La falsa assassina.

di Anima97
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** All you Need is Love! ***
Capitolo 2: *** Ehi Lovely Rita! ***
Capitolo 3: *** Incontri sconvolgenti ***
Capitolo 4: *** Incontri sconvolgenti 2 ***
Capitolo 5: *** Chi l'ha detto che gli psicologi sono cattivi? ***
Capitolo 6: *** Ecco chi era il mio assassino! ***
Capitolo 7: *** Chiarimenti (parte 1) ***
Capitolo 8: *** "Ti voglio bene, mamma" (parte 2) ***
Capitolo 9: *** Improvvise pazze voglie. ***
Capitolo 10: *** Amore e Segreti. ***
Capitolo 11: *** Una giornata più lunga del previsto... ***
Capitolo 12: *** Amiche pettegole e sorelle hippie. ***
Capitolo 13: *** "Ho paura" ***
Capitolo 14: *** I vecchietti nei parchi. ***
Capitolo 15: *** Rewind. ***
Capitolo 16: *** Dakota Building ***
Capitolo 17: *** Evasioni. ***
Capitolo 18: *** Volere o non volere, è questo il dilemma! ***
Capitolo 19: *** La falsa assassina. ***
Capitolo 20: *** Non tremare. ***



Capitolo 1
*** All you Need is Love! ***


All you need is Love!

 
Mi scanso.
Non voglio che mi notino, sarebbe disastroso!
Non voglio che si predino di nuovo gioco me.
L’ultima volta mi avevano così trattata male che avevo pianto tutto il pomeriggio.
Mi sento impotente ai loro sguardi cattivi, che cercano il più piccolo difetto pur di farmi sentire male! 
Tutti mi dicono di ignorarli, ma non è affatto facile quando dei stupidi ragazzini ti insultano.
Cammino velocemente.
Loro sono li, che parlottano e ridono.
Sono lontani. “Ce la posso fare” mi dico. Il locale è quasi vicino.
Incredibile come, prima che io possa toccare la maniglia della porta del locale, mi riescano a vedere tra la gente e urlarmi 
-Meno male che John Lennon è morto!-
Quelle parole mi attraversano il corpo, come le quattro pallottole che hanno attraversato il corpo di Lui.
Stringo più forte la maniglia dalla rabbia.
Le lacrime sgorgano velocemente dai miei occhi, non ce la faccio a reprimerle.
Come possono farmi questo?
L’immagine di John si fa strada dai miei pensieri.
Quelli cominciano a raggiungermi.
Sono bloccata, non riesco a muovermi!
Nella mia immaginazione vedo John che mi dice –Entra Garcia! Che t’importa di loro? Sono solo degli stronzi-
Ormai sono a due passi da me, ma non si avvicinano molto.
-Non piangere, stupida! Quello se l’è meritata la pallottola!- dice uno di loro.
Stringo i denti dalla rabbia.
Erano cinque pallottole, una mancata. L' angoscia cresce. Non voglio parlare, ne insultarli.
Voglio mantener fede a quello che John stesso ha insegnato nella sua canzone: “Immagina tutta la gente vivere una vita in pace”.
E io sono in pace!
-Si, è vero Phil! E’ stato geniale a sparargli la pallottola!-
Io, in pace? Ma chi voglio prendere in giro!
-Davvero geniale quel Mark Chapman!- dice un altro, sottolineando l’ultimo nome.
No! Quel nome no! Quell’assassino, quel traditore, quel pazzo! NON LUI!
-Non merita di essere nominato!- sussurro con rabbia.
-Che hai detto?- dice uno di loro con fare minaccioso.
Esito a rispondere, ma alla fine mi volto verso di loro e con tutta la disperazione che avevo accumulato quel giorno urlo –Dico che quell’uomo non merita di essere nominato! E’ un assassino! Ha ammazzato un brav’uomo! Un padre di famiglia, un musicista, un pacifista che ha LOTTATO per la giustizia! Rimarrà nella storia, per sempre e voi!- li indico con l’indice –Anche se a voi non sta simpaticissimo, non potete impormi di non amarlo! Io AMO John Lennon! Ora e sempre!- le lacrime si fanno sentire più forti.
La gente, in strada, mi guarda o stranita o con pena.
-Tu, brutta..- Phil si avvicina pericolosamente.
Ma io apro la porta del pub e mi ci chiudo dentro.
Mi appoggio alla porta e mi accovaccio a terra.
Da dietro il legno sento quei ragazzi urlarmi parole indicibili.
La tristezza accumulata comincia a scendere dai miei occhi. 
Un forte dolore al petto e un nodo allo stomaco.
Le gambe e le braccia indolenzite.
Presto mi raggiunge la mia amica Rita, anche lei in lacrime.
-Garcia!- mi abbraccia forte.
Io non la stringo, mi lascio solo coccolare dalla mia cara amica.
Guardo la televisione accesa, in alto, sopra un tavolo.
Mandano ancora quel maledetto notiziario!
Ancora! 
Il giornalista parla con monotonia, come se non fosse successo niente di grave;
“Ieri alle ore 22.51, il musicista ex Beatle John Lennon, è stato assassinato mentre tornava a casa. Il suo assassino è stato identificato col nome di…” non ascolto altro.
Non voglio ascoltare altro.
Io e Rita continuiamo a piangere, abbracciate.
-Perché? Perché proprio Lui!?- esclama Rita tra i singhiozzi.
Continuo a piangere.
Sento un vuoto dentro che provocava un dolore disumano.
Non ho mai conosciuto veramente John Lennon, anche se per me è come un fratello.
Era come un fratello.
La sua musica, sin dai Beatles, mi ha sempre accompagnata nella vita.
Non avrei mai pensato di piangere così tanto per un uomo che nemmeno conosco, anche se spesso ci siamo parlati.
Io e Rita ci alziamo e in lacrime ci sediamo sul divano, tra i nostri coetanei.
Spegniamo la TV. Quel notiziario non ci interessa più, l’abbiamo visto già troppe volte!
Michael si porta le mani ai capelli e piange.
Josh mette una mano sulla bocca e guarda un punto nel vuoto.
Sadie piange sulla spalla di Julian.
Io e Rita rimaniamo abbracciate continuando a piangere.
Attimi di silenzio, o meglio, di pianti.
-Era un grande uomo- dice Josh (l’unico che non piange oltre Julian).
Sorrido al ricordo della prima volta che io e Lui ci incontrammo.
-Vi ricordate il primo giorno che ci siamo incontrati?- dico tra i singhiozzi.
Loro annuiscono tutti, sorridendo per un attimo.
-E’ stato così… gentile- dice Sadie con la voce rotta dal pianto.
Mi mancano quei giorni.
John camminava sul il marciapiede, insieme a Yoko, con molta tranquillità.
Io e i ragazzi stavamo per entrare in un pub e lo vedemmo in lontananza.
Tutti gli andarono incontro, tranne me.
Io rimasi ferma a osservarlo.
Era così felice.
Un sorriso smagliante e gli occhi allegri.
La sua mano in quella di Yoko, anche lei sorridente.
Yoko non mi è mai stata antipatica, lei è la donna che ha reso felice John!
Mentre io rimasi ferma a guardarlo, si avvicinò IL gruppetto di bulli.
Cominciarono a trattarmi male “Garcia qua, Garcia la”.
John mi osservò.
Stavo quasi per piangere. Che brutta figura! Essere trattata male davanti John Lennon.
Lui chiese ai ragazzi come mi chiamassi, poi si avvicinò.
I bulli zittirono e lo guardarono con disprezzo.
-Entra, Garcia- mi disse –Che t’importa di loro? Sono solo degli stronzi-
Rimasi esterrefatta.
I bulli lo stavano quasi per azzannare ma si trattennero, non volevano finire in prigione.
John mi sorrise e guardò con commozione i bulli.
-Che cazzo vuoi?- dissero quelli.
John non rispose.
Mi prese da sotto il braccio, mi aprì la porta del pub, invitando Yoko e i ragazzi ad entrare.
Lui rimase per ultimo.
I bulli guardarono la scena con stupore.
John non gli aveva rivolto la parola nemmeno per un attimo.
Ma alla fine li guardò con un sorriso.
-All you need is love!- disse e gli mandò un bacio volante, chiudendo la porta del pub.
Quel sorriso me lo sono sempre portato con me.
Soprattutto adesso che non c’è più.
-Oh John…- sospiro asciugandomi le lacrime –Quel giorno umiliasti i bulli con un semplice bacio!-
Sadie alza la testa e si asciuga le lacrime –Ricordo che dopo essere entrati nel pub parlammo per un po’. Ma tu- e si volta verso di me –Lo fissavi con meraviglia. Mi sono sempre chiesta cosa pensassi in quel momento- 
Le mie guancie si colorano. 
–Infatti- dice Julian –Smettesti solo quando John ti disse qualcosa nell’orecchio e tu arrossisti-
-Mentre lo guardavo pensavo a quanto fosse… umano. Fino ad allora l’avevo quasi sempre visto come un ragazzo irraggiungibile, simile a Dio e Re della musica! Invece, in quel momento, rideva e parlava con noi. Ad un certo punto mi sussurrò all’orecchio “So che sono molto affascinante ma se continui così Yoko si ingelosisce” e subito dopo mi ha sorriso e mi ha fatto l’occhiolino- sorrido e arrossisco al ricordo.
Josh mi guarda un po’ perplesso.
Vedo la faccia di Sedie impegnata in un’espressione di dolore e subito dopo scoppia a piangere, ritornando sulla spalla di Josh –Non ci credo ancora che è morto!-
-Quel Chapman deve crepare!- esclama Michael, riprendendosi dal pianto, con un ghigno.
-No, deve marcire in prigione- dice Julian malvagio -E deve soffrire le peggiori torture!-
-Ragazzi cosa state farfugliando?- esclama Sedie –Dov’è finito tutto il vostro amore, la pace?-
-Sadie! Quello stronzo ha ucciso John!!- urla Michael furiosamente, trattenendo le lacrime.
-Lo so Michael!- risponde Sadie disperata –Ma Qualcuno ci ha insegnato che dobbiamo perdonare e amare coloro che ci fanno un torto!-
-Qualcuno chi? Dio?- chiede scettico Josh.
Sedie annuisce.
Josh sbuffa –In questo momento Dio non c’è. Anzi non è mai esistito! Quanta gente di buon cuore e di grandi opere è stata uccisa in questi ultimi anni?! Da Gandhi a Kennedy, da Luther King a… John Lennon- i suoi occhi si fanno lucidi –Dio è morto insieme a Loro-
Sadie lo guarda confusa.
Noi rimaniamo in silenzio, perché siamo d’accordo con Josh.
-Non riesco a crederci! Dopo tutto quello che è stato detto! Adesso dite che Dio è morto?!-
Ancora silenzio.
Sadie si alza e comincia a camminare avanti e indietro per la stanza.
La guardo. 
Ha gli occhi gonfi e violasti, i capelli rossi scompigliati, il naso e la bocca rossi e la pelle pallida.
Penso che forse anch’io sono in quello stato, in questo momento.
Michael torna a mettersi le mani nei capelli.
Io mi alzo e vado a prendermi una birra dal mini frigo.
-Io…- comincia a dire Sedie -…io penso che Dio c’è- e si ferma.
Tutti noi la guardiamo.
-Come puoi dire questo?- singhiozza Rita.
Prendo la birra, continuando ad osservare la scena.
-Lo dico perché, lo sappiamo tutti, Dio è in ognuno di noi!-
Josh sbuffa di nuovo –Sadie, non sparare cazzate!-
Apro la birra con un cavatappi, tornando al mio posto.
-NON STO DICENDO CAZZATE!- urla lei.
Mi spavento e faccio cadere distrattamente la birra, facendo rompere in tanti pezzi il vetro e versando il fluido sul pavimento.
-Sc…scusate- balbetto piano.
Lei mi ignora –Dio c’è! Dio esiste! Dio è VIVO! Dio è in ognuno di noi! Quando ci ha creati, ci ha lasciato il libero arbitrio! Se Chapman ha voluto fare quel gesto di propria volontà, Dio non poteva impedirlo! Forse vuole metterci alla prova… vedere siamo forti, capire se senza un grande condottiero, noi soldati riusciamo a continuare la nostra battaglia! Vuole accertarsi della nostra fede in Lui e in tutto quello che crediamo-
Sadie zittisce improvvisamente, lasciando noialtri senza parole.
-Ma evidentemente non è così- conclude.
Nessuno piange, tutti sono immersi nei pensieri.
In realtà non sanno cosa dire: di solito si affidavano alle parole degli altri.
Ma secondo me ha ragione. Purtroppo.
A un certo punto Julian dice -Un giorno riuscii a intervistarLo- 
Lo guardiamo scandalizzati e curiosi.
Perché non ce l’aveva mai detto?
Julian comincia a raccontare –Era l’ora di pranzo, quindi non ero in ufficio, ero andato al bar per un veloce gelato.
Cominciai a mangiare, notando in fondo al bar un uomo che cercava di nascondere il viso sotto una spessa sciarpa. Nonostante tutto lo riconobbi subito, era John.
Mi avvicinai e chiesi se potevo sedermi al suo tavolo, facendo finta di non averlo riconosciuto. Fortunatamente lui mi risponde “Si” e così cominciammo a parlare, prima del lavoro troppo stressante e poi, più in generale, della società…
Dopo un po’ gli sussurro “Guardi che ho capito che lei è il sign. Lennon” e Lui mi dice “Lo so”.
Gli chiedo di poterlo intervistare per il giornale. Lui accetta e così, in quel bar… lo intervistai- 
Julian conclude il racconto con un sospiro malinconico.
Noi continuiamo a guardarlo.
Vedo Michael arrabbiato con lui.
-Julian, perché non ce l’hai mai detto?- chiede Rita.
-Soprattutto a me!- esclama Michael.
Julian li guarda –Finita l’intervista, mi supplicò di non parlarne con nessuno e di pubblicarla col un nome fasullo-
-A che serve un nome fasullo? L’intervista sarebbe stata inutile!- dice Josh.
-E’ vero- risponde Julian –Vi ricordate quell’articolo che pubblicai, sui pareri che la gente aveva sulla guerra, la musica eccetera?-
-TRA QUELLE PERSONE C’ERA LUI!- esclamo sgranando gli occhi.
Julian annuisce e si morde il labbro –Mi dispiace non avervelo detto prima-
-Di cosa avete parlato?-
Il ragazzo sorride mesto –Di tutto. Non c’è stato discorso che non abbiamo affrontato! Politica, religione, musica, rapporti di amicizia e amore, personaggi famosi. E’ stato bello dopo, però, quando Lui mi ha chiesto di me. Ha voluto fare una vera e propria chiacchierata, più che un’intervista!-
A questo punto Rita si alza e dice –Vado a cercare l’articolo!-
Non ci opponiamo.
Lei corre verso la porta, la apre e se ne va verso casa sua.
Michael continua a essere nervoso e si maltratta le mani.
Si fida di Julian, essendo il suo fidanzato, e si sono promessi che si sarebbero detti tutto!
-Si, però potevi almeno accennarlo- dice Michael –Io ti ho sempre detto tutto!-
No, Josh Gliel’aveva promesso, non poteva.
Prendo uno straccio e inizio a pulire la birra per terra.
Rimaniamo tutti in silenzio. Sadie ritorna a sedere.
Michael guarda Julian con tristezza e Julian si massaggia le tempie.
Josh si porta di nuovo la mano alla bocca e continua a pensare.
Butto lo straccio tra la roba da lavare, prendo paletta e scopa e comincio a togliere i vetri.
Butto i vetri nella spazzatura e metto tutto in ordine, al posto.
Mentre ritorno al divano, un ricordo mi ritorna alla mente.
Non tutto insieme, piano, un po’ alla volta, come se lo stessi vivendo in questo momento.
Un dolore al petto mi trafigge. Guardo i ragazzi confusa, non so se raccontarglielo.
Julian ha raccontato il suo segreto legato a John… ma il mio è terribile.
E’ un segreto troppo grande! Una colpa troppo... pesante.
Riguarda direttamente la morte di John, io…
Decido di tacere e far finta di niente.
Anche se è difficile.
Il senso di colpa è troppo grande.
Mi siedo vicino a Julian e gli cingo la spalla col braccio.
Mi guarda e gli sorrido tristemente.
Il silenzio diventa strano.
Sembra come se tutti i nostri pensieri, da un momento all’altro, possano essere ascoltati.
A un certo punto sentiamo delle urla lontane “AL LADRO! AL LADRO!”
Seguo la scena con l’immaginazione.
La  donna derubata continua ad urlare mentre il ladro corre nella parte opposta, provvisto di borsetta.
I passanti guardano la scena ammutoliti.
Ma a un certo punto, qualcuno ferma il fuggiasco!
Sentiamo altre urla, di tanti uomini stavolta “Dove credi di andare!” “Ah ah ti ho preso!”
Il ladro urla, capiamo che è un bambino.
E... cominciano a picchiarlo.
Sadie si copre il viso con le mani.
Josh sospira.
Sento Julian rabbrividire.
Michael tende le orecchie per ascoltare meglio e io… io continuo a seguire la scena con l’immaginazione.
Continuano a picchiare il ragazzo finchè arriva la polizia.
Lo lasciano a terra malconcio e i poliziotti lo rimproverano e lo prendono, chiedendo cosa avesse combinato.
La donna derubata dice “Mi ha preso 5 dollari!”
-Oh mio Dio!- esclamo.
Josh mi guarda ma capisce la mia angoscia per quel “ladro”.
-Ecco tutto quello che in questi anni la gente ha imparato, Sadie…- dice Josh verso la ragazza, riferendosi al discorso di prima.
Rita continua ad avere il viso nascosto dalle mani.
-Ma come si fa?!- sussurra Julian.
-Per cinque dollari: picchiato e arrestato- dice Josh.
-Magari era solo un povero bambino affamato…- ho la voce rauca, colpa del pianto.
-Come si fa..?- ripete Michael con più aggressività.
Ritorniamo di nuovo nel silenzio.
La polizia se ne andata, c’è solo la gente che commenta “Non c’è più religione!” “Ma guarda questi ragazzini d’oggi!”
A questi commenti noi ci disgustiamo ancora di più.
E’ inutile dircelo: quei bastardi prima  picchiano un bambino,lo arrestano e osano anche dire che non c’è più religione! Per dei cazzo di 5 dollari!
-John ne sarebbe molto contrariato-
-Lo sappiamo, Garcia-
-Lui… Lui l’aveva detto-
 
-Imagine no possessions…- comincia a recitare Josh -I wonder if you can-
La melodia risuona nella mia mente come una voce tra le montagne.
-No need for greed or hunger- continua Sedie.
Julian guarda Michael - A brotherhood of man-
Michael stringe la mano a Julian sorridendo - Imagine all the people- 
I ragazzi mi guardano.
Ho la testa bassa, lo sguardo perso, ma sorrido.
E mentre una lacrima mi riga il viso canto -Sharing all the world... You may say I'm a dreamer. But I'm not the only one… I hope someday you'll join us, and the world will live as one-
 
Mondo Nutopiano:
Eccomi qua, con questa nuova storia!
E' un racconto introspettivo (se non conoscete il genere, non spaventatevi: niente di cattivo!) e tratta di una ragazza che è convinta di essere un'assassina. Di chi, l'avrete sicuramente capito! ;)
Spero vi piaccia, commentate per favore, così capisco cosa ne pensate, grazie!!
Grazie anche a chi legge soltanto.
Al prossimo capitolo, gente!
 
Peace & Love.
MelinAnima :3

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Capitolo 2
*** Ehi Lovely Rita! ***


Ehi Lovely Rita!

 
9 Dicembre
 
La lezione sembra non esserci.
Il professore, in fondo alla classe, continua a parlare ma in realtà non c’è.
In realtà affianco a me non c’è Rita, ben attenta alla lezione.
Dietro di me, non c’è Phil “il bullo”, che sbadiglia annoiato.
Non ci sono nemmeno io, con gli occhi ancora rossi e gonfi e la schiena curva sul libro di musica.
In realtà non c’è nemmeno il libro.
Ci sono solo un paio di occhiali tondi e un viso sorridente.
Rita non se n’è accorta.
Ho solo aperto il libro, ad una pagina a caso, ed eccolo qui.
Il Suo viso mi ha fatto tornare le lacrime, ma in fretta me le sono asciugate.
Tocco la spalla di Rita che mi guarda.
Ho la bocca spalancata e la fronte corrugata.
Indico il libro.
Rita si sporge per vedere.
La sua faccia ora è uguale alla mia.
-L’hai fatto apposta!- esclama piano lei.
Faccio segno di no con la mano.
-E il patto?- fa lei con voce rauca.
Mi rimprovero “Se non avrei aperto il libro, non avrei visto il viso di John e Rita e io avremmo mantenuto fede al patto di ieri”
Si, il patto, quello che abbiamo stretto ieri sera con i ragazzi, prima di andare via. 
“Giuro solennemente che non nominerò mai, per nessuna ragione al mondo, il nome dell’assassino di John Lennon, perché non merita di essere nominato e prometto che non vedrò il viso di John Lennon per almeno un anno, per mantener fede alla sua musica e non alla sua immagine”.
L’ultima parte la trovo molto stupida.
L’ha proposta Sadie, noi non eravamo d’accordo ma lei a insistito!
Comunque sia, io e Rita non abbiamo tenuto fede al patto.
Ma non era questo che ci rendeva triste: era semplicemente quella foto, cosa rappresentava.
E’ quella foto in cui ci sono tutti e quattro i Beatles. Paul McCartney stringe la mano a John, che alza il pollice e ride.
E’ così felice!
Mi vengono in mente Loro: i Beatles.
Chissà cosa sentono ora, se hanno saputo la notizia (ma sicuramente).
Chissà come si sente Paul…
Ho un grande peso sull’anima, credo che non me ne libererò mai! 
Trattengo le lacrime con difficoltà.
Rita corruga la fronte, si porta una mano alla guancia e osserva la foto con gli occhi lucidi.
Poi guarda l’orologio che ha al polso -Professore, posso andare in bagno?- 
-Fa in fretta!- è la risposta.
Rita mi guarda e fa l’occhiolino.
Vuol dire solo una cosa!
Annuisco e lei esce dalla classe.
Dopo un po’ suona la campanella della seconda ora.
Perfetto.
Il professore da i compiti.
Io lo ignoro e comincio a chiudere i libri miei e di Rita.
Il professore esce dalla classe.
Devo fare in fretta.
Metto i libri nello zaino e guardo Max, grattandomi il naso.
Max capisce al volo e corre verso il registro.
Intanto io prendo i due zaini e mi affaccio sul corridoio.
Il bidello sta per scomparire dietro l’angolo del corridoio, per prendere il suo solito caffè.
Io devo uscire della classe, attraversare tutto il corridoio con i due zaini e uscire dalla scuola dalla porta dello sgabuzzino, nel bagno dei professori.
Tutto questo in 3 minuti e 45 secondi esatti, prima che arrivi la professoressa di matematica.
L’ansia è sempre tanta in questi attimi.
Il bidello è andato!
Comincio a correre, cercando di fare il meno rumore possibile.
Entro nel bagno e lo chiudo a chiave.
Chi se ne frega se poi non si può più aprire: i bidelli ci penseranno.
Nel bagno si sente puzza di pipì.
Faccio una faccia schifata e mi affretto ad uscire di li, dalla porta dello sgabuzzino.
Sono fuori.
Ma non sono salva.
Mi trovo nel piccolo giardinetto esterno della scuola.
Mi nascondo dietro un cespuglio.
I due zaini cominciano a pesare.
Respiro.
Sopra di me ci sono le finestre delle classi, quindi devo strisciare per non farmi vedere.
Mentre striscio, però, la calza si impiglia in una radice e si rompe.
-Cazzo!- mi tappo subito la bocca.
Noto che la finestra sopra la mia testa è aperta.
Speriamo che non mi abbiano sentito!
Aspetto un po’.
Sento la professoressa continuare a parlare.
No, non mi hanno sentito, per fortuna.
Continuo a strisciare.
Ecco, sono vicina al cancello, devo solo correre adesso e sperare che non mi vedano.
Ok, al tre parto…
TRE!
Comincio a correre come una matta.
Gli zaini sbattono sulla mia schiena e sulla pancia, uno a destra, uno a sinistra.
Spero solo che la calza non si strappi più di così.
Mi fermo.
Sono lontana, ormai.
Rita mi aspetta alla panchina del parco qui di fronte.
La vedo, è seduta e da da mangiare ai pesci del laghetto.
Sorrido.
-Ehi Lovely Rita!- 
Si volta, mi vede e sorride.
La chiamo da qualche mese così, da quando le ho fatto ascoltare "Lovely Rita".
-Ehi Garcy, ce l’hai fatta!- mi raggiunge.
-Certo che ce l’ho fatta, cara. Stai parlando con l’agente Garcia 009!-
-Oh si, scusami-
 Andiamo alla panchina e ci sediamo.
Le restituisco lo zaino.
Io scavo nel mio.
-Hai portato i vestiti, vero?- le chiedo.
-Si che li ho portati! Ti ricordo che sei tu la smemorata del gruppo- non ha tutti i torti.
Cerco nello zaino –A proposito…-
Rita mi fulmina -NON MI DIRE CHE TI SEI DIMENTICATA..!- 
-Solo la maglia!- 
Sbuffa e cerca nel suo zaino.
-Aspetta, dovrei averne una…- Rita cerca e la tira fuori.
E’ una maglia dell’hard rock cafè di Londra.
Le sorrido, quella maglia la amo.
Rita mi guarda –Te l’ho comprata per il tuo compleanno, ma dopo quello che è successo ieri, non potevo dartela…-
Guardo la maglia.
E’ bellissima: è azzurra con delle varie decorazioni color blu.
Naturalmente al centro non manca la scritta “Hard Rock Cafè London”.
Sto per piangere, ne sono sicura.
Continuo a fissare la maglia.
La bocca si piega e gli occhi si socchiudono.
-Che compleanno di merda!- esclamo cercando di trattenere le lacrime.
Rita mi abbraccia e io scoppio a piangere sul suo petto.
-Shhh… Garcia, su!- mi dice lei, ma non l’ascolto.
Come posso tirarmi su?
-Tu non capisci! Non puoi!- esclamo continuando a piangere ininterrottamente.
Rita mi accarezza i capelli.
-Adesso John ti starà facendo gli auguri da la su!- sussurra dolcemente.
Rido, tra le lacrime.
Come il sole mentre piove.
-Rita- mi asciugo il viso.
Il mio cuore batte forte, vorrei dirle il mio segreto, in fondo lei è la mia migliore amica!
So che sto impallidendo.
Rita mi guarda preoccupata –Che c’è?-
-Ho riflettuto questa notte su tutto quello che è successo… io… è tutta colpa mia!- balbetto.
-No, aspetta, che stai blaterando?!-
Io continuo a piangere.
-Praticamente io ero li… ho visto la pistola… mi sono immobilizzata! Non riuscivo a muovermi… sai come sono… quando ho paura mi immobilizzo!-
-Non sto capendo niente… Per favore spiegati meglio-
Guardo il laghetto e taccio.
Le lacrime scendono.
Non riesco a smettere di singhiozzare.
Guardo la maglia.
-Garcia!-
Guardo Rita negli occhi.
E’ evidentemente preoccupata.
Alla fine glielo dico –Io ho assistito all’assassinio-
Rita si alza di scatto.
Il suo sguardo è indecifrabile.
Spalanca gli occhi e irrigidisce il corpo.
Guardo il lago davanti a me -Anzi, sono io la sua assassina-
Respira profondamente –Cosa?-
Non urla... E’ ancora calma.
Per ora.
Dopo questa prima reazione non so se continuare a parlare, ma lei mi incita –Cosa è successo?!-
Sono confusa, non so cosa prova Rita.
C’è solo un modo per capirlo:
-Quella sera- comincio a raccontare –ti ricordi che abbiamo festeggiato il matrimonio di tuoi zio?-
Non risponde, continua a guardarmi con gli occhi sgranati.
-Bene, io me n’ero andata prima perché non mi sentivo bene e, mentre camminavo, vidi una macchina fermarsi davanti la Sua casa- sospiro –Lo sportello si aprì e.. uscì Lui, accompagnato da Yoko-
Mi fermo un attimo e abbasso la testa.
Rita si siede e continua a guardarmi.
-John si avviò verso il portone. Io ero felice di vederlo! Lui mi vide e mi sorrise.  A quel punto mi immobilizzai! Sai come  sono fatta, quando sono emozionata… mi immobilizzo e non riesco più a fare niente se non guardare fisso con una faccia da ebete!-
Rita sorride leggermente, ma io no.
Lei ritorna seria –Si, lo so, continua..-
-Lui mi fece “ciao” con la mano… Yoko mi guardò e sorrise. A un certo punto sentii dall’altra parte del marciapiede queste precise parole: “Mr. Lennon!”. John si volta verso la voce. Io mi sporgo, non vedo molto, ma vedo quell’arma... La pistola!-
Con voce fioca continuo, ma è difficile, un dolore al petto mi impedisce di respirare.
-“Sta per entrare nella storia!”-
Gli occhi si fanno lucidi, guardo Rita.
Anche lei ha gli occhi lucidi.
-Io ero immobile! Non riuscivo a fare niente se non guardarlo li, a terra, sanguinante! Io non ho fatto NIENTE per salvarlo! Niente…-
Mi porto le mani al viso –Yoko urlava isterica. Il portiere si avvicinò al bastardo e gli disse “Ti rendi conto di quello che hai fatto?” e quello “Si, ho sparato a John Lennon”-
Scoppio in lacrime –Mi avvicinai a John. Ricordo che non camminavo bene, barcollavo. Avevo un forte mal di testa, mi sembrava tutto un sogno! Mi inginocchiai vicino a Lui, si voltò e mi disse “Perchè piangi, Garcia?”-
Un altro sospiro e un' altra lacrima prima di continuare -Mi stupii che ricordava ancora il mio nome… Non riuscivo a respirare-
Come ora –Il pianto era troppo forte!-
Esattamente come ora –Lo guardai John negli occhi, non sapevo che dire, ma Lui mi disse “Mi hanno sparato” e io come un’imbecille annuii! ANNUII SENZA FARE NIENTE!!-
Ormai urlo disperatamente.
Il dolore al petto si fa più debole, il pianto più calmo –Il portiere andò a chiamare aiuto. Io rimasi inginocchiata a guardarlo, mentre mi sorrideva nonostante avesse il corpo che tremava e gli occhi mi trasmettevano dolore, finchè i poliziotti mi presero e mi portarono via di li… mi fecero qualche domanda, ma io rispondevo solo con cose come “Portatelo all’ospedale!” “Non pensate a me, pensate a John!!”. Era tutto quello che potevo fare… L’avevo fatto uccidere. E’ colpa mia. Non ho fermato l’assassino! Io l’avevo vista la pistola! Non l’ho fermato!! Non l’ho aiutato! L’ho semplicemente guardato... e annuito ...-
Rita balbetta con gli occhi lucidi –Garcia, io… non so che d-dire!-
-Non c’è niente da dire- mi asciugo le lacrime –Mi sono semplicemente sfogata. Quel che cerco non sono le tue parole o i commenti, cerco perdono, da parte di John-
-Perdono?-
-E’ colpa mia se è morto. Quel bastardo ha puntato la pistola e io potevo fermarlo, ma non l’ho fatto per colpa delle mie stupide paure!-
-Ma che cazzo dici Garcia?!-
-Dico eccome! E continuerò a pensarlo, ne tu, ne nessun altro potrà farmi smettere! Io ho ucciso John!-
Rita scuote la testa, contrariata –Ti rendi conto di quel ce dici?-
Rimango immobile a guardare l’orizzonte –Si-
-Ah e dici pure “SI”?! Stai farfugliando che hai ucciso JOHN LENNON! Il nostro John! Il TUO John! Quello che ti accompagna da una vita con le sue canzoni, quello che ritieni tuo fratello!-
-E’ così- la risposta è secca e non vuole discussioni.
Continuo a guardare l'orizzonte.
A pensare a quello che ho combinato.
Ho ucciso John Lennon.
...Ho ucciso mio fratello...
E adesso? Che cosa farò adesso?
Mi vado a costituire?! Chissà se mi crederanno! Però voglio perdono.
Ti prego, John, perdonami! 
Mandami un segnale, un messaggio! Fammi capire che nonostante ti abbia ucciso, tu mi vuoi bene!
Sospiro e la mia ultima lacrima cade dal mio occhio, socchiuso.
-Andiamo a vestirci- dico asciugandomi il viso con un fazzoletto -Da ora in poi non dobbiamo più nominare John Lennon e non dobbiamo fare nessun accenno a questa storia, capito Rita?-
-Si- dice scocciata lei, guardando in alto.
     
Mondo Nutopiano:
 
Ciao! Eccomi con un nuovo capitolo... purtroppo vedo che nessuno (oltre Perdita, che ringrazio tantissimo!) ha recensito... mi sento così sola ç__ç
Fa davvero schifo eh? *Vocina: si ù.ù* Taci.
Io continuo, nella speranza che qualcun altro si accorga di me!
Per favore, recensite, DEVO sapere cosa ne pensate :)
Spero che questo capitolo vi piaccia! 
Passo (spero) e chiudo.
 
Peace & Love.
MelinAnima :3

*Piccolo spazio pubblicitario*
Ringrazio Perdita per i complimenti (che non merito) e i consigli!
Andate a leggere anche le sue fics! Sono bellissime! *_*

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Capitolo 3
*** Incontri sconvolgenti ***


Incontri sconvolgenti
 
11 Dicembre
 
I ragazzi, ormai, mi guardano più contrariati che confusi.
Dopo che Rita aveva spifferato tutto a Sadie, che l’ha spifferato a Michael, che l’ha spifferato a Julian che l’ha spifferato a Josh che, almeno lui, s’è stato zitto, ho dovuto raccontare tutto anche a loro e hanno anche cercato di convincermi che non sono stata io ad uccidere John.
Ma ormai io so di essere la complice di quel bastardo.
Loro sono seduti sul divano e io in piedi, di fronte a loro.
Manco fosse un interrogatorio.
Josh passa una mano tra i capelli e sbuffa.
Non è un buon segnale.
Quando Josh sbuffa vuol dire che è seccato.
Giustamente, lui è “troppo serio”, “superiore” rispetto a tutti noi, no?
-Parli come una malata di mente, sembra che hai gli stessi problemi mentali di quel bastardo- 
Si riferisce all’assassino.
Sono offesa non poco da questa sua affermazione –Mi dispiace che la pensi così-
Mi porto le mani alla vita, istintivamente.
-Guarda che sto dicendo sul serio!- dice lui tranquillamente.
Sembra che scherzi, però.
-Pure?! Sul serio mi stai paragonando a quel bastardo!-
Ormai l’assassino si chiama “bastardo” per noi.
Non che non gli si addica, anzi!
-Certo che ti paragono al bastardo! Stai dicendo che hai ucciso John! Che è colpa tua! Che tu sei il complice dell’assassino! Ti rendi conto?- sembra preoccupato.
Me ne frego –Certo che me ne rendo conto! Sono l’assassina di John Lennon, io!-
-Senti, vaffanculo!- mi incita con un gesto della mano.
-Oh!- sbotta Rita verso Josh, guardandolo male per il simpatico invito.
-Che vuoi?! E’ quella che sclera e dice di aver ammazzato “suo fratello”!-
-Ok sta impazzendo, ma ciò non ti consente di insultarla-
Faccio una smorfia -Grazie, Rita- 
-Comunque sia- dice Michael –Non sei stata tu a premere il grilletto, quindi non sei tu l’assassina-
-Ancora?- sbotto -Ancora con questa storia del grilletto!? Ve l’ho spiegato un milione di volte che sono complice per non aver fermato l’assassino e per non aver aiutato John! Non perché ho premuto il grilletto!-
Dopo una breve pausa esclamo –Ci rinuncio!-
-Cioè che ammetti di non essere l’assassina?- esclama contento Josh.
-Ti piacerebbe!- sbuffo buttandomi su una poltrona –Sono stufa di voi e delle vostre domande!-
Segue solo silenzio.
Tutti sono evidentemente offesi dalle mie parole.
-Lo dici per attirare l’attenzione, vero?- chiede cupa Sadie.
-Non dire stronzate-
-Secondo me ha ragione- dice Julian.
-Oppure lo dici per avere un legame con John…- immagina Michael.
-Io opto per quest’ultima ipotesi. Sei una ragazza che ha sempre cercato dei legami, anche con persone che non hai mai visto…- dice Josh col suo tono da saputello.
Mi alzo con uno scatto furioso e ghigno –Quando avete finito di analizzarmi avvisatemi eh?-
Mi dirigo verso la porta, prendendo la mia tracolla dei Beatles.
-No, aspetta, dove vai?- Rita si alza e si avvicina.
Apro la porta –A lezione di psicologia, prof- e me la sbatto dietro.
Sento alle mie spalle il mio nome, ma io comincio a camminare velocemente.
Incredibile! Non mi credono!
Le persone che conoscevo da quando camminavo a gattoni non mi credevano!
Certo, se una ti viene a dire “Sono l’assassina di John Lennon” quando fino a quel momento lo aveva considerato un fratello, è ovvio che non le crederei, ma se mi spiega per filo e per segno come è avvenuto e che non aveva impedito che l’assassino premesse quel maledetto grilletto, beh io le crederei eccome!
Ed è esattamente così che ho fatto con i ragazzi.
Ma loro che mi dicono “Voglio attirare l’attenzione”? “Per avere un legame con John”?! Ma che gli salta in mente a quei…
Comincia a piovere.
Basta, non voglio innervosirmi per quegli… stupidi!
Cazzo, però, mi aspettavo sul serio un po’ di comprensione da loro!
La pioggia è più forte.
Mi fermo.
Il semaforo è rosso.
Intorno a me c’è tanta gente. Sempre così a New York.
Sto andando dall’unica persona che deve per forza credermi.
Dalla persona che non vedevo da circa sei anni, ma che mi aveva allevata: mia madre.
Guardo in su, le gocce d’acqua mi bagnano viso, capelli e vestiti.
Mi piace la pioggia, per questo non porto mai con me un ombrello.
Fa freddino, però.
Respiro profondamente.
Guardo davanti a me: ancora rosso.
Le persone intorno hanno tutti gli ombrelli neri aperti.
Chissà perché neri. Ci sono così tanti colori nella scala cromatica.
Io sono l’unica che non ha un ombrello, a quanto pare.
L’unica che se ne frega.
No!
Eccolo li, quell’uomo vestito di bianco, con le mani in tasca, che guarda il semaforo sorridente.
Anche a lui non gliene frega niente della pioggia.
E’ bello, o almeno è questa l’impressione che mi fa.
Gli occhi leggermente a mandorla, le labbra fini, il naso dritto e leggermente aquilino.
Dovrebbe avere all’incirca 25 anni, forse qualcuno in più.
Per un attimo penso “E’ Lui!” ma scaccio subito quello stupido pensiero.
L’uomo mi guarda, serio, ma poi mi sorride.
Sorrido anch’io.
Gli assomiglia un sacco, però. E se fosse un angelo? Un fantasma?
No, ma che dico! 
Che stupidaggine!
Il semaforo è verde.
Lo guardo un’ultima volta: sorride, è felice.
Mi avvio, attraversando la strada con la mandria di persone.
Che strano.
Penso a come quell’unico uomo, oltre me, a non avere l’ombrello, Gli assomigliasse tanto.
E poi è curioso anche il fatto che lui fosse felice, io triste, arrabbiata.
Lui vestito di bianco, io di grigio.
Lui con gli occhi scuri, profondi, e i capelli quasi neri, per la pioggia, e io bionda e con gli occhi chiari.
Lui uomo e io donna.
Due opposti nello stesso punto. Due persone completamente diverse, sia fisicamente e magari anche mentalmente. Due persone che provano sentimenti differenti. Un felice e un’ arrabbiata. Due diversi.
Ma unite dal fatto che se ne fregano di non avere un ombrello sotto un acquazzone.
Sorrido a questo mio pensiero, continuando a camminare a testa alta.
Ormai non sono più arrabbiata, quell’uomo mi ha così colpita che mi ha fatto dimenticare i miei problemi.
E se mi fossi fermata a parlare con lui? Chissà se avrei trovato un anima a me affine.
Ma ormai ha preso un’altra strada, opposta alla mia, come sono opposti il nostro modo di essere (quello esteriore, almeno). Lo vedo ancora.
Si allontana, sempre con le mani in tasca, guardando le nuvole, col naso verso l’alto.
Mi fermo.
Guardo in alto.
Chissà se era John.
Scaccio di nuovo quel pensiero, ma sorrido.
Ritorno al mio problema.
Per un attimo mi ero dimenticata dove stessi andando.
Mi ritorna tutto in mente, come un lampo: Quella sera, la strada, la macchina nera, John, Yoko, l’assassino, la pistola, il sangue, i pianti, i poliziotti, ancora pianti, il notiziario, i miei amici che non mi credevano e mia madre.
Mia madre.
L’avevo abbandonata all’età di 14 anni, scappando durante il mio compleanno.
Durante la festa c’erano tutti i suoi amici Hippie e nemmeno uno mio.
Si fumavano le canne e ridevano come scemi, ecco cosa accadde durante quella festa.
Non ci fu nemmeno la torta.
Ma non era per quel motivo che me n’ero andata.
Mia madre è stata una madre possessiva. Non voleva che frequentassi amici che lei non conosceva, non voleva che mi vestissi come tutte le persone normali, non voleva tagliarmi i capelli, anche in estate, quando morivo di caldo, non voleva che mi allontanassi troppo da lei e per questo mi aveva fatto lei da insegnante.
Per un certo periodo vedevo solo lei e i suoi amici, nessun altro!
Anche perché abitava fuori città.
Viveva in un furgoncino della Volkswagen, da sola, e mi chiedevo come potesse sopravvivere, senza un lavoro.
Il furgoncino si trovava nel parcheggio di un fast-food. Era fermo li da quando nacqui.
Eccolo, lo vedo.
E’ rimasto quello di una volta: i colori, i simboli della pace disegnati ovunque, ammaccature e vetri rotti compresi! Quel furgoncino ha viaggiato tanto.
Mi avvicino alla portiera.
Devo bussare, poi mia madre dirà una frase segreta e io dovrò rispondere con una risposta altrettanto segreta.
Le nocche sbattono contro la portiera e producono il tipico suono del
Toc, toc.
-Chi è?- la voce è lontana.
-Garcia-
Ora dovrebbe arrivare la domanda.
Dei passi segnalano che si sta avvicinando –Quali sono i valori della vita?-
Sorrido.
Prevedibile –Non lo so, mamma, dimmelo tu-
In realtà lo so, ma mia madre pretendeva che lo dicesse lei.
Adesso dovrebbe rispondermi dicendo “La pace, l’amore e bla bla bla…”
Però la porta si apre di scatto e vedo lei sconvolta.
Balbetta il mio nome.
Seguono attimi di silenzio molto imbarazzanti.
-Mamma, qui fuori piove e fa freddo, per favore mi fai entrare?-
Lei non si muove e continua a balbettare.
Non è cambiata per niente! I capelli biondicci, lunghi e ricci non erano cambiati, i suoi occhi verdi e grandi nemmeno e neanche il suo modo di vestire molto “Hippie”.
-Garcia… s-sei… qui-i? –
-Si, mamma-
-E… p-perc-rché?-
-Sono qui per parlarti, mamma-
-D-dove s-s-se-i… stat-a?-
Esito a rispondere. “Lontana da te” vorrei dirle, ma non lo faccio, so che la ferirei troppo.
-A casa mia-
-Questa è casa tua!- esclama senza più balbettare.
-Non più-
Mi chiude la porta in faccia.
Rimango allibita, ancora sotto la pioggia, davanti quella portiera colorata.
Mia madre mi chiude la porta in faccia!
La donna che mi aveva messo al mondo mi chiude la porta in faccia!
La donna che mi ha allattato, che mi ha cambiato i pannolini, che ha giocato con me mi chiude la porta in faccia!
Gli occhi sono lucidi, le lacrime calde scendono lungo in viso.
La porta si riapre.
Mi asciugo velocemente le lacrime.
-Ecco come mi sono sentita quando mi hai abbandonata- mi dice.
Rimango folgorata, non so che dire!
Per un attimo avevo provato quello che lei aveva provato per sei anni!
-Allora? Ti sei divertita in quest’attimo?-
Non rispondo. 
Spero che la mia faccia e i miei occhi non lascino trasparire la sorpresa, la tristezza e la rabbia che provo.
-E ti sei divertita durante questi sei anni?-
Serro la bocca e la guardo arrabbiata –E’ stata tua la colpa, allora adesso che vuoi?-
-Che vuoi tu, semmai! Sei sparita quando avevi solo 14 anni..-
-E mi hai cercata?- chiedo sarcastica.
-Si!-
-Ah si? Io però ero sempre a due passi sa te, pronta a ritornare… ma sai cosa m’impediva di farlo?-
Rimango in silenzio per sei secondi contati.
-Tu-
Mia madre mi sta per sbattere di nuovo la porta in faccia, ma la fermo infilando un piede in mezzo.
-Togli quel piede-
-Ascoltami!-
-Sparisci!-
Seguono altri imperativi di questo genere.
-Basta adesso! Sono qui per chiederti scusa, non per ricordare il passato!- esclamo con disperazione.
-Il passato passa così in fretta.. stamattina credevo ancora di aver perso mia figlia sei anni fa-
Metto le mani giunte –Mamma-
-Non mi chiamare così-
-Mamma, quali sono i valori della vita?-
Lei rimane perplessa –La pace, la razionalità, il rispetto e…- esita a dire l’ultima parola.
-E…?-
Chiude gli occhi e con un sospiro sussurra –L’amore-
Sorrido leggermente –Io ti voglio bene, mamma-
Mamma mostra i denti in un’espressione di dolore.
La pioggia si fa più forte e un leggero vento mi percorre i capelli.
Lei scoppia a piangere –Entra-
Mi butto al suo collo e l’abbraccio.
Lei piange sulla mia spalla.
Sono tutta bagnata ma non importa!
Cominciamo a parlare, con calma, come una madre e una figlia.
Dopo aver chiarito le idee rivolgo lo sguardo all’arredamento del furgoncino, sedendomi su un sedile.
-Non è cambiato proprio niente, qui-
Noto un altarino con tante candele che circondano la foto di John.
Mamma creava sempre un altarino per le morti di coloro che avevano sostenuto la pace.
Guardo la foto di John attentamente.
Mi guarda serio, quasi con rimprovero.
Si, lo so John, è colpa mia, ma ti prego perdonami!
John non mi risponde, nessun segnale.
-Era un grande uomo- dice mia madre, anche lei osservando la foto.
Annuisco.
Continuiamo a contemplare la foto, ma io distolgo lo sguardo dopo un po’.
Non ce la faccio a guardare quello sguardo.
Mi sento colpevole, sono colpevole.
Racconto tutto a mia madre.
Lei mi guarda esterrefatta.
Le parole escono dalla bocca come un fiume in piena e vanno più veloci del mio cervello.
Ogni tanto riesco a fermarmi e asciugarmi una lacrima.
-Non ti credo- dice mia madre infine.
Un grande sconforto mi avvolge. 
Mi rannicchio in posizione fetale.
Sono delusa da mia madre.
-Però..- dice -..rispetto il tuo modo di pensare. Vedo che sei convinta di quel che dici e voglio aiutarti-
Sento la sua mano calda poggiarsi sulla mia schiena.
Sollevo la testa dalle mie gambe –Davvero?-
Assumo un’aria da bambina –Davvero mi aiuterai?-
Lei mi sorride e annuisce.
-E come?-
-Ora non lo so.. quel che possiamo fare è pregare-


Mondo Nutopiano:
Taddddddddaaaaannnnnnn!
*Continua a pubblicare i capitoli nonostante nessuno la degnasse di una lettura*
Fa veramente schifo eh?
Forse dovrei dedicarmi ai romanzi rosa, quelli si che hanno successo!
Oppure potrei cominciare col giardinaggio...
Va beh.
Vi saluto!
*parla da sola*

Peace & Love.
MelinAnima :3

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Capitolo 4
*** Incontri sconvolgenti 2 ***


Incontri sconvolgenti 2
Chi sei, Elvis Wood?

 
13 Dicembre
 
Eccolo li, mi guarda come un cow boy che mi sta per puntare la sua rivoltella.
Anche io sono un cow boy, davanti a lui, a circa 10 m di distanza.
Intorno a me non c’è nessuno, solo un deserto desolato e qualche casa.
Intorno a lui pochi cow boy, suoi compari.
Lo guardo con sfida.
Che vuole?
 
Eccolo li, davanti la porta del locale, come se mi deve picchiare da un momento all’altro.
Anche io lo vorrei picchiare, ma andrebbe contro i miei principi.
Mi trovo a circa 10 m da lui.
Intorno a me c’è qualche vecchietta che mi guarda perplessa e dei bambini che giocano a pallone.
Intorno a lui tutti i suoi stupidi amichetti.
Lo guardo con sfida.
Che vuole?
Decido di avvicinarmi, senza paura.
Mi fermo davanti a lui.
E’ un bestione alto e scemo.
Phil.
Che nome poco adatto per uno come lui!
-Fermati!- dice un suo compare dietro.
Lo guardo come per dire “Ti sei fumato una canna o sei davvero così?” –Sono già ferma Einstein!-
Quello balbetta qualcosa e Phil lo zittisce.
-Che vuoi?- dico con un cenno della testa.
-Ieri ti ho vista…- dice serio -…con tua madre-
-Embè?-
-Stavate parlando, di cosa?-
-Non credo che dovrebbe interessarti-
-Perché no?- ringhia lui.
Sorrido beffarda –Perché si?-
Phil sembra esitare –Stalle lontana-
-Ah adesso decidi tu per me?-
-Ti ripeto: stalle lontana, meglio per te, per lei e per me-
Corrugai la fronte –Perché?-
-Non sono cazzi tuoi- dice allontanandosi.
Lo prendo per un polso –Eh no! Adesso me lo devi dire…!- non aggiungo aggettivi, per paura di scatenare la sua ira.
-Quella, è solo una stupida Hippie che si fa di canne, con delle stupide idee in testa…-
Mostro i denti come un cane rabbioso –Cosa hai OSATO dire di mia madre!?-
Preparo la mano a un incontro ravvicinato con il suo naso.
-Tu sei diversa da lei, tu passi ai fatti!- esclama lui con un sorriso scemo.
-E con ciò?- 
-Non voglio che una avversaria come te si addolcisce per colpa di una vecchia- che grammatica sublime!
Il pugno ora gli arriva veramente, ma lui si scansa.
-Visto?-
Respiro affannata.
Ho ceduto per colpa dei suoi insulti, ma non si ripeterà.
Lui sorride insieme ai suoi –Stalle lontana-
-No-
-Allora apri gli occhi-
-Non li ho mai tenuti chiusi!-
Se ne va.
-Imbecille- e me ne vado anch’io, verso la porta del pub.
Che cavolo gli frega a quello se frequento mia madre o no?
Boh! Fatto sta che io lo ignorerò, che m’importa di uno stronzo come lui.
-Garcia! Pensavo che non venissi!- esclama Michael.
-E invece eccomi qui- poggio la mia borsa per terra, vicino al divano.
-Vieni, siediti qui- mi fa posto Sadie.
-Rita?- chiedo.
-Non c’è, ha detto di non sentirsi bene-
Rita non la vedevo da due giorni, ormai.
Stamattina non sono andata a scuola, ho dormito da mia madre e sono stata con lei.
Vedo Josh e Julian intenti a sottolineare delle frasi su un giornale –Che fate?-
-Rita ieri ha trovato l’articolo in cui Julian intervista John- dice Sadie.
-E adesso stanno sottolineando le frasi che Lui ha detto- conclude Michael.
-Ieri dove sei stata?- chiede Josh senza alzare la testa dal foglio –Non sei venuta-
-Ho passato questi due giorni con mia madre-
Josh e Julian alzano le teste e insieme a Sadie e Michael mi guardano allibiti.
-Credevo che tua madre fosse la tua peggior nemica- dice Julian esterrefatto.
-Ma quando mai?-
-Quando mi hai detto, anni fa, che è la tua peggior nemica!-
Sorrido –Beh… le cose sono cambiate, abbiamo ricominciato di nuovo un rapporto-
-Chissà quali interessanti discorsi fate!- dice sarcastico Josh.
-Quando sono con lei mi diverto, era da un sacco che non la sentivo suonare- cerco di evitare il discorso “di cosa avete parlato?” perché mi prenderebbero in giro.
-Di cosa avete parlato? Avete chiarito tutto?- chiede Julian.
Come non detto!
-Julian a che punto siete con l’articolo?- gli chiedo fulminandolo.
Julian capisce al volo che non è un discorso a me gradito e riprende in mano la sua matita.
Michael si dirige verso il mini bar e Sadie comincia a raccontarmi di quello che avevano fatto ieri.
Giocato, bevuto e parlato. 
Di cosa? 
Sadie esita a rispondere, guarda Josh che la ignora e fa un cenno a me –Vogliamo aiutarti-
Le sorrido –Davvero?-
Annuisce –Si, nonostante noi non siamo d’accordo, abbiamo deciso di aiutarti per riuscire a superare questo tuo problema-
-E come pensate di fare-
-Vogliono portarti da uno strizzacervelli- dice Josh mentre sottolinea una frase sul giornale.
Rimango a bocca aperta.
-Beh? Che dici… sei… d’accordo?- balbetta la ragazza perplessa davanti a me.
-No! Non sono pazza! Non ho problemi mentali! Ho ucciso John Lennon!-
-E ti pare poco credere che tu abbia ucciso Mr. Lennon!?- esclama Josh, stavolta rivolgendomi uno sguardo provocatorio.
Lo aveva chiamato “Mr. Lennon”, proprio come lo aveva chiamato l’assassino prima di ucciderlo.
Voleva farmi sentire ancora più male, che stronzo!
-Non lo chiamare così, Josh- dice Michael porgendomi una birra.
Sadie prende un’altra birra dalla mano di Michael e dice –Garcia, è per il tuo bene!-
-Si, è sempre per il mio bene!- sbuffo poggiando la birra sul tavolino al mio fianco –Io voglio solo perdono-
Mi guardo le mani, sono rosse per colpa del freddo di fuori.
Michael è in piedi, vicino a me e poggia una mano sulla mia spalla, come mia madre.
-Garcia- sussurra dolcemente –Come può John perdonarti?-
Sospiro –Non lo so..-
Segue solo silenzio.
Sento la matita di Julian percorrere il foglio del giornale.
-Sapete cosa abbiamo fatto io e mia madre ieri pomeriggio?- 
Non rispondono.
-Abbiamo pregato…-
Josh sbuffa, ma non dice niente.
Io continuo –…nella speranza di un qualsiasi segnale da parte Sua-
-Garcia, arriverà, ne sono certa!- dice Sadie –Ora, però, pensa ad altro: rilassati!-
Sadie è fatta così: dice sempre di rilassarsi, fuggendo dai problemi veri.
“Tanto tutto si risolve col tempo” dice di solito.
Ma non è così. Nel tempo i problemi si ammassano e diventano così ingarbugliati che non riesci a risolverli.
La trovo molto superficiale, ma lei è fatta così ed è mia amica.
-Grazie per la fiducia, Sadie-
-Lo sapevo che tua madre ti avrebbe fatta pregare!- esclama Josh contrariato.
-Qualcosa da ridire?-
-Certo!- esclama alzando la testa –Cosa serve pregare?! I problemi non si risolvono pregando, ma affrontandoli, distruggendoli!-
-Tu e la tua razionalità!- urlo alzandomi –Non hai nemmeno un pizzico di fede in quell’animo saputello? Questo non è un problema come gli altri, no, mio caro! Si tratta di John Lennon, un uomo che ora non è più qui, ma è vicino a Dio!-
-Dio! Ma che stronzate dici, Garcia? Dio, lo ripeto, è morto, crocifisso!-
-Sedie tappati le orecchie..- bisbiglia Michael.
Sedie fa una smorfia e scuote la testa in segno di disapprovazione.
Respiro affannosamente -Sai una cosa Josh? Nella Bibbia Lui è morto, si. Muore anche ogni giorno, quando un uomo ruba, fa del male, uccide. Anche adesso Dio sta morendo, perché io e te stiamo litigando. Ma sappi che Dio risorge, sempre! Dopo tre giorni Dio è risorto, ricordalo!- lo indico coll’indice.
Josh è incredulo.
Era abituato a vedere il bicchiere mezzo vuoto, ma ora che gli viene proposta un’altra prospettiva si sente confuso, ne sono certa, la sua espressione lo dice.
Non sa che dire e tace, guardando il soffitto.
Nessuno parla.
Mi risiedo sul divano, sono contenta di quello che ho detto.
Prendo la birra e ne bevo un sorso.
Sento la matita di Julian percorrere un’ultima volta il foglio –Ho finito-
-Vediamo- dice Sadie avvicinandosi.
-No! Ora mi ritaglio i pezzi e ne faccio un bel discorsetto con queste frasi, poi lo stamperò e ve lo darò-
Sbuffo –Guarda che non ce n’è bisogno-
-Non ti preoccupare! Verrà un bel lavoro!- dice Julian con sguardo dolce.
Non posso fare a meno di sorridergli.
Che ragazzo dolce che è! Mi fa tanta tenerezza.
-Voglio andare a fare una visita a Rita, chi viene con me?-
Michael alza la mano, prendendo il suo cappotto.
Josh si alza e mi guarda serio.
-Prenditi il cappotto, Josh- dico infilandomi il mio –Fa molto freddo fuori-
-Colpa di Dio!- sbuffa lui, con un sorriso però.
Gli sorrido anch’io.
-Mannaggia a te!- gli dico dandogli una pacca sulla spalla.
-Io intanto vado a casa- dice Julian –Che comincio il lavoro-
-E io?- fa Sedie.
-Vieni con me!- le dice Julian.
Ci salutiamo tutti e usciamo, prendendo strade diverse.
Michael vuole sapere per filo e per segno cosa ho fatto con mia madre quel pomeriggio che me ne andai.
Gli raccontai tutto, anche del giorno dopo che ero ritornata da lei per rimanerci anche la notte.
-E’ stato bello dormire di nuovo nel mio vecchio letto- concludo.
Josh sembra non interessarsene, guarda davanti a se senza espressione.
E’ un bel ragazzo, peccato per il suo carattere leggermente strafottente.
Se adesso si mettesse a fare battutine stupide Michael sarebbe capace di strappargli quel bel visino “alla Paul McCartney” a morsi.
-Mi stupisce il fatto che non ti abbia sbattuto la porta in faccia, dopo quello che le hai fatto passare- dice “visino alla McCartney”.
Non gli dico che in realtà l’ha fatto, sarebbe troppo imbarazzante.
-Non l’avrebbe mai fatto, Josh, è sua madre!- esclama Michael con tono canzonatorio.
-Chi te lo dice che non l’avrebbe mai fatto? E’ sempre una donna con dei sentimenti, e di certo non è stato bello quando Garcia l’ha abbandonata…-
Non mi interessa rispondere alle provocazioni di Josh, non voglio ricadere in un altro litigio.
-Ora dai pure la colpa a Garcy?!- esclama Michael.
Garcy, che brutto soprannome!
-No, sei tu che lo pensi- dice Josh.
Continuano a discutere per un po’.
Io, in mezzo a loro, cerco di ignorarli.
Ci fermiamo.
Il solito semaforo rosso.
Mi sfrego le mani per riscaldarle un po’ e affondo il naso nel cappotto.
Michael parla con rabbia.
E’ sempre stato un po’ permaloso e più irritabile.
Totalmente diverso dal suo fidanzato Julian, il timido romantico.
Così diversi eppure così uniti.
Josh invece parla con calma, così da fare innervosire di più Michael.
Il solito provocatore.
Guardo la gente intorno a me: tutti signori d’affari e signorine alte e eleganti.
Tutti vestiti rigorosamente di nero o grigio.
Ma tra la gente vedo una macchia arancione.
Una bambina che si guarda intorno come sperduta.
E’ davvero bellina: gli occhi a mandorla, i capelli corti e lisci e la bocca carnosa.
Sembra asiatica.
Il suo vestitino arancione è l’unica chiazza di colore tra il grigio delle persone.
Ah no, anche io, noto di essere vestita di una tonalità indefinita di verde, tranne il cappotto che è bianco.
Sorrido e cerco di attirare la sua attenzione.
Lei mi vede ma ha timore di avvicinarsi a una strana ragazza accompagnata da due ragazzi che discutono.
-Ti sei persa?- le chiedo.
Annuisce.
-E con chi stai? Me lo descrivi?-
-Zio..- dice con la sua dolce vocina -..alto, bianco e il naso verso giù e gli occhi come i miei e…- si ferma, guardando la mia borsa dei Beatles.
–Zio gli assomiglia!- indica John.
A quel punto Josh e Michael smettono di discutere e guardano la bambina. 
Non so che dire. Mi guardo intorno cercando un uomo alto, vestito di bianco, che corrispondesse alla descrizione della bambina, ora attirata dalla foto di John sulla mia borsa.
Mentre cerco un flash attraversa la mia mente.
-L’uomo del semaforo!- esclamo ad alta voce.
Michael mi guarda stranito e Josh scuote la testa –Non cambierà mai-
Li ignoro e cerco meglio.
Il semaforo stava per diventare verde.
Cerco più veloce, devo trovare lo zio perduto prima che…
Troppo tardi.
Cominciamo a essere spinti verso l’altra sponda della strada.
Tengo stretta la bambina per non perderla di vista.
Quando la mandria di affaristi è sparita, mi avvicino al viso della bambina –Tutto bene?-
-Dov’è zio?-
-Adesso lo troviamo zio!-
Josh mi tocca la spalla. Lo guardo –Dimmi-
Indica l’altra sponda della strada, quella che avevamo appena abbandonato.
Un uomo in bianco mi guardava preoccupato.
Lo riconobbi subito, era l’uomo che avevo visto qualche giorno prima allo stesso semaforo.
Quell’uomo che mi aveva colpita tanto per la sua somiglianza con John.
Ri eccolo li! Di nuovo apparso nella mia vita.
Appena la bambina lo vede urla –Zio!-
L’uomo le sorride e attraversa la strada tranquillamente (il semaforo è ancora verde per i pedoni).
Appena sale sul marciapiede la bambina gli salta addosso –Mi hai fatto preoccupare!- dice lui abbracciandola.
-Oh mio Dio!- esclamo.
Non sono riuscita a trattenermi! 
La sua voce è UGUALE a quella di John!
Michael e Josh lo guardano perplessi, anche loro hanno notato la somiglianza.
L’uomo e la bambina mi fissano –S-scusate!- esclamo.
L’uomo lascia la bambina a terra e mi porge la mano –Grazie per aver tenuto mia… nipote - 
-S-si f-f-figuri!- perché balbetto?
Gli stringo la mano –Mi chiamo Elvis Wood!- dice in tono affabile.
Spalanco la bocca, lui continua a guardarmi perplesso –Elvis?- sbotto.
Ridacchia –Si, i miei genitori sono… vecchi fan!-
Sorrido a trentadue denti. Quest’uomo mi è già simpatico.
-Io mi chiamo Garcia! Loro sono Michael e Josh-
Michael gli sorride e Josh gli stringe la mano.
-Devi stare più attenta quando aspetti al semaforo con zio, va bene piccola?- fa Michael alla bambina, sorridendo.
Per un attimo capisco il perché Julian ami Michael… in fondo lui è un animo dolce sotto una maschera di rabbia e diffidenza.
La bimba annuisce, poi si volta verso di me, mi prende il polso e mi tira a se, vicino il suo viso.
Vuole dirmi qualcosa all’orecchio –Per favore, potresti prendere un caffè con zio?-
Rimango perplessa –Ehm- sussurro –Veramente io sono impegnata in questo m..-
-ZIO! La signorina vuole prendere un caffè con te!- strilla la bambina.
Le mie guancie prendono fuoco –Ehm… no! Adesso non posso!-
-Ti prego, tesoro, non ricominciare- dice Elvis alla bimba.
Non ci credo ancora che si chiama Elvis e che assomiglia così tanto a John!
-Ma zietto! Lo faccio per te!- dice lei sempre strillando.
L’uomo le tappa la bocca e mi guarda sorridendo –Non le dia retta.. è una bambina, sa… ha tante fantasie per la testa!-
Ogni volta che guardo quel sorriso sembra di guardare quello di John.
Rimango immobilizzata dall’emozione e lo guardo come un’ebete.
L’uomo cerca un segno di vita nei miei occhi ma alla fine risponde Josh per me.
-La lasci stare, è sempre così quando si emoziona!-
Ecco, non è proprio la risposta che volevo dare io.
Gli do un calcio alla caviglia, cercando di non farmi vedere da Elvis.
Ci guardiamo negli occhi a lungo.
Come sono profondi i suoi occhi, proprio come quelli di John…
Occhi da sognatore, occhi che nascondono tante cose, occhi nascosti dietro a una maschera, che si possono ammirare solo cercandoli per bene.
Rimango ipnotizzata, da quegli occhi.
E’ la sua voce a irrompere nel silenzio -Bene, io… andrei… Grazie ancora!-
-Si figuri!-
-Ciao!- la bimba muove la manina.
Ci salutiamo.
Appena l’uomo è abbastanza lontano tiro un sospirone.
-O-MIO-DIO- fa Michael –Quello era John Lennon o sbaglio?!-
-Sbagli, era solo un tizio che Gli assomigliava- dice Josh tranquillamente.
-S-si, ma la v-voce? E’ u-u-uguale: capelli, viso, o-occhi… Gli occhi Josh, li ha-ai vissti?- balbetto senza guardarlo in faccia, guardo invece quel signore che si sta allontanando…Non mi sono ancora ripresa.
Sbuffa -Normalissimi occhi! Che avevano gli occhi?- 
-Già, cosa avevano gli occhi di tanto speciale?- chiede Michael.
Scuoto la testa per riprendermi e li guardo –Ma come? Non avete visto i suoi occhi… com’erano… profondi?- Michael mi sorride e Josh sbuffa più forte.
Mi guardano, uno con curiosità e l’altro con rimprovero –Che c’è?-
-Ti sei bruciacchiata eh?- dice Michael dandomi delle piccole gomitate al braccio.
-Bruciacchiata? In che senso?-
-No, non è bruciacchiata, è proprio cotta!- esclama Josh.
Capisco al volo quel che vogliono dire e do in testa a Josh la mia borsa dei Beatles.
-Ahi! Perché a me? Ha cominciato lui!-
Do un colpo in testa anche a Michael –Dai! Ma si vede!- esclama lui di risposta –Sei rimasta a guardarlo come un ebete e balbettavi!-
-Non dimenticarti che si è anche immobilizzata dall’emozione!-
-Smettetela! Non è vero che mi piace! Sono sorpresa che assomigli così tanto a John!-
Michael continua a sorridere -Oh si, ti crediamo!-
Josh invece si fa serio -Garcia, non lo conosci, come fai ad amarlo già?!-
-Ma non lo amo! Come vi viene in mente questa stupidaggine?!-
-Va beh, andiamo da Rita…- dice Michael -…vedremo come la pensa lei-
Cominciamo a incamminarci –Sicuramente le racconterete tutto in modo sbagliato!-
Josh mi scompiglia i capelli –Non ti preoccupare! Le racconterai anche la tua versione dei fatti-
Faccio una smorfia e mi sorride.
Non l’ho mai capito questo ragazzo! Prima è serio e poi è divertente! 
Mah!
-Garcia!- sento una voce femminile provenire alla mia destra, dalla strada.
Michael si scansa e io posso vedere chi è –Mamma!-
Lei mi saluta, attraversando la strada e cercando di evitare le macchine.
-Mamma, non potevi aspettare il semaforo!?- esclamo.
-Non posso certo aspettare il semaforo per abbracciarti!- e mi abbraccia.
Sorrido –La solita simbolista!-
Mamma a sua volta mi sorride –E’ più forte di me, non ci posso fare niente!-
Si stacca dall’abbraccio.
Ha una canottiera e bianca e una camicia molto psichedelica, poi una gonna blu e gli immancabili sandali!
-Dove vai di bello?- 
-A trovare Rita, non sta molto bene-
-Oh, mi dispiace, quando la vedi mandale i miei auguri-
Mia madre volge uno sguardo a Josh –Come sei cresciuto Julian!-
-Sono Josh- dice sorridente.
Mia madre lo abbraccia (con fatica, però, Josh è molto alto) –Mi imbroglio sempre! Avete nomi molto simili!-
Josh ricambia l’abbraccio sorridendo -Eh colpa dei genitori! Come sta?-
-Ehi! Mi dai del lei?- 
-L’abitudine…-
-…di essere un bravo ragazzo?-
Michael tossisce.
-Cos’è? Non sei un bravo ragazzo?!- esclama mamma afferrando al volo quel che voleva dire Michael.
-Certo che lo sono!- esclama Josh guardando male l’amico.
Michael e io ridacchiamo.
Mamma si volge a Michael guardandolo da sopra gli occhiali tondi e strizzando gli occhi -E tu chi sei? Julian? No! Ricordo che Julian aveva i capelli biondi e le lentiggini!-
-Io sono quello con i capelli neri e senza lentiggini, piacere Michael-
Si stringono la mano –Michael! Che bel nome, io sono Martha! Sei un amico di Julian?-
-Mamma ma sei fissata con Julian!- sbuffo.
-Shhh!-
Michael sorride – Sono il suo fidanzato- dice Michael.
A mamma gli si illumina il viso –Che bello! Che fortunato! Sono davvero felice per voi!- e scuote la mano di Michael più forte.
Josh mi guarda e mi indica l’orologio mentre mamma continua a lodare Julian.
-Mamma, scusami, ma si fa tardi!- 
Mi abbraccia –Scusatemi voi, vi ho fatto perdere tempo! Garcia, ci sentiamo presto, vero?-
-Certo!-
Prima di andare guarda Michael sorridendo –Amalo! E’ un bravo ragazzo!-
Michael annuisce.
Ci salutiamo e riprendiamo a camminare.
-Che tipa che è tua madre!- esclama Michael.
Josh ridacchia –E pensare che prima la odiavi-
-Non la odiavo, la evitavo- lo correggo.
Ridacchiamo per un altro po’ e poi ci ritroviamo davanti la casa di Rita.
Lei è benestante e vive in una villa enorme, con un bellissimo giardino e infinite stanze.
Suoniamo il campanello e ci apre una corpulenta donna del personale –Benvenuti, desiderate?-
-Siamo amici di Rita, vorremmo vederla-
-La signorina Rita non c’è.. non desidera vedere nessuno.. è partita per Washington… tornate più tardi, magari si sentirà meglio-
Sbaglio o questa donna ha cercato di trovare una scusa?
-Lei non sa raccontare bugie, signora- dice Josh –Perciò vorremmo entrare-
Qualcuno dietro apre una porta e dice –Brigitta chi è?-
La donna si volta indietro -Ehm.. ragazzi che dicono di essere amici della signorina!- 
Michael comincia a innervosirsi –Mi scusi ma perché non ci fate entrare? Siamo amici di Rita!-
-Calmati Michael- dico io –Signora, siamo Josh, Michael e Garcia, gli amici di Rita, ci fa entrare per favore?-
Alla donna gli si illuminano gli occhi –Garcia! Sei tu!!-
Mi prende dalle braccia e mi solleva leggermente –Ci conosciamo?-
-Ma certo! Sono Brigitta, la badante del signor Gray!-
Gray è il cognome di Rita, quindi immagino che si riferisca al padre.
Continuo a non capire –Quindi…?-
-Non ti ricordi? Quando venivi da piccolina a giocare con la signorina e io ti offrivo i biscotti?-
-I biscotti! Ma certo! Buoni quei biscotti!- esclamo.
-Visto che ti ricordi?- dice lei stringendomi ancora di più le spalle.
Josh e Michael sono in lacrime.
-Brigitta ma con chi parli!?- dice una voce dietro.
-Signora! E’ Garcia! L’amica di Rita! Si ricorda?- dice entusiasta Brigitta, lasciandomi libere le braccia.
Dolooore! Mi massaggio le spalle.
Brigitta è colei che fa tutto in casa Gray: accudisce, cucina, pulisce eccetera.
L’avevo conosciuta quando avevo circa otto anni, e cioè quando Rita venne a scuola con me per un anno.
Venivo a giocare spesso in quella casa, così Brigitta mi offriva dei buonissimi biscotti.
Quando poi Rita si trasferì in un’altra scuola ci perdemmo di vista e non la rividi più.
Fino ad oggi, che Rita è di nuovo mia compagna di classe e mia amica.
Finalmente ci fanno entrare.
La casa è più grande di quanto ricordassi.
Ci viene incontro una donna molto elegante, alta e bruna –Buonasera-
Lei è la padrona di casa, ma non è la madre di Rita, sua madre vive a Washington ed è separata.
Questa donna dovrebbe essere la seconda moglie del signor Gray.
Certo però che si poteva scegliere di meglio un riccone come lui!
-Buonasera- diciamo senza espressione in coro.
Attimi di silenzio.
Mi sento a disagio tra tutta quella eleganza. Non sono per niente abituata!
Vedo anche Michael un po’ a disagio, invece Josh si adegua subito e sorride.
La donna apre (finalmente) bocca –Rita è sopra in camera sua, sta molto male-
-Proprio per questo siamo venuti, per venirla a trovare, le abbiamo portato anche del cioccolato, vede?- cerco di sorridere il più possibile, mostrandole da dentro la mia borsa il cioccolato.
In realtà quello era il cioccolato avanzato che mia madre mi aveva dato il giorno prima e ora era quasi tutto sciolto. Per fortuna che non sono una grande mangiatrice di dolci, quindi ne è rimasto un bel po’.
La donna non si sporge nemmeno per vedere il cioccolato e continua a parlare con sguardo serio –Vi prego di tornare tra qualche tempo, adesso Rita non può vedere nessuno-
-TU!- urla qualcuno dalle scale –Sparisci!-
-Rita torna in camera- dice la donna sempre in tono poco allegro.
-Ragazzi- la ignora Rita –Salite, che state a fare li con ancora i cappotti addosso?- e ci sorride.
-Rita, ti ho detto di tornare in camera!-
Noi intanto ci togliamo i cappotti, sappiamo che Rita è una testarda, quindi l’esito della disputa sarà sicuramente che noi saliremo in camera di Rita e ci mangeremo dei buonissimi biscotti al cioccolato!
-Taci!- Rita sembra un cane rabbioso in pigiama.
Noi cominciamo a salire le scale.
Intanto la donna indignata se ne va borbottando.
Le sorridiamo –Ciao Rita!-
-Ciao!- entriamo nella sua stanza.
E’ davvero accogliente, c’è anche un piccolo camino.
Per terra un enorme tappeto e mi vien voglia di camminare scalza.
Sulla parete a sinistra c’è una scrivania disordinata e il pc.
Davanti un caminetto acceso e vari poster attaccati al muro.
A destra il letto enorme che occupa metà stanza.
Accanto alla porta, dalla parte della scrivania una piccola libreria.
-Che bella camera che hai!- esclama Michael.
-Certo che tua madre è davvero simpatica!- dice Josh sarcastico.
Rita si butta sul letto sfatto –Non è mia madre e la odio!-
Mi butto anch’io sul letto e mi tolgo le scarpe –Non sei l’unica!-
Josh si siede alla sedia della scrivania –Come stai?-
Rita butta per terra uno dei tanti cuscini e invita Michael a sedersi sopra –Sto benissimo-
-E allora perché manchi?- chiede Michael sedendosi sul cuscino.
-Perché sta facendo finta!- esclamo io guardando Rita.
-Esatto e voi non direte niente a nessuno!-
Josh sorride malizioso -Perché lo fai?- 
Rita sorride mesta –Non me la sentivo di uscire, tutto qui-
-E ti diverti a stare qui dentro?- chiede Michael.
-Certo!- dice Rita con tono ovvio –Sto al pc, leggo, dormo!-
-E questo in più di sette ore?- chiede ironico Josh.
Rita annuisce –Certo, Mr. Sarcasmo! Mi diverto qui in camera!-
-Non ho detto niente!-
-Come dici tu…-
-Basta voi due!- dice Michael in tono di rimprovero.
-Ha cominciato lui!-
-Ma non è vero!-
Ridacchio –Vi comportate come bambini!-
Anche loro ridono, rendendosi conto che è vero quel che dico.
Rita si volta verso di me sorridendo curiosa -Allora, Garcia, che hai fatto ieri, visto che non sei venuta al locale?- Le sorrido anch’io e comincio a raccontarle tutto quello che ho fatto con mia madre.
-Diciamo che la maggior parte del tempo l’abbiamo passata a pregare…-
Rita e i ragazzi mi guardano come se avessi detto “Sono incinta” oppure “Sono un uomo travestito”!
-Che c’è?- bisbiglio imbarazzata.
Rita è la prima a parlare –Prima mi dici che sei stata tutto il giorno con tua madre…-
E Josh continua -…poi dici che con lei hai passato un intero pomeriggio a pregare chissà quale santo!!-
Sbuffo ma sorrido -Josh, non ricominciare! Rita, non c’è niente di male nel pregare, lo sai!-
Rita fa spallette e Josh sbuffa sorridendo.
Michael si avvicina all’orecchio di Rita e le sussurra qualcosa, ma io sono più incuriosita da Josh che sembra quasi che scoppia a ridere.
-Che hai Josh?- chiedo.
Il ragazzo ha le lacrime agli occhi –Niente, mi immagino la scena di te e tua madre che pregate San Gennaro!! AHAHAHAHAHAHAH!!!-
Sorrido e gli butto un cuscino in faccia –Smettila!-
Ma lui continua a ridere.
Michael ritorna al suo posto soddisfatto.
Rita mi guarda con la bocca spalancata.
Guardo di nuovo Michael che mi fa l’occhiolino.
Oh no.
-Oh mamma!- esclama Rita.
Josh si riprende dalle risate e si asciuga le lacrime.
Continua a guardare Rita terrorizzata.
Che Michael le abbia raccontato di Elvis Wood?
-Garcia, cos’è questa storia del sosia di John!?!?-
Mi porto una mano alla fronte e sorrido –Michael ti odio-
-Oh, Garcia, mi offendi!-
Josh sorride malizioso –Cosa aspetti a raccontarle il vostro incontro, Garcia?-
 
 
Mondo Nutopiano:
Ciao! Finalmente sono riuscita a scrivere un capitolo senza lacrime.
Ho cercato si renderlo il più felice possibile, nonostante i rimasugli della tristezza per la Sua morte.
E sapete benissimo di chi parlo.
Finalmente Garcia sa il nome del misterioso uomo in bianco.
Elvis Wood.
Chi è quest'uomo?
Perchè assomiglia così tanto a John?
E quella bambina che dice di essere sua nipote?
Chi è lei?
Lo scoprirete nei prossimi capitoli, intanto Garcia combatte contro i film mentali dei suoi amici.
Ma se fosse veramente attratta in qualche modo da quell'uomo?
 
Peace & Love.
MelinAnima :3
 
*Piccolo spazio pubblicitario*
Infiniti ringraziamenti a:
Perdita (Sono stupita dal fatto che tu mi continui a leggere)
_Enya (La mia stolker notturna).
Andate a visitarle, sono ottime scrittrici!

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Capitolo 5
*** Chi l'ha detto che gli psicologi sono cattivi? ***


Chi l’ha detto che gli psicologi sono cattivi?

 

Sempre 13 Dicembre

-Ma è troppo evidente!!-
Rita continua a ripetere questa frase tra le risate generali.
Io non rido, OVVIAMENTE.
-Smettetela.-
Josh non ride molto, mi guarda ridacchiando malvagiamente.
Rita è stesa sul letto e ha le gambe sul petto e si cinge la pancia con le braccia, rotolandosi dalle risa.
Infine Michael cerca di non soffocare, facendosi aria col cuscino.
Aspetto che i ragazzi si riprendano continuando a sbuffare.
Mi vien da ridere a vederli, ma se ripenso a quello che mi hanno detto nell’ultimo quarto d’ora…
Ho solo voglia di buttare aria, sbuffando.
Credono che mi piaccia quel tipo.
Dicono che mi piacciono i vecchi.
Mi prendono in giro, insomma.
Ho provato a difendermi ricordando a Rita “la cotta” che aveva anni fa per John Lennon.
(Il sign. Wood, ormai, è il sosia ufficiale di John, quindi in quanto a bellezza sono allo stesso livello)
Michael però aveva ribattuto –Però quel tizio non è affatto simile a John! Ha il naso più grosso, gli occhi più piccoli, i capelli più lunghi e moooolte più rughe!-
E Josh –La voce poi è molto meno nasale e più profonda, molto più profonda… no, non assomiglia a John!-
Io trovo ancora che assomigli e dopo averlo confessato sono scoppiati a ridere.
Credo che quelle frasi le abbiano dette solo per esorcizzare il pensiero che Elvis Wood sia in realtà John Lennon.
Neanche a me piace pensare che Elvis sia Lui, ma non posso dire che non Gli assomigli!
Mi sento un po’ tradita, prima esclamano “Oh mio Dio ma è John Lennon?!” e dopo dicono che è completamente diverso!!
Sbuffo di nuovo.
Adesso, continuano a ripetere che mi sono “bruciacchiata” e io comincio a stufarmi.
-Quando avete finito avvisate eh?- sbuffo un’altra volta.
Michael cerca di smettere -Non fare così! Ihihihih… Non è poi così male ihihih!-
Sbuffo.
-Smettila di sbuffare- Josh si fa improvvisamente serio –Anche perché lo posso fare solo io!-
Rita, ormai presa dalle risate, ride ancora di più e si piega in due.
Michael si asciuga le lacrime.
Rita sembra non respirare più.
Josh sorride ma d’un tratto lo vedo pensieroso.
Mi guarda.
Distolgo subito lo sguardo e torno a guardare Rita –Riprenditi!-
Mi risponde con altre risate.
E’ rossa in viso e piange.
Michael sospira e riprende aria –Ok, ok… basta!!-
Rita si ferma piano e respira profondamente, asciugandosi le lacrime -Ah! Che risate Garcia!-
-Oh si, guarda, mi sto divertendo un mondo!-
-Garcia, comunque te lo devi dimenticare quel tizio- dice Josh molto seriamente.
Lo guardo un attimo.
Sembra preoccupato –Già fatto-
Il silenzio regna nella stanza.
Michael si guarda l’orologio –CAZZO!-
-Che c’è?-
Si alza e velocemente si avvia verso la porta –Il lavoro!!-
Noi ridacchiamo sotto i baffi.
Michael se ne va correndo salutandoci velocemente.
Rita, Josh e io rimaniamo in silenzio sentendo la porta principale chiudersi.
–Mr. Puntualità ha fatto cilecca!-
Segue silenzio.
Josh mi fissa pensieroso e Rita cerca qualcosa nel mio sguardo.
Forse vogliono un segnale, una risposta ai loro dubbi amorosi.
Mi sento a disagio.
Perché non mi credono mai?
Un grande sconforto mi avvolge.
-Che c’è Garcia?- chiede Rita immediatamente.
Non la guardo, non fanno altro che chiedermi che ho.
Eppure non è tanto difficile da capire.
Ho paura, ecco cos’ho.
Ho paura di tutto!
Da quando Lui è morto, mi sento come sperduta, sfrattata, derubata… uccisa.
Ed è colpa mia.
Poi ci sono loro: gli amici che non mi credono e vogliono portarmi da uno psichiatra.
Mia madre che non fa altro che pregare.
E Elvis.
Chi è quell’uomo? Perché Gli assomiglia tanto? Perché quando ho guardato i suoi occhi ho guardato gli occhi di John? Perché deve essere così maledettamente…
Basta, Garcia.
I tuoi amici ti prendono in giro, non cogliendo la profondità del suo sguardo.
Perché sono l’unica ad aver visto John, in quell’uomo?
Perché continuo a farmi domande inutili?
-Niente Rita… mi spieghi la storia dello strizzacervelli?- rispondo finalmente alla domanda della ragazza.
Di tutta risposta boccheggia, guarda Josh, guarda me e dice –Conosco… uno molto bravo e…- ma non fa in tempo a concludere la frase che mi chiede –Non sei d’accordo vero?-
-Assolutamente no-
Rita scuote la testa -Lo sapevo-
Josh tace da troppo tempo –Non hai commentini stupidi o battute sarcastiche da fare?-
Mi guarda allibito –No! Perché?-
-Ah niente. Dimmi, Rita- mi volto verso di lei –Com’è questo psicologo?-
Rita mi sorride –Vuoi andarci?!-
-Assolutamente no-
-Oh… comunque, è molto bravo, si fa pagare poco e aiuta veramente la gente-
-Nome?-
Rita mi guarda incuriosita –Vuoi andarci di nascosto per caso?-
-Assolutamente no…-
-Non è vero!-
Maledetti puntini di sospensione!!
-Senti: non ho bisogno di uno che mi analizzi il cervello! Io sto bene, più o meno. Ho solo bisogno di perdono e di…- di cosa ho bisogno?
-Di..?- Rita e Josh mi fissano incuriositi.
Non li guardo, cerco di concentrarmi.
Cosa voglio, io?
Mi preoccupo sempre di criticare quel che mi sta intorno, ma in realtà non so cosa voglio…
-Garcia? Sicura di stare bene?-
-Come hai detto che si chiama lo psicologo?-
 
 

14 Dicembre.
 
Garcia calmati.
Calmati Garcia.
Tamburello le dita sulle ginocchia.
In testa ho la voce di Ringo Starr.
Va tutto bene.
Batto il piede a ritmo.
La segretaria seduta alla scrivania, vicina alla porta, scrive tranquillamente.
Tutto è silenzioso.
Garcia, calmati, per favore!
Tutto è troppo silenzioso.
I like to be… under the sea…
Forse se canticchio l’’emozione passa.
Si, certo, così faccio una figura di merda stonando davanti la segretaria.
Che poi chi canterebbe in una situazione del genere!?!
Mi devo calmare, ora, altrimenti…
I miei pensieri si fanno sempre più supplichevoli.
Ho paura di paralizzarmi col solito sguardo da ebete!
Perché ho accettato?
Perché sono qui?!
Rita mi ha convinta.
Ci sono venuta, ma adesso sono profondamente pentita.
Cosa gli racconterò?! Non sono mai andata da uno strizzacervelli di nome Gassman!
Ora mi alzo e me ne vado, non ce la faccio più.
-Entri il paziente- la voce irritante della segretaria si diffonde per la stanza vuota.
Schiarisco la voce -Toc-c-a a m-me?- cavolo tremo!
Mi guarda da sopra i suoi lunghi occhiali e alza il sopracciglio -Vede qualcun altro?-
Sospiro e mi alzo.
Cammino a testa alta verso la porta in legno scuro.
Mi fermo e afferro la maniglia con convinzione.
Sento un brivido percorrere la schiena.
Busso.
-Avanti-
Me lo immagino già: grosso con i capelli più lunghi del normale, la barbetta scura, degli occhi piccoli nascosti da dei spessi occhiali e un sorriso giallastro. Molto stile anni 70!
Respiro profondamente, il cuore va più veloce di quanto dovrebbe.
Sento la mente leggera, come se ho appena fumato una sigaretta.
Peccato che io non fumo ormai da qualche mese…
-Chi è?-
La voce rimbomba da quella stanza, fino a superare la porta e arrivare alle mie orecchie.
La segretaria lascia la penna –Guardi che deve aprire la porta e entrare-
-L-lo s-s-so- balbetto.
Cazzo, lo sapevo! Mi sono paralizzata!
Sento dei passi da dietro la porta.
No no no no no, non venire qui!!
La porta si apre.
Io scappo.
Ma come faccio? Sono immobile, terrorizzata.
Davanti a me si presenta un uomo alto, magro, con i capelli mossi e brizzolati e una leggera barbetta grigia e curata sul mento.
Gli occhi sono magnetici, grigi e magnetici.
E’ vestito molto elegantemente, un abito tutto nero, come se avesse un appuntamento importante.
Deve avere all’incirca 40-50 anni, non di più.
Mi guarda e sorride –Dai, Garcia, entra…-
Che voce profonda! Mi fa venire i brividi.
Ma rimango immobile –S-s-a i-il m-m-m-mi-i-o no-oom…- non riesco a finire la frase!
Tremo come se fossi affetta dal morbo di Parkinson!
-Strano, Rita non mi aveva detto che fossi balbuziente!-
Sorride ancora di più, quasi divertito, ma con dolcezza.
Arrossisco, spero che non se ne accorga, e tremo ancora di più.
Con un gesto del braccio mi invita ad entrare.
Lo guardo negli occhi.
Sono grigi, non dicono molto, ma il suo sorriso è incoraggiante.
Riesco a muovermi e cerco di non tremare più.
Entro a piccoli passi nella stanza enorme.
Il parquet, le poltrone, i fiori, le grandi finestre che lasciano entrare i raggi del sole, addirittura anche una TV!
Mi fanno sentire a casa.
Ammiro la stanza mentre la porta dietro di me si chiude.
Un brivido mi passa per tutta la spina dorsale.
Non riesco a rilassarmi, sono troppo nervosa.
L’uomo si avvia verso una poltrona e si siede.
Lo fisso immobile.
Cosa mi vuole fare? Cosa farò io adesso?
-Puoi cominciare col sederti- mi legge nel pensiero?
Sorrido goffamente e mi avvio a passo di robot sulla poltrona più lontana da quell’uomo.
L’uomo sospira, sorride, mi guarda e… si alza.
Che fa?! No, non venire qui!!!
Si siede sulla poltrona vicino la mia –Ti sei seduta sulla poltrona più lontana dalla finestra-
-Ehm…- è vero! Non ci avevo fatto caso.
-Lontana da me-
Arrossisco.
L’uomo sorride –Facciamo così..- avvicina ancora di più il suo bel viso.
Riesco a sentire il buon odore del suo dopobarba -..io ritorno a quella poltrona e cominciamo a chiacchierare, così ci conosciamo un po’, vuoi?-
Rimango allibita.
Se ho capito bene, dobbiamo chiacchierare da un punto all’altro dell’enorme stanza.
Annuisco nervosamente.
L’uomo si alza e tranquillamente si va ri sedere sulla precedente poltrona.
-Mi chiamo Antonio Gassman, piacere di conoscerti, Garcia!-
Sorrido –Piacere mio!-
 
********************************************************************************************
 
Quest’uomo è la persona più simpatica che io conosca!
Per circa dieci minuti non ho fatto che ridere!
Incredibile, ero venuta a parlare dei miei problemi e invece abbiamo divagato nei discorsi più assurdi!
E’ simpatico, divertente, affascinante, sarcastico o ironico, paziente, premuroso e carismatico!
Ok, Garcia, calma la risata e riprenditi!
L’uomo mi sorride, come ha fatto per tutti questi dieci minuti -Vedo che ti sei divertita!-
-Già, lei è proprio simpatico!-
-Garcia, t’ho detto di darmi del tu…-
-Ops!-
-Comunque, è meglio che tu vada, s’è fatto tardi-
-Cosa? Ma non è passata nemmeno mezz’ora!- sorrido.
Lui ride e mi indica l’orologio.
Altro che dieci minuti! Sono stata un’ora abbondante in questa stanza!
-Oh!-
-Si, “Oh!”, è molto tardi- fa lui sorridendo.
-Sono stata proprio bene, Antonio- è italiano, per questo si chiama così.
Si alza e da una libreria prende un taccuino e una matita consumata.
-Allora, quando ci vediamo?- fa lui.
-Scusa, ma l’appuntamento non lo dai tu?-
Mi guarda perplesso –E… no!-
Rimango stranita –Per me… va bene domani-
-Vada per domani!- e scrive sul taccuino.
Mi alzo e prendo il cappotto –Posso farti una domanda?-
Appoggia il taccuino con matita sulla libreria e si avvicina sorridendo –Sono tutt’orecchie!-
-Cos’ho?-
Esita a rispondere e poi dice –In che senso?-
Perché faccio domande stupide –No, niente!-
-Adesso voglio saperlo!-
Lo guardo negli occhi, quegli occhi grigi che prima non mi dicevano niente, ora erano illuminati da una strana luce –Qual è il mio problema?-
Lui sorride e mi cinge le spalle con le sue grandi mani –Garcia, tu non hai problemi, sei convinta di avere problemi. Oggi ho capito che sei una ragazza molto insicura di te, che si arrende subito, ma comunque piena di vita! So che hai ancora molto da dirmi, infatti credo che tu abbia sorvolato sul tuo vero dilemma. Ma un giorno me lo dirai, quando tu sarai pronta- mi stringe in un abbraccio.
Arrossisco –I-insomma… lei non ha capito ancora che cos’ho…-
Ride di gusto e scioglie l’abbraccio.
Mi guarda e mi pizzica il mento –Non darmi del lei- sussurra.
Sorrido.
Mi avvio verso la porta, ma prima di salutarci dice –Che strano però… da quella poltrona così lontana dalla finestra, sei arrivata a quell’altra, quasi attaccata alla mia!-
Rido –Grazie!- e ci salutiamo.
Esco dalla stanza continuando a sorridere.
La segretaria che prima sembrava tanto antipatica mi sorride e dice –Buonasera-
-Sera!-
Esco dal palazzo continuando a sorridere.
Ho un nuovo amico, ed è veramente fantastico.
Non ridevo così da giorni, da quando avevo assistito alla morte di John.
John.
La tristezza torna.
Non ho voluto dire ad Antonio dell’assassinio.
Mi lascio avvolgere dal senso di colpa.
Il viso torna cupo.
Non vedo l’ora che arrivi domani.
Mi avvio verso una cabina telefonica e cerco nelle tasche del giubbotto qualche spicciolo.
Infilo la moneta e compongo il numero –Pronto?-
-Hey Lovely Rita!-
-Garcia!- l’urlo di Rita nel mio orecchio non giova all’udito.
-Evita di urlare quando siamo al telefono…-
Mi ignora –Com’è andata? Avete parlato? Ti sei divertita? Ti ha fatto ridere, vero?-
Sorrido mentre lei mi fa la lista di domande, ma temendo che il tempo a disposizione finisca la fermo –Rita è andata benissimo, dopo ti racconto! Ti ho chiamato per chiederti di venirmi a prendere… non ho un mezzo di trasporto e casa di mia madre è lontana-
-Dormi di nuovo da tua madre?!-
-Si, almeno finchè non trovo i soldi per pagarmi l’affi..- la mia voce si spegne piano piano.
-Garcia? Garcia ci sei? Va beh, vengo li, aspettami! Click. Tu tu tu tu tu...- non do retta ai rumori nella cornetta.
Rimango con la bocca a fissare una panchina illuminata dal sole del tramonto del piccolo parco di fronte.
LUI.
Appoggio la cornetta e continuo a fissarlo, nascondendomi dietro la cabina.
Che ci fa lui qui? In questa zona così lontana da dove l’ho visto la prima volta?!
Il mio cuore perde un battito.
Mi guarda! E sorride con quel bellissimo sorriso, tanto familiare.
Mi manca il fiato.
Come fa a vedermi da così lontano?
Perché mi fissa e mi sorride?!
Un possente labrador nero lo raggiunge portando in bocca un ramo.
Lo accarezza tra le orecchie, sorridendo e gli lancia di nuovo il ramo.
Esco dalla cabina.
Sono sicura, ormai, che ormai mi abbia visto.
Continuo a fissarlo fregandomene di fare una brutta figura.
Provo quasi rabbia, nei suoi confronti.
Perché lo vedo ovunque? Cosa vuole da me Elvis Wood?


Mondo Nutopiano:
Salve salvino! *prende i baffi alla Ned Flanders*
Stavolta ho pubbblicato io il capitolino.
Sono Ned Flanders e sono felice che voi leggiate questa storina ina ina!! *saltella entustiasta*
Ok, basta cretinaggini.
*si toglie i baffi*
Garcia ha accettato di andare dallo strizzacervelli con quel cognome strano.
ANTONIO GASSMAAAAAN!
Io amo questo nome  e non chiedetemi perchè.
Non è assolutamente come Garcia se lo immaginava, no no!
Scoprirete poi cosa si cela dietro questo "simpatico" personaggio, non affezzionatevi!
E poi? C'è Elvis.
C'è sempre Elvis e capirete solo domani, quando posterò il nuovo capitolo, perchè.
Vi amo!

Peace & Love.
MelinAnima :3


*Piccolo spazio pubblicitario*
Un profondo e simpatico "PreGRAZIE!" a:
Perdita che non capisco perchè continua a complimentarsi.
_Enya ti aspettavo a un orario molto più indecente, ma non fa niente!
E la nuova lettrice ;ObladiOblada *__*

 

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Capitolo 6
*** Ecco chi era il mio assassino! ***


Ecco chi era il mio assassino!
 
 
Sempre 14 Dicembre.
 
Mi maltratto le mani e mi mordo il labbro.
Segni inequivocabili di nervosismo.
-Ciao!-
Alzo lo sguardo e il mio cuore perde un secondo battito.
Ma subito dopo riprende la sua pazza corsa.
Che occhi profondi e allegri..
Che sorriso felice e dolce…
Che bel viso illuminato dal sole!
E i capelli leggermente ricci, quasi biondi gli circondano il viso come una piccola cornice…
Su di essi è poggiato un cappello con visiera stile “Help!”
Ha anche grossi basettoni scuri, come quelli Suoi.
Rimango incantata a osservarlo per un bel po’.
Garcia riprenditi! Ti ha appena salutato.
-Ciao Jo..Elvis...- sussurro con imbarazzo –Posso?-
-Certo!- e mi fa spazio sulla panchina.
Mi siedo a gambe strette, con molto imbarazzo.
Lui mi sorride e si volta per cercare con lo sguardo il cane.
Lo fisso in continuazione e so che lui se ne accorge.
E’ vestito di bianco.
Giacca, pantaloni, calzini e cappello bianchi, camicia e scarpe neri.
Il suo fisico è così simile a quello di John!
Come fanno i passanti a non accorgersene?
Continuo a guardarlo con ostinata ammirazione.
E’ così bello.
Lui evita di guardarmi e continua a cercare il cane.
Finalmente riesco a distogliere lo sguardo e guardare gli alberi davanti a me.
-Come va?- fa lui.
Cerco di non distogliere lo sguardo da un nido di gazze ma è più forte di me.
Voglio vedere i suoi occhi, ne ho bisogno!
Volgo lo sguardo al suo viso, sempre sorridete.
Rimango incantata per un attimo –Bene- e sorrido –Come sta sua nipote?-
-Mia nipote? Ah! Mia.. nipote si! Sta bene, molto bene!-
Annuisco e abbasso lo sguardo.
Lui torna a cercare il cane.
Devo dire qualcosa, non voglio andarmene e non voglio nemmeno invitarlo subito per un caffè.
Che dico!??!
Il tempo. 
No… troppo banale.
Il can…EHI MA CHE COSA!?!?
-Ah eccoti Hanoi!-
Guardo la cosa che mi sta leccando la faccia,  arrivata in un millesimo di secondo dalla parte opposta dove Elvis guardava.
Il padrone mi guarda ridendo -Le stai simpatica!- 
-Ok! Ma adesso me la puoi togliere dalla faccia?!-
E’ ENORME!
Elvis la mette a cuccia e mi sorride –E’ sempre così con gli estranei!-
Cerco un fazzoletto nel giubbotto –Beh almeno non mi ha azzannato…-
Continuo a cercare il fazzoletto ma non lo trovo.
E non glielo voglio assolutamente chiedere!
-Già… è una brava cagna!-
-Bravissima- 
Notando il mio disaggio per mancanza di carta, mi porge un fazzoletto candido e morbido di profumata seta.
Lo guardo un attimo -E dovrei usare questo fazzoletto per pulire la bava?!-
Lui ride –Si! Perché no?-
-Perché è… bello!-
-E solo perché è bello non lo vuoi usare?-
-Si rovinerebbe-
-E’ solo un fazzoletto!-
Scuoto la testa e mi alzo –Vado a cercare un bar con un bagno provvisto di carta igienica-
Lui scocca la lingua in una smorfia come per dire “Ma sei scema?”.
Mi prende il polso e mi tira a lui, facendomi sedere sulla panchina.
-Se non vuoi pulirti il viso con questa pezza lo farò io!- dice passandomi il morbido tessuto sulla guancia e tenendomi il viso da sotto il mento.
Arrossisco se ne accorge, lo so, ma fa finta di niente.
Dove cappero corre il mio cuore?! Torna qui!
Mi passa la pezza sulla fronte con dolcezza e sorride.
-Vedi un po’ se dovevi andare fino a un bar per pulirti il viso!- dice passando all’altra guancia.
Chiudo gli occhi e sospiro.
Appena finisce mi tocco una guancia con due dita e mi allontano velocemente dal suo viso.
-Grazie-
Il cuore va così veloce che non lo sento più.
-Figurati!- dice tranquillo.
Accarezzo la bestiola vicino a lui –Come hai detto che si chiama?-
Sorride –Hanoi-
-Che strano nome per un cane..- il cane mi fissa e tira fuori la lingua –Simpatico però-
Elvis continua a sorridere.
-Io non ho mai avuto un animale, mia madre dice che non è giusto obbligare un essere vivente al guinzaglio-
Elvis mi guarda divertito –Tua madre è una specie di hippie vero?-
Annuisco.
-Gli hippie, secondo me, sono persone un po’ matte. Hanno belle idee ma esagerano..-
-Anche secondo me è così- ci guardiamo a lungo negli occhi.
-Per me è importante la pace e l’amore, ma più che hippie sono semplicemente pacifista-
Rimango in silenzio, ho paura di confessargli le mie idee.
Secondo me è solo una fantasia, la pace.
L’uomo è troppo impegnato a contare i soldi per volere la pace.
-Giusto- dico poco convinta.
L’uomo sembra agitarsi –Ehm vuoi venire a prendere un caffè?- si alza.
Mi preoccupo un po’ ma sorrido –Si- mi lazo anch’io e l’uomo attacca il guinzaglio ad Haoi.
Ci avviamo verso il centro.
Penso un attimo a Rita, ma mi convinco subito che appena non mi vedrà penserà che mi sono fatta una passeggiata.
Spero.
Io e Elvis cominciamo a chiacchierare come vecchi amici.
E non lo dico solo per modo di dire, lo dico proprio perché sembriamo vecchi amici.
Sembra che lui conosce tutto di me e io conosco tutto di lui.
E’ simpatico, ogni tanto fa una battuta divertente.
Ma non è come John.
John era l’incarnazione dell’umorismo Nonsense.
Elvis è più serio e ha un umorismo più.. calmo.
Sorridiamo per tutto il tragitto.
Si fa sera.
I lampioni, i manifesti pubblicitari e le luci dei negozi si accendono poco alla volta illuminando la Grande Mela.
Mi guardo intorno -Ah, New York a quest’ora non mi piace molto… mi manca la quiete del Mississipi-
-Capisco che hai passato un’intera estate nel Missouri, ma non puoi dire che New York non ti piace!-
-Non ho detto che non mi piace, ho detto che non mi piace molto a quest’ora-
Elvis si ferma e stringe un pugno avvicinando i suoi occhi ai miei e fissandomi intensamente.
-E invece è proprio a quest’ora che New York si mostra, togliendosi la maschera di una città di semplici affaristi! A quest’ora New York VIVE!-
Avvampo improvvisamente sull’ultima parola, detta con più intensità negli occhi.
Lui sorride e io balbetto –V-va be-e-ne… mma ad-esso pu-o-oi all-o-ntan-narti?-
Ride e si allontana –Scusami!- dice con un sorriso.
-No è che… Ti fai prendere troppo dall’argomento..- dico imbarazzata.
Si porta una mano dietro la nuca –E’ vero! Ma non ci posso fare niente, son fatto così-
-Meno male- sussurro sorridendo.
-Cosa?-
-Niente niente!- arrossisco di nuovo.
Ci fermiamo a un bar e ordiniamo un caffè.
Ci sediamo a un tavolo e nell’attesa chiacchieriamo.
La TV è accesa e mandano il telegiornale.
Elvis, nonostante la nostra discussione sui nostri caffè preferiti, continua a fissare lo schermo con preoccupazione.
-Che hai?- dico dopo un po’.
-Temo che parlino di nuovo di m…- ma si ferma.
Sono curiosa -Di m… cosa?-
-Di.. Oh no! Lo sapevo!- guarda la TV sconsolato.
Mi giro per vedere, ma ritorno subito nella posizione iniziale.
-Odio quella foto- dico con un ghigno.
Elvis guarda la TV con attenzione, ignorandomi.
-Perché?-
No, non mi ignora –Perché quella è l’ultima foto di John Lennon, nel quale firma un autografo al suo stesso assassino- gli occhi si fanno di nuovo lucidi.
Elvis sussulta e comincia ad avere il respiro affannoso.
Guarda la TV confuso e si immerge nei pensieri.
Sembra arrabbiato, terrorizzato, confuso e un sacco di altre cose!
Mi preoccupo sul serio e ignoro la lacrima che ho sul viso -Ehi che hai?!-
-I..io.. n-niente!- dice continuando a respirare affannosamente.
La fronte corrugata e gli occhi spalancati però mi dicono tutt’altro.
-Non è vero, dimmi cos’hai- mi asciugo la lacrima.
Elvis mi guarda spaventato –Ecco chi era il mio assassino!-
-COSA?!-
La mia voce si spegne nel sonno.
 
 
15 Dicembre.
 
Ecco chi era il mio assassino!
Ecco chi era il mio assassino!
Le parole di Elvis Wood mi risuonano in mente e cerco di cacciarle via.
Ecco chi era il mio assassino!
Apro gli occhi e mi ritrovo nel letto di casa di mia madre.
Come ci son finita qui?!
Ero in un bar poco fa!
-Mamma?!-
La donna accorre velocemente –Garcia! Sei sveglia grazie al cielo!-
Si inginocchia vicino a letto –Come stai?-
-Che è successo!?-
-Sei svenuta in un bar, un uomo ha chiamato Rita che ti ha portata subito qui!-
Respiro affannosamente.
Sono sudata e ho le palpitazioni.
Elvis deve aver chiamato Rita.
Ma come faceva a sapere il suo numero?
Ecco chi era il mio assassino!
Che significa questa maledetta frase?!
-Devo andare da Elvis!- mi alzo dal letto.
-Elvis?! Elvis è morto!-
-COSA!?-
Elvis, è morto?! E come?! Quando!?
-Nel ’77!- esclama mamma preoccupata.
Garcia riprenditi, sta parlando di Elvis Presley!
-Non Elvis LUI!-
-E chi!?-
Noto che sono vestita, quindi mi infilo subito il giubbotto e apro la portiera del camion.
-Dove diamine vai!?-
-Da Elvis Wood!-
Corro fuori ignorando le urla di mia madre dal furgone.
Dove lo posso trovare?!
Ma certo! Alla sede del Rolling Stone! 
Elvis mi aveva accennato di lavorare li.
Speriamo di trovarlo.
Si, ma è lontano… come faccio ad andarci?
Mi fermo.
Semaforo rosso, maledizione!
Non posso aspettare…
Corro verso l’altra parte della strada.
Una macchina rischia di investirmi ma si ferma.
Sento chiaramente gli insulti degli automobilisti.
Corro verso il locale.
Chissà se troverò…
-Garcia!-
Cazzo non ora!
Continuo a correre ma lui mi prende per il polso –Ehi dove scappi?-
-Scappare? Da chi? Da te, Phil?!- rido –Ma vai a farti un bagno, anziché rompere a me i coglioni!-
Detto questo mi libero dalla presa di Phil e corro verso la porta del locale.
-Puttana!- mi urla.
Sorrido –Che stronzo, eh John?-
D’improvviso mi ricordo il giorno in cui mi difese.
Che grande uomo!
Apro la porta del locale –RAGAZZI!!-
Josh cade dalla sedia –Ah-
E’ l’unico in stanza –Non perdere tempo, mi devi dare un passaggio in macchina!!-
Si massaggia il sedere –Perché? Dove?-
-Alla sede del Rolling Stone!-
-DOVE?!-
-Non mi far ripetere due volte la stessa cosa! Muoviti!-
Prendo il suo cappotto dal divano e glielo lancio, si alza e mi raggiunge perplesso.
-Beh?! La macchina, dov’è!?- esclamo spazientita.
-Garcia, ma che ti prende?! Oh! Aspet..- lo spingo fuori dalla casa e mi chiudo la porta dietro.
Si avvia verso la macchina sbuffando e tirando fuori le chiavi.
Io corro e mi c’infilo dentro.
Piccolina, ma almeno va più veloce dei piedi!
Infila le chiavi e tranquillamente entra.
Mooolto lentamente avvia il motore –Con comodo eh!- sbotto.
-Vuoi che vada più veloce?- 
-Si porca vacca!-
Sorride malizioso, mentre cambia la marcia.
Mi pento di quel che ho detto –No no no no NOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!-
Spinge l’acceleratore al massimo e la macchina vola.
90 allora in città OH DIO!
-JOSH VAI PIU’ PIANO!- piagnucolo tra le urla.
Josh ferma improvvisamente la macchina e io prendo una bella botta in testa.
Miracolosamente non c’è stato nessun incidente e siamo davanti un semaforo rosso.
Ansimo -Cazzo Josh potevamo rimanerci stecchiti!-
-E’ la vendetta per avermi fatto cadere dalla sedia, Garcia- 
Rido –Che bastardo!-
Ma torno subito seria.
Ecco chi era il mio assassino!
Ancora quella stramaledetta frase.
-Perché vuoi andare al Rolling Stone?-
Ma non lo sto a pensare.
Penso a Elvis… o John… o chi diavolo è!!
E se fosse Lui?!
Dio che batticuore!
-Garciaaaa?!?!-
-Eh?-
-Mi spieghi cosa succede?-
-Sei sicuro che Elvis Wood non assomigli a John Lennon?-
-Si! Ma che c’entra?-
-Si uguale pensi che Gli assomiglia?-
-Si uguale sono sicuro che NON Gli assomiglia!-
Sospiro e mi rilasso sul sedile –Sicuro sicuro?-
La macchina riparte –Garcia che ti prende?-
Guardo Josh concentrato sulla strada e comincio a raccontargli tutto.
-…Allora ha detto “Ecco chi era il mio assassino!” e sono svenuta. Oggi quella frase non mi si toglie dalla testa!-
La sua bocca è a forma di O.
-Josh di qualcosa!- sono disperata.
-E che devo dire? Siamo arrivati?-
-Davvero?!- mi volto verso il finestrino.
-No-
Gli do una spinta –STUPIDO!-
-Quello ha detto sul serio “Ecco chi era il mio assassino!”?!?-
Annuisco.
-Non è che ha detto “Aspetta che ti do un bacino!”?-
Ride.
Gli do un’ altra spinta, più forte –Non fare il coglione, è un fatto serio-
-La verità è che ti sei sognata tutto-
-Se certo!-
-Come ha fatto a vederti dentro la cabina telefonica da così lontano?-
-Non lo so!-
-Uno sconosciuto ti chiederebbe mai di prendere un caffè?-
-Si!-
-Non dire stronzate! Qui a New York se uno ti chiede di prendere un caffè, vuol dire che gli deve puntare una pistola in bocca!-
-Josh! Io mi fido di lui!-
Josh mi guarda basito e esclama –Cosa cosa cosa?!-
-Cosa, cosa?-
-Cosa hai detto!?-
Sbuffo -Emme-i effe-i-di-o di-i elle-u-i!!-
-Tu che ti fidi di qualcuno? Impossibile, un motivo in più per essere stato solo un sogno!-
-Ma che sogno e sogno!-
-GARCIA E’ IMPOSSIBILE!- 
Mi fa saltare sul sedile, quell’imbecille!
-Josh!-
-Non può essere John Lennon e sai perché?! PERCHE’ E’ MORTO!- è incazzato.
Incazzato.
No, non sono affatto d’accordo! Non deve essere incazzato con me!
Ma con Elvis!
-Senti è quel tipo uguale a John che mi segue ovunque e dice “Ecco chi è il mio assassino!”. Non sono io!-
-E invece si, sei tu!-
Ormai urliamo.
-Da quando John è morto sei cambiata, sei completamente impazzita! Dici di essere la sua assassina, lo vedi ovunque e ora sbuca anche questo qua che GUARDACASO solo tu riesci a vedere una somiglianza!-
Apro lo sportello dell’auto e Josh si ferma bruscamente.
-Che fai? D-dove…?-
-Fottiti Josh-
Sbatto lo sportello dell’auto ma mi segue a passo d’uomo.
Apre il finestrino –Garcia è lontano, non puoi pretendere di andare a piedi!-
-Prenderò un bus-
Si fa un po’ più avanti e parcheggia.
Esce dall’auto e mi raggiunge ma io lo respingo.
-Scusa- mi dice mentre mi allontano.
Mi fermo.
Josh si è appena scusato con me!
E non l’ha fatto con ironia, ma con profonda sincerità…
Corro di nuovo indietro e gli salto al collo.
Mi appoggio al suo petto –Giurami che non dirai più quel che hai detto-
-Lo giuro-
Sorrido, lo guardo, sorride.
Gli do un bacio sulla guancia.
Si stacca dall’abbraccio e dice –Allora? Vuoi salire in auto o no?-
Corro in macchina –Muoviti devo andare..-
-Al Rolling Stone, lo so, lo so!-
 
-Mi scusi, lavora in questo posto un signore che si chiama Elvis Wood?-
-Elvis?!- esclama la segretaria strillando –Che vuole da lui!?-
-Ehm.. niente! Devo parlargli!-
La ragazza diventa improvvisamente rossa –Si certo- bisbiglia – terzo piano stanza sei-
Sorrido –Grazie!-
Faccio un cenno a Josh, rimasto fuori, in macchina e mi avvio verso l’ascensore.
Che posticino simpatico: c’è un sacco di gente che ride e gira per i corridoi.
Molto allegro e colorato.
Molto anni 70!
Vado in ascensore e li sembra esserci tutto il personale.
La donna delle pulizie, lo stagista, il fattorino delle pizze eccetera.
Un po’ tutti mi guardano con le facce tipiche del “Chi è quella?”
La porta si apre e mi fiondo in corridoio cercando la stanza 6.
Stanza 4.
Stanza 5.
Un braccio mi ferma -Che ci fai qui?!-
-Elvis!-
-Si, è il mio nome, ma non è la risposta esatta!-
Si guarda intorno mentre i colleghi ci fissano.
Mi lascia il braccio.
-TI devo parlare-
-Entriamo nello studio-
Stanza 6.
Entro e… wow!
Questo posto è il paradiso.
-Questa stanza è…-
-Colorata?-
-Psichedelica!-
I muri sono colorati con tanti colori e decorazioni fatte molto bene.
Anche il pavimento rispetta il muro.
Sembra di essere in un ciclone e proprio in mezzo una normalissima scrivania.
-Dimmi tutto-
Guardo la stanza ancora incredula –Wow-
-Garciaa! Io sono qui!-
Mi passa una mano davanti agli occhi.
La prendo e  la fisso.
-Ma come..- dico delusa -..Non hai calli?-
Corruga la fronte –CHE?!-
-Non hai calli! Non sei un chitarrista!-
-Certo che non sono un chitarrista! Sono un giornalista!-
Ho le lacrime agli occhi.
Per un attimo avevo pensato che fosse Lui…
Esco fuori dalla stanza ma mi prende il polso e mi trascina dentro, richiudendo la porta.
-Che c’è!?- sbotto.
-Fammi capire: arrivi da casa di tua madre, che si trova dall’altra parte di New York, per venire qui a parlarmi. Guardi un attimo le mani e mi dici “Non hai calli” e te ne vai. Io ti riprendo e osi anche dire “Che c’è!?”!! Mi spieghi si o no quel che succede?-
Sospiro –Elvis, mi dispiace, avevo una stupida idea in testa…-
-Cioè?- sembra più calmo.
Faccio una smorfia –Pensavo tu fossi John Lennon!-
Lui rimane un attimo scosso ma poi ride.
-Non ridere di me!-
-Garcia, io SONO John Lennon!!-
-COSA?- 
La mia voce si spegne nel sonno.


Mondo Nutopiano:
Shao! Ho scritto il capitolo, finalmente, è stata una tortura.
Oltre ai vari ostacoli familiari, ci si è pure messa in mezzo l'ispirazione.
Ed ecco il risultato: Na merda -.-
Ho fatto di tutto pur di pubblicare oggi il capitolo, ho supplicato mia madre.
E ha accettato.
*Ringrazia Dio*
Vi prometto che il prossimo sarà più bello.
Questo mi pare quasi... inutile.
Io odio scrivere capitoli inutili!

Peace & Love.
MelinAnima :3


*Piccolo spazio pubblicitario*
Ringrazio:
_Enya e ;ObladìObladà
Grazie ragazze! :)

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Capitolo 7
*** Chiarimenti (parte 1) ***


Chiarimenti
Parte 1
 
 
Sempre 15 Dicembre

 
E se adesso aprissi gli occhi?
Dove mi ritroverei?
Non sento niente, solo un rumore di pentole.
C’è un buon odore di frittelle.
Penso di essere stesa su una specie di letto.
E’ morbido.
Non posso essere da mia madre: lei non sa cucinare.
Nemmeno da Rita: la sua famiglia non mangia frittelle, solo piatti.. ehm… particolari.
Al locale assolutamente no!
Ma allora dove sono?
Credo che per saperlo devo aprire gli occhi.
Però ho paura di ritrovarmi in un posto sconosciuto..
No, non aprirò gli occhi finchè… 
Non lo so fin quando, ma adesso no.
Una voce familiare mi sussurra –Lo so che sei sveglia, apri gli occhi-
-No-
Elvis ridacchia.
O meglio, John ridacchia.
Ah! Non ci sto capendo più niente!
-Va bene- lo sento sedersi sul letto dove sono stesa io.
La sua voce è più profonda se ho gli occhi chiusi.
-Dove sono?-
-A casa mia-
Apro gli occhi.
Il mio cuore va veloce come non mai –Cosa..-
-Non dire quella parola che subito dopo svieni!- mi tappa la bocca con la mano.
Guardo la sua mano sul mio viso.
Respiro affannosamente, spalanco gli occhi e corrugo la fronte.
Il mio corpo intanto trema.
-Calmati- mi sussurra con un sorriso.
Ci provo ma.. ritrovarmi John Lennon (o chi diavolo è) a cinque centimetri dal naso e steso praticamente su di me NON AIUTA!
Si allontana e toglie la mano dal mio viso.
Mi guardo intorno. 
Mi trovo in una enorme stanza su un letto matrimoniale a baldacchino e un uomo bellissimo affianco a me.
-Che ci faccio qui?-
-Sei svenuta-
-E perché mi hai portato qui?-
-Perché ora sai chi sono e mi devo assicurare che tu non lo dica a nessuno-
Rimango a bocca aperta.
Quindi non è una balla.
Lui è John Lennon!
-Ma.. sei morto, ti ho visto io! Eri steso a terra sanguinante…-
-Si, sono morto-
Mi alzo di scatto da letto –Sei un fantasma?!-
Ride di gusto –No! Quelle cose non esistono!-
-E cosa sei? Che vuoi? Perché sei qui?-
-Calmati e siediti sul letto se non vuoi un calo di pressione-
Obbedisco –Allora?-
-Adesso ti spiego tutto. Mettiti comoda che la storia è lunga..-
Mi stendo appoggiando la schiena al cuscino, anche lui si mette in quella posizione, vicino a me.
Mi sono calmata, ma questo non significa che il mio cuore è ormai andato.
-L’ultima cosa che mi ricordo è il tuo viso- mi guarda.
Cominciamo bene!
-Poi il buio. Riaprii gli occhi molto tempo dopo ma non ero ne in un ospedale ne a casa mia, ero qui. Vicino a me c’era Angela, quella che tu conosci come mia nipote. In realtà lei non è mia nipote, è la mia… guardia del corpo-
Lo guardo stranita –Guardia del CHE!?!?-
-Ascoltami e capirai: Lei mi disse che la mia vecchia anima era andata, morta, caput. Ora dovevo cominciare un’altra avventura in questo corpo. Fortunatamente il C.A. (Consiglio delle Anime) mi ha trovato un corpo simile al vecchio, e che si trova sempre a New York-
-Se ho capito bene, sei una specie di reincarnazione-
Annuisce –E il bello è che mi ricordo anche chi ero prima. Di solito la gente non si ricorda chi era nella vita passata, ma io mi ricordo-
-Vuoi dire che anch’io sono la reincarnazione di qualcuno? E poi perché non ti sei reincarnato in un bambino?-
-Si, tu sei la reincarnazione di qualcuno, ma ne tu ne io sappiamo di chi. Non pensare alla reincarnazione buddhista. Quella è solo una credenza, molto simile alla realtà. La reincarnazione può avvenire in qualsiasi persona: adulta o no. Dipende dalle esigenze…-
-Esigenze?-
Sospira –Si, le esigenze del C.A. Io non sono qui per caso, ho una missione, ma per ora non so qual è, la devo scoprire…-
Silenzio.
I pensieri nella mia mente si affollano.
Penso a tutto quello che mi ha detto:
Morte. Reincarnazione. Angela. Guardia del corpo. Anima. Caput. C.A. Reincarnazione buddhista.  Adulto. Esigenze. Missione. Scoprire. Silenzio.
-Perché mi segui?- sono ancora immersa nei pensieri, non so nemmeno io perché l’ho chiesto.
-Perché credo che Tu sia la mia missione-
Ci guardiamo negli occhi a lungo –Che vuoi dire?-
-Perché tu hai subito visto che sono John Lennon e gli altri no? Dimmi il tuo segreto!-
Il suo viso si avvicina pericolosamente al mio.
Rimango senza parole.
Il suo profumo entra nelle narici.
Sa di rosa.
Chiudo gli occhi.
-Almeno dimmi come hai capito che sono.. io!-
Ri apro gli occhi, e fisso i suoi.
Mi perdo di nuovo nella loro infinita profondità e dolcezza.
Sussurro –L’ho capito dai tuoi occhi-
Sospira e sorride.
(Finalmente) si allontana arrivando a una distanza decente.
Sorrido.
John Lennon è qui, vicino a me.
Cioè, la sua reincarnazione è qui… ma è pur sempre Lui!
Si alza dal letto –Angela!-
-Chi chiami?-
In quel momento entra nella stanza la bambina –Che c’è?!-
Non mi guarda e si dirige verso John.
E’ così piccola, così tenera!
-Non mi chiamare più tenera!- dice minacciosa verso di me.
MI HA LETTO NEL PENSIERO?!
-Si, se non l’hai capito non sono un umana!-
Rimango a bocca spalancata.
Qui siamo ai confini dell’assurdo!
La bambina sorride -Puoi scommetterci!-
-Oh mio Dio!-
Si volta verso John che cerca di trattenere le lacrime dalle risate.
Ma poi mi guarda con la coda dell’occhio –Comunque, tanto per la cronaca, anche lui può sentire i tuoi pensieri-
-COSA?!-
Stavolta non svengo.
-Dai Angela! Era un segreto!- sbuffa lui.
Ma la bambina dice –Ormai sa tutto, perché non questo?-
John mi legge nel pensiero!?
Vuol dire che in tutto questo tempo sentiva quel che pensavo!?
Vuol dire che ha sentito anche le “lodi” al suo viso!?
Vuol dire che ha sentito quando i ragazzi mi prendevano in giro sul fatto che mi fossi innamorata di lui!?
-Ehi, quest’ultima non la sapevo!- esclama.
Mi infurio –Smettila di ascoltare quel che penso!!-
Ride di gusto e poi si siede sul letto –Angela, che dobbiamo fare con lei?-
-Tenerla qui-
-Si, hai ragione-
-Scusatemi, ma vorrei anch’io esprimere un’opinione sul mio futuro da rinchiusa!- li interrompo.
John mi guarda comprensivo -Garcia, non puoi uscire, ormai sai tutto, se la notizia si diffonde..-
-Ma io non dirò niente a nessuno, che motivo ne ho?!-
-Hai già detto troppo a Josh, raccontandogli che è successo ieri!- esclama Angela con stizza.
No comment.
Sul serio.
Non posso rimanere chiusa qui a vita! Ho l’appuntamento con Gassman, oggi!
Io scappo.
La bambina sale sul letto infuriata -E invece non vai da nessuna parte!-
-Ma Angela, io ho un appuntamento importante…- supplico.
-Ti consiglio di non andarci, a quell’appuntamento!-
E’ seria. Perché mi dice questo?
-Perché… oh uffa non posso dirlo!- sbuffa e scende dal letto.
John mi fissa con un filo di tristezza.
Angela si porta una mano alla bocca e evita il mio sguardo.
Mi alzo dal letto –Che succede qui?-
-Niente, Garcia..- dice John sorridendo -..Angela, non possiamo costringerla a rimanere qui..-
Angela sbuffa con più forza –Lo so!-
-E allora che si fa?-
-Potresti venire con me..- oso dire.
I due mi guardano perplessi.
Arrossisco –Va bene taccio-
-No no!- esclama Angela –Non è una brutta idea!-
Certo che lo è! Non posso andare da Gassman con la reincarnazione di John Lennon!
-Perché no?- John sembra offeso.
-Ma perché… sono discorsi privati quelli che faccio con lui…-
-Ma tanto posso ascoltarvi comunque!-
Ha ragione.
Dannazione.
-Modera i termini- 
-Sei sempre così simpatica?- sbotto.
Chi l’avrebbe mai detto che mi sarei trovata in una situazione del genere.
-Garcia, ora tu e io andiamo da Gassman..-
Oh uffa perché!? Non puoi!! 
Proprio oggi che dovevo raccontare a Gassman dell’8 Dicembre…
-Cosa è successo l’8 Dicembre?- chiede John.
-Ma come non lo sai?-
Fa cenno di no.
Sospiro –Lo saprai quando lo dirò a Gassman, ora andiamo che si sta facendo tardi…-
 
 
-Certo che Angela è proprio assillante!!- sbuffo con forza camminando.
John, al mio fianco, sorride –E’ fatta così-
-Non capisco come la sopporti! Da bella bambina è diventata un piranha!-
-Dai!- ride –Non è poi così male, credo…-
-E’ stata per dieci minuti a ricapitolarci le regole!-
-Non urlare-
Mi apre la portiera della macchina e entro come una furia.
Anche lui entra sempre sorridente.
Perché sorride?! Mi da i nervi!
Si fa improvvisamente serio e mi guarda mentre accende il motore.
-Ehm…- balbetto –Nno è che… tu puoi sorridere… ma…-
-Lascia stare!- e scoppia a ridere.
Rimango perplessa ma gli sorrido.
-Andiamo da Gassman su!- preme sull’acceleratore e la macchina parte.
Speriamo vada tutto bene…
 
Fine prima parte.

 
Mondo Nutopiano:
Scusate scusate scusate!!
Seeeempre per impedimenti materni posto questo capitolo a meta T.T
Però per farmi perdonare metto anche le foto dei personaggi :3
 
Garcia:
 
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Angela:
 
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Antonio Gassman:
 
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Eh si, proprio lui xD
 
Josh:
 
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Nel prossimo capitolo posterò anche gli altri.
 
*Piccolo spazio pubblicitario*
Grazie a:
_Enya e ;ObladìObladà.
Andate a visitarle, mi raccomando ;)

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Capitolo 8
*** "Ti voglio bene, mamma" (parte 2) ***


"Ti voglio bene, mamma"
Parte 2



Mi calmo un po’ e sospiro.
Guardo John.
I nostri sguardi si incontrano.
Arrossisco.
Giro la testa verso il finestrino.
Cavolo che occhi!
Non ci credo ancora che lui è Lui!
Ridacchia.
Merda ha sentito di nuovo i pensieri.
-Però non è giusto!- esclamo incrociando le braccia al petto.
Lui continua a ridere.
Sorrido anch’io –Sei sempre stato un uomo che amava ridere-
Sento un po’ di tristezza nella mia voce, spero non se ne accorga.
Lui smette di ridere e mi guarda sorridendo mestamente –Raccontami di me. Com’ero?-
Rimango con la bocca spalancata e gli occhi fuori dalle orbite.
Aspetta aspetta aspetta!
Cosa mi hai appena detto!?
-Non fare quella faccia! Sai benissimo quel che ti ho detto!-
Mi appoggio al sedile dell’auto –Ma scusa, sai chi eri e non sai com’eri?-
-Te l’ho detto: l’ultimo ricordo che ho, risalente alla mia vita passata, è il tuo viso, mentre morivo, e mi dicevi “Sei tu John?” e io “Si, sono io, Garcia” o una cosa del genere…-
-Quindi non ricordi niente di quello che hai fatto: tua madre, Amburgo, i Beatles, Yoko, le manifestazioni pacifiste…-
Scuote la testa –No-
Rimango abbastanza perplessa e faccio una smorfia.
C’è traffico fuori, che noia!
John sbuffa e guarda fuori –Non pensare al traffico!-
-Ma faremo tardi!-
-E chi se ne importa, anzi meglio! Io voglio sapere la mia storia..-
Sembra un po’ triste.
Mi guarda. Sembra un cane bastonato.
Vorrei tanto abbracciarlo per poterlo consolare.
Garcia, frena i tuoi pensieri che questo ti sente!
Sorride divertito.
-Ti diverti così tanto a sentire quel che penso?-
Annuisce.
Sospiro, ma con un sorriso mesto.
-La tua storia è cominciata a Liverpool, il 9 Ottobre del Millenovecentoquarantaa… non mi ricordo esattamente l’anno, ma dovrebbe essere all’incirca questo... 
Tuo padre non era presente al parto, tua madre è sempre stata una donna molto.. strana, però simpatica!
Quando eri molto piccolo i tuoi genitori litigarono e si divisero. Così tua zia Mimì ti prese con se insieme a tuo zio George… 
Tempo dopo hai rincontrato tua madre e vi siete divertiti molto. Tua zia non era molto d’accordo, ma di lei t’importava poco. Tuo zio George morì, invece. 
Tua madre era una donna… fantastica! Ascoltava il rock’n’roll e suonava. E’ grazie a lei che hai scoperto la musica!-
-Parli al passato per mia madre, è morta?-
Abbasso lo sguardo –Proprio mentre tu e tua madre stavate restaurando un vero rapporto, lei fu investita da un poliziotto ubriaco. Questa morte ti ha segnato per tutta la vita…-
Lui tira un grosso sospiro –Com’era fatta lei?-
Non parlo, non ci riesco, è troppo difficile doverglielo dire…
Sorride e mi accarezza la guancia –Dai, non fa niente-
Sorrido anch’io ma ho un magone in gola che non mi da pace.
Torna a guardare la strada.
E’ vero, non riesco a parlare… ma posso pensare.
Tua madre Julia era una donna bellissima. Aveva i capelli ricci e rossicci, sempre un bel sorriso.
Tu avevi i suoi stessi occhi… era simpatica, divertente e amava la vita!
John mi guarda incredulo.
Io volto la testa verso il finestrino, ho gli occhi lucidi e non voglio che mi veda.
E’ stata una donna molto importante per te, John.
Sento il calore dalla sua mano sulla mia spalla –Grazie, Garcia-
Sentire il mio nome dalla Sua voce mi fa rabbrividire.
Sembra di parlare veramente con John Lennon.
Ma che dico! Io sto parlando con John Lennon.
Sorride e guarda di nuovo la strada.
Mi asciugo gli occhi.
Mi fa sempre questo effetto la Sua storia.
Lo guardo.
Lui rimane concentrato sulla strada.
Non penso a niente, semplicemente lo guardo.
Devo godermelo, non capita tutti i giorni di avere John Lennon in macchina.
Appoggio la testa sulla spalla, continuando a guardarlo –Le hai dedicato anche delle canzoni-
-Davvero?- dice con un sorriso, senza guardarmi.
Annuisco.
In testa mi risuona Julia, la sua prima canzone dedicata alla madre.
Chiude un attimo gli occhi, respira profondamente e sorride -E’ molto bella-
-Lo so- sorrido anch’io.
La macchina si ferma.
Guardo fuori dal finestrino, siamo arrivati.
Scendo dall’auto, seguita a ruota da John.
Apro la porta del palazzo.
John per favore, quando saremo dentro cerca di non ascoltare quel che dico, sono cose private!
Lui annuisce e gli sorrido.
Non è poi così male questo tuo ehm… “potere”…
Sorride e mi cinge la spalla col braccio.
Ci ritroviamo nella sala d’attesa.
E’ sempre vuota.
La segretaria mi guarda e sorride, ma quando posa il suo sguardo su John sembra arrabbiarsi.
-Salve!-
Senza giri di parole dice -Ciao, chi è lui?-
-Lui? Lui è… ehm..-
Aiutami!
John le porge la mano –Sono suo fratello, mi chiamo Elvis Wood, piacere-
La donna stringe la mano –Accomodatevi, Gassman riceverà Garcia tra un po’-
Ci sediamo.
Sono di nuovo nervosa!
Sarà questa sedia, ma quando sono qui le gambe tremano e il cuore è a mille!
In testa ho sempre la canzone per Julia.
John poggia la mano sulla spalla, riscaldandomela.
Ho i brividi.
Avvicina il suo viso al mio.
Sento il suo respiro caldo e il suo profumo di rosa.
-Garcia- sussurra il mio nome.
Tu mi vuoi far morire.
Cerca di trattenere le risate.
Dico sul serio, John, non ridere!
-pff… Ochei Garcia, cerca di tenere a freno i tuoi pensieri!-
Come se fosse facile!
-Comunque volevo dirti di darti una calmata, la segretaria pensa che tu soffra di qualche strana malattia-
Do un’occhiata alla donna che fa finta di niente.
E’ solo una stupida segretaria e poi non riesco a calmarmi!
-Perché?-
Perché Gassman è… -Non posso dirtelo- sussurro.
John fa cadere la sua mano dalla mia spalla.
Il freddo torna e il profumo di rosa se ne va.
E’ lontano.
Per fortuna.
Quando è troppo vicino io..GARCIA BASTA.
-Puoi entrare- dice la segretaria.
Respiro profondamente.
Il petto mi fa male dall’emozione.
Mi tremano le gambe.
Devo fare pipì!
No, è solo l’emozione, l’ho già fatta a casa di John.
John.
John, dov’è John!?
-Sono qui ad aspettati Garcia!- mi fa lui dalla sedia.
Mi ritrovo davanti la porta dello studio.
Busso.
-Avanti-
Prendo la maniglia e la giro.
Guardo John.
Sembra preoccupato.
A dopo, fratellone!
Non mi risponde, avrà finito di leggermi nei pensieri, come gli avevo chiesto.
Bene.
Entro nella stanza.
Vedo Gassman seduto sulla solita poltrona.
Mi guarda e si alza –Garcia!-
Il nervosismo sparisce  appena vedo il sorriso amico.
-Ciao Antonio- si avvicina e mi toglie premurosamente il giubbotto.
-Fa freddino fuori eh?- Lo appende all’attaccapanni.
-Si, ma qui si sta bene- mi siedo alla poltrona.
-Penso che nevicherà… Alzati, oggi comincia la terapia e non dobbiamo stare qui!-
-Terapia?- inizio di nuovo a innervosirmi.
-Tranquilla, non è niente di scandaloso!- ridacchia e mi prende sottobraccio.
Ci avviamo verso una porta –Di che si tratta?-
La apre –Vedrai…-
Ci ritroviamo in una stanza ancora più grande.
Al posto dei muri e del soffitto ci sono dei vetri.
Ma la cosa incredibile è che siamo su un prato, in un’enorme serra piena di fiori e alberi!
-Oh mio Dio!-
-E’ la stessa cosa che ho detto io quando ho visto il prezzo complessivo per tutto questo!-
Ridiamo.
Chiude la porta.
Ci avviamo per la serra e cominciamo a chiacchierare –Parlami di te- dice.
Comincio a raccontare tranquillamente di tutta la mia vita.
Lui annuisce, senza commentare.
Mi cinge la vita con un braccio e ha un’espressione seria.
Dopo un po’ ci sediamo su una panchina.
Io continuo a parlare, a volte divagando su altri argomenti.
Naturalmente tralascio John e tutto quello che lo riguarda… compreso l’assassinio.
Alla fine dice –Questa è la tua vita-
Annuisco.
Si avvicina e mi prende il mento –Voglio sentire la tua voce-
Sorride.
Sorrido anch’io e poi dico –Si, questa è la mia vita-
-E ti piace?-
Abbasso lo sguardo.
Che gli dico ora?
Non mi ero mai posta questo problema.
Ho avuto una mamma possessiva, ma ora stiamo recuperando i rapporti.
Sono sempre stata abbastanza brava a scuola e non mi pesa.
Ho tanti amici.
Qualche pecca in amore ce l’ho… ma non m’importa.
So che qualcosa mi manca, e so anche cosa.
Ma non posso dirglielo.
Non posso raccontargli di essere l’assassina di...
Meglio non dire niente, ho paura che Lui mi senta.
-Si, la mia vita mi piace- dico guardandolo nei suoi occhi grigi e magnetici.
Noto che i nostri visi sono più vicini del normale.
Sento il cuore in fiamme.
Mi allontano un po’.
-E tua madre? Sei contenta di lei?-
La sua voce è profonda e seria, diversa da quella di ieri.
E’ così profonda che sembra toccare il punto più profondo della mia anima.
Lo guardo di nuovo negli occhi e stavolta non riesco a non incantarmi.
La mia bocca si muove da sola, il mio cervello è da tutt’altra parte.
-Mia madre non è stata una buona madre in passato, solo perché ha voluto essere la migliore del mondo-
-Tutti i genitori desiderano essere i migliori del mondo-
-Ma mia madre ha preso un po’ troppo alla lettera questo desiderio-
Corrugo la fronte.
-Ti ha mai picchiata?-
-No-
-Sgridata?-
Esito a rispondere –No-
-Come fai a dire che era possessiva?-
-Quando mi allontanavo, quando parlavo con qualcuno, quando facevo qualunque cosa la infastidisse, lei mi abbracciava e mi diceva “Ti voglio bene”-
Rimane perplesso –Nient’altro?-
-Nient’altro. Però questo mi procurava grandi crisi. Anche quando ridevo con degli amici, lei mi abbracciava e mi diceva questa maledetta frase! E’ come per ricordarmi che io sono sua e di nessun altro!- 
-E se fosse solo un “Ti voglio bene”?-
Scuoto la testa –Impossibile-
-Perché?-
Chiudo gli occhi e sospiro –Perché… mentre me lo diceva mi abbracciava-
-E allora?-
-Non conosci mia madre- sorrido –Lei è una simbolista: trova significati nascosti in ogni cosa! E per lei un abbraccio non significa solo un abbraccio. Significa possedere-
-Ti sei mai chiesta se, quell’abbraccio, per lei significasse anche.. un contatto?-
Volgo lo sguardo alle sue labbra, poi ai suoi occhi.
-Intendo dire- continua –Che forse lei si sentiva troppo distante da te. Il suo modo di essere, troppo diverso dal tuo… sembrava quasi che non fosse tua madre. Forse con quell’abbraccio ti voleva semplicemente toccarti. Esserti vicina. quando vedeva che tu ti allontanavi, lei ti abbracciava, ma non possessivamente, dolcemente, così da salutarti e dire “Vai per la tua strada, io ti voglio bene”-
La vista si appanna, ho le lacrime agli occhi.
No, non ci avevo mai pensato.
Pensavo che fosse possessiva, invece era solo materna!
E io me ne sono andata, senza che lei mi potesse abbracciare e salutare.
-Garcia- la sua voce profonda mi risveglia.
Lo guardo e una lacrima scende lentamente.
Sorride –Per oggi abbiamo finito-
Sorrido anch’io e mi asciugo le lacrime –Grazie-
Ci alziamo –Non ho fatto niente!-
Ritorna allegro.
Sembra quasi che la discussione non ci sia mai stata.
Antonio si avvicina a una pianta e stacca un giglio bianco.
Me lo porge –Per te-
Lo prendo e lo porto vicino alla bocca, sorridendo.
Lasciamo il posto, lui mi abbraccia di nuovo la vita e ricominciamo a chiacchierare.
Tutto ritorna normale, ma so che qualcosa in me è cambiato.
Chiude la porta dietro di se.
Mi avvio all’attaccapanni e prendo il giubbotto.
Lui si avvicina a grandi passi e prima che potessi parlare…
Mi abbraccia.
Il mio corpo aderisce al suo.
Appoggio la testa sul suo petto.
Lui mi accarezza i capelli con la guancia.
Non mi stringe, semplicemente mi abbraccia.
Lo abbraccio anch’io chiudendo gli occhi.
Sento il suo respiro e il suo solito profumo.
Mi stringe ancora di più -Ti voglio bene-
Il mio cuore batte forte, le guancie sono rosse.
Lo stringo ancora di più a me.
Fa per lasciarmi ma dico –Non lasciarmi, ti prego-
Ho la voce rauca, so che tra poco piangerò.
Rimaniamo abbracciati a lungo.
Mentre il sole pian piano cala.


Mondo Nutopiano:
Si, lo so, il titolo è diverso da quello della prima parte.
Ma non andava bene "Chiarimenti"!!! 
Capitemi ç___ç
Elvis (che è John, lo sappiamo) sembra avere una specie di amnesia.
Non sa chi è.
Allora Garcia Gli racconta parte della sua storia.
E di sua madre.
Durante il romantico incontro con Gassman, qual'è l'argomento principale?
Martha, la mamma di Garcia.
Spero vi piaccia, questo capitolo :)

Posto le altre foto:

Martha, madre di Garcia (Meryl Streep):


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Rita:

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Sadie (Eva Cassidy):

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Peace & Love.
MelinAnima :3


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Eccole qua! Le lettrici da ringraziare soooono:
;ObladìObladà (fan di Gassman u.u)
Strisciabiscia Black (mia moglie)
e _Enya (che ha perso tutto lo charme delle recensioni iniziali xD)
Mi piacete, continuate così! **
Andate a visitarle :3

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Capitolo 9
*** Improvvise pazze voglie. ***


*Capitolo modificato: aggiunta nuova parte*

Improvvise pazze voglie
 
16 Dicembre
 
Che sonno!
Eppure mi sono appena svegliata, non ho ancora aperto gli occhi…
Quasi quasi mi addormento di nuovo.
No, devo andare a scuola.
Odio il Martedì.
Ci sono ben 4 ore d’arte!
Mi rigiro nel letto con l’intenzione di dormire, ma la sveglia suona.
-Nooo taci!!- borbotto cercando il pulsante.
Click e ritorna la pace.
Ho fatto un sogno veramente assurdo stanotte!
Elvis Wood la reincarnazione di John Lennon.
Mi scappa da ridere, che stupidaggine!
Peccato che di ieri non mi ricordo niente…
Capita, la stanchezza fa brutti scherzi.
A proposito di stanchezza, credo che mi sto per addormentare di nuovo!
Meglio svegliarsi, altrimenti mia madre mi metterà qualche infuso puzzolente di strani fiori.
Apro gli occhi.
Sbadiglio e mi siedo sul letto.
Mi stiracchio e mi guardo intorno.
Questo non è il mio letto.
E nemmeno quello di mia madre.
E’ un letto a baldacchino!
Oh no.
Mi volto.
Oh no.
Steso sul letto, coperto fino al fondoschiena dalla coperta, c’è Elvis.
Volevo dire… John.
Oh no!
E’ sveglio, mi guarda e sorride.
-Buongiorno Garcia-
Che voce dolce!
Scuoto la testa.
No, Garcia, ti sente!
-Ma allora non era un sogno!- butto di nuovo la testa sul cuscino.
Mi ritrovo i suoi occhi a un palmo dai miei.
Arrossisco violentemente.
-No che non era un sogno, mia cara. Comunque anch’io odio il Martedì-
Sorride.
Lo sposto da sopra di me.
Ma che Gli salta in mente?!
-John, cerca di mantenere le distanze se non vuoi passare per pedofilo- mi alzo dal letto.
Ho una maglia enorme addosso.
Si siede sul letto e guardandomi spaventato sbotta -Non dirmi che sei minorenne!!- 
Annuisco –Ho diciassette anni-
Ma chi me l’ha messa questa maglia?
Sembra che c’è rimasto un po’ male.
-Certo che ci sono rimasto male! Mi sento vecchio!-
-Quanti anni hai?- mi guardo la maglia, è maschile.
ASPETTA! MASCHILE!??!
-29. Quella maglia è mia, te la sei infilata ieri sera…-
-Cosa è successo ieri sera?!- non mi ricordo niente!
-Non urlare, siamo andati in un pub e hai bevuto… niente di che!-
-E MIA MADRE!?-
Rimane perplesso –Ripeto: non urlare-
L’ultima volta che ho visto mia madre me ne sono scappata dicendo che andavo da Elvis Wood.
Poi non mi sono fatta più vedere per un giorno e una notte!
-Tua madre è tranquilla. L’ho chiamata io quando sei svenuta in studio-
-E che le hai detto? Come hai trovato il numero?-
-Nel tuo portafoglio hai tutti i numeri possibili e immaginabili. Le ho detto che sono un tuo amico e che passavi con me e la comitiva tutto il giorno, compresa la notte. E calmati!-
Respiro profondamente.
Ricapitolando: in un giorno ho saputo una storia assurda su John Lennon.
Sono andata dallo psicologo.
Io e John Lennon (ripeto: John Lennon) siamo andati in un bar e ci siamo ubriacati?
-Correggo: tu ti sei ubriacata-
Ok, siamo andati in un pub e mi sono ubriacata.
-Dopo?- chiedo rivolta a John.
-Dopo ho dovuto portarti qui e mentre tu dormivi beatamente, ti ho spogliata, ti ho baciata, ho abusato di te e poi mi sono addormentato…- è serio.
Troppo serio.
-Stai scherzando- annuisco nervosamente.
Rimane serio e si alza (noto che indossa solo un paio di boxer grigi) –Ovvio-
Ci guardiamo a vicenda.
Lui a una punta del letto, io all’altra, in piedi.
-Sei carina con i capelli scompigliati e la mia maglia!- ridacchia un po’.
Un pensiero fulmina la mia mente: CHI mi ha cambiata!?
Scoppia a ridere.
D’un tratto avvampo. Fa caldo!
Continuo a guardarlo con gli occhi spalancati.
Ride, Lui.
E non si ferma! -OOOH!?-
Ride.
Stringo i pugni –Non avrai osato…!-
-NO! AHAHAH!!! Ma che ti salta in mente?!-
-E allora chi?-
-Angela!-
-Angela? Vuoi dire la… bambina?-
-Non sono una bambina, sono uno spirito guida!-
La sua minacciosa voce mi fa prendere un colpo!
Mi volto –Buongiorno eh?-
-Ciao- sbotta –Muoviti, è tardi e devi andare a scuola-
E sparisce.
Guardo John che fa spallette e sorride.
Sospiro –Non mi va di andare a scuolaaa- ma mi avvio tristemente verso il bagno.
Chiudo la porta ma sento dei passi avvicinarsi.
Io sono quasi nuda e quello vuole entrare! Ma è cretino o cosa?
Con voce tremante urlo -NON PROVARE AD ENTRARE!-
Sento John ridere come un pazzo dietro la porta.
Che scemo!
 
Mi gratto sulla coscia, che prurito!!
La cucitura fatta da Angela punge!
“Non lamentarti, anzi ringraziami!” gentile la bimba!
Sempre meglio che andare con mezza gamba scoperta per colpa dello strappo.
Maledetti cespugli della scuola!
Maledette calze!
Maledetti zaini pesanti!
Maledetto spirito di John Lennon che mi legge nel pensiero!
-La vuoi smettere di ridere?- sbotto cupa.
Ma non la smette!
Praticamente sto camminando con un uomo di quasi trent’anni che ride come un pazzo senza motivo.
Si ferma –Grazie dei trent’anni!- sbuffa.
Beh, almeno hai smesso di ridere –Sei pregato di non ridere, dato che le persone ci guardano molto…-
Perplesse –Male-
-Va bene, la smetto, però tu cerca di non pensare! Sei troppo divertente!- ridacchia un altro po’.
Non ricominciare.
Annuisce –Va bene smetto-
Continuiamo a camminare.
Lo zaino è pesante.
Uffa non voglio andare a scuola! 
Rita vorrà sapere tutto su Gassman e non mi va di raccontarle i fatti miei.
Oggi che c’è arte, poi...
E il segreto di John sarà difficile da tenere con una come Rita..
-COSA!?- l’oggetto dei miei pensieri si ferma in mezzo alla strada urlando.
La gente ci guarda strano e delle ragazze ridono di noi.
John se ne accorge e comincia a fare il buffone –PERCHE’ NON ME L’HAI DETTO!? MORIRO’, OH MORIRO’ E ANCHE LENTAMENTE!- accompagna le urla con gesti troppo teatrali, inginocchiandosi a terra e aggrappandosi al mio zaino.
Per poco non cado anch’io.
Le ragazze ridono ancora di più.
John continua il suo spettacolino e le guarda compiaciuto.
Ma perché  ci devo andare di mezzo io per questo scemo!?
Lo stacco dallo zaino e mi incammino velocemente verso la scuola.
John da dietro mi rincorre –Garcia! Dai vieni qui! Scherzavo!!-
-Devo andare a scuola, è tardi- Gli urlo senza voltarmi.
Ho il viso in fiamme, ecco perché non ho nemmeno la testa alta.
-Dai Garciiiiiiiiiiiiiiiiiiiii!!!- oh no, la voce da effemminato non me la doveva fare!
Ma perché urla?! Che gli è preso!?
Dov’è finito il bell’uomo tanto educato!?
Che il giovane John Lennon si stia impossessando completamente di Elvis Wood??
 
Rita mi guarda incuriosita, mentre continua a colorare il cielo sulla tela.
Cerco di evitare il suo sguardo e di concentrarmi sullo scarabocchio che ho appena combinato.
Ogni tanto dice –Allora?-
Ma io non le rispondo.
Sul serio, non mi va.
Tre ore così… meno male che tra qualche quarto d’ora l’ora d’arte finisce e posso rilassarmi un po’.
Odio l’ora d’arte, combino sempre pasticci!
Ad esempio oggi ho completamente rovesciato il nero sulla tela di Phil, che mi ha sbraitato contro.
Sono sicura che se il professore (e qualche compagno di classe) non l’avessero fermato…
Non sarei qui!
Deglutisco al solo pensiero.
Rita per l’ennesima volta dice –Se proprio non mi vuoi parlare di Antonio, parlami almeno di Elvis Wood!!-
Come se fosse facile! Ma perché insiste tanto?!
Non posso dirle niente su “Elvis”, rischierei di svelarle tutto!
Va beh che poi non ci crederebbe…
Ma meglio prevenire prima di rimediare.
-Elvis Wood? E che ti devo dire? Ci siamo incontrati, sono svenuta e ti ha chiamato- dico svogliatamente.
Mi guarda a fondo –Menti-
Non rispondo e continuo a colorare la mia “opera d’arte”.
Alla fine s’arrende e sospira (o forse sbuffa) scocciata.
L’ora passa molto lentamente.
Tra me e Rita non tira buon aria.
Non intendo parlarle.
Non so nemmeno il perché!
D’un tratto mi pare così…stupida!
Curiosa pettegola che cerca degli “scoop” da spifferare in giro.
Lei ha raccontato tutta la storia dell’assassinio su John ai ragazzi!
Non si sta mai zitta!
Ah… mi sto comportando da bambina…
Ma ora non mi va di parlarle, quindi mi concentro sul disegno.
Speriamo che la  situazione cambi presto!
Volgo lo sguardo alla finestra mentre la campanella suona.
Tutti mettono a posto gli attrezzi, io mi fermo un attimo a pensare
Che sa cosa sta facendo John in questo momento.
Se mi sta vedendo…
Se mi sta ascoltando…
John, so che sei li, quindi esci fuori!
Vedo sbucare la sua testa dalla parte inferiore della finestra.
MA CHE CAZZO…!?!
Sorride e mi saluta con la faccia da ebete.
Lo guardo facendo segno di sparire, ma lui continua a mandarmi bacetti.
Smettila cretino! Sparisci! Va via!
Gesticolo nervosamente.
Rita mi prende la spalla con la mano –Garcia ma che stai facendo?!-
-C’è Jo..Elvis la fuori!- indico la finestra.
Rita da un’occhiata e poi scuote la testa sconsolata.
Guardo anch’io nello stesso punto di prima.
John è sparito!
Ma perché fa così!?
Che Gli prende?!
Voglio risposte, ora.
Mi alzo e chiedo al professore (che sta per mettere piede fuori dalla porta) il permesso per andare in bagno.
Annuisce e se ne va.
Corro fuori dalla classe, con l’intenzione di uscire seguendo il solito percorso.
Entro nel bagno dei professori.
Cerco di aprire lo sgabuzzino.
Ma la porta del bagno si apre e vedo il bidello –CHE STAI FACENDO??-
Sono fottuta.
Cammino infuriata.
Stringo i pugni e la mascella molto forte.
Ho paura di rompermi le ossa dalla rabbia.
Maledetto John Lennon!
Il bidello mi tiene per un braccio, trascinandomi verso la presidenza.
Borbotta parolacce su parolacce.
Oh, poverino, è colpa mia se non può leggere il suo stupido giornale!
Maledetto bidello!
Maledetto John Lennon!
E la preside?! Che le dico a quella?!
Che ho cercato di scappare perché John Lennon mi dava fastidio!?
So che sarebbe stato capace di combinare qualcosa di ancora più grave.
Che poi mi ha fatto fare una figura di merda davanti a mezza classe e a Rita.
Un buon motivo per uscire un attimo dalla scuola e trucidarLo!
E ora che mi hanno scoperto ho ben due motivi!
Maledetta preside!
Maledetto bidello!
Maledetto John Lennon!
Eccola la presidenza.
L’enorme porta in legno che arriva quasi fino al soffitto e decorata agli angoli.
Che batticuore, speriamo vada bene.
Il bidello suona il campanello.
Guardo il suo dito premere il bottone.
-Adesso vedrai che ti combino!- esclama con la sua odiosa voce affannata.
La porta si apre.
Entriamo nella buia stanza.
Sembra quasi un film dell’orrore!
Vedo la sagoma di una minuta donna seduta sulla grande poltrona, dietro una scrivania.
Da sempre odio quella donna.
E’ una pazzoide! Da quando è venuta lei la scuola è totalmente cambiata!
I professori sono più nervosi perché li riempie di lavoro…
Noi alunni sottopressione per colpa dei professori e anche degli assidui controlli in classe.
I bidelli e i segretari continuamente rimproverati per il lavoro poco efficiente.
Poi ha messo un sacco di regole!
Odiosa vecchiaccia.
-Siediti- la sua voce assomiglia a quella di un folletto cattivo.
Il bidello mi lascia e sento il sangue tornare nel braccio.
Mi siedo sulla sedia e guardo il viso della donna, nella penombra.
La porta si richiude producendo un po’ di eco nella stanza.
-Allora, perché sei qui?- mi parla con disprezzo.
Non le rispondo. Non sono fatti suoi, tutto qui.
Oggi non ho proprio voglia di parlare con le persone.
Lei aspetta una risposta.
Alla fine dice tranquillamente (ma sempre quel tono superiore)
-Se non vuoi dirmelo sarò costretta a sospenderti-
Sorrido beffarda e con tanto odio pronuncio queste precise parole
-Ora è l’ultima cosa che m’interessa-
La donna non rimane per niente scossa, anzi è tranquilla.
Quanto la odio.
In questo momento la ucciderei con le mie stesse mani!
No. Garcia ferma gli istinti animaleschi.
Ho già ucciso… qualcuno, ora basta.
-Qual è la tua media scolastica?-
-Poco importa- la mia voce e ferma.
Respira profondamente –Garcia che devo fare con te?-
Rimango in silenzio.
Mi guarda con quegli occhi infossati nel cranio.
Quant’è brutta.
-Pensi che sia la prima volta che combini qualcosa?-
Continuo a non parlare.
Stupida donna, lasciami andare da John!
-Se continui così finirai tra persone… poco affidabili-
-Beh- sbotto –Se queste persone sono famosi musicisti e grandi giornalisti.. è proprio li che sto andando!-
Stavolta è lei a rimanere in silenzio.
-Apriamo la finesta- propongo alzandomi.
La donna sembra contrariata ma me ne frego.
Spalanco la finestra facendo entrare il sole e l’aria.
Chiudo gli occhi e respiro profondamente.
Rimango un po’ sulla finestra e poi guardo fuori cercando John.
Ma la ricerca dura poco: è proprio davanti a me.
Appena esco sei morto.
Lui deglutisce appena finito il messaggio.
Ritorno davanti la scrivania, senza sedermi.
La preside mi guarda sorpresa –Il sole mi da fastidio-
-E’ normale, passa il tempo come una talpa!- ridacchio sarcastica –Questione d’abitudine-
La donna rimane immobilizzata a guardarmi col solito disprezzo.
-Se ha finito posso andarmene, so già che sono sospesa, non c’è bisogno che si sforzi-
Comincio ad avviarmi verso la porta.
-Ciao eh!- saluto mandandole un bacetto.
Stupida donna.
Sbatto la porta.
Torno in classe per prendere le mie cose.
I compagni e la prof mi guardano curiosi.
-Dove è stata?-
-In presidenza, ho cercato di scappare perché ho visto John Lennon salutarmi fuori dalla finestra- dico svogliatamente.
So già che non mi crede.
Un po’ tutti ridono, alcuni mi guardano stranita.
Ma li ignoro, voglio solo chiudere velocemente le mie cose nello zaino e andarmene.
Mi sono stufata della scuola.
Mi sono stufata della preside.
Mi sono stufata di Rita la pettegola.
Mi sono stufata dell’ora d’arte.
Voglio solo andare da John.
E non so nemmeno il perché.
La professoressa mi chiede perché me ne sto andando.
Non le rispondo, andasse a chiedere alla preside.
Esco fuori dalla scuola quasi correndo.
LIBERTA’!!
Respiro a pieni polmoni scendendo le scale principali con eccessiva felicità.
E’ tutto finito! 
Basta, non voglio pensare più a niente!
Voglio solo parlare con Gassman!
Voglio recuperare il rapporto con mia madre!
Voglio stare con John e chiederGli il tanto atteso perdono!
-Quale perdono?- mi sorprende alle spalle con un sorriso ebete.
Lo abbraccio al collo –Niente!- e lo bacio sulla guancia.
-Che dici se ci prendiamo un gelato?-
-A dicembre?-
Annuisce.
Ma si! Ho anche voglia di gelato!


Mondo Nutopiano:
Questo capitolo è moooooolto particolare.
All'apparenza può sembrare inutile, ma invece è uno dei più importanti.
Capirete perchè solo più tardi ;D
(Non vi preoccupate, Garcia non è incinta xD)

Posto le altre foto.


Julian (Mike Bloomfield):

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Michael:

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Nuovo personaggio che scoprirete tra qualche capitolo.
Dana:


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Peace & Love.
MelinAnima :3
 
*Piccolo spazio pubblicitario*
Grazie a chi ha recensito:
;ObladìObladà (Il mio Capitan Ovvio personale LOL)
_Enya (che si fa veramente TROPPI film mentali x°D)
Ribadisco:
Andate a visitarle!
Che se non lo fate vi arriva una mattonella direttamente dallo schermo di fronte a voi!

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Capitolo 10
*** Amore e Segreti. ***


Amore e Segreti

Sempre 16 Dicembre


Allora? Che ti prende Mr. Wood?
Vedo John fare spallette.
Sorride e sussurra –Semplicemente mi sto lasciando…-
Il suo alito è fresco e sa di fragola.
Mi fa venire i brividi.
Colpa del cioccolato.
Non finisce la frase.
Ma non ho voglia di parlare e interrompere il silenzio.
Ti stai lasciando…?
-Influenzare- sussurra ancora più vicino al mio orecchio.
Quindi avevo ragione.
John Lennon si sta impossessando di te.
Fa spallette –Vedila come vuoi-
E ritorna a mangiare il suo gelato.
Do un morso al mio.
Il freddo invade di nuovo la mia bocca.
Ma sento subito il sapore dolce del cioccolato.
Buono!
-Saresti disposto a farmi assaggiare il tuo se te lo chiedessi?-
John mi guarda accigliato.
Mi avvicina il suo gelato alla bocca.
Sorrido.
Grazie! La fragola non è uno dei miei gusti preferiti…
-Mmm!- però è molto buona!
Lascio che il dolce mi passi per tutta la bocca.
Che buono!
-Adesso voglio un po’ del tuo!-
Si avvicina al mio gelato.
Mentre ne morde un po’ mi guarda con i suoi occhi bell...
Ritorna al suo posto per gustare lentamente il sapore.
-Che cosa stavi per dire sui miei occhi?-
Lo guardo spaventata.
Mi guarda malizioso.
Non sai far altro che ascoltare i pensieri degli altri?!
Ride.
-Cosa ridi!?!-
-Sei troppo simpatica!-
Mi scompiglia i capelli con la mano.
-Che ore sono?- chiedo.
Vorrei andare da mia madre…
-Non vuoi più stare con me? Non hai ancora finito di raccontarmi la mia storia!-
Faccia da cane bastonato.
Non posso resisterGli!
-Occhei!-
-Yeee!- esulta.
Alzo gli occhi al cielo e comincio a raccontarGli tutto.
Senza lasciare nessun particolare.
Deve sapere quel che è successo!
Gli racconto dei Quarryman, di Amburgo, dei Beatles.
Ogni tanto mi fa qualche domanda.
Ma quando arriva a una precisa mi spiazza.
-Questo McCartney era mio amico?-
Mentre lo dice sembra incuriosito.
Rimango a bocca aperta, non so che dire.
Mangio anche l’ultimo pezzetto del biscotto del cioccolato.
Mi tocca la spalla –Allora?-
-Non so che dire, John! Paul McCartney è stato come un fratello, per te…-
Abbasso lo sguardo.
Lui zittisce.
Sospira –Non sai quanto mi fa rabbia non poter ricordare niente!
Tutti quegli anni… tutta la mia vita.. PUFF! Sparita nel nulla!-
Lo guardo.
Mi fa quasi pena…
-Non voglio che tu provi pena per me- dice serio.
Mi guarda negli occhi, convinto –Parlami di Paul McCartney-
Gli racconto di Paul.
Tutto quello che so ora lo sa anche Lui.
-Tu e Lui eravate due metà ritrovate- concludo.
Stringe i pugni e la mascella.
Guarda per terra, con la testa bassa e la schiena curva.
Non capisco se è arrabbiato o triste o nessuno dei due!
Poggio la mano sulla sua spalla sussurrando –John- e lo sento rabbrividire.
Sospira, chiude gli occhi e si rilassa.
Guarda l’orologio –E’ mezzogiorno-
-Andiamo a casa?- sorrido.
Mi guarda –Ma non volevi andare da tua madre?-
Gli accarezzo la guancia.
-Ho solo bisogno di te, ora-
Sorride –Angela ti ammazzerà quando saprà che ti hanno sospeso-
-Sono sicura che lo sa già!-
Ci alziamo.
Noto solo ora che è molto alto.
Ci avviamo verso la Sua macchina, apparsa da chi sa dove!
Mi apre lo sportello “Come un vero Gentleman”.
Mentre entro mi bacia la guancia.
Spalanco gli occhi e arrossisco.
Sorride e chiude lo sportello.
Entra in macchina pure Lui.
Accendo la radio.
-Ottimo modo per evitare di sentire i tuoi pensieri- annuisce.
-Davvero non puoi sentirli se c’è chiasso?-
Accende il motore –Certo che non posso sentirli! Non ho il super udito!-
Alla radio mandano “Imagine”.
Sentendo la Sua voce mentre canta quella canzone mi fa male.
Troppo male.
Mi balena in mente il pensiero della sua morte.
Dell’assassinio.
Del fatto che io sono la sua assassina!
Perché l’ho fatto?
Perché ho permesso che Lui venisse ammazzato?!
Se non fosse morto il mondo sarebbe molto più bello!
La gente non perderebbe il valore dei veri ideali!
Ma a soli pochi giorni dalla sua morte, sembra che Lui non ci fosse mai stato.
Ed è tutta colpa mia!
Vedo d’improvviso tutto sfocato.
Ho gli occhi lucidi.
John sembra accorgersene.
Mi fa male il petto dal dolore.
Ma John fa finta di niente –Carina questa canzone!-
-Ti prego non parlare!!- urlo.
Scoppio in lacrime.
E’ tutto troppo strano, surreale.
John è morto.
Io L’ho ammazzato.
Ed ora è vicino a me.
Che mi guarda perplesso.
Lo guardo anch’io.
Mi scappa da ridere nel vedere la sua buffa faccia.
-Ma stai piangendo o stai ridendo?-
Mi asciugo le lacrime sorridendo –Non importa-
La canzone è finita e il DJ dice “E questa era Imagine, di John Lennon”
-COOOOSA!?!?- esclama John frenando bruscamente l’auto.
Do un urlo spaventata –CHE CAZZO FAI?!-
-Questa canzone è MIA?!-
-SI!- ma perché urliamo terrorizzati?
Spengo la radio.
Lui fa ripartire la macchina sorpreso.
-Mi devi dire qualcosa, John?-
Mi guarda con la bocca spalancata –E’…è… bellissima!-
Rido.
Anche lui ride.
Che scemo!
-Lo so che è bellissima! Ma non c’era bisogno di frenare così!-
Si gratta la testa imbarazzato –Ehm… si lo so…- 
Per tutto il tragitto mi parla di quanto fosse bella quella canzone.
Delle parole così dolci e speranzose.
Delle poche note del pianoforte, che però riuscivano a riempire tutto.
Della Sua voce, che infondeva sicurezza.
Come se tutto quel che stava cantando non fosse solo un sogno.
Fissa la strada sorridendo.
Io continuo a guardarlo e a contemplare il suo viso.
Sembra un bambino entusiasta del nuovo regalo.
Parla a raffica.
Non capisco molto di quel che dice, sono persa nei pensieri.
Gli occhi sono illuminati da una bellissima luce.
Il suo sorriso colora tutta la macchina.
Questa grigia macchina, con Lui dentro, assume tanti colori!
I suoi capelli si muovono a ogni movimento del suo corpo.
Gesticola estasiato.
Sembra come se non fosse mai morto.
Sembra come se Lui fosse Lui.
E non una reincarnazione.
Penso a quanto sia affascinante.
Bello, simpatico, divertente.
Tutto quello che una donna può desiderare da un uomo!
Lui ha tutte le carte in regola per piacere a tutte!
Anche a me.
Garcia, fermati… potrebbe sentirti.
Guardo la radio.
E’ spenta ormai.
Guardo di nuovo Lui.
Continua a parlare sorridendo.
Sorrido anch’io.
No, non può sentirmi.
Sta sicuramente ascoltando la Sua Imagine.
La macchina si ferma.
Guarda fuori dal finestrino -Siamo arrivati!-
-Di giaaà??- borbotto.
-Si, di già, ora scendi- apre lo sportello ed esce.
Ma questa non è casa di John.
Non ci troviamo nemmeno tra palazzi e strade...
Questo è un campo aperto!
Apro lo sportello e esco fuori.
John sta correndo sull’erba a piedi nudi.
Sorrido e mi appoggio alla macchina, incrociando le braccia.
E’ così felice.
Così bello.
Come vorrei che… no, mi sente.
John si volta verso di me e mi fa segno di seguirlo.
Mi tolgo le scarpe.
Speriamo di non rompere di nuovo le calze.
Corro verso di Lui.
Apre le braccia aspettando un mio eventuale salto.
Ma io mi fermo a metà strada.
Mi fa segno di venire.
Per un attimo mi sembra di essere sospesa nello spazio.
Mi guardo intorno.
Tutto è erba, nessun albero.
Il sole invernale illumina tutto.
La macchina è ormai lontana.
New York ancora di più.
Contemplo la Grande Mela in lontananza.
I palazzi sono illuminati dal sole.
Non fa caldo.
Anzi fa freddino.
Guardo John.
Mi sta aspettando.
Vado da Lui?
Oppure ritorno alla macchina dicendo di tornare a casa?
Perché mi ha portato qui?
Mi vuole mettere alla prova?
Forse vuole vedere se pendo dalle sue labbra.
Mi sembra di essere mia madre.
Una simbolista, quindi.
Lo guardo, il viso illuminato dal sole.
Sei bellissimo John.
“Anche tu sei bellissima”
Una voce irrompe nella mia mente.
Non sono stata io a pensarlo però!
Il cuore mi batte forte.
John mi ha parlato tramite i pensieri?
O io ho letto i suoi!?
Lo guardo spaventata.
Si avvicina lentamente tenendo sempre le braccia aperte.
Alla fine mi ritrovo il viso appoggiato sul suo petto e le sue braccia che circondano totalmente le mie.
Chiudo gli occhi.
Mi faccio avvolgere dal suo profumo.
Mi culla tra le sue braccia.
Mi bacia la fronte.
Lo abbraccio anch’io.
Molto forte.
Sento il suo cuore battere velocemente.
Anche il mio è veloce.
Forse sto arrossendo.
Continuo a pensare a quella piccola frase.
Anche tu sei bellissima.
Forse l'ho solo sognata.
-No, non l’hai sognata- mi dice con voce chiara e profonda.
Lo guardo.
Avvicina il suo viso al mio.
Capisco le sue intenzioni.
-Fermo-
Ci guardiamo negli occhi a lungo.
E’ confuso.
Forse deluso.
Sciolgo l’abbraccio.
-Tu sei morto-
-Si, ma adesso sono di nuovo vivo-
-Ti hanno ammazzato, ti ho visto morire-
Le immagini di quella sera mi ritornano in mente come un incubo.
Mi abbraccia di nuovo –Ma ora è tutto finito. Io sono qui, per te-
-Ma non rimarrai a lungo… hai detto che dopo aver compiuto la tua missione te ne andrai-
Mi allontano di nuovo da Lui, ma mi prende il polso fermandomi.
-Da quanto tempo non ami qualcuno per colpa mia?-
La sua domanda non mi sorprende.
O almeno in parte.
Sapevo che Lui pensasse che io avessi bisogno di amarlo.
Avevo intuito le sue intenzioni, sin dall’inizio.
Però ha ragione.
Per “colpa” sua non sto con qualcuno da… una vita!
Strano che l’abbia capito così facilmente.
Ma non è questa la sua missione con me.
-Allora qual è!? Cosa hai bisogno? Cosa vuoi da me!?-
Si avvicina così tanto che un piccolo movimento potrebbe far incontrare le nostre labbra.
No.
Non posso farlo.
Il senso di colpa m’invade.
E’ troppo presto per dirglieLo.
Troppo presto per amarLo.
Mi allontano di nuovo.
Lui mi guarda, sospira e sorride.
-Troppo presto… quanto dovrò aspettare?-
Corrugo la fronte e guardo il sole.
-Non lo so-
Rimaniamo in silenzio a lungo.
Le immagini di quell’ 8 Dicembre mi ronzano in testa.
La pistola.
Il sangue.
Rabbrividisco.
Mi ero ripromessa di non pensarci più.
Ma è difficile…
EHI MA CHE FA QUESTO!?
Mi ha praticamente buttata a terra e ora Lui è su di me!
-JOHN CHE FAI!?-
Sorride divertito –Soffri il solletico?-
-Non ci provare nemmeno…-
E la tortura comincia!
Il solito John!
 
Siamo stesi sull’erba.
Uno abbracciato all’altra.
Chissà da quanto tempo…
Naa… non ci voglio pensare!
Voglio solo stare con John.
Non lo amo.
Però non riesco a stare senza di Lui…
E’ come un fratello, per me.
Ti voglio bene.
“Ti voglio bene anch’io, mia piccola stella”
Arrossisco un po’.
Non per il suo irrompente pensiero.
Ma per quel soprannome…
Ci stringiamo ancora di più.
Intorno a noi c’è solo silenzio.
Il sole mi acceca, quindi ho gli occhi chiusi.
Ogni tanto li apro per leggere nei suoi occhi.
Non so cosa provano.
Sono così misteriosi!
Che cosa provi John?
Dimmelo… 
Mi bacia per l’ennesima volta sulla fronte.
Mi accarezza il naso con il Suo.
Non mi risponde.
Però non m’importa.
Un giorno me lo dirai, John, cosa nascondi dietro quegli occhi…
Un rumore irrompe nel silenzio.
E’ il clacson di una macchina.
Alzo la testa, rivolgendola alla strada.
Una macchina color grigio affianca quella di John.
Un uomo ci è appoggiato sopra.
Guardo meglio.
-Chi è?- chiede John, senza prendersi la briga di alzarsi.
Gassman.
Sbuffa –Che ci fa quel cretino qui?!-
-Non chiamarlo così!-
L’uomo mi saluta.
Lo saluto anch’io.
John mi accarezza la coscia, sotto la gonna della divisa.
-Non andare- mi sussurra.
Il calore della sua mano mi fa rabbrividire.
-Perché?-
-E’ malvagio-
Lo guardo stranita.
Che sta dicendo?
Mi alzo pulendomi i vestiti dall’erba.
Cammino verso Gassman.
Ci vediamo dopo, John.
“Non andare!” la sua voce mi rimbomba in testa.
Smettila di mandarmi questi pensieri…
“Non andare!” mi ripete.
Cammino più velocemente.
L’uomo mi accoglie con un sorriso.
E’ molto bello, nonostante la sua età sembra un ragazzino.
-Ciao Garcia!-
-Ciao Antonio, che ci fai qui?-
-Stavo passando da queste parti con la macchina e ti ho vista sola soletta sull’erba…-
Indica il luogo dov’ero poco prima.
John non c’è più!
Mi volto verso Gassman confusa.
Che sta succedendo qui?
-Vuoi entrare?- mi apre la portiera della macchina.
Stavolta è la voce di Angela a irrompere nella mia mente “GARCIA!”
Mi porto due dita alle tempie.
Che mal di testa queste voci!
Che vuoi Angela?!
“Non entrare in quell’auto!”
Guardo Gassman che continua a sorridermi.
Mi fa cenno di entrare.
Perché non vogliono che vada con lui?
Un dubbio sfocato riesce a sovrastare tutti i miei pensieri:
E se fosse troppo gentile quest’uomo?
E se fosse…
No! Garcia!
Gassman è solo un galantuomo.
Un amico!
Entro nella macchina.
Sento la voce di Angela e John rassegnati in testa “Perché l’hai fatto?”
Gassman chiude la portiera.
Non ho paura.
Mi fido di lui.
-Vuoi venire a casa mia?-
Lo guardo sorpresa, ma sorridente.
Anche lui sorride.
-Certo! Voglio proprio vedere che casa ha uno come te…-
Il motore si accende e la macchina parte.
Non ho paura.


Mondo Nutopiano:
Non poteva mancare in questa storia un capitolo un po' più... romantico...
Ma anche moooolto misterioso.
Gassman *parte musichetta da film horror*

Mi scuso per non aver postato prima...
Però avrete notato che il capitolo è più lungo.
E credo anche che con le vostre testoline potrete capire quante ore ci ho messo.
Per scriverlo.
IN UN POMERIGGIO.
Quindi sono ufficialmente perdonata ù.u

Peace & Love.
MelinAnima :3

*Piccolo spazio pubblicitario*
Ringrazio
;ObladìObladà (che non riesce a vedere le foto)
e _Enya (che non riesce a vedere le foto)
Insomma, potevo anche non postarle eh?

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Capitolo 11
*** Una giornata più lunga del previsto... ***


Una giornata più lunga del previsto...

Ancora 16 Dicembre.

-Allora- Antonio butta fuori l’aria, sorridendo.
-Come mai eri su un prato tutta sola?-
Arrossisco.
Se gli dico che ero con la reincarnazione di John Lennon a contemplare il silenzio non mi crederebbe.
Quindi…
-Volevo stare un po’ da sola per… pensare- m’invento.
Mi guarda circospetto, ma poi ritorna a fissare la strada.
-E a scuola?-
Mi guarda di nuovo con un sorriso della serie “Fregata”.
Sorrido –Sciopero-
-Ah! Voi giovani! Sempre a scioperare…-
Ridacchio –Io mi sono astenuta eh!-
Mi guarda e zittisce.
M’imbarazzo un po’ e guardo fuori.
Siamo di nuovo in città.
-E qui?- mi tocca la coscia.
M’irrigidisco istintivamente e m’immobilizzo.
Strano, era da un po’ che non mi immobilizzavo…
Avvampo improvvisamente.
Guardo il punto che tocca.
La calza si è rotta di nuovo.
Mi rilasso –Oh uffa! Di nuovo!-
-Penso che dovrai comprare un’altra calza…-
Annuisco.
Lui toglie la mano e torna a guidare tranquillamente.
Il calore della sua mano rimane per un po’ sulla pelle.
Ma sparisce quasi subito.
Cerco di coprire la coscia scoperta.
La macchina si ferma –Eccoci qua-
Mi guarda.
Guarda la coscia –Se vuoi puoi metterti il mio cappotto…
E’ lungo, lo strappo non si vedrà-
Annuisco.
Si toglie il cappotto e me lo mette addosso.
Sento il calore della lana invadermi.
Mi stringo nelle spalle.
E’ morbido.
-Grazie-
Non sento più freddo.
-Perché quando esci di casa non ti porti un giubbotto?-
Mi dice, mentre infila le chiavi nella serratura.
-Eh… ad avercelo!-
-Non hai un giubbotto?-
-No..- sospiro –Non ho molti soldi
Quelli che ho li uso per il cibo o per il fitto-
Annuisce –Capisco-
Apre la porta.
M’invita con la mano ad entrare –Benvenuta nel mio regno!-
Faccio un passo e mi ritrovo su uno zerbino.
Mi guardo intorno.
Tutto è in legno.
Ci sono delle scale davanti a me.
Più in la un tappeto.
Intorno solo porte.
Ai muri quadri su quadri.
Mi toglie il cappotto e lo posa su un attaccapanni (rigorosamente in legno) affianco a me.
-L’ingresso è il tuo mondo?- chiedo perplessa.
Scoppia a ridere appena chiude la porta –No!-
Con una mano sulla mia schiena mi accompagna in salotto.
La prima cosa che vedo è un’enoorme libreria davanti a me.
Davvero grande! Occupa tutto il muro!
Il camino si trova dalla parte opposta alla finestra, vicino a un’altra porta.
In mezzo tanti divani, rivolti verso il camino.
Non c’è la televisione.
Sorrido –Bel posticino!-
-Grazie!- si avvia verso il camino.
Mi siedo su un divano.
E’ molto comodo!
Lui è piegato sul camino intento ad accendere il fuoco.
-Sei sposato?- gli chiedo.
Si ferma e mi guarda un attimo.
Abbassa lo sguardo -No-
Non sembra triste…
Allora cos’ha?
-Che c’è?-
Sembra risvegliarsi da una trance –Eh? Niente!-
Ritorna a lavorare al fuoco.
La fiamma si accende e dopo aver armeggiato con il legno si siede vicino a me.
Guardiamo entrambi il fuoco, che intanto riscalda la stanza.
-Non è vero!- sorrido maliziosa –Dimmi che hai!-
Sorride e si passa una mano nei capelli.
-Beh… è una storia lunga..-
-Ho tutto il tempo per un buon amico- mi avvicino sorridendo.
Lo guardo curiosa.
Mi fissa indeciso.
Sospira –Fidanzato. Ero fidanzato e ho avuto un figlio…-
Si ferma.
Ricomincia –Lei se n’è andata. Sono rimasto solo. Storia finita-
Annuisco –Interessante!-
Sorride –Ah! Non mi piace pensare al passato. Il futuro conta!-
-Ma il futuro non esiste- socchiudo gli occhi –Esiste l’attimo-
Mi guarda stupito –L’attimo è una stupidaggine!-
Spalanco la bocca –Cooosa?!-
-L’attimo è stupido! Dura così poco che non riesci a godertelo…-
Lo guardo allibita –No! Proprio perché dura poco te lo devi godere!
Se non ti godi l’attimo sei un depresso!
Si pensa sempre al futuro, ma alla fine non si è mai felici e sai perché?-
-Perché non ci godiamo l’attimo! Ho capito!-
Sorride dolcemente.
Sorrido anch’io –Visto? Hai capito-
Si ferma un po’ a pensare –E’ come l’orgasmo-
Tossisco perché la saliva mi è andata di traverso.
-Che cosa!?- sbotto con voce strozzata.
Scoppia a ridere –L’orgasmo! Un orgasmo dura un attimo! No?-
A pensarci bene ha ragione.
-L’attimo è un orgasmo infinito… mi piace!- sorrido come una cretina.
Ride di nuovo.
Ridiamo per un altro po’.
Chiacchieriamo mentre tempo passa in fretta.
Alla fine chiedo -Inviti spesso i pazienti a casa tua?-
Domando tanto per chiacchierare.
Ma lui mi guarda serio –No-
Rimango perplessa –Come mai è toccato a me questo onore?-
Sorrido, ma lui continua a rimanere serio.
-Ah, non lo so. Credo che tu sia speciale, Garcia-
Sbuffo –Se certo-
Appoggio la testa sul  divano, portandola all’indietro.
Chiudo gli occhi e ascolto il rumore del fuoco.
Poggio la mano sulla coscia, dove la calza è strappata.
Sento Antonio muoversi.
Apro gli occhi e me lo ritrovo a un palmo dal mio naso.
Non parlo.
Non capisco che vuole fare.
Il cuore mi batte veloce.
Continua ad avvicinarsi.
Si ferma vicino al mio orecchio –Non ti sottovalutare- mi sussurra.
-E non sottovalutare me-
Si allontana e poggia una mano sulla mia pancia.
Lo guardo confusa.
Non capisco.
Che vuol dire?
Faccio finta di niente e torno nella mia vecchia posizione.
Però continuo a pensarci.
I dubbi mi assalgono.
Alla fine la mia voce rompe il silenzio –Sono innamorata-
Non è vero, ma voglio vedere come reagisce.
Tossisce.
Apro gli occhi, lo vedo sorridere.
-Questo è un bene. Sei sicura?-
Annuisco seriamente –L’ho conosciuto qualche giorno fa-
Rimane in silenzio.
-Ma non penso possa funzionare..- sospiro, fingendo tristezza.
Vediamo: occhi spalancati, bocca serrata, tremolii vari.
Segni di nervosismo.
Prima di dedurre qualcosa lui mi pone la fatidica domanda.
-Perché?- voce fioca.
-E’ molto più grande di me- fisso i suoi occhi, ora non più fermi e sicuri.
Mi prende una malo frettolosamente.
-No! L’amore non ha età! Non devi lasciarti abbattere da queste stupidaggini!-
Lo fisso, continuando a rimanere seria.
-Potrebbe essere mio padre-
-Ma non lo è! Chi se ne importa dell’età! Basta che c’è amore-
Una strana luce appare nei suoi occhi.
Si avvicina pericolosamente.
Il mio cuore va più veloce del solito.
Sono spaventata.
Forse i miei dubbi non sono infondati.
Forse c’è veramente qualcosa di strano in quest’uomo.
-Cos’è l’amore?- gli chiedo.
Si avvicina un altro po’ e socchiude gli occhi.
Con voce profonda mi dice stupide frasi fatte:
-L’amore è una malattia… senza la quale non si sta bene.
L’amore è un diamante: è brillante e trasparente.
L’amore è la saggia passione di un bacio…-
Si avvicina molto pericolosamente!
Mi alzo –S’è fatto tardi! Devo andare!-
Il mio viso è un pomodoro.
Tremo come una foglia.
La calza, nell’alzarmi, si è rotta ancora di più.
Riordino le idee:
Antonio Gassman, uomo di 56 anni, ha cercato di baciarmi.
O SBAGLIO!?
Ho il respiro affannato dalla paura.
Lo vedo: è arrabbiato e deluso.
-M-mi scussi…- scappo via a testa bassa.
Arrivo nell’ingesso e apro la porta.
Gassman si alza dal divano.
Gli lancio un ultimo sguardo.
Per un attimo mi pare di vedere una lacrima sul suo viso.
Sussurra il mio nome.
Esco fuori e corro in strada.
Il freddo mi avvolge.
Soprattutto sulla gamba, nel punto scoperto.
Come ha potuto?
Rovinare così la nostra amicizia…
Che poi come si permette!?
Cercare di baciarmi senza un minimo di permesso!
Senza sapere se lo amo o no!
Che egoista!
Va beh che l’avevo un po’ provocato…
Però non gli avevo detto che era lui il mio innamorato!
Che rabbia!!
Però sono anche terrorizzata.
Quell’uomo che credevo tanto gentile è un…
Un..
Insomma, se cerca di baciare una diciassettenne non può che non essere…
Non lo voglio pensare.
Non devo!
Scaccio via i pensieri.
Una lacrima mi riga il viso.
Perché tutto a me?
Perché Antonio non poteva essere un uomo come tanti?
Per un attimo avevo pensato che mi trattasse come sua figlia…
E invece mi trattava come la “ragazza carina da sbaciucchiare”!
Oddio che schifo.
Mi porto una mano alla bocca, incurvata in una smorfia.
Se non me ne sarei andata, chissà cosa sarebbe successo…
Mi avrebbe… BASTA GARCIA CAZZO!
Mi asciugo le lacrime con furia.
Dovevo immaginarlo…
Non dovevo fidarmi!
John e Angela l’avevano detto!
John e Angela.
John.
John dov’è?!
Devo andare da Lui!
No…
Perché mi sento così sottomessa?
Basta! Me ne vado da mia madre.
 
Mi guarda stranita.
-Dove sei stata tutto questo tempo? 
La scuola non è poi così lontana…
E la calza? E i capelli?-
Solite domande da mamma preoccupata.
Tempo fa avrei pensato che la sua possessività si stesse facendo di nuovo viva.
Ma ora so che non è così.
Grazie a Gassman.
Quel pedofilo di merda.
-C’era sciopero e c’era casino a scuola… Tutto qui-
Bel modo di sintetizzare la giornata più strana della mia vita.
Mi sfilo le calze e gliele do –E’ rotta… dovremmo comprarne un’altra..-
Sospira –Già. Vedrò se ho qualcosa nel vecchio maialino..-
-Ma non eri vegetariana?-
-Parlo del salvadanaio, Garcia-
-GARCIA!- 
La porta si spalanca improvvisamente.
Chi mi cerca?
Spero che Gassman non mi abbia seguito!
Mi volto.
-John! Tu… qui?!-
L’uomo si avvicina a grandi passi e mi abbraccia.
-Pensavo che fossi in pericolo!-
Mia madre tossisce.
Ci voltiamo verso di lei 
–Salve!- fa un cenno con la mano -Lei è John…?-
John mi guarda.
-Ecco, mi chiamo Elvis. Elvis Wood!- porge la mano a mia madre.
-AH! Sei tu Elvis! Sembri molto più grande di quel che mi hai detto però…-
-Grazie- John fa una smorfia.
Mi vien da ridere, ma mi trattengo.
Mia madre stringe la mano di John, rimasta a mezz’aria.
-Piacere, Martha, la mamma di questa bella ragazza!-
-Mamma!- sbotto.
John sorride –Non ha tutti i torti…-
-John!- 
Ridono.
-Facile per voi prendermi in giro!-
-Non stiamo scherzando. Comunque…- John si avvicina di nuovo a me.
Mi cinge la spalla con la sua grande mano –Dovrei parlare con sua figlia un attimo-
Attimo.
Mi ritorna in mente la chiacchierata con Gassman…
Ha messo in mezzo anche gli orgasmi…
La paura m’invade.
Proprio in un attimo mi ritrovo fuori dal camioncino.
Seduta al tavolino di un bar.
Con John rosso dalla rabbia che mi sgrida.
Vuole sapere quel che è successo…
Sentendo i miei pensieri si è preoccupato.
Quando ferma le urla sussurro -Mi ha baciata-
-Ok, lo ammazzo-
Si alza dalla sedia e come una furia si dirige verso la porta.
Lo fermo –Ha cercato di baciarmi, ma sono scappata-
Ritorna da me più infuriato che mai –Te l’avevo detto!-
-Lo so…-
-Ma tu “Noooo” dovevi andare con lui! Entrare in quella maledetta macchina!-
Zittisco e abbasso il capo, colpevole.
-Ti rendi conto che anche Angela, ripeto, Angela ha cercato di fermarti?!-
-Ma che vuoi che ne sappia io! Era mio amico e non mi sono fatta tanti problemi!-
Alzo di nuovo la testa, John è seduto affianco a me.
Con tono calmo e dolce dice -Se un uomo di quasi 60 anni ti fa delle avances, 
dovresti almeno dubitare qualcosa di strano, no?-
Esito a rispondere, ma prima che potessi parlare Lui mi interrompe.
-Lo so che pensavi che fosse come un padre per te…
ma non lo è, e oggi ne hai avuto la terribile constatazione!-
La bocca si curva in una smorfia e gli occhi si socchiudono.
Mi porto le mani al viso –John ho paura!-
Sospira e mi abbraccia, accarezzandomi i capelli.
-Non devi. Ci sarò sempre io a proteggerti-
 
Il giorno dopo.
 
Lo guardo mentre legge il giornale.
Io ho una rivista in mano ma non mi interessa più di tanto.
Angela gioca.
Nonostante si creda adulta non può frenare i suoi istinti infantili.
-Ehi!- sbotta verso di me.
Rispondo sarcastica -Scusa cara, continua a giocare-
Offesa se ne va, portandosi dietro tutti i suoi balocchi.
Sono sola con Lui, adesso.
E’ seduto su una poltrona, io sul divano.
La TV è accesa.
Ci piace tenere la TV accesa, anche se nessuno la guarda.
Poggio la rivista sul tavolino e comincio a fissare John.
Dopo un po’ mi dice svogliatamente e senza alzare lo sguardo dal giornale
-Dimmi tutto-
-Cos’è l’amore?-
Lui mi guarda, mi sorride e butta dietro al divano i pezzi di carta.
-Che bella domanda!-
Ci pensa un attimo su –L’amore… che cos’è?
L’amore è una promessa… 
Una volta donato non può essere dimenticato.
Oppure è un ricordo che non può mai scomparire.
…Anche se tu lo vorresti.
L’amore è il sentimento più vero che esista!
E’ libero, gratis… 
Amore siamo io e l… Lui e lei…
L’innocenza dei bambini.
Il motore del mondo.
La base dell’universo.
Amore è pace.
Amore è vita.
Non c’è una definizione precisa, per l’Amore.
E’ una parola così piccola…
Eppure… così misteriosa.
Ti porta a compiere le più grandi missioni.
Le pazzie più pericolose!
L’amore è…-
Sorrido. 
Mi guarda dolcemente –Semplicemente Amore-
E' proprio quello che volevo sentire.


Mondo Nutopiano:
Questo capitolo potrebbe essere una "seconda parte" di Amore e Segreti...
Già già.
Però non lo è.
Perchè questo titolo?
Perchè sembra che questo 16 Dicembre non finisca mai!
Insomma, tre capitoli non sono pochi!
Povera Garcia, che le combina Gassman.
Amore può essere anche questo?
Perchè un uomo non può amare una minorenne?
Perchè è affetto dalla PEDOFILIA! Ecco u.u
Quante cose vorrei scrivere... ma lo farò nel prossimo capitolo.
Non so quando arriverà, ma arriverà...
MWUHAHAHAHAH!!!

Peace & Love.
MelinAnima :3


*Piccolo spazio pubblicitario*
E se vi dico che non vi ringrazio??
;ObladìObladà (che comincia ad odiarmi)
E _Enya (Lo Spoiler vivente che mi rovinerà tutta la suspance! è_é)
Grazie :3

Tadddaaaaaaaaaann! Piccola sorpresa.

Elvis visto dalle persone... ehm... normali (Vittorio Gassman giovane):

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Elvis/John visto da Garcia (John Lennon, ovviamente):

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Completamente diversi eh?

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Capitolo 12
*** Amiche pettegole e sorelle hippie. ***


Amiche pettegole e sorelle hippie


17 Dicembre
 
Mi tappo le orecchie per non sentire Rita urlare.
Mi insulta.
Mi tratta male.
Si trascina dietro anche i ragazzi, che mi guardano malissimo.
Mezz’ora che stiamo così.
Fantastico.
John è seduto in fondo alla stanza che guarda la scena perplesso.
Rita però non se ne preoccupa e continua ad urlare.
Uffa, che noia questa qui…
E’ arrabbiata con me perché non le ho raccontato niente, ne di Gassman ne di Wood.
E non le parlo da più di tre giorni.
I ragazzi sono arrabbiati con me perché “ho rotto” la TV.
Ma questo è un problema secondario, infatti dopo tante scuse mi hanno quasi perdonata.
Rita invece vuole di più.
Lei è la curiosona civetta pettegola in cerca di gossip.
E ora che la sua amica ha una specie di “spasimante” (John)
e va da uno psicologo figo (Gassman) deve assolutamente sapere tutti i particolari!
Quanto la odio quando fa così.
John mi guarda male, sarà che ha sentito la parola spasimante.
Anche i ragazzi si stanno stufando delle sue urla.
Michael le urla basta.
Josh fa una battutina sarcastica.
Sadie sbuffa e urla insieme a Rita.
Julian (il più intelligente) si alza, le cinge la spalla e le sussurra dolcemente “Calmati”.
Così Rita lascia in pace le sue corde vocali e i nostri timpani.
Mi porto le mani ai capelli –Se non voglio raccontarti i fatti miei ci sarà un motivo!-
Mi guarda arrabbiata –E sentiamo, quale sarebbe!?-
-Spifferi tutto a tutti!- sbotto quasi urlando.
“Garcia, non urlare pure tu! Mi sta venendo mal di testa!”
John mi rimprovera col pensiero e io lo fulmino con lo sguardo.
-IO!? QUANDO MAI!?-
-Ecco che ricomincia…- sbuffa Josh.
Julian la calma di nuovo e stavolta parla più piano –Non ho mai spifferato niente a nessuno!-
-Nooo! E quando t’ho raccontato della morte di…- Oh no.
Non posso dirglielo! Il soggetto in questione è in sala…
John mi guarda strano… Brividi.
-Quello era un problema che dovevamo risolvere insieme!- dice Rita.
-Nessuno te l’aveva chiesto!- sbuffo.
Rita sembra offesa ma io me ne frego –Sei solo una pettegola- 
Mi guarda infuriata.
Si divincola dalle braccia di Julian.
Ormai nemmeno lui può fermarla.
Si avvicina a grandi passi e mi molla un ceffone.
E’ fortissimo! 
La guancia mi brucia dal dolore.
Cado a terra per il colpo.
Rita prende il cappotto e se ne va sbattendo la porta.
John si avvicina velocemente –Tutto ok?-
Mi porto la mano alla guancia, rimanendo accovacciata a terra -No! Fa male…- 
Non ho voce flebile e non sto piangendo.
Guardo il vuoto rimuginando su quello appena successo.
La mia migliore amica mi ha dato uno schiaffo.
Rita mi ha dato uno schiaffo.
E anche bello forte.
I ragazzi mi circondano.
Mi alzo, Sadie mi mette del ghiaccio sulla guancia –Penso che ti sia procurata un livido…-
Josh si siede sul divano –Dovevi sentire che colpo! Uno due tre e BOOM! Fortissimo!-
-Come se non l’ha sentito, il colpo- John si siede sul divano e io vicino a Lui.
Tutti ridono, me compresa, però fa male –Auch-
Julian si siede, seguito da Michael, e mi guarda col suo dolce sguardo -Lo sai che Rita è permalosa-
Sbuffo –Si, lo so, ma mi sono stufata di quella pettegola!- indico la porta, da dove poco prima è uscita lei.
Julian scuote la testa.
Michael dice –Io avrei fatto lo stesso!-
-Va beh, ma tu sei un caso a parte..-
-Cosa vorresti dire, Ju?- Michael guarda il fidanzato sorridendo.
Julian sospira e sorride –Hai una grave forma di…-
Ma Michael non lo lascia finire che ha già le labbra posate su quelle di Julian.
Michael a volte sa essere dolcissimo…
Mi tampono la guancia col ghiaccio.
-Ehi finitela di sbaciucchiarvi, voi due! Vi ricordo che ci sono ospiti!-
Josh indica John con la testa.
Michael torna al suo posto e Julian arrossisce.
-Come se fosse un problema, per me- dice John.
Sadie si avvicina, curiosa pure lei –Mi scusi, signor Wood..-
-Ti prego, chiamami Elvis!-
-Va bene, Elvis- Sadie sorride –Volevo sapere una cosa da te-
John si atteggia come una femmina, arricciando le labbra, sbattendo le sopracciglia, accavallando le gambe e portandosi i palmi delle mani sulla punta delle ginocchia –Dimmi cava- 
Finge anche la R moscia, non posso resistere!
Scoppio a ridere piegandomi in due.
Michael e Julian mi seguono a ruota.
Josh guarda in alto e sbuffa (con un lieve sorriso però).
Sembra infastidito da John, ma non può non ridere!
Sadie ridacchiando continua –Quanti anni hai?-
John continua la sua commedia –Oh, ma non si chiedono gli anni a una signova come me!-
Si porta una mano al petto.
BOOM. Scoppio di nuovo a ridere.
La guancia mi fa male, ma non riesco a fermarmi!
La sta prendendo per il culo, si vede.
Colpa dei suoi atteggiamenti da civettuola.
Chissà perché in questo periodo tutte le ragazze mi sembrano stupide!
John ritorna serio e uomo –Comunque ho 29 anni-
Sadie tutta contenta dice –Io 27!!-
-Complimenti- sbotto io.
Sbaglio o sta cercando di fare il filo a John senza il mio permesso?
John sorride (guardandomi con la coda dell’occhio).
Josh mi guarda perplesso.
Michael e Julian se ne fregano della situazione e parlottano tra loro.
Josh continua a guardarmi perplesso.
Con un cenno della testa gli faccio intendere la mia domanda.
“Che vuoi?”
Subito dopo ritorna con uno sguardo normale e fa spallette.
John e Sadie continuano a chiacchierare e a conoscersi meglio.
Sadie ride in continuazione alle battute di John.
Quest’ultimo la guarda sempre con provocazione.
Che nervi!
John potresti anche smetterla, Sadie non è per niente il tuo tipo!
Strano, non mi ascolta.
Forse è impegnato ad ascoltare i pensieri di Sadie…
Chissà cosa pensa lei.
Sicuramente cose come “Che figo che è!”.
Che squallore! Lascio il ghiaccio sul divano.
-Vado a fumarmi una sigaretta- mi alzo e mi dirigo verso la porta, afferrando il giubbotto.
-Non avevi smesso?- Josh mi segue.
John continua a parlare con Sadie, seppur guardandomi perplesso.
Usciamo fuori e io mi accendo la mia sigaretta.
-Ho ricominciato-
-Da quando?-
-Ieri-
-Non sei durata nemmeno un mese-
Mi stringo nel caldo cappotto di mia madre, sentendo il suo profumo.
-Chi se ne frega-
-Sei ancora minorenne-
-No, non è vero-
Sguardo confuso e allo stesso tempo divertito –Aspetto spiegazioni-
Sbuffo, provocando una nuvoletta di aria condensata.
-Il 9 Dicembre sono diventata maggiorenne, solo che per impedimenti ho finto di essere ancora minorenne-
-E perché lo dici adesso? A me?-
Faccio un tiro alla sigaretta –Perché la sigaretta è molto più importante di quei impedimenti-
Josh sorride.
A volte vorrei ascoltare i pensieri delle persone, come John e Angela.
-Comunque- altro tiro alla sigaretta –Questo non vuol dire che gli impedimenti sono spariti-
-Sei in vena di confessioni?-
-No- butto fuori tutta l’aria. Altra nuvoletta.
La guancia non mi fa quasi più male, però sarà rossa o peggio ancora viola.
Porgo la sigaretta a Josh che l’accetta volentieri.
-Sono di umore nero-
-Colpa di Elvis-
Elvis? Chi è?
Ah si… John.
Come dimenticarmene!
Esito a rispondere –Che c’entra Elvis?-
Josh ridacchia e fa un tiro –Dovevi vedere la tua faccia mentre parlava con Sadie…-
-Poco importa Elvis… Il problema è quello psicologo, Gassman-
Josh mi guarda confuso –E che c’ha di male? Rita ci ha assicurato che è bravo!-
-Certo che è bravo! Mi ha aiutato molto con mia madre..- sospiro, riprendendomi la sigaretta.
Faccio un ultimo tiro e poi la butto –Ma il problema è che è uno stolker-
Josh spalanca la bocca.
-Pedofilo- aggiungo impassibile.
Ho deciso di dirgli tutto.
Di Josh mi posso fidare, non è un pettegolo.
In questo momento, però, sembra essere entrato in trance.
La prima cosa che dice è -Stai scherzando, si si-  
-Pensala come vuoi- sbuffo –Intanto mi fa il filo da quando ci siamo conosciuti, ieri ha cercato di baciarmi e stamattina è venuto a casa mia, ma io sono scappata dalla porta sul retro-
Josh corruga la fronte.
Poso la mano sul suo cuore, incuriosita.
Lui non ci fa caso, ma sento che batte molto veloce.
Ritiro la mano.
Lo guardo negli occhi –Il brutto è che non mi ha dato l’occasione per parlargli del mio vero problema!-
Sospira (altra nuvoletta) e con un tono calmo dice -E Elvis che c’entra in tutto questo?-
-Niente. Sei tu che sei convinto che c’entri qualcosa-
Mi stringo di nuovo nel cappotto.
Fa molto freddo, il cielo è nuvoloso.
Penso nevicherà.
-Devi chiamare la polizia-
Sorrido –Sei scemo?-
-Prima che sia troppo tardi!- è evidentemente preoccupato.
Lo fisso negli occhi.
E’ terrorizzato! E il brutto è che trasmette paura anche a me.
-Ma che può fare la polizia?! Quello è un uomo per bene conosciuto ovunque!-
Josh mi stringe la mano –Non è un valido motivo!-
-Non mi crederanno mai- stringo anch’io la sua mano.
-Non ti costa niente provare-
-Voglio aspettare un po’. Voglio parlargli, chiedergli perché fa tutto questo. Forse ho capito male..-
Ma non credo di aver capito male. 
John mi ha riferito alcuni suoi pensieri (andando anche contro le regole) e devo dire che lo arrapo tanto quell’uomo.
Che schifo.
Faccio una smorfia disgusta, mi vien da vomitare.
-Che hai?- Josh poggia una mano sulla mia schiena.
Si è accorto che ho la nausea –No, niente, pensavo…-
Si ferma un attimo a osservarmi -Quella guancia è diventata viola…- 
Poggio una mano sulla parte della faccia in questione.
-Quella bastarda…-
-Non avrei mai pensato che tu parlassi così di Rita!-
-Ormai non siamo più amiche..- da quando ho conosciuto John.
-Ho notato-
Dei fiocchi di neve cadono dal cielo.
Che bello.
Ho il naso verso l’alto.
I fiocchi di neve sono così belli…
Piccole lucine che scendono da un cielo grigio e cattivo.
Josh mi guarda a lungo.
Senza abbassare lo sguardo gli chiedo –Che c’è Josh?-
-Garcia io…- mi stringe la mano, ma poi la lascia –No, niente-
Lo guardo confusa e mi sorride.
Sorrido anch’io –Ok-
Chissà cosa voleva dirmi.
 
Apro la porta –Mamma sono a casa!-
Vedo mamma sbucare da dietro un paravento –Oh ciao tesoro!-
-Che fai li dietro?- mi avvicino.
Ho paura di trovarci una canna.
Ma quel che vedo è ancora peggio.
-Lei è Dana- mamma mi presenta una ragazzina a quanto pare hippie come lei.
La ragazza mi abbraccia -Ciao sorella!-
-C-ciao… Mamma, chi è Dana?-
-Dana è lei!- la indica di nuovo, mentre la ragazza si siede –Dana è mia figlia!-
Non so che espressione ho, ma di sicuro non è una della serie “Oh che bello!”.
L’unica cosa che riesco a sbottaredire è –Oh-
Le due mi guardano con il solito sorriso da ebeti strafatte.
Mai vista questa ragazza!
Come fa ad essere mia sorella?!
Dopo un attimo di confusione esclamo –Quanti anni hai!?-
La ragazza fa spallette e guarda mia madre –Penso 14…-
-Si, 14-
-Come fai ad avere 14 anni?-
La ragazza ride di gusto –Perché credo che 14 anni fa tua madre mi abbia partorita!-
Guardo mia madre –Beh, ti sei divertita mentre papà stava male!-
Sono incazzata più di prima.
Non bastava Rita, John e Sadie! Anche mia madre e questa ragazzina nera!
Mamma mi guarda arrabbiata.
-Mamma, calmati, non l’ha detto con l’intenzione…- Dana posa la sua mano sul capo della donna.
Guardo Dana –Certo che l’ho detto con l’intenzione! Se lei ti ha partorito 14 anni fa…-
Guardo mia madre -…vuol dire che tradiva mio padre mentre lui era in malattia!-
-Il nostro è sempre stato un rapporto aperto, lo sai!-
-E poi sei rimasta incinta e me l’hai nascosto!-
-Eri solo una bambina, come potevi capire?!-
-Avevo già visto guerra, droga e morte! Potevo capire eccome!-
Mamma zittisce.
Dana si alza dalla sedia e mi abbraccia –Ti prego non litigate più-
La guardo nei suoi occhi grandi e profondi.
Ha i tratti e il naso di mia madre.
Naturalmente non so di chi sia tutto il resto.
Però i suoi occhi… mi sono così familiari.
Mi perdo nel suo sguardo evidentemente triste e forse deluso da una sorella troppo…
Troppo diversa.
-Mi dispiace, Dana. Mi dispiace, mamma- mi sciolgo dall’abbraccio della ragazza.
-Ora prendo le mie robe e vado a casa mia- 
Sono impassibile, nemmeno le preghiere di mia madre mi fermano.
Nemmeno gli occhi di mia sorella.
Mia sorella.
Brividi.
Prendo tutto quello che è mio e apro la portiera.
-Garcia!-
Mamma mi raggiunge in fretta e furia e mi abbraccia.
Mi abbraccia forte.
Faccio cadere tutte le cose a terra e l’abbraccio anch’io.
Respiriamo entrambe il profumo dell’altra.
Me ne sto per andare di nuovo.
Sento la spalla bagnata.
Piange.
E’ raro vedere la propria madre che piange.
E quando succede vorresti morire.
Soprattutto se è a causa tua.
-Ti voglio bene, mamma-


Mondo Nutopiano:
Questo capitolo è breve.
Troppo breve.
Il titolo è accazzuola.
Fa veramente schifo.
Ma fa niente.
So che mi volete bene comunque.
*Fuorever Alon*
Nuove scoperte per Garcia!

Peace & Love.
MelinAnima :3


*Piccolo-spazio-pubblicitA'!*
Grazia a quelle bbelle giovanotte di (?):
_Enya (che non mi ha ancora detto in cosa consistono i suoi due finali. MO ME LI DEVI DIRE)
_Martha (Waaaaaaaaaa nuova lettrice *__* Grazie grazie!!)
_Perdita che in realtà non ha il "_" all'inizio del nick (Bentornata :D)
Ehhh sapeste che ai tembi miei non cierano tutte chiss tecnolocie!
Il copiùter, il telefòn minun... 
Mo tutt divers jè!
Ok, smetto di imitare mia nonna e...
GRAZZZIA!
(Se non andate a visitare _Enya e Perdita [e anche ;ObladìObladà che non mi ha recensito,
ma so che è solo impegnata anche se non me l'ha detto]
giuro che faccio UNA STRAGGGE!)

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Capitolo 13
*** "Ho paura" ***


"Ho paura"


18 Dicembre
Sento di nuovo battere la porta.
Io sono rannicchiata per terra.
Mi dondolo e piango.
-APRI GARCIA!-
Lasciami in pace.
Che vuoi da me!?
Un altro colpo alla porta.
Ti prego, lasciami in pace!
Fa freddo.
Fuori c’è la neve.
E i termosifoni non funzionano qui.
GARCIA!
La sua voce mi rimbomba in testa.
Mi rannicchio ancora di più.
Ho paura che mi faccia del male.
Ma non voglio andarmene.
Se riuscirà ad aprire la porta, entri pure!
Io lo affronterò.
E lui dovrà spiegarmi tutto.
Un altro colpo, meno forte.
-Garcia…- mi chiama.
Sembra che stia piangendo -…So che sei li…-
Ho il viso completamente bagnato per quanto sto piangendo.
Il respiro si fa affannoso.
-…Non ti farò del male…-
Mi tiro su col naso e continuo a dondolarmi.
Lasciami in pace.
-Apri, ti prego-
-VATTENE VIA!- ho paura.
Mi sembra così strana la mia voce.
Sono disperata!
Ha passato tutta la notte a cercare di rompere la porta.
Io, invece, ho provato a chiamare John.
Ma Lui non mi ha mai risposto.
Un colpo fortissimo spalanca la porta.
Vedo la sagoma di Antonio sulla porta.
E’ affannato, i capelli scompigliati.
Lo guardo.
Sembra impazzito!
Si avvicina con passo furioso.
Per l’ennesima volta penso…
JOHN AIUTAMI!
John. Ho paura.


Mondo Nutopiano:
Capitolo troppo breve.
Ma non potevo fare altrimenti!
Capirete solo con il prossimo cosa è successo.
Sicuramente sarà molto più chiaro di questo.

Peace & Love.
MelinAnima :3


*Piccolo spazio pubblicitario*
Grazie, non smetterò mai di dirlo!
_Martha, Perdita, ;ObladìObladà e _Enya.
Vi adoro!

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Capitolo 14
*** I vecchietti nei parchi. ***


I vecchietti nei parchi

21 Dicembre.

New York e ci sono.
Central Park, eccomi.
Panchina vicino all'ingresso...
Panchina vicinoo...
Bene, è occupata.
Maledetti vecchietti!
Stanno sempre sulle panchine che ti servono!
-Mi scusi- mi avvicino a un vecchietto.
Mi sorride. Sembra fragile!
-Posso sedermi qui?-
Il vecchietto mi fa un po' di spazio tra lui e un suo compare.
Mi siedo.
Lo spazio non è dei più confortevoli.
E neanche il profumo.
Il vecchietto di prima continua a sorridermi.
Gli sorrido anch'io.
Ma che vuole?
Il secondo vecchietto sorride e dice -Aspetti il fidanzatino?-
Ok. Dove sono capitata?
Ingnora la mia espressione sconcertata e continua a parlare.
-Sai, anche ai miei tempi ci si incontrava, solo che con la guerra era difficile
Io ero piccolino e..-
-Ciao Garcia!-
-Ciao John! Siediti, il signore mi sta raccontando una storia-
Ride.
-Cosa ridi? E' interessante!-
Sono sarcastica, ovviamente.
Mi alzo e saluto i signori (che continuano a sorridermi).
Appena siamo un po' lontani abbraccio John, affondando la testa nel suo petto.
Sospira e con voce profonda dice -Finalmente- 
Lo abbraccio ancora più forte -Ho avuto così tanta paura!-
Mi accarezza i capelli -Non è successo niente, Garcia-
-Si, però mi ha spaventata!-


REWIND


Non riesco a muovermi.
Non per l'emozione, stavolta.
Per le corde.
Si, sono legata a una sedia.
Mi sono appena svegliata, non so cosa stia succedendo.
E' tutto buio.
Non vedo niente.
Respiro affannosamente.
Mi fa male il braccio.
Cosa è successo?
Non ricordo niente!
Provo a muovermi di nuovo.
-Ahia!- 
Le corde fanno male.
Sono strettissime.
Provo ad analizzare i miei vestiti.
Sento calore dal collo al ginocchio.
Forse ho la divisa scolastica.
Ma non ho le calze!
Ah no, quelle si sono rotte...
Sento delle goccie.
-C'è nessuno?-
-Io-
La sua voce rimbomba nella stanza.
Un brivido mi percorre la schiena.
Chiudo le gambe e gli occhi.
-Che ti ho fatto?-
Si avvicina.
I suoi passi rimbombano nella (credo) enorme stanza.
Non lo vedo in faccia.
E questo mi impaurisce.
La sua voce mi fa sobbalzare, perchè lo sento vicinissimo.
-Sei entrata nella mia vita, e questo non lo posso sopportare-
Cerco di parlare, ma la paura mi divora.
No! Cosa vuoi farmi?!
JOHN! JOHN RISPONDIMI!
AIUTAMI JOHN!
Adesso mi ammazza.
Anzi mi violenta e mi ammazza.
Ho paura, ho tanta paura.
-C-che vuoi farmi?-
Mi bacia il collo e mi morde il lobo dell'orecchio.
No.
Mi scanso, ma nel farlo faccio cadere la sedia sul pavimento freddo.
Fortunatamente non sbatto la testa.
Però la gamba si incastra sotto la sedia e mi fa male.
Urlo.
Lui mi tappa la bocca -Non urlare, altrimenti ti ammazzo-
Ora riesco a vedere qualcosa, nel buio.
Qualche sagoma.
Ma non capisco comunque dove sono.
Mi rialza piano.
Mi tocca la gamba nuda.
E' caldo.
-Mi fa male- 
-Shh-
Me l'accarezza e me la bacia.
-Cosa vuoi da me? Lasciami in pace!-
-Stai scherzando? Dovrei lasciarti andare senza aver combinato niente?-
Mi dimeno sulla sedia -Slegami!!-
Ridacchia e mi ferma, poggiando le mani sulle spalle.
Mi afferra i capelli e me li tira all'indietro facendomi alzare la testa.
Fa male!
Avvicina il viso al mio e mi accarezza la guancia col naso.
Inspira l'aria per sentire il mio profumo.
Questo è un vero e proprio maniaco!
E' capace di tutto, ormai lo so.
Mi userà e forse mi ucciderà.
Oppure mi lascerà vivere con questo peso.
E a tutto questo non c'è una spiegazione.
Perchè a me, Dio?
Gli occhi si fanno lucidi e una lacrima sgorga e percorre la guancia.
La lacrima però si ferma, bagnando il suo naso.
Si ritrae indietro e con il pollice mi asciuga il viso bagnato di lacrime.
-Non piangere. Non voglio farti del male-
-Invece è proprio quello che stai facendo-
-Non è vero, io ti amo Garcia!-
-Amare non è tristezza, ne lacrime-
-Certo che lo è! E' impossibile non soffrire per amore!-
Mi tira ancora di più i capelli e si avvicina alla bocca.
La sfiora.
-Dimmi che mi ami-
-No, non ti amo!-
Mi tira i capelli.
La mia bocca fa sfuggire un gemito.
-Amami-
-Non puoi costringermi. Non è te che amo-
-E chi?!-
Il suo tono mi spaventa ancora di più.
E' arrabbiato.
Però con sarcasmo dico -Non ti facevo un amante del gossip-
Mi molla uno schiaffo.
Brucia tantissimo.
Mi prende le spalle e mi scuote.
Urla -Ti sembra tutto un gioco!?-
Chiudo gli occhi e comincio di nuovo a piangere.
-Perchè io?! Cosa ti ho fatto di male?
Lo so che non è un gioco, ma cosa vuoi che faccia?
Io mi arrendo!
Fammi quello che vuoi ma sappi che io non ti amo e non lo farò mai!
Sei un mostro, un vecchio e orribile mostro!
Pensavo che per te fossi come una figlia, ma evidentemente no.
Sono solo una puttanella minorenne da una botta e via!-
-NO! Io ti amo! Non devi dire questo!- mi prende il viso con entrambe le mani.
-Certo, sei affascinante e vorrei fare... qualcosa con te. Ma non lo farò! Perchè ti amo!-
-Mi hai seguita, mi hai rapita, legata a una sedia, picchiata e baciata.
Finiamola qui. Fa quello che devi fare e basta-
Le amare parole mi escono dalla bocca come un veleno.
Un veleno indirizzato a me stessa.
Mi prende le coscie e mi apre le gambe.
Stringo gli occhi e continuo a piangere.
Mi lascia le cosce.
E' la fine.
-No- sospira.
Apro gli occhi.
Sento che si allontana.
Accende la luce.
Mi acceca.
Mi guardo intorno.
Sono in un garage molto grande.
Forse perchè è vuoto.
Poi lo vedo.
Esattamente come l'ultima volta, sulla porta di casa mia.
I vestiti eleganti, i capelli spettinati, la barbetta e lo sguardo...
Uno sguardo indecifrabile.
Occhi iniettati di pazzia.
-Non è così che deve andare-
Mi guarda.
Quella pazzia scompare e ora sembra triste.
Triste lui?!
E io!?
Che bastardo!
-Tu devi essere libera. Devi amarmi. Devi volermi-
Questo non succederà mai, porco.
-Mi lasci andare?- non riesco a trattenere la rabbia.
Spegne di nuovo la luce.
Apre una porta.
Riesco ad intravedere un giardino.
E' giorno.
Gli uccellini cinguettano.
L'erba profuma.
Mi guarda un'ultima volta.
Chiude la porta, provocando un forte eco.
E' un no.
Chissà per quanto tempo dovrò rimanere qui.
Le lacrime scendono velocemente.
E' la fine.
Una fine lenta e dolorosa.



Mondo Nutopiano:
Il titolo non c'entra quasi niente col capitolo.
Dettagli...
Avevo promesso che dal capitolo precendente sarebbe stato tutto più chiaro.
Mentivo.
A domani!

Peace & Love.
MelinAnima :3


*Piccolo spazio pubblicitario*
:ObladìObladà.
_Enya.
_Martha.
Grazie mille!

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Capitolo 15
*** Rewind. ***


REWIND

Non capisco se è giorno o notte: il buio è intensissimo.
Non vedo niente... Forse sono ceca.
Le corde mi fanno male.
Non posso muovermi, altrimenti rischio di graffiarmi da qualche parte.
Ho pianto per un tempo indefinito.
Tanto o poco che sia, so solo che ho pianto tantissimo.
Ora non più.
Ho esaurito tutte le lacrime. 
Provo solo dolore.
Dovevo fidarmi di John e Angela.
Loro me l’avevano detto di non fidarmi.
Perché? Perché sono stata così stupida?!
Potevo evitare tutto questo, questa tortura dolorosa.
Fra poco tornerà…
Non so cosa mi sia preso! Gli ho praticamente dato il permesso di violentarmi.
Ho paura.
Mi ha detto che se urlo mi ammazza.
Quindi meglio tacere.
Anche perché non ho più voce, il freddo me l’ha fatta perdere.
Si, fa freddo, e avendo la divisa scolastica sono anche molto scoperta.
Credo di tremare.
Sento dei passi.
Cazzo no! Non tornare, no ora, non sono pronta!!
Chiudo gli occhi e respiro profondamente.
-Coraggio, Garcia-
Sento la porta aprirsi.
La paura m’invade.
Altri passi e l’eco della porta che si richiude cigolando.
Tremo ancora di più.
Si avvicina.
Il cuore mi batte forte e veloce.
Lo sento anche senza poggiare la mano sul petto.
Apro gli occhi.
E’ ancora buio.
Mi sta slegando le corde.
Respiro affannosamente.
Aveva detto che non doveva andare così (cosa?)
Aveva detto che dovevo essere libera (perché?)
E lo dovevo amare.
No, questo mai.
Non amerò mai un mostro come lui!
Le braccia mi cadono lungo i fianchi.
Sono stanche di essere rimaste in quella posizione a lungo.
Mi tocco i gomiti.
Riesco a sentire i segni delle corde sulla pelle.
Brucia.
Anche la pancia mi fa male, ma di meno.
-Come stai?-
Perché me lo chiede?
Non gli interessa niente!
-Sono stata per chissà quanto tempo legata a una sedia in una stanza fredda e buia-
La mia voce e fredda e rauca –Come vuoi che stia?-
Poggia una mano sulla mia testa, ma la scanso subito con violenza –Non mi toccare-
-Io voglio che tu sia felice-
Sbuffo –Ok. Ma evidentemente è più importante il tuo pene-
Mi vien da piangere.
E’ solo un mostro bastardo.
Mi ha presa in giro!
E lo sta facendo anche adesso.
-Incredibile. Sei stata qui per una notte ma non hai ancora perso la tua sfacciataggine!-
Si sta arrabbiando, meglio tacere.
Si avvicina al mio orecchio e sibila –Perché non vuoi amarmi?-
Taccio.
-Parla!- No.
Mi prende per un braccio e mi strattona urlando –Dimmelo!-
Scoppio a piangere.
Ma non ci sono lacrime –Lasciami in pace-
Mi trascina non-so-dove nel buio e mi ritrovo stesa su qualcosa di morbido.
Mi rannicchio su me stessa.
Si sta spogliando.
Oddio no! Non farlo!
-Ti prego-
Ma non mi ascolta.
Si slaccia la cintura e si  toglie i pantaloni
Mi rannicchio ancora di più.
Mi gira a pancia in su con violenza.
-NO!- strillo.
Ma mi tappa la bocca.
-Taci o ti ammazzo-
Mi passa le mani sulle cosce e mi alza la gonna, afferrando le mutande.
Intanto io mi dimeno come indemoniata.
No! Non voglio! Lasciami in pace!!
Cerco di togliere le sue manacce, ma lui è più forte.
Mi sfila le mutande.
Si avvicina di più, lo sento su di me ormai.
Mi lascio andare, è troppo tardi…
-Eccoli sono qui!-
La porta si spalanca e la luce mi acceca.
Antonio si distrae e io ne approfitto per buttarlo a terra.
Dana accende la luce e i poliziotti entrano velocemente nella stanza.
Comincio a piangere, con le lacrime, per la gioia!
E’ finita.
Lo stanno arrestando, mentre io mi rivesto.
Si! E’ finita.
Dana mi raggiunge velocemente e mi avvolge con una coperta.
-Come sapevi che ero qui?-
-Tutto bene sorellina?-
Annuisco e piango sulla sua spalla.
Mi abbraccia –E’ tutto finito, tutto finito-
-Grazie!-
-Ti voglio bene, Garcia-

 
20 Dicembre
 
E’ successo tutto così in fretta.
Un attimo prima pensavo di dover essere violentata.
Un attimo dopo mia sorella mi salva e Gassman viene arrestato.
Sono così felice!
Dana mi ha spiegato quel che è successo:
Il 18 Dicembre mia madre era molto preoccupata.
Ero sparita e non rispondevo al telefono.
Nemmeno il giorno dopo mi sono fatta vedere.
Logico, Gassman mi aveva rapita.
Fu allora che cominciarono a cercarmi.
John e Angela cercavano di contattarmi mentalmente ma il C.A. (Il Consiglio delle Anime) non gliel’aveva permesso.
Così Josh e Sadie si sono messi a rintracciare chiunque avessi contattato prima di sparire.
(Josh è un hacker professionista, quindi non è stato molto difficile per lui)
Julian e Michael hanno setacciato casa mia in lungo e in largo.
Insomma, mezza New York s’è mossa per cercarmi.
Ma è stata Rita a trovarmi, anche se inconsciamente.
E’ successo per un puro caso.
Gassman è un suo amico di famiglia.
La sera prima che mi trovassero, era andato a una cena a casa Gray.
Mentre io ero ancora legata a una sedia, piangente e dolorante.
Comunque, quella sera, Rita ha capito (con i suoi super poteri di donna curiosa e pettegola) che Gassman nascondeva qualcosa.
Ha subito collegato il fatto che io fossi sparita con i suoi strani comportamenti.
Così ha chiamato Sadie e le ha detto di controllare a casa Gassman se io ci fossi.
Mentre ha detto a Julian e Josh di controllare nello studio di Gassman.
Ma ne Sadie, ne Josh e Julian mi hanno trovata.
Logico, io ero in un garage! E la casa di Gassman non ha un garage.
Un altro fiasco per i ragazzi.
Cominciavano a perdere indiziati e speranze.
Però, la mattina dopo, Rita ha incontrato mia madre e Dana e le ha raccontato di Gassman.
Mia madre, vive in periferia e aveva visto molte volte Gassman uscire fuori dalla città.
Così lei e Dana si sono dirette in campagna.
Mia madre è andata a est e Dana a ovest.
E indovinate cosa è successo dopo?
Dana ha trovato facilmente la villa e il garage dov’ero.
Ha sentito delle urla e ha contattato subito la polizia.
Così, per una serie di casualità, sono salva.
Mia madre si avvicina –Qualcuno lassù deve volerti bene-
-Questo non lo so, mamma, so solo che voglio stare qui con te e Dana-
 
Mi stendo sul mio vecchio letto.
Il camioncino è circondato dal buio.
Dallo sportellino sento i grilli intonare il loro solito canto.
Guardo il soffitto.
Che avventura!
Avventura per modo di dire…
Gassman è stato condannato a sei anni di carcere.
Sei anni, si. 
Hanno detto che non c’erano abbastanza prove per la tentata violenza.
Però mi ha rapita e picchiata, quindi sei anni sono più che sufficienti.
Mi dispiace che si sia comportato così.
Non lo odio… mi ha fatto del male, ma l’ha fatto perché mi amava.
Forse sono troppo buona o ingenua, ma non conta.
Poteva risparmiarsi di fare il maniaco pazzoide.
Ma poi perché John non mi ha aiutata?
Non poteva mandarmi messaggi, ma poteva sentirmi!
Ho tanta voglia di rivederLo.
Voglio abbracciarlo, sentire il Suo calore, il Suo profumo di rose.
Ho bisogno di parlarGli.
Angela la vorrei anche rivedere.
Se è stata sempre acida con me, l’ha fatto per il mio bene!
E Phil. Chissà perché si preoccupava se io frequentassi mia madre o meno.
Boh. 
Anche i ragazzi.
Rita è quella che mi manca di più.
I siamo lasciate con uno schiaffo, eppure è stata lei a ritrovarmi.
Voglio essere di nuovo invidiosa di Julian e Michael che (a differenza mia) hanno trovato l’anima gemella.
Voglio rivedere Sadie e sentire le sue carezze.
Anche se ci ha provato con John, le voglio bene!
Josh e il suo sarcasmo sono quelli che mi mancano di più.
Mi hanno detto che quando ha saputo che ero sparita è svenuto.
Non ci credo. Josh non sverrebbe mai per me.
Penso che gli sto antipatica.
E’ vero: l’ultima volta che l’ho visto ha ascoltato tutto quello che gli ho detto.
Ma penso lo facesse solo per pena.
Quanto vorrei essergli simpatica… è un bel ragazzo ed è simpatico.
Un bel furbacchione, direi.
Sorrido.
Chiudo gli occhi e mi rilasso.
Ho tanto sonno.
Non dormo da 48 ore.
Non vedo l’ora di tornare a sognare.
Non vedo l’ora di tornare a vivere.


Mondo Nutopiano:
Sono in un posto bellissimo in montagna.
Però ho trovato una connessione internet.
Ho speso un intero pomeriggio a scrivervi questo (complicatissimo) capitolo.
E ora, con un forte mal di testa ve lo posto.
VOGLIO UNA STATUA, ORA.
Avevo promesso ad alcuni (*coff*Obladì*coff*bladà*coff**coff*) che avrei postato un mega capitolo!
Ma, dato che sono riuscita a trovare internet in questo posto desolato, niente più :3
Spero vi piaccia, è un po' complicato.
Questo rewind è durato anche troppo.
E' ora di continuare con la storia!

Peace & Love.
MelinAnima :3

P.S: La parte della violenza di Gassman fa schifo, lo so, non sono brava in queste cose ç__ç
OBLADìOBLADà AIUTAMI TUUU!!!


*Piccolo spazio pubblicitario*
Ovviamente (non) ringrazio:
;ObladìObladà (Adoro anch'io i vecchietti *_*)
_Martha (un'altra che muore con i miei capitoli D:)
Marta Michelle (nuova lettrice!! Adesso sono io che muoio *O*)
_Enya (Si, sono una buggggiarda)

NON GRAZIE :D

*senonandateavisitarlegiurocheviimpiccoepoigiococonivostricadavericomebambole!*
Vi voglio bene, anche a chi legge solo <3

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Capitolo 16
*** Dakota Building ***


Dakota Building


21 Dicembre.
 
-Pronto?-
-Pronto chi sono? Volevo dire.. chi parla?-
-Non lo so, lei ha chiamato. Io sono Dana piacere-
-Piacere, io… Beh, io volevo parlare con Garcia-
-No, non può parlare. Lei chi è?-
-Elvis Wood-
-MAAAAAAMMAAA!! AL TELEFONO C’E’ UN TIZIO CHE VUOLE GARCIA!!-
Ecco che mia sorella comincia ad urlare…
Mamma si affaccia dal “giardinetto” fuori -Come si chiama?-
-ELVIS WOOOD! Ehi che fai!?-
-PRONTO JOHN! V-volevo dire… ELVIS SEI TU?!-
-Garcia!-
Il sole esce da dietro le nuvole.
La neve per strada illumina ovunque.
Gli uccellini cantano.
Il vento soffia leggero e fresco.
I nervi si calmano.
Il cuore sospira.
Gli occhi si fanno lucidi -…John…-
-Non ho tempo per parlare, scusami-
-…John…-
Non riesco a dire altro.
Guardo nel vuoto imbambolata, nel cercare di immaginare il Suo volto.
E’ l’unico volto per cui ho combattuto fino all’ultimo contro la mia memoria, per ricordarlo.
-Oh… davvero? Non credevo di essere così importante per te!-
-Cosa?! Senti i miei pensieri anche dal telefono?!-
Dana si avvicina –Sente cosa?!-
-Shhh!-
-Si, li sento i tuoi pensieri-
Dana poggia l’orecchio sulla cornetta per sentire.
Fallisco nel tentativo di spostarla.
-Comunque volevo invitarti per un appuntamento ti va?-
Dana mi guarda preoccupata –Sorellina chi è quest’uomo?-
-Piacere, Dana, Elvis Wood, fratello di Garcia-
-Ah! La famiglia si allarga!- su Dana appare un sorriso sincero e felice.
Per gli Hippie è normale avere figli sparsi per tutto il mondo.
Anche per una 14enne come Dana.
Zittisco la sorella tappandole la bocca –Quale appuntamento? Non abbiamo mai chiamato i nostri incontri… appuntamenti!
Fa troppo romantico!-
-E chi ha detto che questo non deve essere romantico?-
John ride.
Dana ride.
Tutti ridono, mentre io sono l’unica cretina rimasta imbambolata a guardare il vuoto.
Con voce speranzosa dice –Cosa aspetti ad accettare?-
 
New York e ci sono.
Central Park, eccomi.
Panchina vicino all'ingresso...
Panchina vicinoo...
Bene, è occupata.
Maledetti vecchietti!
Stanno sempre sulle panchine che ti servono!
-Mi scusi- mi avvicino a un vecchietto.
Mi sorride. Sembra fragile!
-Posso sedermi qui?-
Il vecchietto mi fa un po' di spazio tra lui e un suo compare.
Mi siedo.
Lo spazio non è dei più confortevoli.
E neanche il profumo.
Mi sfrego le mani per riscaldarle
e affondo la testa nel cappotto (di mia madre).
Il vecchietto di prima continua a sorridermi.
Gli sorrido anch'io.
Ma che vuole?
Il secondo vecchietto sorride e dice -Aspetti il fidanzatino?-
Ok. Dove sono capitata?
Ignora la mia espressione sconcertata e continua a parlare.
-Sai, anche ai miei tempi ci si incontrava, solo che con la guerra era difficile
Io ero piccolino e..-
-Ciao Garcia!- questa voce…
M’irrigidisco.
Non per il freddo o per la neve che ricomincia a scendere dal cielo.
Ma perchè è Lui, Lo vedo.
E’ vestito di bianco, proprio come la prima volta.
I capelli morbidi e chiari Gli cadono lungo il viso, ma senza sfiorarlo, per paura di rovinarlo.
I suoi occhi sono luminosi ma profondi come un pozzo.
Mi perdo nel suo sguardo così intenso e carico di sentimenti indecifrabili e non riesco a dire niente.
Però continua a sorridere, senza dire niente. 
Anche Lui contempla il mio viso.
Arrossisco -Ciao John! Siediti, il signore mi sta raccontando una storia-
Ride.
Tutto sembra illuminarsi e assumere colore intorno a me.
La tensione è sparita e mi rilasso -Cosa ridi? E' interessante!-
Sono sarcastica, ovviamente.
Mi alzo e saluto i signori (che continuano a sorridermi).
Appena siamo un po' lontani abbraccio John, affondando la testa nel suo petto.
La sua presenza riempie quel vuoto che ho provato per giorni.
Vorrei urlare! Si, sono di nuovo tra le tue braccia.
Ora sono felice.
Sospira e con voce profonda dice -Finalmente- 
Lo abbraccio ancora più forte -Ho avuto così tanta paura!-
Mi accarezza i capelli -Non è successo niente, Garcia-
-Si, però mi ha spaventata!-
Mi bacia la fronte.
-Promettimi che non mi lascerai più da sola, John-
Sospira -Ripeti il mio nome, ti prego-
Sorrido divertita e sussurro –John-
Respira a pieni polmoni.
Rido –Che ti prende?-
Mi guarda a lungo.
I suoi occhi sono indecifrabili, come sempre 
–Che ti prende, Jo?-
Continua a guardarmi.
Vorrei tanto sentire i suoi pensieri.
“Se vuoi puoi farlo”
Lo guardo dritto negli occhi.
Come?
“Chiedendomi cosa penso”
Rido –Sempre il solito!-
Mi guarda malizioso -Allora, non vuoi sapere cosa penso?-
Scuoto la testa -No. Non adesso almeno-
Adesso voglio solo guardarti negli occhi.
 
Mangio un boccone della omelette.
Mmm… buona.
Per tutto il tempo della cena, non ha fatto altro che guardarmi.
Neanche quando è arrivato un cameriere s’è voltato a parlargli.
Anch’io lo guardo, nonostante mi senta un po’ a disagio.
Insomma, è pur sempre John Lennon!
Un morto che parla!
IL morto… che parla.
Non mi ci abituerò mai.
-Che hai, Garcia?-
-Sei tu che non smetti di guardarmi-
Metto in bocca un altro pezzo dell’omelette.
A bocca piena dico –Tu che mi devi dire che hai-
Soffoca una risata.
Ingoio e sorrido –Che c’è?!-
“Niente, è che dovresti sentire i pensieri di questi signori intorno”
Guardo gli altri tavoli.
C’è tutta gente elegante, che mangia cose da eleganti.
Io e John invece siamo vestiti in modo assolutamente normale e mangiamo omelette.
Che dicono?
“Un sacco di stupidaggini!”
-Ad esempio?-
Penso che non ci siano problemi se me lo dice…
-Vedi quella signora dietro di te che si sta un po’ allontanando con la sedia?- fa cenno col capo alla signora.
Senza voltarmi cerco di guardarla.
Forse era meglio se non lo facevo.
E’ proprio brutta!
-Che dice?-
John imita la voce di una vecchia borghese -“Oh, ma guarda quei due! Dovrebbero metterli in riformatorio!”-
Sorrido –Ah si? Dille che suo figlio è anche peggio di noi!-
-Come fai a sapere che ha un figlio?-
-Fidati- faccio l’occhiolino.
John si concentra sulla donna.
-Fatto-
La donna si guarda intorno perplessa e spaventata.
Poi vede che la sto guardando e mi lancia un’occhiataccia.
A bassa voce John mi dice –Pensa che sei stata tu!-
-IO!?!-
Perché ho urlato?
Perché?!
Potevo evitare!
Adesso tutti mi guardano in cagnesco.
Arrossisco improvvisamente.
-Meglio andare- dice John.
Annuisco e mi alzo, afferrando il cappotto.
John paga e io esco fuori, mentre i commensali mi salutano con sorrisi soddisfatti.
Appena lo vedo raggiungermi mi copro il viso con una mano.
-Scusami! Sono un disastro! Ho rovinato la serata che tu...-
-Smettila di parlare e seguimi!-
Mi sorride e si infila le mani nelle tasche.
Comincia a camminare, lasciando impornte sulla neve.
Lo raggiungo e mi cinge la vita con un braccio.
–Ehi John, non mi porterai di certo in riva a un lago, illuminato dalla luna e dalle stelle
con un’atmosfera romantica dove potremo fare l’amore!
Vero?-
Mi guarda allibito –Ma che cazz!?-
Scoppio a ridere –Sto scherzando!-
-Lo so! Ma non capisco come ti venga in mente una cosa del genere!-
Sembra sul serio sorpreso –Dai, scherzavo. E comunque non farei mai sesso con un morto-
-Non sono morto-
-Certo che lo sei- lo dico con una tale naturalezza che mi sorprendo di me stessa.
Sbuffa, creando una piccola nuvoletta davanti al suo viso
–Se lo fossi non sarei qui, ti pare?-
-E’ questo l’assurdo di tutta questa storia!-
Ci sorridiamo a vicenda.
Camminiamo in silenzio.
Ma poi mi vien da ridere –Ammettilo che non puoi fare sesso per colpa del C.A.!-
Tossisce un po’ accennando alle persone che camminano per strada e che ci guardano molto male.
Arrossisco violentemente e mi rifugio dietro il Suo braccio.
Avvicina la testa al mio viso e mi sussurra sensualmente
–Certo che posso, stupidina! Sono vivo adesso, posso fare quel che voglio-
Arrossisco ancora di più.
Un’immagine fulminea mi attraversa la mente ma la scaccio subito.
John ridacchia.
Meglio cambiare discorso.
 
Camminiamo ancora per un bel pezzo, ma non mi stanco mai.
E’ bello chiacchierare con John, è un buon amico!
Non ho occhi che per Lui.
Parla in modo vivace, allegro e sarcastico.
Ha sempre quella bellissima luce negli occhi.
E quel sorriso che mi fa impazzire.
Parliamo di tutto quello che ci passa per la mente.
Per Lui non è tanto difficile capire cosa penso, del resto.
Io ho bisogno di sentire la Sua voce.
E’ una droga.
Ormai è notte fonda, però New York è la città che non dorme mai,
quindi è ancora molto illuminata.
Alla fine chiedo –Ma dove mi porti?-
Sorride -Qui-
Con un gesto della mano mi indica il palazzo davanti a noi.
Quell’enorme palazzo ricoperto di neve.
Ma non è un palazzo qualsiasi.
Non ci credo ancora di essere qui.
Di essere di nuovo qui.
La paura m’invade.
E anche il senso di colpa.
Non è possibile!
Questo posto è il luogo del mio incubo ricorrente.
Ma che purtroppo non è un semplice incubo creato dalla mia mente.
E' un ricordo che mi perseguita.
Il ricordo di una sera tremenda, in cui un Uomo fu ucciso.
Guardo John spaventata.
Lui sorride sinceramente ma dopo un po’ sembra preoccuparsi.
-Garcia?-
Non voglio stare qui.
Non voglio rivedere questa strada e questo marciapiede.
Non voglio rivedere questo palazzo.
Portami via.
Ti prego.


Mondo Nutopiano:
Scusatemi se non ho postato prima!
In questo periodo sono incasinata più che mai.
Sono appena tornata dalle vacanze e tra un po' partirò alla volta di Firenze.
Quindi non pubblicherò molto...
Mi dispiace.
Ma parliamo del capitolo:
Inutile.
Tranne l'ultima parte.
Voglio dire: il capitolo precendente era una figata!
Macabro al punto giusto da non sembrare orrido.
Invece questo.
Puah! Che caduta di stile.
Si vede che non connetto in questi giorni.
Lo trovo così inutile che lo eliminerei.
Ma la giuria siete voi, cosa ne pensate?

Peace & Love.
MelinAnima :3


*Piccolo spazio pubblicitario*
_Martha 
_Enya
;ObladìObladà
Perdita
Grazie di tutto!

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Capitolo 17
*** Evasioni. ***


Evasioni


23 Dicembre.

Appena entro nel locale respiro a pieni polmoni.
Mi vengono le lacrime agli occhi!
Così li chiudo.
Da quanto tempo che manco...
Mi ritrovo improvvisamente tra le braccia di Julian.
Il suo calore mi circonda e lo abbraccio anch'io.
Le lacrime scendono velocemente dagli occhi.
Guardo il viso di Julian, che mi sorride dolcemente.
-Bentornata-
Sorrido anch'io, ma le lacrime aumentano.
Quanto mi è mancata la sua dolcezza.
Presto ci raggiugono gli altri ragazzi.
Tutti mi abbracciano.
Prima Sadie, poi Michael.
Guardo Rita asciugandomi le ultime lacrime.
E' imbarazzata, perchè mi ha schiaffeggiata.
Ma non sono assolutamente arrabbiata con lei.
Ci fissiamo a lungo negli occhi.
Alla fine ci abbracciamo -Grazie Rita!-
-Mi sei mancata, amica mia-
Josh continua a guardarmi con timore.
-Ehi Jey Jey che ti prende?-
Sorride malinconicamente.
Quello è il soprannome con cui lo chiamavo quando eravamo bambini.
-Niente, Chagy- Arrosisco -Sono solo... incredibilmente felice di vederti!-
Mi porto una mano al viso imbarazzata -...quel soprannome..-
Scoppia a ridere.
Quando ero piccola dicevo sempre a tutti i miei amici di chiamarmi così.
Garcia non mi piaceva molto ma Chagy si.
Beh, adesso preferisco Garcia, di gran lunga.
Josh ridacchia e poi mi guarda mestamente.
I suoi occhi infondono tristezza.
Cerco di non farci caso e mi lascio trascinare da Sadie sul divano.
Si siede davanti a me e prende un grosso respiro.
Tutto d'un fiato dice -Allora devi raccontarmi tutto perchè sono troppo curiosa di sapere cosa è successo!-
Julian scuote la testa e si siede vicino a me, prendendomi la mano.
Non sono felice di questa richiesta.
Non voglio ricordarmi di nuovo tutto.
Rita nota questo mio disagio -Sadie, per favore...-
-Che c'è?- oh niente, stai solo cercando di demoralizzarmi.
Michael le poggia una mano sulla spalla e le sussurra -Non credo sia il caso..-
Sadie arrossisce -Scusami Garcia, non volevo ferirti!-
-Non fa niente!- le sorrido, per rassicurarla.
-Voi siete le ultime persone con cui potrei arrabbiarmi-
Passiamo insieme il pomeriggio.
Mi chiedono dove sono stata questi giorni.
E io, con mala voglia, spiego tutto:
-Elvis Wood, avete presente?-
-VI SIETE FIDANZATI!?-
-Ehm... no Rita-
-Sposati?-
Scuoto la testa.
Josh prende parola -Rita sta zitta!-
Mi fa cenno di continuare.
-Allora, Elvis mi ha portata al... al Dakota-
Esamino gli sguardi dei miei compagni.
Molto sorpresi.
Prevedibile, il Dakota è un posto che conosciamo tutti.
E' il postaccio dove è avvenuta la tragedia.
Continuo a raccontare, mentre i ragazzi si fanno i peggiori film mentali.
-Mi ha portata li e mi ha detto se volevo passare il Natale con lui, in quel posto-
Sospiro e chiudo gli occhi.
Stavolta non voglio vedere le loro facce.
Mi vergogno troppo.
-E tu che hai detto?-
E' Michael che lo chiede.
-Io ho detto si-
Rita urla istericamente.
Apro gli occhi -Rita!-
Seguono i "Rita" degli altri.
Sadie rosica, si vede.
Mi vien da ridere.
Mi dispiace, cara, John è mio.
-E poi? Avete sul serio convissuto!?-
Annuisco -Certo e lo stiamo facendo tutt'ora-
Julian sorride ma è comunque perplesso.
Michael ridacchia -E non avete combinato niente-
Sadie da una gomitata furiosa a Michael che mugugna qualcosa.
Rita sembra estasiata e Josh beve la sua birra evitando il mio sguardo.
Arrossisco -No, non abbiamo combinato niente e non voglio che combiniamo niente!-
Rita mi guarda come per dire "Se certo, come no"
Arrossisco ancora di più -E' vero! Siamo solo amici!-
Adesso anche tutti gli altri si uniscono allo sguardo di Rita.
Tranne Josh.
Josh fa l'indifferente, come al solito.
Sospiro -Ragazzi smettetela di guardarmi così!-
Ridacchiano.
Chiacchieriamo un altro po' di tutto quello che è successo in questi giorni.
La sorella di Sadie è incinta.
Julian e Michael sono ancora più uniti di prima.
Rita ha trovato lavoro in una caffetteria.
Lei è sempre stata molto indipendente dalla ricchezza della sua famiglia.
E fa bene.
Solo perchè è ricca non si deve ritenere astenuta dal lavoro.
Josh invece non parla.
-Ehi Jey Jey, che hai?-
Non l'ho chiesto io, è stata Rita!
A volte io e lei siamo telepatiche.
Josh poggia la bottiglia della birra per terra e fa spallette.
-Niente, ho mal di testa...-
Sorrido -E' colpa mia-
Mi sorride anche lui.
Strano, mi aspettavo un'altra delle sue battute.
In questo periodo Josh è molto cambiato...

Ci salutiamo e comincio a camminare.
Ormai è sera e devo tornare all'hotel per la cena.
La neve rende New York molto romantica.
E molto natalizia.
Tra un po' sarà Natale, devo vedere di regalare qualcosa a... a tutti!
Soprattutto a John.
Ma che gli posso regalare?
Meno male, semaforo verde!
Attraverso velocemente la strada, insieme alla mandria di persone.
Sono tutte vestite pesantemente e portano pacchi e pacchetti per il Natale.
Le strade sono già abbellite a festa.
In questi giorni non ho avuto modo di accorgermene.
Sta per arrivare Natale!
Passo per qualche vetrina per vedere se posso comprare qualcosa.
Ma quel che mi posso permettere è pochissimo.
Ma vedo qualcosa che potrebbe interessarmi.
O meglio, interessare a John.
Costa un po', però, vedrò di racimolare qualche soldo.
Mi dirigo velocemente verso l'Hotel.
Basta pensare ai regali, altrimenti John mi sente.

Alzo lo sguardo verso il palazzo illuminato.
Dakota Building.
Sospiro, è sempre un'impresa attraversare quel marciapiede.
Ho spiegato a John che quello è proprio il luogo dove è stato sparato.
Ma non sembra essere rimasto impressionato.
Attraverso il marciapiede velocemente.
Devo andare a preparare la cena e non posso fermarmi a contemplare il posto.
Per un attimo mi volto verso il punto in cui c'era l'assassino.
E io ero affianco a lui.
Entro nel palazzo e apro il portone.
Prendo l'ascensore e comincio a salire.
Non ho mai incontrato Yoko da quando io e John stiamo qui.
Mi sembra strano: La moglie e il marito sotto lo stesso tetto, ma senza saperlo.
Beh, forse John adesso lo sa, dato che l'ho pensato.
L'ascensore si apre e percorro il corridoio, cercando la mia stanza.
Eccola qua.
Prendo le chiavi e la apro.
-SORPRESA!!-
-Ma che cosa..?!-
Un enorme albero occupa parte della stanza.
E' tutto addobbato e colorato di luci bellissime.
In cima c'è un piccolo angelo.
E ai piedi c'è seduto John, con le braccia spalancate e un sorriso stampato sul viso.
-John! L'hai fatto tu!?-
-Certo! E non è tutto!- si alza, mostrando un pacchetto sotto l'albero.
-E' anche passato Babbo Natale- dice continuando a sorridere.
Chiudo la porta e corro verso di Lui, aggrappandomi al suo collo.
Mi abbraccia -Allora ti piace?-
Guardo un attimo l'albero senza mollare la presa al collo.
Guardo di nuovo John -E' stupendo!-
Ci abbracciamo più forti di prima.
Mi sfila il giubbotto (sempre di mia madre eh!) e lo appende all'attaccapanni.
Mi dirigo in cucina e Lui comincia ad apparecchiare la tavola.
Da un muro all'altro chiacchieriamo -Che hanno detto i tuoi amici?-
-Hanno voluto sapere dove ero finita in questi giorni. Credevano che fossi stata rapita di nuovo-
Dico, tornando in sala da John.
Lui mi stringe a se, prendendomi dalla spalla e mi guarda negli occhi -E non è così secondo te?-
-Non fare lo stupido, John Lennon-
Lo sento rabbrividire e mi lascia -Che c'è? Rabbrividisci sentendo tutto il tuo nome?-
-Non credo mi ci abituerò mai!-
Sorrido e ritorno in cucina a lavorare.
Lui accende la TV.
Mandano il telegiornale.
Riesco a sentire il servizio mentre porto le prime pietanze in stanza.
-Un uomo è evaso dal carcere, è stato identificato come Antonio Gassman, 56 anni, arrestato per rapimento e violenza..-
Il piatto mi cade dalle mani e tutto quello che riesco a sentire è John che dice -Merda-
Non so se si riferisca al piatto che ora è in mille pezzi e il cibo sparso sul pavimento...
Oppure a quel bastardo che è evaso di prigione!
Continuo a fissare nel vuoto, continuo a pensare, continuo ad avere paura.
Da quanto tempo è scappato? Dove è andato? Perchè non lo trovano?
Guardo John che mi sta raggiungendo -Non ti devi preoccupare, Garcia, ci sarò sempre io a difenderti!-
Non parlo.
Gassman è evaso.
Gassman è evaso e starà venendo a cercarmi.
John mi prende per le spalle -Ma non ti troverà! Adesso sei qui con me!-
Mi abbraccia, ma io no.
John ho paura lo stesso.
Sai di cosa è capace quell'uomo, ormai.
-Si, lo so, ma lui non sa di cosa sono capace io-
-E cosa puoi fare, tu?- lo guardo negli occhi con terrore.
-Adesso mi troverà, come ha fatto l'altra volta, e mi ucciderà per averlo messo in prigione!
Merda non è passata nemmeno una settimana che me lo ritrovo di nuovo alle calcagna!-
-Ti ho detto che non ti troverà! E poi io posso fare molto: ho tutto il C.A. e Dio dalla mia parte!-
Sorride e mi guarda incoraggiante.
Grazie John. Riesci sempre a tirarmi su il morale.
E non sono sarcastica.
Sorrido anch'io.
-Adesso ripuliamo questo casino per terra-
-Giusto-

Lui è seduto su una poltrona vicino l'albero, io di fronte a Lui.
Lo guardo mentre legge un libro.
Non ha bisogno degli occhiali.
Rispetto al vecchio John Lennon, Lui è perfetto.
In salute, senza difetti, ma mantenendo la sua semplicità e il suo carattere.
Affascinante.
Bevo un altro po' della mia cioccolata calda e mi stringo nella coperta.
Sta leggendo il Suo libro.
In His Own Write.
Vuole capire qualcosa di più sul suo vecchio io.
Ma in realtà non è mai cambiato, è sempre rimasto il John di sempre.
Anche se è morto e risorto.
-Reincarnato, prego- dice senza alzare lo sguardo dal libro.
Va bene, morto e reincarnato.
-Concentrati su quel libro, tu- 
Mi sorride.
Che scemo!
Torna tranquillamente a leggere.
Bevo un altro po' della mia cioccolata calda.
E' molto buona.
Quel libro l'ho già letto, è molto bello sai?
"Lo so che è bello... lo sto leggendo"
Sorrido e abbasso il capo.
-Garcia posso chiederti una cosa?-
Alzo lo sguardo dalla mia cioccolata.
Mi sta guardando confususamente.
-Dimmi-
Esita un attimo -No, niente-
Poggio la cioccolata sul tavolino davanti a me -Adesso voglio saperlo!-
Sorride divertito tornando al suo libro -No, dai, niente!-
Sorrido anch'io al pensiero di chissà che cosa mi deve dire.
Lo guardo con insistenza -Io aspetto-
Poggia il libro sulle sue gambe -E va bene!-
-Finalmente!-
Mi guarda un attimo.
Scuote la testa.
-No, non posso-
Sbuffo e mi riprendo la cioccolata.
Lui torna a leggere il suo libro.
Bevo un ultimo sorso della cioccolata, finendola.
Muoio dalla curiosità di sapere cosa voleva dirmi.
Però mi alzo e mi avvio in camera da letto, trascinandomi la coperta.
Lui di solito dorme sul divano, quindi non mi preoccupo.
-Buonanotte stellina!-
-Buonanotte fratellone!-

Adesso però non voglio aprire gli occhi.
Chissà se è mattina.
Ho le gambe? Si, ce le ho ancora.
E le braccia?
Mi passo una mano sul viso.
A quanto pare si.*
Mi sfilo il secondo braccio da sotto il corpo.
Sento un forte formicolio.
Ho dormito nella posizione sbagliata.
Uffa non voglio aprire gli occhi.
Voglio sognare un altro po'.
Una mano mi sfiora il collo, spostandomi i capelli.
Da quando ho tre mani?
Apro gli occhi e mi volto di scatto.
Il sole mi acceca, poi vedo John.
-Ah sei tu!-
Sorride -Chi volevi che fossi?-
Ci penso un attimo su.
-Mmm... Tu mi vai bene-
Chiudo di nuovo gli occhi.
Mi bacia la guancia -Buongiorno sorellina-
Annuisco e mi sistemo di nuovo in posizione fetale.
Voglio dormire.
-E invece no! Dobbiamo andare!-
Tira via la coperta e il freddo che m'invade è terribile.
-Nooo Jooohn!- mugugno sul cuscino.
Lui intanto ridacchia.
Mi alzo dal letto e mi stropiccio gli occhi.
-Che bei capelli!-
Mi tocco la massa informe sopra la mia testa e la smuovo un po'.
-Sempre meglio!-
Gli butto il cuscino in faccia -Sta zitto!-
Ridacchia ancora e se ne va.
Qualcosa mi accarezza la pancia.
Ma cosa?
Non c'è nessuno in stanza.
Ehi ma questa non è la stanza dell'hotel!
Mi sveglio di soprassalto.
Era un sogno!
Incredibile, era molto reale.
Mi ritrovo seduta sul letto dell'hotel, con John steso al mio fianco.
E' ancora tutto buio.
-Mi dispiace averti svegliata-
-John che ci fai qui?!-
Abbassa lo sguardo sul cuscino.
Gioca con la punta di quest'ultimo e tace.
Per il buio riesco a vedere solo i tratti di Lui e i suoi occhi.
Mi stendo di nuovo, ritrovando il suo viso a pochi centrimetri dal mio.
-Che hai fratellone? E' da stamattina che sei strano-
Mi guarda colpevolmente -Volevo chiederti una cosa-
Sorrido -Dimmi-
Si avvicina un altro po' col corpo e sussurra -Com'è un bacio?-
-Oh merda!-
-Non mi aspettavo una risposta del genere..-
Ridacchio -Scusami, pensavo che..-
Mi guarda negli occhi seriamente.
Allora pensavo bene.
-Non so spiegarti com'è un bacio. Dovresti saperlo però-
-Perchè?-
-Perchè sei l'uomo che ha baciato più donne nella storia delle rock star?-
Ridacchia -Peccato che nessuno di quei baci ricordo-
-Già è vero. Quindi sei come un trentenne che aspetta ancora il suo primo amore...
Peggio di una teenager in calore!-
Tossisce un po' -Grazie-
Ridacchio.
Si stiracchia e dice -Che peccato che tu non sappia com'è un bacio-
Si mette a sedere sul letto.
Io rimango stesa e chiudo gli occhi -Un vero peccato-
Sospira -Ehi sorellina-
-Si?-
Nemmeno il tempo di aprire gli occhi che...
Le sue labbra sono già sulle mie.
Mi sento come non mi sono mai sentita prima.
Il bacio si trasfonrma in più tocchi, sempre più profondi.
Non riesco a resistere e schiudo le labbra, chiudendo gli occhi.
Passa le mani per tutta la mia schiena che viene percorsa da brividi di eccitazione.
MI toglie la maglia.
Le nostre lingue giocano.
E il bacio diventa sempre più passionale.
I nostri respiri sono affannosi.
Ora è su di me.
Questa notte sarà una notte più lunga del solito...
Ma è questo che voglio?


Mondo Nutopiano:
Posto quest'ultimo capitolo prima della vacanze più belle della mia vita.
Firenze!! *O*
Tornerò Domenica e Domenica posterò.
Sia un nuovo capitolo della storia Amicizia o poco più, sia un nuovo capitolo di questa :3
Che dire di questo capitolo?
Schifoso come al solito.
E stavolta posso dire che è TOTALMENTE inutile.
Non si va avanti con la storia, se non con la fuga di Gassman dal carcere.
Lo psicologo è diventato ufficialmente un malvivente.
(muahahah)
Vi saluto! Auguratemi buone vancaze :D

Peace & Love.
MelinAnima :3


*Piccolo spazio pubblicitario*
ObladìObladà (la prima)
Perdita (la seconda)
_Martha (la terza)
_Enya (seeempre l'ultima è_é)
Grazie di tutto <3

Andate a visitarle che è cosa buona e giusta!



*Non ditemi che quando vi svegliate non fate mai questo "esame"
 perchè altrimenti sarei l'unica paranoica che lo fa!
 Oltre Garcia, ovviamente.

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Capitolo 18
*** Volere o non volere, è questo il dilemma! ***


Volere o non volere, è questo il dilemma!
(Shakespeare mi fa un baffo)



Mi passa le mani su tutta la schiena.
Le nostre bocche non si lasciano.
I nostri respiri sono sempre più veloci.
Tutto è più veloce.
Cerca il gancio del reggiseno e me lo toglie.
Le nostre lingue ballano in un vortice di passione.
L'eccitazione è al massimo.
Comincia a slacciarsi i pantaloni.
Ma poi mi passa una mano sulla coscia e mi afferra le mutande, sfilandomele.
Flashback.
Gassman.
-J-Joh..hn..- Fermati!
Il senso di colpa m'invade.
Le immagini di quell'8 Dicembre mi passano velocemente davanti agli occhi.
"No, Garcia, non adesso!"
La Sua voce non è la stessa.
Si toglie i pantaloni e mi bacia ancora più violentemente. 
Stacco la bocca dalla sua e lo spingo via -John no! Non voglio!-
Si stende al mio fianco e chiude gli occhi, riprendendo fiato.
Anch'io riprendo fiato, ma più per il nervoso.
-Che cazzo ti è saltato in mente!?-
-Scusami..-
-Un corno!- mi alzo e recupero i vestiti.
E' tutto buio intorno a noi, ma riesco a vedere quel che ha sotto le mutande.
Che schifo.
-Sei un porco-
Mi rivesto e esco dalla stanza.
Lui mi segue e mi afferra il polso.
-No Garcia! Ascoltami: è stato una stupida voglia, non lo farò più!-
Gli do uno schiaffo.
Una stupida voglia.
-Grazie mille, stronzo-
Dimeno il braccio e lo libero dalla Sua stretta.
Esco fuori dalla stanza e afferro il giubbotto.
-Dove vai?-
Acida rispondo -Lontana da te! Intanto fatti una sega, almeno si abbassa quel coso-
Apro la porta principale.
Mi volto e lo vedo sull'uscio della mia camera.
-Pensavo fossi diverso dagli altri, pensavo che quei baci significassero qualcosa.
Non ti amo e non ti ho mai amato, ma ti voglio bene, e non sopporto che tu mi tratta così!
Addio, John Lennon-
A grandi passi mi raggiunge.
Esco fuori dalla stanza.
Ma Lui mi recupera e mi riporta dentro.
Appoggia la mia schiena al muro e mi tiene ferma dalle spalle.
Che vuoi fare, porco!?
Lo guardo negli occhi.
Rivedo lo stesso John di sempre, non più quell'uomo in cerca di sesso.
-Non volevo farlo! Anch'io non ti amo! Per me sei come una sorella...-
-Si, certo, la sorella che non hai mai scopato!-
Gli sfugge una risatina.
Sbutto -Non c'è niente da ridere-
Ritorna serio -Hai ragione- avvicina le sue labbra alle mie e le sfiora...
Il mio cuore è ormai andato.
Il mio cevello non risponde più.
-Ti prego, perdonami-


24 Dicembre

Uff quanto pesano questi regali!
Lo sapevo che dovevo portarmi i guanti, ho le dita a pezzi!
E poi mi serve una sciarpa:
Potrei ficcarci dentro il naso, così non diventerebbe rosso.
Pesa pesa pesa!
Continuo a pensare a ieri sera, e ogni volta arrossisco.
Ho perdonato John e tutto è tornato come prima.
Lui ha bisogno di me.
Sono la Sua missione, anche se non sa ancora cosa deve fare...
Ah, semaforo rosso, per fortuna.
Poggio le buste per terra e mi massaggio le dita rossastre.
..Dolore!
Alzo la testa verso il gielo grigio, dal quale scendono palline bianche.
Tutto intorno a me è innevato.
Amo l'inverno!
Sorrido e guardo i pacchetti nelle buste.
E anche il Natale.
Semaforo verde.
Con fatica afferro tutte le buste, attardandomi.
Le sollevo.
-Auff!- e comincio a camminare.

Sento del calore invadermi la mano.
Fa freddo.
-Garcia, sei sveglia?!-
Apro gli occhi.
Una luce su di me mi acceca.
La prima cosa che vedo è il viso di Rita.
Sorride.
Ha le labbra screpolate e secche.
Gli occhi scuriti dal trucco colato.
I capelli spettinati.
Il viso spento dalla stanchezza.
Confusa le dico -Ciao-
Mi saluta mentre mi guardo intorno.
Sono stesa su un letto, con una strana camicia.
Una di quelle che si usano negli ospedali.
Le pareti intorno a me sono bianche, un po' scurite dalla sporcizia.
Una grande finestra alla mia destra da sul cielo nero, illuminato da qualche stella.
E dalla bellissima luna.
Sono attaccata a una bombola dell'ossigeno e non riesco a muovermi senza soffrire.
Rita mi stringe la mano -Come ti senti?-
-Mi gira la testa- non distolgo lo sguardo dalla luna.
E' bellissima -Da quanto tempo sono qui?-
-Da stamattina, ti hanno investita-
Sospiro -I guai non vengono mai da soli!-
-Perchè, che è successo?- nei suoi occhi vedo una strana luce.
Ecco che Rita la pettegola curiosona torna all'attacco.
-Niente-
Le accarezzo la guancia, ma non si convince.
Non so se dirglielo di... ieri.
No, no, non devo! Poi va a spifferare tutto in giro!
Sta per proferire parola ma viene interrotta da un urlo.
-Fatemi entrare!-
La porta si spalanca e appare lui.
I capelli spettinati, senza giubbotto e con il viso rigato dalle lacrime.
Mi vede con quegli occhi intensi, in questo momento carichi di paura.
Si rilassa con un profondo respiro -Garcia!-
Che ci fa lui qui? E in questo stato! -C-ciao Josh! Tutto ok?-
Si avvicina a grandi passi ai piedi del mio letto.
Mi stringe la mano e si asciuga le lacrime -Sei viva! Grazie al cielo!-
Sorrido -A quanto pare...-
Rita ci fissa un po' confusa -Josh ma che ci fai qui?-
La guarda arrabbiato -Dove vuoi che sia?! Ho appena saputo che è stata investita!-
Rita si alza -Vado a farmi un caffè- e se ne va.
Josh e io rimaniamo soli, mi guarda con gli occhi lucidi.
-Per un attimo ho temuto il peggio!-
-Ma dai, non è successo niente..-
Scuote la testa -Non credo che l'essere investita sia uguale a niente-
Sorrido e faccio spallucce -Beh, io non ho sentito niente-
-Strano, mi hanno detto che per un po' sei stata cosciente e dicevi continuamente qualcosa..-
Lo vedo pensieroso -Cosa?-
-Non lo so!-
Mi racconta di tutto quello che è successo:
Una macchina ha perso il controllo ed è andata fuori strada, prendendomi in pieno.
Hanno subito chiamato l'ospedale.
Io ero cosciente, però, e continuavo a dire qualcosa.
Poi ho chiuso gli occhi e non mi sono più svegliata.
All'ospedale mi hanno portata in sala di rianimazione.
E ci sono rimasta per tutto il pomeriggio.
Solo qualche ora fa sono uscita e mi hanno portata in questa stanza.
-...e così che è andata!-
-E i regali?!-
-Quali regali?-
-Vi avevo comprato tutti i regali! Adesso saranno andati persi...-
Sbuffo.
Mi vien da piangere, ho speso tutti i miei soldi per comprare quei bei regali.
Soprattutto per quello di John!
E per uno stupido incidente li ho persi!
Josh mi accarezza la guancia e mi dice dolcemente -Non importa! Quel che conta è che tu sia viva!-
Sembra che voglia dire altro ma si ferma.
Perchè Josh si comporta così dolcemente con me?
E' sempre stato acido. Mi ha sempre odiata!
-Sai, io ci tengo a te...-
Da quando? 
Sta arrossendo.
Josh che arrossisce?!
Ma in che mondo sono?
-...più di un'amica!-
Impallidisco improvvisamente, mentre lui diventa viola.
Abbassa lo sguardo.
Non riesco a dire niente!
Mi guarda negli occhi.
-Ti amo-
Il mio cuore fa un balzo.
-Ehm... okay!-


Mondo Nutopiano:
CHE COSA E' SUCCESSO?!
Lo avete appena letto u.u
Questo capitolo è stato quello più difficile da partorire.
L'ho scritto per ben tre volte ò_o
E non m'importa niente se è breve e BLA BLA BLA!!!
Pijateve questo e basta!

Alla prossima! :D

Peace & Love.
MelinAnima :3


*Piccolo spazio pubblicitario*
;ObladìObladà (Addio ç_ç)
Perdita (stai impazzendo AHAH)
_Martha (si, forse metto Arancione..)
_Enya (adoro le tue recensioni :3 ALLELUJA!)

!!EIZARG

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Capitolo 19
*** La falsa assassina. ***


La Falsa Assassina


25 Dicembre
 
Natale.
Una festività che dovrebbe essere cristiana…
Ma più che altro serve per fare soldi.
E’ solo il compleanno di Dio!
Non c’è un Babbo Natale!
Quello è stato inventato dalla Coca Cola.
-Cosa pensi?-
Dovresti saperlo.
-Scusami è l’abitudine- abbassa il capo.
Giro il capo verso di Lui.
Sorrido –Come stai?-
Mi guarda sorpreso –Io? Io sto… bene!-
Sorrido ancora di più –Non te l’ho mai chiesto… era ora che lo facessi-
Sorride.
-Non importa-
-L’ho capito sai?-
-Cosa?-
Abbasso lo sguardo -La fonte dei miei guai…-
I nostri sorrisi si spengono.
Gli lascio cinque minuti di silenzio, ma la curiosità di sapere quel che pensa mi divora.
–E’ colpa mia-
Scuoto la testa –No-
Si avvicina ancora un po’ al letto –Allora di chi, cosa?-
-BUOOOON NATALEEE!!!- 
Un Michael/Babbo Natale entra in stanza urlando.
John si ritrova a terra dallo spavento.
Michael si fionda su di Lui e cerca di sollevarlo continuando a dire “Scusa”
Entrano in stanza anche Sadie, Julian che porta un enorme pacco regalo e Josh.
Sadie corre verso di me e mi abbraccia.
Chiudo gli occhi e l’abbraccio anch’io respirando il suo profumo.
-Mi sei mancata Garcy!-
Garcy, puah.
John scoppia a ridere sotto lo sguardo perplesso di Michael.
Sadie si stacca dal mio collo e aiuta John ad alzarsi.
Michael si sistema il vestito.
Josh continua a guardarmi sorridendo.
E Julian si avvicina con il pacco regalo in mano –Garcia, questo è per te, è un regalo da parte di tutti noi-
Sorrido –Posso aprirlo dopo, quando arriva anche Rita?-
Julian annuisce e poggia la scatola per terra, vicino al mio letto.
John non si risiede sulla sedia, va vicino la porta d'ingresso e si poggia al muro.
Tutti si posizionano intorno al mio letto.
-Allora, come va?-
-Bene!- è strano parlare con Michael travestito da Babbo Natale.
“Ehi Garcia io sto aspettando la risposta”
Guardo John perplessa.
Quale risposta?
“Chi è la causa dei tuoi guai?”
Julian prende parola –Tua madre stasera viene a trovarti-
“Rispondimi, Garcia”
Guardo Julian sorpresa -Davvero? Allora devo sistemarmi, non voglio che mi veda così-
Julian sorride.
“Perché non me lo vuoi dire? Centra con la mia missione qui sulla Terra, vero?”
Con la coda dell’occhio do uno sguardo a John.
Mi guarda, sta attendendo una risposta.
John, io… -Guarda che non ce n’è bisogno!- esclama Sadie.
-In che senso?- chiedo sorridente.
-Quando mai una che sta in ospedale si “sistema” per la visita della madre?-
Rido.
“Garcia puoi anche pensare mentre parli”
Guardo John con tristezza.
Credo sia arrivato il momento.
Abbasso il capo e sorrido –Beh, Sadie, molto probabilmente arriverà anche mia sorella e…-
“Si, anch’io credo che sia arrivato il momento. Perché io sono qui? E cosa c’entri tu con me?”
Lei annuisce –Ho capito! Ho capito!-
Sospiro tristemente.
Non voglio ricordare, ma devo.
So che dopo quel che sto per pensare Tu te ne andrai, John.
Josh si avvicina –Ehi amore tutto ok?-
Sorrido falsamente –Si, certo-
“Si, Garcia, me ne andrò. Ma ora non importa, se non mi dirai quel che ti lega a me, io non sarò mai libero!”
Vedo John asciugarsi una lacrima, ma nessuno se ne accorge.
-Aspettate voi due!- esclama Sadie –Da quando in qua vi chiamate “amore”?!?-
Perché John non mi ha mai detto del Suo desiderio di essere libero?
Perché non mi hai mai detto che per Te è un peso rimanere qui tra i viventi?
Josh si gratta il capo imbarazzato –E’ successo ieri… è una storia lunga, poi ti racconto-
-No no voglio saperlo ora!-
“Non te l’ho mai detto per non farti penare. Io sono come un’anima in un corpo non Suo.
Come quando ti trasferisci in un posto che però non ti piace…”
Mi volto verso Sadie, cercando di ignorare l’angoscia delle parole di John.
-Ieri ci siamo… beh, “dichiarati”- le dico.
Sadie sorride e urla euforica battendo le mani.
Michael e Julian sono molto sorpresi.
Ma John non fa una piega,  è concentrato sui miei pensieri.
“Garcia, ti prego, dimmelo! Non posso attendere oltre!”
Ha ragione. 
L’ho costretto a rimanere in quel corpo a Lui sconosciuto.
E’ il momento di dirtelo:
John…
Le labbra di Josh si uniscono alle mie in un bacio, tra le urla di Sadie.
Strizzo gli occhi.
John io ti ho ucciso!
Una lacrima cade da sotto la mia palpebra mentre Josh si stacca da me.
John si accascia sulla sedia, con lo sguardo perso nel vuoto.
Mi asciugo immediatamente la guancia prima che i ragazzi possano vedere la goccia.
Ma Michael mi precede –Ehi Garcia perché piangi?-
Sorrido –No, niente, mi sono morsa la lingua- 
Mentre spingo Josh esclamo –Non devi baciarmi così all’improvviso!!-
Un po’ tutti ridono.
Tranne John.
Lo guardo e mi faccio seria –Per favore, ragazzi, mi lasciate sola con Elvis?-
Josh corruga la fronte.
Sadie da degli sguardi fuggenti a me e John.
Julian abbraccia Michael che gli sussurra qualcosa e se ne vanno –Torniamo dopo. Andiamo Josh-
Sadie si avvia facendomi un cenno con la mano.
Josh guarda John e poi me.
Gli sorrido rassicurandolo –Non ti preoccupare-
Appena io e John siamo soli, Lui si alza dalla sedia e si inginocchia ai piedi del letto.
Proprio dove ieri c’era Josh
Mi guarda fisso negli occhi.
Non riesco più a trattenere le lacrime.
Non reggo il Suo sguardo così spaventato.
-Dimmi che menti-
La Sua voce è una martellata in testa.
Scuoto la testa in segno di negazione –Non mento-
Mi prende la mano –Ma al telegiornale hanno detto che è stato Chapman!-
Quel nome. Quel maledetto nome!
Stringo  forte la mano di John senza volerlo.
-Si, infatti, è stato lui. Ma io l’ho aiutato… involontariamente-
In un’espressione confusa mi dice 
–Garcia, guardami negli occhi e raccontami tutto quello che è successo l’8 Dicembre del 1980-
Ma non ci riesco.
E’ così difficile cazzo! 
Quel giorno è stata la mia rovina!
Mi prende il mento con due dita e mi gira la testa, costringendomi a guardarLo.
Sussurra il mio nome con voce profonda.
Sospiro, come per dare inizio al racconto…
-Quella sera tornavo da una festa..- le parole scivolano dalla bocca velocemente.
Gli racconto tutto, nei minimi particolari.
Quel che ho visto, ho sentito.
Tutto.
Senza nemmeno una lacrima o gli occhi lucidi.
Basta piangere!
Lui mi ascolta, con interesse, con attenzione, senza commentare, nemmeno con gli occhi.
Alla fine affermo con la voce più convinta che ho
John Lennon, io sono la tua assassina-
John mi guarda confuso.
Inarca le sopracciglia e sorride.
Ma quel che fa dopo mi sconvolge.
Ride.
Adesso mi incazzo come una bestia.
-CHE CAZZO RIDI?! TI HO APPENA DETTO..-
Ma mi fermo. Lui ha smesso di ridere e mi ha tappato la bocca.
-Hai appena detto una stronzata-
Rimango allibita.
Perché mi dice questo? 
Pensavo mi avrebbe creduta.
-Garcia io ti credo!-
-Allora non dirmi che sparo stronzate!-
-Ma, scusami, è così- mi sorride, ma non in modo ironico.
Sorride sincero.
-Non puoi capire- 
Abbasso lo sguardo, mentre lui si siede sul letto.
-Penso di essere l’unico che può capire, non credi?-
Sorrido mesta e lo guardo negli occhi.
Quegli occhi indecifrabili ora sembrano un libro aperto, per la prima volta.
Li riesco a leggere tutto quel che John prova e pensa.
Tristezza, per il nostro triste passato.
Pietà, per me, una stupida che crede di essere un’assassina.
Felicità, per il futuro, più radioso per entrambi.
Paura, perché sa che l’avventura insieme a me è finita.
Senza distogliere dallo sguardo dal Suo mi avvicino o lo abbraccio.
-Perdonami, John-
-Anche se non ce n’è bisogno… L’ho già fatto, tanto tempo fa- mi stringe a se.
Il cuore mi batte forte.
E’ finita. 
Questa lunga e triste storia è finita.
Appena ci lasciamo, sorride e chiede dolcemente –Hai capito che sei solo una falsa assassina?-
No, non sono l’assassina di nessuno, e se lo sono mai stata, ora sono perdonata.
Gli occhi si fanno lucidi, sono felice –Si-
Ci abbracciamo un’ultima volta.
 
-Grazie di tutto, Garcia-
-Non te ne andare!-
-Quel che dovevo fare l’ho fatto…-
Occhi che piangono.
Occhi che parlano.
Occhi che si guardano.
E che chiedono di poter ancora guardare.
Gli occhi dell’altro.
Mi accarezza la guancia.
-Ci rivedremo. Ti voglio bene, sorellina!-
-Anch’io fratellone!-
Sparisce dietro la porta.
Vorrei che tornasse ora e rimanesse con me per sempre.
Ma non sarà così.
Non c'è il bel finale, per me.
Non lo rivedrò mai più.
 
Finita.
Come si può concludere questa triste vicenda?
Una lacrima non serve a niente.
Una poetica frase.
Ma di pensieri e parole ce ne sono già stati tanti.
Troppi.
Guardo per terra, c’è ancora il regalo che Julian mi ha portato.
Lo prendo e lo apro.
C’è un altro pacchetto dentro, ma è più fino, più piccolo.
Un quadrato.
Lo apro lentamente.
E’ un LP
La prima cosa che vedo è una scritta.
La scritta.
E poi il volto.
Il Suo volto.
Imagine.
John.
…John…
Sei sparito e mi hai lasciato sola in questo letto d’ospedale.
Sento che mi manchi già.
 
Presto ti raggiungerò, ne sono certa.

Imagine there's no countries 
It isn't hard to do 
Nothing to kill or die for 
And no religion too 
Imagine all the people 
Living life in peace 


Mondo Nutopiano:
Che finale di merda.
Ma non è l'ultimo capitolo!
I capitoli sono venti *muahahah*
Quindi dopo un luuungo periodo di assenza ECCHIMEEE!!
No, dai, che schifo di note dopo un capitolo COSì STRAZIANTE! (ironia ahah ._.)
Comunque..

Peace & Love.
MelinAnima :3


*Piccolo spazio pubblicitario*
Ringrazio coloro che mi hanno recensita durante tutta questa storia e chi ha solo letto.
Nel prossimo capitolo non ci saranno ne le note ne lo spazio pubblicitario.

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Capitolo 20
*** Non tremare. ***


Non tremare


9 Dicembre 1989
 
Respira sul mio collo, mentre mi cinge le spalle.
Poggio le mani sulle sue.
La testa cade all’indietro e chiudo gli occhi.
Sento meglio lo scrosciare della pioggia.
Da dentro il locale, poi, è come se non ci sono pareti.
E’ sempre stato così.
Il sole, la pioggia, la neve, qui dentro si amplificano.
E’ uno dei motivi per cui l’abbiamo acquistato.
Io, Josh e tutti gli altri.
Non posso credere che non entrerò più qui dentro.
Josh mi asciuga una lacrima.
Non apro gli occhi, non voglio.
Non troverei Lui, se lo facessi.
Come sempre.
Vorrei tanto che fosse qui.
Un dolce profumo di rosa invade la stanza.
Una presenza mi turba.
E’ Lui.
No, è soltanto l’ennesima illusione.
Sono passati anni, ormai.
Ma è sempre con me, dentro di me.
Nella mia testa, nel mio petto.
Mi manca.
E non c’è.
Non ci ho ancora fatto l’abitudine.
Mi stacco da Josh, apro gli occhi e lo guardo.
Gli occhi verdi ormai tanto familiari sembrano preoccupati.
Quasi tristi.
Mi chiede se sono sicura di volerlo fare.
Tanto ormai è troppo tardi.
Il locale è ormai ridotto a niente.
Non ci sono più i mobili, tranne quelli della cucina.
Come posso provare odio verso questo posto?
Qui ho passato i migliori e peggiori momenti della mia vita.
I nostri compleanni, le notti bianche o anche semplicemente i pomeriggi allegri.
Ma anche quel giorno.
Quanto abbiamo pianto.
Non mi sarei mai immaginata che avrei incontrato Elvis Wood.
La reincarnazione.
Che storia assurda, la mia.
Josh si stacca da me e si avvia verso la cucina.
Io intanto chiudo l’ultimo scatolone con dentro la mia roba.
Sento il suo dito premere più volte sulla mia spalla.
Mi volto e lo vedo sorridente.
Corrugo la fronte, che ha da ridere?
Abbasso lo sguardo e noto che in mano ha LP.
Dove l’ha trovato!?
Lo prendo in mano e lo ammiro in tutta la sua bellezza.
Imagine.
L’avevo perso!
Josh mi bacia la fronte.
Mi dice che l’ha trovato ieri sullo scaffale in cucina.
Sorrido, ma le lacrime non fanno fatica a scendere.
Grazie, amore.
Lo abbraccio.

    
 
Mi dice che è il momento di andare, prendendo gli scatoloni.
Altri due minuti, voglio salutare queste pareti.
Mi bacia in fronte e mi lascia sola.
I ricordi vengono a galla piano, man mano che percorro la stanza.
La pioggia fuori non è cessata, ormai è buio.
Ho una strana sensazione.
Il profumo di rose… non è svanito.
Scuoto la testa, basta con questi pensieri!
Stringo al petto LP di Imagine.
Non posso credere che finisca così la mia vita a New York.
Chissà come sarà d’ora in poi, io e Josh, soli, in California.
Con il nostro bambino.
Mi massaggio la pancia e sorrido.
D’ora in poi la vita sarà più luminosa, ne sono certa.
 
Oppure no.
 
Mi avvio verso la porta, afferrando l’ombrello.
Apro la porta e una folata di vento mi costringe a socchiudere gli occhi.
La città ha perso colore, la pioggia è molto fitta.
Apro l’ombrello e, camminando verso la strada, ritorno ai miei pensieri.
Mamma sarebbe molto felice se mi vedesse ora.
Peccato che se n’è andata.
E Dana è scappata chissà dove con i suoi amici.
Quella ragazza è completamente pazza!
Ma alla fine, sa quel che fa.
Ci ho rinunciato a farla ragionare sin dal primo momento in cui le ho parlato.
Mi fermo.
Semaforo rosso.
Sembra che lo fa a posta, quel semaforo.
Diventa rosso per impedirmi di attraversare il mio futuro.
Dall’altra parte della strada, tra la gente, vedo Josh che cerca di attirare la mia attenzione.
Mi dice che mi aspetta li dov’è ora.
Sorrido e annuisco.
Stringo ancora di più LP al petto, proteggendolo con l’ombrello.
La pioggia è tanta.
Mi guardo intorno.
La gente è sempre la stessa: vestita di colore scuro e con i soliti, noiosi, ombrelli.
Vorrei tanto bagnarmi i capelli, ma non mi va di rovinare l’LP.
Aspetta un attimo, ma quello è…
Un uomo vestito di bianco, in mezzo alla strada, tra le macchine, mi sorride.
Non lo vedo bene per colpa della pioggia.
Sbatto le palpebre per vedere meglio.
Non c’è più!
Mi massaggio la tempia.
Sto impazzendo.
Succede spesso, da quando Lui non c’è.


 
Qualcosa di freddo si poggia sulla mia guancia…
 
La sua voce e il suo profumo non sono gli stessi, ma lo riconosco subito.
-E così, finalmente ci incontriamo-
Lo sapevo –Arrivi sempre al momento giusto-
-Contenta? Non ti deludo mai. Purtroppo, tu hai deluso me…-
Sorrido, ma ho paura –Cosa potevo fare? Farmi fottere da te?-
Lo sento ridacchiare –Hai paura-
-E’ quello che vuoi-
Si avvicina all’orecchio –Si- alitandomi un forte odore di birra.
-Fallo, cosa aspetti?-
Lo sento titubare –E se ti facessi soffrire prima?-
-Non ne avresti il tempo, sta per scattare il verde- faccio cenno al semaforo.
Perché non spara?
Deve solo premere quel grilletto.
Lo sapevo che sarebbe successo, prima o poi.
Lui cercava me, per uccidermi.
Tanto ormai è troppo tardi, non mi salverò.
-Fallo. So che aspetti da anni questo momento-
Lo sento caricare.
Il semaforo è verde, la gente corre dall’altra parte.
Josh mi cerca con lo sguardo, confuso.
Volto la testa e lo guardo negli occhi, superando il mirino della pistola.
-Fallo. E non tremare, Gassman-


 
Imagine mi scivola dalle mani.
 
Un rumore sordo.
 
L' urlo di un uomo.
 
Lacrime.
 
Buio.

 
FINE.



PER ORA.

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