Conto fino a tre

di Mokochan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 (di 2) ***
Capitolo 2: *** Parte 2 (di 2) ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 (di 2) ***


Note dell'Autrice: Salve! Sono ancora io, la gatta psicopatica per eccellenza! Sì, lo so che non mi sopportate più, ne sono consapevole. Fatto sta che, questo, è un giorno speciale. Oggi è il compleanno di Laly (sul sito LalyBlackangel), la mia adorata zietta, la beta migliore che una scema come me possa avere e sì... lei è anche La Stronza per eccellenza. In pratica, le voglio tanto bene.
Molto. In questi anni mi ha aiutata parecchio, spingendomi a migliorare e a non abbattermi. Non so se sono migliorata - io penso di no XD - ma non importa. Voglio solo farle gli auguri, sperare che sia sempre felice, che abbia il meglio, che sorrida sempre.
Questa storia (divisa in due parti, la prima oggi, la seconda domani ^^''') è una NaruHina. E' il mio regalo per lei.
Banale, stupido, fatto male, probabilmente. Ma sentito, se proprio devo dirlo. Ed è un po' triste, un po' allegro, un po' scemo, un po' tutto.
Che altro devo dire? Non lo so, sinceramente.
Ah. Questa storia s'ispira a una canzone di L'Aura, 'Gira l'estate'. Cioè, non è che si ispiri del tutto alla canzone, ma sono riuscita a estrapolarne qualche citazione azzeccata. Giusto perché m'ispira troppo v__v e no, non me ne frega niente dei vostri gusti musicali.
Il capitolo vede fra i protagonisti anche la Ragazza delle bevande u_u' la nuova star di Naruto (non è vero, non è vero D:)
Più scrivo, più dico vaccate u.u'' mannaggia.
Il carattere di Naruto, come quello di Hinata e di altri personaggi ha subito qualche cambiamento. Cioè, non troppi, però non posso fare scemo Naruto. Insomma, in questa storia ha 33 anni, per carità ç_ç
Konan, Nagato e Yahiko non so se sono IC, sinceramente. O almeno, non so se ho azzeccato Nagato. Dato che nel manga è sempre tutto teso e mai leggero, la sottoscritta ha preso spunto dai ricordi di Nagato, quelli in cui lui e gli altri sono ancora 'bambini' ^^''
In un clima leggero tutto può cambiare, no? XD
La storia è stata betata da ValeHina (ecco una cosa seria! *_*)
Buona lettura - si spera XD
















Per fortuna quel treno aveva l’aria condizionata: non avrebbe resistito un minuto senza.
Si tolse le cuffie dalle orecchie e s’infilò nel primo vagone, quello dei non fumatori, dove tutto sembrava ben più tranquillo che nel resto del treno, dove fumo e risate si mescolavano fastidiosamente.
Guardò di malumore i posti liberi che sfilavano ai due lati del vagone e, quando adocchiò un sedile dove il sole non sembrava aver arrostito nulla, lo raggiunse, trovandovi solo una ragazza.
Osservò il posto accanto al suo, occupato da una piccola borsa nera, poi sorrise.
«Posso?»
La giovane sussultò, lo guardò confusa e afferrò la borsa per liberargli il posto. «S-Sì. Prego.»
Lui si sedette mentre il treno prendeva lento a muoversi, accompagnato da una voce meccanica che segnalava petulante la fermata seguente.
Il ragazzo sistemò sotto il sedile il borsone con cui stava viaggiando e si guardò attorno spaesato.
Il viaggio sarebbe durato due ore, poi ad aspettarlo avrebbe trovato suo cugino Nagato.
Che rottura, pensò, le mani sulle ginocchia, i nervi tesi; avrebbe voluto essere da qualche altra parte, ma non lì.
Lì no.
Diede uno sguardo alla ragazza che aveva accanto e la vide intenta a lavorare al computer, gli occhi coperti da un paio di occhiali dalla montatura nera e sottile, piuttosto banale.
Però lei non lo era.
Nel senso che era bella, sì.
Poi cacciò via quel pensiero e si rimise le cuffie, immergendosi nella musica.
Il paesaggio che sfilava accanto al treno era un mescolarsi di verde, grigio, azzurro e ancora verde, e continuava senza mostrare cambiamenti evidenti. Col passare dei minuti, Tokyo si allontanava da loro, come loro si allontanavano da Tokyo – inevitabilmente.
Con gli occhi chiusi e il corpo rilassato contro il sedile, quel passeggero dall'aria annoiata non pensava a niente: trovava che fosse meglio non mettere in moto il cervello, non con quella maledetta calura estiva che lo aspettava fuori - e i ricordi tristi di una vita incompleta.








Conto fino a tre
Capitolo 1
(di 2)






[Se ti volti ancora è finita
Se ti volti vengo lì da te senza niente di buono da dire
Chiudo gli occhi e con le mie dita ti percorro
ti percorro se non ho niente di meglio da fare che restare a giocare]







«Vuole qualcosa da bere, signorina?»
La giovane distolse l’attenzione dallo schermo del computer e annuì con un cenno del capo, sorridendo timida alla ragazza delle bevande. «Un‘aranciata, grazie.»
Quest’ultima allora si rivolse all’uomo con gli occhi chiusi. «E lei, signore? Vuole qualcosa?»
Nessuna risposta.
Che si fosse addormentato?
Allora la giovane spostò gli occhi dal computer al proprio compagno di viaggio e gli tirò un lembo della maglietta per attirare la sua attenzione.
Lui si riscosse e la guardò, spaesato; lei gli indicò la donna delle bevande che, paziente, aspettava una risposta.
«Oh! Scusi… ehm…»
«Capita, non si preoccupi. Allora, vuole qualcosa, signore? Un’aranciata, un the…»
«No, grazie.»
«Quando avrà bisogno mi troverà nel vagone davanti a questo. Le auguro buon viaggio.»
«Grazie» rispose lui poco convinto, guardando la ragazza delle bevande scomparire dietro uno sportello dipinto di rosso e con il marchio della compagnia con cui viaggiava impresso a caratteri più o meno cubitali appena sotto una piccola finestrella trasparente che gli permetteva di sbirciare gli altri passeggeri. .
Non facevano più i treni di una volta.
A quel pensiero si sentì improvvisamente più vecchio di quello che in realtà era – ma non ci sarebbe stato da sorprendersi, vista la situazione in cui si trovava.
Trentatré anni, momentaneamente single, con un lavoro scadente, con tanti amici, con nessuna persona con cui confidarsi, spericolato e stupido: Naruto Uzumaki aveva ben poco di cui rallegrarsi alla propria età.
L’aveva capito suo malgrado quando i suoi migliori amici si erano sposati e avevano avuto i primi figli; e quando Sasuke gli aveva fatto intendere che Sakura, sua moglie, aspettava il quarto figlio, Naruto aveva iniziato a pensare male di se stesso.
Cosa c’era di così sbagliato in lui da impedirgli di costruirsi una famiglia e avere qualcosa di bello come una moglie e magari un bambino fastidioso e terribilmente simile a lui?
Un improvviso beep lo distolse dai propri pensieri.
«Si è bloccato di nuovo» mormorò sconsolata la sua compagna di viaggio, togliendosi gli occhiali per stropicciarsi gli occhi stanchi.
I capelli lunghi e corvini che portava legati in una coda bassa le ricaddero sulla spalla, fili scuri mescolati al bianco della camicetta che indossava.
Naruto osservò prima lei, poi il computer portatile il cui schermo s’era fatto nero, emettendo rumorini tutt’altro che piacevoli.
Non aveva mai avuto un computer: preferiva stare fuori casa a divertirsi piuttosto che rimanere appiccicato a un aggeggio del genere; gli sfuggiva il motivo per cui tanta gente si divertiva davanti a uno schermo luminoso e su programmi tipo… come l’aveva chiamato Kankuro? Emme esse… qualcosa. Ah. Msn. Certo.
«Li fa spesso?» domandò senza pensare – non aveva ancora imparato a farlo, in effetti – e subito si guadagnò un’occhiata sorpresa e intimidita assieme, «quei rumori, dico. Li fa spesso?»
«B-Beh… sì. Fa’ i capricci da un po’ di tempo. Credo che lo porterò d-da qualcuno per vedere se c‘è qualche problema» rispose lentamente la giovane, indicando con la mano lo schermo nero.
Le sue mani erano piccole e femminili; le unghie non portavano smalto, ma erano curate.
La sua ultima fidanzata si metteva sempre lo smalto e usava colori forti come il rosso, e questo a volte lo infastidiva, spingendolo a guardare qualcosa che non fosse una delle sue mani troppo audaci; ché, in un certo senso, non era nemmeno sbagliato.
Eppure…
«Capisco. Scusa per la domanda,» Naruto rise e si scompigliò i capelli, «ero soltanto curioso!»
La giovane arrossì un poco, ritrovandosi ad annuire. «C-Capisco.»
«Io sono Naruto Uzumaki» si presentò lui, senza pensarci.
«Hinata Hyuuga.»
Naruto, sentendo quel nome, quasi trasalì. «Gli Hyuuga non sono forse i proprietari di quelle aziende specializzate in marketing di cui ho sentito parlare ultimamente?»
«S-Sì,» Hinata chiuse il computer e lo ripose dentro la sua custodia, «esatto. La mia famiglia è discretamente famosa da quel punto di vista.»
Discretamente?, si disse allibito l’Uzumaki, pensando che se avesse avuto tanti soldi come gli Hyuuga si sarebbe comprato una fabbrica di ramen, la sua pietanza preferita.
«Quindi tu sei una delle figlie di Hiashi Hyuuga?»
Hinata annuì nuovamente, diventando ancora più rossa; e si notava, tanto il rosso contrastava con la sua pelle bianca come il latte. «Ma non ci tengo a f-farlo sapere in g-giro. Di solito dico che è un caso di omonimia.»
«E allora perché mi hai detto la verità, Hinata?»
Lei abbassò lo sguardo verso la piccola tavola di legno che aveva davanti – quel tipo di aggeggi messi sui treni per posarvi cose come computer e bevande – e su cui svettava solitario un bicchiere d’aranciata. «L’ho detto d’istinto. Credo. N-Non lo so.»
«Meglio così,» Naruto alzò la testa verso il soffitto color cenere del treno e aggiunse: «mi piacciono le persone schiette come te. Se non ci fosse questo tipo di persone, il mondo sarebbe noioso,» chiuse gli occhi, «sì, mi piaci proprio.»
Lei lo guardò, incuriosita.
«Non me l’ha mai detto nessuno.»
Naruto aprì gli occhi, voltò il capo verso Hinata e sorrise. «Davvero?»
«Davvero.»
Rimasero in silenzio per qualche minuto.
Naruto, in realtà, non aveva più voglia di ascoltare musica, così si tolse nuovamente le cuffie, spense l’Ipod e impaziente si rivolse a Hinata.
«Quanti anni hai?»
Lei sobbalzò, colta di sorpresa. «A una donna non s-si chiede mai l’età.»
«È una cosa stupida. Perché un uomo dovrebbe dire la propria età e una donna no? È una cosa stupida» ripeté Naruto, spazientito.
«Forse,» Hinata si portò le mani in grembo e disse: «ho venticinque anni. E tu?»
«Trentatré. E portati pure male,» rispose l’Uzumaki, ridacchiando piano, «sembri più giovane! Strano.»
«Anche tu dimostri m-meno della tua età, Naruto» gli fece notare lei, avvampando.
«Può darsi. Lavori per l’azienda di famiglia?»
«No.»
«No?»
«Ho deciso di guadagnarmi le cose senza l’aiuto degli altri,» gli occhi della Hyuuga, d’un lilla molto chiaro, s’incupirono, «ho deciso di fare la scrittrice. Però i miei genitori hanno sempre disapprovato questa mia scelta.»
Naruto divaricò le gambe, mettendosi in maniera scomposta ma comoda sul sedile. «Hai fatto bene a scegliere da sola. Se i miei genitori mi avessero imposto qualcosa, io avrei fatto lo stesso.»
Hinata sorrise. «E tu? Cosa fai nella vita?»
«Sono un poliziotto.»
«Davvero?»
Sembrava stupita.
«Non si nota? Ah, forse perché non hai visto la mia aria da duro!»
Naruto si rimise composto, poi la guardò, cambiando espressione: abbassò le sopracciglia, piegò le labbra verso il basso e affilò lo sguardo.
Buffo. Solo buffo.
La Hyuuga scoppiò a ridere, coprendosi la bocca con entrambe le mani. «C-Certo! O-Ora si nota!»
Scoppiando a ridere a propria volta, l’Uzumaki esclamò: «Certo che si nota! Non sono forse l’uomo più duro e affascinante del mondo?»
E sono anche l’uomo meno modesto sulla faccia del pianeta, aggiunse mentalmente, osservando Hinata ridere di quella piccola e insignificante battuta.
Era proprio carina. Anzi, bella. Lei, non la battuta. Quella faceva sinceramente schifo.
Ehi, ma stavano flirtando?
La guardò attentamente, valutando la situazione in cui si trovavano: non sapevano molto l’uno dell’altra, e fra meno di un’ora – purtroppo – si sarebbero separati… ne valeva la pena?
«E… dove stai andando?» domandò cautamente, quando l’allegria si spense e il silenzio tornò prepotente.
Hinata guardò il paesaggio che le sfilava accanto, veloce. «Ho affittato una casa in campagna e resterò lì per due settimane. Sto cercando di finire il mio secondo romanzo, ma è difficile trovare l‘ispirazione in una città tanto caotica come Tokyo.»
«Anch‘io vado in campagna. Passerò qualche giorno con mio cugino. Un nostro amico comune sta per sposarsi, così ci prepariamo per il fatidico giorno, anche se non siamo certo noi gli sposi.»
Hinata sorrise. «Non ho mai partecipato a un matrimonio. Certo, mia sorella si è sposata l‘anno scorso, ma… non sono stata invitata. E comunque non avevo tempo; ero dall‘altra parte del mondo a presentare il mio primo libro.»
«Quindi sei famosa! Eri in America?»
«Sì. Ma no, comunque. N-Non sono così famosa. Me l-la cavo.»
«Quanto ha venduto il tuo romanzo?» s’informò curioso Naruto, lanciando un’occhiata alla borsa che conteneva il computer di Hinata; lì dentro doveva esserci il suo nuovo lavoro.
Intimidita, la Hyuuga mormorò qualcosa che Naruto non riuscì ad afferrare; e certo che, adesso che lo notava, la ragazza balbettava spesso. Anche sua madre, Kushina, balbettava quando era agitata.
Che coincidenza!
«Scusa, Hinata, credo di non aver capito.»
Lei prese fiato. «Otto milioni di copie.»
Naruto spalancò la bocca, intontito dalla risposta. «E dici di non essere famosa? Caspita, otto milioni di copie! Incredibile!»
Hinata sembrava non capacitarsi del successo che aveva.
Pareva non avere nemmeno un’autostima o, forse, semplicemente, non amava vantarsi. Era così diversa da lui, che alla prima occasione gridava al mondo i propri meriti.
Sì, a volte qualcosa di buono riusciva pure a lui.
Passarono l’ora che restava loro parlando del più e del meno, fra balbettii e risate, scherzi e ammissioni; quel viaggio dall’aria noiosa si era trasformato in un’occasione per fare conoscenza e liberare la mente dai cattivi pensieri, gli stessi che fecero capolino una seconda volta quando, squillante, la voce meccanica che si propagò per l’intero treno avvertì Naruto che era tempo di scendere.
La sua fermata maledetta.
«Devo andare.»
Si alzò in piedi, prese il borsone da sotto il sedile e se lo mise in spalla, dispiaciuto.
Hinata lo guardò confusa e sì, forse triste come lui. «Di già?»
«Purtroppo,» Naruto accennò un sorriso, «è stato bello parlare con te, Hinata Hyuuga. Spero di poterti vedere ancora, prima o poi. Magari al ritorno,» e indicò con un dito il treno, serio.
Lei sorrise. «Lo spero anch‘io. Arrivederci, Naruto.»
E così l’Uzumaki scese dal treno, raggiunse il vagone dove stava Hinata e quando la vide guardar fuori da quel buffo rettangolo trasparente a cui, sinceramente, non sapeva dare un nome preciso, si mise a salutarla con una mano, sorridente.
Sperava davvero di rivederla, diamine!











Una settimana dopo











«Se ti dicessi che sei orribile con quello smoking?»
«… mi stai dicendo che sarebbe meglio non partecipare al matrimonio vestito così?»
«No, però non sei proprio il tipo da smoking, Naruto. Proprio no» sottolineò Nagato, dando un’occhiata all’abito elegante che il cugino indossava.
L’Uzumaki si guardò sconsolato, poi sbuffò. «Ma che cazzo me ne frega! È solo uno stupido vestito.»
«Adesso si ragiona. Allora, non mi sembra troppo difficile: ignora Karin, stai alla larga da quel pozzo senza fondo di Chouji ed evita, per favore, di parlare con Suigetsu. Lo sai che spaccia?»
Naruto lo fissò, sconcertato. «Stai scherzando
«Ah, no,» Nagato posò la schiena contro lo stipite della porta, studiando per un secondo il disordine causato dall’Uzumaki: da quando aveva occupato la stanza vuota di sua sorella, ogni cosa aveva cambiato posto e i cassetti sembravano sul punto di saltare letteralmente in aria, «alla festa di compleanno di Yahiko ha cercato di rivendere a Zabusa un po’ di LSD.»
«Si è ridotto davvero in questo stato?»
«Non credere che prenda quella roba. Lui vende, non si fa.»
Naruto inarcò un sopracciglio. «Forse perché è già fatto di suo.»
Conosceva Suigetsu da quando aveva quattro anni: era sempre stato un tipo piuttosto strano, ironico e a volte persino violento; eppure era capace di grande calma, dimostrata nella maggioranza dei casi in presenza dei suoi genitori e di suo fratello, e ribadita in presenza di professori e amici stretti. Soltanto quando frequentava certi giri cambiava atteggiamento, mostrando una freddezza insolita.
Una volta, quando avevano quindici anni, Suigetsu l’aveva preso a pugni perché gli era capitata fra le mani una delle sue droghe migliori. Non che ne avesse presa: lui non era il tipo. Era rimasto semplicemente sconcertato nel trovare quel tipo di roba sotto il letto di uno dei suoi amici più cari.
Da quel momento, si era sempre tenuto a discreta distanza da Suigetsu Hozuki.
«A che stai pensando?»
«A nulla. Perché?»
Nagato scosse il capo e sorrise. «Andiamo, allora. Se facciamo tardi Yahiko se la prenderà con noi.»
Partirono qualche minuto dopo sotto il sole cocente. Fuori c’erano 38°, perfettamente percepibili, come aveva potuto appurare Naruto quando aveva sentito la camicia appiccicarsi fastidiosa alla schiena, aiutata dal sedile bollente. Poi, come se non bastasse, l’aria condizionata era sconosciuta a quella macchina del cavolo.
Arrivarono in chiesa giusto in tempo per vedere Yahiko uscirne di tutta fretta, agitato come non mai. Strano: non era certo il tipo d’uomo che si impressionava per qualcosa di banale come un matrimonio.
«Per caso hai scoperto che Konan è scappata col testimone?» chiese ridacchiando Nagato, una volta che Yahiko gli fu davanti, piegato in due con le mani sulle ginocchia e ansimante.
«Ma se il testimone sei tu?!»
«Ah, è vero.»
«Stare con Naruto ti fa regredire allo stato brado.»
«Ehi! Non accetto alcun tipo d‘insulto da te, Yahiko!,» sbottò Naruto, mollandogli un pugno sulla testa, offeso, «e poi mi spieghi perché ti sei messo a correre in quel modo?»
«Perché siete in ritardo, idioti! Muovetevi, prima che Jiraiya e gli altri perdano la pazienza.»
La chiesa era ventilata e luminosa, allegra.
Percorrendo la navata, Naruto osservò le grandi vetrate poste ai due lati della chiesta, il cui bagliore colorato rendeva quel posto sacro diverso da come se l'era aspettato all'inizio; non credeva in Dio, non credeva al valore di una chiesa, di un santo, di un rosario, qualunque fosse la religione che gli si presentava davanti. Forse inferno e paradiso esistevano. O forse solo l'inferno, chissà.
Eppure, malgrado tutto, quel luogo era affascinante – e sì, doveva ammetterlo: gli piaceva.
C’erano poche persone, giusto il necessario, giusto l’importante: conosceva da anni Yahiko e Konan, i due sposi, e sapeva che per loro contavano poche cose.
E poche persone.
«Abbiamo due invitati in più. Infatti c‘è una vecchia amica di Konan… è appena arrivata da Tokyo. Ah, l’altro è Suigetsu. Alla fine Karin è riuscita a convincermi, ma se lo becco a vendere la sua merda qui, lo caccio fuori, ve lo garantisco,» cominciò a dire Yahiko, nervoso, indicando con un cenno del capo Hozuki che, fermo in un angolo della piccola chiesa, conversava strafottente con Karin e Juugo, un amico della rossa.
Naruto si guardò in giro e sorrise appena intravide il suo vecchio maestro del liceo, Jiraiya.
Non era cambiato per niente!
Lasciò Yahiko e Nagato con Zabusa, un loro vecchio compagno di scuola, e raggiunse il suo maestro senza farsi sentire, poi si fermò alle sue spalle; gli batté il dorso della mano contro la schiena per avvertirlo della propria presenza, pensando a quanto tempo era trascorso dall’ultima volta in cui si erano parlati.
Dio, che nostalgia!
Quando si voltò, Jiraiya lo guardò stupefatto. «Non ci credo! Naruto! Come stai?»
«Bene e lei? Passa sempre il tempo a corteggiare donne più giovani, maestro?» domandò divertito il biondo, lanciando un’occhiata alle numerose ragazze presenti.
Jiraiya incrociò le braccia al petto, stizzito. «Ragazzo, ti hanno mai detto che queste cose non si spifferano in giro? Qualcuno potrebbe aver sentito!»
«Secondo me lo sanno già tutti…»
Mentre rideva davanti alle urla e agli insulti sibilati da Jiraiya, Naruto tornò a guardarsi attorno per vedere se c’erano persone che conosceva ma che non vedeva da anni; e infatti poco lontano intravide Anko, una delle ex allieve del maestro Jiraiya; e poi ancora Shikamaru Nara e Sabaku no Temari, probabilmente marito e moglie.
Poi scorse una figura alta e femminile, e capelli neri come una notte d’inverno.
Perse un battito.
«Maestro, mi scusi, io devo… parlare con una persona. Finirà dopo di mandarmi a quel paese.»
Non è possibile.
Si mosse agile fra la folla, evitando per un soffio di scontrarsi con Suigetsu.
Ignorò un ‘ciao’ strillato da Chouji.
Poi si fermò e allungò una mano verso di lei, finendo col sfiorarle la spalla con il pollice, in un gesto che voleva essere rassicurante.
Tuttavia, lei sussultò lo stesso, inducendolo a sorridere; ma quando finalmente si voltò, il sorriso scomparve e tutto mutò.
Inevitabilmente.
«Cosa… Naruto!»
Già, era impossibile.


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Capitolo 2
*** Parte 2 (di 2) ***


Conto fino a tre II
Note dell'Autrice: Salve salvino! Dopo non so quanti mesi (anni) ho deciso di postare la seconda parte. Il motivo del ritardo? La mia Beta che voleva cambiassi il capitolo secondo, cancellando determinate parti per renderlo un po' più decente *si guarda attorno*. Purtroppo sono abbastanza pigra e ciò ha fatto sì che la pubblicazione del capitolo slittasse...  e siamo arrivati ad oggi, ecco. Come al solito, ero sul punto di lasciare in sospeso anche questa, visto che pensavo di aver perso il capitolo col ripristino del computer. E invece? Me lo sono ritrovato nella casella di posta, fra le e-mail inviate. LOL. Una volta tanto, qualcosa finisco >.<
Premessa: la storia non è volta a rendere tutti depressi, non è una di quelle storielle complicate e incasinate. Parla di un colpo di fulmine e di un incontro che ha lasciato il segno. Niente casini, solo semplicità.
Qualcosa di normale, insomma, mica alla Beautiful xD
Attenzione: non ho ricontrollato per bene lo scritto, quindi con ogni probabilità c'è qualche errore, ma non avendo a disposizione alcuna beta (tutte impegnate ._.), non ho potuto controllare meglio. Lo farò in seguito. In ogni caso, mi scuso per gli eventuali errori presenti nello scritto^^'
Ora: voglio ringraziare Rose1487, Yume_no_Namida, Vaius, I_like_trains, Francix e Asu chan per aver commentatore questa storia e mi scuso per l'immenso ritardo :(  
E ringrazio anche le 6 persone che hanno messo questa storia fra i Preferiti e le 7 persone che l'anno messa fra le Seguite^^ Grazie.
Ora vi lascio alla lettura!






Conto fino a tre
Capitolo 2
(di 2)






[Cosa guardo? Io guardo te
Cosa guarda? Lui guarda te
Togli quell'imbarazzo e lasciati andare
Cosa guardo? Io guardo te
]







Si sedettero su una delle numerose panche ancora vuote  fra il mormorio degli invitati, la chiesa ben più luminosa e accogliente di quanto ci si potesse aspettare.
Naruto si guardò per un attimo attorno, avvertendo la tensione farsi strada lungo tutto il suo corpo, una risposta fisica alla donna che gli sedeva accanto; d'altronde, Hinata era talmente stupenda da far impallidire tutte le altre, con quel lungo vestito azzurro pallido che le lasciava scoperte le esili spalle e che metteva ancor più in evidenza il candore della sua pelle; mentre una graziosa pinza a forma di farfalla  le teneva a bada i capelli,  solo poche ciocche scure ad incorniciarle il viso, ciocche che lei, di tanto in tanto, tendeva a rigirarsi fra le dita, forse per allentare l'imbarazzo che le aveva reso le guance più rosee del previsto.
Naruto prese fiato, le lanciò un'altra occhiata, guardò il pavimento e cercò di pensare con coerenza, ma perse quando tornò a osservarla.
Davvero.
Era bella. Semplicemente.
«Quindi conosci Konan» cercò di dire, schiarendosi la voce con un leggero colpo di tosse, la gola inaspettatamente secca. «Cioè, voglio dire... se sei qui conosci Konan, ecco...»
Torturandosi un lembo della gonna, la Hyuuga annuì. «L‘ho conosciuta un paio di anni fa a un corso di scrittura creativa. Siamo rimaste in contatto malgrado la lontananza... così, quando ha saputo che ero qui, mi ha invitata al suo matrimonio» spiegò, abbassando gradualmente la voce dopo ogni parola pronunciata, finendo col far sentire a Naruto solo metà della parola 'Matrimonio'.
Gli venne voglia di ridere, ma si trattenne, la mente altrove.
Il brusio degli invitati aumentò, e la signora seduta davanti all'organo cominciò a fare qualche prova col brano che avrebbe dato inizio alla cerimonia.
Naruto guardò attentamente Hinata e le fece un sorriso. «Quindi sei qui... adesso.»  
«Già» confermò lei, sorridendo a propria volta.
Di questo, probabilmente, erano felici entrambi.
«Ehi, voi due vi conoscete?» la voce di Yahiko li fece sussultare.
Si girarono e videro lo sposo avvicinarsi a loro con aria sorpresa.
Yahiko li aveva osservati da lontano per un po’ di tempo, assieme a Nagato, sicuro che Naruto e Hinata stessero nascondendo loro qualcosa - forse una sorta di attrazione? O una relazione, si azzardò a pensare, fermandosi davanti a loro.
Beh, bastava guardare l’espressione dipinta sul viso di Naruto per capire che l’avrebbe trascinata via, se solo avesse potuto!
Quella era una risposta più che valida.
«Ah, sì. Ci siamo conosciuti qualche giorno fa» confermò Naruto, inacidendosi  al notare che anche Nagato li stava raggiungendo.
Le facce dei due ragazzi non lo convincevano; stavano forse pensando a Hinata? O a cosa potesse esserci fra di loro, se pensava a come ragionavano quei due quando si trattava di lui e la sua - pessima - vita sentimentale.
«Sul treno» aggiunse timidamente Hinata, sistemandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio, ignara degli sguardi inquisitori che Nagato e Yahiko le stavano lanciando da alcuni minuti..
«Solo in un posto simile avresti potuto incontrare questo bambino troppo cresciuto» commentò pacato Nagato, ignorando le proteste di Naruto. Poi si rivolse a Yahiko. «Dobbiamo interrompere questa splendida conversazione, Yahiko: fra tre minuti la sposa farà la sua comparsa. Non vogliamo certo restare qui a chiacchierare, vero, ragazzi?»
Naruto e Hinata annuirono contemporaneamente, mentre Yahiko parve, tutt’ad un tratto, perdere un po’ di colore, passando dal rosa scuro al bianco cadavere.
Lo sposo era più teso di quanto non sembrasse.
La cerimonia fu semplice.
Non troppo sfarzosa né lunga, ma giusta.
Yahiko finì col balbettare il suo ‘sì, lo voglio’ inducendo gli invitati a ridere e Konan ad arrossire per la figuraccia.
Naruto, sfortunatamente, non aveva potuto sedersi accanto a Hinata; difatti ben cinque persone - Chouji, Nagato, Temari, Shikamaru e Karin - avevano avuto la geniale idea di mettersi proprio in mezzo a loro, allontanandoli.
E Naruto, per tutta la cerimonia, invece di imprimersi nella memoria l’unione di due persone a cui voleva un mare di bene, e che erano per lui come fratello e sorella, finì col memorizzare l’espressione concentrata e serena dipinta sul dolce viso della Hyuuga. Infatti, se gli avessero chiesto cosa pensasse della cerimonia, l’Uzumaki avrebbe risposto che era ‘bellissima’ - pur non riferendosi esattamente alla funzione.
Alla fine gli invitati si alzarono in piedi e seguirono gli sposi fuori dalla chiesa; nel caos, Hinata restò seduta, parzialmente confusa, sommersa da gambe e braccia, nero e grigio, rosso e giallo, e solo quando una mano afferrò la sua capì che non era più persa.
Le bastò alzare lo sguardo per incrociare quello di Naruto.
«Andiamo?»
«Sì.»




C’era quel sole che avrebbe incenerito le rocce; c’era un prato grande e pieno di piccoli fiori colorati che circondava la chiesa e i dintorni; c’era il rumore degli uccelli in volo, fra le nuvole, sugli alberi.
E c’era quell’aria buona ed estiva, quella che sapevi riconoscere subito, che difficilmente avresti potuto scambiare con qualcos’altro di assai meno buono.
E c’era il silenzio che allontanava voci e grida, chiacchiere inutili e finzioni.
Hinata guardò la mano di Naruto, quella mano che continuava a stringere possessiva la sua, mentre la chiesa si allontanava da loro e tutto diventava sfuocato ad ogni passo.
Cosa stava succedendo? Perché si sentiva infinitamente bene assieme a lui? Dalla prima volta che l’aveva visto, sul treno, quel pensiero non aveva fatto altro che tormentarla, facendole provare un dolce calore all’altezza del petto.
Che sensazione... strana.
Continuarono a camminare per un po’ e quando furono abbastanza lontani dalla chiesa,  Naruto scoppiò a ridere.
Così, dal nulla, quella risata vibrò nell’aria.
Hinata trattenne il fiato e si fermò a guardarlo, sorpresa. «Che c‘è?»
Lui scosse il capo, divertito.  «Niente, niente.»
Ripresero a camminare in silenzio, ma la Hyuuga non riusciva a trovare il motivo di quella risata. Possibile che fosse senza senso?
«Naruto?»
L‘Uzumaki la guardò interrogativamente. «Mh?»
«Dimmi perché ridevi» mormorò Hinata, stringendogli la mano. Lo voleva sapere.
«Beh, ti ricordi che sul treno mi hai detto di non aver mai partecipato a un matrimonio?» iniziò a dire il biondo, ricambiando la stretta. «Ho pensato… a quello.»
«Ah, capisco...»
«Però oggi hai partecipato al matrimonio di una tua amica» aggiunse Naruto, scompigliandosi i capelli con la mano, lo sguardo puntato davanti a sé.
Hinata finalmente capì. «Sì.»
«E non sei contenta?»
«Certo che lo sono! Sono contenta!» esclamò la Hyuuga, regalandogli un enorme sorriso, uno di quelli che - Naruto ne era sicuro - non tutti avrebbero potuto ricevere.
Questo lo rallegrò.
«Oh, finalmente sorridi! Brava! Questa è la mia Hinata, la ragazza che ho conosciuto sul treno che ci ha portati qui.»
«Tu, invece, non sei cambiato per niente» Hinata osservò il paesaggio che li circondava. «Continui a trasmettermi buonumore. Ed è incredibile, perché in realtà noi non ci conosciamo. Non sappiamo nulla delle nostre rispettive vite. Ma siamo qui, insieme, da soli, e non ci importa. Non ci importa. Perché?»
«A me non interessa sapere perché. A me interessa altro» affermò deciso l’Uzumaki, indicandole un grande edificio bianco e vecchio che si stagliava poco lontano da loro. «Lì inizieranno i festeggiamenti per il matrimonio di Yahiko e Konan. Ti andrebbe di andarci insieme a me?»
«Sì. Ma è naturale, in fondo siamo entrambi invitati.»
«Io non intendevo in quel senso!» e allora Naruto sorrise, eccome se sorrise. «Ti andrebbe di uscire con me, Hinata Hyuuga?»
Naruto amava sorprenderla.
E ci era riuscito anche questa volta.



«Io non ballo.»
«No?»
«No.»
Hinata osservò la pista da ballo allestita in mezzo al giardino e circondata dalle mura della villetta in cui si stava tenendo la festa per gli sposi. «E perché?»
«Non so ballare» dovette ammettere Naruto, a voce bassa, per non farsi sentire da nessuno. «E non ci tengo a farlo notare. Sarebbe mostruoso.»
L’ultima volta che si era azzardato a improvvisare qualche mossa di ballo, Sasuke aveva colto l’occasione per sfotterlo a dovere, davanti a tutti, senza il minimo ritegno, convinto di fargli del bene.
Beh, Naruto non si era divertito né aveva trovato la faccenda utile come blaterato dall’Uchiha.
Sorrise. Quel suo maledetto amico! Quando mai avrebbe smesso di tormentarlo?
«Mi piace ballare» disse ad un tratto la Hyuuga, tirandolo per la manica della giacca che ancora, malgrado il caldo asfissiante, Naruto si ostinava a portare. «Perché non provi? B-Balla con me.»
Un sussurro fatto di balbettii. Era solo un sussurro fatto di balbettii. E allora perché lo faceva sentire tanto scemo da spingerlo ad annuire malgrado il terrore?
La pista era piena di gente che ballava, cantava, rideva e gridava i nomi degli sposi, di musica lenta e veloce, d’aria calda e fresca a tratti, di champagne e bignè, di sì, no, forse, ma, però.
Lui non aveva sì, no, forse, ma o però.
Lui aveva solo uno sguardo lilla puntato addosso.
La supplica di quegli occhi.
E le gambe, prima di marmo, incredibilmente decise a muoversi e a trascinare Hinata ovunque volesse andare, e Naruto pronto a correre, ridere, fare le solite figuracce, pronto a comportarsi da bambino pur di farla ridere - voleva renderla viva più di quanto avessero fatto altri.
«Mi hai convinto!»
Quella frase fu l’inizio d’una follia divertente e timida a cui né Hinata né Naruto avrebbero potuto dire di no, perché sarebbe stata follia; follia delle più pure, delle più tormentate, delle più stupide, dove un ballo lento e uno veloce s’alternavano incuranti delle occhiate di persone, uomini e donne, ormai inesistenti; soli un po’ per finta, un po’ per gioco, senza timidezza o altro che potesse ostacolare ciò che stava nascendo.
Fu un lungo e intenso ballo, privo di pensieri.
Fino a tarda sera, fin quando la luce non svanì, lasciando posto alle stelle.

Uscirono dalla villetta e camminarono fino alle panchine sparse per il giardino che si estendeva tutt'attorno all'edificio.
Naruto spalancò la bocca e inspirò finché non ebbe i polmoni pieni d'aria, talmente pieni che per un attimo pensò che sarebbero potuti scoppiare da un momento all'altro facendo un sacco di rumore.
«Hanno... hanno riso tutti...!» esalò poi dopo essersi buttato sulla panchina, posandosi una mano sulla fronte.
Hinata si sedette accanto a lui sulla panchina, il petto che si alzava e abbassava veloce e il respiro affannato.
Aveva la gonna spiegazzata e la fronte sudata, esattamente come quella di Naruto, e malgrado non riuscisse quasi più a respirare, sembrava sul punto di scoppiare a ridere.
Il ragazzo deglutì e voltò la testa per guardarla, la bocca dischiusa e gli occhi accesi.
Quante altre volte aveva riso così?
Quante altre volte si era divertita con qualcuno?
Quante altre volte le era mancata totalmente l'aria?
Egoisticamente, sperò che non le fosse mai accaduto.
Sperò che fosse la prima volta che rideva in quel modo con qualcuno, senza fiato.
Sarebbe stato bello così.
«Dovremmo... rifarlo» mormorò Naruto, spostando lo sguardo verso la campagna che si estendeva di fronte a loro nel silenzio della sera, mentre la musica e le risate della gente riempivano l'interno della piccola villetta, spezzando a tratti la quiete.
Persino i grilli si misero a cantare.
Hinata si coprì la bocca con le mani, le gote piacevolmente arrossate. «Sì... lo vorrei tanto, tantissimo» rispose, illuminandosi.
«Va bene! Però non subito, troppe pessime figure non gioverebbero alla mia reputazione» che non ho, si ripeté mentalmente il ragazzo, sbirciandola mentre si sistemava la frangetta, talmente arruffata da renderla piuttosto buffa; e si ritrovò a pensare che gli sarebbe piaciuto scostarle i capelli dalla fronte.
Forse conscia di essere osservata, Hinata smise di sistemarsi i capelli e si voltò verso di lui, interrogativa. «Che c'è?»
Naruto arrossì e scosse il capo, deciso a non mostrarle ciò che aveva immaginato in quei noiosissimi giorni -  consapevole che ogni cosa da lui pensata gli si sarebbe letta perfettamente in faccia.
Era come un libro aperto.
E Hinata era la lettrice pronta a scoprirne ogni più piccola sfumatura.
Lei lo guardò come per studiarlo, ma prima di poter aprir bocca per dar voce alle proprie perplessità, Naruto afferrò la giacca che aveva posata accanto e gliela porse.
«Cos...»
«Hai freddo. Tremi. Mettitela sulle spalle.»
Hinata rimase immobile per un secondo, sorpresa da quel gesto.  Poi sembrò ritrovare la forza per parlare: «Non c'è bisogno, davvero. Fa ancora molto caldo...»
«Non si direbbe» commentò Naruto, inarcando un sopracciglio. «Dai, prendila. Certo, ammetto che puzza di sudore e non è piacevole, ma perlomeno tiene caldo» aggiunse, facendo un po' il cretino - questo gli riusciva alla perfezione, purtroppo. Forse si stava addirittura specializzando in cretinaggine.
Cretinaggine, certo.
Ora sapeva perché Sasuke lo prendeva sempre per il culo.
La Hyuuga esitò, ciò nonostante si arrese quasi subito, prendendo la giacca con un 'grazie' a malapena accennato.
È bella, pensò ancora Naruto, mentre lei si copriva le spalle candide e tremanti, mentre i loro respiri tornavano perfettamente regolari - e lo erano da parecchio, adesso che ci faceva caso.
Sospirò per l'ennesima volta in pochi minuti e  continuò a fissarla come se non ci fosse altro da vedere, ben consapevole di metterla un po' a disagio.
Poi si rese conto che c'era un motivo. Un motivo che lo spingeva a tenerle gli occhi addosso, senza mai staccarli, come un lupo che studia nell'ombra la propria preda, furtiva.
La differenza con il lupo era che lui non cercava minimamente di nascondersi, non ne aveva bisogno.
Contraddizioni ovunque.
Fino a qualche attimo prima non aveva cercato di celarle i propri pensieri, imbarazzato dall'attrazione provata? Dio, quanto si sentiva idiota! Cazzo, quanto lo era e se ne stava accorgendo solo ora!
Si mise bene a sedere sbuffando. «Hinata?»
Lei sussultò, stringendo a sé la giacca dell'Uzumaki. «S-Sì?»
«Ho voglia di baciarti.»
Lo soffiò.
A voce bassa, sperando di non essere udito, sperando di non rovinare tutto.
Ma Hinata lo sentì perfettamente, forse capì, anche.
E dopo un attimo di silenzio, inaspettatamente, annuì.
Naruto le afferrò la mano con delicatezza: era calda, liscia e morbida, non esitava né pareva provare il desiderio di sottrarsi al contatto.
La guardò negli occhi per cercare di capire cosa provasse, ma non ci riuscì - a differenza sua, Hinata non era poi così facile da leggere come all'apparenza gli era sembrata.
Apparenza. Contava davvero qualcosa? E diceva sempre tutto di una persona?
No, l'apparenza era una maschera non molto diversa da quella che in passato aveva sempre indossato per allontanarsi dall'inquietudine che gli si era accumulata nel petto durante tutti quegli anni.
E il bacio, invece? Sarebbe servito a qualcosa?
Sarebbe bastato a farle vedere il tornado di pensieri che gli stravolgeva la mente mettendo tutto sottosopra?
Avrebbe distrutto la maschera?
E con quelle domande senza risposta e incapace di trattenersi, si chinò su di lei e la baciò.












Uno sbuffo.
«Scadente.»
«L’ho pensato anch‘io.»
«Quindi?»
«Non ci siamo più visti, non dopo quel bacio.»
«L‘hai baciata e lasciata partire, ho capito bene?»
«Più o meno...»
Sasuke inclinò leggermente il capo ma non disse nulla, tornando a fissare circospetto il giardino di casa sua dove i suoi figli di cinque e tre anni, Mikoto e Itachi, trotterellavano allegramente.
«Mi rendo conto che può sembrare una puntata uscita male di Beautiful, ma è successo. È il finale che stona col resto» continuò Naruto, imbronciato, battendo la mano aperta sul tavolo e restando stravaccato sulla sedia com’era sua abitudine fare.
Dopo la festa e il bacio, Hinata non si era fatta più rivedere; Konan gli aveva spiegato che era dovuta ‘scappare’ quando suo padre l’aveva chiamata. Problemi famigliari, da quel poco che era riuscito ad afferrare.
Possibile che in realtà la Hyuuga fosse scappata per non rimanere invischiata in una relazione con lui? Che avesse avuto paura, che il bisogno di afferrare il significato di quel bacio fosse stato la molla che l’aveva spinta a prendere il primo treno della giornata per tornare a Tokyo?
E da quando lui era diventato così insicuro?
Merda.
«Non lo so.»
Sasuke gli lanciò un’occhiata di sbieco.
«Non so come mi devo comportare» spiegò l’Uzumaki, parlando più a se stesso che all’amico e quindi usando quel suo tono lamentoso da bambino di cinque anni che tendeva a irritare l‘Uchiha una volta sì e una no - e questa era la volta no, per sua fortuna. «In questo mondo schifoso le donne fanno sempre tutto il contrario di quello che uno si aspetterebbe!»
«Sono donne» si limitò a dire Sasuke, tornando a controllare i bambini.
«Eh, saranno pure donne come dici tu, ma da Hinata questo non me lo sarei mai aspettato.»
«Non la conosci nemmeno.»
Naruto scrollò le spalle, sostenuto. «E se ti dicessi che la conosco meglio di chiunque altro, Sasuke?»
«Può darsi che tu sia riuscito a capirla, okay. Poniamo che tu abbia ragione. E con questo?» borbottò Sasuke, già abbastanza irritato. Odiava parlare così tanto e Naruto stava superando ogni limite consentito dalla legge - la legge di casa Uchiha, naturalmente. «Fattene una ragione: non la rivedrai mai più. E ora smettila di tediarmi con le tue cazzate, ché i bambini qui fuori si sono messi a fare una buca.»
Naruto osservò l’amico uscire dalla cucina trafelato, con un sopracciglio lievemente alzato verso l’alto e gli occhi meno rassicuranti del solito.
Malgrado l’aria da serial killer assunta in via ufficiale quando Mikoto aveva fatto saltare letteralmente in aria il frullatore, un anno prima, Sasuke sapeva essere un buon padre.
Mentre rifletteva su ciò, il cellulare prese a squillare, assillante, Thriller di Michael Jackson.
Lo prese dalla tasca e controllò il display, facendo una smorfia.
Era sua madre.
Ancora.
«Muovi il culo e torna a Tokyo!»
«Ciao, come stai? No, sono troppo banale così, vero mamma?» rispose sospirando, affatto sorpreso dall’esordio di Kushina. «Comunque perché? Che ti serve?»
«Cosa ‘che mi serve?’» la donna brontolò qualcosa sottovoce. «Ti sei scordato che domani è il compleanno di tua nonna?»
Mito Uzumaki, la vecchia più simpatica e longeva del mondo, stava per compiere centocinque anni senza dimostrarli minimamente.
Non era il primo caso in famiglia, ad ogni modo.
Naruto controllò l‘ora, confuso. «Me n’ero dimenticato. Cosa potrei regalarle, secondo te?»
«Non saprei», Kushina rimase in silenzio per un minuto buono. «Basta che non sia una ciotola di ramen come l‘anno scorso, Naruto. Solo questo. Ora devo andare a preparare la cena. Fa’ in modo di essere qui prima delle sei del mattino, sono stata chiara?»
Prima che Naruto potesse dire ‘okay’, lei aveva già agganciato.
Fissò allibito l’apparecchio cellulare, poi lo ripose nella tasca dei jeans. Ho trentatré anni e mia madre continua a darmi ordini. Sono davvero messo male.




Il treno delle ventidue e quindici per Tokyo sta per partire al binario sei, urlava la voce meccanica e femminile sopra le loro teste, avvertendo Naruto che stava per perdere il treno che l’avrebbe riportato a casa.
Corse su per le scale tenendo sottobraccio il regalo per nonna Mito, la mente invasa da circa un milione di bestemmie.
La prossima volta lo compro a Tokyo e all’ultimo momento!, si disse mentre scorgeva il treno, sul binario sei, poco distante da lui.
Quando lo raggiunse tirò un sospiro di sollievo, s’infilò fra le porte che stavano per chiudersi e si guardò intorno in cerca di un posto libero; seminò il vagone dei fumatori perché decisamente non lo sopportava, il fumo, e già sentirne l’odore gli provocava un mal di testa di quelli cronici, e raggiunse quello dei non fumatori.
Mezzo vuoto, come al solito.
Ottimo.
Si sedette in uno degli ultimi posti in fondo al vagone, posò il pacco in quello libero e si batté la mani sulle cosce, soddisfatto.
Il treno partì lento, privo di rumore.
L’Ipod non c’era questa volta, ma Naruto si rilassò lo stesso osservando il paesaggio fatto di case che gli sfilava accanto, bianco e grigio, sfocato e lontano assieme - e la fronte posata per istinto sul vetro per scorgere di più, più a lungo, più intensamente.
E scoprire di non scorgere più nulla.
«Posso?»
Naruto chiuse gli occhi, li riaprì e si scostò dal vetro per rivolgersi a colei che aveva parlato.
«Prego.»
Il pacco finì a terra malamente.
Una ragazza si sedette al suo posto.
«La scena è cambiata» disse lei, evitando di guardarlo. «Questa volta sono io a chiederti di liberare il posto, Naruto.»
Un lieve sorriso incurvò le labbra dell’Uzumaki. «Ma non cambierà nulla perché siamo sempre noi.»
Hinata respirò a fondo, poi sorrise. «Lo so.»
Il treno continuò ad andare avanti, verso Tokyo, lasciandosi indietro un paesaggio fatto di case, di sì, no, forse, ma, però, di conoscenza, attrazione, addio e ciao, un altro ciao.




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