The Runners

di L_Fy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** GLOSSARIO ***
Capitolo 2: *** PROLOGO ***
Capitolo 3: *** Capitolo 1 : Codice Blu ***
Capitolo 4: *** Capitolo 2 : Corpo di ballo ***
Capitolo 5: *** Capitolo 3 : Nel Limbo ***
Capitolo 6: *** Capitolo 4 : Primo contatto ***
Capitolo 7: *** Capitolo 5 : Quanti, quando e dove ***
Capitolo 8: *** Capitolo 6: Lavori forzati ***
Capitolo 9: *** Capitolo 7 : Ricercati ***
Capitolo 10: *** Capitolo 8 : Un dono della provvidenza ***
Capitolo 11: *** Capitolo 9 : Alicia ***
Capitolo 12: *** Capitolo 10 : Dead or Alive ***
Capitolo 13: *** Capitolo 11 : Tutti giù per terra ***
Capitolo 14: *** Capitolo 12 : L’ora della verità ***
Capitolo 15: *** Capitolo 13 : Controffensiva ***
Capitolo 16: *** Capitolo 14 : Il primo addio ***
Capitolo 17: *** Capitolo 15 : La fossa ***
Capitolo 18: *** Capitolo 16 : Lo spacciatore di armi ***
Capitolo 19: *** Capitolo 17 : Pattugliamento ***
Capitolo 20: *** Capitolo 18 : Festa in Maschera ***
Capitolo 21: *** Capitolo 19 : Capolinea ***
Capitolo 22: *** Capitolo 20 : Il Mattatoio ***
Capitolo 23: *** Capitolo 21 : Vecchi e nuovi incontri ***
Capitolo 24: *** Capitolo 22 : L’Arena ***
Capitolo 25: *** Capitolo 23 : Il Gioco ***
Capitolo 26: *** Capitolo 24 : Goodbye ***
Capitolo 27: *** Capitolo 25 : La caduta degli Dei ***
Capitolo 28: *** Capitolo 26 : Verso sera ***
Capitolo 29: *** EPILOGO ***



Capitolo 1
*** GLOSSARIO ***


GLOSSARIO:

Orion : Le Orion sono 4 enormi stazioni spaziali che viaggiano lontano dalla Terra alla ricerca di un nuovo pianeta su cui insediarsi. Dopo l’uscita dal sistema solare, le Orion hanno tagliato qualsiasi comunicazione con il pianeta d’origine: la vita sulle Orion si svolge in modo completamente indipendente dalla Terra. Le quattro stazioni viaggiano leggermente separate ed hanno un assetto sociale ed economico molto simile a quello terrestre. Le Orion sono abitate e la vita su di esse si svolge normalmente, limitatamente agli spazi consentiti. Il governo in carica è presieduto dal consiglio delle Orion; la moneta locale sono i crediti.
Ars Space Corp.: E’ la società che ha progettato e brevettato le DDW. Il maggiore azionista è il signor Masterson, che fa parte anche del consiglio delle Orion. La società possiede un organo di polizia interna indipendente governato direttamente dal consiglio.
CDI (Central Data Information):Ente governativo che controlla e gestisce l’operato dei Runners sulle DDW. Presidiato dal generale Scott, sottostà alla direzione diretta del consiglio delle Orion. E’ anche l’ente che si occupa di gestire il traffico di digi-alias da e per le DDW.
Runners :Con la creazione delle DDW, è nata anche la necessità di istituire un corpo di polizia atto a preservare l’incolumità dei digi-alias : i DDW Runners.  I Runners sono articolati in squadre di 5 elementi: un capo (il Capitano) e quattro agenti che devono necessariamente risiedere su Orion diverse per ovvi motivi di sicurezza: se una Orion subisce problemi di qualsiasi tipo, è coinvolto un solo digi-alias della squadra, salvaguardando l’esito dell’eventuale operazione in corso. Le mansioni dei componenti di una squadra sono alcune comuni (uso delle armi, socializzazione, pattuglia, body guard, ecc) altre sono specifiche: a parte il Capitano che deve essere in grado di sostituire uno qualsiasi dei suoi collaboratori, c’è un addetto alle comunicazioni, un programmatore, un logistico e un tattico. I digi-alias dei Runners che pattugliano le DDW devono essere conformi alla piattaforma su cui lavorano per non distrarre i digi-alias paganti dal loro sogno virtuale: in genere i digi-alias dei Runners sono predefiniti dal CDI. I Runners hanno a disposizione armi sulle piattaforme solo in caso di attivazione del codice di emergenza. Hanno inoltre la possibilità di riunirsi nel Limbo, una piattaforma dove i digi-alias corrispondono alla persona reale e dove possono discutere liberamente.
Digital Dream World (DDW): Sono mondi virtuali, cioè software che, grazie a potentissimi computer, creano ambientazioni dalle fattezze assolutamente reali. Qualsiasi persona può accedere a queste piattaforme: viene posta in stato di catatonia e collegata tramite cavi neurali al computer simulatore: una specie di realtà virtuale che coinvolge tutti i sensi (udito, olfatto, vista, tatto, gusto). Alle DDW si accede con un digi-alias, una personalità fisica indossata come un “vestito” secondo i gusti più vari. Sulle DDW, infatti, si possono scegliere i digi-alias più disparati. Puoi essere chi vuoi e fare quello che vuoi dove vuoi….Ovviamente la personalità dell’attore del Digi-Alias rimane invariata, così come i suoi gusti e le sue inclinazioni: si è costretti a correggere dizione, postura e modi di fare a seconda della piattaforma su cui si trovano per rendere il digi-alias in carattere con l’ambientazione. Esistono diverse piattaforme create per soddisfare qualsiasi prurito umano: portali di sesso, cultura, vacanze…. Ambientati nelle più disparate epoche storiche: i Dream Rewind per il passato (DR), i Dream Future per il futuro (DF) ed i Dream Now per il presente (DN). Alle DDW si accede tramite pagamento di una quota in crediti. Si hanno però delle controindicazioni:
il cervello umano è così totalmente trasferito nel digi-alias che qualsiasi cosa accada al doppio virtuale accade anche alla persona reale. Ergo: se uno viene ucciso in una DDW muore anche nella realtà. I programmatori della Ars Space Corp. stanno lavorando alacremente per superare questo bug ma ancora non sono arrivati alla soluzione.
essendo un mondo digitale, è soggetto all’attacco di virus creati inizialmente da hackers poi, successivamente, al definitivo distacco delle comunicazioni con la Terra, i virus arrivavano misteriosamente dalle stesse Orion con conseguente caccia aperta ai nuovi nemici dei DDW.
I costi elevati della DDW rendono le piattaforme piuttosto care quindi esclusive per chi ha soldi e potere: ovvio che le alte sfere ne usufruiscano spesso e volentieri, sia per piacere che per lavoro
Si accede ai DDW tramite un apposito strumento, il de-Digitalizzatore. Il tempo di permanenza su di una piattaforma DDW è stabilito da severe regole per evitare assuefazione al proprio digi-alias. Il corpo reale è mantenuto in buona salute dallo staff medico alla base. Il passaggio da una piattaforma all’altra non necessita strettamente del comando centrale: è possibile attivare il Cambio DDW con uno strumento apposito in dotazione ai Runners. E’ invece indispensabile l’intervento del CDI in caso di ritorno del digi-alias nel proprio corpo.
Tau Centauri:E’ la squadra di Runners protagonista della storia ed è così composta:
Benson, Elijah                        Capitano
Cardinale, Jude                      Programmatore
Morales, Eric                         Addetto alle comunicazioni
O’Brian, Garrie                      Tattico
Patterson, Matt                       Logistica/armeria

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Capitolo 2
*** PROLOGO ***


PROLOGO

 
Il giovane si chiamava Mike e già dopo il suo primo passo sulla terra compatta dell’Arena, seppe che stava per morire. Il pensiero, ineluttabile e gigantesco, gli riempì la testa con tutta la sua forza, lasciandolo attonito e terrorizzato. Mike era troppo giovane per considerare seriamente la possibilità di morire. Benché fosse un Runner, quindi predestinato a vivere la sua vita sul filo del rasoio sin dai primi anni di Accademia, aveva ancora l’età del “tutto è possibile e tutto è impossibile”; quindi la consapevolezza di stare per morire, insindacabile e brutale, lo colpì allo stomaco come un maglio improvviso e inaspettato, facendolo gemere debolmente. Per reazione, immediatamente, nella sua testa scattò forte e chiara la voce del suo sergente maggiore, l’addestratore in Accademia.
“Piantatela di frignare mammolette! Siete Runners, perdio!!”
“Runner, sono un Runner, sono un maledetto guardiano dell’ordine e della legalità, non ho paura di niente…” mormorò Mike a fior di labbra. Ma aveva paura, una paura stupefacente, perché stava per morire e non ne sapeva minimamente la ragione. Attonito, si chiese come fosse potuto succedere: solo qualche (ora? giorno?) tempo prima era un giovane Runner rampante, fresco di Accademia, ancora entusiasta del suo lavoro nonostante i turni massacranti dedicati ai pivellini come lui, fiero di essere un paladino della giustizia…poi? Poche, confuse immagini immerse in un nulla ovattato sostituivano la memoria degli ultimi giorni. Non sapeva dov’era, né come aveva fatto ad arrivare lì, in quell’Arena che odorava di fresca terra battuta e di morte. Era su una DDW? Quasi sicuramente: sulle Orion non poteva esistere una struttura del genere senza che il CDI ne fosse al corrente. Era disarmato, senza calzature, con addosso solo un camice ospedaliero. Si sentiva nudo, indifeso, terrorizzato. Come era arrivato lì…?…Perché?
Mike mosse un altro passo incerto verso il centro dell’Arena. Abbagliato dalla luce accecante, vedeva solo confusamente i contorni del grande circo di terra rossa su cui stava camminando: gli spalti enormi sembravano fatti per accogliere centinaia di spettatori, accorsi per godere della macabra corrida che vi si stava svolgendo come in un moderno Colosseo. Ma non una persona occupava quello spazio vuoto. Solo nella tribuna d’onore, dritto davanti a Mike, si intuiva confusamente il movimento di alcune teste. I suoi spettatori?
“Assisteranno alla tua esecuzione” mormorò maligna una voce dentro la testa di Mike. Questo pensiero lo gelò per qualche secondo. La mente si trastullò con un nulla simile ad anestesia, prima che il terrore, puro e compatto, gli balzasse addosso puntando direttamente alla gola.
“No!!” gridò Mike, con quanto fiato aveva in gola. Fu poco più che un sussurro sfiatato, sufficiente a far agitare le teste della tribuna d’onore, come palloncini colorati mossi da un alito di vento. Poi, Mike si accorse che si erano mossi, sì, ma non per lui. Qualcosa dietro di lui.
Era arrivata.
La sua morte.
Mike la sentì sopraggiungere alle sue spalle, preceduta da un rumore di passi, pesante, mastodontico. Un’ombra lo sovrastò, imponente come una montagna.
Mike strinse i pugni, smettendo di respirare. Un leggero rivolo di urina gli scivolò lungo la gamba senza che nemmeno se ne accorgesse, impregnando la dura terra sotto i suoi piedi. Poi un pensiero, misericordioso come un balsamo lenitivo sulle ferite. Doveva lottare. Lui era nato per combattere. Già dalla Fabbrica, quando era bambino, gli era stato detto qual’era il suo scopo nella vita: combattere! Strinse i pugni tremanti. Inspirò profondamente. Mentre si preparava a voltarsi, la voce del sergente maggiore tornò a squillargli nelle orecchie, potente e vittoriosa come un canto di gioia: siete Runners…
“…perdio!!” mormorò Mike.
E si voltò.

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Capitolo 3
*** Capitolo 1 : Codice Blu ***


 Piattaforma Dream Rewind 1854 Inghilterra – situazione Ludico-Politico BNX124-45
Benson, Elijah            digi-alias        Lady Marine Grant     Nobildonna inglese
Cardinale, Jude           digi-alias        Cardinale De Filippis Alto prelato italiano
Morales, Eric             digi-alias        Cadetto Marchant       Militare inglese
O’Brian, Garrie          digi-alias        Lord Gareth                Gentiluomo inglese
Patterson, Matt            digi-alias        Lady Chesterton          Gentildonna inglese
 
Marine si drizzò di soprassalto sentendo il debole pigolio del trasmettitore.
“ Sì”  disse spiccia sfiorandosi l’orecchio per attivare la nano-comunicazione: era irritata perché stava quasi per assopirsi quando il trasmettitore auricolare aveva vibrato, e siccome si trovava nel bel mezzo di una missione di ricognizione, era arrabbiata con se stessa per la propria inettitudine.
“Codice blu” pigolò la voce artificiale del trasmettitore.
Marine aggrottò le sopracciglia, perplessa: si domandò se fosse il caso di chiedere una conferma di quanto aveva sentito, ma il CDI non sbagliava mai: se diceva codice blu era codice blu.
Mormorò “Ricevuto” e con una leggerissima vibrazione la nano comunicazione si interruppe. Marine si guardò intorno: il verde dell’erba era abbagliante in quel pigro pomeriggio primaverile e il fruscio delle foglie degli alberi accuratamente potati del giardino mormorava una nenia soporifera. Di nuovo irritata con se stessa, Marine sollevò con grazia un lembo della lunga e ampia veste vittoriana avviandosi a passo spedito verso un padiglione in mezzo al giardino dentro cui sostavano oziosamente alcune persone dall’aria elegantemente annoiata. Vedendola avvicinarsi, un grasso e rubizzo signore dai formidabili basettoni bianchi le sorrise apertamente.
“Marine, mia dolce e bellissima damigella, quale benedetta causa ci onora della tua compagnia?” disse pomposo eseguendo un perfetto baciamano. Marine sorrise educatamente cercando di nascondere il fastidio che le provocava la sensazione di umido lasciata dalla bocca del vecchio sulla sua mano. Non aveva idea del perché la segretaria personale del signor Masterson, una donna alta e secca dallo sguardo di acciaio, avesse scelto proprio quel bavoso digi-alias, a parte il fatto di poter infastidire Marine con i suoi umidi baciamano.
“Purtroppo non ho liete novelle, signor Duca” disse con voce dispiaciuta “Sono costretta ad assentarmi per un breve periodo. Ordini superiori “
Il duca aggrottò le folte sopracciglia, irritato.
“La tua presenza qui è mi era stata garantita quando la richiesi espressamente al CDI” disse freddamente congedando l’ossequioso maggiordomo che gli porgeva discretamente una tazza di thè. Marine imprecò mentalmente contro il CDI che impartiva ordini lasciando a lei l’ingrato compito giustificarsi con gli alti papaveri. Pur essendo il capo della sua squadra, non era ferratissima in materia di diplomazia. Lei e i suoi compagni si ritenevano più una squadra di bassa manovalanza: odiavano dover sottostare alle ossequiose regole delle DDW , e odiavano la spocchia congenita degli alti papaveri.
“Sono veramente dispiaciuta per questo inconveniente, milord” disse con un inchino “Ma le garantisco che la sicurezza di Vostra Grazia è garantita dalla presenza di miei validi collaboratori di cui rispondo personalmente. Sono certa che il CDI le presterà tutto il supporto necessario per mantenere l’ordine”
Il duca annuì, parzialmente ammansito.
“Ne sono certo anch’io. Portate i miei ossequi al comando e ricordate che siete attesa per il ballo di questa sera. Non ammetto repliche” terminò, stemperando la secchezza dell’ordine con un sorriso.
Marine si inchinò di nuovo, provando un moto di intenso fastidio per la pesante etichetta che era costretta a seguire su quella dannata piattaforma DR. Conclusi i convenevoli uscì dal padiglione a passo spedito, reggendosi con una mano l’ampio cappello dalle lunghe bande di seta che sventolava alla brezza primaverile. Seguendo il sentiero in mezzo al giardino, raggiunse ben presto il palazzo ducale, un trionfo di architettura neogotica dall’abbagliante imponenza. Un valletto aprì la porta a vetri della veranda  con un inchino e Marine gli porse il cappello ed i guanti, sbrigativa.
“Chiamatemi il cardinale, per favore” ordinò.
Mentre il valletto usciva celermente, Marine gettò un’occhiata alla propria immagine riflessa nel monumentale specchio della sala riccamente ammobiliata: l’incarnato roseo e gli occhi di porcellana azzurra abbinati ad una soffice massa di boccoli biondi facevano di lei un perfetto prototipo di bellezza ottocentesca e l’ironia della cosa le fece incurvare le belle labbra piene in un mezzo sorriso divertito.
“Mi hai chiamato, capo?” disse una voce dietro di lei.
Marine si girò verso l’alta e segaligna figura dell’uomo in abito talare che era entrato nella stanza. La donna lo guardò irritata.
“Quando siamo su questa piattaforma sei pregato di usare il linguaggio opportuno, monsignore” disse seccamente calcando sul titolo, ridicolmente inappropriato per come conosceva in realtà l’animatore di quel digi-alias.
Il Cardinale alzò gli occhi al cielo, esasperato: la scarna faccia giallastra e severa ornata da una barbetta grigia e curata era illuminata da un insolente sorriso assolutamente fuori posto.
“Mi perdoni, lady Grant, per la mia impudenza. Mi prostro ai vostri piedi chiedendo umilmente la vostra illuminata indulgenza per il mio comportamento oltremodo…”
“E’ sufficiente così” lo interruppe Marine, nascondendo un sorriso dietro un’espressione severa.
D’altra parte le era impossibile rimanere seria o di cattivo umore a lungo quando c’era in giro il Cardinale. La sua incrollabile allegria e il suo sottile umorismo, abbinati alla seria faccia cavallina da prete rendevano Marine immancabilmente di buon umore.
“Il CDI mi ha richiamato”  disse con una punta di rimpianto “Lascio a te il comando della squadra. Ricordati, lord Gareth va tenuto sotto controllo dopo l’ultima bravata sulla piattaforma DF e lady Chesterton tende a dimenticare di essere in un mondo virtuale e gozzovigliare più del lecito. Del resto non credo che avrai grossi problemi: abbiamo pattugliato il perimetro palmo a palmo e non si è vista nemmeno un’unghia di Virus. Comunque, sai dove rintracciarmi, al bisogno”
“Certamente, Milady. Come lei ordina, Milady” rispose ossequioso il cardinale con un inchino esagerato.
Trattenendo a stento l’impulso di dargli uno scappellotto sulla nuca, Marine lo incenerì con lo sguardo e si avviò verso il portale de-digitalizzante abilmente nascosto dietro un paravento.
“Sarò qui per il ballo di stasera, salvo imprevisti” disse infilandosi dentro l’angusto uovo di vetro strattonando l’ampia gonna di seta. Il viso del Cardinale si illuminò di nuovo d’insolenza.
“Accidenti…io e lady Chesterton speravamo di poter far fuori tutti gli stuzzichini senza essere controllati di continuo dal tuo occhio di falco…” le buttò lì mentre Marine digitava il codice di de-digitalizzazione.
“L’importante è che tu impedisca a lady Chesterton di indire una gara di flatulenza come sarebbe tentata di fare, conoscendo il soggetto” sibilò la ragazza quando il de-digitalizzatore iniziava a ronzare.
“Flatulenze, eh? E come la mettiamo col famoso linguaggio opportuno, Milady?” rise ironico il Cardinale, strappandole un sorriso.
Il Cardinale le soffiò un bacio sulla punta delle dita e la salutò irriverente con la mano mentre la macchina scomponeva Marine in segnale digitale da trasmettere alla base del CDI.
*          *          *
Il computer ronzò mentre sul monitor compariva una lunga schermata:
Codice Blu:
In arrivo da piattaforma Dream Rewind 1854 Inghilterra – situazione Ludico-Politico BNX124-45
Digi-Alias : Lady Marine Grant – Femmina, Caucasica. 21 anni (allegato file) appartenente a:
Capitano classe 1A
Elijah Benson / Maschio / Caucasico / Nato : 21/02/2157 / Dove: Piattaforma standard stazione spaziale Orion 3W
 H: m 1,85 / Kg 76 Iridi: marrone (allegato file)
addestramento livello 5,4,3,2,1  Punteggio per livello 0 : 1457 su 2000
Attivo in piattaforme Dream Rewind / Dream Future 
Mansioni: sicurezza / offensiva
 
Controllo De-Digitalizzazione OK
Controllo Compressione file OK
Scan Virus allegato OK
 
Ready per reintegro in sede ? (Y/N)
 
L’operatore controllò attentamente i dati, fece partire un nuovo antivirus per controllare gli allegati e, alla fine, confermò l’operazione. Il monitor lampeggiò brevemente. Davanti alla fila di computer tutti  uguali gli operatori erano intenti tutti nella stessa delicata operazione: far rientrare i digi-alias nei loro corpi reali. Un lungo vetro separava la zona computer dalla zona de-digitalizzazione, dove distese su lettini metallici, le persone in digi-viaggio restavano immote in attesa del ritorno nel proprio corpo. Sul de-digitalizzatore numero DRBNX124-45 il capitano Elijah Benson aprì gli occhi. Senza attendere oltre, si alzò con un sospiro mentre un piccolo robot ronzante si avvicinava a lui, scannerizzandolo per verificare che le sue funzioni vitali fossero in ordine. Elijah si lasciò pazientemente analizzare provando il solito vago senso di nausea che accompagnava il rientro nel proprio corpo mentre la sua mente si adattava al nuovo contesto in cui si trovava. Ormai era talmente avvezzo a girare per i Digital Dream Worlds che riusciva in pochi secondi a ritornare se stesso, cosa non altrettanto facile per tutti. Spesso i  DDW-Runner come lui al ritorno da una missione avevano bisogno di giorni interi per superare la nausea e la confusione. Ma non per niente lui era un Classe 1A: i migliori in assoluto. Elijah salutò con una mano il proprio operatore al di là del vetro che gli rispose nello stesso modo. Poi si alzò dal lettino metallico e si avviò verso l’uscita dalla zona de-digitalizzazione. La porta si aprì frusciando lasciandolo passare. Altre persone, seminude come lui, transitavano nella zona, alcune in arrivo e alcune in partenza. Dopo una doccia veloce in cui rimpianse vagamente le forme morbide e femminili di Marine, Elijah si infilò in una tuta di PlatinumTex ed uscì definitivamente dal portale di de-digitalizzazione. Nel corridoio, lo assalì la confusione creata da un gran viavai di gente: operatori, tecnici in camice blu, segretarie indaffarate e medici in camice bianco transitavano frettolosi diretti nei meandri della grande stazione spaziale. Dagli ampi oblò lungo la parete del corridoio brillavano silenziose le stelle avvolte nel nero manto dello spazio. Elijah provò una punta di nostalgia per il cielo azzurro e le candide nuvole della piattaforma DR da cui era appena tornato, anche se il contorno caotico della stazione spaziale gli permetteva di rilassarsi ed essere sé stesso. Salutando occasionalmente alcune persone conosciute, si avviò verso il comando del codice blu al secondo piano. Mentre raggiungeva le massicce porte scorrevoli e si sottoponeva pazientemente all’ennesimo controllo della retina, un ragazzo lo raggiunse correndo trafelato.
“Hei, Elijah!”
Il capitano attese che il ragazzo lo raggiungesse prima di salutarlo con una pacca sulla spalla.
“Damon! Che ci fai sulla stazione? Ti sapevo nella piattaforma DR 1425 a supervisionare un torneo tra i cavalieri della tavola rotonda”
Damon gli rispose alzando gli occhi al cielo.
“Ah, non me ne parlare. Quei maledetti del CDI per rendere l’ambiente più realistico hanno immesso un programma che acutizza gli odori organici, col risultato di avere metà dei digi-alias della piattaforma asfissiati dalla puzza. Alcuni dirigenti erano lì in vacanza, non ti dico il vespaio che hanno sollevato”
Elijah scoppiò a ridere mentre Damon lo guardava accigliato.
“Non c’è niente da ridere, capitano” lo ammonì tra l’offeso e l’ilare “Piuttosto, anche tu eri su una piattaforma DR. A supervisionare un meeting tra alti papaveri della Ars Space Corp., se non mi sbaglio”
Elijah tornò subito serio.
“Sì, la mia squadra è ancora là. Ho avuto un codice blu e la segretaria del signor Masterson non era per niente contenta”
“Scommetto che quella ti si vuole fare” ridacchiò Damon con un lampo negli occhi e una leggera risatina alla vista della faccia schifata di Elijah.
“Niente visioni raccapriccianti, ti prego” borbottò questi rabbrividendo “Con tutti i digi-alias spettacolari che può permettersi con la marea di crediti che ha, dimmi perché dovrebbe venire a cercare un inutile Runner come me”
“Ma dai che lo sai: per il tuo faccino così carino, no?” rispose lezioso Damon, ed Elijah si allontanò da lui, arricciando il naso.
“La tua è solo invidia, soldatucolo da due soldi” disse in tono altezzoso, sorridendo involontariamente.
“Comunque, anche io ho avuto un codice blu” lo informò Damon, tornando serio.
Il sorriso lasciò repentinamente il viso di entrambi i giovani: due capitani di classe 1A convocati nello stesso momento voleva dire solo una cosa: guai in arrivo.
“Hai per caso saputo qualcosa di nuovo?” chiese Elijah seriamente, ma Damon scosse la testa.
“1A Benson, Elijah. 1A Richner, Damon. Ingresso a ponte di comando ZS1 accettato” li interruppe una voce metallica mentre le porte del ponte di comando si aprivano silenziose. Elijah e Damon entrarono risoluti e le porte si richiusero immediatamente. Nel ponte di comando l’attività era febbrile: enormi schermi olografici tappezzavano la parete ovale monitorando le varie piattaforme attive del Digital Dream Worlds. Un uomo imponente con una tuta di PlatinumTex verde oliva ingannevolmente semplice si girò al loro ingresso e Elijah trattenne segretamente il respiro scattando sull’attenti seguito a ruota da Damon.
“Comodi, ragazzi, comodi” disse loro il generale Scott avvicinandosi con lunghe falcate.
“Capitano Benson, capitano Richner, vogliate scusare la fretta nel richiamarvi dalle vostre mansioni, ma il CDI ha deciso di riunirsi in sessione straordinaria e necessitavamo della vostra presenza”
“Il CDI ha richiesto di noi, espressamente?” si lasciò sfuggire Damon, sorpreso.
Il suo superiore annuì seccamente e Damon scambiò uno sguardo eloquente con Elijah prima di ritornare impassibile.
“Molto bene. Seguitemi” tagliò corto l’uomo avviandosi verso un lungo tavolo di vetro su cui scorrevano veloci mappe e documenti digitali. Elijah lo seguì inquieto: sentiva puzza di guai. Una riunione del CDI era una cosa maledettamente grossa e importante, mentre lui era stanco, stufo e rimpiangeva stupidamente la quiete di un mondo che non esisteva. Pregò che le cose fossero meno gravi di quello che pensava. Le sue preghiere non furono esaudite.
*          *          *
I componenti del consiglio del CDI, scoprì Elijah in breve tempo, ruotavano tutti intorno alla figura di Scott, come inutili satelliti intorno al loro sole. D’altra parte, la figura dell’energico generale era proverbiale tra tutti i Runners.
“Un gran rompiscatole” gli ricordò la voce di Patterson, suo compagno di squadra, durante una recente conversazione.
“Intero come un menhir preistorico” aveva rincarato la dose Cardinale “Ma indubbiamente un Signor menhir. Dovessi affidare la vita a qualcuno, la affiderei a Scott”
Cardinale aveva certamente visto giusto: sotto l’alta e severa fronte di Scott due acuti occhi castani dichiaravano già dal primo sguardo quanto il proprietario potesse essere granitico, ma giusto e leale. Per Scott, Elijah provava una sconfinata ammirazione, oltre ad una leggera e vergognosa soggezione.
“Saremo brevi” esordì Scott con voce decisa “Sappiamo che entrambe le vostre squadre, la Tau Centauri di Benson e la Delta Exit di Richner sono attualmente impegnate sulle DDW in missioni importanti, quindi cercheremo di non trattenervi a lungo. D’altra parte, abbiamo la necessità di allertare alcune squadre, dopo recenti avvenimenti di cui vi informeremo tra breve, e le vostre squadre sono risultate le più idonee. Direttamente suggerite dal Consiglio delle Orion, per dirla tutta”
Lanciò loro uno sguardo enigmatico su cui Elijah preferì non indagare.
“Abbiamo avuto notizia di un grave fatto che si sta succedendo tra le fila dei Runners di Orion 4W. Dalle prime indagini, sembra che un nutrito numero di Runners siano stati dichiarati scomparsi negli ultimi mesi”
Elijah si trattenne a stento dallo scoppiare a ridere: scomparsi?!? Gente scomparsa sulle Orion? Impossibile.
“Impossibile” si lasciò infatti sfuggire dalle labbra Damon, attirandosi lo sguardo corrucciato di Scott.
“A quanto pare è possibilissimo, capitano” continuò Scott porgendo loro due fogli con un elenco di nomi.
“Normalmente, non ci saremmo nemmeno accorti di queste scomparse, in quanto è una sezione della Ars Space Corp. che si occupa di mantenere costante il numero di Runners attivi. Ma dopo le segnalazioni dei singoli capitani delle squadre, abbiamo chiesto a chi di dovere di indagare. C’è il sospetto che sia in atto una specie di sommossa, una massoneria sotterranea di cui questi Runners fanno parte”
“Dobbiamo indagare su di loro?” chiese Elijah, dubbioso.
“No” rispose Scott, e un’ombra di disapprovazione passò sul suo viso “Questo genere di indagini non compete al CDI. E’ la polizia interna della Corp. che se ne occuperà. Nel frattempo, ci hanno suggerito di avvisare le nostre squadre perché stiano particolarmente all’erta e tengano gli occhi aperti. Questo elenco…non abbiamo modo di verificare le informazioni. Il file è top secret anche per noi”
La sua aria amareggiata la diceva lunga su quanto Scott apprezzasse i metodi della polizia interna della Ars Space Corp.
“Comunque…siete allertati. Non dovete, ripeto, non dovete indagare sui Runners scomparsi: il vostro compito è solo mantenere l’ordine sulle DDW. Sono stato chiaro?”
Sia Damon che Elijah scattarono sull’attenti, intonando un sicuro “sissignore” che lasciò Scott soddisfatto.
“Molto bene” approvò girando loro le spalle “Potete andare adesso. E ricordate….occhi aperti”
Il brusco commiato ad Elijah sembrò vagamente una minaccia.
 

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Capitolo 4
*** Capitolo 2 : Corpo di ballo ***


 Sede Orion 3W
 
Elijah e Damon sedevano allo stesso tavolo nella zona ristoro del ponte 3 da cui si godeva di una vista impressionante sul sole del sistema in cui transitava la Orion 3W. Erano curiosamente silenziosi e fiacchi: dovevano ripartire per ritornare al proprio lavoro, ma l’esito della riunione con il consiglio era stato così deprimente che entrambi desideravano smaltire un po’ di cattivo umore con qualcuno in grado di capire.  Damon si rigirava il bicchiere tra le mani, lo sguardo assente.
“Sai” disse ad in tratto più a sé stesso che al suo interlocutore “Io me ne ero accorto”
Tacque un attimo, indeciso. Elijah rimase impassibile e Damon, incoraggiato, continuò
“Nella mia squadra…tutti elementi validi, mi fido ciecamente di loro…nella mia squadra, dicevo, c’era Benedict. Era un grande, un vero buffone con i riflessi di un cobra, leale, intelligente, con la soluzione sempre per tutto. Non ancora un livello 1A, ma sicuramente destinato a diventarlo. Benedict era di Orion 4W”
Guardò di nuovo Elijah di sottecchi.
“Hai visto la lista dei Runners disertori: c’era anche il nome di Benedict”
Elijah annuì, rettificando mentalmente che quella era la lista dei Runners disertori conosciuti dal CDI. Quanti erano in realtà quelli scomparsi? E perché erano scomparsi? E, soprattutto, come diavolo si fa a scomparire da una stazione spaziale praticamente sigillata?
“Mi fu detto che Benedict veniva trasferito” continuò Damon “Così, di punto in bianco. Di solito per passare da una Orion all’altra non basta nemmeno la richiesta del Papa. E comunque Benedict non aveva mai accennato ad un trasferimento. Mai. Di cose ne diceva, alcune persino pericolose: il CDI è un vespaio di spie, ci sono cose sporche sotto la Ars Space Corp., cose così, insomma. Ma da lì a diventare un disertore…”
Damon scosse il capo, confuso
“Non so. E poi, dove diavolo sono finiti questi disertori?”
“Questa è una domanda interessante” rispose soprappensiero Elijah massaggiandosi gli occhi con le dita “La Corp. avrà rivoltato le Orion come un calzino per trovarli. Se ci hanno allertato vuol dire che non li hanno trovati. Immagina come gli deve bruciare, doverci avvertire di aver perso il controllo di alcuni Runners in una Orion secondaria… “
“Tu chi hai nella tua squadra di Orion 4W?” chiese Damon, incuriosito. Elijah ci pensò su.
“Garrie O’Brian. Il mio tattico. Morales è della Orion 3W come noi, Patterson è della 1W, e Cardinale della 2W”
Damon lo guardava serio ed Elijah si sentì curiosamente messo sotto accusa.
“Conosco Garrie. E’ in gamba. E mi fido di lui come di me stesso. Non ha mai fatto parola del fatto che sulla sua Orion fossero spariti dei Runners” si difese.
Damon rimase in silenzio, assorto. Elijah prese una decisione al volo: si alzò risoluto dalla sedia e buttò alcune tessere di plastica per pagare il conto.
“Vado a parlare con i miei “ disse calmo “Non sappiamo da quanto tempo siano in giro questi disertori, né cosa abbiano in mente. Se pensano di sabotare la DDW, dobbiamo essere pronti a qualsiasi evenienza”
Damon si alzò dalla sedia, stancamente: sembrava molto preoccupato.
“Mi domando come la prenderanno i ragazzi” mormorò mentre si incamminavano verso i portali di de-digitalizzazione “Se dovessero sorgere dei sospetti all’interno della squadra…”
“Tranquillo, non succederà” disse deciso Elijah. Figurarsi se poteva sospettare di uno qualsiasi della sua squadra: Garrie, Pat, Cardinale e Morales erano praticamente parte di lui. Erano più che una squadra: erano uno scalcinato tutt’uno, forse un filino fuori dalle righe, ma assolutamente leali.
Damon annuì in silenzio, ma rimaneva pensoso. Sapeva cosa poteva succedere alle squadre di Runners sospettate : in quel caso, la polizia interna della Corp. era libera di mettere i digi-alias in quarantena forzata nel Limbo, in barba a qualsiasi disposizione del CDI. Assolutamente soli. Nessuno sapeva quali erano i mezzi a sua disposizione per interrogare i sospetti perché nessuno era tornato indietro per raccontarlo. Damon, dopo un lungo silenzio, inspirò profondamente e sorrise a Elijah .
“Bella gatta da pelare, eh? Adesso vado dai miei nel medioevo: magari sono talmente ebbri di puzza che la prenderanno bene…”
“Beato te… i miei possono solo essere morti di noia. Non vedranno l’ora di ficcarsi in qualche guaio” replicò Elijah, sorridendo debolmente. Damon  ridacchiò, salutandolo con un pugno sul braccio.
*          *          *
 
Piattaforma Dream Rewind 1854 Inghilterra – situazione Ludico-Politico BNX124-45
Benson, Elijah            digi-alias        Lady Marine Grant     Gentildonna inglese
Cardinale, Jude           digi-alias        Cardinale De FilippisAlto prelato italiano
Morales, Eric             digi-alias        Cadetto Marchant       Militare inglese
O’Brian, Garrie          digi-alias        Lord Gareth                Gentiluomo inglese
Patterson, Matt            digi-alias        Lady Chesterton          Gentildonna inglese
 
“Questo ballo è la cosa più noiosamente noiosa a cui mi sia capitato di assistere in tutta la mia breve ma intensa esistenza” sentenziò lord Gareth ingozzandosi per l’ennesima volta di sottaceti dal piatto d’argento che il maggiordomo gli esibiva ossequiosamente. Marine gli lanciò uno sguardo esasperato. Forse aveva sbagliato a mandare di pattuglia all’esterno il Cardinale e lady Chesterton, ma aveva ritenuto prudente segnalare con quella mossa al CDI che teneva Garrie sotto sorveglianza: era il suo elemento di squadra di Orion 4W. Gli avevano detto di tenere d’occhio i Runners di quella stazione e lei obbediva agli ordini. Odiava però non averne ancora parlato con i suoi ragazzi, quindi era agitata e nervosa.
“Lord Gareth, se mi consente l’ardire, chiuda quella fogna una buona volta” gli sibilò nell’orecchio, provocando all’uomo una leggera tosse nasale.
La sala era gremita di gente elegantissima e, ovviamente, bellissima: poche persone sceglievano come digi-alias delle facce comuni. Le donne erano in genere di una bellezza strepitosa e oltremodo falsa e gli uomini sembravano usciti a piè pari dall’ultima pubblicità in fatto di anabolizzanti. Quando entrò il Cardinale, il suo severo abito rosso quasi stonava per il suo assoluto anonimato. Il prelato si avvicinò a Marine e lord Gareth inchinandosi ogni tanto a salutare qualche signora ingioiellata.
“Scusate se ho lasciato la mia postazione di controllo nel frutteto, lady Grant” sospirò quando arrivò vicino a loro “Ma stavo per stramazzare a terra addormentato. A furia di guardare crescere le piante, stavo mettendo radici anch’io. Siamo sicuri che questa gente si diverta in mezzo a questo mortorio?”
Marine si guardò intorno: effettivamente le facce aristocratiche degli invitati lasciavano trapelare tedio più che divertimento.
“Ragazzi, mi sto rompendo le scatole quanto voi. Tenete duro, manca ancora poco” disse con un sospiro, sventolandosi il ventaglio davanti alla faccia per soffocare uno sbadiglio.
Improvvisamente il Cardinale la prese per una mano e si avviò verso la pista da ballo.
“Ma porc… Cardinale!” sibilò Marine, sorridendo nervosamente agli astanti “Che hai intenzione di fare?”
“Ballare” le rispose serafico il prelato, cingendole la vita con un braccio “A quanto pare, è l’unico metodo per tenersi un pò svegli, qui. E poi stasera siete così carina…”
“Davvero pensate che lo sia?” mormorò Marine con un lampo divertito negli occhi “Quanto tempo che aspetto queste parole…Perché non gettate alle ortiche i voti monastici e vi decidete a passare una settimana sulla piattaforma Sex con me?”
Il Cardinale, strabuzzò gli occhi, quasi inciampando sull’orlo del lungo abito.
“Milady! Evidentemente, il fatto di essere una donna così graziosa vi spinge a dimenticare che siamo in missione”
“A dire il vero, quello che vorrei dimenticare è quanto siete evidentemente negato per il ballo, monsignore” ribatté Marine e il Cardinale si rannuvolò.
“Questo non è assolutamente vero” dichiarò altezzoso col naso per aria “Sono leggero e aggraziato come una libellula. E se vi azzardate a dire il contrario, appena usciremo di qui vi percuoterò selvaggiamente, e al diavolo l’etichetta di questa stupida DDW”
A Marine si illuminarono gli occhi.
“Davvero mi volete sculacciare? Che meraviglia, insomma, non mi avevate mai fatto capire che poteva interessarti una storia sul genere sado-maso”
“ …Milady…”
“E sentite questa, vi faccio anche la rima baciata: con tanto di naso o forse in un vaso…”
“Avete bevuto? Ricordatevi che siete in servizio”
“Giusto: adesso basta ballare, mi avete già assassinato a sufficienza i piedi”
Il Cardinale fece il broncio come un bambino capriccioso.
“Ma come, già finito? State diventando sempre più simile al generale-scopa-nel-didietro-Scott. Brutte notizie dal CDI, immagino”
Non era una domanda, ma una constatazione: Marine guardò di sottecchi la faccia sorridente del Cardinale.
“Sì. Vi devo parlare di cose serie, ragazzi, dopo nel Limbo”
“E’ così brutta?” le chiese il Cardinale facendola volteggiare al ritmo del valzer  con estrema attenzione per non calpestarle il vestito.
“Molto. Eravamo convocati io e Damon. Si tratta di Runners scomparsi”
“Diamine, era quasi meglio la storia sado-maso” la rincuorò il Cardinale, comprensivo.
“Come se non bastasse, ci hanno anche affibbiato altro lavoro straordinario”
“Povera, povera piccola lady Grant” sussurrò il Cardinale, mieloso “Tutte queste responsabilità sulle sue piccole, fragili spalle. Vuoi che mandiamo Pat con qualche spaccatimpani a sgridare tutti quei cattivoni del CDI ?”
Marine si rilassò senza volere tra le braccia del Cardinale.
“Siete un maledetto sobillatore, monsignore. Farò richiesta di trasferirvi al più presto alla piattaforma Mystic a sorvegliare i buddisti nel loro pellegrinaggio verso Katmandu”
“Questo va contro la mia attuale religione” ribatté compunto il Cardinale “Protesterò per conflitto di interessi. Comunque, così va meglio, sembrate un pochino più rilassata. La schiena però è ancora rigida, se volete un massaggio thailandese sono certo che Lord Gareth potrebbe ben servirvi, di là in sala banchetti…”
“Cardinale!! Sono una signora, io!” si finse scandalizzata Marine.
Il valzer finì e il Cardinale la accompagnò cerimoniosamente al suo posto.
“A dopo, milady. Vado a controllare se qualche frutto è nato nel frutteto durante la mia assenza” salutò con un sorriso impudente.
“Non è giusto però” si lamentò lord Gareth con un broncio solenne “Sono ad una festa, ci sono un sacco di donne bellissime intorno e non posso nemmeno avvicinarmi per annusarle…”
“Siete in servizio, milord” ribatté Marine con leggerezza “Comunque, Garrie-O, tieni presente che tutte queste bellezze nella realtà sono quelle vecchie befane mogli dei dirigenti della Ars Space Corp. che ti spogliano con gli occhi ogni volta che passi dal CDI. E poi, che vuoi annusare? Puzzano come cavolfiori bolliti”
“Dio, che schifo” si disgustò lord Gareth, arricciando il viso in una smorfia “Andiamocene nel Limbo: persino il faccione di Pat è meglio della visione che hai dipinto”
Marine stava per girarsi verso lord Gareth e approfondire l’argomento quando lo sentì: un leggero pizzicore dietro la nuca, come se una mano sfiorasse la punta dei capelli. Intercettò in un attimo lo sguardo attonito di lord Gareth, pieno di stupefatto terrore prima che un fiotto di adrenalina le gonfiasse le vene. Di prepotenza il ruolo di Runner spazzò via l’affettata postura femminile e sia Marine che lord Gareth si tesero saettando con lo sguardo intorno al salone, in cerca di qualsiasi segnale anomalo. Seguendo una improvvisa intuizione, Marine scattò velocissima verso la veranda, urtando brutalmente le coppie che ballavano nel salone. Uscita fuori si fermò di colpo, stupefatta: nel perfetto cielo stellato si era aperto un vorticante squarcio buio e violaceo.
“Squadra!” urlò a pieni polmoni attivando le nano comunicazioni nell’orecchio “A rapporto immediatamente!”
Lord Gareth arrivò dietro di lei, trafelato, in mano un rilevatore di virus prontamente prelevato dal discreto deposito dietro il paravento.
“Analisi e scansione completa” ordinò Marine telegrafica e dura: lord Gareth puntò il congegno verso il buco nero che si allargava nel cielo. Sparò due o tre volte, centrandolo in pieno ma sul piccolo schermo del rilevatore non comparve scritto niente se non “Scan Virus OK No Detected”. Lord Gareth si girò verso Marine, la faccia attonita di chi riceve uno schiaffo in pieno viso senza nessun motivo.
“Non è un virus” disse con una strana voce calma mentre il Cardinale arrivava di corsa dal frutteto tenendo l’abito sollevato per correre più agevolmente.
La delicata musica classica nel salone, intanto, si era interrotta su una nota stonata e un brusio inquieto serpeggiava tra gli ospiti ingioiellati: alcune teste sbucarono incuriosite fuori dalle finestre e Marine predisse un imminente scoppio di panico generale.
“Qualsiasi cosa sia, non arriva dal CDI” ansimò trafelato il Cardinale raggiungendo i due sulla veranda. Marine, con un moto di stizza e una sotterranea apprensione riattivò le nano comunicazioni.
“Morales, attiva il codice di emergenza e chiedi a quei maledetti del CDI perché diavolo non ci  hanno avvertito” abbaiò, mandando mentalmente al diavolo i nomi dei digi-alias della squadra “Patterson, dove ti sei cacciato?”
“Sto arrivando, capo” grugnì una voce soffocata: come al solito, lady Chesterton si stava abbuffando.
“Lascia perdere, Pat, corri subito a prendere le armi nell’arsenale. Cardinale, se non è un virus che diavolo è?”
 Il prelato stava battendo sui tasti di un minuscolo computer agganciato all’avambraccio e scuoteva la testa, incerto. Tutt’intorno, come previsto, era scoppiato il caos: la gente iniziò a correre a destra e a sinistra, starnazzando come galline in preda al panico. Marine aggrottò le sopracciglia.
“Garrie! Maledizione, trascina questa gente vicino al de-digitalizzatore e imbarcala per ritorno immediato: se ci girano intorno ci rompono solo le palle. Cardinale, tira fuori immediatamente alcune informazioni su quell’affare. Morales! Il CDI!!”
Il buco nero si stava allargando minacciosamente con un sordo brontolio e Marine dovette coprirsi l’orecchio con una mano per sentire la voce di Morales tramite le nano comunicazioni nell’orecchio.
“Capo, abbiamo un piccolo, irrisorio problema: le comunicazioni con il CDI sono interrotte”
“Interrotte?” trasecolò Marine, furiosa “Come sarebbe a dire interrotte?”
“Non abbiamo tempo per le domande retoriche. Ho bisogno di un canale di emergenza e lo sto cercando nella rete. Dammi un secondo”
“Non ce l’abbiamo un secondo” tagliò corto, categorica, Marine “Trova quel passaggio alla svelta. Questa serie di contrattempi puzza di bruciato e non mi va di star qui con le mani in mano ad aspettare che arrivi la piaga delle locuste, chiaro?”
Il rombo era diventato assordante; la terra prese a tremare leggermene, provocando un delicato tintinnio di cristalli nel salone e aumentando l’intensità degli strilli della folla impaurita. Lady Chesterton arrivò sulla veranda con le braccia cariche delle tozze armi di ordinanza dei Runners, con tanto di mirino telescopico e caricatore di riserva ballonzolante attaccato al manico.
“Meno male che le ho revisionate questa mattina” ansimò senza fiato mentre le distribuiva febbrilmente ai compagni. Marine impugnò un piccolo mitragliatore cromato, sentendosi irrazionalmente più sicura con un’arma in mano anche se contro i virus erano assolutamente inutili.
“Stiamo aspettando te, Cardinale”  disse acida, guardandosi intorno “Garrie, come va con il de-digitalizzatore?”
“Capo, se le comunicazioni con il CDI sono interrotte non va nemmeno il de-digitalizzatore. Sto per essere travolto da questi maledetti digi-alias starnazzanti. Posso mollare un fumogeno e tramortirli tutti?”
Marine prese in considerazione la proposta.
“Un’altra volta, Garrie”
“Trovato!” esultò Morales nell’interfono “Un passaggio nella rete, per grazia ricevuta. Garrie, comincia ad infilare la gente nel de-digitalizzatore!”
“Cardinale, se non mi dici che diamine è quel buco giuro su Dio che ti de-digitalizzo con le mie mani” si infuriò Marine.
Il Cardinale le lanciò uno sguardo disgustato.
“Calma, lady Grant, ricorda che il CDI sta registrando tutto ed il tuo lessico non si confà alla piattaforma su cui siamo. Detto questo, ho lanciato più o meno ottocento diversi tipi di programmi analizzatori e non è saltato fuori un accidente attendibile. Quel buco è…  niente. E’ un noise, un disturbo, troppo debole perché gli antivirus lo intercettino. Sembra quasi…”
Si interruppe ed un lampo di comprensione saettò dal suo sguardo a quello di Marine: una fulminea premonizione invase il ventre di Marine con un peso liquido e angosciante.
“… un maledetto specchietto per le allodole! Una trappola!”
*          *          *
Un attacco. Ecco cos’era. Il primo, unico attacco mai registrato sulle DDW dalla loro nascita e la squadra di Marine si trovava proprio nel bel mezzo, unico baluardo di resistenza e legalità. Come evocate dall’esclamazione di Marine, delle figure scure arrivarono di gran carriera dal viale principale. Marine fece appena in tempo ad accorgersi che erano esseri umani a cavallo perfettamente integrati alla piattaforma DR prima che uno sparo le sibilasse a pochi centimetri dall’orecchio. La donna si buttò per terra, imprecando mentre una salva di pallottole seguì la prima, grandinando attorno alla squadra che si gettò confusamente al riparo seguendo diversi percorsi.
“Cardinale! L’antivirus!” urlò Marine a squarciagola dopo essere rotolata dietro ad un raffinato tavolino di ferro battuto, sgualcendo senza cerimonie il delicato vestito di pizzo.
I ragazzi della quadra si sparpagliarono in posizione di difesa e il Cardinale, nascosto dietro una colonna di marmo, armeggiò febbrilmente col computer da polso.
“Ti ho detto che non sono dei maledettissimi virus, Capo!” urlò infine brandendo la pistola e iniziando a sparare “Sono dei digi-alias! Ripeto, banalissimi digi-alias!”
Alle sue parole, lady Chesterton regolò il mirino ad infrarossi e fece fuoco con millimetrica precisione.
Uno dei digi-alias sceso da cavallo che stava correndo verso l’ingresso cadde al suolo con un grido disperato, spruzzando sangue sull’erba morbida del prato.
“Perdio, sono davvero dei digi-alias!” mormorò lord Gareth facendo fuoco a sua volta.
Gli aggressori erano nel frattempo arrivati davanti all’ingresso e stavano rapidamente scendendo da cavallo per correre intorno al palazzo ducale, accerchiandoli. Con l’occhio vigile del militare, Marine registrò che erano circa una decina di uomini abbigliati in perfetto stile ottocentesco e che le loro armi erano pistole dell’epoca: ecco il motivo per cui i sensori non avevano rilevato presenza di armi nel perimetro. Con pochi, rapidi colpi la squadra di Runners aveva fatto fuori almeno tre assalitori, ma molti erano fuggiti sul retro, fuori tiro. Una terribile idea passò fulminea nella testa di Marine.
“Cardinale! Morales! Con me, dietro! Patterson, coprici!” ordinò seccamente prima di tuffarsi verso l’ingresso del salone, ormai ridotto ad un misero campo di battaglia. Correndo, i tre raggiunsero la folla delirante ammassata intorno al de-digitalizzatore.
“Qui ci sono i capi supremi della Ars Space Corp.” spiegò brevemente Marine, guardandosi intorno “Non so come né perché, ma ho idea che il bersaglio siano loro. Garrie, se c’è rimasto qualche pezzo grosso, fallo salire per primo. Ragazzi, facciamo scudo, e che Dio ce la mandi buona”
Il Cardinale si posizionò alla destra e il cadetto Marchant alla sinistra di Marine, all’erta. Confermando tristemente i timori di Marine, i digi-alias entrarono di corsa con le armi spianate, sparando all’impazzata in mezzo alla folla. Una signora emise un acutissimo gridò e cadde in ginocchio, premendosi le reni con le mani che si macchiarono subito di sangue. Marine inspirò e prese freddamente la mira: centrò due assalitori esattamente in mezzo agli occhi mentre il cadetto Marchant imprecava, accasciandosi su di un fianco
“Morales! Tutto ok?” chiese Marine mentre il Cardinale riusciva a colpire un altro digi-alias.
“Capo, i pezzi grossi sono tutti in salvo” ululò lord Gareth in interfono e il cadetto Marchant sospirò alzando un pollice in segno di vittoria. Improvvisamente, come se avessero capito che lo scopo della loro missione era stato vanificato, gli aggressori decimati si ritirarono, rotolando lesti verso l’ingresso di servizio da cui erano entrati. Marine scattò sulle gambe e li rincorse tallonata dal Cardinale. Fece appena in tempo a vedere un uomo, che era evidentemente il trascinatore della rivolta, sollevare un compagno ferito e caricarselo sulla spalla prima di doversi riparare dietro allo stipite della porta, investito da una salva di proiettili.
“Cardinale! Quello in centro con un ferito sulla spalla! Riesci ad identificarlo?”
Il Cardinale diresse verso l’uomo che stava faticosamente risalendo a cavallo il suo trasduttore da polso.
“Negativo, Capo” mugugnò schifato quando lo strumento emise un bip seguito da un deprimente “File not found”. In un turbinio di nitriti, i cavalli scalpitarono eccitati dal fumo e dall’odore di polvere da sparo. Il ribelle a cavallo girò le briglie della sua cavalcatura e per un attimo il suo sguardo insondabile incontrò quello furente di Marine. Non sembrava né arrabbiato né sconfitto. A Marine, assurdamente, sembrò solo triste: poi, l’uomo fece impennare il cavallo in una brusca rotazione e galoppò via. Ben presto gli spari divennero più radi e lontani e Marine si arrischiò a sporgere la testa: gli assalitori si stavano allontanando, rapidamente come erano arrivati. Come a segnare la fine delle ostilità, il rombo continuo del buco nero nel cielo si smorzò lentamente e ben presto riapparvero le stelle. Marine si appoggiò pesantemente alla porta, accorgendosi solo in quel momento di avere la schiena tutta ammaccata e graffiata. Il Cardinale, di fronte a lei, conservava un dignitoso distacco anche senza la mantellina scarlatta e con i radi capelli spettinati. Il silenzio ansimante dei due fu interrotto dalla voce del cadetto Marchant nell’interfono.
“Capo, sono ripristinate le comunicazioni con il CDI: cosa devo dire?”
Marine si passò la mano sul viso e non si sorprese quando la ritirò bagnata di sangue.
“Digli che li ringraziamo di cuore per l’aiuto fornitoci” mormorò esausta “Tu come stai, hijo?”
“Solo un graffio, ma brucia come l’inferno” rispose grato il giovane.
 “Qualcuno può venire a darmi una mano qui dal de-digitalizzatore, eh?” pigolò la voce di lord Gareth “Non ho più abbastanza mangime per tutti questi polli e qualcuno sta approfittando della situazione per toccarmi il sedere. Non sono pagato a sufficienza per subire anche questo”
Il Cardinale si alzò in piedi e si spolverò l’abito talare con calma.
“Tranquillo, cucciolo, vengo io a dare l’estrema unzione a quei depravati” disse.
Poi sorrise a Marine, ancora semi accasciata sulla porta.
“Che dite, lady Grant, pensate che quello stipite farà a meno del vostro sostegno o non ha più ragione di esistere senza di voi?”
Marine si staccò dalla porta, sentendosi molto stanca e molto sfortunata ad avere dei colleghi che non perdevano mai il loro maledetto senso dell’umorismo.
“Salutami Katmandu, Cardinale” sibilò, ma non aveva nessuna voglia di ironizzare. I lamenti e l’odore di sangue che provenivano dal salone  la dicevano lunga sull’esito di quel primo, impossibile attacco alle DDW conosciute. Marine si avviò verso l’interno lenta e curva come una vecchia e la testa già piena di furore e domande senza risposta.
 

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Capitolo 5
*** Capitolo 3 : Nel Limbo ***


 Piattaforma Dream Rewind 1854 Inghilterra – situazione Ludico-Politico BNX124-45
Benson, Elijah            digi-alias        Lady Marine Grant     Gentildonna inglese
Cardinale, Jude           digi-alias        Cardinale De FilippisAlto prelato italiano
Morales, Eric             digi-alias        Cadetto Marchant       Militare inglese
O’Brian, Garrie          digi-alias        Lord Gareth                Gentiluomo inglese
Patterson, Matt            digi-alias        Lady Chesterton          Gentildonna inglese
 
La squadra Tau Centauri diede sfoggio di estrema efficienza sfollando in breve tempo e ordinatamente tutti i digi-alias ospiti della piattaforma. Mentre il CDI si attivava per mandare inutili rinforzi postumi, Marine e gli altri fecero un bilancio dei cadaveri e si accorsero con cupa disperazione che i corpi dei digi-alias aggressori erano scomparsi senza lasciare traccia. Persino le tracce di sangue che avevano lasciato sul pavimento del salone erano sparite, confermando una volta di più che il mondo quasi perfetto della DDW era assolutamente irreale e costruito.
“Magnifico” brontolò Marine mentre lady Chesterton gli medicava un graffio sull’occhio destro “Chi glielo spiega adesso al CDI che non siamo riusciti ad identificare nemmeno uno degli aggressori?”
“Rilassati, capo” la ammansì lord Gareth tanquillamente “Il CDI avrà già il suo daffare a spiegare al Consiglio perché eravamo qui soli e senza contatti con la sede nel bel mezzo di un attacco”
“Sei il solito ottimista, Garrie” sospirò Marine, depressa “Su chi credi che ricadrà la colpa di questo casino? Ah, che schifezza. Avanti, riditemelo, per favore: come siamo finiti in questa pentola di letame?”
Il Cardinale assunse l’aria compunta di una maestrina e cominciò ad enumerare sulle dita della mano.
“Allora, stavamo quasi per concludere l’ennesima supervisione al party di una noia mortale dei dirigenti della Corp.quando siamo stati attaccati da un commando di digi-alias armati fino ai denti. Li abbiamo affrontati senza il supporto del CDI in quanto mancavano le comunicazioni e tutto sommato siamo stati piuttosto fortunati a contenere i danni con i mezzi a disposizione”
Marine scosse la testa stancamente.
“Ragazzi, abbiamo l’onore di aver assistito al primo vero attentato terroristico su una DDW”
“Bè, visto che come gruppo rock non eravamo credibili, per lo meno passeremo alla storia come gli eroi del secolo” ribatté il Cardinale massaggiandosi le ginocchia sbucciate.
“Eroi, dici? Abbiamo tre morti e sette feriti di cui due gravi: saremo fortunati a non passare come i macellai del secolo. Meno male che il consiglio di amministrazione della Ars Space Corp. si è messo in salvo”
“E dovevi vedere come spintonavano” ridacchiò lord Gareth sotto i baffi “Il signor Masterton in persona, quello che come modesto digi-alias era nientemeno che il Re, sgomitava come un giocatore di football che porta la palla in meta. Peccato che non ci sia niente di registrato, sarebbe stato uno spasso rivederlo”
Marine era troppo depressa e stanca per provare a sorridere.
“Sarà uno spasso e sarà registrato l’interrogatorio che ci faranno quando torneremo alla base” brontolò cupa “Proveranno in mille modi a farci passare per degli incompetenti e assassini”
“Capo, il tuo indomito ottimismo è da esempio per tutti noi” la canzonò il Cardinale con un sorriso “Piuttosto, visto che non è stato registrato niente dal CDI, pensi che la registrazione che ho fatto con il trasduttore portatile possa essere utile?”
Marine trattenne il fiato mentre un sorriso estasiato le compariva sul volto.
“Vuoi dire che hai una registrazione? Cardinale, sei un mito!”
Lord Gareth si oscurò leggermente, corrucciato.
“Ecco, fai bene in modo di gonfiare il suo già rigurgitanteego con quei complimenti…è insopportabile così, figurati se si convince di aver fatto la cosa giusta al momento giusto…”
Il Cardinale agitò la mano con finta noncuranza.
“ Sei solo invidioso perché a te non capita mai di fare la cosa giusta al momento giusto. A dir la verità, non ti capita nemmeno nel momento sbagliato. E comunque se mi offendi ancora il prossimo digi-alias che creerò per te sarà sfornito di corde vocali…Capo, tu continua pure, sono certo che non hai finito di elogiare le mie qualità”
Marine afferrò il trasduttore del Cardinale come se fosse il Santo Graal.
“Cardinale, con questo hai salvato le chiappe a tutti noi” ammise e di nuovo il Cardinale sventolò la mano con eleganza.
“Sia chiaro che dovrai fare nome e cognome di chi ha compiuto il nobile gesto: la medaglia la lascio a te, io preferisco un paio di mesi di permesso su una piattaforma di puro divertimento. Allietata dalla vostra assenza, naturalmente”
“Grazie tante, dopo tutte le volte che ti abbiamo sostenuto, incoraggiato, aiutato…bella riconoscenza!” protestò il cadetto Marchant. Marine non li ascoltava più: stava pensando ed il suo viso era tornato cupo. Restituì il trasduttore al Cardinale che lo prese meravigliato.
“Fanne prima una copia e mettila in un posto che non dirai nemmeno a noi. Non si sa mai” mormorò lugubre. Il Cardinale intascò il trasduttore annuendo.
“Ottima mossa, capo”
“Tanto sappiamo tutti che l’unico posto dove nessuno può arrivare sono le sue mutande” ribatté lord Gareth scatendando una salva di risatine. Il Cardinale lo guardò altezzoso
“Già. A quanto si dice in giro, si incontrano tutti nelle tue di mutande, Garrie bello”
Lord Gareth ammiccò con un sorrisetto compunto mentre il cadetto Marchant ridacchiava ostentatamente.
“Codice Blu per il capitano Benson” ronzarono le nano comunicazioni.
Marine si alzò in piedi sospirando.
“Tocca  a me. Alla fine del massacro, porterò i miei resti nel Limbo, ci vediamo lì”
I ragazzi lo salutarono mestamente e il Cardinale le diede una sonora pacca sulla spalla.
“Ti aspettiamo tutti nelle mutande di Garrie” ammiccò con un sorriso leonardesco.
*          *          *
Piattaforma Limbo  – Nessuna missione
Benson, Elijah            digi-alias        sé stesso
Cardinale, Jude           digi-alias        sé stesso
Morales, Eric             digi-alias        sé stesso
O’Brian, Garrie          digi-alias        sé stesso
Patterson, Matt            digi-alias        sé stesso
 
Parecchio tempo dopo, quando Elijah si digitalizzò nel Limbo, rimase per un minuto in disparte ad osservare la squadra Tau Centauri a riposo. Amava gli incontri nel Limbo. Vedere i suoi colleghi con il loro reale aspetto fisico ed i loro umanissimi difetti lo rilassava di più che stare nel mondo reale. C’era uno stretto legame tra tutti i componenti della squadra: essere Runners significava dedicare anima e corpo al lavoro, quindi la squadra era diventata l’inizio e la fine del mondo, per ognuno di loro. Oltretutto, l’affiatamento che li univa era davvero potente come un legame di sangue: quando erano stati convocati per essere uniti nella Tau Centauri, ad Elijah era parso di sentire il “clic” dei tasselli che trovano il loro esatto posto. Più che colleghi, più che amici, più che fratelli. Qualsiasi cosa facessero, sia nel lavoro che nei rari momenti di riposo, avevano un codice tutto loro per comunicare, fatto principalmente di insulti e di feroce ironia, ma anche di segreto, incrollabile affetto. In quel momento per esempio Patterson e Morales erano impegnati in una partita a freccette (un giochetto che avevano imparato su una piattaforma DR e che li aveva misteriosamente conquistati); mentre Morales, con il solito aplomb eseguiva lanci impeccabili ed eleganti, Patterson tirava le freccette come se fossero state bombe a mano, mancando platealmente il bersaglio o riempendolo di crateri grossi come pugni.
“Accidenti, Pat, prova a  lanciare con un po’ più di delicatezza” lo sgridò Morales e Patterson aggrottò i formidabili sopracciglioni, leggermente vergognoso.
“Maledizione! Ci rinuncio, hijo, questo è solo un patetico gioco da femminucce! Mi domando perché ti ostini a volerci giocare!”
“Forse perché vince sempre lui e tu sfoggi una cultura in ambito di imprecazioni che ci lascia tutti putrefatti…?” rispose ironicamente Garrie momentaneamente partecipe del discorso fra i due.
 Cardinale leggeva qualcosa al computer, i piedi incrociati sulla scrivania in una posizione di perfetto relax; Garrie si divideva tra l’arbitraggio della partita a freccette e lo sbirciare alle spalle di Cardinale ciò che stava leggendo, mandando ovviamente in bestia entrambe le fazioni con le sue battute a sproposito.
“Putrefatti dici?” domandò Cardinale distraendosi un attimo dalla lettura sullo schermo “Adesso mi spiego quel colorito verdognolo che ti accompagna da stamattina”
“Guarda che Garrie è sempre stato verde. Te ne accorgi solo adesso?” domandò Morales blandamente stupito.
Garrie fece un broncio solenne senza incredibilmente perdere la sua solita espressione allegra.
“Sempre meglio essere verdognolo che bianco come un cadavere come te, o a squame come Pat o con le branchie come Cardinale…”
“Le mie non sono branchie ma cervello, cosa di cui tu sei ampiamente e notoriamente sfornito, Garrie-O” ribatté Cardinale altezzosa “E comunque, se torni a spiare il mio monitor alitandomi sulla spalla come un maledetto avvoltoio te la do io una colorata a quella faccia verdastra”
“Cos’è, una proposta?” chiese malizioso Garrie sfoderando il suo famoso sorriso da cherubino.
“Lascia stare la signora” lo ammonì Patterson “Evidentemente è irritata perché ha-le-sue-cooose!!”
Morales e Garrie ridacchiarono dispettosi mentre l’espressione di Cardinale si oscurava in un moto di irritazione.
“Dio, millenni di evoluzione e ancora vi divertite con queste fesserie maschiliste” mormorò girando le spalle alla compagnia.
“Tu non puoi capire: sei l’unica femmina della squadra, o almeno così c’è scritto sul rapporto del CDI” declamò Patterson come se questo spiegasse tutto “Aspettiamo tutti che Morales faccia quella benedetta operazione e diventi una donna per sfogare le nostre fesserie maschiliste su di lui”.
Morales non se la prese: a dispetto del nome latino, aveva l’aspetto freddo e tranquillo di un nordico, accentuato dai miti occhi azzurri, dai fini capelli biondi tagliati a spazzola e dalle guance rosee.
“Che dici, Pat, sapevo che eri tu ad aver fatto richiesta per il cambio di sesso” ribatté calmo.
Persino Cardinale scoppiò a ridere: Patterson era un armadio d’uomo con i muscoli guizzanti e la faccia mascolina incisa con l’accetta. Elijah si decise ad entrare nel Limbo e i quattro si girarono verso di lui, incuriositi.
“Vediamo, da un rapido inventario direi che ha ancora tutti i pezzi al suo posto” esordì Cardinale con un sorriso di benvenuto. Elijah si buttò su di una delle comode poltroncine della saletta, massaggiandosi le tempie.
“Ti assicuro che invece si sono tenuti un bel po’ di fegato” disse infine, lugubremente.
Garrie gli porse comprensivo una birra ghiacciata dal piccolo ma fornitissimo freezer e si sedette a sua volta. Come di tacito accordo, si disposero in cerchio ed Elijah si sentì stranamente protetto dalla loro vicinanza.
“Non è andata poi così male” esordì, sorseggiando la birra “Per lo meno, non pensano di incriminarci per omicidio plurimo. Non ancora, comunque. Ufficialmente, la situazione è in fase di accertamento: ai video giornali non parleranno di digi-alias assassini. Le persone uccise durante lo scontro facevano parte dello staff della Corp. e ai familiari delle vittime è stata tappata la bocca con un sostanzioso sborso di crediti. Alla fine, sembra che nessuno si interessi particolarmente a loro. Rimane la curiosità dei media perché non era mai successo niente di pericoloso sulle DDW. Le piattaforme rimarranno chiuse per “revisione software” per due giorni. Poi, verranno riaperte anche se solo in parte e con il doppio di sorveglianza”
“A quanto pare, non sono finiti i bei tempi di turni tripli di lavoro” mormorò Morales, scoraggiato.
“La nostra squadra ha avuto l’incarico di studiare le riprese del trasduttore e cercare di cavarci fuori qualcosa di utile prima della riapertura delle DDW” continuò Elijah imperterrito “Ci hai già dato un’occhiata, Cardinale?”
La ragazza annuì, girandosi verso il computer.
“Ho fatto anche di meglio, capo. Ho individuato almeno tre digi-alias in maniera inconfutabile. Ho ingrandito alcune immagini fino a riuscire a scannerizzarne la retina e con un gioiello di programmino brevettato da moi ho censito le retine catalogate in tutte e quattro le stazioni Orion”
Patterson emise un sibilo ammirato.
“Per essere una maledetta femmina te la cavi piuttosto bene con quella scatoletta” disse, e per lui questo era il massimo complimento a cui una donna potesse aspirare.
“Risultato?” continuò Cardinale, ignorandolo “Niente. Un bel zero tondo tondo”
Elijah si ributtò indietro sulla poltroncina, seccato.
“E allora che ce lo dici a fare?” sbuffò “Se mi mangio un altro po’ di fegato non potrò più metabolizzare le vostre baggianate, e questo va solo a discapito vostro. Non infierire, ti prego”
Garrie lo rimproverò col dito alzato.
“Elijah, Elijah, sembra che non conosci la tenacia di questa femmina nel perseguire i suoi scopi. C’è sicuramente dell’altro, a giudicare dalla sua espressione soddisfatta”
“Proprio così” sorrise Cardinale, pestando velocissima sui tasti del computer “Ho pensato che se queste retine non sono censite sulle Orion possono esserci solo due motivi: o sono terrestri o sono morti. Così ho violato l’archivio del CDI per controllare le retine dei defunti sulle Orion…”
Elijah sobbalzò, esterrefatto.
“Diamine, Cardinale, questo è un reato!”
La ragazza si girò verso di lui, sorridendo.
“Tranquillo, capo, non ci stanno registrando. O meglio, stanno registrando una registrazione. L’ho imparato da un film del ventesimo secolo: a quanto pare, i nostri avi erano piuttosto insofferenti alle regole e passavano più tempo a cercare di eludere che a migliorarle”
“Vuoi dire che potrei ammazzare di botte Morales e nessuno verrebbe a saperlo?” chiese Patterson, speranzoso.
Elijah lo liquidò con uno sventolio della mano.
“Prima o poi ti metterai nei guai, diavolo di un’hacker” la rimproverò “Però sei grande”
Le sorrise e, curiosamente, Cardinale arrossì. Elijah fece appena in tempo ad accorgersene, meravigliato, che la ragazza si era di nuovo girata verso il computer.
“Comunque, due dei digi-alias non li ho trovati nemmeno qui, ma il terzo…voilà!”
“Salute!” le disse Patterson  mentre sullo schermo del computer compariva la scheda di una persona con tanto di ologramma della testa e della figura intera. La squadra si radunò attorno al computer, eccitata.
“E’ il tizio che era a capo della rivolta” commentò Elijah soddisfatto “Ottimo. Partiamo proprio bene. Qualcuno sa chi possa essere questo gentiluomo?”
“Ma quello… è Benedict!” esclamò Garrie, sconcertato.
Tutti si girarono verso di lui.
“Lo conosci?” chiese Elijah seccamente, ricordandosi in quel momento che Damon gli aveva parlato di Benedict il giorno stesso. Garrie annuì, ancora sconvolto.
“E’, anzi, era nella squadra di Damon…Viveva anche lui su Orion 4W come me. E’ scomparso qualche tempo fa. Lo conoscevo, sì. Andavamo sempre a prenderci una birra insieme, se i nostri turni coincidevano”
“Che tipo era?” chiese Morales, scartabellando curioso la documentazione olografica del soggetto.
“Un tipo piuttosto simpatico anche se un gran rompiscatole. Idee politiche un po’ estremiste, non so se mi spiego. Ma comunque un pezzo d’uomo, coraggioso, intelligente, capace”
“ Personalmente non parlerei così bene di lui se fosse amico mio e avesse da poco tentato di spararmi nel sedere” ribatté Patterson, scettico “Comunque, com’è che questo gioiello d’uomo ha cominciato a sparazzare in giro? Ti ha visto nudo sotto la doccia, Garrie-O?”
Garrie gli lanciò un’occhiata di traverso.
“Questo Benedict è già ricercato dal CDI” annunciò Elijah “E’ sulla lista dei Runners scomparsi. Garrie, non ricordi qualcosa che possa esserci utile sui suoi ultimi movimenti?”
Garrie sollevò uno sguardo preoccupato su Elijah
“Non so se faccio bene a dirtelo, ma… Benedict mi aveva cercato”
“Cosa vuoi dire?” lo incalzò Elijah cercando di ignorare la sensazione di “guai in arrivo” che gli formicolava sulla schiena.
“Ieri sera… o è stato un secolo fa? Con questi turni massacranti non ci capisco più niente. Qualcuno ha lasciato un biglietto attaccato alla porta del mio alloggio. Ancora un po’ e svenivo dalla sorpresa, non vedevo un biglietto dai videolibri di storia. Comunque, era di Benny: chiedeva se potevamo incontrarci d’urgenza, senza avvisare nessuno di questa richiesta. Lì per lì non ci ho fatto caso, Benny tende ad essere un po’ drammatico…ho pensato a qualche multa del CDI per aver parlato troppo. Stavo andando all’appuntamento quando hai chiamato tu e mi hai ordinato di fiondarmi al lavoro immediatamente. Ho lasciato un messaggio a Benny con le nanocomunicazioni sia fisse che mobili, l’ho persino cercato nel Limbo, poi… mi sono scordato. Immagino che questo significhi grossi guai per me, vero capo?”
Elijah ci pensò su, seriamente: si fidava di Garrie e il fatto che conoscesse uno dei ribelli poteva essere un vantaggio per cercare di capire qualcosa di quella spinosa situazione.
“Ho idea che il CDI ne sia già informato” disse lentamente “Avranno sicuramente controllato le videochiamate di Benedict e avranno scoperto che dovevi incontrarti con lui. Ah, cavolo. Gli ordini di Scott erano chiari: noi non dovevamo indagare in nessun modo su questa storia. Ci stiamo fiondando in un campo minato senza scarpe antibomba”
“Bè, non è che stiamo proprio indagando” protestò debolmente Cardinale “Diciamo che certe verità ci sono un po’ cadute sulla testa da sole…”
“Già, come la tua infiltrazione non autorizzata sull’archivio del CDI, dico bene?” motteggiò Garrie, ironico.
Elijah meditava, pensoso.
“Forse è molto meglio per noi se le informazioni di Cardinale le teniamo segrete. Ufficialmente noi non sappiamo chi diavolo fossero i digi-alias ribelli, quindi ufficialmente, non dobbiamo rendere conto al CDI di quello che ci siamo detti qui. Noi non sappiamo assolutamente che Benedict ti aveva cercato, claro?”
Patterson batté una mano sulla spalla di Garrie.
“Questo non ti toglie dalla puzza, amigo : il CDI ti starà col fiato sul collo pronto a beccarti chinato a raccogliere la saponetta…tu sai cosa succede dopo, eh?”
Il bel viso di Garrie si contorse in una smorfia di disgusto.
“Ho capito: starò attento a quello che dico. E cercherò di lavarmi il meno possibile”
“Ricapitoliamo” disse seccamente Elijah alzandosi in piedi “Per il CDI, siamo in missione per scoprire da dove sono saltati fuori i digi-alias ribelli. Ok, siamo Runners, eseguiremo gli ordini. Ma questa storia mi puzza e il CDI nasconde un po’ troppe cosette per i miei gusti. Proseguiremo anche con una indagine personale. Tu Garrie, cerca di scoprire se qualcuno su Orion 4W sa qualcosa della scomparsa di Benedict, senza dare nell’occhio, mi raccomando”
Garrie annuì sollevato. Elijah indicò lo schermo del computer.
“Cardinale, guarda di tirarmi fuori tutte le informazioni possibili su Benedict e su tutti i Runners scomparsi”
“E io e Patterson che facciamo?” si lamentò Morales imbronciato “A freccette vinco sempre io e l’unico altro argomento di conversazione di Pat è quanti caricatori riesci a montare sul mitragliatore in dotazione”
Elijah nascose un sorriso divertito
“Fate altrettanto nelle vostre Orion. Ma non fatevi beccare, finché non ne so qualcosa di più di questa storia agiremo in incognito, capito?”
“Pat, hai bisogno di un dizionario per tradurre incognito?” chiese Cardinale canzonatoria.
Patterson la fissò schifato.
“Guarda… ti risparmio solo perché sono sicuro che hai anche tu un paio di tette, nascoste da qualche parte”
*          *          *
Sede Orion 3W
 
C’erano ancora quattro d’ore di libertà prima di iniziare le indagini. Il resto della squadra ne approfittò per farsi un pisolino, ma Elijah era troppo preoccupato per riuscire a dormire. Troppe domante gli frullavano per la testa: in qualche modo, la situazione che si era creata gli dava una strana sensazione di allarme e di pericolo imminente. C’erano alcune cosette che non  quadravano, che non avevano logica. Per esempio, da quanto tempo stavano scomparendo dei Runners? Il consiglio non aveva specificato nessuna data, solo un elenco di nomi. E poi, perché il CDI aveva allertato la sua squadra? Forse perché Garrie conosceva Benedict e quindi l’intera squadra era già coinvolta in qualche maniera? Capiva la necessità del CDI di occultare i problemi delle piattaforme all’opinione pubblica, ma si chiedeva da quanto tempo il CDI e la Corp. si permettessero di manipolare le informazioni a loro piacimento: l’immagine che gli si creava nella mente era quella di un mastro burattinaio che muoveva le fila all’insaputa dei burattini nelle sue mani. La mente di Elijah friggeva mentre il suo corpo rimaneva immobile, disteso sulla branda nel piccolo alloggio che non osava nemmeno chiamare casa. Sapeva di essere sotto sorveglianza: il CDI osserva tutto, osserva sempre. Non gli era mai pesato questo fatto finora, forse perché era la prima volta che si muoveva al di là dei confini della legge. Non si sentiva per niente in colpa poiché la sua coscienza era a posto. In fondo, cercava solo informazioni prima di riferire al CDI l’esito delle sue indagini. O no? O forse era un pezzo che il suo inconscio era insofferente alle rigide regole del CDI e aveva voglia di ribellarsi? No, meglio non pensarle nemmeno certe cose. Elijah pensò alla sua squadra: tutti, persino Morales che era il più ligio alle regole in realtà svolgevano il loro mestiere ai margini della legalità. Patterson aveva addirittura scontato tre periodi di detenzione sulla sua Orion, e se non fosse stato così maledettamente bravo a maneggiare le armi probabilmente l’avrebbero lasciato dentro e buttato via le chiavi. Cardinale era un’hacker di primo livello e se non si era ancora fatta beccare era solo per pura fortuna. Perché scegliere una squadra sospetta per una missione così delicata? Elijah si appisolò senza nemmeno accorgersene, sprofondando in un sonno agitato dove scappava da qualcosa di oscuro a cui non sapeva dare nome.
*          *          *
Sede Orion 2W
 
Cardinale rientrò a casa, sempre che si volesse chiamare così il microscopico buco che il CDI assegnava ai Runner come alloggio durante le rare ore di riposo dal lavoro. Per prima cosa si ficcò sotto la doccia, lasciando che l’acqua calda le cadesse con forza sul viso e sulle spalle, sospirando beata nonostante l’insistente vocetta dell’interfono la avvisasse che aveva ampiamente superato la dose giornaliera di acqua disponibile per l’igiene corporale e che la salata multa per lo spreco di ogni litro in più le sarebbe stata addebitata sul suo conto. Quando si decise a chiudere la doccia, lo stanzino che fungeva da bagno era diventato una ovattata nuvola di vapore. Assorta nei suoi pensieri, Cardinale quasi si sorprese quando si trovò con se stessa davanti allo specchio, ma rimase comunque a studiarsi con spietata e curiosa intensità. Un vago senso di colpa la avvolse quando si rese conto di conoscere pochissimo la sua faccia e di non identificarsi in quel viso minuto circondato dai folti capelli scuri. Aveva cambiato tanti di quei digi-alias ultimamente, la maggior parte dei quali maschili, che faticava a tornare a contatto con la realtà. Realtà? Per ogni Runner era dura considerare reale quella squallida e grigia esistenza, passando quasi tutto il tempo sulle dorate e vivaci DDW. Al di fuori del suo lavoro, Cardinale, come tutti gli altri, non trovava un senso per esistere. Era nata in Fabbrica, lei, come tanti abitanti delle Orion: non aveva mai avuto una famiglia, il suo nome e il suo destino erano stati decisi dai dirigenti della Fabbrica o da chi per loro. Difficile dire chi o cosa avesse sostituito la famiglia durante la sua brevissima infanzia, e comunque non aveva più nessuna importanza. Sapeva che sarebbe diventata un Runner prima ancora di smettere i pannolini e tutta la sua vita era stata finalizzata a quello scopo. L’Accademia dei Runners era stata l’unica cosa che avesse mai potuto chiamare casa. Vita sociale: zero. Guardandosi indietro, Cardinale si rese conto che non aveva mai avuto un amico o un compagno prima di entrare a far pare della Tau Centauri. Al pensiero della sua squadra, sorrise riottosa. Le era arrivata la proposta di entrare nella Tau Centauri quando uno dei componenti si era licenziato: le avevano detto che la Tau era una squadra difficile, con un capitano troppo duro e severo, un logistico guerrafondaio e rissoso, un tattico Casanova e senza cervello. Poi li aveva conosciuti e a dire il vero doveva ammettere che quelle voci avevano maledettamente ragione e, contemporaneamente, maledettamente torto. Adesso, Patterson, Elijah, Morales e Garrie erano davvero indissolubilmente suoi amici. Con loro era riuscita a recuperare il lato umano che le era sempre mancato; aveva scoperto grazie a loro di essere una donna attraente, e la cosa non mancava di sorprenderla ancora e di lusingarla, benché si sarebbe tagliata la lingua piuttosto che ammetterlo. E c’era quel modo che avevano tutti di guardarla…Patterson con quello sguardo omicida incastonato nel faccione più spaventoso che si fosse mai visto, sempre pronto a prenderla in giro per il fatto di essere femmina in una squadra di maschi e sempre attento ad insegnarle tutto quello che sapeva in fatto di armi, come se parlasse a se stesso. Morales con il suo sguardo azzurro slavato, sereno e inamovibile, che condivideva con lei la passione per il computer e il mondo sconfinato della tecnologia. Garrie con lo sguardo celeste e con quella faccia d’angelo malizioso che era meglio non guardare troppo a lungo per non rischiare di innamorarsene; con lui giocava alla sottile arte della seduzione verbale trovandola  intrigante e piacevole ben oltre a quanto fosse disposta ad ammettere. Ed Elijah…Elijah, così incrollabilmente retto e onesto, coraggioso, ironico…Elijah che non parlava mai a sproposito, la cui faccia seria era illuminata da rari sorrisi... Elijah, il suo capo. Come trascinata da una forza esterna, la sua mente ritornò al ballo di lady Marine e del Cardinale, alla sensazione piacevole di stringere Marine/Elijah tra le braccia. Le nano comunicazioni si attivarono di colpo facendola sobbalzare e ricordandole che entro tre ore doveva presentarsi alla sede del CDI per iniziare il turno di lavoro. Cardinale si scostò bruscamente dallo specchio, arrossendo di imbarazzo e di rabbia: ci mancava solo che perdesse tempo a rimuginare come una deficiente davanti allo specchio, con tutto quello che c’era da fare. Come sempre quando era imbarazzata, si toccò la targhetta di Runner appesa al collo, quella che le ricordava in qualsiasi momento chi era e cosa doveva fare ed immediatamente si calmò. Si infilò bruscamente la tuta di ordinanza dei Runners, infagottandosi ben bene nel tessuto sintetico.
“Devo piantarla con queste stupidaggini da adolescente ormonalmente disturbata” brontolò a se stessa come avrebbe fatto con Garrie o Patterson “Sono un Runner, mica la principessa sul pisello!”
Rinfrancata dalle sue stesse parole, riportò la mente sui binari del lavoro, pensando agli ultimi avvenimenti e a ciò che era emerso durante la riunione segreta nel Limbo. Tuttavia, quando fu ora di dirigersi alla centrale, la cerniera ben chiusa sul collo si era magicamente aperta mostrando persino un accenno di femminilissima scollatura.
 

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Capitolo 6
*** Capitolo 4 : Primo contatto ***


 Piattaforma Dream Rewind 0048 Roma Imperiale – missione ricognizione DRF124/5
Benson, Elijah            digi-alias        Valerio Licinio           senatore romano
Cardinale, Jude           digi-alias        Giulio Claudiano        legionario
Morales, Eric             digi-alias        Marco Lepidio            legionario
O’Brian, Garrie          digi-alias        Lianorah                     schiava cartaginese
Patterson, Matt            digi-alias        Akunda Mawbondi     schiavo nubiano
 
“Ridimmelo, capo: perché siamo qui?” ansimò Lianorah strattonandosi il velo che continuava a scivolarle dalla testa. Valerio alzò gli occhi al cielo, irritato: il caldo su quella piattaforma DR era insopportabile e Lianorah non faceva che lamentarsi da quando erano arrivati. Le maestose vie di Roma erano pressoché deserte: qua e là si aggiravano solo gli addetti ai lavori che, anche se erano rigorosamente abbigliati secondo lo stile dell’epoca, in mancanza di ospiti paganti si lasciavano andare comportandosi come nella realtà. Era strano vedere quella piattaforma vuota: di solito era stipata di digi-alias in cerca di emozioni forti. Alcuni svogliati centurioni erano di pattuglia intorno alle costruzioni nella zona dei fori imperiali, moderatamente annoiati e parecchio distratti.
“Innanzi tutto, Lianorah, piantala di frignare come una bimba dell’asilo ”mugugnò impaziente Valerio “Comunque ti rispiego perché siamo qui: le squadre di Runners devono controllare le piattaforme già disinfettate. Noi siamo una squadra di Runners. Questa è una piattaforma disinfettata. Dobbiamo controllare questa piattaforma. Il concetto è chiaro o vuoi che ti faccia un disegno?”
“Non prendertela, capo: Garrie è arrabbiata perché su questa piattaforma le sono spuntate le tette” ridacchiò Akunda che invece nel suo digi-alias di possente nubiano ci stava come un pesce nell’acqua. Lianorah lo incenerì con uno sguardo mentre gli altri ridacchiavano palesemente.
“Non ho niente contro le mie tette” rispose Lianorah, altezzosa “Se non, forse, che per i miei gusti sono un tantino troppo piccole. E’ che quando c’è un digi-alias femminile lo affibbbiate sempre a me, quando abbiamo una femmina in carne ed ossa che potrebbe reggere la parte meglio di me”
“Bè, a parte che oggi sei davvero carina, Garrie-O, il fatto è che nessuno fa bene la donna come te” rispose Marco, disinvolto “In quanto a Cardinale, ho il sospetto che abbia più testosterone lei in corpo di tutti noi messi insieme. Mi piacerebbe verificare che non nasconda qualcosa di sospetto in mezzo a quel mucchietto d’ossa che si ritrova nella realtà”
“Incenerisciti, Marco-Deficiente-Lepidio” sibilò Giulio, offeso “La prossima volta vedi cosa ci nascondo dentro il tuo digi-alias”
“Piantatela di litigare come bertucce: siamo in missione, ve lo devo ricordare?” sospirò Valerio, rassegnato.
“Sì, ridiccelo, capo: perché siamo qui?” ribadì Lianorah lamentosa e Valerio provò il vivace impulso di strangolarla su due piedi.
“Se fossi libero di dirti quello che vorrei dirti, a quest’ora ti avrebbero già preso fuoco le orecchie” sibilò spazientito, trattenendosi.
“Hoibò, capo, ti piaccio così tanto o è un po’ che non usi i tuoi arnesi da falegname?” ridacchiò Lianorah, velenosa.
 Quello che non potevano dirsi in realtà era il perché Valerio avesse scelto quella piattaforma da controllare: secondo le ricerche di Cardinale, quella era stata l’ultima piattaforma su cui aveva lavorato Benedict prima di scomparire. Valerio sperava di trovare qualche indizio sulla sua scomparsa, nonostante la piattaforma fosse stata riprogrammata completamente ad opera dei Disinfestatori. Naturalmente, brancolare alla cieca sotto gli occhi del CDI cercando indizi su qualcosa che nemmeno dovevano annusare da lontano, lo rendeva estremamente nervoso e più volte era stato tentato di mollare tutto e chiedere un trasferimento di piattaforma. Qualcosa però lo spingeva avanti, forse anche solo curiosità o istinto, e Valerio aveva deciso di ascoltarsi ancora per un po’.  Mentre percorrevano la via dei fori imperiali, Giulio continuava a lavorare alacremente sul computer da polso e ogni tanto alzava uno sguardo scoraggiato sul suo capo, scuotendo la testa in silenzio. Stava cercando informazioni usando canali illegali, ma la cosa sembrava non agitarlo tanto quanto il fatto di non trovare niente di utile. Valerio cominciava a perdere la speranza di scoprire qualcosa quando Giulio lo afferrò per un braccio piantandogli sotto il naso il computer da polso: sul piccolo monitor lampeggiavano le parole “Ultimo contatto di B : custode dei leoni, Colosseo”. Valerio si diede una rapida occhiata intorno: il Colosseo svettava davanti a loro, imponente ed elegante nella sua recente restaurazione. Con un cenno del capo mise all’erta tutti gli altri che d’incanto smisero di annoiarsi e si tesero guardinghi.
“Ragazzi, siamo qui per fare un lavoro di ricognizione, non per fare salotto” esordì Valerio, duro “Adesso pattuglieremo il perimetro avanti e indietro e non voglio sentire volare una mosca, chiaro? Avanti, sparpagliamoci”
I compagni si mossero con perfetto sincronismo. La frase di Valerio era la parola d’ordine : contemporaneamente i cinque attivarono un programma pirata sul loro computer da polso e rimasero per qualche secondo a guardarsi, incerti. Il programma di Cardinale doveva mandare al CDI l’immagine dei loro digi-alias intenti ad allontanarsi in cinque direzioni diverse mentre la loro presenza reale si riduceva ad un piccolo noise non intercettato dai rilevatori di virus. Siccome era la prima volta che provavano ad uscire dal seminato della legalità nel bel mezzo di una DDW censita e con un programma pirata mai testato prima d’allora, rimasero in attesa di vedere se il cielo sarebbe caduto sopra le loro teste. Quando si accorsero che il cielo rimaneva serenamente azzurro e che l’inganno ai danni del CDI sembrava funzionare, si scambiarono uno sguardo vittorioso e perplesso insieme.
“Ho idea che stavolta stiamo camminando davvero sul filo del rasoio” borbottò Akunda sottovoce come se qualcuno potesse sentirlo. Marco Lepidio scosse la testa, avvilito.
“Sante parole. A parte il fatto che mi sembra impossibile che i programmi di Cardinale, pardon, di Giulio, siano perfettamente funzionanti, mi chiedo cosa ci accadrebbe se ci beccassero”
Giulio gli passò un braccio sulle spalle, sorridente.
“I miei programmi sono a prova di CDI, bello. Per il comando noi faremo avanti e indietro sullo stesso tragitto finché non disattiveremo il loop. L’importante è che non parli con nessuno a parte noi, perché il CDI non saprebbe spiegarsi come un digi-alias interagisca con qualcosa che non c’è. E sarebbero cavoli amari”
“Sarebbe a dire?” chiese allarmata Lianorah.
“Hem… tecnicamente adesso siamo un noise, giusto? I normali rilevatori di virus non ci intercettano, ma se il CDI lanciasse un Disinfestatore, tenterebbe di eliminarci”
“Eliminarci? Vuoi dire…ucciderci? Oh, che bello, oh che bello” brontolò acida Lianorah.
“Se gentilmente la piantaste di discutere, potremmo anche avviarci” disse Valerio velenoso mentre a passo spedito si dirigeva verso il Colosseo.
Cercando di non dare nell’occhio (cosa piuttosto improbabile vista la presenza di un gigante nero di due metri) i cinque si infilarono nel Colosseo da un ingresso laterale. L’ambientazione era perfettamente costruita, compresi gli odori di pietra e di umido e il colore vivido della terra.
“Giulio, dammi la posizione del soggetto da interrogare” mormorò Valerio all’ombra di una colonna.
“Dì un po’, capo, come pensi di interrogarlo se non possiamo parlare?” chiese Marco dubbioso mentre Giulio si dava da fare attorno al computer.
Valerio non rispose, anche perché non lo sapeva nemmeno lui. Era tutto talmente improvvisato e rischioso che preferiva non pensarci.
“Di qua” disse Giulio all’improvviso, avviandosi per uno stretto corridoio.
“Akunda, tu stai qui” ordinò Valerio all’africano dopo una breve riflessione “Se arriva qualcuno avvisaci subito. Ma mi raccomando, non parlare con nessuno”
Senza attendere risposta, i quattro rimasti si avviarono giù per una rampa che portava al labirinto sotterraneo dove venivano custodite le gabbie dei leoni.
“Allora, Giulio, dove si trova questo… oh, cavolo!”
Un rumore di passi in arrivo gelò i quattro sul posto. Marco e Lianorah furono i primi a reagire e si tuffarono ai lati della rampa, nascondendosi dietro un fitto colonnato. Valerio e Giulio non fecero in tempo a nascondersi prima che una squadra di centurioni comparisse alla fine della rampa. Si bloccarono sulla rampa girando loro le spalle con più naturalezza possibile, scambiandosi uno sguardo allarmato.
“Ce la filiamo, capo?” domandò Giulio a fior di labbra, teso.
“Se ci spostiamo ci noteranno ancora di più” mormorò Valerio girando le spalle ai soldati che salivano verso di loro chiacchierando “Fai finta di parlare di questioni serie, forse ci ignorano”
“Questioni serie? Che ne dici della proposta di Pat di indire nel Limbo un torneo di rutti?”
Dopo un attimo di smarrimento per le surreali parole di Giulio, Valerio strinse le labbra irritato.
“Giulio…ti sembra il momento?” mormorò acido.
“Allora, capo, studierò il tuo look… la toga bianca è ok, fa molto fico, ma quella frangetta… ti dà un po’ l’aria di un pederasta…” disse Giulio con la faccia seria e la voce bassa.
“Mi chiedo se esiste al mondo qualcosa che tu possa prendere sul serio” rispose Valerio a tono.
Dietro il colonnato, intanto Lianorah armeggiava col computer da polso tentando contemporaneamente di mettersi in contatto con i compagni.
“Akunda… Pat…. Abbiamo un problema…” soffiò Lianorah nell’interfono, appiattendosi contro il muro.
I soldati erano ormai a pochi passi da Giulio e Valerio che si guardavano negli occhi, tesi come corde di violino.
“Forse ci ignorano davvero…” mormorò Giulio speranzoso.
Come evocato dalle parole di Giulio, un centurione li notò ed alzò la mano in segno di saluto.
“Non lo fare, non lo fare…” mormorò Marco da dietro la colonna, stringendo i pugni come se potesse fermare la mano del centurione con la forza del pensiero. Lianorah trattenne il respiro, mentre Akunda brontolava nervoso nelle nano comunicazioni.
“Hei, buongiorno a voi ! Siete in ricognizione?” esclamò il centurione con voce tonante.
Fu come se avesse aperto inavvertitamente il vaso di Pandora: Lianorah batté un piede in terra imprecando, Giulio e Valerio incassarono la testa tra le spalle come se dovessero ricevere una botta in testa e Marco si girò di scatto uscendo dal colonnato. I centurioni lo guardarono, sorpresi dall’improvvisa apparizione, anche se ancora non avevano realizzato che qualcosa non andava per il verso giusto. All’improvviso, nel bel mezzo del silenzio teso che era sceso dopo le parole del centurione, tutti i segnalatori di virus dei soldati iniziarono a fischiare, impazziti.
“Che succede?” chiese uno di loro, smarrito.
Prima ancora che potessero rendersi conto dell’accaduto, i quattro della Tau Centauri erano scattati all’unisono per darsela a gambe mentre le nano comunicazioni trasmettevano incessantemente l’allarme lanciato dal CDI.
“Rilevato virus sospetto, dirigersi tutti verso il de-digitalizzatore più vicino. Ripeto, rilevato virus sospetto…”
“Pat, siamo nei guai, corri!” sibilò Valerio correndo giù per la rampa.
All’improvviso, proprio davanti ai quattro fuggiaschi e preceduta da un terrificante ruggito, una enorme figura nera dall’aspetto mostruoso comparve alla fine della rampa.
“Un Disinfestatore!” urlò un centurione istericamente mollando a terra la spada che aveva brandito per inseguire i fuggiaschi.
Il Disinfestatore era un programma che si attivava in automatico se uno o più sensori segnalavano un’anomalia. Prendeva forme diverse a seconda della piattaforma su cui si digitalizzava, ma di solito il suo aspetto “visibile” era imponente e terrificante. Questo, pensò fuggevolmente Valerio, era il più brutto e feroce che avesse mai visto. Lucido acciaio cromato mischiato a movenze feline in una figura grottesca, una specie di lupo mannaro futuristico con astuti occhi rossi.
“Ah, diavolaccio!” mormorò Giulio a fior di labbra, frenando la corsa e facendo dietro front imitato dai compagni, tutti piuttosto scocciati dalla brutta piega che stava prendendo la situazione. 
In un attimo fu il caos: i centurioni iniziarono a fuggire su per la rampa come impazziti, mentre Akunda arrivava di gran carriera dalla direzione opposta con la pistola spianata.
“Ci penso io, capooo!” ululò iniziando a sparare verso il Disinfestatore che, avendoli intercettati, aveva emesso un altro ruggito vittorioso e stava salendo verso di loro con implacabile determinazione. Valerio, Giulio, Lianorah e Marco si erano riparati dietro alle colonne ed anche loro avevano estratto le pistole e fatto fuoco. I raggi laser colpirono il Disinfestatore su tutto il corpo senza nemmeno rallentarne la corsa.
“Abbiamo qualcosa in grado di fermarlo?” domandò Valerio mentre Marco cambiava il caricatore alla pistola, imprecando come uno scaricatore di porto e Lianorah gettava definitivamente a terra il velo che continuava a intralciarle i movimenti sparando subito dopo una raffica contro il Disinfestatore.
“Negativo, capo!” urlò Giulio per superare il ruggito del disinfestatore che faceva tremare sin le colonne di marmo “E se questo ci becca ci riduce il cervello in pappa d’avena tiepida!”
“Filiamo!” ordinò allora Valerio, resosi conto dell’inutilità della manovra. Immediatamente la squadra scattò in avanti mentre Akunda li copriva continuando a sparare a più non posso. Cominciarono a correre superando gli attoniti centurioni che si erano rifugiati dietro le colonne e stavano premendo sul tasto di emergenza del computer da polso per confermare al CDI la presenza di un pericolo.
“Porc…” ansimò Lianorah quando se ne accorse “Capo! Il CDI ci sta identificando!”
“Ti sembra che adesso come adesso sia preoccupato di quello che può pensare il generale Scott? Dobbiamo seminare il pupo qui dietro: alla fine della rampa, dividiamoci!” urlò Valerio girando bruscamente a destra, seguito da Giulio mentre Lianorah, Marco e Akunda giravano a sinistra. Arrivato al bivio il Disinfestatore ebbe un attimo di esitazione e Lianorah e Giulio che correvano girati di spalle per controllare le sue mosse ebbero un moto di esultanza. Poi, l’orrenda figura del Disinfestatore tremolò un attimo, come colpita dal riflesso del sole, e una spaccatura luminosa comparve nel centro del cranio che divise il corpo in due perfette metà. In un secondo, due identici Disinfestatori sostarono un attimo in mezzo al bivio per poi girare uno a destra ed uno a sinistra all’inseguimento delle loro prede.
“Ah, porc…” ripeté Lianorah disgustata, continuando a sparare più per dar sfogo alla frustrazione che altro. Valerio correva tallonato da Giulio: dalle finestrone ad ogiva del Colosseo vedeva la gente che correva verso i de-digitalizzatori mentre la voce atona dell’interfono strombazzava da tutti gli angoli della piattaforma. Alcuni soldati, comunque, si stavano radunando nel piazzale, tutti col naso per aria a vedere cosa stesse succedendo. Gli stridii del Disinfestatore che stava guadagnando terreno sui due fuggiaschi ghiacciava il sangue nelle vene e pompava ancora più forza nelle loro gambe. Dopo una curva brusca a destra, però, un muro si parò davanti a loro che rallentarono bruscamente.
“Vicolo cieco!” urlò Valerio frustrato sbracciandosi per avvertire Giulio, ma ormai erano in trappola: il Disinfestatore rallentò quando si accorse che non potevano più scappare e Giulio e Valerio si strinsero contro il muro, vicini, sparando inutilmente tutto il caricatore sulla figura mostruosa che incombeva. Quando alla fine rimasero senza munizioni, il bestione ruggì vittorioso, come se godesse della sua prossima vittoria.
“Non puoi fare niente con quel tuo aggeggio?” grugnì Valerio indicando col mento il computer da polso di Giulio, sapendo già la risposta: i Disinfestatori non potevano essere disattivati che dal CDI.
“Con questo no, ma ho un’idea” ansimò Giulio, con la faccia stravolta “ Proviamo a fargli il solletico?”
Dopo un secondo di attonito silenzio in cui Valerio valutò attentamente la possibilità che Giulio fosse definitivamente ed irrimediabilmente impazzito, iniziarono entrambi a ridacchiare istericamente.
“Bè, visto che non hai la polverina magica per far starnutire, potremmo anche provare” ansimò Valerio, terrorizzato ma incapace di smettere di ridere. 
“Allora, al mio tre, io a destra e tu a sinistra” propose Giulio fra i singulti.
Il Disinfestatore era a due metri.
“Uno”
Il Disinfestatore alzò un enorme braccio puntuto pronto a schiacciarli come insetti.
“Due”
Con un sibilo gorgogliante, una lama di luce trafisse il disinfestatore bloccando sul posto le sue movenze minacciose. Sotto gli occhi increduli delle due vittime, il Disinfestatore si afflosciò diviso in due metà fumanti e sussultanti; dopo poco l’ammasso informe smise di sussultare e rimase completamente immobile, disattivato. Giulio e Valerio si scambiarono uno sguardo attonito.
“Sei stato tu…?” chiesero quasi contemporaneamente.
Una figura umana scavalcò i resti del Disinfestatore e si avvicinò a loro: in mano aveva una specie di sciabola di vetro con il manico agganciato al computer da polso. Valerio lo riconobbe immediatamente con un tuffo al cuore: Benedict, il Runner scomparso.
Il silenzio che calò fra di loro sembrò durare un’eternità: poi, Valerio si accorse di trattenere il respiro e si decise ad esalarlo, incerto. Benedict aveva il suo aspetto reale e non sembrava né spaventato né intenzionato ad attaccare: guardava Valerio, blandamente incuriosito.
“Il capitano Elijah Benson, se non mi sbaglio” disse improvvisamente con una voce amichevole avvicinandosi.
Elijah lo guardò dritto negli occhi, per nulla intimorito.
“Benedict” disse in tono fermo e deciso.
 “ Stai andando bene” continuò Benedict, per nulla sorpreso di essere stato riconosciuto “Mi aspettavo che riuscissi a parlare un po’ con il custode del Colosseo, prima di incontrarti, comunque…”
“Sei un ricercato dal CDI, amico: non dovresti essere qui nella tana del leone. Che sta succedendo?” lo interruppe Valerio, sorpreso che la sua voce suonasse così decisa. Benedict fece un cenno noncurante con la mano.
“Tutto a suo tempo, Runners. Per adesso, metti in moto i tuoi segugi e poniti le domande: quanti, quando e dove. Allora arriverai al perché e ci rincontreremo”
“Adesso sì che è tutto chiaro!” sospirò Giulio attirando lo sguardo di Benedict che sorrise.
“Tu devi essere Cardinale. La tua fama ti precede nel mondo dei Runners, ho sentito grandi cose di te: non vedo davvero l’ora di conoscerti” mormorò suadente.
Giulio fece una strana faccia.
“Spero non in senso biblico” buttò lì per risposta.
A Valerio sembrava di assistere ad una scena surreale, ma non fece in tempo ad elaborare il pensiero che Benedict aveva digitato qualcosa sul suo computer da polso e la sua immagine era tremolata un attimo, prima di diventare una perfetta copia di Valerio. Il cambiamento fu così naturale e perfetto che i due Runners rimasero letteralmente a bocca aperta mentre Benedict sorrideva delle loro facce stupefatte.
“Ingegnoso programmino, eh?” li canzonò, ironico “Essere dei fuorilegge ha indubbiamente i suoi vantaggi”
“Cosa…?” iniziò Valerio, ma Benedict lo interruppe alzando il braccio, perentorio.
“Niente domande…per adesso. E non preoccupatevi, ne uscirete puliti agli occhi del CDI. Ricordatevi solo di quello che ho detto”
Senza attendere risposta, Benedict si girò e corse via, scavalcando di nuovo il Disinfestatore e scomparendo lungo i corridoi del Colosseo. Valerio e Giulio si scambiarono uno sguardo smarrito. Ancora non avevano metabolizzato la rapida successione degli eventi e cominciavano a malapena a rendersi conto di essere ancora vivi per grazia ricevuta. Il tramestio di passi e le sirene assordanti entrarono lentamente nel loro campo di percezione, chiari segnali di un imminente, mastodontico problema in arrivo: il CDI.
“Come ha fatto…?” iniziò Valerio dopo un breve silenzio attonito, poi tacque, sconcertato. Giulio scrollò le spalle.
“…Benedict a diventare te? Deve averti clonato il digi-alias. Non so assolutamente come, ma ha ragione, comunque, davvero un ingegnoso programmino. Anche se personalmente avrei evitato la frangetta da pederasta” ribatté acido prima che l’interfono iniziasse a pigolare imperiosamente per l’ennesimo codice blu.
 

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Capitolo 7
*** Capitolo 5 : Quanti, quando e dove ***


Limbo – Sala interrogatori CDI
 
“Due attacchi, dico, due attacchi in due giorni ed entrambe le volte voi eravate presenti” tuonò il generale Scott con lo sguardo accusatore puntato sulla squadra mestamente allineata davanti alla sua scrivania di plexiglas “Volete dire che questa è solo una coincidenza?”
Nessuno rispose: erano ormai due ore che il generale li stava interrogando senza cavare un ragno dal buco e cominciava a perdere la pazienza. Quei cinque rimanevano compatti e avevano mantenuto la loro versione dell’accaduto senza mai vacillare: era stato compiuto un attacco da parte dei Runners ribelli che avevano preso le sembianze dei loro digi-alias, attacco conclusosi con l’arrivo dei Disinfestatori abilmente attivati dai centurioni in pattuglia sulla piattaforma DR. Non avevano idea del perché i disertori avessero attaccato la piattaforma, né come avessero fatto a “rubare” i loro digi-alias (e questa era l’unica cosa vera che la Tau Centauri propinò alla Commissione di Inquisizione). Durante il duro interrogatorio di Scott, la squadra era miracolosamente riuscita a tenere fuori il nome di Benedict, ma il generale aveva intuito che nascondevano qualcosa e non si fidava di loro. Li squadrò uno per uno cercando un appiglio per incrinare quella loro granitica e snervante compattezza, ma i cinque sembravano incorruttibili come statue di marmo. Scott fissò lo sguardo sul primo: Elijah. Si intuiva che era il capo alla prima occhiata: alto, fiero, dava un’idea di indomita forza e saggezza stemperata dal viso liscio e pulito e dall’aria di poter sorridere in qualsiasi momento. Non c’era verso di cavargli una parola nemmeno con le tenaglie, pensò scoraggiato Scott girando lo sguardo sul secondo soggetto. Garrie: un bel ragazzo dai morbidi capelli biondi, con l’espressione scanzonata di chi non prende niente sul serio. Era l’unico della squadra a risiedere su Orion 4W, ma invece che esserne preoccupato sembrava riderne sotto i baffi. Una vera spina nel fianco, insomma. Morales: il vichingo mago delle comunicazioni, che aveva rifiutato una promozione pur di stare in squadra con Elijah. Patterson: un armadio d’uomo con il cranio rasato e lo sguardo omicida, avanzo di galera ma genio delle armi. Ed infine Cardinale, una ragazzetta dai lunghi capelli castani e una frangetta sempre troppo lunga, le lentiggini e gli occhioni scuri da cerbiatto: chi lo avrebbe detto che aveva le potenzialità per mettere in scacco l’intero sistema computerizzato di DDW? Il generale pensò che più che con una squadra, aveva a che fare con una bomba ad orologeria pronta a scoppiare in qualsiasi momento. Sospirando, si girò verso Cardinale puntando un dito accusatore verso di lei, giocando l’ultima carta che aveva in mano per farli parlare.
“Abbiamo perquisito il vostro Limbo” disse con voce tagliente “E abbiamo tentato di forzare il computer di Cardinale, ma si è automaticamente ripulito l’intero disco rigido. Conteneva di certo programmi illegali: voglio sapere quali, immediatamente”
“Non volevo dirlo, ma ho l’hobby di scrivere i dialoghi per gli olo-fumetti pornografici” ribatté Cardinale prontamente con un sorriso da schiaffi da far infuriare persino il Dalai Lama.
Un leggero colpo di tosse nascose la risatina di Patterson mentre Morales e Garrie si mordevano l’interno delle guance, guardando di tutto fuorché il generale. Questi divenne rosso come un gambero dalla rabbia.
“Vuol dire che un Runner di alto livello utilizza l’attrezzatura lavorativa per scrivere spazzatura illegale?” starnazzò arrabbiato. La scioltezza con cui la ragazza aveva mentito, in maniera così plateale e allo stesso tempo impossibile da verificare lo aveva mandato letteralmente in bestia. Cardinale alle sue parole inarcò le sopracciglia, contrita.
“Non è illegale, generale. E non sapevo che lei fosse un olo-lettore, altrimenti avrei cercato di alzare il livello culturale dei .. hem… dialoghi”
Il generale rimase un attimo muto ad assorbire la sua rabbia. Inutile: benchè sapesse con assoluta certezza che quei cinque nascondevano qualcosa, gli era impossibile dimostrarlo. Furente, voltò le spalle alla squadra.
“Potrei incriminarvi per almeno un centinaio di motivi, non ultimo per oltraggio verso un superiore, tenente Cardinale” disse infine cercando di controllare la voce “Ma il consiglio ha deciso di rilasciarvi, Iddio sa perché. Quindi, portate i vostri deretani fuori di qui. Domani riprenderete le vostre funzioni di Runners e sperate di non dover ripassare per il mio ufficio: non ne uscireste vivi”
La squadra uscì in un silenzio contrito. Quando furono nel corridoio Patterson mollò una manata micidiale alla schiena di Cardinale.
“Scrivere dialoghi per gli olo-fumetti porno… ragazza, credevo che ti avrebbe uccisa su due piedi” ridacchiò mentre Cardinale si massaggiava la spalla indolenzita.
“E chi ti dice che non sia vero?” ribatté Morales serio.
Scoppiarono a ridere tutti e cinque, attirandosi gli sguardi curiosi dei passanti.
“Ragazzi, qui ci vuole una birra” declamò Elijah con voce tonante “Questa sera spenderemo 25 dei nostri pochi crediti per festeggiare la liberazione. Piattaforma Dream Now PubDei Puzzoni o Dream Now DiscoPerEsaltati ?”
“Niente Disco, per favore” decise Garrie per tutti “La puzza di sudore in quella piattaforma mi fa rivoltare le budella. E poi ho un appuntamento con Lisa al Pub, stasera”
“Lisa?” si informò Morales con un ghigno satanico “Ma non era Louise l’ultima conquista?”
Garrie rispose con un sorriso allusivo. Elijah annuì. Nel loro personalissimo codice avevano comunicato molto di più che banali goliarderie: tutti avevano capito che quella sera per loro non sarebbe stato un incontro di puro piacere.
*          *          *
Piattaforma DN Anemy Pub – Riposo
 
Quando si digitalizzò all’Anemy Pub,  Elijah fu colpito dal volume altissimo della musica e dalla massa di umanità presente quella sera: evidentemente la chiusura delle piattaforme DDW più costose non aveva preoccupato più di tanto gli abitanti delle Orion. Il Pub, come tutte le piattaforme DN dove i digi-alias non erano rielaborati con corpi diversi, non aveva subito la chiusura obbligata e lavorava a pieno regime. L’Anemy Pub era una piattaforma DN dallo spazio limitato alle sole mura del locale ed accoglieva una variopinta miscela di generi e stili diversi. Era indubbiamente il punto di ritrovo preferito della Tau Centauri…soprattutto per l’alto rumore che disturbava qualsiasi intercettazione da parte del CDI. Sgomitando non poco per farsi strada, Elijah si diresse verso il tavolo dove era solita riunirsi la squadra. Patterson e Morales erano già arrivati da un pezzo, a giudicare dalla quantità di bottiglie di birra presenti sul tavolo. Quando Elijah si sedette, Patterson gli porse una bottiglia piena, ridacchiando oscenamente.
“Guarda là, il pivellino al lavoro” urlò per superare i decibel impressionanti della musica indicando Garrie seduto al bancone con una bionda inguaiata in una tuta di PlatinumTex che segnava anche i nei sulla pelle “Dite che manderei a monte i suoi piani se andassi là ad annunciare che l’ultima volta ha dimenticato nel mio letto il suo perizoma a fiorellini?”
“Probabilmente no” ammise Elijah con un sospiro invidioso “Quello sbarbatello riuscirebbe a rimorchiare anche vestito da hamburger gigante”
“Io  invece nemmeno col mio migliore digi-alias potrei avvicinarmi ad una donna così” si lamentò Morales di cattivo umore “Vorrei sapere che diavolo ha lui che io non ho”
“Forse lui si lava” ribatté la voce di Cardinale dietro di lui.
Si era pettinata e per una volta tanto indossava qualcosa di diverso dalla tuta di ordinanza ed Elijah si costrinse a girare di nuovo lo sguardo su Garrie, allarmato da quanto stava cominciando a pensare assolutamente a sproposito. La ragazza sembrava leggermente nervosa: Patterson porse una bottiglia di birra anche a lei, ruttando sonoramente in segno di approvazione.
“L’avevo detto io” ululò quando si fu seduta.
“Detto cosa?”
“Che ce le avevi le tette. E non sono nemmeno male” le concesse magnanimo indicando la sua maglietta e facendola ammutolire di colpo.
“Sì, Cardinale” rincarò la dose Morales, entusiasta “Effettivamente sei stata crudele a nasconderci tanta preziosa abbondanza per tutti questi anni…quando ti vede Garrie…”
“Ma quanto siete deficienti” ringhiò Cardinale che aveva un’espressione truce sul viso e le orecchie viola d’imbarazzo “E’ solo una maledetta maglietta, non una guepière”
“Ma di solito le tue magliette hanno le dimensioni di uno spinnaker” spiegò Morales ridente “Questa invece è quasi scandalosa, per i tuoi standard.”
“Cardinale e la maglietta da meretrice di Babilonia” ridacchiò Patterson sottovoce “Su chi vuoi far colpo?”
“Continua con questo tono e vedi dove te lo do, il colpo” strepitò Cardinale, imbarazzatissima mentre cercava furiosamente di non guardare i compagni negli occhi. Patterson si sbracciò per attirare l’attenzione di Garrie che finalmente si allontanò dalla ragazza al banco e si avvicinò a loro. Rallentò l’andatura quando vide Cardinale e la sua scandalosa maglietta aderente e per un attimo la ragazza fu tentata di darsela a gambe e/o infilarsi un sacco di iuta in testa pur di evitare quell’imbarazzante e caldissimo sguardo azzurro.
“Uau” mormorò Garrie sedendosi di fianco a Morales, senza toglierle gli occhi di dosso: non aggiunse altro, ma il suo silenzio eloquente convinse Cardinale a tuffarsi dentro la bottiglia di birra davanti a lei.
“Gran bel pezzo di figliola che ti sei procurato, stasera” ululò Patterson all’indirizzo di Garrie dandogli una poderosa manata sulla schiena mentre si accomodava.
“Chi, quella al banco? Guarda che era lei a volersi procurare me” si difese Garrie, candidamente “Comunque, ho idea che mi lascerò procurare, per stasera…”
“Quando hai finito con lei, mi presti il tuo digi-alias per farci un giro?” chiese Patterson attirandosi lo sguardo disgustato di Cardinale.
“Certo, Pat, che amico sarei sennò?” rispose Garrie e questa volta Cardinale borbottò qualcosa che somigliava a “porco maschio sciovinista”. Garrie ammiccò nella sua direzione, avvicinando la testa alla sua con aria da cospiratore.
“Non fare così, Cardinale…se proprio vuoi ti faccio fare un giro anche a te”
Cardinale riuscì a contenere l’impulso di strozzarlo e gli lanciò uno sguardo di sufficienza.
“Il fatto di stare gomito a gomito con quattro cerebrolesi tutto il santo giorno non ha trasformato i miei cromosomi da X a Y, o, per lo meno, non ancora”
“Ottima notizia” approvò Garrie con un sorriso scintillante “Stasera in effetti la tua maglietta fa intuire attributi decisamente femminili. Vuol dire che potremmo avere ancora delle speranze, noi due”
“Scordatelo” rispose lei immediatamente, piccata “Preferirei farmela con un gorilla di montagna piuttosto che uscire una sola sera con te”
“Preferiresti Pat a Garrie?” ghignò Morales sorseggiando la sua birra “Non ci credo…esteticamente il biondino qui non è da buttar via”
Garrie scoprì tutti i denti in un sorriso bamboleggiante, sbattendo angelico le lunghe ciglia: effettivamente, era bello da far schifo, ammise fuggevolmente Cardinale quasi controvoglia.
“E’ vero, è belloccio” concesse, altezzosa “Ma ha la massa cerebrale di un mosquito nano. Non avremmo nessun argomento di conversazione in comune”
“Mica dovremmo conversare” ammise candidamente Garrie sorseggiando sornione la sua bibita e ammutolendo definitivamente Cardinale. Cogliendo l’attimo di silenzio, Elijah estrasse casualmente dal taschino un pacchetto di sigarette e ne porse una ad ognuno di loro.
“Qualcuno vuole ammazzarsi un po’ con la nicotina?” chiese disinvolto.
Tutti accettarono, rilassati e Cardinale accese la sua con un accendino piuttosto grosso che piazzò infine in mezzo al tavolo, sorridendo. Il congegno emise un leggero ronzio e una lucetta intermittente prese a lampeggiare sulla sua cima.
“Schermo anti CDI ripristinato” annunciò Cardinale, soddisfatta “Sembra davvero incredibile che al CDI non si accorgano che questa roba illegale fiorisce come gramigna in tutte le DDW…Grazie del gingillo, Morales, non sapevo che anche tu ti applicassi nel campo della creazione di noise digitali”
“Dovere, milady” sorrise Morales, lusingato.
“Allora, ci volete dire che diavolo è successo?” ruggì Patterson, la cui pazienza era notoriamente delle dimensioni di un chicco di riso.
Elijah raccontò per filo e per segno dell’incontro con Benedict sulla piattaforma Roma Imperiale, sollevando esclamazioni di sorpresa e perplessità.
“Che diamine vuol dire quanti, quando e dove?” brontolò Patterson ingrugnito “Quanti cosa? Potrebbero essere anche peperoni, per quanto ne sappiamo”
Garrie lo guardò con aria di sufficienza.
“Di certo non è “quanti neuroni ci sono nel cervello di Pat” visto che la risposta sarebbe al singolare”
“Eh?” mugugnò Patterson confuso.
Garrie sollevò le mani in segno di resa.
“E’ ovvio che il quanti sta per “quanti Runners scomparsi”, no?” Esordì Morales esasperato.
“Riesci a tirar fuori questa informazione, Cardinale?” chiese Elijah e la ragazza annuì, sventolando la mano per allontanare il fumo delle sigarette.
“Non sarà facile, però: il generale mi sta col fiato sul collo e non è per i miei begli occhi. Credo che non abbia apprezzato il mio pezzo sugli olo-fumetti porno”
“Non mi spiego perché Benedict non ti abbia fatto fuori” continuò Patterson perplesso “Siamo nemici, no? Io ti avrei sparato in mezzo agli occhi e chi s’è visto s’è visto”
“Evidentemente, sa che stiamo indagando su di lui” rispose Elijah, soprappensiero “Anzi, vuole che continuiamo ad indagare. Forse pensa che così facendo ci mettiamo da soli contro il CDI, risparmiandogli la fatica di farci fuori”
“E rinunciare all’occasione di farsi giustizia da soli? Andiamo, fosse così non sarebbe un Runner” concluse Morales, logico.
“Benny è un Runner, anzi, un signor Runner, fin nel midollo: se avesse considerato Elijah e Cardinale dei nemici, a quest’ora saremmo riuniti davanti alle loro crio-bare” disse Garrie oscurandosi “Sto ancora pensando a come sarebbe stato tutto più facile se fossi riuscito ad andare all’appuntamento con lui, il giorno che è sparito. Magari ci evitavamo tutto questo casino…”
Elijah annuì.
“Aspettiamo l’esito delle indagini di Cardinale: domattina troveremo  un modo per parlarci ancora”
“Vuoi dire che dovrò passare la notte in bianco sul computer?” si lamentò Cardinale e Garrie la pungolò con un dito.
“Bé, siamo tutti pronti a passare la notte in bianco con te, se solo ce lo chiedi”
“Ma non sul computer” concluse Morales “E non tutti insieme: Elijah e Garrie anche anche, ma Pat…non è proprio il mio tipo”
*          *          *
Sede Orion 3W
 
Era notte fonda ed Elijah stava dormendo profondamene quando fu svegliato da un ronzio sommesso. Ancora intontito accese il video telefono, sfregandosi la faccia ispida di barba per svegliarsi.
“ …onto?” disse in uno sbadiglio.
La faccia di Cardinale sul videotelefono sembrava particolarmente stanca e inespressiva.
“Capo, ho brutte notizie” esordì lugubremente.
“Me lo ero immaginato” sospirò Elijah “Siamo schermati ?”
“ Ovviamente” si stizzì Cardinale “Per il CDI adesso stiamo piacevolmente discutendo dell’andamento del mercato ortofrutticolo”
“Ottima scelta” approvò Elijah con un sorriso “L’ideale per far capire a Scott che lo stiamo prendendo per il naso. Avanti, spara le tue notizie e fai in modo che siano buone”
“Hai idea di quante piattaforme ci siano attive in questo periodo?” chiese la ragazza a bruciapelo, spiazzandolo.
“Che razza di domanda…”
“Avanti, capo, non abbiamo tutta la notte per conversare. Rispondimi”
Elijah si rassegnò a seguire il ragionamento contorto della ragazza.
“No, Cardinale, non si quante piattaforme attive ci sono, ma certamente mi illuminerai tu”
“Sono 180. Non sempre sono tutte attive, comunque hanno bisogno di sorveglianza 24 ore su 24. E sai quanti Runners servono per supervisionare tutto?”
“Lo sai che i quiz non sono il mio forte”
“Almeno 2500”
“Se mi dici un altro numero a caso mi addormento” brontolò Elijah.
“I Runners scomparsi sono 600 nell’ultimo anno” disse Cardinale con voce atona “Questo ti può svegliare?”
Elijah si sentì di colpo vigile e all’erta.
“E’ un numero piuttosto significativo” disse cauto.
“Già. Il fatto che il 90% di loro fosse di Orion 4W è abbastanza sospetto, ma sono spariti anche Runners dalle altre Orion. I soggetti si sono “persi” durante la permanenza del digi-alias su una DDW. Tutti quanti sono spariti così. Purtroppo, come sai, dopo dieci giorni di permanenza non autorizzata sulle DDW i corpi vengono presi in consegna dalla polizia della Corp. e tutte le informazioni sui Runners scomparsi vengono rese top secret e tolte dal CDI. Il loro archivio è veramente inviolabile, persino per me. Ma sarei curiosa di sapere che fine hanno fatto… Per i digi-alias passi, le DDW sono talmente tante che trovare una persona e come trovare un ago in un pagliaio, ma i corpi reali non possono essersi volatilizzati. Dove finiscono questi corpi? Sbattuti nello spazio e chi s’è visto s’è visto?”
“Garrie” disse Elijah all’improvviso “Chiama Garrie e digli di tirare fuori qualcosa di nuovo per domattina”
“Non sarà contento di essere svegliato nel cuore della notte: di solito non è solo” lo informò Cardinale, oscurandosi.
“Nemmeno io sono stato contento anche se sono solo” rispose acido Elijah, punto sul vivo.
Il viso di Cardinale sul videotelefono divenne rosso di rabbia.
“Oh, scusa! Mi ero quasi scordata che il mio capo è un essere umano e non un maledetto schiavista cyborg senza cuore convinto di avere a disposizione le vite dei suoi collaboratori 24 ore su 24. Ti dirò una cosa che ti lascerà tramortito dalla sorpresa, capitano Benson: non sarò Garrie, ma forse anch’io qualcosa di importante da fare nel mio tempo libero”
“Cardinale…” Elijah non fece in tempo a parlare che la comunicazione si chiuse bruscamente.
Fece per tornare a letto, ma il cuore gli si agitava nervosamente nel petto, ancora bruciante per le parole di Cardinale. Aveva ragione, aveva maledettamente ragione: dare per scontata la presenza della sua squadra ad ogni ora del giorno non era di sicuro un comportamento responsabile. Vedeva tutti loro talmente vicini e partecipi da convincersi che fossero, come lui, totalmente assorbiti dal ruolo di Runners. Per un attimo gli sfrecciò in mente l’immagine di Cardinale che rideva abbracciata ad uno sconosciuto e, per qualche assurdo motivo, il pensiero gli diede fastidio. Molto, molto fastidio. Si ributtò giù dal letto, deciso, e compose il numero di Cardinale sul videotelefono. Lei ci mise un secolo a rispondere.
“Che c’è?” chiese brusca: si era lavata la faccia ed aveva un baffo di dentifricio sulla guancia, cosa che stranamente fece sbollire la rabbia di Elijah.
“Volevo scusarmi” disse lui, conscio di non essere schermato e che quindi quello che diceva era intercettato dal CDI “Io…a volte mi dimentico che, oltre ad essere l’elemento migliore della squadra, sei anche una ragazza con una vita propria. Questi turni massacranti mi hanno fatto perdere i contatti con la ragione…Sono proprio uno stupido idiota”
“Concordo perfettamente” rispose Cardinale, ma c’era il sorriso nella sua voce ed Elijah sospirò sollevato.
“Bene, allora… ci vediamo domattina, ok?”
“Sempre se non ti becchi un accidenti” rispose Cardinale con leggerezza “Lo sai che a dormire seminudi alla tua età si rischia una sciatalgia?”
Elijah si guardò il petto nudo e sorrise.
“Accidenti, ed io che pensavo non te ne fossi accorta”
“Me ne sono accorta, invece” rispose lei con una strana voce sottile “A domani, capo”
“A domani, Jude”
Elijah interruppe la comunicazione e si infilò di nuovo sotto le coperte: Jude. Non la chiamava quasi mai per nome…pronunciarlo gli dava una strana, assurda sensazione di intimità. Jude. Si rigirò il nome tra le labbra, assaporandolo e provando stranamente un piacevole senso di calore.

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Capitolo 8
*** Capitolo 6: Lavori forzati ***


Piattaforma Dream Rewind 1328 Feudo di Chateauneuf – missione collaudo attrezzature FRG675G/5
Benson, Elijah            digi-alias        Leon Chateauneuf       Cavaliere
Cardinale, Jude           digi-alias        Cedric LeBoeuf          Cavaliere
Morales, Eric             digi-alias        Edouard Cedex           Cavaliere
O’Brian, Garrie          digi-alias        Jaques Perreires         Cavaliere
Patterson, Matt            digi-alias        Jean de la Roque        Cavaliere
 
Leon e Jean grondavano di sudore dentro le pesanti armature di ferro. Erano ormai talmente stanchi che faticavano a tenere in mano le enormi spade con cui stavano duellando sotto il cielo plumbeo che minacciava pioggia.
“Ancora due minuti e mi si liquefanno i testicoli” ansimò Jean nell’interfono “Non potremmo dichiarare idonee le armature e chi s’è visto s’è visto?”
Leon aspettò di riprendere fiato prima di rispondere.
“Siamo già sotto accusa: non complichiamoci la vita e finiamo quello che siamo venuti a fare”
Dalla stretta feritoia del grosso elmo argentato vide Cedric e Jaques che, nel recinto a fianco al loro, si scambiavano gli ultimi deboli colpi di spada prima di crollarsi addosso l’un l’altro in un gran clangore di ferraglia.
“Non ce la faranno mai a tirarsi su da soli” sentenziò speranzoso Jean appoggiando tutto il considerevole peso alla spada che sprofondò nel terreno molle. Anche Jean cadde lungo disteso con un –Umf!- di sollievo. Edouard arrivò in quel momento in sella ad un possente cavallo bardato da un pesante copricapo piumato.
“Capo, ho finito coi cavalli” disse con voce frizzante scivolando agilmente a terra e attirandosi l’odio del resto della squadra “Che devo fare adesso?”
Leon si tolse il pesante elmo e l’aria fredda gli gelò la barba madida di sudore.
“Prova a tirare su quei tre ammassi di letame, se ci riesci. Hai dato una occhiata al terreno dove vogliono fare il torneo?”
 Edouard annuì mentre cercava senza riuscirci di sollevare un braccio di Jean steso a terra e intenzionato a  starci.
“Il terreno è buono, l’erba realistica, ho perfino intravisto qualche digi-insetto intento a fornicare. Ti dirò che li ho invidiati” concluse pensieroso.
“Prova a menare botte con una spada di duecento chili per tre ore per poi vedere un tuo collega che ha passato quelle ore a spiare la fornicazione degli insetti; dopo mi dici che cos’è l’invidia” brontolò Jean dalla sua posizione faccia a terra.
Il lavoro di collaudo sulla piattaforma medievale aveva tutta l’aria di essere una punizione fisica e per quanto fosse immeritata i ragazzi la svolgevano con una ammirevole dedizione. Leon però friggeva dalla voglia di comunicare con loro al riparo da orecchie indiscrete, cosa infattibile in quanto il CDI non li aveva dotati di computer da polso poiché “irrilevante per il buon esito della missione”. Non sapeva quindi se Garrie era riuscito a scoprire qualcosa di nuovo. Cercò di sondare con lo sguardo Jaques per l’ennesima volta e per l’ennesima volta il giovane cavaliere annuì, gonfiando le guance in segno di insofferenza subito dopo.
“Toglietevi le armature!” ordinò Leon ad un certo punto, stufo e frustrato dall’attesa.
I tre cavalieri non se lo fecero ripetere due volte e, aiutati da uno sghignazzante Edouard, riposero le armature nell’armeria del castello, ben oliate e lucidate dopo il collaudo. Dopo di che, si aggirarono per il castello controllando le stanze : dovevano verificare la consistenza dei muri e delle pareti, la veridicità degli oggetti, la presenza di rumori o odori estranei all’epoca. A parte un orologio da polso dimenticato da chissà chi, non trovarono niente di strano. Il castello era enorme, freddo, ma per lo meno c’era un gran via vai di gente: stavano riarredando le stanze e provando gli strumenti musicali, per cui tutt’intorno c’era una cacofonia di suoni e chiacchiericci confortante. La squadra si mise di buona lena a provare la funzionalità degli archi e delle frecce per ancora un'ora ed alla fine erano tutti stremati dalla fatica .
“Capo, il castello è più che a posto, le armi sono collaudate, tutto è stato controllato al meglio: ci siamo cosparsi abbastanza il capo di cenere o dobbiamo tirare fuori il cilicio chiodato e usarlo finché il CDI non ci concederà la grazia del suo perdono?” esordì Cedric ad un certo punto piantandosi davanti a Leon con le mani sui fianchi.
Leon sospirò: in effetti, avevano già lavorato anche troppo, una pausa era più che meritata.
“Aspettavo che si digitalizzasse un barile di birra inglese non fermentata” disse con aria di sufficienza “Ma se vi accontentate di quella sciacquatura francese…”
Lasciarono l’armeria mentre il cielo di un bell’azzurro terso si trasformava improvvisamente in plumbeo.
“Prova temporale prevista fra 1 minuto“ gracchiò l’interfono e Jaques cominciò a brontolare, avvolgendosi nel lungo mantello di lana.
“E’ tutto il maledetto giorno che provano con i temporali: secondo me lo fanno apposta per farci prendere un’infreddatura”
“Povero, piccolo Jaquino” lo canzonò Jean velenoso “Tutti che cospirano contro di lui…Ah, io non vedo l’ora di bermi una bella birra ghiacciata…”
“Squadra Tau Centauri” vibrò l’interfono in quel momento.
“Sì” rispose Leon dopo aver scambiato uno sguardo esasperato con la squadra.
“E’ stata attivata una nuova arma da collaudare nel campo AS1” ordinò la voce incolore dell’interfono.
Leon sentì montare dentro un gran senso di rabbia alimentato dalla stanchezza per la giornata massacrante.
“Comando, sono dieci ore che la mia squadra sputa sangue su questa piattaforma” disse cercando di controllare il tremito della voce.
“E’ stata attivata una nuova arma da collaudare nel campo AS1” ripeté la voce atona e metallica dell’interfono.
Leon chiuse la comunicazione e gettò a terra i pesanti guanti di cuoio in un moto di stizza. Jean batté la mano sulla spalla di Leon, comprensivo.
“Andiamo, capo, magari si tratta di un Panzer tedesco della 2° guerra mondiale: buttiamo giù il castello e chi s’è visto s’è visto”
Leon non rispose e si avviò di malumore per raggiungere il campo in forte discesa dietro al castello. Mentre erano sul ponte levatoio si scatenò un furioso temporale, dove la pioggia gelida sferzava di sbieco penetrando nei grezzi tessuti dei mantelli
“Che splendida giornata, eh?” fece Cedric con un sorriso serafico, completamente zuppo. Arrivati al campo arrancando in mezzo alla melma, videro che l’arma da collaudare era una enorme catapulta completa di grosse pietre da caricare come munizioni. I cinque rimasero a bocca aperta, le braccia impotenti lungo i fianchi
“Cos’è, uno scherzo?” chiese Jaques speranzoso.
Leon alzò il viso verso il cielo, gli occhi luccicanti di ira.
“Maledizione!!” ululò con quanta voce aveva in corpo.
Dopo un attimo di silenzio, Cedric gli si avvicinò, calmo e sorridente come se si trovasse su un assolato campo da golf.
“Capo, questa simulazione è assolutamente inutile. Non stai diventando pazzo, lo sei già da anni e anni e anni. Adesso le tue crisi isteriche non ci fanno né caldo né freddo”
“Magari ha le sue cose” ghignò Jean.
Leon scrollò le spalle, rinfrancato suo malgrado: per quanto le cose andassero male, il senso dell’umorismo della squadra non veniva mai meno, e questo lo consolava.
“Visto che riuscite ad essere ancora così spiritosi, voi vi occuperete delle munizioni” rispose, velenoso.
Insultandosi piacevolmente l’uno l’altro, i cinque si misero al lavoro mentre il cielo diventava sempre più cupo e le raffiche di pioggia sempre più potenti. Riuscirono a caricare una pietra nel cucchiaio della catapulta e a tenderlo faticosamente verso il basso con la ruota mossa da leve, che venne poi bloccata da un perno.
“Caricate!!” ululò Leon quando fu tutto pronto.
Edouard posizionò la spada dietro al perno, pronto a farlo scattare per rilasciare il cucchiaio.
“Puntate!!!”
 Cedric, Jaques e Jean spinsero le enormi ruote in modo tale da direzionare il colpo verso il castello.
 “….e ciao ciao a tutti quanti” digrignò Jean tra i denti.
 “Fuoco!!”
Edouard calò la spada con un colpo secco e la pietra partì sibilando. Sfidò il tempo infame ed arrivò al castello, tranciando di netto una torretta con un gran rumore di massi rotolanti.
“Wow!” esclamò Jean con gli occhi brillanti “Non c’è niente di meglio di un buon, vecchio sasso per divertirsi un po’!”
“Avevo sottovalutato la potenza  di queste armi troglodite!” confermò Jaques sorridendo.
Ma qualcosa andò storto. L’interfono cominciò ad emettere strani suoni intermittenti mentre la sirena dell’allarme generale strillava dentro il castello.
“Attacco alla piattaforma in corso! Ripetiamo, attacco alla piattaforma in corso!” pigolarono le nanocomunicazioni.
La squadra si scambiò uno sguardo smarrito.
“Di nuovo!?!” mormorò Jaques, abbattuto.
Leon non perse tempo.
“Tutti verso i de-digitalizzatori, ragazzi, questa volta non voglio avere niente a che fare con ribelli o Runners scomparsi!”
Iniziarono a correre, arrancando verso il castello mentre il temporale non accennava minimamente a diminuire. Arrivarono all'armeria con il fiatone. Un turbinio caotico di persone correva schiamazzando verso i portali di de-digitalizzazione mentre l’interfono continuava a starnazzare.
“Attacco alla piattaforma!! Nemici in arrivo!! Attacco alla piattaforma!! Nemici dentro al perimetro!”
“Dentro al perimetro?” trasecolò Jaques guardandosi intorno smarrito e guardingo.
“Al diavolo!” grugnì Leon, prendendo una spada dall’armeria subito imitato dai suoi compagni “In posizione di difesa, presto! Se è vero che i nemici sono dentro al perimetro cercheremo di respingerli!!”
“Scott questa volta ci fa lo scalpo” sghignazzò Cedric, irrazionalmente ilare.
I cinque si allinearono davanti all’ingresso, all’erta, le armi spianate.
“Dove sono?” brontolò Edouard scostandosi i lunghi capelli dal viso con uno scatto della testa.
Un gruppo nutrito di soldati con la cotta di maglia e gli elmi luccicanti arrivò di corsa da dentro il castello.
“Eccoli!!” gridò il primo di loro, vedendo la squadra Tau Centauri schierata in posizione di difesa davanti al portone.
I cinque rimasero immobili e interdetti mentre i soldati si avvicinavano di gran carriera, pronti ad attaccarli.
“Che succede?” chiese Cedric, confuso.
Un soldato alzò la spada verso di lui con un gran urlo e Cedric lo parò di riflesso. Da un momento all’altro la squadra fu travolta dai soldati urlanti ed evidentemente intenzionati a farli fuori
“Che diavolo succede??” urlò Jean cercando di parare i colpi che gli venivano inferti , senza danneggiare i digi-alias dei soldati. Leon non rispose, troppo occupato a difendersi e a pensare alacremente.
“Capo!” lo chiamò Cedric che era saltato su un carro e che dalla sua posizione sopraelevata riusciva a difendersi meglio “Dopo un rapido esame della situazione, deduco che i nemici in questo frangente siamo noi!!”
Leon, interdetto, si blocco rischiando di essere affettato da un soldato che fu spintonato via da Jaques all’ultimo momento.
“Ci deve essere un errore…” mormorò, turbato “Comando, c’è un errore! Stanno attaccando la squadra Tau Centauri! Comando!”
Dal comando nessuno rispose: continuava a belare la litania “Attacco alla piattaforma!” senza prenderlo minimamente in considerazione. I cinque della squadra si strinsero in un gruppo compatto, difendendosi come forsennati dall’attacco dei soldati sempre più numerosi.
“Capo, qui rischiamo di far male a qualcuno!” gridò Jean e Leon si guardò intono febbrilmente per cercare una via di fuga.
“Tutti alla porta di sinistra, al mio tre!” urlò per superare il clangore della lotta “Pronti? Tre!”
In perfetta sincronia la squadra scattò verso una porticina sgangherata che dava su uno stanzino cieco che fungeva da ripostiglio per i finimenti dei cavalli. Riuscirono miracolosamente a chiudere la porta e ci si ammassarono tutti e cinque contro, trattenendo a malapena la furia dei soldati.
“CDI, rispondete!” gridò Leon nell’interfono “C’è stato un errore! Ci stanno attaccando senza motivo! Qui squadra Tau Centauri, rispondete!”
“La squadra Tau Centauri si è ammutinata ed ha attaccato la piattaforma DR” disse la voce metallica dell’interfono gelandogli il sangue nelle vene “Squadre di soccorso inviate sulla piattaforma per debellare squadra ribelle”
“Che accidente stanno dicendo?” ansimò Jean, stravolto. Leon scambiò uno sguardo pieno di panico con i suoi compagni.
“Stanno venendo a farci la pelle, genio” sibilò alla fine Jaques.
“Ma…ma…si stanno sbagliando!” balbettò Edouard, sconvolto.
“Allora vai tu fuori a dirglielo?” lo invitò Jaques, abbattuto. Edouard chiuse la bocca assimilando bruscamente il concetto di “essere nel letame fino al collo”.
“Considerando che non abbiamo più di tre secondi per indire una riunione sull’accaduto, che pensi di fare, capo?” chiese infine Cedric con urgenza.
Leon li fissò uno per uno: Jaques aveva una vistosa ferita sulla tempia, Cedric aveva il vestito lacero e intriso di sangue lungo tutto il braccio, lui stesso era pieno di ammaccature che ancora non sentiva per l’adrenalina in corpo: erano tutti allo stremo e se non avesse pensato ad una soluzione alla svelta rischiavano di essere massacrati.
“Che ne dici di una delle creazioni del guerrafondaio?” propose Edouard ansimando mentre una spada nemica faceva breccia nel legno marcio della porta.
“Tanto, più nei guai di così…”
“Io voto per un sì!” approvò Cedric.
“Anch’io!” ribadì Jaques.
Leon non aveva tempo di pensare: la situazione si stava facendo sempre più surreale e caotica e sapeva che ben presto ci sarebbe scappato qualche morto. E non voleva uccidere quelli che, nonostante tutto, considerava suoi colleghi.
“Staccatevi l’interfono, ormai può essere più dannoso che utile” propose stancamente e tutti obbedirono, grugnendo di dolore quando il chip inserito sottopelle dentro all’orecchio venne strappato via provocando una piccola ferita sanguinante.
“Ok, adesso che siamo fuorilegge a tutti gli effetti, vada per uno dei tuoi gioielli, Pat, ma niente bombe nucleari! Non vogliamo ammazzare nessuno!” disse Leon stremato.
Jean quasi si fece accoltellare rimanendo immobile dalla sorpresa
“Davvero mi autorizzi a usare una delle mie creazioni…?” chiese elettrizzato come un bambino che sta per scartare un regalo di Natale: le sue “creazioni artistiche” erano assolutamente illegali, ma pregava sempre Leon di poterle usare, ricevendo invariabilmente una risposta negativa, anche perché di solito si trattava di armi letali.
“Se non è il momento questo, capo, non lo sarà mai più!” insistette Jaques, spalla a spalla con i compagni.
“Allora che aspetti, vai!!” urlò di nuovo Leon e Jean non se lo fece ripetere due volte: da sotto l’ampio mantello estrasse una specie di cubo di plastica con un piccolo display digitale.
“Ragazzi, da quando attivo questo gioiello abbiamo trenta secondi per darcela a gambe” informò Jean prima di pigiare deciso il tasto di accensione.
“Diamine, potevi almeno  aspettare che decidessimo da che parte andare!” sbraitò Jaques.
All’unisono, si staccarono dalla porta che vomitò all’interno della stanzetta una decina di soldati. I cinque li scavalcarono e cominciarono a correre a più non posso verso l’uscita, tallonati dalla marea di soldati che si accalcava verso di loro. Si incunearono in uno stretto corridoio e, correndo fino a farsi strizzare il respiro fuori dai polmoni, uscirono sl ponte levatoio. La pioggia batteva ancora furiosa avvolgendo tutto in un manto grigio e indistinto. Cedric, da ultimo, tagliò in corsa la cima che reggeva il contrappeso del ponte levatoio che iniziò immediatamente a richiudersi. Leon, Jaques e Jean saltarono senza difficoltà. Edouard attese Cedric sull’orlo del ponte che si alzava sempre più velocemente.
“Muoviti, femmina!” ruggì prendendolo per un braccio.
In quel momento un potente boato scrollò l’intero castello seguito da un’alta colonna di fumo che filtrò immediatamente dalle fessure del ponte levatoio.
“Spaccatimpani fumoso attivato, capo!” grugnì Jean disteso supino in mezzo al fango a guardare con occhi brillanti la sua opera.
Edouard e Cedric saltarono insieme a ponte quasi chiuso mancando la riva per due metri buoni e finendo nel fossato con un gran spruzzo di acqua paludosa.
“Tiriamoli fuori!” gridò Leon sporgendosi verso l’argine scivoloso del fossato.
Cedric ed Edouard arrancarono verso la riva sputacchiando e furono prontamente fatti uscire dall’acqua da Jean e Jaques.
“Ah, cavolo, avevo proprio bisogno di un bel bagno” gorgogliò Cedric.
I soldati dentro al castello stavano già calando di nuovo il ponte levatoio e Leon strattonò Edouard per tirarlo in piedi.
“Ragazzi, filiamo in mezzo al bosco!” disse mentre era già in corsa.
Il cielo ormai era quasi completamente buio e nemmeno i riflettori di emergenza attivati dal CDI spezzavano l’oscurità confusa dalla pioggia. Leon arrivò per primo sull’altura fitta di alberi abbastanza lontana dal castello per poterlo vedere avvolto dal fumo della bomba di Jean. Uno ad uno arrivarono anche gli altri, buttandosi per terra ansimanti e doloranti. Appena riuscì a riprendere fiato, Leon si alzò in piedi cautamente.
“Qualsiasi cosa sia successa, siamo ricercati. Non abbiamo un’arma se non i mostri artistici di Jean. Non abbiamo l’interfono quindi non sappiamo cosa sta succedendo. Tra pochi minuti ci intercetteranno e ci faranno a fettine. Qualcuno ha qualche idea meravigliosa da condividere con gli altri?”
“Dimentichi che siamo anche senza computer da polso, quindi non c’è assolutamente niente che possiamo fare” ribatté acido Edouard.
“Parla per te, gringo” lo apostrofò Cedric ancora senza fiato, ed estrasse dal mantello un computer da polso piuttosto scalcagnato.
“Dove l’hai preso?” chiese Jaques piacevolmente meravigliato.
“L’ho rubato ad uno dei soldati durante la lotta” ammise candidamente Cedric legandosi al polso il computer “Perché, vuoi farmi rapporto?”
“Adesso che abbiamo un computer quante sono le possibilità di cavare i piedi da questa situazione? Una su un milione?” chiese Jaques, piccato.
Cedric aveva già cominciato a pigiare sui tasti del computer come un forsennato.
“Abbi fede, fratello” mormorò concentrato.
Una fila di luci accompagnata dai rumori di una folla era in avvicinamento.
“Non vorrei metterti fretta, mastro programmatore, ma stiamo per avere visite, e non è la prozia Marigold” disse piano Jaques, appiattito ed ansimante sull’erba bagnata.
Cedric lo incenerì con lo sguardo.
“Hai fatto bene a dirmelo, contavo di prendere un thè prima di finire questo cavolo di lavoretto”
“Fai andare di più le dita e di meno la lingua, è un ordine” ribatté Leon, sempre più preoccupato.
Cedric pigiò l’ultimo tasto con un sospiro sollevato.
“Ok, per il momento può andare” sospirò “Con questo dovremmo riuscire a passare ad un’altra piattaforma senza che il CDI riesca a sapere dove. Prendetevi tutti per mano, chiudete gli occhi e, se qualcuno segue una qualsiasi fede religiosa, preghi”
Leon afferrò la mano di Cedric mentre Jaques prendeva la sua e quella di Edouard. Per ultimo Jean, piuttosto riluttante.
“Pat, non è una maledetta dichiarazione d’amore” esclamò Edouard esasperato.
“Se lo fosse, avresti già il collo spezzato” brontolò Jean.
“Dove si va ?” chiese Leon a Cedric, che sorrise candidamente
“Non ne ho la più pallida idea, capo. Pronti?”
Non attese risposta: pigiò un tasto del computer da polso e, in uno sfrigolio elettronico, i cinque digi-alias sparirono nella notte umida e cupa.
*          *          *         
Nessuna luce illuminava l’ampia e buia stanza dalle cui enormi vetrate si vedeva una impressionante distesa di stelle ricamate nel nero dello spazio.
“ Rapporto” sibilò ad un tratto la voce neutra dell’interfono ed una figura seduta dietro ad una imponente scrivania si girò verso il video che si era silenziosamente attivato.
“Allora?” chiese con voce secca verso il nervoso impiegato della polizia della Corp. che era comparso sullo schermo.
“La squadra Tau Centauri ha superato il primo livello” disse questi parlando velocemente e a scatti “Come previsto, hanno lasciato la piattaforma DR senza uccidere nessuno. Le comunicazioni tra la squadra e il CDI si sono interrotte senza sospetti da nessuna delle due parti, come programmato”
“Qualcuno di loro è ferito?” domandò la voce, indifferente.
“Non lo sappiamo. La loro destinazione è ignota anche a noi. Sono stati…piuttosto abili a sfuggirci. Dobbiamo intercettare la loro posizione, adesso?”
“Non ancora” disse la voce dell’uomo dietro la scrivania: si sentiva la soddisfazione trapelare da quelle poche parole “Diamogli un po’ di tempo per organizzarsi. Tenetemi informato”
Chiuse la comunicazione senza aspettare risposta. L’uomo pensò fuggevolmente che aveva rischiato molto a mettere in gioco un’intera squadra, ma lui si fidava del suo istinto e questi gli diceva che la squadra Tau Centauri gli avrebbe dato molte soddisfazioni. L’uomo sorrise nel buio, in silenzio. Il sorriso di uno squalo che sente nell’oceano l’odore della preda.

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Capitolo 9
*** Capitolo 7 : Ricercati ***


Piattaforma Unknow – Incognito
 
Elijah atterrò sul morbido, esattamente sulla schiena di Cardinale: subito dopo fu investito, assieme alla compagna, dai cento chili e passa di Patterson e per qualche secondo vide intere costellazioni imprimersi sulle palpebre. Quando riprese contatto con la realtà, mise a fuoco Morales che si lamentava debolmente, disteso prono sul terreno duro e asciutto.
“Capo” disse la voce soffocata di Cardinale sotto di lui “Capisco il tuo bisogno di contatto fisico, ma quando è troppo è troppo”
“Elijah è della vecchia scuola: per noi far colpo su una ragazza vuol dire sbatterla come un tappeto” la informò Patterson già in piedi, esibendo un gran sorriso da schiaffi. Elijah rotolò da una parte e Cardinale prese due rumorose boccate d’aria facendo ghignare i compagni.
“Ti hanno ferita?” chiese Elijah porgendole una mano per aiutarla ad alzarsi.
“I soldati solo un graffio: tu invece mi hai fatto uscire un’ernia lombare” ribatté acida lei spazzolandosi la tuta di PlatinumTex tutta stracciata.
Garrie si era alzato in piedi e si guardava intorno, perplesso: erano finiti in una radura brulla, circondata da collinette spoglie. Il cielo era grigio e l’aria immota: evidentemente il programma per simulare le condizioni meteo era in stand-by su quella piattaforma.
“Dov’è che siamo finiti?” chiese Garrie, dubbioso.
“Te l’ho già detto, non lo so” sospirò rabbuiata Cardinale “Il programma ha cercato la prima piattaforma libera da digi-alias. Adesso sta al nostro logistico dirci dove siamo e al nostro capo dirci come uscire da questa spinosa situazione. Io il mio compito l’ho fatto”
Patterson scattò sull’attenti.
“Logistico a rapporto: non ho idea di che piattaforma sia questa. Propongo un’esplorazione dei dintorni o l’uso del computer da polso”
“Parli di questo computer da polso?” chiese Morales sollevando da terra il computer da polso distrutto dal rovinoso contatto con Elijah “Opterei per l’esplorazione, visto che il nostro capo ha pensato di usare il computer da polso come antiemorroidale” suggerì ironico.
“Prima di buttarci a pesce in un altro casino, farei il punto della situazione” decise Elijah ignorando dignitosamente le battute dei compagni.
I cinque si sedettero in cerchio a gambe incrociate.
“Siamo tutt’orecchi” disse Morales con un sorrisetto “Dov’è il calumet della pace?”
“Primo: siamo ufficialmente fuorilegge” esordì Elijah, serio “Non so perché, ma mi sento in colpa per avervi trascinato in questo casino, quindi se qualcuno ce l’ha con me questo è il momento buono per infierire”
I suoi compagni lo fissarono con un’identica aria di sufficienza sul volto.
“Se ce lo dici tu che gusto c’è?” borbottò Garrie.
“Personalmente, sono contento che la situazione si sia scaldata” declamò Patterson , convinto “Ero stufo del mortorio che c’era prima”
Elijah sorrise e continuò.
“Secondo: ci hanno incastrato. Qualcuno o qualcosa ce l’ha con noi e scommetto tutti i miei crediti che le nostre manovre per indagare sui Runners scomparsi non sono passate inosservate”
“Ma chi ce la può avere con noi?” domandò Garrie, imbronciato.
“Non lo sappiamo, ma un’idea ce la possiamo fare” rispose Elijah, cupo “Io penso che sia stato il CDI stesso ad averci ficcato in questo letamaio perché eravamo un po’ troppo vicini alla verità sulla scomparsa dei Runners”
“Non è molto logico quello che dici” si intromise Cardinale “Il CDI poteva sbatterci in prigione in qualsiasi momento senza mettere su quella messinscena sulla DDW Feudo di Chateauneuf… dev’essere qualcun’altro. Ma chi?”
“Non  lo so. Comunque, adesso che anche noi siamo scomparsi i Runners ribelli mi risultano molto più simpatici. E affini. Direi che è loro che dobbiamo cercare, forse hanno qualche risposta”
“D’accordissimo” esclamò Patterson entusiasta.
“E adesso si spiega anche perché Benedict mi aveva cercato” esclamò Garrie, colto da illuminazione “Voleva metterci in guardia, probabilmente”
Cardinale lo guardò di traverso “Fantastico. Vorrei far presente che tutto quello che adesso ci protegge è anche il nostro peggiore handicap: siamo senza armi, senza interfono e, quel che è peggio, senza computer. Come troviamo i Runners ribelli? Gli mandiamo un piccione viaggiatore?”
“E’ un’idea!” si illuminò Morales “Voglio dire, il piccione: ho una fame…”
“Hei, quello era il punto quarto!” protestò Patterson, il cui stomaco emetteva boati preoccupanti già da ore.
Elijah alzò le mani per chiedere silenzio.
“Abbiamo tutti fame e siamo tutti stanchi” concesse, duro “Ma siamo in pericolo e non possiamo concederci errori. Proposte?”
“Cerchiamo un computer” disse Cardinale e Garrie annuì.
“Scommetto che ci dormi anche insieme al computer”
“Ovvio, se la scelta è tra il computer e te. Un computer ci serve, è fondamentale”
“E armi” interferì Patterson “Magari qualcosina di meno rumoroso del mio spaccatimpani. Quando capiremo in che piattaforma siamo, troveremo anche il deposito standard di armi dove c’è anche qualche computer da polso di riserva”
“Da non trascurare anche il punto quinto, e cioè che noi siamo qui ma i nostri corpi reali sono in mano al CDI che può decidere di staccare la spina in qualsiasi momento. E allora, ciao bello!” disse Morales, depresso.
Elijah fece spallucce.
“Se non l’hanno ancora fatto, avranno i loro motivi che dovremo scoprire al più presto. Per il momento, accontentiamoci di essere qui a raccontarcela”
“E poi?” chiese Garrie.
Tutti attesero che Elijah prendesse una decisione.
“Abbiamo bisogno di aiuto” iniziò questi lentamente, quasi fosse riluttante a far uscire la parole di bocca “Qualcuno che il CDI non abbia sotto osservazione, ma che sia in gamba e che abbia i contatti giusti”
“Hai in mente qualcuno?” chiese Garrie, speranzoso.
Elijah annuì, ma non trovò la forza di guardare Cardinale negli occhi.
“Sì. Io pensavo ad Alicia”
Un silenzio sorpreso cadde sulla squadra, prima che Patterson menasse una pacca micidiale sulla schiena di Elijah.
“Ottima idea, capo! Alicia era una Runner con le palle, ma adesso fa la barista, quindi non è controllata dal CDI”
“Possiede una catena di bar nella piattaforma più costosa di tutte e il troglodita la chiama barista” sbuffò Morales con sufficienza “Comunque, sono d’accordo: Alicia ci conosce, è intelligente, svelta e capace. Direi che è l’unica che può aiutarci”
“Senza contare che è uno schianto di donna” ridacchiò Garrie.
Elijah si rabbuiò e Garrie agitò le mani in segno di scusa.
“Voglio dire…mica sarai ancora geloso, no? Non state più insieme da un secolo!”
“Alicia era il programmatore della Tau Centauri prima che arrivassi tu” spiegò Morales all’indirizzo di Cardinale ostentando uno sguardo eloquente verso Garrie “Ha mollato per…chiamiamolo conflitto di interessi”
“Conflitto di ineressi, eh?” gorgogliò Patterson sorridente “ In realtà si è licenziata quando è saltato fuori che se la faceva col suo capitano”
Gli occhi di tutti si puntarono su Cardinale che se ne stava a occhi bassi e la faccia inespressiva. Sentendosi osservata, la ragazza si alzò in piedi di scatto.
“Una ex-Runner, allora? E’ un’ottima idea” disse precipitosa guardando dappertutto fuorché Elijah “Sono certa che questa Alicia potrà aiutarci. Per lo meno ci darà da mangiare e i piccioni saranno salvi. Andiamo?”
*          *          *
Dopo aver arrancato per un’ora in mezzo alle colline brulle, faticando a respirare quell’aria immota, i cinque arrivarono in vista di un agglomerato di capanne dal tetto di paglia spelacchiato in maniera deprimente. Dopo essersi accertati di essere soli, cominciarono a setacciare le capanne in cerca del deposito.
“Mi piacerebbe sapere chi è che paga fior di crediti per venire in una fogna come questa” brontolò Morales schifato dalla polvere stantia che si accumulava sugli oggetti.
“Deve essere una piattaforma pilota” rispose Garrie “E’ troppo spoglia e priva di attrattive per essere usata in contesto ludico…deve essere una di quelle DDW che usano per addestrare i Runners al combattimento. Altrimenti non si spiega perché sia così evidentemente deserta”
“Trovato!!” urlò vittorioso Patterson da dentro una capanna.
Accorsero tutti e scoprirono dentro al deposito una decina di computer da polso piuttosto obsoleti e qualche arma a raggi laser vecchia e pesante.
“Bè, meglio che niente” sospirò Elijah intascandone una “Cardinale, cosa riesci a fare con questi computer?”
La ragazza sollevò le braccia, demoralizzata.
“Questa roba è dell’era mesozoica. Dovrò innestare in uno la memoria degli altri prima di ottenere qualcosa di utilizzabile”
“Ti aiuto io. Garrie, Morales, andate a vedere se trovate qualcosa da mangiare. Pat, tu occupati delle armi: disattiva il dispositivo di segnalazione al CDI prima di sparare, ok?”
“Per chi mi hai preso?” ribatté Patterson offeso e se ne uscì a testa alta.
“Forza, Garrie” disse Morales uscendo dalla capanna “Andiamo a vedere se c’è qualche piccione in giro”
Elijah e Cardinale rimasero in silenzio a smontare alacremente i computer da polso. Elijah era irritato con sé stesso perché sentiva la fastidiosa sensazione di doversi scusare con Cardinale, ma non sapeva per cosa. Quella ragazza era un vero mistero per lui: granitica come un carro armato tedesco sul lavoro, assolutamente imprevedibile nei loro rari momenti di relax. Non riusciva proprio a considerarla alla stregua degli altri compagni di squadra. Lei aveva quei due maledetti occhioni ombrosi…c’erano certe volte che la guardava e vi leggeva in fondo in fondo qualcosa che gli muoveva le viscere. Non era sicuramente il caso di indagare, certo: lui era il capitano della squadra, lei era una sua sottoposta, figurarsi…le romanticherie erano tassativamente ed assolutamente bandite dal CDI. L’aveva provato sulla propria pelle quando lui e Alicia avevano avuto una relazione che l’aveva costretta ad allontanarsi dalla squadra. I Runners erano tutti abbondantemente addestrati già dall’Accademia a non mischiare vita privata col loro mestiere. Eppure, eppure, eppure…
“Io, hemm…” esordì Elijah, incerto.
Cardinale alzò su di lui due occhi freddi e ostili.
“Sì?”
“Volevo dire… cosa conti di fare per prima cosa?” capitolò infine, rinunciando ad un argomento troppo complesso per il tempo ed il luogo in cui si trovavano.
“Prima di tutto devo creare cinque digi-alias credibili: la piattaforma dove si trova Alicia è il XX secolo, per fortuna che mi sono fatta innestare tutta la biblioteca di quell’epoca. Poi, dovremo trovare un passaggio silenzioso per quella piattaforma, ma se riesco a collegarmi in remoto con il nostro Limbo e prelevarmi dal mio disco rigido alcuni programmi sarà un giochetto da ragazzi”
“Ma il tuo disco rigido non si era auto-resettato quando hanno tentato di violarlo?”
Cardinale finalmente sorrise, canzonatoria.
“Per chi mi hai preso, Patterson docet”
“Ah” Nuova pausa cogitabonda “Uhm…senti, non è che…”
“Sì?” ripeté Cardinale esasperata.
“Non è che ti dà fastidio il fatto che ci rivolgiamo ad Alicia?” buttò lì Elijah tutto d’un fiato.
Cardinale quasi si infilzò un dito col cacciavite in un moto inconsulto.
“E perché dovrebbe darmi fastidio?” disse con voce forzatamente gaia “Io non ho conosciuto Alicia perché l’ho sostituita quando ha lasciato il CDI, ma so che era un elemento valido e tutti avete stima di lei. Sono… contenta di poterla conoscere”
Dalla sua faccia si sarebbe detto che preferiva ingoiare un topo vivo.
“Bè, pensavo che forse…” si impappinò Elijah.
Cardinale gli piantò due risoluti occhi marroni in faccia.
“Tu pensi troppo, capo” lo interruppe velocemente “Non ho nessun motivo di dubitare di Alicia. A me non ha fatto nulla di male: altre cose, come per esempio quello che è successo tra voi due, non mi riguardano. Giusto?”
“Giusto” rispose Elijah arrabbiandosi senza motivo: quella sua finta freddezza lo faceva letteralmente imbestialire. E vergognare senza nessunissimo motivo plausibile, accidenti a lei “Bè, scusa tanto se te l’ho chiesto. Sei l’unica della squadra che non conosce Alicia, mi chiedevo se avessi per caso qualche dubbio su di lei”
“Non ho nessun dubbio su di lei, te l’ho già detto” si alterò Cardinale, già abbondantemente stufa dell’argomento “Mi va, mi strava, siete tutti entusiasti di lei! Visto che è così speciale, te la puoi anche sposare se ti aggrada!”
Strattonò con malagrazia i poveri computer tra le sue mani.
“Io pensavo che miss perfettini, nella fattispecie tu, volesse sapere qualcosa di più di lei” ringhiò Elijah a denti stretti.
“L’unica cosa che voglio è togliermi da questo pasticcio e tornare a casa” proruppe Cardinale arrossendo di rabbia repressa.
Elijah si alzò di scatto dal pavimento dove stavano ammucchiati i computer da polso, inviperito.
“Cercavo solo di essere gentile , ma come al solito sei amichevole come un bazooka carico. Non so nemmeno perché perdo tempo con te!”
Anche Cardinale si alzò, fronteggiandolo con i pugni stretti dall’ira.
“Nessuno te l’ha chiesto di perdere tempo con me! Adesso togliti dai piedi e vatti a preparare per perdere tempo con Alicia!” gli urlò in faccia, poi si girò e riprese ad armeggiare con i computer con tanta foga da sembrare un maniscalco alle prese con un ferro di cavallo. Elijah si avviò a grandi passi verso l’uscita mentre Patterson rientrava fischiettando bello come il sole, le braccia cariche di armi ben oliate e revisionate.
“Sei solo un’isterica ingrata!” urlò Elijah dalla soglia cogliendo Patterson di sorpresa.
“E tu sei uno stupido galletto pieno di testosterone!” ribatté Cardinale, rossa in viso.
“E se voi due vi faceste ‘sta bella scopata e chi s’è visto s’è visto?” propose Patterson tranquillo come un angelo.
Poi uscì di nuovo fischiettando, lasciando i due colleghi a guardarsi sbalorditi, muti come statue di sale.
*          *          *         
Orion 3W – Sede CDI
 
Il generale Scott passeggiava nervoso per la stanza, ignorando il brusio dei colleghi intenti a perlustrare le piattaforme DDW in cerca di un indizio qualsiasi che segnalasse la posizione della scomparsa squadra tau Centauri. Un altro uomo, chiaramente un funzionario della Ars Space Corp., aspettava compostamente seduto che il generale terminasse il suo andirivieni per concludere il colloquio.
“Non potete parlare sul serio” proruppe all’improvviso il generale “Riaprire le piattaforme in questo stato di emergenza è assurdo!”
Il funzionario accavallò le gambe, tranquillo.
“Ed io vi ripeto che il consiglio ha deliberato questa decisione all’unanimità. Poniamo piena fiducia nel corpo dei DDW Runners da voi comandato e siamo certi che riuscirete a dare ai clienti tutta la protezione di cui necessitano”
“Voi non vi rendete conto” spiegò pazientemente il generale “Finché si tratta di cani sciolti, sono facilmente rintracciabili perché non riescono ad avere le conoscenze che ha una squadra. Credetemi, quei cinque insieme sono una mina vagante. Conosco la Tau Centauri: sono tutti ottimi elementi, abituati a combattere, intelligenti…è molto, troppo pericoloso saperli in giro per le DDW. Soprattutto adesso che sono diventati nostri nemici”
“Si direbbe che li ammiriate” disse il funzionario con la voce velatamente ironica.
Il generale si drizzò, altezzoso.
“Certo che li ammiro. Sono stati al mio comando fino a poche ore fa e posso dire senza ombra di dubbio che erano i miei Runners migliori. Scapestrati, insofferenti alle regole, ma brillanti… e leali”
“Eppure hanno disertato” ribatté freddamente il funzionario.
Il generale alzò il mento, risoluto.
“Questo è quello che il consiglio ha decretato. Ci avete sottratto le registrazioni dell’accaduto senza permetterci di analizzarle”
“Dubitate dunque della parola del consiglio?”
Il generale si chiuse in un ostinato silenzio: eppure, effettivamente qualche dubbio lo aveva. Perché conosceva Elijah e gli altri e non poteva credere che, di punto in bianco, senza motivo, si fossero trasformati nel “nemico”. Il funzionario si alzò in piedi, interrompendo le elucubrazioni del generale.
“Ci aspettiamo che continuiate le ricerche anche a piattaforme aperte” disse freddamente “Naturalmente la Tau Centauri deve essere catturata con tutti i suoi componenti vivi. Dobbiamo assolutamente interrogarli per sapere cosa sta succedendo. Vivi, ripeto…almeno uno di loro”
Fece una risatina che disgustò il generale.
“Avete 10 giorni di tempo: se li trovate, bene. Se non li trovate, il consiglio prenderà in consegna i corpi nelle varie Orion per procedere alla disattivazione. Il prelievo dei corpi avverrà senza il minimo ritardo, anche se così ci priveremo della possibilità di interrogare dei sospetti…Ma sono certo che voi saprete catturarli prima di tale scadenza, così da salvare loro la vita e contemporaneamente salvare le Orion da questi assurdi atti di terrorismo. Questo è quello che il consiglio si aspetta da voi. E’ tutto chiaro, generale?”
Scott avrebbe voluto dire tante cose, ma serrò la mascella e inghiottì a vuoto.
“Cristallino” rispose infine a denti stretti.

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Capitolo 10
*** Capitolo 8 : Un dono della provvidenza ***


Piattaforma Unknow – Incognito
 
Naturalmente, Morales e Garrie non trovarono niente da mangiare su quella piattaforma desolatamente vuota. Quando rientrarono nelle capanne con la coda tra le gambe e la bava alla bocca dalla fame, Cardinale li accolse con un sorrisetto serafico e malvagio stampato in faccia.
“Non ti conviene sghignazzare tanto” la ammonì Patterson con una faccia truce e sofferente “Tu sei la prima che ficcheremo in pentola se rischiamo di morire di fame”
“Rido perché ho la soluzione in tasca” ribatté Cardinale altezzosa “Voi che denigrate sempre i miei programmi pirata…Ho scannerizzato la zona e ho trovato un agglomerato sotterraneo a pochi chilometri da qui. Scommetto che è un bunker di riserve alimentari”
“E come fai ad essere certa che non sia qualcos’altro, che so, una discarica di materiale radioattivo o una latrina coperta?” domandò Garrie, irritato da tanta snervante sicurezza.
“Perché, o mio bel giovine, un bunker di riserve alimentari è obbligatorio su qualsiasi piattaforma registrata. Se solo ti fossi sforzato di studiare il regolamento delle DDW, in Accademia, lo sapresti esattamente come lo so io”
Morales appoggiò comprensivo la mano sulla spalla di Garrie.
“Lo so, lo so…anche a me viene voglia di ucciderla. Ma ci serve ancora per un po’…metti che rimaniamo bloccati su questa piattaforma per sempre e ci tocchi ripopolarla…”
“Se il bunker è a chilometri di distanza ci conviene muoverci” si intromise Elijah per evitare l’ovvia e infuocata disquisizione che stava per uscire dalla bocca di Cardinale.
Che, comunque,  non riuscì a trattenersi e mentre arrancavano alla ricerca del bunker macinò la sua personale versione dei fatti.
“Sto ancora pensando alla prospettiva da brivido di rimanere bloccata con voi per sempre su questa DDW…oddio, che incubo.Meglio il suicidio” dichiarò convinta.
“Hei, l’argomento è piuttosto interessante” ridacchiò Morales “Noi cinque soli contro il mondo, obbligati a procurarci il cibo con le nude mani e a litigarci i favori dell’unica donna in circolazione…”
“Piuttosto che cercare di ingraziarmi Cardinale, prendo Garrie come concubina” ringhiò Patterson scatenando il giusto malumore di Garrie.
“Piuttosto che diventare la tua concubina mi lascio toccare da Elijah” buttò lì il giovane con un brivido di raccapriccio.
“Bè, vedo che alla fine vi arrangereste benissimo anche senza di me” sorrise Cardinale “Rimango dell’idea che il suicidio farebbe proprio al mio caso”
“Piantatela con questi discorsi assurdi” sentenziò Elijah, bellamente ignorato.
Arrivarono sul posto indicato dal computer di Cardinale continuando a disquisire fiaccamente sull’argomento. Il duro terreno di terra secca e compatta li scoraggiò non poco.
“Dobbiamo scavare, adesso?” si lamentò Garrie imbronciato “E con che attrezzi? Usiamo la testa di Pat come trivella spaziale?”
“Oh, povera Garrie…” lo canzonò Morales perfido “Ti sciuperai lo smalto sulle unghie…”
“Non c’è alternativa” sospirò Cardinale dando un’occhiata al computer da polso “Mentre voi uomini duri scavate con le unghie o coi denti, a vostra scelta, io vado in perlustrazione qui intorno: il computer mi segnala la presenza di una falda acquifera, vedo se riesco a localizzarla”
Nonostante le vibranti proteste Cardinale si incamminò risoluta e i compagni si misero tutti al lavoro: dopo circa mezzora di scavi e centinaia di improperi fumanti, trovarono finalmente la botola del bunker che, sorprendentemente, non aveva affatto l’aria di essere un deposito di riserve alimentari. Il primo a scendere fu Patterson con una torcia e la pistola spianata per ogni evenienza.
“Vedi del cibo lì sotto?” domandò Morales sporgendosi dall’apertura “Ti prego, dimmi che c’è del cibo, altrimenti mi mangio un orecchio di Garrie dalla fame che ho”
La faccia di Patterson sbucò dall’ombra con un’espressione indecifrabile.
“Ci sono delle scatolette” annunciò per la gioia di tutti gli altri “E un paio di casse dall’aria sospetta…”
“In che senso sospetta?” domandò Elijah già preoccupato.
Patterson senza parlare sollevò in alto una bottiglia dall’aria polverosa ma inequivocabilmente piena di liquido ambrato.
“Non posso crederci…è whisky!” esclamò deliziato Garrie allungandosi come se Patterson gli stesse porgendo il sacro Graal “Come c’è finito su questa piattaforma da pianto?”
“Non porti domande quando la provvidenza ti sorride” lo rimproverò Morales tirando fuori una cassa intera con lo sguardo luminoso di un bambino.
“Ragazzi, forse non è il caso attaccarci alla bottiglia in un momento come questo…” provò a dire Elijah “Potrebbe anche non essere alcool quella roba, potremmo farci seriamente del male…”
“Lo scanner dice che è whisky” sentenziò Patterson stappando entusiasta la bottiglia “E se non è un goccetto quello che ci vuole adesso, dimmi tu cos’è, capo”
“Ma…”
Protestò Elijah che aveva dei seri dubbi ma le parole gli morirono sulla bocca quando Morales gli sbattè il mano una bottiglia lattiginosa mentre ingollava con entusiasmo il liquore da un’altra.
“Hei, capo, questo è un segno” dichiarò Patterson dopo essersi scolato d’un colpo mezza bottiglia “Bevi e stai zitto, una buona volta”
“Oh, bè, in fondo , peggio di così…” capitolò Elijah stappando la bottiglia e unendosi ai compagni.
*          *          *
Orion 3W – Sede CDI
 
Damon Richner guardava l’elenco olografico dei Runners fuggiaschi con un’espressione indecifrabile sul viso. In mezzo a tanti nomi sconosciuti, spiccavano come scritti col sangue quelli di Benedict, Benson, O’Brian, Patterson, Morales e Cardinale. Tutte persone che conosceva bene, tutti Runners assolutamente fidati e validi. Damon nascondeva il suo sgomento con una dura espressione fredda, ma dentro di sé ribolliva. Era impossibile che quei Runners fossero davvero dei ribelli. Doveva essere successo qualcosa…qualcosa di grosso e puzzolente. Qualcosa che, volente o nolente, l’avrebbe coinvolto fino alle scarpe. Con un grosso sospiro, ricacciò indietro la paura che voleva attanagliargli la gola e pensò a quanto gli aveva detto Elijah l’ultima volta che si erano visti. Nessun sospetto, nemmeno vaghissimo. Damon si fidava ciecamente di Elijah. Doveva essergli successo qualcosa di terribile. Ma cosa…?
Damon spense l’olo-visore e girò le spalle ai suoi collaboratori che discutevano del piano del CDI per scovare i ribelli sulle DDW. Cosa era successo ad Elijah? Presto, molto presto l’avrebbe saputo.
*          *          *
Piattaforma Unknow – Incognito
 
Cardinale aveva trovato la fonte d’acqua a più di tre chilometri dal bunker. Dopo aver riempito le borracce, essersi rinfrescata la faccia e dopo un breve riposino seduta a memorizzare le coordinate del posto sul computer, si decise con calma a tornare indietro. Quando arrivò in prossimità del bunker sentì da lontano dei bassi lamenti e, con il cuore in gola, fece l’ultimo tratto di corsa con la pistola spianata chiamando a voce bassa i compagni. Li trovò dietro a una bassa duna di terra arida, praticamente sdraiati uno sull’altro in evidente stato di ebbrezza. Ridacchiavano felici e svaporati canticchiando assurde canzoncine e menandosi pacche sulle spalle l’un l’altro mentre quattro bottiglie vuote che puzzavano di alcool e di stantio li circondavano come sentinelle abbandonate.
Cardinale ci mise un po’ a capire cos’era successo: la sua preoccupazione si trasformò in attonita sorpresa per scivolare velocemente verso una esasperazione mista a ilarità che le fece abbassare la pistola spianata in attesa di nemici.
“Ragazzi!” mormorò scandalizzata cercando di trattenere le risate: quattro paia di occhi serenamente vacui si spostarono su di lei.
“Cradi…Cadri…Cardinale!” biascicò Elijah con un sorriso da idiota “Scei tornata finalmente..”
Cardinale li guardava allibita.
“Voi…siete…ubriachi!” sibilò più sorpresa che sconvolta.
Patterson ridacchiò scuotendo il testone enorme.
“Sciante parole, damigella…sciante parole…” tuonò pieno di etilico entusiasmo.
“Razza di stupidi decerebrati!” strillò la ragazza “Ma vi rendete conto di quello che avete fatto? Siamo ricercati, fuggiaschi, senza armi o coperture accettabili, braccati dall’intero CDI e voi vi sbronzate alla prima occasione come brufolosi adolescenti alla prima uscita domenicale? Siete completamente rimbambiti?!?”
Morales, che aveva strizzato dolorosamente gli occhi al suono acuto della sua voce, le allungò una bottiglia facendo ondeggiare pericolosamente il braccio.
“Andiamo, Jude…smonta dal piedistallo e fatti un goccetto” gorgogliò con voce sognante.
Cardinale fu per un attimo tentata di assecondarlo, ma poi il suo solito pudore morale la obbligò a lanciargli uno sguardo carico di disprezzo.
“Io che mi abbasso al vostro livello di animali da cortile? Stai scherzando, vero? E chi si occupa di montare la guardia, preparare tutto per domani, caricare le armi…Vi siete scordati che siamo in una situazione di pericolo e che stiamo progettando un’incursione su una DDW per incontrare Alicia dove magari ci stanno aspettando con le pistole spianate pronti a farci fuori come moscerini? Elijah…proprio tu che sei il capo e che ti fai un vanto di essere sempre presente e all’erta…”
“Sì, ma questa roba è davvero una bomba…” si difese Elijah con un sorriso svaporato.
“…senza nemmeno sapere da dove viene quella roba…Poteva essere veleno! Potevate essere tutti stecchiti a quest’ora!”
“Non male come prospettiva” bofonchiò Patterson accigliato “Avremmo evitato di fracassarci i padiglioni auricolari con il tuo sermone”
Incurante delle proteste, la ragazza andò avanti un bel pezzo a blaterare, sfogando il nervosismo e infierendo sadicamente sulle teste chine e indifese dei compagni che, comunque, non sembravano particolarmente interessati al suo monologo. Patterson dopo un po’ crollò supino con gli occhi serrati e un ghigno orribile sul viso. Era chiaramente vivo poiché russava come il trombone di un’orchestra sinfonica, e Morales si trascinò fino a lui sprimacciandogli il ventre prominente come se fosse un cuscino.
“Notte notte” mormorò appoggiandovi con un sospiro beato la testa e addormentandosi dopo più o meno tre nanosecondi.
Elijah, che sembrava sul punto di crollare da un momento all’altro, cedette di schianto cozzando con la fronte contro un sasso con un sordo rumore attutito che sapeva tanto di enorme bernoccolo involontario. Rimase solamente Garrie a sorbirsi lo sproloquio di Cardinale: la guardava con un mezzo sorrisetto assolutamente vacuo e perso, sbattendo mollemente le ciglia semiaddormentato.
“Sai, Cardinale” disse ad un tratto con voce seria interrompendola bruscamente nel bel mezzo della sua filippica “Quando ti infervori così mi vien voglia di tapparti quella bocca di fuoco che ti ritrovi e io conosco un modo solo per tappare la bocca a una donna…”
Cardinale tacque all’improvviso come se qualcuno le avesse improvvisamente staccato l’audio. Garrie ridacchiò mentre scivolava lentamente su un fianco finendo addosso al petto di Morales.
“Lo sapevo che sarei riuscito a farti tacere…comunque, sei molto più sexy quando ti togli quell’espressione da giudizio universale dalla faccia. Non fosse per Elijah…”
Il resto si perse in un borbottio indistinto.
“Non fosse cosa?” scappò dalla bocca di Cardinale: Garrie non rispose, già addormentato con un sorriso da cherubino sul viso disteso e la ragazza lo scosse rudemente per la spalla, facendolo mugolare per protesta.
“Non fosse cosa?” ribadì, dura: chissà perché, rispondere a quella domanda le sembrava di colpo molto importante.
“Uff” bofonchiò Garrie ad occhi chiusi “Elijah. Non fosse per…quel dannato stoccafisso…”
Le ultime parole quasi masticate si persero nel respiro regolare del sonno profondo. Cardinale, sola con la sua virtuosa sobrietà e il batticuore per le ultime, sibilline parole di Garrie, rimase a fissare i quattro compagni che dormivano beati. Si sentiva stranamente insoddisfatta, segretamente e vergognosamente dispiaciuta di non essere sbronza come loro. In punta di piedi, con un sospiro, trascinò Elijah per i piedi e fece rotolare Garrie in una posizione più comoda, mormorando a fior di labbra i suoi acidi commenti. Poi, rimase a guardarli mentre la luce decisa del pomeriggio iniziava a stemperarsi nel tenue grigiore della sera.
*          *          *
Sede Orion 4W
 
La navetta H1WJ9 attraccò sul ponte 135 di Orion 4W: l’operazione passò praticamente inosservata in mezzo al viavai di cargo provenienti da Orion 2W con le scorte alimentari e pochi sarebbero stati in grado di ricordare il passaggio di quell’ anonimo e tozzo veicolo. Questo era esattamente l’intento del capitano della nave che aveva studiato accuratamente i tempi e i modi dell’attracco per attirare meno attenzione possibile nel più breve tempo possibile. La maggior parte degli addetti ai lavori ignorava la funzione della navetta H1WJ9, benchè il logo della Ars Space Corp. fosse impresso ben chiaro sulle fiancate. Non trasportava scorte alimentari, non trasportava persone né animali…non trasportava altro che crio-bare. Per questa sua macabra funzione la navetta godeva di pessima fama ed era snobbata o volutamente ignorata dalla maggior parte dei tecnici delle Orion. Questo, naturalmente, era il gioco del capitano della navetta. Gli ordini che aveva ricevuto erano chiari, semplici e precisi: tenersi alla larga dai problemi, non dare nell’occhio, svolgere in silenzio il proprio lavoro. Adesso, per esempio, il lavoro consisteva nel prendere in consegna le crio-bare della settimana da Orion 4W. Gli abitanti di tutte le Orion godevano di buona salute, avevano una prospettiva di vita di più di cento anni…ma non erano immortali. Anche quella settimana due crio-bare attendevano immobili e silenziose che la navetta H1WJ9 facesse da scorta verso la loro ultima e definitiva destinazione: lo spazio. Il nulla. Ufficialmente, il lavoro della navetta H1WJ9 era un ben sporco e lugubre lavoro, ma pur sempre necessario. Nessuno sapeva…nessuno sospettava…
Oltre alle crio-bare, sul ponte 135 due persone attendevano la navetta H1WJ9. Un uomo e una donna in abiti civili dall’aria composta e silenziosa delle persone di cultura. I due salirono a bordo della nave con discrezione, quasi di soppiatto, e nessuno sul ponte ricordò in avvenire il loro passaggio. Il capitano aspettava i due nuovi ospiti sul ponte di comando: quando entrarono si avvicinò a loro tendendo formalmente la mano, freddo, cortese e anonimo. La sua voce leggermente afona e priva di qualsiasi intonazione rispecchiava quasi perfettamente la nave che pilotava.
“Dottor Jones, dottoressa Brown….vi aspettavamo. Benvenuti a bordo”
*          *          *
Piattaforma Unknow – Incognito
 
Elijah si svegliò con il profumo, consistente e benedetto, di cibo e caffè. Un’altra cosa che lo colpì fu il sospetto che qualcuno, durante il sonno, gli avesse sostituito il cranio con un grosso masso di pietra. Girò lo sguardo e vide due cose che lo preoccuparono: la prima fu che era decisamente buio, la seconda che stava dormendo praticamente abbracciato a Morales in una posa a dir poco compromettente. Si alzò gemendo e scricchiolando come una vecchia ottuagenaria e si accorse della presenza di Cardinale, seduta compostamente a pochi metri da lui, che lo guardava con una espressione di curiosa superiorità; stava mescolando una pentola con dentro qualcosa di indefinito sopra a un fuocherello di sterpaglie.
“Alla buonora” lo salutò la donna con voce squillante “Stavo per prendere una borraccia e svegliarvi tutti insieme con una bella doccia ghiacciata…sarebbe stato esattamente quello che vi meritavate”
“Ooooh….ti prego, Cardinale, tieni la voce bassa” mormorò Elijah sentendo di colpo lo stomaco e lo scroto che si scambiavano allegramente di posto.
Il cambiamento di posizione svegliò anche Morales: senza proferire verbo, riuscì a girare la testa verso l’esterno prima di essere scosso da convulsi conati di vomito sotto l’occhio disgustato di tutti i compagni.
“Razza di deficienti” borbottò Cardinale altezzosa girando loro le spalle col naso per aria.
Ben presto anche Patterson e Garrie presero a lamentarsi ritornando faticosamente indietro dall’oblio alcolico in cui erano piombati. Cardinale si avvicinò a Elijah e gli ficcò in mano una tazza di latta piena di caffè fumante.
“Bevi” ordinò decisa “Tra poco dobbiamo de-digitalizzarci e mi servi vivo. Possibilmente col cervello attivato, ma mi accontento di vivo”
Elijah preferì non rispondere: bevve il caffè e dopo alcuni minuti in cui valutò le possibilità di vomitare, uccidersi e ripiombare nel sonno, finalmente si sentì un poco meglio.
“Che ore sono?” domandò Patterson che sembrava quello più in forma di tutti.
“E’ tardi” li informò Cardinale, piatta “Ma non preoccupatevi: ho fatto io tutto il lavoro di preparazione per il salto da una DDW all’altra”
“Cardinale, mi dispiace” mormorò Elijah, sinceramente dispiaciuto “Quel whisky era davvero una bomba…siamo caduti come pere cotte per terra”
“Ti credo! Bere come spugne a stomaco vuoto e mezzi disidratati…meritereste di finire in cella di punizione per un decennio, almeno. Senza contare il danno neuronico, caso mai qualcuno di voi fosse ancora provvisto di materia cerebrale..”
“Dio…nemmeno in Accademia ho mai preso una sbronza così” singhiozzò Morales che comunque sembrava un po’ meno verde di prima.
“Mangiate” ordinò Cardinale togliendo la pentola dal fuoco.
“Vuoi scherzare…non riuscirei ad ingoiare nemmeno uno spillo” si lamentò Morales.
“A costo di vomitare anche l’anima. Avete bisogno di rimettevi in forze, e anche alla svelta”
Cardinale forzò alcuni piatti di fortuna in mano ai compagni che presero a mangiare, prima con titubanza e poi sempre più partecipi.
“Avevo proprio bisogno di farmi una bella mangiata” sentenziò Patterson riempiendosi di nuovo il piatto “Allora, donna, che hai fatto di bello durante la nostra….ehmm…assenza?”
“Tutto quello che occorreva fare e che voi avete gioiosamente mandato al diavolo. Ho preparato i digi-alias per la DDW 1973 Seven Dogs Club, la piattaforma dove lavora Alicia; ho scaricato le planimetrie del locale; ho preparato un programma di schermatura per eventuali intercettatori del CDI; ho preparato da mangiare e vi ho ascoltato russare come martelli pneumatici…”
“Che mostro di efficienza” la schernì Elijah con una smorfia buffa “Se mai torneremo nei ranghi del CDI, ti propongo per una promozione”
“Cardinale capitano?” trasecolò Garrie spalancando gli occhi “Dio ce ne scampi! Poveretta la squadra che finirebbe nelle sue grinfie…”
“Chiederei subito che un certo O’Brian facesse parte del mio gruppo” gli sibilò Cardinale, velenosa “E lo metterei di corvèe alle latrine sei giorni su sette”
“Ma il settimo giorno, potrei venire a massaggiarti la schiena?” le buttò lì Garrie con un sorriso serafico.
“Possibile che in qualsiasi situazione tu sia pensi solo a delle cose assurde come ai massaggi?” borbottò Elijah, irritato suo malgrado.
“Bè…soffro ancora dei postumi della sbronza” si scusò Garrie, solare “Se mi dai qualche minuto mi vengono in mente di sicuro idee migliori…”
“Patterson, hai preparato le armi?” cambiò discorso Elijah, già rientrato nel suo ruolo di capitano.
“Ma certo. Se miss Sotutto non le ha smontate per farmi un dispetto…”
“Allora cominciamo a prepararci” decise Elijah alzandosi in piedi.
Anche gli altri lo imitarono, ondeggiando debolmente, e Cardinale porse loro le borracce dell’acqua con un gesto lungo e ostentato.
“Datevi una lavata” disse con voce neutra “Puzzate come una mandria di capre tibetane”
Patterson fu il primo a togliersi la maglia della tuta, disinvolto. Cardinale arrossì e si girò di scatto.
“Vado a fare un giro finchè non vi sarete lavati e rivestiti, luridi e puzzolenti  vermiciattoli” rispose in fretta con voce acuta allontanandosi verso il buio.
 “Hei, Cardinale…perché non ti fai una doccetta insieme a noi?” la beffeggiò Garrie spruzzandole dietro un po’ d’acqua. Cardinale non osò girarsi a guardarlo e sparì nel buio.
“Chissà perché, ho come il sospetto che la granitica Cardinale sotto sotto sia una gran timidona” gorgheggiò Patterson “Alla prima occasione, giusto per vedere la reazione, le piombo davanti nudo nato e chi s’è visto s’è visto”
Cardinale, lontana una trentina di metri, aveva sentito benissimo: in quella DDW senza agenti atmosferici i suoni si propagavano con estrema facilità.
Azzardati a farlo e ti ritrovi di colpo con due ombelichi, depravato!” pensò arrabbiandosi. Preferì comunque ignorare le parole di Patterson, allungando con riottosa curiosità le orecchie per sentire i commenti dei compagni.
“Non so se è una buona idea, Pat” suggerì Morales rabbrividendo sotto gli spruzzi di acqua fredda “O almeno, accertati che non sia armata quando lo fai”
“Io preferirei piombarle davanti se fosse lei ad essere nuda nata” confidò Garrie “A guardarla per bene sembra che abbia un telaio niente male”
Un telaio? E che sono, un carro armato?” pensò Cardinale, furente.
“Ragazzi, non fatevi prendere dalle smanie sessuali. Cardinale è prima di tutto un vostro collega, non dimenticatelo” li ammonì Elijah severo. Cardinale si sentì al contempo fiera di lui e delusa dalle sue parole.
“Lo sappiamo, lo sappiamo” brontolò Morales “Però ammetterai anche tu che in certi frangenti avere di fianco una donna attraente…”
“…e con certe sporgenze dietro la tuta da Runner…” interruppe Patterson, sempre molto aristocratico.
“…è sicuramente diverso che aver di fianco un beduino con l’aerofagia e l’alitosi come il nostro collega logistico”
“Eppure, dobbiamo sforzarci di trattarli nello stesso modo” rispose Elijah, severo.
Grazie tante” pensò Cardinale, indecisa se lusingarsi o arrabbiarsi. Decise per la prima opzione.
“Vuoi dire che se mi trovassi in intimità con Cardinale dovrei trattarla come se fosse Pat? Capo, questo non te lo posso proprio promettere” disse convinto Morales, infilandosi la maglietta.
“Fate i bravi: secondo me Cardinale non apprezzerebbe i vostri commenti” mormorò Elijah, evidentemente disturbato dall’argomento.
“E perché?” chiese Morales meravigliato “Quando mai Cardinale apprezza i nostri discorsi? Comunque, magari le farebbe anche piacere sapere che la apprezziamo anche come donna. Sarà pur dotata di sangue e ormoni come tutti noi, no?”
“Già, Cardinale mica è di legno, sai?” rincarò la dose Garrie, convinto “Con quei due occhi bollenti che ha…è geneticamente impossibile che sia di legno. Fidati”
“Acqua cheta rompe i ponti” sentenziò Patterson pieno di filosofia Zen.
Occhi bollenti?” trasecolò Cardinale arrossendo nell’ombra“Acqua cheta? Ma sentiteli! E’ di queste stupidate che parlate quando non ci sono?Ve la do io un’arrostita a quei quattro neuroni che avete, traditori!
“Siamo tutti pronti?” domandò Elijah, spazientito “Nessun lembo di pelle visibile e compromettente? Molto bene. Cardinaaaleeee! Puoi tornare all’ovileeee!”
Dopo qualche minuto, Cardinale ricomparve dall’ombra trovandosi davanti il sorriso allusivo e solare dei compagni.
“Bè, allora?” ruggì lei ancora imbarazzata “Adesso che siete tutti lindi e pinti…”
“…e che abbiamo smaltito la sbronza con quattro chiacchiere tra maschietti…” aggiunse Garrie con un sorriso fanciullesco assolutamente irresistibile.
“…direi che possiamo anche andare” terminò Cardinale senza trovare il coraggio di guardarlo negli occhi.

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Capitolo 11
*** Capitolo 9 : Alicia ***


 Piattaforma Dream Rewind 1973 Seven Dogs Club – incognito
Benson, Elijah            digi-alias        Lakisha                       Giovane donna
Cardinale, Jude           digi-alias        Epiphany                     Giovane donna
Morales, Eric             digi-alias        Coco                           Giovane donna
O’Brian, Garrie          digi-alias        Jemima                       Giovane donna
Patterson, Matt            digi-alias        Patrice                        Giovane donna
 
Secondo i precisi calcoli di Cardinale avrebbero dovuto digitalizzarsi in uno stanzino per gli attrezzi dentro al club “Seven Dogs” dove Alicia teneva il suo quartier generale. Ma le planimetrie che avevano consultato per effettuare i calcoli erano vecchie di anni e nel frattempo il club era stato ristrutturato: fu così che i cinque si digitalizzarono nel bel mezzo del bagno delle ragazze, stipandosi uno sull’altro dentro ad un WC, dove si misero in funzione immediatamente lo sciacquone e l’asciugatore automatico.
“Volete spegnere questo maledetto affare?” sibilò Coco che aveva la faccia esattamente davanti all’asciugatore.
“Se qualcuno mi si toglie di dosso, forse posso uscire dal water” ribatté sarcastica Jemima che aveva un piede infilato nell’elegante sanitario beige. Alla fine riuscirono a districarsi e tornare tutte in posizione verticale.
“Davvero un bello sgabuzzino degli attrezzi, Epiphany” brontolò Patrice, sarcastica
“Bè, meno male che non c’era nessuno” rincarò la dose Coco “Conoscendo le donne del XX° secolo, trovare un bagno delle ragazze vuoto in un Pub ha un che di miracoloso ”
Jemima si avvicinò allo specchio, incuriosita:
“Gesù!” esclamò alla vista della imponente acconciatura afro sulla sua testa “Cos’è questa cosa? Devo farci nidificare le cicogne qua sopra?”
“E’ la moda dell’epoca” rispose Epiphany nascondendo un sorriso perfido “Io ti trovo carina”
“Detesto essere un digi-alias femmina” brontolò Patrice osservando sospettosa allo specchio le labbra lucidissime di un improbabile color ciliegia “Se sei appena passabile, tutti tentano di palparti il sedere. Come me lo hai fatto, a proposito?”
“Enorme” la avvisò Coco dando un’occhiata al suo deretano “A parte vendicarti di noi per il nostro intermezzo alcolico fuori programma, ci sarà un motivo per cui ci hai fatto venire qui tutte femmine, afro-americane e con vestiti così…pittoreschi”
“E’ una copertura perfetta “ rispose Lakisha lanciando solo un’occhiata distratta al suo digi-alias allo specchio “ Le femmine al pub si muovono naturalmente in branco, parlottano spesso tra di loro e, se sono carine, non parlano con nessuno. Niente di più adeguato per dei Runners in fuga”
“Sì, ma se dobbiamo correre, come faccio con queste trappole per topi appese ai piedi?” si lamentò Patrice “ E poi, strizzata in questo fazzoletto che tu chiami vestito, non posso nascondere nemmeno una pistola laser piccola così”
“Se occorrerà scappare, ti toglierai le scarpe” rispose esasperata Lakisha avviandosi verso l’uscita “ La pistola la metti nella borsetta, come fanno tutte le ragazze che si rispettino. Adesso basta frignare come mammolette: il piano lo conoscete, andiamo”
“Io ho fame” si lamentò debolmente Patrice.
“Comincia a mangiarti la lingua, allora” rispose Lakisha lapidaria.
Uscirono dal bagno e, dopo un breve corridoio, entrarono nel vivo del locale, cercando di assumere un’aria indifferente. La grande sala era piena di gente, di fumo e di rumori: i tavolini rotondi, stipati di giovani dai vestiti coloratissimi, circondavano la pista da ballo illuminata dalle luci stroboscopiche e strapiena di gente. Un D.J. con tanto di occhiali da sole e acconciatura rasta dietro ad un bancone rialzato si agitava al ritmo del funky che rigurgitava dalle casse intorno alla pista. Le ragazze si avviarono ancheggiando verso il bancone del bar: la gente si era assiepata attorno ad esso, sudata, variopinta e sempre in movimento tanto che risultava impossibile riuscire a vedere i baristi. Lakisha si girò verso Patrice:
“Tu e Jemima a destra” disse a fior di labbra “Coco a sinistra. Epiphany, tu vieni con me”
Epiphany storse il naso ma non protestò: tra lei e Lakisha era caduta una specie di tregua armata  dove le due si trattavano con cortesia ma evitavano accuratamente di risiedere sullo stesso metro quadrato di pavimento. Patrice ridacchiò vedendo la faccia di Epiphany, ma preferì non commentare. Spintonando e sgomitando Jemima e Patrice riuscirono a guadagnare il banco del bar.
 “Vedi Alicia?” chiese Jemima alzandosi sulle punte dei piedi per vedere meglio, ma Patrice non rispose: si era avventata sulla ciotolina di noccioline per gli aperitivi con la foga di un cane verso il suo osso preferito. Un giovane di colore piuttosto bello e giovane le sorrise amichevolmente
“Non abbiamo cenato stasera?” le chiese salottiero e Patrice gli lanciò uno sguardo omicida.
“Squagliati, gnomo” ringhiò sottovoce : al ragazzo si spense immediatamente il sorriso dal viso e, girando sui tacchi, si allontanò velocemente.
Anche Lakisha ed Epiphany erano arrivate al banco, ma per quanto scrutasse i baristi che lavoravano alacremente, Lakisha non vide nessuno che assomigliasse ad Alicia.
“ Non c’è” annunciò alla fine, scoraggiata.
“ Descrivimela: proverò a cercarla anch’io” propose Epiphany.
“ E’ alta e proporzionata: capelli biondi naturali, lunghi e lisci. Occhi azzurri. Piuttosto bella, in complesso”
“E scommetto che a mezzanotte la sua carrozza si trasforma in una zucca, vero?” mormorò Epiphany, scoraggiata.
Lakisha riuscì ad individuare Patrice e Jemima e anche Coco ai lati del bancone, ma tutte e tre scossero la testa in segno negativo: nessuna di loro aveva visto Alicia.
“Maledizione” sibilò, irritata. Si girò verso Epiphany “Proviamo al bar al piano di sopra”
Le due ragazze si avviarono verso le scale facendosi largo a spallate.
“Odio questi posti” brontolò Lakisha, aggrottata “Tutta questa umanità sudata e puzzolente pigiata in un metro quadrato. Non so proprio come facessero ad instaurare rapporti interpersonali, a quell’epoca”
“Forse non venivano qua per instaurare rapporti, ma per divertirsi” suggerì Epiphany.
“Divertirsi? E cosa c’è di così divertente nel crogiolarsi in mezzo al fumo e al sudore di centinaia di persone con la possibilità di beccarsi almeno un migliaio di malattie diverse? Bah, sarò troppo vecchia ma queste cose non le capisco”
Epiphany sembrò sul punto di sorridere per la prima volta da quando si erano digitalizzati.
“Certi tipi di divertimento non si possono spiegare con termini razionali” dichiarò convinta,  ma Lakisha non l’ascoltava più: si era bloccata di colpo sulle scale guardando dritto davanti a sé.
“Eccola” disse.
Epiphany si girò a guardare, di colpo attenta e vagamente agitata. Alicia stava scendendo le scale avvolta in un miniabito di paillettes luccicante che le aderiva come un guanto. Era davvero molto bella, bionda e alta come Lakisha l’aveva descritta e la gente si scostava per farla passare come riconoscendola un essere superiore. Lakisha non potè fare a meno di provare un tuffo al cuore: erano anni che non vedeva Alicia e si era dimenticata di quanto la sua presenza potesse essere notevole.
“Andiamo” disse bruscamente Epiphany, passandole davanti. Lakisha la affiancò, senza togliere gli occhi di dosso ad Alicia che, sentendosi osservata, si era girata verso le due ragazze con una blanda espressione interrogativa.
“Buonasera” esordì Lakisha quando furono a portata di orecchio “ Ci hanno detto che lei è il direttore di questo club…Volevamo dirle che è davvero fichissimo, qui!!”
“ Una bomba” ribadì atona Epiphany a denti stretti.
Alicia sorrise sembrando, se possibile, ancora più bella.
“Bè, grazie, ragazze” disse con una voce musicale perfettamente intonata alla sua persona. Anche lei non staccava gli occhi da Lakisha che continuava a guardarla con insistenza. La giovane le prese la mano e la strinse vigorosamente.
“Davvero tanti complimenti!” trillò, pompando vistosamente la mano di Alicia su e giù prima di lasciarla andare. Il sorriso di Alicia si raffreddò di qualche grado quando si accorse stupita che nella mano le era rimasto un foglio di carta accartocciato. Lakisha ed Epiphany si allontanarono velocemente mentre Alicia proseguiva per la sua strada, facendo finta di niente.
“Avrà capito?” chiese Epiphany preoccupata mentre raggiungevano Patrice e Jemima che stavano finendo si spazzolare gli stuzzichini sul bancone del bar.
“Lo vedremo subito” rispose Lakisha, scura in volto. Appena le raggiunse anche Coco, le ragazze si avviarono verso l’uscita spintonando non poco rudemente la massa vociante di gente festosa e schivando brutalmente i plateali approcci dei maschietti infervorati da tanta abbondanza di femmine tutte insieme. Arrivate all’uscita, si infilarono non viste in un vicolo buio e stretto a lato del club fiocamente illuminato e odoroso di spazzatura stantia.
“Datemi un altro digi-alias con i tacchi a spillo e giuro che mi licenzio in tronco” brontolò Patrice con un’espressione terribile sul viso claudicando sui sandali argentati.
“Sicura che qui non ci siano registratori del CDI, vero?” chiese Coco e Jemima annuì convinta.
“Bazzico spesso da queste parti, quando non sono in servizio. Questa piattaforma la conosco come le mie tasche” rispose “ Se Alicia ha capito qualcosa sarà qui a minuti”
Proprio in quel momento un’auto si fermò davanti al vicolo e le cinque ragazze la adocchiarono sospettose, le mani già infilate nelle borsette stracolme di pistole. La portiera dell’auto si aprì con uno scatto secco, rivelando Alicia che, con un gesto imperioso, fece cenno alle ragazze di salire. Ticchettando e ondeggiando, le ragazze obbedirono mute e veloci ed Alicia partì sgommando prima ancora che la portiera fosse completamente chiusa. Lakisha si sedette nel sedile davanti di fianco ad Alicia, scrutando con curiosità il profilo patrizio e rannuvolato della donna al volante e cercando di riconoscere la sua ex collega ed amante in quella aristocratica e bellissima figura.
“Parliamoci chiaro” sferzò la voce di Alicia tagliando come una lama il silenzio teso che si era creato “Non sono abituata a ricevere messaggi da sconosciute che mi pregano di parlare lontano dalle orecchie del CDI e non ho nessuna voglia di mettermi nei guai nell’eventualità che voi siate davvero le cinque oche che sembrate essere. Avete pochi secondi per convincermi che ne è valsa la pena, altrimenti vi porto dritte al primo de-digitalizzatore e vi lascio in pasto al CDI, qualsiasi cosa siate o facciate”
“Alicia, sono Elijah” disse Lakisha con calma e Alicia si girò di scatto a guardarla inchiodando bruscamente la macchina e creando una contorta e vociante montagna umana sul sedile posteriore.
Alicia e Lakisha si scrutarono per un pezzo, cercando nei rispettivi volti un segno di riconoscimento.
“Non ci posso credere” disse infine Alicia con voce bassa e lenta “Dopo tutto questo tempo averti davanti è quasi come un colpo al cuore. Ecco perché mi chiedevo dove avessi già visto quello sguardo…”
Lakisha abbozzò un sorriso teso. Dal sedile di dietro, quattro ragazze non si perdevano una sillaba masticando furiosamente chewin-gum alla frutta con un soffice rumore di sottofondo. Come attirata dai loro sguardi, la testa di Alicia si girò nella loro direzione radiografando ben bene le loro facce.
“Immaginavo che prima o poi vi avrei rivisti, ragazzi” disse con voce più rilassata “Penso che ci siate tutti: Eric…”
“Ciao, Licie” trillò Coco con un sorriso “Sono maledettamente felice di rivederti”
“…Garrie…”
“Qui per servirti, bella bionda” gorgogliò Jemima sbattendo leziosamente le ciglia.
“…quel pazzo scatenato di Pat…”
“Parla quella sana di mente” borbottò Patrice, rannuvolandosi.
 “…e…?”
“Tenente Jude Cardinale” si presentò Epiphany con voce formale e nervosa “Piacere di conoscerti, Alicia. Sei stata gentile a concederci un po’ del tuo tempo”
“Cardinale è il nostro programmatore” annunciò Coco “Ti ha sostituito egregiamente sia sul lavoro sia nel ruolo di femmina isterica e rompiscatole ufficiale”
“Però, a differenza di te, non sa fare il caffè” ringhiò Patrice con una smorfia.
“Nemmeno quello solubile” precisò Jemima ed Epiphany si decise ad arrossire di rabbia.
“Sempre i soliti gentiluomini” mormorò Alicia, ammorbidendo la voce con un sorriso sincero.
Lakisha si agitò sul sedile, aggrottando seria le sopracciglia.
“Licie, dobbiamo parlarti d’urgenza e in privato. Siamo nei guai”
“In grossi, puzzolentissimi guai” rettificò Patrice annuendo.
“Che succede, capitano?” lo canzonò Alicia semiseria  “Hanno beccato la vostra scorta illegale di alcolici nel Limbo?”
“Questa è una questione seria” disse Lakisha senza sorridere “ Io e la mia squadra siamo stati accusati di ammutinamento e siamo ricercati. Abbiamo bisogno di un posto dove tirare il fiato, mangiare e fare il punto della situazione”
Il sorriso di Alicia si spense di colpo come se Lakisha le avesse dato uno schiaffo improvviso.
“Non stai parlando sul serio” mormorò poco dopo senza nessuna traccia di ironia nella voce.
“Elijah è serissimo, purtroppo” si intromise Patrice “Non che ci sia niente di vero nelle accuse….ancora non sappiamo né il come né il perché siamo finiti in questo vespaio”
“Ma prima di tutto abbiamo bisogno di un posto sicuro dove riorganizzarci” continuò Jemima.
“Tu sei l’unica che può aiutarci, Licie” la pregò Coco.
Le mani di Alicia strinsero forte il volante mentre la squadra tratteneva il respiro, in attesa.
“La buona, vecchia Tau Centauri al completo” mormorò infine Alicia con un sorriso triste “Dovevo saperlo che per ripresentarvi dopo tutto questo tempo dovevate avere dei seri razzi nel didietro. Ok, masnada di debosciati, vi darò una mano. Adesso vi porto in un posto sicuro, vi togliete da questi stupidi digi-alias e parliamo. Non sono mai riuscita ad abituarmi a vederti nei panni di una femmina, Elijah”
“Si mangia, vero?, nel posto dove andiamo adesso?” chiese Patrice, speranzosa.
“Ho qualcosina in frigo..” rise Alicia guardandola dallo specchietto retrovisore “Giusto la scorta per i prossimi tre mesi. Non so se ti basterà per stasera”
“Scommetto che hai solo quella roba biologica e integrale dal sapore di suola di scarpa” ringhiò Patrice con una comica espressione di disgusto “Accidenti alle donne sempre a dieta”
Alicia rise e la sua risata aveva un suono piacevole, così ricca e matura che Epiphany provò un involontario moto di segreta invidia.
“Ah, Pat, quanto mi sei mancato! Tu e i tuoi ‘e chi s’è visto s’è visto’!”
“Sapessi a noi quanto ci rompono, invece” intervenne Coco, acida.
“OK, basta” li interruppe Lakisha, seria “Il CDI ha orecchie anche per strada. State muti finché non saremo al sicuro”
La squadra rimase quasi quieta insultandosi sporadicamente mentre l’auto filava veloce tra le caotiche vie di New York. L’umore generale, però, si era notevolmente disteso perché le parole di Alicia avevano in qualche modo fatto nascere qualcosa che sembrava perduto: la speranza.
*          *          *
Piattaforma Dream Rewind 1973 - Unknow place – incognito
 
“Ahh, sono pieno come un barile!” annunciò Patterson massaggiandosi la pancia dura come una roccia.
“Sfido io, con quello che hai mangiato si poteva sfamare l’intero Mozambico per due anni” lo apostrofò Morales che dopo due bottiglie di buon vino italiano si era finalmente rilassato e le sue guance apparivano più rosee del solito.
Erano arrivati nel bunker di Alicia da poche ore: dopo una doccia e una passata sotto al computer dalla memoria potentissima e assolutamente illegale che aveva portato i loro digi-alias al loro aspetto reale, si erano buttati in una kermesse di cibo e spiegazioni miste ai soliti insulti che aveva assolutamente deliziato la loro ospite. Alicia arrivò dalla cucina con due confezioni da sei di birra ghiacciata che piazzò con decisione in mezzo al tavolo ingombro di bottiglie, vassoi preconfezionati e rimasugli di cibo.
“Andateci piano con questa” disse severa “ Non voglio che andiate in catalessi per i prossimi due giorni”
“Oh, su quel frangente hanno già dato il loro contributo ieri sera” borbottò Cardinale con tono accusatorio: fino a quel momento aveva aperto pochissimo la bocca per parlare, limitandosi a studiare Alicia da tutte le angolazioni e trovandola bella, simpatica e interessante sotto ogni punto di vista (con suo segreto rammarico).
“Già, miss Sotutto ci ha fatto una testa così perché ci siamo fatti un goccetto fuori programma” annunciò altezzoso Patterson attirandosi lo sguardo pieno d’odio di Cardinale.
“Solo un goccetto, eh? Allora com’è che hai gracchiato per tre ore dei canti gregoriani che, da sobrio, non sai nemmeno di conoscere?”
“Bè…quella DDW era di una tale noia…” si difese Patterson, per niente imbarazzato.
“In realtà Pat cercava solo di coprire il tuo monologo da zitella proibizionista” le confidò Garrie con un sorriso vacuo.
La risata fresca di Alicia interruppe i loro battibecchi.
“Mi ero dimenticata di quanto sia piacevole stare con voi” sospirò infine Alicia con affetto accarezzando la testa lucida di Patterson : si era cambiata d’abito, ma anche con una comoda tuta da ginnastica riusciva ad essere bella in modo quasi oltraggioso. Elijah le aveva raccontato per filo e per segno quello che era successo e, tra esclamazioni di sorpresa e cupi silenzi, Alicia si era fatta un quadro preciso della situazione.
“ Non vorrei sembrare pessimista” disse dopo un pò, tornando all’argomento principale di conversazione “Ma il mio consiglio è che dovete fare qualcosa alla svelta. Per legge, la polizia della Corp. è libera di prelevare i vostri corpi reali dopo sei giorni di permanenza continua sulle DDW, forse un po’ di più visto che siete fuorilegge. Dovete riuscire a trovare questo Benedict e verificare la sua storia. Se assomiglia alla vostra, sarà molto dura venirne fuori”
“Che vuoi dire, bambola?” chiese Patterson , perplesso.
“Vuol dire che se davvero la Corp. ci ha incastrato, la Corp. stessa è colpevole e nasconde qualcosa” disse Cardinale incupendosi “E questo vorrebbe dire grossi guai per noi. Ti ricordo che la polizia della Corp. è al di sopra anche del CDI e se la polizia della Corp. decide di fare a pezzettini i nostri corpi e di usarli come mangime per gatti ha l’autorità di farlo senza nemmeno dover compilare uno straccio di modulo. E’ un ente governativo, guidato dal consiglio supremo delle Orion: noi siamo dei moscerini e loro sono il parabrezza dove rischiamo di spiaccicarci, in pratica”
“Che bello” mormorò Morales lugubremente.
“Adesso basta parlare della nostra morte imminente” esclamò gaiamente Garrie, stappando una lattina di birra “Per il momento siamo ancora vivi, con la pancia piena e una lattina di birra in mano. Tutto questo grazie alla bionda più strepitosa che abbia mai frequentato la Tau Centauri. Propongo un brindisi ad Alicia, faro nella notte per la nostra povera e bistrattata squadra”
“Salute!” dissero tutti insieme ed Alicia rise.
“Garrie, Garrie, non smetti mai di fare il buffone?”
“Non sto facendo il buffone: ti sto corteggiando, velatamente ma con insistenza” replicò Garrie già mezzo sbronzo “Vista la situazione diciamo, hemm…precaria, accorcerei i tempi e passerei direttamente al contatto fisico, se per te va bene”
“Chissà” mormorò misteriosamente Alicia con un sorriso furbetto, ma intanto guardava Elijah, che fingeva di non accorgersene.
“Adesso è meglio che vi facciate un sonno mentre io vado ad interrogare le mie fonti per sapere se sanno qualcosa su Benedict e soci” disse Alicia alzandosi da tavola e iniziando a sparecchiare.
“Ti aiuto” si offrì Cardinale alzandosi a sua volta.
“Ma guardale, le due donne di casa” iniziò Patterson, subito zittito dalla lattina lanciatagli con estrema precisione in mezzo alla fronte da Cardinale. Alicia fece strada verso la cucina, un tripudio di tecnologia moderna :scaricò la pila di piatti in un alloggiamento dove vennero immediatamente prelevati da una macchina computerizzata.
“Sei stata carina ad aiutarmi” disse Alicia con un sorriso, e Cardinale sventolò una mano in aria.
 “Ma figurati, è il minimo che potessi fare” replicò debolmente cercando di svignarsela verso la sala da pranzo. Alicia le blocco la strada gentilmente ma con fermezza.
“Mi è sembrato che non corrano buoni rapporti tra te ed Elijah” disse senza preamboli, guardandola dritto in faccia “Non vi siete quasi parlati per tutta la sera…non è un buon segno vista la vostra situazione”
Cardinale alzò gli occhi su di lei che la superava di cinque centimetri buoni in altezza.
“Abbiamo avuto un diverbio, ma niente di preoccupante” le disse piuttosto freddamente “Abbiamo due caratteri che si scontrano facilmente, ma siamo ottimi colleghi”
“Non vorrei sembrare impicciona, ma nella situazione in cui siete è fondamentale che tutti voi siate uniti e affiatati” continuò Alicia a disagio.
Cardinale sembrava più sulle spine che irritata.
“Noi siamo uniti e affiatati” la rassicurò “Litigare ogni tanto fa parte del nostro essere squadra. Non ci nascondiamo niente e ci trattiamo tutti alla pari. E’ questa la nostra forza”
Alicia annuì, ma non sembrava convinta.
“Scusa la schiettezza” disse infine, a bruciapelo “Ma mi sembra doveroso non perdere tempo per cercare di aiutarvi al meglio: tu ed Elijah siete amanti?”
Cardinale incassò la domanda con un aplomb quasi britannico
“No” rispose quietamente dopo un breve silenzio “Ma sarei curiosa di sapere come questa informazione ti aiuterebbe ad aiutarci”
Alicia boccheggiò, presa in contropiede.
“Forse lo so io” continuò Cardinale “forse sapere che non vado a letto con Elijah ti aiuterebbe a non odiarmi. Giusto?”
Alicia si ammutolì, seria. L’entrata provvidenziale di Elijah con un’altra pila di piatti evitò alla donna una risposta imbarazzante.
“Oh, grazie Elijah” disse gaiamente “Mettili lì. Adesso vado a prendervi delle coperte per farvi dormire un pò, sperando che il mio pavimento non sia troppo scomodo” e se ne uscì velocemente.
Elijah e Cardinale rimasero in silenzio, l’uno appoggiato contro il mastodontico frigo, l’altra aggrappata al lavello di acciaio. Entrambi volevano parlare ed entrambi erano troppo maledettamente cocciuti per essere i primi a farlo.
“Allora…che ne pensi di Alicia?” chiese alla fine Elijah, in tono leggero.
“Davvero in gamba” rispose Cardinale sorvolando sull’ultimo dialogo avuto con la ex-Runner “E’ simpatica, è intelligente…ed ha ragione Garrie, è davvero uno schianto di donna” ammise infine, controvoglia.
Elijah sorrise, un po’ più rilassato.
“Volevo dirti…” disse, poi si bloccò. Cardinale attese che continuasse, con i grandi occhi latini fissi su di lui
“Credo che sia giusto che tu sappia quello che sanno anche gli altri della squadra” continuò infine Elijah deciso “Io e Alicia siamo stati insieme per un bel pezzo, in barba alle disposizioni del CDI riguardo i rapporti tra colleghi di squadra.. Quando ci siamo lasciati, e Alicia aveva ormai abbandonato la Tau da tempo, sapevamo che la colpa non era né del lavoro né del poco tempo che avevamo per stare insieme. Semplicemente, eravamo ottimi amici e pessimi amanti. Tutto qui”
Cardinale lasciò cadere le parole di Elijah in un silenzio ovattato e lui cominciò a sentirsi a disagio.
“Bè, ora…torno di là dai ragazzi…” borbottò infine e fece per allontanarsi.
“Perché me lo hai detto?” lo colse di sorpresa Cardinale con voce bassa, carezzevole.
“Te l’ho detto, lo sanno tutti gli altri e volevo che anche tu …” rispose Elijah e si bloccò di nuovo perché lei continuava a guardarlo con uno sguardo caldo ed un mezzo sorriso e lui pensava che fosse bellissima e si vergognava un po’ di non pensare ad altro in quel frangente tutt’altro che ludico.
“Ah, eccovi qui” trillò Garrie entrando improvvisamente e spezzando il silenzio elettrico che si era formato in cucina. Elijah e Cardinale guardarono subito da parti opposte e Garrie girò gli occhi da uno all’altra, incuriosito e vagamente malizioso.
“Avete cucinato qualcosa?” chiese, canzonatorio “sento puzza di bruciato”
“Forse è il tuo cervello che sta friggendo” replicò Elijah prontamente, uscendo dalla cucina “Ah, no scusa, dimenticavo… tu non ce l’hai un cervello”
 

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Capitolo 12
*** Capitolo 10 : Dead or Alive ***


 Piattaforma Dream Rewind 1973 - Unknow place – incognito
 
Elijah fu svegliato da un penetrante aroma di caffè e da un senso di costrizione al petto. Quando aprì gli occhi si accorse di avere la gamba di Morales addosso e la scansò alla svelta, tornando finalmente a respirare normalmente. Dalla stanza attigua arrivava un basso mormorio di voci inequivocabilmente femminili ed Elijah, incuriosito, si incamminò in quella direzione, grattandosi la nuca e sbadigliando sonoramente. Quando entrò in cucina, Alicia e Cardinale interruppero immediatamente i loro mormorii e lo fissarono con un’identica espressione sul viso: sollievo. Evidentemente il tentativo di conversazione tra le due non stava dando i frutti sperati.
“Buongiorno!” esordì precipitosamente Alicia “Dormito bene?”
Elijah si versò una tazza di caffè, guardando sospettoso le due ragazze.
“Dormito benissimo, grazie. State ordendo una cospirazione per caso?”
Alicia e Cardinale si scambiarono un’occhiata dubbiosa e un sorrisetto di circostanza.
“No, no, nessuna cospirazione…” buttò lì Cardinale, sorridendo: si era appena fatta la doccia e le lentiggini risaltavano simpatiche sulla pelle liscia e pulita. Elijah non si ricordava di averla mai vista così rilassata. E carina.
“Vedo che voi due avete fatto amicizia alla svelta” disse Elijah buttandosi su una sedia, senza perdere il tono di voce da inquisitore.
“Già” rispose Cardinale, telegrafica “E’ un piacere scambiare ogni tanto due chiacchiere con qualcuno che non sia un Runner borioso, monotematico e, naturalmente, maschio”
“Pat in fondo è una brava persona” disse serafico Elijah “Potresti scambiare due chiacchiere anche con me, Morales e Garrie ogni tanto”
“Vorrei, ma non mi hanno ancora installato il programma di traduzione del linguaggio animale” sospirò Cardinale.
“Sfido io, nella tua testa non c’è più posto: l’hai imbottita troppo di pregiudizi, senza contare la sacca di veleno nel lobo frontale”
“Perché, a te l’hanno tolta? E che ci fa il tuo neurone con tutto quello spazio libero?”
“Quando avrete finito di scambiarvi dichiarazioni d’amore, mi versereste una tazza di caffè? Mi sta scoppiando la testa” li interruppe Garrie entrando in cucina mentre si reggeva la testa con entrambe le mani. Cardinale versò una tazza di caffè abbondantemente zuccherata e gliela infilò sotto il naso.
“Tieni, vecchia spugna. Puoi mollare la testa, sai, per quanto gas ci sia dentro non volerà via”
Anche Morales li raggiunse, canticchiando di buonumore.
“Garrie, che ti è successo? Sembri un passato di verdure” esordì con un’allegra voce tonante “Alicia, tu invece sei bella come un fiore anche di prima mattina”
“E io?” si lamentò Elijah facendo il broncio.
“Tu sei il solito facocero e Cardinale la solita bertuccia: versatemi un caffè e lasciatemi corteggiare questa ninfa dei boschi” rispose Morales prendendo una mano di Alicia e baciandone il dorso con eleganza. Arrivò anche Patterson, muto, con la faccia scura e lo sguardo omicida. Si lasciò cadere su una sedia che quasi si polverizzò sotto il suo peso.
“Caffè” ordinò senza nemmeno muovere le labbra.
“Guardate che non sono la vostra maledetta cameriera” si lamentò Cardinale, ma gli versò comunque una tazza di caffè e gliela porse, stando a debita distanza.
“Visto che ci siamo tutti, vi aggiorno sull’esito delle mie ricerche” disse Alicia alzandosi in piedi “Dunque, prima le cattive notizie: le piattaforme rimarranno aperte anche se voi siete ricercati vivi o morti; la sorveglianza sarà raddoppiata e alcune squadre di Runners di classe 1A sono state sguinzagliate per cercarvi. Vi hanno codificato come virus, quindi è probabile che veniate anche attaccati dai Disinfestatori. Ah, siccome c’è una taglia su di voi, c’è il caso che abbiate dietro anche cacciatori di taglie dilettanti”
“Fantastico” ringhiò Elijah, pensieroso “E il Re e la Regina non ci stanno cercando anche loro?”
“Non interrompere, Elijah” lo rimproverò Alicia, seria “C’è dell’altro: avete sette giorni di tempo a partire da oggi, poi i vostri corpi sulle Orion verranno prelevati dal CDI per essere disattivati. Tutte le armi nei depositi delle piattaforme sono state marcate, così se tenterete di usarne qualcuna verrete immediatamente localizzati. E, per finire, hanno messo un controllo su tutti  vostri digi-alias conosciuti e se tenterete di usarli vi rintracceranno”
“Con queste premesse, le buone notizie quali sono? Che possiamo essere investiti da un carro armato quando usciamo di qui?” borbottò Cardinale ma si zittì subito ad uno sguardo di rimprovero di Alicia.
“Passiamo alle buone notizie” continuò la ragazza “A quanto pare esiste davvero un modo per contattare questo Benedict che state cercando: sulla piattaforma “DR 1845 Far West” nel saloon di Kansas City c’è un barista che lo conosceva e che lo ha aiutato a coprirsi, proprio come io sto facendo con voi. Ora non sa dove sia, ma sta tentando di rintracciarlo e, appena lo trova, me lo farà sapere”
“Tutto qui?” brontolò piccato Garrie “Preferivo quasi il carro armato”
“Abbi fede, benedetto ragazzo” lo interruppe Alicia, esasperata “Per prima cosa, andremo a cercare delle armi illegali: Pat, immagino che sarai tu il supervisore in questo frangente”
Patterson si riprese quel tanto che bastava per annuire, poi risprofondò nel suo alcolico malumore.
“Non ne sappiamo ancora abbastanza di questa storia” decise Elijah, alzandosi e cominciando a passeggiare nervosamente “Alicia, non è che possiamo sfruttare il tuo megacomputer per fare delle ricerche più approfondite?”
“Accomodati pure. Il mio spacciatore di armi illegali non si muove prima di sera: avete tutto il giorno per vedere se sul computer trovate un aiuto”
“O una formula magica” concluse Garrie, scoraggiato.
*          *          *         
“Niente di niente di niente su tutta la maledetta rete” sospirò Cardinale, gettando sulla scrivania il mouse con un moto di stizza. Erano ore che pigiavano tasti e demolivano motori di ricerca per trovare qualcosa, senza giungere a nessun risultato. Patterson aveva dichiarato forfait dopo cinque minuti e si era rimesso a dormire, russando così forte da far concorrenza ad un trombone. Garrie aveva fatto avanti e indietro dal bagno un centinaio di volte prima di arrendersi all’evidenza e rinchiudersi nel bagno in pianta stabile. Morales, Elijah e Cardinale si alternavano alla tastiera, litigando e scambiandosi idee.
“Tutto fa pensare che questa storia sia stata insabbiata dal CDI” concluse Morales, depresso “Solo il governo ha la potenza di mezzi necessaria per far letteralmente scomparire 600 persone senza che nessuno ne sappia niente”
“Facciamo delle ipotesi” propose Elijah “Cosa accomuna questi 600 Runners?”
“Orion 4W, ma non sempre” elencò Morales “Erano tutti giovani, tra i 20 e i 30 anni, equamente divisi tra maschi e femmine, tutti moderatamente insofferenti alle regole, pochissimi di categoria 1A, pochissimi di categoria 4D. Nella media, insomma”
“Forse ci poniamo le domande sbagliate” mormorò Cardinale, dubbiosa “Forse dovremmo partire dal fondo per arrivare in cima. Il fondo siamo noi, gli ultimi scomparsi. Noi siamo un caso a parte perché siamo una squadra. E’ la prima volta che scompare una squadra intera. Cos’abbiamo di diverso dalle altre?”
“A parte il fascino travolgente dei suoi componenti? Niente, direi” rispose Morales, sarcastico.
“Siamo di Orion diverse, di categorie diverse…ritorniamo sempre lì”
“Eppure qualcosa ci deve essere” rimuginò Elijah mordicchiandosi le nocche della mano.
“Qualcosa che mangiamo?” chiese Cardinale, ironica “O forse abbiamo frequentato lo stesso asilo…” mentre lo diceva, sia lei che Elijah alzavano gli occhi di scatto, colti da illuminazione.
“Le scuole!” gridarono in coro, facendo svegliare Patterson di soprassalto.
“Che succede?” biascicò intontito “Chi mi ha messo un topo morto in bocca?”
“E’ la tua lingua, Pat, torna pure  a dormire” disse Morales, suadente mentre Elijah e Cardinale, spalla a spalla, si litigavano la tastiera e il mouse.
“Scuole, scuole…ah, cavolo! Scuole diverse!” Elijah per poco non sferrò un pugno al monitor, deluso.
“Eppure so che ci siamo vicini” lo incoraggiò Cardinale, risoluta “ Guarda anche le scuole di base, le materne, i nido..”
“Diverse, diverse, diverse” Elijah si bloccò, dubbioso “Un momento: tutti, dico, tutti abbiamo frequentato il nido. Non è strano?”
“No, se nasci su una piattaforma Orion non da genitori naturali ma dalla Fabbrica”
Una volta pronunciata quella parola, sulla squadra calò il silenzio: una parola che era una risposta chiara, semplice e terribile, stampata a grandi lettere negli occhi di tutti quanti loro.
“La Fabbrica!!” gridò Elijah scattando in piedi “Ma certo! Chi di noi ha genitori naturali?”
Cardinale e Morales scossero il capo, perplessi. Elijah si ributtò sul computer pestando sui tasti come un ossesso. Alla fine si lasciò andare contro la spalliera, assorto.
“Eccolo qua il nostro punto di contatto” mormorò esausto “Tutti siamo nati in una Fabbrica”
“Il 90% dei bambini adesso nasce nella Fabbrica” lo ammonì Morales.
“Sì, ma solo il 3% nasce senza richiesta da parte di aspiranti genitori. Quel 3% sono i Runners scomparsi, compresi noi, hijo”
“Così semplice…ma certo, dovevamo intuirlo” disse Cardinale, ispirata “Nessun Runners scomparso aveva famiglia. Dai 20 ai 30 anni è l’età media, e nessuno sulle Orion mette su famiglia prima dei 40, 45 anni”
“Niente famiglia vuol dire nessuno che ti cerca, se sparisci” concluse logico Morales. I tre si guardarono negli occhi, preoccupati.
“Se è vero, sembra che questo scherzetto sia stato programmato parecchio tempo fa: già dalla nostra nascita” concluse Elijah, sconvolto.
“Ma perché? Che ci fanno con i Runners scomparsi? Che vogliono farne di noi?” mormorò Morales. I compagni non risposero perché per la prima volta, non sapere la verità sembrava un’alternativa migliore della verità stessa.
*          *          *         
La sera era calata da poco quando Alicia rientrò dal lavoro, fresca e frizzante come una rosa.
“Buone notizie!” trillò entusiasta “Il mio spacciatore mi aspetta tra mezzora per le armi…che succede?” chiese vedendo i loro musi lunghi. Elijah le raccontò delle ultime scoperte ed il viso di Alicia si rabbuiò.
“Io ho genitori naturali” disse all’improvviso, decisa “Ed io ero nella vostra squadra prima di Cardinale. Non può essere stata una cosa programmata da così tanto tempo perché è un caso che voi cinque siate finiti insieme”
“Sono d’accordo” intervenne Cardinale “Ciò non toglie il fatto che la nostra nascita sia il punto di partenza su cui lavorare. Hai qualche contatto alla Fabbrica?”
Alicia scosse il capo, scoraggiata.
“La mia ex fidanzata lavora alla Fabbrica” intervenne Patterson, cogliendo tutti di sorpresa. Cardinale si girò verso di lui, la faccia una maschera di stupore.
“Tu….eri…fidanzato?!” trasecolò. Patterson le lanciò uno sguardo disgustato.
“Per chi mi hai preso, rospetto? Anche io ho delle necessità corporali. Ma ho solo quelle e quando Susan l’ha capito mi ha mollato e si è sposata con Brad, il mio rivenditore di esplosivo al plastico”
“Immagino che non siate rimasti in buoni rapporti, allora” concluse Elijah, sospirando.
“Con Susan, no. Ma sono in ottimi rapporti con il marito: è ancora il mio fornitore ufficiale, in incognito, naturalmente. Chiederlo a lui è come chiederlo a Susan, però senza la scocciatura di dover parlare con una donna”
“Io la devo vedere questa Susan” disse Cardinale che non si era ancora ripresa dalla notizia “Sicuro che quando veniva con te non soffrisse di sdoppiamento della personalità?”
“Susan è una brava ragazza” ammise Patterson facendo spallucce “Ho un bel ricordo di lei. A parte quando apriva bocca, si intende”
Alicia e Cardinale si scambiarono uno sguardo esasperato.
“Ok, Pat” intervenne Elijah “Tu contatta questo tuo spacciatore di tritolo e vedi di convincerlo a fare queste ricerche alla Fabbrica: chi ha fatto la richiesta per la nascita dei Runners scomparsi; chi sono i genitori biologici; oddio, magari usano gli stessi donatori per tutti…”
“Vuoi dire che potrei essere tuo fratello?” strillò Garrie, riprendendosi momentaneamente dalla sua catalessi “O il fratello di Morales? O…mio Dio, il fratello di Pat? Basta, io non voglio sapere più niente, preferisco de-digitalizzarmi con ancora intatta la mia identità”
Mentre Patterson si trascinava lentamente al videotelefono, il cercapersone che Alicia teneva attaccato alla cintura pigolò.
“E’ il mio fornitore di armi” spiegò dopo aver controllato l’apparecchio “E’ disponibile a mostrarci il suo intero arsenale. Tra mezzora. Andiamo io e te, Elijah?”
Il giovane fece un gesto circolare con la mano per comprendere tutta la squadra.
“Non mi muovo senza le mie zavorre” disse pacato con un sorriso “E poi, se fosse vero che abbiamo gli stessi geni…”
“Dio, che schifo!” esclamò Garrie disgustato “Se ci penso mi viene di nuovo da vomitare!”
“Forse non avete capito: non avete i digi-alias adatti per andare il giro su questa piattaforma” puntualizzò Alicia, ancora offesa per il rifiuto di Elijah di andare solo con lei.
“E chi l’ha detto?” sorrise angelica Cardinale “Mentre eri via mi sono permessa di inserirmi nel database del CDI e prelevare cinque digi-alias assolutamente innocui. Voilà fait”
“Cos’è, un vino francese?” chiese Patterson di ritorno dal videotelefono “Per Susan tutto ok: Brad farà in modo di farci avere quelle informazioni al più presto”
“Allora, andiamo” decise Elijah “Spero per tu mi abbia trovato un digi-alias adeguato, Cardinale”
“Purtroppo i ramarri non erano disponibili” disse lei con un sorriso mefistofelico “Ma se proprio vuoi che mi avvicini alla tua vera natura, posso provare con le capre…”
“Oh, non vorrei mai rubarti il tuo digi-alias preferito, dopotutto siamo amici!”
“Ci risiamo” brontolò Patterson avviandosi risoluto verso il de-digitalizzatore .
*          *          *         
“Presidente” chiamò l’interfono sulla linea d’emergenza. L’uomo, che era al telefono su una linea senza video, mormorò alcune scuse, chiuse la telefonata ed aprì la comunicazione con impazienza.
“Notizie della Tau Centauri?” chiese senza preamboli.
“Si sono mossi” rispose la voce atona “Aspettiamo un vostro ordine per attaccarli”
Il Presidente sorrise, assaporando l’eccitazione del momento.
“Fategli prendere le armi” disse alla fine, lentamente “E niente Disinfestatori: cerchiamo di fare un lavoro pulito”
“Certamente, presidente”
“Fateli sudare un po’, sparate qualche colpo…ma poi lasciateli andare”
“Signore?”
La voce dell’uomo sembrava genuinamente sorpresa. Masterson annuì con sicurezza, forte del suo potere di non dovere spiegazioni a nessuno.
“Lasciateli andare, ho detto. Ma senza farglielo capire: sono i Runners migliori in circolazione, non sottovalutateli”
“Ai suoi ordini. Vuole assistere alla missione?”
“Non me la perderei per niente al mondo” replicò il presidente, appoggiandosi allo schienale della poltrona “Sulla mia linea privata, in maxischermo. Avvisate il CDI all’ultimo momento in modo che arrivino anche loro, ma in ritardo”
“Lo consideri già fatto” pigolò l’interfono, poi la comunicazione si chiuse. Il presidente chiamò la segretaria senza smettere di sorridere.
“Convochi il consiglio” ordinò sbrigativo “ E porti una scatola di sigari”
 

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Capitolo 13
*** Capitolo 11 : Tutti giù per terra ***


Piattaforma Dream Rewind 1973 New York - Queens – incognito
Benson, Elijah            digi-alias        Anonimo                     Maschio
Cardinale, Jude           digi-alias        Anonimo                     Maschio
Morales, Eric             digi-alias        Anonimo                     Maschio
O’Brian, Garrie          digi-alias        Anonimo                     Maschio
Patterson, Matt            digi-alias        Anonimo                     Maschio
 
Quando scesero dalla macchina di Alicia in una strada stretta e pittoresca, Garrie stava ancora ridendo; un po’ meno ilare era Elijah, che rimaneva imbronciato nel suo digi-alias di motociclista completamente tatuato e con folti baffi spioventi.
“Dove trovi l’energia per essere ancora così spiritosa proprio non si spiega, Cardinale” disse velenoso scendendo dalla macchina. Cardinale, che si era scelta come digi-alias un bel ragazzo di colore vestito come un pappone, alzò le mani come per schermirsi.
“Andiamo, Elijah, non sei poi così male” lo consolò Alicia, però gli scappò una risatina che rovinò l’effetto e fece deprimere ancora di più il giovane.
“Facci strada, donna” la sollecitò Patterson che aveva un digi-alias somigliante a sé stesso in maniera allarmante. Alicia si avviò spedita seguita a breve distanza dai cinque che comunque si erano già messi in posizione di difesa e si guardavano intorno guardinghi. La ragazza si infilò in un negozietto di attrezzature sportive. Dopo qualche minuto entrarono Patterson ed Elijah, seguiti ancora da Garrie. Morales e Cardinale rimasero a bighellonare fuori, controllando che nessuno di sospetto entrasse nell’edificio mentre la squadra era lì. Patterson ci mise mezzora buona per decidersi ad abbandonare il bazooka ed il lanciafiamme che aveva adocchiato, ripiegando su una mitraglietta tipo Uzi con 20 caricatori. Elijah scelse per sé e per la squadra una varietà di armi semi-automatiche, prediligendole per leggerezza e facilità d’uso. Pagarono con crediti in contanti ed uscirono piuttosto soddisfatti.
“Ci avete messo una vita” brontolò Cardinale quando risalirono in macchina “Avevo paura che il ricettatore vi avesse tenuti dentro come ostaggi”
“Era così, infatti, ma la mia faccia rassicurante gli ha fatto cambiare idea” ribatté Elijah. Morales stava visionando le armi, eccitato come un bambino sotto l’albero di Natale.
“Tutta roba buona” esclamò infine “E tu, Pat, non ti sei preso qualche missile terra-aria?”
“Elijah non ha voluto” borbottò Patterson imbronciato, sporgendo in fuori il labbro inferiore “Ha detto che dovevo scegliere qualcosa di meno vistoso”
“No, lui ti ha detto di scegliere qualcosa che potesse entrare in macchina” lo corresse Garrie “Questo pazzo scatenato voleva prendere…”
“Alicia, accosta” lo interruppe Elijah ed il tono della sua voce era talmente perentorio che la ragazza obbedì di riflesso.
“Che ti prende?” chiese Morales sorpreso. Quando la macchina si fermò Elijah aprì la portiera di Alicia e la spinse fuori
“Ho un cattivo presentimento” disse, precipitoso precedendo le proteste della ragazza “Sento che ci stanno seguendo. Tu vattene a casa e aspettaci lì”
“Non ci penso neanche” protestò Alicia inviperita, ma Elijah si era già messo al posto di guida e aveva chiuso la portiera.
“Licie, ragiona: sei la nostra unica copertura, se salti tu non abbiamo più nessuna speranza” disse poi il giovane sporgendosi dal finestrino “Dami retta, torna a casa e contatta il tizio che conosce Benedict: abbiamo maledettamente bisogno di lui”
Alicia ci pensò su un attimo, fissandolo angosciata negli occhi. Alla fine prese una decisione: si sporse decisa dentro alla macchina, prese la testa di Elijah tra le mani e gli schioccò un sonoro bacio sulla bocca.
“Guai a te se non torni” gli sussurrò sottovoce. Poi si staccò dalla macchina e partì a piedi voltando loro le spalle.
“Vorrei sapere perché ha baciato solo te” si lamentò Morales mentre Elijah partiva sgommando “Io sono più bello di te, persino i miei digi-alias sono più belli di te, ma tutte le ragazze più fiche preferiscono te”
“Eric, datti una calmata” lo rimproverò sferzante Elijah “Pat, attiva quell’aggeggio che abbiamo appena comprato: vedi niente di strano?”
“Umm…direi niente, capo. Ma c’è un bel traffico e non si…”
“A ore tre, Elijah!” esclamò Garrie. Una grossa berlina dai vetri fumè stava decisamente accelerando alla loro destra per raggiungerli nella corsia di sorpasso.
“Accidenti!” sibilò Elijah. Spinse l’acceleratore a tavoletta e prese a superare le macchine che gli si paravano davanti come un forsennato. La berlina li tallonava, indomita, suscitando un vespaio di clacson.
“A ore nove!” gridò Cardinale un attimo prima che una grossa Jeep li urtasse a sinistra, facendoli sbandare paurosamente. Il vetro della berlina si abbassò e ne spuntò la canna di un mitragliatore.
“Tutti giù!” gridò Garrie. Una frazione di secondo dopo i vetri della Mustang di Alicia andarono in frantumi, ricoprendo i cinque di schegge di vetro. Mentre Elijah scartava a destra per tagliare la strada alla berlina, Garrie e Pat si sollevarono di scatto con le armi spianate e cominciarono a fare fuoco. La berlina fu investita dalle pallottole; frenò di colpo, sbandò, ma non subì nemmeno un graffio o una scalfittura.
“Macchine del CDI!” urlò Patterson, ma Elijah lo aveva già capito: si buttò tutto a sinistra infilandosi praticamente su due ruote il un vicolo, mancando per un pelo la Jeep che li tallonava. Dal sedile posteriore, Patterson, Morales e Cardinale sparavano a più non posso verso la berlina che li aveva seguiti nel vicolo con inesorabile determinazione: la Mustang sfiorava quasi i muri sprizzando scintille e sollevando cartacce e polvere mentre filava ad una velocità impossibile.
“Capo, stiamo solo sprecando pallottole!” gridò Cardinale, la sua pistola sul tappetino della vettura “Propongo l’uso immediato di una spaccatimpani di Pat!”
“Ma questa volta deve essere una bomba vera e propria!” rincarò la dose Morales “Questi mi hanno proprio rotto le scatole!”
Elijah guidava concentrato, strattonando il volante a destra e a sinistra per evitare i bidoni dell’immondizia. Dietro di loro la berlina si avvicinava con inesorabile lentezza, filando via dritta e urtando tutto quello che le si parava davanti. Una nuova granugiola di proiettili investì la Mustang e di nuovo tutti si stesero sui sedili, coprendosi la testa con le mani.
“Te lo avevo detto io che ci voleva il bazooka!” strillò offeso Patterson prima di essere sbattuto contro la portiera da una curva a gomito. Alla fine, il vicolo si immetteva su una strada a tre corsie, dove il traffico era sostenuto.
“Tenetevi forte!” ululò Elijah tenendo il volante come il timone di un veliero. La Mustang si infilò in seconda corsia con un gran stridiò di gomme, urtando un pullman sulla destra e una Cadillac sulla sinistra. Immediatamente la berlina e la Jeep le si misero a tenaglia e cozzarono contemporaneamente contro il paraurti posteriore della Mustang.
“Pat, una spaccatimpani!” si decise Elijah. Arrivò ad un incrocio dove c’era il semaforo rosso: deviò a destra mancando per un millimetro una decappottabile che finì dritta contro il guard-rail.
“Guida per due secondi come un cristiano!” urlò Patterson “Ho rischiato di infilare la bomba in bocca a Morales!”
“Gli avrebbe fatto solo bene!” ribatté Elijah: il sudore gli colava dalla fronte facendogli bruciare gli occhi “Dimmi quando sei pronto, ma alla svelta, miscredente!”
La strada che stavano percorrendo era relativamente vuota: di nuovo la Jeep e la berlina si misero una a destra e una a sinistra della Mustang pronte a speronarla.
“ORA!” gridò Patterson. Elijah frenò di colpo mentre Patterson gettava la sua bomba fuori dal finestrino. Questa cadde sul cofano della berlina che mancò il paraurti anteriore della Mustang per un pelo e cozzò contro la Jeep che stava eseguendo la stessa manovra dall’altra parte. Con un boato spaventoso, la bomba esplose avvolgendo in una nuvola di fuoco le due macchine che si erano scontrate. L’onda d’urto prese in pieno la Mustang che cappottò due o tre volte prima di finire contro un muro a testa in giù. Per qualche secondo le ruote della Mustang girarono a vuoto, poi il motore si spense definitivamente. Elijah rotolò sull’asfalto bagnato uscendo dal finestrino: tossiva e gli occhi gli lacrimavano ma, a parte una contusione al ginocchio che gli faceva vedere le stelle, non aveva niente di rotto.
“Ragazzi?” gracidò, ma il fumo copriva completamente la visuale. Preceduto da una tosse che sembrava più il ruggito di un leone, Patterson lo affiancò carponi, il viso una maschera di sangue per tre taglietti sulla fronte.
“Tiriamo fuori quel buoni a nulla, prima che arrivino i Runners” brontolò ritornando alla Mustang. Morales e Cardinale stavano cercando di tirare fuori Garrie, mezzo incastrato nel sedile anteriore.
“State tutti bene?” chiese Elijah, travolto da un’ondata di sollievo vedendoli ancora tutti vivi.
“Ho rischiato di rimanere evirato da quel maledetto cambio” sibilò Garrie che, a parte il pantalone sinistro stracciato non aveva nemmeno un graffio. Morales, che sembrava quello messo peggio con un braccio ferito, fece un sorrisetto stanco a Patterson.
“Questa sì che era una spaccatimpani, eh Pat?”
Questi fece spallucce, lusingato.
“Magari ho esagerato un filino con l’esplosivo al plastico…”
“Ragazzi, togliamoci da qui: tra dieci secondi questo posto sarà zeppo di Runners e non credo che ci inviteranno a prendere un thè con loro” propose Elijah.
Zoppicando e claudicando i cinque si rifugiarono in un vicolo proprio mentre le sirene iniziavano a suonare e le macchine della polizia ad accalcarsi nel luogo dell’incidente.
“Dobbiamo avvisare Alicia” disse preoccupato Garrie cercando di raddrizzare alla bell’è meglio i pantaloni “Si accorgeranno subito che la macchina è sua. La arresteranno”
“Alicia è troppo in gamba per non averci già pensato” rispose Morales.
“Scusate, ma qualcuno sa dove poffarbacco siamo?” chiese Patterson ansimando.
Cardinale tirò fuori dal lungo cappotto di cammello un computer da polso e pestò un poco sui tasti prima di rispondere.
“A un chilometro in linea d’aria dalla casa di Alicia” rispose infine. Elijah fissò il computer sorpreso.
“E quello da dove salta fuori?” chiese sospettoso e Cardinale gli sorrise ingenuamente.
“Un piccolo souvenir che ho preso dalla casa di Alicia. Per ogni evenienza, sai…”
Per arrivare davanti alla casa della loro compagna, dovevano attraversare un via piuttosto frequentata: la gente si girava a guardarli, un po’ per l’aspetto bizzarro, un po’ per il sangue che li ricopriva, chi più chi meno. Arrivarono in vista della casa di Alicia, ma il CDI li aveva preceduti: le macchine con le sirene lampeggianti stavano aspettando sulla strada mentre un’Alicia piuttosto riottosa, accompagnata da due Runners in divisa, veniva accompagnata al più vicino de-digitalizzatore.
“Ah, maledizione!” imprecò Elijah mentre Patterson lo trascinava al sicuro dietro alla porta di un bar “E adesso che facciamo?”
“Ci stanno guardando tutti” ansimò Cardinale, allarmata “Dobbiamo levare le chiappe da qui al più presto”
“Come no, perché non fai digitalizzare una lampada magica?” la apostrofò Garrie tra l’irritato e il disperato.
“Ho il computer da polso, ritardato mentale” ringhiò Cardinale “Possiamo, anzi, dobbiamo passare ad un’altra piattaforma, subito!!”
“Cardinale ha ragione” tagliò corto Elijah “Visto che Benedict non viene alla montagna, la montagna andrà da Benedict. Su che piattaforma era l’informatore di Alicia?”
““DR 1845 Far West” rispose svelta Cardinale “Ho già programmato i digi-alias e il passaggio silenzioso per la piattaforma. Basta pigiare un tasto, se il nostro capo concede graziosamente il permesso”
“Già programmato…” balbettò Morales “Ok, inutile chiedertelo. Per qualsiasi evenienza, giusto?”
“Andiamo” decise Elijah prendendo la mano di Cardinale.
*          *          *         
Nella stanza privata del Presidente, la decina di persone che aveva seguito sul maxischermo l’inseguimento e la fuga della squadra tirò un sospiro di delusione. Solo il presidente continuava  a fumare il suo sigaro con un’espressione placida e vagamente soddisfatta sul viso.
“Sembra quasi che siate contento che quei cinque ci siano sfuggiti” gli fece notare un socio anziano, piccato. Il presidente girò su di lui uno sguardo ironico.
“In un certo senso” ammise lentamente “La caccia è più interessante quando si fa difficile. Loro sono prede e non c’è dubbio che soccomberanno. Ma mi piace vederli sudare un po’…”
“Dobbiamo avvisare il CDI che quei cinque erano in realtà la squadra Tau Centauri?” chiese un altro socio, dubbioso.
Il presidente fece un gesto noncurante con la mano, seminando una scia di fumo intorno alla testa.
“Il generale Scott è abbastanza pieno di mezzi e di presunzione per arrivarci da solo. Lasciamolo cuocere nel suo brodo” rispose lapidario.
E si allontanò mentre il maxischermo mandava il ronzio soporifero della chiusura delle comunicazioni.
*          *          *
Piattaforma Dream Rewind 1845 Far West – Ranch  – incognito
Benson, Elijah            digi-alias        Sé stesso                    
Cardinale, Jude           digi-alias        Sé stesso
Morales, Eric             digi-alias        Sé stesso
O’Brian, Garrie          digi-alias        Sé stesso
Patterson, Matt            digi-alias        Sé stesso
 
Elijah cadde di nuovo addosso a Cardinale, ficcandole il gomito esattamente sotto lo sterno. Dopo qualche secondo di boccheggiamento a vuoto la ragazza riuscì a riprendere fiato.
“Non ne posso più di questo stillicidio” ansimò ancora piegata in due “Se vuoi farmi fuori sparami un colpo in bocca”
“Perdonalo, è l’unico modo che ha di metterti le mani addosso senza trovarsi con un terzo occhio in mezzo alla fronte” rise Garrie che era l’unico a essere miracolosamente caduto in piedi.
“Bah, sei sicuro che andrebbe a finire così?” azzardò Patterson sibillino. Se gli sguardi potessero uccidere quello di Cardinale lo avrebbe polverizzato.
“Dì un po’” la apostrofò Morales guardandosi gli abiti “Non mi sembra che ti sia impegnata molto con questi digi-alias. Voglio dire, io sono io, tu sei tu e Pat è il solito suino razzolante”
“Però i nostri abiti sono di chiara manifattura dell’epoca” protestò debolmente Cardinale “Prova a fare tu cinque digi-alias nuovi di zecca in cinque minuti”
“Ne parleremo più tardi” tagliò corto Morales “Adesso cercherei un posto dove riordinare le idee”
“Sempre che Elijah e Cardinale abbandonino la loro posizione orizzontale” ridacchiò di nuovo Garrie, allusivo “Volete che vi lasciamo soli o possiamo unirci anche noi?”
“Appena questo bisonte mi si toglie di dosso vengo lì e ti spacco la faccia, O’Brian” sibilò inviperita Cardinale.
“Mi fa male al ginocchio” si scusò Elijah rotolando a malincuore lontano da Cardinale.
Alla fine Garrie lo aiutò ad alzarsi in piedi ed Elijah riuscì a guardarsi intorno: erano nel retro di una cascina per la legna. Davanti a loro si estendeva una prateria inframmezzata dalle pacifiche figure di  una mandria di bestiame. Stava calando la sera e il cielo era striato da nuvole rosa e arancioni. Il quadretto bucolico era disturbato da alcuni spari in lontananza. I cinque si infilarono velocemente all’interno della cascina dove vennero assaliti dalla frescura e dal piacevole aroma di resina della legna accatastata in pile ordinate. Mentre Patterson medicava il braccio di Morales, ancora dolorante, Cardinale buttava a terra il computer da polso con aria disgustata.
“Non ci posso credere, sei riuscito a rompere anche questo” grugnì verso Elijah che si massaggiava il ginocchio con aria colpevole.
“Scusa tanto, ma non sono abituato a saltare da una piattaforma all’altra con un esercito che mi spara nelle chiappe”
“Già” intervenne Garrie “Vorrei sapere come hanno fatto a rintracciarci quelli del CDI”
“Non erano del CDI” si intromise Morales, piuttosto pallido dopo essere passato dalle mani di Patterson “Il CDI è un corpo di polizia: ha l’obbligo di identificarsi e tentare di disarmare prima di attaccare. Sono le regole dei Runners, dovreste saperlo”
“Ma se non era il CDI, allora chi diavolo erano quelli?” chiese Patterson , meravigliato.
“Ragioniamo” propose Elijah “Abbiamo detto che tutto parte dalla Fabbrica di bambini. Chi detiene l’appalto per la gestione della Fabbrica?”
“La Ars Space Corp” rispose prontamente Morales.
“Esatto. E chi detiene il consiglio supremo delle DDW? Ancora la Ars Space Corp. Se non è il CDI, l’unica con i mezzi per fare quello che ci hanno fatto è proprio la Ars Space Corp.”
“Ma è illegale!” proruppe Morales, preoccupato. Patterson lo guardò esasperato.
“Già, vaglielo a dire tu al governo. Ti ricordo che due membri su tre fanno parte del consiglio di amministrazione della Corp.”
“Non c’è nessuno di livello più alto della Corp. a cui possiamo rivolgerci per chiedere aiuto?” chiese Cardinale speranzosa. Patterson le rise in faccia.
“Certo che c’è. Vai nella chiesa più vicina e inizia a pregare Dio di mandare giù qualche arcangelo.”
“Ritorniamo sempre al punto di partenza” li interruppe Elijah “Dobbiamo trovare Benedict, e alla svelta”
“Ma io ho fame” si lamentò Patterson, imbronciato.
“Possibile che pensi solo al cibo? “ sospirò esasperata Cardinale.
“Oh, no, penso anche al sesso, ma non mi viene bene se ho fame”
“Andiamo, uomo delle caverne, cerchiamo qualcosa da mangiare mentre questi tre preparano un piano” propose Garrie aggiustandosi il cinturone da pistolero e il cappello da cow boy.
Quando furono usciti Morales si sedette su un fascio di legna e guardò Elijah interrogativamente.
“E che piano dovremmo escogitare?” chiese cupo “Se siamo fortunati riusciamo a sopravvivere per altri sei giorni prima di essere terminati con discrezione. Che schifo di situazione!”
“Vado a prendere un po’ d’acqua” sospirò Cardinale e uscì dalla cascina a testa bassa.
Elijah e Morales rimasero in silenzio a rimuginare sulla situazione.
“Fossi in te andrei con lei” proruppe ad un certo punto Morales, seriamente. Elijah lo guardò sorpreso aggrottando le sopracciglia.
“Come, scusa?”
“Andiamo, Lij…siamo ricercati, probabilmente radiati dall’ordine e abbiamo mandato bellamente al diavolo l’intero codice dei Runners. E’ da quando Cardinale è arrivata nella Tau Centauri che non le togli gli occhi di dosso. Capisco che, dopo Alicia, tu voglia andare con i piedi di piombo, ma ti ricordo che abbiamo si e no sei giorni di vita, e, se credi di doverle dire qualcosa, forse adesso è la tua ultima occasione”
Elijah ammutolì, imbarazzato: non era nelle abitudini di Morales farsi gli affari degli altri e neanche dare consigli non richiesti.
“Perché me lo dici?” chiese sottovoce, alla fine.
“Per svariati motivi” rispose Morales con un sorriso canzonatorio “Perché mi dispiace vedere che ti comporti da fesso. Perché, se non lo fai tu, Garrie non perderà di certo l’occasione, visto che sull’argomento è parecchio più ferrato di te. E perché se lei guardasse me come guarda te, sarei già andato fuori da un pezzo. Avanti, muoviti prima che arrivino Stanlio e Ollio”
Elijah obbedì: come in un sogno aprì cautamente la porta e sbirciò a destra e a sinistra. Cardinale era in piedi vicino al pozzo, il viso sollevato verso il cielo ormai trapuntato di stelle. Elijah si avvicinò piano, chiedendosi vagamente che diavolo stesse facendo.

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Capitolo 14
*** Capitolo 12 : L’ora della verità ***


 Piattaforma Dream Rewind 1845 Far West – Ranch  – incognito
Benson, Elijah            digi-alias        Sé stesso                    
Cardinale, Jude           digi-alias        Sé stesso
Morales, Eric             digi-alias        Sé stesso
O’Brian, Garrie          digi-alias        Sé stesso
Patterson, Matt            digi-alias        Sé stesso
 
Cardinale era girata di spalle e man mano che si avvicinava, Elijah sentiva i battiti del cuore farsi sempre più pesanti. Non aveva idea di cosa le avrebbe detto; in realtà, non aveva idea di cosa volesse dirle. Si fermò dietro di lei, in silenzio, ad aspettare che il cuore tornasse a battere nella cassa toracica invece che in gola.
“Ti chiedi mai come era il cielo visto dalla Terra?” lo sorprese ad un tratto la voce della ragazza.
“Sì, me lo chiedo” rispose dopo una piccola pausa .
“E com’era, secondo te?”
Elijah inspirò profondamente, riflettendo.
“Imperfetto. Meno bello di questo, sicuramente. Ma vero. Così vero da spezzare il cuore”
“E’ esattamente quello che penso io”
Rimasero in silenzio, con il naso per aria. Elijah sentiva il profumo dei capelli di Cardinale, mossi leggermente dal vento: se solo si fosse girata, se solo gli avesse sorriso…
“Pensi che la tua Alicia riuscirà a cavarsela?” chiese la ragazza con voce neutra, rimanendo ostinatamente di spalle.
Dopo un attimo di sottile confusione per il repentino cambio di tono della voce, ad Elijah caddero moralmente le braccia: sentì la collera montargli dentro, incontrollabile. Dalla postura rigida della nuca e dalla voce sferzante, si capiva perfettamente che Cardinale era nel pieno di una delle sue crisi isteriche e che non voleva far altro che litigare. Siamo perfettamente sincronizzati, come sempre , pensò Elijah con un moto di ironica insofferenza.
“Alicia sa cavarsela da sola” disse con voce dura “E’ commovente che tu pensi a lei in questo momento quando siamo ad un passo da finire tutti ammazzati come conigli. Comunque, lei non è la mia Alicia”
Cardinale si voltò con gli occhi lucidi: per un attimo Elijah pensò che fosse davvero commossa prima di rendersi conto che era furiosa. In realtà, Cardinale non aveva nessuna intenzione di arrabbiarsi, ma il ricordo della testa bionda di Alicia che si chinava verso Elijah per baciarlo platealmente le sollevava una cortina di rosso furore nel cervello, inusuale quanto imbarazzante, ma assolutamente inevitabile.
“E’ strano che non sia tu ad essere commosso per la sua sorte” sibilò infatti con voce sferzante “ In fondo è a te che ha chiesto di tornare. Quando ti ha baciato, ricordi?”
“Sì, ricordo molto bene” rispose Elijah gelidamente “Lo ricordo perché è stata una delle poche cose belle che mi sono capitate negli ultimi giorni. Mi è piaciuto sapere che qualcuno ci tiene a me, senza che gli debba dei soldi o che abbia qualche interesse economico nei miei confronti. Se a te la cosa non garba, affari tuoi. Ne ho abbastanza delle tue scenate: sei solo una povera isterica gelosa senza motivo”
Le parole di Elijah erano così vere che Cardinale si vergognò di sé stessa come se fosse stata sorpresa a rubare. E, come sempre quando si sentiva minacciata, attaccò per prima: la sua mano scattò velocissima schiaffeggiando Elijah su una guancia così forte da fargli girare la testa.
“Non ti azzardare mai più a dare dell’isterica a me, capito?” strillò Cardinale e questa volta le lacrime brillavano davvero nei suoi occhi. La sua reazione era stata così improvvisa ed inaspettata che Elijah ci mise qualche secondo a realizzare cosa era successo. Alla fine, furibondo, afferrò la ragazza per le braccia e le diede una scrollata, facendole ballonzolare la testa come una bambola di pezza.
“Se ti azzardi un’altra volta a darmi uno schiaffo senza motivo mentre siamo in servizio…”
“Ah, uno schiaffo non si può, ma un bacio sì, vero?” sibilò di rimando Cardinale.
“Sai cosa penso? Che ti dia così fastidio solo perché a te non ti bacerebbe nessuno, vipera come sei!” disse, prima di essere raggiunto da una ginocchiata nell’inguine che lo fece piegare in due, boccheggiando senza fiato.
“Tu non ne sai proprio un cavolo di niente di me!” gli gridò Cardinale. Elijah cadde carponi, aggrappandosi alle ginocchia di Cardinale che perse l’equilibrio e cadde lunga distesa in mezzo alla polvere. Elijah si beccò un pugno di striscio sullo zigomo destro prima di riuscire a bloccare i polsi della ragazza.
“Maledetta psicopatica!” gridò scrollandola di nuovo. Cardinale stava per sfuggirgli ed Elijah la bloccò a terra, appoggiandosi con tutto il suo peso e stringendole le gambe con una presa a forbice.
“Lasciami!” strillava la ragazza sgroppando come un puledro, ormai completamente coperta di polvere.
“E perché mai?” ringhiò cattivo Elijah stringendole forte i polsi “Non vuoi sapere cosa penso del bacio di Alicia?”
“Avvicina la tua maledetta faccia e ti stacco il naso a morsi!” sibilò Cardinale, schiacciata sotto il suo peso.
“Davvero…?”
Si ansimarono in faccia per qualche secondo, a pochi centimetri di distanza: Elijah poteva contarle le lentiggini sul naso e sentire il suo cuore battergli veloce contro il petto.
“Non ti avvicinare, ti ho detto…” supplicò Cardinale, ma le sue labbra tremavano.
Elijah si chinò su di lei, lentamente, la testa priva di pensieri razionali.
“Oh, questo sì che è spirito di squadra!” disse una voce estranea proveniente da una zona d’ombra.
Elijah e Cardinale si allontanarono immediatamente l’uno dall’altra, ruzzolando ed estraendo contemporaneamente le pistole dalle fondine del cinturone appeso ai fianchi. Dal buio arrivò una risatina sardonica.
“Chi c’è?” chiese duro Elijah, ancora ansimante per la lotta con Cardinale.
“Sai, Benson, non credo che ti avrebbe staccato il naso” ribadì la voce, seguita dallo sfrigolio di un fiammifero che si accendeva. Alla flebile luce della sigaretta Elijah intravide un volto con la barba incolta e il cappello da cow boy calato sulla fronte. La pistola nella sua mano si abbassò da sola.
“Benedict!” sussurrò.
L’uomo uscì dall’ombra e sollevò il cappello per mostrare il viso che sorrideva ironico.
“Scusa il momento poco opportuno” disse accennando a Cardinale che gli teneva ancora puntata contro la pistola, incredula “Ancora pochi secondi e sarei stato davvero di troppo, così ho preferito esternare subito la mia presenza”
“Come…come ci hai trovati?” riuscì a domandare Elijah ancora sconvolto dalla sorpresa.
Benedict fece spallucce, incurante.
“Sarete anche la squadra migliore in circolazione, ma vi lasciate dietro tracce più grosse di quelle di  un tirannosauro”
“Ho programmato un passaggio silenzioso” riuscì a verbalizzare Cardinale, abbassando finalmente la pistola “Come puoi averci trovato?”
Benedict alzò gli occhi al cielo.
“Questi geni del computer… credono che il sole sorga e tramonti nella loro CPU. Avete presente quella bella targhetta metallica che avete tutti appesa al collo o appuntata alla vostra tuta di ordinanza? Quella che identifica il vostro nome, grado e squadra di appartenenza? Quella che fa talmente parte di voi da dimenticare di averla? Ebbene, quello è un trasmettitore di presenza. Hanno sempre saputo dove eravate da quando vi siete ammutinati fino ad ora”
Elijah e Cardinale si scambiarono uno sguardo colpevole.
“La targhetta…” ripetè Elijah, sentendosi allo stesso tempo molto stanco e molto idiota.
Benedict si avvicinò a lui e gli appoggiò comprensivo la mano sulla spalla.
“Tranquillo, compagno, nemmeno io c’ero arrivato. Devo dirvi un sacco di cose, ma ottimizzerei il nostro tempo a disposizione: primo, dovete liberarvi delle targhette. Secondo, vi porto in un posto sicuro dove vi spiegherò tutto quello che so. Siete d’accordo?”
Elijah si avvicinò all’uomo, guardandolo dritto negli occhi. Benedict ricambiò lo sguardo, pacato e vagamente sorridente.
“E chi ci dice che non ci stai attirando in una trappola?” domandò Elijah, poco convinto.
Benedict quasi gli rise in faccia.
“Se avessi voluto farvi fuori, tu e la tua dolce donzella, vi avrei sparato mentre vi rotolavate nel fango, non credi?”
“Chiamami un’altra volta dolce donzella e ti spacco tutti i denti” sibilò Cardinale alzandosi in piedi con dignità.
Benedict le rivolse un sorriso insolente: la squadrò da capo a piedi, lentamente, con un’espressione palese di apprezzamento.
“In un altro momento avrei affrontato l’argomento con molto piacere…” disse con voce morbida e carezzevole “Purtroppo le circostanze ci impongono una decisione: o venite con me o addio. A te la scelta, Benson”
Elijah rimase in silenzio: per quanto lo irritasse il modo in cui quel tizio guardava Cardinale,  sentiva di avere delle affinità con lui, di potersi fidare.
“Veniamo con te” si decise alla fine.
Gli girò le spalle e si avviò verso la cascina, risoluto. Benedict fece un ironico inchino a Cardinale, facendole segno di precederlo.
“No, gioia, io ti sto di dietro e con la pistola puntata” dichiarò Cardinale a brutto grugno.
Benedict fece una risatina allusiva e si incamminò dietro ad Elijah, tranquillo come se facesse una passeggiata. Canticchiava a denti stretti  “Oh, my darling, oh, my darling, oh, my darling Cardinale” e la ragazza lo detestò immediatamente, pur non riuscendo a reprimere un moto di simpatia involontaria.
All’interno della cascina, Morales accolse il loro arrivo con un’espressione mista di meraviglia, sospetto e involontario sollievo. Sorvolò sulla nuova ferita allo zigomo di Elijah e sui vestiti impolverati di Cardinale e concentrò l’attenzione su Benedict.
“Era ora che ci trovaste” disse in tono leggero, dopo le presentazioni “Stavamo per farci una partita a carte nell’attesa”
“Non per mettervi fretta, ma se vogliamo avere un minimo di margine di vantaggio, dovremmo sbrigarci” tagliò corto Benedict.
Neanche a farlo apposta, in quel momento rientrarono Garrie e Patterson. Benedict e Garrie si salutarono da vecchi amici mentre Patterson annusava il nuovo arrivato, sospettoso come un cane da caccia davanti ad un fagiano. Ad un cenno del capo di Elijah, però, abbassò la guardia e si mise a braccia incrociate, radiografando le mosse di Benedict in un silenzio minaccioso. Elijah spiegò brevemente a tutti la storia delle targhette di riconoscimento: fu il primo a togliersela, gettandola con rabbia in mezzo alla legna. Anche Garrie e Morales fecero altrettanto: Cardinale e Patterson furono gli ultimi, non prima di aver guardato per l’ultima volta il segno distintivo dei Runners che tanto li aveva resi orgogliosi di sé stessi negli ultimi anni.
“Mi sembra quasi di essere nuda senza la targhetta” mormorò Cardinale con una smorfia imbarazzata “Ero così fiera quando me l’hanno data…”
Patterson tirò su rumorosamente col naso e lanciò uno sguardo feroce a Benedict.
“Andiamo” disse dopo aver ricacciato in gola un paio di improperi che gli erano saliti spontanei.
Uscirono dalla cascina e, rasentando i muri, corsero verso la zona d’ombra dalla quale era spuntato Benedict. Lì c’era un cow boy che li aspettava nervoso, tenendo per le briglie dei cavalli. Tutti salirono in groppa alle bestie e seguirono Benedict che era partito al trotto.
“I vostri rivelatori nella cascina faranno credere che siate rimasti lì per la notte” spiegò Benedict ad Elijah che cavalcava di fianco a lui “Questo ci darà parecchie ore di vantaggio sugli inseguitori. Domattina è probabile che pensino che siate passati su un’altra piattaforma, quindi rimarremo su questa: è più sicuro”
“Il nostro computer da polso è andato” si intromise Cardinale dietro di loro, ostinandosi a non guardare Elijah.
“Troverai pane per i tuoi denti dove vi sto portando” le rispose Benedict prima di spronare il cavallo.
Attraversarono la prateria al galoppo mentre la luna saliva nel cielo e l’aria si faceva umida e fresca. Arrivarono in una gola protetta da ripide rocce spoglie che nascondevano un piccolo spiazzo segreto. Quattro o cinque cow boy avevano preparato un bivacco, senza accendere fuochi per non destare sospetti. Benedict lasciò il cavallo alle cure di uno di loro, imitato dalla squadra. Dopo aver mormorato qualche presentazione, Benedict li guidò dentro ad una tenda nascosta da un fitto intrico di rovi. Là dentro un giovane stava trafficando con un mastodontico computer, ma si alzò in piedi sorridendo amichevolmente al loro arrivo.
“Questo è il nostro attuale programmatore, Jackson” disse loro Benedict, telegrafico “Immagino che sappiate… i Runners scomparsi hanno vita breve nelle file dei ribelli” rise senza allegria, gelando ai ragazzi il sangue nelle vene.
“Direi che è ora che facciamo due chiacchiere” disse Elijah tagliando corto le presentazioni.
Benedict si sedette nel mezzo della tenda, imitato controvoglia dalla squadra, in attesa di notizie.
“Ricordi l’ultima volta che ci siamo incontrati?” esordì Benedict, ed Elijah annuì.
“Piattaforma DR 0048 Roma Imperiale”
“Avevi un’arma insolitamente efficace contro i Disinfestatori” si intromise Patterson, ammirato “Dove l’hai presa?”
“Un’eredità” rispose sibillino Benedict, facendo spallucce “Allora, dove siete arrivati con le vostre indagini?”
“Alla Fabbrica” rispose Elijah, impaziente “Ed alla Ars Space Corp.”
Benedict annuì soddisfatto.
“Molto, molto bene. Vi sarete chiesti chi ha commissionato la nostra nascita alla Fabbrica: e chi se non mamma Ars Space Corp. in persona?”
“Ci avevano già destinato ad una vita da Runners” esclamò Garrie, folgorato da illuminazione “Però…usavano i patrimoni genetici di donatori diversi, vero?”
“Questo non lo so” rispose Benedict, serafico “Ma dubito che i miei geni abbiano qualcosa a che fare con i tuoi, Garrie bello. Comunque, sì, eravamo destinati a diventare Runners. A crescere senza famiglia, senza affetti, senza amicizie particolari che non fossero “cani sciolti” come noi. E a scomparire, a un certo punto della nostra vita, più o meno rumorosamente”
“Abbiamo constatato che il CDI non è coinvolto attivamente in questo complotto. Secondo noi viene usato dalla Corp. a suo piacimento. Il CDI non ne sa niente dei Runners scomparsi, giusto?” chiese Cardinale.
“Non sta al CDI controllare chi e quanti Runners spariscono : quello è un compito che si è tenuta la Ars Space Corp. Il CDI si accerta solo che il numero di Runners attivi sia sempre lo stesso. E lo è, perché arriva sempre della carne fresca dai centri di addestramento per Runners”
“Carne fresca…” rabbrividì Garrie “Non potresti usare un eufemismo meno sanguigno, eh?”
Benedict si girò verso di lui e per la prima volta videro trasparire l’angoscia dal suo viso, sotto la maschera di superiorità.
“Allora non capisci?” ribatté, stancamente “E’ proprio quello che siamo, invece: carne fresca, in arrivo con regolarità. I Runners in servizio da qualche anno scompaiono dai mondi virtuali delle DDW e nessuno sa dove finiscano. Nessuno se ne cura perché, in fondo, a nessuno è mai fregato niente di loro. Di noi”
“Ma qualcosa dovranno scrivere sul certificato di morte, no?” provò debolmente Morales, sconvolto.
“Svegliati, amico. Sul certificato potrebbero anche scrivere “morto dal ridere” che tanto nessuno andrà mai a leggerlo, anche perché viene custodito negli archivi della Corp. E comunque...Quello che ci aspetta è una morte diversa da quella scritta sul certificato di morte”
“Che vuoi dire?” chiese Morales, confuso.
“Voglio dire che i corpi dei Runners scomparsi non sono ancora morti quando viene stilato il loro certificato di morte”
“Vuoi dire…che non vengono terminati?” chiese Morales, confuso “Non capisco: il CDI è obbligato a staccare il collegamento con le DDW, e quando succede il soggetto muore. Dove dovrebbe finire uno che è morto, se non in paradiso?”
“Forse non conosci bene la procedura” spiegò pazientemente Benedict “In caso di ribelli o criminali o ricercati, il corpo da terminare non rimane in mano al CDI, ma viene preso in consegna dalla Ars Space Corp.E’ la legge a stabilirlo.”
“Avanti, Benedict, dicci come hai scoperto questo casino” lo incalzò Elijah.
“Scommetto che c’è sotto qualche maledetta femmina” borbottò Patterson, ancora sospettoso.
Benedict sorrise stancamente.
“In un certo senso…” gli rispose “Ho conosciuto una ragazza che lavorava come sorvegliante. Una semplice sorvegliante notturna delle uscite su Orion 4W. Lei ha visto, per sbaglio, e me lo ha detto subito. E’ per questo che siamo finiti tutti nei guai fino al collo”
“Visto cosa? Detto cosa?” lo incalzò Elijah, impaziente.
Benedict prese un profondo respiro prima di continuare.
“I corpi presi in consegna dalla Corp. Non vengono terminati…non subito, almeno”
Sulle facce dei ragazzi si stava dipingendo la stessa, sgomenta espressione di orrore. Il silenzio che cadde dopo la dichiarazione di Benedict era carico dell’odore acre della paura.
“La Corp…” mormorò Elijah mentre un angosciante senso di vuoto gli pervadeva le membra “Preleva i corpi dei Runners mentre sono ancora vivi?…Intendi dire che prende i corpi…per…”
“Alla fine, sapendo dove cercare, qualcosa è saltato fuori” terminò lapidario Benedict “E’ così semplice, dopotutto: sperimentazione scientifica. Sono anni che la Corp. tenta di risolvere l’incresciosa questione della morte fisica in seguito a morte virtuale. Ma come si fa a trovare la soluzione se non studiando come muore un digi-alias?”
Morales non riusciva ad alzare gli occhi da terra. Garrie aveva perso, per la prima volta, il suo eterno sorriso. Patterson rimaneva immobile, con un’espressione omicida negli occhi.
“Mi viene da vomitare” mormorò Garrie diventato di colpo verdognolo.
Patterson gli lanciò uno sguardo disgustato
“Tanto per cambiare. Non fai altro da giorni”
“Non posso crederci…è…assurdo…” balbettò Cardinale, sconvolta.
“Tu non hai idea dell’interesse che hanno le alte sfere per la questione” ribadì Benedict con un sorriso stiracchiato “ A che livelli di potere si può arrivare superando il mistero della morte. Per loro, siamo solo esperimenti che li porteranno alla gloria del Sapere”
“Vuoi dire che seicento Runners sono morti per permettere alla Ars Space Corp. di trovare un modo per non fare morire le persone quando muoiono i loro digi-alias?” chiese Cardinale, incredula.
“A grandi linee, sì, è questo che sospettiamo” rispose Benedict “Ovviamente, il fatto di averlo scoperto mi ha posto in una delicata posizione: devono prendermi vivo o morto, e immagino la loro frustrazione visto che il mio corpo è ancora nelle mani del CDI. Adesso devono prendere anche voi e tutti i Runners coinvolti prima che la notizia si sparga a macchia d’olio e siano costretti a fare una carneficina. Primo, perché darebbe nell’occhio e il CDI sarebbe costretto ad indagare per davvero; secondo…ho come il sospetto che ci sia qualcuno dietro tutto questo che gode a sapere degli omicidi dei Runners…qualcuno che magari non vede l’ora di avere a che fare con noi…”
“E’ la stessa sensazione che ho io” ammise Elijah cupo “L’attacco sulla piattaforma XX° secolo…se avessero voluto farci fuori, ho idea che l’avrebbero fatto da un pezzo. Vogliono tenerci lontano dal CDI per paura che spifferiamo qualcosa”
“Dove?” chiese Cardinale ad un tratto “Dove vengono eseguiti questi esperimenti? Non può essere sulle Orion”
“Infatti, non lo è” annuì Benedict “La sorvegliante ha visto che i corpi sparati nello spazio, come per morte naturale, non sono ancora morti; l’attività neuronica è mantenuta attiva da un dispositivo che applicano al corpo del “cadavere”. Poi, le capsule vengono catturate da una navetta spaziale più piccola, molto veloce, che ufficialmente segue le Orion con il compito di prelevare le criobare e spedirle nello spazio. Generalmente sta dietro Orion 4W, ecco perché tanti Runners scomparsi vengono da lì”
“Ed è su questa navetta satellite che vengono uccisi realmente i Runners?” chiese Garrie con la voce alterata.
Benedict fece un altro sorriso, gli occhi come due laghi di angoscia.
“Ufficiosamente, dai pochi eletti che lo conoscono, questo posto viene chiamato il Mattatoio”
*          *          *
Il silenzio attonito che aveva avvolto la tenda odorava di panico e di sconfitta. Cardinale si era raggomitolata con la faccia premuta contro le ginocchia e, senza volerlo, si era avvicinata alla spalla di Elijah: il calore confortante del suo corpo era l’unica cosa che la tratteneva dal farsi prendere dal panico.
“Comunque, siamo certi che una via di uscita ci sia” disse ad un tratto Benedict, sforzandosi di mettere convinzione nella sua voce “Abbiamo già tentato di attaccare il consiglio di amministrazione della Corp. che si trovava miracolosamente su una DDW, ma una squadra di Runners guastafeste ci ha rotto le uova nel paniere…”
“Diavolaccio, è vero!” tuonò Patterson, sbattendosi una mano sulla fronte “Abbiamo salvato noi quei maledetti bastardi!! Se solo lo avessimo saputo…”
“Abbiamo tentato di avvisarvi tramite Garrie” continuò Benedict “Ma lui non ha capito l’importanza del biglietto che gli avevo lasciato. Quando non è venuto all’appuntamento, abbiamo deciso di attaccare lo stesso, sperando in un miracolo. E invece, siamo solo riusciti a farci ammazzare prima del tempo…”
“Potremmo ritentare” propose Morales, speranzoso, ma Benedict scosse il capo.
“Negativo, socio. Quelli hanno mangiato la foglia e non torneranno sulle DDW finché uno di noi è ancora  in circolazione. Ancora per poco, per quanto mi riguarda”
“Cosa vuoi dire?” chiese Garrie, allarmato.
“Che io ho solo tre giorni di tempo prima che la Corp. mi regali un biglietto di sola andata per l’inferno. Quindi, siccome non sono votato al martirio, troviamo una soluzione. Siete la squadra di Runners migliore in circolazione, no?”
“Al momento mi sembra di avere un buco nero nella testa” sospirò Elijah “Credo di dover digerire un po’ questo mattone prima di riuscire a pensare a qualcosa”
Benedict si passò una mano sulla testa, imbarazzato
“Sì, hemm…scusate le cattive maniere, ma le circostanze…volete qualcosa da mangiare? Da bere?”
“Whisky “ dissero i cinque con perfetta sincronia. Si guardarono l’un l’altro sconcertati e scoppiarono a ridere.
“Siete una squadra fin nel midollo, a quanto pare” osservò Benedict divertito.
“Stesso patrimonio genetico” rabbrividì Garrie “Che schifo…sento i geni di Pat che mi avvelenano il sangue…”
“Và là che ti piacerebbe avere un po’ del mio testosterone, mezza calzetta” si vantò Patterson prontamente.
“Ma se quella che ne ha di più tra noi è Cardinale!” buttò lì Garrie ricevendo prontamente un cazzotto sul braccio dall’interessata.
“Come al solito, confondi la materia grigia con gli ormoni sessuali” replicò lei altezzosa.
“Allora, mi sembra il momento migliore per prendere la più grossa sbronza della mia vita” esordì Morales, sfregandosi le mani “Io vorrei due bottiglie di champagne francese ghiacciato”
“Visto che ci sei, porta anche le sigarette” aggiunse Garrie.
“…e anche…” iniziò Patterson ma Elijah lo bloccò sul posto.
“Niente porcate, Pat” disse tra il serio e il faceto “Non c’è spazio per fare cose in privato, e pensare di condividere con voi certe esperienze mi dà il voltastomaco. Mi sa che per il sesso dovrai aspettare la prossima reincarnazione”
“E chi ti dice che stavo chiedendo quello?” ribatté Patterson, offeso “Stavo chiedendo una bella zuppa di fagioli, come quelle che sanno fare solo nel vecchio west. Sei il solito depravato, Capo”
“Comunque, se hai qualche femmina in giro...” si intromise speranzoso Garrie.
Benedict alzò le spalle.
“Spiacente, ma l’unica femmina in circolazione è Cardinale” li informò con aria triste.
Morales si girò verso di lei con aria sorpresa.
“Perché, è una femmina?”
“Dio ce ne scampi!” rincarò la dose Patterson “Prima di arrivare alle mutandine quella ti sfinisce con le sue stupidaggini femministe. Piuttosto divento un eunuco”
“Potremmo imbavagliarla” propose Garrie con aria dubbiosa.
“Con quella lingua demolirebbe anche un bavaglio di acciaio” lo avvertì Patterson.
Cardinale si alzò in piedi e si spazzolò graziosamente i pantaloni.
“Peccato, Pat” sospirò poggiando una mano sopra la spalla del compagno “Mi ero quasi convinta ad immolare il mio corpo per la causa, prima che te ne uscissi con queste illazioni da maschio fallocrate…”
Patterson fece una faccia poco convinta.
“Sì, ti ci vedo proprio a rotolarti nel fango con quattro uomini…”
“Bè con uno si è rotolata” intervenne Benedict e Cardinale lo afferrò per un braccio, trascinandolo via.
“Andiamo a prendere quel whisky” gli ordinò inferocita mentre Morales scoppiava a ridere e Garrie si guardava intorno, spaesato.
“Cos’è, mi sono perso qualcosa? Cardinale che si rotola nel fango con un uomo? Roba dell’altro mondo. Per oggi ne ho avuto abbastanza di notizie che sovvertono l’ordine naturale delle cose: me ne vado a ubriacarmi”
 

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Capitolo 15
*** Capitolo 13 : Controffensiva ***


Piattaforma Dream Rewind 1845 Far West – Ranch  – incognito
Benson, Elijah            digi-alias        Sé stesso                    
Cardinale, Jude           digi-alias        Sé stesso
Morales, Eric             digi-alias        Sé stesso
O’Brian, Garrie          digi-alias        Sé stesso
Patterson, Matt            digi-alias        Sé stesso
 
Quando l’alba colorò di un rosa trionfante la prateria, calò finalmente il silenzio nel bivacco: come condannati a morte che esprimono l’ultimo desiderio, i Runners avevano dato fondo a tutte le scorte di alcolici, cadendo in una euforia vagamente forzata per esorcizzare l’incombere minaccioso della morte. Patterson si era addormentato stringendo teneramente la gamba di Garrie, come un bambino che si aggrappa al suo orsacchiotto preferito. Morales russava beato con il cappello da cow boy in bilico sullo stomaco che si alzava e si abbassava al ritmo del respiro. Elijah fu svegliato da un rumore sottile ma insistente che gli trapanava le orecchie. Aprì gli occhi e gli ci volle qualche secondo per mettere a fuoco: sul pavimento giacevano parecchi cadaveri di bottiglie e figure umane abbandonate in posizioni contorte. Il ticchettio furioso che lo aveva svegliato proveniva dal computer, dove Cardinale era concentrata a pestare alacremente sui tasti. Elijah tentò di alzarsi e la testa gli esplose in un tripudio di dolori lancinanti.
“Oooh..” gemette il giovane, lottando contro la nausea.
Cardinale si girò verso di lui e sorrise canzonatoria alla vista della sua faccia stravolta.
“Sono lieta di vedere che le tue funzioni cerebrali non sono affogate nell’alcool” lo salutò ironica.
Elijah non replicò, infastidito sia dal suo tono di voce che dal fatto che sembrava scoppiare di salute nonostante avesse bevuto quanto loro. Si allungò per prendere una bottiglia superstite e, per quanto lo assalisse la nausea all’odore acre del liquore, si sforzò di mandare giù un paio di sorsi.
“Stamattina mi sono svegliata con un’idea meravigliosa” esordì Cardinale eccitata ed Elijah la odiò intensamente.
“Quale, quella di darti fuoco?” ribatté acido, sentendo la lingua come un corpo estraneo in bocca.
Cardinale non se la prese: si avvicinò a lui, lo aiutò ad alzarsi in piedi e lo sostenne mentre Elijah aspettava che il soffitto e il pavimento tornassero alla loro posizione originale.
“Tutto ok?” lo interrogò la ragazza, sondandolo dubbiosa “Posso mollarti senza che stramazzi per terra come un sacco di patate?”
“Per chi mi hai preso” brontolò Elijah strappandole il braccio dalle mani e rischiando di finire lungo disteso. Cardinale lo riafferrò per il braccio e di nuovo sorrise con snervante buonumore.
“Sei ancora arrabbiato con me per ieri sera?” gli chiese dolcemente.
Elijah avrebbe voluto strozzarla: era sleale affrontare quell’argomento mentre lui non sapeva ancora se era al mondo o no. Ed era sleale avere quel sorriso che lo mandava in confusione già da sobrio.
“Sì, lo sono” rispose di scatto senza però togliere il braccio dalle sue mani.
“Scusami” disse Cardinale a voce bassa e contrita “Lo sai anche tu che quando mi arrabbio divento un po’…instabile”
“Sì, come una bomba al plutonio” brontolò Elijah: allarmato, si accorse che la rabbia stava lasciando il posto a una confusa agitazione, ma non riusciva a distogliere gli occhi dai suoi che brillavano di sincero dispiacere.
“Ok, inveisci pure” sospirò lei “Me lo merito. E’ che avevi ragione a dire quelle cose, ed io…mi sono sentita così in imbarazzo…”
Elijah faceva fatica a pensare coerentemente: riuscì a districare lo sguardo dai suoi occhi, ma inciampò sulle lentiggini e di nuovo la odiò con tutte le forze.
“Cose…?” balbettò, confuso “Imbarazzo..? Tu non hai nemmeno idea di cosa sia l’imbarazzo. Sei un pezzo di granito rivestito di lentiggini. Anzi, rettifico: un pezzo di granito isterico rivestito di lentiggini”
Cardinale lo fissò per un po’, mentre il sorriso le si smorzava sulle labbra.
“Sei proprio un fesso, Elijah” sospirò lasciandogli il braccio: non sembrava arrabbiata, ma solo delusa.
Ritornò alla sua postazione davanti al computer e gli parlò volgendogli le spalle.
“Questa notte ho avuto modo di pensare e credo che la nostra unica chance sia quella di riuscire a metterci in contatto con il CDI”
“Brillante idea” ribatté Elijah “Immagino che avrai considerato il fatto che la Corp. ci preleverà nell’esatto momento in cui rientreremo nei nostri corpi”
“Non ho detto che dobbiamo rientrare” spiegò lei pazientemente “Ho detto che dobbiamo metterci in contatto”
“Benedict ci ha provato svariate volte, e non c’è mai riuscito. Tutti i mezzi di comunicazione tradizionali verso il CDI sono schermati dalla Corp. E poi, anche se ci riuscissimo, chi pensi che sia disposto ad ascoltarci?”
“Qualcuno ci sarebbe”
“Fai un nome”
“Il generale Scott” disse lentamente Cardinale.
Elijah non sapeva se riderle in faccia o bere un’altra bottiglia.
“Secondo me l’alcool ti ha bruciato i pochi neuroni che ti erano rimasti” la informò alla fine, depresso.
“Rifletti” lo incalzò lei, rannuvolandosi “Se è vero che il CDI è all’oscuro delle trame della Corp. è anche vero che sarebbe l’unico con l’autorità di salvare i nostri corpi che, attualmente, sono nelle sue mani.”
“L’idea è assurda, ma venendo da Cardinale non potevamo aspettarci altro” rombò la voce di Patterson facendoli sobbalzare entrambi.
“Pat…da quant’è che sei sveglio?” chiese Elijah, preoccupato che Patterson potesse aver sentito il suo recente battibecco con Cardinale.
L’uomo si alzò seduto, scuotendo il capo per schiarirsi le idee.
“Da un po’” disse evasivo “Comunque, se non abbiamo alternative migliori, direi che potremmo provarci”
“Siete ancora completamente bevuti” li informò Elijah, scontroso.
“Il fatto è che non sappiamo di chi fidarci al CDI” continuò Patterson imperterrito “Chissà quanti di loro sono spie della Corp. L’unico di cui siamo sicuri è il generale di cui conosciamo fin troppo bene l’integrità morale. Per quanto mi dia fastidio dar ragione ad una femmina, in questo caso Cardinale ha ragione”
“Siete dei maledetti aspiranti suicidi, io non voglio avere a che fare con le vostre idee balzane” mormorò Elijah, con la voce incrinata dal dubbio.
 “Allora, anche quando dice che sei un fesso, ha ragione” decretò Patterson convinto.
A Cardinale scappò una risatina subito contenuta dietro ad un’espressione innocente. Elijah si sforzò di riflettere e di accantonare la rabbia ed il mal di testa che gli martellavano il cervello.
“Supponendo per assurdo che prendessimo in considerazione l’idea…sapresti anche come fare a contattare il generale senza che la Corp. lo venga a sapere e ci frigga tutti come calamari?”
“Il database del CDI è impossibile da violare, con i nostri mezzi” disse prontamente Cardinale “…ma quello delle piattaforme DDW no. Ho cercato sulle varie DR e DN i digi-alias del generale Scott per vedere quali sono quelle che frequenta: ristoranti, musei, biblioteche…e, oplà! E’ saltato fuori che il generale non rinuncia mai al suo appuntamento settimanale. Ed è lì che andremo a trovarlo e tenteremo di parlargli”
“Io avrei proposto di nuovo il piccione viaggiatore” biascicò la voce di Morales, ancora ad occhi chiusi disteso sul duro pavimento.
“Non avevo pensato a sfruttare i database delle DDW” aggiunse ammirato Benedict togliendosi il cappello da cow boy che gli nascondeva la faccia.
Elijah sentì riacutizzare la propria rabbia.
“Cos’è, siete tutti svegli a spiare i discorsi altrui?”
“Guarda che sapevamo che eri un fesso anche prima che Cardinale te lo spiaccicasse in faccia” ribatté Garrie che non si era spostato dalla sua posizione raggomitolata sopra ad una coperta per cavalli.
“Nel frattempo che il vostro Capo si fa venire in mente un’idea migliore, proporrei di tentare anche questa strada” continuò Benedict sollevandosi a sedere “Anche se, come possibile ripercussione, potremmo trovarci chiusi anche i database delle DDW…trovo che sia comunque l’idea migliore che ci sia venuta in mente fino ad ora. Brava Cardinale!”
La ragazza gli dedicò un sorriso abbagliante e il mal di testa di Elijah ebbe un tracollo impressionante.
“Immagino che non sia possibile però avvicinalo tutti e cinque insieme” obbiettò Morales, pensieroso.
“Ci vuole un volontario disposto a incontrarsi con il generale” concordò Benedict “Qualcuno che sappia identificarsi con sicurezza e abbia anche il dono dell’eloquenza”
“Così Patterson è tagliato fuori d’ufficio” sospirò Garrie e Patterson ridacchiò.
“Se permettete” interruppe Cardinale “Visto che l’idea è stata mia, vorrei proporre io il candidato. Elijah Benson, capo della Tau Centauri, fine dicitore e noto sobillatore di folle”
“Io concordo” si unì immediatamente Morales.
“Anch’io”
“Anch’io”
“E io no, secondo voi?” terminò Patterson.
“Alla faccia della democrazia” protestò Elijah, ma in fondo sapeva che si sarebbe proposto comunque “Ok, supponendo per assurdo di prendere in considerazione l’idea…qual è l’appuntamento settimanale del generale Scott?”
Sul viso di Cardinale si allargò un sorriso, perfido, diabolico e scintillante.
“Oh, l’appuntamento è per stasera… tra poco tempo dovrai far sfoggio di tutta la tua bravura di Runner, nonché di tutto il pelo sullo stomaco di cui disponi”
“Se vuoi essere così gentile da dirmi in chi o cosa mi devo digitalizzare…” iniziò Elijah, cautamente “Da come sorridi sembrerebbe quasi che mi aspetti una notte con Jack lo Squartatore”
“No, no, tranquillo. Il buon, vecchio generale Scott non è mica uno schizofrenico come te. Ha solo normalissime pulsioni umane, quindi non manca mai di fare visita per un paio d’ore a Madame Desirée , piattaforma Sex 2010, settore Traditional. Ho già pronto il suo digi-alias”
Elijah diventò di tutti i colori mentre Patterson, Garrie, Morales e Benedict si rotolavano a terra dalle risate.
“Hai capito, il generale?” sussultò Garrie tra le risa.
“Le piattaforme Sex sono perfettamente legali” ribatté Cardinale sulla difensiva “I dipendenti del CDI possono usufruire addirittura di uno sconto se fanno un abbonamento: da studi sull’argomento è emerso che sfogarsi sessualmente aiuta il metabolismo, stimola la concentrazione e sviluppa la produzione di endorfine. Non lo sapevi?”
“Adesso si spiega perché Elijah è sempre così nervoso” dichiarò Morales, compiaciuto.
“Tu… maledetta femmina…non…dirai… sul serio…?” balbettò Elijah, così furioso che se avesse potuto avrebbe staccato i denti a Cardinale uno per uno.
La ragazza fece spallucce senza perdere il suo largo sorriso.
“Io, Capo? Io sono solo un pezzo di granito rivestito di lentiggini, a quanto risulta. Anzi, perdonami, un pezzo di granito isterico rivestito di lentiggini. L’appuntamento di stasera con il generale Scott è tutto tuo”
*          *          *
Orion 3W – Sede CDI
 
Scott quella sera lavorò fino a tardi: dovevano ancora interrogare un sacco di testimoni per la faccenda della fuga della Tau Centauri dalla piattaforma XX° secolo. Il generale si era personalmente occupato di Alicia Grady, senza ovviamente cavarne un ragno dal buco: era una ex-Runner e sapeva come sviare qualsiasi interrogatorio, fossero minacce o persuasioni. Per il momento la donna era ancora agli arresti nella sede centrale del CDI, ma l’indomani sarebbe stata rilasciata per mancanza di prove a suo carico. Ovviamente, sarebbe rimasta sotto sorveglianza, ma Scott sapeva che Elijah era troppo furbo per ribattere quella strada, ormai bruciata. Arrivato a casa, si fece una doccia che durò un’eternità mentre pensava a quanto quella situazione risultasse ingarbugliata, sospetta e frustrante. La Corp., che doveva fornire i supporti necessari a proseguire l’indagine, era maledettamente inefficiente in quel frangente, sembrava quasi che il consiglio non ci tenesse più di tanto a scovare quei ribelli prima della loro terminazione. A Scott, invece, importava. Era da poco tempo il direttore dei Runners del CDI, ma valutava i suoi sottoposti con il dignitoso interesse di un vero militare. Per lui, l’onore stava al primo posto dei valori morali, e mai aveva trovato da ridire sulla lealtà e sull’efficienza della Tau Centauri. Certo, i metodi che usava per perseguire i suoi scopi erano tutto fuorchè ortodossi, ma indubbiamente efficaci. Nessuno dei cinque componenti della squadra era meno che assolutamente affidabile: fino a qualche giorno prima, Scott avrebbe affidato loro la sua stessa vita. Che diavolo era successo…? Sospirando, terminò la doccia e si sedette davanti allo specchio a riflettere. Si sentiva molto stanco e  molto  vecchio ed il suo istinto gli diceva che quella storia puzzava, anche se non sapeva ancora da che parte venisse la puzza. Si accese un sigaro e considerò seriamente la possibilità di saltare l’incontro con Madame Desirée quella sera.
*          *          *
Piattaforma Sex  2010 Settore Traditional  – incognito
Benson, Elijah            digi-alias        Madame Desirée                                Giovane donna
 
La piattaforma Sex non era altro che un lungo viale della perdizione, pensò Desirée mentre attraversava velocemente il marciapiede diretta verso il settore Traditional. Stava cercando di camminare con noncuranza, ma i tacchi altissimi non erano mai stati il suo forte, e nemmeno le piaceva il profumo stomachevole da cui era ricoperta: maledisse per la centesima volta la sua perfida collega che l’aveva ficcata in quel vespaio e camminò più veloce, ignorando i richiami ammiccanti dei passanti in cerca di compagnia. Sapeva di non essere un’esperta di piattaforme Sex poiché non ci aveva mai bazzicato un granché; non lo avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura, ma trovava imbarazzante e molto squallido il fatto di andate su una DDW con l’unico scopo di incontrare persone con cui fare sesso al più presto. Forse Garrie sarebbe stato più adatto a quella missione, si disse dubbiosa. Almeno, lui era di casa su quelle piattaforme. Desirée arrivò alla casa di appuntamenti dove la vera Madame Desirée stava aspettando il suo appuntamento delle 22:00 e, con molta cautela per non essere vista, sgattaiolò al piano superiore. Trovò l’interno 52 e bussò leggermente alla porta. Una voce femminile trillò dall’altra parte, avvicinandosi.
“Mon cher Gegè! Sei già qui? Stasera sei in anticipo…”
Madame Desirée aprì la porta con un bel sorriso invitante stampato sulle labbra e si trovò davanti una perfetta copia di sé stessa che la spinse senza tante cerimonie all’interno della stanza, chiudendosi la porta alle spalle.
“Mon Dieu! Che diavolo…” iniziò a squittire la donna prima che un pugno ben mirato le mandasse a sbattere con forza la testa contro il muro. Cadde a terra priva di sensi, mentre un rivolo di sangue iniziò a scorrergli lentamente al lato della bocca. Desirée si massaggiò il palmo della mano dove le unghie lunghissime avevano inciso piccole mezzelune sanguinolente quando aveva stretto il pugno: poi, imprecando contro le assurde torture femminili che era costretta a subire, afferrò la donna svenuta sotto le ascelle e la portò in camera da letto, nascondendola poi ben bene con un lenzuolo di raso rosa.
“Sono dentro alla camera da letto” bisbigliò nel piccolo orologio da polso tempestato di finti rubini che nascondeva un trasmettitore extra-piattaforma.
“Molto bene” ridacchiò la voce di Benedict in risposta “Ti sei già fatta un bidè?”
Desirée chiuse la comunicazione senza rispondere. Si mise a sedere sul bordo del letto, tesa come una corda di violino: si sentiva nuda ed impacciata in quel vaporoso abitino nero tutto trasparente e di nuovo si trovò a progettare mille e uno modi per spezzare il collo a Cardinale, quando e se fosse tornata indietro. Il tempo passava lentamente e, a parte gli scherzi infantili dei suoi compagni che lo chiamavano ogni tanto per sapere se si era depilata l’inguine o per chiedere che reggiseno portava, non succedeva nulla. Desirée cominciava ad essere nervosa.
“Cardinale, sei sicura che l’appuntamento era per stasera?” chiese alla fine all’orologio, impaziente.
“L’hai sentita, no?” rispose la ragazza prontamente “Stava aspettando Gegè. Abbi fede, vedrai che arriva”
In quel momento qualcuno bussò alla porta e Desirée sobbalzò penosamente.
“E’ arrivato” sibilò nell’orologio, agitatissima.
“Ok. Aggiusta la scollatura, sorridi, e vai ad aprire” rispose Cardinale, spiccia.
Desirée obbedì: si alzò dal letto e andò verso la porta camminando incerta sulla folta moquette del pavimento. Quando aprì, si trovò davanti un uomo piuttosto giovane e bello dalla faccia seria, che le porse una rosa rossa. Desirée la prese automaticamente, ancora bloccata dalla sorpresa: l’uomo entrò e si tolse svelto il cappotto, buttandolo su di una poltrona.
“Ciao, tesoro” le disse poi avvicinandosi “Sono stato per un pelo dal non venire, stasera. Ma mi sei mancata tanto…”
Desirée fu lesta a schivare le sue braccia e l’uomo lo guardò sorpreso.
“Ge…Gegè?” chiese la donna dubbiosa indietreggiando verso la camera da letto.
L’uomo la seguì, tendendole le braccia.
“Che ti prende, bambolina ? Vieni qui, tesoro mio, è stata una settimana davvero pesante…”
Tentò di nuovo di avvicinarsi a Desirée che saltò sul letto alla velocità della luce puntandogli contro una mano col palmo aperto: chissà perché aveva avuto l’assurda convinzione che il generale si sarebbe presentato con un digi-alias uguale a sé stesso. Si sentì molto sciocca e molto imbarazzata.
“Lei è il generale Scott?” chiese a bruciapelo prima che l’uomo tentasse di nuovo di abbracciarla.
Lui si immobilizzò e la sua faccia divenne immediatamente sospettosa.
“Come fai a sapere il mio vero nome?” chiese a denti stretti, allungando intanto una mano sotto la giacca di nascosto.
“No, non chiami il CDI” pregò in fretta Desirée “Le devo parlare di questioni vitali. Guardi, sono disarmata. La prego, mi conceda due minuti”
Il digi-alias del generale rimase a guardarla per qualche secondo con le sopracciglia aggrottate: poi, tolse il cercapersone dalla tasca e schiacciò il tasto di emergenza con decisione.
“No!” esclamò Desirée, al colmo della frustrazione.
“Hai due minuti prima che arrivino. Fatteli bastare” disse seccamente il generale, immobile.
Desirée prese fiato e iniziò a parlare a raffica.
“Sono il capitano Elijah Benson della squadra Tau Centauri”
La faccia del generale rimase inespressiva, ma per lo meno non accennò a volergli sparare in mezzo agli occhi.
“Io e la mia squadra, come il Runner Benedict, siamo completamente innocenti dalle accuse rivolteci. E’ tutta una cospirazione ordita dalla Ars Space Corp. che da anni usa la Fabbrica, il CDI e tutti i mezzi governativi a disposizione per portare a termine gli esperimenti relativi alla morte cerebrale conseguente alla morte del digi-alias”
“Mai sentita una stupidaggine più assurda” commentò granitico il generale e  Desirée sentì la disperazione montargli dentro.
“Può verificare in qualsiasi momento: controlli i bambini nati alla Fabbrica senza richiesta parentale: opera della Corp. Questi bambini diventano Runners e non hanno legami affettivi: opera della Corp., di nuovo. I Runners spariscono, vengono dichiarati fuorilegge ed i loro corpi vengono prelevati dalla Corp. Ma non sono morti: vengono utilizzati per sperimentare la morte da digi-alias”
“Meritereste di essere disattivati tutti e subito, razza di sporchi bugiardi”
“Ci siamo rivolti a lei come ultima spiaggia” continuò Desirée, indomita “Sappiamo della sua onestà e ci appelliamo alla sua integrità: per favore, ci aiuti”
“Hai trenta secondi” rispose laconico il generale.
Desirée lo fissò un attimo, supplichevole: lo sguardo del generale era di ghiaccio.
“La prego, provi a parlarne con Alicia” disse alla fine la donna, rassegnata “Abbiamo fatto delle ricerche dal suo computer. Ancora non è al corrente di tutto, ma qualcosa di quello che ho detto glielo potrà confermare. Se in qualche modo ci tiene a sapere la verità e a salvare delle vite innocenti, lo faccia”
Attutito, si sentì un rumore di passi affrettati per le scale. Il generale indietreggiò leggermente verso la porta senza proferire verbo, lo sguardo caparbiamente ostile puntato su Desirée. La donna capì che ormai non c’era più tempo: con uno scatto fulmineo girò le spalle all’uomo e spalancò la finestra. Dopo aver scalciato seccamente i sandali col tacco alto, salì sul davanzale e si aggrappò alla grondaia, cominciando ad arrampicarsi svelta e leggera come un gatto. Alcuni Runners la videro dalla strada e, dopo averle intimato di fermarsi immediatamente, cominciarono a spararle addosso.
“Cristo!” mugugnò Desirée incassando la testa tra le spalle. Arrivò finalmente ad aggrapparsi al tetto e vi si issò agilmente, iniziando a correre curva per schivare le pallottole. Mentre era in corsa, attivò la comunicazione sull’orologio.
“Cardinale!” gridò senza fiato. Alcuni Runners le si pararono davanti, uscendo improvvisamente dalla porta anti-incendio con le pistole spianate. Desirée scartò velocemente a sinistra, appiattendosi contro un comignolo che venne quasi disintegrato da una pioggia di proiettili. Un forte bruciore attraversò Desirée al braccio sinistro. Irritata, diede un’occhiata di sfuggita e si accorse di avere una ferita che perdeva copiosamente sangue.
“Sono stata colpita!” ruggì avvicinando l’orologio alla bocca per superare il rumore degli spari che fioccavano tutto intorno come neve.
Il camino dietro cui si era nascosta crollò definitivamente e Desirée partì di scatto, correndo verso il parapetto.
“Fermati!” le urlarono contro i Runners, ma lei li ignorò.
“Siamo pronti, capo!” rispose la voce di Cardinale dall’orologio.
Desirée non rallentò la corsa: scavalcò il parapetto e si lanciò nel vuoto, mentre contemporaneamente schiacciava forte il tasto di attivazione.  In un attimo la donna sparì mentre cadeva, lasciando dietro di sé solo un vago sentore di profumo dolciastro.
*          *          *
Piattaforma Dream Rewind 1845 Far West – Ranch  – incognito
Benson, Elijah            digi-alias        Sé stesso                    
Cardinale, Jude           digi-alias        Sé stesso
Morales, Eric             digi-alias        Sé stesso
O’Brian, Garrie          digi-alias        Sé stesso
Patterson, Matt            digi-alias        Sé stesso
 
Elijah aprì gli occhi e gli ci volle un bel po’ prima di ricordarsi chi era e dov’era. Girando lo sguardo intorno, si accorse di essere in una stalla dove il pungente aroma del fieno gli pizzicava le narici. La luce che entrava tra le fessure delle assi di legno era debole e rosata: poteva essere mattino presto o sera tardi, non ne aveva idea. Tentò di alzarsi ed ebbe un capogiro che lo fece ricadere indietro sulla dura coperta di lana grezza su cui era disteso. Immediatamente, una mano fresca e asciutta gli si posò leggermente sulla guancia.
“Hei, dovrai aspettare un po’ prima di poter fare la corsa ad ostacoli” sussurrò la voce di Cardinale, da cui trapelava un inequivocabile sollievo.
Elijah si girò verso di lei: era seduta scomodamente sul pavimento, vicino al suo letto di fortuna. Aveva accanto una ciotola di legno piena d’acqua e una pezzuola bagnata con cui gli terse la fronte, delicatamente. Il giovane si accorse allora di avere la testa e il braccio sinistro fasciati con bende di emergenza, così strette da fargli indovinare subito l’identità dello zelante paramedico. Aprì e chiuse due volte la bocca prima di riuscire parlare.
“Che è successo?” chiese con la lingua che sembrava ricoperta di carta vetrata.
“E’ successo che sei andato ad incontrare il generale Scott armato solo di una giarrettiera. Al generale non è piaciuto, e tu ti sei fatto sforacchiare un braccio da un Runner bellicoso. Ti sei buttato dal tetto nel momento in cui ti de-digitalizzavi, così sei arrivato qui cadendo di testa sul pavimento come un giavellotto fatto e finito. Hai schizzato sangue dappertutto e sei svenuto. Poi, ti sei fatto una dormita di quasi un giorno. Pat ti ha ricucito il braccio e sulla testa hai un bozzo che sembra il Machu Picchu. Lui dice che hai una commozione cerebrale e che abbiamo rischiato di raccogliere il tuo cervello dal pavimento con il cucchiaino. Garrie ha detto che sarebbe stato impossibile, perché tu non hai un cucchiaino intero di cervello nella scatola cranica. Ne è nata una disquisizione che si è protratta fino alle prime ore del mattino, mentre tu dormivi beato. Pat ha vegliato su di te tutto il giorno, spaventando a morte con i suoi ruggiti tutti quelli che osavano fare rumore o disturbarti. Non l’avevo mai visto così chioccia: adesso che sei sveglio, potrò prenderlo in giro a vita e chiamarlo nonna Pat”
“Del tuo sproloquio ho capito solo nonna Pat” disse dopo un po’ Elijah sorridendo debolmente.
Cardinale rispose prontamente al suo sorriso e, sorprendentemente, gli occhi le si riempirono di lacrime.
“Ci hai fatto prendere un bello spavento” mormorò con voce rotta cercando di dissimulare la commozione con una risatina.
“Spiacente” borbottò Elijah che si sentiva ancora come se uno scultore gli stesse scalpellando il cranio “Hei, a quanto vedo Pat non è l’unico che si è fatto prendere dalla sindrome di Florence Nightingale”
Cardinale continuò a passare dolcemente il panno umido sulla testa di Elijah, sorridendo.
“Vuoi che smetta?” chiese, sottovoce.
“No, no, mi dà un po’ di sollievo. Anzi, mi fa male anche vicino all’ombelico…se volessi massaggiarmi anche lì…”
Cardinale lo guardò dubbiosa.
“Se continui con questo tono, mi obblighi a spaccarti la testa e verificare se la storia del cucchiaino è vera” disse sostenuta, ma continuava a sorridere ed Elijah sentì che il mal di testa stava notevolmente migliorando.
In quel momento entrò Patterson che quando vide Elijah sveglio e presente fece uno dei suoi rarissimi sorrisi a 34 denti che era quasi più spaventoso della sua espressione più minacciosa.
“Eccolo qui, il bello addormentato!” tuonò con una voce che spaccava i timpani.
“Spero che il bacio del risveglio non me lo abbia dato tu, Pat, altrimenti mi rimetto a dormire” lo informò Elijah commosso dalla palese gioia che vedeva sul suo viso.
“No, no, ai baci ci ha pensato Garrie” rispose distrattamente Patterson avvicinandosi “Adesso fammi dare una controllatina alle medicazioni, da bravo”
“Sì, ma dopo me lo dai il lecca lecca?”
“Attento a quello che chiedi, pervertito” brontolò Patterson.
Lo rivoltò come un guanto con sorprendente delicatezza, controllando le ferite e cambiando le medicazioni. Quando terminò Elijah era di nuovo tutto indolenzito e spossato.
“Mi hai fatto un male cane” si lamentò chiudendo gli occhi “E non mi hai dato il lecca lecca. Rivoglio la mia infermiera, mi aveva promesso un massaggino…”
“Ah, già! Era così preoccupata, la tua infermierina…” canticchiò Patterson con gli occhi brillanti di malizia.
“Senti chi parla, nonna Pat” ribatté Cardinale immediatamente “Eri sempre qui a sorvegliarlo come se fosse agli arresti domiciliari”
“Però io non gli ho promesso nessun massaggio sospetto” rimbeccò Patterson dignitosamente.
Poco dopo arrivarono anche Garrie e Morales e le loro espressioni di gioia avrebbero ridotto Elijah a brandelli senza l’attenta sorveglianza di Patterson.
“Che dici, capo, ti eri fatto di coca prima di tentare il volo dell’angelo?” gli chiese Garrie ridacchiando.
Elijah fece spallucce, altezzoso.
“No, quella roba che sniffi tu non mi piace…Volevo tentare un tuffo carpiato con doppio avvitamento: a scuola ero un asso nella squadra di nuoto. Piuttosto, ragazzi che è successo durante la mia assenza?”
I ragazzi si guardarono dubbiosi l’un l’altro, con le facce improvvisamente serie ed Elijah intuì che qualcosa non andava.
“Bè?” li incalzò seccamente.
Morales sospirò.
“Benedict” iniziò controvoglia . Elijah attese con una sensazione di disagio crescente, mentre il sorriso di Garrie si spegneva lento “Questa mattina è sparito. Domani verrà terminato e abbiamo paura che tenti di fare qualcosa di grosso. E pericoloso”
“Quello stupido guerrafondaio deficiente” sputò fuori Patterson, evidentemente ammirato.
“In che senso?” domandò Elijah mentre un freddo diaccio gli invadeva le ossa.
“Non lo sappiamo” rispose Cardinale, brusca “Ma una cosa è certa: Benedict non permetterà che la Corp. abbia il suo corpo”
La sua dichiarazione cadde nel silenzio. Nessuno proferì verbo ma una parola rimbalzava da una mente all’altra come evocata da un rito magico, triste e inevitabile come l’arrivo della notte. Una parola che era come l’incombere di una tempesta: kamikaze.
*          *          *
La notte era arrivata in un baleno sulla prateria: dopo essersi lavati e abbondantemente sbronzati, avevano fatto appena in tempo a cucinare un pentolone di fagioli in onore di Patterson (il quale ne aveva fatto fuori metà tutto da solo) che erano crollati addormentati, ignominosamente stesi sul duro pavimento della tenda. Elijah, sdraiato sulla sua stuoia, ascoltava il tremendo russare di Patterson aspettando un sonno che tardava ad arrivare. Alla fine rinunciò e, in punta di piedi, uscì dalla tenda a guardare le stelle. Chissà perché, quella sera gli sembravano particolarmente belle e luminose. Quasi senza accorgersene si trovò a passeggiare in mezzo ai campi velati dalla luce della luna. Si ritrovò a pensare ancora se avessero davvero fatto la scelta giusta: come era bello pensare di lasciare la responsabilità nelle mani degli altri…
“Così bello e così semplice, vero?” chiese una voce dietro di lui. Elijah non fu sorpreso di vedere Cardinale che gli si avvicinava, i capelli ondeggianti al vento della sera. La ragazza si fermò vicino al pozzo e guardò giù quasi con bramosia.
“Come al solito, mi leggi nel pensiero, madamigella” sospirò Elijah infilandosi le mani in tasca “La cosa comincia a infastidirmi: mi dà come l’impressione di essere prevedibile”
“E infatti lo sei” lo stuzzicò Cardinale, ma sorrideva.
Si guardarono negli occhi e per un lungo minuto nessuno disse niente. Ad Elijah sembrava di guardare le stelle, e invece stava contando le sue lentiggini sul naso. Si era improvvisamente accorto che forse non avrebbe più avuto l’opportunità di farlo e gli sembrava di vitale importanza almeno provarci. Cardinale, invece, stava raccogliendo il coraggio per aprire la bocca e parlare ma ogni secondo che passava la gola diventava più secca e le parole sfuggivano come mosche. Parole per dire che cosa, poi? Fra di noi potrebbe esserci qualcosa? In che futuro? Quando? Che importanza avevano le bizze del suo cuore di fronte all’immensità delle cose che stavano succedendo? Elijah vide le spalle di Cardinale abbassarsi lentamente sotto il peso di quelle domande: sapeva che presto se ne sarebbe andata via, rinunciando a parlarne con lui. Stava per aprire la bocca e dire qualcosa, qualsiasi cosa pur di trattenerla quando la tenda si aprì per lasciare uscire un Morales piuttosto barcollante che armeggiava concentrato sulla patta dei calzoni. Immediatamente, la magia del momento di intimità tra Elijah e Cardinale si dileguò come neve al sole: lo sguardo di lei tornò serio e adamantino e la postura di Elijah dritta e formale.
“Me ne vado a dormire: domani sarà una giornata dura” disse Cardinale con voce stranamente neutra.
Si girò in fretta e a passo spedito tornò verso la tenda mentre Elijah la guardava allontanarsi: ogni suo passo non faceva altro che aumentare la strana sensazione che cresceva nel petto di Elijah, ma solo quando il lembo della tenda si chiuse alle sue spalle lui capì che era rimpianto.

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Capitolo 16
*** Capitolo 14 : Il primo addio ***


Piattaforma Dream Now Olo-cinema Multisala “The 8° truth”  – incognito
Benson, Elijah            digi-alias        John Smith                  Padre
Cardinale, Jude           digi-alias        Mary Smith                 Madre
Morales, Eric             digi-alias        Mike Smith                 Figlio 1
O’Brian, Garrie          digi-alias        Bill Smith                   Figlio 2
Patterson, Matt            digi-alias        GranMa SmithNonna
 
La hall dell’ olo-cinema multisala più frequentato di tutte le DDW era gremita di gente festante ed eccitata: era in previsione l’uscita di un nuovo film molto atteso ed il viso del protagonista (un bellissimo digi-alias dalla faccia espressiva come un comodino) sugli olo-poster ammiccava allusiva appesa ad ogni superficie disponibile. Orde di ragazzine scoppiavano in strilli eccitati ogni volta che l’ologramma dei poster usciva per qualche secondo dal muro strepitando frasi pubblicitarie. La squadra Tau Centauri procedeva compatta, cercando di assumere un’aria naturale e di non farsi notare dall’impressionante numero di Runners che il loro segnalatore rilevava.
“Immagino che nemmeno un moscerino sfugga alla sorveglianza” brontolò John con l’angolo della bocca, aggiustandosi gli spessi occhiali sul naso prominente; camminava un po’ sbilenco per la fasciatura al braccio e alla luce dei neon la testa gli doleva come se fosse tenuta su da mille spilli, ma non poteva permettersi di stare male in quel frangente. Mary non rispose: era concentrata nel tentativo di camminare in maniera naturale sui tacchi non troppo alti ma fastidiosamente appuntiti del suo florido digi-alias. Mike e Bill si guardavano intorno con aria incuriosita, cercando di memorizzare le postazioni delle squadre di Runners. GranMa ruminava improperi per l’infelice scelta del suo digi-alias, brandendo il bastone da passeggio come se fosse una clava preistorica.
“GranMa, quel bastone serve per appoggiarci le tue povere e vecchie membra” le sussurrò Mike “Se continui a farlo mulinare come una coppia di bolas argentine finirai per ammazzare qualcuno”
“Ed è esattamente quello che intendo fare, nipotino mio” grugnì la vecchia, ma abbassò il bastone e tentò piuttosto goffamente di usarlo come appoggio.
“Se a qualcuno viene in mente dove possa essersi ficcato Benedict, parli adesso” intimò John, radunando la famiglia intorno ad una macchinetta per i pop corn.
“Io non so nemmeno perché siamo qui” brontolò Bill sporgendo il labbro in fuori “Non è sicuro che Benny abbia deciso di fare qui il suo … bè… la sua….”
“Benedict non aveva intenzione di sabotare le DDW” lo interruppe Mary “L’ho sentito parlare di informare tutti i digi-alias di quello che stava succedendo a noi Runners. Questo è il posto migliore sia per volume di gente, sia perché se riesce davvero a collegarsi con gli olo-schermi potrà essere ascoltato da un bel mucchio di persone. Quello che non ho ancora capito è cosa contiamo di fare con Benedict, se lo troviamo”
“Tenteremo di convincerlo a non suicidarsi” rispose convinto John aggiustandosi di nuovo gli occhiali sul naso.
“Non so se è una grande idea, capo” lo avvisò mestamente GranMa “In tutta sincerità, io farei la stessa cosa che sta tentando di fare lui”.
John gli lanciò un’occhiata tra l’esasperato e il comprensivo.
“Questo perché sei una vecchia befana col colesterolo alto e la sclerosi galoppante” disse semiserio “Non credo che Benedict voglia veramente morire”
“Io invece credo che quello che non voglia è finire nelle mani della Corp.” rispose lentamente Bill.
Rimasero un attimo in silenzio, rimuginando.
“Essere qui ci mette in una posizione di grande pericolo” disse ad un tratto Mike, scontroso “Che è un gentile eufemismo per dire che rischiamo le chiappe”
“Pensi che sia più giusto lasciare che Benedict si faccia saltare in aria senza nessuno che tenti di dissuaderlo?” lo rimproverò John, sferzante.
Mike gli piantò i suoi infantili occhioni blu in faccia, risoluto.
“Benedict sta facendo la cosa giusta. Faresti lo stesso nella sua situazione. Se gli salviamo la vita lo condanniamo a chissà quali torture nel Mattatoio”
“Comunque, io credo che Benedict sarebbe contento di sapere che siamo vicino a lui” terminò Mary, per chiudere il discorso.
John raddrizzò le spalle, deciso.
“Mary, Bill, voi che avete studiato le planimetrie dove pensate che sia il punto migliore per intrufolarsi nelle cabine di proiezione?”
“Ci sono due punti strategici ai lati della hall, ma è pieno di Runners come un cane è pieno di pulci” rispose Bill.
“Ci rimane la strada più infame” tentò Mary, dubbiosa “Un ex condotto di areazione. C’è un tratto molto breve che va dal bagno delle signore alla corridoio delle cabine di proiezione: ormai è in disuso ma le griglie di accesso non sono ancora state murate. Se Benedict ha preso quella strada, deve aver scelto un digi-alias femmina e piuttosto minuto perché nel condotto un adulto non ci passa”
“Perfetto” tagliò corto John “ Tu, GranMa e Bill andate nel bagno. Io e Mike facciamo un giro vicino alla porta di servizio a destra. Se qualcuno di noi vede Benedict, sappiamo cosa fare”
“Io ho fame” brontolò con aria colpevole GranMa.
“Anch’io” si accodò Bill immediatamente.
John e Mary si scambiarono uno sguardo esasperato.
“Possibile che il vostro cervello sia sempre invaso dai succhi gastrici?” esclamò, irritato.
Poi prese Mike per mano e marciò verso la sua postazione, claudicando. Mary, con un sorriso satanico, afferrò l’orecchio di Bill e lo trascinò vigorosamente verso il bagno delle donne.
“Sei sempre il solito monello, Billy” cantilenò a voce alta mentre GranMa li seguiva ridacchiando “Meriteresti una bella sculacciata”
“Mi fai male, bastarda!” sibilò Bill.
Una attempata signora lo sentì e fissò prima lui con aria oltraggiata, poi Mary con occhi accusatori. Bill le fece una linguaccia e Mary gli mollò un sonoro e plateale ceffone; poi fece un sorrisetto di scuse verso la signora.
“Questo bambini…” balbettò imbarazzata mentre Bill cercava di tirarle un calcio negli stinchi, trattenuto da GranMa che non riusciva a smettere di ridere sotto i baffi.
La signora si allontanò col naso per aria e Mary fece un gesto poco carino alle sue spalle.
“Sei una madre crudele e mi dai un cattivo insegnamento” dichiarò Bill con aria altezzosa “Se usciamo da questo casino, ti farò rinchiudere per maltrattamenti a minore e atti osceni in luogo pubblico e detenzione illegale di cervello di gallina..”
“Piantala di fare l’asino e vai dentro” lo apostrofò Mary seccamente.
Il locale era logicamente pieno zeppo di donne: a Bill gli si illuminarono gli occhi mentre Mary e GranMa si scambiarono uno sguardo disperato.
“Com’è che voi donne andate sempre a fare la pipì in branco?” chiese GranMa con voce lamentosa.
“In gregge, vorrai dire” puntualizzò velenosa Mary “Fatti venire un’idea, GranMa”
La vecchia ci pensò un po’ su; poi, colta da illuminazione, cominciò ad avanzare verso le toilettes spintonando le persone intorno e tenendosi la voluminosa pancia con le mani.
“Largo, largo!” borbottava con una voce tonante poco adatta ad una vecchietta “Ah, Mary, aiutami a trovare un bagno, presto! Quella zuppa di fagioli che hai preparato oggi a pranzo sta facendo effetto..”
Detto questo una specie di barrito uscì dal suo deretano, accompagnato da una emissione gassosa di ragguardevoli proporzioni che contaminò, facendole celermente allontanare,  le persone più vicine. Le donne nel bagno, mano sul naso, si defilarono alla velocità della luce, schiamazzando inorridite verso l’uscita. Bill si rotolava a terra ridendo come un pazzo mentre Mary, tra l’imbarazzato e il divertito, fingeva di scortare GranMa verso la toilette dove c’era il condotto di areazione che stavano cercando.
“Mio Dio, nonnetta, se qualcuno aveva un fiammifero acceso saltavamo tutti in aria!” gridò deliziato Bill, seguendole trotterellando.
Mary chiuse la porta con il chiavistello mentre GranMa armeggiava nella enorme borsa di paglia dove, tra un Uzi, una mitraglietta portatile e una decina di caricatori pieni aveva ficcato una serie di attrezzi tra cui il cacciavite.
“Forse non ce n’è bisogno” disse Mary indicando col dito i fori vuoti ai lati della griglia dove dovevano esserci le viti.
GranMa annuì, di nuovo seria. Fu evidente per tutti che avevano azzeccato i piani di Benedict. Con un secco strattone, GranMa staccò dal muro la griglia scoprendo uno stretto e polveroso tunnel da cui usciva un malsano odore metallico. Erano evidenti, sul bordo e lungo lo stetto percorso, le tracce di un passaggio recente.
“Tocca a te, Billy” disse Mary, decisa “Dovresti sbucare nel corridoio adiacente le cabine di proiezione. Alla tua destra c’è una porta: aspetta il segnale, tre colpi veloci e due lenti, poi aprici. Ti aspettiamo là”
Bill annuì mentre guardava dubbioso il pertugio in cui doveva infilarsi.
“Mi sembra un po’ strettino” azzardò nervosamente “Mettiamo che rimango incastrato: che succede?”
“Se ti va bene, resti intrappolato per ore, dalla fifa dai fuori di testa e quando ti trovano ti sbattono al Mattatoio dove ti useranno come ramazza prima di farti fuori” gli spiegò piacevolmente GranMa.
“Splendido” mormorò Bill “Immagino che festa se dovesse andare male”
“Se dovesse andare male sarò io ad usarti come ramazza” lo minacciò Mary prendendolo in braccio e infilandolo senza tante cerimonie nel condotto.
Bill avanzò strisciando per un metro prima di fermarsi, ansimando.
“C’è un sacco di polvere qui” si lagnò imbronciato “Mi sporcherò tutti i vestiti. E poi c’è puzza di topo morto”
“Dì un’altra parola e ti sparo nel sedere” ringhiò Mary puntandogli su una natica la canna di una pistola presa dalla borsa di GranMa.
Bill cominciò a strisciare velocemente borbottando. Mary e GranMa uscirono velocemente dal bagno e si avviarono a passo spedito verso la porta di servizio, davanti alla quale le attendevano John e Mike. I due fingevano di osservare il depliant degli olo-film in programmazione mentre con la coda dell’occhio osservavano le persone che sostavano vicino a loro. Avevano già identificato quali erano Runners e, dalle loro facce, pareva essercene un numero considerevole. Appena si riunirono, Mary iniziò a parlare con l’angolo della bocca, sottovoce.
“Bill è dentro. Aspetta il segnale per aprire la porta”
John scosse la testa, irritato.
“Troppa gente. Serve un diversivo”
“Una spaccatimpani…?” propose eccitata GranMa, ma John scartò l’idea con un gesto della mano.
“Qualcosa di meno eclatante, per favore. Non hai un bel petardo?”
“Tu chiedi a GranMa e GranMa trova la soluzione” motteggiò la vecchia rovistando nella capace borsa di paglia.
John si girò verso Mike e gli allungò qualche credito.
“Tò, vai a comprare una bibita nel bar là in fondo. Ad un certo punto, lanci il petardo in una zona un po’ nascosta. Fai in modo che non ti veda nessuno, mi raccomando. Poi, fila qui alla velocità della luce: dei gioiellini di Pat è sempre meglio non fidarsi troppo…”
“Via, è solo un innocuo petardino..” mormorò GranMa passando di nascosto il congegno a Mike mentre fingeva di aggiustargli la maglietta sulle spalle.
Il ragazzino partì alla volta del bar, sgambettando come tutti i ragazzini. Si mise pazientemente in fila guardandosi intorno distrattamente, prese e pagò la sua bibita e trotterellò velocemente verso John, Mary e GranMa che lo aspettavano.
“E il petardo?” lo aggredì sottovoce GranMa quando arrivò a tiro. Mike le lanciò uno sguardo di puro disprezzo
“Io ho fatto come mi ha detto, papà. Non è colpa mia se le tue bombette sono delle str…”
In quel momento scoppiò il petardo con un botto così forte da polverizzare le ampie ed eleganti vetrate attorno al bar, sputare in aria le piante in vaso in mezzo a cui lo aveva lanciato Mike e, dopo il primo momento di attonito silenzio, seminare il panico in mezzo alla folla circostante.
“Magnifico!” ruggì GranMa, estasiata.
John la afferrò per un braccio trascinandola verso la porta di servizio prima che l’orda di Runners armati che si stava dirigendo verso il bar la travolgesse in pieno.
“Solo un petardino…” la scimmiottò, furioso “Per poco non fai saltare in aria l’intera DDW con quel tuo petardino del cavolo!”
“La prossima volta prepara tu dei congegni incendiari di precisione quando sei senza armi, senza plastico, stai su una maledetta piattaforma nel vecchio west e come unico esplosivo hai a disposizione del letame di vacca!” rispose la vecchia, offesa.
“Andiamo” intimò loro Mary che aveva già bussato alla porta e si era fatta aprire da un Bill piuttosto incuriosito.
“Che è successo là fuori..?” si informò Bill prima di essere spintonato dentro dal resto della famiglia.
“Un petardino” lo informò telegrafico John, incenerendo GranMa con lo sguardo.
Il corridoio era fortunatamente vuoto:  i cinque, di tacito accordo, presero le armi dalla borsa di GranMa e si disposero radenti al corridoio, percorrendolo fino ad incrociare la prima cabina di proiezione. John la aprì con un calcio mentre gli altri lo coprivano con le armi spianate. Ma la stanza era vuota. Passarono alla successiva dove trovarono solo un robot intento a cambiare le bobine dell’olo-film in corso. Arrivati alla terza porta ripeterono la scena, ma questa volta John fu lesto a tuffarsi a terra per schivare una raffica di pallottole che gli sfiorò i radi capelli sulla testa.
“Fermi tutti o sparo!” intimò la voce sottile ma decisa di una bambina bionda dalle treccine chiuse da fiocchi rossi: stava brandendo minacciosa un mitragliatore che sembrava il doppio di lei  e lo puntava con decisione contro gli sgraditi ospiti in posizione d’attacco intorno alla porta.
“Prima si dice fermi tutti e poi si spara” la ammonì Bill, puntandole contro la propria arma “Non te l’hanno insegnato all’asilo, Benny?”
La bambina li guardò trasecolata per un secondo prima che un ghigno di comprensione le arricciasse la bocca.
“La dannatissima Tau Centauri al completo” ridacchiò abbassando il mitragliatore “Che diavolo ci fate qui, razza di maledetti incoscienti! Stavo per farvi fuori tutti quanti”
“Mica ci saresti riuscita, sai, caccola?” la rimproverò GranMa entrando nella stanza seguita a ruota dagli altri.
Bill e Mike sorreggevano John che, nella caduta, si era di nuovo fatto male al braccio ferito.
“Siamo qui per darti una mano” disse Bill avvicinandosi alla bambina.
“E per cercare di farti cambiare idea per quanto riguarda la tua missione suicida” terminò John severamente.
La bambina appoggiò con grazia il mitragliatore per terra e girò loro le spalle, armeggiando al computer da polso attaccato con diversi cavetti colorati al proiettore montato su un solido piedistallo cromato.
“Siete stati degli stupidi a venire qui” disse, sempre senza guardarli “Tra poco si scatenerà un putiferio e voi dovreste trovarvi su tutt’altra piattaforma quando questo succederà. Siete l’unica speranza rimasta, sia per i Runners scomparsi sia per quelli che devono ancora scomparire: mettere in pericolo le vostre vite adesso è da idioti, quali sospettavo già che foste”
“Hei, mica potevamo lasciare una così bella bambina tutta sola in questo mondo di ladri” rispose dolcemente Mary, ed il silenzio della bambina disse più di molte parole.
“Qui è tutto pronto” disse infine girandosi verso di loro e sorridendo come una monella “Ricordatevi che come accendo il proiettore dobbiamo darcela a gambe il più in fretta possibile. OK?”
“Posso consumare un paio di caricatori mentre scappiamo?” supplicò GranMa, ma John scosse il capo, serio.
“Solo in caso di stretta necessità, nonnetta. Comunque, credo che la maggior parte di loro rimarrà pietrificata vedendo un vecchio rudere come te brandire un mitragliatore e sparare come un’invasata: questo basterà a darci un po’ di vantaggio”
“Allora, poche balle” terminò Mary categorica “Tutti verso il punto da cui siamo arrivati, compresa tu, mocciosetta. Se va tutto bene, magari riusciamo persino a saltarci fuori da eroi da questa storia…”
I compagni non la contraddissero ma si guardarono l’un l’altro, scettici. Alla fine, Benny fece un gesto secco con la mano e tutti si disposero davanti alla porta, come sul nastro di partenza per una maratona.
“Pronti…” disse la bambina: GranMa tolse la sicura dal mitragliatore, ghignando.
“Partenza…” Bill si chinò in avanti, pronto allo scatto.
“Via!”
La bambina accese il proiettore, ma nessuno si mosse.
“Chi vuoi prendere per i fondelli?” ghignò GranMa davanti alla sua faccia trasecolata, poi afferrò la bambina e se la caricò sulle spalle come se fosse un sacco di patate: solo allora uscirono tutti dalla cabina, correndo spediti verso l’uscita e ignorando gli strepiti di Benny che gridava improperi fumanti e cercava di divincolarsi dalla presa d’acciaio di GranMa. Mary spalancò la porta e John li precedette correndo verso l’uscita. I Runners che pattugliavano il perimetro erano ancora tutti miracolosamente attorno al bar e davano loro di spalle: i cinque correvano spediti senza fiatare, increduli della loro buona sorte, quando un Runners si girò, puntò verso di loro uno scanner e, quando vide sullo schermo le loro vere identità, strabuzzò gli occhi e gridò con quanto fiato aveva in gola.
“Fermi!! Fermatevi o spariamo! Famiglia a ore tre, sono i Runners ribelli!”
Sembrò il segnale della rivolta: John e Bill alzarono le armi al soffitto e iniziarono a sparare all’impazzata, senza smettere di correre. La gente intorno a loro prese a galoppare in tutte le direzioni urlando e strepitando. I Runners non potevano sparare in quanto rischiavano di colpire dei civili e allora cominciarono ad inseguirli. La famiglia Smith attraversò tutto l’atrio continuando a sparare in aria e seminando il panico: stavano quasi per infilarsi nel corrioio che rappresentava la loro salvezza quando proprio da lì uscì una squadra di Runners armati con tanto di divisa e casco con visiera ad infrarossi, in pieno assetto d’assalto.
“Di qua!” strepitò John deviando bruscamente a sinistra: il braccio gli faceva un male d’inferno e faticava a sparare, ma Bill e Mike gli stavano di fianco e lo coprivano proprio dal suo lato debole: gli mandò mentalmente un silenzioso ringraziamento mentre Mary, correndo e armeggiando col computer da polso cercava una nuova via di fuga.
“Nella sala 8!” gli gridò ad un certo punto e John quasi si beccò una pallottola vagante sterzando a destra verso l’insegna che indicava la sala 8. Ormai era diventato difficile anche schivare le persone che stavano uscendo dalle sale a fiotti, gridando, strepitando ed intralciando la fuga. John, Bill e GranMa entrarono nella sala ormai vuota e mentre loro continuavano a correre, Mary e Mike provarono a bloccare l’uscita. Purtroppo un Runners riuscì ad infilare un braccio dentro e spinse via Mary che finì lunga distesa sul pavimento con tutta la sua considerevole mole. Il piccolo Uzi scivolò parecchi metri più in là mentre Mike tentava con tutte le forze di tenere chiusi i pesanti portoni.
“Fa qualcosa!” gridò il ragazzino sotto sforzo rivolto a Mary e lei, senza pensarci molto sopra, si tolse una scarpa e la lanciò con estrema precisione verso il Runner che stava per forzare la resistenza di Mike. Miracolosamente, il tacco lo centrò in piena fronte e quello cadde all’indietro mentre Mike sigillava finalmente la porta.
“Però…” mormorò Mary ammirata togliendosi anche l’altra scarpa e fissandola con un nuovo, meravigliato interesse “Adesso ho capito a cosa servono!”
“Muoviti!” le disse Mike porgendole l’Uzi recuperato. Raggiunsero i compagni mentre il portone vibrava sotto i primi colpi dei Runners in arrivo.
“Ragazzi, presto!” abbaiò John mentre infilava Bill nel de-digitalizzatore nascosto dietro ad una pesante tenda scarlatta. Quando Bill sparì si infilò nel la macchina Mike, poi Mary. La resistenza del portone era agli sgoccioli: una grossa crepa si andava allargando dove i Runners premevano e John indietreggiava ansimando, il mitragliatore puntato e pronto a sparare.
“Andiamo, Pat, datti una mossa!” gridò.
GranMa era già infilata nel de-digitalizzatore quando fece per tornare indietro, gli occhi sbarrati per la sorpresa.
“Capo!!” fece in tempo a dire: prima che sparisse John vide dipingersi sulla sua faccia una smorfia di orrore e seguendo il suo sguardo, vide che Benedict si stava allontanando lentamente, il piccolo faccino da bimba rigato di lacrime rivolto verso l’olo-schermo.
“Benedict! Andiamo!” urlò Elijah aprendo di scatto il de-digitalizzatore.
“Tutto inutile” stava dicendo la bambina senza ascoltarlo, con la voce atona di chi ormai ha toccato il fondo “Hanno interrotto il messaggio prima ancora che partisse…Tutto inutile”
Si prese il viso tra le mani e vi cacciò un lungo, amaro singhiozzo. John corse ad afferrarla per un braccio e la trascinò vicino ad de-digitalizzatore.
“Ci penseremo dopo, ora entra…”
Con un secco strattone, la bambina si liberò e lo spinse a sua volta dentro alla macchina con decisione.
“Vattene via, Elijah” gli disse seria mentre due grossi lacrimoni le rigavano le guance “Non ho intenzione di finire al Mattatoio”
“Benedict, non fare lo stupido…”
La bambina gli tolse in un lampo il fucile dalle mani e glielo puntò contro, risoluta.
“Vai” sillabò, granitica “Vai e salva la tua squadra. Adesso, o quanto è vero iddio, ti sparo dritto in mezzo agli occhi”
La crepa sulla porta quasi esplose sotto una granugiola di proiettili: ormai era aperta di parecchi centimetri.
“Benny…” bisbigliò John, senza forze: aveva un groppo in gola che gli bloccava la respirazione e un dolore sordo gli dilaniava il petto. Stordito si accorse che il cuore gli doleva come se fosse realmente ferito.
“VAI!” gridò la bambina.
In quel momento i Runners sfondarono definitivamente la porta e fecero irruzione. La bambina piroettò su sé stessa e sparò a più non posso, falciando il gruppo di Runners che correva verso di loro. John fece per allungare una mano, la bocca spalancata in un urlo muto. I Runners si piegarono sulle ginocchia e si misero in posizione, mirando alla bambina con gli MP3 di ordinanza. John era per metà dentro e per metà fuori dal de-digitalizzatore…quando il corpo della bambina venne scosso da un convulso tremore; grossi fiori insanguinati squarciarono l’abitino e schizzarono le bionde trecce mentre il mitragliatore le sfuggiva dalle mani e cadeva sul pavimento.
“BENEDICT!!!” urlò John così forte da bruciarsi la gola.
La bambina ondeggiò un attimo confusamente, sotto i potenti riflettori che l’avevano individuata: in quella luce accecante il sangue che gocciolava sul pavimento sembrava quasi violetto. La piccola si mise di profilo mentre scivolava lentamente in ginocchio: John vide le sue labbra sillabare mute la parola “vai” prima che il gracile busto si accasciasse in avanti, lentamente come se stesse facendo un inchino. Guardando inorridito la scena come al rallentatore, John vide il corpicino esanime della bambina venire di nuovo crivellato di colpi mentre una decina di Runners correva a testa bassa nella sua direzione. John sentiva gli occhi bruciare come tizzoni ardenti e si accorse di stare ancora gridando quando il respiro gli venne meno. Vide un Runners puntare il fucile dritto nella sua direzione. Prendere la mira.
“Benny…” pensò o forse lo disse davvero: schiacciò il pulsante e sparì lasciando il corpo di Benedict in mezzo all’inferno.
*          *          *
Il generale Scott fissava imbronciato il via vai di Runners nella hall dell’olo-cinema ormai ridotta ad un ammasso di macerie: per i Runners quell’attacco era stato una vera e propria carneficina, mentre fortunatamente nessuna perdita si era avuta tra i civili. Un solo cadavere era stato recuperato tra le fila dei ribelli: Benedict, colui da cui era partito tutto quel pandemonio. Il capitano Richner gli si avvicinò con la faccia cupa e aggrottata: conosceva personalmente il Runner ucciso, ma dalla sua faccia non traspariva nient’altro che rassegnata determinazione.
“Generale, abbiamo verificato tutte le uscite” disse piantandosi davanti al generale, impettito nel saluto militare “Nessuna traccia dei fuggiaschi”
Scott annuì seccamente: non si aspettava altro dalla Tau Centauri. Il suo volto aquilino era incupito , ma non sorpreso.
“Abbiamo setacciato tutte le cabine di proiezione prima che arrivasse il corpo speciale della scientifica: sembra che tutto questo inferno sia stato scatenato per questa registrazione che siamo riusciti a bloccare dalla base prima che andasse in onda: la devo consegnare alla scientifica?”
Il generale guardò il capitano, sorpreso: un Runner non avrebbe mai fatto una domanda dalla risposta così ovvia senza un motivo. Evidentemente Richner voleva segnalargli qualcosa. Scott decise che ne aveva abbastanza di mezze parole.
“Dovrei avere un motivo per non consegnare questa registrazione alla scientifica?” chiese aggressivo.
Damon non si fece intimidire e rimase con lo sguardo limpido puntato sul generale.
“Io credo di sì” rispose, convinto.
I due si fissarono, sondandosi sospettosi: Damon aveva azzardato molto con quella dichiarazione, poteva valergli una ammonizione o addirittura l’espulsione dal corpo dei Runners. Le prove raccolte sul caso dei Runners scomparsi erano diventate di proprietà tassativa della Corp. e qualsiasi intralcio alle indagini veniva severamente punito. Il generale vide Damon estrarre un dischetto dalla tasca interna della divisa.
“Questo l’ho trovato io personalmente” disse a voce bassa ed accorata “E non ne ho ancora denunciato il ritrovamento sul mio rapporto. E’ la registrazione delle ultime parole di Benedict. Lui era un mio amico, ma soprattutto era un grande Runner. Credo che il minimo che io possa fare per lui è ascoltare quello che aveva da dire”
Quello che sottintendeva il suo sguardo era che, secondo lui, Scott gli doveva la stessa cosa. Il generale prese il dischetto dalle mani di Damon e lo infilò svelto nella sua tasca, senza perdere il suo piglio militare. Poi, sospirò come se volesse togliersi una grossa seccatura.
“Stanotte la contatterò sulla sua linea privata” disse a voce bassa scandendo bene le parole “Veda di accertarsi di non essere controllato”
Damon annuì, sollevato.
“La ringrazio, generale” mormorò allontanandosi leggermente.
Scott sventolò una mano, irritato.
“So già che, comunque vada, questa storia sarà un enorme grattacapo”      
In quel momento arrivò di corsa un soldato che si fermò davanti al generale facendo il saluto.
“Generale” disse per attirare la sua attenzione “Ci sono quelli della Corp. che vogliono parlare con lei”
Il generale lanciò un’occhiata ammonitrice a Damon prima di rispondere con naturalezza
“Molto bene. Capitano Richner, sono certo che stasera vorrà bersi un bicchiere in onore dei suoi amici caduti. Le consiglio un locale molto interessante: il Seven Dogs Club nella DR 1973. Chieda di Alicia”
Detto questo si girò e marciò dietro al soldato che lo guidava verso i dirigenti della Corp. Damon lo guardò andare via, confuso.

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Capitolo 17
*** Capitolo 15 : La fossa ***


Piattaforma Dream Rewind 1845 Far West – Ranch  – incognito
Benson, Elijah            digi-alias        Sé stesso                    
Cardinale, Jude           digi-alias        Sé stesso
Morales, Eric             digi-alias        Sé stesso
O’Brian, Garrie          digi-alias        Sé stesso
Patterson, Matt            digi-alias        Sé stesso
 
Sotto la tenda nel bel mezzo del canyon l’aria era calda, umida e irrespirabile, ma nessuno sembrava intenzionato ad uscirne. La bottiglia di whisky, iniziata poco dopo il ritorno della squadra dalla piattaforma Olo-cinema Multisala, era ancora mezza piena mentre veniva passata fiaccamente da una mano all’altra. Al centro della tenda, come un triste trofeo, stava la multi-arma da computer da polso che Benedict aveva usato durante il loro primo incontro, sulla piattaforma DR Roma Imperiale: l’aveva lasciato in bella vista, come un ultimo regalo per chi, auspicava, avrebbe avuto più fortuna di lui. Nessuno però aveva ancora trovato il coraggio di impossessarsene. Patterson aveva medicato di nuovo le ferite di Elijah in un’atmosfera insolitamente formale. Garrie era uscito per un po’ dalla tenda e quando era tornato, taciturno e corrucciato, aveva segni evidenti di pianto intorno agli occhi, ma a nessuno venne in mente di prenderlo in giro come era loro abitudine. La morte violenta di Benedict li aveva messi con le spalle al muro e gli occhi puntati sul loro imminente destino, e la sua vista non era per niente incoraggiante, nemmeno per dei Runners col pelo sullo stomaco come loro. I cinque erano stesi a terra da un bel po’ di tempo, cercando di non pensare a niente, quando Patterson si alzò di scatto dalla sua posizione distesa con il viso illuminato da un’idea.
“Ma certo!” esclamò, determinato e sollevato.
Gli altri della squadra la guardarono, sorpresi, mentre a grandi passi si dirigeva verso l’uscita della tenda e se ne andava a trafficare in mezzo agli attrezzi lasciati dai Runners in mezzo all’accampamento.
“Che gli è preso?” chiese fiaccamente Morales ricevendo per risposta un sollevamento di spalle da parte di Elijah.
Patterson tornò due minuti dopo con un assortimento di pale, vanghe e zappe strette in una mano possente: si fermò sulla soglia della tenda lanciando uno sguardo circolare ai compagni ancora stravaccati a terra.
“Andiamo” disse telegrafico, e uscì.
Elijah e gli altri si scambiarono uno sguardo tra l’esasperato e il rassegnato: Cardinale fu la prima a d alzarsi lentamente, accompagnando con una smorfia di dolore il crocchiare delle giunture duramente provate dall’ultima esperienza.
“Io vado a vedere cosa combina” disse con un sospiro “Pazzo com’è, è capace di voler uscire dalla piattaforma scavando un tunnel”
“Credo che sia meglio che andiamo tutti” propose Elijah alzandosi a sua volta.
Morales e Garrie lo seguirono senza profferire verbo. Patterson si era piazzato a gambe larghe in mezzo ad una piccola radura isolata, gli attrezzi sulle spalle, la mano davanti al viso per ripararlo dal sole cocente. Quando i suoi compagni si fermarono con aria interrogativa in semicerchio accanto a lui, gettò un attrezzo ad ognuno di loro, risoluto e insolitamente serio.
“Scaviamo” disse brandendo una pala e vibrando un primo, poderoso colpo al terreno duro e sassoso.
Garrie si appoggiò di peso alla sua vanga con la faccia corrucciata.
“Pat, se ti è venuta una qualche meravigliosa idea rendici partecipi affinché possiamo capire se sia davvero buona o se i tuoi neuroni hanno definitivamente perso la loro battaglia e sono deceduti”
Patterson non si prese nemmeno la briga di rispondere: lavorava alacremente, i muscoli delle braccia guizzanti e l’espressione del viso assolutamente impenetrabile. Morales fece un sorrisetto stanco e imbracciò il suo attrezzo.
“Bè, sempre meglio che abbruttirsi con l’alcool…” commentò, e iniziò anche lui a scavare.
“Spero per te che tutto questo abbia un senso, mastro Patterson, altrimenti la vanga ti arriva dritta sulla testa” sentenziò Cardinale, accingendosi a sua volta a iniziare il lavoro.
Elijah e Garrie si scambiarono uno sguardo esasperato ma iniziarono anche loro a scavare di malavoglia. Dopo un’ora si era creata una buca profonda un metro e larga abbastanza da contenerli tutti quanti. I cinque erano grondanti di sudore e quando Morales si levò la camicia piegandola coscienziosamente e mettendola al riparo lontano dalla fossa, fu pesantemente ridicolizzato ma ben presto imitato da tutti, a parte Cardinale che si ostinava a rimboccare le maniche e a farsi vento dentro la scollatura ogni tanto.
“Andiamo, Cardinale, siamo tra amici” la punzecchiò Garrie sorridendo “Credi di avere qualcosa lì sotto che non abbiamo già visto?”
“Il mio è solo pudore. So che il tuo archivio personale di immagini di tette gareggia ormai con la Biblioteca Nazionale…sono certa che non reggerei il confronto” ribatté acida la ragazza.
“Davvero hai paura del giudizio di Garrie?” ridacchiò Morales “Se vuoi do un’occhiata io: cercherò di essere un giudice imparziale”
“Piantatela con queste corbellerie” li ammonì Patterson, semiserio “Le tette di Cardinale non devono essere l’argomento di discussione principale”
“Vista l’alternativa, direi che parlare delle sue tette è l’unica cosa che voglio fare adesso” ribatté Garrie, convinto.
Cardinale cominciò ad assumere un preoccupante color lampone.
“Garrie, se non la pianti ti arriva il badile sullo scroto” sibilò seria.
“Se mi fai sbirciare sotto la tua maglietta, quasi quasi ci sto” le mormorò Garrie nell’orecchio, allusivo.
Cardinale tentò di lanciargli uno sguardo di fuoco, ma il sorriso ridente di Garrie le provocò un leggero capogiro.
“Fatti in là, porco, o alzo l’ascella e ti tramortisco col puzzo”
“Ho detto basta, Garrie” intervenne Patterson, burbero “Sai che la signorina in fondo in fondo è timida. Comunque, se proprio lo vuoi sapere, io le ho viste le sue tette e devo dire che non sono male…a metà classifica, più o meno”
“Cosa…eh?!? Tu non hai mai visto un bel cavolo di niente, uomo di Neanderthal” strillò Cardinale, arrossendo vistosamente sotto la maschera di sudore.
“Che ne vuoi sapere tu? Credi di essere trasparente o di poter sfuggire al radiografo brevettato di nonna Pat? Se vuoi ti so anche dire di che colore hai le mutandine, guarda…”
“Tu…tu…non sarà mica vero?” trasecolò la ragazza, sinceramente basita, brandendo la vanga come uno scudo.
Patterson la liquidò con uno sventolio di mano noncurante.
“Donna, continua a pensare ai tuoi computer che io continuo a pensare alle cose serie” rispose Patterson altezzoso “E poi, che strilli: ti ho anche messo a metà classifica, dovresti essere contenta, no?”
“Oh, certo, grazie mille per la concessione” sbuffò Cardinale indecisa se arrabbiarsi o scoppiare a ridere.
L’atmosfera, comunque, si era notevolmente distesa: sotto il sole rovente la squadra continuò a lavorare di buona lena, scambiandosi piacevolezze e facendo a gara a chi diceva la stupidaggine più grossa. Ogni volta che qualcuno era stanco supplicava Patterson di spiegare il motivo di quella buca o chiedeva se non era già abbastanza fonda, ma l’uomo continuava a scavare e ad incitarli a fare altrettanto con indomabile convinzione. A pomeriggio inoltrato, Garrie gettò la spugna, definitivamente: si sdraiò a terra a braccia larghe a guardare il cielo, ansimante, i capelli appiccicati alla fronte in disordinate ciocche bagnate.
“Basta” sentenziò col fiatone “Sono in un bagno di sudore, puzzo come un animale da cortile ed ho talmente tante vesciche sulle mani da far invidia ad un carpentiere”
“Sì, Pat” si accodò Elijah oscillando come in preda ad un capogiro “Dicci lo scopo di questa fossa, semmai ce ne sia uno, altrimenti rischi di farci cuocere il cervello. Per chi ancora ne avesse un po’, dico”
Patterson valutò serio l’ampiezza della fossa, ed infine annuì pensieroso.
“Ok, può bastare” si decise.
Tolse dalla tasca posteriore dei calzoni una grossa e antiquata pistola e la puntò con decisione verso i suoi compagni.
“Molto bene” disse con voce tonante “E’ ora, ragazzi. Sapendo quello che è successo a Benedict e sapendo che la nostra fine, nella migliore delle ipotesi, sarà quella lì, è arrivato il momento di prendere una decisione”
“Metti giù quel cannone, Pat, rischi di fare un digi-buco dell’ozono se ti scappa un colpo inavvertitamente” brontolò Morales corrugando appena la fronte. Patterson lo ignorò bellamente.
“Siamo tutti amici, e tutti sappiamo bene a cosa andiamo incontro. Se qualcuno di voi non ha più speranze o energia o voglia di vivere, questa è l’occasione buona. Avete vicino persone che, non si sa per quale assurdo motivo, vi vogliono bene; c’è una bella fossa grande che guarda il sole, per quanto sia un sole artificiale, ma non è il caso di sottilizzare; c’è una bella pistola carica che, con un semplice colpo indolore, vi può togliere da tutte le preoccupazioni e darvi la pace eterna. Adesso, a voi la scelta: chi vuole farsi saltare le cervella lo dica adesso e sarà esaudito”
I quattro Runners, dopo un primo minuto buono di smarrimento dove rimasero come cristallizzati al loro posto, si guardarono l’un l’altro con le facce inebetite di chi ha preso uno schiaffo senza motivo.
“Di cosa diamine stai parlando?” chiese Garrie alla fine, genuinamente esterrefatto.
“Personalmente, io sono un Runners” continuò Patterson, granitico “E non perché me lo abbia detto qualcun altro o perché ho portato per tanto tempo il distintivo. Sono un Runners perché ho voglia di combattere. Per la verità, per i miei amici, per me stesso. Io non ci mollo. Non sarò una gran cima, ma sono un guerriero, questo è poco ma sicuro. Ho bisogno di sapere voi che cosa pensate di essere, se avete ancora voglia di provarci. Sono pronto a seppellirvi da amico o a morire per voi, di nuovo da amico. Se qualcuno vuole, come me, provarci fino in fondo, a costo di essere sezionati come cavie da laboratorio, sono pronto. E voi?”
La scena sarebbe stata quasi comica, se la faccia di Patterson non fosse stata così maledettamente seria: tutti sporchi, impolverati e ingobbiti dalla fatica a guardarsi meravigliati mentre prendevano in seria considerazione la possibilità di finire per sempre in quella fossa che avevano scavato per tutto il maledetto giorno. Elijah era sorpreso: per tutta la sua vita si era convinto di non avere alternative alla lotta. E Patterson, il meno sveglio di tutti, era lì a fargli capire che in realtà l’aveva sempre avuta una via alternativa, facile, comoda e, tutto sommato, piuttosto allettante. Una scelta, quello che anelava da sempre: la possibilità di decidere della propria vita, nel bene e nel male. Quale era, nel profondo del suo cuore, la via che voleva seguire? Elijah si riscosse dai suoi pensieri e vide Cardinale che lo guardava. Nei suoi grandi, liquidi occhi scuri vide riflessi i suoi stessi pensieri, le sue stesse paure e la sua stessa, indomita voglia di provarci. E ancora, e ancora, e ancora, fina ad avere rispetto di sé stessi, fino a guadagnarsi quello che da sempre desiderava inconsciamente: la sua libertà.
Gli occhi azzurri e limpidi di Garrie.
Quelli blu e troppo seri di Morales.
Quelli piccoli e battaglieri di Patterson.
In tutti vide sé stesso, e la risposta venne spontanea e necessaria come respirare. Elijah fece un grosso sospiro, girò lo sguardo su i compagni e sorrise, placidamente.
“Di un po’, nonna Pat, mi sa che hai sprecato tutto il tuo vocabolario per questo sermone. Da quanto tempo lo tenevi in caldo per noi?” disse con voce leggera e canzonatoria.
Patterson inspirò profondamente e rispose al sorriso con un ghigno abbagliante.
“Effettivamente era un po’ che volevo farlo. La speranza era che tutti quanti vi metteste in ginocchio ad implorarmi di spararvi in mezzo ai denti, ma mi sa che mi è andata male anche stavolta…”
“Vuoi dire che abbiamo scavato questa fossa per niente, razza di beduino?” sibilò Garrie, inviperito.
Morales gli batté fraternamente una mano sulla spalla.
“Tranquillo, Garrie, potremmo sempre farci una bella piscina” lo consolò sorridendo.
“Già. Una bella Jacuzzi con idromassaggio” approvò Patterson, entusiasta dell’idea.
Cardinale, improvvisamente, saltò fuori dalla fossa e corse ad abbracciare Patterson che la avvolse in un abbraccio stritolante.
“Era ora che ti accorgessi di essere follemente innamorata di me, dolcezza” le disse lui infine con voce malferma, allontanandola rudemente. Cardinale aveva gli occhi lucidi ma rise, beffarda.
“Non ho saputo resistere al fascino travolgente del tuo aroma animale”
“In poche parole, ti sta dicendo che puzzi come una capra” lo informò Garrie, velenoso. Patterson lo prese e abbracciò anche lui, sbattacchiandolo come una bambola di pezza.
“Mettimi giù, razza di yak nepalese!” strepitò il giovane, disgustato e Patteron obbedì mentre Morales si rotolava a terra dalle risate.
Elijah si avvicinò a loro, estraendo dal taschino la fiaschetta di wishky : aveva un curioso magone in gola e gli era difficile deglutire, ma non riusciva a smettere di sorridere.
“Ok, un brindisi davanti alla Jacuzzi di Pat prima di un bel bagno collettivo, Cardinale compresa: a Benedict, dovunque sia”
“A Benedict” disse Patterson immediatamente, mettendo una mano sulla spalla di Garrie.
“A Benny” mormorò Garrie con gli occhi lucidi.
“A Benedict” si accodò Morales, alzandosi da terra con decisione.
“A Benedict” terminò Cardinale con lo sguardo fermo fisso su Elijah.
In semicerchio davanti alla fossa ammonitrice, rimasero in silenzio a rendere omaggio ad un amico mentre il sole tingeva di rosa le rocce e donava loro una nuova, assurda speranza.
*          *          *
Piattaforma Dream Rewind 1973 Seven Dogs Club – incognito
Richner, Damon          digi-alias        Sé stesso
 
Quando arrivò al club “Seven Dogs” quella sera, Damon era piuttosto confuso e non sapeva bene cosa aspettarsi. Cercò piuttosto discretamente di mettersi in contatto con una sventolona bionda che gli avevano indicato come Alicia Grady, ma era piuttosto scettico sull’esito di questo incontro. Gli venne fatto sapere dal cameriere che la signorina Grady lo aspettava nella sua suite al piano superiore dove fu scortato da un buttafuori talmente grosso che la sua mano pareva un intero prosciutto. Damon entrò dubbioso nella stanza: le pareti erano di un bel vetro rosa tenue da cui si poteva vedere il panorama circostante, non visti; un enorme letto a baldacchino troneggiava al centro della stanza e anche le lenzuola di raso erano rosa tenue. Nella testa di Damon passò come un lampo il sospetto che la Grady non fosse altro che una prostituta di alto bordo, e fu tentato di uscire di lì a gambe levate. L’avrebbe anche fatto se in quel momento non fosse comparsa la ragazza, avvolta in una nuvola di chiffon rosa.
“Mi hai cercato, bello?” chiese lei con voce suadente appoggiandosi allo stipite della porta: nella mossa, una coscia tornita uscì dallo chiffon e l’occhio di Damon ci cadde inevitabilmente sopra.
“Ah, oh, io..” balbettò allontanandosi leggermente da lei “Spiacente, devo aver sbagliato persona” terminò poi precipitosamente.
Fece per tornare verso la porta quando si trovò improvvisamente ad un centimetro dal naso di Alicia che si era fulmineamente messa tra lui e la porta.
“Dove credi di andare, maledetto tirapiedi” sibilò la ragazza spingendolo bruscamente verso il letto e sfogando la sua rabbia repressa.
“Tirapiedi…non so di cosa stia parlando, signorina” disse Damon tentando di apparire più innocente di quanto non fosse in realtà.
Alicia lo spinse ancora e Damon inciampò all’indietro e cadde sul letto: immediatamente si trovò con la punta di un coltello molto affilato puntata sotto il mento.
“Chi credi di imbrogliare, piccolo patetico Runner? Sei qui per spiare le mie mosse da parte del generale Scott, non è così?”
Damon  fece scattare contemporaneamente il ginocchio e il gomito e in men che non si dica le parti si invertirono con Alicia stesa sul letto e Damon che le puntava la lama del coltello alla gola.
“Effettivamente, è stato il generale Scott a mandarmi qui” disse in tono salottiero mentre Alicia, furiosa, si divincolava sotto di lui “Ma non per spiare. Ha questa assurda convinzione che tu sia abbastanza in gamba da potermi dare una mano ad aiutare la squadra Tau Centauri, ma credo che abbia preso un abbaglio..”
Nel sentire il nome della squadra, Alicia si era bloccata di colpo e lo fissava con gli occhi stretti e sospettosi.
“Così sei venuto qui per la Tau. E secondo te io dovrei darti informazioni riguardo alla squadra? Scordatelo” sibilò alla fine, inviperita.
Damon la lasciò andare e si allontanò da lei per evitare che gli mollasse un calcio negli stinchi.
“Di quello che credi tu non me ne importa  un fico, gioia” disse alla fine, irritato “Se davvero sei in contatto con Elijah, vorrei inviargli un messaggio, tutto qui”
“Che tipo di messaggio?” chiese Alicia, ancora bellicosa.
“Questo messaggio: ho visto la registrazione di Benedict. Farò di tutto perché la veda anche Scott. Tenete duro. Io sono qui. E’ abbastanza chiaro come messaggio o vuoi che te lo scriva?”
Alicia lo guardò a lungo, in cagnesco. Damon ricambiò lo sguardo senza paura.
“Nessuno mi dice che tu non stai facendo il doppio gioco” mormorò infine la ragazza e Damon annuì senza scomporsi.
“Sì, è vero. Non ti chiedo di fidarti di me. Ti chiedo di mandargli quel messaggio. E di approfittare di me, se cerchi una strada per salvarli”
Di nuovo Alicia lo scrutò intensamente per cogliere un qualsiasi segno di falsità nella sua storia. Ma Damon rimaneva davanti a lei con lo sguardo sincero e limpido di un bambino. Decise di fidarsi, forse perché non poteva fare nient’altro, o forse perché aveva davvero bisogno di fidarsi di qualcuno.
“Devi farmi vedere la registrazione” disse seccamente. Damon annuì, controvoglia.
“Sì, ma non qui. Per quanto questo posto sia schermato, sono io che non mi fido di te”
“Ok” sbottò Alicia girandogli le spalle “Dammi un minuto”
“Adesso…?” chiese preso in contropiede Damon. Alicia si fermò sulla porta e gli lanciò uno sguardo di rimprovero.
“Ti sembra che abbiamo molto tempo a disposizione?” gli buttò lì, e chiuse la porta senza attendere risposta.
*          *          *
Piattaforma Dream Rewind 1845 Far West – Ranch  – incognito
Benson, Elijah            digi-alias        Sé stesso                    
Cardinale, Jude           digi-alias        Sé stesso
Morales, Eric             digi-alias        Sé stesso
O’Brian, Garrie          digi-alias        Sé stesso
Patterson, Matt            digi-alias        Sé stesso
 
Approfittando di un momento di distrazione dei compagni, Cardinale sgattaiolò verso il fiume, cercando un’ansa nascosta che le permettesse di rilassarsi senza quei trogloditi tra i piedi. Trovato il punto adatto, si spogliò rapidamente, tenendo prudentemente addosso la biancheria intima, e si tuffò nell’acqua fresca. Sospirando di sollievo e appagamento, nuotò con pigre bracciate verso l’altra riva, rinfrescandosi anche il viso accaldato. Poi, si adagiò in superficie, supina, lasciando che l’acqua le riempisse le orecchie. Che pace, pensò stordita. Il suo cuore cominciava ad accettare, riluttante, la scomparsa di Benedict, ma dietro, nascosta nell’ombra, c’era anche la sotterranea angoscia del pensiero della morte. Il mestiere di Runner le aveva insegnato a conviverci, con quel pensiero, ma mai come in quel momento le era sembrato potente e vicino. Soprattutto vicino.
“Bomba in arrivooooo!!!” urlò qualcuno alla sua destra, facendola quasi affogare dalla sorpresa.
Subito dopo, con un potentissimo tonfo e uno spruzzo spettacolare, una figura si tuffò vicino a lei per riemergerle quasi addosso, seguita a ruota da altri due schiamazzanti compagni. Il tuffo finale doveva essere obbligatoriamente quello di Patterson, in quanto provocò uno stunami di almeno tre metri. Cardinale alzò gli occhi al cielo, maledicendo tutto e tutti a partire dalla prima stirpe umana mentre i tre nuotavano avvicinandosi a lei.
“Che diavolo ci fate qui?” li aggredì Cardinale immergendosi nell’acqua sino al collo, furiosa.
I compagni non fecero una piega: Garrie, col suo solito sorriso da schiaffi e i capelli biondi scuriti dall’acqua appiccicati alla nuca le spalancò gli occhi in faccia con una finta espressione innocente.
“Facciamo il bagno” rispose con la pazienza di un maestro d’asilo nuotando un po’ sul dorso “L’hai detto tu che dobbiamo lavarci più spesso, no?”
“E non potevate scegliere un altro posto o andare da un’altra parte? Che so…in Cambogia, per esempio?”
 “Non mi risulta che questo fiume sia monopolio tuo” la informò piacevolmente Patterson.
“E io avevo bisogno di stare sola” mugugnò Cardinale di cattivo umore, sorvolando sul fatto che era la prima volta in due anni che si ritrovava in mezzo a loro quasi completamente nuda e senza armi a portata di mano. La cosa la inquietava, soprattutto per il fatto che Garrie, Morales e Patterson sembravano invece perfettamente a loro agio a nuotarle intorno con solo un paio di mutande d’ordinanza addosso.
“Non puoi stare sola” comunicò Morales riemergendo da un tuffo “Su questa piattaforma siamo in pericolo costante e tu sei la nostra donzelletta da proteggere. Dovunque andrai noi saremo con te”
“Seguiremo la tua ombra nei bui recessi delle latrine” ghignò Patterson, le cui braccia nude avevano la stessa circonferenza di due tronchi di sequoia.
“E faremo i turni per dormire nel tuo letto, abbracciati stretti stretti” sospirò Garrie con voce sognante.
Cardinale si allontanò un poco da loro con la faccia aggrottata.
“Cos’è, volete spingermi al suicidio con queste visioni da film dell’orrore? Già non vi sopporto da vestiti, figurarsi da mezzi nudi…”
“Ma se siamo belli e affascinanti come i bronzi di Riace” protestò Morales.
Uscì con il petto dall’acqua, gonfiando pateticamente i muscoli delle braccia che, confronto a quelle di Patterson, sembravano due mestoli da cucina.
“Sarà…a me sembra che tu, più che un bronzo assomigli a un cucchiaio di peltro e quell’armadio là sembra l’anello di congiunzione tra l’uomo e il Minotauro”
Non ebbe il coraggio di commentare su Garrie che le si avvicinò nuotando e costringendola ad arretrare millimetricamente.
“Che fine ha fatto Elijah?” chiese Cardinale cercando di non far cadere gli occhi sul compagno, sottilmente imbarazzata.
“Di guardia” rispose brevemente Garrie, incuriosito dal suo atteggiamento legnoso “Dì un po’…non ti starai mica vergognando di fare il bagno insieme a noi”
“Figurati” rispose Cardinale velocemente “Stavo solo valutando se sguazzare insieme tutti nudi sia o no un’esperienza da scrivere sul mio curriculum”
Garrie sorrise e Cardinale pensò che se lei fosse stata una donna qualsiasi avrebbe probabilmente cominciato ad iperventilare alla vista di quel corpo armonioso e perfetto abbinato a quel sorriso canzonatorio. Fortuna che lei non era una donna qualsiasi, si ansimò in testa, praticamente senza fiato.
“Credo di non averti mai visto tanto svestita da quando ci conosciamo” continuò salottiero Garrie, spargendo dolorosamente sale sulla ferita “Non sei proprio niente male, lasciatelo dire da un intenditore. Hai due gambe lunghe e toniche…bellissime. Spalle dritte, da Runner. Saresti un gran bel pezzo di figliola, se solo non camminassi con la grazia di un Caterpillar cingolato. Senza contare che quando apri bocca ne esce una tale marea di stupidate femministe che sgonfierebbe anche un pervertito in astinenza da vent’anni”
Cardinale non rispose e Morales e Patterson le lanciarono una breve occhiata sorpresa quando videro che non avrebbe approfittato del suo diritto di replica. Anche Garrie le lanciò uno sguardo sorpreso e incontrò i suoi occhi fuggevolmente. Un indolente e sfolgorante sorriso gli salì lento alle labbra quando si accorse che Cardinale (proprio lei!) era paralizzata da un cocente, abissale imbarazzo.
“Tu…stai….arrossendo!” gorgogliò Garrie esultante con la stessa sorpresa mista a trionfo che prova un profeta a cui appare finalmente il suo Dio.
Cardinale, ovviamente, arrossì ancora di più: sentì il sangue fermarglisi in tante piccole bolle rosse sul viso e sul collo, e, per reazione, divenne ancora più velenosa e infuriata.
“Non sto arrossendo: sono solo allergica ai bambolotti burbanzosi che sputano sentenze convinti di avere la verità sulle ginocchia! Se condividiamo ancora un po’ la stessa acqua mi verrà un’eruzione cutanea. Devo uscire di qui alla svelta”
Ma non si schiodò dalla sua posizione in ammollo completo. Pensare di uscire dall’acqua con gli occhi di Patterson, Morales e (soprattutto) Garrie inchiodati al suo fondoschiena la riempiva letteralmente di puro orgasmo.
E Garrie lo sapeva benissimo: le nuotava pigramente intorno senza togliersi quel sorrisino malizioso dalla faccia tanto che Cardinale prese per un attimo in considerazione l’ipotesi di affogarlo.
“Allergia. Capisco. Sai, io sono allergico ai programmatori tronfi e imbottiti di sé come tacchini…se non fosse che ho fatto il vaccino, a quest’ora sarei spacciato” commentò il giovane avvicinandosi un po’.
Cardinale si allontanò immediatamente, di riflesso, mentre il panico galoppava libero nei verdi pascoli del suo implacabile imbarazzo. Morales e Patterson si avvicinarono a loro, sorridendo serenamente e costringendo Cardinale ad arretrare di un altro passo. L’acqua le lambiva appena le spalle.
“Andiamo Cardinale…siamo colleghi…mica avrai paura di noi, eh?” mormorò Morales con un sinistro sorrisetto storto “Vieni qui che ti facciamo un massaggino alla schiena”
Altro passo indietro.
“Paura di voi? Avrei più paura di un branco di formiche. E comunque siete Runners, anche se nudi come macachi, e dovere portarmi il giusto rispetto visto che sono di grado più alto del vostro”
Passo indietro: l’acqua le arrivava ai gomiti. Lo sguardo di Garrie puntato addosso le faceva l’effetto di una radiazione radioattiva.
“Se proprio dobbiamo trattarci come sottoposti e superiori, sono costretto ad informarvi che il vostro reggiseno bianco nell’acqua diventa quasi trasparente, tenente Cardinale” mormorò Garrie con una voce velata e Cardinale ne ebbe abbastanza: girò le spalle ai tre e marciò risoluta fuori dall’acqua sentendo i loro sguardi piazzati sulle sue mutande come chiodi arroventati. Senza pensarci troppo su, afferrò uno scarpone di Patterson abbandonato sulla riva e lo tirò con forza verso di loro, centrando un Garrie piuttosto distratto sulla fronte.
“Siete tutti dei maledetti pervertiti!” strillò Cardinale dando libero sfogo alla sua rabbia.
“Dai, tenente Cardinale, facci rapporto!” la canzonò Patterson mentre la ragazza, arraffati su i suoi vestiti, scappava via veloce come una lepre.
Morales rideva, deliziato, mentre Garrie rimaneva a guardarla allontanarsi con una comica espressione rapita sulla faccia.
“Hei, O’Brian! Ti si è inceppato il neurone?” lo apostrofò Patterson, notandolo.
Garrie finalmente si riscosse e fece un largo sorriso da fanciullo, estasiato.
“Mi ha tirato uno scarpone” disse come se parlasse di un miracolo piovuto dal cielo “E mi ha centrato. Che donna!”

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Capitolo 18
*** Capitolo 16 : Lo spacciatore di armi ***


 Sede Orion 3W
 
Damon e Alicia erano certi di non essere stati seguiti. I due non si erano scambiati più di tre parole nel tragitto fino al covo di Damon, dove il giovane, in un silenzio perfetto, aveva avviato la olo-registrazione di Benedict affinché Alicia la visionasse. L’aveva vista e rivista un milione di volte, ma anche stavolta gli occhi gli si riempirono di lacrime brucianti e fu costretto a girare le spalle all’ologramma per riprendere il controllo di sé. Quando la registrazione finì, si girò verso Alicia e la vide che piangeva senza ritegno, le lacrime che rotolavano silenziosamente sulla pelle perfetta e rosea e finivano dentro il colletto del vestito.
“E’…orribile” riuscì a dire alla fine la ragazza, dopo aver deglutito a vuoto un paio di volte. Damon annuì e si sedette davanti a lei con un sospiro. Cercò qualcosa da dire che la spingesse a fidarsi di lui e la consolasse contemporaneamente.
“Io sono nato alla Fabbrica” disse infine, scandendo bene le parole “I miei migliori amici, se così possiamo chiamarli, erano Benedict ed Elijah. Volevo dire, sono Benedict ed Elijah. Voglio aiutarli per aiutare anche me stesso, a quanto pare. Non abbiamo tempo e tu sei l’unico punto di contatto con la Tau Centauri. Mi dai una possibilità, Alicia Grady?”
Alicia lo scrutò negli occhi, ancora spaventata e ancora sospettosa. Ma alla fine annuì e posò le mani sulle sue mentre la bocca prendeva una piega dura e determinata.
"Non ho niente in mano per aiutarti" disse lentamente "Ma ho un numero di telefono: un certo Brad, fornitore di esplosivo al plastico. Se abbiamo una remota possibilità, sarà lui il nostro tramite"
*          *          *
Piattaforma Dream Rewind 1845 Far West – Ranch  – incognito
Benson, Elijah            digi-alias        Sé stesso                    
Cardinale, Jude           digi-alias        Sé stesso
Morales, Eric             digi-alias        Sé stesso
O’Brian, Garrie          digi-alias        Sé stesso
Patterson, Matt            digi-alias        Sé stesso
 
“Computer” decretò Cardinale incrociando le braccia, risoluta “Qualsiasi cosa decidiamo di fare, serve un computer serio”
“Esplosivo” sentenziò Patterson con incrollabile convinzione “Qualsiasi cosa decidiamo di fare, serve dell’esplosivo al plastico”
“Cervello” sospirò Garrie, massaggiandosi le tempie “In questo momento mi sembra di non averne e direi che senza quello potremmo anche avere un arsenale intero di armi e i computer più potenti delle Orion che non ce ne faremmo niente”
Elijah, comprensivo, passò al giovane una fumante tazza di caffè appena fatto: quella mattina si sentiva stranamente in forma e battagliero, pronto per affrontare qualsiasi sfida. Purtroppo però, per quanta energia si sentisse circolare in corpo, non aveva nessun progetto verso cui incanalarla. Anche le proposte dei suoi colleghi erano fiacche e poco convincenti: Pat aveva proposto di far saltare in aria le piattaforme DDW, Morales di tentare un negoziato con la Corp., Garrie di finire i propri giorni su una piattaforma Sex e Cardinale di mandare un virus su tutti i computer del CDI. Si sentiva effettivamente impotente di fronte a tutte quelle strade chiuse.
“Forse dovremmo tentare il negoziato” sospirò infine dubbioso, sorseggiando il caffè.
“E con chi?” ribatté Patterson, disgustato “Il signor Masterson in persona? Quella befana spocchiosa del suo segretario? Andiamo, Elijah, pensiamo a qualcosa di fattibile, per favore”
“Certo, perché far saltare in aria le DDW è un’idea seria, come no” lo punzecchiò Morales, senza acrimonia.
Rimasero in silenzio a rimuginare per un po’ finchè Cardinale si alzò di scatto come se si fosse scottata.
“Le DDW!” esclamò, folgorata.
Garrie e Morales si scambiarono uno sguardo sospettoso.
“Hai visto la Madonna o ti è solo venuta un’idea?” chiese Elijah speranzoso.
La ragazza iniziò a misurare a grandi passi l’angusto spazio sotto la tenda mentre i suoi compagni aspettavano pazientemente che iniziasse a parlare.
“Siamo degli idioti” sentenziò Cardinale fermandosi di colpo davanti ad Elijah.
“Concordo perfettamente” rispose lui placidamente “Ma vorrei ricordarti che il migliaio di pensieri che ti sono passati nella testa poc’anzi non sono usciti tradotti dalla tua bocca, per cui siamo ancora all’oscuro della tua illuminazione. Pensi di renderci partecipi?”
“Le DDW” disse Cardinale convinta “E’ logico. Ha ragione Pat, dovremmo farle saltare”
“Logico?” ridacchiò Garrie istericamente “In un mondo dove Cardinale dà ragione a Pat siamo davvero vicini all’Apocalisse”
“Sarebbe carino se ti spiegassi più chiaramente, Jude, possibilmente usando verbi e sostantivi come tutte le persone normali” la incalzò Morales, irritato.
Cardinale si sedette di nuovo agitando le dita nervosamente.
“Siamo stati degli idioti a non pensarci prima” disse parlando a raffica “Ci siamo persi e inorriditi al pensiero del Mattatoio e ci è sfuggito un punto fondamentale: nel Mattatoio ci stanno i corpi reali dei Runners…ma gli esperimenti dove li fanno?”
“Sulle DDW” rispose Elijah confuso “Certo! Devono esistere delle DDW nascoste!”
“E anche molto bene, visto che nemmeno il CDI ne sa niente” concluse Morales raggiante “Dobbiamo trovarle e renderle pubbliche!”
“Mmm…io sarei più dell’idea di Pat di spazzarle via” brontolò Garrie.
“Prima sarà meglio trovarle” consigliò Elijah elettrizzato all’idea di avere finalmente qualcosa di concreto su cui lavorare “Cardinale, riesci a inventari qualcosa di utile?”
La ragazza si avvicinò al computer di Jackson, dubbiosa.
“Non so proprio da che parte cominciare..” disse titubante “Dubito che la Corp. abbia lasciato qualche informazione in giro per trovarle…”
“Pensiamo” propose Elijah “Anche tu Pat, fai uno sforzo…”
“Se mi sforzo troppo rischio di dover andare in bagno” lo avvertì Patterson, demoralizzato “I lavori di concetto non sono il mio forte, lo sai”
Passò qualche secondo in cui la squadra rimuginava intensamente, mentre l’ottimismo scemava lento verso un cupo abbattimento.
“Le DDW fantasma devono essere censite nel database della Corp.” mormorò Morales, cogitabondo “Che per noi è inaccessibile. Giusto?”
“Purtroppo sì” sospirò Cardinale “Con la nostra ultima uscita i livelli di sicurezza sono stati alzati al massimo. Persino i database delle DDW censite sono diventati ostici. Siamo praticamente a piedi”
“Abbiamo qualche cosa che può aiutarci, a parte il computer di Jackson?” chiese Garrie speranzoso.
“Uno schifo” rispose Cardinale, disgustata “Ci rimane solo il computer da polso fatto ad orologio di Madame Desirèe che Elijah, nella sua performance di tuffatore, ha quasi disintegrato”
“Aspettate un momento..” la interruppe Elijah, mentre un’idea gli fioriva nella mente “Per la bassa manovalanza tutto è inaccessibile, ok, ma se il capo supremo della Corp. volesse visionare il database da una piattaforma DDW, non avrebbe un canale preferenziale?”
“Chi, Masterson?” chiese dubbiosa Cardinale.
“Bè…può essere…con la password giusta potremmo spacciarci per lui, agli occhi del sistema…” propose Elijah, speranzoso.
Cardinale ci pensò un po’ su poi gli rivolse uno sguardo ammirato.
“L’idea è così assurdamente banale che potrebbe anche essere buona” decretò infine con un sorriso “Ma la decodifica di una password del genere non è il mio campo. Morales, genio delle comunicazioni, hai qualche asso nella manica da esibire?”
Morales sorrise sornione come un gatto.
“Vuoi scherzare? Il programma ce l’ho, nel nostro Limbo. Il problema è che può girare solo su un computer davvero potente e questo che abbiamo è troppo lento”
“Dobbiamo trovare un computer, ve lo avevo detto” esclamò trionfante Cardinale.
“E dell’esplosivo, non dimenticatelo” brontolò Patterson.
Garrie sospirò, rassegnato.
“Ho capito…per il cervello mi toccherà aspettare il prossimo turno”
*          *          *
Piattaforma Sex 1903  Settore Luxury  – incognito
 
Brad lavorava come addetto alla manutenzione in una DDW Sex piuttosto frequentata; l’ideale per coprire agli occhi del CDI i suoi traffici illeciti. Ovviamente il suo lavoro ufficiale era solo una copertura: in realtà lui era un fior di programmatore, poiché l’esplosivo su una piattaforma DDW altro non era se non un programma di natura nemmeno tanto complicata anche se illegale. Era riuscito a non farsi beccare fino a quel momento anche perché la maggior parte dei suoi clienti erano Runners, persone delle quali si fidava in quanto usavano i suoi “prodotti” in caso di combattimento, dove in mezzo alle armi convenzionali si perdeva l’origine di quelle da lui fornite. Brad era un uomo piccolo, dallo sguardo e dal mento sfuggente, con una faccia che ispirava immediatamente sospetto e sfiducia. Aveva conosciuto Patterson prima che questi fosse arrestato per possesso illegale di armi e da sempre era il suo fornitore di esplosivo. Comunque, era a conoscenza della situazione attuale di Patterson e stava all’erta: prima di tutto per non finire nei guai, secondo perché , nella sua contorta e personalissima visione dei fatti, era certo che sarebbe riuscito a guadagnare parecchio da quella faccenda, in un senso o nell’altro. In quel momento, era in pausa caffè e se ne stava sulla soglia del magazzino che fungeva da deposito di pezzi di ricambio con la sua tazza fumante tra le mani. Guardava placidamente il via vai di gente che entrava e usciva dalla piattaforma, soprattutto ragazze dalla bellezza mozzafiato e molto, molto svestite. Ormai era talmente avvezzo alla bellezza che non ci faceva quasi più caso. Anzi, trovava più interessanti le ragazze con qualche sottile difetto: le rendeva più umane. Sul marciapiede si stava avvicinando una coppia talmente sbronza che i due si sorreggevano a vicenda, ridacchiando e parlottando confusamente. Lei era una bellezza bionda dall’aria vagamente familiare, lui un giovane dal viso quasi completamente coperto da una fitta barba. Arrivati alla sua altezza, quasi gli crollarono addosso, deviando bruscamente la traiettoria del loro percorso.
“Hei, guardate dove mettete i piedi, razza di ubriaconi!!” brontolò Brad scrollandosi di dosso il peso dell’uomo che gli si era aggrappato alla giacca per non cadere.
Il giovane alzò lo sguardo e Brad si rimise immediatamente all’erta: gli occhi del ragazzo erano assolutamente vigili e svegli. Gli teneva ancora il braccio con entrambe le mani, mentre la ragazza bionda, incespicando, gli si era aggrappata all’altro. Con un gesto fulmineo, quanto improvviso, la donna gli strappò l’interfono dall’orecchio, bisbigliandoci dentro subito dopo.
“Dobbiamo parlare. Subito”
Brad, senza scomporsi, annuì e, fingendo di sorreggerli, li accompagnò all’interno dell’edificio: da qui si infilarono in uno sgabuzzino pieno di scope, sacchi dl pattume e barattoli di detersivo, tra cui capeggiava una deprimente scrivania di formica bianca.
“Qui possiamo parlare” disse Brad bruscamente, piantandosi dietro alla scrivania “E’ in questo posto che tratto i miei affari, quindi siamo al sicuro al 100%. Adesso ditemi chi siete e che diavolo volete, ricordandovi che vi tengo sotto tiro e che questa sera sono di cattivo umore”
Alicia e Damon  si scambiarono uno sguardo interrogativo: avevano passato ore e ore a programmare l’incontro con Brad e un piano per liberare la Tau Centauri. Ne era venuto fuori qualcosa di sorprendentemente audace e incredibilmente possibile. Tutto era stato registrato e messo al sicuro per qualsiasi evenienza. Comunque, si erano entrambi ripromessi di rivelare a Brad il meno possibile di quanto avevano in programma.
“Io sono Alicia Grady” disse la bionda seccamente “E lui è Damon Richner. Siamo Runners. Dobbiamo di metterci in contatto con un componente della Tau Centauri. Sappiamo che tu sei il suo fornitore di esplosivo e che forse ha provato a parlarti: abbiamo bisogno del tuo aiuto”
Brad proruppe in una risatina sardonica
“E voi venite qui senza un garante, senza uno straccio di appuntamento, parlando con quel tono da madre priora del convento e pretendete che io vi aiuti? Dovete essere davvero bevuti”
“Senti” lo blandì Damon, avvicinandosi e accorgendosi che sotto la scrivania c’erano almeno tre pistole puntate contro di loro “Non siamo qui per fregarti: siamo solo amici di Patterson che in questo momento è in grossi guai. Quello che ti chiediamo è di dargli un messaggio, se si facesse vivo con te. Nient’altro”
Brad rovesciò la testa all’indietro e rise di gusto.
“Così, Pollicino e Cappuccetto Rosso sono venuti da Babbo Natale a chiedere un favore? Nient’altro?” rise di nuovo mentre i due Runners si scambiavano uno sguardo tra il rassegnato e il disgustato.
“Ti pagheremmo per questo favore” Disse Alicia, glaciale. Porse a Brad una mazzetta di crediti che l’ometto prese con delicatezza e contò con incredibile rapidità.
“Non ci pago nemmeno una cassa di birra con questi” decretò alla fine, imbronciato.
Damon stava per perdere la pazienza.
“A me sembra una cifra più che sufficiente per quello che ti abbiamo chiesto. Non compriamo armi, non assoldiamo killer e non vogliamo prestazioni sessuali. Ti chiediamo solo di consegnare un maledettissimo messaggio se, e solo se, Patterson dovesse contattarti”
“Se è così banale, allora perché lo chiedete a me invece di farvelo da soli?” domandò velenoso l’uomo, ridacchiando ancora in maniera snervante.
Alicia si allontanò dal Brad schifata.
“Andiamocene, Damon” disse con voce cupa “Da questo avvoltoio non otterremo niente di utile”
“Aspetta, dolcezza, non scappare così presto” chiocciò Brad intascando prontamente i crediti “In fondo è vero, non mi costa niente consegnare un messaggio a un ricercato dal CDI e dalla Corp. vivo o morto, rischiando di finire in prigione”
“Te lo ha mai detto nessuno che sei un grosso, puzzolente escremento da fogna?” domandò Alicia, arrabbiandosi veramente.
Damon le posò una mano sulla spalla, conciliante.
“Andiamocene, Alicia. Farò in modo di far sapere a tutti  i Runners con che razza di mentecatto hanno a che fare, quando vengono a comprare le sue armi”
 Brad smise di ridere, improvvisamente, e la sua faccia si arricciò in una smorfia pericolosa.
“Cos’è, si passa alle minacce? Non vi conviene farmi arrabbiare, piccoli, coraggiosi soldatini di piombo. Non ho detto che non lo farò: volevo solo vedere fino a che punto eravate disposti a pagare. Dopotutto, sono un uomo d’affari”
Damon e Alicia si scambiarono uno sguardo rassegnato. Poi, Damon porse un dischetto a Brad con un gesto lungo come per evitare qualsiasi contatto fisico.
“Siamo costretti a fidarci di te” disse minaccioso “Ma avrei preferito avere a che fare con una squadra di Runners, piuttosto. Almeno, l’unica cosa che non puoi mettere in dubbio con loro è la lealtà”
“Ah, soldatino, soldatino, sei davvero uno spasso” esclamò Brad riprendendo di colpo la sua aria gioviale “Non ti preoccupare: se Pat dovesse farsi vivo con me, cosa che dubito molto, il messaggio sarà consegnato con tanto di fiocco sul pacco. Adesso, però, toglietevi dai piedi: mi sembrate due a cui brucia la terra sotto i piedi ed io ho già le mie grane a cui pensare”
Damon esitò un attimo, come se stesse per aggiungere qualcosa: poi sospirò, rassegnato.
“Ti prego” mormorò con lo sguardo rivolto verso la porta “E’…molto importante che Pat abbia quel messaggio”
“Certo, come no” tagliò corto Brad spingendoli verso l’uscita “Ora andate, gallinelle: sciò, sciò, a mai più rivederci!”
Damon e Alicia uscirono sulla strada riprendendo la scenetta dei due amici ubriachi mentre si incamminavano caracollando lontano da Brad.
“Credi che quel barile di bava ambulante consegnerà il messaggio a Pat?” mormorò Alicia, preoccupata.
Damon scosse il capo, confuso e depresso.
“Non possiamo fare altro che sperare” rispose, non riuscendo a convincere nemmeno sé stesso.
*          *          *
Brad spiò dalla lurida finestrella che i due si fossero allontanati, poi si accomodò sulla sedia dietro la scrivania e inserì il dischetto che gli avevano consegnato dentro al suo computer. Il messaggio non era cifrato ed era di una semplicità impressionante.
“Alicia e Damon. Festa in maschera “Seven Dogs Club” domani sera ore 21.00”
Brad rimase a guardare lo schermo rosicchiandosi pigramente l’unghia del pollice, gli occhi calcolatori stretti in due fessure. Poi si decise: prese in mano il telefono e fece il numero della Corp.
*          *          *
Piattaforma Sex 2085  Settore Extreme  – incognito
Cardinale, Jude           digi-alias        Swan               Giovane donna
Patterson, Matt            digi-alias        Manny             Uomo
 
“Senti, sottiletta, piantala di starmi appiccicata” brontolò Manny scrollandosi per l’ennesima volta Swan dal braccio. La ragazza gli lanciò uno sguardo carico di odio.
“Sono senza armi” sibilò a titolo di scuse “E tutti mi guardano come se fossi…come se avessi…in una maniera che non mi piace, ecco” concluse, infuriata.
Manny sghignazzò sotto i baffi, mentre continuava a camminare imperterrito sul boulevard del settore Extreme: effettivamente quel settore era bazzicato da ben strana gente e il digi-alias di Cardinale era un po’ troppo carino per passare inosservato.
“Sei piena come un uovo di assurdi tabù” la rimproverò piacevolmente “Non riesci nemmeno a dire sesso senza arrossire: sembri una dannata collegiale”
“Io non sembro affatto una collegiale” arrossì di collera Cardinale “E riesco benissimo a parlare di… sì, insomma, di…”
“Sesso!” tuonò Manny, deliziato “E dillo una volta per tutte! Credevo che persino un rospo come te avesse trovato qualcuno con cui farlo, almeno una volta nella vita, ma adesso comincio a dubitarne…Tutte quelle paturnie che ti sei sciroppata quando abbiamo fatto il bagno insieme e il fatto che scappi come un canguro ogni volta che rimani sola con uno di noi….mah, secondo me sei malata. Però ho sentito tu ed Elijah uscire dalla tenda da soli, di notte. Avete concluso qualcosa o avete solo guardato la luna?”
Il viso di Swan fu attraversato da vari livelli di grigio prima di fermarsi su un allarmante rosso porpora.
“Abbiamo solo parlato” sentenziò alla fine con forza guardando dritto davanti a sé.
Manny alzò gli occhi al cielo, esasperato.
“Lo sapevo” disse rassegnato “Hanno tre giorni di vita e invece di passarli zompando come cavallette questi “parlano”. Da non credere l’abisso della stupidità umana”
“Ha parlato il Dalai Lama. Piantala con questi discorsi da maniaco e dimmi quando siamo arrivati” cercò di sviare Swan, ma Manny non abboccò.
“Tra poco, ancora cinquecento metri. Avanti, a nonna Pat puoi anche dirlo. Hai a tua disposizione Morales che ti fa da zerbino, Garrie che non vede l’ora di farsi mettere le mani addosso ed Elijah che ti guarda come un affamato guarda un quarto di manzo arrosto. Hai solo l’imbarazzo della scelta…quando ti decidi a fare sesso con qualcuno?”
“Solo a calpestare il suolo di una piattaforma Sex ti ingorillisci come un adolescente” ribatté Swan agitata.
“Quando, allora? O vuoi morire vergine come Giovanna d’Arco?”
“Non risponderò alle tue stupide domande da porco” sibilò dura Swan accelerando il passo.
“Il porco qui presente se vuole qualcosa se lo prende” canticchiò Manny di ottimo umore “Sono le bertucce con manie di protagonismo e sessualmente represse a non voler ammettere nemmeno con sé stesse quello che vogliono. E si trovano così a passeggiare per il boulevard del settore Extreme senza nemmeno avere il coraggio di dire la parola “sesso””
“Io non sono affatto repressa!” strepitò Swan fermandosi di colpo e attirandosi gli sguardi incuriositi di non pochi passanti.
“Certo che lo sei” continuò piacevolmente Manny per nulla turbato “Solo che tu la chiami timidezza e ti ci nascondi dentro come una gallina in una stia”
“ Come se tu sapessi qualcosa della timidezza! Non ce l’hai neanche sul vocabolario, questa parola!”sibilò Swan camminandogli davanti impettita e col naso in aria “Per te i rapporti umani sono finalizzati solo a due cose: mangiare e fornicare”
“Nasconditi pure dietro alle tue paranoie da femmina” continuò salottiero Manny, sorridendo “Avanti, hai tre giorni di vita: vuoi dirla quella terribile parolina? Vedrai che il cielo non ti cadrà sulla testa”
“Cosa vuoi che dica?” strepitò Swan che in realtà era imbarazzata da morire “Ecco qua:Sesso! L’ho detto! Hai ottenuto il premio del buzzurro del giorno facendomelo dire?”
“Ricordati che sono un amico. E’ tutto a scopo terapeutico. Adesso con un piccolo sforzo ci puoi anche aggiungere “io voglio fare”.”
“Ma che hai, ti sei sniffato qualche sostanza testosteronica? Io non voglio affatto fare sesso, men che meno qui e piuttosto che farlo con te mi sottopongo a infibulazione!”
“Il sentimento è reciproco, baby. Con tutte quelle ossa che hai rischierei di infilzarmi da solo. Oh, siamo arrivati. Ecco là Brad. Comunque, prova ad aggiungere alla frase anche “Con Elijah” e vedi se ti ci ritrovi”
Brad vide arrivare il solito digi-alias di Patterson seguito da una insolita figura femminile che camminava con la rigidezza di un robot dalle giunture arrugginite. Alzò una mano per segnalare che li aveva avvistati, poi entrò nello stabile e si sedette dietro la sua scrivania, in attesa. Manny entrò poco dopo con la sua solita flemma: la ragazza lo seguiva a distanza di sicurezza la bella faccina congestionata e furiosa. Si piazzò ad un lato della porta, muta e Brad capì immediatamente che era meglio evitare le battute di spirito con lei, per quella sera.
“Manny, amico mio!” esclamò porgendo la mano a Manny e accompagnando il sorriso di benvenuto con una pacca sulla spalla “Sapevo che prima o poi ti saresti fatto vivo! Non l’hanno ancora presa la tua sporca pellaccia, eh?”
Manny fece un sorriso di circostanza piuttosto freddo.
“Spiacente, amico, ma come immaginerai vado di fretta. Mi serve una fornitura standard della solita roba e componenti di computer. La signorina lì ti dirà cosa vuole di preciso”
Fulminandolo con lo sguardo, Swan snocciolò una serie di caratteristiche tecniche con tono monocorde. Brad rovistò un poco sui suoi scaffali  e tirò fuori alcuni involucri di stoffa. Trattarono per cinque minuti sul prezzo e sulla qualità dei componenti e stavano quasi per congedarsi quando Brad si diede una pacca sulla fronte, fingendo abilmente di ricordarsi qualcosa solo in quel momento.
“Accidenti, che idiota! Ero così felice di vederti ancora in forma che quasi mi scordavo di una cosa importantissima”
“Spara, Brad” disse Manny sulla difensiva.
“Sono passati due strani tipi, stasera. Mi hanno dato un dischetto per voi. Importantissimo, hanno detto”
Così dicendo Brad si era tolto il dischetto dalla tasca interna della giacca e lo porgeva a Manny con un sorriso. L’uomo prese il dischetto senza togliere due occhi di ghiaccio da quelli di Brad.
“Che cos’è ?” chiese con tono leggero ma a denti stretti.
Brad fece spallucce, sgranandogli in faccia due occhi innocenti.
“E che ne so io? Non voglio mettermi in mezzo alle tue beghe con il CDI. Erano una bella bionda e un tizio dalla faccia da pesce. Hanno detto che questo dischetto era un messaggio per te. Stop”
Dopo qualche secondo di silenzio teso, Manny infilò il dischetto in tasca e sorrise.
“Bè, grazie mille, Brad, sei un vero amico”
“Dovere, dovere” cinguettò Brad sventolando le mani in aria “Adesso andate, e in bocca al lupo, vecchio mio!”
Manny  e Swan uscirono dallo stabile mentre la ragazza parlottava dentro all’orologio da polso. Dopo pochi metri una macchina piuttosto scassata guidata da un tassista rasta si fermò di fianco a loro e i due salirono rapidamente. La macchina partì sgommando mentre Manny si toglieva dalla tasca il dischetto che finì immediatamente tra le mani febbrili di Swan.
“Tutto ok?” chiese il rasta, che altri non era se non Garrie. I due gli riferirono le novità mentre Garrie si dirigeva velocemente fuori dalla strada principale.
“Chi diavolo ci può mandare un messaggio?” chiese Manny dubbioso mentre Swan rigirava il dischetto controluce per vedere che non contenesse esplosivo.
“Bè, la bella bionda potrebbe essere Alicia. Il tizio dalla faccia da pesce, non so. Comunque, direi che è davvero un semplice dischetto. Appena arriviamo alla base sentiamo che cosa hanno da dirci”
“Speriamo niente di troppo compromettente” borbottò Manny con la fronte aggrottata “Non mi fido di Brad. Se tenta di farci qualche scherzetto, lo faccio fuori con le sue stesse armi, e chi s’è visto s’è visto”
 

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Capitolo 19
*** Capitolo 17 : Pattugliamento ***


 Piattaforma Dream Rewind 1845 Far West – Ranch  – incognito
Benson, Elijah            digi-alias        Sé stesso                    
Cardinale, Jude           digi-alias        Sé stesso
Morales, Eric             digi-alias        Sé stesso
O’Brian, Garrie          digi-alias        Sé stesso
Patterson, Matt            digi-alias        Sé stesso
 
I cinque della squadra Tau Centauri erano immobili davanti al computer sotto la tenda: avevano appena visionato il messaggio lasciato loro da Alicia e Damon e sulle loro facce perplesse passavano emozioni contrastanti come gioia, dubbio, speranza, commozione…Sapere che quei due stavano cercando di fare qualcosa per loro riaccendeva dolorosamente le speranze di riuscire ad uscire vivi da quell’incubo e nello stesso tempo li gettava nello sconforto per aver messo in pericolo altre persone innocenti.
“Ok, direi che non possiamo fare altro che credere che questo messaggio sia vero” esordì Elijah esternando il pensiero di tutti “Alicia è riuscita a trovare un valido alleato: Damon è un Runner di prima categoria ed è molto vicino al generale Scott. Tuttavia, non trascuriamo le ricerche che stavamo facendo: Morales, sei riuscito a collegarti con il Limbo e a prendere il programma per decodificare la password di Masterson?”
“Ancora no” sospirò Morales, imbronciato “Hanno messo un centinaio di blocchi al nostro Limbo. Dubito di riuscire a cavarci fuori qualcosa entro domattina”
“Io devo preparare qualche spaccatimpani” disse Patterson con gli occhi che gli si brillavano “Ero rimasto a secco e per domani sera voglio avere in serbo qualche bel fuoco d’artificio da esibire”
 “Mettiamoci al lavoro, allora” mugugnò Elijah rassegnato.
Trafficarono per quasi tutta la notte sotto la tenda, bestemmiando ed esultando: arrivarono all’alba che ancora non avevano raggiunto il Limbo, ma avevano fatto notevoli progressi. Elijah e Garrie uscirono per una ispezione mentre Morales e Patterson si scambiavano un sospetto sguardo di intesa.
“Perché non lasci finire me, Cardinale?” chiese Morales con insolita premura vedendo che la ragazza si era allontanata disgustata dal monitor e si massaggiava le tempie.
“Grazie, non ne posso più…ancora un altro muro del CDI e giuro che vomito”
“Meglio non rischiare, allora, qua sotto c’è già abbastanza puzza” decretò Morales sedendosi al suo posto.
In quel momento rientrò Garrie fischiettando come un uccellino.
“Già finita l’ispezione?” buttò lì Patterson ammiccando.
“No, no, Elijah è al confine nord ed ha bisogno di aiuto. Qualcuno deve raggiungerlo”
“Io devo finire le spaccatimpani” sentenziò Patterson con una insolita faccia seria.
Cardinale si girò aggrottata verso Garrie.
“Se ha bisogno di aiuto perché l’hai lasciato solo?” chiese sospettosa.
 “Perchè devo pensare agli abiti per il ballo” cinguettò Garrie con una vocetta leziosa “Ho sempre sognato di partecipare ad un ballo in maschera…Ho in mente così tante idee..”
Cardinale scosse il capo, dispiaciuta.
“Garrie, dovrai passare sul mio cadavere prima di mettere le tue manacce sui miei digi-alias. Saresti capace di mandarci là vestiti da mandria di rinoceronti, con la testa che hai”
“Perché, non andrebbe bene?” chiese Garrie mortificato.
“No, tesoro” ribatté Cardinale, paziente “Abbiamo bisogno di qualcosa di più discreto. Fantasioso quel tanto che basta a confonderci con la folla, ma non troppo vistoso da identificarci”
“Un lavoro di alto concetto, insomma” la prese in giro Patterson con un sorriso pericoloso “Andiamo, Cardinale, sei stata attaccata a quel computer per tutto questo tempo come una cozza allo scoglio: dai un po’ di fiducia a Garrie, per una volta nella vita, e rilassati. Perché non vai a raggiungere Elijah? Andate a fare una passeggiata, mungete le vacche, raccogliete bacche per colazione. Fate quello che volete, ma togliti dai piedi, eh?”
“Il messaggio che Pat voleva velatamente sottintendere è che hai bisogno di un po’ di riposo” si intromise Morales nascondendo un sorriso “Oggi sarà una giornata dura e abbiamo bisogno di vederti in forma. Elijah è ancora sbattuto come un’omelette e tu sei in piena crisi isterica premestruale. Andate a fare un giro e, se proprio non ce la fate ad ammazzarvi a vicenda, almeno rilassatevi”
Cardinale gli lanciò uno sguardo incerto: la tentazione era forte ma sarebbe schiattata piuttosto che ammetterlo.
“Ho capito” sentenziò alla fine Cardinale raddrizzando le spalle “Oggi è il mio turno di dog-sitter, vero? Porterò il capo a fare una passeggiata, lo farò giocare col freesby e gli permetterò di pisciare sui tronchi degli alberi. Ma mi rifiuto categoricamente di raccogliere i suoi escrementi in un sacchettino, chiaro?”
“Sei libera anche di mettergli la museruola, se ti aggrada” rispose Garrie indifferente guardandosi le unghie della mano “Basta che ce lo togli di torno per un pò”
“Siete davvero i migliori amici che un uomo possa desiderare” ribatté acida Cardinale allacciandosi il cinturone con le pistole ai fianchi.
Morales, Garrie e Patterson si stamparono lo stesso, serafico sorriso sulle labbra. Cardinale li guardò sospettosa.
“B’ allora io…vado” disse , incerta.
“Ciao ciao” la salutò Garrie con la manina mentre usciva dalla tenda “Fà attenzione a non farti vedere dalle pattuglie del CDI ed evita di calpestare le deiezioni delle mucche: possono essere un fastidioso deterrente alla creazione di rapporti sociali”
“Non state troppo nei dintorni, se vi beccano dobbiamo avere il tempo di scappare” proseguì Morales con un sorriso scintillante.
“E ricordati quello che ho detto a Swan” ridacchiò infine Patterson, velenoso.
Lo sguardo colpevole di Cardinale venne coperto dal lembo della tenda che si richiudeva al suo passaggio. I tre amici rimasero col fiato sospeso per alcuni secondi mentre ascoltavano i passi di Cardinale che si allontanavano.
“Dite che questa volta ce la faranno?” sbottò infine Patterson con il tono di voce sovreccitato di una vecchia comare.
Morales si strinse nelle spalle.
“Se non combinano niente neanche stavolta, allora o Elijah è gay o Cardinale è frigida. In entrambi i casi, li lascerò schiattare al prossimo attacco della Corp. : se sono davvero così imbecilli allora non meritano di vivere”
L’espressione di Garrie era insolitamente pensosa: Morales gli lanciò uno sguardo serio.
“Non provarci neanche” lo ammonì e Garrie si affrettò a stamparsi in faccia un sorriso falso come una moneta di carta stagnola.
“Di che cosa stai parlando?” chiese con sfacciato candore allontanandosi dall’apertura della tenda.
“Di te che speri che quei due non concludano. Hai a disposizione tutte le donne viventi e non delle Orion…non ti azzardare ad allungare le tue sporche manacce da frantumatore di cuori anche su Cardinale”
“Non l’ho mai nemmeno sfiorata con un dito” si difese Garrie con una parvenza di dispiacere nella voce.
“Non ancora. Ma ho visto come la guardi”
Un’espressione allarmata e colpevole passò per un attimo nello sguardo placido di Garrie, subito nascosta.
“Non mi risulta che guardare sia un reato” replicò un filo più freddamente del solito.
“Nel tuo caso lo è. Tu non le sei completamente indifferente. Ma non vai bene per lei. Le spezzeresti il cuore”
“Senza contare che non sei degno nemmeno di leccarle le scarpe” si intromise Patterson, placidamente.
Garrie scrollò le spalle fingendo indifferenza.
“Ma sentiteli, i due angeli custodi. Magari Elijah e Cardinale non sono poi questa meraviglia di coppia che voi vi aspettate”
“Abbi fede” mormorò Patterson con il sorriso ascetico di un monaco buddista.
 “Eh, ha ragione Cardinale: siamo i migliori amici che chiunque possa desiderare” sentenziò convinto Morales prima di mettersi finalmente al lavoro.
*          *          *
“Presidente” disse la voce dall’interfono.
Il presidente della Corp. Edward Masterson si tolse il sigaro dall’angolo della bocca e attivò la videochiamata sull’interfono.
“Allora?” chiese con un tono di voce che non ammetteva repliche.
“Abbiamo ricevuto una soffiata: domani sera la squadra Tau Centauri sarà al “Seven Dogs Club” della piattaforma DR 1973”
Il presidente sorrise: dopo il quasi suicidio di Benedict si era preoccupato che la Tau Centauri tentasse di ricalcare il suo infelice gesto. Ma, per fortuna, aveva valutato bene la combattività dei Runners: ci avrebbero provato fino alla fine, e questo giocava paradossalmente in loro sfavore.
“Molto bene” sentenziò compiaciuto “Fate preparare due, anzi, tre squadre della Corp. Niente CDI tra i piedi, mi sono spiegato?”
“Sì, presidente. Come lei vuole, presidente”
“Voglio che li prendiate tutti. E li voglio vivi. Vivi, ho detto”
“Vivi, presidente. Ricevuto”
*          *          *         
Damon era davanti al computer nel bunker di Alicia. La ragazza era crollata addormentata sul divano di fianco a lui e le ombre azzurrine sotto i suoi occhi chiusi evidenziavano quanto avesse avuto bisogno di dormire. Non che lui fosse da meno: la barba lunga e incolta e i capelli spettinati parlavano quasi quanto la sua faccia smunta. Il giovane controllò per l’ennesima volta quanto aveva scritto: aveva documentato tutta la storia con le prove che erano riusciti a raccogliere e il quadro finale che si presentava era a dir poco sconvolgente. Una via di mezzo tra un moderno campo di concentramento e la vivisezione umana. Con un sospiro, Damon chiuse il documento, lo criptò e lo inviò ad un indirizzo di posta. Quella era la loro ultima mossa prima dei giochi finali: vi riponevano tutta la loro magra fiducia. Mentre la posta veniva inviata, Damon si ritrovò a pregare che il generale Scott decidesse di leggere la lettera prima che fosse troppo tardi per tutti.
*          *          *
Cardinale si era incamminata verso il confine nord e mentre camminava la brezza fresca dell’alba la circondava coi profumi della natura. Quando vide da lontano la figura di Elijah che le dava di spalle mentre guardava il sole nascente il cuore prese a batterle furiosamente, mandandola subito in confusione. Elijah si girò e alzò una mano in segno di saluto.
“Tutto ok?” chiese Cardinale con un tono fintamente tranquillo.
Elijah le si avvicinò camminando lentamente.
“Tutto tace. Garrie sta meglio?”
Cardinale aggrottò le sopracciglia.
“Quando è entrato sotto le tenda fischiettava come un bengalino. A me ha detto che avevi bisogno di aiuto” disse, sulla difensiva.
Elijah inarcò le sopracciglia, sorpreso.
“A me ha detto che aveva mal di pancia. Non so perché, ma sento puzza di cospirazione…”
“Dobbiamo finire il giro di pattuglia?” chiese precipitosamente Cardinale mettendosi a distanza di sicurezza.
Elijah annuì e Cardinale partì a passo di marcia seguendo lo steccato che divideva il pascolo dal bosco. Elijah accelerò il passo per seguirla ma dopo pochi minuti aveva già il fiatone.
“Hei, donna, ti sei ripromessa di fare tutto il giro a piedi della piattaforma entro sera o stai solo cercando di farmi sputare un polmone?” le chiese mentre le arrancava dietro, in mezzo all’erba.
Cardinale si fermò bruscamente e aspettò che la raggiungesse.
“Scusa” disse, imbarazzata “Stavo pensando”
“Accidenti, che evento memorabile: lo devo scrivere sul diario di bordo?” chiese Elijah, sorridendo.
Cardinale rispose al suo sorriso mentre riprendevano a camminare, stavolta più lentamente.
“Effettivamente, sarebbe davvero da scrivere sul diario di bordo. Stavo facendo dei pensieri un po’…atipici per me” disse la ragazza dopo un po’, guardando da un’altra parte.
“Stavi pensando alle nuove tendine per il tuo appartamento?” buttò lì Elijah.
“No, stavo pensando al comportamento di Garrie”
Le spalle di Elijah si irrigidirono impercettibilmente.
“Garrie? Ho notato anch’io che il suo atteggiamento nei tuoi confronti è cambiato. Mi sembra che…” si interruppe quando vide lo sguardo dubbioso di Cardinale.
“Di che stai parlando? Io dicevo per il fatto che è tornato indietro dal pattugliamento mentendo sia a te che a me. E pensavo ad una cosa che mi ha detto Pat”
“Intendi Pat il guerrafondaio? Ha verbalizzato qualcosa che non tratta di cibo e armi? Da non crederci”
“Lo so, sembra impossibile anche  a me. Però…”
Ammutolì, confusa.
Si erano intanto addentrati nel bosco rimanendo a destra della vallata verde, dove le mucche pascolavano beate. I due si fermarono su un’altura mentre un piccolo spicchio di sole compariva appena dietro le colline.
“Allora, a che cosa stavi pensando?” chiese Elijah appoggiandosi a un tronco d’albero.
“Che all’accademia ero una secchiona” rispose Cardinale ed Elijah le lanciò uno sguardo stupito.
“Non avevo dubbi in proposito” la canzonò “Pat ti ha fatto rimembrare le tue gesta studentesche?”
“Pat mi ha fatto capire che nella vita ho sempre e solo pensato al mio lavoro” rispose lei con voce sottile “I miei rapporti con la gente comune sono stati…inesistenti”
“Avevamo remotamente sospettato la verità, visto come reagisci alle provocazioni della squadra”
“E’ vero, lo ammetto. Interagire con le altre persone è sempre stato un problema per me. Soprattutto riguardo certi argomenti, come i sentimenti, il se…sesso. Mi chiudo a riccio e sputo veleno quando non so cosa dire. Guarda come mi comporto con Garrie e le sue battutine…uno di questi giorni mi scappa la mano e va a finire che lo ammazzo”
“Avresti la mia benedizione” rispose Elijah convinto, ma Cardinale era concentrata sul suo discorso e non lo ascoltò.
“Lo sai quanti anni ho? Venticinque. E non ho mai avuto un’amica femmina. Sai…il mio lessico le spaventa”
“Non mi dire” ironizzò Elijah, confuso “Forse perché tendi ad avere la delicatezza di un armadio a sei ante?”
“Il punto è…che non ho mai saputo dire quello che penso senza metterci in mezzo una battuta acida. La cosa più carina che ho mai detto ad un mio boy friend è stata “Idiota””
“Immagino che non stesse nella pelle dalla commozione. Tutto questo è davvero interessante, ma non ho ancora capito né cosa c’entri questo con Pat né con Garrie”
Cardinale gli girò le spalle e si prese i gomiti con le mani in un gesto di sconforto.
“Pat ha detto che sono una gallina in una stia, ed ha ragione: non riesco a parlare di certi argomenti senza sentirmi in trappola e scattare per difendermi. So di sbagliare ma è più forte di me”
Elijah cominciò a capire: un lento formicolio di adrenalina cominciò a salirgli dal profondo e il cuore accelerò i battiti. Senza nemmeno rendersene conto, fece un passo verso Cardinale, staccandosi dal tronco dell’albero a cui era appoggiato. Pensò a cosa poterle dire senza scatenare l’ennesima lotta all’ultimo sangue, ma la sua mente era piena dei capelli di Cardinale che ondeggiavano pigri al vento.
“Quindi?” chiese con voce suadente.
Cardinale respirava a singhiozzo e il rimescolio nella pancia  le si sparse in tutto il corpo in maniera allarmante.
“Quindi…quando ti dico che sei uno idiota…”
“Me lo ripeti almeno una volta al giorno da quando ci conosciamo. E a Garrie lo dici più o meno una volta ogni dieci secondi”
“Così non mi aiuti per niente” lo rimproverò lei, scoraggiata.
“Mi dà troppa soddisfazione vederti così sulle spine: ti fa sembrare meno un pezzo di granito rivestito di lentiggini. Quindi?”
Un altro passo. Elijah sentiva il calore del corpo di Cardinale portato dal vento e vide le sue spalle tremare.
“Quindi…a proposito delle galline e delle stie…”
“Lascia fuori i pennuti e sputa l’osso”
“Non riesco a pensare bene. Mi si deve essere inceppato il neurone”
“Non è una scusa valida: il tuo neurone è sempre inceppato. Quindi?”
“Tu mi stai prendendo per il sedere”
“E tu stai cercando di sviare il discorso, gallina nella stia”
Cardinale sentì che i fragili argini che contenevano il panico stavano miseramente cedendo. Indietreggiò ma Elijah le bloccò il passaggio appoggiando una mano sul tronco d’albero dietro lei.
“Inutile, non ci riesco: quella tua aria boriosa mi manda in bestia e mi viene solo voglia di insultarti” mormorò Cardinale cercando con gli occhi una via di fuga.
“Se questo è l’unico modo che hai per comunicare con le persone, fa pure. Ma sarebbe un piacevole diversivo sentirti dire qualcos’altro”
“Sai benissimo quello che voglio dirti”
“E’ vero, lo so. Perché è quello che vorrei dirti anch’io da quando ti conosco”
“E allora perché diavolo stiamo qui a cavillare?”
“Sei tu che cavilli: personalmente avrei smesso di parlare già da un pezzo”
“Anch’io vorrei non parlare più, ma tu continui a darmi il tormento…”
Un altro passo: Elijah poteva vedere le guance di Cardinale chiazzate di rosso e sentire il suo respiro rapido e leggero come quello di un uccellino in trappola.
“Aspetto che tu mi dica che cosa vuoi” le disse piano, fissandole la bocca con uno sguardo torbido da cui trapelava con forza tutto il suo desiderio.
Cardinale voleva solo fuggire da quel anelito che le cresceva in grembo: ma non scappò. Si sentiva come sull’orlo di un precipizio a tentennare sul bordo. Ondeggiò incerta. Poi pensò, sfinita: “…al diavolo” e chiuse gli occhi, buttandosi.
“Io…voglio…te…”
Non aveva ancora finito di parlare che le labbra di Elijah erano sulle sue, leggere come un respiro. Per un attimo sembrò che anche gli alberi smettessero di frusciare, sospesi tra un battito del cuore e l’altro. Il silenzio intorno era quasi assordante. Poi Cardinale rispose al bacio e il rumore del silenzio venne spazzato via dal rombo del sangue che riprendeva a correre nelle vene, impazzito come un fiume in piena. Le gambe di Cardinale cedettero e si appoggiò a lui, stordita, gli si strinse addosso aderendo con tutto il corpo al suo. Ebbe solo il tempo di formulare un pensiero razionale.
“…Dio…quanto ho desiderato questo sapore…”
Poi, ci furono solo la bocca di Elijah che chiedeva, voleva, implorava. Solo la sua pelle da toccare, da assaggiare, con urgenza, con lo struggimento di un desiderio a lungo represso. Ci furono solo le sue mani esperte, ruvide, esigenti: le sue mani, la sua bocca e la sua pelle dappertutto.
*          *          *
Era mezzogiorno: il sole era a picco nel cielo azzurro, le mucche muggivano in lontananza e persino all’ombra delle fronde degli alberi il caldo stava diventando insopportabile. Cardinale guardava stupita lo stormire pigro delle foglie mentre con la mano accarezzava distrattamente i capelli di Elijah sulla nuca, leggermente umidi di sudore. Elijah sonnecchiava contro la sua spalla, respirando il profumo della sua pelle.
“E’ mezzogiorno” annunciò Cardinale, con voce roca.
Elijah strofinò le labbra contro la base del suo collo, pigramente.
“Lo so. Per essere una gallina in una stia hai davvero un buon odore, sai?”
“Grazie: spendo milioni di crediti per la cura della mia persona. Forse ci stanno aspettando, al campo: è molto importante che siamo pronti per stasera”
“E’ vero. Stasera. Importante. Dobbiamo rientrare” mormorò Elijah facendo scivolare la bocca più in basso. Il ritmo del respiro di Cardinale accelerò.
“Devo controllare i digi-alias di Garrie: chissà che trappole che ha inventato”
“La fantasia di Garrie non ha limiti, purtroppo. E comunque piantala di parlare sempre di lui. Mi rende nervoso”
“Io?” domandò sorpresa Cardinale spalancando gli occhi “Io parlo sempre di Garrie? Di quella sottospecie di ritardato mentale supponente narcisista beota e protervo  che ha la fortuna di trovarsi un bel faccino e nessun neurone nel cranio? Io non parlo affatto di lui. Mai. Mi dà noia solo pensarci”
Elijah, distratto dai suoi capelli, pensò bene di baciarla sul collo invece di approfondire l’argomento.
“Mmmm…hai anche un buon sapore”
“Bè, lo sanno tutti che, stia o non stia, gallina vecchia fa buon brodo. Capo?”
“Che c’è, Cardinale?” rispose lui, distratto, baciandola sullo sterno.
La ragazza ansimò posando entrambe le mani sulla sua testa e attirandolo contro di sé.
“Niente, niente. Ma, a questo punto, puoi anche chiamarmi Jude” rispose in un sospiro.
*          *          *
Erano le otto e mezza di sera: il buio era calato portando finalmente un po’ di fresco anche sotto la tenda nel bivacco dei Runners. Mentre Garrie e Morales erano ancora dentro a finire gli ultimi preparativi, Patterson pattugliava a grandi passi l’ingresso della tenda, sul viso un’espressione così truce che a vederla persino i coyote sarebbero fuggiti via guaendo. Dopo aver controllato per l’ennesima volta l’ora sull’orologio da polso, snocciolò un’altra serie di improperi fumanti per interrompersi bruscamente quando vide spuntare due figure dal buio che si avvicinavano lentamente. Il sollievo che Patterson provò vedendo Cardinale ed Elijah sani e salvi fu così grande che fu tentato di correre ad abbracciarli. Poi, naturalmente, ci ripensò.
“Vi sembra questa l’ora di arrivare, disgraziati?” abbaiò quando i due furono a portata di voce “Tutto il maledetto giorno senza nemmeno una chiamata…Potevate essere stati catturati o travolti da una mandria di vacche o sprofondati nelle sabbie mobili, per quanto ne sapevamo noi! Mi viene voglia di spezzarvi la colonna vertebrale a tutti e due, razza di gnomi ingrati!”
Elijah e Cardinale si sorbirono la sfuriata di Patterson con placida sottomissione: stavano distanti, senza nemmeno guardarsi, ma l’espressione trasognata che avevano in faccia diceva tutto quello che c’era da dire. A Patterson, guardandoli, gli si sbollì la rabbia. Passò lo sguardo da uno all’altra, inquisitorio.
“Bè…non dite niente?” incalzò, ruggendo.
Elijah e Cardinale si scambiarono un rapido sguardo complice.
“Ehm…ci dichiariamo colpevoli, Vostro Onore” ammise Elijah con un gran sorriso fatuo “Abbiamo pattugliato il bosco e…ehm…ci siamo persi”
Patterson inarcò un sopracciglio, scettico.
“Pattugliato, eh? Immagino che abbiate controllato anche le tane delle talpe, a giudicare dai vostri vestiti”
“Oh...siamo caduti” si giustificò Cardinale con un sorriso così radioso che Patterson non ebbe il cuore di ridicolizzarla a morte come aveva preventivato.
In quel momento dalla tenda sbucarono la faccia di Morales, con stampato sopra un serafico sorriso assolutamente maligno, e quella di Garrie palesemente meno entusiasta.
“Allora, Romeo e Giulietta! Che avete fatto fino ad ora, eh?” esordì Morales esultante.
“Hanno pattugliato” rispose Patterson allusivo.
“Oh, si dice così adesso? Sono rimasto indietro con lo slang giovanile…d’altra parte è un po’ che non pattuglio… Tu Garrie, sapevi di pattugliare l’ultima volta che hai pattugliato?”
“Sinceramente no” rispose Garrie con un faccino compunto “Quello che è certo è che dopo più di dodici ore di pattugliamento Elijah deve essere molto provato. Vuoi uno zabaione, capo?”
“Ci siamo persi” si difese Elijah sempre con quel sorriso serafico.
”E poi sono caduti” rincarò la dose allusivo Patterson.
“Poverini” motteggiò Morales, garrulo “E dì un po’ Cardinale, tu sei caduta sopra o sei caduta sotto?”
“Io vado a fare la doccia” rispose precipitosamente la ragazza, fiondandosi dentro la tenda alla velocità della luce.
“La prossima volta voglio venire io a pattugliare con te, ma dobbiamo perderci almeno per tre giorni!” le gridò dietro Garrie quasi con aria di rimprovero. Prima di sparire dietro l’angolo, lei si girò un attimo a guardarlo ma invece di trovare i soliti occhi celesti e ridenti si scontrò con una specie di ombra dolente che la fece sentire improvvisamente e assurdamente colpevole. Sparì alla svelta verso la doccia, scrollando convinta le spalle.
 Elijah stava quasi per sgattaiolare via quando fu afferrato da Patterson da una parte e da Morales dall’altra e portato di peso davanti al fuoco dove bolliva una pentola di fagioli.
“Non credere di scappare” lo minacciò Garrie mentre Patterson gli preparava un piatto talmente pieno di sbobba da sembrare la vetta di una montagna “Lo sai che tra maschietti ci si racconta tutto. Allora dimmi…come pattuglia Cardinale?”
Le labbra di Elijah tremarono appena ma riuscì a mantenere lo sguardo vacuo e perplesso.
“Non so di cosa stai parlando” disse incisivo mentre ingoiava fagioli bollenti.
Morales e Patterson lo scossero rudemente facendogli quasi mandare di traverso il boccone.
“Tra un quarto d’ora andiamo a rischiare la vita e tu non ci concedi nemmeno dieci minuti di fantasie? Sei crudele” piagnucolò Morales ma Elijah rimase granitico a scuotere il capo.
“Spiacente, ma se voi vedete sesso anche nelle pentole di fagioli non è colpa mia”
I tre amici gli rivolsero uno sguardo disgustato ed Elijah pensò bene di ingurgitare più fagioli possibili finchè era ancora in tempo.
“Ho idea che questo ritardo post-pattugliamento sia sospettosamente tattico” sentenziò alla fine Patterson “Adesso è ora di andare, ma prima o poi torneremo qui e…ti aspettiamo al varco, pattugliatore folle”
Elijah tirò segretamente un grosso sospiro di sollievo, ma non si azzardò a ribattere: per il momento, trovava la prospettiva di una possibile imboscata della Corp. meno pericolosa delle domande dei suoi compagni. Per il momento.
 

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Capitolo 20
*** Capitolo 18 : Festa in Maschera ***


Orion 3W – Sede CDI
 
In tanti anni di onorata carriera, Damon non si era mai sentito così spaventato: mentre entrava nella sede del CDI, si sentiva tutti gli occhi puntati addosso, anche se tentava di comportarsi normalmente e di non ascoltare il battito impazzito del proprio cuore. Nella tasca, la pistola laser d’ordinanza gli pesava come un macigno. Mentre passava per il corridoio verso la zona de-digitalizzatori, sbirciò in alto verso l’orologio digitale e accelerò il passo: il fattore tempo era fondamentale per la buona riuscita del piano. Alle 21:00 c’era il cambio di personale alla guardia dei computer dei de-digitalizzatori: dai quattro operatori diurni si passava a due operatori notturni. Infatti, Damon vide due operatori con una tazza di caffè in mano passare la tessera magnetica nella serratura dell’ingresso alla sala computer mentre chiacchieravano piacevolmente. I due entrarono e Damon si fermò davanti alla porta, in attesa. Dopo pochi secondi, i quattro operatori del turno precedente uscirono dalla porta scorrevole, sorridenti per la fine del lavoro. Fulmineo, Damon si intrufolò nella sala computer e fece passare una tessera nello scanner dell’apertura a identificazione. Immediatamente, il led che segnalava il funzionamento dell’apparecchio si accese di rosso, bloccandosi. Certo di aver precluso l’entrata a chiunque, Damon si girò rapido verso i due operatori che si erano girati a guardarlo sorpresi.
“Hei, Damon!” disse uno con voce stupita “Questa è zona interdetta ai Runners…”
Le parole gli morirono in gola quando vide la pistola laser nella mano del Runner puntata contro di loro.
“Non ce l’ho con voi ragazzi” disse Damon, cominciando a sudare dall’agitazione “Ma sono determinato a spararvi, se me ne darete motivo. Mettetevi seduti e obbedite ai miei ordini”
I due si sedettero, frastornati. Damon si piazzò dietro di loro e attivò la comunicazione sul suo computer da polso
“Sono entrato” annunciò teso spegnendo subito la comunicazione.
Lo sguardo gli cadde sulle figure immobili dei Runners in digi-viaggio sulle piattaforme, ordinatamente in fila al di là del vetro: Elijah e Morales, affiancati, erano stati spostati in un angolo e ai piedi avevano il segnale rosso lampeggiante che indicava che erano disertori e ricercati dal CDI.
Il cuore batteva impazzito nel petto di Damon: sapeva che tutto il piano che lui e Alicia avevano studiato adesso era nelle mani del capo del CDI che in quel momento lo stava sicuramente osservando dalle telecamere nascoste nel locale computer. Damon aspettò che la sirena di pericolo generale venisse attivata. Aspettò. Passarono parecchi secondi prima che si rendesse conto che non sarebbe suonata. Finalmente, allora, esalò un sospiro, rendendosi conto solo in quel momento di aver trattenuto il fiato per tutto quel tempo. Ora non c’era da fare altro che aspettare e pregare.
*          *         *
Piattaforma Dream Rewind 1973 Seven Dogs Club – incognito
 
Alicia passeggiava nervosa per il Club strapieno di gente, cercando di non esternare troppo la sua agitazione. Era costantemente alla ricerca di un segnale qualsiasi tra la folla che identificasse la squadra o, Dio non voglia, qualche Runner della Corp. infiltrato. Lei e Damon avevano a lungo studiato quell’incontro e tutto doveva essere sufficientemente programmato perché andasse a buon fine, ma la sensazione di strisciante malessere che la pervadeva era il frutto di anni e anni nelle squadre dei Runners e sapeva di doversi guardare le spalle. Era entrata da mezz’ora al club con il suo aspetto reale, gironzolando sorridente e facendosi vedere il più possibile: poi, cinque minuti prima, era andata a cambiare digi-alias scegliendo un anonimo ragazzotto dalla larga faccia spaesata, quello che, per esperienza, sapeva essere il più ignorato e sottovalutato dalla polizia. Per l’ennesima volta si trastullò con il computer da polso e, come evocato dalla sua agitazione, sul piccolo schermo comparve la faccia di Damon.
“Tutto ok, Alicia?” chiese teso il ragazzo, senza preamboli.
Alicia accostò il microfono alla bocca fingendo di grattarsi la testa.
“Ancora nulla, né in un senso né nell’altro. Ma sono molto nervosa…forse sono solo stanca” terminò con un sorriso, sperando di risollevare il morale di Damon che, a giudicare dalla faccia tirata, non era dei migliori.
“Occhi aperti, piccola” la ammonì Damon prima di richiudere la comunicazione.
Alicia riprese il giro cercando il più possibile di non dare nell’occhio. C’erano vari gruppetti di persone dall’aria sospetta: per esempio, quei giovani vestiti da dalmata che facevano chiassosamente branco in mezzo alla pista; o quell’altro gruppetto di vampiri. Alicia li guardò meglio: effettivamente, non avevano niente di particolare, se non il fatto che erano fermi e non stavano ballando. La cosa la insospettì: il club era famoso perché lì chiunque ballava. Si avvicinò con aria casuale e fece in modo di urtare piuttosto pesantemente una bella ragazza vestita da vampira.
“Scu…scusi…” disse Alicia sfoderando il suo migliore sguardo bovino.
La ragazza la squadrò con due gelidi occhi indagatori: quando inquadrò il soggetto, una espressione dura le si disegnò sul bel volto truccatissimo.
“Togliti dai piedi, zappatore” sibilò spostando subito la sua attenzione altrove.
Alicia si defilò, angosciata: aveva riconosciuto uno scanner nell’occhio della donna. Runners, lo sapeva. Ne contò cinque piuttosto vicini, e altri due sparsi in mezzo alla pista. La sensazione di pericolo si acuì pericolosamente: doveva trovare la Tau Centauri, al più presto. Alicia incrociò le dita e riprese a cercare, pregando inconsciamente dentro di sé.
*          *         *
Sede Orion3 W
 
“Generale Scott” disse il soldato addetto alla sorveglianza delle telecamere nei locali del CDI “Le ripeto che c’è qualcuno che si è introdotto abusivamente nel locale computer dei de-digitalizzatori. Credo che stia tenendo in ostaggio gli operatori”
Scott rimase a lungo in silenzio, lo sguardo aggrottato fisso sullo schermo che mostrava Damon immobile alle spalle dei due operatori della sala computer: aveva perfettamente intuito quale era lo scopo del Runner e lo ammirò per il coraggio dimostrato sfidando tutto solo l’intero CDI proprio nella tana del leone. Ma aveva guardato e riguardato la documentazione scritta e filmata che il giovane Runner gli aveva segretamente passato e, dopo una notte insonne e tormentata, aveva deciso da che parte stare. E si sentiva forte e indomito, perché sapeva di essere dalla parte giusta, finalmente. Damon si era affidato alle sue mani, conscio di rischiare la vita per una causa che riteneva giusta. Che era giusta. Il generale non lo avrebbe tradito, non avrebbe tradito la sua stessa onestà. Si girò verso il soldato, con lo sguardo duro.
“Le ho già detto di ignorare l’accaduto e di aspettare i miei ordini in proposito. Non intendo più ripeterlo, soldato” dichiarò con voce ferma.
Il soldato lo guardò un attimo con aria colpevole, poi si rigirò verso lo schermo senza commentare. Il generale inspirò profondamente e pregò che tutto si risolvesse alla svelta: non sapeva per quanto tempo ancora avrebbe potuto coprire la situazione agli occhi rapaci e vigili della Corp.
* * *
Gli occhi dell’uomo non si staccavano dal ragazzo robusto e dalla faccia anonima che si stava allontanando dal gruppo di vampiri. Aveva riconosciuto subito la Grady, anche con quel digi-alias maschile piuttosto azzeccato per l’occasione. Il Runner si sfiorò l’orecchio e attivò l’interfono.
“Localizzato il soggetto” disse l’uomo sottovoce, coperto dai suoi compagni.
“Molto bene. Vigilanza costante” ordinò la voce secca del suo capo dall’altra parte. L’uomo chiuse la comunicazione, soddisfatto.
*          *         *
Piattaforma Dream Rewind 1973 Seven Dogs Club – incognito
Benson, Elijah            digi-alias        -- Costume – Lupo Mannaro
Cardinale, Jude           digi-alias        -- Costume – Cappuccetto Rosso
Morales, Eric             digi-alias        -- Costume - Cenerentola
O’Brian, Garrie          digi-alias        -- Costume – Super Man
Patterson, Matt            digi-alias        -- Costume – Coniglietto pasquale
 
Il secondo arrivo della squadra Tau Centauri al “Seven Dogs Club” fu sicuramente meno drammatico del primo: riuscirono a digitalizzarsi esattamente dentro allo sgabuzzino che avevano scelto e, a parte il crollo di alcune pile di stracci, riuscirono a non provocare danni evidenti. Garrie iniziò subito a saltellare eccitato, gonfiando i muscoli del suo costume e rincorrendo il mantello come un cagnolino rincorre la propria coda.
“Ma non si può staccargli la spina?” domandò Cardinale lamentosa.
“Wow!” esclamava felice Garrie, ignorandola “Ho sempre sognato dei muscoli così! E guarda il mantello! E il ricciolino sulla fronte, non è identico a quello dei fumetti? Sono davvero bravo coi digi-alias, ragazzi!”
I compagni evitarono per un pelo di sforacchiargli il mantello a suon di mitragliate.
“E secondo te questi aborti sono quello che aveva proposto Cardinale?” sibilò Morales strattonandosi il vestito luccicante di perline “Nell’improbabile eventualità che usciamo vivi di qui, ti faccio ingoiare la mia scarpetta di cristallo tutta intera”
“Non prima che il suo sedere abbia avuto un incontro ravvicinato con il mio uovo di Pasqua” minacciò a denti stretti Patterson che dentro al suo costume ingombrante e peloso aveva già iniziato a sudare come un animale.
Cardinale si guardava inorridita il completino rosso con una improbabile gonnellina a ruota così corta da sembrare più un perizoma: strattonò la mantellina cercando di coprire il più possibile la scollatura , con scarsi risultati, ma non osò inveire per non scatenare una nuova ondata di domande sul suo pomeriggio. Frugando dentro il cestino di vimini coperto da una tovaglietta a quadretti rossi e bianchi trovò due Uzi, sei caricatori e tre grossi panini farciti. Qualcosa di viscido aveva gioiosamente ricoperto tutto il contenuto e quando Cardinale si accorse che era maionese ritirò la mano disgustata.
“Cosa dovrei farci di bello con questi ?” sbottò infine, agitando un panino sotto il naso di Patterson “Devo offrirlo ai Runners in segno di pace quando finisco le munizioni ?”
“Avevi detto di pensare a qualsiasi evenienza” si giustificò Patterson, per niente sconvolto “Ma, visto che tu ed Elijah vivete di solo amore, i panini li ho fatti per me, Garrie e Morales”
“Allora dimmi qual è quello di Garrie che lo imbottisco di kriptonite” ribatté la ragazza, ributtando il panino nel cestino, schifata.
“Stai buona, piccoletta” la canzonò Elijah e la ragazza gli rivolse uno sguardo imbronciato.
“Come vuoi, capo. Vorrà dire che se avrai bisogno di un caricatore ti passerò il panino al salame” rispose sostenuta, ma la vena acida nella voce si stava palesemente indebolendo. Elijah le dedicò un sorriso sornione, poi si coprì la faccia con la maschera da lupo mannaro che si adattò immediatamente ai suoi lineamenti con una specie di risucchio.
“Sai, Morales, che vestito da donna non sei per niente male?” cinguettò piacevolmente Garrie provocando un ghigno disgustato sulla faccia del compagno “Che ne dici se io e te andassimo a pattugliare un po’ in giro…tipo verso l’infinito e oltre?”
“Avvicinati con la tua schifosa faccia da depravato e ti ritrovi quel ricciolino da pederasta infilato direttamente nell’esofago” dichiarò brutalmente Morales, a muso duro.
Elijah alzò le mani imperioso
“Ok, dichiaro aperti i giochi: fuori uno alla volta, restiamo distanti tre o quattro metri l’uno dall’altro e occhi aperti. Jude, ce l’hai tu l’orologio di madame Desirée?”
La ragazza sollevò il polso, mostrando la sottile fibbia con brillanti dell’orologio.
“Quindi, se ce la vediamo brutta, tutti addosso a Jude che ci porterà su un’altra piattaforma”
Garrie aveva pronta una battuta salace, ma lo sguardo di Elijah gli fece ricacciare le parole in gola: annuì, compunto mentre Morales usciva per primo in un luccichio di seta e brillantini. Dopo poco, anche Patterson uscì dallo sgabuzzino, massaggiandosi distrattamente la coscia a cui aveva attaccato un intero arsenale di spaccatimpani. Quando fu il turno di Cardinale, Elijah non riuscì a trattenersi dallo sfiorarle un braccio, apprensivo.
“Fai attenzione” le disse sottovoce, resistendo all’impulso di ordinarle di andarsene subito al sicuro. Cardinale capì: gli rivolse un sorriso scintillante che, nonostante tutto, gli fece provare un improvviso capogiro.
“Tranquilla, nonnetta” gli rispose allontanandosi e facendo ondeggiare in modo allusivo il cestino di vimini che aveva in mano.
Quando Elijah si girò verso Garrie, lo vide con una curiosa espressione sul volto, stranamente indecifrabile.
“Non sai quanto ti invidio” disse questi prima ancora che Elijah potesse ammonirlo di non parlare.
Elijah rimase di stucco: Garrie non faceva il buffone e sembrava anche sincero, per la prima volta nella sua vita.
“Ti piace la mia maschera?” tentò di scherzare Elijah, ma Garrie sembrava voler concludere il suo discorso.
 “Parlo di te e Cardinale. E non per il pattugliamento in sé, anche se potremmo aprire un dibattito in proposito. E’ perché lei è …davvero speciale. Isterica da morire, rissosa, schizofrenica….ma unica. Sei un uomo fortunato, Elijah”
“Oh, ehm…grazie” balbettò Elijah, confuso. Garrie non lo guardò negli occhi ma continuò serio.
“Cardinale sembra un monolite, ma in realtà ha un enorme bisogno di qualcuno da amare, e questo la rende fragile: non farle del male”
“Farò del mio meglio, Zarathustra” rispose dopo un po’ Elijah, sorridendo appena “E poi in questo frangente nemmeno io mi sento così granitico”
Garrie gli strinse inaspettatamente un braccio, con intensità.
“Come tutti noi, vecchio mio, come tutti noi” sospirò prima di immergersi tra la folla. Elijah lo seguì dopo pochi secondi, vigile e all’erta. La massa di gente festante premeva da tutte le parti ed Elijah seguiva la corrente senza perdere di vista il mantello da Superman di Garrie parecchie teste davanti a lui. Si guardava intorno in cerca di Alicia, l’anonimato protetto dalla maschera, ma non era tranquillo: l’impressione di essere in trappola gli saliva dentro insieme all’adrenalina: dovette scacciare la voglia pazzesca di girare i tacchi e scappare più lontano possibile prima di proseguire la ricerca dei suoi salvatori.
*          *         *
“Squadra Uno a squadra Due e Tre: nessun avvistamento sospetto?” brontolò esasperata la bella vampira nel microfono nascosto nel bavero del suo ampio mantello.
“Negativo. Gli strumenti di identificazione sono quasi impazziti in mezzo a questa bolgia” rispose scoraggiato un suo compagno. La donna ebbe un moto di fastidio.
“Continuate a scannerizzare tutti quelli che vedete senza farvi influenzare dal costume. I ribelli potrebbero essere dovunque” ribatté piccata. Sbirciò l’orologio e vide che erano le 21:06. Ormai la Tau Centauri doveva essere dentro.
“Due Runners si appostino ad ogni uscita” ordinò seccamente “Nessuno deve passare di lì senza essere stato analizzato. Chiaro?”
“Agli ordini, Capo” risposero all’interfono.
La caccia era cominciata.
*          *         *
Alicia vide un movimento sospetto tra i Runners della Corp. che stava tenendo d’occhio, e il cuore le balzò in gola: che avessero avvistato qualcuno? Li vide appostarsi agli angoli delle porte e per il momento si tranquillizzò. Ancora niente di nuovo. Ma doveva trovare Elijah, subito. Scrutò tra la folla e la sua attenzione fu catturata da un Cappuccetto Rosso piuttosto attraente che avanzava ancorata al suo cestino come se si fosse davvero persa in mezzo al bosco. Decise di provare di nuovo con la tecnica della spinta e si avvicinò a lei, noncurante. Quando fu più vicina, vide che gli occhi scuri, seminascosti dalla mascherina rossa, avevano qualcosa di familiare. Il suo cuore accelerò i battiti mentre urtava la spalla della ragazza con forza. Non fece nemmeno in tempo a scusarsi che le si parò davanti un enorme coniglietto pasquale dallo sguardo omicida.
“Largo, mammoletta” disse la voce cavernosa del coniglietto.
“Mi scusi” balbettò Alicia cercando di arretrare ma, ma si trovò qualcosa di duro e sospetto puntato contro la schiena e una voce le sibilò nell’orecchio, cupa.
“Il tuo digi-alias nasconde una persona che non è censita dal CDI: o sei un comune spacciatore, nel qual caso vai a vendere schifezze da un’altra parte prima di ritrovarti con le narici a stretto contatto con il tuo stesso deretano, o sei un Runner, nel qual caso inizia a pregare perché sto per disintegrarti il cervello”
“Sono Alicia, deficiente” sibilò lei quando vide la scultorea figura di Superman che la teneva sotto tiro e immaginando immediatamente chi poteva essere così narcisista da scegliere quel particolare digi-alias.
La faccia di Superman lasciò immediatamente l’espressione accigliata per un largo sorriso di sollievo.
“Che maledetta fortuna beccarti subito, Licie!” sospirò sollevato “Come hai fatto a capire che ero io e non un Runners qualsiasi?”
“La tua scenetta da duro abbinata alla calzamaglia inguinale poteva forse appartenere a qualcun altro?” ironizzò Alicia prima di guardarsi intorno, allarmata. Il coniglietto pasquale e Cappuccetto Rosso l’avevano circondata e le sorridevano, sollevati.         
“Credimi, mai avrei pensato di essere così felice di vederti” disse sincera Cardinale, ma Alicia la bloccò sul posto.
“Ragazzi, qui è pieno di Runners come un cane è pieno di pulci: state lontani dalle uscite, non rimanete vicini e uno alla volta seguitemi dietro al bar. Capito?”
Immediatamente il coniglietto pasquale e Cappuccetto Rosso si allontanarono mescolandosi alla folla. Alicia non aveva ancora individuato Morales ed Elijah, ma confidò che le due parole che aveva scambiato con Garrie bastassero per tutti. Lentamente, si diresse verso il bar del piano di sopra, sgomitando sulla stretta scala per salire. Non perdeva mai di vista i Runners vicino alle uscite che sembravano ancora relativamente tranquilli. Aveva però perso la bella vampira e troppo tardi si accorse che era proprio lei da tenere d’occhio.
*          *         *
“Capo” vibrò la voce nell’interfono auricolare, agitata “Movimento sospetto al centro della pista da ballo: uomo bianco senza costume, coniglietto pasquale, Cappuccetto Rosso e Superman”
La vampira si girò di scatto e individuò immediatamente il gruppetto che si era rapidamente sfaldato. Riconobbe nell’uomo senza costume quello che l’aveva urtata pochi minuti prima e intuì immediatamente di chi fosse il digi-alias.
“Tutti fermi alle vostre postazioni” mormorò mentre teneva gli occhi puntati su Alicia e la seguiva da lontano “Avvicinatevi all’uomo senza costume ma con molta cautela. Squadra due, voi tenete sotto tiro il coniglietto, Superman e Cappuccetto Rosso. Devono essere tre della Tau Centauri: ne mancano due. Cercateli ed individuateli”
Chiusa la comunicazione, armeggiò nella borsetta per estrarre un anonimo aggeggio dalla forma cilindrica: era un disturbatore di passaggio ed era l’ultima novità della Corp., non ancora sul mercato ma disponibile per la polizia interna della compagnia. Se attivato al momento giusto, non permetteva il passaggio del digi-alias da una piattaforma all’altra. La vampira soppesò lo strumento nella mano, pensierosa.
“Andiamo” disse, dopo una breve pausa. I Runners si mossero silenziosi ed efficienti, fendendo la folla con decisione. Gli occhi della vampira saettavano a destra e a sinistra vigili. Alicia Grady, perché altri non poteva essere che lei l’uomo senza costume, era ormai arrivata al banco del bar. Con un gesto imperioso attirò l’attenzione del barista. La vampira ebbe come una folgorazione e cominciò a spintonare la folla, furibonda.
“Raggiungete il bar al piano di sopra!” strepitò, infuriata “Ci deve essere un passaggio segreto!”
*          *         *
L’uomo vide un movimento sospetto nelle fila dei vampiri: con un gesto secco richiamò i suoi compagni che si unirono in ranghi compatti e cominciarono la loro lenta e inesorabile salita verso il bar al piano di sopra. Quando l’uomo vide il Lupo Mannaro che si girava a guardare i vampiri, capì subito di aver trovato la Tau Centauri. Si avvicinò il microfono alla bocca e attivò l’interfono.
“Li abbiamo trovati” mormorò vittorioso.
*          *         *
Elijah si accorse del cambiamento di atmosfera un secondo prima che i Runners cominciassero a correre tutti nella loro direzione.
“Diamine!” pensò fulmineamente, ma non si girò a guardare cosa stava succedendo: vide Superman sparire dietro il bancone del bar tallonato dal coniglietto pasquale mentre Cenerentola, avendo come lui intuito il pericolo, si era messa a spintonare rudemente la gente per guadagnare più velocemente terreno. La gente intorno, ignara, continuava a ballare e a dimenarsi al ritmo della musica assordante; Elijah cominciava a sentire l’opprimente calore dei corpi intorno a lui e spintonava come un disperato, sollevando esclamazioni di protesta tutto intorno. Alla sua destra, i primi vampiri erano arrivati alla sommità della scala: la vampira in testa parlottava nel bavero del vestito e teneva gli occhi puntati su Cardinale. Alla sua sinistra, un gruppo compatto di giovani vestiti da dalmata avanzava di gran carriera nella sua direzione. Elijah sgomitò con più foga mentre le prime ondate di panico gli attanagliavano le ossa. Un peso freddo e liquido gli piombò sulle viscere quando vide che la vampira armeggiava sotto il mantello nel tentativo di estrarre la pistola. Contemporaneamente, il primo dalmata aveva quasi raggiunto Morales, tagliandogli la strada sulla sinistra. Elijah non ci pensò due volte: stava per estrarre la pistola che nascondeva sotto il costume, quando fu bloccato dall’evolversi quasi surreale degli eventi: il dalmata aveva raggiunto Morales, ma invece di bloccarlo si era frapposto fra lui e la vampira che incombeva da destra con il chiaro intento di proteggere Cenerentola. Un altro dalmata si era insinuato davanti ad Elijah e gli stava spianando la strada verso il bar, sgomitando e vociando come un ossesso. Elijah scambiò di sfuggita uno sguardo attonito con Cardinale, prima di tuffarsi a testa bassa sulla scia del dalmata. In quel momento, sentendosi letteralmente sul filo del rasoio, era meglio non porsi troppe domande ma accettare tutti gli aiuti possibili, che venissero dal cielo o no. Morales aveva raggiunto il bar ed era già scivolato dietro al banco quando la vampira, vedendo le sue prede sfuggire, attivò il megafono e urlò a squarciagola.
“Polizia della Corp.! Tutti i civili a terra, immediatamente!”
La folla, stupita, ci mise un po’ a metabolizzare gli strepiti dell’altoparlante, ed Elijah ne approfittò per avvicinarsi ancora al bar. La musica si interruppe su una nota stonata e la vampira, furiosa, prese a strattonare i dalmata che gli si erano parati davanti con granitica determinazione.
“Fuori dai piedi, stupidi idioti! Azione di polizia in corso, tutti a terra!” strepitò ancora e finalmente qualche persona dubbiosa si convinse ad abbassarsi incerta, le mani sulla testa.
“Presto, di qua!” sibilò il dalmata davanti a Elijah facendogli strada. Arrivarono finalmente in prossimità del bar ed Elijah scavalcò il bancone di slanciò. Al di là di esso, c’era effettivamente una botola con una stretta scala a chiocciola che scendeva verso il buio. Prima di tuffarsi dentro alla botola, Elijah afferrò un braccio del dalmata che l’aveva aiutato e lo guardò dritto negli occhi.
“Chiunque tu sia, grazie” gli soffiò velocemente nell’orecchio.
“Ringrazia il generale Scott” gli rispose il Runner con un sorrisetto gelido.
Dai vampiri, che si erano liberati dei dalmata, si levò qualche secco colpo di arma da fuoco e, finalmente, la folla cominciò a tremare e a gridare di paura. Elijah non si girò a guardare: si buttò nel buco per terra, alla cieca, e non sentì nemmeno quando il coperchio si chiuse con un colpo secco sopra di lui.

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Capitolo 21
*** Capitolo 19 : Capolinea ***


 Piattaforma Dream Rewind 1973 Seven Dogs Club – incognito
 
L’impatto con il pavimento fu relativamente morbido, attutito com’era dalla folta pelliccia del vestito da lupo. Morales e Patterson lo aiutarono velocemente ad alzarsi mentre Alicia agitava una torcia davanti a loro.
“Ci siamo tutti? Muoviamoci, di qua!” ordinò seccamente iniziando a correre per l’angusto corridoio buio davanti a loro. In fila indiana, la squadra Tau Centauri obbedì, spianando le pistole.
“Lo sapevo che era una imboscata!” borbottò Patterson che si era liberato della testa da coniglio per correre più agevolmente “Avrei dovuto tirare una spaccatimpani a quei disgraziati!”
“I dalmata…ci hanno aiutato” ansimò Cardinale girandosi appena a guardare in faccia Elijah, che annuì.
“Il generale Scott” le rispose telegrafico e Cardinale boccheggiò, esultante.
“Dio lo benedica” bisbigliò tra sé e sé. Gli altri incassarono la notizia in silenzio, risparmiando fiato.
Alicia arrivò davanti alla porta di uscita d’emergenza e la aprì senza tante cerimonie, buttandocisi contro di slancio.
“Calma, Bruce Lee,  rischi di fratturarti la clavicola così!” la rimproverò Morales seguendola in un cortile sporco e trascurato dove era parcheggiato un furgone nero dall’aria anonima.
Alicia saltò al volante e partì in sgommata mentre ancora Patterson stava salendo, appesantito dal costume e ansimante.
“Era previsto dai vostri piani che la Corp. ci facesse un agguato?” chiese Morales rivolto ad Alicia, buttando disgustato sul cruscotto la coroncina di brillanti che aveva in testa.
“Più o meno” ammise Alicia, concentrata sulla guida “Più che altro, pregavamo di uscire vivi dal Seven Dogs”
“Adesso che siamo qui a raccontarcela, saresti così gentile da esporci il vostro brillante piano?” chiese Elijah aggrappandosi al sedile in una curva a gomito che Alicia fece quasi su due ruote.
La donna non rispose: teneva lo sguardo fisso e concentrato sulla strada e sembrava non voler prendere in considerazione la domanda di Elijah.
I cinque Runners si scambiarono uno sguardo incerto, poi Cardinale prese il coraggio a due mani: scavalcò brutalmente Morales e Garrie che protestarono schiamazzando e si sedette sul sedile davanti, di fianco ad Alicia e si mise a guardarla con calma e determinazione.
“Senti, se ci hai fatto venire fin qui rischiando la pelle tutti quanti, dovete avere un piano” mormorò sottovoce ad indirizzo esclusivo di Alicia.
La ragazza alla guida le lanciò uno sguardo in tralice, dubbiosa.
“Un piano lo abbiamo, sì: il meglio che ci è venuto in mente…e il meglio che si potesse fare, con i mezzi a disposizione” ammise alla fine, scontrosa.
“Sai che vi siamo molto grati per quello che avete fatto per noi” continuò Cardinale, sincera “Ma se non ci dici quello che ci aspetta, faremo fatica a seguirvi. Nonostante la fiducia”
Alicia rimase con lo sguardo ostinatamente fisso davanti a sé, muta. Cardinale sentì un moto rabbioso ronzarle nelle orecchie e si costrinse a inspirare profondamente e a trattenersi dal prendere il grazioso collo di Alicia tra le mani e spezzarlo con una scrollata. In quel momento l’interfono di Alicia vibrò.
“Sono Damon. A che punto sei? Qui comincia a scottarmi il pavimento sotto i piedi!” strepitò la sua voce.
Alicia farfugliò una scusa e interruppe la comunicazione, nervosa. Cardinale sentì un brivido freddo percorrerle la schiena.
“Damon ci sta a spettando?” chiese cercando di alleggerire la voce dall’angoscia che le stava crescendo dentro. Alicia annuì, lanciandole uno sguardo spaventato. Cardinale allora chiuse bruscamente il vetro che divideva dai sedili posteriori, suscitando tra i suoi compagni una nuova ondata di proteste, e si sporse verso Alicia fino quasi a sfiorarle l’orecchio.
“E dov’è Damon?” sussurrò con un tono esigente e definitivo.
Alicia sembrò per un attimo decisa a mantenere il suo snervante silenzio: le nocche delle mani divennero bianche mentre stringeva convulsamente il volante. Alla fine buttò fuori la risposta in un respiro, gelando Cardinale sul posto.
“E’ nella sala de-digitalizzazioni di Orion 3W”
Elijah riuscì a riaprire il vetro e si sporse verso di loro, arrabbiato.
“Azzardati a chiudere ancora questo vetro e ti ritroverai a far compagnia alla ruota di scorta” minacciò sventolando un dito sotto il naso di Cardinale, più scherzoso che serio.
“Concordo” si intromise Garrie facendo sbucare la testa da sotto l’ascella di Elijah “Tra il coniglio e il lupo qua dietro c’è una puzza di selvatico che non vi dico. Se dovete scambiarvi confidenze femminili, optate per un altro momento”
Nessuna delle due ragazze rispose: Cardinale si era improvvisamente fatta pallida e gli occhi scuri sembravano diventati enormi sul suo viso immobile. Alicia non aveva il coraggio di guardarla negli occhi, ma sapeva che Cardinale aveva capito. Era così semplice, in fondo.
Damon era nella sala computer di Orion 3W; i corpi di Elijah e Morales erano nella sala computer di Orion 3W; Alicia li stava portando verso un de-digitalizzatore dal quale lei, Elijah e Morales sarebbero ritornati nei propri corpi reali. Insieme, con la copertura del generale Scott, sarebbero quasi sicuramente riusciti a scappare e nascondersi.
Elijah e Morales si sarebbero salvati. Elijah e Morales.
Cardinale inspirò di nuovo profondamente, cercando di superare l’ondata di panico che le aveva invaso il cuore, fermando il battito per alcuni secondi. Alicia e Damon avevano di sicuro cercato una soluzione valida per tutti…Ma, per quanto continuassero a illudersi e a sperare, questa non esisteva. I corpi di Garrie , Patterson e Cardinale erano lontani anni luce da qualsiasi possibile aiuto. Salvarli tutti era una mera utopia.
“Salviamo il salvabile” disse Cardinale con una voce che sembrava venire da molto lontano. Alicia strinse di nuovo le mani sul volante, in silenzio. Elijah passava lo sguardo da una all’altra, confuso del brusco cambio di atmosfera.
“Che succede?” chiese tagliente e quasi si spaventò quando vide la faccia di Cardinale girarsi verso di lui: seria, immobile, dura…Ma soprattutto, remota, come se non fosse ben presente.
“Tutto ok, Elijah” disse la ragazza, atona. Ma Elijah non ci credeva: le afferrò il polso, più preoccupato che arrabbiato.
“Ti ho chiesto che succede, Jude” la esortò, cercando di non far trapelare la propria apprensione dalla voce “Sono ancora il tuo capo e tu sei un mio maledetto Runner sottoposto. Hai la faccia di uno che ha appena visto gli alieni sbarcare sulla propria tazza della prima colazione, e questa non è la tua espressione naturale. Quella di Garrie, forse, ma non la tua. Mi vuoi dire che hai?” le ultime parole gli uscirono dolci, senza volerlo.
Cardinale lo guardava, sentendo dentro un senso di inesorabilità che le intorpidiva le membra e, nello stesso tempo, una gran voglia di piangere e di ribellarsi all’evidenza delle cose. Ma lo sapeva, in fondo. La consapevolezza di sapere già tutto sorprese persino sé stessa. La Tau Centauri aveva sempre camminato sul filo del rasoio. Certo, ridendo e schiamazzando per esorcizzare la paura del vuoto, ma ben consapevole del fatto che prima o poi avrebbe trovato il cartello con scritto “capolinea” lungo la sua folle corsa. Anche quello che era successo tra Elijah e Cardinale, anche quello faceva parte del disegno del destino: un ultimo, fragile regalo, quasi una beffa per rendere ancora più amara e dura la separazione. L’ineluttabile, irreparabile, irrevocabile separazione.
Gli occhi le si riempirono di lacrime, improvvisamente, e sbatté forte le ciglia cercando di ricacciarle dentro. Un pensiero la pervase, a metà fra il consolatorio e il disperato: Elijah si sarebbe salvato. Sempre che non sapesse niente: non avrebbe mai accettato il compromesso proposto da Alicia e Damon. A costo di crepare, con gli altri o addirittura per primo. Dannato zuccone. Cardinale vide il sospetto e la paura dipingersi lentamente sul viso dell’uomo e si affrettò a sorridere, cercando disperatamente di trasmettere una tranquillità che non sentiva nemmeno lontanamente.
“Ho avuto paura che ci prendessero” mentì con leggerezza “Ho…avuto paura di perderti. Che vuoi, il tuo fascino travolgente…sei riuscito a rendermi quasi umana”
Elijah sembrò per un attimo sorpreso: poi rispose al suo sorriso, radioso come un bambino nel giorno di Natale, e Cardinale sentì il cuore sanguinare come se l’avessero pugnalata.
“Credo che potremmo lavorarci ancora un po’, su questa presunta nuova umanità” dichiarò con una calda voce allusiva. Alicia li sbirciò, a metà tra il colpevole e il costernato,  ma Cardinale le rispose con un’occhiata eloquente e ammonitrice.
“Ma sentili i piccioncini” tuonò Patterson deliziato, scostando rudemente Garrie per guardare i due incriminati “Abbiamo l’intera Corp. alle calcagna e loro stanno a tubare come colombi. Scommetto che vorreste una DDW da pattugliare tutti soli, eh?”
“Chissà. Magari il prossimo pattugliamento lo facciamo io e te, o mio bel coniglietto coccolone” scherzò Cardinale con la voce segretamente rotta dall’emozione.
Tutti risero della faccia schifata di Patterson, a parte Alicia che sembrava sempre più tesa e colpevole.
“Siamo arrivati” disse bruscamente la donna inchiodando il furgone di fianco ad una fatiscente officina seminascosta da una siepe dall’aria depressa.
Uno ad uno, uscirono dal furgone, di nuovo vigili ed efficienti. Ad un segnale di Alicia, si infilarono sotto alla saracinesca parzialmente abbassata ed entrarono in locale buio e sporco, pieno di macchine guaste coperte di polvere, accatastate in ogni angolo. Alicia entrò per ultima, attivando l’interfono.
“Siamo alla base” ci mormorò dentro, implacabile.
Elijah si girò verso di lei dopo essersi tolto il costume da lupo ed essere ritornato nella sua tuta di PlatinumTex ormai completamente gualcita e logora.
“Ok, adesso ci dici per filo e per segno che cosa…” si interruppe, allarmato. Tutti rimasero muti, con le orecchie tese ad ascoltare. In lontananza si sentiva il lento avvicinarsi delle sirene della polizia. Tante sirene. I sei si scambiarono uno sguardo angosciato, ma allo stesso tempo spianarono le pistole con incredibile sincronia.
“Non c’è tempo” tagliò corto Alicia, ottusamente sollevata “Seguitemi”
Cominciò a correre estraendo ed accendendo una torcia mentre le sirene urlavano sempre più forte e dalle fessure della saracinesca filtravano le luci lampeggianti delle automobili della polizia che si fermavano in un gran stridio di gomme vicino al furgone.
Alicia corse per un corridoio angusto seguita dalla squadra in fila indiana. Per ultimo, Patterson cominciò ad armeggiare caricando un ordigno e gettandoselo dietro le spalle.
“Cosa fai, Pollicino, lasci cadere le briciole per ritrovare la strada di casa?” lo apostrofò Morales in corsa, ma Patterson non replicò, continuando a correre e a seminare bombe.
Una forte deflagrazione seguita da una sventagliata di calore li proiettò in avanti: i Runners avevano aperto la saracinesca con l’esplosivo, evidentemente. Nessuno si girò a guardare: come un corpo unico si alzarono da terra tossendo e sputacchiando e ripresero a correre, più forte di prima. Il corridoio girava bruscamente a destra: Alicia spinse in corsa una porta che quasi si scardinò nella foga.
“Chiudetela!” urlò la donna gettando la torcia a terra. La stanza in cui erano finiti era piccola e buia, ma tutti riconobbero un de-digitalizzatore su cui Alicia aveva iniziato ad armeggiare febbrilmente. Patterson e Cardinale si erano addossati alla porta, ansimanti, le orecchie tese a sentire l’imminente arrivo degli inseguitori.
“Dobbiamo de-digitalizzarci” spiegò brevemente Alicia , attivando immediatamente la comunicazione con Damon.
“Damon, siamo qui, ma abbiamo dei Runners alle calcagna!”
“Svelta, falli passare!” rispose Damon, senza preamboli.
Elijah era confuso e anche gli altri compagni sembravano non aver capito niente della situazione. Tutti tranne Cardinale che teneva lo sguardo fermo fisso su Alicia.
“Tesoro, se ci de-digitalizziamo torniamo nei nostri corpi, in bocca direttamente a quelli della Corp.” cercò di protestare Elijah incerto. La prima spaccatimpani di Patterson scoppiò facendo tremare la porta da cui filtrò qualche sbuffo di fumo bianco e acre.
“Io e Damon abbiamo pensato a tutto” dichiarò Alicia con una sicurezza che non era sua “Morales, vai dentro, svelto”
Elijah passava lo sguardo da Alicia a Cardinale, sempre più confuso ed ora anche leggermente irritato. Morales si avvicinò incerto al de-digitalizzatore.
“Alicia, abbiamo poco tempo” disse Elijah con voce tremante d’ira repressa “Dove diavolo è Damon? Dove andiamo a finire de-digitalizzandoci?”
“Damon è riuscito a presidiare il centro di de-digitalizzazione della Orion 3W” annunciò Alicia con un misto di orgoglio e paura “In questo momento sta aspettando che tu e Morales torniate nei vostri corpi per portarvi in un posto sicuro. Adesso che sai tutto, vuoi portare le tue maledette chiappe in quel de-digitalizzatore?”
Il clangore dei Runners della Corp. che si avvicinavano non coprì il rumore dei pensieri che rombavano nelle teste dei presenti: lentamente la consapevolezza si fece largo in mezzo alla confusione e mentre sui volti di Garrie e di Patterson si dipingeva la stessa, granitica e cupa  delusione mista a determinazione che già aleggiava sulla faccia di Cardinale.
Elijah sembrava invece ancora molto confuso.
“Ho capito, ma Garrie, Pat e Jude? Che fine fanno loro?” domandò, ma le sue parole caddero in un silenzio pesante ed eloquente. Un’altra spaccatimpani scoppiò con un forte boato e i sei nella stanza tremarono mentre dal soffitto cominciavano a cadere calcinacci.
“Entra in quel de-digitalizzatore, Elijah” supplicò ad un tratto Cardinale, girando lo sguardo lontano da lui “Ti prego”
“Sì, sbrigatevi” confermò Patterson serio e deciso mentre Garrie si sedeva di schianto a terra e si prendeva la testa tra le mani. Elijah girava lo sguardo da uno all’altro mentre la faccia gli si induriva in una espressione tra l’orribilato e il furioso.
“Alicia, non posso credere che ci hai portato fin qui per questa idea del cavolo” esordì, avvicinandosi alla donna con i pugni serrati, cercando di controllarsi. Una nuova detonazione lo fece barcollare e cadere a terra di schianto. In lontananza si sentirono degli spari e Patterson e Cardinale si appiattirono ancora di più contro la porta, ormai ricoperti di polvere.
Alicia approfittò del momento di confusione per spingere decisa Morales dentro al de-digitalizzatore. Il giovane  guardava Elijah cercando una risposta: il suo sguardo era vacuo e  sgomento mentre Alicia pigiava veloce sui tasti e chiudeva la protezione di plexiglas .
“Io non ho capito un cavolo di niente” ammise Morales con uno sguardo da cucciolo sperduto “Che devo fare, capo?”
Elijah gli lanciò uno sguardo serio, poi vedendo la sua palese confusione, gli rivolse un sorriso tranquillizzante.
“Non ti preoccupare…Tu vai” gli disse con una voce strana. Morales annuì, girando lo sguardo sui suoi compagni, dubbioso.
“Ok. Ma …voi arrivate, vero?” chiese supplichevole.
L’interforno di Alicia vibrò.
“Sono pronto” disse Damon.
Garrie alzò la testa: sollevò fiaccamente la mano in segno di saluto mentre gli occhi gli si riempivano di lacrime.
“Ci vediamo, hijo” disse con forzata allegria.
Patterson sollevò il pollice e strizzò l’occhio.
“A presto, pulce” tuonò, più burbero che mai.
Cardinale soffiò un bacio sulle dita.
“Stammi bene, Eric” mormorò commossa.
Un inizio di consapevolezza iniziò a farsi strada in Morales mentre la sua faccia spariva dietro al plexiglas. Allungò una mano in segno di protesta, ma ormai la sua figura stava diventando trasparente e inconsistente. Pochi millisecondi e Morales con c’era più.
Il silenzio fu interrotto dagli spari dei Runners della Corp., stavolta vicinissimi. Alcuni colpi scheggiarono l’intelaiatura della porta presidiata da Patterson e mentre una nuova spaccatimpani scuoteva l’edificio, Elijah sfoderò la pistola, pronto ad attaccare. Come mossi da un’unica mente, Garrie, Patterson, Alicia e Cardinale gli puntarono contro le loro armi all’unisono.
“Tu vai dentro” ordinò Patterson con un’espressione di terribile determinazione.
Elijah li guardò uno per uno, indomito.
“Chi credete di prendere per in giro?” disse sprezzante “Parliamoci chiaro, non me ne frega niente se volete spararmi: io non mollo la mia squadra a metà di una missione. Fine del discorso. E adesso prepariamoci a difenderci”
Le sue parole non scalfirono minimamente i compagni: Garrie e Patterson gli afferrarono fulminei le braccia e lo disarmarono. Elijah cercò di scrollarseli di dosso, ma i due lo trascinarono inesorabilmente verso il de-digitalizzatore.
“Lasciami andare, maledetta palla di lardo!” strepitò Elijah, più spaventato che arrabbiato.
“Tu adesso vai sulla Orion 3W e spacchi più teste d’uovo che puoi. Capito?” ordinò Patterson, insensibile ai calci e ai pugni che Elijah gli faceva piovere addosso.
“Sono il vostro superiore! Vi ordino di lasciarmi andare!” urlò di nuovo Elijah e Garrie iniziò a piangere, improvvisamente.
“Non possiamo, capo. Non questa volta. Consideralo un ammutinamento, se vuoi” disse tra i singhiozzi. Elijah venne infilato di forza nel de-digitalizzatore: si dimenò con tutta l’energia della disperazione, ma i due compagni lo tenevano saldamente bloccato. Preso dal panico girò lo sguardo su Alicia, che aspettava con il capo chino, e su Cardinale che rimaneva col viso ostinatamente girato vero il muro, le guance rigate di lacrime , gli occhi chiusi con forza.
“Non potete farlo!” gridò Elijah, furioso. Garrie riuscì a chiudere il guscio di plexiglas e si allontanò velocemente, pulendosi il naso con una manica mentre Elijah iniziava a tempestare di pugni il fragile involucro trasparente.
Alicia cominciò la sequenza di de-digitalizzazione.
“Garrie!! Apri questa maledetta cabina!! Subito!!” strepitò Elijah. Garrie lo salutò con la mano, allontanandosi sempre di più. Aprì e chiuse la bocca più volte per dire qualcosa, piangendo senza ritegno. Alla fine ci rinunciò e sorrise e basta.
“Patterson!! Stupido bovino!! Giuro su Dio che ti spacco in quattro se non apri questo maledetto uovo!!” urlò Elijah disperato. Patterson appoggiò le enormi manone sul plexiglas vicino alle sue: Elijah vide distintamente le lacrime brillare nei piccoli occhi porcini.
“…più teste d’uovo che puoi, capo!” esclamò Patterson con un ghigno satanico.
Alicia lo allontanò, mentre concludeva la sequenza.
“De-digitalizzatore attivato” disse mentre la macchina iniziava a ronzare.
“Non puoi, non potete…Jude!” gridò Elijah con quanto fiato aveva in gola.
La ragazza aprì gli occhi e lo guardò: uno sguardo così triste e così rassegnato che Elijah si sentì come morire dentro.
Un altro scoppio questa volta proprio dietro la porta. Nuova nuvola di calcinacci e povere che annebbiò a tutti la vista.
“Adesso!” disse la voce di Alicia.
“NOOO!” urlò Elijah, completamente premuto contro la parete di plexiglas. Jude gli sorrise guardandolo negli occhi. Elijah vide le sue labbra sillabare le parole “Addio, Elijah”: poi si de-digitalizzò il un silenzioso lampo di luce.
*          *          *
Sede Orion 3W
 
Non riuscì ad aprire subito gli occhi: sentiva la testa girare vorticosamente come se fosse dentro ad una centrifuga. Provò a muovere la testa e un’ondata di nausea lo travolse: girò il capo e vomitò un doloroso fiotto di bile. Quando riuscì a riprendere fiato, aprì due fessure di occhi. Annebbiato ad abbagliato, vide Morales che si lamentava sul lettino di fianco al suo. Un ombra scura si frappose tra i due e, alzando lentamente il capo, Elijah si accorse che era Damon.
“Bentornato” gli disse, ma Elijah sentiva la voce venire da molto, molto lontano. Una nuova ondata di nausea gli riempì la bocca di saliva.
“Bastardo..” disse, impastato “Devo…tornare…” fece forza sulle braccia che sentiva debolissime. Vomitò di nuovo, all’improvviso, e quasi rotolò per terra sentendo il pavimento e il soffitto bianco capovolgersi.
“Calma, Elijah. Tutto a suo tempo. Adesso dobbiamo sbrigarci” continuò la voce di Damon, come da un’altra stanza. Elijah cercò di guardarlo, sollevando la testa: voleva dire che lui doveva tornare insieme alla sua squadra, che quella sporca bastardata doveva immediatamente finire…ma svenne ripiombando sul lettino come morto.
*          *          *
Piattaforma Dream Rewind 1973 - Unknow – incognito
 
Come se avessero aspettato solo la partenza di Elijah per attaccare, una bufera di colpi di pistola si scatenò contro la porta nell’angusto sgabuzzino, costringendo i quattro occupanti a chinarsi coprendosi la testa come blanda protezione.
“E’ meglio che te ne vai anche tu, Licie!” urlò Garrie per superare il rumore degli spari.
Alicia annuì: aveva una faccia provata e stanca. Si avvicinò a Cardinale che aveva di nuovo sollevato la sua arma, indomita e decisa.
“Tu capisci, vero? Non avevamo scelta…” disse Alicia, posandole una mano sulla spalla in cerca di comprensione. Un gelido e scostante sguardo omicida la costrinse a ritrarre la mano, velocemente.
“Certo che capisco” rispose Cardinale con voce misurata e fredda “Elijah è salvo ed è quello che conta. Solo…non azzardarti a toccarmi, ok?”
“Vattene, Licie” suggerì Patterson, serio per una volta tanto “Adesso anche noi ci de-digitalizzeremo. E poi…chissà”
Dei colpi secchi e decisi alla porta li fecero girare tutti verso quella direzione: la porta cominciò a sbeccarsi e a cedere sotto i colpi selvaggi della polizia. Alicia non ci pensò due volte: si infilò solerte nell’uovo di plexiglas e  si de-digitalizzò senza nemmeno girarsi a guardare gli altri. Un sospetto tramestio dietro alla porta fu seguito da una insolita e profonda vibrazione che si propagòcome le onde sull’acqua, facendo stranamente cadere a terra i tre Runners rimasti.
“Cos’era?” chiese Garrie, spaventato. I rumori dietro la porta si erano improvvisamente attutiti.
“Qualche maledetto scherzetto da finocchio, immagino” borbottò Patterson sulla difensiva.
Un leggero sibilo appena percettibile li insospettì ulteriormente.
“Non lo so, ma…” Cardinale tentò di alzarsi in piedi ma ricadde miseramente a terra, attonita. Anche Garrie cominciò ad ondeggiare e scivolò lentamente a terra con una faccia stupita quasi comica.
“Diavolaccio…” brontolò Patterson rimanendo in piedi con un erculeo sforzo mentre anche lui ondeggiava paurosamente  “Una stramaledetta bomba narcotizzante…mi hanno fregato l’idea maledetti copioni…”
Garrie si trascinò carponi vicino a Cardinale che si avvinghiò al suo collo, ansimando.
“Nessuno di noi…ha pensato…a una dannata…maschera antigas…?” biascicò la ragazza con gli occhi che lacrimavano copiosamente.
“Car…dinale…non voglio che…ti facciano male…” singhiozzò Garrie. Poi crollò a terra con una specie di rapida convulsione, e lì rimase in una posa innaturalmente immobile.
“Garrie…” gracchiò Cardinale in mezzo al fumo che si alzava copioso dalle fessure della porta. Ma Garrie non poteva più rispondere. Con movimenti lenti e studiati, Cardinale prese Garrie per un braccio e lo trascinò vicino a Patterson che, caduto carponi, tentava di respirare ansimando penosamente.
“Hei…bufalo…” mormorò senza voce lei, appoggiando la schiena contro quella di Patterson ma senza mollare il braccio di Garrie.
“Hei…bertuccia…” rispose Patterson, gracidante. Cercarono a tentoni di stringersi la mano e, quando ci riuscirono, stettero entrambi assurdamente meglio.
“Al…tre…fuoco…” gorgogliò Patterson mentre la porta davanti a loro veniva di nuovo violentemente assalita ed era ormai prossima alla resa. Cardinale gli strinse la mano per segnalargli che aveva capito. La porta resistette ad un assalto, gemendo nei suoi ultimi istanti di solidità.
“Uno…” buttò fuori Patterson in un respiro mozzato. La porta si sfasciò e i Runners fecero irruzione. Furono accolti da una pioggia di fuoco che li decimò all’istante. Una nuova ondata di Runners prese il posto della prima, scavalcando indifferente i corpi dei caduti. Più prudentemente, questi fecero partire un altro fumogeno e si disposero a cerchio rasentando le pareti. Quando finalmente il fumo si diradò, videro tre figure stese per terra, addormentate come bambini. Si stringevano tutti la mano, come a formare una catena.
Per ultima entrò la vampira a capo dell’operazione: si guardò intorno, disgustata, contò distrattamente i cadaveri dei suoi Runners sul pavimento e alla fine studiò i tre corpi svenuti con vivo interesse. Sorrise, trionfante, mostrando i canini appuntiti, e attivò l’interfono.
“Comunicazione per il presidente. Personale e urgente” disse, felice di poter sfoggiare la propria importanza. Dopo pochi secondi il presidente fu all’altro capo dell’interfono.
“Allora?” chiese impaziente.
“Abbiamo preso O’Brian, Cardinale e Patterson” disse esultante la vampira. Un silenzio strano accolse la sua dichiarazione.
“E gli altri?” chiese la voce del presidente, monocorde. La vampira sentì l’esultanza scemare velocemente
“Gli altri ci sono sfuggiti…ma…”
“Sfuggiti?” tuonò il presidente “E dove possono essere sfuggiti, di grazia?”
“Bè…ecco…qui c’è un de-digitalizzatore…” balbettò la vampira, confusa.
La voce del presidente si gonfiò di ira.
“De-digitalizzatore? Avete presidiato i centri di de-digitalizzazione delle Orion?” domandò minaccioso. La vampira sentì il sangue defluirle dalle guance.
“Noi…hem..no, a dire il vero noi eravamo concentrati sul..”
“Concentrati!” strepitò il presidente. La vampira incassò la testa tra le spalle come se il presidente potesse staccargliela con solo la forza della voce.
“Ritorni subito alla base, deficiente! Manderò personalmente delle squadre a controllare i centri di de-digitalizzazione. E lei preghi e speri che nessuno dei fuggiaschi sia passato di lì, chiaro? Lo speri davvero, per l’incolumità la sua piccola, inutile testolina!”
Il presidente chiuse bruscamente la comunicazione. La vampira si guardò intorno, spaesata e frastornata: il suo sguardo colpevole alla fine si posò sulle tre figure immobili a terra. Attivò di nuovo l’interfono, frettolosamente.
“Centro comando Corp.? Abbiamo tre ricercati catturati: prego mandare immediatamente navetta a prelevare i corpi in rispettive Orion: vi mando i dati immediatamente”
Le tre figure furono scannerizzate e catalogate e i loro dati inviati dopo pochi secondi alla sede della Corp.
Poco dopo, ad anni luce di distanza, la navicella detta Mattatoio si staccò dalla scia di Orion 4W , pronta ad accogliere i nuovi ospiti che la Corp. le mandava.
 

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Capitolo 22
*** Capitolo 20 : Il Mattatoio ***


Rumori. Nausea. Freddo. Elijah non riusciva ad aprire gli occhi per affrontare quelle disgustose sensazioni. Sentiva una pressante urgenza di svegliarsi, sapeva di dover fare qualcosa di importante, subito. Ma era troppo debole. Non riusciva a realizzare un pensiero coerente: la sua mente era un marasma di immagini spezzate, rabbia e dolore. Sentì che stava di nuovo per sprofondare nell’oblio e si aggrappò come un naufrago all’imperativo che gli ronzava in testa, ripetuto come una preghiera implorante: Jude, Jude, Jude…
*          *         *
Rumori. Nausea. Freddo. Cardinale aprì gli occhi e fu abbagliata da una luce artificiale puntata direttamente sui suoi occhi. Li richiuse d’istinto mentre la bocca le si riempiva di saliva e la testa prendeva a girarle. Paradossalmente, pensò con rimpianto al suo letto caldo, alla sua doccia profumata, al tran tran giornaliero del suo lavoro…
"Soggetto in buona salute" disse una voce lontanissima "A parte qualche residuo di trauma per permanenza prolungata su DDW"
"Gran bel pezzo di carne" ghignò un’altra voce, viscida e rivoltante "Possiamo divertirci un po’ prima di buttarla nel Mattatoio?"
"Negativo" rispose la prima voce, asettica "Il capo la vuole tutta intera. Un flebo di proteine e qualche giorno a riposo sono la terapia consigliata. Comunica i risultati alla base. E non abusare della merce: il capo è stato molto chiaro in proposito"
"Mica ci sarebbe bisogno di dirlo al capo, no?"
Una mano calda e sudaticcia toccò il braccio di Cardinale, risalendo dal polso alla spalla e sfiorandole il seno.
"Dio, quanto mi piacerebbe starle in mezzo alle gambe…" gracchiò la seconda voce, libidinosa.
Cardinale fece ricorso a tutte le sue forze e sollevò una braccio per ammazzare quel maledetto bastardo che osava toccarla, ma riuscì a malapena a scostargli la mano.
"Una gatta selvatica!" esclamò la seconda voce, estasiata "Mezza morta e cerca lo stesso la lotta!"
"Sei…morto…" sibilò Cardinale andando a pescare la voce nell’oltretomba.
Lo sforzo però la esaurì e la mano le ricadde inerte. Mentre la lucidità la abbandonava, sentì la grassa e beffarda risata del suo carceriere accompagnarla, sparendo nei meandri del buio come una fiaccola buttata in un pozzo senza fine.
*          *         *
Il generale Scott vide arrivare la truppa di Runners della Corp., caratterizzata dalla severa uniforme grigia, e si preparò a riceverli raddrizzando le spalle e sollevando il mento risoluto.
"Com’è la situazione nella sala de-digitalizzatori?" chiese all’operatore che controllava le telecamere della sicurezza.
"Richner e la Grady sono appena usciti portandosi dietro Morales e Benson. Hanno trovato il corridoio sgombro, come voi avete ordinato. Poi hanno imboccato l’uscita per le navette di imbarco e sbarco dalla Orion. Credo che vogliano fuggire" terminò l’operatore cercando di non far trapelare la disapprovazione dalla sua voce.
"Fategli trovare pronto un caccia a pieno carico di carburante" sentenziò Scott, passandosi una mano sul viso. Si sentiva molto stanco, ma i Runners della Corp. lo avevano quasi raggiunto.
"Generale, abbiamo ordine di perquisire tutte le sale di de-digitalizzazione e di prelevare tutti i corpi dei fuorilegge che in esse risiedono" enumerò il Capitano dei Runners senza preamboli, eseguendo un saluto militare perfetto.
Scott si piantò davanti a lui, ergendosi in tutta la sua imponenza.
"Questa operazione è assolutamente illegale" decretò il generale convinto "Non è ancora scaduto il termine di permanenza che per legge obbliga il CDI a custodire i corpi…"
"Generale, i miei ordini vengono direttamente dal signor Masterson" lo interruppe il capitano piuttosto rudemente.
"Io sono tenuto a rispettare gli ordini del consiglio" lo ammonì Scott, granitico "E, per quanto ne so io, il signor Masterson fa parte del consiglio ma non è il consiglio. Quindi, non ha l’autorità di piegare il CDI al suo volere"
Il capitano sembrava sulle spine: era un soldato e sapeva che la gerarchia militare era ferrea e andava rispettata. D’altra parte, Masterson era molto potente e la sua parola valeva tanto quanto quella del consiglio.
"Quindi, non concedete l’autorizzazione a perquisire i locali?" chiese incerto.
Il generale annuì.
"Esattamente. Se Masterson vuole perquisire le mie sale di de-digitalizzazione, convochi il consiglio e si faccia firmare un’autorizzazione unanime. A quel punto avrà il mio consenso"
Il capitano elaborò la risposta del generale per un po’, indeciso se prevalere con la forza o se ripiegare sulla burocrazia.
"Riferirò" disse infine, allontanandosi. Il generale tirò segretamente un sospiro di sollievo e rimase pensieroso a fissare la squadra di Runners che si allontanava. Sarebbero tornati prestissimo, forse addirittura con un’ordinanza di dimissioni dal suo ruolo nel CDI. Francamente, la cosa non lo spaventava: caso mai, lo sollevava il pensiero che tutto quel casino non fosse più nelle sue mani.
*          *         *
"Elijah…"
La voce di Alicia trovò la tortuosa strada per arrivare al cervello dell’uomo che mosse la testa verso di lei, ritornando dolorosamente alla realtà.
"Alicia.." mormorò Elijah aprendo due fessure d’occhi. Dopo parecchi secondi in cui vedeva solo un ammasso sfocato di colori, riuscì a mettere a fuoco la figura chinata su di lui.
Vedere la vera Alicia gli fece quasi impressione: la faccia era notevolmente più scavata del suo digi-alias, la pelle più opaca e alcune rughe di preoccupazione le solcavano la fronte.
"Hei, finalmente ti sei ripreso" disse lei sollevata, sorridendo.
Elijah girò lo sguardo intorno cercando di capire dove si trovassero.
"Siamo su un caccia gentilmente fornito dal CDI" lo precedette Alicia intuendo la sua domanda "Anche se, ufficialmente, lo abbiamo rubato"
"Morales?" biascicò Elijah sentendo la lingua pesante come un blocco di cemento. Alicia si scostò appena per fargli vedere la figura del suo compagno stesa sul lettino di fianco al suo, ancora profondamente addormentato. Tranquillizzato, Elijah cercò di sollevarsi a sedere ma Alicia gli posò le mani sulle spalle, trattenendolo.
"Fermo, Elijah, sei ancora…" iniziò a dire dolcemente, ma Elijah la scostò con insolita brutalità.
"Togliti" le disse sforzandosi di vincere il disgusto che provava ad essere toccato da lei "Dovete riportarmi indietro. Devo andare dai miei compagni"
Alicia lo assecondò, allontanandosi e guardandolo con un’espressione ferita.
"Non possiamo tornare indietro" disse infine tristemente "Orion 3W è diventata assolutamente off-limits per noi. Oltretutto, pullula di Runners della Corp.: non riuscirebbe a passare i loro controlli nemmeno uno spillo"
Elijah sentì che la rabbia gli tornava a circolare in corpo man mano che riprendeva le forze. Come intuendo che Elijah era sveglio, anche Morales iniziò a lamentarsi e ad agitarsi nel suo lettino e Alicia ne approfittò per scansare lo sguardo accusatorio che Elijah le rivolgeva. Morales aprì gli occhi sbattendo forte le ciglia: la sua pelle bianca era diventata quasi lattea e profonde ombre azzurrine segnavano il contorno degli occhi. Elijah si rese conto di quanto false fossero le immagini di sé che proponevano i digi-alias: Morales dal vivo sembrava più vecchio di dieci anni e più magro di dieci chili. Incoraggiato dalla voce di Alicia, anche Morales finalmente riuscì a mettere a fuoco la vista. Vedendo Elijah, si esibì in un sorriso storto a metà tra la gioia più pura e il disgusto più ironico
"Hei, capo…" gracchiò con voce incerta "Stai da schifo, sai? Però sono felice lo stesso di vederti"
"Ha parlato la reginetta di bellezza" rispose Elijah, improvvisamente commosso in maniera allarmante "Hai una faccia che fa ribrezzo"
"Comunque meglio della tua, barbone" rimbeccò Morales, chiudendo gli occhi esausto "Dove sono gli altri?"
La sua domanda cadde in un silenzio teso: Alicia si tormentava l’orlo della camicia incapace di guardarli ed Elijah sentiva di nuovo la rabbia invadergli il petto.
"Io lo so dove sono" disse una voce decisa dietro di loro. Morales ed Elijah girarono lo sguardo da quella parte verso Damon che stava in piedi tra la cabina di comando del caccia ed il loro compartimento.
"Damon" disse Elijah cercando di alzarsi in piedi: era ancora indeciso se prendere il compagno a cazzotti o supplicarlo di riportarlo indietro. Il Runner lo precedette alzando le mani in segno di resa.
"L’idea iniziale era quella di far rotta verso le altre Orion e cercare di liberare tutti, ma ci siamo resi conto che sarebbe stato impossibile. I corpi di Garrie, Pat e Cardinale sono già nelle mani della Corp., e per questo non possiamo farci niente"
Elijah tornò a sedere mentre le viscere gli venivano rimescolate da un misto di angoscia e furore.
"Io devo tornare dalla mia squadra, Damon" disse scandendo bene le parole, implacabile.
"Anch’io" si accodò Morales che aveva appena capito l’enormità della situazione.
Sorprendentemente, Damon annuì.
"E’ esattamente quello che stiamo facendo" disse asciutto "A tutta birra. Ci stiamo dirigendo verso il Mattatoio"
*          *         *
Cardinale si svegliò per il freddo, la fame e l’assurdo, impossibile silenzio. La prima sensazione fu quella di profonda irrealtà perché non riuscì a riconoscere niente di quello che la circondava: si trovava in una stanza quadrata dalle alte pareti di pietra liscia, nuda e umida. Grosse chiazze di muffa coprivano il soffitto e gli angoli. La stanza era completamente vuota a parte una branda saldata al pavimento con sopra una striminzita coperta marrone e un pitale sporco buttato a caso in un angolo. Nessuna porta, nessuna finestra. A parte gli acciacchi fisici, la sensazione più sconvolgente era l’assoluta mancanza di punti di riferimento per capire dov’era: su una DDW o nel suo corpo reale? Cardinale si massaggiò le braccia, scrutando il proprio corpo in cerca di segni di riconoscimento. Addosso aveva un corto ed essenziale camice ospedaliero di un incerto colore grigiastro, allacciato sulla schiena. Sotto non portava nient’altro, così com’erano nudi i piedi. Al polso si trovò inaspettatamente l’orologio di madame Desirée : sospirando sollevata si rese conto di essere su una DDW. Stava per attivare il computer nascosto nell’orologio quando un dubbio le attraversò la mente e ci ripensò. La ragazza si sedette sulla branda apparentemente tranquilla. In realtà i suoi occhi saettavano a destra e a sinistra, frugando in tutti gli angoli in cerca di qualche segnale che le dicesse dov’era. Ed eccolo lì: sulla nuda parete, proprio in mezzo ad una crepa, un debole luccichio tradì la presenza di una telecamera nascosta. Con un sorrisetto sadico, Cardinale si alzò in piedi e si trascinò nell’angolo dove giaceva il pitale. Lo raccolse faticosamente poi si avvicinò inesorabile alla telecamera sul muro. Con un colpo secco e deciso sbatté forte il pitale contro la telecamera riducendola in frantumi. Poi gettò a terra il pitale, rabbiosamente e alzò gli occhi al soffitto.
"Avete voglia di spiarmi, luridi topi di fogna? Mandate qualcuno ad aggiustare la vostra telecamera, che lo ammazzo con le mie stesse mani!" gridò con una voce roca che le bruciò la gola.
La debolezza le fece di nuovo tremare le gambe, così si trascinò di nuovo sulla branda dove rimase a gambe incrociate e lo sguardo vigile di un furetto.
Così, quello era il Mattatoio. Molto bene. La debolezza portava anche sconforto, ma Cardinale lo scacciò con forza dalla sua mente. Lei era un Runner, perdio. Non avrebbe ceduto senza combattere con le unghie e con i denti. Doveva solo non pensare ad Elijah, perché quel pensiero le causava un magone difficile da controllare. Lui era salvo, e questo era tutto quello che importava sapere. Per il resto…Che mandassero pure qualcuno a minacciarla : era pronta a riceverli.
*          *         *
"Dov’è?" chiese Elijah dopo una lunga pausa di silenzio. La notizia che stavano dirigendosi verso il Mattatoio l’aveva per un attimo tranquillizzato, ma l’angoscia aveva di nuovo preso il sopravvento, fomentata da una marea di dubbi.
"Dov’è il Mattatoio?" domandò Damon stancamente "Quando ha ricevuto la segnalazione, si trovava a poca distanza da Orion 2W, quindi immagino che il corpo di Cardinale sia già a bordo"
Un brivido gelido corse lungo la schiena di Elijah, spossandolo; o forse a spossarlo fu la sensazione di ineluttabile impotenza che gli pervadeva le membra…
"La nostra speranza è che non danneggino Cardinale finché non hanno finito di raccogliere tutti e tre" continuò Damon velocemente vedendo la faccia di Elijah diventare grigiastra " Dopo Orion 2W, il Mattatoio si è diretto verso Orion 1W dove c’è Patterson e poi andrà su Orion 4W dove c’è Garrie. Questo dovrebbe darci un certo margine di vantaggio"
"Sfortunatamente Orion 3W era molto lontana dalle altre" terminò Alicia senza guardare nessuno.
"Da quanto tempo siamo in viaggio?" chiese Elijah facendo due rapidi calcoli e scoprendo inorridito che non potevano essere passati solo pochi minuti dal suo passaggio dalla DDW.
Alicia e Damon si scambiarono uno sguardo nervoso.
"Trentasei ore" disse infine Damon, contrito. Elijah sentì rivoltarsi di nuovo le budella e per poco non tornò a vomitare.
Si sedette di schianto sulla sua branda, prendendosi il volto fra le mani.
"Trentasei ore" mormorò sconvolto "Non arriveremo mai in tempo"
Damon si avvicinò finalmente a lui, posandogli una mano su un braccio.
"Stiamo facendo il possibile, Elijah" disse piano cercando di non far trasparire la tristezza dalla voce.
Elijah lo guardò a lungo con durezza.
"Non è abbastanza" disse infine con una voce aspra. Si alzò di scatto scostando Damon da sé senza tante cerimonie.
"Avete un computer qui sopra?" chiese seccamente ed Alicia annuì segnando una postazione completa dietro le brande.
"Morales, se non mi sbaglio prima di andare al Seven Dogs stavi lavorando sul programma di decodifica password per riuscire a violare le DDW segrete della Corp. A che punto sei arrivato?"
Morales si illuminò, contento di poter finalmente dare un contributo.
"Il programma di decodifica è pronto, capo" disse esultante "E’ ancora nel nostro Limbo che aspetta solo di essere scaricato"
"Molto bene: mettiti al lavoro, pivello. Avete un de-digitalizzatore qui?"
"Certo, ma…che hai intenzione di fare?" chiese Damon tra lo scettico e il sorpreso. Elijah gli rivolse uno sguardo imperscrutabile e improvvisamente sorrise.
"Voglio andare a salvare i miei compagni. Voglio entrare nel Mattatoio"
*          *         *
La guardia si chiamava George e Cardinale lo riconobbe come il porco che l’aveva toccata quando era incosciente prima ancora che lui aprisse bocca. Lo riconobbe dallo sguardo borioso che la percorse subito tutta come se la toccasse di nuovo. E poi quel sorriso cupido, complice: vederglielo addosso le fece tornare la nausea.
"Vedo che la nostra principessa si è svegliata" disse George entrando nella stanza: la parete era scivolata a destra scoprendo la fitta fila di sbarre di metallo della porta di una cella. Si richiuse subito quando l’uomo fu entrato. Cardinale rimase immobile sulla branda col mento appoggiato alle ginocchia, i lunghi capelli spettinati davanti agli occhi, il respiro misurato e tranquillo. Aveva assunto un pericoloso aspetto selvatico, come se una parte di lei fosse tornata ad essere primitiva e violenta. Chiunque avesse avuto a che fare con lei, in quel momento se la sarebbe fatta sotto dalla paura. Ma George non sapeva chi era Cardinale: vedeva solo un bel faccino, due occhioni scuri e la possibilità di farsi una bella cavalcata con quella puledra di razza. A fissarle le gambe nude e raccolte, quasi gli veniva un’erezione, così su due piedi.
“In tanti anni qui al Mattatoio non ho mai visto passare un bocconcino come te. Scommetto che lavoravi su una piattaforma Sex, eh? Con quegli occhi da letto che ti ritrovi…”
Cardinale non rispose, ma continuò a fissare George con occhi vigili e attenti. La guardia fece una risatina di scherno e si avvicinò fischiettando alla telecamera frantumata, tenendo blandamente d’occhio la ragazza immobile sul letto.
"Sei stata una bimba molto cattiva a fare questo" la rimproverò agitando leziosamente un attrezzo sottile e appuntito "Meriteresti di essere sculacciata"
"Tu mi hai toccata" disse finalmente Cardinale con una voce pericolosamente simile ad un ringhio. L’uomo fece una risata sarcastica e la palpò di nuovo con quel viscido sguardo lascivo.
"Te lo ricordi! Sì, ti ho toccata. Scommetto che ti è anche piaciuto, vero, troietta?Hai due tette di marmo, cocca, davvero arrapanti…"
"Sei un uomo morto" lo avvisò Cardinale con una voce quasi dispiaciuta.
L’uomo rise di nuovo, buttando indietro la testa.
“Allora lo hai capito che mi piacciono le selvatiche come te? Se ti impegni un attimo a mettere fuori uso un’altra telecamera, possiamo anche farci una sgroppata insieme, in barba a quei fessi del…”
Ad un tratto il respiro gli si mozzò stranamente in gola : la faccia della ragazza si era improvvisamente materializzata davanti alla sua con dipinta sopra una smorfia raccapricciante.
"Morto, ammasso di fogna" gli sibilò quasi sul naso.
George, per qualche oscuro motivo che proprio non capiva, non riusciva a respirare: a metà tra lo sbalordito e lo scandalizzato, si accorse che la ragazza impugnava ferocemente l’attrezzo che pochi secondi prima aveva lui in mano e che quell’attrezzo era sporco di sangue. Sulla bocca gli si formò una perfetta "O" di sorpresa quando qualcosa di caldo e liquido cominciò ad imbrattargli la spalla destra della camicia. Con orrore si accorse che era sangue, il suo sangue e che zampillava copioso da un largo squarcio sulla gola. Cercò di urlare e nessun suono uscì dalla sua trachea recisa; incespicò di qualche passo all’indietro mentre la sirena dell’allarme cominciava a suonare, lenta, lontana e perfettamente inutile. George, sempre con quell’espressione di sacro stupore stampata in viso,  si portò le mani alla gola cercando di tamponare la ferita mentre la faccia di Cardinale si illuminava di un sorriso soddisfatto.
"Io te lo avevo detto" disse Cardinale serafica e vittoriosa e furono le ultime parole che George sentì prima di stramazzare a terra morto. Cardinale aspettò pazientemente che l’uomo smettesse di contorcersi orribilmente poi gli diede qualche calcetto con il piede per vedere se era veramente morto. Non provava nessuna compassione per quello schifoso che puzzava già per gli escrementi che gli avevano imbrattato i calzoni: dal suo punto di vista, c’era un maledetto molestatore in più all’Inferno e la cosa non poteva che farle piacere. Girò le spalle con disprezzo al cadavere, dopo di che buttò con indifferenza l’attrezzo in un angolo e alzò di nuovo gli occhi al soffitto, battagliera e indomita come una novella amazzone, rivolta a chiunque avesse le palle per affrontare il suo sguardo ardente di giustizia divina.
"Volete mandare qualcun altro?" gridò, trionfante.

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Capitolo 23
*** Capitolo 21 : Vecchi e nuovi incontri ***


Elijah si butto frustrato contro la spalliera del sedile: davanti a lui, il computer continuava a macinare ininterrottamente numeri su numeri, emettendo un "bip" ogni tanto quando scadeva il timer per ogni tentativo fallito. Erano ore che provavano a decifrare la maledetta password che serviva per violare le DDW segrete della Corp. e ancora non era successo niente. Ogni minuto che passava la tensione cresceva sulla navicella sparata alla velocità della luce nello spazio buio e ostile. Damon si era ritirato ai comandi anche se col pilota automatico non ce ne sarebbe stato bisogno: Elijah sospettava che il suo senso di colpa non gli permettesse di entrare nel vivo dell’azione. Alicia era crollata addormentata ed ora era in preda ad un sonno agitato che l’avrebbe portata a svegliarsi ancora più stanca di prima. Morales era l’unico che sembrava guadagnare forze man mano che passava il tempo: una profonda ruga di concentrazione gli solcava la fronte mentre gli occhi blu si facevano sempre più combattivi e decisi. Elijah lo ammirò per come aveva preso la situazione: lui, di solito così flemmatico, era partito lancia in resta, convinto di poter salvare i propri compagni. Elijah invece non era più così sicuro. Il tempo gli scorreva addosso lasciandogli una specie di febbre, spossandolo nell’attesa e il pensiero di Jude in pericolo gli faceva torcere le budella dalla frustrazione. Elijah sapeva bene che Cardinale non era propriamente la classica donzella in pericolo, ma lo stesso sentiva di doverla proteggere, di volerla proteggere, e il fatto di non essere con lei lo faceva impazzire. Morales gli lanciò uno sguardo inquisitore mentre il computer continuava la sua deprimente cantilena di "bip" a vuoto.
"Capo, è inutile che continui ad agitarti come un serpente cubano" lo apostrofò ad un tratto, scherzosamente severo "Fosse qui Pat ti avrebbe già sculacciato con una sua spaccatimpani"
"E chi s’è visto s’è visto" terminò per lui Elijah con un mesto sorriso sulle labbra "Non so dove trovi tutta quella calma tibetana, io mi sento come se avessi le palle sulla graticola"
"Sarà colpa del tuo pattugliamento prolungato" sorrise Morales "Forse non lo sai, ma l’astinenza ti aiuta a raggiungere il Nirvana. Guarda e impara dai tuoi colleghi, Casanova"
Elijah provò un’improvvisa gratitudine per il suo compagno che riusciva a placarlo con la sua sola, pacata presenza.
"Sei un grande, Eric" gli disse tra il serio e il faceto "Non so cosa farei senza le tue perle di saggezza"
"Già. Il vero saggio è colui che non capisce un tubo della situazione e si rende conto della verità solo a cose fatte" rispose Morales con un fondo di amarezza nella voce.
"Andiamo, cosa pretendi da quel povero neurone costretto a fare il lavoro tutto da solo? Se ti fossi anche tu rifiutato di de-digitalizzarti probabilmente saremmo a fare compagnia ai nostri compagni invece che essere qui a tentare di aiutarli"
La faccia di Morales era cupa e tormentata.
"Chissà che non fosse meglio così…" mormorò pensieroso ed Elijah non ebbe il fegato di contraddirlo poiché era esattamente quello che pensava anche lui. Fece comunque per aprire la bocca per dire qualcosa (qualsiasi cosa sarebbe andata bene), quando il computer si mise a strombazzare impazzito, svegliando anche Alicia che si tirò su veloce come un razzo.
"Che succede?" dissero quasi contemporaneamente Elijah ed Alicia. Morales ebbe una sorta di scatto epilettico e si mise a pestare impazzito sui tasti. Poi si girò verso le due facce bianche e ansiose che aspettavano dietro di lui e sorrise esultante.
"Password trovata" disse scoprendo i candidi denti in un ghigno di vittoria.
*          *         *
Al Mattatoio era ora di pranzo: l’inserviente che doveva portare i vassoi di cibo ai prigionieri stava vivacemente litigando con il capo carceriere che lo ascoltava stranamente imbarazzato grattandosi la nuca sudata.
"Io da quella non ci vado!" strepitava l’inserviente, sinceramente spaventato "Ho sentito che ha sgozzato George come un maiale solo perché l’aveva palpata quando è entrata. Ha rotto tutte le telecamere che c’erano nella stanza, persino quelle a soffitto, e nessuno ha il coraggio di entrare in quella cella, nemmeno armato. Secondo te io dovrei entrare tutto tranquillo con il mio vassoio di plastica? Scordatelo"
Il carceriere aprì e richiuse la bocca un paio di volte: la morte di George, riposi in pace, aveva fatto sballare gli orari di lavoro a tutti i carcerieri rimasti, cosicché lui si era ritrovato ad essere di colpo di grado superiore ed a dover fare il doppio turno tutto in una volta. Era stanco e scombussolato e in più c’era quella maledetta Runner che piantava più grane di quanto avessero fatto i prigionieri precedenti in tutta la sua onorata carriera di carceriere. Sentiva i suoi strepiti anche adesso, intervallati dai rumori sordi di qualcosa buttato contro il muro. Ad ogni colpo l’inserviente diventava più piccolo e i suoi occhi più grandi. Come dargli torto? Quella pazza scatenata spaventava a morte anche lui. Sospirando, gli posò una mano sulla spalla protettivo.
"Va bene, useremo il condotto" lo rassicurò ma la sua voce era incerta.
Insieme si avvicinarono alle sbarre della cella 9. Il carceriere digitò una serie di numeri sulla piccola tastiera numerica a fianco delle sbarre e il muro si aprì di un metro buono. Immediatamente i rumori si zittirono: dal nulla si materializzò la figura esile di una ragazza coi capelli arruffati, le ginocchia sbucciate e lo sguardo selvatico di una volpe che annusa l’odore dei cani da caccia. In mano brandiva un pitale ormai irrimediabilmente sbeccato come fosse una scimitarra. L’inserviente pensò fuggevolmente che sarebbe stata tremendamente carina se non avesse avuto quella fastidiosa abitudine di uccidere i carcerieri.
"Pranzo" squittì poi rapidamente infilando il vassoio che gli tremava in mano in un pertugio sul fondo delle sbarre tanto stretto da far passare a mala pena un topo. La donna scattò in avanti e nella foga di allontanarsi l’inserviente inciampò all’indietro sui propri piedi, terrorizzato. Vedendo la sua espressione terrorizzata la ragazza scoppiò in una risata cristallina e crudele.
"Paura, caccola?" lo apostrofò guardandolo dritto negli occhi con uno sguardo di brace "Fai bene ad averne. Voglio parlare con il capo di questo porcaio, altrimenti mi arrabbierò e comincerò a diventare pericolosa. Capito?"
"Io…non c’entro niente…sono solo l’inserviente…" balbettò l’ometto, spaventato. Il carceriere si affrettò a richiudere la parete senza rispondere, mettendo più muro possibile tra lui e quegli occhi da pazza.
"Voglio parlare con il vostro capo!" ruggì Cardinale aggrappandosi alle sbarre e scuotendole con forza. Il carceriere guardò da un ‘altra parte, sperando che la parete si chiudesse alla svelta. Ma anche quando solido muro fu di nuovo al suo posto e l’inserviente di nuovo in piedi, le urla della ragazza filtravano martellanti.
"Fa davvero paura quella psicopatica" disse l’inserviente con una risatina tremolante mentre si allontanavano sollevati dalla cella 9 "Pensi che sia diventata davvero pazza?"
"Non lo so…ma sarà un lungo turno di guardia" rispose lugubremente il carceriere.
*          *         *
Il Mattatoio approdò senza problemi al ponte 5 di Orion 4 W e raccolse i suoi carcerati incapsulati senza nessun problema. Poco tempo dopo era già in viaggio verso la prossima Orion per eseguire l’ultimo carico. Al centro smistamento, un soldato della Corp. studiava dubbioso la scheda del carcerato da controllare: la classe del prigioniero era di livello 1, cioè considerato altamente pericoloso. Oltretutto, il suo nome non gli giungeva nuovo. Patterson. Non era quel Runner che era stato in prigione per detenzione illegale di esplosivo?
"Da un po’ di tempo ci mandano solo dei maledetti delinquenti" protestò con il suo compagno medico che controllava le funzioni vitali del prigioniero "Secondo me hanno intenzione di trasformarci in un carcere per malati di mente. Guarda questo che faccia!"
Il sangue gli si fermò nelle vene quando vide due fessure d’occhi aprirsi leggermente sul viso sfregiato del prigioniero.
"Sarai bello tu" esalò questi con voce cavernosa mente il soldato rimaneva cristallizzato dalla sorpresa.
"Diamine, questo è già sveglio! Presto, fagli una flebo di seda…" la voce gli si blocco in gola quando una mano grossa come un prosciutto e con una stretta micidiale scattò dal lettino e gli afferrò la gola bloccandogli il respiro e la circolazione.
Il medico, rimasto pietrificato dalla sorpresa anche lui, si sbloccò quando vide la faccia del soldato diventare cianotica: riempì con mani tremanti una siringa di sedativo e la sparò senza tante cerimonie nel collo taurino del prigioniero che rivolse su di lui uno sguardo liquido e offeso.
"Ha detto che sono brutto" sibilò a titolo di spiegazione. La forza lo abbandonò di schianto e la mano del prigioniero ricadde inerte sul lettino mentre il soldato si allontanava in tutta fretta respirando grosse boccate d’aria e massaggiandosi la gola escoriata. Il medico non riusciva a smettere di fissare il prigioniero che dormiva con l’espressione innocente di un cherubino.
"Quel…maledetto…lo …ammazzo…" balbettò il soldato riprendendosi dallo spavento a poco a poco.
Un suono sordo e vibrante che sembrava provenire dal prigioniero li rimise entrambi in allerta per qualche secondo.
"Cos’è?" chiese il soldato di nuovo in ansia.
Il medico lo guardò , ricomponendosi nel suo solito aspetto flemmatico.
"Non lo vedo molto preoccupato" dichiarò atono "Il prigioniero sta russando"
*          *         *
Scott sapeva che sarebbe arrivato quel momento: lo aspettava, quasi lo anelava per dare finalmente una svolta all’intera faccenda. Masterson lo aveva convocato.
Scortato da sue guardie armate, entrò nella sede della Corp. su Orion 3W (un tripudio di cristalli, immagini olografiche e segretarie bellissime e sorridenti), attraversò l’atrio immenso lastricato di marmo (e questo non era un’immagine olografica) e salì sull’ascensore verso l’inarrivabile attico della presidenza. Quando le porte dell’ascensore si aprirono, Scott rimase sinceramente esterrefatto dall’opulenza e la squisita eleganza dell’ufficio. Solo la scrivania al centro della stanza era grande come un monolocale: di marmo venato assolutamente naturale sicuramente non era uno di quei pietosi surrogati che producevano su Orion 2W. Scott fece di tutto per non farsi intimorire, ma dovette ammettere che la figura rilassata e sorridente di Masterson, avvolta dentro un abito di squisita fattura artigianale, trasudava magnetismo e potere come nessuno su tutte le Orion.
"Generale Scott" esordì Masterson affabile girando intorno alla scrivania per andargli incontro "Sono lieto che abbia accettato il mio invito. Prego, si sieda"
Scott rimase impalato davanti alla scrivania, le braccia dietro la schiena nella sua solita posizione militare.
"Preferisco stare in piedi, se non le dispiace" rispose con lo stesso tono salottiero e premuroso "E comunque quello che ho ricevuto sembrava più un ordine che un invito"
"Davvero ha avuto questa impressione?" chiese Masterson sorridendo: in quel momento stava sondando il generale per verificare fino a che punto quell’uomo era realmente un osso duro come si diceva in giro. Dovette ammettere che quel tipo sembrava genuinamente tutto d’un pezzo, per il momento.
Visto che Scott non rispondeva, Masterson tornò alla sua postazione dietro alla scrivania e si sedette sulla poltrona di pelle sintetica nera.
"Volevo discutere con lei sull’increscioso problema sorto durante la cattura dei Runner della squadra Tau Centauri" iniziò senza preamboli ma con la voce ancora amabilmente salottiera "A quanto pare i due Runners residenti su Orion 3W sono riusciti a fuggire. Certo, è difficile pensare che il direttore del CDI, un generale pluridecorato, si sia fatto sfuggire quattro persone di cui due in condizioni fisiche precarie. Eppure, questi quattro super eroi sono riusciti ad uscire indenni da un reparto che doveva essere controllato e presidiato, facente parte di un settore che doveva essere controllato e presidiato ed hanno rubato un caccia a pieno carico che doveva essere controllato e presidiato. Se questo non è un indice di negligenza da parte del CDI mi dica lei cos’è"
Scott si sorbì il discorsetto senza cedere di un millimetro dalla posizione di altera diffidenza.
"Non la chiamerei negligenza, signor Masterson" rispose infine, flemmatico "Visto che la fuga dei Runners era sotto la mia diretta supervisione"
Masterson sembrò al contempo sorpreso, compiaciuto e irritato: non si aspettava una confessione così sincera e immediata e ne era contento, ma allo stesso tempo gli venne il sospetto che il generale avesse qualche asso nella manica da esibire.
"Oh" commentò rigirandosi una elegante penna di acciaio tra le dita "Si rende conto che ha trasgredito a tutte le regole del CDI? Potrei farla sbattere in galera immediatamente"
"Non credo, signore" ribatté Scott con quella sua snervante espressione granitica "Il CDI è un reparto militare e l’unico ente in grado di giudicare il direttore del CDI è il consiglio delle Orion. E’ scritto nella costituzione, mi sembra. Quindi, al massimo posso essere messo agli arresti domiciliari finché il consiglio non si riunisce e delibera una decisione in proposito. Lei da solo non ha il potere di giudicarmi. Signore"
Man mano che il discorso di Scott procedeva, le guance di Masterson si coloravano leggermente mentre i suoi occhi prendevano un pericoloso scintillio irato. Rimasero in silenzio a lungo, soppesandosi a vicenda, mentre una crescente irritazione aggrottava le sopracciglia di Masterson.
"Molto bene" disse questi infine, alzandosi bruscamente "E’ già la seconda volta che lei si fa beffe di me sventolandomi sotto il naso la costituzione delle Orion. In realtà le dirò che io me ne sbatto della costituzione. Sono il presidente della Ars Space Corp. e tengo le sue palle e quelle del consiglio nelle mie graziose mani. Stia attento a non farmi arrabbiare più di tanto, altrimenti si troverà a raggiungere i suoi amati Runners prima ancora di poter sfogliare di nuovo la costituzione che lei ama tanto"
Scott non rispose, ma non sembrava turbato e questo fece irritare ancora di più Masterson.
"Lei è agli arresti domiciliari da questo momento fino alla riunione del consiglio delle Orion, che provvederò immediatamente a convocare" disse sbrigativo girando le spalle a Scott "Adesso può andare"
Scott fece schioccare i tacchi e si girò per essere scortato fuori dalle guardie che erano entrate silenziosamente. Stava per uscire dall’ufficio quando sentì Masterson pronunciare poche, raggelanti parole con un tono di voce che non lasciava scampo.
"Le sue palle, generale: se lo tenga in mente"
*          *         *
Avevano rimosso il cadavere del carceriere usando la vecchia tecnica delle bombole narcotizzanti, così che quando si risvegliò Cardinale aveva un mal di testa terribile e una voglia matta di spaccare qualcosa. Se la prese con tutte le crepe dei muri, staccando interi brani di calcinacci polverosi, finché non ripiombò ansante sul lettino, il pitale ancora miracolosamente intero quando le leggi della fisica lo davano da tempo ridotto in mille tristi pezzettini. Non contenta, poco dopo cercò più volte di scardinare il letto dal pavimento con l’unico risultato di ferirsi le mani e spezzarsi due unghie. Allora passò al lavoro di concetto: prese a tastare i muri dal pavimento alla massima altezza raggiunta a braccia tese, auscultando con l’orecchio qualsiasi rumore sordo che indicasse la presenza di un vuoto nella parete. Tutto invano: le pareti erano spesse e solide sotto la friabile intonacatura ormai marcia. Frustrata, ritornò nel lettino e si nascose completamente sotto la striminzita coperta, e nemmeno così si sentì completamente al sicuro dai mille occhi del Mattatoio. Si tolse l’orologio da polso di Madame Desirèe e lo studiò a lungo: il minuscolo chip nascosto nella cassa era di nuovo bloccato, ma con un cacciavite avrebbe potuto rimetterlo a posto. E poi? Per fare cosa? Cardinale pensò febbrilmente, ma tutte le ipotesi che formulò le sembrarono deboli o impraticabili. Si rimise l’orologio al polso, decidendo di studiarlo più tardi, e si alzò dal letto impugnando di nuovo il pitale con un sorrisetto satanico: era ormai ora di cena e lei aveva in lavoretto da compiere.
*          *         *
Il capo carceriere di turno era un ometto piccolo e nervoso e l’inserviente, che era sempre lo stesso della mattina, capì immediatamente che sarebbe successo qualcosa di brutto. Quando arrivò con i suoi vassoi della cena, si rifiutò categoricamente di servire la cella 9, punto e basta. Il capo carceriere passò i successivi dieci minuti a tentare bovinamente di convincerlo, senza riuscirci, e quando finalmente perse la pazienza e si decise a consegnare personalmente il vassoio al prigioniero della cella 9, il suo interfono pigolò insistente.
"Centrale comunica trasferimento in corso: prigioniero da infermeria a cella punitiva"
"Quando?" chiese il carceriere irritato mentre l’inserviente diventava ancora più nervoso.
"In corso" rispose l’interfono, chiudendo la comunicazione.
Il carceriere snocciolò qualche fiacco improperio e si avviò verso la cella 9 per consegnare il vassoio con il pasto.
"Ricordati che questo ti costerà caro, inserviente dei miei stivali" disse il carceriere digitando il codice di apertura della cella la cui parete di pietra scivolò silenziosamente mostrando al di là delle sbarre un silenzioso vuoto sospetto. Il carceriere si chinò con un sospiro e infilò il vassoio nella fessura in basso.
"Visto, fifone? Il prigioniero non ha neanche…"
La sua voce querula si interruppe bruscamente quando una mano sporca e insanguinata sbucò da un lato e, infilandosi fra due strette sbarre della cella, afferrò la nuca del carceriere e fece sbattere con forza la sua faccia contro la grata metallica. Il naso del carceriere si ruppe con un violento spruzzo di sangue, ma l’uomo non svenne: cercò di spingersi lontano, puntellandosi e annaspando con le mani, ma un nuovo strattone lo portò a pochi millimetri dalle sbarre oltre cui una femmina dagli occhi spiritati gli sorrise con aria angelica.
"Adesso ascolta, bastardo, perché mi sono stufata di dirtelo: voglio-parlare-con-il-direttore" disse la donna con voce tranquilla, rendendo, se possibile, ancora più surreale la situazione. Il carceriere boccheggiava, la gola inondata dal suo stesso sangue mentre il naso cominciava a gonfiarsi come un cavolfiore; l’inserviente se ne stava contro la parete, i pugni stretti premuti sulle guance come un bambino spaventato dai fantasmi, quando un soldato uscì dall’ascensore blindato, spingendo svogliatamente una lettiga.
"Trasferimento prigioniero da infermeria" disse con voce annoiata, leggendo la targhetta olografica appesa alla testata della lettiga. Lo accolse un silenzio attonito, spezzato solo dal rumore del corpo del carceriere che urtava contro le sbarre in preda a convulsioni da soffocamento. Il soldato non si era ancora accorto di niente, quando la voce della donna nella cella 9 esplose come una bomba nell’asettico locale.
"PAT!!"
Il corpo sulla lettiga vibrò e si agitò debolmente: il soldato, che aveva fatto un salto di due metri dallo spavento, si guardò intorno smarrito, rendendosi conto solo in quel momento della reale situazione in cui era incappato.
"..iu..to.." boccheggiò il carceriere ormai cianotico ancora trattenuto dalla presa di acciaio di Cardinale che però aveva perso qualsiasi interesse nei suoi confronti e premeva il viso raggiante contro le sbarre, lo sguardo fisso sulla figura sulla lettiga. Il soldato finalmente si sbloccò dalla sua momentanea paralisi e annaspò alla ricerca della pistola sul fianco.
"Tutti fermi!" strillò con voce incerta, ma il prigioniero sulla lettiga si alzò a sedere lentamente, tenendosi stretta la testa con le mani.
"Oh…che mal di testa…cosa diavolo ho bevuto per ridurmi così…?" biascicò verso nessuno in particolare.
"Pat!! Sono io, Jude!" gridò di nuovo la ragazza mentre, assurdamente, grosse lacrime di felicità le rigavano le guance sporche.
Il prigioniero sulla lettiga girò la testa verso di lei, lentamente.
"Jude…?" domandò Patterson, perplesso.
Il soldato era finalmente riuscito ad estrarre la pistola che gli venne immediatamente presa e sbattuta in faccia dall’enorme mano del prigioniero che si era mosso fiaccamente ma con micidiale mira senza quasi accorgersene, mosso più dall’istinto che dalla ragione. Il soldato cadde a terra, lamentandosi debolmente. Patterson invece tentò di alzarsi in piedi e per poco non stramazzò a terra, legato com’era alla lettiga da pesanti cinghie di cuoio. Rinunciò all’impresa e girò lo sguardo ancora vacuo verso Cardinale al di là delle sbarre.
"Hei…bertuccia…"
"Hei, bisonte" rispose Cardinale cominciando a singhiozzare.
"Che hai fatto ai capelli?" domandò Patterson con voce sognante.
"Qui non c’è un parrucchiere nemmeno a pagarlo oro" rispose Cardinale scrollando senza nemmeno pensarci il carceriere che si muoveva sempre più debolmente.
"Dove siamo?" mormorò Patterson
"Nel Mattatoio" rispose Cardinale dopo un breve silenzio "In una DDW"
"Oh. E come te la passi?"
"La stanza è spaziosa ma il servizio fa schifo. Volevo protestare col direttore, ma non vuole parlarmi"
"Se li tratti tutti come stai trattando quel povero Cristo, li capisco" disse Patterson indicando il carceriere. Cardinale allora si ricordò di avere per le mani la gola di un uomo e mollò la presa. Il carceriere cadde a terra come un silenzioso sacco di patate.
"Garrie?" chiese Patterson e Cardinale scosse la testa.
"Non lo so. Forse lo devono ancora portare qui"
"Oh…allora aspettiamo la rimpatriata completa prima di festeggiare vuotando il frigo bar" sussurrò Patterson chiudendo gli occhi esausto.
Cardinale annuì, incurante del soldato che si era faticosamente alzato in piedi, aveva di nuovo brandito la pistola e blaterando minacce e improperi, si era avventato sulla tastierina di fianco alla cella 9, digitando come un pazzo i numeri del codice di chiusura.
"E’ stato bello vederti, Pat. Non sai quanto" disse Cardinale aggrappata alle sbarre mentre la parete di roccia si richiudeva silenziosamente coprendole la visuale dell’amico legato alla lettiga. Patterson alzò una mano fiaccamente in segno di saluto, poi svenne, piegando dolcemente la testa da un lato.
Il soldato, ansimante, si guardò intorno, incredulo: il carceriere, sdraiato a terra, boccheggiava e rantolava imbrattando il pavimento di sangue come un maiale sgozzato; l’inserviente se ne stava ancora premuto contro la parete, muto e con gli occhi sbarrati; il prigioniero dormiva come un bambino, russando leggermente.
"Cosa cavolo è successo qui?" gridò rivolto al soffitto mentre, con tempismo perfetto, iniziavano a squillare le sirene d’allarme.

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Capitolo 24
*** Capitolo 22 : L’Arena ***


Il generale Scott leggeva un lungo elenco di nominativi: era seduto davanti al computer nella sua casa-prigione con un Runner della Corp. a sorvegliarne l’ingresso 24 ore su 24. Scott però non aveva nessuna intenzione di scappare. Anzi, trovava piuttosto confortante la presenza delle forze dell’ordine. Sapeva, dopo l’ultimo incontro con il presidente della Corp., di essere balzato in testa al libro nero del signor Masterson. Sapeva che la sua vita era in pericolo. Ma nemmeno Masterson poteva far sparire il generale a capo del CDI insabbiando tutto agli occhi del consiglio. Non dopo il putiferio che aveva scatenato Scott. Il suo colpo di testa era diventato il suo stesso scudo, incredibilmente. Ora occorreva informare i membri del consiglio su quanto era successo, prima che si sorbissero la versione riveduta e corretta di Masterson. Certo, una buona parte dei membri del consiglio erano burattini di Masterson, ma non tutti. Forse lo sperava soltanto, ma affidava la sua stessa vita a questa convinzione. Si apprestò a scaricare sul computer un piccolo olo-filmato. Poi lo allegò al comunicato di Benedict insieme a poche, concise frasi di presentazione. Infine impostò l’elenco dei destinatari, ricontrollando che ci fossero tutti i componenti del consiglio almeno due volte.
Alla fine sospirò, chiuse gli occhi, pregò con sorprendente fervore e pigiò deciso il tasto di invio.
*          *          *
“E adesso che abbiamo la password come ci muoviamo?” chiese Alicia esternando l’inconfessato dubbio di tutti i presenti. Elijah e Morales avevano ingaggiato una strana danza propiziatoria per festeggiare la scoperta della password di Masterson ma adesso si erano seduti, ancora ansanti e isterici, farneticando su armi ed esplosivo da portare nelle segrete, come subito furono battezzate le DDW della Corp. Damon sembrava l’unico ancora immune al sacro fuoco dell’agitazione: se ne stava in un angolo, il bel viso pensieroso e preoccupato a scrutare Elijah e Morales che ridacchiavano ancora come due adolescenti.
“Alicia ha ragione” intervenne a quel punto quando la domanda di Alicia aveva finalmente zittito i due Runners superstiti “Abbiamo la password, ok, ma non sappiamo come arrivare nelle segrete. Non possiamo digitalizzarci e spararci nell’etere: deve esserci un de-digitalizzatore pronto ad accoglierci. Poi, credete che il passaggio di Masterson passerà inosservato agli occhi della sicurezza della Corp.? Ho idea che ci beccheranno appena tentiamo di mettere piede su una DDW”
“Certo che sprizzi ottimismo da tutti i pori” si lamentò Morales, imbronciato.
“Damon non ha tutti i torti” azzardò Alicia attirandosi due sguardi accusatori.
“Cardinale aveva già buttato giù un programma di ricerca delle DDW” annunciò Morales, ottimista “Per fortuna l’ho spiata mentre lo scriveva e con un’oretta di tempo riesco a recuperarlo per farci le modifiche che fanno al caso nostro. Non sarò un genio di programmatore come lei, ma insomma….” Il pensiero di Jude lo fece rattristare immediatamente.
Elijah gli batté fraternamente la mano sulla spalla ma in cuor suo avrebbe voluto urlare dalla frustrazione.
“Sono certo che Jude avrebbe da imparare anche da te, hijo” disse cercando di dominare la commozione “Fai quello che puoi. Damon, a che distanza siamo dal Mattatoio?”
Damon tornò in cabina di pilotaggio e trafficò pensieroso sugli strumenti di bordo.
“Vicini. Molto vicini. Cioè, abbastanza vicini. Cavoli” sibilò infine scoraggiato.
Elijah si avvicinò a lui apprensivo seguito da Alicia
“Che c’è?” chiese intuendo già quello che Damon avrebbe detto e pregando assurdamente perché non lo dicesse.
Damon girò su di lui uno sguardo angosciato mascherato da una calma apparente.
“Il Mattatoio è appena approdato su Orion 4W”
*          *          *
Ad accogliere Garrie O’Brian sul ponte del Mattatoio c’erano due medici e ben quattro Runners armati fino ai denti. L’inserviente che manovrava il piccolo robot che trasportava la capsula contenente il prigioniero, fu piuttosto sorpreso dalla cosa. Non aveva mai visto un simile dispiegamento di forze dell’ordine per un semplice prigioniero. Che, oltretutto, sembrava un fanciullo per niente pericoloso, addormentato com’era con quella pelle chiara e i capelli d’oro. L’inserviente pensò blandamente che era un ragazzo eccezionalmente bello e che era un peccato che fosse schiattato. Poi la capsula fu presa in consegna dal personale del Mattatoio e lui se ne tornò indietro fischiettando, dimenticandosi del prigioniero biondo.
Il Mattatoio ripartì dal ponte di Orion 4W e fece lentamente inversione, allontanandosi senza fretta dalla enorme stazione spaziale verso destinazione ignota.
Intanto, il nuovo prigioniero era stato censito e registrato nella lista delle presenze del Mattatoio. La dottoressa Brown e il dottor Jones si apprestavano a visitare il paziente, intimiditi dai quattro soldati con le armi spianate che li circondavano minacciosi.
“E’ proprio necessario tutto questo?” chiese Jones scocciato mentre la Brown sollevava la capsula di plexiglas e tratteneva il fiato di fronte al prigioniero addormentato: Dio, quant’era bello…sembrava un angelo, delicato e indifeso.
“Dottoressa, cosa sta aspettando?” chiese brusco Jones notando la sua momentanea immobilità “Visiti il paziente e riporti i dati sulla cartella”
Brown si riscosse e armeggiò frettolosa con lo stetoscopio elettronico e con lo scanner ecografico. Al tocco gentile della sua mano, il paziente si lamentò debolmente e scosse il capo intontito: poi le lunghe ciglia chiare vibrarono aprendosi leggermente su due grandi e limpidi occhi azzurri che si fissarono subito sulla dottoressa, la quale continuava a fissarlo a bocca aperta.
“Ciao” mormorò Garrie con un sorriso sognante.
“Ciao” rispose meccanicamente la dottoressa, attirandosi lo sguardo stupefatto del dottor Jones.
“Dove sono?” chiese di nuovo il paziente senza distogliere gli occhi dalla dottoressa che era visibilmente arrossita e respirava a singhiozzo.
“Dottoressa, parlare con i pazienti è assolutamente contrario alla procedura!” tuonò il dottor Jones inviperito, ma la dottoressa lo ignorò completamente.
“Lei si trova sulla navetta satellite H1WJ9” rispose con voce dolce.
“Ummm…Cardinale e Pat sono qui?”
“Dottoressa! La smetta subito!” strepitò Jones, furibondo.
“Credo di sì” rispose Brown, incantata dagli occhi di Garrie.
“Oh. Quando usciamo di qui vieni fuori a cena con me?”
“Dottoressa!”
“Sì…Oh, sì!”
Il paziente richiuse gli occhi, sempre sorridendo, mentre Jones preparava una siringa di sedativo con gesti rapidi e nervosi.
“Ma cosa le salta in mente!” salmodiò il dottore lanciando uno sguardo di puro disprezzo alla dottoressa “Si rende conto di aver appena passato informazioni top secret ad un prigioniero? Un prigioniero così pericoloso da richiedere l’intervento del doppio di soldati di scorta?! Lei sarà immediatamente messa sotto inquisizione, dottoressa Brown!”
La dottoressa lo ascoltava appena, ancora incantata a guardare il viso di Garrie che dormiva beato: sentiva il cuore che le batteva forte e l’ultimo dei suoi pensieri in quel momento era lo sproloquio di quello gnomo calvo e petulante.
“A cena” sospirò a fior di labbra, e sorrise.
*          *          *
Il presidente della Ars Space Corp. aveva davanti a sé i rapporti olografici del responsabile della sicurezza sulla navetta H1WJ9, accuratamente ordinati per cronologia. Leggendoli, provava un misto di disappunto e ammirazione perché i tre Runners della Tau Centauri erano riusciti a combinare più guai da soli che centinaia di altri Runners messi insieme. Un morto, tre feriti e una dottoressa sospesa dal servizio, senza contare il rifiuto da parte degli inservienti del piano di massima sicurezza di portare i pasti nelle loro celle. Davvero notevole. Masterson sorrise: un ghigno agghiacciante che avrebbe fatto gelare il sangue nelle vene a chiunque lo vedesse. Il sorriso di un sadico che ha trovato un grazioso giocattolo su cui sfogare le proprie aberrazioni. In realtà, era davvero elettrizzato all’idea di avere per le mani tre Runners del calibro di Cardinale, O’Brian e Patterson. Fino ad allora, i Runners catturati e usati per gli esperimenti erano risultati delle mezze delusioni, chi più chi meno. Dopo le prime volte, dove era ancora vivo l’interesse per la novità, le esecuzioni erano state quasi noiose, banali. Ebbene sì, aveva assistito personalmente a tutte quante le esecuzioni. D’altra parte, l’idea di prendere due piccioni con una fava era stata sicuramente la più brillante della sua lunga e controversa carriera. Primo piccione: la Corp. doveva sperimentare la morte da digi-alias per risolvere un bug che avrebbe portato nelle loro tasche migliaia e migliaia di crediti. Secondo piccione: la morte attirava sempre la morbosa curiosità di gente ricca e annoiata, che era disposta anche a pagare per assistere a un omicidio. Gente che possedeva tutto, tranne che una morale volutamente smarrita per strada, alla ricerca del Gioco per eccellenza che scatenasse quella agognata eccitazione, quel fiotto di adrenalina che ormai più niente riusciva a suscitare. Una volta c’era l’Arena con i leoni, poi ci furono gli snuff movies…ed ora, il Mattatoio. Trasformato per l’occasione in un circo a tre piste dove, chi poteva permetterselo, assisteva al massacro di un prigioniero mentre, contemporaneamente, gli scienziati della Corp. studiavano la sua morte digitale.
Così pulito, così geniale.
Masterson aveva persino fatto creare una piattaforma apposita dove assistere agli omicidi: l’Arena, per l’appunto, in ricordo dell’origine di quel macabro, immortale divertimento.
Masterson librò pigramente il dito sopra alle immagini olografiche dei tre detenuti, indeciso: chi scegliere per primo? Il gigante dai muscoli d’acciaio? Il rubacuori ? La bella hacker ? Un fiotto di adrenalina gli gonfiò le vene, esaltandolo. Erano anni che aspettava l’occasione buona per assistere a un vero spettacolo come quello che si prospettava. Tutto doveva essere pronto e perfetto. Attivò l’interfono mentre il suo dito continuava a dondolare sulle immagini dei tre Runners.
“Sono Masterson” disse semplicemente quando il direttore del Mattatoio rispose alla sua chiamata “Preparate l’Arena per domani sera. Il pubblico sarà al completo”
“Quale dei prigionieri devo far preparare per l’esperimento?” chiese la voce impersonale del direttore.
Masterson ci pensò su, seriamente: studiò le facce dei tre Runners; poi, un’idea meravigliosa gli balenò nella mente, un’illuminazione. Perché non dare un assaggino di ciò che li aspettava ai giocatori? Chiamò il Mattatoio ed espose il suo progetto al suo direttore, che fece un po’ di resistenza, ma poi cedette, servile, agli ordini del padrone.
Masterson disattivò le comunicazioni e sorrise di nuovo tra sé e sé, soddisfatto: aveva finalmente trovato il suo Gioco.
*          *          *
Doveva essere sera, ma non troppo tardi: avevano appena portato via il vassoio della cena, utilizzando un braccio meccanico che aveva scatenato l’irrefrenabile ilarità di Cardinale.
“Che razza di fifoni” aveva commentato, altezzosa consumando il pasto insapore a gambe incrociate sul suo lettino. Era passata forse un’ora dal pasto, quando la ragazza avvertì il ronzio sommesso che di solito segnalava l’apertura della parete di pietra. Si alzò di scatto in piedi, col cuore in gola, afferrando la sua unica, patetica arma: il pitale slabbrato. L’apertura fuori programma della parete poteva essere solo una cattiva notizia, e al Mattatoio le cattive notizie erano portatrici di morte. Cardinale inspirò profondamente, mettendosi in posizione d’attacco: non aveva intenzione di lasciarsi prendere dal panico. Avrebbe venduto cara la sua pelle!
Sorprendentemente, la parete scivolò completamente e non solo per un quarto come succedeva per i pasti, mostrandole attraverso le sbarre una visione completa delle prigioni del Mattatoio. Quattro celle occupavano il piano, divise da un piccolo corridoio spoglio. Al centro, una scrivania con uno schermo olografico, evidentemente la postazione di guardia. Sulla destra il corridoio terminava su una massiccia porta metallica che era evidentemente l’ascensore. Accanto alla scrivania, il custode stava in piedi, nervosamente, con accanto due guardie armate il cui volto era coperto dal casco di ordinanza dei Runners della Corp. Cardinale fotografò tutto lo scenario, comprese le postazioni delle telecamere (praticamente dappertutto), dei sensori di movimento e di calore e delle tastiere a muro per digitare i codici di apertura delle celle. Poi, la sua attenzione fu attirata dall’occupante della cella di fronte alla sua. Sgranò gli occhi e corse ad aggrapparsi alle sbarre, facendo un gran baccano con il suo inseparabile pitale.
“Garrie!” urlò, ma la gola era talmente stretta dall’emozione che ne uscì solo un roco mormorio.
Garrie era in piedi, appoggiato alle sbarre, ma sembrava molto sofferente: i capelli biondi ricadevano molli sul viso e la postura generale era di forte debolezza. Al suono della voce di Cardinale, comunque, Garrie sollevò leggermente il capo appoggiando la fronte alle sbarre, e sbatté le ciglia cercando di mettere a fuoco le immagini. Quando finalmente ci riuscì e vide la sua compagna, un fiacco sorriso incredibilmente luminoso gli stiracchiò le labbra.
“Ma tu guarda che mi tocca fare pur di avere un incontro tète-à-tète con te” disse tentando di dare un tono ironico alla voce tremante.
“Come stai, vecchia spugna” azzardò Cardinale, ancora commossa e col cuore che le batteva come un tamburo.
“Ti dirò, ho passato momenti migliori nella mia vita. Anche se sto molto meglio adesso che ti ho vista”
“Il solito galantuomo…mi fai quasi arrossire”
“Questo non è niente…arrossirai di più quando sarò abbastanza in forma da riuscire ad infilarmi nella tua cella…” rispose Garrie ammiccando faticosamente “Hanno fatto bene a richiuderti: così non mi scappi più”
“Hei, Casanova…ma quanto ti dona quel grembiulino?” tuonò la voce di Patterson, comparso all’improvviso nella cella di fianco alla sua. Anche lui era premuto contro le sbarre e Cardinale lo vide parecchio più in forma del giorno prima. Stringeva il pitale nella manona e, a giudicare dalla polvere che aveva addosso, doveva essersi dato da fare anche lui, come lei, attorno alle telecamere a muro.
“Pat, che Dio ti fulmini, ci sei anche tu!” sospirò Garrie, sinceramente contento “Hei, sei orrendo con quell’affare addosso, una violazione al comune senso del pudore. Mi toccherà fare un giro anche da te per renderti presentabile”
“La volete piantare di fare salotto?” strillò offeso il carceriere avvicinandosi a loro seguito dalle sue due compassate guardie armate. Garrie, Patterson e Cardinale girarono su di lui tre identici sguardi a metà tra l’altezzoso e il sorpreso, guardandolo per la prima volta da quando si erano aperte le pareti.
“E questo gnomo quando è spuntato?” chiese Garrie blandamente interessato.
“Forse è il parrucchiere che ho chiesto due giorni fa” disse speranzosa Cardinale, facendogli un gran sorriso da schiaffi.
“Io ho fame” sentenziò Patterson, ignorandolo bellamente.
Assurdamente, i tre si sorrisero: quel tipo di dialogo era il loro modo criptico per ricreare il cerchio, per sentirsi di nuovo una squadra. Sapevano che agli occhi degli altri potevano sembrare completamente fuori di cotenna, ma questo non faceva che rinsaldare il loro legame, come se si parlassero tramite una specie di assurdo, surreale codice segreto.
“Prigionieri!” strillò il carceriere di nuovo, palesemente irritato: gli avevano detto che quei tre insieme erano pericolosi e potenzialmente mortali, ma a lui sembravano solo un branco di grotteschi pagliacci malati di mente. Si rilassò un poco al pensiero di quello che stava per succedere.
“Volevo informarvi del fatto che, ufficialmente, siete morti” disse soddisfatto facendo un passo avanti per essere certo di stare al centro dell’attenzione.
“Noi, invece, volevamo informare te che sei ufficiosamente imbecille” rispose piacevolmente Patterson, scatenando una risatina ironica da parte di Garrie.
“E anche piuttosto basso” rincarò la dose Cardinale “Almeno come digi-alias, potevi migliorare un po’ la tua persona”
Il carceriere arrossì e strinse i pugni in un moto di rabbia: poi inspirò e sorrise maligno.
“Sì, sì, godetevela pure, finché siete in tempo” disse a voce bassa e minacciosa “Anche altri, prima di voi, facevano gli spiritosi. Ma, alla fine, sono stato io a pulire il loro sangue dal pavimento”
“Immagino che sia piuttosto frustrante essere declassato a uomo delle pulizie” ribatté Cardinale, per niente smontata “Pardon, ometto delle pulizie, vista la stazza”
Il carceriere le dedicò un lungo sguardo pieno di odio, senza smettere di sorridere.
“Povera, piccola Runner” cantilenò infine “Che peccato che quel grazioso musetto verrà ridotto a brandelli. Posso assicurarti che mi prenderò cura personalmente di te, a cose fatte. Sai, George era un mio amico”
“Ci avrei giurato, stupidone” gli confidò Cardinale in tono leggero “Avete la stessa, identica puzza di topo morto”
“Chi è George?” chiese Garrie incuriosito.
“Un tizio che è riuscito a contarsi le corde vocali, prima di schiattare” rispose Cardinale “Mi aveva fatto arrabbiare”
“Cardinale, Cardinale” la rimproverò Garrie con un sorriso tenero “Devi imparare a contenere un pochino al tua aggressività. Hai almeno chiesto scusa, dopo averlo ucciso?”
“Davvero, perdonatela” sospirò Patterson rivolto al carceriere “La piccola ancora non sa controllare la propria aggressività. Ma ti abbiamo interrotto: ti prego, continua pure il tuo…cos’era? Un comizio? Bè, vai pure avanti, anche se devo ammettere che sei piuttosto penoso”
“Le vostre fesserie non mi toccano” ruggì la guardia evidentemente inferocita, nonostante le sue parole dicessero il contrario “Tempo domani sera e butterò i vostri cadaveri nello spazio. E vi saluterò con la manina, ciao ciao, spiritosi piccoli Runners!”
“E ci hai scomodato per dirci queste quattro corbellerie?” domandò annoiato Garrie “Avrei preferito farmi un pisolino”
“Non è tutto” continuò il carceriere inviperito “Le alte sfere hanno pensato di farvi un regalino, in previsione della vostra esecuzione”
“Se posso scegliere, come regalino io vorrei incontrare la dottoressa che mi ha visitato all’ingresso del Paradiso del cadavere, questa mattina” disse Garrie con voce sognante.
“Cos’è, sei riuscito a trovare una femmina da deflorare anche in questa topaia?” chiese Patterson, allusivo e Cardinale scoppiò a ridere.
“La volete piantare!?!” strepitò il carceriere, al sommo della frustrazione “Soldato! Attivi l’olovisore!”
Uno dei due soldati scattò sull’attenti e cominciò ad armeggiare alacremente attorno ad un apparecchio sul tavolo al centro della stanza.
“Ci fanno vedere un filmino?” domandò elettrizzato Garrie “Oh, che emozione!”
“Io voglio i pop corn!” esclamò Patterson, estasiato.
“Vi consiglio di guardare con attenzione”  mormorò il carceriere, velenoso.
L’olo-proiezione cominciò ed i Runners si zittirono, mentre un lento, sadico sorriso si dipingeva sulla faccia del carceriere: aveva scelto appositamente quel filmato perché sapeva che la squadra Tau Centauri conosceva la vittima, anche se superficialmente. In mezzo al corridoio, apparve una figura umana al centro di una specie di arena di terra battuta. L’uomo indossava un corto camice ospedaliero, identico a quello indossato dai tre della Tau Centauri, e si guardava intorno leggermente spaesato e spaventato, ma ben piazzato in posizione di difesa. Il bordo dell’arena aveva contorni sfumati e bui, tuttavia si poteva distinguere chiaramente un palco dove sedevano una decina di ombre di spettatori, assolutamente immobili. Ad un tratto, dal buio uscì una figura umana alta almeno due metri e quasi altrettanto larga. Camminava con movimenti non proprio rigidi, ma sottilmente innaturali: era vestito con una armatura color bronzo, un elmo che copriva totalmente la faccia e in mano brandiva una spada dalla lama ricurva grossa quanto l’ancora di una nave.
“Vorrei presentarvi Cerberus” disse il carceriere ghignando piacevolmente “Il nostro boia digitale”
Mentre parlava, l’enorme figura si era messa a saltellare attorno al Runner indifeso nel mezzo dell’arena e lo punzecchiava con la punta della spada. Ad un cenno di una delle figure sul palco, iniziò il combattimento. La lotta era assolutamente impari, con il gigante muscoloso e armato contro un uomo a mani nude e indebolito. Il Runner cercò di difendersi come poteva, schivando i colpi della pesante spada che, fortunatamente, erano piuttosto lenti. Lunghi, estenuanti minuti passarono su questo scenario. Man mano che passava il tempo, il Runner prese a sudare copiosamente e a rallentare i movimenti, mentre Cerberus sembrava immune a qualsiasi fatica. Menava fendenti con bovina determinazione, incurante dei patetici tentativi del Runner di colpirlo con i pugni. Sempre più stanco e accecato dal proprio sudore, il Runner inciampò sui propri piedi e l’ennesimo fendente di Cerberus gli tranciò di netto il braccio poco sotto il gomito. Immediatamente il sangue zampillò mentre il Runner tentava di schivare i colpi successivi rotolando nella terra con una orribile smorfia di dolore dipinta sul volto. Incredibilmente riuscì addirittura a rialzarsi in piedi, tenendo il moncherino premuto contro lo stomaco; il sangue gli aveva imbrattato tutto il davanti del camice e scorreva lento lungo le cosce, gocciolando rosse monete sul pavimento di terra rossa. Riuscì a sfuggire a qualche altro colpo, poi la spada lo centrò in pieno sul fianco, conficcandosi nell’osso dell’anca. L’uomo urlò di dolore, e cadde su un ginocchio. Cerberus si puntellò con il piede contro di lui e fece leva per sbloccare la spada, rimasta incastrata nell’osso. Ci riuscì scatenando un altro grido straziante, e immediatamente vibrò un altro colpo, troncando la gamba dell’uomo subito sotto il ginocchio. Il sangue schizzò sulle cosce di Cerberus mentre il Runner cadeva carponi, reggendosi sulla mano incolume. Il poveretto ansimava a singhiozzo ormai immerso in un lago di sangue, lo sguardo vacuo di chi sta per perdere conoscenza. Dopo una rapida occhiata verso il palco degli spettatori, come per chiedere il permesso, Cerberus spinse a terra il Runner con un piede, sollevò la spada alta sopra la testa e calò l’ultimo, mortale colpo. La testa dell’uomo ai suoi piedi rotolò via, schizzando sangue mentre il povero corpo straziato veniva scosso dalle ultime, patetiche convulsioni prima di rimanere immobile in una posizione innaturale. L’olo-proiezione terminò di colpo mentre il carceriere iniziava a ridacchiare istericamente. I tre Runners nelle celle non batterono ciglio: se erano sconvolti, niente trapelò dalle loro immobili facce da sfinge.
“Il vostro metodo di ricerca scientifica è davvero interessante” iniziò a dire Garrie con voce misurata “Come dire, un vero monumento alla umana civiltà”
“Oh, sì, e presto ne diventerete parte integrante” esclamò garrulo il carceriere, vendicativo.
“Senti, nano, chi hai detto che è quel gentiluomo con la spada?” chiese Cardinale quando fu certa di poter parlare senza tremare “Non è un digi-alias, vero?”
Il carceriere fissò di sottecchi la ragazza con uno sguardo astuto.
“Spiacente, non posso dirvi niente, bella signora. Sappiate solo che può essere programmato per essere più o meno spietato con le proprie vittime. Indovinate a che livello sarà quando incontrerà voi
Rise di nuovo, sguaiatamente, mentre si dirigeva verso la scrivania.
“E’ stato un piacere conversare con voi, squadra Tau Centauri” annunciò mentre spingeva un pulsante e le delle celle iniziavano lentamente a richiudersi. I tre Runners si guardarono negli occhi l’un l’altro. Si videro spaventati, per non dire terrorizzati, ma ancora indomiti. Ancora dignitosamente sé stessi, per quanto potesse valere dopo quello che avevano visto.
“Non mollate, ragazzi” disse Garrie alzando fiaccamente una mano “E pensate a qualcosa di furbo per quando incontreremo l’incomparabile Cerberus”
“Mazzo di carte?” propose Cardinale con una risatina tremula.
Patterson rise, salutandola con la mano
“Finché ci sono io, non aver paura, piccoletta”
“Scordatelo, nonna Pat. Sono io che ti difenderò. Garrie, cerca di rimett…”
Le pareti si chiusero con un tonfo sordo riportando la pace e il silenzio nel locale.
“Potete andare, ora” ordinò il carceriere ai due soldati e questi si allontanarono verso gli ascensori, silenziosi e imperturbabili. Il carceriere si sedette dietro la scrivania, imbronciato: doveva fare rapporto su quanto era accaduto e avrebbe voluto togliersi la soddisfazione di scrivere che i Runners avevano iniziato a piangere e a supplicare. Niente di più diverso da quello che era realmente successo. Quei tre deficienti sembravano aver assistito alla proiezione di una favoletta per bambini invece che all’efferato omicidio di un loro compagno. Il carceriere non capiva se erano completamente pazzi o se avevano davvero così tanto pelo sullo stomaco. Certo era che il suo rapporto non sarebbe stato entusiasmante come prevedeva. Anzi: di tutti loro, era lui stesso ad essere più spaventato di quanto volesse in realtà ammettere.
*          *          *
Cardinale rimase a lungo con le mani appoggiate alla parete di pietra, immobile. Vedere Patterson e Garrie nella sua stessa situazione l’aveva consolata e nello stesso tempo agitata un po’ troppo. Patterson, la sua guardia del corpo monolitica…E Garrie, Garrie dagli occhi splendenti che con un solo sorriso faceva sembrare tutto facile e possibile. Lottava alacremente contro la disperazione che voleva a tutti i costi appesantirle le membra, ma lei non lo avrebbe permesso. Lei era Jude Cardinale, e avrebbe trovato una maledetta soluzione a quel porco problema. Si staccò dal muro e andò a sedersi sul lettino, a testa alta. Era ora di cercare una soluzione, seriamente. Mettere in moto la mente da programmatore e trovare una soluzione. Al più presto. Sotto al suo viso, apparentemente calmo, si agitavano ridde di pensieri confusi, soluzioni prese e poi scartate, immagini flash senza nessun significato. Chiuse gli occhi e fece un respiro profondo: lentamente, i pensieri presero a fluire più coerentemente, legati da un filo logico. Cardinale decise di seguirli, pregando che portassero a una soluzione. Pensieri. Armi. Inutile cercarne, non ce n’erano. Se fossero stati tutti e tre insieme avrebbero tentato di disarmare il gigante, ma sospettava che ognuno di loro avrebbe avuto il proprio momento di gloria individuale. Niente armi, insomma. Immagini. Garrie che sollevava il capo esausto al di là delle sbarre. Il suo sorriso solare, eterno. Elijah che corrugava la fronte, pensieroso, senza sapere di essere osservato. Con forza, accantonò il pensiero di Elijah e si concentrò sulle altre immagini che da due giorni la tormentavano. Morales nella fossa, “la Jacuzzi di Pat”. L’esplosivo di Patterson .”in fondo, non è nient’altro che un programma…”. Benedict. Il Disinfestatore che si divideva in due. Garrie che si tuffava nel fiume, bello come un Dio greco. Elijah e lei, in mezzo all’erba. Il profumo della sua pelle umida. Di nuovo scosse la testa, irritata con se stessa. Concentrati, si disse. C’è qualcosa che ti sfugge, qualcosa che ti può aiutare. Concentrati. Immagini, di nuovo. Alicia che le toccava un braccio “Era l’unico modo…”. L’interrogatorio con il generale Scott, rosso di rabbia “Vuol dire che un Runner di alto livello utilizza l’attrezzatura lavorativa per scrivere spazzatura illegale?” Patterson e le sue freccette, nel Limbo. Benedict, al Colosseo. “Ingegnoso programmino, eh?”.
Cardinale aprì di colpo gli occhi mentre il cuore smetteva di battere nel petto.
Ecco. La soluzione. L’unica possibile soluzione, appesa ad un filo leggero come una tela di ragno.
“Dio ti prego…” mormorò Cardinale a fior di labbra.
Si sdraiò sul lettino nascondendosi sotto la coperta, il cuore in tumulto, la speranza che riprendeva prepotentemente a scorrere nelle vene insieme al sangue. E pregando, senza sapere di pregare.

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Capitolo 25
*** Capitolo 23 : Il Gioco ***


 Alla redazione dell’ “Orion Times”, il giornalista Samuel Levine, punta di diamante della cronaca nera, si rilassò sulla sua poltrona, mollando per un attimo il pezzo che stava scrivendo sul computer: era tardi, già stavano comparendo i robot delle pulizie, ma lui era abituato a lavorare fuori orario. Anzi: avere la redazione tutta per sé, senza il caos delle olo-proiezioni sparate da tutte le parti, era sicuramente più redditizio, in termini di qualità di lavoro. Stava quasi per chiudere il collegamento in rete e andare finalmente a mangiare qualcosa quando vide la casella della posta riservata lampeggiare. Samuel, aggrottato, ci pensò su un attimo, chiedendosi chi diavolo gli scrivesse a quell’ora nella casella delle notizie davvero importanti. Con un sospiro, lasciò che il suo spirito giornalistico avesse la meglio e aprì la casella di posta. Il documento era piuttosto corposo: prevedeva due olo-visioni e un commento da parte del generale Scott. Samuel sentì un leggero pizzicore dietro la nuca: Scott, il direttore dei CDI? Di colpo vigile e attento, si affrettò a leggere e ad aprire le olo-visioni. Dopo le prime due righe, si era già dimenticato della cena ed era attaccato al telefono in comunicazione con il suo direttore.
“Levine, spero per te che sia qualcosa di grosso…” tuonò il suo capo sullo schermo telefonico.
Levine sventolò una mano, eccitato, mentre con l’altra scorreva il testo della lettera di Scott.
“Le consiglio di fiondarsi qui immediatamente, capo” rantolò emozionato.
*          *          *
“Stupidi, maledetti Runners…” ruminava il carceriere Anders. Ancora non gli era andato giù il vile trattamento subito, e mentre controllava le ultime impostazioni nell’Arena pensava con cupa meschinità a quando si sarebbe preso la sua rivincita, spingendo il tasto di espulsione delle capsule con dentro tre cadaveri sanguinolenti.
“Qui è tutto a posto, Anders” disse con voce annoiata un suo collega avvicinandosi a lui  “Dì un po’, che hai da fare quella faccia? E’ tutta la sera che sembri incazzato con il mondo intero”
Anders non rispose subito: poi le parole gli scapparono di bocca, velenose.
“Ce l’ho con quella maledetta femmina della Tau Centauri…quella che ha ammazzato George”
Il collega gli batté fraternamente la mano sulla spalla.
“Lascia stare, amico: ha si e no un’ora di vita, di che ti preoccupi?”
Anders non rispose e il collega si allontanò fischiettando. Sempre raccolto nei suoi pensieri, diede un ultimo sguardo circolare all’Arena poi attivò l’interfono.
“Anders. Navetta H1WJ9. Tutto pronto per il nuovo esperimento”
“Molto bene” risposero dalla centrale “Avvisiamo Masterson”
*          *          *
Elijah sentiva di essere morto almeno duecento volte in quelle ore di lunga, estenuante attesa. Si era confusamente accorto che Damon e Alicia si erano scambiati di posto alla guida del caccia, sempre impostato sulla guida manuale in quanto il pilota automatico sarebbe stato troppo facilmente intercettabile. Da quando avevano superato Orion 4 W, il radar scandagliava incessantemente lo spazio in cerca del Mattatoio, di conseguenza erano più esposti all’intercettazione da parte del servizio di sicurezza della Corp. A dire il vero, Elijah era piuttosto sorpreso del fatto che ancora non li avessero beccati: o Damon era davvero un pilota con i fiocchi, o avevano avuto una insperata dose di fortuna.
“Capo” sospirò la voce flebile di Morales dalla postazione computer. In un lampo Elijah gli fu vicino, teso come una corda di violino.
“Dammi buone notizie, Morales, o giuro che schiatto qui su due piedi” esordì, serio.
Morales alzò su di lui due stanchi occhi blu dove però vi si leggeva a chiare lettere un orgoglioso trionfo.
“Trovato qualcosa. Ancora non so cosa, ma ci siamo vicini”
Il cuore di Elijah mancò di un colpo. Lottò per un attimo contro la frustrazione e la rabbia, ma poi cedette.
“Non è abbastanza, hijo” disse, cercando di trattenere l’ansia nella sua voce “Abbiamo bisogno delle coordinate giuste per entrare su quelle maledette DDW segrete. Adesso”
Morales si appoggio i pugni chiusi sugli occhi, premendo forte: quando li riabbassò Elijah vide sulla sua faccia un’espressione di profonda, inequivocabile stanchezza.
“Dammi qualche minuto” disse infine, senza guardarlo.
“Elijah”
La voce di Damon arrivò come uno sparo. Elijah lo raggiunse in cabina di pilotaggio sentendosi le gambe pesanti come macigni. Damon e Alicia erano immobili con lo sguardo fisso sul radar e le stesse identiche espressioni di ineluttabile panico sui visi stravolti. Il radar buio fu per un attimo illuminato da una fioca luce verde all’estremità, emettendo un “bip” che aveva il sapore ineluttabile della fine dell’attesa. Alicia si girò verso di lui ed Elijah vide lo sforzo che faceva per trattenere il tremito nella sua voce.
“Ci hanno beccato” disse, ed Elijah capì che era l’inizio della fine.
*          *          *
Masterson aspettava, seduto davanti alla sua scrivania, mimetizzando l’impazienza con una placida espressione di serenità. Aveva contattato tutti i suoi clienti “speciali”, chiedendo una cifra esorbitante per l’imminente show nell’Arena. Dopo aver ricevuto le schede dei prigionieri, tutti avevano accettato, pagando senza fiatare. Masterson rise sotto i baffi, sentendo quasi frusciare i crediti nel suo portafoglio. Ma più di tutto, fremeva dal desiderio di vedere il suo Gioco. L’interfono vibrò e Masterson attivò la comunicazione con insolita solerzia.
“Masterson” disse spiccio, ma all’altro capo non c’era il direttore del Mattatoio come lui sperava: era il suo segretario, con una vocetta spaventata che lo irritò immediatamente.
“Signor Masterson, abbiamo saputo da fonti certe che è avvenuta una fuga di notizie della massima importanza. Vorrei incontrarmi con lei per discutere sul…”
“Non ho tempo per queste cose” lo interruppe Masterson, infastidito “Ti pago per risolvere i problemi al posto mio. Sono molto occupato e sarò irreperibile per le prossime ore. Mi farò vivo io quando mi libererò”
“Signor Masterson, la prego, è molto imp…”
Masterson chiuse seccamente la comunicazione: quella testa di carciofo del suo segretario non sapeva nemmeno allacciarsi i pantaloni senza la sua consulenza. Un po’ di tirocinio in prima linea non avrebbe di certo guastato. L’interfono suonò di nuovo insistente e Masterson sorrise diabolico quando vide da dove arrivava la chiamata: il Mattatoio.
“Sì” disse mentre l’eccitazione iniziava a scorrergli nelle vene.
“Tutto pronto” disse telegrafica la voce del direttore del Mattatoio “Aspettiamo lei e i suoi ospiti al più presto”
Masterson chiuse la comunicazione senza degnarsi di rispondere e sorrise.
*          *          *
La sala de-digitalizzazione del Mattatoio era in realtà un ultra moderno laboratorio di ricerca. Lo staff medico al completo, tre dottori e due infermieri, considerati i migliori professionisti nel campo dello studio fisico della digitalizzazione, si affaccendavano solerti attorno alle tre figure immobili al centro del locale. Ognuno di loro era circondato da tubi, sensori e computer che segnalavano qualsiasi funziona vitale. Ogni organo interno era controllato su diversi schermi olografici, ogni funzione neuronica, ogni battito cardiaco, ogni rilascio ormonale: tutto era sotto controllo fin nel minimo dettaglio. Il dottor Jones si sedette alla sua postazione, lontano dai corpi su cui invece vegliavano gli infermieri. Rimpiangeva la mancanza del dottor Brown, che si era fatta licenziare su due piedi ed era in attesa del primo passaggio per far ritorno su Orion 4W. Si riscosse da quei pensieri fuori luogo e si concentrò sullo studio dei suoi “soggetti”: tutto regolare, forte attività cerebrale, adrenalina a livello di guardia, recupero funzionalità muscolare completo. Erano pronti.
“Trasferire i soggetti nell’Arena” disse nell’interfono.
*          *          *
Quando la parete di roccia riprese a scorrere gemendo debolmente, Cardinale seppe che questa volta era davvero la fine. Aspettò in piedi, con le braccia lungo i fianchi e lo sguardo fermo, mentre quattro Runners armati la circondavano tenendola costantemente sotto tiro e il carceriere che aveva insultato la sera prima si avvicinava a lei con l’andatura indolente e il sorriso viscido della rivincita.
“Buonasera, troia” le disse calcando piacevolmente sull’ultima parola “Pronta per l’appuntamento con il tuo ultimo spasimante?”
“Ti ho già detto che non ci esco con te” sospirò Cardinale velenosa e il carceriere le fu addosso in due rapidi passi: le mollò un ceffone con tutta la sua forza e Cardinale barcollò all’indietro. Quando si girò verso di lui con lo sguardo omicida e un rivolo di sangue che le scorreva dallo zigomo spaccato, si trovò a pochi millimetri dalla canna di una pistola laser, puntata direttamente sul suo naso.
“Non ti conviene fare la spiritosa: rischi di perdere l’ultimo desiderio” la avvisò melenso il carceriere.
Cardinale contò mentalmente fino a cento e ingoiò a fatica le parole che le salivano alle labbra. Tacque, ansimando, tenendo gli occhi fissi sul carceriere che ridacchiava deliziato.
“Oh, finalmente abbassiamo la cresta! Credi davvero che ti permetteranno di avere un ultimo desiderio?”
“Loro no. Ma forse tu si” rispose lentamente Cardinale, scegliendo con cura le parole. L’uomo inarcò un sopracciglio con aria di superiorità.
“Io? E perché dovrei ?”
“Mah…forse perché ti piaccio…” mormorò Cardinale a fatica: in realtà al solo pensiero le si rivoltava lo stomaco.
Il carceriere sembrò spiazzato dalle sue parole: la guardò a lungo, inquisitore e Cardinale dovette abbassare gli occhi per non farvi leggere l’odio e il disgusto che trapelavano da esso.
“Fammi andare per ultima…” buttò fuori tutto d’un fiato mentre il cuore smise di battere nell’attesa della risposta del carceriere. Lui rimase in silenzio a lungo, ruminando. Poi, un lento, maligno sorriso gli stirò le labbra.
“Davvero?” disse, maligno. Le si avvicinò ancora di più e Cardinale poté sentire l’odore rancido del suo alito “Accontentata…sarai la prima” le soffiò addosso, esultante.
Cardinale sbatté le ciglia due o tre volte, incredula che il suo raggiro avesse funzionato: si trattenne a stento da sorridere vittoriosa e, con somma soddisfazione, si prese la liberà di sputare in faccia al carceriere.
L’uomo la guardò un attimo, con una comica espressione di sorpresa sulla faccia: poi arricciò il labbro, infuriato e la colpì alla tempia con la pistola, selvaggiamente. Cardinale lo lasciò fare: mentre perdeva conoscenza, ringraziò la stupidità umana che le aveva permesso di ottenere ciò che voleva.
*          *          *
Il direttore dell’ ”Orion Times” aveva ascoltato dubbioso le farneticazioni di Levine, convinto che il giornalista stesse esagerando. Quando invece vide ciò che avevano tra le mani, sentì il cuore balzargli in petto, estasiato. Questo era lo scoop più grosso che fosse mai saltato fuori dalla nascita delle Orion…ed era in mano sua! Preso dall’orgasmo, convocò la redazione al completo per l’edizione della sera. Tutti quanti, nessuno escluso: era ora di dare una svolta alla storia delle Orion!
*          *          *
Il puntino sul radar si moltiplicò in pochi secondi: sotto i loro occhi, Alicia, Damon ed Elijah  videro una squadra di quattro inseguitori inesorabilmente puntati verso di loro, in rapido avvicinamento.
“Oh, santo Dio” sibilò a denti stretti Damon, piegando la cloche di guida sulla massima velocità “Alicia, mettiti al cannone laser e cerca e prega di mirare giusto. Elijah, tu e Morales…Elijah?”
Ma il capo della Tau Centauri già non lo sentiva più: si era avviato al de-digitalizzatore e con rapidi gesti stava programmando la macchina perché rifornisse il suo digi-alias di armi.
“Morales, preparati: io vado” disse deciso. Morales gli lanciò uno sguardo tra il disgustato e il sollevato
“Ti ho detto che non ho finito, capo. C’è il rischio di finire…”
“Morales, non me ne frega niente di dove finisco, basta che faccia qualcosa, qualsiasi cosa per sbloccare la situazione. Sto per uscire completamente di testa, se non l’ho già fatto. Tu sputami da qualche parte nelle DDW segrete, poi ci penso io”
Morales lo guardò a lungo, imbronciato.
“Sei il bastardo più testone che io abbia mai conosciuto” borbottò infine, pigiando con forza due tasti sul computer. Poi, rapidamente, si alzò dalla postazione computer e si avvicinò sbrigativo al secondo e ultimo de-digitalizzatore, cogliendo Elijah di sorpresa.
“Cosa credi di fare?” chiese il suo capo, sinceramente sorpreso. Morales gli lanciò uno sguardo di sufficienza.
“Perché, credi che ti lascerei andare da solo in bocca alla Corp. mentre io sono qui a guardare? Scordatelo”
Elijah scosse la testa, mentre in cuor suo sperava da sempre che Morales si comportasse così.
“Sei un pazzo scatenato” disse, cupo.
“E tu sei un pazzo scatenato e masochista. Non ti mollo, capo. Fine del discorso”
Elijah sentì un groppo in gola di profonda gratitudine: allungò un braccio con il pugno chiuso verso Morales, sorridendo mestamente.
“Fino alla fine, hijo?”
Morales rispose al saluto nello stesso modo, battendo il suo pugno contro quello di Elijah, il viso aperto in un sorriso scanzonato che lo fece tornare di colpo un bambino di dieci anni.
“Fino alla fine, che Dio ci aiuti” rispose con voce strozzata.
*          *          *
Masterson si assicurò di essere l’ultimo a digitalizzarsi nell’Arena: da vera primadonna, si sentiva in dovere di farsi aspettare dagli altri. Quando arrivò, sorridente e magnanimo come un imperatore con i suoi sudditi, venne accolto e accompagnato sul palco d’onore direttamente dal direttore del Mattatoio. Masterson si accomodò, salutando brevemente gli ospiti. Sentiva su di loro la sua stessa smania, la sua sadica aspettativa di Gioco. Sarebbe iniziato presto, molto presto. Masterson si mise comodo, assaporando gli ultimi istanti di attesa prima dell’inizio.
Il direttore del Mattatoio, che confabulava con un paio di soldati a guardia del palco d’onore, si girò verso di lui e annuì brevemente.
“Cominciamo” mormorò Masterson a fior di labbra.
*          *          *
“Cardinale…Cardinale…maledizione, vuoi svegliarti o no?” la voce di Garrie raggiunse Cardinale in fondo ad un pozzo profondo e ovattato. Le sue ciglia vibrarono appena prima di socchiudersi faticosamente e, dopo qualche secondo di annebbiamento totale, finalmente riuscì a mettere a fuoco. Garrie era chino su di lei, il bel volto contratto e preoccupato. Patterson dava di spalle ed era appeso ad una nuova fila di sbarre piuttosto robuste, guardando fuori.
“Che c’è…” borbottò Cardinale “Non si può fare nemmeno un pisolino…”
Il viso di Garrie si rilassò in un’espressione di sollievo accompagnata da un travolgente sorriso fanciullesco.
“Un pisolino” disse con voce leggermente tremante “Le ho provate tutte per svegliarti. Ci mancava solo il bacio del principe, ma me lo tenevo per quando Pat si toglieva dalle scatole…”
“E perché diavolo non l’hai fatto lo stesso?” rispose Cardinale ancora imbambolata alzandosi in piedi. Fu travolta da un capogiro e Garrie la sostenne, preoccupato.
“Hai un bozzo in testa che sembra un melone” la avvisò serio “Chi hai fatto arrabbiare, questa volta?”
Cardinale fece un gesto noncurante con la mano, guardandosi intorno
“Dove siamo?” chiese a bruciapelo avvicinandosi a Patterson.
“Ho paura che questa volta ci siamo dentro fino alle sopracciglia” sentenziò Patterson lugubremente. Dando una rapida occhiata oltre le sbarre, Cardinale si accorse con un tuffo al cuore di essere ai margini dell’Arena vista in olo-proiezione il giorno prima.
“Oh” fece, con la bocca improvvisamente diventata secchissima “Qualche via di fuga?”
“Zero” mugugnò Patterson che continuava a scrutare incessantemente l’Arena in cerca di possibili scappatoie.
Cardinale si guardò in giro attentamente: intorno alla massiccia gabbia dove loro erano rinchiusi c’erano almeno una decina di guardie armate e un centinaio di telecamere e sensori. Scappare di lì era praticamente impossibile. Per andare dove, poi? Patterson aveva ragione: questa volta erano davvero nei guai più seri.
“Carina l’idea di metterci tutti insieme a cuocere nel nostro brodo prima di farci fuori” dichiarò Garrie in tono leggero, anche se il colorito cinereo della sua faccia tradiva tutta la tensione che si sforzava di mascherare.
“L’occasione buona per dirci tutto quello che non ci siamo mai detti prima” mormorò Patterson distogliendo finalmente lo sguardo dall’Arena e girando su di loro una faccia distrutta dalla disperazione. Cardinale sentì il panico grattarle lo stomaco, ma lo ricacciò indietro: non poteva permettere che i suoi compagni cedessero proprio adesso. Aveva bisogno di loro per sperare che il suo assurdo piano funzionasse. Si avvicinò a Patterson e, sorprendentemente, lo abbracciò delicatamente, come se fosse un oggetto prezioso.
“Non mollare, Pat” gli disse nell’orecchio mentre l’uomo cominciava a tremare come una foglia “Ho bisogno di te. Abbi fede…e non mollare, sporco Runner. Ti prego”
Patterson nascose per un attimo il faccione contro la sua spalla, premendo forte. Poi si risollevò dritto, inspirando profondamente dalle narici e piegando la bocca in una smorfia terribile.
“Guarda te cosa bisogna fare per farsi abbracciare da una donna…” disse con voce incerta. Cardinale sorrise mentre il suo cuore tremava di sollievo e pena per il coraggio che stavano dimostrando tutti. Se avesse potuto, se ci fosse stato più tempo, avrebbe detto a Pat e a Garrie quanto voleva loro bene, quanto fosse fondamentale la loro presenza per non cedere alla disperazione e continuare a sperare. Quanto fosse certa di essere una persona migliore, insieme a loro. Ma il carceriere stava arrivando con un sogghigno truce sulle labbra e Cardinale vide Garrie che aveva gli occhi sbarrati fissi e la bocca semiaperta sul respiro che gli si era bloccato in gola.
E seppe che di tempo non ce n’era più.
*          *          *
Alicia si accorse improvvisamente che dalla postazione computer non si levava più un singolo rumore. Insospettita, si sporse a guardare e vide i corpi immobili di Morales ed Elijah nei de-digitalizzatori con la sequenza di avvio attivata.
“Porc..!” sibilò tra i denti mentre gli occhi le si riempivano improvvisamente di lacrime di frustrazione e disperazione. Damon le lanciò uno sguardo rapido e capì la situazione al volo. Si riconcentrò sulla guida, respirando lunghe boccate d’aria per calmare il tumulto del suo cuore.
“Sono andati” disse Alicia con voce dolente.
“Lo so” ammise Damon.
“Che facciamo adesso?”
Damon guardò il radar e le luci verdi dei caccia della Corp. in rapido avvicinamento.
“Siamo Runners, no?” disse deciso dopo una pausa “Combattiamo”
*          *          *
Elijah cadde malamente e, per un fuggevole attimo, rimpianse la morbidezza del corpo di Cardinale che gli attutiva l’urto. Cardinale…Si rialzò in piedi, velocemente, guardandosi intorno. Erano finiti in una specie di corridoio basso e buio, fortunatamente vuoto. Nessun rumore filtrava dalle pareti umide e il pavimento di terra battuta era liscio come se da molto tempo nessuno lo calpestasse. Morales era ancora steso per terra a braccia aperte e guardava trasognato il soffitto sopra di sé.
“Siamo ancora vivi?” chiese, blandamente stupito.
Elijah lo aiutò ad alzarsi in piedi, rudemente: erano entrambi vestiti con leggere tute di PlatinumTex completamente ricoperte da fibbie in cui erano infilate armi di tutte le specie: coltelli alle caviglie, pistole laser ai fianchi, mitraglietta con tanto di cartucciera sulle spalle…armamento d’assalto completo.
“Immagino che chiedere dove siamo sia chiedere troppo, vero?” domandò Elijah estraendo le pistole. Morales lo guardò di traverso.
“Ringrazia di essere ancora vivo, piuttosto. Adesso da che parte andiamo?”
“Dove ci porta il cuore, hijo”
“Umm…il mio cuore direbbe piattaforma sex con una birra in mano e una bionda sulle cosce”
“Ok. Allora a destra” decise Elijah avviandosi di corsa.
*          *          *
Il carceriere si piazzò davanti alla cella, in attesa, mentre un soldato apriva la porta e altri due tenevano sotto tiro i tre occupanti che sembravano in realtà cristallizzati sul posto.
“Pronta per il tuo appuntamento?” chiese Anders ridacchiando rivolto direttamente a Cardinale.
“Prontissima, nano” rispose lei immediatamente facendo un passo avanti.
Dopo lunghi secondi di riflessione, Patterson e Garrie si girarono lentamente verso la donna mentre assimilavano il significato di quelle parole.
“Cardinale…” mormorò con un singulto Garrie, incredulo.
“Cosa diamine credi di fare” iniziò Patterson facendo un passo minaccioso verso di lei. Un soldato lasciò partire un colpo dal fucile e centrò Patterson in pieno petto con una scarica elettrica paralizzante. Cardinale allungò una mano verso di lui mentre si afflosciava a terra, i muscoli contratti e momentaneamente inutilizzabili.
“Pat, Garrie…state buoni” intimò dura guardandoli con occhi feroci.
“Hai fatto un accordo? Hai…fatto un maledetto accordo?” balbettò Garrie, ancora pietrificato.
“Più o meno” tagliò corto Cardinale girandogli le spalle: non poteva sopportare il suo sguardo ferito e accusatorio “State calmi, vi prego. E ricordatevi chi siamo”
“Se…ti prendo…ti ammazzo…stupida…boriosa…” La voce di Patterson usciva rantolante dalle labbra congelate e Cardinale ringraziò mentalmente il soldato della Corp. per il servizio reso: trattenere Patterson sarebbe stato impossibile per lei, imbufalito com’era. Si sarebbe fatto ammazzare come un cane per quella sua stupida mania di fare la nonna. Il cuore le sanguinava mentre lo guardava lottare contro la paralisi che lo bloccava, invano.
“Andrà tutto bene, Pat” gli sussurrò con voce tremante, non osando avvicinarsi  a lui.
“Ti…ammazzo…” mugugnò Patterson e negli occhi gli brillavano lacrime di frustrazione.
“Anch’io ti voglio bene, nonnetta” rispose lei con un sorriso spezzato.
Stava per uscire dalla cella quando sentì un paio di braccia avvinghiarsi alla sua vita, tra le proteste dei soldati della Corp.
“Ti prego…Jude…”
Era la prima volta che Garrie la chiamava per nome. Cardinale sentì il suo respiro premerle sulla nuca, umido e disperato, le sue braccia intorno alla vita tremare mentre la stringevano forte e, per la prima volta, il suo coraggio vacillò; lo smarrimento le invase il cuore e le bloccò il respiro, indebolendola più di una qualsiasi ferita sanguinante. Sentiva un battito sordo sulla schiena, premuta forte contro il petto del giovane. “E’ il suo cuore” pensò di colpo con una fuggevole e malinconica consapevolezza “E’ il cuore di Garrie e batte per me”. Con un enorme sforzo di volontà, si sciolse dall’abbraccio di Garrie, ma non ebbe la forza di girarsi a guardarlo. Uscì dalla cella a testa alta e subito la porta fu richiusa con un gran clangore. Il carceriere davanti a lei sogghignava soddisfatto e le fece cenno di avanzare.
Cardinale tirò un grosso, tremulo respiro ed entrò nell’Arena.
*          *          *
Il dottor Jones vide dallo schermo la donna entrare nell’Arena. Si posizionò davanti al corpo immobile sul lettino, tastò il polso, misurò la pressione e controllò i valori del sangue.
“Come andiamo?” chiese all’infermiere davanti al monitor.
“Leggera tachicardia, alto livello di adrenalina, forte ossigenazione del sangue. E’ agitata e ha paura, ma gode di ottima salute” enumerò l’infermiere, monocorde.
“Preparate i programmi sperimentali di soccorso J1A e J1B. Tirate fuori anche gli L2 e L3, anche se l’ultima volta non sono serviti a niente. Ossigeno, ferri, anestesia. Tutto ok?”
Lo schermo del computer si illuminò un attimo nell’attesa. Poi comparvero delle scritte
 
Piattaforma DN – Esperimento SaveDDW 612/A
Soggetto: Cardinale, Jude, femmina, bianca, 25 anni
H: m 1,74 / Kg 53 Iridi: marrone (allegato file)
addestramento livello 5,4,3,2,1
Ready to start sequence
 
Il dottor Jones attivò l’interfono con l’Arena.
“Siamo pronti”
 

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Capitolo 26
*** Capitolo 24 : Goodbye ***


 La faccia piacevole e solitamente sorridente di Samuel Levine, invase all’improvviso tutti gli schermi olografici di tutte le Orion, preceduto dalla voce tonante dello speaker che strombazzava “Edizione straordinaria!”. La sua espressione seria non riusciva del tutto a mascherare l’eccitazione che trapelava dal brillio dei suoi occhi.
“Signori e signore, abitanti tutti delle Orion, qui è Samuel Levine dell’ “Orion Times” che vi parla. Abbiamo ricevuto una notizia clamorosa che tutti voi dovete sapere. Tutti voi, cittadini di queste stazioni spaziali, che lavorate e producete per il benessere della nostra razza, tutti voi dovete sapere quello che è successo e che sta succedendo…”
*          *          *
Il corridoio sembrava essere senza fine. Ad Elijah sembrava di correre da ore ed aveva iniziato a sudare copiosamente; ma forse, più che la fatica, era l’agitazione a sfiancarlo. Sentiva Morales correre al suo fianco, ansimando e borbottando incomprensibili improperi. Il corridoio procedeva in leggera curvatura, sempre grigio, buio e disabitato. Alla fine Elijah fu costretto a fermarsi, appoggiando le mani sulle ginocchia e respirando rumorosamente dal naso per riprendere fiato.
“Fuori forma, eh?, capo?” disse Morales con la faccia stravolta appoggiandosi al muro.
“Per curiosità, sei sicuro di averci digitalizzato in una DDW del Mattatoio?”
“No” rispose candidamente Morales, serafico “Ti ricordo che sei stato tu a voler partire senza aspettare i controlli del caso. Adesso, per quanto ne so, potremmo essere finiti in un tunnel sperimentale e andare avanti a correre come delle lepri all’infinito”
“Sono uno stupidone, eh?” disse Elijah con un sorriso contrito.
Morales gli batté una mano sulla spalla e si caricò di nuovo il mitragliatore sulle spalle.
“Sai che novità” borbottò, ammansito “Comunque, se ti può consolare, dall’ultimo controllo che sono riuscito a fare posso affermare con certezza che questa DDW è frequentata. Da chi o da cosa non si sa, ma stai certo che non siamo soli”
“Oh. Fortuna che ero io il lurido bugiardo”
“Sante parole” declamò Morales “Pensi di farcela a muovere il tuo grasso deretano o vuoi che vada a prendere l’occorrente per un pic-nic?”
Elijah aprì la bocca per rispondere, ma alla fine preferì risparmiare fiato e si avviò, correndo, sulla scia di Morales.
*          *          *
L’Arena le sembrava enorme. E ostile. Mentre camminava, Cardinale cercò di assumere una andatura sciolta, ma il cuore le batteva a martellate nel petto e non era sicura di avere davvero l’aria da dura che sperava. Quando arrivò al centro dell’Arena, si lanciò uno sguardo circolare intorno, cercando di imprimersi bene nella memoria ogni particolare: la grana polverosa della terra rossa sotto i suoi piedi, la gabbia dove Garrie e Patterson erano aggrappati e vociavano qualcosa di incomprensibile, il palco d’onore…Già, il palco. Proprio lì stavano i fautori di quel macabro circo di morte, gli ideatori e spettatori attivi…gli assassini dalle mani pulite. Cardinale studiò a lungo le ombre sul palco, sentendo un freddo odio congelarle la schiena e, paradossalmente, un nuovo, rabbioso coraggio inondarle le vene. Le guardie ai bordi dell’Arena sembravano particolarmente nervose e si muovevano agitate intorno alla gabbia di Garrie e Patterson.
“Cardinale!” urlava Patterson: ripresosi dal blocco muscolare, scuoteva le sbarre della gabbia con una furia cieca e sorda che raramente Cardinale gli aveva visto addosso. Per un attimo, pensò con macabra ironia che era una fortuna essere nel bel mezzo dell’Arena e non nelle grinfie di Patterson: il quel momento, le avrebbe quasi sicuramente staccato la testa a sberle, se l’avesse avuta tra le mani.
“Car-di-na-le!” ruggiva infatti l’uomo, intervallando ogni sillaba con un poderoso pugno alle sbarre che faceva tremare persino il pavimento. Garrie se ne stava un po’ più in disparte, muto: gli occhi azzurri non si staccavano dalla figura della ragazza e Cardinale sentì che tutto il suo essere era concentrato su di lei, come per un assurdo, patetico aiuto mentale. Lo apprezzò, con il cuore stretto di una morsa di triste gratitudine. Ad un tratto, un certo movimento tra le file dei soldati le fece improvvisamente balzare il cuore in gola e tremare le ossa delle gambe: in un gran clangore di metallo, alto quasi il doppio di Patterson e largo tre volte tanto, con in pugno la sciabola più grossa e pesante ce si fosse mai vista, Cerberus uscì dal de-digitalizzatore poco distante dal palco da cui si levò una specie di fruscio eccitato. I soldati si scostarono per farlo passare mentre, con passo lento e inesorabile, si avviava verso l’Arena. Cardinale cercò di deglutire, ma la saliva era completamente sparita dalla sua bocca. Mentre passava di fianco alla gabbia di Patterson e Garrie, non si girò nemmeno a guardare le sue prossime vittime. Lo sguardo appannato e bovino che si intravedeva dietro la maschera di ferro era concentrato su un unico obbiettivo: Cardinale. La ragazza lo guardò avvicinarsi, incombente e inesorabile come una montagna: tirò un lungo respiro e, vincendo la tentazione di indietreggiare, si mise in posizione d’attacco.
*          *          *
Damon manovrò il caccia per portarsi su una traiettoria più lineare e veloce, infischiandosene dei  radar che sibilavano impazziti dall’avvicinamento costante degli inseguitori. Alicia si era aggrappata ai comandi del mitragliatore, le nocche sbiancate dalla tensione delle sue mani. Damon le lanciò uno sguardo di striscio, comprensivo e lei gli rispose con un sorrisetto nervoso.
“E’ un po’ che non manovro un affare del genere” gli confidò, tesa come una corda di violino.
“Andrà tutto bene” mentì Damon non riuscendo a convincere nemmeno sé stesso “Cerca solo di risparmiare colpi: siamo uno contro quattro e loro sono molto più veloci di noi”
Alicia deglutì, segretamente terrorizzata.
“Il Mattatoio?” chiese sviando il discorso.
“Siamo vicini. Ma ci avranno intercettato anche loro, quindi non penso che ci aspettino esattamente  a braccia aperte”
“Oh, che bello” sospirò Alicia, sconfortata.
Il radar iniziò a sibilare non più a intermittenza, ma con un fischio continuo e prolungato. Damon e Alicia girarono contemporaneamente lo sguardo sul nero dello spazio davanti a loro e li videro: quattro puntini in rapido avvicinamento, diretti su di loro. Quando videro il caccia a occhio nudo, i piloti inseguitori scartarono due a  destra e due a sinistra, cercando di accerchiarli. Alicia si trattenne a stento dal scaricare a vuoto tutti i colpi del mitragliatore laser e tenne lo sguardo fisso su Damon che aveva virato, deciso, verso l’alto, sfuggendo all’accerchiamento. Tutto d’un tratto, li ebbero addosso: i due di sinistra iniziarono a vomitare raggi laser che sfiorarono la carlinga di titanio del caccia e Damon eseguì un avvitamento da manuale, mentre Alicia sparava qualche colpo, mancando il caccia nemico di parecchi metri.
“Accidenti!” sibilò disgustata ballonzolando sul sedile a causa delle brusche manovre di Damon. I piloti iniziarono una danza sul filo del rasoio girando come avvoltoi attorno al caccia di Damon e Alicia che a malapena schivavano i colpi che arrivavano da tutte le parti.
“Non reggerò molto a questo ritmo!” gridò Damon mentre il sudore iniziava a imperlargli la fronte.
“Vai a destra!” gli rispose di rimando Alicia e Damon eseguì immediatamente, mancando per un pelo una bordata nemica. Alicia sparò sulla traiettoria e finalmente colpì un caccia nemico, frantumando l’ala corta di sinistra e mettendo fuori uso il motore. Alicia fece un urlo strozzato di gioia mentre guardava il caccia allontanarsi sbilenco. Ma, proprio in quel momento, furono colpiti. La cabina vibrò violentemente e gli strumenti squittirono impazziti. Damon riprese prontamente il controllo dei comandi, e virò giusto in tempo per schivare una pioggia infernale di raggi laser. Ma erano stati colpiti al fianco e l’assetto del caccia aveva subito danni che lo rallentavano ulteriormente. Troppo concentrato sulla guida, Damon non vide il puntino immobile che era comparso sullo schermo radar, ma Alicia sì: gli puntò il dito contro, indecisa se sperare o perdere del tutto la speranza.
“Siamo in vista del Mattatoio” gridò.
*          *          *
La gente che, sulle Orion, bazzicava intorno a un qualsiasi schermo olografico, si fermò a guardare incuriosita la faccia sconosciuta che era comparsa, seria e tirata, in sostituzione alle farneticazioni di Levine. L’uomo sembrava sofferente, ma niente di lui faceva pensare che fosse un perdente. Lo sguardo era inchiodato sulla telecamera mentre parlava con voce pacata ed esponeva al mondo intero la sua terribile verità.
A chiunque stia guardando questo filmato” disse l’uomo “State per sapere una scomoda verità che nessuno di noi vorrebbe aver vissuto. Ma sta succedendo, qui in mezzo a voi, ignari cittadini, sotto i vostri occhi e con il contributo dei vostri crediti, ed è ora che questo orrore venga finalmente svelato e debellato. Il mio nome è Benedict e sono un DDW Runner di Orion 4 W…”
*          *          *         
Forse era solo un pio desiderio, ma ad Elijah sembrò che la qualità della luce fosse cambiata, meno atona e più vivida. Anche Morales sembrò accorgersi che c’era qualcosa di diverso perché aveva rallentato il passo, impugnato il mitragliatore e procedeva guardingo e vigile. Ad un tratto Elijah si fermò di colpo e Morales lo imitò, muto e immobile. Il silenzio sembrava assoluto e Morales stava per interromperlo parlando, quando Elijah lo afferrò per un braccio, gli occhi sgranati e Morales lo sentì. Il ruggito lontanissimo e attutito, seguito dall’inconfondibile rumore di un combattimento. Ad Elijah sembrò che le viscere gli si sciogliessero in un liquido bollente. Morales annuì e ricominciò a correre ancor prima che Elijah potesse dire qualcosa.
Ma non c’era più tempo per parlare.
*          *          *
La tattica di Cerberus, a differenza dell’omicidio visto in olo-visione, sembrava essere un tantino più aggressiva: come entrò nell’Arena, si diresse verso Cardinale brandendo minacciosamente la sciabola. Fu accolto da un discreto applauso dal palco e dai mormorii eccitati dei soldati che, scaldati dalla situazione, si lasciavano andare a commenti e incitamenti.
“Stai attenta Cardinale! Maledizione, è 10 volte te!! Branco di vigliacchi, una ragazza sola contro quel mostro…Cardinale!! Car-di-na-le!! VOI APRITE QUESTA MALEDETTA PORTA, IMBECILLI!” strepitava Patterson,  ma i soldati lo ignoravano bellamente, concentrati sull’attacco di Cerberus.
Cardinale lo aspettava, leggermente chinata in avanti, lo sguardo fisso sul gigante che si avventava su di lei con bovina determinazione. Schivò senza problemi il primo pauroso fendente e per poco la sciabola non si conficcò nel terreno morbido. Velocissima, Cardinale sferrò un calcio da dietro a Cerberus, che però non si scosse nemmeno. Anzi, piroettò su sé stesso con insolita velocità e le sferrò un altro colpo, mancandola abbondantemente. Cardinale prese a girargli intorno, scartando con facilità i suoi colpi, ma capiva di non poter andare avanti così all’infinito. Prima o poi lei si sarebbe stancata mentre Cerberus non conosceva tregua. Patterson continuava a strepitare senza sosta, ma Cardinale lo aveva escluso dalla propria mente, concentrata sul nemico di fronte a lei e sul suo unico obbiettivo: afferrargli i polsi. La cosa sembrava infattibile visto che braccia di Cerberus erano grosse come tronchi d’albero, ma Cardinale non si dava per vinta e studiava la situazione. Schivare e colpire, schivare e colpire. Cerberus non sembrava nemmeno infastidito dai suoi attacchi. Dopo mezzora di combattimento sembrava non essersi nemmeno ancora scaldato. Menava fendenti con una forza titanica e avvicinarsi a lui era praticamente impossibile. Cardinale cercò di farlo inciampare sferrandogli calci alle gambe, ma lui non si scalfì nemmeno.
Schivare e colpire, schivare e colpire.
Cardinale sentì che il respiro le si faceva più pesante e che il sudore iniziava a imperlarle la fronte.
Schivare e colpire, schivare e colpire.
I saltelli intorno a Cerberus si facevano più lenti, le mosse più fiacche.
Schivare e colpire.
Con terrore, Cardinale si accorse di essere stanca.
*          *          *
Il caccia di Damon e Alicia aveva preso a vibrare leggermente e i sensori non smettevano di lampeggiare, impazziti. Alicia continuava a sparare e più per fortuna che per bravura, beccò un altro caccia nemico che esplose dopo pochi secondi, facendo gridare la donna vittoriosa. Damon però sentiva i comandi del caccia rispondere sempre peggio e prese una decisione improvvisa: virò con decisione e puntò a tutta velocità sul Mattatoio che si avvicinava, incombente, unico corpo illuminato nel buio totale dello spazio.
“Che diavolo fai?” strillò Alicia per superare il rumore degli strumenti impazziti.
Damon si pulì fuggevolmente la fronte con la manica della tuta, sorpreso di ritirarla fradicia.
“Vediamo se i nostri amici riescono a darci una mano” sibilò tra i denti.
*          *          *
“…Sono in corso tuttora su una navetta di proprietà della Corp., chiamata il Mattatoio, esperimenti per evitare la morte da digi-alias quando si transita sulle DDW. Servivano cavie, come è sempre successo nella sperimentazione scientifica. Così la Corp. si è creata la propria coltura di vittime, ordinando alla Fabbrica di produrre neonati destinati a questa atrocità, crescendoli come esseri isolati, abituati ad avere un unico obbiettivo nella vita: il lavoro di Runner…”
*          *          *
Il dottor Jones controllava preoccupato le funzionalità vitali del corpo di Cardinale: il cuore reggeva bene, la muscolatura tonica poteva continuare per ore, l’EEG era attivo e con tutti i valori nella norma. Ma vedeva, inesorabile, il livello di adrenalina crescere nel sangue: il panico.
“Un milligrammo di preparato calmante” mormorò tranquillo e l’infermiera ubbidì, solerte. Dopo qualche secondo di stabilità, il livello continuò a salire lentamente, questa volta accompagnato da una brusca impennata del battito cardiaco.
“Leggera perdita ematica alla spalla destra del digi-alias” disse la voce monocorde del dottore che stava passando uno scanner sul corpo della donna.
*          *          *
I rumori erano sempre più vicini. Ad Elijah sembrò persino, assurdamente, di sentire la voce di Patterson che gridava a squarciagola. Erano arrivati ormai. Anche l’aria adesso aveva un odore, un misto di umidità, terra e sudore. Il fondo del corridoio era sempre buio, ma Elijah sapeva che tra poco avrebbe visto la luce.
*          *          *
Cardinale ansimava: un colpo particolarmente fortunato di Cerberus l’aveva colpita di striscio alla spalla destra e, sebbene la ferita non bruciasse nemmeno tanto, sapeva di essere pericolosamente vicina al farsi prendere dal panico. Freneticamente, girò intorno al gigante, sferrando dei pugni inutili alla corazza di metallo. Le nocche erano ormai scorticate fin quasi all’osso e cominciavano a dolerle. Doveva disarmarlo, si disse disperata: finché brandiva quella sciabola non aveva nessuna possibilità di afferrargli i polsi. Aspettò, china, che Cerberus si girasse verso di lei per sferrarle l’ennesimo colpo e poi partì, stirandosi i muscoli delle gambe nello scatto disperato: invece di schivare la sciabola, le passò sotto e cozzò con la spalla la corazza di Cerberus esattamente sul plesso solare, sentendo con chiarezza il sibilo della lama a pochi millimetri dalla faccia.
“CARDINALE!! CAR-DI-NA-LE!! Vuoi farti ammazzare, stupida scimmia che non sei altro?” Strepitò Patterson e la sua voce tremava, arrochita dallo spavento.
Ma la mossa di Cardinale aveva dato il suo frutto insperato: Cerberus aveva perso l’equilibrio e allargato le braccia per rimanere in piedi. Cardinale afferrò la lama della sciabola con le mani, incidendo profonde ferite sui palmi che presero immediatamente a sanguinare. Strattonando con forza, disarmò Cerberus e gettò lontano la sciabola, gridando con quanto fiato aveva in gola il suo urlo di vittoria. Dal palco si sollevò una specie di sospiro e le teste in ombra si agitarono come spighe di grano al vento.
“Vai così, Jude!” gridò Garrie, liberatorio, accorgendosi solo in quel momento di avere trattenuto il fiato per tutto il tempo.
“Prendi la sciabola!” ruggì Patterson, eccitato e speranzoso.
Ma Cardinale aveva i suoi progetti: assurdamente, invece di impadronirsi della sciabola e di tentare di colpire Cerberus, gli volò addosso attanagliandogli l’enorme collo con le mani. Patterson e Garrie sentirono il panico iniziare a scorrere rovente nelle vene, sostituendo il sangue che si era ghiacciato.
“Cardinale, che diavolo fai!!! Prendi quell’arma!!!” strepitò Patterson, ormai quasi senza voce.
“Jude!!! La sciabola!!!” gridò Garrie quasi altrettanto forte.
Ma Cardinale non li ascoltava. Cerberus fece un passo indietro, recuperando l’equilibrio e con un gesto fluido afferrò Cardinale per la gola, sollevandola da terra di parecchi centimetri. La ragazza iniziò immediatamente a scalciare cercando di colpire le gambe di Cerberus, ma il gigante distese il braccio per tutta la sua lunghezza e le gambe di Cardinale pedalavano a vuoto. Le mani della ragazza afferrarono il polso di Cerberus, mentre lui cominciava a scuotere il collo di Cardinale come se fosse quello di un gattino nelle mani di un uomo adulto.
“JUDE!!” gridarono Patterson e Garrie senza nemmeno accorgersi di averlo fatto insieme.
*          *          *
“….il responsabile di tutto questo è colui che ogni giorno decide il bello e il cattivo tempo per tutti noi. Colui che tira le fila, re incontrastato di tutte le Orion, è in realtà il più spietato assassino di vite innocenti.  Mascherato dietro la facciata di amante della ricerca e della scienza, si nasconde in realtà il vero, primo e unico mostro del sistema Orion conosciuto…”
*          *          *
Damon puntava dritto contro il Mattatoio. Vedeva con chiarezza le torrette dei missili puntare verso di loro, lente e letali come gli occhi di un serpente. Ma non mollò la presa. Intorno a lui, si accorgeva a malapena del sibilo della strumentazione, dei lampi dei laser che grandinavano attorno al caccia, ancora miracolosamente illeso, delle grida di Alicia che sparava contro i nemici il suo patetico carico di morte. Puntava dritto contro il Mattatoio e aspettava il momento, il millisecondo esatto in cui si sarebbe deciso della sua vita. E di quella di tutti loro.
*          *          *
“JUDE!!” questa volta Elijah e Morales sentirono chiaramente il grido provenente dal fondo del corridoio. Elijah non provò nemmeno a scacciare il panico dal suo cuore: prese a correre ancora più forte, incurante del dolore ai muscoli delle gambe, incurante del rumore che facevano i suoi stivaletti sulla terra, preso solo da quel grido angosciato che gli si era calato dentro alle viscere e che l’aveva dissanguato in un istante. Non pensava a niente di razionale, solo la cantilena del suo nome ripetuta all’infinito: Jude, Jude, Jude…
*          *          *
“Battito irregolare” disse l’infermiere preoccupato “Ossigenazione del sangue al minimo. Contrattura dei muscoli del collo”
“Sta soffocando” mugugnò Jones attivando il respiratore artificiale.
*          *          *
Cardinale non riusciva a respirare: la mano d’acciaio di Cerberus le stringeva la gola, implacabile e lei cominciava a sentire i battiti del cuore scoppiarle nelle orecchie. Le sue mani si agitavano frenetiche attorno al polso di Cerberus, sempre più lente man mano che le forze le venivano a mancare. La sua mente era tesa nell’obbiettivo, nel suo unico, confuso filo di salvezza…Il polso di Cerberus. Mille puntini neri presero a ballarle davanti agli occhi mentre le gambe scalciavano debolmente, sempre più debolmente. Lontanissimi sentiva Garrie e Patterson che gridavano il suo nome disperatamente e lei avrebbe voluto dirgli di non preoccuparsi, che c’era quasi…Chiuse gli occhi: sentiva la preoccupazione e il panico scivolare via, lentamente come la marea, lasciando un piacevole senso di distacco.
Non ancora. Non ancora! Doveva portare a termine….finire….
Il polso di Cerberus.
Il polso di Cerberus.
Finalmente riuscì a fare quello che doveva e sorrise, vittoriosa.
*          *          *
Il macchinario dell’EEG sibilava impazzito. Sul lettino asettico del Mattatoio, il corpo di Cardinale attaccato a mille tubi trasparenti stava lentamente morendo.
*          *          *
“…E’ dovere di tutti noi salvare chi rimane. Nessuno potrà restituire quello che è stato tolto a queste persone coraggiose,  usate e poi abbandonate come il più inutile degli oggetti…”
*          *          *
Lo vide.
Damon vide distintamente e lo sentì quasi sulla pelle il calore del missile sparato dal cannone del Mattatoio. Chiuse gli occhi e tirò con quanta forza aveva la cloche verso di sé. Il caccia si impennò bruscamente, a pochi metri dalla parete di solido titanio del Mattatoio, sfiorandola quasi. Il missile a lui destinato prese in pieno uno degli inseguitori, in una esplosione che fece tremare la navetta come in mezzo ad un uragano. Damon gridò, un lungo, selvaggio urlo di vittoria. Virò bruscamente e si mise in coda all’ultimo caccia rimasto indenne: Alicia lo centrò con precisione millimetrica e di nuovo il Mattatoio fu squassato dalla seconda esplosione. Damon vide con chiarezza il ponte di attracco che iniziava lentamente a chiudersi. Virò di nuovo, velocissimo e sparò il caccia verso quella zona del Mattatoio, incredulo di essere ancora vivo.
*          *          *
Garrie e Patterson videro con orrore le gambe di Cardinale oscillare nel vuoto, lentamente abbandonate. La piattaforma fu attraversata da un’onda leggera, come un soffio di vento. Come al rallentatore, nel silenzio irreale di un film a cui avevano improvvisamente tolto l’audio, videro i capelli scuri di Cardinale ondeggiare mentre Cerberus scuoteva il suo collo. Videro le mani della ragazza abbandonare il polso di Cerberus e ricadere, inerti, lungo i fianchi.
Poi sentirono solo il silenzio.
Improvvisamente interrotto da un rumore lieve.
Un rumore secco, delicato, come foglie d’autunno calpestate…l’osso del collo di Cardinale che si spezzava.
 

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Capitolo 27
*** Capitolo 25 : La caduta degli Dei ***


Il segretario del signor Masterson vide comparire il Runner Benedict sullo schermo dell’olo-visore. In un crescendo di panico ed orrore, lo sentì spiattellare alla nazione tutto quello che sapeva sulla Fabbrica, sul Mattatoio, sui Runners nati e morti per la causa della Corp. e decise che era ora di tagliare la corda. Al diavolo il signor Masterson, pensò agitato mentre buttava qualche indumento in una piccola valigia di emergenza. Ma dove? Dove andava la gente sulle Orion che non voleva essere trovata? Da nessuna parte, maledizione, da nessuna maledettissima parte. Una delle leggende metropolitane diceva che sotto alle Orion esisteva un sottobosco di umanità, gente fuggita in qualche modo dalla struttura vivibile delle navi spaziali che viveva, anzi, sopravviveva malamente, attorno ai motori e alle sale macchine delle Orion. Ma lui non sapeva se esistevano davvero questi posti, né come arrivarci. E poi, non era fatto per sopravvivere all’ombra della vita vera. Mollò depresso la valigia sul letto e si sedette sospirando. Presto lo sarebbero venuti a prendere, lo sapeva. Non aveva nessuna possibilità di scamparla, ne era perfettamente cosciente. L’unica vaga soddisfazione era di sapere che a finire nei guai per primo sarebbe stato il caro, generosissimo signor Masterson.
*          *          * 
Damon faticava a mantenere il caccia in rotta: il Mattatoio aveva attivato il dispositivo di repulsione magnetica e , nonostante il caccia fosse già al di qua della barriera, il campo magnetico destabilizzava tutto gli strumenti che infatti sibilavano impazziti.
“Tieniti forte, Alicia!” gridò Damon aggrappato alla cloche che vibrava come la criniera di un cavallo imbizzarrito. Alicia si attaccò ancora più saldamente ai comandi del mitragliatore.
“Stiamo finendo contro il Mattatoio!” urlò di rimando con la voce piena di panico.
Damon cercò di correggere la rotta, inutilmente. Il suo sguardo febbrile scrutava la parete liscia del Mattatoio in cerca di un punto debole, di un appiglio per non schiantarsi contro la massiccia fiancata, quando vide il ponte da cui erano partiti i caccia che li avevano attaccati. Con una brusca virata lasciò che la navicella si impennasse a tutta velocità e puntò il muso verso il ponte. Dal Mattatoio continuavano a sparargli contro all’impazzata, ma ormai erano troppo vicini per essere colpiti senza produrre danni anche al Mattatoio stesso.
“Che diavolo fai!” balbettò Alicia in un singhiozzo disperato, mentre l’ala del caccia sfiorava la parete di titanio della nave spaziale con un suono raccapricciante, come gesso sulla lavagna.
Damon non rispose: tutti i suoi sensi erano tesi a comandare al caccia di non schiantarsi prima di essere arrivato al  ponte. Per qualche miracolosa alchimia, andò proprio così: sotto gli occhi stupefatti degli operatori sul ponte, il caccia si infilò dentro al Mattatoio a velocità folle.
*          *          *
Il dottor Jones e l’infermiere smisero di darsi da fare con flebo e sensori quando videro sullo schermo olografico la morte di Cardinale. Il dottor Jones si sedette di schianto sulla sedia, affranto dall’ennesimo insuccesso. L’infermiere si passò la mano sul viso, diventato di colpo più vecchio. Inutile: per quanto potessero essere professionali, alla morte non ci si abitua…Quasi non si accorsero che improvvisamente si erano messi a strombazzare gli allarmi generali. Un brusio sorpreso si propagò tra gli abitanti del Mattatoio mentre la voce impersonale dell’interfono attirava la loro stupefatta attenzione.
“A tutto il personale: attacco nemico in corso. Ripetiamo, attacco nemico in corso. Siete pregati di raggiungere le postazioni di emergenza. Ripetiamo, attacco nemico in corso. Siete pregati…”
Jones e l’infermiere ignorarono l’interfono. Col fiato sospeso puntarono gli occhi sull’ ECG, che mandava deboli, lenti singulti di morte. Aspettarono avviliti che il tratto irregolare diventasse una lunga, deprimente linea continua , ad indicare la morte reale del corpo agonizzante della giovane donna.
Aspettarono.
E aspettarono. 
*          *          *
Elijah e Morales si trovarono nel bel mezzo di un gruppo di Runners senza nemmeno accorgersene. Un attimo prima stavano correndo come pazzi per questo corridoio infinito, un attimo dopo dal buio erano sbucati quattro Runners che chiacchieravano rilassati. Uno fumava una sigaretta appoggiato mollemente al muro, due discutevano animatamente e per fare questo avevano appoggiato le armi a terra, l’ultimo si era seduto sui talloni e controllava lo stato del suo caricatore, pensoso. Elijah e Morales piombarono silenziosi in mezzo a loro che rimasero pietrificati dalla sorpresa. A dire il vero, anche Elijah per poco non si stampò contro la parete, sbalordito. Morales, mantenendo il suo sangue freddo, fu il più lesto di tutti: imbracciato il mitragliatore, sventagliò una salva di proiettili contro i quattro ignari Runners che crollarono a terra prima ancora di rendersi conto di essere moribondi. Il rumore degli spari sembrò fortissimo: dopo il silenzio ovattato del corridoio, Elijah si sentì scuotere dentro alla testa dal suono improvviso. Lui e Morales si guardarono per un attimo, attoniti. Poi si spostarono guardinghi poco più avanti nel buio, dove c’era una porta semiaperta. Entrarono senza esitazione, in allerta e pronti a qualsiasi evenienza. Erano in una stanza polverosa e piena di cianfrusaglie, quasi sicuramente uno spogliatoio e uno sgabuzzino. Giungevano attutite ma decisamente più forti che nel corridoio, le voci e i rumori di gente concitata. Stavano per gettarsi da quella parte quando scattarono le sirene dell’allarme generale, facendo prendere un mezzo infarto ad entrambi dallo spavento.
“A tutto il personale: attacco nemico in corso. Ripetiamo, attacco nemico in corso. Siete pregati di raggiungere le postazioni di emergenza”
Elijah pensò subito a Damon, e Morales annuì, sorridendo.
“Credo che sia opera del nostro salvatore” disse salottiero “Che ne dici di inserirlo nella Tau Centauri quando ci ritroveremo in paradiso, cioè tra poco?”
Elijah non lo sentiva neanche: stava correndo verso l’Arena e dentro aveva un bruttissimo presentimento…                    
*          *          *
Nell’Arena, la scena sembrava essersi assurdamente congelata: Cerberus se ne stava in piedi a gambe divaricate, immobile, senza quasi respirare, il braccio sollevato a sostenere il corpo di Cardinale che ciondolava come vecchia bambola di pezza. Sul palco, gli spettatori si gustavano il loro momento da sanguisughe di adrenalina, gli occhi sbarrati dall’orrore che avevano tanto agognato. Nella gabbia Garrie e Patterson erano cristallizzati sul posto e pregavano, pregavano che quel momento non finisse mai. Nemmeno respiravano, per non rendere reale quello che avevano appena visto. Ma il tempo, inclemente, strattonò inesorabile la realtà verso il suo corso e anche quel momento passò. Cerberus abbassò lentamente il braccio, guardandosi attorno con aria smarrita. Prese ad ansimare velocemente mentre si guardava le mani, come stupito di trovarsele attaccate al resto del corpo. Fissò il corpo di Cardinale tra le sua braccia, la testa bruna reclinata sulla spalla, gli occhi spalancati in una espressione di eterna sorpresa e, lasciando tutti di sasso, iniziò a sghignazzare istericamente. La sua risata gutturale si fece sempre più forte, fino a rimbombare in tutti gli angoli dell’Arena, ghiacciando il sangue nelle vene di tutti i presenti. I soldati si lanciarono sguardi perplessi e si allontanarono di qualche passo, disgustati. Gli spettatori sul palco ripresero il loro brusio, vagamente vergognosi di trovarsi lì. Garrie scivolò lentamente in ginocchio, muto, con le mani aggrappate alle sbarre. Chiuse gli occhi mentre una smorfia di indescrivibile dolore gli deformava il viso. Patterson, invece, si era fatto di colpo attento: con gli occhi sbarrati, fissava Cerberus con una assurda espressione sorpresa sulla faccia, gli occhi brillanti di inconsapevole speranza.
“Non può essere…” mormorò a se stesso a fior di labbra.
Ad un tratto, Cerberus afferrò il corpo senza vita di Cardinale e lo sollevò in alto sulle braccia, emettendo un feroce ruggito di vittoria che fece incassare la testa nelle spalle a tutti i presenti. Con un poderoso sforzo delle braccia, gettò il cadavere contro il palco da cui si alzarono spaventati schiamazzi di disgusto e di sorpresa . Poi scattò sulle gambe, incredibilmente più fluido e leggero di quanto fosse mai stato: in un lampo Cerberus fu addosso al soldato più vicino, gli aveva spezzato la testa con un gesto fulmineo delle mani e si era impossessato del suo mitragliatore che ora puntava con decisione verso gli altri increduli soldati. Garrie, al trambusto, aveva riaperto gli occhi e osservava la scena con un’espressione assente. Patterson, invece, aveva gli occhi sempre più sbarrati mentre un lento, incredulo sorriso gli saliva lentamente alle labbra.
“Non può essere…” ripeté, questa volta un po’ più convinto.
Cerberus intanto, approfittando del momento di confusione e di immobilità dei soldati, aveva strappato le chiavi della cella dalla mano di uno di loro, prima di tramortirlo con una manata micidiale. Svelto come un ratto, si girò verso Patterson e gli lanciò le chiavi che l’uomo prese al volo più per riflesso incondizionato che per bravura. Per un attimo, Cerberus e Patterson si guardarono negli occhi. Poi Cerberus sorrise, un ghigno orribile che gli arricciò le labbra sui denti guasti. Sollevò un braccio davanti al viso e Patterson vide con chiarezza l’orologio di madame Desirée malamente agganciato al suo enorme polso e il suo cuore volò in alto, così in alto che quasi lo sentì scoppiare.
“E chi s’è visto s’è visto, nonnina!” urlò Cerberus con un vocione cavernoso e arrugginito.
*          *          *
Il dottor Jones quasi non credeva ai propri occhi: girava lo sguardo dall’ECG che lentamente riprendeva a segnalare un battito regolare, all’olo-schermo, dove la ragazza nelle mani di Cerberus era inequivocabilmente morta.
“Che succede…?” mormorava tramortito l’infermiere, attonito.
Non fecero in tempo a parlarne: la porta stagna si aprì, silenziosa, lasciando passare tre soldati che brandivano le armi e sembravano piuttosto concitati.
“Maledizione, non avete sentito l’interfono?” strepitò il primo che era chiaramente il capo.
Il dottor Jones girò su di lui uno sguardo sorpreso ma anche un po’ assente.
“Lei non capisce” disse con voce misurata “Stiamo assistendo ad un miracolo della scienza. Siamo riusciti a …”
“Non me ne frega niente, nemmeno se avete trovato l’elisir di eterna giovinezza” tagliò corto rude il Runner, afferrando Jones e l’infermiere per un braccio e strattonandoli verso l’uscita “Conoscete bene le regole: allarme generale vuol dire tutti verso le aree di sfollamento, subito. E voi siete ancora qui”
“Dottore, vedo attività motoria nel cadavere” disse l’infermiere eccitato che controllava ancora gli strumenti.
Jones guardò l’olo-schermo e vide il cadavere della ragazza immobile ai piedi del palco, accartocciato in una posizione impossibile. Poi vide gli strumenti che segnalavano una chiara attività fisica.
“Come fa a muoversi se sta fermo?” borbottò stupefatto, mentre i Runners lo trascinavano di nuovo verso l’uscita. D’un tratto, fu colto da illuminazione e strattonò il braccio liberandosi dalla presa del soldato.
“Ho capito!! La ragazza non è più nel suo corpo!! Ha cambiato digi-alias e adesso è dentro a Cerberus!!”
In quel momento, la stanza vibrò violentemente e per poco il dottor Jones non finì a terra lungo disteso.
“Maledizione, lo vuoi capire o no che stiamo subendo un attacco nemico?” sbraitò il Runner, più spaventato che arrabbiato “Dobbiamo andare tutti verso le aree di sfollamento, adesso!!”
“Ma dobbiamo avvisare…” protestò Jones, ma fu interrotto da una nuova vibrazione sorda, seguita da una sirena fortissima.
“Ponte 10 in avaria. Ponte 10 in avaria..” blaterava la voce all’interfono, assurdamente tranquilla nella baraonda che si stava creando. Il dottor Jones intuì finalmente che poteva anche stare per rimetterci al pelle. Così chiuse di scatto la bocca e smise di fare resistenza ai soldati.
“Andiamo” disse, pensando fuggevolmente che gli alti papaveri della Corp. erano benissimo in grado di cavarsela da soli.
*          *          *
Per un attimo, Damon credette davvero di aver esaurito il suo tempo su questa terra: il caccia entrò sparato dentro all’angusta apertura del ponte 10 proprio mentre questo si stava chiudendo. L’ala del caccia cozzò violentemente contro l’orlo del ponte scatenando una luminosa esplosione dal rumore spaventoso. Il caccia proseguì la sua folle corsa tutto inclinato a causa dell’urto, strisciando la carlinga del veicolo contro la pista di atterraggio con una marea di scintille. Gli operatori sul ponte schizzarono via schiamazzando mentre il veicolo danneggiato gli arrivava addosso circondato da un alone di fuoco. Ancora aggrappato alla cloche dei comandi, Damon vide fuggevolmente Alicia che si copriva la testa con le braccia mentre tutto intorno gli strumenti di bordo esplodevano in nubi di scintille roventi. Il caccia arrivò sul fondo del ponte e si schiantò con una nuova esplosione contro le porte stagne, che si ammaccarono lasciando uscire con un sibilo l’aria contenuta al di là di esse. Altri allarmi scattarono e il ponte 10 fu immediatamente isolato mentre le fiamme che avvolgevano il caccia si spegnevano in una nuvola di fumo denso e acre. Per qualche secondo, la scena si cristallizzò in una nube grigiastra mentre il silenzio, improvviso ed inatteso, veniva accompagnato dal discreto ticchettio della lamiera che si raffreddava. All’interno del caccia, Damon inalò un primo, tremulo respiro, accorgendosi che già da un po’ gli mancava l’aria. Cercò di staccare le mani dalla cloche e non fu troppo sorpreso di scoprire che non ci riusciva. Alicia si azzardò appena a muovere le spalle, scrollandosi leggermente di dosso i pezzi di strumenti e armi che la avevano quasi sommersa durante l’atterraggio.
“Alicia?” gracchiò Damon che sentiva arrivare la voce più o meno dal fondo dei piedi.
Alicia si scrollò ancora e sollevò leggermente la testa scostandosi dal viso la matassa di capelli arruffati. Guardò Damon con occhi ancora increduli e pieni di terrore.
“Che succede?” fiatò senza voce.
Damon cercò di nuovo di parlare, ma non ci riuscì: una risata strozzata lo squassava da dentro come una tosse stizzosa e gli uscì dalle labbra come il raglio di un asino. Alicia lo seguì poco dopo, ridacchiando istericamente mentre gli occhi sbarrati giravano tutto intorno all’abitacolo, incapaci di credere a quello che vedevano.
“Siamo ancora vivi, Licie” ansimò Damon, incredulo.
Alicia annuì mentre grosse lacrime silenziose le rigavano le guance. Si alzò barcollante, facendo una smorfia di dolore quando cercò di muovere un braccio che, ferito, perdeva copiosamente sangue. Si avvicinò ai lettini su cui erano sdraiati immobili Elijah e Morales e, dopo una fuggevole occhiata agli strumenti, sospirò di sollievo.
“Sono ancora vivi anche questi due disgraziati” mugugnò scatenando una nuova selva di risatine da parte di Damon. Un leggero raspare li mise di nuovo all’erta: sentirono chiaramente le voci concitate dei Runners della sicurezza che stavano per forzare l’apertura del caccia e catturarli. Come mossi da un unico pensiero, Damon e Alicia si alzarono barcollanti e doloranti e afferrarono le prime armi che trovarono in giro.
“Andrà tutto bene” disse Damon con un sorriso fiducioso “Se siamo sopravvissuti fino ad ora, stai certa che non saranno quattro stupidi pivelli della Corp. a farci fuori”
“Vedremo, compare” mormorò Alicia ed insieme si prepararono a ricevere gli ospiti.
*          *          *
Nell’Arena, la gente presente era ancora completamente in stato confusionale. Fu un attimo per Cerberus falciare la prima fila di Runners armati che se ne stava in piedi con aria imbambolata a guardare mentre Patterson apriva la porta della cella e usciva con un urlo poderoso. Quando il primo sangue rosso colorò la terra dell’Arena, tutto sembrò subire una lenta e inesorabile accelerazione.
I Runners iniziarono a correre fuori dall’ingresso dell’Arena, cominciando a sparare più in aria che ai prigionieri.
Garrie si era coperto la testa con le braccia, ma quando una raffica di mitragliatrice gli sfiorò i piedi, si sollevò di scatto con gli occhi turchini che brillavano di autentica ira.
“Adesso mi avete proprio rotto!” disse con un tono di rimprovero che non ammetteva repliche: schivò un’altra raffica e stese con un pugno ben piazzato il Runner che tentava di richiudere la porta della cella. Gli afferrò il fucile laser con un ottuso mormorio di ringraziamento e cominciò anche lui a sparare, seguendo la scia di Patterson che si era allontanato verso il centro dell’Arena.
Cerberus, che aveva approfittato fino all’ultimo della confusione iniziale per far fuori quanti più Runners poteva, agitò un braccio per attirare la loro attenzione.
“Garrie, Pat!! Il palco!” ululò con il suo vocione cavernoso.
Senza attendere risposta girò loro le spalle e iniziò a correre verso il Palco su cui era in atto un vero e proprio attacco di panico collettivo. Gli ospiti illustri erano stati gli ultimi a sbloccarsi dall’immobilità che aveva avvolto l’Arena: ancora non avevano capito niente di cos’era successo, tranne che erano in pericolo. Si stavano spintonando selvaggiamente per raggiungere per primi il de-digitalizzatore quando Cerberus arrivò ai piedi del palco dove giaceva ancora riverso il cadavere di Cardinale in una pozza di sangue. Con un grido di vittoria, Cerberus fece per sparare ma dopo aver sputato due brevi raffiche l’arma si scaricò del tutto.
“Accidenti!” strepitò il colosso “Masterson! Figlio di un cane, vieni fuori se hai il coraggio!”
La gente sul palco, stretti vicini come un gregge di pecore, ondeggiò all’unisono mentre si guardavano l’un l’altro, in cerca di Masterson. Lo avrebbero consegnato su un piatto d’argento, pur di cavarci salva la pelle. Ma Masterson non saltò fuori.
Con un grido rabbioso di frustrazione, Cerberus gettò via il fucile e si girò di scatto per cercare un’arma alternativa.
Fu così che si trovò faccia a faccia con Elijah e Morales.
*          *          *
Dal corridoio buio erano passati attraverso lo spogliatoio senza quasi essere fermati: poi, all’improvviso, Morales gridò ed Elijah si trovò circondato da una pioggia di proiettili roventi che sibilavano intorno alla sua testa come mosche impazzite. Rotolando a terra e sparando alla cieca, riuscì a percorrere i metri che lo separavano dalla porta. Morales lo seguì e nella manovra fu colpito alla gamba. Cadde a terra di schianto ed Elijah lo afferrò per un braccio trascinandolo al sicuro e, contemporaneamente, strappandosi dolorosamente i muscoli del braccio. La faccia di Morales era una maschera di dolore ed Elijah strappò freneticamente la stoffa del pantalone all’altezza della ferita, tirando subito dopo un inconsapevole respiro di sollievo.
“E’ solo un graffio, hijo” borbottò ansimante stendendo due Runners che gli erano arrivati quasi addosso.
Morales annuì e si rialzò in piedi, zoppicando.
“Di là” disse lanciandosi verso quello che sembrava l’ingresso principale di qualcosa, da cui arrivava tutta la luce ed il rumore. Arrivarono nell’Arena lanciatissimi e fotografarono la scena surreale che gli si presentò bloccandosi di colpo sul posto.
La terra battuta dell’Arena era coperta di cadaveri e feriti rantolanti. Il sangue sembrava essere spruzzato dappertutto rendendo anche la luce stessa un velo rosso che copriva tutte le cose. Sulla destra, una gabbia aperta. Al centro dell’Arena, Garrie  e Patterson, armati e miracolosamente illesi. Sul palco, una frotta di gente spaventata e starnazzante. Ai piedi del palco, un energumeno urlante che sparava verso il palco. Ai suoi piedi, accartocciato e buttato lì come un inutile sacco vuoto, il cadavere di Cardinale.
Il tempo si fermò di nuovo. Almeno per Elijah. Tutto intorno divenne un’accozzaglia di rumori attutiti coperti da un pesante panno rosso. I contorni della figura di Cardinale divennero nitidi, i particolari risaltarono come perle sul fondo del mare: il groviglio di capelli scuri che copriva pietosamente la faccia; le unghie della mano destra tutte sporche di sangue e strappate quasi fino all’osso; le piante dei piedi sporche di terra rossa; la striscia umida di urina che le era corsa lungo la coscia quando le avevano ceduto i visceri. Elijah sentì qualcosa di rovente pugnalargli il petto all’altezza del cuore. Non riusciva a distogliere gli occhi dal cadavere e non riusciva a pensare a nient’altro che non fosse “Perché l’hanno lasciata lì in mezzo, abbandonata e scomposta come una bambola di pezza…?”. Lei non poteva starsene in disparte, ignorata e sola. Lei non poteva essere quell’inutile mucchietto di stracci. Lei non poteva…lei non era morta.
Confusamente sentì che qualcuno vicino a lui urlava con quanto fiato aveva in gola e si accorse, blandamente sorpreso, di essere lui stesso.
In quel momento, il gigante che sovrastava Cardinale gettò via la sua arma scarica con un ruggito rabbioso. Si girò verso l’ingresso e vide Elijah.
Elijah vide l’energumeno bloccarsi sul posto, trasecolato. Alzò il fucile, meccanicamente, mentre da lontano sentiva le voci concitate di Patterson e Garrie. Puntò il fucile verso il gigante che era diventato improvvisamente una statua di sale.
*          *          *
Garrie stava sparando, senza prendere troppo la mira, sul branco di Runners che usciva dall’ingresso. In mezzo alla bolgia di tute argentate dei soldati, scorse due figure uscire dall’ombra, circondate da una selvaggia pioggerella di proiettili tutto intorno. Li riconobbe con un tuffo al cuore che credeva di non poter più provare: Elijah e Morales.
“Hei!” cercò di gridare, ma la gola si era stretta in una morsa che, dopo tutte le emozioni degli ultimi minuti, era certo di non riuscire a gestire.
Anche Patterson li vide e, assurdamente, scoppiò a ridere allegro come un folletto ubriaco.
“Che il diavolo vi porti!” tuonò senza smettere di sparare “Elijah e Morales!!”
Ovviamente, nessuno dei due lo sentì. Tenevano gli occhi inchiodati sul cadavere di Cardinale e Patterson sentì l’allegria abbandonarlo di colpo per far posto a una fredda, dilagante angoscia. Con orrore, vide la faccia di Elijah trasformarsi in una maschera di gesso mentre il suo braccio si alzava lentamente, puntando il fucile contro Cerberus.
“Fermo, Elijah!!” gridò disperato.
Ma Elijah non lo stava ascoltando.
*          *          *
Damon e Alicia aspettavano, ansimanti e rassegnati, che i Runners riuscissero a forzare il portellone del caccia e invadessero l’abitacolo. Erano stanchi e demotivati, ma ancora convinti di mettercela tutta fino in fondo. Si strinsero uno accanto all’altro, inconsapevolmente bisognosi della reciproca presenza. Quasi non si accorsero che il tramestio fuori dalla porta era cessato all’improvviso. Saggiarono il silenzio per alcuni secondi, sospettosi, prima che la voce di un potentissimo interfono li facesse sobbalzare dalla sorpresa.
“Qui parla la squadra Delta Centauri: la navetta H1WJ9 e tutti i suoi abitanti sono in immediato stato di fermo per ordine del consiglio supremo delle Orion. Deponete subito le armi e non vi sarà fatto alcun male”
Il comunicato fu ripetuto ancora e Damon si azzardò a sbirciare al di fuori del vetro scheggiato della plancia del caccia: sul ponte 10 tutti i Runners della Corp. ed i tecnici del Mattatoio se ne stavano a braccia alzate, guardandosi intorno con le facce attonite di chi non sa come uscire da un incubo spaventoso. Erano circondati da Runners armati con la divisa color oro della guardia speciale del consiglio delle Orion che continuavano a sbarcare a frotte da una navetta atterrata silenziosamente di fianco al caccia demolito di Damon e Alicia. I due guardarono per un bel po’ la scena, cercando di assimilarne il concetto. Quando ci riuscirono si scambiarono uno sguardo speranzoso mentre l’interfono continuava a decretare la resa del Mattatoio. Dopo un lungo silenzio, Damon allungò un braccio e Alicia gli volò al collo, stringendosi a lui fino a fargli quasi male.
“Ce l’abbiamo fatta” mormorò Damon sui suoi capelli, incredulo e stordito. Rimasero a lungo così, incuranti di tutto e di tutti, ringraziando con quell’abbraccio Dio di essere ancora vivi.
*          *          *
Elijah si sentiva completamente intorpidito, come se si fosse svegliato nel bel mezzo di un sogno in cui era sonnambulo. Vide Cerberus alzare lentamente le mani, con movimenti appesantiti come se si muovesse dentro l’acqua. Non tentava di attaccarlo: si riparava semplicemente, come una vittima sacrificale che aspetta l’inevitabile colpo di grazia. Ma tutti si muovevano nell’acqua: anche Patterson che aveva mollato il suo fucile e stava correndo verso di lui, urlando parole incomprensibili che non scalfivano nemmeno il guscio di orrore che si era costruito intorno ad Elijah. Anche le pallottole che sibilavano tutto intorno, si poteva vederne la scia luminosa che fendeva l’aria, come mille lucciole impazzite. Anche Morales che guardava ora Elijah ora Patterson con uno sguardo smarrito.
“Fermo, capo!! E’ Cardinale!! Non sparare!!” urlava Patterson.
Elijah non lo sentiva. Aveva stampato sulla retina il fagotto informe del corpo di Cardinale e la testa stava per scoppiargli, incapace di contenere l’enormità di quell’immagine. Alzò ancora di più il fucile fino ad avere il gigante sotto tiro.
“NO!!” ruggì Patterson.
“Noooo!” gridò Garrie ignorando le pallottole che gli sibilavano intorno.
“No…” mormorò Morales, incerto, quasi nello stesso momento.
“No” sillabarono le labbra mute di Cerberus.
Elijah sparò.

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Capitolo 28
*** Capitolo 26 : Verso sera ***


 Masterson arrivò al de-digitalizzatore prima ancora che gli altri si rendessero conto del pericolo. Ma lui, oh, lui aveva sempre avuto fiuto per i guai. E adesso sentiva una puzza sconvolgente, da fine del mondo. Confusamente, si disse che questa volta la sua cupidigia gli aveva davvero scavato la fossa. Ma avrebbe avuto tempo di pensarci. Molto, molto tempo.
*          *          *
Elijah sparò. Ma mentre sparava si rese conto che c’era qualcosa di orribilmente sbagliato in quella situazione e la sua mano tremò lievemente. Il raggio laser uscì dalla canna della pistola ed Elijah lo vide chiaramente mentre con una lentezza esasperante percorreva roteando il breve tragitto tra la pistola e Cerberus , colpiva il braccio sollevato del gigante, trapassandolo da parte a parte, prima di andare a conficcarsi nel suo petto, dal lato del cuore. Il gigante ondeggiò appena e per un assurdo momento Elijah sperò di non averlo colpito gravemente. Ma poi un fiore rosso si allargò sul petto dell’uomo ed Elijah si sentì morire dentro quando le labbra livide di Cerberus si mossero per sussurrare:
“Elijah…”
Mentre Cerberus cadeva di schianto sul duro terreno polveroso dell’Arena, e Patterson arrivava di corsa a soccorrerlo concitato, Elijah gridò. Un grido così forte che lacerò gli ultimi, deboli fili che lo tenevano legato alla realtà. Tutto intorno perse consistenza, non si accorse nemmeno di essere nel bel mezzo di un fuoco incrociato. Urlò più forte che poté per coprire il rombo cupo della consapevolezza che gli aveva invaso il cuore. Urlò l’incredulità di chi fino all’ultimo pensa di avere il destino nelle sue mani e poi si accorge di essere stato beffato dal destino stesso. Urlò il nome che era l’inizio e la fine dei suoi desideri, che aveva appena spezzato con le sue stesse mani:
“JUDE!!!!”
*          *          *
Cardinale aprì gli occhi. La prima cosa che sentì fu l’assoluta perdita di percezione dello spazio e del tempo: non sapeva assolutamente dove si trovava né da quanto tempo fosse lì. Si guardò intorno, sospettosa, e vide di essere distesa su un prato verde, una distesa infinita di erba sormontata da un cielo azzurro tenue, riposante. La ragazza pensò di essere su una DDW, eppure dentro di sé era certa che questo non fosse vero, e, contemporaneamente, che non fosse importante saperlo. Si sforzò di ricordare quello che era successo prima di arrivare lì, ma non aveva altro che poche immagini confuse. Il terreno del Mattatoio che le veniva incontro mentre cadeva dopo che Elijah le aveva sparato. Cardinale aggrottò la fronte: Elijah le aveva sparato. Elijah. Le aveva sparato. Un misto di compassione e rabbia la invase, ma accantonò quell’imbarazzante groviglio di sentimenti per riprendere la ricerca degli ultimi ricordi. Dunque, caduta sul terreno. La faccia di Pat, stravolta come non l’aveva mai vista. Buio e freddo. Luci improvvise, fastidiose. La maschere anonime di soldati dalla insolita divisa dorata. Di nuovo freddo, un freddo polare e insistente che le aveva invaso le carni e le ossa. Un dottore con la mascherina verde, una infermiera dalla faccia rassegnata. La voce di Garrie, lontana. Una mano calda sulla fronte e il profumo speziato di Morales. Dov’era Elijah?
Ciao, Cardinale” disse una voce dietro di lei, facendola sobbalzare.
Cardinale si voltò e si trovò stupefatta davanti ad una perfetta copia di sé stessa, con tanto di lentiggini e frangetta troppo lunga sulla fronte.
“E tu chi diavolo sei?” chiese meravigliata mentre radiografava con lo sguardo la nuova arrivata: le mani affusolate con le unghie barbaramente tagliate corte, i capelli lucidi e bruni, il sorriso un po’ angelico e un po’ da prendingiro…era proprio lei, da capo a piedi. Forse è un digi-alias? pensò Cardinale sospettosa.
Non sono un digi-alias” rispose la ragazza, leggendole nel pensiero “Sono Jude
Cardinale fece un sorrisetto ironico: chissà perché tutto le sembrava possibile se non vero, in quell’ambientazione surreale. Starò sognando, pensò di nuovo e Jude di fronte a lei scosse il capo in segno di diniego.
No, non stai propriamente sognando…diciamo piuttosto che stai avendo una visione del tuo subconscio: sei più di là che di qua e questa è la tua postazione di confine, il luogo che hai scelto per tirare le somme e decidere se andare o restare
Cardinale per poco non scoppiò a ridere: confine? Andare o restare? Per piacere!
“Mi sembra che stai sparando un ammasso di stupidaggini” disse non sforzandosi nemmeno un po’ di essere gentile. Jude, davanti a lei, sorrise indulgente e a Cardinale cominciarono a smuoversi i nervi.
Eppure, sei tu che hai scelto di essere qui adesso: sei tu che mi hai voluto qui”
“Di sicuro non ho voluto io che ti mettessi quel vestito” ribatté acida Cardinale indicando l’indumento di Jude: un vestitino leggero e morbido di un tenue rosa polveroso, molto corto e molto scollato
“E invece sei proprio tu che mi hai voluto così”
“Balle”
“Senti, non ti devo convincere di niente. Forse  il tuo inconscio pensa che io e te abbiamo qualcosa da dirci. Forse dentro te c’è qualcosa che vorrebbe essere così
“Così come?”
Jude allargò le braccia, sempre con quel sorriso da monna Lisa sulle labbra.
“Mah…forse femminile”
“Ribadisco il concetto: stupidate”
Juse sospirò e scosse il capo e Cardinale decise di essere realmente irritata.
“Senti, non è per offenderti, ma io la mia decisione l’ho già presa. Voglio tornare indietro e se mi dici dov’è l’uscita me ne vado e tanti saluti”
Jude la guardò di traverso, esasperata.
“Se fossi realmente pronta, sapresti già dov’è l’uscita”
Cardinale fece un giro su sé stessa mentre l’impazienza le montava dentro mista a una sottile collera. Alla fine si arrese: si tornò a girare verso Jude e la guardò a brutto grugno con le braccia incrociate.
“Ok, allora” disse seccamente “Nonostante pensi che tutto questo sia una colossale perdita di tempo, con quello che sta succedendo là fuori, se è questo che il mio stupido subconscio vuole, finiamo questa pagliacciata”
“Sei pronta ad ascoltarmi?”
“Sono tutta orecchi” sibilò Cardinale, ironica.
“Bene. Ci sono alcune cose che dovresti sapere di te stessa e che fatichi ad ammettere
“Esempio?” chiese Cardinale con un altezzoso sopracciglio alzato.
“Ti piace mangiare la cioccolata, ma te ne vergogni”
Cardinale fu colta in contropiede dall’affermazione.
“Bè…non è che me ne vergogni proprio…”
“Ti piace fare il bagno con la schiuma nell’idromassaggio”
“Mica sarà un delitto, eh?”
“Credi di essere  innamorata di Elijah”
“Sto cominciando a stufarmi”
“Ti è piaciuto un sacco fare l’amore con lui…”
“Stai cadendo sul depravato, e poi non sono affari tuoi”
“Per la prima volta nella tua vita ti sei comportata da donna e sentita tale in ogni fibra del tuo essere”
“Sei noiosa e melensa. Se sei davvero una proiezione del mio inconscio vuol dire che sto uscendo completamente di cotenna”
Non è che un primo passo, però. Se ti guardi dentro, vedrai che c’è qualcosa che ti sembrava superficie e che invece ha radici molto profonde che arrivano proprio in mezzo al tuo cuore. Solo che hai paura di spezzartelo, per questo non vuoi vedere quello che è in verità
Cardinale aggrottò le sopracciglia, spiazzata.
“Adesso parli per enigmi, anche? Ci rinuncio, non capirò mai quello che vuoi dire”
“Amore. E’ di questo che sto parlando. Per esempio, ami Patterson ferocemente, come un fratello maggiore”
“Quel dannato beduino? Ma fammi il piacere!”
“Adori Morales e lo invidi per la sua semplicità d’animo”
“Ma se mi fa arrabbiare da morire con le sue cavolate zen!”
“E vuoi davvero convincerti che non c’è niente tra te e Garrie?”
“Questo non è assolutamente vero!” strillò Cardinale con le guance in fiamme “Sei una maledetta bugiarda!”
“Sei tu che menti a te stessa” ribatté Jude, serafica “E’ davvero così che vuoi tornare indietro? Non pensi che staresti meglio se accettassi tutte queste cose?”
“Io sono un Runner” dichiarò Cardinale con forza “A che diavolo mi serve ammettere le mie debolezze?”
“E’ proprio questo il tuo errore: non sono debolezze. E tu non sei solo un Runner: sei anche una donna, ed è ora che tu lo ammetta con te stessa. Provare sentimenti non ti sminuisce come persona, anzi. Ti fa essere solo più completa”
Cardinale non seppe cosa ribattere. Non c’era mai stata occasione di parlare di sentimenti, né alla Fabbrica, né a scuola né all’Accademia dei Runners. Su quel frangente, era una completa novellina, e quella Jude non poteva non saperlo. Guardandola negli occhi, Cardinale capì che segretamente invidiava la scioltezza con cui parlava di quello che per lei erano sempre stati tabù. E le invidiava anche quel maledetto vestito, a ben pensarci.
Tu credi di essere tanto coraggiosa perché affronti i pericoli del tuo mestiere con la lancia in resta. E sei davvero brava ad elencare per filo e per segno quello che odi nella vita. In realtà sei una fifona vigliacca perché non vuoi nemmeno ammettere che ci sono delle cose che ami
“Fifona vigliacca sarà tua sorella” si inalberò Cardinale, consapevole di quanto Jude avesse ragione.
“Avresti molte più soddisfazioni se nella vita avessi il coraggio che hai quando sei un Runner”
Jude tacque, e le due si fissarono a lungo, in silenzio.
“Ok” disse Cardinale velocemente, arrossendo “Ammetto che sia un po’…difficile per me ammettere…certe cose…”
“A volte basta provarci”
“Devo dire che mi piace la cioccolata e il bagno con la schiuma?”
“Può essere un ottimo inizio” sorrise Jude e Cardinale fu incantata dalla genuina dolcezza del suo sorriso.
“E che adoro Pat, Morales e Garrie? E che sono innamorata di Elijah ? E che vorrei stare insieme a lui per sempre?”
“Niente dura in eterno, e in fondo al cuore lo sai” sospirò Jude con una malinconia dolceamara nella voce “Certe volte quello che ti sembra dover durare per sempre è solo una fase di transizione verso una nuova consapevolezza di sé…un passo obbligato per capire a fondo se stessi. Ma bisogna aspettare di avere una visione più completa della propria esistenza. Quello che puoi fare è vivere la tua vita il più intensamente possibile, adesso. Il domani è per tutti sulle ginocchia di Giove e  il passato non si cambia. Ti rimane da gestire il presente: che sia bello o brutto è solo tuo ed è l’unica cosa che puoi cambiare. Per non avere rimpianti, domani”
“Tu sei questo? Sei i miei rimpianti?”
Se sono qui è perché non vuoi creartene dei nuovi. Ormai sei vicina alla verità
“Non ho capito. Ma tu non vuoi che capisca, vero? Vuoi solo che io pensi a quello che hai detto…”
Jude non rispose e sorrise di nuovo. Cardinale si accorse all’improvviso di non essere più sul prato verde e sterminato: adesso erano in una stanza chiusa, senza finestre e piuttosto anonima. Il cuore cominciò a batterle più velocemente nel petto perché vide una porta sulla parete.
“Posso andare, adesso?” chiese titubante. Jude le fece un garbato cenno di invito.
“Quando vuoi. Adesso sei pronta”
Cardinale la guardò di sottecchi, sospettosa.
“Non è che quando apro la porta vedo un lungo tunnel con una luce in fondo o fesserie affini?”
“Chissà. Vedrai quello che vuoi veramente vedere”          
“Che schifo” sospirò Cardinale, vinta “ Immagino che non otterrò niente di meglio da te. Che farai adesso? Te ne vai?”
Jude le sorrise di nuovo e tese la mano.
“Se ogni tanto darai ascolto al tuo cuore, ci troveremo davanti allo specchio…”
“Con quel vestito?” starnazzò Cardinale, scherzosamente “Mai!”
“Chissà. Il destino…”
“…è sulle ginocchia di Giove, ho capito. Allora, io…”
“Vai” la incoraggiò Jude.
Cardinale si girò un attimo a guardare la porta, ma era proprio una anonima porta di legno, un po’ vecchiotta ma ancora in buono stato. Quando si rigirò per chiedere a Jude se sapeva qualcos’altro, Cardinale si accorse di essere sola. Si guardò un po’ intorno, perplessa, poi fece un segreto sorrisetto ironico.
“Ma tu guarda” mormorò allegramente a sé stessa.
Tornò a guardare la porta e si avvicinò, titubante. Pose la mano sulla maniglia, delicatamente, e la abbassò.
“Oh, bè…l’ha detto anche lei, niente dura in eterno, no?” pensò fuggevolmente.
Jude Cardinale tirò un grosso respiro, aprì bene gli occhi e spalancò la porta.
*          *          *
La sala di attesa dell’ospedale militare di Orion 2 W era quanto di più asettico e squallido si potesse immaginare su di una nave spaziale. La maggior parte delle sedie erano occupate da ciarliere signore che si raccontavano pettegolezzi sugli ultimi, incredibili avvenimenti che avevano sconvolto le Orion, inconsapevoli di avere a portata di mano proprio coloro che avevano scatenato tutto quel putiferio. Matt Patterson, Eric Morales e Garrie O’Brian se ne stavano in disparte, stranamente incolori e distanti da tutto e da tutti. Morales era seduto e i suoi pollici eseguivano una danza ipnotizzante sul quadrante dell’orologio che teneva in mano come una reliquia. Patterson passeggiava avanti e indietro trascinandosi i piedi e il suo silenzio incuteva ancora più timore del suo solito vocione cavernoso. Garrie se ne stava appoggiato al muro con le mani ben ficcate in tasca. Aveva la barba lunga e lo sguardo perso e la dottoressa Brown, entrando in sala d’attesa in quel momento, trovò comunque la sua aria sofferente oltraggiosamente seducente.
“Allora?” rombò minaccioso Patterson che le si era parato davanti tutto in un colpo con un impressionante sguardo omicida negli occhi. Morales e Garrie non si mossero dalle loro postazioni, ma Morales smise di armeggiare con l’orologio e Garrie chiuse gli occhi, stringendoli forte. La dottoressa li guardò uno per uno e provò un inconsapevole moto di invidia per quella donna che aveva intorno delle persone che le volevano così palesemente bene. Prese un grosso respiro e si tolse la cuffia verde e sudata dalla testa.
“Vivrà” disse, semplicemente.
*          *          *
Nessuno era riuscito a schiodare Elijah dal lettino di Cardinale. Le teneva la mano da quando si era de-digitalizzato nel Mattatoio e aveva visto Patterson e Garrie strapparle i tubicini che la collegavano agli strumenti impazziti della sala degli esperimenti. Ricordava confusamente dei Runners in divisa dorata che li trasportavano su una navetta e due dottori che si avvicinavano, cercando di attirare la sua attenzione.
Il dottor Jones e la dottoressa Brown…..operare d’urgenza….forte emorragia….pochi millimetri dal cuore….
Elijah si era trovato in mezzo a Pat e Morales senza nemmeno accorgersene. Piangeva singhiozzando come un bambino e Patterson lo guardava truce, masticandosi furiosamente l’interno di una guancia.
“Andiamo, Elijah…non potevi saperlo…non è colpa tua…”
Parole lontane, senza nessun senso. Lui aveva sparato a Jude. Lui, Elijah, aveva sparato a Jude. Dio, ti prego, fa che non muoia…Lui aveva sparato a Jude. Dio, ti prego fa che non muoia…La sua mente si alternava tra questi due pensieri fissi, come un disco rotto, incurante di tutto e di tutti. Avevano operato Cardinale d’urgenza sulla navetta che li portava verso Orion 2 W. Meno male che quei due erano ottimi dottori, gli disse qualcuno. Chi? Non ricordava. Il generale Scott. Li aspettava al loro arrivo su Orion 2 W, mormorava qualcosa come “mi dispiace per Cardinale”, “il Mattatoio è stato smantellato”, “Masterson è sparito, ma lo troveremo presto”, “siete degli eroi nazionali, anche se non lo saprà mai nessuno”, “segreto di Stato”, “nuovo consiglio delle Orion”,”tutti i colpevoli arrestati”….bla bla bla. Fossero saltate in aria tutte le Orion, non gliene sarebbe fregato proprio niente.
Nemmeno adesso, seduto al capezzale di Cardinale a fissare la sua faccia così bianca che si confondeva con il cuscino, nemmeno adesso era in grado di formulare un pensiero cosciente, che non fosse la stessa litania che gli ronzava in testa da giorni.
“Vivi. Ti prego, Jude. Amore mio. Vivi”
Appoggiò la fronte sul dorso della sua mano gelida perché guardarle il viso immobile era una pena insopportabile.
“Ti prego, Jude” mormorò con le labbra contro al suo polso “Ti prego. Vivi”
“Hei”
La sua voce.
Elijah sollevò la testa e si trovò di fronte i suoi occhi.
Intontiti, assonnati, lucidi occhi aperti.
*          *          *
Morales e Garrie entrarono nella stanza in punta di piedi e anche Patterson ci provò ma riuscì lo stesso a fare un rumore infernale. Elijah gli fece cenno di fare piano, minaccioso e Patterson si bloccò sul posto, vergognoso.
“Il classico elefante nel negozio di cristalli, eh?, nonnina?” disse la voce flebile e un po’ tremolante di Cardinale.
Patterson si avvicinò al letto con due enormi passi e la guardò con uno sguardo così feroce che avrebbe terrorizzato chiunque.
“Parla la donzelletta che vien dalla campagna” ribatté incerto cercando di darsi un contegno ma quando Cardinale gli sorrise dolcemente divenne rosso come un mattone e inghiottì furiosamente la voglia che aveva di stritolarla in un abbraccio.
“Come stai?” le chiese Morales, prendendole delicatamente la mano.
“Uhmmm…come una a cui hanno sparato al cuore. Per dirla come la donzelletta di Pat, sto da schifo”
“Credevamo davvero di perderti, questa volta” disse Garrie sottovoce con  gli occhi azzurri umidi e sorridenti.
“Dovevamo saperlo che l’erba cattiva non muore mai” tuonò Patterson, commosso ”Tornami a fare uno scherzo del genere e ti spezzo il collo con le mie stesse mani, stramaledetta bertuccia!”
“Si, nonnina” mormorò Cardinale sollevando gli occhi al cielo.
“La nonnina qui per poco non ammazzava Elijah, quando ti ha sparato” confidò Morales in tono leggero.
“Sì, bè, ma poi non l’ho fatto” si giustificò Patterson, altezzoso “Anche perché aveva tutta l’aria di volersi ammazzare da solo. Abbiamo dovuto disarmarlo alla svelta prima che si ficcasse la canna della pistola in bocca”
“Sì, bè, ma poi non l’ho fatto” lo scimmiottò Elijah, sorridendo imbarazzato. Sembrava invecchiato di dieci anni, con la barba lunga, la faccia scavata e il sorriso stentato.
“Non ti ha mollato nemmeno per un secondo” disse Garrie “Il dottor Jones e la dottoressa Brown hanno cercato di allontanarlo, ma lui ha tirato fuori la pistola, gliel’ha puntata contro e ha detto “Operate”. Il solito gentiluomo, vero?”
“Ti ha contato le lentiggini sul naso almeno cento volte” le confidò Morales perfido.
Cardinale si girò verso Elijah che era arrossito furiosamente.
“Davvero?” mormorò.
“Certo che no, credi a tutto quello che dicono questi malati di mente?”
“Quante sono?”
“Settantasei” rispose Elijah con voce meccanica e Jude gli sorrise radiosa, abbagliandolo.
“Non vuoi sapere che è successo al Mattatoio dopo che hai lasciato la festa?” domandò Garrie per spezzare il momento d’imbarazzo generale.
“Allora, il Mattatoio è stato smantellato, tutti quelli che ci lavoravano arrestati, la storia completa resa pubblica. Adesso la Corp. è nell’occhio del ciclone, tutti i dipendenti sono in sciopero e migliaia di persone vogliono linciare Masterson”
“Che fine ha fatto il Gran Capo dei maiali?” domandò debolmente Cardinale. I quattro si guardarono l’un l’altro, vergognosi.
“Sparito” mormorò Elijah a fior di labbra “Ma lo troveremo, non ti preoccupare”
“Damon e Alicia?” chiese di nuovo Cardinale, guardandosi intorno.
Un gran sorriso da monello illuminò la faccia di Garrie.
“Oh, quei due…si sono beccati un encomio solenne dal CDI, tutto in gran segreto, naturalmente, perché le nostre gesta non devono essere rese pubbliche…com’è che ha detto quel pivello del consiglio, Pat?”
“Ha detto che sarà meglio per noi se nessuno saprà quello che abbiamo fatto” ribadì Pat facendo spallucce “Ci hanno attaccato una patacca sulla divisa, riabilitato alla funzione di Runners, pacchettina sulla spalla e calcio nel didietro. Se non fosse stato per Scott a quest’ora dovevamo già essere al lavoro”
“Ok, ma Damon e Alicia?”
“Credo che in questo momento stiano pattugliando tutto l’universo conosciuto” rispose piacevolmente Garrie e Cardinale sarebbe scoppiata a ridere se le sue condizioni fisiche glielo avessero permesso.
“Hai capito, quei due!! Bè, sono contenta, ci mancano solo Pat e Morales da piazzare e poi siamo a cavallo…”
“Dio me ne scampi!! Donne!!” starnazzò Patterson “Magari poi me ne capita una come te, e addio bella vita! Sarei morto prima ancora di dire “Ciao””
“E perché io niente?” si lamentò Garrie imbronciato.
“Ma se hai un fan club di bellezze da concorso che conta più iscritte di un partito politico! Che vuoi di più?” protestò Morales.
“Già, ma non sono Jude…” mormorò Garrie sottovoce, ma nessuno lo sentì.
“Il consiglio dovrebbe deliberare che per ogni maschio eterosessuale ci fossero almeno 10 donne disponibili” decretò Morales convinto “Così anch’io troverei la mia anima gemella. Ma a nessuno viene in mente questo disegno di legge”
“Che insensibiloni, quei burbanzosi del consiglio” ironizzò Cardinale “E voi, invece di andare a festeggiare in giro siete sempre rimasti qui? Per me?”
“Proprio per te, no” borbottò Patterson guardando da un’altra parte “Ci rompeva dover spendere i soldi per la tua crio-bara, caso mai fossi morta. Costano una fortuna, oggigiorno”
“E poi, se fossi morta, saresti diventata ufficialmente eroina nazionale. Avrebbero dato il tuo nome a una scuola, ti avrebbero fatto due o tre statue di commemorazione e i ragazzini sarebbero venuti in pellegrinaggio sulla tua crio-bara. La nuova santa Cardinale. Ma ci pensi? Tu come esempio da imitare per le nuove generazioni di Runners…”
“Dio ce ne scampi e ce ne liberi” mormorò convinta Cardinale, seria.
“Pensa che Garrie per assicurarti le cure migliori ha addirittura dovuto concupire la dottoressa che ti ha operato” motteggiò Morales garrulo.
Già” proseguì Patterson, perfido “Ogni flebo che hai attaccata a quegli stecchetti che hai per braccia è frutto di una prestazione sessuale del nostro stallone. Meno male che abbiamo un soggetto così in squadra: mi sono sempre chiesto a cosa potesse servirci, il bel Garrie-O. Adesso ho la risposta”
“Accidenti, O’Brian…ti sei proprio dato da fare” gorgogliò Cardinale con un sorriso stentato.
Garrie fece una smorfia buffa molto dolce e contrita e Cardinale per un attimo invidiò segretamente la fortunata dottoressa, vergognandosi subito dopo e dando la colpa dei suoi pensieri a un sovradosaggio di medicinali.
“Niente di che…mi tengo allenato per quando esci di qui” le disse Garrie ammiccando malizioso.
“Sei stato davvero carino Garrie” disse la voce di Cardinale, rotta dall’emozione “Siete stati tutti davvero carini. Sono contenta di avere amici come voi”
Deglutì mentre gli altri si guardavano intorno, imbarazzati.
“Ora aprite bene le orecchie perché non so se è la morfina o se è perché sono scampata alla morte, ma adesso vi voglio dire una cosa che negherò per tutta la vita di avervi detto: vi voglio bene. Ma tanto. Se sono qui in questo momento è solo merito vostro…grazie”
Nessuno rispose, nessuno la guardava negli occhi: ma Cardinale sapeva di avere i loro cuori in mano e in quel momento capì quello che Jude aveva voluto dirle nella sua pseudo-allucinazione.
“Bè…scusate lo sfogo, ma era un po’ che volevo dirvelo e così…meglio fuori che dentro, dico io” bisbigliò con voce incerta.
“Hoibò, detta così sembra una cosa escrementizia” buttò lì Garrie, noncurante.
“E infatti lo era” mugugnò Patterson allontanandosi dal letto “Quella è ancora drogata marcia, tra un po’ dirà che vede uccellini rosa che svolazzano per la stanza”
“A dire il vero sono cormorani azzurri, ed è già un po’ che li vedo” ribatté Cardinale con un sorriso “Ce ne hai uno proprio appollaiato sopra la spalla. Oh…diamine!! Ti ha fatto la cacca sul vestito…”
“Che meraviglia. Ci vediamo domani, bertuccia” salutò Patterson con un sorriso scintillante.
Morales e Garrie lo seguirono a ruota
“Domani ti porto gli scacchi così possiamo fare una partita” disse Morales e Cardinale fece una smorfia disgustata
“Scacchi? Potresti trovarti i pedoni ficcati nelle orecchie e il Re e la Regina giusto in gola…sono stata sufficientemente allusiva?”
“Non oso pensare a dove finirebbe il cavallo” rabbrividì Morales uscendo “Ok, porto il Risiko”
“Non spezzare troppi cuori stasera, Garrie” mormorò Cardinale e il giovane la guardò a lungo negli occhi e sorrise, fanciullesco.
“Se mi prometti di liberarti di quel monolite del tuo fidanzato, stasera mollo tutto e vengo qui a farti da borsa dell’acqua calda…ci stai?” le disse piano.
“Fuori!” rise Cardinale e Garrie uscì chiudendo lentamente la porta.
Rimasti soli, Elijah si sedette accanto a Cardinale, accarezzandole dolcemente la fronte.
“Ti sei stancata: è meglio se ti riposi un po’”
“Sembri più nonnina di Pat…sto benissimo”
“Certo, la granitica e indistruttibile Cardinale!”
Cardinale guardò Elijah a lungo negli occhi e quello che ci vide la scaldò come una morbida e profumata coperta invernale. Ricambiò lo sguardo cercando di comunicargli almeno un po’ della felicità che provava e che sembrava volerle uscire da tutti i pori.
“Te l’ho già detto una volta, capo…puoi chiamarmi Jude”
 

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Capitolo 29
*** EPILOGO ***


 Piattaforma DR 1845 Far West
 
Davanti a loro si estendeva la solita e ben conosciuta prateria inframmezzata dalle pacifiche figure di  una mandria di bestiame. Stava calando la sera e il cielo era striato da nuvole rosa e arancioni, ma c’era ancora abbastanza caldo da far sbuffare Patterson che infatti si tolse prontamente la pesante camicia di flanella a quadrettoni che Cardinale aveva perfidamente affibbiato addosso al suo digi-alias.
“Tempo un’oretta e ti verrà freddo così a torso nudo” lo ammonì Morales, serio.
“Tempo un’oretta e sarò ubriaco come un tronco d’albero e del freddo non me ne accorgerò nemmeno di striscio” rispose Patterson, incurante “Allora, riditemelo: di chi è stata l’idea di tornare qui?”
“Mia” rispose tranquilla Cardinale: dopo una durissima riabilitazione era ancora piuttosto magrolina e debole ma i fisioterapisti erano entusiasti di lei (anche se faceva sudare loro sette camicie nello sforzo di sopportare la sua incontenibile veemenza). Era comunque bella in maniera scandalosa ed Elijah non riusciva a smetterla di sorridere ogni volta che la guardava.
“E perché siamo qui?” domandò di nuovo Patterson immusonito.
“Ve lo dico mentre ci avviamo: seguitemi” disse Cardinale voltando loro le spalle.
“Con quel sedere, ti seguirei in capo al mondo, gioia” la beffeggiò Garrie e Cardinale, invece di sparargli su un alluce come avrebbe inevitabilmente fatto fino a due mesi prima, si girò a fargli un sorriso bianchissimo e accentuò l’ancheggiare dei fianchi con la grazia allusiva di una ballerina di hula. Sentì i compagni schiamazzare dietro di lei e lo sguardo caldo di Garrie sulla schiena, come un raggio potente di sole. Bè, sono migliorata nei rapporti sociali, eh? pensò fra sé e sé ridacchiando.
“Allora, vi spiego perché siamo qui, ma devo partire un po’ da lontano. Vorrei ricordare a tutti che su questa piattaforma abbiamo passato un sacco di tempo, nel bene e nel male…”
“Più nel male che nel bene, tesoro. Solo tu ed Elijah avete pattugliato, qui” la interruppe Morales velenoso “I ricordi del resto della squadra non contemplano il raggiungimento dell’orgasmo, ma solo sbronze colossali, paura ed astinenza”
“E’ qui che ci ha portato Benedict” continuò Cardinale, imperterrita “Ed è qui che vi ho portato per salutarlo un’ultima volta. Che ne dite?”
Gettò loro il cestino di vimini che aveva in mano e Patterson lo afferrò al volo, togliendo dal suo interno una bottiglia di wishky.
“Beveraggio serio, questo! Rettifico quanto detto prima: con questa roba sottomano, tempo dieci minuti e sarò ubriaco fradicio!” esclamò esaltato rivolto a Morales.
“Vorrei proporre un brindisi a Damon e Alicia, che nonostante la loro nota e triste povertà neuronica hanno comunque contribuito a fare in modo che fossimo qui a raccontarcela, una volta di più…A Damon e Alicia!”
“Salute!” tuonarono gli altri, rifornitisi ognuno di una bottiglia.
“Un brindisi ai dottori Brown e Jones che mi hanno rimessa a nuovo pronta a tartassarvi come e più di prima!”
“Salute!” tuonò Patterson con entusiasmo insieme agli altri ingollando metà bottiglia in un sorso.
“Un brindisi anche a un certo tenente O’Brian, che ha immolato il suo povero corpo ad una nobile causa…” continuò Cardinale con la bottiglia levata alta sopra la testa.
Garrie sembrava spiazzato: si trovò il malizioso sguardo di Cardinale addosso e due feroci dentini appuntiti gli strapparono via un pezzetto di cuore alla vista di quel sorriso tenero tutto per lui.
“Non è vero…” balbettò abbagliato “In realtà io ho provato a convincere la dottoressa a farti fuori…non mi ha voluto ascoltare…”
“Sei un maledetto raccontaballe” lo sbugiardò Cardinale, immediatamente “A parte tritarle il cuore in tanti minuscoli pezzettini, hai obbligato la dottoressa a fare i tripli turni di lavoro pur di salvare la mia pellaccia. Ti devo molto, Garrie-O. Un brindisi non te lo leva nessuno”
Fluida e naturale, Cardinale si avvicinò a Garrie: l’intenzione era di dargli un bacio sulla guancia, ma con un movimento veloce Garrie le cinse la vita in una specie di mossa di tango.
“Che fai?” trasecolò Cardinale, sorpresa.
“Ti do una sprimacciata. Se non ne approfitto adesso che sei tutta intera…” mormorò a titolo di spiegazione Garrie, strizzandole l’occhio con un sorriso irresistibile.
“Che coraggio!” rise Morales alzando la bottiglia per aria.
Una meteora di pensiero (…e che bocca…) attraversò la mente di Cardinale che ripiegò in fretta su un fraterno bacetto sulla guancia liscia di rasatura, vergognandosi dei suoi pensieri promiscui. Mentre i compagni schiamazzavano rumorosamente alle sue spalle ed Elijah sorrideva a denti stretti come se avesse ingoiato un limone, Garrie la lasciò andare; Cardinale gli mollò una sberla fiacca ridendo.
“Tenente O’Brian, si vergogni! Ed eviti certe manifestazioni davanti al mio fidanzato!” protestò sbattendo leziosamente le ciglia.
Garrie scrollò le spalle con noncuranza ma il suo solito sorriso ironico era incrinato da una specie di sotterranea malinconia.
“Il tuo fidanzato, puah! Quell’imbecille non è nemmeno nel paraggi…Oh, ma sei qui, Elijah! Qual buon vento!”
“Non ti ammazzo solo perché la mia fidanzata sta brindando alla tua salute” lo informò Elijah altezzoso “Comunque, d’ora in avanti guardati alle spalle, O’Brian”
“E’ da un pezzo che cammino rasente i muri quando so che sei nei paraggi. Quanto a voi, madamigella Cardinale, un giorno finiremo il discorso testé iniziato. Quando quello stoccafisso del vostro fidanzato sarà fuori per lavoro” sentenziò convinto a voce alta, strizzandole l’occhio irriverente.
E Cardinale, ancora piena di euforico ottimismo, gioia di vivere e adrenalina ebbe un ricordo-lampo (Vuoi davvero convincerti che non c’è niente tra te e Garrie?).
“Salute a Garrie, prima che Elijah lo faccia fuori!” borbottò Patterson già mezzo ubriaco.
Cardinale bevve un altro sorso, leggermente imbarazzata dallo sguardo fisso di Elijah su di sé. Gli sorrise per tranquillizzarlo, materna, e continuò i suoi brindisi.
“Ma non ho ancora finito…C’è una certa persona che si merita un saluto come si deve. Non fosse stato per lui, non avremmo potuto salvare il mondo come bravi supereroi. Un arrivederci, a quanto dicono le scritture…Un brindisi a Benedict, dovunque sia!!”
“Salute!” gridarono tutti con sincero entusiasmo e una punta di vaga tristezza.
“Ho un paio di altre sorpresine per voi” disse Cardinale dopo essersi quasi affogata con un lungo sorso di liquore che le aveva fatto lacrimare gli occhi “Primo: in segno di gratitudine nei nostri confronti, il generale Scott ha regalato questa piattaforma alla squadra Tau Centauri e a tutta la sua discendenza”
“Una DDW tutta nostra…WOW!” esclamò Garrie con gli occhi brillanti di gioia infantile “Potrò farci il mio, come dire?…pied-à-terre…”
“…sarebbe meglio definirlo scannatoio” lo punzecchiò Morales.
“Bellissima sorpresa!” disse Elijah, entusiasta “Com’è che non ne sapevo niente?”
“Non sei mica il solo ad avere dei rapporti stretti con il generale…” ribatté Cardinale allusiva, e Patterson, Garrie e Morales si strinsero in coro in un “OOOHHHH!!!” che fece tremare la terra.
“Farò finta di non aver sentito” disse Elijah sostenuto.
Cardinale sorrise sotto i baffi, prendendolo per mano.
“Ed ecco qui…la seconda sorpresa!!”
Erano arrivati davanti alla radura isolata dove avevano scavato la loro inutile fossa, tanto tempo prima. Davanti ai loro occhi stupefatti, stava una enorme vasca idromassaggio, grande come una piscina, piena fino all’orlo di acqua calda e invitante schiuma profumata.
“Non ci credo…” esordì Morales senza fiato “Ma questa è…”
“La Jacuzzi di Pat!!” finì per lui Garrie.
“Ebbene sì” confermò Cardinale coraggiosamente, arrossendo “Io…hem…adoro fare il bagno con la schiuma”
Prima ancora che terminasse la frase, Garrie, Morales ed Elijah si stavano già togliendo le scarpe e Patterson l’aveva afferrata per le braccia, immobilizzandola.
“Davvero un’idea favolosa, amore mio” disse Elijah acchiappandola per i piedi.
“Non hai indumenti addosso che si rovinino col lavaggio, vero?” continuò Morales, bloccandole le ginocchia.
“Ti avviso che  questa camicina che hai in acqua diventa trasparente…” terminò Garrie aiutando Patterson con le braccia.
Cardinale sfoderò il suo migliore sguardo da zitella proibizionista, ma lo scintillio negli occhi smentì platealmente la sua severità.
“Andiamo, ragazzi, che volete fare!!” strillò lo stesso, seria “Non possiamo mica tuffarci vestiti come un branco di stupidi adolescenti terrestri! Siamo Runners! Siamo la pluridecorata squadra Tau Centauri, quella che finirà sugli olo-libri di storia quando tireremo tutti quanti le cuoia! Quella che sarà presa ad esempio dalle generazioni future come modello di onestà e correttezza!!Andiamo, un po’ di serietà!”
“Al mio tre ragazzi!” sghignazzò Elijah, vendicativo.
“Pronti? Tre!”
 
La quadra Tau Centauri si buttò con perfetta sincronia nella vasca che li aspettava ignara: per un attimo il loro contorno si stagliò buio contro l’arancio del tramonto e chiunque fosse passato di lì non avrebbe capito, in quel groviglio ridanciano di membra e arti, dove finiva uno e dove iniziava l’altro.
Proprio così.
 

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