A sad Ravenclaw di marguerite_murcielago (/viewuser.php?uid=54789)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** (perennemente combattuti tra desiderio di pace e bisogno di guerra) ***
Capitolo 2: *** (La vita, infatti, consiste per loro in una feroce lotta individualista) ***
Capitolo 3: *** (La schiettezza con cui difendono le proprie posizioni non è da confondersi, però, con la sincerità) ***
Capitolo 1 *** (perennemente combattuti tra desiderio di pace e bisogno di guerra) ***
Desideri a disagio.
(perennemente combattuti
tra desiderio
di pace e bisogno di guerra)
Da quando era tornata a
Londra, non aveva fatto altro che fare le cose sbagliate.
«
Scusi, avete qualcosa che parli della Battaglia di
Hogwarts?»
La commessa l’aveva fissata, a disagio, poi l’aveva
cortesemente invitata ad uscire, sbattendo le lunghe ciglia.
Dire le cose
sbagliate.
«
E ti ricordi quando ho Schiantato quel Mangiamorte? È
stato l’incantesimo migliore che abbia mai fatto!»
aveva esclamato, dopo un
momento di silenzio. E il sorriso di Terry si era congelato.
Il treno sarebbe partito
entro una mezz’ora, e del resto della famiglia non
c’era traccia. Sola, la
schiena premuta contro la parete, Sophy guardava l’Espresso
su cui aveva viaggiato
da bambina e adolescente e non sentiva neppure una punta di rimpianto:
solo una
spina, una sensazione di disagio. Non c’era più magia – ironico, davvero
– in quella stazione, come non c’era più
nulla là, ad Hogwarts.
La sua scuola
non aveva più nulla da darle.
« Sophy? Non ci posso
credere, come stai? È una vita
che
non ci vediamo!»
Dal muro di genitori sulla
banchina una donna della sua età le era praticamente corsa
incontro, e le
stringeva la mano. La donna sorrise di malavoglia, ricambiando la
stretta.
« Cho! Quasi non ti
riconoscevo!» mentì: la Corvonero aveva ancora gli
stessi capelli neri e
lucenti, lo stesso viso tondo e le stesse lentiggini di quando
frequentavano le
lezioni assieme.
Lei rise e si tolse una
ciocca di capelli dal viso.
« Ci sono anche i tuoi…
figli?» chiese, dopo un attimo di esitazione, cercando con lo
sguardo un tratto
famigliare tra le facce che premevano contro il vetro,
sull’Espresso.
In quel momento, due sagome
emersero dalla penombra. La più piccola saltellò
verso le due streghe, e
appoggiò la testa contro il braccio di Sophy.
« Parli del diavolo… Ariella,
questa è Cho, una mia compagna di scuola.»
spiegò lei, con una mano sulla testa
della bambina. Lei sorrise, radiosa, e cominciò a
raccontarle della sua visita
a Diagon Alley. Cho sembrava sorpresa: « Non ti somiglia!
Deve aver preso tutto
dal papà, dico bene?»
« Tranne il naso, per fortuna.
Lui ha un naso stupendo, ma su una
bambina,
proprio no!» rise; sapeva che si era illuminata, nel
sottolineare quel “lui”
con una punta di malizia, perché accadeva spesso.
Se si fosse sbrigato, sarebbe
anche riuscito ad aiutare Ariella con le valigie. La bambina le stava
mostrando
il delizioso allocco che si era comprata, poi aveva alzato lo sguardo e
aveva
aggrottato le sopracciglia.
« Mamma, è quello Harry
Potter?»
Sophy notò con la coda dell’occhio
che Cho la stava fissando a bocca aperta, ma la ignorò:
effettivamente, quello
che guidava un’intera comitiva di carrelli era proprio il
Bambino-che-è-sopravissuto, assieme a due dei Weasley e, a
quanto pareva, anche
a Hermione Granger.
« Sì, ma adesso è tardi: fa’
buon viaggio, amore, e fatti aiutare da papà!» le
gridò dietro.
« Cho, ti andrebbe di venire
da me per un thé?»
1998.
Non era rimasto niente: Londra e
l’Inghilterra erano
rinate, in tutti i sensi, e quello di tornare era stato un errore, il
peggiore
della sua vita, perché non c’era più niente
da vedere, e niente da ricordare, gli occhi dei compagni di un tempo
rifiutavano di concederle qualche antico onore, erano passati ben venti
anni e
non c’era più una traccia che ricordasse la
Seconda Guerra Magica, e dopo vent’anni
tutto si era inaridito ed era
diventato niente.
« Sophy, perché sei triste?»
Lui
non
era
perplesso, lui capiva che lei
voleva tutto, ma era meglio che ci
fosse il niente.
Così si strinse nelle spalle –
il blocco che aveva in gola non la faceva respirare – e
lasciò che la verità si
svelasse da sé.
« Sei uno Scorpione, per
questo sei sempre in bilico tra volere la guerra o la pace.»
« La guerra è finita – il mio
tempo è finito, e non voglio più tornare a
Londra.» ringhiò lei, strizzando le
palpebre. Il mondo si era inaridito, da quando Voldemort era morto, lei
ne era
stata spaventata ed era scappata.
Quando il sole era sorto, Sophy si
trovava nella Sala
Grande, assieme a tutti gli altri. Aveva guardato il cadavere di Lord
Voldemort
sul pavimento, come molti altri, e le era parso che tutto sbiadisse e
scivolasse via: era l’alba, in tutti i sensi, e il mondo era
appena uscito
dalle tenebre a favore della luce ignorante. Lei era una delle poche
dagli
occhi accecati, e l’ignoranza era il male, per una Corvonero.
Due giorni dopo la fine della guerra era partita per
l’Europa.
Il
campanello suonò, un
unico, nitido trillo.
Chissà perché, quello innervosì
Sophy, che tentennò prima di aprire la porta con uno
svolazzo della bacchetta. Merda. Il
campanello aveva voluto
avvertirla, perché quella che si stagliava
nell’ingresso non era Cho Chang, ma Hermione
Granger.
« Buon pomeriggio, Sophy. Posso
entrare?»
La guerra è finita, Hermione. E noi non siamo che un niente più
niente.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** (La vita, infatti, consiste per loro in una feroce lotta individualista) ***
A sad Ravenclaw.
(La vita, infatti, consiste
per loro in
una feroce lotta individualista)
« Accomodati,
signorina
Granger.» rispose Sophy, gelida.
« Signora Weasley, ormai.»
« Ah.» lasciò cadere il discorso
e voltò le spalle a Hermione, indicando di malagrazia una
poltroncina bianca.
Versò il thé nelle tazzine, tanto nervosa da
dimenticare la bacchetta.
Alla fine le porse la sua
tazzina (stavolta nera e rossa e bianca) e sprofondò nella chaise longue con espressione annoiata.
Hermione Granger si passò
una mano tra i capelli arruffati, nervosa, poi sollevò lo
sguardo sull’ex
compagna di scuola.
Te
l’ha detto Cho? O mi hai riconosciuta?
Tra loro corse un silenzio
tranquillo, almeno finché le tazze non si svuotarono. Sophy
stava già per
impugnare la bacchetta e ordinare alla teiera di fare il suo lavoro,
quando
Hermione posò il cucchiaino che aveva tra le mani e la
fissò, improvvisamente
combattiva.
« Non ti avevo riconosciuta,
a King’s Cross.» esordì. Nessuna
risposta. « Tua figlia… dove è stata
Smistata?» aggiunse, un po’ più
impacciata. Questo riempì Sophy di
considerevole esultanza, e la fece sorridere soddisfatta.
« Corvonero, come me.»
« Congratulazioni!»
Niente
più niente.
Lo vide arrivare, quel
colpo,
come Lily Potter, per fare un paragone azzeccato, aveva visto
l’Avada Kedavra,
sentì un colpo sulle costole, e gli occhi castani di
Hermione si indurirono
come schegge. « Hai raccontato a tua figlia della Seconda
Guerra Magica?»
Sono
passati vent’anni.
« Sono passati
vent’anni.»
Vent’anni
senza guerra. Vent’anni da quando era
partita, quella mattina. Chissà che ci avevano fatto con il
corpo di Lord
Voldemort, se l’avevano sepolto da qualche parte, o se
avevano preferito dargli
fuoco, con i Buoni a festeggiare attorno al grazioso falò.
Sophy rimase immobile per
qualche secondo, dopodichè scosse la testa e, sorridendo,
riempì la sua
tazzina. Hermione alzò gli occhi al cielo.
« Appunto. Capisco che tu sia
stata in viaggio per tutti questi anni, ma avremmo preferito
– tutti noi,
intendo – che ti informassi prima di raccontare quella storia
ad una bambina.»
« Non m’importa.»
Hermione Granger aggrottò le
sopracciglia e si alzò in piedi, la mano leggermente
tremante che scivolava
inconsapevolmente verso la bacchetta nella tasca della veste. Che
pallida,
arida icona del presente di lillà e nebbia! Ne erano usciti
tutti mutilati,
dalla guerra, ma loro erano stati più bravi, forse, a
fingere che non fosse
successo niente, quando invece era
successo tutto. Poteva Schiantarla,
Cruciarla, usare la magia come violenza, su di lei.
« Ti prego, vogliamo solo
dimenticare.»
« Non sarò io ad
impedirvelo.» ringhiò Sophy, indicandole la porta
con la bacchetta.
Aveva deciso: poteva
riempire
il niente con parole di tutto. E magari avrebbe
ottenuto anche
un piccolo tutto con cui giostrarsi,
come un prestigiatore babbano con una bestia feroce.
Le prime righe
arrivarono con
facilità, ma il primo ricordo – una veste
rubata
– le fece riabbassare la penna, gli occhi persi nel vuoto
della
stanza, un formicolio sulla schiena. All’improvviso, dieci
dita sul viso. Sophy
sussultò, divincolandosi nella luce vermiglia che sgusciava
tra le fessure.
«
Oh, petite, non devi
piangere.» sussurrò una voce maschile, vicina al
suo orecchio. Sophy inclinò la testa verso quella voce,
là dove sapeva che
avrebbe trovato anche le sue labbra.
Il viso
attento di Lucién
prese il posto delle sue dita, e lei sorrideva, un po’
sciocca e tenera,
socchiudendo gli occhi chiari, e gli appoggiava le mani sugli
avambracci,
timidamente.
«
Non sto piangendo, mon ciel.» rispose,
la fronte premuta
contro la sua.
«
Certo, come no.»
Sophy
gonfiò le guance come
una bambina arrabbiata, ma l’arrivo dell’allocco di
Ariella le impedì di
protestare come avrebbe voluto.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** (La schiettezza con cui difendono le proprie posizioni non è da confondersi, però, con la sincerità) ***
A sad Ravenclaw.
(La schiettezza con cui
difendono le
proprie posizioni non è da confondersi, però, con
la sincerità)
Vediamo…
Aveva
una vetrinetta, tutta per sé, in camera da letto: tutti gli
scaffali erano
occupati da una sequenza interminabili di leziose boccette da profumo,
comprate
in un mercatino di Natale, e tutte le boccette erano colme fino
all’orlo di
vapore evanescente.
Quando
usciva di casa, così come una donna Babbana sceglieva il
vestito più carino, il
rossetto più acceso – rigorosamente intonato alle
scarpe e alla borsetta – e si
spruzzava l’ultima fragranza uscita sul mercato, per essere
al top, anche lei
selezionava con cura infinita le boccette da cui attingere; provava il
contenuto di una, la bacchetta alzata accanto alla testa, le
sopracciglia
corrugate per la concentrazione, aveva un moto di disgusto e lo
rimetteva a
posto.
Di
solito sceglieva subito la base,
tre
boccette di un intenso rosso vermiglio, e se le versava addosso,
incauta. Poi
pensava a cosa andava a fare e sceglieva la
testa, tre essenze selezionate accuratamente per dare agli
altri la netta
impressione di essere come loro; ed
infine, il centro, il cuore,
estraeva
le essenze più particolari, così che nessuno si
dimenticasse di chi era lei.
Solo
a volte – e quei momenti coincidevano con la presenza di
Lucién – le prendeva
tutte.
« Pétite, sei
pronta?»
«
Pf, magari ci fosse stata la possibilità di rinunciare;
comunque, ora so tutto.»
Lui
le offrì un braccio per Smaterializzarsi, un gesto che lei
apprezzò. Mentre
stringeva a sé la borsetta, guardò la vetrinetta
per assicurarsi che nulla
fosse fuori posto.
Poteva
partire, con i ricordi del suo Settimo Anno che la fasciavano come
un’armatura.
Aveva
dimenticato quanto le
stesse simpatica Hermione, a prescindere dalla guerra e tutto il resto,
ed era
felice che anche la controparte maschile delle rispettive famiglie
– più il
Bambino-che-è-Sopravvissuto – si stessero
divertendo.
« La mia Rose è stata punita
dalla nuova professoressa di Pozioni, sapete? È
così iperattiva, lo sapevo che
avrebbe fatto impazzire qualcuno.» ammise Hermione, con un
sorriso.
Ginny Weasley scoppiò in una
risata, poggiando sul tavolo il bicchiere colmo di Idromele.
Si era dimenticata di quanto
fossero rossi i suoi capelli, fino a farle male agli occhi;
afferrò una caraffa
al centro della tavola, pensando che non era la prima cosa che
dimenticava.
« E tu, Sophy, come hai
passato questi ultimi anni?»
La voce di Potter la
distrasse, facendole alzare lo sguardo: fissò la cicatrice
quasi invisibile e
batté le palpebre, prima di rispondere. Alla fine fece una
smorfia ironica.
« Mi sono sposata, no?»
rispose, caricando il “no” di una distinta nota di
minaccia, rivolta a Lucién
che, come suo solito, osservava le spalle nude e lentigginose di Ginny
con un
certo interesse. Dio, come ti amo.
Lui si schiarì la voce e tornò a parlare con
Ronald.
« Vedo, vedo. Hai continuato
a studiare all’estero?» chiocciò Ginny.
« No, ma sono stata a lungo
in Francia ed in Italia. Bei posti, bei posti.»
Lucién sorrideva. L’effetto
della testa svaniva.
« Già che siamo in tema, che
ne avete fatto del colpo di Lord Voldemort?»
Si entrava nel cuore.
Con invidiabile sangue
freddo, Hermione intrecciò le dita davanti al volto e
sospirò – Hermione le
piaceva perché era intelligente, perché se
l’aspettava, da una come lei.
« L’hanno cremato.»
« Ah.»
Tutto qui? L’avevano dissolto
e basta, puff!, non esisteva più alcun Oscuro Signore,
nessun nome da serrare
tra i denti per la paura? Che delusione; davvero, che delusione.
Spinse via il piatto. Non
aveva mai avuto meno fame.
« Pensavo – no, niente. Ci
sono rimasta male, però.» azzardò,
timidamente.
« Volevi un monumento in suo
onore? Miseriaccia, dovremmo farne uno a Harry!»
Che c’era di male, in tutto
quello?
« Facciamolo. E non facciamo
finta di nulla, ho come l’impressione che nessuno di voi
abbia raccontato alla
vostra prole di come è andata qualche annetto fa.»
ribatté, indignata,
afferrando forchetta e coltello – e allo stesso modo
Lucién stava, più
discretamente, allungando la mano verso la bacchetta nella tasca.
« Stiamo calmi, per piacere.»
Saltiamo, dai, saltiamo tutti
insieme nel niente più
assoluto!
Digrignò
i denti, ripiegò il
tovagliolo e lo mise accanto al piatto mezzo vuoto: moriva dalla voglia
di dire
agli ex-compagni di scuola che lei aveva già ucciso e non ci
avrebbe messo
nulla a farlo di nuovo, ma si trattenne.
«
Certo, signor Potter. Non
sono mai stata più calma, non ti preoccupare. Non sono
nemmeno offesa, se è per
questo, solo che mi dispiace aver accettato questo invito. Mi dispiace
mettere
in imbarazzo mio marito, ma non ce la faccio, davvero.»
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=787102
|