Tempestoso Affettuoso

di Walpurgisnacht
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Horror vacui ***
Capitolo 2: *** Dum spiro spero ***



Capitolo 1
*** Horror vacui ***


Tempestoso Affettuoso

Horror vacui
Storia di Nyappy

 

Questo mondo merita di essere protetto?
Kyosuke non le aveva detto grazie.
Lei gli aveva donato l’anima, la sua umanità e adesso… cosa le restava?
“La tratti come un cane, non la ringrazi nemmeno” aveva detto a quel ragazzo sul treno.
Per cosa sto combattendo? Ditemelo!
Aveva bisogno di fare chiarezza, aveva bisogno di ordine. Ordine… quello che cercava di portare al mondo.
Ma era tutto inutile, tutto inutile…
Ditemelo subito.
Oppure…


«Ti ho trovato finalmente.»
Kyoko si sedette vicino a lei, in quella stazione deserta.
I pannelli dietro alla sua schiena illuminavano il pavimento e la stanza buia, le luci della città appena visibili attraverso la frangia blu che le copriva gli occhi.
«Per quanto ancora hai intenzione di allontanare i tuoi amici?» a giudicare dai rumori accanto a lei, Kyoko doveva aver tirato fuori un tubetto di patatine.
«Mi dispiace disturbarti.» la sua voce… quella non era la sua voce.
Era spenta, usciva a fatica dalla gola costretta, mentre Kyoko mangiava rumorosamente gli snack croccanti.
«Qualcosa che non va?»
Tutto non andava. Tutto.
«Ti comporti in modo strano.» aggiunse Kyoko a bassa voce.
Sì? Lo immaginava.
«Non m’importa più.» rispose Sayaka.
Fissò i pugni contratti sulle ginocchia che riparavano il suo tesoro, il fiocco rosso dell’uniforme che sembrava strangolarla.
«Di cosa dovrebbe importarmi ancora? Cosa voglio proteggere?»
Le tremavano le gambe. «Non lo so più.»
«Ehi…» iniziò Kyoko.
Sayaka aprì le mani, rivelando la sua Gemma.
Era così scura, sembrava ribollire.
«Il bilancio di speranza e disperazione è sempre zero.»
Eppure era fredda, così fredda, sembrava assorbirle il calore dalla mano «L’hai detto tu stessa»
La sua anima era così piccola? Così fredda?
«Ora capisco cosa intendevi.» l’avvicinò al viso, lanciando un’occhiata fugace a Kyoko, la bocca aperta, quasi incredula.
Era difficile da capire quello che stava provando?
«Ho salvato tantissime persone.»
Era verde quello che sporcava il blu? Verde… invidia. Perché?
«Ma in cambio, dolore e risentimento hanno fatto radici nel mio cuore.» Syaka la sentiva, soffocarla come quel maledetto fiocco.
Hitomi aveva Kyosuke, a lei cosa sarebbe rimasto?
«Sto persino ferendo la mia amica più cara, ora.»
«Sayaka!» esclamò Kyoko, ma non terminò la frase «Sei-!»
«Quanto ho desiderato per la felicità di una sola persona…» Kyosuke.
Kyosuke, Kyosuke, Kyosuke!
«Tanto qualcun altro dev’essere equamente maledetto.»
Non riusciva quasi più a vedere, a respirare.
Sayaka sollevò il capo, avvolta dal buio.
«Ecco come va a finire la storia di una Puella Magi.»
Le bruciavano gli occhi. Erano lacrime? Stava piangendo?
Faceva male, le opprimeva il petto eppure con quel dolore si sentiva ancora viva.
Umana, normale.
«Sono stata una sciocca.»
Una lacrima le scivolò sulla guancia, cadendole dal viso.
Freddo, sentiva così freddo, i capelli le vorticavano sul viso… perché? Non riusciva nemmeno a tenere gli occhi aperti mentre scivolava dalla sedia, le ginocchia contro il pavimento –eppure, eppure….
Chissà se Kyoko era rimasta ad ascoltarla, non l’aveva nemmeno vista.
E Kyosuke, chissà cosa stava facendo lui…

I polmoni le bruciavano. Tutto le bruciava –il suo corpo aveva ancora limiti?
Non sentiva più nulla, la sedia o il pavimento, i capelli sugli occhi o il fiocco a stringerla, tutto sembrava soffocarla, intrappolarla in una gabbia umida e fredda.
«Sayaka!» riusciva a sentire Kyoko gridare il suo nome, la voce dell’altra ovattata.
Gli occhi… dov’erano i suoi occhi? Voleva vederla, voleva sentire la sua risposta.
Lentamente, secondo dopo secondo, l’altra apparve.
Era in tenuta da battaglia, il vestito svolazzante come l’alta coda scarlatta.
Stringeva un corpo abbandonato, i corti capelli blu a coprire il viso, l’uniforme della sua scuola… era lei.
Non era possibile.
Fece per girarsi –il suo corpo.
Riusciva a vedere il suo corpo, lei dov’era? Cos’era?
Un ringhio le grattò la gola, mentre Kyoko si allontanava con un balzo, stringendo il suo corpo, le uscì un lamento distorto.
«Cos’è? Che diavolo sei tu?!»
Kyoko non la riconosceva? Perché? Dov’era? Perché riusciva a vedere e ascoltare ma non a muoversi?
«Cos’hai fatto a Sayaka?» gridò ancora Kyoko.
Lei sollevò le braccia.
Sì, ora le sentiva, ferme e solide –però non voleva muoversi.
Ancora quel ringhio rabbioso, ancora quell’eco nella sua mente, parole masticate che non significavano nulla.
Non voleva, non voleva.
“Ragazzina.” risuonò nella sua mente, una voce acuta dal tono sgradevole.
“Chi sei?” Sayaka voleva urlare, eppure non un suono le uscì dalla gola.
Era apparsa Homura, stava dicendo qualcosa a Kyoko, ma non riusciva a capire cosa, né perché fosse lì.
Dov’erano? Era un posto strano, rotaie che fluttuavano nell’aria creando percorsi e volte.
“Il nostro nome è Oktavia, Oktavia von Seckendorff.” si presentò la voce, scivolandole tra i pensieri come qualcosa di umido e sgradevole.
Sayaka non riuscì a capire il resto: Homura e Kyoko sparirono in un istante, sostituite da un lieve fastidio, come una folata di vento caldo che le accarezzava le braccia, accompagnato da un rumore fastidioso, un’esplosione.
Terminò in un momento, quando Sayaka si rese conto dell’ambiente che la circondava.
Rosso.
Centinaia e centinaia di sedie rosse la avvolgevano come uno spicchio di cielo mentre una melodia solenne aveva iniziato a permeare la stanza.
“Holger!” chiamò imperiosa la voce; dal tappeto riccamente decorato iniziò a spuntare un palco.
Oktavia calò la spada stretta nel pugno e lo colpì –Sayaka fu costretta a seguire i suoi movimenti.
Scalfirono appena la pietra prima di risollevare l’arma e dal graffio comparvero delle figurine sottili, uomini senza spessore di un verde sporco.
Stringevano tra le mani una cosa strana, sembrava un violino.
Un violino? Come Kyosuke!
“Che succede?” chiese alla voce ma questa non le rispose.
Dal nulla apparve anche un’altra figura umana, più grande.
Aveva le braccia sollevate, come un direttore d’orchestra.
“Vai.” ringhiò Oktavia e il direttore iniziò a fendere l’aria con le braccia.
“Ma cosa…” obbedendo all’ordine di Oktavia, le figure verdi iniziarono a suonare, una melodia solenne e maestosa, i violini in perfetta sincronia.
“Oktavia!” la chiamò.
Voleva muoversi, voleva uscire –non poteva farlo, non ci riusciva.
“Sayaka Miki. Noi siamo te e tu sei noi.” tuonò l’altra abbassando il viso.
Un nastro rosso le volò sul viso, coprendole la visuale.
Una cotta di maglia. Una coda di pesce, le scaglie colorate e la pinna dalle tinte vivaci.
Una strega.
Era una strega.
No, non poteva essere, non poteva essere vero.
Eppure lo sentiva, il dolore che non la faceva respirare era andato via, si era diluito nel corpo –non aveva più bisogno di respirare.
Non un violino strideva mentre il direttore continuava la sua danza.
“Sono… una strega?” non riusciva nemmeno più a sentire la propria voce.
Il suo era un ringhio, rabbioso come quello di Oktavia.
Provò a muoversi, i muscoli immobili come una statua. Tentò di digrignare i denti dallo sforzo, ma non li sentì neppure, mentre iniziava a percepire le gambe unite, la coda di pesce che si agitava nell’aria sopra ad uno scoglio, nel bel mezzo del tappeto da teatro.
“Noi siamo il tuo personale incubo,” rispose Oktavia “Ti conosciamo.”
Fece una piccola pausa prima di proseguire, abbassando la spada, il fiocco che continuava a finirle sul volto “Tutti i tuoi sogni, tutti i tuoi desideri… eccoci.”
Cosa poteva fare Sayaka, piangere?
Oktavia aveva lacrime da prestarle?
Pensare? O scivolare via, come la bacchetta del violino sulle corse tese, ferendosi ad ogni nota?


I dialoghi presenti sono traduzioni degli originali della puntata 8. Mi sono chiesta: ma le streghe pensano? Hanno un modus operandi, una personalità?
Dato che Sayaka è la mia Puella Magi preferita e Oktavia von Seckendorff la strega più cazzuta, ho provato ad immaginarmi cos'è successo all'anima di Sayaka.
Ok, si è trasformata in una strega, ma la teoria di Kyoko mi ha fatto pensare che forse era ancora cosciente dentro Oktavia.
Il secondo capitolo, quello finale, tratterà della battaglia tra le Puellae Magi e la strega :)

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Capitolo 2
*** Dum spiro spero ***


Tempestoso Affettuoso

Dum spiro spero
Storia di Nyappy

«Kyoko-chan, tu…»
Eccole.
Non riusciva a vederle, ma sentiva tra le note la voce di Madoka, i suoi passi mescolati a quelli di un’altra persona.
«Sa che siamo qui.» era Kyoko.
Erano venute a salvarla?
“No.” ringhiò Oktavia rispondendo alla sua muta domanda.
«Arriva!»
Sayaka e Oktavia fenderono l’aria con la sciabola, sentendo una grande quantità di energia abbandonarle.
“Saranno loro ad arrivare.” ridacchiò Oktavia con la sua voce sgraziata.
Holger dirigeva l’orchestra, gli altri famigli suonavano, quella melodia solenne che stava facendo impazzire Sayaka, a ripetizione, senza fermarsi un istante.
Madoka era a terra, gli occhi spalancati dal terrore; Kyoko era davanti a lei, la lancia in mano, pronta a difendersi o attaccare.
“Eccole.” Oktavia iniziò quasi a danzare, la gioia di poter uccidere.
Sayaka riusciva a sentirlo, quel desiderio di sangue; colava lentamente tra i suoi pensieri, li macchiava.
La stava infettando, ma lei non poteva lasciarsi sopraffare dalla strega.
“Madoka! Kyoko!” gridò nel pensiero.
«Ok?» parlò Kyoko fissandole, Sayaka e Oktavia che ormai erano una sola «Fai come ci siamo messe d’accordo.»
Madoka si alzò in piedi, le braccia strette al petto come sempre quando aveva timore.
Aveva paura, paura di lei?
«Sayaka-chan, sono io! Madoka!» la figura di Holger tracciava una gigantesca ombra scura anche su Madoka, non una stonatura nell’orchestra.
“Lo so, lo so!” avrebbe voluto gridare Sayaka, ma la gola era asciutta, i muscoli tesi di Oktavia che dirigeva assieme alla figurina umana, beandosi di quella musica troppo forte.
Ora sì, era troppo forte.
«Puoi sentirmi?»
Sì, lei la sentiva. Riusciva a sentire ogni sillaba che Madoka pronunciava e faceva male.
Faceva male non riuscire a rispondere, mentre Oktavia si muoveva, sincopata –non lei.
«Riconosci la mia voce?»
Sayaka distinse un moto di rabbia in Oktavia, che sollevò il braccio con uno scatto rigido, la sciabola a ferire l’aria.
«Non ti spaventare.» Kyoko si portò davanti a Madoka con uno scatto, la lancia che le sbiancava quasi le nocche dalla forza con cui la stringeva.
Erano così piccole ora in confronto a lei, così fragili.
«Continua a chiamarla!»
Sayaka fu distratta da un formicolio, una sensazione fastidiosa.
La sua coscienza si era estesa dietro le sue spalle.
Ci mise un attimo a realizzarlo, eppure era così.
Sentiva dei filamenti di pensiero estendersi dietro alle sue spalle, la mente condivisa con Oktavia d’un tratto più ampia.
Kyoko non perse tempo: unì le mani, i denti digrignati.
Come quella volta in cui avevano combattuto nel vicolo, eresse una barriera rossa a proteggere Madoka, una gabbia che la nascondeva alla vista.
«Sayaka, fermati! Ti prego, ricorda!» le gridò questa.
Come poteva non ricordare?
Sayaka ricordava tutto. Frammenti d’immagini, stralci di conversazioni, il sorriso di Madoka, i capelli di Mami-san, la mela di Kyoko, tutto.
Anche il sorriso triste di Kyosuke –e un altro sorriso, quando era con Hitomi.
Era ancora lei, anche se intrappolata in quel corpo di strega.
“Ti ricordi, Sayaka, cosa ti abbiamo detto?” tuonò Oktavia e Sayaka non rispose.
Era tutto così lucido, così freddo.
Riusciva a distinguere ogni piega del vestito di Kyoko, il corpo di Madoka che spuntava dalla trama della barriera.
La sua mente era sveglia –e non voleva.
No, no, non voleva.
Oktavia le avrebbe attaccate, le avrebbe ferite e lei non avrebbe potuto fare nulla per contrastarla.
«Non è quello che avresti voluto!»
Obbedendo all’ordine muto di Oktavia, i brani di pensiero si portarono avanti.
Erano ruote.
Giravano vorticosamente, puntando Kyoko, pronta a difendersi; impugnava la propria arma, le ginocchia appena abbassate, pronte a colpire lei e Oktavia.
«Volevi essere una paladina della giustizia!» continuò Madoka, la voce quasi sopraffatta dalle note dei violini.
C’era giustizia in quel mondo?
Il bilancio di speranza e disperazione è sempre zero, l’aveva detto lei stessa.
No, non era vero.
C’era ancora speranza in lei?
Voleva lottare, voleva combattere contro Oktavia ed invece era soffocata, pura coscienza.
Sentiva ogni fibra di quel corpo di strega, senza controllarlo.
Ricordava tutto.
E Madoka, Madoka che la chiamava, che l’implorava, Madoka che non riusciva a capire –non avrebbe mai potuto capire.
Lei non era una Puella Magi. Lei non era una strega.
Le ruote si lanciarono contro le due ragazze, la voce dell’amica spezzata dal dolore.
«Ti prego, torna in te, Sayaka!»
Era cosciente! Era sveglia! Tutto, sentiva tutto.
Kyoko si scansò. Portando le braccia in avanti si protesse con la lancia, deviando una ruota.
Il vestito svolazzò, rosso come le pareti di quel luogo da incubo.
«Così non stai ascoltando, eh?» impugnava saldamente l’arma con entrambe le mani, contrastando la rotazione mortale di quello che per Sayaka era solo un punto di coscienza, quasi trascurabile.
Non stava ascoltando? Non avrebbe voluto ascoltare.
Loro la chiamavano e lei non poteva rispondere, non poteva opporsi!
“Noi siamo il tuo incubo personale.”
Sayaka avrebbe pianto se solo Oktavia le avesse prestato delle lacrime.
Lei e la strega alzarono le braccia, evocando più ruote, la mente che sembrava infinitamente più ampia; tutto quello doveva calmarla? Doveva darle pace?
Calarono la spada su Kyoko; le ruote sfrecciarono per colpirla, concentrandosi in massa verso la sua figura così piccola.
Oktavia soffocò un lamento rabbioso: si era alzata una nuvola di polvere a nascondere la Puella Magi alla loro vista.
«Kyoko-chan!» Madoka era scoperta, la barriera eretta dall’altra era scomparsa.
Questa si sorreggeva alla lancia, le ginocchia che le stavano cedendo.
“No!” gridò Sayaka dentro di lei “Non puoi farmi questo!”
“Possiamo eccome.” rispose Oktavia con il solito tono.
Kyoko bisbigliò qualcosa, coperto dai violini sempre perfetti, ansimando.
“Non voglio!”
“Sì che lo vuoi.”
«Fermati! Ti prego, fermati!»
Kyoko aveva eretto una barriera ancor più resistente attorno a Madoka –che non smetteva di gridare, di farle ancora più male.
Era cosciente, era viva, tutto quello non faceva altro che farle più male.
“Lei ti chiede di fermarti, non ti capisce… non ci capisce.” all’improvviso la voce di Oktavia sembrava più dolce, sembrava che le importasse.
“Non può capire.” ribatté Sayaka “Non è un mostro! Lei è mia amica, lei…”
«Sayaka! Ascoltaci!»
“Lei fa combattere l’altra Puella Magi. Non ti sembra egoista?”
Mentre parlava Oktavia continuava a dirigere i filamenti di pensiero contro Kyoko, due alla volta.
Sayaka li sentiva, sentiva la pelle nuda di Kyoko sfregare contro le ruote, il vestito che tentava di proteggerla, la lancia che non scalfiva nemmeno la sua coscienza.
E non poteva chiudere gli occhi, non poteva sbattere le palpebre, ribellarsi.
Quando anche l’altra barriera venne distrutta, l’esile corpicino di Madoka stretto tra le sue dita sembrava così fragile, così… tenero.
“Vuoi romperla, vero?” la provocò Oktavia.
“Lasciala. Lasciala, lasciala! Lasciala!” protestò Sayaka.
«Per piacere… ti prego.»
“Non fa che parlare, parlare…” la schernì Oktavia.
«Sayaka!» gridò Kyoko, attirando l’attenzione della strega.
La punta della lancia era rossa, scarlatta come i suoi capelli.
Fu un attimo: un dolore bruciante invase il loro braccio, le distrasse un istante di troppo.
Madoka cadde a terra, la mano ancora stretta attorno a lei –soffriva eppure era lucida, non stava piangendo, non si stava nemmeno lamentando.
Kyoko fu investita da un fiotto di sangue, blu come la Gemma di Sayaka, scura come tutto il dolore che ora sembrava passato –no, non era passato.
«Avevi detto di crederci!»
Credere in cosa? In cosa doveva credere?
“Ti causerà ancora più sofferenza, lo sai?” com’era dolce la voce di Oktavia in confronto a quella di Kyoko, sporca dalla fatica.
«Potevi usare quel potere per fare felici le persone!»
Sayaka l’aveva fatto. Tutti erano felici –Kyosuke con Hitomi, tutte le persone che aveva salvato.
Tutti, tranne lei.
“Vedi? Continua a rinfacciarti questo e quello.”
Continuavano a rendere tutto più difficile, dannatamente difficile, confuso.
“Falle stare zitte.” uscì dalla mente di Sayaka, flebile, masticato –Oktavia gioì selvaggiamente.
Calarono la spada su Kyoko, stringendola fino quasi a conficcare gli artigli nelle mani.
L’arma colpì il pavimento, trapassando la stoffa rossa e la pietra.
Le vibrazioni fecero loro tendere i muscoli –si sentiva all’improvviso così viva.
Sollevarono l’arma dalla pietra in fratumi, liberando il vero Teatro.
Lo scoglio sotto di loro si unì alla pietra e iniziarono a fluttuare, immerse nella luce blu.
I musicanti stavano annegando, i corpi delle altre due flottavano come in acqua.
La musica era terminata, i violini diluiti in quell’atmosfera densa.
Se solo Kyosuke fosse stato lì… se Kyosuke l’avesse guardata, se avesse saputo la verità…
Hitomi, Hitomi non lo meritava. Cos’aveva fatto lei?
Lo aveva ingannato! Gli si era avvicinata solo quando era guarito!
E lei, lei che gli aveva donato la sua umanità, la sua vita…
“Sono di più. Perché?” la voce di Oktavia interruppe i suoi pensieri.
Era apparsa anche Homura: atterrò in piedi sul nuovo pavimento blu, il corpo interme di Madoka tra le braccia.
Silenzio, ora erano avvolte dal silenzio.
Non le piaceva, era meglio la musica di Holger, assordante ma non così vuota.
Kyoko si reggeva a malapena in piedi: aveva un taglio sulla guancia, il sangue rosso come il suo vestito; la lancia era abbandonata a terra poco distante.
Era finita.
Unì le mani un’altra volta, ergendo quella barriera rossa che ormai irritava Sayaka.
Perché non potevano andarsene? Perché non potevano lasciarla da sola?
Sola con la musica, con il suo Kyosuke… le era quasi parso di vederlo, di sfuggita.
“Oktavia…” chiamò Sayaka.
“Sì?”
“Sono stanca.”
Kyoko si chinò a terra, i capelli sciolti.
Assomigliavano ad un mare, un mare di capelli rossi come il sangue.
«Fa schifo stare da soli.»
Sentì solo quello, la voce di Kyoko dolce come un sussurro.
«Va tutto bene. Ti starò accanto, Sayaka.»
Era tanto stanca, all’improvviso.
Lottare? A che serviva?
Anche quella di Oktavia ormai era solo un’eco.
“No, no!”
Era lei a pregarla, questa volta.
E anche Kyoko sembrava farlo, le mani giunte, proprio davanti a lei.
Portò al viso una spilla, fili d’oro intrecciati con una grande pietra rossa.
Tutto di Kyoko era rosso e brillante.
Vi posò piano le labbra prima di lasciarlo fluttuare.
“Cosa sta facendo? Cosa sta facendo?”
Anche Oktavia sembrava preoccupata.
Un silenzio innaturale le avvolgeva mentre Kyoko impugnava un’altra lancia, così luminosa da ferire Sayaka.
Crack
“Restare soli fa schifo”

Il bilancio di speranza e disperazione è sempre zero.

Eppure in quel momento la disperazione era scomparsa, Sayaka sperava solo di non essere più sola.

I dialoghi presenti sono traduzioni fedeli dalla puntata 9.
Ecco l'ultima parte della storia. Spero vi sia piaciuta, mi piacerebbe ricevere un parere :)

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