Vita difficile

di chichi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Megawati ***
Capitolo 2: *** 2. Viaggio e arrivo ***
Capitolo 3: *** 3. Ultima parte ***



Capitolo 1
*** Megawati ***



Capitolo 1: Megawati
Megawatii, « ragazza delle nuvole », questo è il mio nome. Non mi è mai piaciuto ma in fondo mi descrive bene. Ragazza delle nuvole. Io direi ragazza sulle nuvole, quello che sono io. Chissà perché mi hanno dato questo nome. La tradizione della mia famiglia è di dare ai fi gli i nomi degli antenati, ma nel mio albero genealogico non c’è neanche una trisnonna che si chiama così. Buffo, perché è sempre stato così. Mio fratello si chiama Sayd, che è il nome di mio padre. Così quando mia madre, che si chiama Diah( come sua nonna!strano no?) dice “Sayd” rispondono in due. Allora abbiamo preso l’abitudine di chiamare Sayd (mio fratello), solo Yd. È originale come nome, dice così mia nonna, che chiama tutti e due Sayd. Non è giusto che non si possa scegliersi il nome, perché io mi sarei chiamata Victoria. Non è un nome propriamente indonesiano ma cosa posso farci se da quando l’ho sentito in una telenovela me ne sono innamorata? Però ho trovato un’amica che si chiama così, anzi veramente è lei che mi ha trovata……. Victoria è metà americana e metà indonesiana, ma ha ereditato i capelli biondi e gli occhi verdi di suo padre. Avessi io i suoi capelli….Comunque per Victoria non è stato facile inserirsi nella mia classe. È arrivata circa 3 anni fa, quando io frequentavo la prima media. In classe la scherzavano per i suoi capelli, per il suo accento e per il modo di vestirsi. Ma alla fine lei ci ha conquistati tutti. Io dico che è una fortuna che lei sia arrivata, lei dice che è il caso, il destino. Io dico che è una fortuna perché così i nostri genitori sono diventati amici e poi soci proprietari di un albergo. Così io ho potuto continuare a studiare nella ,mia scuola, che è una scuola privata. Peccato che sia lontano da dove abito, a Lhokseumanal, un piccolo paese nella provincia di Aceh. La mia scuola è a Banda Aceh, la capitale. È una buona scuola ma lì sono tutti snob, figli di persone ricche e famose. Per loro i più poveri non esistono oppure li trattano come servi. Così hanno fatto con me all’inizio. La mia famiglia non è certo ricca, ma i miei genitori hanno deciso che io dovevo continuare a studiare, dato che loro non ne hanno avuto la possibilità. È per questo che mi trattavano come se io fossi la loro serva, finché non è arrivata Victoria. All’inizio pensavo che anche lei fosse snob, quindi non le parlavo quasi. Ma Victoria si è imposta e quando mi ha chiesto perché la ignoravo io le ha raccontato tutto: pensavo si sarebbe offesa, ma non mi importava troppo, tanto di amici veri in quella scuola non ne avevo e nessuno mi sembrava simpatico o mi prendeva in considerazione. Invece la reazione di Victoria è stata diversa: si è messa a ridere. Una bella risata cristallina, sincera. Da quel momento mi ha conquistata. Poi anche le nostre famiglie si sono conosciute, Victoria è venuta a vivere vicino a noi e il progetto dell’albergo ha preso vita. La sua famiglia è composta da lei, sua sorella Katia e i suoi genitori, Dirk e . Mio fratello si è innamorato di Katia e ora hanno deciso di sposarsi. Yd ha 21 anni e Katia 20, si dovevano sposare il 14 febbraio. Ma qualcosa ha sconvolto la nostra vita. Forse non dovrei dire “vado a scuola, abito…” ma “andavo, abitavo”. E ci penso solo ora, che sono qui, in questo aeroporto affollato, a scrivere su questo piccolo quaderno. E penso anche a Victoria; non so più niente di lei, e se fosse morta? Non potrei sopportarlo. Quando è successo mio padre ha deciso di partire. Subito, per non correre rischi. È capitato tutto il 26 dicembre, il giorno dopo Natale. Eravamo da mia nonna, a Bali. Per fortuna.
vi piace?spero di si…ö per un concorso a scuola…mettero presto il prox capitolo…ma voi recensite..commentate e soprattutto criticate!un bacione a tutti dalla vostra chichi

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Capitolo 2
*** 2. Viaggio e arrivo ***



2. Viaggio e arrivo.
Lo tsunami ha colpito anche Aceh e non potevamo tornare a casa. Perché non avevamo più una casa. Così il giorno dopo, cioè oggi, mi ritrovo all’aereoporto con le poche cose che ci sono rimaste, pronti a partire per un paese sconosciuto. “È in partenza il volo Oceanic 115 per la Svizzera”. -“Megawatii, smettila di scrivere e muoviti, è il nostro volo” “arrivo papà”. La Svizzera. In fondo, cosa so della Svizzera? L’abbiamo vista sulla cartina a geografia, un piccolo paese in Europa. Ci sono le alpi. Non c’è il mare. Fanno il formaggio, la cioccolata, gli orologi, e si dice che sono amanti della precisione. Dicono che in Svizzera si stia bene, non c’è la guerra e sono tutti ricchi; ma non riesco a immaginare di vivere in una realtà così diversa. Cos’altro posso dire? Sulla cartina ha una forma che ricorda vagamente un maiale. I miei genitori mi hanno spiegato che è divisa in cantoni, come le nostre regioni. 26 cantoni. Ci stanno 26 cantoni in uno stato così piccolo?. Che domanda stupida. Io non ho più una casa, una vita nel mio paese, e penso a queste cose. Ma in fondo è meglio, perché non ce la farei a resistere, crollerei subito. Magari è questo che fa il cervello quando si è in una situazione troppo dura da sopportare: si corazza, si chiude, “fa finta di niente” e pensa ad altro. A me sembra di essere in un sogno, non può essere vero. È tutto così irreale, come se succedesse ad un’altra persona e io sono solo un’ignara spettatrice. Peccato che non sia così. Perché non posso svegliarmi nel mio letto, scoprire che era solo un brutto sogno e trovare Victoria? Perché è successo a me? Ecco, ora l’aereo sta partendo. Non ci avevo pensato ma in effetti io non ho mai volato…..avrei sempre voluto farlo ma non ne ho mai avuto la possibilità. E ora preferirei non farlo, non in una situazione del genere. Non me ne sono nemmeno accorta ma siamo in volo. Ho solo sentito i motori accendersi e poi una strana sensazione, come se mi schiacciassero. Dove sono? Che posto strano…. -“Megawati, finalmente ti sei svegliata! Siamo già in Svizzera…” È Sayd, mio fratello. Mi alzo di scatto e mi accorgo di essere ancora sull’aereo. _ “Siamo già in svizzera?” -“Si”, risponde mia madre. Scendiamo dall’aereo e sento gente che parla diverse lingue, poi sento qualcuno parlare italiano. Per fortuna mia nonna , che per un certo tempo ha abitato in Italia, mi dava lezioni di italiano. È una bella lingua. Noi siamo in Ticino, l’unico cantone in Svizzera dove si parla l’italiano. Mi sembra che la gente ci guardi in modo strano. Siamo così diversi dagli altri? Così strani? Sembrano sguardi ostili, ma forse è una mia impressione…. Andiamo a ritirare i bagagli, che sono pochi. Usciamo e mio padre cerca un bus per portarci tutti fino a Tesserete, il paese dove abiteremo. Discute un po’ con l’autista, che poi ci fa salire. Abbiamo avuto fortuna, dato che sono emigrati qui da diversi anni e hanno degli amici a Tesserete che ci hanno trovato subito un piccolo appartamento. Io guardo fuori dal finestrino e vedo un panorama molto diverso dal mio paese, poi mi addormento. Mi sembra di aver dormito ore quando mia madre mi sveglia, invece sono passati solo 20 minuti. Da…non mi ricordo più il nome del paese dove c’è l’aeroporto ….. si, Agno. Da Agno a Tesserete ci si mette poco. Tesserete a prima vista sembra un bel paese, ma molto diverso dal mio. Diversissimo. Stiamo entrando nell’appartamento. È piccolissimo ma è già ammobiliato. Dovrò dormire con mio fratello….quando vedo quella che sarà la nostra camera scoppio, non ce la faccio più e piango.
ciao!recensite vi prego!piaciuta?spero di si…
baci e saluti….
chichi

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Capitolo 3
*** 3. Ultima parte ***



Ultima parte!
Le ultime due settimane sono passate in fretta, come in una specie di trance. Sono uscita e mi guardavano in modo strano, così ho deciso di non uscire più. Yd invece si è già fatto degli amici; è così estroverso lui…E ha già quasi trovato un lavoro, forse lavorerà in un negozio che si chiama Migros. Io sono depressa. Lo capisco anche solo dagli sguardi che non sono accettata. Non voglio andare a scuola, ma i miei genitori mi hanno già iscritta alla 4° media. Andrò in 4° C. Ci sono 5 quarte, non ce la farò a stare in mezzo a tanta gente. Ero abituata alla mia vecchia scuola, con pochi allievi. Domani è il mio primo giorno di scuola. Non ce la farò. Non capirò niente. Non farò amicizia con nessuno. Continuo a pensare a Victoria, dove sarà? Almeno ora so parlare un po’ più di italiano, anche se molto male. Mi hanno comperato un dizionario italiano – inglese, dato che l’inglese l’ho imparato molto bene a scuola. Forse a me capiterà quello che è successo a Victoria appena arrivata a scuola, nessuno mi vorrà vicina, non riuscirò a “convivere” con gli altri o gli altri non mi accetteranno per le mie differenze, il colore più scuro della pelle, i miei vestiti e la mia religione. Victoria è più forte, estroversa e ha saputo imporsi; io non sono così, sono timida e non riesco a cambiare. È Victoria che mi ha tirato fuori dal mio “guscio”, e qui non c’è nessuna Victoria. Oggi è il mio primo giorno di scuola. Sono nervosa, agitata. Mio padre mi ha accompagnata a scuola, un grande edificio grigio e blu. Siamo in ritardo. Ora siamo nell’ufficio del preside. Qui lo chiamano direttore. È arrivato. Parla, dice qualcosa. Poi mio padre mi saluta e se ne va. Il preside, no, il direttore, si chiama Paris, mi accompagna in classe. Quando apre la porta della 4° C tutti mi guardano. Il direttore mi presenta alla maestra, la signora Bernasconi, e agli allievi. Ha spiegato che io vengo dall’Indonesia e ha detto altre cose che non capisco. Infine ha aggiunto che dovevano aiutarmi ad ambientarmi. La maestra mi indica un posto vuoto in fondo all’aula. La mia compagna di banco mi dice di chiamarsi Caterina. Poi mi guarda, mi sembra che mi ispezioni. Si gira verso una ragazza, mi indica e con le labbra formula la parola: puzza. Poi ridono. Lei pensa che io non abbia capito, ma quando io in italiano un po’ stentato le chiedo: -“Che lezione abbiamo adesso?” mi guarda stupita, fa un sorrisino e dice: ”ops…allora capisci l’italiano” “male, ma un po’ lo so” Io sono offesa per quello che ha detto prima, ma non lo do a vedere. A ricreazione mi chiudo in bagno e piango. Nella prossima ora facciamo matematica, io non capisco quasi niente. Non so ancora come si chiamano i miei compagni, Caterina è l’unica che si sia presentata, ma non credo che farò amicizia con lei: non le vado troppo a genio. La giornata passa in fretta e sono già le 16.00, l’ora in cui termina la scuola. A casa mi chiedono come è andata, ma io non mi dilungo in descrizioni e dico solo: “bene, bene”
“Bene, bene? È l’unica cosa che sai dire?” esclama mia madre. “Ma mamma……se non ho capito e fatto quasi niente, cosa posso dirti?” “Dai Diah” esclama mio padre ”lasciala stare….ho io una bella notizia per voi, forse ho trovato un lavoro! Dico forse, ma una piccola possibilità c’é…..sai Diah, il direttore della ditta dove lavora mio fratello, ci sta pensando e mi farà sapere…..” Quella di mio padre si che è una bella notizia! Siamo tutti contenti per lui, ma io sono agitata per il secondo giorno di scuola, spero di farmi qualche amica…. Il giorno dopo sembra che vada tutto bene, ma al pomeriggio….. “ehi, chiedere scusa mai eh?” Dico così, lasciando da parte la mia timidezza, a un tizio che urtandomi mi ha fatta cadere. Il ragazzo mi guarda sprezzante e risponde: “Chiedere scusa a te, una sporca indiana? Mai, ha, ha, ha” Quello che dice mi offende profondamente! Non solo in questa scuola nessuno mi prende in considerazione, sono pure razzisti. Però le sue parole mi colgono di sorpresa e riesco solo a rispondere: “Vengo dall’Indonesia” Il ragazzo e i suoi amici sembrano divertirsi, così lui continua: “India, Indonesia….cosa cambia poi? Siete tutti dei bastardi profughi, venite qui e ci rubate il lavoro e i soldi”. Questo non è vero, però non ho il coraggio di dirlo. Mio padre è onesto e così tutta la mia famiglia . Poi vedo un ragazzo carino, che era rimasto in disparte e che non aveva mai riso. “Devi scusarlo, lui non intendeva dire quelle cose…..é solo un po’ aggressivo”. “Un po’ aggressivo? Solo un po’, eh? E perché allora tu non hai fatto niente per fermarlo?”. Ho gridato ma mi sembra che queste parole vengano da qualcun altro. Lui mi guarda sbigottito, mentre io piangendo corro via. Nel fuggire lo urto violentemente e lui cade; non mi volto per vedere se si è fatto male. Invece di rifugiarmi in bagno scappo da scuola e vado a camminare nel bosco. Mi rilasso e mi calmo. Ora non ho più voglia di tornare a casa ma so che prima o poi devo farlo. Continuo a camminare finché non inizia a diventare buio, poi torno verso casa. Quando entro trovo i miei genitori seduti al tavolo in cucina. Sono molto arrabbiati. “Megawati Wahyd, , credi che quello che hai fatto sia un bene? Quel ragazzo che hai fatto cadere, Fabio, si è fatto male. Si è slogato una caviglia. Non credi che gli devi delle scuse? E come mai sei scappata? Fabio ha detto qualcosa di un suo amico che ti ha offesa…….ma il tuo comportamento non è giustificato. Allora spiegaci le tue ragioni…..” “Ma….voi come fate a sapere….” “Ci ha chiamati il direttore” risponde mia madre. “Ma non è colpa mia! L’amico di quel ragazzo, Fabio, mi ha detto….mi ha detto SPORCA INDONESIANA ! MI HA CHIAMATA BASTARDA! IO NON VOGLIO STARE IN QUELLA SCUOLA DI RAZZISTI! “ “Cosa? Megawati sei sicura? Io non credo che un ragazzo sappia dire cose del genere.” “ha, voi non mi credete. Però se lo dicesse lui che mi ha detto quelle cose, allora mi credereste? Perché non chiedete a lui allora? Chiedete anche a Fabio, era lì anche lui. Ma tanto negheranno tutto, e alla fine la colpa sarà ancora mia”. Senza aspettare una loro risposta mi chiudo in camera. Decido che il giorno dopo non tornerò a scuola. Sono esausta ,mi addormento ancora vestita e cado in un sonno profondo e senza sogni. Quando mi sveglio al mattino, è già tardi e non posso più andare a scuola. Meglio. Esco dalla camera e vado in cucina. Trovo i miei seduti al tavolo come la sera prima. Iniziano a parlare e facciamo pace, loro mi credono e mi perdonano. Oggi posso rimanere a casa. Nel pomeriggio suona il campanello. Chi può essere? Vado ad aprire, dato che sono sola a casa. Con molta sorpresa scopro che a suonare è stato Fabio. “Ciao” esclama lui. “Hem….ciao…ecco…scusa per quello che ho fatto, mi dispiace….” io inizio a parlare velocissimo, a scusarmi. “Stop, stop, calma. Com’è che ti chiami già?” “Megawati…..tu sei Fabio, vero?” “Si…Allora, Megawati…..sono io che dovrei scusarmi, avrei dovuto fermarlo e capisco perché ti sei arrabbiata . Quindi è colpa mia” “Beh ma…io ti ho fatto male…” Lui solleva la gamba dei pantaloni e mi mostra una fasciatura. “oh, non fa così male, è una cosa da nulla…Mi vuoi lasciare sulla porta tutto il giorno o posso entrare?” “oh, ehm…si, si, entra pure!” Entra in camera mia e si siede sul letto, come se fosse un mio vecchio amico. Poi dice: “Allora Megawati, parlami un po’ di te, ti va?” Io sono un po’ titubante all’inizio, ma poi divento più disinvolta e gli racconto la mia vita in Indonesia, il motivo per cui siamo venuti qui, il viaggio e tutto il resto. Lui ascolta e sembra interessato. Quando finisco di parlare lui dice che deve essere stato duro venire qui. È vero. Poi inizia a parlare lui. Scopro che ha un fratello dell’età di Yd, un gatto di nome Pepe, e molte altre cose. Mentre parla lo osservo, è carino, ha i capelli neri, dei bellissimi occhi verdi e un bel viso. Per terminare dice: “Come vedi la mia vita non è molto interessante, anzi è monotona” “No, non è vero. Vorrei avere io una vita come la tua. Una vita normale…..” Restiamo per un po’ in silenzio, finché Fabio esclama. “bé, ora devo andare…ci vediamo a scuola!” “O.K. Ciao” Solo ora mi accorgo che mentre raccontavo non parlavo solo italiano ma anche inglese. Lo chiamo:”Fabio! Capisci l’inglese!” “Si! I miei genitori sono di origine americana….” “Ah! Ciao!” Bene…almeno non avrò troppa difficoltà ad esprimermi.
Per una settimana a scuola andò tutto a meraviglia. Mattia, il ragazzo che ni aveva insultata, venne punito dal direttore e si scusò con me. Quando mi incontrava mi guardava in cagnesco ma mi lasciava in pace. Io e fabio eravamo diventati amici e lui mi aiutava a scuola. Poi, oggi, mercoledì della seconda settimana, è successo un fatto strano. Aricreazione stavo andando verso il bagno quando vedo una ragazza camminare più avanti. La guardo bene e riconosco Victoria. Sono sicura che è Victoria, così corro da lei, le metto una mano sulla spalla e dico: “Victoria!”. La ragazza si gira: è quasi identica a lei, solo si differenzia per un piccolo particolare…ha gli occhi di un colore ambrato, non verdi come Victoria…… “Victoria? No, io sono Vittoria! E ti chi sei?” “Ehm, scusa… pensavo fossi un’altra. Io sono Megawati” “Ciao” “Be, scusa, ciao!” “No, non andare, aspetta…sei nuova vero? Parli un italiano strano…” “Si, vengo dall’ Indonesia” “E Victoria chi è?” “Victoria é…era la mia migliore amica” Io scoppio a piangere. Lei mi accompagna in bagno, mi asciuga gli occhi dalle lacrime e mi chiede di raccontarle qualcosa di me. Come Fabio… Non parlo tanto, dico quello che serve. Anche lei dice poco di se. Quando suona la campanella mi accompagna fino alla mia classe. Io sono in 4 C, lei in 4 D. Nel tragitto incontriamo Fabio. “Ciao Megawati! Conosci Vittoria?” Risponde lei per me. “Ci siamo conosciuti prima, per un malinteso” Ora che ci penso anche Fabio va in 4 D. “Un malinteso è? Vi va di raccontarmelo dopo la scuola? Venite con me a fare un giro…” “Ok” Così dopo la scuola andiamo a fare un giro per Tesserete e raccontiamo a Fabio l’ equivoco. Sembriamo un gruppo di amici che si conoscono da molto tempo…
Ormai è passato più di un mese, ma non mi sono fatta altri amici. L’amicizia tra me, Fabio e Vittoria ormai è molto forte. È a Fabio che sono più legata, un legame più profondo dell’amicizia. Penso che anche per lui sia lo stesso, dato che è successo qualcosa….. “Sai che sei molto carina, Megawati?” Io non credo a quelle parole dette da Fabio, ma mi fanno molto piacere. Ne parlo con Vittoria che mi dice che lui ha ragione. Sostiene che sono molto carina, con i miei lunghi capelli neri e lisci, gli occhi ambrati e la pelle scura e vellutata. Avrà ragione?.
Oggi è San Valentino e Fabio è venuto a parlarmi. Mi ha chiesto cosa ne penso di lui e cose del genere, io non capivo dove voleva arrivare e gliel’ho detto. “Fabio, scusa, ma se vuio dirmi qualcosa dilla, no!” “Beh, ecco, ehm…”Lui borbotta qualcosa. “Scusa, ma non ho capito…” Fabio diventa rosso, mi guarda negli occhi e finalmente parla: “Io volevo dirti che tu mi piaci molto e vorrei chiederti di diventare la mia ragazza” Io rispondo senza esitare: “Ma certo Fabio! Anche tu mi piaci molto” “Dici davvero…io non lo pensavo…sai…” Suona la campanella e lui sembra che non sappia cosa fare. Poi, un po’ titubante, mi da un bacio sulla guancia e se ne va, rosso in viso. Così il giorno di san Valentino io sono la ragazza più felice del mondo. Mio fratello invece è triste, anche se non lo dà a vedere. Oggi avrebbe dovuto essere il giorno del suo matrimonio…… Sono passati altri tre mesi, io mi sono ambientata bene. Ci sono ancora molte persone che mi deridono, per esempio Mattia, ma io ormai ci sono abituata e poi i miei amici mi proteggono. In questi mesi siamo diventati molto amici e per me è difficile lasciarli e tornare in Indonesia. Io pensavo che saremmo rimasti qui per sempre; mio padre ha trovato un buon lavoro, mia madre si è ambientata bene. Invece no, dobbiamo tornare, i parenti e la nonna ci aspettano e ci daranno una mano a ricominciare. Però non è giusto, ora che non mi sentivo più un’estranea in questo paese devo tornare in un posto dove non ho più una casa, amici, una scuola. Ma io non posso farci niente, se non salutare i miei amici e fare le valige.
Manca poco e potrò rivedere la mia patria. Siamo sull’aereo e stiamo per atterrare, i nostri parenti ci stanno aspettando all’aeroporto. È una gioia rivederli, ma mentre li saluto penso a Vittoria e a Fabio. Mi sento una straniera anche qui. Siamo arrivati a Lhokseumanal, ma non vedo la nostra casa. Perché non c’è più.
Oggi è il mio diciottesimo compleanno. Come regalo i miei genitori mi hanno fatto una grande sorpresa: un viaggio in Svizzera. Andrò a stare dagli zii.
Finalmente sono di nuovo in Svizzera, a Tesserete…, non è cambiato molto. Camminando per le vie qualcuno mi viene addosso e mi fa cadere. È un ragazzo, deve avere la mia età. “Non si usa più chiedere scusa?” Il ragazzo mi fissa, mi guarda in modo strano. Poi borbotta qualcosa. “Cosa scusi, non ho capito?” “Megawati, sei proprio tu?” “Mi scusi, ma non credo di conoscerla…” “Ma si, sono io, Fabio !”
finalmente metto anke l’ ultimo capitolo!scusate ma avevo gli esami…be…cmq ho vinto il primo premio del concorso ma vorrei avere anke delle altre opinioni…quindi…andate giu giu…¨ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ [// Recensite!

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