanti ai tuoi occhi scuri…

C’è stata invidia, inizialmente, un’invidia cieca per chi poteva stringere quel corpo, baciare quelle labbra che somigliavano tanto alle tue, attirare l’attenzione di quegli occhi in quel modo… avrei voluto esserci io al posto di quel tizio, e te con la schiena contro il tronco, tra le mie braccia.

Poi le tue parole mi hanno fatto ripiombare in questo purgatorio di fango e sudore. Come tu abbia fatto, Ale, con una sola occhiata veloce, a capire quel che a me e a Dani era sfuggito, non lo so. Ma Nico è il tuo specchio, mica il mio. Naturale che quella scena non ti abbia ingannato.

E allora è sopraggiunta la rabbia. Come si permetteva di sporcarlo? Come si permetteva lui di fare quel che io, io non mi ero mai concesso? Quante volte avrei voluto baciarti, toccarti, Ale, e quante volte mi sono trattenuto? Per amicizia, per lealtà, per amore. Anche per paura, forse, paura di un tuo rifiuto, te lo concedo. Ma mi sono trattenuto. E non sai lo sforzo, quando tu stavi su quel letto a Napoli, assonnato e spettinato, le lenzuola sfatte tutt’intorno e quel languido sorriso…

Non capivo, non vedevo, l’unica cosa che sapevo è che non era giusto.

Ma quel che davvero mi ha spiazzato sono stati i tuoi gesti. I tuoi occhi arrabbiati, e anche se in questo periodo sei spesso scazzato non ti avevo mai visto così infuriato.

Le tue parole. Cattive, secche, ribollenti di odio.

-Perché hai lasciato che quel frocio di merda se ne andasse?

Questo mi hai detto. E non pensavo che avrei mai sentito tanto rancore nella tua voce.

Cosa avresti pensato, se quest’estate in quel letto, al posto di prenderti per il polso e tirarti in piedi ti avessi invece spinto più in basso tra le lenzuola, affondando nel cuscino, e poi chinato per sfiorarti, in quel contatto proibito? Fino ad ora avevo sperato che mi avresti scostato con grazia, magari un po’ imbarazzato, ma che niente di serio sarebbe cambiato tra noi. Adesso invece, rabbrividisco al solo pensiero. E ringrazio il cielo per essermi trattenuto.

Stamattina a scuola il tuo banco è vuoto. Non che la cosa mi stupisca.

Lo sapevo che non avresti lasciato il fianco di Nico, non in un momento come questo. Perché gli occhi di tuo fratello, ieri sera, erano incredibili. Non sembrava neanche lui, indifeso e fragile rannicchiato contro il tuo petto.

Ma vedere quel posto vicino alla finestra vuoto, voltarmi nell’ingenua speranza di cogliere un tuo sguardo, un tuo sorriso, un tuo stiracchiarti vicino al muro, e scoprire invece l’aria trasparente e beffarda, fa male.

E adesso mi trovo davanti a Vale, e non so davvero cosa dirle, se non che è finita.

-Fra. Ne sei sicuro.

-Eddai Vale lo sapevi che sarebbe venuto questo momento. È stato bello, ma adesso non ce la farei più.

-Cosa hai intenzione di fare? Dirglielo?

Non è arrabbiata, né offesa né ferita. È sempre e soltanto lei. La mia Valentina, la mia migliore amica, la stessa amica che ho odiato quando per la prima volta è comparsa appesa al braccio di Ale, tre anni fa, quella che mi ha aperto gli occhi su di lui.

L’unica a cui ho mai confidato tutta la verità.

Nessuno l’ha mai capita la storia tra me e Vale, meno che tutti Alessandro, che non me l’ha mai davvero perdonata. Le cose tra noi hanno iniziato a peggiorare, quando ho deciso di giocarmi il tutto per tutto e provarci con lei.

Ma lei, lei sapeva che quello era solo un gioco, uno scherzo, un modo un po’ strano di farci compagnia. E non me ne ha mai fatto una colpa.

Del resto, neanche lei è innamorata.

-Ho paura di aver fatto una cazzata, Vale.

-Che tipo di cazzata?

-La peggiore. L’unica che proprio non dovevo. Gli ho toccato Nico, e sai che Ale su questo non transige.

Lei è dolce, preoccupata, le dita sul mio braccio sono l’unica pressione che mi impedisce di morire. –Forse non è tutto così buio, Fra, forse se gli parli si risolverà…

-Non lo so Vale… questa volta davvero non lo so.

Ma non si può non provare, giusto? Ed è per questo che sono qui, davanti alla porta di casa tua, con Roberta che mi dice di “guardare di sopra, non li ho ancora visti oggi…”

Il tuo viso è di marmo, marmo ghiacciato. Non sorridi, neanche un sorriso fiacco di benvenuto.

-Che vuoi?

Deglutisco. –Come sta Nico?

Sembri quasi divertito. Quanto stai male, Ale, per avere quella faccia? E quella voce….

-Come vuoi che stia? Dorme… adesso. Ma stanotte ha attraversato l’inferno.

Mi porti fuori, nel cortile. Ti siedi su un gradino, fai ruotare il tuo pallone tra le mani. È sempre stato così, a te lo sport, a lui l’arte. Specchi opposti anche nelle passioni, non ho mai capito come fate…

-Sai, la cosa non si è fermata a un bacio.

Trasalisco. Cosa vuoi dire, Ale? I tuoi occhi sono immensi. –Non si è fermata per niente a un bacio…

-Che ti ha detto?

-Poco. Quasi niente. Ma… io non so cosa gli ha fatto, quel bastardo, ma… Nico non si spezza facilmente.

-Forse… forse è solo lo shock…

Alzi la testa all’improvviso –Cazzo Fra, ha pianto tutta la notte! Non ho mai visto mio fratello piangere, mai…

Resti in silenzio, e io con te. Non so cosa fare. Fossero diverse le cose ti abbraccerei, ma ora come ora non so come la prenderesti.

E mi chiedo Dani come se la stia passando.

Infine il sole si decide a tramontare. E tu ti alzi in piedi, sembri fatto di pietra, e so già dove stai andando, da tuo fratello, è quasi un’ora che non lo vedi.

Più di quanto lui possa sopportare.

Più di quanto tu possa sopportare.

Vorrei venire anche io, vedere come sta, ma tu non me lo chiedi e io non me la sento di autoinvitarmi. Non adesso.

-Scusa devo andare. Ci vediamo a scuola, ok?

-Ale aspetta… io devo sapere… tra di noi… è tutto a posto?

Ti guardo negli occhi. Non mi sto riferendo solo a quel che è successo ieri, a questo silenzio… ti sto chiedendo se siamo ancora gli stessi, se questa frattura tra noi continuerà ad allargarsi o se riusciremo a parlare di nuovo, seriamente, senza il muro di scherzi e battute a proteggerci.

E so che hai capito, perché mi guardi un attimo intensamente, per poi voltarti.

-Non so risponderti, Fra. Non lo so più.

Te ne vai, e la tua figura pare curva, sotto il disegno delle ombre sempre più lunghe, curva sotto un peso che non avrei mai voluto farti portare.

 

Nota- Non pensavo che Francesco sarebbe uscito fuori così tormentato, davvero, nella mia idea iniziale era il più solare dei quattro. Ma evidentemente lui aveva altri programmi, e chi siamo noi per opporci alla volontà dei personaggi? Che poi io adoro quando sembrano mostrare vita propria… comunque, grazie ancora a venus87 per i commenti, a proposito quando l’aggiorni “La vita al college?” Non vedo l’ora di leggere i prossimi capitoli… kisses Roh

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Capitolo 5
*** alessandro - frammenti di specchio ***


Alessandro

Questo capitolo è dedicato in particolare ai gemelli… dopo quello che è successo, sentivo il bisogno di chiarirmi un po’ le idee, sia su Niki che sul loro rapporto. Spero vi piaccia…

 

Alessandro

 

Il sole bacia i suoi capelli, mentre rientro. Bacia i suoi capelli, le labbra, le guance. Lo zigomo livido, violaceo nella penombra.

Non mi ero accorto di quel colpo, mentre lo riportavo a casa ieri sera. È stato solo questa mattina all’alba, quando la luce mi ha svegliato, che l’ho visto.

Dio, credo di non essere mai stato più furioso. Neanche vedere il verme addosso a lui mi aveva fatto questo effetto. Questo desiderio di uccidere, di far male.

Nessuno. Può. Permettersi. Di. Toccare. Mio. Fratello.

Nikita è il sole, la pioggia, un bambino. Chiunque alzi le mani su di lui non merita di vivere.

Mi siedo sul bordo del letto, gli sfioro la guancia con la mano. Lui geme, dormendo, chissà cosa sogna.

-Testa di cazzo.- mormoro, senza smettere di accarezzarlo.

Sapevo che sarebbe finita così, prima o poi. Non puoi giocare in eterno con il fuoco. Prima o poi ti bruci.

E anche se mio fratello maneggia le fiamme con maestria, alla fine è inciampato. E quelle meravigliose candele gli si sono spente addosso, precipitandolo all’oscuro.

Dove vaghi, adesso, fratellino ferito? In quale incubo si stanno perdendo i tuoi occhi immensi?

Vorrei svegliarti, e stringerti fino a toglierti il fiato. Il respiro. Vorrei respirare io per te quest’aria che ti sembra veleno.

Vorrei urlarti contro per ore, fino a farti entrare un po’ di senso in quella testa dura.

Vorrei… vorrei poterti stare vicino. Davvero, sul serio. Vorrei che le mani di quello stronzo avessero sporcato anche me, vorrei conoscere il loro tocco rude, sentirlo sulla mia pelle, tra le mie gambe, conoscere quel sapore schifoso che è il sapore della violenza e della sopraffazione, la paura dello stupro. Vorrei sognare i tuoi incubi, per capire le tue grida. Per asciugare le tue lacrime.

Per la prima volta siamo davvero divisi, quel bastardo senza saperlo ha spezzato il nostro specchio perfetto, e adesso noi due annaspiamo in questo acquario maledetto, cercando di rimettere insieme i frammenti. Ma so che niente sarà più come prima.

Non per te, che avrai sempre sogni più scuri dei miei. Non per i tuoi occhi, che so mai perderanno davvero quell’ombra.

Non per Dani. Che ieri sera ti ha visto spogliato, sconfitto, tradito. Che ieri sera ti ha desiderato, come si desidera un angelo caduto. Che ieri sera ti ha mentito, come chissà quante altre volte prima.

Non per me. Che mi sento solo in questo letto condiviso, e non so come fare a raggiungerti in quel precipizio. Che non so come dirti che ti amo, nonostante tutto.

E non per Fra. Che ho cacciato con parole fredde, che ieri ha avuto il coraggio di parlare e io ho costretto a tacere. Che oggi mi ha chiesto scusa, a modo suo, ricevendo in risposta soltanto silenzio. Che oggi ho mi sono risorpreso ad amare, anche se di lontano.

Fra non saprà mai cosa davvero mi ha fatto inorridire, del suo confuso discorso ieri sera.

Non saprà mai che se mi sono incazzato tanto con lui, è perché in realtà ero incazzato con me stesso. Perché io sono l’unico a conoscere questa tua oscura storia, l’unico che avrebbe potuto prevedere questo finale, e non l’ho fatto.

Un tempo raccontavi tutto, a me e a Dani. Ogni tua cretinata, ogni scherzo, ogni fantasia, ogni amore. Tutto.

Adesso, sono l’unico depositario dei tuoi segreti. Sono l’unico a sapere che la fiamma dentro di te è cambiata, ha preso a brillare più alta, più fulgida. Attirando le falene.

Ti ho osservato civettare allegramente con tanti, con troppi, ti ho osservato regalare sorrisi e sguardi furtivi, baci ai pochi eletti, e poi scappare. Sempre.

Perché tanto Dani non lo potevi dimenticare.

Lui non sa niente di queste tue sperimentazioni. Non sa dei locali in cui mi hai trascinato, per avere un pubblico forse, o un conforto per dopo. Per l’inevitabile dopo.

Per le lacrime che sempre venivano, a lavare via l’odore di pelli sbagliate, e il sapore di labbra diverse. Non sue.

Nikita mio, fratellino di buio. Di luce.

Lo sapevo cosa voleva quello stronzo, ieri sera. E te l’ho anche detto, ma tu come sempre hai riso e scosso il capo, quella tua testolina adorabile di treccine colorate, salutandomi.

Quando ho imboccato la strada del parco, non pensavo di vederti così.

Mi racconterai mai cosa ti è successo? Lo farai mai? Dovrò continuare a immaginare, raccogliendo indizi la notte, dai tuoi sogni?

-Bro, chi c’era prima?

Bacio la testa di Nico e lo abbraccio da dietro, raggomitolandomi contro la sua schiena. Il viso nascosto nelle sue trecce, parlo.

-Solo Fra.

Si volta. Ha occhi rossi, cerchiati dal pianto. Ma adesso brillano, stupiti. –Solo Fra? Cosa è successo, Bro?

Scuoto la testa. Devo mettere Francesco in un angolo, non posso reggere anche quel peso.

–Niente di importante adesso. Come stai, Niki?

Come stai, Niki? Quale parte di te è stata maggiormente ferita?

Il corpo? Quelle carezze brutali, quei colpi sul viso… sul tuo bellissimo viso…

L’anima? L’orgoglio ucciso da quelle mani invadenti, da quegli occhi che tutto volevano e quella lingua…. L’anima che questa notte ha vomitato tre volte, per poi rifugiarsi tra le mie braccia?

O il cuore? Cuore di vetro spezzato, sangue che cambia corso e urla Basta. Non ce la faccio più.

Ti capisco, Niki. Più di quanto tu pensi. Ti capisco perché io sento la stessa cosa ogni volta che incontro gli occhi verdi di Fra, quel suo sguardo che tu definisci arricciando il naso “schifosamente ingenuo”, quei suoi sorrisi d’amico, da fratello di spirito.

Quel fratello che per me non è più.

Parlerai a Dani, amor mio? Mio piccolo cielo, ti deciderai a compiere il passo? Perché lui ti vuole, lo so, l’ho visto. Ieri sera non è riuscito a mascherarlo.

-No.

Perché no, Nikita?

Si morde il labbro, è spaccato anche quello. Quanti schiaffi gli ha dato quello stronzo per farlo stare zitto, stordirlo? –Non adesso. Non… non ce la faccio a guardarlo in faccia. Mi sento… sporco.

Mi stacco da lui con uno scatto, sono in piedi. A misurare la stanza, arrabbiato. è un litigio che abbiamo già avuto molte volte stanotte, nel buio.

-Cosa cazzo vuol dire che ti senti sporco? Tu? Niki non puoi dire sul serio, devi reagire… dimmi chi è. Dimmi chi cazzo è voglio saperlo…

-Per fare cosa? Spaccargli la faccia? Non farmi ridere. Non voglio che ti avvicini a lui sono stato chiaro Alessandro?

Sei scattato anche tu, come sempre siamo uguali. Questo non è riuscito a cambiarlo il mondo, non ci riuscirà quel bastardo.

-Voglio denunciarlo, fratellino…- gli sibilo a pochi centimetri dal viso. Lui non si tira indietro, anzi mi guarda dritto negli occhi. –E cosa penseresti di dire? Vostro onore, questo ragazzo ha cercato di violentare mio fratello. Sa, stavano giocando da un po’, e lui ha oltrepassato le regole… non aveva capito come stavano le cose! Non aveva capito che mio fratello è innamorato di mio cugino e che quello lo darà solo a lui, o a nessuno…

-Smettila di dire queste cazzate!

-Ma è vero Bro, è vero… me la sono cercata, ed è questo che fa più male…

Lo stringo tra le braccia, e so che farò fatica a fargli cambiare idea. Farò fatica a ripulirlo di tutte le parole sporche che si lancia addosso di continuo, farò fatica a ripresentarlo com’è, candido come un raggio di neve, o un fiore di ciliegio. Candido come sempre sarà, il mio folle uccello di bosco.

Farò fatica, ma ci riuscirò. E dopo essere riuscito in questo, andrò a cercare Fra, e gli dirò la verità. Gli parlerò con il cuore in mano, e gli spiegherò perché ci stiamo allontanando, perché cerco di spingerlo via ogni volta che ne ho l’occasione.

Non so cosa mi risponderà, allora. Ma so che, qualunque sia la sua reazione, avrò un posto dove tornare a leccarmi le ferite.

E quel posto sarà qui, in questo nido, tra le coperte sfatte del letto di mio fratello, tra le sue braccia ferme e calme, e la sua carezzevole voce di chitarrista infranto.

Solo insieme potremo ritrovare quel che abbiamo perso.

 

Nota

Spero di non essermi dilungata troppo con la storia di Niki e della sua aggressione… se è così ditemelo, vi prego. Comunque, credo che nel prossimo se ne parlerà ancora, dal momento che dovrebbe essere proprio Niki in prima persona a raccontare, ma dopo dovremmo superarlo. Spero. Sempre che loro non abbiano altre idee…

E a proposito, mi viene in mente questo. Anarchy, se prenderò 2 di filosofia è tutta colpa tua. Dopo aver letto il tuo commento ieri non ho potuto fare a meno di rimettermi a scrivere… GRAZIE! Sono stata contentissima, soprattutto perché a me piace da matti come scrivi tu.

Grazie anche a Venus87, anche per aver finalmente aggiornato la sua fic… tra l’altro, bel capitolo…ma i commenti te li ho già lasciati! Comunque anche a me piace Ale, ma devo confessare che il mio amore va soprattutto a Niki… non so perché, ma nelle mie coppie di gemelli c’è sempre uno come lui, ed è sempre il mio preferito (tra i peredhel, per esempio, il ruolo di fiamma folle e autodistruttiva spetta proprio a Elrohir…). Comunque, sappiate che i vostri commenti sono davvero un raggio di sole nella nebbia… grazie!

E Siz… mi spiace che qua si parli poco di Francesco, ma mi farò perdonare! kisses

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Capitolo 6
*** nico - annegare nei ricordi ***


Nico

Nico

 

Tum. Tum. Tum.

La palla mi torna in mano. La rilancio al soffitto. Lo colpisce. Mi torna in mano.

Tum. Tum. Tum.

-E se mi tagliassi i capelli?

Alessandro è seduto per terra, si allaccia una scarpa. Solleva il viso improvvisamente, mi scocca una delle sue occhiate Prova-a-fare-una-cosa-del-genere-e-vedi.

-Ok, ok, come non detto…- borbotto, riprendendo a far volare il pallone.

Sto impazzendo. Ho voglia di cambiare. Di rinascere. Di essere diverso.

Mio fratello non è particolarmente convinto che questo sia un segno positivo.

Sto coricato sul letto, lo sguardo rivolto al soffitto.

Lui si alza in piedi e intercetta la palla. La fa girare tra le dita, mentre parla disinvolto, disinteressato.

-Io sto andando con Fra a fare quattro tiri. Che ne dici, vieni?

Resto in silenzio un attimo. Lui sembra non prestarmi troppa attenzione.

Mio fratello è un pessimo attore.

-Vai, Bro, divertiti…

Lo sguardo di Ale adesso è implorante. –Niki ti prego… non puoi restare chiuso qua dentro per tutta la vita!

Sono quattro giorni che non esco. Quattro giorni che non vedo nessuno a parte la mia famiglia.

Quattro giorni che Dani telefona, chiede di me, e io obbligo Ale a inventarsi scuse. Sta dormendo. È sotto la doccia. Non so dove sia finito. È uscito col cane.

Non voglio sentirlo. Non voglio vederlo.

E soprattutto, non voglio uscire. Ma voglio cambiare. In qualche modo. Lasciarmi il vecchio Niki alle spalle, diventare qualcun altro.

Mio fratello sbuffa, mi da le spalle e si precipita fuori dalla stanza, sbattendo la porta dietro di sé. Io mi rannicchio in posizione fetale, mi abbraccio le ginocchia.

Lui non lo sa, ma ogni volta che mi ritrovo da solo… ogni volta che c’è buio…

Rabbrividisco. Chiudo gli occhi, li stringo forte. Provo a pensare ad altro, mi sforzo disperatamente di disegnare qualcosa nella mia testa.

Ed è estate. In un campo di grano. Ale accanto a me corre, ride, si lascia cadere. Le spighe si chiudono su di lui, sulla sua risata, mentre io mi tuffo al suo fianco, poso la guancia sul suo petto, i papaveri rossi e alti che ci sorridono vicini.

Daniele che arriva, pantaloni corti, bambino…

Daniele… Daniele cresciuto, seduto dietro la batteria, che scuote la testa e i capelli e suona… e lui tra la gente, che balla e mi fissa… mi fissa sfrontato, lo sguardo lascivo. Lui che mi fissa e sorride, mi fa l’occhiolino, il cuore in gola che pulsa, che minaccia di scoppiare. Daniele alle spalle, lui davanti. L’eterna scelta, l’eterno bivio.

I capelli di Ale negli occhi, mentre mi chino a sussurrare al suo orecchio. Lo sguardo scuro di mio fratello, le sue dita sul mio polso, che mi trattengono. E io che rido, una risata spezzata, e gli dico ingenuo Non preoccuparti, so quel che faccio…

Basta! Avevi detto che non ci avresti più pensato, che quel film schifoso l’avresti gettato in un angolo della testa, che avresti pulito i vetri del tuo cuore… che avresti permesso alla luce di entrarci, di nuovo…

La voce di Alessandro dentro di me è sussurro di rabbia, di pena, è sibilo freddo e mormorio lieve, è amore e furia e odio e nausea… è Ale. Ma non posso ascoltarla, non più.

Perché quando il vortice nero ti prende, puoi nuotare quanto vuoi fratello, ma non ne uscirai incolume. Annegherai, annegherai sempre.

E così mi ritrovo su quel sentiero, le sue mani che sfiorano le mie, quelle mani, quelle mani lunghe e veloci, quelle mani impudiche, sorde, cattive.

Quelle mani che presto sentirò su di me, sul mio viso, sul collo, tra i capelli, sul petto. Sul ventre, tra le gambe, nei pantaloni. Sotto la stoffa, sulla pelle, a sporcarla, a graffiarla. Quelle mani che presto sentirò su di me, dentro di me, in una carezza ruvida e dolorosa, più bruciante di uno schiaffo sul viso.

Schiaffo sul viso che è comunque arrivato, seguito da un altro e un altro ancora, quando mi sono agitato troppo, e non ho ascoltato i suoi suggerimenti.

Quei suggerimenti che la sua voce mi alitava sul volto, respiro spezzato e faticoso, ansito sulla pelle, tra le labbra. Dio, lo schifo del suo fiato nella bocca. E poi le dita, la lingua, la lingua…

Io incapace di tutto, anche di mordere, solo le lacrime continuavano a scendere, senza bagnarmi la pelle. Senza diluire il sangue che sentivo scorrere dal labbro spezzato.

Il buio intorno, il silenzio dove la sua voce suonava distorta, robotica, lontana. Parole volgari, parole crudeli, insensibili, eccitate… il suo cazzo contro la mia gamba, la gola chiusa dal vomito…

Il tronco dell’albero dietro la schiena, corteccia ruvida, corteccia spessa, corteccia che si conficca nella pelle e la lacera. Mentre mi agito, e cerco di spostarlo.

Ma so che non posso farlo. Ho diciotto anni, e sono esile come un giunco. Ho la costituzione di un ragazzino, e lui è un giovane uomo. Non c’è storia.

Maledico il giorno in cui t’ho conosciuto, Michele, maledico il giorno in cui t’ho sorriso e ho accettato da bere, il giorno in cui ti ho danzato davanti sicuro della mia strada, il giorno in cui tu hai deciso… e io non ho capito.

Le tue mani mi hanno ormai rivoltato, le sento ovunque, in ogni angolo. La testa mi gira per le sberle, e il mondo sembra ruotare insieme a me.

Le dita sono ormai dentro… e la voce di Ale spezza l’incubo.

Ogni volta, sempre così.

È lui che mi scuote, lui che si incazza e mi bacia, che mi carezza lo zigomo pesto e mastica un imprecazione tra i denti, lui che mi implora di uscire, lui che mi chiede di combattere.

Cosa c’è da combattere, fratellino? Ormai è già tutto deciso. Ormai è già tutto perso.

Le tue braccia quella sera mi hanno raccolto appena in tempo, prima che cadessi a terra. Mi sono avvolto su di te come sempre faccio, e per un attimo ho desiderato poter morire lì. Tra le tue braccia.

Perché sapevo che vivendo avrei dovuto incontrare gli occhi di Daniele, e sapevo di non averne il coraggio.

Tutto questo tempo, Ale, tutto questo tempo a lottare per tenerlo all’oscuro, per non fargli scoprire questo segreto vergognoso, il primo segreto che mai gli abbia negato, la mia diversità, la mia omosessualità. La nostra, fratellino, ma tu non te ne sei mai vergognato.

Neanche io, in realtà. Quel che mi uccideva era sapere che l’unica persona che davvero avessi amato, mai avrei potuto averla.

Dani è là, lontano e irraggiungibile.

Dani è in piedi davanti a me, e non sopporto l’idea di incontrare il suo sguardo.

Cosa leggerei nei suoi occhi?

Rabbia? Desiderio di proteggermi?

Imbarazzo? Vergogna?

Schifo?

Cosa penserà di me, mio cugino? Di me, che mi sono fatto quasi violentare contro un albero, senza neanche la forza di scappare, di me che ho camminato al fianco del mio aggressore sfiorandogli le mani, di me che ho giocato e giocato, senza mai pagare?

Ale questo non lo capisce.

“Anche lui ti vuole” dice, dice di averglielo letto sul viso, quella sera. Povero, sciocco fratellino. L’amore che mi porti ti acceca, come il mio acceca me. Non so cosa hai visto su di lui ma di certo non era desiderio.

E l’idea di incontrarlo…

Bussano alla porta, non mi alzo dal letto. Chiunque sia, si stancherà e mi lascerà in pace. Lo fanno sempre, ormai. L’unico che entrerebbe lo stesso è Alessandro, ma lui sarà nel campetto, a rubare un canestro dopo l’altro a Francesco. Riesco quasi a vederli, i capelli sudati, i volti concentrati. Gli occhi che si cercano, sfuggono e si cercano di nuovo. Stupidi sciocchi…

La maniglia gira, mi volto stupito.

E Dani è sulla soglia, imbarazzato ma deciso, e mi guarda e sorride incerto e non si avvicina.

Lo fisso a lungo, sento uno strano groppo in gola sciogliersi, e poi le lacrime invadere gli occhi, e dagli occhi cadere…

Daniele è subito al mio fianco, io mi rannicchio in braccio a lui, piangendo come un bimbo.

Lui mi accarezza i capelli, non capisco cosa sussurra. Ma mi aggrappo al suo collo come ho sempre fatto, da piccolo.

Lo amo. E so che ci riuscirò, che questo amore tornerà sano, tornerà giusto. Tornerà puro.

E io con lui.

 

Nota- non ho potuto fare a meno di citare de Andrè. Da sempre, quando si parla delle lacrime, non riesco a esprimermi in altri modi. Perché davvero le lacrime invadono gli occhi, non esiste un modo migliore di dirlo. Così perdonatemi, e magari andatevi a riascoltare Khorakhanè, che è Niki. Che è vento.

Comunque, vorrei chiarire un attimo un aspetto dell’aggressione di Niki, che ho paura non sia emerso del tutto. Per lui non è tanto importante quel che realmente è successo, quanto quel che sarebbe potuto succedere. Il suo vissuto dell’esperienza è stato quello di una violenza completa, poco importa che gli altri l’abbiano fermato in tempo. Inoltre questa violenza, unita all’amore verso suo cugino, amore che considera sbagliato, e alla consapevolezza di aver giocato con il fuoco ed essersela in un certo senso “cercata”, l’ha colpito profondamente, l’ha cambiato, e per lui niente sarà più lo stesso. Per questo il ripetersi quasi ossessivo degli eventi, e la sua reazione forse spropositata.

Oddio, temo di aver fatto più confusione ancora con questa nota, è inutile non sono proprio capace a scrivere le spiegazioni… vabbè, dovevo metterla lo stesso. almeno ci ho provato.

Per ogni perplessità o dubbio o incertezza scrivetemi… soprattutto se avete suggerimenti o critiche.

Come sempre devo ringraziare Venus e Anarchy… sapere che voi leggerete il seguito mi fa venire voglia di non staccarmi mai dalla tastiera!

 

 

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Capitolo 7
*** daniele - in volo sopra il mare ***


Daniele: in volo sopra il mare

Daniele: in volo sopra il mare

 

Sono passati quattro giorni. Quattro giorni di silenzio e telefonate sussurrate.

-Ale davvero, DEVO vederlo!

Sento mio cugino scuotere la testa, dall’altra parte della cornetta. Lo invidio, lo invidio terribilmente, perché lui può stare accanto a Niki mentre io… io…

Mentre io resto qui, a casa mia, lontano chilometri da lui.

-Dani… non so come dirtelo… lui non vuole!

-Non vuole cosa?- chiedo, e stringo i pugni. Chiudo gli occhi. Mentre Ale esita, e poi inizia concitato –Non vuole vederti, non lo sopporta, sta male Dani, malissimo, parla solo con me, non esce quasi mai dalla sua stanza, dice che si vergogna…

-D’accordo ho capito Ale. Ho capito.

Me lo immagino, mio cugino, seduto con la testa tra le mani, mentre cerca di convincere un ostinato Nico a ricominciare. A rivivere.

E mi immagino anche la camera dei gemelli, adesso, con le persiane chiuse per proteggere Nico dal sole, per creare un santuario di ombre e sonno, con la musica pesante e tenebrosa di qualche gruppo metal in sottofondo, colonna sonora per un incubo.

-Sto arrivando.- dico, e sento Ale sobbalzare. –Cosa, come… no Dani, te l’ho detto lui non accetterà mai di vederti!

-Allora non dirglielo, no? Piuttosto, esci un po’, stai diventando un fantasma. Fra chiede di te, ma ha paura a chiamare.

Sospira. –Sì, lo so, l’ho trascurato in questo periodo, ma con Niki così…

-Ale il problema non è adesso… il problema è che da quando siamo tornati da Napoli tu e lui non siete gli stessi. Che cazzo vi è successo, si può sapere? Una volta eravate inseparabili, addirittura Nico si sentiva di troppo!

Sarò anche preoccupato a morte per un cugino, ma questo non mi impedirà certo di chiudere un occhio sul comportamento dell’altro! Senza contare che le sfuriate ad Ale mi sono sempre venute da dio…

-Chiamalo, Ale. E vedi di levarti dai piedi per le quattro, chiaro?

Lui ride, una risata dolce e maliziosa, la risata dei gemelli. Mi scalda il sangue ascoltarla. –Agli ordini, capo.

Eppure, adesso che sono davanti a questa porta chiusa, non posso fare a meno di sentirmi nervoso. Come sarà rivederlo? Sono passati solo quattro giorni, ma sembrano secoli…

Ho quasi scordato il sorriso di Nico, la sua testa di uccellino pazzo. Tutto quel che riesco a vedere, se chiudo gli occhi e lo penso, è l’immagine di un ragazzino spezzato, abbandonato sul petto di suo fratello, l’incarnato pallido, spettrale, e i pantaloni slacciati, calati sui fianchi…

Dio che schifo. Ho voglia di vomitare.

E di spaccare la testa a quel verme di Michele.

Sono andato a cercarlo a scuola, il giorno dopo. Non lo vedo spesso, di solito, sta in un’altra sezione, ma sapevo dove trovarlo.

L’ho trascinato da parte, e sono rimasto a guardarlo. Poi, gliel’ho chiesto.

-Perché l’hai fatto?

Lui mi ha risposto sfacciato. –Non mi dire che tu non ne hai mai avuto voglia.

L’ho preso a sberle. Poi me ne sono andato.

Fisso la porta, alzo il pugno per bussare.

Ho scoperto un Nico diverso, ascoltando i discorsi dei miei compagni, in questi giorni. Non pensavo che il mio adorabile cuginetto fosse tanto famoso… Mi sono trattenuto a stento dal desiderio di picchiarli tutti, indiscriminatamente.

Nico è bello. E lo sa. Forse se ne approfitta. Ma questo non li autorizza a parlare di lui come fosse una bambola, un giochino esotico per… per chissà quali fantasie.

Poso le nocche sul legno, tamburello leggermente. Lui non risponde.

Tipico. Ale avrebbe urlato di andarsene, di lasciarlo in pace. Niki, semplicemente finge di non esserci. Di non sentire.

Vuoi farmi credere di essere addormentato, occhi splendenti?

Schiudo piano la porta, scivolo nella stanza. E i suoi occhi forano il buio, si fissano su di me, e mi immobilizzano.

Non riesco a camminare, davvero. Non ce la faccio.

Niki mi guarda, non parla, non mi dice niente, né insulti né saluti.

Ha uno sguardo così triste, il mio Nikita. Come… come se qualcosa dentro di lui si fosse spento, bruciato, come se la violenza fosse riuscita a incrinare quel meraviglioso cristallo di neve.

Sorrido. O almeno ci provo.

E poi improvvisamente il tempo riprende a scorrere, la clessidra a girare, la sabbia scende veloce come le lacrime che traditrici gli affollano gli occhi.

Sono ancora più verdi quando piange, i suoi occhi.

Mi inginocchio sul suo letto e lo stringo forte, lui non si ritrae, gli bacio i capelli e gli dico che gli voglio bene, che lo amo, che di me può fidarsi, che può piangere e urlare e dire quel che vuole, io lo capirò lo stesso, e gli resterò vicino.

-Solo ti prego Niki permettimi di farlo, non mi scacciare, non mi mandare lontano… non lo sopporto cuginetto…

Quanto tempo saremo rimasti, lì avvinghiati, a piangere entrambi e respirare?

Impossibile quantificarlo.

E dopo, coricati nel letto, con le palpebre serrate e i petti che lenti si alzavano e si abbassavano, in quel ritmo lento che sempre concilia il sonno?

Ma nessuno dei due aveva voglia di dormire.

-Come va?- chiedo infine, seduto con la schiena al muro, le gambe incrociate. Lui ha la testa sul mio grembo, giocherello con le sue treccine.

Scrolla le spalle. –Boh, si sopravvive. E te, mio cavaliere?- chiede ironico.

Gli tiro una treccia –Vedi di non fare tanto lo spiritoso, mocciosetto. Non sei nelle condizioni adatte, lo sai…

Lui ride, poi sospira.

Quando ho sentito gli altri ragazzi parlare, non ho voluto crederci.

No. Non era possibile. Niki non poteva essere gay… me l’avrebbe detto! L’avrebbe fatto, sicuro! Sarei stato il primo a saperlo, non mi avrebbe mai tenuto nascosto qualcosa del genere! Non abbiamo mai avuto segreti! (Ah no? E allora perché non glielo dici, che quel che ha guidato quel primo pugno è stata pura e semplice gelosia?)

Ma loro parlavano, raccontavano, dipingevano un Nico che non conoscevo, più adulto e misterioso, affascinante, sfuggente. E io mi sentivo male, ogni parola era un coltello nel ventre. Morivo dissanguato e nessuno se ne accorgeva. Oh, Niki, Niki, perché non me l’hai mai detto?

-Perché… mi vergognavo.

Come? E di cosa, scemo?

-Di… di tutto, di me, di te, di Ale… avevo paura che ti avremmo schifato, che io ti avrei schifato, che tu… che tu potessi pensare che era per quello che… per quello che ti volevo così bene, che ti voglio così bene, che mi avresti allontanato.- si morde le labbra, mi guarda incerto.

Il coltello non aveva affondato tanto in profondità, prima. Ma adesso mi sembra che questo dolore sia l’unica cosa capace di tenermi in piedi, di sostenermi.

Rido, e lo attiro a me, infilo il viso nei suoi capelli per nascondere le lacrime. –Stupido! Come potevi pensare una cosa simile? Io ti voglio talmente bene, cuginetto, non potresti mai deludermi! Né te né Ale… e poi di certo non per una cretinata del genere! Nikita mio, io voglio solo che tu sia felice. Non me ne fotte un cazzo ti chi ami o di chi… di chi ti scopi, basta che non ti fai prendere per il culo e non soffri!

Lui ridacchia, ma è una risata ancora spezzata. Quanto a me, ho trovato il coraggio di guardarlo negli occhi pronunciando quella sentenza baldanzosa, e per un attimo riesco quasi a convincermi di aver detto la verità. Gli asciugo una lacrima con il pollice, e sorrido.

Ma sì, penso, ma sì Nikita, fa quel che vuoi, prenditi chi vuoi, regala questa tua bellezza, queste tue labbra questi occhi a chi ti pare, sbatti il naso contro la vita e VIVI, solo promettimi che dopo tornerai da me, e mi guarderai così con questo stesso sguardo luminoso come un bambino davanti al suo eroe, e mi racconterai tutto, senza sapere il male che mi stai facendo…

Riesco quasi a convincermene, mentre gli prendo il mento nella mano –Nikita dimmi la verità, sei innamorato?

Riesco quasi a convincermene, mentre lui arrossisce e distoglie lo sguardo, imbarazzato, un sorrisetto incerto, un pigolio appena udibile in gola.

Riesco quasi a convincermene mentre lo ascolto sussurrare strozzato un Sì.

Riesco quasi a convincermene mentre le mie dita spontaneamente corrono alle sue labbra, sfiorandole, percorrendole, disegnandole con un gesto, quelle splendide labbra piene, e mormoro un po’ malinconico –Niki, Niki, chi sarebbe capace di resisterti?

E lui sorride di nuovo, anche lui triste, ribattendo amaro –Qualcuno c’è.

Riesco quasi a convincermene. Quasi. Ma so che dovrò imparare a mentire con più eleganza, se voglio davvero sperare di cancellare il sogno malsano che mi vibra al fianco.

E mentre lo guardo incantato, gli chiedo ancora soprappensiero –Cosa vorresti, mio Nikita?

Lui tiene lo sguardo nel cielo, nel cielo grigio di settembre, e risponde.

-Vorrei volare sopra il mare.

 

Bene, ce l’ho fatta. È stata più dura delle altre volte, ho il terrore di ripetermi… mi raccomando, se lo faccio ditemelo!!!

Ho avuto un attimo di esitazione, non sapevo se Niki e Dani dovevano essere sinceri fino in fondo… ma ho capito che è meglio così. Non è il momento giusto, per tutta la verità.

Niki deve ancora farne di voli sul mare, e Dani deve imparare a conoscerlo di nuovo.

Siz, grazie mille per i complimenti, sono contenta che ti piacciano le frasi brevi, io tendo a oscillare tra gli estremi opposti, o sono telegrafiche o sono periodi in cui ti perdi… ma a volte mi sembra davvero di non potermi esprimere in altri modi!

Venus, spero che non ti dispiaccia troppo vedere i cugini che per l’ennesima volta scivolano sui loro sentimenti! Comunque sappi che tutto quel che ho scritto è assolutamente vero… e sono io che devo ringraziare voi!

Quanto ad Anarchy… sono contenta che la nota sia servita ad illuminare qualcuno, nonostante le mie spiegazioni confuse, e mi piace immaginarti mentre ascolti de Andrè! Del resto, il suggerimento me l’hai dato anche tu…

Ciao a tutti e a presto! kisses

 

 

 

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Capitolo 8
*** francesco - l'autunno negli occhi ***


Francesco

Francesco: l’autunno negli occhi

 

Poso la cornetta e so di avere lo sguardo perso nel vuoto. Nella testa mi risuona ancora la voce di Ale, allegra, disinvolta, come se ci fossimo sentiti mezz’ora prima. Come se quell’ultima strana discussione non fosse esistita, come se non fossero quattro giorni che vive rintanato in casa, a fare la guardia a suo fratello.

-Ehi, bello, ci vieni a fare due tiri?

Che rispondergli? Ho talmente voglia di vederlo… di parlargli… di ascoltarlo ridere, o almeno sorridere… che farei qualunque cosa. Andrei ovunque.

Prendo a calci una pietra, che va a schiantarsi contro il muro. Intanto, entro nel parco.

Il campo da basket è in fondo, dietro quegli alberi. Ci ho passato le estati, qua dentro, a ridere, a vivere. Quando tutto era ancora così facile… quando i gemelli erano bambini, e io il loro migliore amico, prima che passioni e vergogna si mettessero di mezzo.

Ale sta seduto sotto il tiglio, all’ombra. Il sole batte sulle foglie, indorandole, brunendole, incendiandole. L’autunno non è mai stato tanto veloce.

E lui non è mai stato tanto bello. Deglutisco, mentre continua a guardare lontano, con quegli occhi neri concentrati su altro.

Alla fine si accorge di me, e mi sorride, si alza in piedi, mi stringe la mano. Una stretta forte, mascolina, decisa. Poi dà uno strattone, facendomi perdere l’equilibrio.

Ride, il bastardo. Gli tiro uno spintone –Coglione…

Mi lancia il pallone, poi getta all’indietro i capelli. –Piantala di lamentarti, e gioca.

Ci lasciamo cadere per terra, infine, stremati. Come al solito mi ha stracciato. Adesso ansima, e tiene gli occhi fissi a bucare il cielo. Sembra volerlo inghiottire, inglobare, quell’azzurro di settembre che presto sbiadirà nel grigio, nel freddo, nell’inverno.

Sembra voler fare scorta di quel colore, metterlo da parte, per liberarlo più tardi, quando l’estate sembrerà un sogno, e la primavera un miraggio. Quando la neve macchierà le strade, e coprirà i pensieri.

-Mi sono lasciato con Vale.- dico, senza sapere bene perché. Lui si volta stupito. –Sei pazzo?

Scuoto la testa. –No… o forse sì, non lo so. Comunque era inutile continuare a prendersi in giro.

Non parla, non fa domande, anche se so che muore dalla curiosità di sapere come sono andate davvero le cose.

Il vento sembra rubargli le parole, così resta in silenzio.

-Nico come sta?

Tace. Non risponde.

Improvvisamente, mi sento riportato indietro al giorno maledetto in cui ho scoperto la verità. Il giorno in cui ho smesso di vederlo come amico, e è cominciato il calvario.

Eravamo in questo stesso posto, di due anni più leggeri, senza tante ombre negli occhi, sedicenni spensierati. Avevamo giocato fino a scoppiare, e ancora corso e riso, e gridato.

Faceva caldo, era luglio, il sole delle quattro picchiava.

Lui aveva infilato la testa sotto la fontana, quando si era rialzato grondava d’acqua.

E mentre mi si avvicinava, a petto nudo, i pantaloni fradici e incollati al bacino, avevo scoperto con orrore che mai, in tutta la mia vita, avevo visto qualcosa di più sensuale.

Era il suo sorriso, più ingenuo, più innocente di oggi, ma già strepitoso. E quelle braccia snelle, dai muscoli appena accennati, il corpo di un ragazzino che sarebbe sempre rimasto esile e flessuoso come il gambo di un fiore, come il ramo verde di un nocciolo.

E gli occhi. Malachite scurita dalle ciglia.

Si era buttato al mio fianco gemendo, e io avevo pregato tutti i Santi del paradiso che non si accorgesse delle bizzarre condizioni in cui il mio sistema ormonale versava.

Aveva funzionato. E in seguito ero diventato più abile a mascherare le mie sensazioni.

Certo, non mi ero mai abituato del tutto alla sua prepotente bellezza. Ma almeno lui non lo sapeva.

-Fra… c’è una cosa che devo dirti.

Gli lancio un’occhiata. Non mi guarda, continua a fissare il cielo. Ma si morde le labbra, nervoso. Aspetto che continui.

-Riguarda… bè, riguarda Niki e…

Tace. Mi accorgo che sto trattenendo il respiro e mi impongo di rilassarmi. Idiota, smettila di illuderti, di certo non vuole dirti quel che tu pensi… finiscila! Sarà solo peggio, dopo…

Improvvisamente volta la testa e mi guarda. Resta zitto ancora un attimo, poi riprende tutto d’un fiato.

-Ecco, Fra, il fatto è che… il fatto è che sono preoccupatissimo per lui, e anche incazzato, vorrei sapere come si chiama il bastardo che ha osato toccarlo per poter andare a spaccargli la faccia, e poi sbatterlo davanti al commissario più vicino e farlo chiudere in cella a pagare per quello che ha fatto… non ti pare che sia il minimo? Ha cercato di violentare mio fratello, se non arrivavamo noi in tempo chissà cosa succedeva, eppure quel cretino di Niki non vuole dirmi neanche di chi si tratta, non vuole fare niente, se ne sta coricato su quel cazzo di letto e quasi non mi parla, ho paura che si stia lasciando andare, è così fragile, e questo è un periodo strano per lui, difficile, e credo che questa sia stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso e…

Si interrompe, riprende fiato e chiude gli occhi. Gli sfioro la guancia. –Ale, è messo così male?

-Oggi mi ha detto che voleva tagliarsi i capelli.

Merda. Niki ha sempre portato le sue treccine come un trofeo, come un biglietto di presentazione da offrire a chiunque volesse conoscerlo. Come a dire, io sono così, ingarbugliato, non potete farci niente non potete cambiarmi quindi fatemi un favore non vi ci provate nemmeno. Risparmiamoci la fatica.

-Perché non vuole denunciarlo?

-Dice che non servirebbe a niente. Che…. Che nessuno ci crederebbe.

Spalanco gli occhi, sorpreso. Sento che c’è qualcosa, qualcosa di importante che mi sto perdendo, ma non mi importa. Ci penserò con calma, dopo. Per adesso… -Come sarebbe a dire? Ci siamo noi tre come testimoni… Ale… Ale che succede?

Non ci posso credere… sta piangendo! Il mio Ale, il mio intrepido amico, il mio bellissimo amico, il mio più vecchio e caro e forte e coraggioso amico, sta piangendo.

Singhiozza, e sento il mio nome tra quei singulti strozzati. Lo stringo forte a me, un po’ imbarazzato, non so come comportarmi. Mi ha preso alla sprovvista.

E anche se spezzato dal pianto… la sua vicinanza è così inebriante che…

Le sue labbra mi sfiorano la pelle, e rabbrividisco. Poi…

Ah, no, no cazzo, non è possibile! Questo no… non posso eccitarmi proprio adesso!

Mi disgusto da solo, spero solo che Ale non se ne accorga. Ma no, come potrebbe, è talmente accecato dal dolore… e questo rende tutto ancora più squallido: lui è qui, che piange per suo fratello e chissà cos’altro, e io me ne sto a fantasticare su come sarebbe bello leccare vie le sue lacrime, e seguire quelle strade bagnate fino agli occhi, per poi scendere di nuovo sulle labbra… in un pellegrinaggio pagano e peccatore…

Basta! Con quanta più delicatezza possibile visto il mio stato, mi scosto da lui, fingendo di volerlo guardare in faccia. In realtà è l’ultima cosa di cui ho bisogno, e per fortuna lui la pensa allo stesso modo, perché non incontra i mie occhi.

-Ale… lo sai che io sono qui, per qualunque cosa… perché piangi, Ale, parlami ti prego!- lo imploro, afferrandolo con forza per le spalle.

Lui respira a fondo e sembra prendere una decisione.

-Fra c’è una cosa che non sai… una cosa che non ti ho mai detto… ecco… Niki è gay.

Un colpo al petto. Uno alla testa. E uno all’inguine, giusto per gradire.

Nico… Nico è gay. Nico. Suo fratello. Il suo gemello. Il suo gemello identico.

Di nuovo la gelosia insensata provata la sera in cui l’abbiamo trovato schiacciato contro l’albero si fa sentire. Qualcuno, qualche ragazzo sa cosa significa stringere quel corpo perfetto tra le braccia, cosa vuol dire aderire perfettamente a quel profilo sinuoso, qualcuno può farlo… e quel qualcuno non sarò mai io. Perché mi sono innamorato del gemello sbagliato, e questo niente e nessuno potrà mai cambiarlo. Nikita può essere identico ad Ale in qualunque cosa, ma resta pur sempre Nikita. E Ale resta Ale.

-Per questo nessuno gli crederebbe se dicesse di essere stato quasi violentato… perché ha fatto la cazzata di illuderlo un po’, quel bastardo… o almeno, tutti sembrano pensarlo! Dio, a volte lo strozzerei mio fratello… è così avventato, non capisce mai quando le cose diventano pericolose. Non si tira mai indietro…

Io non riesco proprio a concentrarmi su quello che dice. Lo guardo, parla e gesticola, sembra evitare il mio sguardo. Gli afferro il polso. –Ale, perché non me l’hai mai detto?

Non risponde. Mi guarda negli occhi, adesso, e non parla. Deglutisco, e cerco di continuare. Come fai a concentrarti sotto quello sguardo incredibile? –Ale. Voglio saperlo.

-Tu cosa credi?

-Non lo so. Per questo te lo sto chiedendo- sbotto. 

Lui si alza in piedi. Fa qualche passo, poi si volta. –Io e lui siamo gemelli, Fra.

Scrollo le spalle. Improvvisamente sono molto tranquillo. –Me ne sono accorto, non pensi? Ma non capisco cosa c’entra.

Fa un respiro profondo. –C’entra. Perché io e lui siamo uno specchio perfetto, anche in questo.

Esito. –Stai dicendo che…

Annuisce, teso. –Sì. Sto dicendo che mio fratello è gay. E Fra, a quanto ne so lo sono anche io.

Chiudo gli occhi. Sono talmente calmo che mi viene il sospetto di essere morto. Tutto sta andando così in fretta, e a me sembra di pensare al rallentatore. Non riesco a cogliere tutte le implicazioni di quello che mi sta rivelando. –Da quanto lo sai?

Si morde le labbra. –Da… oddio non ricordo… abbiamo iniziato a sospettarlo un paio di anni fa, ma la certezza… che ne so, sarà un anno, un po’ di meno…

Sorrido. Non so perché ma il sorriso esce amaro. È il modo in cui l’ha detto, le parole che ha scelto… quel parlare al plurale. È sempre così per i gemelli, mai che facciano qualcosa da soli. Addirittura in questo dovevano rincorrersi.

-E in tutto questo tempo non hai pensato di dirmelo? Me l’hai tenuto nascosto, perché? Come hai potuto fidarti così poco di me?

Non è giusto parlare così, lo so, in fondo io ho fatto di peggio, ma non riesco a pensare razionalmente. Non riesco a pensare affatto. Così, lascio che le parole escano senza chiedere prima il beneplacito del cervello. Anche perché non so dove cazzo sia andato, quel traditore, mi sento la testa vuota. E una lenta incazzatura montare…

-Non è questione di fiducia, Fra…

-Ah sì, e allora cos’è?- lo sfotto, fissandolo irridente. Ale stringe i pugni, non c’è mai stato bisogno di grandi sforzi per convincerlo a litigare. Sibila, furioso. –D’accordo, d’accordo, era questione di fiducia. Scusa, Fra, se sono stato tanto stupido da pensare che avresti potuto essere turbato nello scoprire che il tuo migliore amico da un anno a questa parte sogna di scoparti tutte le notti, scusa se ho voluto risparmiarti l’imbarazzo di dovermi guardare in faccia sapendo che quando mi faccio le seghe penso a te, scusa se ho voluto evitare di rovinare quel che c’era tra noi, scusa se mi sono sforzato di comportarti normalmente, di non ferirti, di non metterti a disagio…

-Smettila, piantala Ale! Cazzo! Che stai dicendo, che…

Ha quasi le lacrime agli occhi, quel coglione, mentre mi interrompe per riprendere il suo sfogo. –Sì, Francesco, sto dicendo che mi sono innamorato di te, e che se sono stato zitto è solo perché avevo paura che tra noi sarebbe cambiato tutto.

Cade il silenzio, dopo la sua confessione. Il vento gli spettina i capelli, e anche io mi alzo in piedi. Non lo guardo. Poi sento la sua voce, più calma, più dolce. –Fra, ti prego, dimmelo. Dimmi che non è cambiato niente, che non cambierà. Dimmi che tutto resterà come prima…

-Non posso.

Lo sento spezzarsi, e per un attimo provo un fugace senso di pietà. Ma ho ancora troppa confusione per spiegare chiaramente il significato della mia risposta. Lui ha la voce tremante. –No-non p-puoi? C-come n-non puoi? Perché…?

Il mio tono è distratto, assente, come disinteressato. Mi prenderei a sberle, se potessi, ma non riesco a evitarlo. –Non posso, perché io sento esattamente la stessa cosa.

Lui tace, e mi guarda sconvolto. Poi, improvvisamente è addosso a me, mi schiaccia contro la rete del campetto. Quante volte ho sognato di questo, quante volte mi sono immaginato questa conversazione, e questo esatto finale.

Questo esatto finale… esatto in tutto, non fosse per un particolare.

Non è passione quella che abita le sue braccia forti, e i suoi occhi fissi nei miei non brillano di amore e desiderio. Le sue labbra sono a pochi centimetri dalle mie, qualcosa di insopportabile per il mio cervello annebbiato, posso sentire il calore del suo fiato sulla bocca, ma lui non ha intenzione di baciarmi. Tutt’altro.

Mi stringe le spalle, una presa ferrea e quasi dolorosa. Le iridi verdi sfolgorano di rabbia. E la voce è un sibilo. –Cazzo significa Francesco? Stai dicendo che anche tu sei gay, che anche per te io…

Finalmente riesco a convincere il cervello ad attivarsi, e mi rendo conto che continuare a fare il deficiente potrebbe avere conseguenze piuttosto spiacevoli. Così ritrovo la lingua, e lo interrompo. –Ale non so se sono gay, quel che so è che se continui a starmi così vicino potrei fare qualcosa di molto stupido.

Non si scompone minimamente. Né addolcisce la stretta. –Da quanto lo sai?

-Due anni.

-DUE ANNI?!? E hai avuto il coraggio di far sentire me in colpa per avertelo tenuto nascosto? Mi hai fatto parlare, umiliare per tutto questo tempo, senza darmi neanche un cazzo di indizio che la cosa potesse essere ricambiata, mi hai fatto credere di essere sconvolto e schifato…

-Ma io ero sconvolto!- protesto. Lui non mi bada.

-…e l’unica cosa che hai saputo dire era che non credevi che le cose sarebbero potute tornare come prima…

-Dicevo sul serio. Pensi che adesso che so cosa provi abbia intenzione di lasciarti scappare?

Mi fissa. Scuote la testa, sembra sconcertato. –Tu sei pazzo.- afferma, annuisce, come per convincersi. –Pazzo, completamente pazzo…

Ci guardiamo. Un istante, poi un altro, e un altro ancora.

E poi, finalmente, succede.

Scoppiamo a ridere.

Si lascia cadere sulla mia spalla, quasi tremando. –Cazzo Fra, ma hai preso lezioni per diventare così idiota?

-Sì da te…

Lui alla fine si riprende, si scosta, fa qualche passo indietro. Mi lancia un’occhiata incuriosita. –Bè, adesso che si fa?

-Niente, direi. Cioè… lasciamo che le cose vadano come devono andare. Insomma… ora sappiamo che non c’è più bisogno di trattenerci possiamo comportarci naturalmente. Come ci viene. Finalmente…- aggiungo, e lo vedo sogghignare. –Che romantico…

-Ehi, Ale, che t’aspettavi, la promessa di matrimonio con anello di diamante e rose rosse?

Sorriso furbetto –Sarebbe il minimo, dopo quello che ho fatto io…

-Ma sentilo! Vedi di finirla, voglio dire, non mi sembra di averti visto esattamente in ginocchio a baciarmi i piedi… e smettila di fare quella faccia! Anzi, leviamo le tende, che sta diventando buio…

Mi volto, non faccio un passo che mi sento afferrare per il polso. Sono di nuovo spinto contro la rete, e le mani di Ale di nuovo mi trattengono, lui si avvicina, ma questa volta le sue labbra si posano davvero sulle mie, e mi ritrovo improvvisamente di nuovo privo di cervello.

Per fortuna, il mio corpo ha sognato talmente tante volte di svolgere quella determinata operazione con Alessandro, che può cavarsela egregiamente anche senza la supervisione del capo.

Quel primo bacio è incredibile. Mi sembra che l’aria intorno sia diventata di fuoco, come il mio sangue, del resto, e come quella lingua che lenta si muove dentro la mia bocca.

Quando si stacca, non posso evitare di gemere contrariato.

E lui si apre in un sorrisetto compiaciuto, che mi lascia straziato, indeciso, diviso tra i due impulsi gemelli di spegnere quel ghigno con un pugno o con un bacio.

-L’hai detto tu di non trattenerci più… e non sai quanto tempo era che volevo farlo.- mi sussurra, prima di voltarsi e allontanarsi.

Lo guardo camminare verso l’uscita, con quei passi eleganti, felini, e sento la bocca asciutta e le ginocchia incerte. Lui si ferma ad aspettarmi, si passa una mano tra i capelli. È così sensuale… -Allora rammollito, hai intenzione di passare la notte lì a guardare le stelle? Cos’è, non hai ancora ripreso fiato? Mi sembri un po’ fuori allenamento, sai..- mi urla, strafottente.

Mi stacco dalla rete con un colpo di reni. Improvvisamente la voglia di prenderlo a pugni ha sostituito quella di baciarlo. So che è solo un cambiamento temporaneo, però... mica devo specificarlo, questo, no?

-Sarà meglio che cominci a correre, bastardo, perché se ti prendo…

-Dio, tremo di paura… cosa mi faresti, sentiamo…- mi sfida, ma indietreggia in strada. Lo seguo, e lui ride. È così bello sentirlo ridere…

Lo raggiungo, il mio braccio scivola intorno alla sua vita. Non è l’abbraccio sensuale degli amanti, ma non è neanche più quello cameratesco di due amici d’infanzia. È qualcosa di strano, misterioso, come gli occhi di Ale. Come il nostro bacio. Come noi.

Mentre cammino, alzo lo sguardo al cielo. È sereno, una stella si è già accesa.

La sera scende in fretta, l’autunno è davvero iniziato.

E per la prima volta in vita mia, la cosa non mi spaventa.

 

Nota

Non sapete la fatica che ho fatto… avevo il terrore di cadere nel “troppo banale”, o di scrivere una scena melensa e strappalacrime… volevo la cosa più verosimile possibile, o meglio, verosimile visto il carattere dei miei personaggi. Ho sempre trovato altamente improbabili quelle storie dove due tizi, dopo essersi nascosti i sentimenti per anni, scoprono di essere ricambiati e improvvisamente si gettano le braccia al collo, dimenticando tutto e giurandosi amore eterno. Finendo a letto nel giro di mezz’ora.

Io immagino che almeno un po’ di incertezza resti, come il turbamento, lo sconcerto…

Conoscendomi, credo che ci metterei più o meno tre ore a realizzare.

E a proposito di ritardati… Anarchy, che ne dici di Franceschino il deficientino? Ti ho anche dato la tanto bramata dichiarazione, hai visto che brava? Insomma, va bè che sono sadica, ma almeno una coppia dovevo metterla un po’ tranquilla…

Spero che non sia dispiaciuto a Venus, ti prometto che ci penserà Niki a tenerti ancora sulle spine!

Quanto a Siz… grazie mille dei complimenti, è bello sapere che i miei personaggi sono vivi… anche perché per me sono quasi un’ossessione, quando mi immergo in una storia praticamente inizio a convivere con loro… poco ci manca che mi metta anche a chiacchierarci! (Giusto per dare ad Anarchy un’altra testimonianza della mia pazzia!)

Bye-bye ragazze… kisses

Ps- quasi dimenticavo: naturalmente ringrazio tantissimo anche quelli che leggono soltanto… un abbraccio fortissimo a tutti!!

Pps- perdonatemi l’ulteriore citazione di dè Andrè del titolo… è più forte di me…

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Capitolo 9
*** alessandro - cielo d'estate ***


NOTA: (come se non bastassero i chilometri di commento alla fine, adesso comincio a stressarvi anche all’inizio…)

NOTA: (come se non bastassero i chilometri di commento alla fine, adesso comincio a stressarvi anche all’inizio…)

Per ragioni esterne alla mia volontà, sono stata costretta a un salto temporale notevole. L’ultimo capitolo si svolgeva a fine settembre, adesso siamo a luglio. Dopo circa nove mesi, sono accadute e cambiate molte cose (ma non quelle essenziali, tranquilli…)

 

Alessandro: cielo d’estate

 

Luglio è un un fiume di sole, luglio è notte calda, ardente, arida, luglio è cielo terso e costellazioni stanche. Luglio è insonnia, preoccupazione, ansia, luglio è amore e desiderio e rabbia. Luglio è estate, è sogno. È vita.

Luglio è un telefono che non squilla, una lettera che non arriva, un viaggio che non finisce.

Luglio è attesa, attesa tremante e spaventata, luglio è la mia anima che si spacca e il cuore che esplode perché lui non c’è.

Avrei voglia di strozzarlo. Lo farei, se solo sapessi dove andare a ripescarlo.

E improvvisamente, Robi mi chiama dalla cucina –Ale! Per te!

Mi precipito sulla cornetta, l’accosto tremante all’orecchio…

E la sua voce, bastardo incosciente, fratello disperso in questo mondo spaventoso, mi riempie la testa.

-Ehi Bro! Come ti butta?

Faccio un respiro profondo. Un altro. Mi sforzo di non esplodere. Non ancora, almeno…

Il suo tono si tinge di preoccupazione. –Bro? Bro ci sei ancora? Bro… dai, non ti sarai mica incazzato perché non ti ho fatto gli auguri… lo sai che…ehm…trovare i telefoni qui dove sto…

Questo è troppo. Passi dimenticare il mio compleanno (che poi sarebbe il nostro), ma non farsi sentire per TRE SETTIMANE, no dico TRE SETTIMANE, questo è imperdonabile.

Mi stupisco della voce gelida, sembra che l’intera stanza si sia raffreddata. –No che non lo so, Nico. Non lo so perché non mi dici un cazzo, sparisci e chiami due volta al mese, per il resto non so neanche se sei vivo o sei morto… TI RENDI CONTO DI QUANTO STIA IN PENA PER TE, incosciente che non sei altro…

Mi ritrovo a urlare, e sarei pronto ad andare avanti all’infinito, ma Niki mi interrompe allegramente –Senti Bro, c’ho pochi soldi e non so quanto resterò in linea, quindi che ne dici di piantarla di sbraitare e raccontarmi invece qualcosa di voi? Come sta Dani? E amore-tesoro?

-Non chiamarlo così.- protesto, sedendomi e incrociando le gambe. Incredibile, riesce a sfottermi anche a mille chilometri di distanza. Lo sento sbuffare e ridacchio. –Stanno tutti bene, scemo, ma ci manchi da morire. Quando la smetti di giocare al giramondo e torni a casa? Senza di te…

-Non è la stessa cosa, lo so, me lo ripeti ogni volta, ma non attacca Bro, te l’ho detto non ho intenzione di tornare prima di settembre, e poi chissà, magari mi converto e divento zingaro in pianta stabile…

-Spiritoso. Vedi almeno che l’aria di mare ti schiarisca le idee, che non ti reggo un altro inverno così!

Restiamo zitti un attimo, e ascoltandolo respirare sento un improvvisa pugnalata al cuore. Dio, quanto mi manca… darei qualunque cosa per poterlo abbracciare. Non siamo mai stati lontani, prima, e ormai il calendario sembra un cimitero di croci, di segni che testimoniano l’avvicinarsi del giorno in cui avrò di nuovo quella testa matta scompigliata sul mio letto… giorno che la testa matta in questione continua a procrastinare.

E non bastano gli amici, non basta l’amore, neanche il sesso più sfrenato può riempire del tutto il vuoto lasciato da Niki… perché quando al mattino mi sveglio con il mio bell’addormentato di fianco, il primo impulso è sgattaiolare nella stanza di mio fratello, nel suo letto, per fargli sentire quanto forte mi batte il cuore…

Ma il suo letto è vuoto, è freddo, e la stanza appare sotto incantesimo, come se avesse perso la luce.

La voce di Niki è più bassa, adesso, più tesa. –Ale, dimmi come sta Dani, davvero.

Scrollo le spalle. –Bene, sì, voglio dire, tra lui e Cate tutto bene… ma gli manchi Nikita, manchi a tutti…

Non risponde, e immagino i suoi occhi verdi farsi lontani, fissarsi sul mare… freddo, caldo, azzurro, verde, grigio, profondo, rabbioso, sterminato mare. Il suo mare. Mio fratello ha un cuore di oceano, e le onde nei sogni. Mio fratello ha l’anima abitata dal vento salato, e il viso bagnato dal sole.

Quando mi ha detto che partiva, il mondo si è come spezzato.

Eppure, sapevo che quel giorno sarebbe venuto. Sapevo che avrebbe trovato un modo per spezzare le radici, per lasciarsi quell’ombra alle spalle.

Ma non pensavo che per farlo avrebbe dovuto lasciare anche noi.

“Cerca di capire, Bro, così non posso continuare. Mi sento di impazzire, ho bisogno di camminare, di muovermi, di staccarmi da tutto. Se voglio rinascere, devo prima morire no?”

“E cosa vuoi fare?”

“Non lo so… partire, una lunga vacanza in giro per l’Europa. Senza tappe, senza idee prefissate, senza mappe cartine e orologi. Semplicemente chitarra in spalla, e borsone sul fianco. Sotto i piedi, la strada.”

“Ok, d’accordo, quando si parte?”

Il suo silenzio. Prima di distogliere lo sguardo, e sussurrare “Devo andarci da solo, Ale.”

“Mi stai lasciando?” domanda sanguinante impossibile da trattenere. E il suo abbraccio, forte stretto da mozzare il fiato, il suo odore impresso nella mente, la sua consistenza, il suo corpo snello di albero giovane. “Non potrei mai, fratellino. Tornerò. Ma devi lasciarmi andare.”

E io l’ho lasciato andare, con gli occhi gonfi di lacrime e il cuore pieno di nuvole, l’ho lasciato andare e Fra era con me quel giorno, così come Dani…

Dani, nostro cugino. La vera ragione della fuga di Nikita. Lui, e Cate.

-Sono contento che stia bene. Adesso credo sia meglio…- la voce di mio fratello è distaccata, fredda, come la prima volta che li ha visti insieme, e io so che sta per salutarmi. E mi prende paura, paura che questa sia l’ultima volta.

-Promettimi che ti farai vivo presto!- lo imploro, e lui ride, una risata più adulta, matura. Una risata che sa di nuove conoscenze, nuovi sapori sulla pelle. A volte credo che quando Niki tornerà a casa, sarà diventato un perfetto sconosciuto.

Poi però quella risata si sfuma, acquista dolcezza, e lui ritorna il bambino che giocava con me tra il grano. Ritorna il neonato con cui ho diviso il ventre di mia madre, e la prima culla, la prima stanza, il compagno di giochi e sgridate, ritorna il fratello che avrei difeso con le unghie e con i denti, e che invece ho lasciato quasi annegare, alla prima tempesta.

Ritorna il ragazzino addormentato nel sole, e il vecchio che un giorno morirà sorridendo. Ritorna Nikita, Niki, Nico. L’uomo che amerò, qualunque cosa succeda, per il resto della mia vita.

-Ciao Bro. Mi raccomando, fai il bravo…

-Anche tu, Nikita, anche tu…

Il silenzio che mi avvolge dopo è assordante. Mi stendo sul letto, stanco di esser sveglio, di pensare, anche se il sole è ancora alto nel cielo, tardo pomeriggio di afa e calore.

Mi strappa dal sonno un contatto dolce, leggero, come fiore sulla bocca.

Apro gli occhi, faccio scorrere un ricciolo tra le dita. I capelli di Fra sembrano rame fuso.

–Come sei entrato?- chiedo, sbadigliando.

Lui sorride, sapiente –Ho incontrato Robi per strada, mi ha dato le chiavi lei… allora, come stai?- si china di nuovo, a baciarmi. Le sue mani scivolano sul mio petto, solite, accarezzano e giocano lievi. Lo stringo più forte, come per inglobarlo in me, intrappolarlo, non lasciarlo scappare. Ho permesso a mio fratello di allontanarsi, non posso perdere anche Fra.

Lui ride, sensuale, e mi bacia il collo –Tranquillo, abbiamo tutta la notte…

Tutta la notte… inverto le posizioni, lui si ritrova con la schiena sul materasso. I capelli rossi brillano nella luce della sera, sono più scuri, sparsi sul cuscino bianco, delizioso contrasto. Mi chino, gli sfilo la maglia, lui arcua la schiena per facilitarmi i movimenti. Percorro con le labbra il suo petto, e lo sento sorridere, mentre intreccia le dita ai miei capelli. Mi sposto più in basso, sospira. –Te l’ho mai detto che ti amo?- riesce a mormorare, e so che ha chiuso gli occhi. Sorrido, sfiorandolo con le labbra, sentendolo tremare. –No- mento, e il tremito si trasforma in risata. –Sei terribi…- si interrompe, mentre io lentamente socchiudo la bocca.

Decisamente, ho trovato il modo di mettere a tacere il mio logorroico amico.

So che non durerà in eterno, Fra non si accontenta mai di un ruolo passivo, ma non mi lamenterò certo. Ho bisogno di lui per non pensare, di lui e delle sue labbra, della sua lingua, delle sue mani, della sua dita, del suo corpo snello più muscoloso del mio, di quei movimenti lenti che mi fanno rabbrividire, di quell’audacia maliziosa che avevo solo intravisto, nei giorni dei nostri casti battibecchi. Ho bisogno di abbandonarmi alle sensazioni, al piacere che presto mi oscura gli occhi e chiude le orecchie, del piacere che si scioglie nel sangue e penetra il mio corpo, sconfiggendo il vuoto. Ho bisogno del piacere, e dei suoi gemiti, delle sue frasi spezzate, ho bisogno di sentirlo ridere e di vedere le lacrime bagnargli il viso, per capire che non sono solo, per convincermi che ancora resto legato a questa terra. Solo quando la realtà sbiadisce nella nebbia dell’orgasmo, so con certezza che il mondo non si è ancora sgretolato.

Restiamo abbracciati nell’estate, fuori il cielo è tinto di inchiostro e diamante, il vento gioca nella finestra e ci fa rabbrividire. Solleva un suo ricciolo, mi solletica la guancia.

Ho chiuso gli occhi, come sempre quando l’amore finisce. Sento Francesco scivolare al mio fianco, rannicchiarsi con la testa poggiata sul mio petto. Gli accarezzo i capelli e sospiro.

-Ha chiamato due ore fa.

Il suo è un mormorio assonnato –Hmm… quindi è ancora vivo? Incredibile…- strofina il naso contro il mio collo, lo stringo più forte.

-Ancora vivo… credo di sì. Mi manca, Fra.

-Lo so. Anche tu manchi a lui.- replica il mio ragazzo, e mi impietosisco nel vedendolo così stanco. Sono commosso dal suo amore, dovrei lasciarlo riposare. Tuttavia, il mio alter ego ha altre idee.

-Credi? Come fai a dirlo?

Davvero, ho incontrato la persona più tollerante dell’universo. Chiunque altro mi avrebbe schiacciato un cuscino in faccia intimandomi di dormire, Fra invece con infinita pazienza solleva una palpebra. Prende sul serio anche le domande più idiote, il mio Francesco.

–Perché è il tuo gemello e quando era bambino piangeva se tu ti sbucciavi il ginocchio.- risponde

Ale-idiota chiede –Allora perché non torna da me?

Fra-santo si mette più comodo –Perché questa città gli fa male, questo posto gli fa male… lo uccide lentamente, e lui vuole vivere. Non basti tu, per salvarlo, Ale. Non a Niki. E poi…- sbadiglia, dovrei davvero lasciarlo dormire – Non lo so, credo ci sia anche qualcos’altro a tormentarlo. Dani una volta mi ha detto che ama qualcuno che non può avere… credo sia una ragione sufficiente per farlo scappare. Io non so cosa avrei fatto se tu mi avessi rifiutato.

Sento il sangue ghiacciarsi nelle vene, non ho mai pensato che Niki avesse svelato una minima parte dei suoi sentimenti a Dani. Mi chiedo cosa deve aver pensato mio cugino, e sto per interrogare Fra… ma è bastato che stessi zitto un secondo perché Orfeo mi rubasse i suoi occhi e i pensieri suoi Fra.

Lo guardo, non mi stancherò mai di osservarlo dormire. Sembra così innocente con gli occhi chiusi… il mio bellissimo amore. Il mio amante segreto, il mio migliore amico.

Lo stringo più forte, poi sospiro.

Il cielo è nero profondo. Chissà se Niki, in questo momento, lo sta guardando riflesso nel mare.

E chissà come sono le stelle, viste dalla sua angolazione.

Di una cosa sono certo. Dovunque sia, sta pensando a me.

E il suo cuore, il nostro cuore, batte, forte e calmo. Alla stessa velocità.

 

Nota

Forse qualcuno mi ammazzerà per aver brutalmente tagliato NOVE mesi della vita dei miei personaggi… e proprio quando le cose tra Ale e Fra avevano iniziato a funzionare! Ma Niki scalpitava, non ce la facevo a tenerlo fermo per altri capitoli. Così, ho dovuto arrendermi e lasciarlo scappare. Tranquilli, i momenti più importanti li riporterò in ricordi e flashback… E comunque non potevo raccontare giorno per giorno tutto l’autunno la primavera e l’inverno. Ho sempre preferito i salti temporali ai riassunti sbrigativi.

A parte tutto, non so come sia venuto fuori l’episodio di Fra e Ale… è la prima volta che provo a descrivere una scena di “sesso” e non sapevo da che parte cominciare. Ho preferito soffermarmi più sulle sensazioni che sui gesti… lasciamo certe descrizioni a chi le sa fare!!! Spero comunque che Anarchy sia soddisfatta, ce l’ho messa tutta per farli finire “a letto nel giro di mezz’ora”!! E quanto all’eterna domanda “Siamo fuori noi o troppo dentro loro?”, non so rispondere, io da parte mia mi sento abbastanza fuori, ma il dibattito è aperto.

Siz, i miei personaggi sono lusingati dalla tua dichiarazione d’amore, e accettano i complimenti ben volentieri… Quanto a Venus, Ale è perfettamente d’accordo con te riguardo a Fra… E Fra offeso che tu abbia potuto pensare una cosa simile!

Infine, Poppy non puoi sapere quanto sia bello vedere un tuo commento anche su questa fic! Non posso che ribadire il mio amore per i gemelli, in tutte le salse e di qualunque “razza”!

Concludo ringraziandovi tantissimo tutte: oggi era una giornata piuttosto di merda, con i fumi della depressione che aleggiavano intorno a me tipo nebbia grigiastra, ma leggere i vostri commenti mi ha risollevato il morale. E immergermi per un po’ nei casini dei miei figlioletti mi ha distratto dal pensare alle mie paranoie! Quindi… THANKS e a presto… kiss

 

 

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Capitolo 10
*** nico - a forza di essere vento ***


L’aria è calda, profuma di sale

Nico: a forza di essere vento

 

L’aria è calda, profuma di sale. E il mare al mio fianco sussurra seducente, le onde che si spezzano poco lontano dai miei piedi.

Avrei voglia di strapparmi i vestiti di dosso e gettarmi nell’acqua. Ma ci sono già abbastanza sguardi fissi su di me senza che mi metta anche a correre nudo sulla spiaggia.

Davvero, cazzo vogliono quelli non lo so.

Uno non può neanche più camminare tranquillo da solo sulla sabbia alle undici e mezza di sera, che subito ti guardano come se… come se fossi una marchetta in cerca di lavoro, non lo so. Oppure un idiota in cerca di casini.

La seconda, signori, prego.

Che poi, o sono io che ho il radar incorporato e mi aggiro ignaro per le strade d’Europa con scritto in fronte, fatevi avanti, che tanto sono gay… oppure c’è stata una qualche rivoluzione sessuale della quale sono rimasto ignaro.

Cioè, non è normale che tutte le sante sere, in tutte le mie benedette passeggiatine depresse, qualunque sia la strada che percorro, qualcuno mi fermi, con un sorriso da seduttore, sussurrando “Vuoi compagnia?”

Sì cazzo, la compagnia la voglio, ma non certo la tua stronzo! E neanche quella di quei coglioni che ridono bevendo chissà che intrugli, e guardandomi camminare sul mare.

Se volessi stare con qualcuno, non mi troverei qui da solo, no?

No. Cioè, merda… Dani perché dovevi essere mio cugino?

E adesso perché vado a pensare proprio a lui? Scusa Niki non ti capisco, sono due mesi che vagabondi per il continente con il solo presupposto di dimenticarlo, e ti metti a ricordare i suoi occhi proprio in una serata come questa? Con la luna che sembra fare l’occhiolino nel cielo, e un cielo che più romantico ti ammazza, e questo gridare disperato di gabbiani innamorati, feriti, straziati…

Va a finire che ti cacci in qualche casino, me lo sento…

-Ehi dolcezza, cosa fai tutto solo?

Che dicevo? Mi volto per guardare in faccia l’idiota che ha parlato. Non che sia facile distinguerlo… Sono tutti uguali! Tutti biondi, tutti con la stessa espressione…

-Cazzi miei no?- rispondo in inglese, ma intanto muovo un passo verso di loro. Se devo finire la notte così, tanto vale che sia con una banda di ragazzi della mia età, magari le cose non si spingeranno troppo oltre. E io non avrò altri motivi per rimpiangere la mia bella stanzetta in soffitta.

-Mmmm, che lingua lunga…- sussurra uno, guardandomi negli occhi.

Un’altro ridacchia e borbotta qualcosa. Al suo fianco, l’ennesimo biondo si acciglia. Gli tira una gomitata, sibila –Ma tu non eri l’etero?

Sento la risposta del compagno –Sì, ma questo me lo farei lo stesso…- e improvvisamente decido che non vale la pena continuare a resistere.

In fondo che cosa mi aspetto? Non avrò mai quel che voglio. Dani in questo momento si starà rotolando nel letto con Cate, e se penserà a me sarà solo con la preoccupazione dovuta a un cuginetto un po’ scemo in giro per il mondo. Quindi… perché negarmi un po’ di piacere? Un po’ di divertimento, di oblio, dimenticanza, un po’ di saliva per lavare via l’amaro della rabbia, mare per sciacquare le lacrime, sale per pulire il sangue.

Giochiamo, ridiamo, sbattiamo le ciglia. Fate di me quel che volete, ma non lasciatemi il tempo di pensare. Anzi, se ci riuscite, fatemi proprio scordare come si fa, a pensare.

Fatemi scordare. Tutto. Il mio nome, la mia storia, le ferite del mio cuore. Fatemi scordare la mia casa, i miei fratelli, i miei amici, fatemi scordare Daniele e il suo sorriso leggero, fatemi scordare Ale e quel vuoto che mi morsica da dentro.

Fatemi scordare… tutto, fate restare solo il mio viso, che vi intriga, e questo corpo che vi eccita, sciogliete questo grumo di tristezza, bagnatemi di desiderio e di passione.

Accetto da bere.

L’etero poco convinto mi guarda trangugiare il drink con espressione di malcelata soddisfazione, mentre il suo amico si imbroncia e distoglie lo sguardo.

-Come ti chiami?

-Nico.- rispondo, senza pensarci. I tizi ridono, si presentano… la mia mente annebbiata non registra i nomi. Sento un’altra domanda, mi sforzo di concentrami… maledizione se è forte quella merda che mi hanno dato…

-E che ci fai tutto solo a quest’ora, Nico? Non hai nessuno che ti aspetta, da qualche parte?

-Ve ne frega? Sono qui da solo perché mi gira, e allora?

-Potrebbe essere pericoloso, lo sai?- mormora il tipo imbronciato. Mark mi pare. Sì credo proprio sia Mark il nome…

-So badare a me stesso- rispondo, e lo vedo alzare un sopracciglio, come a dire “sì come no…”

Effettivamente non devo fare proprio una bella impressione, spettinato e smagrito e vestito alla meno peggio, con la chitarra gettata poco distante e la borsa vicino. Ma chi è questo per permettersi di dirmi cosa fare?

Chissà Ale cosa direbbe adesso…

E Dani…

Una mano mi scivola intorno alla vita proprio quando il suo viso mi scoppia nella testa.

Il suo viso, raggiante mentre ci presenta Cate. Cate.

Caterina, 18 anni, algida sirena bruna, pelle color latte e sguardo di pece. Cate. La ragazza più riservata e bella su cui abbia mai posato gli occhi.

Ci credete se vi dico che l’ho odiata ancor prima di sapere che era la nuova tipa di Dani?

Mi volto, l’ex etero si china sul mio orecchio. –Vuoi?- chiede, porgendomi altro da bere.

Le sue braccia sono calde. Forse se fuori la temperatura diventa bollente, dentro il ghiaccio si scioglierà.

Bevo. E non mi allontano.

Lo sento sogghignare tra i miei capelli, mentre con la mano mi sfiora il petto.

Questa sera non me ne frega un cazzo di essere usato. Non cerco amore, non questa notte.

Non credo che una scopata possa sistemare il casino in cui sono impantanato, ma si può sempre provare. Almeno uno dei due sarà soddisfatto domani mattina.

E poi, la testa mi gira talmente tanto che non riuscirei a dire di no.

In nessun caso.

Forse avrei dovuto bere anche quella volta al concerto. Se Michele avesse saputo che bastava così poco, non si sarebbe fatto scrupoli a riempirmi di alcool.

Se fossi stato completamente insensibile, non avrei fatto tante storie. Magari sarebbe andata meglio per tutti.

Com’è strana questa spiaggia che fa il girotondo. Mi sembra di volare.

Ma che cazzo mi hanno dato?

In fondo qualcosa di buono da quella brutta avventura ne è uscito. Non fosse stato per la loro litigata, adesso Ale e Fra sarebbero ancora a tenersi il muso per le rispettive storie, e non avrebbero mai saputo la portata della loro idiozia. Io non avrei mai saputo quanto due persone pressoché sane possano rincoglionirsi quando si innamorano, e non avrei tutto quel bel materiale per sfotterli. Inoltre, adesso non sarei qui, ma seduto da qualche parte con la testa di mio fratello in grembo, e tutta un’altra estate alle spalle.

Perché non fosse stato per Fra non avrei mai permesso ad Ale di restare indietro.

Ma come potevo strapparlo al fianco del suo tesoruccio per chissà quanti mesi? E di certo non potevamo portarci dietro anche Fra, voglio dire, mi sarei suicidato dopo dieci minuti. Senza contare che poi c’era il rischio che venisse anche Dani e…

Cazzo no avevo detto niente Dani. Non pensiamoci, sforzati, respiro profondo… inutile, è lì.

Dov’è quel biondo adesso che serve? Se n’è andato mollandomi qui ubriaco e… no, scherzavo, è ancora alle mie spalle. Decisamente mi sono perso qualche passaggio fondamentale.

Adesso perché mi sta alzando? Oddio ma cosa gli ho detto? Non farmi domande, tanto non capisco niente… sì, sì d’accordo, tutto quel che vuoi.

Annuisco.

Cos’altro può succedermi ormai?

Mark o come diavolo si chiama gli ha posato una mano sulla spalla, lo trattiene, dice qualcosa. Cosa, non ne ho idea. Ma le sue dita mi sfiorano lo zigomo, come in una veloce carezza.

Non so se il gesto era casuale o deliberato. In fondo che mi importa?

Dio Dani perché doveva andare così? Perché dovevo telefonare a casa proprio oggi? Erano due settimane che non sentivo mio fratello, vabbè mi mancava ma potevo resistere ancora qualche ora no? E poi tu che cazzo ci facevi a casa mia? E da quando in qua rispondi tu al telefono… e perché dovevi essere così disperatamente dolce, tenero, premuroso, preoccupato…

E perché dovevi dirmi che “Cate ti saluta, dice che deve essere una figata farsi una vacanza così…”

Oh, Caterina, una figata davvero. Sono qui sul sedile posteriore di una macchina, con un tizio mezzo nudo davanti e le sue mani dentro i pantaloni, una nausea che sale e minaccia di sommergere anche il dolore… una figata. Decisamente. Vuoi fare cambio? Tu mi dai il mio bel cuginetto, e io ti do tutti i tizi che mi hanno sbavato dietro in questi tre mesi… commercio equo, non ti pare?

Fanculo Dani. “La prossima volta veniamo anche noi però, eh? Che chissà cosa ci combini laggiù”

See, la prossima volta ci vediamo all’altro mondo, avanti di questo passo…

No, io in quel buco di città non ci torno più… io da te non ci torno più.

Da te e da Cate… a quando il matrimonio?

E la tua faccia improvvisamente seria “Oh Niki si può sapere che c’hai? Minchia, ti presento la mia ragazza, ok potrà non essere la tua anima gemella ma almeno un po’ di educazione…”

Certo, se vuoi che io sia cortese con la tua amichetta lo sarò, cugino. Non ti darò disturbo, nossignore, scusa se ti ho messo in imbarazzo con miss Ghiaccio. Ora vado a scusarmi contento?

Quanto ho bevuto? I ricordi sono confusi. La sua bocca è sulla mia, spero di vomitare in fretta.

Perché so benissimo che, se non lo faccio adesso, lo farò domani mattina.

E non dovrò liberarmi soltanto dell’alcool, in quel caso.

Ulteriore gradino nella discesa agli Inferi, perfetto, ormai la percorro danzando questa strada.

E il buio che mi accoglie non è mai sembrato più elettrizzante.

 

Ragazzi mi sono decisamente sfuggiti di mano. Aggiungete a tutto il fatto che sto attraversando una strana crisi dove praticamente vedo violenza ovunque, e a farne le spese sono sempre i miei personaggi preferiti… in questo caso Nikita! Non contenta di averlo fatto quasi violentare in un parco, adesso lo mollo seminudo e sbronzo in un auto con un maniaco che ha scoperto di non disdegnare i ragazzi proprio guardando lui… perché sono così sadica? Comunque, dovrebbe risolversi tutto più o meno. Non so come. E non so quando. Perché c’ho mille altre storie in testa, in questo periodo, e non so quando riuscirò di nuovo a concentrarmi su di loro. Inoltre, sto mese con la scuola sarà massacrante…

Vabbè non ci pensiamo. Piuttosto, sono contenta di essere di nuovo qua, dopo questa parentesi di inattività forzata… spero che vi ricorderete ancora la storia! E che avrete ancora voglia di seguire le disavventure dei miei amati gemellini…

Ora tolgo davvero il disturbo, tranquille… a presto!

BYE-BYE, Roh

Ps- il titolo, di nuovo, lo devo a De Andrè. Ma avevo stabilito in partenza che Khorakhanè era la canzone di Niki, no?

Saper leggere il libro del mondo, con parole cangianti e nessuna scrittura, nei sentieri costretti di un palmo di mano, segreti che fanno paura, finchè un uomo ti incontra e non si riconosce, e ogni terra si accende e si arrende la pace…

Mi vengono i brividi ogni volta che l’ascolto…

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Capitolo 11
*** daniele - mi manca il tuo sorriso ***


Ehi…

Ehi…. Quanto tempo? Chiedo umilmente perdono per aver aspettato così tanto per scrivere questo capitolo… ma sono stata distratta da altre storie… Comunque, ora siamo qui, con il pov di Dani… spero vi piaccia! Kisses

A, dimenticavo, questo è per Venus, che mi ha chiesto quando continuavo questa fic e mi ha fatto pensare che, effettivamente, avevo trascurato troppo i miei gemellini.

E per Anarchy, che l’altro giorno aveva voglia di rileggere la dichiarazione tra Ale e Fra e mi ha spinto ad aprire un nuovo file e rimettermi all’opera.

Giusto per chiarire che, se volete lamentarvi con qualcuno, queste sono le persone a cui dovete rivolgervi!

 

Daniele- mi manca il tuo sorriso

 

Caterina è distesa nel letto, gli occhi socchiusi e le labbra sorridenti.

Ha un sorriso così tenue e freddo, la mia Cate.

Incredibile come sia diversa da lui. Da Niki, che con una risata sapeva colorarti una stanza.

Chi era quel poeta per cui ‘ridipingevano d’azzurro gli ospedali?’. Garcìa Lorca, credo…

E certo, me l’aveva detta Niki sta cosa. Chi altri?

Un verso di Neruda, però. Ricordo Niki stravaccato sul suo letto, la testa rovesciata all’indietro e un libro spagnolo aperto in grembo. La sua voce che legge parole sconosciute, la lingua che si imbriglia e si scioglie in quelle sillabe arcane. Calde. Come lui.

Dio, la fatica che facevo, in quei momenti, per non alzarmi e raggiungerlo, e coricarmi su di lui e farci l’amore così, senza quasi chiedergli il permesso.

Però, questo ce l’hanno in comune, Cate e Nico. L’amore per la poesia, intendo.

Lei l’ho conosciuta in questo modo. Un pomeriggio in facoltà.

Liberi di non crederci, ma mi ha ricordato istintivamente Nikita. Sarà per quello che prima di rendermene conto, le avevo già chiesto di uscire?

Lascio scorrere pigramente le dita tra i suoi capelli neri. Sono lunghi, lisci, sembrano tessuti nella seta. E sempre, sempre mi portano alla mente una testa arruffata di treccine rasta, dai mille colori.

Sospiro, e mi alzo in piedi.

La amo, Cate? Forse.

Credo.

Ma di certo, non come ho amato lui.

Non come amo lui. Anche adesso. Adesso che non lo vedo da quattro mesi.

Lei si stiracchia, simile a una gatta. Dopo l’amore, è sensuale quanto Niki.

L’unica differenza, è che Niki così sensuale lo è sempre.

Guardo la sua figura esile drappeggiata sulle lenzuola, le sue gambe nude, l’inguine coperto appena dagli slip bianchi, un braccio di traverso a schermare i seni. C’è qualcosa di sbagliato, in quest’immagine. Ma non voglio rovinarmi il pomeriggio pensando a come sarebbe diverso voltarmi, e vedere il corpo nudo di mio cugino su quelle coperte sfatte.

Mi chino, poso un bacio veloce sulle labbra di Cate.

-Scappi di già?- sbadiglia lei, coprendosi la bocca con una mano elegante. Annuisco, abbottonando i jeans e infilando una maglietta.

-Hm-hm, devo vedermi con Ale.

La lascio a sonnecchiare, godendosi l’ombra di questo settembre troppo caldo per essere vero.

A volte penso che l’estate si rifiuti di andarsene prima di aver riabbracciato il suo figlio perduto. Prima di aver spettinato ancora una volta Niki con la brezza tiepida.

Scuoto la testa, amaramente divertito.

Perché in un modo o nell’altro devo sempre ritrovarmi a pensare a lui?

E perché, dopo quattro mesi, mi salta ancora il cuore in gola quando scorgo quel profilo, pensieroso e familiare, ritagliato contro il cielo?

Ale siede al tavolo del bar, e guarda lontano. Pensa a suo fratello, ci scommetto.

Dovrò fare del mio meglio per tirarlo su di morale. Perché lui ha diritto di sentirsi sperso.

Mentre io… io sono solo un ragazzo che non vede suo cugino da quattro mesi.

E allora, perché mi sento come se mi avessero asportato un polmone?

-Ehi piccolo, come ti butta?

Mi guarda, sorride. Uno di quei sorrisi che volano dritti al cuore. Fra è davvero un tizio fortunato.

-Va… insomma, la scuola rompe le palle ma è normale. Poi, c’è sempre il basket.

Già, Ale, c’è sempre il basket… c’è sempre il pallone arancione che Niki guardava storto, sbuffando –A volte sono geloso di quella stupida palla.

Solo per vedere i tuoi occhi correre alla sua chitarra –E io che dovrei dire allora?

-Fra?- gli chiedo, tentando di spazzare via dalla testa i ricordi dispettosi.

-Sta bene, ha detto che se riesce fa un salto a salutare, più tardi. Domani passa di filo, quindi si è chiuso in casa a studiare. Ma ci scommetto quel che vuoi che non resiste tutto il giorno sui libri…

Guardo Ale e mi sembra di respirare meglio. Non so se è per la sua somiglianza con Niki, o per il semplice fatto che è lui, è sempre lui, il mio eterno bambino.

Anche se adesso è cresciuto, è cambiato, si è fatto il ragazzo.

Non che le cose siano poi molto diverse. In fondo, lui e Fra erano inseparabili prima, così come ora.

Ma mi sono scoperto stranamente protettivo. La prima volta che ho visto sul suo collo i segni di un succhiotto mi sono sentito mancare.

E gli occhi ridenti di Niki, che lo sfotteva… e Ale, scocciato –Cazzo Niki, devi insegnarmi a non farmi sgamare…

La risata si era spenta in fretta, almeno per me. Mentre voltavo lo sguardo sull’altro cuginetto, l’altro gemellino, accorgendomi in quel momento che per due anni mi aveva ingannato, senza che io ne avessi sentore.

Avevo cambiato argomento, per non far notare la mia gelosia.

Comunque, ho appurato che è normale essere gelosi dei gemelli.

Fra è quasi peggio di me, forse perché non ha scrupoli a dimostrarlo.

Le scenate che fa, quando qualcuno guarda con troppa insistenza Ale…

(E gli sbuffi di Niki, quando si lamentava che così glielo soffocava, il fratello…)

A proposito di tipi insistenti… il biondo all’angolo non gli toglie gli occhi di dosso.

Ridacchio tra me e me, mentre decido di restarmene zitto. E di godermi lo spettacolo.

Guardo il ragazzo avanzare.

Però, non è male…

Biondo, alto, atletico. Occhi azzurri, e un sorriso disarmante. Il tipo nordico, per intenderci.

I suoi passi sono sempre più veloci, man mano che si avvicina a mio cugino.

Alla fine, copre la distanza rimasta quasi correndo.

E poi coglie entrambi di sorpresa.

Perché siede al nostro tavolo, con un’espressione maliziosa, guardando fisso Ale negli occhi.

Si china su di lui.

E.

Lo bacia.

Ale è talmente stupito che neanche lo ferma. Il contatto è breve, solo uno sfiorarsi di labbra, come tra due amanti ritrovati da poco. Sconvolge la tenerezza, la familiarità.

Mio cugino ha gli occhi spalancati, quando il biondo si ritrae.

E poi, in un italiano dall’accento inglese, dice quelle parole che non dimenticherò mai.

-Ciao Nick… ti trovo in forma, sai? Ma quando sei tornato… l’avessi saputo sarei passato di qua prima…

Per un attimo, c’è silenzio tra di noi. Poi, Ale bisbiglia –Nick?

Il biondo è perplesso, ma quando mio cugino aggiunge –Io non sono Nick- arrossisce di colpo.

-Oh… oh my god… I’m sorry but… you are so alike… (scusate l’inglese, non sono brava a scrivere in quella lingua… voglio dire, la leggo senza problemi, ma se sono io a dover comporre, mi incarto. Cheppalle…)

-Hai conosciuto Nick da qualche parte?- chiede Ale, sporgendosi avanti.

Il tizio è ancora più perplesso, fino a che mio cugino non precisa –É mio fratello. Nick, intendo, Nico. È mio fratello. L’hai conosciuto, allora?

Lui trattiene il fiato, perso negli occhi di Ale. Poi annuisce, gli porge la mano. –Sì… sì io… l’ho incontrato quest’estate… mi chiamo Mark.

Ale afferra quella mano tesa. –Ale.

Lui sembra ancora più sorpreso, poi abbozza un sorriso –Nice to meet you, Ale…

Ed è in quel momento che una furia piomba su di noi.

Fra ha gli occhi gelidi, mentre guarda il suo ragazzo. Chissà perché, ho come la sensazione che abbia visto tutta la scena. Bacio compreso.

-Fra… Fra aspettami, devo spiegarti…

-Spiegarmi cosa, Ale? Cosa? Vaffanculo stronzo, mi fai schifo.

Mio cugino rovescia la sedia nella fretta di rincorrerlo.

Io resto fermo, a guardarli sparire dietro l’angolo. È come se il mondo improvvisamente si fosse fermato.

C’è questo inglese, Mark. Un bell’inglese. Biondo, alto, perfetto.

Che arriva qui, e bacia Ale. Chiamandolo Nick.

Dicendo di conoscere Nick.

Conosce Nick, e lo saluta con un bacio…

Merda… non… non devo piangere. Non in mezzo alla strada.

-Ehm… scusa…

Mi ero dimenticato dell’inglese. Non posso evitare di fulminarlo, mentre lo guardo di nuovo. Sembra perplesso.

Mi fa quasi tenerezza. Và che sono masochista… meglio spiegargli la situazione.

-Quello è il suo ragazzo. È piuttosto geloso.

Ha l’aria dispiaciuta. In fondo, non deve essere cattivo.

Lo odio.

-Così, conosci Nico.

Potrei darmi all’autoflagellazione. Credo di esserci portato.

-Sì… voglio dire… abbiamo girato insieme per un mesetto, poi io volevo venire in Italia e lui si è fermato in Austria. È… un bravo ragazzo.

Ah, lo so che è un bravo ragazzo. E tu l’avresti baciato solo per questo, giusto? Perché ti è simpatico… il fatto che abbia due occhi verdi e un corpo mozzafiato non c’entra niente, vero?

Noooo, Dani, come sei meschino…

Meriti una punizione per questa bassezza.

-Come vi siete conosciuti?

E il sorriso si fa sognante, mentre Mark comincia a raccontare. Devo dire che parla l’italiano benissimo, per essere straniero. Chissà se l’ha aiutato il mio cuginetto, a imparare…

-Ero in vacanza con un gruppo di amici. Sulla spiaggia, di sera… cazzeggiavamo, sparavamo stronzate… sai come vanno le cose, no? Io… bè, io sono… insomma l’hai capito no?

È arrossito. Machettenero…. Sì, l’ho capito che sei gay… per questo vorrei staccarti la testa dal collo, sai.

-Ecco, anche altri miei amici lo sono, e insomma, lui, Nick era da solo e… tu lo conosci?

-Sì.

-Beh, allora sai che… non passa inosservato. L’abbiamo invitato a bere con noi, piaceva un po’ a tutti… e Chris… Chris però gay non lo era.

Sollevo un sopracciglio. Lui continua –O meglio, così diceva. Però Nick è stato lui a farlo ubriacare, e a portarselo via…

Credo di essere improvvisamente sbiancato, perché si interrompe –Che succede? Stai bene?

-Io… cosa gli è successo?

-Niente. Cioè, lui era completamente sbronzo, non è che capisse un granchè. Quindi non mi sembrava giusto lasciarlo così, in balia di Chris… li ho seguiti. Erano in macchina e… Beh, ecco, puoi immaginare che…

Posso immaginare benissimo, grazie. Non c’è bisogno che continui. Ho già avuto il dubbio piacere di vedere il mio bellissimo cuginetto schiacciato dal corpo di un altro. Mi faccio forza e deglutisco. –L’hai tirato fuori tu?

Lui annuisce. –Chris… Chris era un po’ incazzato ma ha ammesso che era giusto così. Dopo. Il mattino ha anche chiesto scusa a Nick.

Io sto zitto. Lui mi sorride, comprensivo. –Gli vuoi molto bene, vero?

-È… è mio cugino.

-Beh, allora posso parlare tranquillo! Sai, per un attimo ho creduto che fossi qualche amante… insomma, per fartela breve, abbiamo avuto una storia in quel mesetto che siamo stati insieme…

Uno penserebbe che, superato un certo livello, i colpi non facciano più così male. Che l’abitudine li renda più sopportabili.

Decisamente, non ho mai sentito una stronzata più colossale.

Dopo esser collassato un po’, mi costringo a chiedere –E come sta?

-Nick? Bene… bene, direi. Oddio, ha sempre avuto quell’aria cupa e dark?

Niki… il mio Niki… CUPO? Vedendo il mio sguardo sconvolto, si affretta ad aggiungere. –Beh, non sempre… ma a volte, gli prendono ste crisi… durano qualche ora, ma si butta davvero giù.

-E… ti ha detto perché?- chiedo con l’aria più indifferente del mondo. Dovrebbero darmi l’Oscar per questa interpretazione…

Lui scrolla le spalle –Non parla mai molto di sé. Però quando Chris si è scusato per il suo comportamento, gli ha risposto di non preoccuparsi, che quella sera stava talmente male che avrebbe accettato anche una scopata, pur di sentirsi vivo. Sai… è strano vedere quelle labbra aprirsi su una frase simile.

Non dirlo a me…

-Gli abbiamo chiesto perché, e ha detto che aveva sentito qualcuno che lo faceva star male… per telefono credo… ma non diceva niente di più, sempre un mistero, figurati che non sapevamo neanche che aveva un gemello!

-Non vi ha mai parlato di Ale?- sono incredulo.

Mark sbuffa. –Beh, più o meno… sì, a volte accennava a un certo Ale, ma non credevamo fosse suo fratello. In verità…

Arrossisce. Poi continua, a voce più bassa –In verità pensavamo fosse il suo ex. Sapevamo che si sentivano spesso, e a volte quando tornava era allegro, altre volte tristissimo. Ci aveva detto che lo amava molto… e quando gli abbiamo chiesto perché non era con lui, ci ha risposto Sta con Fra adesso… che presumo sia il tizio dai capelli rossi. Così capisci… cazzo che ne sapevamo che era il suo gemello in realtà!

-Hanno sempre avuto un rapporto molto forte- dico, ma in realtà sono piuttosto scosso.

Perché, Niki, se Ale ti manca così tanto, continui a stare lontano?

Cos’è che non sopporti di vedere, in questa città che un tempo adoravi?

Passerai anche tutto l’inverno, a disegnare le strade d’Europa?

Quando potrò riabbracciarti? Vederti sorridere? Sentirti parlare?

Quando potrò riaverti vicino?

Voglio imparare a conoscerti, occhi splendenti.

Voglio conoscere quel che di te non ho mai conosciuto. Voglio condividere quei sogni che mi hai sempre tenuto segreti, voglio camminarti al fianco su quel sentiero che mi hai precluso.

Voglio te, amore mio.

Come amante. Come fratello. Come amico.

Ma se questo non è possibile, Nikita dagli occhi di vetro, ti voglio almeno come cugino.

Il resto, lo costruiremo. Te lo prometto.

Mi farò da parte, davvero, imparerò a superare la mia istintiva gelosia, ti aiuterò a crescere, a essere felice… come da bambini, ricordi, quando eri troppo piccolo per arrampicarti sul ciliegio, e allora ero io a spingerti in alto, a primavera, a indicarti il ramo da afferrare. Tornerò quel cugino, Nikita, lo giuro, non penserò più a te in questo modo, non dirò né farò mai niente che vada oltre l’affetto fraterno, ucciderò il mio cuore per far vivere il tuo.

A me basterà averti vicino. Davanti. Di fianco.

Sentire la tua mano cercare la mia, intrecciarsi alle mie dita. E il tuo respiro sfiorare la mia pelle, in un bacio d’aria.

Guardo Mark, ha gli occhi fissi nel cielo.

Penserà a te, piccolo mio?

Gli sorrido, scosto la sedia. Mi guarda incuriosito.

-Hai fame? Vado a prenderti qualcosa.

Allontanandomi da lui, chiudo gli occhi.

Non sarà facile. Mi dico.

 

Ok. Ok. A me non piace.

Spero che la vostra opinione sia differente, ma accetto qualunque critica. Pensavo di rifarlo, ma temo che ora come ora non riesca a produrre niente di meglio, con Dani. Quindi, tenetevi questo.

Ora devo assolutamente ringraziare tutti quelli che hanno letto questa storia (e che spero leggeranno anche i prossimi capitoli), e soprattutto tutti quelli che hanno recensito.

Quindi…

Siz, sono contenta che ti sia piaciuto Niki, io lo adoro (si era capito) (tra l’altro, qualcuno mi spiega perché, ogni volta che amo un personaggio, lo faccio mezzo violentare? No, dico, anche Kaede, è stupendo e io mi diverto a infliggergli ogni sorta di sventura… boh). Comunque, Niki è davvero l’essenza del viaggio, della fuga, misterioso e impossibile da trattenere. E questa sua peregrinazione per l’Europa ce l’ho in programma più o meno dal primo momento che ho scritto il suo nome… è nato per questo, il mio Nikita.

Ladyblack, spero che col tempo i personaggi ti diventeranno più chiari! In effetti, temo che sia un po’ complicato seguire i loro contorcimenti mentali… del resto, non fossero fuori di testa non sarebbero mie creazioni! Ps- Nico ringrazia per i complimenti.

Cialy… GRAZIE! Mi auguro che questo capitolo non ti abbia delusa… o almeno, non troppo… comunque non sai quanto piacere mi hanno fatto i tuoi complimenti!

Anarchy, non preoccuparti per il ritardo della recensione, anche se ti confesserò che sono stata felicissima di rileggere un tuo commento. Mi spiace che in questo capitolo lo spazio riservato a Ale e Fra sia piuttosto ridotto, ma mi rifarò nel prossimo! (Fra scalpita per chiarire la sua gelosia). Hai ragione, credo, a dire che A forza di essere vento era staccato dal resto, l’intenzione era proprio quella almeno. E Niki… Niki io lo adoro proprio per questi aspetti preoccupanti del suo carattere (ha una forte tendenza all’autodistruttività, si è notato?)

Spero comunque che in questa parte ti sia stato chiarito qualcosa su Dani… anche se non mi piace molto come ne è venuto fuori.

Ora vi saluto davvero… baci a tutti, a presto (musa permettendo) (E Kaede Rukawa permettendo). Bye-bye, Roh

 

 

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Capitolo 12
*** francesco - gelosia blue ed occhi verdi ***


Francesco- gelosia blue ed occhi verdi

Francesco- gelosia blue ed occhi verdi

 

-Adesso basta, ti fermi e mi ascolti!

Mi afferra il polso giusto un attimo prima che io riesca a entrare in casa.

Mi volto e lo fisso negli occhi. –Lasciami.- sibilo.

Scatto e sbatto Ale contro il muro prima che quel No ostinato si liberi nell’aria. Lui fa una smorfia: gli ho fatto male.

in questo momento non potrebbe importarmene di meno.

Avvicino il viso, per parlare direttamente su quelle sue bellissime labbra.

-Ale. Ho detto. Lasciami stare.

Mi allontano di scatto, come se bruciasse. In effetti è così. So benissimo che non resisterei due minuti, tanto vicino a lui, senza baciarlo.

Maledizione, Ale, perché devi essere così dannatamente sexi…

Sguscio in casa e mi chiudo la porta alle spalle, prima che lui riesca a seguirmi.

Mi abbandono con la schiena contro il legno, e, già più calmo, lo ascolto urlare. –Apri sta cazzo di porta, deficiente! Aprimi subito! Francesco! Smettila di fare il bambino, cresci! Vaffanculo Fra guarda che se mi rompo me ne vado! Mi hai sentito? Me ne sto andando! Fra! Ti avverto che se me ne vado adesso non te la perdonerò facilmente…

Forse dovrei farlo entrare. Se continua così, finirà per buttarmi già la porta a suon di pugni.

Ma se entrasse, dovrei guardarlo in faccia. E io non riesco a ragionare guardandolo in faccia. Assolutamente. Mi basta immaginarlo. Infuriato, i capelli spettinati e gli occhi accesi di mille fiamme smeraldine. Una meravigliosa pantera irritata. Pericoloso.

Decisamente, pericoloso. Perché irresistibile.

Sospiro. Sono proprio un idiota. Ora che guardo le cose razionalmente, non trovo altra definizione. Idiota decelerato. Mi odio.

L’occasione era imperdibile. Potevo farlo sentire in colpa, e godermi le sue attenzioni per tutta la serata. Potevo pretendere che, per ripagarmi dei danni morali, diventasse il mio schiavo fedele per il resto dei suoi giorni (seee, trattandosi di Ale potevo già ritenermi fortunato se mi ubbidiva per tre ore)… potevo trasformare questo incidente in qualcosa di decisamente piacevole… bastava solo che trattenessi per qualche istante la mia stupidissima gelosia.

Giusto il tempo necessario perché il mio cervellino scioperante notasse e connettesse alcuni fondamentali dettagli dell’ignobile scena cui si era ritrovato ad assistere.

Il mio ragazzo bacia un altro in mezzo alla strada. E questo l’ho capito subito.

Però adesso mi ricordo che, dopo averlo baciato, l’ha guardato perplesso. E poi gli ha stretto la mano.

E mentre gli stringeva la mano, gli occhi brillavano. Brillavano di una luce che conosco fin troppo bene. Una luce che racconta una storia vecchia come il mondo.

La storia di un biondo giramondo che ritrova il suo amante in una strada italiana, e lo bacia felice… per scoprire troppo tardi di aver sbagliato persona.

Il mio infallibile intuito mi dice che quel casinista di Nico non è estraneo alla vicenda.

Del resto, chi altro è capace di colorare gli occhi del mio amore con quel verde mare?

E così, mi trovo davanti un enorme problema.

Perché io, da brava testa di cazzo, ho pensato bene di insultare il mio orgogliosissimo ragazzo e di scappare via senza ascoltare le sue spiegazioni. Non solo, quando lui mi ha inseguito, ho continuato a correre… e se mi fossi fermato a riflettere una frazione di secondo, avrei realizzato che già solo il semplice fatto che Ale mi stesse seguendo era indice del profondo senso di colpa che, in quel momento, lo divorava.

E io, al posto di approfittare di questa sua rara debolezza, ho continuato a fare il deficiente.

Risultato? Correndo e urlando le sue scuse, la bella testolina di Ale deve aver ragionato che, in fondo, se io ero così cretino da non credergli, la colpa era solo mia, e quindi meritavo tutto il mio tormento.

Ergo, il senso di colpa si è trasformato in esasperazione, l’esasperazione in irritazione, e l’irritazione in incazzatura quando io mi sono permesso –terribile crimine!- di sbattere la porta sul suo delizioso nasino.

Sospiro. A giudicare dalle urla bellicose che continuano a provenire dal mio giardino, la litigata è impossibile da evitare. Chissà che però non mi riesca di trasformarla in qualcosa di più piacevole…

Tanto vale provare. Prima cosa, ho bisogno di lui dentro la casa.

Approfitto di una pausa nella sua sequela di minacce per sibilare un –Cretino, la porta è aperta.

Un nanosecondo dopo mi ritrovo spinto contro il divano, coricato sui cuscini e schiacciato dal peso leggiadro del mio basketman preferito che, senza tanti complimenti, mi si siede in grembo, si china su di me e a tre millimetri dal viso ringhia –Che cazzo ti credevi di fare, si può sapere?

Non mi aspettavo tanta collaborazione da parte sua!

Sorrido, guardando il mio ignaro- e ancora incazzatissimo- ragazzo. È così tenero…

Vedendomi sorridere, il suo umore peggiora ulteriormente. Fa più forza con le braccia, la mia testa affonda nei cuscini. –Cazzo ti ridi stronzo, rispondi…

-Secondo te?- ronfo, facendo scivolare una mano sotto la sua maglietta. La sua pelle è divina sotto le mie dita. Adoro accarezzare il corpo di Ale…

Lui mi blocca il polso e con un rapido movimento porta entrambe le mie braccia in alto, inchiodandomele sopra la testa. –E statti fermo con ste mani.

Sospiro, frustrato. Lui è qui, vicinissimo… seduto sopra di me, incredibilmente bello… tutto il giorno che non lo vedo… e non posso toccarlo. Mai si vide una più ingiusta ingiustizia.

Eppure, nodo che anche il mio irritatissimo koi sta cedendo… le guance sono rosate, e il respiro affannoso passa direttamente dalla rabbia alla passione… le iridi brillano, assurdamente verdi…

Chiude gli occhi e geme.

Ok, è ufficiale. Adesso muoio.

Si accorge di essere sul punto di perdere il controllo e tenta di evitare la capitolazione. Quindi si affretta a liberarmi i polsi e fa per alzarsi, ma io sono più veloce e riesco a trattenerlo. Inverto le posizioni, lo blocco sotto di me. Lui mi fissa un attimo e chiude di nuovo gli occhi.

-Lasciami- sussurra.

Tesoro, tu sei pazzo se credi di scamparla così…

-Non ne vedo il motivo- replico, chinandomi a baciargli lo zigomo.

Lui si divincola sotto di me. –Fra cazzo dico sul serio, non possiamo farlo!

-Perché no?- gli mordo l’orecchio, ma Ale è rigido. Mi accorgo sgomento che non vuole davvero. Non sta giocando come suo solito. Allento la presa.

Lui mi spinge da parte, si mette a sedere. Si massaggia le tempie, con un gesto stanco.

–Perché sei scappato prima?

-Perché sono un coglione.

Sorride, un sorrisino minuscolo che mi scalda il cuore. –Effettivamente…

Mi avvicino, lo abbraccio. Lui mi fulmina ma io gli sfioro la guancia con un dito –Ehi… guarda che non faccio niente di male, posso abbracciarti anche senza sbatterti immediatamente sul letto, sai?

-Ah, davvero?- replica malizioso Ale. Io mi chino su di lui –Certo che però se provochi…

La sua mano mi ferma –No, Fra. Prima parliamo.

Sbuffo, infastidito, e lui ride, quella sua risata cristallina. Adesso è di buon umore. Ma quanto sei lunatico amore mio…

–Sembri un bimbo.- dice il maledetto, spiegando la causa della sua ilarità.

Non mi abbasso a rispondere. Incrocio le braccia e sprofondo nella poltrona. –Di cosa vuoi parlare?

-Dimmelo tu.

Lo guardo esasperato. Cazzo Ale ti spiacerebbe farla breve? Sai, avrei altri programmi per la serata, qualcosa di più interessante che giocare a rincorrerci con le parole…

-Perché ti sei incazzato, prima?- si decide allora a iniziare lui.

Sempre diretto, vero koi?

Peccato che questo mi faccia tornare il nervoso.

-Forse perché ti ho trovato con la lingua in bocca a un tizio coi capelli ossigenati? Che, tra parentesi, non ero io?- replico, acido, e nel preciso istante in cui ascolto la mia risposta mi accorgo di aver fatto un grande errore.

Lancio uno sguardo preoccupato ad Ale. Non mi sono sbagliato.

L’ho fatto arrabbiare di nuovo. É inevitabile, quando siamo tutti e due su di giri non facciamo altro che bisticciare. Sempre c’è quest’altalena continua, di rappacificazioni e baruffe. Di solito riesco a riderci sopra, ma adesso trovo tutto molto frustrante. Insomma... se andiamo avanti di questo passo, riuscirò a baciarlo domani mattina!

Lui mi risponde piccato -Non ci stavamo slinguando, sai? Per strano che ti possa sembrare, c’è gente che riesce a baciare soltanto, senza trasformare subito tutto in una scopata.

Colpo basso, Ale, diretto alla mia nota passionalità. Ma lo sa, lo stronzo, lo sa di ferirmi mentre continua –Mark è stato molto delicato, tenero, dolce… come se avesse paura di rompermi. Come se io fossi qualcosa di bello, da non consumare.

-Basta! Piantala, ok? Ho sbagliato, è solo che…

-Che cosa, Fra?

-Che non sopporto di vederti con altri.- confesso.

Solleva un sopraciglio. –E da quando starei con altri, se vostro onore si degna di illuminarmi? No, lo chiedo perché, a quanto mi risulta, a parte Daniele, che è mio cugino, e te, che sei il mio ragazzo, non frequento nessuno…- Mmmm, quante volte l’avremo già fatto, sto discorso? Troppe, per non sapere che la strada che imbocco è senza vie d’uscita. Eppure, non posso evitare alla mia bocca di parlare.

-Certo, Daniele… e Robi, Marco, Andrea, Blue… loro dove li metti?

-Dove li metto? Ma ti sei bevuto il cervello, Fra? Cazzo, sono i miei compagni di squadra! Ci gioco insieme! Logico che li frequenti, ti pare? Sono miei amici…

-Amici, davvero! E da quando gli amici si toccano in quel modo? Si guardano in quel modo? Si…

-Stai forse insinuando che ci provo con loro?- il suo sussurro è gelido. Mi alzo in piedi anche io, per fronteggiarlo –NO! Sto AFFERMANDO che loro ci provano con te!

Mi fissa. Sconvolto. Poi scoppia a ridere. –Ma Fra, non dirai sul serio?! Cazzo, Robi e Giulia stanno insieme da tre mesi, Marco e Anna dalle medie! E Andrea… Andrea ne cambia una a sera!

-Perfetto… e Blue dove lo metti?

Esita. Faccio un passo avanti. Lui non indietreggia, ma abbassa lo sguardo. Gli alzo il mento con due dita, costringendolo a guardarmi. –Il tuo adorato Blue, che mi dici di lui? Non ha la fidanzata? Come mai? Non ha ancora trovato quella giusta? O, più semplicemente, aspetta che il suo bel compagno di squadra pianti il suo stupido amichetto per avere finalmente campo libero? E nel frattempo inganna l’attesa rifacendosi gli occhi dopo gli allenamenti, con qualche sega nella doccia vicino a te e qualche strusciamento nelle marcature….

Lo schiaffo mi prende quasi di sopresa. In realtà, di solito devo provocarlo più a lungo. E questa sua reazione mi fa incazzare ancora di più. Perché se Ale si scalda tanto, allora non sto dicendo stronzate… se Ale si scalda tanto, qualcosa di vero c’è. E se Ale si scalda tanto questa volta, vuol dire che qualcosa è successo…

Gli afferro il polso, e continuo incalzante –Forza, Ale, difendilo… dillo che me le sogno, quelle mani sul tuo culo ogni volta che cadete! Dillo, che sono paranoico, che non è vero che ogni scusa è buona per toccarti… dillo, che non c’è niente di strano se esci più spesso con lui, l’ultimo arrivato, che con tutti gli altri messi insieme!

Mi sta fissando. Dritto negli occhi, con quelle sue maledette iridi da gatto che rischiano di farmi perdere ogni controllo.

Si lecca le labbra, con un movimento lento.

Improvvisamente la mia bocca è asciutta.

-Che c’è, Fra, hai paura?- inizia, carezzevole.

Eh?

-Hai paura che ti pianti per lui?- quegli occhi letali fissi nei miei.

Ehi Ale… vedi di non scherzare…

Si porta più vicino a me. Sussurra –Hai paura che possa decidere che, in fondo, non mi dispiace che mi si strusci contro? Decidere che le sue mani sono meglio delle tue, sul mio culo? Decidere che mi piace fare la doccia vicino a lui e sapere che intanto si sta masturbando pensando a me, guardando me, paura che la prossima volta decida di dargli una mano…

Mi allontano di scatto, questo è troppo –Cazzo piantala Ale!

Lui mi fissa gelido –E allora tu piantala di dire stronzate.

Mi lascio cadere sul divano. Sto tremando. E non per la rabbia.

Ale non se ne accorge, dell’effetto che fa su chi gli sta intorno. I gemelli sono così ingenui, certe volte… Non bastano i caratteri cubitali, per metterli sul chi vive… e io ho ancora fresca in mente l’immagine di Nico schiacciato contro un albero, con le mani di uno stronzo nei pantaloni…

Non sono i ragazzi della squadra a preoccuparmi. Quasi tutti si limitano a lanciare qualche occhiata ad Ale, alla sua bellezza misteriosa, magari a lanciargli un paio di battutine maliziose… ma non andrebbero oltre, non metterebbero in gioco la loro eterosessualità neanche per il brivido di turbamento che provocano in loro i lunghi occhi del mio amore.

Quanto a Blue… beh, lui non ha mai negato che gli piacerebbe, Ale, gli piacerebbe molto. Ed è abbastanza bello da presentare una minaccia, credo. Però so che gioca pulito, e non costringerebbe mai Ale a qualcosa che non vuole. Se tra loro capitasse qualcosa, sarebbe decisione di entrambi. Sarebbe Ale a scegliere. E prima di essere il mio ragazzo, lui è mio amico. Sacrificherei la mia felicità per lui, senza ripensamenti.

Chi mi fa paura sono gli altri. Quelli che lo guardano, e che se non ci fossi io ci proverebbero. Di loro non posso fidarmi.

E non posso fidarmi di quel deficiente di Ale, che neanche si accorge che se lo mangiano con gli occhi.

Cazzo, Ale, perché devi essere così bello? È come una maledizione, una bomba a orologeria che gira per le strade al tuo fianco, impossibile da disinnescare…

Ho il terrore che qualcuno ti ferisca come ha ferito Nico. Non me lo perdonerei mai.

Sento una mano leggera sulla spalla, una voce dubbiosa –Fra?

Il viso di Ale davanti al mio, le sue dita sulla mia guancia. I suoi occhi preoccupati –Fra? Perché piangi?

Lo stringo forte, e lui si lascia abbracciare, si siede di nuovo addosso a me e mi accarezza i capelli. Lo amo così tanto che mi sento morire.

Mi scosto, lo guardo. Lui capisce, sorride e si china. Le sue labbra sono zucchero, contro le mie. Sono sciroppo di frutta, e petali di ciliegio.

Le socchiude, sento la carezza bagnata della sua lingua. Quei movimenti lenti che mi fanno impazzire.

Mi abbandono al bacio, e quando riprendo coscienza di noi siamo sdraiati sul tappeto. Lui ha le braccia sollevate, il petto nudo e i pantaloni sbottonati. Chissà come ci sono finite, le mie mani, dentro i suoi jeans.

È incredibilmente eccitante, languido e caldo, scarmigliato, con gli occhi verdi colmi di tenerezza.

Gli bacio la punta del naso, e con rimpianto fugace lo osservo stiracchiarsi. Mi sollevo su un gomito, ho preso la decisione. Questa notte non faremo l’amore.

-Perché?- domanda lui, accoccolandosi contro di me. Lo stringo.

-Perché hai bisogno di parlare, Ale.

Lui tace. Lo sento sorridere. –Ti amo, Fra.

-Che ti ha detto il biondo?

-Si chiama Mark, Fra. Mark.

-Sì, ok, Mark.., che ti ha detto?

-Credeva che fossi Niki.

Francesco, sei un genio. Un indovino. Conosci questo ragazzo come le tue tasche. (Passatemela, quest’affermazione Hana-style! NdRoh)

-Beh, non ti stupisci?- chiede il mio amore.

-Ti dirò che me l’ero immaginato. Che ti avesse parlato di lui, intendo. Sai, ti si sono illuminati gli occhi come quando lui ti chiama.

Ale strofina il naso contro il mio collo. Gli accarezzo i capelli, dietro l’orecchio. Lui protesta

–Ehi, non sono un gatto!

-Hmmm… ma ci somigli così tanto… un bellissimo micio dal pelo nero…

-Se io sono un micio nero, tu sei un gattaccio di strada spelacchiato! E rosso.- ribatte Ale, sedendosi a gambe incrociate sul tappeto. È delizioso quando si imbroncia.

-Quindi, il mentecatto è ancora vivo?- mi informo, cercando di scacciare dalla mente i pensieri poco casti che mi stanno annebbiando i sensi. Lui annuisce.

-E scommetto che mister muscolo ha perso la testa per lui.

-Si chiama Mark. Comunque non lo so… presumo di sì, però.

-Io ne sono sicuro.

-Ah davvero? E perché?

-Perché è impossibile resistere al fascino felino di questo faccino.

-Idiota.- tace, poi sorride, improvvisamente. Un sorriso pigro e sensuale. Rabbrividisco.

-Fra?

-Sì?

-Non hai proprio voglia di fare l’amore?

Scuoto la testa, sospirando, prima di chinarmi a soffocare la sua risata con un bacio.

Fuori, l’autunno allunga le mani, aggrappandosi alle ombre sottili degli alberi. E il sole è ormai quasi del tutto tramontato.  

 

Ragazzi, mi è bastato scrivere un capitolo che adesso non riesco più a fermarmi…!

Comunque, sono piuttosto soddisfatta di questo… Anarchy che ne dici? Questa l’ho scritta proprio pensando a te… spero che la scenata tra il gemello baskettaro e il rosso senza cervello sia stata di tuo gradimento… Quanto a Dani e Mark… nah, non me li vedo proprio insieme! Mark è piuttosto una comparsa, per quanto importante nella vita di Nikita, e Dani… Dani ha il cuginetto in testa, e nessuno riesce a schiodarlo di là. Però, essendo moooolto idiota, ne passerà di tempo prima che si decida a dire tutto al suo amore. Comunque l’amore in questione non resterà con le mani in mano: il prossimo capitolo è già quasi finito e mentre lo scrivevo mi è venuta un’idea piuttosto perfida.

Venus, sono contenta di sapere che ti piace quando il tuo personaggio preferito soffre, perché credo che non riuscirò mai a risolvere questo tratto delle mie fic. Sai, per quasi un mese ho avuto in testa SOLO ed ESCLUSIVAMENTE Kaede Rukawa e company, ho più o meno quattro idee per nuove trame che ronzano tra i pensieri, però… però sembra che questi quattro mentecatti siano tornati alla grande. Poi, nel prossimo lascerò più spazio al personaggio di Blue, che è spuntato così dal niente eppure mi suggerisce una cera gamma di possibilità. Quindi, spero di riuscire ad aggiornare in fretta.

 A proposito di Blue, se per caso trovate scritto da qualche parte Red, beh, sappiate che si riferisce a lui, inizialmente il nome era quello, l’ho cambiato in seguito.

Baci a tutti, a presto! Roh

 

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Capitolo 13
*** alessandro - specchiarsi sotto il sole ***


Alessandro

Alessandro- specchiarsi sotto il sole

 

-Ale! Ale! Ale cazzo passami quella palla!

Sbuffo, asciugandomi la fronte con il polso. Blue si ferma al mio fianco, ansante. –Ehi, tutto bene?

Lo guardo di sfuggita, gli regalo un sorriso. Lui mi spettina i capelli e posa il braccio sulle mie spalle. –Allora, come va con il tuo bel rosso?

Abbasso gli occhi, entrando nello spogliatoio. Odio parlare di Fra con Blue. Quasi quanto odio parlare di Blue con Fra.

-Non me la conti giusta, dolcezza. Guarda che lo so che stanotte l’hai passata da lui… lo indovino sempre quando tu e lui… beh, ci siamo capiti, no?- Dio, lo detesto quando fa così. Mi mette a disagio.

E poi quel bastardo lo fa apposta, lo so. É questo che mi rompe più di tutto.

Tutto soddisfatto mi si avvicina di nuovo.

-Sei arrossito… che carino! Sei così tenero che viene voglia di mangiarti…- sorride predatore e mi imprigiona contro la parete della doccia.

Sospiro, chiudendo gli occhi. Poi, con un gesto deciso, lo spingo via.

-E piantala, Blue, levati dalle palle.

Lui si porta una mano al petto con espressione addolorata. –Ale, perché devi distruggere così le speranze di un povero cuore?

-Blue, tu non ce l’hai il cuore- gli ricordo, infilandomi sotto la doccia e aprendo l’acqua.

Mi segue a ruota. –Vero- ammette di buon grado –Ma ti giuro che se ce l’avessi sanguinerebbe per la tua bellezza, mio angelo.

-Ma vaffanculo- borbotto, dandogli le spalle.

Lo sento, che mi guarda. Non sono idiota come Fra si ostina a credere. E non sono neanche ingenuo com’era Nico un anno fa. Non più, almeno. La ferita di mio fratello ha scottato anche me. E certe lezioni non te le dimentichi facilmente.

Ma questo caso è diverso. Non riesco proprio a capire perché dovrei rinunciare ad un’amicizia così bella soltanto per assecondare l’irragionevole gelosia del mio ragazzo. Blue mi piace, con lui sto bene, e riesce a farmi ridere anche quando la lontananza di Niki sembra scavarmi lo stomaco.

Poi, è assolutamente innocuo. Non ci ha provato seriamente nemmeno quella volta che si è ritrovato con me completamente sbronzo sdraiato nel suo letto, durante l’ultima trasferta. (Anche nel basket esistono le trasferte, vero? Vero? In caso di risposta negativa, consideratela una licenza poetica. Volevo metterli in gita scolastica, ma Ale e Fra vanno a scuola insieme, quindi era piuttosto improbabile che Mister Gelosia permettesse al suo bellissimo fidanzato di passare la notte del letto del suo peggior rivale, vi pare? Sorry per l’interruzione, ndRoh)

Non che me l’abbia fatta passare liscia, in ogni caso. Mi rinfaccia ancora adesso quell’episodio, additandolp come inequivocabile testimonianza del mio desiderio ‘inconscio e represso di sottomettermi totalmente a lui’- sue parole, chiaramente.

In ogni caso, quella volta ho dovuto ringraziarlo davvero, perché ubriaco com’ero le cose sarebbero potute andare molto male. E lui mi ha stupido, accarezzandomi la guancia gentilmente e scrollando le spalle, assicurandomi che era tutto ok. Che non poteva permettermi di fare cazzate. Credo sia stato allora, che la nostra amicizia ha preso una piega più profonda, sincera.

Ciò non toglie che non riuscirei a vivere senza sfotterlo.

E devo ammettere che le sue attenzioni a volte mi lusingano. Altre invece…

-Blue smettila di fissarmi il culo.

-Non è colpa mia se tu offri quel panorama al pubblico. I miei occhi si rifiutano di distogliersi da una tale meraviglia.

Gli lancio la spugna bagnata sul viso e lo mollo da solo sotto l’acqua.

Gli altri si stanno già cambiando. Sto bene con loro, davvero. Insieme ridiamo, scherziamo, quando litigo con Fra offrono una spalla su cui piangere, o una bella scazzottata per calmare i nervi. E mandano affanculo Blue da parte mia quando questi, molto generosamente, si offre volontario per ‘una scopata liberatoria’. Nonostante le battute pesanti, riesce sempre a tirarmi su di morale. E a volte mi trovo a pensare che sia l’unico che davvero mi capisca.

Anche se siamo quanto di più diverso possa esistere al mondo.

Prendete l’amore, ad esempio. Blue mi sfotte, chiamandomi ‘romantico’, ma io credo fermamente nei sentimenti, nelle storie vere e profonde. E anche se a volte Fra mi fa incazzare di brutto, non riuscirei a immaginare la mia vita senza di lui. Fra… Fra c’è sempre stato, e ci sarà sempre, credo, anche se quel che abbiamo condiviso in quest’anno dovesse finire. Il solo fatto che mi sia innamorato perdutamente proprio del mio migliore amico deve far riflettere sul mio bisogno di certezze, di costanti e fiori di terra.

Blue invece è cinico, disilluso, brusco quasi, arido, guarda la vita con occhi asciutti e non si ferma a sognare i tramonti. Per lui vivere significa giocare a basket, e fare cazzate con gli amici. La sera, entrare in un locale, abbordare un ragazzo carino e finirci a letto nel minor tempo possibile. Una sera che si sentiva particolarmente ispirato, mi ha detto che solo nel sesso riesce a costruire un armonia con quel caos di accordi che sono la sua vita. Eppure, altro che il sesso non cerca. Si accontenta di viaggiare tra la gente come uno straniero di passaggio, godendo di quel che la sua bellezza gli regala.

Perché Blue è bello, di una bellezza commovente a volte, eppure strafottente.

E sono sicuro che, non ci fosse Fra a riempire la mia vita, non avrei esitato a lanciarmi nelle sue braccia, bruciandomi di quel fuoco leggero.

Chiaramente, morirei prima di ammetterlo davanti a lui. O davanti al mio gelosissimo ragazzo.

-Quanto sei bello quando sogni a occhi aperti, Ale.

Ecco, il demente ha finito di vestirsi. Sta appoggiato allo stipite con la borsa sulla spalla, aspetta me per uscire.

-Quando lo vedi il tuo rosso?

-Non sono cazzi tuoi.

-Senti, ti fermi con me? Devo aspettare un amico…

Li conosco, gli ‘amici’ di Blue. Così sollevo un sopraciglio malizioso, e lui mi tira un pugno giocoso sul braccio. –Ehi, ma che malpensante! È davvero solo un amico… viene in classe con me, deve aiutarmi con inglese.

Ridacchio –Incredibile, questa sì che è una notizia! Hai deciso di metterti a studiare? Cos’è, non ti è piaciuto farti segare l’anno scorso?

Mi guarda offeso e si lascia cadere a terra, con la schiena contro il muro della scuola. Poi sorride. -Piuttosto che sparare cazzate, girati, e guarda quello lì, dimmi se non ha un culo da favola!

Gli lancio un’occhiataccia e lui alza le mani in segno di difesa –Sì, lo so, lo so che tu sei impegnato, ma cazzo, una sbirciatina ti sarà pur permessa, no? Vabbè la fedeltà e tutto, ma qui si tratta solo di guardare! Mica lo tradisci con gli occhi, no? Dai, non puoi perdertelo quello spettacolo! È quasi ai tuoi livelli, quel tizio!

Lo incenerisco, ma non posso evitare di voltarmi nella direzione che indica.

E lì resto fermo.

Senza saper respirare.

Senza saper parlare.

Senza saper tremare.

Senza saper fare nulla, a parte ascoltare il cuore aumentare progressivamente i battiti, fino a esplodere impazzito nel mio petto, in un tripudio di colori.

Non posso crederci.

Alto, snello, un paio di pantaloni sdruciti e una maglietta scura.

Mani in tasca, e spalle leggermente curve. Come sotto il peso di qualche fardello insostenibile.

Mi scoppia nel cuore una tenerezza incrinata.

Vorrei scattare avanti a raggiungerlo di corsa, stringerlo, stringerlo così forte da schiacciarlo, da polverizzare quella sua anima vagabonda, per poterla respirare insieme all’aria e non lasciarla mai più andare. Mai più scappare.

Per non lasciare che si allontani mai più da me.

E poi lui si volta, con esasperante lentezza, e guarda dritto verso di me. Mi inchioda a terra con la luce dei suoi occhi verdi, e poi sorride un sorriso tremulo e incerto.

Sento qualcosa di bagnato sulle guance.

Il sole sulla mia testa ride, e io sotto il sole piango.

Io sotto il sole piango e Nico sotto il sole sorride.

Noi due sotto il sole ci guardiamo.

E finalmente, io respiro.

Mio fratello è tornato a casa.

 

Mi schianto contro di lui, e rido forte mentre lo abbraccio. In questo momento vorrei baciarlo. Vorrei mordere il suo naso e affondare la bocca nei suoi capelli, sentire l’odore di mare che quelle sue trecce continuano a portare, scoprire uno per uno tutti i granelli di sabbia che gli sono rimasti incollati alla pelle, dopo ogni nuotata.

Barcolla, sotto il mio peso, e le ginocchia gli cedono. Io lo faccio cadere a terra, attento che non si faccia male.

Rotoliamo un po’ nel prato, ridendo, e io mi sdraio sopra di lui e circondo il suo corpo esile con le braccia, poso l’orecchio sul suo petto e sento il suo cuore, batte follemente, falena imprigionata, e in questo momento non c’è niente che possa farmi male, niente che possa togliermi il sorriso dalle labbra, perché sotto, davanti, intorno a me c’è Nico, ci sono i suoi occhi, i suoi zigomi, la sua bocca, ci sono le sue mani sulla mia schiena, le sue mani che conoscono ogni centimetro di questa carne, e la sua pelle, bollente, abbronzata, segnata dal dolore, la sua pelle impolverata, la sua pelle salata, e quest’odore che mi era mancato, questo suo odore, l’odore di mio fratello.

-Sei tornato- sussurro e lui annuisce, e chiude gli occhi e abbandona la testa contro l’erba, con me ancora arrampicato addosso, e sospira, come un gatto soddisfatto, e anche io sospiro, siamo di nuovo due cuccioli accoccolati, e non mi ero accorto realmente di quanto mi fosse mancato, non me n’ero accorto fino adesso, adesso che lui è tornato. Da me.

Dio, Nico, non lo fare mai più, non partire mai più senza di me, non lasciarmi indietro…

-Sei vivo.- dico, scioccamente, e lui sorride.

-Adesso sì.

 

Un tossicchiare fintamente imbarazzato, e la faccia di Blue mi compare davanti.

-Ehi Ale! Che, non mi presenti?

Chiudo gli occhi e nascondo il viso contro la maglietta di mio fratello. Come si permette quell’idiota di rovinare questo momento?

Sento Nico ridacchiare, e io mi sciolgo, ascoltando il suo petto vibrare di gioia.

Quanto lo amo!

Però mi danno fastidio quegli occhi scrutatori… e poi non mi piace l’idea dello sguardo affamato di Blue che vola sul corpo del mio adorabile gemellino…

Così mi tiro a sedere, e piuttosto contrariato, faccio le dovute presentazioni.

-Blue, mio fratello Nico. Niki, un mio compagno di basket, Blue.

Blue tende la mano –Piacere Niki…

Gli lancio un sassolino contro la gamba –Ehi, vedi di andarci piano. Poca confidenza… per te lui è Nico.

-Niki, non sai quanto mi hanno parlato di te…- continua imperturbabile il demente –Anche se non mi avevano detto che eri così bello…

-Ma se è spiccicato a me, coglione- replico scocciato. Blue ci guarda con aria critica –Effettivamente… Ale perché non ti fai anche te le treccine? Saresti sexi da morire con quella pettinatura… voglio dire, ancora più di adesso!

Nico ride, e questa è musica per le mie orecchie. –Fra come lo vede, bro?- chiede malizioso, e io alzo gli occhi al cielo.

Blue schiocca le dita –Ma certo, ecco qual è il tuo difetto! Sei già impegnato! Non che a me importi, sia chiaro, ma dato che tu ti ostini a considerarlo un impedimento a una storia tra noi… Niki dimmi, tu ce l’hai il ragazzo?

Guardo mio fratello. I suoi occhi brillano vivi mentre dice di no.

Blue alza un pugno in aria con gesto vittorioso –Lo sapevo che non eri noioso come tuo fratello! Si vede subito che tu sai cosa vuol dire vivere! Ora però non dirmi che sei etero perché mi crolla il mondo addosso…

Nico ha quasi le lacrime agli occhi dal troppo ridere, mentre scuote la testa.

Prima che Blue si azzardi a invitarlo fuori, portandomelo via, intreccio le dita a quelle di mio fratello e lo tiro in piedi. –Benissimo, adesso se vuoi scusarci Blue io e Niki avremmo molte cose da dire e da fare… Ci vediamo domani agli allenamenti…

E trascino via Nico, lasciandogli appena il tempo di sventolare la mano in saluto.

-Carino il tuo amico, com’è che non me ne hai mai parlato?

Scuoto la testa –Gioca con noi da poco. Ma dimmi di te, adesso. Quando sei arrivato?

Si lascia cadere sul mio letto, come era solito fare prima di partire. Si stiracchia –Poche ore fa. Ho posato le valigie e sono venuto a cercarti subito.

Ci mancherebbe altro penso, ma non lo dico. Invece, assumo un’aria seria -Quindi lui non l’hai ancora visto.

Il suo bel viso si indurisce per una frazione di secondo, e gli occhi si fanno ombrosi. –No.- tace, poi, cercando mi mascherare la tensione aggiunge -Come sta?

-Bene… bene, credo. A volte… a volte mi sembra lontano. Come in un altro mondo.

Scrolla le spalle. Mi siedo dietro di lui, e comincio a massaggiargli i muscoli della schiena, del collo. Lui rovescia la testa all’indietro, come un gatto.

Ridacchio. –E del bell’inglesino che mi dici?- sussurro malizioso al suo orecchio.

Trasale. –Come sai di lui?

-È passato di qui due settimane fa…

Mi specchio nei suoi occhi verdi. Si mordicchia le labbra –E… come ti sembra?

Scrollo le spalle –Bacia da dio, questo devo concedertelo.

Mi godo lo spettacolo di mio fratello che impallidisce, per poi arrossire violentemente. Scoppio a ridere, crollando addosso a lui –Dio Nikita sei fantastico…

-Cazzo significa me lo spieghi?

Sembra terrorizzato. Meglio rassicurarlo, prima che si faccia venire un infarto.

-E Fra come l’ha presa?- mi chiede, dopo il resoconto.

-Male. Ma abbiamo fatto pace, poi- sogghigno. Lui fa una smorfia, affonda il viso nel cuscino–Non dirmi come.

-Sicuro di non volere i particolari?

-Pervertito…- borbotta mio fratello, guardandomi storto. Poi scoppiamo entrambi a ridere.

Guardo fuori dalla finestra. C’è il solito via vai di gente, di auto e pullmann e bambini.

Improvvisamente, torno a rivolgermi a mio fratello. –Niki… con Dani come va?

Una smorfia –E che ne so. Non lo sento da mesi…

-Ma adesso che sei tornato…

-Dovrò vederlo, lo so. Devo prepararmi emotivamente, però.

Cazzo. E ora come glielo dico? Guardo di nuovo fuori dalla finestra, mi mordo le labbra –Niki?

-Che c’è bro?

-C’è che faresti bene a prepararti in fretta.

Solleva su di me quei suoi enormi occhi innocenti. –E perché?

-Perché Dani sta per suonare alla porta.

Gli occhi innocenti improvvisamente si riempiono di terrore. Mi porto vicino a mio fratello, lo sostengo, perché ho paura possa svenire, tanto velocemente è impallidito.

Gli bacio la tempia veloce, e mi si stringe il cuore nell’ascoltare il suo ‘No’ sgomento.

Ma altro non posso fare, perché Dani è già comparso sulla porta, anche se tiene la testa bassa, concentrato su un libro, e quindi non si è accorto di Niki.

Vedo mio fratello respirare profondamente, e guardarmi deciso.

Ha occhi da guerriero, adesso, il mio Nikita, occhi da samurai e da monaco combattente.

Si volta verso Daniele, e la voce trema appena, mentre parla –Ciao Dani.

Un tonfo sordo. Il libro è caduto.

E Daniele ha sollevato la testa di scatto, il respiro intrappolato in gola.

Poi si scioglie in una corsa e si getta addosso a Niki, simile a me appena due ore fa, e ride e piange e tiene gli occhi serrati, come se avesse paura che riaprendoli Nikita potssa sparire, e lo abbraccia con dolcezza, con venerazione, con frenesia, sussurrando come in una preghiera –Sei tornato, sei tornato.

E Niki resta immobile, cercando di non spezzarsi, e io assisto impotente alla battaglia interiore tra i mille sconosciuti che è stato e il bambino che ha ormai ucciso, e incredibilmente è proprio questo ad avere la meglio, a prevalere, perché alla fine le braccia di mio fratello si chiudono intorno al corpo di mio cugino, e anche gli occhi di Niki si serrano, mentre una lacrima solitaria bacia la guancia, scivolandogli in bocca.

E Niki senza parlare e senza guardarmi allunga una mano, e io l’afferro, le nostre dita si intrecciano e io mi avvicino, lo abbraccio da dietro, e restiamo così, avvinghiati come bambini durante un temporale, cercando nel nostro calore un rifugio ai tuoni che lacerano il cielo.

Eppure, tutti e tre sappiamo che, questa volta, la tempesta non finirà in poche ore.

 

Okkkei… ora Nikita è tornato all’ovile. I gemelli sono soddisfatti, accoccolati nel letto vicini, e questo mi basta. Poi, mi diverto a scrivere di Blue… e non sarà sempre idiota come in questo capitolo.

Mi spiace che Fra compaia poco, Anarchy, ma volevo dare spazio ai fratellini… Non sono riuscita a fare neanche l’one on one, sarà per la prossima volta… prometto che un giorno te lo scrivo. In effetti, mi è venuta appena adesso un’idea… vedrò come sistemarla, ok? Spero che ti sia divertita comunque… e GRAZIE per i commenti! Lo sai che mi fanno un piacere enorme, vero?

Ciao Siz! Sono contenta di risentirti… anche a me piace la miciosità di Ale… i gemelli mi ricordano davvero i gatti: passano dal far le fusa a graffiare nello spazio di un secondo! Quanto a Dani, invece, non lo so, mi sta un po’ sfuggendo. Però volevo far notare che a Cate ci tiene davvero, non è solo un riempitivo.

Boh, adesso vi saluto. Bacioni a tutti, a presto, Roh

 

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Capitolo 14
*** nico - essere quasi felice ***


Nico

 

Nico- essere quasi felice

 

Ale si aggrappa al collo di Francesco, che gli passa un braccio intorno alla vita.

Io li osservo con un sorriso benevolo. Il mio futuro cognato mi fa un cenno quasi imbarazzato con la mano. –Beh, noi andremmo…

Annuisco, facendo lo spavaldo, ma non posso ingannare il mio adorato fratellino. Ale mi guarda preoccupato –Sei sicuro che…

-Sicurissimo, filatevela pure… te lo meriti un premio, per come hai giocato!

Fra ci guarda perplesso, una punta di apprensione sul bel viso. Ma sono sicuro che quando potrà divorare in pace le labbra di mio fratello, la porta di casa chiusa sul loro segreto, smetterà di preoccuparsi per me. Non si ricorderà più nemmeno della mia esistenza.

-Niki ha ragione, Ale, sei stato grandioso!

Trattengo a stento un moto di fastidio al nomignolo affettuoso.

Mi volto a fronteggiare mio cugino.

Pessima mossa. Perché mi scontro con gli occhi chiari di Cate, e non posso fare altro che morire.

-Nikita?- chiede di nuovo Ale, afferrandomi la mano.

Gli sono grato per il diversivo. Stavo per fare qualcosa di molto stupido.

Ricambio la stretta e sorrido. –Davvero, Ale.

Non è stato così terribile guardare la partita con Daniele di fianco. Anche se c’era Cate con lui.

In fondo, bastava concentrarmi su Fra, sulle battute e sulle chiacchiere tanto familiari.

Per non parlare poi degli scatti di rabbia ogni volta che Blue si avvicinava ad Ale, anche solo per battergli il cinque dopo un’azione particolarmente ben riuscita. Praticamente, fumava.

Uno spasso. Mai divertito così tanto con Francesco. Credo.

Neanche quando da bambini ci tuffavamo nel fiume dal ramo più alto.

Quasi. Certo, sentire la voce insopportabilmente sensuale di Daniele nelle orecchie, il suo fiato sulla guancia, il suo fianco spinto contro il mio dalla ressa… non ha migliorato il mio umore.

Diciamo che mi sentivo in vena di sadismo, ok?

E poi, a me Blue piace. Mi piace la sua risata, il suo modo di scherzare.

E mi piace come mi guarda. Mi è piaciuto come mi ha guardato, dal centro del campo, con le labbra leggermente incurvate. Si è sfiorato la fronte, in quel momento, come in un saluto militare. E io mi sono trovato a sorridergli di risposta, con un cenno della testa.

Ho sentito Dani irrigidirsi, come se la cosa lo irritasse. Ma non mi sono voltato a guardarlo.

Probabilmente, ha solo paura che Blue ci provi con me, spezzandomi il cuore.

Non preoccuparti, Dani. Il mio cuore è già sepolto, e sei stato tu a scavare la fossa.

Comunque, un conto è stare insieme a lui e Cate in mezzo alla folla, difeso dalla presenza rassicurante di Fra.

Un altro è stare con loro da solo. Nel centro di una strada deserta. Alla ricerca di un filo di voce, nella gola, per salutarli e augurare loro buona serata.

-Ehi Niki, lo vuoi uno strappo?

Guardo Blue, mi fissa sfrontato, un braccio fuori dal finestrino abbassato.

Lancio uno sguardo a Dani, a Cate, alle loro dita intrecciate. Mio cugino mi scruta contrariato.

Non me ne frega un cazzo di quel che pensi tu, Dani. Ho diritto di vivere la mia vita come voglio.

Mi rivolgo a Blue. –Certo.- rispondo, e lui mi gratifica di un sorriso sincero. Resto un attimo stordito, tanto è abbagliante.

Poi, rivolgendo un cenno veloce a mio cugino e alla sua deliziosa fidanzata nordica, aggiro la macchina e mi siedo al fianco di Blue.

-Fretta di andarsene?- chiede beffardo. Scrollo le spalle –Non mi piace fare da terzo incomodo.

Lui annuisce, cambia la marcia. Mi scocca uno sguardo incuriosito. –Quello era tuo cugino, vero?

Cenno affermativo, prima che il suo apparentemente distratto commento mi geli.

(Apparentemente, appunto. E allora perché ho l’impressione invece che gli sia bastato uno sguardo per inquadrare l’intera situazione?)

-Bel ragazzo.

Trattengo il fiato, aspettando che continui, ma lui sta zitto. Devo cambiare argomento…

-Senti, io sto…

-Lo so dove stai, quindi tranquillo. Cosa credi, che sia la prima volta che vengo a casa tua?

Mi rilasso contro il sedile. La musica che Blue ha scelto è piacevole, mi avvolge complice, cullandomi. Mi sistemo meglio, e lo guardo.

Guida con gli occhi fissi sulla strada. Ha un profilo perfetto.

Improvvisa, mi prende la tentazione di tracciarlo con le dita.

Per scacciare l’idea, mi trovo a chiedergli di Ale.

Di nuovo quel sorriso vero. Non mi guarda, rispondendo.

-Ale. Ale è fantastico. Mi piace da matti tuo fratello, sai?

-Perché?

Alza le spalle, sulle labbra quella curva distintiva –Perché è sfuggente, e gioca bene a basket. Perché non è uno facile, e perché è così stupido da credere nell’amore. Mi fa tenerezza, tuo fratello. Mi viene voglia di metterlo sotto una campana di vetro e di proteggerlo da tutta la merda che gli sta intorno. E poi… cazzo, è uno schianto. Da restarci secchi, a bocca aperta. La prima volta che l’ho visto… quegli occhi mi si sono conficcati in testa, ci ho messo una settimana a dimenticarmeli!

È bello andare in macchina con lui, la musica nelle orecchie e gli alberi e le case che fuori scorrono. E la sua voce, sensuale, che riempie l’abitacolo.

Mi fa venire voglia di giocare. Di stuzzicarlo.

Così sorrido. –Beh, tutti dicono che siamo identici. Se fosse solo questo, dovrei piacerti anche io.

Lui non risponde subito, ferma la macchina. Poi, mi guarda. Dritto negli occhi. E sorride.

-Infatti.

Dice. E io resto fermo a fissarlo, preso in contropiede, con il cuore in gola come un ragazzino.

Improvvisamente mi accorgo che siamo ancora fermi. Distolgo lo sguardo nervoso.

-Beh che fai, non riparti?

Ridacchia, scosta una ciocca dalla fronte. –Se vuoi lo faccio, ma pensavo volessi andare a casa.

Sento le guance bruciare, mentre mi rendo conto di essere arrivato. Apro la portiera e faccio per salutarlo, ma lui mi ferma. –Ehi, non mi inviti neanche a salire?

Ride, alla mia espressione incerta. –Tranquillo, non ti mangio! Semplicemente, solo io, solo tu, facciamoci compagnia. E risparmiati la fatica di dire cazzate: lo so che i tuoi sono partiti e anche tua sorella. Quanto a quello sciagurato di Ale, beh, fosse nel mio letto non lo lascerei uscire per un bel pezzo, e presumo che il suo ragazzo la pensi esattamente come me. Sei solo. Dai, fammi salire. Ti preparo la cena. Sono un bravo cuoco, sai?

Sospiro, mentre lui mi posa una mano sulla schiena e mi spinge avanti.

-Cosa hai intenzione di cucinarmi, allora?- chiedo poi, sprofondando nella sedia della cucina. Lui si siede sul ripiano davanti a me. –Non lo so, bimbo. Tu cosa vuoi che ti prepari?

-Ehi, chi hai chiamato bimbo?

Lui mi accarezza lo zigomo in una carezza fugace, mentre attraversa la stanza per inginocchiarsi davanti al frigo. –Te. Che ne dici di un’insalata?

-Quella la so fare anche io! E poi, chi credi di essere? Non sei poi molto più grande di me, sai?

Lui inizia a tirare fuori un po’ di cose. –Ma la mia insalta è speciale. Fidati.

Lo guardo tagliare i pomodori in silenzio. Poi, improvvisamente, parla.

-Non volevo offenderti, prima. E lo so che non sei piccolo. Solo che… c’è qualcosa in te, che mi fa pensare a un bambino. In senso positivo, però. Una sorta di innocenza… di pienezza… di fragilità…

-Mi stai dando del debole?

-No! Ho parlato di fragilità, non di debolezza. Mi ricordi… un angelo caduto, ipersensibile a tutto. Mi sembri uno di quei fiori, che basta una folata di vento a spazzarne via i petali. Sei… bellissimo, e soffri. Sei… il mio bimbo.

-Ma vaffanculo- sbuffo, e lui ridacchia.

Lo osservo lavorare ancora un po’. Poi –Non sono così innocente come credi.

-Lo so.

-Hm?- chiedo, rubandogli una fetta di pomodoro, e lui sorride di nuovo. –Beh, non mi aspetto certo che con quel faccino tu sia arrivato illibato alla maggiore età. Solo un grande amore avrebbe potuto preservarti casto e puro… e dimmi, quest’amore c’è?

Ho le guance in fiamme. –Sì… ma non è bastato.

Si muove nella mia cucina come se ci fosse nato. –Ah. Quindi non sei idealista come tuo fratello.

-Non è quello. Solo… so che il mio è un sogno irrealizzabile. Quindi, non vale la pena restarci aggrappati.

-E come fai a dirlo?

-Eh?- lo guardo. Mi sta fissando intensamente.

-Dai, Niki. Chi ti dice che sia irrealizzabile? Ci hai provato? Voglio dire, sei talmente bello che potresti far venire dubbi anche ad un etero. Non escludo che qualcosa del genere sia già successo. Ma non sei solo bello, sei anche simpatico, piacevole, misterioso, seducente. Non vedo come potrebbe qualcuno resisterti, se provassi a farti avanti. E se anche questo fosse così imbecille, oh bè, ne troveresti altri mille più furbi appena svoltato l’angolo.

-Non è così semplice.

-Ah no? Cosa ti blocca? La paura di perderlo? Guarda tuo fratello: quanto tempo sono andati avanti lui e Fra a rincorrersi? Non ne vale la pena, di esitare, Niki. Non quando la posta in gioco è così alta.

Non parlo. Lo guardo cucinare. Lui rispetta il mio silenzio e continua a lavorare. Ma quando mi sporgo per prendere un altro pezzo di pomodoro, mi cattura la mano.

-Ah no, mio bel bimbo, uno te lo abbuono, ma il secondo lo devi pagare.

-Idiota.

Prima che possa tirarmi indietro, si sporge e mi ruba un bacio. Resto stupito, e non posso fare altro che schiudere le labbra quando con delicatezza lui vi preme contro il pezzo di pomodoro che prima non mi aveva lasciato mangiare. Mentre deglutisco, sorride.

-Bravo il mio bambino.

Faccio per parlare ma lui mi previene –Non dire niente. Non sai quante volte ho sognato di farlo, tuo fratello vicino è una tentazione continua. Non potevo lasciarmi sfuggire l’occasione di assaggiare quelle labbra senza il rischio della mannaia di Francesco.

Sbuffo. Ride. –Eddai, non fare l’offeso adesso. Era solo un bacetto innocente. Potevo fare di peggio, sai, ma non volevo corrompere il tuo cuore di bimbo.

-Deficiente è rimasto ben poco da corrompere ormai…

Mi zittisce con un dito sulle labbra. Il tocco sembra una carezza strana, ed è pericolosamente sensuale. –Zitto. Non mi tentare, bimbo.

Ci rinuncio, mi alzo e vado a preparare tavola. Poi lo aspetto in soggiorno.

Lui arriva con la sua insalata tra le braccia.

-Arrabbiato?- mi chiede strafottente, spingendomi un piatto davanti.

Scrollo le spalle, iniziando a mangiare.

Maledizione a lui, è buona davvero. Cerco un commento pungente da fare ma non ne trovo nessuno. E Blue sembra saperlo, perché mi guarda mangiare malizioso.

-Cambia espressione. Questa mi urta- gli comunico sbrigativo. Lui sogghigna, ma non risponde.

Dopo aver messo a posto la cucina, lo trovo inginocchiato davanti alla videoteca. –Te ne vai?- chiedo sbadigliando, e lui si volta a sorridermi. –Stufo di avermi tra i piedi?

-Sì.

-Beh, mi spiace ma dovrai sopportarmi ancora un po’. Voglio guardarmi un film. Che preferisci, comico o thriller?

-Comico.

-Vada per il thriller allora. Non l’ho mai visto questo.

-Stronzo.

Infila la cassetta nel videoregistratore e si lascia sprofondare nel divano accanto a me. Molto accanto a me. Praticamente in braccio a me.

-Non puoi farti più in là? C’è ancora mezzo divano da occupare!- mi lamento, e lui mi zittisce, coricandosi con la testa nel mio grembo. –Silenzio bimbo, e guarda il film. Dovresti essere contento di avermi vicino.

Lo guardo perplesso. Lui sorride malizioso. –Si sa, i bambini sono facilmente impressionabili! Non vorrei doverti tenere compagnia nel letto, sta notte. Oddio, a me starebbe anche bene ma… ok, ok, non parlo più- ride, cercando di ripararsi dai miei colpi. Ma l’unica cosa che riesco a ottenere, è che si sistemi ancora meglio in braccio.

-Oi bimbo, se hai paura la mia mano è qui.

-Deficiente.

-Non si dicono le parolacce, sai?

-Vaffanculo.

-Uhmmm, che bambino cattivo, dovrei sculacciarti…

-Provaci solo…

-Sarebbe una proposta?

Guardo i suoi occhi brillanti, la sua testa rovesciata. Alzo gli occhi al cielo e gli giro il viso verso lo schermo –Taci e guarda il film.

-Agli ordini capo!

Sempre l’ultima parola, eh?

Per un po’ sta zitto. Comincio a sospettare che si sia addormentato. Ma la sua voce mi giunge improvvisamente. –Perché te ne sei andato?

-Eh? Hai detto qualcosa?

Si volta, si mette a sedere. Mi guarda negli occhi.

È serio.

Mi fa quasi paura, con quegli occhi intensi.

-Perché sei partito, quest’estate? E perché l’hai fatto da solo?

Mi mordo il labbro, distolgo lo sguardo. –Con chi avrei dovuto andare?

-Ale, forse?- il tono è ironico.

-Ma non farmi ridere! Sta con Fra, ricordi? Non gli avrei mai chiesto di mollarlo qua, solo per seguirmi in giro per l’Europa.

-Così hai preferito mollare tu lui.

Scatto –Senti non capisco che cazzo vuoi! Non sai niente di…

-Quel che so è che tuo fratello ha passato dei mesi d’inferno… e magari solo per un tuo capriccio!

Mi alzo in piedi, e lui quasi rotola a terra. Lo salvano i suoi riflessi.

–Un capriccio? Non sai un cazzo, Blue, un cazzo di quel che ho passato, di cosa ha significato per me stare mesi lontano da Ale, limitandomi a parlarci per telefono una volta ogni quindici giorni… non sai come ho vissuto in quelle strade, non sai cosa pensavo. Non mi conosci, non sai perché sono partito e tornato e…

Le sue dita sulle labbra. La sua mano sulla guancia. I suoi occhi nei miei. E un sorriso quieto, dolce, così strano per lui.

-E tu dimmelo, Niki. Apriti. Fatti conoscere. Voglio conoscerti. Credi che sia qui con te solo perché hai gli occhi più belli che abbia mai visto? Solo perché ho sempre sognato di portarmi a letto tuo fratello, che abbia ripiegato su di te perché tanto lui aveva già Fra? Credi che sia solo per questo? Cazzate, Niki. Non mi interessa una scopata, preferisco parlarti. Perché mi capita raramente di incontrare persone interessanti, e tu, Nikita, interessante lo sei di certo. Sotto tutti i punti di vista. Vorrei conoscerti. Perché sei partito?

Abbasso lo sguardo. Di nuovo. Ma questa volta c’è paura nel mio gesto, la paura di restare nudo davanti agli occhi selvatici di Blue.

-Non posso dirtelo. Non… non ci riesco.

-C’entra quel ragazzo, vero?

Scuoto la testa, annuisco. Rido, una risata tremante. –Sì. No. Forse. Dio… non lo so più. Sì. Senz’altro lui c’entra. Era parte essenziale del disegno. Ma l’affresco complessivo.. è più complesso. E scuro. A me piace dipingere, sai Blue? Ecco una cosa che posso dirti senza problemi. Io disegno, dipingo.. e se dovessi ritrarre la mia vita in forme astratte, sarebbero forme di buio e paura. Di incubi. Tanti, troppi incubi, che affollano la gola e non possono essere espressi in parole. A volte, quando suono, si mostrano davanti a me, e si inchinano, e allora riesco a esorcizzarli. Ma sempre, sempre ne restano altri, troppi. E mi fanno affondare, mi pesano in testa…

Mi interrompo, sono pericolosamente vicino al pianto.

Due braccia forti mi avvolgono, due labbra calde si posano sui miei capelli, appena sopra l’orecchio. Mi accorgo di tremare nel preciso momento in cui Blue mi attira a sé, costringendo la mia testa sulla sua spalla.

-Shhh, stai calmo, adesso, non c’è da aver paura…se non riesci a parlarne non devi farlo… dai Niki, rilassati…

Mi lascio cullare, dal suo corpo e dalle sue parole. Si è seduto sul divano, e io gli sono rannicchiato in grembo, e se anche il mio orgoglio vorrebbe scappare, alzarsi in piedi, Nikita si arrende a Blue, perché è troppo tempo che il mio sé bambino sussulta infreddolito, senza un abbraccio.

Lentamente, riapro le orecchie alla cantilena di Blue, e sento le forze tornare, il coraggio rialzare la testa.

-Shhh, Niki, va tutto bene… dai, bimbo, si sistemerà tutto…

Sorrido, contro la sua spalla, e mormoro –Non chiamarmi bimbo.

Lui capisce, e mi rovescia sul divano. –Perché no, bimbo? Non sei forse un bimbo? Il mio bimbo…

Rido, mentre il bastardo mi fa il solletico, e cerco di scalciarlo via, protestando –Lasciami stronzo, lasciami… Blue smettila, non farmi incazzare, dai… basta! Blue…

La voce di Fra ci coglie impreparati. –Che cazzo sta succedendo qui?

Blue solleva di scatto la testa, e sono sicuro che per una frazione di secondo le sue guance si siano colorate di rosa. Certo, riprende in fretta la sua faccia da schiaffi, replicando sfrontato –Non si usa più bussare? Potevate interrompere qualcosa…

Mio fratello fa capolino. Avviluppando le braccia al collo di Francesco, che continua a guardare me e Blue con aria perplessa, miagola –Blue… pensavo che fossi un gentiluomo… approfittare così di un ragazzino…

Cazzo, non si metterà anche lui a trattarmi da bambino, spero! Voglio dire, ha dimenticato che la differenza d’età tra noi si aggira intorno ai dieci minuti?

Meno male che qualcuno con la testa sulle spalle c’è ancora… Fra si volta a guardare lui, con aria sempre più stranita –Ragazzino? Amo’… che cazzo stai a dire?

Ma mio fratello ridacchia, strofinando il naso contro la sua spalla, e vedo distintamente gli occhi di Francesco offuscarsi, riempirsi di desiderio.

Quei due sono irrecuperabili. Si sono rotolati nel letto per almeno cinque ore, posso scommetterci qualunque cosa. Eppure, il mio una-volta-savio-amico non è ancora sazio del micio malefico che ha preso il posto di mio fratello il giorno che si sono chiariti. L’idiozia di quei due a volte mi stupisce ancora.

E poi, non esiste che gli occhi languidi di Ale distolgano il mio cavaliere dalla mia difesa!

Tossicchio, e Fra distoglie lo sguardo dal mio gemello tentatore, e approfittando di quell’istante di lucidità si allontana da lui, prima di cedere all’impulso di coricarlo sul tappeto e riprendere quel che hanno faticosamente interrotto solo cinque minuti fa in macchina.

Ale ride di nuovo, questa volta una risata vera, sbarazzina, la risata di mio fratello, e si siede sul bracciolo del divano, vicino a me. Mi tira una treccia –Allora, che avete combinato voi due?

-Gli ho preparato la cena…- sogghigna Blue, scambiandosi uno sguardo con Ale. Che ammicca, avvolgendomi in una stretta soffocante. Con la voce in falsetto, replica –Ed è stato bravo il mio bambino?

Roteo gli occhi, ascoltando Blue. –Certo, signora, è stato un vero angelo… però il suo bambino è un po’ sboccato, non si dovrebbero dire certe parole…

Senza lasciarmi allontanare, Ale mi guarda negli occhi sbattendo le ciglia.

Comincio a pensare che Fra me l’abbia drogato.

–Tesoro mio, ma come? Dici brutte parole? Ma la mamma te lo dice sempre che non devi fare il cattivo… perché non la ascolti la mamma? E chi te le insegna quelle brutte cose?

No, scherzavo. L’idiozia è tutta sua.

Riesco a districarmi dai suoi tentacoli e scatto in piedi, allontanandomi. –La colpa è tutta di quel deficiente di mio fratello, mamma- replico ironico –Quindi andate a cagare, tu e papà- indico con la testa Fra, che ha seguito il tutto con aria sconsolata –E il qui presente stronzo, e…

-MA TESORO! COSì SPEZZI IL CUORE DELLA TUA MAMMINA!- geme quel pirla di mio fratello, artigliandosi il cuore con la mano. Scuoto la testa, sospiro, mentre Blue sogghigna –Cosa le dicevo, signora… dovrebbe lasciarlo in mano a me, il suo bambino…

-Già, ci penseresti tu, vero, a punirlo in maniera adeguata- replica ironico Francesco. Nonostante tutto trattengo un sorriso. Quei due non andranno mai d’accordo.

Fortuna vuole che questo mini battibecco tra il suo migliore amico e il suo ragazzo faccia rinsavire il mio gemello demente. –Comunque, siete stati bene insieme?

-Stai scherzando? Io bene con quel maniaco?

-Ma che maniaco, se mi sono trattenuto tutto il tempo! Mica starai ancora lì a lamentarti per un bacetto innocente…

arrossisco, mentre Francesco scoppia a ridere –Seee…. Innocente, e noi ci crediamo…

Ma scopro Ale a fissare negli occhi Blue. –Ricordi vero il nostro discorso?

Blue fa un sorriso sghembo, e si alza in piedi. Stringe il braccio di mio fratello brevemente, poi batte il palmo contro il suo in un saluto cameratesco. –Oh yeah, man. Don’t worry… Bye-bye boys, ci si vede… buonanotte a tutti, fai bei sogni, bimbo…- mi sorride, e io lo spintono verso la porta –Guarda, vattene solo prima che mi incazzi sul serio…

Mi volto verso gli altri due, e sospiro rassegnato.

Mio fratello si è arrampicato sulle ginocchia di Francesco, e adesso siede a cavalcioni del suo ragazzo. Che, neanche a dirlo, sembra già completamente partito.

-Con permesso.- dico ironico, trattenendo un sorriso, ed esco dalla stanza.

Non mi giunge risposta. Non me l’aspettavo.

Poso la testa sul guanciale e mi scopro a sorridere ancora.

Stringo i pugni sotto il lenzuolo. Sento le unghie pungere la pelle.

Sono vivo. E questa sera, sono –quasi- felice.

Possibile che debba ringraziare per questo miracolo un fratello scemo, il suo fidanzato stordito e il suo amico pervertito?

Sento i passi barcollanti della mia coppia preferita avanzare nel corridoio a tentoni.

-Stai attento- il sibilo di mio fratello –Che lo svegli.

-Se ti staccassi magari potrei camminare meglio…- la replica stizzita e sussurrata di Francesco.

-Quindi vuoi che mi stacchi?- la provocazione roca e pericolosa di Ale.

E la risposta esasperata di Fra –Ohhh… e statti zitto una buona volta, Ale, piantala di fare casino…

Il gemito di mio fratello. Soffocato dalle labbra del suo ragazzo.

E il mio sorriso che si allarga, nel buio.

Sì. Decisamente, la colpa è tutta loro.

 

Non so. questo capitolo me lo sono sognato tutto il penultimo giorno di scuola, mentre la prof di filo si ostinava a spiegarci la critica alla ragion pratica di Kant. E poi sentivo il bisogno di metterlo per iscritto.

Ve l’ho detto, a me Blue sta simpatico. Riuscirò a farlo amare anche a voi, promesso!

Venus… ora come ora non so come sistemare le cose con Dani. Non ne ho proprio la più pallida idea… E quanto a lasciare quel capitolo sul più bello… non potevo gestire tutte quelle emozioni. Non ce la facevo proprio. Anche perché non ho più ben chiara in mente dove andrà questa storia…

Siz, mi fa piacere che tu condivida le mie opinioni su Blue… comunque con Ale non ha mai fatto davvero sul serio. Gli vuole troppo bene per prenderlo in giro, e poi ammira lui e Fra. Ripeto che non so bene come andrà con Dani, e sai lo strano? La ragazza si chiama Cate, ma anche io mi sbaglio spesso e scrivo invece Vale! Chissà perché…

Copilote… ti ringrazio, sono contenta che adesso ti prenda di più, la mia storia. Spero che questo capitolo (e i prossimi) non siano da meno… Quel che tengo si capisca, è che Fra sta insieme ad Ale, ma vuole un bene dell’anima anche a Niki. E i gemelli… i gemelli… io non riesco a scrivere senza gemelli!

Cialy… GRAZIE! Comunque, a ben pensarci credo che anche io avrei paura di Blue, stessi leggendo. Ma essendo la scrittrice… lo adoro! Spero ti piaceranno anche gli altri, a presto!

Kisses a tutti, Roh

Ps- Anarchy, riuscirò a farti capire che Niki non rappresenta un pericolo per la coppia Alefra, te lo giuro!

 

 

 

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Capitolo 15
*** Blue - paura del tramonto ***


Blue: il tramonto fa paura*

Blue: paura del tramonto*

 

Getti gli occhi al cielo. É sera.

Un piede davanti all’altro, misuri la strada.

È sera, e nel petto ti serpeggia quella solita, spiacevole voglia. Non sai cosa fare, non sai cosa dire. Come sempre, del resto. Quando il giorno muore, sembra di morire anche a te.

La tua notte è a volte fredda, a volte calda: sempre buia, però.

E di finale, ne conosce uno solo.

Un letto, o almeno un divano. Labbra su labbra, gambe tra gambe. Per non pensare. Per ingannare l’attesa. Di cosa, ancora non l’hai capito.

Dio, se la odi la sera. Non capisci come può qualcuno dirla rilassante. Per te, uscire è l’unico modo di far guerra all’angoscia.

Sorridi. Chissà cosa penserebbero, i tuoi compagni, i tuoi amici, i tuoi amanti, se ti sentissero parlare così.

Chissà cosa penserebbe la gente, sapesse che Blue, l’eterno ottimista, ha una paura fottuta del tramonto, e del gelo che gli sale nelle ossa. Chissà cosa penserebbe la gente.

Non capirebbe, questo è sicuro.

Ale, forse. Ale ti ascolterebbe fino in fondo, con quella deliziosa espressione di concentrazione sul musetto pulito, e gli occhi verdi attenti, profondi. Ale ti ascolterebbe, ma non saprebbe cosa rispondere. Non conosce l’inquietudine, Ale.

Ale è limpido, Ale è sereno. Ale è felice o incazzato, ride o urla, strepita, piange. Ma il suo dolore ha sempre una causa, e lui sa sempre dove guardare per trovarla. Niente nasce dal niente, per lui. E quindi, niente vi torna.

Tu, invece, tu nel niente sei cresciuto. E il niente hai amato, per anni. Il niente hai odiato.

Premi le mani sulla porta del locale, entri.

Respiri a fondo, mentre piano il battito del cuore torna regolare, torna ritmico e languido. E quel ritmo e quel languore, Blue, ascolti, adeguandovi il passo, compiacendoti, con una punta appena percepibile, facilmente trascurabile, di amarezza, degli sguardi che ti si incollano addosso. Delle occhiate furtive che ti seguono, che ti amano.

Cammini fino al bancone, e quel che vi trovi ti accende una scintilla d’allegria nel petto. Siedi entusiasta, e ti perdi un attimo ad analizzare questa emozione- da quanto tempo non sentivi questo calore? Da quanto tempo non provavi questa piacevole paura?

Dal giorno che ti sei scoperto irresistibile, ti risponde una voce acida, situata da qualche parte nel cuore. Dal giorno che hai scoperto quanto fosse facile, un semplice sorriso, uno scuotere della testa, uno schioccare di dita, ed ecco il tuo interlocutore a rabbrividire, a morirti sulle labbra, a infilarsi nel tuo letto. Aspettando un tuo gesto. Aspettando una tua parola.

Ma il moretto davanti a te non ti aspetterà- non l’ha mai fatto. E se avvicinassi la faccia alla sua, per sbattergli le ciglia vicino, ti morderebbe il naso. Senza esitare.

Per questo gli doni un volto sincero- un sorriso ironico, strafottente, che sai lo irrita da morire. E ridacchi, lanciando la prima frecciatina –Non sapevo che lasciassero entrare i bambini…

Nico ti rivolge il suo sorriso più velenoso. –Per me fanno un’eccezione.

E tu lo osservi, e permetti al tuo sguardo di scivolare sul suo corpo snello, eccitante, di impigliarsi in quelle gambe lunghe attorcigliate allo sgabello, di soffermarsi sulla maglietta scura che non sa nasconderlo. E pensi che certo, per lui fanno un’eccezione. Chi saprebbe lasciarlo fuori, uno così?

Niki avrà sempre la strada spianata, nella vita. Con quel faccino, gli basterà arricciare il naso, o imbronciare le labbra, e i ponti levatoi si abbasseranno, a permettergli il passaggio. Sicuro, dietro ai sorrisi si nasconderanno secondi fini, quanti gli diranno di sì solo per portarselo a letto? Dovrà batterci il naso, prima o poi, Nico, che così va il mondo. E chissà se al momento si trasformerà in un pupazzetto di stoffa, o se resterà quel gatto sfuggente e permaloso? Qualche compromesso dovrà accettarlo, ragioni, e una stretta allo stomaco quasi ti mozza il respiro. Tutti lo fanno. Anche tu.

Ma non vuoi pensare a questo, adesso, perciò riprendi in mano il copione, prosegui la vostra recita scema.

Scuoti la testa, un brivido ti coglie quando una ciocca sfuggita all’elastico ti sfiora il collo, seducente carezza. E pensi che devono essere belli i tuoi capelli biondi sotto la luce, e vorresti che anche Nico se ne accorgesse. Chissà, magari l’ha fatto. Ma sei sicuro che non ti darà mai la soddisfazione di ammetterlo.

-Che ci fai qui?

Bevi un sorso dal tuo bicchiere, ringrazi con gli occhi Paolo, che ti ha preparato il tuo cockail preferito, senza lasciarti tempo di ordinare. Ti conosce, ormai. Ti conosce bene. Molto. Troppo, penserebbero alcuni. Tu ti limiti a scrollare le spalle. E a bere i suoi intrugli.

-Ci venivo spesso, sai? Prima di partire.

Un’occhiata a Nico. Pare lontano. Non ti piace vederlo così.

-E perché ci sei tornato proprio stasera?

Lui non risponde, fissa lo sguardo nel bicchiere. Dopo un po’, un sorriso birichino lo illumina. Ti scocca un’occhiata.

-Dì, ma tu lo sapevi che visitare Pisa è sempre stato il più grande sogno di Ale?

-Eh?

Non lo capisci bene, questo cambio di argomento. Del resto, ti stupiva che fossero già cinque minuti che parlavate, e ancora il nome di Ale non era saltato fuori.

-L’ha detto stasera a cena.- spiega lui. E aggiunge, un po’ perfido.- Per giustificare il fatto che parta domani.

Tu ti strozzi con il cocktail. E lui sogghigna, bastardo, e tu vorresti mordergliele, quelle labbra che si permettono di sfotterti. Vorresti morderle, e poi leccarle, e succhiarle, e adorare ogni loro millimetro…

Ti ha sempre fatto impazzire, la bocca di Nico. Anche quando era la bocca di Ale.

Ale. Senti un leggero vuoto dentro, a pensarlo lontano. Eppure sai che lontano non è- non in maniera definitiva, almeno. Che altrimenti Nico non sarebbe così tranquillo, qui.

-E dove va?

-Beh, a Pisa, no?- risponde Nico, guardandoti storto. E dio, sembra davvero un bimbo, adesso, un bimbo dispettoso che cerca di far entrare un adulto nel suo mondo di fiabe. Blue si sente vecchio, vicino a lui. Si sente vecchio, e un po’ pervertito, a fare certi pensieri su quel ragazzino candido.

Certo, fermo restando il fatto che il suddetto ragazzino candido, a sentirsi così chiamare, lo prenderebbe a sberle fino alla nausea.

-Da solo?- chiedi, per cercare di dare un senso a quella conversazione insensata. E vieni ricompensato da un sorrisino malizioso di Nico, e come diavolo faccia quel ragazzo a diventare ancora più bello è davvero un mistero.

–Ti dirò, è proprio vero che la vita è piena di coincidenze… Ale va a Pisa e, guarda caso, in questi giorni anche Fra deve stare lì per il matrimonio di qualche sua cugina… l’avresti mai detto?

Lo guardi, e quegli occhi verdissimi si specchiano nei tuoi. Ti danno la vertigine, e tu gli perdoni tutto, l’infarto che ti ha fatto prendere, le prese per il culo, e anche tutte le incazzature che sai dovrai inghiottire per colpa sua, in un futuro neanche troppo remoto. Gliele perdoni, e poi ti dai del coglione, ma ormai il danno è fatto, e tu sei stregato.

Ma lo spettacolo deve continuare, signori, e sia mai detto che Blue si tira indietro.

–Stai dicendo che Ale ha seguito Fra anche al matrimonio?

Scoppiate a ridere, ed è bello ridere insieme, poi tu continui –Mmm… e staranno nella stessa camera d’albergo?

-Naturale! Sono attenti al risparmio, loro!

Vorresti aggiungere qualcosa, qualunque cosa, qualunque cretinata pur di far illuminare di nuovo le sue iridi di quelle pagliuzze azzurrine, di quei riflessi di gioia- una gioia che intuisci amara- ma una mano si posa sulla tua spalla. E una voce, un tempo gradevole, adesso decisamente inopportuna, esclama –Ehi bello, è da un po’ che non ci si vede!

Sorriso sul tuo volto. Falso, ma chi se ne accorgerebbe? -Chris! Com’è?

-Alla grande… dai, vieni al tavolo, ci sono anche gli altri!

Esiti. Cerchi una scusa, e guardi Nico. –Veramente…

-Porta anche il tuo amico… chiaro…- aggiunge Chris, e lo sguardo gli scivola sul corpo di Niki. E tu scorgi distintamente, nei suoi occhi, la luce del desiderio sostituirsi a quella della gelosia.

E Niki? Lo implori di accettare, non vuoi lasciarlo questa sera. Stavate così bene… avevate finalmente trovato lo stesso ritmo… e questo idiota si permette di interrompere la vostra corsa. Possiamo provare? Chiedono i tuoi occhi, ma Nico scuote la testa, e se ha capito o meno la tua preghiera, questo resterà un mistero. Lui è tornato quello di sempre, il ragazzino delizioso che si lascia guardare, il gemellino di Ale che ti diverti a provocare, perché con gli occhi accesi dall’irritazione sa essere ancora più eccitante. E l’innocente demonio che hai appena intravisto, nella sua risata aperta, dove è scomparso? Vorresti saperlo, mentre lo ascolti replicare asciutto e scherzoso con –Smamma Blue, e non rompere. Non sono in vena di chiacchiere, sta sera.

Chris non si lascia scappare l’occasione, e senza lasciarti la spalla si china verso di lui. Un serpente sinuoso, gli stessi occhi freddi. Nico non cadere nella trappola, preghi, non ascoltarlo…

-E cosa preferiresti fare?- chiede malizioso il serpente. E Niki ammicca –Annegare i dispiaceri nell’alcool, che altro?

-Un paio di suggerimenti li avrei…

Ti alzi in piedi. Anche tu sei tornato semplicemente Blue: secco, asciutto e cinico. Blue, che è amico di Ale e ha ricevuto dal cielo il sacrosanto incarico di vigilare sulla sorte del suo gemellino scavezzacollo. Pena una pallonata di basket in piena faccia, giusto per rovinargli il sorriso. E te sul sorriso ci campi, gente, la minaccia mica è vuota… così, tono da fratello maggiore, quel tono che Niki lo irrita a morte, e uno sguardo gelido a Chirs -Okay, abbiamo capito. Senti bimbo, io vado allora. Vengo a darti un’occhiata tra un po’, non mi fare scherzi.

Ti allontani insieme al tuo amico, al tuo amante, al tuo assassino. Uno dei mille tuoi assassini. Uno dei mille tuoi salvatori. Che labirinto di contraddizioni è la tua vita, Blue. Una fatica vera, starti dietro. Un’impresa impossibile, capirti.

E infatti non ti capisci da solo, cammini dietro a Chirs e pensi che non ti è mai capitato di essere geloso in quel modo, che poi dai non è gelosia, solo semplicemente ti dava fastidio come flirtava con Nico…

E ti da fastidio che quando siede con gli altri ti guardi in faccia, e ti chieda senza giri di parole dove l’hai rimediata quella meraviglia.

E ti da fastidio il tuo scatto improvviso, quella meraviglia non l’ho rimediata da nessuna parte.

E ti da fastidio il suo leccarsi le labbra, il suo ‘bene’ talmente compiaciuto…

E ti da fastidio l’impulso che ti spinge a giustificarti, a spiegare Gioco a basket con suo fratello, siamo usciti insieme un po’ di volte, così…

E ti da fastidio anche Ale, fastidiosissimo Ale, comparso a tradimento nella tua testa, avvolto da jersey bagnato, Ale che sorride e scuote la testa e poi ti guarda negli occhi e minaccia Non lo toccare.

E, in definitiva, ti da fastidio realizzare che Niki esiste, vive, respira, ed è lì, ed è solo. Realizzare che solo non ci resterà poi per molto, non così scandalosamente bello, non in quel posto.

Cazzo, se proprio deve farsi abbordare da qualcuno –e sì, deve farsi abbordare da qualcuno, così scandalosamente bello e in quel posto- allora meglio che sia tu, no?

E poi ti scoppia nella mente il ricordo dei suoi occhi, un attimo prima che voltassi la schiena per allontanarti con Chirs. Quella sfumatura triste, mentre li abbassava lento.

Non vuoi che altri vedano quella sfumatura. È un invito a nozze, per certa gente.

Ti alzi in piedi, quasi non saluti.

Tanto, sanno dove stai andando. Te l’hanno letta addosso tutta la sera, quella smania di tornare da lui. Solo questo ha tenuto Chris inchiodato alla sedia.

E quando lo raggiungi, ti accorgi che ormai è troppo tardi.

Sta parlando con qualcuno, Nico. Qualcuno che pare molto interessato al movimento delle sue labbra, un po’ di meno al significato delle sue parole.

Ti siedi poco lontano, per tenere d’occhio la situazione.

Del resto, c’è poco da tenere d’occhio. Nico pare ubriaco d’alcool, e il tizio ubriaco di lui. Accoppiata pericolosa, per Nico almeno.

Il tizio gli posa una mano sulla spalla, lo guarda negli occhi, si china. Nico si tira indietro, e il tizio gli mette la mano dietro la nuca.

Tu sei rimasto spiazzato, perché da quel gatto tutto ti aspettavi, meno quello scatto violento, così sgraziato. Quasi… impaurito.

Del resto, non c’è tempo di farti domande. Due passi e sei al suo fianco, una mano sulla sua spalla, gli occhi puntati in quelli del tizio.

-Ehi bello vedi di sloggiare.

-Che, sei il suo ragazzo?

-Già, e non ho voglia di fare a pugni sta sera.

Ti siedi al posto del tizio, che si è allontanato brontolando contrariato, e infili una treccina dietro l’orecchio di Nico. Non rinunci alla tua battuta –Ehi bimbo, tutto ok?

Del resto, neanche Nico rinuncia alla sua occhiataccia. –Potevi risparmiartela, sta sceneggiata.

Il tono, comunque, non è propriamente ostile.

Tu non riesci a toglierti dalla testa la sensazione che ci sia qualcosa di sbagliato, di molto sbagliato, in tutto questo.

Di botto, lui poggia la fronte sul legno. Tu aggrotti le sopraciglia. E decidi che è il caso di smetterla con le pagliacciate. –Oh Niki, che cazzo mi combini?

-Niente.

I rasta cadono, gli velano il viso. Tu li scosti, vuoi vederlo. Devi vederlo.

Già è difficile capirlo così…

È tardi, molto tardi. Sedete a un tavolo appartato, la penombra è un’amica quieta, questo hai sempre pensato. Non pretende e non comanda, solo offre riparo. Lo dici a Nico, che pare riflettere.

Posa la guancia sul polso, ti studia. Poi, lento, comincia.

Il suo parlare è impastato d’alcool. E tu lo sai che dovresti fermarlo. Che sarebbe più giusto.

Ma Nico non si è mai aperto così tanto, con te. E tu hai un desiderio disperato di conoscerlo di più.

Ti giustifichi dicendo che anche lui, anche lui ne ha bisogno. Di sfogarsi.

E lo lasci parlare.

-Una sera mi hai chiesto perché sono scappato.

Non hai usato proprio quelle parole- ma se Nico la mette così, così è stato. La sua è stata una fuga. Né più né meno.

Non che ne avessi mai dubitato.

-Vuoi ancora saperlo?

E come potresti non volerlo, Blue? Annuisci, incapace di dire altro, stregato dall’atmosfera quasi arcana, e dalla musica lenta, così strana in quel locale.

-Un anno fa mi hanno quasi violentato.

Ed è una scossa forte, una scossa violenta, perché ti sembra di ritrovare tè stesso in quegli occhi verdissimi che ricordano il parco, e la chitarra tra le mani, il microfono sulle labbra, e poi il tronco dell’albero, e il cielo sulla testa, e…

E.

E Blue, tu ascolti, ma non sai cosa dire.

Nico volta su di te due occhi stanchi, e ti chiede se potete uscire, per favore, che fa caldo lì dentro, fa troppo caldo.

Annuisci, paghi le vostre consumazioni, con la coda dell’occhio lo vedi infilarsi la giacca di pelle, dio mio se è bello, pensi, mentre ti aspetta vicino alla porta.

L’aria fuori è fredda, uno schiaffo in faccia.

Nico sorride ed è divino.

Cammina lento, anche in questo vi somigliate, e fosse un altro lo prenderesti per mano, fossi un altro lo prenderesti per mano, ma lui è Nico e tu sei Blue, e vi limitate a camminare vicini, affiancati, le nocche che a volte si sfiorano, senza arrossire, senza imbarazzarvi.

Nessun imbarazzo inutile, tra voi. Non ora.

Perché ora Nico che arrossisce per niente è ubriaco, e tu non sei solito a vergognarti di quel che fai.

Così ti trovi a chiedergli, sentendoti un po’ un verme ad approfittarti della sua lingua sciolta –Ehi Nico, quel ragazzo che dicevi, quello che non puoi amare… chi è?

-Non lo indovini?

Nico Niki Nikita, anche sbronzo riesce a lanciarti frecciatine…

-Daniele?

-Già.

E adesso lo capisci meglio, perché è scappato, non è solo quel che ti ha detto al pub, quel bisogno di reinventarsi… non è solo quello.

Perché lo sai, Ale te l’ha detto, che suo cugino ha trovato la ragazza verso giugno… e pensi come dev’essere stato per Nico trovarseli davanti, Dani e Cate con la sua algida bellezza… e pensi che non puoi pensarlo, perché tu non hai mai visto chi ami con un altro. Tu non hai mai amato.

E Niki intanto si è fermato, e sta guardando la luna.

Ti affianchi a lui, ti sorride. –Vorrei dipingerla, sai?

Siede sul muretto, le gambe a penzoloni. Pare di nuovo piccolo. Ma i suoi lineamenti sotto la luce fredda non sono quelli di un bimbo, e ti scopri ipnotizzato, a fissargli le labbra.

Lui sorride, e ti sfiora una guancia. Rabbrividisci, mentre quella mano si porta, in una carezza leggera, sotto il tuo mento. Per costringerti dolcemente a guardarlo.

-Blue, tu mi trovi bello?

-Eh?

Brillante Blue, davvero brillante.

-Una volta hai detto che Ale ti piaceva da impazzire. Anche io ti piaccio?

Non sai cosa dire. Per la prima volta nella tua vita, non sai cosa dire.

E non hai bisogno di dire niente, perché improvvisamente lui si sporge.

E sfiora le tue labbra con le sue labbra, e tutto perde senso.

Si scosta, ti guarda. Lo guardi, sorride. Tu no.

La sua mano scende ad artigliarti la giacca, ti strattona più vicino, con calma.

-Non rispondi?

E ti bacia di nuovo. Un contatto appena più lungo.

Il respiro ti sta diventando affannoso, e tu ti sforzi di mantenere il controllo.

Non puoi perdere la testa, non così, non su quel ponte a pochi passi da casa sua, non sotto una luna fredda, non in una notte buia.

Ma lui ti bacia ancora. E ancora.

E ancora. Ma se prima erano carezze appena accennate, adesso socchiude la bocca, e tu senti la sua lingua sfiorarti le labbra…

E fai quello che chiunque altro avrebbe fatto al tuo posto.

Lanci al vento cautela- che hai sempre odiato-, cognizione- quella cognizione che mai hai avuto-, pudore- parola estranea alla tua mente- e Ale- Ale che ti minaccia con il pallone da basket in mano e un sogghigno pericoloso- e ti apri al bacio.

Ti arrendi, Blue, e mai resa fu più dolce, perché mentre la sua lingua ti scivola nella bocca e incontra la tua, pensi che non potrai dimenticare quel brivido, quella luce.

Chiudi i denti sul suo labbro- ed erano secoli che volevi farlo. Lo succhi, avido- ed erano secoli che volevi fare anche questo.

E lui geme, e ti bacia più forte, e apre le gambe e tu ci finisci in mezzo, le chiude dietro la tua schiena, e senti le sue cosce premere ai tuoi fianchi e non ci devi neanche pensare, la tua mano gli sta già percorrendo la schiena. Mentre le sue sono affondate nei tuoi capelli, e se avessi ancora modo di pensare penseresti che allora, allora anche a Niki piacciono quelle ciocche d’oro, ma di pensare non sei più capace, orami sai soltanto baciarlo.

E lo baci, e lui è ancora seduto sul muretto, e si avvinghia a te con forza disperata, e tu passi le mani sulle sue cosce, sui jeans scuri che tanto apprezzavi al pub, e respiri il suo odore, che è diverso dall’odore di Ale. Ma non c’è posto per Ale, adesso, ed è buffo, per la prima volta non c’è posto per Ale, tra di voi.

Lo stringi, senti il suo petto contro il tuo, sotto la giacca indossa una maglia leggera, e la giacca è aperta… ascolti il suo cuore, batte contro di te, e batte frenetico, sembra impazzito, e tu pensi che ami quel ritmo, ami quel battito… ami lui.

E ti fermi. E si ferma.

E nei tuoi occhi c’è paura.

E nei suoi occhi c’è sgomento.

Lo senti scivolare via, fa freddo lontano da lui, ma non provi a fermarlo.

Scappa, scappa verso casa, e ormai lo conosci, sai che non lo vedrai per molto tempo.

Dovresti chiamarlo, forse qualcosa cambierebbe, ma sei troppo stordito per fare una mossa.

Niki ubriaco d’alcool. E tu ubriaco di lui.

Decisamente quel ragazzo ha un effetto strano sulla gente.

Pensi. E ti viene quasi da ridere a immaginare la faccia di Ale, ti vedesse adesso. Ma la risata dura poco, si trasforma in un gemito.

Puoi solo ringraziare Pisa, e Fra, e sua cugina, e quelle nozze provvidenziali, e la loro luna di miele anticipata, perché se Ale vedesse suo fratello in quello stato, verrebbe a cercarti fino in Alaska. E te lo farebbe rimpiangere, spergiuro, il momento in cui hai tradito la sua fiducia assaggiando le labbra di suo fratello. Che sia stato poi il fratello in questione a obbligarti, ha poca importanza, per Ale. In quella testolina deliziosa spazio per le sottigliezze non ce n’è. E quasi tutto diventa sottigliezza, se ci va di mezzo Nico.

Ma in fondo, rifletti cominciando a camminare verso casa, se ci metti tanto impegno a concentrarti sulla reazione di Ale, è solo perché non vuoi pensare a quello che hai sentito. A quel che hai provato.

A quel che hai vissuto- per la prima volta, dopo anni. O forse, per la prima volta e basta.

Sai che non potrai ingannarti per sempre. Ma finchè ci riesci, lo farai.

E dopo… dopo lo sa il tramonto cosa succederà.

Non puoi evitare di pensare, con un brivido, che a te il tramonto ha sempre fatto paura.

 

Ragazze…. Imploro pietà! È passato un mese e non me ne sono accorta!

Il fatto è che, a parte avere le altre storie da continuare, questo avrebbe dovuto essere un pov di Dani, e ve l’ho detto, in questo periodo il personaggio non mi convince. Poi dovevo scrivere di Blue e Niki, ma non me la sentivo di introdurlo in prima persona… ci ho provato, ma non funzionava, e neanche in terza… tutto mi scivolava in seconda. E allora mi sono detta, perché no?

Io sono soddisfatta, soprattutto dell’ultima parte, voi che dite? A parte che io ormai sono definitivamente innamorata di Blue, oltre che di Niki…

Venus… sono contenta che ti sia piaciuto l’altro, e spero di riuscire a scrivere in fretta anche il prossimo, perché dovrebbe essere divertente… musa permettendo! Comunque davvero sono belli insieme: stabili, non riuscirei mai a immaginare qualcosa a dividerli. O meglio, qualcuno… sono perfetti così come sono.

Siz… vedo con piacere che Blue è riuscito ad affascinare anche qualcuno che seguiva la storia dall’inizio… avevo paura che lo vedeste un po’ come un usurpatore! Quanto a Niki triste, l’inquietudine gli si addice, trovo. Temo che non se la scollerà di dosso per un po’ ancora.

Ciao Sara! È bello scoprire lettori nuovi! Blue è li che gongola leggendo le tue righe, e lancia sguardi maliziosi a Niki, che per tutta risposta gli ha tirato un libro in faccia. A parte gli scherzi, non so bene come andrà tra loro… cioè ora lo so, ma dipende tutto da loro e dal mio livello di sadismo, estremamente variabile. Quanto a Notti di seta….guarda, se volessi leggerla posso spedirti via mail gli altri capitoli, basta che mi dai l’indirizzo, anche privatamente… no problem!  Il rating l’ho alzato a scanso d’equivoci, e ho scritto anche altre due storie sempre su slam dunk, una dovrebbe essere R, credo (Ehi ci stai?), l’altra di nuovo Nc-17 (il futuro non ha mattino)… mi spiace ma a volte sono troppo angst, e temo che R non basti! Mi spiace però che ti abbia creato problemi…

Etoil Noir, come credo tu abbia già notato, Niki è anche il mio personaggio preferito… per questo come sempre è il più tormentato! Anche a te dico quel che ho detto a Sara, sono contenta di trovare nuovi lettori…. E spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto!

Boh, vi saluto. Buone vacanze a chi ci va, e chissà che non ci risentiamo un po’ prima questa volta…

*Scusate per il titolo schifosissimo!!

 

 

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Capitolo 16
*** francesco - il tempo ticchetta minuti ***


Scusate scusate scusate sto ritardo pazzesco… ho avuto un po’ di problemi con il computer, e prima la musa aveva pensato bene di andarsene in vacanza…

Scusate scusate scusate sto ritardo pazzesco… ho avuto un po’ di problemi con il computer, e prima la musa aveva pensato bene di andarsene in vacanza…

Francesco: il tempo ticchetta minuti

La luna ride fuori dalla finestra. Pisa sotto di me è grande, e bella. Vecchia. Di quella vecchiaia quieta, elegante, accogliente. Viva. Come vivo sono io, adesso, in testa ancora il ricordo della giornata, e la lunga notte davanti, in attesa.

Mi piace stare con la luce spenta, seduto a gambe incrociate nel centro di questo letto enorme, questo letto straniero, e vuoto. Per poco, ancora.

O almeno, spero.

Mi distendo, infilo una mano sotto il cuscino. Lo attiro a me.

Respiro, il naso affondato nella fodera. L’odore di Ale vi è rimasto intrappolato.

Ale.

Ma quanto cazzo ci mette a farsi una doccia?

Mi tiro su, puntello il peso su un ginocchio. Fisso la porta del bagno, la luce che filtra sul pavimento.

Nasconde il mio meraviglioso ragazzo, quella barriera fastidiosa, nasconde lui, il suo corpo bagnato dall’acqua. I suoi capelli incollati al viso, al collo. Incollati alla pelle.

Oggi sono stati molti, gli sguardi rapaci che l’hanno frugato, per strada e poi al ristorante, quando seduto al mio fianco rideva, gli occhi socchiusi sul verde, socchiusi sul nero. E io avrei voluto fulminarli tutti e passargli una mano intorno alla vita, tirarmelo addosso, tirarmelo contro, per avvertire tutti che guardarlo potevano, ma già sognarlo era troppo. Invece, neanche potevo carezzargli la mano. Le dita mi sfuggivano sempre, lontane, e la sua bocca sorridente era maliziosa, crudele nella bellezza negata.

Dio, avrei potuto mangiarlo, tanto lo desideravo, in quel momento.

Tanto lo desidero ancora, sempre, adesso.

Rotolo sulla schiena, fisso gli occhi al soffitto.

Era vestito di scuro, oggi, stranamente elegante e adulto in quel completo. Eppure restava la tenerezza distratta dietro quegli occhi chiari, restava il mio bambino dispettoso e irridente. Restava il mio amico prezioso, restava il mio splendido amante.

Sorrido, di nuovo, mentre l’acqua smette di scorrere. E io scorgo il suo profilo muoversi dietro il vetro smerigliato, decifro la sua ombra sinuosa.

Non devo pensarci. Non ancora.

C’è tempo.

Però… però è da quando siamo entrati in questa camera che aspetto il momento di collaudare il letto! E quel deficiente del mio koi ha messo a dura prova la mia resistenza, divertendosi a saltarci sopra, neanche avesse ancora cinque anni. Con gli occhi verdi illuminati di quella luce maledetta che sempre- sempre- mi fa seccare la bocca.

Non so come ho fatto a non afferrargli il polso, per sbatterlo sul materasso e zittire le sue risate con un bacio.

-Fra?

Mi volto, lento. E resto immobile.

Mamma mia quanto è bello.

A piedi nudi, avanza verso di me, frizionandosi i capelli con l’asciugamano. La cintura dell’accappatoio posa sui fianchi, il bianco evidenza le sue ciocche nere, che bagnate paiono davvero una colata d’inchiostro.

Negli occhi, ombre preoccupate.

-Stai bene?

-Perché?

-Cosa ci fai seduto sul letto con la luce spenta?

Dio, Ale, quanto ti amo… amo te, il tuo umore danzante, le tue braccia snelle e forti, amo le tue labbra che tremano quando mi guardi e mi pensi arrabbiato, amo le tue labbra martoriate dai denti, mentre un pò spaventato sussurri, amo le tue labbra… le tue labbra che vorrei baciare.

-Niente…. Niente. Vieni qui.

Poso la mano sul suo fianco, lo accompagno a sedere sulle mie ginocchia. Mi passa le braccia intorno al collo, posa la fronte contro la mia. La sua pelle è umida, la mia calda. Rabbrividiamo entrambi.

-Sei contento che io sia venuto?- bisbiglia.

-Tu sei contento di essere qui?- rispondo io, guardandolo negli occhi. Sorride. Un sorriso innocente, e un po’ triste.

-L’importante è stare con te…

Siamo romantici questa sera, koi? Mmmm…. Meglio approfittarne…

Lo bacio sulla bocca, un bacio che io avevo inteso dolce, tenero, e che lui trasforma in qualcosa di completamente differente.

Senza scostarmi infilo una mano nella scollatura del suo accappatoio. Adoro la curva dei fianchi di Ale, adoro la sua vita sottile. La sua schiena armoniosa.

Mi muovo, fino a farlo sdraiare. Ridacchia, gentile.

Slaccio la cintura, ma aspetto a scostare i lembi. Voglio guardarlo ancora un attimo vestito.

Mai mi stancherò di farlo.

Mi chino, gli bacio la mascella. Poi la gola.

Nudo, è uno schiaffo al cielo e alla purezza. Nudo, è un insieme di colori mescolati, nudo è una composizione delicata, e strafottente.

Nudo, è un’iniezione di brividi e frenesia.

Si inarca, quando entro in lui. In momenti come questi, mi rendo conto che è lui a possedere me, in realtà. E tale contraddizione rende a meraviglia il senso di ciò che Ale è.

È bello il suo ansimare al mio orecchio, quando abbiamo finito. È bello sentire sotto la mia mano il battere furioso di quel folle cuore, è bello sapere che il piacere l’abbiamo provato insieme, che insieme l’abbiamo scritto e imparato. Perfezionato. Ogni volta. Ogni singola, dannata volta.

Notte di passione allacciata alle lenzuola. Notte insonne, quando dormire sarebbe più saggio. Notte cominciata nella sera, notte sfumata nell’orgasmo, notte abbandonata sulle sue braccia, quando tenere gli occhi aperti, anche per guardare lui, era ormai troppo faticoso.

Ale del resto già dormiva.

Mi sveglia un bussare quieto, discreto, alla porta.

Un’occhiata alla finestra: è giorno. L’orologio non serve, basta il sole.

Ale ha la testa affondata nel mio collo, mi tiro un attimo indietro per guardarlo. Occhi chiusi, quel verde magico celato al mondo, labbra imbronciate, chissà cosa sta sognando. Gli mordicchio l’orecchio, e lui geme, cercando di spostarmi.

-Amore… svegliati…

Alla porta continuano a bussare. Sbatte le palpebre, Ale, e mi guarda confuso.

Mi alzo, e gattono fino ai piedi del letto. Raccatto i miei boxer, li infilo. Poi gli lancio i suoi.

Li guarda perplesso, ed è così tenero, seduto tra le lenzuola con i capelli spettinati e le mutande in mano, che vorrei coricarlo di nuovo e divorarlo di baci.

Oppure, avvoltolarlo nelle coperte e sedermi comodo, godendomi lo spettacolo di lui che si dibatte nelle lenzuola come un micino impacciato.

Lo farei. Fregandomene altamente dello scocciatore che ancora non ha smesso di tempestare la porta di colpi.

È una voce, a farmi desistere. Una voce bassa, grave. Un po’ adulta. Conosciuta, molto bene.

-Fra! Dai apri cazzo, lo so che sei dentro…

Gabriele sorride, dietro la porta, riesco a immaginare distintamente le sue labbra distese. Ieri sera mi ha strizzato l’occhio, al momento dei saluti. Come se avessi avuto bisogno di un suo minimo incoraggiamento, per portare le ore successive in una direzione già da tempo preventivata. Mio cugino lo sapeva, e si divertiva a sfottermi, nel suo modo allegro.

Così come si divertiva a giocare con i capelli di Ale, durante il pranzo, meravigliandosi delle loro sfumature diverse.

-Passata bene la notte, Chicco?- chiede, quando lo trovo appoggiato allo stipite, la frangia a velare gli occhi. Vorrei prenderlo a pugni, ma mi limito a fulminarlo.

-Cazzo vuoi?

-Invitare Ale a uscire, che altro?- ribatte lo stronzo, scostandomi delicatamente per entrare in camera.

Lo seguo, rassegnato. Quando lancio un’occhiata al letto, scopro che Ale siede ancora tra le lenzuola.

Ha infilato i boxer, scorgo l’elastico segnargli la vita. Per il resto è nudo.

Nudo, seduto con aria sperduta nel centro del nostro letto sfatto, i capelli spettinati e le labbra gonfie. Mai stato più sensuale.

Mi scopro a pensare, una volta di più, che il sesso fa davvero bene, al mio koi.

Anche se adesso pare leggermente incazzato… lunatico come sempre, niente da dire.

Non gli piace essere svegliato, del resto. E ancor meno, gli piace essere stuzzicato, e abbandonato. Avrei dovuto pensarci prima.

Ma tendo a non pensare, quando si tratta di Ale.

Effetti collaterali dell’avere un ragazzo così bello, suppongo.

Fa un cenno di saluto a Gabriele, poi le dita corrono a coprire uno sbadiglio. Pazzesco come ogni suo gesto possa ipnotizzarmi… non fosse per mio cugino, sarei già tornato a letto.

O meglio, mi correggo mentre Ale sguscia fuori da quel maledetto groviglio di cotone, non fosse per mio cugino dal letto non ci sarei proprio uscito.

-Ciao Ale, ti vedo riposato.

-Vaffanculo Gabriele- borbotta il mio ragazzo, di umore sempre peggiore. Gabri sorride, appena arrossito. Ma io non riesco a staccargli gli occhi di dosso, mentre è in ginocchio sul materasso, sbilanciato in avanti, la schiena un po’ inarcata. I capelli spettinati. Gli occhi accesi.

E solo quel maledetto paio di boxer addosso.

-Vatti a vestire- sibilo.

L’occhiataccia che mi rivolge mi fa intendere che l’incazzatura non gli è ancora passata. Benissimo. Perché adesso sono incazzato anche io.

Datemi pure del geloso paranoico, ma non mi piace che il mio ragazzo se ne stia nudo, in pose tanto provocanti, di fronte a qualcun altro. E non c’entra niente che Gabriele sia mio cugino, eterosessuale per di più… gli occhi per vedere ce li ha lo stesso. E a giudicare dalla luce turbata che vi scorgo, lo spettacolo non lo lascia del tutto indifferente.

Ma Ale, come sempre, non se ne accorge, o finge di non farlo.

-Perché?- ribatte infatti, battagliero.

-Sei indecente- rispondo, per poi deglutire a fatica mentre si alza in piedi, avanzando fino a starmi proprio di fronte.

Non sembra sentirsi in soggezione, nonostante io sia più alto di qualche centimetro, e lui debba alzare leggermente il mento per guardarmi. Non sembra sentirsi in soggezione proprio per niente.

-Indecente, eh?- sussurra, e come da copione la mia bocca si fa asciutta.

Non replico, limitandomi a fissarlo. Lui non si fa ingannare dalla mia aria dura… sa benissimo quanto sforzo mi costi trattenere il desiderio di tirarmelo addosso, per uccidere questa distanza troppo grande che minaccia di stroncare il mio cuore.

-Vatti a vestire- scandisco infine. Lui sbatte le ciglia, una due volte. Poi allunga una mano, come a sfiorarmi lo zigomo, salvo ritrarsi nell’ultimo istante di attesa frustrata.

Ci sono volte che me lo chiedo, perché le nostre giornate debbano sempre cominciare in questo modo. Però basta il sorriso dolce che mi regala, appena prima di entrare in bagno, perché mi renda conto che la risposta è una sola.

Mi volto verso Gabriele, che seduto sulla poltrona mi osserva divertito.

-Certo che non è una vita facile, la tua.- commenta, e mi trovo a ridacchiare di risposta.

-Cosa ci fai qui? Davvero, intendo… ho avuto basta di stronzate, per oggi.

-Nonna ti vuole a pranzo. Vi vuole, intendo. Te e Ale. Dice che… che deve conoscere il caro amico del suo nipotino preferito. Io ho cercato di spiegarglielo che Ale non è esattamente… forse avrebbe dovuto venire lei di persona, per crederci. Chissà, magari a vederlo nudo nel tuo letto avrebbe aperto gli occhi…

Il solo pensiero mi fa inorridire. Gabriele ride, poi sospira.

-Sai Fra…

-Eh.

Si morde le labbra, e mi faccio attento. Anche la sua voce è più seria, adesso.

-Se devo essere sincero, manco io ci credevo all’inizio.

Taccio. E lo ascolto. Mi lancia un’occhiata veloce, ridacchia imbarazzato, prosegue –Beh, dai, non capita tutti i giorni di scoprire che… e poi te, tra tutti… non ti ci vedevo. Credevo fosse uno scherzo. O una cazzata per rompere le palle agli zii. Ed ero curioso di vederlo, sto fantomatico Alessandro. Ma poi… quando l’ho visto…

-Hai capito che non era una stronzata, che non lo era per niente. Hai capito che… beh, che lo amo, non vedo altro modo di metterla. No?

Annuisce, eppure mi sembra esitare ancora. Socchiude le labbra, poi scuote la testa e lancia uno sguardo al bagno.

Ale sta uscendo in questo stesso momento, addosso i jeans e una maglietta … tutto diverso da ieri, eppure anche l’aria sportiva aggiunge fascino, alla sua bellezza da bambola.

-Giochi a basket, vero?- se ne esce Gabriele, camminando per strada, quando passando davanti a un campetto gli occhi di Ale si illuminano di luci verdi. Lui annuisce.

-Mi pareva…- è pensieroso, mio cugino, guarda me, incerto, poi torna a parlare a lui.- Che ne dici di una partita? Magari rimedio un amico, così siamo in quattro… anche mio cugino se la cava, no?

Ale arriccia il naso. Qualcosa mi dice che sta per lanciarmi una frecciatina –Mmm… ‘nsomma…

-Come sarebbe a dire, insomma? Che razza di…

-Dico solo la verità, Fra. Sono anni che ti straccio ogni volta.

Lo fulmino. Talmente infido, il mio stramaledetto ragazzo, da approfittare bellamente del supremo vantaggio offertogli da madrenatura (chiaramente, non parlo delle sue si fa per dire notevoli doti cestistiche, ma di quegli occhi e quella bocca e quei movimenti e quelle gambe e quel fondoschiena che, dio, non guardarlo è un delitto, e guardarlo ti fa scordare completamente della palla, ma non è contemplata nei falli, quest’azione…) per stracciarmi, e non contento se ne vanta pure…

Finiamo col vincere comunque, io e lui. Forse perché non doverci giocare contro aiuta, la concentrazione mi resta più alta. Qualunque sia la ragione, non posso che ringraziare il sole, che splende sulla pelle sudata di Ale e sui suoi capelli spettinati dal gioco, dalla fatica. L’amico di Gabri glieli scompiglia ulteriormente, e a me sboccia nel cuore qualcosa, guardandolo piegato in due, ridente, le braccia alzate a proteggersi.

Sento Gabriele al mio fianco, alzo gli occhi su di lui. È serio, di nuovo, e mi stringe la spalla, mentre parla lento.

-Sai. Non prenderla male, però… no aspetta fammi parlare… ecco, ieri, ma ancora di più stamattina, beh, non ho capito solo che tu Ale lo ami….- mi sorride, malinconico forse, e turbato e imbarazzato, mentre con una mano si tira indietro i capelli e balena uno sguardo sugli altri due che si azzuffano, per poi tornare a fissare me, concentrato –ho capito anche, l’ho capito benissimo, come puoi farlo.

Mi batte la spalla un’ultima volta, si gira a recuperare il pallone.

Io resto fermo, lo guardo insaccare un canestro, osservare la palla, passarsela tra le mani, carezzarla. E non è gelosia che sento nel petto, né orgoglio, né fastidio.

Solo, una tiepida felicità per quel che sotto sto cielo brilla, a pochi passi da me.

Che si fa bruciante, incandescente, ustionante, quando un braccio forte ed elegante, reso lungo dagli allenamenti sfibranti, un braccio brunito dal sole, si allaccia alla mia vita, da dietro, e io mi abbandono al petto di Ale, mentre le sue labbra si posano sulla mia nuca, e il suo odore mi riempie le narici, e sulla testa il cielo pare farsi più azzurro ancora, e intorno la città batte le ore, e il tempo ticchetta minuti.

Lo so che lo scorso capitolo sti due andavano a Siena… ma Pisa mi sembrava più adatta, a pensarci. Anche se ci sono stata appena di corsa, un pomeriggio d’estate… non lo so, me li vedevo meglio. Comunque, spero vi sia piaciuto. Almeno un po’. È stato un parto difficile e non sono pienamente soddisfatta, ma sto capitolo la stava tirando troppo per le lunghe e ho deciso di tagliare la testa al toro, e postarlo. Che ne dite?

Come sempre, grazie a tutti quelli che leggono, in particolare a

Cialy… che sono felice di aver convertito al bluenismo e che ringrazio davvero di cuore, per i complimenti…kiss!

Sara… che mi pare altrettanto colpita da Blue, e questo non può che farmi piacere!

Etoil Noir, che spero abbia apprezzato questo capitolo, visto che Blue non compariva neanche…e che ringrazio tantissimo per il commento!

E Siz… che dire, GRAZIE! Le tue recensioni mi fanno sempre tanto piacere, e sono contentissima che i baci tra i miei due tesori abbiano incontrato il tuo gradimento… che ne dici di Ale e Fra, in questo?

Kisses a tutti (e scusate se nelle risposte mi sono un po’ fossilizzata su Blue ma ho tante tante indeuzze per sfruttarlo bene nel futuro immediato e non riesco a togliermelo dalla testa!)

 

 

 

 

 

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Capitolo 17
*** nico - bello il cielo ***


Bello il cielo, quando rovesci indietro la testa e l’azzurro ti si scioglie negli occhi, e le nuvole li fanno più grandi, e il sole più adulti, e dolci

Allora… dato che sono passati quanto?- quattro mesi?-dagli eventi narrati in Paura del tramonto, e dato che questo capitolo a Paura del tramonto è strettamente correlato, faccio un piccolo riassunto per rinfrescare la memoria. Dunque. Ale e Fra sono a Pisa, per il matrimonio di qualche cugina. Niki va in un bar dove trova Blue, i due chiacchierano, bevono, e Niki si lascia scappare qualche dettaglio sulle sue spiacevoli esperienze. Poi si baciano. O meglio, Niki bacia Blue che certo non si tira indietro. Anche perché Niki gli piace da morire, a lui. Ok, questo è tutto più o meno… per dettagli più tecnici (tipo perché ho scelto di nuovo la seconda persona, o perché qui parla Niki invece di Ale) vi rimando alle note in fondo alla pagina. Spero vi piaccia il capitolo…

 

Niki- bello il cielo

Bello il cielo, quando rovesci indietro la testa e l’azzurro ti si scioglie negli occhi, e le nuvole li fanno più grandi, e il sole più adulti, e più dolci. Bello il cielo, pensi, sdraiato per terra, fili d’erba tra i capelli e tra le dita.

Bello il cielo.

Anche quando come oggi ha un colore incredibile. Anche quando come oggi è sereno, pieno di una luce chiara, perfetta. Spaventosa.

Bello il cielo, anche quando come oggi spaventa.

Perché i bambini temono il buio, e la notte e i fantasmi, e le stanze silenziose di una casa solitaria- mai stato solo in casa tu, sempre Ale al tuo fianco, e Daniele-, i bambini temono il buio ma te…

Ma te, da un po’ di tempo, è della luce che hai paura.

Per questo Blue ti uccide sempre, con ogni maledetto sorriso.

Dio, i suoi occhi hanno lo stessa folle sfumatura del cielo. E le sue braccia, ieri sera, erano così calde e solide che…

E dire che eri scappato nel parco per non pensarlo.

Ridicolo, non trovi? Proprio qui, devi avere in mente lui. Proprio in questo prato nascosto, devi giacere, immaginando di poggiar sul suo petto- il suo petto ampio, snello, che la divisa della squadra lascia indovinare- proprio sotto questo cielo devi ricordarlo. Fantasticarlo. Sognarlo.

Proprio qua. Dove mille volte ti sei sorpreso a ricordare e fantasticare e sognare Daniele, i suoi occhi, la sua bocca, le sue mani. La sua voce, il tono pacato e saggio con cui ti rispondeva. I suoi gesti amichevoli, con cui ti rilassava.

Proprio qua. Dove hai pianto dopo averlo visto con Caterina, dove hai deciso di scappare perchè sentivi che quelle strade, quei viali, ti andavano stretti. Proprio qua, dove…

Proprio qua. Strano come cambino in fretta le cose, vero? Ancor più strano come in realtà non cambi mai niente.

Rotoli sulla pancia, posi la guancia tra l’erba. Sorridi, un po’. Senza motivo.

Dei ragazzi giocano a basket, poco lontano.

Per un attimo, ti trovi a pensare che forse c’è Ale tra loro, forse c’è Fra.

Poi, ricordi che Ale e Fra sono a Pisa, e non torneranno prima di martedì. Hai tutto il tempo di distruggerti lento, di ucciderti passo dopo passo.

Vorresti tuo fratello di fianco, adesso. Lo vorresti vicino, per poterti confessare, per dirgli cosa ti passava nella testa ieri sera, mentre forzavi la bocca di Blue a incontrare la tua. Dirgli cosa ti passava nella testa mentre chiudevi le gambe dietro la sua schiena, e lo sentivi premere contro il tuo petto, sentivi le sue mani tra i capelli, sopra il corpo.

Dirgli cosa ti passava nella testa mentre lo guardavi, bellissimo e affannato e sorpreso, e lo scostavi e senza una parola… senza una parola scappavi.

Da lui, da quel bacio, da te stesso. Da Dani, che per una volta non avevi visto riflesso negli occhi scuriti dal buio, da Ale che stava scopando con Fra in qualche albergo di Pisa, da Fra che respirava dentro tuo fratello, dal mondo che non ti vedeva.

Dal mondo che ti inseguiva.

Da Blue, che d’inseguirti neanche aveva fatto cenno.

Chiudi gli occhi. Dovresti scusarti, forse.

È tutto il giorno che ci pensi, in realtà.

Dovresti scusarti. Ma non lo farai.

Che insomma, neanche ci avrà badato troppo, lui. Neanche gli sarà dispiaciuto, forse.

Gli piace tuo fratello in fondo, no? E tu di tuo fratello sei la copia sputata.

A parte le rasta, certo. Però Blue i tuoi capelli li adora, l’ha sempre detto. Gli piace giocarci, infilarci le dita, gli piace tirarli dolcemente e odorarli. Tu ti tiri sempre indietro di scatto, come un gatto infastidito. E lui ride, scostandosi infine.

Avrebbe potuto rifiutarsi ieri notte. Non l’ha fatto. Ora, può anche pagarne le conseguenze.

Non che tu abbia in mente di farglielo pesare. Meglio cancellare tutto, spingerlo nel buio della mente insieme ai ricordi cattivi. Così ci sarà anche qualcosa di luminoso e bello, in quella galleria di angosciosi orrori.

Meglio cancellare tutto, e tener lui a distanza. Che non gli salti in testa di provare qualcosa, sia chiaro.

Non sei il giocattolo di nessuno, tu, men che meno di Blue.

Non ti adatterai mai a recitare la parte di un altro. Anche se quell’altro è tuo fratello.

Poi, da dove ti venga st’idea di Blue cotto di Ale neanche tu lo sai. Lui non te l’ha detto mai.

Traspare dai gesti, forse? Può essere. Ma anche no.

-Ti sei fatto male?

Apri gli occhi di scatto, sorpreso. Ci metti un istante, a capire dove sei. A capire chi ha parlato.

Poi, la vedi.

La vedi, e sorridi.

Reazione naturale, istintiva, sicuro.

Come potresti non farlo?

Lei avanza, passi incerti, timidi. –Stai male?- ripete, e tu scuoti la testa, divertito.

-No. Perché me lo chiedi?

Si ferma a qualche metro da te. Inclina la testa da un lato, come farebbe un cucciolo di cane. E a un cucciolo somiglia, con quei grandi occhi chiari.

-Perché sei coricato a terra, e sembrava che piangevi. Io piango quando mi faccio male.

Ti tiri a sedere, mentre lei muove qualche altro passo. La guardi da sotto le ciglia, curioso.

–Come ti chiami?

-Marianna. E tu?

-Niki. Sei qui da sola?

È ferma davanti a te, adesso. Il suo viso poco più in alto del tuo. Scuote la testa, sorridendo. –No, ci sono anche lo zio e Luca… però parla piano perché se no mi trovano e poi devo contare io… ehi, ma ti stai nascondendo anche tu qui?

Tu sorridi, fai per negare, poi ci ripensi. –Beh, sì, in un certo senso… diciamo di sì. Senti un po’ Marianna, ma la mamma non te lo dice mai che non devi parlare con chi non conosci?

-Ma io te ti conosco: sei Niki. E poi tu non sei cattivo: sei bello.

Una fitta di paura ti percorre la schiena, perché hai imparato troppo in fretta la differenza tra i due aggettivi. E troppo in fretta ne hai sperimentata l’uguaglianza. E non vuoi che altri scoprano quel paese buio, non vuoi che…

-E poi sei triste. Perché sei triste Niki?

Sobbalzi, quando senti qualcosa di fresco sulla pelle. Alzi gli occhi su Marianna, sulla smorfietta di deliziosa concentrazione che le imbroncia le labbra sottili.

È incantevole. Avesse dieci anni in più, potrebbe mettere in seri dubbi la tua omosessualità.

Così bambina, ti fa nascere solo una tenerezza stanca nel petto, una languida voglia d’amore.

Allunghi una mano, prendi tra le dita un ricciolo biondo. Così morbidi, quei capelli… così angelica, lei. E il paragone ti viene spontaneo, mentre ricordi il sorriso di un angelo più adulto, più smaliziato e perverso, mentre ne rammenti il gusto, e i tratti, e l’odore.

Mentre scopri, con ipnotizzato terrore, che l’azzurro degli occhi di quella bambina ha l’esatta sfumatura delle iridi glaciali di Blue, la stessa luce assassina.

Mentre ascolti, con le orecchie stordite, l’esplodere basso e seducente di una risata conosciuta, poco lontano.

-Mari-mari, sei ben nascosta? Stiamo venendo a prenderti…

E non puoi fare altro che aspettare immobile, mentre la sagoma di Blue si profila dietro il tronco dell’albero, mentre lo osservi -ancora incredulo- avanzare distratto, disinvolto, ridente.

E resti immobile mentre anche lui si immobilizza, e ti fissa negli occhi, senza per un attimo respirare. Senza per un attimo pensare. Come se nel vostro sguardo spazio per i pensieri non ci fosse, ma solo per emozioni e paura e sorpresa. Come se tra di voi, lo spazio per i pensieri e le parole e le spiegazioni…

-Zio! L’hai trovata ver…

Le mani di Blue volano automaticamente a frenare la caduta del bambino, che si aggrappa al suo braccio con un urletto. Gli occhi ancora non lasciano i tuoi, fino a che con un sussulto non li abbassa di scatto, sorridendo al bambino.

-Lì, non la vedi?

Deglutisci a fatica, incerto. Ti chiedi come reagirà Blue, cosa ti dirà. Se ti tratterà come se niente fosse successo, se mostrerà rabbia, imbarazzo, malizia. Se fingerà di non conoscerti neanche per risparmiar spiegazioni ai bambini, se ti presenterà invece, se ti coinvolgerà nel gioco. Se ti bacerà sul momento, senza neanche un avviso, se ti prenderà a pugni ti stringerà ti resterà lontano, se…

-Bimbo! Che ci fai qui, eh?

Qualcosa ti si spegne dentro, a quell’uscita affettuosa. Qualcosa ti si spegne dentro, a quel contegno svagato.

Avresti dovuto saperlo, Niki, che per Blue un semplice bacio niente avrebbe contato. Forse, foste finiti a letto, adesso mostrerebbe un po’ di disagio. Forse te lo saresti meritato, un atteggiamento diverso, in quel caso.

Forse no.

Che con tutti gli sconosciuti che si scopa ogni sera, dovrebbe essere a disagio con il mondo, oramai.

-Zio, l’ho trovato io! Non è bellissimo?

Blue guarda la bambina, poi te. Combatti il rossore con tutte le tue forze, e non potresti giurar sul risultato. Lui ridacchia. –Mh-mh, Mari. Bellissimo come il gatto che hai portato a casa la settimana scorsa?

Vorresti strozzarlo, davvero. Mentre si siede al tuo fianco, posando una carezza sui capelli di Marianna.

-Zio, giochiamo?

-Dai. Lu, prendi Mari e vatti a nascondere. Io conto.

-Dici sempre così, poi non vieni mai…- si lamenta il bambino, abbracciandolo da dietro. Blue ride, lo attira vicino. Guardi le sue mani, che gli fanno il solletico, e le vorresti addosso tu, per un breve istante. Poi, ti imponi contegno.

E il bimbo ride, e cerca di scappare, fino a che Blue non sospira e abbassa la faccia, mordendogli dolcemente la spalla. Il bimbo squittisce, cerca di spingerlo via, anche se è evidente che i denti non premono abbastanza forte da far male. E infatti ride, Luca, e ride anche Marianna che è corsa ad aiutarlo, e ride Blue che si stacca alla fine, passandosi una mano tra i capelli e spingendo via i nipoti.

Tu non ridi. Sei ancora troppo scosso dall’immagine delle labbra si Blue chiuse su altra pelle, altre carni, le labbra di Blue impegnare a baciare altro, troppo scosso dal flusso di gelosia che quell’immagine ha portato.

Così scosso che quasi manchi di scostarti, quando Blue si china su di te, poco dopo.

Solo l’abitudine ti salva. E tu tremi sotto il suo sguardo irridente, mentre lui si appoggia a un gomito e ti studia, sornione, strafottente, sensuale…

-Ehi. Guarda che non ti mangio mica…

Sbuffi. E ti allontani ancora. Lui sospira, si sdraia del tutto, occhi puntati nel cielo.

Le sue iridi hanno davvero lo stesso colore, scopri frastornato.

-Mhhh, è fantastico sto posto, non trovi? Ehi bimbo, me lo spieghi com’è che tutti nella mia famiglia siamo destinati a innamorarci di voi? Che gli hai fatto a Marianna? Ancora un po’, e mi chiedeva se poteva portarti a casa con noi.

Lo detesti. Mentre aggiunge, guardandoti dritto in faccia, in un sussurro –Non male l’idea, però. Potrei tenerti come animaletto… saresti un micino perfetto, Nikita.

-Fottiti.

Ride, Blue. Allunga una mano a toccarti, ti spinge in avanti. –Eddai che scherzo, minchia. Come sei rompipalle oggi… che, è la distanza del fratellino a far male?

Neanche ti preoccupi di rispondere, a questo. Non ti guarda, Blue, mentre consiglia –Dai, non far quella faccia. Che sta meglio di noi, Ale, tranquillo.

Sorridi. Non puoi farne a meno. –Non ne dubito. Ma… mi manca lo stesso.

-Già.

Blue infila una mano in tasca, tira fuori un pacchetto di sigarette. Non sapevi che fumasse, eppure la cosa non ti sembra strana. Lo guardi accendersene una, tirare la prima boccata. Incredibile come renda sensuale quel gesto. Ti affretti a distogliere lo sguardo, e per un po’ restate in silenzio, il tuo respiro e il suo fumo a mischiarsi insieme, nell’aria. Poi.

-Ehi Niki.

-Hn.

-Le vuoi un po’ di coccole?

Non fai in tempo a voltarti che le sue braccia sono già intorno alla tua vita. Ti dibatti, ma lui ti tiene stretto, ridendo. Quando abbia spento la sigaretta è un mistero, ma il suo fiato odora ancora di fumo mentre parla vicino al tuo orecchio –E dai, sta buono, prometto di fare il bravo… voglio solo coccolarti un po’ bimbo, tutto qui… non posso lasciarti così triste e solo…

Continui a resistere, ma riconosci uno scherzo di Blue quando lo vedi, e sai come gestirlo. Non è questo a spaventarti, anche se il tuo corpo pare tradirti, e tremare ad ogni carezza di quelle mani abili, esperte. Ricordando tocchi più languidi, e febbrili, in un bacio lento.

Ed è quello il Blue che ti spiazza, che non riconosci. Quello di ieri sera, quello serio e tormentato. Quello che non ti ha preso in giro neanche una volta, superato il primo momento. Quello che ha rovesciato tanta passione in quel gioco di lingue da lasciarti stordito per tutta la notte. E che rabbia, al pensiero che quella stessa passione la regali a chiunque, ogni volte…

Ti decidi a riposar sul suo petto, le sue dita tra i capelli. Che combatterlo è impossibile, meglio arrendersi con dignità. Lo senti sorridere soddisfatto, carezzandoti la testa.

-Bravo il mio gattino. Allora posso adottarti sì o no? Fino a che non torna Ale, almeno. Dai, ti affitto, che ne dici?

-Fanculo Blue. Lasciami andare.

-Non se ne parla, bimbo, son troppo comodo. Sto cielo ha un colore assurdo, non credi? Fa quasi male agli occhi…

Taci. Lo ascolti respirare. Il petto si alza e si abbassa sotto il tuo orecchio, con un ritmo appena accelerato. Sarà la fatica della lotta di poco fa, che ancora si fa sentire?

L’odore di fumo si è sciolto, ormai respiri solo la sua essenza. E questo davvero è pericoloso, pensi, ma non fai cenno di muoverti. Anche se le mani ormai sono quasi sciolte, posano sui tuoi fianchi in una carezza languida e immobile.

Talmente perfetta da farti venir voglia di piangere.

Quando è nata, sta cosa per Blue, Niki? Forse, da subito, in fondo. Che i momenti in cui guardavi lui negli occhi, e rispondevi alle sue battute, e ci giocavi, erano momenti che non pensavi a Dani, non sentivi il vuoto. Erano momenti di vita, e rabbia e gioia. Erano momenti di…

-Nico.

C’è qualcosa nel suo tono che costringe i tuoi muscoli a tendersi. Manca di leggerezza, in quel momento. Pesa di serietà.

-Dimmi.

-Riguardo a ieri era….

Ti sollevi di scatto, e lui ti lascia andare. Combatti la tentazione di scappare lontano e ti costringi a restare seduto, replicando senza guardarlo.

-Ero ubriaco.

-Non ricordi niente?

Cosa c’è nella sua voce? Non sai dar nome alle emozioni senza guardarlo negli occhi. Ma di guardarlo negli occhi non hai nessuna intenzione. Però, la tentazione di mentire, di dire di sì. Di cancellare davvero tutto dalla mente di Blue, per poi passare a dimenticarlo te, per poi ignorarlo.

-No. Ricordo. Ma ero ubriaco lo stesso.

Qualcosa cambia di nuovo nel tono di Blue. Ma ancora, non sai dire che cosa.

-Beh sì certo. Voglio dire, me n’ero accorto.

Ti mordi le labbra. –Anche tu lo eri.

-Io? Ah sì, cioè, è vero. Avevo bevuto. Ma Niki, quel che volevo dire è…

-Potremmo non parlarne?

-Come?

Lo guardi con la coda dell’occhio. Sembra sinceramente stupito. –Che intendi, Nico?- ti incalza.

E così bello…

-Dimentichiamo tutto, ok?

-Niki io…

-Per favore.

Ti costringi ad incontrare i suoi occhi, adesso. E a sostenere il suo sguardo.

Restate a lungo in silenzio. Senza far cenno di avvicinarvi, né di allontanarvi. Lui è ancora sdraiato. Tu sei ancora seduto.

Si tira a sedere anche lui, senza spezzare il contatto.

Poi annuisce. Una volta.

-Ok. Se è quello che vuoi.

Hai la bocca asciutta. Vorresti chinarti su di lui e baciarlo di nuovo, fargli ammettere che tutto è diverso con te, è diverso tra voi, ma ti trattieni.

Invece, guardi il cielo. –Dovrei andare.

-Niki, fammi un favore. Io ci sto a dimenticare tutto. A non parlarne. Ma tu mi giuri che si torna come prima. Che la pianti di trattarmi come fossi uno stronzo qualsiasi pronto a violentarti alla prima occasione. Perché quel bacio l’hai iniziato tu, ti ricordo, e non hai nessun dannato motivo di tenermi il muso.

Trattieni a stento un sobbalzo. –Avevi promesso di non parlarne.

-Beh, questo dovevo dirlo. Che mi fa incazzarre sta tua faccia spaventata.

-Devo andare.

Ti afferra per un braccio. Ti obbliga a voltarti.

-Promettilo.

Annuisci. E lui per un attimo resta immobile a scrutarti, e pare identico a Marianna in quel momento. Poi, le sue labbra si aprono in un sorriso malizioso. –Benissimo. E adesso se te ne vai salutami per bene, bimbo.

Riesci a voltare la testa appena in tempo, e le sue labbra si posano sulla tua guancia. Ancora così, sono più calde di qualunque bocca ti abbia mai baciato.

-Sautami Ale se lo senti.

-Ah-ha.

Scappi, Nico.

Senza girarti a guardarlo, senza incontrare quegli occhi che senti seguire i tuoi passi. Senza rispondere alla domanda che quelle labbra trattenevano appena, e che non hai capito.

Scappi, Nico.

E puoi solo aspettare il ritorno di Ale adesso, puoi solo sperare che tuo fratello sappia ricucire quel che in te si è strappato. Puoi solo sperare che, nel frattempo, lo squarcio non si ingigantisca ulteriormente.

E puoi solo pregare, devotamente, che sto cielo smetta di essere così dannatamente stupendo.

***

Allora…. non so bene perché ho parlato di dettagli tecnici, comunque…

Ho scritto in seconda persona perché in prima non mi veniva. Scrivo sempre di meno in prima persona, ultimamente, chissà come mai. E parla Niki perché sta scena di lui che incontra una bambina ho in mente di scriverla più o meno da giugno, e Ale invece mi veniva fuori noioso. Poi, che c’è da chiarire tra Ale e Fra oramai? Il centro della mia attenzione sono Nikita e Blue, che fanno un casino dietro l’altro…

Quanto ai vostri commenti… che dire a parte, grazie per la pazienza?

Siz, vedo che Ale ha colpito nel segno… era quello il mio obiettivo, grazie! Spero che anche Nikita e Blue ti piacciano altrettanto (da parte mia, sono quasi indecisa su quale scegliere! Nonostante il mio amore eterno per Nico…)

Cialy, spero di non averti fatto aspettare troppo… comunque, credo che una seguace del bluenismo dovrebbe essere abbastanza soddisfatta di questo capitolo! Non pensavo che Nico mi sarebbe uscito fuori così innamorato- e deficiente- ma si sa, se questi non mi sorprendono non sono contenti…

Sara Woig, basta lo spazio dedicato a Niki e Blue qui? Penso che in seguito saranno loro i veri protagonisti… io vivo per l’angst, quando due stanno insieme che posso ancora dire? Ale e Fra sono indispensabili per il benessere psichico di Nico, ma… ma è lui il mio amore! E come mio amore, è lui il destinatario di tutte le sfighe!

Kisses a tutti, devo scappare… scusate per l’attesa, ma sono sommersa di impegni!

 

 

 

 

 

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Capitolo 18
*** Alessandro - Angeli ed ombre ***


-Sei uno stronzo

Alessandro- Angeli ed ombre

-Sei uno stronzo.

Lui non batte ciglio. Gira la chiave nel motore e si allaccia al cintura.

Ci riprovo.

-Ti detesto.

Fra tamburella le dita sul volante. Guarda la strada, aspettando di poter partire. Io, è come se non esistessi.

Ancora un po’ e lo prendo a pugni. Dritto su quel naso sollevato in aria, come per sfida.

Anche perché, cazzo c’è da sfidare qui non lo so. Mica è una gara, questa.

Molto più semplicemente, lui è uno stronzo, e io lo detesto. E se non volta immediatamente verso di me quella sua faccia da schiaffi giuro che lo picchio.

Guardami, deficiente.

-Fammi scendere.

Si gira alla fine, gli occhi solo una fessura. –Hai intenzione di fare i capricci ancora per molto?

Non gli rispondo neanche. Incrocio le braccia sul petto e mi metto a guardare fuori dal finestrino. Ci stiamo muovendo, adesso, le strade ci scorrono di fianco familiari e consuete.

Fabio sospira. –Ale? Ale, dai non fare il bambino.

Che poi, perché me la prendo tanto non lo capisco bene neanche io. In fondo, se lui vuole mollare me allo Shadow da solo, per chissà quanto tempo, sono solo cazzi suoi. Basta che poi non venga a lamentarsi se gli altri ci provano, se si siedono con me ed io per ammazzare le ore qualche chiacchiera la scambio.

Anche perché, se si azzarda a recitare la parte del fidanzato geloso dopo, e Niki è presente, non passerà un bel quarto d’ora. Proprio per niente.

Il pensiero mi ridà un po’ di buonumore. O forse, è la mano di Fra, che dalla leva del cambio si è posata sul mio ginocchio e lo stringe appena.

-Guarda che non mi diverto, sai? Giuro che mi sbrigo in un attimo.

Continuo a restare zitto. Perché se parlassi adesso, la voce mi tradirebbe. Fra saprebbe che l’incazzatura mi è passata, e se ne approfitterebbe.

però, a ben pensarci, l’idea che se ne approfitti…

La mano si sposta lentissima, risale la coscia. Un brivido sulla schiena, mi mordo il labbro.

Lui, bastardo, se ne accorge.

Sogghigna. –Dai, sei tanto incazzato?

Si sporge verso di me, mi bacia la guancia. Le sue labbra scivolano indietro, chiude i denti sull’orecchio. Io chino la testa di lato ma continuo a tenere d’occhio il semaforo.

Quella mano maledetta ormai quasi sfiora l’inguine. E spero soltanto che lui sia eccitato quanto me, che soffra un po’ anche lui di frustrazione, quando si dovrà staccare.

Quel tocco quieto si fa pesante, infilandosi tra le mie gambe. Lo sento attraverso la stoffa, una carezza quasi brusca, e inarco la schiena senza volerlo, gemendo. Lui sorride contro il mio collo, gli occhi sicuramente chiusi. Tiene sempre chiusi gli occhi, Fra, quando mi tocca. Gli piace concentrarsi su me soltanto, dice, far finta che il resto del mondo sparisca.

Un po’ pericoloso, quando sei fermo a un semaforo.

-Cretino, è verde- ansimo, e lui si allontana di malavoglia.

Rimette in moto, e io sbircio il suo inguine. Sogghigno.

Decisamente, non sono l’unico frustrato.

La sera sta scendendo lenta. Il cielo, alle nostre spalle, è viola. Si fa rosa intenso salendo verso l’alto, schiarendosi sempre di più, fino a sciogliersi nell’azzurro.

Una volta Niki mi ha detto che quel colore è il colore degli occhi di Blue. E a me è venuto da ridere, perché aveva una faccia così seria mio fratello in quel momento. Poi, ho pensato che ha ragione. E mi è venuto da ridere ancora di più, senza motivo.

Fra parcheggia lungo il fiume. Lo Shadow è poco distante, scorgo già la sua insegna. E i ragazzi radunati lì intorno, a fumare e chiacchierare. E squadrarsi a vicenda, curiosi come gatti.

Francesco slaccia la cintura e torna a poggiare la schiena contro il sedile. Sospira. –Davvero Ale, mi dispiace un casino non entrare con te. Giuro che arrivo appena possibile.

Lo guardo malizioso. –Ti dispiace davvero, o sei solo preoccupato per tutte le proposte che riceverò, stando lì da solo?

Lui apre la bocca per protestare- forse ribadire la sua proprietà- e io decido che non ho davvero voglia di sentirlo inveire, in quel momento. Così, mi sbrigo a baciarlo.

Che in fondo, avrei dovuto farlo fin dall’inizio.

Affondo le mani tra i suoi capelli- i suoi palmi posano sulle mie guance. Mi bacia lento, i pollici a massaggiarmi la mascella, premendovi contro appena.

Mi sposto, fino a finirgli cavalcioni. Quando infine mi stacco, schiaccio il viso contro il suo collo. Lui mi carezza la schiena per tutta la lunghezza, dalle spalle fino al sedere. Percorre con un dito la spina dorsale, e di nuovo io mi inarco. Lui mi scosta un poco, e mi guarda.

Sempre, mi ruba il fiato, così. Di solito mi ama ad occhi chiusi, ma le volte che lo fa tenendoli aperti, guardandomi, sono incredibili.

-Sei sicuro di voler andare lo stesso?- chiede, in un sussurro. Sollevo un sopracciglio, e lui mi passa il pollice sulle labbra, distrattamente. Gli afferro il polso e mi porto alla bocca la sua mano, baciandone le nocche, mentre lui prosegue. –Se vuoi puoi venire con me. Non ci metteremo tanto, davvero.

Strofino il viso contro il dorso della sua mano. Respiro la sua pelle, a pieni polmoni. –Non posso, ho promesso a Niki che l’aspettavo qui.

Lui giocherella con i bottoni dei miei jeans –A proposito, come mai non è venuto con noi?

Scrollo le spalle –Usciva con Blue, oggi pomeriggio. Dovrebbero arrivare insieme.

Lui mi scocca un’occhiata curiosa –E non sei geloso?

-Di Blue?

Ride –No, di Nico.

Mi lascio scivolare contro di lui, infilo di nuovo la testa nell’incavo del suo collo. –Non ti seguo, Fra. Che intendi?

-Beh, di solito incenerisci chiunque gironzoli intorno a tuo fratello. E Blue…

-Blue non è interessato a Nico, tranquillo.

Fra mi scosta bruscamente –Non è interessato? Ma mi prendi per il culo? Passa il tempo a spogliarselo con gli occhi, a volte sembra che voglia divorarlo, da come lo guarda. E te dici che non è interessato?

Sbatto le palpebre. –Fra, Blue fa così con tutti. È il suo modo di scherzare… sai, come faceva anche con me, no? Io l’ho visto quando vuole portarsi a letto qualcuno… non bada a sottigliezze come sguardi, te lo assicuro. Non ne ha bisogno.

Non parla per un po’, Fra. Poi –Beh, forse allora non se lo vuole portare a letto, ti pare?

-Infatti, è quel che dico anche… perché ho la sensazione che tu stia parlando di tutt’altro?

Mi bacia la fronte. –Dio, siete così tonti, tutti e due. Fa niente, Ale, non ci pensare. Solo, mi dispiace per Blue.

Ridacchio –Ma sentilo. Sei mesi fa l’avresti linciato, e adesso ti fa pena.

Mi bacia le labbra –Sei mesi fa mi faceva paura. Non è facile stare a guardare mentre uno come Blue ci prova con il tuo ragazzo e poi tu… cristo Ale. Ma li hai mai guardati Blue e Niki, vicini? L’effetto che fanno? Pensa che sei mesi fa c’eri tu al suo posto, e dimmi come facevo a non sentirmi minacciato.

-Sei proprio un deficiente, Fra. Va, dai, che così torni prima. Giuro che farò il bravo, ok? Poi, Niki e Blue dovrebbero arrivare a momenti.

-E questo dovrebbe tranquillizzarmi?

Resto a guardare la sua auto finchè non volta l’angolo.

Saluto un paio di ragazzi, sulla porta. Uno di loro mi chiede di Francesco, ma faccio finta di non averlo sentito. Non ho voglia di fermarmi a parlare con loro. Mi sento stranamente buono, questa sera. Magari posso evitare di fare incazzare il mio koi, giusto per cambiare.

Siedo nel mio tavolo preferito, schiacciato contro la parete. E non devo aspettare molto, prima che mio fratello faccia il suo ingresso, affiancato da Blue.

Metà delle testa si voltano a squadrarmi. E per un attimo mi perdo anche io nella contemplazione, cominciando a capire un po’ di più il discorso di Fra.

Sono bellissimi. Da soli, e ancora di più insieme.

Nico ha lo sguardo basso, concentrato su un cd che tiene in mano. Dice qualcosa, guardando Blue da sopra la spalla. L’altro gli cammina un passo dietro, annuisce tranquillo.

Si somigliano nelle andature rilassate, nel modo di percorrere il locale. Si somigliano nei sorrisi che lanciano intorno, e quelli più convinti che nascondo tra loro.

Niki mi vede e si illumina. Aumenta il passo, mentre Blue ammicca dietro di lui.

Niki scivola di fronte a me, Blue tra noi due.

-Ehi beautiful, il tuo rosso ti ha lasciato da solo?- scherza subito, a mò di saluto.

Gli tiro un calcio alla caviglia –Stronzo. Tatto zero. E se avessimo litigato?

Nico si è appropriato del mio drink e sta bevendo dalla mia cannuccia. S’interrompe un attimo, per flasharmi un sorriso –See, voi due siete attaccati con l’attak, manco morto te ne liberi, bro. Buona sta roba, però, la voglio anche io…

Scuoto la testa –Che avete fatto sto pomeriggio?

Blue si appoggia allo schienale –Tuo fratello mi ha trascinato in giro per negozi. Lo sapevi te che c’è un complotto internazionale alle sue spalle? I cd che vuole lui sono introvabili…

-Ma statti solo zitto, te, che sembra una tortura messa così. Ho visto come ti baccagliavi il commesso, sai… com’è che non gli hai chiesto di uscire, alla fine?

Blue si stringe nelle spalle, ma non risponde. Io mi ritrovo a fissarlo, con un pizzico di perplessità.

E di gelosia. Lo ammetto. Che Nico tanto complice di qualcuno non l’ho mai visto. Mi sento quasi tagliato fuori.

Mio fratello si sporge sul tavolo e mi afferra la manica. La strattona. –Ohi bro. Me lo presti il tuo ragazzo qualche volta?

-E che ci vuoi fare?- sobbalzo io, con in sottofondo il risolino di Blue.

-Pensavamo di rimettere su i DarkSun. Fra ha detto che dovevo chiedere il permesso a te, però…

-DarkSun significa Daniele. Come credi di poterci suonare con Dani se neanche gli parli?

-Ah, non ve l’ho detto? Abbiamo fatto pace.

Mi sento gelare. Unica consolazione, al mio fianco Blue si sta strozzando sull’ultimo sorso di cocktail, segno che non ne sapeva niente neanche lui. Dopo aver sputacchiato dappertutto guarda mio fratello con occhi sgranati –Come sarebbe a dire che avete fatto pace? E quando? E…

-Sarebbe a dire che l’ho beccato in giro con Caterina, e abbiamo chiacchierato un po’, e abbiamo deciso di rimetterci a suonare. Niente di strano, no? Saranno boh, dieci giorni? Forse qualcuno di più.

Blue è pallido. Io, mi sento il cuore in fibrillazione. Vorrei chiedere a mio fratello come sta, davvero, ma non credo che Niki voglia far sapere a Blue quel che Daniele è stato…

Eppure è proprio Blue che parla. Con voce seria. –Sei sicuro che a te non crei problemi?

Niki lo guarda. Per un attimo non risponde, accontentandosi di fissarlo negli occhi, assorto. Poi scrolla la testa, abbassa lo sguardo –No, tranquillo. Tutto sotto controllo, l’ho superata oramai…

-Se lo dici tu…- il tono di Blue è dubbioso. E io mi sento il mondo franare sotto i piedi.

Da quando mio fratello incontra Dani e non me lo dice? Da quanto mio fratello racconta di Dani a qualcuno, e non me lo dice? Da quando Blue raccoglie le confidenze di mio fratello, e non me lo…

Orrido sospetto.

-Nico. Siamo i primi a saperlo, di Dani?

Lui sta di nuovo guardando Blue- mi sono perso qualcos’altro, nel frattempo?- ma si volta verso di me, perplesso –Eh? Beh, Fra lo sa ma…

Ecco. Tradimento. Lo sapevo, me lo sentivo. Quel bastardo del mio ragazzo scopre qualcosa di importante come questo e a me non dice niente! Niente di niente!

Si divertono a tenermi tutti all’oscuro?

-Io Francesco lo ammazzo.

Blue ridacchia sotto i baffi- del tutto incapace di restare serio per più di due minuti quel ragazzo- e Niki ha la faccia perplessa.

-Perché?

Non è di mio fratello, quella voce. E neanche di Blue.

Fulmino con gli occhi Francesco, mentre siede al mio fianco. Blue ride apertamente, adesso, e Fra lancia a Nico uno sguardo stupito –Che ho fatto?

Mio fratello non lo sa- figurarsi se capisce qualcosa, quel cretino. Blue, che invece ha capito tutto, si diverte troppo per darmi una mano. Tradimento completo, su tutti i fronti. Amante, fratello e migliore amico. Quasi quasi prendo e me ne vado.

Ancora non riesco a crederci.

Nico mi guarda. Che abbia capito qualcosa? Forse un paio di neuroni funzionanti in quella bella testolina incasinata resistono ancora? Forse il cervello del mio gemello non è ancora completamente flippato? Forse…

-Ale? Allora me lo presti Fra?

Lascio cadere la testa sul tavolo. Mentre Blue, al mio fianco, ride ormai così forte che quasi non respira.

***

-Ehi Blue.

Gli occhi di mio fratello seguono, verdi e maliziosi, la schiena del ragazzo che ci ha appena oltrepassato. Blue lo imita, con aria critica. Beve un sorso dal suo bicchiere, fare da intenditore. –Bel culo.

Nico annuisce, soddisfatto, sprofondando nello schienale. Io non mi curo di trattere una smorfia disgustata. -Dio che schifo… ma non sapere pensare ad altro, razza di pervertiti?

-Pervertiti noi? Perché, cosa credi che distragga Fra quando fate una partita?- ribatte piccato il mio gemello, mentre Blue si china, seducente, ad accarezzarmi il polso. –Non preoccuparti, sweety… il tuo resta ancora un primato.

Ritraggo la mano di scatto, imbarazzato, e Fra sbatte sul tavolo il bicchiere di birra, guardando storto Blue. C’è simpatia ugualmente, nei suoi occhi adesso. Manca del tutto il rancore.

Niki si acciglia –Ehi! Guarda che potrei anche offendermi!- ribatte, arrotolandosi intorno a un dito una ciocca dei capelli biondissimi di Blue. Che gli sorride smagliante –Andiamo bimbo… non in pubblico!- Ride, poi, e si china per schioccargli un bacio veloce sul collo.

Troppo veloce. E non posso essermelo sognato, quel lampo scuro che è passato nei suoi occhi prima che la solita luce scanzonata tornasse ad illuminarli, più chiara appena, più pallida.

È solo l’ultimo dettaglio stonato, nel concerto del loro flirtare scherzoso. Non ci avevo mai badato, prima, ma stasera l’intero atteggiamento di Blue mi pare una maschera. Ed è diverso dal suo solito fingere. Più cupo, più tetro.

Forse dovrei chiederglielo, semplicemente. È il mio migliore amico in fondo, no? E poi si tratta di mio fratello. Se ci sono problemi, tra loro, è giusto che io lo sappia. È giusto che provi a sistemarli.

Niki afferra il gomito del mio koibito- che ho deciso di perdonare temporaneamente.

-Oi Fra. Guarda, è arrivato.

Blue si irrigidisce, e io seguo il suo sguardo.

Lily O’Connor sta fermo sulla porta, bellissimo e inquietante come sempre. Era un po’ che non lo vedevo- si è tagliato i capelli, noto. Li ha corti adesso, ad eccezione di una ciocca lunga e colorata, sulla sinistra.

Il suo rosso non è ramato come quello di Fra. Più carico, invece, come tinto di sangue. Un colore incredibile, senza dubbio. Soprattutto se accostato alla sua carnagione perlacea, ai lineamenti perfetti e a quegli occhi verdazzurro che ti sciolgono lo stomaco.

Che ci deve fare, mio fratello, con quel tipo?

-Allora, andiamo?- chiede, e vedo che Fra è esitante. Lancio un’occhiata a Nico. Sta fissando Lily, e sorride. I suoi occhi si sono fatti più languidi, eppur più vivi.

-Dai, Fra… avevamo deciso che…

Il mio ragazzo sbotta –Senti Niki, non capisco perché devi trascinare anche me in questa storia… se vuoi provarci con Lily fai pure, nessuno ti…

-Ma mi serve una scusa! E poi dai, l’avevamo deciso insieme, alzati, ti prego… fallo per me…

Francesco lo guarda per un attimo, poi sospira e scosta la sedia. –Ti odio quando fai così.

Non è l’idea di Francesco davanti a Lily che mi preoccupa. È piuttosto lo sguardo di Nico, e soprattutto il silenzio di Blue, al mio fianco.

Niki si china un attimo sul suo orecchio, sfiorandoglielo con le labbra, quasi in un bacio involontario –Augurami buona fortuna.

E adesso davvero non posso fraintenderlo, il lampo di dolore che passa nelle iridi splendide del mio migliore amico, mentre sorride come se niente fosse e stringe il braccio di Nico, allegramente. –In bocca al lupo, bimbo.

Nico gli schiocca un bacio sulla guancia e afferra il polso di Fra, trascinandolo via.

Lo osservo attraversare il locale- vedo gli occhi di Lily spalancarsi leggermente, quando si accorge che è diretto verso di lui.

Strano, quel ragazzo. Aria da rock-star, faccia d’angelo perverso, e poi quasi arrossisce quando Niki, con il consueto tatto, lo avvicina.

Mi rivolgo a Blue. –Allora, che mi dici?

-Mh? In che senso?

-Beh, nel senso che vuoi. È un po’ che non parliamo, io e te… a proposito, l’hai proprio conquistato Niki, se ti ha addirittura raccontato di Daniele.

Scrolla le spalle –Beh, sì… cioè, siamo amici. Mi piace tuo fratello. È più simpatico di te.

Gli faccio la lingua. Lui ammicca –Comunque, pare che anche il tuo amore ci sia in confidenza. Io non lo sapevo mica, che aveva mire su O’Connor.

-Lo conosci?

-Lily?- mi chiede, e beve un sorso dal bicchiere. Lo posa sul tavolo, riflettendo –Conosco meglio suo fratello, a dire il vero. Ci giocavo a basket insieme, l’anno scorso… Lily era nella stessa scuola, sezioni diverse. Comunque, ogni tanto ci parlavo. E certo, me lo guardavo ben bene… non sai la sorpresa quando una sera me lo sono ritrovato sul palco dello Shadow a cantare. Peccato che in quel periodo lui avesse la testa altrove, non sono riuscito a combinarci niente. Sogno proibito, Lily, quasi quanto te.

Gli allungo uno schiaffetto sulla nuca. Lui china la testa ridacchiando –Cretino. Niki l’ha sempre adorato, ogni volta che suonava qui ci veniva. Mi fa strano, ora che ci penso, che voi non vi siate mai incrociati. Frequentavate gli stessi posti, alla fin fine.

Scrolla le spalle –Casi della vita, che vuoi farci- sta in silenzio un attimo, poi aggiunge, come in un ripensamento –Comunque se l’avessi visto, Niki, me lo sarei senza dubbio ricordato.

Lancio uno sguardo a Nico. Lui e Lily stanno già ridendo, appesi l’uno alla spalla dell’altro, e Fra li osserva con aria appena intenerita. Li indico con il mento. –Secondo te ce la fa?

-E chi potrebbe dirgli di no, a tuo fratello?

Mi volto verso di lui. Sta guardando Nico, e Lily, con un mezzo sorriso. All’apparenza può sembrare la solita smorfia ironica, ma adesso ci riconosco dentro anche la tristezza.

Lo studio, Blue. Ne studio il profilo nitido contro lo sfondo, le sopracciglia dorate, il naso sottile. È bellissimo, Blue, la sua bellezza bionda contrappunto perfetto a quella scura e sinuosa di Niki. Me ne sono accorto per la prima volta quando sono entrati insieme questa sera. E vorrei dirglielo, ma non so come fare.

Mi schiarisco la gola. –E com’è che te non ci hai ancora provato?

Lui mi sorride un po’ forzato –Hai minacciato di tagliarmi le palle se lo facevo, ricordi?

–Eddai Blue, non prendermi per il culo. Non mi ascolti mai, cominci proprio stavolta? Davvero non hai mai pensato di baciarlo?

-L’ho baciato- precisa lui, senza guardarmi.

-Non intendo quella volta da me, parlavo di…

-Non quella volta. Una sera che tu eri a Pisa. L’ho baciato. Non te l’ho detto perché non volevo ti preoccupassi.

Sono senza parole. Ma quando l’ha deciso, mio fratello, di non raccontarmi più niente?

Metto da parte il pensiero per un altro momento. Adesso, è più importante Blue.

-E…?

-E cosa? vuoi sapere com’è stato? Beh, non credo di essere il primo a dire che tuo fratello bacia da dio…

-Vi siete fermati lì cioè…

Esita. E a me si ferma il respiro. –Avete…

Lui sgrana gli occhi, allunga avanti le mani –No, no! Cazzo Ale! Figurati! Non è stato niente di che, a dire il vero. Avevamo bevuto entrambi, lui più di me, probabilmente aveva voglia di sentirsi qualcuno addosso quella sera, mi ha tirato giù e mi ha baciato. Io ho risposto, mi sono tolto lo sfizio e… e basta. Da quella volta niente. Abbiamo chiarito che è stato una stronzata e amici come prima.

Annuisco, ancora un po’ scosso.

Lui mi copre la mano con la sua. Alzo lo sguardo, e i suoi occhi sono sinceri adesso, e nudi.

–Scusami, Ale. Non avrei dovuto. E soprattutto, non avrei dovuto tenertelo nascosto…

Scuoto la testa, intreccio le dita alle sue. –Non è quello. Solo che non me l’aspettavo. Blue… dimmi la verità. Sei… cioè…

Lui non mi aiuta. Gli occhi sono tornati impenetrabili. Alla fine mi arrendo, e cambio domanda. La soffio fuori con l’ultimo fiato –Come è stato?

Non fa in tempo a rispondere, che una mano gli cala sulla spalla. Alzo gli occhi, e incrocio quelli di mio fratello.

Che strano sguardo ha, Nico. Verdissimo e scuro, acceso e lucente. Conturbante. Ridacchia, una risata bassa –Non si può lasciarvi soli un attimo…- scherza.

Blue districa le dita dalle mie, e scocca uno sguardo a Fra. Che, stranamente, non lo fulmina e siede senza dire niente.

Mi accorgo solo in quel momento che Lily è con loro.

-Ciao Blue- dice, e non l’avevo mai sentito parlare senza microfono. La sua voce è sensuale come quando canta.

Blue risponde con un cenno della testa, Nico si lascia cadere al suo fianco. Lily lo imita, posando su di me i suoi occhi strani. –Ciao- dice, con un sorriso disarmante. –Te devi essere Ale.

Gli stringo la mano, e mi piace la sua stretta. Decisa, amichevole, allegra. In tutta sincerità, non me l’aspettavo così Lily. Guardarlo sul palco, a gemere nel microfono, ti da tutta un’altra prospettiva.

Mi dimentica in fretta, comunque, tornando a concentrarsi su Nico. –Ma secondo te può funzionare davvero? I generi sono un po’ diversi.

E te pareva, di cosa potevano parlare quei due se non di musica? Mio fratello lo spintona dolcemente –Abbastanza diversi da essere contrastanti, ma abbastanza simili da fondersi insieme. In alcune canzoni almeno. Poi, sarebbe divertente sperimentare. Non mi dire che non hai mai cantato punk, o ska, te.

Lily ridacchia, scostandosi dal volto la ciocca viola cupo. –Adoro il punk. E in effetti mi piacerebbe provarci. Però… però anche te ti metti a cantare le mie?

Sorride malizioso, e Nico risponde senza esitare. –Non vedo l’ora.

Lily punta i gomiti sul tavolo, lancia uno sguardo al bancone, dove un barista gli sta facendo dei segni. –Ok gente, parliamo d’affari. Te Fra suoni ancora il basso, vero? Bene, perché sei senza dubbio meglio di me. Niki, non so se hai fatto progressi stratosferici con la chitarra, ma senza offesa, Fabio ti batte. Quindi, se facessimo qualcosa insieme, ci staremmo io e te alla voce, lui alla chitarra e Francesco al basso. Il problema viene con la batteria. Dodi è un mago, ma anche Daniele se la cavava. Hai detto che dovrebbe tornare anche lui, quindi… potrebbero alternarsi. A seconda del genere, quello con cui si trovano meglio. È un’idea un po’ del cazzo, vero, ma non mi viene altro sul momento. Dovremmo pensarci su, studiarla meglio.

Nico annuisce, lo sguardo pensieroso. E gli occhi non sono quelli di uno che ci sta provando. Ha negli occhi la musica, adesso, mio fratello.

Lily scocca l’ennesima occhiata al bar, e si alza in piedi. –Devo scappare adesso, sennò mi fucilano. Senti Nico, me lo lasci il tuo numero così ci sentiamo?

Blue scosta la sedia in quel momento esatto. –Vado anche io… crollo dal sonno, davvero.

Si china su di me, mi spettina i capelli. –Ci si vede domani, fai il bravo, e tu non me lo stancare troppo rosso. Ciao Lily, salutami tuo fratello, hai voglia? Notte bimbo, sogni d’oro…

Niki molla il cellulare per corrergli dietro. Io mi prendo un attimo per notare lo sguardo di Lily, che tiene in mano il telefono e sorride, un po’ dolce e un po’ preoccupato.

-Ehi Blue, come sarebbe che sei stanco? Stai bene?

Blue si volta e lascia che mio fratello gli allacci le braccia al collo. Lui gli cinge la vita, e mi chiedo come ho fatto a non notare prima la naturalezza dei loro gesti. Sembrano amanti da anni, nei bisticci come nelle carezze.

–Tranquillo, bimbo, sono solo un po’ di notti che dormo male. Domani è una giornata pesante, voglio esser riposato. Ci vediamo nel pomeriggio, tanto, no?

Nico lo guarda un attimo e poi si solleva per schioccargli un bacio. Blue posa le labbra sulla sua fronte, con fare paterno, e mio fratello protesta, s’imbroncia. Blue ride e gli da del bambino, nella solita commedia strafottente. Poi però volta la testa e guarda me, dritto negli occhi. Serissimo d’improvviso, le linee del volto quasi dure.

-Ale- dice, e addirittura Nico lo guarda stranito. Ma non gli bada, Blue, e continua nello stesso tono. –Sai la domanda di prima… Ecco. È stato bello, Ale. Semplicemente… bello.

Si scioglie dall’abbraccio di Nico ed esce dal locale.

-Che cazzo stava dicendo, bro?- chiede mio fratello, ed io non riesco a rispondergli, il cuore mi batte impazzito e quasi non ci sento, tanto è forte il pulsare del sangue nelle vene delle tempie.

Perché ho fatto il possibile per difendere Nico dagli artigli di Blue.

E solo ora mi rendo conto che non ho mai, mai pensato di proteggere Blue dalla luce di Niki.

E so, l’ho sempre saputo, che lui, nel profondo, è ancora più indifeso.

***

Ragazzi, non credevo mai più che l’avrei scritto, questo capitolo. Nel senso. Non era quello che mi aspettavo.

Avevo qualche stralcio, buttato qua e là nel computer, però non avevo in mente di fare un salto così grande. Sono passati un po’ di mesi, credo. Non so quantificare, però.

Comunque. Volevo spendere due parole su Lily O’Connor. Forse qualcuno ha letto anche l’altra original che sto scrivendo, Beating out of time. E forse, ha pensato che Lily somiglia molto ad Elia. In realtà, sono la stessa persona. Ho deciso che, invece di continuare a sfornare personaggi e luoghi tutti uguali, era meglio intersecare quelli che avevo già creato. Se a qualcuno interessa, cronologicamente questo dovrebbe collocarsi dopo Beating, quindi Elia/Lily è un po’ cresciuto. Non credo che l’intersezione sarà particolarmente importante, un capitolo o due, e non conoscere Beating non costituirà un problema. Ma se Lily vi piace- e io posso dire che lo amo- forse potreste divertirvi a leggere anche l’altra storia. Bene, fine dello spot pubblicitario, torniamo a noi.

Duff, grazie mille per il commento, come sempre sono contenta di scoprire nuovi lettori… grazie anche per la recensione di Beating, e non preoccuparti, posterò il prossimo capitolo molto presto. Quanto a Niki e Dani, ci saranno degli sviluppi, ma non so quanto potranno piacere ad una fans del pairing… mi spiace, a mia discolpa posso solo dire che non avrei mai immaginato, all’inizio, di vederli finire così. È Blue il colpevole, mi si è infilato a forza nella storia e mi ha sconvolto ogni piano. Non odiarlo, però, per favore! Spero comunque che ti sia piaciuta la parte dedicata a Fra ed Ale… adoro descrivere un Ale un po’ bisbetico!

Cialy…. GRAZIE! Anche a nome di Blue, che poveretto ha bisogno di tutta la solidarietà di questo mondo per resistere a quel che Niki gli sta facendo penare… piccolo mio, anche io adoro vederlo innamorato. Anche se ha una testa dura da morire, e ce ne mette prima di accettarlo. Oh beh, speriamo bene…

Siz, sono contenta che ti piaccia Fra. È il personaggio che riesco a inquadrare meglio, che mi sfugge e mi sorprende (ancora più di Blue: Fra era nato come scavezzacollo fuoriditesta e adesso me lo ritrovo posato e maturo… boh!) quindi sono contenta che nonostante tutto riesca ad avere carattere, e a farsi amare (sono sempre molto materna con le mie creature…) Quanto a Daniele, tutto etero non lo è diventato, ‘spetta di vedere però cosa gli combino…

Sara Woig, hai ragione quanto alla parte d’ombra, è quel che rende Blue e Niki così affini. Si aiuteranno senz’altro, Nico farà affidamento su Blue per tutti i problemi, e Blue… Blue è così perso del nostro gattino che non saprà mai negargli niente!

Ale… anche io amo i gemelli, come credo si sia ormai capito… e sono contenta che la storia non perda senso man mano che va avanti. So la delusione che si prova a scoprire capitoli sempre più brevi e frettolosi, mi è capitato spesso come lettrice, e spero che a questa non succeda. Purtroppo, non posso assicurare niente quanto alla velocità degli aggiornamenti, però in questo periodo la musa sembra sorridermi di nuovo… ho talmente tante storie in testa che dovrei passare il giorno al computer per buttarle giù tutte. E purtroppo, questo non lo posso fare…

Kisses, bacioni a tutte! Scusate ancora per i ritardi imperdonabili! Roh

 

 

 

 

 

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Capitolo 19
*** dani - morir di sete in mezzo al mare ***


Mio cugino non ha mai capito un tubo di elettronica

Daniele- morir di sete in mezzo al mare

***

Mio cugino non ha mai capito un tubo di elettronica.

Lo so. L’ho sempre saputo.

Eppure, riesce ancora a stupirmi, la sua totale ignoranza.

Voglio dire. Quanti cavoli di anni sono, che suona la chitarra? E ancora riesce a fare tutto sto casino per sistemare un amplificatore.

-Sì Ale… dai amore… rilassati… andrà tutto bene… sì…

Sbircio Francesco e trattengo un sorriso. Lui coglie la mia espressione e alza il dito medio, per poi voltarmi le spalle e riprendere a blandire Alessandro.

Che oggi ha una partita importante, mi par di capire. E chiaramente, rimpiange molto la presenza rassicurante del suo koi sugli spalti. Ma Nikita è stato irremovibile, quindi…

-No, Niki adesso è impegnato… sì…

Lascio che lo sguardo scivoli di nuovo su mio cugino.

Sta accucciato a terra, un groviglio di fili in mano.

È contento, però. Lo leggo nella sua voce. Nel suo canticchiare sommesso, allegro, deliziato.

-I'm tryin' to forget that /I'm addicted to you…

Canzone più adatta non la poteva trovare, poi.

-But I want it /And I need it /I'm addicted to you…

Perché Nico è sempre stato come una droga. Per me, per Ale… per tutti.

E mi sono accorto davvero quanto ha fatto male non averlo intorno solo qualche settimana fa, quando tutto allegro mi è ricomparso davanti, come se avesse avuto di nuovo quattordici anni, a chiedermi di rimettere in piedi i Darksun.

I miei occhi discendono- controvoglia- la sua schiena. I pantaloni militari che indossa sono ampi, ma le natiche tendono la tela in un modo meraviglioso.

Scaccio un brivido a torno ad alzare lo sguardo. Appena in tempo, perché lui rovescia la testa all’indietro e lancia un’occhiataccia a Fra. Sogghigna poi, e mi fa l’occhiolino. Mi preparo mentalmente alla frecciatina che sta per lanciare.

–Minchia cheppalle che sei… ma non hai ancora finito?

Francesco si volta, irritato. –Ha parlato- lo rimbecca.

Saluta Ale, però, e chiude la comunicazione.

-Ehi. Cosa vorresti insinuare?

Solleva un sopracciglio, Fra –Beh. Non sono io quello che ci ha messo tre quarti d’ora a collegare un paio di fili…

Niki sbatte le ciglia, seducente –A proposito Fra, non è che mi daresti una mano a…

-Non se ne parla!

Nico s’imbroncia, e io medito di offrirgli il mio aiuto. Che va beh che fino a quando non arrivano gli altri non possiamo cominciare, ma sarebbe carino far trovare tutto pronto, no?

Voglio dire. Non capita tutti i giorni di lavorare con i Sinners’God.

Oddio. Mi fa ancora effetto anche soltanto pensarlo.

Non tanto perché sono famosi e tutto- non tanto perché quando suonano loro allo Shadow, nel locale quasi non riesci a entrare. Non tanto perché la prima volta che ho sentito Lily O’Connor cantare, ho pensato che non era assolutamente possibile che quella testa di cazzo di Dodi avesse messo le mani sopra una tale meraviglia.

Non è questo.

È l’aria che Lily si porta dietro, piuttosto. Quel suo sguardo mutevole- e terribilmente eccitante- che scioglie il pubblico, i pensieri e le ossa. Quel suo modo di muoversi- di tenere tutti con il fiato sospeso- di camminare per strada come fosse su un palcoscenico, di parlare e gesticolare e guardarti in faccia che.

Non riesco a figurarmelo, accanto a Nico.

Non voglio figurarmelo, a dividere un microfono con lui.

Eppure adesso che lo vedo entrare, O’Connor, che lo vedo spingere aperta la porta e guardarsi intorno tranquillo- che vedo i suoi occhi accendersi mentre si posano su mio cugino…

Non posso evitare di pensarlo. Perché lui e Nico insieme, sono la cosa più pericolosa che mi sia mai capitato di vedere.

-Lils- dice con una risata Nico, allacciandogli al collo le braccia. E a me si scava il vuoto dentro lo stomaco, quando penso che si stiano per baciare.

Ma Lily si limita a strattonargli una treccia, e a far scivolare un braccio intorno alla sua vita tirandoselo vicino. –Ciao bimbo- dice, e deve essere qualche strano scherzo tra loro perché Nico arrossisce e gli allunga uno schiaffetto sulla nuca, bofonchiando uno ‘stronzo’ che fa ridere il rosso, e aumentare la stretta.

-Però. Il ragazzino ti conosce bene, vedo- dice una voce ben conosciuta, proprio dietro di loro.

O’Connor neanche si volta, rispondendo automaticamente, come in un copione.

E il suo -Fottiti Dodi- mi fa sorridere, perché l’ho presa in prestito anche io molte volte, quella battuta.

-Ciao Dod- dico, e lui volta lo sguardo su di me. Scoppia a ridere

-Dan! Checcazzo ci fai qui te…

-Ci suona, deficiente. Te l’ho detto, no?- lo rimbecca Lily, e io rovescio gli occhi al cielo.

Non cambierà mai, Dodi.

La sua idiozia dovrebbe essere una delle tante disgrazie cui ho fatto l’abitudine, ormai.

Tipo l’incompatibilità tra Nico ed elettronica.

Dovrebbe. Perché come quell’incompatibilità, anche l’idiozia di Dodi mi sconvolge ancora.

-Ehi amico! Sarà un secolo che non ci si vede, come ti butta… ho sentito che ti sei fatto la ragazza, è vero? M’hanno detto anche che è proprio uno schianto, com’è già che si chiama, Cate, Vale …

–Cate.

-Giusto, me la devi presentare poi, io ti faccio conoscere Grace, ma forse te la ricordi, l’hai vista una volta, non…

Grazie al cielo qualcuno interrompe il suo folle blaterare. Alzo gli occhi per squadrare il biondino che è appena apparso sulla soglia.

Fabio. Il chitarrista dei Sinner- bel ragazzo, alto, magro. Quella magrezza che si accompagna bene alle t-shirt sformate.

Poi, suona da dio. Il che non fa mai male.

-Scusate il ritardo- dice, portando una mano dietro la testa, un po’ imbarazzato. Niki non gli lascia il tempo di continuare –Figurati! Non devi assolutamente preoccuparti… a proposito, io sono Niki…

Si stringono la mano, sotto il sogghigno di Lily. Nico trattiene quella di Fabio un secondo più del necessario, guardandolo da sotto le ciglia –Senti, posso chiederti un favore…

Il sorriso cristallino di Fabio mi annoda qualcosa nello stomaco. Farò bene ad abituarmi ai ragazzi che gravitano intorno a mio cugino, altrimenti non ne esco vivo, da questa storia.

Certo, vedere Nikita flirtare così spudoratamente non aiuta.

-Me lo sistemeresti tu l’amplificatore, che quello stronzo del mio bassista si rifiuta?

Francesco sbuffa alle mie spalle, e Lily ridacchia. Fabio lascia- finalmente- andare la mano di mio cugino e annuisce allegro –Certamente, nessun problema…

Dodi sghignazza -Non preoccuparti piccolo, Fa è abituato a far da balia… Lils bisogna praticamente vestirlo, neanche capace di legarsi le scarpe quel ragazzo…

-Ehi!- protesta il rosso, mentre Francesco prova un accordo, sogghignando un poco. Si ferma improvvisamente, interdetto.

-Oh, spettate un attimo. Ma allora come funziona con la batteria? Vi date i turni?

Dodi scuote la testa, regalandomi un’occhiata –Nah. Io sono in ferie, lascio tutto a Dan.

Sollevo un sopracciglio –E allora che ci fai qui?

-È quel che mi chiedo anche io- sibila Lily, oltrepassandolo. Dodi gli afferra il polso, e se lo tira vicino. Abbracciandolo, cinguetta –Conto le sue stecche, chiaro! Sto facendo una statistica, sapete? Per verificare i miglioramenti… dovevate sentirlo all’inizio, sembrava una gallinaaahia…

-Ben ti sta- scrolla le spalle Lily, sgusciando via libero.

Fabio alza la testa dall’amplificatore, un sogghigno pericoloso –Ehi Lils… ci sono altri modi per sfogare la frustrazione sessuale, sai? Poi Dodi è etero, caschi male…

Anche il sorriso di Lily mi manda qualche brivido lungo la schiena. Mentre si china sul suo chitarrista, prendendogli dolcemente il mento tra le mani. Avvicina il viso a quello di Fabio, sussurrando –Ti senti trascurato, honey?

Il biondo socchiude gli occhi. Dodi tossisce. Lily si allontana e Fabio arrossisce. –Fanculo Lils, devi piantarla sai?

-Sennò lo dici a Michi?- Lily sbatte le ciglia, ridendo.

Mi schiarisco la gola. –Credo che dovremmo davvero cominciare a lavorare.

Nico- straordinariamente- è dalla mia parte. Afferra Lily per il gomito e lo trascina sul palco, illustrandogli tutti i titoli che è deciso a suonare.

A giudicare dalle proteste disgustate di O’Connor, suppongo che ci metteremo più tempo del previsto a trovare un accordo…

***

-Quando parlavi di punk credevo ti riferissi a qualcosa di più… di meno… bah- soffoco una risatina, di fronte alla smorfia disgustata di O’Connor.

Avevo giudicato male il ragazzo. Non è affatto la statua gelata e perfetta che mi immaginavo- e comincio a capire anche meglio com’è che lui e Niki vadano così d’accordo.

Gusti musicali di mio cugino a parte, chiaramente.

-Dai, non dirmi che non ti sei divertito…i Simple Plan funzionano sempre- lo provoca Nico, e Lily sbuffa.

Fabio gli passa una lattina di birra, sorridendo amichevole –Non farci caso, Lils è più bisbetico del solito in questi giorni…

-E già di solito se la cava, credimi…- aggiunge Dodi, a distanza di sicurezza.

Lily si corica a terra e nasconde la faccia in grembo a mio cugino.

Di nuovo quel nodo alla gola, mentre guardo Nico sorridere e passargli le dita tra i capelli.

-Come dici?- chiede gentilmente, e Lily si scosta un po’ per ripetere quel che ha appena confidato al suo stomaco –Sono circondato da stronzi.

Fabio si allunga e gli afferra la caviglia –Eppiantala di fare la vittima… te l’ho detto no, se hai bisogno di staccare un pò casa mia è sempre aperta.

-Non servirebbe a un cazzo…

-Problemi seri?- chiede Francesco, mezzo stravaccato su una sedia. Dodi scrolla le spalle –Sta litigando con il suo…

-Dodi- sibila Fabio, e il mio amico si azzittisce. Nico non sembra stupito. Neanche curioso, e so che non si sta trattenendo. Del tutto incapace di fingere, Nikita.

Questo può voler dire solo una cosa. Sa già di che si sta parlando.

E considerando il fatto che ha conosciuto O’Connor solo quattro giorni fa, direi che ha fatto in fretta a vincere la fiducia del rosso.

Molto in fretta. Quasi troppo.

Francesco infila la mano in tasca e guarda il cellulare –Quel deficiente non ha ancora chiamato. Chissà come è andata… a quest’ora la partita sarà finita, no?

Fabio solleva la testa, e sorride malizioso. –Ehi Fra… posso farti una domanda? Stai davvero con il fratello di Nico? Sai, la gente parla, ma io non vi ho mai visti insieme…

Alla risposta di Fra ridacchia –Ehi Dods, missà che sei condannato… li attiri con la calamita, i gay, te?

-Dani è etero- ricorda mio cugino, e a me quasi va di traverso la coca cola.

A volte mi chiedo quanto stupidi si debba essere, per fraintendere i segni così chiaramente.

Troppo discreto non lo sono. Addirittura Lily, a questa sua uscita, mi guarda divertito.

E anche se amo Cate, e adoro stare con lei, non posso negare l’effetto che Nico ha sui miei ormoni. Né sul mio stomaco, che continua a contorcersi dolorosamente ogni volta che incrocio il suo sguardo.

Non sono più innamorato di lui. Credo. Ho perso le speranze molto tempo fa, e le poche sopravvissute all’avvento di Cate sono state massacrate dalla freddezza che Nico mi ha riservato negli ultimi mesi.

Non sono più innamorato di lui. Però, guardarlo stiracchiarsi e camminare e gettare la testa indietro- fa ancora male.

-Ohi, aspetta un attimo. Intendi dire che anche tu…

Trasalisco alla voce di Nico, prima di accorgermi che sta parlando con Fabio. Che dopo aver annuito, si ritrova ad arrossire, quando mio cugino prosegue con le sue congetture bofonchiate –Giusto, che te e Lily…

-Sì ma adesso è tutto finito…- si affretta a precisare Fabio, fulminando con lo sguardo il rosso sogghignante. Che soffoca uno sbadiglio, coprendosi la bocca con una mano sottile –Già. Mi ha piantato per il migliore amico di mio fratello.

-Michi era anche il mio migliore amico. E il tuo.

Lily annuisce, alzando il viso per guardare Nico –Hai visto che razza di serpe ho cavato in seno? Mi ha tradito tre volte in un momento solo…

Nico ride, fa scivolare un dito sulla sua guancia. –E com’era stare con lui?- chiede a Fabio, che sbuffa –Oh, ma che è, un interrogatorio? Poi com’è che tu chiedi a tutti ma di te non dici niente?

-A Nikita piacciono i biondi- ronfa Lily, godendosi le carezze di mio cugino. Che si blocca immediatamente, come congelato, il viso paonazzo.

-Checcazzotisaltaintestadi…

Niki che arrossisce. Niki- che non arrossisce mai.

Non faccio in tempo a concludere la sequenza di pensieri che un biondo particolare fa il suo ingresso nel locale, a seguito di un gemello scazzato.

Incrocio gli occhi di Blue, da sopra la testa di Ale.

Sono freddi, quasi ostili.

E potrei giurare che non lo erano, quattro mesi fa.

Ale si slancia tra le braccia di Francesco, che se lo stringe al petto perplesso. Blue scrolla le spalle, e il sogghigno non raggiunge gli occhi.

-Abbiamo perso- spiega.

-Poverini… hai bisogno anche tu di farti consolare, Blue?

La voce di Niki è un sussurro provocante. Sta seduto sul palco, le gambe aperte, la testa gettata un pò all’indietro. Non fai fatica a immaginartelo sul letto, mentre aspetta…

Scuoto via i pensieri con un movimento del capo- ci provo almeno. Mentre Lily- che ha smesso di stare svaccato addosso a Nico- fa un cenno di saluto con il mento. –Ehi Blue.

-Lily- Blue inclina la testa, ignorando Niki. Che però di farsi ignorare non ha nessuna intenzione.

Si alza in piedi, lo avvicina. Lo sfida con gli occhi, con il corpo, con la voce.

-Allora Blue? Serve conforto?

Il biondo esita, mentre come inconsciamente gli appoggia la mano sul fianco, e la fa scivolare sotto la maglietta. Carezza la pelle, distratto- e come diavolo ci si possa distrarre toccando Niki è un mistero- poi sorride un po’ triste, un po’ scherzoso.

-Credo che per questa volta passerò, bimbo- dice, chinandosi appena per posargli un bacio sulla fronte.

Niki agrotta le sopracciglia, mentre la mano di Blue sguscia improvvisamente fuori dalla sua maglietta e si alza a scompigliargli i capelli. –Lo sai che mi da sui nervi quando mi chiami così- protesta, lanciando uno sguardo cupo nella direzione di Lily.

E la risata di Blue non basta a calmarmi il cuore.

Perché ho visto Nico tremare, sotto il suo tocco, ho visto la sua schiena tendersi appena, inarcarsi, gli occhi farsi scuri, combattuti, caldi.

E riconosco quei segni- li conosco troppo bene. Perché troppe volte li ho sognati. Troppe volte li ho immaginati.

E vederli adesso regalati ad un altro fa male, come un calcio all’inguine, violento e cattivo.

Come un bacio che diventa morso, e non vuole giocare.

Come il mare intorno a te, quando hai sete e manca l’acqua da bere.

E tu lo sai, lo capisci che morirai disidratato, perché il sale ti brucerà le labbra, la pelle, e il sole ti cuocerà i pensieri.

***

Non sono per niente soddisfatta dal capitolo, una volta di più ho realizzato che Dani non riesco a gestirlo. Ho fatto una fatica, a tirargli fuori questi due pensieri striminziti… però mi serviva il suo punto di vista, volevo ripresentarlo, introdurlo di nuovo visto che un ruolo da giocare gli resta, e poi…

È un capitolo di transizione, più che altro. Diciamo che dovevo presentare in qualche modo i componenti dei Sinners’God, anche se credo che sia stato questo, più che tutto, a fregarmi… il capito dev’essere stato ostico per tutti quelli che non hanno letto Beating Out of Time –e forse anche a quelli che l’hanno letto- e mi scuso davvero… giuro che non capiterà più. Anche perché il prossimo è già in cantiere, è un pov di Niki e credo che potrebbe venir fuori decente… meglio di questo senz’altro, poi chissà.

Aurora, sono contenta di averti trovato anche qua (ma credo di avertelo già detto, vero?). Comunque, riguardo a quei due capitoli ‘diversi’… so che sono, appunto, diversi, e forse è vero che stonano un po’, ma davvero non riuscivo a scriverli altrimenti. Quello di Blue soprattutto, ci sono particolarmente legata, a mio avviso è il pezzo che tra tutti mi è riuscito meglio… Non devi assolutamente preoccuparti che lui sparisca, perché lo adoro e credo che sia nato per stare con Niki. Quello che dici del rapporto con il tuo amico mi incuriosisce… soprattutto perché io ho sempre sognato, in fondo, di avere qualcuno tipo Blue vicino!

Sara Woig… ehm… riguardo a Dani… insomma, forse i miei piani nei suoi confronti non sono esattamente innocenti, ma ti prego di mettere a posto i coltelli, giuro che tutto si risolverà nel migliore dei modi (per il mio amore almeno, che è mooooolto tontarello ma, come dici te, carino lo stesso). Quanto a Lily, se vuoi conoscerlo meglio ti consiglio di leggere l’altra fic perché davvero lì fa da padrone, ma cercherò di trattenerlo un poco anche qui… solo che avrà un ruolo marginale, perché non voglio creare troppa confusione (penso di farlo già abbastanza senza mettermici d’impegno!) A ripensarci, l’inizio dello scorso capitolo ostico lo è davvero, che Ale e Fra litiganti così di punto in bianco non hanno molto senso, ma… mi era venuto in mente ‘sto bisticcio e boh, dovevo scriverlo.

Animor, tra Niki e Blue accadrà senz’altro qualcosa, solo armati di pazienza perché i due sono più cretini dei miei soliti personaggi, il che è tutto dire…

Cialy… le tue recensioni mi mettono sempre di buon umore, sai? Sono contenta che tu abbia percepito il tratto tenero del carattere di Blue, si sforza di nasconderlo ma in realtà è un amore… quanto a Lily… ho paura di aver rovinato tutto in questo capitolo, non mi è venuto fuori come in realtà è, come avrei voluto dipingerlo… uffa. Vabbè, mi verrà meglio la prossima volta…

Come sempre, un bacione a tutti! Roh

 



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Capitolo 20
*** nico - hai paura? ***


-I don’t wanna wake up, today, ‘cause everyday the same, and I’m been waiting so long for things to change…

Piccola avvertenza… ehm…. Visto che come mio solito non so scrivere le storie in maniera linerare… facciamo finta che sia passato qualche altro mesetto, ok? Lily e Nico hanno già suonato insieme, così, e… e basta. Ora la smetto. A dopo… PS- spero che sia comprensibile…. Tendo a dare troppe cose per scontate, lo so, però… però non li sopporto proprio i riassuntini esplicativi dentro il capitolo. Comprendetemi, vi prego…

Nico- Hai paura?

-I don’t wanna wake up, today, ‘cause everyday the same, and I’m been waiting so long for things to change…

Caccio in tasca le mani e ridacchio. Inverno, mattina, otto meno un quarto sulla strada. Freddo becco, come direbbe Benni, ma un sole che ti schianta i pensieri.

E i Simple Plan nelle orecchie. Da qualche tempo a questa parte mi sembra impossibile iniziare una giornata senza di loro.

Mi fanno ridere. E a volte dalla musica non devi chiedere altro che questo, un po’ di buon’umore.

Lily non è d’accordo. Figurarsi se quel ragazzo mi da ragione su qualcosa.

Però Jump piace anche a lui…

-Sick of this town, sick of my job, sick of my friends cuz everyone…

Il cellulare. Smetto di canticchiare e per un attimo esito. Poi raccolgo il coraggio e controllo.

Chiamata sconosciuta.

Cazzo.

Mi tolgo dall’orecchio l’auricolare e scruto un altro po’ il telefonino.

Magari è Ale che ha combinato qualche cazzata delle sue. O Lily, che si è dimenticato di togliere il modo anonimo. O… o niente.

Respiro profondo. Ok. Rispondo.

-Chi è?

Silenzio. Un silenzio schifoso e denso, che sembra scivolarmi tra i neuroni come sciroppo amaro.

-Chi cazzo è?

E il respiro. All’inizio si intuisce appena, ma ogni secondo che passa diventa più pesante. Quasi spezzato.

-Senti stronzo, adesso hai rotto sai? Vai a farli con qualcun altro i tuoi giochetti pervertiti…

Un ansimo. Che mi annoda lo stomaco e porta in gola la bile.

-Mi fai schifo.

Le mani tremano appena mentre chiudo la comunicazione e rimetto in tasca il cellulare. Prendendo un respiro profondo, mi appoggio con la schiena al muro e lascio che la nuca vada a sbattere contro i mattoni. Tonfo sordo, che mi regala un po’ di vita.

Ci fosse Lily qua, mi passerebbe una sigaretta. Un po’ di fumo sistema tutto, secondo lui.

Infatti, la sua vita non è completamente fottuta. Assolutamente no

Dovrei parlarne a qualcuno. È due settimane che va avanti, sta storia. E comincia a farsi pesante.

Ma Ale andrebbe in paranoia, e non mi lascerebbe più uscire di casa. Lo direbbe a mamma, a papà.

E Fra è fuori questione. Spiffererebbe tutto a mio fratello nel giro di un istante.

Dani, non sarebbe meglio di Ale. Stranamente protettivo, mio cugino, quando si viene a me. Anche se ho passato un anno a gettargli merda addosso, mi vuole ancora bene.

Poi, non è che io muoia dalla voglia di parlare con Dani di certe cose.

Lily ha già troppi casini per la testa. E non mi fido molto dei suoi consigli, ad essere sincero.

Costringo le ginocchia a stare immobili. Trattengo per un attimo il respiro, stringo forte gli occhi e li apro di scatto.

La luce è quasi troppo chiara. Mi fa male.

A volte mi prende la tentazione di raccontarlo a Blue. Ma so già che mi tratterebbe da bambino, e io non lo sopporto quel suo fare paterno.

Non sopporto che mi pensi fragile. Debole.

Anche se a volte gli volerei tra le braccia e resterei lì a morire.

Di malavoglia, ricomincio a camminare. Che è meglio non arrivare tardi a scuola…

Che poi sono stupido a preoccuparmi per un paio di telefonate mute. Sarà lo scherzo di qualche pirla dello Shadow, magari anche amico mio. Che stia solo attento a non farsi beccare, quello, che se scopro chi è lo ammazzo.

Sono stupido a preoccuparmi. Lo so.

Ma quel respiro mi tocca la pelle anche attraverso il telefono. E dentro quel silenzio, gli ansimi sembrano rimbombare.

-Chicco!

Sobbalzo. Cazzo, Federica. Proprio adesso doveva arrivare…

Meglio stamparsi in faccia un sorriso, che sennò quella mi da il tormento tutto il giorno.

La sfiga di avere una vicina di banco che ti legge neanche fossi un libro aperto.

Mi volto verso di lei, facendo attenzione a non lasciar trapelare niente.

Al suo fianco, Cristina. Avrei dovuto aspettarmelo, quando mai sono separate quelle due?

-Tutto bene, love?- chiede Fede, mentre Cri miagola un saluto e mi allaccia un braccio al collo, posandomi un bacio un po’ troppo vicino all’angolo della bocca. Mi divincolo in fretta e la incenerisco con lo sguardo. –Devi piantarla, sai?

-Colpa tua che sei troppo bello, Nik- sussurra lei, accarezzandomi il braccio.

Alzo gli occhi al cielo, mentre Fede si aggrappa all’altro mio gomito.

In realtà, Cristina è un tesoro. Non avesse la spiacevole tendenza a cercare di infilarsi nei miei pantaloni, l’adorerei.

Peccato che alla ragazza, le parole ‘Scusa ma sono gay’ non dicano proprio niente.

-Che faccia seria amore mio… tutto a posto?

-Se vuoi ti tiriamo un po’ su di morale noi…

A volte ho il sospetto che certe uscite se le studi apposta per farmi sclerare.

Fede si sporge e le fa la linguaccia –Non attacca Cri, lui è tutto mio.

Non commento. Preferisco lasciarmi cadere su una panchina.

Controllo l’orologio- sono stranamente in anticipo. Boh.

Cri mi si raggomitola di fianco, posa la testa sulla mia spalla. Io le carezzo i capelli, distrattamente.

Mi sento più rilassato, ora che ci sono ‘ste due pazze con me.

Forse, potrei parlarne a loro… soffoco una risatina, mentre Fede si dondola da un piede all’altro, davanti a me.

-Ohi Chicco. Sei ancora single, te?

Rialzo la testa di scatto. Cazzo c’entra adesso? Lancio un’occhiataccia a Fede. Sorride. In quel modo che sempre mi mette i brividi.

–Perché?- chiedo, sospettoso.

-Perché c’è uno strafigo biondo che ti sta puntando, love.

Cristina sbircia alle mie spalle. –Però. Ehi Fe, magari guarda noi… In fondo, che ci troverebbe in questo mucchietto di ossa… dai! Non ha neanche un po’ di carne addosso, è tutto pelle occhi e rasta…

-La carne ce l’ho grazie, e tutta al posto giusto… poi non è colpa mia se ha buon gusto e… e adesso che vi prende?

-Sta venendo in qua… ommerda Cri mi sento male… sta venendo davvero… ddddioooo, è… è…

Sbuffo. Ho quasi voglia di vederlo, ‘sto dono del cielo. Facendo finta di niente, mi piego in avanti e poggio i gomiti sulle ginocchia, poi volto la testa verso sinistra.

E la bocca si fa improvvisamente secca.

Occhi azzurrissimi, più chiari del cielo. Scaldati dal sorriso, anche se paiono ghiaccio.

Capelli un po’ spettinati, lisci, lunghi fino alle spalle. Una sciarpa intorno al collo, che quasi gli nasconde la bocca.

-Cazzo ci fai tu qui?- sbotto, senza neanche pensarci. Non che la mente funzioni poi troppo bene, effettivamente. Tende a farmi ‘sto effetto, la sua presenza…

Il sorriso di Blue è cattivo. –Ciao bimbo, sono venuto a portarti la merenda…

–Lo conosci, Chicco?- Fede mi guarda maliziosa.

Io l’ammazzo. –Gioca a basket con Ale- sibilo, e lei ridacchia soddisfatta.

Gli occhi di Blue scintillano. –Bimbo andiamo, non svalutare così il nostro rapporto…

-È il tuo ragazzo?- chiede Cri con una faccia strana. Io arrossisco appena, e lui scoppia a ridere. –Fammi spazio, Chicco- ghigna, dandomi un colpetto al ginocchio.

Non ho la forza di disubbidire. Così sposto la gamba, e lui si siede.

-Chiamami un’altra volta Chicco e vedi- riesco alla fine a minacciarlo. Per tutta risposta, lui si sporge e mi bacia la guancia.

–Perché? Ti si addice…

Non dovrebbero lasciarlo girare liberamente. Non di primo mattino.

Le mie difese non funzionano ancora. Di solito non mi capita, di comportarmi in maniera così idiota.

-Sei venuto fin qui solo per rompere le balle?- non mi riesce neanche di essere sarcastico.

Lui, invece, sembra in ottima forma. Chiaramente.

-In realtà volevo sapere se hai intenzione di fare il bravo bambino ed entrare a scuola.

Questa è nuova. Sollevo un sopracciglio, incuriosito –Ho alternative?

-Beh, hai me- risponde lui.

Come se questo spiegasse qualcosa…

Mi appoggio con la schiena alla panchina. Blue alza la mano e comincia a giochicchiare con le mie trecce. Lo fa ogni dannata volta, e ho scoperto a mie spese che è schifosamente bello lasciarsi coccolare dalle sue dita. Faccio una fatica immane a sottrarmi a quelle carezze. E oggi non mi va neanche di provarci.

Lo lascio fare.

-Penso che farò il bravo bambino- rispondo però, giusto per dargli sui nervi.

Lui smette di pasticciarmi i capelli e si tira a sedere. Sembra sinceramente stupito.

Davvero credeva che fosse sufficiente prendermi alla sprovvista per accalappiarmi?

–Niki, non puoi farmi questo! Già tuo fratello mi ha tirato pacco, c’aveva un compito in classe il deficiente… non mi puoi lasciare solo tutto il giorno…

Sentire che è qua solo perché Ale gli ha detto di no fa male. Strano, perché ormai dovrei esserci abituato. Dovrei saperlo che io arriverò sempre per secondo. Però…

Scuoto la testa, e non lo guardo.

Cri si sporge verso di lui –Se vuoi vengo io con te…- scherza. Più o meno.

Mi aspetto che Blue rifiuti, e che si concentri a escogitare qualche altro stratagemma per convincermi, e invece il pirla sorride –Dici sul serio?

Lei ridacchia –Beh non sarebbe male passare la mattinata con un bel ragazzo…no?

No Cri, non sarebbe male per niente. Soprattutto perché io con Blue ci passerei la vita.

Però che cazzo. Perché sto stronzo non la manda a quel paese?

Mi mordo il labbro e tengo gli occhi a terra.

Fede mi tira un calcetto. Sembra preoccupata. Ed effettivamente, non è da me star silenzioso e tranquillo. In queste occasioni. Fosse chiunque altro, starei lì a sbatter le ciglia e provocare. Ma con Blue a volte non mi riesce. E le volte che riesce a me, è lui a non essere in vena.

Saranno secoli che non flirtiamo per bene, neanche per gioco. Come se nessuno dei due volesse rendere le cose troppo serie. Solo a pensarci, mi viene da stringere i pugni così forte da farmi entrare le unghie dentro i palmi.

–Ehi Chicco. Potresti anche andare, sai? Non è gentile farti pregare così dal tuo ragazzo…

-Non è il mio ragazzo…- inizio, ma Blue mi interrompe –Sì Chicco, potresti anche venire, sai? Non è gentile farti pregare così dal tuo…- lascia la frase a metà, e sorride innocente in risposta al mio sguardo assassino.

Non ha ancora desistito, quindi. E preferisce me a Cristina.

Scalda un po’ il cuore, il pensiero.

-A proposito, l’hai studiata matematica?- la voce di Federica è studiatamente annoiata. Me ne rendo conto, eppure…

–Matematica?- quasi mi strozzo sulla parola.

Ho la media del tre, in matematica. Un’altra insufficienza non me la posso permettere. Assolutamente no.

-Oggi Gregori interroga, non lo sapevi?

Impallidisco ancor di più. Blue sorride soddisfatto, e approfitta della mia confusione per chinarsi in avanti. Le sue labbra mi sfiorano l’orecchio, mentre sussurra –Bimbo? Allora ci vieni con me a far colazione?

Deglutisco a fatica, e mi scosto appena per guardarlo.

È troppo vicino.

–Colazione?

Lui annuisce, lento, senza staccare gli occhi dai miei. –Caffè nero. Cornetto alla crema… e tutta la panna che vuoi…

Lo osservo ipnotizzato. Mi accorgo troppo tardi che gli sto fissando le labbra. Volto la testa di scatto, arrossendo furiosamente, e gli schiaccio una mano sulla faccia per allontanarlo.

-Sei più subdolo di un serpente…- sbuffo.

-Significa che vieni?- ghigna lui.

Sospiro. Dentro di me qualcosa gongola perché passerò il giorno con lui. E davvero, vorrei strozzarla, sta maledetta cattiva coscienza…

Ma mi gelo alle parole di Cri –Che figata… ehi Fede… perché non andiamo con loro?

Fede pare combattuta. Io, da parte mia, so benissimo che non voglio Cristina tra i piedi. Finirei per ucciderla. Già me la vedo, a fare gli occhi dolci a Blue per tutta la mattina.

-Non so se c’è posto…- esita Fede. Io sto per annuire convinto, ma Blue mi precede.

-Effettivamente sono in moto, mi dispiace…- noto con una punta di soddisfazione che, in realtà, non sembra poi troppo dispiaciuto. Del resto, sono due donne. Fossero stati bei ragazzi, le cose sarebbero andate diversamente. -Sarà per un’altra volta! Su Bimbo, in piedi, ci aspetta una lunga giornata…

E mentre mi trascina via, penso che- senza dubbio- ha ragione.

***

-Che c’hai?

Alzo la testa dal piatto di pasticcini. Lancio uno sguardo a Blue, abbasso in fretta gli occhi. Per distrarlo scelgo una pasta e gliel’avvicino alla bocca –Che intendi? Dai, assaggia questo…

Lui mi afferra il polso. –Piantala Niki.

Restiamo un attimo in silenzio, poi lui si decide a prendere un morso del dolce. –Buono- fa, lasciandomi andare la mano, masticando.

Gli regalo un sorrisino e mangio il resto.

-Allora?

Mi strozzo sul boccone. –Allora cosa?

Si lascia scivolare sulla sedia. –Allora lo sai. Sei strano, Bimbo…

Il cellulare squilla, e io ringrazio il cielo. Prima di ricordare le telefonate strane, e ragionare che forse, non è proprio il caso di farlo sapere a Blue.

Non in questo modo.

Non adesso.

-Beh, non rispondi?

Annuisco, e trattenendo il fiato sbircio il display.

Quasi svengo dal sollievo.

-Oi.

-Nikita, Blue è lì con te?

Mi imbroncio –Grazie dell’interessamento, eh.

Ale ridacchia –Dai Nico che son di fretta. Senti, gli dici che l’allenamento di oggi è cancellato? Che può starsene con te quanto vuole, quindi?

-Hm? Che cazzo vorresti… Ale? ALE!

Blue mi sta guardando con aria incuriosita. –Mio fratello- spiego.

-L’avevo capito. Che voleva?

-Dirti che non avete allenamento, oggi- lo sbircio. Lui sorride sornione, e si stiracchia.

Un gatto. Un maledetto gatto strafottente.

La voglia che ho di sporgermi su sto tavolo e baciarlo…

-Allora mi vuoi rispondere?

Sobbalzo. Torno a sgattare tra i pasticcini –Ma niente, sono solo un po’ stanco… piuttosto, che facciamo oggi?

Si stringe nelle spalle, mi flasha un sorriso –Beh, scegli tu no? In fondo, sono io che ti ho invitato…

-Hmmm, suona tanto di appuntamento- lo provoco, e chiaramente lui non risponde. Terreno scivoloso quello, per entrambi. Anche se i motivi sono completamente diversi.

Si alza in piedi invece, e mi spettina i capelli –Hm. Allora, che vuoi fare? Vedi di approfittarne, che non ti capiterà tanto presto un’altra occasione…

Decido di non dire quel che davvero mi passa per la testa. E lo trascino invece per negozi, ammirando il contegno stoico con cui mi sta di fianco mentre spulcio dischi, libri, spartiti, cd, godendo silenziosamente dei sospiri sconsolati che si lascia sfuggire quando mi crede concentrato su altro. O forse, data la subdola natura del soggetto, quando sa perfettamente che sto spiando lui. In ogni caso non mi lascio commuovere.

Gli sta solo bene. Se penso a tutte le partite di basket che mi sono sorbito per colpa sua. E di mio fratello, certo, ma Ale è un altro discorso.

Completamente.

-Niki, ma me lo spieghi com’è che tutti i cd che cerchi tu sono introvabili?

Trattengo un sorriso. Alla fine, anche il contegno stoico comincia a sgretolarsi.

-Forse perché quelli che si trovano in giro ce li ho già?- cinguetto invece, alzando gli occhi dal retro di un album.

Lui sembra combattere qualche battaglia interiore. Probabilmente, cerca di reprimere la voglia di strozzarmi.

Per amore di Ale, è disposto anche a questo. Vomitevole.

–Senti. Che tanto te ci metterai secoli. Io vado a dare un’occhiata in giro, ok? Ti ritrovo qui?

Vorrei rispondergli con qualche battutaccia, ma mi limito ad annuire.

Lui mi stringe la spalla, quasi dolcemente, e si allontana.

È sempre strano vederlo andare via. Il vuoto allo stomaco che mi prende, come se ogni volta non dovesse tornare indietro. Come se ogni volta potessi perderlo davvero, definitivamente.

Mi sposto lungo il corridoio, continuando a scorrere i cd.

Forse sarebbe bene staccarsi un po’. Ultimamente passo più tempo con lui che con Ale, quasi.

Forse sarebbe bene staccarsi un po’. Però cazzo, fa male solo il pensiero.

Poi, che scusa potrei inventarmi?

Un ragazzo. Mi ci vorrebbe un ragazzo, con cui riempirmi la testa e…

-Niki?

Il sussurro è un sibilo nel mio orecchio. Mi irrigidisco istintivamente, stringendo le dita sul cd.

Un dito mi scosta una ciocca di capelli, sfiorandomi quasi la guancia, e io mi volto di scatto, solo per smettere di respirare.

Tra tutte le persone che potevo incontrare…

Michele sorride. E la paura mi scivola nell’intestino, mentre la bocca prende un gusto acre.

-Che bella sorpresa… quant’è che non ci vediamo?

I suoi occhi sono ancora neri. Quella sera erano durissimi, come inchiostro seccato. E cattivi.

Di nuovo, la sua mano si allunga a carezzarmi la mascella. E io so di stare tremando, ma non riesco a muovermi, neanche per sottrarmi al contatto.

Il suo sorriso si fa affilato. E soddisfatto, in qualche misura.

Sadico.

Vorrei urlargli in faccia, e sputargli addosso, vorrei prenderlo a pugni e coprirlo di insulti ma…

Resto fermo.

Mentre ricordo quelle mani dentro i miei pantaloni, impegnate in carezze brusche e cattive, impegnate a strappare e a frugare, impegnate a cercare dolore.

-Cazzo se cresci bene, Niki- sussurra ruvido, passandomi il pollice sulle labbra –Me l’ero quasi scordato che da vicino eri ancora più bello.

Qualcosa scatta nella mia testa. Lo allontano con una spinta –Non mi toccare.

Sogghigna –Non hai imparato niente in questi anni, Nik?

Blue. Ho bisogno di Blue. Dove cazzo è quel ragazzo quando…

-Sono contento di vedere che non ti sei dimenticato, però. Potremmo riprovare… sai, è un po’ che ci penso- si avvicina di un passo, e per mantenere la distanza io indietreggio. Fino a scontrarmi con lo scaffale.

Merda…

-Ti ho visto con O’Connor sul palco, l’altra sera… sai cosa avrei voluto farti, in quel momento?

Un altro passo.

-No? Vuoi che te lo dico, Niki? O preferisci se te lo faccio vedere? Cosa c’è? Hai paura? Non c’è il tuo fratellino a rompere le palle, stavolta, eh? Sei tutto solo…

-Che cazzo sta succedendo qui?

La voce di Blue è puro ghiaccio. E ha il potere di svegliarmi.

Faccio per andarmene, ma le sue dita si chiudono sul mio polso. Mi attira vicino, con fermezza.

E non mi guarda.

-Allora?- chiede, inarcando un sopracciglio.

-E te chi cazzo sei?- sbuffa Michele. Blue fa un mezzo sogghigno –Dovrei essere io a dirlo. O no?

Anche se non mi guarda so che la domanda è rivolta a me.

Così prendo un respiro profondo. E sussurro –Lui è il bastardo.

-Quale bastardo?- socchiude gli occhi, ma ancora non li stacca da lui.

-Quello che due anni fa mi ha quasi… lo sai.

Blue si irrigidisce. Mi lascia di scatto il polso.

E cazzo, quel contatto mi manca. Così gli afferro io la manica, strattonandolo leggermente.

–Andiamo via, Blue.

Lui resta fermo, piantato in mezzo al corridoio.

Insisto, la voce un po’ più forte. –Andiamo via. Dai.

Annuisce, lento. E si lascia trascinare fuori.

Ma quando l’aria fresca gli batte sulla faccia, cambia qualcosa. Mi spintona su una panchina, un po’ bruscamente. Io sollevo un sopracciglio, mentre si piazza tra le mie gambe aperte. E poi si inginocchia. E strappandomi il respiro avvolge le braccia intorno alla mia vita, e affonda il viso nel mio stomaco.

Sobbalzo. –Blue- chiedo, con voce strozzata.

Lui stringe più forte la presa. –Blue- ripeto, sempre più nervoso.

Parla con la bocca schiacciata contro la mia maglia. Sento le sue labbra muoversi, attraverso il cotone. E un brivido mi risale la schiena, capriccioso.

-Un attimo solo. Per favore.

Resto immobile. Rigido. Fino a che, sospirando, si tira indietro.

Ha occhi stranissimi, e li tiene bassi. Senza pensarci, allungo una mano e gli scosto una ciocca di capelli. Lui me l’afferra, e la volta per baciarmi il palmo.

Sobbalzo.

Lascia cadere la mia mano. –Scusa.

Si alza, solo per crollare al mio fianco. Rovescia indietro la testa e guarda il cielo. –Come stai?

Esito.

Sto quasi per dirgli delle telefonate. Sto quasi per raccontargli tutto, perché ho davvero bisogno di sentirlo vicino adesso, di sentire il suo corpo dentro le braccia. E le sue braccia intorno al corpo. Bisogno di sentire lui. E basta.

Gli sfioro la guancia con le dita, e lui volta il viso verso di me. Ha ancora quella luce strana nelle iridi, come se fossero illuminate dal di dentro.

Si passa la lingua sulle labbra, un gesto nervoso. –Che c’è.

Nessuno sfottio. Nessuna presa per il culo. Solo lui.

Eppure non ce la faccio. Non ce la faccio davvero. Non ancora.

Scrollo le spalle e chino la testa. –Grazie.

Per un attimo resta fermo. Poi mi afferra la nuca e quasi bruscamente mi costringe a posare il capo sulla sua spalla. –Quanto sei scemo- mormora, e io sorrido. Perché quando Blue mi insulta con quella voce soffocata, è come se mi abbracciasse.

***

-Non è il mio ragazzo. Dico davvero- sospiro per l’ennesima volta.

Francesco, spalmato sul mio letto, ridacchia.

Gli lancio un’occhiataccia, e lui volta la pagina senza badarmi. Bastardo.

Sarà una mezz’ora che me lo sopporto.

Da quando Ale ha deciso di cominciare a prepararsi per la loro serata romantica, e il suo fidanzatino si è ritrovato improvvisamente solo.

Farebbe quasi tenerezza, il suo bisogno di compagnia. Si comporta come un cagnolino. Uno di quei cuccioli rompipalle che ti seguono ovunque, e che con quegli occhioni enormi e sberluccicanti ti sfasciano la casa. Farebbe quasi tenerezza. Quasi.

Ho avuto la tentazione di sbattergli la porta sul naso, appena l’ha infilato in camera mia. Purtroppo, ho deciso di essere gentile. Per una volta.

Non farò più questo errore.

Francesco passa quasi più tempo qui da noi che a casa sua. Da quando ha cinque anni, mi vive praticamente tra i piedi. E ci sono abituato, ormai. Credo che sentirei addirittura la sua mancanza, se un giorno cedessi all’impulso di ammazzarlo. Poi Ale non me la perdonerebbe, quindi cerco di fare il bravo. E di solito ci riesco. Davvero.

Però. Echecazzo. Piombarmi in camera e pretendere di dettar legge… Quel diritto non se l’è ancora conquistato- e mai lo farà, ci tengo a sottolineare.

Evidentemente, non l’ha ancora capito. Altrimenti non sarebbe entrato nel mio regno tutto trullo, sgattando e ficcanasando tra i miei appunti e tra i quaderni sparsi per la scrivania, prima di infilare un cd nel lettore senza neanche chiedere la mia opinione - e anche se erano dieci minuti che sdraiato sul mio tappeto meditavo di andare a cercare quell’esatta canzone, il crimine non ha attenuanti. Poi si è sdraiato prono sul mio letto, e comodamente drappeggiato sopra un manga di Slam Dunk, ha cominciato a leggere e canticchiare.

Stonato.

Da strangolarlo. Stavo per farlo, ma la telefonata di Fede mi ha interrotto.

-Ma checcavolo dici. Non è un cazzo vero… era Cri che se lo divorava, mica io…

Altra risatina nella gola di Fra.

Se all’inizio sospettavo di essere io, più che il fumetto, a divertirlo, adesso non ho più dubbi.

Mi sorride da sotto la spalla, la testa un po’ china e la schiena arcuata.

È bellissimo. Certo. Mio fratello ha buon gusto…

Non che abbia intenzione di dirlo a chicchessia. Piuttosto che ammettere tale blasfemità mi faccio tagliare la lingua.

Ma Fra resta bello. Anche se stronzo.

Siedo sul bordo del letto, dandogli la schiena. –Non abbiamo fatto niente… ma ti sei fumata qualcosa? Sì vabbè, è carino… no, cioè adesso non esageriamo, resta pur sempre…

Fra si muove. Lo sento inginocchiarsi, e spostarsi dietro di me fino a sedermisi alle spalle, il petto contro la mia schiena, le gambe ai lati delle mie.

Mi volto appena per lanciargli uno sguardo perplesso, ma lui sorride sibillino.

-Non è vero- mormoro nel telefono, senza ascoltare realmente. Sono un tantino distratto dai movimenti di mio cognato. Mai abbassare la guardia, con certi elementi alle spalle.

Mi scosta i capelli. Con l’indice, poi, traccia il profilo della mia colonna vertebrale, fin dove sparisce nello scollo della maglia.

Copro il ricevitore con la mano. –Checcazzostaifacendo?- sibilo. Lui non mi bada. Sempre in punta di dita, sfiora il neo che mi segna la spalla. –Pazzesco, anche Ale ne ha uno uguale- mormora tra sé e sé.

Avrei voglia di rispondergli qualcosa di cattivo ma non mi viene in mente niente. Così torno a concentrarmi su quel che dice Fede, e faccio per parlare quando Francesco tocca un punto particolare, tra le mie scapole.

Inarco la schiena di scatto e mi lascio scappare un urletto, che Federica chiaramente coglie immediatamente. –Che succede?- chiede, eccitatissima.

Io intanto vorrei allontanarmi da Francesco ma il bastardo mi ha passato l’altro braccio intorno alla vita, e maledizione a lui è più forte di me. Così mi accontento di voltare la testa all’indietro, scontrandomi con il suo sogghigno. –Fatto male?- chiede. Non riesco a rispondere, perché le sue mani si muovono di nuovo.

E questa volta è un gemito, quello che mi esce dalla gola.

Annuisce soddisfatto –Ecco bravo, perché non ti rilassi?

-Mi spieghi come diavolo faccio a… ahia! Ma sei imbecille?

-Smettila di agitarti tanto, statti un po’ fermo… trattieni il respiro un attimo…

Stringo forte gli occhi. Cerco di non ansimare troppo nella cornetta, mentre mi affretto a salutare Federica e a interrompere la comunicazione. Domani le spiegherò tutto ma adesso ho altre priorità. Tipo ammazzare un certo macellaio che si sta divertendo con la mia colonna vertebrale.

-Cos’è Fra, ti stai stancando di Ale?- lo provoco, e per tutta risposta lui preme un altro nodo nelle mie spalle. Con cattiveria. La sua voce è velluto, mentre mi sussurra all’orecchio. –Non te l’hanno mai detto che a volte è meglio tenere la bocca chiusa?

-Io la terrei anche chiusa, se te smettessi di conficcarmi le unghie nella schiena…

-Non ti piace il sadomaso, Niki?- il tono si fa professionale, dopo. –Non riesco a fare niente in questa posizione. Sdraiati.

-Te lo scordi!- sbuffo. Per tutta risposta lui mi schiaccia un ginocchio tra le reni e mi spinge sul letto. Poi si siede a cavalcioni per tenermi fermo. Si abbassa un po’, con fare preoccupato.

-Cazzo Nico, sei teso come una corda di violino…

-Sfido io, mi stai torturando!

-Che lagna che sei- ridacchia. -Tuo fratello non si lamenta così tanto.

-Forse perché con mio fratello sei più gentile.

-Non lo so- sussurra lui. E intanto il massaggio diventa più dolce, più sciolto.

Volto la testa su un lato per guardarlo. –Fra?

In quel momento, Ale entra nella mia stanza. Si ferma interdetto, la mano ancora sulla maniglia.

Mi sento arrossire. Non è colpa mia, certo, se quel deficiente del suo ragazzo ha pensato bene di provare le sue tecniche di fisioterapia su di me, però…

Però se a me capitasse di beccare Ale sotto Blue, credo che morire. Certo, il paragone non calza, ma…

D’altra parte, è difficile essere gelosi di qualcuno che ti guarda con una tale adorazione. Mi sollevo su un gomito. –Chiudi la bocca idiota, che non voglio la tua bava sul mio copriletto…

Fra sbatte le palpebre e non si alza. Lascia scivolare lo sguardo su Ale, dalla testa ai piedi e di nuovo alla testa. Agli occhi.

-Dio se sei bello, koi.

Ale gli sorride, poi siede sul letto e mi accarezza la guancia. –Tutto bene, Niki?

-Fa un po’ te, ho un mammut sulla schiena…

Fra fa una faccia offesa –L’ingratitudine umana non conosce confini…

Però si sposta. Solo per tirarsi addosso Ale e rotolare al mio fianco. Sospiro, posando la testa sulla sua spalla. Ale è sdraiato sul suo petto, e ha il viso voltato verso di me. I nostri nasi quasi si toccano.

Per un attimo, mi sento soffocare. Troppo intimo, troppo familiare questo momento. Troppo perfetto, per durare.

Francesco interrompe il silenzio, controvoglia. –Dovremmo andare. O arriveremo che il film è già iniziato.

Ale annuisce. –Niki?

-Hm.

-Vuoi venire con noi?

Scuoto la testa.

-Perché? Dai, sarà divertente…- la voce di Francesco è sincera.

Non rispondo. Ale capisce comunque e si tira a sedere.

-D’accordo. Stai da solo allora? Non puoi chiedere a qualcuno di farti compagnia? Lo sai che …

-Ale, non sono un bambino. Posso resistere da solo una notte, tranquillo.

Francesco mi arruffa le trecce. –Potresti sempre chiamare la baby-sitter- suggerisce a mio fratello, prima di trovarsi la bocca piena del cuscino che gli spiaccico in faccia.

***

Musica nello stereo- il cd che ha messo Fra. Mica è colpa mia se lo stronzo ormai conosce fin troppo bene i miei gusti. Dopo anni passati a suonare insieme, anche un idiota come lui un paio di cose ha avuto il tempo di impararle.

Mi sono avvolto in una coperta, sdraiato nel mio letto. Ho una rivista di musica tra le mani, e spulcio le ultime uscite.

Niente di interessante. Tutta roba sul genere di Lily. E già me le sopporto abbastanza quando proviamo, le sue ambientazioni claustrofobiche.

Il cellulare squilla. Un messaggio.

Non ci penso neanche troppo, lo leggo istintivamente. E improvvisamente la stanza si fa gelida, piccola e opprimente. Una cella.

Hai paura?

Cazzo. La paura è un sentimento strano. Non ho paura adesso.

Eppure, dopo due settimane, non è neanche più solo fastidio. Non è rabbia.

Inquietudine. Colori scuri dentro una cornice trasparente. Con le ombre tutto intorno, ad oscillare sui muri.

Lancio il cellulare sul letto, tra le gambe. Lo fisso per un attimo, poi mi alzo in piedi.

Devo fare qualcosa. Muovermi, pensare. Distrarmi.

Scendo in soggiorno. E in quel momento le vedo, le chiavi di Ale. Sul tavolo, perfettamente in vista.

Tra i due, sono io quello con la testa tra le nuvole. Sicuro.

Fratello idiota.

Chissà quanto ci metterà a rendersene conto.

Quasi ridacchio, quando il telefono squilla. Rispondo divertito, senza esitare. E senza chiedere niente. Attacco. –Vedi di tornare a casa tardi domattina che non ho nessuna intenzione di svegliarmi all’alba per aprirti la porta, cretino.

C’è un attimo di silenzio.

Poi, una bassa risata. –Sei solo in casa, Niki?

Mi gelo. –Chi sta parlando?
Di nuovo la risatina. –Hai paura, Niki?

Hai paura? Hai paura.

Hai paura hai paura hai paura hai paura haipaura haipaurahaipaurahaipaura….

Riconosco il respiro. E quella voce graffia il cuore.

Deglutisco. –Hai trovato le palle di parlare?

Ride di nuovo. Una risata chiara. Fottutamente estranea ai pensieri che mi si stanno sciogliendo nel sangue, che minacciano di uscire col sudore. Una cazzo di risata che starebbe bene a un ragazzino. Una risata che fa a pugni con quel respiro aspro e quello schifoso ansimare. Una risata che…

-Hai paura, Niki?

Chiudo gli occhi. C’è un brivido, nascosto da qualche parte. Intrufolato tra i miei neuroni. Un tremito che aspetta il momento giusto per strisciarmi lungo la schiena. Un fremito a lungo covato, in attesa.

Perché la paura arriverà. Me lo sento nelle ossa. Sta gonfiando nelle vene. Sta sbocciando nella gola. La paura arriverà. Lo sento dentro i polsi, nelle tempie. E nella sua voce. Che a ogni parola sembra più familiare. Che a ogni parola mi pare di conoscere un po’ di più.

Che a ogni parola, quel brivido, quel tremore fa sobbalzare.

-Chi sei?

Lo chiedo di nuovo. A occhi chiusi. Vorrei fare altre domande. Vorrei sapere dove ha preso il mio numero. Vorrei sapere cosa sta facendo qui. Perché lo fa. Perché a me. Vorrei sapere…

Ascolto la risposta. E improvvisamente il brivido muore. Non c’è nessun fremito.

Solo, un tremore diffuso. E freddo, dentro. Freddo e sudore acido. Freddo e terrore cieco.

Mentre ascolto la risposta. E penso che devo uscire di casa. Uscire, prima che sia troppo tardi. Uscire. E trovare un letto in cui accucciarmi stanotte. Perché nel mio- già lo so- di prendere sonno non mi riuscirà di certo.

***

La paura si abbassa insieme al livello della benzina. Guidare mi fa bene- anche se mi sento un coglione a girare per le strade senza meta. Anche se mi sento un coglione quando scopro che la meta, alla fine, l’avevo ben chiara dall’inizio.

Perché stare parcheggiato nella via di Blue è inutile, e stupido. È una pugnalata al cuore. Sono stato dentro il suo alloggio tre volte in tutta la mia vita- e sempre il compagnia di Ale. Toccata e fuga, giusto per prendere qualcosa. Una maglietta per cambiarsi dopo l’allenamento, un pallone da basket misteriosamente scordato. Il cellulare, le chiavi. Cazzate.

Ci sono stato tre volte in vita mia, eppure ricordo la strada a memoria. Buffi no, gli scherzi che fa la mente.

Considerando poi che a quest’ora Blue con tutta probabilità sarà fuori a rimorchiare, credo che la mia decisione sfiori la pazzia.

Se Ale lo sapesse, mi ammazzerebbe. A suon di pugni.

Lo penso, lo so, eppure salgo le scale lo stesso, perché di Blue ho bisogno. Di vederlo, di parlargli- di toccarlo. Di sentire la sua risata, di sciogliere sto schifo di panico.

Suono il campanello.

E mentre prego che risponda, la sua voce mi fa sobbalzare. Lo ascolto camminare- passi scazzati intrecciati a un ringhio masticato. C’è una sensualità strana in quella sua rabbia, nella tensione del braccio che apre la porta, nel corpo che blocca il passaggio, nelle labbra strette e dure, negli occhi scuri e irritati. Una sensualità strana, quasi animale, che trasforma la paura in eccitazione, dentro il mio sangue.

Questione di un istante, prima che mi riconosca. La postura cambia non appena mi vede, gli occhi perdono la rabbia, la bocca si fa sorpresa.

-Niki?- chiede, e improvvisamente il suo corpo in mezzo alla porta non pare più un ostacolo. –Come sei arrivato qui?

Ha il petto nudo. I jeans sbottonati, tenuti chiusi dalla cerniera soltanto. E il braccio che tiene la porta aperta- per farmi entrare adesso- è lungo, armonioso e forte.

-Guidando- dico, mentre gli occhi cadono sul livido arrossato che gli segna il collo- il marchio di denti che gli sporca la pelle.

Chiede qualcos’altro lui- preoccupato forse. Io muovo un passo in avanti, ma mi sento prosciugato.

La porta della sua stanza è aperta. Con gesti misurati, automatici, poso il cellulare sul ripiano nell’entrata. Quando parlo, quasi non riconosco la mia voce. –Ho interrotto qualcosa?

Lui sobbalza, e alza la mano a coprirsi il succhiotto, imbarazzato. –Ah… no, no, figurati

Mi sforzo di ridere. Avrei dovuto immaginarlo. Avrei dovuto prevederlo. –Cazzo, ho un tempismo di merda, scusa…

-Nicki, davvero, non…

La voce che arriva dalla camera da letto non è quella che mi aspettavo.

-Blue, che sta succedendo?

La ragazza sta finendo di allacciarsi i jeans. Quando alza la testa e mi vede, sorride. –Oh, ciao.

Io cerco una spiegazione razionale- non ne trovo. Ma il pallore di Blue smentisce ogni possibilità di equivoco.

Lo guardo negli occhi. Mi sento tradito. E anche se vorrei far finta di niente- anche se vorrei fottermene di tutto, anche se vorrei fingere almeno di farlo- so che il mio sguardo è ferito. Oltraggiato.

Lui sembra cercare le parole. Per spiegare, forse.

Ma non dice niente. E non dico niente neanche io.

Ci pensa lei a interrompere il silenzio. Si fa avanti sorridendo- è bella, devo ammetterlo. Bella e bionda e alta e snella e tutto quel che un ragazzo potrebbe sognare da una ragazza- solo che Blue le ragazze non le ha mai sognate. Penso. E noto che anche la voce suona accattivante mentre mi porge la mano –Piacere, Jennifer.

Blue si appoggia con la schiena al muro. Sento addosso i suoi occhi, mentre ricambio la stretta. –Nico.

La mia voce pare quella di sempre. Ale non si lascerebbe ingannare, però. E neanche Fra. Ma non pensavo che Blue mi conoscesse tanto bene da notare il gelo. Evidentemente, mi sbagliavo. Perché sussulta, quando parlo, e volta la faccia dall’altra parte. Stringendo i denti, e i pugni al fianco.

In un altro momento sarei felice, forse. Sarei rincuorato. Adesso, ho solo voglia di andare via.

Lei solleva un sopracciglio, al mio nome. E poi sbircia Blue con un sorrisetto. –Oh…?

Lui si stacca dal muro con un colpo di reni. La situazione è imbarazzante, e la tensione è tornata nei suoi arti. Anche se di un tipo diverso. Meno rabbioso.

-Jen, vattene a casa.

Lo guardo ironico. Lui rifiuta di incrociare il mio sguardo. Sorrido alla bionda, allora. –E perché? Sono io che sono piombato qui all’improvviso, non volevo rovinarvi la serata… scusate, tolgo il disturbo…

La sua mano si chiude sul mio polso. Una presa decisa. Quasi brutale. Mi libero con uno strattone, e le sue dita si contraggono in un pugno. La voce è un po’ più dura, quando parla di nuovo. –Jen. Sparisci.

Lei sbuffa –Certo che sei davvero uno stronzo, Blue.

-Jen.

-Sì, sì ho capito…- gli si avvicina, si alza in punta di piedi. Gli bacia le labbra. Lui resta immobile, ma lei non sembra badarci. Si volta verso di me, mi fa l’occhiolino. –È stato un piacere, Nico…

Blue mi afferra di nuovo il polso, mentre la porta si chiude alle nostre spalle. –Vieni- dice, in un tono che si sforza di restare civile.

Io non mi muovo.

Mi lascia andare e si volta. Mi guarda con un’espressione strana. Poi chiude gli occhi, e sussurra –Niki. Per favore. Vieni.

Smuove qualcosa, quel tono sommesso. Lo seguo. Siedo sul divano, il più lontano possibile da lui. Che si lascia cadere sulla poltrona e si piega in avanti, fino a posare i gomiti sulle ginocchia. Tiene bassa la testa. –Tutto a posto?- chiede.

-Perfetto, grazie!- rispondo ironico. Lui sembra davvero stupito, quando mi guarda. –Niki?

-Chi cazzo era quella?

Si lecca le labbra.

-Chi cazzo era, Blue?

-Non vedo perché dovrebbe interessarti- risponde, un po’ stizzito.

Io respiro profondamente e butto indietro la testa. Dopo un po’ lo sento di nuovo. È diversa la sua voce, adesso. Più dura. –Perché sei venuto qui? Ti mancavo?- chiede, ironico.

Rido. –E te perché sei così nervoso? Cos’è Blue, ti ho rovinato la scopata?

-Per la verità sì- risponde lui, fissandomi dritto negli occhi. E io mi costringo a sostenere il suo sguardo, anche se fa male.

Rinuncio alla fine, e senza volerlo mi ritrovo a scendere lungo il suo petto, seguendo le linee dei muscoli, fino a fermarmi sui suoi jeans. Sull’inguine teso, che non riescono a nascondere.

-Che c’è?- la sua voce mi fa sobbalzare. E il suo sguardo mi gela, accendendomi dentro un’eccitazione arrabbiata. –Vuoi aiutarmi tu a finire, bimbo?

-Fottiti Blue. E poi da quando cazzo è che ti scopi le donne?- gli ringhio addosso. Lui sorride, lento. –Da quando vomito solo a pensare di toccare un ragazzo.

Non so cosa sia, a farmi scattare in piedi. Se le sue parole, il sorriso cattivo. O lo sguardo, il tono con cui mi ha risposto. Il senso di tradimento che riaffiora di nuovo. Mischiato alla rabbia, questa volta più convinta. Legittima.

-Fanculo- mormoro, senza neanche la voglia di urlare. In due passi sono fuori dalla stanza, nel corridoio. Prendo in mano il cellulare, riflesso istintivo, faccio per infilarmelo in tasca. Quando mi blocco.

Osservo la letterina lampeggiare. Schiaccio un tasto. Il messaggio si apre, e sento come da lontano i passi affrettati di Blue, il suo richiamo frustrato.

Nelle ossa, solo freddo.

Il telefonino mi viene strappato di mano. Guardo senza troppo interesse mentre Blue legge il messaggio, osservo distrattamente i suoi occhi cambiare, l’azzurro acceso farsi gelido, spaventoso.

-Chi cazzo è?

Ironico, come la domanda rispecchi la mia. Mi spinge con violenza contro il muro, il cellulare stretto nel pugno –Chi cazzo è che ti scrive sta merda, Nico?

Scuoto la testa, lui mi afferra il mento con due dita, obbligandomi a guardarlo negli occhi. –Rispondi- ordina, e io deglutisco a vuoto.

Stringo le palpebre. Poi lo dico.

–Michele.

È la prima volta che lo ammetto. La prima volta che lo accetto. Adesso. Che lui è sotto casa mia. E io sono da Blue, e lui è incazzato. Adesso. Che la paura ha raggiunto livelli talmente alti da sfociare nel niente, nell’indifferenza.

C’è silenzio, per un attimo. Poi, un pugno colpisce il muro al fianco della mia tempia.

Sussulto, e apro gli occhi di scatto. Blue ha la testa china, potrei baciargli i capelli se mi sporgessi di poco. Respira profondamente. Si appoggia alla parete, e anche se volessi non potrei muovermi. Anche se volessi. E non voglio.

Perché Michele mi aspetta a casa, e io ho di nuovo diciassette anni. Io sono di nuovo dentro quel parco, con quel cielo in testa sempre più buio. E l’odore di Blue nelle narici fa bene, fa bene la sua rabbia, fa bene la sua forza. Il suo corpo addosso- lo vorrei. Il suo peso, le sue mani, la sua bocca. I suoi denti. Vorrei che mi mordesse il collo, che mi leccasse la faccia. Che mi baciasse- anche un bacio rabbioso. Vorrei sentire lui e il suo tocco e la sua voce- vorrei sentire quel ringhiare basso. Perché è Blue. Perché non è Michele. Blue. Non Michele. Blue. Blue. Blue.

-Da quanto?

La sua voce è un bisbiglio incastrato tra i denti. Un sussurro rauco, come se si sforzasse di non gridare. Di mantenere il controllo- un poco almeno.

–Da quanto cazzo va avanti sta storia, Nico- continua, e un po’ della rabbia di prima fa capolino. Uguale. Eppure diversa. Perché tutto in Blue cambia, ogni secondo. La rabbia anche. La luce.

-Non sapevo che era lui, prima- rispondo. Come risponderebbe un bambino.

-Prima quando? Cristo santo Niki! Da quanto tempo va avanti?

-Due settimane.

Si scosta- si allontana. E io vorrei muovermi con lui, premere la faccia contro la sua pelle. Vorrei ridurre la distanza- entrargli dentro quasi. Ma mi blocca il suo sguardo. Inespressivo.

-Due settimane- ripete. Un passo indietro, si volta. –E Ale che dice?

-Non lo sa.

Si gira di scatto, e i suoi occhi sono cambiati ancora. –Come sarebbe a dire?

-Non gliel’ho detto.

Mi afferra per il braccio, mi strattona a sé –E a chi l’hai detto, scusa?

Resto zitto. Mi concentro sul suo braccio, sulla forza con cui mi trattiene. Neanche mi pensasse capace di scappare. Neanche mi pensasse intenzionato, ad allontanarmi.

Mi scuote, bruscamente –Ragazzino, piantala di fare il coglione e rispondi. A chi l’hai detto se Ale non ne sa niente? Lily O’Connor? Daniele? Francesco, i tuoi genitori, qualche compagno di scuola? E rispondi cazzo, guardami mentre ti parlo!

Smette di scuotermi, ma non mi lascia andare. Le sue dita restano conficcate nelle mie spalle, e fanno male. Dentro di me, quel dolore lo bevo. Perché non è Michele a darmelo. Perché finchè ci sono le unghie di Blue infilzate nella mia carne, spazio per quelle di Michele non c’è.

La sua voce è piatta. –Non l’hai detto a nessuno. A nessuno. È due settimane che…

-Non era così, all’inizio.

Lui mi alza il mento con un dito. Il tocco è leggero adesso, quasi impalpabile. E io mi sciolgo, davanti ai suoi occhi. Sotto la sua voce stranamente addolcita.

-E com’era, Niki?

Glielo dico. Gli racconto di ogni chiamata, di ogni messaggio, gli racconto quel che ho provato e quel che ho sentito, racconto e resto a guardare mentre le emozioni cambiano i suoi occhi, il suo volto.

Sta in silenzio per un attimo, dopo.

–Niki, fai un’altra volta una cazzata del genere e giuro che ti ammazzo di botte- sussurra alla fine.

Rabbrividisco, quando il suo braccio scivola intorno alla mia vita. E improvvisamente sento le ginocchia deboli, e devo appoggiarmi al suo fianco per non cadere.

A lui non sembra importare. Stringe la presa, attirandolo più vicino, riportandomi verso il divano, aiutandomi a sedere.

Quando cerca di rialzarsi, lo trattengo. Lui mi scosta i capelli dal viso, puntellandosi con il ginocchio. –Nico?

Agisco d’impulso, passando le braccia intorno ai suoi fianchi e tirandolo in basso, fino a schiacciare il viso nel suo collo. Tutta la sera che voglio farlo- finalmente respiro il suo odore.

Lui si fa rigido per un attimo, poi cerca di spostarsi. Aumento la forza, e ridacchia. –Niki… lasciami andare…

Siede accanto a me. Spalla contro spalla, fissiamo il vuoto. Lui rigido, teso- perso in chissà che universi. Io, perso in lui.

Poi, le sue dita sono tra i miei capelli. Sopra il mio orecchio. Sulla mia guancia. Volto il viso, per incontrar la sua mano. Morsica qualcosa tra i denti, un imprecazione forse, e poi mi abbraccia un poco impacciato. Io non gli lascio tempo di cambiare idea- poggio la testa sulla sua spalla e chiudo gli occhi. Una mano sul suo petto, sopra il cuore. L’altra dietro la sua schiena, a toccarne i profili. Non la muovo- resta ferma. Questo mi basta. Perché la sua pelle è calda, e le sue dita sui capelli leggere.

Si rilassa, mentre i minuti passano. E io mi godo le carezze con l’indecenza spudorata di un gatto che si lascia coccolare. Credo di sentirlo sorridere addirittura- un sorriso obliquo- mentre posa le labbra sulla mia testa, in un abbozzo di bacio.

Sbadiglio. E sento un torpore lento- fatica e paura e rabbia mescolate e sciolte in quell’abbraccio.

-Devo tornare a casa- sussurro. E vorrei che mi accompagnasse, ma non glielo chiederò.

Lui ferma le carezze, poi stringe la presa. –Sapevo che eri scemo, bimbo, ma non pensavo fino a questo punto.

-Ehi- la protesta esce talmente languida che in un altro momento arrossirei.

Lui sorride –Secondo te ti lascio uscire di qua, stanotte?

Il cuore manca un battito, mentre faccio leva sul suo petto per scostarmi. Lo guardo negli occhi, cercando un po’ di lucidità. Lo guardo negli occhi, e non è bene farlo con certi pensieri in testa. Non è bene farlo con la sua pelle sotto le dita. E sotto la pelle, il suo cuore che batte un po’ più veloce.

Mi mordo le labbra –Intendi dire…

Distoglie lo sguardo in fretta. -Preferisci il letto o il divano? Per me fa lo stesso…- sguscia via da sotto di me. Poi mi arruffa i capelli. –Vado a prenderti un paio di coperte e qualcosa per dormire.

Quanto torna, posa sul divano un plaid e una maglietta della sua squadra. Non mi guarda neanche per sbaglio, mentre in fretta dice –Cambiati, io ti cerco un cuscino. Se vuoi andare in bagno, è in fondo al corridoio…

Sono già pronto, quando torna. Mi passa il cuscino, poi si inginocchia davanti a me. Mi da un buffetto sulla guancia. -Scusa per prima. Ma a volte bimbo, è quasi impossibile resistere alla tentazione di strozzarti.

Sorrido di risposta. Indeciso se essere grato, offeso, deluso. O felice. E lo guardo andar via.

La schiena ancora nuda. Appesi ai fianchi, quei jeans maledetti.

E quella camminata che ogni volta, pare calpestarmi il cuore.

***

(Blue sta seduto.

Petto nudo, gambe larghe.

E i jeans chiusi appena dalla cerniera.

Non riesco a distogliere lo sguardo. Dal rigonfiamento che tende la stoffa.

Blue sogghigna. Lo so. E divarica ancora di più le gambe, sprofondando nella poltrona.

Offrendosi. A me.

Vuoi aiutarmi tu a finire, Bimbo?

Lancio uno sguardo ai suoi occhi. Sono neri.

Non dovrebbero essere ghiaccio?

Non mi importa.

Perché non ti avvicini, Bimbo?

Mi mordo le labbra. Lui, se le lecca.

Lo so che mi vuoi, Bimbo.

Gli sto davanti ormai. Neanche mi sono accorto di essermi avvicinato.

Sorride. Quel suo sorriso lento. Sensuale. Un po’ cattivo.

E io mi inginocchio. Poso le mani sulle sue cosce. Ed è tutto così lento…

Lo guardo in faccia. Mentre sfioro con le dita il suo inguine. Lo guardo in faccia. Mentre getta la testa un po’ indietro, sospirando soddisfatto.

Poi porto gli occhi tra le sue gambe. Mentre le mie mani- come se fossero le mani di un altro- gli abbassano la cerniera, gli aprono i pantaloni.

Porto gli occhi tra le sue gambe. Sul membro che mi si fa incontro, nudo ed eretto.

Dai Bimbo.

Lo percorro con la punta delle dita. E lo sento pulsare sotto i polpastrelli. Poso il palmo sulla punta. E di nuovo sbircio Blue- che di nuovo getta indietro la testa.

La bocca Bimbo.

Sorrido anche io. Mi abbasso. Fino a sfiorarlo con le labbra- fino a sentirne l’odore.

E allungo la lingua. Assaggiandolo.

Le mani di Blue, che prima giacevano sui braccioli, sono improvvisamente nei miei capelli.

E stringono la presa, forzandomi in basso, costringendomi ad inghiottirlo.

Bimbo.

Ubbidisco. E comincio a succhiarlo, tenendo gli occhi chiusi, sentendo il suo corpo inarcarsi, il bacino spingersi avanti, il suo pene scivolarmi più a fondo nella gola.

Tengo gli occhi chiusi. Sentendo i suoi gemiti strozzarsi, le parole spezzarsi a metà, decifrando il suo piacere nella curva dei sospiri.

Tengo gli occhi chiusi.

E la stretta delle dita si fa più forte, si fa convulsa, e i rantoli cambiano, cambia la voce che pronuncia il mio nome.

Apro gli occhi.

È Michele che sto succhiando. Michele che sogghigna dall’alto, obbligandomi a continuare, impedendomi di allontanarmi, decidendo il ritmo- sempre più veloce.

Fino a quando con un’ultima spinta non viene. Dentro la mia bocca. Lungo la mia gola.

Gemendo. Bimbo…)

E mentre sento il suo seme infettarmi da dentro, apro gli occhi davvero, su un urlo strozzato.

Mi guardo intorno frenetico. Non riconosco la stanza.

Poi- il pallone da basket di Blue in un angolo. La sua borsa gettata sotto il tavolo.

I miei vestiti ammucchiati sulla poltrona.

Respiro. Finalmente.

E mi scoppia in testa la faccia di Michele- il suo godere- il sapore del suo sperma.

Schiaccio la mano sulla bocca, alzandomi di scatto.

Prima di accorgermi di aver raggiunto davvero il bagno, vomito.

E non so quanto tempo passo accucciato a terra, la faccia infilata nella tazza, le dita strette sulla porcellana bianca tanto forte da far quasi male.

Non so quanto tempo passa, prima che arrivi Blue.

Della sua presenza, mi accorgo gradatamente.

Prima sono le mani. Che potrebbero appartenere a chiunque- ma sono troppo grandi per esser di mia madre. Mani che mi tengono indietro i capelli, che mi sostengono la fronte.

Poi, il petto. Forte, grande, schiacciato contro la mia schiena. Un corpo di uomo piegato su di me, gentile.

Il resto viene in maniera disordinata. La sua voce nelle orecchie, il suo respirare affannato. Il calore della sua pelle, il suo odore.

Le carezze che mi sfiorano dopo, quando la nausea si cheta e poso la fronte contro la tazza. Le braccia che mi cingono, che mi tirano vicino. Che mi avvolgono.

-Va meglio?- chiede, gentilmente. Annuisco, stremato.

Si sistema meglio contro il muro, sistema meglio me sul suo grembo.

-Hai voglia di dirmi cos’è successo?

Scuoto la testa.

Lui resta zitto un attimo, poi parla di nuovo, la voce ancora più bassa.

-Nico ti prego, ho bisogno di sapere cosa non va… dì qualcosa, poi giuro che…

-Sogno.

Mi bacia la fronte. Le sue labbra sono fresche. Asciutte. –Un brutto sogno?

Annusco di nuovo. Lui esita. Poi, a voce bassa.

-C’era… lui?

Io tremo. Penso che non glielo racconterò mai questo sogno- penso che morirei dovessi farlo. E muoio lo stesso, un poco, quando la sua stretta si fa più decisa e mi tira in piedi. Le labbra sulla mia tempia. Ancora.

-Vieni. Ti porto a letto.

C’è una sfumatura rauca nella sua voce che ascolterei tutta la vita. C’è una sfumatura calda, nella sua pelle, che vorrei assaggiare. E nelle sue braccia, riposa la notte. Nelle sue braccia, posso chiudere gli occhi e dormire.

***

Allora. Per chi non l’avesse capito (dato che non l’ho detto chiaramente) Michele è il tizio che ha cercato di violentare Nico nel terzo capitolo o già di lì. So che ripescarlo così è un po’ un azzardo, ma mi serviva uno shock per portare Niki in casa di Blue- dove ci tengo a precisare non succederà niente- i due litigheranno solo. Credo. Ma il prossimo capitolo non l’ho ancora scritto, quindi non assicuro nulla. Poi, dovrebbe essere un pov di Fra. E a proposito di Fra… dovrebbe esserci anche qualche chiarimento in più sul suo rapporto con Nico. In ogni caso, non preoccupatevi assolutamente, ok? Il cretino è cotto di Ale, e lo resterà fino alla fine dei suoi giorni (e dei miei). Quanto ai nuovi personaggi, non so perché mi sia preso di inserire tre ragazze tutte in un capitolo, dopo aver fatto a meno di presenze femminili per qualche secolo. O meglio. Per Blue ho una spiegazione logica, dal momento che Jen è (adorabile, quindi evitate di scannarla ok?) utile alla narrazione. Penso. Le altre due pazze sono spuntate così. E bisogna assecondarla la musa, che sennò quella si offende e sparisce per chissà quanto tempo….

Aurora… lo so che nel capitolo scorso mi sono lasciata un po’ andare agli spoiler (e guarda che mi sono trattenuta) ma Fabio è nato per stare con Michi, quindi mi è venuto naturale. Poi non dovreste aspettare poi troppo, per saperlo, quindi… Quanto a Blue, succede che ha a che fare con un deficiente paranoico come Niki. Chiunque impazzirebbe, al posto suo. Se poi aggiungi che Blue è un tantinello paranoico (e molto deficiente) di suo, immagina un po’ che minestrone….

Cialy, condivido in pieno la tua opinione su Niki e Lily insieme. Ho deciso di infilare Lils anche in questa storia proprio perché pensavo che sarebbero stati una coppia stupenda… sono contenta che ti piaccia anche Beating… e sono d’accordo con te anche su Dani. Strano perché io tendo a fissarmi sulle coppie iniziali, e quando ho scritto il secondo capitolo della storia ero sicura di piazzare i cuginetti insieme entro breve, ma… come ho detto, assecondiamo la musa. Che finchè mi mette in testa personaggi come Blue, ha il permesso di fare qualunque cosa!

Animor… forse Dodi non ti piace perché, finora, è l’unico personaggio completamente e irrimediabilmente etero, però… però io lo adoro lo stesso! Il nome di Nico è Nico, credo… nel senso che adoro il diminutivo, però non saprei dire come l’hanno registrato all’anagrafe. Boh. Sono contenta che ti sia piaciuta l’intersezione, e spero di riuscire a piazzare qualche scena tra Lils e Niki perché secondo me quei due hanno tutte le carte in regola per diventare inseparabili (i miei uketti adorati…).

Bacioni a tutti, a presto! Roh

Ps- credo che sarò costretta a cambiare il rating. Spero che non crei problemi a nessuno…

 

 

 

 

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Capitolo 21
*** Francesco & Blue ***


Francesco- sgocciolare via dal tempo

Francesco- Sgocciolare via dal tempo

 

Ale si lascia cadere sul letto di schiena. Ridacchia appena- e io lo guardo dalla soglia della stanza. Lo guardo muoversi, piegarsi. Guardo i suoi capelli spargersi sul cuscino. Guardo le sue gambe aprirsi- chiudersi- un ginocchio piegarsi sopra l’inguine, mentre scalcia via una scarpa. Lo guardo vivere. E penso che Ale per stare su un letto è nato- tra le lenzuola il nero dei capelli risalta, e risalta il colore della pelle. Risalta la sua bellezza. Che è un pugno allo stomaco sempre, e in certi momenti – quasi- si fa insostenibile.

(Ma di sostenerla ho tutte le intenzioni, sostenerla voglio sostenerla a lungo, per sempre)

“Ehi Fra. Ti sei incantato?”

Dire di sì non servirebbe a niente. Il bastardo già lo sa. Faccio un passo avanti e chiudo la porta- giro la chiave. “Vedi di non far casino che i miei dormono.”

“Griderò piano, allora.” sorride lui, guardandomi con le ciglia abbassate.

Colpo basso. Li conosce tutti i miei punti deboli, e li sfrutta senza pudore.

Perché il pudore, Ale, non sa neanche dove stia di casa.

“A volte ti odio, lo sai?” dico, posando la schiena contro la porta. Sforzandomi di stargli lontano- qualche attimo ancora, almeno. Echeccazzo. Ogni volta è una sfida- e la manciata di secondi che guadagno, con l’allenamento, non mi rende fiero per niente. Perché poi, quando gli metto le mani addosso, recupero il tempo perduto con la fretta di chi sa di non avere l’eternità a disposizione.

Ale non apprezza comunque. O forse, è più esatto dire che gode nel vedermi capitolare. Tra le altre cose, la sua abilità nel sedurre cresce in maniera esponenziale al mio ritegno. Risultato: il più delle volte cedo in fretta. Fin troppo.

“Mi piace quando mi odi, Fra” dice stiracchiandosi. Sbadiglia. “Hai sonno?” chiedo.

Sorride, aprendo un occhio “Abbiamo di meglio da fare, no.”

Scuoto la testa. “Non lo so” scherzo. Prima di mordermi la lingua, quando Ale si spoglia della maglia.

“Fra, vieni qui.”

“Perché?”

“Perché ho voglia. E mi sono rotto dei tuoi giochetti del cazzo.”

Ubbidisco. In fondo, mi sono rotto anche io. Ma è più divertente quando è Ale, ad ammettere la debolezza. Mi fa sentire forte- cosa rara, nel nostro rapporto. Mi fa sentire…

Le mani di Ale sotto la mia maglia strappano la mappa ai pensieri. Li lascio scappare allegramente, senza pensarci troppo. Me lo tiro addosso, e lui si siede sul mio stomaco. Indossa i jeans ancora, e io poso le mani sulle sue cosce. Le lascio ferme. Accontentandomi di sentire il calore attraverso la stoffa. Accontentandomi di indovinare la forma dei muscoli che ho toccato mille volte- che mille volte ho baciato. Labbra dita lingua pelle denti- non c’è parte di me che non abbia conosciuto Ale- purtroppo. Le combinazioni non sono ancora esaurite però- non si esauriranno mai. Ale rinasce ogni alba, e al tramonto non muore. Ale è eterno, e ogni giorno offre rifugio a qualcuno di diverso- qualcuno da scoprire.

Però lui resta sempre. Sotto tutti i veli. Lui resta sempre. Bellissimo e complicato e caldo. Il mio koi.

“Fra? Cosa stai pensando?”

Sorrido, e alzo una mano per infilarla nei suoi capelli. Tirandolo giù, alla mia altezza. Lo bacio.

Sapere che dormirà nel mio letto rende tutto più calmo. Sapere che i miei dormono nella stanza di fianco, rende tutto più quieto. E se adoro sentir Ale gridare, sentir il piacere sciolto nella sua voce- le volte che si lascia amare e tiene i gemiti stretti tra i denti, le volte che si lascia amare e sta attento a non far rumore, le volte che si lascia amare affogato nel silenzio, sono ugualmente belle. Diversamente memorabili.

Me le ricordo tutte, le volte che ho amato Ale. E me le ricorderò sempre, anche se un giorno dovesse finire. Per tirarle fuori di notte, col buio. Per riviverle dentro un sogno, quando la solitudine morde un po’ più in profondo. E fa un po’ troppo male respirare davvero.

“Ti amo Fra” sussurra nel mio orecchio, strofinandomi il naso contro il collo. E io non rispondo. Perché a volte, sono ancora convinto che le parole non servano a niente, davvero.

 

Quando apro gli occhi il letto è vuoto. Ale non c'è.

Sbatto le ciglia una, due volte. Sbadiglio, puntellandomi al materasso col gomito. Dove si sarà cacciato?

Scendo in cucina. Mia madre mi ha lasciato un biglietto- sono usciti. Siamo soli.

Ora, se solo trovassi quel deficiente...

Entro in soggiorno.

Ale indossa i boxer soltanto. E sta sdraiato, dandomi la schiena.

Si volta di qualche millimetro, mi guarda. “Ciao.”

“Che stai facendo?” siedo sul divano, in mano una tazzina di caffè. Prendo un sorso, sbirciando il tappeto. Il mio libro di filosofia spalancato, un quaderno messo di traverso. Picchietta la biro sul foglio intanto, Ale, si passa una mano tra i capelli.

“Nietzche.”

“Non ce l'avevi un modo migliore per iniziare la giornata?”

Sorride. “Io ce l'avrei anche avuto. Ma tu dormivi.”

Mi alzo in piedi, mi inginocchio accanto a lui. Ale torna a guardare il libro, scrive un'altra parola.

“Ed era un problema?”

Annuisce, fingendosi distratto. “Russavi anche.”

Gli carezzo la schiena. Prima con il palmo allargato, dalla nuca al sedere, seguendone le curve. Poi, traccio la colonna vertebrale in punta di dita.

Ale rabbrividisce e chiude gli occhi. Getta indietro la testa, mordendo appena la biro.

Sorrido. Ormai, lo so a memoria il suo corpo. So cosa lo fa tremare. Cosa lo fa fremere.

“Davvero?”

Il sorriso di Ale- i suoi occhi chiusi. La luce che entrando dalla finestra gli colpisce il viso. Il tappeto sotto le mie ginocchia, sotto i piedi nudi. La sua schiena sotto la mano. La sua pelle, sotto le dita.

L'immagine di Nico sboccia spontanea. Testa scomposta di treccine confuse inclinata su un lato, occhi fissi su un nuovo spartito. Come possono due persone essere tanto simili, eppure così diverse? Come possono due corpi identici- un filo più muscoloso quello di Ale, un bisbiglio più sinuoso quello di Nico- apparire tanto differenti, al semplice tocco?

Mi abbasso a baciare la spalla di Ale. Lui tiene le dita aggrappate al tappeto, le nocche quasi bianche per lo sforzo di restare fermo.

“Fra?”

“Hmm” scivolo con le labbra sul collo, e lo sento rabbrividire. Sorrido.

“Posso farti una domanda?” La voce è tesa, tesi i suoi muscoli. Sposto la bocca, posandola sopra la prima vertebra. “Aha” rispondo, mordicchiandolo leggermente. Poi, succhio la pelle. Lui ansima. Trattiene il respiro. E mentre faccio scivolare una mano verso il suo ventre- sempre più in basso, fino a sfiorare l'orlo dei boxer- lui solleva il bacino, porta la schiena ad aderire al mio petto. Il sedere, al mio inguine. Mi scappa un tocco più deciso tra le sue gambe, un gemito rovesciato direttamente nel suo orecchio.

La pelle di Ale è ubriacante. Il suo odore, la sua voce.

“Hai mai pensato...”

I suoi addominali si contraggono, contro il mio braccio. Il corpo trema, contro il mio.

“Hai mai pensato di portarti a letto Nico?”

Tutto finisce in un battito di ciglia. Mi scosto d'istinto, bruscamente, e lui sussulta. Poi volta la testa a guardarmi- e ha il coraggio di mostrarsi perplesso.

“Che c’è?” chiede, sollevando un sopracciglio.

Io cerco di calmare il respiro. Il cuore mi sta impazzendo nel petto, e sento le orecchie annebbiate.

“Che cazzo vuol dire, eh?”

Lui si siede a gambe incrociate, un pò accigliato. “Oh Fra non è il caso di farsi venire un attacco cardiaco, era una semplice curiosità…”

“Una curiosità? Sono queste le tue curiosità? Cazzo Ale, è questo che ti viene in testa quando…”

Scrolla le spalle. “Non è che ci penso ogni volta, sai. Però boh, adesso mi è venuto in mente e… e non capisco perché te la sei presa tanto. In fondo ti ho solo chiesto se…”

“Mi hai chiesto se voglio scoparmi un altro!”

“Non un altro. Niki.”

“Mi hai chiesto se voglio scoparmi tuo fratello!”

“E non parlavo di scopare, intendevo… ma che parlo a fare, tanto non capisci un cazzo…” posa a terra una mano, fa per alzarsi. Vorrei sporgermi e fermarlo, afferrargli la spalla e spingerlo disteso. Ma non riesco a toccarlo. Come se il gesto sbagliato potesse distruggere tutto. Distruggere me. Così prendo un respiro profondo. “Ale. Mi spieghi perché… c’entra ieri? Perché se è così ti giuro che non stavo facendo niente, solo Nico mi sembrava nervoso, volevo…”

In piedi, mi guarda. Viene a sedersi sul divano, al mio fianco, e mi ravvia i capelli, concentrato. “Non è per ieri, lo so che… solo… è strano, non trovi? Io e Nico siamo praticamente identici… quando avevamo i capelli corti tutti e due neanche tu riuscivi a distinguerci a volte, te lo ricordi? E ogni tanto mi chiedo perché…”

So cosa sta chiedendo. E una risposta non gliela posso dare. Perchè io stesso non lo capisco, il mio rapportarmi ai gemelli. Amo Ale di un amore sensuale, amo sentirmelo addosso, amo toccarlo. Nico, mi fa venire voglia di spintonarlo per strada. Nico, è il ragazzino con cui mi agitavo sul palco a sedici anni, Nico mi fa ridere e venir voglia di urlare, Nico...

Nico non è concepibile tra le lenzuola. Non per me. E anche se so che mezzo mondo pensa il contrario, quest'idea resta. E resterà.

Avrei voglia di ammazzare chiunque si azzardasse a toccarlo.

Forse, potrei fare un'eccezione per Blue. Che ehi gente, a mali estremi… meglio Nico che Ale, con il biondo.

“Fare sesso con Nico sarebbe come fare sesso con mia madre.” gli dico, e Ale mi guarda stranito. Alzo le mani in segno di difesa “Oi, non fare quella faccia adesso. Volevi la verità, no?”

Ale annuisce un pò pensieroso. Poi mi fissa negli occhi “Ma tu guarda. E io che pensavo avresti detto di no perché mi ami.”

Sbuffo. Dopo la paura che mi ha fatto prendere, si permette anche di sfottere, lo stronzo. Lo prendo per la vita e lo spingo coricato, sul divano. Disteso su di lui, sogghigno “E tu, sentiamo. Hai mai pensato di farlo con un altro?”

Ale non sembra preoccupato. Qualcosa mi dice che le cose non andranno come avevo programmato. Del resto, con lui è sempre così.

“Tipo?”

“Tipo Blue?”

Sorride, e io so di essere caduto nella trappola. “Beh, Blue non somiglia per niente a mia madre, sai?”

Non vale la pena incazzarsi, decido. Litigare porterebbe via tempo prezioso. E quando Ale sotto di me sorride così delizioso- aprendo addirittura le gambe per farmi sistemare meglio- ogni secondo appare importante come una vita. Verrà il momento che gliele farò rimpiangere tutte, le sue provocazioni. Verrà il momento. Lo so.

Ma adesso, l'unica cosa che importa è baciarlo.

 

“Ma quanto cazzo ci metti?”

Lo guardo. Già in auto, per metà fuori dal finestrino, sogghigna apertamente. Lancio un ultimo sguardo al mio basso adorato e poi chiudo il bagagliaio. Scivolo davanti al volante, e controllo la strada nello specchietto retrovisore. “Hai fretta? Allaccia la cintura.”

Ubbidisce allegro “No no. Eri tu quello in ritardo, mezz'ora fa.”

Non rispondo. Lui sbircia l'orologio. “Anzi. In ritardo lo sei ancora. E di brutto.”

Non rispondo. Ridacchia. “Quand'è che dovevate trovarvi? Alle dieci e mezza?”

Non rispondo. Ale ride apertamente, adesso “Mio fratello sarà incazzato nero.”

“Stronzo.”

“Chi, Nico? Vergognati, Fra. Parlare così della tua mamma.”

Sospiro. Ale però si fa serio d'improvviso. “A proposito. Riguardo a quella cosa di prima.”

Ahia. Non muoio esattamente dalla voglia di parlarne. E Ale lo sa.

“Fra?”

“Ti ascolto.”

“Senti, voglio dire, non vorrei che fraintendessi. Per quella storia di Blue, intendo.”

Scuoto la testa. Lui continua “Quando dico che ci ho pensato, intendo appunto quello. Pensato. Che se le cose fossero state diverse, ci sarebbe potuto essere qualcosa. Se non ci fossi stato tu, ci sarebbe potuto essere lui. Per qualche tempo, almeno. In qualche misura. Non certo a questi livelli, però. Non sarei resistito un mese intero con Blue.”

Io non parlo. Anche Ale sta zitto per un pò. Poi. “Non sei incazzato vero?”

“No.”

“A te non è mai passato per la testa? Che tipo, se io non fossi nato avresti avuto comunque una tua vita? Mica ti saresti fatto prete, no?”

“Non sarei andato comunque con Blue” provo a scherzare. Ale mi tira uno schiaffetto sul braccio. “Cretino. Neanche lui ti avrebbe voluto, che credi.”

“Certo, tiriamocela perchè un deficiente ci sbava dietro.”

“Mica sbava dietro a me adesso, no? L'hai detto anche tu che c'ha Niki in testa. E in maniera molto più seria, anche.”

“Oh, ti sei convinto?” lo sbircio. Lui annuisce, un pò sovrappensiero. Poi torna malizioso. “Ehi. Se non Blue e non Niki chi allora?”

Io non parlo. Guido. E lui si mette di traverso sul sedile per guardarmi bene. “Oi Fra? Mi hai sentito? Chi? Daniele?”

Ridacchio. Lui continua. “Qualcuno del locale? Qualcuno del gruppo? Lily?”

Arrossisco. E lui scoppia a ridere e scivola di nuovo contro lo schienale, soddisfatto “E bravo Fra. Hai buon gusto almeno. Ma davvero ti piace?”

“Ma no. Cioè... è bello, ok. Ma stop, morta lì” rifletto un attimo, e mi sento in dovere di continuare. “La bellezza di Lily è diversa dalla tua. Lui è come un pendente di diamante, qualcosa che solo alcuni possono comprarsi. Qualcosa che solo alcuni metterebbero. Stupendo, ma solo da guardare.”

“E io?” Ale sorride, e io mi volto verso di lui. Incredibile come il cuore possa battere forte, in momenti come questi. Dopo tutti questi anni. Dopo tutti questi giorni. “Te sei il paio di jeans preferito. Quello che hai guardato in vetrina sognandolo per mesi, prima di riuscire a raccattare i soldi sufficienti a comprarlo. Quello che non ti stancheresti mai di indossare. E che pure di indossare hai paura, che potresti sciuparlo.”

“Che cretino. Te non mi sciuperai mai” dice Ale, sporgendosi a baciarmi la guancia.

La moto ci taglia la strada in quel momento. E quando me ne accorgo, è già troppo tardi.

Sono questi gli attimi che ti fottono. Gli attimi che ho imparato a valutare passando le dita sopra il corpo di Ale, che adesso sgocciolano via dalla clessidra con precisione infinitesimale. Millisecondi impazziti che si frantumano ancora. Mentre il tempo si dilata, e tu guardi la tua vita muoversi come da un palcoscenico. Mentre il muro si avvicina. E la testa di Ale ruota lentamente- una lentezza assassina- per guardarlo venirci incontro.

 

Blue- Qualche cosa che non ricordo di avere sentito mai

 

Il campanello spacca le orecchie. Penetra dentro il sonno, mi taglia il cervello. Svegliarsi con l'emicrania è una delle cose più schifose, a questo mondo.

Certo che, svegliarsi e trovarsi sotto il naso la testa arruffata di Nico- che non si sa bene come, continua a dormire- per un attimo fa balzare la giornata al primo posto della top ten.

Fino a che non ricordo come ci è finito, nel mio letto. E non decido che allontanarsi sarebbe una scelta saggia- che troppo credito al mio autocontrollo non lo darei.

Meglio aprire la porta allo scocciatore. Staccare il suo dito dal mio citofono. E poi vedere il da farsi.

Forse, calciarlo giù dalle scale mi risolleverebbe di un poco lo spirito.

Jennifer dalla soglia sorride luminosa.

“Buongiorno! Ti ho svegliato? Ops...” si copre la bocca con la mano, per nascondere un sogghigno. Avrei dovuto ucciderla. Molto tempo fa.

“Beh, guarda cosa ti ho portato per farmi perdonare!” mi sbatte sotto il naso un sacchettino di carta bianca e scivola sotto il mio braccio per entrare in casa.

Le afferro il polso prima che possa allontanarsi troppo. Senza lasciarla andare sbircio il sacchetto. “Cos'è?”

“Cornetti freschi freschi.”

“E perchè ne hai presi due?”

Lei sorride. “Indovina” poi allunga il collo nella direzione della camera da letto “Allora su dai racconta... è ancora qui vero?”

Vorrei negare. Lo vorrei davvero. Ma Nico deve sempre rovinarmeli tutti, i piani.

E comparendo in corridoio con i pantaloni della tuta bassi sui fianchi, la maglietta spiegazzata e i capelli arruffati, mi cancella dalla testa ogni pensiero razionale. “Che cazzo è tutto sto bordello?” chiede, stropicciandosi gli occhi, con il consueto tatto. Se Jennifer non mi avesse già dato almeno trentacinque buoni motivi per sbatterla fuori di casa, solo il modo in cui lo sta guardando adesso giustificherebbe un omicidio. Pensare che fosse un ragazzo sarebbe peggio, perchè tanto lei Nico non la cagherà di striscio, non aiuta. Per niente.

“Ciao Nico. Dormito bene?” trilla la mia migliore amica.

Lui ha l'aria truce. “Di merda” risponde, poi la guarda meglio. E lo sguardo si fa ancora più cupo. “Te sei quella di ieri, vero?” Per un attimo pare soppesare le alternative, scrutandola. Poi scuote la testa e si getta dietro le spalle una manciata di trecce. “Scusa, ma mi sono appena svegliato.”

Me non mi ha ancora guardato neanche una volta. Fa piacere. Davvero.

“Stai bene adesso?” chiedo. Miracolosamente riesco ad allacciare i suoi occhi. Sono verdissimi, più verdi del solito. Ancora più vertiginosi. “Sì certo. Perchè non dovrei?”

A volte lo odio, quando è così sulla difensiva. “Dicevo tanto per dire.”

Lui non replica. Jen passa lo sguardo da me a lui, e io mi stringo nelle spalle. Porgo a Niki il sacchetto del bar. “Colazione?”

Prende il cornetto di malavoglia. Lo guardo strappare un morso, mentre gli occhi vagano per la stanza. Chissà cosa sta pensando. Me lo chiedo spesso, quando resta zitto. Me lo chiedo spesso, quando respira. Che non sai mai che viaggi strani sia capace di farsi, in quella testa storta.

“Cazzo!”

Sobbalzo, e con me sobbalza anche Jen. Nico inghiotte un altro boccone di brioche e mi guarda. “Dove li hai ficcati i miei vestiti? E perchè non mi hai svegliato prima, miseria, sono le undici e un quarto...”

Lo seguo in soggiorno. “Dormivo.”

Lui si fa scivolare i pantaloni della tuta lungo i fianchi, afferrando i jeans con l'altra mano. Jen ridacchia, rifugiandosi in cucina. Io cerco di non guardarlo. Gli occhi fissi sul muro, bofonchio “Senti, si può sapere che c'hai?”

“Dovevo trovarmi con Lily e gli altri tre quarti d'ora fa. Allo Shadow... merda. La mia maglia?”

Gliela porgo. Lui la infila, e intanto allaccia la cintura. “Vuoi un passaggio?” chiedo. Niki si ferma, l'ultima parte della brioche tra i denti. Inghiotte, e scuote la testa. “Nonono, non preoccuparti... sono in macchina ricordi? Ci vediamo... buona giornata...”

Le scale lo inghiottono. La porta sbatte, sulla sua fuga.

Io resto fermo un istante, troppo stordito per fare alcunché.

Quando torno indietro da Jen, ho avuto il tempo di recepire gli ultimi eventi. E di maturare una certa generale incazzatura.

Lei solleva un sopracciglio. La imito, senza nascondere l'irritazione.

Ha preparato il caffè, mentre io non-guardavo Nico vestirsi. Adesso mi spinge incontro una tazza, senza parlare. Io bevo un sorso e faccio una smorfia. “Non c'hai messo il latte.”

Mi allunga il cartone, sempre in silenzio. Comincia a diventare fastidioso, il suo sguardo. Così sbotto. “Che c'è?”

Incrocia le braccia sul petto, Jen. “Certo che tutto mi aspettavo stamattina tranne che ritrovarti con questa faccia.”

Le lancio un'occhiataccia. “E perchè, sentiamo?”

“Considerando in che mani ti ho lasciato… oppure stai dicendo che quella meraviglia non era il tuo Nico?”

“Dacci un taglio Jen” ringhio, mescolando il caffelatte.

Chiaramente non mi ascolta. Quando mai.

“Perché? Non si è mostrato all’altezza? O hai deciso che la tua recente incapacità di portarti a letto i ragazzi include anche lui, alla fin fine…”

“Jen…”

Ride, nel suo modo scanzonato “Perché se è così lo sai che la mia porta è sempre aperta, darlin’… e se vuoi portare il tuo amichetto si potrebbe fare qualcosa di divertente…”

“JEN! Basta ok? Non ho voglia di parlare di Nico, non ho voglia di pensare a lui, ci sei? Chiedo troppo? Lo sai come stanno le cose, no?”

Questo effettivamente la zittisce. Bevo il mio caffelatte e lei mi guarda un pò preoccupata.

“Ehi Blue? Tutto bene?”

“No” rispondo secco, e mi passa un flash in testa, veloce. Di Nico con la fronte sudata, la pelle pallida mentre si appoggia al mio petto. Sta notte. Dopo essersi svegliato da un incubo schifoso che non ha voluto raccontare.

Il che certo, ne porta un altro di flash. Della medesima testa spettinata posata sul mio cuscino, stamattina. Addormentata. Millimetri di distanza tra le bocche, un velo d'aria a separarci.

Sbatto la tazzina sul tavolo, e Jen sobbalza.

“Erano secoli che non ti vedevo in questo stato” mormora.

Io sto pensando che Niki è appena andato via. Che l'ho lasciato scappare per l'ennesima volta. Senza chiarire la litigata di ieri sera, senza farmi promettere che alla prossima telefonata di quello stronzo correrà qua, e si lascerà aiutare. Senza farmi promettere che cercheremo una soluzione, che la troveremo insieme.

“Hai voglia di parlare?”

La guardo. Cara vecchia Jen. Forse sono un bastardo a contare così tanto su di lei. Forse sono uno stronzo, a usarla nel modo che la stavo usando ieri sera. Forse. Ma lei lo sa. E stranamente, le va bene così.

Le è sempre andato bene così. Da quando mi conosce, ed è tanto.

“No.”

“Non puoi andare avanti in sta maniera, Blue. Prima o poi mi scoppi.”

Scrollo le spalle.

“Posso chiederti una cosa io, allora?”

Annuisco. Un pò circospetto. Lei si inumidisce le labbra- sta per dire qualcosa di importante. Qualcosa di essenziale. E improvvisamente io non ho più nessuna voglia di starla a sentire. Eppure rimango fermo. Ad aspettare. Perchè lo so, che starla a sentire devo.

“Nico... gli assomiglia?”

Sudore freddo lungo la schiena. Nelle vene, nelle tempie, sangue ghiacciato.

“A chi?”

“A Matteo.”

Mi alzo in piedi di scatto, spingendo via la sedia. Mi avvicino alla finestra, guardo il cielo. Respiro profondamente, e cerco di pensare.

Jen ha violato un patto- che avevamo stabilito inviolabile. Mai parlare di Lui. Questa la regola.

“Scusa.”

Scuoto la testa, senza guardarla. “No, no. Va tutto bene. Hai ragione a... è una domanda legittima. Solo... dammi un attimo, ok? Non sono abituato a... a parlarne. Non più.”

Appoggio la fronte al vetro e chiudo gli occhi. Stava facendo notte quando mi hanno detto che si era ammazzato. Giocavo ai canestri in un campetto vicino casa sua, con un paio di compagni. Dire che il mondo era crollato non è esatto. Perchè si era soltanto congelato.

Con Matteo non c'era mai stato niente più di un bacio. E neanche un bacio di quelli veri- non avevo fatto in tempo a metterci la lingua che lui si era ritratto. L'avevo odiato, in quel momento.

Certo, non quanto l'avrei odiato in seguito. A guardarlo sorridere in una foto, quando gli occhi gli si erano già spenti. Marrone scuro, li ricordo ancora. Niente di simile al verde di Nico. Niente di simile in niente.

“Nico non si infilerebbe mai una pistola in bocca. Mai.”

“Blue...”

“Nico fa le cazzate, ma le fa fino in fondo. Sempre, fino in fondo. Matteo non ce l'aveva il coraggio di portarle a termine. Si fermava prima. Lo faceva con tutto. Anche con me.”

“Blue...”

“Non si somigliano. So cosa stai cercando di dire, e non è così. Non sono innamorato di Nico perchè mi ricorda Matteo, e non sono innamorato di Nico perchè è completamente diverso. Non c'entra un cazzo Matteo in tutta sta storia. Matteo è morto da quattro anni, cinque, una vita. Io sono andato avanti. Nico... Nico è una testa di minchia, ma non nel modo in cui lo era Matteo. Nico...”

“Ho capito. Va bene. Non c'è bisogno che...”

Scuoto la testa. “No, Jen. Non fa male parlarne. Non troppo. Solo... non ci sono abituato. Non...”

Il trillo del cellulare mi interrompe. Guardo il display- Nico.

Rispondo con il cuore in gola. “Sì?”

“Blue?”

La voce di Lily. Sbatto le ciglia, riordinando i pensieri. Jen mi guarda preoccupata. “Lils, che succede?”

“Un casino. Ale e Fra hanno avuto un incidente e...”

Mi aggrappo allo schienale della sedia. “Un incidente? Grave?”

“Non lo so, non so un cazzo... non ci hanno ancora detto... senti, puoi venire qua? Per favore...”

Annuisco. “Certo, ma...”

“Sbrigati. Nico... niente, solo fai in fretta, ok? Ti aspetto?”

“Sì, ma... Lily aspetta, dove cazzo siete?”

Mentre parla, guardo Jen. Che ha già capito, e si sta infilando la giacca. Chiudo la comunicazione e la guardo. “Me lo dai un passaggio?”

Lei apre la porta.

 

Lily lo trovo appoggiato al muro dell'ospedale, fuori. Tiene una sigaretta accostata alle labbra, prende boccate lente. Anche in un momento come questo, non posso fare a meno di guardarlo, di notare quanto sia bello. La sua è una bellezza violenza, crudele. La bellezza di una goccia di sangue cristallizzata. Un morso sulla gola, denti che si chiudono sulla trachea. La bellezza di Niki invece è una carezza tra le gambe, provocante e scivolosa.

Lily si stacca dal muro con un colpo di reni. Gli vado incontro e lui mi regala un mezzo sorriso. Ha i capelli più rossi ancora, nell'ombra. Il sole, li accende di riflessi carminio. “Hai fatto presto” dice, tirando l'ultima boccata alla sigaretta. Poi la getta a terra, la spegne.

“Come stanno?”

“Fra è solo ammaccato. O così dicono.”

Un brivido. “E Ale?”

Lily si morde il labbro. “Niente. Nessuno dice niente.”

“Nico?”

Lily fa una smorfia. “Non lo so. Non mi parla, cazzo. Non parla a nessuno. C'è sua madre, Daniele... e lui fissa il pavimento.”

“L'hanno detto direttamente a lui?”

“No. Sua madre ha chiamato Daniele, eravamo insieme e... senti Blue” Lily mi afferra per il braccio, mi fa voltare. Lo guardo, il respiro mozzato in gola. Che razza di occhi ha, sto ragazzo?

“Voglio che ti prendi Nico, che te lo porti a casa.”

Rido “Cosa ti fa pensare che lui...”

“Verrà. Te lo assicuro. Si fida da morire di te, Blue, e lo sai. Per favore. Qui non ci deve restare, fino a che Ale non può parlargli almeno. Portatelo a casa. Dagli musica da ascoltare. Dagli da suonare. Ha la chitarra in macchina, qui ci sono le chiavi. Dai.”

Scuoto la testa “Non lo so, Lily, non...”

Nico mi interrompe. La sua immobilità. Scambio uno sguardo con Lils e lo raggiungo.

Daniele siede al suo fianco nella sala d'aspetto. Alza la testa quando mi avvicino, e quasi sorride. “Ciao.”

“Ciao Daniele” dico, e poi mi accovaccio per terra. Poso le mani sulle ginocchia di Nico, cerco i suoi occhi da sotto le trecce. “Ehi bimbo... ciao.”

Non risponde. Però mi guarda. Gli accarezzo la guancia e mi rialzo. La sua testa si rialza con me. Scambio uno sguardo con Lily. “Glielo dici tu ai suoi? Capiranno?”

“Sta tranquillo. Senti... ti chiamo io quando si sa qualcosa ok? La prima cosa che ci dicono, lo giuro... Tu tienilo occupato però. Lo so che è difficile, ma provaci. Almeno.”

Annuisco. Nico mi sorprende, passandomi un braccio intorno alla vita.

Lily pare soddisfatto. Io saluto lui e Daniele, poi esco dalla sala d'aspetto. Esco dall'ospedale. Con Nico abbarbicato addosso, per la seconda volta nel giro di ventiquattro ore.

Non parla mentre guido. Infilo nel lettore un cd, il primo che mi capita sottomano. Dopo un pò, comincia a canticchiare. Gli lancio un'occhiata. “Ti piace?”

Lui allunga il braccio di scatto e spegne la musica. “No.”

“Vuoi ascoltare qualcos'altro? Basta che...”

“No.”

Lo capisco, quando una persona vuole silenzio. E anche se ho promesso a Lily di tenerlo occupato, credo che adesso ne abbia bisogno davvero. Che non possa fargli che bene.

Così continuo a guidare, tenendo spenta la musica e cercando di spegnere allo stesso modo il cervello. Perché concentrarsi su qualunque cosa, adesso, sarebbe pericoloso- potrebbe scottarmi gli occhi, e il respiro.

 

“Cosa stai pensando?”

Non mi aspettavo questa domanda. Non mi aspettavo che parlasse, punto. Sono ore che siede sul divano e respira- siede sul divano e respira, e nient’altro.

Ore che sto accanto a lui e respiro anche io- e tengo a bada le voci del mondo.

“Non lo so. A te, credo.”

Niki non batte ciglio. Ha il viso impassibile di una maschera di marmo- perfetto e duro, levigato dalla tensione. “Credi che Ale starà bene?”

Mi mordo il labbro. Scuoto la testa. “Niki…”

“Non dirmi cazzate. Credi che Ale starà bene?”

Tengo gli occhi bassi. “Lily ha promesso di chiamare appena sapeva qualcosa.”

“Sono passate tre ore.”

Allunga un braccio di lato, posa il palmo sul dorso della mia mano. Stringe le dita. “Blue. Mi sento tanto stupido.”

Lo guardo. Ancora non ha smesso di fissare il vuoto. Pare più recettivo adesso, però. “Vuoi sentire della musica?”

“No.”

Annuisco. E sporgendomi verso di lui, gli faccio scivolare un braccio dietro la schiena. È rigido contro il mio petto. Completamente diverso da ieri sera.

“Perché ti senti stupido?”

Non risponde. Di nuovo. Però posa la guancia contro la mia spalla, e il suo fiato mi accarezza il collo, tiepido, leggero. Io chiudo gli occhi, e mi decido- infine- a lasciare che la mente se ne vada dove vuole.

È lo squillo del telefono a svegliarmi. Sobbalzo, e apro gli occhi stordito. Il mondo ha contorni sfuocati, appena uscito dal buio. Solo il profilo di Nico addormentato è netto- distinto. Poggiato contro il bracciolo del divano, rannicchiato contro lo schienale come un gatto.

Mi aggrappo al cellulare che squilla, sopra il tavolo. La voce di Lily mi coglie preparato. Quel che mi sorprende- che mi strappa dal petto un respiro, che mi scioglie il ghiaccio dentro la gola- è il suo sorriso. “Blue?”

“Eh.”

Sorrido anche io. Perché so già cosa deve dire.

“Tutto bene lì?”

“Sì.”

“Qui anche. Fra si è appena svegliato, dice di essere un poco intontito ma pace. Tanto tutto centrato quello non lo è mai stato.”

“Ale?”

“Dorme ancora. Niki?”

“Dorme. Finalmente.”

Lily ride. “Io sto andando a casa. Vuoi che passo a prenderlo?”

Lancio uno sguardo al divano. Le ginocchia strette al petto, pare davvero un bimbo. Scuoto la testa. “No. Lascia stare. Quando si sveglia lo accompagno io.”

Lily allontana il cellulare un attimo, parla con qualcuno. Daniele probabilmente. O la madre dei gemelli. “D’accordo. Allora a presto, Blue. E grazie.”

“Di niente. È stato un piacere.”

Il sorriso di Lily. Mentre sussurra “Lo so.”

Il mio sorriso. Mentre lo ascolto agganciare, e ho gli occhi ancora fissi su Nico. Spengo il cellulare e lo infilo in tasca, poi vado in camera a cercare una coperta.

Rimboccargliela intorno- scostargli dal viso le trecce- mi fa uno strano effetto. Tenerezza mista a fastidio. Felicità, frullata con il dolore.

Impazienza, temperata da qualcosa di più caldo. Qualcosa che mi si agita dentro quando guardo il suo volto immobile, e mi lascio libero di sentire.

Di ricordare.

Qualche cosa che non ricordo di avere sentito mai.

 

Non sono sadica. Dai. È solo questione di giustizia. Sta andando tutto troppo bene ad Ale e Fra. Con Niki e Blue che languiscono, mi pareva solo corretto distribuire le sfighe da ambo le parti.

Ok, ok. Sono sadica. Però questa scena mi è venuta in mente quest’estate, quando sono andata a trovare una persona a me molto cara in ospedale e… tendo sempre a trasportare tutto in storie, quel che mi succede. Poi la visione di Ale disteso su un letto, ammaccato e stanco, mi è arrivata spontanea.

Visto come sono stata brava però? Stanno tutti bene alla fine.

Fog- grazie mille per la recensione, e ancora di più per il consiglio. Ci ho pensato molto seriamente, e sono stata quasi sul punto di tagliare una scena che avevo in mente- e che dovrebbe aver luogo nel prossimo capitolo. Solo che… non lo so… credo di doverlo aggiungere ancora, almeno quel tassello. Spero che rimandare la resa dei conti di un paio di capitoli ancora non rovini tutto, perché mi dispiacerebbe davvero… prometto che le cose progrediranno, comunque. Non è un’ostinazione, la mia. La colpa è tutta dei cretini (come sempre) che non sono proprio pronti per una cosa seria e lineare.

Cialy- sono contenta che lo scorso capitolo ti sia piaciuto, anche perché io ho adorato scriverlo. Quanto a Blue… anche io sono innamorata persa di lui, mi piace esplorarne i lati oscuri, cupi e problematici (e credimi, sono tanti…) Come accennavo prima, qualcosa con Niki succederà presto. Poi vedremo come mi permetteranno di gestirla, quei due. Non posso più assicurare niente, credo. Quanto a Michele… adesso dovrò trovare un modo di levarmelo dai piedi. Terrò il tuo suggerimento a mente, comunque!

Sally- grazie del commento… e grazie di quel che hai scritto di Nico e Blue perché sono in assoluto la coppia che mi diverte di più, e sapendo che piacciono anche ad altri non mi sento in colpa se mi abbandono in sproloqui su di loro!

Aurora- se la volta scorsa mi hai definita ‘crudele’… stavolta cosa dici? Comunque non era solo per farlo finire a casa di Blue, che ho rispolverato Michele… e Blue ha tutte le ragioni di questo mondo, è Nico che si comporta da bambino viziato (me ne rendo conto, però lo adoro lo stesso!). Jen è uno dei pochi personaggi femminili (insieme a Fede… su Cristina condivido la tua opinione) che mi siano riusciti decentemente- nel senso che non fa la parte dell’oca giuliva e strangolabile. Quel che è saltato in testa a Francesco credo si sia chiarito già qui… e in effetti mi sono sbagliata, l’ho chiamato davvero Fabio… non ci posso fare niente, quei due sono diversissimi ma io li confondo come niente!

Bacioni a tutti, arrivederci alla prossima! Roh

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Capitolo 22
*** Blue - Giorni senza pelle ***


Ci sono giorni che a Blue pare di vivere senza pelle

Blue – Giorni senza pelle

 

Ci sono giorni che mi pare di vivere senza pelle. Ogni sensazione è doppiamente feroce- ogni dolore doppiamente abrasivo. E una tenerezza strana si annida in mezzo alla gola.

Mi capita più spesso quando sono stanco. Quando sento la vita premere addosso senza darmi respiro - quando respirare fa male ed è faticoso. Quando il cielo fuori dalla finestra ha un colore che è insieme troppo chiaro e troppo scuro, quando le parole sulla lingua scivolano, e nelle orecchie si rincorrono ipnotizzate.

Mi capita più spesso quando sono nervoso. Quando l'aria intorno è elettrica - ci sono tuoni che aspettano di scoppiare - e sento i muscoli gonfiati dall'eccitazione. Certe volte inganno il mondo a letto - scopando e facendomi scopare da qualcuno. Altre volte no.

Oggi decido di uscire per strada e camminare. Pensare. Alla mia vita che da arruffata e scostante è diventata tesa come la corda di una chitarra - avvoltolata intorno ad un fuso impossibile da trovare. Calcio un sasso in mezzo alla strada. Sorrido appena.

Maledetti occhi verdi che non sanno vedere. Maledetto moccioso che si ostina a scappare.

Sono giorni che non vedo Nico.

Giorni che lo incrocio appena la sera - il tempo di un sorriso, quattro chiacchiere scambiate in fretta, tra i denti. Del resto, da quando Ale è tornato a casa, dodici ore le passa incollato al suo letto - e le restanti suona, o cazzeggia con Lily in giro per lo Shadow. Qualche volta dorme. Se trova il tempo.

Io Ale non sono ancora andato a trovarlo. Ci rifletto adesso che seguo il marciapiede verso chissà quale strada. Adesso che sbuco in piazza e ci trovo tanta gente. Che guardo il cielo, il sole. E penso che un salto potrei anche farlo, in fondo. Giusto per salutare.

Solo che oggi è un giorno senza pelle.

E Alessandro seduto in mezzo alle lenzuola - dentro una stanza che trasuda l'assenza di Nico - ha l'effetto di un colpo al cuore micidiale.

Ale con gli occhi gettati fuori dalla finestra, l'mp3 acceso, le labbra distese. Pare fragile, e pallido. Io sorrido un po’ incerto, quando volta la testa.

"Blue!" Si strappa gli auricolari dalle orecchie e li lascia cadere in grembo. "Brutto stronzo, sono secoli che non ti fai vedere! È una vita che sto qua inchiodato, non lo sapevi?"

Faccio un passo avanti, siedo al suo fianco sul bordo del letto. Gli spettino i capelli - il ciuffo ricade sugli occhi comunque, imperterrito. "Ehi campione. Come ti va?"

Una smorfia. "Mi rompo da morire."

Rido. "Dai, che ti trovo bene."

Faccia scettica. "Bene?"

"Beh, sì, dai. Forse un po’ sciupatino. Ma ancora dannatamente fuckable, tranquillo."

"Deficiente. Dimmi tu, piuttosto. Come ti va la vita?"

"Bene." Mi sporgo e raccolgo un auricolare. Ascolto. Sorrido. "Scelta di Niki, eh?"

"Dubitavi? Proposito. Devo ringraziarti, sai?"

Resto zitto. Poso la cuffietta sul lenzuolo e aspetto. Ale continua malizioso. "Me l'ha detto Lily, che te lo sei portato a casa come un bravo paparino… mi sa che ce l'hai proprio la vocazione genitoriale."

Stringo un attimo i pugni. Li rilascio, respiro. "Mi ha fatto paura quel giorno. Sai?"

Ale diventa serio di colpo. "Sì. Per questo ti ringrazio. E dico davvero, Blue. So che non è facile prenderlo quando…"

"Non parlava. Non diceva niente. Quando ha saputo che stavi… che stavi bene… non ha reagito. Un cazzo, Ale. Neanche battuto ciglio. Ho pensato che…" Mi interrompo. Dopo un attimo, Ale cambia argomento. "Mi ha detto che stasera andate a una festa."

Nei dieci minuti scarsi che mi concede - in quelle mezze parole strette tra i denti - Nico è riuscito a invitarmi. Buttandola lì come idea, prendere o lasciare, che tanto lui ci va lo stesso perché la casa è di Lily e quindi…

Io ho preso. Figurarsi se riesco a dire no a quegli occhi.

Ho anche avuto tempo di ripensarci. E ora come ora tanto sicuro di andare non lo sono più.

Vedere Nico in mezzo a tutta quella gente non è il massimo. In una giornata senza pelle, poi. Equivale a un suicidio.

Scrollo le spalle. "Sì, più o meno."

Ale solleva un sopracciglio. "Più o meno? Nico me l'ha dato per certo. Mica gli tiri pacco, eh?"

Resto zitto. Mentire ad Ale è difficile. Meglio tacere.

"Blue. Vai. Così mi tieni d'occhio il bimbo."

"Il bimbo si tiene d'occhio da solo, Ale," rido io.

"Cazzata. E lo sai."

Lo sbircio. "L'avresti mai detto che un giorno mi avresti affidato la virtù di tuo fratello? A me?"

Ale sogghigna. "Diciamo che ti sei mostrato degno."

Io penso che non è del tutto vero. E che tale onore è una misera ricompensa, rispetto a quel che il bimbo in questione mi sta facendo penare.

 

Seduto in macchina davanti alla casa di Lily - che poi è la casa di Landolfi il regista, casa di suo figlio Marco che andava a scuola con me, casa grande e immensa e imponente - guardo la strada e rifletto se entrare. Giocherello con un pupazzetto appiccicato al vetro - lo spingo via, aspetto che torni indietro, lo rispingo di nuovo - valutando i pro e i contro.

Sospiro. E cerco di non pensare alla battutina del cazzo che Ale mi ha lanciato mentre me ne stavo andando. Cerco di non pensare alle implicazioni teoriche. (E neanche a quelle pratiche, che proprio non è il caso.)

Fanculo Ale. Guarda Blue, facciamo così. Ascolta me che è meglio.

Fanculo a quel sorrisetto malizioso.

Stasera, vedi di badare all'incolumità di mio fratello.

Fanculo quegli occhi divertiti.

Con la virtù, facci un po’ quel che ti va di fare.

Apro la portiera dell'auto e raggiungo in tre passi il cancello. Suono il campanello. Aspetto.

Una cascata di secondi in cui reprimo la tentazione di tornare indietro, correre a casa e infilarmi sotto le coperte, aspettando il sonno che come sempre tarderà ad arrivare.

Una giornata senza pelle. E io vado a cercarmi Nico nel mezzo della festa di O'Connor. Che idiota.

"Sì?" La voce di Lily perde, dentro i cavi metallici di un citofono.

"Sono Blue…"

Il sorriso si distingue lo stesso. "Vieni."

Mi aspetta sulla porta, Lily. Mi allaccia le braccia al collo. "Ciao Bluette." Mi bacia la guancia, quietamente. "Pensavamo che non arrivassi più," mormora. "Se cerchi Nico, credo che sia da quella parte."

Annuisco, avanzando automaticamente. Nico sta seduto su un tavolo insieme a qualcuno del complesso, e parla agitando le mani. Quando mi vede, salta in piedi subito. "Ehi. Ce l'hai fatta alla fine."

Decido che sarebbe stato meglio ascoltare l'istinto. È quasi impossibile resistere all'urgenza di spingere Nico contro il muro per baciarlo.

Per distrarmi, mi muovo verso la finestra. Fuori la notte è serena, fresca. Nico si appoggia al davanzale, inclina la testa su un lato.

Ci sono giorni che le parole tra noi scorrono veloci e spontanee, come acqua. Altre volte ogni gesto pare impacciato, legato da simboli indecifrabili. Non so bene da cosa dipenda. Quel che è certo, quando capita sto da cani.

"Sono stato da tuo fratello, oggi," dico, tanto per rompere il ghiaccio. Nico annuisce. "Era ora. Ale cominciava ad incazzarsi."

Picchietto le unghie sul vetro. Tengo gli occhi fissi nel buio. "Beh, c'eri sempre tu con lui e…"

"E non potevi venire quando c'ero io?"

Il tono è cattivo. Sobbalzo, e arrischio un'occhiata. "Nico…"

"Hai ragione, non litighiamo stasera, va bene. Vuoi qualcosa da bere?"

Non mi guarda. Noto la tensione della mascella, delle spalle. Penso che ci sono giorni che qualunque cosa succeda, finiamo per fraintenderci. Scuoto la testa. "No, grazie."

Nico si stacca dal davanzale. "D'accordo. Ci vediamo, eh?"

Lo guardo camminare via. Mi mordo il labbro, ma non lo seguo.

È un giorno senza pelle, questo. Più lontano gli sto, meno possibilità avrò di far cazzate.

Resto fermo alla finestra. Chiacchiero con chi viene a cercarmi. Saluto le persone che conosco - e sono tante, gli anni passati allo Shadow si fanno sentire. Sorrido a un po’ di facce che non vedevo da secoli. Lascio che la gente mi spinga in mezzo alle discussioni, regalo un po’ delle mie battute caustiche, flirto moderatamente con un paio di ragazzi. Nico è sparito intanto. Non è più tornato indietro.

Mi concentro sul biondino che mi sta parlando. Giovane. Carino.

Sento le sue dita sopra il collo - dietro la nuca. Carezza impalpabile, quasi fantasma. Un brivido da niente lungo la spina dorsale.

E Nico intanto starà ridendo con qualcuno nell'altra stanza. Nico si starà appoggiando allo schienale del divano, cantando chissà che canzoni con gli occhi. Nico si starà lasciando toccare.

Come mi sto lasciando toccare io. La bocca del biondino -  che già non ha più nome - mi sfiora la pelle appena sotto l'orecchio.

La voglia di lasciarmi andare. Il bisogno di rispondere, di cacciare via quel vuoto.

Gli poso una mano sul petto. Lo allontano con gentilezza, mormorando una scusa.

Il biondino batte le ciglia. "Non ti va?"

Scuoto la testa. "No. Mi dispiace."

Gli passo di fianco e prendo le scale. Ci sono stato altre volte in questa casa - al liceo, quando le feste erano tutte diverse, e io guardavo i ragazzi da lontano, affondando dentro braccia femminili che non sapevano scaldarmi abbastanza. Erano le prime volte che vedevo Lily, quelle. Ragazzino - con gli occhi più grandi che adesso - e i capelli ancora ordinati. Avrà fatto le medie. Un bambino.

Me lo ricordo anche dopo. Fotografie veloci, scatti annebbiati. Oppure lucidi e netti. Lily - ancora Elia - nei corridoi della nostra scuola. Elia - già Lily - sul palco dello Shadow a cantare. Elia/Lily accanto a un ragazzo mezzorientale, Lily/Elia avvinghiato allo stesso ragazzo nel retro del locale. Elia con il chitarrista del suo gruppo. Lily e il mezzorientale seduti vicini, a guardarsi e parlare. 

L'ho seguito da lontano - passo a passo, con interesse cortese. Mai più avrei pensato di costruirci un'amicizia.

Mi fermo davanti a una porta socchiusa. Dà sulla terrazza. Io penso che fuori l'aria dev'essere fredda. Umida appena, com'è umida la notte. Penso che forse nell'aria fredda respirare sarà un po’ più facile.

Esco. Mi fermo subito, però, davanti a un profilo conosciuto.

"Scusa. Non pensavo che fossi qui."

Lily volta la testa a guardarmi. Sorride, un po’ triste. "Bluette. Scappi da qualcuno?"

"Non proprio. Vuoi stare da solo?"

Lily piega il capo sul petto, con una risatina. "Se resto solo, finisce che mi butto giù."

Lo raggiungo e mi accorgo che siede sopra un mucchio di cuscini. Prendo posto accanto a lui, passando le dita sulle stoffe. Seta forse, o qualche tessuto indiano. Molto colorati. Molto belli. Molto adatti a Lily.

"Problemi?" Appena parlato, mi rendo conto della stupidità di quel che ho detto.

"La vita è un problema, Bluette. O non l'avevi ancora capito?" Lily incrocia le braccia dietro la nuca e si lascia sprofondare un poco. "Tu invece?" chiede a sua volta.

Allungo una mano per giocare con le frange di uno dei cuscini. Lily piega un ginocchio, avvicinandolo al petto. "Nico?"

Deglutisco. "Non ne ho idea."

Lily sta zitto. Guarda il cielo con occhi attenti. È una compagnia piacevole, discreta. Quando parla, pare accarezzarti l'anima.

"Sei felice, Blue?"

Scuoto la testa, e Lily sorride. "Perché non hai quello che vuoi?"

Io mi chiede se con Nico tra le braccia starei meglio. Non so rispondere. Non ci sono certezze, al mondo. L'unica soluzione è giocare d'azzardo.

Lily continua, la voce un sussurro reverente che mi scivola sui nervi come fiato caldo, sciogliendo tutti i nodi. "A volte averlo è peggio, Bluette. Credi di essere arrivato in cima al mondo, e poi a guardare giù senti soltanto vertigine, e voglia di buttarti. Fa paura."

Io penso che anche questo è strano. Passare una serata con Lily, sdraiati su un terrazzo tra cuscini di seta. Ad ascoltare la sua voce vomitare amarezza dentro l'aria fresca.

Per un attimo, mi chiedo come sarebbe bacialo. Chinarmi su di lui e cercargli la bocca - cercargli dentro la gola quel nodo che pare strozzarlo. Me lo chiedo, ma resto fermo. Con la schiena poggiata al muro e gli occhi piantati nel cielo.

Lily si tira a sedere. Infila una mano nella tasca dei jeans - e a me viene spontaneo seguire il movimento, attardarmi per un attimo sul profilo delle natiche. Quando rialzo lo sguardo, Lily mi sta fissando.

Comincia a rollarsi una canna - con quelle dita chiare e lunghe e veloci. Finita, l'accende. Butta fuori il fumo, tranquillo. "Vuoi?", chiede, porgendomela. Accetto, aspiro una boccata. Concentrandomi sul sapore. Sull'odore. Sugli occhi di Lily che esplorano la mia faccia, pensando chissà che cosa.

Quando la porta si apre, non mi volto a guardare. Chiunque sia, se ne andrà. Spero.

"Sapevo che ti avrei trovato qui," dice Nico. Io guardo Lily annuire.

Ascolto i passi avvicinarsi, poi Nico sedersi a gambe incrociate davanti a noi. Lily si sporge, gli poggia la canna tra le labbra. Nico chiude gli occhi e Lily sorride.

Nico apre gli occhi. "Stai bene?" chiede, rendendogli lo spinello. Lily lo offre a me. Rifiuto con un cenno della mano. Lui scrolla le spalle. "Tranquillo, Nico," risponde poi.

Io continuo a guardarli. Il fumo esaspera la sensualità dei loro gesti. Ogni movimento è pregno di un erotismo ovattato, sommesso. Lo sento scorrere nelle vene come vino speziato.

Lily spegne la canna sul pavimento, poi si alza in piedi. "Vado a dare un'occhiata sotto", dice a bassa voce. "Ci vediamo dopo."

Nico resta sdraiato poco distante da me. Nel buio, non diresti che i suoi occhi sono verdi.

Rotola su un fianco. "Non dici niente?"

"Cosa dovrei dire?"

Sorride. "Non lo so. Qualcosa."

Silenzio.

"Mi dispiace per prima."

Anche Nico resta zitto per un poco. Quando infine parla, il tono è come assonnato. "Si sta bene qui" sussurra. Poi ride. "Anche se fa freddo."

Qualcosa trema dentro. Mi sforzo di tenere la voce ferma. "Sei ubriaco, Nico?"

Si muove appena. "No. È l'erba. Mi fa sempre quest'effetto."

"E fumi spesso?"

Nico resta zitto. Si tira a sedere lentamente, poi mi guarda. "Lo stai facendo per Ale?"

Io penso che è troppo lontano. Allungo una mano, gli tocco i capelli. Lui non si muove. "Blue?"

"Cosa?" chiedo. Intanto guardo il suo viso - la sua bocca. Con un dito scendo a carezzargli la guancia. Lui chiude gli occhi. "Il terzo grado. Neanche fossi mio padre."

Scuoto la testa lentamente, concentrato sul rilievo dei suoi zigomi sotto i miei polpastrelli.

È un giorno senza pelle questo. E lui è troppo vicino.

"Solo con Lily," risponde dopo un poco.

"Vieni qui, Niki," dico.

C'è qualcosa di strano anche in lui, oggi. Perché non protesta – niente veleno - e si lascia scivolare tra le mie gambe. Poggia la schiena contro il mio petto. Io premo le labbra sui suoi capelli, poi mi abbasso per parlargli all'orecchio. "Hai ancora freddo?"

Fa cenno di no con il capo. Lo sento rilassarsi tra le mie braccia, e d'istinto serro la presa.

"Perché non ti sei fatto più vedere?" mi chiede. La voce è un sussurro. Io chiudo gli occhi. "Credevo che volessi stare con Ale. Dopo tutto quel casino."

Lui volta un poco la testa. Guancia contro guancia, lo sento respirare.

"Cosa ti ha detto Lily?"

Le labbra si sfiorano ad ogni parola. Carezza estenuante e continua. Dolorosa.

E io sono come senza pelle, Nico. Come senza pelle.

"Cose tristi."

Potrei scostarmi. Basterebbe un millimetro, e non ci toccheremmo più.

Non mi muovo. Ho bisogno anche di questo dolore. Adesso.

"Non credevi che fosse triste, vero?"

"No."

Niki si volta un altro poco. "E tu sei triste, Blue?"

Il primo bacio è impalpabile. Quasi immobile, quasi involontario. Eppure io so che l'intenzione c'è stata. E lo sa anche Nico che resta immobile con me, prima di cominciare a voltarsi nel mio abbraccio.

Il secondo è più lento. Sempre leggero, sempre a labbra chiuse. E il terzo non cambia di molto. Non cambia di molto il quarto.

Solo con Niki mi capita di baciare in questo modo. Con una timidezza che niente deve all'inesperienza e tutto all'emozione.

Poso il palmo della mano sulla sua guancia. Lui volta di poco la testa, cambiando angolazione.

Socchiude le labbra. Sa di fumo e alcool - e altri sapori che non riesco a ritrovare.

Penso che anche quella notte aveva questi stessi sapori, e mi fa paura l'idea di non aver fatto in tempo a memorizzarli. Vorrei archiviare ogni istante - ogni brivido - ogni carezza della sua bocca e del suo corpo, delle sue mani. Vorrei riuscire a spingere dentro di lui un po’ del calore che mi brucia il cervello adesso, vorrei che lui mi soffiasse nelle orecchie un po’ della sua risata. Vorrei stringere la presa e premermelo contro, aderire al suo corpo e respirare il suo odore. Mi lascio scivolare indietro, sui cuscini. Nico mi segue, continuando a baciarmi in quel suo modo ipnotico e lento.

Gli carezzo la schiena attraverso la maglia. Lui si sposta sopra di me, scivolando un poco di lato. Sento la sua mano sul petto, sfiorarmi appena, scendere. Lo ascolto trattenere il fiato quando spingo un dito sotto l'orlo dei jeans, indovinando la spina dorsale trasformarsi in osso sacro. Indovinando le natiche separarsi, poco più sotto.

La sua mano si chiude sul mio sesso. Sento il suo premermi contro la gamba, e lascio andare un respiro tremante. Lui si sporge verso il mio orecchio. "Vai," sussurra. Slacciandomi la cintura intanto, il primo bottone. "Vai," ripete, mentre io allargo una gamba per fargli più spazio.

Spingo avanti le dita. Lui smette di toccarmi un attimo, per farsi più vicino.

Non sembra accorgersi della porta che si apre – risate luce che filtra e si spegne subito dopo e silenzio. Non sembra accorgersi del cielo sulla nostra testa. Della notte intorno. Del mio respiro sempre più veloce. Di me, che sento di morire ad ogni istante.

Non sembra accorgersi. E la realtà mi affonda nel petto come ferro caldo nella neve.

Chiudo gli occhi. Stringo le palpebre tanto forte da farmi male.

A tentoni, cerco la mano di Nico – quella mano che con ogni carezza mi uccide – e intreccio le dita alle sue. Gli piego il braccio, gli chiudo il pugno. Portandomelo alla bocca, baciando le nocche veloce. "Basta Niki," cingendogli la schiena per tenerlo fermo. "Basta."

Silenzio un attimo. Poi.

"Perché?"

Detto così piano che quasi non lo sento.

Tengo gli occhi ancora chiusi. Sento il suo fiato sulla mascella, caldo. Parlare è doloroso. Come è doloroso respirare.

"Perché lo fai sempre solo da ubriaco."

Domanda o risposta? Non lo so. Nico preme la bocca sulla mia, di nuovo. "Non sono ubriaco," mormora.

"Ubriaco, fumato, che differenza fa?"

Lui sta fermo contro il mio fianco. Dentro le mie braccia. "Se non vuoi dillo chiaro. Non inventarti storie."

Stringo la presa inconsciamente. "Non si tratta di volere o non volere, Nico."

Un sussurro più convinto. "Allora mi vuoi?"

Sorride contro la mia mandibola. Mentre la mano scivola verso il basso, di nuovo. Tra le mie gambe. Di nuovo.

"Mi vuoi, Blue?"

Non rispondo. Mi lascio toccare.

Ridacchia. "Ma te non eri quello che gli facevano schifo i ragazzi?"

"Mai detto questo," soffio, cercando di decidere cosa fare.

"Sì che l'hai detto. Ricordo benissimo."

"Nico, smettila," ringhio. Prima di spingerlo indietro, con la schiena sui cuscini. Lui allaccia le gambe intorno alla mia vita, sorridendo. "Anche io preferisco così."

Sbuffo. "E poi dici di non essere sbronzo."

"Non lo sono davvero."

Mi chino e lo bacio. Mi tiro indietro in fretta, con uno sforzo. "Se adesso andiamo avanti, domani che farai? Eh Nico?"

Lui è serio d'improvviso. Ne approfitto per continuare. "Finta di niente come l'ultima volta? Oppure affronterai la cosa come una persona matura? Non voglio che tra noi cambi tutto solo perché stasera non riusciamo a non saltarci addosso."

Nico è rigido sotto di me. Lo guardo un po’ incerto. "Ehi, Nico?"

"Spostati," sussurra. "Per favore."

Mi alzo. Lui si tira a sedere. "Hai ragione. Meglio fermarsi subito."

"Nico, io non intendevo…"

"Sono io che lo dico adesso, Blue. Io… io non sono pronto per certe cose. Non ce la faccio, non ci riesco. Non con te."

"D'accordo," dico, sforzandomi di restare calmo. Lui si riallaccia i pantaloni (che non ricordavo di aver sbottonato) e porta le ginocchia al petto. "Ho fatto una cazzata, vero?"

Mi avvicino e gli tocco la spalla. Non si allontana. Lo abbraccio lentamente. "No, Nico. Nessuna cazzata. Alla fine… è stato bello, no?"

"Fin troppo," ride. Con una risata che a me sembra strana. Stonata.

Ma strano e stonato mi sembra tutto, questa sera.

Il cielo, i cuscini di Lily, l'odore che respiro dentro l'aria. Il freddo che arrossa le guance, e noi due ancora qua fuori. Lui.

Dopo mesi passati a sognarlo. Lui. Con le gambe intorno ai miei fianchi, la bocca socchiusa. E gli occhi pieni di nebbia.

Io. In un giorno senza pelle. Con lui vicino, tra le braccia. A dire di no.

Tutto è strano e stonato questa sera. La calma improvvisa di Nico, il suo sedere quieto con la schiena poggiata alla parete. Il suo guardarmi in silenzio, già terribilmente lontano.

"Stai bene?", chiedo a mezza voce.

Lui scuote la testa, annuisce e poi esita. "Non lo so," dice alla fine. Sorridendo un poco. "Mi accompagni a casa?"

E sopra di noi ci sono nuvole scure. C'è un cielo che nasconde le stelle dentro il buio, e che fa male agli occhi tanto è bello. Un cielo che spaventa, e schianta un poco il cuore.

Gli porgo una mano per aiutarlo a rialzarsi. Lui l'accetta senza esitare.

E mentre le sue dita si stringono alle mie – mentre la sua pelle tocca di nuovo la mia – penso che per schiantarmi il cuore non c'è bisogno del cielo.

Bastano i suoi occhi. Scuri nella notte – chiari nei miei ricordi.

Bastano i suoi occhi. Basta lui.

E quella dannata canzone febbrile che ogni suo movimento pare cantare.

 

Sapete che gestire Blue è un incubo? Farlo parlare… per riuscire a smuoverlo un poco, avevo cominciato in terza persona. E solo nel mezzo del bacio – o forse poco prima, quando Nico gli sta coricato davanti, e poi gli si rannicchia vicino – mi è scivolato tutto in prima.

È passato un mese dall'ultimo aggiornamento, e non me ne sono accorta. Incredibile il mio rapporto con questa storia… la amo e la odio al tempo stesso. E il pensiero che sia in dirittura d'arrivo mi spacca il cuore.

Grazie mille per tutti i commenti… non sapete che gioia è, leggerli ogni volta. Vi adoro.

Cialy – Dici che sono stata troppo cattiva a far schiantare Ale e Fra contro un muro? In fondo, stanno bene (il demente non si è fatto niente, Ale è appena appena ammaccato…) (Dico demente per indicare Fra, sia chiaro. Niente di personale, ma in questi giorni mi viene da prenderlo in giro. Chissà perché, poi). Quanto a Jen… anche a me piace molto. E dato che è un personaggio femminile, la cosa mi sorprende. Speriamo che d'ora in poi mi riesca di creare delle ragazze decenti…

Animor – Blue ormai è il mio amore. Ho scoperto che mi identifico in Nico (non chiedermi come sia possibile dato che siamo diversi come il giorno e la notte) e quindi mi piace chi piace a lui (leggasi Bluette e Lily, anche se su due piani diversi) voglio taaaaanto bene ad Ale e considero Fra un adorabile deficiente (ecco forse spiegata la ragione del mio improvviso desiderio di stuzzicare quest'ultimo…). Ale è strano? Può darsi. Effettivamente nello scorso capitolo forse spiazzava un po’… non so perché se n'è uscito con quel discorso. In quel momento, gli andava di farlo. (Ovvero, andava di farlo a me. Sono molto democratica, quando sfrutto i personaggi…).

Aurora – Come sempre, mi sento lusingata. Il tuo apprezzamento è davvero… rincuorante. Quanto al mio sadismo… non potrei mai uccidere Ale. Al massimo suicido Niki, ma Ale non si tocca. (Il mio sadismo, ti ricordo, è rivolto essenzialmente verso il mio personaggio preferito. E qui, Niki ha un posto privilegiato. Diverso addirittura da Blue – sarà che basta già Nico, a rendere la vita di questo un inferno). Ale e Fra sono dolci e teneri e tutto quel che vuoi però… a volte mi stimolano poco. Non so perché. Dovrei farli litigare. Già già. Allora sì, che tornerebbero perfetti. (Sto scherzando. Abbassa il coltello. Scherzavo soltanto. Lo giuro).

Siz – Ciao!!!! Anche io ho sentito la tua mancanza… Per quel che riguarda Blue e Niki non preoccuparti: tra un incomprensione e l'altra, qualcosa riusciranno a combinare. Incasinandosi come loro solito, ma ci riusciranno. Te lo assicuro. Poi quando dici che è la prima volta che ti prende così tanto un original…. Il mio ego sale alle stelle! Grazie a te, di cuore… un bacione! (Fra è molto lusingato del tuo commento. Nico è invece convinto che ti manchi qualche rotella, ma non farci caso. In questi giorni è più velenoso del solito. E con questo, ho detto tutto).

Ale_80 – Grazie mille! Sono contenta che ti piaccia…

Sakura – Pienamente d'accordo con te, riguardo a Blue. Sono contenta che la trama riesca a coinvolgerti… a volte temo di tirarla un po’ troppo per le lunghe, invece! Quanto ai personaggi, ormai hanno vita loro… Inutile continuare a dire che il più delle volte mi fanno disperare, e che proprio per questo – essendo masochista – li amo. Mi spiace di aver impiegato tanto tempo ad aggiornare, ma come dicevo all'inizio, Blue è davvero impossibile (te lo sbolognerei volentieri, ma credo che Nico avrebbe qualcosa da ridire…).

Melisanna – Ma sai che Blue credo che un poco bi lo sia? Almeno, l'ultima volta che siamo entrati in argomento, mi ha detto qualcosa del genere. Però è perdutamente innamorato di Nico, quindi non credo ci sia molto da fare lo stesso. Quando parli della personalità sfaccettata, credo di essere d'accordo. Perché nelle mie intenzioni – beata ignoranza – doveva essere sfacciato e superficiale, interessato a giocare un po’ e basta. Poi lo prendo in mano, e mi tira fuori una profondità assurda. Me ne sono sorpresa io stessa. Per quel che dici riguardo al 'mondo che pullula di gay', sono d'accordissimo. A mio parere, è la pecca più grande della storia, quella che rivela in pieno l'immaturità con cui è nata. Il giorno che riuscirò a buttar giù qualcosa di un pelo più reale, farò festa. E quando parli dei gemelli troppo attraenti… nomini esattamente il difetto che i miei critici (parenti, per lo più) hanno sempre indicato in ogni mio scritto. Anche su questo, ci sto lavorando. Però temo che sarà dura…

Grazie mille del commento… mi ha fatto davvero un piacere immenso!

E poi, un ringraziamento speciale a Fata… ti adoro! Vorrei risponderti pezzo per pezzo a tutti i commenti, ma non mi basterebbe la sera, quindi mi limito a ringraziarti. E a dirti – credo per la centesima volta – che leggere quel che provi tu quando leggi me, mi commuove sempre.

Un bacio a tutti… alla prossima! (Ormai non prometto più niente circa il tempo… sto anche finendo la scuola in questi giorni, quindi sarò impegnatissima con sto cavolo di esame e tutto… comunque, farò il possibile).

Grazie ancora a tutti^^

 

 

 

 

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Capitolo 23
*** Nico & Ale ***


"Lo sapevo che non dovevo lasciarlo qui

Nico – Parole che senso non conoscono

 

"Lo sapevo che non dovevo lasciarlo qui. Figurarsi se non me lo perdevi."

"Ohi bimbo, non dare la colpa a me adesso. Sei tu che molli la tua roba dappertutto. Chissà dove l'hai ficcato."

Alzo lo sguardo per fulminarlo. "Non è vero. Se la tua macchina non fosse così incasinata, allora forse…"

Blue sbuffa e si sporge in avanti, schiaffeggiando via la mia mano. "Guarda che questa roba è tutta tua. Lascia, faccio io."

Incrocio le braccia al petto, poggiando la schiena al sedile e fissando gli occhi sulla sua testa bionda.

"Chi li conosce, poi, sti qua… Toh, era questo che cercavi?"

Mi porge un cd. Lo prendo, e sorrido. "Proprio questo, Bluette." Incasso la testa tra le spalle per ammortizzare lo schiaffetto. "Piantala. Già basta Lily con quel nomignolo del cazzo."

"Però quando ti chiama così lui non fai storie."

Blue si passa la mano tra i capelli, facendomi l'occhiolino. "Geloso?"

"Figurati. Sai che mi frega." Infilo il cd nello zaino e guardo fuori dal finestrino.

"Dai, non ci credo… sei geloso davvero! Di me o di Lily, Nikita? Tutti e due?"

"Fanculo Blue, non sei divertente," bofonchio, incrociando le braccia al petto.

Mi piace stare seduto in auto con lui. Mi piace stargli vicino, ascoltar la mia musica e poter chiacchierare. Guardare il paesaggio. Pensare.

"Al contrario. È il tuo senso dell'umorismo, bimbo, che lascia molto a desiderare."

Anche se a volte pensare fa male. Anche se a volte quando pensi ricordi, e se ricordi non puoi fare a meno di risentire mani tra le gambe, lingua in mezzo ai denti.

E una voce chiara sussurrare all'orecchio parole che senso non conoscono.

Blue si sporge a cambiare canzone. Io lo lascio fare per un attimo, poi alzo una mano.

"Lasciala questa. Mi piace."

Lui solleva un sopracciglio. "Nico, è una tristezza assurda. Come fa a piacerti?"

Scrollo le spalle. "Mi piace. Qualche problema?"

"Hai dei gusti strani bimbo, lo sai?"

"Cazzi miei, no?"

Cade il silenzio. La chitarra lo riempie un poco, ma resta assordante lo stesso. Brucia la pelle.

"Senti, se ti da così fastidio cambia, ok? Non è che muoio."

Blue piega un ginocchio al petto. Mi osserva. "In realtà stavo pensando a te."

Un brivido. "A me?"

Annuisce. "Sei strano in questi giorni. Ci sono problemi?"

Io tengo gli occhi ancora fissi altrove. Marciapiede, panchina. Un triangolo di cielo chiaro. Il cancello di casa mia, qualche metro indietro. "Assolutamente no."

"Guardami in faccia quando dici stronzate, almeno."

Sospiro. Mi volto verso di lui. "Non ci sono problemi, Blue. E non sono strano. In questi giorni."

Lui allunga una mano e mi infila una treccia dietro l'orecchio. "È per l'altra sera da Lily, vero?"

"No. Te l'ho già detto."

"Vuoi parlarne?"

Infilo le mani in tasca, sprofondando un po’ più in basso. "Non c'è niente da dire," rispondo, sbirciandolo all'ultimo momento. Giusto per farlo contento.

"Quindi non è cambiato niente?"

"C'è da chiederlo? Solo perché una sera non siamo riusciti ad evitare di saltarci addosso, non vuol dire che…"

"Che?"

Mi mordo il labbro. "Che improvvisamente non posso pensare ad altro che al tuo letto, Blue. Per quanto comodo sia."

Incredibilmente, capisce. Forse perché l'argomento mette a disagio anche lui. Ma capisce. E sogghigna. "Oh, davvero? Comodo dici, eh. Sicuro di non volerlo provare?"

Rido. "Piantala di fare il deficiente."

"Ma io sono serissimo… dai, stasera ho casa libera, non te ne pentirai."

Scuoto la testa. "Stasera non ci sono."

"E perché?"

Guardo Blue e sorrido. "Vengono Dani e i suoi a cena, e i miei nonni… mamma mi ammazza se non mi presento. E dopo di lei, ci pensa Ale."

"Ah."

Blue tamburella sul volante e non mi guarda. Allungo una mano a sfiorargli il braccio. "Ehi, Blue?"

"No, niente. Solo, avevo voglia di uscire."

Lascio che il tocco si trasformi in carezza. Uccidendo ogni sfumatura sessuale, mi decido a stringergli la spalla, gentilmente. "E allora esci."

Abbassa gli occhi sulle mie dita. Poi inclina la testa all'indietro e mi sorride. "Nah. Se te non ci sei non è divertente, bimbo."

Lo lascio andare di scatto. Lui sembra divertito, e io avrei voglia di spaccargli la faccia. Mi trattengo.

"Idiota."
"Adoro quando mi dici certe cose."

Scelgo di non rispondere. Invece, guardo l'orologio. "Merda. Devo andare. Senti Blue…"

"Ci vediamo domani? Devo trovare un paio di scarpe, avevi detto che mi accompagnavi. Ti ricordi?"

Poso la mano sulla maniglia. "Sì, certo. A domani allora."

Lui chiude il pugno sulla mia maglia. Lo riapre, e il suo braccio scivola a cingermi la vita. "Ehi, non saluti neanche?"

"Blue, vuoi venire anche tu?"

Mi lascia andare. "Venire dove?"

Arrossisco appena. "A cena. Voglio dire…"

Lui solleva un sopracciglio. "Nico, è una cena di famiglia. Che cazzo ci faccio io?"

"Fra c'è."

"Fra è praticamente tuo cognato. Fa parte della famiglia, non conta. Io…"

"Va bene, se non vuoi venire…"

Alza una mano, mentre il suo abbraccio si fa un po’ più deciso. "Non è che non voglio. È solo che… non mi sembra opportuno."

Annuisco, mentre lui continua. "Meglio se vado a casa. Ti passo a prendere domani verso le undici, ok? Magari pranziamo insieme, che ne pensi?"

Io penso che la sua mano schiacciata al mio fianco è fottutamente perfetta e che sapere che tra un attimo la toglierà potrebbe ammazzarmi, ma annuisco di nuovo, lo stesso. Sporgendomi veloce a baciargli la guancia, gli scosto i capelli dalla fronte, discretamente. Di nuovo, il suo pugno si chiude sui miei vestiti, e per un attimo credo che non mi lascerà andare. Che come l'altra sera mi stringerà più forte e mi bacerà la bocca, e la mascella e il collo, infilandomi le dita tra le trecce.

Si tira indietro appena. Per guardarmi in faccia. "Buona serata, bimbo. Saluta Ale da parte mia."

Mordo tra i denti la frustrazione e sposto il braccio indietro, aprendo a tentoni la portiera.

"D'accordo. Ciao."

"Ciao."

Cammino senza voltarmi, l'attenzione fissa sul mio cancello. Mi concentro sul peso dello zaino sulle spalle, sul rumore dei cd che dentro si urtano a vicenda. Mi concentro sull'odore dell'aria, che è odore di città e anche odore di vita. Pesco in tasca le chiavi, le infilo nella serratura.

Solo allora, arrischio un'occhiata indietro. E vedere l'asfalto vuoto, lì dove due minuti fa stava l'auto di Blue, fa male. Solo un poco più di quanto avrebbe fatto vedere lui.

 

Ale – Ridere all'ultima cena

Quando Francesco fa l'amore, gli occhi gli diventano più chiari.

È strano da vedere. La pupilla si allarga e conquista un poco d'iride – che si addolcisce di qualche sfumatura.

È strano da vedere. Bello.

"Cosa stai pensando?"

Gli passo le dita tra i capelli un'ultima volta, prima di rispondere.

"Che sei tutto strambo."

Lui sposta il viso per mordermi la spalla. "Stronzo."

Trattengo il fiato quando si abbassa di poco, baciandomi un capezzolo. Lo attiro più vicino, avviluppandogli intorno una gamba.

Mi piace stringerlo quando è ancora nudo. Mi piace sentire addosso la sua pelle, il suo odore. Mi piace che mi resti incollato anche dopo, come un segno di quel che c'è stato.

"Dicevo in senso buono."

Lui sorride contro il mio petto. "Ah. Scusa allora. Tesoro."

"Fa niente. Ci sono abituato."

Francesco alza la testa. "Ai morsi?"

Scrollo le spalle. Lui ride. "Eddai. Dillo che ti piace."

Lancio uno sguardo all'orologio. Sette meno cinque. Nico sarà qui a momenti. Sospiro.

"Ehi ehi ehi. Dove credi di andare?"

Gattono fino alla fine del letto e mi chino per sgattare tra i vestiti. I boxer di Fra mi capitano in mano per primi, glieli lancio senza guardarlo. "Copriti, che se Nico ti vede gli prende un infarto."

"E perché scusa? Guarda che tuo fratello l'ha già visto un uomo nudo."

Alzo gli occhi al cielo.

"Anzi. Missà che ha già visto nudo pure me."

Gli lancio un'occhiata, e noto soddisfatto che nonostante le proteste mi ha ubbidito. Aspetto che si sia allacciato la cintura, prima di rispondere. "Credo che sarebbe più turbato da un'altra cosa."

"Eh?" Francesco mi guarda da sotto la frangia spettinata. Alzo una mano per riavviargliela, sbuffando. "Intendo dire che non è proprio una brillante idea farsi beccare nel suo letto."

Francesco non dà segno di capire. Mi permetto di allungargli uno schiaffetto, terminando. "Dopo che ci ha espressamente vietato almeno dieci volte di farlo in camera sua. Cretino."

"Perché adesso ti comporti come se la colpa fosse tutta mia?"

"Perché la colpa è tutta tua, Fra."

Lui si lascia cadere a terra e incrocia le braccia. "Ah sì? Chissà perché ero convinto che fossimo in due dentro il letto."

"Non c'entra. Chi è che mi ci ha trascinato?"

"Chi è che ha cominciato a provocare?"

"Chi è che prende tutto per una provocazione?"

"Chi è che è così schifosamente bello che…"

Mi lascio baciare. Quando Francesco si tira indietro, sorrido. "Sei un deficiente."

"Vacci piano, amore. Potrei montarmi la testa, avanti di questo passo."

"Idiota."

"Qualcos'altro?"

"Coglione."

La porta che sbatte ci fa sobbalzare.

Nico ha lo sguardo più scuro del secolo. "E io che credevo che mio fratello fosse finalmente rinsavito."

Francesco rilassa un po’ la stretta sulla mia vita. "Buongiorno raggio di sole," commenta ironico.

Nico getta il suo zaino in un angolo. A giudicare dal rumore, temo che abbia appena distrutto un paio di cd. E quando mio fratello non bada all'incolumità della sua musica, c'è poco da stare allegri. Vorrei che Francesco se ne ricordasse. Prima di cominciare a sfotterlo come suo solito.

"Che cazzo ci fate qua dentro?"

Mi avvicino cautamente. Gli poso una mano sulla spalla, e lui non si tira indietro. Soffocando un sospiro di sollievo, rispondo. "A Fra serviva il computer."

Mio fratello lancia uno sguardo al mio ragazzo, che risponde con un sorriso innocente. Nico socchiude istintivamente gli occhi. "Non avrete scopato in camera mia, vero?"

Francesco alza le mani in gesto di resa. "Noi? Scopare? In camera tua? Ma per chi ci hai presi, Nikita? Figurarsi, come ti vengano certe idee io proprio non…"

Sospiro. Mentre mio fratello geme e mi fa scivolare un braccio intorno alla vita, posando la fronte contro la mia spalla. "Giuro," sussurra nella mia maglietta "Che prima o poi ci vado io in camera sua. Aspetta solo, Francesco, aspetta…"

Il mio amore è troppo stupido per decifrare l'occhiata d'avvertimento che gli sto mandando. O forse, semplicemente se ne frega.

"Aspettare cosa, Nikita? Che ti trovi un ragazzo? Perché al momento non mi sembri nella posizione adatta a minacciare…"

Nico solleva la testa d'improvviso per fulminarlo. Poi sogghigna. "Davvero, Fra? Scommettiamo che se stasera esco, nel giro di mezz'ora lo trovo qualcuno disposto ad aiutarmi a rimediare?"

Assistere alla trasformazione di Francesco-lo-stronzo in Francesco-il-papà-protettivo è sempre qualcosa di esilarante.

"Ohi Nik, vedi di non far cazzate eh?"

"E te vedi di star lontano dalla mia stanza. Cristo Ale, ma come fai a sopportarlo?"

Nico e Fra litigano da quando si conoscono. Da bambini facevano a botte con frequenza regolare. Come abbiano fatto a non scannarsi nei gloriosi giorni dei DarkSun, non l'ho mai capito. Le volte che andavo a guardarli provare, il mondo sembrava sull'orlo di una crisi di nervi.

Forse la presenza di Daniele evitava i danni maggiori. O più semplicemente, ogni battuta lanciata addosso era soltanto parte di un gioco.

Ogni tanto mi stupisco che dopo tutto questo tempo si divertano a calcare ancora lo stesso copione.

Ma non mi lamento. Perché quando litiga con Fra, gli occhi di mio fratello perdono un po’ delle loro nebbie. E quelli del mio amore si fanno allegri come fossero di un bambino.

Non mi lamento.

So che alla fine, basterebbe niente per fermarli.

 

Quando abbiamo ospiti a cena, mia madre si sbizzarrisce in creazioni prodigiose. Io e Niki non siamo mai stati particolarmente interessati a quel che mettiamo in bocca. A volte credo che sia per questo che mamma ha cominciato ad invitare anche Fra ai pranzi di famiglia.

Il mio amore, quando mangia, sembra andare in paradiso.

Nico sogghigna al mio fianco. "Attento che ingrassi. E poi chi ti vuole ancora?"

Fra inghiotte il boccone e infilza un altro pezzo di carne con la forchetta. "Non preoccuparti, Nikita. Non sono come te, che la gente mi apprezza solo per il bel faccino."

Niki appoggia la tempia alla mano. "Ah davvero? E che altro ci vedono, scusa?"

"Nico mangia, che si raffredda tutto," interviene mia nonna. Lui si porta una patatina alle labbra, ma si ferma prima di addentarla. "A parte che. Chiamare il tuo un bel faccino. Ce ne vuole di fantasia."

Sospiro. Di fronte a me Daniele nasconde un sorriso dentro il bicchiere.

"Nico, sai che ho davvero voglia di tirarti un pugno sul naso?"

"Fra? Sai che ho davvero voglia di allungarti un calcio nei…"

"Nico! Siamo a tavola!"

Ci sono volte che mio fratello sembra avere ancora sette anni.

"Ti sta bene" sillaba Francesco, ghignando. E addentando con gusto la carne.

E ci sono volte – molte volte, in effetti – che il mio ragazzo ne dimostra ancora meno.

"Allora, Daniele. Con Caterina, come va?"

Spio mio fratello con la coda dell'occhio. Nico sta guardando fisso Francesco, e non dà cenno d'aver sentito. Riconosco l'inganno dal movimento delle mani – strette intorno alla forchetta, si muovono di continuo. Sospiro. Aspettando la risposta di mio cugino.

"In effetti era di questo che volevo parlarvi. Voglio dire, la cena e tutto."

Daniele guarda mio padre, e sorride. Nico sposta gli occhi da Francesco al suo piatto.

"Abbiamo deciso di andare a vivere insieme. E di sposarci, più avanti. Con calma. Probabilmente."

Nico alza la testa di scatto. Daniele gli lancia uno sguardo veloce, e sorride. "Lo so che è un po’ improvviso, ma…"

"Sposarvi? Cazzo Dani! Avete ventitrè anni!"

"Non ho detto che ci sposeremo di sicuro. Ci stiamo solo pensando."

"L'età non conta un tubo, Nik," dice Francesco, che quando si tratta di imparare una lezione fa prima a morire.

"Col cazzo che conta un tubo. Cosa faresti se ti dicessi che mi sposo io?"

"Fammi conoscere la tua ragazza, e poi ne parliamo," replica Francesco sollevando un sopracciglio. "Fra…" sibilo io, mentre Nico si alza in piedi.

"Stasera sei più stronzo del solito, Francesco." Spinge indietro la sedia, allontanandosi di un passo. "Non ho più fame, scusate."

"Potevi startene zitto, sai," sussurro.

Fra scrolla le spalle. "Tanto se ne sarebbe andato comunque. Almeno così ha avuto la scusa."

"Vado a vedere come sta."

Daniele si alza in piedi prima di me. "Lascia Ale. Vado io. Dovrei comunque parlarci. Tanto vale chiarire adesso."

"Non ce l'ha con te, Dani," bofonchio. Francesco, che questa sera ha evidentemente deciso di rendersi utile, trilla tutto allegro. "Ma và. Se è incazzato nero. Secondo me se Daniele entra in camera sua lo fucila."

"L'ho gestito in momenti peggiori," sorride Daniele, uscendo dal soggiorno.

Fra fa una smorfia, come a dire che sono fatti suoi.

Io resto a guardarlo per un attimo incredulo.

Alza un sopracciglio. "Bhe? Che c'è?"

"Sei davvero stronzo."

Sorride. "Lo so," annuisce. E si infila in bocca una forchettata di patatine.

 

Nico – L'unica risposta di cui c'è bisogno

"Vattene. Non ho voglia di parlare."

"Nico, sono io. Daniele."

Sbuffo, schiacciando la faccia nel cuscino. Come se non lo sapessi. Come se non fosse quello il problema.

Ale l'avrei fatto entrare.

Fra anche, per il solo gusto di scorticarlo lentamente. Godendomi ogni suo lamento. Ogni piccola, infinitesimale espressione di dolore.

Ma Daniele farà meglio a star lontano. Daniele non lo voglio neanche sentir parlare.

"Dai. Apri. Chiariamo le cose, ok?"

"Non c'è un cazzo da chiarire."

Sospira. Me lo immagino, con gli occhi rivolti al soffitto e il palmo della mano posato sulla mia porta. Schifosamente calmo e tranquillo e controllato.

Dio. La voglia che ho di spaccargli quella maschera. La voglia che ho di rivederlo davvero. Rivederlo nudo e giovane e reale.

"Ti diverti a comportarti da moccioso? Fa bene il tuo amico a darti del bambino."

Prima di processare del tutto l'insulto ho già spalancato la porta.

"Lascia Blue fuori da sta storia. Capito?"

Lui mi spinge di lato ed entra nella stanza. Siede sul mio letto. Mi guarda.

"Allora? Qual è il problema?"

"Non lo indovini?"

Scuote la testa. Io muovo un passo avanti, fino a restare in piedi di fronte a lui.

"Mi presentassi io a casa tua, e dicessi nel mezzo di una cena che sto andando a convivere con uno, lo dicessi così, a te come a tua madre e a tuo padre e ai nonni, saresti contento? Saresti contento, cazzo, non ti darebbe fastidio? Non te ne fregherebbe niente?"

Aggrotta le sopracciglia. "Sei incazzato perché non te l'ho detto prima?"

"In parte."

Per guardarmi in faccia deve tenere la testa rovesciata all'indietro. Io non ho intenzione di abbassarmi. Non ho intenzione di rendergli più facile il tutto.

"E l'altra parte dove sta?"

Resto zitto.

"Porca puttana, Nico. Abbiamo passato un anno a non parlarci. Vogliamo ricominciare?"

"È complicato," dico.

"Con te è sempre tutto complicato. Vai e vieni come se gli altri non contassero. Ti incazzi per chissà cosa e quando ti passa tutti dovrebbero dimenticare. Perché tu non dai mai nessuna fottuta spiegazione. Come quando mi sono messo con Caterina."

Sobbalzo.

"Ancora adesso non so cos'avevi. Era per me, erano cazzi tuoi, cosa? Non mi hai parlato per un mese. Ti si vedeva appena. E non dicevi niente di niente di niente. Neanche fossi un estraneo."

"Adesso non esagerare."

"Esagerare? Cazzo Nico, ho scoperto che eri gay quando ti ho beccato con i pantaloni abbassati e le mani di uno stronzo nelle mutande!"

Scatto indietro. "Questa te la potevi risparmiare," sussurro.

Lui si ferma un attimo. Impallidisce. "Dio. Scusa. Hai ragione."

Chiudo gli occhi. Respiro. "È complicato," ripeto.

Allungo una mano, trovo il letto. Siedo sul materasso, appoggiando al muro la schiena. Porto le ginocchia al petto. "Vuoi saperlo davvero?"

"Sicuro."

"Tutto?"

La voce è vicina, quando risponde. "Tutto."

"Ok."

Silenzio di un attimo.

"Non è facile."

Le sue dita tra i capelli. In una carezza delicata, eppure sicura. La carezza delle mani di Daniele. "Lo so, scricciolo. Altrimenti me l'avresti già detto da un pezzo."

"Ho paura di farti incazzare."

"Non mi incazzerò."

Stringo forte gli occhi. "Aspetti un attimo?"

"Tutto il tempo che vuoi, Nico. Prenditela comoda."

Ascolto le sue carezze, il suo fiato, il suo odore. Ascolto il suo corpo pulsare di fianco al mio, il suo peso sul mio letto, le sue mani. Lascio che Nico bambino tragga un po’ di conforto dalla sua vicinanza, e intanto rincorro i pensieri.

Alla fine mi decido. Dopo che qualche secondo si è sciolto nell'aria.

"Ero geloso."

La carezza esita un istante appena, prima di ripetersi identica alle altre. "Geloso di cosa?"

"Di te. Lo sono sempre stato, Dani, lo sai."

Lo sento annuire. Continuo, determinato. "Avrei dovuto dirtelo subito ma avevo paura. Della tua reazione, di allontanarti. La cosa divertente è che a forza di fare sono stato io a mandarti lontano."

"Divertente più o meno, Nico. Io sono stato da cani."

"Ti stava bene. Ero contento che stessi male. Significava che di me qualcosa ti importava." Continuo prima che possa parlare. "So che è una stronzata, però volevi la verità, no? Poi era così difficile trovare un equilibrio… quando è arrivata Cate non ci ho visto più. E non perché lei non mi piaccia, tutt'altro. Voglio dire, è bellissima e simpatica e intelligente e tutto quello che vuoi. Però io ero geloso. Ed incazzato con te. Molto."

Daniele si schiarisce la gola. "Quando dici geloso, in che senso lo intendi?"

Non credevo che il cuore avrebbe potuto battermi tanto veloce. Senza fermarsi.

"Nel senso che vedere Cate che ti baciava mi uccideva. Nel senso che avrei voluto baciarti io e non potevo. Nel senso che… nel senso che ero geloso, Dani. Geloso come lo saresti tu se lei andasse a letto con un altro."

Lo sento trattenere il respiro. E forza per rimpiangere di aver parlato non riesco a trovarla.

"Sei incazzato?"

"Ti piacevo? Io?"

Lascio che la testa cada all'indietro, che la nuca vada a sbattere contro il muro. "Mi sei sempre piaciuto, Dani. Ero innamorato perso. Peggio di Ale con Fra, quasi."

Dovrei aprire gli occhi per vedere la sua faccia, ma resto immobile. Cercando di distinguere i contorni della sua risatina.

"Non avrei dovuto dirtelo."

"Cristo Nico. Dovevi dirmelo secoli fa. Perché non l'hai fatto?"

Inclino un poco il viso. "Perché avevo paura?"

La sua bocca mi coglie alla sprovvista. È fresca e leggera – ferma sulle mie labbra.

Apro gli occhi un attimo, mentre lui si tira indietro. Li richiudo quando si riavvicina.

Toccare i sogni fa un effetto strano. Sento la sua mano sulla spalla, vicino al collo, e mi sembra così distante. Socchiudo le labbra quando lui approfondisce il bacio.

Mi tocca il viso, la guancia, l'orecchio. Con la gentilezza che sempre hanno le sue dita quando carezzano me.

"Cosa cazzo stiamo facendo?" sussurro.

Lui mi bacia ancora una volta, lentamente e leggero. "Non lo so."

Passo la mano nei suoi capelli. "Ami Caterina, vero?"

Annuisce. "Non c'entra niente, però."

"Lo so. Ma i tempi sono sbagliati."

Il suo viso resta talmente vicino che posso sentire il suo fiato nella bocca. "Non avrei dovuto?"

"No. Hai fatto bene. Altrimenti mi sarebbe rimasto sempre il dubbio."

"Anche a me."

Poso le mani sulle sue spalle. Resto fermo un attimo. Poi lo allontano. "Devo andare."

Lui mi guarda. "Dove?"

Io lo guardo. "Fuori."

Ci guardiamo. Poi lui annuisce. "Metti la giacca però. Che fa freddo."

Sorrido. "Va bene, Dani. Come vuoi tu."

 

Giacca o non giacca, quando arrivo da Blue sono congelato.

Alzo lo sguardo verso la finestra di casa sua. Luce accesa, nel mezzo di una città buia.

Ho bisogno di vederlo.

Me ne sono accorto mentre camminavo, ad ogni passo che facevo. La voglia aumentava. Di stringerlo, di respirarne l'odore.

Di dirgli che me ne fotto del resto, dirgli che succeda quel che deve succedere.

Che succediamo noi.

L'idea che non sia solo mi attraversa la testa, ma la scaccio via con un gesto. Solo o in compagnia, lo vedrò. Questo è quel che conta. Al resto si può rimediare.

Quando apre la porta sgrana gli occhi.

È vestito stavolta, di una maglietta scura. Umida sulle spalle – per colpa dei capelli. Sono più scuri del solito, bagnati di doccia.

"Nico?"

Gli allaccio le braccia alla vita e me lo tiro vicino. Lo sento chiudere la porta, prima di sfiorarmi cauto.

"Nico tutto bene?"

Non rispondo. Infilo il naso nei suoi capelli e respiro. Poso le labbra dietro il suo orecchio, e succhio appena al pelle.

Lui si tira indietro, senza lasciarmi andare. "Nico non dovevi stare a casa?"

Mi sporgo e gli bacio le labbra. Lui mi posa il palmo della mano sul petto. "Sei gelato. Ti preparo qualcosa di caldo."

Lo seguo in cucina. Lo guardo muoversi tra ante e fornelli, pallido e chiaro, accendere il gas. Lo guardo riempire una pentola d'acqua, metterla a bollire. Cercare nella credenza qualche bustina di tè.

"Hai fame?" chiede. Lanciandomi uno sguardo da sopra la spalla.

Annuisco. Poi scuoto la testa. Lui aggrotta le sopracciglia e mi siede davanti, al tavolo.

"Mi spieghi cosa succede?"

"L'altra sera ti ho detto che non sono pronto."

Annuisce. "Me lo ricordo."

"Ho cambiato idea."

Abbassa lo sguardo. "Non scherzare su certe cose, Nico."

"Non scherzo. Voglio venire a letto con te. Stasera. Adesso. Quando vuoi. Se lo vuoi."

Sbuffa, soffiando via una ciocca dagli occhi. "E dopo?"

"Quello che vuoi."

Posa un gomito sul tavolo. Anche l'altro. Porta al viso le mani, coprendosi del tutto.

Respirando profondamente.

Mi alzo in piedi.

"Blue. Per favore, guardami."

Gli tocco la spalla. Sposto il braccio fino a cingergli il collo, scivolandogli in grembo.

Lui mette le sue mani sui miei fianchi, senza attirarmi vicino né spingermi lontano.

"Vuoi farlo?"

Deglutisce. "Vorrei dire di no. Lo vorrei davvero."

Mi sporgo e lui china la testa. "Ma non ci riesco."

Rialza il viso e lo bacio. Questa volta non mi ferma. La presa sui miei fianchi si stringe un istante, poi le sue dita scivolano indietro. Sotto la maglietta.

Chiudo gli occhi, mentre la sua lingua mi carezza le labbra. Mentre mi carezza la bocca, i denti, la voce. Mentre il suo tocco sulla mia schiena è convinto ed esitante e pare quasi tremare.

Chiudo gli occhi, anche se vorrei tenerli aperti per vederlo. Anche se vorrei tenerli aperti per guardare dove lo tocco, per spiare le sue espressioni, per scoprire il biondo scuro dei suoi capelli schiarirsi di un niente ad ogni goccia d'acqua evaporata. Ad ogni minuto passato, le sue iridi farsi più scure. Più mie.

Si solleva in piedi, sedendomi sul tavolo. Somiglia al nostro primo bacio, mi vien da pensare. Lui in piedi ed io seduto. Lui con le mani su per la mia schiena, sulle mie cosce, tra i miei capelli. Io con le gambe allacciate ai suoi reni, per tenerlo vicino.

Somiglia al nostro primo bacio ed è diverso, è più stanco. Più veloce e deciso e spaventato e affrettato – la sensualità pare farsi impazienza, la dolcezza rabbia addormentata.

"Letto?" sussurra Blue nel mio orecchio. Annuisco e sorrido, e forse sorride anche lui.

Il tempo di attraversare il corridoio, di aprire la porta e di chiuderla. Di accendere la luce, accendere la lampada, spegnere la luce. Il tempo di non toccarlo un istante, di guardare la sua stanza razionalmente, e mi volto.

Gli occhi sono scuri di qualcosa che non è mio. I capelli quasi del tutto asciugati, e spettinati dalle mie mani.

Sorrido. Lui no.

"Sei sicuro."

Annuisco. Lui incrocia le braccia dietro la schiena e si appoggia alla porta. "Davvero."

"Blue che cazzo ti prende?"

Scuote la testa, mi carezza la guancia. "Mi sembri strano. Ti è successo qualcosa. Lo sento."

Mi lascio toccare. La sua mano scivola lungo la mia mandibola, sulla gola, sul collo, nello scollo della maglietta. Senza forzare la stoffa, restando ferma sull'orlo.

"Avevi detto che restavi a casa, Nico. Perché sei qui?"

Mi volto e siedo sul letto.

"Avevo bisogno di vederti."

Blue siede vicino a me. Mi sfiora la spalla, di nuovo.

Continuo. "Ho baciato Daniele. Lui mi ha baciato."

La sua mano si ferma. Ma non mi lascia andare.

Continuo. "Ha deciso di andare a vivere con Cate."

Quando mi volto, ha gli occhi seri. Scuriti da qualcosa che non sono io.

"D'accordo," dice. Attirandomi – per la prima volta – vicino. Baciandomi il collo, la spalla. Cominciando a sfilarmi la maglietta, a slacciarmi la cintura. "Va bene."

Chiudendo le labbra su un capezzolo – la mano ferma sulla mia schiena.

Affondo le dita nei suoi capelli e sorrido.

"Grazie," sussurro.

E - ascoltando il suo silenzio - penso che le sue dita a disegnarmi le vertebre sono l'unica risposta di cui ho bisogno.

 

***

 

Finalmente l'ho finito. Venuto fuori diverso dalle aspettative, ma ormai ci ho fatto il callo. Più che altro, non credevo che avrei scritto così tanti dialoghi. E che Fra mi sarebbe uscito così genialmente deficiente.

Comunque, ormai è qui.

Come sempre, mi scuso per l'attesa. Ma la scuola è quel che è, studiare bisogna studiare. E la Musa si diverte a scaraventarmi in testa tre miliardi di personaggi diversi, tutti da conoscere. Tutti da giocare.

 

Aurora – Hai ragione riguardo a Lily: disincantato è la parola giusta. La mia intenzione era quella, rifugiato su quel terrazzo lo immaginavo sofferente. Sanguinante. Stanco. Non so se in Beating spiegherò le ragioni di questo cambiamento – forse lo farò in una storia a parte. Vedremo.

Quanto a Blue… ma piccolo tesoro mio, che ti ha fatto di male? Che cambi in continuazione è vero, però… Boh, sarà che a me fa pena saperlo impegnato a gestire Niki. (Che a volte è davvero un moccioso viziato).

In ogni caso… grazie come sempre, di cuore! Spero di aggiornare presto anche Beating (l'intenzione c'è, sicuro, anche se non posso assicurare niente!).

Siz – Muovere Blue una faticaccia? Non sai quanto. Ma è soddisfacente, senza dubbio. Anche se certe volte mi fa venire una rabbia… va bene andarci con i piedi di piombo, però cavolo, le storie che si inventa per star lontano da Nico. (E non è solo colpa mia, davvero. È lui, che ha una fifa matta di starci male).

Animor – Se ti restava qualche dubbio circa il mio sadismo, credo che lo scorso capitolo te l'abbia cancellato. Però qui le cose proseguono un poco, non trovi? Dai, siamo sulla buona strada. (Ci avviciniamo alla fine, in realtà. Credo. Anche se all'orizzonte potrebbe starci un seguito. In teoria).

Cialy – Nico si è deciso, alla fine. (Non sono stata a indagare i suoi processi mentali, mi è bastato sapere che camminava per strada diretto verso casa di Blue che l'ho lasciato andare. Con tutte le benedizioni). Adesso bisogna solo vedere come l'altro demente intenderà la cosa. E in proposito non posso proprio pronunciarmi.

HP Mary – Sono contenta che il 'crossover' con Beating sia stato apprezzato… inizialmente l'idea mi spaventava un poco, però Nico e Lily stanno troppo bene insieme, dovevo farli incontrare. E lo Shadow come ambientazione mi serviva, quindi…

Whity – Blue ti piace tanto quanto Kuroi? Sai, la cosa mi fa sorridere, perché io ho sempre pensato che Seiran funzionerebbe benissimo come migliore amico di Blue. Lo stacco temporale c'è, anche se non troppo netto (qualcosa tipo sei mesi, direi). E riguardo al perdersi in mezzo alle mie storie… a dire il vero mi fa stupire che riusciate ancora a tenermi dietro, con tutti sti casini e – soprattutto – i miei ormai famosi ritardi… quindi non preoccuparti assolutamente, non posso fare altro che ammirare la vostra costanza!

Ciocco – Credo di averti già risposto in parte nell'ultimo capitolo di Beating, però… il tuo commento è talmente bello che mi sembra impossibile lasciarlo passare 'sotto silenzio'. Devo ringraziarti davvero, perché saperti partecipare così emotivamente alle vicende dei miei personaggi scalda il cuore. Poi, alcune delle sensazioni che descrivi sono molto simili a quelle che provo io quando leggo qualcosa che mi prende – sensazioni che adoro – e sapere di essere capace di suscitarle in altri… fa piacere. Quindi… grazie.

Melisanna – Effettivamente gli unici che credono ancora al gioco del 'gatto e del topo' sono Nico e Blue – deficienti fino in fondo, proprio come piacciono a me. (^___^). Ti ringrazio per quel che dici di Blue, della sua voce straziante. È come vivo io il personaggio, e come sempre mi emoziona sapere che altri riescono a coglierlo.

Fata -  Tesoro mio, che altro dirti? I tuoi commenti – te l'ho ripetuto alla nausea – mi lasciano sempre senza parole… A questo poi forse ho già anche risposto. Non ricordo. Comunque, un grazie devo dirtelo di nuovo. (Dovrei andare avanti per qualche giorno ininterrottamente, a ben pensarci). Grazie perché capisci i miei personaggi meglio di me, perché capisci me e il mio scrivere e a volte – mi viene da pensare – anche il mio vivere. Grazie perché ti conosco da poco, eppure sei già un punto di riferimento importante – importante davvero.

 

Bacioni! Chissà quando riuscirò a farmi risentire (ormai non provo neanche più ad illudermi, circa il 'presto'!). Roh

 

 

 

 

 

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Capitolo 24
*** Blue - Come morire ***


Respiro il suo odore prima di aprire gli occhi

Una nota per iniziare, diversamente dal solito.

Innanzitutto, mi scuso per il ritardo. In questi tempi ho lavorato a troppe altre storie – e per il Nero si avvicinava la fine. Avevo, forse, paura di scrivere questo capitolo, cui credo seguirà soltanto ancora un epilogo.

Ho letto molte fictions, soprattutto inglesi, che perdevano mordente verso il finale. Spero che questo non sia accaduto – non accada – alla mia. Nel caso, mi scuso di nuovo. Con tutti.

(Fata, so che adesso starai facendo una smorfia inorridita, ma sai come sono fatta.  Sopportami. Per favore^^).

In ogni caso, ecco il capitolo. Spero, con tutto il cuore, che possa piacervi. Un bacio, Roh

 

 

Blue – Come morire

 

C'è qualcosa di sacro, in un letto condiviso. L'ho sempre pensato, ogni volta che mi svegliavo e sentivo il materasso incavato dal peso di un altro corpo – ogni volta che mi voltavo per scontrarmi con un volto, una schiena, una spalla. Ogni volta che sentivo un'altra vita addormentata a fianco della mia.

L'odore di Nico è caldo – come pelle cotta dal sole, come l'erba in una giornata d'estate. Tutto in lui è inebriante, perfino il profumo: ti entra dentro il cervello con facilità spaventosa, fino ad intagliarti nell'anima solchi profondi, sentieri astratti sbiaditi all'orizzonte.

Lentamente, con cautela, apro gli occhi. E lascio che si riempiano di lui.

Dorme dandomi la schiena, il bacino nudo coperto appena dal lenzuolo. La spina dorsale scende serpeggiando, nascondendosi sotto il cotone. Allungo la mano a sfiorarla.

Sospira.

Mi sporgo in avanti e gli bacio la spalla. Lui volta un poco la testa all'indietro, e io gli bacio la bocca.

Sorride. "Che ore sono?"

L'aria è ancora scura. Non ho chiuso le imposte ieri sera, e adesso posso guardare il cielo. (Buio. Cielo notturno. Cielo freddo, e distaccato. Cola dentro il mio sangue come veleno, presagio dell'alba che ancora deve venire).

"Presto. Dormi pure."

Scivola un po’ più indietro, sotto le lenzuola, fino ad incollare la schiena al mio petto. Pelle contro pelle – è un brivido che puoi solo stringere.

"Tu che fai?" bisbiglia.

La menzogna mi sorge spontanea, mentre spingo la carezza lungo il suo torace. "Dormo anche io."

"Bravo." Nico sbadiglia, e dentro il suo sbadiglio rivivo. Si fa più vicino ancora, sussurrando: "Sei caldo."

"Ti dà fastidio?"

"Che domanda idiota."

Guardo le sue ciglia abbassate – fitte e scure. Adoro la maniera in cui incorniciano l'iride. La maniera in cui fanno risaltare il verde. E le adoro adesso. Abbassate, scure e fitte.

Lascio scorrere due dita sul suo viso; lo sfioro con le nocche, mento labbra guancia zigomo tempia. E labbra. Lui intanto respira tranquillo, regolare, forse già riaddormentato.

In questo momento, potrei quasi convincermi che tutto sia reale. Che Nico sia veramente qua.

E vorrei dire a Lily che si sbagliava, che averlo tra le braccia è davvero come stare appollaiati sulla cima della montagna più alta e guardare giù. Dirgli che osservando il mondo da quell'altezza ti viene voglia di non tornare mai.

Non tornare più.

Il cielo fuori dalla finestra schiarisce in fretta; una pennellata più chiara ogni istante, fino a cambiare colore. Resto a guardarlo sbiadire.

Fare sesso con Nico è stato diverso da tutto quel che pensavo. Più intenso, più doloroso. Più bello. Di una bellezza commovente e pericolosa.

Toccarlo. Sentire la sua carne sotto le dita – i suoi tratti contro la pelle. La sua bocca, la sua saliva. Il suo odore.

Toccarlo. E sotto il mio tocco vederlo muoversi, sotto il mio tocco vederlo arcuarsi. Respirare. Raccoglierne i gemiti e affrettarmi per strappargliene altri. Chiudere i denti sulla sua gola e sentirlo sobbalzare. Poi le sue dita aggrappate ai miei capelli, parole rovesciate nelle orecchie. Paura e piacere e paura e gioia e paura e.

Paura. Uno spillo di dolore conficcato nell'anima. Un bacio che lava via il sangue ma non può toglier l'infezione.

Lentamente, mi allontano da lui. Scendo dal letto, senza far rumore; raggiungo la finestra e chiudo le tende.

La stanza sprofonda nel buio. E la fronte di Nico nel sonno si distende.

Accucciato sul tappeto, il pugno stretto sul lenzuolo - con il peso delle palpebre sugli occhi; con gli arti pesanti per il troppo languore, e caldi - per un attimo resto a guardarlo dormire.

Pensando che non ho mai provato tanto piacere nel guardare qualcosa. Qualcuno.

Spillo di dolore e lana calda per avvolgere la stanchezza. Paura che resta – resta sempre, non sa sbiadire – e un sorriso lento aperto tra la nebbia.

Nico. Nel mio letto.

E l'impronta del mio morso sulla sua spalla sinistra.

Tutto quel che posso volere. Adesso. E nella vita.

 

Seduto sul divano fisso gli occhi sul muro; ne studio le crepe sottili, invisibili quasi, i colori. L'ombra dei quadri staccati, il colore sbiadito intorno alle cornici. Le foto.

Ale sorride in quella più vicina. Tiene un pallone stretto al petto e agita una mano in alto, verso chissà chi. Incollato al suo fianco Nico dice qualcosa, lo sguardo lontano dall'obiettivo e gli occhi verdi bassi.

Il giorno che l'ho scattata avrei voluto baciarlo. Prima che tutto succedesse, prima che lui mi entrasse sottopelle, avrei voluto baciarlo. Semplicemente per sfizio. Perché era bello e strambo e provocante. Perché immaginarmelo seduto addosso – immaginarlo sdraiato in un letto – me lo faceva venire talmente duro che quasi non riuscivo a pensare.

Alzandomi in piedi raggiungo la cucina; apro l'anta della credenza, trovo il caffè. Comincio a riempire la caffettiera, impegnando il cervello in azioni consuete.

Il telefono squilla che ho appena acceso il gas. Abbandonando i preparativi della colazione a metà, mi affretto a rispondere.

La voce di Jen risuona stupita: "Eri già sveglio?"

"Hm."

"Ma stai bene?"

Scrollo le spalle, tornando indietro lentamente. Fa quasi strano spezzare il silenzio d'intorno con una conversazione. "Che volevi?"

"Oh cretino, guarda che me l'hai detto tu di chiamare. Che sennò dormivi fino a mezzogiorno, e… ma perché parli sottovoce?"

Cerco il latte nel frigo. "Non voglio svegliare Nico."

"Nico? Il tuo Nico? È lì?"

Afferrando una scatola di biscotti, mi siedo al tavolo. "Già."

"Avete… dormito insieme?" chiede Jen esitante.
Annuisco anche se non può vedermi. "Decisamente."

Un sospiro. "Sei contento, almeno?"

Nico sceglie quel momento per comparire sulla porta, assonnato. Immobile mi guarda - labbra piegate in un mezzo broncio - poi si sfrega un occhio con il pugno chiuso. "Buondì," dice, stiracchiandosi piano.

"Dormito bene?" gli chiedo, coprendo il ricevitore con la mano.

Lui esita. "Abbastanza."

Io mi sforzo di non cambiare espressione. "Biscotto?" propongo invece, allungandogli il pacchetto.

"Blue? Ci sei?"

"Sì Jen… ti chiamo dopo, ok?"

Nico spezza il biscotto con i denti, mastica un poco e poi inghiotte. Si sporge a prenderne un altro. Io lo guardo mangiare, con piccoli morsi misurati. Concentrati. Come se stesse pensando febbrilmente.

Vorrei spegnergli il cervello, riportarlo indietro a ieri sera. Quando non ragionava e non si spaccava la testa con chissà quali trituramentti e sentiva soltanto, godeva soltanto, accettava ogni cosa. Ogni gesto.

"Blue, rispondimi solo. Sei contento?"

"Non lo so."

Nico si alza in piedi e va a spegnere il caffè. Ne versa un poco in una tazza – senza aggiungere zucchero. L'altra l'annega di latte e poi me la passa.

"Vuoi sapere come la vedo?" chiede Jen al telefono.

Io guardo Nico e penso che non ho mai avuto tanta voglia di baciarlo. Mai avuto tanta voglia di trascinarlo a letto come adesso che dal mio letto è appena uscito, spettinato e stanco.

"Dimmi," rispondo, mentre lui si appoggia col sedere al piano della cucina e sorseggia lento il suo caffè.

"Sei fottuto, amico. Completamente."

Io annuisco, e la saluto. Poi, delicatamente, chiudo la comunicazione.

Nico alza gli occhi verso di me ed io abbozzo un sorriso. "Allora mi accompagni a comprare le scarpe?"

Lui distoglie lo sguardo. "Non lo so." Si lecca le labbra, alza una mano a tormentarsi una treccia. "Ieri sera non l'ho detto a nessuno, che venivo qua."

"Cazzo. Ale avrà dato di matto."

"Già." Nico indurisce la mascella e posa la tazzina nel lavandino. "Me lo puoi dare uno strappo a casa? Così vede che sono ancora vivo, e magari mi lascia uscire."

Annuisco. "Certo. Mangi con me, dopo?"

Lui mi regala il primo sorriso della giornata. "Se Ale non mi chiude in casa a chiave, sì."

Ed io penso che basta poco per farmi felice. Basta poco davvero.

 

"Hai finito?"

Sollevo un sorriso verso Nico. "No. Non riesco a decidere."

Lui sospira, alza gli occhi al cielo e allunga una mano – distratta – per infilarmi dietro l'orecchio una ciocca di capelli. Io trattengo il fiato, e lui si inginocchia davanti a me. Piega la testa su un lato. "Blue. Ti prego. Mi sta venendo mal di testa."

Approfittare così spudoratamente delle debolezze altrui mi sembra scorretto davvero, ma preferisco non puntualizzare. Temo che, se Nico sapesse precisamente l'effetto che i suoi occhi hanno sul mio cervello, non mi darebbe pace.

"Ancora un attimo, bimbo. Un attimo solo."

"L'hai detto anche mezz'ora fa."

Nico si rialza in piedi e afferra una scarpa. Se la rigira in mano per qualche momento, poi me la porge. "Toh. Questa non va?"

"No."

Il braccio gli ricade lungo il fianco. Chiude gli occhi. "Non ce la faccio più. Ti aspetto in strada, ok?"

"Nico…"

"Davvero Blue. Ho bisogno di uscire. Tu fa con comodo, sono solo qua fuori."

Quando esco dal negozio – dieci minuti dopo – lo scopro seduto su una panchina, occhi chiusi e testa rovesciata all'indietro.

Decidendo di non combattere l'impulso, mi chino e gli bacio le labbra.

(Quante ore sono passate dall'ultima volta che l'ho fatto?)

Nico sobbalza e apre gli occhi di scatto.

Io sorrido e gli carezzo la guancia. "Ehi. Sono io."

"Lo so."

C'è una gravità strana nella sua voce, che pesa sulle parole e le veste di un significato nuovo. Rabbrividisco. "Come stai?"

"Blue. Dobbiamo parlare."

Annuisco. Poso il sacchetto con le mie scarpe chiuse nella scatola al suo fianco, sulla panchina. E smetto di toccargli la guancia. "Lo so."

Intorno a noi la gente cammina. La gente chiacchiera e ride e si guarda – ci guarda.

Colgo alcuni sguardi rivolti a Nico, alla sua bocca; un altro paio fissati sulla mia schiena.

Intorno a noi la gente prosegue indifferente a tutto – tranne che, forse, alla nostra faccia. Intorno a noi la gente non sa niente. Nessuno sa.

Che Nico ha passato la notte poggiato al mio petto. Che dieci, dodici ore fa aveva le gambe allacciate alla mia vita, seduto sul tavolo della mia cucina. Che otto, dieci ore fa stavamo attorcigliati tra le lenzuola, il corpo stanco dal sesso, la pelle sporca di qualcosa che ripulisce gli incubi ed invischia i pensieri.

Nessuno sa che mentre lo scopavo pensavo di morire. (Pochi sanno che il dolore, quando esplode nel piacere, è ancora più assassino).

E nessuno sa quanto mi pesa questo silenzio. Quei suoi occhi che fissano la strada. E non guardano me.

Mi schiarisco la gola.

"Che dici. Andiamo a mangiare?"

Solleva la testa. "Blue. Dobbiamo parlare."

Gli poso una mano sulla spalla, la stringo appena; poi afferro la sua maglietta e lo strattono in piedi. "E sta scritto da qualche parte che per farlo dobbiamo essere digiuni?"

Lui si stropiccia gli occhi. "Blue…"

"Se vuoi parlare, parla. Ti ascolto."

Tirando fuori dal pacchetto una sigaretta, lo sbircio. Lui mi regala un'occhiata cattiva. "Sei uno stronzo."

Accendo la sigaretta, prendo la prima boccata. "Andiamo a mangiare, Nico. Poi parliamo."
Lui esita. Io espiro il fumo. "A meno che tu non voglia farlo in mezzo alla strada. Sia chiaro."

Mi dà le spalle. "Andiamo a mangiare. D'accordo."

Sorridendo lo affianco; gli poso un buffetto sulla guancia. "Bravo il mio bimbo."

Lui mi spintona via, soffiando un: "Fottiti Bluette."

Ma sorride anche lui. E l'importante – ora, ieri, domani, sempre – è questo.

 

Finiamo seduti in un locale affacciato sulla piazza, posacenere e tovagliolini messi di mezzo a dividerci, come per caso. Nico ha gli occhi fissi sui piccioni che becchettano qualche briciola, vicino ai marciapiedi; io guardo lui e penso che vorrei sapere cos'è che lo rende così schifosamente attraente. Così paurosamente intossicante.

Come una droga dolcissima, ti entra nel sangue a piccole dosi. E la prima volta pensi che sia uno sballo, e non vedi l'ora di riprovarla. E la seconda lo stesso, e poi la terza, la quarta.

Prima di rendertene conto sei dipendente. Solo l'idea di passare un giorno lontano ti mozza il fiato.

E lui continua a comportarsi uguale, alternando cautela e sfrontatezza e calore. Continua ad essere imprevedibile. E tu conosci ormai a memoria ogni singola sfumatura di quei suoi occhi sfuggenti.

"È stata una cazzata," sbotta d'improvviso.

Io faccio finta di niente, allungando una mano verso il cestino di grissini. "Se lo dici tu."

Stacca lo sguardo dai piccioni per fissarlo su di me, finalmente. "Tu non credi?"

Scrollo le spalle. "Dipende. Vuoi che ti dica cosa penso di stanotte?"

Non risponde. Proseguo, abbassando la voce. "Vuoi sapere se mi è piaciuto?"

Ha uno scatto d'insofferenza, subito trattenuto. Annuisce, gli occhi di nuovo persi alle mie spalle.

"Certo che mi è piaciuto, Nico. Credevo fosse evidente. È quel che viene dopo, a spaventarmi."

Si morde il labbro – fulminea arriva l'immagine di quella stessa bocca spalancata su un grido, il ricordo delle mie mani aggrappate alla sua schiena arcuata, e poi il recidersi netto di ogni suono mentre il mondo ci esplodeva intorno in frammenti troppo piccoli da radunare.

Affondo le unghie nel palmo, soffocando una risata. "Cristo Nico. Sei incredibile."

"Hm?"

"E il punto è che neanche te ne accorgi." Scuoto la testa, poi mi sporgo in avanti. Gli prendo la mano. "Ascolta. Ieri sera hai detto che toccava a me decidere. Che avresti fatto quel che ti dicevo io. Parlavi sul serio, o avevi soltanto voglia di farti scopare?"

Nico arrossisce, abbassa gli occhi. Io stringo un po’ più forte la presa sulle sue dita. "Io ti dico le cose come stanno, se tu giuri di fare altrettanto. Vuoi la verità, o facciamo finta che non sia successo un cazzo e amici come prima?"

Si schiarisce la gola. "Ti ascolto."

Gli lascio andare la mano e torno ad appoggiare la schiena alla sedia. "Mi fai andare fuori di testa. Semplicemente, questo. Dalla prima volta che mi hai baciato, forse anche prima, non so. Basta che dici una parola, e sono pronto alla stronzata più colossale." Abbasso gli occhi anche io, improvvisamente imbarazzato, proseguendo. "Stare con te stanotte, è stato come morire. Non mi sono mai sentito così male in vita mia. Mai, stando così bene."

Lui tace. Sguardo piantato sui riquadri azzurri della tovaglia.

Mi alzo in piedi di scatto, spingendo indietro la sedia. Infilo in tasca la mano, tastando il profilo del pacchetto di sigarette; comincio ad estrarlo. "Non direi di no ad una scopata, Nico. Non lo farei con altri, figurarsi con te. Ma quando hai soltanto voglia di cazzo, faresti meglio ad andare da un'altra parte. Se di me ti frega almeno un poco."

Esco dal locale senza esitare, imbocco la prima via a casaccio. Mi muovo veloce, il cervello spento, senza contare i passi – e la fontana mi scoppia davanti inaspettata.

Gli occhi incantati dagli spruzzi d'acqua, resto fermo immobile a guardarla, piedi piantati a terra e mani affondate in tasca.

La presenza di Nico al mio fianco pare quasi naturale – come se dopo l'orgasmo dovesse condividere con me ogni altra morte, ogni altra rinascita.

La bellezza mi uccide sempre, tutte le volte che mi guarda.

Per questo il tramonto mi spaventa e non so fissare la notte negli occhi.

Per questo a Nico basta un respiro, per avermi già sotterrato.

Il silenzio tra noi si protende per minuti – dilatati in ore e giorni forse, mesi – mentre tutto resta immobile, teso ad ogni dove.

Poi lui si schiarisce la gola. "Se mi prendi per il culo ti ammazzo, lo sai."

Sorrido, senza distogliere lo sguardo dalla fontana. "Ma Nikita. Sarebbe davvero un delitto. Ne hai uno così bello."

Mi spintona bruscamente, urtandomi solo con la spalla. "Parlo sul serio, coglione."

"E io no?"

Resta zitto. Poi sussurra: "Allora non è stata una stronzata?"

"Non è stata una stronzata, Nico. Non se sei convinto."

Sento la sua mano sfiorarmi il braccio, accarezzarmi incerta attraverso la stoffa. Lasciandola scivolare intorno alla mia vita, si avvicina e mi abbraccia, appena impacciato.

Io lo stringo a me e gli bacio la testa, poi resto fermo con il naso appoggiato tra i suoi capelli.

Nico addosso – in testa e nella bocca – e davanti gli occhi lo scintillio del sole sopra l'acqua. L'aria piena del rumore delle gocce precipitate sulla pietra.

E uno spicchio di cielo pronto a sorridere, di mezzo alle case.

La felicità a volte è così breve e a portata di mano che rischi di passarle accanto senza vederla. Rifletto.

 

La felicità si ritaglia tra le lenzuola.

Nico me lo dice sorridendo, la bocca accostata al mio orecchio. Le dita intrecciate alle mie. Le gambe incrociate dietro la mia schiena.

La felicità la scavi a fondo, fino a trasformarla in un guscio vuoto. Bello da vedere, comodo da indossare. Quel che le hai tolto, te lo puoi sciogliere in bocca insieme alla saliva. E dentro i baci diventa caldo, speziato, intossicante – diventa sesso fatto con l'amore, scopata che perde nomi, parole, razionalità. Che perde tutto, a parte se stessa.

Alzandogli le braccia sopra il capo mi spingo in avanti, fino ad aprirgli le labbra e leccarle e prenderle davvero, senza pensare. Lui geme piano; io quasi non lo sento. Ascolto altre canzoni – i suoi brividi, i suoi movimenti, le sue paure.

"Fermati un attimo," sussurra poco convinto.

"Perché?"

"Perché non riesco a pensare, cazzo."

Rido. Lo bacio. Mi ritraggo e rido ancora. "A cosa vuoi pensare adesso, bimbo?"

"Non lo so. A tutto, credo. A…"

Lo bacio. Rido. Mi sporgo e lo bacio ancora. "Pensaci dopo, Nico. Dammi retta, è meglio."

Poi è solo una carezza. Tutto il resto viene a mancare – resta solo un tocco unico, continuo, lungo minuti. Lungo ore, giorni, settimane. Lungo una vita.

Dalla fronte alle caviglie, e indietro di nuovo. Ancora ancora e ancora.

Poi è solo un bacio ininterrotto. Sbiadiscono gli affondi, le schermaglie, le parole. Si fanno lontani i suoni, lontani i nostri gemiti, gli affanni. Solo un bacio. Ininterrotto.

Labbra lingua denti e labbra. Le labbra di Nico.

Ed è felicità ritagliata e svuotata, è dolore che non sa mancare, paura e rabbia forse, illusione, incertezza e voglia e lui.

Lui.

Disteso sul letto, svestito, spettinato. Sporco di seme e saliva – di baci e d'amore. Sporco della mia impazienza, della cecità di ogni impulso. Sporco del momento perfetto che ci eleva al rango degli animali; dell'attimo perduto che quasi sai volare, che esplodi dentro e fuori e intorno non resta niente, e vedi tutto.

Nico sorride con quei suoi occhi assassini. Mi guarda con quelle labbra di angelo cattivo.

Mi tocca, con quelle dita di musicista zingaro e pittore – con quelle mani di puttana, di santo bevitore.

E parla, ma io non lo sto a sentire.

C'è musica e respiri mozzati, c'è aria pesante di sudore – sale sotto la lingua, pelle calda tra i denti. C'è lui nelle mie mani – per la prima volta, solo mio.

Ed averlo è come morire.

Come tenersi il veleno in bocca, rigirarselo piano piano. Incantato dal suo sapore. Sapendo che prima o poi scenderà in gola, si spanderà nelle vene fino a fermarti il cuore. Sapendo che sarà doloroso – sarà una fottutissima agonia – come fuoco e ghiaccio insieme e peggio ancora.

Sapendo tutto. E tutto ignorando.

Perché la felicità sta sotto le dita – disegnata su un ventre di ambra levigata – e fare un passo indietro adesso sarebbe peggio di ogni dannazione. Ti condannerebbe al cielo.

E quando guardi l'inferno negli occhi, solo la morte ti pare benedetta.

 

 

Come sempre, un grazie enorme a tutti quelli che hanno letto. Commentato. Speso un po’ di tempo con me. Grazie.

Aurora – So che sto trascurando Ale e Fra. In questo capitolo non compaiono nemmeno… (*Roh corre a nascondersi in qualche angolo buio*). Il fatto è che, ora come ora, mi pare di aver detto tutto, di loro. Riprenderli in mano significherebbe prolungare la vita di questa storia – qualcosa che non posso fare. Non ci riesco. Sta andando avanti da troppo tempo, è un'agonia. Mi spiace, da morire, ma… è così. Però sto pensando di riscriverla da capo, completamente: di scrivere un'altra storia, in realtà, solo con gli stessi personaggi. Illustrare la storia di Nico e Blue – e anche di Fra e Ale, ma con più calma – in maniera più consona ai diciannove anni che ho ora. Non sarà un doppione perché la trama sarà tutta diversa. Ma loro ci saranno ancora. E saranno più in linea con i protagonisti di Beating, che qua fanno una comparsa davvero sporadica e totalmente slegata alla storia principale. Poi, per ora è solo un'idea. Devo vedere come andrà a finire. Ma ti assicuro che, se succederà, di Ale e Fra si parlerà ancora. A lungo.

Fata. Non c'è niente da dire. Lo sai tu, lo so io. Quel che ti ho scritto ieri sera… era tutto vero. E scusa se mi sono fatta prendere dal panico (a rileggere il tuo mp, dopo, ho pensato che forse avevo equivocato un tantino il senso delle tue preoccupazioni) ma sul momento mi hai davvero spiazzata. Terrorizzata. Per il resto, grazie. Di ogni tua minima parola. E di ogni preziosissima emozione.

Siz – Sono contenta che il capitolo scorso ti sia piaciuto^^. Fra_idiota, ormai, non può essere altrimenti: altra differenza atroce dall'inizio, dov'era quasi il più posato dei quattro. (Anche se cretino lo era già allora, non dimentichiamo la dichiarazione di Ale…). Sono contenta anche che tu abbia apprezzato il ritorno di Dani. Mi sembrava che fosse tutto in sospeso, con Nico, e volevo saldare i conti. E, devo ammetterlo, quel bacio ha fatto piacere anche a me^^.

Animor – Hai ragione, in un certo senso, a dire che quel bacio dovrebbe incasinare tutto ancora di più. Ma in realtà è un po’ come un sigillo, per entrambi. Quel che provavano, non è stato dimenticato. Si sono chiariti, e hanno messo quei sentimenti in un angolo, in bella vista. Non ne hanno più paura, non devono più fare attenzione. Possono guardarsi in faccia senza problemi, ora. Sono felice che ti sia piaciuto! Quanto al seguito… temo che le cose saranno un po’ più complicate di così^^.

HP Mary – Risolutivo è la parola giusta^^. Così come hai perfettamente ragione a dare dello scemo a Fra. Nico ti ringrazia per averlo notato…

Ale_80 – Nico e Blue sono nati per stare insieme. Peccato solo che io l'abbia scoperto a metà fic…

Whity – Che Dani abbia fatto una scelta di comodo è indubbio. Però credo che voglia bene davvero a Cate, in una maniera meno passionale e dolorosa ma altrettanto intensa. E Nico da Blue va un po’ confuso (molto, in effetti). Credo che il suo stato d'animo fosse un miscuglio di voglia di vedere chi sapeva farlo stare bene, comprensione definitiva che Blue è Blue e Dani non c'entra niente, e soprattutto realizzazione del dolore sprecato per paura di parlare. Credo. Ma cosa giri per la sua testolina resta oscuro anche a me, il più delle volte!

Yuyu – Ti ringrazio profondamente per quel che hai scritto. Non importa se questo è il primo commento – per me conta tantissimo lo stesso. Sono contenta che la storia ti piaccia, che ti piaccia il mio stile, e che i personaggi risultino vivi. Non potevi farmi complimento migliore.

Nanoda – Il crossover con Beating è stato un po’ azzardato, a mio parere attuale. Ma ormai è fatta, non si può tornare indietro. Più che altro, lo trovo parte dei difetti di questa storia, insieme a tutto il senso di incompiutezza che si respira. Sono partita dal niente, da Ale soltanto, e non avevo minimamente calcolato di arrivare al 24 capitolo. Né di scrivere Beating nel frattempo o di creare Blue o di trasformare Dani in bi semi-sposato. Sono contenta che ti sia piaciuta comunque, e che tu sia riuscita a raccapezzarti, dopo lo spiazzamento inziale! Come sempre, ti ringrazio di aver perso un po’ di tempo per dirmi cosa ne pensavi… Kiss!

Melchan – Non so cosa dirti. Grazie mi sembra così banale… Premetto innanzitutto che non sono propriamente sicura di scrivere yaoi – il genere presuppone alcune caratteristiche di fondo che io non mi sento di rispettare particolarmente – ma sapere che qualcuno che solitamente non apprezza in maniera viscerale (come la sottoscritta, lo ammetto^^) questo particolare tipo di storie, è arrivato ad amare i miei personaggi lo stesso… beh, dire che mi fa sentire bene è poco! Quel che dici di Blue, poi… Lo adoro anche io (nel caso non si fosse capito) e metterlo insieme a Nico è stata l'unica cosa che potessi fare per rendergli giustizia. (Un po’ sadico, calcolando tutte le frustrazioni che il marmocchio gli ha fatto passare, ma credo che alla fine ne sia valsa la pena). Grazie ancora, quindi. Un bacio.

 

 

 

 

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