Il secondo anno di college

di Clix_Clix
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo uno ***
Capitolo 3: *** Capitolo due ***
Capitolo 4: *** Capitolo tre ***
Capitolo 5: *** Capitolo quattro ***
Capitolo 6: *** Capitolo cinque ***
Capitolo 7: *** Capitolo sei ***
Capitolo 8: *** Capitolo sette ***
Capitolo 9: *** Capitolo otto ***
Capitolo 10: *** Capitolo nove ***
Capitolo 11: *** Capitolo dieci ***



Capitolo 1
*** Prologo ***





PROLOGO


Ore 3:45 a.m.

Doveva per forza aver sentito male.
Era stanca.
Aveva trascorso una giornata a dir poco intensa.
Ed era tardi, molto tardi.
Veronica Mars per quanto ci provasse non riusciva in nessun modo a prendere sonno e, nella penombra di quella tiepida notte di fine marzo, se ne stava stesa nel letto, supina, con i lunghi capelli biondi sparsi sul cuscino di lino bianco in una trama di ciocche ondulate.
Forse era il pensiero di lui a impedirle di lasciarsi andare al sonno di cui tanto sentiva il bisogno. Lui, che giaceva nel letto accanto a lei e che dormiva di un sonno profondo, con quel suo respiro ritmico e pesante che lei aveva imparato a conoscere così bene… aveva mandato giù un paio di pillole quella sera e sarebbe rimasto KO almeno fino al primo pomeriggio del giorno successivo, conoscendolo. Sembrava sereno, nonostante tutto…
Di nuovo quel rumore.
Stavolta non poteva essersi sbagliata. Si alzò a sedere e rimase in ascolto, attenta… Veronica Mars non si sarebbe mai lasciata cogliere di sorpresa.
Il rumore veniva dalla porta di casa sua. Non stavano bussando. No. Qualcuno stava cercando di aprire la serratura. Colpi secchi, pesanti. “Non esistono più i ladri di una volta!  - pensò con ironia Veronica nel giro di un secondo - Non può essere Wallace, né Mac… loro hanno le chiavi.”
Il suo primo istinto non fu di afferrare il cellulare e comporre il 911*… l’ultima cosa che avrebbe voluto era confermare a suo padre quanto fosse rischioso vivere da sola! Veronica balzò giù dal letto, afferrò la felpa del suo ragazzo che giaceva scomposta a terra ai piedi del letto, la infilò in gran fretta al rovescio e cominciò a frugare nella sua borsa finché non trovò quello che stava cercando “Questa mi ha salvato la pelle molte più volte di quanto non abbia fatto la polizia!” Bizzzzz “Funziona, come sempre”, pensò Veronica mentre la breve scossa blu le illuminava il viso, calmo, concentrato.
Aprì la porta della sua camera da letto riuscendo a non fare il minimo rumore… per niente al mondo avrebbe voluto svegliarlo… non dopo quello che aveva passato negli ultimi giorni… a causa sua.
A piedi nudi Veronica Mars sgusciò lungo il corridoio della sua casa verso la porta di ingresso. Quei colpi si facevano sempre più insistenti.  
La ragazza ebbe appena il tempo di nascondesi dietro la porta, pronta a cogliere alle spalle l’intruso e a metterlo fuori gioco con una scossa energica del suo taser* in mezzo ai reni, che sentì la serratura cedere.
I rumori cessarono, sostituiti dal sommesso cigolio dell’uscio, che lentamente iniziò a schiudersi, facendo filtrare nell’oscurità della casa la flebile luce lattiginosa della luna.
Nel silenzio assoluto di quei veloci istanti, Veronica poteva sentire distintamente ogni singolo battito del suo cuore e, d’improvviso, si sbalordì di come il suo cervello, proprio in quel momento così assurdo, potesse permettersi di distrarla facendola accorgere di sentirsi addosso l’odore del ragazzo che amava… la sua felpa…
L’intruso stava entrando.
Non appena il profilo dell’uomo si affacciò dallo spiraglio della porta, Veronica Mars sentì il respiro spezzarglisi in gola.
L’arma le scivolò di mano e cadde a terra con un rumore secco.
L’uomo si voltò di scatto e incontrò nell’ombra i suoi azzurri occhi sbarrati.






NOTE:
* Il 911 è il numero del pronto intervento statunitense.
* Il Taser è l'arma da difesa che usa l'elettricità per contrarre i muscoli del soggetto colpito. Non è letale ma altamente pericolosa.






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Capitolo 2
*** Capitolo uno ***



Prima di iniziare una breve presentazione… è la prima volta che mi cimento in una ff, quindi spero vivamente che risulti un tentativo riuscito... e che sarete clementi!! Ma soprattutto spero che potrete darmi tanti consigli per migliorarmi! E grazie alle ragazze che mi hanno già lasciato delle recensioni, sono un ottimo incoraggiamento! Mi auguro che vi piaccia anche questo primo capitolo, che serve per tirare un pò le somme di quanto accaduto prima dell'estate nel mondo di VM.
Specifico anche che le parti in corsivo rappresentano i pensieri di Veronica.




CAPITOLO UNO


Sei mesi prima…



Un uomo di mezza età percorreva il viale in bicicletta, sembrava stanco. Più avanti una donna dai capelli rossi leggeva una rivista di gossip seduta su una panchina del piccolo parco che rendeva quella zona di Neptune particolarmente ridente; teneva al guinzaglio un golden retriver visibilmente desideroso che la sua padrona lo lasciasse correre libero all’inseguimento di qualche farfalla. Sul quel finire di Settembre l’estate era già per molti un piacevole ricordo e con fatica gli abitanti della città riprendevano i loro ritmi quotidiani.
Se quella mattina uno di loro avesse sollevato lo sguardo verso il secondo piano di quella palazzina color ciliegia affacciata proprio sul parco, avrebbe potuto vedere attraverso i vetri chiusi il volto pensieroso di Veronica Mars che osservava lo scorrere delle loro vite.

Veronica Mars però non li vedeva davvero. Aveva dato due mandate alla serratura della porta della sua camera e si era seduta vicino al davanzale della sua finestra nel tentativo di sbollire il dispiacere per la discussione appena avuta al telefono con suo padre, il neo-sceriffo della contea di Balboa Keith Mars, eletto dalla maggioranza dei cittadini con uno scarto di una manciata di voti sul suo improbabile avversario. La ragazza non riusciva a spiegarsi l’ostinazione assunta dal padre nell’ultimo mese, perché prima di allora l’aveva sempre capita e appoggiata.
“Veronica, ciao sono papà. Senti bambina, so che vuoi essere indipendente, adulta, libera e tutto il resto, però ho pensato di provare ancora una volta a chiederti di ripensarci, di non lasciare la nostra suntuosa dimora! Se è per tutte le frustrate…”
“Papàààà, te l’ho detto… è una prova e io ne ho bis…”  tentò di ribattere la ragazza.
“Ma se hai portato via quasi tutte le tue cose!”, il suo tono di voce iniziava ad alzarsi. “Qui a casa sono rimasti solo i tuoi vecchi peluche e forse un paio di calze! Mi chiedo solo perché proprio adesso. Le cose sono sempre andate alla grande… e ora fai armi e bagagli e lasci la casa paterna così? Senza lacrime, insensibile alle suppliche del tuo povero vecchio...”
“E’ un mese che discutiamo solo di questo papà! Te lo ripeto, da quando sono tornata dalla Virginia la solita vita mi sta stretta, ho bisogno di provare qualcosa di nuovo e quando Mac ha deciso di lasciare il campus e cercarsi un alloggio esterno ho sentito la voglia irresistibile di seguirla, di provare questa esperienza, che ti ripeto, non cambia nulla tra noi! In fondo ho solo cambiato zona, non città!”
“Si ma credi di essere davvero pronta per questo passo? Poi insomma, io e te sappiamo quali sono i retroscena di questa città, sai quanti pericoli…” Keith tentò questa strada, ma era già stata battuta troppe volte e sua figlia, lo sapeva, era un osso duro.
“Eh no! Ora basta con i rischi! Tutti e due sappiamo qual’è il vero motivo delle tue paure! Ma per il momento puoi accantonarle perché nessun ragazzo verrà ad importunare le notti di tua figlia! Dopo che Piz mi ha mollata con una lettera non ha alcuna voglia di pensare ad un’altra storia e adesso scusami ma devo andare o farò tardi a lezione! Ciao papà, ti voglio bene”, riagganciò e lanciò il telefono nella borsa aperta sul letto.

Dopo aver raccolto le idee nella tranquillità della sua camera, in quella nuova casa che già sentiva sua nonostante le numerose pile di scatoloni, Veronica Mars raccolse i suoi lunghi capelli in una pratica coda di cavallo, afferrò la borsa e le chiavi e decise di incamminarsi a piedi verso il campus che distava di pochi isolati, così da avere qualche altro minuto per prepararsi al rischio che ogni giorno alla Hearst portava con sé: incontrare il suo ex.

Dopo neanche aver messo piede nel campus, Veronica era già in fila per ricaricarsi con un doppio caffè, quando sentì due calde mani coprirle gli occhi e una voce familiare dirle “Indovina chi è!”
“Johnny Deep!!! Non ci posso credere!!!” esclamò divertita la ragazza voltandosi con una piroetta.
“Ah, non c’è più gusto con te Mars da quanto sei tornata dall’FBI! Mi hai scoperto subito!” – Wallace amava pavoneggiarsi! – “Era solo un saluto, scappo, a dopo!”
 “Wallace, perché invece di sprecare le tue giornate qui non vai a casa a svuotare tutti quegli scatoloni? E non voltarmi le spalle!” Veronica si divertiva come una pazza a punzecchiare l’amico e guardandolo confondersi tra la folla mattutina della mensa, pensò che da quando anche lui aveva deciso di unirsi a lei e Mac nella nuova “avventura”, come la chiamava lei, sentiva che si erano ancor più avvicinati. In realtà Wallace si era deciso a trasferirsi solo dopo aver saputo che il suo vecchio compagno di stanza aveva deciso di ritardare a Novembre il suo rientro dallo stage alla casa discografica… Veronica ci pensava spesso, o meglio, si tormentava spesso. Durante l’estate trascorsa in Virginia aveva pensato molto a quella storia e ancora oggi si sentiva combattuta tra la bruciatura per essere stata mollata da un fidanzato innamorato e premuroso e l’inevitabile convinzione di essere stata proprio lei a portarlo a quella decisione. Era mai stata davvero coinvolta con Piz? O cercava solo di mettere da parte la rottura con Logan Echolls?
Logan…
Come non sentirsi in colpa. C’era stata la notizia dello stage all’FBI… poi c’era stata quella rissa…
Quella rissa…

Veronica tornò con la mente all’inizio dell’estate…

…a quel giorno nella mensa in cui Logan si era sollevato come una furia per difenderla. Era lì che Veronica aveva fatto il vero sbaglio: lo aveva guardato negli occhi, in fondo a quegli occhi castani…
Quegli occhi…
Quegli occhi accesi di un bagliore unico, di tutto il suo carattere, di tutta la sua determinazione, accesi di sfida, quegli occhi inconfondibilmente ardenti di passione per lei, a qualsiasi costo… e quel sorriso, un sorriso che lei non era riuscita a non ricambiare, sorprendendosi al punto che nei giorni successivi non aveva potuto fare a meno di impedire alla sua mente di rivivere senza sosta quella scena, fino a diventare un libro aperto per la persona che in quel momento aveva accanto.
“Lo vedo che c’è qualcosa di diverso in te, che credi?” le aveva detto Piz un paio di giorni dopo quell’episodio. Il ragazzo si era sforzato di far finta di nulla e di mostrarsi con ancora più impegno il “fidanzato perfetto”, ma non poteva più ignorare l’assenza della sua ragazza, non poteva ignorare che ogni volta che incontrava il suo sguardo in esso non vedeva lui, ma qualcun altro… “che lui fosse ancora innamorato di te l’ho sempre saputo, ma tu… in fondo sei stata tu a lasciarlo! Sei stata tu a ricambiare il mio bacio a quella festa, cavolo! E allora perché non riesci palesemente a smettere di pensare a lui?”
“Non ti nascondo che io ci pensi, Piz… ma è perchè ha agito stupidamente e potrebbe correre dei rischi seri…”
“Se è solo questo perché allora non sei qui con me?” 
Piz era un ragazzo sveglio – “Dov’è Veronica? Veronica tu sei ancora in quella mensa e io non so davvero come portarti via di là!”.
Che le cose non andavano affatto bene Veronica Mars lo aveva capito benissimo, eppure quella busta bianca che il giorno seguente trovò infilata sotto la porta di casa sua veramente non se l’aspettava…

- Non posso restare tutta l’estate ad aspettare il ritorno di una ragazza che ha negli occhi gli occhi di un altro ragazzo. Seguirò anche io la mia strada, per adesso. Ma non rinuncerò così facilmente a una persona speciale come te, Veronica Mars e spero che questi mesi ti aiutino a capire ciò che io so essere giusto, perché io tornerò presto. Love xxx, Piz. -


… soprattutto non si aspettava che la sua prima reazione a quel gesto fosse quella di precipitarsi fuori di casa quasi in trance e di sfrecciare con la sua auto a 50 miglia all’ora per le strade di Neptune in direzione del Neptune Grand… un percorso che avrebbe potuto coprire anche bendata.

“E ora che sono qui? Diavolo, perché non mi sono fermata a pensare almeno un secondo?”
Veronica Mars era in piedi nel corridoio di quel lussuoso hotel e mordendosi un labbro fissava la porta socchiusa della camera di Logan. Strano. Una musica di cattivo gusto proveniva dall’interno.
“Potrei bussare ugualmente…”
Ma la sua innata curiosità ebbe il sopravvento e senza farsi troppi problemi Veronica varcò la soglia, entrando decisa nella camera.
“Cosa stai cercando Veronica?”
La sua attenzione fu subito catturata dalla grande sacca da viaggio pronta sul divano, accanto ad una grande e colorata tavola da surf e subito dopo capì che la fonte di quella musica era la stanza chiusa di Dick, dalla quale giungevano anche dei veri e propri schiamazzi. Veronica riusciva a distinguere i risolini di almeno due ragazze! “Meglio non indagare” si disse tra sè e sè scuotendo i lunghi capelli dorati.
“Non si bussa più? Non che la discrezione sia mai stata una delle tue virtù…”
Logan Echolls si affacciò dalla sua stanza in accappatoio, impegnato a sferzarsi con un asciugamano i capelli bagnati, mentre ancora erano visibili alcune gocce scorrergli lungo il collo… Veronica si ritrovò con suo stesso stupore a fissare il cammino di una di loro, seguendola fino al petto, ma prima che la situazione assumesse un risvolto a dir poco imbarazzante, riuscì a riprendersi con disinvoltura: “Stai partendo a quanto vedo. Il Messico chiama a gran voce?”.
“Australia”. Logan annunciò la sua meta con una decisione tale che a Veronica quasi sembrò una sentenza di colpevolezza. E l’imputato era lei.
“Ti senti colpevole Veronica? E ben ti sta!”  
“Più lontano di così…” disse Veronica sforzandosi di sorridere, ma i secondi di silenzio che seguirono le sembrarono i più lunghi e sofferti della sua vita. Non aveva chiaro neanche lei qual’era lo scopo di quella visita, perché avesse deciso di andare da Logan anche senza sapere esattamente cosa dirgli. Ma sapeva che doveva vederlo, sapeva che l’anno non poteva chiudersi così in sospeso, sapeva che c’era tanto da dire… ma non trovava il modo di tradurlo in parole, finché non finì per essere banale e si odiò per questo: “La ferita sul labbro sta bene…”.
“Avanti Veronica Mars, non penserai che io creda che sei venuta per assicurarti che io stia bene dopo averti cavallerescamente difeso! E’ veramente questo che ti preoccupa?”, quel suo sguardo, quel suo sorriso “alla Logan” rendevano impossibile alla ragazza mantenere qualunque tipo di maschera, lui gliel’avrebbe fatta cadere.
“Si, Logan, che tu ci creda o no il tuo bene mi sta a cuore! Ma hai ragione. Non è per questo che sono venuta…”, finalmente Veronica Mars riuscì a trovare il coraggio di fissarlo negli occhi, ma adesso era Logan che sembrava non riuscire a reggere il suo sguardo e di colpo lo vide assumere quell’aria seria che ben conosceva e che in quel momento non le faceva presagire nulla di buono.
“Perché ti senti così Veronica? Cos’è questa paralisi? Lui è Logan. Perché semplicemente non corri da lui?”
Ma fu Logan a muoversi verso di lei. In tre passi le fu di fronte. Veronica teneva gli occhi fissi sulla moquet. “Tu non sai perché sei venuta, vero Veronica?”.
Silenzio.
“Ascoltami”. Logan le prese la testa tra le mani e le sollevò il viso fino a incontrarle gli occhi. “Quello che provo non è cambiato e che Dio mi maledica non credo che cambierà mai. Ma per me… sarebbe troppo rischioso abbandonarmi di nuovo all’amore per te finché vedrò anche un solo dubbio nei tuoi occhi… e per quanto io ami il rischio…” – sorrise e si staccò da lei voltandole le spalle – “…non posso permettermi di perdere di nuovo il controllo come mi succede dopo ogni nostra rottura.” Logan lanciò l’asciugamano sul letto che lei conosceva così bene.  “Quindi Veronica Mars, fai quello che sai fare meglio: indaga e cerca di capire quello che davvero vuoi una volta per tutte!”.

Quando Logan tornò a voltarsi la stanza era vuota.

Mentre le porte dell’ascensore del Neptune Grand si chiudevano alle sue spalle, Veronica Mars cercava di non lasciarsi sopraffare dalle lacrime… sarebbe stato un dejà vu*.

“Pronto? pianeta Mars?”, proprio mentre Veronica si trovava a pensare che tutti gli uomini della sua vita - Logan, Piz, suo padre - volevano che lei capisse qualcosa, Mac la chiamò catapultandola di colpo avanti di quattro mesi. “Ok siamo a settembre, nella mensa dell’Hearst… e sto facendo tardi a lezione!”, “Ciao coinquilina!”, la salutò Veronica, raccogliendo le sue cose dal tavolo.
“Ho interrotto qualcosa?”, Mac alludeva all’aria distratta che l’amica aveva anche quella mattina.
“Sei tu Veronica Mars?” le due amiche si voltarono in direzione della voce, verso quella figura che tutto sembrava fuorché una studentessa di college: sarà stata alta si e no 1 metro e 50 e il suo volto, incorniciato da due lunghe trecce nere, era quasi interamente coperto da un enorme paio di occhiali da vista, dalla montatura color verde pistacchio.
“La mia fama mi precede!”
“Mi hanno detto che per 100 dollari scopri delle cose”.
“Veramente la mia tariffa è salita a 150 dollari!” Veronica strizzò l’occhio a Mac e furtivamente le sussurrò “Con tutte quelle bollette da pagare!”
La giovane detective diede appuntamento alla potenziale cliente quello stesso pomeriggio nella biblioteca del campus, e si avviò a grandi passi verso la sua aula passando per il cortile assolato.

Il sole alto di mezzogiorno la accecava mentre correva.

Forse per questo non si accorse che Logan Echolls la stava guardando da sotto l'ombra di un grande albero.



NOTE:
* episodio 2x20

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Capitolo 3
*** Capitolo due ***



In questo capitolo è presente il testo della canzone “Untitled” dei Simple Plan (con relativa traduzione), che segue la storia. Colgo l’occasione per ringraziarvi ancora per le recensioni (è davvero un piacere inaspettato riceverle!) e per rispondere a Margy: si, il prologo sarà una scena successiva, il primo capitolo inizia da 6 mesi prima di quella scena; e a Zaira: mi sono trovata d’accordo col tuo consiglio di fare capitoli più lunghi. Spero di trovare un giusto equilibrio!





CAPITOLO DUE





“Scusami?... SCUSAMI!!”
Veronica Mars era seduta dietro il banco della biblioteca con la testa eclissata dietro lo schermo del suo portatile e solo quando sentì un colpo alla spalla, infastidita sollevò il naso e si accorse che un ragazzo le stava di fronte e le stava dicendo qualcosa. Per un momento la sfiorò il pensiero di ignorarlo, di lasciarlo continuare a parlare limitandosi ad osservare le sue labbra muoversi nervose ma senza emettere suoni. Sopprimendo il primo istinto la ragazza si sfilò un auricolare del suo I-pod: “Si?”.
“Non dovrebbe essere il banco informazioni questo?”
“O è così o io sto solo perdendo tempo!”
Dopo essersi liberata di quel seccatore che non aveva dimostrato alcuna qualità di spirito – senza dubbio a causa dei troppi steroidi che si era pompato in circolo fin dai tempi della pubertà – Veronica adocchiò l’ora sul cellulare. Le 18:40. Il suo turno era finito già da dieci minuti, ma della ragazza con gli occhiali color pistacchio ancora neanche l’ombra. Decise che avrebbe aspettato solo qualche altro minuto prima di evadere il più velocemente possibile da quella noia mortale. Neanche il tempo di pensarlo che sentì il portone della biblioteca aprirsi di scatto con un rumore che fece alzare tutte le teste dei pochi studenti rimasti ancora a studiare.
“Scusa scusa scusa!!!”
“Va bene va bene va bene… ma adesso cerca di abbassare la voce!”
Veronica portò la ragazza, che aveva scoperto chiamarsi Connie Raynolds , verso il tavolo più isolato della biblioteca, soprattutto perché sembrava non le riuscisse di smetterla di parlare a raffica e cominciava a infastidire i pochi reduci degli studi.  
“Senti Connie Raynolds, ti prego di smetterla di scusarti per il ritardo! Ora prendi fiato e cerchiamo di venire al punto. In modo chiaro, coinciso e sintetico raccontami qual’è il tuo problema”.
“Si. Qualcuno ha rubato il mio portatile! Ma non è questo il problema. Nel disco rigido c’erano 2 tesine pronte per essere consegnate e prima che tu me lo chieda, no, non ne avevo fatto delle copie! Così le ho riscritte e il mio professore le ha accettate nonostante fossi già oltre le scadenze di consegna. Il giorno dopo mi ha chiamata nel suo ufficio e mi ha accusato di averle copiate entrambe!”
“Fammi indovinare. Lo scanning anti-plagio le ha segnalate perché erano già pubblicate in rete?”
“E tu come lo sai!”
Veronica Mars le rivolse un sorriso che la sapeva lunga. Le era capitata la stessa gatta da pelare l’anno scorso, quando Tim Foyle aveva cercato di manipolarla per portarla a scoprire la relazione tra il suo ex professore preferito ora assassino passionale e la fu moglie del fu Rettore.
“Hai idea del perché qualcuno abbia voluto farti questo scherzetto?”
“Noooo! Tra due giorni sono convocata dal sostituto Rettore per discutere dei provvedimenti… mi cacceranno dal corso e perderò la mia borsa di studio!”
“Dove ti hanno rubato il computer?”
“Il bello è che io non lo porto mai con me! Qualcuno deve averlo preso dalla mia stanza!”
“Non è che tu mi stia proprio riempiendo di informazioni! Comunque farò un paio di indagini e ti farò sapere se si può fare qualcosa.”


____________


“I open my eyes
I try to see but I’m blinded by the white light
I can’t remember how
I can’t remember why
I’m lying here tonight”


(Apro i miei occhi
Cerco di vedere ma sono accecato dalla luce bianca
Non riesco a ricordare come
Non riesco a ricordare perché
Sono steso qui questa notte)

Il cielo si stava tingendo di toni vermigli, la luce calda del tramonto scendeva senza fretta e andava ad avvolgere i tetti degli edifici facendo brillare i contorni di quella città che Logan Echolls stava scrutando dall’alto della sua terrazza al Neptune Grand. Pensava. Possibile che bastasse un po’ di luce per far assumere a tutto una diversa prospettiva?
Le braccia appoggiate al parapetto, i muscoli tesi della schiena intravedibili attraverso la leggera maglietta di cotone, gli occhi intensi… scoppiò in una risata nervosa. Stava davvero ammirando il tramonto? Doveva preoccuparsi per caso?
Il suono del telefono lo raggiunse dall’interno dell’appartamento obbligandolo a distrarsi... “Signor Echolls, è la direzione. Ci dispiace disturbarla, ma c’è di nuovo la Signora che attende al telefono”.
“Ho già lasciato detto di non passarmi le sue telefonate!”. In un secondo si era fatto furente e senza prima chiudere la comunicazione scaraventò con violenza il telefono della sua stanza contro il muro e ne osservò i pezzi crollare a terra.
“CHE VADA AL DIAVOLO!!!”
Quella donna l’aveva ferito ancora.
E lui gliel’aveva servita su un piatto d’argento per giunta.
Il ragazzo cercò di respirare profondamente. Un respiro. Un altro ancora… massaggiandosi il collo con la mano per cercare di allentare la tensione dei nervi tirati come corde di violino. Stappò una birra e accese lo stereo girando la manopola del volume al limite massimo, sperando che questo bastasse a far tacere i pensieri che gli martellavano il cervello. Fuori la città stava pigramente abbandonandosi alla sera.
Quelle telefonante insistenti proseguivano da circa due mesi e Logan era più che mai deciso ad ignorarle; lo mandavano in bestia e gli facevano male.
Questa volta a squillare fu il suo cellulare. Con la musica a tutto volume Logan non poteva sentire la suoneria, ma si accorse che il display stava lampeggiando. Rifletté un paio di secondi se rispondere o meno all’amico…
“Dick.”
“PRONTOOO???”
Allungò il braccio e spense lo stereo con il telecomando. “Scusa.”
“Amico mio!! Sei con qualcuna vero?”
“Cosa diavolo dici?”
Non sempre era immediato entrare nell’universo degli imperscrutabili significati con cui Dick interpretava il mondo! Ma ragionandoci bene, in seguito Logan capì che l’amico si riferiva alla musica, che a quanto pare per Dick era indissociabile dal sesso.
“Per caso ti sei finalmente deciso a mettere piede al campus oggi?”
“Si.”
“Alleluia amico! Qualcosa da segnalare?”
“Niente degno di nota”.
Logan aveva preferito non dire all’amico che quella mattina aveva intravisto Veronica Mars attraversare fugacemente il cortile del campus. Era certo che se lo avesse fatto il suo amico avrebbe ricominciato ad assillarlo su come dovesse smetterla di pensare a quella bionda ficcanaso, su quanto il college fosse pieno di pupe che non aspettano altro che ragazzi ricchi e sessualmente dinamici come loro, su come l’amore impedisca di godersi la vita. Quasi quasi però una parte di sé pensava di meritarselo quel tormento. Perché gli era bastato rivederla una volta da lontano per ricominciare a pensare a lei ogni minuto… bellissima, come la ricordava, ancora di più sotto il sole che le faceva esplodere i lunghi capelli mossi in una miriade di bagliori dorati. E cominciava a odiarsi, diavolo! Si sentiva una maledetta bussola che non poteva smettere di puntare il nord.
Ogni volta che pensava a Veronica, a come si erano lasciati prima dell’estate, Logan Echolls sentiva montare la rabbia e gli veniva voglia di prendersi a pugni… e in quel momento gli si stava riaccadendo. Era sollevato che Dick non fosse in casa, perché sentiva che aveva bisogno di sfogarsi, di urlare. Da quando quel giorno in quella stessa stanza le aveva voltato le spalle… aveva voltato le spalle alla sua Veronica… da quando voltandosi aveva visto che lei era sparita, da quel giorno Logan Echolls si tormentava. L’aveva rincorsa nel corridoio, ma ci aveva messo un secondo di troppo a decidersi. Le porte dell’ascensore si erano già chiuse. Inesorabili. E solo allora Logan aveva realizzato quello che aveva fatto.
“L’hai respinta.” …
…“Prima butti nel cesso la vostra storia portandoti in montagna quella ridicola nullità… perché non hai pensato, no, Logan che tanto lei prima o poi sarebbe venuta a saperlo, no? Quando mai ti fermi a pensare un cazzo di secondo!!”…
…“E nonostante questo lei torna e tu che fai? Ma bella mossa Logan COMPLIMENTI!!!”…

… “L’hai ributtata nelle braccia di quel… di quella specie di… DI QUEL RAGAZZINO!!!!”. Logan camminava nervosamente nella stanza. Finì la birra che aveva in mano in un solo lungo sorso, la scagliò a terra imitando un “touch down” e ne prese un’altra. “Oooh Veronica, devi cercare di capire quello che vuoi…”, canzonava le sue stesse parole di quel giorno, “IDIOTA!!!”
Non l’aveva più cercata nella convinzione che ora spettasse a lei la prossima mossa. Gli ci erano voluti quattro mesi e due continenti di distanza per rendersi conto che era lui a non aver capito un bel niente.
“NIENTE!!!!”, gridò.
Come diavolo aveva fatto a pensare che fosse lei a dover capire qualcosa? Come diavolo aveva fatto a non capire che ciò che vedeva negli occhi di Veronica Mars quel maledetto giorno non erano dubbi.
Solo adesso aveva capito cos’era.
Afferrò la felpa ed uscì. Sentiva la testa offuscata, gli girava, ma spinse l’acceleratore a tavoletta verso la casa di Veronica Mars. Si stava facendo buio.

“How could this happen to me?
I made my mistakes
I’ve got no where to run
The night goes on
As I’m fading away
I’m sick of this life
I just wanna scream
How could this happen to me?”


(Come è potuto accadere a me?
Ho fatto i miei sbagli
Non so dove scappare
La notte va avanti nello stesso modo
In cui io svanisco
Sono stanco di questa vita
Voglio solo urlare
Come è potuto accadere a me?)


____________


Mentre guidava verso casa, Veronica pensava che non sarebbe stato così facile scagionare Connie Raynolds. Era pressoché certa che questa volta non si sarebbe potuta limitare a verificare la data di pubblicazione in rete di quel compito. Connie le aveva detto di aver consegnato le sue tesine al professore oltre il termine di scadenza, quindi il ladro aveva avuto circa due giorni di tempo per farle circolare comodamente. In ogni caso naturalmente se ne sarebbe accertata. Ma se aveva ragione, l’unico modo per scagionare quella ragazza sarebbe stato ritrovare quel computer per mostrare al professore la data di creazione dei files. Solo che ancora non aveva elementi da cui muoversi. Avrebbe iniziato l’indomani a guardarsi intorno, innanzitutto doveva parlare con Max. Per ora pensava solo che era molto contenta di tornare a casa e trovare i suoi amici ad aspettarla. L’idea della nuova casa la esaltava! Inoltre alla fine di un altro giorno trascorso alla Heart era riuscita a non incontrare il suo ex. O meglio, i suoi ex. Tutto sommato si poteva considerare un bilancio abbastanza positivo!
Girò la chiave ed entrò in casa. Oltre le pile degli scatoloni vide subito la cima delle teste dei suoi amici rilassati sul divano, Mac intenta a sfogliare distrattamente una rivista di informatica – monotematica la ragazza! – e Wallace al telefono con il naso schiacciato sul volantino del take away:
“… e due porzioni di riso al curry e sei ravioli al vapore… ah e le salse! No senta, le metta tutte!”
Veronica lasciò cadere la sua borsa in un angolo libero del pavimento e sprofondò anche lei sul divano in mezzo ai due amici.
“Tra 15 minuti? Grande!”.
“Anche stasera cibo sano?”
“Per forza!” Wallace la accolse cingendole le spalle con un braccio.
“Sempre che tu non voglia accomodarti ai fornelli…” con gli occhi ancora abbassati sulla sua rivista Mac indicava con il mento la zona della cucina. Faceva spavento. Sembrava vi fosse esplosa una bomba. Nessuno degli abitanti della casa si decideva a metterci mano, ognuno sperava che prima o poi, in preda all’esasperazione, lo avrebbe fatto un altro. Tutto quello di cui disponevano erano 3 tazze, 3 cucchiai e 3 piatti – lo stretto indispensabile per far avere a ognuno il suo! –  che Veronica aveva trafugato a casa sua, o meglio a casa del padre, e una macchina per il caffè, l’unico elettrodomestico davvero fondamentale nell’abitazione di tre studenti universitari. Mac non aveva bisogno di vedere lo sguardo dell’amica per capire che naturalmente si sarebbe rassegnata anche quella sera a dare l’ennesimo duro colpo al suo fegato con il cibo del take away.
“Bene. Visto che non mi avete fatto trovare la tavola già imbandita, mi andrò a fare una doccia lunga un sogno!” Veronica si alzò dal divano mimando uno sforzo di grande fatica e mentre si scioglieva i lunghi capelli che le ricaddero morbidi sulle spalle, scomparve nella sua stanza.


Logan coprì la distanza che lo separava dalla casa di Veronica in un lasso di tempo che gli sembrò un’eternità. Se una volta arrivato avesse gettato un’occhiata all’ora lampeggiante sul cruscotto si sarebbe accorto che invece ci aveva impiegato solo pochi minuti. Aveva corso. Parecchio. Aveva bruciato un paio di semafori rossi.
Eppure erano passati quasi 20 minuti e lui si trovava ancora al posto di guida. Il motore spento. Si passò una mano tra i capelli e rivolse lo sguardo alla porta di ingresso della casa, dall’altra parte della strada. La sua mano era già pronta sulla maniglia della portiera, ma non accennava a muoversi. Non concependone neanche lui il perché, gli balenò in mente che in quel momento Dick gli avrebbe detto con una gomitata: “Le palle amico… abbi le palle!”  
Il ragazzo decise che le aveva. Spalancò la portiera e se la richiuse con risoluzione alle spalle.


“E se restassimo a casa?”
“Cinema!! Cinema!!” urlarono in coro Veronica e Mac battendo all’unisono i pugni sul tavolo.
“Cosa può un ragazzo solo contro due donne alleate contro di lui? E’ così che andrà d’ora in poi?”
Le due ragazze si scambiarono un’occhiata eloquente e Veronica emise il verdetto: “Ci puoi giurare amico! Dammi il 5 sorella!”
I tre amici se ne stavano seduti al tavolo improvvisato nel soggiorno e con la bocca piena ridevano sereni mentre si passavano i contenitori di cartone del take away.
“Ehi lasciami un involtino!”
“Guarda che questi li ho presi per me! Mangiati i tuoi ravioli!”
Veronica scippò l’involtino dal piatto di Wallace con un abile mossa di bacchette e lo addentò così velocemente che il ragazzo non ebbe neanche il tempo di combattere per lui.
“Mi arrendo. Almeno mi lasciate scegliere il film?”… ma ci sperava poco lui per primo.


Logan salì a due a due i pochi scalini che portavano all’ingresso della casa di Veronica Mars. Infilò in una tasca dei jeans le chiavi dell’auto e si preparò a bussare. Cercò di inspirare in petto più aria che poteva, le tempie gli battevano per la tensione – o per l’eccitazione di rivederla? –  e probabilmente anche per la troppa birra di quella sera, ma niente al mondo ormai lo avrebbe fatto tornare sui suoi passi – “Basta cazzate” – niente quella notte gli avrebbe impedito di lottare per riprendersela. Anche se questa volta fosse stata lei a volerlo respingere, Logan si convinse che non glielo avrebbe permesso. Colpì l’uscio tre volte e attese finché finalmente la porta si aprì.
“Buonasera sceriffo Mars.”
“Davvero l’ultima persona che mi aspettavo di trovare alla mia porta. Come stai Logan?”
“Cercavo sua figlia.”
L’imbarazzo tra i due era palpabile. Logan sapeva di non essere mai andato a genio a Keith Mars. Ma che colpa ne aveva se amava sua figlia?
“Si… vedi Logan, il fatto è che Veronica non abita più qui...” Lo sceriffo si sarebbe accorto dello sgomento che si andava dipingendo sul volto del ragazzo che aveva di fronte anche se non fosse stato dotato dell’arguzia che lo contraddistingueva.
“E potrebbe dirmi dove?” … in realtà quello che in quel momento avrebbe effettivamente desiderato Logan Echolls era afferrare lo sceriffo per il colletto inamidato e urlargli “E con chi… con chi… con chi???”
“Ecco Logan, credo sia meglio che questo tu lo chieda direttamente a Veronica, non ti pare?”
“Ma certo… sceriffo!” sapeva che lo avrebbe odiato per il suo tono e gli stava bene così.

“How could this happen to me?”


Mentre Logan Echolls lasciava il portico di quella che a quanto pare non era più la casa di Veronica Mars, sentiva spegnersi molta della determinazione e dell’eccitazione che lo avevano acceso pochi minuti prima.
Ma non abbastanza…
“E’ così che stanno le cose Veronica?”
La luna era già alta mentre Logan si rimetteva al volante della sua auto. Un sorriso sottile, poi il rombo del motore.

____________


Il giorno dopo Veronica si alzò con calma perché non aveva lezioni quella mattina. I suoi amici erano al campus, quindi approfittò della gradita intimità per chiudersi in bagno per 1 ora e restarsene a mollo nella vasca in compagnia del suo I-pod e del suo testo di Antropologia Criminale. Appena fosse riemersa dall’acqua prima di tutto avrebbe chiamato Mac per chiederle di accompagnarla nel pomeriggio a scambiare due chiacchiere con Max per il caso di Connie Raynolds, poi sarebbe andata alla centrale di polizia per pranzare insieme a suo padre. Sperava fortemente che il nervosismo del giorno precedente gli fosse passato e di certo il miglior modo per accelerare quel processo era coccolarlo un po’ come solo lei sapeva fare.


“Speriamo solo che non ci accolga in mutande…”
Veronica e Mac avevano appena bussato alla porta della stanza di Max e dalla faccia dell’amica si capiva benissimo quanto fosse preoccupata per la piega che la vita del suo fidanzato stava prendendo. A sentire lei, il ragazzo si stava trasformando in una specie di larva che non faceva che dormire, mangiare e chiamarla per fare sesso.
Quando Max aprì la porta Veronica pensò che grazie a Dio non si era presentato in mutande, ma chiaramente dagli occhi ancora semichiusi e dal pigiama sgualcito si capiva che lo avevano colto ancora a letto.
“Ragazze….”
L’espressione di Mac era sempre più preoccupata, al limite dell’esasperato, così Veronica decise di subentrare in soccorso dell’amica.
“Buongiorno Max! Ti ricordi di Rory Finch*?”
“Cosa?
“Ho bisogno che mi trovi in rete questo compito o almeno uno che gli assomigli molto. Ti ricordi? L’hai già fatto per me una volta. Puoi farlo subito? Grazie! Tieni!”
“A quest’ora?”
“Ma sono le tre del pomeriggio!” dopo l’intervento ironico e sprezzante di Mac il ragazzo non poteva far altro che invitarle a entrare e mentre continuava ancora a stropicciarsi gli occhi, cominciò faticosamente a trafficare al suo computer per cercare quello che Veronica gli aveva chiesto.
“Voilà!”
“Fammi vedere. Si, è proprio lui, bravissimo! Dice che è stato postato 3 giorni fa… proprio come pensavo. Mi segno l’indirizzo e-mail dell’autore e mi levo dai piedi.” Max però una volta fatta la sua parte si era già disinteressato a lei ed era tornato a sdraiarsi sul letto dove Mac stava aspettando seduta e in silenzio che l’amica detective si annotasse quanto le serviva.
“Ok, io ho finito!” Veronica era pronta a togliere le tende per permettere a Max di tornare al suo pomeriggio impegnato, ma Mac le si avvicinò per chiederle se poteva aspettarla fuori qualche minuto perché voleva chiarire un paio di concetti col suo ragazzo.
Appena si chiuse la porta alle spalle Mac tornò a rivolgersi a Max con aria dura.
“Senti così non può più andare avanti. Io non voglio un fidanzato… COSI’! Ma guardati! Da quant’è che non ti lavi si può sapere? E poi cos’è quella roba che ti cresce sulla faccia?? Ma che ti è preso! Mi dispiace Max… io non vorrei darti un ultimatum ma o cominci a cambiare radicalmente stile di vita o temo che noi non andremo molto lontano”.


Mentre aspettava all’uscita del dormitorio che Mac ne cantasse quattro al suo ragazzo, Veronica colse l’occasione per rilassarsi qualche minuto al sole appoggiata ad un muretto. Era tranquilla e da dietro i suoi occhiali da sole analizzava gli studenti della Hearst che gli passavano davanti senza far caso a lei.
“Si può intuire l’indole delle persone semplicemente osservando il loro comportamento nel campus… Abbiamo il secchione super affaccendato che cammina a passo svelto da un’aula all’altra senza neanche guardarsi intorno. Gli occhi fissi alla meta, vai non mollare! Abbiamo le ragazze che hanno scambiato il cortile per una sfilata di moda… ehi non vi hanno ancora avvertito che il liceo è finito?? Ah! E ovviamente ci sono gli amanti dei godimenti della vita che passano tre quarti delle loro giornate distesi sul prato con un paio di riviste e una birra. Guardali là! Si muovono solo quando gira il sole per il tempo strettamente necessario a direzionare l’asciugamano… un altro centimetro ancora amico, non sei perfettamente perpendicolare!!!”
Veronica sorrideva della sua stessa analisi antropologica sulla condizione umana dello studente medio, ma sgranchendosi la schiena decise che si era stancata del sole, dell’aria aperta e degli alberi e che è era arrivato il momento di un sano caffè.
Appena si voltò e cominciò a dirigersi verso la caffetteria lo vide. Logan Echolls era appena uscito nel cortile e stava camminando nella sua direzione: la camicia appoggiata come al solito su una spalla e gli occhi abbassati su un foglio che teneva in mano.
“Beh Veronica, lo sapevi che doveva succedere prima o poi!”
Aveva cercato di non pensarci tutto il giorno. La sera prima suo padre le aveva telefonato per riferirle dell’improbabile visita… non sapeva cosa pensare.
Si concesse solo un secondo di smarrimento e riprese a camminare per la sua strada, a testa alta, pronta all’impatto. In quel momento anche Logan alzò gli occhi dal suo foglio, la vide e proseguì dritto anche lui. Stavano camminando uno incontro all’altro, sempre più vicini, sempre più vicini. I loro sguardi si incrociarono per poi spostarsi a terra, poi verso il verso il ragazzo che stava passando lì accanto, di nuovo a terra e poi di nuovo nello sguardo dell’altro. Ecco, Veronica lo aveva quasi di fronte, un altro passo e si sarebbe fermata a parlargli dopo quattro mesi che non lo vedeva, un altro passo… ma il suo volto non fece neanche in tempo ad assumere una qualsiasi espressione che Logan le passò accanto sfiorandole una spalla e proseguendo a camminare dietro di lei.
Restò talmente sbalordita che neanche si fermò, proseguendo in automatico, solo più a rilento.
Intanto che il cervello della ragazza stava appena iniziando ad elaborare gli imput ricevuti, Logan girò agilmente su stesso sulla punta di un piede e le urlò alle spalle:
“Potevi anche invitarmi all’inaugurazione!”
Veronica a quel punto di fermò. Si voltò lentamente sfilandosi gli occhiali da sole e appoggiandoli sulla testa per tirare indietro i capelli che il vento le faceva andare negli occhi. Incrociò le braccia al ventre e si piantò in posa, in attesa di sentire il resto. Perché che ci fosse dell’altro ne era più che certa.
Logan aveva assunto la sua solita aria sarcastica. Il sorrisetto stampato in faccia e gli occhi indagatori. Cominciò ad avvicinarsi a lei e le si piazzò di fronte, poggiando le mani sulle cosce per far combaciare perfettamente i loro sguardi.
“Eh Veronica?” gli occhi di Logan scrutavano attentamente l’espressione della ragazza pronti a cogliere la prima minima reazione. Ma Veronica rimase immobile. Se il ragazzo vuole giocare a chi abbassa prima lo sguardo avanti.
Inclinò leggermente la testa verso sinistra e le si avvicinò ancora di più al viso… “Oh magari Piz non ha voluto, mh?”
“Vivi con lui adesso?”
“Avanti Logan, continua pure col tuo soliloquio…”
Improvvisamente Logan si allontanò da lei prendendo spazio e ridacchiando iniziò a giocherellare con la camicia che adesso teneva in mano.
“Cos’è? Preferisci la casa nella prateria alla mia stanza d’albergo?”
Veronica adesso si decise a parlare.
 “Hai finito?”
Il ragazzo allargò le braccia con gesto teatrale come a dire “prego, tocca a te!”.
“Sei un cretino Logan”.
Si voltò e lo lasciò lì, senza chiedersi che espressione si fosse dipinta su quella faccia così sicura di sé fino a un attimo prima.

Ma Logan stava sorridendo mentre la guardava andarsene. Divertito e innamorato più che mai.

“I’m slipping off the edge
I’m hanging by a thread
I wanna start this over again”


(Sto scivolando fuori dall’orlo
Sono sospeso a un filo
Voglio ricominciare di nuovo)





NOTE:
*pseudonimo usato dal professor Hank Landry per incontrarsi con la moglie del Rettore al Neptune Grand.



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Capitolo 4
*** Capitolo tre ***


Rispondo a DMD: il titolo della canzone l’ho scritto all’inizio, in una piccola introduzione prima del capitolo.
Come sempre grazie per le recensioni!



CAPITOLO TRE





“Ma veramente ti ha chiesto se vivevi con Piz nella Casa nella Prateria?”
“Si.”
Per trattenere uno scoppio di riso tra i denti Mac si infilò un’altra manciata di pop porn in bocca lasciandone rotolare alcuni sul divano su cui le due amiche se ne stavano sdraiate, una ad un capo e una all’altro. Veronica però colse immediatamente la manovra diversiva dell’amica e le tirò un calcio assestato facendo rovesciare buona parte dei pop corn addosso a Mac.
“Ehi guarda che c’è poco da ridere!”
“Scusa ma non puoi negare che la similitudine sia vagamente azzeccata! Dai Veronica non fare quella faccia sconsolata…” Mac raccolse un pop corn dal divano e lo lanciò addosso all’amica per richiamare all’ordine il suo stato d’animo “in fondo tu non gli hai mai detto di esserti lasciata con Piz fin da prima dell’estate. Tu sai che lui ha passato l’estate in Australia con Dick, ma lui non sa assolutamente nulla che ti riguardi! Come immaginavi ti accogliesse?”
“Non sarebbe stato Logan se non mi avesse affrontato a muso duro…”
“Io veramente non vi sopporto voi due! Sono anni che trascinate avanti questa storia fatta di non-detti! Guarda che lo stile dramma non è più di moda dagli anni 50! Te lo chiedo per favore: smettila! Se pensi a lui falla finita e vai a parlargli!”
“Ma per dirgli cosa ancora!”
“Non so, qualcosa del tipo: baby, sono single, amiamoci.”
“Ehi ho già tentato questa strada ok? E si è rivelata disseminata di mine anti-Veronica! Hai presente la scorsa estate… io che vado da lui… io che vengo gentilmente invitata ad accomodarmi fuori… ti amo dolcezza ma ripassa quando avrai le idee più chiare!” Veronica scosse la testa e si alzò dal divano. Mac la seguì con lo sguardo aprire il frigorifero e tirarne fuori una bottiglia d’acqua mentre continuava a sfogarsi sempre più concitata. “Quello che veramente non sopporto è che forse ha ragione lui… sono io che non riesco a chiarire quello che davvero voglio! Cioè, ci abbiamo provato e riprovato io e Logan e ogni volta io mi sono trovata col cuore spezzato! Quanto vale la pena rischiare di nuovo solo perché non riesco a togliermelo da questa stupida testa? E poi a quale scopo mi chiedo? Non mi pare che lui stia morendo dal desiderio di riavermi!”
“Veronica lo sappiamo entrambe che tutto questo ha un senso. Ma allora perché non cominci a pensare di voltare questa maledetta pagina Logan Echolls? Basta. Apri un altro capitolo! O ti ritroverai tra dieci anni in questo stesso punto: depressa e isterica a mangiare pop corn sul divano di venerdì sera!”
“Non mi pare di essere l’unica depressa isterica su questo divano…”
In quel momento qualcuno suonò alla porta… “Salvata dal campanello!” Veronica strizzò l’occhio all’amica e scattò in piedi con un piccolo salto per andare ad aprire.
“Ehi Mac c’è qualcuno per te… non credo di conoscerlo!”
Un Max tirato a lucido in giacca e camicia fece ingresso nel soggiorno.
“Chi sei tu? Che ne hai fatto del mio ragazzo?”
“Quello era stato lasciato dalla fidanzata…”
“Cuore mio apriti… ti sei fatto la barba!”
“Soprattutto è sveglio! Ok ok ricevuto, io tolgo il disturbo…”
“No Veronica resta. Mac, posso invitarti a cena fuori?”
“Puoi giurarci bellezza!” e prima di correre a godersi i frutti dell’ultimatum dato al fidanzato qualche ora prima, Mac sussurrò all’amica con un sorrisetto divertito: “Ora chi è l’unica depressa isterica rimasta in questa stanza?”, ricambiò con complicità il precedente occhiolino e scomparve euforica.

Una volta rimasta sola Veronica si disse che non poteva perdere tempo a chiedersi se sarebbe mai stata capace di chiudere il capitolo Logan Echolls, perché doveva cominciare a occuparsi del caso di Connie Raynolds. La ragazza doveva incontrare il Rettore l’indomani e se voleva aiutarla doveva darsi da fare da subito. Guardò l’ora. Non era ancora tardi, avrebbe fatto un salto al dormitorio della ragazza per chiederle qualche informazione.
“Almeno Mac non potrà dire che resto a casa il venerdì sera…”

“Veronica che bello che sei passata! Entra! Vuol dire che hai buone notizie da darmi?”
“Non ancora veramente. Però ho scoperto che il tuo compito è stato messo in rete da un indirizzo e-mail di uno studente della Hearst, un certo Philip Senders, lo conosci per caso?”
“No, non mi pare.”
“Magari un compagno di corso, o qualcuno che voleva danneggiarti per qualche motivo…”
“Non ne ho idea…”
In quel momento una ragazza altissima e dai lunghi capelli neri aprì la porta ed entrò a grandi passi nella stanza “Connie devi prestarmi il tuo shampoo… ah scusa non sapevo avessi visite, ciao io sono Gwen.”
“Veronica questa è la mia compagna di stanza. Gwen prendilo pure da sola, è nel mio beauty case…”
La giovane detective tornò a rivolgersi alla sua cliente “Connie, mi hai detto che ricevi una borsa di studio. Che tipo di borsa è?”
“La Hearst Talent*. E’ una borsa di merito. Per ogni anno di corso viene assegnata ai dieci studenti con la media più alta. Ho faticato tantissimo per guadagnarmela… non potrei mantenermi agli studi altrimenti.”
“C’è una graduatoria a punteggi?”
“Certo. Io ci sono rientrata per un pelo, sono al decimo posto… mi basta scendere di un punto per perdere il finanziamento!”
“Mhm… magari potremmo ipotizzare che qualcuno voglia prenderti quel posto?”
“Sicuramente in molti ambiscono a quella borsa di studio, ma perché qualcuno farebbe questo!!!”
“Credimi, non hai idea di cosa possano arrivare a fare certe persone…”
“Ma come avrebbe potuto rubare il mio computer… entrare in camera mia!”
“Non so… magari a una festa, oppure un giorno tu o la tua coabitante avete dimenticato di chiudere la porta... sai, l’occasione fa l’uomo ladro!”
“No è impossibile!”
“Ok ora non ti agitare, in ogni caso è un dettaglio che non ha tutta questa importanza. Quello che conta adesso è trovare questo Philip Senders e sentire che ha dire. Me ne occuperò domani.”
 “Devo presentarmi dal rettore alle 17 e 30!”
“Lo so.”

Dopo aver lasciato un’agitatissima Connie Raynolds, Veronica decise di fare una puntata in biblioteca per una ricerca al computer.
“Fantastico! Le graduatorie della Hearst Talent sono pubblicate in rete! Vediamo un po’… ma guarda! Salve Philip Senders undicesimo in classifica! Ora devo solo trovarti…”
Ormai quella sera non poteva fare più niente per Connie, ma Veronica non aveva nessuna voglia di tornare a casa e riprendere il suo posto di depressa isterica sul divano, quindi una volta salita in macchina prese una strada diversa da quella di casa sua.
“Paparinooooooo?”
Appena la ragazza entrò nella sua vecchia casa Buddy si precipitò a salutare la sua padrona gettandole con un balzo le zampe alle spalle, mentre affettuosamente le leccava tutta la faccia “Si si, anche tu mi sei mancato tanto cagnolone!” Quando all’inizio del mese si era trasferita, Veronica aveva cercato in tutti i modi di trapiantare Buddy nella nuova casa, nonostante i suoi coinquilini non ne fossero del tutto entusiasti, ma non c’era stato niente da fare… quel cane testardo non ne voleva sapere di adattarsi a un nuovo ambiente! Ne sentiva terribilmente la mancanza, tutti i giorni.
“Veronica! Che bella sorpresa tesoro!” Keith Mars uscì dal bagno e andò ad abbracciare sua figlia.
“Ciao papino, sono venuta a vedere come te la cavi senza di me!”
“Affamato e disperato bambina mia”
“Ora non più!” Veronica con mossa enfatica appoggiò sul tavolo della cucina un contenitore smisurato di pollo fritto, “caldo e croccante come piace a te!”
“Ooohh sapevo di aver cresciuto una figlia perfetta!”
E mentre Keith si avventava famelico sulla cena, Veronica prese posto davanti a lui al tavolo della cucina, mentre Buddy si godeva la tanto attesa vicinanza della sua padrona, facendosi grattare la testa con il muso appoggiato sui suoi jeans. “Allora sceriffo Mars… raccontami un po’. Che combinano i cittadini di Neptune sotto il tuo occhio vigile?”
“Ah bambina, sono coinvolto in un brutto caso di omicidio. Un funzionario comunale è stato trovato morto con un colpo di arma da fuoco in mezzo agli occhi… stesso calibro di una pistola d’ordinanza. Per ora tutti i rilevamenti portano a sospettare di un poliziotto… davvero una brutta storia…”
Padre e figlia restarono a lungo a chiacchierare seduti in cucina, proprio come una volta. Per Veronica non sarebbe potuta venir fuori una serata migliore.

____________


La mattina seguente di buon ora Veronica Mars stava sbirciando oltre la porta a vetri della segreteria amministrativa chiedendosi come avrebbe potuto eludere la vigilanza della segretaria e accedere all’archivio degli studenti iscritti alla Hearst. Aveva poco tempo e non poteva aspettare che la donna si allontanasse per la pausa. “No Veronica. Far suonare l’allarme anti-incendio è effettivamente troppo… cerca di ridurre gli atti penalmente perseguibili almeno finché il nuovo rettore non ti ha ancora schedata! Aspetta un attimo…” Con un sorrisetto scaltro la detective si diresse verso la mensa.
“Ciao piccola! Tu sei la figlia della cuoca della mensa vero?” la ragazza si stava rivolgendo ad una bambina in abitino rosso e i biondi capelli raccolti in due codini con un nastro dello stesso colore. Avrà avuto circa nove anni e Veronica ricordava di averla vista più di una volta seduta in mensa a disegnare aspettando che la madre finisse il suo turno.
“Si, ciao!”
“Ciao, io mi chiamo Veronica, studio in questa università. Senti… vuoi guadagnarti 10 dollari?”

“Mac!!! Ehi Mac aspetta!!”
Dick Casablanca stava correndo nel corridoio cercando di intercettare Mac prima che entrasse nella sua aula e urlava talmente forte che anche da una certa distanza la ragazza si sentì chiamare e si girò.
“Mac!!!! Ce l’hai fatta a fermarti, è dal cortile che ti rincorro!”
“Dick Casablanca?!?”
“Proprio lui! Allora come stai?”
La ragazza sembrava perplessa e voltandosi riprese a camminare lungo il corridoio con Dick che la seguiva marcandola stretta “Sto bene. Allora Dick che ti serve?”
“Cosa cosa? Ehi credi che ti fermi solo se mi serve un favore?”
Mac per tutta risposta alzò visibilmente un sopracciglio.
“Allora come hai passato le tue vacanze?”
“Sono rimasta in città. Ho lavorato”.
“Ah ti capisco, anche io ho passato tutta l’estate a Neptune!”
A quel punto la ragazza si fermò “Ma come? Credevo che tu e il tuo amico aveste inseguito le onde australiane!”
“Australia? Australia… Mi vuoi dire che esistono onde anche al di fuori della costa ovest della California e del Messico?”
“Ma davvero sei rimasto qui tutta l’estate?”
“Si, ho passato un po’ di tempo con mio padre prima che lo chiudessero dietro le sbarre… vorrei evitare di pensare a che mi sono perso!”
“Ah. Ok, comunque ora devo andare, la mia lezione sta per iniziare.”
“Aspetta Mac, d’accordo è vero mi serve un favore!”
“Ne ero certa…” disse la ragazza sorridendo soddisfatta di aver avuto ragione.
“Ho solo bisogno che tu ripari il mio computer.”
“Non sarà un favore Dick, è così che io mi mantengo.”
“Bellezza non ho problemi a pagarti! Però ho davvero bisogno di un intervento immediato!”
“Immediato? Beh questo è impossibile, a parte che ho lezione tutto il giorno e poi ho altri lavori in sospeso.”
“Andiamo Mac! Per un vecchio amico lo puoi trovare il modo!”
La ragazza capì che Dick avrebbe continuato ad ossessionarla finché non avesse ottenuto quel che voleva e che l’unico modo per liberarsi di lui il prima possibile era strappare il cerotto con un unico colpo secco.
“Ok senti, portami il tuo computer nel pomeriggio a casa e vedrò che posso fare lì per lì. Ti do l’indirizzo e poi ti prego di lasciarmi andare a lezione!”

“Allora ti va di aiutarmi piccola?”
“Certo! Ma devo chiederlo alla mia mamma.”
“Andiamo a chiederglielo!”
Non c’era persona al mondo che Veronica Mars non sarebbe stata in grado di convincere, anche una madre diffidente.
“Gliela riporto tra dieci minuti signora promesso! Vieni Annie, ti spiego quello che devi fare.” La bambina seguì Veronica gioiosa ed eccitata.
“La vedi quella signora? Devi solo entrare e chiederle se può riaccompagnarti nella mensa perché ti sei persa. Pensi di riuscire a farla uscire? Ecco, 10 dollari!”
“Per 20 mi metto anche a piangere…" dalla faccina furbesca della bambina Veronica capì che aveva scelto la socia perfetta.
Annie compì la sua magia così magistralmente che la stessa Veronica non avrebbe potuto fare di meglio; in due minuti stava già uscendo dalla segreteria mano nella mano con la segretaria e non appena le due socie si furono scambiate un occhiolino complice, Veronica sgusciò nell’ufficio e attenta a non farsi vedere iniziò a sbirciare nello schedario.
“Allora Philip Senders, chi sei? E dove vivi? … Eccoti qua! E abiti proprio nel dormitorio qui dietro! Stanza 412. Fosse sempre tutto così facile!”

“Sei tu Philip Senders?”
“Se sei tu a chiederlo si!”
Dall’espressione di Veronica Mars lo sconosciuto che le aveva aperto la porta della 412 capì che la ragazza non aveva né tempo né voglia di assecondarlo.
“E’ il mio compagno di stanza… ehi Philip capitano tutte a te le fortune, c’è una bionda che ti cerca!”
“Ehi bambolina, posso avere il piacere di aiutarti?”
“Eccome! Puoi dirmi se sei tu che hai rubato il portatile di Connie Raynolds!”
“Cosa??? Ehi ma sei pazza bella?”
“Mhm… e scommetto che ora mi dirai che non sai chi sia e che non hai alcun interesse a che lei perda la Hearst Talent che così passerebbe a te!”
“No senti, so chi è e in effetti sarebbe fantastico passarle avanti in graduatoria, ma non sono io ad aver rubato il suo compito ok?”
“Chi ha parlato di compito? Io detto solo computer…”
Veronica sorrideva divertita mentre il ragazzo cominciava a scivolare nel baratro del passo falso col quale si era appena tradito.
“Ne ho solo sentito parlare ok?”
“Senti amico, questa storia potrebbe finire senza danni per nessuno, facciamo finta di niente e tira fuori quel computer…”
“Senti io non ho quel maledetto computer e poi come avrei potuto fare a rubarlo eh? Tu non hai uno straccio di prova per accusarmi quindi ora vedi di toglierti dai piedi!”
Appena la porta si richiuse sbattendo davanti alla sua faccia Veronica pensava che in effetti non aveva modo di dimostrare che avesse rubato lui il computer e sarebbe stato troppo ottimistico che il ragazzo confessasse così su due piedi. Doveva trovare qualcosa su cui far leva per persuaderlo. “Avrai pure qualche scheletro nell’armadio Philip Senders!”

“Ma questo computer è pieno di robaccia!! Ci sarà una colonia di virus! Come cavolo hai fatto a ridurlo in questo stato?”
Mac aveva accettato di saltare un paio di lezioni del primo pomeriggio per liberarsi dell’assillo di Dick, perché dal momento in cui lei aveva accettato di aiutarlo il ragazzo le aveva già telefonato quattro volte per chiederle quando avrebbero iniziato a lavorare sul computer, e ora si trovavano seduti sul divano del soggiorno in casa della giovane informatica.
“Magari ho aperto un paio di siti poco sicuri ok? Ehi togliti quell’espressione dalla faccia! Non ti pago mica per fare commenti!”
“Ok ok… senti, qui c’è da formattare tutto l’hard disck, hai fatto dei dischi di bake up no?”
“Dei dischi di che?”
“… di salvataggio. Hai fatto delle copie di sicurezza dei file?”
“Se lo avessi fatto mi sarei comprato direttamente un computer nuovo a questo punto!”
“Ah… avrei dovuto pensarci prima di farti questa domanda…”
“Quello che mi interessa è proprio che mi recuperi tutto, ogni singolo dato!”
In quel momento Veronica Mars entrò affrettata in casa “Come si convince un imbecille a confessare di essere un ladro?” Appena la ragazza alzò lo sguardo nella stanza si fermò di colpo, “Mac attenta!!! C’è un Dick Casablanca sul divano! Hai chiamato la derattizzazione?”
“Veronica Mars!!! Ma guarda che sorprese riserba questa casa! Bisogna che vengo più spesso…”
“Ciao Dick… Non sai che voglia avrei di sedermi lì con voi, potremmo farci le trecce insieme e parlare di smalti per le unghie... ma purtroppo ho già preso un impegno con Wallace in centro… che peccato!” dopo aver riversato la giusta dose di sarcasmo sullo 09, la ragazza scomparve velocemente nella sua stanza per poi riuscire subito di casa. Salì in macchina e iniziò a guidare con calma, riflettendo su come aveva potuto fare Philip Senders ad introdursi nella camera di Connie.

Wallace da un paio di settimane aveva trovato un lavoro part-time in un cinema nel centro di Neptune. A sentire il ragazzo era il lavoro ideale: per due notti e due pomeriggi a settimana doveva occuparsi di cambiare le pellicole dei film nella sala di proiezione, quindi in pratica il lavoro consisteva in scorpacciate di film e pop corn. Prima di iniziare il suo turno il ragazzo aveva chiesto a Veronica di raggiungerlo in centro per pranzare insieme e lei era sta più che contenta di accettare, perché voleva consultarsi con l’amico circa un certo dubbio che aveva iniziato a ronzarle in testa. Ora quindi si trovavano nella macchina di lei a discutere sulla scelta del posto in cui avrebbero mangiato.
“Io il chili piccante all’ora di pranzo non posso tollerarlo!” cercava di spiegargli la ragazza.
“Ma quello va bene a qualunque ora!”
“Non se hai bisogno di essere operativa nel pomeriggio!”
“Va bene… ho capito, andiamoci a fare una pizza…”
Soddisfatta di essere riuscita a spuntarla anche questa volta Veronica Mars parcheggiò l’auto proprio davanti alla pizzeria e i due amici si accomodarono ad un tavolo che si era appena liberato.
“Allora Fennell, se mi hai chiamato a rapporto vuol dire che hai novità da sottopormi!”
“In effetti ho grande notizie! Ho conosciuto una ragazza!”
“Dio sia lodato!”
“Lavora al cinema anche lei, si occupa della biglietteria… ah Veronica dovesti vederla, ha due occhi…”
Mentre Wallace cantava le lodi di quello che a sentire il suo tono smielato sarebbe diventato il nuovo amore della sua vita e l’argomento che avrebbe occupato tutte le sue conversazioni dei prossimi mesi, l’attenzione di Veronica venne improvvisamente catturata dagli occupanti del tavolo in fondo alla sala.
“Ehi ma io quella spilungona la conosco…”
Veronica cominciò a dimenarsi al tavolo, sollevandosi e sporgendosi, nel tentativo di migliorare la sua visuale.
“Mars ma mi stai ascoltando? Che cavolo fai, vuoi stare ferma?”
“Ma certo! Quella è la compagna di stanza di Connie Raynolds! … e guarda guarda chi sta sbaciucchiando…”
“E' proprio il mio giorno fortunato! Scusa Wallace, devo andare un attimo laggiù a risolvere un caso, torno subito.”

“Caroooo, sono a casa!”
Appena entrato nella sua stanza al Neptune Grand, Dick Casablanca cominciò a sorridere e ad ammiccare al suo coabitate che se ne stava tranquillo sul divano a giocare a un videogioco.
“Che ti prende?” chiese Logan all’amico, insospettito dalla sua aria divertita e al tempo stesso misteriosa.
“La sorte ti è amica bello! La Fortuna è dalla tua, la Dea Bendata ti sorride…”
“Vieni al dunque Dick.”
“Vuoi sapere cosa ha scoperto il tuo amico?”
“Ho quasi paura di saperlo…”
“Mmmm io credo di no… Ti interessa il nuovo indirizzo di Veronica Mars?”

“La coppia che scoppia!”
Veronica Mars piombò alle spalle dei due ragazzi intenti ad addentare un grande pezzo di pizza ai peperoni, costringendoli a voltarsi.
“Ciao Gwen compagna di stanza di Connie! E ciao a te Philip Senders… no, non ti nascondere dai, ormai ti ho visto! Posso sedermi con voi si? Finalmente ho capito come hai fatto a entrare in camera di Connie… avevi una spia all’interno! Oppure non ci sei entrato proprio? Volendo azzardare un’ipotesi quel computer non si è mai mosso da quella stanza e voi vi siete limitati solo a mettere il compito in rete… che dici Gwen, che ci trovo nel tuo armadio? O magari sotto il tuo letto?”
“Senti sparisci” Gwen tentò di liberarsi di quel fastidioso interrogatorio, ma ormai Veronica era partita.
“Te lo ripeto bambolina, non hai prove quin…”
Ma Veronica lo interruppe agguerrita “Ti conviene smetterla di chiamarmi bambolina sai Philip? Allora ragazzi, io devo tornare dal mio amico… Connie deve presentarsi dal preside tra circa tre ore e io la accompagnerò. Qui le cose sono due: io posso accompagnarla col suo computer per dimostrare che non ha copiato, oppure posso accompagnarla con i vostri nomi e un invito a guardare attentamente nelle vostre camere. Che dite ragazzi?” Veronica prese una patatina dal piatto di Philip Senders e con tutta calma se la infilò in bocca, mentre in due ragazzi si scambiavano sguardi preoccupati, cercando di capire il meglio da farsi. Quanto davvero poteva metterli in pericolo questa ragazza bionda ed esile? “Voi pensateci, mi potete trovare nella camera di Connie… a spiegarle come la sua compagna di stanza ha tentato di fregarla per aiutare il suo ragazzo a sfilarle la borsa di studio. Godetevi la pizza, ha un aspetto ottimo!” Detto questo Veronica Mars si alzò e tornò a sedersi da un Wallace al limite tra lo sbalordito, il divertito e il rassegnato.
Circa due ore dopo le telefonò una raggiante Connie Raynolds per annunciarle che il suo computer si era magicamente materializzato sulla sua scrivania e chiedendole come ci fosse riuscita, ma Veronica le rispose che le avrebbe spiegato tutto più tardi perché prima che la giornata finisse c’era ancora una cosa che doveva assolutamente fare.

Dopo una veloce corsa in macchina Veronica Mars arrivò al Neptune Grand e usando la chiave che ancora non aveva restituito a Logan piombò nella sua camera e andò a piazzarsi con uno sguardo aggressivo davanti al ragazzo che stava ancora nella stessa posizione di qualche ora prima: seduto sul divano a giocare ai videogiochi.
“Immagino che sarai soddisfatto no? Hai finalmente risolto il grande enigma che ti assillava! Cos’è mandi le tue spie a scoprire i fatti miei adesso?”
Logan Echolls spense con calma la televisione e poggiò sul tavolo il joystick, mentre Veronica rimaneva in attesa visibilmente agitata.
“Noto con piacere che la tua paranoia è cresciuta col caldo estivo…” Logan si alzò e si preparò al confronto,  “so che sarà inutile dirtelo, ma io non c’entro niente con questa storia. Non ho mandato io Dick! Per chi diavolo mi hai preso! E soprattutto chi ti crederai mai di essere!”
Su queste parole Veronica si pose seriamente sul piede di guerra. Logan continuò: “Ora. Se mi vuoi credere benissimo, altrimenti sono affari tuoi.”
“Certo Logan! Sono sempre affari degli altri no? Figuriamoci quando mai Logan Echolls deve crearsi un problema!”
Improvvisamente Logan si fece calmo e serio e il suo tono di voce cambiò, diventando simile a quello che Veronica identificava come il tono del “Logan fidanzato”.
“Senti Veronica, vedo che chiaramente sei venuta per litigare e sai che sono sempre pronto ad assecondarti volentieri, però prima che io cambi idea ci tengo a chiederti scusa per averti aggredito l’altro giorno senza neanche salutarti prima… solo che potrai capire che ero un tantino alterato!”
“Tu!!! Tu eri alterato??”
Il tono di Logan tornò ad essere elevato e ironico: “Non lo so Veronica! Già non ho tue notizie per quattro mesi e poi, quando comunque decido di venire IO a cercarti, scopro che ti sei addirittura trasferita! … Magari in Giappone! Magari su Marte! E chissà con chi!”
Anche Veronica iniziò a gridare: “Non è che tu quest’estate mi abbia inondato di e-mail e telefonate Logan!!! Tutto quello che sapevo era che eri… aspetta dove? Ah si! Dall’altra parte del mondo! E per quanto riguardava ME poteva anche averti adottato un canguro!!”
I due, liberati di tutto quello che ognuno voleva urlare all’altro, si fermarono affannati e rimasero a fissarsi con occhi furenti.
Senza dire una parola improvvisamente afferrarono di scatto uno il viso dell’altro facendo incontrare violentemente le loro labbra e mentre iniziavano a spogliarsi in preda alla frenesia, Logan sollevò Veronica e continuando a baciarla la portò in camera da letto.

Quando Logan Echolls si svegliò, aprendo lentamente gli occhi vide che ormai dalla finestra proveniva solo una pallida luce. Di colpo si ricordò cosa era da poco successo e si girò di scatto alla ricerca di Veronica, trovandola seduta di spalle al bordo del letto che si stava in silenzio riallacciando gli stivali.
“Ehi… che stai facendo?”
“Vado a casa.”
“Cosa? Cioè, perché?”
“Mi pare chiaro. Abbiamo finito di fare quello che abbiamo fatto, quindi me ne vado.” la ragazza animando il tono si girò a guardare Logan che sembrava sinceramente frastornato da quello stava succedendo “Ah, e se può valere qualcosa sappi che non ero venuta per questo!”
Veronica stava inspiegabilmente tornando sul piede di battaglia, ma Logan si disse che questa volta non si sarebbe fatto trascinare nella trincea. Voleva capire cosa avesse, risolverlo e non perderla più. Mai più.
“Veronica cosa ti prende? Dovremmo parlarne non credi?”
“Non credo.”
“Come no?”
“No.”
“Ma… cioè… aspetta dove vai! Io non capisco!”
“Problemi tuoi.”
“Miei?”
“Tuoi.”
Veronica si mise rapidamente la giacca e iniziò ad avviarsi alla porta della camera da letto, ma Logan balzò in piedi giù dal letto e le parlò con una voce talmente dolce e confusa che la ragazza fu costretta a fermarsi.
“Vuoi dire che questo non è contato… niente per te?”
“Logan… cercherò di spiegarmi al meglio anche se prima di tutto dovrei a spiegarlo a me stessa… non so questo cosa significhi. Però so che non possiamo tornare insieme, quindi devo andarmene da questa stanza il più velocemente possibile, prima che sia troppo tardi.”
Logan la guardava con occhi atterriti “Perché?”
“Perché è così.”
“Che significa? Spiegami!!!”
La ragazza si mise in spalla la borsa e si avvicinò alla maniglia della porta, taceva.
“Veronica parlami!!!”
“Significa che non posso!”
“Ma che vuol dire non puoi!!!”
“Non posso e basta.”
Logan rimase zitto e pensò “E’ perché sta ancora insieme a Piz?”
“Senti io devo andare. E Logan? Questo, qualunque cosa sia, non dovrà più accadere.” Veronica aprì la porta della camera da letto e si girò a guadarlo per accertarsi che avesse capito. Logan la osservava con uno guardo che la colpì e che le fece sentire fitta allo stomaco, per questo quando lui le chiese:
“Veronica dimmi almeno una cosa. Stai ancora con Piz?”
lei non poté non rispondergli: “No… Da prima dell’estate.”
Oltrepassò la porta e uscì.
Logan rimase in piedi nella stanza e appena la porta si richiuse alle spalle della ragazza che amava, allargò le braccia, alzò la faccia verso l’alto e iniziò a ridere di sollievo per quella notizia che lo aveva appena liberato dei cento chili che fino a un attimo prima sentiva sul petto al pensiero di saperla nelle braccia di un altro. Per quanto riguardava tutte le altre cose che la ragazza gli aveva detto… beh, Logan sapeva che quelle le avrebbe risolte, perché credeva di sapere cosa stava passando per la testa di Veronica Mars.
Si lasciò cadere sul letto dietro di lui, ancora a braccia aperte e ancora con quel sorriso sollevato e al tempo stesso determinato.

____________


Era passata una settimana da quella notte al Neptune Grand e in quei giorni Veronica non aveva più visto né sentito Logan, ma soprattutto aveva cercato di distrarsi in tutti i modi per cercare di non pensare a quello che era successo, a cosa l’aveva spinta, a quanto non riuscisse a definire ciò che provava. Aveva risolto un caso di adulterio commissionatole alla Mars Investigation, aveva completato la sua tesina per il corso di Antropologia Criminale, che le aveva meritato la prima A dell’anno e si era impegnata con i suoi amici a svuotare gli scatoloni e a sistemare la casa, che ormai stata iniziando ad assumere un aspetto quasi umano. Tuttavia era certa che i suoi amici avessero notato il suo umore scuro, nonostante si fossero sforzati di far finta di nulla. Quella mattina però, mentre si attardava ancora a letto prima di iniziare la giornata, con lo sguardo perso oltre i vetri della sua finestra, nel verde del parco sottostante, stabilì che a partire da quello stesso momento avrebbe smesso di tormentarsi e sarebbe tornata ad essere la solita Veronica.
Quando uscì dalla sua camera infatti, la sua coinquilina Mac, impegnata ai fornelli a cuocere uova per la colazione – ormai i loro utensili da cucina si erano moltiplicati –  per la prima volta da giorni poté vedere Veronica venirle incontro sorridendo e salutarla allegramente.
“Buongiorno raggio di sole! Aaaaahhh non mi dire che stai cucinando per me!”
“Più che altro sto uccidendo due uova.”
Le due amiche trascorsero una piacevole colazione chiacchierando del più e del meno, finché il pensiero delle lezioni della mattina non le obbligò a interrompere quel momento d’ozio e di battute spiritose. Mentre Veronica si stava già avviando nella sua stanza per iniziare a prepararsi, Mac le chiese di fermarsi un momento perché aveva qualcosa da dirle, anche se sembrava ancora incerta sul da farsi.
“Sai io non ho voluto parlartene in questa settimana perché mi sembravi così strana e soprattutto perché penso di saperne il motivo… però ci sarebbe una cosa che non ti ho detto. Anche se non so se faccio bene a dirtela… riguarda Logan.”
“Parla pure Mac. Ormai il mio livello di tolleranza ha raggiunto livelli stellari e soprattutto non ho intenzione di farmi rovinare neanche più una giornata dall’argomento Logan Echolls!”
“Ok… se lo dici tu! Beh insomma, non è niente di sensazionale, solo che quando ho riparato il computer a Dick ho scoperto che Logan non è andato insieme a lui in Australia… tutto qua.”
“Ah. A dirti la verità mi avevi quasi spaventato. Per quanto mi riguarda Logan Echolls può andarsene in giro per il mondo con chi vuole! Ora scappo che prima della lezione devo fare un salto alla Mars Investigation, a più tardi!”
Veronica Mars montò in macchina cercando di costringere il suo cervello a non farsi fantasie su chi Logan si fosse portato in Australia, dicendosi che questa notizia non avrebbe rovinato il suo proposito di quella mattina.
“No Veronica non ci provare! Tu non ci penserai… non ci stai pensando…”
In quel momento il suo telefono squillò provvidenziale.
“Papà! Ti adoro, riesci sempre a chiamare nel momento migliore!”
“Ciao Veronica. Senti, sono al Neptune Grand. Non sapevo se dirtelo…”
“Se qualcun’altro oggi mi dice questa frase mi metto a urlare!”
“… hanno rapinato la camera del tuo ex fidanzato.”






NOTE:
NB: tutti i nomi presenti in questa ff, tranne quelli dei personaggi della serie di tv, sono ovviamente frutto di fantasia.
* la parola “talent” in inglese si traduce letteralmente “studenti dotati”

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Capitolo 5
*** Capitolo quattro ***


Rispondo a isilady: questa cosa del nome del cane di Veronica è strana! Io ho fatto riferimento alla terza serie in cui lo chiamano Buddy (vedi puntata 3x1), ma in effetti nelle serie precedenti si chiama Backup! Bah!!
Grazie poi per tutte le altre recensioni! Io mi sto divertendo tantissimo a scrivere questa ff e visto che in questo periodo mi sono liberata di un po’ di impegni riesco anche ad aggiornare abbastanza velocemente, ma purtroppo non sarà sempre così!
Spero davvero che questo nuovo capitolo vi piaccia perchè è un po’ particolare… fatemi sapere!





CAPITOLO QUATTRO






“Non dovrei andare…”
Veronica Mars guidava verso la Hearst sempre più lentamente, mordendosi un labbro per l’indecisione circa la sua destinazione. Era combattuta tra la curiosità di andare a vedere cosa fosse successo al Neptune Grand e l’agitazione per trovarsi davanti Logan Echolls. Fermò l’auto nel parcheggio del campus e spense il motore.
“Farei bene a farmi i fatti miei…”
La curiosità sempre più accesa che la animava si concesse circa dieci secondi di incertezza, ma alla fine ebbe decisamente la meglio. La giovane detective ingranò la retromarcia e partì a tutta velocità verso quel lussuoso albergo che conosceva così bene, allontanandosi dal campus, dalle lezioni di quella mattina e dalla possibilità di compiere quella che sapeva essere probabilmente la scelta più saggia.
“… ma come faccio a perdermela questa!”

Al Neptune Grand si respirava un’aria caotica. Un uomo di mezza età su tutte le furie stava urlando contro il direttore dell’hotel che si trovava in evidente imbarazzo e difficoltà.
“Mi spieghi come è potuto accadere! Vi farò causa!”
Due agenti di polizia stavano tentando di farlo ragionare, ma Veronica non volle assistere oltre a quella scena e salì sull’ascensore appena arrivato, pensando a quanto fosse assurdo che un’intera città sembri mobilitarsi quando un problema si presenta ad uno dei membri facoltosi della comunità.
Appena le porte dell’ascensore si furono riaperte Veronica venne subito raggiunta dalla voce isterica di Dick Casablanca.
“Dovete ritrovarmelo!!!”
La ragazza si avvicinò rapidamente alla porta aperta della stanza e vi trovò subito il padre che sembrava la stesse aspettando.
“Ero sicuro che non saresti riuscita a resistere… siamo appena arrivati anche noi.”
“Che è successo?”
Dick stava correndo avanti indietro nella stanza, inseguendo gli agenti che sotto le sue grida cercavano invano di effettuare i rilevamenti del caso.
“Ehi tu poliziotto mi hai sentito???”
“Signore la prego, si calmi e ci lasci fare il nostro lavoro.”
“Calmarmi?? Calmarmi!! Ehi sceriffo ma lo sente il suo agente? Forse non avete capito, DOVETE RITROVARMELO SUBITO!!!”
Keith si apprestò a spiegare alla figlia che tra le 4:00 e le 6:00 di mattina qualcuno aveva ripulito le camere di alcuni ospiti, tutti quelli che non si trovavano in albergo quella notte.
“E chissà dov’erano…” si trovò a pensare Veronica mentre suo padre continuava a spiegarle i fatti.
“Il ladro doveva avere le chiavi delle camere perché in nessuna abbiamo trovato segni di effrazione…”
“Dovevano avere anche le chiavi della cassaforte, perché mi hanno alleggerito di due Rolex che appartenevano a mio padre e di mille dollari in contanti…” in quel momento Logan Echolls si materializzò con tutta calma dalla sua camera da letto e nel vedere Veronica in piedi nella stanza accanto allo sceriffo non gli fu possibile impedire alla sorpresa di dipingersi sul suo volto. Non l’aveva ancora rivista da quel giorno, ma non si lasciò turbare.
“Ciao”, le sorrise.
“Ciao Logan, mi dispiace per il furto”.
I due ragazzi si scambiarono uno sguardo fugace, ma non abbastanza rapido da evitare che Keith riuscisse a cogliere che tra quei due era successo qualcosa.
“Senta sceriffo… non è meglio che cominciate subito le indagini per ritrovare il mio anello?” Dick si avventò incontro allo sceriffo.
“Anello?” Veronica non riuscì a trattenere un sorriso perplesso mentre con gli occhi chiedeva, anzi supplicava il ragazzo di spiegarle.
“Si un anello è allora? Appartiene agli uomini della famiglia Casablanca da cinque generazioni e mio padre mi aveva chiesto di conservarlo finché starà in gattabuia. Ehi c’è poco da ridere ok? Veramente sceriffo, dovete ritrovarlo! Sennò che ci sta a fare la polizia??” Dick era sinceramente disperato per aver perso un cimelio che custodiva con tanta gelosia e Veronica non poté fare a meno di stupirsi di questo lato romantico e tradizionale di Dick Casablanca, soprattutto perché le pareva inconciliabile con l’immagine del ragazzo che ora aveva di fronte, quello con indosso una maglietta con scritto: 100% SALE*!
“Bene, è ora di fare due chiacchiere più approfondite con la direzione. Agente Rodriguez lei resti qua, lei Simmons invece venga giù con me.” Dopo aver dato disposizioni ai suoi agenti lo sceriffo Mars annotò qualcosa su un taccuino e si apprestò a scendere nella hall dell’hotel, con Veronica e i due 09 al suo seguito.

Il direttore del Neptune Grand si era appena liberato dell’ospite che Veronica aveva visto avere una crisi di nervi qualche minuto prima e vedendo lo sceriffo venirgli incontro lo raggiunse e lo invitò ad accomodarsi nel suo ufficio, dando ordine ad un suo collaboratore di non disturbarlo mentre parlava con la polizia.
“Sceriffo Mars che storia… ne risentirà molto la credibilità del nostro rinomato hotel.”
“Direttore ha idea di come il ladro o i ladri potevano disporre delle chiavi delle casseforti?”
“Certo. La direzione è in possesso delle copie di ogni chiave per le emergenze, ovviamente sono strettamente custodite nella mia cassaforte privata, ma guardi… questa notte la cassaforte è stata scassinata.”
“Chiamerò gli agenti per i rilevamenti, lei intanto cerchi di non toccare niente. Invece delle chiavi delle camere cosa mi dice?”
“Beh, le copie di quelle chiavi non le teniamo in cassaforte ma in quell’armadietto che vede alle sue spalle… in linea teorica qualsiasi dipendente avrebbe potuto avervi accesso.”
“Avrò bisogno dell’elenco di tutti i dipendenti attuali e di quelli degli ultimi due anni.”
“Glielo farò preparare immediatamente dalla mia segretaria, ma ci vorrà almeno un’ora. Sceriffo, forse è il caso che la metta al corrente di un altro fatto che potrebbe tornarvi utile. Proprio ieri siamo stati costretti a licenziare un nostro cameriere accusato di furto di portafogli nelle camere degli ospiti, un certo Steven Patterson. Non l’ha presa bene. Ha giurato di vendicarsi contro di me in persona. Non so se può essere rilevante…”
“Considereremo questa pista.”

“Ma in fondo io che ci faccio qua? … Non è che mi presento su tutte le scene di rapina che affronta mio padre! Perché mi sono sentita in diritto di venire? Mi è sembrata la cosa più normale del mondo… ma Logan Echolls non è più il mio fidanzato… non dovrebbe riguardarmi se lo rapinano…”
Veronica Mars stava spettando su una poltrona della hall che suo padre finisse di parlare col direttore e mentre tra sé e sé constatava di essere fuori luogo in quella situazione, osservava da lontano Logan che cercava di calmare il suo compagno di stanza. Dick però non sembrava voler ascoltare le ragioni di nessun e dopo aver dato una spallata all’amico cominciò a premere freneticamente il bottone dell’ascensore, fino a che le porte si aprirono inghiottendo il ragazzo. Al quel punto Logan si voltò e notando che Veronica lo stava guardando la raggiunse accomodandosi su una poltrona libera accanto a lei.
“Che dici sarà stato il karma?”
Veronica non raccolse la battuta del ragazzo. Si limitava a guardarlo con un’aria seria e trasognata.
“Logan… ti è sembrato strano che io mi sia presentata qui?”
“Strano?? Tu? La più grande ficcanaso di Neptune? Direi proprio di no… non è strano!”
“Senti Logan… l’altra sera… ecco forse ho esagerato. Non so che mi sia preso… sono stata troppo dura e… insomma mi dispiace…”
Veronica teneva la testa china e aspettava che Logan replicasse qualcosa, che le rifilasse un’altra battuta, che le facesse una sfuriata, che si alzasse e se ne andasse… ma il ragazzo continuava a tacere, fino a che non le cinse le spalle con un braccio, cercando di raggiungere con il volto il suo sguardo abbassato. Lei non riusciva proprio a spiegarsi questa sua tolleranza…
“Veronica ascolta…”
Il quel momento Keith Mars uscì dall’ufficio del direttore seguito dal suo agente e chiamò sua figlia, obbligandola a sciogliersi dall’abbraccio di Logan.
“Senti Veronica, io devo tornare alla centrale… ci sono dei problemi.”
Da quando quell’avvocato era stato trovato ucciso e si sospettava che l’assassino fosse un poliziotto, la centrale di polizia di Neptune era costantemente sotto assedio da parte di giornalisti e federali. Lo sceriffo della contea di Balboa si trovava al centro del mirino delle accuse circa la corruzione che sembrava stesse iniziando a dilagare nella polizia. Lo scandalo occupava le prime pagine di tutti i giornali. Quello era veramente un periodo difficile per Keith Mars, uomo irreprensibile e dagli onesti principi.
“Che ha detto il direttore?”
“La sua cassaforte è stata scassinata, sto aspettando che mi consegni la lista dei dipendenti, per ora il principale indiziato sembra essere un certo Steven Patterson…” Keith raccontò il resto dei dettagli appresi dal direttore. “Veronica, perché non torni al campus, credo sia inutile che tu rimanga qui. Appena sapremo qualcosa vi avvertiremo ragazzi. Sullivan, tu rimani qui e aspetta quell’elenco.”
Veronica Mars tuttavia non aveva alcuna voglia di tornare all’università, dopo aver parlato con Logan cominciava a sentirsi di nuovo a suo agio in quel posto e non appena il padre fu uscito dall’hotel si allontanò dall’agente Sullivan facendo segno a Logan di seguirla.
“Logan, andiamo a fare due chiacchiere con la tua amica della reception!”

“Ciao Tina!”
“Ciao Logan! Ciao amica di Logan…”
“Veronica.” Puntualizzò la ragazza.
“Sentite, non ho molto tempo di parlare, c’è parecchio caos come potrete capire…” la donna iniziò a bisbigliare, “che vi serviva?”
Veronica non si fece pregare, “non è che nel tuo computer puoi trovare il recapito di un certo Steven Patterson? Lavorava qui.”
“Sentite ragazzi, aspettatemi di sopra, vedrò se posso aiutarvi. Ora però è meglio che ve ne andiate!”

Logan e Veronica entrarono nell’ascensore e si appoggiarono entrambi alla parete dorata alle loro spalle.
“Perché non aspetti che ci pensi la polizia?”
“Mio padre ha tanto a cui pensare in questi giorni… voglio solo aiutarlo…”
Quando le porte si aprirono al piano giusto i due ragazzi si ritrovarono davanti Dick Casablanca ansimante.
“Veronica voglio assumerti per ritrovare il mio anello! Non posso aspettare le indagini della polizia!”
“Forse se ti togli quella maglietta…”
Non fecero neanche in tempo a entrare in camera che il telefono squillò. Era Tina.
“Logan, ho trovato solo un numero di telefono che Steven Patterson ha lasciato come ricapito, nessun indirizzo. Hai da scrivere?”
“Certo, grazie Tina!”
“E’ un piacere Logan… e spero che un giorno mi ringrazierai a dovere!” riagganciò, mentre il ragazzo faceva finta di niente rispetto a quella frase.
I tre ragazzi restarono un paio di secondi a guardare quel numero scritto su un tovagliolo, era un numero di Neptune.
“Beh che aspettiamo?” esortò Dick.
“Ok dammi quel numero. Dick ti prego di restare in religioso silenzio!” Veronica si prese un attimo per entrare nella parte e compose il numero. Libero.
“Pronto?” rispose una voce femminile dall’altra parte.
“Buongiorno! Sono Margy delle risorse umane. Chiamo dal Neptune Grand. Stiamo cercando di rintracciare il signor Steven Patterson.”
“Io sono sua madre… che volete dal mio Stevie dopo averlo sbattuto in mezzo a una strada?”
“Veramente Signora suo figlio prima di lasciarci ha dimenticato di ritirare uno stipendio. C’è qui un assegno di mille e duecento dollari a suo nome.”
“Ah… beh io non so dove sia, ma se lo sento glielo dirò, addio.”
Appena chiuse la comunicazione la giovane detective iniziò a riflettere.
“Evidentemente Steven Patterson è in contatto con la madre perché lei sapeva che era stato licenziato. Suggerirò a mio padre di mettere sotto controllo il telefono della donna e se il nostro Steven dovesse ricontattarla potremmo scoprire dove si trova!”
“E se Patterson richiamasse in hotel?” chiese Dick mentre Logan gli allungava una birra per calmargli i nervi.
“Beh se richiama probabilmente non è stato lui. Tu telefoneresti al posto che hai ripulito? Sentite, ora me ne vado, ho già saltato una lezione, vi chiamerò appena avrò qualche notizia.” Veronica raccolse la borsa e si avviò all’uscita.
“Te ne vai all’università?? E il mio anello?”
“Non è che ora possa fare molto! Vediamo che esce fuori da questa pista e intanto la polizia starà sicuramente battendo altre strade.”


____________



La giornata trascorse in modo ordinario, senza novità circa la rapina al Neptune Grand. La mattina dopo però Veronica fu svegliata da una telefonata del padre.
“Ciao papà! Dimmi che hai notizie dalle intercettazioni!”
“Patterson ha chiamato la madre alle cinque di questa mattina… sfortunatamente non ho buone notizie. La telefonata proveniva da un bar appena fuori Las Vegas, il… aspetta… il Texas Hold’em*. Il fatto che Patterson si sia sbrigato a lasciare lo Stato ha avvalorato l’ipotesi che fosse proprio lui l’autore della rapina, così abbiamo rintracciato il suo indirizzo e fatto una visitina a casa sua. Abbiamo rinvenuto parte della refurtiva. Purtroppo però Veronica sai che non abbiamo giurisdizione in Nevada. Dovremo contattare la polizia del luogo… ci vorrà del tempo… soprattutto in questo periodo. Mi dispiace per i tuoi amici.”
“Mhm.”
“Ora ti lascio. E, tesoro? Ti prego, non fare niente di stupido! Me lo prometti?”
“Stai tranquillo papà, ciao.”


Quattro ore dopo la macchina di Logan Echolls sfrecciava su una lingua di asfalto polveroso attraverso il deserto del Nevada.
“Dick abbassa quel finestrino!!! Arriva troppo vento e non si sente l’aria condizionata!! E per l’amor di Dio…”
Logan completò la frase di Veronica.
“… nascondi quella birra!! Se ci ferma la polizia e ci trova dell’alcool siamo fregati idiota!”
“Sapete che vi dico Cip e Ciop? Viaggiare con voi è un vero supplizio!”
“Non stiamo andando in vacanza Dick.” replicò Logan tirando su il finestrino dai comandi del volante.
“E’ sempre un viaggio on the road verso Las Vegas amico! E per rispondere a te signorina, che non fai che lamentarti là dietro, sappi che il vento che mi scompiglia i capelli mi rende molto più sexy, quindi dovresti solo godertelo!”
“Logan ma non possiamo abbandonarlo a una stazione di servizio?”
“Non mi tentare…”
Veronica Mars, seduta sul sedile posteriore, scrutava dal finestrino le dune sabbiose e le colline aspre e rocciose sfilarle davanti agli occhi e, mentre meditava che suo padre l’avrebbe uccisa se avesse scoperto che nonostante la promessa che gli aveva fatto di non fare niente di stupido si era arrischiata con i suoi amici alla ricerca di Steven Patterson in un bar dal nome malfamato di Las Vegas, si trovò a pensare che tra lei e Logan sentiva ancora una innegabile sintonia e si scoprì eccitata all’idea di trovarsi con lui in mezzo al deserto, in quella che si poteva considerare una vera e propria avventura.

“Allora co-pilota dove diavolo sto andando? Siamo a sette chilometri da Las Vegas.”
Veronica prese la cartina e dal sedile posteriore si allungò verso Logan che stava guidando per mostrargli la strada.
“Guarda. Questo posto dovrebbe trovarsi proprio qui, vedi? Tre chilometri a sud della città, proprio sulla statale.”
“Allora dovremmo quasi esserci. Ma guardalo il nostro capitano d’avventura Casablanca. Dorme!”
I due ragazzi scoppiarono a ridere divertiti e si sorrisero incontrando i loro sguardi nello specchietto retrovisore dell’auto.

Logan uscì dalla statale e, tirandosi dietro una nuvola di polvere, parcheggiò l’auto davanti ad un bar costruito in cemento e tavole di legno sconnesse, su cui un’insegna rossa indicante un tempo il nome del locale – Texas Hold’em – lasciava ormai leggere soltanto: T E X  S  OL ’EM - NIGHT BAR.
“Mmm, ci faranno entrare senza cravatta?”
“Quasi sento la mancanza del bar dei Fitzpatrick… se solo non avessi rischiato di rimanerci secca un paio di volte.”
Dick Casablanca era ormai sveglio, ma a differenza dei suoi compagni di viaggio non si sentiva affatto in vena di battute, “Non sarebbe meglio chiamare la polizia?”
“Sentite, entriamo solo a dare un’occhiata, solo per accertarci che Steven Patterson sia effettivamente in questo posto. A quel punto possiamo chiamare anche la Guardia Nazionale, ma se fosse sparito nel nulla perderemmo solo tempo.”
“Più che altro se non c’è tanto vale che mio padre non sappia che sono venuta quaggiù!”
“Che dite quante ne ritroverò di macchine?”
Dopo che Logan ebbe scaricato la tensione con un’altra battuta sarcastica, i tre ragazzi scesero dall’auto e attraversarono il parcheggio polveroso diretti all’entrata del locale. Faceva caldo e la polvere si incollava alle loro pelli sudate.

Il bar era deserto. Nessuno al bancone. Nessuno ai tavoli.
“Ma come è possibile? Eppure c’erano dei veicoli nel parcheggio.”
“Non lo so Veronica, ma la cosa non mi piace.” In quel momento Logan notò un cartello poggiato sul bancone del bar con scritto DI SOTTO, “Ecco. L’invito nella tana del lupo. Che facciamo? Scendiamo a farci mangiare?”
“Non lo so… magari possiamo giusto provare a vedere che aria tira…”
“Ma che aria vuoi che tiri là sotto?? Aria di bufera…”
Mentre Logan e Veronica stavano ancora discutendo se scegliere tra azzardo e raziocinio, Dick però stava già iniziando a scendere le scale, obbligando i due ragazzi a seguirlo senza poter pensare.
“Maledetto 09!” protesto Veronica.
Le scale che portavano nello scantinato erano lunghe e male illuminate e emettevano uno scricchiolio preoccupante ad ogni passo.
“No sentite ragazzi, è meglio che lasciamo stare!” Dick, che fino a un momento prima era partito deciso, venne preso improvvisamente dal panico e si voltò di scatto cominciando a risalire le scale di corsa, ma prima che i tre ragazzi potessero terminare la rampa due uomini si materializzarono davanti a loro bloccando l’uscita.
“Dove credete di andare ragazzi?” gli dissero sghignazzando.
“Ecco papà. Ora si che ho fatto qualcosa di stupido!” pensò Veronica pentendosi di non aver chiamato subito la polizia o di non aver dato retta a Logan un attimo prima.
“Allora ragazzi che siete venuti a fare? E vi consiglio di scegliere attentamente la risposta a questa domanda.”
Silenzio.
 “Siamo venuti per giocare.” Esclamò improvvisamente Logan.
I due uomini si scambiarono un’occhiata, “e voi che ne sapete ragazzini?”
“Che importa? Abbiamo i soldi.” Logan mostrò loro il suo portafoglio provvidenzialmente carico di banconote.
“Però! Ehi Joe hai visto quanti bei verdoni ha questo ragazzino?”
“Ho visto…” rispose Joe. “Cos’è, hai svuotato il cassetto di papà?”
 I due scoppiarono a ridere, finché uno di loro prese Logan sotto braccio cominciando a dirigerlo di sotto, “In questo caso accomodatevi ragazzi… ma vi avverto, non ci fidiamo molto degli sconosciuti!”

Logan aveva parlato con una tale prontezza e un tale sangue freddo che Veronica era rimasta completamente sbalordita. Come diavolo aveva fatto a capire al volo che quel posto era una bisca clandestina? Ma forse con quella risposta decisa aveva salvato la pelle a tutti loro.
Lo scantinato era freddo e puzzava di umidità, c’erano dei tavoli sparsi qua e là nella stanza, ognuno illuminato da una singola lampadina che pendeva da un filo elettrico agganciato al soffitto. Appena giunti di sotto i due uomini si allontanarono: Joe sparì dietro una tenda in un’altra stanza, mentre il suo compagno risaliva le scale per piazzarsi all’inizio della rampa a controllare la situazione.
Joe ricomparve dopo pochi secondi e prima che li raggiungesse nuovamente Veronica sussurrò a Logan:
“Sei impazzito? Che diavolo facciamo ora?”
“Vedevi altro modo per tirarci fuori da quella situazione? Tu stai al gioco…”
Logan non aveva neanche finito la frase che Dick, notando un uomo seduto a uno dei tavoli, rovinò tutto iniziando a urlare.
“Ehi tu! Ma io ti conosco! Tu facevi il cameriere nel mio hotel!!!”
Logan afferrò Dick per un braccio e lo tirò a sé per raggiungergli l’orecchio.
“Sta zitto maledizione!”
Ma il ragazzo non lo ascoltò e si avventò verso l’uomo.
“Sei Steven Patterson vero? Dove diavolo hai messo il mio anello! Sai di che parlo no?”
Logan intervenne di nuovo. Raggiunse Dick e lo trascinò via proprio un istante prima che Joe lo colpisse con un pugno – e a giudicare dalla stazza di quell’uomo probabilmente l’avrebbe massacrato – . Mentre Dick riprendeva fiato Logan cercò di ragionare con quegli uomini. Ormai tanto il suo gioco era saltato, quindi tanto valeva scoprire le carte.
“Sentite, è vero, cerchiamo solo quest’anello e ce ne andiamo senza storie. Possiamo pagarlo naturalmente. Non chiameremo la polizia.”
Veronica senza farsi notare infilò una mano nella borsa e buttò l’occhio sul suo cellulare.
“E come potremmo chiamarla? Non c’è campo qua sotto!” pensò dentro di sé mentre con la mano nella borsa stringeva il suo taser. Non si sa mai.
Alle parole di Logan Joe scomparve ancora dietro la tenda. A quel punto Steven Patterson si alzò e si avvicinò cautamente a Dick.
“Senti ragazzo” gli sussurrò, “questo non è posto per voi, mi capisci? Voglio darti un consiglio, ascoltami bene! Prendi i tuoi amici e vattene, metterò io una buona parola per voi, sono certo che se ve andate senza troppe storie non vi accadrà niente”.
“Dick, forse ha ragione.” gli disse Veronica.
“Dà retta alla tua amica! Non vale la pena rischiare la vita non ti pare?”
“Ma non potresti solo ridarmi il mio anello? E’ un cimelio di famiglia! Prenditi i soldi, è lo stesso per te no?” il ragazzo non demordeva. Veronica era incredula di quanto quel maledetto stupido 09 potesse tenere a quel maledetto stupido anello. E da dove diavolo lo aveva cacciato fuori tutto quel coraggio! Anche Logan cercò un’altra volta di tirarlo via stringendogli un braccio.
“Dai amico lascia stare, andiamocene, qua si sta mettendo male!”
Patterson parlò di nuovo: “davvero lascia stare ragazzo, tanto neanche ce l’ho più quello stramaledetto anello! Me ne sono liberato! Capito ragazzo? Dai rassegnati, torna a casa, per il tuo bene!”
“Te ne sei liberato???” Urlò Dick. “E a chi l’hai dato?”
“A me!”
A parlare fu un uomo che scostò la tenda ed entrò nella stanza. Era piuttosto basso e la barba che gli copriva la faccia non era sufficiente a nascondere la cicatrice che gli sfregiava la guancia destra. Il modo in cui Joe si teneva dietro di lui lasciava intendere che si trattasse del capo di quel posto.

“Allora che succede qui? Sono amici tuoi questi Steven?”
“Ma no Mr. Goodman… i ragazzi si sono persi, se ne stavano andando…”
Quel tizio non doveva essere come gli altri, pensò Veronica, era solo un pivello entrato nel giro sbagliato. Ma il capo alzò la mano e lo fece tacere.
“Ho sentito abbastanza. Cos’è ragazzi, pensate di venire nel mio bar e pretendere qualcosa?” L’uomo si avvicinò lentamente a Dick e gli mostrò la mano. “Ciao bionidino. Così questo anello sarebbe tuo? Sai… è proprio un bell’anello! Non ho alcuna intenzione di rinunciarci, guarda come mi sta bene. Non trovi?” il ragazzo teneva la testa bassa e quello gli diede una botta alla pancia per fargli alzare lo sguardo “guarda biondino, non trovi che mi stia bene???”
A quel punto Dick si azzardò a parlare, ma anche questa volta riuscì a scegliere le parole più inappropriate.
“E s- se chiamassimo la polizia?”
“Peccato che prima dovremmo uscire di qui Dick!” pensò Veronica che taceva insieme a Logan.
“La polizia?!” L’uomo rise, seguito subito da Joe. Gli voltò le spalle e cominciò a camminare nella stanza diretto ad un tavolo su cui sembrava essere stata interrotta a metà una partita a carte. “Ma qui siamo tutti amici! No no. Stavi andando così bene biondino… cominciavi quasi a starmi simpatico…”
Veronica si fece avanti nonostante lo sguardo fugace di Logan la implorasse di non farlo.
“Ci sta dicendo che non c’è modo né di riprenderci quell’anello né di andarcene di qua?”
“Ehi biondina, non vedi che sto parlando col biondino? Tu che stai là zitto vedi di tenere a bada la tua ragazza prima che ci pensi io a chiuderle il becco!”
Sentendosi rivolgere queste parole Logan rimase in silenzio, con lo sguardo fisso su quell’uomo, ma dal modo in cui muoveva la mano Veronica capì che stava cominciando a innervosirsi, così la prese nella sua e gliela strinse, cercando di fargli capire che quello non era proprio il momento buono per perdere la calma. Non sarebbe stata la prima volta che Logan perdeva il controllo dopo che qualcuno si era rivolto a lei nel modo sbagliato, ma in quel momento sarebbe potuto finire veramente male. Con grande sollievo di Veronica il ragazzo ricambiò la sua stretta, ancora più forte, e non fece nulla.
Mr. Goodman tornò a guardare Dick che sembrava sempre più spaventato, ma comunque riuscì a chiedere:
“Allora posso chiederle che cosa volete?”
“Ma come non lo sai biondino?” l’uomo si sedette. “Qual è il motore che fa girare il mondo?”
“I soldi! Possiamo pagare, l’ho già detto al suo amico!”
“Questa, biondino, è Las Vegas! Questa città ruota intorno a una sola cosa… vero Joe? Il gioco d’azzardo ragazzi miei. Lasciate che insegni qualcosa a voi ricchi figli di papà… il denaro non conta ni-e-nte se non si conquista con un po’ di brivido. Alcuni lo cercano con gli affari, alcuni magari con il sesso, ma TUTTI lo cercano, altrimenti non c’è gusto ad arricchirsi!”
Il capo se la rideva di gusto col suo braccio destro, mentre Veronica pensava tra sé e sé: “Ma tu guarda se dobbiamo stare qui a sentire la filosofia di vita di questo tizio!”
“Allora che decidi biondino… giochi?”
“Gio-giocare?” Dick cominciava a perdere sempre di più il contatto con la realtà.
“Si giocare, giocare… voglio darvi la possibilità di recuperare ciò che vi interessa e andarvene di qui senza un graffio.”
Dick agitatissimo cercava lo sguardo di Logan per chiedergli aiuto su cosa doveva fare.
“Cos’è te la fai sotto adesso? Dov’è finito tutto il coraggio che ostentavi prima?”
“E se perdiamo?”
Mr. Goodman sorrise. “Intanto siediti.”
Dopo quella mancata risposta Veronica cominciava a considerare se non fosse il caso di giocarsi la carta del papà sceriffo… ma la calma che Logan stava dimostrando la spingeva senza neanche capire perchè a fidarsi di lui e a rimanere zitta.
Dick non aveva molta scelta e lentamente scostò la sedia e prese posto accanto al capo e agli altri due uomini. Il suo nervosismo era palese a vista, si muoveva quasi convulsamente sulla sedia e quando Joe gli passò un mazzo di carte, lui allungò una mano e le fece cadere per tutto il tavolo.
A quel punto Logan, che fino a quel momento ero riuscito a rimanere in assoluto silenzio, si fece avanti.
“Mi scusi Mr. Goodman, il mio amico è un po’ nervoso. Se lasciasse prendere a me il suo posto?”
Quell’uomo non poteva non accettare la sfida che Logan gli stava inviando chiaramente con gli occhi determinati e sicuri di sé.
“Ah è così ragazzino? Beh… accomodati Cincinnati Kid*! Il buon vecchio poker, una sola mano, chi vince prende tutto, ci stai? ”
“Ci sto.”
Nel giro di un secondo Veronica stava osservando la schiena del suo ex-fidanzato seduto a quel tavolo accanto a 3 balordi che fumavano una sigaretta dopo l’altra e si sentiva impotente, avrebbe voluto con tutta sé stessa aiutarlo ma capì che l’unico modo di farlo era fidarsi di lui ancora per un po’. Dick dal canto suo, una volta salvato da quella situazione, aveva cominciato a camminare avanti e indietro per la stanza, mordendosi l’unghia del pollice e sudando freddo.
“Ehi Casablanca, vedi di non rovinargli di nuovo il gioco! Cerca di stare calmo mi hai capita?”
Veronica ammonì il ragazzo proprio nel momento in cui al tavolo stavano iniziando a distribuire le carte. Si spostò per riuscire a vedere meglio. Logan aprì le sue carte e lei riuscì a vederle, aveva A J 10 9 8.
“Oddio può vincere solo se gli entra un 7 al posto dell’asso per la scala… una carta… dipende tutto da una carta…”
“Mr. Goodman quanto vale per lei quell’anello?”
“Facciamo ventimila?”
“Mhm. Allora io cambio una carta.”

Mentre Logan allungava il braccio per prendere la carta che avrebbe deciso se fossero usciti da quel posto incolumi, Dick si voltò e si andò a sedere lontano, ma Veronica rimase in piedi e continuò tenere lo sguardo fisso su quella carta.
Logan cominciò lentamente ad alzarla…







NOTE:
*saldi del 100%
*la Texas Hold’em è una specialità del gioco del poker a carte parzialmente scoperte, ed è quella più giocata nei casinò degli Stati Uniti. Sebbene venga giocata in modo sportivo, si tratta comunque di un gioco d’azzardo, pertanto vietato ai minori.
*Cincinnati Kid è il protagonista dell’omonimo film del 1965 di Norman Jewison, in cui Steve McQueen interpreta un famoso giocatore di poker.





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Capitolo 6
*** Capitolo cinque ***



Anche se sarò ripetitiva... grazie per le recenzioni! Spero proprio che questo nuovo capitolo vi piaccia! :D Purtroppo sto partendo per una settimana, quindi il prossimo capitolo forse ci metterò un pò ad aggiornarlo. Mi dispiace! Ciao!



CAPITOLO CINQUE






Con l’acqua che le scosciava sulla faccia Veronica Mars cercava di togliersi di dosso la paura provata in quel bar… con lentezza ogni goccia si portava via un po’ dell’adrenalina che ancora le correva nel sangue. Rimase a lungo sotto la doccia, con gli occhi chiusi e il corpo bollente attraversato da tremiti. Ancora non poteva credere a quello che Logan aveva fatto durante quella partita…
 

°°°


Un Asso.
“Ha pescato un altro Asso…”
“Dai Logan, non è andata… passa… Passa!!! Lascia questa maledetta partita a questo pazzo e cerchiamo di andarcene di qui sani e salvi, al diavolo quello stupido anello!!!”

“Quarantamila.”
Alle parole di Logan Veronica sentì il sangue gelarsi nelle vene.
“E’ impazzito!”
Logan era impassibile. Le carte poggiate sul tavolo, le mani incrociate, il respiro regolare e lo sguardo fisso e impenetrabile sul suo avversario.
“Giochi duro ragazzino… mi vuoi dire che ti è entrata la carta che aspettavi eh?” Il capo sembrava divertito e, giocherellando con l’anello di Dick che teneva al pollice, spostava lo sguardo da Logan ai suoi omini, i quali si erano già ritirati dalla partita.
La serietà immobile di Logan si trasformò in un accennato sorriso di sfida. Veronica era pietrificata –come poteva mettersi a bluffare proprio adesso!–  e guardando Dick agitarsi sempre più pallido pensò che l’ultima cosa che avrebbe aiutato Logan in quel momento era uno svenimento di quel dannato 09 che li aveva incoscientemente cacciati in quella situazione.
“Io non ti credo sai ragazzino? Sono proprio curioso di vedere che nascondi dietro quel sorrisetto. Quindi vedo i quarantamila… vammi a prendere i soldi Joe! Ventimila. E per gli altri ventimila ecco qui il vostro anellino.” Mr. Goodman ridendo poggiò l’anello di Dick sul tavolo e scoprì le sue carte. Coppia di Kappa.
Veronica era stordita, non riusciva a realizzare realmente che avevano perso, ma solo a sentire nelle orecchie il suo stesso respiro accelerare sempre più forte.
Logan invece era ancora calmo. Tirò un profondo respiro e lentamente girò la carta che gli era appena entrata.
“Beh Mr. Goodman… in effetti questo mio Asso non basta contro quelle due belle corone…”
Dick Casablanca crollò su una sedia con lo sguardo vitreo, mentre al tavolo regnava il silenzio.
“Ma due si…”
Improvvisamente Logan tornò serio e scoperchiò sul tavolo le altre quattro carte che aveva in mano, mostrando A - J - 10 - 9.
Dick balzò in piedi correndo accanto a Veronica che era rimasta a bocca aperta e mentre la scuoteva per un braccio le bisbigliava convulsamente:
“Coppia d’Assi. Coppia d’Assi vince su Coppia di Kappa… Coppia d’Assi vince su coppia di Kappa!”
La ragazza però non solo aveva perso la capacità di parola, ma neanche il suo cervello sembrava essere più in grado di elaborare un singolo pensiero. Cominciava solo a temere che quegli uomini l’avrebbero presa male, che non avrebbero accettato di farsi fregare così da un ragazzo ricco della California, in casa loro per giunta!
Mr. Goodman invece non mostrava ancora nessuna reazione e si limitava a fissare in modo indecifrabile Logan che saldo davanti a lui sosteneva il suo sguardo. Finalmente parlò.
“Non si dirà mai che Mr. Goodman non onora le regole di questa città. Prendi quello che è tuo ragazzino e sparisci dalla mia vista insieme a quei due … prima che cambi idea.”
Logan afferrò rapidamente l’anello di Dick e, nonostante nessuno credesse che ne avrebbe davvero avuto il coraggio, prese anche i soldi della posta. Si alzò alla svelta e spinse via i suoi amici ancora frastornati, su per la rampa di scale fino a rivedere la luce e la polvere del parcheggio.
Montarono in auto senza neanche guardarsi in faccia e ripartirono a tutta velocità lungo la statale. Mentre la strada correva sotto le ruote e l’imbrunire cominciava a calare sul deserto, i tre ragazzi continuavano a restare in silenzio, Logan concentrato sulla guida, gli altri con lo sguardo perso fuori dal finestrino aperto che lasciava entrare la brezza della sera fattasi ormai fresca.
Solo dopo alcuni chilometri Logan ruppe quel silenzio prendendo il telefono.
“Centralino? Un hotel a Las Vegas.”
Dick e Veronica lo guardarono perplessi, credevano che sarebbero tornati subito a Neptune, e Logan intuì subito i loro pensieri.
“Ho bisogno di una doccia e di una dormita.”
Nessuno replicò. Ne avevano bisogno tutti.

°°°

Incredibile, pensava Veronica mentre usciva dalla doccia sgocciolando e si arrotolava un asciugamano intorno alla vita. Come gli era venuto in mente a quel ragazzo di tenersi in mano un Asso rinunciando a tentare la scala? Probabilmente non l’avrebbe mai capito. Non se ne intendeva gran che di gioco d’azzardo, sebbene fosse più che esperta ad azzardare nella vita. C’era però una cosa di cui era certa: senza dubbio era solo grazie a Logan che erano riusciti a tirarsi fuori da quella situazione assurda senza un graffio, a recuperare quello che cercavano e per giunta anche a guadagnarci parecchi soldi sopra! Assurdo…
Logan era stato fantastico, si era comportato in maniera davvero sorprendente. Aveva mantenuto il sangue freddo ed era rimasto lucido e concentrato, dimostrando una maturità che veramente la stupiva. E un coraggio… a ripensarci Veronica sentì un brivido correrle lungo la schiena.
“Veronica non scherziamo… e questo che diavolo è?”
Veronica passò una mano sullo specchio appannato dal vapore e rimase a fissare la sua immagine riflessa mentre si strofinava con l’asciugamano i lunghi capelli bagnati, quando sentì squillare il telefono della sua camera d’albergo di Las Vegas.
“Veronica sono Logan, quando sei pronta ti aspettiamo di sotto per la cena.”
“Ok.”

Veronica uscì dalla sua stanza solo dopo circa un’ora. Aveva voluto prima aspettare di riprendersi completamente e infatti quando scese nel locale ristorante era serena e distesa. Quando entrò nella sala notò subito Logan e Dick seduti ad un tavolo vicino alla finestra che stavano già mangiando. Veronica restò un momento ad osservarli da lontano e si ritrovò ad ammettere a sé stessa che vederli così rilassati, che ridevano e brindavano come se avessero appena concluso una giornata normalissima, le infondeva un certo buon umore. Alla fine scuotendo affettuosamente la testa Veronica si decise a raggiungerli e non appena i due ragazzi la videro Logan la accolse allegramente, addirittura si alzò per scostarle la sedia, strappandole un sorriso di stupore.
“Guarda guarda chi ci ha degnato della sua presenza questa sera!”
“Vi siete per caso imbucati a un banchetto di nozze? Ma quanta roba avete ordinato??” ripose Veronica.
“Si accomodi pure signorina! Gradisce una coppa di champagne?”
“No grazie…”
“Non faccia complimenti… offre Mr. Goodman!!”
“Non aveva già offerto la mia lussuosissima camera?”
“Si… oggi si sente particolarmente generoso!”
Dick fino a quel momento non aveva ancora detto una parola perché era troppo impegnato a mangiare avidamente il suo antipasto, ma alle parole di Logan scoppiò a ridere e prese il suo bicchiere innalzandolo verso l’amico.
“Cin fratello! Davvero non ne vuoi Veronica?”
“Mmm, no, voglio solo mangiare… cibo vero però! Per l’amor di Dio cos’è quella cosa che hai nel piatto?”
“Caviale donna incolta!” replicò Dick con gli occhi sgranati e il calice di champagne ancora sollevato.
Logan fece tintinnare il suo bicchiere su quello dell’amico e risedendosi chiamò con la mano il cameriere per avere un menù così che Veronica potesse scegliere la sua cena. Certo la ragazza non poteva negare che tutte quelle premure da parte sua le facevano sentire un certo calore nel petto.

Solo dopo aver fatto fuori anche il dolce Dick si sentì pienamente soddisfatto e abbandonando per la prima volta la forchetta si allungò sulla sedia con le mani incrociate sulla pancia e un sorriso beato.
“Allora ragazzi… che si fa stasera?”
Veronica alzò la testa dal piatto e lo guardò perplessa.
“Stai scherzando? Voi due squilibrati stanotte vorreste fare qualcosa di diverso da nove ore di sonno?”
Come risposta Logan imitò Dick rilassandosi anche lui sulla sedia, sorridendo complice al suo compagno 09.
“Beh, qualche spicciolo da spendere ce l’abbiamo…”
“Logan… mi stai dicendo che tu e 007 qui state fantasticando su un casinò? Dopo oggi??? E soprattutto come pensereste di entrarci?”
“Non hai qualcuno di quei tuoi fantastici documenti falsi in quella borsetta?”
Veronica stava per rispondere a tono ma Dick la precedette esaltato.
“Veronica cara, siamo a Las Vegas! A Las Vegas capisci? Ci sono tante cose che due avvenenti ragazzi come noi possono fare per riempire una lunga notte solitaria! Conigliette, ballerine, locali, ancora conigliette…”
“Ok ok ti prego non proseguire, ho capito alla perfezione.”
“Allora amico ci stai?”
Logan finì lo champagne nel suo bicchiere, guardò Veronica con i suoi occhi azzurri e rassegnati e poi Dick con i suoi occhi dilatati ed eccitati come quelli di un bambino dopo un’overdose di zuccheri e alla fine tornò ad allungare le gambe sotto al tavolo.
“Magari un paio d’ore…”
“Ora ti riconosco amico! Dai non perdiamo altro tempo, sbrighiamoci che sono già le dieci passate, andiamo subito! Se ci muoviamo troviamo le ragazze migliori ancora libere! Conigliette sta arrivando il vostro Dick Casablanca ed è tutto per voiiii!!!”
Mentre Dick stava già correndo fuori dalla sala ristorante, Logan lasciò il numero della stanza al cameriere per il conto della cena.
“Tu non vieni Veronica?”
“A rincorrere conigliette? Lasciami pensare…”
“Veronica ma guarda che non…”
“Davvero Logan, lo so, ma sono veramente esausta e l’unica cosa che ho voglia di fare stanotte è sfruttare il letto a tre piazze che Mr. Goodman ci ha gentilmente offerto.” La ragazza si zittì improvvisamente appena notò il sorriso malizioso di Logan. “Per dormire razza di idiota! E smettila di guardarmi così!”
“Perché come ti sto guardando?”
“Così! Insomma… in quel modo!”
“Quale modo?” chiese Logan sempre più divertito.
“Quello! Oh lo sai dai! Ooohhhh basta! Ti diverti tanto??”
“In effetti si…” Logan sorrise dell’imbarazzo che era esploso sulle guance di Veronica. “Ci vediamo a mezzogiorno nell’atrio per ripartire?”
“A mezzogiorno?? Non avevo intenzione di sfruttarlo così tanto quel letto!”
“Ma io si!”
“E che dovrei fare io tutta la mattina?”
“Potresti fare un tuffo in piscina ad esempio.”
“Mhm… io ti ci affogherei nella piscina!” Veronica cominciò ad alzarsi, “va bene, buona serata… poi mi racconterete le meraviglie notturne del Nevada!”
“Buonanotte…” urlò Logan con un sorriso rapito a Veronica che si era già incamminata per uscire dalla sala, “… piccola” aggiunse sussurrando, ma lei era ormai lontana per poterlo sentire.

____________


Il giorno dopo Veronica scese nell’atrio dell’albergo all’ora prefissata e trovò Logan alla reception che stava pagando il conto. Alla fine quella mattina non aveva seguito il consiglio di Logan di tuffarsi in piscina, ma ci era andata molto vicina, perché dopo essersi svegliata con comodo ed aver ordinato una suntuosa colazione in camera, si era immersa nella ancor più suntuosa vasca da bagno ed era rimasta a mollo tra le bolle per un’ora e mezza. Non ricordava l’ultima volta che si era concessa tutto quel relax, e ora, nonostante le emozioni forti del giorno prima, si sentiva caricata almeno per i prossimi due mesi. In fin dei conti doveva proprio essere grata al generoso Mr. Goodman! L’unico rimpianto che Veronica sentiva era aver sprecato buona parte del suo meraviglioso tempo nella vasca a rimuginare su come –e soprattutto con chi– Logan avesse passato la notte. Cercò di scacciare al volo quei pensieri e raggiunse Logan che nel frattempo aveva finito e stava ringraziando in maniera anche troppo enfatica la responsabile della reception.
“Per essere così entusiasta deve essersi proprio divertito stanotte!”
“Buongiorno Echolls.” Lo salutò.
“Mars! Com’è la piscina?”
“Bagnata a quanto dicono. Dovrò fidarmi.”
“Ero sicuro che alla fine saresti rimasta sulla terra ferma.”
“Sono una squalo di terra!”
“Ah quanto è vero povero me!” Scherzò Logan.
“E con questo che vorresti dire sentiamo?”
“Caffè?”
“Sempre!”
Raggiunsero il bar esterno dell’hotel situato su una terrazza assolata dalla quale si potevano ammirare diversi casinò di Las Vegas svettare su un celo privo di nubi e ordinarono due caffè accomodandosi al bancone.
“So che mi pentirò di questa domanda, ma… dov’è Dick, Logan?”
“Si. Dick. Beh, io l’ho lasciato alle 2:00 del mattino allo Sweet Kiss in compagnia di una rossa…”
“Allo Sweet Kiss??” chiese Veronica alzando un sopracciglio con aria indagatrice mentre assaggiava il suo doppio caffè con panna.
“Già. Ti suggerisco di non approfondire…”
“Mhm. Credo che seguirò il tuo consiglio.”
“Ah guarda… l’hai chiamato!” disse Logan facendo segno a Veronica di voltarsi a guardare verso l’atrio.
“Mio Dio Logan, dimmi che Dick non sta attraversando il bar in accappatoio…”
“Temo di non poterti accontentare questa volta.”
“AMICI MIEI!!!” Dick, con le ciabatte dell’hotel e i capelli bagnati  –evidentemente lui si che aveva visitato la piscina!–  si stava avvicinando a loro a braccia aperte e con un sorriso smagliante sulle labbra. “Splende il sole qui nel deserto del Nevada!”
“Ci siamo anche noi in questo deserto Dick, lo vediamo il sole! Solo che…”
“Solo che cosa Veronica?”
Ancora una volta Logan completò la frase della ragazza –Dick non sopportava quando quei due facevano così!–
“Solo che io ho già pagato e tra dieci minuti circa ho intenzione di mettere in moto l’auto e tornare a casa!”
“Ecco si. A tal proposito… potrei dirvi due parole?”

“Come torni in aereo non sai quando? Ma sei impazzito?”
“Cosa tra sventola rossa e idromassaggio non ti è chiaro amico?”
Veronica in silenzio continuava a sorseggiare il suo caffè e a godersi il sole sulla faccia con le spalle appoggiate al bancone del bar, assolutamente disinteressata a quei discorsi, mentre Logan cercava invano di far rinsavire l’amico, cosa che a dirla tutta a Veronica sembrava alquanto strana. Perchè mai se la prendeva, che cavolo doveva importargliene a Logan se Dick voleva restare ancora a Las Vegas?
“Cos’è Logan, non ti va di fare il viaggio di ritorno da solo con me?” La ragazza si ritrovò a ridacchiare tra sé e sé a occhi chiusi.
“E con l’università come fai?”
“Ma se non importa a me come fa a importare a te!?”
Logan rimase un attimo perplesso come se improvvisamente si fosse reso conto lui stesso, stupendosi, di quanto fosse assurdo che stesse cercando di far cambiare idea a Dick. Che diavolo gliene fregava!
“Bene amico allora ci vediamo a casa.” I due ragazzi si batterono i pungi chiusi amichevolmente. “Sei pronta Veronica?”
“Si!” La ragazza balzò giù dallo sgabello, si infilò gli occhiali da sole e sorridendo spensierata salutò il giovane 09 che era stato adottato dal Nevada, “ciao Humphrey Bogart!”
Dick accompagnò Logan e Veronica alla macchina e salutandoli sorridente con la mano li osservò salire in macchina e allontanarsi verso lo stesso deserto dal quale erano venuti.

____________


Il viaggio di ritorno verso Neptune stava diventando particolarmente pesante perché il sole dell’una che batteva a picco sul tetto dell’auto rendeva il caldo a stento sopportabile nonostante l’aria condizionata a pieno regime. Veronica, rimasta in canottiera, se ne stava con gli occhi chiusi sotto gli occhiali da sole e le gambe stese sul cruscotto del passeggero, muovendo i piedi a tempo della musica che ascoltava col suo I-pod. Logan era sempre più scocciato di vederla così estraniata e dopo averla infastidita per tutto il viaggio le diede un ultimo colpo assestato con il braccio che le fece crollare le gambe giù dal cruscotto.
“Dì un po’ sei impazzito?” Disse Veronica togliendosi le cuffie e voltandosi verso il guidatore, “sembri il mio cane quando cerca di attirare la mia attenzione a tutti i costi!”
“Non sei molto di compagnia sai?”
“Ti farò compagnia se cambierai questa musica. Mi sono rilassata tutta la mattina e non ho intenzione di farmi rovinare il relax accumulato da questo rumore!”
“Rumore...” Logan si esasperava solo al pensiero della battaglia persa a cui sarebbe andato incontro se si fosse imbarcato in una discussione con lei, con quel caldo che senza dubbio dava alla testa ad entrambi, così rinunciò. “Senti io non devo discutere con te, spengo proprio la radio contenta?”
“Molto.”
“Ora ti godrai il viaggio?”
“Ma certo!”
“Chissà perché ho difficoltà a crederci…”
Veronica già rideva pensando a come Logan avrebbe reagito a ciò che gli stava per dire.
“Sicuramente me lo godrei di più se potessimo fermarci a mangiare!” La ragazza si divertiva troppo a vedere la faccia irritata e rassegnata, ma al tempo stesso tollerante, di Logan. Se voleva poteva essere molto più infantile di lui.

Dopo una breve sosta ad una stazione di servizio Logan e Veronica adeguatamente rifocillati ripresero la loro strada accompagnati da un cielo terso e da un panorama giallo e polveroso, mentre l’afa del deserto si faceva sempre più asfissiante.
“Allora, radio spenta, pancia piena, altro Veronica?”
“No!! Yu-uu! Torniamo a casa!!” ripose la ragazza ancora in fase infantile.
“Fantastico. Ti comunico che la prossima fermata sarà direttamente a Neptune. Ad eccezione forse dell’eventualità che entri un serpente velenoso nell’auto, ti morda e ti rende prossima alla morte. Solo in quel caso potrei fermarmi in un ospedale… e non sarebbe neanche detto.”
A quella battuta Veronica gli sorrise e appoggiò la testa sul sedile tornando seria e tranquilla, mentre mordicchiava la cannuccia dell’enorme coca-cola che si era portata dietro.
“Senti Logan…”
“Si…” rispose il ragazzo dal tono ancora preoccupato dal rischio che si trattasse di un’altra richiesta.
“Ora puoi dirmelo, non rischi più di perdere la faccia davanti a Dick… perché non hai cambiato l’Asso?”
Logan sorrise continuando a mantenere lo sguardo fisso sulla strada. “Non sai che un vero giocatore non rivela mai i suoi segreti?”
“Ti stai sentendo una specie di Giulio Cesare condottiero in questo momento, vero?”
“In effetti si!” Logan rideva divertito.
“Ti lascerò cullare ancora per un po’ in questa sensazione perché in fondo te la meriti… però sappi che tornerò presto all’attacco finché non saprò.”
“Credimi Veronica, non stento a crederlo!”
Veronica sorrideva ma continuava a guardare pensierosa Logan accanto a sé, perché in realtà c’era qualcos’altro che moriva dalla curiosità di chiedergli.
“Dai spara.”
“E lui l’ha capito…”
“Senti Logan… so in Australia che non ci sei andato insieme Dick …”
“Ed ecco arrivate le Idi di Marzo.”
“Puoi anche dirmi con chi sei stato, non ci sono problemi… non sono più la tua fidanzata!”
“Appunto, non vedo perché debba interessarti!”
“Sono solo curiosa! Tutto qua.”
“Solo curiosa? Veronica Mars?”
“Beh poi ormai dovresti aver imparato a conoscermi almeno un po’ e dovresti sapere che così facendo non fai altro che alimentare la mia curiosità!”
Dopo neanche un minuto di discussione Veronica stava già cominciando a innervosirsi. Sapeva che non avrebbe duvuto toccare quel tasto dannazione, ma ormai erano in ballo e tanto valeva ballare. Non voleva litigare, davvero era l’ultima che volesse in quella giornata in cui sentiva di stare così bene insieme a Logan, ma il fatto che lui non le rispondesse la faceva impazzire, ormai doveva saperlo per forza altrimenti non avrebbe più potuto impedire alla sua fantasia di continuare a galoppare selvaggia chissà fino a dove. Non voleva litigare, non voleva, non voleva, eppure il desiderio di sapere piano piano la spinse ad assumere un tono sempre più aggressivo e sarcastico contro quel ragazzo che invece era stato fantastico con lei in quei giorni. Ed era tutta colpa sua maledizione, tutta colpa sua che aveva voluto inoltrarsi in quell’argomento pur sapendo che sarebbe stato fonte di turbolenze, tutta colpa sua, ragazza stupida, a cui la sola idea che Logan avesse passato l’estate con chissà chi la portava a perdere il controllo. Suo malgrado quindi, Veronica cominciò un attacco in piena regola, mentre Logan continuava a guidare serissimo e a fissare il rettilineo d’asfalto grigio davanti a sé.
“Così non vuoi dirmelo. Mmm, vediamo… fammi provare a indovinare. Se dovessi tornare con la mente alla scorsa estate la prima a cui mi verrebbe di pensare sarebbe Parker… se solo non sapessi che ha giurato di odiarti in eterno al punto da cambiare università e città! Ah, per inciso, ha giurato di odiare anche me lo sapevi? Secondo te che le ho fatto?”
Perché stava diventando crudele? Perché? Non lo sapeva neanche lei, ma continuò con un tono vagamente accusatorio e abbondantemente sprezzante.
“Non mi vorrai dire che sei andato da solo?”
Logan continua a tacere senza reazioni.
“O magari sei andato con Madison…”
A quel punto Logan inchiodò la macchina così di colpo che Veronica nonostante la cintura di sicurezza dovette aggrapparsi con le mani al sedile per evitare di finire catapultata oltre il parabrezza addosso a qualche cactus.
“Adesso basta Veronica! Si può sapere che vuoi da me?”
“Che ti prende Logan? Ci stavi per ammazzare! Non ti pare una reazione esagerata?” La ragazza lo guardava con uno sguardo sorpreso ma in fondo consapevolmente colpevole. Nel vedere quegli occhi Logan scosse la testa, aprì la portiera e scese dall’auto. Sembrava infuriato, camminava nervosamente avanti e indietro sul ciglio della strada respirando profondamente con la faccia rivolta verso il cielo. Veronica non sapeva che fare, se raggiungerlo o se restare in macchina e lasciarlo sfogare da solo; era leggermente confusa, aveva il presentimento di averla fatta grossa ma stentava ad ammetterlo a sé stessa. Abbassò il finestrino.
“Logan andiamo, siamo in mezzo al deserto! Non arriveremo mai! E si muore di caldo!!”
Logan con le mani nelle tasche dei jeans cominciò ad allontanarsi dalla strada verso la distesa sabbiosa e quando Veronica lo vide dare un violento calcio a un arbusto capì che non poteva fare a meno di andare a lui, ma era nel panico, si odiava per essere stata così insopportabile e odiosa con lui, senza rendersene neanche conto aveva perso totalmente il controllo. Ma perché doveva farle quell’effetto! Aveva capito benissimo di aver esagerato, ma mentre si avvicinava a lui camminando in mezzo alla polvere gialla, i suoi pensieri erano impegnati solo a trovare una scappatoia per evitare di arrivare a parlare di loro. La sua mente rifuggiva a tutti i costi di confrontarsi con i suoi sentimenti e Veronica sapeva che era proprio questa sua negazione che la portava a creare continue incomprensioni. Come ultimo disperato tentativo di impedire quello che sapeva ormai essere inevitabile, la ragazza provò a sdrammatizzare.
“Ti prego non prendertela così. Stavo solo scherzando…”
“Certo, è la cosa che ti riesce meglio!” Logan raccolse un sasso da terra e lo lanciò lontano con rabbia.
“Ecco è iniziata Veronica… ora non puoi più fare niente per evitare di confrontarti con lui…”
“Tu scherzi, scherzi… eh Veronica? Scherzi oppure scappi! Ma dimmi, quando diavolo la smetterai di scherzare e scappare Veronica?”
Logan urlava, sudando sotto il sole a picco e Veronica non sapeva cosa rispondere, o forse era consapevole che non ci fosse nulla che potesse dire per confutare quello di cui lui la accusava. Sapeva che doveva parlare, dirgli qualcosa, ad ogni costo, almeno questo glielo doveva, non poteva continuare a starsene lì a guardarlo senza fare niente! Sarebbe andata bene qualsiasi cosa tranne stare zitta come continuava a fare, perché Logan sembrava agitarsi sempre di più. Ma le parole non le uscivano di bocca, si sentiva completamente impreparata ad affrontare quella situazione. “No, no Logan, non sono ancora pronta!!!” Come raramente le era capitato nella sua vita Veronica Mars non aveva nulla da dire.
Incomprensibilmente però Logan si calmò di colpo e le si avvicinò lentamente. La guardò intensamente negli occhi e dopo alcuni secondi interminabili di silenzio ricominciò a parlarle, ma la sua voce era dolce questa volta.
“Veronica… io non voglio questo.”
“Cosa?” sussurrò a fior di labbra Veronica che lottava disperatamente per tenere sotto controllo le sue emozioni.
“Questo maledizione!!! Questo tra noi! Non lo vedi? … Non è questo che voglio ci sia tra di noi…”
“No senti Logan io non posso affrontare questo adesso…” Veronica sentiva il cuore accelerarle sempre di più nel petto, non ce la faceva a sostenerlo e provò a voltarsi per tornare verso l’auto, ma Logan glielo impedì trattenendola per un braccio, obbligandola a restare in quella distesa di sabbia con lui, spingendola a rigirarsi verso di lui e a guardarlo negli occhi.
“Veronica non capisci? Ora sono io che mi presento alla tua porta per parlare.. e ti prego, ti prego, non commettere lo stesso errore che ho commesso io in quella stanza la scorsa estate!”
La ragazza liberò il braccio dalla stretta. “Se sei qui per accertarti che io mi ricordi che mi ha chiesto di chiarire i miei dubbi posso rassicurarti. Me lo ricordo bene! Ma se è risposte che sei venuto a cercare Logan, mi dispiace ma non le troverai ancora…”
“No Veronica non hai capito! Non sono venuto a cercare risposte… sono venuto a dartele!”
Veronica lo guardava immobile respirando affannosamente e lo ascoltava continuare sempre più deciso.
“Non sto aspettando che tu capisca, sono io che ho capito! Sono stato un idiota quel giorno, Veronica perdonami! Non so come ho fatto a non capire subito che nei tuoi occhi non ci sono dubbi…” Logan le sfiorò una guancia con il palmo della mano, “…ma paura.”
“Io non ho paura!” Gli urlò Veronica arretrando da lui di un passo.
Ma subito Logan recuperò quel passo. “No Veronica tu sei terrorizzata!”
Veronica provò a voltarsi un’altra volta prendendo a camminare verso la strada, ma di nuovo Logan non glielo lasciò fare, la rincorse e le si piazzò di fronte, impedendole di andare avanti.
“Tu non ti fidi di me e io ti capisco. Ti ho dato tutti i motivi per non farlo!” Logan le poggiò una mano sul braccio e lei non si oppose perché ormai stava cominciando ad abbandonarsi a quelle parole che sentiva così vicine a ciò che provava. Si stava completamente lasciando andare a quello che Logan le stava dicendo con occhi così sicuri e voleva solo ascoltare, continuare ad ascoltarlo. “So che le mie promesse hanno perso molta della loro credibilità, ma te lo giuro… non ti ferirò di nuovo! Dammi l’occasione di provarti che posso starti accanto. Io, Veronica, ti amo… Ti amo capisci?? So che sei confusa, so che hai paura, ma ti prego lascia che sia io a trasmetterti la mia sicurezza. La mia vita è un caos… ma se c’è una cosa, una sola cosa, su cui non mi posso sbagliare è che io, io Veronica… io ti voglio ad ogni costo.”
Veronica Mars provò a combattere contro quel bruciore che sentiva negli occhi, si batté con tutte le sue forze sotto quel sole cocente, ma alla fine fu costretta ad arrendersi e lasciarsi vincere. Le guance della ragazza forte, indipendente e sicura di sé che era sempre stata cominciarono a rigarsi di lacrime lente ma senza freni e con i pugni stretti e la rabbia negli occhi colmi di lacrime Veronica fissava il ragazzo che l’aveva sconfitta, che aveva reso vana la sua battaglia, mentre lei era sempre stata abituata a vincerle tutte. Fissava quel ragazzo che ormai le aveva tolto quei freni, che l’aveva privata delle sue difese, che la stava obbligando a mostrare quello che provava. A piangere era una ragazza che si sentiva scoperta, si sentiva colta nel segno e Veronica sentiva che questa emozione su di lei aveva la forza di un’esplosione non tanto perché la spaventava e la arrabbiava, ma soprattutto perchè la liberava. Finalmente poteva liberarsi di quel sentimento che da tempo le premeva dentro per uscire, finalmente il sollievo di poter ammettere a sé stessa e al mondo quello che provava, finalmente la libertà di gridare a Logan che lo amava con tutta sé stessa e che proprio questo la terrorizzava al punto da paralizzarla. Sotto quel sole Logan aveva fatto quello che lei cercava invano di rimandare. Lui l’aveva capita, le aveva letto dentro come fosse un libro aperto, aveva capito perché lei non era ancora tornata da lui e l’aveva fatto senza che lei glielo chiedesse, anche dopo il modo in cui lo aveva trattato.

Con la mano ancora sul suo braccio Logan la tirò a sé e la baciò. Le passò una mano tra i capelli e la strinse con le braccia intorno alla schiena, come se non volesse mai più lasciarla andare. Logan la baciò come mille altre volte aveva fatto, ma mai un loro bacio ebbe un tale significato. Il significato di due persone che stanno una di fronte all’altra consapevoli del peso dei loro sentimenti, ma disposti ad accogliere sia amore che paura. Le loro labbra calde si incontrarono come altre mille volte si erano incontrate, ma mai Veronica e Logan si lasciarono andare ad un bacio come quel torrido giorno in mezzo al deserto.

____________


Arrivarono a Neptune che era ormai sera fatta.
Logan accompagnò Veronica davanti a casa sua guidando piano, non aveva nessuna voglia di separarsi da lei neanche per poco.
“Così è qui che vivi… finalmente.” le disse accostando la macchina mentre le teneva la mano.
“Si, è qui. Imparerai a conoscere bene questa casa…” Veronica lo baciò dolcemente sulle labbra e poi sulla mano che non voleva lasciarla scendere. “Ci vediamo da te tra poco.”
“Sempre troppo.”
Si baciarono ancora una volta, a lungo, finché Veronica non si decise a scendere dalla macchina e lasciarlo ripartire. Varcò la soglia di casa velocemente, con l’intenzione di cambiarsi al volo e raggiungere Logan in hotel il prima possibile, ma non fece in tempo a poggiare la borsa che trovò Mac seduta sul divano a leggere alla luce di una lampada.
“Ciao!” La salutò radiosa. La faccia dell’amica però sembrava dirle che era il caso di rimandare i racconti e l’euforia ad un altro momento. “Che è successo Mac?”
“Veronica non hai visto per niente i notiziari oggi?”
“No…”
“Forse è meglio che chiami tuo padre.”

Senza neanche cambiarsi Veronica afferrò le chiavi dell’auto e partì verso casa di suo padre. Mentre guidava cominciò a cambiare convulsamente le frequenze della radiò finché non trovò quello che stava cercando.
“… e al centro dell’attenzione ancora le dimissioni dello sceriffo della contea di Balboa, Keith Mars. Di fronte alle sempre più insistenti accuse di corruzione all’interno del dipartimento di polizia, l’ex sceriffo si è dichiarato troppo indignato per continuare ad onorare il suo mandato… l’opinione pubblica si schiera criticamente…”

Quando Veronica entrò correndo in casa trovò suo padre seduto sulla poltrona e si bloccò sul ciglio della porta a guardarlo.
“Papà…”
“Ciao bambina. Dove sei stata?”
La ragazza non rispose, ma sapeva di essere in uno stato talmente disastrato che suo padre non poteva non capire: era sudata e ancora ricoperta dalla polvere gialla del deserto del Nevada.
“Mi dispiace tanto papà…” Veronica scostò il cane che come al solito le era corso incontro scodinzolando e si slanciò verso suo padre per abbracciarlo.
“Non ho avuto scelta Veronica.” Le disse l’ex sceriffo accarezzandole la testa.
“Ma perché non hai combattuto? Perché non hai cercato di trovare i corrotti e…”
Ma suo padre la interruppe. “Veronica, qui non stiamo parlando di semplici poliziotti corrotti. Ci sono dietro politici, senatori… uomini potenti e anche le dimissioni non mi salveranno dal farli indagare anche su di me. Devo proteggere le nostre vite, mi capisci?”
“Basta. Non mi spiegare oltre papà.” Veronica si sedette sul bracciolo della poltrona accanto al suo coraggioso padre e continuò a tenerlo abbracciato, per riuscire a infondergli tutto il suo affetto. “Mi dispiace papà… mi dispiace tanto…”





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Capitolo 7
*** Capitolo sei ***



CAPITOLO SEI





Quella mattina Veronica si svegliò disorientata. Aprì leggermente gli occhi ancora avvolti nella confusione del sonno e vide una flebile luce filtrare dalla finestra. Considerando l’alone vagamente rosato doveva essere appena l’alba. Con la testa affondata nel morbido cuscino scrutò lentamente intorno a sé, ma quello che vedeva non era la solita immagine che la accoglieva ad ogni risveglio. Sembrava piuttosto appartenere a un ricordo lontano, nitido ma al tempo stesso sfocato. Quella non era la sua stanza, non era la sua finestra e non era il suo letto, ma comunque un luogo che le apparteneva abbastanza da poterlo percepire come familiare. Prima di riuscire a sintonizzare la mente sul contatto con la realtà abbassò lo sguardo fino alla sua mano appoggiata tra le lenzuola all’altezza del suo ventre. Era intrecciata ad un’altra. Una dolce sensazione di calore cominciò poco a poco a salirle dentro, avvampandola dal petto fino alle guance, portando con sé la chiara ed esaltante consapevolezza di dove si trovasse. Voltò leggermente la testa sul cuscino. Logan Echolls era steso su un fianco accanto a lei e la teneva stretta cingendola da dietro. Dormiva. Cercando di non svegliarlo iniziò delicatamente a sollevargli il braccio per voltarsi sul fianco opposto, fino a portare il viso a pochi centimetri da quello addormentato di Logan e gli sfiorò le labbra con un bacio. Non riusciva ancora a realizzare del tutto di trovarsi di nuovo in quella camera d’albergo, sotto quelle coperte calde e setose, distesa accanto a lui.  Era successo tutto talmente in fretta che ancora si sentiva stordita. La sera precedente, dopo aver lasciato suo padre con il cuore a pezzi per lui, si era precipitata al Neptune Grand a notte tarda e quando aveva visto Logan non gli aveva dato neanche il tempo di chiederle spiegazioni per il suo ritardo. Si erano lasciati completamente trascinare dalla voglia l’uno per l’altra, da una passione che li assetava da mesi. In quel momento era come se si fossero già detti tutto, come se non ci fosse più nulla da chiarire e non restasse altro che riappropriarsi uno dell’altra, per tutto il resto della notte. Ma ora che si era svegliata vicino a lui, Veronica aveva quasi la sensazione che fosse una sorta di sogno e sentiva il bisogno che Logan si svegliasse e le parlasse, che le dicesse che davvero tutto quello che ricordava era accaduto. Aveva bisogno che Logan riaprisse gli occhi per rivedervi lo stesso sguardo che lo aveva animato in quel deserto il giorno precedente, quello sguardo infiammato che l’aveva travolta e spinta a lasciarsi andare completamente ai suoi sentimenti, che l’aveva finalmente liberata da quelle resistenze che la portavano a tenere distante la persona che invece tanto amava. Veronica aveva voglia di parlare con lui, parlare, parlare per ore e ore, raccontarsi tutto quello che si erano persi nei mesi di lontananza. Nella sua testa si affollavano mille domande e anche se sentiva di avervi già una risposta, desiderava acquisirne la certezza. Davvero avrebbero ricominciato la loro storia? Davvero poteva di nuovo abbandonarsi all’amore per Logan senza la paura di restare ancora ferita? Davvero poteva credere a quella sensazione di gioia che sentiva nel cuore? Davvero stava finalmente accadendo tutto questo? Si sentiva felice come aspettava da tempo, al punto da non poter impedire alle sue labbra di sagomarsi in un sorriso sognante, ma al tempo stesso si sentiva ancora fragilmente insicura e bisognosa di altre conferme. Le piaceva guardare Logan dormire così sereno, sentire le sue braccia rilassate avvolgerla in modo intimo e protettivo, quasi a confermare la sicurezza che lui le aveva proclamato il giorno precedente, ma in quel momento contemplarlo dormire non le bastava. Veronica sentiva il forte desiderio che Logan si svegliasse perchè già ne sentiva la mancanza e voleva subito ascoltare ancora la sua voce, toccare la sua pelle e le sue labbra, stringerlo e sentirsi stretta e non poteva aspettare il momento in cui lui si sarebbe svegliato naturalmente, perchè sentiva il bisogno di rendere tutto reale, di rendere tutto concreto. Adesso. Certo però non era più tardi dell’alba... sarebbe stato veramente infantile e crudele svegliarlo da quello stato di così quieta incoscienza, soprattutto considerando che non avevano dormito gran che quella notte! No, avrebbe aspettato e avrebbe provato a riaddormentarsi anche lei, cullandosi nella piacevole attesa del comune risveglio, quando si sarebbero di nuovo guardati, parlati, toccati. Prima di richiudere gli occhi Veronica gli carezzò delicatamente i capelli sulla fronte e mosse la testa sul cuscino per dargli un altro bacio, ma prima che potesse raggiungere le sue labbra Logan dischiuse gli occhi, quasi avesse sentito i suoi pensieri. Incapace di vincere il sonno il ragazzo la fissò per un istante sbattendo le palpebre appesantite dal torpore e le sorrise sollevando appena gli angoli della bocca, ma riuscendo comunque a caricare quel sorriso di un’incredibile dolcezza.
“Non te ne stai andando vero?” Le sussurrò con la voce impastata.
“Non vado da nessuna parte...” rispose Veronica avvicinandosi ancora di più a lui e accomodando la testa sul suo petto caldo.
“Mmm” Logan tornò a chiudere gli occhi pesanti passandole una mano tra i lunghi capelli sciolti, “quindi posso tornarmene a dormire tranquillo?”
“Certo che puoi...”
Ma quasi come se la rassicurazione di Veronica per lui non fosse stata sufficiente in confronto alla sua volontà di averla lì, Logan rinvigorì maggiormente la presa con cui la stringeva a sé, per assicurarsi che al suo risveglio lei si trovasse ancora esattamente nel medesimo posto: tra le sue braccia.


Qualche ora più tardi fu invece Logan a svegliarsi per primo. Se non si sbagliava, quello che sentiva provenire dal soggiorno della suite era odore di caffè. Peccato che fosse impossibile! Dick era in Nevada, probabilmente a sguazzare in una piscina a cinque stelle con quella rossa che aveva conosciuto nel night club, e Veronica stava ancora dormendo tranquilla accanto a lui, con il viso affondato sotto il suo collo ed il tiepido respiro che lo solleticava piacevolmente, cosa che oltretutto gli rendeva problematico alzarsi per andare a svelare il mistero dell’origine di quel pungente profumo senza rischiare di svegliarla. E poi riflettendoci bene... neanche tutta la curiosità del mondo avrebbe potuto valere il calore del corpo di Veronica addormentato sopra il suo. Non se ne sarebbe mai privato prima del dovuto, ora che finalmente era di nuovo suo. Logan decise di ignorare quel profumo, che poteva anche provenire da un carrello del servizio in camera parcheggiato nel corridoio, e riaccomodò tranquillamente la testa sul cuscino.
Non fece neanche in tempo a richiudere gli occhi che all’improvviso un rumore di vetri infranti lo fece trasalire, svegliando di soprassalto anche Veronica.
“Ma che diavolo succede di là!” Imprecò Logan schizzando giù dal letto e correndo nell’altra stanza ancora in boxer, mentre Veronica si alzava a fatica ancora frastornata da quel risveglio brutale e con il lenzuolo arrotolato attorno alla vita cercava i suoi vestiti sparsi un po’ dovunque sul pavimento della camera da letto.
“Dick!”
Appena Logan raggiunse il salotto trovò Dick Casablanca di spalle davanti alla finestra dal vetro infranto. Il ragazzo vi aveva scagliato contro il telefono della suite e ansimava al punto che le sue spalle si sollevavano e si abbassavano violentemente, come se avesse appena finito di correre i cinquecento metri piani.
“Ehi amico è già il secondo telefono dell’hotel che facciamo fuori nel giro di 1 mese! Dovremmo andarci più piano...”
Logan cercò di ironizzare per avvicinarsi al ragazzo visibilmente sconvolto, ma evidentemente Dick non era in vena di battute perchè neanche si voltò a guardare l’amico.
“Che succede Dick?”
“Succede che la mia vita è uno scherzo e mio padre è il bastardo che salta fuori da un cespuglio e mi urla di guardare la telecamera!!”
Dick calpestò rumorosamente i frammenti di vetro sparsi sulla moquette e si avviò con passo nervoso verso l’armadietto dei liquori per tirarne fuori con decisione una bottiglia di whisky e senza perdere tempo a versare il liquido ambrato in un bicchiere si attaccò direttamente al collo della bottiglia, cercando di buttarsi in gola quanto più alcool possibile senza curarsi di quello che gli tracimava copiosamente dagli angoli della bocca, andando ad inzuppare la sua maglietta MAKE ME CRAZY BABY visibilmente sfatta dal viaggio di ritorno dal Nevada. Logan si rendeva conto che per ridurre il suo amico in quello stato la situazione, qualunque essa fosse, doveva essere effettivamente seria. In ogni caso sicuramente a Dick non avrebbe giovato una sbronza da whisky alle 10 del mattino, così, per quanto Logan potesse capire da vicino l’impulso ad ubriacarsi nei momenti di crisi, cercò di persuadere l’amico a lasciargli quella bottiglia di seducente e inebriante veleno e a raccontargli cosa gli aveva combinato suo padre. Certo che, si trovò a pensare Logan, sebbene non potesse vantare un padre psicotico e violento in famiglia, adescatore e omicida di minorenni come lo era stato Aaron Echolls per lui, anche Dick in fondo aveva sperimentato una figura paterna che non si poteva definire propriamente esemplare. Non era solo la categoria di Zero Nove che accomunava i due ragazzi.
“Dai Dick, non mi pare esattamente l’ora giusta per questo...”
“E chissenefrega!”
“Ok, ok, fai un po’ come vuoi, lo dicevo solo per evitarti un mal di testa assicurato per tutto il giorno... se ti dice bene. Comunque dai perchè non ti siedi e mi racconti che è successo? Credevo che non ti avrei rivisto almeno fino a sabato... Perchè sei già tornato da Las Vegas?”
“Perchè mio padre ha deciso di farmi saltare il gioco! Anche dalla galera riesce a rovinarmi lo sballo!”
Mentre Dick urlava infuriato, Veronica comparve dalla camera da letto di Logan, dopo essersi sommariamente rivestita con i jeans e la canottiera che ormai aveva indosso da tre giorni e che portavano visibili i segni di tutti gli avvenimenti trascorsi in quel breve arco di tempo: il sudore della paura prima e del caldo torrido poi, la polvere gialla e appiccicosa del deserto del Nevada, le lacrime versate per suo padre, le pieghe della foga passionale di quella notte con Logan.
Non appena il giovane Casablanca vide la bionda ragazza avanzare nel soggiorno della suite, si alzò in piedi dal divano e sollevò le braccia verso di lei, con il volto atteggiato in un sorriso fanatico ma visibilmente forzato, chiaro segnale che il whisky cominciava già a far sentire i suoi devastanti effetti.
“Ma guarda, c’è Miss Marple! Questa si che è una sorpresa! Magari una sorpresa un po’ monotona... ma pur sempre una sorpresa!”
“Che è successo Dick? Hai già perso tutti i soldi alla roulette?” Rispose Veronica che nonostante avesse intuito la serietà della situazione non riusciva a trattenere le sue battute ogni volta che si trovava in presenza di quell’abbronzato Zero Nove.
Notando che Dick era scattato in avanti e stava per risponderle in un modo che probabilmente avrebbe dato inizio a una sequela di taglienti botta e risposta, Logan poggiò la mano sulla spalla dell’amico incoraggiandolo a calmarsi, per evitare il rischio che il ragazzo diventasse offensivo nei confronti di Veronica, cosa che inevitabilmente avrebbe finito per infastidire anche lui, nonostante fosse più che cosciente che la ragazza che amava molto spesso con i suoi modi di fare riuscisse a tirare fuori il peggio delle persone. Ma in fondo era anche per questo che la trovava così irresistibile!
“Allora Logan alla fine ce l’hai fatta eh? Racconta al tuo amico che è successo stanotte in questa camera d’albergo... e ti prego non tralasciare i dettagli perchè sono quelli che preferisco!” Dick buttò giù un’altra copiosa sorsata di whisky, “insomma hai deciso di non seguire i miei consigli?”
“Quali consigli?” Scattò Veronica incuriosita, ma l’occhiata paziente di Logan le fece capire che era il caso che si mettesse da parte in silenzio per qualche minuto per dargli modo di calmare l’amico ormai irrimediabilmente ubriaco.
“Coraggio amico, raccontami tutto.” Lo spronò Logan.
“Veronica, menomale che ti alzata in tempo così almeno non dovrò ripetere tutto due volte! Beh amici miei dovete sapere che ieri sera il mio venerabile padre mi ha telefonato per dirmi che aveva delle cose importanti da comunicarmi e di cui avrei dovuto occuparmi in prima persona, dato il suo attuale domicilio. Cose riguardanti il patrimonio di famiglia, ha detto, chiedendomi di rientrare in città al più presto.”
“Non mi dire che ha prosciugato il patrimonio...”
“Oh no amico, il patrimonio è intatto e sostanzioso! Il SUO patrimonio!”
“Che vuoi dire?”
“Che mi ha estromesso dall’accesso libero ai soldi la carogna!!!”
Logan non trovò nulla da replicare, mentre Veronica continuava ad ascoltare la conversazione in silenzio da uno sgabello della zona bar, approfittando del caffè che Dick aveva iniziato a preparare prima di scegliere di virare sull’alcool e che ora stava fumando in una tazza nelle mani della ragazza. Dopo qualche secondo però, intanto che Dick faceva nuovamente visita alla sua bottiglia ormai amica fidata, Veronica ancora una volta non riuscì a trattenersi dal dire la sua.
“Hai capito perchè si è fatto arrestare la vecchia volpe...”
“E brava la nostra Miss Marple che ha capito tutto al volo! Te la sei scelta proprio sveglia amico!”
Logan però sembrava non riuscire ancora ad afferrare perfettamente, così Dick continuò.
“Il mio paparino, ora che non è più un criminale latitante ricercato dalla polizia e dai federali, potrà rimettere comodamente le mani su tutti i suoi bei soldini... appena uscirà di prigione ovviamente. Tra un annetto lui tornerà a essere un uomo libero e redento e potrà riappropriarsi di tutto l’impero Casablanca, sia legale che illegale, si intende. Per questo si è consegnato capisci? Altro che per pagare il suo debito con la giustizia… Un annetto e via, come se niente fosse successo, uno scappellotto sulla nuca per aver fatto il cattivo e di nuovo l’uomo onnipotente di una volta e il pieno diritto ad accedere a tutti i soldi.”
“Ma non capisco come questo ti riguardi.”
“Siccome lui non risulta più scomparso, io perdo il diritto di gestire a piacimento il patrimonio... ma il bello è che il mio vecchio ha pensato che non fosse sano per me poter disporre di una liquidità così vasta! Non aiuta ad apprendere il valore dei soldi, dice! Divertente no? Detto da uno che è in galera per frode finanziaria aggravata! Insomma mi ha tagliato l’accesso libero al fondo fino ai ventun anni, sostituendolo con una rendita mensile adeguata... adeguata capisci? Secondo te quant’è adeguata? Quantificami adeguata Logan.”
“Non lo so...”
“Più o meno un terzo di quello che spendo ora ogni mese! Ma la cosa fantastica è che è riuscito a farmela passare come una mossa educativa in mio favore da parte di un bravo padre responsabile!!! Lui che voleva ricucire il nostro rapporto... e me lo ha fatto comunicare poco fa per telefono dal suo avvocato!!!” Detto questo Dick sprofondò nel divano, nel silenzio della sua sofferenza etilica.
Veronica non si era mossa dal suo posto e appena il ragazzo ebbe finito di sfogarsi lei si limitò solo a poggiare la tazza ormai vuotata dalla bevanda nera che la riempiva e a raccogliersi i capelli disordinati con un fermaglio. Questi problemi da ricchi figli di papà le sembravano assurdi, non riusciva a calibrare la gravità per uno di loro di una misera rendita mensile e non voleva neanche indagare di quale folle somma quella rendita fosse un semplice terzo, però, in fondo, poteva capire perchè Dick fosse così addolorato.
“I problemi, soprattutto quelli economici, assumono prospettive diverse per ognuno, ma il tradimento di un padre ha lo stesso valore per tutti...”
Logan si alzò per prendere un bicchiere d’acqua da portare a Dick e, avvicinandosi all’angolo bar dove era seduta Veronica, le strinse fugacemente la mano che lei teneva poggiata su una gamba e le diede un piccolo bacio su una guancia, poi, presa l’acqua, tornò verso il divano e la porse all’amico.
“Dick, mi dispiace per tuo padre, davvero... ma vedrai che si troverà una soluzione, non stai diventando povero e poi i venunt anni non sono così lontani...”
“Sai quale sarà la prima conseguenza di tutto questo? Che non potrò continuare a vivere qui...” Dick parlò con sorprendente calma e serietà, con una realistica accettazione nella voce che, a chi non lo conoscesse già, lo avrebbe potuto far apparire come un uomo ormai maturo. “Ora mi vado a fare una dormita.”
Con questa frase Dick decise di segnare la sua uscita di scena e abbandonando la bottiglia di whisky sul pavimento si alzò e raggiunse barcollando la sua camera, chiudendosi rumorosamente la porta alle spalle.
Rimasti soli nel salotto della suite, Logan e Veronica restarono a guardarsi dubbiosi per qualche istante, lui sul divano e lei sullo sgabello. Probabilmente quello che stava passando per la mente di entrambi era che la magia della loro riunione era stata rovinata dall’imprevista esplosione di Dick. Veronica però era fermamente intenzionata a far si che questo non accadesse, voleva solo recuperare le sensazioni provate durante quel breve risveglio solitario alle prime luci dell’alba e renderle vivamente concrete. Lanciò a Logan un’occhiata di spiritosa circospezione e alzandosi dallo sgabello si avvicinò a lui che la stava osservando con un piccolo sorriso incuriosito. Quando lo raggiunse gli si fermò in piedi davanti, appoggiando le ginocchia a quelle sedute di lui e piegandosi gli cinse il collo con le braccia allungate.
“Non è proprio così che immaginavo il nostro risveglio...”
“Già, neanche io. Avevo tutt’altro in mente!”
“E scommetto che tutte le opzioni non contemplavano che la ragazza che ti saresti ritrovato accanto nel letto avrebbe avuto questo aspetto terribile!”
“Sinceramente preferisco che ieri notte tu ti sia precipitata qui, piuttosto che passare a casa a cambiarti protraendo ancora di più il tuo ritardo.” Logan avvicinò il volto a quello di lei e, scostandole con il pollice una sottile ciocca ondulata di capelli che le copriva la fronte, iniziò a sussurrare dolcemente. “E poi… non so se è perché mi sei così mancata… ma a me sembra di non averti mai visto così bella…”
Veronica sorrise con occhi scintillanti e si chinò maggiormente fino a raggiungergli le labbra. Bastò quel tocco delicato per riaccendere il desiderio che la notte precedente li aveva travolti, bastò quel fugace scambio del calore delle loro labbra perché Logan la afferrasse per la vita spingendola a sedersi su di lui e mentre la teneva stretta al suo petto per le spalle continuò a baciarla, per lasciarla andare a fatica solo dopo diversi minuti.
“Ti immaginavi più o meno questo?”
“Cominciamo ad avvicinarci…” gli rispose Veronica con rosse guance accalorate.
“Ah quasi dimenticavo… buongiorno piccola…”
Quanto aveva aspettato di sentire di nuovo quelle parole, talmente tanto che Veronica non riuscì a tenersi lontana da lui neanche per un altro secondo, ma mentre si muoveva per cercargli nuovamente le labbra Logan le afferrò prontamente il volto sorridendole malizioso.
“Che ne diresti se proseguissimo sotto la doccia? Mi auguro che tu non abbia fatto programmi di nessun tipo, perché ti comunico che ho la ferma intenzione di tenerti a mia completa disposizione per tutto il giorno… voglio fare tutto con te, tutto, tutto, tutto ed è meglio iniziare da subito senza perdere neanche un secondo di tempo!” Il ragazzo sembrava su di giri, tutto nei suoi occhi luminosi, nei suoi gesti concitati, nella sua voce, faceva trasparire l’entusiasmo che ormai lo animava e che non l’avrebbe più abbandonato. “Guarda… posso concederti giusto una mezz’oretta di tregua quando Dick si sveglierà per assisterlo nel dopo sbornia.”
Veronica lo ascoltava con sorriso estatico, annuendo divertita, e stava per rispondergli che non aveva in programma di fare assolutamente nulla di diverso da quello che lui stava prospettando, quando l’ombra di una strana sensazione la colse di sorpresa. Cercava di afferrare un ricordo… c’era qualcosa che avrebbe dovuto ricordarsi, ne era certa, ma proprio non riusciva a fissarla. Quel vago sospetto faceva capolino alla sua mente, era proprio lì, accennava a diventare cosciente ed ecco che poi svaniva di nuovo, lasciando solo quella spiacevole sensazione di essersi dimenticati di qualcosa. Mentre Veronica corrugava sempre più la fronte, segno dello sforzo a cui stava sottoponendo le sue meningi nel tentativo di capire cosa avrebbe dovuto ricordare, d’un tratto un baleno attraversò i suoi occhi facendoli spalancare.
“Che giorno è oggi Logan?” Urlò sciogliendosi dall’abbraccio di Logan e alzandosi da lui.
“E’ lunedì.” Le rispose Logan seguendola con uno sguardo confuso.
Il volto della ragazza si fece di ghiaccio, mentre lentamente sollevava la mano per poi farla ricadere con violenza sulla propria fronte, a punirsi di quella dimenticanza.
“Come ho fatto a scordarmene!!! Entro oggi devo consegnare la tesina di metà trimestre per il corso di Fondamenti di Psicologia! Che ore sono?”
Senza lasciare a Logan il tempo di rispondere Veronica gli prese il braccio e glielo girò per vedere da sola il suo orologio.
“Le 10 e 30. Ho 2 ore e mezza. Calcolando che la tesina non l’ho ancora neanche pensata e che in questo arco di tempo devo inevitabilmente infilarci dentro una doccia, quindi correre a casa, togliermi questi vestiti e buttarli in un inceneritore…” Veronica pensava ad alta voce mentre camminava su e giù davanti al divano da cui Logan la osservava perplesso ma al contempo divertito e adorante, con la braccia comodamente allungate sulla spalliera del divano e la testa appoggiata all’indietro a godersi lo spettacolo di quella ragazza straordinaria che in preda al panico per via di quella scoperta cercava con razionalità ossessiva di organizzare ogni suo prossimo passo. “Si. Ce la posso fare.” Sentenziò decisa Veronica alla fine del dettagliato ragionamento.
“Falla qui la doccia.”
“E dire addio al poco tempo che già ho??” Veronica si fece intendere perfettamente con un’occhiata che la sapeva lunga.
“Giuro che non ti importunerò!” Scherzò Logan incrociando visibilmente le dita, “e poi che ti credi? Non sei mica così irresistibile Veronica Mars! Anzi, per dirtela tutta mentre tu sarai nuda sotto la mia doccia, con l’acqua che ti bagna i capelli e la schiuma che ti scende lungo la schiena… si, credo proprio che mi farò una partita con l’X-Box!”
“Ah è così eh? E allora tanto vale che la doccia la faccia a casa, perché non sei così irresistibile neanche tu Logan Echolls, lo sapevi?” Gli rispose la ragazza afferrando un cuscino del divano e lanciandolo sulla faccia divertita di Logan. “A parte gli scherzi, tanto dovrei comunque passare a casa per cambiarmi… visto che l’unica maglietta che avevo lasciato qui mi pare di ricordare che tu l’abbia regalata a un’altra donna*!” Lanciò un secondo cuscino per sottolineare il concetto.
“Ehi! Guarda che…”
Veronica si girò di scatto verso di lui facendoli un occhiolino malizioso e, riabbassandosi sul corpo di Logan, si avvicinò lentamente alle sue labbra per poi deviare d’improvviso traiettoria e spostarsi al suo orecchio, sussurrandogli con un soffio “Ti amo…”
Veronica decise di scostarsi da Logan solo dopo aver chiuso quel gesto con un bacio a fior di labbra sul lobo del suo orecchio, che mandò il ragazzo completamente in visibilio. Logan cercò subito di afferrare la ragazza per un braccio, ma lei, avendo in anticipo previsto quella reazione in base ad una ormai consolidata esperienza, era già pronta a scattare e a schivare la presa, e, sfuggitagli, corse ridendo verso la camera da letto per mettersi le scarpe.
Dopo quella manovra di Veronica, quasi crudele perchè astutamente studiata proprio per suscitare quell’esatto effetto sul ragazzo, a Logan, rimasto scontento ed elettrico sul divano, non restò altro che guardare la ragazza che amava e che desiderava in quel momento più che mai allontanarsi da lui dopo aver eluso abilmente le sue tutt’altro che candide intenzioni, e passandosi una mano sulla faccia raggiante per smaltire l’eccitazione si limitò ad ascoltare quello che lei gli stava urlando dall’altra stanza.
 “Lo vorrei tanto anch’io ma ora proprio non ho tempo!!!”
Dopo pochi secondi Veronica ricomparve nel soggiorno della suite con le scarpe ai piedi e la borsa in spalla. Stava per avvicinarsi a Logan per salutarlo con un bacio, ma a due metri di distanza lui la fermò con un gesto deciso della mano e con uno sguardo serissimo.
“Se ti avvicini non potrai più uscire. Ti ho avvertita.”
La ragazza si poggiò le mani sui fianchi divertita.
“Hai deciso di rendermi difficile dovermene andare, ho capito.”
“Come minimo. E credimi… so quello che faccio.”
“Mi avrebbe deluso il contrario da te Logan Echolls, lo sai bene! Ti chiamo… tieni il cellulare a portata di mano perché sarà bollente per tutto il giorno!”
Veronica gli sorrise dolcemente e, anche se sarebbe rimasta tutta la vita in quella stanza a stuzzicarsi vicendevolmente, si forzò ad uscire dalla suite e, chiudendosi la porta alle spalle, si diresse a passo svelto lungo il corridoio a premere il bottone di chiamata dell’ascensore.
Non appena le porte scorrevoli si spalancarono davanti a lei, Veronica aprì la borsa e iniziò a frugarci dentro affannosamente, finché non ne tirò fuori la chiave magnetica della suite che non aveva mai spostato da lì da quando l’aveva ricevuta e che gli consentì, dopo aver ripercorso a ritroso i suoi passi, di rientrare nella stanza di Logan alla velocità della luce e raggiungere correndo il ragazzo ancora perfettamente fermo sullo stesso posto, con lo sguardo rivolto verso di lei, un sorriso tagliente stampato sulla faccia e le braccia incrociate sul petto. Veronica decise di non stare a chiedersi se quell’atteggiamento di Logan significasse che lui era ancora provato per la sua provocazione di qualche minuto prima, oppure che la stava aspettando, talmente sicuro che lei sarebbe tornata sui suoi passi da restare immobile a fissare sorridente la porta in attesa che questa si riaprisse. L’unica cosa che sapeva era solo che a quello sguardo e a quel sorriso lei non era capace di resistere, come non lo era mai stata negli ultimi anni; sapeva solo che quel suo modo di essere, quel suo essere semplicemente Logan Echolls, la attraeva con una forza così fatale da renderla incapace di qualsiasi controllo. Il controllo ormai l’aveva perso da tempo, sin da quando Logan era diventato per lei qualcosa di diverso dall’ex-fidanzato della sua migliore amica assassinata, dallo Zero Nove che aveva odiato al liceo. E soprattutto quel giorno nel deserto il controllo aveva deciso di abbandonarlo, di non nascondere più niente al ragazzo che ora si trovava davanti a lei in quella stanza e che la guardava con un sorriso indescrivibile. Veronica quindi non pensò, ma cominciò freneticamente a togliersi le scarpe con il solo aiuto dei piedi, mentre con una mano buttava la borsa a terra e con l’altra si scioglieva i lunghi capelli che andarono a ricaderle movimentati sulle spalle fino a coprirle parzialmente il viso.
“Sono perfettamente in grado di farla anche in un’ora e mezza quella stupida tesina!” Dichiarò affannata Veronica correndo verso il divano e salendo sulle ginocchia di Logan che in ansiosa attesa la accolse afferrandola alla vita con una tale energia da stropicciarle interamente la maglietta e, passandole le mani sulla testa per liberarle il volto dai lunghi capelli biondi che lo coprivano, iniziò a baciarla.

____________


Come promesso a sé stessa Veronica non si era concessa più di un’ora in quella suite della tentazione e alle 11 e 45 era già a casa sua, nella sua stanza, stesa sul suo letto – esausta – con il suo portatile appoggiato sul ventre. Certo non poteva rimproverarsi di non essere precisa, un’ora si era data e un’ora si era presa, ma un problema c’era. Era quel foglio di testo bianco che lampeggiava sullo schermo del suo computer, perché anche se era riuscita a portare via il suo corpo da quella stanza, non era stata altrettanto abile con la sua mente, e per quanto si sforzasse ancora non riusciva a trovare la concentrazione che le consentisse di iniziare a riempire di piccole lettere nere quel foglio bianco.
“Adesso basta Veronica Mars! Fuori Logan Echolls, dentro Fondamenti di Psicologia! Hai circa un’ora per scrivere da zero una tesina che meriti una A!”
Sebbene fosse difficile non lasciarsi andare ai dolci pensieri di essersi ritrovata con Logan, all’eccitazione della novità, al desiderio di fantasticare sulla loro storia tutta da ricostruire, quando Veronica Mars si metteva in testa una cosa non esisteva niente al mondo che le impedisse di trovare in sé tutta la determinazione necessaria per portarla a termine. Con gesto risoluto si alzò quindi a sedere e cominciò a battere speditamente sulla tastiera del suo computer e, un tasto dopo l’altro, dopo mezz’ora aveva già completato due paragrafi, oltretutto con la ferma convinzione di star riuscendo a produrre un ottimo lavoro. Mentre però si accingeva ad iniziare il terzo e penultimo paragrafo, la suoneria del suo cellulare la fece trasalire e, prima di scoprire chi la stesse chiamando leggendone il nome sul display, Veronica si trovò a malincuore a sperare che non fosse Logan, per non rischiare di perdere la concentrazione in cui finalmente era riuscita a far immergere il suo cervello. Rischio che sarebbe stato molto più che concreto! Per fortuna era suo padre.
“Dimmi al volo papà.” Rispose la ragazza con l’intenzione di liquidare la chiamata il più presto possibile.
“Scusatemi tutti… ma non ho tempo!!!!”
“Veronica dov’è tutta la mia roba?? Cos’è mai successo al mio ufficio??” La voce sfrenata di suo padre la travolse obbligandola a distanziare il telefono dall’orecchio.
“Papà scala una marcia! Che stai dicendo scusa?”
“Sono alla Mars Investigation e ti sto chiedendo che è successo al mio ufficio!”
“Non per essere pignola, ma veramente quello non era più il tuo ufficio!”
“E’ vero! Ma ho intenzione di riprenderne possesso e vorrei sapere cosa hai fatto qui dentro!!”
“Ordine.” Rispose la ragazza con tutta la semplicità di questo mondo.
“Ah, questo me lo chiami ordine? Non trovo più niente! Dove sono tutti i miei fascicoli? E i miei appunti? Dove sono i miei appunti? Non trovo neanche più la mia tazza preferita del caffè!”
“Papà calmati…” Veronica capiva perfettamente l’agitazione che era piombata addosso a suo padre e ne soffriva di cuore.
“Figlia mia, abbia pazienza per la demenza senile di tuo padre, ma non potresti venire qui ad aiutarmi?”
Veronica sospirò al pensiero che saltassero tutti i programmi che aveva fatto dal momento in cui avrebbe consegnato la tesina in poi, programmi che avevano come unico obiettivo quello di riprendere da dove era rimasta un’ora prima al Neptune Grand, ma non poteva non andare ad aiutare suo padre in questo momento critico che lui stava attraversando, voleva cercare di stargli vicino il più possibile.
“Papà, devo a tutti i costi consegnare una tesina alle 13.00. Appena liquidato il pacco ti raggiungo in ufficio, tu pensa solo a comprare il pranzo e lascia stare tutto il resto ok?”
“Ok tesoro, ti ringrazio, ci vediamo dopo e fai un buon lavoro con la tua tesina… ma tanto è inutile che te lo raccomandi!”
Appena riagganciato il cellulare Veronica Mars adocchiò l’ora e pressata dalla scadenza imminente del tempo a sua disposizione, non le restò altro da fare che impegnarsi a battere sulla tastiera ancora più velocemente, obbligando il suo cervello a tenere faticosamente il passo con le sue dita scattanti.
E doveva ancora farsi quella doccia.

____________


Il sole stava già calando sulle strade di Neptune quando Veronica Mars si chiuse alle spalle la porta della Mars Investigation tirando fuori dalla tasca della giacca le chiavi della sua auto. La camicia bianca visibile sotto una leggera giacca verde aperta e i jeans puliti che indossava testimoniavano che era finalmente riuscita a concedersi quella doccia indispensabile a sciacquarsi via di dosso il viaggio a Las Vegas, almeno dalla pelle. La tesina di Fondamenti di Psicologia era stata consegnata al professore in extremis e anche l’allergia da ordine di Keith Mars era stata placata. Veronica infatti era corsa in appoggio di suo padre e lo aveva aiutato con diligente pazienza a riambientarsi tra le sue cose e ad aggiornarsi sugli ultimi casi aperti nel periodo della sua assenza dall’ufficio investigativo, tuttavia non aveva previsto che quest’ultima impresa avrebbe richiesto un intero pomeriggio ed ora che la giornata volgeva ormai al termine non poteva non rimpiangere di aver mandato a monte tutti i piani fatti in mattinata insieme a Logan. Appena lasciata la Hearst dopo aver consegnato la tesina, gli aveva telefonato per avvertirlo che avrebbe dovuto sbrigare un problema con suo padre prima di raggiungerlo e che l’avrebbe chiamato non appena si fosse liberata. Forse in passato non avrebbe messo la mano sul fuoco nell’aspettarsi da parte sua una matura comprensione, ma ora si stupiva sempre di più di quanto lui si dimostrasse comprensivo nei suoi confronti. Logan infatti non l’aveva chiamata per tutto il pomeriggio, segno che aveva capito, senza bisogno di alcuna spiegazione, che lei preferiva non parlare al telefono prima di aver dato a suo padre la notizia che loro due erano tornati insieme. Veronica non aveva comunque sentito troppo la sua mancanza perché originalmente Logan aveva dato avvio a uno scherzoso gioco di messaggi vocali che si era protratto per il tutto il giorno, che non solo l’aveva divertita enormemente ma la aveva aiutata a resistere all’attesa di sperimentare quella quotidiana normalità di cui sentiva così bisogno da quando si era svegliata quella mattina. Appena salita in macchina Veronica prese il suo cellulare e, sorridendo al solo pensiero, decise di accompagnare piacevolmente il suo ritorno a casa riascoltando i messaggi che Logan le aveva lasciato nel corso del pomeriggio. Digitò quindi il codice della sua casella vocale e la predefinita voce elettronica iniziò ad elencare i messaggi registrati in memoria.

# Messaggio registrato alle 14:22 da Logan Echolls #
“Non posso negare che questo sia il più bel pomeriggio passato insieme! Mentre tu mi trascuri io ho già sistemato Dick: dorme con una sostanziosa dose di aspirina in circolo nel sangue. Come vedi riesco a intrattenermi benissimo anche da solo.”

# Messaggio registrato alle 14:25 da Logan Echolls #
“Dimenticavo di avvertirti che per farmi aiutare nell’assistere Dick ti ho egregiamente sostituito con due sexy infermiere che ho noleggiato su internet. Quindi ti prego, cerca di tornare il più tardi possibile che non mi va di buttare i soldi dell’affitto.”

# Messaggio registrato alle 16:37 da Logan Echolls #
“A. A. A. cercasi Veronica Mars. Mi manchi piccola, vedi di sbrigarti!”

Veronica ricordava di aver risposto furtivamente a questo messaggio con uno stuzzicante invito ad aspettarla pazientemente: “L’uomo che sa aspettare sarà ricompensato…”
Mentre parcheggiava l’auto nel vialetto di casa sua, la casella vocale trasmetteva l’ultimo messaggio salvato, quello che aveva lasciato a Veronica uno strano senso di curiosa perplessità.

# Messaggio registrato alle 19:10 da Logan Echolls #
“A mali estremi, estremi rimedi!”

Chiedendosi ancora una volta che cosa Logan avesse mai voluto intendere con quell’ultimo messaggio, Veronica entrò in casa e trovò Wallace seduto al tavolo della cucina con il libro di Ingegneria aperto davanti a sé e il naso immerso in un contenitore del take away del ristorante cinese e quando lei lo salutò allegramente posando le chiavi di casa sul tavolo, lui la degnò a mala pena di uno sguardo, completamente preso com’era dal suo involtino primavera.
“Ho detto CIAO Wallace!”
Il ragazzo senza smettere di masticare con gusto si limitò a rivolgerle un cenno del capo e un abbozzo di sorriso.
“Incredibile Fennel, mi stai dando meno importanza di un involtino! Allungamene uno almeno almeno…”
Il ragazzo ingoiò con calma il boccone prima di rispondere.
“Non credo che ti interesserà mangiare con me dopo aver visto in che stato è ridotta la tua stanza!”
“Wallace Fennel! Scegli bene le tue parole… che cosa hai fatto alla mia camera??” Veronica cominciava a preoccuparsi, cosa era mai potuto succedere? Un tubo rotto con conseguente inondazione? Una festa scatenata a sua insaputa la notte precedente con conseguente distruzione di massa? Probabilmente in quest’ultimo caso la distruzione di massa sarebbe stata la conseguenza della sua reazione…
“Ehi Mars, prima di arrabbiarti con me perché non vai a dare almeno un’occhiata?” Wallace parlava con un tono insolitamente allusivo che non poteva rendere Veronica ancora più interessata. “Credo che sarà una sorpresa per te… per me lo è stata di certo! Magari un po’ monotona…”
“Wallace ti prego non finire quella frase! Non sopravvivresti se ti dicessi a chi ti accomuna…”
Veronica ormai aveva afferrato perfettamente cosa aveva voluto intendere il suo amico con tutti quei retorici giri di parole e in effetti si stupiva di non esserci arrivata subito. Stava forse cominciando a perdere colpi? In ogni caso, il passo falso del suo acume era all’ultimo posto delle sue priorità in quel momento. Veronica si precipitò ansiosamente nella sua stanza e, spalancando la porta con un’unica mossa, accolse con un sorriso splendente il ragazzo disteso a leggere sul suo letto con le gambe incrociate.
“Buonasera estremi rimedi!” Lo salutò sfilandosi la borsa dalla spalla e tirandola su una sedia.
Logan schizzò in piedi dal letto e raggiungendo Veronica ancora ferma sul ciglio della porta, la afferrò alla vita e la sollevò sorridendo, fino a farla ricadere insieme a sé sul letto. Solo quando tra le felici risate la ragazza fu sdraiata sopra di lui, Logan si decise a ricambiarle il saluto con un bacio.
“Se la montagna non va da Maometto, Maometto va alla montagna!”
“Quindi io sarei la montagna?” Scherzò Veronica cingendo il collo di Logan con le braccia e facendogli morbidamente ricadere i biondi capelli sulla faccia.
“Precisamente!” Inebriato dal profumo di quei capelli che gli carezzavano il viso Logan la baciò di nuovo e mentre la stringeva la spostò facendola scivolare sotto di sé, finché, lasciate le sue labbra, si fermò a contemplare quei dolci lineamenti e quegli occhi luminosi che lo avevano stregato anima e corpo. “Sai piccola, adoro la tua camera… questa casa è una bomba! Come cavolo fate a permettervela voi tre umili spiantati? E poi è grandissima… che ci farete mai con tutto questo spazio?”
“La casa è di uno zio di Mac… diciamo che l’affitto è molto, molto favorevole! In poche parole ce l’affitta a due soldi. E per quanto riguarda tutto lo spazio... beh, che domande. Quello serve per le feste orgiastiche che organizziamo ogni sabato sera!”
“Cosa, cosa, cosa? Senza invitarmi???”
Scambiarsi pungenti battute era una delle cose che Veronica amava di più al mondo, ma sentendo il peso di Logan sopra di lei e perdendosi in quello sguardo penetrante, la sua mente, il suo cuore e soprattutto il suo corpo la portavano a desiderare ben altro e mentre con gli occhi faceva capire a Logan che era il momento di passare oltre, lui aveva già iniziato a sfilarle la giacca.


Soltanto le stelle e il canto notturno dei grilli facevano da sfondo a Logan e Veronica che nudi sotto il leggero lenzuolo se ne stavano distesi sul letto uno di fronte all’altra, finalmente a parlare, parlare e parlare, da ore. Con trasporto Veronica si era imbarcata nel racconto della sua turbolenta estate all’FBI, lasciando Logan quasi esterrefatto. Lui infatti non sapeva nulla di quello stage e mentre lei parlava ancora stentava a credere che quella dolce ragazza stesa accanto a lui avesse trascorso i mesi estivi in Virginia a sperimentarsi nel ruolo di agente federale, sebbene, stando al racconto, Veronica si era più che altro impratichita nel portare caffè e nel fare fotocopie, combattendo con la sua speciale grinta i pregiudizi degli agenti e la tendenza di tutti a considerarla semplicemente una bionda, minuta e indifesa ragazzina della California.
“Si ma alla fine della battaglia me ne sono andata a testa alta… infatti credo di essere già attesa per l’estate prossima.”
“Non ne avevo dubbi!”
Assorto nell’ascoltarla Logan giocava con una bionda ciocca di capelli che le ricadeva sul seno, mentre Veronica gli accarezzava dolcemente il petto nudo con il dorso della mano. Il loro parlare era a tratti interrotto da piacevoli silenzi in cui restavano pacificamente a guardarsi negli occhi o a baciarsi, ma durante quest’ultima pausa Veronica notò che Logan pareva stranamente pensieroso e le sembrò di veder calare sui suoi penetranti occhi castani un leggero velo di tristezza.
“Ehi, ma cos’hai?” Gli disse sfiorandogli una guancia.
Logan, con la testa tranquillamente adagiata sul cuscino, rimase un momento serissimo, con lo sguardo ancora intensamente immerso in quello attento di Veronica.
“Piccola… non ti farò più soffrire. Mai più, te lo giuro.”
“Logan…”
“Davvero, voglio chiarirlo una volta per tutte e poi non ne parleremo più. Quello che ti ho fatto l’anno scorso…”
“No senti Logan, fermati subito.”
“Perché?”
“Basta con questa dinamica di io che mi arrabbio, tu che ti scusi e io che ti perdono. Basta.”
Logan alzò la testa poggiandola su un braccio e aumentò la sua attenzione per cercare di capire cosa la ragazza cercasse di dirgli. Cogliendo la sua aria confusa Veronica continuò.
“A parte che anche io ho le mie colpe perchè con te non mi sono comportata proprio come uno stinco di santo… ma soprattutto questa cosa si chiude qui, perchè è storia vecchia.”
“Quale cosa Veronica?” Logan sembrava iniziare a preoccuparsi, non poteva immaginare dove la ragazza volesse arrivare a parare con quel preambolo.
“Questa storia di noi che litighiamo e ci lasciamo Logan. Litighiamo, poi ci riavviciniamo scusandoci di tutto e ricominciamo tutto il circolo. Non accadrà più, perchè semplicemente non ci lasceremo più. Consideralo un impegno da parte mia, o meglio ancora un dato di fatto. Qualsiasi cosa potrà mai accadere tra di noi, non importa cosa, ti prometto che mi impegnerò a risolverla insieme a te, perchè non credere che io non abbia notato questo mio modo di fare assurdo. Al primo problema chiudo tutto, sono bravissima a non sentire ragioni, non mi ha mai battuta nessuno!” Logan cercava di inserirsi, voleva parlare, non riusciva a tollerare che lei stesse cancellando tutte sue le colpe con un solo discorso, non era giusto, non era vero, lei non poteva negarle così facilmente, ma ora che aveva iniziato Veronica ormai era inarrestabile. “Forse prima non ero così sicura di noi come lo sono ora e ogni ostacolo mi faceva sospettare che tu non fossi la persona giusta e che quindi fosse meglio chiudere subito e impegnarmi a cercarla. Ma Logan, sei tu quella persona, lo so, o meglio, lo sapevo anche prima, ma forse avevo paura di ammetterlo a me stessa perchè mi sembrava fosse troppo impossibile riuscire a trovarla già a vent’anni! Andiamo, chi ci riesce? Alcuni ci impiegano tutta la vita! So che anche tu stai crescendo insieme a me e che anche tu hai fatto i tuoi errori, non lo nego, ma non voglio che tu ricominci la nostra storia con questa responsabilità sulle spalle, come se fosse un peccato da espiare giorno per giorno. Non esiste Logan, perché anche io ho commesso i miei errori, io con le mie stramaledette paure, la mia diffidenza... Giorni fa Mac mi consigliava di chiudere il capitolo Logan Echolls e di aprirne uno nuovo una volta per tutte. Beh, lo sto facendo. Non sarà più come prima, quindi non ti scusare.” Veronica lo baciò improvvisamente e sorrise. “E’ tutto. Benvenuto nuovo capitolo!”
“Dio se ti amo…” rispose semplicemente Logan con un sorriso estasiato.
“Ti amo anch’io.”
“Ma…” Logan si fece serio.
“Ma cosa?”
“Ma non voglio che tu apri questo nuovo capitolo senza il giusto prologo.”
“Che vuoi dire?”
“Non ti ho ancora detto con chi sono andato in Australia.”
“No. Non me lo hai ancora detto.” Lo sguardo di Veronica si accese della sua caratteristica curiosità.
“Veronica, sono andato da solo per davvero.”
“Sul serio? Ma perché?”
“Si sul serio. Sono andato a trovare qualcuno…”
“Chi?”
Logan raccolse le idee lasciando in sospeso Veronica con un secondo di silenzio...
“Mia madre.”



NOTE:
* Si riferisce alla bambina della puntata 3x13.




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Capitolo 8
*** Capitolo sette ***



CAPITOLO SETTE








“Tu te lo aspettavi?”
“A dirtela tutta non ne avevo dubbi! Potevo metterci la mano sul fuoco che prima o poi quei due sarebbero finiti di nuovo insieme!” Rispose Mac a Wallace passandogli la scatola dei cereali.
“Passami anche il latte… comunque non ho ancora deciso se esserne contento o meno.”
“Si capisco che intendi.”
“Io no, spiegamelo un po’?” Veronica, ancora in pigiama, era appena entrata nel salotto e si era fermata di soppiatto ad origliare i due ragazzi che parlavano di lei e Logan mentre facevano la consueta colazione pre-universitaria. Si avvicinò a loro sorridendo e prese posto su uno sgabello della cucina mentre si versava una tazza di caffè bollente. Veronica sapeva che i suoi amici avrebbero accolto con i piedi di piombo la notizia della sua riunione con Logan, dopotutto l’avevano vista soffrire a causa sua più di una volta e l’avevano affettuosamente sostenuta dopo ogni rottura, quindi non poteva stupirsi né volergliene male se adesso si preoccupavano che questo potesse riaccadere.
“Siamo solo un po’ preoccupati per te… non tanto eh! Il giusto. Sai da te che…”
“Si Mac, lo so bene.” Disse Veronica interrompendo l’amica, “dal vostro punto di vista ne avete tutto il diritto. Ma ragazzi ve lo assicuro, è così che doveva andare, non potrei esserne più sicura. Questa volta non dovete preoccuparvi.” Il sorriso trasognato di Veronica non poteva lasciare dubbi sulla veridicità della sua sicurezza.
“In ogni caso io tengo pronta la rete di salvataggio per ripescarti in caso dovessi precipitare di nuovo!”
“Guarda Fennell che io non sono mai stata una che precipita!”
“Ma davvero Mars? Allora vediamo un po’ quali esempi posso fare…”
“Ma quali esempi Wallace??” Veronica rideva mentre fingeva di arrabbiarsi col suo amico, a sua volta falsamente accusatore.
“Ci fidiamo del tuo giudizio e chiudiamo il discorso, ok?” Mac cercava sempre di mediare gli scherzosi battibecchi tra i suoi coinquilini, più per la sua indole tranquilla e amante la quiete che per un reale bisogno di intervento. “E dov’è Logan? Non sarà mica sgusciato via nel cuore della notte?”
“No sta ancora dormendo. E proprio per questo io approfitterò del fatto che voi state ancora mangiando per rubarvi la doccia!”
“Sai che novità!” Le rispose Wallace lanciandole una mollica di pane.
“Ma non mangi niente?”
“No Mac, ora non ho fame.” Veronica si alzò dallo sgabello e sciogliendosi i biondi boccoli dal fermaglio che li teneva prigionieri si avviò verso il bagno con aria pensierosa. I due amici, osservandola, non potevano non imputare quel suo strano atteggiamento alla stanchezza per una notte che sicuramente l’aveva tenuta impegnata fino a tardi ed infatti si scambiarono un’occhiata complice. In realtà non potevano immaginare che a impensierire Veronica fosse tutt’altro. Stava ancora pensando alla rivelazione fattale da Logan la notte scorsa.
Lynn Echolls…
Assurdo…
Lynn Echolls ancora viva…

Quella rivelazione l’aveva travolta e ancora non riusciva a superare lo stupore. Lei stessa al liceo si era impegnata a cercare la madre di Logan, ma ogni indizio che aveva raccolto all’epoca portava a dare credito alla veridicità del suo suicidio. Invece era tutta una messa in scena… i sospetti che Logan nutriva all’epoca erano assolutamente fondati, anche se non avevano trovato alcuna conferma. Era stata lei ad essere approssimativa o quella donna si era dimostrata troppo astuta anche per le sue straordinarie capacità investigative? Forse era meglio non avere una risposta a questa domanda.
Mentre faceva scorrere l’acqua della doccia e aspettava che si facesse calda, Veronica cercava di rielaborare quella notizia.


°°°




Durante l’estate appena trascorsa, pochi giorni prima che Veronica partisse per la Virginia, Logan aveva ricevuto una lettera. Era firmata da sua madre. Era scritta al computer ma la calligrafia della firma era la sua, non c’era dubbio. Non diceva molto. Solo che immaginava di provocargli uno shock inviandogliela, ma che era necessario e che avrebbero parlato di tutto a tempo debito. Doveva assolutamente vederlo. In Australia.
Logan non era mai stato uno sprovveduto. Nonostante la perfetta imitazione della grafia era certo che dovesse trattarsi di uno scherzo. Aveva già provato a dimostrare che non fosse morta e a cercarla, ma l’esito delle disperate ricerche aveva dato torto alle sue speranze. Aveva già tentato questa strada e in fondo vi aveva trovato solo altro dolore. Si era già illuso una volta e non aveva alcuna intenzione di commettere di nuovo lo stesso straziante errore.
Dopo circa due ore dall’arrivo di quella lettera Logan aveva acceso il computer e aveva acquistato un biglietto di prima classe per Sidney. Se laggiù c’era qualche sadico idiota che si divertiva a fargli scherzi di questo tipo lui non si sarebbe certo tirato indietro. Si era precipitato in Australia con l’intenzione di incontrarlo e fargli rimpiangere di essere nato, per poi trascorrere il restante tempo a surfare spensierato sull’azzurro delle onde australiane.
Ma quando dopo due giorni di viaggio aveva raggiunto la località periferica e l’indirizzo indicati nella lettera – una villetta bi-familiare con gli infissi celesti, le tendine alle finestre e vasi di ginestre ad ogni davanzale – Logan aveva dovuto fare richiamo a tutta la sua forza e a tutto il suo carattere per impedire che lacrime e singhiozzi si impadronissero di lui nel momento in cui sua madre gli aveva aperto la porta.
Era cambiata. Aveva lunghi capelli biondi tenuti indietro da un cerchietto verde e l’abito a fiori colorati che indossava indicava che non era rimasta più traccia del suo antico stile californiano.
Ma era lei.
Era proprio sua madre e lo stava guardando al di là della porta a vetri con le lacrime agli occhi.
Logan non ricordava di averla mai abbracciata con tanta intensità e tanta disperazione in tutta la vita. Non immaginava di poter tornare bambino in un secondo. Per un breve istante cessare di essere il ragazzo forte, sicuro di sé e indipendente che ormai, più per necessità che per desiderio, era da anni e concedersi di essere un bambino che finalmente può smettere di lottare da solo e abbandonarsi nelle braccia di sua madre.
Sopraffatto, confuso e bisognoso di risposte Logan Echolls si era lasciato docilmente introdurre in quella casa modesta e semplice, adatta a una normale famiglia che si mantiene nella vita con un lavoro onesto, cercando di sbarcare il lunario vendendo prodotti ortofrutticoli e conserve al mercato locale.
Una famiglia.
Una madre – sua madre – ma anche un padre e due bambine dai capelli castani che riuniti al tavolo del salotto sembrava lo stessero aspettando. Eppure la loro identità non era la prima domanda che martellava la mente di Logan, almeno non con la stessa potenza del desiderio di sapere la verità sulla scomparsa di sua madre. Di sapere. Perché, perché, perché, mamma, mi hai abbandonato? Perché mi hai fatto credere che fossi morta quando vivi felice con un’altra famiglia in un altro continente? Che volessi fuggire da mio padre lo posso capire, ma perché, perché, perché hai ingannato anche me? Perché non ti sei fatta viva prima? Perché solo ora? Perché, perché, perché…
Lynn Echolls non poteva non sapere quali domande affollassero la testa di suo figlio, ma sembrava ignorarle e, servendogli il the come a qualunque banale ospite, gli raccontò sorridente come la sua storia con Aiden Connor, quell’uomo affascinante seduto al tavolo, padre di due gemelle undicenni frutto di un primo infelice matrimonio, fosse iniziata clandestinamente già prima della sua scomparsa da Neptune, molto prima, finché lei non si era finalmente decisa a fuggire dalla manesca prigionia di Aaron Echolls e a raggiungerlo in Australia per vivere con lui sotto falso nome, Lucienne Connor.
Basta mamma, basta! Taglia questo patetico scorcio di vita familiare! Togliti quel sorriso spensierato e noncurante dalla faccia e parla! Parlami! Dimmi quello che voglio sentire! Perché solo ora mi hai aperto le porte di questa tua nuova vita quasi surreale? Fai la fruttivendola insieme a questo tizio??? Ma, andiamo! Che me ne frega di queste stronzate! Me le racconterai quando mi avrai detto perché hai aspettato tutto questo tempo per farmi sapere che eri viva. E soprattutto perché hai deciso di farlo proprio ora. So che sai quello sto aspettando, so che lo vedi nei miei occhi ora che li stai fissando. Allora se lo sai, avanti!
Logan aveva ragione. Sua madre lo sapeva. Sapeva che era il momento di smettere di fingere di far finta di niente, che era il momento di prendergli le mani tra le sue e spiegargli dolcemente il motivo per cui lo aveva chiamato laggiù.
Ma quando Logan si alzò in preda alla rabbia e uscì da quella casa sbattendo la porta, sua madre poté vedere nitidamente la profonda ferita che aveva causato in suo figlio. Poté capire perfettamente quanto lui avesse accolto male quel motivo. E mentre si affrettava a rincorrerlo fuori, poté capire anche che ormai era troppo tardi per riparare, perché l’auto a noleggio di Logan stava già sfrecciando via lungo il viale alberato di quel tranquillo quartiere periferico.
Per tutto il successivo tempo che Logan aveva trascorso sulla costa opposta dell’Australia, a rincorrere le onde più alte, a ubriacarsi in bar fatiscenti in compagnia di perfetti sconosciuti e a dormire in auto, non poteva non pensare a quanto la scelta di non aiutare sua madre fosse stata egoista e insensibile. Se ne rendeva conto perfettamente, sapeva che negandole l’aiuto che gli aveva chiesto lei e la sua nuova famiglia sarebbero andati incontro alla rovina – sfratto, disoccupazione, difficoltà – ma sinceramente se ne infischiava. Quella donna lo aveva privato dell’amore di una madre, lo aveva abbandonato nelle mani di un padre violento e maniaco, gli aveva fatto credere che fosse morta, causandogli un dolore struggente che non si era ancora rimarginato, e aveva aspettato tutto quel tempo per avvertirlo di come invece stesse vivendo felicemente lontano da lui. E perché adesso lo aveva chiamato? Perché sentiva la sua mancanza? Perché aveva capito il suo errore? Perché voleva riparare al tempo perduto e tornare ad essere sua madre? No. Perché aveva bisogno di soldi! Aveva saputo che ora era lui l’erede di tutto il patrimonio Echolls e al primo problema non aveva esitato a portarlo dall’altra parte del mondo solo per chiedergli la sua parte, fregandosene ancora una volta dei suoi sentimenti e calpestandoli senza pietà. Neanche una parola su cosa lui avesse passato credendo che sua madre si fosse suicidata e restando solo in quella famiglia, neanche una scusa, niente. Nel vederselo di nuovo davanti, fragile, commosso, felice per aver ritrovato finalmente sua madre, lei in realtà vedeva solo il suo conto in banca.
“Caro figliolo, so che te lo puoi permettere, mi serve un piccolo aiuto economico, ne abbiamo veramente bisogno sai…”
Ma vada al diavolo! Quale razza di madre fa questo ad un figlio! Quella non è mia madre! Mia madre non mi avrebbe mai fatto questo! Che vada in rovina, se lo merita! Perché mai dovrebbe importarmene…
In cinque minuti, cinque miseri minuti, quello che era stato il magnifico rapporto che li aveva legati in passato si era dissolto per sempre. Per Logan era come aver perso sua madre due volte, ma con quest’ultimo gesto lei era riuscita a distruggere anche il ricordo di quello che li aveva tanto uniti. Doveva per forza essere stato tutto falso.
A lei non è mai fregato un bel niente di me!
Logan soffriva, soffriva terribilmente, perché quella era sua madre e lui la amava, la aveva sempre amata e per quanto in quel momento la odiasse per come si era comportata con lui, una parte di sé non poteva non preoccuparsi per lei e per le sue difficoltà e proprio questa sua debolezza, questo ascendente che lei esercitava su di lui nonostante tutto, lo portava ad odiare anche se stesso.
Come fai ad essere così stupido Logan?? Come puoi dispiacerti per lei dopo quello che ti ha fatto? Idiota…
No, non si sarebbe di nuovo lasciato illudere, non avrebbe più mostrato il suo lato debole, non si sarebbe più fatto incantare da lei. Ora basta. Era inutile farsi illusioni, era solo. Logan decise che avrebbe combattuto contro l’amore incondizionato per lei, contro l’impulso ad aiutarla nonostante tutto, contro la voglia di sentirsi comunque suo figlio. Per quanto provasse dolore per la sorte di sua madre, avrebbe ignorato quella preoccupazione. No, non poteva aiutarla.
Avrebbe cavalcato le onde australiane, si sarebbe abbronzato e divertito come se la sua vita fosse un appassionante romanzo d’avventura, uno spensierato squarcio di vita giovanile, e avrebbe lasciato quella donna al misero destino che la attendeva senza i suoi soldi. Non era più affar suo.
E per tutto il resto dell’estate Logan aveva mantenuto i suoi propositi, con quel dolore sordo e latente che quasi ogni notte tornava spietato a fargli visita, comprimendogli il cuore.


°°°




Quando Veronica riaprì la porta del bagno lasciando uscire insieme a sé una bianca nuvola di vapore, i suoi coinquilini era già usciti per andare all’università e la casa era silenziosa. Con indosso solo l’accappatoio si diresse verso la cucina per bere un’altra tazza di caffè, cercando di non fare rumore per non svegliare Logan che doveva stare ancora dormendo nella sua camera.
Appena entrata nella stanza però lo vide lì, in cucina, con il giornale aperto sul tavolo davanti da sé ma lo sguardo perso fuori dalla finestra, verso gli alberi del parco assolato al di là della strada. Era serio, come raramente lei ricordava di averlo visto. Parlare con lei di sua madre quella notte doveva aver riaperto in lui la ferita ancora sanguinante. Negli ultimi tempi Veronica si era creata mille fantasie sul misterioso viaggio di Logan in Australia, ma non avrebbe mai potuto neanche immaginare quale fosse la verità. Nonostante le avesse causato un violento sbigottimento era felice di saperla, ma soffriva terribilmente nel vedere Logan così, soffriva per quello che lui aveva passato durante l’estate, soffriva perché aveva dovuto affrontarlo da solo… venire a sapere con una lettera che tua madre è ancora viva, attraversare pieno di speranze l’oceano per ritrovarla, scoprire che ti ha cercato solo per chiederti trecentomila dollari per salvare casa e lavoro, per salvare la sua nuova vita di cui tu non fai parte. Veronica lo amava e non poteva non soffrire insieme a lui. Ma soprattutto lo capiva. Nessuno avrebbe potuto capirlo quanto lei. Anche lei era stata tradita da sua madre, conosceva bene quel cocente dolore.  
Logan non si era accorto che Veronica era entrata nella stanza e si era fermata in silenzio a pochi passi da lui ad osservarlo perdersi nei suoi pensieri, finché lei non lo abbracciò dolcemente alle spalle facendolo trasalire.
“Buongiorno…” Gli sussurrò accarezzandogli il collo.
“Ciao piccola.” Logan si voltò e la baciò, tenendola stretta alle sue labbra per la nuca. “Si sta bene qui, sai? Mi piace... non me ne andrei mai.” Le disse lasciandola andare, mentre Veronica prendeva posto su una sedia accanto a lui e si versava il caffè.
“Nessuno dice che devi farlo! Che dice il giornale?” Veronica decise che quel giorno avrebbe fatto di tutto per scacciare i tristi pensieri dalla mente di Logan e avrebbe cominciato regalandogli il suo miglior sorriso e iniziando a ricostruire la piacevole quotidianità della loro vita insieme. Leggere il giornale come una qualsiasi coppia spensierata poteva essere un buon inizio.
“Parla di tuo padre.”
“Mhm.” Forse non era così buono come inizio. Veronica ripiegò il giornale e, iniziando ad imburrare un fetta di pane tostato, decise di virare altrove. “Programmi per la giornata?”
“Beh, intanto ho intenzione di godermi la nostra prima colazione insieme… poi mi godrò la nostra seconda colazione insieme… poi il pranzo…” Logan sorrideva, stava cominciando di nuovo a rilassarsi, “… e qualunque altra cosa decideremo di fare oggi, l’importante è che sia insieme. Ti piace come programma?”
“Si! E’ molto simile al programma che avevo in mente io!”
“Beh, io lo tengo in caldo da ieri!”
“Si lo so, mi dispiace!”
“Ah, già mi stavo dimenticando… una cosa da fare in realtà ce l’ho. Pochi minuti fa ho ascoltato un messaggio che mi ha lasciato Dick in segreteria, mi chiede di raggiungerlo in hotel il prima possibile e di tenermi libero per stasera.”
“E perché mai?”
“Non l’ha detto. In effetti è strano, aveva una voce un po’ misteriosa nel messaggio, spero non abbia in mente qualcosa…”
“Non mi illuderei troppo.” Rispose sfiduciata Veronica rubando un morso della fetta di pane che Logan teneva in mano.
“Comunque mia dolcissima fidanzata, qualsiasi cosa quel ragazzo abbia in mente per questa sera, potresti farmi il regalo di venire a scoprirlo insieme a me…” Logan le prese la mano e scherzosamente assunse un’aria supplichevole mentre Veronica rimase in silenzio a fissarlo perplessa per qualche secondo… cercò di resistere a quello sguardo, ma alla fine fu costretta a cedere.
“Farmi trascinare al buio nei programmi serali di Dick non è proprio una della mie massime aspirazioni… ma se me lo chiedi con quegli occhi…”
“Devo ricordarmi di usarlo più spesso questo trucco degli occhioni imploranti… funziona sempre con te!”
 “Ehi!!!” Veronica fece finta di arrabbiarsi e stava per voltarsi a dare le spalle a Logan, ma lui ridendo di gusto la cinse prontamente alla vita con le braccia e la trasse a sé fino a baciarla, vincendo le finte resistenze esibite dalla ragazza.
“E ora piccola parliamo di cose serie. Perché diavolo non mi hai aspettato per fare la doccia??”


Un paio di ore più tardi Logan tornò nella sua suite e appena varcò la soglia della stanza inciampò in una valigia abbandonata aperta proprio davanti alla porta. Riuscendo agilmente a rimanere in piedi la scavalcò con un salto e appena entrato nel soggiorno trovò Dick intento a riporre il suo stereo in uno scatolone.
“Ehi amico ma che cavolo stai facendo?”
“Non si vede? I bagagli.”
“Si questo lo vedo. Intendevo perché, Dick!”
“Te l’ho detto, non posso continuare a vivere a qui.”
“E dove vivrai allora?”
“Alla confraternita.” Rispose Dick entrando frenetico nella sua camera da letto e cominciando a buttare scompostamente in una grande valigia i suoi vestiti già sparsi sul letto.
“Senti puoi fermarti un secondo? Smettila con questa idiozia! Sai benissimo che puoi restare qui!”
“No grazie.”
“Dì un po’ sei completamente impazzito da un momento all’altro?” Logan iniziava a innervosirsi per l’irragionevole comportamento dell’amico, tra loro non si erano mai fatti di questi problemi e non capiva perché proprio adesso lui dovesse iniziare a porsi stupide questioni di orgoglio. “Senti Dick, non ti starai veramente creando un problema per i soldi, andiamo! E lascia stare quella maledetta valigia!”
“Io non voglio vivere a scrocco.”
“Stai parlando come se tuo padre ti avesse lasciato senza un soldo, invece ogni mese prederai molto di più di quanto un normale studente della nostra età potrebbe disporre! Dovrai solo privarti di qualche lusso, ma la tua vita non deve cambiare così radicalmente!”
“Appunto. Io preferisco non sprecare tutti i soldi della rendita per pagare questa suite, ma poter continuare a togliermi tutti gli sfizi che voglio!”
“Ma ti ripeto che non c’è bisogno che tu te ne vada…”
“Senti Logan ti prego di non insistere, voglio fare questa cosa.” Sempre più agitato Dick sembrava non avere alcuna intenzione di ascoltare il suo compagno di stanza.
“Ma non capisco perché ora, cavolo non è passato neanche un giorno! Torno e da un momento all’altro ti trovo in preda a un raptus di follia! Ma che ti prende?? Aspetta un po’ di tempo, non c’è fretta!”
“Ottenere una camera dai Pi Greco non è facile, ora si è liberato un posto e tanto vale che ne approfitti subito senza rischiare in futuro di dover finire in una pidocchiosa stanza del dormitorio comune con qualche idiota che non si lava, ascolta musica folk e non sa come è fatto un reggiseno! Per cosa? Solo per aver rimandato una cosa che tanto devo fare??”
Logan era indeciso se essere confuso o imbestialito dall’irragionevolezza e dalla testardaggine che Dick stava dimostrando. Quel ragazzo non era solito difendere con tanta tenacia e ostinazione le sue decisioni e a Logan non era mai capitato di non saper cosa dire in una discussione con lui. Veramente non sapeva cosa pensare e, cosa che lo stupiva ancora di più, non gli veniva in mente nessun argomento per convincere l’amico a tornare ad essere sé stesso, il solito affabile, noncurante e spensierato Dick.
“Ok amico, ma almeno puoi rallentare un attimo? Fermati, sediamoci un secondo dai.”
Questa volta Dick non obbiettò e, lanciando sul letto il paio di jeans che stava per infilare in valigia, si accomodò tranquillamente sul divano del soggiorno accettando la tazza di caffè che Logan gli stava porgendo.
“Sei proprio sicuro di questa decisione?”
“Senti, non ti ho chiamato per discutere, ma solo perché mi aiutassi a portare la mia roba alla confraternita ok?”
“Come vuoi.”
“Comunque non cambierà nulla tra noi… insomma, voglio dire… la nostra amicizia… continueremo a vederci come abbiamo fatto finora no?”
“Ti ripeto che può anche non cambiare niente.”
“Senti non è di che questo che ho bisogno ora ok? Ho bisogno di poter contare sul fatto che tra noi resterà tutto come prima.”
Prima che Logan potesse rispondere all’amico, la tasca dei suoi jeans cominciò a vibrare, distraendolo dalla confusione che gli stava causando il discorso appena intrapreso da Dick. Prima di tornare a dargli attenzione, lesse velocemente il messaggio di Veronica – Cambio di programma, raggiungimi in ufficio. V.
“Sinceramente non capisco questa tua preoccupazione Dick… comunque no, certo che no.”
“Benissimo. Stasera c’è una festa da noi, allora ti aspetto!”
“Era qui che voleva portare questa tua ridicola scena smielata?”
“Ovviamente ricordati che non c’è mai stata! E se mai te ne dovessi uscire sappi che negherò fino alla morte… ho una reputazione da difendere io!”


Dopo aver comprato il pranzo, che ora giaceva in una busta di carta bianca sul sedile del passeggero, Logan parcheggiò la sua auto a pochi metri dall’ingresso della Mars Investigation. Una volta fuori dall’abitacolo, rimase un istante in piedi con la portiera ancora aperta a pensare all’ultima volta in cui si era trovato in quel posto, tumefatto, sanguinante, infuriato, dopo aver pestato a sangue l’ex ragazzo meteora di Veronica, Piz, credendolo responsabile di aver fatto circolare su internet il video di una scena di intimità di cui lei era protagonista. Raramente ricordava di aver perso il lume della ragione come nel momento in cui aveva visto il corpo nudo della sua Veronica attraverso lo schermo di quel computer, ripreso a tradimento in tutta la sua proibita bellezza. Logan chiuse la portiera e fece scattare con il telecomando la chiusura automatica della sua auto che lo salutò con un bep bep, ma appena si trovò a pochi passi dall’ingresso dell’ufficio ne vide uscire un affrettato Keith Mars. Il suo primo impulso fu quello di infilarsi furtivamente nel negozio adiacente prima che l’ex sceriffo potesse scorgerlo, ma lui stesso si sentì stupido per quel pensiero. In fondo perché mai avrebbe dovuto nascondersi? Lui amava Veronica e non l’avrebbe più lasciata, quindi prima o poi Keith avrebbe dovuto abituarsi alla sua presenza nella sua vita, e anche se per adesso Veronica non aveva ancora trovato occasione per spiegare al padre come stavano le cose, questo certo non toglieva a lui il diritto di andarla a trovare ogni qual volta ne avesse voglia! Stava facendo la cosa più normale del mondo! E comunque un giorno o l’altro avrebbe conquistato quell’uomo, Logan era fermamente determinato in quel proposito.
“Salve signor Mars” lo salutò con naturalezza Logan fermandosi accanto al sorpreso detective.
“Logan, ciao. Che ci fai qui?”
“Cercavo sua figlia.”
“Te lo sento dire spesso in questi giorni eh?” La faccia allusiva di Keith mentre pronunciava quella frase con gli occhi fissi sulla busta del pranzo che Logan teneva in mano, non rendeva difficile a chiunque capire che aveva già fiutato qualcosa. Logan poteva comprendere dal suo tono che qualunque idea l’uomo si fosse fatto, questa non doveva entusiasmarlo particolarmente, al punto da portarlo a colorire la sua voce con quell’accenno di sarcasmo. Logan si sorprese ad esserne infastidito e stava quasi per rispondergli, se il suo buon senso non lo avesse reso certo che una sfida verbale col padre della sua fidanzata sarebbe stata la chiave meno adeguata per entrare in quella famiglia. Si limitò quindi a sorridere leggermente imbarazzato dalla sua posizione scomoda, cosa che diede a Keith lo spunto per proseguire. “Comunque Veronica è dentro, sta lavorando.”
“Devo solo chiederle una cosa.” Logan fece buon viso a cattivo gioco, scegliendo di ignorare l’avvertimento scoraggiante che Keith gli aveva non troppo velatamente trasmesso, pur non potendo evitare di dispiacersi della costatazione che evidentemente quell’uomo doveva disprezzarlo più di quanto lui pensasse. Ma come poteva biasimarlo? Era un padre e ai suoi occhi lui era il ragazzo che in passato aveva fatto del male alla sua bambina. In fondo loro due avevano molto in comune: anche Logan dichiarava guerra aperta a chiunque si azzardasse anche solo a guardare storto Veronica. Ne era certo, prima o poi Keith Mars avrebbe imparato ad apprezzarlo.
I due si scambiarono un approssimativo saluto di congedo, e mentre Keith riprendeva la sua strada con la stessa fretta con la quale era uscito dall’ufficio, Logan aprì la porta della Mars Investigation ed entrò, trovandosi davanti la consueta immagine che lo aveva accolto quasi ogni volta che aveva varcato quella soglia: Veronica era seduta alla sua scrivania e stava parlando al telefono, probabilmente con un potenziale cliente, a sentire la conversazione.
“… e questo è il nostro pacchetto base. Altrimenti possiamo scavare anche più a fondo, ma ovviamente saliamo di prezzo. … Ma certo, ci pensi pure. Va bene, aspettiamo che ci faccia sapere la sua scelta. A lei, a presto. … Ciao straniero!” Attaccando il telefono Veronica salutò Logan con un sorriso luminoso e si alzò per accoglierlo con un bacio.
“E’ lei il detective?”
“Si. Ma devo avvertirla che in questo momento siamo chiusi… sto aspettando il mio fidanzato che aveva promesso di portarmi il pranzo!”
Logan sventolò la busta bianca sotto il naso di Veronica e sorrise della contentezza che lei stava dimostrando mentre si sedeva sul divanetto dell’ingresso e cominciava a rovistare tra i caldi contenitori per scoprire quali delizie celavano.
I due ragazzi trascorsero una piacevole mezz’ora a mangiare e chiacchierare serenamente. Logan raccontò a Veronica della situazione di Dick, confessandole il suo dispiacere nel perdere il suo ormai storico coinquilino, e ribadendole l’impegno per la serata. Nonostante fosse riuscito a strapparle un consento a tradimento già quella mattina, Logan impiegò altri 10 minuti buoni per convincerla ad andare con lui dai Pi Greco e dovette dare fondo a tutte le sue doti di abile persuasione per farle vincere le sue resistenze a mescolarsi con quella categoria di studenti così diversi da lei. E anche da lui. Appena Veronica, sospirando sconsolata, accettò di dargliela vinta e di accompagnarlo alla festa, il telefono dell’ufficio squillò nuovamente, costringendola a scendere dal divano sul quale si era comodamente rilassata con le gambe stese su quelle di Logan.
“Mi credi che ci sono giorni in cui il telefono non squilla neanche una volta? … Pronto, Investigazioni Mars…”
Mentre Veronica prendeva nota di alcune informazioni che Cliff le stava fornendo al telefono circa un caso seguito da suo padre, notò che Logan, ancora seduto sul divano, con la testa reclinata all’indietro e lo sguardo fisso sul soffitto, sembrava essersi perso nei suoi pensieri. Dall’aria vagamente intristita che aveva assunto, la ragazza comprese che non stava semplicemente rimuginando sul frivolo discorso che avevano appena interrotto, doveva essere qualcos’altro e Veronica sperò che il logorroico avvocato tagliasse corto la sua noiosa arringa lasciandola libera di andare a scoprire cose turbasse Logan.
“Ehi, che ti prende?” Gli disse riagganciando il telefono e affrettandosi a raggiungerlo nuovamente sul divano.
“Scusa… mi sono solo impensierito…”
“Qualcosa non va?”
“No piccola, anzi, va tutto benissimo.” Le rispose Logan baciandole dolcemente la mano che lei gli aveva appoggiato preoccupata sul petto. “Solo che…”
“Solo cosa?” Lo incalzò Veronica.
“Niente, mi stavo chiedendo…” Logan tornò a guardare il soffitto appoggiando la testa alla spalliera del divano, “… tu cosa faresti se tua madre tornasse a Neptune e ti chiedesse aiuto?”
Veronica aveva intuito che si trattasse di questo, sapeva che questo argomento non si sarebbe potuto rimandare ancora a lungo. La notte precedente Logan si era limitato a resocontarle i fatti, le aveva raccontato che aveva trascorso il resto dell’estate a fare surf in Australia e aveva concluso con un laconico “questo è tutto”. Neanche una parola su cosa avesse provato, su cosa sentisse adesso, su cosa quella shoccante scoperta avesse provocato dentro di lui. E lei aveva preferito non forzarlo, non gli aveva fatto domande, non gli aveva chiesto spiegazioni circa i suoi sentimenti, circa la sua decisione di non aiutare la madre, anche perché Veronica per prima non aveva idea di cosa avrebbe fatto se fosse stata lei a trovarsi nella medesima situazione. Non poteva giudicarlo per la sua scelta, una scelta che a molti avrebbe forse potuto apparire egoistica e infantile, perché lei sapeva bene quale dolore causasse una ferita inferta dalla propria madre. Quella notte si era limitata ad abbracciarlo e a tenerlo stretto in silenzio finché il sonno non si era impadronito di entrambi, ma sapeva che a breve Logan avrebbe dovuto confrontarsi con il peso che incombeva sulla sua anima, perché era impensabile che non vi fossero conseguenze e, a quanto pareva, l’ombra del senso di colpa stava già cominciando a insinuarsi nella corazza che lui si era costruito, nel momento in cui aveva lasciato la casa di sua madre, per difendersi dalla sofferenza. E adesso doveva farci i conti. Logan sapeva di avere tutte le ragioni per disinteressarsi delle sorti di quella donna che lo aveva abbandonato e lo aveva ricercato solo per chiedergli i suoi soldi, si sforzava di convincersi che non era lui a doversi creare dei problemi, ma quella era sua madre e di fronte a questo pensiero ogni seppur valida ragione finiva per vacillare.
“Sinceramente non lo so…” Veronica era abbastanza impreparata a rispondere a quella domanda, neanche lei avrebbe mai voluto essere costretta a porsela: cosa avrebbe fatto se sua madre fosse tornata un’altra volta a chiederle aiuto? Le avrebbe detto che ormai aveva sprecato tutte le chance che lei era disposta a concederle e l’avrebbe cacciata a male parole, come le suggeriva il suo primo istinto, o alla fine, dopo sofferte resistenze, l’avrebbe aiutata nonostante tutto, facendo prevalere la razionalità sul suo cuore ferito? “Quello che so Logan, è che sicuramente sarebbe difficile tenere fuori il risentimento dalla mia scelta.”
“Già.” Logan ancora non la guardava, ma lei sapeva bene cosa gli stesse passando per la testa. Stava tornando sulla sua decisione, stava cominciando a pensare di aiutare sua madre, stava decidendo di essere superiore. E Veronica lo stimava per questo. Era questo il Logan che conosceva e amava e lei glielo trasmise con il suo tacito assenso, limitandosi a stringergli ancora più forte la mano. “Sai qual è la cosa assurda?” Logan riprese a parlare. “Che per tutto questo tempo, dal giorno in cui ritrovarono l’auto di mia madre su quel ponte, io ho sempre continuato a sperare che fosse viva, ma non perché tornasse da me… solo per sapere che stava bene. Non mi importava dove e con chi, l’importante era che stesse bene, anche se lontano da me. Credimi, lo desideravo con tutto me stesso! Invece quando l’ho vista lì… con la sua nuova vita, la sua nuova famiglia… felice… io… non lo so, mi sono sentito così irrilevante per lei, tutte le mie vecchie priorità se ne sono andate al diavolo in un secondo e… non lo so, mi è scattato qualcosa. Poi nell’ultimo mese lei ha provato a chiamarmi in hotel… non sai quante volte Veronica, non sai quante. Non lo so, non lo so, forse ho sbagliato…” Mentre Logan scuoteva la testa Veronica pensava che non c’era molto che lei potesse dire o fare, a parte fargli sentire tutta la sua vicinanza. “Ascolta Veronica, ho bisogno che tu faccia una cosa per me.”
“Certo...”
“Puoi scoprire se mia madre ha detto la verità? Insomma, se non ha mentito circa la situazione economica della sua famiglia. E anche trovare il suo numero di telefono.”
“Lo farò subito. Ma, Logan… perché proprio ora?” In fondo aveva avuto quasi due mesi per metabolizzare l’accaduto, per cambiare idea, e ora, dal giorno alla notte, sembrava già così deciso.
Logan sorrise. Era il primo a non saperlo. “Non lo so. Forse solo in questo momento la mia vita mi impedisce di essere troppo accecato dalla rabbia.”
Veronica rispose al suo sorriso cogliendo il riferimento a se stessa e lo baciò. “Scrivimi nuovo nome e indirizzo, quando passerai a prendermi stasera dovrei già avere tutto.”
“Pensi che stia facendo la cosa giusta?”
“Sai che ti appoggerò qualunque cosa tu decida di fare.”
Logan non aveva bisogno di sentire altro e lentamente tornò a rasserenarsi, aiutato dal caffè che Veronica si era preoccupata di preparare in pochi minuti. Purtroppo però non poteva concedersi di rilassarsi ancora per molto su quel divano, dato che lo aspettavano due noiosissime lezioni pomeridiane alla Hearst. Per un po’ accarezzò l’irresponsabile idea di evaderle, ma tanto doveva lasciare che Veronica si mettesse a lavoro nelle ricerche che le aveva chiesto, quindi dopo un’ultima mezz’ora di svago, lasciò controvoglia la Mars Investigation per assumere i panni del diligente studente che si dirige all’università puntuale per l’inizio delle lezioni.








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Capitolo 9
*** Capitolo otto ***




CAPITOLO OTTO






Veronica era seduta nella sua auto parcheggiata e osservava la confraternita dei Pi Greco Sigma sull’altro lato della strada. Osservava quella che considerava l’autentica degenerazione cerebrale del ventunesimo secolo: la casa era inondata di studenti già ubriachi alle nove di sera, da alcune delle finestre dei piani superiori pendevano gambe di ragazze sedute sulla balausta che versavano alcool a ragazzi pronti a riceverlo a bocca aperta nel giardino, le pareti esterne erano state ricoperte di immagini di animali selvatici, gazzelle e leoni… il comportamento da sub-liceali Veronica ormai se lo aspettava, ma quell’ultimo particolare proprio non riusciva a spiegarselo! Soprattutto decise deliberatamente di non interrogarsi sull’implicito simbolismo di cui quel particolare accostamento di immagini animali sapeva essere carico. Doveva sforzarsi con tutta se stessa per impedire al suo piede di pigiare al massimo sull’acceleratore per portarla il più possibile lontano da quel posto. Quando sentì il suono del clacson e vide la macchina di Logan passarle davanti, si trovò a rimpiangere che lui non avesse fatto neanche un minimo di ritardo, perché ogni minuto in meno in quella confraternita in preda al delirio sarebbe stato per lei un dono più unico che raro. Ma in fondo era solo per Logan che si trovava là e le stava bene… e mentre lui parcheggiava la sua Range Rover in terza fila Veronica lo raggiunse e lo salutò con un bacio appena fu sceso. Alla fine avevano deciso di vedersi direttamente alla festa perché lei aveva bisogno di un po’ di tempo in più per ultimare le ricerche su Lynn Echolls.
“Riuscirai mai a perdonarmi per averti portato qui?” Le disse Logan prendendola per mano e cominciando ad avviarsi verso l’entrata della festa. “Comunque sei bellissima stasera…”
“Come stasera???” In effetti Veronica nel suo top bianco e con i lunghi capelli lisciati era particolarmente raggiante, cosa che contrastava stranamente con la sua scarsa voglia di trovarsi a quella festa.
“Ogni giorno e ogni notte, mio bellissimo fiore di maggio!”
“Così va meglio…” Veronica decise di tagliare quel momento scherzoso e di procedere con l’inevitabile, “entriamo nella tana del leone? Epiteto particolarmente azzeccato stasera oserei dire… non so se hai notato l’ambientazione.”
“Sto notando. Secondo te le gazzelle…”
“Non lo voglio sapere! Andiamo.”
Quella era probabilmente una delle feste più frenate che i Pi Greco avessero mai organizzato, avevano fatto le cose in grande, la casa era stracolma e Logan e Veronica per entrare dovettero farsi strada a gomitate tra orde di ragazzi che ballavano con i bicchieri in mano, si lanciavano grandi palloni gonfiabili e si rincorrevano tra loro. Alcuni si esibivano orgogliosi a petto nudo, altri portavano assurde maschere di animali in linea con il tema della festa.
“Logan!! LOGAN!!”
Appena raggiunsero uno spazio più libero vicino alle scale Veronica fece segno a Logan di guardare alle sue spalle.
“Logan, c’è un elefante che ti chiama…”
Appena Logan si voltò rimase un attimo perplesso nel vedere il ragazzo con una maschera da elefante venirgli incontro, ma poté cancellare ogni forma di stupore dai suoi occhi nel momento in cui Dick sollevò la maschera. “Avrei dovuto aspettarmelo!” Pensò Logan stringendo la mano all’amico.
“Ciao ragazzi!”
“Come mai che tu non sei uno dei leoni?” Chiese Veronica che rimpiangeva di non avere con sé la sua macchina fotografica per poter vendere a peso d’oro  le foto di quella follia al giornale dell’università l’indomani.
“Ho scelto l’elefante per un particolare motivo. Secondo te quale Veronica?”
La ragazza si bloccò a guardarlo sulla soglia del disgusto, finché non scosse la testa rassegnata “io mi vado a prendere qualcosa da bere. Vuoi qualcosa?”
“Una birra, ti raggiungo subito.” Appena Veronica si fu allontanata alla ricerca della zona bar, Logan tornò a prestare la sua attenzione a Dick.
“Allora ce l’hai fatta amico, bene. Ora ti lascio che ho un paio di cose in ballo, ma rimani nei paragi che più tardi avrei bisogno di una mano per sistemare la mia camera… caccia grossa stasera!”
Prima che Logan potesse chiedere a Dick se davvero aveva intenzione di mettersi a sistemare la stanza in piena notte, questo ormai si era già perso nella folla caotica, esaltato e su di giri come sempre in quelle occasioni.
Logan si spostò nell’altra stanza alla ricerca di Veronica e la trovò che era appena riuscita ad avere la meglio sulla fila per le bibite. Sottraendosi alla massa umana, Logan e Veronica, con i bicchieri sollevati sopra la testa per evitare di farseli rovesciare addosso, attraversarono a fatica la pista da ballo, muovendosi con difficoltà a causa della luce violacea che si accendeva e spegneva a intermittenza mandando gli occhi in confusione. Finalmente riuscirono a raggiungere la terrazza e a guadagnare un posto ad un tavolo sorprendentemente libero, ma munito di una sola sedia, cosa che costrinse Veronica a sedersi con fanciullesco piacere sulle ginocchia di Logan. In fondo, se riusciva ad escludere molti degli imput che gli provenivano dai quei pazzi mascherati e alticci, la serata poteva anche considerarsi piacevole: bere qualcosa, con sottofondo di musica che non poteva negare essere di buon gusto, in braccio a Logan… Veronica non aveva poi tanto da lamentarsi! Dopo il giusto periodo di tempo necessario ad adattarsi e calarsi adeguatamente nella situazione con chiacchiere frivole, Logan si decise ad affrontare l’argomento di cui avevano parlato nel pomeriggio.
“Allora, hai scoperto qualcosa?”
“Grazie all’aiuto di un amico di papà – non chiedermi come abbia fatto –, sono ho scoperto la banca della famiglia Connor, la Sidney National Bank… le ho provate tutte Logan, ma sono riuscita ad accedere a nessuna informazione relativa al conto. In realtà me lo aspettavo, è quasi impossibile far parlare i dipendenti della banca di un conto privato. Però ho scoperto che i Connor hanno un consulente finanziario, quindi potrebbe essere una strada battibile per ottenere qualche informazione in più sulla loro situazione finanziaria. Sorte avversa vuole però che tale signor Finely sia attualmente in crociera con la famiglia… ho provato tutto il pomeriggio a contattare il suo cellulare ma o l’ha buttato in mare in pasto ai delfini o l’ha lasciato a casa perché risulta sempre irraggiungibile. Allora ho fatto un paio di telefonate e ho scoperto su quale nave il nostro uomo è imbarcato, così ho chiamato a bordo…”
“Sei davvero incredibile…” commentò Logan mentre la ascoltava.
“… purtroppo appena mi ha risposto non mi ha dato neanche il tempo di parlare e ha attaccato dicendomi che per nessuna ragione parlerà di lavoro fino a lunedì. Due ore dopo ho fatto un altro tentativo e, abbreviando i dettagli, ho finto una grave emergenza, quindi finalmente sono riuscita a farmi ascoltare. Anche lui ha la bocca cucita circa lo stato bancario dei Connor… questi australiani sono proprio irreprensibili! Comunque dal lui sono venuta a sapere che la casa di cui tu mi hai dato l’indirizzo è di proprietà di un ente pubblico che ne gestisce gli affitti. Una volta rintracciato l’ente è stato abbastanza facile ottenere informazioni. Ho scoperto che dieci giorni fa tua madre e la famiglia sono stati sfrattati per inadempienza sul saldo di un anno e mezzo di affitti e sono riuscita anche a strappare alla responsabile con cui ho parlato che il conto bancario dei Connor a loro risulta essere in rosso e dalle indagini non hanno rintracciato conti celati in altre banche locali o estere. Purtroppo Logan l’attuale residenza di tua madre dopo lo sfratto risulta ignota, però ho fatto un po’ di ricerche e ho recuperato i numeri telefonici di alcuni abitanti del quartiere… per tutto il giorno ho parlato inutilmente con diversi vicini di casa che non so perché mi hanno sommerso di chiacchiere inutili senza però darmi nessuna indicazione valida, i Connor sembrano essere una famiglia molto riservata, non socializzano molto. Però aspetta. Poco prima di uscire per venire qua ho richiamato un numero che squillava a vuoto per tutto il pomeriggio e finalmente ho trovato una vicina che li conosce bene perché a volte fa la baby sitter alle due bambine e lei mi ha detto che potrebbero essersi trasferiti momentaneamente da un cugino di lui, un certo Bill Connor, che vive vicino Canberra.”
“Caspita, ne sei riuscita a scoprire di cose!” Logan finì la sua birra con un unico lungo sorso cercando di elaborare il dettagliato resoconto della giovane detective che sedeva sulle sue ginocchia. “E insomma li hai trovati?”
“Beh, quando ho avuto questa informazione non ho più avuto modo di telefonare, perchè ormai laggiù sarebbe stata notte fonda* e buttare giù dal letto il caro cugino Bill non mi sembra proprio l’approccio migliore per renderlo propenso a parlarmi! Comunque possiamo chiamare insieme quando vuoi.”
“Quindi ricapitolando… se ho capito bene a parte lo sfratto non abbiamo altro che ci attesti il reale fallimento economico, giusto?”
“Mi ero dimenticata di dirti che dal consulente finanziario sono riuscita anche a sapere in quale mercato cittadino Aiden Connor tiene il suo banco. Ho telefonato e anche da loro ho avuto conferma del fallimento della famiglia, che infatti pare abbia dovuto chiudere bottega. Certo però, finché non scopriamo dove sono ora e come vivono non possiamo avere una reale certezza che siano veramente caduti in rovina. Per come sappiamo essere il mondo potrebbero anche avere un conto segreto alla isole Cayman… certo, in quel caso non si spiegherebbe perché tua madre ti abbia chiesto dei soldi. E comunque questa certezza non l’avremmo avuta neanche se fossi riuscita ad accedere alle informazioni sul conto bancario. Tutto si può tenere nascosto: investimenti, beni immobili…”
“Insomma non mi resta che fidarmi di lei…”
“A meno che non veniamo a scoprire che stanno vivendo in un hotel a cinque stelle o in una villa segreta sulla costa… si. E comunque Logan… non possiamo neanche escludere la possibilità che non riusciremo a trovarli, capisci? Non so, potrebbero essersi trasferiti chissà dove, il cugino potrebbe non saperne niente… in quel caso ci sarebbero altri tentativi da fare, ma insomma potrebbe essere difficile ed è meglio che tu sia preparato.”
“Lo so. Ma scommetterei tutto su di te… so che sapresti ritrovare chiunque Veronica. E infatti ora basta, cerchiamo di goderci questa serata come due qualsiasi studenti frivoli.”
Veronica non capì a pieno quel taglio netto che Logan aveva scelto di dare alla questione, ma sentiva che in quel momento la cosa migliore era lasciar cadere la cosa assecondando il suo desiderio di cambiare argomento ed entrare con lui nello spirito dello scherzo. “Ah ben detto! Frivoli, frivoli, frivoli!”
“Vado a prendermi un’altra birra… comportati bene in mia assenza, donna!”
“Cioè mi vuoi dire che non posso andare a caccia di nessun fiero leone?? Sei impazzito, che mi resta da fare??”
“Più che altro cerca di non farti cacciare… torno subito.”
Veronica lasciò alzare Logan e lo seguì con lo sguardo mentre veniva inghiottito dalla calca della festa. Si sentiva stranamente preoccupata, preferiva non alimentare troppo le sue speranze per evitargli eccessive delusioni qualora lei non fosse riuscita a recuperare le tracce di sua madre; sperava solo che la telefonata al cugino dei Connor potesse rivelarsi utile, perché ora come ora non aveva in mente nessun’altra strada da battere. Ritrovare le persone era già difficile nello Stato, in Australia poi…
Mentre Veronica se ne stava tranquillamente seduta a sorseggiare il suo drink e a perdersi nei suoi pensieri, un ragazzo evidentemente brillo si avvicinò a lei con fare accattivante e nel giro di un secondo si sedette sul tavolo davanti a lei, sfoderando il suo miglior sorriso e sventolando la sua maschera da leone.
“Ciao gazzellina, che fai tutta sola? Non sai che è pericoloso con tutti questi leoni in giro?” Veronica non disse un parola e si limitò a guardarlo con un’aria al limite tra l’indifferente e il divertito. “Per fortuna adesso c’è qui Weston e lasciati dire che con lui sarai al sicuro! Allora dì a Weston come ti chiami…”
Veronica incrociò le gambe e assunse un’aria scherzosamente perplessa portandosi una dito alla bocca. “Chissà se Weston può togliermi una curiosità…”
“Per te, tutto quello che vuoi!” La vocina nel cervello di Weston già gli gridava euforica che ormai era fatta.
“… riferirsi a sé stessi in terza persona è un nuovo stile da rimorchio o è semplicemente sintomo di dissociazione della personalità?”
Prima che il ragazzo potesse elaborare quella risposta che lo aveva spiazzato, si sentì chiamare alle sue spalle.
“Ti alzi tu o ti alzo io?” Logan era in piedi sorridente dietro il ragazzo con in mano una birra e un altro bicchiere colmo di una bibita colorata.
“Permetti amico? Se non l’hai notato ho qui una conversazione in corso con la signora… mettiti in fila bello! O meglio ancora, vai a cacciare in un’altra zona che questa è occupata.”
Veronica sorrise incrociando le braccia e si distese comodamente sulla sedia, pronta a godersi la scena, che Logan non tardò a concederle.
“Senti Simba…” Rispose Logan con voce calma e distaccata poggiando i bicchieri sul tavolo, “vedi di sparire all’istante se non vuoi che il tuo migliore amico da stasera diventi un polmone artificiale.”
La vocina nel cervello di Weston calcolò rapidamente se gli sarebbe convenuto iniziare una lite con quel tipo o ritirarsi in silenzio per continuare la festa altrove. Dopo qualche secondo di indeciso silenzio il ragazzo lanciò un’occhiata torva a Logan e con aria sprezzante si alzò battendo in ritirata.
“Mio eroe…” scherzò Veronica lasciando che Logan riprendesse il suo legittimo posto sulla sedia.
“Menomale che ti avevo detto di non farti cacciare!”
“Sono questi maledetti bracconieri che non rispettano il divieto di caccia delle specie protette!”
“Esatto piccola, esattamente quello che sei…” Logan la baciò teneramente sulle labbra. “Tieni ti ho preso un altro drink, una volta affrontata la fila tanto valeva fare scorta.”
“Ma io non ho ancora finito questo!”
“Cos’è? Adesso un pover’uomo non può nemmeno permettersi di far ubriacare la sua ragazza?”
Veronica lo guardò scettica, ma poi pensò che in fondo perché mai non si sarebbe dovuta concedere di lasciarsi andare con lui. “Mah si… in fondo perché privarti dei tuoi diritti!” Prosciugò con un sorso il poco che restava nel primo bicchiere e passò al secondo, sotto lo sguardo dolce e compiaciuto di Logan.
“Bene, e ora che hai l’adeguata dose di alcool in circolo… posso invitarla a ballare insieme a me milady?”
“Cosa? Vuoi dire lì dentro? Proprio lì?” Indicando l’interno della confraternita.
“Si, proprio lì.” Logan le fece l’occhiolino e si alzò, porgendole la mano in segno di invito formale.
“E da quando in qua tu ami buttarti nella mischia della pista da ballo?”
“Da stasera insieme a te…”
E mentre le convulse note dei Fatboy Slim si diffondevano a tutto volume nella casa mettendo tutti in movimento, Logan prese la mano restia di Veronica e la condusse dentro, sorridendo per spronarla e iniziando ad immergerla tra la folla, che lentamente li risucchiò senza che lei potesse opporre resistenze. Per Veronica non era una situazione ideale, piuttosto lontana dal suo ordinario modo di essere. Dimenarsi in una pista da ballo insieme ad una massa di persone esaltate e sudate… le uniche volte che le era capitato di farlo si trovava in grave stato di alterazione della coscienza. Ma in quel momento vedeva solo gli occhi di Logan che la fissavano penetranti in quella penombra intermittente, il suo sorriso che la invitava a sciogliersi insieme a lui. Sentiva solo le mani di Logan che le sfioravano la vita e i fianchi, il corpo di lui che si premeva al suo. Presa da quelle sensazioni Veronica cominciò con sua stessa sorpresa a sintonizzarsi con quel ritmo elettronico che le rimbombava nelle orecchie e le entrava nel cervello e lentamente si ritrovò ad abbandonare il suo corpo alla musica e al movimento, insieme a quello di Logan.



Mac era appoggiata al muro della sala d’aspetto del Neptune Memorial Hospital. Nella sua mano un bicchiere del disgustoso caffè della macchinetta automatica, sul suo viso un’espressione preoccupata e infastidita. Stava provando a telefonare per l’ennesima volta al cellulare della sua amica che non faceva che squillare a vuoto e al nono tentativo aveva cominciato seriamente ad esasperarsi.
“Maledizione Veronica, dove diavolo sei?”
“Cindy Mackenzie?”
“Si!”
Mac si scostò immediatamente dal muro e si avvicinò all’infermiera di notte che le stava venendo incontro sotto le lattiginose luci al neon dell’ospedale.
“Il suo amico sta riposando, ma sta bene. Ovviamente però bisogna attendere che lo visiti l’ortopedico. Ha contattato i suoi genitori?”
“Si, sua madre sta arrivando.”
“Bene, quando arriva dovrà firmare delle carte. Comunque può vederlo adesso.”
“Grazie.”
Mentre l’infermiera tornava a darle le spalle e ad allontanarsi lungo il solitario corridoio del reparto, Mac prese nervosamente il cellulare dalla borsa per tentare per l’ultima volta di rintracciare Veronica Mars.
“Se squilla a vuoto anche questo… giuro che chiamo la polizia!”



Al termine dell’ennesimo pezzo Veronica cominciò a sentire il fiato spezzato, aveva sete e dopo quasi un’ora e mezza in quel caldo asfissiante sentiva il bisogno di prendere aria e di legarsi i lunghi capelli che ormai le si erano appiccicati sul collo e sulle spalle scoperte. Smise di seguire la musica, il suo corpo si fermò e la sua mente razionale ne riprese il possesso. Fino a quel momento si era completamente lasciata andare, ipnotizzata dallo sguardo di Logan che per tutto il tempo era rimasto fisso nel suo nella penombra luminosa.
“Ok, direi che è ora di fare una pausa!” Urlò nell’orecchio di Logan cercando di sovrastare la musica.
Logan la prese per il viso fino ad attirarlo alle sue labbra e, quando smise di baciarla, senza rispondere le lanciò un sorriso che sembrava dire che non l’avrebbe fatta sfuggire dalla sua stretta, ma purtroppo per lui Veronica era fermamente decisa a trascinarlo via da quella pista da ballo. Con un dito gli asciugò affettuosamente una goccia di sudore che gli imperlava la fronte e cingendogli la vita con un braccio cominciò a spingerlo verso il patio esterno della casa.
“Andiamo a bere qualcosa Tony Manero!”
“Ok ok, sventolo bandiera bianca…”
Una volta sgusciati fuori dalla folla danzante e usciti finalmente all’aria notturna che Ottobre cominciava a rendere fresca, Logan e Veronica ancora abbracciati si posizionarono in fila davanti al bar, in attesa di placare la sete causata da tutto il movimento.
“Logan ti vibra una tasca…” gli disse Veronica scostandosi da lui per lasciarlo rispondere al telefono.
“E’ Mac.” Logan si sorprese di vedere quel nome scritto sul display del suo cellulare. “Perché chiama me?”
Veronica ebbe un improvviso sussulto e iniziò a gridare. “O mio Dio! La mia borsa! L’avevo poggiata per terra in un angolo mentre ballavamo e l’ho lasciata lì!!!”
Mentre Veronica si precipitava in casa alla ricerca della sua borsa, spostando violentemente con uno spintone qualunque corpo umano si parasse sulla sua strada, Logan rispose al telefono.
“Mac… ciao!”
“Sei con Veronica?”
“Lo ero prima che un secondo fa le prendesse una crisi di panico isterico…”
“Puoi recuperarla e passarmela?”
Appena Logan si accorse del tono preoccupato e nervoso della ragazza, il sorriso spensierato si spense sul suo volto e tornando serio si incamminò col telefono all’orecchio in cerca di Veronica, trovandola che gli veniva incontro mostrando la sua borsa con un’espressione trionfante e sollevata.
“Questa è tutta colpa tua che mi hai fatto bere!” Esclamò la ragazza. “Comunque mi pare che ci sia tutto per fortuna… cos’è quella faccia Logan?
“Tieni… Mac.” Logan le passò il telefono.
“Mac, che succede?”
“Finalmente!!!! Sono due ore che provo a chiamarti!!!”
“Lo so scusa, avevo lasciato…”
Le scuse di Veronica vennero interrotte bruscamente e lei restò in ascolto dell’amica senza parlare, mentre Logan osservava il suo bel viso farsi serio. Quando lei chiuse la telefonata con un deciso “a tra poco” lui poté finalmente chiederle spiegazioni.
“Che è successo Veronica?”
“Wallace è in ospedale…” Veronica cominciò a raccontare mentre in fretta si infilava la giacca che teneva in borsa e cominciava a dirigersi verso l’uscita, con Logan che la seguiva al suo fianco cercando di stare al suo passo svelto “…l’hanno aggredito mentre stava andando a lavoro. Ora sta bene, ma ancora non sanno se la caduta gli ha lesionato i legamenti del ginocchio o se ha solo una contusione… e se avesse una lesione…”
“Veronica rallenta! Spiegami meglio… come - l’hanno aggredito - ?”
“Una rapina credo, non lo so! Lui è un atleta capisci… rischia molto…” Veronica ormai era già in strada.
“Ehi calmati, vieni qui…” Logan la afferrò per un braccio e, nonostante lei continuasse a muoversi agitata, riuscì ad attirarla a sé e a farla restare ferma nel suo abbraccio. Stretta al suo petto, Veronica riprese completamente la calma. Si era così agitata non solo per la preoccupazione per il suo amico, ma anche perché si sentiva in colpa per essere stata irraggiungibile tutta la sera, impegnata a divertirsi mentre lui aveva bisogno di lei. Ora però aveva fretta di correre all’ospedale e sapere cosa fosse successo quella notte, il motivo dell’aggressione e chi fosse il responsabile, quindi cercò di staccarsi dalla presa di Logan, che però la trattenne.
“Veronica non puoi guidare, hai bevuto. Ti accompagno io.”
“Come se tu non avessi bevuto…”
“Per due birre!” Logan le lanciò un’occhiata rassicurante e tirò fuori le chiavi dell’auto dalla tasca dei jeans.
Dopo aver riflettuto un secondo Veronica capì che tanto non c’era soluzione, di certo non avrebbero trovato nessuno sobrio nei paragi e non valeva la pena chiamare un taxi ed aspettarlo in mezzo alla strada chissà quanto, quando in due minuti potevano essere a destinazione, l’ospedale era molto vicino. E poi in effetti Logan era abituato a bere molto di più di due birre e infatti sembrava essere completamente in sé. Senza protestare lo seguì prontamente e salì in macchina.


La previsione di Veronica si rivelò esatta. Dopo due minuti erano già arrivati al Neptune Memorial e dopo quattro stavano già chiedendo quale fosse la stanza di Wallace al banco accettazione del reparto. L’infermiera di turno non fece in tempo a trovare il numero della stanza sul registro che Veronica notò la signora Fennel che usciva da una camera appena all’inizio del corridoio e si incamminò a grandi passi verso di lei.
“Ah ciao Veronica.”
“Come sta?” Si affrettò a chiedere la ragazza senza neanche perdere tempo a salutare.
Mentre Logan la raggiungeva, anche Mac uscì dalla stanza, socchiudendo la porta dietro si sé per non disturbare il riposo di Wallace con le loro voci.
“Sta bene.” Rispose la madre di Wallace sorridendo e la serenità sul suo volto riuscì subito a tranquillizzare Veronica. “L’ortopedico è appena uscito… dalle lastre non risulta nessuna lesione, dovrà solo tenere il ginocchio fermo per un po’. E’ stato fortunato!”
Veronica non disse nulla, ma il sorriso smagliante che si dipinse sul suo volto era più che sufficiente a dimostrare il suo sollievo. Logan dimostrò di partecipare all’ottima notizia stringendole la mano e sorridendole.
“Bene ragazzi, io vado in amministrazione a firmare delle carte, torno tra poco.”
Appena la signora Fennel si fu allontanata, Logan si offrì di andare a prendere un caffè per entrambe e Veronica rivolse la sua attenzione a Mac.
“Allora, sai spiegarmi meglio cosa è successo?”
“Dall’ospedale hanno chiamato al numero segnato come domicilio sul documento di Wallace, io ero a casa e sono corsa subito. Quando sono arrivata mi hanno detto solo vagamente dell’aggressione, lui era ancora privo di sensi…”
Prima che Mac potesse terminare, la voce di Wallace si fece sentire dall’interno della camera d’ospedale. “Può entrare detective… la vittima è pronta per essere interrogata!”
Le due ragazze entrarono nella stanza e Veronica notò subito che Wallace non aveva affatto un bell’aspetto: aveva la testa fasciata da una benda ed il ginocchio sollevato e stretto in un rigido tutore. Notando l’espressione preoccupata dell’amica il ragazzo la rassicurò: “Tranquilla Mars, a vedersi sembra peggio di quello che è.”
“Tutto qua? Mi avete interrotto la serata per un baio di lividi?” Scherzò Veronica sedendosi su una sedia accanto al letto, mentre Wallace le lanciava un’occhiataccia eloquente in risposta alla battuta. “Allora, vi decidete a raccontarmi qualcosa o no?”
“Non mi ricordo molto di quello che è successo. Ero a pochi metri dal cinema per attaccare il mio turno delle 10.00 e ho sentito il rumore di un motore… di una motocicletta credo… non lo so, è stato quasi istantaneo, mi sono girato ho intravisto un uomo con una tuta di pelle e il casco integrale che brandiva qualcosa alle mie spalle e poi nero. Mi hanno colpito alla testa e sono caduto.”
“E nessuno ha notato niente? Il cinema dove lavori è in una zona centrale!”
“Noi poveri impiegati ovviamente entriamo dall’entrata di servizio che sta in un vicolo sul retro… buio e maleodorante, l’ideale!”
“Infatti prima che il guardiano notturno del cinema lo trovasse deve essere passato parecchio, perché l’ospedale mi ha chiamato che erano già passate le 11.00.” Specificò Mac.
Prima che Veronica potesse procedere con le altre mille domande che per la sua deformazione professionale le venivano in mente nel tentativo di chiarire la situazione, la robusta infermiera che la aveva accolta all’accettazione entrò nella stanza. Purtroppo non era venuta per un semplice controllo del paziente, ma portava con sé notizie poco incoraggianti.
“Qui fuori c’è la polizia, vorrebbe farti qualche domanda.” Disse l’infermiera invitando con un gesto del braccio le visitatrici a lasciare la stanza.
“Le solite domande di routine… ci vediamo dopo ragazze.”
Veronica e Mac uscirono dalla stanza lasciando il posto ai due agenti in uniforme che a Veronica non sembrava di aver mai visto, ma non si stupì, perché dopo lo scandalo della corruzione al dipartimento e le dimissioni di suo padre da sceriffo, nel corpo di polizia si era verificato un sostanzioso ricambio di personale. Appena le due ragazze si sistemarono nella sala d’attesa del reparto, videro Logan che veniva loro incontro con due tazze fumanti: a vista non sembrava affatto la disgustosa brodaglia nera delle macchinette automatiche.
“Non dirmi che ci hai portato vero caffè!” Mac balzò in piedi e afferrò voracemente il suo bicchiere.
“Certo, dal bar di fronte.”
“Cavolo questa mossa si che ti fa sembrare un ragazzo d’oro!”
“Vorresti dirmi Mac che ne hai mai dubitato?” Rispose Logan sedendosi sulla poltrona accanto a Veronica mentre le due ragazze si scambiavano un sorrisetto complice.
“Ti sollevo dall’obbligo di rispondere Mac…” Veronica prese il caffè che Logan le stava porgendo e lo ringraziò con un bacio.
I tre ragazzi ebbero giusto il tempo di finire il caffè e di scambiarsi qualche commento sull’accaduto, quando videro i due agenti di polizia lasciare la stanza di Wallace e avviarsi verso l’uscita. Subito si affrettarono a raggiungere nuovamente l’amico, ma appena entrati notarono sul suo volto un’espressione inquieta.
“Che è successo?”
“Hanno rubato l’incasso della giornata del cinema… pensano che sia stato io!” Wallace sparò la notizia tutta d’un fiato, arrancando sul letto per cercare di tirarsi a sedere vincendo gli impedimenti del ginocchio immobilizzato. Era visibilmente agitato, sudava.
“Cosa??” Scattò Mac, “ma sei tu quello in un letto di ospedale!”
“Già… vai a spiegarglielo!”
“Wallace calmati, spiegami perché ti accusano.”
“Lo accusano di cosa?” La signora Fennel era entrata nella stanza giusto in tempo per ascoltare la domanda di Veronica.
“Di aver derubato il cinema... la polizia è appena stata qui. L’ufficio della direzione in cui viene messo sotto chiave l’incasso della giornata è stato scassinato e hanno portato via la cassetta con i soldi. Il guardiano di notte ha detto alla polizia di avermi visto entrare nel cinema verso le 10 e mezza, quindi con mezz’ora di ritardo rispetto all’inizio del mio turno, e poi riuscire dopo poco. E ha aggiunto che gli sembrava che nascondessi qualcosa sotto la felpa… è assurdo! Poi dice di aver sentito dei rumori nel vicolo. A quel punto è venuto a controllare e mi ha trovato svenuto a terra, così avrebbe chiamato un’ambulanza e la polizia.”
“Questa storia è ridicola!!! Non voglio sentire altro! Vado immediatamente a parlare con la polizia.” Prima che Wallace potesse fermare sua madre, questa era già corsa via su tutte le furie.
 “Invece tu non sei mai entrato nel cinema giusto?” Le antenne di Veronica Mars cominciavano a rizzarsi e voleva solo sentire il resto.
“Esatto!” Riprese Wallace dimenticandosi momentaneamente di sua madre. “Sono arrivato in orario, alle 10.00, e mi hanno colpito prima che potessi entrare! Il motociclista o chiunque fosse deve avermi preso le chiavi e usate per entrare, ha scassinato l’ufficio e se l’è data con i soldi.”
“Ma perché il guardiano mente sull’ora del tuo arrivo?” Veronica rivolse questa domanda più che altro a se stessa, stava cominciando a riflettere ad alta voce tra sé e sé, mentre Logan e Mac ormai assistevano solo in veste di silenti spettatori. “L’unica spiegazione plausibile è che voglia giustificare il fatto di aver chiamato i soccorsi solo alle 10 e mezza circa e nascondere quello che è successo in quella mezz’ora trascorsa realmente dalla tua aggressione. Che ha detto la polizia del possibile motociclista?”
“Hanno avanzato ipotesi fantasiose! Secondo loro se il guardiano dice la verità – e cercheranno di appurarlo – allora o io avevo un complice che poi ha deciso di tenersi tutto il malloppo, atterrandomi e facendo ricadere la colpa su di me… oppure avevo sempre un complice a cui avrei consegnato i soldi per poi inscenare l’aggressione…”
Logan non riuscì a trattenere una risata. “Wallace Fennel, il genio del crimine organizzato!” Commentò sarcasticamente.
“Già…” Veronica riprese a ragionare. “Dunque… sono solo supposizioni, ma così è come stanno le cose secondo me: io credo che fosse il guardiano ad essere d’accordo con il motociclista, uno ruba l’incasso e l’altro scappa con i soldi e si occupa di sistemare la persona perfetta a cui dare la colpa. Mi sembra un quadro perfetto, oserei dire tipico! Il problema è che finché non riusciamo a dimostrare che il guardiano mente resta la tua parola contro la sua…”
“Infatti è solo per questo che non hanno ancora formulato un’accusa formale contro di me. Gli agenti volevano avvertirmi che per ora sono il principale sospettato e che finché non avranno confermato le due versioni indagheranno in questa direzione.”
“Stai tranquillo Wallace, credo che non sarà molto difficile dimostrare la tua innocenza…” Veronica sorrise sicura di sé. “Basterà dimostrare che sei arrivato alle 10.00 e non alle 10 e mezza per rendere la versione del guardiano più che sospetta!”
“Non so quante volte ho detto questa frase… ma sono nelle tue mani Mars!”
Mentre Veronica stava già pensando a quale sarebbe stata la sua prima mossa l’indomani, l’infermiera entrò nella stanza chiedendo a tutti di andar via per lasciar riposare il paziente.
I tre ragazzi salutarono un Wallace già evidentemente sollevato dalla sicurezza di Veronica di poterlo aiutare e si diressero verso l’uscita dell’ospedale.


Appena i tre ragazzi misero piede nel parcheggio, Mac si precipitò alla sua auto e schizzò via verso casa, fermamente intenzionata a non perdere neanche un minuto di sonno in più in previsione dell’alzataccia che l’aspettava il giorno seguente.
Logan e Veronica cominciarono ad avviarsi lentamente verso la macchina, ma più si avvicinavano più il loro passo rallentava. Nessuno dei due ne conosceva il concreto motivo, ma entrambi non avevano alcuna voglia di tornare a casa. Forse era stato il brusco modo in cui la loro serata era stata interrotta che adesso li spingeva a desiderare di riprendere da dove l’avevano lasciata, di non andare a dormire con le spiacevoli sensazioni causate dall’episodio capitato a Wallace e cercare invece di rubare ancora qualche momento di serenità e intimità a quella chiara notte di primo Ottobre.
Era una bella nottata, calda, nonostante la leggera brezza che a tratti si alzava lambendo i loro volti come una delicata carezza. La luna brillava alta e piena nel cielo limpido conferendo ai contorni della città una luce morbida e nitida, e quella lattea luminosità accompagnava ogni loro passo con un affascinante gioco di ombre allungate.
Mentre in silenzio passeggiavano mano nella mano lungo l’asfalto nero del desolato parcheggio, ognuno sapeva che neanche l’altro voleva sprecare quella suggestiva atmosfera.
“Vuoi tornare alla festa? Non è ancora tardi…”
Alle parole di Veronica Logan si fermò e restò a riflettere un instante, per poi chinarsi sul viso di lei fino a baciarne le labbra fresche. Le sorrise per farle capire che aveva in mente qualcosa di meglio.
“Possiamo sfruttare meglio questa notte piccola…”
“Come speravo di sentirtelo dire!”
Curiosa e emozionata Veronica non fece domande e raggiunta l’auto si accomodò sorridente sul sedile del passeggero, mentre Logan cominciava a guidare senza fretta sulle note di una vecchia canzone di Bob Dylan che l’emittente radiofonica locale concedeva all’ascolto degli automobilisti notturni.
Logan fermò il motore solo una volta raggiunta la spiaggia. Entrambi sorrisero nel constatare piacevolmente che fosse deserta. Nessuna festa, nessun falò, nessun gruppo di ragazzi che aveva scelto quel posto per trascorrere la propria serata. Soltanto silenzio rotto dal suono delle onde che si infrangevano leggere sulla battigia. Scesero dall’auto e Logan aprì il bagagliaio per tirarne fuori un telo da spiaggia su cui avrebbero potuto sdraiarsi.
“Non si può dire che tu non sia attrezzato... ti capita spesso di organizzare serate del genere?”
“Non farti strane idee, è solo rimasto qui dall’ultima volta che ho fatto surf!”
“E se guardo meglio troverò anche delle candele e una bottiglia di champagne?”
“Vogliamo andare o vuoi continuare a fare la fidanzata gelosa e sospettosa?”
Veronica rispose con una semplice risata e gli cinse la vita con un braccio per reggersi mentre si toglieva gli stivali. Lasciarono le scarpe in macchina e si incamminarono in direzione del mare, sprofondando con i piedi nudi nella sabbia fredda e polverosa della spiaggia, su cui Logan, scelto il punto, distese l’asciugamano. Si sdraiò e Veronica si aggiustò accanto a lui, con la testa teneramente appoggiata sul suo petto.
“Non si vedono stelle stasera.” Con gli occhi rivolti al cielo Logan ruppe il pacifico silenzio con cui Veronica si stava godendo il piacere di quel momento, di quell’aria salmastra e profumata, del delicato tocco con cui Logan le carezzava i capelli sciolti e le sfiorava il collo nudo.
“La luna fa troppa luce.” Nel rispondergli Veronica sollevò il viso a guardarlo. Sembrava pensieroso. Di nuovo.
“Che ora sarà in Australia?”
“Più o meno l’alba… è presto per chiamare.”
“Già...” Senza smettere di accarezzarla, Logan sollevò leggermente la testa per incontrare bene gli occhi di lei. “Ascolta Veronica, devo dirti una cosa…”
Veronica si posizionò su un fianco, poggiando la testa su un braccio per fargli capire che aveva la sua piena attenzione.
Logan continuò.
“Se riuscissimo a trovare mia madre…”
“Logan.” Lo fermò. “So già cosa vuoi dirmi…” restarono a guardarsi per un secondo, senza muoversi, “… che dovrai partire. Lo capisco. So che vuoi aiutarla e chiarire con lei… ed è giusto che tu vada.”
“Devo farlo.”
“Lo so. E vorrei venire con te, aiutarti, starti vicino…” Veronica fece una pausa abbassando gli occhi per poi rialzarli in quelli di lui. “…ma so anche che questa cosa vuoi farla da solo… mi sbaglio?”
“Cominci a sapere un po’ troppe cose di me Veronica Mars…” Logan scherzò solo perché aveva notato che l’espressione di Veronica si era appannata di un velo di malinconia. La prese tra le braccia e la baciò, a lungo, stringendola a sé come se temesse che un’onda potesse raggiungerli e trascinarla via da lui, stringendo quella ragazza che amava più di se stesso, che più di ogni altro al mondo riusciva a comprenderlo, che lo completava. “Devo chiudere questa storia una volta per tutte, capisci?” Le disse quando lasciò andare le sue labbra.
“Certo che lo capisco.” Veronica stava tornando serena e sorridendogli riaccomodò la testa sul petto di lui.
Logan aveva dovuto per forza dirle quali fossero le sue intenzioni, però non voleva pensare prima del dovuto all’idea di lasciarla, anche se solo per poco. In quel momento, su quella spiaggia, con Veronica stesa accanto a lui e inebriato dal profumo dei suoi capelli che si mescolava a quello acre dell’oceano, Logan voleva solo perdersi in quella lucente e quieta notte di luna piena.





Note:
* Tra la costa del Pacifico e la città di Sidney ci sono circa +6 ore di scarto di fuso orario.







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Capitolo 10
*** Capitolo nove ***




Quasi non ci credo io per prima, ma sono riuscita a riprendere a scrivere, anche se è davvero vergognoso il tempo che è passato. Il tempo sembra sempre di meno, ma mi dispiace lasciare la storia in sospeso, anche perché sono rimasta piacevolmente colpita delle recensioni che mi avete lasciato nonostante la storia fosse ferma. Spero quindi di non deludervi con questo nuovo capitolo e che riuscirete a riprendere le fila della storia (io stessa le ho un po’ perse!). Non posso promettere grande rapidità di aggiornamento, ma l’importante è che ho ripreso a scrivere… un po’ di fiducia!





CAPITOLO NOVE







Erano già cinque minuti che le accarezzava dolcemente una guancia.
Le sfiorava il naso e le labbra serrate.
Le solleticava la mano.
Eppure Veronica Mars continuava a non dare nessun segno di vita e Logan, steso su un fianco accanto a lei, non poteva far altro che guardarla continuare a dormire come un sasso, insensibile ad ogni suo tentativo di riportarla alla coscienza. Ascoltando il suo respiro ancora lento e profondo, il ragazzo capì che se voleva svegliarla doveva rinunciare alle leggere carezze e passare alle maniere forti.
“Insomma dai, ti vuoi svegliare?” Le scostò i capelli dal volto e le cinse il ventre con il braccio. Questa volta il suo tocco era più deciso e, unito al tono di voce elevato con cui la chiamava, finalmente Logan riuscì a vedere l’azzurro che si nascondeva sotto le palpebre chiuse di Veronica.
Veronica socchiuse gli occhi a fatica soffrendo il bruciore della flebile luce del mattino che filtrava dalle tende della finestra e subito sorrise alla vista di Logan che la stava abbracciando per darle il benvenuto in quel nuovo giorno.
“Buongiorno…” gli disse dolcemente con la voce impastata, senza riuscire ancora a muovere un muscolo a causa del torpore che non accennava ad abbandonarla.
“Buongiorno a te piccola! Ormai ho la certezza che nella vita non potrò mai riuscire a svegliarti con il tocco delicato di un fiore… forse con un secchio d’acqua…”
Con la vista e la mente ancora annebbiata Veronica spostò lo sguardo sull’orologio sul suo comodino e più per incredulità che per stanchezza ci impiegò qualche secondo per realizzare che erano le 6:25 del mattino.
“Buonanotte!” Sentenziò decisa voltandosi sul fianco opposto e rannicchiandosi sotto il lenzuolo.
“No dai, dai, sveglia! Il mattino ha l’oro in bocca Mars!”
“Non è mattino, è notte!” Le parole di Veronica provenivano soffocate dalla sua bocca affondata nel cuscino. Avrebbe potuto riaddormentarsi nel giro di un secondo se Logan quella mattina non si fosse messo in testa di essere fastidioso a tutti i costi. Ma non ricordava che erano andati a dormire tardissimo? Sordo alle disperate proteste della intorpidita ragazza, lui iniziò infatti a stuzzicarla affettuosamente, punzecchiandole la pancia e baciandole l’unica parte del corpo che spuntava dal lenzuolo, la bionda cima della testa. In preda a quell’attacco senza scampo alla fine Veronica riemerse dalle coperte e lo guardò con aria traumatizzata.
“Dì un po’, perché mi odi?”
“Non sai quanto sei lontana dalla verità.”
“Allora perché mi fai questo?” Piagnucolò Veronica per tutta risposta.
Logan si avvicinò e la consolò con un bacio e un sorriso intenerito. “Giuro solennemente che saprò farmi perdonare, ma non riuscivo a dormire… ho fretta di fare quella telefonata veramente… e, insomma scusami, ma l’orario è ideale se ho calcolato bene il fuso…  ”
Con la schiena appoggiata alla spalliera del letto e gli occhi arrossiti e lacrimanti, Veronica restò a guardarlo un istante senza ribattere e le sembrò di notare nel suo atteggiamento qualcosa di strano, qualcosa che stentava a decifrare. Una punta di disagio forse. Logan sembrava impacciato nel mostrarle quel lato di sé fragile al punto da impedirgli di dormire per il desiderio di mettersi alla ricerca delle tracce di sua madre. Temeva forse di mostrarsi debole? Temeva che lei lo avrebbe rimproverato per la sua ragionevole e sacrosanta impellenza solo perché l’aveva svegliata all’alba? Davvero il dubbio che lei potesse non comprenderlo poteva aver attraversato la sua mente anche solo per un secondo? Veronica poteva vedere chiaramente di fronte a sé il ragazzo che aveva sempre dovuto lottare con i pugni e con i denti per meritarsi un affetto che forse nella vita troppe poche volte gli era stato concesso. Sotto la meravigliosa persona che comunque Logan era riuscito a diventare, sotto quella scorza dura e sicura con cui lui si mostrava a molti, Veronica poteva vedere una sicurezza costruita solo su sé stesso, una fiducia negli altri vacillante, che a tratti veniva meno a tradimento. Possibile che vacillasse anche su di lei nonostante quello che avevano? Un pensiero doloroso a cui credere, certo. Troppo difficile però addentrarsi nelle trame dei reconditi fantasmi del passato che nei modi più imperscrutabili finiscono per far sentire i loro echi anche nei sentimenti più autentici, quindi inutile tormentarsi, meglio lasciare ad ognuno i propri segreti momenti di paura, abbandonare l’inconfessato desiderio di sentirsi concessa una fiducia scontata ed erigerla giorno per giorno, fino a renderla salda e inespugnabile. Di quel fermo intento Veronica caricò il sorriso col quale trasmesse a Logan tutta la sua comprensione, sollevando la schiena e sporgendosi a prendergli la mano.
“Tavolo del soggiorno: telefono. Mia borsa: agenda con numero di telefono. Intanto che vai a prenderli io cerco di tornare in vita.”
Dopo essersi infilato i jeans Logan uscì dalla camera da letto di Veronica per ritornarne dopo trenta secondi con il cordless in mano, frugò nella borsa abbandonata su una sedia e ne tirò fuori la folta e spessa agenda della ragazza, traboccante di post-it e foglietti a cui solo un tirato elastico impediva di spargersi ovunque.
“A lei l’onore detective…”
Veronica era ormai sveglia e mentre sfogliava l’agenda alla ricerca del numero che aveva appuntato, il suo occhio vigile comunicava che era pronta a calarsi abilmente nella parte. Logan era curioso di scoprire cosa mai lei avrebbe potuto inventarsi per convincere il cugino dei Connor a dare informazioni a una perfetta sconosciuta.
“Eccolo, Bill Connor. Allora che dici: amica di tua madre o collega del marito?”
“Sei tu il capo, hai carta bianca!”
Veronica rifletteva in silenzio mentre componeva il lungo numero che l’avrebbe messa in contatto col lontano ed esotico continente australiano. Guardava Logan aspettando che qualcuno dall’altra parte prendesse la comunicazione. Stava per riagganciare quando all’ultimo squillo si fece finalmente sentire una voce talmente nervosa da farle già presagire un cattivo esito della conversazione.
“Buongiorno, parlo con il signor Bill Connor?”
“Dipende da chi lo cerca, guardi se è un sondaggio o vuole vendermi qualcosa la prego di non farmi perdere tempo perché sto per mettermi a tavola.”
Veronica fece un paio di calcoli mentali fino a capire che a Canberra doveva essere più o meno l’ora di pranzo. Sotto richiesta di Logan, che a parole le stava mimando di far sentire anche a lui la telefonata, spinse un pulsante del telefono e inserì il viva voce, facendo però segno al ragazzo impaziente di restare in silenzio.
“No signore, niente di tutto ciò mi creda. Lei non mi conosce, sono una vicina di casa della famiglia Connor, so che lei è il cugino di Aiden…”
“E allora?” La interruppe la voce sempre più irritata dell’uomo.
“… il fatto è che io sono una cara amica di Lucienne, abito proprio a un paio di isolati da lei… abitavo almeno, ora sono quasi dieci giorni che non ho più sue notizie, non sono riuscita a mettermi in contatto con lei in nessun modo e sono molto in pensiero…” Logan ascoltava tacitamente il modo in cui Veronica riuscisse ad apparire sincera e realmente preoccupata, mentre dall’altra parte del telefono non proveniva altro che silenzio e a tratti dei profondi sospiri. “… l’unico parente di cui Lucienne mi aveva mai parlato è lei, io ho esitato per giorni a chiamarla, ma, deve scusarmi, alla fine la preoccupazione è diventata insostenibile e mi ha spinto a cercarla.”
“Ma chi è lei? Come ha avuto il mio numero?”
Come se si aspettasse in anticipo quelle domande, appena finito di parlare Veronica aveva cominciato a sfogliare velocemente l’agenda, finché non trovò il nome che stava cercando, probabilmente quello della vicina con cui aveva parlato il giorno prima, e che l’avrebbe aiutata ad avvalorare la sua versione.
“Mi chiamo Muriel Spitz, gliel’ho detto, ero una vicina di Lucienne. La prego signor Connor, vorrei solo riuscire a mettermi in contatto con lei o almeno a sapere dov’è e se sta bene, deve capire che da un giorno all’altro è scomparsa senza lasciar detto dove andasse e non vorrei che sia accaduto qualcosa.”
“Mi ascolti bene signora.” La voce dell’uomo si attenuò del precedente tono di infastidito nervosismo, ma diventò sommessa e frettolosa. “Si tranquillizzi, ma la prego, deve assolutamente smettere di cercarla, è davvero molto importante.”
“Ma perché?”
“Perché è così! Mi dia retta! Posso assicurarle che la sua amica sta bene, stanno tutti bene, ma lei non deve per nessuna ragione continuare a cercare, mi ha capito bene?”
Veronica cominciò a capire che da quell’uomo così risoluto nella sua misteriosa negazione non sarebbe riuscita a cavare un ragno dal buco proseguendo su quella strada e intuì che le restava una sola carta da giocare. Guardò Logan negli occhi e con la mano gli fece segno di non stupirsi per ciò che stava per dire e di lasciarla fare.
“Quindi lei sa dov’è Lynn??” Chiese Veronica sotto gli occhi sgranati di Logan che pensava che solo un attacco di folle incoscienza poteva portarla ad usare il vecchio nome di sua madre con quell’uomo. Tuttavia non reagì, sapeva che lei doveva avere in mente qualcosa. Veronica Mars aveva sempre in mente qualcosa.
“Cosa ha detto?”
“Quindi lei sa dov’è Lucienne?” Veronica con tono calmo corresse quella che in realtà non era stata affatto una svista e che sapeva essere stata intesa perfettamente dal suo interlocutore. Attese qualche secondo di silenzio.
“Senta io non so lei chi diavolo sia, ma senz’altro sta cercando qualcun altro, non mi interessa, non chiami mai più, mi ha capito bene? Non chiami più!” Bill Connor vomitò tutto senza lasciare a Veronica neanche il tempo di pronunciare un’altra sillaba e riagganciò il telefono violentemente. Certo, da quella telefonata Veronica non era riuscita ad ottenere le informazioni che cercava, ma aveva suscitato nell’uomo esattamente la reazione che sperava. Non poteva però aspettarsi che anche Logan intendesse al volo la strategia che l’aveva spinta a pronunciare intenzionalmente il nome Lynn, quindi si preparò a rispondere allo sguardo deluso e interrogativo con cui lui la stava guardando senza parlare.
“Che ti è saltato in mente?” Le chiese Logan prima che lei potesse iniziare a spiegarsi.
“Non ci avrebbe detto niente.”
“Ma adesso ce lo siamo giocato! Non potremo più ricontattarlo!”
“Logan, lui non ci avrebbe detto dove si trova tua madre, l’unica cosa che potevo cercare di capire da questa telefonata era se quell’uomo è al corrente della situazione della famiglia Connor, e dalla sua reazione è evidente che sa tutto di tua madre, della sua vera identità.”
“Ma perché ti interessa sapere questo? Come ci aiuta a trovarli? Pensi che ci sia un nesso? Che qualcuno stia cercando mia madre, cioè la vera Lynn Echolls?”
“Non ne ho idea! Questo però ci dice almeno che tra i Connor e il cugino c’è un rapporto stretto, di fiducia e quindi è certo che lui sa dove sono e sta cercando di coprirli.”
“E noi come faremo a sapere dove sono?”
“Lo chiederemo di nuovo a Bill Connor.”
“Veronica pensi davvero che lui parlerà di nuovo con te?”
“No.”
Logan alzò le spalle come a dire: “E allora?”
“Parlerà con te.”
“E come? Sarò un altro vicino che guarda caso li sta cercando anche lui?”
“No, sarai Logan Echolls che sta cercando sua madre.”
Logan non trovò nulla da replicare. Non capiva, ma ci era abituato. Se c’era una cosa che però aveva imparato a capire di Veronica Mars era che il più del volte lei sapeva quello che faceva e che era più conveniente fidarsi di lei piuttosto che non farlo. In ogni caso la sua fiducia, lei l’avrebbe avuta comunque.
“E ora dove vai?” Le chiese improvvisamente vedendo che Veronica si stava alzando energeticamente dal letto quando invece si sarebbe immaginato che rimanesse in compagnia del materasso per almeno un altro paio d’ore.
“Hai presente il film -Un amico da salvare-?”
“A quest’ora?”
“Perché no? Sono sveglia.”
“Io invece credo che mi farò attendere dal mondo esterno per un bel po’…”
“Se non dovessi trovarti sveglio al mio ritorno dalla doccia… ti chiamo in mattinata.” Veronica si chinò a baciarlo e lo lasciò mentre già stava chiudendo gli occhi, più sollevato, le sembrò.

____________


Keith Mars poggiò sul tavolino accanto a sé la rivista di arredamento d’interni che stava distrattamente sfogliando da circa quarantacinque minuti e sbuffò visibilmente per far notare il suo disappunto per quell’attesa interminabile alla segretaria noncurante che si limava le unghie al bancone davanti a lui.
“Ci vorrà ancora molto?” Disse a bassa voce sicuro che lei lo sentisse ugualmente anche se fingeva di ignorarlo. Riuscì a far alzare lo sguardo seccato della donna.
“Il procuratore è molto occupato.” Replicò laconicamente riabbassando gli occhi sul lavoro di manicure lasciato incompiuto sul suo dito indice.
“Il mio appuntamento era quasi un’ora fa!”
“C’è molto lavoro.”
Keith era incerto se arrabbiarsi o scoppiarle a ridere in faccia dopo quell’affermazione che non poteva non sembrare una palese presa in giro, ma lo squillo del suo cellulare salvò la donna dalla possibile reazione di esasperazione dell’agguerrito detective.
“Ciao tesoro.”
“Ciao papà, si può sapere dove sei alle otto e mezza del mattino? Ti ho chiamato a casa pensando di svegliarti!”
“Sono a San Diego da ieri sera.”
“A San Diego? Perché non mi hai detto niente? E che sei andato a fare a San Diego?”
“Oh, è solo per un caso…”
“Che caso scusa? Non ne so niente!”
In quel momento si compì il miracolo. Una lucina rossa iniziò a lampeggiare sull’interfono della segretaria, segno del via libera per il prossimo appuntamento. La donna si limitò a indicare con un cenno del capo la porta in cui Keith sarebbe dovuto entrare. In ogni caso quel gesto bastò a salvarlo dall’imbarazzo di dover rispondere alle domande inquisitorie di Veronica. Keith comprendeva la legittimità del suo interrogatorio, oltre ad essere suo padre lavoravano anche insieme, quindi non poteva stupirsi se lei si interessava nel dettaglio a tutti i suoi movimenti, ma per adesso preferiva ancora non esporsi circa le indagini che stava seguendo. Lui stesso non era sicuro di quello che stesse cercando.
“Scusa tesoro ma ora devo andare.”
“No papà aspetta, ho bisogno del tuo aiuto! Dimmi solo…”
Keith aveva già riagganciato e Veronica si ritrovò lì, ferma in mezzo alla strada, piena di domande su cosa mai potesse farci suo padre a San Diego e soprattutto senza sapere come muoversi, non potendo ricorrere al fondamentale aiuto dell’esperto detective. Era lì sotto il sole e fissava da dietro i suoi scuri occhiali la banca aperta e già in piena attività davanti a sé. Soprattutto fissava la telecamera che eretta in alto come un faro nella notte inquadrava provvidenzialmente tutta la strada, compreso il particolare che interessava proprio a Veronica: l’entrata del vicolo che portava all’entrata del cinema in cui lavorava Wallace. Lo stesso vicolo nel quale lei doveva dimostrare che il suo amico si trovasse alle dieci di sera e non alle dieci e mezza come sosteneva quell’impostore del custode notturno. Era tutto lì. Nelle immagini scattate dalla lente di quel piccolo marchingegno di metallo agganciato al muro. Le sarebbe bastata solo una tv. Bastava quell’unico fotogramma con Wallace che entrava nel vicolo e la piccola scritta bianca con l’orario stampato come sempre in fondo all’immagine a testimoniare la veridicità della versione di Wallace. Era così facile! Con quelle riprese nel giro di venti minuti Wallace avrebbe potuto liberarsi di ogni preoccupazione, trasferendole per contro al legittimo proprietario colpevole del furto. Peccato che lei non aveva modo di accedere a quelle preziose immagini senza l’aiuto di suo padre! O meglio di quell’amico di suo padre che rappresentava un vero e proprio asso nella manica ogni qual volta occorresse accedere alle immagini delle telecamere di sicurezza delle banche o dei bancomat. Lo stesso asso di cui Veronica si era servita quando l’anno precedente aveva indagato sullo stupro di Claire* e che le aveva consentito di vincere la partita dimostrando come la ragazza avesse messo su una scena costruita ad hoc.
Veronica provò a ricomporre nuovamente il numero di suo padre. Segreteria.
“Papàààààààà!!! Mi servi!!!!”
“Papà ti prego mi puoi richiamare immediatamente appena senti questo messaggio? Wallace è nei guai e per tirarlo fuori ho bisogno del tuo aiuto! Richiamami!”
Non potendo fare nulla in quel momento se non attendere che suo padre la richiamasse dopo aver ascoltato il messaggio in segreteria, Veronica decise di fare un salto alla centrale di polizia per vedere se c’erano novità sul caso. Non che ci sperasse, anzi, era quasi convinta che non avessero mosso un dito. Da quando suo padre si era dimesso non era ancora stato nominato ufficialmente un nuovo sceriffo e il dipartimento era ancora più pigro e caotico di quando lo dirigeva lo sventurato sceriffo Lamb. Tuttavia in quel disattento e indifferente lassismo magari qualche agente inesperto avrebbe potuto lasciarsi sfuggire con lei più di quanto le spettasse sapere a titolo di semplice cittadina curiosa… chissà, magari poteva anche riuscire a manipolare qualche sprovveduto per arrivare a mettere lei stessa le mani sulle cassette di quella telecamera di sorveglianza. Magari si sarebbe anche divertita.

Purtroppo per lei quella speranza si rivelò illusoria. Quando circa due ore dopo uscì dal dipartimento di polizia non solo non si era divertita, ma a dir poco esasperata. Neanche i suoi più languidi sorrisi e la sua più abile oratoria erano riusciti a evitarle le due ore di attesa su quella sedia bianca dura come il marmo. Dopo mezz’ora e altre tre vane telefonate a suo padre stava quasi per andarsene, ma ormai l’aveva presa per una questione d’onore. L’odioso agente che l’aveva accolta all’arrivo era sembrato orrendamente troppo soddisfatto nel dirle che se avesse voluto sapere qualcosa avrebbe dovuto togliersi quel sorriso che non sarebbe servito a niente e rassegnarsi ad aspettare finché lui non si fosse liberato del lavoro urgente, rimarcandole come non poteva aspettarsi immediata attenzione solo per i suoi grandi occhi azzurri. No, avrebbe aspettato anche quattro ore per trovarsi a quattr’occhi con quell’idiota ed esercitare il suo diritto di tartassarlo con tante di quelle domane da fargli rimpiangere di aver scelto di servire i cittadini come professione. Almeno quello sfizio era riuscita a toglierselo, ma come immaginava se ne stava andando a mani vuote. Ok, doveva accettare la delusione di non aver trovato nessun nuovo membro del personale di polizia abbastanza sprovveduto da farsi abbindolare da lei, ma ne sarebbe stata felice se questo avesse significato che fossero tutti agenti competenti seriamente dediti a svolgere il loro lavoro. Invece, figurarsi, con quest’altra previsione ci aveva preso. Nessuno aveva ancora mosso un dito per il caso di Wallace e lei non era riuscita ad ottenere altro che la poco credibile promessa che avrebbero controllato le registrazioni di quella telecamera appena ne avessero avuto il tempo. Ecco dunque che quella mattinata che poteva rivelarsi così produttiva tanto era iniziata a un orario generoso, si era invece lentamente e noiosamente esaurita in un nulla di fatto. Veronica era esattamente allo stesso punto di prima: poteva solo aspettare che suo padre la richiamasse. Per accorciare i tempi gli lasciò un altro messaggio in segreteria per pregarlo di chiamare direttamente il suo amico per farsi dare quello che le serviva, così quando finalmente sarebbe riuscita a mettersi in contatto con suo padre non avrebbe dovuto far altro che andare a prendere le cassette.
“Guarda caso, a volte mi ricordo che ho anche una vita… e va bene, Veronica Mars, per ora dì pure addio all’allettante idea di sprofondare in una vasca calda o in un caldo piumone…”
Veronica cominciava già ad accusare una certa mancanza di sonno, nonostante avesse ancora mezza giornata davanti, ma in effetti pensò che non valesse la pena perdere una lezione, visto che per adesso non poteva fare nessun progresso con la faccenda della banca, quindi di malavoglia tornò alla sua auto e guidò tra uno sbadiglio e l’altro finché non raggiunse l’affollato parcheggio dell’università.

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Keith era seduto nella sala d’attesa dell’aeroporto in attesa di sentire chiamare il suo volo e fermamente convinto a non volersi più accostare ad altre sale d’attesa per almeno un mese. Aveva ascoltato la dozzina di messaggi che Veronica gli aveva lasciato in segreteria senza poter trattenere di sorridere della disperazione esasperata mostrata dalla figlia. Gli sembrava quasi di immaginarla davanti a quella banca arrabbiata e frustrata, come poteva dedurre dal tono della voce nei messaggi. Nonostante il pensiero della figlia fosse sempre capace di trasmettergli serenità e allegria, questa volta il sorriso sparì velocemente dalle labbra dell’uomo. Era turbato e non riusciva a nasconderlo neanche a sé stesso. Il colloquio con il procuratore lo aveva lasciato a dir poco confuso e con un milione di domande che però, a quanto pareva, dovevano attendere ancora del tempo per ricevere risposta. Non faceva che ripensare all’incontro con il procuratore, quell’uomo così disponibile e aperto, tutto l’opposto delle qualità che Keith si sarebbe aspettato di vedere incarnate nella persona che lo aveva fatto penare per più di un’ora in una sala d’attesa vuota.
“Lei capirà, detective Mars, che la questione è della massima delicatezza.”
Ripensava.
“Certo, capisco…” aveva risposto Keith leggermente stordito.
“Quindi non c’è bisogno che le ricordi l’importanza di mantenere il più stretto riserbo. Assoluto oserei dire”.
Keith non aveva risposto, non ce n’era bisogno. Era un professionista esperto e anche il procuratore sembrava esserne convinto. Il suo sguardo deciso persuase l’uomo a continuare.
“Le farò avere presto tutti i dettagli del suo viaggio, ma la avverto sin da ora di tenersi pronto per una partenza che potrebbe anche essere imminente.”
“Bene.”
“Ci sarà tempo e modo di chiarire meglio la faccenda quando sarà arrivato a destinazione. Mi piacerebbe poterle spiegare tutto adesso di persona, ma come le ho detto, preferisco non pubblicizzare troppo il nostro incontro, mi capisce, nell’interesse di tutti, mio, suo e soprattutto della persona che rappresento, e purtroppo tra pochi minuti mi aspetta un appuntamento con un maledetto giornalista per mi ha tartassato per giorni perché gli concedessi un colloquio circa un altro caso che sto seguendo. L’ultima cosa che voglio è far trapelare qualcosa di questa storia alla stampa. C’è troppo in gioco.”
“Capisco perfettamente.” Keith si rendeva conto che le parole che aveva pronunciato fino a quel momento in quella stanza si potevano contare sul palmo delle dita, ma quella laconicità era la sola reazione che gli venisse naturale in quel momento.
“Mi creda, detective, la sua collaborazione verrà ricompensata a tempo debito.”
“Questo non mi preoccupa sinceramente. Solo…”
“Mi dica pure.”
“Non riesco a capire come siete potuti arrivare a pensare a me per questo lavoro. Insomma, sono un semplice detective privato di una città secondaria… e qui stiamo parlando… insomma… di alte sfere, diciamo così.”
“Capisco che possa sembrarle oltremodo strano… ma è il cliente stesso che ha chiesto esplicitamente di lei.”
Quelle erano le parole su cui Keith si arrovellava maggiormente su quella piccola poltroncina di plastica all’entrata del Gate del suo volo. Proprio non riusciva a trovare un senso per il suo coinvolgimento in quella difficile faccenda, che si portava dietro tante di quelle implicazioni che, in tutta sincerità, non era certo di saper gestire. Cosa avrebbe detto a Veronica? Che cosa avrebbe potuto inventarsi per giustificare il lungo tempo lontano da casa che questo lavoro avrebbe richiesto? Considerò la possibilità di metterla al corrente di tutto, ma scacciò subito questa idea. Quella ragazza era troppo testarda, avrebbe insistito per essere coinvolta e non ci sarebbe stato modo per evitare che, come in qualsiasi altro caso che avevano seguito insieme, iniziasse a fare di testa sua e cercasse di prendere in mano una situazione che invece non sarebbe stata grado di padroneggiare. Troppe complicazioni, troppe persone implicate direttamente o indirettamente, probabilmente anche troppi pericoli. Anche lui, sinceramente, non era del tutto sicuro di avere sotto controllo la situazione e di sapere come muoversi, l’ultima cosa che voleva era doversi preoccuparsi di sua figlia, della sua incolumità, della sua vita, alla quale avrebbe dovuto sottrarre troppo tempo, soprattutto ai suoi studi. Non avrebbe potuto lavorare lucidamente su questo caso accanto a sua figlia. No, non poteva parlarle della faccenda. Odiava mentire a sua figlia, non c’era nulla che detestasse di più e gli avrebbe causato sofferenza finché non si fosse risolto tutto, ma doveva per forza proteggerla. Se le avesse raccontato tutto non sarebbe mai riuscito a convincerla a restare da parte, non ci sarebbe stato niente al mondo che avesse potuto tenere lontano Veronica da quella storia, se solo ne fosse venuta al corrente. La riguardava troppo da vicino. E riguardava troppo intimamente le persone a cui lei più teneva. Si sarebbe buttata a capofitto nella cosa, la conosceva troppo bene. No, per quanto l’idea lo disgustasse doveva continuare a mentire circa i suoi spostamenti, fingere una normale routine di lavoro, anche se sapeva che la figlia avrebbe sofferto quando avrebbe scoperto tutte le bugie che sarebbe stato costretto a raccontarle nei prossimi mesi. Sapeva che stava seriamente rischiando di perdere la fiducia di sua figlia, ma era necessario, Veronica non poteva essere coinvolta.
Con un peso sul petto, Keith cercò di mettere temporaneamente da parte tutte quelle preoccupazioni che lo assillavano e che probabilmente si sarebbe dovuto tenere addosso ancora per qualche mese. Prese il cellulare e per un minuto fece finta di essere il solito padre che era sempre stato, affidabile, disponibile e soprattutto sincero. Chiamò rapidamente il suo amico della banca e cercò di sembrare più disinvolto e spensierato possibile mentre gli chiedeva di aiutarlo con il favore per Veronica. Ci riuscì. Dopo pochi minuti Keith poteva lasciare buone notizie nella segreteria di sua figlia: avrebbe potuto recuperare le cassette delle telecamere di sorveglianza della banca in serata, al massimo la mattina successiva.

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Il cielo sopra la città sembrava confondersi con la luce di quel primo pomeriggio assolato, mentre dall’alto del terrazzo del Neptune Grand Logan lo osservava pensieroso rigirandosi nervosamente il telefono tra le mani. Ripensava a quanto gli aveva detto Veronica quella mattina, che sarebbe stato lui stesso a dover chiamare di nuovo quell’uomo in Australia, mettendo le carte in tavola e rivelando apertamente la sua identità, giocandosi questa ultima ed estrema chance di rintracciare sua madre.
“Sarai Logan Echolls che cerca sua madre” continuava a risentire nella sua testa, come quegli slogan pubblicitari che una volta che ti attanagliano la mente non c’è sforzo che serva a cacciarli via.
Gli sembrava di prepararsi ad un gioco d’azzardo al 50 e 50: se fosse andata bene, se quell’uomo si fosse lasciato persuadere dalla sua franchezza e decisione, avrebbe davvero potuto recuperare notizie su dove sua madre fosse finita, altrimenti, non solo si sarebbe giocato quell’unica fonte di informazioni che rappresentava il suo ultimo cavo di collegamento con quel continente così lontano, ma avrebbe anche rischiato di far saltare la nuova identità di sua madre, magari mettendola in guai ancora più seri di quelli in cui pensava che già si trovasse. Eppure Veronica era convinta che quell’uomo fosse al corrente di tutto e che necessitasse di una spinta… e lui le credeva, in fondo fino a quel momento il suo fiuto aveva più volte dimostrato di non sbagliare. Era davvero un dono, ne era convinto. A volte forse la perspicacia di Veronica si era dimostrata per lui una sfida non indifferente e in genere aveva sempre finito per perdere lui la partita. Non era mai riuscito a nasconderle niente, anche quelle cose che avrebbe di gran lunga preferito non far mai venire fuori perché sapeva che l’avrebbero ferita. E lo avevano fatto. Quante cose avrebbe voluto cambiare, guardando indietro, ma ormai le sentiva lontane e a poco a poco sempre meno importanti, perché sapeva che non si sarebbero ripetute, avrebbe fatto di tutto per evitare di cadere di nuovo nei vecchi errori. E con tutta certezza, Logan aveva la sensazione che questa volta ci sarebbe riuscito. C’era qualcosa di diverso questa volta, sia nella loro storia, sia in lui, una riscoperta stabilità, una normalità che mai prima d’ora aveva avuto il piacere di assaporare. Non sapeva decifrare con esattezza di cosa si trattasse, ma non gli importava, perché per lui era sufficiente sentirlo. Certo, da una parte lo seccava la consapevolezza che non sarebbe mai riuscito a tenersi il più piccolo e innocente segreto con quella ragazza, ma in fondo quella testardaggine e quell’intuito martellante rappresentavano gran parte del fascino di Veronica, che l’avevano stuzzicato sin dai primi anni del liceo, anche quando tra loro non c’era niente se non una costante guerra di scherno e disdegno tra fronti opposti. Ormai riusciva a sorrideva al pensiero di quello che si erano combinati reciprocamente, mentre fino a poco tempo prima soffriva ricordando la sua odiosità nei confronti di quella che sarebbe diventata la ragazza al centro del suo mondo. Già, qualcosa era decisamente cambiato, quasi come se non si sentisse più costantemente obbligato a dover correggere gli errori del passato, quegli errori avevano smesso di tormentarlo e di tormentare la sua storia con Veronica e non sapeva né come era successo, né chi doveva ringraziare. I loro sbagli erano certo parte di quella storia, ma forse avevano contribuito a renderla… non sapeva esattamente come… così. Si sentiva sereno, a parte le preoccupazioni riguardo a sua madre, ma quella sensazione di costante vacillamento, di camminare su bicchieri di cristallo, di dover ad ogni passo prestare attenzione al non commettere qualche idiozia che avrebbe rovinato tutto, lentamente stava sfumando in una rilassante stabilità, che certo avrebbe difeso ad ogni costo, ma sentiva di non doversi sforzare troppo questa volta. Veniva da sé, con una naturalezza fino ad ora a lui sconosciuta. Senza questa sicurezza forse non avrebbe trovato la forza di affrontare il fantasma di sua madre, che quell’estate aveva deciso di piombare brutalmente nella sua vita. Se non fosse stato così certo del suo legame con Veronica, forse non avrebbe avuto il coraggio di imbarcarsi in ciò che aveva deciso di fare, sempre che tutto fosse andato come doveva: partire per l’Australia e dare a sua madre quell’aiuto che tempo prima le aveva negato, riparare all’impulsivo errore di averle voltato le spalle con glaciale distacco, quel gesto per cui adesso non riusciva a darsi pace. Lo doveva fare. Doveva farlo per poi tornare e riprendere la sua vita da dove l’aveva lasciata. E tra lui e quel momento c’era solo una telefonata.
Digitò il numero e dopo un paio di secondi di silenzio restò ad ascoltare il ritmico suono del telefono in attesa di stabilire la linea. Uno squillo, due squilli, tre… in quello stato di calma quasi ipnotica a Logan sembrava che tra uno squillo e l’altro trascorresse un’eternità e che ognuno si facesse più lento del precedente, fino a che una voce grave lo raggiunse dall’altro capo del telefono e del mondo.

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“Allora posso iniziare a tranquillizzarmi?”
“Te l’ho detto, ci sto lavorando.”
“Quando prenderai quelle cassette?”
“Appena l’amico di mio padre riesce a farmele avere. Te l’ho detto Wallace, se non sarà per stasera, al massimo domani mattina riusciremo a vedere la tua testolina riccia entrare in quel vicolo all’orario che conferma la tua versione”
“Bene…” Wallace tirò un sospiro di sollievo mentre rilassava la testa sul cuscino, visibilmente allentata dalla tensione.
I medici avevano deciso di tenerlo in osservazione per un paio di giorno a causa della botta in testa che aveva ricevuto. Non volevano correre rischi, ma in quella stanza di ospedale il ragazzo si sentiva quasi come in una cella. Ogni ora un poliziotto veniva a controllare che non se la fosse filata e anche le infermiere aveva l’impressione che lo tenessero d’occhio, come se le avessero messe in guardia. Era ancora il principale sospettato per il furto al cinema e nonostante confidasse che alla fine Veronica lo avrebbe tirato fuori da quella storia ridicola, il sentirsi trattato alla strega di un delinquente gli risultava insopportabile. Si sentiva ancora stordito per la commozione celebrale, in effetti, ma non vedeva l’ora di tornare a casa, di buttarsi tutto alle spalle e di riprendere la sua vita di normale studente, atleta e bravo ragazzo quale era. Si sentiva soffocare in quella stanza asettica, da solo, perché nonostante la camera avesse un altro letto libero, nessun paziente sarebbe stato ricoverato accanto a un sospettato della polizia. Avevano forse paura che lo soffocasse con un cuscino? Ridicolo. Non faceva che ripeterselo. Se sua madre e le sue migliori amiche non si fossero impegnate a non lasciarlo mai solo probabilmente avrebbe avuto una crisi di nervi.
Veronica era arriva da mezz’ora, subito dopo aver terminato le lezioni del pomeriggio alla Hearst si era precipitata in ospedale dal suo amico appena in tempo per prendere il posto di Mac che doveva scappare per ultimare il lavoro su un computer che avrebbe dovuto riconsegnare quella sera. Si sentivano tutti e tre cresciuti da quando aveva deciso di prendersi una casa in autonomia. Il lavoro non poteva più essere qualcosa da rimandare a domani, perché anche le più piccole spese quotidiane alla fine della settimana finivano per accumularsi e i tre ragazzi stavano iniziando per la prima volta a fare i conti con problemi di questo tipo. Ma se la cavavano bene, erano una grande squadra e fino a quel momento non erano mai arrivati a sfiorare situazioni drammatiche, come il non avere il casa in caffè per la colazione. Tutto filava liscio, come se avessero vissuto insieme da anni e fossero ormai collaudati per ogni evenienza. Non c’era stato bisogno di grandi sforzi per arrivare a una collaborazione perfetta e in pochi mesi la loro casa stava iniziando ad avere un aspetto a dir poco confortevole. Spaziosa, funzionale e di gusto. Veronica era davvero soddisfatta per come stavano andando le cose e in buona parte era dovuto al piacere di tornare ogni sera in un luogo che sentiva suo, che contribuiva a mantenere, senza contare la libertà spensierata che il vivere in autonomia portava con sé.
“Sono quasi le sette… tra poco il mio carceriere passerà a controllare il detenuto…” disse Wallace con un sospiro scoraggiato. “Hai presente quell’infermiera che fa la ronda nei corridoi? Quella più larga che alta?”
“Beh, per fare la guardia a un duro come te dovevano per forza mettere in campo qualcuno ben piazzato!”
“Fa quasi paura! Ha uno sguardo che mi fa pensare che voglia mangiarmi!”
“Ma come?? Anche se il cibo in quest’ospedale è così buono?” Cercò di scherzare Veronica per sdrammatizzare la frustrazione dell’amico.
“Si si, tu ridi, tanto sono io che deve dormire con un occhio aperto!”
Veronica rise nel sentire che nonostante la situazione Wallace non avesse perso la voglia di scherzare e riuscì a stento a trattenersi dallo scoppiare in una risata fragorosa quando pochi secondi dopo l’infermiera si affacciò alla porta. Era proprio come Wallace l’aveva descritta e cominciava a capire perché lo inquietasse. La donna gettò uno sguardo torvo nella stanza e si preparò ad andarsene dopo che Wallace le ebbe detto in tono sarcastico:
“Non sono ancora scappato!”
Mentre l’infermiera stava richiudendo la porta fu costretta a farsi da parte per permettere al nuovo visitatore di entrare nella stanza. Quando Logan fu oltre la porta, la donna la richiuse alle sue spalle.
“Non ti aspettavo!” Veronica lo accolse con un sorriso sorpreso. Pensava di passare da lui al Grand proprio subito dopo aver lasciato l’ospedale, e quando se lo vide arrivare si accorse che era impaziente di vederlo.
“Invece io ero sicuro che ti avrei trovata qui. Come te la passi amico?” Logan si rivolse a Wallace mentre prendeva da un angolo una sedia per sedersi.
“Non c’è male, ma sono stato meglio.”
Non fecero neanche in tempo a salutarsi che l’infermiera secondino aprì di nuovo la porta, questa volta facendo irruzione nella stanza.
“L’orario delle visite è finito. Possono restare solo i parenti.”
Di fronte all’annuncio minaccioso Veronica e Logan si alzarono lanciando a Wallace uno sguardo rassegnato.
“Tranquillo Fennell, vedrai che domani la tua Veronica sistemerà tutto.” Veronica lo salutò strizzandogli l’occhio in modo rassicurante.
“Ho perso il conto di quante volte l’ho già detto, ma sono nelle tue mani Mars. Ciao ragazzi, a domani.”


Le strade erano trafficate di tutti i lavoratori che dopo un giorno di attività tornavano nervosi e affamati nelle proprie case, ma Logan non ne era infastidito mentre guidava per tornare al Neptune Grand. Il traffico gli stava dando tutto il tempo per raccontare a Veronica della telefonata di quel pomeriggio. Lei non si era stupita nel sentire che Logan avesse richiamato senza di lei, anzi, se lo aspettava, aveva capito quanto fosse impaziente e sapeva che se la sarebbe cavata benissimo.
“All’inizio ha cercato di far finta di niente… ma poco a poco sono riuscito a farmi ascoltare. Avevi ragione. Ho fatto bene a mettere le carte in tavola.”
Veronica lo ascoltava con la particolare attenzione che dedicava ad ogni cosa che si fosse prefissata di affrontare.
“Come è finita?”
“Per ora non è finita. Sono riuscito a strappargli solo un: ci penserò. Ha tutti i miei recapiti e mi ha promesso che si sarebbe fatto vivo lui. Spero solo che non fosse un modo per liberarsi di me e che non sparisca.”
“Se anche fosse così, lo rintracceremmo di nuovo.”
“Già.” Logan sembrava pensieroso, forse non ne era del tutto convinto.
Quando entrarono nello scintillante lusso dell’hotel, Logan non si sarebbe mai aspettato di trovare quello che lo stavo aspettando.
Mentre si avviavano all’ascensore, Logan notò l’addetta alla reception che gli faceva cenno di avvicinarsi al banco.
“Brenda.” Logan si limitò a chiamare per nome la ragazza per comunicarle che aveva la sua attenzione, appoggiandosi svogliatamente al bancone, in attesa di ricevere come al solito la ricevuta di qualche conto da saldare.
“Ma le conosce proprio una per una le ragazze che lavoro qua dentro??” Pensava intanto Veronica con un sorriso sottile sulle labbra.
“Un messaggio per lei signore.”
Logan prese il foglietto con l’appunto senza neanche guardarlo e con tranquillità si avviò a raggiungere Veronica che lo aspettava vicino all’ascensore già aperto. Mentre camminava abbassò lo sguardo a leggere il pezzo di carta che aveva in mano.
Rimase fermo per qualche secondo. Veronica non aveva ancora ben capito cosa stesse succedendo, finché Logan non rialzò gli occhi a guardarla con uno sguardo che faceva difficoltà a decifrare.
“Che cos’è?” Gli chiese impaziente.
“Un indirizzo.”






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Capitolo 11
*** Capitolo dieci ***


10 Salve a tutti. Questa mia storia è ferma da 3 anni. Imperdonabile, me ne rendo conto. Inutile star qui a giustificarsi con magari ragionevolissime attenuanti.
Fatto sta che un po’ di tempo fa ho ritrovato queste pagine sul mio pc, le ho rilette e mi sono trovata a rimpiangere di non essere riuscita a portarla avanti. Contemporaneamente ho ricevuto alcuni stimoli di diversa natura che, insomma, mi hanno spinta a decidere di provare a riprendere.
E’ una prova, diciamo, per me per prima, e vediamo come va.
Non so se quanti in quel lontano 2008 stavano leggendo la mia storia sono sempre disposti a risvegliare un interessamento, in ogni caso spero che questa prova riesca bene sia per voi che per me! Magari fatemi sapere!



CAPITOLO DIECI


.


Veronica era seduta sulla poltrona di quella che fino a pochi mesi prima era la sua casa. La casa di suo padre. Stava lì e fissava con aria affranta il pezzo di carta che aveva trovato sul tavolino del salotto.

- Tesoro, scusa se non faccio in tempo ad avvertirti di persona ma devo partire subito per un lavoro urgente. Forse dovrò stare via qualche giorno in più questa volta, non so esattamente quanto, ma ti chiamerò presto e ti spiegherò tutto. Ti lascio il timone della baracca, Backup non aspetta altro che passare un po’ di tempo con la sua Mars preferita, e’ stanco di me, lo capisco dall’odore. Fa’ la brava e cerca per quanto possibile di tenerti lontana da prigioni, sparatorie, rapimenti alieni e simili almeno finché non torno. Ti voglio bene. Papà. –

“Fantastico! Mio padre prende e parte senza dirmi una parola. Ci voleva tanto a fare una telefonata per dirmi –Ehi! Parto per cercare fortuna, ti porterò un bel regalo!–?? Se non fossi passata qui e trovato il biglietto avrei pensato che fosse scomparso... Ma che gli prende a quell’uomo?” Veronica sospirò allungando i piedi sul tavolino. “Ah mia cara ragazza, comincia ad abituarti a tranquille serate in solitudine! Mio padre si dimentica improvvisamente di avere una figlia e il mio ragazzo probabilmente sta già preparando le valige per andare dall’altra parte del mondo! Già…”
Da quando la sera prima Logan aveva ricevuto quel messaggio Veronica ormai non pensava ad altro. Evidentemente alla fine Logan era riuscito a convincere Bill Connor a rivelargli dove Lynn si stesse nascondendo. Un piccolo paesino vicino Sydney, migliaia e migliaia di chilometri lontano da Neptune. Era felice per lui, ovviamente, ma da quel momento era inquieta e non riusciva a farne a meno. Ma che si aspettava? In fondo era stata lei la prima ad impegnarsi ad aiutarlo a ritrovare la madre e ci teneva sul serio, voleva davvero che Logan riuscisse a mettere le cose a posto con sua madre, che recuperasse un po’ di quella serenità e sicurezza di cui spesso era stato costretto a fare a meno. Sapeva che quel momento sarebbe arrivato e in fondo lui sarebbe stato via poco tempo, al massimo qualche settimana. Finché non aveva visto quel biglietto nelle mani di Logan non aveva idea che la cosa l’avrebbe agitata tanto Sinceramente non ne capiva il motivo. Non era da lei e si sentiva del tutto ridicola. Una stupida ragazzina che non riesce a sopportare che il proprio ragazzo parta per un viaggio. Quasi si faceva rabbia. Ma perché, perché, pensava, stava reagendo così? Era sempre stata abituata ad essere una ragazza forte e indipendente e sapeva di esserlo ancora. Che gli sarebbe mancato lo immaginava benissimo, ma non si aspettava di provare questa grande tristezza all’idea che partisse. Comunque avrebbe cercato di non darlo a vedere. Un po’ per quella certa imperturbabilità che da tempo si era sforzata di rendere parte integrante del suo carattere e che, alle volte, neanche lei stessa riusciva a sopprimere. Soprattutto però voleva mostrarsi il più comprensiva possibile, perché quel viaggio sarebbe stato molto più duro per Logan che per lei. Dopo il modo in cui era andata l’ultima volta che aveva visto sua madre quell’estate, poteva immaginare quanto fosse difficile per lui ritrovarsela un’altra volta davanti e sforzarsi di non odiarla per quello che gli aveva fatto. Andare lì non per cercare le rassicurazioni che avrebbe meritato, ma per offrire un aiuto che con mille attenuanti le aveva negato. Tornare laggiù con mille cose da farsi spiegare, questa volta. Chissà cosa aveva spinto quella famiglia a sparire così, a scappare in quel modo improvviso lasciando dietro si sé nient’altro che un cugino spaventato a morte, era evidente. Veronica era davvero curiosa, doveva veramente sforzarsi per non seguire Logan e andare lei stessa a scoprire tutto di persona. Quello il suo istinto le avrebbe suggerito di fare, se solo questa volta non avesse deciso di ignorarlo. Sapeva che questa volta doveva farsi da parte. In questa storia stavolta lei non c’entrava, almeno non direttamente. La riguardava, è ovvio, perché Logan era e sarebbe sempre stato affar suo, ma l’unico contributo che sentiva di dovergli dare era tutto il suo appoggio, perché quello era un conto in sospeso solo tra lui e il suo passato. Sapeva che Logan aveva bisogno di sbrigarsela da solo, che se non fosse riuscito a dare un senso alla storia con sua madre, quel fantasma avrebbe continuato a perseguitarlo in silenzio, nel profondo, senza che lui dicesse mai una parola, che si lamentasse o che soffrisse apertamente. Ma era così, a volte riusciva a vederlo nei suoi occhi, riusciva a vedere i segni di un passato difficile e sotto molti aspetti lasciato in sospeso, segni che a volte assumevano le vesti di un tormento interiore. A volte, anzi, neanche troppo interiore… e poteva fare più di un esempio, perché molti li aveva vissuti sulla sua pelle, ma decise di sorvolare, di smetterla di rivangare vecchie storie. La mattinata era appena iniziata e lei doveva attivarsi. Certo, non era iniziata nel migliore dei modi. Suo padre covava chissà quali segreti e la faceva impazzire che non la mettesse al corrente dei casi che seguiva, ma tanto in giornata avrebbe messo sotto sopra l’ufficio ed era sicura di riuscire a scoprire che cavolo stesse combinando quell’uomo, a costo di svuotarlo da cima a fondo! Più che altro avrebbe sperato di passare qualche giorno con lui, ora che Logan sarebbe partito.
“Vuol dire che sarò proprio costretta a studiare. Poco male.”
Veronica cominciò a raccogliere la borsa e aprì il frigo per rubare una bottiglietta d’acqua al padre.
“Mi pare il minimo… ah papà troppe bottiglie d’acqua dovrai darmi per farti perdonare!”
A stare ferma in poltrona a perdersi nei suoi pensieri Veronica stava rischiando di fare tardi. Doveva passare dall’amico di suo padre a prendere quelle famose cassette, finalmente. Almeno quello suo padre non se l’era dimenticato! Per quando fosse sicura che si fosse ormai dedicato a sniffare colla al punto di soffrire di alterazioni improvvise del comportamento, alla fine finiva sempre per non deluderla. Però questa volta l’avrebbe sentita! Scese di corsa le scale e corse verso l’auto, cavolo, aveva fatto proprio tardi, doveva sbrigarsi se voleva riuscire a prendere quelle cassette, dargli un’occhiata, avvertire Wallace delle eventuali buone notizie e riuscire ad arrivare in orario per vedersi con Logan a pranzo.


°°°


Mezz’ora dopo Veronica era ferma in macchina nel parcheggio della Hearst e anche se era ancora indietro sulla tabella di marcia mentale che si era prefissata, si era concessa un minuto per riflettere sul da farsi.
“Mmm. Questo potrebbe rappresentare un problema… proprio non mi aspettavo che fossero così tante. Chi era che diceva se qualcosa è troppo facile da risolvere non è divertente?”
Sul sedile posteriore della sua auto era poggiato un intero scatolone di videocassette. Le registrazioni di sorveglianza della banca di due mesi. Ma non era questo il problema. Forse per un eccesso di sicurezza di questa particolare banca, o magari perché i pianeti proprio quel giorno si erano allineati a modo a lei sfavorevole... Veronica non sapeva quale fosse la ragione, fatto sta che il suo gancio nella banca – o meglio il gancio di suo padre – era riuscito a farsi accordare solo la consegna delle copie delle videocassette originali. Per ragioni di sicurezza l’agenzia era solita fare una copia di ogni cassetta, per procedere ogni mese all’immagazzinamento delle stesse. Il problema? Ovviamente le copie venivano fatte alla bell’e meglio, accumulate e in modo assolutamente casuale, senza nessunissima indicazione sulla custodia circa le date delle registrazioni contenute nelle cassette. Veronica aveva provato a lamentarsi, ma aveva capito quasi subito che arrivare a tanto era troppo anche per lei e la sua testardaggine. In fondo, quello che l’amico di suo padre le faceva era un grosso favore e lei non poteva mettersi a cavillare troppo se il risultato era poco soddisfacente o le costava eccessivo dispendio di tempo, soprattutto se voleva sperare in futuro di ottenere altri “favori” da lui! Forse, doveva ammetterlo, in passato si era abituata troppo bene, ma certamente non si sarebbe fatta scoraggiare troppo da questo in fondo piccolo intoppo.
“Certo che... si può sapere che razza di organizzazione è mai questa? E me la chiamano una banca”
Comunque, bando alle lamentele, avrebbe dovuto vederle una per una fino a trovare quella giusta. Difficile sicuramente finire per pranzo. Chissà anzi se avrebbe finito per cena! Sapeva quanto Wallace stesse sulle spine, ma avrebbe dovuto attendere almeno il pomeriggio inoltrato, quello stesso pomeriggio che invece lei avrebbe voluto dedicare interamente a stare con Logan, prima che lui partisse.
Nonostante il proposito di non scoraggiarsi, entrando nella caffetteria della Hearst Veronica non poteva evitare di avvertire un certo malumore all’idea di non poter seguire i piani che si era prefissata. Si guardò intorno rapidamente, il bar era affollato e non c’erano tavoli liberi, ma Logan non era ancora arrivato. Giusto il tempo per prendere un caffè con doppia panna e farsi tornare il sorriso prima del suo arrivo, non voleva che la vedesse così. La nuvola nera non aveva mai donato ai suoi capelli!
La fila chilometrica alla cassa certo non aiutava. Veronica si sistemò pazientemente in coda e sbuffando si immerse di nuovo nei suoi poco allegri pensieri. Eppure quella nuvola nera sulla sua testa bionda non accennava a dileguarsi.
Mentre l’intera fila si muoveva di un passo avanti, Veronica si sentì prendere alla vita.
“Nervosa?”
Logan le era piombato alle spalle senza che lei se ne accorgesse, cingendole la vita con entrambe le braccia. Veronica si girò verso di lui e cercò di regalargli il sorriso più luminoso che potesse.
“Nervosa?! Che te lo fa dire?”
“Lo capisco dai tuoi capelli.” Sorridendo Logan le baciò la guancia. Sembrava proprio rilassato, allegro come nei suoi momenti migliori.
“Scherzi?”
“Veramente si.”
Risero entrambi, appena in tempo per vedersi soffiare sotto il naso un tavolo che si era appena liberato.
“Colpa tua! Mi hai distratta!”
“Non pensavo di avere tanto potere su di te Veronica Mars…” Con tono malizioso Logan la spinse avanti per seguire la fila che avanzava. “Che ne dici di mangiare in giardino?”
“Se non hai niente di meglio da offrire a una ragazza…”
Finalmente era arrivato il loro turno di pagare e prima che la cassiera infastidita dalla folla potesse chiedergli cosa prendevano, Veronica si rese conto di aver ritrovato il buon umore. Era una bella giornata, limpida con un leggero vento tiepido.
“Intanto mi permetta di offrirle il pranzo.”
Senza smettere di sorridere per la leggera punta di ironia che spesso coloriva le loro conversazioni, Logan tirò fuori il portafoglio dalla tasca dei jeans mentre Veronica gli strizzava l’occhio per fargli capire che la sua proposta, tutto sommato, era accettabile.

L’erba del grande prato nel cortile dell’università era morbida e un po’ umida. Veronica lo sentiva sotto le dita accarezzandola. Era seduta con le gambe distese, la schiena addossata al tronco dell’albero che li teneva sotto la sua fresca ombra. I resti del loro pranzo erano sparsi un po’ ovunque, tranne la Coca Cola che Logan continuava a sorseggiare mentre se ne stava sdraiato con la testa comodamente poggiata sulla pancia di Veronica, ascoltandola raccontare di suo padre che l’aveva così sorpresa partendo senza lasciarle nient’altro che uno spiccio biglietto.
Il tempo passava placidamente, le vite quasi routinarie degli studenti del college scorrevano intorno a loro come ogni giorno, mentre il sole ancora alto del primo pomeriggio contribuiva ad accompagnare il loro via vai attraverso plastiche ombre allungate.
Veronica e Logan erano entrambi esperti nel non fare troppo caso agli altri. In fondo, entrambi quasi stupiti di riuscire finalmente a godersi di nuovo quella serena naturalezza tra loro. Eppure nessuno dei due poteva ignorare le ombre che si addensavano il quel sole invece alto. Nessuno dei due ancora voleva parlare del fatto che una rottura di quella naturalezza era vicina, eppur necessaria. Avrebbero dovuto cliccare sul tasto “pausa” della loro riunione nel momento stesso in cui Logan sarebbe salito su quell’aereo diretto verso un altro, lontanissimo, continente. Nessuno ne parlava, ma questa comune consapevolezza non poteva che rendersi evidente ogni volta che, tra una parola e l’altra, ognuno rimaneva in silenzio a guardare davanti a sé, chi verso l’ultima scolatura della propria bibita, chi lontano verso uno studente che chiude il lucchetto della sua bicicletta.


°°°


Seduta sul tappeto del luminoso salotto di casa sua, un’annoiatissima Veronica inseriva ad una ad una le videocassette della registrazioni della banca nel suo VHS. Ormai era diventata veloce. Dentro, fuori, dentro, fuori. Si trattava solo di controllare la data segnata in basso sul video fino a trovare il video del giorno che le interessava. Un secondo, e fuori.
12 settembre… 23 settembre…2 settembre... di nuovo 12 settembre... e così via.
Ancora incredula sul fatto che le toccasse quel lavoro così ingrato, quando invece sarebbe risultata un’accortezza così minima inserire una semplice etichetta sulle custodie, la ragazza inserì l’ennesimo nastro proprio nel momento in cui i lineamenti delicati del suo volto si andavano deformando in un enorme sbadiglio. Mentre le immagini si caricavano sul video Veronica lanciò una rapida occhiata all’orologio a muro del soggiorno. Le 18:40.
“Dannazione”, pensò tornando a rivolgere la sua attenzione allo schermo. “… un momento… ci siamo!”. Finalmente aveva trovato la registrazione giusta! Il giorno corrispondeva. L’orario corrispondeva. Improvvisamente impaziente premette il tasto di avvolgimento veloce, nella frenetica attesa di raggiungere il fatidico esatto momento in cui si sarebbe visto il suo innocente e onestissimo migliore amico entrare a piedi nel vicolo nell’orario che l’avrebbe inequivocabilmente scagionato. “Coraggio Wallace… andiamo... dove sei…”



Due ore dopo Veronica stava attraversando la grande hole illuminata del Naptune Grand. L’espressione distesa, il passo tranquillo, la rasserenante sicurezza che il suo amico se la sarebbe cavata senza problemi, il piacere di ricordare l’allegria esplosa sul volto del ragazzo alla notizia che lei gli aveva portato direttamente in ospedale di aver trovato la prova che avrebbe una volta per tutte mandato a farsi benedire ogni plausibile sospetto di una sua colpevolezza nella rapina al cinema.
Un colpo veloce della tessera magnetica attraverso il sensore e Veronica stava già varcando con decisione la porta della suite di Logan, il quale, al momento di separarsi dopo pranzo, aveva preso teatralmente male la comunicazione che lei avrebbe dovuto lavorare qualche ora sul caso di Wallace prima di potersi vedere, ammonendola scherzosamente con i suoi occhi maliziosi che non si sarebbe ritenuto in alcun modo responsabile delle azioni consolatorie eventualmente necessarie ad alleviare la propria solitaria prostrazione.
“Ehi di casa… Indovina chi ha buone notizie?” gridò Veronica al vuoto della stanza non trovando ancora nessuna traccia del ragazzo nella zona soggiorno. Disordine, quello si.
Notando la luce accesa attraverso la porta socchiusa della camera di Logan, Veronica poggiò la borsa sul divano avviandosi verso la camera e si apprestò a spalancare la porta con il viso che si stava già atteggiando in un piccolo sorriso malizioso.
“Atti consolatori in corso?”
Mimando il gesto di irrompere irruentemente nella stanza Veronica sorrideva. Poco prima di notare la grande valigia aperta e semipiena sul letto.


°°°


Nella sala d’attesa affollata del Gate 43 dell’aeroporto di Los Angeles, Keith Mars chiuse con un vigoroso sospiro la quarta rivista di gossip di bassa lega che nelle ultime due ore e quarantacinque minuti si era dedicato più che altro a stropicciare indelicatamente, mentre sfogliava una pagina dopo l’altra soffermandosi su niente poco di più che le fotografie delle inserzioni pubblicitarie.
Due ore di ritardo del volo erano molto di più di quanto in quel momento il detective potesse sopportare. La frustrazione si accumulava, il nervosismo ormai era quasi fuori controllo, forse anche a causa dei quattro caffè, oltretutto pessimi, della macchinetta elettronica della sala d’attesa che già si era concesso nonostante generalmente tendeva ad evitarlo in ore serali, a meno che non dovesse lavorare ovviamente. Quasi sempre la troppa caffeina gli causava una tormentata difficoltà a prendere sonno, ma tanto la prospettiva di farsi una bella dormita in un letto vero era per adesso lontana anni luce.
Era stanco. Davvero esausto. Da quando era partito da Neptune quella mattina non si era mai fermato. Era partito per San Diego in treno e trascorso tutta la giornata in città a discutere con il procuratore i dettagli dell’ingaggio, dopo di che aveva raggiunto all’ultimo momento l’aeroporto spendendo per il taxi una cifra che sarebbe risultata eccessiva persino a Montecarlo.
E troppo avrebbe dovuto ancora stancarsi prima di raggiungere la sua destinazione finale, il viaggio non era praticamente neanche iniziato. Anzi, si trovava ancora alla fase “il volo 569 previsto per le 16:30 dal Gate 43 porterà due ore di ritardo. Ci scusiamo per il disagio”. Keith Mars odiava gli aeroporti, specialmente quelli molto affollati. E odiava le attese. Ma soprattutto la cosa che detestava sopra ogni altra era mentire a sua figlia.
Veronica… immaginava come lei aveva reagito alle sole poche parole che per il momento lui aveva potuto lasciarle con quel biglietto. Rivendicazioni, minacce di vendetta, promesse fatali di scoprire cosa lui stesse tramando a sua insaputa… Keith sorrise nel rendersi conto di poter quasi sentire nella testa le parole pensate dalla figlia. Aveva adottato ogni accortezza che la sua lunga esperienza di detective gli aveva insegnato per assicurarsi che lei non potesse seguire le tracce. E quando lei se ne sarebbe accorta – perché Veronica se ne sarebbe accorta, di quello era sicuro – si sarebbe infuriata ancora di più. Peggio, si sarebbe sentita da delusa da suo padre che inequivocabilmente le stava nascondendo qualcosa, nonostante tutte le promesse che si erano sempre fatti di essere tra loro sinceri ad ogni costo.
Ma era necessario. Quella volta era davvero necessario. Se Veronica avesse saputo su cosa lui era stato chiamato a lavorare, o meglio, per chi, neanche la Guardia Nazionale sarebbe stata capace di impedirle di entrarci anche lei. Ci si sarebbe buttata a capofitto, poteva metterci la mano sul fuoco.
Era qualcosa che la toccava troppo da vicino. Keith non sarebbe mai stato in grado di tenere sua figlia lontana da quella storia, complessa e troppo pericolosa persino per Veronica Mars. Oltretutto avrebbe sicuramente messo da parte i suoi studi, la nuova casa, il lavoro, gli amici... non gli sembrava giusto. No, doveva cercare di tenerla all’oscuro di tutto per adesso, almeno finché non fosse diventato impossibile fare altrimenti.
Più ci pensava, più Keith Mars cercava di convincersi che quella fosse la decisione giusta, l’unica possibile.


°°°


Due secondi dopo che veronica era entrata in camera, Logan apparse dalla porta del bagno e notò subito lo sguardo della ragazza rivolto alla valigia che aveva iniziato a preparare quel pomeriggio.
I loro sguardi si incrociarono con serenità. Non c’era molto da dire, sapevano che li attendeva un'imminente separazione, proprio in quel momento in cui invece avrebbero avuto così bisogno di stare uno accanto all'altra. Di ritrovarsi e ritrovarsi ancora. Di ritrovare ogni sguardo, ogni tocco. Ogni profumo, nuovo e familiare al tempo stesso. Di provare a costruire una nuova quotidianità, solida e unica nella sua naturalezza.
Di questo in particolare Logan sentiva un desiderio intenso, il bisogno di abituarsi alla certezza di Veronica, di abbandonare finalmente quel senso di incertezza che spesso in passato lui aveva avvertito nella loro relazione, quell'allerta di sottofondo, latente, che a volte sembrava parlargli. Parlargli e dirgli: "attento a come ti muovi. Attento, potresti perderla da un momento all'altro".
Quella stessa imprevedibilità che si era concretizzata quella dannata sera nel suo hotel, quando lei era piombata nella suite mentre lui la attendeva emozionato per una serata romantica che aveva organizzato con una cura e un'attenzione che avevano stupito persino se stesso.. si era comprato addirittura una camicia nuova, non ricordava l'ultima volta che lo aveva fatto, in genere non gli importava molto. Preferiva pratiche polo o leggere t-shirt. Grigia. Ce l'aveva ancora in un cassetto, piegata con cura. Mai messa.
Quella sera aveva pensato che sarebbe stata divertente un po’ di eleganza, agghindarsi per una serata speciale, non si concedevano spesso queste frivolezze, loro due. Era eccitato all'idea di vederla, quando voleva Veronica sapeva tirar fuori una classe e una sofisticatezza impareggiabile, che - sebbene a lui risultasse evidente anche nella sua più ordinaria quotidianità, quando lei indossava solo jeans, maglietta e un fermaglio a tenere fermi indietro i più ribelli ciuffi biondi - già in passato in alcune occasione erano riuscite a lasciarlo senza fiato. E invece anche quella sera riecco i jeans... e quello sguardo duro. Vetri che si infrangono, quei vetri su cui lui sentiva di camminare. Ed ecco il baratro, Veronica che come sempre strappa fuori quegli scheletri che dal suo armadio Logan aveva sempre sentito urlare, battere, ridere. Ridere di lui. Anche loro sembravano ammonirlo, avvertirlo che prima o poi avrebbero trovato una via d'uscita per venire a gettare ombre in quella giornata di sole che per lui era la sua relazione con Veronica.
Allerta, cautela, incertezza... Sospensione. Di quelle paure lontane Logan sentiva solo il bisogno di liberarsi definitivamente, di cancellarle per sempre, con violenza e arrivare finalmente a rilassarsi, a vivere quella serena naturalezza che da troppo tempo sentiva di non conoscere, ma immaginava tingere di un colore diverso tutte le cose, di un altro, inesplorato e più fantastico sapore.
Logan comunque non stava pensando tutto ciò mentre riconosceva in Veronica che guardava quella valigia la stessa velata tristezza che aveva provato lui nel disporci con più lentezza del necessario le sue cose.


La guardò con gli occhi accesi e vivaci, nella serena certezza che lei lo capiva. Questa volta non avvertiva quel latente presentimento di star per commettere un errore che in passato aveva più volte accompagnato le sue azioni, senza purtroppo che lui riuscisse a riconoscerlo e ad ascoltarlo in tempo. Era questo il vero problema. Logan Echolls non era mai stato capace di ascoltarsi veramente. Troppe volte quando stava per accorgersi di stare per rovinare tutto, in realtà l'aveva già fatto. Il problema non era mai stato che non sapeva cosa volesse, ma che quando riusciva a contattarlo troppe volte era stato troppo tardi.
Logan era pancia. Impulso e agito. Logan era istinto. Violento e appassionato. Eppure saturo di un sentimento niente affatto irrazionale, ma limpido e consapevole, e solo gradualmente stava imparando a integrarlo nei suoi comportamenti, nella sua vita, a trovare il giusto equilibrio tra emozione e azione. A volte si sentiva ancora proprio come un bambino che imparando a muovere i primi passi comincia a fidarsi che il pavimento sia abbastanza solido da sorreggerlo, che non franerà sotto i suoi piedi spaventati.
Di queste rinnovate consapevolezza era carico il sereno sorriso che Logan rivolse a Veronica che si era seduta sul suo letto a gambe incrociate, proprio accanto a quella valigia tanto temuta da entrambi.
“Pensavi di partire senza salutarmi?” si sentì chiedere dalla ragazza, che, lo capiva, si stava sforzando di farsi vedere più rilassata e incoraggiante possibile. Quella volta vedeva chiaramente che quel suo scherzare in genere così naturale era uno sforzo che lei gli regalava per appoggiarlo in quello che per lui sarebbe stato uno dei passi più duri e impegnativi della sua vita. E, ovviamente, Veronica riusciva nell'effetto sperato.
“Certo che no!” le rispose, “ti avrei lasciato un biglietto giù alla reception!”
Era sempre lui. Erano sempre loro, anche se Logan capì solo più tardi che il mezzo sorriso quasi triste con cui Veronica aveva risposto alla sua inequivocabile battuta era dovuto alla fatica che evidentemente lei faceva a ironizzare sull'idea, anche solo scherzosa, che nel giro di un solo giorno entrambi gli uomini della sua vita fossero partiti lasciandole solo un biglietto di veloce saluto. Il padre glielo aveva fatto proprio quella mattina e Logan sapeva che lei non l'aveva presa bene in quel momento in cui era già così preoccupata per lui ed avvertiva che le stava nascondendo qualcosa.
La fiducia, il grande storico punto debole di Veronica Mars.
Comunque lui non stava partendo, non in quel momento, non quella sera.
“Cena fuori o cena a casa?” le chiese volontariamente allegro mentre la attirava a sé dopo che lei ebbe afferrato il braccio che lui le aveva teso per tirarla su dal letto.
“Decisamente la seconda.”
E mentre ridendo Veronica gli cingeva il collo con le braccia, si concessero ancora qualche minuto prima di chiamare il servizio in camera.


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