The stories of a couple

di DanP
(/viewuser.php?uid=62927)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** A christmas story (first part) ***
Capitolo 2: *** A christmas story (second part) ***
Capitolo 3: *** Lezioni di fotografia ***
Capitolo 4: *** L'inevitabile e il destino avverso. ***
Capitolo 5: *** Incompetenze e pargoli irritanti. ***
Capitolo 6: *** Di famiglie e miele.... ***
Capitolo 7: *** Never Gonna Leave This Bed ***



Capitolo 1
*** A christmas story (first part) ***


 

 Signore e Signori, buongiorno e benvenuti. *si inchina*

Questa è la primissima fanfic pubblicata sul meraviglioso sito che è EFP, quindi abbiate pietà di me. *inchino più profondo*

Ed è anche la prima fanfic che scrivo su Viewfinder, manga che mi ha stregato l'anima e che ultimamente non fa che popolare i miei sooooogniiii OçO....sbaaaaavvvv....ehehm...* si riprende*

Non vi tedierò più di così, dunque spero apprezzerete questa raccolta di ficcine che durerà finchè Asami ed Akihito non deciderenno di trasf....trasferirsiiiiiii....*ç*.....cough, cough....evadere dalla mia mente deviata!

Buona lettura e lasciatemi un commentino!!!!Baci!!!^__^

 

 

“E' da anni che aspetto lo scatto perfetto, anche adesso.”

 The stories of a couple

 A Christmas story (first part)

 

Akihito non amava granchè le feste di Natale, le spiegazioni di questo potevano essere molteplici: perchè la stragrande maggioranza di tutti i lavori affidatigli durante l'intero anno triplicava improvvisamente, non lasciandogli tempo nemmeno per respirare, perchè i suoi avrebbero gradito la sua presenza, (e puntualmente dall'inizio di Dicembre la sua segreteria era colma di richieste, suppliche e improperi di sua madre.), ma soprattutto, ed essenzialmente, perchè il motto “a Natale siate tutti più buoni” sembrava non arrivare ai neuroni di quello Yakuza da quattro soldi con cui era costretto a passare le suddette “vacanze”.

La loro convivenza era iniziata con le peggiori premesse.

Quando il pervertito aveva messo piede in casa sua dicendogli, in un tono che non ammetteva repliche, di fare le valigie, ecco, quello aveva fatto traballare la sua nota -inesistente- capacità di sopportazione.

-A che scopo?- aveva chiesto spazientito.

L'altro l'aveva guardato con quel suo solito ghigno.-Ti trasferisci.-

Nel giro di un paio d'ore il suo adorato, vecchio, disordinatissimo appartamento era stato svuotato di ogni cosa.

E lui si era ritrovato con un espressione di puro sconcerto ed una valigia sgangherata in mano, di fronte ad uno dei complessi di appartamenti più costosi e all'avanguardia di tutta Tokyo.

-Dio, come ti odio.- aveva concluso alla fine Akihito, non sapendo davvero a chi si stesse rivolgendo.

 

Ovviamente, col tempo, aveva finito per adorare quella sua nuova sistemazione.

Dalle immense vetrate del salotto, che ogni mattina, puntualmente, facevano entrare una luce soffusa che, da bravo fotografo qual'era, l'aveva incantato, al piccolo stanzino che aveva arredato come camera oscura.

E col tempo, aveva accettato anche quella strana relazione, fatta di insicurezze da parte sua, e una sorta di sentita freddezza da parte di Asami.

Ma nonostante tutto c'era ancora qualcosa di indistinto e silenzioso che, poco a poco, si era insinuato nella sua mente.

L'assoluta certezza che se avesse anche solo pensato di lasciare quel bastardo senza sentimenti che era il suo amante -e questo era un altro argomento spinoso, che anche dopo mesi di convivenza, lui non si sentiva in grado di affrontare- il suo cuore avrebbe nutrito una sofferenza simile a quella provata ad Hong Kong.

Non che vedesse quella relazione come assolutamente giusta, perché anche l'idea di convivere come una normalissima coppia lo lasciava sempre basito e gli riempiva la testa di immagini che mal si addicevano alla realtà dei fatti: non sarebbero mai stati una coppia-normale....di amanti.

E di certo quello lì, non lo avrebbe mai lasciato andare, perché le sue proteste sembrava in qualche modo sortire sempre l'effetto contrario a quello sperato.

E così dopo due anni di convivenza aveva finito per accettare quel loro scapestrato ed insulso legame.

 

In quel periodo però un pensiero ricorrente lo tormentava: il regalo.

Negli anni precedenti, per un motivo o per l'altro era riuscito a sopravvivere, anche se ogni volta che, anche solo per sbaglio, aveva accennato alla questione, Asami gli aveva rivolto un sorrisetto non propriamente rassicurante.

Quel sorriso, pensò con sconcerto, quello che gli faceva scorrere mille brividi lungo la schiena e che poi lo facevano subito pentire di aver parlato.

Così aveva concluso che se davvero Asami teneva a ricevere qualcosa per quella stupida festività avrebbe dovuto cercare altrove.

 

Come se non fosse stato sufficiente a peggiorare il suo umore, in quelle settimane non aveva smesso un istante di nevicare e sui marciapiedi si andava formando una sottile coltre di ghiaccio e fanghiglia grigiastra.

Con la neve era giunto anche un freddo pungente che gli faceva lacrimare gli occhi e intirizzire le mani mentre camminava sulla strada del ritorno.

Nell'aria impazzavano i jingle natalizi e le strade erano gremite di gente, come se l'intera Tokyo avesse deciso all'unanimità di uscire per comprare regali solo in quel preciso istante, il pensiero non lo rallegrò minimamente, al contrario, la sua mente fu invasa da un improvviso sconforto.

Aveva impiegato ore a spiegare ai suoi amici che, no, non avrebbe potuto partecipare alla festa organizzata da Yoshida, non senza scatenare una strage, perlomeno.

Non aveva proprio idea di quale sarebbe stata la conseguenza se dopo la frase di Asami:

-Per la Vigilia tornerò prima.- (E questo chiaramente voleva dire “vedi di essere a casa.”)

Lui avesse coraggiosamente scelto di rispondere: “ho altri impegni”.

Davvero, non aveva nemmeno osato pensare a quale sarebbe stato il suo atroce destino, anche se Asami delle volte dimostrava di non essere poi così originale.

 

Giunto a destinazione, spalancò la porta, sorpreso di non sentire il vociare del televisore o il fruscio dei fogli di giornale, suoni familiare che testimoniavano la presenza dell'altro uomo in casa.

Si avviò così fino in salotto ed improvvisamente sentì lo scatto dell'interruttore alle sue spalle.

La stanza si fece improvvisamente buia, ed il ragazzo si chiese come mai le tapparelle fossero abbassate a quell'orario assurdo, sperando non fosse un espediente creato per dare inizio ad uno dei suoi giochini perversi.

 

Aveva tutta l'intenzione di girarsi ed iniziare l'ennesima sequela di insulti rivolti alla sua squisita persona quando sentì un nuovo scatto, molto più vicino a lui, che inondò la stanza di una luce calda, dai riflessi argento.

Rimase a fissare stupito la fonte di quella luce innaturale, faticando a trovare le parole per esprimere ciò che stava provando.

-Tu hai fatto....l'albero di Natale?!-riuscì infine a dire, non senza sforzo.

Ma non era un semplice e pacchiano albero, di quelli che si vedono nei film strappalacrime, pieno di statuine, palline e altre cianfrusaglie irriconoscibili.

No, quell'albero era semplicemente....divino.

Con graziosissime palline trasparenti, decorate con ricchi e raffinati disegni argento, tutte con qualche fantasia differente

Dalla cime si districavano dei sottilissimi fili del medesimo colore, che andavano ad unirsi alle piccole luci ad intermittenza, appoggiate ai rami, e diffondevano una sorta di bagliore ultraterreno nell'intera stanza.

Akihito rimase con la bocca spalancata per qualche minuto prima che l'altro accendesse la luce, riportandolo alla realtà.

-Ma come....?Cosa....- balbettò il ragazzo, continuando ad indicare l'oggetto incriminato.

 

Il padrone di casa se ne stava del tutto a proprio agio, poggiato allo stipite della porta con un flute di champagne in mano, braccia conserte e gli occhi che gli brillavano per il divertimento.

-Non vedo perché la cosa ti debba sconvolgere a tal punto. E' un semplicissimo albero di Natale, tutto qui.- concluse Asami.

Ma per lui non era “tutto qui”.

Asami che addobbava un albero doveva presagire la fine del mondo, o nel minore dei casi, alla sua, di fine.

Messo da parte ogni sorta di catastrofismo si riscosse dal suo torpore e puntò dritto verso la cucina, tentando di dimenticare il suo shock.

 

Da qualche parte della casa, appena entrato, doveva aver sentito una sorta di profumo invitante, ma era un pensiero poco ragionevole, si disse.

In nessuna dimensione all'uomo conosciuta poteva accadere che fosse Asami Ryuichi a cucinare la cena.

Eppure ciò che campeggiava sopra il tavolo della cucina era un tripudio di pietanze dall'aspetto delizioso, che spandevano nell'aria una fragranza di una bontà inimmaginabile.

-Trovo oltraggioso e vagamente offensivo che tu non mi ritenga capace di cucinare, né tanto meno di decorare casa come si deve.-

Asami andò ad accomodarsi sul divano ed Akihito si costrinse di stargli a debita distanza.

Non credeva granchè alle leggende natalizie, ma quello che stava accadendo in quella casa doveva essere per forza opera di un Dio misericordioso, che aveva finalmente avuto pietà della sua povera anima.

Dio, pregò, allora ti importa di me!

-Non è che non ti creda capace...solo ritengo più facile immaginare che tu abbia puntato la tua pistola addosso a qualcuno e gli abbia intimato di preparare tutto...- e fece un ampio gesto della mano -questo.-

Asami alzò le spalle, respirando a fondo.

-Mi sarebbe stato più facile pagare qualcuno per farlo, ti pare?E comunque dubito che al mondo esista essere umano con il mio stesso senso estetico....perciò...-

In quel momento Akihito maledì lui e la sua irritante boria.

Però, se era rimasto a casa tutta la mattina per fare tutti quei preparativi....

Sorrise e gli puntò contro un dito, con fare indagatore.

-D'accordo, se davvero hai fatto tutto tu, a che scopo scomodarsi tanto?-

L'uomo continuò a mantenere la sua solita espressione di superiorità.

-Mon cher, non mi serve una giornata di lavoro casalingo per portarti a letto, questo lo sai.-rispose subito, sorridendo.

Il ragazzo finse di non aver sentito e continuò ad attendere la risposta.

-Alla fin fine credo di aver fatto tutto questo per....vedere l'espressione idiota che avevi quando sei entrato in salotto.- disse, alzando appena un dito nella sua direzione.

No, nessun Dio misericordioso, era sempre lui.

Alla fine, non è che si aspettasse davvero una risposta ricca di sentimento ma un minimo di tatto poteva sprecarlo....

Scivolò su una sedia fissando con odio l'orologio.

Quella giornata, pensò con orrore, ancora non era giunta al termine.

 

Continua......

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** A christmas story (second part) ***


 

Well....ben tre adorabili creature hanno lasciato una recensione ricca di sentimento....Arigatou!!!

A DEBO94: Ti ho fatto attendere molto?XD

Grazie molte per i tuoi commenti, come ho scritto nel primo chapter le storie continueranno fino a che non sarò esausta di questi due...quindi no-problem!!XP

A Madame Reddo: l'idea che i due convivano da due anni potrebbe non essere così campata in aria vero? (ma ti ho già spiegato perché....)

A naco chan: OOOhhhh!!!Ma grazie!!!Vedo che apprezzi il mio modo di scrivere!Io mi impegno con tutta me stessa per far trasparire le emozioni di questi due scemotti, quindi se non ci riesco è colpa loro!!!>.<

I personaggi appartengono solo a quella Dea che è AyanoYamane....l'albero di Natale invece è MIO!!!!XD (ebbene, è così che l'ho fatto u___u)

Chiedo venia per eventuali errori ma non c'è alcun Betaggio!>____< 

Ho deciso di basare questa seconda parte della storia, con un certo ritardo nella pubblicazione rispetto all'arco temporale (ben un giorno), traendo ispirazione da un'illustrazione della nostra Dea, Yamane-sama.

Illustrazione che “stranamente” compare su tutte le mie firme e i miei avatar, Facebook compreso.....Sì, mi piace.....problemi? U___U

 

 

A christmas story (second part)

 

 

Akihito fissò il regalo per l'ennesima volta, convincendosi che la lucidissa macchina fotografica, ultima uscita di una delle più famose marche nel settore, non poteva essere sua.

Questo perché era abbastanza certo che, dopo aver speso tutto dicembre a dire a quel maniaco che non voleva nessun dannatissimo regalo, tanto più che fosse costoso, Asami avesse compreso il concetto.

Si era sbagliato.

Era stato un ingenuo, e non solo per il fatto del regalo, ma anche perché in quel momento sentiva una sorta di peso opprimente sul petto.

Aveva dato troppo per scontato che Asami non desse importanza a quelle tradizioni natalizie, e probabilmente l'uomo si aspettava davvero che lui avesse qualcosa da offrigli in cambio.

Qualcosa di diverso dal solito, perlomeno.

Akihito, seduto su una delle sedie del tavolo della cucina, incrociò le braccia sulla superficie e nascose il viso, lontano dalla vista di quella carta lucida e scintillante, su cui troneggiava la fotocamera ancora imballata.

***************************

Non aveva visto subito il pacchetto,perchè appena aveva sentito Asami alzarsi dal letto aveva dato inizio al suo mattutino passatempo.

Era una cosa di cui l'altro non sospettava minimamente, ma da quando era iniziata la loro convivenza, adorava spiarlo di sottecchi mente si cambiava per andare al lavoro.

Era una cosa che suonava stonata, sciocca e anche un po' adolescenziale.

Eppure lui si incantava a vedere come sistemasse le pieghe della camicia appena indossata, o con quanta perizia postasse il nodo della cravatta.

Oppure, quando non aveva ancora preparato il cambio, perché la sera aveva fatto tardi, lo scrutava mentre apriva l'armadio e sistemava con cura diversi completi, nel comodino a fianco al letto e osservava i vari abbinamenti, con la stessa minuzia con cui lui sceglieva quale fosse l'inquadratura migliore per le sue fotografie.

Solo quando sentiva la porta d'ingresso chiudersi poteva spalancare gli occhi, che non presentavano nessuna traccia di sonno, ed alzarsi per iniziare la giornata.

Quella mattina però, qualcosa non quadrava.

Alzandosi, aveva urtato qualcosa che si trovava ai piedi del letto, un oggetto scintillante e piuttosto consistente.

Nonostante la sua mente gli avesse intimato di non aprirlo per nessun motivo e restituirlo subito al suo proprietario, le sue mani erano già all'opera sui nastrini che adornavano la scatola.

 

*************************

Solo alcuni minuti più tardi la sua euforica sorpresa si era trasformata in un basso rantolo di autocommiserazione.

Alzò nuovamente la testa e le sue speranze che quello fosse stato tutto un brutto incubo- o un meraviglioso sogno ?– si infransero appena i suoi occhi si furono posati sulla carta.

Non c'era traccia di biglietto, questo perché Asami non aveva alcun bisogno di fargli una qualche stupida dedica, per avvisarlo che quel regalo era suo, solo ed esclusivamente per lui.

Con un sospiro afferrò la scatola con estrema delicatezza e se la rigirò tra le mani.

-Che dovrei fare?Restituirgliela?- continuò a fissarla con gli occhi socchiusi, come se l'oggetto inanimato potesse dargli qualche risposta.

Sembrava fossero trascorse delle ore da quando aveva iniziato a lambiccarsi il cervello alla ricerca di una soluzione a quel dannatissimo dilemma, quando il suo cellulare lo distrasse dalle sue elucubrazioni, riportandolo alla realtà.

Afferrò il telefono e lesse il messaggio.

Ti aspetto all'ingresso.”

Sintetico e autorevole.

Delle volte Asami sembrava persino sforzarsi, di rendersi odioso ai suoi occhi.

 

*****************************************

 

Giunto al cancello, lo vide, con la solita sigaretta che incorniciava il suo sorriso diabolico.

Nessuna traccia di limousine o guardie del corpo.

Gli si avvicinò cautamente.

-Che succede?-

L'altro rispose alzando impercettibilmente le spalle.

-Mi andava di fare una passeggiata.-

Strano. Quello sì, che era un comportamento strano.

-Niente gorilla o topi fastidiosi?- chiese di rimando, sbirciando dietro di lui.

-Anche loro hanno bisogno di una vacanza, una volta tanto....-

Prese a camminare verso il centro, Akihito gli si affiancò velocemente, ancora indeciso sul da farsi.

Nonostante stessero camminando da un po', le strade continuavano ad essere deserte.

Il cielo tendeva a sfumare verso un grigio intenso e scuro, come a preannunciare l'arrivo di una nuova nevicata.

Intanto la mente di Akiito era ancora invasa da pensieri contrastanti.

Poteva sempre rifiutare il suo regalo, o magari prima di tutto avrebbe dovuto ringraziarlo....o forse....

-Perso nel tuo mondo dei sogni, eh?-

Il suo tono di voce, basso e deciso, lo fecero sobbalzare.

Asami non lo stava guardando, ma il sorriso di scherno che gli aleggiava sulle labbra era chiaramente rivolto al ragazzo.

-Vuoi che ti tenga per mano?Così eviterai di finire a terra....-

-Che diavolo di domande sono?!E comunque non cadrò solo per un po' di ne.....!-

Come a sottolineare il concetto di quanto pessimo fosse il suo equilibrio, scivolò su di un misero strato di ghiaccio.

Asami lo afferrò appena in tempo, per un braccio.

Nonostante il capotto fosse abbastanza caldo da ripararlo dal freddo della sera, improvvisamente tutto il suo calore venne concentrato nell'unica parte che l'altro aveva toccato.

-Dicevi?-

Il ragazzo si scansò velocemente dalla sua presa, imbarazzato dalla sua stessa reazione a quel contatto, salì i gradini che portavano ad uno dei tanti sovrappassaggi nelle strade di Tokyo.

Nella sua testa continuava a riecheggiare la risata sommessa alle sue spalle, mentre lo seguiva.

Dannatissimo stupido, pensò Akihito, che diavolo pensavi?Questo qui non merita nessun ringraziamento, niente di niente!

-E comunque....-iniziò, con un tono piuttosto nervoso.-Ti avevo espressamente detto di non voler nessun regalo per Natale.....!-stava per esprimere il suo disappunto, quando Asami lo interruppe, continuando a camminare avanti a lui.

Mosse appena le labbra, accennando un sorriso, la cenere che scivolava pigramente nel vento.

-Ho fatto qualcosa di assolutamente inusuale, per il mio carattere. Nei confronti di una persona con cui convivo da un certo tempo, consideralo un gesto unico nel suo genere.-

-....!-

Si fermò si colpo, incapace di seguirlo, o di camminare.

Quello che Asami aveva appena detto suonava più come un'ammissione di colpa che una dichiarazione.

Continuava a vedere la sua schiena, i muscoli che si muovevano appena sotto la stoffa costosa dei suoi vestiti, l'incedere sicuro, tutto di lui in quel momento gli sembrava estraneo.

Come sempre, il mondo in cui viveva era così distante da apparire irraggiungibile.

Ma in fondo quello rimaneva lui.

Era lui che Akihito aveva aspettato, era a lui che aveva concesso il suo corpo, fingendo che lo trovasse disgustoso, quando invece era sempre il primo ad agognare anche un minimo sguardo, rivolto alla sua persona.

Era ad Asami che aveva detto – tu sei l'unico, che può strangolarmi od uccidermi -

A nessun altro, se non a quel freddo, dispotico, scontroso uomo che aveva la presunzione di sapere tutto di lui e che alla fine, aveva pure ragione.

Infilò rapidamente le mani nelle tasche del giubbotto, cercando di reprimere l'ennesimo brivido di freddo.

-Non volevo nessuno stupidissimo regalo.-ribadì piccato, le sue parole che suonavano come le lamentele di un bambino.

-Non voglio essere in debito con nessuno, con te men che mai.-

Asami si era fermato, ma ancora continuava a dargli le spalle, anche lui osservando qualcosa di indefinito.

Come se le luci di quella stupida città fossero chissà che più importanti di me, pensò Akihito con fastidio.

Prese un respiro e decise di fare qualcosa di inaspettato, una volta tanto.

-Allora....questo sarà il mio regalo, per te.- riuscì a dire, in un soffio.

 

Asami si voltò appena, come ad assicurargli che tutta la sua attenzione fosse rivolta a lui.

Così raccolse il poco coraggio che gli era rimasto ed iniziò a parlare con tono deciso.

 

-Mi riesce difficile usare belle parole come fai tu....quindi lo dirò chiaramente, senza troppi giri di parole....- continuò a fissare il vuoto, la ringhiera di ferro battuto, le luci della città, tutto pur di non avere un contatto visivo con il suo interlocutore.

 

-Sei tu quello che per primo ha iniziato questa storia dell'appartenerti, come se fossi un chissà quale pupazzo in vendita, e Dio solo sa perché ti stia ancora concedendo il mio tempo...però...- e la voce gli tremò, perdendo del tutto il tono sicuro che era riuscito a modulare fino a quel momento.

 

-Anche io sai, cosa credi, sono piuttosto egoista.-

Abbassò ancor di più lo sguardo, il viso in fiamme.

Prese un lunghissimo respiro e parlò.

-Anche tu sei mio....completamente.-

finì, stringendo le mani a pungo, tentando di scacciare il tremolio che lo aveva assalito di colpo.

Non sarebbe mai riuscito a dirgli che lo amava, e quel discorso insensato e poco razionale era l'unica cosa che poteva davvero avvicinarsi ad una dichiarazione d'amore.

In un attimo di totale smarrimento alzò lo sguardo, quasi ad assicurarsi che l'altro lo avesse ascoltato, o che perlomeno fosse ancora lì.

 

E c'era.

Stavolta lo stava guardando davvero, da sopra la spalla.

Si girò completamente verso di lui, lasciando cadere a terra con noncuranza la sigaretta e si avvicinò.

Non nel suo modo consueto, in quel modo lento, da predatore, che lo stregava e gli faceva accelerare i battiti del cuore.

Stavolta si avvicinò con una tale fretta, come fosse preda di chissà quale violento e incontrollabile desiderio.

Lo stesso che impiegò mentre lo baciava, afferrando il suo cappotto per portarselo più vicino, quasi a divorarlo.

Akihito continuò a tenere gli occhi aperti, mentre con le mani si aggrappava alla sua schiena.

No, del regalo non importava più.

Probabilmente quello, per Asami, era un prezzo più che sufficiente a ripagarlo.

 

Continua.....

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Lezioni di fotografia ***


Ringrazio ancora le mie tre, indispensabili, fan....posso chiamarvi così vero?Siete tutte sempre graziosissime e mentre voi aspettate, con pazienza i nuovi capitoli io attendo con ansia  vostri commenti...^////^

 Ma ora vi lascio al 3° chapter, premettendo che ho tratto ispirazione sia dalla frase di Ryuichi, riportata qui sotto, sia dalla mia nuova, meravigliosa fissazione con la fotografia....Benedette lezioni di Accademia....^^

Enjoy!!!

 

 

Lezioni di fotografia

 

“Perchè, proprio ora, questa è la cosa di cui hai maggior bisogno, non è così?” (A.R. NT_Temporary Paradise)

 

 

Asami sollevò la manica della giacca, controllando l'orologio argento che scintillava sul suo polso.

19.00

Sorrise, soddisfatto della sua puntualità.

Aprì la porta e scivolò all'interno dell'appartamento, posando al solito posto la ventiquattrore.

 

-Tadaima.- nonostante il saluto, nessuno rispose, cosa che lo irritò non poco.

Era certo che Takaba fosse rimasto a casa nel pomeriggio, rimanendo segregato nella camera oscura a sviluppare chissà cosa...

Eppure la luce del salotto era accesa.

Quel moccioso aveva sempre la testa tra le nuvole...

Appena girato l'angolo comparve davanti ai suoi occhi una sorta di campo di battaglia.

Sul pavimento, sul tavolinetto di vetro al centro del tappeto e sui divani erano sparpagliati un numero incalcolabile di album, fotografie, negativi, rullini...

-Che diavolo stai combinando?-

chiese,in modo poco educato, al ragazzo.

L'autore del misfatto se ne stava placidamente seduto sul divano, accoccolato in una morbida trapunta.

Alzò gli occhi da un enorme libro verde, che stava sfogliando e lo fissò sorpreso.

-Oh, Okaeri.-

-Sì, sono tornato, posso chiederti, se non ti è di disturbo, che stai facendo?-

Akihito si alzò velocemente e spostò dal divano una pila di libri di varie dimensioni, per fargli spazio.

-Stavo cercando di organizzare un po' i miei lavori, sai cose come sistemare l'archivio, ma appena ho tirato fuori tutta questa roba sono stato assalito dai ricordi...-

Osservando meglio, in effetti, i volumi sparsi non erano solo vecchi album di fotografie, ma anche libri di scuola, appunti e riviste specializzate, piene zeppe di segnalibri e risvolti.

Asami notò anche una gigantografia di una vista al tramonto, su una spiaggia deserta e nel paesaggio si scorgeva anche una piccola figura di spalle.

-Quello sono io, avevo sette anni.-

gli spiegò Akihito, dopo aver notato come stava fissando la sagoma in controluce.

-Tu non ne hai?Di foto tue da piccolo, intendo....- chiese, curioso.

Alzò appena gli occhi dalla fotografia.

-Non saprei, se ne ho sono rimaste tutte nella mia casa materna.-

Non aveva sentito la necessità di portarsi dietro qualche ricordo impresso in foto ingiallite, questo perché gli unici veri ricordi, che riteneva importanti, erano bene appuntati nella sua mente.

-Come mai lo chiedi?Ti interessava sapere com'ero da giovane?- gli sorrise.

Akihito scosse la testa con forza.

No davvero, si disse, perché era abbastanza certo che le sue fotografie, scattate sicuramente da qualche professionista di gran classe, lo ritraessero in qualche posa plastica, con un orsacchiotto sotto braccio o con il diploma in mano, ma sempre e costantemente con lo stesso, monotono, sguardo spento.

Gli piacevano di gran lunga le foto che lui stesso gli aveva scattato.

Ce n'era una in particolare, a cui era affezionato, che custodiva gelosamente nella sua borsa da lavoro.

Quella scattata l'anno prima, su una spiaggia tropicale, quando per la prima volta si era reso conto che quell'uomo voleva conoscerlo davvero ed era stato in qualche modo ricambiato.

Ebbe un'improvvisa illuminazione e corse a prendere la sua macchina fotografica.

Dopo alcuni istanti ricomparse, un sorriso leggero che gli illuminava gli occhi.

Asami si accomodò meglio sul divano e posò il mento sul palmo della mano.

-Posso aiutarti?- conosceva bene lo sguardo di Akihito, in quel momento.

L'aveva visto in altre occasioni, quando aveva in mano cose come quella.

-Sai....ho pensato che non sarebbe male, se avessimo una foto di noi due....-

L'altro lo fissò per qualche istante, prima di reprimere una risata.

-Che c'è ora?- gli chiese indignato, non vedeva assolutamente nulla di male in una richiesta simile.

Aveva solo notato che in nessuna foto presente in quella casa comparivano assieme...

Anche se a rifletterci meglio, dato che lui stava sempre dietro l'obiettivo, l'unico ad essere stato ripreso dai suoi scatti era solo Asami.

-Sai com'è, sembravi alquanto....divertente, in questo momento.-

-Divertente?!Volevo solo...!Aah!Lascia perdere!-

Iniziò a premere alcuni pulsanti.

Davvero non aveva idea di come potesse interessarsi a quella macchina, eppure ogni volta che la vedeva o posava il suo sguardo su qualche congegno moderno di quel tipo i suoi occhi si illuminavano di colpo, come attirati da una sorta di incantesimo.

-Se non vuoi basta dirlo, non serve fare il saccente in questo modo.-

borbottò risentito.

-Va bene, ma non mi trascinerai in una di quelle macchinette che si trovano fuori dalla stazione, che usano gli adolescenti.-

-In quale diavolo di periodo è rimasta la tua mente, troglodita?Non sai che su questi gioiellini esiste l'autoscatto?- disse Akihito, accarezzando con delicatezza la sua fotocamera (regalo che Asami stesso gli aveva fatto avere per Natale).

-Fa come ti pare.- fu la risposta definitiva dell'uomo.

Vedere Takaba all'opera lo metteva sempre di buon umore...

 

-Va bene che ti ho dato il mio permesso ma non ti pare di stare un tantino esagerando?-

Akihito era uscito immediatamente dalla stanza, dopo il suo consenso, tornando poco dopo con un cavalletto su cui aveva posizionato la macchina fotografica.

Aveva impiegato pochi secondi a metterla in posizione ma i minuti che avevano seguito erano stati un patimento.

Aveva cambiato inquadratura un numero infinito di volte e stessa sorte aveva subito quell'altra cosa di cui lui non ricordava assolutamente il nome....

-Non capisci, la luce è un elemento essenziale per catturare l'immagine, se si usa un bilanciamento sbagliato si finisce per rovinare il colore e l'esposizione ha bisogno di essere aggiustata.-

Akihito continuava a snocciolare informazioni tecniche come lui faceva il conteggio del bilancio settimanale.

Nonostante non fosse granchè interessato alle sue lezioni improvvisate, trovava la situazione piuttosto divertente.

-Poi è inutile basarsi sulle informazioni che ti da lei- continuò senza tregua, dando del lei alla macchina -non è mai troppo affidabile, è sempre meglio ragionare sulle proprie condizioni e decidere seguendo ciò che vedi.-

Asami continuava a seguirlo attentamente, le braccia aperte appoggiate sullo schienale del divano, la sigaretta quasi abbandonata sulle labbra.

-Bene, direi che è tutto pronto.- esclamò, finalmente soddisfatto del risultato, dopo aver fatto una decina di foto di prova.

-Grazie al Cielo, credevo ci sarei morto qui.-

Il ragazzo non diede peso alle sue parole, impostò l'autoscatto e si avvicinò all'altro.

Ma improvvisamente, fissandolo, perse tutta la sua euforia.

Rimase in piedi, tra il divano e il cavalletto.

Solo in quel momento Asami riaprì pigramente un occhio verso di lui.

-Cosa?Hai scordato la batteria?-

-No...-

Akihito lo fissava con un certo disagio, come indeciso su qualcosa che avrebbe dovuto fare.

Poi capì.

Fu del tutto inaspettato, un pensiero ai margini della sua mente.

Sorrise, aumentando il suo divertimento.

-Dimmi....come pensi che dovrebbe essere questa fotografia?-

Il ragazzo sobbalzò.

Sì, ancora una volta aveva azzeccato i suoi pensieri.

-No...non ne ho idea....per la verità pensavo che mi sarebbe venuto in mente qualcosa, ora.-

-Ma davvero...-

Akihito si sedette sconfortato al suo fianco.

Sentì una mano di Asami insinuarsi tra i suoi capelli, era una carezza che veniva istintiva ormai.

Ogni volta che erano a letto, tra le lenzuola sfatte, lui si trovava sempre sul suo petto, a sentire il battito del suo cuore, mentre, con inusuale gentilezza, l'altro gli accarezzava i capelli.

Si appoggiò, quasi senza accorgersene verso di lui.

Quando la schiena toccò il suo petto però, si sentì stranamente troppo rigido e, alzando le gambe sul divano, si sistemò meglio in quell'abbraccio caldo e invitante, mentre Ryuichi continuava la sua placida carezza.

In quel particolare momento si sentiva rilassato, come se tutte le se preoccupazione rimanessero al di fuori di quelle braccia, che lo circondavano.

Chiuse gli occhi, con un sorriso soddisfatto.

Non si accorse nemmeno del clik che risuonò nella stanza, un istante dopo.

 

Continua.....

 

Commenti Thanks!!!^__________^

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** L'inevitabile e il destino avverso. ***


 

Questa è una storia che avevo scritto molto tempo addietro, precisamente dopo aver vagato nel mio mondo onirico, dai toni piuttosto delicati...

In questo sogno, un graziosissimo bambino di 6 anni piombava nella vita di due assurdi e imprevedibili genitori.

I suoi occhioni sono rimasti impressi nella mia mente, quindi....

Come i grandi artisti e scrittori questo capitolo è uscito da una proiezione della mia mente, in preda al delirio sonno!XD

Il mio inconscio, partendo da questa assurda coppia, e dalla nascita della mia nuova nipotina (*.*) ha partorito la folle idea che darà, poco probabilmente, una svolta alle vite di questi due disgraziati che sono Akihito e Ryuichi...

-________-''''

Sfortunatamente, dato che Yamane-sensei prova un sadico piacere a tenere all'oscuro la vita familiare dei suoi figozzi (passato e bla bla bla....), mi vedo costretta ad inventarla di sana pianta, cercate di comprendermi...^.^quindi potrebbe tranquillamente essere una AU.

Ringrazio ancora una volta le piccine che commentano....*gongola* vi voglio bene!!!!^///^

 

 

 

L'inevitabile e il destino avverso.

 

 

Le situazioni imprevedibili capitavano.

Ma quelle inopportune sembravano colpire solo lui.

Da qualche parte, aveva letto, che queste avvenivano per un preciso motivo, frutto dell'inevitabile fato.

Ma in qualche modo lui doveva gravemente offeso gli Dei, quella poteva essere l'unica vera ragione per quella punizione inconsueta.

 

Da anni ormai non aveva notizie di gran parte della sua famiglia, fatta eccezione per i suoi genitori.

Eppure, durante una delle solite conversazioni telefoniche, appena sua madre gli aveva accennato all'imminente trasferimento di una certa “zia Sayaka” a Tokyo, la sua mente era stata attraversata da un flash back.

Un avvenimento avvenuto 6 anni prima, lui che in una stanza d'ospedale, gremita di parenti e amici, fissava una minuscola culla, nella quale riposava il suo cuginetto appena nato, nel cuore una sorta di emozione che non era riuscito a spiegarsi.

Akihito ricordò anche che, per un motivo che in quel momento gli sfuggiva, la famiglia si era dovuta trasferire all'estero e così non aveva avuto più modo di rivedere il piccolo.

Quello che, quel giorno lontano, con le sue piccole manine bianche e un accenno di quello che a lui era sembrato un sorriso, l'avevano riempito di una tenerezza che non aveva più provato.

Decise che, più per curiosità che per dovere di famiglia, sarebbe andato a dare il benvenuto alla zia, con la speranza di rivedere anche quel tenero batuffolino

 

 

Kyokazu Takaba.

Questo era il nome del bimbo, di cui tra l'altro non ricordava assolutamente nulla.

Non doveva di certo dover avuto un'esistenza facile, il padre infatti era morto poco dopo la sua nascita e la madre, una donna incredibilmente gentile, aveva sofferto immensamente la perdita.

 

Si ritrovò davanti alla porta dell'appartamento, il nome in bella vista sul citofono.

Suonò, vagamente imbarazzato, con un mazzo di fiori in una mano e un piccolo regalo impacchettato nell'altra.

L'attesa si prolungava, eppure, dietro l'uscio sentì qualcosa che graffiava, come se qualcuno si sforzasse di raggiungere la maniglia.

Akihito rimase in attesa e dopo un clak soffocato riuscì a scorgere la piccola figura, che si nascondeva dietro il battente.

Indubbio che quello fosse il bimbo di cui era tanto curioso.

La somiglianza era evidente.

I capelli, che ricadevano in ciuffi scombinati erano del suo stesso colore, forse un po' più scuri, la pelle che anche a prima vista pareva morbida come la seta e due occhioni immensi, che lo guardavano fisso.

-Tu sei....?- chiese il piccolo, con un'espressione guardinga.

Non sembrava spaventato, però, era come se lo stesse studiando.

Si chinò, facendo in modo di arrivare alla sua altezza.

-Sono Akihito Takaba, tuo cugino, però forse tu sei troppo piccolo per ricordarti di me....-

scorse un rapido scintillio nel suoi occhi e gli aprì la porta, facendosi silenziosamente da parte per farlo entrare.

C'era un qualcosa di vagamente stonato in lui, pensò Akihito.

Nella sua vita tutti i bambini con cui aveva avuto a che fare erano soliti saltellare per tutta la casa e gridare come pazzi, questo perché anche lui rientrava in quella categoria, eppure suo cugino pareva un connubio perfetto tra l'innocenza infantile di un bimbo di 6 anni, smisuratamente curioso del mondo che lo circondava, e l'atteggiamento pragmatico di un uomo sulla trentina.

A tratti adorabile ad altri assolutamente irritante.

Continuando a guardare quegli occhi brillanti, che lo squadravano seri, provò una sorta di deja-vù.

L'oro così intenso di quelle iridi sembrava stranamente familiari.

In quel momento, mentre tentava un misero accenno di conversazione con Kyo-chan -il bimbo sembrava non gradire il soprannome che gli aveva affibiato- lo raggiunse Sayaka.

Molto più vecchia di quanto non ricordasse, aveva tra le mani una quantità spropositata di borse d'ogni forma e colore, che contenevano a malapena giocattoli, vestitini e quant'altro...

-Zia Sayaka, benvenu-!-

La donna gli mise tra le mani i borsoni che stava portando .

-Aah!Akihito-chan!Sei la mia salvezza!-

-Eh?- lui era passato per un saluto veloce, che voleva?!

-Tua madre mi aveva detto che saresti passato a trovarci così, dato che a Tokyo non conosco ancora nessuno, ho pensato che tu saresti stato assolutamente perfetto!-

-Non credo di seguirti....-

Che c'entrava sua madre?!E per cosa sarebbe stato perfetto?!

La sua espressione sembrava tradire il suo stupore, infatti la donna indicò Kyo-chan.

-Per fare da baby-sitter.-

Quella, pensò il ragazzo, osservando il bimbo del tutto impassibile, era di certo una situazione imprevista.

 

 

Continua....

 

 

 

Lo so, è una seccatura dover leggere questo striminzito capitolo di introduzione, ma serve ai fini della storia quindi....aspettate e tremate!!!!*____*

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Incompetenze e pargoli irritanti. ***


Dunque....mi scuso sentitamente con tutte le adorabili personcine che hanno atteso questo sudatissimo nuovo capitolo!Che dedico alla mia fantastica Beta Momoka!Grazie del sostegno!<3

Enjoy yourself!

 

 

Incompetenze e pargoli irritanti.

 

 

Era certo che dovesse esistere una scelta, una soluzione alternativa a quella di vedersi costretto a fare da baby sitter ad un moccioso che aveva visto solo una volta, quasi per sbaglio.

Come ad aumentare la sua ansia si era presentato un ulteriore, quanto invalicabile, problema.

Quello rispondeva al nome di Ryuchi Asami.

 

Osservò il bimbo che camminava, accostato a lui, per le vie affollate di Tokyo.

Che ne avrebbe pensato quell'imperscrutabile uomo, della presenza, di certo sgradita, del pargoletto nella sua umile – che di umile aveva davvero poco- dimora?

 

Chiederselo non avrebbe portato ad una buona risposta, pensò, sospirando amaramente.

Ad un tratto ebbe una folgorazione.

 

-Nee Kyo-chan....- si chinò in direzione del piccolo che gli gettò un'occhiata di fuoco.

No, decisamente il nome che aveva scelto non rientrava nei suo gusti.

-Che ne pensi di una piccola deviazione, prima di andare a casa mia?-

cercò di sembrare il più naturale possibile, ma qualcosa nel suo sguardo doveva averlo tradito perchè Kyokazu prese a fissarlo con più insistenza.

 

-Non è che tu una casa tua non ce l'hai, vero?-chiese con voce incerta, le spalle dritte e una certa acredine, nella voce cristallina.

Preso in contropiede, Akihito sobbalzò.

 

Accidenti, quel bambino iniziava davvero a fargli perdere la pazienza e lui, date le esperienze passate, era pienamente cosciente di non possederne affatto.

Certo che aveva una casa!Sempre che quel maxi appartamento in condivisione con uno degli uomini più sfacciatamente ricchi e pervertiti – di questo ne era convinto- di Tokyo potesse considerarsi anche suo.

 

-E' solo un piccolo cambiamento di programma, nulla di cui preoccuparsi...-

i suoi patetici tentativi di riottenere la fiducia del pargolo risultavano vani persino alle sue orecchie, ma che diavolo!Non aveva certamente scelto lui di capitare in quella scomoda faccenda!

 

*******************************************************

 

Appena si trovò di fronte a Kou, Akihito seppe con certezza che qualunque cosa ne fosse uscita dalla bocca dell'amico di sempre, sarebbe stato frutto di un colossale malinteso.

Ma come dargli torto?

 

Se ne stava lì, sul ciglio della porta, con un espressione angosciata dipinta in volto, la mano afferrava quella piccola, minuscola, di un pargoletto che sembrava la sua versione in miniatura, se non fosse stato per l'espressione annoiata con la quale lo fissava.

Al posto dell'immancabile borsone, con la Reflex tirata a lucido, una sacca vecchia e piena di cianfrusaglie ciondolava sulla sua spalla.

 

Dopo alcuni attimi di silenzio Kou si ravvide e, battendogli una mano sulla spalla gli fece serio:

-Così, dopo aver giocato con i tuoi sentimenti e averti dato un figlio, ti ha mollato in mezzo alla strada, eh?-

 

Akihito non comprese subito a cosa si stesse riferendo, ma dopo aver causticamente gettato uno sguardo al piccino si chiese se non fosse il caso di confessare all'idiota che no, Asami non era assolutamente la bella donna matura delle sue strampalate fantasie...

Perchè generalmente avrebbe considerato quella situazione come un sogno, non un pericoloso, inconcepibile e crudele incubo in cui tutte le volte si invischiava, dopo aver incontrato quel tizio.

 

Scostò in malo modo Kou ed entrò, abbandonando le borse da qualche parte sul pavimento e gettandosi sul divano.

Non aveva la benchè minima voglia di tornare a casa, anche se era ben consapevole del fatto che l'uomo sarebbe rientrato ad un orario impossibile, o proprio per niente.

 

Dopo aver brevemente spiegato all'amico la sua precaria situazione, Kou si trovò a fissare con interesse il piccino, arruffandogli gentilmente i capelli- cosa che, notò Akihito, gli dava il medesimo piacere degli svariati epiteti con cui era solito appellarlo....- e lo squadrò con sospetto.

-Davvero non capisco....chi mai si affiderebbe a te per badare ad un bambino?-

 

Akihito alzò la testa, inspiegabilmente risentito.

-Che vorresti insinuare?Non ti sembro in grado di fargli da baby sitter?-

-Ahh, certo che no!-

in ogni caso Kou era del tutto ignaro del fatto che esistesse una persona su quella Terra in grado di rivaleggiare con la sua incompetenza riguardo gli infanti.

 

Certo, la parola incompetenza se accostata ad Asami aveva un effetto del tutto stonato, ma di certi lui non era il tipo d'uomo a cui lasciare in custodia un bimbo.

Preso il dovuto coraggio, abbandonò la casa dell'amico e si diresse con la stessa espressione di un condannato al patibolo, verso l'appartamento super lussuoso in centro.

 

 *******************************************************

 

Kiyokazu sembrava abbastanza tranquillo, mentre gli afferrava la manina morbida e si accostava a lui.

Non era molto pratico di bambini, però si sorprese alquanto del fatto che non si fosse espresso su nulla, fino a quel momento.

 

-Quanti anni hai tu?- chiese, tutto ad un tratto.

Rispose tutto d'un fiato, sorpreso di come riuscisse a sentirsi a disagio ascoltando quella tremula vocina al suo fianco.

 

-Mamma dice che fai il fotografo.- continuò piatto.

-Qualcosa del genere....- decise di rimanere sul vago.

-Mnh.- rispondeva a monosillabi e questo, in qualche modo, aveva il potere di irritarlo.

Decisamente, si disse, questo non era un bambino come gli altri.

Sarebbe stato piuttosto difficile trascorrere il resto della giornata con lui.

 

Quindi si ritrovò a pregare con tutto il suo cuore che Asami avesse avuto chissà quale impegno dell'ultimo minuto e non si presentasse a casa.

Perchè non avrebbe sopportato il dover badare al bimbo e al tempo stesso tenere lontano quello dall'arrecargli qualche trauma infantile...

 

Speranza che svanì nell'istante in cui una lussuosa limousine, dalla targa anonima si accostò a loro.

Kyokazu afferrò un lembo della maglia di Akihito, e in quel momento la portiera si aprì, rivelando la figura, pericolosamente accigliata, di Asami.

 

Si sporse verso di lui, probabilmente per trascinarlo all'interno dell'abitacolo, ma rimase immobile, fissando interdetto il bimbo.

Dopo alcuni istanti le sue labbra si spalancarono in un sorriso pericoloso.

-Non sapevo avessi questo genere di tendenze....potrei denunciarti sai?-

Akihito arrossì furiosamente, iniziando ad agitarsi senza apparente motivo.

Da quale angolo perverso della sua mente gli era sbucata quest'idea malsana?!

 

Non ci furono spiegazioni, ma seppe subito cosa l'uomo si aspettasse da lui.

Con un sospiro spinse Kiyo verso la portiera spalancata ed entrò anche lui.

Si chiese se Kiyokazu fosse abbastanza intelligente da arrivare a capire che c'era una nota stonata della presenza dell'uomo nella sua vita.

Eppure sembrava incredibilmente tranquillo, tra lui e Asami, che fissava impassibile il paesaggio che scorreva fuori dal finestrino.

Non aveva modo di sapere che cosa ne pensasse....e questo lo terrorizzava.

Conoscendolo però, probabilmente, stava progettando un modo per fargliela pagare, e sarebbe accaduto quella stessa notte.....

Si aggrappò con forza alla maniglia.

Tutto ciò lo terrorizzava.

 

 

Lo so, non è davvero nulla di che...ma nel prossimo (su cui sto già lavorando!) potremo vedere la coppietta felice nel loro nido d'amore.....

Pubblico la storia con un certo ritardo ma è per festeggiare il compleanno del più sexy bastardo mai visto!Happy Birthday Asami-sama!<3<3<3

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Di famiglie e miele.... ***


Lo so, è da anni che non aggiorno, ma questo periodo o più o meno ritrovato il mio spirito da fanwriter, anche se non ricordo di averlo mai avuto...XD
(Complice di questo nuovo aggiornamento anche il capitolo che la Sensei Yamane, che ovviamente detiene ogni diritto sui personaggi, Kiyo-chan escluso, ci ha degnato di pubblicare...*ç*)
Per ora si tratta di una prima parte, che non so quando aggiornerò...çAç Prego di non aver ecceduto con vari errori di battitura, semmai abbiate pietà di me....
Vi auguro comunque una buona lettura e vi faccio tanti auguri di Buon Anno! <3


6.Di famiglie e miele....

Akihito non aveva mai desiderato la paternità, alla sua giovane età ben pochi la desideravano.
Divertimento e lavoro erano il suo vero ed unico interesse.
Carpe diem, dicono, goditi la vita finchè ne hai l'occasione.

Non provava alcuna attrattiva nel farsi una famiglia.
Non in quel momento perlomeno.
Sua aspirazione, che anteponeva a qualsiasi altra cosa, era trovare uno scoop abbastanza sostanzioso da potersi ritirare e vivere di rendita per il resto della sua vita.
Non gli interessava spendere soldi, pazienza e anni ad allevare un giovane se stesso, che probabilmente l'avrebbe portato all'analisi.
Ma anche solo l'idea di passare l'intera giornata in quella casa, lo stava facendo lentamente impazzire.

Nel tragitto in macchina, il bimbetto aveva posto solo una semplice domanda.
L'età di Asami.
La risposta probabilmente non lo doveva aver soddisfatto, perchè poi l'aveva sentito borbottare su qualcosa come “l'essere più vecchio di quello che dichiarava...” - ed ovviamente ad un piccino di 6 anni, il mondo intero deve apparire come troppo vecchio - ma successivamente dimenticò del tutto la questione.
Kiyokazu avrebbe lasciato quella casa solo nella tarda serata e questo lo riempiva di una minima speranza, sul fatto di riuscire a resistere ancora per un limitato periodo di tempo.
Come se non bastasse però, Asami pareva aver improvvisamente deciso di non lavorare quel giorno, come una maledizione elaborata appositamente per rendere ancor più detestabile il suo avvenire.

Sventura ancor peggiore fu il “modo” in cui lo scoprì, aprendo la porta d'ingresso e trovando ad attenderlo il topastro ingessato – non si sarebbe mai lontanamente sognato di rivelare, ne ad Asami ne al diretto interessato, il delizioso epiteto con cui era solito sbeffeggiarlo alle spalle – non aspettandosi un qualunque genere di benvenuto, Kirishima scivolò rapido alle sue spalle, diretto verso lo studio del suo capo.
Nelle mani una quantità indefinita di scartoffie di dubbia provenienza e ancor più dubbia destinazione.
Ormai considerava quella presenza nello stesso modo in cui il segretario doveva tener conto della sua, un' inevitabile conseguenza di stare alle dipendenze – nel caso di Akihito, poteva chiamarli capricci – di Asami.

Era passato un tempo relativamente breve da quando il piccolo Kiyokazu era entrato nell'appartamento di quest'ultimo - e/o di Akihito – ed aveva stabilito un'intesa del tutto silenziosa con i due proprietari.
Ma dallo sguardo che aveva riservato al più anziano, non c'era da aspettarsi davvero nulla di buono.
Appena raggiunto il tavolino del salotto, aveva preteso di ricevere i suoi colori e altro materiale da disegno contenuto nel borsone.
Akihito era rientrato poco dopo, e si era bloccato, sulla soglia, vedendo un'immagine che non gli piaceva affatto.

Kiyokazu era una macchietta bianca nell'immenso divano scuro, in continuo movimento per cercare una comoda posizione in cui esprimere le sue abilità artistiche.
Aveva sfiorato inavvertitamente, più volte, il tavolino di vetro al centro del tappeto costoso e i suoi, del tutto ingenui tentativi di distruggere il prezioso mobilio gli erano valsi continui sguardi da parte di Asami, seduto sulla sua solita poltrona, che parevano dire –Qualunque cosa rompa, vale più della sua vita.-
Stessa espressione truce avevano sortito i pennarelli colorati nelle sue adorabili manine, che troppo spesso si erano avvicinati al tessuto costoso.
L'avrebbe giudicata una situazione quasi comica, se Kiyokazu non avesse avuto quell'aria così seriosa e Asami...bèh, non fosse stato Asami.

Nel tempo necessario a realizzare un minimo pensiero sul perchè la situazione stesse diventando così assurda, il piccoletto stava già sonnecchiando su un bracciolo del divano, una manina che penzolava da esso ed un'espressione del tutto innocente sul visetto sereno.
Asami non aveva espresso alcun parere sulla situazione, sino a quel momento e questo non era decisamente una buon sintomo.
Deciso a sbloccare quello scomodo punto di stallo, mosse un passo nella sua direzione, ma nello stesso istante il padrone di casa lo travolse, mosso da una strana foga, e usciti dalla stanza, si ritrovò schiacciato contro la parete.

Rimase lì, frastornato per una frazione di secondo.
Appena sollevato verso una delle cassettiere del corridoio.
L'intero corpo di Asami premuto contro il suo, le mani che scorrevano sulle sue gambe, per allacciarsi meglio su di lui, verso di lui.
I suoi battiti presero ad aumentare, non per paura, ma per semplice consapevolezza di quello che sarebbe accaduto dopo.
Conosceva bene gli slanci di passione dell'altro, ne era soggetto praticamente tutti i giorni.
Sapeva esattamente quello che Asami voleva, anche solo da un cenno.
E se lo sapeva la sua mente, il suo corpo rispondeva sempre in anticipo.
Con la temperatura che si alzava, le guance deliziosamente imporporate di rosso a contatto con la sua camicia di seta tesa, sotto cui erano chiaramente visibili quei muscoli che sembravano acciaio, ma che sotto la pressione delle sue dita si contraevano, come se aspettassero una sua carezza.

Sentì distintamente la presa ferrea delle dita di Asami sul suo mento.
Se ne stava lì, fermo in un istante sospeso, mentre sul viso di lui si andava disegnando un sorriso pericolosamente obliquo.
Veleno mescolato nel miele più dolce.
Sentiva il suo corpo riscaldarsi, le gambe farsi molli, tremare.
Ma non si sarebbe mai sognato d sporgersi, raccogliere un barlume di forze e avvicinarsi a quelle labbra che sapevano d'Inferno in Terra.
Furono proprio quelle, a schiudersi un poco per poi lasciare che la lingue vagasse appena, sfiorando il labbro inferiore in una lenta e placida carezza.

I suoi occhi correvano ovunque pur di non incrociare, neppure per sbaglio, quei pozzo dorati e carichi di derisione che gli stavano di fronte.
Osservavano i serici capelli scuri, la linea sottile e decisa del mento fino all'attaccatura dei capelli, ma di nuovo, magnetica, la sua attenzione tornava agli occhi.
Molto spesso si era interrogato su quanto potere avessero su di lui.
Quasi riuscisse a convogliare un qualsiasi ordine in quelle iridi brillanti e poi costringere l'interlocutore a guardarlo, incantato, mentre la sua voce - altro fondamentale elemento della sua persona - scivolava nei timpani come un liquore, stordendo i sensi, la ragione.

Annullando la percezione di ciò che lo circondava, nel suo caso, se non l'uomo che gli stava di fronte.
Lo incatenava con una facilità disarmante.

Probabilmente, più della lucida pistola celata nella fondina, o della forza fisica – nessuna delle due usate mai davvero contro di lui, ma non era difficile arrivare ad intuire che quei muscoli non fossero solo apparenza, ma capaci di fare infinitamente del male, se necessario – l'aspetto che più lo irritava, molte volte, e terrorizzava, meno spesso, era la sua tendenza a fargli fare qualunque cosa desiderasse,ogni qual volta lo desiderava.
Sebbene, non fosse mai contro la propria volontà o inaspettato, inatteso o fuori dal suo personaggio.
Voce e occhi.
Non necessariamente in quest'ordine.

-Torna qui.-
perso nelle sue fantasie, quelle parole furono un'ancora sufficiente per farlo tornare al presente, e di nuovo arrossì, ricordandosi della situazione in cui si trovavano.

A pochi metri di distanza stava il piccolo .
Senza una parola – anche se le sue guance arrossate e i suoi occhi brillanti erano un indizio chiaro di quello che stava provando – piantò le mani sulle sue spalle, non voleva certo dover arrivare a dare spiegazioni su “che cosa stesse facendo nonno Asami a zio Akihito...”.
I suoi pallidi tentativi di scrollarselo di dosso scaturirono una risata sommessa da parte dello yakuza.
Proprio nel momento in cui credette di averlo allontanato a sufficienza da riuscire a sfuggirgli, lo vide farsi improvvisamente serio.

Una mano scivolò tra i capelli chiari e l'altra, ancorata alla sua coscia, rinsaldò la presa.
Non c'erano vie di fuga.
E lui era troppo vicino, ma ancora non si muoveva...
Se aspetta che sia io a baciarlo, può sperare invano...!”
...poi si mosse, inaspettatamente, mentre lui ancora era perso nelle sue elucubrazioni.

Troppo in fretta, tanto che lui ebbe solo il tempo di sperare che la porta alle loro spalle non si aprisse.
Chiuse gli occhi, sbattendo i denti per la troppa foga.
Ma dopo secondi di sospeso silenzio, l'unico rumore che sentì fu uno schiocco, che rimbombò nel suo timpano sinistro rendendolo sordo per un attimo.
L'abbraccio infuocato si sciolse e sarebbe scivolato a terra, se non fosse per il comodino sul quale Asami lo aveva alzato.
-Ricomponiti.-
dal tono non sembrava irritato, solo, vagamente, annoiato.

Però percepiva anche qualcos' altro.
Divertimento?
Attesa?
Non sapeva dirlo con certezza.
Fissò immobile – mentre con le mani afferrava il bordo del mobile, sbiancando le nocche, nel tentativo di regolarizzare il suo respiro – la schiena allontanarsi da lui, verso la porta ed aprirla

Kiyokazu occupava ben poco il grande spazio tra i battenti, ma lo faceva con una tale tenerezza da stringere il cuore.
La manina si stropicciava un occhietto chiuso, mentre il suo compagno era ancora assonnato e vacuo.
-Alla buon'ora.- lo riprese bonariamente Asami, l'espressione ancora ignota, nascosta dalla sua nuca.
Il piccolo alzò uno sguardo vagamente piccato su di lui.

-I bambini hanno bisogni di dormire, è perchè noi siamo molto più attivi....- rispose, sembrava però, che avesse lasciato la frase in sospeso, come a stabilire ancora una volta che considerasse Asami più vecchio del necessario.
Il visetto più alto del dovuto, a sostenere che sapeva perfettamente quello che diceva e quanto avesse assolutamente ragione, in tutta la sua logica fanciullesca.
L'altro proseguiva nel suo intento di voltargli le spalle.
Quando decise di aver raccolto le energie necessarie per fuggire, prese la mano del bimbo e rientrò frettolosamente nel salotto, gli occhi ancora lucidi.
Sentì solo un basso rimbrotto alle sue spalle, mentre la porta si chiudeva nel corridoio.
Lasciando che nelle sue orecchie risuonasse solo lo scalpiccio dei piedini di un assonnato bimbetto sulla morbida moquette.
Non era certo di sapere che cosa fosse accaduto lì fuori, ma i comportamenti di Asami non erano mai senza un secondo fine.

E le conseguenze dei suoi rifiuti li conosceva fin troppo bene....

Non che lo avesse davvero rifiutato, sembrava piuttosto che fosse stato lo stesso Asami a fermarsi, come rendendosi conto di ciò che doveva aver provato lui.
Che avesse deliberatamente scelto di calmarsi?
Asami?

Tzk, la morte piuttosto.

 

 

Continua....

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Never Gonna Leave This Bed ***


N.d.A: Rieccomi!So bene che avete aspettato molto da quando ho postato l'ultima volta...*si fustiga*
E sfortunatamente per voi, Kiyokazu rimarrà un po' accantonato in questo nuovo capitolo, che prende piede molto in avanti nel tempo e nella convivenza dei due idiotissimi amanti...o quel che sono.
Whatever! Sto passando un periodo di fibrillazione in attesa del nuovo capitolo, della nuova serie di quello che, spero, non sia un fallimentare ménage simile all'ultimo demenziale capitolo, ma che spieghi qualcosa di queste due meraviglie! (ma va bene anche su quelle altre meraviglie di Feilong e Yoh!Amori delle mamme, Reika ne sa qualcosa...)
Enjoy it!

 

7. Never gonna leave this bed.

 

Era sempre un'esperienza ben strana, dopo anni di convivenza, vedere un qualsiasi accenno di emozione sul viso di Asami. Come un sassolino lanciato in uno stagno calmo, le sue espressioni comparivano e scomparivano in un attimo, lasciando solo il fantasma della loro presenza.
Quando qualcosa lo impensieriva poi, Akihito tendeva sempre a non avvicinarglisi mai, tenendo le dovute distanze, senza prendere posizione riguardo i suoi nervosismi.
Questo, l'aveva imparato solo col dovuto tempo, rimanendo in silenzio in un angolo della casa, sparendo alla sua vista o mantenendo un basso profilo, senza istigare ulteriormente i suoi nervi.
Erano trascorsi anni, eppure ancora adesso nessuno aveva mosso più di quei due semplici passi per entrare in un'intimità che non era solo fisica, cosa su cui era basata fondamentalmente la loro relazione.
Anche se Ryuichi, nel suo piccolo, non gli aveva mai fatto mancare qualche sporadica dimostrazione d'affetto, quei momenti di dolcezza rari e preziosi che gli facevano palpitare il cuore anche a distanza d'anni. Investendolo di un calore rassicurante e tenero.

 

Rientrando a casa, gettò uno sguardo acido all'orologio digitale, fissandosi sul led rosso fuoco.
Le 2.
A quell'ora, come da copione, sarebbe dovuto essere comodamente seduto nel suo ufficio, a scartabellare fino a mattina inoltrata i soliti documenti.
Peccato che la sua consueta routine fosse stata casualmente rovinata dall'incompetenza di qualche idiota ai suoi comandi che aveva lasciato incidentalmente uscire dal suo ufficio dei documenti di vitale importanza legati al Sion e in quanto tale, alla sua stessa persona.
Idiota che farò fuori personalmente replicò mentalmente, cercando di trovare qualche nuovo, ingegnoso metodo per sbarazzarsi dei suoi incapaci sottoposti che non ne volevano sapere di stare al proprio posto.
Per una precauzione che lui non riteneva di alcuna utilità, Kirishima l'aveva spedito senza troppe cerimonie a casa, circuendolo ovviamente con tutti i suoi metodi servizievoli e a modo, assolutamente posato. Assolutamente irritante.
Kirishima stesso aveva probabilmente pregato affinché il capo non decidesse di iniziare una lunga lista di cadaveri partendo da lui. Quando era uscito e si era diretto a casa la maggior parte dei dipendenti del Sion avevano tirato un sospiro di sollievo, lieti di sapere che le loro vite, per ora, erano state risparmiate dalla follia vendicativa del loro boss.
Asami sospirò, lasciando cadere le chiavi nel mobiletto scuro all'ingresso, doveva decidersi a licenziare il suo assistente, o perlomeno smetterla di seguire i suoi consigli che fin troppo spesso si rivelavano azzeccatissimi, ricordandogli che era pur sempre lui che comandava.

Percorse l'intero salone e i corridoi nella totale oscurità, sicuro che non vi fosse alcun pericolo in agguato, almeno lì dentro e con un clik sommesso illuminò la camera da letto.
Disturbando l'ignaro compagno già immerso nel mondo dei sogni.
L'ombra di un sorriso gli attraversò il viso quando il ragazzo -ormai uomo- alzò la testa e lo squadrò con un'espressione assonnata. Lo seguì finché non si sedette sulla sua parte del letto, poggiando con cura la camicia al suo fianco e si abbassò, sfiorandogli con le labbra la schiena nuda.
Mmh..qualcuno è arrabbiato.” mugulò il ragazzo rintanando la testa nel cuscino, ma continuando a tenere un occhio aperto e curioso su di lui.
Rettifico, qualcuno è furioso.”
Asami lo fissò a lungo, le dita ora intrappolate nel nodo della cravatta. Alzò un sopracciglio, domandando con interesse:
Chi ti dice che io sia arrabbiato?”
Akihito si mise comodamente seduto, per nulla toccato dall'intensità con cui l'altro lo squadrava, come se fosse carne da macello per la sua prossima strage a tappeto.
Cose simili accadevano ancora quotidianamente nella loro vita.
Da sotto le coperte tirò un debole calcetto rivolto alla schiena del compagno.
“Hai ragione, non sei arrabbiato, quella è una conseguenza involontaria, direi più...” lo guardo per qualche secondo, sondando il viso in cerca di indizi.
“...preoccupato. Sei preoccupato!Inconcepibile!” replicò vivace, prendendosi il viso tra le mani con aria fintamente sconvolta.
Asami scosse la testa, giocherellando con la stoffa tra le mani, e tirando la seta finché quella non cadde a terra, dimenticata fino al mattino successivo.
Akihito si dondolò avanti e indietro fino a far scorrere le gambe sopra le lenzuola, e messosi in ginocchio al suo fianco, decretò placido:
“Chi osa farti preoccupare?Insomma, quello è compito mio!”
“Tuo?”
Takaba finse di riflettere e si puntellò meglio sul materasso.
“E' nella lista di cose da fare all'ordine del giorno.” dichiarò schiarendosi la voce.
“La prima sarebbe?” il biondino gli puntò un dito contro, sicuro di sé.
“Opporti resistenza, ovviamente.”
Asami si lasciò fuggire una risatina profonda da brividi, tralasciando per qualche minuto la tensione che ancora lo appesantiva.
Parlare col suo Akihito era come una boccata d'aria fresca dopo una giornata di afa, anche solo la sua presenza serviva a renderlo tranquillo, stabile nella sua esistenza con Takaba. Era eccezionale e privo di doppie facce, cose a cui era fin troppo abituato.
Il fatto poi che il micetto che anni prima aveva incontrato, selvatico e sfrontato, non solo avesse ritirato le unghiette ma addirittura avesse iniziato a fargli le fusa, non faceva che migliorare la situazione.

Akihito prese tempo giocando con le coperte, seguendone i disegni geometrici con la punta delle dita, perdendosi in quegli intrecci caotici.
“Quindi...” iniziò un po' titubante. “E' qualcosa di cui puoi discutere con me o..”
“Sai che non posso parlare di queste cose con i bambini.”
Il fotografo imbastì il suo miglior broncio, incrociando le spalle e allontanandosi quel tanto che bastava per ritrovarsi schiena contro la testiera del letto.
“Ma certo, perchè sono ancora un moccioso anche a trentanni per te, no?”
“Lo sei quando fai quel muso lungo, Akihito.”
L'altro gli puntò contro l'indice, picchiettandolo contro una spalla, un'espressione arrabbiata e un po' imbarazzata.
“Non provarci, so bene che mi chiami per nome solo quando ti fa più comodo, specie quando facciamo...” l'intento del tutto coraggioso di finire la frase si infranse sulle ultime parole, davvero, anche a trentanni non riusciva a fronteggiare seriamente quel grandissimo basta...uomo.
“Facciamo?” lo incoraggiò Asami con un ghigno cinico e divertito in volto, osservando le sue guance deliziosamente arrossate.
Non si scomponeva mai, quel vecchiaccio, del tutto a proprio agio col suo carattere sfacciato.
“...quel che facciamo, in fondo non è che parliamo un granché in questa stanza.” concluse Takaba, evitando cautamente quella parola.
Guardò il suo uomo che storceva le labbra, e commentò nuovamente, con un sospiro annoiato:
“Ok, va bene, in nessuna stanza, a pensarci.”
Gattonò fin dietro di lui, poggiandogli le mani sulle spalle e facendo un po' di pressione con i polpastrelli, fino a sciogliere gran parte della tensione che le imprigionava e irrigidiva i muscoli.
Avvertì, con una stretta al petto, che Asami si stava appoggiando a lui, contro il suo petto, lasciandosi finalmente andare e abbandonandosi alle sue carezze.
“Non che mi aspetti che parliamo di cose serie?O importanti come il tuo lavoro...o quell'altro, ma credo che, insomma...stare ad ascoltarti faccia parte dei miei doveri o roba simile.”
Era un discorso abbastanza complicato e lui si sentiva già in imbarazzo, ma sperò che Asami afferrasse il succo della faccenda, a cui nemmeno lui sapeva bene dove portasse.
“Tanto per aggiornarmi, quali sono gli altri doveri?”
Akihito si sorprese della domanda, inaspettata e alzò il mento cercando una degna risposta, che non lo facesse apparire eccessivamente idiota.
“Posso suggerirti fare se..”
“Di ancora quella parola e stanotte dormo da Kou.” lo interruppe subito Takaba, rimanendo a bocca aperta per lo shock.
Asami si zittì all'istante, tornando a irrigidirsi parzialmente sotto le sue mani.
Tirare in ballo la gelosia paranoica che lo yakuza nutriva per i suoi amici, pensò il ragazzo, era un buon metodo per tenere al guinzaglio quell'uomo, sempre ben attento a non esagerare o la punizione che avrebbe ricevuto in cambio sarebbe stata di proporzioni epiche.

Proseguì nel suo intento di quietarlo. Spesso e volentieri rapportarsi ad Asami era molto simile all'avere a che fare con una bestia dalla doppia faccia, un momento prima calmo e rilassato come un gattone d'appartamento, scontroso nel 60% dei casi e l'istante dopo un feroce mostro assetato di se..sangue. Dipendendo da chi si trovasse di fronte. Ma pensandoci bene, in quel momento, entrambi seduti su quel letto, il loro letto, Asami agiva sempre in relazione a lui. Non aveva più fatto nulla che non fosse pienamente consenziente da parte sua. Certo delle volte i suoi modi si arricchivano di un'inventiva difficile da cogliere, che sfiorava quasi il disumano, ma alla fine qualunque cosa facesse era sempre e solo con lui.
Il suo Asami,che aveva chiamato per nome solo una volta, una notte in cui si era accertato che fosse sprofondato nel sonno e che non potesse sentirlo cedere a quella debolezza.
“A che pensi?” lo distrasse Ryuichi riportandolo nella sua stessa dimensione.
“Che in genere a questo punto la situazione degenera.” rispose monocorde Akihito, quasi cercando volontariamente di accelerare l'inizio di quel contatto che tardava ad arrivare.
Asami ghignò ferino, voltandosi fulmineamente e costringendolo a stendersi tra i cuscini e seguendolo poi, distendendosi sopra di lui.
“Di un po', non sarai troppo vecchio per queste cose?” lo punzecchiò il più giovane, osservandolo coi capelli chiari sparsi sul guanciale.
“Dici?Ho l'impressione che sia tu quello ancora troppo giovane.”
Akihito si infervorò, punto sul vivo.
La differenza di età non era mai stata così importante ma ad Asami piaceva sempre calcare la mano su quell'argomento.
Lo dimostrava il fatto che non più ventenne non riusciva comunque a sostenere quel goccio in più di alcool e si cacciava insistentemente in situazioni imprevedibili e ad alto rischio, che sfociavano anche in una vena tragicomica.
“Ma sentilo!Non ti sei lamentato prima del lavoro, sarà forse che la crisi di mezza età avanza?No, perchè non ho intenzione di chiamare l'ospedale quando darai segni di cedimento, e se proprio devo sarà..!”
Il bacio che arrivò del tutto prevedibilmente era un insieme di emozioni che saltabeccavano tra il solito affascinante erotismo e quel languore tossico di cui non si sarebbe mai stancato e tra una specie di cameratismo affettuoso e provocante che era affiorato stando assieme, sotto quel tetto, facendogli capire che no, non era solo sesso. Non come all'inizio. Il fatto che tutto fosse partito da un traguardo che avrebbe dovuto collimare con la fine, di quella storia, per nulla consensuale, non li preoccupava minimamente.
Non si erano mai curati molto di seguire le regole, e quello era un punto fondamentale che condividevano e li aveva tenuti vicini, trovandosi alla perfezione.
Certo Asami aveva un modo di soprassedere alle leggi non propriamente corretto, ma non avrebbe mai detto nulla su quella parte della sua vita, che lo aveva salvato ben più di una volta, anche dopo lo spiacevole disastro ad Hong Kong.

“Seriamente, penso che stasera potremo finirla qui, no?” non tanto che non lo desiderasse ma la stanchezza che traspirava dal viso del suo compagno era fin troppo visibile.
“Hai paura che potresti non reggere il ritmo?” lo pungolò Asami, del tutto sicuro che avrebbe cambiato idea entro non molto.
“Ho paura che tu non sapresti reggere...” Akihito gli scoccò uno sguardo sprezzante, che cadde come un castello di carte sentendo il tono interrogativo e sicuro dell'altro.
“Stai cercando di sfidarmi?”
Il fotografo scosse la testa, senza nemmeno aspettare che finisse la frase:
“Quando lo faccio finisce sempre male, per me, dunque no, ci tengo al mio orgoglio.”
“Se la smettessi di sfidarmi a GTA il tuo orgoglio non ne uscirebbe costantemente ferito.”
Mai sfidare uno yakuza a GrandTheftAuto, per quanto avesse sperato che Asami non fosse a conoscenza dell'esistenza di una PlayStation, si era dovuto ricredere quando nel giro di due partite era stato biecamente sconfitto in quello stesso gioco con cui era solito stracciare i suoi compagni di sventure -Kou e Takato- e quando aveva stabilito che Asami era bravo in tutto, quella parola era diventata la sua dannazione. Specie quando glielo aveva fatto notare, senza nemmeno rendersene conto. Quella era stata una giornata in cui nessuno dei due era uscito dalla camera da letto.
Evidentemente Asami amava ricevere complimenti che andassero ad ingigantire il suo già consistente ego. Era pur sempre un uomo, tanto quanto lui.
Come se avessi voglia di giocare di nuovo con te. Mi rifiuto categoricamente e per stanotte la conversazione si chiude qui.” brontolò sentitamente, spingendolo lontano e rotolando sulla sua parte del letto.
Non passò nemmeno un secondo da quel futile tentativo di fuga, che Asami gli si approssimò, sussurrandogli all'orecchio.
In questi casi le conversazioni sono inutili...dovresti saperlo.” per poi schioccargli un bacio che lo rese parzialmente sordo e lo imbarazzò più di quanto non desiderasse.
Puoi dormire in salotto, se preferisci..” borbottò semi nascosto dalla sua spalla nuda -quando si era spogliato?Mah, non che fosse importante saperlo...- inacidito, ma vagamente interessato alla sua prossima mossa, con Asami era sempre una sorpresa.
Aah...non ho intenzione di lasciare questo letto e nemmeno tu.”
Akihito sbuffò, fin troppo conscio della piega che avrebbe assunto la serata, non che avesse in mente qualcosa di differente.
In ogni caso, andare contro le sue decisioni, era la cosa più difficile mai sperimentata e non si sforzò nemmeno di ribattere troppo, avrebbe vinto ugualmente.
Quel vecchio pervertito.

 

Fine.

NdA: Il titolo della ficcy (come l'interezza della stessa) è ispirato a Never Gonna leave this bed dei Maroon 5. Detto questo spero abbiate apprezzato questa demenziale storiella, che è un pò una scemenza, dato che MAI Akihito si sveglierà e deciderà di chiarire un pò i suoi sentimenti... Forse è un po' OOC, ma ho idea che nemmeno la Dea sappia davvero quale sia il carattere dei suoi personaggi..ahahah...magari...*sospira*
Grazie a chi leggerà e commenterà (spero). Un bacione!
Dan

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=444271