Amore sotto i riflettori di PiccolaEco (/viewuser.php?uid=103950)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un sentimento non ricambiato ***
Capitolo 2: *** In amore vince chi fugge. O forse no? ***
Capitolo 3: *** Mente e cuore ***
Capitolo 4: *** L'ammiratore segreto ***
Capitolo 5: *** Un piano semplicemente perfetto ***
Capitolo 6: *** Caccia all'ammiratore ***
Capitolo 7: *** Appuntamento al buio ***
Capitolo 8: *** Rivendicazioni (parte I) ***
Capitolo 9: *** Rivendicazioni (parte II) ***
Capitolo 10: *** Maledetta gelosia ***
Capitolo 11: *** Colpo di fulmine ***
Capitolo 12: *** Perchè tanto interesse per quella talpa, eh Shan-Pu? ***
Capitolo 13: *** Cambiare? ***
Capitolo 14: *** Buon compleanno, Mousse! ***
Capitolo 15: *** Una notizia inaspettata ***
Capitolo 16: *** Incomprensioni ***
Capitolo 17: *** Addio, Mousse! ***
Capitolo 18: *** Che lo spettacolo abbia inizio! ***
Capitolo 19: *** The show must go on ***
Capitolo 20: *** Happy end ***
Capitolo 21: *** 10 years later... ***
Capitolo 1 *** Un sentimento non ricambiato ***
–Bene,
per oggi abbiamo finito!-.
Con
un sospiro di sollievo ci dirigiamo tutti nei nostri camerini a farci
una
meritata dormita dopo la faticosa giornata di oggi. Ad un tratto la
vedo
passarmi davanti: lei, bellissima come sempre, con quei lunghi capelli
color
lavanda che emanano lo stesso profumo del fiore.
–Ciao Shan-Pu!-. Le sorrido
allegramente come un idiota alzando la mano per salutarla. Ma lei mi
oltrepassa
continuando a ridacchiare con le sua amiche.
Ennesima figuraccia. Sì, perché da
quando è arrivata Shan-Pu è tutto un susseguirsi
di figuracce, malintesi,
equivoci.
Più
cerco di catturare la sua attenzione, più finisco per
passare per un emerito
idiota. Non che generalmente sia un genio, sia ben chiaro, ma quando si
è
innamorati, chissà per quale misterioso motivo, ci
rincretiniamo. Tutti. Fatta
eccezione per nessuno. In questo preciso momento l’unica cosa
che vorrei è
scomparire. Probabilmente tutti quelli che mi vedranno in questa
posizione mi
prenderanno per un povero fesso. E la cosa peggiore è che
avranno anche
ragione!
Non so per quanto tempo resto in quella
posizione, col sorriso da ebete e la mano ancora in alto in segno di
saluto. Mi
riscuoto soltanto quando qualcuno mi schiocca le dita davanti agli
occhi.
Mi
volto lentamente e vedo una ragazza dai capelli squadrarmi con
curiosità.
–Che vuoi Ranma?- sbotto
infastidito dalla sua presenza.
Ranma Saotome: il più abile trasformista e
il più inguaribile Don Giovanni che io abbia mai conosciuto.
Tutte le ragazze
del circo stravedono per lui Shan-Pu non fa di certo
eccezione.
–Cosa
voglio? Io proprio niente! Tu piuttosto: sono 5 minuti che sei in piedi
in
quella posizione da stoccafisso e con quell’aria da
babbeo!-.
Arriccio la fronte:
Ranma Saotome era l’ultima persona sulla faccia della Terra a
cui avrei
raccontato i miei problemi d’amore. Tuttavia era anche
l’unica persona che mi
sarebbe potuta essere d’aiuto in quanto aveva la fama di
essere il migliore “latin
lover” del circo, se non del mondo intero.
Sono
combattuto dal desiderio di buttare lì tutto quello che mi
passava per la testa
e dal trattenermi per il solo fatto che mi stessi per confidare con
Ranma
Saotome, non solo il mio più acerrimo nemico in amore ( e
anche unico, a
pensarci bene!), ma anche il più inguaribile latin lover del
circo, come vi ho
già detto.
Alla
fine decido di rivelargli tutta la faccenda ma proprio quando sto per
aprir
bocca, sento una voce in lontananza.
–Ragazza
col codino! Dove sei mia adorata!-.
Stavolta
è Ranma a farsi rigido come uno stoccafisso. Noto un brivido
appena percettibile
percorrergli la schiena.
–No, non può
essere! Ancora lui!- esclama lui avvilito –Senti mi
piacerebbe molto star qui a
chiacchierare ma purtroppo devo proprio andare!Ci si vede, Mousse!-. E
dicendomi questo sfreccia via come una saetta. Non mi serve chiedergli
che cosa
gli sia preso: tutti al circo conoscono l’ossessione di Kuno,
il tiratore di
spade, per Ranma ragazza, alias “ la ragazza col
codino”. Naturalmente lui non
ha la minima idea che la sua “lei”
inraltà sia un “ lui” con la
capacità di
trasformarsi in una donna. No, non chiedetemi come faccia:
un’altra
caratteristica di Ranma Saotome è il fatto di essere
totalmente imprevedibile.
Forse è per questo che attrae le donne. Forse è
per questo che attrae Shan-Pu.
Sconsolato mi avvio verso il mio
camerino. Ci sarà mai qualcuno in grado di aiutare il povero
Mousse? Mah. Se
queste sono le prospettive, io non ci giurerei poi tanto.
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Capitolo 2 *** In amore vince chi fugge. O forse no? ***
Quello
che proprio non riuscivo a capire era perché con
tante belle ragazze che c’erano qui al circo, quella talpa di
Mousse fosse
ossessionato proprio da me. Sì, d’accordo: non
posso negare di essere una bella
ragazza anch’io, formosa, sensuale, a dir poco
mozzafiato…ma diamine! Perché proprio
me?
Più sono fredda nei
suoi confronti, più lui sembra attaccarsi a me;
più cerco di togliermelo dalle
scatole, più me lo ritrovo davanti. Sono esasperata, non so
più cosa fare per
levarmelo di torno!
Sto
seriamente cominciando a prendere in considerazione il detto
“In amore vince chi
fugge”. Io, Shan-Pu, che di solito sono molto scettica
riguardo credenze e
proverbi popolari, sto dando credito a una diceria nata
chissà quanto tempo fa.
A
dire il vero, se proprio devo essere sincera, non è che mi
dispiaccia poi tanto
la corte di un uomo…ma Mousse! Quello nemmeno può
essere definito un uomo!
Non
è come Ranma: lui sì che è bello,
forte, aitante…il mio uomo ideale, insomma!
Ma poi
avete visto che occhi? Cobalto, blu cobalto come il mare in tempesta.
Gli occhi
di quella sottospecie di talpa, invece, nemmeno si vedono! Sempre
dietro quegli
spessi occhiali da vista…
Insomma,
non c’è proprio paragone!
Diciamo
pure che Mousse ai miei occhi appare più come un
fratello…un dannatissimo
fratello fastidioso.
Ma sinceramente adesso sono troppo
stanca anche per pensare…figuriamoci a quello stupido
prestigiatore!
Così mi avvio verso il mio
camerino con tutta l’intenzione di farmi una bella dormita.
Proprio davanti
alla porta però trovo lui,
accovacciato a terra, con un’aria tanto depressa da fare
invidia ad un emo in
punto di suicidio. Aveva l’aria di aspettare qualcuno.
E quel qualcuno non potevo che essere io.
In
quel momento ho la forte tentazione di avvicinarmi e chiedergli se vada
tutto bene.
Proprio
tu glielo vai a
chiedere? Proprio tu che sei la causa di tutte le sue sofferenze? Tsk,
che
ipocrita che sei! Non mi stupirei se ti ridesse in faccia! sussurra
una vocina dentro
di me.
Lentamente
mi avvicino alla porta. Appena mi vede, si alza di scatto.
–Sh..Shan-Pu!
I-io v-volevo dirti che…-.
Prima
che possa formulare una qualsiasi frase o domanda giro la chiave nella
toppa,
apro la porta e mi intrufolo nel camerino richiudendogli la porta in
faccia.
Non so che faccia
abbia fatto, di sicuro non una felice. Gli ho appena richiuso la porta
in
faccia, senza nemmeno degnarlo di uno sguardo. O forse sarebbe meglio
dire che
gli ho letteralmente sbattuto la
porta in faccia.
Ti
odierà…dopo questa ti
odierà da morire. E avrà anche ragione. Che
motivo avevi di chiudergli la porta
in faccia, eh? Non potevi almeno ascoltare quello che aveva da dirti?
Mi
tappo le orecchie nella speranza di non udire più quella
dannata voce. In fondo
è quello che voglio. Che mi odi. Che mi odi con tutta
l’anima, così forse mi
lascerà in pace una volta per tutte. Mousse
di me può pensare quel che gli pare, tanto non me ne importa
un bel niente.
Già, tanto
non me ne importa…
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Capitolo 3 *** Mente e cuore ***
Resto
lì impalato come un babbeo davanti alla sua
porta per buoni cinque minuti. La seconda figuraccia in una
giornata: beh,
potrei dire che mi è andata bene stavolta!
A volte mi chiedo se io non sia l’uomo
più sfigato del pianeta. Credo che se partecipassi ad una
gara di sfigati,
arriverei secondo. Perché? Perché sono sfigato,
ecco perché!
Dannazione:
perché diavolo non sono filato dritto nel mio camerino? Di
sicuro avrei
risparmiato un’ennesima figura da perfetto idiota davanti a
Shan-Pu.
E’
lei che ha fatto una
pessima figura con te sbattendoti la porta in faccia. Non puoi
prenderti una
colpa che non ti spetta: tu non le hai fatto niente! mi
dice una voce dentro
di me.
Mi
tappo le orecchie e scuoto la testa nella speranza di cacciar via
quella voce.
Sapevo
che venire qui sarebbe stato un errore. Cosa mi aspettavo? Che mi
avrebbe
aperto la porta e mi avrebbe fatto gentilmente accomodare nella sua
stanza? Sì,
magari offrendomi anche tè e biscotti!
Maledetto
cuore, è tutta colpa tua: perché ragioni sempre
al contrario del cervello? Se
voi due mi metteste d’accordo una buona volta, forse ( e
sottolineo forse )
la mia vita prenderebbe
una piega leggermente diversa. E invece no! Mente e cuore devono sempre
ragionare a modo loro altrimenti come me la complicano la
vita?
Il
fatto è che Shan-Pu mi fa perdere completamente la ragione.
No, il mio non è un
semplice capriccio come molti potrebbero pensare perché di
ragazze mozzafiato
qui dentro ce ne sono in quantità: cinesi, indiane, arabe,
thailandesi, russe…ma
lei, Shan-Pu, ha qualcosa che mi affascina, mi travolge, sconvolge il
mio modo
di essere e di pensare. Per quanto io riesca a pensare in sua
presenza.
E’
da quando ha messo piede al circo che non le ho tolto gli occhi di
dosso per un
istante. Mi ha colpito fin da subito: bella, sensuale, intelligente ed
anche un
po’ misteriosa. Aveva quel mix di caratteristiche che te la
facevano desiderare
e non parlo solo fisicamente anche perché io non sono
affatto quel tipo di
persona da “ un’avventura e
via”… ciò andrebbe contro i miei
principi di uomo e
contro quelli del mio intero popolo del Yukasai*.
Fatto
sta che, però, da quando ho incontrato Shan-Pu non
c’è stata una sola volta in
cui io non mi sia fatto passare per babbeo. Meglio non elencare tutte
le mie
situazioni imbarazzanti in cui mi sono trovato di fronte a lei:
sarebbero
troppe da descrivere e da dimenticare.
Avvilito, deciso di
dirigermi ( e stavolta definitivamente) verso il mio camerino. Almeno
lì potro deprimermi
in santa pace senza dover dar conto a nessuno. E chissà che
una bella dormita
poi non mi aiuti a mettere a posto le idee.
Mentre cammino silenzioso e immerso
nei miei pensieri, vengo riscosso da una voce.
–Ehilà Mousse,
ti stavo cercando!-.
Non
ho dubbi da chi provenga quella voce, sebbene sia già mezzo
addormentato:
riconoscerei la fastidiosissima e irritante voce di Ranma Saotome anche
fra
mille.
Mi
volto e lo vedo appoggiato al muro con le braccia incrociate, con
quell’atteggiamento
da figo che a me dà altamente sui nervi. Lentamente si
avvicina a me, poi mi dà
una pacca sulla spalla assumendo l’aria seria di chi mi ha
appena
psicanalizzato alla grande e ha capito che sono un caso senza speranza.
–Credo
di aver capito il tuo problema. A te piace molto…Shan-Pu,
non è così?-.
Bingo! Sbarro gli
occhi stupefatto: c’erano tre possibilità per cui
il mio interlocutore fosse
venuto a conoscenza del fatto che io fossi perdutamente innamorato
della
cinesina dai capelli color lavanda.
La
prima: era talmente evidente che fossi innamorato di Shan-Pu che solo
un cieco
non se ne sarebbe accorto. E qui l’unico cieco sono io. Per
la verità sono
miope dalla nascita, ma questo adesso non ci interessa.
La
seconda: da un po’ giravano voci su questo argomento, quindi
qualcuno deve
averglielo riferito e lui deve aver dato credito a quella voce. Ma dal
momento
che la mia considerazione è pari a quella di un guscio
d’arachide, dubito
fortemente di tale possibilità.
La
terza: si è appostato in qualche angolo e mi aveva tenuto
d’occhio tutto il
tempo. Conoscendolo, metterei la mano sul fuoco per la terza opzione.
–Ma
tu…-. –Non ci vuole un genio per capirlo, Mousse!
Si vede un miglio che Shan-Pu
ti fa letteralmente impazzire!-.
–Ranma…dì
la verità!-.
–Ok,
mi sono appostato lì dietro e ho assistito a tutta la
scena.-.
Lo
sapevo. Ci avevo visto giusto, allora!
–Comunque
sia ho deciso di darti una mano…in fondo siamo amici, no?-.
Il mio stupore sia fa sempre più
grande. Lui aiutare me? Io e lui amici? Vi confesso che mi stavo quasi
commuovendo. Quasi.
Sebbene
mi avesse offerto il suo aiuto, si trattava pur sempre di Ranma
Saotome. Colui
che ha fatto perdere la testa a Shan-Pu, alla mia
Shan-Pu. Il mio peggior rivale in amore, insomma. Sto
quindi per rispondergli un “no” secco, ma poi mi
fermo a riflettere. E se
funzionasse? Se davvero quel gran Casanova di Ranma riuscisse a farmi
conquistare la donna dei miei sogni?
Lascia
perdere, Mousse.
Continua per la tua strada, fa’ quello che ti dice il cuore e
non quello che ti
dice uno stupidissimo Don Giovanni a cui vanno bene tutte! torna
ad assalirmi la
stessa vocina di prima.
In
fondo anch’io sentivo che se avessi accettato
l’aiuto di Ranma mi sarei ficcato
in qualche guaio.
–D’accordo
Saotome: accetto il tuo aiuto.-.
Lui
sorride compiaciuto.
Cervello 1, cuore 0.
*Youkasai: luogo di nascita
approssimativo di Shan-Pu. Dal momento che nell'anime Mousse e Shan-Pu
sono amici di infanzia, ho dedotto fosse anche quello di
Mousse! xD
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Capitolo 4 *** L'ammiratore segreto ***
Caldo.
Oggi fa un caldo che si muore. Siamo solo a Maggio e già fa
un caldo da Luglio
inoltrato. Il solo pensiero che tra due minuti mi devo alzare per
andare alle
prove mi atterra. Quanto diamine ancora dobbiamo provare per quel
maledetto
spettacolo?
Stancamente e contro voglia mi alzo dal mio comodo letto e mi avvio in
bagno. La prima cosa che faccio è gettarmi
dell’acqua gelida sul viso e così
riesco a riprendermi un po’.
In fretta finisco di lavarmi e indosso il body rosa a bordi dorati.
Do
una veloce occhiata al programma: oggi, 11 Maggio, prove per la
piramide umana.
Ed io sono la cima. Perfetto. L’idea di dovermi tenere in
equilibrio su una
piramide di una ventina di persone mi alletta. Mi chiedo se possa
andare
peggio di così.
Ancora più abbattuta, un po’ per il caldo, un
po’ per la difficoltà
dell’esercizio, afferro le chiavi ed esco. Un fascio di rose
rosse colpisce la mia
attenzione. Lo raccolgo con delicatezza e ne annuso il profumo. Accanto
alle
rose c’è anche un biglietto:
“Vorrei
che la tua anima mi fosse amica,
che ogni tuo bacio fosse una rosa
rossa
appena sbocciata dal tuo cuore”
Anonimo
Annuso
ancora il profumo delle rose e un radioso
sorriso si fa largo sul mio viso: finalmente il mio Ranma ha deciso di
farsi
avanti!
Mi
chiedo solo perché si sia firmato
“Anonimo”. Ma certo, che sciocca: se qualcuno
venisse sapere che è stato lui a mandarmi queste rose,
sicuramente tenterebbe
di ostacolare il nostro amore! Sono al colmo della gioia. Gioia che
svanisce
pochi istanti dopo nel sentire una vocetta stridula alle mie spalle.
–Ohohohohohoh, ma guarda un po’: adesso non dirmi
che hai anche un
ammiratore segreto, eh Shan-Pu?-.
Risata sguaiata e un’acuta voce che ti perfora letteralmente
l’intero
canale uditivo: è Kodachi Kuno, senza ombra di dubbio. Mi
chiedo se al mondo ci
sia una persona più odiosa e irritante di lei.
Essendo
anche lei una specie di ginnasta ritmica/ contorsionista, spesso ho
avuto il
piacere ( e quando dico “piacere” sto facendo del
pungentissimo sarcasmo ) di
lavorare con lei. E non esagero quando dico che non augurerei una cosa
del
genere nemmeno al mio peggio nemico. Dopo Akane Tendo, la ragazza per
la quale
gira voce si sia preso una cotta Ranma, Kodachi è la persona
che mi manda più
fuori dai gangheri. E lo dico in generale, non solo per il fatto che
anche lei
sia una delle “pretendenti” del mio caro Ranma, eh!
Ah, ma che brutta sorpresa che avrà quando saprà
del nostro fidanzamento!
Non dovrò assolutamente perdermi la faccia che
farà quando lo verrà a sapere e
qualcosa mi diceva che quel giorno non sarebbe arrivato tanto tardi.
Quindi mi
impongo di mantenere la calma: non posso dare a quella sciacquetta la
soddisfazione di avermi colta alla sprovvista.
Anche perché io sono nota al circo per la mia
capacità di mantenere
sempre e comunque il sangue freddo, in qualunque situazione. Diciamo
che c’era
in gioco anche la mia buona fama di ragazza glaciale e impenetrabile.
Torno a
guardare le rose e sorrido beffarda.
–Ci hai azzeccato, Kodachi: ho proprio un ammiratore segreto.
Tu invece
ancora niente, vero? Ma non eri tu quella che diceva che presto il tuo
adorato
Ranma si sarebbe dichiarato? Strano, eppure sono passati tre mesi da
quella
volta!-.
E sfoderando tutta la mia sfacciataggine mi avvio nello spiazzo dove si
sarebbero tenute le prove, lasciando dietro di me una Kodachi
letteralmente a
bocca asciutta.
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Capitolo 5 *** Un piano semplicemente perfetto ***
Ecco.
Io lo sapevo. Lo sapevo che non dovevo fidarmi di quel Casanova di
Ranma!
Prima promette
di aiutarmi e poi…puff! Sparisce senza lasciare traccia.
–Lascia
fare a me,Mousse. Quando meno te l’aspetti, Shan-Pu
cadrà ai tuoi piedi!- mi
aveva detto prima di sparire circa un paio d’ore fa.
Ma dove
si è cacciato Ranma! Perché ci mette
così tanto? Che cosa avrà in mente?
Ah, mio caro
cervello: perché non mi hai messo in guardia da un tipo come
lui? Tu lo sapevi
che quel dannato ragazzo ti avrebbe piantato in asso!
Sto
di nuovo delirando parlando con il mio cervello quando sento qualcuno
battermi
una mano sulla spalla.
–Scusa
il ritardo: ci ho messo più tempo del previsto!-.
–Ranma
ma si può sapere che fine avevi fatto? Stavo cominciando a
preoccuparmi che mi
avessi piantato in asso!-.
–Neanche per sogno! Quando Ranma
Saotome da la sua parola di uomo, la mantiene!-.
E sulla “parola
di uomo” ci sarebbe da
dubitare,
credetemi. O almeno nel suo caso, capite cosa intendo.
–Comunque
il piano che ho preparato è assolutamente geniale-.
Le sue parole catturano non
poco la mia attenzione.
–Che
vuoi dire?- gli domando tra il curioso e il preoccupato.
–Adesso ti spiego: prima le ho
mandato un mazzo di rose rosse con un biglietto romantico vicino. Poi
ho
allestito il circo per la più grande caccia al tesoro che si
sia mai vista su
questo pianeta!-.
–Una
caccia al tesoro!?-. Dire
che ero
sorpreso sarebbe stato poco. Beh, detesto ammetterlo ma come idea era
abbastanza originale. Quello che più che altro mi
preoccupava era l’effettiva
riuscita del piano messo in atto dal mio amico e rivale. Rivale
perché Shan-Pu
era ancora innamorata di Ranma, nonostante lui mi stesse aiutando
a conquistarla.
–Sì,
proprio una caccia al tesoro. Con tanto di biglietti in rima!-.
–Non
sapevo tu sapessi scrivere filastrocche, Ranma…-.
Lo
vedo tossire con aria seria e la cosa mi spaventa non poco.
–Ranma…non dirmi che hai spifferato il mio
segreto amore per Shan-Pu a qualcuno!-.
–Vedi Mousse…il tuo interesse per
Shan-Pu…ecco,
come dire…non è poi tanto
segreto!-.
Decisamente: quel giorno era destinato a
essere ricco di sorprese.
–In
che… senso?-.
–Ecco,vedi
Mousse…tutto il circo sa che sei segretamente innamorato
della bella contorsionista
cinese. Credo che tu abbia dato un
po’…uhm…nell’occhio, ecco!-.
Resto
allibito. Che ironia della sorte: tutto il circo sa del mio amore per
Shan-Pu
tranne lei! Se non si chiama sfiga
questa qui…
–Comunque per la caccia al tesoro ho chiesto aiuto
ad Akane: sai, ci sa fare proprio con le parole!-.
Akane?
Ma tu guarda…allora era vero quello che si diceva in giro
sul conto di quella
ragazza!
–Ah, ma non ti ho ancora rivelato la
parte migliore del piano!-.
Oh,
no! Quale altra sorpresa c’era in serbo per me?
–Che altro c’è ancora!?- chiedo
esasperato.
–E’
l’ultima fase del piano e la più importante:
l’appuntamento al buio!-.
Sbarro gli occhi sorpreso e sebbene
questi ultimi fossero nascosti dietro i miei spessissimi occhiali,
Ranma sembrò
notare la mia espressione stupita.
–U-un…ap-puntamento
al b-bu…io?-.
Sentivo
la testa esplodere come un vulcano e il viso andarmi letteralmente a
fuoco. Mi
ci vollero solo due secondi per capire che la mia non era solo una sensazione.
–Mousse,
ehi Mousse! Ti senti bene? Stai andando a fuoco!!Aspetta, vado a
prenderti dell’acqua…non
muoverti!-.
Sono
paralizzato. Dovevo ancora assimilare bene il significato di quelle
parole.
Pensandoci però forse era meglio che io non avessi
assimilato bene il
significato di quella frase. Sarei potuto finire ricoverato
direttamente in una
clinica o peggio…in un centro di assistenza psichiatrica.
Quando Ranma era
tornato con un bicchier d’acqua, io ero ancora in quella
posizione da guardia
inglese.
–Ehi,
Mousse…va bene che avevo detto di non muoverti,
però così mi sembra un po’
esagerato!-.
Alle
sue parole mi riscuoto.
–Che cosa…-.
–Sei
svenuto...credo che sia stato per quello che ti ho
detto…sai, dell’appuntamento
con Shan-Pu…-.
Sarei
svenuto di nuovo se non fosse stato per gli scossoni di Ranma nel
tentativo di
farmi riprendere. Si lo so: comportandomi in questo modo sembravo
davvero una
femminuccia, forse anche più effeminato di Ranma quando si
trasformava. Ma per
me era un colpo davvero troppo forte: insomma, secondo il piano del mio
amico,
io agli occhi della mia amata sarei passato da uno stadio di totale
indifferenza ad uno di profondo amore. Era un’ipotesi
improbabile, a mio
parere, ma non del tutto impossibile.
–E’
un piano infallibile:vedrai che in un
battibaleno Shan-Pu si innamorerà perdutamente di te!-.
–Se
lo dici tu…-.
In
fondo che cosa ho io da perdere?
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Capitolo 6 *** Caccia all'ammiratore ***
–Perfetto guys!
Come ben sapete manca poco ormai al big
spettacolo per questo pretendo il meglio da voi… but posso già dirvi che se
continuate così, faremo una great
impression con il pubblico! Bene,
adesso se volete avete il resto
della giornata libera! Enjoy yourself!-.
Ah, finalmente
una giornata libera! Non ne potevo più di numeri di
giocoleria, di
equilibrismo, di contorsionismo e cose simili.
Sia ben chiaro: amo il mio lavoro, per l’amor del cielo, ma
le prove
sono davvero estenuanti! Si, devo proprio ammetterlo: stavolta il
direttore ha
avuto davvero una brillante idea! Solitamente è un tipo a
dir poco stravagante:
se ne va sempre in giro con una palma sulla testa e indossa sempre
abiti hawaiani dai colori vivaci e sgargianti. Senza parlare
del suo intromettere continuamente vocaboli inglesi durante i suoi
discorsi!
Ma sinceramente adesso non voglio dilungarmi in considerazioni sul
direttore. Devo godermi al meglio questa giornata perché
chissà quando
ricapiterà un’occasione del genere!
Nel dirigermi
verso il mio camerino mi accorgo che intorno a me
c’è molto silenzio. Troppo
silenzio. Mi guardo attorno con
aria circospetta: a parte qualche ragazza che chiacchiera nei corridoi
o
qualche tecnico intento a controllare luci e riflettori, il resto del
circo
sembra vuoto. Solitamente c’è sempre un gran via
vai di ragazzi che corrono da
una parte all’altra del tendone e un continuo chiacchierare
di ragazze riguardo
moda, glamour, ultime tendenze e ragazzi. La cosa mi insospettisce non
poco,
tuttavia continuo a camminare per la mia strada.
Più volte
noto le occhiatine maliziose e trasognanti di alcune mie compagne: non
capisco
proprio cosa abbiano da guardare in quel modo. Ma anche in questo caso
mantengo
il mio buon sangue freddo e filo dritta in camerino.
Finalmente, dopo aver attraversato metto teatro, arrivo. Alzo il
tappetino, prendo le chiavi e le giro nella serratura. Appena entrata,
una
bustina rosa di carta colpisce la mia attenzione. A giudicarla
sembrerebbe una
lettera, ma ad un secondo esame noto che non vi sono scritti
né il mittente né
il destinatario. Incuriosita apro la piccola busta.
Non
è detto che i tesori
siano per forza oro, diamanti o gioielli. Io per esempio credo di aver
trovato
il più grande tesoro che un uomo possa bramare:sto parlando
di te che stai
leggendo questo messaggio. Voglio che tu sappia chi è il tuo
misterioso
ammiratore segreto, quindi dovrai trovarmi. Ma per trovare una persona
è
necessario cercarla, cercarla a lungo. Ecco il primo indizio. Segui
tutti gli
altri e sono certo che ce la farai. Buona fortuna.
–Ranma
vuole dichiararsi apertamente!- esclamo in preda alla
felicità totale.
I miei occhi cominciano a brillare e la mia mente a vagare: immagino
già
il nostro fidanzamento ufficiale, il nostro matrimonio e la marea di
bambini
che avremo in seguito. Di colpo mi risveglio e mi ricordo
dell’indizio.
Apro maggiormente la piccola busta finchè non scovo un
bigliettino
nascosto in un angolo. Lo tiro fuori e leggo:
Se
al prossimo indizio
desideri arrivare, un coraggio da leoni dovrai mostrare.
–…un
coraggio da leoni…- rifletto a voce alta finchè
un’idea non mi balena in
mente.
La gabbia dei felini!
Emozionata sto per uscire a cercare il prossimo biglietto. Quando
però
poggio la mano sulla maniglia della porta mi blocco. Mi do una veloce
occhiata
attraverso lo specchio appeso all’ingresso e mi rendo conto
di essere ancora in
body.
*Forse dovrei cambiarmi* penso fra me e me. Così afferro la
prima cosa
che trovo nell’armadio e scappo fuori.
Osservo
un po’ timorosa la tenda scarlatta davanti a me. Al di
là di quella tenda si
accede all’area riservata ai felini.
–Il prossimo
indizio è la dentro. Forza, Shan-Pu!- mi dico per farmi
coraggio e questo
metodo sembra funzionare. Scosto l’enorme tenda rossa ed
entro. Dentro è
completamente buio, tant’è che a malapena riesco a
vedere dove metto i piedi.
Ma non è il buio a spaventarmi, quanto piuttosto le presenze
che mi circondano.
Sento decine e decine di occhi puntati su di me e rantoli appena
soffocati.
–Accidenti, come lo
trovo adesso l’indizio con tutta questa oscurità?-
sussurro.
Un’ improvviso
ruggito mi fa sobbalzare. Per lo spavento perdo l’equilibrio
e cado. Che ironia
della sorte: fino a poche ore prima ero riuscita a tenermi in perfetto
equilibrio su una piramide di venti ragazzi e adesso era bastato un
semplice
ruggito a farmelo perdere. Se qualcuno mi avesse visto per me sarebbe
stata una
vera umiliazione!
*Maledetta
pantera!* impreco. In realtà non saprei dire se fosse stato
il ruggito di una
pantera, di una tigre o di una leonessa. Se c’era
un’esperta in materia, quella
era Akane che per fortuna non era lì in quel momento. Ero
troppo impegnata a
imprecare contro quell’animale ( leone, tigre o pantera che
fosse) per
accorgermi su cosa fossi caduta.
–L’indizio!- esclamo sorpresa
quando mi ritrovo fra le mani una busta. Il mio grido però
deve aver
infastidito non poco quei dannati felini che cominciano a ruggire in
preda
all’agitazione. Svelta mi alzo e mi dirigo velocemente fuori
da quella gabbia
di matti, nel vero senso della parola.
Una volta fuori, assicurandomi che nessuno mi veda, apro la busta e
tiro
fuori l’indizio.
Il
prossimo biglietto
troverai se il seguente enigma scioglierai: “La vertigine non
è la paura di
cadere ma la voglia di volare”.
Mi
soffermo a riflettere sulla parola “vertigine” e
deduco che voglia riferirsi a
un posto alto…e qui il luogo più alto che ci
possa essere è…
-…il trampolino di lancio!-.
Soddisfatta
per la mia brillante intuizione mi dirigo sulla pista principale, un
ampio
cerchio di colore giallo intenso, in netta contrapposizione con la
stanza buia
di poco fa.
Appena entro in pista una piacevole sensazione mi pervade tutto il
corpo: immagino il pubblico che fra meno di due settimane
siederà tra quegli
spalti, pronto a urlare ed acclamarmi per il perfetto numero che
eseguirò. Ah,
sì… e acclamerà anche i miei compagni,
certo questo è ovvio. Scuotendo la testa
torno a concentrarmi sulla mia “missione”: mi
guardo intorno finchè
un’altissima struttura d’acciaio non colpisce la
mia attenzione.
Mi
avvicino alla scala a pioli che mi avrebbe portato fino al trampolino e
inizio
a salire. Arrivata in cima, una busta azzurra mi salta subito
all’occhio.
–Bingo!-.
Con estrema attenzione cerco di tenermi in equilibrio
sull’asse di legno
fino ad arrivarne all’estremità,
dopodiché afferro la busta e torno indietro
con altrettanta cautela.
Finalmente a terra, scarto la busta e tiro fuori il bigliettino.
Se
vuoi trovare la giusta
strada, fatti coraggio e sguaina la spada!
Sguainare
la spada? Ma che cosa vuol dire? Forse che dovevo battermi in
duello…ma no, è
impossibile! Ranma non mi farebbe mai combattere in un duello con la
spada…al
limite potrebbe farmi giocare a freccette!
Mi
blocco. Freccette? Ma certo: la ruota delle spade! Si ma dove diavolo
la trovo
la ruota per il numero di mira con le spade?
–Ah,
finalmente sono arrivato! Dovevo avere la giornata libera e invece
hanno osato
chiedermi di compiere un insulso lavoro manuale! Chi sono io: un
semplice e
futile manovale? Trasportare un attrezzo del genere non è un
lavoro per
Tatewaki Kuno, 17 anni, campione internazionale di tiro con la spada!-.
Mi volto attirata dalle continue lamentele di Kuno e noto con mio sommo
piacere che l’attrezzo in questione era proprio quello che
faceva al caso
mio.
Come se si fosse accorto che lo stessi notando ( o meglio dire: che stessi notando l’attrezzo
perché per
me quel damerino da strapazzo vale meno ancora di quel tale Mousse!) si
volta
verso di me e col suo solito fare arrogante comincia a darsi delle arie.
–Oh, ciao Shan-Pu…cosa ci fai qui? Aspetta, non
dirlo: sapevi che sarei
venuto e mi stavi aspettando! Ammettilo: anche tu sei rimasta
abbagliata
dall’incommensurabile fascino di Tatewaki Kuno, non
è forse così?-.
–A dire il vero ero qui solo in qualità
di supervisore. Il direttore mi ha chiesto espressamente di controllare
che
fosse tutto in perfetto ordine in via dello spettacolo- lo freddo
acida. Ancora
mi stupisco io stessa di come in casi come questi io riesca a mentire
spudoratamente. Non per vantarmi ma questa è una delle
qualità che apprezzo di
più in me!
–Ah, certo..capisco- risponde lui come freddato dalle mie
parole, cosa
che effettivamente era appena avvenuta. Così per non mettere
ulteriormente a
rischio il suo orgoglio, Kuno decide saggiamente di lasciare la scena
con un:
“Beh, sono certo che ci incontreremo ancora mia cara
donzella…a presta mia
adorata!”. E eccezion fatta per la sua insulsa frase
altisonante e fuori luogo,
posso fermamente che quella sia stata la decisione più
saggia che il campione
di tiro con le spade abbia mai preso fino ad ora. Ritornata nuovamente
la sola
presenza in pista, mi catapulto letteralmente sulla ruota e proprio al
centro
trovo conficcata con un piccolo pugnale una busta rossa.
Manca
poco oramai…fai
venti passi verso sud e all’ultimo indizio arriverai
Soltanto
uno. Solo un altro piccolissimo indizio e avrei trovato Ranma ad
attendermi a
braccia aperte che aspettava solo me per potersi dichiarare
ufficialmente.
Questo
pensiero basta a darmi la carica per affrontare l’ultima
prova, così decisa
tento di orientarmi in direzione sud.
Il problema
adesso era: da quale prospettiva dovevo guardare? Volto
alternativamente la
testa a destra e a sinistra, poi anche in alto e in basso
finchè qualcosa non
mi lascia incantata. A terra, sul pavimento della pista, si crea
davanti ai
miei occhi un meraviglioso gioco di colori: luci e ombre si alternano e
si
mescolano tra loro. Ad un certo punto, a rendere ancora più
spettacolare quel
gioco di colori, appare l’ombra di un paio d’ali di
cigno che si protendono in
avanti. Le seguo con lo sguardo fino ad accorgermi che sono puntate
verso l’entrata
della pista circense.
–Che spettacolo…- non
posso fare a meno di sussurrare estasiata. E lentamente, come se non
volessi
interrompere tutta quell’atmosfera così
“magica”, faccio esattamente venti
passi nella direzione indicatami da quelle due ali. Arrivo in giardino
e mi
guardo attorno: a parte il caravan abbiamo i nostri camerini, in quello
spiazzo
non c’è praticamente nulla.
–E
adesso dove lo vado a pescare l’ultimo
indizio?- esclamo disperata. Disperazione che dura giusto un attimo
perché vengo
attirata da un delizioso profumino di pannocchia arrostita.
Istintivamente,
senza pensarci due volte, seguo quella deliziosa scia di profumo che mi
porta
fino alle cucine. Cercando di non farmi notare do una sbirciatina
all’interno:
la cuoca, una ragazza con lunghi capelli castani raccolti in una coda
chiusa da
un grande fiocco bianco, sta affettando minuziosamente alcuni
pomodorini
italiani che certamente faranno da contorno alla pannocchia che sta
arrostendo
in giardino. Per
un attimo dimentico l’indizio da cercare e mi concentro sul
lavoro della
ragazza che, se non vado errata, mi sembra si chiami Ukyo. Osservo la
nostra prendere
delicatamente i pomodorini e adagiarli su alcune foglie di lattuga
disposte in
modo circolare in un’enorme insalatiera.
Solo a guardare tutto quel
bene del Cielo mi viene l’acquolina in bocca! Anche
perché bisogna pur sempre
considerare che era già ora di pranzo, a giudicare
dall’orologio a muro che
segnava le 13 in punto.
Improvvisamente
mi ricordo della caccia e dell’ultimo indizio.
–Devo trovare il modo di far
uscire Ukyo dalla cucina così potrò infiltrarmi
dentro e perlustrarla. Ma sono
certa che non si allontanerà mai di sua spontanea
volontà…- rifletto fra me e
me. Sto pensando a una possibile soluzione quando sento le acute urla
della
ragazza in questione.
–Vai
via dalla mia cucina, bestiaccia! Non permetterti nemmeno di provare a
becchettare
una sola foglia di lattuga! Questo è il pranzo per gli
artisti, non per te! Maledetto
Mousse, è tutta colpa sua: lo sa bene che non deve lasciare
andare in giro da
sole le sue colombe! Ah, ma quando lo prendo…-.
Lo
spettacolo è a dir poco esilarante: una candida colomba
bianca cerca di
becchettare anche solo una foglia di insalata e Ukyo ,invano, tenta di
cacciarla via con la sua enorme e inseparabile spatola da cucina. Ad un
tratto,
come eseguendo un comando, la colomba scappa via in giardino e si
fionda sul barbecue
dove stanno arrostendo le pannocchie.
–Ah,
le mie pannocchie! Non vi azzardate,eh? Guardate che vi concio per le
feste!-
urla isterica la cuoca e agitando la sua
spatola nella speranza di mandar via l’uccello.
Approfittando
del momento mi infiltro nella piccola cucina e comincio a perlustrarla
da cima
a fondo finchè non trovo la fatidica busta colorata sotto la
cesta del pane.
Fulminea la prendo ed esco silenziosa, così come ero
entrata, giusto un attimo
prima che Ukyo tornasse soddisfatta alle sue faccende. Appostata dietro
un
cespuglio apro la busta e leggo l’ultimo indizio:
La
caccia è giunta al
termine. Questo è ormai l’ultimo biglietto: la
tappa finale è arrivare al
sottotetto…
Ci
siamo. E’ lì che mi sta aspettando
Ranma…non poteva scegliere un luogo più
romantico e appartato del sottotetto! Entusiasta ed eccitata come mai
prima d’ora,
mi alzo dalla mia scomoda posizione e torno nella tenda.
Intanto
la colomba bianca era sparita senza lasciare traccia. La cosa mi
insospettisce
un po’: è apparsa quando avevo bisogno di un
diversivo ed è scomparsa una volta
che avevo recuperato l’indizio. Che sia stato solo un caso?
Scuoto la testa
cercando di non pensarci troppo e torno a concentrarmi sulla caccia.
Tuttavia
non posso fare a meno di avere il sospetto che quella colomba fosse
stata inviata
appositamente da qualcuno.
Dopo
aver attraversato l’intero circo, finalmente arrivo al
sottotetto, la parte più
buia e appartata del tendone. Davanti a me c’è una
piccola porta. Deglutisco e
abbasso la maniglia. Lentamente entro in quella piccola stanza
completamente
buia.
–Ranma?-.
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Capitolo 7 *** Appuntamento al buio ***
Passeggio
nervosamente per la stanza finché non sento il cigolare
della porta. Sussulto.
Eccola, finalmente ci siamo.
“Mi
raccomando Mousse: fino
a quando lei non si sarà dichiarata apertamente tu non
dovrai proferire nemmeno
una parola: potresti spezzare l’atmosfera che si verrebbe a
creare. Siamo
intesi?” mi
aveva detto Saotome prima di andarsi ad appostare da qualche parte per
origliare. Perché lui si sarebbe messo ad origliare, poco ma
sicuro. Inutile
chiedergli ulteriori spiegazioni, tanto non sarebbe servito a
granché dal
momento che Saotome quando si spiega ottiene gli stessi risultati di un
libro
vecchio e stracciato.
Inizio
a sudare copiosamente, così cerco di asciugarmi con un lembo
della manica del
mio vestito bianco cinese. Do anche una veloce pulita ai miei grossi
occhiali
che intanto si erano appannati. Mi impongo di restare calmo almeno
questa
volta: mi sto giocando il tutto per tutto e se qualcosa
dovesse andare storto non me lo perdonerei
mai. E nemmeno lei credo.
E’
troppo buio per riuscire a vedere qualcosa, così ho giusto
il tempo di vedere
la sua figura apparire davanti alla porta prima che lei la richiuda
completamente
e tutto torni ad essere immerso nel buio. Non riesco a vederla ma sento
che si
sta avvicinando: non saprei dirvi però se questo sia un bene
o un male.
–Non posso
ancora crederci ailen…finalmente
un
posto tranquillo dove possiamo stare soli soletti senza che nessuno
possa
disturbarci-. Il suo tono è tra l’estasiato e il
seducente e questo per poco
non mi fa urlare di gioia, mandando all’aria “il
piano praticamente perfetto”,
così aveva ribadito più volte, che Saotome aveva
ideato “in ogni minimo
particolare”.
Mah,
a me dunque non resta altro che confidare in questo assurdo, seppur ben
curato,
piano.
Mentre cerco di ripassare
mentalmente tutti gli avvertimenti impartitimi poco prima dal mio amico, sento i nervi e ogni fibra del
mio corpo irrigidirsi improvvisamente. Shan-Pu si era letteralmente
avvinghiata
al mio braccio e stava strusciando la testa contro la mia spalla.
–Oh ailen, non sai da
quanto tempo ho atteso
questo momento…speravo che un giorno tu mi avessi portata in
un posticino
appartato mi avessi confessato il tuo
amore…perché è per questo che mi hai
fatta arrivare qui con quella caccia al tesoro, non è
così, ailen?-.
Mi
concentro sul suono melodioso della sua voce e in particolar modo su
quella
parola, ailen,
che nella mia lingua vuol
dire “amore mio”,che aveva ripetuto più
volte, quasi volesse farmela entrare in
testa e non dimenticare mai più.
Dire
che in questo momento sono al settimo
cielo probabilmente è troppo poco: diciamo pure che sento di
aver raggiunto il
Nirvana senza aver avuto il bisogno di attraversare
l’Ottuplice Sentiero. E’
difficile da credere, dal momento che la mia filosofia non è
buddhista, bensì
rigorosamente confuciana, però è
così.
Mi
risveglio dal mio torpore e realizzo che se voglio dimostrare a Shan-Pu
che
ricambio i suoi sentimenti, devo agire anch’io.
Così facendomi coraggio e
ingoiando un po’ di saliva la stringo più
forte al mio torace e immergo il viso nei suoi
capelli color lavanda: restiamo così per non so quanto
tempo…forse cinque,
dieci, quindici minuti o forse solo per pochi istanti…non
saprei dirlo con
chiarezza, so solo che quel momento sembra interminabile.
–Perché
ci hai messo tanto a dimostrarmi così apertamente quanto ci
tenessi a me?- mi
sussurra con quella voce soave che poche volte prima d’ora
avevo avuto
occasione di sentire, dato il suo carattere così
dannatamente freddo e
orgoglioso nei miei confronti.
Avrei voluto
risponderle che avevo provato un’infinità di volte
a dimostrarle quanto l’amassi,
che tutte quelle gaffe non erano altro che frutto di tentativi
affinché lei si
accorgesse di me o perlomeno mi degnasse di uno sguardo, se quello
fosse stato
chiedere troppo.
Ma non posso dirle
niente di tutto ciò perché il cuore mi si ferma
in gola non permettendomi
nemmeno di respirare.
Abbandonando
ogni pensiero e ogni tentativo di esprimere un discorso logico e
razionale, comincio ad accarezzarle i lunghi capelli,
lasciando che quei fili di seta violacea mi scorrano tra le dita e
spero in
cuor mio che quel momento non possa mai finire. Ma devo ricredermi
immediatamente quando la sento alzarsi sulle punte e avvicinarsi
pericolosamente alla mia bocca. In men che non si dica vengo travolto
dalla più
bella sensazione che io abbia mai provato in tutta la mia giovane e
patetica (
e sottolineo la seconda parola) vita. Due labbra sottili stanno
spingendo
contro le mie in un bacio dolce e sincero.
Regna così tanto silenzio attorno a noi che posso sentire
con chiarezza
il battito unisono dei nostri cuori.
Ad
un tratto mi chiedo se io non sia sbagliato tutto questo: in fondo
quell’appuntamento
e quella “caccia all’ammiratore” erano
stati organizzati da Ranma sebbene tutti
quei bigliettini li abbia scritti io di mio pugno. Magari domani
fingerà persino
di non ricordare nulla e continuerà a ignorarmi. Non dico
trattarmi come uno
zerbino perché sarebbe già qualcosa da parte
sua…significherebbe che almeno sa
della mia esistenza.
Ma
il mio dubbio svanisce improvvisamente così come mi
è arrivato: per una volta devo
fregarmene delle conseguenze e cogliere l’attimo. “Carpe diem!” direbbe Kuno, o
una cosa del genere: tanto quello chi
lo capisce quando parla.
Per
una volta devo lasciare il vecchio Mousse, quello sfigato, in un angolo
e
tirarne fuori un altro, quello menefreghista, quello che vuole dare una
svolta
alla sua vita e che vuole assaporare la vita in ogni suo attimo.
Quando
però sto per dischiudere le mie labbra e ricambiare al
bacio, qualcosa mi
spiazza completamente.
–Wo
ai ni, Lanma-.
In
quel momento in mondo mi crolla addosso e il mio Nirvana sembra
improvvisamente
essersi autodistrutto.
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Capitolo 8 *** Rivendicazioni (parte I) ***
Felice
come non lo ero mai stata in tutti i miei sedici anni, sgattaiolo via
dalla
stanza saltellando, mentre un sorriso soddisfatto si disegna sulle mie
labbra.
Avevo
appena baciato Ranma, Ranma Saotome. Insomma, avete idea di cosa
significhi per
me? Si era appena avverato il sogno che avevo immaginato per ben due
anni! Pardon: una
parte del sogno che avevo immaginato per ben due anni. Certo,
adesso la seconda fase è fidanzarmi ufficialmente con lui e
far morire d’invidia
tutte le ragazze del circo, in particolar modo quell’ acida,
insulsa, isterica
e vanitosa di Kodachi. Già immagino la sua faccia appena le
racconterò di aver
baciato il “suo” adorato Ranma!
*Calma,
calma, Shan-Pu…non devi farti prendere dalla foga del
momento: le migliori cose
vanno dette con la più totale
tranquillità, se si vuole che vadano
a segno* mi dico decisa, non potendo fare a meno però di
sorridere al pensiero
del bacio di poco prima.
–Ohohohoh ma tu guarda un po’ chi si vede!
Come mai non sei a civettare con qualcuno Shan-Pu? Erano forse
già tutti
occupati? Ahahahahah-.
–Parli
del diavolo…- esclamo fingendo di concentrarmi su
qualcos’altro, attirando così
maggiormente l’attenzione della cosiddetta “Rosa
Nera”.
–Che vuoi dire? Ti stai forse riferendo a me,
maledetta gatta morta?- mi risponde acida lei.
E…CVD, che sta per : Come Volevasi
Dimostrare.
–Chi
io parlare di te? E perché mai dovrei? Il tuo solo pensiero
mi rovina la
giornata!-.
–Avanti sputa il rospo
Shan-Pu! Lo so che mi stai nascondendo qualcosa e ti conviene parlare o
altrimenti…-.
–Altrimenti
cosa? Mi strozzi con il tuo nastrino da quattro soldi? Ma fammi il
favore: sai
dove te lo puoi mettere il tuo stupidissimo nastro?-.
–Aaah,
insulsa villana volgare! Sciacquati la lingua prima di pronunciare
anche solo
il mio nome!-.
Non
ricordo bene come né perché, ma io e quella
sottospecie di essere umano di
genere femminile cominciamo a litigare. Volano insulti,
maledizioni,parole di
scherno e chi più ne ha più ne metta
finchè non so per quale misterioso motivo
il nostro discorso animato finisce
sull’argomento che tanto stavo aspettando di esporre. Intanto
tutt’intorno a
noi si era venuta a formarsi una calca di persone tra acrobati,
giocolieri,
trapezisti, domatori e clown.
–Sei solo una
dannatissima gatta morta! Scommetto che non esiste nemmeno questo
fantomatico “ammiratore
segreto”: sarà stato solo un pretesto per metterti
al centro dell’attenzione
come sempre-. Mi stava provocando. Anzi, rettifico: mi aveva
provocata. Istintivamente sorrido beffarda.
–E
invece devo deluderti mia cara. Il fantomatico ammiratore segreto
esiste
davvero. E l’ho persino baciato se ci tieni a saperlo-.
Kodachi
sbarra gli occhi incredula mentre alcune goccioline di sudore ( potrei
giurarci!) cominciano a colarle dalla fronte. Tuttavia il suo orgoglio
le
permette di mantenere la calma e sfortunatamente anche il suo solito
tono acido
e canzonatorio.
–Ah
ma davvero? E si può sapere di grazia chi sarebbe questo
“misterioso”- e qui
mima il gesto delle virgolette con le dita- ammiratore?-.
Prendo
una pausa di qualche secondo, facendole rodere il fegato dalla
curiosità,
sebbene lei non desse a vedere. Lavorando con quella pazza totale ho
avuto modo
anche di conoscerla abbastanza bene per scoprire uno dei suoi punti
deboli: la
sete di pettegolezzo. Come d’altronde ogni altra ragazza e
almeno in questo può
essere considerata abbastanza “normale”.
–Il mio misterioso ammiratore mia cara Kodachi Kuno-
esordisco
perfettamente calma e con un pizzico di vanità nella voce-
altri non era che l’uomo
che io avevo sempre sognato.
Kodachi inarca un sopracciglio scettica. Anche il resto della compagnia
tende le orecchie e tiene in all’erta la lingua, pronta a
scattare al minimo
segno di pettegolezzo.
–Vuoi proprio
saperlo, Kodachi cara?- le chiedo
sarcastica
soffermandomi su quel “cara”. All’udire
la mia domanda il sorriso della
ginnasta si spegne e la sua faccia diventa seria.
–Certo…sono proprio
curiosa di sapere chi è lo sfortunato ad aver ricevuto un
tuo bacio, gatta
morta-.
–Ebbene,
lo “sfortunato”, come lo chiami tu, ovvero il mio
misterioso ammiratore altri
non era che Ranma, Ranma Saotome, proprio quel
Ranma Saotome. Ti dice niente?- le chiedo nuovamente sarcastica
impettendomi e
con le mani sui fianchi-.
Avrei voluto tanto che foste lì a
guardare la faccia della mia rivale. Prima bianca cadaverica, poi verde
dall’invidia
e infine rossa dalla rabbia.
–TUUUU!
COME HAI OSATO POGGIARE LE TUE VISCIDE LABBRA SU QUELLE DEL MIO ADORATO
RANMA!-.
D’accordo: forse avevo un po’ esagerato a provocare
Kodachi in quel modo, ma
non potete immaginare che piacevole soddisfazione ho provato
nell’osservare la
sua faccia cambiare colore di volta in volta! Certo adesso mi tocca
fare
acrobazie a salti mortali per sfuggire alla sua implacabile furia,ma
sapete
quanto me ne può fregare della sua ira? Niente di niente. In
fondo la capisco:
avevo baciato Ranma, Ranma Saotome, e non era da poco…quale
ragazza di questo
pianeta non desidererebbe baciarlo? Senza contare che era lo stesso
ragazzo a
cui aspirava la mia avversaria. Insomma, cosa si voleva chiedere di
più?
Mentre
io e Kodachi eseguiamo, una vera e propria “danza del
combattimento” volteggiando
lei con un nastro ed io con un paio di clavette, posso notare sotto di
noi un
brusio di voci e un correre agitato di qua e di là di
ragazzi e ragazze che
spargevano la notizia appena ricevuta. Tra la folla scorgo anche Akane.
Perfetto: due piccioni con una fava. In men che non si dica la notizia
giunge
anche alle sue orecchie dal momento che la vedo stringere i pugni e
andarsene
via stizzita. Intanto io continuo a lottare per altri buoni cinque
minuti con
Kodachi, poi convengo che quello strano combattimento era durato anche
fin
troppo, così con un colpo da maestra mi porto alle sue
spalle e la colpisco con
la clavetta in un punto vitale in modo da farla cadere a terra svenuta.
–Ah
peccato che è già finito lo spettacolo- commenta
un acrobata.
–Sì, a questo punto è meglio tornarcene
a fare
i nostri esercizi- concorda un domatore.
–Qui ormai non c’è più niente
da vedere- aggiunge un’equilibrista.
Così
a poco a poco la pista torna sgombera.
Un
brontolio allo stomaco mi avverte che non ho ancora pranzato,
perciò , dopo
essermi stiracchiata un po’, mi allontano in direzione della
sala da pranzo,
che si trova in un tendone a parte, nella speranza che a Ukyo sia
rimasto
almeno qualche avanzo. Prima di uscire getto un’occhiata a
Kodachi che sta
beatamente dormendo in mezzo alla pista.
–Ma
sì, che dorma un po’…male non le
può fare di certo!- e ridacchiando esco dal
tendone.
Girovago
un po’ nel giardino alla ricerca del tendone in questione,
quando mi ritrovo
davanti Ukyo che impugna la sua fedele spatola gigante.
–Sono
vere le voci che circolano?-.
–Non
so di cosa tu stia parlando, spatolona-
ribatto noncurante.
–Si vocifera che tu abbia baciato Ranma. E’
vera questa storia?-.
–Ah,
intendi quello? Certo che è
vera…perché hai qualcosa in contrario?- le chiedo
accigliata mettendomi in posizione d’attacco, già
sentendo odore di combattimento.
Si
un altro, ma che volete che differenza faccia per me? Anzi, se riesco a
battere
anche la cuoca, l’ultima rivale che mi resta da sconfiggere
è Akane. Tanto lo
so benissimo che, anche se non lo ammette e non lo ammetterà
mai, anche lei è
innamorata di Ranma.
–Certo che
ho qualcosa in contrario. Non permetterò a nessuna,
né tantomeno a te, di
portarmi via Ranma?-.
–Portartelo via? Ma se non sa nemmeno della
tua esistenza, per piacere! Torna ai fornelli, va’, che
almeno lì puoi renderti
utile-.
–Tornerò ai fornelli solo quando ti
avrò
battuta!-.
Povera
illusa. Lei, una semplice cuoca, crede di poter battere me, Shan-Pu, la
più
valida combattente della tribù delle Amazzoni. E va bene,
vuol dire che se ne
pentirà amaramente. Con un abile balzo mi scosto
all’ultimo secondo, prima che
Ukyo possa colpirmi con la sua spatola.
*Dannazione sono in svantaggio! Rispetto a lei
io posso servirmi solo delle mie mani…e della mia arte
circense, ma certo!*.
In un primo momento mi concentro solo a
schivare i colpi della mia avversaria ma successivamente, appena lei mi
porta
con le spalle al muro, poggio le mie mani sulle sue spalle e con uno
scatto non
privo di grazia ed eleganza mi porto alle sue spalle le assesto un
calcio che
la manda completamente al tappeto.
–E
un’altra è sistemata!- esclamo soddisfatta
asciugandomi il sudore col dorso di
una mano. Alzo lo sguardo verso il cielo terso: il sole splende
così forte che
devo portarmi una mano sugli occhi per non restare accecata.
–Preparati
Akane Tendo: la prossima sarai tu!-.
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Capitolo 9 *** Rivendicazioni (parte II) ***
Rabbia.
Tutto quello che provo in questo momento è solo e soltanto
rabbia.
Rabbia
per essere stato ingannato da quello che consideravo quasi un
mio amico.
Rabbia per aver
creduto come un babbeo a tutte quelle maledettissime frottole sul
“si
innamorerà di te a prima vista”, sul
“cadrà ai tuoi piedi, vedrai!”, sul
“ ti
darò io una mano”. Balle! S’è
visto come mi hai dato una mano, Ranma!
Ma
soprattutto quello per cui provo più rabbia è per
il fatto che la donna della
mia vita, la mia Shan-Pu, abbia sussurrato il nome di quel viscido,
maledetto,
ipocrita, bastardo di Ranma Saotome mentre mi baciava. Un attimo prima,
potrei
giurarci, toccavo il Nirvana con un dito e un attimo dopo quello stesso
Nirvana
si è auto-disintegrato riportandomi all’amara e
triste verità. Che schifo di vita!
E’ proprio vero che al mondo non puoi fidarti di nessuno,
nemmeno di te stesso perché
tanto, prima o poi, inevitabilmente anche quello che fino a un attimo
prima
avresti considerato il tuo migliore amico ti pugnala alle spalle. Non
che io
consideri Saotome il mio migliore amico, sia chiaro, ma per un giorno
ho avuto
almeno l’illusione di avere qualcuno accanto, qualcuno che mi
sostenesse e che
mi spronasse ad andare avanti. Ma evidentemente mi
sbagliavo…no, rettifico: Santo
cielo, se mi sbagliavo!
-Beh,
non serve a niente piangere sul latte versato, no? Quindi è
meglio che dimentichi
una volta per tutte Shan-Pu!- mi dico alzandomi in piedi scatto dalla
posizione
scomoda in cui mi trovo, accovacciato per terra con la schiena
appoggiata alla
porta.
Ci metto un po’ a comprendere le mi stesse
parole appena pronunciate.
Dimenticare
Shan-Pu?
Finora
ogni singolo momento della mia giornata l’avevo passato
rivolgendo il mio
pensiero alla mia coetanea cinese, non sfiorando minimamente
l’idea di un
possibile “prova a dimenticarla”. –No, no
e ancora no!- esclamo quasi sull’orlo
di una crisi isterica. –E’ matematicamente
impossibile che io riesca a dimenticare Shan-Pu così di
punto in bianco! Fino a
ieri le stavo dietro come un cagnolino e adesso cosa faccio? Me ne esco
con una
frase filosofica da Kuno Tatewaki della serie: “Dimentica
colei che è causa dei
tuoi dolori e delle tue sofferenze”? Ma se nemmeno io
credo!-.
Esasperato decido di andare ad allenarmi in
vista dello spettacolo e, perché no, anche per sbollire la
rabbia e schiarirmi
le idee: afferro così le chiavi poggiate
sul tavolo del camerino ed esco.
Attraverso
i numerosi corridoi della tenda ricambiando appena con un cenno della
mano chi
mi saluta di sfuggita, troppo affaccendato nei suoi lavori o a
riprendere gli
esercizi.
–Ehilà Mousse!
Allora, com’è andata con Shan-Pu? Mi devi
raccontare tutto, lo sai, vero?-.
Non mi degno neanche di girarmi
già sapendo di chi sia quella voce. Lui, spavaldo come al
suo solito, arriva e
mi da una pacca sulla spalla. Impulsivamente afferro il suo polso e
tolgo la
sua mano dalla mia spalla.
–Ehi,
ma che ti prende? Ah, aspetta: Shan-Pu ti ha piantato in asso, non
è così? E
dai, non prendertela: ci saranno altre mille occasioni e io
sarò ben felice di…-.
–Tu non
farai proprio niente!-gli sbraito furioso. Generalmente sono un tipo
che tende
a mantenere la calma e a trovare sempre una via
di dialogo per chiarire eventuali fraintendimenti. Beh,
sappiate che questo
non è il caso.
–Ehi,
si può sapere che hai oggi? Se hai qualcosa da dirmi sei
pregato di farlo senza
troppi misteri!-.
–Cos’ho?
Tu hai anche il coraggio di chiedermi cos’ho? Se
sono sprofondato
nel baratro della depressione e se il mio Nirvana si è
praticamente
auto-distrutto è solo colpa tua!- continuo a sbraitargli
afferrandolo per la
collottola.
–E
cosa c’entro io con la tua depressione e con Shan-Pu?Credi
forse che io stia
cercando di soffiartela via?-.
Ed
ecco la goccia che fa traboccare il vaso.
–L’hai già fatto lurido
bastardo!-.
Da
qui inizia una vera e propria lotta all’ultimo colpo: pugni e
calci si
susseguono senza tregua.
–Mi dici cos’hai contro di me, eh?-.
–Zitto e combatti!-.
–Adesso
mi hai stancato, stupida talpa!-. Mi tira un pugno tanto forte da far
volare
via gli occhiali. Perfetto: adesso oltre che rimbambito sono anche
completamente cieco! Senza occhiali non vedo a un palmo dal mio naso!
La
potenza del pugno, oltre che mandare letteralmente in orbita i miei
occhiali,
mi manda completamente al tappeto e così nel giro di qualche
secondo mi ritrovo
steso per terra e con un livido sulla guancia.
La
potenza di un pugno.
La potenza di un pugno
da parte di un combattente di arti
marziali, per essere precisi. Ma quanto posso essere stupido
in una scala
da uno a dieci? Forse dieci proprio no: sarebbe toppo poco.
Perché, dico io,
non mi faccio gli affari miei e mi limito a far sbucare fiori dalle
maniche e
colombe dai cappelli?
A stento cerco di rialzarmi in piedi tenendomi
con una mano la guancia dolorante.
–Non so perché tu ce l’abbia
tanto con me. Se ti è andata male con Shan-Pu la colpa non
è mia: io ho solo
cercato di aiutarti. Se proprio non i si fila, vuol dire che non
è il tipo per
te e che perciò devi dimenticarla-.
Ascolto
attentamente ogni singola parola trovando che talvolta parole come
quelle siano
ben più dolorose di un pugno in piena faccia.
–E adesso
scusami, ma devo andare a provare- mi dice freddamente raccogliendo due
secchi
d’acqua fredda trovati per caso vicino alla gabbia degli
elefanti indiani.
Lo guardo allontanarsi e intanto
penso che forse quei secchi d’acqua non saranno mai tanto
freddi come le sue
parole.
Arrabbiato
con me stesso e con Ranma comincio a correre in una direzione non ben
definita…alla
cieca potrei dire. In un altro momento forse mi sarebbe anche scappato
un
sorriso per l’auto-ironia puramente casuale, ma non in
quello. Non mi importa
dove sto correndo: qualsiasi posto va bene purchè stia da
solo. Sono così preso
dalla rabbia che non mi rendo nemmeno contro cosa, o meglio chi, mi sono scontrato.
–Ehi
guarda dove vai, idiota!-.
–Scusami, non ti avevo vista,mi
dispiace! Il fatto è che quando non ho gli occhiali sono
completamente cieco!-.
–Mousse?-
sento pronunciare con esitazione dalla ragazza.
–Shan-Pu?-
rispondo anch’io, altrettanto incredulo per il semplice fatto
che dopo tre anni
lei mi abbia rivolto la parola.
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Capitolo 10 *** Maledetta gelosia ***
Lo
fisso negli occhi, in quelle due pozze verde acqua. Cerco di
distaccarmi da
quello sguardo ma è così magnetico che non ci
riesco: per un attimo o la
sensazione che non ci sia nessun altro oltre noi…o forse, a
ben pensarci, non è
soltanto una mia sensazione. Sono
così attratta dal suo sguardo che dimentico completamente
che cosa dovessi fare
e perché mi stessi dirigendo verso la gabbia dei felini.
Poco importa: se l’ho
dimenticato vuol dire che poi non era così
importante.
Dopo
un po’ mi riprendo e mi rialzo, assumendo di nuovo il mio
aspetto fiero e
composto.
–Dovresti stare più
attento a dove metti i piedi- gli rimbecco acida.
–Si
hai ragione ma vedi: senza occhiali non vedo assolutamente niente!-
ride lui
grattandosi dietro la testa imbarazzato. Poi si guarda intorno come in
cerca di
qualcosa, probabilmente dei suoi preziosissimi
occhiali finchè soddisfatto non si allarga in un sorriso:
–Eccoli!- esclama d’un tratta precipitandosi a
recuperarli e ad
indossarli.
E’ incredibile come Mousse talvolta riesca a spiazzarmi con
il suo modo
di fare così semplice e ingenuo: insomma, dopo avergli detto
implicitamente di essere
una completa talpa mi sarei
aspettata una qualsiasi reazione da lui, non so…che si
mortificasse, che mi
chiedesse scusa a testa bassa, che se ne andasse depresso…ma
che si mettesse a
ridere come se avessi fatto una battuta, mai!
–Beh, allora se sai di perdere gli occhiali
così spesso faresti meglio a metterti un paio di lenti a
contatto!- rispondo,
se possibile, ancora più acida di prima. In
realtà il motivo per il quale gli
avevo detto quelle cose era perché ero rimasta letteralmente
ammaliata dai suoi
occhi magnetici ma naturalmente questo io non potevo dirglielo per il
semplice
fatto che ne sarebbe andato del mio onore: che figura mai ci avrei
fatto
davanti a Mousse? Sicuramente sarei apparsa come una qualunque
ragazzina
fragile, cosa che, come avrete ben capito non sono. La soluzione
migliore mi
sembra quindi girare i tacchi e andarmene ma proprio quando sto per
voltargli le
spalle, una fastidiosissima voce all’altoparlante quasi mi
sfonda un timpano,
se non entrambi.
–Hello guys! Vi informo
che oggi si terrà
una riunione speciale di tutto lo staff, quindi vi pregherei right now di raggiungermi sul retro del
tendone. Ho una beautiful surprise
per voi!-. Con un rumore alquanto stridulo la comunicazione si
interrompe.
–Fantastico:
adesso che diavolo vorrà da noi quell’idiota di un
direttore?- impreco ad alta
voce senza rendermene conto, tant’è che ricevo
inaspettatamente una
risposta.
–Beh,
credo che la cosa migliore da fare per scoprirlo sia fare quanto ci ha
detto!-mi
sorride Mousse per poi avviarsi verso il cortile sul retro del
capannone. Per
un attimo sento una piacevole sensazione al cuore, ma dura solo un
attimo, per
l’appunto, perché subito il mio orgoglio torna a
farla da padrone. Io sono
Shan-Pu, fiera esponente delle amazzoni cinesi e non
c’è spazio per sentimenti
come la fragilità e la pena. Perché quello che ho
sentito poco fa per Mousse è
stata solo pena, giusto?
Ne sei proprio sicura? ritorna
a sussurrarmi quella vocina che ormai da un po’ non si faceva
sentire.
–Si…solo pena- affermo decisa a me stessa come per
autoconvincermene, poi lo seguo fin dietro
il cortile.
Una
volta riuniti tutti il direttore prende parola, stranamente stavolta
senza
troppi giri di parole: la cosa deve essere proprio seria allora!
-Ragazzi oggi voglio
presentarvi un new membro della
nostra grande family: come on, Xiwan!-.
Una ragazza sui sedici anni, con un vestito
blu tipicamente cinese, gli occhi castani e lunghi capelli
neri raccolti in due chignon
avanza timidamente verso il palchetto di legno allestito per gli
annunci
importanti.
-Ragazzi vorrei presentarvi Xiwan: viene dalla Cina e ha la
capacità di leggere il pensiero e l'animo delle persone. Vi
prego di trattarla very
good in quanto nuovo membro della compagnia e
di farla sentire perfettamente a suo agio-.
–Wow, che carina!- esclamano Hiroshi e Daisuke
all’unisono. Solita frase da poveri single in astinenza da
ragazze: nessuno se
li fila quei due.
–Graziosa
fanciulla che tu possa essere benvenuta in questa nostra grande
famiglia, dove
vige il rispetto reciproco tra ogni individuo…detto questo
sarei ben lieto di
uscire con te, fanciulla dal cuore casto e innamorato! Lo so, non
c’è bisogno
che tu proferisca parola: da quando i nostri sguardi si sono
incrociati, ho
capito che io e te eravamo destinati a…-.
Ed
ecco che Kuno aveva fatto come suo solito gli onori di casa: tsk,
esibizionista!
E’ convinto che tutti gli sguardi delle ragazze siano
costantemente puntati su
di lui e naturalmente anche Xiwan non fa eccezione…poverina:
è neanche arrivata
e già deve sorbirsi i vaneggiamenti di Kuno Tatewaki! Non
vorrei essere proprio
nei suoi panni… Osservandola meglio però mi
accorgo che la sua attenzione è
rivolta da tutt’altra parte, come se qualcosa avesse attirato
la sua attenzione…seguo
con lo sguardo la traiettoria del suo, fino ad accorgermi
dell’oggetto della
sua attenzione. MOUSSE!? Un moto di stizza mi attraversa senza
però che io ne
sappia il motivo.
Sposto alternativamente lo sguardo da
Mousse ad Xiwan e viceversa: con mia grande sorpresa noto che anche lui
sembra
non riuscire a staccarle gli occhi di dosso. Sebbene indossi i suoi
spessissimi
occhiali da vista, io so che in realtà lui la sta fissando:
non c’è bisogno che
Mousse si tolga gli occhiali per capirlo. E la sta fissando anche molto
intensamente, aggiungerei.
E la cosa non mi
piace, non mi piace per niente.
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Capitolo 11 *** Colpo di fulmine ***
POV
MOUSSE
-Bene
guys: ho detto tutto quella che
avevo
da dire a you…tornate
pure alle
vostre occupazioni e ai vostri exercises!
Forza! Forza!- esclama il preside battendo le mani.
–Ah, quasi dimenticavo:
naturalmente la nostra nuova amica avrà bisogno di qualcuno
che le mostri un
po’ quest’ambiente tanto nuovo per
lei…c’è qualcuno che si offre
volontario?-
In men
che non si dica una marmaglia di giovani acrobati, atleti ed
equilibristi in
preda ad una crisi ormonale si fiondano ai piedi del piccolo palco in
legno.
–Ehi
Xiwan se vuoi io posso farti da guida!- esclamò uno.
–Fatti da parte
amico, c’ero prima io che mi ero offerto di fare da guida a
Xiwan!-
–No, io!-
–No io!-
Urla e schiamazzi si alzano tra la calca di ragazzi che cerca di fare
la
corte alla nuova arrivata. –Per favore manteniamo la calma!
E’ ovvio che
nessuno più del sottoscritto Tatewaki Kuno, 17 anni,
è degno di accompagnare
questa giovane e splendida fanciulla alla scoperta dei più
arcani segreti
dell’arte circense!-
E
ti pareva se poteva mai mancare lui, il maestro della più
pura e semplice modestia? Ovviamente no.
Mi
volto a destra e a sinistra e con mia grande sorpresa realizzo di
essere
l’unico ragazzo a non essersi offerto a Xiwan come guida.
Beh, a dire il vero
anche Saotome se ne sta appoggiato, poco più lontano, al
tronco di un albero
con le mani in tasca e un aria annoiata sulla faccia quasi come volesse
dire “Che branco di
idioti!” (e
effettivamente non posso dargli torto), ma come avrete ben capito,
quello non è
proprio il tipo che si possa definire completamente un
“ragazzo”. Morale: Ranma
Saotome non fa testo, o almeno in situazioni come questa. Volto ancora
lo
sguardo sperando di non essere effettivamente l’unico tra i
ragazzi a essere
rimasto perfettamente lì dov’era, quando incrocio
lo sguardo magnetico di Shan-Pu:
lei stava fissando…me?
No,
sicuramente la sua attenzione è rivolta a
quell’essere di sesso ancora ignoto
che è alle mie spalle. Mi giro: lui è sparito.
Ritorno a guardarla negli occhi:
che cos’è quell’espressione intensa che
mi sta rivolgendo? Tristezza? Rabbia?
Malinconia? Gelosia? Senza
rendermene
conto inizio ad avanzare verso di lei ma non faccio nemmeno due passi
che mi
sento tirare leggermente per il polso. Una mano bianca e sottile mi sta
stringendo
e un paio di occhi castani e luminosi mi stanno fissando candidamente.
–Saresti così gentile da farmi da guida del campo?
Sai, per me quello
del circo è un mondo del tutto nuovo e ho bisogno di
qualcuno che mi mostri
ogni angolo del campo e mi insegni tutti i trucchi del mestiere!- ride
lei
mostrando una fila di denti bianchi e splendenti. Devo ammettere
però che è
proprio carina!
–Ehm…certo,
ma perché proprio io?-
–Oh,
beh…ho pensato che dal momento che tu sei cinese, per me
sarebbe stato più
facile ambientarmi e socializzare con il resto del gruppo!-. Annuisco:
in effetti
non ha tutti i torti: è già difficile ambientarsi
in un posto per lei del tutto
nuovo, figurarsi con qualcuno di completamente estraneo a lei alla sua
cultura
–Oh,
in questo caso sarò ben lieto di aiutarti!- rispondo con
gentilezza. Tutto
sembra procedere liscio, peccato che io abbia dimenticato un piccolo e insignificante particolare: Shan-Pu era
rimasta lì a fissarmi per tutto il lasso di tempo durante il
quale io avevo scambiato
quelle due parole con Xiwan. Faccio per seguirla ma lei in un attimo
sparisce
tra gli acrobati che si affrettano a
rientrare nel capanno. Perfetto, se prima non mi considerava, adesso
per lei
sarò del tutto inesistente. Bravo Mousse, ottima
mossa. Davvero geniale!
–Qualcosa
non va?- mi chiede una flebile voce alle mie spalle. Con un sonoro
sospiro mi
volto verso Xiwan e scuoto la testa, sorridendole. –Tutto
bene. Andiamo.- le
rispondo iniziando a incamminarmi verso l’interminabile fila
di caravan dove
alloggiamo. Durante il tragitto parliamo del più e del meno,
dei nostri
interessi, della nostra patria in comune e di come abbiamo deciso di
entrare a
far parte del misterioso e affascinante mondo del circo. -Io ho deciso
di apprendere l'arte circense perchè ero stanca della mia
solita vita. Volevo essere libera, indipendente, cercare la mia
strada...e tu, invece? Perchè sei diventato un
acrobata?-
-Beh, in realtà sarei un prestigiatore. Fin da piccolo ho
sempre amato gli spettacoli di magia e così ho deciso di
cimentarmi in quest'arte- rido imbarazzato, ma a lei sembra non
convincere tanto la mia risposta. -Solo per questo? Perchè
ti affascinano i giochi di prestigio?-. Erano poche ore che ci
conoscevamo, forse appena un paio, eppure Xiwan sembrava già
conoscermi da tutta una vita. -Avevo bisogno di denaro, la mia famiglia
aveva bisogno di denaro e da sola non ce l'avrebbe mai fatta a
sostenere le spese per la terra, il bestiame e la casa. Sai, la mia
è una famiglia di contadini che vive ai piedi del
monte Tai quindi non era granchè benestante,
così, quando
un giorno giunse la compagnia degli "Acrobati mendicanti, o
come si faceva chiamare allora, decisi che sarei partito insieme a loro
in giro per il mondo. Senza di me, di certo la mia famiglia avrebbe
avuto una persona in meno da mantenere e io mi sarei potuto procurare i
soldi necessari per conto mio. In un certo senso, forse, anch'io come
te cercavo l'indipendenza, ma a differenza tua quello non era il mio
problema principale-.
Calano fra noi istanti di silenzio.
-Quindi tu hai lasciato la tua famiglia per il loro stesso bene?-
riprende lei dopo un po'.
Annuisco, non avendo altro come rispondere.
-E' stato un gesto molto nobile e altruista da parte tua: mettere da
parte il proprio futuro per quello della propria famiglia credo sia
quanto più bello un figlia possa fare per i propri genitori.
Sono certa che loro sono orgogliosi di te...-
-Mousse. Mi chiamo Mousse-mi affretto a dirle. Che idiota, in tutto
quel trambusto non mi ero nemmeno presentato.
-...Mousse- ripete lei sorridendomi altrettanto.Continuando a
chiacchierare, mi sorprendo non poco
quando scopro che Xiwan è una sensitiva e ha persino la
capacità di leggere e comunicare con il
pensiero.
–Davvero puoi
leggere nella mente?- le chiedo sorpreso, mentre ci fermiamo davanti ad
uno dei
camerini.
–In realtà io leggo nell’anima
delle persone. Riesco a capire ciò che provano, che sentono,
se soffrono, se
sono felici…e anche se sono innamorati.- A queste parole
abbasso
involontariamente lo sguardo.
–E’
per quella ragazza, vero?-. Lo rialzo pochi istanti dopo, visibilmente
confuso
alle parole della ragazza di fronte a me. –E’ per
quella ragazza che stai
soffrendo così tanto, dico bene? Quella di poco fa, con i
capelli lunghi e color lavanda. E' per lei che la tua anima si sta
struggendo? Sei innamorato di lei ma lei non ti ricambia, ho forse
sbagliato?-. Sgrano gli
occhi e sebbene questi si nascondano dietro un paio di spesse lenti
buffe e bianche,
Xiwan sembra riuscire a percepire il mio stupore.
–Sono
una sensitiva, ricordi?- mi dice sorridendomi e istintivamente sorrido
anch’io,
sebbene la mia espressione trapeli un po’
d’amarezza. Mi accascio per terra e
lei mi raggiunge subito.
–Sì è per lei. Ma non
può funzionare: lei è innamorata di un altro,
quindi è meglio che me la tolga dalla
testa… -
–Diglielo allora-
Mi giro a guardarla.
–Dirlo…a
chi?-
–Al
tuo cuore- mi risponde innocentemente lei, come se fosse la cosa
più naturale
del mondo. –Per quanto tu possa riuscire a convincerti di
volertela togliere
dalla testa, non riuscirai mai a convincerti di toglierla dal tuo
cuore-.
Sbatto
le palpebre un paio di volte: wow, nessuno mi aveva mai psicanalizzato
così
prima d’ora, nemmeno io stesso! –A patto
che…- lascia la frase in sospeso lei,
catturando nuovamente la mia attenzione.
–A
patto che…?- la incito io.
Prende
una pausa di qualche istante. –A patto che tu non voglia
darti una seconda
opportunità-.
Lentamente
mi sfila gli spessi occhiali, senza i quali non riesco a vedere ad un
palmo dal
mio naso, e se li poggia sulle lunghe e sottili gambe nivee.
–Lascia che
qualcuno si prenda cura di te, Mousse. Lascia che sia io
a prendermi cura di te-.
Prima
che potessi però chiedere il senso di quella frase, vedo che
le sue labbra si
poggiano sulle mie in un bacio semplice e delicato. Non so il
perché, né tantomeno
voglio tentare di spiegarmelo, ma chiudo gli occhi, la prendo per le
spalle e l’attiro
verso di me, abbracciandola. Oggi, in questo preciso istante, ho capito
fin
dove può spingersi la disperazione di un uomo. La
disperazione di un uomo innamorato.
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Capitolo 12 *** Perchè tanto interesse per quella talpa, eh Shan-Pu? ***
POV
SHAN-PU
Ma
beh, certo, mi sembra chiaro: adesso vorresti forse farmi credere che
tra te e
quella… sciacquetta da
quattro soldi c’è
del tenero? Ma fammi il piacere!
Sicuramente
non mi sono resa conto di aver espresso i miei pensieri ad alta voce,
altrimenti non mi sarei stupita più di tanto nel vedere le
facce sconvolte
degli altri membri della compagnia nel passarmi davanti.
–Che
diavolo avete da guardare voi, eh?- sbotto acida con chiunque mi getti
anche
solo apparentemente uno sguardo da “questa-qui-è-matta-da-legare”.
Non ho idea del motivo per cui mi senta così
nervosa e irritata, fatto sta
che di certo non ha nulla a che vedere con la scena che mi si
è parata davanti
pochi minuti fa. No, no di certo. D’altronde, sarebbe
veramente inconcepibile (oltre
che impensabile!) che io mi senta così frustata, angosciata,
irritata e
imbestialita ( e aggiungo che sono stata anche piuttosto fine
nell’utilizzare
tale termine) a causa di…Mousse.
Mi
fermo un attimo, con ancora in mano la pezza per lavare a terra, e
ripenso a
quanto accaduto solo pochi minuti prima.
Quel
giorno il direttore aveva deciso che ognuno di noi dovesse interrompere
la
propria attività e contribuire a mettere in ordine quella
vecchia catapecchia
che, ormai, stava cadendo a pezzi: il telo del tendone ormai era
vecchio e
consunto ma a questo problema c’avremo pensato poi.
Il direttore aveva deciso
che ognuno si sarebbe occupato di un’area: ad Akane spettava
ripulire la gabbia
dei felini, a Ukyo mettere ordine alla cucina e al refettorio
(nonostante il
nostro budget fosse limitato, comunque sì, potevamo
permetterci anche un
refettorio) e a me toccava lucidare il palco principale. Tutti gli
altri si
sarebbero dedicati chi al giardino, chi ai vari camerini, chi agli
spalti.
Io,
come mio solito, stavo per fatti miei, finche qualcosa non
colpì la mia
attenzione: una penna bianca. –Che diavolo ci fa una penna
qui?- avevo detto
fra me e me, ma la risposta non era tardata ad arrivare quando, alzando
lo
sguardo, avevo notato un colomba bianca appollaiata sulla fune dove
generalmente si esibivano i nostri funamboli. Ora, quello che aveva
colpito la
mia attenzione non era tanto il fatto che ci fosse una colomba
appollaiata su
una corda, quanto il fatto che ci fosse lì proprio quella colomba. E sì,
perché io avevo la netta sensazione (e sono
rare le volte in cui il mio sesto senso si sbaglia: oltre che
contorsionisti,
la mia famiglia vantava anche generazioni di combattenti di arti
marziali) di
aver già visto quel candido uccello. Come se avesse
avvertito il mio sguardo,
la colomba spiccò il volo e si precipitò fuori
verso il giardino. Chissà perché,
per mia grande disgrazia, quel giorno
avevo deciso di abbandonare la mia monotona e tranquilla vita da
“mi faccio gli
affari miei e vivo cent’anni” e seguire il piccolo
uccello, sicura del fatto
che era proprio quello il suo intento. Inizio dunque a correre temendo
di
perderlo di vista, ma a ben pensarci, forse, era meglio così
perché la scena
che mi si era parata davanti aveva riscosso in mete un moto di stizza.
O forse
di…gelosia? No, nel modo
più
assoluto: non potevo credere di provare gelosia nei confronti del mio
coetaneo cinese
dalla tunica bianca e dagli occhiali a fondo di bottiglia.
Mousse
teneva le mani sulle piccole spalle di Xiwan mentre lei aveva le sue
intrecciate dietro la nuca dell’altro. Si stavano baciando e
lui non sembrava
nemmeno tanto dispiaciuto dalle attenzioni
di Xiwan. Credo di aver stretto così forte un pezzo del muro
dietro il quale mi
ero appostata da farmi venire le nocche bianche e doloranti.
–Stupido, stupido
Mousse!- avevo imprecato fra i denti, tuttavia ero certo che lui mi
avesse
sentito ugualmente perché poco dopo si era staccato piano
dalla sciacq…da Xiwan e
mi aveva rivolto un’occhiata
di sfuggita. E’ stato proprio in quell’istante che
mi sono voltata e ho
iniziato a correre mentre le lacrime rigavano le mie guance. Doveva
essermi
entrato qualcosa nell’occhio, dannazione e adesso mi bruciava
da morire. Prima
di rientrare mi ero strofinata più volte l’occhio
e le guance: qualunque fosse
il motivo per il quale le mie lacrime avessero lasciato la loro
naturale sede,
io restavo pur sempre la fiera e composta Shan-Pu e a Shan-Pu le
lacrime non si
addicono.
Ed
eccomi qua. A ripensare per l’ennesima volta a quella
patetica scena e a
rodermi altamente il fegato. Per cosa poi? Per aver visto una stupida
talpa mentre
baciava senza ritegno un’insulsa ragazzina di sedici anni?
Sì
ma quella ragazzina
non eri tu, mia cara…
Grazie
mille coscienza. Grazie mille di sottolineare il concetto ancora una
volta,
come se l’auto-lesionismo non fosse mai abbastanza per me. Ma, in fondo, che cosa dovrebbe
importarmene? Non capisco nemmeno io il motivo di tanta apprensione nei
confronti di una persona che vale poco più di uno zerbino.
Non lo considero come amico, figuriamoci come un fidanzato! Che stia
con chi vuole quella dannata talpa...anzi, tantomeglio che si sia
trovato una fidanzata: può darsi che così mi
lascia in pace una volta per tutte.
Ma chi vuoi prendere in giro? Tu
sai di avere un disperato bisogno di lui.
Ha
inizio, dunque, da questo momento, una vera e propria battaglia
interiore. Cerco con tutte le mie forze di mettere a tacere quella ben
nota vocina che ogni tanto torna imperterrita a farsi risentire, senza
però ottenere risultati. "Piantala" sbotto improvvisamente
"che cosa vuoi saperne tu di me?". Grandioso: ora ci mancava solo che
mi mettessi a parlare da sola. O meglio, con me stessa.
Tesoro, non a caso sono la tua
coscienza! So meglio di te cosa provi e per chi...piantala allora di
nasconderti dietro uno specchio: quello che vedresti sarebbe solo la
tua immagine riflessa.
La
mia immagine...riflessa? Davanti a me appare nitido il volto di Ranma:
i lineamenti marcati e perfetti, la curvatura dei muscoli, la fronte
imperlata di sudore, il sorriso spavalto e vincitore di chi sa come
conquistare una donna. Ma in effetti nulla di più oltre che
un' idolatra adorazione adolescenziale.
Adesso prova a chiudere gli
occhi e dimmi la prima cosa che ti viene in mentre se dico la parola
"acqua", poi pronuncia il suo nome...
Chiudo
gli occhi come suggeritomi dalla voce interiore e inspiro
profondamente.
-Mousse...-. Sbarro gli occhi e mi premo la bocca con entrambe le mani,
pur sapendo che non c'erano altri che me in quel tendone e ammesso che
ci fosse qualcun altro, avevo pronunciato in un così flebile
sussurro quel nome che nessuno avrebbe potuto, anche volendo,
sentirmi.
No, non posso averlo detto sul serio...non posso aver pronunciato il
nome di Mousse! -
Invece
l'hai fatto, mia cara. E io l'ho sentito forte e chiaro!
-Taci
tu!- urlo improvvisamente, guadagnandomi l'ennesim sguardo scioccato di
un acrobata che, guardacaso, passava di là proprio in
quell'istante. Per tutta risposta gli rivolgo un'occhiataccia
fulminante tale da fargli avanzare il passo e sparire dalla mi vista.
Mi massaggio le tempie con movimenti circolari ed espiro pesantemente.
-Ok, credo che se non la pianto immediatamente di dare di matto, prima
che finisca questa giornata mi verrano a prendere con le camice di
forza.- dico rivolta più a me stessa che alla mia coscienza,
la quale in quei frangenti era diventata una vera e propria
interlocutrice.
Sospiro
stancamente e getto di malavoglia lo strofinaccio nel secchio ancora
ricolmo d’acqua.
– Per oggi basta così, Shan-Pu- mi dico poco
convinta –Hai bisogno di mettere
la testa a posto. E chissà…forse anche il cuore-.
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Capitolo 13 *** Cambiare? ***
POV
MOUSSE
Sono
perfettamente
consapevole del fatto che Shan-Pu mi abbia visto mentre baciavo
Xiwan…o meglio:
mentre lei baciava me. Forse in un altro momento mi sarei alzato di
scatto e
l’avrei seguita. E invece stavolta no, non mi sono mosso di
un centimetro, ho
lasciato che lei corresse via infuriata.
–Perdonami Mousse…io non…non so che
cosa mi sia preso!-
Ritorno
a rivolgere la mia attenzione sulla ragazza accanto a me, la quale,
intanto, si
era bruscamente spostata di qualche centimetro, coprendosi il viso con
le mani.
–Xiwan…va
tutto bene, davvero. Se io non avessi voluto, mi sarei tirato indietro
per
primo-.
–Che…che cosa
vuoi dire?- mi chiede confusa, tentando goffamente di asciugarsi le
lacrime con
un lembo del kimono.
–Voglio dire che tu…tu mi piaci molto, Xiwan,
e…mi chiedevo se tu non
volessi iniziare qualcosa di più profondo oltre una semplice
amicizia…-
Realizzo solo dopo qualche secondo che quello che ho appena detto mi
avrebbe messo al centro di un vortice di pettegolezzi, se non
addirittura in un
mare di guai, più di quanto io non ne fossi già
dentro. Ma, come ho già detto, un
uomo disperatamente innamorato non ha limiti e spesso commette
errori ritenendo di fare la cosa
giusta. Il mio caso è proprio questo: costruire una
relazione che non una donna
sperando di dimenticare l’altra. Un’emerita
cavolata, lo so, ma ho forse altra
scelta? Xiwan, in fondo, è carina, dolce,
premurosa…ed è innamorata di me,
soprattutto. Forse con il tempo potrei anche riuscire a togliermi dalla
testa
Shan-Pu e porre fine, una volta per tutte, ai miei atti di
masochismo/auto-lesionismo.
–Io…non so
davvero cosa dire- balbetta lei, incerta.
–Mi serve solo che tu mi dia una risposta…prenditi
pure tutto il tempo
che ti serve, non c’è fretta- le rispondo con una
calma che non riconosco
essere mia, dopodiché mi alzo e faccio per rientrare nel
capannone.
–Posso
farti una domanda?-
Mi volto piano, in silenzio verso la cinesina dai capelli scuri, che
prende quel mio gesto come un tacito consenso.
–Mi
hai proposto di diventare la tua ragazza solo per dimenticare
quell’altra
cinesina?-
Resto
dapprima spiazzato da quella domanda apparentemente così
semplice, ma allo
stesso tempo così difficile da rispondere. Posso mai dirle
che le avevo fatto
quella proposta solo per togliermi
dalla testa una donna, che so non sarebbe mai potuta essere mia? Decido
allora
di far parlare, ancora una volta, il mio Ego.
–Voglio
dimenticare Shan-Pu, è vero, ma non voglio che tu lo
consideri, o meglio: ti consideri,
come un rimpiazzo…sento
davvero qualcosa di speciale per te, Xiwan, anche se non so ben
definire cosa- –In
questo caso, allora…sarò ben lieta di diventare
la tua fidanzata-.
Si alza,
mi prende per mano e mi sorride. Forse per me è davvero
giunto il momento di
cambiare, dare una svolta alla mia patetica vita e di ricominciare da
capo…e
chissà che questa volta non possa andare meglio.
–Quando hai intenzione di
dirlo ai tuoi amici?- mi chiede dopo averle mostrato il resto del
giardino.
–Non lo so, credo domani o forse tra due
giorni…prima ufficializziamo, più
tempo avrà per assimilare la notizia-. In realtà
avrei dovuto solo pensare
quest’ultima affermazione, ma me ne rendo conto solo dopo la
domanda, che mi
sapeva più di affermazione, rivoltami dalla mia coetanea:
–Ti stai riferendo a
Shan-Pu?-.
Senza
guardarla né risponderle, mi limito ad abbassare lo sguardo
sui miei
piedi.
–Sei proprio un ragazzo d’oro,
Mousse…non meriti di soffrire tanto-–Chi lo
meriterebbe?-
–Nessuno,
ma tu in modo particolare-
Mi
fermo per abbracciarla, così, impulsivamente.
–Xiwan…grazie-
–Grazie di cosa?-
–Nessuno si era mai preoccupato sinceramente di me, prima
d’ora…è una
bella sensazione-
–Se nessuno si è mai curato di te vuol dire che
non ti ha mai conosciuto
o non ha mai voluto conoscerti veramente- mi spiega sorridendomi e
risistemandomi
con l’indice gli occhiali che intanto erano scivolati sul
naso.
Il
rumore di un secchio d’acqua che cade a terra cattura la
nostra attenzione. Ah,
beh se non è ironia della sorte questa…
–Scusate, non volevo disturbarvi...ero solo venuta a cambiare
l'acqua per il paviemnto- si giustifica Shan-Pu, chinandosi in
fretta a raccogliere il secchio per poi tornare a riempirlo.
–Io…vi lascio da soli: credo che abbiate qualcosa
da dirvi- si congeda
Xiwan, tenendo gli occhi fissi su di me, come per farmi capire che
quello era il
momento opportuno per parlare con Shan-Pu. Dopo
che la ragazza se n’è andata, seguo Shan-Pu nella
piccola rimessa e la trovo
accovacciata al tubo per l’acqua, intenta a riempire di nuovo
il secchio. Deve
aver avvertito la mia presenza, dal momento che senza voltarsi mi
sbotta
freddamente: –Non credevo che avessi rapporti così
intimi con la nuova
arrivata…vedo che hai fatto presto a farla sentire a suo
agio-
A questo punto avrei dovuto trovare una qualunque giustificazione per
quell’equivoco oppure me ne sarei dovuto uscire candidamente
con un: “Non è
come credi, Shan-Pu! Posso spiegarti tutto!” e invece con mia
grande sorpresa (
e forse anche sua) ho ribattuto alla sua affermazione nel modo
più semplice e
naturale possibile.
–Nemmeno
io, poi però ho scoperto che io e Xiwan abbiamo
più punti in comune di quanto
immaginassi-. La mia risposta deve averla irritata non poco, tanto che
chiude
la valvola del tubo con uno sgradevole rumore e si alza come in preda
ad uno
scatto nervoso.
–Sono
contenta per te…almeno così mi lascerai in pace-
Stavolta è il mio turno a
rimanere sorpreso.
–Intendi
dire che…tu sapevi che avevo una maniacale adorazione per
te?-
–Oh, andiamo, chi vuoi che non si accorga di manifestazioni
d’amore così
eclatanti? Credi davvero che sia così ingenua come te?-
sorride lei
melliflua.
Grandioso, quindi non solo ho fatto le peggiori figuracce che un
ragazzo
possa fare con la donna di cui è innamorato, ma sono stato
anche preso in giro,
fino ad ora, dalla donna oggetto delle mie attenzioni. Bravo,
Mousse: ora si può dire che tu sia cieco in tutti i sensi!
–Quindi tu…mi
hai preso in giro per tutto questo tempo?-
–Beh,
“prendere in giro” è
un’espressione grossa…diciamo che ho finto un
po’ per
vedere fino a che punto saresti arrivato!-. E fa per andarsene
sorridente e
come se niente fosse, nulla a che vedere con l’atteggiamento
di poco prima. Ma
non appena mi sorpassa, la rabbia dentro di me decide di esplodere nel
peggiore
dei modi: con pungente freddezza e incuranza di ferire, proprio come
aveva
fatto Shan-Pu finora con me.
–Credevo che tu fossi solo fredda e
irraggiungibile, ma ora ho capito che sei anche cattiva e bugiarda-.
–Come,
scusa?- si volta incredula verso di me.
–Sei una persona cattiva, Shan-Pu. Sei una persona davvero
cattiva-. E
me ne vado senza averla degnata di uno sguardo.
Lei resta lì, immobile, incapace di fare o dire qualunque
cosa, come se
d’improvviso qualcuno le abbia aperto gli occhi su se stessa.
E quel qualcuno,
difficile a credersi, sono proprio io.
E’ strano: a quest’ora dovrei sentirmi attanagliato
dalla tristezza, dai sensi
di colpa, o quanto meno dalla rabbia e da una profonda voglia di
spaccare il
mondo e invece mi sento inerme, vuoto, un automa, insomma. Quando
rientro al
capannone, sento qualcuno darmi una botta sulla spalla.
–Ehilà, Mousse! Allora, com’è
andata? Ti
ho visto mentre parlavi con Shan-Pu…tutto risolto, vero?-.
Getto una più che eloquente occhiata a Saotome, il quale
toglie subito
la mano dalla mia spalla e si ammutolisce, quasi come se avesse
ingerito le
corde vocali. Con ben più premura si avvicina Akane Tendo.
–Mousse…stai bene? Ti vedo un po’
giù di corda…è successo qualcosa con
Shan-Pu?-.
Mi chiedo perché
tutt’ a un tratto tutti sembrano essersi accorti della mia
esistenza. Tuttavia,
proprio perché è Akane a rivolgermi questa
parole, non ritengo giusto riversare
su di lei il mio agitato stato d’animo, perciò,
imponendomi una certa calma e
compostezza, mi limito a risponderle: –No, tutto bene.
E’ solo stanchezza- per
poi avviarmi in un angolo della tenda per esercitarmi nella levitazione
degli
oggetti. Con tutto il trambusto degli ultimi eventi, ho quasi
completamente
dimenticato che fra meno di due settimane si terrà il
“Grande Evento”, come lo
suol definire il direttore generale, ovvero lo spettacolo di inizio
estate e a
cui ogni anno accorrono milioni di persone. Quest’anno poi,
chissà per qual
misterioso motivo, il direttore è particolarmente legato
alla riuscita dello
spettacolo: ha intensificato le ore di allenamento, le
modalità degli esercizi
e, in alcuni casi, ha persino messo a repentaglio la vita degli atleti
stessi.
A volte mi chiedo come faccia uno come lui a essere ancora in carriera!
Scuotendo la testa
rassegnato, tiro fuori le chiavi da una delle mie ampie maniche (non
prima però
di aver messo a soqquadro l’intera veste) e apro la
cassapanca di legno dove sono
tenuti tutti gli attrezzi di magia: bacchetta, cappello, girandole per
illusioni ottiche, fili di nylon per i trucchi sulla levitazione degli
oggetti.
Cerco a vuoto per un po’, poi con un sospiro pesante e con
ben poca grazia richiudo
la cassapanca: mi sarei arrangiato da solo anche stavolta.
Scavo ancora nella mia ampia
veste finchè trovo finalmente quello che stavo cercando: Manuale del buon prestigiatore: tutti i segreti per
incantare e stupire
il pubblico. Sfoglio il manuale fin quando una pagina in
particolare, dove
era stata praticata una piegatura, non colpisce la mia attenzione: Capitolo 15: L’ipnosi.
Qualcosa
inizia a frullarmi nella testa: –E se…- .
Subito mi rendo conto che sarebbe un gesto da veri codardi far
innamorare una persona con l’ipnosi, ma a ben
pensarci…non ci sarebbe nulla di
male se io me ne servissi per scoprire cosa turba l’animo di
una donna, no?
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Capitolo 14 *** Buon compleanno, Mousse! ***
POV
SHAN-PU
–E
anche per oggi abbiamo
finito! Ricordate, guys, che
mancano
solo tre giorni al Great Event!-
Il Grande Spettacolo o Great
Event, come ama definirlo il nostro direttore…
già, solo tre giorni e poi
potrò dire addio per un po’ a tutto questo: agli
esercizi, all’andare avanti e
indietro, alle assurde prove a cui ci sottopone quel folle direttore,
ai
pettegolezzi infondati di quelle oche giulive delle mie
“compagne”. Insomma, mi
aspettano tre mesi di assoluto riposo, chissà magari
tornerò in
Cina dalla mia famiglia, dalla bisnonna…è
così tanto che non li vedo!
Con
un sospiro mi lascio cadere stancamente all’indietro e
inclino la testa
all’insù: mi soffermo sulla luce bianca dei
riflettori, quegli stessi
riflettori che fra tre giorni saranno tutti puntati su di
me…al solo pensarci
mi sale l’ansia!
Mi stiracchio ancora un po’ e mi massaggio il collo e le
spalle: è
sempre più dura essere una contorsionista! Uno di questi
giorni pure mi verrà
il colpo della strega se non sto attenta a come mi muovo!
Esco
fuori in giardino per sgranchirmi le gambe e per prendere una boccata
d’aria
fresca. La mia attenzione viene improvvisamente catturata dalle voce
acuta e
decisa di Akane Tendo.
–Natsumi, Kanae: forza, saltate
nel cerchio, su!
Le
due tigri sembravano non volerle minimamente dare ascolto: una delle
due si era
piantata a terra spalancando le fauci e tirando fuori la lingua, come
annoiata
da quei pesanti esercizi; l’altra, invece, era intenta a
rotolarsi nell’erba,
stiracchiando le lunghe zampe striate.
A detta di tutti, Akane era
forse la miglior domatrice di belve feroci che si fosse mai vista,
eppure, ogni
tanto, mi sembrava che fosse sull’orlo
dell’esasperazione. Non la biasimo: con
quest’afa, chi volete che mantenga i nervi saldi? Scuoto la
testa nella
convinzione che quella sciocca non sarebbe mai riuscita a smuovere
quelle tigri
nemmeno di un centimetro, poi mi avvio nel mio camerino per una doccia
fresca,
la soluzione migliore per combattere il caldo torrido.
–Allora a domani,
Mousse. So che è oggi il tuo compleanno ma la mia sorpresa
sarà pronta solo per
domani… mi spiace, dovrai aspettare ancora un
po’!
Mi ritiro
indietro di qualche passo nello scorgere la snella figura di Xiwan
abbracciare
Mousse e allontanarsi allegramente dal suo camerino. Un moto di stizza
mi
coglie all’improvviso e d’un tratto
l’unico pensiero che mi attanaglia la testa
e andare da quella smorfiosa e dirle che deve piantarla di fare la
gatta morta
con Mousse.
–Perché
lui è solo un povero ingenuo- mi dico convinta, avendo
realizzato appieno quel
pensiero.
Vedo Mousse richiudere
lentamente la porta, abbattuto. Certo, lui non è mai stato
il tipo che sprizza
gioia da tutti i pori, anzi: a dirla tutta, è sempre apparso
come un eterno
sventurato preso continuamente a schiaffi dalla vita. Eppure, questa
volta, mi
è sembrato particolarmente abbattuto, quasi… deluso? Sia chiaro: non che mi importi
seriamente di quella talpa, la
mia è solo pura curiosità. Credo.
–Oh, al diavolo,
Mousse: mi stai facendo diventare matta!- sbotto prima di girare i
tacchi e
andare in cerca di qualcosa che gli levi quella maledetta espressione
da
depresso che si ritrova.
–Tu
sei Shan-Pu, vero?
La figura minuta di Xiwan mi
compare davanti, facendomi trasalire. I nostri sguardi si studiano per
qualche
minuto, poi decido di interrompere quel pesante silenzio:
–Sì, sono io. E tu
sei Xiwan, la ragazza nuova… dico bene?
Anzicchè
rispondere o asserire col capo, Xiwan sorride furbescamente.
–Guarda che mi
sono accorta che ci stavi spiando da un po’. Ho avvertito la
tua presenza.
*Questa
piccola mocciosa si è accorta della mi presenza, ma ha finto
ugualmente di non
essersi accorta di nulla* penso, senza staccare lo sguardo dalla
ragazzina.
–Ti
stai chiedendo perché ho finto di non accorgermi di te?- mi
legge nel pensiero.
–Semplice: volevo coglierti di sorpresa per fare quattro
chiacchiere con te.
Stringo
i pugni fino a impiantarmi le unghie nella pelle: questa ragazza
è pericolosa,
anche troppo.
–Non
ci girerò molto, quindi arriverò subito al sodo:
lascia in pace Mousse,
allontanati definitivamente da lui. Sei tu la causa della sua
sofferenza e non
posso in alcun modo vederlo struggersi per una vile gatta morta come
te.
–Come
prima cosa, in quanto fiera discendente della tribù delle
Amazzoni, io non
prendo ordini da nessuno, tantomeno da una ragazzina spuntata fuori dal
nulla.
In secondo luogo, puoi stare tranquilla: io non provo assolutamente
nulla nei
confronti di Mousse, anzi… se te lo prendessi, mi faresti
davvero un favore.
Lei sorride nuovamente. Odio il suo sorriso: è talmente
falso e ipocrita!
–Oh,
ti prego, risparmiami la solita scusa da “ragazza
indifferente”. Leggo la mente
e l’anima delle persone, so benissimo quello che provi per
Mousse…–Come
puoi sapere qualcosa di cui nemmeno io stessa sono a conoscenza?
Le
tre secche parole che seguirono furono sufficienti a mandarmi il sangue
al
cervello e a risvegliare il mio spirito di amazzone guerriera.
–Stupido
orgoglio amazzone.
D’impulso
l’afferro per un polso, stringendoglielo fino a farle
stringere gli occhi dal
dolore.
–Non osare
mai più insultarmi in questo modo. Non sono violenta, ma
posso diventare molto,
molto cattiva. Sono stata chiara?
Non
aspetto nemmeno una sua risposta, le molto il polso con uno scatto e mi
dirigo
al mio camerino per un’altra strada.
Quando
arrivo davanti all’ingresso
del camerino, qualcosa cattura la mia attenzione: sui gradini davanti
la porticina
se ne sta appollaiata una splendida colomba bianca dagli occhi rossi.
Grazie al
fazzoletto lilla attorno al collo, riconosco essere la stessa che mi
aveva condotto
da Mousse quel giorno in cui lui e Xiwan
si erano messi insieme. Mi avvicino lentamente al candido uccello, ma
anche
quando sono ormai ad un passo, il candido uccello non spicca il volo,
ma resta
a fissarmi emettendo di tanto in tanto un verso gutturale. Mi
inginocchio per
prenderlo tra le braccia ed è a quel punto che mi accorgo
che ha l’ala destra
ferita gravemente. Rientrata in camerino, poggio la colomba sul
tavolino all’ingresso
e mi dirigo in bagno; tiro fuori la cassetta per il pronto soccorso al
cui
interno ho lo stretto necessario per ogni evenienza: acqua ossigenata,
ovatta,
stecche, garze, cerotti. Non me ne intendo di animali, in fondo sono
un’artista
circense, non una veterinaria, tuttavia cerco di fasciare alla
bell’e meglio l’ala
della colomba. –Ecco fatto.- sospiro quando ho terminato il
lavoro. Dopo aver
rimesso a posto la cassetta, mi siedo accanto alla colomba.
–Tu devi essere una
delle colombe di Mousse, dico bene?
Ma
che faccio: adesso mi metto anche a parlare con gli uccelli? Devo
essere
davvero sotto stress se mi riduco a parlare con un essere che non
può né capirmi
né rispondermi. Prendo meccanicamente ad accarezza il dorso
del piccolo
volatile bianco, sentendo lo stress accumulato fluire via a poco a
poco.
–Quel
Mousse: dovrebbe stare più attento ai suoi animali! A
proposito… sarà meglio
che ti riporti da lui, va’. Nel momento stesso in cui mi
alzo, il mio sguardo
viene catturato da un piccolo oggetto abbandonato in un angolo del mio
letto:
una scatola quadrata raffigurante un drago cinese dalle varie
tonalità di
rosso, giallo e arancio. Cercando di fare mente locale su chi me
l’abbia data e
del perché sia lì, mi avvicino per darvi
un’ occhiata più approfondita,
rigirandola un paio di volte fra le mani, l’apro e con mia
grande sorpresa noto
che è vuota. La rigiro ancora tra le mani, finchè
non scorgo un’ incisione sul
fondo: “Xiāng
de huíyì”, “scatola dei
ricordi”.
Con
un profondo respiro mi faccio forza e busso due volte alla piccola
porta di
legno in alto alla quale è appesa una targhetta con scritto
“Musi”, il nome di
Mousse in lingua madre.
Con la mano
sinistra stringo il pacchetto, con la destra la colomba al petto.
Un’
inspiagabile ansia si dirama in tutto il mio corpo: io e Mousse non ci
siamo
più visti né parlati da quella volta alla
rimessa. Dopo qualche secondo mi
appaiono davanti un inconfondibile abito bianco e un paio di lenti
spesse come
fondi di bottiglia.
–Buon compleanno, Mousse.
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Capitolo 15 *** Una notizia inaspettata ***
POV
MOUSSE
Boccheggio
un paio di volte prima di realizzare ciò che realmente sia
successo negli
ultimi cinque secondi.
Shan-Pu è sulla soglia del mio camerino.
Shan-Pu tiene
tra le mani un pacchetto e una colomba bianca.
Shan-Pu si è ricordata del mio compleanno.
–Posso
entrare?- mi chiede timidamente. Mi riscuoto per poi ricadere del
panico più
totale.
–C-certo, scusami, prego, accomodati! Lei entra piano e
richiude la
porta dietro di sé: posso leggerle sul viso
un’aria… affranta?
Preoccupata? Delusa? Non lo so. Certo è,
però, che non è
la fiera e altezzosa Shan-Pu di sempre.
La sorpresa di vedermela davanti (e che si fosse ricordata del mio
compleanno, per giunta!) mi ha fatto persino dimenticare che sono
ancora
arrabbiato con lei e che a stento le rivolgo la parola. Fra noi cala un
pesante
silenzio, rotto pochi istanti dopo dal battito di ali della colomba
bianca;
quel rumore sembra riportare Shan-Pu nel mondo reale, come se si fosse
ricordata improvvisamente di qualcosa di importante. –Ah,
quasi dimenticavo:
poco fa ho trovato questa colomba davanti al mio camerino: era ferita
così ho
pensato di curarla io. E’ tua, non è
così? Fisso più attentamente il candido
uccello: non ci sono dubbi, è Korin, la colomba alla quale
avevo chiesto di
guidare Shan-Pu affinché scoprisse quello che
c’era tra me e Xiwan. Allungo un braccio verso di lei e,
senza che le abbia comandato nulla con
la voce, Korin sbatte un paio di volte le ali e , barcollando, viene a
posarsi
sulla mi spalla. Mente le solletico la gola, mi chiedo se abbia fatto
bene a
pianificare tutto questo solo nella speranza che Shan-Pu si allontani
da me.
Per qualche minuto le mie attenzioni sono rivolte interamente alla
colombella,
tanto da non rendermi neanche conto che la ragazza per cui spasimo
ormai da
anni mi sta osservando esterrefatta e quasi incantata. La vedo solo
scuotere
con voga la testa e avvicinare il piccolo pacchetto a me, distogliendo
lo
sguardo. –Ti ho preso anche un pensiero. Non lusingarti
troppo: non è nulla di
speciale, solo una vecchia scatola che ho trovato per caso nel mio
camerino.
–Ti ringrazio. E’ la prima volta che qualcuno si
ricorda del mio compleanno…
nemmeno i miei genitori se ne sono mai ricordati.- dico senza pensarci
troppo,
prendendo a scartare delicatamente il pacchetto. Giro più
volte tra le mani la
scatola con raffigurato un drago cinese.
Sotto la scatola leggo un’iscrizione: “Xiāng de
huíyì”, la scatola dei ricordi. Allora
è lei la bambina di quella volta...
–Che
cos'è questa scatola?
–E'
una sctola dei ricordi: nonna dice che quando ci metti dentro qualcosa
a cui tieni tantissimo lo spirito di quell'oggetto viene catturato
dalla scatola e quando lo riapri lui ti riporta con la mente al momento
in cui hai trovato o hai ricevuto quell'oggetto.
–Sciocchezze!
Sono le solite chiacchiere dei paesani!
–Sarà,
ma tu tienila comunque: è un regalo da parte mia e sarei
felicissimo se lo accettassi!
Sorrido
a quel tenero ricordo di me e Shan-Pu da bambini. Come avevo fatto a
non riconoscere il mio primo grande amore, nonostante fosse passato
tutto quel tempo? Il dolce ricordo viene, però, spiazzato
subito dalla realizzazione di ciò che ho appena detto:
quando comprendo di aver buttato fuori anche troppo, mi do mentalmente
dello stupido: bravo Mousse, continua a fare
la parte del
povero imbecille incompreso! Ma stavolta la reazione di
Shan-Pu è
tutt’altro che prevista: si volta a guardarmi come
improvvisamente interessata
alle mia vita privata. –Perché?- mi chiede
semplicemente, come se quelle parole
le fossero sfuggite involontariamente dalla bocca.
–Perché siamo troppo poveri
e il lavoro occupa tutto il nostro tempo. E’ già
tanto se ricorda di avere un
figlio. Ma non le faccio un torto, la capisco: deve mandare avanti da
sola due
persone, è normale che le sfugga di mente una cosa
così sciocca come il mio
compleanno. A volte dimentica persino di mangiare o di dormire a causa
del
troppo lavoro… per questo ho deciso di diventare un artista
circense: per poter
mandarle qualcosa ogni tanto e non far gravare su di lei tutte le spese.
Shan-Pu è a dir poco rapita dalle mie parole: se avessi
saputo che per
attirare il suo interesse sarebbe bastata qualche parola
melodrammatica,
c’avrei pensato prima!
–Quindi tu sei qui perché vuoi aiutare tua
madre…
Annuisco. Chi l’avrebbe mai detto che io, la talpa
eternamente
sfortunata, un giorno mi sarei seduto a un tavolo a parlare
malinconicamente
(ma soprattutto a parlare) della
mia
vita con la persona da me amata e che non mi ha mai degnata di uno
sguardo. –Già…
tu perché sei qui, invece?
Shan-Pu si prende un po’ di
tempo per riflettere. –Sono scappata perché volevo
essere libera. Nessuno sa
che sono qui: se lo sapessero, non me lo perdonerebbero mai.-
La
cosa mi lascia sorpreso, ma non le chiedo altro e aspetto che lei
continui il
suo discorso.
–Odio la
mia famiglia: combattere, combattere, combattere. Questo solo sanno
dire. Mi
sentivo in gabbia, oppressa…e sono scappata. E sinceramente
non so nemmeno
perché sto vendendo a raccontarti tutto questo.
–Forse solo perché hai bisogno di sfogarsi con
qualcuno. O su qualcuno.
Ecco, questo deve essere
il momento in cui Shan-Pu perde le staffe e mi lascia a terra,
più morto che
vivo. E, invece, anche stavolta devo ricredermi: lei mi guarda con
sofferenza
mista a orgoglio infranto e in un pesante sospiro mi dice:
–Hai ragione. In
realtà sono più sola di quanto credessi. Non so
quale forza misteriosa, quale
meccanismo cerebrale o istintivo, quale parte del mio ego mi abbia
permesso di
compiere il gesto più pericoloso che esista a questo mondo:
alzarmi meccanicamente
e abbracciare Shan-Pu da dietro. No, non uno di quei soliti abbracci da
povero
innamorato incompreso per il quale poi viene pestato a sangue dalla
donna più
difficile di questo pianeta. Un abbraccio semplice, affettuoso,
comprensivo.
–Non sei sola. Io sono qui e non ti abbandonerò.
Perché ti amo.-
Sento Shan-Pu tesa e rigida come la corda di un funambolo, poi
però si
rilassa e si abbandona completamente. Ed è a questo punto
che azzardo il
limite: con i polpastrelli le volto il viso verso di me e poco alla
volta mi
avvicino alle sue labbra. Nessuna opposizione da parte sua:
né uno schiaffo, né
un grido, né altro. Lo sento: il buon profumo della sua
pelle, il respiro caldo
che soffia dalle narici, il battito del cuore simile al rullo dei
tamburi che
tengono il pubblico col fiato sospeso durante l’esibizione
dei trampolinisti.
Manca poco, posso sfiorare le sue labbra con la punta del naso.
–MOUSSE,
AI LEN!
La
porta sbatte violentemente contro il muro, producendo un rumore sordo.
Balzo
all’indietro con un solo piede, l’altro che tenta
di ristabilire l’equilibrio.
Per qualche attimo l’aria che si respira è tesa e soffocante:
sposto lo sguardo
ora su Shan-Pu ora su Xiwan, mentre osservo le due cinesi scrutarsi con
aria
truce, quasi di sfida. Xiwan sorride in una maniera tale da incutermi
timore,
poi si volta verso di me, lasciando perdere Shan-Pu e facendo come se
lei non
fosse presente lì tra noi. Non mi fa nemmeno domande sulla
scena vista poco prima,
ma forse questo perché ho fatto in tempo a spostarmi prima
che la ragazza dai
capelli corvini potesse fraintendere la situazione.
–Mousse, ho provato a resistere, ma non ci sono riuscita,
devo dirtelo:
ho prenotato un viaggio per noi due… in Cina! Torniamo a
casa, sei contento?
Poi una volta lì potremo organizzare il matrimonio, ma
questo è un altro
discorso, poi ne riparleremo! Torniamo in Cina, a casa nostra, capisci? Mi spiace solo che non potremo partecipare allo spettacolo finale: il volo sta alle sei del pomeriggio, in concomitanza con l'inizio dello spettacolo. Comunque ho già parlato con il direttore: dispiace moltissimo anche a lui, sa bene quanto tu ti sia impegnato durante le prove, ma alla fine ha capito la situazione. Perciò, non ci resta che partire e iniziare una nuova vita insieme!
Nell’arco
di tre secondi tutti i miei sogni si frantumano come un vaso di
cristallo che cade rovinosamente sul pavimento. In
Cina…nella mia terra madre, dalla quale sono mancato per
tutto
questo tempo. Torno a casa.
Il
mio sguardo corre a Shan-Pu, ma prima che possa anche solo rivolgerle
la parola,
la vedo sfrecciare via fuori dal camerino. Qualcosa di caldo giunge
sulla mia
guancia: mi tocco nel punto bagnato con un dito e lo porto
all’estremità della
lingua: è salato. Una lacrima.
–Mousse…- Xiwan
mi osserva con aria ferita e irritata. -E’ vero che ho detto
che ti avrei aiutato a
dimenticare Shan-Pu, ma tu devi collaborare: se desideri dimenticarti
di lei,
allora non devi farti coinvolgere. E finchè rimarrai qui lei
ti coinvolgerà
sempre. Per questo ho preso la decisione del viaggio: solo
allontanandoti dalla
fonte del tuo dolore potrai sperare di continuare a vivere, altrimenti
ti
logorerai a poco a poco senza nemmeno rendertene conto.
–Perché non ne hai parlato prima con me, eh? La mia
opinione non conta
nulla?- sbotto alzando inavvertitamente la voce.
–Tu
saresti stato in grado di scegliere tra il restare accanto
all’amore della tua
vita, soffrendo, e l’allontanarti da lei, provando a
ricominciare?
La domanda di Xiwan mi spiazza completamente.
Che cosa
avrei fatto se Xiwan mi avesse dato la possibilità di
scegliere?
Forse è stato meglio così. Per tutti e due,
Shan-Pu.
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Capitolo 16 *** Incomprensioni ***
POV
SHAN-PU
–Un momento di attenzione, please! Ladies
and gentlemen
il nostro carissimo prestigiatore Mousse ha un importante annuncio da
fare a
tutti noi… siete pregati di recarvi immediately
al solito spiazzale dietro il tendone. Come
on, guys!
Il
rumore dell’altoparlante indica che la comunicazione
è terminata. Che diavolo
vorrà adesso quel dannato direttore dall’accento
strano? E cosa c’entra Mousse
in tutto questo? Be’, lo scoprirò solo andando
nello spiazzale.
Dopo
essermi rialzata dalla mia posizione non proprio comodissima
– vi ricordo che
sono una contorsionista, io! – stiracchio gambe e schiena ed
esco con aria
annoiata dalla tenda. Lungo il breve tratto che porta sul retro
incontro anche
Ranma, Akane, quella schiacq…ahem…
Kodachi e il suo fratello schizzato,
Kuno, e tanti altri artisti, tutti, forse per la prima volta,
incuriositi da un
annuncio del direttore. O forse, più semplicemente,
perché il diretto
interessato era Mousse, il tranquillo e invisibile Mousse.
Nella processione l’unico
viso che non riesco a scorgere – fatta eccezione per quello
di Mousse – è quello
di Xiwan e non vi nascondo che la cosa inizia a puzzarmi non poco. E
no, a
puzzare non erano certo le frittelle che
a volte la Spatolona lasciava cuocere troppo in padella,
nossignore.
Xiwan
c’entra in tutta questa storia come il kamaboko* in una
scodella di ramen, ne
sono sicura.
–Chissà cosa vorrà dirci di
tanto importante Mousse – sento commentare da Ranma.
–Mah, non ne ho proprio idea – gli risponde
Akane. –Mousse è sempre così
tranquillo, non ha mai sporto un reclamo in tanti
anni che lavora qui. Certo diventa un po’ esuberante quando
si tratta di
Shan-Pu, ma per il resto direi che è quasi
invisibile.
Raggiungiamo
lo spiazzale sul retro e subito noto che qualcosa di grosso sta per
succedere:
Xiwan, seduta su una sedia di legno, stringe le mani di Mousse che, in
piedi,
la abbraccia da dietro.
–Bene,
bene, guys…scusate se vi
distolgo dai
vostri esercizi, so benissimo che domani è il grande giorno
e che siete tutti
intenti a prepararvi al meglio per il Big Show, ma quello che il nostro
caro
Mousse ha da dirci è very very important. Mousse…
L’interessato
fa tre passi avanti e raggiunge il centro del palco, seguito a ruota
dalla sensuale
Xiwan.
Tutti sono col fiato
sospeso, in attesa di sentire l’importantissimo annuncio di
Mousse, che forse per
la prima volta in vita sua si sente considerato e al centro
dell’attenzione.
–Cari compagni d’avventura, vi
ringrazio di aver temporaneamente sospeso le vostre attività
e di avermi
raggiunto qui solo per sentire cosa avessi da dire.
Sappiate che sono stato molto lieto di aver
preso parte a questa compagnia, così bizzarra – e
qui rivolge uno sguardo a
Ranma – ma senza la quale adesso non sarei quello che sono.
Con alcuni di voi
ho legato particolarmente, anche se non l’ho mai dato a
vedere, con altri forse
un po’ meno, con altri ancora ho avuto qualche diverbio, ma
sappiate che, in un
modo o nell’altro, voglio un gran bene a tutti voi. Per
questo, con mio grande
rammarico, vi saluto: domani torno in Cina, dalla mia famiglia e
lì ne
costruirò una nuova.
Si volge sorridente verso Xiwan e le
prende delicatamente la mano. –Io e Xiwan ci sposiamo.
Segue
un momento di sconcerto generale, ma dura, appunto, solo un momento:
subito
dopo partono gli applausi e le congratulazioni.
–Bene,
direi che qui ci vuole una bella festa d’addio per il nostro
Mousse, non
trovate anche voi, ragazzi? – esclama entusiasta Ukyo
già rimboccandosi una
manica e ricevendo cenni e commenti di assenso da parte di
tutti.
–Mousse e come farai per
lo spettacolo?- chiede qualcuno.
–Già,
è vero, ti sei impegnato tanto per la tua esibizione!
Mousse si schiarisce la voce.
–Be’,
purtroppo non potrò parteciparvi, mi dispiace molto.
E’ vero, mi sono impegnato
tanto e sono davvero rammaricato di non potermi esibire. Mi auguro per
voi che
facciate del vostro meglio e che tutto vada a gonfie vele,
perciò… in bocca al
lupo e fate vedere chi siete!
E’
strano, ma l’esclamazione di Mousse sembrò animare
non poco gli altri artisti
circensi. Dico che è strano perché solitamente
Mousse è la depressione fatta a
persona. Dev’essere proprio cambiato tanto, grazie a Xiwan.
O forse per
colpa tua.
Ancora quella dannata voce: era un
po’ che non si faceva sentire.
Forse aveva deciso che ero stata troppo tranquilla in quel periodo che
non era
tornata ad assillarmi. Ma sì, adesso ci mancava solo lei,
come se i miei
problemi non fossero già abbastanza!
Mentre
sono impegnata a insultare la suddetta vocina, vedo che la gente
intorno a me
inizia a muoversi verso il palco. Tutti vanno a congratularsi con i due
sposini, stringono loro le mani, le ragazze starnazzano intorno a Xiwan
chiedendole dell’abito, della festa,
dell’organizzazione, mentre i ragazzi si
congratulano con Mousse dandogli pacche dietro la schiena
così forti che gli
occhiali gli scivolano continuamente sulla punta del naso. Sto per
andarmene
indifferente ,
a chi vuoi
darla a
bere, stai rodendo dentro, mia cara
oh, e va bene: sto per andarmene ribollendo come una pentola a pressione –
va bene così, stupida
vocina? – quando a un tratto mi fermo e rifletto. Rifletto
che il mio
comportamento sarebbe scortese nei confronti di Mousse – chi
se ne infischia di
Xiwan – senza contare che il mio atteggiamento potrebbe
essere interpretato
come di gelosia. Quindi faccio dietrofront e mi dirigo
anch’io verso il palco. –Le
mie congratulazioni, Mousse, spero che possiate essere felici insieme – dico una
volta arrivata di fronte a
loro, con la gola quasi secca per la
tensione.
–Oh,
è molto gentile da parte tua, Shan-Pu. Ti manderemo una
cartolina appena saremo
arrivati – si intromette Xiwan sfoderando il sorriso
più ipocrita e sdolcinato
che si possa mostrare. Un moto di stizza si innesca in me: insulsa,
ipocrita,
sfacciata gatta morta.
Non ti
ricorda proprio
nessuno il suo atteggiamento? Perché, allora, non la smetti
di insultarti da
sola?
–Grazie, non vedo
l’ora – le rispondo cercando di imitare quello
stesso tono palesemente ipocrita, ma tutto quel che mi esce
è una voce da
zitella acida e sprucida.
Detto questo alzo i tacchi per la seconda
volta nella giornata e me ne vado. Facendomi strada tra la folla di
artisti,
scorgo per caso Akane. –Adesso so cosa provi, Akane
– mormoro più a me stessa
che a lei, ma lei si volta comunque verso di me con un espressione
interrogativa. –Scusa Shan-Pu, hai detto qualcosa? Ho sentito
solo Akane!- ma
prima chela giovane domatrice possa finire
la frase sono già sparita dietro la tenda.
La sera tutti si danno da fare per
organizzare la festa a
Mousse. No, nel senso letterale intendo, ovviamente, non certo
perché volessero
dargliene tante prima della sua partenza per la Cina. Gli equilibristi
si occupano delle
composizioni floreali, gli acrobati dei festoni, i mangiatori di fuoco
delle
luci, i giocolieri di imbandire i tavoli e Ukyo, naturalmente, delle
varie portate.
Pur
essendo piena estate, stasera tira un leggero e piacevole venticello
fresco e io resto lì immobile a
godermelo. La verità è che in mezzo a tutto
questo gran da farsi io mi sento
completamente fuori luogo, non so cosa fare, sembra che non ci sia
niente che
io possa fare, tutti si stanno occupando di tutto e sembra che io non
sia
indispensabile nell’organizzazione della festa.
Così decido di andarmi a fare
un giro: ovunque io volga lo sguardo c’è
sempre qualcuno indaffarato a correre da una parte all’altra
con una scatola
piena di decorazioni o a salire sulle spalle di un altro per sistemare
una
ghirlanda floreale. Passando davanti la cucina vengo investita da un
forte
odore ora di ramen ora di carne alle griglia ora di pastella per i
fiori di
zucca. Pur essendo molto giovane, so che Ukyo ha viaggiato molto quindi
suppongo che stasera voglia dare il meglio di sé offrendoci
anche piatti non
tipicamente orientali: tsè, vanitosa. Però devo
ammettere che i suoi piatti
sono una vera delizia per il palato.
La
mia attenzione viene distolta dal tubare di alcune colombe e, facendo
qualche
passo più avanti, noto la tunica bianco latte a motivi
geometrici di Mousse. Vorrei chiedergli cosa ci faccia da
solo,
triste e sconsolato, sul retro del tendone, ma non ne ho il coraggio.
Fortuna
che è lui ad avvertire la mia presenza – o meglio,
le colombe gli fanno notare
la mia presenza – e a compiere il primo passo.
–Ciao
–Ciao- rispondo senza troppo entusiasmo. E vai
con l’allegria! –Cosa ci fai qui da solo? Tutti
sono di là a organizzarti la festa…
cioè non in quel senso… voglio dire…
–Ho capito, ho capito- sorride lui. –Il fatto
è che avevo voglia di
starmene un po’ da solo a guardare per l’ultima
volta tutto questo, prima di
lasciarmelo definitivamente alle spalle.
Annuisco
prendendo posto accanto a lui e cercando di non schiacciare nessuna
delle sue
colombelle.
–Quindi sei proprio deciso a partire, eh? Stavolta
è lui ad annuire. –E’ la cosa giusta da
fare. Ormai è troppo tempo che manco
dalla mia casa, dalla mia famiglia: per me è arrivato il
momento di tornare e
di ricrearmi una nuova vita.
–Con
Xiwan -. La mia voleva risuonare come una domanda e invece prese le
pieghe di
un’affermazione stizzita.
–Cos’ha
Xiwan che non va? Mi ama, mi vuole bene, mi tratta con gentilezza, mi
accetta
per ciò che sono ed è una mia compaesana:
cos’altro potrei desiderare in una
donna?
–Ma
tu non la ami
–Cosa
te lo fa credere?
–Mousse, lo so che sei sempre stato pazzo di me, non credere
che non l’abbia
mai notato. Non puoi pensare di innamorarti dall’oggi al
domani di una donna
nella speranza di dimenticare l’altra.
–Quindi
tu ritieni più giusto che io continui a starti dietro
facendomi trattare come
uno zerbino?
–No, non è
questo… è solo che..
–E’
solo che cosa?
Già,
è solo che cosa. Non so nemmeno io che cosa devo dirgli.
Oh certo che
lo sai. E’
solo che sei maledettamente orgogliosa per dirglielo.
Taci, maledizione. TACI!
–Mousse, ai len? Dove ti sei cacciato?
Diamine,
no, un’altra volta no!
–Devo
andare, mi spiace. Comunque, ‘sta tranquilla ho capito. Ho
capito che sei una
sporca egoista: non mi hai mai degnato di uno sguardo e ora che
finalmente ho
trovato qualcuno che mi ami, a te non va a genio che io possa essere di
un’altra
persona. Credevo fossi cambiata, Shan-Pu, e invece mi sbagliavo. Kami,
se mi
sbagliavo!
–A-aspetta,
Mousse, lascia che ti spieghi! – ma prima ancora che io possa
anche solo
pensare una giustificazione plausibile, lui si è
già alzato ed è spartito dalla
mia vista. E forse anche dalla mia vita.
*Nota:
Naruto:
Particolare tipo di kamaboko (pietanza a base di pesce) a
forma di spirale bianca e rosa che frequentemente si vede negli anime.
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Capitolo 17 *** Addio, Mousse! ***
Un aereo sorvola il capannone ed io
non posso far altro che
alzare lo sguardo al cielo limpido e terso di quella mattina,
abbandonando per
un attimo la mia principale occupazione. Se penso che fra poco
più di sei ore
sarò sul volo diretto in Cina, mi sento già
tremare per l’emozione. Rivedrò la
mia famiglia, i miei vecchi compagni d’infanzia, la mia terra
natale, anche se
non nascondo che un po’ mi mancherà la
vita circense, il via vai degli artisti, le risate in compagnia, vedere
Saotome
che non riesce a portare a termine il suo numero neanche una volta, a
causa dei
vari spasimanti - di entrambi i sessi -
che non gli danno tregua (sì, lo ammetto: era uno spasso
quando lo sentivo
urlare in versione donna e pregare i vari pretendenti di essere
lasciato in
pace!). O anche vedere Akane Tendo
lamentarsi e intavolare vere e proprie conversazioni con tigri, leoni e
pantere
, pregandole di darle ascolto almeno per una volta e tentando di
corromperle
con una succulenta bistecca o con dei croccantini per gatti. Per non
parlare di
manicaretti di Ukyo: sì, quelli sicuramente mi mancheranno!
E… Shan Pu. Oh, lei mi
mancherà
terribilmente. Ripenso alla conversazione avuta la sera prima, a come
eravamo
partiti così bene e a come eravamo invece andati a finire,
al suo comportamento
così maledettamente egoistico, al suo perenne atteggiamento
da “donna al centro
dell’attenzione”. Ma, allo stesso tempo, non posso
far altro che pensare che per
quanto meschina ed egoista possa apparire Shan Pu, per quanto male che
mi abbia
fatto e continui a farmi, non riuscirò mai ad odiarla
veramente perché se c’è
una cosa che ho imparato in tanti anni qui dentro è che puoi
solo freddare i
rapporti con una persona, ma questo non vuol dire che riuscirai a
dimenticarla.
Mi asciugo il sudore con un fazzoletto
pescato dalla manica: oggi il caldo è davvero soffocante,
tanto che la testa
comincia a pulsarmi. Be’, quello forse è anche
dovuto al fatto che ieri ho
alzato un tantino il gomito (ma,
diamine, quella birra era qualcosa di eccezionale! Per non parlare di
quei
cocktail vodka e peperoncino: dove diavolo siano andati a pescarli in
così poco
tempo, io non ne ho proprio idea!
Quanto al caldo, questa è
forse l’unica nota positiva: non dovendo partecipare allo
spettacolo non sono
costretto a esercitarmi fuori in giardino con quest’afa. Mi
affaccio alla
finestra della roulotte-camerino e osservo il vivace via vai
– più intenso del
normale - di artisti e giocolieri.
Sospiro
e mi dico che è ora che anch’io torni alle mie
occupazioni: la valigia di certo
non si prepara da sola! Con un po’ di
malinconia riprendo tirar fuori vestiti e effetti personali per
sistemarli
accuratamente nel borsone da viaggio.
–Sarà difficile, ma mi abituerò. Spero.
La
mattinata vola tra borse, borsoni e valigie da preparare e ben presto
qualcuno
viene a bussare alla porta del mio camerino per avvertirmi che
è ora di pranzo.
Raggiungo la mensa, un secondo tendone più piccolo di quello
dove ci esibiamo,
e trovo già quasi tutti seduti al lungo tavolo. Ecco
un’altra cosa che mi
mancherà della mia vita da circense: i pranzi insieme
attorno alla lunga
tavola, quasi fossimo tutti una sola grande famiglia.
–Oh,
è arrivato Mousse!- esclamano all’unisono Yuka e
Sayuri, le gemelle siamesi. In
realtà non sono gemelle, ma devono il loro soprannome al
fatto che sono
praticamente inseparabili e a quanto pare lo erano ancor prima di
mettere piede
qui dentro.
–Mousse,
vieni qui, siedi accanto al direttore!- mi chiama Daisuke, agitando la
mano.
Sgrano
gli occhi meravigliato: in tanti anni non mi sono mai sentito
così considerato
come in questo momento. Sederò
accanto al
direttore!
Chiariamo,
non che mi importi qualcosa di quell’uomo così
fuori del normale o che lui sia
degno della mia stima, ma per uno che in sette anni di carriera
circense non è
mai stato degnato di uno sguardo da nessuno, sedere, ad un tratto, nel
posto
accanto a quello del direttore, è un onore.
Non
esagero se vi dico che mi viene da piangere all’idea di
lasciare tutto questo,
ma mi trattengo perché ho ancora un briciolo di
dignità da mantenere.
Ranma
mi scosta la sedia e mi invita ad accomodarmi. –Per oggi ti
cedo il posto!- mi
dice facendomi l’occhiolino.
–Saotome,
il fatto che io stia per partire non mi renderà
più indulgente nei tuoi
riguardi, figurati, poi, se mi spingerà,
addirittura, a trattarti come “amico”.
–Ti
voglio bene anch’io, Mousse!- esclamò lui,
sarcastico come al solito, per poi
tornare a prendere posto accanto ad Akane.
–Scusate il ritardo, ero in camerino a
preparare i bagagli!
Xiwan entra in mensa trafelata, eseguendo un piccolo inchino rivolto ai
vari commensali, per poi andare subito a prendere posto alla destra del
direttore, di fronte a me. Mi sorride emozionata e io le sorrido di
rimando.
–Great,
credo che ci siamo tutti, no?
–Manca
Shan Pu!
–Scusate il ritardo!- esclama l’interessata,
sopraggiungendo in sala, quasi come se, prima di entrare, avesse atteso
appositamente che qualcuno notasse la sua assenza. Guardo Shan Pu
dirigersi
spedita a sedersi nel primo posto vuoto che trova ancora libero e non
posso
fare a meno di pensare che fino all’altro ieri quella era la
scena che mi si
presentava davanti ogni giorno: dove c’era ancora un posto
vuoto, là andavo a
sedermi.
–Oh,
good, adesso siamo davvero al
completo!- esclama il direttore. Poi fa un cenno alla cuoca per
indicarle che
può iniziare a servire. Sì, perché da
noi non si iniziava a mangiare se non
eravamo presenti tutti e cinquanta gli artisti. Sarà per
questo motivo che
solitamente – salvo casi eccezionali – tutti
spaccavano il minuto quando si
trattava di pranzo e cena?
Prima
di iniziare a fiondarci con le teste nei piatti, il direttore propone
un
brindisi in mio onore e un “A Mousse e Xiwan!”
urlato in coro si espande per la
sala. Così anche il pranzo se ne passa in allegria, tra una
chiacchiera, una
risata, un pugno in piena faccia per Ranma (è superfluo dire
da chi proveniva
il micidiale sinistro), qualche vaneggiamento di Kuno o Mikado, le
assurde pretese
di Azusa (pensate, a fine pranzo voleva
portarsi via la tovaglia di 80 metri quadri perché convinta
che fosse la sua Juliette
, strappatale anni addietro!) e i primi pettegolezzi su cosa faremo io
e Xiwan
appena torneremo in Cina.
L’unica
che sembra non essere coinvolta in quel vortice di risate e voci
allegre è Shan
Pu. E’ l’unica che finora non ha proferito parola,
a tal punto che avevo quasi
dimenticato la sua presenza.
Finito
di mangiare, io e Xiwan torniamo in camerino a sistemare i nostri
bagagli,
mentre tutti gli altri si concedono un paio d’ore di relax
prima delle prove
generali.
Ben
presto, le luci del tramonto mi indicano che è ora di
andare. Quando esco dal
camerino, trovo ad attendermi una folla di artisti, acrobati e
giocolieri.
Alcuni di loro mantengono un’aria seria, ma, sotto sotto, so
che sono
dispiaciuti per la mia partenza: anche se non ho instaurato
chissà quali
rapporti con la maggior parte degli artisti circensi, ero comunque
anch’io uno
di loro, perciò credo sia più che naturale
provare dispiacere quando qualcuno
lascia il gruppo. Altri, invece, soprattutto le ragazze, si lasciano
andare a
fiumi di pianti e a lunghe soffiate di naso, tuttavia non manca chi
– come Akane
Tendo – un po’ per orgoglio, un
po’ per
sostegno alle altre, si limita ad assumere un’espressione
malinconica e
sinceramente dispiaciuta.
–Allora addio, distratta
di una talpa.- Tiè, eccolo là, il solito
Saotome spiritoso. Ma, d’altronde, non posso dargli torto:
senza occhiali non
vedo a un palmo dal mio naso!
–Addio,
Ranma Saotome. Sappi che imprecherò su
di te anche dall’altro versante del Pacifico!- ribatto,
sorprendendomi io
stesso per la risposta arguta. Però, forse non è
così inutile come credevo,
quel Saotome! – A parte questo… grazie. Mi hai
incasinato la vita, hai mandato
allo scatafascio una situazione che era già disastrosa di
per sé, mi hai
ficcato in guai sempre peggiori… ma sei l’unica
persona alla quale siano stati
minimamente a cuore i miei problemi e mi sei stato vicino. Ti sei
comportato da…
–Amico?-
mi chiede beffardo, già conoscendo la risposta, ma volendo
sentirla uscire
dalla mia bocca. Già, altrimenti non staremo parlando di
Ranma Saotome.
–Sì. Ti sei comportato da vero
amico. – Per stavolta decido di dargliela vinta: dopotutto,
è vero che si è
comportato da amico, anche se mi costa parecchio ammetterlo.
–Fate buon viaggio, Mousse –
interviene Akane, stringendomi le mani.
Le
sorrido. –Grazie tutto, Akane. Buona fortuna con i tuoi
micetti!- esclamo, al
che Ranma rabbrividisce agghiacciato. Mi chiedo come faranno a sposarsi
quei
due, un giorno. Oh sì, perché ne sono convinto:
si sposeranno.
Estraggo
dalla manica un orologio da taschino: sono le sei. Dobbiamo sbrigarci
se non
vogliamo rischiare di perdere il volo a causa delle varie procedure
burocratiche in aeroporto.
Quando
raggiungo il cancello principale, Xiwan è già
lì ad attendermi. Mi volto per l’ultima
volta a guardare i miei compagni, imprimo il loro viso nella mia mente,
con lo
sguardo cerco un viso in particolare, ma non lo trovo. Sospiro.
Cosa ti
aspettavi, Mousse?
Che Shan Pu giungesse trafelata gettandoti le braccia al collo e
pregandoti di
non partire?
–In bocca al lupo per lo
spettacolo, ragazzi. Fate del
vostro meglio e portate alto il vostro buon nome anche per me.
–Contaci!-
mi assicura Ranma. Scambio una veloce
occhiata con Xiwan e ci avviamo. Sulla strada avremo sicuramente preso
un taxi che
ci avrebbe portati fino in aeroporto.
–Addio, Mousse, torna presto a trovarci!- esclama Hiroshi,
agitando la
mano, seguito da Daisuke.
–Scriveteci,
mi raccomando!- cinguettano Yuka e Sayuri tra le lacrime.
Nel
chiarore del caldo sole al tramonto di giugno, le voci dei miei
compagni mi
giungono lontane, nonostante io non mi sia allontanato di
chissà quanti passi. Ma forse, a ben pensarci, è
solo la mia
mente ad essere ormai lontana.
|
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Capitolo 18 *** Che lo spettacolo abbia inizio! ***
Li guardo allontanarsi verso il sole
al tramonto di giugno,
così, mano nella mano, insieme. Davanti al cancello
principale un corteo di
artisti circensi sosta per dare l’ultimo saluto al compagno.
Incredibilmente ci
sono tutti: il folle direttore, Ranma, Akane, Ryoga, Kodachi, Kuno,
Hiroshi,
Daisuke, Yuka, Sayuri, Azusa, Mikado, Tsubasa (immagino sia lei, quel
tipo
vestito cassetta delle lettere), Ren, Ukyo… e persino
Biancanera, la cagnolina
di Ryoga, con al seguito i suoi cinque cuccioli!
Sì, c’erano proprio tutti. Tranne
me. Certo, cosa vi aspettavate? Che
dopo la conversazione – o quella che doveva essere una
piacevole conversazione
– avuta con Mousse la sera prima, io mi presentassi
allegramente davanti a lui
e a Xiwan congratulandomi con loro e augurandogli felicità
di tutto cuore?
Ipocritamente, per giunta? Non che l’ipocrisia e la
sfacciataggine, detesto
ammetterlo, siano qualità, se così si possono
definirle, a me sconosciute, ma
qui stiamo parlando di rimetterci la faccia , è un discorso
ben differente.
O,
semplicemente, non
avevi il fegato di guardarlo in faccia dopo ieri sera. Già,
tu non hai il
fegato per fare niente, eh Shan-Pu?
Ignoro il commento sarcastico della
mia coscienza: in questo
momento non ce l’ho proprio la forza di intavolare una
discussione animata con
me stessa.
Il piccolo corteo si scioglie dopo qualche minuto, tra le lacrime di
alcune, i visi dispiaciuti di altri e i
commenti eccitati di altri ancora riguardo l’imminente
serata. Con un
sospiro mi allontano dalla finestra,
prendo un bicchier d’acqua dal minifrigo del camerino,
afferro le chiavi dal tavolino e apro la porta per
raggiungere gli altri nel tendone.
Sto
richiudendo la porta quando una voce nota emette un piccolo colpo di
tosse per
avvertire la sua presenza, da me già oltremodo percepita dal
rumore dei passi
sull’erba e dall’ombra proiettata sulla porta.
–Adesso tu ci spieghi per quale
oscuro motivo non ti sei nemmeno degnata di venire a salutare Mousse
per
l’ultima volta. – sbotta Ukyo con le mani sui
fianchi e un piede che batte
nervosamente per terra.
–E da quando io e voi saremo così in confidenza,
se è lecito saperlo? –
replico incrociando le braccia al petto e inarcando un sopracciglio
come a
voler dire: “E adesso che diavolo volete voi due da
me?”.
–Oh, al diavolo
la confidenza! Il tuo è stato un comportamento vile e
irrispettoso nei
confronti di Mousse. Non dico che dovevi per forza congratularti con
lui e
Xiwan, ma almeno uscir fuori a salutarlo questo sì!- esclama
Akane,
sorprendendo sia me che la cuoca, nessuna delle due preparata ad una
reazione
del genere da parte della mite e dolce Akane Tendo.
–La verità è che
Mousse ci è rimasto molto male del fatto che tu non ti sia
fatta viva… avrebbe
tanto voluto vederti un’ultima volta.- aggiunge Ukyo con
dolcezza, quasi a
voler rimediare alla sua sparata di prima.
–E
voi che ne sapete? Cosa sapete di quello che voleva o non voleva Mousse
al
momento di andare via? E se invece fosse stato meglio così,
non farmi vedere e
rimanermene chiusa nel mio camerino a guardarlo andare via con Xiwan?
Smettetela di fare le saputelle della situazione, perché la
verità è che non
avete capito niente!
–Sei
tu che invece non hai capito niente!- sbotta nuovamente Akane,
esasperata.
–Se
tu ti fossi degnata di venire, avresti sicuramente visto come Mousse ti
cercava
con gli occhi.
–Tsk,
avrete preso una abbaglio: che cosa volete che vedano quei due fondi di
bottiglia?- ribatto ironicamente superandole con due grandi falcate,
nel
tentativo di troncare la conversazione seduta stante.
–Sai,
Shan-Pu?- La voce di Ukyo mi costringe a fermarmi, ma non a voltarmi.
– Non è
poi così difficile vedere attraverso quei fondi di bottiglia.
Attendo
immobile qualche secondo come per
metabolizzare la frase della cuoca, ma ben presto decido di ignorare
tutto:
lei, Akane, quella frase, quella conversazione. Come se non mi avesse
detto
nulla, riprendo a camminare fino a sparire nel tendone.
–Mamma mia quanta
gente!- esclama Yuka con la sua vocetta fastidiosamente stridula,
sbirciando
fuori dalla tenda che separa l’area di esibizione dalle
quinte.
–Cielo,
adesso svengo! No, io non ce la faccio a uscire lì fuori,
c’è troppa gente!- si
lamenta Sayuri, facendosi aria con una mano.
La
tensione è al massimo: Kuno tenta di acquietare gli animi
delle due ragazze
decantando la sua abilità nel mantenere il sangue freddo
anche in una
situazione del genere, ricevendo in tutta risposta calci e pugni sia
dalle due
fanciulle in questione sia dai loro rispettivi partner, Hiroshi e
Daisuke, già
nervosi per via dello spettacolo, figurarsi poi se ci si
mette Kuno con i
suoi vaneggiamenti; Akane continua imperterrita a intavolare lunghe
conversazioni con i suoi felini, pregandoli di obbedirle almeno sulla
scena e
promettendo loro come ricompensa succulente bistecche di vitello,
rigorosamente
al sangue, come piacevano a loro; Ryoga scongiurava tutti gli dei
possibili e
immaginabili che non lo facessero perdere per i meandri del tendone,
sotto lo
sguardo confuso e preoccupato di Biancanera e dei suoi piccoli; Ren
continuava
a esercitarsi nelle sue trasformazioni con il mantello, ma
l’agitazione era
tale che spesso finiva con il copiare contemporaneamente
l’aspetto di persone
differenti; Ranma cercava un angolo tranquillo dove poter eseguire le
sue
trasformazioni, possibilmente al riparo da quella furia scatenata di
Kodachi
che non perdeva occasione per saltargli addosso, vuoi per
strusciarglisi
addosso come una gatta in calore, vuoi per stritolargli la gola fino a
fagli
cessare il respiro ( questo a seconda se lo vedesse in versione uomo o
in
versione donna). E se ve lo state chiedendo, sì, abbiamo
provato in tutti i
modi a far capire a lei e a suo fratello che Ranma e “la
ragazza col codino”
sono la stessa persona, anche con dimostrazioni pratiche, ma niente,
sono due
teste quadre.
Gli
unici che apparentemente sembrano non
avvertire minimamente la tensione siamo io , che me ne sto a braccia e
a gambe conserte seduta su una cassapanca,
Mikado ,che continua a ravvivarsi il ciuffo e a sfoggiare il suo
migliore
sorriso davanti ad un piccolo specchietto, e Azusa, che non la smette
di
saltellare in giro raccattando gli oggetti più disparati e
dando loro un
nome.
–Oh ma che grazioso nastro
lilla! Ti chiamerò Marceline!
–Ehi, smorfiosa, molla il mio nastro!
–E’ il mio nastro: si chiama Marceline!
–Scrollati
immediatamente dal mio preziosissimo nastro!
Magnifico: ci mancava solo una disputa tra le due circensi
più oche che
abbia mai conosciuto. Alzo appena lo sguardo per vedere Azusa e Kodachi
contendersi il suddetto nastro: la prima lo tira tramite la striscia di
stoffa,
la seconda tramite la bacchetta. Con la coda dell’occhio noto
che Ranma tira un
sospiro di sollievo asciugandosi la fronte col bordo di una manica e
non posso
far altro che sorridere pensando che quel ragazzo è proprio
nato con la
camicia.
–Ragazzi,
ci siamo!- esclama Daisuke agitato.
Le luci si spengono, i riflettori vengono puntati su un uomo al centro
del palco.
–Welcome to everybody ! Benvenuti,
signore e signori, al più grande spettacolo che si sia mai
visto in tutta la
storia del circo! Solo qui potrete ammirare numeri di magia a tempo di
musica, giocolieri
in equilibrio su un filo di nylon, trapezisti volteggiare in aria
perfetta
sincronia, pattinatori su ghiaccio, belve feroci ammaestrate con il
semplice
sguardo o con un gesto della mano, piramidi di contorsionisti e in
ultimo, ma
non per importanza, trasformisti che cambiano aspetto coprendosi con un
mantello o versandosi addosso acqua ghiacciata! Tutto questo solo per
voi!
Tutto questo è il Big Show!
Rullo
di tamburi. Ci siamo: la scaletta prevede che tutti gli artisti entrino
in
scena per il benvenuto.
Montiamo in groppa ai cavalli bianchi che sono stati disposti e bardati
per noi con copricapi piumati e nastri colorati.
3…2…1…Che lo spettacolo abbia inizio!
Entriamo in equilibrio sui cavalli al galoppo, chi tenendosi con una
mano sulla testa dell’animale, chi in piedi sul dorso. Le due
file si
dispongono in modo da formare due cerchi, uno esterno e
l’altro interno, poi,
ad un comune segnale, gli della fila esterna con un balzo e una
capriola
atterrano sui cavalli che galoppano nel
cerchio interno e lo stesso fanno gli acrobati della fila interna.
Tutto in
perfetta sincronia. E’ un vortice di
piume, salti, capriole.
Il
pubblico esulta e applaude letteralmente incantato. E siamo solo
all’inizio!
Dal centro del palco si erge una piattaforma circolare sulla quale
capeggia la
figura del direttore. La sfrenata corsa in tondo si placa
all’istante per
incentrare l’attenzione sulla figura al centro del palco e
per permettere a noi
artisti di riprendere fiato.
–Ladies and gentleman vi
chiedo un
caloroso applauso per la nostra strabiliante compagnia di artisti
circensi!
Avete visto anche voi quanto sono in gamba, no? Ebbene sappiate che this is just the beginning…insomma,
come
dire.. ne vedrete… di tutti i
colori!
Le
luci si spengono. Il direttore sparisce sotto la piattaforma dal quale
era
emerso e anche noi tutti spariamo dietro le quinte al trotto dei nostri
cavalli.
–Ce l’abbiamo fatta!- esclama Sayuri eccitata, ma
Hiroshi prontamente le
preme una mano sulla bocca.
–Ssssh, parla piano,
fuori si sente tutto!
–Santo cielo che emozione! Avete visto quanta gente ci
guardava?
–Piuuf, e questa è fatta!
–Non
cantiamo vittoria troppo presto- interviene Ranma. –Siamo
solo all’inizio, il
bello deve ancora venire! –Ranma ha ragione- concorda Daisuke
– è ancora troppo
presto per rilassarci!
–E ora, gentile pubblico, è il turno delle nostre
giocoliere equilibriste
sincronizzate: ecco a voi Yuka e Sayuri! Un applauso di incoraggiamento, please!
–In bocca al lupo, ragazze!
–Crepi!-
risposero loro all’unisono.
Yuka e Sayuri fanno
un’esibizione a dir poco eccezionale, in una sincronia che
credo nemmeno i
migliori acrobati del mondo, se anche si mettessero d’accordo
sui tempi,
riuscirebbero ad equiparare. Ritte come statue, si passano a vicenda
due, tre,
quattro birilli alla volta senza mai tentennare sul sottile filo di
nylon che
le sostiene.
L’esibizione è un
successo e i commenti estasiati del pubblico lo confermano.
–Guarda come stanno dritte dritte, mamma!
–Sono eccezionali!
–Ma
come diavolo fanno?
–Papà,
e se adesso cadono?- esclama una bambina in prima fila, coprendosi gli
occhi.
–Tranquilla, tesoro, non cadranno: si sono allenate tanto!
Finita la loro esibizione, le luci si riaccendono, Yuka e Sayuri
saltano
giù con grazia, atterrando in equilibrio sulle mezze punte.
Il
pubblico applaude ed urla eccitato “Siete
bravissime!”, “Sincronia perfetta”,
“Siete un portento!” e loro per tutta risposta,
tenendosi le mani si inchinano
a mezzo busto allargando gli angoli della bocca in un sorriso a
trentadue
denti, dopodiché le luci si abbassano e le due giocoliere
tornano dietro le
quinte. Seguono i commenti estasiati di tutti gli artisti e in
particolare
quelli di Hiroshi e Daisuke (qui gatta ci cova!), smorzati quasi subito
dalla
voce del direttore.
–E dopo l’esibizione wonderful
di quelle che ci piace definirle “gemelle siamesi”,
è il turno di Ryoga e della
sua cagnolina ninja Biancanera! Come on
guys, fatevi avanti!
Attimi di silenzio. I
riflettori vagano alla ricerca dell’artista nominato, ma di
lui non c’è
traccia. Di Ryoga e Biancanera nemmeno
l’ombra. –E’ la fine! Siamo perduti!-
esclama qualcuno.
–Stava procedendo tutto troppo bene!- si
lamenta una voce femminile.
–Oh, se solo avessi mostrato prima al mondo il mio talento
nel tirare le
spade!- vaneggia Kuno, piagnucolando. In un altro momento magari gli
avrei
tirato volentieri un pugno in pieno naso, ma stavolta no. Ho ben altro
a cui
pensare. Stavolta il pugno in piena faccia se lo beccherà
Ryoga, se non compare
entro cinque secondi.
–Ryoga, ma che fine hai fatto!- mormoro affranta,
portandomi una mano sulla faccia, già presumendo il disastro
che ne sarebbe
seguito.
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Capitolo 19 *** The show must go on ***
Tra il pubblico si odono bisbigli di
sorpresa e di suspance.
“Ma che succede?”
“Dov’è l’artista?”
“Forse è andato in bagno”
Dietro
le quinte è il panico totale. Le ragazze si guardano
spaesate, i ragazzi
preoccupati giurano di averlo visto un attimo prima proprio dietro di
loro.
Ranma, intanto, suda freddo, mormorando tra i denti: –Dannato
Ryoga, dove
diavolo ti sei andato a cacciare, ci farai perdere lo spettacolo e pure
la
faccia!
Ma
ecco che quando tutto sembra ormai perduto, un’ombra dalla
velocità tale che
non se ne distinguono i lineamenti, salta da un capo
all’altro del tendone per
poi andare a posizionarsi al centro della piattaforma con un ginocchio
poggiato
a terra e l’altro piegato a sostegno
dell’avambraccio.
Improvvisamente,
facendo leva sul ginocchio piegato, Ryoga scatta in alto e lancia sei
hira
shurikena quattro punte in direzione del
pubblico, il quale fa per alzarsi e correre via, terrorizzato. Ma non
ne ha il
tempo perché una seconda ombra, veloce come una saetta,
raccoglie in pochi
secondi tutti e sei gli shuriken per poi atterrare aggraziatamente
davanti al
padrone. I riflettori illuminano le due figure: Ryoga, nuovamente
atterrato
nella posizione di prima, e la sua Biancanera, seduta e scodinzolante,
con le
sei piccole stelle a quattro punte strette tra i denti.
Altri attimi di silenzio. Dietro le quinte si teme il peggio.
C’è
persino chi, sconsolato, si lascia andare sulla cassapanca di legno
tenendosi
la testa tra le mani. Poi le urla, gli applausi scroscianti, i
complimenti.
“Anche questa è andata” penso con un
sospiro di sollievo. Certo che Ryoga stavolta c’ha fatto
prendere un colpo
bello e buono!
Ryoga rientra pochi minuti dopo, ancora rosso in viso per
l’emozione,
poi si inginocchia a terra con il viso rivolto verso l’alto.
–Non…non…NON MI
SONO PERSO!- urla incredulo, ma Kuno provvede subito a tappargli la
bocca e gli
intima di fare silenzio.
–Perso
un accidente!- gli urla Ranma, assestandogli un pugno in testa.
–C’hai fatto
prendere un colpo, maledetto!
Ryoga,
però, forse ancora scosso – un po’ per
l’emozione un po’ per il fatto, per la
prima volta nella storia, di non essersi perso – sembra non
aver sentito il
colpo infertogli da Ranma e, come davanti ad una visione celestiale (
con tanto
di occhi sbarrati e sorriso ebete stampato in faccia), comincia a
sbandare a
destra e a manca, confabulando parole sconnesse, per poi prendere le
zampe
anteriori di Biancanera e iniziare a ballare con lei continuando a
ripetere
“Non mi sono perso! Capisci, Biancanera? Per la prima volta
in vita mia, non mi
sono perso!”. Intanto, anche i cinque cuccioli di Biancanera,
forse contagiati
dall’euforia del padrone, avevano preso a corrergli in
cerchio abbaiandogli
festosi.
Quanto
alle esibizioni, quella successiva manda letteralmente in visibilio il
pubblico, soprattutto le adolescenti, che alla vista di Mikado iniziano
a
urlare come impazzite.
Ah
certo, adesso vi chiederete come abbiano fatto ad esibirsi due
pattinatori sul
ghiaccio visto che qui di ghiaccio non ce n’è
nemmeno l’ombra. E visto che
siamo in pieno giugno, per giunta. Beh, sappiate che la tecnologia fa
miracoli
e quando ancora avevamo un budget piuttosto sostanzioso, non ci
crederete, ma
ci siamo potuti permettere il lusso di comprare una macchina per
fabbricare il
ghiaccio e la neve.
Noto il pubblico
tirar fuori da chissà dove guanti, felpe, maglioni di lana e
giacconi
imbottiti, mentre noi dietro il sipario ci geliamo letteralmente.
–M-maled-detto
S-Sanzenin…, m-muoviti con la tua e-esibizione!- esclama
Ranma, irritato.
–I-io lo s-sapevo che qu-quella d-dannata A-A-Azusa ci
avrebbe dato solo
problemi!- inveisce Kodachi, tremando.
Akane,
invece, non scomponendosi più di tanto e si limita a
starnutire e soffiarsi
continuamente il naso gocciolante.
Quanto a me,
cerco in ogni modo di non dar a vedere i brividi che corrono lungo le
gambe e
le braccia, ma non posso certo evitare
che i miei denti battano per il freddo.
Gli
applausi scroscianti e le urla lì fuori ci fanno comprendere
che l’esibizione
della coppia di pattinatori è terminata, con gran sollievo
da parte di tutti
noi che ormai avevamo raggiunto lo stadio dell’acqua sotto
gli zero gradi.
Non appena la macchina per il ghiaccio viene spenta, il gran caldo
subito scioglie la pista che, ben presto, torna ad essere la
piattaforma di
prima.
–E ora qualche minuto di intervallo per dare il tempo di
risistemare il
nostro palcoscenico!- annuncia il direttore con enfasi. –Se
volete, fuori c’è
lo stand di pietanze internazionali della nostra eccezionale Ukyo: solo
qui
potete trovare ricette provenienti da tutto il mondo!
La
folla di spettatori si alza ed esce in massa, accalcandosi, spingendosi
e
cercando di farsi largo: il profumo di frittelle, pop corn e zucchero
filato li
attira come cuccioli affamati.
–A chi tocca ora?- domanda Ryoga grattando la testa di
Biancanera.
–E’
la volta del grande e inimitabile Tatewaki Kuno,
naturalmente… come hai potuto
dimenticartene, misero Ryoga Hibiki!
Ryoga
roteò gli occhi, pentendosi subito amaramente di aver fatto
quella domanda: cinque
minuti di vaneggiamenti da
parte dell’aristocratico – che poi,
se è così aristocratico come dice di essere, mi
chiedo come sia finito in un
circo come questo – lanciatore di spade.
Non vorrei essere nei panni di Ryoga, per nessun motivo al mondo.
Intanto
tutti se l’erano filata e si erano riuniti nello spazio
retrostante il
circo.
–Santo cielo quest’attesa è snervante!-
esclamò Akane, soffiandosi con
un ventaglio. Gli altri annuisco, ma sono piuttosto pensierosi,
perciò mi
chiedo se abbiano realmente capito cosa abbia detto Akane.
–Io mi inceppo di sicuro!- esclamò Ren in panico.
–Ah, per fortuna che io e Azusa ci siamo già
esibiti!- intervenne Mikado
pettinandosi un ciuffo ribelle e vi lascio immaginare le occhiate di
fuoco che
partirono dai presenti in direzione del pattinatore. –E
quando lo spettacolo
sarà terminato, ti porterò a cena fuori, mia cara
Akane Tendo.
A questo punto
Ranma scatta in avanti e afferra Mikado per il colletto.
–Vedi di fare poco il
cascamorto o te ne farò pentire.
La cosa stupisce non poco i presenti, che
spostano lo sguardo - prima minaccioso, ora incredulo – da
Mikado a Ranma.
L’interessato si accorge subito della moltitudine di occhi
puntati addosso e
lascia immediatamente il colletto del giovane pattinatore, mentre il
suo viso
assume un colorito sempre più tendente al rosso peperone.
–Ranma…?-
lo interpella timidamente Akane.
–N-non
fr-fraintendete! Quello che vo-voglio dire è che
l’atteggiamento di Sanzenin mi
irrita terribilmente, per questo deve smetterla. A chi volete che
importi di un
maschiaccio distratto e impacciato come Akane, andia…
Seguendo
l’esempio dei miei compagni chiudo gli occhi e mi tappo le
orecchie prima che
Akane scarichi la sua ira funesta su Ranma tirandogli addosso la cassa
di legno
sulla quale era seduta fino ad un attimo fa.
–Beh, sai che ti dico?
Se a te non interessa, vorrà dire che accetterò
molto volentieri l’invito di
Mikado!
Il giovane
sorrise soddisfatto: con quello facevano cento appuntamenti in meno di
una
settimana, praticamente un nuovo record!
Sarebbe
andato avanti per chissà quanto ancora quel battibecco, se
la voce del
direttore, proveniente dagli altoparlanti, non avesse catturato
l’attenzione
tutti, invitandoci e rientrare per la seconda parte dello spettacolo.
–Andiamo!- esclamo senza troppa convinzione, rendendomi conto
solo pochi
secondi dopo che è la prima parola che spiccico da inizio
serata. Dovrei sprizzare
energia da tutti i pori, essere agitata, o quantomeno emozionata,
nervosa e, in
effetti, lo sono, eppure c’è qualcosa che mi
turba, ma non ho nemmeno io la più
pallida idea di cosa possa essere. E’ come se in questa
serata così perfetta
mancasse qualcosa.
Quando rientriamo, io e Kodachi diamo appena una sbirciata da dietro la
tenda:
al centro della piattaforma è stato posizionato un bersaglio
molto simile a
quelli che si usano nel tiro a segno,
grande quanto la misura di un uomo e con ampi e colorati cerchi
concentrici.
–Sempre
il solito esagerato- commenta acida Kodachi.
–Signore e signori per questo numero ci serve un volontario. Any bidders? No?
Il pubblico confabulò qualcosa.
–Quel
bersaglio non mi convince…
–Nemmeno morto!
–Perché non provi tu?
–No, ma che scherziamo!?
Alla
fine, dall’ultima fila, si alza un uomo sulla quarantina,
piuttosto magrolino.
–Mi offro io!-
esclama impavido.
–Venga, buon uomo- lo invitò Kuno –le
posso garantire con assoluta
certezza che questo numero non metterà in alcun modo a
repentaglio la sua
incolumità.
L’uomo
balza giù dagli spalti con l’agilità di
un vecchietto con la sciatica e, come
mostrato dal direttore, prende posizione sul bersaglio, aggrappandosi
agli
appositi appigli.
–Molto bene, signore – comincia il direttore
– si tenga forte perché ora
la farò roteare, mentre Kuno le lancerà
una serie di spade, cercando di non colpirla.
–No, no, un momento come
sarebbe a dire: “cercando di non
colpirla”!
–Stia tranquillo, buon uomo- intervien il lanciatore di
spade-
glielo ripeto: la sua incolumità è al sicuro!
–Pronti…
–No, un secondo, fatemi scendere!
–…VIA!!!!
Il
pazzoide fa partire il bersaglio, il quale prende a roteare
velocemente, mentre
Kuno, prendendo la mira, lancia una raffica di spade dalla lama
tagliente.
–L’uomo cacciò un grido acuto e
prolungato e strinse gli occhi, sudando
freddo.
Un
“Oooooh” di spavento misto a meraviglia si eleva
dagli spalti.
L’uomo riapre gli occhi un minuto dopo, lentamente, prima
uno, poi l’altro.
Era circondato dalle spade, a meno di un centimetrodi distanza da lui,
ma era
ancora vivo. Era ancora vivo!
Davanti a lui un Kuno a petto gonfio e aria soddisfatta che si reggeva
su una spada più lunga delle altre. Applausi, complimenti e
grida di meraviglia
si alzano dal pubblico.
–Strepitoso!
–Non
ci credo!
–Incredibile!
Tutti quei
complimenti fanno gongolare oltremisura Kuno, il quale resta fermo
lì a godersi
gli applausi e gli sguardi stupiti fino
a quando il direttore non si vede costretto a chiamare la sicurezza per
riportare il giovane esibizionista nuovamente dietro le quinte, non
risparmiandosi un commento pungente del tipo: “Hai
monopolizzato la scena anche
abbastanza, ora smamma”.
–E adesso, gentili spettatori, un numero che vi
terrà col fiato sospeso
per tutto il tempo, che vi farà gelare il sangue nelle vene:
i vostri occhi non
crederanno a ciò che vedrete!
Dietro di me Akane sospira
pesantemente e si alza.
–Posso
farcela, devo farcela- dice per
farsi
coraggio.
Un
assistente porta due grosse tigri indiane e le sguinzaglia.
–Natsumi, Kanae: forza, tocca a
noi!
Ma i due felini non vogliono saperne di raggiungere la padrona, anzi:
con uno sbadiglio che mette in mostra la perfetta e affilata dentatura,
si
distendono per terra con l’intenzione di schiacciare un
pisolino. Akane resta a
fissarle per qualche istante, poi pronuncia le tre fatidiche parole: “Allora niente cena”.
Le
due micione drizzano subito le orecchie e scattano in piedi per poi
prendere
posto ai lati della padrona. Akane sorride soddisfatta: avrà
pensato che forse
non è tutto perduto e ha ancora una speranza di fare bella
figura davanti al
pubblico.
–… un applauso di incoraggiamento per la nostra
giovane e splendida
domatrice Akane Tendo!
La divisa rossa con ricami dorati scintilla
sotto i riflettori, così come il mantello dei due animali.
Akane fa schioccare
la frusta per terra e subito i due felini, come gatti ammaestrati, si
posizionano sui due piccoli podi che sono stati allestiti, uno a destra
e uno a
sinistra, per l’esibizione.
Ad
un cenno del direttore, due assistenti incendiano i cerchi davanti i
due podi. Akane
si volta in modo da guardare i due animali negli occhi, fa schioccare
la frusta
e quelli, obbedienti e perfettamente sincronizzati, saltano nei
rispettivi
cerchi infuocati, atterrano, saltano di nuovo, si incociano,
attraversano il
cerchio infuocato dell’altro e si riposizionano sul podio.
Il pubblico è estasiato, ma non hanno ancora visto nulla.
Da
dietro le quinte, Ryoga lancia due enormi palloni di gomma. Akane fa
schioccare
nuovamente la frustra a terra e le due belve si muovono in direzione
dei palloni,
li prendono con il muso e li tengono in equilibrio sul naso. Si alzano
sulle
zampe posteriori e iniziano a lanciarsi a vicenda i palloni,
afferrandoli
sempre con il muso e tenendoli in equilibrio per un qualche secondo.
Il
pubblico ora ride divertito, trovando l’esibizione delle due
tigri tenera e
divertente.
–Guarda che carine, mamma!- esclama una bambina puntando il
dito davanti
a sé.
–Mamma anch’io voglio una tigre!- protesta un altro.
Per
chiudere il numero, Akane fa schioccare due volte la frustra per terra,
allora
le tigri lanciano simultaneamente i due palloni in aria e con due balzi
si
riposizionano ognuna sul proprio podio per poi rialzarsi sulle zampe
posteriori
e prendere al volo i palloni che ritornano giù.
Akane si volta di nuovo verso il pubblico e si inchina,
mentre questo la sommerge di applausi, di complimenti
e di urla eccitate. Akane si inchina di nuovo e con un ennesimo
schiocco di frusta ordina
alle due tigri di fare lo stesso: le due belve, allora, scendono dai
rispettivi
podi e si inchinano obbedienti, porgendosi ai lati della domatrice.
-E’ andata, è andata!- gioisce Akane sottovoce,
non contennendo
l’eccitazione.
–Lo sapevo che
saresti stata grande, Akane!- si complimenta Ryoga, contagiato
dall’euforia,
seguito da una scodinzolante Biancanera.
–E
voi siete state semplicemente magnifiche!- esclama abbracciando e
coccolando le
due tigri che le rispondono con leccate e strusciate sul fianco.
Quando
il direttore annuncia l’esibizione di Ren, ho un sussulto. Ci siamo quasi. Dopo di lui,
è il turno di Ranma, poi ci sono io.
In teoria, ci sarebbe stata l’esibizione di Mousse, ma
poiché Mousse non c’è,
tocca a me “tappare il buco” nella scaletta, come
si suol dire.
L’ansia comincia a farsi sentire anche per me, per cui non
presto molta
attenzione al numero di Ren, a malapena mi accorgo di un volontario tra
il
pubblico che si offre per il numero dell’imitatore:
è un giovane sulla
ventina, piuttosto robusto, con una tuta
bianca e una cintura nera da judo.
Vedo
distrattamente Ren assumere le sembianze volontario e, al suono di un
gong,
iniziare a combattere contro di lui, parando e schivando ogni suo
colpo, come
se conoscesse già la mossa successiva.
–
Tocca a me!
–Voglio provarci anch’io!
– Anch’io!
–E
io pure!
Una
moltitudine di persone si alza e si offre come volontaria per testare
le
capacità dell’imitatore. Ren riesce ad imitare
l’aspetto e la personalità di
chiunque gli si presenti davanti, lasciando il pubblico senza parole.
Ma il
pezzo forte sarebbe arrivato dopo e allora sì che il
pubblico avrebbe sgranato
gli occhi!
–E adesso, caloroso pubblico, il nostro pezzo forte: tenetevi
alle
panchine perché sgranerete gli occhi per il wonderment!
Solo per voi, Ranma Saotome, l’uomo che si trasforma a
contatto con l’acqua! Applause,
please!
Ranma
entra in scena lentamente, nella sua solita divisa cinese rossa con
pantaloni
neri, mentre alcuni addetti preparano una grossa tinozza
d’acqua e un
trampolino.
Ranma
scrocchia le dita, guarda in alto, sospira. Inizia a salire, sotto gli
occhi
attenti del pubblico. Arriva in cima, percorre l’asse di
legno, si posiziona
sulla striscia gialla all’estremità. Guarda in
basso: le persone da lassù
devono sembrargli tanti puntini neri.
I riflettori sono puntati su di lui. Rullo di tamburi.
3…2…1…
Si lancia nel vuoto da un’altezza di quattro metri. Pochi
secondi dopo
uno splash e una parete
d’acqua che
si alza e inonda gli spettatori in prima fila, i quali, prontamente,
tirano
tutti fuori da chissà dove un ombrello (saranno mica allievi
di Mousse?) per
ripararsi. Poco
dopo dalla tinozza esce fuori una graziosa ragazza dal seno prorompente
e dai
capelli rossi, legati in una treccia.
Alcuni
in prima fila si sporgono maggiormente, a occhi sbarrati e bocca
aperta, non
potendo credere ai loro occhi; altri iniziano, invece, a sbavare senza
ritegno, ammirando le forme morbide e sinuose della
giovane, sotto lo sguardo minaccioso delle fidanzate, altri ancora
fischiano e ammiccano suadenti tentando un abbordaggio,
con scarsi – e anche piuttosto comici – risultati.
Ranma,
dal canto suo, non si scompone più di tanto: saluta,
risponde agli
ammiccamenti, sbatte le ciglia con fare ingenuo. In tutta
sincerità, non so
nemmeno io se ridere, rabbrividire o dare di stomaco. O tutte e tre le
cose
insieme.
Qualche
minuto dopo, Akane lo raggiunge con un asciugamano e una teiera
d’acqua calda: mantenendo
il contenitore con un paio di presine, versa lentamente
l’acqua sulla testa
della ragazza dai capelli rossi alla quale sfugge un
“Ahi!” di dolore non appena
il cuoio capelluto entra in contatto con il liquido bollente. Una nube
di
vapore avvolge le due ragazze. Due istanti e della graziosa ragazza col
codino
non resta più nulla: muscoli e addominali scolpiti prendono
il posto del seno
sodo e della pancia piatta; i lineamenti
delicati divengono improvvisamente marcati; la folta e lucente chioma
rossa si tinge di nero; i grandi occhi blu
mare si schiariscono assumendo una tonalità tendente al
cobalto.
Il pubblico è impressionato e
letteralmente senza parole: finora aveva creduto di aver visto tutto,
ma ha
dovuto ricredersi.
Ranma
si asciuga alla meglio l’acqua calda che gli gocciola dai
capelli, poi ringrazia
con un inchino i calorosi spettatori e lascia la scena, seguito a ruota
da
Akane, tra applausi, grida di stupore e lacrime di delusione da parte
di chi
sperava di poter combinare qualcosa con la misteriosa ragazza con il
codino.
–Bene,
ragazzi, è quasi fatta: l’ultimo numero
è quello di Shan Pu e della sua
piramide umana, poi ci sono solo i ringraziamenti finali...- spiega
Ranma
asciugandosi i residui di acqua e sudore dalla fronte.
–Siamo quasi
giunti al termine di questa serata così gorgeous…
e quale miglior modo di lasciarci se non con una, mega,
super, ultra
altissima piramide umana? Forse anche la più alta che
abbiate mai visto in tutta
la vostra vita? E allora un grande appaluso per le nostre quaranta
contorsioniste!
Oh,
Kami, ci siamo!
Faccio
un bel respiro profondo: per un attimo tutto quello che mi circonda
svanisce.
Niente musica, niente pubblico, niente artisti, niente spettacolo.
Niente.
Li riapro. Tocca a
me.
Corro, esco, le luci dei riflettori
mi abbagliano mentre il mio body lilla scintilla come se avessi addosso
una
cascata di stelle. Dopo aver percorso l’intero perimetro
della piattaforma, saltando
e agitando su e giù il nastro e contemporaneamente
eseguendo esercizi di equilibrio con la palla – il tutto
rigorosamente a tempo
di musica - mi accingo a “scalare”
quell’abnorme montagna umana, reggendomi con
i soli piedi, considerato che le mani mi servono per eseguire gli
esercizi con
la palla e col nastro.
Una
volta in cima, ecco la parte più difficile: tenendo il
nastro con la bocca,
poggio le mani sulle spalle delle mie due compagne che mi sorreggono,
poi una
volta stabilizzatami, reclino la testa all’indietro e allungo
la gamba sinistra
per lasciar scivolare la palla fino al mio piede, con il quale
l’afferro e la
porto davanti a me, all’altezza degli occhi. Intanto una
pioggia di petali neri
scende dall’alto mentre una ginnasta inizia a danzare
nell’aria passando da una
trapezio all’altro.
Sono
ormai certa che lo spettacolo sia giunto al termine, finché
uno stormo di
colombe bianche, avvolgendo l’intera piramide in un candido
turbine.
No,
non può essere lui.
Lui
è lontano chilometri da qui.
Lui è con Xiwan.
Lui è… tornato?
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Capitolo 20 *** Happy end ***
La musica parte e tutti gli artisti
entrano in scena per
l’esibizione finale: Ranma e Ryoga zompettando a destra e a
manca, seguiti da
Biancanera e i suoi cuccioli, Azusa e Mikado volteggiando sui
rollerblade, Kuno
– con tanto di rosa rossa tra i denti - sguainando e
maneggiando qualcosa come
una quindicina di spade, Ren agitando il suo ampio mantello e assumendo
ogni
volta l’aspetto di un artista diverso, Yuka e Sayuri tra
capriole e verticali,
perfettamente sincronizzate come sempre, e infine Akane in equilibrio
sulla
groppa dei suoi bei micioni indiani. Il tutto naturalmente a tempo di
musica.
La
cupola del tendone si scopre e il vortice si innalza verso il cielo per
poi
diramarsi a raggiera. Tutte le colombe spariscono nel manto scuro,
eccetto una che,
dopo un giro completo intorno alla platea e alla piramide umana, torna
a
posarsi sulla mia spalla. Intanto una
raffica di fuochi d’artificio illumina senza un attimo di
tregua il manto scuro
del cielo. Sorridendo soddisfatto per la perfetta esecuzione del
numero, mi lascio investire dal caloroso applauso del
pubblico.
–Semplicemente
magnifici!
–Uno spettacolo unico!
–Siete fenomenali!
–Che meraviglia!- esclamano in
coro alcuni bambini.
Il
pubblico è in visibilio: in tanti anni di carriera circense
non ho mai visto
tanto entusiasmo per un nostro spettacolo. La reazione del direttore
è, poi,
semplicemente impagabile:fiumi di
lacrime gli scorrono giù dagli occhi - coperti dai vetri
scuri delle sue lenti
consuete – tanto che Hiroshi e Daisuke si sono visti costretti a
munirsi di catini
e bacinelle per raccogliere tutta quell’acqua salata onde
evitare che la nostra
piattaforma si trasformasse in un’arena per la battaglia
navale.
E’
il momento del discorso finale. Respiro e allargo le braccia, urlando:
E’
giunto il momento,
signore e signori,
che ognun ritorni ai suoi vecchi rancori:
i
domatori a domare,
le fiere ad obbedire,
gli spadaccini a tirare,
le illusioni a sparire.
E
tuttavia tra urla di giubilo e latrati di lupo,
speriam
di tutto cuore che lo spettacolo vi sia piaciuto!
Schiocco e le dita e una nube
rosastra avvolge la compagnia
circense. Qualche minuto sulla piattaforma non restano che i petali
neri di
Kodachi.
All’iniziale mormorio di meraviglia degli spettatori seguono
risa e
applausi scroscianti. Sì, devo ammetterlo: i colpi di scena
sono sempre stati
il mio pezzo forte!
E
a proposito di colpi di scena, il pubblico non è stato
l’unico a restare di
stucco alla mia apparizione. Davanti a me
la schiera di artisti mi osserva con
occhi increduli e si scambia
occhiate fugaci come per confermare che la persona davanti a loro non
sia una
visione.
–Beh,
allora? Nemmeno un “Bentornato, Mousse!” ? Mah, e
io che mi aspettavo
un’accoglienza più calorosa, begli amici!
– scherzo fingendomi imbronciato, con
tanto di braccia conserte e aria offesa.
–Oh, perdonaci Mousse, ma siamo ancora un po’
sconcertati dalla tua
apparizione! – esclama Akane prima di gettarmi le braccia al
collo per
salutarmi. –Comunque sia, bentornato tra noi! E dopo di lei a
mano a mano anche
tutti gli altri mi salutano, mi abbracciano mi stringono la mano, mi
danno
pacche sulla spalla e mi sorridono, contenti del mio ritorno.
–E così ci hai giocati,
eh Mousse? Maledetta talpa, tutto questo casino solo per fare la tua
entrata a
effetto!
Ecco qua. Vi pareva Ranma Saotome non doveva dire la sua?
L’unica nota
stonata di un’armoniosa melodia! Ma cosa volete farci, Ranma
Saotome è pur
sempre Ranma Saotome e volenti o nolenti così ce lo dobbiamo
tenere. –C’hai
preso in pieno, Ranma Saotome. Ho davvero architettato tutta questa
messinscena
dell’addio per tornare con un’entrata a effetto. E
guarda che risultato: è
stato praticamente un successo! BAM!
Spiazzato in pieno. E per la prima volta posso godermi la faccia
corrucciata (
e anche lievemente arrossata, oserei
dire!) del codinato playboy, al
quale
non viene in mente nessuna risposta con la quale controbattere. Il mio
sguardo
cade casualmente alla mia destra: in un angolo buio una ragazza mi
osserva a
braccia conserte e gambe incrociate, appoggiata appena alla colona di
cemento
che fa da sostegno al tendone. Congedandomi dagli altri mi avvicino a
lei.
–Ciao, Shan-Pu.
–Ciao
Mousse. Bentornato. – mi risponde lei con lo sguardo
sfuggente rivolto verso il
basso.
–Usciamo
a prendere un po’ d’aria?
Lei scrolla le spalle. –Come vuoi. La piccola folla di
artisti si apre
per lasciarci passare, poi si ricompone e appena fuori –
diavolo se sono
prevedibili quelli lì! – accorre in punta di piedi
per spiarci. Credo che anche
Shan-Pu si sia resa conto del piccolo corteo di curiosi, eppure non fa
niente
per scacciarli e continua a starmi dietro con le braccia incrociate
dietro la
schiena e il passo lento.
–Bella serata, eh?- cerco di rompere il ghiaccio ammirando il
cielo
stellato.
–Mh. – annuisce lei e per la prima volta sento che
i ruoli si sono
invertiti: adesso sembra lei quella a disagio in mia presenza. Io, al
contrario, non mi sono mai sentito più sicuro di me prima
d’ora. O
semplicemente più tranquillo, forse.
–Perché sei tornato?- mi chiede dopo qualche
attimo di silenzio.
La domanda non mi coglie impreparato, ma mi prendo comunque del tempo
per formulare una risposta.
–Sono tornato per te, mi sembra ovvio.
Anche se voltato di spalle posso capire che la mia risposta
l’ha
sorpresa dal leggero sussulto della sua voce. –Per me? No,
dico, mi prendi in
giro o cosa? Tu stavi con Xiwan e stavi per tornartene al villaggio
pronto a
cominciare una nuova vita, e adesso vieni a fare il romantico dicendo
che sei
tornato per me?- sbotta lei ostentando sicurezza, ma tradendo una nota
di
gelosia. –A proposito…- riprende lei acida dopo lo
sfogo – che fine ha fatto la
tua bella? Perché non sei tornato indietro con lei, eh?
E’ già finito tutto
l’amore che provavi nei suoi confronti? Ah, no, forse era
solo lo spasso del
momento, vero? A questo punto il mio autocontrollo va a farsi benedire
e senza
nemmeno rendermene conto afferro Shan-Pu per le spalle e tiro fuori
quello che
per tanto, troppo tempo ho tenuto dentro.
–Vuoi
saperlo? Vuoi davvero sapere tutta la verità fin dal
principio? Vuoi sapere
come io mi sia ridotto a uno zerbino per colpa tua? Tu non hai la
minima idea
di quanto io abbia sofferto per tutti questi anni, di quanto sia stato
male per
ogni tuo sguardo indifferente, di quante volte abbia fatto la figura
del
perfetto imbecille pur di attirare anche solo di sfuggita la tua
attenzione… e
tu niente, mi sei passata attraverso come se fossi stato un fantasma,
una
creatura priva di consistenza, inesistente, un signor nessuno. E sai
qual è la
cosa peggiore, la cosa più umiliante? È che
nonostante tutto questo, nonostante
tutto il male che ho patito per causa tua, io non riesco a odiarti. Ci
ho
provato, ma non ci riesco. Anzi, ti amo più di prima.
Le mie parole la investono come un
fiume in piena, me ne accorgo dalla dilatazione delle sue pupille.
Per una manciata di
secondi nessuno dei due parla, poi lei decide di rompere il silenzio
cercando,
invano, di mantenere il suo solito tono di voce freddo e piatto.
–Se mi amavi così tanto come dici,
perché non
hai affrontato il problema apertamente? Perché hai accettato
l’amore di Xiwan
anziché chiarire con me i tuoi
sentimenti?
Mi
prendo una seconda pausa.
–Accettiamo
l’amore che crediamo di meritare, Shan-Pu- le dico
tranquillamente e la mia
risposta la lascia a bocca aperta. Lei abbassa nuovamente lo sguardo e
da sotto
la frangetta color lavanda calde lacrime le rigano il viso di
porcellana. E’ la
prima volta che vedo piangere Shan Pu. Lei, così fiera,
glaciale, dallo sguardo
impenetrabile adesso era scossa da tremiti irrefrenabili.
–Bianjie...
Mi
sta chiedendo scusa. Shan Pu, l’amazzone dal cuore di pietra,
sta chiedendo
scusa proprio a me, povero contadino della sperduta provincia del
Youkasai, in
Cina, divenuto poi illusionista di un qualunque circo ambulante.
Sfioro
delicatamente una sua guancia con la mia mano destra e le sollevo piano
il viso: i grandi occhi rosso scuro sono diventati ancor più
rossi a causa del
pianto. Prima che possa anche solo rendermene conto il mio viso
è a pochi
centimetri dal suo. Il mio cervello ha ormai dichiarato ufficialmente
chiusa la
sua attività.
Posso
percepire il suo respiro irregolare e il profumo della sua pelle, un
profumo
che inebria i sensi. Lo inalo come a volerlo imprimere nella mia mente
e subito
una sensazione di vertigine o stordimento si impossessa di me.
–Wo ai ni,
Shan Pu.
Incurante della banda di
curiosi appostati a pochi metri da noi, incurante delle possibili
conseguenze alle
quali il mio gesto avrebbe portato, incurante di qualunque altra cosa,
appoggio
le mie labbra alle sue, avvolgendola in un abbraccio protettivo. In
questo
preciso momento il tempo sembra essersi fermato. Rinsavito, mi assale
il
pensiero di una sua possibile reazione (contraria, naturalmente),
tuttavia non
discosto di un solo millimetro le mie labbra dalle sue. Sono
già mentalmente
pronto a prendere un volo di svariati chilometri verso una qualche meta
ignota –
che dire: è stata una vita breve ma intensa, la mia!
– ma la reazione della mia
bella compaesana mi spiazza: Shan Pu si aggrappa alla mia veste bianca
e mi
stringe maggiormente a sé.
–Qing buyao likai wo – mi
sussurra tra
le lacrime. “Ti prego non
lasciarmi” mi implora.
–Yong bu za .- la rassicuro altrettanto
sommessamente. “Mai più” le ho risposto
con un sorriso.
La stringo nuovamente a me, accarezzandole i
lunghi capelli e lei mi lascia fare,
anzi, si abbandona completamente al mio abbraccio, in cerca di
protezione. Le
cose cambieranno, niente sarà più come prima. Ne
ero sicuro.
*Note
dell'autrice*:
La citazione "Accettiamo l'amore che crediamo di meritare" pronunciata
da Mousse è tratta dal film "Noi siamo infinito" di Stephen
Chbosky.
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Capitolo 21 *** 10 years later... ***
–Xiaochen!
Xiaochen, dove sei?
Chissà dove sarà andata a finire quella benedetta
ragazza. Ogni volta che la
cerco per un lavoretto in casa sparisce nemmeno fosse uno dei trucchi
di magia
di Mousse. Ah, quella piccola peste! Ma se la prendo, questa volta
passo alle
maniere forti e una bella sculacciata con la canna di bambù
non gliela toglie
nessuno!
Con lo sguardo scruto il paesaggio davanti a me, aspettandomi che
d’improvviso salti
fuori una bambina alta quanto un piccolo sacco di riso. Passano i
minuti e
tutto ciò che interrompe la quiete del luogo sono una lepre
che, vedendomi,
rizza le lunghe orecchie e muove il musetto color crema per poi
riprendere a
saltellare tra le colline, e il vento che passa tra le foglie dei
tassi. Respiro
il vento che scarmiglia i miei capelli e il profumo che proviene dalle
piante
di ginepro e di tasso. Chiudo gli occhi e mi immergo in
quell’aria così
estranea e così familiare allo stesso tempo. Era tanto che
non sentivo la
natura sulla mia pelle, nei miei capelli, nei miei polmoni.
“Sono a casa” mi
ritrovo a pensare e quel pensiero mi fa sentire stranamente bene, come
mai mi
era accaduto prima.
Piccoli passetti sull’erba attirano la mia attenzione
facendomi tornare con i
piedi per terra. Sorrido. Non c’è bisogno di
chiedere chi sia. D’un tratto la
mia vista si offusca e la schiena si ritrova a sostenere qualche grammo
in più.
–Indovina chi sono?- dice una vocina squillante.
Sospiro. I miei propositi di sgridarla, metterla in punizione e
picchiarla con
il bambù sono già andati al vento.
–Oh, fammi indovinare…sei una piccola
peste che quando la mamma chiama per qualche lavoretto in casa schizza
via come
un leprotto!
E mentre dico questo la afferro per i fianchi e con una capriola
comincio a
farle il solletico. E’ il suo punto debole, ormai
l’ho imparato: fianchi, piedi
e pancia. La sua risata fresca e infantile è come il
tintinnio di uno
scacciapensieri. Resto incantata a guardarla: la pelle bianca come
latte di
soia, i lunghi capelli color lavanda e gli occhi acquamarina la fanno
assomigliare ad una bambola di porcellana, di quelle che tante volte,
quando
ero piccola, vedevo con mia madre nelle botteghe giù in
paese.
Affondo il viso in quella massa glicine e mi lascio inebriare dal
profumo di
fresco, di lavanda e di erba bagnata.
–Papà, papà aiuto!- grida la piccola
tra le risa.
Dietro di me sento passi cadenzati e pesanti. Mousse posa in un angolo
della
nostra casa la legna raccolta, dopodiché scarica il resto
dalla groppa del mulo
.
–Papà, la mamma mi fa il solletico! –
protesta Xiaochen.
–Ah sì? – chiede Mousse con un sorriso
senza però mostrare troppo interesse. –Allora
vorrà dire che… avrà bisogno di una
mano!
In un attimo ci ritroviamo tutti e tre a rotolare giù per
collina, con i nostri
corpi a far da scudo alla piccola. Arrivati in fondo, il respiro
è pesante, i
capelli sono arruffati e piani di foglie e fiori e le mie condizioni a
di poco
impresentabili. Ma rido. Prima impercettibilmente, poi a singhiozzi,
infine senza alcun freno. Rido
e la mia risata contagia anche Xiaochen e Mousse. Se qualcuno ci
vedesse in
questo preciso istante penserebbe di certo che siamo matti da legare.
Eppure,
non mi importa. Per la prima volta in
vita mia mi sento bene, in pace con me stessa…mi sento
semplicemente io. I miei occhi si voltano istintivamente alla
mia destra e noto con sorpresa che Mousse ha smesso di ridere e mi sta
osservando sorridente. E innamorato.
Arrossisco.
–Perché mi guardi? Ho qualcosa sulla faccia per
caso? – sbotto sulla difensiva.
Beh, d’altronde com’è che si dice: il
lupo perde il pelo ma non il vizio. E così io,
sebbene con il tempo mi sia
addolcita parecchio, questo non vuol dire che abbia rinunciato al mio
lato
fiero e combattivo. Discendo comunque dall’orgogliosa stirpe
delle Amazzoni,
non dimentichiamolo.
–No, no, non hai niente che non va. E’ che sei
bellissima, tutto qui.
Arrossisco maggiormente. Un giorno o l’altro
gliela farò pagare: deve piantarla di uscirsene con queste
frasi romantiche e
sentimentali… va bene che mi sono
“ammorbidita” un po’ negli ultimi anni,
ma detesto arrossire come una ragazzina infatuata
alla quale viene rivolto un complimento dal ragazzo che le piace.
-Papà, guarda, la mamma è diventata tutta rossa!-
esclama Xiaochen puntando il ditino e battendo i piedi
divertita. –Beh,
credo che sia ora di andare, forza!
Mi alzo in tutta fretta e comincio ad avviarmi su per la collina.
–La mamma ha ragione. – sento dire a Mousse
– Dobbiamo andare, è quasi ora di
pranzo.
Qualche minuto dopo Mousse mi raggiunge in casa, mentre io sono
già indaffarata
a tagliare le carote e le erbe speziate da preparare come contorno al
manzo
bollito.
–Xiaochen, lavati le mani prima di toccare la verdura!
Ma quando mi volto per prendere la pezza per pulire il coltello mi
accorgo che
Mousse è da solo.
–Xiaochen è fuori a giocare con Qi Bai.
–Kami benedetti! Quand’è che quella
bambina si metterà in testa che deve
diventare una donna?
–Shan Pu è solo una bambina, l’hai
appena detto tu stessa! Ha appena due anni,
tutti i bambini alla sua età non pensano che a giocare!
–Sì, ma Xiaochen non è una bambina
qualunque. E’ un’Amazzone e che come tutte le
bambine amazzoni deve apprendere
fin dalla più tenere quale ruolo le spetta in questo mondo.
Ben presto dovrà
imparare a cucinare, a svolgere i servizi in casa e a combattere, se
vuole
sperare di cavarsela lì fuori. E’ quello
che è stato insegnato a me e amia volta io lo
insegnerò a mia figlia e così
sarà per tutte le generazioni a venire.
–Vuoi davvero che lei cresca come sei cresciuta tu?
–Intendi forte, fiera, orgogliosa e indipendente? Certo che
lo voglio!
–Intendo… infelice.
Mi zittisco. Diavolo, Mousse quando ci si mette sa davvero colpire nel
segno.
–Guardati, Shan Pu. Oggi per la prima volta hai riso, hai
riso sul serio, di
cuore, spontaneamente. Non per fingere interesse, non per educazione.
Hai riso perché
lo volevi. Ed è stato come se mille colombe si fossero
librate in volo dopo
esser state tenute per tanto tempo in una gabbia troppo stretta.
Sì, non potevo dargli torto. E’ stata una
sensazione magnifica, non so come spiegare…
unica.
–Guardala, Shan Pu. Guardala per un solo, lungo istante: vuoi
davvero che lei
cresca come la più fiera delle Amazzoni? Vuoi realmente che
lei rinunci alla
sua vita spensierata da bambina per diventare una guerriera?
I miei occhi seguono la direzione del braccio di Mousse e si soffermano
sulla
finestra: fuori una bambina seduta a cavalcioni sul collo di un mulo
tormenta
le lunghe orecchie dell’animale, il quale senza scomporsi se
ne sta sdraiato
all’ombra, assopito.
–Al galoppo Qi Bai, al galoppo!- urla divertita, ma il
quadrupede si limita a
rispondere con un sonoro sbadiglio.
“Che cosa sto facendo” mi ritrovo a pensare. Senza
che io possa fare qualunque
cosa per impedirlo le lacrime iniziano a scorrere copiose
giù per le guance,
poi si trasformano in singhiozzi, infine in un pianto irrefrenabile.
Crollo per
terra e subito Mousse si accascia accanto a me e mi avvolge in un
tenero
abbraccio. –Sono un’insensibile- piagnucolo
infantilmente – Una pessima madre.
Stavo per far condurre a mia figlia la stessa vita che mia madre e mia
nonna hanno
fatto condurre a me. Non capisco niente di bambini. Non capisco niente
della
vita.
Mousse prende ad accarezzarmi dai capelli fin giù alla
schiena. –Tu sei una
madre e una moglie eccezionale, Shan Pu.- mi conforta – Solo
che ti hanno istruito
troppo sull’orgoglio e sull’onore e troppo poco
sulla felicità e i veri valori
della vita. Tutto qui.
Mousse mi bacia i capelli e mi stringe ancor di più a
sé. Mi lascio cullare dal
suo abbraccio e i singhiozzi a poco a poco si placano. Mi sento
protetta, al
sicuro, come in una campana di vetro. È come se fuori il
mondo non ci fosse,
come se esistessimo solo noi, noi
avvolti in un abbraccio senza fine.
–Papà, che cos’ha la mamma?
Sussulto. Ero riuscita a tal punto ad isolarmi dalla realtà
da non avvertire la
presenza di Xiaochen. La bimba si avvicina incuriosita e preoccupata e
mi
scruta con i grandi occhi verde acqua e il minuscolo dito in bocca,
cosa che fa
quando c’è qualcosa che l’attira
particolarmente. –Stai piangendo, mamma? Hai gli
occhi tutti rossi…
Maledizione. Adesso ci manca solo che faccia preoccupare mia figlia per
i miei
complessi da madre incapace. Mi asciugo in fretta gli occhi con un
lembo del
grembiule e cerco di articolare, mio malgrado, una scusa abbastanza
convincente
per spiegare la situazione. –N-no, piccolina,
no…vedi, la mamma stava solo…
–Sì, tesoro, la mamma sta piangendo- interviene
Mousse. Che diamine gli salta
in mente? Invece di negare tutto, conferma? È sempre il
solito stupido!
–E perché piange?
Bravo Einstein, adesso cosa le vai a raccontare, sentiamo un
po’!
– La mamma piange perché è
felice…
Ah beh, questa poi! Se si aspetta che si beva una sciocchezza simile
è proprio
un ingenuo!
–Ma non si piange quando uno è felice! Si piange
quando uno è triste! Quando
uno è felice sorride!
Ecco, avrà anche due anni ma non è idiota, sai,
Mousse?
–Si può piangere anche quando uno è
felice, piccola Xiaochen. E la tua mamma
adesso è così felice che si è messa a
piangere.
–Ohhh!- fa Xiaochen meravigliata e la sua espressione
è così buffa che mi
strappa una risatina.
–Vedi? Adesso sta ridendo, significa che è
contenta.
–È vero, è vero! La mamma è
felice, la mamma è felice!- esclama la bimba divertita,
balzando in piedi. –Mama shi xingfu
de!
Mama shi xingfu de! Mama shi xingfu de!
In un attimo la piccola è di nuovo fuori a
tormentare il povero Qi Bai,
saltandogli in groppa, abbracciandolo e giocando con le sue lunghe e
pelose
orecchie.
Mi alzo, mi avvicino alla finestra e osservo la spensieratezza della
piccola
Xiaochen.
–Mousse tu credi che sia questa la felicità?-
chiedo senza pensarci troppo. Lui
mi abbraccia da dietro e affonda il viso nei miei capelli, inebriandosi
del
loro profumo.
–Io penso che la felicità sia questo: una
casa accogliente, una campagna
silenziosa, la moglie dei tuoi sogni, una figlia nostra. Ecco,
sì, credo che la
felicità sia tutto questo.
Sorrido e annuisco. Oggi, dopo una vita intera passata tra
addestramenti,
esercizi, spettacoli e contorsioni, ho compreso che per essere felici
non sono
necessarie la fama, la gloria, i riflettori, gli applausi.,
bensì semplicemente
qualcuno che ti ami, che sia disposto a tutto (ma proprio a tutto) per
te, una
casa immersa nel silenzio di una campagna dove costruire una famiglia,
la tua
famiglia.
In fondo, basta poco per essere felici, no?
FINE
*Angolo
dell’autrice*:
Salve a tutti, come va? E anche questa è fatta!
Sì, lo so
che per quest’ultimo capitolo
vi ho fatto partorire, ma non credete che sia stato facile per me
portare a
termine questa storia. Ho avuto i miei impegni, la scuola, la
maturità, lo studio
e così ho potuto aggiornare solo adesso. Beh, meglio tardi
che mai, no? Spero
non vi siate dileguati tutti nonostante i lunghissimi tempi di
aggiornamento.
Ora che la storia è conclusa mi premerebbe sapere che cosa
ne pensiate: vi è
piaciuta? Quale parte avete preferito? Il finale è stato di
vostro gradimento
oppure vi ha lasciato con l’amaro in bocca? Vi aspettavate
qualcosa di diverso?
Insomma, fatemi sapere in tanti. Attendo con ansia i vostri pareri.
Grazie a tutti coloro che hanno resistito arrivando fino alla fine.
Davvero,
ragazzi, grazie di cuore.
Beh, che dirvi di più… allora, alla prossima! :-D
Un abbraccio
PiccolaEco
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