Come Caffè

di Bea_chan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Atto I: guarda chi si vede! ***
Capitolo 2: *** Atto II: è qui la festa? ***
Capitolo 3: *** Atto III: confessioni pericolose ***
Capitolo 4: *** Atto IV: sotto la pioggia ***
Capitolo 5: *** Atto V: de gustibus... ***
Capitolo 6: *** Epilogo: quello che verrà ***



Capitolo 1
*** Atto I: guarda chi si vede! ***


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Disclaimer: i personaggi protagonisti di questa bizzarra fanfiction non mi appartengono e, sfortunatamente, mai mi apparterranno. Sono proprietà esclusiva della somma JK Rowling, io mi sono semplicemente divertita a farli soffrire un po’ nella storia che vi apprestate a leggere xD

Titolo: Come Caffè
Autore: Bea_chan
Rating: PG
Genere: commedia, romantico
Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger, Ronald Weasley, Harry Potter (mera comparsa…)
Pairing: Draco/Hermione
Warning: Hermione POV
Commento: Cosa succederebbe se il vostro ragazzo continuasse a dimenticarsi dei vostri appuntamenti? Se rincontraste per puro caso il vostro peggior nemico e se lo invitaste ad una festa di Halloween alla quale neanche voi avreste voluto partecipare? E se questa festa si rivelasse il disastro annunciato…? Scoprirete che i gusti possono cambiare e potreste anche accorgervi di preferire il Caffè.

Thanx to: la mia sensei Mao_chan, per avermi spronato a partecipare a questo contest; mon trèsor Emily Doe, adorabile Gryffindor che, come me, adora questa coppia; Stefano, il mio Ronald Weasley, che durante una lezione di storia ha letto clandestinamente la bozza e ha apprezzato; tutti quelli che leggeranno e faranno almeno un sorriso.

Nota: questa fanfic è nata per puro caso, in realtà, una sera in cui io stessa desideravo ardentemente un caffè. Dalle mie riflessioni è uscita questa cosa, più che comica è per lo più ironica. L’Hermione di questa fanfic trovo mi assomigli molto, per alcuni aspetti, il che non è un bene. Per lei.




Atto I
Guarda chi si vede!


Mescolo per la decima volta il mio caffè, ormai freddo.
Ho idea che, se continuo ancora per molto, si staccherà un perfetto cerchio di bianca porcellana dal fondo.
Si nota che sono nervosa?
No…?
Bugiardi, non sapete neanche mentire.
Almeno qualche soddisfazione potreste anche darmela…
Nel momento esatto in cui mi accingo a sorbirne un sorso –anche se ormai sembra catrame tanto è denso per il troppo zucchero e ugualmente schifoso- si apre la porta del locale e, in un discreto tintinnio, il mio tanto ansiosamente atteso *ospite* fa la sua entrata.
Mi strozzo all’istante con il triste contenuto della tazzina, ritrovandomi così a tossire in silenzio.
Mio Dio, pensare che io odio il caffè…
No, mi correggo, lo odiavo.
Imperfetto indicativo, prima persona singolare.
Tutto merito suo.
Dannato, è riuscito anche a farmi cambiare gusti…
Però lo preferisco bollente, nero e dolce, da bere tutto d’un fiato.
Non questa sottospecie di pappetta insulsa adagiata nella porcellana decorata della tazza.
Tra le lacrime riesco ad intravedere la sagoma ora ferma sulla soglia, mentre si guarda intorno cercando di vedermi.
Così, piantato a gambe larghe, sembra tanto l’Angelo dell’Apocalisse giunto per punire i peccatori.
Una parte di me –quella razionale, per intenderci, che prevale la maggioranza delle volte- vorrebbe alzare una mano, fare un educato cenno e chiamarlo al tavolo.
L’altra, invece, –quella ben poco razionale, la mia parte puramente Gryffindor- sprofonderebbe nella sedia, ignorandolo, e continuerebbe a (cercare di) bere il suo disgustoso intruglio.
Pardon, caffè.
No, insomma, non posso rimandare ancora.
Ci sono troppe cose da dire, troppe parole rimandate, troppi litigi irrisolti.
Il silenzio, tra due amici, è forse la cosa peggiore
E lui deve sapere.
Sapere perché l’ho “tradito” con così tanta leggerezza, anche se nessuno si aspettava da me un tale e frivolo comportamento.
Sapere perché quello che credevo poter chiamare “amore” non era altro che un labile sentimento che lui stesso ha contribuito a spegnere.
Sapere che certe cose, quanto t’accadono, ti travolgono senza scampo.
Sapere anche perché sto bevendo un caffè, invece del mio solito thè.
Ehi, è comunque un motivo importante…
Poggio bruscamente la tazzina sul tavolo, l’ennesimo tintinnio, e alzo lo sguardo.
Subito intercetto il suo, ansioso, una vena di malinconia e rabbia in quegli specchi celesti, mentre si avvicina a scatti alla sedia libera davanti a me, senza tuttavia sedersi.
Mi guarda, indeciso sul da farsi.
Con quell’aria così infantile, così corrucciata, così…
…così terribilmente da Ron…
Accenno un timido sorriso, stringendo i pugni posati in grembo.
-Ciao Ronald…-
Non risponde, si limita a sedersi rigidamente d’innanzi a me, senza nemmeno slacciarsi il giubbotto.
Ha freddo, immagino.
Cerco di scacciare dalla mia mente quell’irritante vocina che insinua sia la mia compagnia a non dargli calore.
Lasciato senza spiegazione, secondo il suo punto di vista, ma secondo il mio ci sono parecchi motivi, e successivamente, se così si può dire, tradito.
Ok, mi concedete un aggettivo poco fine?
Cornuto.
Beh, insomma, diciamo le cose come stanno: l’ho proprio cornificato.
Forse io ritenevo la nostra relazione conclusa, ma evidentemente lui no, data la Strillettera piena di epiteti e insulti che non auguro a nessuno di ricevere.
E come minimo, si aspetta un chiarimento.
-Non ho molto tempo- mastica tra i denti, rifuggendo la mia occhiata comprensiva –Mi aspetta Harry, dobbiamo svolgere alcune indagini..-
-Certo, non ti preoccupare- mi giustifico, ignorando il morso allo stomaco.
Già…
Sempre quel dannato lavoro, sempre le stesse scuse usate e strausate.
Siamo proprio sicuri che sia solo ed unicamente mia la colpa?
Ho forse le prove certe di non aver anch’io un imponente palco di corna sopra i miei ricci?
No, ma è meglio tacere.
-Grazie per essere venuto- mormoro, giocherellando con il cucchiaino d’argento sul piattino della tazza –E posso dirti che mi dispiace..- lo fisso negli occhi –Davvero-
Ron si stringe nella spalle, chiaro segno di studiata indifferenza.
Oh, perché dev’essere sempre così stupido?
Bene, a questo punto vi starete chiedendo perché mi sono ritrovata in un bar babbano che sembra uguale a tutti gli altri ma, per me, è molto importante, con Ronald Weasley e quest’aria allegra da funerale.
No, non abbiamo litigato.
O meglio, non per i nostri soliti e futili motivi.
Stavolta è peggio…
Molto peggio.


***


I can see the first leafs falling
It's all yellow and nice
It's so very cold outside
Like the way I'm feeling inside

Emilia, Big World


Sono qua ormai da più di due ore.
Il nostro appuntamento era alle due, in quella piazza grande, poco fuori dal parco.
Scosto la manica e studio rassegnata l’orologio.
Adesso sono le quattro passate e lui ancora non è arrivato.
Per la quinta volta, questa settimana.
Scommetto che se avesse più di sette giorni, arriverebbe anche ad otto appuntamenti mancati.
Sbuffo, stringendomi nel cappotto e rabbrividendo.
31 ottobre, Halloween, l’aria di questa gelida giornata mi sfiora, insinuandosi in ogni fessura nel caldo panno nero della giacca. Mancano poco meno di cinque ore alle nove, io e lui avevamo in programma una cenetta romantica.
Fino a tre ore e mezzo fa.
No Hermione, io, Harry e gli altri pensavamo che fosse più carino fare una festa con tutti.
Tralasciando il fatto che io odio questo continuo e repentino cambiamento di programmi, –sono una persona abbastanza metodica, mi piace organizzare con calma i miei impegni- sono rimasta spiazzata.
Poi, ho preso un sospiro profondo, ingoiando la voglia impellente di urlare un “Avada Kedavra” nella migliore imitazione di Voldemort che abbiano mai fatto.
Roba che persino Harry sarebbe accorso battagliero.
D’accordo, mi sono detta, vada per la festa.
Sopporterò tutti i commenti maniaci dei suoi colleghi sul mio vestito.
Sopporterò le chiacchiere e le risatine insulse delle mie amiche.
Sopporterò persino quella vacca della Brown.
Ancora non capisco come anche lei abbia potuto entrare in un qualsiasi ufficio al Ministero, e non come soprammobile impagliato, vista l’abbondante scarsità di materia grigia.
Ah, che sciocca, è abbondante in un altro senso.
E ha trovato vie secondarie per arrivare ai piani alti, ovviamente per correttezza e perché sono una ragazza educata mi esimerò dall’esporre la mia veritiera teoria.
Tornando a noi, dicevo della festa.
Dovevamo incontrarci oggi per metterci d’accordo, passare un po’ di tempo insieme, magari prolungare la nostra uscita fino all’ora della festa e andarci direttamente.
Esatto, dovevamo.
Perché Ronald Weasley, nella sua più tipica fattispecie, non si è presentato al nostro appuntamento.
Come al solito.
Così mi ritrovo qua da sola, in una piazza affollata, a fissare le foglie ingiallite che cadono dolcemente al suolo sotto i delicati soffi del freddo vento autunnale.
Guardo ancora l’orologio.
Le cinque meno venti.
Ormai è chiaro che non viene più.
Mi avvio orgogliosamente verso la via laterale, decisa a lasciarmi alle spalle l’ennesima delusione.
Non ho nemmeno un vestito per questa sera.
A pensarci bene, non ho nemmeno voglia di andarci a questa stupida festa.
Non mi metterò a piangere.
Non questa volta.
E’ inutile, l’ho già fatto troppe volte…
Non mi ha scaricato.
No, si è semplicemente dimenticato.
Cazzate, tutte cazzate.
Morirei, piuttosto che ammettere che il mio immaturo fidanzato di ventiquattro anni mi ha scaricato.
Che volete farci, sono pur sempre Hermione Granger.


***


I felt so worried when I spout out the time

Thinking of the future it lies

Cause I knew that there's nothin'

That I really want to know

Name, Change the World


Ecco, questo che mi piace.
Un thè caldo mentre fuori soffia il vento, bere lentamente quel dolce liquido ambrato e assaporare, con ogni papilla gustativa presente sulla lingua, il suo sapore.
Così buono, così caldo.
Così semplicemente mio.
In quella tazza, a volte, vorrei tanto perdermici e non uscire più.
Come adesso, per esempio.
Sono seduta in un bar chissà dove della Londra babbana, fuori il tempo minaccia un acquazzone imminente, sono le sei e mezza e sono appena stata...scaricata -va bene, l’ho detto- dal mio ragazzo.
Inoltre, nessuno ha la più pallida idea di dove io mi trovi.
Se mai interessa veramente a qualcuno…
D’accordo, la smetto di piangermi addosso. Però, ammetterete che non mi trovo in una situazione propriamente felice, no?
Mi guardo attorno, notando con amarezza le coppiette agli altri tavoli.
Perché, adesso, continuano a venirmi in mente immagini di Ron sdraiato sopra una scrivania che ci da dentro con Lavanda invece che venire al nostro appuntamento?
Basta, basta!
Ingoio con rabbia il rimanente contenuto della tazza, ottenendo solamente un forte bruciore di stomaco.
Perfetto, non bastava l’ulcera in stato avanzato che già attanaglia le mie povere viscere…
Avrò mai tregua?
Poggio stancamente una mano sotto il mento e osservo fuori dalla grande finestra.
Fuori si è fatto ormai buio e le luci dei lampioni in strada si riflettono sulla vetrata del locale.
Non posso tornare a casa…
Non voglio che Ron mi passi a prendere con la sua solita aria da cane bastonato, non voglio che accampi scuse inutili e mi trascini a quella dannata festa.
Non voglio altre bugie.
Ormai, tutto il nostro “rapporto” sta in piedi solamente su menzogne, fragili castelli di carta che aspettano solo una mossa sbagliata per accartocciarsi miseramente su sé stessi.
Come le foglie dorate sugli alberi.
Sospiro, affranta, indecisa se prendere qualcosa leggermente più forte di un thè.
Magari un bel bicchiere di Firewhisky, giusto per bruciare ulteriormente il mio stomaco ormai rovinato.
Sento le risate di un tavolo vicino al mio.
Discutono anche loro di una festa per quella sera, la Notte degli Spiriti.
Sembra soltanto ieri quando Harry e Ron, una notte di Halloween come questa, hanno affrontato un gigantesco Troll di montagna nel bagno delle ragazze, per salvarmi.
Salvare me.
Me, Hermione Granger, quella ragazzina petulante che non aveva fatto altro che comandarli a bacchetta dalla prima volta che li aveva visti sul treno.
Quanto è strana la vita.
Harry, Ron e io abbiamo condiviso ben quattordici anni della nostra esistenza e, adesso, il Terzetto dei Miracoli si sta sciogliendo.
Se ci penso mi viene un groppo in gola.
No, non è il troppo thè che ho bevuto.
Sento qualcosa che assomiglia inquietantemente ad una lacrima scivolare lenta sulla mia guancia e perdersi nel palmo della mano appoggiata ad essa.
Non sono riuscita nemmeno a mantenere la promessa di non piangere…
E’ tutto così maledettamente ingiusto.
Ecco…
Sono sicura che, adesso, c’è qualcuno che mi osserva.
Sapete quando sentite quello strano formicolio e lo collegate ad un paio di occhi che vi fissano attentamente?
Dunque, io li sento sfacciati sulla mia schiena.
E’ una sensazione stranamente…famigliare.
Percepisco chiaramente il mio osservatore sconosciuto alzarsi e dirigersi verso il mio tavolo.
Si ferma giusto poco dietro di me, so che mi sta ancora studiando.
-Granger..?-
Non ho nemmeno bisogno di girarmi.
Nessuno ha la stessa voce strascicata e indolente, nessuno pronuncia il mio nome con così tanto disprezzo, come se fosse esso stesso una constatazione disgustata di tutto ciò che sono.
Bene, anche dopo la chiara certezza che sia lui, non posso comunque fare a meno di sorprendermi.
No, peggio, sto per avere un infarto…
Cosa accidenti ci fa Draco Lucius Malfoy in un bar babbano?!


***


You stand in the line just to hit a new low
You’re faking a smile with the coffee to go
You tell me your life’s been way off line
You’re falling to pieces everytime
And I don’t need no carryn’ on

Daniel Powter, Bad day


Si è seduto davanti a me senza che nemmeno gli avessi dato il permesso.
Mio dio, sembro piombata dritta in un profondo stato catatonico…
L’ho semplicemente guardato mentre s’accomodava, un sogghigno indolente sulle labbra, la stessa espressione di scherno di sempre.
Si è fatto portare un caffè.
Io detesto questa insulsa bevanda.
E’ amaro, ti crea dipendenza ed è troppo caldo, solo che se aspetti troppo, diventa davvero imbevibile.
Quindi no, grazie.
Adesso lo sta mescolando tranquillamente, facendo tintinnare il cucchiaino contro il bordo della tazzina.
Ne prende un lungo sorso e lo finisce in colpo, soddisfatto.
Non l’ha nemmeno zuccherato!
Lo sto guardando profondamente nauseata, sono sicura di avere sul volto un’espressione così piena di repulsione che neanche uno Schiopodo Sparacoda ridotto in poltiglia meriterebbe tanto.
Lui se ne accorge e mi fissa, divertito.
-Tu non sei molto meglio da guardare, Granger, quindi piantala- espone con un sorrisetto ironico, incrociando le braccia sull’ampio torace e appoggiandosi allo schienale della sedia.
Io mi ritrovo a boccheggiare, indignata.
-Non meriti neanche una risposta, Malfoy-
-O forse non me la sai dare, vero?-
Non sono più abituata alle sue velenose frecciatine e mi ritrovo davvero senza parole.
Giocherello svogliata con il braccialetto, non sono tanto sicura di volerlo guardare ancora negli occhi.
Ripensandoci, non so nemmeno perché è qua.
Punto primo, è seduto al mio tavolo.
Punto secondo, saranno almeno sei anni che non lo vedo.
Punto terzo, come mai sta parlando proprio a me, quando ai tempi ormai lontani della scuola non avrebbe esitato a sguinzagliarmi dietro un altro Basilisco, visto che sono miracolosamente scampata al primo?
-Allora Granger- la sua voce mi distoglie dai mie pensieri –Cosa ci fai qui a piagnucolare la notte di Halloween?-
Gli rivolgo uno sguardo fiero, a riprova del fatto che non stavo affatto piagnucolando.
-E tu, invece? Il grande purosangue Draco Malfoy in un bar babbano?-
Lui ridacchia e sento una grande amarezza in quella sommessa risata. Scuote la testa e mi rivolge un’occhiata velenosa con quelle iridi d’argento.
-Non devo spiegazioni, tanto meno ad una come te-
Benissimo, tutto nella norma. E’ confortante che almeno questo sia rimasto come prima.
Mi concedo di guardarlo attentamente.
Apparentemente non sembra cambiato poi tanto, rispetto a quel ragazzino viziato che se andava in giro tronfio e spavaldo per i corridoi di Hogwarts, solo che è fondamentalmente…diverso.
Ha i capelli più lunghi, abbastanza spettinati, e ha un’aria sciupata.
Due segni violacei sotto gli occhi chiari denotano una profonda stanchezza e l’amarezza della sua risata è rimasta incisa nella piega imbronciata delle labbra.
E poi…
Ricambia il mio sguardo, fissandomi da sotto il lungo ciuffo biondo.
-Che hai da fissarmi?- mastica acido, infastidito dalla mia analisi.
I suoi occhi sono…tristi. Malinconici e persi, ombre grigio scuro screziano l’argento dell’iride.
Non ho mai visto quest’espressione sul volto di Malfoy.
Sembra una belva in trappola, lo stesso orgoglio disperato, la stessa diffidenza e rabbia.
Non sono l’unica, seduta a questo tavolo, ad avere un problema.
-Niente- sussurro, costringendomi a distogliere gli occhi dai suoi.
Vorrei chiedergli una miriade di cose.
Cosa credevate, che avessi perso il vizio di fare mille domande?
Oh, andiamo, sapete come sono fatta…
Vorrei tanto sapere cosa fa adesso.
Lavora al Ministero?
Non credo proprio, e a meno che non lo facciano Ministro della Magia –altamente improbabile-, Malfoy non s’abbasserebbe mai a prendere ordini da qualcuno chiuso in un ufficio.
Auror?
Ottima battuta, Hermione, questa dove l’hai presa?
Allora rimane un’altra opzione…
Un brivido mi corre rapido su per la schiena, mentre cerco disperatamente di scacciare questo pensiero.
Non può essere diventato davvero uno di Loro.
Ok, è sempre stato un bastardo di prima categoria, ma l’ho sempre ritenuto stupido e soggiogato da suo padre, non veramente cattivo.
Perfido, certamente, anche parecchio.
Ma, in fondo, era finito a Slytherin non per niente…
Adesso sto davvero morendo di curiosità. Quanto pagherei per vedere se sul suo avambraccio c’è quel tanto mormorato Marchio, ma il maglione nero a collo alto che indossa arriva a coprirgli persino metà del palmo.
Lui s’è accorto della mia occhiata e incrocia ancora le braccia, un inconsapevole gesto protettivo per coprire il sinistro.
-Allora?-
-Allora cosa…?-
-Che ci fai qui senza Potty e Weasel in una serata come questa?-
Io non posso fare a meno di sospirare, girandomi verso la vetrata e osservando con sguardo vacuo i passanti.
A lui non sfugge il mio malumore e sogghigna soddisfatto.
-Fammi indovinare- comincia –Ti hanno scaricato?-
Mi mordo la lingua per non correggere il verbo, ma evidentemente lui capisce al volo.
-Anzi, Weasley ti ha piantato-
E che cazzo, la Legilimanzia non vale!
-Complimenti, Malfoy, vuoi un applauso?-
-No grazie, mi basta la tua faccia- esordisce, sinceramente divertito.
Mi sembra di essere ad uno di quei talk show babbani dove un povero ospite viene sbeffeggiato da un intero pubblico.
Avanti, qualcun altro vuole infierire? Non fate complimenti…
Guardo l’orologio.
Oggi sembra che le ore passino troppo veloce, sono già le sette e venticinque.
Meno un’ora e trentacinque minuti al mio supplizio.
-Bene, è stato un piacere rivederti Malfoy, ma adesso devo proprio andare- decreto spiccia, prendendo il cappotto e alzandomi in piedi.
Questo mi fissa, rimanendo seduto.
Non risponde…
Tsk, è pure maleducato.
Va bene che il mio “piacere” era molto ma molto ironico, ma mi aspettavo, come minimo, una risposta dello stesso genere.
-Addio- saluto, facendo per andarmene –Mi aspettano ad una festa e devo ancora prepararmi..-
Quanto sono bugiarda.
Qual’era quella fiaba babbana che mi leggeva la mamma da piccola?
Mi ricordo di una specie di burattino che si muoveva da solo e gli si allungava il naso se diceva una frottola…
Ah sì, Pinocchio.
Ecco, la mia appendice nasale è ormai talmente lunga che, ormai, ha sfondato la vetrata e si sta facendo una passeggiata nella via per guardare le vetrine.
Mi sembra di aver scritto in faccia “SONO UN’IPOCRITA” e sotto, più in piccolo “non ci voglio andare a quella festa”. Malfoy non può non essersene accorto.
E’ umanamente impossibile.
Ma forse, per mia fortuna, Malfoy non conosce le fiabe babbane.
Mi volto bruscamente e faccio un passo avanti, decisa a lasciare definitivamente il locale.
-Aspetta-
Per chissà quale strana alchimia, quell’unica parolina imperativa riesce a bloccarmi.
Non l’ha urlata, non l’ha neppure sibilata velenosamente.
Se non avessi colto quella sfumatura di rottura nella sua voce, probabilmente adesso sarei già uscita dalla porta.
E sarebbe forse stato meglio così…

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Capitolo 2
*** Atto II: è qui la festa? ***


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Atto II
E’ qui la festa?


Sono alla seconda tazza di caffè, questa volta l’ho bevuto tutto d’un fiato.
Ron ha ordinato un bicchiere d’acqua.
Credo che desidererebbe fosse vodka, tanto la trasparenza c’è.
Non vorrei assistere al suo successivo degrado sulla strada dell’alcoolismo, anche perché non ho ancora finito il mio racconto.
Già, siamo solo a metà della mia storia.
Manca la parte più…brutta, diciamo.
Non per me, ovvio, ma per tutto quello che è derivato da quella sera.
La fatidica festa di Halloween.
-Ron…?-
Lo chiamo timidamente, senza osar toccare la mano che ha posato a pugno sul tavolo, proprio accanto al portatovaglioli.
Ho quasi il terrore che lo afferri da un momento all’altro e lo usi come oggetto contundente per tramortirmi.
Forse sarebbe meglio spostarlo…
Lui deglutisce e prende un sospiro profondo.
Allontana a fatica la mano e mi guarda negli occhi.
Vi leggo una muta domanda, mentre mormora con grande sforzo.
-Vai avanti-
Io annuisco, decisa.
Fuori dalla vetrata, gli alberi che in ottobre erano ancora pieni di foglie rosse e dorate sono ormai spogli e l’aria è più fredda. I lampioni della via sono spenti, sono appena le tre del pomeriggio.
Un triste sorriso mi si dipinge sulle labbra, mentre mi volto e continuo il mio racconto.
Torno ancora una volta indietro a quella cupa notte del 31 ottobre.


***


I have come here,
hardly knowing
the reason why . . .

The Phantom of the Opera, Point of no Return


Non ci posso ancora credere.
Che cosa cavolo mi è saltato in testa?
Sono davanti alla porta della casa dove vivono Harry e Ron, un quartiere alla periferia della Londra babbana, cinque isolati di distanza dal mio appartamento.
Il cielo è sempre più cupo, ma non si è ancora deciso a piovere e spero vivamente non lo faccia adesso, questo mi costringerebbe ad entrare prima del tempo.
Ed io non voglio entrare…
Fisso angosciata la porta laccata di verde della graziosa villetta a schiera, una ghirlanda di pipistrelli drappeggia lo stipite e una zucca intagliata mi sogghigna appoggiata al davanzale della finestra.
Sono le nove e tredici minuti esatti della notte di Halloween.
No, non sto facendo dolcetto o scherzetto, sono un po’ troppo grande, non credete?
Semplicemente, sto per fare la più grande scemenza della mia vita.
No, mi correggo
Purtroppo, l’ho già fatta meno di due ore fa.

-Dov’è questa festa?-
-Perché t’interessa…?-
Un sorrisetto strafottente.
-Potrei sempre venire a darci un’occhiatina-
-Non credo ti piacerebbe..-
-Tu credi? Solo per il gusto di sfottere i tuoi amichetti e la loro patetica festicciola farei il giro dell’isolato urlando che amo i babbani-
Non posso fare a meno di ridacchiare.
-Buona questa, vorrei proprio vederti-
-Allora dimmi dov’è ed eseguo all’istante-
Questa cosa può rivelarsi pericolosa…
Draco Malfoy significa “Guai”, un’infinità di guai.
Soprattutto con quell’espressione compiaciuta stampata in faccia.


Come ho potuto essere così deficiente?
Da quali profondi recessi della mia anima è sbucata questa infantile voglia di vendetta? Con una stupida ripicca non ottengo certo quello che vorrei…
Non ho ancora il coraggio di suonare il campanello.
Sento la musica provenire a tutto volume dall’interno, mentre ombre vagano al di là della bianca tenda della finestra, proiettandosi sul davanzale.
D’improvviso, mi sento così ridicola nel mio vestito blu.
L’ho scovato in fondo all’armadio, non l’avevo ancora indossato.
E dire che l’ho comprato tempo fa e l’ho pagato anche parecchio…
Teoricamente, dovrei vagamente assomigliare ad un cielo stellato, lo provano le perline d’argento che spiccano a sprazzi sul morbido velluto.
Non sono così male, tralasciando che ho preferito lasciare scoperte le spalle e la schiena invece che un generoso scollo sul davanti.
L’immagine di Lavanda Brown in un provocante vestito rosso scarlatto con uno scollo che definire profondo sarebbe solo un gentile eufemismo –mi stupisco non le si veda l’ombelico- mi balla d’innanzi agli occhi moderatamente truccati di scuro.
Insomma, io non ho il coraggio di andare in giro conciata in quel modo.
Ho una dignità, diamine. Bisogna dimostrare che una donna non è solamente un paio di gambe che cammina e non pensa.
Io ne sono la fiera riprova.
Sfortuna voglia che la maggioranza degli uomini apprezzi molto di più la prima tipologia…
Mi sistemo il cappotto e poggio un dito sul campanello.
La voce di Ron nella telefonata di prima mi rimbomba nelle orecchie.
Hermione, mi spiace tantissimo per oggi, si era scusato, e non riesco nemmeno a passarti a prendere, sono bloccato al Quartier Generale.
Certo, Ronald, come al solito, Ronald.
Ci vediamo a casa nostra alle nove, d’accordo? Ti aspettiamo.
Sicuro, Ronald, chi sono io per avere voce in capitolo…?
Grazie Hermione, sei un tesoro.
Da quanto non mi dice più “Ti amo”?
Non so, ormai ho perso il conto…

-Perché vorresti venire?-
-Non sono un prete, Granger, vado ancora alle feste-
-Sì, ma perché alla nostra? Ci saranno tantissimi Gryffindor, Auror e poi…-
-Non me ne fotte dei tuoi compagnucci scemi, mezzosangue- m’interrompe bruscamente –Ma visto che per questa sera non avevo programmi, diciamo che rimorchiare in un bar come sempre diventa monotono, e questa festa è un’occasione per…cambiare-
Lo fisso, dubbiosa.
-Cosa mi assicura che non combinerai casini?-
-Niente, Granger, assolutamente niente-


Ed è stato allora, proprio in quel momento, che avrei dovuto piantarmi la forchetta poggiata su un piatto vuoto di torta, che un cameriere stava portando via, dritta in fronte.
No, meglio, avrei voluto.

-Beh…-

Dannazione, dannazione!

-E’ a casa di Harry e Ron, in Wenston Street-
Sogghigna, soddisfatto.
-A che ora?-
Corrugo sospettosa le sopracciglia, già pentita da ciò che ho detto.
-Alle nove-
Si alza, infilandosi il giubbotto nero. Noto che indossa jeans babbani, strappati e logori in più punti, ancora più strano.
Lui, l’immagine dell’eleganza, Mister io-odio-erbologia solo perché rischia di sporcarsi il maglione.
-Ci sarò.. e tu- mi fissa, eloquente –Vedi di non mancare, ho idea che ti divertirai- conclude sibillino.
Io lo guardo uscire dal bar, radicata sul pavimento.
-Oh no…-


Nessun grido dall’interno, nessun incantesimo, niente di niente.
Solo i canonici rumori da “festa”, segno che, per adesso, Malfoy non è ancora arrivato.
Magari non viene neppure…
Allora perché ci sono venuta io?!
Scuoto la testa e, risoluta, premo il bottone del campanello.
Com’era quella frase di un famoso scrittore babbano…?
La diceva sempre mio padre, era in quel grande libro sullo scaffale in alto, quello che nemmeno io avevo avuto il coraggio di leggere.
Ah, già.
Lasciate ogni speranza, voi che entrate


***


The music's playing
and the lights are low
Just one more dance
and we are good to go
Waiting for someone who needs me

Christina Aguilera, Genie in a bottle


La festa si dimostra peggio di quello che pensassi.
Appena varcata la soglia, trascinata dentro senza tante cerimonie e con parole affrettate del genere “Hermione, sei in ritardo”, vengo catapultata dritta dritta nel salotto addobbato.
Uno dei tanti colleghi di Ron mi prende il cappotto, al quale sono spasmodicamente avvinghiata come neanche la piovra gigante saprebbe fare.
L’aria tiepida e fumosa mi pizzica le spalle e la schiena nude, mentre metto a fuoco la folla che brulica nella stanza.
Il grande tavolo della sala è addossato alla parete, pieno di burrobirre, Firewhisky e Vodka Startfire.
Non riesco a riconoscere nessuno dei presenti.
Dove diamine sono Ron e Harry?
Hanno totalmente dimenticato che dovevo venire anch’io?
Oh, aspetta solo che mi trovi davanti Ronald Weasley…
Mi faccio largo tra i presenti, salutando i colleghi Auror dei miei amici.
E’ impossibile, ma quanta gente c’è in questa casa?
Riesco ad arrivare al tavolo delle bibite e mi approprio a fatica di una delle ultime burrobirre rimaste.
Sembrano passate le cavallette.
Tante cavallette alcoliste…
-Hermiooooooneee!-
Il primo sorso della birra mi va malamente di traverso, facendomi tossire fino alle lacrime.
Non faccio nemmeno in tempo a girarmi che una sagoma non ben identificata mi cinge in un abbraccio affettuoso, soffocandomi in una zaffata di costoso profumo francese.
Lavanda.
E si parlava di piaghe d’Egitto…
Manca solo che il punch altamente alcolico presente nella bacinella sul tavolo si apra miracolosamente in due e siamo a posto.
Mi schiarisco la voce, riacquistando la mia dignità e sistemandomi il vestito.
-Ciao Lavanda…-
-Herm, sei in ritardo- ridacchia lei, sorbendo un sorso dal bicchiere di champagne che regge con la mano guantata –Ti aspettavamo almeno mezz’ora fa!-
Io stiro le labbra lucide in un sorriso stentato.
Diamine, sembra piuttosto la smorfia di chi ha appena morso un limone acerbo.
-Lo so, ho avuto un contrattempo- mi giustifico piuttosto banalmente.
-Oh, questo vestito è un amore! Sei un…- ridacchia nuovamente con fare civettuolo –Cosa sei?-
Ora, che cosa m’impedisce di Schiantarla seduta stante?
Ok, urge una soluzione.
Non Schianterò Lavanda Brown, non Schianterò Lavanda Brown…
I mantra hanno sempre funzionato.
E poi, poverina, va compresa: una come lei non ha abbastanza cervello per capire le questioni basilari, figuriamoci queste cose.
-Sono un cielo stellato- informo con un sospiro. Poi la guardo –E tu, saresti…-
Mi soffermo ad osservarla attentamente per la prima volta.
Indossa un abito color vinaccia lungo fino ai piedi, un profondo spacco sulla coscia sinistra scopre vezzosamente una giarrettiera di pizzo dello stesso colore. Un generoso scollo a V sul davanti rasenta l’immagine che mi ero fatta io.
Com’è prevedibile…
Lavanda sbatte le ciglia e ridacchia, riavviandosi i lunghi e lisci capelli neri sulle spalle.
-Allora? Cosa sono?-
Una puttana. E sei anche vestita da puttana…
No, questo non lo dico.
-Non lo so- ammetto, stringendo la bottiglia di burrobirra tra le mani.
Lei scoppia a ridere per l’ennesima volta.
-Sono una diavoletta- mi spiega diligentemente –Per questo sono vestita di rosso…vedi?- indica due microscopici cornini rosso fuoco fissati ad un cerchietto che, prima, non avevo notato –Ho anche le corna-
No, ormai sono convinta di essere io ad averle.
Ingoiando tutto il mio orgoglio e la mia malinconia, mi costringo ad esibire l’ennesimo sorriso di circostanza.
-Hai visto Ron, per caso?-
-Si, credo sia in cucina!- esclama –Vuoi che ti accompagno?-
-Grazie…-
Veramente no, ma anche questo non riesco a dirlo.
Così ci facciamo largo tra la folla mascherata a spintoni e varchiamo la porta della cucina.
Individuo subito Ron appoggiato al mobile che parla con Harry e un altro loro collega Auror, ancora in divisa.
Il mio ragazzo annuisce, serio, mentre Harry espone il suo parere sottovoce.
Sembrano immersi in una conversazione piuttosto importante.
-Ehi ragazzi!- Lavanda richiama la loro attenzione –E’ arrivata Hermione-
Accidenti, questa frase sembra una di quelle usate nelle telenovele strappalacrime che piacciono tanto a mia madre.
Quella dove lei arriva dopo tanto tempo, scende dalla scaletta dell’aereo e vola tra le braccia dell’amato in lacrime, dichiarando a chiunque fosse nel raggio di trecento metri il suo amore.
Io invece sono saldamente radicata sul pavimento, mentre Ron e gli altri si girano a guardarmi.
Il mio fidanzato mi fissa e mille emozioni gli attraversano il volto.
Preoccupazione, colpevolezza, sorpresa…
Sembra una ruota che gira e non sa dove fermarsi.
Opta per un dolce sorriso, che sa benissimo mi fa squagliare le ginocchia.
Ma non questa volta.
-Ciao amore- mi dice, mentre mi raggiunge e mi posa un leggero bacio a fior di labbra –Sei in ritardo-
E che siete, un disco rotto?
Ho capito che sono in ritardo e non ci volevo nemmeno venire.
Malgrado tutto, sorrido.
-Scusa..-
No, fermi tutti.
Ho appena chiesto scusa?
Io a lui?
Cazzo, è lui che si dovrebbe prostrare ai miei piedi in lacrime a chiedermi perdono per avermi piantato per l’ennesima volta ed avermi liquidato con poche parole.
Ma si sa, io non sono capace di fare scenate. Tendo a tenermi tutto dentro.
Pericoloso, ma io sono fatta così.
-‘Mione, sei bellissima- la voce di Harry mi riscuote.
Tenero, dolce Harry.
Lo guardo, riconoscente.
-Grazie Harry- sorrido, fissando divertita il coltello finto che gli trapassa –molto realisticamente, lo riconosco- la testa.
L’Auror in divisa mi fa un cenno educato di saluto, che ricambio.
Poi, guarda l’orologio e sbuffa.
-Meglio che vada…- esordisce, riallacciandosi gli alamari del mantello blu da Auror –Ho il turno di pattuglia, stiamo ancora cercando quel fuggiasco-
Ron annuisce, un braccio mollemente posato attorno alle mie spalle.
-D’accordo, ci vediamo giovedì al Quartier Generale-
Harry lo saluta amichevolmente, mentre questo esce dalla cucina e si dirige a fatica verso l’uscita.
Lavanda decide di dare il suo inutile contributo alla conversazione.
-Fuggiasco? Che singnifica, Ron-Ron?-
Noto il mio ragazzo sorridere imbarazzato al nomignolo usato da Lavanda.
Ecco un’altra cosa che non sopporto.
Ron-Ron.
Che razza di soprannome sarebbe?!
E poi, come si permette di trattarlo con così tanta confidenza?
-Già, cosa intende dire, Ronald?-
Calco forse con estrema cura sul nome, tanto che lui si gira e mi fissa smarrito, gli occhi azzurri truccati di nero –credo sia una sottospecie di vampiro- sembrano tanto quelli di un cucciolo bastonato.
Io lo ignoro e ricambio lo sguardo, inflessibile.
-C’è stato uno scontro, circa una settimana fa, al cimitero al di là del fiume- mi spiega Harry, incrociando le braccia –Sappiamo di certo che alcuni Mangiamorte hanno teso un agguato ad uno di loro, che è riuscito a fuggire-
-Regolamento di conti- taglia corto Ron –E stiamo cercando quel bastardo…-
-Ma come mai?- chiede Lavanda, apprensiva –Perché vi concentrate solo su questo tizio?-
Già, su questo sono curiosa anch’io.
Rivolgo uno sguardo interrogativo a Harry, in attesa di risposta.
Lui mi sorride con aria furba.
-Perché un Mangiamorte da solo e senza sostegno è spacciato-
Ron ridacchia, stringendomi le spalle.
-Sono d’accordo-
Cavolo…
Cos’è stato questo brivido improvviso?
Quando fanno così, Harry e Ron mi fanno paura.
E pensare che…
Il suono del campanello interrompe nuovamente i miei pensieri.
Do un’occhiata veloce all’orologio magico appeso al muro.
Le dieci e un quarto.
-Chi sarà?- chiede Ron, mentre Harry si stringe nelle spalle.
-Non vi preoccupate, vado io- cinguetta Lavanda, dondolando fuori dalla cucina sui tacchi alti almeno una dozzina di centimetri di quelle scarpe di un’improbabile vernice rossa.
Una voce fredda e strascicata mi risuona nelle orecchie…
Ci sarò…
No, non può essere venuto davvero.
-Hermione, stai bene?- domanda Ron, preoccupato –Sei pallida..-
No che non sto bene, Ronald, non quando ho appena assunto un colorito che farebbe invidia a Nick-quasi-senza-testa.
Dannazione!
E adesso, cosa faccio?

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Capitolo 3
*** Atto III: confessioni pericolose ***


Nuova pagina 1

Atto III
Confessioni Pericolose


Piccoli pezzi di carta, ciò che rimane di un tovagliolo, giacciono come tanti bianchi cadaverini davanti a Ron.
Lo guardo, sinceramente preoccupata, mentre continua a ridurli in brandelli sempre più sottili.
Mi schiarisco la voce, cercando di attirare la sua attenzione.
-Ronald?-
Nessuna risposta, solamente l’ennesimo strappo alla carta del tovagliolo.
Brutto segno.
-Ti giuro, non era mia intenzione invitarlo- dico frettolosamente –Non avevo ancora...-
-Continua- sussurra, senza fissarmi negli occhi.
Percepisco chiaramente l’ira latente nella sua voce.
Non sono sicura di voler andare avanti con il mio resoconto…
Mi ricordo benissimo cosa è successo, certo, ma non credo che vi farebbe piacere saperlo.
Davvero?
Siete sicuri…?
Benissimo, lo devo anche a Ron, dopotutto.
-Va bene- annuisco, prendendo fiato.
E ricomincio a parlare…


***


Why so silent, good messieurs?
Did you think that I have left you for good?
Have you missed me, good messieurs?

The Phantom of the Opera, Why so silent


Vi è mai capitato di vivere una situazione così imbarazzante, ma così imbarazzante, da desiderare che la terra si apra istantaneamente sotto i vostri piedi?
Mi sembra di aver tatuato in fronte “COLPEVOLE”, completo di lucine segnaletiche luminose.
Non possono non accorgersene…
Si può morire d’imbarazzo?
Beh, se la risposta è sì, allora comincerò a scrivere le mie ultime velleità seduta stante.
La musica si è interrotta bruscamente, anch’essa ammutolita.
La folla presente in salotto è letteralmente agghiacciata, come se il giovane appena entrato dalla porta fosse Voldemort in persona alla testa di orde infernali di Mangiamorte.
E dire che la maggioranza dei presenti è Auror…
Lavanda lo fissa ancora mezza sconvolta e mezzo compiaciuta, sicuramente gli starà facendo una radiografia completa dell’anatomia muscolare sotto i vestiti.
E’ proprio vero che, per alcune, tutto fa brodo.
Quanto a me…
L’ho già detto che ero mortalmente imbarazzata?
Due volte?!
Oh, scusate.
Lui si guarda intorno, apparentemente tranquillo, mentre si slaccia il lungo mantello nero e lo affida a Lavanda, congedandola con un’occhiata al vetriolo.
Lei osserva incantata il mantello e lo porta al guardaroba come fosse una Reliquia Sacra, con una tale cura che nemmeno i Templari hanno usato per conservare il Santo Graal.
Poi si volta e si rivolge alla folla riunita.
-Allora?- un sorrisetto indisponente gli increspa appena le labbra –E’ una festa o un mortorio?-
Il brano di prima riprende, così come il brusio scioccato degli ospiti.
Sembra di essere finiti in un alveare in piena attività.
Lui ridacchia, scotendo incredulo la testa e riprendendo a scandagliare la folla in cerca di qualcosa.
O qualcuno.
Me, per esempio.
Merda.
Scusate la finezza, ma vorrei vedere voi, al mio posto.
Sono fregata, come spiegherò a Ron e ad Harry questo?
Il mio ragazzo comincia ad agitarsi.
-Che ci fa lui a casa nostra..- mormora, mentre noto che le sue orecchie cominciano ad assumere una vaga tonalità di rosso.
Male, molto male.
Harry, dal canto suo, sembra padrone della situazione.
Osserva il nuovo arrivato, gli occhi verde intenso sono stretti in una morsa sospettosa.
-Non importa, ma la domanda è come ha avuto l’indirizzo…-
No, peggio ancora!
Adesso sì che rischio il linciaggio pubblico.
Vedo già i titoli della Gazzetta del Profeta.
”Harry Potter, eroe del Mondo Magico, uccide a sangue freddo la sua migliore amica, aiutato dal ragazzo di quest’ultima. I particolari a pagina 3”
Ed io che speravo di finire sul giornale per un motivo che, per una volta, non fosse connesso a morti o incursioni clandestine al Ministero.
Lui si volta verso di me.
Mi ha visto, ne sono certa.
Miodiosantissimo ti prego, fai che non…
-Granger- asserisce facendomi un cenno con il capo –Finalmente…-
Oh, grandioso.
Immediatamente, due paia di occhi si voltano increduli verso la sottoscritta.
Io mi faccio piccola piccola nel mio vestito blu notte, mentre deglutisco e rivolgo loro un sorriso innocente.
Almeno gli altri presenti non hanno sentito.
Ron mi fissa e immediatamente toglie il braccio che aveva attorno alle mie spalle.
Mi sento così…indifesa.
Adesso so cosa prova un agnello davanti a due lupi.
Due lupi particolarmente affamati e molto, molto arrabbiati.
-Hermione…-
-Perché Draco Malfoy ti ha detto “finalmente”?-
Io ridacchio nervosamente, mentre Malfoy ci sta raggiungendo, il passo elegante e misurato di un felino.
Incredibile come possa muoversi con così tanta leggerezza anche in mezzo a questa folla.
Tralasciamo il fatto che ogni persona della sala si scosta impercettibilmente appena egli si avvicina.
Per un attimo, un nodo di malinconia mi stringe la bocca dello stomaco.
Tutti i rumori si attutiscono, c’è solo un pesante silenzio.
Dimentico persino le occhiate assassine che mi stanno rivolgendo Ron e Harry.
Guardo Malfoy dritto negli occhi.
Spirito irrequieto dalle iridi d’argento che dissimula, dietro una maschera di cinismo e indifferenza, una profonda rottura.
Già, perché io ho udito questa crepa nel suo spirito.
Poche ore prima, in un bar, davanti ad una tazza di caffè.
...Aspetta…
No, non avrei dovuto aspettare.
-Hermione, insomma, mi ascolti?-
La voce scocciata di Ron mi fa tornare bruscamente alla realtà, mentre tutti i rumori del salotto mi ripiombano nelle orecchie triplicati, assordandomi.
Gli rivolgo uno sguardo vacuo.
-Eh?-
-Come sarebbe a dire “eh”?!- ripete Harry –Come mai Malfoy ti ha parlato?-
-Buona sera-
Tutti e tre ci giriamo verso colui che ha appena parlato.
Draco indossa gli stessi jeans logori che gli ho visto questo pomeriggio al bar, ma ha sostituito il maglione dolcevita con una camicia bianca e una cravatta nera, allentata sul collo; sopra porta una giacca nera, slacciata.
Noto che la ricrescita della barba biondo scuro gli ombreggia vagamente le guance.
Sembra ancora piuttosto…trascurato.
Chissà come mai…
-Malfoy, che sgradevole sorpresa- esordisce Ron in una smorfia, fronteggiandolo.
Harry resta in disparte, rivolgendomi uno sguardo inquisitorio.
Non ho ancora risposto alla domanda.
-Puramente ricambiata, Weasley-
-E allora perché ti sei imbucato alla nostra festa?-
Malfoy mi scocca un’occhiata in tralice, sogghignando.
-Un uccellino mi ha detto che avevate in programma di divertivi, quindi ho pensato di farci un salto, visto che non avevo altri programmi…-
Harry e Ron mi guardano nuovamente.
Probabilmente si aspettano che mi metta a cinguettare allegramente, visto che hanno capito che l’uccellino in questione sono io.
Mi attende una luuuunga ramanzina, più tardi.
Sospiro e ignoro Malfoy.
-Ron, io vado a prendere qualcosa da bere- affermo, cercando di riportare la conversazione su piani più civili e tamponando il rischio di una disputa a suon di Schiantesimi e Maledizioni.
Il mio ragazzo socchiude gli occhi, furioso.
Poi mi pianta in asso, per la seconda volta quella giornata, e se va in cucina facendo in modo di urtare Draco il più forte possibile.
Harry schiocca la lingua in segno di disapprovazione e, con un sospiro, segue Ron, trafiggendo lo sgradito ospite con i suoi occhi verde giada.
Malfoy li guarda andare via, un sorrisetto sarcastico sulle labbra.
-Che modi…- fa notare, ironico –Ma siete sempre così amabili voi ex-Gryffindor oppure è un mio privilegio?-
Vorrei rispondere qualcosa di tagliente.
Qualsiasi cosa.
E allora perché diamine me ne sto zitta?
Mi si dev’essere incollata la lingua al palato, senza alcun dubbio.
Lui se ne accorge e mi scocca un’occhiata divertita, inarcando un biondo sopracciglio.
-Accidenti Granger, hai perso la lingua?-
Lo fisso, letteralmente furibonda.
Oh, vedrai come la ritrovo la voce, adesso…
-Fottiti, Malfoy-
-No, mi correggo- ridacchia, scotendo la testa –Sempre fine e femminile, vero?-
-Non meriti la mia educazione- borbotto, distogliendo lo sguardo –Credevo stessi scherzando quando hai detto che saresti venuto! Che ti è saltato in testa?-
Lui mette le mani avanti, come a volersi proteggere.
-Ehi, calma- mi rabbonisce, ma il suo perenne sogghigno indisponente non facilita la mia capacità di essere comprensiva –Andiamo Granger, quando mai io scherzo?-
-Si ma..- annaspo alla ricerca di una risposta.
No, non ci riesco.
Cosa si può dire ad una tale faccia di bronzo?
-…Non sei mascherato!-
Merlino.
Ho detto davvero quello che credo?!
Dov’è finito il tuo cervello di donna adulta e responsabile, Hermione Granger?
All’età di ventitrè anni e mezzo ho usato una scusa che nemmeno a cinque anni avrei osato pronunciare.
Come sono caduta in basso…
Mafoy sembra perplesso.
Ma io so che sta facendo di tutto per non scoppiarmi a ridere in faccia.
Ecco, almeno questo lo apprezzo.
-Ma certo che sono mascherato- mi risponde in tono offeso –Sono in incognito-
Lo so, mi sta prendendo in giro.
Stronzo era, stronzo è rimasto.
-Si, certo…- ribatto, passando tra gli spazi della folla per dirigermi al tavolo delle bevande.
Lui mi segue, convinto.
E’ impossibile seminarlo in questo casino.
Dovrei abbassarmi e strisciare carponi fino alla cucina, implorare perdono ai piedi di Ron e buttare Malfoy fuori di casa.
Rivolgo un’occhiata verso la porta della cucina, socchiusa.
C’è qualcun altro con loro.
Sembrano altri due invitati, e un’altra figura.
Intravedo un lungo abito rosso scuro e una chioma corvina.
Lavanda.
Il mostro della gelosia torna a farmi bruciare lo stomaco, violentemente, aggiunto a qualcos’altro che riconosco come una profonda tristezza.
E molto probabilmente, l’ha capito anche Malfoy.
Altrimenti non si spiegherebbe quello sguardo indecifrabile che mi sta rivolgendo.
Anche adesso che se n’è andato, mi ha lasciato quella strana sensazione.
Sarà la troppa burrobirra che ho bevuto.


***


I gave up everything I had
on something that just wouldn't last,
But I refuse to cry,
no tears will fall from these...eyes
Get out!

JoJo, Get Out


Sono ancora davanti al tavolo, ormai credo di essere arrivata alla sesta burrobirra.
O forse la settima.
Non so, ho perso il conto tra un sorso e l’altro.
Non mi era mai capitato di bere così tanto.
Io, Hermione Granger, detengo l’ammirevole record di non essermi mai sbronzata in tutta la mia vita.
Nemmeno alla festa che abbiamo fatto alla fine del ciclo di studi, quella dove perfino Neville si è ubriacato come nemmeno Seamus aveva mai fatto.
Mi sa tanto che il mo record è sfumato miseramente in una sola serata.
Guardo distrattamente il punch rimasto come se fosse la cosa più importante della mia vita.
O forse lo è davvero, in questo momento.
E’ mezzanotte meno venti, tra poco dovremo brindare tutti insieme.
Non ne ho voglia.
Per niente.
E’ da più di un’ora che non vedo Ron e se lo incrocio non gli rivolgo la parola.
Malfoy, poi, è sparito nel nulla.
Magari se n’è persino andato.
Bella riconoscenza!
Dopo che l’ho anche invitato, a mio rischio e pericolo, mi pianta in asso pure lui!
…No, fermi tutti…
Sto considerando Malfoy?!
Poggio la bottiglia mezza vuota di burrobirra sul tavolo, sconcertata.
L’alcool è davvero nocivo.
Sta cominciando a girarmi la testa, sbaglio o la musica si è fatta più assordante?
Mi faccio largo tra la folla, decisa a sedermi un momento sul divano.
Se è occupato, giuro che non risponderò delle mie azioni…
Però…
C’è qualcosa che non và.
Il brusio è aumentato considerevolmente e c’è uno strano fermento.
La porta d’ingresso si è appena aperta e l’Auror di prima schizza in cucina, urtandomi.
Ha già finito la ronda?
No, impossibile…
Deve aver scoperto qualcosa.
Poi, mi guardo attorno.
A ben vedere, tutti gli Auror presenti alla festa hanno cominciato ad agitarsi e a bisbigliare concitati tra loro.
Gli sguardi sono tutti puntati sul giovane appoggiato al muro, in un angolo del salotto.
Istintivamente, mi volto anch’io.
Malfoy.
Ecco dov’era finito.
Faccio fatica a ragionare coerentemente, vista tutta la birra che ho bevuto.
Ma d’improvviso, la consapevolezza decide di tornare a farmi una visitina, incurante del mio stato di ebbrezza.
Il discorso di Harry e l’Auror, la sicurezza di Ron, tutto si collega rapidamente alla figura di Draco.
Il Mangiamorte fuggiasco.
Sussulto bruscamente, mentre l’ansia mi comprime i polmoni come un macigno.
Questo spiegherebbe molte cose.
La sua trascuratezza, il fatto di averlo incontrato in un bar babbano, quella perenne aria da animale braccato, le sue frasi sibilline…
Sono in incognito.
Non mi stava prendendo in giro!
E’ lui, il fuggitivo che tutti stanno cercando da una settimana.
E’ lui, il Mangiamorte scampato agli amorevoli progetti che gli altri avevano in serbo per lui.
E’ lui, Draco Malfoy.
Ed io l’ho invitato alla nostra festa…
Si sente osservato, probabilmente, ma ignora la folla e ricambia freddamente il mo sguardo.
Sembra rivolgermi una muta domanda, ma io non riesco a mascherare la mia ansia.
Dovrei far finta di niente e lasciare che lo catturino.
E’ giusto così, no?
Io sono la ragazza di Ronald Weasley, un Auror, e sono anche la migliore amica di Harry Potter.
E allora, come mai mi sento così…colpevole?
No, non è giusto.
Involontariamente, ho attirato Malfoy dritto in una trappola e non sarebbe leale farlo catturare in questo modo.
Non sarebbe da Gryffindor.
Non sarebbe da Hermione Granger, in sintesi.
E adesso, in quegli occhi grigi e distanti, scorgo la scintilla di una sorda rabbia.
Stringo la stoffa del vestito in grembo, le perline d’argento mi fanno male ai palmi, ma non importa.
Ancora quello sguardo da animale in trappola.
Ha capito tutto.
O magari, lo sapeva già da prima.
Vedo Ron e Harry avvicinarsi a lui, il passo sicuro, mentre tutti gli altri Auror rimangono prudentemente indietro, all’erta.
I volti truccati e mascherati sono tesi, solo alcuni hanno dipinto un sorrisetto soddisfatto in volto.
Quella sensazione d’ansia s’acuisce.
Adesso mi è venuta anche la claustrofobia.
Sembrano tante maschere grottesche, persino le ombre paiono stringere Malfoy contro il muro.
Una vocina nella mia testa urla di fermare Ron e Harry, ma non riesco a muovermi.
Rimango ferma ad osservare la situazione, paralizzata dall’occhiata che Draco, imperterrito, continua a rivolgermi.
-Ti stai divertendo, Malfoy?-
La voce di Ron è stranamente dolce, e questo non va affatto bene.
Harry è a braccia incrociate, in piedi di fianco all’amico. Entrambi scrutano lo minacciosi, ma lui continua ad ignorarli.
Faccio automaticamente un passo avanti, decisa ad intervenire, ma un Auror mi blocca.
Mi trattiene per un braccio, la presa salda e mi fa un cenno di diniego con la testa.
Lasciali fare…
Strattono il braccio, ma quello non cede.
Questa situazione è assurda!
Non hanno nemmeno le prove certe che Malfoy sia un Mangiamorte, come possono esserne così sicuri?
-Ti ho fatto una domanda- ripete il mio ragazzo, adesso ad un centimetro dal volto dell’altro –Degnati almeno di darmi una risposta…-
Lentamente, le grigie iridi quasi trasparenti di Draco si puntano negli occhi celesti di Ron.
Trattengo il respiro.
Oddio, qua scoppia davvero una rissa…
Per di più, Malfoy mi sembra il classico attaccabrighe, per intenderci, sembra quasi provarci gusto nell’esasperarti e provocarti fino ad ottenere un duello in piena regola.
Solo che la faccenda, in questo caso, è leggermente più seria.
Qui volerebbero Maledizioni e Schiantesimi, ma non mi sembra il caso di trasformare questa festa, già orribile di suo, in uno scontro all’ultimo sangue Mangiamorte-Auror.
Primo, perché il Mangiamorte è uno solo, e non sono nemmeno certa che lo sia.
Secondo, perché rischierei di rovinarmi il vestito, e a quest’abito ci tengo.
Ehi, mi è costato ben 150 galeoni!
Malfoy sta sogghignando, sinceramente divertito.
-Veramente no, Weasley, considerato il fatto che nei bar di Notturn Alley troverei compagnie migliori delle scope che partecipano a questa festa..- sibila, staccandosi dal muro e fronteggiandolo.
Spalanco la bocca, incredula.
Attorno a me, il mormorio delle ragazze presenti è a dir poco rintronante.
No, mi correggo.
Sono letteralmente esplose in un silenzioso boato di protesta.
Draco Malfoy ci ha appena definito delle scope peggio delle zoccole che battono Notturn Alley?!
Beh, la vocina maligna nella mia testa ritorna alla carica, non ha completamente torto…
Getto un’occhiata in tralice a Lavanda, poco distante.
Lei forse potrebbe bazzicare Notturn Allery, qualche volta.
Dovrò informarmi…
Ron non sembra dello stesso parere.
Emette un sordo ringhio di gola e la sua mano corre rapida alla bacchetta.
Harry, tuttavia, lo blocca, perentorio.
-Fermo Ron, controllati- sussurra con voce ferma.
Malfoy ridacchia, alternando l’occhiata di scherno dall’uno all’altro.
-Ma che bravo Potter, riesci a tenere a bada un animale come Weasel?- batte le mani in un applauso strafottente –Meriti tutta la mia ammirazione..-
Aiuto…
Ogni Auror in sala, adesso, ha messo mano alla bacchetta.
Qua sta per succedere un disastro.
-Non hai caldo, Malfoy?- incalza Ron, cercando di scansare Harry –Perché non ti togli la giacca?-
Malfoy torna serio.
Lo vedo artigliarsi il braccio sinistro, in uno spasmo involontario.
Ancora, come questo pomeriggio al bar.
Poi stringe gli occhi, minaccioso.
-Fatti gli affaracci tuoi, Weasley-
-Io dico- continua invece quello, sorridendo vittorioso –Che hai qualcosa, su quel braccio, che non vuol prendere freddo…vero?-
Non posso starmene zitta, dannazione!
Dov’è tutta la mia pedanteria, quando serve?
Ma prima che possa dire qualunque cosa, vedo Malfoy estrarre, in un gesto fulmineo, la bacchetta e puntarla contro Ron.
Questo arretra, circospetto, imitato da Harry.
Io non riesco a dire nulla, sono ancora trattenuta da quell’Auror che non vuole che intervenga.
Diplomazia innanzitutto, e questi cavernicoli non sanno cosa sia.
Hanno bisogno di me!
Poi, Malfoy si gira verso la sottoscritta.
Mi fissa, furioso.
Realizzo all’istante cosa ha intenzione di fare…
Oh…
-…No!-
-STUPEFICIUM!-
Un coro di urla squarcia l’aria tesa, seguito da numerose esplosioni.
Vengo spinta a terra da qualcuno non ben identificato, mentre sento le voci degli Auror scagliare altri incantesimi contro qualcosa, ma il polverone che si è sollevato m’impedisce la visuale.
Vedo una figura correre verso di me, ancora acquattata sul pavimento.
Decido di compiere un’azione di forza.
Mi alzo in piedi e gli sbarro decisamente la strada.
Il fumo rosso degli incantesimi è denso e le voci degli Auror sono tutte attorno a noi.
Allora perché nessuno ci vede?
Do le spalle alla porta, mentre guardo con aria di sfida un Draco Malfoy affannato, la bacchetta stretta in pugno e un lungo taglio sullo zigomo sinistro.
Lui ricambia il mio sguardo, agitato.
-Togliti, mezzosangue, non costringermi a Schiantarti- sibila velenosamente, una nota d’urgenza nella voce.
Io scuoto la testa, impassibile.
Vedo un’ombra di follia vagare in quelle iridi ammaliatrici.
-Benissimo…-
Con un brusco spintone mi fa da parte, facendomi a cadere a terra.
-Ci rivediamo- m’intima in tono sinistro, mentre afferra il nero mantello e lo indossa velocemente.
Io mi rialzo, infuriata.
-Dove vai?!-
Esce in tutta fretta e si smaterializza appena fuori, sulla soglia, poco prima che un getto rosso lo colpisca alle spalle.
E’ riuscito a fuggire…
L’urlo frustrato di Ron echeggia in tutta la casa, adesso che il fumo si sta diradando.
E’ incredibile come una trentina di Auror non siano riusciti a bloccare un solo Mangiamorte, per di più relativamente innocuo.
E dovremmo considerarci protetti da loro..?
-Cercatelo- ordina il mio ragazzo in tono collerico –Non dev’essere lontano…-
Harry sta indossando il giubbotto in tutta fretta, staccandosi le due estremità del coltello finto che aveva in testa.
-Ron, io vado al Quartier Generale- afferma già sulla soglia –Adesso che sappiamo chi è, agiremo di conseguenza-
Mi rivolge uno sguardo indecifrabile, un misto fra rabbia e incredulità.
Mi fa sentire davvero male, essere guardata così dai dolci occhi di Harry…
Poi se ne va, senza aggiungere altro.
-E tu!-
Adesso Ron si sta rivolgendo a me, l’indice spianato e l’espressione più tremenda che mi sia capitato di vedergli in volto.
Io mi raddrizzo e lo fisso, perplessa.
-Ce l’hai con me?-
-Certo che sì!- risponde, avvicinandosi a grandi passi –Hermione, cosa ti è saltato in mente?!-
Cosa?
No, adesso non ho davvero afferrato il concetto…
-Come?-
-Prima inviti Draco Malfoy alla nostra festa, poi mi ignori tutta la serata- elenca, alzando sempre di più la voce –E infine, una volta che abbiamo scoperto che è proprio lui il fuggiasco che stiamo cercando, tu lo lasci scappare?!-
Ormai, il suo tono è talmente stridulo che potrebbe far parte di un coro di voci bianche.
E se non la pianta di urlarmi contro in questo modo, giuro che lo diventerà davvero…
-Ron, vedi di calmarti…- comincio –Innanzitutto, non sono certo io ad averti ignorato-
Questo è davvero il colmo!
Come si permette di accusare me quando è stato lui, per tutta la serata, ad ignorarmi come quando litigavamo all’età di tredici anni?!
Ma non sembra soddisfatto.
-Se non avessi passato tutta la serata con Malfoy..-
-Se non avessi passato tutta la serata con Lavanda..-
Ci guardiamo, lui ancora più furioso, io seriamente sull’orlo del collasso.
-HAI ROVINATO TUTTO!!-
La mia voce si sovrappone alla sua, in quest’ultima frase esasperata.
Eccola, la classica goccia che fa traboccare un vaso ormai colmo.
Sento gli occhi diventarmi pericolosamente umidi, mentre lacrime amare si affollano pericolosamente sulle ciglia.
Non posso piangere, mi si sbaverebbe tutto il mascara.
Anzi, non devo piangere.
Non quando la colpa di tutto non è soltanto mia.
-Benissimo-
Stringo i pugni e guardo Ron.
Oh, dannazione!
Comincio anche a vederlo sfuocato.
-Ne ho abbastanza!-
Senza nemmeno prendere il cappotto, marcio all’ingresso e afferro la maniglia.
Mi giro un’ultima volta verso il mio ragazzo.
Sta in piedi in mezzo al salotto mezzo distrutto, –Malfoy ha fatto le cose in grande stile- circondato dagli invitati rimasti che guardano avidamente la scena, passando lo sguardo da me a lui, come in una partita di Quiddich particolarmente combattuta.
-Me ne vado!- sbotto, spalancando la porta
In quel momento scocca la mezzanotte.
L’ora delle streghe.
Fisso Ron, ferma sulla soglia, la fredda aria è umida e mi fa accapponare l’abbondanza di pelle che l’abito mi lascia scoperta.
Lui è immobile, ma mi guarda intimidatorio.
Sembra quasi dirmi “Esci da quella porta ed è davvero finita”.
Come se già non lo fosse.
Ormai, non m’importa più.
-Addio, Ronald-
La porta che mi sbatto alle spalle non copre il suono del mio nome.
Al diavolo.
Hermione Granger, questa volta, si è davvero stufata.

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Capitolo 4
*** Atto IV: sotto la pioggia ***


Nuova pagina 1

Atto IV
Sotto la pioggia


Guardo la tazzina sporca di caffè con profondo interesse.
I pugni stretti in grembo artigliano la stoffa della gonna, mentre non oso alzare gli occhi su Ron.
Mio Dio, ricordo ancora il tono furioso e nel contempo disperato che usò per chiamarmi, poco prima che uscissi dalla porta.
Dalla sua vita.
E’ stata quella l’ultima parola che mi ha rivolto.
Il mio nome, pronunciato con disprezzo, come neanche Malfoy è mai riuscito a fare.
In quel momento, ho sentito che qualcosa dentro di me si rompeva, in mille piccoli pezzi, mentre i dodici rintocchi della pendola risuonavano ancora nelle mie orecchie.
C’era un’altra fiaba babbana che amavo, da piccola.
Parlava di una ragazza, vittima delle sorellastre e della perfida matrigna, che dopo aver partecipato, con l’aiuto della sua Fata madrina, ad un ballo ed essersi innamorata del principe, allo scoccare della mezzanotte era costretta a fuggire, lasciando il giovane e una scarpetta di cristallo.
Io non sono andata con piacere a quella festa e l’amore che provavo per il “principe” l’ho perso sulle scale al posto della scarpetta.
Anzi, a voler essere sinceri, la scarpa avrei tanto voluto tirargliela dritta in testa.
L’unica cosa che coincide è l’ora.
Ah, magra consolazione
Ron tace, il bicchiere d’acqua è ancora intatto, non l’ha nemmeno toccato.
Contempla fuori dalla vetrata, adesso il cielo si sta tingendo di un delicato blu scuro, mentre il pallido sole di novembre tramonta pigramente dietro i palazzi.
Poi si gira, verso di me, lo sguardo supplice.
-Come siamo arrivati a questo…?-
Il suo mormorio mi provoca un’ondata di nostalgia.
Questo è il mio Ron, timido e insicuro, ma così dolce.
Non quel giovane uomo freddo e arrabbiato di quella dannata sera.
Ma è troppo tardi, adesso.
Prendo un respiro profondo.
-Non ho ancora finito, Ronald, c’è altro che devi sapere..-
-No-
-Ma è necessario- ripeto, imperterrita –Devi sapere cosa mi è successo dopo che me ne sono andata e tu non mi hai nemmeno rincorsa…-
Lui si morde il labbro inferiore.
E’ forse rimorso quello che leggo nei suoi occhi?
Poi annuisce, stancamente.
-D’accordo-


***


Let the rain fall down
and wake my dreams,
let it wash away my sanity
’cause I wanna feel the thunder,
I wanna scream

Hilary Duff, Come Clean


Piove.
No, non piove, diluvia.
Fantastico, la perfetta conclusione di una serata da dimenticare.
Tutte le nubi che si sono affollate in cielo da questo pomeriggio, cupe e minacciose, hanno deciso di aprire le cateratte proprio appena ho messo piede fuori dalla porta della casa di Harry e Ron.
Ron…
Se ci penso, ancora non riesco a crederci.
L’ho davvero mollato?
La nostra relazione è finita così, senza spiegazioni né scenate plateali?
Sembra così…surreale.
Mi sento fastidiosamente leggera, mentre cammino a testa bassa sul marciapiede.
La pioggia battente mi ha rovinato l’acconciatura, tutti i ricci faticosamente domati sono sciolti umidi e flosci sulle spalle, il vestito di velluto blu scuro sembra pesare una tonnellata.
Ci manca solo che mi si rompa un tacco della scarpa e siamo a posto.
Potrei smaterializzarmi direttamente a casa, ma non ne ho voglia.
So che appena entrata, alla mia sinistra, c’è il mobile d’ingresso dove tengo tutte le fotografie.
E la ferita è troppo recente per sprofondare nei ricordi in questo modo.
Cosa che io, per inciso, ritengo assolutamente patetica.
Vi prego, se mai vi capitasse di vedere la sottoscritta stravaccata sul divano davanti ad un melenso film d’amore che trasmettono alla televisione con una scatola di fazzoletti ormai mezza vuota, uccidetemi.
Seduta stante, senza tante cerimonie.
Magari Avadakedravizzatemi, così non soffro e amen.
Nonostante l’acquazzone che ha deciso di riversarsi sulla città di Londra, ho voglia di passeggiare un po’.
Si, avete capito bene e no, non sono ubriaca.
Cioè, non eccessivamente…
E’ solo che camminare aiuta a schiarire le idee.
E le mie stupide lacrime si confondono con le gocce di pioggia.
Sto bene, comunque.
Ci vuole altro, che diamine.
Devo solo…digerire la cosa.
E magari smaltire la sbornia con calma, perché a casa mi butterei sul divano ancora fradicia e dormirei fino alla sera del giorno dopo.
Non sarebbe decoroso, proprio no.
Certo, ammetto che questa zona alla periferia della Londra babbana non è il massimo per fare una passeggiatina, soprattutto a quest’ora.
Il Ministero ha stabilito un coprifuoco preciso.
Diamine, non ricordo…
Da dove ho preso il vizio di buttare le lettere che mi vengono recapitate?
Guardo l’ora, le gocce scorrono sul quadrante dell’orologio.
L’una e dieci.
Accidenti, sono in giro da un’ora abbondante sotto questa pioggia.
Come minimo, domani avrò una polmonite fulminante.
Ma sì, che importa…
Svolto in un vicolo secondario, mi sembra che da questa parte si arrivi alla strada principale e da lì in poi meglio che mi avvii verso casa.
Adesso che ci penso, c’è un motivo per cui non è prudente andare in giro a quest’ora da sola.
Un motivo molto importante.
Una parola che comincia con “Mangia” e finisce con “Morte”…
Perché è nel buio che s’agita il fanatismo dei seguaci di Voldemort.
Un brivido istintivo mi corre lungo la schiena e non solo perché sto congelando.
Ecco, come non detto.
Mi blocco circa a metà dello stretto vicolo.
Sento un fastidioso formicolio prudermi sulla schiena e la strana, inquietante sensazione di essere osservata.
Per la seconda volta, oggi.
Mi butto un’occhiata veloce alle spalle, circospetta.
Nessuno.
La pioggia non accenna a diminuire e il silenzio è spesso e palpabile.
Vedo il mio fiato condensarsi in nuvolette di caldo vapore.
L’ennesimo fremito mi fa sussultare.
Mi massaggio le braccia, in un abbraccio involontario.
Adesso il freddo si è fatto davvero pungente.
Quanto vorrei aver preso il cappotto…
Senza contare che in questo modo, oltre ad essermi assicurata un raffreddore certo, ho anche rovinato il vestito.
Ormai è più zuppo di una spugna.
No, di nuovo…
Sento di nuovo quegli occhi misteriosi fissi su di me.
Comincio a preoccuparmi.
-Chi c’è?-
La mia voce è spezzata e vagamente stridula, si sente a malapena nello scroscio dell’acqua ma rimbomba in maniera inquietante fra le pareti di mattoni del vicolo.
Oddio, mi è venuta la pelle d’oca.
Andiamo Hermione, dov’è finito tutto il tuo coraggio Gryffindor?
Lo so io, dov’è finito.
Me lo sono bevuto alla quarta burrobirra.
E poi oso persino fare prediche agli altri…
Scuoto la testa, rabbrividendo.
Credo di avere un serio principio di assideramento, non mi sento più né le mani né i piedi.
Non ho nemmeno la forza di Smaterializzarmi, tanto meno la concentrazione necessaria.
Maledizione a me, a Ron e alle feste di Halloween!
Un rumore.
Questa non è stata un’allucinazione, l’ho sentito davvero.
Non sono sola, in questa stradina.
Oh, cazzo
Al diavolo il coraggio!
Mi metto a correre, la pioggia mi finisce dritta negli occhi, gelidi spilli mi pungono le guance e mi schiaffeggiamo il volto.
Corro, corro, neanche fossi mai stata una patita del movimento fisico.
I tacchi delle scomodissime scarpe da sera battono ritmicamente sull’asfalto bagnato.
Svolto bruscamente in un altro vicolo, finendo in una pozzanghera piuttosto profonda, mi aspetto quasi di veder sbucare la Piovra Gigante, anche la forma richiama il Lago Nero di Hogwarts.
Fantastico, adesso ho i piedi ancora più bagnati.
Lezione numero uno: quando si corre bisogna sempre guardare avanti.
Perché non me lo sono ricordato?
Sarei stata di sicuro più attenta e avrei evitato l’ennesimo guaio della mia splendida giornata.
Inaspettatamente, nel bel mezzo della corsa sfrenata, vado a sbattere contro un *ostacolo* imprevisto.
Un ostacolo che si muove.
No, mi correggo.
Ci sono letteralmente finita in braccio.
Caccio un urlo, mentre la figura ammantata m’afferra per le braccia e mi trattiene.
Mi divincolo, cercando di prendere la bacchetta, ma la presa di quelle mani è salda sulla mia pelle umida.
-Diamine Granger, ferma e zitta-
Ecco, adesso ho la conferma che questo ostacolo parla e, soprattutto, respira.
No, assurdo.
Il ringhio affannato e silenzioso che la figura misteriosa ha appena pronunciato non può che appartenere ad una sola persona.
Metto a fuoco faticosamente colui che mi trattiene, sotto la pioggia battente.
Mantello nero, capelli biondo chiaro, freddi occhi grigi.
Davanti a me, nel buio del vicolo, bagnato come un pulcino, si trova Draco Malfoy il fuggitivo.
Per l’ennesima volta.
Stiamo diventando monotoni…


***


See the truth all around
Our faith can be broken
And our hands can be bound

The Calling, The best of our lives


Mi ero ripromessa di non sfogarmi sulla prima persona che mi fosse capitata a tiro.
Era un buon proposito, certo.
Soprattutto, non mi aspettavo di rivedere Malfoy tanto presto e, francamente, speravo vivamente che non si facesse più vedere.
Anzi, non credevo che l’avrei mai più rivisto.
Ma come al solito, qualcuno lassù deve volermi molto, ma molto male.
Mille parole e coloriti insulti mi rimbalzano in testa, così persistenti che nemmeno il diluvio che sta scendendo è riuscito a lavarle via.
E forse, un po’ troppo offensive…
Opto per una reazione calma e razionale.
-Tu brutto stupido, arrogante cretino deficiente!-
Ehi, non era fin troppo calma rispetto a ciò che avrei voluto fargli.
Lui mi tappa la bocca, scocciato, e mi trascina dietro un cassonetto, acquattandosi e costringendomi a fare altrettanto.
-Mezzosangue per una volta, nella tua inutile vita, stai zitta- sibila.
Lo sento a malapena, la pioggia non accenna a diminuire.
Santo cielo, credo che il cuore mi schizzerà fuori dal petto.
Sta battendo talmente forte che mi sembra si trovi in gola, mentre lo stomaco è sceso a fare una passeggiatina dalle parti del fegato.
Tutto sommato, l’irritante presenza di Malfoy è persino piacevole, cedevo che fosse qualcosa di molto peggio.
No, aspettate un attimo…
Lui è un Mangiamorte!
Cavolo, potrebbe rapirmi e torturami, potrebbe seviziarmi e uccidermi a freddo in questo vicolo!
Non parlavo sul serio, quando dicevo “uccidetemi”, non si sa più riconoscere una battuta, adesso?
Eppure…
Non credo che mi ucciderà.
E non credo nemmeno che mi consegnerà agli altri Mangiamorte.
E’ un fuggitivo, dopo tutto.
Ma insomma, è un Mangiamorte oppure no?
Adesso lo voglio sapere.
Però, non capisco perché stiamo qua fermi dietro questo cassonetto a farci inzuppare dalla pioggia e a respirare il delicato olezzo che proviene dai rifiuti.
Dio, che serata squallida.
-Malfoy, cosa…-
-Sssht!-
Mi fa cenno di stare zitta, bruscamente.
Mi sta ancora tenendo per un braccio.
Beh, io potrei anche andare adesso, ho cambiato idea…
E invece no.
Non appena tento di alzarmi, sento ancora il rumore di prima e, questa volta, vedo chiaramente chi è stato a produrlo.
All’entrata del vicolo si stagliano tre figure ammantate di nero, larghi cappucci calcati sul capo e una maschera scheletrica argentata sul viso.
I demoni di Colui che non Deve Essere Nominato.
Il silenzio si è fatto davvero pesante, trattengo perfino il respiro.
Rivolgo un’occhiata veloce e supplichevole a Malfoy, che mi ignora.
Sta fissando attentamente i tre uomini, un’espressione indecifrabile nelle iridi grigie.
Posso sentire la mano con cui mi stringe il polso tremare leggermente.
Uno dei Mangiamorte fa un cenno agli altri due ed avanzano decisi nel vicolo, scivolando come ombre sul bagnato e fendendo l’acqua.
Stanno venendo dritti verso di noi!
No, non voglio che la mia vita finisca in questo modo e non voglio che sia Malfoy l’ultima persona che mi abbia parlato, o più precisamente, insultato.
-Cosa facciamo, adesso?- sibilo terrorizzata, estraendo la bacchetta.
Draco mi guarda intensamente.
-Non sei forse tu l’amichetta di Potter tanto solerte nell’accompagnarlo nelle sue scorribande suicide?-
-Ma non è la stessa cosa, non…-
-Allora sta giù e non fiatare-
Realizzo solo adesso cos’ha intenzione di fare.
E la cosa non mi piace per niente.
Mi lascia il braccio e balza in piedi, agile e veloce, fronteggiando i tre Mangiamorte con un sogghigno strafottente.
-Buona sera, signori..-
Sbircio prudentemente al di là del cassonetto.
Si sono fermati, bacchetta alla mano, mentre Malfoy li fissa strafottente.

-A quanto pare non siete così ritardati- esordisce questo, roteando distrattamente la bacchetta –Siete riusciti a trovarmi, complimenti-
Uno dei Mangiamorte si fa avanti.
-Draco, tuo padre è infuriato-
-Già e anche il Signore Oscuro…- aggiunge una voce cavernosa.
Diamine, ma quello è un armadio o una persona?
-La punizione che ti verrà inflitta, se torni adesso, sarà relativamente innocua-
Draco scoppia a ridere, mentre io rabbrividisco ancora.
Come può scherzare su una cosa come questa…?
-Forse non avete chiaro il concetto- sibila.
Lo vedo fare un passo avanti, scintille bluastre danzano sulla punta della bacchetta, tingendo le gocce di pioggia di azzurro brillante.
-Non sarò mai uno di voi, mettetevelo in testa-
La consapevolezza mi fulmina non appena Malfoy ha pronunciato queste parole.
Questo significa che non è un Mangiamorte, o per lo meno non ancora…
Il gesto di protezione sull’avambraccio sinistro era solamente un riflesso condizionato, probabilmente.
Magari hanno già tentato di Marchiarlo ma non ci sono riusciti.
Sento un immenso peso scivolarmi lungo la gola, dritto alla bocca dello stomaco.
Braccato e trattato come un animale anche se era relativamente innocente.
Non posso fare a meno di sentirmi ugualmente responsabile.
-Allora sai cosa ti aspetta, vero?-
Gli uomini hanno ricominciato a parlare, in tono carico di sussiego.
Stringo la bacchetta, pronta ad intervenire.
Ma Malfoy ridacchia, trionfante.
-Uccidetemi se ne siete capaci…-
Insomma, non riesce proprio ad esimersi dal fare lo sbruffone?
Un tuono squarcia l’aria, illuminando a giorno il vicolo, il cupo rombo si propaga rapido nell’aria.
-CRUCIO!-
Un Mangiamorte lancia la terribile Maledizione proprio contro Malfoy, che la para a fatica con uno scudo argenteo creato con la bacchetta.
-Reducto!- esclama poi, mentre un getto blu fila rapido verso l’uomo e lo prende in pieno petto, scagliandolo violentemente contro il muro.
Da qui in poi, gli avvenimenti si fanno parecchio confusi.
Sento voci urlare svariati incantesimi, ma nel buio non riesco ad identificare bene le figure in movimento, sotto la pioggia che imperterrita scende su Londra.
-Avada…-
-Stupeficium!-
No, no, no!
Dannazione, perché non me ne sono rimasta zitta e ferma dietro il cassonetto?
Adesso sono in piedi, la bacchetta ancora fumante, mentre il Mangiamorte appena colpito dal mio Schiantesimo si accascia al suolo, crollando nelle pozzanghere che punteggiano il vicolo.
Malfoy mi guarda, affannato.
Noto che ha un labbro tumefatto e il taglio sullo zigomo ha ripreso a sanguinare.
Se non mi uccide il Mangiamorte rimasto, penso che lo farà lui.
E’ letteralmente furioso.
Bel modo di ringraziarmi, avrei dovuto lasciare che lo uccidessero.
Ma l’uomo mi ha visto.
-Hermione Granger, quale onore- sibila velenosamente, distogliendo la sua attenzione da Malfoy e accennandomi un inchino insolente.
Io rimango ferma, la bacchetta stretta in pugno, sotto l’acqua.
Poi, quello si volta verso Draco.
-Non abbiamo finito, Malfoy- sussurra con un sorriso storto, mentre si Smaterializza –E’ una promessa…-
Il silenzio ripiomba bruscamente nel vicolo, soffocando il rumore della pioggia.
Percepisco chiaramente la rabbia di Malfoy.
Istintivamente, evito il suo sguardo e faccio un passo indietro, ma non serve a molto.
-Dannazione, Grager!- sbotta, facendosi avanti e afferrandomi rudemente per le spalle –Non potevi farti i fatti tuoi e, soprattutto, restartene zitta per dieci, miseri minuti?!-
-Perché non l’hai detto?-
Lui resta interdetto.
Mi lascia subito, perplesso.
-Detto…?-
-Che non sei un Mangiamorte- incalzo, trattenendo a fatica l’impulso di urlargli contro –Tutti gli Auror ti cercano e chi stava dalla tua parte della barricata ti vuol togliere di mezzo?! Che significa?!-
-Non sono solito dare spiegazioni…-
-Ah, scusatemi vostra altezza, ma farsi uccidere per un malinteso semplicemente perché non ti va di dare spiegazioni mi sembra un motivo alquanto idiota-
Malfoy sorride con amarezza, passandosi una mano nei capelli bagnati.
-Come al solito, gli Auror vedono solo ciò che vogliono vedere-
Sono oltremodo indignata.
Viscido sputasentenze!
-Chi è il figlio di un Mangiamorte e dimostrava la chiara intenzione di seguire le orme paterne?- inizio.
Tremo, tanto sono arrabbiata.
Faccio un passo avanti, togliendomi dagli occhi un ricciolo fradicio.
-Chi è che ha sempre fatto di tutto per farsi considerare lo stronzo che è in realtà? Chi è che è sempre così arrogante che se solo lo fosse un altro po’ prenderebbe il volo e sbatterebbe la sua testa vuota contro il soffitto?!-
La mia voce si alza di tono in tono, adesso sono direttamente d’innanzi al naso di Malfoy, mentre lo guardo dritto in quei freddi specchi che si ritrova al posto degli occhi.
Non c’è calore, in quelle iridi gelide.
Ricambia il mio sguardo, irritato.
-Chi è talmente tracotante da farsi piantare perfino da quel deficiente di Weasley?-
Le sue parole dure e sussurrate sotto la pioggia mi giungono dritte al cuore.
Tasto estremamente dolente.
-Sei così patetica che non riesci nemmeno ad ammettere che, in quanto arroganza, sei anche peggio di me…- sogghigna malevolo –Quindi non venire a farmi la paternale, Granger, non ti conviene-
Questo è davvero troppo.
La mia sopportazione e il mio autocontrollo hanno un limite.
-Tu…c-come…osi?-
Stringo i pugni, frenando l’impulso di scagliargli una fattura.
No, anzi, avrei voglia di prendere a schiaffi quella sua faccia di bronzo.
-Non sai…non sai nulla di me-
Oh no, sono forse lacrime quelle piccole punture sotto le palpebre?
Qui sta andando tutto a farsi fottere, accidenti!
-Siete tutti uguali, tu e anche Ronald Weasley!- urlo, lottando per trattenere il pianto.
Sento la mia voce pericolosamente incrinata, ma Malfoy è impassibile.
Si limita ad inarcare cinicamente un sopracciglio.
-Mi hai appena paragonato a Weasel?- dice, schifato –Che offesa, mezzosangue, la migliore che tu mi abbia mai rivolto…-
Non resisto più.
Sferzo la bacchetta come una frusta e un getto di luce blu fende la pioggia battente, diretto verso Malfoy.
Questo si scansa e mi afferra per i polsi, tenendomi ferma.
Io mi dibatto, ma ottengo solo di sbilanciarmi e cadere all’indietro, trascinando con me anche Draco.
Siamo a terra, ansimanti, l’asfalto è duro e bagnato sotto di me.
Mi sono graffiata tutta la schiena lasciata scoperta.
Non vi dico il dolore.
E non solo per l’abrasione che mi sono procurata.
Mi rifiuto categoricamente di guardarlo in faccia, tengo il viso girato, mentre lui mi sovrasta trattenendomi ancora i polsi.
-Che ti è preso, eh?- mi chiede affannato.
Io scuoto il capo.
Ma è troppo tardi…
Promettete di non dirlo a nessuno?
Né ad anima viva né morta, visto che i fantasmi sono dei gran chiacchieroni, ed è risaputo.
Bene, quella notte del 31 ottobre, in un vicolo sperduto nella Londra babbana, sotto un diluvio che nemmeno Noè poteva immaginare, io Hermione Granger sono scoppiata miseramente in lacrime davanti a Draco Malfoy.
La mia nemesi, il mio opposto, lo stesso cretino con cui ho avuto la sfortuna di dividere, mio malgrado, sette anni della mia esistenza.
Mi sono messa a piangere come una bambina, grandi lacrime hanno sbavato ulteriormente il mio trucco ormai colato quasi del tutto, singhiozzando rumorosamente.
Draco mi ha lasciato istantaneamente i polsi ed è rimasto a guardarmi, letteralmente sconvolto.
Io continuo a piangere, sdraiata sull’asfalto, incurante della pioggia, di tutto.
Non capiscono che anch’io non sono fatta di ferro?
Ho dei sentimenti e questa sera tutti, dal primo all’ultimo, si sono divertiti a calpestarli.
Ron.
Singhiozzo ancora più forte, coprendomi il volto con le mani e schermando la pioggia che mi schiaffeggia il volto, come l’ennesima persona che desidera farmi del male.
Inaspettatamente qualcuno mi solleva dalla pozzanghera ove sono sdraiata.
Quelle mani sono fredde ma rassicuranti sui graffi della schiena, sono decise ma stranamente delicate mentre si risollevano in piedi.
Mi bruciano gli occhi e sto ancora piangendo.
Guardo interrogativamente Malfoy, mentre lui ricambia il mio sguardo.
-Dov’è casa tua?-
Cosa…?
Perché gli interessa…
-St. Victory Street- mormoro, tirando su col naso e massaggiandomi il collo.
Lui annuisce.
Si toglie il mantello, fradicio anch’esso, ma appena me lo posa sulle spalle sento uno strano calore.
La lana è ruvida, una sensazione piacevole sulle spalle nude.
Poi, mi afferra per un polso e, senza che me accorga, si Smaterializza insieme a me.
Se pensavate di aver visto tutto, meglio che vi ricrediate.
Chi se l’aspettava che Draco io-me-frego-di-tutti Malfoy sapesse dimostrare un tatto che non sia quello di un Ippogrifo?

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Capitolo 5
*** Atto V: de gustibus... ***


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Atto V
De Gustibus…


Dalla prima volta che, ben dodici anni fa, incrociai lo sguardo celeste di quel bambino dai capelli rossi, seppi con certezza che quegli occhi sarebbero stati parte della mia vita.
In un modo o nell’altro.
Ma non credevo che ne sarebbero usciti tanto in fretta.
Ron mi sta guardando attentamente, per la prima volta da quando ci siamo incontrati in questo bar.
Leggo colpevolezza, tristezza e un immenso rimorso in quelle iridi limpide come un cielo d’estate.
-Hermione…-
Io sorrido leggermente, scotendo la testa.
-Non lo potevi sapere-
-Ma hai ragione- incalza –Avrei dovuto seguirti, aiutarti…proteggerti-
Distoglie lo sguardo, stringendo un pugno con rabbia.
Ah, la strana ironia della vita.
Chi l’avrebbe mai pensato che sia io che Ron, in un certo senso, avremmo dovuto ringraziare un Malfoy?
Credo che anche il ragazzo seduto di fronte a me lo stia pensando.
-Ron, ho quasi finito- dico con voce pacata.
Lui annuisce, un ombra di quella che credo gelosia gli oscura per un attimo lo sguardo.
Abbasso gli occhi sulla tazzina vuota di caffè.
Porcellana bianca con delicati ricami floreali.
Non riesco a trattenere un sorriso dolce e sibillino.
-Sai perché ho cominciato a bere caffè?-
Ron sembra perplesso.
Sicuramente si starà chiedendo che diamine c’entri con il discorso.
E invece c’entra, eccome se c’entra.
Scuote la testa, vagamente divertito.
-No-
-Allora te lo spiego…-


***



Maybe this time tomorrow

the rain will cease to follow

and the mist will fade into one more today.

Something somewhere out there keeps calling


Maaya Sakamoto, Gravity


E’ la sensazione più strana che abbia mai provato.

Quasi a metà tra l’essermi fatta troppo di Artigli di Drago e una strana apatia.

E per la cronaca, io non mi sono mai fatta.

Non mi chiamo certo Lavanda Brown, un nome a caso.

Sono nel bagno del mio appartamento, la pioggia fuori si è fatta ancora più fitta, ma adesso sono al chiuso e, soprattutto, all’asciutto.

Ma lo strano è che non sono da sola.

Mi friziono energicamente i capelli, cercando di asciugarli.

Dopo la doccia che ho fatto, mi sento ancora più stanca.

Ho un mal di testa che nemmeno Harry, solito a questa patologia, se lo può sognare.

La strana apatia deriva dal fatto che la situazione in cui mi trovo adesso non è decisamente bella.

Affatto.

Insomma, sono pur sempre una ragazza dal cuore spezzato!

E l’euforia, invece…

Getto un’occhiata alla porta del bagno, chiusa a chiave.

So benissimo che, al di là di quella porta, si trova la Novità del Momento.

Altro che Rita Skeeter, signore e signori, questo è molto meglio.

Quanti anni ad Azkaban si rischiano per aver dato rifugio ad un fuggitivo e potenziale Mangiamorte?

Non so, meglio evitare di pensarci.

Il mio bel vestito di velluto blu scuro è afflosciato miseramente sul pavimento di ceramica, in un angolo.

150 galeoni buttati nel cesso.

Non esiste una garanzia per simili inconvenienti?

Già, immagino.

”Mi scusi signorina, ma sono scappata da una festa sotto la pioggia e ho aiutato un fuggiasco a liberarsi di alcuni Mangiamorte molesti, quindi il vestito si è un po’ sgualcito, potrebbe cambiarmelo?”.

No, credo che alla commessa di Madama McClan verrebbe un colpo apoplettico.

Povera donna, non ha fatto nulla di male.

Indosso la mia sottoveste, non me ne frega di quello che possa pensare Malfoy.

Ho sonno e voglio solo andare a dormire.

Magari riflettere un po’ da sola su quello che è successo.

Per quello che mi riguarda, può anche mettersi sul divano e soffocarsi lì.

Peccato non abbia un cane, l’avrei mandato nella cuccia.

Oh, quanto sono bastarda…

Tutto sommato, è stato anche abbastanza…gentile.

Esco dal bagno, frizionandomi ancora i capelli nella salvietta.

Lui è seduto per terra, appoggiato al muro del corridoio, accanto alla porta da cui sono uscita.

Ha lasciato una pozzanghera sul mio parquet, sta ancora gocciolando.

-Alla buon ora, Granger, cosa stavi facendo, imbiancavi il bagno?-

Ok, ritiro tutto quello che ho detto.

Non è gentile, è sempre la solita ed irrecuperabile testa di cazzo.

-Al contrario tuo, Malfoy, io mi lavo- ribatto, acida –E ricorda che potrei anche cacciarti fuori di casa, quindi ti conviene tenere chiusa la tua boccaccia-

Lui sogghigna, alzandosi in piedi a fatica.

Certo, anche lui è messo piuttosto male: il labbro inferiore è gonfio e leggermente violaceo, mentre il taglio sullo zigomo è rosso e infiammato.

-Me ne ricorderò…- mi risponde laconico, entrando nel bagno e sbattendosi la porta alle spalle.

Io conto mentalmente fino a 184 prima di dire qualsiasi cosa.

Quell’individuo ha l’estenuante capacità di esasperarmi!

-Il disinfettante è nel mobile in basso- urlo, accostandomi alla porta –E adesso ti cerco dei vestiti, anche se meriteresti di andartene in giro nudo!-

Sento che ha aperto l’acqua della doccia, ma lo odo ridacchiare.

-Ti piacerebbe, vero?-

Mi impongo di non arrossire.

Non posso arrossire per una battuta davvero di pessimo gusto!

Malfoy sta perdendo colpi…

Sbuffando, vado scalza fino alla camera, aprendo l’armadio a due ante.

Credo di avere qualcosa di Ron, da qualche parte.

Ecco, questo sarebbe meglio non dirlo a Malfoy, non credo gradirebbe indossare i vestiti di Ronald Weasley.

Un felpa blu e un paio di jeans.

Massì, andranno benissimo, visto lo stato in cui andava in giro fino ad ora.

Li poggio davanti alla porta chiusa del bagno, figurarsi se mi metto a bussare.

Sono così stanca…

Vado in cucina, decisa a farmi un thè.

Do un’occhiata all’orologio appeso alla parete.

Le due e quaranta.

Accidenti, alla faccia di chi si vanta di fare le ore piccole!

Credo di aver battuto tutti i record, questa notte.

Faccio bollire l’acqua con un pigro colpo di bacchetta e levitare la bustina di thè sopra una tazza vuota, lasciandola poi cadere in infusione.

Mi siedo pesantemente su una sedia, appoggiando i gomiti sul tavolo e chiudendo gli occhi.

In bocca mi è rimasto un sapore amaro, dev’essere la troppa burrobirra.

No, non solo…

Ho davvero lasciato Ronald Weasley, il mio fidanzato praticamente dall’età di undici anni?

Non so, non sono propriamente sicura.

Certo, la litigata c’è stata.

Sono volate parole pesanti, accuse forse infondate.

Poco mancava che volassero incantesimi e pezzi della mobilia.

Però sono io che me ne sono andata, magari…

Sento sbattere la porta del bagno e dei passi sul pavimento di parquet diretti in cucina.

Draco Malfoy fa la sua irritata comparsa nella stanza, mentre si asciuga svogliato i biondi capelli sottili.

Noto che indossa i vestiti che gli ho portato.

Istantaneamente, un sorrisino divertito mi si dipinge in volto, mentre strizzo la bustina di thè con l’aiuto del cucchiaino e la faccio volare nella spazzatura.

Lui se ne accorge e mi scocca un’occhiata al vetriolo.

-Preferisco non sapere a chi appartengono questi vestiti…-

-Meglio per te, credimi- rispondo con leggerezza, mescolando il caldo liquido ambrato.

Si siede di fronte a me.

Il taglio sullo zigomo si è rimarginato e il labbro va decisamente meglio.

Io non sono una Guaritrice e non conosco nemmeno incantesimi dediti a questo, quindi si dovrà accontentare.

Che volete farci, non so fare proprio tutto tutto…
Si guarda intorno, inarcando un sopracciglio.

-Non si potrebbe avere un caffè?-

-Fattelo-

-Sei tu la padrona di questo buco, quindi datti da fare…-

Lo fisso, scocciata.

-Questo buco, come lo chiami tu, ti sta ospitando- comincio, posando il cucchiaino sul piattino –E poi, non ci vuole tanto, neanche per te, ad usare una bacchetta-

Draco sbuffa, annoiato.

Muove la bacchetta con una stoccata e una tazza vola subito fuori dalla credenza, posandosi con grazia sul tavolo; poi, l’agita ancora e riempie la tazzina di nero caffè bollente.

Soddisfatto, mi rivolge un’occhiata strafottente come a dirmi “Hai visto?”

E dicono che gli uomini non sono infantili…

Lo guardo mentre lo sorseggia pacifico, finendolo in soli due sorsi.

Io contraggo la bocca in una smorfia.

L’ha fatto di nuovo!

Ha bevuto un caffè d’innanzi a me, io che non lo posso proprio vedere, senza nemmeno zuccherarlo!

La mia soglia di sopportazione sta giungendo al limite massimo…

-Come fai a bere quella cosa?- indico con un cenno della testa la tazza ormai vuota.

Lui mi squadra, incerto. Poi inarca un sopracciglio.

-Qualcosa in contrario?-

-Certo che sì- esordisco, posando in un tintinnio la tazza di thè –E’ la bevanda più odiosa che conosca, è amaro, troppo caldo e soprattutto anche se ci metti lo zucchero, la situazione non migliora- mi lancio nella mia tirata contro il caffè.

Ah, potrei anche tenere una conferenza in merito, talmente sono eloquente…

Malfoy ridacchia, scotendo la testa.

-E’ proprio vero che i pregiudizi esistono per tutto…-

Sussulto.

-Cosa significa?-

-L’hai mai assaggiato?- mi domanda a bruciapelo, fissandomi dritta negli occhi –Prima di esprimere un parere, bisognerebbe sempre conoscere le cose come stanno-

Non sono sicura che il centro del discorso sia ancora il caffè.

Percepisco troppi sottintesi nelle sue parole, decisamente stiamo parlando d’altro.

Mi soffermo a ripensare alle sue parole.

Ho dei pregiudizi…?

Non sono certo l’unica!

-Anche tu, Malfoy, sei sempre stato prevenuto- mormoro debolmente, abbassando gli occhi.

Improvvisamente mi è venuto addosso un gran caldo.

Il temporale infuria fuori dalla finestra, il silenzio della cucina viene squarciato dal rombo di un tuono.

Sobbalzo bruscamente, riportando lo sguardo in quello di Malfoy.

Qualcosa si agita in quelle iridi che hanno lo stesso pigmento del cielo tempestoso di questa notte.

Oddio, mi manca il respiro…

-Il caffè è amaro, certo, e decisamente non piace a tutti- sussurra lui, sporgendosi verso di me oltre il tavolo –Ma potresti scoprire che, dietro la sua amarezza, magari si nasconde qualcosa che non avresti mai immaginato potesse esserci…-

Sogghigna, mentre io mi alzo in piedi, incespicando nelle gambe del tavolo.

-E poi, c’è sempre lo zucchero-

Ok, adesso il discorso è veramente privo di qualsiasi doppio senso e ne ha acquistato uno completamente nuovo.

Sono assolutamente certa che si stia riferendo a qualcuno in particolare.

A lui stesso.

No, fermi tutti…

Ci sta forse provando con me?!

La mezzosangue (non più) zannuta Hermione Granger?!

E’ ubriaco! Andato, totalmente partito per la tangente!

Tutta la pioggia e tutto quel caffè devono avergli bruciato il poco cervello che si ritrovava…

No, basta parlare di caffè!

Adesso anche lui si è alzato in piedi, le movenze eleganti da felino.

Io arretro, andando a sbattere contro il mobile della cucina.

Sono in trappola.

Lui si avvicina lentamente, ancora quel sorrisetto malizioso sulle labbra.

-Oh, Granger..- ridacchia, ormai davanti a me.

Poggia le mani sul mobile di fianco alle mie, bloccandomi le braccia e ogni possibile via di fuga.

-Io e te ci assomigliamo, mezzosangue, più di quanto tu creda- la sua voce è soffice e voluttuosa, mentre mi guarda negli occhi. Sono occhi da predatore, quasi ipnotici, l’argento è vivido e brillante.

-Siamo due facce opposte della stessa medaglia..-

-Ti sbagli, io…-

Sì, io cosa?

Il suo respiro è leggermente affannato, mentre mi guarda intensamente.

La situazione sta degenerando, dannazione.

Devo fare qualcosa…

Oppure no.
-I-io…-

Buona notte Hermione, ripassa quando la smetterai di balbettare.

Ho la mente vagamente annebbiata, il sordo mal di testa si è trasformato in uno spesso velo di confusione.

Mi sembra di essere piombata in una dimensione da sogno, ovattata e rarefatta.

Le gambe sono intorpidite e mi sento così stanca che qualsiasi movimento si rivela faticoso.

E nel frattempo, una strana attrazione mi spinge verso Malfoy.

Non voglio che si allontani.

Non voglio rimanere da sola.

Rilasso le spalle e la mani appoggiate sul ripiano sfiorano le sue, calde e asciutte.

Non si ritrae ma continua a fissarmi.

Profuma di pulito e di qualcosa di forte e speziato.

Nera polvere di caffè.

E’ piacevole stare così, mentre fuori piove, quasi abbracciati in questa buia cucina.

Che poi il ragazzo con me sia Draco Malfoy, questo è un altro paio di maniche.

Si avvicina ancora, a questo punto è a poco meno di due centimetri dalla mia bocca.

La sua si piega leggermente in quello che è, chiaramente, un sorriso di scherno.

-Non so cosa mi succeda, Granger- sussurra –Ma questa sera sono accadute così tante scemenze che, ormai, una in più non fa differenza…-

Quando infine poggia le labbra sulle mie, io ho già intrecciato le mani sulla sua nuca, alzandomi in punta di piedi e attirandolo fermamente verso di me.

Mi rendo conto che nessuno di noi due è pienamente in sé, questa notte.

Ma mentre ci baciamo decido che, per il momento, non me ne importa niente.


***


Ma cosa hai messo nel caffè

che ho bevuto su da te?

C'è qualche cosa di diverso

adesso in me;

se c'è un veleno morirò,

ma sarà dolce accanto a te


Antoine, Cos’hai messo nel caffè


Ho sentito tante persone lamentarsi dei celebri postumi di una sbornia.

Ricordo che Seamus me li aveva chiaramente descritti con un’eloquenza che io stessa non avrei saputo eguagliare.

Alcuni sembrano reduci da un percorso di guerra e arrancano per tutto il giorno, borbottando tra loro frasi sconnesse e trincando litri e litri di caffè.

Decisamente i peggiori.

Poi ci sono altri che vantano un mal di testa feroce e un umore che varia dall’apatico all’euforico, passando per ciò che viene detta comunemente *isteria* e sono quelli che, appena gli rivolgi la parola, ti urlano contro “Silenzio, ho mal di testa!!” con toni che neanche una Banshee di brughiera potrebbe raggiungere.

E non so quanto questi siano meglio…

Ma, stamattina, io credo di appartenere a quest’ultima categoria, con l’accezione dell’euforico.

Oh, pardon, non stamattina.

Ormai è mezzogiorno e mezza passato di un freddo 1° novembre.

Sono stanca, certo, ma euforica…

Beh, potete facilmente intuire il motivo, no?

Mi rannicchio sotto il piumone, piacevole sulla pelle nuda, è caldo e conserva ancora il suo profumo.

Fuori ha smesso di piovere e nuvole incerte si affollano all’orizzonte di un cielo livido e pallido, vento gelato che spazza ancora le strade della Londra babbana.

Concedetemi una reazione più che normale, in questi casi…

Draco Malfoy è un Dio!

Non sono sicura di aver appena detto un’eresia o qualcosa di blasfemo, ma credo che in molte mi potranno capire.

Era da tanto che Ron…insomma…non era più come prima, c’era qualcosa che non funzionava più, tra di noi.

Ehi, cosa sono quei sorrisetti maliziosi?

Non intendevo quello, sta volta.

Sempre pensare male…

Solo che è stato così…seducente.

Non avevo mai provato una simile sensazione.

Dolce e attento, una passione che non avevo mai provato, intensa e violenta.

Teneri sussurri mormorati su labbra avide e assetate, la viva disperazione di ognuno mutata in desiderio di condividerla e annullarsi l’uno nell’altro, inebriante oblio di non essere più preda ma cacciatore.

Ci siamo lasciati stregare da qualcosa che nessuno di noi aveva mai preso in considerazione.

L’attrazione degli opposti.

Lui, divenuto peccatore per avermi toccato e aver rinnegato, almeno per un notte, ciò che il Fato aveva scritto per lui.

Ed io, che dimentica dell’orgoglio mi sono lasciata irretire da quelle maledette iridi d’argento, inquiete e dolorose, così dure, così disperatamente sole.

Abbiamo consumato un amore assonnato, lento ma come fuoco ci ha rapidamente divorato in un notte di ottobre, quando fuori infuriava la tempesta.
E quando ci si può permettere di non essere sé stessi.

Certo, lo so.

In una situazione normale, escludendo il fatto che io non ho mai, ma dico mai, vissuto un giorno che si possa dire normale, questo non sarebbe potuto succedere.

Ma sta di fatto che è accaduto.

E poi, mi concedete un altro termine non propriamente fine?

Diciamocelo, bisogna anche avere un po’ culo nella vita.

Mi stiracchio piano, sotto la coperta, ancora restia ad alzarmi.

Rimetto la sottoveste e finalmente mi alzo in piedi, sul tiepido parquet di legno.

Noto che la felpa che avevo dato a Draco è ancora malamente buttata a terra, insieme alle scarpe.
Ciò significa che c’è ancora…

Non credo che possa uscire a piedi nudi in strada, non lo riterrebbe raffinato.

Tralasciamo il fatto che nell’ultima settimana, come da lui affermato questa notte, ha vagato per la Londra babbana cercando di sfuggire ai Mangiamorte e senza prestare poi molto attenzione al vestiario.

Oh.

Merlino, meno male che ieri ha piovuto e ha fatto anche la doccia.

Sentite, è sempre importante curarsi, quindi va detto!

Esco dalla camera, Grattastinchi è venuto a farmi le fusa.

Si struscia, emettendo suoni gutturali, sulle mie gambe.

-Gatto degenere, dov’eri ieri sera?- dico in un sorriso, carezzandolo dietro le orecchie.

Ron odiava Grattastinchi.

Già per quella storia di Crosta, anche se si è scoperto che, innanzitutto, quel topo era un Animagus servo di Voldemort e poi che aveva contribuito ad uccidere i genitori di Harry, mandare Sirius in carcere e far risorgere in seguito il suo Padrone (no, non Ronald), decretando la fine dei nostri giorni relativamente tranquilli.

Insomma, ha fatto più casini lui che Voldemort e Piton messi assieme.

Però, anche se Grattastinchi si è dimostrato “innocente”, non gli è mai andato a genio.

Che poi, avesse davvero ucciso Minus ci saremmo risparmiati tutte queste scocciature.

Che dite, dovrei raccontare a Malfoy che i Mangiamorte si sono rifatti vivi grazie a un topolino che il mio gatto avrebbe desiderato uccidere?
No, meglio di no.

Potrebbe vendicarsi su Grattastinchi e poi sembra un racconto totalmente irrazionale.

Mi affaccio sulla porta della cucina.

Eccolo lì.

Nella fredda e vivida luce che filtra dalla finestra, i suoi capelli acquistano sfumature quasi argentee sull’oro pallido naturale; la carnagione già chiara diviene lattea, poggiato con i fianchi al tavolo mi rivolge le ampie spalle, mente sorseggia il contenuto di una tazza.

Sembra una creatura impalpabile, fatta di neve e di fumo, silenziosa e tagliente.

Un brivido mi corre sulla schiena, mentre artiglio convulsamente lo stipite della porta.

Siamo sicuri che non sia stato solo un sogno?

-Ben svegliata, Granger, credevo fossi entrata in letargo-

No, decisamente questo commento acido e sarcastico non rientra in un dimensione onirica.

Non si è nemmeno degnato di guardarmi in faccia!

Entro in cucina, indignata, e mi dirigo con passo deciso verso di lui, facendo il giro del tavolo e piantandomi furiosa davanti alla sua faccia.

Sta sogghignando, ironico.

-Gli uomini non vanno in letargo, Malfoy, non conosci nemmeno le norme di vita elementari?-

-Le mie sì, non quelle dei mezzosangue- ribatte, la lingua velenosa sempre pronta, mentre prende un altro sorso dalla tazza.

Apro la bocca, mentre avverto un inquietante rossore diffondersi sulle mie guance.
Mi ha appena definito peggio di un animale?!

-Tu…- boccheggio, avvicinandomi –Tu sei…veramente…-

Non faccio in tempo a finire la frase che sento le sue labbra posarsi rapidamente sulle mie.

Rimango interdetta, mentre uno strano torpore mi impedisce di reagire.

Chiudo gli occhi, premendo le mie labbra sulla sua bocca e stringendomi a lui, allacciandogli le braccia dietro il collo.

Lo sento sorridere sulla mia bocca, prima di approfondire il bacio, cingendomi la vita con le braccia e costringendomi così ad alzarmi in punta di piedi.

Poi, dopo un tempo che mi sembra infinito, e dire che dovrei essere abituata vista la Giratempo che possedevo, si stacca delicatamente, fissandomi con aria canzonatoria negli occhi.

-Umh, penso che dovrò indagare ancora i comportamenti dei mezzosangue..- dice in tono leggero, tenendomi ancora stretta a lui.

Io non posso fare a meno di ridere.

-Allora sono una cavia?-

-Qualcosa di simile…- risponde con aria seria, analizzando attentamente un mio boccolo –Ad esempio, annoterò che i mezzosangue hanno tutti capelli ricci e un carattere assolutamente insopportabile-

-E che te ne fai, di queste informazioni?-

Lui finge un’aria da esperto, sempre quell’aria pigra e scanzonata.

-Ho sempre voluto fare lo scienziato-

-Ma và? Avrei detto un’altra cosa…-

-Naa, i cappucci neri, i pazzi psicopatici e i tatuaggi non fanno per me-

Sorrido con sincerità, ricambiando il suo sguardo.

Sembra sereno, lo dimostra il fatto che stiamo scherzando su una cosa come i Mangiamorte.

Mi chiedo se in quel caffè non ci sia qualcosa di strano…

-Io invece direi che tra i pazzi psicopatici ci staresti benissimo-

-Mi devo offendere?-

-Fai come ti pare..e poi- faccio scendere un braccio lungo la sua schiena, carezzando lentamente la pelle tiepida delle reni, sotto la maglietta grigio scuro –ho visto che qua hai già un tatuaggio-

Le sue labbra s’incurvano, mentre mi scocca uno sguardo sibillino e vagamente ammirato.

-Ottimo spirito di osservazione..-

-Però sei sempre il solito-

-Cioè?-

Passo le dita lungo tutta la schiena, risalendo sul collo.

-Non potevi farti tatuare qualcosa di più carino di un serpente?-

Lui aggrotta le sopracciglia, scocciato.

-Non dire quello che stai pensando…-

-Furetto-

Sogghigno, dispettosa, mentre lui mi fissa seriamente irritato.

Poi sorride con fare provocatorio.

-Meriti una punizione…-

Le sue labbra sono morbide e bollenti quando si posano ancora sulle mie, e sanno del caffé che stava bevendo prima.

Le assaporo dolcemente, gustando appieno le lente carezze sulla mia schiena graffiata, sotto la seta sottile della bianca sottoveste di seta.

Mi allontano di poco, poggiando la testa nell’incavo della spalla.

Ha un così buon profumo, chiudo gli occhi assorta e gli poso un leggero bacio sul collo.

Lui sussulta leggermente, sta ridacchiando.

-Facciamo le fusa, mezzosangue? Annoterò anche questa abitudine…-

Io sorrido a mia volta, annuendo.

Lui china il capo per baciarmi piano un orecchio e la sua guancia sinistra sfrega contro la mia.

La poca e ruvida ricrescita della barba è piacevole.

Apro un occhio pigramente, mettendo la fuoco la tazza poggiata sul tavolo.

Caffè.

-Me lo fai assaggiare?-

Lui inarca un sopracciglio biondo scuro, perplesso, ma mi tende la tazza.

-Se non ti piace non risputarmelo dentro, di grazia-

Io evito di commentare, non merita nemmeno una risposta.

La porcellana è tiepida fra le mie mani e il profumo che sprigiona il caldo liquido scuro assomiglia così tanto alla delicata fragranza che possiede anche Malfoy.

E’ strano associarla proprio a lui, ma mi risulta quasi automatico.

Mi ritornano in mente le sue parole della sera prima.

Il caffè è amaro, certo, e decisamente non piace a tutti. Ma potresti scoprire che, dietro la sua amarezza, magari si nasconde qualcosa che non avresti mai immaginato potesse esserci…

Sì, adesso lo so.

Ne prendo un sorso incerto, gustandone l’amarezza come se fosse la cosa più dolce del mondo, mentre scende caldo e rassicurante lungo la gola.

Io alzo lo sguardo, incrociando quello di lui.

Sembra vagamente inquieto, in attesa della mia risposta.

La mano che tiene ancora attorno alla mia vita è tesa e leggermente nervosa.

Io stringo amorevolmente la tazza fra le mani, sorridendogli.

-Mi piace…-

Spero capisca che non mi sto riferendo solamente al caffè vero e proprio.

Ancora la sua voce nelle mie orecchie, mentre mi posa un leggero e sollevato bacio a fior di labbra.

E poi, c’è sempre lo zucchero.

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Capitolo 6
*** Epilogo: quello che verrà ***


Nuova pagina 1
Epilogo

Quello che verrà


Ha ascoltato in silenzio la fine del mio racconto.

I lampioni in strada si sono accesi, mentre il cielo si è scurito parola dopo parola, diventando di un bel colore blu scuro uniforme e compatto, come una coperta di damasco.

Mi ha guardato negli occhi tutto il tempo, serio e sinceramente interessato.

Ed io vedevo come, ad ogni mia frase, qualcosa in quelle iridi azzurre perdeva lentamente il suo delicato pigmento celeste.

La mia voce si è fatta bassa e titubante, come se ciò che narravo fosse qualcosa di estremamente personale, qualcosa da custodire gelosamente.

E, in un certo senso, è proprio così.

Ci sono molte cose che non me la sono sentita di dire.

Parole sussurrate che nemmeno io saprei ripetere, sconnesse e frustrate, colme di una cieca rabbia che non ho saputo placare o attutire ma che ha travolto anche me.

Maledizioni tra i mille baci frenetici, confessioni irrazionali e sicuramente non volute.

Ed io che mi sono limitata ad ascoltare e ricambiare i baci affamati, in silenzio, in quella camera divenuta come una dolce prigione, limbo di pace in una notte di guerra e temporale.

Ogni bacio, ogni carezza, mormorava sulle mie labbra di come non sapesse assolutamente cosa stesse facendo, che era sbagliato, che sicuramente l’avevo stregato in qualche modo.

Io non sapevo cosa rispondere, lo ribaciavo a mia volta, cercando di soffocare i suoi gemiti increduli.

Pian piano, la tensione e la rabbiosa ossessione di poter essere scoperti l’hanno abbandonato, facendolo diventare dolce, sensuale, totalmente preda di quella scintilla che aveva acceso qualcosa di sopito.

Lucida ed inebriante follia.

Non credo che racconterò mai a nessuno la verità di quella notte.

Mi raccomando, anche voi, silenzio.

Ah, che sciocca, ma con chi sto parlando?

Adesso, Ron se ne andato.

Ha bevuto il suo bicchier d’acqua, lentamente, come se volesse prendere tempo prima di uscire dal locale e lasciarmi.

Questa volta per sempre.

Mi ha fissato un’ultima volta, prima di andare via, mentre s’infilava il giubbotto.

Non ha detto niente, neanche una parola.

Neppure io, al suo posto, avrei saputo cosa dire.

Sono ancora seduta al bar.

Adesso che ho detto tutto, mi sento leggera.

Non saprei dire se sollevata, ma comunque più serena.

La sua spiegazione l’ha avuta, molto eloquente, anche, quindi direi che posso considerare chiusa questa storia.

E so che, adesso, c’è qualcuno che è appena entrato nel bar.

Qualcuno che, da poco più di una settimana, si è introdotto prepotentemente e involontariamente nella mia vita.

E che spero ne esca il più tardi possibile.

Sorrido, senza voltarmi, mentre lo odo avvicinarsi al mio tavolo, zigzagando.

Si lascia cadere svogliato sulla sedia di fronte a me, elegante nel suo mantello nero.

I capelli biondi sono tagliati più corti, in ordine e leggermente spettinati sugli occhi grigi maliziosamente illuminati.
Si è fatto la barba e non ha più quell’aria affamata da animale braccato.

Adesso sembra decisamente più lui.

L’affascinante quanto arrogante e spregiudicato Draco Lucius Malfoy.

-Buon giorno Granger-

Indossa una camicia bianca sotto un maglione d’angora nero, i polsini risvoltati e il colletto sbottonato sotto la gola.

Mi guarda, ricambiando placidamente la mia occhiata.

-Hai parlato con Weasley-

Quella non è una domanda.

La sua supponenza non gli permette di chiedere cose che sa per certo essere tali.

Annuisco, sentendo solo una leggera fitta al petto.

Come se qualcosa si fosse definitivamente staccato, accantonato in un remoto cassetto della memoria.

Quei ricordi sbiaditi e impolverati che a volte ti rimbalzano in mente, una sorda rimembranza velata di dolce malinconia.

Arruffati capelli rossi e quegli occhi color del cielo estivo, come la prima volta in cui ci siamo baciati.

Sotto il caldo sole di luglio, tra il frinire delle cicale e l’ombra profumata dell’albero dove io, lui e Harry eravamo soliti sederci.

Tutto quanto è finito bruscamente, una fredda e piovosa notte di ottobre, soppiantato dalle stesse iridi chiare e tempestose che mi stanno fissando in questo momento.

-Spero abbia compreso, anche se data la sua intelligenza, ne dubito fortemente…-

Sempre il solito stronzo.

Incrocio le braccia e accavallo le gambe, appoggiandomi all’indietro sullo schienale della sedia.

-Ha detto che informerà il Quartier Generale- dico, seccata –E ha capito benissimo anche il resto della faccenda, checché tu ne dica-

Lui trattiene malamente una risatina di scherno.

-Accidenti, è accaduto il miracolo-

Io sbuffo, ma non riesco a rimanere arrabbiata.

E’ inutile, senza essere bastardo non sarebbe Malfoy.

Mi alzo in piedi, indossando il cappotto e allacciandolo fino all’ultimo bottone.

Draco mi imita, alzandosi elegantemente e posandomi una mano sulla schiena, spingendomi leggermente verso l’uscita.

-Muoviti, non sopporto più i babbani-

-E dov’è la novità?- sospiro, affranta.

Lui alza gli occhi al cielo, esasperato.

-Dico sul serio, non sai cosa diavolo ho dovuto sopportare durante la mia settimana da fuggiasco…-

-Che cosa?-

-Figurati se te lo vengo a dire-

E già, non dimenticate con chi sto parlando.

Lui mi sorride con fare sibillino.

Scoprirò mai cosa gli è accaduto?

No, io non credo.

Ma del resto, ho ancora tempo per scoprirlo.

Sorrido, mentre lui apre la porta e mi spinge delicatamente fuori, nella fredda sera di novembre.

-Anche se non me lo vuoi dire, sappi che ti sta bene, Malfoy-

-Come puoi essere così crudele?- sogghigna lui, passandomi un braccio intorno alla vita.

Io ridacchio, poggiando il capo sulla sua spalla.

-Ho un bravo maestro…-

Inspiro profondamente il gelido vento da nord, gonfio di neve e novità.

Una domanda, a questo punto, sorge spontanea.

Una domanda alquanto seria.

-Cosa farai, adesso?-

Lui mi prende per le spalle, così da potermi guardare dritta negli occhi.
Sembra perplesso e vagamente scocciato.

-Penso che ti trascinerò in quel buco del tuo appartamento e ti farò tacere nell’unico modo veramente efficace, ovviamente non prima di essermi ubriacato per bene e aver fatto la stessa cosa con te…-

Lui la butta sul ridere, ma io non mi faccio ingannare.

Gli poso le mani sul petto, allontanandolo di poco.

-Non scherzare, Draco- lo rimprovero –Mi hai detto tu stesso che non lo fai mai-

Malfoy sospira, lasciandomi andare.

Si passa una mano nei capelli, distogliendo lo sguardo dal mio.

Poi sorride, ancora una profonda amarezza nella piega delle labbra.

-Sai cosa mi ha detto mia madre?-

Io scuote la testa, curiosa.

-Mi ha detto che sono la rovina della famiglia- comincia con voce dura –Che un solo germoglio sta facendo marcire e appassire l’intero albero della Nobile Casata dei Black e dei Malfoy…Dio- emette uno sbuffo incredulo –Solamente perché non mi sono gettato come un incosciente tra le braccia del Signore Oscuro, sono considerato un flagello peggiore di Potter, che come ben sai è la piaga per eccellenza della nostra società-

Ovviamente non la penso così.

Né io né la maggior parte della gente.

Lasciamoglielo credere, forse è meglio.

Io sospiro, stringendomi nelle spalle.

-E tu cos’hai risposto?-

Lui sorride leggermente, un sorriso stanco e lontano, mentre mi guarda.

-Ci sono frasi alle quali è meglio non dare risposte-

Si avvia lungo la strada illuminata, dandomi le spalle.

Cosa voleva dire, con quelle parole?

Significati retorici nascosti tra sillabe enigmatiche e misteriose, come colui che le ha pronunciate.

Perché all’improvviso il cuore sembra voler scapparmi fuori dal petto?

Lui di gira verso di me, esortandomi con un’occhiata imperiosa a seguirlo.

Io sospiro, cercando di non crollare al suolo preda di un attacco di tachicardia, sono ancora troppo giovane.

Ma mentre lo raggiungo, affiancandolo, non posso fare a meno di sorridere.

Insomma, siamo solo all’inizio, ci sono ancora mille domande e altrettante risposte che attendono conferma.

E per quanto riguarda quello che verrà…

Beh, ci penseremo poi.

In fondo, che gusto ci sarebbe a vivere una vita senza imprevisti?

-Ah proposito, non hai pagato prima di uscire-

Appunto.


The End°*

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