Is not enough!

di forever young
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 01. When i met you. ***
Capitolo 2: *** That persecution! ***
Capitolo 3: *** Why do you torment me? ***
Capitolo 4: *** The dream. ***
Capitolo 5: *** A nice confusion! ***
Capitolo 6: *** Reality and Appearance. ***
Capitolo 7: *** Midnight kiss ***
Capitolo 8: *** Shocking revelations! ***
Capitolo 9: *** It's not enough! ***
Capitolo 10: *** I don't want to lose you. ***
Capitolo 11: *** Shadows of the past! ***
Capitolo 12: *** Lying to myself. ***
Capitolo 13: *** Tears and Lies ... ***
Capitolo 14: *** Mission: marriage break off! ***
Capitolo 15: *** Without home, but not without love! ***
Capitolo 16: *** Dreams do come true every day. ***



Capitolo 1
*** 01. When i met you. ***


1

01. When i met you ...




" Ladies don’t worry cause they got plenty more.
They be falling like the rain so we aint running out.
Falling like the rain so we aint running out.
Falling like the rain so we aint running out.
Oh its raining men girl what you worry ’bout? "

- Rihanna feat Nicki Minaj, Raining man -



" Ragazze, non preoccupatevi perché ce ne sono in abbondanza.
Cadranno come la pioggia, perciò non si esauriranno mai.
Cadranno come la pioggia, perciò non si esauriranno mai.
Cadranno come la pioggia, perciò non si esauriranno mai.
Oh stanno piovendo uomini, ragazza, di cosa ti preoccupi? "






Il campanello di casa suonò seguito dal rumore di una porta che si apriva e poi chiudeva con un leggero tonfo.
Dopo qualche parolina di saluto che sentii dal salotto, una figura esile si presentò nella mia camera con un sorriso più raggiante del solito.
<< Ehilà bella... >> esclamò la mia amica appena entrata trovandomi intenta a sistemare le varie pezze e lo spruzzino nella borsa.
<< Ciao Fabi! Come mai così allegra? Non vedi l' ora di lavorare? >> dissi ironica prendendo infine il cellullare vecchio di almeno un secolo mettendolo nella tasca dei jeans.
<< Certo, come no... >> esclamò roteando gli occhi e sedendosi poi sul materasso del letto. Lo faceva apposta a lasciare le frasi a metà, sapeva che io sono molto curiosa e naturalmente voleva che io le chiedessi il motivo della sua euforia muta. Probabilmente un pettegolezzo.
Ma non volevo cedere, anche perché sapevo che, pettegola com'è, non avrebbe resistito poi molto.
<< Andiamo >> dissi spiazzandola. Di certo non si aspettava quella risposta. Sorrisi compiaciuta.
Lei mi seguì in silenzio e restò muta anche quando prendemmo l' autobus per andare al lavoro.
Oggi è mercoledì, ovvero pulizie alla piccola casa editrice del signor Palmieri. Mentre ogni venerdì era a casa sua sempre di pomeriggio mentre lui non era lì.
Nella mia famiglia lavoravamo tutti. Mia madre faceva la call center con orari assurdi e guadagnava anche poco, mia sorella diciannovenne faceva la cameriera in un ristorante e viveva in una casa per studenti e invece mio padre lavorava alle poste e stava dai miei nonni anche se non era separato definitivamente con mia madre.
L' avevamo cacciato esasperate per l' ennesima ritirata tardi dopo essere stato ad ubriacarsi in qualche bar.
A volte era talmente ubriaco che finiva per alzarci le mani e non solo ad insultarci volgarmente. Ma noi l' amavamo comunque, e fu per questo che non avevamo mai chiamato la polizia, ma adesso le cose si stavano sistemando. La cosa che più mi urtava era che il mattino dopo faceva finta che non fosse successo niente e sembrava anche allegro.
Però sapevo che ci voleva bene e che si pentiva di ogni frase detta la sera prima e di ogni schiaffo che aveva tirato.
Fabiana si spostò palesemente nervosa facendomi rinsavire dai miei pensieri.
Sbuffai divertita, alla fine vinceva sempre lei.
<< Cosa c'è Fabi? >> la canzonai.
Lei parve quasi scattare dalla sedia illuminandosi di un sorriso sovrumano, talmente era largo.
<< Lo sai che il nonno Palmieri - così lo chiamava lei, che poi tanto vecchio non era - ha un figlio di ventitré anni che fa il carabiniere? >>
<< E allora? >> chiesi stranita, pensavo che la voglia per i ragazzi più grandi di lei le fosse passata.
<< Beh, ho scoperto che ha da poco finito l' accademia di Modena e che si è trasferito qui a Milano, dopo essere diventato tenente. E soprattutto che è un figo da paura ed è pure single! >> finì di raccontare entusiasta.
Feci la finta disinteressata, anche se andavo pazza per gli uomini in divisa, per tutti gli uomini in divisa, perfino quella del netturbino. Sono malata, lo so!
<< Ah >> .
<< Come ah??? >> fece lei.
<< Scusami se non mi lascio contagiare dal tuo entusiasmo e poi, comunque, come mai sei così informata? >> domanda assolutamente stupida da fare alla regina del gossip ormonale.
<< Ho le mie fonti! >> rispose semplicemente lei con una scrollata di spalle. << Comunque che ne pensi? >>
<< Ne penso ... di cosa? >>
<< Ma come di cosa, di lui! >> si stava un alterando per il mio finto disinteresse. In realtà mi rodevo il fegato dalla voglia di vedere com'era, ma non volevo darlo a vedere.
<< Che ne so, non l' ho neanche mai visto! >> risposi.
Lei sospirò rassegnata chiudendo lì il discorso.
Arrivammo alla fermata dopo una quindicina di minuti e ne impiegammo altri cinque per ritrovarci davanti l' edificio.
Per fortuna erano già le quattro e mezza, a quell' ora tutti i dipendenti dovevano aver finito la loro giornata di lavoro. Odiavo quando arrivavamo in anticipo e li incrociavamo, ci guardavano sempre dall' alto in basso, come se noi facessimo un lavoro sprezzante rispetto al loro. Stupidi ricconi spacconi!
Presi il doppione delle chiavi ed aprii il portone, salimmo le scale ed aprii la porta della casa editrice Palmieri.
Poggiammo le borse sul divanetto della piccolissima, ma elegante, hall. Mentre Fabiana accendeva le varie luci dell' ambiente, uscii dalla borsa gli stracci che porsi metà a lei.
Iniziammo a pulire le varie stanze incominciando dal ripostiglio, che in precedenza era un piccolo ufficio ma poi riempito di scartoffie.
Continuammo poi con la saletta delle riunioni e con i due uffici separati uno usato dai maschi e l' altro dalle femmine. Ognuno con sei postazioni con tanto di computer.
Passammo all' ufficio del proprietario molto più arioso e luminoso delle altre stanze che erano piene di scaffali con libri che la casa aveva pubblicato per conto dell' autore.
All' inizio pensavo sarebbe stato magnifico lavorare lì, sommersa dai libri: amavo leggere! Ma poi, mi resi conto ben presto, che erano prevalentemente libri sulla poesia e sulla vita. Ma Nada di Nada sui miei adorati romanzi rosa.
<< Mel guarda qui. Questo deve essere il figlio! >> girai attorno alla scrivania e presi la foto che mi porgeva. Chissà perché non ci avevo mai fatto caso?!
Non era recente, mostrava un ragazzo sui diciotto anni ed era davvero molto carino. Sorrideva lievemente vestito da cadetto, forse di quando era appena entrato all' accademia. Aveva i capelli quasi rasati di un biondo cenere, labbra carnose e sensuali, occhi tra il verde e il grigio, difficile dirlo, viso ben squadrato e delicato allo stesso tempo che lo rendevano comunque molto mascolino. Nel complesso non era carino era tremendamente sexy, non osavo immaginare il fisico di questo ragazzo e con la divisa poi...
<< Ti stai facendo viaggi mentali non è vero? Hai la bava alla bocca! >> mi disse sorridendo complice.
Per istinto portai una mano alle labbra scatenando le risate della bionda.
<< Divertente. Muoviamoci a finire che sono già le nove! >>
<< A letto com'è? Ahahahah >> continuò lei ma io la ignorai bellamente.
Infine pulimmo i bagni e un' ora dopo stavamo già prendendo l' autobus del ritorno.
<< A domani Fabi! >> la salutai con la mano scendendo ad una fermata prima di lei.
<< Ciao! >>



<< Oh mio Dio, oh mio Dio, oh mio Dio, OH MIO DIOOO!!! >> urlò Fabiana per tutto il corridoio venendo verso di me.
In quel momento mi venne l' impulso di cambiare strada imboccando un altro corridoio facendo finta di non conoscerla, ma sapevo benissimo che mi avrebbe rincorsa e poi ero curiosa di sapere perché cavolo stava urlando e correndo in quel modo.
Appena fu nei miei paraggi si fermò andandomi quasi a sbattere.
<< Che c'è, che hai? >> chiesi ma lei mi ignorò sbattendomi in faccia un foglio.
Lo presi con una smorfia e guardandolo.
Non mi lasciò neanche il tempo di leggere cosa c'era scritto che lei iniziò a parlare.
<< Guarda un po’ chi verrà domani ? >>
Non mi sprecai nemmeno a leggere di che parlava, tanto, neanche una pausa di due secondi, che lei continuò a parlare.
<< Quasi tutta l' arma dei carabinieri verrà domani a festeggiare i quarant' anni della nostra scuola, a quanto pare il fondatore dell' istituto è proprio il generale Bernardi. Pensa a tutti quei fighi con la divisa che verranno domani ... >> si fermò a pensare con occhi sognanti.
<< Allora domani non si viene a scuola! >> esclamai per nulla contenta, volevo vederli.
<< Ma no, mi sono informata. Effettivamente è festa, ma chi vuole può venire a festeggiare. Faranno dei banchetti per i corridoi e nelle aule, e durerà fino a sera >>
<< Noi naturalmente abbiamo del lavoro da fare alle quattro, ricordi? >> ricordai perfida per sgonfiarla un po’, invece vidi l' effetto contrario. Si illuminò ancora di più.
<< Perché quella faccia? >> chiesi.
<< Oh, niente! >> rispose facendo la finta tonta e dirigendosi verso l' aula.
<< Dai lo sai che non resisto, dimmi >> cantilenai quasi disperata.
<< Beh stavo pensando che domani dobbiamo andare a pulire casa Palmieri... >> incominciò fermandosi.
Sbuffai esasperata, capendo che non avrebbe continuato senza un mio incentivo.
<< E allora? Questo lo sapevo pure io! >>
<< Ma tu ci sei o ci fai? Potremo curiosare fra le cose del figlio e scoprire qualcosa in più su quel figo della madonna! >> disse ovvia.
Ok, ci stavo!
<< Mm, non lo so. Non è violazione della privacy? >>
Fu la volta sua di sbuffare irritata.
<< Macché violazione della privacy, dobbiamo comunque pulire fra le sue cose ... non sarà mica colpa nostra se l' occhio cadrà sulle sue cose! >> disse infine con fare cospiratorio ammiccandomi.
Risi con lei mentre varcammo la soglia della classe.
<< Vengo da te alla solita ora, domattina! >> mi fa lei quando ci accomodiamo ai nostri posti.
<< Ma domani è festa possiamo anche andarci un po’ più tardi verso le nove, nove e mezza. Tanto quelli non scappano mica! >> risposi io.
<< Mi raccomando vestiti sexy, dobbiamo fare colpo! >>
Mi aveva ignorata!? Ma poi dove credeva che andassimo? Ad un party?

La mattina dopo, come aveva promesso, si trovò alle otto in punto a casa mia.
Guardò con disappunto il mio maglioncino e i miei jeans con le solite converse ormai rovinate.
Lei invece aveva una maglia lunga e sbottonata per far intravedere il seno generoso, jeans chiari e stivaletti con tacco basso.
Alzai un sopracciglio. Davvero dove credeva di andare conciata così?
<< Potevi almeno truccarti un po’! >> la ignorai.
<< Mamma, noi andiamo ci vediamo sta sera! >> salutai senza riavere risposta.
Rimasi perplessa poi mi diedi un colpetta sulla fronte.
<< E' vero, è al lavoro! >> ricordai facendo divertire Fabiana.
<< Sono contenta che la mia testa smemorata ti faccia ridere >>
<< Dovresti mangiare più pesce! >> disse ridendo ancora.
Arrivammo dopo neanche cinque minuti, tanto andavamo veloci.
Lei si stava già sciogliendo a vedere il primo carabiniere fuori dall' edificio, che per altro era un uomo che aveva superato la mezza età.
Lei mi spinse immediatamente dentro e non ci pensai due volte a farmi spingere.
Nei corridoi avevano messo un lunga fila di banchi ricoperti di cibo: patatine, salatini e stuzzichini vari.
Puntai subito a quelli, riempiendomi un piatto fino all' orlo per me e Fabi, mentre si guardava in torno in cerca di un altro tipo di cibo.
Incominciai a trangugiare guardandomi anch’io intorno per rifarmi la vista, ma di giovani carabinieri non c'era traccia, uff!
<< Di certo non vengono a quest'ora ... >> sospirò rassegnata Fabi.
<< Io te l' avevo detto di venire più tardi! >> girai il coltello nella piega.
Un' ora dopo la scuola incominciò seriamente a riempirsi di divise e soprattutto di ragazze come noi, piene di ormoni che sprizzavano da tutti i pori.
<< Fabiana, Melissa anche voi qui!? >> ci raggiunsero Elena e Sofia della nostra classe.
<< Eh già! >> dissi in contemporanea con il << non ce lo saremmo perso per niente al mondo! >> della mia migliore amica.
Sorrisero complici.
<< Noi andiamo a flirtare con qualche bel maschio, ci becchiamo in giro! >> dissero per poi allontanarsi.
<< Non facciamoci sottrarre le prede Mel, occhi aperti! >> mi avvisò affilando lo sguardo.
Mi faceva ridere.
Dopo un attenta analisi della flora maschile si bloccò aprendo di scatto la bocca.
Seguii il suo sguardo che si depositò su un ragazzo in divisa di più o meno sui vent' anni con l' attenzione rivolta al piatto che stava riempiendo.
Quelle labbra carnose le avrei riconosciute ovunque.
<< E' lui, è il figlio del nonno Palmieri! >> disse sovreccitata Fabi accanto a me saltando quasi sul posto.
Dal canto mio, ero già nel mondo delle nuvole ma durò pochissimo quando mi strattonò per il braccio verso di lui.
<< C-che cavolo fai? >> chiesi allarmata mentre la distanza tra noi e lui si riduceva di pochi metri.
<< Andiamo a flirtare, ovvio! >>
Avrei volto piantare i piedi a terra ma lei quando ci si metteva era più forte di Superman.
<< Ciao! >> salutò lei, sfacciata.
Oh cazzo!
Lui si girò con la bocca strapiena di un panzerotto. Che espressione buffa!
Avrei riso se non fosse che avevo la faccia paralizzata.
Ci guardò per la prima volta guardando prima lei e poi me e poi ritornando a lei, o meglio, alla sua scollatura.
<< 'Ao! >> ci volle poco per capire che quello era un ciao soffocato da quello che stava trangugiando.
Ma non sembrò tanto interessato, forse non eravamo alla sua portata. Ma Fabiana non sembrava essersene accorta o forse non voleva demordere.
<< Io sono Fabiana e lei è Melissa! >> ci presentò porgendogli la mano che afferrò esitando.
Aspettavamo che anche lui si presentasse, almeno per educazione, ma niente. Aveva borbottato un piacere ed era tornato a mangiare facendo finta che non ci fossimo.
Brutto stronzo!
Ero imbarazzata dalla testa ai piedi.
<< E tu come ti chiami? >> non demorse Fabi. Le tirai una gomitata nelle costole, non aveva proprio limiti.
Lui fece uno sbuffo evidentemente irritato dall' insistenza della mia amica. Forse gli interessava già qualcun' altra o non eravamo il suo tipo. Però sapevo che non c'era bisogno di fare così.
<< Scusa ho da fare! >> disse liquidandoci freddamente per andarsene.
Rimasi impietrita così come Fabiana. Nessun ragazzo l' aveva mai rifiutata in quel modo. Potevo capire me, ma lei era davvero graziosa con i suoi capelli d'oro mossi e gli occhi azzurri e le labbra carnose. Forse eravamo troppo piccole per lui.
Vi voltai verso di lei per capire se, se l' era presa. Per fortuna scrollò le spalle come se non le importasse.
<< Beh non sa cosa si perde il povero idiota! >> esclamò.
Sospirai.
Poche ore dopo, non trovando ancora qualcun altro degno da rimorchiare decidemmo di andare nella sala mensa dove c'era in corso un discorso da parte del generale insieme al preside della scuola.
<< E adesso vorrei presentarvi mio nipote, Riccardo Palmieri che ha appena finito i cinque anni all' accademia di Modena ed è stato promosso a tenente... >> annunciò il generale dell' arma dei carabinieri, mentre dietro di lui un giovane, suo nipote, si faceva avanti e i presenti nella sala applaudirono.
<< Oddio, ma è il figlio del nonno Palmieri!? >> sussurrò sorpresa Fabi accanto a me.
<< A quanto pare è anche il nipote del generale Bernardi! >> feci io.
<< Ma non hanno lo stesso cognome ... >> ma che poca fantasia.
<< Beh può essere che sua madre sia la figlia del generale e perciò abbia acquisito quello del padre che è Palmieri, no? >> spiegai.
<< Ah ... >>
Non aveva ancora capito. Lasciai perdere.


Mezz'ora dopo stavamo dirigendoci verso l' appartamento da pulire, che sembrava una piccola villa se non fosse che aveva un condominio.
Aprimmo la porta ed iniziammo a darci da fare, lasciando per ultima la stanza di quel Riccardo Palmieri.
Anche se l' avevamo pulita già un sacco di volte prima che venisse, sembrava completamente diversa. Forse dagli oggetti che prima non c'erano e che adesso rendevano forte la presenza del suo inquilino.
Era una stanza molto carina, con un letto con copriletto color mogano e tende dello stesso colore, parquet lucido, una piccola stanza adiacente che fungeva da armadio enorme ed un bagno grande due volte quello di casa mia, ed era molto più lussuoso.
C'era una palla da basket sul comò, la presi e vi lessi la firma: " Michael Jordan ".
Michael Jordan????
Lasciai immediatamente la palla per paura di rovinarla adagiandola delicatamente sul comò.
Passai oltre. C'erano delle foto che in quel momento la Fabi stava vedendo con la bava alla bocca.
Alcune lo ritraevano in divisa, con gli amici e un' altra da piccolo.
Presi quest'ultima passandoci sopra la pezza per pulirla.
Doveva avere più o meno cinque anni e stava in mezzo ad una donna ed un uomo sorridenti. L'uomo lo riconobbi, era il signor Palmieri, suo padre. Mentre la donna doveva essere sua madre, era molto bella. C'era una sua foto che la ritraeva in soggiorno e un' altra del suo matrimonio.
Non l' avevo mai vista di persona, e sapevo con certezza che non abitava lì con il figlio ed il marito. Forse erano divorziati o lei ... è morta da tempo.
Mi dispiacque.
<< Meeeel, come sto? >> mi canzonò alle mie spalle la mia amica.
Mi voltai e rimasi a bocca aperta sconvolta. Lei che si appoggiava sulla porta dell' armadio con sguardo languido e in posa con addosso la giacca dei carabinieri.
<< Ma sei scema e se, se ne accorge? >>
<< Adesso è qui? Dai, vieni a sentire l' odore del vero maschio! >> disse aprendo la giacca.
Avrei dovuto ribattere ed insistere di togliersela, ma invece feci proprio l' esatto opposto e mi avvicinai ad annusare.
C'era odore di dopobarba e muschio, che non se ne andava mai neanche lavata.
Che buono! Gongolai.
Il rumore della porta d'ingresso che sbatteva ci fece trasalire.
<< Che cazzo è? >> mormorò Fabi portando una mano al petto spaventata.
<< Un ladro? >> feci io di rimando sudando freddo, di sicuro non era il signor Palmieri. Era al lavoro e non si ritirava prima delle undici di notte.
Controllai svelta l' ora sul comodino, erano quasi le dieci.
Ci guardammo negli occhi cercando una risposta silenziosa.
<< Oh merda ... >> fece improvvisamente Fabi.
<< Che c'è? >> chiesi.
<< E' il figlio! >> disse incominciando a levarsi la giacca, ma per la fretta batté contro ad un mobiletto facendo uscire un rumore stridulo che ci fece bloccare con il cuore in gola.
<< Chi c'è? Papà, sei tu? >> chiamò l' uomo dal soggiorno avvicinandosi alla camera dov'eravamo noi.
<< Levati la giacca, muoviti! >> dissi io piano.
<< Merda, merda, merda, merda ... >> imprecò lei levandosela e rimettendola al suo posto proprio nel momento in cui il carabiniere fece la sua comparsa in camera.
Rimase a fissarci per un po’ prima sorpreso e poi incazzato.
<< Chi cazzo siete, delle stalker!? >> disse minaccioso facendo dei passi verso di noi. Ci aveva riconosciuto.
<< N-no, siamo qui per lavorare, ci ha assunto suo padre per le pulizie di casa vostra e della casa editrice, signore >> spiegò incerta Fabi, rossa di vergogna indicando gli stracci che avevamo usato per pulire e uscendo il doppione delle chiavi di casa, come per mostrargli la prova che fossimo innocenti del delitto.
Lui sembrò crederci, ma non più di tanto.
<< E se avete finito uscite >> fece un po’ insicuro, non sapeva bene come comportarsi.
<< S-si! >> balbettai uscendo veloce raccattando prima le nostre cose.
Una volta fuori dall' abitazione sospirammo sollevate e poi scoppiammo a ridere.
<< Che situazione, ahahah >>
<< Già! >> concordai io.
<< Domani è sabato, usciamo. >> mi fece lei dopo essersi calmata.
<< Certo, dove andiamo? >>
<< In realtà dovevo uscire con quel Marco che ho conosciuto su face, quello di cui ti ho parlato. Però non mi va di uscirci da sola la prima volta, perciò gli ho chiesto se poteva portare un amico carino per te. Ti va bene? >>
<< Ma non è grande per te? Cioè ha venticinque anni e tu ne hai diciassette ... >> iniziai facendola ragionare.
<< Ne ha ventiquattro e abbiamo solo sette anni di differenza ... >> cercò di giustificarsi.
<< E scusami se è poco ... >> risposi scettica facendole roteare gli occhi.
<< Eddai Mel mi piace! >> disse facendomi gli occhi da cucciolo.
<< Sul serio? >>
<< Si, davvero! >>
Sospirai rassegnata e lei mi abbracciò di slancio mentre scendevamo le scale facendomi quasi cadere.
<< Ti voglio bene, socia! >>
Risi. << Anch’io! >>






Spoiler pross. cap.:

- Mi voltai e sobbalzai riabbottonandomi la gonna.
<< C- che cavolo ci fai qui? >>
esclamai col cuore in gola e le guance in fiamme.
Era appoggiato allo stipite della porta con le braccia incrociate e mi fissava divertito.
Ma la domanda che avrei voluto fargli era da quanto tempo era lì a fissarmi.
( ... )
<< Non mi hai mica detto di rimanere in salotto! >> fece quasi malizioso, forse per prendermi in giro. Ma non ci sarei cascata.
<< E allora te lo dico adesso: resta in salotto! >> -

Spero vi piaccia questa fanfic e che commentiate per farmi sapere che ne pensate.
Per chi seguiva la mia vecchia fanfic su Naruto " Fight for this love " e non la trovasse più, vorrei precisare che l' ho eliminata perché scritta male e non ispirava più.
Sono seriamente stupita di quante immagini di questa coppia stupenda giri su internet...
Grazie a tutti per avermi dedicato un po’ del vostro tempo!



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Capitolo 2
*** That persecution! ***


2 02. THAT PERSECUTION!





" I am small and the world is big.
All around me is fast moving.
Surrounded by so many things.
Suddenly, suddenly ...

How does it feel,
to be different from me.
Are we the same?
How does it feel,
to be different from me.
Are we the same?
How does it feel ... "

- How does it feel, Avril Lavigne -


" Io sono piccola e il mondo è grande.
Tutto si muove velocemente intorno a me.
Circondata da così tante cose.
Ma all' improvviso, all' improvviso ...

Come ci si sente, ad essere diversa da me.
Noi siamo uguali?
Come ci si sente, ad essere diversa da me.
Noi siamo uguali? come ci si sente ... "




<< Muoviti a metterti quella benedetta gonna! >> mi disse esasperata la mia amica.

Stavo guardando da qualche minuto quel pezzo di stoffa buttata sul letto, che definirla minigonna era semplicemente un eufemismo. Non ricordavo nemmeno quando e perché l' avessi comprata. Forse un attimo di follia.

Ma di sicuro, dopo quella sera, me ne sarei disfatta.

<< Ok, me la provo >> risposi sbuffando indossandola di malavoglia.

<< No, mia cara. Tu non provi un bel niente, te la metti e basta! ... e poi guarda come ti sta bene, sei magra, di cosa ti vergogni? >>

Guardai in cagnesco prima lei e poi la mia figura riflessa sullo specchio. Ero semplicemente a disagio con quell' affare.

Nel frattempo la Fabi mi stava cercando qualcosa da abbinarci sopra. Sperai che non fosse niente di scollato e complesso, ma nel mio guardaroba non c'era niente del genere, per fortuna.

<< Ma non c'è colore qua dentro! >> la sentii borbottare. In effetti, non avendo molto gusto in fatto di vestiti e sugli abbinamenti, comperavo solo abiti scuri e neri per andare sul sicuro.

<< Ah, ecco. Toh, prendi. >> mi passò un cardigan non troppo lungo e grigio che misi sopra ad una maglietta. Nera, ovviamente.

<< Per le scarpe invece, mmh ... >> mormorò pensierosa rovistando tra le mie calzature.

<< Questi sono perfetti! >> esclamò lanciandomi, letteralmente, un paio di stivali senza tacco abbinati al cardigan. Misi prima dei pantacollant e poi me l' infilai.

Mentre mi truccava, e sperai non esagerasse, guardai com' era vestita per quell' uscita.

Un maglione lungo fino a metà coscia di cotone, molto carino e beige. Con una cintura marrone sulla vita e delle calze color carne con stivaletti abbinati. Davvero molto carina.

<< Et voilà, il bruco si trasforma in farfalla! >>.

La guardai male.

<< Sei davvero sicura di volerci uscire? Non l' hai mai visto di persona se non su face, potrebbero essere dei maniaci e chissà se non hanno mentito sull' età. Probabilmente saranno dei vecchi rugosi allupati che ... >>

<< Ferma, ferma, ferma tesoro. L' ho visto sulla web-cam, e ti assicuro che non è un anziano allupato come dici tu. E non trovare scuse per non uscire. L' anziana sembri tu, che stai sempre chiusa qui a fare la muffa. >>

Sbuffai risentita, ma non obbiettai perché infondo aveva ragione, cavolo!

Il suo cellulare vibrò per qualche secondo sul letto. Lo prese e vi lesse il messaggio.

<< Bene, sono arrivati. Andiamo! >>

Presi il mio telefono e lo misi nella tasca della gonna di jeans.

Ma proprio quando stavo per richiudere la porta lei mi fermò.

<< E la borsa? >> mi chiese squadrandomi.

<< Che borsa? >> feci io di rimando.

<< Eh no, mia cara. Non puoi uscire senza una borsa! >> esclamò rientrando.

Sbuffai esasperata.

Ritornò poco dopo con una piccola borsa nera.

<< Ma questa non è mia! >>

<< No, infatti. E' di tua madre, almeno lei ha gusti migliori dei tuoi >>.

La guardai di traverso facendola scoppiare dal ridere. Non resistetti a lungo e mi unii anch’io mentre scendevamo le scale. La sua risata era troppo contagiosa.

<< Qual' è il luogo dell' appuntamento? >> chiesi.

<< Nel parchetto qui dietro! >> mi informò.

Camminammo per due isolati prima di attraversare la cancellata del parco dietro casa mia, ci fermammo dopo due passi.

<< Dovrebbero essere vicino al venditore di hot dog ... >> disse guardandosi intorno. Lo feci anch’io.

<< Forse sono quelli? >> feci io indicando due ragazzi, per altro unici, vicino lì.

Lei fece per seguire il mio sguardo ed il suo si illuminò appena li vide ma poi sbiancò. E non seppi il perché.

Erano vestiti semplici: quello più alto, quasi di due metri, aveva una maglietta bianca, jeans e giacca nera. Aveva delle spalle enormi che lo facevano assomigliare ad una montagna vivente ed era magro, ma non per questo non palestrato. Un bel sorriso e capelli lunghi che sfioravano quasi la spalla. Nel complesso era molto carino, quasi un fotomodello.

L' altro era poco più basso, spalle larghe, capelli corti e ... bel sedere. Anche lui indossava jeans chiari con una giacca scolorita di pelle. Non avrei saputo dire se era bello anche in viso, perché era di spalle.

<< Mi prometti, che qualunque cosa succeda tu uscirai con noi fino alla fine? >> mi chiese scongiurando la mia amica.

La guardai come se fosse un' aliena.

<< D’accordo ... >> risposi circospetta, ma senza badarci più di tanto.

Ma me ne pentii all' istante quando il ragazzo di spalle si voltò così da farmi intravedere il suo profilo.

<< NO. Tu sei pazza? >> sbottai.

<< Me l' avevi promesso. >> mi sgridò per poi continuare con un tono da cucciolo abbandonato. << Eddai, ti prego. Sarà solo per un paio d' ore circa ... >>.

<< Col cavolo! Nemmeno se mi paghi, mi ... ci ha umiliate abbastanza! >> ripresi decisa.

<< Senti Mel, per me è importante. Mi piace davvero lui, non posso dargli buca. Fallo per me! >>

Strabuzzai gli occhi.

<< Ti piace il figlio di Palmieri? >>

<< Eh? Ma non lui, io intendevo l' altro, Marco. E poi non sapevo nemmeno che era lui l' amico di cui parlava, se no avrei disdetto prima. >>

<< Fabiana!? >> stavo per ribattere quando qualcun' altro mi aveva preceduta chiamandola.

Era il tipo dell' appuntamento che ci raggiungeva. Vidi con la coda dell' occhio il figlio di Palmieri voltarsi nella nostra direzione e pietrificarsi dalla sorpresa per poi sbuffare irritato.

Merda!

<< Marco, ciao. Finalmente ci incontriamo di persona. >>

<< Già, e devo dire che sei molto meglio dal vero ... >> rispose lui guardandola entusiasta prima di rivolgersi a me tendendomi una mano gentilmente. << Piacere di conoscerti, sono Marco Rizzo! >>.

Gli sorrisi timida e gli strinsi la mano per educazione. << Piacere mio, Melissa Giuliani! >>. A prima vista sembrava simpatico.

Nel frattempo l' altro si era avvicinato senza, però, degnarci di uno sguardo.

<< Lui è il mio amico Riccardo Palmieri! >> decise di presentarlo dato che il suddetto non salutava nemmeno.

Un silenzio imbarazzato calò per circa dieci secondi, dopodiché Fabi chiese se ci andava un hot dog.

Naturalmente Marco offrì a lei un panino e una lattina di coca, ma vedendo che l' altro non si era degnato di offrire a me, non che me lo aspettassi, decise di comprarne anche a me, rivelandosi un vero gentil' uomo che io apprezzai con riconoscenza.

Così ci sedemmo tutti attorno ad un tavolo da pic-nic che trovammo lì vicino.

<< Perché non offri anche a me gentleman?! >> lo canzonò Palmieri continuando poi sottovoce << ... Infondo me lo devi! >>

Non capii a cosa si riferiva.

<< Offro solo alle fanciulle, scusa! >> rispose con una battuta Marco, facendo sogghignare Fabi e me sotto i baffi. Mi stava veramente simpatico questo Marco.

Lui sbuffò addentando il suo panino con stizza.

Dopo aver mangiato decidiamo di fare una passeggiata. Marco sembrava molto preso da Fabiana e viceversa, camminavano l' uno affianco all' altra parlando quasi animatamente del più e del meno, lasciando me e il tipo dietro ad una distanza di due metri. Quest'ultimo poi camminava mezzo metro più avanti, per non far sembrare ad occhi esterni che eravamo insieme.

Cos'è, si vergognava?

<< Senti un po’ tu ... - mi voltai a guardarlo, sorpresa perché mi stesse rivolgendo la parola, dopo più di mezz' ora di uscita, non che me l' aspettassi - ... l' avete fatto apposta, vero? >> parlò con tono di voce piatto e basso per far sentire solo me, ma continuava a mantenere le distanze manco avessi la lebbra.

<< A far cosa? >> la mia voce tremò appena e mi maledissi. Purtroppo ero timida di natura, e a chiunque mi rivolgesse la parola mi comportavo da completa idiota, soprattutto se si trattava del sesso opposto.

Lui roteò gli occhi, come se quello che volesse intendere fosse ovvio. Per fortuna non si accorse del tremore nella mia voce.

<< Insomma ci incontriamo alla manifestazione in quel liceo, a casa mia e ora anche in questa uscita ... >>

Capii dove voleva arrivare ma feci comunque la finta ingenua.

<< E allora? E' solo coincidenza non è premeditato, te lo assicuro! >>. Non seppi da dove mi uscì questa sicurezza nella voce e nel tono, non l' ho mai avuta per gli sconosciuti e fui fiera di me stessa.

Lui mi fece il versaccio forse convinto che non lo guardassi e alzò il passo fino a raggiungere la coppia di amici avanti.

Sbuffai dandogli del coglione mentalmente.

Una decina di minuti dopo iniziò a scendere una pioggerellina leggera e ci proteggemmo su una panchina sotto un albero. Ma ben presto incominciò a piovere sul serio e corremmo fuori dal parco per coprirci sotto i balconi, purtroppo solo io ero provvista di ombrello.

<< Merda ... ma non hai guardato le previsioni del tempo?! >> imprecò Palmieri contro l' amico che cercò teneramente di coprire Fabiana per non farla bagnare.

Marco lo guardò storto per poi rivolgersi a noi con educazione che di certo l' altro non aveva.

<< Voi, per caso avete portato un ombrello in più? >>

Scuotemmo la testa dispiaciute. Lui sospirò.

<< Allora aspettiamo che passi, non durerà molto, credo ... >>.

<< Credi? >> gli fece l' altro scorbutico.

Aspettammo una mezzoretta ma ancora non si decise a smettere di diluviare e anzi peggiorò.

<< Si sta facendo tardi ... >> mormorai guardando quelle nuvole nere.

<< Allora sarebbe meglio andarcene, sarà per un' altra volta ... >> disse dispiaciuta la mia amica verso Marco che ci rimase visibilmente male ed il mio cuore si stringe in una morsa, è chiaro che vogliano stare ancora insieme. Maledetto coprifuoco!

Però da una parte ne fui sollevata, voleva dire che finalmente la serata era finita.

<< Ok, dove abitate? Vi accompagno io, ho la macchina! >> chiese gentilmente Marco e notai che Palmieri sbuffò irritato, l' idea di riaccompagnarci non sembrava piacergli.

<< Più o meno in centro, comunque grazie, non fosse per te avrei fatto ben quindici minuti di tragitto con l' autobus da sola! >> lo informò grata Fabi.

<< Ma figurati ... e tu? >> chiese poi rivolgendosi a me.

<< Non preoccuparti abito proprio a due isolati di distanza, ma grazie comunque >> feci io sorridendogli.

<< Va bene, però non voglio che ci vai da sola anche se è qua vicino. E' comunque buio... Riccardo, visto che lei ha l' ombrello, puoi accompagnarla tu alla casa? Nel frattempo io accompagno Fabiana e poi passo a prenderti!? >>

<< Cosa??? >> esclamiamo all' unisono facendo ridere Fabi mentre il moro ci guarda un po’ stupiti.

<< Cioè ... lei ha detto che di solito ci impiega una quindicina di minuti per tornare a casa e quando tornerai a prendermi sarà almeno passata una mezzoretta, mi prenderò di sicuro una polmonite e poi domani sono in servizio! >> si giustificò Palmieri.

Dillo che sono tutte scuse per non accompagnarmi!

Lui e Marco si scambiarono uno strano sguardo assassino prima che Fabiana trovò una soluzione che mi avrebbe portata ad odiarla per il resto della mia vita.

<< Beh, può sempre ospitarlo in casa mentre attende, no? >>

Le rivolsi uno sguardo inceneritore che però ignorò continuando e segnandosi così la sua morte.

<< Tanto non c'è nessuno adesso a casa tua, no?! >> mi fece lei. Non capii perché mi stesse facendo questo, ma di certo domani avrebbe passato davvero una brutta domenica, parola mia.

<< Ok, allora. Ciao Melissa, spero di rivederti! >> mi salutò Marco baciandomi le guance come di consueto seguito a ruota da Fabiana e non persi occasione per minacciarla all' orecchio.

<< Tu sei morta! >> sussurrai per poi scostarmi sorridendo falsamente mentre la vedo impallidire.

<< Ci vediamo più tardi, Ricky! >>

<< Ti ho già detto che non mi piace quando mi chiami così! >> sbuffò il ragazzo preso in giro dall' amico che si allontanava con la bionda sottobraccio.

Incominciai a muovermi in direzione di casa senza nemmeno degnarlo di uno sguardo.

Dopo qualche secondo lo sentii alle mie calcagna. E quando qualcosa mi afferrò la mano che stringeva l' ombrello sussultai spaventata.

Mi aveva presa per il polso e me lo stava strattonando nella sua direzione per coprirsi anche lui dalla pioggia, anche se con quelle spalle enormi che si ritrovava riusciva a coprirsi solo la testa.

Sbuffai stizzita, stava facendo bagnare anche me. Ma lo lasciai fare , tanto eravamo quasi arrivati.

Il fatto che eravamo a contatto per via dell' ombrello striminzito mi dava sui nervi e mi imbarazzava per via della mia indole timida.

Quando finalmente due minuti più tardi arrivammo, anche se a me sembrò un' eternità, infilai la chiave nella toppa e lo lasciai entrare mentre depositavo l' ombrello bagnato al suo posto.

Lo feci accomodare nel piccolo soggiorno mentre andavo a prendergli un asciugamano per asciugarsi i capelli. Ero molto impacciata, era la
prima volta che un ragazzo entrava in casa a parte mio padre ed i parenti.

Lo ritrovai poco dopo spaparanzato sul divano che si guardava intorno con aria critica.

<< Lo sai che vivi in un buco!? >> mi fece afferrando il panno che gli porgevo.

<< Si ... >> risposi distratta per poi mordermi la lingua << Aspetta, cosa? >> esclamai facendolo ridere di gusto.

<< Sarà anche pulito ma il tuo soggiorno è grande quanto il mio bagno! >> mi fece notare superiore.

<< Beh, è solo un appartamento normale non è mica una villa >> replicai io infastidita enfatizzando le parole normale e villa per fargli capire che io rientravo nella normalità e lui no.

<< Cosa vuoi farci, certi possono e altri no ... >> mormorò fastidioso.

<< Certo ... >> borbottai mentre me lo lasciavo alle spalle.

Andai in camera e socchiusi la porta. Mi levai il cardigan inzuppato e la maglietta sostituendola con una canotta bianca ed una felpa di una tuta vecchia.

Mi stavo per levare la gonna quando mi accorsi di non essere sola.

Mi voltai e sobbalzai riabbottonandomi la gonna.

<< C-Che cavolo ci fai qui? >> esclamai col cuore in gola e le guance in fiamme.

Era appoggiato allo stipite con le braccia incrociate e mi fissava divertito. Ma la vera domanda che avrei voluto fargli era da quanto tempo era lì a fissarmi.

La consapevolezza di essere stata stupida a far entrare in casa mia uno sconosciuto, più grande di me, mi fece rabbrividire di paura. Il mio pensiero corse subito a Fabiana, dovevo chiamarla ed avvisarla?

<< Non mi hai mica detto di restare in salotto >> fece quasi malizioso, forse per prendermi in giro, ma non ci sarei cascata.

<< Allora te lo dico adesso: resta in salotto! >> dissi decisa e brusca.

Lui, per tutta risposta si mise a curiosare in giro, come se non mi avesse sentito.

Prese una foto mia e di mia sorella di quando eravamo alle rispettive medie e liceo e si mise a guardarla con interesse superficiale.

Gli andai incontro e gli strappai di mano la foto, stavo per rispondergli acida ma lui mi precedette.

<< Eri davvero carina con le treccine e gli occhiali! >> disse sarcastico. Io lo divertivo.

Gli feci un versaccio nascondendo l' immagine in un cassetto.

Qualcosa mi sfiorò la schiena facendomi trasalire, mi voltai di scatto rischiando di perdere l' equilibrio.

In un secondo mi aveva raggiunta sovrastandomi.

Per un momento il suo profumo mascolino mi destabilizzò ma mi ripresi subito ma senza il completo controllo di me stessa. Lo guardai in faccia confusa e gli vidi stampato in faccia un ghigno e mi guardava con aria furba.

Mi prese una ciocca di capelli e me la mise dietro l' orecchio provocandomi mille brividi lungo la schiena, ma non sapevo se erano di disgusto o di piacere.

<< Che co ... >> volevo chiedere ma le parole mi si fermarono in gola.

<< Beh, visto che siamo qui, meglio approfittarne! >>

Mi paralizzai all' istante e lo scansai stizzita rifugiandomi nella parte della stanza il più lontana da lui.

<< Ma per chi mi hai preso? Razza di ... >> mi fermai ricordandomi che lui era il figlio di Palmieri e in quanto tale avrebbe potuto farmi licenziare. E non posso permetterlo.

Mi morsi il labbro per evitare di dire qualche cretinata e mi voltai.

Lo sentii sospirare.

<< Quelle più giovani fanno sempre le santarelline ... >> lo sentii borbottare.

Avrei voluto buttargli in faccia tutto il veleno di cui ero capace ma il rumore delle chiavi che aprivano la porta all' ingresso mi fecero sussultare.

Mamma?

I miei occhi scattarono immediatamente sull' orologio sul comodino: le undici meno venti.

Forse era in anticipo ...

<< Camilla?! >> una voce alterata e burbera provenne dal salotto.

Mi voltai terrorizzata verso Palmieri che mi guardava indeciso su cosa fare: non era la mamma!

Scattai verso di lui e lo strascinai dentro la camera.

<< Resta qui e non muoverti! >> gli sussurrai.

Lui, confuso, mi obbedì e chiusi la porta della camera lasciandolo lì dentro.

Che diavolo ci faceva qui? E perché proprio adesso ...

Se la mamma l' avesse saputo si sarebbe arrabbiata e con Palmieri come avrei fatto ad uscirne?

Mi affacciai in soggiorno trovandolo appoggiato al tavolo con una bottiglia di birra in mano. Sperai l' avesse presa appena adesso dal frigo e che, quindi, non fosse già ubriaco fradicio.

<< Papà?! >> chiamai cauta. Lui si voltò cercando di mettermi a fuoco.

<< Camilla perché non rispondi alle mie chiamate? >> chiese avvicinandosi barcollando. E cavolo se era ubriaco, mi scambiava pure per la mamma.

<< Papà, sono Melissa. La mamma è al lavoro torna alle undici lo sai! >> gli ricordai sperando che se ne andasse.

<< Al lavoro? >> mi guardò come se mettesse in dubbio le mie parole << Sarà sicuramente indaffarata a sbattersi qualcuno con cui
rimpiazzarmi, quella put ... >>

<< Smettila! La mamma non è una scansafatiche come te. Si ammazza di lavoro dalla mattina alla sera per mantenere me e Anna, e tu tardi anche a darci gli alimenti. Non ti devi permettere di parlare di lei in quel modo! >> sbottai finalmente dopo tanto tempo di parole represse.

Gli occhi mi si fecero lucidi ed ero sull' orlo di una crisi.

Lui sembrò frastornato dalle mie accuse o forse dall' alcool.

<< Non ti azzardare a parlarmi così signorinella. >> si avvicinò fermandosi ad un palmo dal naso, sentii l' odore acre della birra ed un conato mi salì in gola.

Mi strinse i capelli da dietro la nuca piegandomela all' indietro. Emisi un gemito per il dolore.

<< Tua madre ti sta dando fin troppe libertà, una lezioncina ti servirebbe per rieducarti a dovere! >>

<< La lasci! >> minacciò una voce dietro di me. Oh no!

Quell' idiota, ma che intenzione ha? Vuole mettermi di sicuro nei casini.

Mio padre lo guardò piegando la testa da un lato cercando di capire chi fosse, poi volse lo sguardo su di me e scoppiò a ridere. Trattenni il fiato per non sentire il puzzo dell' alcool.

<< Ma tu guarda, la madre non c'è e lei si diverte a fare la puttanella in casa mia! >> mi accusò con tanta leggerezza da colpirmi in pieno stomaco.

Non seppi cosa stava pensando Palmieri, restava zitto dietro di me. Ma seppi solo che volevo sprofondare sotto terra in quel momento.

Chinai il capo, quel tanto che mi consentiva la mano che stringeva i miei capelli.

<< Ho detto di lasciarla, non lo ripeterò un' altra volta! >> disse fermo il ragazzo facendo un passo avanti così che potei guardarlo con la coda nell' occhio.

Sembrava calmissimo, il volto sereno. L' unica cosa che lo tradiva erano i suoi occhi che sembravano dovessero dar fuoco alla casa e soprattutto a mio padre.

<< Che cavolo vuoi tu, lei non è tua. Sei solo un' avventura e adesso sparisci o ti prendo a calci in cu... >> vidi il lampo di una mano stretta a pugno saettare sul viso dell' uomo ubriaco e quest' ultimo accasciarsi a terra tramortito lasciandomi libera dalla sua presa.

Guardai il corpo privo di coscienza con un rivolo di sangue che gli gocciolava dal naso. Almeno ero sicura che l' indomani non avrebbe ricordato niente, talmente era ubriaco.

Mi voltai verso il biondino spalancando la bocca.

<< Ma che hai fatto? >> esclamai.

<< E tu chiami questa feccia papà? >> chiese ignorando bellamente la mia domanda.

Mi rabbuiai.

<< Non è così. Lui dice cose che non pensa quando beve troppo. In realtà ci vuole davvero bene e ... >> non sapevo neanche io come continuare. Non mi sembravo convincente per niente ed infatti lui non ci credette e scosse la testa guardandolo disgustato.

Sospirai e mi avvicinai al corpo incosciente. Mi accovacciai lì vicino e poi guardai Palmieri.

<< Mi aiuti a caricarlo per spostarlo in camera da letto? >> gli chiesi.

Sbuffò ma si avvicinò prendendolo sotto spalla. Lo aiutai e lo depositammo sul letto. Gli pulii il rivolo di sangue, non avrei saputo spiegare a mia madre come una cosa piccola come me gli avesse quasi rotto il naso.

<< G-grazie ... >> gli dissi poi con voce gracchiante, non fui sicura che mi sentì.

Mi guardò negli occhi con espressione indecifrabile e fece per dire qualcosa ma lo squillo di un telefono lo interruppe.

Aggrottò le sopracciglia per un attimo prima di accorgersi che si trattava del suo.

Lo estrasse dalla tasca e premendo il tasto verde per accettare la chiamata se lo portò all' orecchio.

<< Pronto? ... ah, ok. Arrivo! >> disse e ripose l' aggeggio dove l' aveva preso.

<< Era Marco mi aspetta all' ingresso del parco ... >> mi informò distratto.

<< Ok, ti presto un ombrello così non ti bagni! >> gli risposi mentre lo accompagnavo all' ingresso e gli diedi il mio ombrello.

Lui lo prese e rimase a guardarlo alzando un sopracciglio.

<< Che c'è? >> chiesi.

<< Ti sembra che possa andare in giro con 'sto coso a cuoricini? >>

Mi morsi un labro per non ridergli in faccia.

<< Tanto sono solo due isolati e poi a quest' ora non trovi nessuno in giro! >> feci io.

Lui sbuffò sprezzante e fece per girarsi ed andarsene ma poi si voltò nuovamente ricordandosi di una cosa.

<< Forse dovresti chiamare qualcuno per tenere d' occhio quel tipo lì, non è sicuro ... >> mi fece indicando con la testa la porta dove dormiva mio padre.

<< Non importa, tanto non si sveglierà prima di domani mattina e poi tra poco arriva mia madre >> gli dissi sorridendogli poco.

Rimase per un po’ in silenzio pensando a qualcosa.

<< Ma come fate a convivere con un tipo del genere? >> chiese, forse più a se stesso che a me.

<< Infatti non vive più da noi. L' abbiamo cacciato qualche settimana fa, adesso sta dai nonni ma ... >> la frase mi finì in un sussurro che
neanche io capii.

Lui alzò le mani in segno di resa.

<< Non mi interessano le storie personali. Comunque se avessi bisogno chiamami pure in centrale ... e non fraintendere, è solo senso civico.
Sono un carabiniere in fondo. >> disse per poi dileguarsi dalla mia vista senza neppure salutarmi.

Rimasi a bocca aperta e poi scoppiai a ridere da sola e senza una precisa ragione.

Richiusi la porta e mi fiondai in camera prendendo il telefono al volo.

Digitai il numero di Fabiana e la chiamai. Rispose al secondo squillo tutta entusiasta.

<< Vi siete baciati?! >> chiesi subito, prevedendolo già dal suo tono euforico, senza perdermi in saluti.

<< Siiii ! >> trillò lei al settimo cielo descrivendo tutto il viaggio in macchina fino a casa sua e quindi al tenero bacio che si erano scambiati.

<< E a te come è andata con il carabiniere hot? >> mi chiese.

Alzai un sopracciglio, come se lei potesse vedermi, a come l' aveva chiamato. Poi sospirai e gli raccontai tutto.

<< Ahahahah, oh mio dio. Cioè lui ci ha provato e tu non te lo sei filato?! Ma che hai nel cervello? Però è stato un vero gentiluomo a picchiarlo per te. >>

Già la immaginai farsi i film mentali.

<< Però adesso hai una scusa per incontrarlo di nuovo ... >>

<< E cioè? >> chiesi, non che avessi voluto farlo.

<< Col pretesto dell' ombrello, logico no? >>

<< Per me può anche tenerselo, non ci tengo affatto a rincontrarlo! >> borbottai infastidita.

<< E so già come ... >> ecco, si stava già facendo uno dei suoi viaggi mentali e un po’ perversi.

<< Ehm, senti è arrivata mamma. Devo andarle a spiegare la presenza di papà in camera sua o le verrà un colpo. >> inventai pur di chiudere
quella conversazione assurda.

<< Ok, tesoro ci vediamo lunedì. Ma non pensare di lavartene le mani così! >>

Ecco, appunto!


Spoiler pros. cap. :
- Si appoggiò con i palmi delle mani sul letto tirandomi in trappola.
<< Ti propongo un accordo. Dato che tu lavori per me, ti potrei anche dare un aumento se ... >>
Basta!
<< Te l'ho già detto. Non so che idea tu ti sia fatto di me, ma io non sono quel tipo di persona. Piuttosto preferirei che mi licenziassi! >> gli dissi, forse per la prima volta in vita mia, spavalda guardandolo finalmente negli occhi.
Mi guardò per un infinito secondo poi scosse la testa con scetticismo e si raddrizzò lasciandomi libera.
<< Stai bluffando! >> disse lui semplicemente.
Mi alzai disgustata.
<< No e te lo dimostro. Mi licenzio io stessa! >> -


Spero che questo secondo capitolo vi sia piaciuto. Ci ho messo davvero l' anima.
Mi spiace per non essere brava a scrivere, ma ce la metterò tutta!
Mi scuso anche se qualcosa non riuscite a capirla, purtroppo non sono brava a spiegare le cose ma se volete qualche chiarimento fatevi pure avanti.
Aspetto con ansia che mi recensiate scrivendomi che ne pensate di questa storia.
Non potrò aggiornarla spessissimo, dovrete attendere un po’. Sorry!
Grazie a tutte le persone che hanno messo la mia storia tra le seguite e a occhi_verdi per avermi recensito. Sono contentissima che ti stia piacendo! XD
Al prossimo capitolo!

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Capitolo 3
*** Why do you torment me? ***


3 03. Why do you torment me?






<< Why is everybody so obsessed?
Money can’t buy us happiness,
can we all slow down and enjoy right now.
Guarantee we’ll be feeling all right. >>


" Price tag - Jessie j "



<< Perché sono tutti così ossessionati?
Il denaro non può comprare la felicità,
possiamo rallentare e goderci questo momento.
Vi garantisco che ci sentiremo tutti benissimo. >>




Come avevo previsto mia madre si era arrabbiata di brutto vedendo nel suo letto l' uomo che aveva sposato e poi cacciato qualche settimana prima per disperazione.
E ci avevo anche azzeccato che papà non avrebbe ricordato nulla ed infatti così fu. E tra le sue scuse e i vattene di madre lui se ne andò.
La settimana che venne, Fabiana e Marco erano più uniti che mai. Si chiamavano ogni giorno e si sentivano ogni ora per messaggi.
Insomma un colpo di fulmine!
Lei era felice ed io con lei, ma per fortuna non parlammo più del discorso Palmieri ... almeno fino ad oggi.
Era giorno di pulizie, e Fabi non smetteva di ciarlare sul fatto che forse l' avremmo trovato lì.
<< Ma no, probabilmente starà in servizio o sarà uscito con gli amici ... >> gli feci io più per convincere me stessa che lei.
Lei fece una smorfia e prese le chiavi aprendo la porta mettendosi subito a guardarsi attorno.
Sbuffai e richiusi la porta alle spalle.
<< Buongiorno?! >> disse Fabi non ottenendo, però, risposta.
<< E' sera, scema! >> gli feci eco io.
<< Dettagli ... >> mi rispose distratta com'era per verificare la presenza del coinquilino.
Feci roteare gli occhi esasperata e non replicai.
La seguii verso la camera di Palmieri e lei mi guardò contrita. Aveva proprio l' intenzione di farmi mettere con lui visto che lei stava con il suo amico.
<< A quanto pare non c'è! >> dissi io nascondendo il mio sollievo.
<< Chi non c'è? >>
Stavo per rispondere alla voce quando mi resi conto che non apparteneva alla mia amica. Anzi, non aveva proprio niente di femminile quella voce.
Sobbalzai almeno di due metri sul posto, mordendomi con forza il labbro per non gridare dallo spavento.
Fabiana ebbe la mia stessa reazione portandosi una mano al cuore.
Ci voltammo e ce lo trovammo davanti con un espressione curiosa ed infastidita.
<< Allora è vero che lavorate come donne da pulizie ... >> mormorò lui.
Aprii la bocca.
<< Credevi davvero che fossimo stalker?! >> la mia era una domanda retorica ma mi rispose comunque.
<< Si! >>
Aprii ancora più la bocca rischiando di toccare con la mascella il pavimento. Lo aveva detto con così naturalezza che sembrava ci credesse davvero.
Ero distratta perciò non feci in tempo a sottrarmi al suo dito che si insinuava sotto il mento e mi chiudeva la bocca.
Mi si accostò all' orecchio soffiandoci sopra mentre morivo di vergogna.
<< Se tieni la bocca aperta vi entreranno le mosche! >> mi sussurrò ma fu abbastanza da far sentire anche a Fabi impietrita dall' improvviso gesto nei miei confronti.
Lui scostò il viso dal mio per farmi l' occhiolino impertinente e si allontanò.
Appena fu fuori dalla nostra visuale la mia amica, che ritenevo come una sorella, scoppiò a ridermi in faccia.
La spinsi verso l' ufficio del proprietario e gettandole addosso le spugne le chiusi in faccia la porta.
Ho fatto proprio la figura della scema imbambolata.
Incominciai dalla cucina trovandolo seduto sullo sgabello vicino ad un bancone che sgranocchiava dei mikado.
La mia ragione mi consigliava di defilarmi e lasciare quella stanza per ultima, ma il mio orgoglio mi intimava di restare a testa alta. Ma a testa alta ci potevo restare ben poco dato il mio lavoro.
Raggiunsi il lavandino lavando le ultime pentole e piatti sporchi dandogli le spalle, poco mi importava se mi rendevo maleducata.
Ero imbarazzata a mille e volevo solo andarmene da quella casa il più prima possibile.
Quando finii mi dedicai al lungo bancone senza pensare che avrei raggiunto anche lo spazio che lui stava occupando.
Con la coda dell' occhio lo vidi che mi fissava e catturava ogni mio singolo movimento.
Gli feci notare che me n'ero accorta, seccata tra l' altro ...
Ma lui si limitò a sfidarmi con lo sguardo e continuava a mangiare quelle stecche di cioccolato.
Per sbaglio scostai da lui gli occhi per accostarli ai suoi mikado. Sembravano gustosi. Non ricordavo l' ultima volta che li avevo mangiati.
Lui si accorse che avevo, per una frazione di secondo, adocchiato il suo cibo e prese a masticarlo provocante.
Con gli occhi mi ammiccava e con la bocca ... dio solo sapeva cosa faceva con quella bocca. Leccava infinitamente quel cioccolato cercando di civettare silenziosamente con me. Voleva che abboccassi? E io non l' avrei permesso ma per qualche scherzo del destino mi ero messa a sbavare, metaforicamente parlando, ed a spalancare la bocca, letteralmente parlando.
Feci la brutta copia di uno sbuffo che tutto sembrava tranne che quest' ultimo, e mi girai per poi scontrarmi con le pentole che avevo lavato ma dimenticato di riporre al loro posto, sbadata com' ero, e le avevo fatte cadere a terra con un rumore chiassoso.
Merda. Non la smettevo proprio con le figuracce.
Mi chinai per raccoglierle ma delle mani meno goffe delle mie e molto più grandi e curate mi aiutano afferrando il casino che avevo combinato.
Alzai la testa mortificata per ringraziarlo ma la sua vicinanza mi bloccò le parole in gola, di nuovo.
Lui smise di raccogliere e mi guardò negli occhi, il verde delle sue iridi mi inondò. Mai visti occhi così belli.
Lui si mosse lento verso di me, sapevo cosa aveva intenzione di fare ma ero io a non saperlo avendo il cervello in tilt a causa dei suoi occhi e del suo profumo.
Appena le nostre labbra erano ad un millimetro di distanza istintivamente socchiudo la bocca e il mio cuore parte già in quarta.
Ma che stai facendo idiota?! Mi diedi mentalmente, ma non feci nulla per fermarlo, anzi lo fece proprio lui fermandosi e ridendomi sguainatamene in faccia.
Le guance divennero così ardenti che ci si poteva cuocere un uovo sopra.
Ero arrabbiata ma la delusione, di essere una completa stupida e troppo debole agli ormoni, ebbe la meglio.
Sentivo gli occhi pungere, ero di sicuro sull' orlo del pianto. Ma non gli avrei dato una soddisfazione del genere.
Trovava divertente la situazione, ma poteva essere più stronzo di così?
Lui continuava imperterrito a ridere piegando la testa all' indietro, una lacrima mi scese sulla guancia e non vedendoci più gli diedi una spinta facendolo cadere a terra e mi allontanai di fretta rinchiudendomi nella prima stanza libera.
Svelta mi asciugai le lacrime di frustrazione con forza. L' ultima cosa che volevo era che se ne accorgesse.
Il rumore della porta alle mie spalle che si chiudeva mi spaventò ma non mi voltai per paura che chiunque fosse arrivato vedesse la mia umiliazione sul volto.
<< Girati! >> mi ordinò la voce. Quella voce.
<< Vattene ... >> sperai disperata.
<< Mi stai cacciando dalla mia stanza? >>
Non mi ero accorta di dove ero finita, mi ero gettata nella prima camera che avevo trovato, e sfiga delle sfighe doveva proprio essere la sua.
<< Me ne vado io allora! >> dissi con la voce tremante. Chinai la testa e feci per superarlo, ma lui mi sbarrò la strada con un gesto così brusco che mi spaventò.
Indietreggiai d' istinto e lui fece un passo avanti. Non potei guardarlo in viso anche se avrei pagato per sapere che espressione c'era disegnata sopra: rabbia? disgusto? desolazione? biasimo?
Intanto lui avanzava ed io indietreggiavo fino a toccare il bordo del letto ad una piazza e mezza.
In un secondo mi sovrastò e caddi seduta sul letto per sfuggirgli.
Perché si divertiva vedendomi umiliata?
Si appoggiò con i palmi delle mani sul letto tirandomi in trappola. Io tenevo sempre la testa china ed il volto coperto dai capelli castani.
<< Ti propongo un accordo. Dato che tu lavori per me, ti potrei anche dare un aumento se ... >>
Basta!
<< Te l'ho già detto. Non so che idea tu ti sia fatto di me, ma io non sono quel tipo di persona. Piuttosto preferirei che mi licenziassi! >> gli dissi, forse per la prima volta in vita mia, spavalda guardandolo finalmente negli occhi.
Mi guardò per un infinito secondo poi scosse la testa con scetticismo e si raddrizzò lasciandomi libera.
<< Stai bluffando! >> disse lui semplicemente.
Mi alzai disgustata.
<< No e te lo dimostro. Mi licenzio io stessa! >>
<< Ok, fallo. Non m' interessa. Anzi, assumerò qualcuno di più disponibile! >>.
Adesso era lui a bluffare?! Lo sperai ...
<< Mi fai schifo. Sei un agente delle forze dell' ordine e te ne approfitti in questo modo?! Ma come fai la mattina a guardarti allo specchio? >> gli sputo acida e piena di disgusto, lo scanso e me ne vado richiudendomi la porta alle spalle.
Tutta la tensione che c'era in quella stanza incomincia a pesarmi sulle spalle e credo proprio di scoppiare a piangere da un momento all' altro.
Prendo un respiro profondo e le ricaccio indietro e mi ci volle tutta la mia volontà per riuscirci.
Torno da Fabiana. La ritrovo nello stesso posto ancora indaffarata a pulire l' ufficio del proprietario della casa.
<< Ehilà chica! ... ehi che hai? >> mi fa appena mi vede.
Avrà visto il segno delle lacrime che ormai non ce la fanno più a trattenersi? E' sempre stata brava a leggermi come fossi un libro aperto.
<< Scusami ce la fai a tornare a casa da sola oggi? >> le chiedo con un filo di voce.
<< Certo ma almeno spiegami il perché ... >> mi dice preoccupata dal mio tono.
<< Mi sono appena licenziata e ... >> inizio ma lei mi interrompe scioccata spalancando la bocca di un metro, se è possibile.
<< Stai scherzando? >>
<< No! >> le dico abbassando la testa.
<< Ma perché ... >>
Ancora non riusciva a crederci del mio gesto improvviso.
<< Perché è un vile sfruttatore, porco e superficiale donnaiolo che voleva che facessi da puttana per lui! >>
La sua bocca si spalancò di più ma poi la richiuse con stizza assottigliando gli occhi.
<< Allora hai fatto benissimo socia. E sai che ti dico? Mi licenzio anch'io! >> mi comunicò sbattendo lo straccio a terra e dirigendosi verso la porta ma io fui pronta a prenderla per il braccio.
<< Che diavolo credi di fare? Questo lavoro serve a te, non puoi permetterti di licenziarti! >> dissi io piccata.
<< E vuoi lasciarmi nelle mani di questo pervertito segaiolo? >>
<< Fabi?! >> la richiamai per la definizione volgare che però mi aveva strappato un mezzo sorriso.
<< Lo sai che siamo come sorelle noi. Se ti butti lo faccio anch'io! >> mi disse dolce.
Ok, oggi era giorno di pianti.
La abbracciai forte.
<< Ti voglio bene! >>
<< Anch'io mi voglio bene socia! >> fece lei ironica facendomi ridere per poi staccarsi e dirigersi verso l' uomo per dirgliene quattro.


Il mattino dopo all' uscita da scuola venne Marco a prenderci e ad accompagnarci a scuola da vero gentleman qual' era.
Fabi gli raccontò tutto e la faccia del ragazzo divenne paonazzo.
<< Non ha mai fatto così. E' sempre stato stronzo è vero ma ... non ha mai cercato di abusare di una ragazza, specialmente se più piccola di lui. Ha sempre avuto rispetto per le donne. >> sospirò desolato << Gli parlerò io, tranquille! >>
<< Ma no, non preoccuparti. Non è il caso, ma ti ringrazio lo stesso! >> gli faccio io e credo di parlare in nome di entrambe.
Lui si volta verso il sedile del passeggero posteriore, ovvero verso di me, sorridendomi.
<< Non è solo per voi, ragazze. Lui è il mio migliore amico, siamo cresciuti praticamente insieme e lo conosco da una vita e vi assicuro che non si è mai comportato in quel modo in tutta la sua vita almeno prima di dividerci. Lui prima era completamente diverso, come vi ho già detto, con le ragazze. Poi lui ha scelto di frequentare l' accademia per diventare carabiniere a Modena mentre io ho deciso di studiare, qui a Milano, medicina.
Ma da quando è tornato è più freddo ed è sempre scorbutico! >> finì di raccontare.
<< Non gli hai chiesto il perché? >> gli fece Fabi stringendogli la mano con fare rassicurante.
<< E' stata la prima cosa che ho fatto ma lui ha alzato le spalle e ha detto che non notava la differenza! >> rispose fin troppo veloce e con un tono un po’ falso.
Stava mentendo? E perché poi, per proteggere il suo amico?
Anche lei se n'era accorta ma finse di non notarlo chiedendogli di riportarla a casa.
Qualunque cosa gli fosse successa non giustifica il modo di rivolgersi alle persone, questo è poco ma sicuro.
La domenica di quella settimana, ovvero due giorni dopo, mi chiamò Fabi dicendomi che Marco ne aveva parlato con Palmieri ed erano quasi giunti alle mani.
Io mi sentivo in colpa e con me anche Fabi. Ma Marco diceva di non preoccuparci, che tutto si sarebbe sistemato. Ma anche lui stava soffrendo per la litigata con il suo amico.
Passò un' altra settimana e Marco trovò alla Fabi un posto da inserviente al suo ospedale. In realtà non era molto legale visto che non aveva la maggiore età, ma dato che aveva messo una buona parola ad un amico che lavorava lì non c'erano stati tanti problemi.
Buon per lei!
Io invece avevo trovato, dopo tanti buchi nell' acqua, un posto da cameriera - questo lavoro mi perseguita - in una caffetteria in centro.
Per fortuna erano così disperati che non mi avevano chiesto né curriculum né se avessi diciott'anni, mi avevano assunta e basta.
Mi ci dovevo recare ogni pomeriggio dalle quattro alle otto e mezza per soli sessanta euro.
Meglio di niente!
Quando avevo dato la notizia a mia madre era rimasta stranita e poi disgustata dal comportamento di quel pervertito ed era d’accordo con me per come avevo reagito.
Al terzo giorno di lavoro mi accompagnò Fabi, era curiosa di vedere in che ambiente lavorassi e magari scroccarmi un cappuccino gratis.
<< Vado a sedermi lì, mi puoi portare un caffè-latte? >> mi chiese andandosi a sedere ad un tavolino vuoto.
<< Certo! >> le risposi entrando nella stanza cabina salutando prima il mio capo educatamente.
Presi dalla borsa le chiavi che mi aveva dato quest' ultimo e le infilai nel lucchetto dell' armadietto aprendolo.
Afferrai la divisa, che consisteva in un piccolo grembiule verde da allacciare in vita, e la indossai.
Misi la borsa nell' armadietto per poi chiuderlo, e mi legai i capelli in una crocchia.
Ritornai indietro e mi posizionai oltre il bancone. Un ragazzo della mia età, dai capelli biondi e occhi castani, enormi, mi salutò con entusiasmo. Ricambiai il saluto con molto meno brio.
Mi appropriai della macchinetta del caffè per portare a Fabi la sua dose quotidiana.
Quando mi avvicinai a lei per porgerle la tazza mi prese per un braccio.
<< Chi è quello lì? >> mi sussurrò losca indicando il ragazzo che avevo salutato prima.
<< E' Mirko, lavora qui come me. Perché? >> le feci, pensavo che fosse innamorata persa del suo Marco.
<< Mi sembra interessato a te e poi è anche molto carino ... >>
<< Cosa? >> esclamai arretrando.
<< Abbassa la voce. comunque mi sembra un buon partito per te, perché non gli chiedi di uscire? >> mi chiese seria.
La guardai incerta poi spostai lo sguardo sul ragazzo. Indubbiamente era carino, ma ...
Ma cosa?
<< Non so, forse è fidanzato, non vorrei proprio fare una brutta figura! >> le dissi poi in un sospiro. Di certo non avrebbe voluto uscire con me. Io ero realista ma Fabi no.
Lei rifletté un po’ su sorseggiando il suo cappuccino.
Poi alzò lo sguardo su di me.
<< Stai tranquilla, anche se non è single lo sarà! >> mi disse decisa. E invece di rassicurarmi mi spaventò.
<< Che intendi? Vuoi ammazzargli la ragazza? >>.
<< Ma che dici, scema!? Voglio solo farlo innamorare di te. Tutto qua! >>
Diceva sul serio? A quanto pare si.
Prima che potessi aprire la bocca per replicare lei finì tutto d'un sorso il liquido caldo e si alzò.
<< Dove vai? >> le domandai stranita.
<< A casa a studiare! >> mi rispose come se fosse la cosa ovvia.
<< E da quando studi? >> le dissi incredula.
Mi guardò offesa.
<< Da quando ho deciso di far mettere la mia migliore amica con il cameriere belloccio del bar! >> mi rispose cacciando fuori la lingua.
<< Ah ecco! >> in effetti mi era sembrato strano.
<< Ciao socia! >> mi salutò baciandomi la guancia affettuosamente.
Sospirai e tornai al bancone.
<< E' carina la tua amica ... >> mi fece una voce mascolina.
Mi girai: era Mirko.
<< E' fidanzata! >> dissi seccamente. Lo sapevo che non gli interessavo io.
<< Tranquilla, non volevo sapere quello. Non è proprio il mio tipo! >> mi rispose cauto e divertito dalla mia reazione << ... a me piacciono le more. >> disse poi facendomi impietrire sul posto. Lui se ne accorse e mi fece l' occhiolino.
Calma Mel, non intendeva te. Sicuramente ha un' altra in testa quando l' ha detto. Di sicuro!
<< Buon per te! >> borbottai ma non mi sentì.
La giornata trascorse leggera senza più scambi di battute o altro.
Mancava solo un' ora e avrei finito la mia giornata lavorativa.
Lo scampanellio della porta mi fece voltare la testa verso di essa.
Non l'avessi mai fatto ...




Spoiler pros. cap.:

Fu un attimo, non capii neanche cosa stesse succedendo,
almeno fin quando le nostre labbra non si toccarono in un casto bacio.
Le sue labbra erano calde e morbide ed avrei voluto morderle e sentirne il sapore.
Non ricordai per quanto tempo restammo in quella posizione, forse tanto o forse poco,
ma ricordai di aver ripreso, ad un certo punto, la lucidità e di averlo respinto.



Scusatemi per il capitolo cortissimo ma volevo lasciare la suspense.
Devo dire che sono rimasta un po’ amareggiata perché nessuno mi ha recensito nell' ultimo ma vedendo quante persone hanno messo la mia storia nelle seguite, che sono più di quante me ne aspettassi, mi sono risollevata e, anzi, volevo appunto ringraziarle:


- cino nero
- FrancescaVincenzo
- giusy135
- leonessa
- lety91
- LoLitaLOVE
- Maruschetta
- ssaphiras
[
- Truelove

Ed un ringraziamento speciale a:
- cupidina 4ever e
- xsemprenoi.
Per averla messa trale preferite.
Grazie a tutti alla prossima. XD

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Capitolo 4
*** The dream. ***


chap4 04. The dream











<< Let the rain fall down,
and wake my dreams.
Let it wash away,
my sanity.
'Cause I wanna feel the thunder;
I wanna scream.
Let the rain fall down .
 I'm coming clean, I'm coming clean >>

"Come clean - Hillary Duff "



<< Lascia cadere la pioggia,
e sveglia i miei sogni.
Lascia che si cancelli,
il mio buonsenso.
Perché io voglio sentire il tuono;
Io voglio urlare.
Lascia cadere la pioggia.
Io sono diventata pulita, io sono diventata pulita >>




Lo seguii con lo sguardo mentre entrava e sedeva ad un tavolino.
Non era possibile che me lo ritrovassi dappertutto.
Prima che si accorgesse della mia presenza, mi abissai dietro le quinte. Ovvero dietro al bancone di spalle.
<< Oh, Melissa ... occupati del tavolo nove! >> mi ordinò il mio capo.
Annuii prendendo taccuino e penna. Mi girai guardandomi intorno alla ricerca di quel tavolo, tenendo d'occhio Palmieri e sperando che non si accorgesse di me.
Ma per mia fortuna stava leggendo il giornale e teneva gli occhi ben fissi su di esso.
Mirko, forse accortosi che fossi in difficoltà mi indicò la direzione giusta, peccato che fosse sbagliata per me.
<< E' quello lì! >> mi disse sorridendo cortese. Gli sorrisi a mia volta ma mi uscì una mezza smorfia.
Gli stavo chiedendo se poteva prendere il mio posto solo per quella ordinazione ma si dileguò.
Oh, al diavolo!
Presi un respiro profondo e mi diressi esitando verso di lui.
Cercai di mantenere la testa alta, ma gli occhi non riuscivano a staccarsi dal pavimento.
<< Co ... cosa ordina ... - era difficile pronunciare quella stupida parolina o almeno con lui - ... signore?! >> sputai acida.
Lui non sembrò riconoscermi dalla voce e non alzò nemmeno la testa per guardarmi in faccia.
Maleducato!
Meglio così, sarebbe stato meno umiliante per me.
<< Un caffè zuccherato e dell' acqua! >> mi rispose ... senza neanche un grazie.
Ma da dove veniva? Da villanolandia!?
Sbuffai contrita e mi allontanai.
Però per un attimo mi era apparso strano sentire la sua voce dopo quasi due settimane.
Girai la manopola per far scorrere del caffè bollente e sbadata com'ero rischiai di bruciarmi le dita.
Nel momento in cui stavo per metterci lo zucchero mi venne in mente un'idea.
Lui mi aveva chiesto del caffè zuccherato ma non aveva specificato quanto ne voleva. Risi beffarda meritandomi un'occhiata stranita da Mirko che non ci badò più di tanto.
Si, ero strana!
Portai il tutto al cliente e rimasi nelle vicinanze per osservare la scena divertita facendo finta di pulire il tavolo affianco.
Si portò alle labbra il liquido caldo, soffiandoci prima sopra e poi deglutendo un sorso. Quasi all' istante tossì disgustato.
Non riuscii a trattenermi dal ridere e lui mi trafisse con lo sguardo prima di accorgersi che si trattava di me e rimase per un attimo a bocca semischiusa a guardarmi sorpreso.
<< Avevo pensato che più zucchero avrebbe migliorato il tuo carattere acido ... sorry! >> dissi malefica. Davvero non riuscivo a credere da dove mi uscisse tutto questo veleno. Non era da me!
<< Allora sei stata tu! >> mi accusò sorpreso e indignato.
Feci spallucce.
Mi squadrò da capo a piedi notando la divisa.
<< Passi da un lavoro miserabile ad un altro! >> mi fece sorseggiando dell' acqua per togliersi il saporaccio del caffè troppo dolce.
<< Cosa c'è di miserabile nel sudarsi i soldi? >> chiesi io alterata.
Lui mi ignorò.
<< Uff, dovrò cambiare bar d'ora in poi. Visto che qui lo staff è inefficiente! >> mormorò ad alta voce affinché io lo sentissi.
<< Dipende dalla clientela, avvolte capitano certi stronzi pervertiti. Sa com'è?! >> gli feci io di rimando dandogli del lei per punzecchiarlo meglio e strappandogli un'occhiata tra l' irritato ed il scioccato.
<< Almeno fossero carine le ragazze che servono, invece sono tutte racchie! >> disse soddisfatto nel vedermi in difficoltà. Di certo non potevo dire che era brutta, anzi era il completo opposto.
<< Allora, signore, dovreste cercare in uno squallido strip-club! >>
Ok, lo so. Era una battuta idiota ma non sapevo come ribattere.
<< Oh, no io non frequento certi posti, non ne ho bisogno >> mi rispose ammiccando.
<< Ma davvero? Certe ragazze si  fidanzano solo perché il partner è ricco e bello, senza provare davvero sentimento! >>
Lui trasalì e per un attimo mi parve di cogliere un lampo di tristezza nei suoi occhi mischiato alla rabbia. Ma fu solo per un attimo.
<< E allora? Certi uomini non vogliono impegno a patto che la ragazza sia bella e soprattutto di classe! >> mise enfasi nelle parole bella e di classe per farmi capire che io non ne avevo di certo di queste qualità.
<< Allora buon per quei uomini che non sanno di andare incontro a delle oche senza cervello! Anche se poi quei uomini non hanno certo di meglio in cambio da offrire. Ma comunque, Dio li fa e poi li accoppia! >> finii liquidandomi, ero stanca di quel gioco di cattiveria. Lui riusciva a tirar fuori la parte peggiore di me.
Andai verso una coppia di trentenni e chiesi le ordinazioni, quando stavo per tornare al bancone notai con la coda dell'occhio che se n'era andato.
Tirai un sospiro di sollievo avvicinando al tavolo dove era seduto per sparecchiare e mi accorsi della banconota da dieci euro depositata affianco alla tazza. Era decisamente troppo per un solo caffè e dell' acqua. Quando sollevai la tazzina vi vidi sotto un pezzo di tovagliolo scribacchiato. Lo sollevai e lo lessi.
<< Per la cenerentola del bar,
il resto prendilo come mancia ...
ne hai bisogno.
Per me sarà come disfarmi di un euro,
ma per te sarà come riceverne cinquanta! ;-P >>
Stritolai quel pezzo di carta e la gettai nel bicchiere stizzita immaginando il suo divertimento mentre scriveva quelle frasi da bambino pestifero.

Quando ritornai a casa e raccontai tutto a Fabi, naturalmente si era fatta le migliori risate.
Minacciai di chiuderle il telefono in faccia.
<< No, no. Scusami, ora la smetto. Però tesoro, sorridi un pò che mi diventi un emo! >>
<< Divertente! Comunque è tardi e ho sonno non vorrei crollare con la cornetta all' orecchio. Ci vediamo domani a scuola! >>
Ci salutammo e riattaccai. Presi da sotto al cuscino i pigiama e me lo infilai ficcandomi il più possibile sotto le coperte per non congelare. Stava arrivando Natale, che in teoria doveva essere la festa che più mi piaceva ma in questo periodo ero a corto di soldi e poi non mi andava granchè bene dato le brutte conoscenze che stavo facendo in quel periodo. E con brutte conoscenze intendevo una persona in particolare che sembrava perseguitarmi ma non di proposito.
Forse era il destino che voleva prendersi gioco di me, non trovando altre vittime.
Dopo cinque minuti di rimuginamenti mi addormentai.
Ma non fu un sonno profondo e senza sogni ...
"Guardai attraverso l'ennesima vetrina estasiata dai colori variopinti, anche se prevalevano il rosso ed il verde come di tradizione. Tutti quegli addobbi mi mandavano in estasi!
Stavano a significare che Natale era arrivato, che le feste erano iniziate, che la scuola era chiusa e che potevo comprare un regalo strepitoso al ragazzo che mi piaceva!
Avevo adocchiato dei pensierini carini, perciò entrai a curiosare dentro. C'erano articoli di tutti i tipi ma un reparto in particolare mi interessò.
Era un corridoio lungo anticipato da un cartello enorme attaccato che scendeva dal soffitto che aveva la scritta piena di cuoricini e che si illuminava sembrando un' insegna: " Per gli innamorati! ".
Si, faceva proprio al caso mio.
Percorsi il corridoio seguendo le coppiette che si tenevano la mano.
Avevo il sorriso stampato in faccia e guardavo gli scaffali estrema attenzione.
Un luccichio attirò la mia attenzione. Mi avvicinai e osservai la merce.
Un commesso mi si avvicinò.
<< Vuole provarne qualcuno? Ha già visto qualcuno che le piace? >> mi chiese gentile. Gli sorrisi indicando degli anelli con la scritta.
<< Mi interessano quelli con il nome sopra! >> feci io prendendone uno con il mio nome e rigirandomelo tra le dita.
<< Se ne compra due, uno con il nome del suo ragazzo e uno col suo posso farle uno sconto. Che ne dice? >> mi offrì.
Mi voltai verso di lui allegra.
<< Davvero? Allora grazie! >>
<< Mi dica qual è il nome del suo ragazzo e glielo troverò! >>
Abbassai la testa arrossendo.
<< Non è ancora il mio ragazzo, ma gli chiederò di mettersi con me quando gli regalerò l' anello. Così lui potrà mettere quello con il mio nome ed io metterò quello con il suo. >> dissi già immaginando. E sono ottimista perché credo proprio che deciderà di mettersi con me. E' da tanto, poi, che ci penso. E non vedo l'ora.
Il commesso ride della mia timidezza, ma non per prendermi in giro, mi trova solo molto tenera e aspetta pazientemente che gli dica il suo nome.
<< Si chiama ... R-Ri-Riccardo! >> gli dico balbettando per l'emozione che mi suscita pronunciando quel nome.
Lui si mette alla ricerca del nome e mi offre quello che non mi aspettavo: un anello argentato con sopra non solo il suo nome ma anche il mio separati in mezzo da una croce: "MELISSA X RICCARDO-FOREVER" .
<< Wow, è perfetta. Grazie! >>
E di colpo non sono più nel negozio ma mi ritrovo fuori ad un balcone. Ma non di casa mia, lo riconosco e di casa Palmieri.
Guardo imbambolata la neve sciogliersi al contatto con la mia pelle troppo calda per l' imbarazzo, anche se sento il freddo che mi ghiaccia le ossa.
Due braccia forti e fin troppo famigliari mi stringono da dietro.
Il mio cuore fa una capriola perché sa a chi appartengono.
<< Sei bellissima stasera, Mel! >> mi sussurra all'orecchio provocandomi una scarica di brividi e non solo perché è così vicino, ma per come mi ha chiamata: Mel.
Uno sciocco nomignolo che detto dalle sue labbra sembra il nome più bello del mondo.
Mi giro verso di lui restando tra le sue braccia.
Incontro i suoi occhi verde mare che mi fanno sentire amata e protetta.
<< Ho qualcosa per te! >> mi dice scostandosi per prendere qualcosa dalla tasca della giacca. Un cofanetto lungo e scuro.
Il mio cuore aumenta i battiti.
<< E' per me? >> chiedo scioccamente e lui mi sorride annuendo e incoraggiandomi ad aprirlo.
Le mie dita, tremanti, prendono in mano il suo dono. Sciolgo il nastro argentato e lo apro rivelando una collana con una pietra blu incastonata.
<< E' zaffiro! >> mi suggerisce.
<< E' ... è bellissimo. Grazie! >> gli dico con le lacrime agli occhi.
<< Per te questo ed altro: tu vali molto più di questa gemma! ... Voltati che ti aiuto ad indossarla! >>
Faccio come mi chiede e lui mi circonda il collo con quella pietra preziosa. Una lacrima mi scende dalla guancia: nessuno mi ha mai fatto un regalo del genere!
Poi mi viene in mente il regalo che io avevo fatto a lui. In confronto mi sembrava una stupidata. Se gliel' avessi mostrato avrei di certo fatto la figura dell'idiota che più di cinque miseri euro non poteva spendere.
Mi volto di nuovo e lui capisce che qualcosa non va in me.
<< Che c'è? Ti senti male? >> mi chiede preoccupato dalla mia espressione afflitta.
<< No, no è solo che il regalo che ti avevo fatto è stupido in confronto a questo. Penso che non ti piacerà! >> gli confesso.
Lui mi alza la testa prendendo con le dita il mio mento.
<< Non importa, per me sarà comunque importante perché proviene da te! >> mi dice facendomi diventare rossa come un pomodoro.
Mi faccio coraggio e prendo dalla tasca il cofanetto che avevo confezionato per lui.
Lo prende ed inizia a scartarlo.
Guarda per un infinità di minuto il contenuto e non riesco a capire se gli piaccia o meno. Non riesco a leggergli l' espressione.
Poi alza gli occhi verso di me e ciò che vedo mi fa volere di andare a scavarmi una buca profonda e sotterrarmici dentro.
Alza un sopracciglio disgustato e mi fa arretrare istintivamente. Sento gli occhi pungermi ma trattengo le lacrime mordendomi il labbro.
<< Io ti regalo uno zaffiro e tu mi dai questo? Quanto ti è costato, un euro? O forse è troppo? >>
Sono senza parole, perché mi sta dicendo questo?
Pensavo che tra noi ci fosse qualcosa che andasse aldilà dei soldi.
Non gli rispondo, abbasso la testa mortificata e lascio che le lacrime trabordino.
Lui continua girando il coltello nella ferita.
<< Forse ho sbagliato ad innamorarmi di te. Cioè io pensavo fosse amore, ma adesso capisco che è solo una stupida cotta, mi dispiace! Forse non dovremmo più vederci ... >>
Alzò la testa di scatto guardandolo disperata.
<< No, ti prego non farmi questo. Anch'io mi sono innamorata di te. Per favore non lasciarmi, farò tutto ciò che vuoi, ma non lasciarmi! >> gli grido prendendogli le mani.
Lui le scosta riluttante.
<< Vedi, è proprio questo che ti manca e che io ho bisogno: la classe! E tu non ne hai nemmeno un po’, sei povera e stupida e neanche un po’ carina, ho sbagliato, mi spiace! >> mi risponde con noncuranza. Non lo riconosco più, sembra cambiato.
<< Ma tu prima mi hai detto che ero bellissima e che non importava che regalo ridicolo ti avessi fatto per te sarebbe stato importante perché te lo davo io! >> lo accusai, anche se sembrava mi stessi arrampicando sugli specchi.
Lui scosse la testa ridendo di me e altre lacrime scesero.
<< Povera, piccola, Mel - questa volta il mio nomignolo pronunciato da lui mi ribbrezza e mi rende triste - non avevi capito che stavo mentendo? In verità da te volevo una cosa, ma neanche quella posso avere da una verginella come te! >> mi sputò girandosi per andarsene.
Le sue parole mi scioccarono ma non ero pronta per lasciarlo andare per sempre.
Gli corsi dietro e gli afferrai il braccio.
<< No, ti prego non andare. Ti darò quello che vuoi, te lo giuro! >> gli dico, ormai non ce la faccio più e sento che le gambe mi possano far crollare da un momento all' altro.
Lui si ferma e si gira a guardarmi squadrandomi lentamente con superiorità.
<< Posso avere tutte le ragazze che voglio perché dovresti bastarmi tu? Non hai un minimo di sex-appeal. Ora, lasciami! >> mi intimò, lo lasciai e se ne andò lasciandomi sola.
Crollai sul pavimento freddo scoppiando a piangere più forte ...
<< Mel? ... Mel, tesoro mi stai spaventando. Svegliati! >>
Aprii gli occhi con fatica perché li trovai appiccicosi e confusa mi guardai in giro in cerca della voce che mi aveva chiamato.
<< Mamma!? >> gracchiai insonnolita.
<< Hai fatto un incubo amore, ti ho sentita piangere e singhiozzare e mi sono preoccupata, stai bene? >> mi chiese.
Istintivamente portai le mani alle guance scoprendole bagnate.
Avevo pianto nel sonno!
<< Si sto bene ... >> feci per rassicurarla.
Lei mi sorrise e mi accarezzò i capelli.
<< Ne vuoi parlare? >> mi domandò docilmente.
Scossi la testa, quel sogno era ridicolo da raccontare e di certo anche la mia migliore amica se lo sarebbe risparmiata.
<< Allora vuoi che dorma con te? >>
<< No, mamma. Sono grande ormai, non ho paura di rimanere sola e poi era un sogno stupido. Fosse stato reale mi sarei  messa a ridere  e non a piangere come un'idiota.
Lei rise e se ne andò non prima di avermi depositato un bacio affettuoso sulla fronte.
Sola con i miei pensieri mi asciugai le lacrime inutili.
MELISSA X RICCARDO FOREVER? Scoppiai a ridere da sola, e per evitare che mia madre mi sentisse e pensasse che fossi pazza mi tappai la bocca.
Adesso anche in sogno mi veniva a rompere?


La cosa che mi diede più ai nervi era che dal quel giorno in poi venne tutti i giorni al bar, e credo proprio che lo facesse apposta perché ci veniva sempre con una ragazza diversa come a dimostrarmi che lui poteva avere chiunque volesse.
In una situazione normale non ci avrei fatto caso, ci avrei riso su e gli avrei dato fastidio sfottendolo un po’ quando era in compagnia, giusto per divertirmi. Ma dopo quel sogno ogni volta che lo vedevo, che fosse da solo o in compagnia, mi veniva leggermente da vomitare.
E provavo una strana sensazione di fastidio che cercai di non dare peso.
Erano le sei e un quarto, e allo scampanellio mi girai verso l' entrata assottigliando gli occhi, già sapevo che era lui. Ero curiosa, stavolta si portava una rossa, una bionda o una mora?
Scommetto una mora, dato che la maggioranza delle compagne con cui veniva erano bionde.
Era bionda. Bingo!
Per gioco io e Mirko scommettevamo proprio sui colori di capelli della ragazza sfortunata che si accalappiava. Ormai io e lui eravamo diventati amici, lui era simpatico e a maggior ragione perché era il mio primo amico maschio a parte Marco.
Mi avvicinai al biondino con un sorrisino malizioso e tendendo una mano col palmo rivolto verso l' alto.
Lui mi guardò sorpreso poi guardò al solito tavolo nove e sospirò sconfitto mettendosi una mano nella tasca dei pantaloni porgendomi le cinque euro in palio.
<< Quasi quasi mi sento in colpa a derubare il mio povero amico Mirko, che è una schiappa nelle scommesse! >> lo presi in giro scherzosamente.
Lui rise e mi lanciò un'occhiataccia finta.
<< Domani vedrai che sarà mora >>
<< Io invece dico che sarà rossa. Ci stai? >> scommisi.
<< Ci sto! >> rispose porgendomi la mano che afferrai.
<< Sii pronto a perdere novellino! >> scherzai.
<< Vedremo ... >> mi fece lui andando a chiedere l' ordinazione ad un vecchio cliente abituale.
Taccuino e penna in mano andai dal diavolo in persona.
<< Il solito? >> chiesi annoiata a Palmieri.
<< Si, per te? >> domandò rivolgendosi alla ragazza statuaria dall' aria stupida.
<< Dell' insalata! >> rispose quella. Era proprio stupida come pensavo.
<< E' un bar, non un fast-food. Al massimo ci puoi ordinare dei salatini! >> gli feci io un pò troppo brusca forse. Ma mi divertii a farlo.
Lei arrossì come un ebete e fece ridere il ragazzo accanto a lei che invece di difenderla se la rideva.
<< Prendo dell' acqua, allora! >> disse infine, senza pensare, pur di voler uscire da quella situazione imbarazzante il più presto possibile.
<< Quella è gratis! >> le dissi facendole notare che non era proprio qualcosa che si ordina ad un bar ma che chiedi gratis se hai sete dopo aver preso un caffè o qualcosa del genere.
Palmieri non riusciva più a controllarsi, sarebbe caduto dalla sedia se non la smetteva di agitarsi in quel modo e poi non era per niente carino ridere in faccia ad una ragazza, soprattutto se è quella con cui esci.
La ragazza sembrò ancora più a disagio, e per qualche strana ragione mi fece pena.
<< Magari vuoi un cappuccino e dell' acqua? >> le chiesi presa da un attimo di solidarietà.
Lei annuì senza guardarmi negli occhi. Troppo imbarazzata immagino.
Sospirai ed andai alla macchinetta versando del cappuccino e del caffè caldo con due bustine di zucchero nell' ultima, come desiderava sua maestà.
Stavo ritornando al tavolo per consegnare l' ordinazione ma li vidi litigare animatamente. Probabilmente lei si era arrabbiata perché lui l' aveva presa in giro. Feci il tifo per la ragazza.
<< Che è successo, ha scoperto le varie amanti di lui? >> mi chiese Mirko avvicinandosi incuriosito anche lui dal comportamento insolito della bionda. Di solito le ragazze gli saltavano addosso per passione non con intenti omicidi.
<< No a quanto pare ha capito che razza di stronzo è! >>
Lui annuì guardando la scena divertito.
Alla fine la ragazza se ne andò per disperazione. Lui non ne sembrò colpito più di tanto, anzi sembrava annoiato.
Scossi la testa e mi avvicinai appoggiando le tazze sul tavolo.
<< Cos'è, non le piaceva la maglietta che indossi? In effetti è bruttina >> lo sfottei io.
Lui fece un mezzo sorriso rigirandosi tra le dita la sua tazzina.
<< Era un pò troppo stupida e frivola per me! >> disse.
Alzai un sopracciglio anche se in quel momento stava guardando il liquido scuro fumante.
<< Ma da che pulpito ... >> mormorai dando una pulitina al tavolo lì accanto togliendo le gocce di latte cadute sulla superficie.
Lui alzò lo sguardò risentito e sorpreso.
<< Io non sono frivolo, né stupido! >> si impuntò.
<< Come vuoi tu! >> gli feci.
<< No, non prendermi per il culo. Sto parlando sul serio, non lo sono. E poi tu non puoi giudicarmi perché non mi conosci affatto! >>
Sospirai fermandomi e sbattendo lo strofinaccio sul tavolo.
<< No, infatti non ti conosco. Ma da quel poco che ho visto sei una persona frivola, idiota, stronzo, pervertito ed insensibile. Ah, e anche ipocrita visto che mi stai dicendo di non giudicarti, ma tu sei stato il primo a farlo se non sbaglio. Definendomi una specie di troia! >>
Ecco tutto ciò che tenevo dentro era esploso in quel momento. Davvero, non mi riconoscevo. Non sapevo che fine avesse fatto, in quel momento, la ragazzina timida di nome Melissa. In quel momento vedevo solo con sorpresa e soddisfazione una nuova Melissa, più grintosa e cattiva.
Rimase spiazzato, non sapeva come ribattere, ma non gli diedi nemmeno il tempo perchè mi allontanai per i fatti miei.
Lui non se ne andò come pensavo, rimase tutto il tempo lì. Non lo guardavo, apparte quando di sottecchi controllavo se ci fosse ancora, ma per qualche  strana sensazione sentivo i suoi occhi perforarmi la schiena e seguirmi in ogni mio movimento. Forse era solo una mia sensazione ...
Lo ignorai. Ogni tanto ordinava qualcosa per non essere cacciato suppongo. Ma non lo chiedeva a me, lo chiedeva a Mirko o a qualche altro cameriere con cui non ho ancora stretto nessun tipo di rapporto.
Il locale diventava via via meno affollato e le uniche persone rimaste erano lui e un paio di ragazzi. Quando anche quest'ultimi uscirono il titolare mi si avvicinò.
<< Melissa, puoi dire al tuo amico che stiamo chiudendo? >> chiese un pò irritato facendo un cenno verso Palmieri.
Avrei voluto ribadire che quel tipo non era affatto un mio amico, e che lo conoscevo a malapena. Ma ero stanca dalla giornata di lavoro perciò annuii mesta ed andai verso di lui.
<< Sloggia, stiamo chiudendo! >> gli dissi ancora arrabbiata.
Lui sospirò e lasciò sul banco le banconote e si alzò lentamente. Avrei voluto urlagli di spicciarsi ma mi trattenni serrando i denti.
<< Come torni a casa? >> mi chiese tranquillo come se la cosa non gli importasse seriamente.
La domanda mi spiazzò, non avrei saputo cosa rispondergli, non sapevo se dirgli la verità o una menzogna tanto per levarmelo dalle scatole. O forse avrei dovuto dirgli di farsi gli affari suoi.
Scossi le spalle, non avevo voglia di litigare. Ero stanca morta, avevo solo bisogno di tornare a casa e dormire.
<< In autobus ... >> risposi.
Già in autobus, almeno una quindicina di minuti che avrei impiegato per tornare a casa.
Sbuffai frustrata.
<< Aspettami fuori allora, vado a prendere la macchina! >>
Stava scherzando vero? Mi stava prendendo in giro!?
<< Sono stanca, mi sono fatta una testa tanta dalle quattro di oggi. Perciò smettila di giocare! >> gli intimai.
<< Non sto giocando, non faccio andare a casa da sola in autobus una ragazzina, nemmeno se mi sta sulle palle! >> mi fece.
<< Non sono una ragazzina, razza di vecchio pervertito! >>
Stava per esplodere, avrebbe voluto esplodere. Ma non lo fece, sbuffò a denti stretti e mi intimò di aspettarlo fuori e disse che se non mi avesse trovata lì al ritorno mi avrebbe squartata.
Si, aveva detto proprio squartata. Ma che razza di minaccia era?
Scossi la testa ed andai nel camerino. Mi levai la divisa e sciolsi i capelli per non prendermi un colpo fuori col freddo.
Mi infilai il giubbotto ed uscii dopo aver salutato Mirko ed il titolare.
Una volta fuori mi misi come una stupida ad aspettarlo per davvero. Cioè credevo che mi sarebbe venuto a prendere.
Sbuffai dandomi dell' idiota, mi aveva solo presa in giro.
Mi voltai e mi allontanai, per colpa sua stavo per perdere l' autobus e stavo morendo di freddo.
<< Hey, scema. Ti avevo detto di aspettarmi! >> una voce tuonante proveniente da una Mazda blu, che si era accostata vicino, mi fece sobbalzare dallo spavento.
Mi fermai a guardarlo stupita. Non aveva mentito, era tornato a prendermi. Si, ma chissà cosa stava tramando sotto.
<< Pensavo stessi giocando e poi chi lo vuole il passaggio da te. Sono molto più al sicuro se prendo l' autobus e non se resto in macchina con te! >> lo accusai incrociando le braccia al petto.
<< Quanto sei infantile, monta che non ti mordo! >> mi disse irritato.
Eh, no mio caro. Io ho un orgoglio da difendere ... al diavolo l' orgoglio, fa un freddo cane qui fuori.
Sperai ci fosse l' aria calda dentro mentre salivo sul sedile anteriore.
L' abitacolo era pulito e profumato. Profumava di lui.
<< Ricordi dove abito? >> gli chiesi.
<< Si! >> rispose atono mentre si rimetteva sulla strada.
Strano se lo ricordasse, è successo più o meno due settimane fa.
<< Mettiti la cintura! >> mi ordinò.
Lo guardai con un sopracciglio alzato mentre me la mettevo.
<< Tu non la porti! >> gli feci notare.
<< Fatti miei! >> borbottò antipatico.
Gli feci il versaccio ma non se ne accorse o forse finse di non accorgersene.
<< Domani vieni con una rossa mi raccomando. Ho fatto una scommessa e non vorrei perderla! >> gli feci.
Lui si voltò a guardarmi prima sconcertato e poi divertito.
<< Verrò con una bionda! >> disse poi serio.
<< Oh, ma dai. Quanto sei stronzo! >> dissi frustrata ed irritata.
Lo feci ridere. La sua risata cristallina sembrava sincera e mi ipnotizzò.
Lui si accorse che lo guardavo sorpresa e si sentì un pò a disagio.
<< Che c'è? >> chiese guardingo.
<< Ehm, niente ... >> meglio non rovinare il momento o mi avrebbe risposto con una sua battuta idiota.
Ritornai a guardare fuori dal finestrino e rabbrividii di freddo. Lo sentii accendere l' aria calda.
<< Grazie! >> bisbigliai.
In un attimo eravamo arrivati. Durante il viaggio non era volata più una mosca, ma non fu un silenzio imbarazzante. Almeno non per me, visto che ero abituata al silenzio.
Aspettai nella sua macchina spenta, non sapevo perché o cosa stavo facendo ma dopo un pò sospirai e feci per mettere una mano sulla maniglia della portiera per aprirla.
<< Melissa ... >>
Mi bloccai di colpo irrigidendomi, mi aveva chiamato per nome!? Era la prima volta che lo faceva. Pensavo che se ne fosse dimenticato, a quanto pare ha un' ottima memoria ...
Mi voltai lentamente a guardarlo.
Quando incrociai i suoi occhi notai che ardevano. Mi spaventai da tanta intensità ma cercai di non arretrare.
<< S-si? >> risposi tremante, sperai che pensasse che fosse per il freddo e non perché mi avesse turbata chiamandomi.
Fu un attimo, non capii neanche cosa stesse succedendo,
almeno fin quando le nostre labbra non si toccarono in un casto bacio.
Le sue labbra erano calde e morbide ed avrei voluto morderle e sentirne il sapore.
Non ricordai per quanto tempo restammo in quella posizione, forse tanto o forse poco,
ma ricordai di aver ripreso, ad un certo punto, la lucidità e di averlo respinto.

Mi guardò confuso dal mio gesto, probabilmente abituato ad avere sempre tutto e tutti ai suoi piedi non si aspettava di certo un mio rifiuto. Anzi, forse aspettava che ricambiassi il bacio e così mi avrebbe portato a letto.
<< Fatti una doccia ghiacciata, Palmieri! >> gli dissi ancora scossa e rossa in viso per poi gettarmi nel freddo del mondo esterno.
Non mi girai a guardarmi indietro, suonai il campanello e mi si aprì il portone.
Fu allora che sentii il rombo del motore della sua vettura che si azionava e sfrecciava via.
Idiota!



 
Spoiler pros. cap.:

- Sentii qualcosa di caldo e bagnato appena sotto l' orecchio e qualcosa di morbido su di esso.
Erano le sue labbra?
Ebbi il bisogno urgente di morderle e farle combaciare con le mie. Volevo ricordare quel gusto che non avrei saputo dare un nome ma che era buonissimo.
Come potevo volerlo dopo quello che mi aveva detto e fatto? Ero masochista?
Si stava solo prendendo gioco di me. E prima o poi, giocando con il fuoco, mi sarei scottata.
Ricordai a me stessa che qualche minuto prima stava baciando un'altra e questo mi diede la forza di respingerlo.
Stranamente mi lasciò fare e mi guardò confuso negli occhi.
<< Smettila di giocare con me! >>  -




Scusatemi per l' attesa e per il cap. troppo corto.
Allora voglio ringraziare
ssaphiras per avermi recensito. Ti ringrazio molto perché volevo sapere se stavo andando bene o se stavo divagando con la storia o non fossi precisa nel raccontarla. E mi era proprio servito che mi chiarissi che non avessi fatto errori grammaticali, pensavo invece il contrario. Purtroppo non sono mai stata bravissima in italiano. XP
E sono veramente molto, ma molto contenta che ti stia entusiasmando la trama.
Grazie ancora. :)
Ringrazio anche le seguenti persone che l' hanno messa, con mio grande stupore, nelle preferite e nelle seguite.
Siete molto di più di quanto credessi.
 cupidina 4ever 
 Gio1992 
 rebyswan 
 StarIre 
xsemprenoi 
 xXx_Sara_xXx 

cino nero 
 FrancescaVincenzo 
 giusy135
 leonessa
 lety91
 LoLitaLOVE 
 Maruschetta 
 nicksheart_
 prettyreckles
 Sissii_Smile
 ssaphiras 
 Truelove 
 Veronica91 
 _anda


Arrivederci al prossimo capitolo e mi raccomando recensitemi per darmi qualsiasi consiglio o chiarimento.
Un bacio a tutti!

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Capitolo 5
*** A nice confusion! ***


chap5 05. A NICE CONFUSION ...








<< When you was just a young’un your looks was so precious,
but now your grown up.
So fly its like a blessing but you can’t have a man,
 look at you for 5 seconds without you being insecure.
You never credit yourself so when you got older
it’s seems like you came back 10 times over.
Now you’re sitting here in this damn corner
looking through all your thoughts and looking over your shoulder.

See you had a lot of crooks tryna steal your heart.
Never really had luck, couldn’t never figure out.
How to love.
How to love ... >>

- How to love, Lil wayne -



<<  Quando eri solo una bambina i tuoi sguardi erano cosi preziosi,
ma ora sei cresciuta.
Perciò volare è come una benedizione ma non puoi avere un uomo,
 guardati per 5 secondi senza il tuo essere insicura.
Non hai mai dato credito a te stessa perciò quando sei diventata grande
è come se tu fossi tornata indietro di 10 volte.
Ora sei seduta qui in questo dannato angolo
guardando attraverso tutti i tuoi pensieri e guardando alle tue spalle.

Vedi, hai avuto un sacco di truffatori che hanno provato a rubare il tuo cuore.
Non hai mai avuto fortuna, non potresti risolvere la situazione.
Come amare.
Come amare ...  >>




Non riuscivo a crederci che mi avesse baciata, non riuscivo a crederci che gliel'avessi lasciato fare, non riuscivo a crederci che mi fosse piaciuto.
Ero pazza, lo so!
La parte razionale del mio cervello mi diceva, infierendo, che l' aveva fatto solo per divertirsi, come sempre del resto, della mia debolezza. La parte non razionale, che comprendeva il cuore, mi suggeriva che quello era stato, per quanto breve, un bacio con sentimento.
Ma ancora dovevo capire che sentimento c'era dietro. Amore? Per niente. Disperazione? Non credo. Perversione? Spero di no! Confusione? Forse ...
Si, era stato un bacio confuso. Dato, forse, perché si era sentito di farlo.
Basta pensarci o mi si fonderà il cervello.
E poi che importa, per me non è stato importante e molto probabilmente non lo era stato nemmeno per lui.
E pensare che quello era stato il primo bacio dopo tanto tempo, dall' asilo se non sbaglio. Con Matteo, il bimbo che aveva una cotta per me, ricordo di avergli quasi vomitato addosso. Ma non era mica colpa mia se non sapevo che darsi i baci sulla bocca fosse una consuetudine dei fidanzati e che non comprendeva solo il darsi la mano e camminare insieme.
Sospirai stanca e mi addormentai di colpo appena mi appoggiai al letto.
La mattina dopo mi svegliai con un mal di testa e dapprima mi comportavo normale, ma poi, ricordandomi di quello che era successo la sera prima mi aumentò il mal di testa.
Presi un'aspirina ed andai a scuola. Aspettai di ritrovare la mia amica fuori l' edificio e per poi entrare insieme.
Lei dopo breve si accorse che qualcosa non andava in me, ero troppo silenziosa, malgrado fossi di temperanza mite. Mi chiese cosa c'era che non andava.
Non sapevo se tenerlo per me, ed evitare quindi che scoppiasse a ridere o riprendesse con i suoi film, oppure di dirglielo e togliermi il peso di dosso.
Oh, al diavolo. Era la mia migliore amica dovevo dirglielo!
<< Beh, ieri è venuto Palmieri ... >> fermai la frase indecisa. Lei mi guardò perplessa.
<< Ci viene tutti i giorni no? >>
<< Si ma ... insomma, si era fatto tardi e per chissà quale opera dello Spirito Santo si era offerto di accompagnarmi con la macchina perché non avrebbe voluto ... testuali parole che " una ragazzina tornasse di sera tardi a casa in autobus, anche se mi stesse sulle palle!" >> conclusi mimando le virgolette con le dite e alzando le sopracciglia.
<< Che stronzo, vai a vedere che era in preda alle crisi di coscienza. Ma poi non era ancora in compagnia di una modella come sempre? >> disse lei sbuffando irritata.
<< Si, ma poi lei lo ha mollato perché credo avesse capito che razza di pervertito insensibile è! >> la informai risparmiandole, per sua sfortuna, tutti i dettagli esilaranti.
<< Ha fatto benissimo, comunque dimmi nei dettagli di come lo hai snobbato! >> mi chiese.
La guardai rossa in viso. Lei pensava che non avessi accettato il passaggio.
Arrischiai a dirglielo.
<< Veramente, ero stanca e faceva freddo e non mi andava proprio di prendere l' autobus, perciò ... >> mi fermai scrutandola. Sapevo che si sarebbe arrabbiata dopo come mi aveva trattato quell' idiota.
<< Sei salita sulla sua auto? >> quasi urlò incredula. Abbassai il capo colpevole e mortificata.
<< Beh, è stato gentile da parte su ... >> dissi ma mi interruppe sconcertata dalla mia ingenuità.
<< Mel, ma non ti rendi conto che avrebbe potuto abusare di te? Quel mascalzone più volte ci ha provato, ma senza successo per fortuna. Sei stata un incosciente! >> mi rimproverò.
<< Lo so, mi spiace! >> risposi con la coda tra le gambe.
Lei schioccò la lingua ed andò avanti lasciandomi dietro.
Era delusa e arrabbiata. L' avevo combinata grossa.
Dovevo chiederle scusa e soprattutto omettere il particolare che ci eravamo baciati, o credo proprio che si sarebbe infuriata di più.
Dopo essermi fatta perdonare, con cappuccini gratis per un mese, iniziò a salirmi l' ansia di ritrovarlo il pomeriggio al bar.
Dovevo far finta di niente? E se si fosse presentato con una ragazza e mi ignorasse?
Stavo giusto pensando di darmi per malata. Ma si, tanto che saranno un giorno o due?!
Ma sei scema? mi diedi mentalmente. Per un bacio stupido con quel tipo rinunci a una ventina d'euro che sicuramente ti servono!
Sbuffai frustrata. Non avevo proprio voglia di andarci oggi ma per orgoglio ci sarei andata comunque, anche perché non volevo dargli la soddisfazione di sapermi turbata per ieri sera.
E così, borsa in spalla, me ne andai al lavoro. E fui per tutto l'orario lavorativo col cuore in gola sentendo la porta del bar aprirsi e ogni volta ritornavo a respira quando mia accorgevo che non era lui.
Alla fine non venne e mi sentii soddisfatta, perché avevo avuto la meglio su di lui, ma anche delusione e non seppi il perché, visto che all' inizio non volevo venirci per non vederlo appunto.
Mezz'ora prima che il bar chiudesse mi chiamò Fabi dicendomi che mi veniva a prendere con Marco.
<< Carino! >> mi disse quest'ultimo riferito al posto di lavoro.
<< Si, è vero. Ma come mai qui? Non avevate dove andare? >> li punzecchiai mentre ci infilavamo nella macchina del ragazzo finalmente al caldo.
<< Veramente è stato proprio Riccar... >> mi stava dicendo ma fu interrotto da una gomitata della bionda ammonendolo con gli occhi.
Riccardo? Riccardo Palmieri?
Che mi stavano nascondendo quei due?
Feci finta di non averci fatto caso ma più tardi avrei chiesto di sicuro alla Fabi.
<< Ehm, stavamo facendo una passeggiata e ci siamo ritrovati qua! Comunque ti trovi bene? Ti pagano a sufficienza? >> cercò di distrarmi Marco cambiando argomento. Stetti al gioco.
<< Oh, si si! Sono tutti carini con me e mi danno sessanta euro alla settimana. Lo so che non è granché ma in questo periodo ne abbiamo proprio bisogno! E tu Fabi, come va? >>
Le si illuminarono subito gli occhi ed incominciò a parlarmi dei medici carini del reparto in cui era stata inserita, ma ne parlò più per fare ingelosire una certa persona che per vero interesse.
<< Se quelli sono carini, dovresti vedere me in camice! >> si inalberò lui fingendosi offeso, ma in realtà aveva capito il giochetto della biondina.
<< Beh, tesoro, allora dovresti venire a trovarmi nel reparto che pulisco io, non ti pare? >> disse maliziosa scoccandogli un bacio a fior di labbra che mi fece sorridere.
<< Oh, come sono fortunata ad avere un medico sexy per fidanzato! >> sospirò lei lasciandosi andare ad una risatina mentre Marco arrossiva guardandomi di sottecchi.
Risi anch'io.
Quando andai a casa aspettai un'oretta, il tempo che Fabi tornasse a casa, e poi la chiamai.
C'era la segreteria.
Sbuffai, dovevo prevederlo che l' avrebbe spento, ma domani non si sarebbe sottratta alla mia curiosità.
Infatti il giorno dopo cercò in tutti i modi di evitarmi ma, sfortuna per lei, eravamo nella stessa classe e vicine di banco.
" Cosa intendeva Marco ieri? Che voleva dire prima di interrompersi? " le scrissi su un pezzo di carta strappata dal foglio del quaderno.
Glielo passai non appena il professore di matematica si girò a scrivere alla lavagna.
Lei mi guardò perplessa, ma non più di tanto, e lesse ciò che le avevo scritto.
Mentre facevo finta di prestare attenzione alla lezione la vidi, con la coda dell' occhio, annotare qualcosa in risposta. Mi passò il foglio con la mia stessa cautela.
" Che intendi? " come se non lo sapesse ...
Alzai un sopracciglio in sua direzione e lei fece spallucce guardandomi innocente.
" Lo sai benissimo ... " le scrissi.
Lei prima sembrò persistere con la sua scusa ma poi sembrò rassegnarsi e mi scrisse la verità, che mi sconcerto un bel po’.
" Ti odio quando fai così ... uff e va bene, ma fai finta di non sapere niente o ti ammazzo! è.é.
Marco mi ha detto che ha fatto pace con il bamboccio
- Riccardo Palmieri, supposi - e per qualche strano motivo gli ha chiesto, con molta discrezione, di accompagnarti a casa. Naturalmente con vari insulti per te, sai com'è -.-'' . Comunque, mi è sembrato strano sia a me che a Marco, perché ha trovato un mucchio di giustificazioni assurde tipo: - sono un poliziotto sarei negligente - oppure - non me ne frega niente ma è solo per avere rimorsi di coscienza - e altre robe simili...
Qui gatta ci cova ...^.^ "
Spalancai la bocca.
Non sapevo né che pensare né che dire. Mi girai verso di lei che mi ammiccava.
Iniziai a scriverle chiedendole il senso dell' espressione gatta ci cova, ma avevo paura di sapere.
" Oh, dai. Non fare l' ingenua che lo sai benissimo! " mi scrisse lei.
E dovevo pensare che si fosse preoccupato per me?
No, non ci avrei creduto nemmeno se mi avessero pagato.
Infondo potevo anche farci una mia teoria che non comprendesse i sentimenti. Ovvero che era un lunatico, pazzo e maniaco. Tutto qui.
E fin quando avrei creduto in questo, non mi sarei illusa e non avrei sofferto.
Fabiana diceva che ero una tipa facile ed ingenua che si innamora facilmente ma anche superficialmente se non mi affezionavo per davvero.
E io avevo la brutta abitudine di innamorarmi degli stronzi che si dimostravano un po’ gentili nei miei confronti.
Ma diceva anche, che quando riuscivo ad amare o a voler bene ad una persona, come lei, davo anche l' anima. Ed è vero!
Ma purtroppo tendevo a darla anche alle persone più sbagliate al mondo, come mio padre e Stefano.
Stefano era il classico figlio di papà ed il più bello delle scuole medie. Peccato che era un donnaiolo.
Mi aveva spezzato il cuore anche se non eravamo mai stati insieme. A quell' età ero ... diciamolo, una cozza! E lui mi aveva illusa per prendermi in giro davanti ai suoi amici. Ci rimasi così male che cambiai classe. E da quando finii le medie che non lo rividi più.
Da allora cercai di diventare, se non bella, almeno accettabile, anche se non mi diedi questo gran da fare. Avevo giurato a me stessa che un giorno mi sarei presentata alla sua porta in tutto il mio splendore per metterglielo in quel posto, ma in realtà avevo solo visto troppi film sentimentali e dopo un po’ lasciai perdere. Compresi che non sarei mai diventata bella abbastanza da avere una vendetta nei suoi confronti e poi ero molto insicura.
Per questo quando un ragazzo mi si avvicinava mi chiudevo a riccio, avevo una gran paura di rivivere quell' inferno di cinque anni fa.
Con quei brutti ricordi me ne andai al lavoro, sicurissima che lui non si sarebbe presentato. Ma non sapevo se per fortuna o per sfortuna.
Ma alla fine, con mia grande sorpresa, lui venne ... in compagnia di una bionda.
Non potevo crederci!
Mi sentii invadere da un' ondata di delusione non spiegata. Ed ero arrabbiata per giunta.
Mirko mi si avvicinò con un sorrisino per riscuotere la vincita della scommessa.
Mi trattenni dallo sbuffare irritata e gli mollai i soldi stizzita.
<< Cos'è? Ti brucia la sconfitta! >> mi fece notando che ero un po’ alterata.
Stavo per dirgli di no facendogli una linguaccia, ma non sapevo neanch'io se ero irritata per quello o per altro.
<< Ti dispiacerebbe servirli tu? Non mi va di rovinarmi la giornata! >> chiesi ma in realtà era già nera da stamattina.
<< Ehm, certo! >> mi rispose sorridendo comprensivo il biondino.
<< Ti ringrazio! >> gli fui terribilmente grata.
E mentre lavoravo nelle ordinazioni lo tenevo sempre sott'occhio.
Per fortuna non sembrò accorgersi di me o forse mi ignorava semplicemente.
Quando giunse la sera lo vidi alzarsi, a braccetto con la ragazza, e dirigersi fuori. Magari si stavano appartando in un vicolo buio, o in macchina oppure da lei o da lui.
Mi venne il ribrezzo al solo pensiero.
Più tardi vennero a prendermi Marco e Fabi.
<< Che c'è Mel? Sei così silenziosa stasera ... >> mi chiese lei.
Scostai lo sguardo dal finestrino per poi poggiarlo sulla bionda. Le sorrisi stanca.
<< Niente ... sono solo esausta! >> le dissi.
Lei mi fissò per un minuto buono cercando di leggermi dentro, come ogni tanto faceva.
<< E' venuto ... >> mi fece infine.
Non era una domanda, cercai di far finta di niente.
<< Chi? >>
Lei mi guardò eloquente.
<< Si, ma ... era in compagnia. >> dissi infine. Inutile fare la testarda con lei.
Lei capì al volo, ma cambiò discorso perché non eravamo sole.
Quando tornai a casa crollai sul letto e sospirai.
Odiavo sentirmi ... così depressa per niente. E poi per chi? Per lui?
Era assurdo!

<< Che facciamo stasera? Usciamo? Sempre se tu non avevi già un impegno con Marco, è chiaro. >> chiesi io, mentre prendevo i libri di filosofia, approfittando della breve ricreazione.
<< Veramente avevamo deciso di andare tutti in discoteca, stavo dimenticando di dirtelo. E naturalmente tu ci verrai, non ammetterò scusanti mia cara! >> mi rispose lei girando la sedia verso di me.
<< Mm, lo sai che quel tipo di divertimento non mi piace! >> le dissi e lei lo sapeva bene << E poi chi intendi con tutti? >> chiesi sospetta.
<< Solo un paio di coppiette e qualche amico single di Marco ... >> stavo per chiederle chi precisamente erano i single, pensando ad una persona in particolare, ma mi interruppe in tempo.
<< E poi ho pensato di invitare anche quel Mirko e gli ho assicurato che anche tu ci sarai, perciò non puoi mancare ... >> disse lei come se niente fosse.
<< E quando gliel' hai chiesto? >> non li avevo mai visti parlare insieme.
<< Su facebook naturalmente! >> mi fece.
<< L' hai aggiunto su facebook? >> ero sconcertata ma più che altro irritata.
<< Si, ma non è questo il punto ... ti veniamo a prendere alle nove! >>
Ruggii tra i denti, odiavo quando non mi ascoltava.
Ma a nulla valsero i miei "non mi va" e i "mi sono ricordata che ho altro da fare", perché alle nove in punto arrivarono.
A Fabi le venne quasi un colpo quando mi vide che ero ancora in pigiama e spaparanzata sul divano mangiando patatine.
Da parte mia me n'ero dimenticata.
Feci accomodare Marco in salotto e gli diedi le patatine che stavo trangugiando.
<< Fai come se fossi a casa tua >> gli raccomandai, lui mi sorrise di rimando accendendo la tv.
<< Hai finito di essere tanto calma e gentile? >> mi sgridò la bionda che batteva nervosamente il piede a terra.
<< Si! >> risposi ironica.
Lei alzò gli occhi al cielo disperata e mi spinse in camera.
Fece letteralmente la rivoluzione nel mio armadio.
Dopo dieci minuti diventò una isterica di prima categoria.
<< Ma non hai niente di decente! >> mi sbraitò conto.
Arretrai di paura, se potesse mi staccherebbe la testa a morsi.
<< Scusa ... >> mormorai stando a debita distanza da lei.
Mi passò accanto ed uscì dalla camera ignorandomi. La seguii fino in camera di mia madre e la vidi rovistare nel suo armadio.
<< Che stai facendo? >> le chiesi confusa.
<< Secondo te? Visto che non hai un tubo nel tuo buco senza colori, sto cercando qualcosa di carino da tua madre! >> Ok era di cattivo umore, meglio non fiatare.
Ne uscì un tubino blu cobalto senza spalline.
Fabi lo guardò come fosse oro e mi intimò di farmi la doccia entro dieci minuti.
Feci come disse e cercai di rilassarmi sotto l'acqua calda, quando uscii mi fece indossare il vestitino. Per fortuna che io e la mamma avevamo la stessa taglia.
<< Ti sta benissimo ... >> esclamò estasiata la biondina e forse anche un po’ invidiosa. Ma non aveva davvero niente da invidiarmi col suo vestitino scollatissimo nero che le fasciava il corpo perfettamente mettendo in risalto le sue delicate curve.
<< Ma è cortissimo, mi sento a disagio! >> le dissi cercando di coprirmi le gambe ma senza successo.
<< Vuoi vestirti da nonna allora? >> mi fece esasperata.
<< Su muoviti che siamo già in ritardo e devo ancora sistemarti i capelli e truccarti! >> mi disse poi portandomi davanti allo specchio ed iniziando a torturarmi con il mascara e arriccia capelli.
Il risultato finale mi sconvolse e non fui la sola.
Ero, non riuscivo a crederci, davvero carina. Li sfiorai un ricciolo che mi ricadeva sulla fronte e sorrisi come un ebete.
La mia amica, accanto a me sorrideva, soddisfatta ed incrociò le braccia al petto.
Qualcuno bussò alla porta della cameretta: Marco.
<< Ragazze non vorrei darvi fretta ma siamo in ritardo di un' ora! >>
Fabi mi tirò per il braccio ed un attimo dopo eravamo in macchina a centoventi all'ora.
Mi aggrappai al sedile con la faccia terrorizzata mentre i due davanti sembravano tranquilli.
<< Dovevamo passare a prendere Mirko ma forse non si sarà accorto del piccolo ritardo ... >> rimuginò lei.
<< Tu dici che non si sarà accorto dell' ora abbondante di ritardo? >> chiesi io scettica facendo ridere il ragazzo che guidava come un pazzo.
Impiegammo meno di dieci minuti a raggiungere casa di Mirko. Come facevano a sapere dov'era mi era oscuro.
<< Ciao ragazzi! >> salutò entrando in macchina tutto sorridente.
<< Ma non era alle nove la serata? >> chiese poi mentre chiudeva la portiera.
<< Ad una certa persona piace farsi aspettare. >> fece allusiva Fabi guardandomi.
Le lanciai un'occhiataccia velenosa.
In quel momento Mirko sembrò guardarmi veramente e mi squadrò apprezzante e mi fece imbarazzare.
<< Mel ti trovo bene! >> mi fece.
<< G-grazie! >> gli risposi balbettando facendo ridere sguaiatamente Fabi.
Quando accese il motore e ripartì ritornai a stringere il sedile ma non fui l' unica. A quanto pare c'era qualcun' altro in questa macchina che pensava che guidasse da pazzo.
Alla fine arrivammo ed ebbi un conato appena scesi dalla macchina.
E non fu solo per la guida spericolata di Marco ma anche perché notai all' ingresso una folla esagitata di ragazzi, la maggior parte di tamarri.
Avrei voluto tornare nel calore della mia casa, qui mi sentivo terribilmente fuori luogo.
Fabi mi prese sotto braccio per darmi un po’ di coraggio. Aveva visto la mia espressione contrita e spaventata.
Facemmo la fila pazientemente e Marco si offrì di pagare lui l' ingresso ad entrambe. Ma io rifiutai, odiavo essere indebitata.
Quando fummo dentro la musica era così alta che rimbombava furiosamente nei timpani, credevo che mi sarebbero scoppiati.
Ci appartammo su dei divanetti e Marco ci lasciò per un momento in cerca dei suoi amici.
Il cuore mi salì in gola, qualcosa mi diceva che non sarebbe stata una bella serata.
Mirko mi si avvicinò sedendosi sul mio divanetto.
<< Sai non sono mai venuto in discoteca, a parte una volta ad una festa di diciotto anni di un mio amico. Perciò mi sento come un pesce fuor d'acqua! >> mi disse all' orecchio sicché sentissi sopra alla musica house.
Mi accostai al suo lobo.
<< Credimi so come ti senti ... e a proposito, ma tu quanti anni hai? >> chiesi sperando che non fraintendesse.
<< Diciannove. Tu sei più piccola vero? >> mi rispose.
Sospirai, non mi aveva fraintesa.
<< Si ne ho diciassette, però tu sembri dimostrarne di meno tipo sedici massimo diciotto! >>
Mi morsi il labbro pensando che se la fosse presa.
<< Mi mantengo bene, allora! >> scherzò invece lui.
Risi con lui.
Alzai la testa un momento e vidi Fabi andare a braccetto con il suo ragazzo appena arrivato, dietro c'erano due coppie e due ragazzi piuttosto grandi sui venticinque anni.
E poi ... c'era lui!
Lo sapevo che ci sarebbe stato e scommetto anche Fabi.
Cercai di guardarla di traverso ma non mi stava per niente cagando, impegnata com'era a convincere tutti ad andare in pista.
E credo che lui non si fosse accorto di me, le luci psichedeliche mi aiutarono.
Mirko mi prese il braccio e mi fece cenno di ballare. Scossi la testa energicamente e lui sospirò roteando gli occhi.
<< Dai, se non ci vai tu allora non ci vado neanche io. Poi sai che noia ... >> mi disse all'orecchio.
Sospirai ed annuii rassegnata e lui fu ben più che felice di trascinarmi con Marco e Fabi in cerca di un angolo dove darci alle danze.
Ok, non essendo mai stata in discoteca non avevo mai ballato e non avendo mai ballato avrei di sicuro fatto la figura dell' idiota.
Ci appartammo in mezzo a degli sconosciuti, vennero anche una delle due coppiette che si misero a ballare indifferenti a noi.
Mi guardai intorno in cerca di una certa persona, che sembrava essere rimasta con gli altri ai divanetti.
Chissà se si era accorto della mia presenza quando mi ero alzata?!
Fabi fu la prima a scatenarsi con il ragazzo, si stava divertendo molto.
Mirko iniziò un po’ imbarazzato a ballarmi vicino ma senza fare mosse troppo esuberanti.
Io invece ero rossa dalla vergogna e mi dondolavo a destra e a sinistra come un idiota. Per la seconda volta dovetti ringraziare le luci della disco perché non si vedeva quanto goffa ero.
Forse vedendomi in difficoltà e per chissà qualche spirito di coraggio, Mirko mi si avvicinò di più e mi prese i fianchi facendoli muovere a ritmo.
Voleva aiutarmi ma invece di riuscirci ebbe l'esatto contrario: ero pietrificata!
Che cavolo stava facendo?
Vidi con la coda dell' occhio Fabiana farmi l' occhiolino o forse me l' ero immaginata.
Deglutii a vuoto e cercai di muovermi per non farlo imbarazzare ulteriormente.
Con esitazione ed incertezza posai le mani sulle sue spalle. Mi sorrise incoraggiante.
Avrei voluto sprofondare sei metri sotto terra. Giurai a me stessa che mai più avrei messo piede in una discoteca del cavolo.
Più tardi ci sedemmo sugli sgabelli vicino al bar del locale, per una breve sosta. La mia amica ordinò due cocktail e me ne offri uno.
Scossi la testa, sapeva che non bevevo.
<< Ti aiuterà a scioglierti. Non è niente di che, solo una vodka Lemon. >> mi disse.
La guardai incerta e poi verso i divanetti dove c'era un ragazzo biondo che stava impegnato a baciarsi con una tipa. Bionda, naturalmente!
Mi voltai verso Fabi ed afferrai senza pensarci il liquido bevendolo cautamente.
Era buono e rinfrescante, anche se mi bruciò la gola.
Volevo sciogliermi come mi aveva consigliato lei, e soprattutto cercare nell' alcool un aiuto per superare la serata, che si prospettava molto lunga.
Lo trangugiai tutto ed iniziò a girarmi la testa. Non ero abituata a bere.
La mia amica mi guardò divertita e mi passò il suo bicchiere che presi.
<< Cos'è sta roba? >> chiesi dopo aver assaggiato il cocktail.
<< Cuba Libre! >> rispose.
<< Cuba che? >> chiesi con voce alterata dall' alcool. Più bevevo e più me ne andavo.
<< Cuba Libre! >> specificò ridendo della mia ignoranza sull'argomento. << Dentro c'è rum bianco e coca-cola >> spiegò poi.
<< Ma tu come fai ad essere esperta di alcool? Non è che ti da lezioni mio padre? >>. Ok, ero andata di brutto. Proprio non lo reggevo l' alcool.
Lei fece una smorfia.
<< Mi sono fatta una cultura tutte le volte che sono andata in disco con Elena e Sofia >> mi disse.
<< E perché non mi hai mai invitato? >> l' accusai.
<< Ma ci sei o ci fai? Tutte le volte mi dicevi che non ti andava e allora ho smesso di chiedertelo! >> mi rispose seccata per poi spingermi tra le braccia di Mirko che mi trascinò di nuovo in pista.
Doveva essere brillo anche lui perché si muoveva ancheggiando non più con la timidezza di prima.
Mi trovavo a disagio ma l' alcool mi aiutò ed incominciai a muovermi a ritmo.
Fu un attimo. Un braccio si avvolse attorno alla mia vita spingendomi lontano dal mio amico che persi tra la folla di esagitati.
Mi fermai e mi girai di scatto ma il braccio rimase dove era.
Il cuore mi salì in gola quando vidi il suo volto così vicino.
Mi guardava con faccia neutra ma gli occhi verdi brillavano tradendolo.
Mentre tutti intorno ballavano e gridavano, noi eravamo fermi a fissarci.
Deglutii. Era enorme o forse io troppo piccola.
Il braccio libero si insinuò tra i miei capelli e mi spinse contro di lui facendo aderire la mia guancia con la sua.
Non mi dibattei, forse per l' alcool o forse perché quel briciolo di lucidità non lo voleva.
Sperai non sentisse il mio cuore palpitare all' impazzata, ma con quel fracasso ne dubito.
Sentii qualcosa di caldo e bagnato appena sotto l' orecchio e qualcosa di morbido su di esso.
Erano le sue labbra?
Ebbi il bisogno urgente di morderle e farle combaciare con le mie. Volevo ricordare quel gusto che non avrei saputo dare un nome ma che era buonissimo.
Come potevo volerlo dopo quello che mi aveva detto e fatto? Ero masochista?
Si stava solo prendendo gioco di me. E prima o poi, giocando con il fuoco, mi sarei scottata.
Ricordai a me stessa che qualche minuto prima stava baciando un'altra e questo mi diede la forza di respingerlo.
Stranamente mi lasciò fare e mi guardò confuso negli occhi.
<< Smettila di giocare con me! >> gli urlai per farmi sentire sopra la musica e me ne andai.
Come una stupida mi sentii pungere gli occhi.
Ma dopo qualche secondo iniziai a spaventarmi non sapendo più da che parte avevo lasciato Fabi e Marco.
La folla non mi permetteva di orientarmi.
Qualcosa di enorme mi cadde addosso ed emisi un gridolino di spavento.
Un ragazzo era crollato, si alzò guardandomi e mi sorrise.
<< Scusami bambolina! >> mi disse accarezzandomi il capo.
Qualcosa nel suo gesto mi vece rabbrividire, ma non fu una bella sensazione.
Cercai di sgusciare via ma mi prese per il gomito ed iniziò a strusciare contro la mia schiena.
Sentii qualcosa di duro sopra il ginocchio e mi irrigidii. Sapevo cos'era.
Cercai di divincolarmi con forza e con disgusto ma lui mi tenne ferma. Sapevo che se avessi chiesto aiuto non mi avrebbero sentita.
Merda, merda, merda!
Una lacrima di disperazione mi rigò il viso e per quanto gridavo di lasciarmi non mi sentiva per via della mia voce rotta.
Ma all' improvviso mi lasciò stare, mi girai e lo vidi piegato in due che si teneva lo stomaco come se avesse appena ricevuto un pugno proprio lì.
Infatti vicino c'era un ragazzo biondo cenere che lo guardava furioso e stringeva i pugni.
Lo riconobbi quando si voltò verso di me e vedendo qualcosa nella mia espressione, sciolse la sua rabbia e venne verso di me.
Non ebbi motivo di indietreggiare, nemmeno quando con delicatezza mi prese sottobraccio e mi portò fuori.
<< Stai bene? >> mi chiese quando mi fece appoggiare contro il muro del locale.
Scossi la testa singhiozzando e mi presi le braccia.
La mia risposta non gli piacque.
<< E allora che vieni a fare in un posto del genere se non sai come comportarti. La gente fa così qui, dovresti saperlo ragazzina! >> mi fece lui duro.
Mi asciugai le lacrime ma non volevo che lui avesse la soddisfazione di avere ragione.
<< Non sono una ragazzina e comunque mi hanno obbligato! >> stupida voce rotta.
Lui sembrò intenerirsi, ma fu un attimo perché riprese ad indossare la sua maschera fredda e menefreghista.
Prese il cellulare dalla tasca e compose un numero.
<< Marco?! ... Senti io sono fuori con la tua amichetta, come si chiama!? ... Si, lei! Insomma un tipo ubriaco la stava importunando e adesso sta frignando come una bambina; la riporto a casa io, va bene? ... si si non preoccuparti sta bene adesso è solo un po’ spaventata. Comunque la accompagno io tanto mi sono stufato di sto posto, è una noia mortale. Perciò dopo vado a casa. Ok, ci sentiamo, ciao! >> e chiuse la chiamata.
Lo guardai storto, lo sapeva benissimo come mi chiamavo e poi frignando come una bambina a chi? Razza di idiota!
<< Muoviti! >> mi intimò mentre andava a prendere la sua macchina blu senza aspettarmi.
Sbuffai sonoramente, almeno avevo smesso di piangere per la rabbia e la frustrazione che grazie a lui mi erano salite.
Entrai nell' abitacolo e partì.
<< Perché mi hai aiutata se poco prima tu stavi facendo più o meno la stessa cosa? >> mi uscì la domanda che in quei minuti di tragitto mi aveva assillata.
Lui guardò oltre il parabrezza difronte a lui e sospirò stanco.
Poi mi guardò malizioso e avvicinò il viso al mio che prese fuoco.
<< Perché nessuno può soffiarmi le prede da sotto il naso! >> mi disse facendomi l' occhiolino.
Io sarei la preda???



Pross. spoiler:

-
Quasi inciampai quando vidi una Mazda blu parcheggiata fuori con al guidatore lui.
Le guance mi si imporporarono ma alzai la testa con orgoglio e mi avvicinai chinandomi al finestrino.
<< Che vuoi? >> chiesi fintamente scontrosa.
Lo sguardo che mi rivolse mi gelò le vene. Puro odio e superficialità.
<< Dobbiamo parlare, sali in macchina! >> mi ordinò aprendomi la portiera del passeggero. -


Ciaoooo.
Ma come sono contenta che avete recensito e anche positivamente direi!!
Grazie mille!!!

Is_My_Life Si è proprio stronzo, ma non è stato sempre così. Almeno non in passato ...
E sono super-arci-contenta che in fondo ti piaccia.
Pensavo stesse antipatico. XD
E comunque lo faccio proprio apposta a mettere spoieler per lasciarvi col fiato sospeso.

ssaphiras Sono contentissima che ti sia piaciuta e anche divertita con quel pezzo, perchè ci ho messo un pò per scriverlo.
E mi sa che dovrai aspettare un bel pò prima che rifletta bene e cambi atteggiamento. Per adesso scoprirà, come leggerai nel prossimo capitolo, di provare almeno un attrazione nei suoi confronti che poco a poco lo cambierà.
Ma non sarà proprio un cambiamento, ma una specie di ritorno al passato, a ciò che era prima.
"Il damerino" (XD), comunque, in questo capitolo non vuole beffeggiarla con il bacio ad un' altra, vuole solo renderla un pò gelosa ed infatti ci è riuscito. Anche se lei stessa ancora non ne è cosciente... per adesso!
Sono lusingatissima del fatto che ti sia piaciuto il modo in cui ho descritto i personaggi, ma ora come ora, ho paura di tralasciare qualche dettaglio della storia.
Si, comunque avevo già in mente di scrivere un capitolo dal punto di vista di Riccardo, e forse sarà molto presto. Spero solo di riuscire nell' impresa.

Ciao a tutti alla prossima.
Ah, prima che me ne dimentichi devo ringraziare a chi l' ha messa nelle preferite e nelle seguite.
Vi adoro!

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Capitolo 6
*** Reality and Appearance. ***


chap6 06. Reality and Appearance.








<< I'm so tired of being here,
suppressed by all my childish fears.
And if you have to leave,
i wish that you would just leave.
'Cause your presence still lingers here.
And it won't leave me alone...  >>

- My immortal, evanescence -

<< Sono così stanca di stare qui,
soppressa da tutte le mie paure infantili.
E se devi andartene,
vorrei che tu te ne andassi e basta.
Perchè la tua presenta indugia qui.
E non mi lascerà da sola... >>




<< Perché mi hai aiutata se poco prima tu stavi facendo più o meno la stessa cosa? >> mi uscì la domanda che in quei minuti di tragitto mi aveva assillata.
Lui guardò oltre il parabrezza difronte e sospirò stanco.
Poi mi guardò malizioso e avvicinò il viso al mio che prese fuoco.
<< Perché nessuno può soffiarmi la preda da sotto il naso! >> mi disse facendomi l' occhiolino.
Io sarei la preda???


<< Hai bevuto? >> chiesi alzando un sopracciglio.
<< No, ma tu si! >> rispose contrario.
Feci roteare gli occhi esasperata, volevo una risposta ormai urgente.
<< Perché non mi lasci in pace? Perché continui a provocarmi? >> domandai e sperai che non rispondesse con le sue stupide battute, ma con verità.
Lui guardò oltre il finestrino dalla sua parte nascondendomi il volto.
Lo sentii prendere un respiro profondo.
<< Perché mi piace torturare la gente, soprattutto ragazzine come te! >> disse e mi sentii invadere dalla delusione.
Perché, cosa volevi che ti dicesse? mi domandai cattiva. Ma non lo sapevo neanch'io.
Era tutto dannatamente confuso.
I miei occhi iniziarono a lacrimare.
<< Ferma la macchina, voglio scendere...  >> feci.
Si voltò a guardarmi preoccupato dal mio tono di voce quasi disperato.
<< Non fare la bambina siamo quasi arrivati! >> mi sgridò seccato.
<< Ho detto di fermare questa cavolo di macchina! >> urlai e le lacrime scesero senza il mio consenso.
Lui sobbalzò spaventato e poi sbuffò irritato. Ma decise di accostare.
Appena la macchina si fermò aprii la portiera e scesi sbattendola con rabbia mai avuta prima e me ne andai.
Sentii l' altra chiudersi dalla parte del guidatore, poco dopo lo vidi al mio fianco sostenere il mio passo con facilità.
Mi afferrò il braccio e mi scrollò.
<< Dove pensi di andare a quest'ora di notte, da sola e a piedi? Siamo in mezzo alla statale ... >> mi sbraitò contro.
<< E allora? Che te ne importa e poi non c'è nessuna differenza perché di certo non sono al sicuro con te che cerchi di saltarmi addosso! >> gli gridai con la voce rotta dal pianto.

Lui mi guardò amareggiato e mi lasciò il braccio. Mi voltai e continuai per  la mia strada ma quasi persi l' equilibrio per colpa dei trampoli che mi aveva dato Fabi.
Per evitare altre cadute me li sfilai e sentii l' asfalto ghiacciato tormentarmi  i piedi ma l' ignorai e mi strinsi nel vestito striminzito per proteggermi dal freddo.
Dopo un po’ lo sentii camminare dietro di me silenzioso. Feci finta di niente e andai avanti ma lui non mi fermò né mi superò.
Dopo una decina di minuti mi fermai e mi voltai confusa.
Camminava con la testa bassa e le mani nelle tasche, con un'aria pensosa.
<< Che stai facendo? Ci stiamo allontanando. La tua macchina ... >> iniziai non capendo perché mi stesse seguendo e basta invece di andarsene o di prendermi con la forza per riportarmi indietro.
Lui sembrò riscuotersi e mi guardò spaesato ma anche mortificato.
Non l'avevo mai visto mortificato. Mi sembrò una persona diversa.
Si strinse nelle spalle e sorrise un po’. << Se non vuoi salirci non posso costringerti, ma non posso lasciarti sola. ... Soprattutto vestita così, sei un invito a stuprarti. >> mi disse con una squallida battuta.
Roteai gli occhi seccata, non era per niente diverso da come avessi creduto.
<< Fa come vuoi ... >> lo liquidai rigirandomi.
Ripensai però alle sue parole, sembrava davvero preoccupato per me o forse era solo per la sua coscienza da carabiniere e quindi non può fare altrimenti.
Il ventò soffiò procurandomi la pelle d'oca e Palmieri se ne accorse.
<< Siamo in pieno dicembre e non porti nemmeno un giubbotto?! >> lo sentii borbottare.
<< L' ho dimenticato al locale e neanche tu l'indossi, mi sembra! >> risposi stizzita starnutendo subito dopo e facendolo quindi ridere.
<< Magari potremmo riscaldarci in un altro modo ... >> disse malizioso avvicinandosi.
Arretrai guardandolo in cagnesco, lui alzò le mani in segno di resa.
<< Ehi, non fraintendere! >> disse avvicinandosi e mettendomi un braccio attorno alle spalle.
Lo lasciai fare, non ebbi la forza necessaria per rispingerlo o forse non volli.
Sentii i nostri corpi ardere al contatto e mi sorpresi. Non era mai capitato.
Lo sentiva anche lui questo fuoco, o ero solo io?

Camminammo per un po’, e stranamente mi sentivo a mio agio ed ebbi il bisogno di stringermi a lui.
Causa: l' alcool, sicuramente!
Ma non lo feci per orgoglio. Mi fece paura il desiderio che mi assalì prepotentemente, ovvero volevo che mi tenesse più a sé.
Ed il solo pensiero di stare ancora più vicino a lui mi fece accelerare il fiato.

<< Adesso possiamo tornare indietro? Non mi va di fare chilometri a piedi! >> feci io per distrarmi.
Lui si fermò guardandomi, poi scoppiò a ridere.
<< Si, andiamo ... >>
Una volta in macchina accese la radio su una stazione che mandava musica rock ed incominciò a cantilenare la canzone in onda.
<< Ti prego risparmiami, sei davvero pessimo! >> gli dissi ironica facendo finta di essere infastidita.
Lui mi guardò offeso.
<< E allora provaci tu ... >> mi rispose acido e risentito.
Gli risi in faccia e mi guardò storto.
<< Gli U2 non fanno per me, ma grazie comunque! >> feci io continuando a ridere.
<< Conosci gli U2? >> mi chiese sorpreso dall' aver riconosciuto la band.
Credo che per lui femmine e musica rock non vadano per la stessa strada. Il solito maschilista che crede che ci piaccia Hanna Montana.
<< Certo, proprio l'altra volta ho incontrato Bono Vox al lavoro e ci siamo scambiati i numeri! >> risposi con una battuta.
Lui alzò gli occhi al cielo ma sorrise divertito.
Per il resto del viaggio continuammo a chiacchierare sulle varie band e quasi spalancò gli occhi facendo una smorfia dal disgusto quando gli dissi che il mio gruppo preferito erano i Negramaro.

Mi rise in faccia facendomi diventare rossa dalla vergogna.
<< Perché ridi, cosa c'è di buffo in loro? >> gli chiesi senza convinzione.
Mi guardò eloquente e si trattenne dal ridermi ancora in faccia.
<< E me lo chiedi anche!? Vuoi mettere a confronto gli U2 con i ... Negramaro!? >> disse facendo una smorfia pronunciando l' ultima band.
Sbuffai incrociando le braccia e mettendo il broncio.
<< Oh, ti prego smettila, o potrei non rispondere delle mie azioni! >> mi intimò.
Lo guardai confusa. Non stavo facendo proprio niente!
Notai che si mordeva il labbro inferiore e fissava il mio imbronciato con aria ... famelica.
Arretrai portandomi una mano alla bocca nascondendola e lui rise divertito. Mi stava prendendo in giro, come sempre.
Quando si fermò, poco dopo, sotto casa non feci in tempo ad aprire la portiera che lui mi spiazzò con una domanda che mai mi sarei aspettata.
<< Chi era il tipo biondo con cui stavi ballando? >> mi chiese con aria disinvolta come se non gli interessasse davvero saperlo, ma il fastidio nel suo tono lo tradiva.
Stavo per rispondergli dicendo il nome ma mi trattenni.
Non mi sarei abbassata a lui.
<< E a te che importa? >> gli feci inquisitoria.
Si strinse nelle spalle e guardò oltre il finestrino.
<< Ti piace quel finocchio? Non che mi interessi, ma si vede lontano un chilometro che è un finocchio! >> mi disse guardandomi deciso negli occhi.
Scossi la testa sconcertata ed uscii dall' auto.
Aveva rovinato tutto, proprio ora che stavo per ricredermi sul suo conto.
Appena appoggiai le dita sul portone mi sentii stringere il braccio, mi voltai e lo vidi arrabbiato e perplesso.
Lo scansai bruscamente e mi lasciò fare.
<< Perché fai così? >> mi chiese.
Sbuffai sonoramente.

<< Perché sei un idiota! Neanche lo conosci e già lo giudichi e poi dici a me!? >> gli urlai e sperai che i vicini del piano di sopra stessero dormendo.
<< Ho solo detto quello che credevo, non sto giudicando nessuno! >> ribatté lui.
Certo come no, non stava giudicando per niente! pensai scettica.
<< Infatti, credi! Ma non lo è, perciò ti pregherei di chiudere quella boccaccia prima di dire qualche altra caz... >>
Non finii la frase che, neanche me ne accorsi, mi si avventò sulle labbra.
Rimasi impietrita e per un attimo anche il cuore perse un battito o due, ma poi riprese a battere più veloce.
Cercai i suoi occhi per capire cosa gli prendeva ma li aveva chiusi, anzi, serrati. Quasi avessero terrore di riaprirli.
Stavo per spingerlo via stizzita quando dischiuse le labbra ed il suo profumo mi invase la bocca destabilizzandomi.
Sentii la sua lingua, cauta ma esperta, assaggiare il mio labbro inferiore, dapprima con dolcezza e poi prendendolo a succhiare dolcemente.
Le mie palpebre diventarono pesanti e poco potei fare per farle restare aperte.
Persi il controllo e mi sfuggì un gemito che fece svegliare entrambi. Lui fu più veloce di me a separarci.
Vidi la sorpresa e la paura nei suoi occhi verdi così come erano nei miei.
Fece per dire qualcosa ma si voltò e mettendosi in macchina se ne andò senza neanche guardarmi in faccia.
Cosa diavolo era appena successo?

La domenica passò lenta e i miei pensieri andarono al quel bacio che era stato ben diverso da quello in macchina giorni prima.
Il primo era stato dettato dal desiderio e dalla sicurezza e un po’ dalla sua stronzaggine, mentre il secondo ... c'era stato qualcosa di diverso, come se lui stesso fosse stato un' altra persona consapevole di qualcosa che sia a me che a lui era oscuro.
 Paura e dolcezza. Erano questi due sentimenti, in contrasto con il Palmieri che conoscevo, che avevo sentito in quell' istante.
E quel bacio mi era piaciuto molto più del primo. E non solo perché bacia bene ed è stato più intenso, ma sembrava più vero.
O forse sono io che mi sto illudendo e per lui era stato solo un bacetto insignificante giusto per tapparmi la bocca in quel momento.
Si, doveva essere così.

Ma più mi convincevo di questo, più non vedevo l' ora di arrivare al lavoro. Ed era inutile ingannarmi, volevo vederlo.
E questo desiderio era assurdo!
Però, nel frattempo, mi tormentavo le mani dall' inquietudine.
Il giorno dopo non dissi niente a Fabi, anche se avevo un gran bisogno di confessarle tutto. Ma temevo si sarebbe arrabbiata.
Fu lei, però, a chiedermi com'era andata.
<< Mi ha accompagnata a casa e basta! >> le risposi senza guardarla negli occhi, avrebbe capito che stavo mentendo.
<< E basta? >> chiese squadrandomi con diffidenza.
<< Beh, abbiamo un po’ bisticciato. Come sempre del resto ... >> le dissi io. Una mezza verità.
Lei annuì ma non parve molto convinta, ma per fortuna lasciò stare.
<< Stasera non potremo venirti a prendere. Mark mi presenta ai suoi! >> annunciò con entusiasmo.
Sorrisi, anch'io felice, della notizia.
<< Sono contenta per te e comunque non importa, queste gambe sanno arrivare da sole a casa! >> feci io indicandole.
Quando varcai la soglia del bar " From Jimmy ", dove lavoravo, il cuore prese a battermi forte. Cercai di calmarmi ma inevitabilmente il mio sguardo ricadde sul suo tavolo.
Era vuoto!
Fui presa dalla delusione ma mi diedi della sciocca perché era ancora presto finché venisse e poi non era detto che facesse un salto qui come sempre.
Anzi, forse si era anche stufato dei miei tira e molla.
Come avevo previsto non venne. E mi arrabbiai con me stessa perché ci avevo sperato fino all' ultimo.
Idiota!
Salutai Mirko e Jim. e mi buttai fuori, con una faccia delusa e triste che non mi si presentava ormai da tempo.
Era ironica la cosa, lo odiavo ma intanto speravo di rivederlo. Ero la contraddizione fatta a persona!
O forse credevo di odiarlo ...
Eppure oggi dovevo gioirne perché era l' ultimo giorno di lavoro e dopodomani sarebbe stata la vigilia di Natale, ma allora perché non riuscivo a sorriderne dell' idea?
Quasi inciampai quando vidi una Mazda blu parcheggiata fuori con al guidatore lui.
Le guance mi si imporporarono ma alzai la testa con orgoglio e mi avvicinai chinandomi al finestrino.
<< Che vuoi? >> chiesi fintamente scontrosa, ero troppo agitata.
Lo sguardo che mi rivolse mi gelò le vene. Puro odio e superficialità.
<< Dobbiamo parlare, sali in macchina! >> mi ordinò aprendomi la portiera del passeggero.
Deglutii a vuoto. Avrei voluto scappare, il mio istinto mi gridava questo, ma la mia parte curiosa prese il sopravvento. Volevo sapere cosa aveva da dirmi e se si trattava del bacio di sabato notte.
Perciò entrai in auto e quella partì.
<< Senti, non voglio illuderti. Non sono quel tipo di persona ... >> iniziò dopo un po’.
<< Ah no? >> feci io sgarbata ma m'ignorò.
<< Voglio darti un consiglio. >>
<< Quale? >> dissi con voce tremante temendo la sua risposta.
<< Stai lontana da me! >> mi intimò guardandomi negli occhi.
<< Sei tu che devi stare lontano da me, ma ti ritrovo ovunque ... >> gli dissi infine tenendomi per me la domanda "perché?".
<< Tu mi sembri una brava ragazza e sto iniziando a piacerti, non nasconderlo! Ma io non posso darti niente di quello che vuoi tu! >> rispose serio.
In quel momento avrei desiderato che una voragine ai miei piedi si aprisse per inghiottirmi.
Mi aveva spiazzata ma ancora di più mi aveva fatta arrabbiare. Chi si credeva di essere?
<< Mettitelo bene in testa: TU. NON. MI. PIACI! >> gli urlai contro ma mi sapeva troppo di bugia.
Lo vidi roteare gli occhi esasperato.

<< D'accordo, io non ti piaccio, ma non è solo per questo che sono venuto a parlarti! >> mi disse assecondandomi.
Incrociai le braccia ed aspettai con un sopracciglio alzato.
<< Ho una proposta, e credo che tutti e due possiamo approfittarne ... >> non finì la frase, aspettò che arrivammo a casa mia e spense il motore girandosi verso di me.
Tenne gli occhi bassi fino a quando non mi parlò.
<< Sono attratto da te, come tu da me ... leviamoci, quindi, questo fastidio nel modo più pratico. Sarà solo per una volta, scegli tu dove e quando, e poi non mi rivedrai mai più. Promesso! >> mi disse tutto d' un fiato. Peccato che il fiato l' aveva tolto a me!
Restai muta con la bocca aperta per non so quanto tempo per recepire bene il messaggio, intanto lui attendeva impaziente.
Tante emozioni contrastanti mi investirono da dentro: sorpresa e lusingazione perché aveva appena confessato di essere attratto da me, rabbia e mortificazione perché pensava che io ero attratta da lui, disgusto perché per lui essere attratti da me è un fastidio da levare via nel "modo più pratico"; e delusione, perché sarebbe stata una volta sola e poi sarebbe svanito nel nulla.
<< Ho fatto uno sbaglio! >> sussurrai, più a me stessa che a lui, scendendo dall' auto.
Lo sbaglio di illudermi!
Non fece nulla per fermarmi, meglio così.
Sentii il rumore dell' auto ripartire ed il peso della tensione mi caricò le spalle lasciandomi libera di singhiozzare.

Per una settimana non fui me stessa.
 Non ero innamorata di lui, sia chiaro. Ero solo rimasta delusa anche se sapevo che esattamente che sarebbe andata così.
Fabi si preoccupò per me, non la sentii molto in quella settimana soprattutto a Natale. Non seppi come l' aveva presa.
Forse mia madre le aveva chiamato e le aveva chiesto che mi prendeva in quei giorni arrivando, tutte a due, alla conclusione che avessi problemi di cuore.
Mi chiudevo in me stessa e l'insicurezza, che per un momento la mia migliore amica aveva dissolto, si ripresentò più prepotente di prima.
Pensavo, ventiquattro ore su ventiquattro, al fatto che un ragazzo avrebbe preferito di gran lunga avere un rapporto di una notte con me piuttosto che avere una vera storia.

Rinvangavo sempre il ricordo di Stefano, e lo associai a Palmieri. Erano identici, solo che il primo voleva divertirsi a mio discapito per il piacere di vedere una fallita come me umiliata in pubblico, forse per una scommessa. Mentre il secondo voleva solo divertirsi al letto senza tener conto delle conseguenze.
Ergo: sarebbe meglio che tenessi d'ora in poi la testa sulle spalle e pensassi solamente alla scuola ed al lavoro.
Con in ragazzi avevo chiuso, almeno per questi diciassette maledetti anni. Tra due mesi ne avrei fatti diciotto e amen.
Alla Vigilia di Natale venne Tamara, mia sorella, che non perse occasione di provocarmi.
Mi sfotteva sul fatto che avevo preso una cotta per qualcuno perché ero depressa e non uscivo.
Ma non ero depressa! ... o si?
<< Ok, sai che facciamo? >> - incominciò Tamara chiudendo la rivista che stava leggendo -  << A Capodanno c'è un festino da Piero, ti ci porto così non mi diventi un tutt’uno con la muffa! Ti va? >> annunciò con gli occhi accesi per l'idea che aveva avuto.
La guardai scioccata.
<< Ti vedi ancora con Piero? >> le chiesi.
<< No sciocchina, andiamo a letto insieme non ci limitiamo solo a vederci! >> mi rispose ammiccandomi.
La guardai contrariata. Non avrei avuto niente in contrario se frequentasse il suo capo, non me ne poteva importare di meno, ma lui era sposato ed aveva un figlio, cavolo!
<< Tammy è sposato ed ha un figlio devi smetterla di perseguitarlo! E poi vuoi andare ad un festino proprio in casa sua dove ci sono loro? >> le dissi piano arrabbiata per non farmi sentire dalla mamma. Lei non sapeva niente della tresca. Io l'avevo saputo accidentalmente leggendo un messaggio ricevuto da Piero un po’ troppo piccante per essere definito di lavoro.
Ma anche se l'avevo minacciata di dirlo alla mamma lei era testarda ed avrebbe continuato a vederlo. Perciò le risparmiai il dolore di avere una figlia sfascia-famiglie.
Non era l'unica a non saperne niente, anche la moglie di lui ne era all'oscuro.
<< E allora? Guarda che io non perseguito nessuno è anche lui che mi cerca! E poi sarà più eccitante scambiarci di nascosto sguardi languidi e carezze sotto il tavolo e se quella stupida arpia della moglie se ne accorgesse ... tanto di guadagnato! E comunque il figlio non c'è, l'hanno lasciato dormire dai suoi amichetti. >> mi rispose sorridendo indifferente.
Che mostro di sorella che mi ritrovavo!

<< E se lo facessero a te? >> le feci cercando di farle capire come ci si dovesse sentire ad essere una moglie tradita.
Lei fece spallucce e ritornò alla sua rivista.
Scossi la testa esasperata.
Stavo per urlarle contro quando qualcosa mi vibrò nella tasca dei pantaloni.
Presi il cellulare e guardai il display: Fabi.
Aprii la chiamata e l'accostai all'orecchio.
<< Ti ho lasciato più di tre giorni per i fatti tuoi, ma non ce la faccio più. Sei la mia migliore amica, e merito di essere messa al corrente di quello che ti sta succedendo! >> non mi salutò neanche e partì a raffica.
Sospirai desolata e mi allontanai dalla stanza rinchiudendomi nel bagno per non far sentire a mia sorella ficchettona.
Le raccontai tutto, dei due baci e della proposta indecente. Si arrabbiò, ma non perché avevo lasciato fare a Palmieri e non avessi fatto attenzione, ma perché non gliel'avessi detto.
Mi chiese il perché.
<< Pensavo ti saresti arrabbiata e perdessi la fiducia in me, perché mi avevi già avvisato di stargli lontana ... >> le spiegai.
<< Ma tesoro io non perderò mai la fiducia in te. E se mi arrabbio è per te, ti voglio troppo bene per vederti soffrire poi. Ed infatti avevo ragione! >> mi disse con il tono addolcito.
<< Ok, ma adesso che faccio. Ti prego dammi un consiglio ... >> le feci disperata.
<< Beh, sul fatto che lui ti abbia proposto di andare a letto con lui, io ti consiglio di dirgli di si! >>
Alzai gli occhi al cielo sentendola ridere dall'altro capo della linea.
<< Dai, non scherzare! >> le dissi.
<< Va bene va bene, allora ... Credo che la tua uscita di scena dalla macchina l'abbia interpretato come un no da parte tua, perciò non credo si farà più vedere. E se dovesse farlo rimettilo al suo posto! Poi, per quanto riguarda il festino di tua sorella, penso che faresti meglio ad andarci, per distrarti e per tenere d'occhio quella testa matta della tua sorellona! >> mi consigliò.
<< Puoi venire anche tu? >> le chiesi quasi disperata dell' idea di rimanere lì da sola con estranei.
<< Mi spiace tesoro, ma Mark viene a festeggiare il Capodanno da me, con i miei genitori ... >> mi fece ma dal tono tutto sembrava tranne che dispiaciuta. Ma come darle torto?!
Con la faccia sconsolata la salutai e chiusi la chiamata.
Quanto poteva essere orrenda la serata?





Pros. spoiler:

-
Ma che diavolo mi era preso? Le avevo fatto una richiesta oscena che non era da me, o forse si, ma non è questo il punto.
Con tutte le ragazze di questa città proprio di lei mi dovevo fissare?
Si, perchè è diventata una fissazione. La seguivo, quando finiva di lavorare, fino a casa come se fossi un pervertito. -





ssaphiras: Grazie per i complimenti, mi fa molto piacere leggere le tue riflessioni.

Ringrazio di cuore tutti e 30 che l'hanno messa nelle seguite. Wow siete tantissimi! Grazie.
Grazie anche ai sette che l'hanno messa nelle preferite e ai 2 che l'hanno messa nelle ricordate.
Ed un grazie mille a ssaphiras e alle altre persone che hanno recensito nella storia.
Spero che continuate a seguirmi e che, anzi, aumentiate di numero. XD
Alla prossima!

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Capitolo 7
*** Midnight kiss ***


7
07. Midnight Kiss










<< Am I just like you!

All the things you do,

don't ever feel
that you're alone.
I'll never let you down,
I'll never leave you dry.
Don't fall apart!
Don't let it go,
carry the motion,
carry the motion back to me.

Feeling the moment the slip away.
Feeling the moment the slip away.

Am I just like you!

How do you feel when there's no sun,
How do you feel when rain drops come pouring down again,
How do you feel when there's no one.
Am I just like you!
>>

- Feeling a moment, Feeder -





<< Io sono proprio come te!

Tutte le cose che fai,
non ti sei mai sentito
solo.

Io non ti lascero mai,

non lascerò mai farti seccare.

Non arrenderti!

Non lasciare che succeda,

porta la nozione,

riporta la nozione a me.


Sentendo che il momento scorre via.
Sentendo che il momento scorre via.


Perchè io sono proprio come te!

Come ti senti quando non c'è il sole,
e come starai quando nuvole cariche di pioggia arriveranno e ti butteranno giù ancora,

come ti sentira quando non ci sarà nessuno.

Io sono proprio come te! >>




Mi rigirai fra le dita il completo che mi aveva prestato Tamara. Ne accarezzai la superficie liscia e bianca che si arricciava sopra mentre sotto ricadeva come un velo semplice.
Mi meravigliai, di solito i gusti di mia sorella combaciavano con quelli di Fabiana, ovvero troppo scollati e provocanti.
Ma questo, anche se non aveva spalline, sembrava tutto fuorché provocante. Sembrava l'abito fatto apposta per un angelo.
Lo appoggiai con delicatezza, quasi si potesse strappare, sul letto ed incominciai a levarmi l' accappatoio.
Indossai le mutandine e mi infilai con cautela il vestito.
Mi guardai allo specchio dell' armadio e rimasi quasi senza fiato. Mi stava benissimo, non fosse per la faccia che mi ritrovavo, ero davvero bella.
Notai, per la prima volta, soddisfatta che arrivava a metà coscia. Di solito tendevo ad escludere i mini vestiti.
Sorrisi come un ebete rimirandomi e rigirandomi su me stessa.
Poi presi le scarpe col tacco basso abbinate e mi intrufolai in bagno dove c'era anche Tammy che si stava umettando le labbra col il lucido.
Neanche si voltò a guardarmi, tanto era indaffarata nel suo trucco.
Indossava un vestito blu che aveva tutta l' aria di essere una maglietta un po’ lunga che un vestito, talmente era corto.
Abbassai lo sguardo alzando un sopracciglio alla vista di un paio di scarpe col tacco che sembravano dei trampoli.
Beata lei che le poteva portare.

Feci una smorfia pensando che probabilmente alla festa tutte le ragazze saranno vestite in quel modo.
Mi avvicinai allo specchio e cercai di sistemarmi i capelli come meglio potevo. Ma alla fine lasciai stare frustrata e mi misi solo un ferretto da un lato facendo ricadere i capelli dall' altro. Presi l' arriccia capelli e cercai di farli diventare un po’ mossi.
Poi mi chinai e mi misi le scarpe, nel frattempo mia sorella era già pronta. Quando mi alzai quasi mi spaventai: al posto degli occhi c'erano due buchi neri e la bocca brillava di rosso. Avrei potuto scambiarla per una vampira.
Ed io che stavo per chiederle di aiutarmi a truccare ...
Meglio chiudere la bocca. La vidi allontanarsi in soggiorno ma prima di raggiungerla mi diedi un' altra occhiata allo specchio.
Poi d'impulso presi il lucido e me ne spalmai un po’ sulle labbra. E senza pensarci più andai a prendere cappotto e borsetta e ce ne andammo.




POV. Riccardo Palmieri

Andai verso il frigorifero e lo aprii, presi due birre per me e Marco, e lo richiusi con il piede con molta non curanza. E mi cimentai con l'apribottiglie.
Ritornai ciondolante in soggiorno e porsi la bibita fresca al mio amico che l'accettò con un grazie.
Mi sedetti sul divano vicino a lui e mi riappropriai del telecomando.
Misi sul canale dello sport e bevvi un sorso sospirando.
<< Ehi, stavo vedendo io ... >> protestò lui. Ma non gli badai.
Non insisté più di tanto, anche perché c'era la replica della partita di sabato scorso che aveva visto a metà perché era stato impegnato ad uscire con quella biondina.
Io l'avevo sempre detto che impegnarsi con qualcuna valeva sacrifici.
Ma lui era sempre stato il tipo sensibile e gentile, non abituato alle storie di una notte. Cioè era l'opposto di me!
Lo sentii imprecare sottovoce quando la squadra avversaria fece parità sull'altra che lui prediligeva.
Eppure aveva visto su internet che perdeva quest'ultima.
Mentre lui tifava la Roma io ero fedele alla mia patria: il Milan!
Perciò guardare questa partita non mi distraeva affatto, soprattutto dai pensieri che da questi giorni mi ossessionavano.
Come una certa mora che molto spesso mi veniva a trovare nei sogni molto poco casti. E provavo un certo fastidio quando nel cuore della notte mi svegliavo grondante di sudore e con il letto bagnato.
Insomma, non mi erano mai dispiaciuti certi sogni, ma mi venivano sempre di rado perché avevo ogni notte una bella ragazza per riscaldarmi i bollori.
Ed aveva sempre funzionato!
Ci ho provato anche dopo quel bacio, il primo, che ci siamo dati. Ma lei tornava sempre nei miei pensieri, sembrava proprio il diavolo fatta a persona per tormentarmi
.
Eppure non era affatto il mio tipo: le volevo alte, bionde e soprattutto prosperose.
Lei, invece, era piccola, mora e piatta. Ma aveva un non so che ...
Quando la guardavo in faccia, a volte, non riuscivo a trattenere ciò che provavo. Mi faceva arrabbiare sempre per un nonnulla ed odiavo me stesso quando la facevo piangere o la offendevo.
E più mi portavo a letto le altre più mi sentivo inspiegabilmente in colpa, quasi le dovessi qualcosa.

Ma infondo lei cos'era per me? Un fastidio, no?
No?
Non ne ero più sicuro, forse all' inizio, ma adesso ... adesso che avevo scoperto, con una certa riluttanza verso me stesso, di provare in qualche modo un'attrazione per lei.
Sarà forse stato quando si stava spogliando in camera sua quella volta?
Quando si era levata la maglietta rivelando un fisico piuttosto snello? O quando stava per liberarsi di quella gonna molto corta, che mi fece accelerare il respiro?

Mi ero sentito come un adolescente alle prese con gli ormoni.
Il mio istinto mi diceva che era pericoloso, che dovevo starne alla larga o mi sarei scottato.
Ma, diavolo, io amavo scottarmi, amavo il rischio.
Ma avevo paura. Paura di sentire di nuovo il mio cuore, già fatto a pezzi in precedenza, pompare di nuovo vita; quella vita che mi è stata tolta all' improvviso come un monsone gelido che porta via tutto e lascia solo le tracce del suo passaggio, i cocci del mio cuore.
Ok, da quando ero così poetico? Meglio appuntarmi da qualche parte questa frase, magari l'avrei usata per qualche conquista.
<< Ehi, senti capelloccio! - lo nominai così per via dei suoi capelli lunghi, che tra l' altro amavo, facevano tanto Led Zeppelin - Stasera è la vigilia di Capodanno, che facciamo? >>
<< No, tu che farai! Perché io la trascorrerò dai genitori di Fabiana! >> mi rispose stizzito, se l'era presa per il nomignolo.
Sbuffai annoiato.
<< Oh dai, trascorrete tutto il tempo insieme. Lasciala respirare e divertiti con me, stasera! >> gli feci, ma dalla sua faccia non credo di essere riuscito a convincerlo.
<< Sai è proprio questo che fanno i fidanzati, trascorrono tutto il tempo insieme. E poi visto che le ho già presentato la mia famiglia, adesso sarebbe giusto che vada a conoscere la sua. >>
Sfigato!
Ma peggio per lui, io di certo non resterò a casa con quel libro vecchio che è mio padre!
Io odiavo mio padre. Mi aveva portato via le due persone che amavo più di ogni altra cosa.
Mia madre e la mia ragazza ...
Il mio cellulare vibrò, guardai il display con una smorfia di disgusto: Ronnie!
E odiavo anche Ronnie perché mi rompeva le palle!
Lessi il messaggio e come d'incanto mi fu subito simpatico.

- Festa da Piero, oggi alle nove e mezza.
Festeggiamo l'anno nuovo.
Non mancare, amico! -

Quell' amico se lo poteva anche risparmiare!
Misi su un sorriso soddisfatto e sfacciato e mi girai verso Marco facendogli leggere il messaggio.
<< Guarda un po', io oggi mi scatenerò ad una festa e rimorchierò a sazietà. Mentre tu starai dai tuoi suoceri mangiando lenticchie e cantando Jingle Bells! >> lo sfottei.
<< Bene, allora divertiti! >> mi rispose guardandomi indifferente come se la cosa non lo toccasse minimamente.
Era proprio sfigato!
Ero un vero figurino con questa camicia a quadri bianco e blu.
Mi misi il cappotto ed uscii senza neanche degnare di uno sguardo mio padre: ormai c’ero abituato!

Presi le chiavi della macchina e montai su.
Il mio sguardo cadde sul sedile del passeggero e ricordai quel piccolo ranocchio tutto infreddolito che cercava di non farsi mettere i piedi in testa da me. Sorrisi impercettibilmente.
Scossi la testa per scacciare un pensiero che in quel momento non centrava niente.
Questa sera era l'ultima di quest'anno e me la sarei goduta.Misi in moto e partii.
Casa di Piero non era molto lontana, circa dieci minuti di viaggio che avrei dovuto sopportare.

Accesi la radio ma la spensi immediatamente riconoscendo quella canzone degli U2, la stessa di quando quella notte ci eravamo baciati, di nuovo.
Ma che diavolo mi era preso? Le avevo fatto una richiesta oscena che non era da me, o forse si, ma non è questo il punto.
Con tutte le ragazze di questa città proprio di lei mi dovevo fissare?
Si, perché è diventata una fissazione. La seguivo, quando finiva di lavorare, fino a casa come se fossi un pervertito. Ma non riuscivo a non farlo, la parte irrazionale di me aveva paura che qualche malintenzionato ci provasse con lei. E quando tornavo a casa cominciavo a darmi dello stupido e mi ripromettevo di non farlo. Ed una volta c'ero quasi riuscito solo che alla fine avevo chiamato Marco e gli avevo chiesto il favore di andarle a prendere. Ma se per caso gliel'avesse detto? Che figura ci facevo io?
La figura dello scemo, ecco cosa ci facevo!
Ma il modo in cui mi parla, anzi mi urla contro, è forse per questo che mi ha colpita.
E' così ostinata a non volere avere i piedi in testa da nessuno, qualsiasi ragazza avrebbe pagato per stare con me o anche solo avere un rapporto di letto per una sola volta.
Perché io mi rendevo pienamente conto del mio aspetto e di certo anche le donne. E da me volevano solo due cose: l'aspetto e i soldi!
E purtroppo l'ho dovuta subire personalmente sulla pelle per colpa di mio padre.

E lei, Melissa, le assomigliava tantissimo. Non per l'aspetto ma per il carattere. Solo che Chiara fingeva con me, mentre lei, Melissa ... non avevo ancora capito cosa volesse da me, ma di certo non era stato mio padre a pagarla per sedurmi. Per lui, lei, non era del mio rango e quindi non ne valeva la pena.
E chissà poi perché l'aveva assunta!? Forse non aveva avuto il tempo di cercare altro personale davvero qualificabile.
I pensieri si diressero di nuovo in quella direzione dolorosa, neanche lo facessi apposta.
Ricordai di Chiara che fingeva di non conoscermi, che fingeva di essersi innamorata di me, che fingeva di volermi sposare. Ma poi è stata proprio lei a tradirmi con un altro, con un uomo che davvero amava, e scoprii in seguito che le nostre famiglie avevano già intenzione di farci sposare. Manco fossimo nel medioevo!
E quando lo scoprii odiai mio padre ed odiai lei, perché mi guardò con pena e rassegnazione.
Mandai tutto a quel paese e frequentai l'accademia a Modena lontano da tutti e soprattutto da lei.
Ricacciai nei recessi della mia mente quei dolorosi ricordi e mi concentrai sulla guida e mi accorsi che stavo andando ad ottanta all'ora, mentre il limite di velocità era cinquanta.

Ma non rallentai, prima arrivavo meglio era.
Quando arrivai spensi il motore ma non uscii.
Chiusi gli occhi e respirai profondamente cercando di togliermi la rabbia e la tristezza dal cuore, quando fui certo di essermeli lasciati dietro saltai giù e chiusi la portiera.
Notai un gruppetto di tre ragazze fuori che appena mi videro passare mi lanciarono uno sguardo malizioso che fui ben contento di ricambiare, ma non mi presentai: non erano un granché!
Suonai il campanello e fui sorpreso, quando mi aprirono, che fossero riusciti a sentirlo con tutto quel baccano e la musica ad altissimo volume. Ed era ancora inizio festa!
Mi aprì Piero, un vecchio compagno di avventure, sempre prima che mettesse la testa apposto e si sposasse a soli ventiquattro anni e crescesse un figlio. Anche se la testa apposto non tanto se l'è messa: avevo sentito delle voci che dicevano che aveva l'amante! E bravo il nostro fedele Piero ...
Lo salutai abbracciandolo.
<< Ehi, Rick è tanto che non ci vediamo! >> mi fece lui sorridendo.
<< Eh già! >> mormorai io.

<< E' da quando sei partito per fare il carabiniere con tuo nonno, e non ci hai avvisato nemmeno. >> disse e sembrava un po’ offeso.
<< Sai, com'è ... avevo bisogno di cambiare aria! >> gli risposi io mentre richiudeva la porta.
<< Cambiare aria, nel senso di stare un po’ lontano da Chiara? >> chiese con comprensione.
Ma la comprensione se la poteva anche risparmiare, mi stava già dando sui nervi. Ma non mi arrabbiai, in fondo era stato uno dei miei migliori amici e alla fine non lo diceva per cattiveria.
<< Si anche per quello ... ehm, dove sono gli alcolici? >> domandai per cambiare discorso o la serata sarebbe diventata nera per me.
Lui si guardò in giro.

<< Un po’ dappertutto, diciamo che non c'è niente di analcolico! >> mi fece ridendo. Lo feci anch'io ma con falsità.
<< Allora ci vediamo in giro Piero! >> lo salutai allontanandomi ed avvicinandomi alla folla che si dimenava, scherzava e beveva.
Salutai un paio di amici che conoscevo e mi imbattei in Ronnie.
<< Guarda chi c'è?! Il neo-piedi piatti! >> esclamò vedendomi.
Avevo già pronto il pugno per fargli un occhio nero.
<< Ciao Ronnie. Addio Ronnie! >> dissi ironico per fargli capire che non era aria. Ed andai verso un tavolo pieno di bibite.
Mi versai un bicchiere di qualcosa che assomigliava al whisky. Poco mi importava, purché fosse alcool.
Mi fece bene!
<< Ciao! >> disse qualcuno alle mie spalle. Mi girai e vidi una bella ragazza mora.
Le sorrisi e l'occhio mi cadde sul suo seno prominente. Era perfetta per distrarmi quella sera, l'unica pecca era il troppo trucco. Mi dava fastidio soprattutto perché quando baciavo mi impiastricciavo il viso del rossetto e del nero del mascara.

Mi porse la mano che strinsi e si presentò.
<< Sono Tamara, piacere! >>
<< Riccardo, ed il piacere è tutto mio! >> le dissi io ammiccandole un po’.
Ci mettemmo a parlare del più e del meno flirtando tra le righe, poi annunciò che sarebbe dovuta andare un attimo al bagno ad incipriarsi il naso. Ma sapevo che era solo un invito a seguirla.

Aspettai due minuti per raggiungerla ma quando mi alzai per farlo, quel rompi di Ronnie, venne a guastarmi la festa.
<< Amico, ma lo sai chi è quella? >> mi fece prendendomi sottobraccio.
Lo spinsi via malamente e lo guardai storto.
<< Tamara!? >> risposi brusco.
<< Si, ma sai con chi se la fa? >> mi chiese.
Mi stava decisamente facendo perdere la pazienza. Ma chi se ne frega se era già fidanzata!
<< Con me tra un po’, se ti levi dalle scatole! >> quasi gli urlai ma non sembrò battere ciglio.
<< Oh, io te lo sconsiglio se non vuoi avere problemi con il padrone di casa ... >> detto questo se ne andò lasciandomi finalmente in pace.
Non badai nemmeno a ciò che aveva detto.
Fatto stava che la raggiunsi in bagno. Solo che appena svoltai l'angolo la vidi parlare, anzi no, discutere con Piero.
Cercai di restare nell' ombra ma non riuscii a capire cosa si dicevano a causa della musica. Dalle loro espressioni capii che lui era molto arrabbiato e lei risentita.
Chi non conoscesse Piero avrebbe pensato che stesse litigando con la moglie ...
In quel momento il mio cervello collegò le frasi senza senso di Ronnie, che di senso ne avevano da vendere.
Lei, Tamara, doveva essere l'amante di cui ho sentito dire in giro. E probabilmente vedendola civettare con me si era innervosito.
Allora meglio cambiare aria!
Peccato però, era bella e per questa notte mi avrebbe fatto davvero piacere averla nel letto, così sarei stato impegnato e per la testa non avrei avuto Melissa.
Mi bloccai di colpo quando la vidi. LEI! Seduta in un angolino che guardava gli altri con disagio in quel vestitino bianco che le stava perfetto.
Deglutii a vuoto. Cosa ci faceva lei qui? Non mi sembrava tipa da feste e né tanto meno amica di queste persone.
Assomigliava ad un puntino bianco nel mare nero. L'unica, diversa, eppure così ... splendente!
Scossi la testa. Avevo bevuto solo due bicchieri di whisky e già deliravo.
Mi girai per non farmi vedere e feci il punto della situazione: non potevo tornare indietro, se non volevo incontrare i due amanti segreti, che tanto segreti non erano.
Andare avanti e farmi vedere era fuori discussione, non dopo quell'assurda richiesta neanche fossi un disperato.
Potevo continuare a rimorchiare qualcun'altra, ma sapevo che non sarebbe stato possibile, non dopo averla vista.
Che cosa dovevo fare?
Fu Ronnie a scegliere per me. Lo sentii alle mie spalle che ci provava spudoratamente con lei.
Mi girai di scatto e lo vidi mettere il braccio attorno alle sue spalle.
Non so cosa mi prese, ma ad un certo punto, un calore salì dal ventre fino alla attaccatura dei capelli.
Strinsi i pugni ed i denti e neanche mi accorsi che i miei piedi si stavano muovendo per conto loro fino a raggiungerli.
Quando li fui davanti mi fermai e li guardai e stetti zitto perché non sapevo che dire e né cosa stessi facendo.
Ma prima di fare retrofronte lei alzò la testa ed i suoi occhi grigi si incatenarono ai miei e mi fecero sussultare impercettibilmente.
La vidi arrossire ed abbassare il capo e avrei voluto prendere tra le mani la sua faccia e depositarvi tanti baci per quanto era tenera in quel momento.
Tenera? Era il diavolo fatto a persona, santo cielo!
Sentii l'esigenza di uscire e prendere una boccata d'aria ma non volevo lasciarla da sola con quel rincoglionito di Ronnie.
<< Ehi amico. Guarda chi ho trovato, una fanciulla indifesa tutta da sola! >> mi esclamò quest'ultimo e a giudicare dal tono traballante doveva essere un po’ alticcio e dire che l'avevo lasciato giusto mezz’ora fa.
<< Non chiamarmi amico, idiota. E mollala o ti spacco la faccia, Ronnie! >> gli urlai fuori di me.
Sia lui che lei sembrarono confusi, ma poi Ronnie la lasciò andare e si avvicinò a me poggiandomi la sua mano sudicia sulla spalla.
Se non la levava in due secondi gliel'avrei sbranata!
<< Uffa, sei proprio un tipo autoritario. Le vuoi tutte per te, eh? >> mi fece per poi barcollare via senza neanche aspettare che gli rispondessi.
Con la coda nell'occhio la vidi alzarsi tentennando.
Poi con un sospiro mi rivolsi a lei.

<< Senti scusami per quello che ho appena detto, ma Ronnie è un idiota soprattutto quando beve. >> le feci un po’ a disagio ma senza mai guardarla veramente negli occhi.
<< Beh, allora grazie! ... ma è straniero? Intendo Ronnie. >> mi chiese così tranquillamente che non potei non guardarla.
Abbozzai un sorriso e scossi la testa.
<< Non è straniero, ma sinceramente credo che neanche lui sappia qual è il suo vero nome. Ma noi tutti lo chiamiamo così! >> le risposi un po’ a vanvera.
Lei annuì e poi restò in silenzio imbarazzato.
<< Ehm, senti per l'altra volta ... >> incominciai io ma mi interruppe.
<< Non ne voglio parlare, facciamo che non sia mai successo! >> disse con un po’ di durezza nella voce.
Credo di averla ferita, nell'orgoglio. Mi sentii in colpa ma non dovevo, perché io non la conoscevo.
Già, non la conoscevo ... ed inspiegabilmente mi sentii più solo e impotente.
Stavo per aprire la bocca per dire qualcosa, qualsiasi cosa pur di farla restare un altro po’ con me, quando lei mi salutò imbarazzata e si dileguò lasciandomi impietrito.
Volevo correrle dietro, ma questo desiderio era strano e soprattutto stupido.
Dio, quel bacio mi aveva sconvolto come fossi un bambino alle prese con la sua prima cotta.
Mi sedetti sulla sedia dove prima c'era lei e mi scolai mezza bottiglia di liquore al melone che trovai lì vicino.
E così trascorsi le ore fino a mezzanotte. Con una mezza sbronza e la voglia di buttarmi da un ponte, tanto per cambiare.
Un minuto prima che scoccassero le dodici spensero la musica ed iniziarono il conto alla rovescia e sentii il vociare di chi sceglieva che partener baciare per il "bacio di mezzanotte".
Il mio cuore si strinse in una morsa. Erano passati cinque anni da quando avevo dato il bacio di mezzanotte di fine anno e l'ultima a cui l'avevo dato era Chiara, ma in quel momento non fu un ricordo doloroso o piacevole, semplicemente in quel momento non me ne fregava.
E soprattutto non me ne fregava più di lei. Perché adesso c'era qualcun'altra che avevo in testa, qualcun'altra che stavo guardando, qualcun'altra che volevo baciare.
<< Dieci, nove ... >> tuonò eccitata la folla.
<< ... otto, sette ... >> e le luci si spensero lasciando la sola illuminazione della luna dalle finestre.
<< ... sei, cinque ... >> mi alzai dal posto.
<< ... quattro, tre ... >> camminai fra i ragazzi puntando in una precisa direzione.
<< ... due ... >> accelerai il passo quando la intravidi, lontana da tutti.
Non sentii quando gridarono che era arrivato l'anno nuovo, non sentii nessun boato quando in quel preciso istante allungai una mano prendendola per la nuca ...
... e la baciai!



Come avrete notato questo capitolo, e credo anche l'unico, l'ho scritto dal punto di vista di Riccardo come qualcuna di voi mi aveva suggerito.
E' stato stranamente facile scriverlo e spero vi sia piaciuto. :)

Per questa volta niente spoiler XP, ma posso dirvi che ci sarà una rivelazione inaspettata e sconcertante da chi non vi sareste mai asspettate.
Alla prossima e come sempre ringrazio quelli che l'hanno messa nelle preferite, nelle seguite e nelle ricordate.
Ciaoooo!

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Capitolo 8
*** Shocking revelations! ***


08 chap 08. Shocking revelations!





<< One more kiss could be the best thing ,
but one more lie could be the worst .
And all these thoughts are never resting.
And you're not something I deserve .

In my head there's only you now.
This world falls on me.
In this world there's real and make believe,
and this seems real to me >>

- Let me go, 3 Doors Down -

<< Un altro bacio sarebbe la cosa migliore,
o un'altra menzogna sarebbe la peggiore.
E tutti questi pensieri non si fermano mai.
E tu non sei chi io possa meritare.

Nei miei pensieri ci sei solo tu.
Questo mondo cade su di me.
In questo mondo c'è il reale e l'immaginario,
e questo a me sembra reale. >>




Avevo sempre immaginato che un giorno avrei fatto il conto alla rovescia per l'anno nuovo con i miei amici.
E questa è stata la prima volta che lo facevo senza i miei e fuori da casa mia, solo che non avrei mai pensato che sarei stata circondata da estranei.
Quasi quasi preferivo restare a casa...
Quando spensero le luci ed iniziarono a contare sentii salire l'eccitazione, ma dicerto da me proveniva solo noia e disagio.
L'unico momento in cui mi ero sentita meglio e al sicuro, per quanto assurdo, era stato quando i miei occhi avevano incontrato quelli di Riccardo e mi aveva tolto di torno quel Ronnie che doveva essere ubriaco per voler provarci con me.
Avevamo scambiato due paroline un po’ imbarazzanti e poi me l'ero svignata, da codarda qual ero.
Ero sorpresa di vederlo ma non di trovarlo in quella festa, era logico che doveva essere della cricca.
Dopo essermi allontanata da lui ero andata in cerca di mia sorella che però non trovai. Poi avevano spento la musica, spento le luci ed iniziato a contare al rovescio e non c'è stato tempo per vedere dove si era cacciata Tamara. Avevo paura che stesse combinando qualcun'altra delle sue.
Poi ero finita in mezzo alla folla di ragazzi e con la cecità del semibuio decisi di aspettare che fosse il nuovo anno a braccia conserte.
Deprimente, vero?
Li sentii bisbigliare eccitati per il bacio di mezzanotte. Già, io non l'avrei dato a nessuno ... come sempre!
Ripensai al bacio con Riccardo ma scossi la testa per scacciare via quel pensiero ma un altro più cattivo lo rimpiazzò.
Chissà chi avrebbe baciato lui. Forse la prima tipa bionda che gli fosse capitato sotto il naso, o magari la sua ragazza. E perché non dovrebbe averla? Dopo tutti questi giorni doveva pur aver trovato qualcuna. Ma lui non era il tipo da storie serie, forse solo una "tipetta" che poteva usare a suo piacimento quando voleva.
Quel pensiero mi diede fastidio.
<< ... tre, due ... >>
Buon anno nuovo Mel! mi augurai sentendomi sola, ma fu solo per un attimo.
Qualcosa, o meglio qualcuno, mi afferrò sotto l'attaccatura dei capelli e mi strattonò verso di lui.
Le mie labbra combaciarono con delle altre morbide e carnose. Sentii odore di alcool e mi ribellai alla stretta.
Qualche pazzo ubriaco mi stava baciando, ma stranamente non riuscii a sentire ribrezzo.
La mano alla nuca divenne più ferma e l'altra libera mi avvicinò più a lui circondandomi la schiena.
Sentii le sue labbra avventarsi ancora sulle mie facendole praticamente sparire.
Il mio udito non percepì nient'altro che il mio cuore galoppare all'impazzata ed ignorare la festa con tutti gli altri che urlavano auguri e brindavano.
Presi un respiro profondo ed il suo profumo, ormai famigliare, mi riempì le narici e lo riconobbi.
Come se non fossi in me, la mia mano si fece strada sul suo petto, piacevolmente muscoloso per i miei ormoni, e con cautela gli sfiorai il mento e mi feci strada tra la sua barba ispida fermandomi sulla guancia.
Dischiuse le labbra ed il suo sapore mi inondò e ne volli ancora di più.
E quando sentii la punta della sua lingua sulla mia bocca andai in tilt!
Incominciò piano a lambirmi le labbra, poi preso dal desiderio incominciò a farsi strada tra i miei denti in cerca della mia.
Sapevo benissimo che se lo avessi lasciato fare sarebbe stato il mio primo bacio, non un bacio qualunque, il primo vero bacio. E se l'avessi fatto non sarei più tornata indietro.
Ma quella sera era il mio cuore a parlare e mi diceva: fallo, cazzo, fallo! e anche qualcosa tipo: ti prendo a pugni se non lo fai, è la tua occasione!
Naturalmente assecondai il mio cervello che mi diceva che era uno sbaglio e mi sarei cacciata nei guai.
Serrai la mandibola e mi immobilizzai sperando, ma in cuor mio il contrario, che capisse e mi lasciasse andare.
Lo sentii serrare anche lui la bocca in un moto di frustrazione e si staccò ma non mi lasciò andare dalle sue braccia che ancora mi sostenevano.
Con timidezza aprii gli occhi e lo guardai, sembrava preso dall'avvilimento e dalla rabbia repressa.
<< Scusa, io ... >> incominciò ma poi il suo sguardo si trasformò, sembrava quasi disperato.
<< Tu non sai quanto io ti ... >> si fermò di nuovo. Cosa aveva cercato di dirmi?
Stavo per chiederglielo ma mia sorella, in lacrime, si gettò su di me.
<< Ti prego portami via! >> mi scongiurò prendendomi in contropiede, e pensare che fino a qualche minuto fa ero io a volermene andare.
Guardai in faccia Riccardo che sembrava un po’ infastidito dall'intrusione, e un po’ sorpreso, come se già conoscesse mia sorella.
Cercai di scrollarmela di dosso ma senza successo, per fortuna tutti gli altri sembravano interessati a festeggiare che prestare attenzione a noi.
<< Che ti prende Tammy? >> le chiesi.
<< E' per quello stronzo di Piero ... >> mi sussurrò nell'orecchio per non farsi sentire da orecchie indiscrete, ma un singhiozzo la interruppe.
Alzai gli occhi al cielo e sospirai.
<< Ok, d’accordo! >> feci infine.
<< Vi do un passaggio? >> propose gentile Riccardo, ma non sembrò tanto preoccupato per mia sorella.
Stavo per declinare l'offerta ma mi resi conto che di certo Tamara non era in grado di guidare in questo stato.
<< Ok, grazie! >>
Mi aiutò a portarla nella sua Mazda e mi sedetti con lei dietro, in breve si addormentò sulla mia spalla.
Avrà di sicuro litigato con Piero, ma ero sicura che l'indomani avrebbe fatto pace andandoci a letto. Ormai ci ero abituata.
Per tutto il tragitto fummo in un silenzio imbarazzato.
Quando arrivammo svegliai mia sorella che scesa sorretta da me.
Al momento di chiudere la portiera mi voltai verso di lui e gli sorrisi un po’ imbarazzata.
<< Ti ringrazio! >> dissi. Lo vidi arrossire leggermente e cercò di non guardarmi in faccia.
<< Era solo dovere ... - rispose burbero per poi addolcire il tono - ci vediamo al bar! >>
Detto questo se ne andò sfrecciando sull'asfalto.



Mia sorella, come avevo previsto, fece pace con il suo amante proprio il giorno dopo. Mi dispiaceva tanto per quella poveretta della moglie, provavo una pena infinita per lei, e se da una parte volevo dirle tutto, dall' altra non potevo perché non potevo tradire mia sorella.
Anche se mi sembrava un ragionamento da ipocrita, il mio, restavo comunque in silenzio e con il senso di colpa.
Dopo la befana, Tammy se ne andò alla sua casa per studenti, anche se lei studente non lo era più, e finalmente potei sospirare sollevata.
Ma non senza prima infastidirmi con le sue domande da civetta-ficchetta!
<< Cosa c'è tra te e quel Riccardo della festa? ... Vi ho visto molto intimi. >> mi fece lei maliziosa.
Alzai gli occhi al cielo.
<< Macché intimi, a quello non lo posso vedere ed il sentimento è reciproco. Ma tu, piuttosto, puoi farti gli affari tuoi?! >> risposi a tono infastidita dalla sua curiosità che avevamo preso entrambe da papà.
Lei sbuffò contrariata e sospettosa.
<< E allora perché stavate così vicini ad un palmo dal naso? >> chiese ancora insistente.
Stavo per ribattere quando mi ricordai che lo aveva chiamato per nome.
<< Aspetta, tu lo conosci? >> le chiesi io stranita, ma poi perché, visto che la festa era di Piero ed era molto probabile che tutti conoscevano tutti tranne me, ovvio!
<< Beh, ci ha provato con me quella sera ... >> rispose tranquillamente.
Fui invasa dalla delusione e dalla sensazione che non io gli sono mai interessata veramente, che stupida che ero.
Ma più forte fu la rabbia che crebbe.
Appena Tamara se ne fu andata chiamai fabi, non volevo più tenerla all'oscuro di niente.
<< Tesoro lui non è innamorato di te, o almeno non ancora, anche credo che stia iniziando a provare qualcosa per te oltre all'attrazione. Ma devi anche capire che è comunque un ragazzo, ovvero ha un solo neurone nel cervello, perciò quando vede una bella ragazza se lo brucia quell'unico eremita solitario che vive nella sua bella testolina! >>
Fu la sua risposta che, per fortuna, mi convinse a non ucciderlo per averci provato con mia sorella e poi con me.
E quando poi le vacanze natalizie finirono non potei più nascondermi e dovetti affrontarlo.
Salutai mia madre di sfuggita ed andai al lavoro.
Per tutto il tempo il cuore non smise di martellare un secondo.
<< Come mai oggi silenziosa? >> mi chiese Mirko educatamente.
Feci spallucce.
<< E che sono un po’ giù perché le vacanze sono finite, sai com'è! >> gli dissi lanciando lì una frase a cavolo.
Lui annuì comprensivo.
<< Ti posso capire ... ehm, posso chiederti una cosa? >> mi domandò mentre lui preparava il caffè ed io pulivo il bancone.
<< Certo! >> risposi sorridendogli ma me ne pentii subito.
<< Ehm, ti andrebbe di uscire con me oggi? >> propose imbarazzato. << Solo come amici, intendo! Al Cinema o a fare una passeggiata in centro, ti va? >> aggiunse subito dopo pensando di avermi fraintesa.
Arrossii. Era la prima volta che qualcuno, un ragazzo, mi chiedesse di uscire.
E poi aveva detto solo come amici perciò non avevo nulla da temere. Ma anche se fosse? Lui era un bel ragazzo, e se provava qualche interesse per me perché lasciarmelo scappare per un tipo che odio?
<< Mi piacerebbe tantissimo, a che ora ci vediamo? >> gli dissi e lui sorrise sollevato ma anche un po’ amareggiato e non seppi il perché.
<< Sinceramente non mi va di andare a casa a cambiarmi e poi uscire di nuovo, ti va bene se invece usciamo direttamente dopo il lavoro? >> chiese cortese.
<< Ah ok, per me va benissimo! >> gli risposi ricordandomi di avvisare mia madre e di mandare un messaggio a Fabi che sembrò molto entusiasta dell'idea e mi parve anche un po’ falsamente sorpresa e questo mi insospettì, ma non mi diede tempo di chiederle spiegazioni che cadde la linea.
Continuai a lavorare, ma nemmeno il pensiero dell'uscita con Mirko mi distrasse dai miei pensieri ansiosi.
Servii due tazze di latte caldo ad una coppia di anziani che mi regalarono un sorriso dolcissimo, e anche la mancia, e sentendo lo sgabello accanto cigolare per la nuova presenza di una persona mi girai.
Quasi ebbi un infarto quando lo vidi con il suo sorrisino strafottente e un po’ malizioso. Mi sorpresi a vederlo seduto sullo sgabello vicino al bancone e non al suo solito tavolo.
Diedi un'occhiata a quest'ultimo ma era vuoto. Bah!
<< Buonasera bellezza! >> esclamò verso di me con la voce un po’ troppo alta, forse per sfottermi davanti a tutti.
Lo odiavo quando faceva così!
<< Sera ... ancora qua? ... cosa vuoi? >> Chiesi ironica.
Ghignò appena, sembrava di buon umore.
<< Una tazza di cappuccino e un bacio! >> rispose.
Andai a prendergli la tazza ignorando la seconda cosa che voleva ed incontrai lo sguardo un po’ lucido e un po’ preoccupato di Mirko. Gli feci cenno con la mano che andava tutto bene e mi sorrise.
<< Grazie dolcezza! >> mi disse poi quando gli porsi ciò che mi aveva chiesto.
<< Ma tu non vai mai a lavorare? Insomma, non ti vedo mai in servizio... >> gli chiesi curiosa.
Si strinse nelle spalle.
<< Essere il nipote di un generale ha i suoi vantaggi! >> rispose semplicemente bevendo un sorso.
Scossi la testa. Ma che razza di risposta era? Solo perché era il "nipote del generale" pensava di poter fare quello che gli pareva?!
Che tipo ...
Continuò a sorseggiare il liquido caldo guardandomi per tutto il tempo e quando poi ebbi qualche minuto di tempo mi avvicinai a lui e mi chinai sulla superficie del bancone.
<< Che c'è dolcezza, vuoi già le coccole?! >> mi fece lui sorpreso dal mio gesto.
<< No, idiota! Volevo solo avvisarti che Tamara, la ragazza della festa, quella che era insieme a me, è mia sorella... >>
Lui mi guardò sorpreso e sospettoso.
<< E allora? >>
<< E allora ti pregherei di non flirtare con lei e poi con me. E' disgustoso! >> feci io allontanandomi sotto il suo sguardo scioccato ed imbarazzato.
Purtroppo non se ne andò, ma rimase lì seduto fino alla fine del mio turno.
<< Quando mi vide uscire dallo spogliatoio pronta per ritirarmi ed aspettare Mirko, lo vidi pagare il conto ed avvicinarsi a me.
<< Ok, andiamo! >> annunciò prendendomi per il braccio.
Lo fermai stranita.
<< Che stai facendo? >> gli chiesi.
Lui sembrò confuso dalla mia domanda e rispose come se fosse ovvio.
<< Ti do un passaggio a casa! >>
<< Ok, ma io non lo voglio. Non mi serve, grazie! >> gli risposi a tono.
Lui sbuffò.
<< Dai non ricominci... >> iniziò ma giunse Mirko che mi mise un braccio attorno alle spalle tirandomi verso di sé e guardando Riccardo a mo’ di sfida.
<< Mel, se hai finito di parlare con lui, andiamo al cinema. Stiamo già facendo tardi! >> mi disse guardando però Riccardo che sgranò gli occhi appena e mi guardò.
Io, da stronza qual ero diventata, sorrisi maliziosa.
Vidi la sua faccia diventare una maschera di ghiaccio e di sufficienza.
<< Voi uscite insieme? >> chiese ironico, ma non c'era niente di simpatico nella sua voce.
<< Si! >> rispose Mirko sfacciatamente << ... e adesso se vuoi scusarci, noi dovremmo andare! >> disse ma non aspetto una risposta dell'altro.
Rimase lì impalato, e probabilmente anch'io, se non fosse per il biondino che mi trascinò fuori.
<< Scusami non volevo essere maleducato, ma mi sembra il tipo che sembra che tu gli appartenga! E mi da fastidio perché non è così... o sbaglio? >> mi chiese una volta fuori mentre ci dirigevamo al cinema.
Teneva ancora il braccio sulle mie spalle ed il calore mi confortò ma non potei fare a meno di confrontarlo con il calore di Palmieri che sentivo ogni volta che mi toccava.
Era diverso, per Mirko sentivo sensazioni amichevoli e simpatiche ... mentre per Riccardo ogni volta sentivo il fuoco ardere come se ci fosse un sole schiacciato tra di noi.
<< Non preoccuparti, hai fatto bene. Odio quando mi tratta in quel modo che sembra prendermi continuamente in giro ... >> risposi io rassicurandolo.
Andammo a vedere un film appena uscito e per fortuna non si basava su un argomento romantico e quindi imbarazzante.
Scelse un film di avventura, molto carino che mi piacque.
Quando uscimmo decidemmo di fare una passeggiata e chiacchierammo senza sosta, fino in centro, del film.
Ci comprammo dei gelati, anche se l'estate era ancora molto lontana, e ci sedemmo a mangiarli su una panchina.
<< Come va la scuola? >> mi chiese poi.
<< Bene, finalmente questo è l'ultimo anno e ci stiamo esercitando per gli esami! >> risposi. Lui annuì.
<< E hai intenzione di frequentare l'università? >> mi chiese.
Ci pensai su.
<< Sinceramente non ci ho proprio pensato. Ma non ho una preferenza in qualche campo, credo che forse mi dedicherò a tempo pieno al lavoro! >> gli risposi.
<< Mm, capisco ... >> mormorò lui sovrappensiero.
<< E tu? Vai ancora a scuola? >> gli domandai curiosa io.
<< No. Quando avevo iniziato l'università l'anno scorso, iniziarono a circolare delle voci sul mio conto ... il problema era che erano vere e io non riuscivo a sopportare il peso di questa verità che mi ho sempre cercato di nascondere, persino a me stesso. Perciò ho lasciato la scuola da codardo e tutt'ora ho paura che qualcuno sveli il mio segreto! >> mi confessò serio.
<< Non dirmi che hai ucciso qualcuno? >> chiesi dopo un silenzio teso, per risollevargli l'umore.
Scoppiò a ridere e mi unii anch'io.
Chissà che segreto nasconde! Mi chiesi ma non lo dissi a voce alta, era fatti suoi.
Sospirò dopo essersi calmato.
<< Sai, sono stata benissimo con te stasera. Sei un ottimo amico, dovremo rifarlo! >> dissi io sorridendo.
Mi sentivo bene e a mio agio con lui quasi quanto Fabi.
Mi mise una mano sul ginocchio, ma non mi preoccupai.
Il suo sguardo triste e rassegnato non mi mise in allarme.
<< Scusami ... >> fece guardandomi poi negli occhi. Lo ricambiai confusa.
<< Per cosa? >> chiesi io.
<< E' stata la tua amica Fabiana a scongiurarmi di chiedermi di invitarti ad uscire, ma non fraintendermi, l'ho fatto anche volentieri! >> mi disse.
<< Mi dispiace, avvolte è troppo invadente. Non doveva, e anche tu non dovevi invitarmi non sei obbligato! >> gli feci io mortificata.
Lo vidi scuotere velocemente il capo. << No, no non fraintendere. Te l'avrei comunque chiesto, sei una brava ragazza, simpatica, generosa e anche bella! >> si spiegò lui facendomi arrossire.
<< Ma non voglio prenderti in giro ... io non sono ciò che pensi ... >> mi disse poi titubante guardando con interesse l'asfalto.
<< In che senso, spiegati! >>gli domandai stranita.
<< Quando ti  ho vista la prima volta ho subito capito che potevamo essere amici, che mi potevo fidare di te. >>
<< Ed è così! >> esclamai io posandogli una mano sulla spalla.
<< E quando ti ho vista servire a quell'uomo di prima, mi sono ... ingelosito! >> ammise mortificato.
Io mi sentivo lusingata ma anche un po’ intimorita: allora gli piacevo?
<< Beh ... ehm ... non so che dire. Ma non mi dispiace se tu, insomma, se io ti piaccio! >> dissi tutto d'un fiato vergognandomi subito dopo.
Lui mi guardò strano, un po’ sorpreso.
<< Ma io non ero geloso di lui ... >> disse senza finire la frase ed aspettò che io recepissi bene il messaggio.
Ma sentivo solo un ronzio nella mia testa.
Ha appena detto che non è geloso di lui, ma allora ... di chi era geloso? Di me? In che senso?
<< Ti si vede il fumo uscire dalle orecchie, non ci pensare molto o ti si fonde il cervello! >> mi fece lui ridendo un po’ nervoso.
Aprii la bocca per dire qualcosa ma non mi uscì niente. Perché non sapevo che dire, e non avevo capito ancora cosa cercava di confessarmi.
<< Sono geloso di te! ... ok, adesso dovresti capire qual è il mio segreto. >>
Aspettò una decina di minuti ma io non la smettevo di guardarlo interrogativa. Forse mi era sfuggito qualcosa?
<< Oh, insomma, quanto ci vuole per capirlo?! Sono ... Mi piace il tuo amico! >> disse infine sussurrandomelo per non farsi sentire dai passanti.
Per la seconda volta rimasi senza parole.
Ma come sarebbe a dire che gli piaceva Riccardo? O forse aveva detto amica, cioè Fabi?
Non ci stavo capendo niente!
Alla mia solita espressione smarrita sospirò rassegnato alzando gli occhi al cielo.
<< Sono gay, Melissa! >> esclamò esasperato sempre sottovoce.
Ah, ecco cosa intendeva dire ... che era gay .... Aspetta, cosa?
La mia mascella si spalancò scioccata e gli strappai una risatina.
Di colpo smise di ridere e la sua faccia sbiancò appena.
Seguii il suo sguardo oltre la mia schiena e vidi ciò che non volevo vedere.
Riccardo abbracciato ad una ragazza, bionda, e mi fissava in silenzio.
L'aveva fatto apposta, di sicuro.
Sapeva che sarei uscita stasera e adesso vuole farmi incavolare con quella!
Cavolo ma perché non mi lasciava in pace!?
Sentii sbuffare il mio amico che all'improvviso mi prese il mento e girandomi verso di lui mi baciò.
Si, proprio così, mi stava baciando!
Ma non era gay, fino ad un momento fa?
Lo guardai negli occhi e vidi una richiesta silenziosa e disperata, ma non credo che l'avesse fatto perché è diventato etero in questo momento.
Si staccò velocemente e mi strizzò l'occhio con fare cospiratorio.
<< Era per ingelosirlo! >> mi mormorò prima di mettersi una maschera dura e fredda da finto fidanzato e guardare dietro di me.
Ero ancora troppo scioccata per capire che Riccardo si era avvicinato trascinandosi quella poveretta bionda che sembrava confusa.
Non ebbi il tempo di alzare gli occhi che sentii strattonare così bruscamente che mi alzai dalla panchina su cui ero seduta poco fa.
Finalmente lo guardai confusa e un po’ arrabbiata dai suoi modi.
<< Che c'è? >> gli feci.
lui strabuzzò gli occhi irritato.
<< E me lo chiedi anche? Prima mi baci a capodanno e poi baci questo qui? Sei per caso una facile? >> mi domandò esasperato.
<< Cosa? Senti per prima cosa mi hai baciato tu, tutte e tre le volte e poi cosa te ne importa?! Non sono mica la tua ragazza! Perciò posso fare quel che mi pare. >> esclamai arrabbiata.
<< Che significa, questa qui ti ha baciata? >> chiese sbigottita e disgustata la biondina, la guardai in cagnesco.
<< Non sono stata io, ma lui. Chiaro? >> dissi io decisa, avevo un orgoglio da difendere.
Riccardo la ignorò teatralmente e ne fui segretamente soddisfatta.
<< Ho bisogno di parlarti... in privato! >> mi disse lui.
Incrociai le braccia ostinata.
<< Qualsiasi cosa tu abbia bisogno di dirmi puoi farlo anche davanti al mio ragazzo e alla tua. >> risposi io senza pensarci. Ma credo che a Mirko non dispiaccia farlo ingelosire. Peccato solo che non aveva nessuna speranza con lui perché una persona più etera di lui non esiste.
Sentii il braccio del mio amico circondarmi le spalle in segno che mi stava approvando in quel momento.
Vidi negli occhi di Palmieri un lampo di risentimento e di delusione. Sembrava che l'avessi ferito con queste parole, ma probabilmente mi ero sbagliata.
<< Bene allora ... credo che finalmente noi due non abbiamo più niente da discutere. E non credo ci rincontreremo mai più, ognuno andrà per la sua strada, Tu con il tuo ragazzo ed io con le mie ragazze. >>
Detto questo se ne andò con quella tipa lasciandomi delusa.
Mi sedetti sulla panchina e lo stesso fece Mirko.
<< Scusami avrei dovuto dire qualcosa per difenderti ma volevo lasciarti libera di dirgli ciò che pensavi >> mi disse poi un po’ mortificato.
Appoggiai la mano sul suo ginocchio per confortarlo.
<< Stai tranquillo hai fatto benissimo. >> gli feci sorridendo appena.
<< Sai devo rassegnarmi. Purtroppo io e lui non potremmo mai stare insieme! >> ammise sconsolato.
<< Ma mi spieghi cosa ti piace di lui? >> gli domandai curiosa.
<< Lo stesso vale per te! Comunque credo che mi è piaciuto dalla prima volta che l'ho visto al bar. S'era messo seduto al tavolo con quel giaccone e quelle labbra carnose che ... >> incominciò ma lo interruppi un po’ disgustata.
<< Ok, ok a parte l'attrazione fisica? >>
Sembrò pensarci un po’ su e poi sorrise sognante guardandomi negli occhi.
<< Io sono un bravo lettore, riesco a leggere nelle anime delle persone. Fatto sta’ che guardandolo, ogni pomeriggio, mi sono accorto che per tutto il tempo non fa altro che indossare una maschera, ma credo che in fondo sia molto diverso da ciò che sembra. Avvolte vedo i suoi occhi diventare tristi, come se celassero un dolore passato. >> ammise.
<< Cioè mi stai dicendo che forse lui per un dolore del passato sia cambiato? >> gli chiesi conferma.
<< Si, può darsi. Comunque tornando a noi, lui mi sembra molto preso da te, e come vedi è anche un po’ geloso e possessivo ma è troppo orgoglioso per ammetterlo ... >> disse guardandomi comprensivo.
<< Ti rivelerò un segreto anch'io ... credo di essermi presa una bella cotta per lui! >> gli feci un po’ in imbarazzo.
Lui mi guardò invidioso, poi mi sorrise amichevole.
<< Mm, io credo che tu ne sia innamorata! >> concluse lui con un aria da chi la sa lunga.
Sospirai rassegnata. << Credo proprio che tu abbia ragione ... >>





Spoiler pros. cap.:

-
<< Non è abbastanza! >>
   << Cosa non è abbastanza? >>

    << Io! … io non sono abbastanza per darti quello che vuoi, quello di cui hai bisogno. E tu, sei più di quanto io possa mai ricevere!  
         Tu vuoi la sicurezza di un rapporto solido fondato sulla fiducia, ma io non potrò mai essere in grado di dartelo. Perché io sono ciò che sono. >>


Ciao ragazzeeeee!!!
Sono sicura al cento per cento che il vi ha scioccato, o almeno un pò, questo capitolo.
E se non vi è piaciuto aspettate che arrivi l'altro, vi prometto che sarà molto più scioccante e romantico.
Ringrazio tutti i nuovi e i vecchi che ce l'hanno nelle seguite, nelle preferite e nelle ricordate.
Un bacione a ssaphiras che recensisce esprimendo la propria opinione e i complimenti apprezzati.
Alla prossima!

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Capitolo 9
*** It's not enough! ***


chap09 09. It's not enough!








<< When I said I want more,
I got no more.
You were stealing me away!

Oh...

It’s not enough, it’s not enough to get me
what it is I want.
It’s not enough, it’s not enough to get me
everything I need.
And I, I wish it was.
I think it’s time,
to give this up... >>

- It's not enough, Avril Lavigne -


<< Quando ho detto che volevo di più,
non ho ottenuto di più.
Mi hai rapita!
 
Oh ...
 
Non è abbastanza, non abbastanza per farmi avere
quello che voglio.
Non è abbastanza, non è abbastanza per farmi avere
ogni cosa di cui ho bisogno.
E io, io l’avrei voluto.
Penso che sia tempo,
di arrendersi ... >>






Mirko si rivelò essere un buon amico e mi riaccompagnò anche a casa.

Lo salutai con un bacio sulla guancia.

<< Ah, comunque ti avverto che non rinuncerò a lui. Perciò tieni gli occhi aperti! >> mi avvisò mimando con le dita il segno che mi teneva d’occhio.

Risi un po’ istericamente, mi sembrava ancora strano che fosse gay, non lo dimostrava affatto. Eppure Riccardo me l’aveva detto che era un fin … no un omosessuale.

Ma probabilmente lui lo faceva solo per ripicca nei miei confronti, forse non lo pensava veramente.

Arrivai al portone ma prima di suonare il citofono presi il cellulare e chiamai Fabiana.

<< Pronto? >>

<< Fabi sono io … noi due dobbiamo parlare! >> le intimai ma senza arrabbiarmi troppo.

<> chiese lei fintamente ingenua.

<< Gli hai chiesto di uscire con me?! Ma come ti è venuto in mente? >> le alzai contro.

<< Beh, tesoro se non lo facevo io tu non ti decidevi mica … >> mi rispose. Alzai gli occhi al cielo.

<< Devo ammettere che sono stata molto contenta che siamo usciti, è una bravissima persona … >> dissi ma la sua parte pettegola mi interruppe.

<< Dimmi tutto e non tralasciare i dettagli. E’ bravo a baciare? >> partì a raffica.

<< Siamo andati al cinema e poi abbiamo passeggiato fuori e … abbiamo incontrato quel dongiovanni di Riccardo Palmieri che stava abbracciato con una ragazza >> feci una smorfia pronunciando l’ultima frase.

<< E poi che è successo? >> chiese in ansia.

<< Beh, sembrava quasi volesse marchiare il territorio solo perché mi ha dato quel bacio a Capodanno. Se non lo conoscessi direi che era geloso, ma stiamo parlando di lui perciò probabilmente era solo per divertirsi. Comunque io l’ho messo al suo posto e lui se ne andato >> finii orgogliosa di me stessa.

<< COSA? Ha davvero marcato il territorio? >>

<< Così sembrava … >> le risposi incerta mordendomi un unghia.

La sentii sospirare ed aspettò un po’ per rispondermi, intanto mi appoggiai al portone e mi coprii per il freddo. Avevo le mani congelate!

<< La cosa si fa interessante… Comunque non hai risposto. E’ più bravo Mirko o Riccardo a baciare? >> chiese maliziosa facendosi già tutti i film mentali.

Arrossii: cento volte più bravo Riccardo!

<< Veramente Mirko mi ha baciata per far ingelosire Riccardo, ma e impossibile dato che quest’ultimo non mi calcola nemmeno . >> feci io.

<< Ma certo che si è ingelosito, solo che gli unici che ancora non lo sanno siete tu e lui. Marco mi ha già detto che in questo periodo lo vede strano e confuso, e la ragione sei tu! >> disse decisa.

Alzai un sopracciglio ma prima che potessi ribattere mi precedette.

<< Allora, chi è più bravo? >> insistette.

<< Ma smettila, non lo so! >> sbuffai.

Rise divertita, forse già conoscendo la risposta.

<< Dovrò segnarmi questa data sul calendario. Il giorno in cui finalmente ti sei fidanzata! >> fece lei trionfante.

<< Ferma, guarda che non ci siamo messi insieme. >> dissi facendo scoppiare la sua bolla di gioia.

<< Ma come no? Vi siete baciati … >>

Scossi la testa come se lei potesse vedermi oltre la cornetta.

<< Abbiamo parlato e mi ha confessato che gli piace qualcun altro. >> le informai.

Ma non accennai al fatto che lui potesse essere dell’altra sponda. Avevo fatto una promessa a lui, non potevo non mantenerla. Anche se si trattava della mia migliore amica, spettava a lui dirlo, non erano affari miei.

Continuammo a parlare per un po’, era curiosa di sapere chi era questa persona ma io evitai sempre argomento, stufa di sentirmi vaga mi salutò e chiusi la chiamata anche perché stavo praticamente dormendo in piedi.

Appena alzai lo sguardo vidi un lampo blu. Mi concentrai meglio per vedere nel buio e mi accorsi di una Mazda blu metallica parcheggiata proprio di fronte al mio stabile. Il mio cuore salì in gola.

E con il suono martellante nelle orecchie citofonai a mia madre che doveva essere arrivata lì da una mezz’ora.

Che diavolo ci faceva qui? Mi spiava? Quando mi aprì il portone fui lieta di entrarci e richiuderlo immediatamente dietro di me.

Non gli rivolsi nessuna occhiata perché ero un po’ codarda, ma anche perché non riuscivo ad intravederlo oltre il finestrino per colpa del buio e dei mancanti lampioni.

Ma no, forse mi sbagliavo. Non poteva essere lui, e poi non c’era solo la sua Mazda in tutta la città.

Salii le scale strascicando un po’ i piedi dalla stanchezza. Purtroppo abitavo al terzo piano e non c’erano ascensori.

Stavo per suonare alla mia porta, con il fiato corto per l’affanno, ma mi accorsi che era già socchiusa.

Entrai e chiusi sfilandomi il giubbotto e lo agganciai al all’appendiabiti.

Attraversai il corridoio passando accanto alla cucina e mi diressi in camera dove lanciai con irruenza la borsa sul letto e poi scalciai le scarpe facendole finire distanti l’una dall’altra.

Notai il tomo sulla scrivania e sbuffai sconsolata, mi aspettava una notte in bianco: stupidi esami!

Andai in bagno. Presi un elastico, con cui mi legai i capelli, e mi lavai la faccia me l’asciugai e dopo aver finito di fare i miei bisogni tornai in cucina.

Mentre, nel corridoio, mi stavo avvicinando alla cucina, sentii delle voci. Forse mamma aveva delle visite?

Ero stata una maleducata a non salutare prima.

Varcai la soglia e rimasi  scioccata.

Un ragazzo sui vent’anni seduto al mio tavolo, e stava mangiando nel mio piatto e chiacchierava con mia madre!

Non poteva succedere questo a me…

<< Me?! Guarda chi è venuto a trovarti. >> mi disse mia madre sorridendo come un ebete. Le rivolsi uno sguardo indagatore, da dove veniva tutta questa gioia nell’avere in casa il nemico? Era ubriaca?

<< Ho visto! >> risposi brusca ma lei non se ne accorse e mi indicò di sedermi alla sedia tra loro due.

Lo feci guardando di traverso lui.

<< Mi stava raccontando dell’accademia che ha frequentato … >> mi spiegò mia madre che sia appoggiò ad un braccio con fare sognante.

Cos’era cambiato? Fino al giorno prima lo odiava per avermi fatto lasciare il lavoro per le sue pretese oscene e adesso  lo stava guardando come se fosse innamorata di lui.

Disgustoso! Pensai rabbrividendo.

Lo vidi sorridere gentilmente come non l’avevo mai visto e le raccontò di quanto sforzo aveva impiegato per superare le prove pratiche di resistenza e di quanti amici, che adesso ha perso di vista, che aveva incontrato lì a Modena.

Tutto molto interessante, per non dire noioso. Ma ciò che catturò la mia attenzione fu il modo di rivolgersi a mia madre, in un tono totalmente diverso verso di me.

<< Come mai sei venuto a trovarmi? E’ tardi! >> gli chiesi a denti stretti con un sorriso tirato e mandandogli sguardi di fuoco. Ma  fu mia madre a rispondere per lui.

<< Questo caro ragazzo è un tesoro. E’ venuto a scusarsi con te per il comportamento e vuole restituirti il lavoro nella casa di suo padre, con un aumento anche! >>sprizzò gioiosa lei.

<< Purtroppo non potrò ridarti il lavoro all’editoria, ha già assunto qualcun altro … >> fece Riccardo sembrando davvero dispiaciuto.

Cosa stava tramando? Prima se ne va tutto incazzato e poi mi aspetta a casa parlando con mia madre e per giunta con l’intenzione di ridarmi il lavoro. Ma non ci sarei cascata.

<< Beh, ti ringrazio ma non posso accettare! >> risposi io con un sorrisetto maligno.

<< E perché no? Guadagnerai di più! >> esclamò lei. Allora è per questo che non lo ha ancora cacciato via.

Sospirai per non sbuffare irritata.

<< Ho già preso un impegno con Jimmy non posso tirarmi indietro, che figura ci farei mamma? >> le dissi io cercando di convincerla, ma niente.

<< Sistemerò tutto io, domani mattina. Potrà sempre trovare un’altra persona! >>

<< E allora potrà anche Riccardo trovarne un’altra per pulire casa sua, no? >> insistetti io. Mi accorsi, con la coda dell’occhio che il sottoscritto aveva sussultato quando l’avevo chiamato per nome. Ricordai velocemente mentalmente che era la prima volta che lo chiamavo per nome, a parte i miei idiota, stronzo o pervertito…

<< Quando potrà cominciare? >> gli chiese lei ignorandomi teatralmente. La guardai storto ma non mi prestò attenzione, mi rivolsi a lui avvertendolo di non provarci ma sembravano coalizzati contro di me.

<< Anche domani, se è possibile, alle quattro e mezza. E non si preoccupi dell’orario, la riaccompagno io a casa! >> rispose Palmieri solenne.

Volevo spaccare la testa a tutti e due.

Mi alzai da tavola rumorosamente e mi allontanai dalla cucina, frustrata.

<< Dove vai? >> mi urlò dietro mamma.

<< A studiare! >> le dissi stizzita, anche se non ne avevo nessuna voglia.

<< Ma salutalo almeno, non fare la maleducata! >> mi sgridò.

Lo salutai sbattendo la porta della mia stanza così avrebbe capito che per me non era desiderato a casa, almeno non quella sera.

Mi buttai sul letto e chiusi gli occhi.

Mezz’ora dopo sentii la porta dell’ingresso chiudersi con un tonfo. Finalmente se ne andato!

Velocemente mi misi sotto le coperte completamente vestita e me le tirai fin sopra le orecchie e finsi di dormire.

Poco dopo sentii la porta della mia camera socchiudersi. Sapevo che mi avrebbe fatto una sfuriata sulla maleducazione che avevo avuto nei confronti di quell’idiota, perciò mi ero prevenuta fingendomi addormentata.

La sentii sgusciare via con uno sbuffo e riaprii gli occhi per poi richiuderli con stizza pensando a domani.

<< No, non ci vado! >> mi impuntai ma neanche lei scherzava.

<< E invece si! Smettila di fare la bambina o questo fine settimana lo passi da tuo padre! >> mi minacciò.

Non è giusto, questo era sleale. Stava giocando sporco.

<< Mamma ma ti ricordi il motivo per cui mi ero licenziata? >> le feci sconcertata e irritata.

<< Certo che mi ricordo, ma tu ora sei senza lavoro e poi l’ho conosciuto e mi sembra proprio un bravo ragazzo! E me l’ha confermato anche Fabiana! >> spiegò lei ficcandomi con la forza il cappotto. E’ certo che adesso ti sembra un bravo ragazzo, è bravissimo a recitare quell’idiota!

 Aspetta, Fabiana? Anche lei? Ma da che parte stava, prima mi dice di stare attenta a lui e poi mi manda tra le braccia del lupo insieme a mia madre.

Mia madre non era cattiva solo che non riuscivo a capire questo suo atteggiamento da ipocrita lunatica. Starà andando in menopausa?

<< Ok, d’accordo, ci vado! Ma poi non lamentarti se sul giornale c’è scritto che una ragazzina di diciassette anni è scomparsa! >> le risposi io un po’ a tono.

<< Cercherò di adeguarmi! >> fece lei di rimando.

Le strappai di mano la borsa che continuava a far penzolare davanti alla faccia e me ne andai prima che mi mollasse uno schiaffo.

Aspettai alla fermata dell’autobus ed intanto pensai se era il caso di non andare, senza dirlo alla mamma. Potevo svignarmela …

Mi vibrò la tasca, presi il cellulare e lessi il messaggio.

-Vai dritto a casa sua e non scappare!

Guarda che lo chiamo e ti faccio venire a prenderti con la forza.

 Ti voglio bene, Mamma.-

Alzai gli occhi al cielo, mi aveva letta nel pensiero. Addio piano per la libertà.

Chissà cosa avrebbe pensato Mirko quando gli avrebbero detto che non lavoravo più al bar?! Come l’avrebbe interpretato …   mi interrogai sovrappensiero salendo sul numero esatto che mi avrebbe portato direttamente dal diavolo in persona.

Mezz’ora di viaggio, che passò in un baleno, e scesi alla fermata.

Camminai dritta e lentamente verso casa sua.

Ci misi un po’ per suonare il campanello. La mia indole timida mi portava ad essere molto orgogliosa.

Se da una parte quei soldi mi servivano, dall’altra mi rendevano stupida ad essere in quel momento di fronte alla sua porta.

Me era anche vero che ero molto curiosa, quindi volevo sapere cosa aveva in mente. Anche se sapevo che me ne sarei pentita.

Il mio dito spinse indeciso il bottone e il campanello suonò facendomi salire il cuore in gola per l’ansia di rivederlo: infondo avevo scoperto che mi piaceva!

Trenta secondi dopo la porta si aprì rivelando un ragazzo con un sorriso d’ebete stampato sulla faccia.

Incrociai le braccia e lo guardai storto.

<< Posso sapere che cavolo vuoi ancora? >> feci io senza nemmeno salutarlo.

Lo vidi prendersela comoda senza lasciare il suo sorriso da scemo, poggiandosi sulla porta.

Fece spallucce. << Quella che c’era prima non andava bene … >>

<< Nel senso che non riuscivi a portartela a letto? >> dissi io disgustata.

<< Ma no, intendevo che non era brava nelle pulizie. >> rispose inventando sul momento.

Sbuffai piano, poco ci credevo.

<< E hai deciso di chiamare proprio me? Con tutte le persone più qualificate? >> chiesi scettica.

Fece finta di pensarci su. << Si! >>

Rotei gli occhi ed entrai senza che mi invitasse lui.

Posai la borsa sul divano del salotto, che conoscevo bene, e lo sentii chiudere l’ingresso. Misi le mani sui fianchi ed aspettai che mi raggiunse.

<< Puoi iniziare dalla mia camera … >>iniziò lui un po’ malizioso.

<< Certo, come no. Inizierò dalla cucina! >> gli risposi io dirigendomi proprio lì.

Rise divertito, ma non ci trovai niente di scherzoso.

Mentre davo una pulita per terra, si sedette al tavolo da pranzo e si mise a leggere una rivista di …     ragazze  tettone?!

Distolsi subito lo sguardo infastidita e ripresi il mio lavoro.

<< Mi sono dimenticato che mio padre ha bisogno del tuo numero, nel caso gli servisse per il tuo lavoro. >> disse poi disinteressato, o così credeva di apparire.

Mi appoggiai al manico di scopa e lo guardai scettica.

<< Veramente ha già quello di casa mia. Glielo dato quando mi ha assunta! >> risposi stando al suo gioco.

<< Dice che l’ha perso e che comunque gli serve anche quello del tuo cellulare! >> fece lui continuando a guardarsi la sua rivista porno.

<< Quando torno a casa lo chiamo e glielo do! >>

<< Non sta mai al telefono … >> insistette lui.

<< E allora che glielo do a fare? >> risposi io trattenendomi dal ridere.

<< Potrebbe anche delegare un suo assistente o me! >> ipotizzò lui.

Scossi la testa e ripresi a spazzare.

<< Allora? >> chiese.

<< Allora cosa? >> domandai io prendendomi gioco di lui.

<< … il numero. Me lo dai o no? >> fece esasperato.

<< Ci stai provando per caso? >> dissi fintamente sconcertata.

<< Chi, io? Con te? … e se anche fosse? >> domandò spiazzandomi.

Lo guardai sorpresa e lo vidi in imbarazzo.

<< Perché non ci provi con le ragazze tettone?! >> risposi acida.

Lui parve confuso ed io gli indicai la rivista che aveva in mano. La guardò e la lasciò cadere sul tavolo come se si fosse appena accorto di averla.

<< P-pensavo fosse di moto … >> si scusò e mi sembrò sincero.

<< Beh, la carrozzeria c’è l’hanno entrambi! >> borbottai io.

La casa divenne così lucida che mi ci potevo specchiare, e ogni volta che cambiavo stanza lo sentivo seguirmi. Quando gliene diedi conto, un po’ infastidita, mi disse che voleva controllare il mio lavoro. Ma qualcosa mi diceva che non era questo il motivo!

<< Ho finito. Ci vediamo! >> feci io evasiva sperando che non si ricordasse che lui aveva assicurato a mia madre di portarmi a casa.

<< Dove credi di andare, furbetta? >> disse lui.

Mi girai e lo trovai appoggiato al tavolo con il mazzo di chiavi che gli dondolava dal dito.

Gli feci cenno di fare strada esasperata. Non vedevo l’ora che la giornata finisse, ma sapevo, in cuor mio, che desideravo che non finisse mai.

Salimmo in auto, e appena fece partire il motore accesi la radio per evitare silenzi imbarazzanti.

Ma appena sfiorai il tasto di accensione, il cd che stava già dentro, aveva il volume ad altissimo volume e mi fece sobbalzare spaventata.

Lo vidi abbassarlo ridendo della mia reazione da stupida e per ripicca, girai la testa dall’altra parte, appoggiando il viso sulla mano.

Si schiarì la voce un po’ nervoso e poi mi chiese: << Stai davvero con quel … ragazzo!? >> chiese stringendo i denti per la rabbia per l’ultima parola.

Mi voltai a guardarlo e lo vidi evitare il mio sguardo.

<< Perché me lo chiedi? Che ti importa? >> feci io.

Si grattò il mento. << Bah, niente… Era tanto per chiedere. >> disse vago.

<< Non sei obbligato a riportarmi a casa. Posso dire a mia madre che lo hai fatto … >> gli dissi io senza nessun senso.

Mi guardò con uno sguardo caldo e protettivo che mi sciolse.

<< Ma io lo voglio! >> mi rispose deciso. Arrossii e mi voltai di nuovo dall’altra parte per non farmi notare.

<< Resta un altro po’ con me … >> mi fece poi, persuasivo, quando arrivammo. Neanche me ne accorsi che eravamo già a casa mia.

Sospirai, per l’ennesima volta dovevo tracciare un confine o altrimenti mi sarei fatta male. Lo sapevo eppure non riuscivo a fare altro che guardarlo negli occhi e sperare che mi baciasse ancora.

Il desiderio fu esaudito, ma non da me.

Le sue labbra combaciarono perfettamente con le mie e la sua lingua ne percorse la superficie liscia provocandomi mille brividi.

Non so cosa stessi facendo, ricordai solo di aver perso lucidità e di essermi buttata su di lui gettandogli le labbra al collo e restituendogli il bacio.

Lo sentii sorridere, quasi trionfante, e passare a cercare un varco per infilare la sua lingua.

Ebbi un fremito di paura, era la prima volta davo un bacio vero, e non sapevo bene come si facesse. Ma la sua stretta mi rassicurò e dischiusi le labbra permettendogli di entrare. I miei occhi, intanto, divennero pensanti fino a che non si chiusero.

Cercò la mia lingua punzecchiandola prima leggermente e poi quasi avvolgendola.

La cosa sorprendente era che non mi sentivo affatto schifata come avevo pensato, anzi,  mi piaceva!

Ricambiare fu un po’ difficile sulle prime, mi sentivo insicura e timida ma poi, dopo un po’ ci presi anche la mano.

Quando si staccò emisi un piccolo gemito di insoddisfazione che venne subito soffocato dalle sue labbra in un leggero bacio. Poi si staccò nuovamente e riprese con una scia di piccoli baci sulla guancia e finendo poi sul collo.

<< Ti voglio … adesso! >> sussurrò con voce spezzata dal fiato corto, e non era l’unico ad averlo.

Mi irrigidii di colpo e lui se ne accorse allontanandosi quel poco che bastava per guardarmi in faccia.

Forse vi lesse la paura nel mio viso e gli si addolcirono gli occhi.

<< Tu … non hai mai … ? >> incominciò, ma ciò che voleva dire era sottointeso.

Feci per rispondergli ma non avevo più voce, perciò mi limitai a scuotere la testa per poi abbassarla imbarazzata.

E’ meglio così! Mi dissi. Adesso mi avrebbe fatta scendere e non mi avrebbe più rivolto una parola.

Sciolsi le braccia che tenevo legate al suo collo, ma lui mi fermò.

Lo guardai negli occhi confusa e vi lessi solo serenità, nessun turbamento per ciò che gli avevo appena confessato silenziosamente.

<< Credo dovremmo smetterla di cercarci … >>

Ecco lo sapevo! Sentii le lacrime lottare per uscire, ma le costrinsi a rimanere al loro posto. Non volevo essere umiliata ancora.

<< Ho capito, mi dispiace … >> feci io ritrovando quel poco di voce che mi restava.

<< No, aspetta. Lasciami spiegare. >> disse e lo ascoltai.

Prese un respiro profondo e chiuse gli occhi per poi riaprirli poco dopo. Ebbi la sensazione di avere accanto una persona completamente nuova, come se fosse stato sempre così e non quel Riccardo Palmieri stronzo che mi prendeva per i fondelli.

<< Non è abbastanza! >> disse deciso.

Lo guardai confusa. << Cosa non è abbastanza? >> gli chiesi.

<< Io! … io non sono abbastanza per darti quello che vuoi, quello di cui hai bisogno. E tu, sei più di quanto io possa mai ricevere! >> fece una pausa e poi continuò << Tu vuoi la sicurezza di un rapporto solido fondato sulla fiducia, ma io non potrò mai essere in grado di dartelo. Perché io sono ciò che sono. >> finì di spiegare.

Le lacrime caddero e non feci nulla per fermarle.

<< Pensavo che tu fossi come le altre e invece mi sbagliavo. Tu sei diversa, non posso rovinarti … >> mi disse poi dolcemente accarezzandomi una guancia e spazzando via le lacrime cadute su di essa.

<< Se ti avessi conosciuta tempo fa, forse mi sarei pure innamorato di te, ma adesso … è meglio per te se mi stai lontana! >> mi consigliò.

D’impulso mi avvicinai di scatto e lo baciai. Lo sentii restare immobile, ma non mi fermai. Gli presi il viso tra le mani e gli mordicchiai avida il labbro inferiore facendolo sospirare.

Mi afferrò la nuca e mi strinse a lui baciandomi con desiderio. Lo feci anch’io stringendolo a me più che potevo, ma mi staccò molto presto.

<< Ma hai sentito cosa ho appena detto? >> fece lui divertito.

<< Certo. Ma non mi interessa! >> risposi io un po’ impacciata.

Mi sorrise e mi baciò ancora, però più dolcemente.

<< Adesso devo lasciarti andare o tua madre penserà che ti abbia rapita. >> disse sorridendo.

<< Ok … >> risposi di controvoglia, poi mi ricordai di una cosa. << Dammi il tuo cellulare! >>

<< Perché? >> domandò confuso ma mi porse ugualmente l’oggetto che gli avevo chiesto.

Sfacciatamente gli trascrissi il mio numero e sperai che non lo cancellasse e soprattutto che mi scrivesse.

Glielo restituii e feci per aprire la portiera ma all’ultimo mi girai verso di lui.

<< Promettimi una cosa. >> gli chiesi.

<< Cosa? >> fece lui sospettoso.

<< Che da domani mattina non indosserai più quella maschera cinica e fredda. >> gli spiegai.

Corrugò la fronte e mi sorrise. << Te lo prometto … Buonanotte, Mel! >>

<< Buonanotte Riccardo! >>



Spoiler prs. cap.:

- << Non ritornerò mai quello di prima. Ormai quel Riccardo è morto! >> mi urlò con occhi lucidi.
<< E allora dimmi cosa posso fare per non perderti? >>



Come avrete notato la mia fanfic è stata ispirata da questa canzone, avevo già immaginato di mettere la scena, di quando Riccardo pronuncia che non è abbastanza, già dalla prima volta che l'ho sentita.
Ormai non manca molto, forse quattro o altri cinque capitoli... ma non andrà tutto per il meglio per Riccardo e Mel. Dovranno affrontare altri ostacoli che nel prossimo e nel successivo capitolo ancora vi racconterò.
E già posso avvisarvii che dovranno soffrire ancora a causa di una o due persone che hanno cambiato la vita di Riccardo.
Ho già detto troppo ... XD
Saluto e ringrazio le persone che la mettono nelle seguite, nelle preferite e che mi riservano un pò del loro tempo leggendo soltanto.
Un ringraziamento speciale per ssaphiras che recensisce come sempre con le sue ipotesi ben accette.
Alla prossima, ragazze!


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Capitolo 10
*** I don't want to lose you. ***


10chap 10. I don't want to lose you ...









<< I’m holding on your rope,
got me ten feet off the ground.
And I’m hearing what you say,
but I just can’t make a sound.
You tell me that you need me,
then you go and cut me down. 

But wait ...  you tell me that you’re sorry,
didn’t think I’d turn around and say…

That it’s too late to apologize, it’s too late.
I said it’s too late to apologize, it’s too late ... >>

- One Republic, Apologize -



<< Sono appeso alla tua corda,
mi tieni sospeso a tre metri dal suolo.
Sto ascoltando quello che dici,
ma non riesco ad emettere alcun suono.
Dici che hai bisogno di me,
poi vai via e mi stronchi.

Ma aspetta… dici che ti dispiace
non pensavi che mi sarei girato e avrei detto…

Che è troppo tardi per chiedere scusa, è troppo tardi.
Ho detto che è troppo tardi per chiedere scusa, è troppo tardi ... >>






Il mattino seguente ero piena di energie e sprizzavo felicità da tutti i pori.

Mia madre se ne accorse e lo interpretò a suo modo senza chiedermi niente.

Andai a scuola con la testa fra le nuvole ma cercai di ritornare con i piedi per terra per non insospettire Fabi. Avevo già in piano di non dirle niente, per adesso, perché non volevo che, con la sua indole da pettegola, andasse a spifferare tutto a Marco.

<< Allora come è andata ieri con Palmieri? >> chiese Fabi scarabocchiando sul banco.

Alzai le spalle con fare fintamente indifferente. << Calma piatta, a parte alcune sue battutine stupide di sempre … >> le risposi vaga, trattenendomi dal riderle in faccia.

Lei sembrò crederci e prima che mi facesse altre domande in questione cambiai argomento dirottando su Marco e lei prese a fantasticare.

Le ore scolastiche passarono in un batter d’occhio e mi salì l’ansia quando ritornai a casa e presi il cellulare che avevo spento per le lezioni.

Mi sedetti sul letto con l’oggetto, dal display spento, e presi un respiro profondo per calmare il cuore.

Chissà se mi aveva scritta…

Sperai con tutte le mie forze che ci fosse un messaggio, ma mi chiesi come mi sarei sentita se non ci fosse.

Delusa o arrabbiata? Credo tutte e due.

Spinsi il pulsante d’accensione e chiusi gli occhi in trepidazione.

Quando li riaprii, qualche secondo dopo, persi un battito.

C’era un messaggio!

Velocemente lo aprii e lo lessi:

-Ricordati di comprare i sottaceti, li abbiamo finiti!

 Mamma. –

Avrei voluto scomparire per l’imbarazzo, per la fretta non avevo letto il mittente.

Controllai minuziosamente tra la lista dei messaggi ricevuti, ma non trovai nessun numero non memorizzato.

Forse non aveva avuto tempo o forse avevo scritto male il mio numero. O forse gli ero sembrata troppo sfacciata… o forse mi stavo facendo mille paranoie per niente.

Un nuovo messaggio in arrivo.

Questa volta lessi il mittente: ancora mamma!

Sbuffai contrita e lessi.

- E’ passato Riccardo stamattina e ha lasciato le chiavi di casa sua, te le ho lasciate sul frigorifero. Ha detto che avrebbe fatto tardi per il lavoro ma che sarebbe arrivato giusto in tempo per riaccompagnarti a casa.

Che tesoro!

 Mamma. >>

Sorrisi da sola e scattai in cucina, mi alzai sulle punte e recuperai la chiave doppione sopra il frigorifero. Mi chiesi perché l’aveva messa lì. Certo, mia madre era strana …

Però non sapevo se dovevo andarci di nuovo oggi oppure il martedì della settimana prossima?!

Ripresi il cellulare e mandai un messaggio a mia madre che mi rispose confermando che avrei dovuto andarci oggi e anche tutti i giorni a venire tranne il week-end.

Sbarrai gli occhi felice all’idea di poter stare con lui tutti i giorni.

Preparai le varie cose e corsi, per modo di dire, alla fermata.

Ero un po’ in anticipo ma poco mi importava, persi tempo comperando in un supermercato lì vicino ciò che mia madre aveva chiesto.

Alle nove finii di fare i vari servizi ed aspettai Riccardo in salotto, fin quando mi suonò il telefono.

Lo presi e ne rimasi nuovamente delusa, si trattava di Mirko. Accettai la chiamata e lo portai all’orecchio.

<< Ciao! … Sei sparita. Il capo mi ha detto che ti sei licenziata. E’ vero? >> mi fece lui preoccupato.

<< Si, è successa una cosa … ma adesso ho un altro lavoro. >> gli spiegai alla bell’è e meglio.

<< Quale? >> chiese un po’ sospettoso dal mio tono.

<< Ehm, pulisco la casa di un mio amico … >> scelsi di rimanere sul vago.

<< Ok, d’accordo. Ma perché non mi hai avvisato? Mi hai fatto preoccupare! >>

<< Mi spiace, non volevo affatto farti preoccupare, ma ho avuto molte cose per la testa … >> cercai di giustificarmi e alla fine lo convinsi e mi salutò facendomi promettere che saremmo di nuovo usciti insieme.

Dopo una decina di minuti incominciai ad annoiarmi e mi alzai girovagando per la casa.

Finii nello studio del signor Palmieri e mi misi a spulciare la sua libreria che conteneva solo i suoi successi da editore e notai che erano parecchi. “Era in gamba il nonnino!” avrebbe detto Fabi.

Scelsi un libro dalla copertina colorata ed invitante e mi sedetti sul divano in salotto incominciando a leggerlo  finendo in un dormiveglia.

Sentii qualcosa di caldo e umidito punzecchiarmi la guancia. Emisi un gemito di protesta, volevo dormire ancora un po’ …

Poi ricordai dov’ero e mi alzai di scatto a sedermi guardandomi intorno.

Una risatina divertita vicino al divano attirò la mia attenzione e fui catturata da due occhi color cielo.

<< Riccardo! >> esclamai felice vedendolo alzarsi e sedere sul divano accanto a me.

<< Quando sei arrivato? >> gli chiesi.

<< Circa cinque minuti fa! >> rispose lui sorridendomi incantandomi all’istante.

Finito il primo attimo di sorpresa e felicità rimanemmo in silenzio imbarazzato, o almeno da parte mia.

Iniziò ad accarezzarmi i capelli ed arrossii violentemente  non riuscendo a guardarlo in faccia.

<< Come mai oggi hai lavorato? >> chiesi con l’intento di essere ironica, per spezzare la tensione, ma mi uscì una domanda seria.

<< Non potevo più rimandare una cosa … >> rispose distrattamente.

Volevo chiedergli di cosa ma mi sollevò il mento e dimenticai il resto, finendo in confusione e non mi accorsi come ero finita tra le sue braccia, sdraiata sul divano con lui sopra che non mi staccava gli occhi di dosso.

Chinò il capo e mi annusò il collo e i capelli facendomi arrossire.

Per un attimo mi chiesi se tutto questo fosse reale o un sogno, ma non avrei saputo in cosa sperare.

Iniziò a depositarmi piccoli baci sul collo finendo sul mento, sulla guancia, sulla tempia e poi ritornando ripercorrendo il profilo del naso e saltando le mie labbra, mi baciò il mento.

Per un istante alzò la testa e mi guardò negli occhi, quasi cercando una mia conferma. Gli sorrisi e alzando una mano, incominciai ad accarezzargli il viso più pungente verso il mento a causa dei pelli ispidi della barba appena accennata.

Feci scivolare la mano dietro la sua nuca e lo spinsi verso di me con una sicurezza che non credevo mi potesse appartenere.

Attesi due secondi prima di far combaciare le nostre labbra e in breve iniziarono a danzare sempre più voraci, come se fossi stata sempre lì a farlo.

Sentii la sua mano accarezzarmi il ventre, dapprima con delicatezza quasi con cautela, poi incominciando quasi a marcarmi a fuoco stringendo il fianco. Misi il mio palmo libero su di esso e strinsi per fargli capire che mi piaceva che mi teneva a sé.

I nostri respiri si confusero tra loro affannati. Ci staccammo solo pochi secondi per riprendere aria.

In quei pochi secondi il mio cervello suonò l’allarme. Dovevo tracciare un confine, una linea. E in fretta!

<< Aspetta … >> sussurrai io ansante.
Si staccò da me giusto per guardarmi negli occhi e notai i suoi occhi dilatati dal desiderio.

Mi vergognai imporporandomi il viso perché non trovavo le parole per fermarlo, per dirgli che non me la sentivo di andare oltre.

<< Ho capito! >> esclamò piatto lui intuendo tutto e alzandosi di scatto a sedere.

Lo feci anch’io ma con cautela evitando il suo sguardo da fifona qual ero di nuovo diventata.

<< Scusa, io … >> iniziai scusandomi ma non seppi che altro dire. Sperai solo che non si arrabbiasse.

<< Ti riporto a casa. >> annunciò alzandosi e dirigendosi verso l’ingresso.

Mi torturai le mani per un po’ prima di alzarmi, poi lo raggiunsi recuperando la mia roba.

Uscimmo di casa in silenzio, io con la testa china domandandomi cosa stesse pensando, se era arrabbiato con me o semplicemente non gliene fregava niente.

Salii in macchina e guardai, per tutto il tempo, oltre il finestrino del mio lato. E per tutto il tempo, ci fu un silenzio che mi sembrò pesare come il mondo.

Ci fermammo sotto casa mia e aspettai che dicesse qualcosa, ma stette zitto e credetti di morire dentro in quel momento.

Aprii la portiera, con lentezza, ed uscii fuori. Mi girai per guardarlo ma lo vidi osservare qualcos’altro davanti a sé, chiusi un po’ stizzita la portiera e mi diressi sotto il mio portone.

Come poteva essere così ipocrita? No, come IO potevo essere così stupida a ricascarci ogni singola volta?!

Dopo aver capito che non ero pronta ad andare a letto con lui, non se la sentiva più di giocare a fare il bravo attore. E come una scema gli avevo creduto.

Con le dita a pochi centimetri dal citofono mi fermai con la voglia di girarmi ancora, ma non lo feci per orgoglio. Sentii gli occhi lacrimarmi ma le ricacciai subito dietro.

Il peso di due mani sulle mie spalle mi fece sobbalzare, ma non mi girai.

<< Perché fai così? >> mi chiese sinceramente curiosa.

<< No, perché TU fai così?! >> lo corressi con la voce un po’ rotta, ma sperai non se ne fosse accorto. Fu vana la mia speranza, mi fece voltare e poco potei fare contro la sua forza.

Vide i miei occhi lucidi e quasi si commosse e gli vidi un lampo di senso di colpa attraversargli gli occhi. Sospirò affranto e mi guardò triste.

<< Io non posso continuare così, mi sento come se stessi approfittando di te. E non voglio assolutamente che sia così … >> ammise lui. Ma non capii cosa voleva farmi capire.

<< Tu senti che stai approfittando di me … ma tu lo stai facendo o no? E’ una sola la risposta, Riccardo! >> gli feci io decisa.

Mi guardò negli occhi e gli vidi come se stesse combattendo una battaglia interiore, dove prevaleva soprattutto la confusione. Non fui certa che avesse compreso bene lui stesso.

<< Non lo so … so solo che ti voglio, ma forse è solo attrazione fisica ed è meglio che sia solo questo perché lo sappiamo entrambi che non potrebbe funzionare. Io non ne sono il tipo … >> osservò lui.

<< Ma io non posso darti ciò che per me è prezioso, anche solo per una notte, io non posso e non voglio! >> gli spiegai e sperai che comprese.

<< Lo so e non voglio obbligarti a fare ciò che non vorresti. Solo che io sto impazzendo … >> mi disse mettendosi le mani nei capelli per accentuare la sua frase.

<<  Lo so, ma non posso stare più di un giorno lontano da te, non ne sono in grado, ci ho provato! >> ammise poi vergognandosene un po’.

<< E allora non farlo … >> gli feci piegando leggermente la testa da un lato.

Alzò il capo verso di me e vidi il suo dolore. Gli accarezzai la testa e mi feci coraggio.

<< Cos’è successo, perché sei cambiato? Marco mi ha detto che prima tu non eri così … non voglio farmi gli affari tuoi ma se hai bisogno di sfogarti, sappi che io sono qui! >> gli feci, ma lo sguardo che mi riservò mi fece gelare il sangue nelle vene.

<< E’ meglio che tu salga. >> disse ritornando quello freddo di sempre. Non seppi cosa fare ma una cosa mi sembrava chiara, che se l’avessi fatto non mi avrebbe più cercato.

<< No, non voglio! >> gli risposi ben decisa, incrociando le braccia al petto.

Lui sbuffò passandosi una mano tra i capelli.

<< Mi stai facendo perdere tempo! >> borbottò ma non me la presi.

<< No, fin quando non conoscerò il Riccardo di una volta. Non me ne vuoi parlare non fa niente, ormai il passato è passato. Ma non ti lascerò diventare un tipo freddo senza amici. >> gli dissi e ci credevo per davvero. Mi guardò sorpreso con un bagliore di speranza negli occhi, ma molto presto si incupì.

<< Non potrò mai più ritornare come prima, quel Riccardo ormai è morto! >> mi urlò quasi con occhi lucidi.

<< E allora dimmi cosa posso fare per non perderti?! >> lo scongiurai.

Il suo volto si addolcì ma c’era tristezza in lui.

<< Non puoi fare niente … mi spiace, Mel. Faresti meglio a trovarti qualcun altro che ti tratti meglio di me. >> mi suggerì combattuto.

<< Ma io non voglio un altro voglio te, adesso! >> feci prendendogli una mano e portandomela sul cuore che iniziò un ritmo frenetico e sentii la mia pelle andare a fuoco al contatto.

<< I-io … non so cosa … ho bisogno di pensare. >> rifletté arrossendo anche lui e staccandosi da me con non poca riluttanza.

<< D’accordo, ma ti prego non sparire. >> gli chiesi.

<< Ci vediamo … >> rispose solo lasciandomi lì da sola.

Mi asciugai le lacrime e salii sperando che mia madre non fosse ancora tornata ma per mia sfortuna stava già cenando.

La salutai in mezzo al corridoio e scappai in camera sperando che non si accorgesse del mio malumore.

<< Tesoro, stai bene? >> mi chiese sulla porta. Le davo le spalle seduta sul letto.

<< Si, sono solo un po’ stanca, mamma. Ti prego lasciami riposare. >> la scongiurai e mi assecondò.

Piansi per qualche ora, poi capii che avevo assoluto bisogno di sfogarmi e chiamai Fabi raccontandole tutto. Ne fu sorpresa e arrabbiata di ciò che mi era accaduto. Non seppe che consigli darmi, ma se non altro fu orgogliosa di me e della mia tenacia.

Mi addormentai tardi e non fu un sonno senza sogni. Feci un incubo in cui Riccardo mi diceva che non poteva stare con me, che non voleva. Mi svegliai piangendo ed il giorno dopo non andai a scuola inventando che avevo un mal di testa terribile.

Mia madre mi salutò lasciandomi nel letto con un aspirina accanto che gettai.

Per tutto il giorno controllai la posta sul telefono ma, a parte alcuni preoccupati di mia madre e di Fabi, non ricevetti niente da lui. Mi dissi che aveva bisogno di tempo per pensarci, per pensare a un probabile noi.

Ma dopo due giorni d’inferno decisi di andare a trovarlo a casa sua. Insomma, non poteva evitarmi e basta, avevo bisogno che lui mi dicesse qualcosa, qualsiasi cosa. Non volevo tormentarmi ancora per molto e se io non gli fossi piaciuta l’avrei accettato, mi sarei fatta una ragione ma sapevo per certo che non poteva finire così, senza una parola.

Ma lui a casa non c’era.

<< Salve, signor Palmieri! >> salutai un po’ a disagio, non mi aspettavo proprio di trovarmelo davanti. Non lo vedevo da una vita.

Corrugò la fronte rugosa e batté le ciglia cercando di ricordarsi chi fossi.

<< Tu devi essere la ragazzina che avevo assunto settimane fa e che poi si è licenziata?! Cosa fai qua? >> chiese autoritario.

Mi vergognai tormentandomi le mani cercando il coraggio di guardarlo nei suoi occhi color nocciola molto differenti da quelli celesti di Riccardo, che avevo sempre trovato molto belli e profondi.

Notai però i capelli identici, solo in quelli del padre erano meno folti e più chiari con molte ciocche bianche.

<< Ehm … veramente suo figlio mi ha riassunto qui! >> lo informai pensando che lui già lo sapesse. Insomma, perché non glielo ha detto? Era forse tutta una messa in scena per stare con me più spesso?

Lui mi guardò stranito poi sembrò comprendere e sul volto affiorò un sorriso cattivo che non sapevo gli potesse appartenere facendomi rabbrividire. Sembrava, per quelle poche volte che l’avevo visto, un uomo affabile. In quel momento mi parve di riconoscere in lui il Riccardo freddo di sempre.

<< Capisco … e lui invece di assumere qualcuno di più serio e qualificato, sceglie te per divertirsi come sempre. >> esclamò scuotendo la testa e ridacchiando.

Mi guardò, tutto ad un tratto, serio. << Senti, ragazzina, è meglio per te se giri all’argo. Non è un pasto che puoi assaggiare è già prenotato! >> mi disse duro ed indietreggiai impaurita.

<< Cosa? Non credo di aver compreso … >> chiesi accigliata  ma terrorizzata di saperne la risposta.

<< Allora te lo dico chiaro e tondo: lui sta per sposarsi! >>




Spoiler pross. cap.:

-
 << E come faccio a crederti con tutte le bugie che hai detto! >> osservò più a se stessa che a me.

Mi strinsi nelle spalle, non sapevo che dirle.

<< Devi farlo se vuoi stare con me! >>

Aspetta … l’avevo appena detto? Ma come diavolo mi era venuto in mente?

Sicuramente adesso mi dirà qualcosa tipo “ ma sei pazzo, che vuole stare con te, sposati pure! “.

Lei si avvicinò fissandomi negli occhi e credetti, per un istante, che volesse picchiarmi.

E invece mi abbracciò. -



Inizio già a dirvi che questo capitolo non mi è piaciuto nemmeno un pò e anche dopo averlo riletto molte volte e fatto molte correzioni, non ho saputo modificarlo. Doveva andare così.
Spero mi scuserete per questa schiffezza che è anche molto breve.
Ma vi prometto che il prossimo sarà migliore di questo che sembra scritto da una bambina di cinque anni.
ok, a parte questo, vorrei ringraziare tutti come sempre.
Soprattutto la mia cara ssaphiras che recensisce e mi fa sapere la sua. XD
NothingElseMatters ti ringrazio per il "keep up the good work!", anche se con questo capitolo abbastanza fiacco non lo mantenuto. Spero che il prossimo ti piacerà di più.
E malvine sono contenta che Riccardo ti sembri tenero quando è geloso perchè io adoro quando i ragazzi lo sono, perchè dimostrano che veramente ci tengano.
Adesso devo proprio scappare, alla prossima e non macate a farmi sentire la vostra.
Byyyyyyyeeeeee!!! XD

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Capitolo 11
*** Shadows of the past! ***


11 11.Shadows of the past!








<< I tasted, tasted love so sweet
and all of it was lost on me.
Bought and sold like property,
sugar on my tongue.

I kept falling over.
I kept looking backward.
I went broke believing
that the simple should be hard! >>

- All we are, Matt Nathanson -






<< Ho assaggiato, assaggiato l'amore dolce
e si è perso tutto su di me.
Comprato e venduto come un immobile,
zucchero sulla mia lingua.

Ho continuato a cadere
Ho continuato a guardarmi indietro.
Non smetterò di credere
che ciò che è semplice debba essere difficile! >>







Che diavolo stava a significare?

La mia testa iniziò a girare e sentii le lacrime pungermi gli occhi. Poi compresi tutto. E alzai la testa con orgoglio.

<< Lei si sbaglia. Io e suo figlio non abbiamo proprio niente da divertirci. Lui è solo il mio datore di lavoro … >> dissi e con mia sorpresa la voce mi uscì calma e fredda.

Mi guardò con sufficienza, che avevo ormai imparato a conoscere.

<< Bene, allora vorrei che tu sappia che non ho più bisogno che tu lavori per noi. Proprio stamattina ho assunto qualcuno di più affidabile nel suo lavoro! >> mi fece educato.

<< Mi spiace per non aver mantenuto l’impegno e di essermi licenziata senza una valida giustificazione. >> mi scusai ma senza troppa convinzione.

Dentro di me mi dissi che non avevo niente da scusarmi davanti a queste persone. Non avevo niente da dare e né da soffrire. Non lo meritano!

Salutai il signor Palmieri e mi diressi a passo lento verso casa mia.

Tutto quello in cui avevo creduto mi si sgretolava, in quel momento, davanti ai miei occhi.

Avevo creduto che egli fosse un uomo buono e giusto e forse anche un po’ burbero.

Avevo creduto che sotto la facciata fredda e rude di Riccardo ci fosse in realtà una persona dolce ma ferita nell’intimo.

Avevo creduto che potessi, per la prima volta, iniziare a vivere tra le acque dell’amore.

E invece …

Adesso non sapevo in cosa credere e in chi credere. Non avevo più fiducia.

Avevo il cuore spezzato!

 

 

POV. RICCARDO

Cambiai per l’ennesima volta posizione sul letto sbuffando. In qualunque modo mi mettessi restavo sempre più scomodo e ormai erano due notti che non dormivo per il mal di schiena atroce che mi si era creato sul quel dannato divano.

Ma sapevo che le notti insonni non erano solo dovuti alla scomodità del divano. Mi sentivo tremendamente in colpa per averla ferita e lasciata in quel modo.

E mi sentivo in colpa per averla evitata.

<< Credo che dovresti cambiare divano, è estremamente scomodo. Non ci dormirebbe nemmeno un cane qui sopra! >> esclamai sbuffante vedendolo passare per il soggiorno.

<< E io credo invece che sarebbe più comodo il letto di casa tua. Di certo non lo cambio solo perché vorresti un posto dove stare per non incontrare Mel nel caso passasse da te. >> mi puntualizzò.

Mi girai a fissarlo irritato e sorpreso.

<< Sei proprio uno stronzo quando ti ci metti. Sembri quasi me! >> feci indicandomi. Marco fece spallucce e si sedette sulla sedia attorno al tavolo sfogliando il giornale ormai vecchio.

<< Che paragone azzeccato! >> disse lui ridacchiando.

Scivolai sdraiandomi e sistemandomi  la coperta di lana che mi aveva offerto. Misi le mani dietro la testa e fissai il soffitto pensieroso.

<< E’ che mi sento in colpa … >> iniziai ma lui mi interruppe scherzoso.

<< Cosa, cosa, cosa??? Anche tu hai una coscienza? >> esclamò mettendosi a ridere.

Presi il cuscino sotto di me e glielo lanciai. Ma purtroppo lo schivò.

<< No, dai scusa. Continua … >> mi disse trattenendosi dal ridere ancora.

<< Adesso mi è passata la voglia … >> borbottai irritato dal suo atteggiamento.

<< D’accordo! >> mi disse ritornando fra i suoi pensieri.

Alzai un sopracciglio. Stava bluffando!

Ma dopo dieci minuti non potei più resistere e mi alzai andandomi a sedere sulla sedia di fronte a lui.

<< Non so se l’hai mai provato ma quando non sto con lei mi sento in ansia. E invece, se me la ritrovo davanti mi sale il nervosismo e non capisco cosa c’è che non va… >> gli confidai e sperai che non mi prendesse in giro.

Depose il giornale ed incrociò le dita.

<< Ti senti in ansia perché ti preoccupi per lei e vuoi vederla. Senti il nervosismo perché quando ce l’hai davanti sai che non potrà mai appartenerti perché tu stesso la respingi! >> mi spiegò serio.

<< Tutto questo non ha senso … >> esclamai io sbuffando.

<< Riccardo, sappi che tutto dipende da te! Lo so che non vuoi soffrire, ti conosco abbastanza da saperlo…

Ma lei non è Chiara! >> mi fece deciso alterandosi un po’.

<< Non nominarla, ti prego. >> lo ammonii acido. Lo sapeva che quel nome per me era off-limits.

<< Ma perché non provi a starci insieme? Tu sei preso da lei, si vede … >> iniziò ma lo interruppi imbarazzato maldicendomi per aver messo in mezzo quell’argomento.

<< Perché non funzionerà mai! Presto mi stancherò di lei e ci resterà davvero male se si prendesse una cotta per me! >> gli dissi.

<< Tu dici che non funzionerà, ma non potrai mai saperlo. Dimmi Riccardo, cosa provi per lei? Sii sincero! >> mi chiese.

Ci pensai su in un attimo, quasi come se già conoscessi la risposta.

<< Il suo viso da bambina, il suo modo di fare. Mi piace quando si irrita se la infastidisco ed il suo modo di arrabbiarsi. Eppure se ne incontrassi un’altra con almeno una di queste cose, credo che mi infastidirebbe all’istante. >> risposi sorridendo sovrappensiero.

<< Cioè è diversa! Ed è questo che ti attrae in lei. Non aver paura di soffrire ancora o ti perderai la parte migliore. >> mi consigliò ritornando a leggere il suo articolo eclissando l’argomento.

Ritornai al letto e cercai di prendere sonno ma inutilmente.

Guardai il telefonino e lo presi in mano. Appena sfiorai un tasto il display si illuminò rivelando la figura esile di una ragazzina di diciassette anni.

Ricordai di avergliela scattata di nascosto in uno dei pomeriggi passati al bar.

Zumai sull’immagine ingrandendo il viso bianco dai capelli castani raccolti in una coda e dagli occhi di un bellissimo grigio.

Se penso che forse in questo momento è insieme a quel finocchio biondo mi sale una rabbia …

Spensi il cellullare con stizza e lo lancia a terra facendo ,però, attenzione che non si rompesse.

Lasciami stare!

 

Quattro giorni dopo ritornai a casa e non diedi nessuna spiegazione a mio padre che sembrava alterato.

<< Sei stato da quella pezzente, non è vero? >> mi urlò dalla porta della mia stanza mentre riponevo le cose che avevo portato con me.

Alzai gli occhi incredulo.

<< Cosa? >> domandai.

<< Non fare il finto tonto con me Riccardo. Tu sei stato da quella ragazzina! >> affermò.

Mi alzai e mi avvicinai.

<< Di che stai parlando? Ero da Marco! >> gli risposi.

<< Non mentirmi! >> mi sgridò.

<< Non ti sto mentendo. Non so davvero di chi parli! >> dissi ma avevo la brutta sensazione di sapere chi intendeva.

<< Quella che hai “assunto” a mia insaputa. >> mi informò.

Mi si bloccò il cuore in gola.

Come faceva a saperlo? Che lei mi avesse cercato?

Dannazione!

<< L’ho licenziata! >> risposi per cercare di proteggerla.

<< Non importa, tu troncherai con lei e con qualsiasi altra ragazza! >> mi ammonì duro, cosa che mi fece incazzare.

<< Non puoi dirmi chi posso frequentare! >> gli gridai.

<< Ah no. Tu ti sposerai con la Gigli, che tu lo voglia o no! >> si impuntò.

<< Non la voglio nemmeno guardare in faccia quella. L’hai pagata per sedurmi, mi fai schifo. >>

<< Odiami pure ma succederà lo stesso e se non lo farai le conseguenze si rifletteranno su quella ragazzina che con cui ti diverti. E sai che io lo faccio! >> detto questo mi lasciò solo con la mia frustrazione.

Lo odio!

Lo rincorsi fino in soggiorno.

<< E’ per colpa tua se mamma se ne andata, perché aveva capito che razza di mostro sei! >> gli rinfacciai riaprendo una ferita che il tempo aveva solo dato l’impressione di avere chiusa.

<< Non ti azzardare! Tua madre è morta perché l’ha voluto lei. >>

<< Si è suicidata perché tu la opprimevi, perché non ce la faceva a stare con te e perché la minacciavi di portarmi via da lei, cosa che hai fatto! >> finii con  occhi lucidi. Davvero non era giornata.

Lo vidi calmarsi e riempirsi il bicchiere di whisky.

<< Domenica Chiara tornerà a Milano con i genitori. Vedi di non sparire. >> mi informò calmo come se non fosse appena successo niente.

<< Va a farti fottere! >> lo mandai acido andandomene sbattendo la porta.

Camminai veloce per un po’ per sfogarmi, poi trovai il primo pub aperto e vi entrai.

Avevo in piano di ubriacarmi anche se era un po’ presto.

Una ragazza cercò di abbordarmi ma non la guardai nemmeno, non ero in vena.

 Lei sarebbe ritornata, non potevo sopportarlo. Non dopo quello che è successo, non dopo averla trovata con un altro, non dopo aver saputo che non mi amava.

E per mesi, anni, pensavo che ero un fallito e che non ce la potessi fare senza di lei. Eppure eccomi qua!

Ma mi sarei vendicato, le avrei reso la vita impossibile.

Quando bevvi fin che fui sul punto di vomitare uscii dal pub e mi incamminai con passo ondeggiante verso casa, ma poi ci ripensai. Non volevo di nuovo affrontare papà, ma non potevo di nuovo presentarmi sulla porta di Marco …

E senza pensarci i miei piedi mi portarono davanti ad un portone.

Sbattei piano la testa sulla sua superficie gelida cercando di capire come e perché ero finito lì.

<< Riccardo?! >> mi chiamò una voce così flebile che non fui sicuro di averla sentita.

Mi voltai piano appoggiandomi alla porta, credo che tra un po’ avrei rimesso senza dubbio.

La mia vista sfuocata cercò di identificare una figura esile e pallida.

<< Chi sei? >> gracchiai.

<< Non mi riconosci neanche? >> fece seccata la voce. << Levati, devo salire! >> mi disse decisa ed irritata poi.

Che diritto aveva quella figura per parlarmi in quel modo? Chi diavolo era?

Oddio, ero così ubriaco che non riconoscevo neppure la mia mano.

Quella si avvicinò ed aspettò che mi spostassi, ma neanche se avessi voluto l’avrei fatto. Stavo praticamente dormendo all’in piedi!

Quando diedi il primo cenno di cedimento, la figura fu pronta per impedirmelo sostenendomi col suo esile corpo.

Appoggiai la testa, che mi sembrò pesante come un macigno, sulla sua spalla ed involontariamente inspirai il suo odore: lavanda!

Solo una ragazza aveva quel dolce profumo che pizzicava il palato.

<< Mel?! >> mormorai tra i suoi capelli ma non ricordai se mi rispose o meno, solo notai di aver salito con lei le scale e di essere entrato a casa sua.

<< Mamma sta già dormendo non fare rumore … >> mi bisbigliò trascinandomi in camera sua.

Mi depose con cautela sul letto e poi andò subito a chiudere la porta nel caso qualcuno ci avrebbe visto.

Mi porse una bottiglia d’acqua che portava nella sua borsa.

<< Bevila tutta! >> mi ordinò per aiutarmi a reidratarmi e per impedire che il giorno dopo avrei avuto a che fare con i postumi di una sbornia.

<< Aspetta qui, ti vado a prendere un secchio se ti senti male. >> mi fece allontanandosi.

Cercai di svitare il tappo ma ero senza forze e dopo un po’ rinunciai e mi abbandonai sul materasso che mi sembrò molto invitante.

Il cuscino profumava di lei e lo strinsi chiudendo gli occhi pesanti.

Non sentii quando ritornò né tanto meno se disse qualcosa, mi sentii invadere dal calore della coperta che mi stava rimboccando e poi caddi nel sonno.

 

Il mattino dopo pensai di essere nella mia stanzetta solo per un particolare spalancai gli occhi, ovvero sentivo un calore avvolgermi lo stomaco.

Aprii gli occhi e fissai il soffitto bianco, cercai la sveglia per vedere l’ora ma non la trovai al suo posto. Anzi, tutto non era al suo posto.

Capii che quella non era casa mia. E allora dove mi trovavo?

Mi alzai a sedere e qualcosa cadde dal mio stomaco alle gambe. Era un braccio, un esile braccio di donna.

Girai automaticamente lo sguardo e rimasi paralizzato.

Che ci facevo nel letto con Mel? E di chi era poi quel letto?

Stavo per svegliarla e chiederglielo quando poi decisi che sarebbe stato meglio se me ne fossi andato via per evitare complicazioni.

Ma prima di farlo non potei non baciarla sulla fronte. La vidi mugugnare e girarsi dall’altra parte. Sorrisi.

Come era bella …

Presi le scarpe che trovai vicino al letto, doveva avermele tolte lei, e me le misi alzandomi.

Poi presi la mia giacca e me ne andai ma non senza averle gettato un’occhiata.

<< … ah si, lo sentito! >> esclamò una voce femminile nell’altra stanza.

Mi impietrii all’istante. Doveva esserci la madre …

<< Mel? Sta dormendo ancora. Povero angioletto, in questi giorni la vedo sempre triste e chiusa in se stessa ma non voglio forzarla a raccontarmi cosa le prende. Vorrei solo che si aprisse con me … >> fece lei.

Ma con chi stava parlando? Capii che era al telefono perché non ottenne risposta.

Rimasi in corridoio ad origliare un po’, volevo sentire cosa dicevano su Mel.

<< E si lo so anche io che sono l’adolescenza e il primo amore, ma mi preoccupo lo stesso. E so anche che dovrei lasciarle i suoi spazi … >> continuò la madre.

Il primo amore? Deglutii a vuoto.

Che significava, che lei era … di me?

Per qualche motivo nei fui lusingato. Ma per adesso da lì dovevo andarmene e in fretta.

Ma non potevo passare dalla cucina, forse magari sarebbe stato meglio rientrare in camera ed aspettare … non so, un intervento divino che spingesse mamma Mel lontano da casa.

Richiusi piano la porta e sospirai stanco. Quando mi girai la vidi aprire gli occhi con cautela per poi sbarrarli completamente cercandomi con lo sguardo, appena mi trovò si rilassò appena mettendosi a sedere.

<< Buongiorno! >> mi disse imbarazzata.

<< B-buongiorno! >> balbettai io quando mi venne in mente che lei aveva una cotta per me, a quanto diceva sua madre. Ma potevo anche sbagliarmi, probabilmente mi sbagliavo.

Insomma, chi mai si innamorerebbe di uno come me e poi non dopo il modo in cui l’ho trattata.

Mi avvicinai e mi sedetti sul suo letto sospirando.

<< Tua madre sa che io sono qui? >> chiesi ma già sospettai la risposta.

Chinò il capo mortificata.

<< No … >>

<< Ok, meglio così! >> feci io. Poi l’occhio mi cadde sul letto affianco.

<< Mi spiace di aver flirtato con tua sorella ma avevo bisogno di distrarmi … >> le dissi sinceramente dispiaciuto.

<< E cosa poteva essere di così importante da doverti distrarre con mia sorella? >> chiese ironica ma guardandola negli occhi notai che non c’era niente di ironico in quello che chiedeva. Sembrava quasi ansiosa o speranzosa.

Ma non mi sarei mai umiliato dicendole che volevo distrarmi da lei.

Guardai altrove.

<< Lavoro! >> buttai lì.

Con la coda dell’occhio la vidi sbuffare sorridente ed avvinarsi prendendomi il mento tra le dita sottili per girare la mia testa verso di lei.

Il contatto mi destabilizzò ma notai che non fu l’unico. Tolse la mano come ricordatasi di qualcosa e vidi i suoi occhi incupirsi. Forse stava pensando all’ultima volta in cui ci eravamo lasciati.

<< Stai mentendo, lo so, perché non mi guardi mai negli occhi quando lo fai! >> spiegò.

Come faceva a saperlo, a parte Marco, tutti mi dicevano che ero bravo a mentire.

Scossi la testa.

<< No, davvero è per il lavoro, mi stresso troppo! >> insistetti cercando con tutte le mie forze di guardarla negli occhi, ma credo che l’effetto che uscì fu quello di due occhi appena fuori dall’orbita.

Lei incrociò le braccia per niente convinta ma mi assecondò.

<< Ok, ma posso almeno sapere che ci facevi sotto casa mia ubriaco? >> mi chiese.

Questa non potevo evitarla, ma mi bastava dire la verità.

<< Non ne ho idea, avresti dovuto chiedermelo quando ero ancora andato per via dell’alcool. >> le suggerii e la vidi arrendersi.

Abbassò lo sguardo e giocherellò con la coperta.

<< E io posso sapere perché stavi dormendo nello stesso letto in cui c’ero io? >> domandai incuriosito e anche un po’ malizioso.

La vidi arrossire e nascondersi il viso tra i capelli.

<< Beh, perché è il mio letto e poi … quello di Tammy è scomodo! >> si giustificò.

Sorrisi alla sua scusa.

<< E allora perché non hai messo me su quel letto? >> continuai fissandola con intensità.

Alzò la testa di scatto guardandomi male.

<< Sei stato tu a crollare sul mio letto, idiota! >> mi accusò

<< Non chiamarmi idiota … scema! >> feci io risentito ma anche divertito, mi piaceva quando mi chiamava in quel modo.

<< Non sono scema, magari è il contrario! >> osservò le lei alzandosi sulle ginocchia per fare l’altezzosa.

<< Ah e così? Allora ti farò rimangiare la parola, scema! >> la minacciai spingendola all’indietro facendola cadere sul letto.

Emise un gridolino sorpreso ma prima che potesse reagire mi fiondai su di lei sperando che soffrisse di solletico.

Scoppiò immediatamente a ridere e temei che la madre la sentisse ma non riuscii a fermarmi mi piaceva troppo la sua risata fresca e spensierata.

Ma ben prestò mi implorò di lasciarla stare. E io non persi occasione di prenderla in giro.

<< Ok, ma dovrai dire che io sono bello e intelligente mentre tu stupida. Se no continuo. >> le dissi.

<< Allora morirò di ridarella perché non succederà mai! >> concluse orgogliosa lei ed io continua a solleticarle lo stomaco.

Ci presi così gusto che salii sul letto e le finii sopra al che, vedendola sotto di me, finii presto di solleticarla iniziando ad accarezzarla.

Le sua risa si trasformarono in sospiri.

In quel momento aprì gli occhi e mi scansò alzandosi e allontanandosi il più possibile.

<< Scusa! >> feci io. Di certo non gli piacevo.

<< No, è che … perché non mi hai detto che ti sposi? >> mi chiese con occhi lucidi.

<< Chi te l’ha detto? >> le domandai ansioso.

<< Tuo padre! >> rispose iniziando a tremare impercettibilmente.

Mi misi le mani nei capelli. Poi alzai il viso, deciso.

<< Non succederà mai, non con lei! >> mi impuntai.

<< Allora è vero? Perché non me l’hai detto prima che … >> iniziò ma si interruppe mordendosi il labbro per trattenersi.

<< Prima di cosa? >> le chiesi confuso.

<< Non importa! Perché non me l’hai detto? >> insistette.

Mi alzai sbuffando esasperato.

<< Certo, sarei dovuto venire da te e magari avrei detto: “ Salve sono Riccardo e sono già promesso!”. Non credo ci avrei fatto molta bella figura, sai! >> le gridai contro.

Vidi una lacrima caderle sulla guancia e mi dispiacqui.

<< Allora non avresti dovuto baciarmi! >> notò lei singhiozzando.

<< Mel? Sei sveglia? >> le urlò la madre dal salotto ma lei la ignorò.

<< Ti ho appena detto che non la sposerò! >> le dissi abbassando di poco la voce.

<< E come faccio a crederti con tutte le bugie che hai detto! >> osservò più a se stessa che a me.

Mi strinsi nelle spalle, non sapevo che dirle.

<< Devi farlo se vuoi stare con me! >>

Aspetta … l’avevo appena detto? Ma come diavolo mi era venuto in mente?

Sicuramente adesso mi dirà qualcosa tipo “ ma sei pazzo, che vuole stare con te, sposati pure! “.

Lei si avvicinò fissandomi negli occhi e credetti, per un istante, che volesse picchiarmi.

E invece mi abbracciò.

Spoiler pros. cap.:

<< Riccardo, che fai lì impalato? Vieni a salutarli, no?! >> mi fece mio padre allegro con un tono falso che probabilmente solo io e Marco, che lo conoscevamo da tempo, potevamo aver colto.

Finalmente mi decisi di alzare il capo e li guardai con aria fredda che avevo assunto all’ultimo momento.

Ed eccoli lì: padre, madre e figlia!

L’ultima, specialmente, sembrava entusiasta e non mi staccava gli occhi da dosso.


Allora ci siete?
Avevo deciso che da ora in poi posterò i capitoli dalla prospettiva di Riccardo, ma farò qualche eccezione, perché in questo periodo mi ispira molto e poi perché ho scoperto che mi piace scrivere dal suo punto di vista e soprattutto perché così posso spiegarvi la sua situazione in famiglia un po’ drammatica. Poverino :(
Come avrete capito dallo spoiler del prossimo capitolo arriverà Chiara, la famosa ex-ragazza che lo ha cambiato.
Ma non sarà come ve lo aspettate ...

ssaphiras sono arcicontenta che il pezzo precedente ti sia piaciuto anche perché avrei voluto tanto buttarlo nel gabinetto per quanto non mi convinceva. Grazie!
Il padre di Riccardo è un bastardo arrivista e l' hai scoperto con questo capitolo, vorrei scrivere un po’ di più su di lui e sulla madre di Rick, ma non credo di farcela con i capitoli. Comunque in generale credo di aver spiegato un po’ e spero di essere stata abbastanza esauriente.
Un bacione e ci rivediamo al prossimo capitolo. XD

Is_My_Life purtroppo per uno o due capitoli Riccardo e Mel dovranno ancora affrontare i loro sentimenti e poi con la comparsa di Chiara, che stravolgerà le cose, dovranno soffrire un po’. Ma solo per un po’! Anche perché mancheranno tre o quattro capitoli alla fine. Ti ringrazio per aver recensito e per avermi fatto sapere la tua! XD

NothingElseMatters sono contenta che anche a te sia piaciuto il pezzo precedente. E ci hai azzeccato in pieno sul passato di Riccardo e nel prossimo capitolo spiegherò cosa è successo tra loro due e perché è finita la loro storia.
Grazie per il "Keep up the good work!" XD

Grazie a quelli che continuano a metterla tra le preferite, seguite e nelle ricordate.
Un bacione a tutti e alla prossima! ^.^

 

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Capitolo 12
*** Lying to myself. ***


12 12. Lying to myself.









<< It was my turn to decide.
I knew this was our time.
No one else will have me like you do.
No one else will have me, only you! >>

- Jimmy Eat World, 23 -



<< Stava a me prendere una decisione
Sapevo che questo era il nostro momento
Nessuna mi possiederà come tu sai fare
Nessun’altra mi possiederà, solo tu! >>

Tornai a casa con la testa tra le nuvole, letteralmente, che quasi rischiavo di farmi investire.

Ma ci pensò mio padre che mi rammentò che domani ci sarebbe stato un ricevimento di amici. E per amici intendo i suoi amici.

Pensai bene di invitare anche Marco così non mi sarei annoiato con gente come mio padre.

Per tutto il giorno mi chiusi in camera portando con me dei spuntini così non sarei stato costretto a cenare con lui.

Mandai una buonanotte a Mel che mi rispose subito.

“ Notte anche a te, idiota! “ mi scrisse.

Sorrisi nel buio.

“ Ti stai prendendo troppa confidenza, scema! “ le risposi io.

Ebbi il desiderio di scriverle che mi piaceva, che la volevo qui. Ma mi sentii subito uno sciocco. Lei si sarebbe spaventata e si sentirebbe disgustata.

Il telefono vibrò.

“ Tu mi baci e poi io sarei quella che prende troppa confidenza? XD “

Ma io piacevo davvero a lei? C’era indubbiamente attrazione fisica, ma se ci fosse solo quella da parte sua allora mi avrebbe già lasciato perdere perché lei stessa mi aveva fatto capire che non era pronta per un certo rapporto fisico tra noi.

E allora che altro poteva esserci? Da parte sua … beh, è un’adolescente è normale che si sia presa una cotta per me. Ma da parte mia cosa c’era? Volevo solo portarmela al letto? Ma sei, una volta che l’avessimo fatto, mi sarebbe ancora tornata in mente?

Forse c’era di più? Ma era difficile da immaginarlo perché io sono Riccardo Palmieri, lo stronzo, lo sciupafemmine.

E’ questa la considerazione che hai di te stesso? Mi domandai mentalmente.

Di certo non sono il migliore ragazzo che si possa avere …

“ Ma sei caduto nel cesso, per caso? “ mi chiese ironica Mel facendomi ridere da solo.

Mi stavo facendo troppe seghe mentali.

“ Ah-ah-ah -.-‘. Divertente! “ le mandai sdraiandomi sul letto a pancia in su.

“ Tanto lo so che stai ridendo come uno scema da solo! “.

Risi ancora per la sua impertinenza.

“ Vai a dormire scema!

Ah, per il tuo lavoro a casa mia, non credo sia il caso di continuare. Sai, per mio padre… sa essere davvero stronzo avvolte. Ma stai tranquilla farò in modo che ti riprendano al bar, te lo devo! “ le dissi rassicurandola.

“ Grazie, Ricky! “

“ Ok, adesso hai davvero oltrepassato il limite. Vai a dormire e non chiamarmi a quel modo! “ le dissi scherzosamente ma sperai che la prendesse sul serio. Non mi piaceva per niente quel nomignolo.

“ Scusi signor sbirro, non lo faccio mai più! “ mi prese in giro lei.

 

Un brusio di voci per la casa mi svegliò.

Sbadigliai mettendomi a sedere e strofinandomi gli occhi.

Avevamo visite oggi? E chi se ne frega!

Sprecai tempo in bagno lavandomi lentamente e mi vestii con semplici jeans e camicia.

Inviai il buongiorno a Mel e a Marco e mi diressi in soggiorno dove si concentrava la maggior parte dei rumori.

Vidi mio padre parlare con delle signore, che dovevano essere cameriere a giudicare dai loro vestiti.

Erano cinque o sei, due dei quali erano maschi.

<< Voglio la casa lucida entro le undici e mezza e voi due … >> fece rivolgendosi agli uomini e liquidando con un gesto della mano le donne che si diedero da fare immediatamente << Voi servirete le portate che lo chef, che ho assunto, cucinerà. >>

<< Si, signore! >> annuirono i due dileguandosi oltre la cucina.

<< Che stai combinando? >> chiesi a mio padre una volta che fummo da soli.

Si voltò verso di me e mi guardò alzando un sopracciglio.

<< Non potresti metterti qualcosa di più decoroso? Sembri uno squattrinato! >> fece lui.

Sbuffai per modo superficiale che aveva mio padre di valutare le cose.

<< Perché? Chi verrà? >> chiesi ma subito dopo mi venne in mente chi poteva essere e sperai che non fosse proprio quello.

<< La tua futura moglie e la sua famiglia. Credevo di avertelo già detto?! E adesso va a cambiarti che siamo in ritardo. >> mi spiegò ritornando ai suoi pensieri e voltandomi le spalle.

Già, proprio ciò che temevo di più. Non ci voleva adesso che l’avevo finalmente dimenticata.

<< Hai deciso tutto senza di me. Papà, mettitelo in testa io non mi sposerò con lei! >> chiarii ma senza successo data la sua faccia tranquilla e quasi divertita.

<< Oh, si che lo farai. Anche perché è già stata fissata la data del vostro matrimonio! >>

Le sue parole furono un duro colpo per me e mi diedero la carica giusta per affrontarlo nuovamente.

<< Se sono i suoi soldi che ti interessano o la sua posizione sociale, sposatela tu ma non contare su di me! >> gli dissi a denti stretti.

I suoi occhi si socchiusero e mi raggiunse.

<< Tu non hai capito niente di me, quando voglio una cosa io la ottengo. E se per caso non farai come dico io puoi dire addio a quella sciacquetta di cui ti sei invaghito. E’ chiaro? >> mi intimò freddo procurandomi brividi di paura.

Sbattei gli occhi incredulo da tanta malignità ed arretrai.

<< Che intendi? >> chiesi con voce tremolante.

<< Che lei e la sua famiglia si ritroveranno in banca rotta e a quel punto sapranno davvero cosa vuol dire essere poveri! >> detto questo se ne andò.

Restai lì immobile come uno stupido con gli occhi che iniziavano a pungere.

A passo svelto raggiunsi la mia stanza e dopo essermi rinchiuso dentro, incominciai a camminare su e giù.

Sapevo che era una sola la scelta che avrei dovuto fare. Non volevo che per colpa mia, e soprattutto di mio padre, lei subisse ingiustizie. Aveva già troppi problemi lei e la sua famiglia, ci mancava solo che mi aggiungessi io con i miei capricci.

Ma perché mio padre non poteva prendersela solo con me? Sarei disposto a soffrire io e invece ci doveva andare di mezzo lei.

Dovevo starle lontano una volta per tutte ma qualcosa mi diceva che se le avessi spiegato il motivo, testarda com’è, avrebbe fatto di testa sua.

Ma sapevo che non avrei avuto il coraggio di guardarla negli occhi e fingere. Non avevo la forza di mentirle e non lo volevo di certo fare.

Mi si stringeva il cuore in una morsa al solo pensiero di vederla ancora una volta delusa da me.

Ma poi perché doveva accadere questo a me? Non avevo già sofferto abbastanza? Ormai tenevo a lei, mi piaceva e sono sicuro che potevo innamorarmene, sempre se non lo fossi già.

Dovevo chiamare Marco, lui mi avrebbe consigliato.

<< Pronto? >> rispose lui dall’altro capo del telefono.

<< Ho bisogno di parlarti e di incontrarti oggi. A pranzo va bene? >> gli chiesi e sperai in una sua conferma.

Non volevo assolutamente restare da solo oggi, nel caso Chiara si fosse avvicinata a me.

Temevo che invece di rivolgere uno sguardo indifferente, come se non mi fosse mai importato niente di lei, o per lo meno freddo e arrabbiato, le avessi rivolto uno sguardo ferito facendole capire il mio dolore.

Ma amore no, mai! Non provavo più niente per lei, non dopo quello che mi aveva fatto.

Mi tormentai le mani seduto sulla poltrona del soggiorno e appena suonò il campanello sobbalzai.

Il cuore mi salì in gola ma mi sforzai di assumere un atteggiamento altezzoso. Cercai di rilassare la mia espressione assumendo una posa naturale e di indifferenza.

Sentii qualcuno aprire la porta, probabilmente una cameriera,  e mio padre alzarsi da tavola sistemandosi la cravatta. Mi ricordai della mia e me l’allentai un po’ per respirare meglio.

<< Salve! >> salutò incerto un giovane uomo capitolando nel salone.

Sospirai immediatamente di sollievo constatando che si trattava di Marco.

Mio padre sbuffò e si risedette.

Gli andai incontro e lo abbracciai forse con più foga del solito e lui se ne accorse ma no disse niente per la presenza di mio padre, così si limitò a lanciarmi un’occhiata preoccupata.

<< Che ci fai qui, Rizzo? Mio figlio non ti ha detto che abbiamo un’importante cena di famiglia? >> lo incalzò mio padre chiamandolo per cognome.

<< In verità, si, mi ha informato. Solo che mi ha invitato a unirmi con voi! >> gli fece fintamente educato il mio amico. Anche lui, come me, odiava mio padre.

Lo guardò per un attimo storto e poi me. Ma scrollò le spalle indifferente. Di certo la sua presenza non avrebbe ostacolato i suoi progetti.

Sospinsi quello che consideravo mio fratello fuori dalla stanza in corridoio.

<< Allora? >> mi chiese lui appena sottovoce.

<< Non sono ancora arrivati! >> lo informai.

<< So che è dura incontrarla di nuovo dopo tutti questi anni ma … Riccardo adesso c’è Mel e so che tu la ami. Perciò lascia il tuo passato alle spalle, se non per te almeno per lei. Glielo devi! >> mi disse incoraggiandomi. Io l’amavo? Come poteva esserne sicuro? Eppure mi conosceva bene, anche più di me, e da molto temo ormai. Si poteva dire che eravamo cresciuti insieme come fossimo fratelli.

Non avrei saputo dire se il pensiero che fossimo innamorati l’uno dell’altra mi desse nausea o gioia.

Ma a che serviva tanto saperlo? Se non potevo averla, se non potevo più avvicinarmi a lei?!

<< Che hai Rick, perché quella faccia? >> domandò confuso lui non sapendo come interpretare la mia malinconia.

<< Non posso più rivederla? >> confessai guardandolo negli occhi.

<< Come? Perché? Non avrai già cambiato idea di nuovo?! >> mi fece quasi rimproverandomi.

<< No, non è questo. Papà vuole che sposi Chiara … >> gli spiegai interrompendomi dandogli modo di capire.

<< E allora? Sei un uomo e anche maggiorenne. Prendi in mano le redini! >> mi consigliò con sguardo duro.

Sospirai. Speravo davvero che fosse così semplice, ma non lo era.

<< Mi ha minacciato di far perdere ogni cosa a lei e alla sua famiglia. >> gli dissi quasi disperato.

Lui chiuse gli occhi scuotendo il capo. << E tu glielo lasci fare? Vuoi davvero farti mettere i piedi in testa? >>

<< E cos’ altro posso fare se non rassegnarmi? Ti prego dimmi! >> lo supplicai alzando istintivamente la voce.

Lui mi fissò in cerca di una soluzione ma suonò il campanello e l’ansia ritornò.

Guardai negli occhi il mio amico in cerca di una risposta muta che non ottenni.

La porta si aprì e preferii distogliere lo sguardo cercando disperatamente di controllare i miei battiti.

<< Salve. Prego, da questa parte! >> esclamò chi li stava precedendo.

Sentii i loro passi avvicinarsi e mio padre accoglierli. Si erano accorti di me? Dovevano perché erano proprio a due passi da me.

<< Riccardo, che fai lì impalato? Vieni a salutarli, no?! >> mi fece mio padre allegro con un tono falso che probabilmente solo io e Marco, che lo conoscevamo da tempo, potevamo aver colto.

Finalmente mi decisi di alzare il capo e li guardai con aria fredda che avevo assunto all’ultimo momento.

Ed eccoli lì: padre, madre e figlia!

L’ultima, specialmente, sembrava entusiasta e non mi staccava gli occhi da dosso. Ma io non la vedevo neppure e avrei fatto così fin quando non se ne fossero andati.

Come uno stupido tesi la mano ai genitori invece di salutarli semplicemente e non mi resi conto che avrei comunque dovuto dargliela anche a lei. E non potevo di certo sottrarmi, anche perché mio padre mi stava tenendo d’occhio.

Quando la tesi per stringere quella di lei deglutii a vuoto guardando in basso. Poi qualcosa di piccolo, morbido e caldo mi avvolse la mano e mi sembrò un eternità quando si stacco finalmente.

Sperai non si fossero accorti del mio disagio, ma per fortuna Marco rincorse in mio aiuto.

<< Salve! Vi ricordate di me? >> li salutò lui tendendo a sua volta la mano. I genitori, Sofia e Stefano, ricambiarono il saluto e gli sorrisero ricordandosi dell’amico del figlio promesso sposo di loro figlia.

<< Ciao, Marco da quanto tempo. Mi sei mancato, sai? >> esclamò Chiara abbracciandolo di scatto facendo rimanere sbalorditi tutti. Rimasi sorpreso anche io malgrado dovessi essere abituato al suo atteggiamento un po’ troppo estroverso.

<< A-anche tu mi sei mancata! >> le rispose Marco un po’ in imbarazzo, ma non seppi se le fosse davvero mancata o se l’avesse per educazione.

Mio padre si schiarì la voce, forse un po’ irritato e ci invitò ad accomodarci a tavola.

Tirai un respiro di sollievo e per un po’ la tensione si sollevò ma ritornò una volta che iniziammo a mangiare per via del silenzio che si venne a creare.

Sofia e Stefano provenivano da famiglie antiche e ricche ed erano stati compagni di università di mio padre e furono amici per molto tempo. Poi si erano persi di vista per un po’ e quando si rincontrarono con i rispettivi figli decisero che sarebbe stato eccitante se io e Chiara ci fossimo messi insieme. E naturalmente mio padre vide quell’opportunità per arricchirsi ulteriormente. Io, poi, ero all’oscuro di tutto e all’inizio, quando me la presentarono, mi interessò subito per i suoi modi un po’ strani e troppo allegri di vivere la vita, e me ne innamorai.

Ma mi accorsi troppo tardi che non ero per niente ricambiato e che ogni suo gesto, parola, carezza e bacio era solo una bugia.

La sorpresi una notte, andando a trovarla, con un altro e vidi la scintilla di passione negli occhi che mancava quando invece stava con me.

Mi ricordai della delusione che mi travolse e della gelosia. La presi per il braccio strattonandola e le chiesi urlando chi era quell’uomo.

E tutto ciò che disse, dopo aver abbassato il capo colpevole e mortificata, fu: “ E’ il ragazzo di cui sono innamorata da sempre, mi spiace Ricky. “

Allora non ci vidi più e le gridai che volevo spiegazioni, se era da sempre innamorata di quell’uomo allora perché stava con me?

Semplice: mio padre!

Lo affrontai per la prima volta nella mia vita, avevo sempre avuto timore di lui, e lui si addirò e mi punì per la mia insolenza. Tempo dopo scoprii che, avendo parlato con i genitori di lei, i suoi genitori l’avevano chiusa in collegio allontanandola dal ragazzo che era un semplice fattorino.

Ma per lei non provai nessuna compassione.

Decisi di fuggire dalla tirannia di mio padre e chiamai mio nonno, che era l’unico mio amico a parte Marco e mia madre che si suicidò tempo addietro, e mi suggerì di trasferirmi da lui per frequentare l’accademia.

Non che avessi una vocazione per fare il carabiniere ma si rivelò abbastanza impegnativo da distrarmi dal dolore del tradimento.

Ma dopo i sei anni ero diventato sottotenente con voti eccellenti nella pratica, dovetti ritornare a Milano e nel frattempo anche Chiara uscì dal collegio.

<< Tuo padre mi ha detto che sei diventato tenente, devo darti i miei complimenti! >> mi fece Stefano sorridendo un po’ nervoso.

Voleva fare bella figura.

<< Sono ancora sottotenente – precisai, purtroppo mio padre tendeva ad ingigantire le cose – e comunque l’altro giorno mi sono dimesso e non lo sono più. Ho lasciato i miei gradi, credo che non faccia per me. >> gli confessai tranquillo ignorando il fatto che mio padre si stesse strozzando con l’acqua. Naturalmente io non gli avevo detto nulla.

<< Ah, ehm … come mai? >> mi chiese poi.

<< Te l’ho spiegato adesso! Credo non faccia per me! >> dissi un po’ insolente continuando a mangiare la mia insalata.

Con la coda dell’occhio vidi mio padre lanciarmi un’occhiata che significa che appena saremmo stati da soli mi avrebbe fatto una strigliata.

E di nuovo cadde il silenzio.

<< E tu Mark? Sei diventato finalmente un dottore? … >> chiese Chiara rivolgendosi a lui. L’aveva sempre considerato un fratello ma il fatto che non si rivolgesse a me voleva dire che era ancora dispiaciuta e non trovava il coraggio di parlarmi, ma era meglio così.

<< Beh, in pratica ho finito gli studi ma sto facendo ancora la specializzazione e forse tra qualche anno mi vedrai compiere operazioni importanti. >> esclamò lui sorridendo educato.

<< E in cosa ti specializzerai? >> chiese lei.

Marco ci pensò su un attimo poi rispose. << La mia prima idea sarebbe cardiologia! >>

E così continuò, più o meno, la discussione che vorticò su Marco per evitare altre tensioni.

Poi mio padre e Stefano andarono a chiudersi nell’ufficio del primo per bere qualcosa di forte.

Sofia si sentì a disagio e annunciò che sarebbe andata fuori a fumare ma si trattenne un po’ troppo.

Rimanemmo solo noi tre in un silenzio pieno di tensione.

<< Devo parlarti, Rick! >> mi disse Chiara interrompendo quel silenzio.

Alzai un sopracciglio scettico voltando, poi, la testa dall’altra parte. Marco sospirò rassegnato e si alzò. Lo guardai confuso cercando di mandargli avvertimenti con lo sguardo, ma lui non mi guardò.

<< Ragazzi, credo proprio che dovete farlo! Io vado in camera tua a giocare alla playstation. >>

“ Che cazzo stai dicendo, idiota? “ avrei voluto chiedergli ma restai a guardarlo male mentre si allontanava fischiettando con le mani nelle tasche. Più tardi avrebbe dovuto darmi una spiegazione.

La sentii schiarirsi nervosa la voce ma io cercavo ostinatamente di non guardarla.

<< Rick, ti prego, guardami! >> mi fece ma non l’ascoltai e lei sbuffò frustrata.

<< Sei un bambino, lo sai? >> esclamò alzandosi dal tavolo e camminando lentamente per aggirarlo e trovarsi di fronte a me.

<< Che vuoi? >> gli chiesi brusco guardando le posate.

<< Solo parlarti … >> mi annunciò sedendosi, poi, di fianco a me.

Mi irrigidii e deglutii.

<< Io ero e sono tutt’ora arrabbiata con i nostri genitori. Loro avevano organizzato il piano famigliare con noi due insieme. >> cercò di spiegare ma io la interruppi irritato.

<< Eppure ne ha fatto parte di questa organizzazione e senza tenermene conto. >>

Sbuffò esasperata. << E cosa potevo fare per ribellarmi? … sai neanche a me piaceva nasconderti tutto. Tu e Marco, per quanto possa essere assurdo, siete la mia vera famiglia … o per lo meno lo eravate! >> finì abbassando il capo. 

<< Non ti credo! >> mormorai, forse di più a me stesso che a lei.

Lei rialzò il capo guardandomi storto. << Ma allora sei proprio cocciuto … >>

Scossi la testa cinico sorridendo amaramente.

<< E come faccio a fidarmi di te se hai finto persino i brividi con me! >> gli spiattellai in faccia e lei rimase scioccata.

<< Io non ho finto. Provavo davvero qualcosa per te! >> alzò la voce.

<< E allora, quel ragazzo? >> le chiesi e sperai di non sembrarle geloso, anche perché non lo ero. Ero esclusivamente innamorato di Melissa o almeno così pareva.

Mi lanciò uno sguardo ferito e addolorato. << Io l’amavo e … amavo anche te solo che … >> farfugliò confusa.

<< Cosa, spiegati?! >> le intimai perdendo la pazienza.

Vidi i suoi occhi diventare lucidi ma alzò la testa con orgoglio.

<< Ho dovuto rinunciare a lui per stare con te, perché i nostri genitori volevano così … all’inizio l’idea di sposarmi con qualcuno che neanche conoscevo mi faceva ribrezzo. Ma poi ti ho conosciuto e mi sei iniziato  a piacere da subito. >> mi spiegò.

<< E quel tipo? Hai continuato a vederlo anche dopo che noi eravamo insieme? >> l’accusai con disgusto.

<< No! … >> scosse energicamente la testa facendo però cadere una lacrima. << Non l’ho più rivisto, ho dovuto mentirgli perché se i miei avessero scoperto che mi frequentavo con lui … non so cosa avrebbero fatto. Ho solo cercato di proteggerlo. Solo che quella volta lui mi venne a trovare, ubriaco, e mi diceva cose brutte e sapevo che l’avevo ferito perché anche lui mi amava! >> continuò prendendosi un pausa.

Io non sapevo se crederle ma forse, già in fondo, le credevo già. Dovevo solo ammetterlo a me stesso.

<< E poi non ricordo ma … eravamo abbracciati e ci baciavamo ed è stato allora che ci hai visto! >>

Scossi la testa ostinato.

<< Mi odi? … bene. E’ reciproco! >> disse poi con sguardo acceso.

Si alzò per andarsene ma la fermai per il braccio e quando me ne resi conto la lasciai come se fosse acido.

<< Sono solo io che devo odiare te. Tu mi hai fatto innamorare di te e poi mi hai tradito! >> le urlai alzandomi a mia volta in piedi per fronteggiarla.

<< Mi spiace, ma io amavo Giovanni. Perché per un’istante non ti metti nei miei panni? Perché da un giorno all’altro ho dovuto lasciarlo perché i miei dicevano che avrei dovuto sposarti. Tutti i miei sogni sono andati infranti e devo solo dire grazie perché sei tu il ragazzo con cui dovrò passare il resto della mia vita! >> esclamò lasciandomi senza fiato.

<< E non c’era proprio nessun altro modo per non sposarti con me? >> le chiesi disperato come se volessi un consiglio per la mia situazione e in quel momento lo capì anche lei.

Mi squadrò il viso in cerca di qualcosa che nascondevo.

<< Hai un’altra? >> mi chiese con un luccichio negli occhi.

Distolsi lo sguardo. << No, non è questo … >> cercai di giustificarmi ma lei non mi sentì e anzi, mi sorrise.

<< Si, è così. Stai cercando di proteggerla da tuo padre … >> ne dedusse lei. Mi conosceva meglio di me.

La guardai negli occhi pronto a smentire ma poi cambiai idea e mi rassegnai.

<< E’ così … >> sussurrai.

<< La storia si ripete … >> concluse lei con tristezza.

<< Non c’è nessun’altra soluzione? >> chiesi ancora.

Scosse lentamente la testa. << No, mi spiace. Ma sono sicura, che se la ami veramente, ne troverai una. A me, purtroppo, mancava il coraggio per oppormi a tutto questo! >> confidò lei poggiandomi comprensiva una mano sulla spalla.

<< E cosa avevi in mente? >> mi informai.

Si strinse nelle spalle. << Avrei voluto andarmene e credo che lui avrebbe lasciato tutto per me. Solo che, proprio io, non avevo avuto la forza adatta per lasciare il mio mondo. Insomma non avrei saputo vivere senza ricchezze. Sarei stata infelice, in qualche modo, e con me anche lui! >>

Annuii. Non ce l’avevo più con lei adesso che sapevo la verità ma un peso nuovo di sconfitta mi travolse.

<< E adesso cosa facciamo? Come la risolvo? Se le chiedessi di venire con me, perché io ce l’avrei eccome la forza per andarmene da mio padre, temo che non lo farebbe perché la sua vita è qui, con la sua famiglia! >> domandai sconsolato.

<< Faremo come ho fatto io tempo fa con te … Andremo avanti fingendo con tutti e con noi stessi! >>








Spoiler pros. cap.:

-
Dovevo mettere la parola fine a questa storia. Peccato solo che si trattava della storia sbagliata a cui dovevo farlo.

Presi il cellulare sul comodino, vicino al letto, ed inviai un messaggio che sperai che Mel non leggesse mai.

“ E’ finita! “

Speranza vana, direi. -


Credo manchino tre, massimo, quattro capitoli alla fine e non vedo l'ora di scrivere la loro rinconcigliazione.
Che purtroppo non sembra avverrà nel prossimo. XD
Comunque avverrà molto presto di quanto vi aspettiate e vi sorprenderà di certo.

NothingElseMatters sono d'accordissimo con te, le persone non possono e non devono essere forzate a cose combinate.
Ma putroppo queste cose succedono ancora nel mondo, certo non come prima, ma succedono ...
E sono contenta che ti sia piaciuto il capitolo precedente, spero anche questo.
Grazie per aver recensito, mi fa sempre piacere sentire le opinioni della gente.

Ringrazio anche tutti coloro che continuano ad aggiungerla nelle segiute, nelle preferite e nelle ricordate.
Grazie di cuore e alla prossima! :)


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Capitolo 13
*** Tears and Lies ... ***


12 13. Tears and Lies  ...






                                               





<< A hundred days have made me older
since the last time that I saw your pretty face.
A thousand lies have made me colder
and I don't think I can look at this the same.
But all the miles that separate,
disappear now when I'm dreaming of your face.

I'm here without you baby.
But you're still on my lonely mind.
I think about you baby.
And I dream about you all the time.
I'm here without you baby.
But you're still with me in my dreams
and tonight it's only you and me. >>

- Here without you, 3 Doors Down -



<< Cento giorni mi hanno reso più vecchio
dall'ultima volta che ho visto il tuo grazioso viso.
Mille bugie mi hanno reso più freddo
e non penso di poter guardare alle cose nello stesso modo.
Ma tutte le miglia che ci separano,
scompaiono ora che sto sognando il tuo viso.

Sono qui senza di te, amore.
Ma tu sei ancora nei miei pensieri solitari.
Io penso a te, amore.
Sogno di te continuamente.
Sono qui senza di te, amore.
Ma tu sei ancora con me nei miei sogni
e stanotte ci siamo solo io e te. >>


 

POV. RICCARDO


Salutammo Chiara e la sua famiglia e poco dopo anche Marco tagliò la corda.

E pensando di svignarmela anch’io cercai di defilarmi in camera ma mio padre mi richiamò.

<< Noi due dobbiamo parlare. Cos’è questa storia che tu ti saresti licenziato dai carabinieri? >> mi chiese e il tono duro che usò non prometteva niente di buono.

Mi portai una mano dietro la testa facendo l’innocente.

<< Beh, ecco … è così! Io mi sono licenziato proprio l’altro giorno. >> ammisi sorridendo un po’ mortificato ma era tutta scena, in realtà non me ne importava più di tanto cosa pensava.

Lui chiuse gli occhi, prendendo respiri profondi e cercando di mantenere la calma.

<< E quando avevi intenzione di dirmelo? >> mi domandò seccato riaprendo gli occhi mandandomi un’occhiataccia che mi fece gelare ma non più di tanto.

<< Adesso! >> risposi un po’ troppo sarcastico per i suoi gusti che mi lanciò un’occhiata letale.

<< E potrei sapere il perché di questa tua … decisione? >> sibilò contro i denti serrati.

Feci un passo indietro per mantenere le distanze.

<< Perché non voglio più fare il carabiniere, non mi piace più! >> risposi senza pensarci.

<< Cosa sei un bambino alle prese con i suoi capricci? >> sbottò mio padre esasperato.

Non gli risposi ma mi limitai a tenere il capo alto per non mostrargli la mortificazione.

Si passò una mano sugli occhi e poi si diresse verso il carrello degli alcolici versandosi un bicchiere pieno di Bourbon e bevendosene tutto d’un sorso.

<< D’accordo … >> mi disse d’un tratto calmo, ma non mi piacque affatto. << Se non vuoi fare il carabiniere va bene. >> continuò guardandomi negli occhi sorridendomi con complicità.

<< Cos’hai in mente? >> chiesi sospettoso.

Schioccò la lingua e cominciò a camminare vagamente per la stanza con le mani intrecciate dietro la schiena.

<< Che ne dici di lavorare come mio lavoratore, se ti dessi da fare diverresti un ottimo dipendente e forse tra qualche decina di anni potresti diventare un editore e erediteresti la mia casa editoriale. Che ne pensi? >> finì aspettando che rispondessi.

Avrei voluto dirgli che avrei di gran lunga preferito ammazzarmi che fare quello che diceva lui.

Ma cercai di rispondere garbatamente per non farlo incavolare ancora.

<< Non credo che faccia per me, io avevo in mente qualche lavoretto part-time … >> gli feci cauto.

<< Tu non farai mai “qualche lavoretto part-time”, io non permetterò che tu scenda ad un livello che non ti appartiene! >> asserì deciso ed irritato.

<< E che livello sarebbe? >> chiesi iniziando ad arrabbiarmi.

Assottigliò gli occhi fino a farli diventare una fessura.

<< Il livello di quella sgualdrina che ti porti a letto! >> sibilò.

Adesso basta. Quando è troppo, è troppo!

Se non fosse che avrei avuto troppo da perdere l’avrei picchiato in quel momento senza pentirmene poi.

Non me ne importava se era mio padre, in quell’istante avevo davanti un uomo sgradevole, un bastardo.

<< Chiudi quella bocca! >> gli urlai stringendo i pugni lungo i fianchi trattenendomi dall’aggredirlo.

Lui sembrò annoiato.

<< Ti arrabbi tanto ma sai che è vero. E quando ti ho avvisato di non rivederla più non scherzavo! >>

Sorrisi amaro e cinico.

<< Oh, su questo non devi preoccuparti, non la rivedrò più. Perciò puoi stare tranquillo! >> gli risposi sputando veleno e  mi ritirai in camera.

 

 

Sbuffai e mi alzai iniziando a camminare su e giù per la stanza all’ennesima telefonata.

Era così difficile ignorarla! 

Non l’avevo più vista da sabato e né sentita. Mi mancava ma ormai non potevo più tirarmi indietro o mi

avrebbe odiato lei stessa per averle inflitto un’ingiustizia da parte di mio padre.

Non potevo essere egoista con lei, non ne ero capace. Ma, cavoli, se mi mancava la sua voce! 

Chiara la vedevo spesso da domenica, veniva e andava quando voleva ma solo per la messinscena che avevamo messo su per papà che pensava che tra noi andasse tutto a gonfie vele

Tra noi infatti non c’era niente a parte la complicità. Non l’avevo perdonata, ma non me ne importava più niente. Ormai era acqua passata e dopo la sua confessione mi ero sentito molto meglio, con un peso in meno.

Eravamo tornati amici, non come prima, ma non trovavo più difficile parlarle.

<< Non puoi fare così, le stai spezzando il cuoricino. >> esclamò un po’ preoccupata e un po’ ironica Chiara che era sdraiata sul mio letto.

Mi girai a guardarla male.

<< E cosa dovrei fare? Rispondere alla sua chiamata e dirle: “mi spiace, mio padre è un bastardo cinico e non vuole più che ti riveda. Altrimenti farai la fine dei barboni di strada.”?! >> dissi io scettico.

Lei rise sotto i baffi ignorando la mia faccia sconcertata ed irritata.

<< Scusa, scusa è che sei così divertente! >> fece continuando a ridere.

<< Ok, allora basta! Perché sei ancora qua, non hai nient’altro da fare? >> domandai esasperato io incrociando le braccia al petto.

Alzò gli occhi al cielo pensosa.

<< Oltre a darti fastidio … no, non ho nient’altro da fare. Sono liberissima! >> continuò ironica. Odiavo quando non mi prendeva sul serio.

Il telefono smise di squillare e mi rattristai andandomi a sedere sul letto.

<< In questo momento ce l’avrà con me! >> mormorai.

Sentii delle dita morbide e piccole posarsi sulla spalla per confortarmi.

<< Mi dispiace veramente, Rick! >> fece lei.

Mi alzai di scatto, non volevo la sua compassione.

<< Ho bisogno di rimanere da solo! >> decretai voltandole le spalle.

La sentii sospirare e alzarsi dal letto. Alcuni passi ed una porta chiudersi.

Ero ad un bivio: non potevo stare con Mel ma dovevo sposarmi con Chiara.

Ma l’ultima l’avrei evitata di sicuro, sarebbe stato troppo per me.

La rabbia assalì quando capii che non c’erano altre soluzioni e colpii il muro con un pugno.

Stranamente il dolore non lo sentii, o almeno non immediatamente.

Poi mi sedetti sul letto e guardai il telefono. C’erano una decina di chiamate.

Quest’ultimo riprese a vibrare appena lo presi in mano. Ma non era Mel, il numero era sconosciuto.

<< Pronto!? >> dissi portandomelo all’orecchio e pronto per riattaccare se fosse stata lei da un altro numero.

<< Riccardo?! Sono io, Fabiana. Noi due dobbiamo parlare! >> fece e dal tono arrabbiato capii che non prometteva nulla di buono.

<< C’è qualcosa che non va? >> chiesi fintamente ingenuo.

<< Se c’è qualcosa che non va? Va tutto a merda! Mi vuoi spiegare cos’è successo e perché in questi giorni stai ignorando la mia amica? >> mi aggredì lei.

Non sapevo che risponderle e più i secondi passavano, più sentivo che lei si innervosiva.

<< Senti, non cercare scuse con me. Marco mi ha già spiegato tutto e adesso, per mantenere il gioco con te, sto mentendo alla mia migliore amica che sta soffrendo come un cane. >>

Le parole che mi riservò mi colpirono come un pugno nello stomaco. Ma sapevo che avrei fatto soffrire di più Mel se avesse saputo la verità.

<< Ti prego continua a non dirle niente. So che è difficile e che tu non vuoi, ma è per lei e per la sua famiglia. Cerca di capirmi … >> la scongiurai.

La sentii sospirare rassegnata.

<< Ma non c’è proprio niente da fare per evitare tutto questo macello? >> chiese lei sperando ma inutilmente.

<< No, purtroppo, fino ad ora, non ho trovato una soluzione. Allora cercherai di mantenere il segreto? >> insistetti io.

<< Si ma sappi che se lo faccio è solo per lei! >> disse concludendo la chiamata.

Sospirai lasciando cadere il telefonino sul letto.

 

Sentii urlare e mi svegliai di soprassalto.

Mi misi a sedere nel letto strofinandomi gli occhi e guardai l’orologio: le nove passate di notte!

Ma fino a quanto avevo dormito oggi pomeriggio?

Mi ricordai di essere crollato sfinito dagli occhi cerchiati di viola. Non prendevo sonno da molto tempo.

Mi concentrai sulle voci provenienti da fuori alla mia porta. Sembravano discutessero.

Ma chi?

Decisi di ritornare a dormire e fregarmene. Ma dopo un po’ quelle voci aumentarono di tono.

Riconobbi, però, mio padre e mi chiesi con chi stesse litigando.

Una dipendente?

Di malavoglia scesi dal letto. Chiunque fosse dovevo salvarlo dalla iena di mio padre.

Ignorai il pavimento ghiacciato sotto i miei piedi scalzi.

Aprii la porta e mi diressi verso il soggiorno, da dove provenivano le voci.

Appena svoltai l’angolo rimasi impietrito.

Cosa ci faceva a casa mia la madre di Melissa?

<< Tu e tuo figlio siete uguali. Due serpenti senza sentimenti, mi fate schifo! >> le urlò in faccio, ma mio padre non batté ciglio.

<< Signora la prego, per l’ultima volta, abbassi il volume della voce! >> chiese autoritario lui.

In quel momento lo sguardo adirato di lei saettò su di me e sbarrò gli occhi assottigliandoli poi con sdegno.

Mi puntò un dito tremante contro. << Tu?! … Come fai a guardarti allo specchio? Sei stato un mostro a giocare con i sentimenti di mia figlia e per colpa tua adesso sta male, si è ridotta in uno stato pietoso. >> mi accusò.

Abbassai lo sguardo mortificato, era proprio ciò che temevo succedesse. Ed è colpa mia!

Non avrei mai dovuto incontrare Mel, così nessuno dei due avrebbe sofferto.

Ma qualcosa ancora potevo farla: continuare a proteggerla.

Alzai lo sguardo indossando la mia vecchia maschera.

<< Io non le avevo mai promesso che tra noi ci potesse essere una storia seria. Per quanto breve, era stato solo semplice divertimento. E non ho mai giocato con i suoi sentimenti perché lei sapeva dall’inizio che non avevo intenzioni serie è stata lei ad insistere. >> le spiegai mentendo in un modo freddo che stupì perfino me.

<< Se è così allora avresti dovuto dirmelo dall’inizio perché mi hai fatta innamorare di te come un idiota! >> disse una voce tremante proveniente da dietro la porta dell’ingresso.

Tutti ci voltammo a guardarla sorpresi. La madre con compassione e preoccupazione. Mio padre con scetticismo e irritazione alzando un sopracciglio. Ed io …

Appena la rividi dopo tanto tempo mi sorpresi di  non ricordare di quanto fosse bella.

Se avessi potuto mi sarei nuovamente innamorato di lei, ma i suoi occhi grigi pieni di lacrime e dolore che cercava con dignità di ricacciare indietro, mi strinsero lo stomaco in una morsa.

Ma fui per un momento felice quando mi aveva confessato, anche se davanti ad altri, che mi amava. E avrei voluto risponderle che la ricambiavo ma, per qualche scherzo del destino, non potevo farlo.

<< Beh, data la tua scarsa intelligenza credo che avrei dovuto dirlo chiaro e tondo già da prima! >> feci io e sperai che il mio leggero tremore nella voce non lo avesse notato nessuno.

Lo sguardo che mi riservò fu peggio di quello che mi aspettavo: pura rabbia!

Non tristezza, solo rabbia. Ed era ciò che più temevo: essere odiato dalla persona che più amavo.

Ma era una punizione che dovevo accettare per averla fatta soffrire così tanto.

Per un momento mi immedesimai in lei. Era come se tutto si stesse ripetendo solo che lei era me e io in questo momento ero Chiara.

E lei stava soffrendo esattamente come io avevo fatto in passato per le bugie di mio padre e di Chiara che a quel tempo amavo.

Mio padre rise, trovava divertente la situazione.

<< E’ meglio per te, ragazzina, se lo dimentichi e anche in fretta. Perché la settimana prossima c’è il suo matrimonio con qualcuno che è di certo al suo livello! >> le disse tagliente mio padre.

<< Cosa??? >> esclamammo in contemporanea io e la madre di Mel.

Mentre quest’ultima abbassò il capo facendo cadere, involontariamente lacrime di rassegnazione.

Lei lo sapeva già che ci saremmo sposati?

Ma non vi badai molto e rivolsi l’attenzione di nuovo verso mio padre.

<< Che significa questo? >> gli chiesi scioccato.

<< Significa proprio ciò che ho detto, stamattina ne ho parlato con i genitori di Chiara e riteniamo opportuno affrettare i tempi per evitare spiacevoli sorprese come questa visita … >> spiegò lui calmo.

<< Hai deciso tutto tu senza rendermene conto! >> esclamai sdegnato.

<< Beh te ne ho reso conto adesso. E fammi un favore, accompagnale alla porta! >> mi disse annoiato uscendo dalla stanza.

Avevo ancora gli occhi sbarrati e senza aver concepito a fondo la situazione appena creatasi.

Riccardo, stai nella merda fino al collo! Mi dissi mentalmente.

<< Andiamo mamma, ti prego … >> fece una voce appena udibile trascinando per il fianco della maglia la propria madre.

<< Si tesoro, andiamo a casa. >> disse e se ne andarono ma non senza rivolgermi, quest’ultima, uno sguardo di risentimento.

Sospirai lasciandomi scappare un gemito. Perché stava accadendo a me? Mi chiesi per la milionesima volta.

Sentii gli occhi pungermi ma li strinsi con stizza con il pollice e l’indice.

Poi mi girai per andare verso mio padre a chiedergli di smetterla ma mi bloccai di colpo.

Che senso aveva opporsi ormai?

Lei mi odiava e malgrado non avessi voluto sposare Chiara, non potevo non farlo. Mio padre era più testardo di me, avrebbe cercato mille modi per ricattarmi.

Ritornai in camera con passo lento e sconsolato.

Dovevo mettere la parola fine a questa storia. Peccato solo che si trattava della storia sbagliata a cui dovevo farlo.

Presi il cellulare sul comodino, vicino al letto, ed inviai un messaggio che sperai che Mel non leggesse mai.

“ E’ finita! “

Speranza vana, direi.

Spoiler pros. cap.:

- Mi avvicinai e lo guardai con disprezzo.

<< E’ stato lei a volerlo sposato. Adesso cosa pretende? >> gli dissi con voce tagliente che non mi era mai appartenuta prima.

<< Hai ragione, è colpa mia. Ma non sapevo come fare per tenerlo accanto a me. Lui mi odia da sempre, pensa che io sia stata la causa della morte della madre. >> mi disse ma fu come se stesse parlando con se stesso.

<< E adesso se n’è andato … >> ribadì. -


Salveeeeeeeee!!!
Come va?
Ormai il matrimonio si avvicina e Mel è disperata ed è ferita. :(
Ma dal prossimo scoprirà la verità ma sarà troppo tardi per fermarlo?
Hihihi, leggete per scoprire.
NothingElseMatters Sono contenta che anche questo capitolo ti sia piaciuto.
E spero che il prossimo ti strappi qualche lacrima. :)
Grazie a tutti, alla prossima!









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Capitolo 14
*** Mission: marriage break off! ***


14 14. Mission: marriage break off!











<< Seems like it was yesterday when I saw your face,
you told me how proud you were.
But I walked away.

If only I knew what I know today ...

I would hold you in my arms.
I would take the pain away.
Thank you for all you've done,
forgive all your mistakes,
there's nothing I wouldn't do
to hear your voice again.
Sometimes I want to call you but I know you won't be there! >>

- Hurt, Christina Aguilera -



<< E' come se fosse ieri, quando ho visto il tuo viso,
mi hai detto quanto tu fossi orgoglioso.
Ma io me ne sono andata,
se solo avessi saputo quello che so oggi ...

Ti stringerei tra le mie braccia.
Ti strapperei via il dolore.
Grazie per tutto quello che hai fatto,
perdono tutti i tuoi errori,
non c'è niente che non farei
per poter sentire di nuovo la tua voce.
A volte vorrei chiamarti ma so che non sarai lì! >>




POV. MELISSA

<< Io non le avevo mai promesso che tra noi ci potesse essere una storia seria. Per quanto breve, era stato solo semplice divertimento. E non ho mai giocato con i suoi sentimenti perché lei sapeva dall’inizio che non avevo intenzioni serie è stata lei stessa ad insistere. >>

Sentire quelle parole mi uccisero, come una pugnalata in mezzo al cuore.

Mi dava solo conferma della mia stupidità e che lui fosse davvero un’idiota. E fui doppiamente delusa perché di quell’idiota io me n’ero innamorata.

Sentii le lacrime scendermi sul viso e presi il coraggio di poter finalmente chiudere questo capitolo.

Mi voltai e varcai la soglia della sua porta affiancando mia madre che non ce la faceva a sopportare un minuto di più le mie lacrime ed era precipitata qui adirata. L’avevo seguita a ruota per impedirle di fare qualche sciocchezza ma alla fine non ce l’avevo fatta ed ero rimasta in disparte a sentirle urlare contro il padre di Riccardo.

<< Se è così allora avresti dovuto dirmelo dall’inizio … perché mi hai fatta innamorare di te come un idiota! >> confessai facendo scorrere altre lacrime di rabbia e delusione.

Guardarlo fu un ennesima pugnalata. Il suo viso, sconcertato per la mia presenza e forse per le mie parole, era bellissimo. Forse qualche ombra negli occhi ma riusciva sempre a togliermi il fiato e ad accelerare i battiti del cuore.

Il suo volto divenne duro e freddo di una maschera che già conoscevo. Ma mi ero accorta troppo tardi che quella non era una maschera ma era LUI.

La indossava tutte quelle volte che diceva di volermi, che non mi avrebbe fatta più soffrire perché a me, in fondo, ci teneva.

<< Beh, data la tua scarsa intelligenza credo che avrei dovuto dirtelo chiaro e tondo già da prima! >> mi disse ma non cercò mai di guardarmi negli occhi e avrei voluto che lo facesse.

Fu quello il momento, forse per la prima volta, che lo odiai davvero. Con tutto il cuore o forse no, forse una parte di me, per quanto piccola, riusciva ancora ad amarlo.

E mi venne in mente la domanda che riservai a Mirko e che invece avrei dovuto chiedere a me stessa: “ Cosa ti piace di lui? “

Ma anche in questo momento non avrei saputo rispondere ma di certo sapevo che era solo il suo corpo che volevo perché altrimenti non sarei ancora vergine ora.

Ma allora cos’era che mi piaceva? Il modo in cui mentiva? Perché solo questo conoscevo di lui.

Le sue bugie!

Una risata cinica e senza sentimenti catturò la mia attenzione.

Suo padre stava ridendo di me e potevo ben capirlo. Stesso padre stesso figlio.

<< E’ meglio per te, ragazzina, se lo dimentichi e anche in fretta. Perché la settimana prossima c’è il suo matrimonio con qualcuno che è di certo al suo livello! >> mi riferì tagliente.

Pensavo che la storia del matrimonio fosse una finta da parte sua per evitare che gironzolassi attorno a suo figlio, ma forse mi ero solo illusa che fosse così.

Certo che si stava per sposare ed io ero stata stupida ad ignorarlo continuando a vederlo senza chiedergli spiegazioni.

Abbassai il capo e riuscii a trattenere a stento un singhiozzo.

<< Cosa??? >> esclamarono mia madre e Riccardo

Sembrava veramente sorpreso, quest’ultimo, ma ormai sapevo che era un’altra delle sue bugie per continuare a prendermi ma non ci sarei cascata più. Avevo imparato la lezione!

<< Che significa questo? >> insistette scocciato.

Avrei sbuffato infastidita da tanta testardaggine, se non fosse che avrei sicuramente fatto uscire un gemito o un singhiozzo umiliante.

<< Significa proprio ciò che ho detto, stamattina ne ho parlato con i genitori di Chiara e riteniamo opportuno affrettare i tempi per evitare spiacevoli sorprese come questa visita … >> fece guardando me e mia madre con sufficienza.

<< Hai deciso tutto tu senza rendermene conto! >> esclamò indignato.

Alzai di poco il capo, sembrava davvero infastidito dalle parole del padre e per poco non ci credetti. Ma ricordai a me stessa che era davvero bravo a mentire.

<< Beh, te ne ho reso conto adesso. E fammi un favore, accompagnale alla porta! >> gli rispose annoiato il padre voltandosi ed allontanandosi dall’ingresso dove ci lasciò da soli.

Possibile che anche il padre mentiva? A che scopo poi, era anche lui un bastardo cinico fino a questo punto?

La risposta, a mio disdegno, era si!

Nel frattempo che Riccardo continuava a guardare confuso il corridoio da cui il padre era sparito, io presi per la manica mia madre. Lo facevo fin da bambina quando avevo paura che papà, mentre era ubriaco, ci alzasse le mani. Allora prendevo per la manica mia madre e la portavo fuori per andare via e a volte questo faceva infuriare lui che voleva che fossimo una famiglia unita, solo che il suo concetto di famiglia unita comprendeva anche l’alcool e questo non ci stava bene.

<< Andiamo mamma, ti prego … >> le sussurrai. Mi guardò compassionevole e intristita dal mio volto devastato da lacrime e occhiaie.

<< Si tesoro, andiamo a casa. >> mi rassicurò lei accarezzandomi una guancia di sfuggita.

Ce ne andammo senza più rivolgergli lo sguardo, non se lo meritava. E appena fummo fuori capii che era l’ultima volta che lo avrei rivisto e trattenni il pianto di disperazione fin quando non fui a casa nella mia stanza.

Ma le sue ultime parole furono un messaggio freddo: E’ finita!

Cosa era finita se non era nemmeno incominciata, idiota?! Avrei voluto chiedergli se l’avessi trovato davanti.

Mi sdraiai sul letto ed affondai la faccia nel cuscino bagnandolo e soffocando le mie grida di frustrazione.

Adesso sapevo cosa volesse dire avere il cuore spezzato.

I giorni che seguirono decisi di arrendermi e di soffocare il mio dolore con lo studio e l’orgoglio.

Quest’anno sarebbe stato l’ultimo e con i soldi che mia madre mi avrebbe dato per i miei diciotto anni ormai in arrivo mi sarei comprata un viaggio di andata e ritorno per tutta l’estate in Sicilia, dai miei nonni materni. Credo che un po’ di aria fresca di campagna mi avrebbe decisamente fatto bene e mi avrebbe schiarito le idee e chissà, magari l’avrei dimenticato una volta per tutte.

Ne ero entusiasta dell’idea ed era la cosa che mi faceva continuare ad andare avanti, ma purtroppo avrei dovuto aspettare altri quattro mesi circa.

Mia madre fu più sollevata dal mio cambiamento d’umore. Certo, non sprizzavo proprio vitalità da tutti i pori ma ero ad un livello più in alto della depressione.

Di mangiare, però, mangiavo poco o niente. Non che prima mangiassi come un maiale …

Di dormire ci riuscivo ma non potevo evitare gli incubi che puntualmente ogni sera venivano a trovarmi.

Insomma, andavo avanti.

La mia amica si preoccupava per me e mi veniva a trovare di rado il pomeriggio, quasi non avesse il coraggio di parlarmi o guardarmi in faccia.

E una settimana esatta, dalla scenata a casa di Palmieri, mi rivelò cosa la turbava.

Era domenica proprio il giorno del matrimonio ed ero più cupa che mai. Stavamo nell’autobus perché lei aveva insistito ad uscire con me ma eravamo in silenzio come tutto il resto della settimana.

<< Mel … io devo dirti qualcosa. >> mi confessò poi guardandosi colpevole le scarpe.

Prima, quando eravamo solo io e lei, il tono della sua voce mi avrebbe allarmata ma ormai non c’era niente che mi poteva deludere più di Riccardo.

<< Parla! >> dissi neutra guardandola assente.

<< Io … ti ho mentito! >> ammise stringendo gli occhi evitando di piangere.

La guardai confusa aggrottando le ciglia. Le misi poi una mano sulla spalla per rassicurarla.

<< Che intendi? >> chiesi domandandomi quando mi avrebbe detto menzogne.

<< Scusami, lo so che adesso non te lo meriti. Dopo tutto quello che ti è successo, l’ultima cosa che vorresti è che le persone attorno ti mentano. E tecnicamente io non l’ho proprio fatto, diciamo che ti ho nascosto una cosa e non … >> iniziò a partire a raffica ma poi si fermò riprendendo fiato e guardandomi in faccia.

Le sorrisi e scossi la testa.

<< Non fa niente Fabi, qualunque cosa sia non darti pene. >> la confortai sollevandole di un po’ il morale.

<< Ma è davvero una cosa importante ciò che ti ho nascosto! >>

POV. RICCARDO

Sputai il dentifricio e mi sciacquai la bocca, poi raddrizzai la schiena e vidi il mio riflesso allo specchio.

Restai per molto tempo a fissarmi. Di certo non sembravo molto in forma per il mio matrimonio.

Avevo il viso sciupato e sguardo spento contornato da occhiaie.

Ormai mi ero rassegnato all’idea che il mio destino sarà senza amore. D'altronde ne ho fatto a meno per molto tempo, solo che dopo averlo assaggiato, anche se brevemente, quel calore ne ho desiderato di più.

Sospirai strizzandomi gli occhi arrossati: avevo pianto a lungo la notte precedente sperando in un miracolo.

Tornai in camera e notai la camicia bianca sul letto accanto ai pantaloni, papillon e giacca neri. Tutto firmato Armani, regalo di papà.

Sbuffai e mi avvicinai levandomi l’asciugamano dalla vita, presi i boxer elasticizzati e l’indossai seguiti dai pantaloni e dalla camicia.

Finii di abbottonare quest’ultima e me la misi dentro la stoffa.

In quel momento si aprì la porta rivelando un radioso quanto odioso padre. Avanzò verso di me mettendomi le mani sulle spalle.

Lo scansai infastidito ma non se la prese. Recuperò il papillon dal letto e me l’annodò ignorando la mia faccia risentita e disgustata continuando a sorridere facendomi saltare i nervi.

Poi mi guardò negli occhi e sospirò rassegnato.

<< Lo so che ce l’hai con me perché hai una cotta per quella ragazzina, ma … >> iniziò ma lo interruppi arrabbiato.

<< Non ho una cotta e lei non è una ragazzina.! >> dissi deciso mentre lui continuava a guardarmi come se la cosa fosse irrilevante. << Ma tu non puoi certo capire. Ti sei sposato con la mamma solo per convenzione e per la tua immagine e non di certo perché l’amavi. Tu non sai cosa significhi provare anche solo affetto verso una persona! >> continuai e per un attimo il suo sguardo freddo e cinico vacillò.

<< Vedrai che amerai Chiara e ti dimenticherai di lei. Infondo l’hai già fatto! >> esclamò lasciandomi di nuovo solo.

<< Certo, come no … >> mormorai a me stesso.

Ormai non potevo più perdere tempo, ero già in ritardo, mi avrebbero dato per disperso.

Mio padre, stranamente, aveva deciso di darmi un po’ di tempo. Forse per compassione, infondo avrei fatto ciò che lui diceva. E non potevo nemmeno andarmene, perché di sicuro lui avrebbe ingaggiato un investigatore e mi avrebbe riportato indietro con la forza ricattandomi fin quando non avrei ceduto.

Era solo questione di poche ore e sarei …

No, meglio non pensarci!

Andai verso la porta passando vicino al comodino e guardai la foto. Quella foto.

Che per tanto tempo avevo cercato di non indugiare con lo sguardo per evitare cattivi ricordi. Mi ricordo quel giorno come fosse ieri: eravamo al parco e io avevo circa nove anni.

Ricordai che non mi era mai piaciuto andare sull’altalena, avevo le vertigini che col tempo mi passarono. Ma vedevo gli altri bambini farsi spingere dai loro genitori e divertirsi un sacco e allora io cercavo di superarla quella paura e chiedevo a mia madre di spingermi.

Io adoravo mia madre, forse perché era l’unica che avesse mai dimostrato di amarmi.

In quella foto eravamo solo io e lei, sorridenti, accanto all’altalena.

Avrei voluto che ci fosse lei qui al mio matrimonio, sicuramente avrebbe mandato a monte tutto e mi avrebbe detto di seguire il cuore e non ciò che un vecchio voleva.

Non ho mai saputo se l’avesse amato, di certo non dava ad intendere niente e poi le sue attenzioni da quando ero nato io erano tutte rivolte a me.

Sospirai per l’ennesima volta e posai la foto decidendo di uscire finalmente prima di mettermi a piangere.

Lanciai un ultimo sguardo al telefonino ed uscii.

POV MELISSA

<< E tu me lo dici solo adesso? >> esclamai con la voce un po’ troppo alta facendo voltare verso di me le persone accanto che mi fissarono come se fossi pazza.

<< Si, beh, mi aveva detto che non c’era altra soluzione se non lasciarti andare e sposare quella sciacquetta! >> cercò di giustificarsi.

<< Allora devo impedirlo! >> annunciai decisa. Mi guardò stranita.

<< Impedire cosa? >> chiese ingenua.

La presi per il bavero del giubbotto e quasi la scrollai.

<< Ma come cosa?! Il matrimonio! >> dissi alzando ancora la voce ed ignorai le occhiatacce e gli sbuffi dei passeggeri.

E feci per voltarmi e scendere l’autobus ma la mia amica mi afferrò per il cappuccio trattenendomi e le porte si richiusero facendo ripartire il mezzo.

<< Che fai? >> protestai impaziente.

Lei sospirò scuotendo la testa.

<< Prima cosa: non sai qual è la chiesa! Seconda cosa: come cavolo pensi di andarci. A piedi? Terza: non puoi stupida, suo padre ti rovinerà la vita. Pensa a tua madre, non se lo merita. >> mi spiegò incrociando le braccia tenendosi, però, ben stretta al palo.

Ci pensai velocemente su e capii che aveva ragione.

<< Lo so, ma non posso permettergli che si sacrifichi per me. Non è giusto! Io lo amo! >> le dissi disperata.

Mi fissò per un lungo tempo, poi prese il cellulare dalla borsa e digitò un messaggio a qualcuno velocemente.

Sbuffai irritata. << Fabi, ti sembra il caso? >> le domandai ma non mi ascoltò.

Poco dopo le arrivò la risposta e sorrise complice.

<< La chiesa si trova a due chilometri da qui. Se prendi la via Maggio ( inventata naturalmente) te la ritrovi proprio davanti. Sbrigati, sono quasi l’una è già iniziata la messa, che stai aspettando? Io ti raggiungo dopo! >> mi fece allegra spintonandomi via dal bus che si era fermato ancora.

Le soffiai velocemente un bacio sulla guancia e mi precipitai fuori.

Fermandomi poi a guardarmi attorno per intravedere la via giusta. Appena la vidi scattai, correndo come una forsennata.

Pregai che non fosse già finito tutto, ma il tempo non era di certo dalla mia parte.

Corsi, corsi e corsi e rischiai anche di inciampare ma alla fine arrivai.

Fuori, le poche macchine, se ne stavano andando e non riuscii a vedere dentro attraverso il buio.

Il cuore mi si strinse in una morsa. Era già finito tutto?

Guardai l’orologio, erano passati altre venti minuti.

Abbassai lo sguardo ma decisi comunque di entrare.

Lentamente varcai il grande portone e l’aria fresca con puzzo di incenso mi inondò le narici.

Guardandomi attorno vidi le panche vuote e sentii gli occhi pungermi ma i miei piedi, come fossero ipnotizzati, continuavano ad avanzare fino davanti all’altare desolato.

<< Se n’è andato… >> mormorò una voce dietro di me.

Mi girai lentamente e vidi il signor Palmieri seduto con le mani in grembo a fissare il nulla.

Notai i suoi occhi luccicare come se stesse per piangere.

Possibile che al suo cuore freddo mancasse il figlio appena andato, forse per la luna di miele o a festeggiare da qualche parte?

Mi avvicinai e lo guardai con disprezzo.

<< E’ stato lei a volerlo sposato. Adesso cosa pretende? >> gli dissi con voce tagliente che non mi era mai appartenuta prima.

<< Hai ragione, è colpa mia. Ma non sapevo come fare per tenerlo accanto a me. Lui mi odia da sempre, pensa che io sia stata la causa della morte della madre. >> mi disse ma fu come se stesse parlando con se stesso.

Mi sorpresi quando mi disse della moglie, non sapevo la storia che legava alla sua morte ma mi addolorai per Riccardo. Doveva essere stato duro perderla e vivere con un uomo del genere.

<< E adesso se n’è andato … >> ribadì.

Scossi la testa e ritornai indietro ma la sua voce, appena gli passai accanto, rimbombò nell’ edificio.

<< Tranquilla, non farò niente a te e alla tua famiglia! >> mi disse e gli lanciai uno sguardo stranito.

Dopo che Rick si era sposato lui aveva promesso di lasciarmi stare e allora perché me lo diceva?

Gli voltai le spalle ed uscii in fretta. Alla luce del sole la mia testa girò e dovetti sorreggermi ad un albero lì vicino.

Il cellullare squillò nella tasca e lo presi senza pensarci: Fabiana!

Voleva sapere cosa era successo, di sicuro.

Con mani tremanti accettai la chiamata.

<< Meeel! >> mi urlò nell’orecchio allegra.

<< Fabi … Non ce l’ho fatta. >> dissi con tono tremante.

<< Ma che dici? Oh, intendi fermare il matrimonio stile “mission impossible”? >> scherzò.

<< Come puoi scherzare? >> la ammonii con le lacrime agli occhi.

<< Ehm, scusa … comunque visto che non ce l’hai fatta che ne dici di piangere un po’ sulla mia spalla a casa di Marco? >> mi chiese e il suo tono falsamente dispiaciuto mi ferì.

Lei non lo vedeva di buon occhio Riccardo e probabilmente era contenta che questa storia fosse finita.

<< Non so, io credo che … mi farò un giretto. >> confessai iniziando a camminare.

Il suo tono si allarmò di sbotto.

<< Ma no, non è proprio ora. Guarda quanto è tardi e poi ho già avvisato che saresti andata a mangiare a casa del mio ragazzo. Perciò muovi le chiappe e vieni qui! >> affermò chiudendo la chiamata.

Sospirai e mi diressi verso la prima fermata d’autobus.

Salii e mi accomodai sul sedile vicino al finestrino poggiando la testa sulla sua superficie fredda e chiusi gli occhi.

Le lacrime si erano bloccate, ormai ero stata svuotata dentro. Non capii quale sentimento mi stava attraversando dentro. Delusione? Rabbia? Tristezza?

Niente! Non riuscivo a provare niente.

Mi ricordai quando da piccola chiesi a mia madre perché accadevano cose brutte alle persone buone. E lei mia aveva risposta con due parole piene di significato che ancora oggi sentivo fossero mie: La vita!

Già questa era la vita. E la vita faceva proprio schifo!

Scesi di malavoglia e camminai sotto il sole che cominciava a darmi alla testa. Sarà per la fame, ma in quel momento non ne provavo neanche.

Suonai il citofono e mi aprirono immediatamente senza chiedermi chi potessi essere. Immagino aspettassero solo me.

Salii le scale uno ad uno con passo pesante. A casa di Marco ero venuta solo due volte ed era piacevolmente spartana e non troppo grande. Mi disse che ci viveva da solo in affitto mentre la sua famiglia viveva in periferia in una grande casa.

Era ricco ma non come Rick ed era per questo che il signor Palmieri gli aveva concesso di frequentarlo come amico. Se fosse stato al mio livello credo che l’avrebbe allontanato.

Appena fui davanti la sua porta feci per suonare il campanello ma mi accorsi che era già aperto.

Entrai quindi senza farmi tanti complimenti e richiusi la porta.

Mi guardai a destra e a sinistra ma di loro nessuna traccia.

<< Ragazzi!? >> li chiamai senza ottenere risposta.

Che strano! Nella casa regnava un silenzio quasi inquietante.

Iniziai a camminare cauta e li chiamai nuovamente senza ricevere ancora una risposta.

Stavano cercando di fare uno scherzo per spaventarmi e sollevarmi il morale?

<< Dai non è divert … >> brontolai ma mi bloccai appena due mani mi coprirono da dietro gli occhi.

Sbuffai chiedendo a Fabi di smetterla ma qualcosa mi fece impietrire. Da quando in qua la mia amica si era fatta i muscoli?

Era Marco? Ma con lui non avevo certe confidenze …

Un fiato caldo sul collo mi fece rabbrividire. Delle labbra, che avrei riconosciuto ovunque, si posarono sotto il mio orecchio.

<< Rick? >> chiamai con voce rotta.

Le mani si sollevarono e mi girai tenendo gli occhi chiusi sperando con tutto il cuore di non sbagliarmi.

Appena lo feci riconobbi due occhi verdi che mi sorrisero.

<< Sorpresa! >>

Spoiler pros. cap.:

- << Perché? >> domandai ma fu quasi una supplica.

<< Non credo di riuscire a trattenermi se continui a provocarmi a quel modo, Mel! >> mi disse sorridendo.

Capii dove voleva parare e arrossii.

<< E allora non farlo … >> sussurrai imbarazzata. -


Devo dire che mi sono un pò commossa all'ultimo. Lei che corre per fermarlo ma non lo trova più e pensa che si sia già sposato...
Anche voi? ( lo spero)
Comunque posso assicurarvi che queste sono le ultime lacrime di tristezza. ;)
Questo capitolo è stato un pò breve ma spero di avervi fatto emozionare almeno un pò.
Fatemi sapere che ne pensate.

NothingElseMatters non sei l'unica che vorrebbe uccidere di botte il padre e so che devo essere l'ultima a parlare perchè sono stata io a creare quel personaggio.
Comunque sono contentissima che ti sia piaciuto l'intervento preoccupato e prottettivo della madre di Mel.
Grazie ancora del "Keep ep the good work!". Sei dolcissima. :)

Skyscraper ho fatto del mio meglio per aggiornare il più presto possibile, spero di non averti fatto attendere molto e grazie del sostegno!

Ci vediamo alla prossima raga.!!!  

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Capitolo 15
*** Without home, but not without love! ***


15 15. Without home, but not without love!




                                     




<< Waking up I see that everything is ok
the first time in my life and now it's so great.
Slowing down, I look around and I am so amazed.
I think about the little things that make life great.
I wouldn't change a thing about it,
this is the best feeling ...

This innocence is brilliant, i hope that it will stay.
This moment is perfect, please don't go away.
 I need you now and I'll hold on to it,
don't you let it pass you by? >>

- Innocence, Avril Lavigne -







<< Svegliandomi vedo che tutto va bene
la prima volta nella mia vita e adesso è tutto così bello.
Rallento, mi guardo attorno e sono così meravigliata.
Penso alle piccole cose che rendono grande la vita.
Non cambierei niente,
e questa è la migliore sensazione ...

Questa innocenza è brillante, spero che durerà.
Questo momento è perfetto, per favore non andare via.
Ho bisogno di te adesso e terrò stretto questo amore,
non permetterai che questo amore ti sorpassi vero? >>










POV MELISSA

 

<< Sorpresa! >> mormorò sorridendo dolcemente con occhi lucidi.

Averlo di nuovo così vicino dopo tanto tempo e dopo tutto quello che era successo fu davvero un’immensa sorpresa piacevole che mi fece la testa.

<< Ma … il matrimonio … ?! >> borbottai confusa.

Che ci faceva qui?

Lui sospiro ma tutto parve che affranto.

<< Non c’è stato più! >> mi spiegò e nel suo tono potevo notare il suo sollievo.

<< Ma tuo padre … >> inizia ma poi non seppi che dire. In effetti lui aveva detto che se n’era andato ma avevo capito il contrario, ovvero che Riccardo si fosse già sposato.

Il suo volto si indurì.

<< Che centra lui? >> fece un po’ risentito.

Scossi la testa ridendo.

<< Niente, niente. Pensavo solo ti fossi sposato. Ma lei dov’è? >> chiesi con il cuore in attesa.

<< Andata! >> rispose vago.

<< Andata dove, cos’è successo? >> insistetti. Non volevo che mi nascondessero ancora la verità. Ne avevo abbastanza!

Sospirò rassegnato.

<< Ero sull’altare ad aspettarla e ti giuro che in quel momento avrei preferito che mi colpisse un fulmine piuttosto che sposarla. Ma poi… proprio quando era arrivata e la messa stava per iniziare ebbi l’idea di interrompere tutto. Io non potevo sposarmi e non lo volevo affatto! >> mi spiegò ricordandosi di cos’era successo.

<< E hai davvero interrotto tutto? >> domandai quasi non ne fossi sicura, quasi temessi che non fosse così.

Lui scosse la testa per negare e mi allarmai.

<< E’ stata Chiara a decidere per me, neanche a lei piaceva l’idea di un matrimonio combinato! >> disse sorridendo.

Fui sollevata ma anche confusa. Pensavo che lei lo volesse o almeno da quanto avevo capito da Fabiana sembrava una di quelle ricche figlie di papà che fanno tutto ciò che dicono i genitori. A quanto pare sembrava essermi quasi simpatica. E dico quasi perché stava per sposare il mio Rick.

Pensando alla parola mio arrossii, non avevo mai pensato così a lui. Non avevo mai pensato che potesse essere mio.

<< Che c’è, perché sei rossa? Non dirmi che mi stai immaginando nudo! >> fece fintamente indignato ma i suoi occhi ridevano di me.

Arrossii di più e gli diedi un buffetto sulla spalla e appena prima che ritraessi la  mano mi catturò il polso.

Se lo portò alle labbra senza staccare gli occhi dai miei.

<< Non stavo immaginando proprio niente, pervertito! >> borbottai imbarazzata balbettando.

Lu rise divertito e quando si calmò mi guardò intensamente mandandomi in iperventilazione.

Mi schiarii la gola e cambiai argomento.

<< Ma dove sono Marco e Fabiana? >> chiesi la prima cosa che mi venne in mente.

<< Beh, loro hanno deciso di lasciarci un po’ di tempo … per noi, ecco! >> mi disse e sembrò un po’ imbarazzato che poi venne sostituito con malizia.

<< Oh, capisco! >> sbiascicai.

Sebbene fossimo distante solo un passo si avvicinò ancora con una strana luce negli occhi che però, notai con piacere, era ben diversa da come mi guardava prima. Adesso c’era la consapevolezza dei nostri sentimenti e quindi alleggiava l’imbarazzo tra noi.

<< E c-cosa farai con tuo padre? >> domandai in preda all’affanno.

Lui non sembrò contento di questo argomento che avevo messo in mezzo, ma rispose comunque anche se con malavoglia.

<< Oggi pomeriggio torno a casa a prendere le mie cose e mi trasferirò a casa di Mark. Con lui ho chiuso! >> disse deciso ma poi si incupì.

<< So che con questo mio atteggiamento sono egoista! >> continuò poi abbassando lo sguardo.

<< Ma che dici? Se è per tuo padre … tu non gli devi niente, capito! >> lo rassicurai.

Scosse la testa continuando a guardare in basso.

<< No, non è per questo. Adesso, con tutta questa storia, mio padre se la prenderà con te. >> affermò.

Gli sorrisi dolcemente. Come poteva preoccuparsi per me e la mia famiglia se in gioco c’era il suo futuro?

E’ davvero questo il ragazzo, anzi, l’uomo di cui mi sono perdutamente innamorata.

Gli alzai il viso prendendolo con le mani e lui vi si appoggiò guardandomi con occhi lucidi.

<< Rick, lui non ci farà niente! >> gli dissi piano.

<< Non puoi esserne sicura. Io lo conosco so che tipo è. Da chi credi che abbia preso la testardaggine se non la stronzaggine?! >> rispose lui.

<< Se tuo padre è un uomo di parola allora è tutto apposto! >>  riferii.

Mi guardò accigliato prendendomi le mani e abbassandole dal volto ma tenendole sempre strette.

<< Che vuoi dire? >> chiese accigliato.

Guardai in basso sentendomi colpevole sotto il suo sguardo inquisitorio.

<< Ecco, ero corsa in chiesa per fermarti dopo che Fabi mi aveva detto che tu eri stato costretto e non perché lo volevi. E ho incontrato tuo padre … >> iniziai cauta guardandolo sperando che non avesse qualche reazione eccessiva.

<< Cosa? E che ti ha detto quel bastardo? >> esclamò scioccato e indignato.

<< Beh, mi era sembrato piuttosto giù. Credo si sia rassegnato al fatto che tu non voglia fare ciò che lui dice. Mi ha detto che ci lascerà in pace. Mi è sembrato sincero. >>  dissi e sembrò calmarsi.

<< Non so se credergli, Mel. E’ un uomo cattivo! >> ammise con disgusto.

<< Io non lo conosco ma l’ho visto davvero distrutto, diceva che voleva solo trovare il modo per tenerti con sé perché sapeva di stava perdendoti per colpa … >> mi fermai rendendomi conto che stavo davvero proteggendo quell’uomo.

<< Colpa di cosa? Del suo carattere orrendo?! >> finì lui arrabbiandosi involontariamente.

<< Non so … >> mentii ma non convinsi neanche me. Solo volevo farlo soffrire rievocando ricordi amari.

<< Mel, non sai mentire, lo so. Cosa cerchi di nascondere? >> mi chiese sospettoso.

Mi morsi il labbro e mi diedi della stupida. Ma a questo punto tanto vale dirglielo.

<< Mi ha detto che voleva farti sposare perché non voleva che tu te ne andassi via. Perché crede che tu gli dia la colpa per … la morte di tua madre! >> dissi l’ultima frase sottovoce quasi temessi che si arrabbiasse con me.

La reazione fu, più o meno, come me l’aspettavo. Si allontanò da me e mi diede le spalle passandosi una mano tra i capelli.

<< Ti ha detto questo? >> mi chiese. E sapevo che cercava a stento di calmarsi.

Annuii prima di ricordare che non poteva vedermi.

<< S-si … >> balbettai piano.

Si girò verso di me lentamente facendomi tremare dall’attesa.

<< Ed è vero! >> disse poi facendo quasi scappare un sospiro di sollievo.

<< Ma come è vero? Come …. Scusa, non sono fatti miei. >> prese il sopravvento la mia curiosità ma la misi a tacere con forza.

<< E’ una storia lunga. Solo … mia madre non era felice, lei si drogava perché mio padre le rendeva la vita un inferno. E alla fine si è suicidata e quel bastardo non è nemmeno venuto al suo funerale… >> sbottò sfogandosi.

Due lacrime gli caddero e commossero anche me. Non mi importò se si irritato o infastidito, andai da lui e lo abbracciai.

Rimase impietrito dalla sorpresa, poi mi strinse anche lui e si sfogò sulla mia spalla.

Per tutto il tempo gli accarezzai i capelli fin quando non si calmò.

Nel mio profondo gli fui grata per avermi confessato qualcosa che per lui doveva essere molto importante, aveva così deciso di farmi partecipe.

<< Scusa, sto piangendo come un bambino … >> farfugliò asciugandosi gli occhi con la manica della camicia.

Solo in quel momento notai il suo abbigliamento. Sembrava proprio uscito da un matrimonio con tanto di papillon.

<< Tranquillo, ogni tanto fa bene sfogarsi. >> dissi aiutandolo ad asciugare il viso bagnato.

<< Già, ma non mi sento per niente meglio. >> esclamò ironicamente amaro.

<< Allora vediamo se questo ti tira su il morale. >> feci avvicinando il mio viso al fine di dargli l’attesissimo bacio.

Glielo diedi a stampo, dolce, per rassicurarlo ed aspettare che fosse a voler decidere se prolungarlo o meno.

Ma lui era un uomo e di certo non ci pensò due volte a dischiudere le labbra e fare in modo di intensificare l’effusione.

Da baci dolci e calmi divennero frettolosi, affannati e decisamente poco casti.

<< Da quanto aspettavo farlo … >> mormorò quando si allontanò di qualche millimetro per riprendere fiato.

<< Non sai quanto io … >> gli feci di rimando ridacchiando con voce rotta dal fiato corto.

Non mi accorsi che mi spinse all’indietro fin quando la mia schiena non toccò il muro.

Da lì fece leva per far combaciare il corpo perfettamente con il mio.

Iniziò a baciarmi il collo così avidamente che non riuscii a fermare un gemito.

Le sue mani, cavolo, erano dappertutto. Toccavano ogni centimetro di me mandandolo a fuoco.

Poi rallentò, quasi di malavoglia, e protestai in silenzio baciandolo con foga, mordicchiandogli il labbro e facendolo andare fuori di testa.

<< Mel, fermati … >> mi consigliò.

Non capii, do solito ero io a fermarlo.

Aprii gli occhi e lo guardai. I suoi erano accesi dal desiderio proprio come i miei ma cercava di contenersi.

<< Perché? >> domandai ma fu quasi una supplica.

<< Non credo di riuscire a trattenermi se continui a provocarmi a quel modo, Mel! >> mi disse sorridendo.

Capii dove voleva parare e arrossii.

<< E allora non farlo … >> sussurrai imbarazzata.

Mi guardò sorpreso quasi come se non avesse capito bene.

<< Sei sicura? >> chiese e sapevo che sperava profondamente che lo fossi.

Appena annuii col capo mi baciò e sentii il suo sorriso sulle mie labbra.

Mi afferrò sotto i glutei allacciando sollevandomi. Seppi, istintivamente, che fare. Allacciai le mie gambe ai suoi fianchi e sentendo la sua eccitazione premere nei pantaloni contro la mia femminilità andai in estasi.

Non ricordai nemmeno come e quando ci eravamo spostati fin quando non mi lasciò scivolare sul letto e si sdraiò su di me.

Le sue mani, esperte, vagarono sul mio ventre e mi sollevarono piano la maglia accarezzandomi la pelle nuda mentre ancora le nostre bocche e lingue danzavano.

Appena sfiorò il lembo di tessuto del reggiseno andai a mille ed ebbi paura.

Ma io volevo farlo, mi sentivo pronta e volevo lui.

Con decisione mi levai la maglietta e per qualche istante rimase a fissarmi meravigliato.

Mi baciò ancora la bocca, poi scese sul collo in una piccola scia ardente fino ad arrivare al petto.

Mi baciò sul seno e sentii la sua mano cercare di sfilarmi la stoffa in più.

Sospirai lasciandolo fare. Ed un secondo dopo ero davanti ai suoi occhi mezza nuda.

Mi vergognai un po’ ma fu solo un momento, quando incontrai i suoi occhi verdi sicuri e che mi diedero sicurezza.

<< Sei bellissima! >> mi sussurrò all’orecchio.

Al che, le mie dita, tremanti, cercarono di aprire i bottoni della sua camicia e lui fu più veloce di me a sfilarla e notai la bella sensazione che provai quando i nostri petti, la nostra pelle nuda furono a contatto.

Gli accarezzai la schiena muscolosa e sembrava di non averne mai abbastanza. Volevo scavare in quella massa si pelle e muscoli, volevo essere dentro di esso per assaporare di più di quel corpo.

Il resto dei nostri vestiti fu spazzato via e fu la prima volta in assoluto che un uomo mi guardava come mamma mia aveva fatta, senza veli. A parte mio padre, ma quand’ero piccola, ma non credo che conti.

Al momento tanto atteso mi fissò cercando una mia conferma, voleva essere sicuro che lo volessi veramente. E da egoista presi qualche secondo per pensarci poi gli mormorai nell’orecchio un timido si.

E fu dentro di me.

 

 

POV RICCARDO

Non riuscii a ricordare l’ultima un cui fu così meraviglioso e appagante il sesso. Beh, forse perché non lo facevo da un po’ e se ci riuscivo pensavo a Mel.

La guardai mentre si stringeva a me. Sembrava così piccola …

E io così grande e grosso che mi preoccupai di averle fatto del male.

<< Ti fa male? >> chiesi.

Mi guardò sorridendo e scosse la testa.

<< No … sai, non ho mai provato una sensazione del genere. E’ stato bellissimo! >> mi sussurrò allegra ma imbarazzata per la confessione.

Sospirai. Dovevo averle fatto del male sicuramente. Era vergine ed era normale che provasse dolore la prima volta ma voleva che stessi tranquillo.

<< E … si, insomma … >> mormorò imbarazzata coprendosi il viso con i capelli.

La strinsi per incoraggiarla a continuare.

<< Sono esperta, non l’ho mai fatto prima di oggi … A te è piaciuto? >> chiese guardandomi finalmente negli occhi.

Mi trattenni dal riderle in faccia. La sua espressione preoccupata era buffa.

<< Mel, non dovevi fare poi molto … >> esclamai ironico.

Sbuffò ed insistette. << Rispondimi! >>

<< Certo che mi è piaciuto, sciocchina! >> risposi catturandole una ciocca di capelli ed iniziai a giocarci.

Sospirò di sollievo.

La guardai mentre abbandonava il capo sul mio petto e respirai il suo odore.

<< Parlami di Chiara. >> mi chiese infine facendomi rimanere di sasso.

<< La tua amica non ti ha già detto tutto? >> feci io. Non mi andava di rovinare questo momento parlando di quella.

<< A grossomodo, ma voglio che me ne racconti tu. Di ciò che ti ha fatto … >> spiegò alzando la testa poggiandola sulla mano.

Sospirai, mi sembrava giusto.

<< Mio padre voleva che ci sposassimo da quando avevo più o meno sedici anni. Me la fece incontrare senza dirmi niente e … beh, lei è una bella ragazza e io un ragazzo in preda agli ormoni e mi  piacque fin da subito. >> iniziai fermandomi a fissarla aspettando che aggiungesse qualcosa. Stette zitta e assorta e allora continuai.

<< Il suo carattere peperino mi fece innamorare di lei e se mio padre mi avesse detto che mi sarei dovuto sposare proprio con Chiara non me la sarei presa e anzi avrei accettato con piacere. Ma sono felice di non averlo fatto perché così non avrei incontrato te. >>

Ignorò la mia ultima frase e scosse la testa. << Ma perché hai cambiato idea? Perché l’hai lasciata? Questo Fabi non me l’ha spiegato… >>

<< Un giorno andai a casa sua e la sorpresi con un altro ragazzo. Le gridai che era una poco di buono e la lasciai. Poi, successivamente, venni a sapere che era il suo ex che amava e che sapeva tutto del piano di mio padre e dei suoi genitori di farci sposare. Così, i suoi, la rinchiusero in collegio e mandarono via il ragazzo che, poverino, non sapeva niente. >> presi una pausa ricordando quel periodo non più doloroso per me.

<< Io odiai mio padre e me ne andai da mio nonno che mi propose di entrare nella sua accademia. L’alternativa era dirigere l’azienda di mio padre, quindi … >>

<< E poi lei è ritornata. >> concluse lei sistemandosi meglio sul cuscino.

<< Già. >> annuii io.

<< E che fine ha fatto quel ragazzo ? >> chiese lei interessata.

Mi strinsi nelle spalle.

<< Non ne ho idea, forse adesso Chiara è con lui. Non lo so e non mi importa, adesso sono un capitolo chiuso per me! >> esclamai.

<< A me lei non sta antipatica. >> mormorò.

Alzai un sopracciglio. << Io ti ho appena confidato il suo tradimento ed il fatto che mi aveva fatto soffrire e tu mi dici che ti sta simpatica? >>

<< Non ho detto che mi sta simpatica, solo che non la trovo una persona cattiva. Insomma lei ha dovuto fingere di amarti mentre amava un altro solo per … perché i suoi genitori sono come tuo padre. Ecco tutto! >> fece lei.

Mi imbronciai. << Ma insomma sei o non sei la mia ragazza? Da che parte stai? >>

Mi saltò addosso con occhi brillanti.

<< Lo sono? >> domandò euforica.

<< Lo sei solo se mi ripeti che sei innamorata di me! >> concessi sorridendo speranzoso.

Il suo viso divenne rosso e si coprì la testa col lenzuolo.

<< Dai non puoi chiedermi una cosa così imbarazzante! >> mi gridò.

Risi di gusto.

<< … mi hai fatta innamorare di te come un idiota! Dai ridillo di nuovo. >> la scimmiottai ridendo a crepapelle.

Mi diede di risposta un calcio che mi fece zittire all’istante.

<< Va bene va bene la smetto, ma tu esci di lì. >> le dissi e mi obbedì.

Rimanemmo in silenzio per un po’ poi le chiesi a che pensava.

<< Al fatto che siamo due ore in questo letto e non ho ancora mangiato. Ho una fame tremenda! >> disse.

Sorrisi e mi alzai.

<< A questo posso provvedere subito. >> annunciai infilandomi i boxer dirigendomi in cucina.

Non c’era molto, a parte mezzo pollo a brodo di ieri.

Lo divisi in due piatti e presi il vino. Portai tutto in camera e la vidi alle prese con telefonino.

Mi sedetti poggiando tutto sul letto con cautela.

Sbirciai le sue email.

<< La stai informando sulle mie prestazioni? >> feci scherzando beccandomi un pugno sulla spalla.

<< In realtà le stavo dicendo quanto piccolo ce l’hai. Immaginavo fossi più dotato. >> rispose lei a tono ridendo sotto i baffi.

Guardai in basso. Non ce l’avevo piccolo e le mie compagne di letto non si erano mai lamentate.

Presi il suo telefonino e lo gettai sul comodino un po’ troppo bruscamente facendola sussultare spaventata.

<< Io ce l’avrei piccolo, eh? >> dissi intimidendola.

La presi per le spalle e la feci sdraiare sotto di  me.

Rise nervosamente.

<< Si! >> insistette.

Mi vendicai di lei mordicchiandole il collo: il suo punto debole. Avevo scoperto che era sensibile proprio lì.

Mi supplicò ridendo di lasciarla andare.

<< Smetto se mi dici quello che hai detto l’altro giorno! >> la ricattai e alla fine cedette come volevo.

<< TI AMO! Ti va bene adesso? >> urlò tenendosi la pancia dolorante per le risate.

La fissai teneramente. Era proprio ciò che volevo sentire.

<< Si, mi va bene! >> esclamai baciandola.




Spoiler pros. cap.:

- << Io ho bisogno di sentirmelo dire almeno una volta … >> lo supplicai e lo vidi provarci.
<< Io ti … >> iniziò ma si bloccò.
|...|
<< Se non superi questo blocco mi perderai sul serio! >> -




Salve, care lettriciiiii.
Siamo giunte alla fine, questo era il penultimo capitolo.
E finalmente, voi direte. Hihihi!!!
Spero che questo capitolo non sia spinto e che sia comunque adeguato al raiting arancione, se non fosse così o se avessi urtato la vostra sensibilità segnalatemelo pure.
Cooooomunque, spero proprio non lo sia perché l'ultimo capitolo sarà decisamente un pò più piccante e spiegherò cosa succederà ai vari personaggi.

NothingElseMatters Grazie per i complimenti  all'ultima. Si, hai ragione è proprio in stile film ... ma non sapevo in che altro modo finirlo. Sorry! :)
Ahahahaha, povero il padre. In fondo non è proprio cattivo cattivo cattivo è solo ... cattivo, ma adesso non lo è più. XD
Ti aspetto con ansia nell'ultimo capitolo, a presto! Baci :)

Joelle Ti ringrazio ancora perchè mi fai sapere come migliorare la mia fic., Comunque ho modificato il punto che credevi potessi migliare. Spero vada bene, non fatto comunque cambiamenti radicali e ho cercato di correggere gli errori che mi sono lasciata dietro nello stesso capitolo, mentre per quanto riguarda i primi pieni di errori con il carattere enorme sto modificando pian piano.
Quando avrò tempo lo farò senz'altro, grazie per avermelo fatto notare.
Spero mi farai sapere cosa ne pensi di questo e dell'ultimo capitolo. Ci vediamo alla prossima! XD

Is_My_Life Ma dai, povera Chiara, l'hai chiamata oca ... beh, in effetti, anche se però alla fine si rivela un tipo simpatico, a mio parere, e soprattutto è grazie a lei se Rick non si sposa con lei.
Mi fanno piacere le tue recensioni e i tuoi complimenti, ci vediamo alla prossima.

Arrivaderci a tutti e grazie per tutto!!!


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Capitolo 16
*** Dreams do come true every day. ***


16 16. Dreams do come true every day.




                                             


<< You can be a sweet dream or a beautiful nightmare,
      either way I don’t wanna wake up from you.
Turn the lights on!
Sweet dream or a beautiful nightmare,
     somebody pinch me.
Your loves to good to be true.
Turn the lights on!
My guilty pleasure
    I ain’t goin nowhere
   baby, long as you’re here
   I’ll be floating on air cause you’re my,
   you’re my, you're my ...
You can be a sweet dream or a beautiful nightmare,
   either way I don’t wanna wake up from you.

Tattoo your name across my heart,
    so it will remain.
Not even death can make us part,
   what kind of dream is this? >>

- Sweet dreams, Beyoncè -





<< Puoi essere un dolce sogno o un bell'incubo,
     in entrambi i casi io non voglio svegliarmi da te.
Accendi le luci!
Dolce sogno o bell'incubo,
     qualcuno mi dia un pizzicotto.
Il tuo amore è troppo bello per essere vero.
Accendi le luci!
Il mio colpevole piacere
     non sta andando da nessuna parte
     tesoro, finchè sarai qui
     io fluttuerò in aria perchè tu sei,
     tu sei, tu sei il mio...
Puoi essere un dolce sogno o un bell'incubo,
     in entrambi i casi io non voglio svegliarmi da te.

Ho tatuato il tuo nome sul mio cuore,
    quindi lì rimarrà per sempre.
Nemmeno la morte potrebbe separarci,
    che razza di sogno è questo? >>






POV MELISSA

<< Vuoi che venga con te? >> mi chiese spegnendo il motore.

Gli presi la mano e gli sorrisi.

<< No, grazie. Fabi mi sta aspettando proprio davanti al portone. >> gli dissi baciandolo sulla guancia.

La mano già pronta sulla portiera. Mi fermò e prendendomi da dietro la nuca mi scoccò un bacio sulle labbra.

Sorrisi scostandomi un po’ per guardarlo in viso.

<< Era un bacio portafortuna! >> mi informò.

Risi e lo ringraziai scendendo dalla macchina.

<< Mel! >> mi sentii chiamare. Mi chinai fino al finestrino guardandolo accigliata mentre si sporgeva verso di me.

<< Andrà bene, lo so. E sarò comunque orgoglioso di te, piccola! >> fece sorridendomi dolcemente.

Mi porsi a baciarlo ancora. Adoravo quando diceva cose del genere, mi faceva sentire amata e apprezzata.
E poi avevo proprio bisogno di fortuna.

Gli esami, a mio parere, non erano andati molto bene. Non ero riuscita a concentrarmi sullo studio. E sfido voi a riuscirci con un ragazzo sexy nella vostra stanza che vi fa le avance mentre studi.

Alla fine come si poteva non cedere?!

<< Ci vediamo dopo, Rick! >> lo salutai mentre mi dirigevo verso scuola.

E sarebbe stata l’ultima volta in assoluto, sempre se fossi stata promossa …

Intravidi la mia amica appoggiata al muro vicino alla soglia parlare con una ragazza della nostra classe.

Le andai incontro e la salutai baciandole le guance, altrettanto feci con Sofia.

<< Oddio ragazze, sono nervosissima di scoprire i risultati. >> fece quest’ultima torturandosi le mani.

Io e Fabi ci scambiammo uno sguardo d’intesa.

<< A chi lo dici?! Mia madre mi uccide se vengo bocciata! >> esclamò Fabi.

<< E tu Mel non sei agitata? >> mi fece Sofia.

Aprii la bocca per risponderle ma mi precedette la bionda con una battuta.

<< Lei ha altro a cui pensare, non può mica agitarsi per la fine della scuola se ha un boyfriend che gira nudo in camera sua, no? >>

<< Ma guarda chi sta parlando … e a proposito non ti ha accompagnato oggi? >> mi informai.

Si guardò intorno e poi indicò un punto verso dietro di me.

Mi voltai e vidi i nostri ragazzi insieme parlarsi appoggiati alla macchina.

Marco si accorse di noi e ci salutò. Ricambiai il saluto e vidi Rick voltarsi verso di me e mandarmi un bacio volante.

Alzai gli occhi al cielo. Odiavo quando facevo lo scemo!

<< Quelli sono i vostri fidanzati? >> chiese sorpresa Sofia.

<< Purtroppo si! >> mormorai infastidita.

<< Sono … molto carini, ecco! >> balbettò lei rossa in viso.

<< Ma purtroppo sono già prenotati, quindi … >> le fece notare un po’ gelosa Fabi prendendomi a braccetto e portandomi dentro l’edificio.

<< Ehi, aspetta. Che fai? >> la rimproverai per le sue maniere un po’ troppo possessive verso il suo ragazzo.

<< E che non la sopporto quella e poi fa caldo fuori, almeno qui c’è l’aria condizionata. >> esclamò facendosi aria con la mano.

In effetti dopo quattro mesi la temperatura era salita alle stelle.

<< Comunque, che ne dici di dare un’occhiata al tabellone? >> chiese tornando ad essere nervosa.

Annuii poco convinta.

Mi prese per mano ed attraversammo il corridoio fermandoci proprio di fronte ad esso.

<< Guarda tu, io sono troppo codarda! >> feci abbassando lo sguardo.

<< Ok … >> mormorò avanzando.

Passarono i secondi ma non avvertii nessuna esclamazione di stupore, vittoria o delusione.

Incominciai ad agitarmi sul serio.

<< Mel … >> mi chiamò con voce atona.

<< C-che c’è? >> balbettai.

<< Credo che frequenteremo di nuovo il quinto, insieme! >> mi fece triste.

Alzai di scattò la testa pronta a urlare di frustrazione ma vedendo il suo ghigno mi rassicurai all’istante.

Le diedi una spinta.

<< Non farmi mai più prendere uno spavento del genere, pazza! >> la sgridai agitando l’indice per ammonirla.

Continuò a ridere e aprì le braccia.

<< Ce l’abbiamo fattaaaaa!!! >> urlò prendendomi tra le braccia.

La pregai di abbassare la voce ma fu tutto inutile.

Mi propose di rifare lo scherzo con i ragazzi ma le dissi che era fuori discussione perciò mise il broncio.

Appena vide Marco gli saltò addosso urlandogli nell’orecchio: poverino!

Con la coda dell’occhio vidi Rick aprire le braccia imitando l’amico con sguardo strafottente.

<< Smettila! >> gli dissi.

<< Oh, dai. Non hai voglia di buttarti al volo su di me? >> fece scherzando.

Lo guardai male ma alla fine risi.

<< Sapevo ce l’avresti fatta, sei la mia secchiona preferita! >> continuò scompigliandomi affettuosamente i capelli.

<< Non sono secchiona! >> protestai offesa.

<< Si che lo sei! >> dissero insieme Fabi e Rick.

Li guardai. Si erano coalizzati contro di me?

<< Andiamo … >> feci tirandolo per la maglietta. Non vedevo l’ora di dirlo alla mamma.

Li salutammo con una Fabi ancora urlante e salimmo in macchina.

Con un sottofondo degli U2, la nostra canzone, proseguimmo verso casa in un silenzio calmo.

<< Domani torno a casa di mio padre … >> fece interrompendo le mie riflessioni.

Mi voltai a guardarlo pensando fosse un altro delle sue prese in giro.

<< Eh? >>

<< E da un po’ che ci sto pensando e mi sembra giusto così. Insomma Mark e Fabiana hanno diritto ad un loro spazio e poi le cose tra me e papà diciamo che si sono risolte. >> mi spiegò.

Restai a fissarlo sbalordita.

<< E quando le avete risolte? >> chiesi.

<< La settimana scorsa è venuto a cercarmi da Marco e abbiamo parlato un po’. Gli dispiace per ciò che mi ha fatto passare e mi ha chiesto di ritornare a stare  a casa con lui. Scusami se non te l’ho detto prima ma non ero sicuro di credergli, ma infondo ha mantenuto alla sua promessa. Ti ha lasciato in pace! >>

<< Non preoccuparti non me la sono presa. Ma tu sei sicuro di volergli dare una seconda possibilità? >> domandai preoccupata.

Si strinse nelle spalle. << E’ pur sempre mio padre … >>

In fondo fui sollevata. Non era bello avere un rapporto distrutto completamente con un genitore. E poi, non si è mai troppo tardi per cambiare.

<< Si, forse fai bene. >> gli dissi distratta.

Ripensai a mio padre. Da due mesi si era trovato una ragazza più giovane di lui e sembrava innamorato.

Mia madre ne fu molto sollevata e si sentì finalmente libera, mi confidò che avevano ordinato i documenti per il divorzio. Ma si preoccupò per me e per Tammy, pensava volessimo una famiglia unita, tutti insieme. Ma la rassicurai: volevo solo vederla felice! E credo che lo pensi anche mia sorella.

<< A che pensi? >> mi chiese. Lo chiedeva molto spesso e quasi impazziva se non gli rispondevo.

<< Che è bello riallacciare i rapporti e non avercela più con nessuno, ma a volte è ancora meglio chiudere! >> risposi sorridendogli ricambiata.

<< Hai ragione … >> fece.

Mi riaccompagnò a casa e ci salutammo con un bacio come al solito.

<< Ci vediamo dopo! >> disse. Annuii e corsi dentro casa.

Da un po’ di tempo aveva preso il mio posto al bar e non era nemmeno stato difficile farsi assumere. Avevo convinto Mirko che poi dire convinto non era il termine esatto, lui non se l’era fatto scappare ed era stato contentissimo anche se lo avevo informato che adesso stava con me e perciò era esclusivamente MIO.

Aveva annuito ma non mi aveva presa per parola e sapevo che Rick si sarebbe stufato di avercelo sempre attorno e invece ero rimasta basita.

Forse lo faceva per me, ma erano diventati amici. E uscivano persino insieme e quando lo scoprii lo informai che era gay. Ero stata perfida, lo so, ma ero diventata molto gelosa di lui.

Lui mi aveva risposto che già lo sapeva dall’inizio e che non lo chiamava finocchio tanto per dire. Ma mi aveva confidato che lo trovava simpatico e un tipo molto adeguato negli uscite solo uomini con lui, Mirko e Marco.

Ma io ne ero ancora gelosa perciò mi infiltravo, quando potevo, nelle loro uscite ed obbligavo Fabi a farlo. Rick si era lamentata dicendo che così non era più un’uscita tra uomini e allora gli avevo risposto a tono chiedendogli a che gli serviva uscire da solo con i suoi amici se aveva una fidanzata stupenda.

Lui, come avevo previsto, mi aveva bollata come gelosa e asseriva che avrebbe continuato ad uscire con lui e che non c’era proprio niente di male. Al ché avevo incominciato a ricattarlo dicendogli che se mi avesse portata con lui avrei indossato della biancheria intima sexy. E come immaginai accettò ben più che volentieri ma non disse niente al confuso Mirko che si rodeva il fegato ogni volta che ci vedeva mano nella mano.

Ma quest’ultimo continuava a vedermi come amica ed era ricambiato da parte mia, anche se mi vedeva come rivale in amore.

Ogni pomeriggio raggiungevo Rick al lavoro visto che non ne avevo travato ancora uno . La mia scusa ufficiale era che non volevo separarmene, ma la verità era che volevo tenerlo d’occhio nel caso Mirko o qualche ragazzetta gli si fosse avvicinato per abbordarlo anche se lui ammetteva continuamente di non vedere altri che me.

Ma non riuscivo comunque a trattenermi. Insomma, è la prima volta che mi innamoravo sul serio ed era la prima volta che ero alle prese con la gelosia.

E quando lo vedevo servire a donne e ragazze, con una vista da falco appostato, iniziavo a rosicare di rabbia e mi tormentavo le unghie.

Ma sfido voi a non farlo avendo un ragazzo del genere. E poi non ero molto sicura dei suoi sentimenti anche se mi aveva dimostrato più volte di essere innamorato di me ma …

Cavolo, non mi aveva mai detto, nemmeno una volta, che mi amava!

So che non è nel suo stile ma vorrei che almeno me lo dicesse solo per una volta, mi sarebbe bastato, davvero.

Sospirai affranta chiedendomi se a Chiara gliel’avesse mai detto.

Basta! Dovevo trovare il coraggio per dirglielo.

 

Passarono due settimane ma di quel discorso non ne parlai.

Decisi di farlo in vacanza, dai nonni materni. E vi avrei portato anche lui con me che si era offerto di portarmici con la sua macchina.

Ero eccitata all’idea di noi due insieme, era la nostra prima vacanza anche se non saremmo stati proprio da soli.

<< Mi raccomando chiamami almeno una volta ogni giorno, non farmi stare in pensiero! >> mi disse mia madre mentre passava a Riccardo le ultime borse da montare in macchina.

<< Si, mamma. Cercherò di ricordarlo! >> risposi abbracciandola.

<< E salutami i nonni da parte mia. >> fece poi staccandosi da me.

Guardai Tamara e la salutai con un breve abbraccio.

Sentii la sua mano infilarsi nella mia tasca e sobbalzai.

<< Ricordati soprattutto di fare sesso sicuro! >> mi sussurrò nell’orecchio. Mi staccai all’istante e la vidi sorridere. Scossi la testa, mia sorella era uno spirito libero e pazzo.

Per fortuna la sua fissa per Piero era finita, molto probabilmente per Domenico, la sua nuova fiamma e mi informai se fosse sposato o/e con figli. Ma era un tipo okay, levando però i tatuaggi e i vari piercing.

<< Finito con le valigie? >> chiese Rick risalito dal piano inferiore un po’ affaticato.

Gli sorrisi ed annuii.

<< Allora ci vediamo fra tre mesi … >> mormorai io allontanandomi verso la porta ma mia madre mi bloccò stringendomi ancora.

Cinque minuti dopo riuscii a staccarmi da lei che mi fissava con gli occhi lucidi manco stessi partendo per l’Afghanistan.

Appena fui in macchina mi controllai le tasche e ne uscii un profilattico che mi fece arrossire di vergogna.

Sempre la solita Tammy!

<< Allora, sei pronta piccola? >> mi chiese Rick mettendo in moto.

Gli presi la mano e gliela strinsi.

<< Si! >> dissi decisa e felice.

Premette l’acceleratore e ricambiò la stretta.

 

Impiegammo dodici ore e mezza per raggiungere la Calabria, più di 1200 kilometri di distanza e senza mai fermarci, a parte per le soste brevi alle stazioni di servizio.

Fu un inferno per la schiena e Rick si lamentò ogni secondo rendendo il viaggio un vero strazio e sentire musica era impossibile, lo faceva innervosire. Desiderava la doccia e un letto e come dargli torto!?

Eravamo partiti la mattina alle nove ed eravamo arrivati alle otto e mezza, poi dovemmo lasciare l’auto in un parcheggio pagato vicino al porto. Da lì prendemmo mezz’ora di traghetto per la Sicilia, più precisamente Messina.

Ci accoccolammo a poppa o quella comunque doveva essere il sedere del traghetto.

Stavamo in piedi, stanchi di stare seduti. C’era freschetto e mi strinsi a Rick che non perse occasione di palparmi un po’. Avevamo raggiunto un livello di intimità fisica molto elevata e diventava quasi doloroso separarci o almeno era così da parte mia e riguardo al batticuore non era mai cessato ogni volta che mi guardava o toccava e non era per niente diminuito.

Mi scostò i capelli e mi soffiò nell’orecchio provocandomi brividi sulla schiena. Probabilmente me ne sarei vergognata parecchio se sul ponte ci fosse stato qualcuno ma a quest’ora solo poche persone attraversavano lo stretto e restavano solo due ragazze e un uomo, le altre forse erano rimaste nei piani inferiori al caldo.

<< Ti va una sveltina in bagno? >> mi chiese sussurrando malizioso con voce rauca.

Davvero molto romantico, devo dire. Ma ormai mi ero abituata ai suoi modi da vecchio Rick che ogni tanto riemergeva.

<< No! >> risposi secca.

Per protesta mi morse un lobo facendomi quasi gemere e chissà poi le altre che avrebbero pensato.

Respirai il suo odore di muschio che ormai era diventato mio e permeava i miei vestiti.

Ogni giorno, dopo lavoro saliva da me e ci restava fino alle undici. Dopodiché se la svignava prima che arrivasse mia madre che, ignara, pensava ancora che fossi vergine e avevo paura che si arrabbiasse e mi impedisse di rivederlo.

Infilò una mano sotto la camicetta e mi accarezzò la schiena provocandomi solletico.

Risi cercando di scostare la mano.

<< Dai smettila, scemo, che ci guardano … >> protestai ma lui sembrava ignorare il mio imbarazzo.

<< E lascia che guardino, hanno tutto da invidiarci! >> rispose divertito baciandomi il collo in modo molto poco casto.

Alzai gli occhi al cielo e sospirai trattenendomi da emettere gemiti di piacere.

<< Certo, convin … >> esclamai ma fui interrotta dalle sue labbra che premevano sulle mie.

Il resto dell’attraversata continuò con le sue avance ed i miei rifiuti forzati ma dovuti per le apparenze che lui non si degnava di curare. Avrebbe continuato anche davanti ad un bambino, ne sono sicura.

Finalmente attraccammo e scendemmo con le nostre robe. Ci sedemmo su una panchina lì vicino ed aspettammo mio nonno che ci avrebbe preso con la macchina di un suo amico.

Appena lo vidi gli saltai quasi addosso: adoravo i miei nonni, avevo un rapporto stupendo con loro.

Salutai quello che doveva essere “Gino”, il vicino di campagna di mio nonno che vedevo ogni tanto quando venivo qui e lo ringraziai per il passaggio.

Poi presentai Rick che appena strinse la mano a mio nonno se ne pentì. Quest’ultimo la agitava allegro senza lasciarlo andare. Disse anche qualche parola in dialetto che non capii.

Controllai l’espressione del mio ragazzo e come temevo era scandalizzato ma non in senso cattivo. E non aveva ancora visto mia nonna …

Arrivammo a casa, che era più una vecchia tenuta piccola, e salutammo grati il signor Gino che disse che era stato un piacere e che era stato contento di avermi rivista.

La casa, avvolta nel buio, era attorniata da una distesa di erba secca. Più in là si vedevano i terreni dove spuntavano i vari raccolti.

<< Agata!? >> chiamò la moglie entrando con passo pesante facendo scricchiolare il legno del pavimento.

Le luci erano accese e si sentiva la televisione accesa nel salotto di fronte.

<< Melissa! >> esclamò quest’ultima venendomi incontro ed abbracciandomi forte. << Bambina mia bella, ma come sei diventata grande e chi è questo bel ragazzo? >> chiese meravigliata squadrandolo attentamente come fosse un dio sceso dal cielo.

<< Mamma mia quanto sei bello! >> continuò poi andando ad abbracciarlo calorosamente.

Vidi Rick sbarrare gli occhi ed impietrirsi dalla sorpresa.

Il nonno rise dell’ espressione buffa.

<< Mi chiamo Riccardo Palmieri signora! >> si presentò una volta che lo lasciò stare.

La nonna si girò sognante verso di me facendo scuotere i capelli bianchi.

<< E’ il tuo fidanzatino? >> mi chiese ignorando per un primo momento Rick.

Arrossi ed annuii scatenando le urla di lei che riprese ad abbracciarci. Era peggio di mia madre!

<< E a quando il matrimonio? >> ci scherzò su il nonno ma Agata lo prese sul serio.

<< Vi dovete sposare, ma che bello. E avete già fissato la data? >> domandò euforica e mi chiesi se avesse bevuto qualcosa prima che arrivassimo.

Con la coda dell’occhio vidi Rick deglutire nervoso.

<< Nonna! >> esclamai scioccata.

<< Non c’è bisogno di vergognarsi, nipotina mia. >> continuò lei.

<< Ho solo diciassette anni, sono giovane! >> mi giustificai io scatenando le risa di mio nonno.

<< E allora? Io mi sono sposata appena ne ho fatto diciotto con questo bacucco. >> fece lei da intenditrice, poi guardò il marito ultra settantenne. << Si, forse è meglio che cresci un po’ o finirai per sposare un vecchio scemo come tuo nonno! >> concluse strizzandomi l’occhio mentre quest’ultimo era pronto a ribattere e sapevo che questa cosa si sarebbe prolungata per molto perciò chiesi immediatamente se potevamo sistemare le nostre robe nelle stanze.

La nonna ci accompagnò al piano di sopra e davanti alla prima porta si fermò e ci guardò dubbiosa.

<< State insieme ma non credo sia un bene dormire nello stesso letto, proteste cadere in tentazioni prima del matrimonio. >> borbottò tra sé mia nonna incurante delle nostre facce stranite.

<< Nonna, non dobbiamo sposarci. >> risposi seccata. O almeno per ora. Non si sa mai …

<< Va bene, va bene. Scusate! >> rispose lei alzando le mani. << Ma non ditemi che siete una di quelle coppie che consumano prima del matr… >>

<< No, dormiamo in stanze separate! >> conclusi entrando nella stanza e depositando le valigie.

Mia nonna doveva essere proprio fissata con il matrimonio, avrebbe fatto scappare Rick di questo passo.

Dopo aver sistemato il vestiario nei cassetti scesi di sotto con il mio ragazzo e ci accomodammo sulle sedie attorno al tavolo e cenammo con il minestrone avanzato e salimmo a coricarci.

Mi baciò casto e si rinchiuse nella sua stanza guardandomi con la faccia da cane bastonato a cui avevano tolto l’osso.

Indossai il pigiama e mi infilai sotto il lenzuolo.

Ci mettevo un po’ a prendere sonno quando non ero nel mio letto soprattutto se sapevo che a pochi metri, in un altro letto, dormiva Rick ed ecco che il cuore incominciava a martellare nervoso.

Ad un tratto sentii un urlo ma non distintamente per via della porta chiusa. Sembrava provenire fuori nel corridoio e per un attimo pensai fosse Rick.

Scossi la testa. Forse l’avevo immaginato.

Poco dopo mi addormentai.

 

Il mattino dopo mi svegliò il gallo che non la smetteva di cantare, perciò mi alzai e mi lavai e vestii scendendo di sotto.

<< ‘Giorno, tesoro! >> mi augurò la nonna che mi passava una tazza di latte caldo appena mi sedetti.

<< Il tuo fidanzato, non ricordo il nome, non si è ancora svegliato. Non dev’essere mattiniero. >> osservò mio nonno che stava seduto di fronte a me e leggeva il giornale.

Arrossii.

<< Si chiama Rinaldo, vecchio rincitrullito! >> lo riprese sua moglie.

<< Veramente il suo nome è Riccardo! >> borbottai sorseggiando il liquido caldo.

<< Come, scusa cara? >> mi chiese lei guardandomi.

Scossi la testa.

<< Niente … >> risposi guardando altrove, poi mi alzai e dissi che avrei svegliato il mio ragazzo.

Salii le scale e l’eccitazione di vederlo mi travolse.

Aprii piano la porta e lo vidi addormentato sul letto singolo che occupava interamente.

Entrai e la richiusi attenta a non far rumore. Mi avvicinai di soppiatto e con cautela mi sedetti di fianco a lui.

Aveva la bocca dischiusa e notai che russava un po’. Sorrisi e pensai di svegliarlo baciandolo.

Mi chinai e feci combaciare le nostre labbra. I suoi occhi si aprirono e gli sorrisi.

<< Ciao, amore! >> lo salutai.
Sorrise a sua volta e alzò una mano ad accarezzarmi la guancia.

<< Scappiamo. >> disse.

<< Cosa? >> chiesi stranita.

<< Ti prego, è da un giorno che sono qui, anzi poche ore da che li conosco e già penso che posso sopportare mio padre. >> disse alzandosi a sedere.

Risi sotto i baffi.

<< Poi, dopo ieri, non so se riesco a guardare in faccia tua nonna! >> fece.

Alzai un sopracciglio e lo invitai a spiegarmi.

<< Beh, volevo aspettare che tutti si addormentassero così potevo entrare nella tua stanza di soppiatto ma appena sono uscito dalla mia camera mi sono trovato tua nonna davanti. Mi sono preso un infarto, poi con quelle pantofole… e mi fissava. Sembrava l’esorcista! >> spiegò animatamente.

<< Allora eri davvero tu che avevi urlato ieri notte … >> esclamai ricordandomene.

<< E ci credo … >> fece eloquente.

Poi scoppiai a ridere. << Si, mia nonna è strana! >>

<< Ecco da chi hai preso … >> osservò.

Presi il cuscino e glielo sbattei in faccia, lo scansò e mi prese per le braccia facendomi finire addosso a lui.

Mi baciò e poco poi fare per resistere e lo prolungai.

<< Ti amo! >> dissi, forse, facendomelo scappare.

A quel punto anche lui avrebbe dovuto dirmelo e invece niente. Restò lì a fissarmi e non diceva niente.

Forse era arrivato il momento di sapere cosa ne pensava.

<< Rick … >> lo chiamai aspettando che parlasse, ma niente.

I miei occhi divennero lucidi e lo richiamai.

<< Perché non lo dici? >> chiesi con voce rotta.

<< Rick?! >> insistetti.

<< Scusa è che … non ci riesco. Non fraintendermi, è ciò che provo ma non riesco dirlo! >> fece finalmente.

<< Io ho bisogno di sentirmelo dire almeno una volta … >> lo supplicai e lo vidi provarci.

<< Io ti … >> iniziò ma si bloccò.

Sbuffai alzandomi a sedere.

<< L’hai mai detto a Chiara? Dimmi la verità! >> chiesi infine irritata sentendo una lacrima cadere.

Sospirò e guardò in basso e seppi che era così.

<< E perché con me non riesci? >> domandai quasi isterica.

<< Non lo so, forse perché ho paura che se lo dico a voce alta finirà tutto ancora una volta e mi ritroverò con il cuore spezzato! >> confidò lui imbarazzato.

<< Ma io non sono Chiara e non ti sto mentendo sui i miei sentimenti e non lo farò mai! >> ammisi decisa.

<< Lo so che non sei lei, ed è per questo che ho molta più paura di perdere te. >> disse.

<< Se non superi questo blocco mi perderai sul serio! >> conclusi seccata e delusa alzandomi dal letto e lasciandolo sorpreso e arrabbiato con se stesso.

Ritornai a fare colazione informandoli che sarebbe sceso presto e quando lo vidi prendere posto accanto a me non alzai il volto dal mio pane imburrato.

Il nonno ci chiese se volevamo aiutarlo ai campi ed era così entusiasta all'idea che non potei rifiutarmi e Riccardo fece lo stesso, forse per restare con me o forse perché gli allettava davvero la proposta.

Fatto stava che la nonna ci augurava una buona giornata ed un buon lavoro e ci ritrovammo vicino al capannone degli attrezzi.

<< Signore, come potremmo aiutarla precisamente? >> chiese Rick un po’ allarmato quando il nonno gli passò una vanga.

<< Allora … Mel farà il raccolto, nella parte est, dei pelati. Tu girerai le zolle quando io passerò a seminare e poi irrigherò quella zona. >> spiegò passandomi due cesti enormi di filamenti intrecciati a mano. << E per favore non chiamarmi signore, non sono un estraneo >> aggiunse sorridendogli amichevole.

<< Ok, allora la chiamerò nonnino se non le dispiace … >> scherzò Rick e gli lanciai un’occhiataccia che però non vide.

Quest’ultimo lo prese sulla parola e ne fu contento.

Ci prestò degli anfibi per non rovinare le nostre scarpe e ci dirigemmo insieme al campo dei pelati.

<< Nonno, ma non è presto per coltivarli? >> chiesi sinceramente interessata.

Lui mi guardò soddisfatto e felice di rispondermi.

<< In effetti si, ma se iniziamo adesso venderemo molta salsa quest’inverno e soprattutto ne avremo di più per noi! >> rispose.

Era ingegnoso ma non  temeva che il raccolto fosse marcio o comunque scadente?

<< Interessante … >> borbottò Rick guardando un po’ timoroso, il campo, pensando forse al lavoro che lo aspettava. Di sicuro non ne era abituato.

Il nonno mi indicò la zona in cui dovevo operare io e mi misi subito al lavoro seguendoli con la coda dell’occhio allontanarsi di una cinquantina di metri verso uno spiazzo deserto già zappato a dovere dove il nonno gli spiegò come doveva eseguire l’incarico.

Dopo che finii la prima fila trasportandomi dietro il cesto ormai pieno trascinandolo per terra notai che stavano lavorando duro e in sincronia, come fossero da sempre abituati a quel lavoro.

Pochi minuti dopo vidi Rick levarsi la maglietta per il caldo eccessivo e ficcarsela alla bell’è meglio nella tasca posteriore dei jeans lasciando buona parte della stoffa penzolare fuori.

E questo fu il minimo per farmi battere il cuore più velocemente. Guardavo quella massa di muscoli che al sole sembravano dorare e luccicare per via delle gocce di sudore che imperlava ogni centimetro della sua pelle e mi chiedevo se al mondo ci potesse essere così tanta perfezione …

<< Mel, perché ti sei incantata? >> mi richiamò il nonno facendo voltare Rick che capì che lo stavo ammirando e sorrise malizioso e questo mi fece girare stizzita rossa in faccia.

Strappai i pomodori con rabbia dalla pianta e poco mi importava in quel momento se li stavo rovinando.

Non mi voltai più e finii altre due file riempiendo le ceste che fui costretta a portare indietro e a svuotarle per riempirle nuovamente.

Presi per i manici la prima e il respiro mi si troncò. Caspita, se era pesante!

Ci riprovai ma non riuscii a sollevarla di un centimetro. Di solito questi lavori li lasciavo a mio nonno ma non mi andava di chiederglielo visto che era occupato ad irrigare e comunque volevo evitare che l’attenzione si indirizzasse di nuovo su di me. Perciò incominciai a trascinarla molto faticosamente dandogli strattoni.

Arrivata quasi a metà strada la cesta si sollevò all’improvviso e pensai fossi stata io, ma quando alzai il viso notai con disapprovazione che l’aveva presa e portata su una spalla, con tanta facilità, il mio ragazzo o quello che potevo definire un prossimo ex.

<< Potevi chiedere … >> proferì sorridendomi.

Alzai gli occhi al cielo ed andai a prendere l’altra mentre lui si incamminava vicino al capannone degli attrezzi.

Strattonai anche l’altra sbuffando frustrata dal fatto che lui fosse molto più forte di me.

In poco tempo mi raggiunse e prese di nuovo in spalla la cesta. Lo seguii poco più indietro e quando arrivammo mi chiese dove doveva metterli. Gli indicai vicino il deposito e scaricò lì i contenuti.

Poi si voltò a guardarmi e deglutii a vuoto fissando il suo fisico scolpito. Di scatto alzai la testa per intercettare i suoi occhi ed evitare di arrossire ancora.

Mi si avvicinò e restai immobile.

<< E’ meglio che io ritorni al lavoro … >> confessai poi girandomi ma lui mi afferrò il braccio impedendomi di continuare.

Quella parte di me prese subito fuoco al contatto come al solito e non c’ero ancora abituata.

<< Ti prego Mel, non tenermi il broncio … >> fece avvicinandosi trovandosi di fronte a me.

<< Cerca di metterti nei miei panni! >> risposi io risultando meno acida di quanto volessi.

<< E tu nei miei! >> disse lui deciso.

Sospirai e scossi la testa.

<< Lo faccio, ma davvero non capisco. >> ribattei afflitta.

Mi prese il viso tra le mani e la vicinanza del suo corpo fece accelerare i miei respiri.

<< E che vorrei esserne davvero sicuro. >>

Questa frase mi lasciò sconcertata e gli scansai le mani.

<< Pensavo che il tuo problema fosse che non riesci a dirlo … >> mormorai incredula e disgustata.

Lui annuì avvicinandosi di un passo.

<< Ed è così! >>

<< Ma mi hai appena detto che non ne sei sicuro. >> conclusi con le lacrime agli occhi.

<< No, aspetta, non è così … Mel?! >> mi chiamò, ma io me n’ero già andata.

Fino ad adesso non era mai stato innamorato di me. Forse aveva provato un sentimento che si avvicinava di molto, ma restava il fatto che non lo era.

Mi asciugai stizzita le lacrime con il polso. Ero scappata senza pensarci in casa lontano da quel campo.

Mia nonna si era allarmata dal mio comportamento ma mi lasciò stare pensando forse che avessi litigato con il mio “fidanzatino”.

Verso pranzo li sentii ritirarsi e andai a chiudermi in bagno facendomi la doccia.

Quando uscii incontrai mia nonna che mi sorrideva posando un vassoio col il cibo sul letto.

Si sedette su di esso e mi invitò a fare altrettanto.

Sospirai e le obbedii.

<< Bisticci tra innamorati? >> chiese premurosa al ché io mi presi la testa tra le mani e piansi nuovamente. Sentii la sua mano posarsi con fare rassicurante sulla mia schiena.

<< E’ proprio questo il problema, lui non lo è di me! >> confessai.

Sospirò. << Ma che dici. Io vi vedo, sai? E vedo che lui segue ogni tuo movimento, sembra molto protettivo nei tuoi confronti e forse tu non lo vedi, ma è così. E ti ha perfino seguito in mezzo alla campagna. E se questo non è amore, dimmelo tu cos’è! >> mi confortò lei e ci riuscì.

Sollevai il viso e le sorrisi grata. Mi lasciò nella stanza e disse che avrebbe riferito agli altri che mi sentivo troppo stanca per scendere.

<< Ah … >> esclamò ricordandosi di qualcosa.

<< Si? >> risposi.

<< Stasera lo lascerò entrare nella tua stanza così potrete risolvere e fare pace, ma bada che terrò le orecchie bene aperte, perciò niente consumazioni! >> mi avvertì.

<< Guarda che non si usa più quel termine … >> mormorai ma mi sentì lo stesso.

<< Oh scusa. Com’è che lo chiamate… Sesso? >> pronunciò poi pensandoci su.
Arrossii fino al midollo.

<< Nonna?! >> esclamai imbarazzata.

Si richiuse la porta alle spalle e la sentii ridere dal corridoio.

Sospirai e presi il vassoio incominciando a mangiare.

 

Mi rigirai dall’altro lato ma non riuscii nemmeno a chiudere gli occhi.

Aspettavo di vederlo entrare dalla porta ma erano già le dieci e mezza e di lui non c’era traccia.

Ormai dovevano essere tutti a letto, ma allora perché non si muove?

Avrà preso sonno? O forse non gli importa di avermi ferita …

Oh, ma che dico. Certo che gli importa! Infondo siamo stati insieme per ben quattro mesi in cui l’ho conosciuto a fondo e so che sono importante per lui. Ma forse non lo sono abbastanza, non quanto lui lo è per me …

Basta pensare, o mi scoppierà la testa!

La maniglia si abbassò e smisi di respirare.

La testa bionda fece capolino curiosando all’interno della stanza per poi soffermarsi su di me.

Entrò veloce e richiuse la porta facendo meno rumore possibile.

Mi alzai a sedere e lo vidi avvicinarsi cautamente al mio letto con un espressione mortificata.

Non dissi niente, volevo che parlasse e mi dicesse cosa voleva fare per il nostro futuro, sempre se ne voleva davvero uno.

<< Devo chiederti scusa … >> sussurrò tormentandosi le mani e guardando il basso. Non l’avevo mai visto così afflitto.

<< Posso sedermi? >> chiese poi accennando al letto.

Annuii in silenzio e lui fece ciò che aveva chiesto restando però a dovuta distanza.

<< Aspettavo che tua nonna si addormentasse così potevo venire qui a parlarti. Ma mentre aspettavo pensavo a cosa dovevo dirti. So cosa ti devo parlare e credo che anche tu lo sappia ma non so come dirlo! >> iniziò guardandomi poi negli occhi.

Aspettò che rispondessi, che gli dicessi qualcosa ma ostinatamente restai zitta.

Lui sospirò abbassando il capo e annuendo a se stesso.

<< Nella mia vita non ho mai dato peso a quelle tre parole. Ero sempre stato un tipo superficiale, devo ammetterlo. E quelle parole le ho già dette … a Chiara perché io l’amavo! >> mi disse e mi sentii morire. Gli occhi iniziarono a pungermi ma costrinsi le lacrime a non tergiversare, cercai di restare con sguardo neutro ma ci riuscii poco.

Strinsi le mani attorno alle coperte fino a vedere le nocche diventare bianche.

<< Ma non lo mai amata quanto amo te! … In confronto il mio sentimento per lei, tempo fa, sembra solo una cotta. E solo adesso capisco che non l’ho mai amata per davvero, fino in fondo… >> cercò di convincermi.

E allora perché non lo dici a me? Pensai sconsolata.

<< Per me è stato davvero difficile aprire ancora il mio cuore dopo che lei l’ha ferito irrimediabilmente. Ma sono davvero felice di averlo fatto con te, non me ne pento nemmeno un po’. Ma ero bloccato e forse lo sono tutt’ora … ti prego cerca di capirmi! >> mi supplicò.

Alzai il viso per scrutarlo ed incrociai i suoi occhi lucidi che contagiarono i miei.

<< Certo che ti capisco ma mi fa male sapere che le hai detto una cosa che per me è molto importante in una relazione e invece a me no … Non so se sarò in grado di accettarlo anche comprendendo la tua situazione … >> dissi finalmente io.

<< Ti ho già detto che queste cose le provo con te, ma tu vuoi per forza che io ti dica quelle parole. Sembra che non conti niente ciò che sento ma solo ciò che dico. >> si altera lui e mi zittisce.

<< Adesso capisco … il problema non ce l’ho io, ma c’è ‘hai tu! Perché ti senti troppo insicura di te stessa e della vita e non sei nemmeno sicura che qualcuno possa davvero amarti come ti amo io! >> esclamò poi e temetti che i nonni si svegliassero.

Ma il timore venne sostituito subito dopo dalla gioia della consapevolezza che era appena riuscito a dirmelo. Mi amava!

Ma poi chinai la testa mortificata riscontrando la veridicità delle sue parole: io ero troppo insicura!

E mi sentii in colpa per averlo fatto soffrire perché avevo io torto.

<< Scusa … sono una stupida … >> mormorai con voce rotta.

<< Certo che sei una stupida! >> rispose lui con voce addolcita.

<< Non m’importa se non puoi dirmelo, ma non litighiamo più, ti prego. >> dissi infine lasciando sfogo alle ennesime lacrime.

Due braccia famigliari mi strinsero e mi cullarono.

<< No, scusami tu se ho alzato la voce. Se vuoi sentirti dire quelle tre parole allora te le dirò, ho troppo da perdere per fare l’orgoglioso e lo stupido. >> mi disse lui nell’orecchio.

Scossi la testa nel suo petto profumato di muschio.

<< No … non ce n’è bisogno, non fa niente. >> insistetti, non volevo forzarlo.

<< Beh, prima o  poi dovrò pure dirtelo anche perché tua nonna mi sta dando da pensare e se prenderò quella decisione dovrò trovare il coraggio per dirtelo, no?! >> disse e sembrò parlare più a se stesso che a me.

Mi scostai quel tanto per guardarlo negli occhi e cercare spiegazioni alle sue frasi apparentemente senza senso.

Il suo sorriso si disegnò divertito e dolce sulle labbra.

<< Da quando siamo arrivati tua nonna pensa che ci dobbiamo sposare e mi sono ricordato che mesi prima dovevo portare all’altare Chiara e mi sono rammentato il disgusto e il terrore che ho provato quando mio padre me l’aveva detto… >>  mi disse fermandosi a pensare quasi incredulo ma felice.

<< Ma non mi sono mai sentito così quando mi sono immaginato te e me sposati, anzi, mi è piaciuta quasi l’idea di un futuro insieme per tutta la vita … >> finì poi guardandomi un po’ imbarazzato.

Ed il suo imbarazzo diventò subito mio con il cuore che temetti mi sarebbe uscito da petto.

<< Stai parlando sul serio? >> feci io cauta osservando ogni suo minimo movimento.

<< Ecco, a dirla tutta, non è proprio una proposta di matrimonio questa ma forse, chissà, un giorno … magari molto presto, lo farò! >> ammise sospirando.

Gli sorrisi dolce.

<< E io accetterei volentieri. Ma spero solo non avvenga troppo presto perché ho solo diciassette anni e non sarebbe proprio legale e poi mia madre … non so proprio come la prenderebbe … >> feci io sognante.

<< Ehi, frena con i film mentali. Quel che succederà si vedrà! >>  Rise e arrossii vergognandomi.

<< Ma lo sai che diventi sexy quando arrossisci, piccola? >> mi sussurrò all’orecchio provocandomi mille brividi sulla schiena.

Stavo per ribattere ma la sua bocca arrivò per prima a tappare la mia in un dolce bacio.

Lo prolungai come d’istinto  e gli allacciai il collo con le braccia.

Staccai la bocca e gli baciai la guancia e poi il lobo dell’orecchio mentre lui passava ad infiammare il mio collo.

<< E tu eri sexy stamattina, senza maglietta … >> ansimai al suo orecchio.

<< Sapevo che mi stavi guardando, chissà che video porno ti sei fatta nella testa, sporcacciona! >> esclamò lui divertito strappandomi una risata incredula.

<< Se vuoi posso mostrarteli! >> feci levandogli la maglietta e scoprendo i pettorali ben sodi.

Passai a baciarli entrambi soffermandomi poi, un po’ timida, a sfiorargli un capezzolo.

Sentii la sua presa a miei capelli, segno che gli piace.

Passai sfacciata la lingua sopra e risi subito dopo del mio gesto ma lui non si sgomentò e mi incoraggiò a proseguire con i miei gesti.

Allora, decisa, lo spinsi all’indietro facendolo sdraiare sul letto e mi posai su di lui.

Lo baciai dappertutto, toccandolo e sfiorandolo cercando di essere il più sensuale possibile e man mano che proseguivo sentivo il suo piacere aumentare.

Mi levai svelta la maglietta intimandogli con lo sguardo di non muoversi: dovevo ancora finire …

Feci volare i miei pantaloncini in aria e ritornai a torturarlo.

Posai le labbra sul suo ombelico infilandoci poi la lingua e lo sentii trattenere a stento un gemito.

Scesi lentamente giù e capii che stava seriamente impazzendo.

Ma, sfortunatamente per lui, non ero ancora pronta per quello.

Infilai le dita tra la stoffa della tuta grigia che indossava come pigiama e glielo sfilai dalle gambe.

Vidi il suo viso un po’ affranto perché non avevo continuato ma fu ben felice di poter finalmente passare al sodo.

Mentre mi toglievo il reggiseno e il resto della biancheria, lui faceva altrettanto.

E quando le nostre intimità, nude, si sfiorarono esplosero scintille con l’eccitazione che andò a mille.

<< Ti amo, lo sai, Mel! >> mi disse prima di sprofondare nell’estasi.

Sorrisi: tutto ciò che volevo era adesso qui davanti a me, o per meglio dire, sotto di me. E finalmente potevo averlo …

<< Lo so, idiota. Anch’io ti amo … >> risposi mettendomi più comoda così da garantirgli un’entrata facile.

Da quando non ero più vergine ero diventata più sfacciata e più … porca, a dirla tutta!

<< Tua nonna starà origliando?! >> fece lui mordendomi il mento.

<< Non se ne accorgerà se non urli. >> dissi maliziosa e ironica.

<< Ci proverò … >> rispose ridacchiando e stringendomi i fianchi.

E mi penetrò nel corpo e nell'anima, per sempre ...

Fine ...

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Non ci crederete ma mi sto un po’ commuovendo. Per quanto abbia sperato che finalmente ci fosse il lieto fine adesso mi sento un po’ triste, come di solito, quando finisco di leggere una storia.

Ma spero con tutto il mio cuore di avervi lasciato qualcosa con questa fic come il non giudicare una persona dalla copertina perché si potrebbe rilevare molto sensibile e splendida e soprattutto diversa da come ci aspettiamo.

Ringrazio di cuore a chi mi ha seguito fino alla fine e a chi mi recensito, mi avete fatta sentire davvero apprezzata e inoltre voglio ringraziare a chi l’ha inserita nelle seguite, nelle preferite e nelle ricordate. Siete fantastici!

Mi farebbe davvero piacere rincontrarvi nelle mie future storie, ne ho già in mente due o tre, perciò tenetevi aggiornate al mio stato.

In questo periodo, se vi può interessare, stavo scrivendo questa nuova storia ed ho postato il primo capitolo tra i telefilm, Supernatural. Se l’avete visto o se per caso ne siete fan, mi farebbe davvero piacere una vostra opinione o che anche solo ne deste un’occhiata. Non mancherà di certo uno sfondo romantico quanto comico e avventuriero, come nel mio stile. 

La fanfic si chiama Memory Loss.

Come regalo di natale volevo solo farvi sapere che FORSE, e ribadisco solo forse perché non ne sono certa, vorrei dare un seguito alla storia “ Is not enough! “. Ma sarà in un prossimo futuro, prima vorrei sistemare i primi capitoli venuti male. Spero vi piaccia l’idea … 

Adesso vi saluto, ma spero di rincontrarvi presto.

Vi adoro, Mary!

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