Gart e Bryhn

di Mikoru
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Arrivo all'Accademia ***
Capitolo 2: *** Il Duello ***
Capitolo 3: *** Il Proposito di Gart ***
Capitolo 4: *** Un bagno poco rilassante - I ***
Capitolo 5: *** Un bagno poco rilassante - II ***
Capitolo 6: *** Lezioni Supplementari - I ***
Capitolo 7: *** Lezioni supplementari - II ***
Capitolo 8: *** Una partenza inaspettata ***
Capitolo 9: *** Una tragica notizia ***
Capitolo 10: *** Pensieri... ***
Capitolo 11: *** Ritorno a casa ***
Capitolo 12: *** Sorelle ***
Capitolo 13: *** Speranze e illusioni ***
Capitolo 14: *** Eventi inaspettati ***
Capitolo 15: *** Gelosie e delusioni ***
Capitolo 16: *** Ammonimento... ***
Capitolo 17: *** Sospetti ***
Capitolo 18: *** Indagini ***
Capitolo 19: *** Confessione ***
Capitolo 20: *** Resa ***
Capitolo 21: *** Uno splendido risveglio ***
Capitolo 22: *** Felicità ***
Capitolo 23: *** Dubbi... ***
Capitolo 24: *** Qualche chiacchiera di troppo ***
Capitolo 25: *** Comunicazione di servizio ***
Capitolo 26: *** Punizioni e... ricompense ***
Capitolo 27: *** Fra le tue braccia... ***
Capitolo 28: *** Sfortuna ***
Capitolo 29: *** Non più solo con le parole... ***
Capitolo 30: *** Dichiarazione... a sorpresa ***
Capitolo 31: *** La via di casa ***
Capitolo 32: *** Ti amo ***
Capitolo 33: *** Incontri e separazioni ***
Capitolo 34: *** Per la vita ***
Capitolo 35: *** Felicità infranta ***
Capitolo 36: *** Furia che distrugge ***



Capitolo 1
*** Arrivo all'Accademia ***


Aldred Gaderian, Primo Comandante dell’Accademia di Lyraza, nel regno di Gentza, squadrò con attenzione la ragazzina che si er

Aldred Gaderian, Primo Comandante dell’Accademia di Lyraza, nel regno di Gentza, squadrò con attenzione la ragazzina che si era presentata improvvisamente quel pomeriggio ed era appena stata condotta al suo cospetto, snocciolando all’istante nome e provenienza e la richiesta di essere ammessa come allieva. Era alta, dal fisico asciutto e scattante, quasi acerbo nonostante dovesse avere almeno sedici anni. Non di più, Aldred ne era certo, malgrado quell’aria matura che le leggeva negli occhi. Occhi azzurri, limpidi, e freddi. Era graziosa, nonostante i lineamenti un poco irregolari e il labbro inferiore leggermente storto, e la bocca irrigidita in un’espressione seria. Vestiva con abiti semplici: una tunica corta, delle braghe e un mantello, tutto sui toni del marrone.

Aldred interruppe quella rapida osservazione e le domandò, con il tono sbrigativo e perentorio che usava abitualmente: «Per quale motivo desideri entrare nell’Accademia?»

Lei gli ricambiò lo sguardo con fermezza. «Per quale motivo una persona dovrebbe chiedere di entrare in una scuola militare?» ribatté con una punta d’ironia.

Questo era un punto a suo favore, e l’uomo dovette riconoscerlo: la ragazzina era sveglia, con una lingua pronta, e tutt’altro che disposta a lasciarsi intimidire. Annuì e continuò: «Quindi presumo tu voglia divenire una guerriera.» Era una constatazione, che non necessitava di risposta, e difatti la giovane rimase in silenzio. «Hai già preso in mano un’arma?»

«Ho appreso le basi di combattimento con la spada, con il pugnale e con il bastone. Conosco anche qualche rudimento del tiro con l’arco e della lotta corpo a corpo» elencò la ragazza con tranquillità, senza enfasi, come un semplice dato di fatto. «La mia spada me l’hanno fatta lasciare in custodia quando sono entrata.»

Secondo punto a suo favore, decisamente. Aldred non si mise a fissarla a bocca aperta per lo stupore solo grazie alla sua abitudine a rimanere impassibile, ma era sinceramente sorpreso che una ragazzetta così giovane si dichiarasse, seppur velatamente, tanto abile. Bene, avrebbe scoperto molto presto quanto c’era di vero in quelle affermazioni.

«Dimmi» riprese lui, «c’è qualche ragione particolare per cui hai scelto di venire proprio qui a Lyraza ad addestrarti? È pur vero che questa è la migliore accademia militare di tutti i regni, tuttavia ve ne sono altre assai rinomate, e tu sei parecchio lontana da casa. Perché, dunque?»

«Perché me l’ha suggerito Khalar Darkblade. Mi ha detto di presentarmi a voi.»

Colpito e affondato. Stavolta l’uomo non poté esimersi dallo spalancare occhi e bocca in modo poco consono alla sua posizione. Riacquistò la sua compostezza nel giro di pochi istanti, ma prese ad osservare quello scricciolo di fanciulla con un nuovo interesse. Conosceva bene Khalar Darkblade, assai bene, e se proprio lui gliela raccomandava, ciò significava che la giovane possedeva davvero del talento. Tuttavia a prima vista aveva anche un atteggiamento troppo... altezzoso, forse? No, non era il termine adatto. Scostante, ecco. Freddo e sulla difensiva. E se quella parvenza di arroganza non era unicamente un’impressione, lui avrebbe provveduto a fargliela sparire. Ma se ne sarebbe occupato a tempo debito.

La fanciulla, intanto, non gli aveva staccato gli occhi di dosso.

«D’accordo, Bryhn Irithyl, accolgo la tua richiesta. Ti verrà concesso un periodo di prova, durante il quale verranno esaminate le tue capacità, e se ti rivelerai realmente abile, allora potrai restare come allieva.»

Un sorriso si disegnò su quelle labbra imbronciare, fino a quel momento serrate in una linea dura. Ed era un sorriso incredibilmente sicuro di sé.

Forse non sarebbe stato poi così facile limare il carattere di quella giovane, si ricredette l’uomo.





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Ebbene, siamo all’antefatto. E sono necessarie alcune spiegazioni.

Questa storia è in realtà scritta a 4 mani e nasce come una specie di gioco di ruolo: io interpreto il personaggio di Bryhn, mentre la mia amica Maura85 (già assidua frequentatrice di EFP) quello di Gart, che verrà introdotto a breve.

Mi auguro, o meglio, ci auguriamo che sarà di vostro gradimento. Noi ci stiamo divertendo un mondo a scrivere di questi due ragazzacci. XD

P.S. Il mio personaggio di Bryhn è già comparso in una mia breve one shot, “Un luogo in cui fermarsi…”

Se state pensando che questa è pubblicità, ebbene… avete ragione! XD

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Capitolo 2
*** Il Duello ***


Il Primo Comandante Aldred Gaderian si fermò al limite di uno dei campi di addestramento, dove, tutt’intorno, si trovavano div

Il Primo Comandante Aldred Gaderian si fermò al limite di uno dei campi di addestramento, dove, tutt’intorno, si trovavano diversi giovani apprendisti. Era un uomo massiccio, alto quasi due metri e muscoloso, dai lineamenti marcati, con i capelli scuri tagliati cortissimi e due penetranti occhi verde chiaro, sovrastati da sopracciglia perennemente tese in una linea severa. Un uomo che incuteva timore, era innegabile, poiché pur essendo giusto e di saldi principi era altresì molto rigoroso e imponeva una rigida disciplina agli allievi dell’Accademia e ai propri sottoposti. Non faceva favoritismi né differenze di sorta: per lui gli allievi e i soldati, che fossero uomini o donne, che fossero ricchi o poveri, erano uguali. Erano combattenti. Ma nonostante la sua severità era amato e rispettato da tutti, anche dalle reclute più giovani che pure ne avevano paura. C’era solo una persona che sembrava non provare il benché minimo timore nei suoi confronti, ed era esattamente la fanciulla che Aldred osservava con attenzione da alcuni minuti, intanto che era impegnata in un duello con un giovane allievo.

Bryhn Irithyl.

Quella ragazzina era molto particolare, lo aveva avvertito a pelle, senza alcun motivo specifico. Semplicemente, sentiva che era così. Da quando era arrivata, una settimana prima, era stata sottoposta agli ordinari allenamenti di prova, sotto la supervisione di uno degli ufficiali dell’Accademia. In tutto quel tempo Aldred non l’aveva quasi più vista, se non sporadicamente in alcuni incontri casuali, essendo troppo impegnato da altre faccende per occuparsi di un’allieva tanto piena di sé come si era mostrata ai suoi occhi. Eppure non era stata vana millanteria, quella di Bryhn, e ora poteva verificarlo di persona. La ragazzina ci sapeva realmente fare.

Era alle prese con un avversario più grande di lei, sia d’età sia di corporatura, e ne sosteneva tranquillamente gli attacchi, ricambiando con colpi rapidissimi che spesso mettevano in difficoltà l’altro. Aveva una buona tecnica, il che era comprensibile se, come sospettava Aldred, la ragazza era stata addestrata da Khalar Darkblade.

«Allora, vuoi arrenderti o no?» la sentì dire all’avversario, il quale, a differenza di lei, aveva già il fiato corto, nonostante tutti gli addestramenti sostenuti.

Aldred richiamò con un cenno l’ufficiale che si stava occupando della prova di Bryhn. «Deln, da quanto stanno andando avanti?» gli domandò, senza distogliere gli occhi dai duellanti.

«Da oltre venti minuti, comandante, senza sosta. E prima di questo scontro, la fanciulla ne aveva già sostenuto un altro.»

Aldred annuì. «Sembra fresca come se si fosse appena alzata dopo una buona nottata di riposo. Notevole, in effetti.»

«Notevole?» replicò l’altro. «Signore, oserei dire che è ben più che notevole.»

«Vuoi spiegarmi i motivi di questa tua opinione? Dopo tutto l’hai tenuta d’occhio per l’intera settimana.»

«Ebbene, comandante» iniziò Deln, «quello con cui sta lottando... mi correggo, quello che ha appena sconfitto» rettificò, giacché Bryhn aveva di fatto disarmato l’avversario, «è un allievo di 5° livello...»

Aldred sgranò gli occhi per un istante, prima di aggrottare nuovamente le sopracciglia. Il grado di avanzamento degli allievi nell’Accademia era strutturato su 7 livelli, in ordine decrescente, perciò gli allievi di 7° livello erano i novizi, quelli appena entrati, e quelli di 1° erano gli allievi ormai pronti ad ottenere la qualifica di guerrieri esperti.

«Ha già sconfitto tutti gli allievi di 6° livello...» aggiunse Deln sottovoce, con una nota di incredulità, malgrado l’avesse verificato con i propri occhi. «Quelli di 7°, com’è ovvio, li ha sbaragliati in un niente...»

Aldred rimase in silenzio, scrutando la ragazza, che osservava con aria quasi imbronciata coloro che avrebbero dovuto essere i suoi successivi compagni di allenamento, come se non li reputasse alla sua altezza. Per dirla tutta, non li considerava davvero alla sua altezza.

Il Primo Comandante fece un sorrisetto. Per quanto fosse brava, era giunto il momento di rimetterla in riga. «Bene. Deln... vai a chiamare Gart

E Gart fu chiamato. Solo che non fu trovato immediatamente.

Quando, appena un anno prima, quel giovane straniero dagli occhi neri come l’inferno era giunto all’Accademia, in molti avrebbero scommesso che, in capo a poco tempo, egli sarebbe giunto ad una posizione eccellente; e non avrebbero perso l’azzardo.

Nei corpo a corpo faceva stragi, con l’arco era imbattibile. Gli avversari armati di lancia, poi, se li mangiava per colazione. Era freddo, orgoglioso, ironico. In quella contorta e divertita danza che era il suo modo di combattere, il giovanotto, armato del miglior sadismo, sapeva distruggere sia fisicamente che psicologicamente un avversario. Erano molti gli allievi che, dopo aver sconsideratamente sfidato quel ragazzaccio, fuggivano a gambe levate dall’Accademia, ponderando improvvisamente la sfavillante possibilità di cambiare il proprio sogno di divenire un possente ed imbattibile guerriero con quello, forse più noioso ma di certo assai più tranquillo, d’essere il glorioso garzone d’un panettiere di provincia.

Gart non era un ragazzo come gli altri. La cosa era palese, sia dalla sua sovraumana forza, sia da quel barlume di follia che, ogni tanto, sembrava brillare nei suoi occhi, dando all’interlocutore la spiacevole sensazione di stare rischiando un gran brutto morso alla giugulare. In effetti, segreto che i compagni ed i maestri fortunatamente ignoravano, le origini di Gart risiedevano, da parte di padre, nell’oscura stirpe demoniaca.

Era stato proprio quel padre ad allevarlo, strappandolo dalle braccia di quella donna violentata che, nove mesi dopo, con dolorosi strilli nel mezzo di un bosco, lo aveva partorito. Era stato un esperimento, quello del demone, per verificare quanto potesse valere una creatura dal sangue misto di demone ed umano. Ovviamente, ne era stato deluso.

Gart certamente aveva molte particolarità in più rispetto agli esseri umani, ma ne aveva ereditate altrettante debolezze, che il padre seppe calorosamente disprezzare da subito, addestrandolo con una ferocia i cui segni ancora svettavano sulla pelle cotta dal sole del ragazzo. Inoltre, deludendo ulteriormente il genitore, il poveretto aveva ereditato anche alcuni difetti dei demoni, come l’incapacità di accedere a luoghi sacri, facendo rendere conto al demone d’aver figliato una creatura del tutto inutile. E portandolo alla decisione di abbandonarlo.

Aveva solo sedici anni in termini umani, quando, schiaffeggiato dalla delusione di quel mostro, Gart si ritrovò solo, in una città sconosciuta. Frustrato per il fallimento, eppure lieto per la libertà appena ottenuta, aveva vagato per il mondo, sino a che non era giunto a Lyraza, ed era entrato nell’Accademia. Lì aveva finalmente trovato degli insegnanti orgogliosi delle sue capacità, e dei compagni cui affezionarsi, con i quali combattere e scherzare. La parte demoniaca in lui, come avviene in questi sudici casi di miscuglio incontrollato, ancora non pulsava con troppa energia nelle sue vene, e Gart era ciò che appariva: un giovane straordinariamente dotato, con un perenne sorriso beffardo, sì, ma al contempo dannatamente carismatico. Un allievo dal carattere tremendamente strafottente, seguito con cieca fedeltà da tutti gli altri. E non solo da essi.

Per questo motivo Gart non fu immediatamente rintracciato: poiché si trovava imboscato nel solito nascondiglio, questa volta con una bionda fanciulla attaccata alle sue labbra come una ventosa, le mani di lui che sfioravano vogliose la pelle sotto la veste di lei.

«Ehm» azzardò il ragazzo di quinto livello, spedito a pedate per ritrovate l’allievo più dotato dell’Accademia, e assai ansioso di non interrompere lo spettacolo innanzi a sé. «Sai... Aldred ti cercherebbe...» azzardò, con il tono di chi osserva: “Guarda, sta per esplodere un vulcano, ma non preoccuparti, fai quello che devi fare con calma...”

«Aldred? Che vuole?» borbottò Gart, levando il capo dalla sua momentanea amante. Era una giovane che aveva trovato appena fuori della scuola, la quale non si era dimostrata affatto offesa dall’interesse di quel bel ragazzo dalla lunga chioma nera. Anzi.

«Non lo so. Cioè... C’è una ragazzina, una belva. Vuole che tu...»

Gart sbuffò, abbandonando la bionda e deludendola non poco. Si alzò, piegando il capo a destra ed a sinistra, esibendo un’espressione di piacere al sentire il rumore delle ossa. «Tocca fare tutto a me, in quest’Accademia» sussurrò divertito. A grandi passi, si avviò verso l’esterno, facendo un vago cenno verso il ragazzo e la sua ex amante. «Se volete divertirvi assieme, nulla in contrario» proclamò.

Gart si presentò al campo d’addestramento con fare quasi indolente. Aldred decise di sorvolare su quell’atteggiamento, almeno per ora, e si limitò a squadrarlo con severità, espressione che gli era fin troppo abituale. «Alla buon’ora» commentò seccamente. «Pensavo di dover organizzare una missione di ricerca per farti condurre qui...»

«Ero... trattenuto altrove» spiegò il ragazzo, spiando il maestro con un sorriso furbo. Rispettava Aldred, così come Aldred sapeva rispettare quella ribellione insita nel suo cuore: se lo avesse costretto ad una disciplina più ferrea, se gli avesse tarpato le ali, lui sarebbe fuggito. Senza ma e senza perché. Di insegnamenti sufficientemente severi ne aveva già ricevuti abbastanza nell’infanzia, grazie.

Il comandante sbuffò, decidendo di non insistere. Non era estraneo a certe voci che correvano su quello scapestrato, ma in fin dei conti, non aveva alcuna ragione per impedirgli di divertirsi. Era giovane, ne aveva tutti i diritti, e lui non era suo padre. «Ti ho chiamato per un motivo preciso» iniziò, indicando con un cenno del capo la ragazzina, alle prese con l’ennesimo avversario prossimo alla sconfitta. «È in gamba, molto, ma ha bisogno di una regolata. È un po’ troppo... arrogante.»

«Correggiamo il vino con altro vino?» ironizzò divertito lui, osservando con sicurezza la nuova arrivata. Era differente dalle altre donne che aveva conosciuto. Gart sapeva che, qualche volta, alle Accademie si presentavano anche delle fanciulle. Eppure, da che si trovava lì, non ne aveva mai vista una. Abituato a donzelle dalla pelle morbida e braccia esili, provò una specie di fascino verso l’esotico, rappresentato da quella ragazzina dal fisico sapientemente costruito e freddi occhi di guerriera. Estratta con ricercata lentezza la grande spada, le si fece incontro, salutandola con un cenno del capo. «Pare che io debba rimetterti in riga» spiegò con tutta la naturalezza del mondo. «Sei pronta?»

Lei scrollò le spalle, per nulla intimorita, anzi, vagamente infastidita dal tono supponente di quel giovane. «Certo che sì» ribatté, in tono distaccato. «Ma spero che tu riesca a durare un po’ più di tutti quegli altri.»

«La cosa è reciproca» ammise Gart, attaccandola. Lei si mosse, veloce come pochi altri, evitando il suo assalto. Ed era proprio ciò che lui desiderava: si volse di scatto, incastrando la propria lama contro quella di lei, e dovendo far leva con più forza del previsto, riuscì a giocare con essa, facendola saltare dalla salda presa della guerriera. E volare pacificamente nella sua mano libera.

Il tutto era durato pochi secondi; secondi nei quali, pur sconfiggendola, lui aveva saputo intuire l’alto potenziale della fanciulla. Le puntò contro entrambe le spade, sollevando appena un sopracciglio che contornò uno sguardo di puro divertimento.

Gli occhi azzurri di Bryhn rispecchiavano tutto il suo stupore. Non le era mai successo, non ancora per lo meno, di subire una sconfitta così rapida e inesorabile, schiacciante. Tuttavia, la sua espressione si mutò subito in uno sguardo quasi offeso, in parte per la sconfitta in sé e in parte per l’umiliazione di essere stata battuta davanti a tutti. Umiliazione aumentata a dismisura da quel luccichio beffardo e vagamente derisorio che scorgeva negli occhi neri dell’altro. Non disse una parola, limitandosi a fissarlo con occhi gelidi e furiosi.

«La fanciulla mi guarda male, capo.» Gart diede un urlo ad Aldred, non esattamente con il tono di chi si rivolge ad un rispettabile maestro. Fissò Bryhn e la luce che le brillava negli occhi. Oh, sì: era diversa dalle altre. Terribilmente diversa. «Vedi di migliorare» le consigliò, per una volta la voce riscaldata da un tono realmente sincero. «Anche se non potrai mai battermi!» Scadde nuovamente nello scherno, poco prima di voltarle le spalle e sparire nella bolgia di spettatori che li attorniavano.

Aldred lo guardò, con la rassegnazione nello sguardo corrucciato. Quel ragazzo era veramente impossibile. Il comandante non chiedeva poi molto nel desiderare che almeno davanti agli altri fingesse di rispettarlo! Non si era mai sposato e non aveva mai avuto figli, ma se ne avesse avuto uno come Gart, Aldred era certo che sarebbe caduto in una crisi di nervi ben prima di raggiungere i trent'anni.

Tornò ad osservare Bryhn. La ragazza non aveva ancora distolto gli occhi, gelidi laghi di ghiaccio, dal punto in cui era scomparso Gart. Se gli sguardi avessero la capacità di uccidere, senza dubbio Aldred si sarebbe ritrovato defraudato del miglior allievo dell’Accademia. I ragazzi che si trovarono sulla traiettoria di quello sguardo furono scossi da un brivido, e non era certo di freddo, dal momento che era primavera inoltrata.

Aldred sospirò. “Prevedo guai... molti guai... pensò, certo che la pace dell’Accademia sarebbe stata sconvolta dalla compresenza di due tempeste come Gart e Bryhn.





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Ed eccoci al secondo capitolo. Non male, come primo incontro, vero? ^__^

E andrà sempre peggio, siatene certi! ^.^

Intanto noi attendiamo commenti. Bye. ^__^

Mikoru e Maura85

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Capitolo 3
*** Il Proposito di Gart ***


Come s’è visto, all’allievo le affezionate appartenenti al genere femminile non mancavano certo: eppure non aveva mai perso pi

Come s’è visto, all’allievo le affezionate appartenenti al genere femminile non mancavano certo: eppure non aveva mai perso più di una mezz’ora per “innamorarsi” e condividere piacevoli sensazioni con una di esse. Mai si era attardato a spiarle, con un sorriso beffardo stampato sul volto; mai gli era parso logico sedersi anziché allenarsi, solo per osservare non tanto le belle forme in movimento, avvolte da una semplice camiciola e da dei pantaloni, quanto i miglioramenti di una femmina in addestramento.

Eppure proprio ciò faceva. Osservava Bryhn con occhi quasi famelici, che divoravano ogni particolare di quella ragazza tanto differente dalle altre. Bryhn non rideva delle sue battute, con quel suono argentino caratteristico delle donne: lei lo malediceva con lo sguardo ogni volta che s’azzardava a scherzare. E non lo osservava ammirata, quando ribatteva con strafottenza ad Aldred, anzi, sembrava augurargli la peggior morte e le peggiori pene dell’inferno. Insomma, era adorabile. Gartiamente parlando, è logico.

Anche quel giorno la osservava, mentre, nello spiazzo abbandonato dagli altri allievi sfiancati dalla solita, terribile giornata di allenamenti, persisteva nel brandire la sua arma, con una ferocia simile a certe fiere di montagna, ferite eppure pronte a morire combattendo. Il sole calava, rossastra sfera che illuminava l’Accademia, e Gart decise che era infine giunto il momento di fare la propria mossa.

Scese agilmente dal tronco ove aveva trovato una comoda visuale e avanzò con sicurezza verso la ragazzina. Notò parecchi errori d’inesperienza nel modo in cui lei muoveva quella lunga spada, ma non era quello il momento per farglieli notare. V’era altro che desiderava dirle. La raggiunse, in silenzio. Si fermò, non osando interrompere l’armonico movimento del suo sfrenato allenamento, come sempre gustandola con gli occhi. Era così diversa, Bryhn. E la voleva.

Lei non diede segno di averlo notato. Né uno sguardo fugace né un calo di attenzione nelle proprie mosse. Nulla. Continuò imperterrita a maneggiare quell’arma, una spada lunga ad una mano e mezza, a cui non si era ancora del tutto abituata. Del resto l’aveva presa in mano soltanto il giorno precedente. Questo perché Aldred le aveva permesso, se ne aveva voglia, di allenarsi da sola con qualsiasi arma desiderasse, al di fuori degli orari di addestramento con i maestri. Anche se non l’aveva dimostrato troppo apertamente, Bryhn aveva accolto quell’offerta con gioia. In tutta onestà, non le andava giù di dover essere costretta a sostenere gli allenamenti di base insieme agli altri allievi di 7° livello, tutti inevitabilmente più scarsi di lei.

Ormai era da un mese che si trovava nell’Accademia di Lyraza, accolta a pieno titolo come allieva. Però Aldred era stato categorico: avrebbe fatto il suo percorso formativo esattamente come tutti gli altri allievi, né più né meno, a partire quindi dal 1° livello. In compenso le aveva fatto quella piccola concessione, giusto una settimana prima, essendosi accorto del forte disagio della ragazza. E poiché Aldred non era un orco senza pietà, aveva deciso di andarle un poco incontro.

Bryhn stava andando avanti da quasi un’ora ed era stanca, molto, ma insisteva caparbiamente, malgrado si sentisse il braccio destro ormai indolenzito. Infine si fermò, con il fiato corto, e si voltò verso Gart, gli occhi azzurri che mandavano lampi. «Non hai proprio nulla da fare, tu?» sibilò infastidita. Si era accorta di lui, eccome. Difficile non farlo, visto che la sua presenza, anche se silenziosa e quasi invisibile, la percepiva così come il suo naso percepiva l’odore di un bel mucchio di escrementi freschi di cavallo. E la schifava allo stesso modo.

«Uhm, sì» riconobbe lui, «ma non ne ho voglia.» Aveva di nuovo arricciato il naso! Ah, che cosina meravigliosa, era quella ragazzaccia. Arricciava il naso ogni volta che lo vedeva, come un’innamorata che sorride orgogliosa ogni volta che posa gli occhi sul suo uomo. Beh, non proprio così, si corresse mentalmente il giovane. Però, sostituendo l’amore con il disprezzo più profondo, era una cosa simile.

Gart osservò divertito l’errata presa di lei, intuendo che quella spada, così come l’ascia che maneggiava due sere prima, e l’arco della sera ancora prima, fosse il risultato di un permesso speciale di Aldred. Anche il maturo maestro, a modo suo, aveva preso in simpatia la ragazzina. Però, che cavolo, avrebbe anche potuto fornirle un maestro, assieme a quella svariata scelta di armamento. A che scopo piazzargliele in mano, senza i rudimenti di base?

Bryhn s’irritò ulteriormente, e la cosa risultò palese dall’improvviso contrarsi della mascella. Era un segnale di pericolo, come avevano già imparato perfettamente tutti gli altri allievi dell’Accademia, i quali per fortuna non avevano mai dovuto sperimentarne gli effetti, anche perché normalmente quella collera omicida non era mai rivolta a loro. Di solito il bersaglio, peraltro intoccabile in modo fisico, era sempre lo stesso: Gart.

La ragazza lo fissò con la stessa faccia disgustata e infuriata con cui avrebbe potuto fissare un mostro di palude che stesse cercando di aggredirla. Per questo motivo molte ragazze l’avrebbero ritenuta pazza, ma da parte sua Bryhn riteneva che chi trovasse simpatico Gart fosse un povero idiota senza possibilità di recupero. Rimpianse di non avere una maggior manovrabilità di quella spada bastarda, perché l’avrebbe usata davvero volentieri. Oh, non l’avrebbe certo ucciso, non lo odiava fino a quel punto. Ma un graffietto, qualunque cosa, purché fosse un segno tangibile ed evidente, a perenne monito del fatto che non lo sopportava e che lo voleva il più lontano possibile da lei.

Decise di non sprecare altro fiato con lui e gli voltò le spalle, per raggiungere la sala dell’armeria e rimettere a posto la spada nella rastrelliera. Era parecchio precisa, in quel compito, e in questo Aldred non aveva proprio nulla da eccepire, poiché lui era decisamente pignolo al riguardo: dopo l’utilizzo le armi andavano rimesse al loro posto.

Come il gatto stuzzicato dall’inutile fuga del topo, Gart la osservò dirigersi in armeria. Era così prevedibile, la piccola Bryhn: allenamento all’esterno fino a sputare sangue, breve ma incisivo contatto con l’acqua nei bagni per ripulirsi del sudore e della polvere e, infine, frugale cena consumata in un angolo della mensa. Poteva ritrovarla in uno qualsiasi tre luoghi. Però, chissà perché, scelse proprio i bagni. Chissà perché. Non disse nulla, avviandosi verso una speciale sorpresa per la fanciulla.



Ciao a tutti! ^__^

Rowina, grazie per la recensione! Fa sempre piacere ricevere le opinioni altrui, siano essi complimenti o critiche. In entrambi i casi stimolano a migliorare.

E noi speriamo di poter migliorare man mano che scriviamo.

La storia è ancora all’inizio, ma sveleremo ogni aspetto dei personaggi con l’evolversi della trama.

Saluti al prossimo capitolo, che arriverà fra breve. ^_^

Mikoru&Maura85

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Capitolo 4
*** Un bagno poco rilassante - I ***


Sistemata la spada come di dovere, la mora fanciulla si diresse come di consueto verso la struttura che ospitava i bagni

Sistemata la spada come di dovere, la mora fanciulla si diresse come di consueto verso la struttura che ospitava i bagni. Erano molto spartani, nel modo in cui si conveniva in un’Accademia militare, però erano sempre puliti, cosa che Bryhn apprezzava particolarmente. Le vasche erano più basse rispetto alla pavimentazione, con una sorta di gradino che correva al di sotto del bordo lungo tutte le pareti delle vasche stesse, per permettere di entrarvi più agevolmente e per sedersi. Le cisterne erano di forma rettangolare, abbastanza grandi per permettere agli allievi di lavarsi a gruppi di più persone anziché uno alla volta, costringendo gli altri ad attese vane ed infinite. Era senz’altro una cosa utile. E questo spiegava per quale motivo Bryhn era sempre l’ultima a lavarsi, anche se, indubbiamente, i suoi compagni di addestramento non si sarebbero dispiaciuti della sua presenza...

Con calma, la ragazza aprì il grosso rubinetto di una delle vasche e rimase per qualche istante ad osservare il getto d’acqua che ne scrosciò fuori, precipitandosi nella conca con un sordo rumore. Poi, intanto che quella si riempiva, andò a prendere un pezzo di sapone, ponendolo vicino al bordo e infine iniziò a spogliarsi. Si liberò degli stivali, della tunica, della biancheria, e buttò tutto a terra, con noncuranza. Attese ancora qualche minuto che l’acqua raggiungesse un’altezza appropriata, dopodiché vi entrò senza esitazioni.

Rabbrividì involontariamente al contatto dell’acqua fredda contro la sua pelle sudata e ancora accaldata, ma in breve si adattò a quello sbalzo di temperatura. Dopotutto non era certo una novità, per lei, abituata com’era a farsi il bagno nel fiume, quando ancora viveva nel suo villaggio. Si sedette sul gradone della vasca, appoggiando la schiena e reclinando il capo sul bordo, con aria soddisfatta e finalmente rilassata, ora che Gart non era più tra i piedi.

Invece Gart c’era eccome, tra i piedi. Celato come solo lui sapeva celarsi, assistette con un sorriso bramoso alla svestizione della guerriera, alle sue forme scolpite che s’immergevano placidamente nell’acqua. La vide rilassarsi. I suoi lineamenti si distesero, non più dura maschera di allieva, ma semplice sorriso di fanciulla. Era un’alternanza ipnotica, che lo calamitò ancora di più.

«Buona serata a te» salutò, più tranquillo che mai. Fischiettando un allegro motivetto, uscì allo scoperto e prese a spogliarsi, manco fosse davanti ai suoi commilitoni.

Se quello era uno scherzo, era davvero di cattivo gusto. Decisamente pessimo. Bryhn spalancò di colpo gli occhi ed ebbe uno scatto tanto improvviso che scivolò con la testa nell’acqua. Risollevandola fuori e sputando spruzzi misti ad imprecazioni, si ritrovò a guardare quello che lei sperava ardentemente fosse un incubo. Gart. Nei bagni. E si stava spogliando. Ma, quel che era peggio, lei era lì, nuda e impossibilitata a muoversi a causa dello stupore.

«Tu...» riuscì ad esalare, ma in quell’unica parola fu in grado di esprimere tutto il disgusto e l’antipatia che provava per Gart. Cercò di appiattirsi contro la parete della vasca, per quanto le era consentito dal gradone che lo contornava poco sotto e che lei si trovò ad odiare. «Cosa... cosa... COSA CI FAI QUI?!» proruppe infine.

«Un bagno» rispose placidamente il ragazzo, levando una maglia color ruggine. «Tu anche, suppongo» fece, passando all’allacciatura dei pantaloni. «Non ci sono problemi, vero?» s’incuriosì infine, facendo calare anche le braghe.

No, non era un incubo. Era molto peggio! Non di rado lo shock provoca la strana reazione di non riuscire a distogliere lo sguardo dalla causa scatenante, e in questo caso la povera Bryhn non riuscì a levare gli occhi da Gart che si spogliava. Tuttavia, per quanto assurdo possa sembrare, ciò che stava fissando non le provocò alcuna reazione. Forse perché in realtà non lo vedeva, troppo sconvolta dall’accaduto. Perciò la visione di quel corpo giovane e attraente, muscoloso al punto giusto e in perfetta forma, dal colorito abbronzato, non le fece provare assolutamente nulla.

Fu solo quando i pantaloni scivolarono a terra che Bryhn si riscosse, rendendosi conto che sotto di essi Gart non aveva altro. Si voltò di scatto, imbarazzata e sempre più furiosa, maledicendo mentalmente il giovane in ogni modo possibile. «Sì che ce sono!» esclamò con voce acuta, rispondendo alla sua ultima domanda. «Fammi il favore di andartene, subito, e di farmi finire il bagno!!»

«Ma anche io mi devo lavare» spiegò pazientemente lui, con il tono di chi si rivolge ad una bambina di sei anni appena. «Non vuoi mica che mi tenga addosso questo sporco, vero?»

Con un esagerato sospiro di piacere, s’immerse, facendo alzare il livello dell’acqua. Imitando volutamente Bryhn, reclinò il capo all’indietro, consapevole che lei avrebbe potuto cercare di strozzarlo. Forse speranzoso del fatto che lei gli si gettasse addosso.

Ma contrariamente ai suoi desideri, la ragazza si allontanò il più possibile da lui, dardeggiandogli occhiate ben più che assassine. Bryhn si portò in uno degli angoli della vasca, sullo stesso lato di Gart per offrirgli meno opportunità di visuale, e si rannicchiò sul gradone, cercando di coprire più che poteva le sue forme invero non particolarmente prosperose né armoniose. «Per quanto mi riguarda potresti anche soffocarci, nel tuo lerciume!» ringhiò. «Mi renderesti quanto mai felice!»

«Che caratteraccio!» sbuffò il guerriero più divertito che mai. «Che insolenza! E io che ero venuto per proporti il mio aiuto...» Allargò le braccia, accomodandosi sul bordo e badando bene, al contrario di lei, di fornire la visuale migliore all’altra occupante della vasca.

«Aiuto?!» ripeté Bryhn, allibita, e subito dopo voltò ostentatamente il capo dalla parte opposta, trovandosi costretta ad osservare la parete. «E che aiuto vorresti darmi, tu?» Ancora una volta, da quell’unica sillaba emerse un disprezzo particolarmente palpabile. «Forse a diventare un’insopportabile, boriosa, arrogante, fastidiosissima seccatrice?! Chi meglio di te?!»

«È vero, io sono imbattibile» ammise con un gesto orgoglioso, realmente felice di quelli che, inevitabilmente, aveva classificato come dolci e zuccherosi complimenti. «Però, volendo, potrei trovare qualche ora al giorno per aiutarti a non sventolare inutilmente spade o asce...» propose, colpendola in contropiede nel suo unico punto debole.

Lo sguardo di Bryhn si fece, se possibile, ancor più furibondo. Gart non poteva vederlo, logico, ma di sicuro l’avrebbe trovato straordinariamente attraente. «Preferirei rimanere in compagnia di un troll per un anno, piuttosto che trascorrere anche un solo minuto con TE!» rispose a denti stretti. “Maledizione!! Lo odio, lo odio! LO ODIO!! Non posso nemmeno uscire da qui!!”

«Va bene. Vediamo per quanto tempo starai a bagno con me. È un buon parametro di valutazione, no?» Lui alzò il capo, osservandola di sottecchi, e godendo di quello sguardo furioso. «Ah, che sorpresa...» sospirò. «Ero convinto che volessi migliorare, e invece... una delusione.» Si passò una mano bagnata sul volto, rinfrescandolo.

“Quanto lo detesto! Per tutti gli Dèi, non lo sopporto!!” «Non ho bisogno di te per migliorare!» ribadì Bryhn con asprezza. Non ne poteva più, voleva soltanto uscire fuori da quella vasca e andarsene al riparo nella sua stanzetta. D’altro canto si vergognava oltre ogni dire all’idea che lui potesse vederla del tutto senza veli. Almeno lì aveva la copertura, seppur parziale, dell’acqua, che offriva una visione distorta e confusa. Ignorava di essere già stata vista.

Gart le sorrise con fare strafottente, e non si mosse. Non si sarebbe mosso sino a che lei non avesse accettato la sua offerta. Sapeva essere testardo, sì.

Bryhn lo comprese e si preparò a fare del suo meglio per sostenere quella che prometteva d’essere una lunga, estenuante e logorante guerra di nervi. Peccato che i suoi fossero già prossimi a cedere.

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Che succederà? ^__^

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Capitolo 5
*** Un bagno poco rilassante - II ***


I minuti iniziarono a susseguirsi con una lentezza esasperante

I minuti iniziarono a susseguirsi con una lentezza esasperante. Gart continuava a crogiolarsi nell’acqua, placidamente sfrontato, con quel sorrisino che Bryhn gli avrebbe volentieri cancellato con un bel pugno. Solo che per farlo avrebbe dovuto avvicinarsi a lui, e questo era fuori discussione. Sarebbe rimasta lì, a costo di far raggrinzire la pelle per l’eccessiva permanenza nell’acqua. E dire che l’unica cosa che desiderava era lavarsi in santa pace. Per quale motivo... per quale stramaledetto motivo Gart doveva sempre darle fastidio?!

«La, la, la...» canticchiò beatamente lui. «Le fanciulle tornan dai campi / fra esse io saprò / che la mia sposa sceglierò...» Oddèi, quanto adorava farla uscire di testa. Osservò divertito le scintille di follia omicida che sprizzavano dai suoi occhi, e si sentì seriamente intelligente.

Bryhn tentò disperatamente di escludere quel suono, di isolarsi, ma era assai difficile, considerando il silenzio che regnava nei bagni e che riverberava come niente ogni minimo rumore. La ragazza stava per perdere il controllo. Ogni suo muscolo, ogni suo nervo erano tesi nello sforzo sovrumano di non cedere all’evidente provocazione di quel bifolco. Non lo guardava, non una volta aveva girato gli occhi verso di lui, eppure ne percepiva la presenza con un’intensità incredibilmente fastidiosa. Anche senza osservarlo, ne vedeva quel dannatissimo sorrisetto sardonico che la mandava fuori dai gangheri. E anche con la sola immaginazione si sentì prendere dalla rabbia. Fremeva, dentro l’acqua, e non soltanto per la collera, oramai. Il fatto di dover restare immobile le faceva sentire ancora di più la temperatura fredda dell’acqua.

«E là / nell’azzurro del cielo brillerà / l’amor puro e sincero / che troverò solerte / nelle sue gambe aperte...» Gart adorava cantare. No, siamo precisi: adorava cantare in una vasca da bagno e consapevole degli istinti omicidi di Bryhn. Ecco, così sì che adorava cantare. Proseguì la nenia: «Amor mio perduto / così ti saluto / Non piangerò / ed un’altra troverò...»

Bryhn, ormai sul punto di esplodere, girò appena la testa verso di lui. «Hai intenzione di proseguire questo strazio ancora per molto?» domandò, con un tono di voce pericolosamente piatto.

Lui si limitò a scoccarle un’occhiata e un sorrisetto, come a dire: «Certo che sì!»

A quel punto, Bryhn perse la calma. Si alzò di scatto, per puro istinto, in piedi sul gradone della vasca su cui stava rannicchiata. «VUOI FARLA FINITA?!» sbraitò, arrossata in viso per la collera. «Non ti sopporto più, accidenti!! Possibile che non sono libera nemmeno di fare un bagno senza essere perseguitata da te?!» Solo allora si rese conto della situazione. Forse fu lo sguardo di lui, pericolosamente simile a quello di un lupo affamato di fronte ad una tenera pecorella, che le fece ricordare di essere nuda. Ripiombò di botto nell’acqua, ancora più rossa in volto per la vergogna. «Maledizione! Maledizione! Maledizione!» ripeté in tono querulo.

Gart fece dei seri sforzi per non ridere. Davvero, ci provò. Ma infine, purtroppo per lui, cedette, scoppiando in una roca risata che rimbombò negli spazi vuoti dei bagni.

«Non capisco cosa tu abbia da vergognarti» disse, osservandola con sguardo a dir poco preoccupante. «Da quel che ho visto, non hai difetti da celare con così tanta insistenza...»

L’umiliazione per Bryhn si stava facendo a dir poco eccessiva. Gli occhi le pungevano a causa di inopportune lacrime di rabbia che premevano per uscire. Sapeva essere sfrontata, sì, ma non al punto di sorvolare sul fatto che un uomo l’aveva vista nuda. E non un uomo qualsiasi, bensì quell’impossibile, arrogante, supponente, insopportabile individuo che era Gart!

E il modo in cui la guardava! “Basta!” Non poteva più sostenere quella tensione, aveva i nervi a fior di pelle. Decise di andarsene. Per farlo sarebbe dovuta uscire dall’acqua e rimanere esposta allo sguardo di Gart, ma tanto ormai il danno era stato fatto. Si rialzò di colpo e si sollevò sul bordo della vasca, muovendosi il più rapidamente possibile. Si mise in piedi e si mosse per correre a recuperare i suoi abiti.

Mossa prevedibile, per sua sfortuna.

Simile ad un coccodrillo che, dopo ore di spietata attesa, concentra tutte le sue energie nell’unico attacco che gli è concesso, così Gart, cupamente giocoso, scattò, spruzzando d’acqua l’ambiente circostante. Le piombò davanti, il corpo perfetto, lussurioso, che cinse a sé quello altrettanto attraente di Bryhn.

«Dove vuoi andare?» sussurrò, così vicino al suo volto da inumidirlo ulteriormente con le piccole gocce che grondavano dai capelli scomposti.

Raramente Bryhn era rimasta talmente stupefatta da non riuscire a reagire nel volgere di pochi istanti. Anzi, a dire il vero non le era mai accaduto. Ma come si suole dire, c’è sempre una prima volta per tutto. In quella situazione a dir poco assurda, e pure preoccupante, Bryhn si irrigidì come una statua di marmo, con gli occhi spalancati che riflettevano un misto di stupore e di ira crescente.

«Lasciami!» esclamò in tono acuto, cercando di liberarsi dalla sua presa. «Hai capito?!»

Gart aveva capito, sì. Aveva capito benissimo l’ordine; ma, come sempre, decise di non obbedire affatto. Anzi. Desiderava quella donna, più che mille altre messe insieme. Se ne rese ancor più conto in quell’istante, sentendo il flettersi rabbioso dei muscoli sotto i suoi polpastrelli, avvertendo la sua meravigliosa rabbia galoppante, assaporandone il respiro, caldo come quello d’un irato drago in procinto di ridurre a carne cotta il cavaliere che l’ha sfidato.

«Ti ho detto di la...»

Andò incontro a quel fiato, scendendo verso le sue labbra, che toccò con le proprie in un bacio selvatico. Bacio nel quale non permise l’intromissione della lingua: fosse mai che al drago venisse voglia di mordere...

Nel giro di mezzo minuto Bryhn si trovò a replicare quella fastidiosa, fastidiosissima sensazione di immobilità, quell’odiosa incapacità di reagire in qualsivoglia modo. Non male, come primato. Dilatò ulteriormente gli occhi chiari, e a quel punto affermare che era furibonda sarebbe stato un puro eufemismo. Tuttavia non era in grado di muoversi, congelata dallo shock. Restò ferma mentre Gart la baciava. Se si fosse limitato solo a quello... difatti la strinse di più a sé, dandole la non richiesta possibilità di avvertire fin troppo bene la compattezza dei suoi pettorali scolpiti contro il seno, e anche...

Bryhn avvampò ulteriormente d’imbarazzo. Quell’organo che denotava l’appartenenza di Gart al genere maschile, infatti, lungi dal trovarsi nella sua posizione di riposo, si trovava ora a premere con una certa decisione contro l’inguine della ragazza.

Fu la classica goccia che fa traboccare il vaso. Anche se nel caso specifico era probabile che si verificasse un alluvione.

Bryhn si riscosse di colpo e tirò indietro la testa, sottraendo la propria bocca a quella di Gart. «TU!!» sputò con furia, il volto a pochi centimetri da quello di lui. «Miserabile... schifoso... brutto... brutto...» esitò, non rinvenendo un insulto abbastanza offensivo. «PORCO!!» sbottò alla fine, molto banalmente, facendo sforzi continui per togliersi dalle sue braccia.

Gart la strinse ulteriormente, avvolgendola. Non gli sarebbe sfuggita, assolutamente. Era così dannatamente eccitante, mentre si dibatteva contro di lui. Tornò a baciarla, non più sulla bocca, bensì ai lati del volto, scendendo adagio per l’umida via che era la pelle del suo collo, simile ad un vampiro appassionato.

La sensazione di avere un fuoco che le bruciava dentro aumentò considerevolmente. Bryhn iniziò a maledire, oltre che Gart, anche se stessa. Il proprio corpo, per la precisione. Sì, il suo stesso corpo che, al contrario della mente che rifiutava la sola idea di un contatto tanto ravvicinato con Gart, sembrava invece apprezzare tale vicinanza. Se fosse stato dotato di volontà propria, quasi certamente il suddetto corpo avrebbe offerto una resa incondizionata a quell’assalto. Però a comandare era la mente, e questa la pensava esattamente all’opposto.

Per dirla in breve, Bryhn si trovava in una gran brutta situazione. «Sme... smettila...» gemette, insultandosi per aver permesso alla propria voce di suonare così debole. «Sei un odioso bastardo! Perché mi fai questo? Cosa vuoi da me?!»

Gart non staccò le labbra dalla sua pelle, assaporandola come se fosse un delizioso frutto estivo. «Voglio semplicemente te» rispose, risalendo sino ai lobi, stuzzicandoli, e tornando alle sue labbra. Non sapeva nulla della lotta interna tra il corpo e il cervello della donna, eppure fu come se, inconsciamente, irrazionalmente, l’avvertisse, spingendolo a divorarla quasi, premendola a sé.

All’improvviso, così inaspettato da coglierla di sorpresa, Bryhn pianse. Nemmeno ricordava quando l’aveva fatto l’ultima volta. Forse due anni prima, quando Khalar se n’era andato, con la promessa di tornare, se gli fosse stato possibile. Sì, era stato allora. E adesso piangeva nuovamente. Perché si sentiva umiliata, sconfitta e spaventata. Con se stessa poteva ammetterlo in onestà: aveva paura di quello che Gart poteva farle, ora che l’aveva in suo potere. E lei non era né era stata in grado di ribellarsi. Non c’era che dire, proprio una gran guerriera! Neppure capace di proteggersi da un uomo disarmato.

Ora lo odiava ancora di più.

In ogni caso, se l’avesse colpito con un calcio ben piazzato nei gioielli di famiglia, non gli avrebbe fatto più male.

Gart, resosi conto delle lacrime che avevano preso a scorrerle sul volto, sollevò di scatto il proprio, fissandola con sorpresa. Aprì la bocca, forse per parlare, ma da essa non uscì alcun suono.

Questa era una cosa imprevista. Di tutte le ragazze che aveva avuto, di tutte quelle che aveva attratto a sé, baciato, amato... nessuna aveva avuto quella reazione! Rimase ad osservarla come un bambino sorpreso dall’esistenza dell’acqua calda. Le dita gli si schiusero inconsapevolmente, abbandonando la presa su di lei.

Bryhn arretrò di un passo, fissandolo con gli occhi ancora lacrimanti e lucenti di rabbia, poi il viso le si contrasse in una smorfia di disgusto e disprezzo. Lo superò senza una parola, raggiungendo il mucchietto dei propri abiti e rimettendoseli in fretta, alla meno peggio. Lui non si mosse. Bryhn finì di rivestirsi e solo allora si voltò di nuovo verso il giovane. «Grazie per avermi rovinato la serata» mormorò, più fredda del ghiaccio stesso. Detto ciò, s’incamminò lentamente verso la porta.

Gart rimase immobile, nudo, osservando l’uscita dei bagni. Cos’era successo? Cosa accidenti era successo? Perché quella stupida si era messa a piangere? Perché il suo ultimo sguardo non lo aveva più riempito di divertita eccitazione? E perché, accidenti a tutti gli dèi, sentiva come il peso di un sacco di letame gravare sul suo cuore?

Raccolse anch’egli i propri abiti e si avviò all’uscita.

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Che ve ne pare? ^^

Ovviamente la storia è ben lontana dall’essere conclusa. ^^

Si accettano commenti, consigli, ecc... ^__^

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Capitolo 6
*** Lezioni Supplementari - I ***


Dopo l’incidente nei bagni, se così si poteva definire, trascorse una decina di giorni, ciascuno scandito dalla consueta alter

Dopo l’incidente nei bagni, se così si poteva definire, trascorse una decina di giorni, ciascuno scandito dalla consueta alternanza di lezioni teoriche e allenamenti pratici, duelli dimostrativi, prove per verificare l’apprendimento degli allievi, e così via. Non vi era nulla di diverso dal solito, tranne una cosa: agli occhi di tutti, Bryhn pareva nettamente più incattivita nei confronti di Gart. Ogni volta che le passava nelle vicinanze lo squadrava con un’espressione che a malapena si poteva definire omicida. Ovviamente, nessuno era al corrente del motivo. Forse perché l’unica presenza femminile lì dentro era la stessa Bryhn, e quindi mancava la base materiale per l’apprendimento e la conseguente diffusione di certi eventi.

Fatto stava che da quel giorno la giovane evitò ancora di più l’altro, e per riflesso si trovò a stringere maggiori rapporti con gli altri camerati. Malgrado il carattere tendenzialmente schivo, Bryhn gradiva la compagnia altrui, ed era anche ben disposta a scherzare e divertirsi. Certo, quando si trattava di allenarsi e lottare, allora tornava a farsi sentire l’arroganza, ma c’era da dire che era molto, molto meno evidente rispetto ai primi tempi. In effetti, la lezione infertale da Gart quel giorno le era servita.

Aldred continuava a seguire i progressi della ragazza, pur non avendole rivolto più attenzione che agli altri allievi. E, nel contempo, in modo molto umano, era curioso sugli sviluppi del rapporto parecchio bellicoso che lei aveva con Gart. Era un vero peccato che non andassero d’accordo, visto che lui era il migliore allievo dell’Accademia e lei era sulla buona strada per divenirla a sua volta. Ora si chiedeva cosa potesse essere accaduto per deteriorare maggiormente un rapporto che peggio di così non poteva andare. O meglio, si domandava cosa Gart avesse fatto a Bryhn...

E, parlando onestamente, forse era meglio che ne fosse all’oscuro.

Quella sera una tiepida sera sul finire del Mese dei Fuochi*, Bryhn era rimasta nel campo d’addestramento per i suoi soliti allenamenti privati. A dire il vero li aveva interrotti per qualche giorno, per una sorta di timore inespresso, ovvero che si potesse ripetere il fattaccio di oltre una settimana fa. Li aveva ripresi soltanto da tre giorni. Come sempre il suo sguardo era serio e concentrato, di tanto in tanto illuminato dai bagliori che il sole morente riverberava sulla lama della lunga spada impugnata dalla ragazza. I capelli neri, ora tagliati in un corto caschetto che le ricadeva sul viso in ciocche scomposte, erano trattenuti da una fascia sulla fronte. Gli occhi erano freddi e duri come pietre, e ogni tanto brillavano di uno strano lampo, come di collera.

Chiunque avesse scommesso che Bryhn stava immaginando di affettare Gart, non avrebbe perso.

Anche Gart immaginava sovente il volto di Bryhn, benché, in effetti, non esattamente nelle stesse circostanze.

Da quello che lui aveva chiaramente definito un incidente, pur riuscendo a tacitare quella cosina del tutto insignificante chiamata coscienza non s’era più avvicinato alla guerriera. Anzi. Per ragioni non molto chiare alla sua mente, ma certamente con piacevole assenso da parte del suo corpo, quella sua astinenza da contatti intimi con altre spensierate fanciulle si era improvvisamente interrotta, riportandolo al suo vecchio passatempo preferito. Con una piccola variante: di tutte le fanciulle che, quasi rabbiosamente, amava e possedeva, dalla più bella alla più gentile, non ve n’era una alla quale, inconsapevolmente, non sovrapponesse l’immagine di Bryhn.

Una persecuzione. Ecco cos’era.

E non riusciva a spiegarsela, quell’irruente allievo, che cercava conforto nel contatto con l’altro sesso e negli scherzi con gli amici, nel disperato tentativo di escludere Bryhn dai suoi pensieri. Che si vanificava, inesorabilmente, ogni volta che incrociava il suo sguardo da psicopatica con inclinazioni omicide.

Perché con lei non aveva funzionato? Funzionava con tutte, no? Le faceva sorridere, giocava paziente con loro, infine le agguantava. E tutte, dalla più mansueta alla più ribelle, non potevano far altro che cedere all’infuocato percorso delle sue labbra sui loro bellissimi corpi. E Bryhn, invece, che aveva fatto? Si era messa a piangere... come se lui l’avesse insultata, o ferita. Ma quando mai? Se c’era qualcuno che doveva fare delle scuse in quella storia – Gart ne era fermamente convinto – quello non era proprio lui. Nossignore. Non avrebbe mai, mai fatto il primo passo verso una parvenza di riconciliazione. Quella stupida poteva anche sognarselo.

A discapito di ogni logica, in capo a qualche giorno riuscì a contraddire questi e molti altri ragionamenti del suo esasperato orgoglio.

Li tradì quando, verso sera, si diresse in armeria, afferrando lo stesso tipo di spada che una Bryhn più determinata che mai stava usando per falciare la torrida aria del cortile. Li tradì, mentre i suoi piedi lo portavano verso di lei. Li tradì, quando il suo braccio, fermo, allungò la spada verso la ragazza, in un chiaro segno di sfida.

Sfida che lei accettò. Non senza scoccargli un’occhiata inceneritoria, ovvio. Però accettò, e questo perché, malgrado tutti i suoi propositi di evitare accuratamente la vicinanza di Gart, non sapeva resistere alla proposta di cimentarsi in un duello serio, anziché in un semplice allenamento. E con Gart il duello sarebbe stato più che serio, considerata la sua abilità. Era consapevole di essere inferiore al giovane, sia in tecnica sia in forza fisica, e tuttavia non aveva intenzione di tirarsi indietro. Avrebbe fatto del suo meglio, come sempre.

Si spostò indietro di un passo, le sopracciglia corrugate e le labbra imbronciate, senza distogliere gli occhi dai suoi, frammenti di cielo contro sprazzi di tenebra. Questa volta non andò all’assalto con l’incoscienza mostrata nel loro primo e unico duello. Con le gambe divaricate, una più avanti dell’altra, e il corpo leggermente voltato di lato, teneva l’elsa con entrambe le mani all’altezza del petto, la punta della lama rivolta al cielo. Poi scattò, rapida quanto un felino in caccia, e calò la spada in un colpo quasi orizzontale, con forza.

Gart parò con semplicità, scostandosi rapidamente di lato e, Bryhn non capì bene come, arrivando a puntarle la lama della spada ad un soffio dalla sua gola. La ritrasse aspramente, senza un commento o un sorriso beffardo, risistemandosi rapidamente in posizione di attacco.

«Non devi lasciare il fianco scoperto. Lo fai sempre» l’ammonì, attaccandola.

La ragazza parò a stento, respingendo la spada di Gart in modo tale da far scivolare la sua lama contro la propria, lateralmente, e poi balzò all’indietro. Anche se sapeva bene che aveva ragione, essere ripresa da lui la irritava enormemente.

«Grazie del suggerimento» ringhiò, assalendolo di nuovo. Peccato che la rabbia nei confronti dell’altro le stesse facendo perdere di nuovo la concentrazione, portandola quindi a muoversi con una certa mancanza di coordinazione. I suoi gesti si fecero più istintivi che calcolati, e benché in condizioni normali la cosa non le avrebbe procurato alcuno svantaggio, nel caso specifico era proprio il contrario. Questo perché Gart non era un avversario normale, e Bryhn ancora ignorava quanto poco lo fosse.

Non fu certamente gentile, quell’improvvisato maestro, anzi, si accanì maggiormente in rapidi, imprevedibili colpi, fermando ogni volta la lama della spada ad un filo da un punto vitale di lei, ed approfittando spudoratamente del sentimento di rabbia, che, montando progressivamente, disarticolava i movimenti della ragazza. Proseguì a lungo, quell’allenamento serale, in uno sprizzare di scintille e sudore. Gart la correggeva, secco, consapevole d’aver aperto l’unico canale di dialogo possibile con quella furia. Accoglieva i suoi attacchi, giocandovi con serietà, contrapponendovi infine i propri, comprendendo che non v’era l’effettivo bisogno di trattenere la propria forza: Bryhn era di poco al di sotto del suo livello; oltre che un’allieva tenace, sapeva dimostrarsi un’avversaria interessante.

Infine, quando il sole era già da tempo calato oltre le mura della città, quando per l’ennesima volta lei, chissà poi come, si ritrovò in ginocchio, la punta della spada di lui freddamente premuta in un punto imprecisato della sua schiena, tutto ciò ebbe improvvisamente fine.

«Cerchi troppa vicinanza con l’avversario. E questo ti tradisce» commentò Gart, finalmente ritraendo una volta per tutte la sua spada. Le diede le spalle, consapevole e nuovamente speranzoso che lei avrebbe potuto pensare di saltargli al collo per ucciderlo. Sarebbe stata una cosa molto divertente, voltarsi di scatto e placcare senza problemi anche un simile attacco: una faccenda assai virile, no? Sì, e magari lei ne sarebbe stata così impressionata da... Al solo pensarci, una specie di sorrisetto da maniaco patentato gli si dipinse sul volto, e fu una fortuna che Bryhn non potesse scorgerlo: non era esattamente l’espressione di un grand’uomo. «Inoltre, devi imparare a giocare più sporco» terminò, chissà come mantenendo un tono di voce adatto al contesto.

Non che la cosa fosse stata notata da Bryhn, visto che il suo maggior impegno, in quel momento, era osservarlo con il consueto sguardo rabbioso.

Gart l’abbandonò, dirigendosi verso l’armeria e riponendo la spada. Fare un bagno? Fu una cosa che rimandò decisamente al mattino dopo: non aveva voglia di altri... incidenti.

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Maura85: Vorrei precisare che Gart non è un decerebrato, ma un gran pezzo di figo! **

Mikoru: Sei di parte, la tua opinione non vale... ^^'

*equivale al nostro Maggio.

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Capitolo 7
*** Lezioni supplementari - II ***


La storia non finì lì

La storia non finì lì.

Ogni sera, quando, nella solitudine, Bryhn si concentrava su un’arma diversa, ecco che ad un certo punto appariva Gart, reggendo, di volta in volta, un’ascia, una spada lunga, una spada a due mani, oppure un martello da guerra. Senza una parola, ogni dannata sera lui assumeva la solita posizione d’attacco, invitandola alla sfida. Ed insegnandole la sottile arte del combattimento. Una lezione fatta di consigli da parte del ragazzo e di non meglio identificati ruggiti da parte della fanciulla. Poi la lasciava sola, andandosene senza una parola.

In un raro lampo di empatia, suppose che la cosa dovesse essere vagamente umiliante per la giovane allieva; e si augurò sinceramente che, oltre le stimolazioni atte a far ribollire il termometro emotivo etichettato come “Ucciderò Gart”, in lei riuscisse a giungere, sfondando quella fastidiosa barriera che Bryhn aveva eretto nei suoi confronti, anche una minima parte dei suoi insegnamenti. Non le sarebbero stati inutili.

Vi era un’arma che Bryhn, per una sua inconscia ma fondatissima idea, ancora non aveva prelevato dall’armeria: la daga, un corto spadino, una specie di grossolano stuzzicadenti capace di ribaltare il risultato di un corpo a corpo. I motivi per cui questo tipo di arma non l’aveva ancora attirata, si diceva, erano logici: tutti i nuovi allievi, per essere introdotti alla più complessa conoscenza della spada, venivano inizialmente eruditi di alcuni fondamenti del combattimento con daga. Per questo non la usava nei suoi allenamenti privati: era del tutto inutile allenarsi con una cosa di cui conosceva già la maggior parte delle tecniche, no? Eppure, nonostante fosse la prima ad essere maneggiata dagli allievi, quella della daga era la disciplina più complicata. Non era un caso che il suo uso venisse approfondito dal 3° livello né che il Maestro di Daga fosse definito Maestro dei Maestri: questo perché da uno scontro di daga si poteva forse uscire vincitori, ma non certo indenni. Insomma, il disinteresse di Bryhn era orientato verso un’arma tutt’altro che secondaria; e, in fondo, lei ne era consapevole.

In realtà, avendo la pazienza di scavare nella sua mente, non sarebbe stato difficile intravedere quello che, agli occhi di Bryhn, era il reale difetto della daga: corto, semplice strumento di blanda difesa e astuta offesa, doveva necessariamente essere utilizzato nel contesto di un corpo a corpo. Prevedendo con una minima possibilità di errore che Gart si sarebbe regolarmente presentato con la sua stessa arma... e prevedendo con possibilità di errore pari allo zero assoluto che lui sarebbe stato terribilmente lieto di uno stretto corpo a corpo, Bryhn aveva sempre lasciato prender polvere alle lucenti ma consunte daghe disposte nell’armeria.

Eppure quella sera, forse stufa nell’orgoglio di essere condizionata da quel borioso arrogante, forse nella coscienza consapevole che i suoi insegnamenti erano realmente preziosi, ella vide la sua mano muoversi di propria volontà, afferrando la ben poco elaborata elsa di una vecchia daga. La rigirò, come sempre affascinata dal sussurro di sangue che le lame sapevano emettere, nel silenzio assoluto.

«Ottima scelta.»

Bryhn fece un grosso, enorme, incommensurabile sforzo di volontà per non saltare come un coniglietto terrorizzato, al sentire il cupo suono di quella voce alle sue spalle. Gart, tranquillo come sempre, le venne vicino, afferrando a sua volta un’arma.

«La daga va utilizzata con entrambe le mani» commentò, facendola saltare da un palmo all’altro, gli occhi ostentatamente concentrati su di essa, come se anch’egli potesse udirne la sete di sangue. «Voglio vedere come te la cavi

Senza altri commenti si diresse all’esterno, consapevole che lei, nonostante tutto, l’avrebbe seguito. E così fu.

Gli uccelli che, al tramonto, volavano pigramente verso i loro nidi, ebbero la solita, noiosa visione del maschio e della femmina umani che, per l’ennesima volta, si fronteggiavano nella solitudine di quello spiazzo vuoto. Tuttavia i disinteressati volatili non erano i soli a spiarli.

Dall’alto della sua postazione favorita, l’elaborata finestra della biblioteca riservata ai maestri, Aldred osservò con un sorriso quella coppia di caparbi allievi, ancora una volta pronti ad apprendere l’una dall’altro. Vide Gart cambiare progressivamente guardia, saltellando da quella destra a quella sinistra, in una finta atta a distrarre l’avversario vecchia come il mondo, nella quale Bryhn ovviamente non cadde: avanzò rapidamente verso di lui, protendendo la mano armata e stringendo in un rabbioso pugno quella libera. Lui non si scompose, afferrando saldamente la prima e, evitando per un soffio il pugno della seconda, fece perno sul piede sinistro, poggiandosi il braccio dell’avversaria sulla spalla e tirandolo violentemente verso il basso. Un’azione complicata, che si risolse in pochi secondi con la ragazza che, adirata, si ritrovò nella polvere, la daga di Gart puntata in mezzo agli occhi. Emise il suo solito, sordo ringhio, divertendolo non poco, anche se ormai aveva imparato a non darlo a vedere: per motivi a lui ignoti, vederlo ridere era fonte di grave stress da parte di Bryhn. Bah, che stranezza, le donne: se avesse trovato un manuale su di loro, lo avrebbe pagato a peso d’oro.

Bryhn si rialzò, recuperando l’arma che, nella caduta, era stata costretta a lasciare.

«Non ho bisogno di dirti dove hai sbagliato» la informò Gart, consapevole che le sue parole avrebbero saputo colpire il bersaglio giusto. «È uno dei tuoi errori più tipici.» Non terminò neppure la frase, slanciandosi contro di lei. Bryhn attese quell’assalto, e ripeté il principio della difesa di lui, bloccandogli il polso della mano armata e, simultaneamente, afferrando il ferro della sua daga: il piano, spietato nella sua sanguinaria semplicità, sarebbe stato quello di torcere ferocemente il polso di Gart verso l’esterno, strappandogli il pugnale. Roba da procurargli una frattura multipla, ma questo era un dato che non intaccò minimamente la sensibilità della guerriera. Per propria fortuna, Gart seppe prevedere questo schema d’azione, al quale si oppose stringendo con la mano libera il polso destro di lei, facendo poi forza con entrambe le mani, incrociandole. Vi fu un momento di perfetto equilibrio tre le due forze, infine Bryhn fu scagliata nuovamente a terra, ma, si accorse forse con un minimo stupore, non era riuscito a disarmarla.

Questo le diede nuova forza, nuova sete di sofferenze fisiche inflitte al maledetto avversario, ad essere precisi. Avanzò rapidamente contro di lui, che, ansimante quanto lei ma divertito il doppio, consapevole del fatto che l’avversaria si aspettava una risposta elaborata, non fece altro che bloccare nuovamente il braccio armato, afferrandole la coscia destra, sbilanciandola e facendola cadere a terra. Le girò attorno, come una fiera, l’arma che ondeggiava verso di lei.

«Quando la smetterai di odiarmi e comincerai a combattere seriamente?» volle sapere, pronunciando le parole tra un respiro pesante e l’altro.

Bryhn rimase in silenzio ancora per qualche istante, respirando con affanno. Con sommo scorno, doveva riconoscere che Gart aveva ragione: lei si stava lasciando trascinare troppo dalla rabbia, anche se il fatto era comprensibile, visto che lui aveva la capacità di irritarla dopo meno di un decimo di secondo che le compariva davanti. Gli lanciò uno sguardo risentito e infuriato, come da copione, poi si mise in ginocchio e si rialzò a fatica.

«Smetterò di odiarti quando il sole sorgerà ad occidente...» bofonchiò. «Però non ho intenzione di aspettare inutilmente anche per combattere come si deve...»

Mosse il braccio armato, per riprendere a lottare, ma all’improvviso fu colta da un capogiro, e prima che potesse tentare di reagire si ritrovò accasciata su un ginocchio.

Gart si ritrovò ad essere orgoglioso per l’eccellente finta di Bryhn. Sì, geniale. E teatrale, molto. Sembrava quasi stesse male per davvero. Ottimo, stava notevolmente migliorando.

Osservò la sua espressione addolorata, affaticata. «Ehm.» Perché quella era una recita, vero? Il dubbio malandrino s’insinuò nella sua mente. Nessuno dei suoi compagni si era mai buttato a terra in quel modo, anche se solo per una finta. Ma Bryhn non era come i suoi compagni, si ricordò improvvisamente. Era una femmina. Quindi...

Non appena le sinapsi celebrali furono tutti concordi con l’opinione che Bryhn non fosse l’imbrogliona che appariva, ma una fanciulla realmente in difficoltà, lui si accucciò, preoccupato, non sapendo bene dove fosse opportuno mettere le mani e dove no.

«Ehi, tutto bene?»

«No, per niente, soprattutto perché tu sei di nuovo troppo vicino!» ribatté la ragazza. «Accidenti! Quanto odio essere femmina, in questi momenti... Che nervoso!»

Gart prese con tranquillità la prima frase. Era nella norma, come se avesse affermato che il cielo era blu; la seconda, invece, lo riempì di un freddo terrore.

Quei momenti... quei momenti... leggende goliardiche circa quei momenti che capitavano in certi giorni del mese alle ragazze erano giunte sino al suo orecchio. E, dopo averle udite, si era febbrilmente augurato di non dover mai incrociare una fanciulla durante quei momenti.

«Ehm» fece, a disagio. «Uhm» pensò di aggiungere, tanto per dare incisività al discorso. «Oh, basta.» Sordo alle proteste che lei avrebbe sicuramente esploso, la raccolse tra le braccia, pronto a sostenerne il peso che si sarebbe raddoppiato quando lei avrebbe cercato di cavargli contemporaneamente occhi e testicoli. Si avviò verso uno dei muretti del cortiletto che circondava lo spiazzo d’allenamento, dove intendeva farla sedere.

Fu un’impresa di un certo valore, in effetti, poiché Gart aveva perfettamente indovinato la reazione di Bryhn. Sarebbe stato assai più semplice portare in braccio un grosso gatto randagio, e contemporaneamente accarezzare la testa di un cane idrofobo...

Tuttavia, a onore di Gart, egli riuscì a raggiungere l’agognata meta con ancora entrambi gli occhi, e qualunque altro organo a rischio di estirpazione, al loro posto. Soltanto il suo viso mostrava alcuni graffi prima inesistenti. Decisamente, una gatta selvatica sarebbe stata meno aggressiva e più innocua di Bryhn.

La quale, quando si ritrovò seduta sul muretto, ringraziò Gart in una maniera tutta particolare, poiché lo beneficiò di una marea infinita di insulti d’ogni genere. Vivere in un’Accademia a stretto contatto con decine e decine di maschi dava i suoi frutti...

Gart annuiva con aria intellettuale ad ogni nuovo epiteto che lei trovava da affibbiargli. Sembrava uno studioso intento ad elaborare una nuova teoria scientifica in compagnia di un esimio collega, e non una testa di -organo genitale del paguro maschio- figlio di una -femmina della famiglia degli equini- come invece Bryhn, tra le altre cose, andava sostenendo.

«Potevi dirmelo che eri debole» la rimproverò infine, più blando del dovuto. «Non ha senso tentare di combattere quando non si è in condizioni di farlo.»

«Io non sono debole!» protestò lei con voce querula, nell’inutile sforzo di negare quella debilitazione che era invece fin troppo evidente. Era più pallida del normale e, dopo quello sfibrante allenamento, negli occhi solitamente tanto vivaci brillava un’inconfondibile luce di spossatezza.

Gart inarcò un sopracciglio, chiaramente scettico.

Bryhn si arrese, sconfitta in partenza, e distolse lo sguardo piegando le labbra in un broncio stizzito. «Beh, non volevo rinunciare all’allenamento per colpa di questo... contrattempo!»

«Allora ci tieni agli allenamenti con me, eh?» Distese le labbra in un sorrisetto sornione, pronto a saltare all’indietro qualora lei gli avesse sferrato il solito cazzotto.

«Non dire idiozie! Tengo agli allenamenti, e basta!» sbottò la ragazza, confermando per l’ennesima volta le doti profetiche di Gart ogniqualvolta si trattava di prevedere le sue reazioni. Il pugno sferzò l’aria nel punto in cui un istante prima si trovava la testa del giovane, incontrando il vuoto. Tale movimento portò Bryhn a sbilanciarsi in avanti, e visto l’impeto che vi aveva messo, rischiò seriamente di cadere e di impattare il suolo con la faccia.

Gart l’afferrò, sorridendo con aria cortese. Per un attimo fu quasi tentato da quella magnifica vicinanza, ma poi l’aiutò semplicemente a recuperare l’equilibrio.

«Ti accompagno nella tua stanza. Non è lontana» propose, mordendosi solo successivamente la lingua: aveva parlato troppo, sì. Tacque, sperando che lei non s’incuriosisse circa il come e il perché lui fosse informato sulla posizione della sua camera.

Ora, Bryhn era stanca, certo. Era anche particolarmente scombussolata dagli scompensi dovuti al ciclo mestruale. Ma non era stupida, e inoltre le sue orecchie funzionavano alla perfezione.

«E tu come lo sai?» domandò, con un tono e uno sguardo tali che anche il più insignificante istinto di sopravvivenza avrebbe iniziato a suonare un campanello d’allarme.

«Io so tutto» fece Gart, come sempre prontissimo a mettere a tacere il proprio istinto di sopravvivenza. Lo sguardo di Bryhn peggiorò ulteriormente. «Voglio dire... so dove dormono molti miei amici, no?» azzardò, non credendovi neppure lui: gli altri, che erano tutti maschi, dormivano in tre diversi casoni, uno di fila all’altro. Logico che lo sapesse. «Insomma, non è colpa mia se mi piaci!» Sbuffò quella scusa degna d’un feticista scompigliandosi con fare distratto i capelli, come quando tentava inutilmente di risolvere un problema di tattica.

Bryhn lo guardò con l’espressione che si riserva ad un povero malato di mente, inarcando un sopracciglio con aria condiscendente. «Sei più grave di quanto pensassi» considerò, troppo stanca per pensare a frasi più caustiche ed incisive. Iniziò ad incamminarsi per uscire dal campo e raggiungere gli alloggi. «Non disturbarti ad accompagnarmi. Se ti vedo a meno di trenta metri dalla mia stanza, ti libererò dal peso di questa esistenza terrena...»

Se fosse stato un cane, Gart avrebbe abbassato le orecchie, infilato la coda in mezzo alle gambe ed uggiolato da far pietà.

Ma non era un cane.

Quindi, con gran dignità, se ne andò imprecando come non mai contro le donne, contro quella donna e particolarmente ancora contro quella donna.




Mi vergogno! Mi vergogno immensamente! ç___ç
Ecco il pezzo che avevo dimenticato... -____-

Nei giorni successivi gli allenamenti supplementari furono sospesi, poiché Bryhn esauriva la maggior parte delle energie, in quel periodo drasticamente ridotte, durante gli addestramenti regolari. Inoltre, per chissà quale recondito motivo, Gart preferiva tenersi momentaneamente alla larga dalla ragazza. Forse perché in quei giorni sembrava ben più propensa all’omicidio rispetto al solito...
Li ripresero, in seguito a tacito accordo, un paio di giorni dopo che Bryhn ebbe concluso il suo ciclo.
Come sempre, seguendo uno schema quanto mai monotono e prevedibile, si ritrovarono nel campo deserto, impugnando le medesime armi. Bryhn aveva scelto di nuovo la daga, e ora fissava il suo avversario/maestro con il consueto sguardo fosco, aspettando da lui le altrettanto consuete frasi provocatorie.
Gart ritenne non fosse opportuno deludere delle così romantiche aspettative, ed emise la sua saggia sentenza. «Se vuoi cadermi tra le braccia anche oggi, non ho nulla in contrario» volle farle sapere, preparandosi al duello. Gli erano mancati, quegli scontri. Anche se interrotti per pochi giorni, gli erano innegabilmente mancati. Accidenti, si stava proprio rimbambendo. Era un’opinione ormai diffusa, quella, persino tra i suoi compagni, i quali cominciavano ad essere ragionevolmente insospettiti sia dal fatto che Gart perdesse così tanto tempo con quella ragazzina, sia, e questo aveva dell’incredibile, dal fatto che lui sembrasse aver nuovamente perso sensibilità nei riguardi delle bellezze dell’altro sesso.
Bryhn, ignara di quanto si agitava nella mente dell’altro, ribatté seccamente: «Non sperarci!»
Si osservarono per qualche istante, studiando i rispettivi movimenti, per capire chi avrebbe attaccato per primo e come. Contrariamente al solito, Bryhn pareva esitare, come se preferisse attendere l’assalto piuttosto che portarlo. Questo spiazzò leggermente Gart, che esitò a sua volta. Allora Bryhn scattò, menando la daga in un colpo di punta laterale.
Gart non si fece cogliere impreparato e lo respinse, tuttavia la ragazza scattò all’indietro prima che lui potesse afferrarla con qualche presa. Gli fece un sorrisetto canzonatorio che si estese agli occhi azzurri, i quali brillarono di una luce quasi maliziosa.
Gart fu preoccupato da ciò ancor più che dal fatto che lei non volesse attaccare per prima. Cercando di capire dove fosse il trucco, si lanciò in un altro assalto.
La daga del giovane arrivò dall’alto. Bryhn riuscì ad afferrargli il polso, e rapidamente effettuò una torsione, cercando di opporre un contrasto. Tuttavia la forza di Gart era superiore alla sua e lui riuscì a disimpegnarsi.
Fu la volta di Bryhn di lanciarsi all’attacco, impugnando, come lui, la daga con la punta rivolta verso il basso, quasi fosse un pugnale. Inevitabilmente Gart fermò il colpo sollevando la mano sinistra, agguantando l’esile polso della ragazza e catapultandola a terra. Lei riuscì a non crollare del tutto al suolo, ma in ogni caso si ritrovò sulle ginocchia, con la schiena rivolta all’avversario, e sbuffò sonoramente. «Accidenti!» esclamò, senza dar cenno di volersi alzare.
Gart attese che si muovesse. Vedendola esitare, si domandò con aria preoccupata se il ciclo delle femmine umane durasse davvero solo una settimana come, ad esempio, alle cagne, o se invece fosse lungo un mese come per le elefantesse. Se la seconda opzione era giusta... uhm, era nei guai.
«Tutto bene?» chiese, come sempre non potendo celare la preoccupazione.
«Sì, sì!» rispose Bryhn, voltando la testa e alzandola a guardarlo con aria tranquilla, quasi allegra.
Intimamente, Gart tremò. O quella ragazza terribile stava ancora male, magari aveva pure battuto la testa da qualche parte, oppure stava meditando qualcosa. In tutta onestà, il giovane non sapeva quale potesse essere l’alternativa peggiore.
Bryhn si risollevò, si spazzò via la terra dai pantaloni e recuperò la daga. «Dài, su, riprendiamo» lo incitò.
«Ehm, sì.» Gart annuì, non molto convinto. Ripresero a scambiarsi colpi, mentre le cellule celebrali cercavano inutilmente di trovare una soluzione all’enigma del suo comportamento.
Proseguirono per parecchio, attaccandosi e parando, tentando vicendevolmente di buttarsi a terra, ma senza risultato. Gart contrapponeva la propria forza ai tentativi di Bryhn di catapultarlo al suolo; da parte sua Bryhn sfruttava la sua agilità per sfuggire le prese dell’altro.
Era una specie di balletto, in cui nessuno dei due sembrava giungere ad una soluzione definitiva. Di una cosa, però, Gart non si era accorto, in tutto quel tempo: i lacci del corpetto in pelle di Bryhn erano andati via via allentandosi, scivolando negli stretti buchi in cui scorrevano per tenerlo stretto. E ad un certo punto, dopo un suo attacco e la conseguente parata della ragazza, mossa che li portò ad essere assai vicini, i lacci si sciolsero definitivamente, di modo che il corpino si aprì in buona parte sul petto di Bryhn, lasciando scorgere ciò che ricopriva.
Gart non lo vide subito, distratto com’era da un nuovo tentativo di attacco. Tentativo che, però, si fermò di colpo, non appena gli occhi del poveretto realizzarono ciò che avevano davanti.
Le due sfere erano perfette, non troppo prosperose eppure invitanti. Sembravano quasi voler esplodere, voler evadere ancora di più dallo stretto corpetto.
Nella testa del guerriero tanti piccoli Gart con alucce ed aureolina cominciarono a volare in tondo, intonando una specie di Alleluja. Fu così che, invece del solito affondo di daga, egli pensò bene di tentare l’innovativo “affondo-di-muso”, lanciando il proprio volto nel mezzo di quel caldo invito.
Purtroppo per lui, Bryhn se l’aspettava e si scansò dalla traiettoria, approfittandone per allungare una gamba a fargli uno sgambetto che lo mandò lungo disteso. Con un sorrisetto divertito, la ragazza si accucciò e gli appoggiò la punta della lama sulla schiena. «Atterrato. Ho vinto io.»
Gart si rialzò, confuso. Aprì la bocca per parlare. La richiuse. Infine, inaspettatamente, scoppiò in una roca risata.
«Mi piace questo trucco» affermò, a metà tra l’esaltato e il divertito. «Rifallo, e giuro che mi rifaccio battere!»
Bryhn mantenne il sorriso, riallacciandosi il corpino. «Me l’hai detto tu che dovevo imparare a giocare sporco. In ogni caso, non ci contare. La prossima volta che ti sconfiggerò non ricorrerò a questo scherzetto.» Si voltò, dirigendosi all’armeria per rimettere a posto le armi. Poi, come al solito, sarebbe andata a farsi un bagno veloce.
Lui rimase lì, sorridendo. Aveva anche un lato malizioso, la bambina. Forse aveva solo bisogno d’essere stuzzicata... E quella sera, com’è logico, Gart decise che fosse ora di ricordarle quanto fosse... piacevole fare un romantico bagno assieme.

Bryhn s’immerse nella vasca, accogliendo con un brivido di piacere il contatto dell’acqua fredda dopo il caldo della giornata e il sudore degli allenamenti. Non si rilassò del tutto, però, poiché si aspettava una qualche mossa da parte di Gart. E infatti eccolo arrivare fischiettando come chi non ha alcun pensiero al mondo, avvicinarsi alla vasca e iniziare a spogliarsi in tutta tranquillità.
Bryhn alzò gli occhi al soffitto, con un breve sospiro di rassegnazione.
«Una buona serata a te» augurò tutto allegro lui, terminando il suo spogliarello. Scese rapidamente in acqua, fischiettando il solito motivetto capace di far saltare i nervi ad un santo. Vi fu un breve silenzio, mentre Bryhn, evidentemente, ripassava le sue scarse capacità di autocontrollo, e, Gart ne era certo, era tutto autocontrollo speso per non saltargli addosso e possederlo selvaggiamente. «Però vorrei farti notare...» se ne uscì ad un certo punto, forse in cerca di uno spunto per una pacifica conversazione, «che sono ben pochi i soggetti di questa Accademia che potrebbero esibirsi nudi, nell’acqua fredda, tenendo la testa alta!» Uhm, chissà perché, una vocina gli disse che quello non era un argomento adatto ad una fanciulla. Scacciò l’idea con fastidio: Bryhn non era una fanciulla. Non al cento per cento.
La ragazza emise un paio di respiri molto profondi, poi commentò: «Il solito vanitoso.» Un altro paio di respiri, e lei si rilassò. Sembrava aver raggiunto la pace dei sensi, completamente indifferente alla presenza di Gart. Del resto, rifletteva, l’aveva già vista nuda, perciò, anche se la cosa non le faceva affatto piacere, non poteva certo permettere che le facesse venire il sangue marcio tutte le volte.
«Vanitoso? Sincero» precisò Gart, giocherellando con un braccio in acqua.
«E modesto, soprattutto» ironizzò Bryhn. «Decisamente, sei irrecuperabile.»
«Ma no...» Si voltò verso di lei, sporgendosi come un gattone al sole. «Sono certo che, se ti ci metti, qualcosa recuperi...»
«Avvicinati ancora anche solo di mezzo palmo, e sarai tu a dover recuperare qualcosa...» lo avvertì la ragazza, con la pacifica calma di un asceta.
Gart non avanzò oltre, ma neppure si ritrasse. «Riuscirà mai la nostra eroina a produrre una sola frase che non contenga la promessa di un omicidio?» s’interrogò assai seriamente, schizzandola come solo sa schizzare chi ha deciso di morire in modo lento e atroce.
«E riuscirà il nostro eroe a pronunciare frasi che non contengano elogi ed esaltazioni rivolti a se stesso?» ribatté lei nel medesimo tono, ma con una nota più tagliente, asciugandosi gli schizzi dal viso e insistendo a non guardarlo, come se lui non fosse lì.
«Potrei esaltare le invitanti forme della nostra eroina...» ponderò il guerriero, ridendo.
«E io potrei intonare l’elogio funebre del nostro eroe...» propose Bryhn con un sorrisino poco rassicurante.
Stranamente, quel secondo bagno comune finì senza lacrime da parte di Bryhn. La quale, ad un certo punto, si alzò, forse non troppo tranquilla, si rivestì ed abbandonò il povero guerriero tutto solo e nudo in quell’acqua fredda. Anche se ancora deliziato dal ricordo di quello sguardo malizioso che, al puro scopo di sbatterlo nella polvere, lei gli aveva rivolto poco prima.
Scusateci per il ritardo, ma questi ultimi mesi sono stati... beh, pesantucci, e il tempo di aggiornare non c'è stato, fra impegni vari ed eventuali. A presto^^

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Capitolo 8
*** Una partenza inaspettata ***


Passarono le settimane, i mesi

Passarono le settimane, i mesi. Passarono nel sole e nella pioggia, passarono scanditi dagli allenamenti giornalieri e da quelli serali. Sino a che una sera Gart, come sempre, si diresse verso Bryhn. Solo che lo fece con un piccolo peso sul cuore, che mascherò dietro la solita espressione sorniona, salutando con un cenno del capo la fanciulla. Che ovviamente non rispose.

Quella fanciulla... Ormai, forse addirittura da quando l’aveva battuta per la prima volta, considerava Bryhn sua. Il fatto che lei non fosse esattamente d’accordo su questo sentimento era un fattore del tutto secondario. Bryhn apparteneva a lui, era la sua donna.

Se doveva presentare un reclamo, che lo facesse nel suo letto.

«Pronta?» chiese, liberandosi all’istante di tutte quelle riflessioni ed alzando la propria arma.

«Se ti togliessi dalla faccia quell’espressione da pervertito, te ne sarei grata» commentò la ragazza, predisponendosi alla difesa. «Oppure te la levo io a suon di legnate. Avanti, sii serio!»

Gart sorrise. «Riempimi di legnate. Se ci riesci.»

Bryhn inspirò profondamente, molto profondamente, e si impose di calmarsi. Lasciarsi prendere dalla collera era controproducente, con lui, e lei l’aveva imparato ormai da parecchio tempo. Ciononostante, quel ragazzo aveva l’innegabile capacità di farla uscire di testa nel giro di pochi secondi. Lo fissò con il consueto sguardo “da psicopatica con tendenze omicide”, come lo definiva lui, e sollevò la spada bastarda, tenendola con entrambe le mani in posizione orizzontale, all’altezza del petto, la punta logicamente rivolta contro l’avversario.

Poi scattò. Gli fu addosso in un attimo, la spada sempre puntata contro di lui. Gart evitò il colpo, spostandosi, e subito partì al contrattacco, a sua volta prontamente parato da Bryhn. Da quando era entrata in Accademia, ormai 6 mesi prima, si era irrobustita ed era riuscita ad aumentare la propria forza, trovandosi perciò in grado di contrastare Gart un po’ più facilmente. Indubbiamente, però, lui restava più forte.

Lo scontro proseguì. Più di una volta Bryhn rischiò di avere la peggio, ma riuscì sempre a cavarsela per il rotto della cuffia, soprattutto grazie alla sua agilità e al suo indubbio talento. Tuttavia si accorse che nel modo di combattere di Gart, quella sera, c’era qualcosa di strano. Sembrava si stesse impegnando ancor più del solito, che vi stesse mettendo più ardore.

E difatti era così. Come un amante consapevole della lontananza ormai prossima tenta di stringere con maggior vigore la sua donna, così Gart, non potendo purtroppo fare altro, imprimeva tutto se stesso in quel combattimento. Che durò più del solito, in affondi e parate decisamente più acrobatici rispetto alla norma. Infine, con il fiatone, lui abbassò la spada.

«Per un po’ dovrai allenarti da sola» disse, già pronto a voltarle le spalle ed andarsene. «L’Accademia si libera momentaneamente della mia presenza.»

Accidenti, prima di presentarsi all’allenamento si era messo in testa tre propositi: dirle tutta la verità, saltarle addosso e baciarla come gli dèi comandavano. Dei tre, era riuscito in parte a concluderne uno.

Infatti non le aveva detto tutto. Forse perché – utopia sua! – temeva di preoccuparla; o forse perché – cruda realtà... – temeva che lei ridesse sadicamente al pensiero di non vederlo tornare.

«Ehi...» fece lei, ansimando. «Cosa intendi dire?» Lo guardò perplessa, poiché aveva notato una rara, inconsueta serietà nella voce e nello sguardo di Gart. E, onestamente, la cosa era davvero molto preoccupante.

«Quello che ho detto. Ma non temere...» Si volse, con il ghigno di un grande eroe. «Tornerò da te!» proclamò con fierezza, anche se questa volta non rimase a deliziarsi delle sue bestemmie. Le voltò immediatamente le spalle, avviandosi verso i dormitori: aveva dei bagagli, da preparare.

Bryhn restò ferma a guardarlo, confusa. Poi scosse la testa, attribuendo quelle frasi a qualcuno dei soliti vaneggiamenti da grand’uomo di Gart, e anch’ella abbandonò il campo.

Il mattino dopo, tuttavia, ebbe modo di scoprire che quelli di Gart non erano affatto deliri...

Bryhn osservò l’enorme schiera composta dai vari allievi che si era radunata nel vastissimo cortile apposito dell’Accademia. Notò subito che si trattava degli allievi fino al 4° livello. Quelli di 3°, 2° e 1° non erano presenti, ed ella se ne domandò il motivo.

Non era certo l’unica a non comprendere la ragione di quel raduno e della mancanza degli studenti di grado più alto. Tutti i presenti si guardavano intorno o l’un l’altro, confabulando fra loro, nel vano tentativo di scoprire qualcosa.

I sussurri s’interruppero di colpo quando il Primo Comandante Gaderian fece la sua comparsa, salendo sulla grossa roccia che usava sempre come pedana da cui parlare. Poiché la sua sola presenza era bastata ad imporre il silenzio – anche se lui sospettava, a ragione, che fosse unicamente per la curiosità che avevano di sapere cosa diavolo stesse succedendo – Aldred poté risparmiare la sua voce dall’urlo tonante che utilizzava per richiedere l’attenzione.

«Sarò breve, ragazzi... e ragazze» aggiunse, poiché, dopo Bryhn, altre fanciulle, benché poche, erano entrate nell’Accademia, incoraggiate dal fatto che un’altra donna vi si trovava e non subiva discriminazioni di sorta. «Poiché non siete ciechi né sciocchi, vi siete già accorti che mancano molti dei vostri compagni più grandi. Non mi dilungherò in spiegazioni che non v’interessano. Sappiate che è scoppiata una guerra di confine fra due regni vicini... niente di trascendentale, le solite stupide beghe per qualche miglio di territorio in più» sbuffò, infastidito. «Di norma non ci riguarderebbe, tuttavia una delle due parti in lotta ha richiesto aiuto ai regni confinanti, compreso il nostro, in quanto loro alleati da decenni. Però, essendo stata ritenuta la contesa di ben scarsa importanza, il nostro re e i suoi consiglieri hanno deciso di non coinvolgere l’esercito regolare, bensì di inviare le future reclute. Nulla più che un apporto simbolico alle forze alleate. I vostri compagni, quindi, faranno parte di alcune truppe di sostegno, che verranno impiegate principalmente nelle retrovie. Dovrebbero essere già partiti, agli ordini del Secondo Comandante Darenth Veumit.»

Aldred smise di parlare e istantaneamente i mormorii ripresero, assai più concitati di prima.

Solo Bryhn stava zitta, assimilando pian piano le parole di Aldred e ricollegandole a quelle che le aveva detto Gart la sera precedente. Adesso le era tutto chiaro. Tuttavia, per qualche bizzarro meccanismo del suo cervello, non si ritrovò a preoccuparsi per le sorti di Gart, piuttosto si risentì per non aver avuto la possibilità di partire con lui e gli altri allievi per andare a combattere. Era quella che sua sorella definiva, scherzando solo in parte, “un’ingiustificata sete di sangue”. Al contrario, Bryhn non aveva tanto il desiderio di spargere sangue o uccidere qualcuno, benché l’avrebbe fatto senza troppi scrupoli, quanto la voglia di provare l’ebbrezza del combattimento, di lottare sapendo che ne sta andando della propria vita, di mettersi costantemente alla prova, avendo la consapevolezza che uno sbaglio sarebbe stato probabilmente il primo e l’ultimo.

Senza aspettare che Aldred li congedasse, dimostrando in tal modo di aver imparato anche qualcos’altro da Gart, la ragazza abbandonò le file degli allievi di 6° grado fra cui si trovava – aveva infatti superato gli esami, secondo ogni aspettativa – e poi uscì dal cortile, imboccando senza pensare l’uscita dell’Accademia.



Per damned88: Grazie. Spero troverai interessante anche questo capitolo e, soprattutto, quelli che verranno in futuro. ^__^
Al prossimo aggiornamento!

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Capitolo 9
*** Una tragica notizia ***


Le guerre sono cose pesanti

Le guerre sono cose pesanti. Nelle guerre, la gente muore. Gart e compagni dovettero immediatamente fare la conoscenza di questa realtà.

Ah, non crediate che sia una cosa così scontata, la morte. Tutti lo credono, in fondo; ne sono così baldanzosamente convinti che, non appena se la trovano davvero in faccia, intenta a fissarli con quei suoi occhiacci vuoti, non riescono proprio a mantenere un dignitoso contengo, o, quanto meno, ad evitare di fuggire urlando.

Bisogna fare i conti con la morte, prima o poi; e sono conti che si possono osare solo quando essa si manifesta innanzi a te. Quando ti strappa qualcuno, un piccolo, mortale essere umano, che è proprio accanto a te; che è proprio come te. Oppure, quando per la prima volta affondi la tua sudicia arma nel petto di un nemico, di uno di quei bastardi che cercano di ammazzarti, ma che pure non differiscono poi di quel tanto dai tuoi compagni... È solo così che il freddo spirito, la glaciale consapevolezza di cosa sia in realtà quel terribile sonno eterno penetra nel cuore degli uomini. E solo i più valorosi sanno accogliere questa consapevolezza in sé, non come un’orrida condanna, bensì come un tesoro prezioso, una bestia che può mordere e devastare, sì, ma anche proteggere, difendere sino all’ultimo, sanguinoso respiro.

Molti dei compagni di Gart erano fuggiti. Pareva che succedesse ad almeno un allievo su dieci: bastavano due o tre settimane di campo di battaglia, e da prodi futuri guerrieri subivano una curiosa metamorfosi in teneri, spauriti coniglietti, facendo nascere in loro un pazzesco istinto di voler saltellare via il più lontano possibile. Istinto che non attardavano a soddisfare.

Gart, ovviamente, bramava la prima linea quanto costoro desideravano la fuga. L’adrenalina, il sacro terrore che attanagliava i suoi arti, i suoi organi, la sua mente, mentre, brandendo la sua spada, falciava quanti più avversari osavano azzardarsi entro il suo raggio d’azione, erano sensazioni ben più possenti di quelle che un semplice allenamento, l’alcol o addirittura la compagnia di una donna sapevano dare. Erano... tutto. E Gart ci si tuffava, anima e corpo, inconsapevole di quel sopito demone in lui, stuzzicato nel profondo sonno dalla solida presenza della Morte, che aleggiava, oscuro angelo protettore, su tutto il campo.

E, infine, ella allungò le sue ossute dita anche su di lui. Avvenne un pomeriggio, durante un attacco. Ironia della sorte, accadde proprio due giorni prima del giorno fissato per il ritorno degli Allievi all’Accademia. Gart era in lista per un premio al valore, com’era logico. Lui, e pochi altri. Ma sarebbe stato l’unico a non riceverlo.

La sua naturale boria lo spinse, del tutto illogicamente, più avanti, sempre più avanti, nelle viscere della barriera umana nemica. L’ultima volta che fu visto stava battendosi con tre avversari, uno più grande, grosso, cattivo e puzzolente dell’altro...

«E non ha più fatto ritorno» terminò Aldred.

La folla ammutolì attorno a lui. L’allegria e l’euforia per il ritorno dei compagni, di quelli che ormai venivano considerati dagli altri dei reali veterani della battaglia, aveva già pericolosamente tentennato quando qualcuno dei più giovani ammiratori di Gart ne aveva notato l’assenza. E infine, la dichiarazione del Maestro aveva spezzato ogni sorriso.

Gart. L’invincibile, ironico, sprezzante, imbattibile, maleducato Gart. Morto. In una stupida battaglia. Stecchito. Neppure il cadavere, avevano trovato. Non che si facessero delle grandi ricerche, per i corpi: una volta morti, amici e nemici potevano tranquillamente stare assieme. Per l’eternità. In compagnia dei corvi.

Aldred avrebbe voluto chiedere un minuto di silenzio, davvero. Eppure non ve ne fu bisogno: fu una cosa spontanea, portata dallo sgomento. La Morte e la consapevolezza di essa bussarono per la prima volta alle menti di molti giovani, terrorizzati all’idea che persino una bestiaccia come quel Gart potesse realmente risultare mortale.

Si fregò l’occhio, quel maturo guerriero, dove della polvere malandrina aveva causato l’insorgere di una stupida lacrima, quindi, abbandonato il gruppo dei suoi guerrieri e dei suoi allievi, si diresse verso la sua stanza: aveva bisogno di restare solo.

Fra le ragazze si alzarono lunghi e spezzati singhiozzi. Solo una di loro non emise un fiato: Bryhn. Lei non piangeva. No, lei fissava il terreno con sguardo incredulo. Sentiva i singulti delle compagne, come sempre raggruppate intorno a lei, quasi l’avessero eletta a loro punto di riferimento, però le giungevano come da una grande distanza. Continuava a pensare che non era possibile, che doveva essere uno scherzo, perché... Già, perché?

Perché Gart non poteva morire, ecco. Tutto lì.

Quest’affermazione, che le martellava la mente, risuonava come una verità pura e semplice, incontestabile. Eppure era stata contestata. Peggio, era stata completamente smentita, infranta come un misero pezzo di vetro colpito con brutale violenza.

Senza parlare, Bryhn si fece largo fra i compagni sconvolti e si allontanò, vagando senza una meta precisa all’interno dell’Accademia. Il sole brillava alto nel limpido cielo blu, sgombro di nuvole, in quel pomeriggio autunnale che sembrava un giorno di primavera. Solo le foglie degli alberi, rosse o gialle anziché verdi, indicavano che la stagione dei fiori era lontana. Era una giornata così bella. Una giornata in cui ricevere belle notizie, non annunci di morte.

Per quel giorno gli allenamenti vennero sospesi, anche perché in ogni caso nessuno sarebbe stato in grado di sostenerli, troppo abbattuti da quell’assurda tragedia. Bryhn incrociò parecchi compagni, ma non fece caso a nessuno di loro, e nemmeno si accorse se qualcuno le aveva rivolto la parola. Il sole calò, e a malapena se ne rese conto. Automaticamente si diresse al campo d’addestramento dove si allenava da sola. E con Gart.

La ragazza raggiunse meccanicamente l’armeria e prelevò una spada, e poi si mise a fendere l’aria con colpi rapidi. Si fermò dopo pochissimi minuti. All’improvviso gettò l’arma a terra quasi con rabbia, voltandosi di scatto dalla parte opposta con la mascella contratta al punto da farle male. Serrò i pugni e gli occhi, poi li riaprì di colpo e abbandonò il campo, lasciando la spada a terra, contrariamente alle sue abitudini.

Raggiunse la sua stanza e, appena richiusa con violenza la porta alle proprie spalle, si levò gli abiti e si gettò sul letto, affondando il viso contro il cuscino. La luce della luna filtrava di riflesso nell’ambiente, illuminandolo assai fiocamente. La giovane voltò il capo e fissò, senza realmente vederle, le chiazze di luce e ombra che si creavano. Senza volere si ritrovò ancora a pensare a Gart, al fatto che non sarebbe tornato. Pensò ai loro battibecchi furiosi, ai loro allenamenti che non si sarebbero più ripetuti. Inutilmente cercò di rimuovere quei pensieri molesti, essi continuarono a tormentarla senza posa.

Non capiva. Non gliene era mai importato nulla di quel borioso ragazzo, così indisponente e insopportabile. E allora per quale motivo, in nome di tutti gli Dèi, sentiva un doloroso nodo allo stomaco al pensiero che non l’avrebbe mai più rivisto?

Per quale dannato, assurdo motivo non riusciva a smettere di piangere?

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Capitolo 10
*** Pensieri... ***


Il giorno seguente Aldred mandò a chiamare Bryhn, convocandola nel suo studio personale. A dire il vero avrebbe voluto farlo molto prima di allora, e senza dubbio in circostanze meno tristi, poiché desiderava parlare con quella ragazza a proposito di alcune cose. Tuttavia aveva sempre rimandato, per il timore che si potesse pensare a dei favoritismi se avesse mostrato un così palese interesse per la nuova arrivata: infatti non aveva mai chiamato nel proprio studio nessun allievo che fosse appena giunto all’Accademia. Neppure Gart.
Il guerriero ebbe un moto di commozione, ma lo soppresse subito, poiché in quell’istante qualcuno bussò alla porta. Diede l’invito ad entrare e pochi istanti dopo Bryhn si trovava di fronte a lui, in piedi nel centro della stanza.
La giovane non aprì bocca. Aldred, seduto dietro la scrivania, la fissò altrettanto silenzioso e rinunciò a domandarle come si sentisse. La risposta era più che evidente. Il viso pallido e tirato, gli occhi arrossati e le ombre scure al di sotto di essi erano segni che parlavano da soli.
Il comandante sospirò bruscamente ed esordì: «Era da un po’ che volevo domandarti una cosa... Dimmi, in che rapporti sei con Khalar Darkblade?»
Bryhn restò sorpresa da quella domanda che non si aspettava più, tanto meno in quel frangente, ma si riprese in fretta. «È il marito di mia sorella maggiore, signore» rispose. «È stato lui ad insegnarmi l’uso delle armi.»
La ragazza non aggiunse altro, laconica come sempre, e Aldred commentò: «Avevo immaginato che fosse stato tuo maestro, ma non che foste addirittura imparentati.» Lei scrollò le spalle, senza ribattere, e l’uomo continuò, alzandosi in piedi e avvicinandosi alla finestra, osservando fuori: «Mi sono chiesto spesso che fine avesse fatto in questi anni, però non avrei mai immaginato che potesse aver messo su famiglia. E dimmi, come sta?»
«Vorrei saperlo anch’io» ribatté Bryhn, lasciando trapelare l’amarezza da quelle parole.
Aldred si voltò e la fissò stupito. «Cosa intendi dire?»
Lei si strinse nelle spalle, fissando un punto oltre il comandante. «Se n’è andato. Più di due anni fa. Non so dove, non ce lo disse. Ci disse solo che doveva allontanarsi, anche per il nostro bene. Ci promise che sarebbe tornato, ma fino ad oggi non l’abbiamo più rivisto.»
Aldred annuì, pensieroso e serio. Pareva immerso in vecchi ricordi.
Bryhn attese per qualche minuto, poi si spazientì e domandò, mostrando una normale, umana curiosità al posto della consueta indifferenza: «Ne sai qualcosa? Tu conosci Khalar. Lo conosci da molto? Hai idea di quale motivo può averlo costretto ad abbandonare la sua famiglia?»
L’uomo si riscosse e la guardò per un secondo o due prima di rispondere a quel fuoco di domande, sorvolando su quella mancanza di etichetta. «Lo incontrai per la prima volta oltre dieci anni fa. Era un ragazzino, allora, ed era venuto qui per istruirsi nell’arte delle armi, esattamente come te. Un giovane molto dotato. Concluse tutto l’addestramento, poi se ne andò, per entrare a far parte della guardia di qualcuno.» S’interruppe, come per riflettere. «Un re, se non ricordo male. Lo rincontrai alcuni anni dopo, ed egli mi spiegò che aveva abbandonato il suo incarico e si era messo in viaggio: voleva mettersi alla prova, aver la possibilità di incontrare avversari più forti di lui, e nel frattempo offriva i suoi servigi a chi li richiedeva. Insomma, era una sorta di mercenario. Questo accadde quattro anni fa. Da allora non ho più saputo nulla di lui. Né notizie certe né voci. A dire il vero non ho più sentito il suo nome finché non sei arrivata tu» affermò.
Bryhn sembrò quasi delusa. «Le stesse cose che conosco pure io» mormorò, il labbro inferiore che le incurvava in una smorfia triste. «Non sai dirmi altro?»
Appariva davvero molto infelice e Aldred provò pietà per lei. Aprì la bocca per rispondere, ma poi la richiuse e scosse la testa.: «No, mi dispiace» disse, anche se sembrava che avesse inteso dire qualcosa di differente. «E anche per l’altra tua domanda, non so quale possa essere stata la causa della sua partenza da voi» concluse, senza guardarla negli occhi.
La ragazza lo fissò con attenzione, ma non riuscì a capire se stesse mentendo o no. Del resto, quale motivo avrebbe avuto per farlo? si disse, liquidando quel dubbio. «Ho capito. Non importa. Continuerò a credere nella promessa che ci ha fatto.» Scrollò le spalle e sbuffò leggermente.
Ci fu un attimo di silenzio, poi Bryhn lo spezzò di nuovo. «Oh, già che sono qui... Vorrei domandare un permesso di alcuni giorni per tornare a casa. Manco da diversi mesi, ormai, e vorrei andare a trovare la mia famiglia.»
Aldred annuì. «Concesso.» Rifletté su una cosa e aggiunse: «Non è un viaggio breve, a piedi ci impiegherai molti giorni. Puoi prendere uno dei cavalli dell’Accademia.»
Stranamente, Bryhn mostrò un po’ di disagio ed esitò a rispondere. Allo sguardo interrogativo e perplesso dell’uomo, ammise: «Non so cavalcare. Voglio dire, so stare in sella, però ancora non so condurre un cavallo.» Si strinse nelle spalle. «Chiederò un passaggio a qualche carovana di mercanti, qualcuno che va nella mia direzione lo troverò.»
Aldred sorrise. «Non ti preoccupare, ti farò dare il destriero più mansueto che abbiamo: è un animale che persino un bambino potrebbe governare.»
Bryhn si accigliò a quel commento, ma si rilassò subito dopo, rendendosi conto che non era stato fatto per prenderla in giro. E ciò le fu confermato da Aldred stesso.
«Oh, non mi sto prendendo gioco di te» disse infatti. «Anzi, ti rivelerò una cosa...» Sorrise. «Nemmeno io sapevo andare a cavallo quando giunsi qui come allievo. La prima volta che mi hanno messo in sella sono caduto come una mela matura.»
La ragazza gli restituì un lieve sorriso. «Allora, grazie. Vado a prepararmi, vorrei partire in giornata.»
Il comandante si limitò ad assentire con il capo, voltandosi di nuovo verso la finestra. Ma poco prima che lei se ne andasse la richiamò: «Ah, Bryhn...»
«Sì?» La giovane si fermò sulla porta, girandosi a guardare l’uomo.
«No, niente» rispose quello. «Fai buon viaggio.»
Bryhn rimase perplessa per un istante, poi sorrise. «Grazie, capo.»
La porta si richiuse e Aldred ascoltò i passi della fanciulla che si allontanavano. Scosse la testa, con un sorriso triste. L’aveva fermata perché voleva domandarle di Gart, di quelli che erano stati i suoi rapporti con lui, e cosa ne pensava realmente di quel giovane. Una semplice curiosità. Però si era fermato perché si era reso conto che sarebbe stata una domanda forse troppo invadente, soprattutto se rivolta ad una ragazza schiva e introversa come Bryhn. Dopo tutto lui, Aldred, era un estraneo per lei. E poi, in un certo senso aveva avuto la sua risposta. Quell’ultima parola che era uscita dalle labbra di Bryhn gli risuonò nitida alle orecchie come se qualcuno gliel’avesse appena ripetuta.
Capo. In tutta l’Accademia, una sola persona lo aveva chiamato così. Solo una. E quella persona non c’era più.
Razza di idiota irresponsabile... pensò il maturo guerriero, con collera e tristezza insieme. Hai voluto strafare, come al solito... sei stato uno stupido, Gart...

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Capitolo 11
*** Ritorno a casa ***


Bryhn tirò le redini, facendo fermare il cavallo. Volse lo sguardo ad osservare i dintorni, aspirando a pieni polmoni l’aria fresca e frizzante del mattino. Si era rimessa in viaggio da un paio d’ore, dopo aver dormito all’addiaccio, sotto un grosso albero che si ergeva a pochi metri dal sentiero. Aveva oltrepassato il confine del regno due giorni fa, dopo altri cinque giorni di viaggio, e ora guardava con un sorriso quei luoghi familiari. Il villaggio dove viveva, Radryn, non era lontano, probabilmente l’avrebbe raggiunto entro sera, e forse già nel pomeriggio.
Allungò una mano ad accarezzare la criniera del suo destriero, una morella docilissima, proprio come aveva detto Aldred, poi riprese le redini e lo spronò a ripartire, mantenendo un trotto piuttosto sostenuto. Ora che si trovava così vicina, non vedeva l’ora di arrivare. Del villaggio e della sua gente non le importava nulla, in realtà, ma le era mancata la sua famiglia. Sua sorella maggiore e la figlioletta di questa.
Sorrise. Sì, le erano mancate moltissimo.

Quando superò il ponte che permetteva di oltrepassare il gorgogliante torrente che scorreva a poche centinaia di metri da Radryn, Bryhn spronò ulteriormente il cavallo, aumentandone il trotto, però abbandonò il sentiero. Seguì un percorso che la portò a camminare ancora in mezzo agli alberi, anziché nella piccola radura ove sorgeva il villaggio, incuneata in una piccola vallata circondata da colline boscose.
Conosceva quei luoghi meglio delle proprie tasche e non ebbe problemi a condurvi il destriero. Quando raggiunse la piccola casetta, quasi appoggiata alla ripida parete verticale di una collina rocciosa, il sorriso che aveva sulle labbra già da un’oretta si allargò. Per qualche istante rimase ad osservare la costruzione: era in legno, ad un solo piano, con un piccolo porticato sul davanti. Questo, così come una parte della casa e la staccionata, erano stati aggiunti in seguito, quando Khalar abitava con loro. Poiché la famiglia si era allargata, c’era stata la necessità di ampliare un po’ anche la dimora.
Bryhn saltò giù di sella, legando l’animale ad una trave della recinzione lignea che circondava l’abitazione e i suoi piccoli giardini e orti. Scavalcò il cancelletto senza nemmeno aprirlo e lanciò un allegro richiamo: «Rhiluee! Rhiluee, ci sei?»
La porta si spalancò quasi subito e una giovane donna, alta e snella, con lunghi capelli biondo-argento raccolti in una grossa treccia, uscì all’aperto. Poteva avere ventiquattro anni o poco più, ed era vestita con una semplice tunica di lana leggera. Quando vide l’altra ragazza i suoi occhi, di un chiaro celeste sfumato sul verde, si spalancarono per la sorpresa e la gioia. «Bryhn! Sorellina, finalmente!» esclamò, correndole incontro.
Le due sorelle si abbracciarono con affetto, poi Rhiluee la scostò un poco da sé e la scrutò attentamente, tenendola per le braccia, alzando un po’ il capo per guardarla in viso. «Sei cresciuta» constatò.
«Non dire sciocchezze, è solo un’impressione perché non mi vedi da sei mesi.»
«Sono più di sei mesi, almeno sette, e in ogni caso non è soltanto un’impressione, sei cambiata» replicò Rhiluee, imperturbabile. «E hai anche tagliato i capelli» considerò un po’ dispiaciuta, prendendole una ciocca dei corti capelli corvini.
L’altra sbuffò, sentendosi trattata come una bambina. Sua sorella invece non sarebbe mai cambiata, non avrebbe mai perso quell’atteggiamento materno.
«Oh, ma che sciocca!» esclamò all’improvviso Rhiluee. «Sarai senz’altro stanca per il viaggio, e io ti sto tenendo qui fuori a parlare. E guarda, hai gli abiti sporchi di polvere.»
«Mi chiedevo quando te ne saresti accorta» ribatté Bryhn con un sorriso ironico, prendendola benevolmente in giro.
La sorella maggiore arrossì appena. «Scusa, sorellina. Dài, vieni in casa. Per la cena è ancora presto, però posso prepararti un bagno caldo.»
«Oh, non ce n’è bisogno, posso farlo anche con l’acqua fre...» S’interruppe, avendo scorto un movimento mentre avanzavano verso la casa.
«Tia Ryn?» esclamò una vivace vocina infantile. Una bimba di circa cinque anni, dai capelli castani, trotterellò fuori della porta. «Sei tornata!» continuò, dirigendosi verso le due donne. Stranamente, però, non le guardava. I suoi grandi occhi verde-azzurro sembravano osservare fissamente in avanti.
«Sigil!» Bryhn allungò il passo e raggiunse la bambina, prendendola in braccio. «Ciao, piccolo sole!» la salutò, dandole un bacio in fronte e scrutandone gli occhi ciechi, in cui la pupilla era soltanto una macchia appena più scura.
La bimba le strinse le piccole braccia al collo, con aria felice. «Tia! Mi sei mancata tanto!»
La giovane apprendista guerriera sorrise. «Anche tu.» Si girò verso la sorella, la quale stava poco dietro con un sorriso contento ad illuminarle il volto. «Ecco, lei sì che è cresciuta» sentenziò. «E non ha perso l’abitudine di storpiare le parole.» Tornò a guardare la nipotina. «Si può sapere perché non mi chiami “zia”? Ormai sei capace di dirlo, lo so.»
«Mi piace di più chiamarti “tia”» rispose la piccola Sigil, con quella sua squillante vocetta di bimba. «Ti dà fastidio?»
Bryhn sospirò, fingendosi contrariata. «Sì, molto» disse, simulando un tono offeso. La piccina rise allegra, avendo chiaramente percepito che la zia stava scherzando, e l’abbracciò di nuovo, tenendosi stretta a lei.
La ragazza la rimise a terra e la osservò muovere qualche passetto lento, ma sicuro lì nel suo ambiente familiare, col visino rivolto in alto, verso un cielo che non vedeva. Fece un sorriso pieno di affetto, poi la seguì lentamente, stando attenta che non inciampasse – anche se sapeva che era improbabile – ed entrò con lei in casa. Rhiluee andò loro dietro.




Altro capitolo breve (ehm... molto breve, ora che lo riguardo^^'), ma ho voluto spezzarlo, altrimenti sarebbe diventato troppo lungo. ^^' (parlo al singolare perché la mia compare Maura ultimamente è parecchio impegnata, quindi delega a me il compito di inserire i capitoli; inoltre, Bryhn, Rhil e Sigil sono i miei pg, quindi questa parte ho dovuto scriverla da sola! ToT)
Bryluen ed Eowyn79, vedo che vi siete messe proprio d'impegno! ^__^ Pazientate, e ogni cosa sarà rivelata... Oddio, mi sembra di esser Gandalf! o_O
Al prossimo aggiornamento, che dovrebbe essere molto presto, dato che il capitolo è bello che pronto! XD Ma la mia pigrizia è notevole, e aggiustare l'HTML mi snerva non poco, visto che con queste cose sono ancora una frana! ^^'
A presto! ^o^

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Capitolo 12
*** Sorelle ***


Superato l’ingresso, Bryhn osservò l’ambiente, una sala arredata con semplicità: un tavolo di legno si trovava al centro, mentre sulle pareti erano fissate delle piccole mensole ricoperte di suppellettili varie. Contro una parete era addossata una piccola cassapanca dal coperchio intagliato. Sulla parete di fronte a quella d’ingresso, un’altra porta conduceva al resto della casa, dove si trovavano le camere da letto, uno sgabuzzino e il bagno. Sulla parete restante era incassato un camino, usato sia per cucinare sia, ovviamente, per riscaldare. Dentro, al momento, vi danzava un bel fuoco scoppiettante.
Non è cambiato nulla, pensò Bryhn. Ma del resto erano passati soltanto alcuni mesi. Nonostante ciò, le sembrava di essere stata lontana un’eternità. A dire il vero in quei mesi erano accadute tante cose. Per un attimo lo sguardo le si intristì, ma si riscosse udendo la voce di Sigil.
«Tia, tia! Raccontami cos’hai fatto in quel posto lontano!» ordinò, curiosa, appollaiata su una delle sedie che aveva raggiunto nel frattempo.
«Tesoro, ora no» la rimproverò gentilmente la madre, che non si era accorta del turbamento della sorella. «Bryhn è stanca. Falle almeno mangiare qualcosa, prima di aggredirla così.»
La ragazza mora ridacchiò. «Già, piccolina. Sei un nemico temibile, non posso reggere il tuo tremendo assalto a stomaco vuoto.»
Sigil mise il broncio. Rhiluee si chinò su di lei, accarezzandole la testa. «Quando si sarà riposata un poco, Bryhn ci racconterà tutto, stai tranquilla. Ma devi imparare a pazientare, piccola mia. Ricorda: non sono tutti a tua disposizione.»
«, mamma» rispose la piccina, alzando il volto in direzione della voce della giovane donna.
«Brava.» Rhiluee si voltò verso la sorella. «Vieni. La tua stanza è già preparata. L’ho sempre tenuta pronta in attesa di una tua visita» spiegò, allo sguardo stupito dell’altra. La condusse nel retro della casa, fino alla porta della camera di Bryhn. L’aprì e fece spazio alla sorella.
Questa entrò, notando come effettivamente la stanza fosse in perfetto ordine, come se l’avesse lasciata soltanto quella mattina anziché oltre sei mesi prima. Con un certo sollievo si tolse il mantello e lo lasciò cadere a terra. «Un bagno sarebbe davvero gradito» sospirò. «Mi sento la polvere ovunque
«Non entrare nei particolari, e ti preparerò un bel bagnetto caldo» sorrise Rhiluee.
«Non stare a scomodarti, va bene anche freddo, come ti stavo dicendo prima.»
«Freddo? In questa stagione?! Bryhn, almeno tiepido...»
«Va bene, Rhil, va bene» la giovane si arrese subito alla premura della sorella maggiore, sapendo perfettamente che non avrebbe smesso di protestare finché non l’avesse avuta vinta.
Quest’ultima sorrise soddisfatta. «Ci metterò poco. Tu intanto rilassati.»
Uscì dalla camera canticchiando con voce sommessa. Bryhn si lasciò cadere sul letto e, prima ancora di rendersene conto, vi si distese sopra. Nemmeno si accorse d'essersi addormentata se non quando udì la voce della sorella che la chiamava. Aprì a fatica gli occhi e mise a fuoco il bel viso chino su di lei.
«Mi rincresce svegliarti, ma la vasca è pronta. E in ogni caso, non puoi dormire così conciata.»
Bryhn mugolò qualcosa, poi si sfregò gli occhi e si decise ad alzarsi. Mugugnò un ringraziamento, avviandosi verso il bagno. Lì trovò una tinozza di legno non molto grossa, sufficiente giusto per una persona, per metà piena di acqua. Bryhn non perse tempo e si spogliò, entrando nella vasca. L’acqua era solo in parte riscaldata, ma per lei andava benissimo così. Si ripulì della polvere e del sudore, liberandosi anche della stanchezza del viaggio. Si pulì per bene, lavandosi pure i capelli, poi, quando l’acqua era ormai fredda, uscì e si asciugò.
Quando raggiunse l’ampia saletta di ingresso, trovò Rhiluee che stava preparando la tavola. «Oh, eccoti. Su, vieni a sederti. Ti sei asciugata bene?»
«Sì, Rhil, mi sono asciugata bene» sbuffò Bryhn.
La sorella si avvicinò per controllarla, ignorando l’occhiataccia che quella le scoccò, poi si allontanò soddisfatta, raggiungendo il camino su cui, appeso ad un gancio, stava scaldandosi un paiolo ricolmo di zuppa di verdure. Ritornò pochi istanti dopo con un piatto pieno, che depose davanti a Bryhn. Le mise davanti anche una pagnotta fresca, un grosso pezzo di formaggio, una cesta di frutta e una caraffa d’acqua.
Bryhn iniziò a mangiare, affamata, mentre Rhiluee apparecchiava per sé e per la figlia, e anche loro due si misero a cenare. Il pasto fu consumato in silenzio, salvo apprezzamenti da parte della guerriera sulla bontà di quel cibo così semplice.
Aveva appena terminato la cena, quando la nipotina, seduta in braccio alla propria madre, tornò alla carica con le sue domande.
«Tia, dimmi cos’hai fatto là!»
Rhiluee ridacchiò sommessamente e s’informò: «Sei stanca, sorellina?»
«No, per niente...» iniziò a rispondere l’altra, prima di essere interrotta.
«Bene, allora puoi narrarci come hai passato questi mesi lontani da casa.» Rhiluee sorrise.
«, ! Dài, tia
Bryhn sospirò, divertita, e si arrese a quelle insistenti richieste. Descrisse dunque il suo viaggio, il suo arrivo a Lyraza e l’Accademia. Raccontò di chi vi si trovava, allievi e ufficiali, e di come lei si fosse ambientata abbastanza in fretta. Andò avanti per oltre un’ora, senza essere interrotta, omettendo tuttavia buona parte dei fatti che riguardavano Gart. Ne parlò come se fosse stato un semplice compagno di Accademia, anziché una figura onnipresente in un modo o nell’altro nelle sue giornate.
Credeva di aver tenuto un tono distaccato, nel raccontare, ma si rese conto che non doveva essere stato così. Oppure sua sorella le leggeva nel pensiero.
«Ci tenevi a quel ragazzo, vero?» domandò infatti Rhiluee.
«No, io...!» iniziò subito a protestare Bryhn.
Rhiluee sollevò una mano per bloccarla. «Aspetta.» Fra le sue braccia, Sigil si era assopita già da un po', e la testolina castana ciondolava in avanti. Si alzò e andò a portare la bimba nel suo letto. Tornò dopo pochi minuti e si risedette, osservando la sorella.
«Io non lo sopportavo» affermò Bryhn dopo qualche attimo di silenzio, evitando lo sguardo dell’altra.
«Eppure sei triste per lui» insistette Rhiluee. «Vuol dire che almeno un poco t’importava.»
La ragazza continuò a negare. «Ti sbagli! Io non lo potevo soffrire!»
La giovane donna sospirò di fronte alla caparbietà della sorella minore. «Bryhn, Bryhn...» mormorò, con vago rimprovero. «Perché ti ostini a non ammettere le cose come stanno? Si vede lontano un miglio che stai mentendo. Io ti conosco, sorellina, non m’imbrogli.» Si allungò sul tavolo per posarle una mano sopra una delle sue. «Mi hai taciuto qualcosa? Perché non ti confidi un po’ con me?» la incoraggiò in tono dolce.
Bryhn si morse un labbro e abbassò gli occhi, per poi rialzarli sulla sorella. Emise un sospiro spezzato e si decise a raccontarle ciò che prima aveva omesso, raccontandole dell’episodio nei bagni e di tutto quello che era avvenuto dopo fra lei e Gart, il modo in cui si era evoluto il loro strano rapporto, basato su qualcosa che Bryhn non avrebbe saputo definire. Parlò con voce monocorde, cercando in tutti i modi di arginare il fiume di lacrime che premeva per dirompere dai suoi occhi. Quando ebbe finito riabbassò lo sguardo, sentendo un fastidioso bruciore agli angoli delle palpebre.
Rhiluee sospirò. «Oh, sorellina» mormorò, sinceramente addolorata, e rafforzò la stretta sulla sua mano. «Mi dispiace così tanto...»
«Quel ragazzo... mi ha sempre fatta diventare matta. Era esasperante» commentò quella, come se non avesse udito le parole della sorella. «Era insopportabile.»
«Però ci teneva, a te. E tu ti sei affezionata a lui.»
Silenzio.
«Bryhn...»
«Io... non...» Scosse la testa. «Se teneva a me, aveva proprio uno strano modo di dimostrarlo!» commentò, cercando vanamente di confutare l’affermazione di Rhil.
«Te lo dimostrava» insistette la bionda fanciulla, accostandosi a lei. «Altrimenti per quale motivo ti avrebbe dedicato tutto quel tempo? Per quale motivo, anziché riposarsi dopo una giornata di addestramento, si sarebbe preso la briga di aiutarti nei tuoi allenamenti privati?» Spostò la mano a stringerle gentilmente il braccio.
«Quanto non ti sopporto quando fai così!» esclamò Bryhn in un sussurro. «Riesci sempre a tirarmi fuori tutto, anche quello che non voglio dire.» Rhiluee tacque, e lei esplose in pianto. «Mi fa male pensare che non lo vedrò mai più!» singhiozzò. «Mi fa male! Perché? Io non lo sopportavo!»
Rhil, con gli occhi lucidi per la pena di vedere la sorella tanto desolata, l’abbracciò forte fra le esili braccia. «A volte, chi disdegna una cosa in realtà l’apprezza...» bisbigliò, talmente piano che quelle parole si persero nel rumore dei singulti di Bryhn.
La sorella maggiore non aggiunse altro, limitandosi ad abbracciare la minore con intensità, per trasmetterle il profondo affetto che le portava e per farle capire che lei era lì, ad offrirle il poco conforto che era in grado di darle.
E Bryhn si abbandonò grata in quel caldo abbraccio, versando tutte le lacrime che aveva trattenuto fino ad allora.

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Capitolo 13
*** Speranze e illusioni ***


Quando si svegliò, per un attimo Bryhn rimase confusa nel trovarsi nel proprio letto, ma subito i ricordi della sera prima le tornarono alla mente: aveva pianto a lungo, fino a quando, spossata dalle lacrime, era stata accompagnata nella stanza da sua sorella. Si era tolta gli abiti, indossando una lunga camicia, e si era addormentata appena aveva toccato il giaciglio.

Sul davanzale della finestra cinguettava allegramente un passerotto. Bryhn si rese conto che era stato quel suono a destarla. La luce del sole filtrava attraverso la finestra, attraverso le tende tessute e ricamate dalla stessa Rhiluee: le imposte erano rimaste aperte.

La ragazza si sollevò a sedere, sbadigliando e stiracchiandosi, poi mise i piedi a terra e si alzò. Si accorse che Rhiluee aveva provveduto a far sparire i suoi abiti sporchi del viaggio, sicuramente per lavarli, e le aveva lasciato sulla cassapanca una delle proprie tuniche, accanto ad un catino e una brocca con dell’acqua.

Bryhn la indossò, dopo essersi data una sciacquata al viso per svegliarsi: l’acqua fredda l’aiutò. Si dette una ravviata assai sommaria ai capelli, poi uscì. Nella sala da pranzo trovò la colazione pronta sul tavolo. La mangiò in pochi minuti, dopodiché uscì all’aperto. Strizzò gli occhi alla luce del sole, respirando a pieni polmoni quella frizzante aria autunnale. Aria di casa.

Seguendo l’acciottolato che passava intorno alla casa, raggiunse il bel praticello che affiancava l’abitazione. Rhiluee stava giusto terminando di stendere gli abiti di Bryhn ad asciugare, dopo averli lavati come ipotizzato dalla ragazza.

Bryhn si era avvicinata in silenzio, ma il lieve rumore dei suoi passi sulla ghiaia non sfuggì all’orecchio della piccola Sigil, il cui udito era assai sviluppato, così come gli altri sensi, per compensare la mancanza della vista. La bambina, seduta sull’erba a pochi passi dalla madre, si voltò, puntando in modo vago i suoi occhi ciechi nella direzione in cui aveva udito la zia.

«Tia Ryn!»

Rhiluee si voltò. «Ben svegliata, sorellina» la salutò, con un dolce sorriso. «Dormito bene?»

Sembrava non fosse successo niente. Bryhn annuì e andò a sedersi vicino alla nipote, prendendola in braccio per coccolarla. Ovviamente, la bimba non ebbe nulla da ridire. Solo, si mise a ridere, un suono argentino e spensierato, quando la zia le fece di proposito un po’ di solletico.

Rhiluee terminò di appendere il bucato, poi le raggiunse. Per un po’ non disse nulla, osservandole soltanto, infine domandò: «Ti senti bene?»

Bryhn sospirò. «Sì, sto bene.»

Sigil alzò il voltò. «Che hai, tia?» domandò, con un timbro preoccupato nella vocina.

«Nulla, piccola, nulla.»

«La zia è solo ancora un po’ stanca per il viaggio» intervenne Rhiluee, e la bambina sembrò accogliere senza riserve quella scusa. «Lasciala tranquilla per un poco, vuoi?»

Sigil annuì, sciogliendosi dall’abbraccio della zia. Pareva aver compreso che sua mamma voleva rimanere da sola con la sorella. Perciò si allontanò con passo sicuro, fermandosi quando la madre la chiamò.

«Rimani lì, tesoro» esclamò. Sigil si sedette quindi ad una certa distanza dalle due, sdraiandosi poi sul prato, gli occhi chiusi, a godersi il lieve tepore del sole e il cinguettio degli uccellini, appollaiati sugli alberi e i cespugli vicini. Era una cosa che le piaceva molto, e che in genere faceva in compagnia della mamma.

Bryhn rimase in silenzio per qualche minuto. «Ieri ho parlato soltanto io» esordì. «Come vanno le cose, qua?»

Lo sguardo di Rhiluee si adombrò un poco. «Nel solito modo» rispose. «La maggior parte degli abitanti del villaggio ci tollera o ci ignora, e si limita ad avere contatti con me esclusivamente quando si tratta di chiedermi qualche lavoro, da barattare con il cibo che io non posso procurarmi da sola.»

Bryhn annuì in silenzio. Rhiluee era molto brava nella tessitura e nel ricamo, e anche nel preparare tisane e infusi di ogni tipo, poiché conosceva perfettamente le qualità delle piante. La nonna materna, che si era presa cura di loro in seguito alla morte dei genitori, avvenuta quando Bryhn non aveva che pochi anni, le aveva insegnato molte cose nel breve tempo ancora concessole dalla vita dopo la perdita della propria figlia e del genero.

Rhiluee aveva appreso a fondo quegli insegnamenti, e fin da quando Bryhn era piccola ella aveva sfruttato quelle abilità in cambio di cibo, per lo più carne o grano. Di erbe e verdure non necessitavano, poiché se le coltivavano da sole. Tuttavia non sempre erano dovute ricorrere al baratto, poiché c’era una famiglia che, da quando erano rimaste prive anche della nonna anni prima, le aiutava senza chiedere nulla in cambio.

«E la vecchia Jobeth e suo marito Issech?» domandò quindi, pensando con un certo affetto a quella coppia di contadini.

«Oh, godono di ottima salute» rispose Rhil, ritrovando il sorriso. «E continuano a darci una mano. Anche loro figlio, Kinn. Te lo rammenti, no?»

«Certo» replicò Bryhn, riportando alla mente i ricordi che aveva di quel giovane, più grande di lei di diversi anni, quasi coetaneo di Rhiluee. Un tipo semplice e cordiale, con capelli castani e occhi dello stesso colore, alto e vigoroso. Aveva un fisico robusto, da maniscalco, e infatti si era trasferito per alcuni anni nella vicina città di Tavisewa, a lavorare in qualità di apprendista presso un fabbro.

«Allora è tornato» constatò, senza aspettarsi risposta.

«Alcune settimane dopo che te ne sei andata tu» spiegò la sorella maggiore. «Ha preso il posto di Kipus, morto un paio di mesi fa. Kinn era diventato suo assistente già da un po’.»

«Quindi quel vecchiaccio è passato a miglior vita, finalmente.»

«Bryhn!»

«Oh, non farmi la predica! Sai che non l’ho mai potuto sopportare. Ci ha sempre trattate come se fossimo delle lebbrose!»

Rhiluee sospirò. «Questo è vero» fu costretta ad ammettere, ma senza l’astio che era trapelato dalla voce di Bryhn.

Erano sorelle, ma non avrebbero potuto essere più diverse, e non soltanto nell’aspetto: l’una bionda, esile e delicata, quasi eterea; l’altra bruna e vigorosa. L’una dolce e gentile, sempre pronta a perdonare e a lasciare da parte il rancore; l’altra impetuosa e aggressiva, a volte fredda, dal temperamento assai meno docile.

«E tutto perché aveva paura della magia come ce l’hanno tutti quegli altri idioti!» sbottò Bryhn.

«La magia...» ripeté Rhiluee in un sussurro. Sollevò la mano destra chiusa a pugno e l’aprì: sul suo palmo si creò una piccola sfera di luce, simile ad un globo di danzanti fiamme argentee. «E dire che non posso fare molto più di questo.»

«Sono degli idioti» sentenziò nuovamente e seccamente Bryhn, concludendo così il discorso. Osservò la piccola Sigil, sempre sdraiata sull’erba, ad ascoltare le dolci e vivaci melodie intonate dagli uccellini. «E Khalar?» domandò a voce bassa.

Rhiluee scrollò appena le spalle. «Nessuna notizia» ammise, «ma sono certa che ha i suoi buoni motivi. Vedrai, un giorno tornerà. L’ha promesso.»

Il silenzio calò di nuovo. Bryhn guardò di sottecchi la sorella, la quale a sua volta osservava la figlia con un tenero sorriso, poi represse un sospiro. Se la stessa Rhiluee continuava ad attendere fiduciosa il ritorno del suo amato, credendo fermamente nella promessa che lui aveva formulato, chi era lei per porre dei dubbi che potevano turbarla? Sorrise, contagiata dalla tranquilla sicurezza della sorella, e ne incontrò lo sguardo: negli occhi color acquamarina brillava un’incrollabile certezza.

Pur continuando a sorridere, la ragazza si sentì d’improvviso stringere il cuore, poiché se Rhiluee nutriva ancora la speranza di rivedere una persona che amava, Bryhn, al contrario, non poteva più avere nemmeno l’illusione di una tale speranza.



◊◊◊



Quei giorni a casa, in compagnia della famiglia, trascorsero veloci per Bryhn. Troppo veloci, a dire il vero. Le pareva di essere appena giunta che già doveva ripartire. In realtà vi aveva passato una settimana, prima di rimettersi in viaggio per tornare a Lyraza.

Tutto quel tempo Bryhn l’aveva trascorso sempre in compagnia della sorella e della nipote, e ogni tanto allenandosi. Ora che si accingeva ad andarsene, mentre appendeva la spada alla sella, ripensò divertita alla reazione di Rhiluee qualche giorno prima.

Lei aveva preso la spada e l’aveva poggiata momentaneamente allo steccato, intanto che si infilava i guanti di pelle. Sigil era lì vicina, seduta sul prato e intenta a giocare con delle vecchie bambole appartenute – strano a dirsi – alla stessa Bryhn.

Rhiluee era piombata lì come una furia. «Bryhn! Tieni le armi lontane dalla bambina!» aveva esclamato, indicando la spada e guardando la sorella con occhi scintillanti di rimprovero.

Bryhn si era semplicemente allontanata, seguita dai rimbrotti dell’altra.

Adesso Rhiluee la guardava con gli occhi lucidi, tenendo la bambina in braccio.

«Tia, resta qui!» piagnucolò Sigil, tendendo le piccole mani verso Bryhn.

Lei la prese dalle braccia della madre e la strinse a lungo. «Non posso, piccolina. Prometto che tornerò presto, però. Su, non fare così. Te lo giuro, stavolta non lascerò passare tutti questi mesi.»

La posò a terra, per abbracciare la sorella.

«Vedi di farlo sul serio, o verrò io fin là a prenderti per un orecchio!» mormorò Rhiluee. «Mi mancherai tanto, sorellina. Mi manchi tanto!»

«Anche tu e Sigil mi mancate» rispose lei con voce più ferma. «Ora, però, lasciami andare. Ci vedremo presto, non temere.» Si sciolse dall’abbraccio e montò in sella. «Saluta tu per me la vecchia Jobeth e la sua famiglia. Non attraverserò il villaggio per raggiungere il sentiero.»

In effetti, era andata al villaggio una sola volta per salutare i due vecchi amici e il loro figlio, dopodiché non ci aveva più messo piede.

«Mi raccomando, sii prudente» l’ammonì Rhiluee.

Bryhn inarcò un sopracciglio, divertita. «Prudente, io?»

L’altra sospirò. «Hai ragione. Questo dovrei dirlo agli sconsiderati briganti che potrebbero avere la malsana idea di aggredirti, o anche solo la sventura di incrociare la tua strada» ribatté, ironica.

La ragazza mora rise. «Bene, ora vado sul serio. Stammi bene, Rhil. E tu, mio piccolo sole, fai la brava bambina.»

«, tia Ryn...» borbottò la nipote, con il broncio.

Bryhn sorrise, poi spronò il cavallo al piccolo trotto. Non si voltò indietro, ma sapeva, quando fu al limitare del bosco, che Rhiluee e Sigil erano ancora là a guardarla andar via.



Le mura di Lyraza le diedero una sensazione di familiarità, allorché le vide dalla collina a poche miglia dalla città. Per certi versi Bryhn stava iniziando a considerare anche l’Accademia come la propria casa. L’ammirò per qualche minuto alla luce radente del tramonto, poi fece ripartire il cavallo.

«Su, Biancapezza» la incitò. Le aveva affibbiato quel nomignolo assurdo per via di una macchia bianca sul pelame bruno, simile ad una pezzuola, e dopo aver appurato che era una femmina e non un maschio. La cavalla emise uno sbuffo, ma obbedì docilmente al comando delle redini.

Arrivarono all’Accademia che il sole era ormai calato da parecchi minuti. Davanti al grosso portone, Bryhn si fece riconoscere dalle guardie ed esse la lasciarono passare. Tutti erano a cenare, gli allenamenti già conclusi da un pezzo, e lei andò tranquilla fino alle scuderie. Aveva mangiato per strada, perciò decise di occuparsi della giumenta. La fece entrare nel suo ricovero, poi le tolse la sella e le redini, e le diede un bel mucchio di biada.

La cavalla vi affondò subito il muso, divorandolo con voracità. Bryhn le accarezzò un fianco, mormorando: «Ora sono stanchissima, ma domani ti striglierò come si deve, Biancapezza. Abbiamo bisogno tutte e due di una bella pulita.»

Lasciò le stalle e raggiunse il proprio alloggio. Buttò la sacca a terra e si spogliò velocemente, gettando gli abiti sporchi sul pavimento, a far compagnia alla bisaccia. Indossò una camicia, dopodiché si infilò sotto le coperte.

Non aveva salutato nessuno. Poco male, l’avrebbe fatto l’indomani, adesso era davvero troppo, troppo stanca.

Si addormentò prima ancora di concludere il pensiero.





*****
Scusate il ritardo! Malgrado abbia alcuni capitoli già pronti, quest'ultimo periodo è stato parecchio pieno! ^^ Maura ed io siamo state al RiminiComix, ovviamente distruggendo ancor più la nostra dignità già distrutta dai precedenti cosplay! XD Al ritorno, io sono stata sequestrata oltre una settimana dal mio fidanzato (be', non ci si vedeva da un mese... è il problema di abitare in città, e regioni, diverse... ¬_¬) e Maura è tornata ad essere fagocitata dal suo lavoro estivo. Inoltre, ogni volta perdo mezzore a litigare con l'HTML... Qualcuno mi spiega come diavolo si fa ad evitare che rimangano questi dannati spazi tra una riga e l'altra? Riesco a toglierle soltanto levando la rientranza di capitolo, ma è proprio quello che vorrei evitare... -__- Adesso ho deciso di arrendermi e di dare l'ennesima vittoria al'HTML, ma confido in una rivincita! XD Per Bryluen, Eowyn79 e Flo: Grazie per i complimenti! ^^ Quanto alle vostre domande, spiacente ma non dico nulla! XD Io, al contrario di Maura, sono contraria alle anticipazioni (e siccome mi occupo io di inserire i post, comando io xD), perciò, se volete sapere cosa succederà, continuate a seguire e avrete le vostre risposte! ^o^ A presto! (spero XD)

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Capitolo 14
*** Eventi inaspettati ***


E la vita d’Accademia riprese, monotona come sempre. Allenamenti, pasti, sonni, alternati tra loro, ma tutti accomunati da un persistente, maledetto senso di vuoto: la voragine nel cuore di Bryhn era ancora inequivocabilmente aperta. E chissà quanto tempo le sarebbe occorso affinché si richiudesse del tutto.

In effetti, ciò sarebbe accaduto in tempi assai più abbreviati di quanto ci si potrebbe aspettare; e non fu grazie alla sua solida forza d’animo, o alla sua tenacia nell’andare avanti, gettandosi alle spalle i sentimenti passati. Molto più semplicemente fu perché, qualche giorno dopo il suo ritorno, durante il suo mattiniero spostamento dal dormitorio alla sala delle mense, vide un assembramento di allievi all’ingresso dell’Accademia. Urlavano eccitati, festeggiavano gioiosi, acclamando solo gli Dèi sapevano cosa. Tipo certamente poco curioso, Bryhn si limitò a registrare pigramente quel bizzarro cambiamento nella quotidianità dell’Accademia, senza alcuna voglia di ricercarne le cause.

E poi, quando la folla si spostò appena, la vide. Ecco la causa. Aveva due gambe, la causa. E due braccia, di cui una strettamente fasciata. E, soprattutto, aveva il sorriso più maledettamente sfacciato che un uomo avesse mai avuto il fegato di esibire.

Era Gart, la causa.

Non era chiuso in una bara. Non era nemmeno dimenticato su di un campo di battaglia. Era lì, innanzi a lei, capace di camminare sulle proprie gambe, sicuro di sé come sempre.

Festeggiato ed acclamato dagli altri, varcò l’ingresso, salutando ora questo ora l’altro compagno d’arme. Zoppicava leggermente, la sua barba era vecchia di molti giorni, ed i capelli più lunghi. Eppure era vivo. Vivo.

«Ti credevamo morto, amico!» strillò Maler, saltandogli letteralmente addosso, cosa che forse non giovò al guerriero.

Gart, sordo al dolore proveniente dal braccio ferito, ricambiò volentieri il cameratesco abbraccio, ruggendo una selvaggia risata.

«Ci hai sperato, di’ la verità!» Il Morto Risorto batté più volte la schiena dell’amico, prima di essere sommerso da altri ansiosi di accoglierlo. O di finirlo, a giudicare dalla foga che ci misero.

«Ragazzi!»

Era quasi sovrannaturale come Aldred potesse ottenere all’istante un silenzio di tomba; non per paura degli allievi di ricevere una qualche orribile punizione, ma solo grazie al proprio innegabile carisma, donatogli dagli anni. Egli avanzò nella folla, che si aprì a ventaglio attorno al Maestro. Giunto davanti a Gart, lo osservò con fare critico, come un ispettore che, durante un’ispezione, si accorga di un paio di calzari allacciati nel modo sbagliato.

Fu un’espressione severa che cadde presto, sostituita da un caldo sorriso, che tuttavia non evitò la militare richiesta: «Sei in ritardo, cadetto. Hai una spiegazione?»

«Ce l’ho.» L’espressione di Gart brillò di folle gioia, mentre, trovato un barile accatastato contro un muro, vi balzava faticosamente sopra, lieto dell’occasione di spettacolo che gli era appena stata offerta. Dall’alto, osservò le facce dei suoi compagni, tanti nasi curiosi puntati verso di lui, e si trattenne dal ridere nel vedere Aldred che, forse ormai abituato, forse nell’animo troppo contento, sospirava arrendevole, senza impedirgli di portare avanti il suo teatrino. «Questa è una storia di coraggio, è una storia di gloriose battaglie, è...» Imitando il tono di voce del vecchio cantastorie che a volte errava per la loro città, incantando frotte di adulti e bambini, sfoggiò un sorriso talmente impudente da meritare morte immediata e sofferta. «...la storia di un bellissimo guerriero!»

Come inizio non era male. Gesticolando e rischiando più volte di cadere dal traballante sostegno, Gart proseguì nel fantasioso racconto. Fantasioso, sì, perché mai avrebbe rivelato la realtà, che era assai più rossa di sangue e nera di disperazione rispetto a quella favoletta che stava propinando a tutti.

Tanto per cominciare, la storia non aveva come protagonista un bellissimo guerriero, ma un semi cadavere. E le gloriose battaglie dov’erano state? Aveva combattuto, certo, ed anche con coraggio, sì; ma poi erano arrivati quei tre vigliacchi, decisi ad ammazzarlo. E solo gli Dèi sapevano quanto ci erano andati vicini. Così vicini da convincersi d’essere riusciti nel loro intento e abbandonarlo a terra in una pozza del suo stesso sangue.

Gart tentò nuovamente di sopprimere il maledetto ricordo di quelle immagini annebbiate dalla sua vista indebolita. Il ricordo del sole calante sul mondo e sulla sua esistenza... il ricordo di un suo compagno che, ucciso, era stato gettato addosso a lui... il ricordo del suo peso, dell’irrigidimento dei suoi arti, mentre lui, sotto, attendeva con orrore il momento in cui lo avrebbe raggiunto, morto per dissanguamento.

«Ma, pur ferito, non persi la speranza!» Gart alzò un braccio, auto celebrandosi. Un ruggito di voci sotto di lui gli confermò che gli altri erano concordi nell’eleggerlo Coraggioso Guerriero del Secolo. «Mi trascinai, sofferente, verso il campo base!»

No, nemmeno questa era tutta la verità: era stato uno sciacallo, a trovarlo. Uno di quegli sciacalli che girano tra i cadaveri, a fine battaglia, e poi si precipitano a questo o a quel campo per rivendere il materiale strappato ai morti. Erano ben pochi, al mondo, gli sciacalli che avrebbero trovato interesse nel salvare un ragazzo, ma Gart, nella sua immensa sfortuna, ebbe il dono di trovarne uno: il vecchio, rinvenendolo vivo e fissandolo sorpreso nelle sue nere iridi piene di orrore e terrore, si era misericordiosamente impietosito e, con non poco sforzo, lo aveva liberato del peso del compagno morto. Caricatolo sul suo carretto, pieno di armature, anelli, spade e altri beni di camerati o avversari morti, lo aveva condotto ad un campo base per farlo curare. Per un doppio colpo di fortuna, ebbe il buon senso di condurlo dall’esercito giusto.

«E lì il Comandante, commosso per il mio attaccamento al dovere...» Gart fece una pausa ad effetto, gustandosi l’aspettativa del suo attento pubblico. Aldred scosse il capo, forse indeciso tra il ridere e il piangere. «...mi concesse la sua ancella privata, affinché curasse le mie ferite!»

Non lo aveva manco visto, il comandante. Era stato sballottato sino al povero ospedale di campo, che, per la qualità dei servizi medici offerti, sarebbe stato più corretto definire un obitorio per morti non ancora consapevoli d’essere tali: di dieci che quel giorno vi furono introdotti insieme a Gart, solo lui ed un altro ne uscirono sulle proprie gambe. Gli altri... in pasto agli uccelli.

«Mi è stato offerto un posto come condottiero, ma ho deciso di rinunciarvi...» Proseguì a spararle grosse, il guerriero, scacciando quella luce di pallida malinconia che, ultimamente, aveva l’abitudine di accendersi nei suoi occhi. «Ma il Sommo Capo mi mancava troppo, così sono tornato!» Indicò Aldred nel modo in cui un acrobata indica il collega che esegue un’evoluzione particolarmente difficoltosa, e il Maestro, nuovamente, non riuscì a controllare un sorriso. Anche se unito ad un sopracciglio alzato, segno di rassegnata disapprovazione.

Però neppure qui vi era verità. Bryhn. Era stato il suo nome a rimbalzargli nella mente, in ogni momento di quella maledetta esperienza. Era stato pensando a Bryhn che non era morto sul campo di battaglia. Pensando a lei era uscito, decisamente più zoppicante di ora, da quella maledetta tenda-ospedale. Pensando alla sua guerriera aveva implorato passaggi ora a questo ora a quel carro, proseguendo a piedi quando le sue ferite glielo consentivano. Bryhn era stata la forza che lo aveva sorretto.


«E dunque, eccomi qui!» Un nuovo boato di festa esplose. Gart osservò nuovamente i volti dei suoi compagni ritrovati, cercando. Cercando lei, com’era logico. E infine, trovandola. Era in disparte, come sempre. E lo fissava con astio, come sempre.

Ah, casa dolce casa. Bryhn, psicotica Bryhn.

Scese, baldanzoso, riuscendo così a farsi male alla gamba. Un dolore che non considerò minimamente, mentre, con un sorriso radioso – e finalmente sincero – si muoveva verso di lei. I compagni tacquero, assistendo a quel momento profumato di romanticismo.

Si fermò davanti a quella che, lei fosse d’accordo o meno, considerava la sua donna, non sapendo bene se salutarla con fare formale oppure, come aveva sognato in quei giorni di disperazione, saltarle addosso, stringendola a sé come un bambino terrorizzato si stringe alla madre.

Fu lei a toglierlo da quell’arduo dilemma. Dopo qualche istante in cui era rimasta immobile a fissarlo, agì: il suo pugno partì, raggiungendo la mascella di Gart con una precisione impeccabile.

E con altrettanta impeccabile energia.

«Tu!» sbottò poi, semplicemente, ma con quella particolarità tutta sua di saper imprimere in un’unica, semplice sillaba un’intera quantità di vocaboli. Dei quali, nessuno somigliava ad un complimento.

Gart, dopo un attimo di silenzio, riportò verticale l’asse del proprio volto, tastandosi la mascella con aria più sconvolta che dolorante. Per la prima volta da che lo conosceva, Bryhn poté finalmente osservare la sua espressione più spiazzata.

«Io?» azzardò, troppo sbalordito per avere una piena padronanza del proprio linguaggio. «Ma che ti è preso? Sono appena arrivato!»

«Sei appena arrivato, sì, ma sei il solito imbecille!» ribatté Bryhn, gli occhi azzurri scintillanti di collera.

«Cos... cosa?» Lui si guardò attorno, forse cercando sostegno negli altri; ma erano tutti troppo impegnati a fissarli, con espressioni a metà tra il sorpreso e il morbosamente curioso, per poter anche solo pensare di intervenire a favore dell’una o dell’altra parte. Inoltre, qualsiasi schieramento avessero scelto, la cosa avrebbe potuto avere dei risvolti assai rischiosi. «Ma dico io...» Gart cercò una risposta degna, che purtroppo non trovò. «Hai sentito quello che ho raccontato, o no?» Indicò, tremante, quel barile che era stato suo glorioso palcoscenico, quasi volesse tirarlo in causa come testimone.

Bryhn fremette e, per un attimo, sembrò voler replicare il pugno precedente. «Ho sentito, sì! Eccome se ho sentito!!» Era stato proprio quello a farla infuriare, ma non lo disse.

«Più ci provo, meno ti capisco!» sbraitò Gart, arrabbiato come raramente gli era accaduto. Accidenti, quella donna non solo lo stava maltrattando per l’ennesima volta, e davanti a tutti, ma si permetteva pure di farlo dopo una lunga separazione durante la quale lo aveva creduto morto! Ma la cosa che più lo preoccupò, a dire il vero, era che lui, come sempre, la stava lasciando fare. «Sei impossibile!» aggiunse, voltandosi verso quella viuzza interna che conduceva ai bagni e ai dormitori.

«E tu sei un cretino irresponsabile e senza cervello!» gli urlò dietro lei, fra gli sguardi sconcertati dei presenti.

Aldred, meno sconcertato ma comunque perplesso, scosse la testa con rassegnazione. Giovani...

Adesso basta. La furia di Gart raggiunse l’apice supremo della perfezione e, come gli accadeva in quei casi, il suo istinto omicida fu immediatamente sostituito da un preciso intento di giocare qualche carognata a chi lo aveva condotto ad un simile punto. Raggiunse zoppicante il portone dei bagni, che spalancò con il braccio buono. Ghignando perfidamente si volse verso Bryhn, e la folla dietro di lei.

«Vado a fare un bagno!» annunciò a pieni polmoni. «Cerca di non finirmi nella vasca, questa volta!» Detto questo, richiuse la porta e... be', e rise della propria mefistofelica genialità.

Bryhn arrossì, in un misto di bruciante imbarazzo e collera furiosa. Intorno a lei i compagni e gli ufficiali la osservarono stupefatti, e iniziarono a levarsi dei sussurri.

«PEZZO DI DEFICIENTE!» esplose. Si voltò a fissare gli altri, e gli allievi più vicini a lei arretrarono d’istinto sotto il suo sguardo. «NON sono finita nella vasca! È stato lui ad infilarcisi mentre IO facevo il bagno!! Quel maledetto, schifoso maniaco!!» Si mosse per andarsene, e non certo in direzione dei bagni, poi si arrestò per rivolgersi ad Aldred. «Ti dispiacerebbe proprio tanto se l’ammazzassi? E questa volta sul serio!!»

Malgrado tutto, l’uomo si trattenne a stento dal ridere. «Se tu potessi evitarlo... vivo mi sarebbe più utile.»

«Allora mi limiterò a spaccargli tutte le ossa una per una!» Bryhn riprese a camminare borbottando: «Oh, ma io lo disintegro sul serio! Lo faccio a pezzi, lo faccio! Quel bastardo!»

Gart, una volta a mollo, continuò a ridere. Se non altro, gli era tornato un po’ di buon umore.




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Aggiornamento prima di sparire per un po'. Starò via una decina di giorni (Maura si è già volatilizzata nelle sue ferie! XD)
Confido che questo capitolo abbia reso contenta qualche persona! XD
A presto!

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Capitolo 15
*** Gelosie e delusioni ***


Chiedo profondamente scusa a chi segue questa storia per il tremendo ritardo dell'aggiornamento (malgrado i prossimi capitoli siano pronti), ma il fidanzato che vive in un'altra città, lo studio, gli impegni vari ed eventuali... insomma, mi hanno portato via il tempo. Cercherò di fare ammenda nei prossimi giorni. ^_^
Vi lascio quindi a questo nuovo capitoletto, sperando sarà di vostro gradimento come i precedenti. Soprattutto, spero apprezzerete il nuovo personaggio che qui verrà introdotto.

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A sera, un ragazzone dall’aria tremendamente soddisfatta sedeva in cima alle mura, osservando distratto il rossore del sole calante. Ogni tanto, chissà per quale ragione, ghignava con orgoglio, forse ripensando ad un certo fatto avvenuto in giornata.
Bryhn stava passando nel cortile sottostante, in compagnia di una delle sue amiche, una fanciulla dai capelli bruno-rossicci, di un anno più anziana di lei. Aveva un volto dai lineamenti fini, cosparso da una miriade di vezzose lentiggini, e impreziosito da grandi occhi dello stesso colore dei capelli. Erano di ritorno dagli allenamenti, anche se ovviamente non li avevano fatti insieme, visto che Tiara era ancora di settimo livello.
Se possibile, alla vista della mora guerriera, il ghigno di Gart si allargò ulteriormente.
Avvertendo una sensazione di fastidio, Bryhn si guardò intorno e, infine, sollevò gli occhi, vedendo il giovane sugli spalti. Emise un ringhio, e a quel punto Tiara seguì la direzione del suo sguardo.
«Ohi...» commentò solo, presagendo guai. Tuttavia non si azzardò ad aggiungere altro. Del resto per l’intera giornata né lei né le altre ragazze avevano osato affrontare la questione, assolutamente certe che Bryhn avrebbe avuto una reazione tutt’altro che pacifica e diplomatica.
Bryhn mutò il suo percorso, diretta alle scale che conducevano sulle mura.
«Che vuoi fare?» s’informò timidamente l’amica, seguendola.
«Prova ad indovinare!» fu la secca risposta.
«Preferisco di no...» mugolò l’altra, tenendosi a distanza di sicurezza, pronta però ad intervenire nel caso il caratteraccio di Bryhn avesse preso il sopravvento. Ringraziò gli Dèi del fatto che almeno le spade fossero già state riposte.
La ragazza raggiunse il suo obiettivo e gli si piantò davanti, sentendo montare un’ulteriore furia all’espressione strafottente di lui. «Si può sapere che ti è saltato in testa, brutto demente?!»
Gart sollevò il capo, un’espressione decisamente troppo sorniona per un uomo nella sua situazione. «Di che parli, mia cara?» s’informò con educata curiosità.
«“Mia cara” lo dici al tuo cane, imbecille!» s’inviperì lei. «E tu sai benissimo a cosa mi riferisco! Non fare il finto tonto!»
Gart sbuffò per quel tono che associò prontamente a quello di una pazza nonnina isterica e tornò a guardare il paesaggio, senza un reale interesse. Considerando il modo in cui lei lo aveva maltrattato, ritenne di averle concesso già sin troppa attenzione.
«Ma brutto...» ringhiò la ragazza.
«Bryhn, per favore...» tentò di richiamarla Tiara.
Bryhn nemmeno la sentì. Allungò una mano e afferrò i capelli di Gart, strattonandoli e costringendolo a voltarsi di nuovo verso di lei. «Non ignorarmi, sai!»
«Perché? Ignorare è un lusso concesso solo a te?» sibilò il giovane, alzando il braccio sano e liberando la propria preziosissima chioma, brutalmente stretta dalla rabbiosa mano di lei.
Poco distante Tiara sospirò sconsolata. Che coppia di scemi...
Bryhn lo fulminò con un’occhiataccia. «Non dire stupidaggini!» ribatté. Non era affatto vero che lo ignorava: gli stava parlando, in fondo. Anche se, in effetti, parlare non era il termine giusto. «Be', in fondo è la cosa che ti riesce meglio» continuò. «Tu dici sempre stupidaggini, come hai fatto stamani!!»
«Vuoi forse sostenere di non essertela meritata?» Gart alzò un sopracciglio, tornando a squadrarla con un sorriso furbo.
«Certo che sì!» affermò lei, assolutamente convinta e sempre più desiderosa di cancellargli quell’espressione dal volto.
«Mi hai picchiato e insultato!» Lui, impedito nelle azioni dalla gamba ferita, tentò di alzarsi di scatto, ottenendo un risultato assai più lento di quanto si era aspettato. «Dopo avermi creduto morto per più di un mese, è stata l’unica cosa che hai saputo fare!»
Bryhn incassò, mentre una piccola parte della sua razionalità le sussurrava che aveva ragione lui. Esitò un istante prima di ribattere, con rinnovato vigore: «E l’unica cosa che hai saputo fare tu è stata comportarti come un buffone!» Non gli diede tempo di replicare e continuò: «Una cosa giusta l’hai detta: ti hanno tutti creduto morto! In tutto questo tempo hanno sofferto a causa tua!» Non era esattamente quello che pensava: lei aveva sofferto, ma preferì omettere questo dettaglio. «Sono stati male perché pensavano che tu fossi morto!» Oh, sì, lei era stata male, malissimo, e aveva trascorso giorni orrendi, torturata da quel pensiero. «E poi te ne torni qui come niente fosse, comportandoti come uno scemo! Non ti sei degnato di far sapere che eri vivo! No, figuriamoci! Il grande eroe doveva fare il suo ritorno trionfale Cosa gliene fregava se gli altri erano stati in pena per lui!» IO sono stata in pena per te! «Tanto lui era a farsi accudire dall’ancella!» Non aveva idea, Bryhn, se quella fosse stata un’invenzione, anche se le pareva alquanto strano che un comandante in guerra si portasse dietro l’ancella. Ad ogni modo, che fosse una bugia o la verità, a lei aveva dato un fastidio tremendo.
E lei non sarebbe gelosa? pensò Tiara, un sopracciglio inarcato. Molto più intuitiva di Bryhn su certe faccende, oltreché più smaliziata, aveva capito perfettamente cosa le fosse preso quella mattina per farla reagire in modo tanto aggressivo contro Gart.
«Se non ho avvisato, evidentemente è stato perché non ne ho avuto la possibilità!» Gart alzò maggiormente la voce, rosso in volto. Dopo la rabbia per la “dolce” accoglienza che lei gli aveva riservato, ora doveva pure sopportare la... delusione? Sì, delusione. Bryhn lo accusava d’aver fatto soffrire tutti, evitando però accuratamente di inserirsi in quel gruppo. «Senti, questa sera non ne ho proprio voglia. Lasciami in pace» borbottò a voce più bassa, massaggiandosi la testa.
«Come desideri» sibilò lei, voltandosi per andarsene. Tiara la richiamò, ma quella aumentò il passo. Sentiva le lacrime che le pungevano gli occhi, e non voleva farsi vedere mentre piangeva, soprattutto perché lei stessa non ne capiva il motivo.
«L’amore non è bello se non è litigarello...» ironizzò la rossa, meritandosi un sorriso divertito da parte di Gart. Quindi seguì Bryhn, la quale sembrava non avere la minima intenzione di lasciarsi raggiungere.
Gart non richiamò né l’una né, tanto meno, l’altra. Tornò a sedersi, fissando il panorama. L’oscura e fredda ombra che da circa un mese aveva invaso il suo cuore riprese a dominarlo, quasi spegnendolo.




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Bene, saluto (anche a nome di Maura, che ormai mi ha lasciato ogni incombenza circa la pubblicazione XD) tutti i nostri lettori e lettrici, e dò il benvenuto a NerinB, approfittando per ringraziarla dell'apprezzamento per la mia one-shot su Bryhn ^__^
Al prossimo capitolo!

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Capitolo 16
*** Ammonimento... ***


Nei giorni successivi i rapporti fra i due ragazzi furono estremamente tesi, pericolosamente vicini al punto di rottura.
Gart, esentato dagli allenamenti per ovvie ragioni, si limitava ad assistervi con aria un po’ annoiata. Girava per l’Accademia osservando le esercitazioni dei vari gruppi di allievi, suddivisi in base al livello. E quando si fermava a guardare il gruppo di cui faceva parte Bryhn la sua espressione pareva mutare.
Da parte sua Bryhn, appena si accorgeva della presenza di Gart, abbandonava di colpo gli allenamenti, andandosene e ignorando i richiami degli istruttori. A volte, addirittura, non si presentava nemmeno, se c’era lui nei dintorni. Né rimproveri né punizioni servirono a farle abbandonare quell’atteggiamento ribelle e ostinato. Lei non riusciva a sopportare la vista di Gart dopo quanto successo: e se da un lato avrebbe quasi voluto chiedergli scusa, dall’altro il suo smisurato orgoglio glielo impediva. E così insisteva a comportarsi in quella maniera, facendo adirare profondamente gli ufficiali. Aldred aveva fatto il possibile per evitarle dei castighi, suggerendo di attendere ancora qualche giorno, per dare modo alle cose di risistemarsi da sole nel loro giusto ordine. Ad un certo punto, però, aveva dovuto cedere, sotto le insistenze dei suoi sottoposti, i quali pretendevano un intervento, poiché il comportamento insubordinato di Bryhn era assolutamente inammissibile. E durava da una settimana.
La ragazza fu confinata per un giorno e una notte in una piccola cella, senza cibo né acqua per ventiquattrore. Tuttavia la punizione non sembrò rimetterla in riga più di tanto. Fu solo la minaccia di espellerla dall’Accademia ad impedirle di disertare ancora le lezioni o di abbandonarle improvvisamente senza alcun motivo. In ogni caso la ragazza evitava in qualsiasi modo di trovarsi nelle vicinanze di Gart. Lo ignorava volutamente e questo non faceva che irritare maggiormente il giovane.
Tiara, in tutta questa situazione, aveva tentato di ammorbidire un po’ Bryhn, di indurla a ragionare, ma ogni tentativo era risultato completamente inutile: nel migliore dei casi veniva invitata a buttarsi giù dalla torre d’avvistamento dell’Accademia.
Anche le altre ragazze evitavano qualunque accenno, constatando come nemmeno Tiara, che con Bryhn aveva un rapporto molto più stretto di quanto lo avessero loro, riuscisse a ricondurla a più miti consigli. Il minimo accenno al nome di Gart la faceva scattare come una vipera a cui avessero pestato la coda. Con la differenza che una vipera sarebbe stata meno velenifera dello sguardo di Bryhn. In compenso, se non si affrontava quella determinata questione, la ragazza era sempre cordiale e socievole, anche se un po’ meno del solito.
Quel pomeriggio, dieci giorni dopo il ritorno di Gart, Bryhn fu avvicinata da Lavian, un allievo di terzo livello, promosso di recente insieme alla maggior parte dei suoi compagni di quarto. Era uno di quelli con cui Bryhn andava più d’accordo, un ragazzo spiritoso e spigliato, ma anche dotato di serietà e buon senso quando occorreva. Alto, parecchi centimetri ben più di lei, con corti capelli castano chiaro, leggermente ondulati, e vivaci occhi di un bel nocciola dorato, era di bell’aspetto e riscuoteva parecchio successo fra le ragazze.
«Buona giornata» lo salutò lei.
«Anche a te, Bryhn» rispose lui con un sorriso, contagioso al punto che la ragazza si ritrovò a sorridere a sua volta quasi senza accorgersene. «Per stasera, dunque? Ti va di allenarci di nuovo insieme?»
Dopo il lungo periodo in cui Bryhn si era limitata agli addestramenti regolari, non riuscendo a sopportare l’idea di allenarsi da sola senza Gart, in seguito al ritorno di quest’ultimo li aveva ripresi, quasi cercando un modo per sfogare la collera e la frustrazione che si sentiva dentro. Un paio di giorni prima Lavian si era offerto di farle da avversario, poiché, così le aveva detto, combattere contro di lei sarebbe stato vantaggioso anche per lui stesso, e la ragazza avrebbe evitato di abbattere la spada contro la sola aria. Inoltre, ma questo non l’aveva specificato, a Lavian faceva piacere stare in sua compagnia.
Da parte sua, Bryhn aveva accolto senza esitazioni quell’offerta: effettivamente avere una spada che contrastava la sua, invece del nulla, era senz’altro più utile.
«Volentieri» acconsentì quindi la ragazza. «Solita ora, solito campo.»
«Ci sarò» assicurò il giovane.

Quella sera, così, vi fu il solito allenamento nello spiazzo vuoto dell’Accademia. Lei era sempre lei, feroce e selvatica come una pantera. Ma lui... lui non era lui. Una volta tornato, Gart avrebbe voluto riprendere da subito le sue lezioni serali con Bryhn. Ma, complice una lite per lui ancora inspiegabile, complici quelle ferite che, pur già in via di guarigione grazie al suo sangue di demone, doveva fingere ancora profonde e doloranti, non aveva potuto soddisfare il suo bisogno di tornare a duellare con Bryhn. E, dopo aver faticosamente sopportato di vederla scherzare con quell’idiota di Lavian, ora gli toccava pure dover subire lo spettacolo di quel dannato incompetente che agitava la spada al suo posto.
Celato dietro quella vecchia colonna, il ragazzo schiumava di rabbia. Letteralmente. I suoi neri occhi si strinsero in due fessure, e dalle sue rabbia quasi sfuggì un sordo ringhio, palese eredità della parte più oscura della sua genealogia.
Lavian cadde, la spada di Bryhn puntata alla sua gola. Lei – paradossalmente, inspiegabilmente, assurdamente – gli sorrise. Aveva mai sorriso, a lui? Oh, no. La sua migliore manifestazione di affetto era consistita nel tentare di sfondargli una mascella con un pugno, dopo un mese di sua morte presunta. E adesso, con quel maledetto idiota, si abbandonava ad un sorriso... allungando una mano per aiutarlo a rialzarsi?!
Gart non trattenne più il ringhio, che si produsse basso e roco, terrorizzando ogni creatura che avesse avuto la sfortuna di trovarsi nelle sue vicinanze.
Lui – il suo rivale – si alzò, pronunciando di sicuro qualcosa di poco intelligente, che la fece ulteriormente sorridere. Ma si era rincretinita, Bryhn? Da quando in qua sorrideva ogni due per tre?
Un tempo, solo pochi mesi prima, l’aveva bramata ossessivamente. Perché era diversa, perché non lo desiderava con le altre, perché era letale. Ma poi, costringendola al contatto, costringendosi a studiarla per comprendere da che lato dovesse essere presa senza beccarsi qualche morso al veleno, aveva imparato a... conoscerla? Sì, conoscerla. Capirla. E il sentimento ossessivo si era tramutato in... be', doveva ammetterlo. Era affetto, passione. Amore.
Aveva conquistato il suo cuore, eppure lei non lo desiderava. Anzi, lo aveva messo tranquillamente da parte per allenarsi con il primo cretino che si era fatto avanti. Ah, ma l’avrebbe pagata.
Non Bryhn. Lavian.

Il sole era calato da un pezzo, quella sera. I cadetti cenavano, riposavano, ridevano e scherzavano. All’appello, senza contare gli assenti per licenza, ne mancavano solo due. Indovinare non era difficile: gli assenti non considerati erano ovviamente Lavian e Gart.
Il primo, tranquillo come non mai, dopo aver atteso l’uscita di Bryhn dai bagni e, peggiorando non poco la sua già grave situazione, averle augurato una piacevole nottata, entrò nelle umide stanze in pietra, fischiettando un allegro motivetto e pregustandosi una bella rinfrescata.
L’ambiente, illuminato da rozze torce attaccate alle pareti, era un insieme di ombre e luci; si riflettevano, spettrali, sull’immobile acqua che ancora riempiva la grande vasca al centro. Lavian, chissà per quale motivo, avvertì una specie di brivido freddo corrergli lungo la spina dorsale. Eppure non era certo il suo primo bagno notturno, quello.
«Buona serata a te» disse una voce dall’ombra, che lo fece voltare forse un po’ troppo in fretta.
«Gart?» azzardò, osservando la grande sagoma uscire allo scoperto.
Era proprio Gart, un braccio ancora appeso al collo e l’andatura sempre zoppicante. Per non parlare del volto: non prometteva nulla di buono. Lavian, nascondendo un fondato terrore, si costrinse ad un sorriso cordiale, che completò con un saluto. «Ehi, amico, come va...?»
Gart era furioso, lo avrebbe capito anche uno stupido. Sprizzava odio e rabbia da tutti i pori, apparendo a dir poco spaventoso, come se avesse custodito un feroce cucciolo di demone in lui. L’illuminazione danzante delle torce gli conferiva un’aura quasi infernale, che, a buona ragione, fece rabbrividire ulteriormente Lavian.
«Va benissimo, amico.» Gart, con il tono di chi sta tranquillamente disquisendo di meteorologia, riuscì a mettere sulla parola “amico” un accento in grado di esplicare dodici tipi di torture diverse. E tutte letali. «Peccato che lo stesso non si possa dire di te...» E, sorprendendolo, estrasse il braccio malato dalla sua fasciatura. Braccio che si rivelò in perfetta salute. «Ho intenzione di spiegarti alcune nozioni fondamentali...»
Seguì una breve colluttazione. Seguì un colpo al viso, e sangue che, copioso, inzuppò gli abiti di Lavian, mentre il poveretto, mugolando dal dolore, alzava le mani al volto, coprendosi il naso distrutto dal colpo dell’avversario. Gli occhi di Gart brillarono di desiderio, alla vista di quel sangue. Desiderio che appagò colpendolo con un feroce calcio al fianco. Lavian cadde a terra, non sapendo più quale parte del corpo dolesse di più.
Sempre a calci, Gart lo spinse per il pavimento, come se giocasse con un’informe, goffa palla di carne. Si fermò solo quando, con un sonoro tuffo, lo fece precipitare nella gelida acqua, dalla quale Lavian emerse con un respiro disperato. Il suo naso, già gonfiatosi, era enorme, sanguinolento, maciullato. Il mezzo demone sorrise assai allegramente a quella vista.
«Lezione numero uno» cinguettò, «stai lontano dalla mia ragazza. Lezione numero due: stai lontano dalla mia ragazza. Lezione numero tre...» I suoi occhi, se possibile, si oscurarono ulteriormente, e a Lavian parve di scorgere tra le labbra del suo aguzzino il brillio di due canini un po’ troppo cresciuti. «Se dici alla mia ragazza cosa ti è successo... be', diciamo che questo è stato solo un avvertimento, sì?» Esibì un’espressione soave. «Una buona serata a te, amico.»
Gli voltò le spalle. I suoi pesanti passi riecheggiarono nella pietra, sino a che non vi fu il tonfo del portone. E poi più nulla.




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Nel caso non riuscissi ad aggiungere un altro capitolo prima di Capodanno, TANTI AUGURI A TUTTI! ^O^

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Capitolo 17
*** Sospetti ***


Nei giorni successivi il sole sorse come sempre, ma a Lyraza non lo videro, nascosto com’era da fitti banchi di nubi plumbee, gonfie di pioggia. Anche se nelle ultime settimane il tempo era sempre stato sereno, quello era pur sempre il Mese delle Tempeste, ormai giunto quasi al termine: l’inverno, la Stagione del Bianco Gelo, si stava avvicinando e il maltempo sarebbe divenuto sempre più frequente. Quella giornata cupa rifletteva l’umore di molte persone, nell’Accademia. Una di queste stava camminando con sguardo abbastanza fosco, com’era da un po’ di tempo a questa parte ogni volta che si alzava dal letto.
«Bryhn. Insomma, Bryhn, aspettami!» Tiara sbuffò irritata, allungando il passo per raggiungere quella scostante creatura che era la sua amica. «Be'? Senti il tempo, per caso? Hai l’aria più burrascosa tu del cielo.»
«Fammi il favore: taci!» ringhiò Bryhn. L’allegro cinguettare di Tiara era l’ultima cosa di cui aveva bisogno in quel momento.
«Sei insopportabile» bofonchiò l’altra, aggrottando le sopracciglia e seguendola senza più aprir bocca.
Stavano recandosi al refettorio per la colazione. Quando furono a breve distanza da esso, di fronte a loro videro passare Gart. Se possibile lo sguardo di Bryhn s’incupì ulteriormente e la ragazza dovette rettificare la considerazione di prima: incontrare Gart, quella era l’ultima cosa di cui aveva bisogno.
Lui non le notò, e loro non fecero niente per attirarne l’attenzione. Tiara evitò di farlo per non incorrere nelle ire dell’amica.
Una volta giunte nella mensa, Bryhn non poté che constatare un’altra volta come alcuni dei compagni si tenessero alla larga da lei, primo fra tutti Lavian. Sembrava una semplice casualità, ma la ragazza sapeva che non era così, per il semplice fatto che la questione andava avanti da almeno otto giorni; per l’esattezza, da quando Lavian si era presentato dolorante, con il naso tumefatto, la mattina successiva al loro ultimo allenamento.
Bryhn era assai irritata perché il giovane non le aveva detto come aveva fatto a farsi male. O meglio, le aveva propinato una palesemente falsa storiella, affermando di essere caduto malamente mentre scendeva le scale, colpendo il suolo con la faccia. Il problema maggiore, però, consisteva nel fatto che Lavian sembrava evitarla il più possibile, accampando ogni genere di scuse per non rimanere con lei. In quei giorni, perciò, Bryhn aveva osservato attentamente gli atteggiamenti dei compagni, per ottenere conferma di ciò che sospettava.
«Continua ad insistere con la storia che è caduto?» domandò Tiara all’improvviso, mentre mangiavano rapidamente la colazione.
«Già» confermò laconicamente l’altra, innervosita. «E mi evita. Fa di tutto per non rimanere solo con me, perché sa che voglio una risposta. Fa sempre in modo di essere in compagnia dei suoi amici, oppure scappa via con una scusa qualunque.»
Tiara sbuffò. «E va bene.» Ingoiò l’ultimo boccone di pane, bevve un sorso di latte e poi si alzò. «Vieni con me.»
Bryhn la guardò sorpresa, ma non disse nulla e obbedì. La seguì, mentre l’amica avanzava tranquilla in direzione di Lavian, il quale stava abbandonando il refettorio con un compagno. Li raggiunsero fuori della sala, richiudendosi la porta alle spalle.
«Oh, ciao, ragazzi!» cinguettò come se li avesse notati solo in quel momento.
I due si fermarono e ricambiarono il saluto, anche se Lavian si mostrò a disagio non appena si accorse di Bryhn, che stava alle spalle di Tiara con aria cupa.
«Come sta il tuo naso?» continuò la fanciulla dai capelli rossicci.
«Meglio, grazie» borbottò lui in risposta.
Tiara ridacchiò, atteggiando il nasino lentigginoso in una smorfia adorabile. «Suvvia, non fare così! Ti è rimasto solo leggermente storto, non toglie nulla alla tua bellezza. Vedrai che le ragazze continueranno a trovarti attraente!» Così dicendo gli batté una mano sul braccio con fare consolatorio.
Fu in quel momento che effettuò il suo piano. «Ah, Gailar!» esclamò, spostandosi per accostarsi all’altro ragazzo, un biondino dall’aspetto molto ordinario. «Ieri vi ho visti provare una tecnica nuova, me la spiegheresti?»
«Ma...»
«Oh, sì, lo so che io ho ancora tempo prima di impararla, però mi ha incuriosita. Allora, me la spieghi?» insistette melliflua, facendo in modo di allontanarlo da Lavian. E mentre quello cedeva, sotto la loquacità di Tiara, questa si voltò appena, rapidissima, per strizzare l’occhio a Bryhn.
«Buongiorno, Lavian.»
«Buongiorno...» rispose lui, sempre a disagio.
«Vuoi dirmi cosa diavolo è successo realmente?» andò subito al punto la ragazza.
Lavian sbuffò. «Ti ho detto che...»
«Non. Mentirmi» scandì lei, minacciosa.
Il giovane si morse un labbro. «D’accordo! Ho avuto una... discussione con un amico, sono volate parole e la discussione è degenerata in una rissa. Contenta?»
Bryhn assottigliò gli occhi. «E per quale ragione hai detto una balla?»
«Perché...» L’espressione di Gart gli tornò alla mente come un lampo. Deglutì. «Be', perché è nato tutto per una sciocchezza e non volevo fare la figura dell’idiota» mentì.
«Senti...» iniziò Bryhn, ben decisa ad andare a fondo della questione.
In quel momento, tuttavia, Gailar li raggiunse. «Lavian, andiamo? Dobbiamo presentarci al campo, lo sai. Non mi va di rischiare una strigliata per colpa tua.»
L’altro accolse con gioia quell’intervento salvifico. «Hai ragione, vengo subito. Devo andare, Bryhn. Buona giornata. Anche a te, Tiara.»
Si allontanò con un passo eccessivamente affrettato. Bryhn l’osservò andarsene con occhi lampeggianti di stizza. Tiara l’accostò. «Mi dispiace, è stato più rapido di quanto pensassi, nello spiegarmi. Non sono riuscita a trattenerlo» si scusò, indispettita.
L’altra scosse il capo. «Non importa. È stato comunque sufficiente.»
Tiara la fissò, senza capire, ma non fece domande. Sapeva che Bryhn si sarebbe spiegata quando avesse voluto lei.




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Perdono! Perdono! Perdono! >.<
Sono stata via per le vacanze, sono tornata e ho avuto altri impegni, e... e... mi sono dimenticata di aggiornare! ç_ç
E poi lo sapete, io e l'html non andiamo molto d'accordo... -___-
Comunque sono felice perché abbiamo una nuova lettrice. ^__^
Dài, per farmi perdonare metto subito un altro capitolo.


P.S. Non fate caso al passaggio sconclusionato da una frase all'altra... le mie sinapsi non hanno ancora capito che è l'ora di svegliarsi... ^^;

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Capitolo 18
*** Indagini ***


L'avevo promesso e l'ho fatto! XD Voilà, due capitoli in un giorno!
Buona lettura! ^o^


«È stato Gart, ne sono sicura!» sibilò con rabbia, seduta a tavola con Tiara e altre due ragazze per il pranzo.
Quel mattino era piovuto, perciò gli allenamenti erano stati sospesi e rimandati al pomeriggio, sperando in un tempo più clemente. In quelle ore gli allievi si erano dedicati alla sola teoria, il che spiegava l’umore nero di Bryhn, molto più interessata all’applicazione pratica. Ascoltare senza poter provare le spiegazioni l’annoiava parecchio; vista la situazione in cui si trovava la ragazza, la semplice noia si tramutava in frustrazione per l’inattività. Allenarsi le serviva per sfogare i nervi. E per evitare di pensare troppo. Quella mattina si era scervellata fin troppo sulla solita questione, arrovellandosi per ore.
E arrivando sempre all’identica conclusione.
Tiara continuò imperterrita a gustare il suo pasto, mentre le due giovani si scambiarono uno sguardo perplesso. «Bryhn, scusa...» azzardò Liira, una sedicenne dai lunghi capelli biondi, gli occhi celesti e l’aria timida. «Come fai a dire una cosa simile? Gart è invalido, non può usare un braccio. E ha anche una gamba ancora poco funzionante.»
«Ha ragione, non è possibile che abbia picchiato Lavian così conciato» l’appoggiò Itess, quasi sua coetanea, ma con un’arruffata zazzera castana e occhi marroni.
Bryhn scosse la testa, cocciuta. «E allora come spiegate il fatto che ogni volta che incrocia Gart, Lavian lo guarda spaventato e si allontana da lui?»
Liira e Itess si scambiarono un’altra occhiata, colte in contropiede, e non seppero come ribattere.
«Forse» iniziò Itess, titubante, «Gart lo ha minacciato di qualcosa...»
«Ma da qui ad averlo picchiato ce ne passa» concluse Liira. Bryhn sbuffò. «Io non sono convinta che si sia limitato a semplici minacce» insistette, e le altre decisero di non contraddirla. Sarebbe equivalso a tentare di smuovere una montagna. No, la montagna sarebbe stata più cedevole.
«Comunque, quale ragione avrebbe avuto, Gart, per malmenare Lavian?» riprese Itess.
«Un mentecatto ha forse bisogno di motivazioni plausibili per agire?» ribatté Bryhn in malo modo.
Finalmente Tiara decise di intervenire. «Magari gli ha dato fastidio vederti sempre con Lavian...» buttò lì quasi distrattamente, continuando a mangiare.
«Gart è un cretino, e basta!» ribadì Bryhn, lanciandole un’occhiataccia.
Itess, meno inibita di Liira, commentò: «Non capisco tutto questo tuo astio verso Gart. Credevo ti piacesse almeno un po’, anche se non facevi che litigarci. Eri così disperata, quando lo credevamo morto. Ora sembra quasi che lo odi.»
«È vero» mormorò Liira, con voce esile. «Io ero convinta che fossi... innamorata di lui.»
«Che idiozia!!» sbottò Bryhn, alterata.
«E allora per quale motivo sei arrossita?» domandò Tiara tranquilla, sollevando lo sguardo e facendo un sorriso scaltro.
«Io non sono arrossita!!» negò Bryhn, un po’ troppo in fretta.
Tiara sorrise ancora, perfida. «Ora sì, però» commentò in tono soave.
Bryhn si rese conto di sentirsi effettivamente le gote in fiamme. «Dannazione...» bofonchiò, messa in scacco. «Ti odio...»
«Sì, sì, certo» fece l’altra, agitando una mano con aria indifferente. Riprese a mangiare come se nulla fosse successo, imitata dalle due ragazze più giovani.
Bryhn, invece, si limitò a giocherellare con la forchetta e i bocconi di carne che aveva ancora nel piatto. Lanciò uno sguardo verso Lavian, ma appena lui lo intercettò distolse rapidamente il proprio, con un goffo tentativo di fingere di non averla notata. La ragazza, allora, rivolse un’occhiata di fuoco in direzione di Gart, e sentì montare la collera nel vederlo chiacchierare tranquillo e beato con gli amici.
«Bastardo...» sussurrò a denti stretti.
Tiara continuò a mangiare, ma nella mente le si stava delineando un proposito. Tutto stava nel riuscire a metterlo in atto prima di qualunque azione parte di Bryhn.

Finito il pranzo tutti gli allievi furono liberi di trascorrere l’ora successiva come meglio pareva loro, in attesa delle esercitazioni.
Un po’ facendo domande come per caso, nel modo astuto che riusciva a lei, un po’ cercando, Tiara trovò Gart. Stava seduto sopra un muretto, con aria indolente, in una zona poco frequentata dell’Accademia, ovvero i giardini dietro la mensa. Nonostante il tempo non fosse proprio dei migliori, tuttavia il freddo non era così insopportabile. Soprattutto non per lui.
La giovane lo raggiunse con fare tranquillo, come se si fosse trattato di un incontro del tutto fortuito. «Ma salve!» esclamò vivacemente. «Come va il braccio? Ti fa ancora male?» s’informò in tono innocente.
«Buona giornata a te!» Gart esibì un sorriso brillante; era una cosa che gli veniva ormai istintiva, in presenza di una donna. E, in effetti, Tiara era una gran bella donna, una bellezza più fine di quella di Bryhn. «Il braccio?» Assunse l’espressione più angelica che trovò. «Ancora male, purtroppo. E dire che non vedo l’ora di riprendere gli allenamenti!»
Tiara si accostò ulteriormente, sorridendo. «Davvero?» finse di stupirsi, con un luccichio furbetto negli occhi. «Strano, io pensavo che il braccio avessi già iniziato a rimetterlo in funzione...»
«E...» Gart si chinò su di lei, divertito, «esattamente, cosa te lo avrebbe fatto pensare?»
«Oh, sai... intuito femminile...» replicò la ragazza, con un’espressione maliziosa. Se Bryhn arriva adesso, sono morta... pensò nel frattempo.
«Ah. Il buon, vecchio intuito femminile.» Gart rise sonoramente. «Suppongo sia inceppato: il mio braccio è sempre malmesso.»
«Strano» commentò Tiara. «Di solito non sbaglia mai...» Così dicendo gli appoggiò le mani sulle gambe e si allungò verso di lui. Era l’ultimo tentativo. Se non fosse riuscita a carpire la verità nemmeno sfruttando la più notoria debolezza di Gart, allora era il caso di rinunciare. «Ma se davvero il tuo braccio è ancora malconcio, è proprio un peccato... così non puoi usarlo come si deve...»
Gart piegò la testa di lato, divertito. Un altro ragazzo, al suo posto, per una tale proposta sarebbe potuto morire nella propria emorragia nasale. Ma era un duro, lui. Quindi si limitò a scostarsi docilmente dalle sue morbidi forme, in evidenza anche sotto il pesante abbigliamento invernale, cercando di nascondere come le attenzioni di Tiara avessero in parte stuzzicato quel suo ‘sì caro amico nei pantaloni. «Può essere che rincominci a funzionare» ammise, resistendo all’inspiegabile impulso di guardarsi attorno, per controllare che Bryhn non fosse nei dintorni. «Ma sai con chi vorrei usarlo, al momento.»
«Devo riconoscere che non sei facile da fregare» commentò lei staccandosi, con un sorrisino allegro sul suo bel viso da folletto. «O forse è solo a causa di quella persona che non hai ceduto. Ah, è un brutto colpo per il mio orgoglio di donna» deplorò teatralmente, portandosi una mano alla fronte. Poi scoppiò a ridere. «Meglio così, in fondo: non è mia abitudine sedurre i ragazzi delle mie amiche. Ah, a proposito...» Tiara sorrise, un sorriso furbetto che si rispecchiò nei suoi occhi di brace. «Fra poco arriverà Bryhn, ti stava cercando, e sicuramente non sarà diplomatica quanto me. Ti consiglio di preparare i timpani» lo avvisò, iniziando ad allontanarsi, senza però voltargli le spalle. «E fai attenzione: potresti trovarti davvero con un braccio rotto.» Gli mandò un bacio con la mano, poi con la stessa gli fece un cenno di saluto, e se ne andò fischiettando.
Gart fu sinceramente divertito da quell’affermazione, soprattutto dal fondo di verità che conteneva: se Bryhn avesse scoperto cosa lui aveva fatto, si sarebbe ritrovato qualcosa di più di un braccio rotto. Osservò Tiara che si allontanava, non mancando di farle l’occhiolino. Simpatica, la ragazza. Una degna amica di Bryhn, senza alcun dubbio.

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Capitolo 19
*** Confessione ***


Come predetto da Tiara, meno di venti minuti dopo Bryhn lo trovò, senz’ombra di dubbio indirizzata dall’amica. Gli si parò davanti con la collera che le brillava negli occhi azzurri, nel modo in cui la luce si riflette sul ghiaccio.
«Di’ un po’, che intenzioni hai? Non ti è bastata la figuraccia che mi hai fatto fare l’altro giorno? Ora vuoi anche isolarmi dai miei amici?!»
Gart, com’era logico e prevedibile, le rivolse un sorriso amabile. «Di cosa stai parlando?»
«Fai poco lo spiritoso!» sbottò lei. «So benissimo che sei stato tu a picchiare Lavian, non tentare di prendermi in giro! Non ho idea del motivo per cui stai facendo tutta questa assurda messinscena di essere invalido, ma il tuo braccio non è più rotto del mio! Non sono stupida, anche se lo pensi!»
«Non potrei mai ipotizzare una qualsiasi forma di stupidità in te, mia cara...» Lui non fece la sciocchezza di allungare una mano per carezzarla, e fu una cosa che gli salvò per davvero un braccio. «Ma, come ho già detto alla tua amica, il mio braccio è ancora ridotto male.»
«E tu speri che ti creda?! Sei solo un idiota! Va’ all’inferno, Gart!!» urlò.
«Non ci posso credere!» Lui si alzò in piedi, fortunatamente ricordandosi di zoppicare. «Io sono qui ferito e malato, e ancora ti devo sentire sbraitare! Non sono io che devo andare all’inferno, cara
«Smettila di chiamarmi così!» ribatté lei allungandogli un ceffone. «E smettila anche con questa buffonata!! Tu non sei ferito, stai benissimo! E sei il solito irrimediabile stupido!»
La faccia di Gart rimase voltata là dove lo schiaffo l’aveva costretta. Egli sorrise, riportandola lentamente verso di lei. «Appena il mio braccio starà meglio, ti farò pentire di questo. A modo mio» promise, con una luce non proprio rassicurante negli occhi.
«Non cercare di spaventarmi!» Bryhn represse un brivido di timore sotto lo sguardo di Gart: quel ragazzo sapeva essere inquietante, ancora di più negli ultimi tempi. «Ah, ma tu sai fare solo questo, vero? Mettere paura agli altri!» lo accusò.
«Ah, ha parlato Colei che Mette le Folle a Proprio Agio.» Lui roteò gli occhi al cielo, grattandosi il capo con il braccio libero dalla fasciatura. «Potresti evitare di riversare sulla mia persona i tuoi problemi di isolamento? Ti assicuro che quando una fanciulla gira con la tua espressione e una spada in mano, sono in pochi quelli che amerebbero un secondo contatto con lei! Senza per questo dare colpe ai poveri feriti di guerra!»
Fare la vittima era al terzo posto nelle capacità di Gart, proprio sotto fare il buffone e appena sopra di indurre all’omicidio.
Bryhn ebbe l’impulso di prenderlo a schiaffi o di mettersi a piangere, ma resistette ad entrambe le tentazioni. A stento, certo, però lo fece. Tuttavia questo non le impedì di perdere nuovamente la calma. Strinse i pugni, infine esplose. «Se giro con questa espressione è soltanto per causa tua!!» esclamò. «Vuoi la verità? E va bene! Eccotela! Quando ti ho rivisto, quando ho visto che eri vivo, sono stata talmente felice che mi sentivo scoppiare il cuore! Ho vissuto giorni orribili, convinta che non ti avrei più visto! Invece tu, dopo essere rispuntato fuori all’improvviso, ti sei comportato come se nulla fosse successo! Mi sono arrabbiata!» gridò con gli occhi lucidi, in uno scatto quasi infantile, ma finalmente sincero. «Mi sono infuriata a vederti così allegro e spensierato quando io ho passato intere notti a piangerti!!»
Dopo quello sfogo spontaneo, Bryhn l’osservò ancora per un istante, poi si voltò di scatto e scappò via di corsa, sfregandosi gli occhi col dorso della mano.
Gart spalancò gli occhi per la sorpresa. Ma prima che il suo cervello – decisamente sovraccaricato, al momento – riuscisse a costringere le sue braccia ad allungarsi per afferrare la ragazza – afferrarla, trascinarla a sé, stringerla... – ecco che lei già correva, allontanandosi come sempre.
Ma lasciando, per una volta, qualcosa. Una specie di minuscola speranza.
«Bryhn...» Fu un mormorio impercettibile, che dipinse un sorriso di pura dolcezza sul volto del cadetto. Lei aveva pianto per lui.
Oh, sì. Lo aveva fatto.



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Sto subendo minacce se non posto rapidamente... XD
Spero che così smetteranno! XD

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Capitolo 20
*** Resa ***


Il pomeriggio, graziato dal tempo che aveva deciso di non riversare altra pioggia dalle nubi che ricoprivano il cielo, trascorse nel solito modo, ovvero scandito dai vari allenamenti. Il tramonto giunse presto, com’era ovvio vista la stagione, e mentre i raggi del sole morente filtravano attraverso i banchi di nuvole, gli istruttori conclusero le loro lezioni. Gli allievi si dispersero, chi a riposarsi chi a darsi una veloce ripulita, e infine tutti convergettero nel refettorio.
La cena si era conclusa da un’ora, quando Bryhn raggiunse il campo deserto con una spada lunga in mano. Tiara l’accompagnava, ma era disarmata: era fin troppo consapevole di essere inferiore all’amica, che pur essendo ancora al sesto livello, aveva l’abilità di un allievo di terzo.
Così, mentre la ragazza più grande si sedeva in disparte per assistere, l’altra iniziò ad esercitarsi da sola. Ripeteva nella mente i passi appresi, le mosse, e le ricreava, immaginando di avere un avversario davanti e muovendosi di conseguenza. Spesso e volentieri metteva in pratica mosse che, in teoria, non le erano ancora state insegnate, ma che lei aveva memorizzato, osservando nel tempo libero gli allenamenti dei cadetti più grandi.
Dopo una buona mezz’ora fece il suo ingresso un’ombra che, allungata dalle fiamme guizzanti delle fiaccole, calò su Bryhn: Gart. Una spada tra le mani e un ghigno sul volto, egli la salutò con un cenno del capo.
Tiara sogghignò. «Quale miracoloso caso. Non avevo mai assistito ad una guarigione tanto repentina» commentò. Poi si alzò e disse, spolverandosi i pantaloni: «Bene, ragazzi, io tolgo il disturbo. Ciao, ciao.»
Bryhn era rimasta zitta, ringraziando che la luce delle torce non poteva rivelare il suo improvviso rossore, e per un attimo ebbe l’impulso di richiamare l’amica. Vi rinunciò e prese un respiro profondo, stringendo bene la spada e mettendosi in posizione di guardia. Per qualche strano motivo, il fatto di vederlo lì, perfettamente in salute – ottenendo perciò conferma ai suoi sospetti – non le causò l’immaginabile scatto di collera.
Continuò a non parlare, mentre restava in attesa: avrebbe lasciato a lui la prima mossa.
Gart alzò la lama della propria spada, osservandola con aria riflessiva. Quindi, facendola roteare, ritrovò quella posizione di attacco con la quale aveva inaugurato così tanti allenamenti in compagnia di una sempre più omicida Bryhn.
«Vediamo quanto, in mancanza del mio prezioso aiuto, sei riuscita a peggiorare» commentò divertito, mangiandosela letteralmente con gli occhi. E, per un attimo, quando finalmente tornò ad attaccarla, fu come se le sofferenze di quei mesi fossero state distrutte, cancellate. Annientate. Vi fu un clangore di lame.
Bryhn respinse la spada di Gart con leggera difficoltà. E meno male che era ferito, ‘sto bastardo! pensò, serrando la mascella. Allontanò la lama avversaria e partì subito all’assalto con un colpo traverso dall’alto, che lui parò rapidamente scattando per il contrattacco.
Le scintille sprizzavano quasi ogni volta che le due lame si incontravano, tanta era la foga e la forza che vi imprimevano i due contendenti, ciascuno ben deciso a non farsi sconfiggere.
Bryhn si mostrava taciturna e concentrata, e malgrado ciò rischiò più volte di avere la peggio: Gart non si faceva certo scrupoli ad usare tecniche di cui la ragazza ancora non padroneggiava la contromisura, o addirittura la ignorava. Questo la faceva infuriare non poco, eppure riusciva a contenere la rabbia, ripetendosi di continuo uno degli ammonimenti che lui stesso le aveva fatto: non doveva lasciarsi trascinare dalla collera.
Vi fu un momento in cui lei quasi riuscì a coglierlo di sorpresa, con una finta: Bryhn fece mostra di voler colpire di lato, con un mezzano, ma all’improvviso deviò la lama verso il basso. Gart la evitò con agile balzo all’indietro, e sorrise leggermente, ritornando all’assalto.
I loro gesti erano talmente fluidi e leggeri da parere una sorta di danza, più che un combattimento puro e semplice. Proseguirono per un altro quarto d’ora buono, finché Bryhn non iniziò ad avvertire la stanchezza e i suoi movimenti rallentarono un poco. Non per questo intendeva arrendersi, perciò insistette con caparbietà a portare assalti inutili e infruttuosi contro Gart, che al contrario si mostrava assai più riposato e, quindi, perfettamente in grado di pararli.
Ad un tratto lei impugnò la spada con entrambe le mani e allungò le braccia a portare un colpo orizzontale. Fu quello il momento in cui si pose fine al duello. Gart scartò di lato e poi subito in avanti, con una velocità tale che non diede modo a Bryhn di reagire. Nel giro di pochi istanti lui le circondò le braccia tese con il proprio braccio sinistro e le strinse in una morsa che le impedì ogni movimento. Contemporaneamente sollevò la spada, facendo il gesto di volerla colpire in testa con il pomo dell’elsa.
Anche se lui si fermò con il braccio sospeso, Bryhn chiuse istintivamente gli occhi, riaprendoli poco dopo. E in quell’istante si rese conto della situazione: in seguito alla mossa effettuata da Gart ora si trovava stretta a lui, il proprio corpo contro il suo. Sollevò lo sguardo, incontrando quello del giovane, e rimase immobile, sentendo il cuore che accelerava i battiti, con il respiro affannoso che le sollevava e abbassava ritmicamente il petto.
Gart aveva eseguito quella mossa automaticamente, non valutandone le conseguenze. Beh, più o meno. Era stata una cosa quasi del tutto innocente, ecco. Sufficientemente priva di malizia. Il massimo del candore che ci si potrebbe aspettare da uno come lui, diciamo.
Si fermò, osservandola con un affetto ricolmo di tenerezza. Amò quel chiudere gli occhi da parte di una Bryhn spaventata dalla sua mossa; per un attimo, con un delizioso senso di novità, l’aveva vista assumere l’espressione di una bambina indifesa. Una bambina da stringere, rassicurare. E ora, ritrovatosi così stretto a lei, assaporando il calore di quel sinuoso corpo sudato premuto contro il proprio, sentì che non le avrebbe resistito ancora a lungo.
Lentamente, prevedendo un doloroso morso al naso, scese sul suo volto; avvertì il respiro di lei scaldarlo, mentre, socchiudendo le labbra, sfiorava delicatamente la sua bocca. Era così morbida... Chiuse gli occhi, stringendola ancora di più.
Dandogli un senso di sorpresa, ma anche di gioia, Bryhn non si ritrasse né lo morse, come lui temeva, né tanto meno si mise a piangere, com’era accaduto mesi prima. La ragazza chiuse gli occhi a sua volta, lasciando la presa sulla spada, che cadde a terra, dimenticata. In quel modo poté far scivolare via le braccia dalla stretta di Gart e farle ricadere contro i propri fianchi. Rimase ferma, arrendevole, protendendo appena il viso per andare incontro alle sue labbra calde.
E lui, troppo sorpreso per fare altro, l’avvolse tra le proprie braccia, carezzandola, stringendola. Il bacio si fece più profondo, scuotendolo con prepotenza.
Benché Gart avrebbe desiderato farlo durare ancora a lungo, se non in eterno, dovettero interrompere quel bacio per mere esigenze respiratorie. Ma l’abbraccio non si sciolse, quello no. Bryhn lo guardò negli occhi, che la luce incostante delle torce rendeva simili a carboni ardenti, e sorrise lievemente, quasi intimidita, apparendo più che mai una ragazzina.
Gart piegò la testa di lato, osservandola con immenso affetto. «Allora non ti disgusto poi così tanto, eh?» non poté mancare di farle notare, con ironia.
Lei scrollò le spalle. «Che ci vuoi fare? Non si può contrastare il fato, perciò dovrò rassegnarmi a non poter stare lontana da un villano insopportabile come sei tu» rispose, altrettanto ironica.
Gart rise di cuore. La strinse a sé, cercandone nuovamente le labbra.
Quella sera la bestia che da poco albergava nel suo cuore fu finalmente, decisamente zittita.




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Et voilà, ecco un altro capitolo. Spero che con questo avremo fatto felice qualcuno! XD
A titolo di curiosità: la mossa con cui Gart blocca le braccia a Bryhn l'ho inserita dopo che il mio fidanzato (il quale fa scherma storica) me ne ha mostrato l'applicazione pratica. E l'ho trovata... come dire... provocante... u////u (non prendetemi per maniaca, vi prego! XD)
A prestoooo! ^O^/

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Capitolo 21
*** Uno splendido risveglio ***


Fuori soffiava il vento, impetuoso. Faceva frusciare rumorosamente le foglie degli alberi, cantava cupamente insinuandosi nei pertugi, faceva sbattere le imposte di legno delle case. Eppure Bryhn non fece caso a quella rabbiosa esternazione della natura, non ne era affatto disturbata. Placidamente addormentata, in quella fase di dormiveglia dove le cose appaiono sempre confuse, si sentiva rilassata e in pace con il mondo. Lentamente, man mano che la consapevolezza avanzava scacciando le nebbie del sonno, si rese conto che c’era qualcosa di strano, di inconsueto. Non propriamente fuori posto; tuttavia...
Tuttavia non era certo una cosa usuale, proprio il contrario, anzi, il fatto di svegliarsi la mattina, nuda, fra le braccia di un’altra persona. Aprì gli occhi e per qualche istante sbatté le palpebre, quasi confusa. Quelle braccia erano di Gart. E di chi altri?
Non avrebbe mai creduto, nemmeno se glielo avessero giurato gli Dèi in persona, che si sarebbe potuta sentire così felice proprio fra le sue braccia. Nondimeno era così: rannicchiata in quella stretta decisa eppure tenera, si sentiva protetta e al sicuro. Fuori avrebbe potuto scatenarsi la peggior bufera, lei non ci avrebbe minimamente badato. Si sollevò appena su un gomito e gli sfiorò le labbra con un bacio.
Se c’era una cosa più pesante dell’orgoglio di Gart, era proprio il suo sonno: al mattino, quando vi erano degli allenamenti all’alba, i compagni di stanza erano costretti ad esibirsi in capriole con atterraggi sulla sua persona, nella vana speranza di risvegliarlo. Eppure, dopo la notte passata con lei, fu sufficiente il semplice, leggero tocco delle labbra di Bryhn per strapparlo immediatamente dal mondo dei sogni. Senza aprire gli occhi lo ricambiò, con dolcezza.
Quanto la amava... Ora che l’aveva posseduta, ora che avrebbe potuto sentirsi soddisfatto, apprese che, per quante volte lei gli si fosse potuta offrire, mai gli sarebbe bastata.
Bryhn sorrise. Si spostò, adagiandosi mezza sdraiata sull’ampio e muscoloso torace del giovane, e si mise a giocherellare con i suoi lunghi capelli neri. «Pigrone» mormorò. «Su, apri gli occhi.»
«Dopo un altro bacio» mugolò sorridendo, carezzandole la bella linea della schiena.
«Quante pretese...» ridacchiò sommessamente la ragazza, per poi accondiscendere alla richiesta. Lo baciò di nuovo e allontanò di poco il viso. «Ora mantieni la promessa: apri gli occhi.»
Lui li spalancò. Occhi neri, profondi, intensi. Che, ancora una volta, la divorarono passionalmente, in silenzio.
E Bryhn si perse in essi. Rimase inchiodata a fissare quegli abissi oscuri con i suoi occhi color del cielo. Avvertì lo stesso rimescolio interiore che aveva provato la sera prima, quando, allorché Gart l’aveva accompagnata fino al suo alloggio, l’aveva di nuovo presa fra le braccia, baciandola con tutto il desiderio accumulato fino ad allora. E quando, gettati da parte gli abiti, lui l’aveva adagiata sul letto, e lei l’aveva accolto con spontanea e ingenua istintività. Non aveva opposto alcuna resistenza, lasciandolo fare, lasciandosi guidare. E si era stupita di quanto lui fosse stato dolce e delicato nella sua passione, per rispetto a lei.
Era stato... inebriante. Al solo ricordo si sentì avvampare, e arrossì. Distolse lo sguardo e appoggiò il capo sul petto del giovane, ascoltando il cuore. Batteva ad intervalli regolari, con forza, con quella vitalità che Gart ben esprimeva nel suo modo di fare. La sua mano le poggiava ancora sul dorso, trasmettendole quel rassicurante senso di protezione e tenerezza che tanto inconsueto pareva da parte di uno come lui, così impetuoso e, almeno in apparenza, duro.

Bryhn raggiunse il campo dove la sua classe effettuava gli allenamenti. Era stato difficile alzarsi dal letto: avrebbe preferito di gran lunga rimanere lì, fra le braccia di Gart, a godersi quelle sensazioni per lei del tutto nuove. Difatti era arrivata in ritardo per la colazione e non era riuscita a mangiare nulla, e per un pelo non era arrivata a lezione già iniziata. Nessuno le disse nulla, tuttavia.
Assistette alle dimostrazioni dell’ufficiale istruttore con aria quasi svagata, con un sorriso che spesso e volentieri le aleggiava sulle labbra, il che portò i compagni a domandarsi a cosa fosse dovuto quell’improvviso sbalzo d’umore. Inoltre, durante le esercitazioni fu stranamente misericordiosa nei confronti del compagno che doveva provare le tecniche con lei: a differenza degli ultimi tempi, infatti, anziché sconfiggerlo impietosamente nel giro di mezzo minuto, gli permise di prolungare lo scontro quel che bastava per applicare più volte le mosse appena apprese.
Finiti gli allenamenti, sia teorici che pratici, era ormai quasi ora di pranzo. Bryhn si avviò con gli altri verso il refettorio. A dire il vero, si mise a correre per raggiungerlo: non avendo fatto colazione ora aveva una fame da lupo. Una volta nei pressi individuò Tiara, che la stava giusto cercando e girava il capo intorno, e la raggiunse.
«Buongiorno. Stamattina non ti ho vista.» Tiara l’accolse con un sorrisino saputello. «Ma a giudicare dalla luce che ti vedo negli occhi, hai di certo passato una bella nottata» commentò.
Bryhn ringraziò di avere le guance arrossate dal vento e dalla corsa. «Di che parli?» tentò di far finta di niente.
«Oh, avanti. Non vorrai darmi a bere che dopo quel bacio non avete fatto altro? Te lo leggo in faccia.» Il sorriso di Tiara si allargò.
L’altra rimase basita. «E tu come...?» iniziò, fissandola con gli occhi spalancati. «Ci hai spiati?!»
Tiara agitò una mano nell’aria. «Naaaa. Mi sono solo... uhm, soffermata a distanza per controllare che il vostro scontro non terminasse nel sangue» ribatté serafica. «Quando mi sono accorta della piega che stava prendendo la situazione, me ne sono andata. Non sono mica una guardona, io.»
Bryhn si sentiva il viso in fiamme. «Disgraziata...»
L’amica ridacchiò, per nulla scoraggiata, e le batté una mano sul braccio. «Non dire così. Ero solo preoccupata per te» disse, fingendo un tono apprensivo.
«Impiccati...» bofonchiò la mora.
«Ah, bel modo di trattare chi si preoccupa del tuo benessere.» Tiara rise. La prese sottobraccio e abbassò il tono con atteggiamento complice, intanto che entravano nella sala della mensa. «Dunque? Come è stato?» domandò con un sogghigno e una luce maliziosa negli occhi.
«Cosa?! Che domande fai?!» ribatté Bryhn in imbarazzo.
«Ragazza mia, tu sei un caso disperato» sorrise. «Dài, dài, confidalo alla tua amica Tiara» insistette giocosa. Si guardò intorno, per controllare che nessuno ascoltasse, anche solo per sbaglio, e continuò, stavolta con un sorriso privo di sottintesi. «Scherzi a parte, sei felice, adesso che avete chiarito ogni cosa?» Bryhn annuì, quasi timidamente. Tiara assentì con il capo più volte. «Bene, bene! Perfetto. A dire il vero, anche Gart pareva parecchio allegro, stamani. L’ho intravisto mentre andavo al mio campo di addestramento, sai. Dovete esservi stancati per bene, se entrambi avete saltato la colazione...» bisbigliò, sogghignando di nuovo.
«No!» negò lei, un po’ troppo in fretta. Tiara inarcò un sopracciglio. «Voglio dire... il fatto è...» Prese un respiro e si fermò, per poter formulare una frase e non una serie di balbetti incoerenti. «Stavo così bene abbracciata a lui...» mormorò con un sorriso.
Tiara sospirò con enfasi. «Aaah, l’amore, l’amore» ribatté. «Su, andiamo a prenderci da mangiare, ora. Dopo certi sforzi bisogna rifocillarsi, e tu, invece, non hai fatto nemmeno colazione. Non si fa così, proprio no.» Agitò un dito con scherzoso rimprovero, facendola dirigere verso il bancone di legno da cui la cuoca distribuiva le razioni.
«E tu che ne sai?» bofonchiò Bryhn.
«Oh, lo so, eccome» sogghignò l’altra. «Non sono un’ingenuotta come te, cara mia!»
La mora sbuffò. «Tiara...»
«Sì, so anche questo: devo andare ad impiccarmi. Ma è meglio che lo faccia a stomaco pieno, no? Così penzolerò meglio dalla corda.»
Bryhn scosse la testa, rassegnata.




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Accipicchia, quanti complimenti! ^////^ Sono contenta di essere riuscita a rendere adeguatamente le scene.
Bryluen, ora lo spin-off su Tiara non è in programma, ma ci farò un pensierino.
Be', spero proprio che vi sia piaciuto anche questo capitolo, allora! ^o^
Scusate se sono così concisa, ma sono un po' sullo stravolto, perciò... XD
A presto! ^___^

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Capitolo 22
*** Felicità ***


Gart notò da lontano la sua donna.
La sua donna.
Erano mesi che, inconsciamente, fantasiosamente, nemmeno troppo segretamente, la considerava così, ovviamente innervosendola per questo. Eppure adesso la era sul serio. Sua. Bryhn. Un pensiero, questo, che dalla sera prima continuava a esplodergli nel cuore, riscaldandolo, riportandolo a quella vita che, dopo essere stato condannato in un anonimo campo di battaglia, aveva quasi disprezzato. Oh, sì: Bryhn, così scontrosa, così oscura, così intrattabile... eppure così luminosa. Il suo nuovo, personale, immortale sole.
Le arrivò alle spalle, cingendola con divertito affetto. «Ciao. Come sono andati gli allenamenti?» domandò sfacciato. Sembrò notare solo allora la sua amica. «Ah, Tiara. Buongiorno.» Sfoggiò un sorriso da schiaffi, chinandosi poi a baciare la nuca di Bryhn.
Tiara gli sorrise allo stesso modo, pregustandosi l’inevitabile imbarazzo dell’amica.
Difatti Bryhn arrossì, e fu percorsa da un brivido, come un’eco di quelli provati nella notte appena passata. Brividi caldi di passione. «So-sono andati bene...» bofonchiò.
Intorno a loro, dopo un primo istante di muto stupore, avevano iniziato a levarsi sussurri altrettanto stupiti. Molti degli allievi osservavano la scena e poi si guardavano fra loro, come a voler ricevere vicendevole conferma che i loro occhi non si stavano ingannando. Altri si domandavano cosa fosse successo, visto che fino al giorno prima fra quei due sembrava correre un’ostilità più che evidente.
Fra le ragazze, Itess ridacchiò mentre la timida Liira arrossiva appena a vedere quelle inaspettate effusioni fatte in pubblico. Delle altre, qualcuna fece come Itess, qualche altra si ritrovò ad invidiare Bryhn. Ma tutte si domandavano invariabilmente la stessa cosa che si chiedevano anche i ragazzi.
Lavian, seduto ad uno dei grossi tavoli di legno, si adombrò un poco e si voltò dall’altra parte.
«E tu come hai passato la mattina?» domandò Tiara a Gart, poiché Bryhn pareva aver perso l’uso della parola dopo quella risposta balbettata e fissava a terra senza osare alzare il volto e gli occhi.
«Meno piacevolmente rispetto alla notte» tentennò il capo lui, divertito. «Te la rubo per il pranzo, ti dispiace?» Così dicendo, tirò via una Bryhn ancora senza parole, trascinandola con sé nella mensa. «Di’ pure che sono scemo» le sussurrò in un orecchio, camminandole teneramente accanto, «ma in queste poche ore sei riuscita a mancarmi da impazzire...»
Lei sorrise. «Anche tu...» mormorò, alzando il viso per guardarlo. «Però...» Lanciò un paio di occhiate in giro. «Potevi evitare... così davanti a tutti...» protestò debolmente, con assai scarsa convinzione. «Devo essere rossa come un sole al tramonto...»
«Ora sei mia. È bene che tutti lo sappiano, no?» Lui la strinse maggiormente. «Per quanto riguarda il rossore... be', dimostra che sei umana, no?» Rise, chissà perché aspettandosi un ceffone per la battuta.
Lei mise il broncio e gli diede uno scappellotto sul braccio. «Cosa dovrei essere? Un drago?» ribatté. «Antipatico. Pensa per te, pensa.» Gli fece uno sberleffo.
«Io sono un dio» precisò il ragazzo con estrema serietà.
Bryhn lo guardò con un sopracciglio alzato, trattenendo una risata. «Ma senti questo! Un dio! Certo, il dio dei dormiglioni» lo prese in giro.
«Questa mi colpisce al cuore!» Gart mimò un infarto. «Inoltre puzza di menzogna. Potevi dire... che so? Il dio degli accoppiamenti...»
Bryhn inarcò entrambi i sopraccigli. Aprì bocca come per scandalizzarsi, ma poi disse, fingendo noncuranza. «Ah, questo non posso affermarlo, non ho verificato abbastanza.»
«Abbastanza?» Lui sottolineò la parola come se fosse una bestemmia, però sempre divertito.
Quella notte era stata... speciale. E non solo perché aveva infine stretto a sé l’oggetto dei suoi desideri: nonostante tutte le fanciulle che si erano susseguite sotto di lui, unirsi a Bryhn lo aveva colpito nel profondo. Quel suo cambiamento, nel letto, da spietata guerriera a timida bambina, quel suo tenero bisogno d’essere condotta quasi per mano... lo aveva intenerito, avvinto. Dormire tenendola tra le braccia, per una volta, gli era parso addirittura più profondo che l’unione stessa appena conclusasi.
Il giovane sorrise. «Vorrà dire che questa sera ti concederò una seconda analisi... oppure potremmo cercare di ampliare i campi d’indagine» fece con noncuranza, anche se, avanzando fra i tavoli, badò bene che tutti avessero la visuale migliore per notare ch’egli teneva Bryhn stretta a sé. «Hai visto la nuova garzona del panettiere?»
Bryhn lo guardò storto. «No, non ancora. Ma immagino che tu, invece, l’abbia notata fin troppo bene. Com’è? Carina?» domandò, in tono leggermente sferzante.
«Un leggiadro fiore di primavera appena inumidito dalla rugiada» cinguettò Gart, trovando improvvisamente una cosa saggia bloccare le mani di Bryhn.
Peccato che si fosse dimenticato dei piedi. Uno di essi, calzato nel pesante stivale di cuoio, calò pesantemente su uno dei piedi di Gart e lo pestò premurosamente con il tallone. Lei lo guardò con un sorriso non proprio comprensivo. «Oh, scusa, l’ho fatto apposta.»
«Però quando ero geloso io mi sgridava...» azzardò il poveretto, stringendo i denti per non far trapelare il dolore.
«Oh, ma perché tu non avevi alcun diritto di esserlo» flautò lei. «Ti avverto: se vuoi arrivare a tavola sulle tue gambe, attento a quello che dici.»
«Certo, va bene...» tentò di rabbonirla lui, evitando persino di lanciare il solito sorriso sornione a quel tavolo puntualmente occupato da un gruppo di fanciulle.
Bryhn annuì, per il momento soddisfatta. «Allora adesso andiamo a farci dare il pranzo. Sto morendo di fame!» si lamentò, e per confermare quell’affermazione il suo stomaco emise dei borbotti eloquenti. «Stamattina non ho mangiato nulla, ed è tutta colpa tua» gli rinfacciò.
«È un’accusa che mi rivolgerai spesso... spero.» Gart si avviò con lei. Sentì, in quel momento, di aver raggiunto la felicità pura, completa, perfetta. Non era morto, era tornato da Bryhn e lei finalmente lo aveva accettato; soprattutto, lo aveva ricambiato.
L’ombra in lui si era acquietata da molte ore, ormai, eppure non sparì: rimase lì, nel profondo del suo cuore, quiescente mostro in attesa della propria occasione.




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Ed ecco un altro capitoletto. Spero ci perdonerete se è un po' corto... ^^
Rispondo a Nausicaa212. Esatto, Bryhn ignora che Gart è un demone. Quanto alla tecnica cui ho accennato... be', non è facile da spiegare per iscritto. Fai conto di avere una spada e di impugnarla con entrambe le mani; il colpo va portato diritto avanti a sé, con le braccia tese, in quanto è un affondo e quindi va effettuato di punta. La reazione dell'avversario è di scartare di lato, cosicché la spada nemica gli passerà di fianco; a quel punto, essendo l'aggressore sbilanciato in avanti, l'altro ne può approfittare per afferrargli le braccia (all'altezza del gomito, circa) col proprio; ponendo che entrambi i duellanti siano destri, lo scarto sarà effettuato verso destra, e sarà quindi il braccio sinistro (quello non armato) a compiere la manovra di presa. La posizione del detto arto è un po' come quando trasporti qualcosa, appoggiato al fianco ma trattenuto col braccio. A quel punto, colui che ha effettuato la presa, stringerà le braccia dell'avversario contro il proprio fianco. È una mossa che porta necessariamente a stretto contatto, e una volta immobilizzato l'aggressore in questo modo, l'altro potrà approfittarne per colpirlo alla testa con il pomo della spada (che essendo in metallo, fa male!).
Spero di essere stata chiara... anche perché il mio ragazzo me la mostrò parecchio tempo fa e quindi non rammento con precisione le spiegazioni che mi diede in proposito... ç_ç

P.S. Non so quando ci sarà il prossimo aggiornamento, perché Maura è già tanto se trova il tempo di respirare, mentre io sto passando un periodo un po' "no"... con la prospettiva di un cambiamento abbastanza radicale (anche se forse non ancora definitivo) nella mia vita. Ho il morale che in questi giorni mi va a terra con una frequenza notevole.

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Capitolo 23
*** Dubbi... ***


Scusate il ritardo... ^^'



Gart passò una giornata leggera. Intento a mascherare la sua oscura, maledetta parte demoniaca, che, accidenti a lei, rimarginava le sue ferite ad una velocità spaventosa, fu costretto a dichiarare ancora qualche stupido fastidio a quel braccio ormai guarito da tempo, e, in barba alla sua voglia di riprendere a duellare, fu esentato una volta di più dagli allenamenti. Rimase in un angolo, osservando con aria imbronciata i compagni intenti a darsele di santa ragione per mezzo di grosse ed affilate asce. Quanto avrebbe voluto farlo anche lui!
Erano quelli i momenti in cui la sua doppia natura gli pesava, calandogli sulle spalle come il macigno infernale, eterna punizione stabilita dagli dèi, cala sul dannato, opprimendolo. Fino a che avesse tenuto nascosto quel piccolo particolare sulla propria persona, sapeva di non avere nulla da temere. Ma se mai la cosa fosse stata scoperta...
Era fatto noto che i bastardi, i figli di relazioni maledette, non avessero vita facile. Gart, terrorizzato da quella spaventosa minaccia di solitudine che gravava sul suo futuro, non permetteva ad alcuno dei suoi aspetti non umani di essere notato dagli altri. Così fingeva guarigioni avvenute nei giusti tempi, fingeva d’essere cieco al buio, fingeva di non aver alcun problema ad entrare in un luogo sacro quando, invece, doveva evitarli come la peste. Ma, soprattutto, fingeva di sentirsi a proprio agio. Era caldo e aperto con chiunque; borioso, sì, ed anche arrogante, ma disperatamente bisognoso di compagnia, come dimostravano le sue decine e decine di avventure con altrettante fanciulle.
La sua intera esistenza, se ne rese conto, altro non era se non un’accozzaglia di menzogne. Che però non lo fecero vergognare: bastardo e abbandonato, mai aveva perduto la grinta. Se l’era cavata da solo. Questa era una cosa di cui andare fieri, no? Ma se Bryhn avesse scoperto cosa lui era in realtà, come...?
Lerath, costretto dalla patetica perdita dei sensi dell’avversario ad abbandonare l’allenamento, sedette sbuffando al suo fianco, interrompendo inconsapevolmente quella pericolosa riflessione. Era un ragazzo dalla corta chioma bionda, sfavillanti occhi verdi e un sorriso beffardo. Era considerato il migliore, lì dentro, dopo Gart. E, ovviamente, era il suo migliore amico: le loro scampagnate condotte al solo scopo di procurarsi la deliziosa compagnia di qualche ridente fanciulla risultavano ormai innumerevoli.
«Spicciati a far guarire quell’arnese» proclamò, indicando con un cenno del capo l’arto del ragazzo, evidentemente considerato come un mero attrezzo. «Mi annoio, con gli altri.»
«Parli di noia ad uno che passa gli allenamenti accucciato in un angolo?» Gart sorrise, accomodandosi meglio contro la parete di pietra dietro di lui e allungando pigramente le gambe.
«Però suppongo che tu abbia passato una nottata tutt’altro che noiosa...» Lerath rise, con la sua solita aria di complice, un brillio negli occhi che intendeva intendere tutto ciò che vi era da intendere.
«Non è stata male, in effetti.»
«Com’era? Esperta?»
«Tutt’altro.»
Erano i soliti discorsi, quelli: – Com’era la tua? La mia una bomba, sembrava pudica, ma poi... – Eppure, per la prima volta, Gart provò una punta di fastidio nel rivelare i particolari di ciò che era avvenuto tra lui e una donna. Tra lui e quella donna, in particolar modo. Gli parve quasi di infrangere un segreto che, invece, sarebbe dovuto apparire come inviolabile, gli dèi solo sapevano il perché.
«Una novellina.» Lerath, evitando distrattamente un’ascia che, sfuggita di mano ad un cadetto, aveva seguito una precisa traiettoria verso la sua testa, rise di gusto. «Tanti appostamenti per... una novellina?»
Gart fece spallucce. La notte precedente a tutto aveva pensato, tranne che ad eseguire con Bryhn spericolate figure sessuali. Gli era stato sufficiente stringerla, possederla... e amarla. Amarla? Sì, amarla. «Sai...» prese a raccontare, non sapendo bene come esprimere ciò che gli frullava nel cuore. «Lei è... voglio dire, lei non è come le altre.»
«Vero. È decisamente più pericolosa» convenne saggiamente l’amico.
«Sì, oltre a quello.» Gart voltò il capo di lato, osservandolo. Nei suoi occhi, Lerath riuscì quasi a leggere una sorta di euforia mista ad un’impalpabile paura. «È speciale.»
«Immagino le concederai un secondo incontro.» Lui aprì una tasca, estraendo lieto del tabacco. Era un gran fumatore, Lerath; fumava con aria saputa, aspirando godurioso ogni sacrosanta boccata. Sarebbe stato in grado di affumicare un’intera stanza in soli dieci minuti. Paradossalmente, le ragazze sembravano adorare questo suo aspetto. «Potresti fare domani, però? Per questa sera volevo chiederti una scappata alla locanda...»
Gart scosse il capo. Un sorriso forse amaro gli si dipinse sul volto. «Non mi sono spiegato.» Sembrò dannatamente interessato alle proprie mani ed evitò di alzare gli occhi sul compagno. «Lerath, non ne voglio altre.»
La storta pipa artigianale cadde improvvisamente dalle labbra dell’amico. Seguì un illimitato numero di bestemmie, mentre la parte accesa lo bruciava proprio sul cavallo dei pantaloni. Gart non poté evitare di ridere della scena, beccandosi un’occhiataccia. «Cosa significa che non ne vuoi altre?» Recuperata pipa e compostezza, Lerath cercò disperatamente di riaccenderla.
«Be'...»
«Oh, no. Sei in trappola.»
«Ma io...»
«Caduto nella rete.»
«È che...»
«Intrappolato nella tagliola.»
«La pianti di fare il tragico? È solo una donna.» E il suo cervello lo smentì non appena ebbe finito di pronunciare quelle parole. Non era solo una donna. Era Bryhn. E, sì, lo aveva avvinghiato. Senza neppure volerlo, ma ci era riuscita.
«Adesso comincerai a seguirla ovunque. Vorrai conoscere la sua famiglia!» Lerath pronunciò la cosa con il tono di chi si accorge di essere nel bel mezzo di un terremoto. «No, amico mio, no! Devo salvarti! Questa sera andiamo alla locanda!»
«Sai che ti dico? Ci stavo appunto pensando.» Gart annuì.
«Alla locanda?» chiese l'altro speranzoso.
«No, a conoscere la sua famiglia.»
Seguì un lunghissimo, significativo silenzio. Infine, Lerath pronunciò la Verità Suprema. «Per gli dèi. Sei fritto.»
«Temo di sì, amico.»
Tennero uno sguardo spaventosamente serio e melodrammatico per circa una decina di secondi, osservandosi a vicenda; quindi, impossibilitati a resistere oltre, scoppiarono inevitabilmente a ridere, distraendo gli altri dall’allenamento.
«Così il caro Gart è stato il primo a cadere!» Lerath gli batté una pacca sulla schiena, privandolo del fiato. Era un semplice umano, ma nascondeva una forza da non sottovalutare. Non per niente, era il suo compagno d’allenamento preferito. «Che vuoi che ti dica? Ce ne sarà di più per me!»
Gart proseguì a ridere. Dentro di sé, però, avvertì il pensiero prima interrotto riprendere a pulsare con maggiore violenza: se Bryhn sapesse cosa sei, se intuisse l’orribile ibrido che nascondi nelle tue viscere, cosa penserebbe di te? Cosa?
Non trovò una risposta.




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Ciao a tutte! (se c'è qualche maschietto, non me ne voglia, ma mi pare che le commentatrici, almeno di recente, siano solo bimbe^^)(E le ragazze non me ne vogliano per averle chiamate bimbe! XD)
Come già detto sopra, mi scuso per il ritardo, ma come avevo anticipato, stavo passando un periodo un po' no. Poi ho pensato bene di sentirmi pure male, beccandomi una specie di influenza che mi ha messa k.o per più di una settimana. Finita quella sono passata a quel simpatico problema prettamente femminile, che ricorre ogni mese... riducendomi sempre più uno straccio. Capirete che di mettermi qui a sistemare tutto ne avevo poca voglia... ^^'''
Ma bando alle mie lamentele! ^O^ Prima di tutto, vorrei salutare (come sempre, anche a nome di Maura. Davvero, prima o poi mi farò pagare in quanto segretaria... u_u) la nostra nuova lettrice, Michan_Valentine! Benvenuta! Però... trovo inquietante la somiglianza tra il tuo nick e i nostri nomi... aiuto! XD
E in seguito al suo commento, ne approfitto per spiegare una cosa che, mi rendo conto, non ho mai specificato. Michan ha fatto giustamente notare che la trama scarseggia e i personaggi secondari sono un po' troppo secondari. Be', sì, in effetti è così, ma c'è un motivo. Bryhn e Gart in realtà sono nati come personaggi di un racconto a più mani; questa storia, perciò, è nata prevalentemente per aiutare me e Maura a "conoscere" più a fondo i nostri stessi personaggi, in modo da "giocarli" meglio nell'altra storia, avendo più chiaro quale fosse il loro passato. Quindi... sì, è una storia d'amore, a ben vedere.^^ Una sorta di spin-off, si può dire. Spero che la cosa non vi distoglierà dalla lettura! ç_ç


P.S.Il cambiamento di cui parlavo la volta scorsa non è avvenuto, anche se è solo rimandato a data da destinarsi, quindi ancora per un po' la mia vita scorrerà come al solito. Alla prossima!
P.P.S. Per farmi perdonare del ritardo, domani cercherò di postare un altro capitolo... ma tenete conto che ho da lavorare ad una tesi e adesso sono ospite per qualche giorno dal mio ragazzo e i suoi amici/coinquilini, perciò devo dedicarmi anche a qualche lavoretto domestico per ricambiare! XD Ri-ciao!

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Capitolo 24
*** Qualche chiacchiera di troppo ***


Adesso ho capito perché il mio ragazzo ci tiene tanto che mi trasferisca a vivere con lui (nonché con i suoi due amici e la ragazza di uno di questi)... -__- ho appena finito di fargli la TERZA lavatrice in quattro giorni... Ora, io sono di quanto più lontano ci sia dall'essere una casalinga a malapena sufficiente... ma lui manca del più piccolo impulso all'economia domestica! XD
E non solo lui, eh... oggi mi sono scoppiata anche l'accumulo di piatti e stoviglie di tre giorni (e meno male che nelle ultime due sere abbiamo cenato a pizza e panini) perchè quello che si era offerto di lavarli due giorni fa per non farlo fare sempre a noi fanciulle... si è scordato! *-* E come ho detto, il mio boy sta alle faccende domestiche come il Diavolo sta all'acqua santa... ^^'
Oggi ho anche cucinato io (che so fare quattro cose quattro XD), perché se avessimo aspettato la ragazza (che di solito si occupa di cucinare, ma ultimamente è presa in modo maniacale da un gioco on line... cosa che non mi sarei mai aspettata, da lei! °_°) il mio fidanzato sarebbe andato al lavoro (turno di pomeriggio) totalmente digiuno, visto che frigo e dispensa piangono disperati per il Nulla che li ha invasi (Atreju, dove sei?!).
Fortuna che ora lei e gli altri due sono andati a fare spesa... ù_u
Ma bando alle lamentele! Con i Nightwish a farmi da colonna sonora, a voi il capitolo che avevo promesso l'altro giorno e che giunge in logico e rigoroso ritardo, of course! XD




Quello stesso pomeriggio, Bryhn raggiunse il campo in cui si addestravano gli allievi di primo livello e vide che il loro istruttore – quanto l’aveva fatto dannare, con il suo atteggiamento arrogante di chi sa già tutto! – stava mostrando un’applicazione pratica di una delle tecniche di base. Qualcuno la notò e avvisò Tiara, immaginando che stesse cercando lei. Questa abbandonò il suo posto e l’affiancò.
«Ehi, che ci fai qui?» le domandò sorpresa. «Non starai saltando l’allenamento, vero?»
«No, tranquilla» rispose Bryhn. «Il nostro maestro si è buscato un’infreddatura e per oggi ha sospeso le lezioni. Sono passata a vedere cosa stavate facendo voi.»
«Pratica, come puoi vedere.» Tiara fece spallucce. Poi la osservò con più attenzione. «Mi sembri pensierosa. Qualcosa ti preoccupa?»
«No! Cioè...» Bryhn scosse la testa con un sospiro. «È solo che...» S’interruppe.
L’amica le passò un braccio intorno alle spalle. «Avanti, parla.»
«Ma tu devi seguire gli allenamenti...»
Tiara agitò una mano. «C’è tempo prima che sia il mio turno di provare la tecnica. E in ogni caso, puoi sempre rispiegarmela tu, no?» Sorrise con aria furbetta, poi tornò seria. «Avanti, spiegami cos’hai. Ma non dirmi che hai già dei problemi con Gart!»
«Non proprio... Però...» Sospirò di nuovo. «Lo sai anche tu cosa si diceva di lui, no? Che gli piacciono le donne... ne ha avute parecchie...» La voce le si abbassò. «Io ho paura di essere solo l’ennesima sull’elenco...»
Tiara sgranò gli occhi. «Nononono!» esclamò, agitando le mani per rafforzare quella negazione. «Bryhn, a parte che se osasse farti una cosa del genere, lo farei a pezzettini... io sono certa che non è così. Dài, basta osservare come ti guarda!» disse convinta. «E poi ho sentito i commenti di alcuni dei ragazzi: dicono che non lo hanno mai visto così preso. In effetti, è vero: da quando sono arrivata, io non ho fatto altro che vederlo interessato unicamente a te.»
«Sono una scema, eh?»
«Assolutamente no! È normale avere dei dubbi. Con un tipo del genere, poi. Ma se non ti senti tranquilla, forse faresti meglio a dirglielo. Se continui così, rischi solo di peggiorare le cose, arrovellandoti e facendoti mille paranoie senza mai avere risposte. E non riuscirai ad essere serena con lui.»
«Credo che tu abbia ragione» mormorò l’altra, tormentandosi le mani.
«Io ho sempre ragione!» ribatté Tiara.
Bryhn scosse la testa, con una risatina a bocca chiusa.
«Be', che c’è? Ne dubiti, forse?» fece l’amica, in tono di finto risentimento.
«No, no, figuriamoci!»
«Non hai propriamente un tono convinto.»
«Io?!»
Tiara incrociò le braccia e voltò il capo dall’altra parte, chiudendo gli occhi e mettendo il broncio. «Pfu! Se è in questo modo che ringrazi chi ti dà dei consigli, ottimi consigli, allora non ti dico più niente. Ecco!»
Bryhn scoppiò in una risata. «Tiara, sei fenomenale! Se non ci fossi tu a farmi ridere!»
L’altra emise un suono di scontento, scrollando le spalle.
«Oh, su! Smettila. Sei più infantile di mia nipote, così.»
«E allora?» ribatté Tiara, in tono petulante.
La ragazza più giovane continuò a ridacchiare, poi le passò un braccio sulle spalle. «Va bene, va bene. Grazie mille, amica mia, per i tuoi preziosissimi e incomparabili suggerimenti. Non saprei proprio come fare se non ci fossi tu.» Una risatina. «Così va meglio?»
Tiara aprì un occhio, voltandosi a mezzo per guardarla. «Sei proprio incapace a recitare. Una pessima attrice, davvero» commentò.
«Allora dovrai insegnarmi» fece Bryhn in tono sornione. «Chi meglio di te?»
«Non so se prenderlo per un complimento... e in ogni caso, colgo una presa in giro...»
«Io?! Non potrei maaaiii!»
Tiara sbuffò, liberando le braccia dalla posizione conserta e guardando l’amica. «Te l’ho detto che non sei brava ad imbrogliare.» Scosse il capo, mettendosi a ridere insieme a Bryhn.
«Ehi, laggiù!»
Le due ragazze sobbalzarono, assumendo subito un’aria colpevole.
«Se non sbaglio, si sta svolgendo una lezione! Bryhn, che ci fai qui?» domandò il maestro, accigliato.
«Chiedo scusa» ribatté lei, contrita. «I nostri addestramenti oggi sono sospesi e...»
«E hai pensato di venire qui a disturbare?»
«No, no! Assolutamente!»
«Bene, allora assisti in silenzio, se vuoi rimanere, e non distrarre i tuoi compagni. Hanno ancora parecchie cose da imparare, loro!» esclamò.
La frecciata verso di lei era più che evidente, e Bryhn non si azzardò a ribattere. Tiara si morse un labbro per non ridere.
«Quanto a te, Tiara, se ti trovo un’altra volta a non seguire le spiegazioni, per punizione luciderai tutte le armi nell’armeria» proseguì l’uomo.
«Iiih! Starò attentissima, signore!» esclamò la giovane.
Stavolta, fu Bryhn a dover trattenere le risate.
Il maestro riprese la dimostrazione, non senza lanciare ogni tanto delle occhiate indagatrici verso le due giovani. Dal canto loro, Bryhn e Tiara rimasero in silenzio solo per qualche minuto.


Tiara sbuffò rumorosamente, mentre lucidava una vecchia daga. «Accidenti!» borbottò per l’ennesima volta.
«Trentasette» disse Bryhn.
«Cosa?»
«Trentasette. Le volte che hai detto “accidenti”.»
Tiara le rifilò un’occhiataccia. «Se hai la forza di perdere tempo a contare quello che dico, significa che non ti stai impegnando abbastanza. Accidenti!»
«Trentotto.» Bryhn non poté trattenere un sorrisino.
«Impiccati!»
«Di solito sono io a dirlo a te. Cosa fai? Mi rubi la prerogativa?»
Tiara grugnì qualcosa di irripetibile.
Bryhn pensò di aggiungere altra carne al fuoco. «E poi, chi è che non si sta impegnando? Ti faccio notare che io ho già lucidato tre scudi, cinque spade lunghe, quattro daghe e sette pugnali. Tu, invece, sei ferma a tre daghe, una spada e qualche pugnale. E siamo qui da due ore.»
«Lo so che siamo qui da due ore!» strepitò Tiara. «Costrette anche a saltare la cena! E di chi è la colpa? Eh?»
«Non solo mia» ribatté Bryhn, serafica, trovandosi del tutto a suo agio fra le armi.
Tiara non poté replicare e si limitò a bofonchiare qualcosa.
«Ti ho sentita. Con questa siamo a trentanove.»
La ragazza più grande si mise a lucidare con furia la daga che aveva in mano, talmente rossa in faccia che non si vedevano più le sue graziose lentiggini. Si fermò solo per qualche istante, il tempo di risistemarsi la coda in cui aveva legato i capelli. Meditò seriamente di tagliarli, in quel momento, poiché le stavano dando parecchio fastidio. Ma d’inverno facevano parecchio comodo, a tenerle caldo il collo e parte della schiena. Sbuffò, riprendendo in mano l’arma e lo straccio.
Dopo un po’, Tiara disse, in tono più calmo: «Be', come mai tanta rapidità nel lucidare? Non vedi l’ora di liberarti da questo ingrato compito e correre da Gart?»
Bryhn sorrise. «Anche.»
«Sei bella che andata pure tu, mi sa» considerò l’amica.
La mora fece spallucce. «Probabile.»
«Probabile?» Tiara sgranò gli occhi. «Io direi sicuro!»
Bryhn smise di lucidare la daga – che peraltro ormai risplendeva – e sospirò. «Non ne sono certa» ammise a bassa voce. «Per me è una novità. Io non sono mai stata innamorata di nessuno... come faccio a sapere che quello che provo per lui è davvero amore, e non...?»
«E non una semplice infatuazione?» concluse Tiara. «Be', non posso dirtelo io. In questo, purtroppo, non posso esserti utile. È una cosa che devi comprendere da sola. La risposta devi trovarla in te, non può fornirtela nessun altro. Però, prova a ricordare come ti sei sentita quando lo abbiamo creduto tutti morto. E poi prova ad immaginare di stare senza di lui.»
Bryhn si ritrovò gli occhi lucidi e scosse la testa. «Non voglio nemmeno pensarci! Mi fa male solo l’idea.»
Tiara sorrise con la solita aria furbetta. «Ecco. Per me questa è già una risposta...»




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Nausicaa212: già, a volte non si ha tempo... quando poi non lo si sa gestire (*me si nasconde vergognosa*) è ancora peggio! XD Comunque, se aggiorno lentamente vi lascio più suspence, più tempo per assaporare quello che avete appena letto... e sì, la smetto qui, eh? XD
Damned88: Be', in primis, grazie per i complimenti! In secundis (e poi la smetto di tirarmela da latinista, promesso XD), bentornata (sei una ragazza, vero? °°), visto che avevi già commentato in passato; ricordo il tuo nick. E se ti scappa di recensire ancora, ben venga, io e Maura ne saremo felici!^^
Rue Meridian: Una nuova lettrice! Me si commuove! *__* Sono così felice che salterei di gioia, ma prima dovrei districarmi dal groviglio di cavi e alimentatori vari che circondano il tavolo (visto che qui sopra stazionano i portatili di tutti, tranne il mio dato che non ce l'ho e sfrutto biecamente quello del fidanzato XD), perciò... diciamo che la Danza della Felicità la faccio col pensiero! XD Sei forse appassionata della Saga di Shannara? Il tuo nick mi risulta assai familiare. ^__^
Dionea: Tesorina, tu mi fai arrossire ogni volta per i complimenti! XD Però le tue recensioni sono sempre così dettagliate che a volte mi accorgo di particolari di cui nemmeno io mi ricordavo più... XD La mia memoria si fa sempre più doryesca (presente Nemo, no? XD) ogni giorno che passa. Colpa di Maura, come sempre. Se non dovessi condividere con lei il mio unico neurone... ù__u Tra l'altro, il modo in qui analizzasti i due personaggi, all'inizio, è stato talmente perfetto da risultare quasi inquietante! XD Per quanto riguarda la tua supposizione, be', sì, un giorno Bryhn scoprirà tutto... ma io non anticiperò nulla nemmeno sotto tortura! Bwahahahahah! *O* Però, limita i tuoi apprezzamenti su Gart, ti prego: lui si gasa oltremodo (è terribilmente vanesio e narcisista, sai?) e Bryhn, anche se non lo ammetterà mai, è tanto-tanto gelosa... u.u
Bryluen: Carissima, ti rassicuro subito: la storia NON rimarrà inconclusa, visto che ormai la maggior parte è fatta e attende soltanto che io la ricontrolli, aggiusti qualcosa e la posti, capitolo per capitolo. E ti ringrazio, ora mi sento meno in colpa per i capitoli assolutamente non chilometrici! XD


Il mio primo tentativo di rispondere commento per commento... spero di essermela cavata! XD E ora, sempre con il sottofondo musicale dei Nightwish, vi saluto alla prossima! Ciaooooo! ^O^

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Capitolo 25
*** Comunicazione di servizio ***


Prima che vi allarmiate, paventando un'annuncio di momentanea interruzione degli aggiornamenti, sappiate che non è così. Quello di oggi pomeriggio non è stato l'ultimo aggiornamento prima di chissà quando.
In realtà sto inserendo questo avviso... cribbio, non avete idea di quanto mi stia sentendo una deficiente per un simile errore... perché...
*Mikoru si inginocchia sui ceci e si cosparge il capo di cenere*
...rileggendo i capitoli passati sul mio file di word... ebbene... mi sono accorta che avevo dimenticato di inserire un pezzo! çOç
Pietà! Pietà! ç_____ç
Ho cercato di rimediare inserendolo nel capitolo 7. Lezioni supplementari - II.
Scusatemi ancoraaaaaaaa! ç_ç
*Mikoru va ad autoflagellarsi*

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Capitolo 26
*** Punizioni e... ricompense ***


Oggi ho deciso di lasciare da parte il mio ennesimo abbacchiamento umorale e sforzarmi per mettere un capitoletto. A voi! ^-^

Gart, non trovando Bryhn né alla mensa né al suo solito spiazzo abbandonato, finì con l’essere pensieroso. Non era da lei rinunciare sia al cibo sia agli allenamenti. Per sua sfortuna, Lerath lesse nella sua espressione i suoi pensieri e decise di procurargli qualche saggio consiglio.
«Sarà uscita, sai. A festeggiare» affermò, sedendo accanto a lui in mensa. Una frase, la sua, ove neppure si era disturbato di inserire un soggetto: i pensieri dell’amico, ormai si era arreso a questa idea, erano orientati in una sola direzione.
«Festeggiare?» Gart bevve un lungo sorso dal suo bicchiere. Il brusio attorno a loro cresceva man mano che la sala si riempiva. Solitamente, per cenare egli attendeva che fosse l’ora maggiormente affollata, così da fare un po’ di bisboccia con gli altri. Ma, per quel giorno, aveva sentito l’irresistibile impulso di mangiare prima, per correre poi da... be', da quella.
«Festeggiare, sì» confermò. «Non lo sai? Quando perdono la verginità, le donne festeggiano.»
Bryhn non era certo l’unica fanciulla che aveva perduto la sua purezza con Gart; però era l’unica che lui avesse interesse a rivedere. E dunque questa faccenda della festa gli suonò nuova. Oltre che inquietante. «E cosa fanno?» s’incuriosì.
«Nessuno le ha mai viste» proclamò l’amico con aria da misterioso saggio. «Ma si sussurra che... danzino tutte nude attorno a un fuoco!»
«Davvero?» Gli occhi di Gart si allargarono per la sorpresa, mentre l’amico, sempre con aria intelligente, annuiva. «E perché non invitano mai nessuno?»
«Perché sono fondamentalmente egoiste» confessò in gran segreto Sua Sapienza Lerath.
«Non mi piace questa storia» borbottò il ragazzo. La sua donna, ora, stava correndo nuda attorno a un fuoco? Intollerabile.
«Sono le loro tradizioni, disturbarle è pericoloso...» proseguì l’altro nel suo saggio di psicologia sociale.
«Se lo dici tu...» Dovette costringersi a fare spallucce: se Lerath lo avesse visto ingelosito anche di un branco di ragazze ignude, lo avrebbe preso in giro per l’eternità. «Allora, se non c’è Bryhn, questa sera potrei passarla con te...» considerò, addentando un pezzo di pane.
«COSA?!»
«...ad allenarci» concluse il moro con un sorriso furbo.
Lerath parve improvvisamente più rilassato. «Ah, ad allenarci...» ripeté, massaggiandosi il petto.
«Perché, che avevi capito?» Gart sollevò un sopracciglio, spiandolo con la sua solita arietta attira schiaffi.
«Non lo so. Ma avevo temuto in un falò.»
L’amico scosse il capo, ridendo. «Non siamo ancora così intimi, Lerath.»
«Grazie agli dèi.»
«Grazie agli dèi.»
Dopo aver ripetuto questo ringraziamento quasi in coro, si alzarono rumorosamente dalla panca, diretti in armeria.
Armeria dove, appena entrato, Gart trovò una sorpresa. «Ehi...» azzardò notando una Bryhn decisamente incupita e, soprattutto, una Tiara furibonda. «Che ci fate qui? E il falò?»
«Falò? Ma di che parli?» rispose Bryhn, perplessa.
«Forse di quello in cui ti lancerò io, insieme a tutte queste dannatissime armi!» intervenne Tiara.
«Ma la smetti? Non è colpa mia! Tu ci hai messo del tuo! Mica parlavo da sola, sai?»
«Pfu!» sbuffò l’altra, non potendo certo ribattere.
Bryhn scosse il capo, alzando gli occhi al cielo, poi si voltò verso i due. «Siamo in punizione» spiegò. «Disturbo degli allenamenti.» Sbuffò anche lei. «E da più di due ore a questa parte, Tiara non fa che borbottare e borbottare...»
«Per forza che borbotto, accidenti!» sbottò l’interessata.
«...ed esclamare “accidenti”. Monotona, non trovate?»
«Molto» rise Gart, rivolgendo uno sguardo a Lerath, il quale fece inconsapevolmente un passo indietro.
«No» lo avvertì.
«No, cosa?» volle sapere il ragazzo moro.
«Non ti aiuterò ad aiutarla ad aiutare Tiara» proclamò il biondo, in un rigiro sintattico da far impallidire i più impavidi.
«Aiutare? Giammai!» Gart si avvicinò a un mucchio di spade appena lucidato e ne prese due. «Non potrei mai andare contro i rispettabili metodi educativi dell’Accademia.» Lanciò un’arma all’amico. «Noi siamo qui fuori ad allenarci, ragazze. Buon proseguimento!» salutò allegramente. Era davvero, davvero felice del fatto che Bryhn non fosse intenta a danzare nuda attorno ad un falò.
«Gaaaaart! Razza di maledetto idiota! Questa me la paghiiiii!!» fu l’urlo poco dignitoso che li accompagnò nell’uscire. Ma, per quanto strano potesse sembrare, non era stata Bryhn a lanciarlo.
Bryhn guardò Tiara e sbuffò rassegnata. «Davvero, tu mi stai rubando le prerogative.»

Impiegarono una mezz’ora buona per portare a termine la punizione. A dire il vero, la maggior parte del lavoro l’aveva fatto Bryhn, ma ad un certo punto l’importante era diventato finire quel compito. Entrambe le ragazze uscirono dall’armeria e raggiunsero il limite del campo dove i due giovani si stavano ancora allenando; li osservarono con attenzione e un diverso tipo di interesse.
«Devo dire che Lerath è proprio carino» commentò Tiara, con pura obiettività.
«Però, combatte bene!» fu invece la considerazione di Bryhn.
«Oh, Dea, ma tu sei senza speranza! Non pensi ad altro?» lamentò la rossina.
«Nemmeno tu, se è per questo» ribatté l’amica, pacificamente.
«Oh, be'...» Tiara si strinse nelle spalle. «Ih, ma quanto picchiano?» esclamò, avendo visto le scintille sprizzare dalle spade e avendone udito il clangore.
«Si vede che non hai mai osservato me e Gart, eh?»
«Diciamo che l’unica volta che vi ho spiati non ero abbastanza vicina» obiettò Tiara.
Bryhn le scoccò un’occhiataccia, poi sospirò rassegnata. «Ehi, ragazzi, per quanto ne avete ancora?» domandò ai due combattenti.
«Perché non prendete due spade anche voi, anziché chiacchierare?» propose Lerath, parando un nuovo affondo del compagno. «Ehi, per essere ancora ferito te la cavi!»
«Ehm, davvero?» Gart, dandosi delle grandiose botte di idiota, trattenne nuovamente la sua forza. Solo che era così difficile... Quando aveva un’arma in mano, era come se una forza aliena si impossessasse di lui, costringendolo a dare ogni fibra del suo corpo nel combattimento.
«Già, Lerath ha proprio ragione» confermò Tiara con un sorrisino da monella, però non fece alcun cenno al fatto che la sera prima l’aveva visto combattere ancora meglio di adesso. Amava i pettegolezzi, ma sapeva quando stare zitta. Gart aveva evidentemente i suoi motivi per voler fingere di non essere ancora in forma. La rossina si voltò verso Bryhn. «Che ne dici? Spade ne abbiamo prese in mano fino alla nausea, però...»
«Però fra usarle e lucidarle c’è una bella differenza!» concluse l’altra con allegria. Corse in armeria e ne uscì con due spade ad una mano. Ne lanciò una a Tiara. «Bene, io sono pronta. Chi si confronta con me?» domandò vivacemente.
Gart fece per precipitarsi, ma fu preceduto.
«Io!» strillò Lerath con fare allegro. E bastardo. Era così divertente prendere per i fondelli Gart il Gelosone... Purtroppo per lui, dobbiamo rendere conto del fatto che vi fu un sibilo, seguito immediatamente da una spada che, pesantemente, si conficcò nel terreno innanzi a lui, mancandolo solo per sbaglio. Lerath, perduta un po’ di baldanza, sentì come un brivido percorrergli la schiena. «Volevo dire... io con Tiara!»
«Ah, questo volevi dire...» borbottò divertito Gart, recuperando la propria arma.
Le due ragazze si scambiarono un’occhiata giocosa, soffocando delle risatine. Poi, mentre Bryhn si posizionava davanti a Gart e partiva ad attaccarlo senza nemmeno una parola, soltanto un sorriso sulle labbra, Tiara si avvicinò a Lerath.
«Bene, io sono pronta. Però, per favore, sii buono con una povera fanciulla indifesa» miagolò, guardandolo con il capo leggermente chino, i capelli bruno-rossicci che le ricadevano di lato.
«Sapessi che tipo di spada userei io, con le povere fanciulle indifese...» ghignò Lerath, alzando l’arma e attendendo educatamente che fosse lei a fare la prima mossa.
«Ah, davvero?» fece Tiara. «Be', intanto accontentati di usare questa. E vacci piano, io non sono ai vostri livelli.» Dopodiché scattò, con un’agilità tutto sommato considerevole, e attaccò con un colpo che, era certa, l’altro avrebbe parato, come difatti avvenne.
«Sarò gentilissimo con te» dichiarò Lerath, parato l'affondo. «E tu, come potresti ricambiare la mia gentilezza?»
«Tu prima sconfiggimi» ribatté Tiara. «Poi sii così cavaliere da accompagnarmi fino alla mia stanza. Dopodiché vedrò in che modo ripagarti» sorrise allusiva.
Lerath fece tre mosse. Tre. E le fece così velocemente che Tiara neppure ebbe modo di capire come fosse finita tra le sue braccia, l’arma nemica puntata alla gola. «Ho vinto. Andiamo?» chiese lui, chissà perché frettoloso.
«Sei uno che va per le spicce, eh?» considerò Tiara. Allontanò l’arma dal suo collo delicato, si divincolò da lui e continuò: «Va bene, andiamo. E stai tranquillo: io mantengo la parola. Ti ricambierò il favore, anche se tu non sei stato poi così gentile a sconfiggermi in quel modo. No, no.» Agitò un dito in segno di rimprovero, poi si mosse verso l’armeria. «Be', che aspetti? Prima andiamo a mettere a posto le spade, prima ci leviamo di qui» esclamò, lanciandogli un sorriso birichino e uno sguardo decisamente eloquente.




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Ed eccomi a voi. Non starò ad annoiarvi con i motivi del mio malumore (ma il principale lo conoscete anche voi... arriva tutti i mesi... +_+) e passo subito a rispondervi. Ah, ovviamente Maura vi saluta, ma appena tornata dalla settimana bianca ha pensato bene di ammalarsi, in più è alle prese con i cuccioli appena nati della sua cagnetta, quindi (strano XD) faccio tutto io =).
Damned88: Oh, allora non mi sbaglio a rivolgermi a te al femminile! XD Ma con questo nick "neutro" il dubbio mi è sorto. Che poi, pure il mio non è che sia così esplicito! XD Coooomunque, va bene anche se non commenti sempre, l'importante è che, come hai detto, continui a seguirci! XD Spero quindi che la storia continui ad intrigarti. ^^
Dionea: In primo luogo, Tiara ti ringrazia per tutti i complimenti che le rivolgi e aggiunge che puoi tranquillamente continuare così, anzi, se ti scappa di aumentare la quantità lei non si offende. Che cara, eh? Lerath è rimasto un po' male che non ti sia ricordata il suo nome (purtroppo è momentaneamente passato dalla testa di Maura alla mia e mi tocca sorbirmi le sue lamentele ù_ù), ma la sua opinione non conta, perché qui comando io, bwahahah! *o* Ma... cioè... hai rischiato di soffocarti? No, d'ora in avanti non mangiare né bere più mentre leggi! Come faremmo, altrimenti, senza la nostra super-commentatrice che fa recensioni più lunghe del capitolo stesso? XD Comunque, nel caso denuncia pure Gart o Bryhn: sfido qualunque giudice a cercare di incarcerarli... u.u Bene, come vedi l'aggiornamento è stato effettuato (sono tornata al dolce-quasi-far-nulla di casa mia XD), quindi puoi smettere di scodinzolare! XD Quanto al resto delle domande... attendi paziente e avrai tutte le risposte. ^___^
Nausicaa212: Pure io odio fare la donna di casa, ma ahimè, quando tocca, tocca; i piatti da soli non si lavano, e non si può andare a panini e pizza tutti i giorni! XD E nemmeno posso far andare in giro nudo il mio ragazzo. -__- Ci rimetterei anche io, cavolacci! XD Sarà divertente quando mi trasferirò a vivere lì... ho deciso che li rimetterò in riga! Bwawaw! *o* Sì, il capitolo era cortino, e anche questo non è molto lungo, ma il prossimo dovrebbe compensare un po', credo. Anche a te piacciono i Nightwish e "La Storia Infinita", quindi! Io ammetto di non aver ancora letto il libro (ma è una mancanza cui rimedierò presto, l'ho già comprato e a breve lo leggerò), però di Ende ho letto "Momo", e mi è piaciuto veramente tantissimo! ** Tant'è vero che non l'ho mai restituito a mia zia, da cui l'avevo preso in prestito! =p Ma tanto ne hanno regalato un altro a sua figlia, quindi non mi sento in colpa: così gli ho evitato di avere un doppione in casa, no? XD
Shandril: Waaah! Un'altra lettrice! Benvenuta! ^O^ Ovviamente sono felicissima, e Maura con me, che la storia ti piaccia, e spero che non deluderemo il tuo interesse con i capitoli futuri. Il tuo nick mi ricorda qualcosa... ha mica a che fare con il mondo dei Forgotten Realms?

A presto, un bacione a tutte! E vista la brevità di questo capitolo, vedrò di postare il prossimo il prima possibile. Vorrà dire che darò un altro calcione al mio malumore! XD

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Capitolo 27
*** Fra le tue braccia... ***


Ed eccomi qui con un nuovo capitolo.
Mi prostro con le ginocchia nude sui ceci misti a sassolini e mi cospargo il capo di cenere, invocando perdono per l'immenso ritardo! ç_ç
Non avrei voluto impiegarci così tanto, ma ho avuto di nuovo una serie di periodi "no"... e quando l'umore mi va sotto i piedi in questo modo, mi passa la voglia di fare qualunque cosa. Ho anche smesso di disegnare, di pastrocchiare con la grafica; è stato un evento che sia riuscita a scrivere quel paio di one-shot.
Ringraziate Dionea che è riuscita ad acchiapparmi e, letteralmente, mettermi con le spalle al muro. u.u Naturalmente lei stava di fronte a me armata di fucile e con sguardo folle! XD
Vi lascio alla lettura, sperando che sia di vostro gradimento.^^


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I just wanna hold you close
Feel your heart so close to mine
And just stay here in this moment for all the rest of time

(Aerosmith – I Don't Want To Miss A Thing)



Gart, travolto dall’attacco di Bryhn, permise alla sua potenza di risvegliarsi. Attaccò, parò, contrattaccò, apparentemente spietato.
Bryhn non abbandonò il sorriso. «Il sacro fuoco della lotta ti fa dimenticare tutto, eh? Perfino che dovresti tenere a riposo quel braccio» commentò. «Vedi di fare attenzione, anche se è guarito non è il caso che lo sottoponi a sforzi eccessivi.»
Gart sorrise. «Come sei dolce. Infine hai imparato a preoccuparti per me!» Finse in ogni caso maggiore attenzione nei confronti di un braccio in realtà sanissimo. «Solo l’altro ieri avresti usato qualcosa tipo: maledetto bastardo, è la tua ora!»
«Oh, non te lo dico solo perché è la tua ora.» Parò un fendente laterale con tutta la sua forza, respingendo la lama, quindi avanzò rapida e avvicinò la spada al collo di Gart. «Ho vinto» annunciò con semplicità e con un sorrisetto giocoso, abbassando poi la spada. Sapeva che era stata solo una fortunata coincidenza se era riuscita a sconfiggerlo.
Gart abbandonò la propria arma, cingendo prepotentemente il fianco di Bryhn con un braccio. «No. Io ho vinto» le comunicò, mangiandosela nuovamente con gli occhi.
Lei abbassò i propri, arrossendo. «Ehi, così non vale...» mormorò.
Gart, come sempre, fu quasi sciolto da quel repentino passaggio dalla parte più selvaggia di Bryhn a quella più innocente, intimidita. «In amore e in guerra tutto vale, no?» mormorò, baciandole delicatamente la fronte.
Forse nemmeno si accorsero del fatto che Lerath e Tiara si erano già allontanati verso l’armeria.
«Così dicono...» sussurrò la ragazza, chiudendo gli occhi. Li riaprì e tornò a guardare il giovane. Sorrise, un po’ impacciata, poi riabbassò lo sguardo. «Rimani con me, stanotte?» domandò con un filo di voce, sentendo le guance che si infiammavano per l’imbarazzo. «Vorrei... domani vorrei svegliarmi di nuovo fra le tue braccia...»
Gart piegò la testa di lato, studiandola. «È realmente ciò che vuoi?»
Bryhn gli appoggiò la fronte contro il petto, cercando di calmare il battito del cuore. Inutilmente. Quello continuò a pulsare come se lei avesse appena corso fino ad esaurire le forze. Si limitò ad annuire con il capo, non avendo più la forza di parlare. E in quel momento si ritrovo ad invidiare la sua amica, così sfacciata e impudente: Tiara non aveva certo di questi imbarazzi nel trattare con il sesso opposto.
Gart annuì, soddisfatto. «Sei fortunata: se non avessi voluto, mi avresti costretto a legarti. Ehi...» Le prese il mento con una mano, invitandola delicatamente ad alzare il volto. «Anche io voglio risvegliarmi al tuo fianco... Hai capito?»
Lei sorrise e fece cenno di sì. Poi, spostando il viso in avanti, colmò la distanza che la separava da quello di lui e gli posò un bacio sulle labbra. Si scostò e sorrise di nuovo, sempre con quell’aria timida tanto insolita per lei. «Andiamo?» domandò in un sussurro.
Gart la liberò dalla sua stretta. Sorrise con aria folle. «L’ultimo che arriva, domani rifà il letto!» annunciò. Quindi, senza lasciarle il tempo di reagire, cominciò a correre.
«Cosa? Ehi, aspetta!» La ragazza raccolse la spada che lui aveva lasciato cadere, tenne stretta la propria e si mise ad inseguirlo, lanciandogli mille invettive. Inevitabilmente giunse dopo di lui, che l’aspettava con aria sorniona e soddisfatta, appoggiato allo stipite della porta. Lei entrò lanciandogli uno sguardo accigliato. «Sei il solito imbroglione!» lo accusò, lasciando cadere le armi in un angolo. «Ho perso tempo per recuperare le spade, non potevo lasciarle lì, altrimenti sarei arrivata prima io!»
«In amore e in guerra...» cominciò Gart, visibilmente divertito dalla Bryhn grintosa. Quella tenera lo ammansiva, ma quella combattiva gli trasmetteva energia; lo rendeva carico.
«...tutto è permesso. Sì, lo so. Come scusa è ottima.» Gli fece una linguaccia. «Tu, in ogni caso, resti sempre un imbroglione. Ricorri di continuo a questi mezzucci. Non sai proprio perdere.»
«So anche combattere lealmente.» Gart si staccò dallo stipite, richiudendosi la porta alle spalle. Cadde l’oscurità nella stanzetta, ma prima che lei potesse anche solo pensare di accendere una candela, le si fece vicino, stringendola. Nel buio, fu elettrizzante ritrovare ogni parte di lei con il solo ausilio del tatto. E delle labbra. «Che ne diresti di un corpo a corpo?» propose, in un mormorio confuso nei morbidi baci.
La risposta di Bryhn fu, come logico, un impacciato assenso privo di parole, in un silenzio da interpretare come un sì. Fu il suo corpo a parlare per lei, nello stringersi a quello del giovane quasi con urgenza, nelle braccia che gli circondarono il collo, nella bocca che si schiuse sotto quella di lui. Gart l’accolse con maestria, cingendola e quasi trascinandola verso il giaciglio. Senza interrompere il contatto delle loro labbra, vi si stese sopra con Bryhn, lasciando che il suo morbido peso lo sovrastasse. Scese verso il suo corpetto, slacciandolo con lentezza, sospirando in risposta ad ogni sospiro che sfuggiva a lei.
Il calore era meravigliosamente insopportabile.
Passò un’ora buona; un’ora di carezze, di sussurri, di complicità. Aveva ancora paura, la piccola Bryhn, eppure già rispondeva con più sapienza e fiducia ai suoi tocchi. Infine, nel buio, la possedette ancora una volta. Sempre più vogliosamente, sempre più prepotentemente. Fu accolto dalla sua tenera innocenza, fu stretto dalle sue inermi braccia, fu schiavo del suo piacere.
Sentì quel sentimento, quello che si risvegliava al solo pensare a Bryhn, alzare prepotentemente il capo, galoppando in lui, facendolo perdere nel picco del proprio piacere, che lo inebriò e confuse.
Poi, come le aveva promesso, giacquero. Una tra le braccia dell’altro.

L’alba doveva ancora sopraggiungere quando Bryhn si risvegliò. Gart continuava a tenerla stretta a sé, entrambi riparati sotto le calde coperte. La stanza era ancora buia, immersa in un’ombra per nulla scalfita dal vago chiarore che iniziava a diffondersi nel cielo e filtrava faticosamente attraverso le imposte chiuse.
In quel silenzio insidioso, la ragazza si ritrovò alle prese con il pensiero che aveva iniziato a tormentarla dal giorno precedente. Per quanto si sforzasse, non riusciva a non pensare che, prima di lei, Gart aveva tenuto fra le sue braccia innumerevoli altre ragazze. Questo la infastidiva. No, la irritava, e molto.
Gelosia, pura e semplice. Ma per essere gelosi bisognava essere innamorati. E lei, la era?
Bryhn si mosse, piano per non svegliare Gart, e si voltò su un fianco dandogli la schiena. I dubbi che aveva espresso a Tiara non l’abbandonarono per un solo istante, impedendole di riprendere sonno. Ma il giovane, nel torpore, effettuò un movimento del tutto istintivo, raggiungendola e abbracciandola teneramente. Sospirò nel suo orecchio, sempre sprofondato nei propri sogni; sogni che, benché Bryhn non potesse saperlo o crederlo, non riguardavano altre che lei.
«Gart...» mormorò la ragazza. Un singulto le gonfiò il petto, ma lei lo trasformò in un profondo sospiro. Poi si diede della stupida. Per quale motivo avrebbe dovuto mettersi a piangere? si domandò. Perché aveva innegabilmente paura, si rispose. Paura che tutto quello potesse finire da un momento all’altro.
E lei non voleva.
Lui aprì svogliatamente un occhio, stringendola maggiormente a sé. «Sì?» domandò, la voce impastata dal sonno.
Bryhn s’irrigidì appena. «Ti ho svegliato. Non volevo, scusami.»
Lui si voltò, rimanendo supino. Sbadigliò, quindi le sorrise nel buio. «Non importa. Come mai tu sei sveglia?»
«Pensieri... non sono riuscita a riaddormentarmi» spiegò laconicamente, senza voltarsi. Cosa dovrei dirti? Che ho paura di essere solo un passatempo, per te? Come faccio?
«Ah, le donne e i loro pensieri...» Lui la cercò, attraendola nuovamente a sé. «Siete pericolose, lo sai?» La baciò sul collo, con affetto. «Vuoi parlarne con me?»
No che non voglio! pensò lei, ma la sua bocca la smentì, perché si aprì per formulare delle frasi. «Ho paura...» rivelò. «Io... io non voglio essere una delle tante...»
«Una delle tante cosa?» mormorò Gart, senza capire; a sua discolpa vi era il sonno imponente.
«Mi prendi in giro?» esclamò lei. «Ragazze, Gart. Donne! Quante ne hai avute, prima di me?» Si morse un labbro. «Ti stuferai anche di me? Sarò anche io solo di passaggio nella tua vita?»
Gart fu immediatamente sveglio. Si alzò a sedere, carezzandole la chioma. «Bryhn...» sussurrò. «Sei davvero gelosa? Non scherzi?»
«No... non scherzo...» rispose lei, a voce bassa. «Voglio la verità, Gart. Non voglio illudermi. Sono soltanto un gioco, per te?»
Gart, sorprendendola come sempre, rise. Lo sentì sussultare nel buio, smosso dalle risate, e si sentì afferrare dalle sue braccia. «Bryhn, cosa mi chiedi? Si è mai vista una ragazza per cui io perdessi tanto tempo?» Ora sì che avrebbe voluto avere una candela accesa, per osservarla, riscaldarla del proprio sguardo. «Non so come spiegartelo, ma...» La baciò più volte, percorrendone i lineamenti con le proprie labbra. «È che desidero solo te. Non riesco a pensare a nessun’altra. Ci ho provato, sai» garantì col massimo impegno, «ma proprio non posso: ci sei solo tu, ora.»
«Ora?» ripeté lei in tono amaro. «E fra una settimana? Fra un mese? Sarò già nel dimenticatoio per fare spazio ad un’altra?» Non ci riusciva, era più forte di lei: non voleva rinunciare a Gart.
«Tu. Sempre tu.» Lui sorrise. «Se continuerai a volermi.»
Bryhn rimase quasi stupita. Le lacrime si fermarono all’angolo degli occhi, mentre lei gli gettava le braccia al collo. «Sì...» sussurrò.
«Vedremo se confermerai questo sì anche più avanti» ironizzò lui, per scacciare quell’incrinatura della voce della ragazza. Ma, dentro di sé, ponderò seriamente la propria affermazione. Ancora una volta, il Quesito tornò a galla: se sapesse cosa sei, che farebbe?



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damned88:Grazie per l'apprezzamento, mi fa piacere che la storia ti intrighi e ovviamente mi auguro continuerà a farlo. E non ti preoccupare di essere ripetitiva nel dire che ti piace: il mio ego e quello di Maura non si offendono di certo! XD Baci anche a te! ^*^
dionea: Meno male che non sei soffocata, altrimenti come avrei fatto senza le tue chilometriche recensioni? XD Ti dico subito che Gart e Lerath, dopo aver letto, si sono messi a camminare impettiti tipo galli nel pollaio... che pazienza! XD Questo mi fa dubitare del loro quoziente intellettivo, ma sorvoliamo! Avevi già previsto la Tiara/Lerath? Acc, siamo troppo prevedibili, mannaggia! XD Ma come si evolverà fra i due lo vedrai da te; io, come sempre, sono muta come un pesce, sulle anticipazioni! *-* Spero che questo capitolo ti sia piaciuto, c'è pure lo scontro che tanto richiedevi. ;)
Nausicaa212: Come stanno i cricetini? *_* A proposito di animali, forse sto addomesticando un poco il mio ragazzo: contrariamente al solito, in una settimana è riuscito a non seminare un numero imprecisato di calzini sul pavimento di camera sua. È un passo avanti! XD Aggiornamento letterario: ho letto "La storia infinita". Bellissimo! *__* Veramente, veramente bello! Non male, l'idea di fare un falò... ma se lo facciamo secondo le idee strampalate di Lerath potrebbe essere problematico! XD La dimensione dei commenti va meglio? Non voglio essere responsabile del tuo accecamento! XD
shandril: Non ho aggiornato tanto presto, ahimè... ^^'' Spero di non venir bersagliata di Fuoco Magico, per questo. ^_^ A presto!
Michan_Valentine: Dunque, le cose che non sono state dette è perché, in realtà, le avevo spiegate durante la "giocata", e quindi, quando ho iniziato a scrivere di Gart e Bryhn con Maura, non le ho inserite. Se mi riuscirà di incastrarle in qualche modo, cercherò di metterle in qualcuno dei prossimi capitoli già scritti, altrimenti... be', se non ci colpisce un anatema, è previsto un "continuo" dopo il termine di questa sorta di spin-off. Ma davvero trovi Tiara insipida? °-° Be', questione di simpatie personali, immagino, quindi non posso dire nulla, anche se confesso che mi dispiace.^^ Spero solo che cambierai opinione, in futuro. Lavian, al momento, sta ancora leccandosi le ferite subite dal suo amor proprio.^^ Ciao!
NerinB: Ecco l'aggiornamento. Con un ritardo immane, ma meglio tardi che mai, no? XD
Bryluen: Ovviamente, sentirci dire che i nostri personaggi sono ben caratterizzati non può che farci piacere. Noi cerchiamo sempre di fare del nostro meglio, nel creare dei personaggi. ^^ A presto!
Mikal: Grazie dei complimenti. ^^



P.S. Se l'html non mi sconfigge, proverò a mettere le foto dei volti con cui Maura e io ci immaginiamo i nostri personaggi.^^
A presto prestissimo... spero! XD

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Capitolo 28
*** Sfortuna ***


Ieri ho deciso che oggi avrei dovuto postare, vincendo la mia pigrizia (che d'estate aumenta esponenzialmente) ed eccomi qui ad aggiornare. L'unico problema è che lo sto facendo stesa a letto perché non mi reggo in piedi a causa della debolezza da "ciclo+caldo", debolezza che mi fa avere capogiri soltanto se ruoto gli occhi da una parte o dall'altra. ^^'''
Quindi, facendo già una fatica immane a sistemare l'html, stavolta non risponderò ai commenti. Scusatemi. ç__ç





Who can say where the road goes,
Where the day flows? Only time.
And who can say if your love grows
As your heart chose? Only time.

(Enya - Only Time)




Da quel giorno trascorsero le settimane, i mesi. Il Mese delle Tempeste*, che per quell’anno era stato assai clemente, lasciò il posto al Mese del Lungo Silenzio*, quando la natura sembrava assopirsi nell’attesa di risvegliarsi con la bella stagione. Solo allora il maltempo sembrò imperversare, e a detta di molti quello fu l’inverno più brutto che avessero visto da qualche anno a quella parte.
Il freddo rigido, le piogge violenti persistettero fino al Mese del Disgelo*, quando finalmente il tempo iniziò gradualmente a migliorare.
Il sopraggiungere della Stagione delle Gemme* vide Gart e Bryhn ancora insieme, a scapito dei timori della ragazza. In tutto quel tempo la loro vita in Accademia era scivolata via rapida fra allenamenti, lezioni e i normali momenti di esistenza quotidiana. E ogni momento di quella quotidianità, Gart e Bryhn lo avevano trascorso in compagnia, scambiandosi mille tenerezze, al punto che gli amici di entrambi non facevano altro che prenderli in giro.
Amici capeggiati, per una parte e per l’altra, da Lerath e Tiara, i quali si erano altre volte scaldati insieme nelle fredde notti invernali, avendo trovato una certa sintonia reciproca, che tuttavia non arrivava al punto di spingerli a fare coppia fissa. Di certo, tale intesa si faceva ben sentire quando si trattava di sbeffeggiare più o meno affettuosamente i loro due amici.
Dal canto loro, Bryhn e Gart stavano di buon grado allo scherzo, replicando spesso e volentieri in modo altrettanto spiritoso. Con il trascorrere dei giorni i due giovani avevano rafforzato sempre più il loro rapporto, malgrado nessuno dei due avesse ancora dichiarato i propri reali sentimenti. Entrambi, comunque, avevano tratto vantaggio dalla reciproca vicinanza: Gart sembrava aver perso quell’aggressività che l’aveva contraddistinto al ritorno dalla sua presunta morte, mentre Bryhn era diventata assai più spigliata e socievole.
Era una Bryhn decisamente diversa dalla ragazza entrata in Accademia ormai quasi un anno prima. Non era solo cresciuta in età – aveva infatti compiuto diciassette anni nella notte fra il Mese del Lungo Silenzio e il Mese del Grande Freddo – né soltanto nel fisico, essendosi irrobustita e avendo aumentato la propria forza. Era cambiata caratterialmente: malgrado mantenesse ancora tracce del suo carattere introverso e aggressivo, un po’ freddo, era tuttavia molto più solare, ora che aveva finalmente trovato degli amici, come non ne aveva mai avuti durante l’infanzia.
E poi c’era Gart. Di giorno in giorno si rendeva conto che la presenza del giovane nella sua vita stava assumendo un’importanza fondamentale. E se per lui era già un fatto assodato che non potesse più fare a meno di quella ragazza, per Bryhn la cosa era una novità, una novità capitata all’improvviso e che a volte quasi la impauriva. Però ogni timore veniva scacciato quando Gart le sorrideva o la stringeva fra le forti braccia. Allora lei smetteva di soffermarsi sui pensieri negativi e si dedicava a vivere quanto più intensamente poteva quelle emozioni così nuove e profonde.
Qualcuno degli ufficiali aveva espresso una vaga protesta, convinto che non fosse il caso di permettere simili relazioni fra gli allievi, ma Aldred faceva orecchie da mercante a quelle affermazioni, ribattendo che non c’era proprio nulla di male in due giovani che si volevano bene, soprattutto considerando che questo non influiva affatto nel loro apprendimento.
Se quella storia aveva portato benefici ai suoi due diretti protagonisti, non si poteva dire che non avesse avuto influenze anche su altri. Aldred stesso, per esempio, si sentiva curiosamente contento della piega che aveva preso il rapporto tra quei due allievi, i quali, ancora non capiva per quale motivo, gli stavano particolarmente a cuore.
Ma c’era anche chi non aveva preso bene la faccenda. Lavian, il cui naso era ormai guarito benché non fosse più perfettamente dritto, decisamente non aveva digerito il fatto, dal momento che anch’egli provava per Bryhn una profonda simpatia. Una simpatia dal confine molto labile, che senza sforzo sarebbe potuta sconfinare nell’amore.
Bryhn, ingenuamente, non se n'era resa conto, e si comportava con lui con estrema naturalezza, così come faceva con gli altri amici. Tiara, che al contrario si era accorta della piega che stavano prendendo gli eventi, si era fatta un punto d’onore di fare in modo che l’amico si mettesse il cuore in pace. All’amica non aveva detto niente, sapendo fin troppo bene che se Bryhn fosse venuta a conoscenza di quel che Lavian provava per lei, non avrebbe più saputo come rapportarsi con lui. Senza contare che Gart avrebbe potuto intervenire un’altra volta a modo suo, e decisamente non era il caso.
A proposito di Gart, egli era fermamente intenzionato a conoscere la famiglia di Bryhn, come aveva già detto a Lerath. A dire il vero, lui e Bryhn sarebbero già andati a trovarla, se il maltempo non lo avesse impedito. Le condizioni climatiche, in quei mesi, erano state altamente proibitive per chiunque avesse avuto l’intento di mettersi in viaggio, e non era stato proprio possibile, per i due, muoversi da Lyraza. Perciò il viaggio era stato rimandato al Mese dei Primi Fiori, allorché il tempo sarebbe stato meno inclemente. E così avrebbero avuto anche l’occasione di festeggiare le sei primavere delle piccola Sigil.
Purtroppo la sfortuna si mise di nuovo in mezzo.
Nel ventisettesimo giorno del Mese del Disgelo, Bryhn cadde ammalata. Nei giorni precedenti aveva preso una piccola infreddatura, ma l’aveva sottovalutata, e anziché stare a riposo, aveva fatto finta di nulla e aveva continuato ad allenarsi, finché le sue condizioni si erano aggravate improvvisamente.
Ora la giovane si trovava nel suo letto, in preda ad una febbre molto alta che non dava segno di volersi abbassare. E Gart, balia premurosa, non si staccava da lei un solo attimo. Tre istruttori avevano già raggiunto l'alloggio di Bryhn, sapendo a colpo sicuro dove trovare il reiterato assenteista, ma il giovane non aveva voluto sentire ragioni.
«Fate conto che sia malato anche io» aveva proclamato, sordo ad ogni minaccia di punizioni più o meno severe. «Se la lascio sola, questa è capace di correre fuori ad allenarsi.» E rivolgeva uno sguardo alla sua donna, lasciandosi sfuggire un sorriso.

«Accidenti...» mormorò la ragazza, a fatica perché la gola le doleva. «Odio essere... costretta a letto...» Come giustamente sospettato da Gart, Bryhn avrebbe voluto correre ad allenarsi, tuttavia – o per fortuna – il suo corpo non rispondeva ai suoi desideri.
Gart, affacciato allo sporco vetro della piccola finestrella che a malapena riusciva ad illuminare la stanza della compagna, distolse la propria attenzione dallo scrosciare impetuoso della pioggia, così abbondante eppure così fuori stagione, e le rivolse uno sguardo furbo. «Potrei rendere più dolce tale costrizione...» disse, avvicinando il giaciglio e sedendosi sul bordo. Le accarezzò il volto con mani rese callose dalle fatiche degli allenamenti, quindi, con lentezza, scese su di lei, baciandone delicatamente le labbra.
Lei ricambiò debolmente il bacio e fece un altrettanto debole sorriso. «Mi sento a pezzi» ammise. «Non sei stufo di dover accudire un impiastro come me?» domandò poi, sempre sorridendo. «Mi spiace che per colpa mia te ne rimanga rinchiuso qui.»
Gart fece spallucce, sdraiandosi accanto alla sua protetta. «Fuori viene giù il mondo» considerò, ammiccando con un cenno allo scrosciare della pioggia. «Qui c'è il sole.» Detto quello, sentì una vocina, stranamente somigliante a quella del suo migliore amico, sussurrargli nella mente: Gart, sei così zuccheroso da poter essere barattato con un barile di alcolici!
Ma non poteva farne a meno. Il guaio era che pensava davvero ciò che aveva appena detto: Bryhn era stata una luce, un'ancora a cui lui si era afferrato. Il suo unico, vero legame. La sua vita.
«Esagerato!» riuscì a ridacchiare lei. «Be', di sicuro... emano calore!» Si accoccolò contro il giovane. «Grazie per essere qui... sei tanto caro...» mormorò, sentendo un’improvvisa e prepotente stanchezza.
«Riposati» le consigliò lui, circondandola con un braccio. «Quando starai meglio, magari partiremo» mormorò, forse rivolto più a se stesso che a lei.
«Sì...» sussurrò Bryhn, prima di chiudere gli occhi.
Si era appena addormentata, nel giro di pochissimi minuti, quando entrò Tiara, venuta ad informarsi delle condizioni dell’amica. Osservò per un istante i due giovani, poi sorrise. «Quella poveretta ha già abbastanza caldo senza che contribuisca anche tu» esordì scherzosa. «Non riesci proprio a staccarti da lei nemmeno un attimo, eh?»
Gart controllò che l'ingresso di Tiara non avesse svegliato la mora, quindi ammiccò un saluto amichevole. «Assolutamente no» confermò. «Come va là fuori?»
«Diluvia, gli allenamenti sono ovviamente sospesi e non si può fare praticamente nulla.» La ragazza scrollò le spalle. «Non si direbbe che siamo nella Stagione delle Gemme. Bryhn come sta?» s’informò, avvicinandosi al letto dell’amica.
«Starebbe meglio se desse retta a certi consigli, qualche volta.» Lui si volse, a metà tra l'ironico e il severo, sistemando un ciuffo di capelli che spioveva sul volto della sua ragazza addormentata. «Non ha nulla di grave, ma se non si fosse messa a riposo ci avrebbe giocato le penne!»
Tiara sospirò. «È una testona, già.» Allungò una mano a toccarle la fronte e si accigliò. «Accidenti, è davvero molto calda. Ha la febbre alta... speriamo che non si alzi ulteriormente!»
«Le hanno dato degli intrugli di erbe medicinali.» Gart storse il naso, ricordando l'odoraccio della roba che Bryhn era stata costretta ad ingurgitare qualche ora prima. «Quindi c'è da sperare che migliori.»
«Uhmmm... Chi glieli ha preparati?» s'informò Tiara.
Lo sguardo di Gart perse ogni luce d'intelligenza. «Non lo so» ammise.
«Oh, bene!» esclamò la ragazza, alzando la testa verso il soffitto e roteando gli occhi. «Be', appena questo tempaccio ci darà un po’ di tregua, faccio una corsa da mio nonno. È un erborista bravissimo, sai? Sicuramente potrà darmi dei rimedi affidabili, soprattutto nel caso Bryhn non desse segno di migliorare.» Così dicendo si accigliò, riportando lo sguardo sull’amica. «Di sicuro ha tutta l’aria di essersi buscata un brutto malanno. Non le passerà in pochi giorni, temo.»
«Spero stia meglio presto.» Gart si alzò, stiracchiandosi pigramente. «Posso approfittare della tua presenza? Non esco da questa stanza da diversi giorni...»
«Certo, puoi chiedermi qualunque cosa» rispose Tiara, allegra. «O quasi» soggiunse scherzosa, guardandolo con espressione furbetta.
«E io che mi stavo per slacciare i pantaloni.» Gart finse un sospiro amareggiato. «Se è così, ti chiederò semplicemente di badare che Bryhn non salti giù dal letto brandendo armi di sorta, mentre io mi assento.» Dopo giorni chiuso a vegliarla, non solo necessitava di aria fresca, ma soprattutto di un bagno. Tiara sogghignò. «Vai, vai. Te la tengo d’occhio io, non preoccuparti.» Il sogghigno si trasformò in un sorriso intenerito. «Ehi, grand’uomo, vedi di riposare anche tu. Ne hai bisogno.»
«Riposare? Io?» Gart, nonostante il lieve pallore del volto, esibì un sorriso da spaccone. «Tempo un'oretta, e sarò come nuovo!» salutò, uscendo sotto l'acquazzone.
Tiara scosse la testa, divertita. «Che tipo!» Afferrò lo sgabello e lo trascinò presso il letto, sedendosi e osservando l'amica. «Te lo sei scelto proprio bene: matto completo» considerò, pur sapendo che Bryhn non poteva udirla. Sorrise, allungando una mano a scostare una ciocca ribelle, sudata, che insisteva a scivolare sulla fronte della malata. «Ma non si può dire che non sia un caro ragazzo. Sei fortunata, amica mia.»

Gart uscì nella pioggia, riparandosi appena il capo. Fece un paio di passi verso i grandi dormitori maschili, quindi si fermò. Rimase immobile per circa mezzo minuto, poi riprese il cammino; ma dopo qualche passo, nuovamente non poté andare avanti. Sotto la pioggia battente, si concesse qualche altro momento di riflessione. Infine voltò la schiena alla sua meta, avviandosi con fare deciso verso l'uscita dall'Accademia.
Nel tragitto, incontrò l'altro Idiota Sotto l'Acqua.
«Finito il turno di medico?» s'informò ironicamente Lerath, il quale, avendo avvistato l'amico dato ormai per disperso da giorni, lo aveva raggiunto e affiancato con allegria.
Gart annuì, sempre concentrato sul proposito che lo stava spingendo fuori dalla scuola, verso il caos del centro abitato. «Andiamo a fare un giro in città?» propose, con quel tono leggermente tinto di follia che faceva sempre presagire un'impresa al di là dell'umana logica.
«Con questa pioggia? È l'ideale.» Lerath fischiettò allegramente. «Stavo quasi per proporti un bagno al lago, per rinfrescarci un po'...»
«Se non vuoi venire, nessun problema» assicurò Gart, sogghignando leggermente.
«Stai scherzando? Finalmente ti vedo senza donna! Un'occasione irripetibile!»
Vi fu un breve silenzio contornato dallo scrosciare della pioggia.
«Ti piacciono sempre le donne, vero?» chiese conferma Gart, ormai zuppo come un pulcino. Le porte dell'Accademia erano davanti a loro.
«Sei un idiota» si complimentò Lerath, ridendo. «Allora, andiamo a caccia di fanciulle?» chiese, strofinandosi le mani.
«Devo andare da un fabbro» lo deluse immediatamente l'amico.
«Un fabbro?» Lerath cercò d'immaginarsi la bottega di un fabbro piena di belle fanciulle come un'osteria, ma l'impresa gli risultò assai ardua. «E cosa ci devi fare, da un fabbro?»
Gart glielo disse, e man mano che spiegava, gli occhi di Lerath si dilatavano.
«Amico, sei malato» concluse il biondo. «Veramente malato.»
«Non dire così.» Gart fece una faccia imbronciata. «Ci ho pensato a lungo, cosa credi?»
«Credo che tu non sappia pensare.» Lerath scosse il capo, battendo più pacche sulla spalla di Gart. «In ogni caso, un fabbro non può fare cose del genere.»
«No?» si stupì. «È una cosa di ferro, in fondo.»
«Per tua fortuna ti ho trovato io.» Lerath prese in mano la situazione, decidendo la direzione del loro percorso. «Vieni, so chi può procurarti... quella cosa.»
E Gart lo seguì. Si allontanarono, due ombre nella pioggia, sparendo per le vie della città.

Tiara rimase sempre accanto a Bryhn, bagnandole sovente la fronte con una pezzuola. La malata non dava cenno di volersi svegliare, continuando a dormire di quel sonno profondo dato dalla febbre. Passò almeno un’ora, forse un’ora e mezzo, e Tiara si domandò solo una volta che fine avesse fatto Gart. Non perché fosse stufa di stare lì, sarebbe rimasta anche tutto il giorno, ma le pareva strano che il giovane stesse lontano da Bryhn tanto a lungo.
Dopo un po', il giovane fece ritorno, zuppo come non mai. «Eccomi qua!» ritenne opportuno annunciarsi, come se in una piccola stanza come quella l'ingresso di un ragazzo alto più d’un metro e novanta potesse sperare di passare inosservato. «Tutto bene?»
«Mmm» fu la risposta iniziale di Tiara. «Le si è alzata la febbre e ha iniziato a delirare. Non saprei come altro definirli se non deliri, visto che non faceva che chiamare il tuo nome» scherzò, tentando di smorzare la preoccupazione per l'amica. «Credo che andrò adesso da mio nonno, anche se piove ancora di brutto, a giudicare dalle tue condizioni.»
Gart sorrise, anche se un po' preoccupato. «Piove che la Dea la manda» commentò, spogliandosi degli abiti fradici. «Vai pure, e grazie ancora.»
Tiara annuì e si avviò verso la porta. Passandogli accanto, gli posò una mano sul braccio. «Tranquillo, starà bene. Nonno ha rimedi infallibili.» Gli sorrise e proseguì, aprì la porta e uscì ad affrontare la pioggia.
Nel momento in cui la porta si richiuse, dal letto giunse un mugolio indistinto. Si ripeté subito dopo, e suonò molto come: «Gart...»
Lui, a torso a nudo, smise immediatamente ogni occupazione, per raggiungerla. Sedette accanto al letto, prendendo una delle sue mani bollenti tra le proprie. I lunghi capelli di Gart, scomposti dalla camminata sotto la pioggia, sgocciolarono sul volto di Bryhn, mentre lui si chinava, donandole un bacio sulla fronte.
«Sono qui. Sono stato via poco» mormorò consapevole del fatto che lei non udisse e non comprendesse i suoi discorsi. «Quando starai meglio, avrò una sorpresa per te.» Tacque, carezzandole il volto. «Credo che ti spaventerà» ammise, con un sorriso divertito.



^*^*^*^*^*^*^*^
Ecco qui. Spero vi sia piaciuto!^^
Un saluto a tutti quelli che ci seguono e un "Benvenuta" alla nostra nuova lettrice Clhoe! ^*^
Al prossimo aggiornamento.


* Mese delle Tempeste = Novembre
Mese del Lungo Silenzio = Dicembre
Mese del Disgelo = Marzo
Mese dei Primi Fiori = Aprile
Stagione delle Gemme = Primavera

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Capitolo 29
*** Non più solo con le parole... ***


Ed eccomi di nuovo qui! Strano, eh? XD
Prima di tutto, benvenuta a Janeisa nella schiera delle lettrici! ^o^ Poi, un «Grazie!» a tutte voi per i complimenti, per l'appoggio e per il semplice fatto che ci leggete. Ringraziamo (Maura e io) pure chi legge "nell'ombra", anche se ci piacerebbe ci lasciaste basta un commento, per sapere se apprezzate la storia oppure no.
Quanto alle ipotesi, anello o non anello... be', leggete il capitolo e avrete la risposta! XD




Your eyes they were my paradise
Your smile made my sun rise

I tuoi occhi erano il mio paradiso
Il tuo sorriso faceva sorgere il mio sole
(Nightwish - Gethsemane)




Cinque giorni dopo il tempo era finalmente migliorato, e con esso le condizioni di Bryhn: i rimedi del nonno erborista di Tiara si erano rivelati davvero efficaci. Purtroppo, però, nulla potevano contro il malumore di Bryhn.
La ragazza, ormai ripresasi dalla fortissima febbre, era tuttavia ancora convalescente, ben lungi dal poter uscire o fare qualche sforzo. In quei giorni la febbre era scesa, sì, ma non era certo scomparsa di colpo, e aveva lasciato tracce ben evidenti del suo passaggio.
Bryhn, ancora costretta a letto a causa della debolezza, non faceva che sbuffare e lamentarsi che voleva uscire ad allenarsi.
«Tu sei tutta scema!» la rimproverò Tiara, autoproclamatasi guaritrice personale dell'amica. «Non sei ancora guarita del tutto, perciò sta’ buona!» intimò, intanto che le porgeva un infuso di erbe che le aveva appena preparato secondo le indicazioni del nonno. «Diglielo anche tu, Gart!»
L’interpellato, sulla soglia della porta socchiusa, era intento a parlottare con Lerath che, dopo una corsa da un qual certo artigiano, gli aveva portato un piccolo ma prezioso oggetto; volse il capo, cadendo dalle nuvole. «Dire cosa?» volle sapere, con la faccia di chi è stato colto nel bel mezzo di una truffa.
Tiara gli scoccò un'occhiataccia. «Che siete due imbecilli!» replicò, guardando male anche Lerath, non si sa bene perché. «Ah, io devo andare! Fra poco ho gli allenamenti! Bryhn, bevi tutto l'infuso e non fare storie. Ripasso più tardi! Ciao a tutti!» E oltrepassò i due ragazzi, scappando via.
«Si può sapere che state confabulando, voi due?» s'informò Bryhn, squadrando i ragazzi.
Lerath decise che la via della fuga incondizionata sarebbe stata certamente la migliore. «Be', si è fatto tardi... buona giornata a tutti!» Voltò le spalle all'amico e alla di lui ragazza, avviandosi verso il campo d'allenamento.
Gart scosse il capo, sogghignando: Lerath non era stato affatto felice di doversi presentare da quell'artigiano e ritirare quello specifico articolo.
«Ho una reputazione da mantenere» aveva protestato, quando lui ce lo aveva spedito. «Sai che succederebbe, se qualcuno lo venisse a sapere?»
Ma infine era andato lo stesso, perché a Gart proprio non riusciva a dire di no: inutile negarlo, voleva un bene infinito a quel caro compagno di scorribande. E, sotto sotto, non gli spiaceva affatto vederlo infine felice, accanto ad una persona capace di farlo sentire bene.
Però, a partire dall'indomani, Gart avrebbe pulito i bagni al posto suo, per un mese. Perché anche agli amici certi favori si fanno pagare cari.
«Uff... beati loro!» si lamentò Bryhn. «Non ne posso più di stare qui! Accidenti, è una noia mortale! Aaaah! Ma come ho fatto ad ammalarmi così? Che idiota!»
«Fammi ricordare...» Gart mise una sedia vicino al letto e ci si sedette con fare poco elegante. «Io dissi... che dissi? Ah, sì! Dissi: Bryhn, hai la febbre e piove che gli Dèi la mandano! Vieni al coperto! E tu che rispondesti...?» terminò con fare vago, come se fosse un maestro intento ad interrogare la scolara.
«Cretino!» lo insultò lei, dando parecchia incisività alla parola. «Non avevo la febbre...» Lui si limitò ad inarcare uno scettico sopracciglio. «Non ancora, almeno...» concluse Bryhn, assumendo il tono e lo sguardo di un bambino rimproverato. «Volevo allenarmi!» bofonchiò a mo' di scusa.
«Quanta pazienza...» Lui alzò scherzosamente gli occhi al cielo, intenerito dal suo modo di fare, quel bizzarro intreccio tra una rude guerriera e un'indifesa bambolina. «Ora ti senti meglio?» mormorò, decisamente più serio, poggiandole una mano sulla fronte per saggiarne la temperatura.
Lei assentì con entusiasmo. Forse un po' troppo. Infatti avvertì un lieve capogiro a causa del movimento brusco, ma non disse nulla. «Sto migliorando, davvero. Anche grazie a quegli infusi che mi propina Tiara. Fanno schifo, ma funzionano.» Sorrise e afferrò con entrambe le mani quella di Gart, portandosela alle labbra per sfiorarla con un bacio. «Scusami ancora per averti costretto a farmi da balia...»
«Ti scusi per questo? Dovresti scusarti, piuttosto, per: avermi fatto preoccupare, avermi fatto preoccupare e avermi fatto preoccupare.» Tacque. «Ah, e per non esserti fatta assaporare, in questi giorni.» Usò la mano che lei aveva baciato per carezzarle il viso, con tenerezza. Osservò quel volto amato, sentendo il cuore riempirsi di un calore infinito.
Prese fiato. Il momento era infine giunto...
«Devo darti una cosa» annunciò, ritirando il braccio ed osservandola con una serietà non da lui.
Bryhn piegò la testa, perplessa e vagamente allarmata da quella gravità nel suo sguardo. «Cosa?»
«Ecco...» Si era preparato un gran bel discorso. Un buffone come lui, come diceva sempre Bryhn, sapeva sempre che parole mettere in fila. Eppure, al momento, non ne voleva uscire nemmeno una. «È un po' che io e te... insomma, che siamo l'uno dell'altra.» Prese fiato ancora una volta, cercando con una mano il piccolo involucro in stoffa che Lerath, con una smorfia, gli aveva lasciato. «E tu, Bryhn, sei davvero, davvero la cosa più bella che io abbia mai avuto la fortuna di avere. E, insomma... io...» Le porse la sorpresa, incerto. «Volevo solo smetterla di dirtelo unicamente con le parole.» Stette zitto, poi: «Spero che la misura sia giusta.»
Lei gli rivolse un altro sguardo sconcertato, dopodiché disfece lentamente il piccolo involto e quando l'ebbe fatto, sgranò gli occhi, osservando stupefatta ciò che conteneva. Stupefatta, e anche un poco spaventata.
Sul suo palmo, sopra il piccolo pezzo di stoffa scuro, brillava un anello d'argento. Niente più che una semplice fascia, piccola e priva di orpelli, se non si considerava la sobria incisione che vi era sopra: due lettere ravvicinate, quasi intrecciate. Una B e una G.
Si ritrovò a bocca aperta. Rialzò di nuovo lo sguardo su Gart, poi lo riabbassò sul piccolo gioiello. Il cuore le batteva all'impazzata, mentre continuava a pensare alle implicazioni di quel dono. Perché, di solito, era un dono che si faceva per sancire un legame. Un legame serio e duraturo.
Quasi esitando, sollevò l'altra mano a sfiorare quel cerchietto d'argento. Allora, all'improvviso, avvertì anche un'esplosione di gioia nel cuore. Sentendo le lacrime che, assurdamente, le pizzicavano gli occhi, prese l'anello e lo mise al dito: le era solo appena un poco largo.
Lo rimirò per qualche istante, poi, finalmente, dopo un tempo che era parso un'eternità, tornò a guardare il giovane. «Gart...» mormorò soltanto, con voce flebile, senza sapere che altro dire.
«Mi dispiace, è semplice» balbettò lui, senza guardarla. «Ma ho pensato che per una come te fosse una cosa funzionale, e...» Alzò il capo e rimase in silenzio, piacevolmente sorpreso. «Lo hai... messo?» sussurrò, quasi non credendoci. «Voglio dire, lo accetti?»
Bryhn assentì senza parlare, ancora troppo stralunata per essere in grado di mettere in fila più di due parole coerenti. Si guardava il dito con l'anello, poi Gart, poi di nuovo l'anello, in preda a sentimenti contrastanti. Oh, era felice, sì, e molto. Però aveva anche paura. Per lei continuava ad essere tutto così nuovo, ancora!
Come aveva confessato a Tiara, non era mai stata innamorata prima, ma del resto non aveva mai provato nemmeno un sentimento così totalizzante, che la portava a pensare sempre a Gart, a contare i minuti che la separavano dall'incontrarlo, a gioire di ogni minimo momento trascorso in sua compagnia.
Era amore? Probabilmente sì.
Ripensò a sua sorella e a Khalar... Nemmeno Rhiluee aveva mai amato qualcuno, prima di lui, eppure non aveva avuto dubbi. Fin da subito aveva capito di essere innamorata di quel guerriero capitato nel loro villaggio per puro caso. E Bryhn, che era sempre stata più determinata e diretta della sorella, ora esitava, timorosa. Per Gart era più facile, aveva avuto altre storie, e quindi altri termini di paragone. Ma lei?
Scosse la testa, ricacciando i pensieri. Si gettò al collo di Gart e lo strinse forte, per quanto glielo consentivano le sue braccia ancora deboli. Che sciocca, era! Aveva fatto tante scene, si era arrovellata per giorni al timore che Gart si stufasse di lei e la considerasse solo un gioco, e adesso che le dimostrava che non era affatto così, lei tentennava? Sì, era proprio una sciocca.
«Grazie... è bellissimo!» mormorò.
«Sono felice che ti piaccia.» Lui la baciò con tenerezza sul volto, sui capelli, sul collo, sulle palpebre. Oh, sì, per quanto Lerath potesse guardarlo male, lui ormai aveva capito: la sua vita aveva assunto un vero significato dalla prima volta che aveva incontrato Bryhn. Da quando, borioso studentello, l'aveva battuta, ottenendo applausi dai suoi ammirati compagni. Non avrebbe potuto desiderare nulla di più del saldo affetto di quella dura eppure indifesa ragazza. «Credevo ti mettessi a ridere, sai?» Ci pensò. «Lerath l'ha fatto. Fino a che non ho usato il suo dito per prendere la misura dell'anello» aggiunse, con un sorriso divertito.
«Cosa?!» Bryhn scoppiò a ridere, immaginandosi la faccia del giovane costretto a quel compito poco dignitoso. Ma qualunque sforzo di immaginazione, per quanto ben riuscito, non avrebbe mai eguagliato l'originale. Ciononostante, la ragazza rise per alcuni minuti, rischiando quasi di soffocarsi. «Oh, questa poi!» esclamò fra un singulto e l'altro. «Lerath ha... Ah! Ah! Ah! Oh, no! Non ce la faccio!» Quando finalmente si calmò, riuscì a commentare: «Ti vuole veramente bene, per aver fatto una cosa del genere!»
«Me ne vuole parecchio» confermò Gart, ridendo a sua volta. «Ma dal lavare i cessi al posto suo non mi salverà nessuno. Anche se la sua espressione... è stata impagabile!»
Del cucciolo disperato, solitario e maltrattato che era sfuggito dalle poco amorevoli cure paterne rimaneva ormai ben poco: solo un'ombra in fondo al cuore, tenuta a bada dagli insperati affetti che quel ragazzo ormai quasi uomo aveva infine trovato tra le mura dell'Accademia.
«Ora dormi» le consigliò. «Così presto sarai nuovamente in forma per duellare con me. Nell'arena e... nel letto.»
Bryhn sorrise. E a dispetto del leggero rossore che le imporporò le guance, riuscì ad immettere una certa malizia in quell'incresparsi delle labbra. «Non vedo l'ora» rispose.
Si riadagiò nel giaciglio. Malgrado l'eccitazione del regalo, l'effetto della tisana bevuta poco prima, unito alla spossatezza causata dai postumi della febbre, iniziò a farsi sentire. Le palpebre si fecero pesanti e una sensazione di torpore la invase, e lei non poté far altro che arrendersi ad essa. Si addormentò, con l'ultima immagine degli occhi di Gart, neri come abissi di tenebra senza fine, eppure risplendenti di felicità.




^*^*^*^*^*^*^*^*^
Contente? XD Ebbene sì, era l'anello. Ma prima che mi chiediate quando ci sarà la proposta di matrimonio... be', non vi dico nulla, mwahahahahah! *o*
Continuate a leggere e saprete tutto.^^
Ciao, alla prossima!

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Capitolo 30
*** Dichiarazione... a sorpresa ***


Dopo lungo tempo, rieccomi qui. Prima di cospargermi il capo di cenere, vorrei addurre a mia difesa il fatto che, stavolta, la mia pigrizia ha avuto un parte a dir poco marginale: è che mi sono ritrovata senza internet, e poi direttamente senza pc per diverso tempo. Poi sono stata via. Poi ho avuto di nuovo il pc incasinato. Infine sono stata male. Non che adesso stia bene, umoralmente parlando, perché, come al solito, se devono succedere cose spiacevoli, queste succedono tutte insieme. -____- Ma non voglio tediarvi oltre, vi lascio al capitolo. ^^ Vi rubo ancora giusto il tempo di dare il benvenuto alle nuove lettrici: Kicici, momob, X_BlackLady e myki. Per tutto il resto vi rimando a fondo pagina! XD



Wherever you go, whatever you do
I will be right here, waiting for you
Whatever it takes, or how my heart breaks
I will be right here waiting for you

(Bryan Adams - I Will Be Right Here Waiting For You)





Passarono i giorni, passò il malanno di Bryhn. Lei tornò il ciclone di sempre, un ciclone assai temuto come compagna di addestramento, tanto che molto spesso Gart era il suo unico avversario volontario. La cosa era comprensibile, dato che a lottare con Bryhn erano due i fattori di rischio da valutare. Da un lato, la sua pericolosità; dall'altro, la pericolosità del suo innamorato, pronto a spezzare il collo a chiunque le avesse procurato un graffio.
Giunse infine il Mese delle Bionde Messi, e per Gart fu un momento di grande, cocente delusione.
«Ma Bryhn» piagnucolò il poveretto, girando attorno a una guerriera intenta ad organizzare il proprio carico su Biancapezza, il primo cavallo della sua vita. «Perché io no?»
«Lasciala respirare, Gart.» Una risata alle sue spalle annunciò l'arrivo di Lerath, bello e sprezzante come sempre. Ultimamente aveva lasciato che i capelli gli crescessero, e ora una massa bionda perennemente spettinata gli arrivava sino alle spalle, logicamente facendo stragi di cuori. «E falla partire.»
«Può partire» ribatté lui, sempre mantenendo un'espressione implorante. «Basta che mi porti con lei!»
«Ti ha detto di no, mi pare.» Lerath sogghignò: voleva bene a Gart, ma vederlo ridotto così era una cosa che lo divertiva e basta. Da quando l'amico si era fidanzato con Bryhn, lui aveva continuato a chiedersi quando sarebbe rinsavito, mollandola con una risata e riprendendo in sua compagnia le loro barbare scorribande. «Consolati, amico: approfittando della sua assenza, faremo il giro di tutte le osterie...»
«Non voglio fare il giro delle osterie» ribatté Gart, con il tono di un bambino impuntatosi su di una sciocchezza. «Voglio andare con Bryhn!»
La ragazza emise un sospiro di vaga stanchezza, fissando l'ultima cinghia delle bisacce. Quindi si voltò, scoccando un'occhiataccia a Lerath. Non che le stesse antipatico, ma quel modo di fare la irritava, come se la considerasse un impiccio alla sua amicizia con Gart. Non era la prima volta che aveva quell'impressione. «Gart» cominciò poi, con il tono di chi ha già ripetuto più e più volte la stessa cosa, «ne abbiamo già parlato, no? Io...» Si bloccò e fulminò nuovamente Lerath. «È troppo chiederti di non star qui ad origliare?» s'inalberò.
Per tutta risposta l'altro le sorrise con fare indisponente.
Lanciandogli un'ennesima occhiata furiosa, Bryhn afferrò Gart per una mano e lo portò un po' più lontano. Ferma davanti a lui, lo guardò negli occhi, sempre tenendogli la mano. «Lo so che vorresti venire anche tu... e che in precedenza avevamo stabilito così, ma...» Scosse la testa, cercando le parole adatte. Che non trovò. «Non me la sento ancora di farti incontrare la mia famiglia.» Lo guardò con tristezza. «Non mi rendere tutto più difficile, per favore...»
«Io non rendo tutto più difficile» ribatté lui. «Ti amo e voglio conoscere la tua famiglia. Direi sia una cosa semplice, no? Anche io ti presenterei la mia.» S'interruppe un attimo, pentito di quell'affermazione. «Se l'avessi» precisò, un po' più mogio.
«Gart...» Il volto della ragazza si fece ancor più triste. Sapeva che Gart non aveva famiglia, lui gliel'aveva rivelato, e lei non gli aveva mai chiesto nulla, vedendo quanto dolore fosse passato nei suoi occhi durante quell'ammissione. Alzò una mano ad accarezzargli il volto e solo allora si rese conto di qualcosa che aveva affermato prima. Si bloccò, immobile. «C-cosa?» balbettò. «Che cosa hai detto?»
No, non si era sbagliata. Aveva detto proprio: "Ti amo." E non l'aveva mai fatto fino ad allora. Vero, le aveva regalato l'anello, ma una dichiarazione in piena regola del sentimento che li legava ancora non c'era stata. Questo la spiazzò e lei rimase lì, imbambolata, con una mano a mezz'aria e un'espressione sorpresa in volto, la bocca semi aperta in una muta esclamazione.
«Ho detto che ti amo» ribatté lui, facendo sì che la mano di lei gli raggiungesse il volto, in una carezza. «So di correre, ma non ho mai provato nulla del genere, per nessuna. Bryhn, come te lo devo dire che sei la cosa più bella che mi sia mai capitata? Perché continui ad aver paura di legarti a me?» aggiunse, affranto.
Lui aveva sempre cercato dei legami, quasi patologicamente: ecco perché era stato un seduttore, un ragazzaccio, il più apprezzato allievo dell'Accademia. Ma nulla di tutto ciò aveva mai saziato il suo appetito. Ed ora che aveva trovato un modo per sentirsi interamente umano, per scoprire la magnifica semplicità degli affetti, Bryhn, come un timoroso coniglietto, glielo negava, ritraendosi senza alcuna pietà.
«Io...» Bryhn si morse il labbro, sentendosi un verme. La sua mano proseguì, insinuandosi fra i lunghi capelli di lui e lungo la sua nuca, per poi fermarsi sulla spalla. La ragazza gli si appoggiò contro, avvertendo l’irrefrenabile impulso di piangere. Per quale motivo non riusciva a fare chiarezza nei propri sentimenti? Come mai non era in grado di raggiungere una certezza così assoluta, come Gart, nel definire ciò che provava? Ne aveva parlato con Tiara, si era confidata e sfogata più volte con l’amica, e questa, con pazienza infinita, aveva accolto quegli sfoghi, cercando di aiutarla, ma alla fine la questione era sempre rimasta in sospeso, ben lungi dal risolversi.
«Ho paura, è vero...» ammise la ragazza, con voce tremante. «Io ti voglio bene, Gart... tengo tantissimo a te... ma sono incerta! Ti prego, cerca di capirmi... è successo tutto talmente in fretta! Per te è più facile, non sono la prima donna della tua vita. Ma per me...» S’interruppe, non sapendo in quale altro modo spiegargli la confusione che aveva dentro e che la disorientava così tanto. «Ti prego... comprendimi...» supplicò soltanto, di nuovo.
Intanto, a distanza sufficiente da non udire le loro parole, ma tale da permettergli di vedere le loro facce, Lerath stava soffocando delle grasse risate alle loro spalle.
Gart cercò le sue labbra, ove premette un lungo, appassionato bacio. «Non ti capisco» ammise con sincerità, «ma avrò pazienza.» Alzò un attimo il capo, con un sorriso malefico. «E tu, idiota, piantala di ridere» ghignò divertito, rivolto a Lerath.
«Mi chiedi troppo» sghignazzò di rimando il biondo. «Dài, lasciala andare... ci penso io, a te, in queste due settimane» promise, con un tono che avrebbe fatto preoccupare molti. «Baldoria!» esclamò, passandosi distratto una mano tra i capelli.
Bryhn ignorò l’altro ragazzo e fece un lieve sorriso. «Grazie...» sussurrò. Gli prese il viso fra le mani e lo baciò, altrettanto a lungo e intensamente. «Tornerò presto, promesso.» Il sorriso si ampliò e la ragazza tornò la solita: allegra e vivace. «Tu vedi di fare il bravo, chiaro? Non lasciarti traviare da quel degenerato!» rise, facendo una linguaccia a Lerath.
«Chi, io?» Gart esibì un faccino innocente. «Ci ubriacheremo e correremo nudi dietro a belle fanciulle. Non c'è nulla di male, no?»
«Assolutamente nulla di male» confermò Lerath, esibendo lo stesso sorriso dell'amico. «Su, Bryhn: non dovevi partire?» incalzò, più divertito che mai.
«Razza di scemi!» ridacchiò lei, dando uno schiaffo al braccio di Gart. Poi, beneficiando entrambi di una pernacchia ben poco femminile, si voltò per salire su Biancapezza.
«Ehiiiii!» La voce di Tiara la fece fermare e girare nuovamente. «Dico: te ne vai senza salutarmi?»
La ragazza stava correndo nella sua direzione, i capelli rossicci che brillavano al sole. Poco distante da lei avanzava Lavian, che si fermò a debita distanza, riservando a Bryhn un semplice gesto della mano come saluto. Inevitabilmente, la presenza di Gart fungeva da deterrente: dopo il diverbio in seguito al quale Lavian ci aveva rimesso l’integrità del naso, fra i due ragazzi non correva più buon sangue. E questo anche a causa della gelosia reciproca. Bryhn aveva avuto un bel daffare a scusarsi per il comportamento di Gart, ma Lavian non voleva più avere niente a che fare con lui, se possibile. I suoi rapporti con lei, in compenso, sembravano essere tornati alla normalità.
«Tiara, ciao!» esclamò Bryhn. Abbracciò l’amica, dandole una pacca sulla schiena, poi si staccarono. «Scusa, non ti trovavo da nessuna parte.»
«Sì, sì. Dillo che volevi squagliartela senza salutarmi. Cattiva, trattare così la tua migliore amica!» Finse qualche lacrima, coprendosi il volto con entrambe le mani.
Bryhn la guardò con un sopracciglio inarcato e un mezzo sorriso sulle labbra, pronto a diventare una risata.
Tiara rialzò lo sguardo e fece una piccola smorfia. «Con te non funziona, eh?»
Scoppiarono entrambe a ridere. Poi Bryhn le disse: «Tienimelo d’occhio tu, d’accordo?»
«Certo! Sarò la sua ombra ovunque!» replicò Tiara, esibendosi in un saluto militare.
«Ora non esagerare!» Bryhn sorrise e si accostò di nuovo a Gart. «A presto» mormorò, allungandosi per un ultimo, rapido bacio. Poi scattò e montò in sella. «Ci vediamo! Ciao a tutti!» salutò, agitando la mano.
La osservarono uscire dal cancello, al trotto. Vi fu un attimo di silenzio; quindi, quasi ammosciandosi su se stesso, Gart borbottò qualcosa che parve comprendere solo Lerath.
«Su, non fare l'idiota» lo consolò a modo suo il compagno d'arme. «Aveva ragione lei. E per dirlo io...»
«Lerath, amico...» Gart gli poggiò entrambe le mani sulle spalle, il capo chino. «Ho da chiederti un favore.»
«Se riguarda un corpetto in pelle e del trucco da donna, la risposta è no» mise immediatamente le mani avanti il poveretto.
«Nulla di tutto ciò.» Gart rialzò il volto, gli occhi che brillavano di una luce a dir poco inquietante. «Ti andrebbero due scambi a colpi d'ascia? Sono un po' nervoso...»
Un po' troppo nervoso, ponderò Lerath, che tutto avrebbe voluto fare, tranne affrontare un Gart così indisposto e per di più armato. Ma per gli amici si fa questo ed altro, e così, annuendo con coraggio, lo seguì nell'armeria.
Tiara rise, divertita, ma poi decise di seguirli, in parte preoccupata per quello che, occasionalmente, era suo compagno di letto. Si voltò un attimo a guardare Lavian con uno sguardo interrogativo.
«Non ci pensare nemmeno, io non vengo!» rispose bruscamente lui alla muta domanda.
Lei sospirò, snervata. «Santo cielo, sei diventato un musone insopportabile!» commentò senza mezzi termini, scuotendo la testa.
«Ma vai a...!»
«A buttarmi in un fosso, sì!» completò lei con uno sbuffo. «Tu e Bryhn siete proprio dei maleducati» considerò, con tono di rassegnazione. «Ragazzo mio, trovati una donna e levati Bryhn dalla testa. Fidati di me!» consigliò, non richiesta, per poi allontanarsi.
Lavian si adombrò in viso, ma non ribatté. Girò sui tacchi e prese a camminare nella direzione opposta a quella che portava in armeria.

Combatterono per tutto il pomeriggio, sino a sera inoltrata. Dopo sole tre ore, Lerath era ridotto ad uno straccio, ansimante e dolorante. Ma, per puro orgoglio, non aprì bocca per lamentarsi una sola volta: va bene farsi battere da Gart ogni due scambi su tre, ma nessuno avrebbe mai saputo che l'amico aveva una resistenza doppia rispetto a lui.
Fu un supplizio, che infine terminò con un rilassante e meritatissimo bagno, nel quale il biondo, pieno di dolori com'era, desiderò quasi di morire.
«Oh, finalmente sono più tranquillo» cinguettò allegramente Gart, sciacquandosi il volto.
«Sono felice per te» agonizzò Lerath, sparendo sotto il livello dell'acqua.
«‘sera!» La voce trillante di Tiara riecheggiò nell’ambiente, mentre lei faceva capolino dalla porta. «Allora, Gart, l’hai distrutto-massacrato-annientato, quel poveretto?» celiò. Aveva assistito a tutto il duello, perciò sapeva benissimo in che condizioni era ridotto Lerath. Ma prenderli in giro... ah, era troppo, troppo divertente!
Gart osservò le bollicine provenienti laddove era affondato Lerath. «Respira ancora» osservò, quasi deluso. Il ragazzo riemerse, strofinandosi il viso con fare pigro. «E riesce ancora a muoversi» notò Gart, sempre più abbacchiato.
«Accidenti a te» ringhiò Lerath. «Con chi accidenti parli?» Si girò verso la porta, trovandovi la figura di Tiara. «Ehilà» salutò, decisamente più in forma. «Chi ha voglia di massaggiare le stanche ossa di uno stanco guerriero? Magari stando nuda nella vasca con lui?» aggiunse speranzoso.
«Se proprio non si offre nessun’altra, mi sacrificherò io» flautò lei. Diede un’occhiata maliziosa al biondo, poi sogguardò Gart altrettanto maliziosamente. «Ehi, Lerath, Gart è compreso nel trattamento?» s’informò, con una risatina che le gorgogliava in gola.
«Vi piacerebbe, eh?» rispose Gart, il quale, recepito il messaggio, si alzò ed uscì dall'acqua della grande vasca. «A me non troppo.» Lerath rise, grato all'amico per quella prontezza di spirito nel lasciarli soli.
«L'altra notte non dicevi così» replicò lui, portandosi un dito alla bocca, nell'imitazione di una povera fanciulla sedotta ed abbandonata.
«Ah, a letto Bryhn somiglia a me?» volle sapere l'altro, prima di evitare, ridendo, uno straccio che Gart aveva trovato e tiratogli scherzosamente.
«Accomodati pure.» Gart invitò cortesemente la fanciulla, con gesto teatrale. «Il tempo di vestirmi e di recuperare la bambolina con cui fare maledizioni su Bryhn, e me ne vado.»
«Oh, buon lavoro!» augurò lei, con un gran sorriso. Attese che Gart fosse uscito e si voltò verso Lerath. «Bene, bene... in acqua ancora mi mancava» commentò, avvicinandosi, sempre sorridendo seducente. E intanto scioglieva i lacci dei leggeri abiti.
«Ti mancava? Potevi dirmelo prima...» rispose lui, gli occhi che, avidamente, divorarono quel bellissimo fisico di donna, ormai in parte lasciato scoperto dai vestiti già scivolati a terra.

Gart, uscendo, alzò gli occhi al cielo stellato: era bellissimo, come sempre, oscuro e pieno di affascinante mistero. La luna piena illuminava generosamente gli spazi dell'Accademia, donandole un'aura quasi magica. Sarebbe stato bello condividere quel momento con Bryhn. Con un sospiro che non seppe trattenere, lui si avviò verso le mura, cercando un angolo abbastanza alto ed abbastanza isolato.
Sapeva per quale ragione lei aveva timore di accettarlo completamente: Bryhn aveva certamente annusato qualcosa di strano in lui. Ancora, forse, non sapeva definire cosa fosse, ma un giorno o l'altro, purtroppo, avrebbe certamente compreso la sua natura mista. Ed allora, disgustata dall'idea di stare tra le braccia di un orrido mezzo demone, l'avrebbe abbandonato.
Per sempre.



*Mese delle Bionde Messi = Giugno



^*^*^*^*^*^*^*^*^

E rieccomi qua!
Dunque, in primis, vi dico che stiamo tenendo conto di critiche e consigli; ci siamo rese conto pure Maura e io che ci sono delle lacune o punti frettolosi, purtroppo la storia è praticamente tutta scritta (e come sapete, è nata più come uno studio "al passato" di personaggi già usati), ed è difficoltoso cambiare adesso. Tuttavia speriamo di poterci dedicare ad un minimo di revisione, più avanti.
Ringraziamo tutte voi per le recensioni, per l'appoggio e, soprattutto, per la pazienza che dimostrate! XD E se insultate la sottoscritta Mikoru perché aggiorna ogni morte di papa, sappiate che avete la mia piena comprensione! XD
Janeisa: Accidenti, mi fai arrossire! °////° Grazie dei complimenti! ^^ E Maura ringrazia per i complimenti a Gart!
Nausicaa212: Passato lo svarione? XD Ebbene sì, era un anello. ^^ E devo ammettere che hai inquadrato Bryhn, ma... non ti dico nulla! XD
Shadril: Eheh, vale la risposta a Nausicaa, io non anticipo alcunché! XD Leggete e vedrete!
Kicici: Grazie mille! ^^
momob: Grazie anche a te! ^^ E come avrai potuto notare, il concetto di "presto", qui, è un po'... come dire?, vago! XD Devo ammettere che non abbiamo proprio pensato a metterlo nei romantici... ma avendola pensata come una cosa fantasy. Vabbè, pazienza.^^ L'importante è che tu l'abbia scovata e che ti piaccia.
X_BlackLady: Un ringraziamento anche a te!^^ Davvero il cambiamento di Bryhn è stato troppo improvviso? Confesso che non mi sembrava, ma il mio punto di vista è senz'altro differente. In quanto "scrittrice" ho senz'altro una ricezione diversa rispetto a una "lettrice". Ti ringrazio per l'appunto; le critiche servono proprio a questo, dopo tutto: a permettere di migliorare chi le riceve.^^
Myki: In primo luogo, complimenti per aver avuto la voglia di recensire tutti i capitoli! XD E tranquilla, non ci ha certo dato fastidio, anzi.^^ Poi, naturalmente, ti ringrazio per il tuo apprezzamento. E ora passo a risolvere qualche tuo dubbio. La frase che ti ha creato perplessità ("Ancora una volta, il Quesito tornò a galla: se sapesse cosa sei, che farebbe?") è posta come se a parlare fosse la coscienza di Gart, per così dire.
Per i nomi dei mesi, ho semplicemente cercato di ricreare un calendario "naturale", con una terminologia che rimandasse ad una caratteristica di ciascun mese. Di sicuro non sono la prima ad usare un sistema del genere, in giro si trova senz'altro qualcosa di simile. ^^
E ora passo alla spiegazione dei nomi dei personaggi.
Bryhn (pron. Brìhn, con lievissima aspirazione della H): Cercavo un nome che suonasse abbastanza incisivo, adatto a una guerriera, e avevo in testa Brin, personaggio della saga di Shannara. Pensa che ti ripensa, mi è venuto in mente il nome di una Valchiria, Brynhildr (più nota come Brunilde). Una lieve modifica, et voilà, la mia guerriera ha avuto il suo nome: Bryhnhild. Però lei detesta il suo nome per intero e si fa chiamare sempre e solo Bryhn. Il cognome, invece, se non erro lo presi da un libro della saga fantasy di Elminster, era un nome elfico.
Gart: Ehm... non ce lo ricordiamo! XD Credo sia dovuto a qualche rimembranza di qualche nome letto altrove! XD Se fosse un mio pg, direi da Shannara, però Maura non ama quella saga, perciò... boh? XD
Sigil (pron. Sìjil): È il nome della runa legata al sole, Splendore del Sole. Si è trattato di un "colpo di fulmine", l'ho letto per caso e ho pensato subito: "La bambina si chiamerà così!"
Rhiluee (pron. Rìlue, con la "e" a metà tra il suono "e" e "i"): Per la sorella di Bryhn volevo un nome che suonasse gentile, musicale, contrapposto a quello della guerriera. A furia di provare assonanze vocal-consonantiche, è nato questo nome.
Tiara (pron. Tìàra): Nome trovato altrove, mi piaceva e gliel'ho dato, semplicemente.^^ Ha anche un secondo nome, Idunn, che è la dea dell'eterna giovinezza nella mitologia nordica.
Lerath (pron. Lèrat): Da me trovato con un semplice generatore di nomi, fu istantaneamente approvato da Maura perché le ricordava il nome del suo amatissimo Lestat. XD
Anche Aldred (àldred) e Lavian (Làvian) sono derivati da generatori di nomi.^^

Bene, spero di aver detto tutto. Se ho dimenticato qualcosa... cercherò di rimediare la prossima volta. Voi siate clementi e perdonatemi! XD
Alla prossima!

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Capitolo 31
*** La via di casa ***


Salve a tutte! ^^
Avrei voluto aggiornare già qualche giorno fa, ma... durante la mia solita trasferta dal mio ragazzo, ho pensato bene di dimenticarmi a casa i file necessari... sono un genio, lo so! XD
Oggi non risponderò alle recensioni perché sono un po' di corsa; devo preparare la valigia (domani parto con Maura per andare al Romics, alè!**) e, naturalmente, mi hanno rifilato altri impegni da fare nel pomeriggio, quindi mi tocca aggiornare di corsa. Meno male che scrivo veloce... ù_u
Quindi, vi ringrazio come al solito per la costanza con cui ci seguite e, soprattutto, per i complimenti (che, si sa, sono sempre particolarmente graditi XD): siamo felici di sapere che abbiamo reso bene i nostri personaggi.^^
Oh, solo una cosa veloce-veloce per myki: ti prego, non dire più che Gart somiglia a Sirius Black... Maura lo detesta di tutto cuore! XD
Bene, ora vi lascio davvero alla lettura!



^*^*^*^*^*^*^*^*^*^*^

On my way home
I remember
Only good days.
On my way home
I remember
all the best days.
(Enya - On my way home)



Alcuni giorni dopo, Lerath, stufo di quella cosa triste ed abbattuta che si spacciava per il suo amico Gart, si autoinvestì della carica di Sacro Intrattenitore per Musoni Irrecuperabili. Scampando astutamente da un allenamento nel tardo pomeriggio, fuggì in città, dalla quale mirava di ritornare con una bellissima sorpresa...
Da mesi, ormai, Gart aveva preso dimora fissa nella stanza di Bryhn. Era partito col dormirci parte della notte, poi per qualche notte di fila; infine, vi si era allegramente trasferito, in barba a ogni rimostranza da parte degli istruttori. Lì gli era garantita un'intimità maggiore rispetto al dormitorio comune e, inoltre, con un romanticismo che avrebbe fatto vomitare Lerath, aveva cominciato a considerare quella piccola stanzetta come la capanna ove si erano raccolti il suo cuore e quello di Bryhn. Il loro nido d'amore.
Anche quella sera, quindi, pur senza la sua donna, Gart rimase sdraiato sul letto, le braccia incrociate sotto la testa e gli occhi che fissavano il soffitto.
Poi qualcuno bussò, e da lì cominciò il delirio.
«Sì?» domandò annoiato il ragazzo, senza neppure alzarsi.
«Gart, sono io!» rispose eccitata la voce di Lerath, dall'altra parte dello spesso legno della porta. «Apri, svelto!»
Allarmato da quel tono, lui saltò di corsa giù dal giaciglio, e si precipitò ad aprire; gli si presentò davanti una scena non proprio poetica. Anzi. Lerath, a braccetto con tre ragazze tanto belle quanto sfacciatamente poco vestite, salutò felice Gart, il quale, poveretto, poté solo aprire la bocca, alla ricerca di una domanda abbastanza intelligente. Che infine trovò. «Che accidenti state combinando?»
«Questa sera, amico, si festeggia!» annunciò lieto Lerath. «Mi sono costate tre monete, prezzo unico per la notte! Un affare!» Fece per oltrepassarlo ed infilarsi nella stanza di Bryhn, ma Gart non era esattamente un ostacolo facilmente superabile.
«Sei pazzo» dichiarò quest'ultimo, sempre impedendogli l'ingresso. «Pazzo completo.»
«Pazzo? Non sono io, qui, quello che sta rifiutando una focosa notte di...»
Gart gli sbatté la porta in faccia. Le ragazze, simultaneamente, esibirono tre musetti delusi.
«Ehi!» Lerath batté ancora alla porta, ma questa volta nessuno gli rispose. «EHI!» Ci rifletté un po' su. Evidentemente aveva sbagliato qualcosa, nella sua strategia; ma cosa? Oh, beh... «La notte è ancora giovane!» fece notare alle tre accompagnatrici a pagamento. «Venite... vedrò di bastarvi io!» E si avviò con loro, dimenticandosi di Gart.
Tiara lo intravide allontanarsi e scosse la testa, divertita da quel tentativo di distrarre Gart.
«Ti ha dato il benservito, eh?»
La ragazza si voltò, un sopracciglio inarcato e le mani sui fianchi. «Lavian, sei più acido di una marmellata di limoni andata a male» commentò, scrutando il giovane davanti a lei. «Comunque, di che benservito parli? Io e Lerath non facciamo coppia, lo sai. Ci facciamo solo compagnia ogni tanto. Cosa vuoi che m’interessi se si porta a letto altre ragazze?»
«Di vedute aperte, eh?» bofonchiò l’altro.
«Oh, sì! Interi orizzonti» ribatté lei, con un'allegria non scevra di derisione.
Lavian si batté una mano sulla faccia, esasperato, ma non commentò. «Bah, vado a dormire» annunciò, incamminandosi.
«Oh, Lavian, sei davvero troppo, troppo bisbetico!» stabilì Tiara, seguendolo. «Tu hai bisogno di rilassarti.»
«Di che t’impicci?!» proruppe lui.
«Ah, dài, non fare il timido! Dammi retta, hai bisogno di distrarti un po’!» insistette lei, vivace, ma senza secondi fini.
«La vuoi smettere?»
«Di far che?»
«Di infastidirmi!»
«Oh, ma io mi sto solo preoccupando per te!» cinguettò la ragazza, tutt’altro che arrendevole.
Lavian allungò il passo. Tiara lo aumentò a sua volta. «Finiscila!» esplose il ragazzo.
«Noooo!» cantilenò lei.
«Per la Dea, sei insopportabile! Poveraccio l’uomo che ti sposerà!»
«Sarà l’uomo più fortunato della terra!» ribatté Tiara, per nulla offesa.
«Sì, certo, e con un palco di corna da far invidia a un cervo, se continui così!»
«Lo vedi? Tu non sai goderti la vita.»
E dopo quest’arguta sentenza, le loro voci si persero in lontananza, Lavian sempre tentando di svignarsela da Tiara, e Tiara attaccata a lui come un tralcio d’edera a un tronco.


Bryhn ascoltò con piacere il rumore degli zoccoli sul legno del ponte. A differenza dell’ultima volta, rimase sul sentiero, dirigendosi verso il villaggio di Radryn. Questa volta aveva impiegato molto meno tempo, all’incirca quattro giorni e mezzo, avendo acquisito una maggior dimestichezza con il cavalcare. O meglio, avendo più familiarità con Biancapezza. Aldred gliel’aveva praticamente ceduta, dal momento che era una cavalla troppo mansueta per i gusti dei pochi cavalieri dell’Accademia e di chiunque necessitasse di una cavalcatura per viaggiare. E anche – ma questo il Comandante non l’avrebbe mai ammesso nemmeno sotto tortura – perché stava iniziando a considerare quella ragazza come una figlia, e aveva inteso farle un regalo senza che la cosa risultasse troppo palese.
Comunque Biancapezza per Bryhn andava benissimo, e a dire il vero la ragazza si era affezionata in fretta a quella docile giumenta, che pareva ricambiare il sentimento.
«Su, Pezza!» la incitò dolcemente, dandole un colpetto di talloni nei fianchi. «Ormai manca pochissimo.»
La giumenta emise un basso nitrito, nemmeno avesse compreso, e obbedì al comando, aumentando un poco il passo. Per la maggior parte del viaggio, dovendo attraversare un lungo tratto pianeggiante, Bryhn l’aveva tenuta al trotto o al galoppo, con le dovute pause per non sfiancarla. Poi, una volta nel bosco che ricopriva la zona di confine e buona parte del regno di Lizard, la ragazza l’aveva fatta andare al passo, per quanto sostenuto.
Adesso, però, aveva fretta di arrivare. Giunse al limitare del villaggio e, con un sorrisetto maligno in volto, decise di entrare a modo suo. Spronò Biancapezza al galoppo, passando tra le viuzze polverose del piccolo agglomerato di case, ricevendo gli insulti di coloro che si trovavano per strada e che dovettero quasi buttarsi a terra per evitarla.
Ah, che soddisfazione, farli arrabbiare! Con tutta la rabbia che lei aveva provato e provava a causa loro, quello era davvero un ottimo modo di sfogarsi.
Uscì dai confini di Radryn e raggiunse la propria dimora, illuminata dai raggi rosso-dorati del tramonto. Smontò da Biancapezza, legandola alla staccionata, ed entrò, anche stavolta annunciandosi a gran voce.
Rhiluee stava già uscendo a controllare, poiché il galoppo del cavallo non era sfuggito all’udito acuto della piccola Sigil. «Bryhnhild!» esclamò, lieta, aumentando il passo per andarle incontro.
«Rhil! Ti ho detto mille volte di non chiamarmi così!» rise la ragazza, correndo ad abbracciare la sorella.
«Sì, scusa!» rispose la giovane donna, con una piccola smorfia divertita.
La sorella minore aveva sempre mal sopportato di essere chiamata col suo nome per intero, fin da piccola, e infatti soltanto Rhiluee e Khalar lo conoscevano. Nessun altro. Per tutti, lei era unicamente Bryhn. Era più corto ed incisivo. Solo dalla nonna, finché era vissuta, aveva tollerato di essere chiamata con il nome impostole dai genitori.
«Infine ti sei fatta viva, eh?» la rimproverò bonariamente la sorella maggiore, troppo contenta di rivederla per pensare anche solo lontanamente di arrabbiarsi.
«Che ci vuoi fare? All’Accademia mi...»
«Tia!!» La vocina squillante e risentita di Sigil la interruppe. La bambina, udita la voce della zia, anziché aspettare in casa stava uscendo da essa per andarle incontro, con una buffa aria battagliera sul suo bel visetto.
«Piccolo sole!» Bryhn si sciolse dalla stretta della sorella e corse a prendere in braccio l’adorata nipotina.
Questa le rivolse il broncio, con il viso leggermente piegato verso l’alto e lo sguardo cieco fisso in avanti. «Sei cattiva! Avevi detto che saresti tornata presto!» la sgridò.
«Scusami, piccola!» esclamò la ragazza, trattenendo un sorriso alla serietà della bambina. «Avrei voluto, davvero. Ma il tempo è stato davvero troppo brutto, e poi io mi sono sentita male, e...»
«Come?» intervenne Rhiluee, subito apprensiva come una chioccia. «Hai avuto la febbre? Sei stata molto male? Chi ti ha curata?»
«Rhil...» sbuffò Bryhn, alzando gli occhi al cielo, rassegnata all’atteggiamento della sorella. «Ho solo buscato un’infreddatura coi fiocchi, niente di che» minimizzò, sorvolando sul fatto che la “semplice infreddatura” l’aveva portata a delirare nel sonno.
«Non ti sei riguardata, vero?! Avrai esagerato ad allenarti, come tuo solito. E comunque, ti sei ben guardata dall’avvisare con una lettera!»
«Rhil, per pietà, evitami le prediche!» gemette la ragazza. «Ora stai bene-bene, però. Vero, tia?» s’informò Sigil, preoccupata, troncando la risposta della madre sul nascere.
«Benissimo! Sono in perfetta forma!»
«Sai? Anche io sono stata male e mamma mi ha tenuta seeeempre a letto! E mi ha fatto bere taaaanto latte caldo!»
«Davvero? Allora devi raccontarmi tutto!» disse Bryhn, con quel tono condiscendente che si riserva spesso ai bambini. Ignorando Rhiluee, ancora indispettita per l’irresponsabilità della sorella minore che non aveva la minima cura per se stessa, Bryhn entrò in casa con la piccola, chiacchierando con lei.
«Ah, tia, lo sai? Papà è tornato casa, qualche tempo fa!» rivelò gioiosa. «Però poi è dovuto andare di nuovo via. Ma ha detto che tornerà di nuovo! Sono tanto, tanto contenta! Mi ha fatto tante coccole, sai? E mi ha anche portato un regalo! Ha detto che gli dispiaceva che tu non c’eri, e ha chiesto come stai e se ti stai allenando. E io gli ho detto che diventerai la guerriera più forte del mondo! Lui ha detto che sarà certamente così, perché tu sei bravissima!»
Sotto quella cascata inesauribile di parole, pronunciate con tono allegro e squillante, senza tregua, Bryhn non poté far altro che spalancare gli occhi azzurri, volgendoli poi su Rhiluee con aria interrogativa.
Lei annuì, lieta quanto e forse più della figlia. «Sì, è vero, è tornato. Si è fermato solo un mese, durante il Mese del Disgelo*, poi è dovuto ripartire, ma... ha mantenuto la promessa...» terminò, con un dolce sorriso.
«Oh...» Bryhn si ritrovò a provare un misto di contentezza e di tristezza. Era felice perché Khalar aveva dimostrato di non aver dimenticato la sua famiglia, tuttavia le dispiaceva enormemente non averlo incontrato. Si domandò, una volta di più, cosa potesse spingere il cognato a tenersi lontano dalla sua famiglia.

La cena era finita da un pezzo e Sigil, finalmente, era stata convinta a mettersi a letto. Bryhn si spogliò per darsi una veloce rinfrescata e riprendersi dalla stanchezza del viaggio, prima di andare a dormire. S’immerse nella tinozza, ricolma d’acqua fredda, e rabbrividì un poco. Ma il suo corpo si adattò subito alla temperatura, e lei si rilassò, pulendosi per bene.
Dopo una ventina di minuti raggiunse la sala d’ingresso, nonché da pranzo, con indosso una semplice tunica bianca e i capelli corti, ancora bagnati, tutti scompigliati. Alzò una mano a smuoverli, e solo allora Rhiluee si accorse di una novità.
«Bryhn... al tuo dito...» fece notare.
«Sì?» domandò l’altra, cercando di far finta di niente.
La ragazza bionda si alzò di scatto dalla sedia su cui era assisa e le fu davanti in pochi passi, prendendo fra le proprie la mano “incriminata”. «Ma questo...!» Alzò gli occhi su di lei. «Tu devi spiegarmi un bel po’ di cose!»
In effetti, a dire il vero, Bryhn non aveva avuto il tempo di raccontare molto degli ultimi eventi all’Accademia, monopolizzata com’era stata dalla nipotina, con cui aveva giocato e scherzato fino a cena, e dal farsi raccontare di Khalar e del suo ritorno a casa. Aveva fatto in tempo, solamente, a dire a Rhiluee che Gart non era morto, facendo comprendere alla giovane donna a cosa fosse dovuto la ritrovata serenità. Null’altro.
«Beh, ecco...» Non sapendo bene da che parte iniziare, si grattò la testa con fare impacciato. Infine si ritrovò a spiegare, le parole che le uscivano da sole, spontanee, e che lei lasciava scorrere come un fiume, senza interrompersi. Raccontò tutto, arrossendo intensamente quando dovette riferire fino a che punto si era evoluto il suo rapporto con Gart, e infine concluse: «E poi, mentre ero convalescente, mi ha regalato questo.» Allungò la mano con il dito inanellato.
La semplice fascia d’argento brillò alla luce guizzante della lucerna posata sul tavolo e sembrò calamitare lo sguardo di entrambe le ragazze. Bryhn associò quel riverbero al calore che provava con Gart, alla fiamma travolgente che si sentiva divampare dentro ogniqualvolta lui la stringeva a sé, nell’intimità della loro stanza.
Rhiluee sorrise con tenerezza, prendendole la mano e osservando il gioiello. Non era diverso da quello che lei stessa portava, se non che il suo era d’oro, con delicate incisioni di fili intrecciati e nessuna iniziale. «Sei felice?» domandò, guardandola occhi negli occhi, acquamarina che si specchiava in zaffiri.
Bryhn annuì in silenzio, tuttavia appariva titubante, e la sorella se ne accorse.
«Qualcosa non va?» s’informò quindi, stringendole la mano con affetto.
«Ecco, io...» La ragazza abbassò lo sguardo, poi lo rialzò. «Rhil, tu come hai capito di amare Khalar? Come hai capito che era lui l’uomo della tua vita?!» volle sapere, con un accento quasi d’urgenza nella voce.
Rhiluee rimase spiazzata per qualche istante. «Come ho...? Oh, Bryhn, dubiti dei tuoi sentimenti?» domandò, comprendendo quale fosse il nocciolo della questione, ciò che turbava la sua sorellina.
«È che...» Bryhn si morse un labbro, ancora una volta non sapendo come spiegarsi.
Ma la sorella scosse la testa, avendo inteso perfettamente. «Ho capito» disse infatti. Sollevò una mano ad accarezzarle una guancia. «Sei così giovane, più di quanto la ero io quando incontrammo Khalar. Anche se non poi molto.» Sorrise. «Non è facile rispondere al quesito che mi hai posto. Io rimasi affascinata da Khalar dal primo momento che lo vidi, lo sai. Eri presente. E come avrei potuto non rimanerla? Era così cortese, così gentile... e bello. M’innamorai subito di lui...» raccontò, sollevando gli occhi al soffitto con aria sognante, sorridendo ai ricordi che le tornavano alla mente. «È difficile spiegarti cosa mi rese tanto sicura che volevo soltanto lui al mio fianco... Rammento che mi ritrovai a sperare si fermasse ancora, che non ripartisse subito. E... Ebbene, che avrei desiderato mi stringesse fra le braccia.» Si distolse un attimo dai ricordi e tornò a guardare la sorella. «Prova a pensare... a chiederti... quanto ti fa palpitare il cuore?»
«Fino a farmi male...» ammise Bryhn in un sussurro.
«E quanto ti manca, adesso?»
«Da impazzire! Vorrei essere qui, ma al contempo all’Accademia, per... per stare con lui... Mi sembra che mi manchi l’aria, ed è così da quando sono partita da Lyraza. È sempre nei miei pensieri...»
Rhiluee annuì e si fece seria. «E ora... ora pensa di stare senza di lui... ricorda quando l’hai creduto morto...»
Le stesse parole di Tiara, seppur in forma diversa.
«NO!» esclamò Bryhn, quasi sobbalzando. «No...» ripeté in tono più basso, chinando il capo. «Non voglio perderlo... io vorrei... vorrei stare sempre con lui... Sento una stretta al cuore ogni volta che penso che potrebbe lasciarmi, stancarsi di me. Cioè, ora sono sicura che non lo farà...»
«Considerando quello che ti ha detto...» sorrise Rhiluee, intenerita dal cucciolo spaurito che era sua sorella in quel momento.
«E poi, quando sono con lui è come se non ci fosse nient’altro. Non m’importa di altro. C’è Gart, e tanto mi basta. Con lui mi sento bene. Sono tranquilla... felice... e... mi sento sicura... protetta...» confessò. «Quando mi abbraccia vorrei restare così per sempre. E quando mi bacia, e...» Arrossì, ripensando a quel che spesso seguiva ai baci e alle semplici carezze. «Non so come spiegarlo...» bofonchiò, imbarazzata. «Lui è... voglio dire, mi fa sentire... Oh, accidenti!» Si morse un labbro, aggrottando le sopracciglia. Non pensava fosse così difficile spiegare le proprie emozioni. «Beh, mi fa provare sensazioni che non so descrivere» concluse.
«È normale, sono sensazioni tutte tue. Non appartengono a nessun altro, ed è giusto così.» Rhiluee sorrise teneramente alla sorella. Si alzò. «Ora è meglio se vai a dormire. Chissà... magari sognandolo ti chiarirai ulteriormente le idee.»
Bryhn sorrise a sua volta, intanto che si incamminavano verso la sua camera. «Grazie, Rhil. Grazie di avermi ascoltata. Con Tiara non è la stessa cosa. Lei ha un approccio un po’ troppo diverso con l’amore» ridacchiò. Si fermarono davanti alla porta. «Buonanotte, sorellina.»
Entrò in camera e si distese sul letto. Dalla finestra aperta, attraverso le tende che ondeggiavano mosse dalla brezza, la luna invadeva la piccola stanza con la sua luce azzurro-argentea. Bryhn si adagiò sulla schiena, il capo voltato per guardare quel dolce chiarore. E si portò la mano con l’anello sul petto, all’altezza del cuore. «Gart...» bisbigliò fra sé.

Il giorno dopo si trovavano tutte e tre nel cortile della casa, sedute sul prato. Bryhn, rilassata e serena, stava parlando con Rhiluee. Per l’esattezza, le stava parlando di Gart, raccontandole tutto di lui, dicendole in particolare quanto era dolce e gentile, nonostante la boriosità che mostrava di solito. Quel che non poteva notare, ma che non sfuggì certo agli occhi di Rhiluee, era il fatto che le guance le si imporporavano per il fervore con cui parlava di lui, che gli occhi le brillavano di una luce tutta particolare, che nella voce si rivelavano echi dei sentimenti che le imperversavano nell’animo.
Così, mentre Gart si macerava nell’inquietudine, lei era ben lungi dall’avere anche solo una minima parte dei dubbi che lui le attribuiva. Quella sorta di lato oscuro, di tenebrosità, da lui conservata nel proprio essere, per lei non aveva alcun significato. Bryhn, troppo presa dall’ingenua gioia per quei suoi nuovi sentimenti, non vedeva altri che il giovane esuberante eppure tenero che le aveva rubato il cuore.
«Tia.» Sigil le tirò la manica. «Tia, chi è Gaat?»
«Eh? Uh...»
«Gart, tesoro. Si chiama Gart» la corresse sua mamma.
«Chi è Gart?» ripeté allora la piccola, imperterrita nella sua curiosità.
«Beh...» Bryhn lanciò uno sguardo di aiuto alla sorella. Cosa doveva rispondere? Ma Rhiluee sorrise e scrollò le esili spalle. Allora la ragazza continuò: «Gart è un mio amico. Un carissimo amico a cui voglio molto, molto bene.»
Sigil piegò di lato la testa, con aria meditabonda. «Però vuoi sempre bene anche a me, vero?»
«Ma certo! Che domande! Sei il mio piccolo sole!» La prese in braccio, schioccandole un bacio sulla guancia.
«Allora va bene» acconsentì la bimba. «Puoi voler bene anche a Gart» stabilì, con una strana logica infantile.
Le due donne scoppiarono a ridere, poi Rhiluee domandò: «Per quale motivo non sei venuta qui insieme a lui?»
Bryhn si mordicchiò un labbro, tormentandosi le dita. «A dire il vero... mi sembrava un po’ prematuro... e poi, io ero ancora spaventata. Volevo prima parlare un po’ con te.»
«Capisco.» Rhiluee annuì con la testa. «Ma prima o poi devi portarlo qui. Lo voglio conoscere!» affermò, con l’aria di non accettare alcun tipo di rifiuto.
«Sì, sì, d’accordo!» si arrese subito Bryhn, ridacchiando. Alzò la testa verso il cielo, azzurro e limpido, e si trovò a fremere per il desiderio di correre da Biancapezza, balzare in sella e correre via, a Lyraza, in Accademia. Fra le braccia di Gart.


*Mese del Disgelo = Marzo


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Et voilà, spero vi sia piaciuto anche questo. Come sempre, non fatevi problemi a dire cosa va e cosa non va.^^
Ora vi saluto e vi lascio al prossimo aggiornamento, che spero di effettuare dopo il ritorno da Roma. Ciaooooo!

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Capitolo 32
*** Ti amo ***


Rieccomi qua. Come state? Tutto bene?
Chiedo umilmente scusa. Mi prostro ai vostri piedi per implorare pietà e comprensione. ç_ç So che ho fatto passare davvero tanto (troppo) tempo, ma gli ultimi mesi sono stati un po'... be', pieni.
Da novembre mi sono trasferita dal mio ragazzo e dal resto della combriccola, perciò ero presa dal trasferimento e dal dover trovare un lavoro. Ho trovato subito alcune cose da fare, il che mi ha ridotto drasticamente il tempo a disposizione. Anche se adesso sono di nuovo disoccupata. ç_ç Inoltre ero un po' sbalestrata dal cambiamento; in tutta la mia vita io non ho mai cambiato casa, quindi...
Ma non mi perdo oltre. Altre novità al prossimo aggiornamento.^^



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You know love is everything you say
A whisper, a word, promises you give
You feel it in the heartbeat of the day
You know this is the way love is
(Enya - Amarantine)




I giorni successivi trascorsero in assoluta armonia: Bryhn giocava con la piccola Sigil riservandole mille coccole e attenzioni, oppure chiacchierava e scherzava con Rhiluee, aiutandola per quanto poteva nelle incombenze domestiche. Purtroppo Bryhn per le faccende di casa era sempre stata negata, perciò preferiva piuttosto dedicarsi a strappare le erbacce dall’orto o, addirittura, rattoppare gli infissi della casa.
Per questo lavoro ricevette l’aiuto di Kinn, il fabbro, che in più portò loro alcuni cibi e dolci preparati dall’anziana madre, affezionata alle due sorelle come se fossero figlie sue.
«Partirai presto?» s’informò Kinn, un pomeriggio, intanto che Bryhn lo aiutava a risistemare il tetto e la paglia che vi stava sotto con la funzione di isolante.
«Domani» rispose lei, seduta vicina a lui sul tetto. «Mi fermerei ancora, in realtà, ma sono stata qui cinque giorni, e ne impiegherò quasi altrettanti a tornare.»
«Capisco.» Qualche istante di silenzio, rotto solo dal rumore del martello che batteva sul legno. «È solo questo il motivo?»
«Eh?»
«Mi è giunta voce che la nostra piccola Bry è innamorata...» buttò lì il giovane.
«Quella linguaccia di mia sorella!» sbottò Bryhn, arrossendo.
Kinn rise di gusto. «Dài! Che male c’è se ce l’ha detto? Non siamo di famiglia, forse? È bello sapere che potrebbe esserci un nuovo acquisto!» ghignò, divertito dal vederla in imbarazzo.
«Oh, ma piantala!» ribatté Bryhn, imbronciandosi. In quel momento sembrava ancor più una ragazzina.
«Va bene, va bene. Certo che quel poveretto deve avere una pazienza incredibile, per riuscire a sopportarti» sentenziò il giovane in tono serio.
«Kiiiiinn!»
Lui scoppiò in una fragorosa risata, intervallata ogni tanto dagli insulti di Bryhn.
Di sotto, nel prato, Rhiluee scosse la testa ridendo sommessamente fra sé.

E così venne il momento della partenza. Com’era da aspettarsi, Sigil si mise a piangere, e ci volle del bello e del buono per farla smettere. Infine, per fortuna, si quietò.
Bryhn montò in sella e Biancapezza sollevò il muso bruno dall’erba che stava placidamente brucando durante l’attesa. «A presto. Statemi bene.»
Rhiluee annuì. «Pensa per te, piuttosto» scherzò.
Bryhn incassò, facendole una linguaccia. «E per quello che ti ho chiesto ieri? Sei proprio sicura?»
«Sì, la sono.»
Bryhn non disse altro. Non era la prima volta che domandava alla sorella di lasciare Radryn e di trasferirsi a Lyraza, con lei, ma la risposta era sempre la stessa: no. Si voltò verso Kinn, andato lì per salutarla. «Tu abbi cura di loro, mi raccomando. Ah, ma non ho bisogno di ricordartelo.» Sorrise. «Passo per il villaggio, così saluto i tuoi genitori. Ciao.» Fece muovere Biancapezza, avanzando lungo il sentiero, lasciandosi alle spalle la sua amata casetta e l’ancor più amata famiglia. Si fermò, come aveva detto, presso i genitori di Kinn, Jobeth e Issech. Li salutò con calore, ripartendo subito dopo, ignorando bellamente il resto degli abitanti di Radryn, che dal canto loro le riservavano sguardi tutt’altro che amichevoli.
Il viaggio fu tranquillo, privo di inconvenienti, e poco più di quattro giorni dopo Bryhn fu nuovamente a Lyraza. Superò le porte della città, dirigendosi senza esitare verso l’Accademia, sentendo una forte impazienza impadronirsi di lei. All’ingresso dell’Accademia si fece riconoscere e fu fatta entrare senza problemi. Era orario di allenamenti, per gli altri, e lei andò prima a condurre Biancapezza nelle stalle, provvedendo a strigliarla dopo averle tolto i finimenti e le bisacce. Poi si recò nella sua stanza, posando la propria roba e cambiandosi. Si diede una veloce sciacquata con l’acqua della fontanella che c’era presso gli alloggi, cambiandosi d’abito. Quando fu pronta, con dei semplici pantaloni che le terminavano sul ginocchio e un’ancora più semplice maglietta priva di maniche, si diresse verso i campi di allenamento. Per la precisione, verso quelli degli allievi di primo livello, dove si fermò, a debita e opportuna distanza, in attesa che terminassero le lezioni.
Tre ragazzi uscirono decisamente malconci dall'allenamento, uno addirittura sorretto dagli altri due. Vecchi amici di Gart, che Bryhn riconobbe e addirittura salutò. Essi la osservarono come un contadino potrebbe osservare l'apparizione in terra della Dea.
«È tornata!» sussurrò uno di loro, quasi lacrimante di felicità. «È tornata!»
«È tornata!» gli fece eco il secondo.
«Mai stato così felice di vederti, Bryhn, puoi crederci» constatò il terzo.
Ma prima che lei potesse informarsi circa quale tipo di liquore li avesse ridotti così, alle loro spalle giunse Lerath, che scoccò un'occhiata di sufficienza alla cadetta. «Bryhn» esordì, tanto seriamente da farla preoccupare. «Grazie al cielo sei qui. Vedi di calmare quella bestia.»
La bestia, che, per inciso, non aveva fatto nulla di male se non mettere tutto se stesso negli allenamenti di quegli ultimi, lunghi giorni, uscì proprio in quel momento, lo sguardo cupo di chi non ha ancora menato abbastanza colpi per essere soddisfatto.
Senza degnare Lerath di un’occhiata, Bryhn si precipitò in avanti, correndo verso Gart. Gli piombò letteralmente addosso, saltandogli su e cingendogli la vita con le gambe e il collo con le braccia, incurante di poterlo far cadere. Difficile, in ogni caso, vista la robustezza del giovane. Avviticchiata a lui tramite le gambe, gli prese il viso fra le mani e lo baciò con foga, per poi guardarlo dritto negli occhi. E dovette fare uno sforzo per non perdersi in essi. «Ti amo...» bisbigliò poi, semplicemente.
Gart rimase dapprima sbalordito, poi incerto se difendersi da quell'assalto, quindi, riconosciuta la sua donna, udite quelle parole, non seppe che rispondere. Alzò le braccia, stringendo a sé Bryhn e non curandosi del fatto che gli altri li guardassero, divertiti. «Dici davvero?» chiese, serio.
Lei annuì, altrettanto incurante degli altri. «Ti amo» ripeté. «E sì, ne sono più che sicura. Prego la Dea che non distolga mai il mio cuore da te, perché io non voglio! Voglio solo te!» affermò, stringendosi a lui. «Sempre...»
Dopo quell'allenamento ci sarebbe stato il pranzo, e poi un altro allenamento. Ma Gart decise di fregarsene bellamente di entrambi gli impegni e, fatta scendere Bryhn, la prese per il polso, conducendola verso il loro alloggio. «La prossima volta porterai anche me?» domandò, quasi con un'inflessione implorante.
Lei sorrise. «Sì. Anche perché Rhiluee è stata chiara, vuole conoscerti!»
«Tua sorella?» Fino ad allora, Bryhn non aveva lasciato trasparire troppi particolari sui suoi familiari. Ma adesso le cose sarebbero cambiate. «E la piccola, il tuo... sole? Come si chiama?» chiese, sempre conducendola con dolcezza.
«Sigil» rispose Bryhn, lieta. «Pensa, mi ha dato il permesso di volerti bene!» rise, pensando agli strani ragionamenti della mente infantile. «Anche lei vuole veder... conoscerti» si corresse, con solo un vago accenno di tristezza.
«Il permesso? Devo ingelosirmi?» scherzò lui. Erano giunti dalla porta della loro stanza, e lui ve la premette contro. «Che mi tolga il permesso di fare questo» mormorò, in una sfida aperta, divorando il collo di Bryhn con mille, dolci baci.
Lei emise un lieve gemito, infiammata all’istante dopo tanti giorni di distacco da quel contatto. «Gart... a-almeno non qui fuori...» mugolò, sentendosi il ventre come annodato. Piegò appena la testa di lato, quasi ad esporlo maggiormente a quell’assalto impetuoso.
Con una mano, Gart cercò la maniglia della porta, che spalancò. Entrarono senza distaccarsi l'uno dall'altra e, con un calcio, lui la richiuse alle loro spalle. Era tornata. Non l'avrebbe lasciata partire senza di lui mai più.


***


Gart studiò attentamente il bancone dell'artigiano, con l'espressione di un anziano saggio pronto ad emettere una sentenza dalla quale potrebbe dipendere il destino di un intero popolo. Infine, con attenzione, indicò un oggetto. «Quella è senza dubbio la più carina» commentò. «Che ne dici, Lerath?»
L'amico volse appena un occhio agli oggetti esposti, e sollevò un sopracciglio. «Sono abituato a scegliere un altro tipo di bambole, amico» borbottò, senza risultare di alcun aiuto.
«Quella è più colorata.» Gart, un Gart ineditamente piegato su una serie di deliziose bamboline esposte nel pieno mercato di Lyraza, inarcò entrambe le sopracciglia. «Ma questa è davvero carina» Indicò dapprima una bambolina con l'abito sfumato nei vari colori dell'arcobaleno, e poi un secondo pupazzo, rappresentante una damigella in sfarzoso abito bianco. «Meglio quella colorata o questa?»
«Per l'amore degli Dèi, è cieca!» sbottò Lerath, alzando gli occhi al cielo e controllando che nessuna delle sue conoscenze femminili potesse scorgerlo durante quegli indegni acquisti.
«È vero, è cieca!» rammentò Gart. «Allora prendo questa!» decise, indicando logicamente la più colorata. Pagò il dovuto e la prese. Com'era piccolo e delicato, quell'oggettino stretto tra le sue mani grandi e indurite dagli allenamenti. La bambola ricambiò il suo sguardo perplesso con uno straordinariamente bello, anche se vuoto.
«Mettila in una stradannata sacca!» ringhiò Lerath tra i denti. «Sei completamente andato, ragazzo mio. Adesso compri bambole per la futura nipotina! Il prossimo passo quale sarà?»
«Comprarle per la futura figlia» rispose Gart, più per far venire un collasso all'amico, che per reale intenzione; e difatti il biondo perse un paio di respiri.
Ma il peggio non era ancora finito. Non dal punto di vista di Lerath, almeno.
«Ragazziiiii!» trillò una voce allegra che entrambi conoscevano fin troppo bene.
Lerath, poi, la conosceva davvero bene: tanto bene da saltare davanti a Gart, guardandosi terrorizzato attorno. «Pagherai salata la morte della mia reputazione!» promise all'amico, che non fece altro se non ridere.
«Ehi, che ci fate qui?» domandò Tiara, fermandosi davanti a loro, incuriosita. Molto, visto che i due si trovavano davanti a un banco di pupazzi e giocattoli per bambini. Poi notò l'espressione di Lerath, a dir poco prossima all'omicidio. Inclinò la testa da un lato, perplessa, e la fu ancora di più quando si accorse che i movimenti convulsi di Lerath sembravano volti ad impedirle di vedere alle sue spalle, dove si trovava Gart. «Si può sapere che state combinando?»
«Abbiamo comprato questa!» annunciò felice Gart, il quale, essendo alto più di un metro e novanta, non ebbe difficoltà ad alzare l'acquisto ben al di sopra dei disperati balzi di Lerath.
«Sei un...» Molte persone si voltarono, sbalordite dalla ricchezza linguistica del ragazzo.
Tiara sgranò gli occhi, non certo per i vocaboli appena esclamati dal biondo, bensì per l'oggettino stretto nella mano di Gart, un oggettino che davvero pareva inadeguato a quella mano. Molto inadeguato. Lo stupore durò solo pochi istanti, il tempo necessario affinché la mente perfida di Tiara elaborasse parole abbastanza maligne per aumentare a dismisura l'imbarazzo di Lerath. «Ooooooh!» esclamò. «Che teneri! Non sapevo vi piacessero le bambole! Lerath, perché non me l'hai mai detto?»
«Mi piacciono le bambole!» replicò Lerath, ancora furibondo con Gart. «Quelle in carne e ossa! E, ti prego, abbandona quel sorrisetto sarcastico, va bene? Siamo qui solo perché il Signor Mi-è-andato-a-mollo-il-cervello cercava un maledetto regalino per la maledetta nipotina della sua ma...» Gart girò gli occhi su di lui, poco piacevolmente. «Magnifica ragazza, sì» completò.
Tiara, che lo stava guardando altrettanto male, benché certo non potesse ottenere gli effetti di Gart, commentò: «Fifone...»
«Guarda che poi a colpi d'ascia ci devo dialogare io, non tu» ribatté abbastanza logicamente il biondo.
«Tiara, cosa ne dici?» Gart abbassò la bambolina, posandogliela tra le mani. «Questa è bella? So che non ha la spada, ma è carina, no?»
«Gart, la nipote di Bryhn non ha le stesse tendenze aggressive di sua zia» fece notare la rossa.
«Appunto per questo non le ho preso una di quelle deliziose, piccole mazze ferrate là in fondo» replicò con naturalezza lui.
Tiara decise di rinunciare. Decisamente, quel ragazzo e Bryhn si erano proprio trovati, con la loro mania per le armi. Sospirò rassegnata e studiò la bambolina che aveva in mano: semplice, con un abito dai colori dell'arcobaleno, un vezzoso cappellino di paglia sul piccolo capo e gli occhi cuciti con del filo colorato. Blu, come quelli di Bryhn. Tiara si domandò se Gart se ne fosse accorto o se fosse stata una cosa del tutto inconscia. Con un sorriso, alzò il viso a guardare il ragazzo e proclamò: «Gart, è semplicemente adorabile!»
«Davvero? Ne sono contento!» Lui la riprese in mano, e, per la felicità di Lerath, l'avvolse con cura in un panno, riponendola nella propria sacca. «Sai, tra poco partiremo per conoscere la famiglia di Bryhn, e io...»
«È un po' agitato» fece notare Lerath, con faccia annoiata.
«Sì» confermò Gart. «Mi chiedo se...»
«... Se piacerà a sua sorella.» Lerath sbadigliò. «Non fa che ripeterlo. Da giorni. Insopportabile.» Fu illuminato da un pensiero e, con aria interrogativa, si volse verso l'amico. «Di', ma in che senso vuoi piacere alla sorella, eh?» Gli diede di gomito, e l'amico, anziché spedirlo a brucare fango con un calcio, alzò semplicemente gli occhi al cielo, benevolo.
«Lerath, sei un maniaco...» commentò Tiara, un po' meno benevola.
«Anche l'altra notte lo diceva, ma con un altro tono di voce...» informò Lerath, sorridendo malizioso.
«Devo riferire quello che dicevi tu?» Il sorriso di Tiara, oltre che malizioso, era adorabilmente subdolo.
«Devo comprare una bambolina a tutti e due, per farvi star buoni?» volle sapere Gart. «Santo cielo, per me le vostre nottate le passate a colpi di lingua. Avvelenata.»
«Oh, la lingua lavora, altroché!» confermò allegramente la ragazza. Poi lo guardò, passando di colpo ad un'espressione di bimba, giungendo le mani davanti al petto un po' meno da bimba. «Davvero mi compri la bambolina? Eh? Me la compri?» domandò facendo una vocetta infantile, tanto per prendere un po' in giro.
«Per la Dea...» Gart, piuttosto bendisposto, fece un gesto verso il banchetto, invitandola a sceglierne una. Attese qualche minuto. Quindi... «Lerath, e tu quale vuoi?»
«PIANTALA!»


***


«Ti vuoi calmare?» domandò Bryhn, per la ventesima volta almeno, rivolta a Gart, che non faceva che girarle intorno tutto contento. «Per la Dea, sembri un cane! Ancora un po' e mi aspetto che ti metti a scodinzolare!»
«Potrei farlo» ammise Gart, cercando di darsi un minimo di contegno. «È che... sono felice. Non posso essere felice?»
«Mica te lo vieto, ma mi stai facendo girare la testa!» fece notare lei. Poi aggiunse, abbassando il tono: «Francamente preferisco che tu me la faccia girare in altro modo...»
Gart rimase inizialmente sbalordito da quell'affermazione decisamente non da Bryhn, che infatti era un poco arrossita. Poi, sorridendo malizioso, disse: «Infine i miei insegnamenti vanno a buon frutto. Ella apprese la malizia!»
Lei mise un mezzo broncio. «Difficile non impararla, con elementi del genere che ti scorrazzano attorno.» E lanciò un'occhiata eloquente non solo a Gart, ma anche a Tiara e Lerath, poco distanti, i quali si stavano avvicinando per salutarli.
Gart, prendendo quel discorso come una serie di complimenti, sorrise e annuì come un deficiente.
«Buondì, colombelle» esordì Tiara. «Pronti a spiegare le vostre bianche alucce di innamorati?»
«Non ho trovato nulla da regalare alla sorella» si lamentò Gart, demoralizzato.
«Donale te stesso...» propose Lerath, osservando con palese disprezzo una coppia di uccelli che volteggiava nel cielo. L'istante dopo si piegò masticando una bestemmia.
Tiara, con un sorriso innocente, ritirò il piede che aveva mandato a collidere con lo stinco del biondino e disse: «Oh, sono certa che la sorella di Bryhn non si offenderà.»
«Beh... allora noi andiamo!» Gart prese le redini del suo animale, un cavallo dal pelo fulvo e criniera bionda poco originalmente denominato Fulmine, e salutò i due amici. Bryhn li salutò a sua volta, facendo avanzare Biancapezza.
«Ah» esclamò allora Tiara. «Ha detto Lavian di salutarti, Bryhn.» Preferì omettere il dettaglio che sarebbe stato meglio non farlo davanti a Gart. Poi, ulteriore parto della sua mente perfida, aggiunse: «È troppo timido per venire di persona.»
«Furbo, si dice furbo...» ringhiò a mezza voce Gart. Fissò Lerath, muovendo il capo in un cenno impercettibile, al quale il biondo, con un sorriso malefico, rispose. I suoi occhi brillarono quasi di una luce sadica.
Tiara, un'espressione fintamente angelica sul viso da folletto, gli rifilò un energico pizzicotto nel sedere. «Lascialo stare, sai? O racconto in giro che vai a comprare bambole...» flautò.
«Gart, sono tutti affari tuoi» decise Lerath, voltando le spalle al gruppo. E andando a preparare una simpatica quanto anonima trappola per il povero Lavian. In fondo, ad un amico non si voltano le spalle. Mai.
Tiara sbuffò. «Sì, perché tanto ci casco. Che idiota!» Scrollò le spalle. Avrebbe trovato il modo di farla pagare a Lerath, di sicuro. «Buon viaggiooooo!» urlò dietro all'amica e al suo compagno, per poi scappare via. Forse era anche il caso di dare un avvertimento a Lavian, si disse, ricacciando quella fastidiosa vocina che le faceva notare che avrebbe fatto meglio ad imparare a stare zitta.




^*^*^*^*^*^*^
Un altro capitolo un po' "di passaggio", ma almeno quei due hanno raggiunto una loro stabilità.^^
Ora vi abbandono ché ho da fare; il pranzo si avvicina.
Visto che l'altra volta mi sono dimenticata (ed ero anche di corsa), lascio di seguito qualche link a siti di generatori di nomi, come mi era stato chiesto (e mi scuso di nuovo per il ritardo).
- Rinworks Questo è un generatore casuale (da cui ho attinto molti nomi, anche alcuni qui presenti) con diverse possibilità (nomi lunghi, brevi, con gli apostrofi in mezzo, ecc).
- The Forge Per questo occorre avere flash installato, ma è molto carino e permette di generare anche combinazioni di nomi (in inglese) di mostri o luoghi.
- Behind the name Questo non l'ho ancora provato, ma sembra valido; fornisce diverse combinazioni.

Ho trovato un elenco di generatori, ma devo ancora analizzarlo. Vorrà dire che, nei prossimi aggiornamenti, eventualmente inserirò anche i link dei siti. ^^
Alla prossima!

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Capitolo 33
*** Incontri e separazioni ***


Sempre con il consueto ritardo, ma eccomi qui con un nuovo capitolo. Un po' più lungo dei precedenti (quanto meno, su word sembrava più lungo), spero basterà a garantirmi un briciolo di perdono. XD
Buona lettura. ^^

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I'll find a way
I will wait the time to come
I'll find a way home
My light shall be the moon
And my path the ocean
My guide the Morning Star

(Enya - Exile)



«È qui?» domandò Gart per la cinquecentesima volta. «Qui? Qui?»
«Noooo!» rispose Bryhn, il cui limite di pazienza era già stato raggiunto, superato e di nuovo appianato circa una decina di volte. Stavano attraversando il villaggio il Radryn, e il ragazzo indicava ogni casa. «Ti ho detto che abitiamo fuori del villaggio, alla fine del sentiero, alla base della parete rocciosa della collina.»
«Perché state così in fondo?» si crucciò Gart, che non stava più nella pelle.
Bryhn si oscurò in viso, lanciando per riflesso occhiate cupe agli abitanti che incontravano. «Beh... dovresti chiederlo ai miei nonni, in realtà... Comunque...» Fece spallucce, come se non gliene importasse, quando invece era proprio il contrario. «Siamo costrette a stare a distanza dal resto del villaggio a causa del nostro sangue. Io e Rhiluee discendiamo da una fata» si decise a rivelare quasi con indifferenza, dopo aver mantenuto il segreto fino ad allora.
Gart voltò appena il capo verso di lei, sudando freddo. «Ah.» Aveva incontrato una fata, una volta. Appena liberato dalla prigionia del padre, mentre vagava abbandonato in un bosco. Aveva tentato un approccio gentile, prima che lei, avvertendo la sua differente e anomala natura, fuggisse via terrorizzata urlando qualcosa circa i bastardi figli di demoni.
Bryhn continuò a spiegare. «La bisnonna, credo. Sì, era lei. Ci ha lasciato un'eredità pesante» commentò, con un sorriso amaro. «Qui sono molto diffidenti verso la magia e tutto il villaggio, a parte rare eccezioni, è sempre stato convinto che le donne della mia famiglia fossero streghe. Lo credono anche di me e Rhil, ovviamente.» Sbuffò e concluse: «Non abbiamo avuto vita facile, con questi imbecilli. Una volta uno di loro ha pure provato ad uccidermi.»
Gart, che fino a quel momento aveva scoccato occhiate allegre e rassicuranti agli abitanti che lo osservavano con sospetto, fulminò con lo sguardo una povera vecchina carica di legna. Una sorda rabbia montò in lui, e fu talmente potente da sembrare quasi avere una coscienza propria; ma la rimise a tacere, con forza.
Bryhn scrollò le spalle. «Oh, beh. Il lato positivo di quella vicenda è che incontrammo Khalar, il papà di Sigil.»
«Quello che ti ha addestrato alle armi?» Gart tornò a sorridere, anche se questa volta riservando il sorriso solo a lei. «È stato anche grazie a lui che ci siamo conosciuti.»
«Già» sorrise Bryhn. «Oh, ecco, ci siamo! Casa mia è laggiù!» Indicò, con il braccio teso e il dito puntato, la parete della collina rocciosa che sovrastava la fine della piccola valle.
«Oh, no» fece Gart, agitato. «Non ho comprato niente a tua sorella. Oh, no.» Quasi voltò il cavallo, per scappare a gambe levate.
«Ma piantala» rise la ragazza. «Rhil non è mica una bambina!»
E Gart ebbe modo di vederlo con i propri occhi, quando giunsero infine alla piccola dimora e Bryhn, come suo solito, annunciò l'arrivo con urla gioiose.
Rhiluee, nel prato insieme a Sigil, cui stava insegnando a riconoscere i fiori al tatto e dal profumo, prese in braccio la figlia e si alzò, e corse alla staccionata.
Il giovane poté rendersi conto quanto le due sorelle fossero differenti, vedendosi dinanzi quella giovane donna dall'aria delicata, dai lunghi capelli biondo-argentei e gli occhi simili a due gemme d'acquamarina. E la voce, quando parlò, era dolce e musicale. «Oh, siete arrivati!» esclamò sorpresa, non aspettandosi che Bryhn tornasse così presto. E con Gart.
«Tiaaa!» gioì Sigil.
I due scesero da cavallo. Gart, imbarazzato e non proprio consapevole circa cosa avrebbe dovuto fare, si esibì in un inchino cavalleresco, che per poco non gli costò una dolorosa testata su Rhiluee. «Finalmente ti conosco» sorrise, ancora impacciato. «E questa... è il piccolo sole?» domandò, volgendosi verso Sigil.
Rhiluee annuì, fissando con curiosità quel ragazzone imponente e studiandolo attentamente. Per un attimo le era parso di avvertire una strana sensazione, come di negatività, ma era svanita subito e l'attribuì ad uno scherzo dell'immaginazione. Sigil, in braccio a lei, piegò incuriosita la testa, ma non disse nulla. Si abbracciò più stretta alla madre, intimorita da Gart per il fatto di non poterlo vedere. «Su, venite, andiamo in casa. Qui inizia a fare caldo. Volete un po' d'acqua fresca?» domandò sorridendo la giovane donna.
«Aha!» annuì Bryhn, curiosamente entusiasta, precedendo tutti alla porta.
Gart, come un cucciolo abbandonato, cedette il passo alla futura cognata e quindi, richiudendosi il cancelletto alle spalle, seguì le tre con un lieve sorriso. Così quella era una vera famiglia; sembrava... piacevole.
Nel riparo della casa, Rhiluee fece accomodare i ragazzi, lasciando Sigil in braccio a Bryhn, e andò a prendere un po' d'acqua dal piccolo ruscelletto che scorreva poco distante. Rientrata con la caraffa, riempì i bicchieri. «Ecco» annunciò soddisfatta. «Se avete fame, ho un po' di frutta.»
«Io sono a posto» rispose Bryhn, intenta a coccolare la bambina. «Gart?»
Lo stomaco di Gart fece le sue rimostranze. «A posto» annunciò tranquillo, mettendolo furiosamente a tacere. Lo stomaco decise di prenderla come una cosa personale, continuando ad infastidirlo.
Rhiluee rise sommessamente. «Non fare complimenti» disse, raggiungendo la credenza e prelevando un cesto di frutti, che posò davanti al giovane.
Gart li guardò con superiorità per qualche minuto; quindi, con la noncuranza di un ladruncolo, ne afferrò uno, che morse con evidente appetito.
«Il solito mangione» lo prese in giro Bryhn. «Non sai proprio trattenerti!»
«Hi hono hahhehuno he he hihuhi!» Gart chiuse la bocca e deglutì faticosamente. Ci riprovò: «Mi sono trattenuto per tre minuti» fece nuovamente notare, con orgoglio.
«Bifolco...» ribatté lei, facendogli la linguaccia.
Rhiluee inarcò un sopracciglio sottile. «Ha parlato la dama dalle maniere raffinate...» commentò, azzittendola.
Gart sorrise, usando la mano libera per elargire una carezza al capo di Bryhn. Quindi osservò meglio la bambina che le stava in braccio: era una bambolina deliziosa quasi quanto quella che lui le aveva acquistato, con l'unica dolorosa anomalia causata dall'assenza di pupille. Alla quale, però, sapeva rimediare un sorriso che la faceva splendere.
Bryhn, senza parlare, spostò Sigil e la mise seduta sulle gambe di Gart. «Tranquilla, piccolina, non morde» le disse ridacchiando.
Gart non seppe da che parte prenderla. Era così... piccola, e delicata. Aveva paura di romperla solo muovendosi un po' troppo bruscamente. Sigil, da parte sua, rimase altrettanto pietrificata, per nulla tranquilla sulle gambe di uno sconosciuto. Era ora di rompere il ghiaccio. Gart mosse piano un braccio, rovistando nella propria sacca; quindi, trovato l'involucro con il regalo che le aveva acquistato, glielo porse, cercando il contatto tra esso e le mani della bambina. «È per te» le disse. «Se lo vuoi» aggiunse, frettolosamente.
Bryhn lo guardò perplessa, dato che lui non le aveva detto nulla, poi osservò la nipote. Sigil, dopo un iniziale momento di esitazione, afferrò l'involto, iniziando a disfarlo. Tolta la stoffa, fra le sue mani rimase la piccola bambola. La bambina l'esaminò con le dita, tenendo il capo sollevato verso l'alto con aria concentrata, benché il suo sguardo fosse come perso nel vuoto. Vi fu qualche attimo di silenzio. Poi Sigil disse, timidamente: «Grazie...»
«Ne volevi una a forma di orso? C'erano gli orsi» spiegò in fretta il ragazzo. «Ma quel commerciante mi ha detto che piacciono ai maschi. Preferivi un orso?»
Bryhn soffocò una risata, rischiando di strozzarsi con l'acqua che stava bevendo in quel momento.
Sigil piegò la testa, smuovendo le trecce castane. «No, mi piace!» assicurò. «Davvero!» Posò la bambola sul tavolo, dopo averlo sentito sotto le proprie mani, poi si mosse sulle gambe di Gart, girandosi un poco. Allora sollevò le braccia, tastando con le mani il petto del giovane, facendole risalire e tendendole poi verso il viso, che non riusciva a raggiungere.
Gart, decisamente più spaventato di prima, lanciò uno sguardo terrorizzato a Bryhn, in cerca di soccorso. «Mettila in piedi sulle tue gambe» rispose soltanto la ragazza.
Oh, no. E da che parte si afferrava quella cosina? Le mani che gli tremavano leggermente, Gart la prese per la piccola, minuta vita, aiutandola a raggiungere la postazione eretta, e non osò mollarla per il terrore che piombasse a terra.
A quel punto Sigil, sempre muovendole con prudenza, appoggiò le manine sul volto del giovane, iniziando a percorrerlo con le dita, memorizzandone i tratti. Andò avanti per almeno dieci minuti, passando e ripassando su quei lineamenti sconosciuti. Dieci minuti durante i quali Gart non si mosse di un millimetro, mentre Bryhn rimaneva a guardare con la testa appoggiata ad una mano e il gomito sul tavolo, e Rhiluee controllava i comportamenti della figlia e di Gart, notando all'istante quanto il giovane avesse poca familiarità con i bambini. Eppure, notò anche, si stava impegnando ad agire nel modo giusto.
Sigil terminò il suo esame e spostò le mani, abbassandole. Così facendo, raggiunse le spalle di Gart e sfiorò i suoi capelli. Ne prese una ciocca in mano, delicatamente, e commentò, con una vocina stupita: «Li hai più lunghi di tia
Gart, sbalordito da quell'affermazione così ovvia, superò l'iniziale imbarazzo, lasciandosi andare in un sorriso. «È perché» spiegò, «io sono più bello della zia!»
Bryhn sgranò gli occhi, fulminandolo con un'occhiata.
«Però tu hai il naso più grande» sentenziò la bambina, seria.
«Ovviamente. Il naso è fondamentale per essere una persona importante.» Gart fece l'occhiolino a Bryhn, quindi tornò a concentrarsi su Sigil. «Ti hanno mai narrato la storia dell'Imperatore dal Grosso Naso?»
«No» rispose la bimba, piegando la testa di lato. «Me la racconti?»
Bryhn spalancò di nuovo gli occhi, poi si batté la mano contro la fronte. «Oh, no...»
Iniziò così un lungo racconto riguardante il Bello, Affascinante, Meraviglioso, Buono e Giusto Imperatore Gart, il quale, grazie al suo Grosso Naso, riuscì a battere il Temibile, Puzzolente ma soprattutto Inutile Drago Lavian, salvando la bella Principessa Bryhn. A fine storia, aveva il polpaccio gonfio per i continui calci giunti da parte di Bryhn, ma la soddisfazione era immensa. Tra l'altro, Sigil sembrava aver apprezzato la storia.
Rhiluee aveva l'aria di essersi persa dei pezzi. «Mi sa che ti sei scordata di raccontarmi qualcosa» fece notare alla sorella minore.
Questa alzò gli occhi al cielo, riabbassandoli per elargire un'altra occhiataccia a Gart.
«Che c'è?» fece innocentemente lui, già immerso nel racconto sul famoso ladro dai nobili principi Rob Gart.
«C'è che entro la fine della giornata tu non camminerai più sulle tue gambe...»
«...promise la malvagia guardiacaccia, ma il nostro eroe non si fece intimidire!» Gart trattenne il suo solito istinto che lo portava ad accompagnare i propri discorsi gesticolando. In primo luogo, sarebbe stato completamente inutile; in secondo luogo, far fare un tuffo a Sigil non gli avrebbe certo garantito simpatia eterna.
Bryhn si trattenne dal ribattere qualcos'altro, per evitare che finisse a far parte dello strampalato racconto, e si allontanò dal tavolo. «Se rimango, lo uccido» bofonchiò, rivolta alla sorella.
Questa ridacchiò. «Perché, poverino?»
Quello fu troppo, per Bryhn. «Poverino... lui... Oh, no! Non puoi averlo detto!» L'afferrò per un polso e la portò fuori, per delucidarla su fatti che si era dimenticata di raccontarle e, soprattutto, per non cadere nella tentazione di azzittire Gart. Anche con una sedia in testa.

Il "poverino", intanto, aveva finito un ennesimo racconto e, accortosi di essere rimasto solo con Sigil, propose una piccola pazzia: «Che ne diresti di un giro sul mio cavallo?»
Lei, con la testa piegata di lato, sembrò pensarci un attimo, poi sorrise. «Sì! Tia non mi ci porta mai, sul suo!» specificò. «Dice che non è brava, a stare a cavallo.»
Gart bloccò sul nascere una risposta poco consona circa Bryhn e le sue abilità di cavallerizza; doveva ancora abituarsi, ad aver a che fare con i bambini. Sorrise, alzandosi e stringendo a sé la piccola, ancora un po' timoroso di romperla. «Zio Gart è bravissimo!» assicurò, avviandosi con lei verso l'esterno. «Andiamo.»
Uscirono fuori, ma delle due sorelle non c'era traccia. Gart, con in braccio la bimba ora fiduciosa, raggiunse i cavalli, che, legati fuori della staccionata, brucavano i pochi ciuffi d'erba fresca fra quelli seccati dal caldo sole. Con una mossa svelta e abile sciolse il nodo delle briglie, mentre Fulmine rimaneva fermo, poi mise un piede nella staffa e balzò agilmente in sella, sempre tenendo stretta Sigil con un braccio. Se la sistemò seduta davanti, prudentemente fra le proprie braccia.
In quel momento Bryhn e Rhiluee comparvero nella zona antistante alla casa, dopo essere state a chiacchierare nel prato laterale. «Gart, che fai?» s'informò la prima, vagamente preoccupata. In quel momento si ritrovò a pensare che, con Sigil, era apprensiva tanto quanto Rhiluee la era con lei.
Rhiluee, dal canto suo, non disse nulla, ma appariva meno ansiosa della sorella.
«Insegno a Sigil a cavalcare.» Lui strinse appena gli i talloni sul fianco del cavallo e questi, obbediente, partì in una lenta marcia. «Tranquilla, sai che non la lascerei cadere.» Fulmine smosse il capo, infastidito dalle mosche, e continuò a procedere con fare mansueto.
Bryhn sorrise. «Sì, lo so» riconobbe.
«Mi sembra un bravo ragazzo» commentò Rhiluee, al suo fianco. «Un po' intimidito, o sbaglio?»
«No, non sbagli» ridacchiò l'altra.
La sorella maggiore sorrise intenerita. «Non sembrerebbe il tipo. Ha l'aria molto sicura di sé, adesso» osservò, studiandolo attentamente ora che si trovava in sella, briglie in mano e Sigil al riparo delle braccia muscolose. La bimba, da parte sua, aveva l'aria contenta.
«Beh, di solito lo è» confermò Bryhn. «Anche troppo, a dire il vero» aggiunse con un sorrisetto. «Sa essere incredibilmente strafottente e arrogante, quando vuole.»
«Oh, allora è proprio come te» commentò Rhil in tono falsamente innocente, causando un confuso borbottio di risposta da parte della sorella.
«Prova a guidarlo tu» suggerì Gart, mettendo le redini tra le dita di Sigil. «Ecco, tieni queste. Devi tirare verso destra per farlo andare a destra, ed il contrario per la sinistra.» Certo che la piccola non avrebbe avuto forza sufficiente per farsi obbedire, tenne pronti i piedi contro il fianco del cavallo: Fulmine capiva da che parte andare anche dai movimenti di quelli.
Sigil ci provò, anche se un po’ esitante. Però rideva, allegra, divertendosi tantissimo in quella nuova esperienza. Bryhn non si era mai azzardata a portarla a cavallo con sé, nemmeno avendo una giumenta tranquilla come Biancapezza.
«Beh, sembra che a Sigil piaccia» constatò Bryhn, guardando i due.
«Già.» Rhiluee assentì. «La fa divertire.»
«Per forza, è un buffone!» ridacchiò la ragazza più giovane.
«Sei proprio irriverente nel parlare del tuo compagno» fece notare l’altra, con una nota divertita.
«Dico solo la verità» fu la sentenza, condita da una risata felice.
Quasi un’eco di quella gioiosa ed infantile della piccola Sigil. «Mamma! Tia! Guardate, vado a cavallo!» esclamava contenta.
Fulmine, che non era di carattere aperto come il padrone, piegò il collo, guardando male quella cosina urlante che gli era stata piazzata in groppa. Gart, con faccia colpevole, gli assestò qualche pacca sul collo, a mo' di scusa. «Vuoi galoppare?» chiese, rivolto alla bambina. Vederla così contenta, e sapere di avere il merito di quel suo sorriso così aperto ed innocente, fu una cosa bellissima. Più bella del sorriso di una donna, più bella del clangore delle spade, più bella dell'adrenalina della battaglia. Ecco perché la gente faceva figli: per sorrisi come quelli.
«Oh, sì, sì!» esclamò la piccola, salvo poi chiedere: «Cosa vuol dire “galoppare”?»
«Questo che stiamo facendo adesso» spiegò pazientemente Gart, «è un mezzo trotto. Senti come picchiano a terra gli zoccoli? Galoppando, invece, il cavallo va più veloce, e il rumore degli zoccoli è accelerato.»
«Aaaah, ho capito! Allora andiamo veloci, sì!» si entusiasmò Sigil. «Tu mi tieni, vero? Non mi fai cadere?»
«Ti tengo stretta» promise lui, effettivamente aumentando la presa sulla sua vita. «Andiamo!» Picchiò con più forza nei fianchi di Fulmine, il quale, sbuffando con fare tutto equino, ruppe il trotto in un galoppo. Gart prese una redine, controllando che l'animale non raggiungesse velocità eccessive. «Bryhn, a cavalcare tua nipote è più brava di te!» constatò, scherzoso, passando davanti alle due donne.
«Antipatico!» gli gridò dietro l’interpellata. Ma sorrise, nel vedere l’espressione contenta della bambina e nel verificare come sembrasse aver accettato Gart. Seriamente, considerando quanto Sigil le era affezionata, aveva avuto paura che sarebbe stata gelosa del ragazzo.
Dopo un'altra buona mezzora passata a cavalcare, Sigil e Gart scesero, lasciando finalmente in pace il povero Fulmine. L'animale, nuovamente legato accanto a Biancapezza, dimenticò ben presto l'accaduto, impegnato come fu a brucare erbetta soffice e fresca.
Gart lasciò che Sigil le camminasse accanto, ingobbito per tenerle una manina ed evitare che cadesse. «Ora puoi insegnare a tua zia» la informò ridendo, mentre raggiungevano Rhiluee e Bryhn. «Eccoci, sani e salvi.» Prese nuovamente Sigil in braccio, per depositarla tra le braccia della guerriera. Fu un momento strano; sembrarono quasi due genitori premurosi. Gart provò uno strano senso di vertigine, a quello spaventoso pensiero.
Bryhn non fece caso alla luce di panico trascorsa negli occhi del giovane. Intanto che Sigil l’abbracciava, le chiese: «Ti sei divertita?»
«Sì! Sentivo tutto il vento in faccia!» rispose la piccina, con le gote arrossate per l’euforia.
Bryhn ridacchiò. «Magari più tardi chiediamo a Gart di farti fare un altro giro, va bene?»
«Sì, sì!»
«D’accordo. Intanto vieni con me. Ti faccio fare amicizia con Biancapezza. E poi, mi hai ignorata per tutto questo tempo» le fece notare, fingendosi offesa e provocando una risata allegra da parte della piccola. «Guarda che poi divento gelosa, eh!» S’incamminò verso i cavalli, lasciando Gart e Rhiluee, la quale non aveva mai abbandonato il suo bel sorriso pieno di dolcezza.
Lui, privato della bambina e abbandonato in compagnia di Rhiluee, ritrovò un po' dell'iniziale imbarazzo. «È davvero dolce» disse a mezza voce, parlando della piccola Sigil. «E avventurosa.»
«In questo deve aver preso da suo padre» rispose la giovane donna. «Oppure è stata l’influenza di Bryhn. Io non sono così avventurosa!» ridacchiò.
«È stata sicuramente l'influenza di Bryhn» ponderò Gart. «Non conosco il padre, ma conosco lei... e tanto mi basta per trarre le giuste conclusioni.» Sghignazzò anche lui, certo che, se lo avesse sentito, la guerriera gli avrebbe rifilato un tenero calcio negli stinchi.
Rhiluee osservò per qualche attimo la sorella e la figlia, poi riportò gli occhi limpidi su quel giovane, ora di nuovo un po’ impacciato, che le stava accanto. E dovette piegare un po’ il capo per guardarlo in faccia. «La ami molto?» domandò a bruciapelo, ma con un tono talmente gentile da stemperare ogni apparenza di aggressività.
Gart non si agitò minimamente per quella domanda. Ricambiò con occhi sinceri lo sguardo gentile della giovane donna e disse semplicemente: «Sì. Più di me stesso.»
Rhiluee chiuse un istante gli occhi e annuì. «Scusa la franchezza» disse poi, tenendo lo sguardo avanti a sé, «ma credo sia normale preoccuparsi per le persone care. Bryhn mi ha parlato molto di te, quando è stata qui. E... ecco, mi ha accennato anche ai tuoi trascorsi. Sia ben chiaro, non ho intenzione di farti prediche» precisò subito. «Non ne ho alcun diritto, e comunque ognuno è libero di fare quel che vuole, finché non arreca dolore ad altri. Volevo solo essere sicura che tu avessi intenti seri con mia sorella.» Riportò lo sguardo su di lui, sorridendo. «E sono convinta che tu mi abbia detto la verità, a meno che tu non sia il miglior bugiardo del regno. Ma non credo. Hai occhi onesti. E di solito non mi sbaglio, su queste cose.»
«Sono un buon bugiardo» ammise Gart, forse giocando contro se stesso. «E ho sfruttato parecchio questa mia... dote, con altre ragazze, prima di lei.» Lui guardò verso la casa, quasi sognante. «Però Bryhn è diversa. Non sarei qui, altrimenti. Con Bryhn voglio arrivare sino in fondo.» Sorrise, forse pensando alla crisi isterica che sarebbe presa a Lerath se fosse stato lì a sentire quelle smancerie.
Dopo quell’affermazione seguì un breve silenzio, intervallato dalle risate distanti di Sigil e Bryhn. Infine Rhiluee lo ruppe. «È felice» affermò. «E di questo ti devo ringraziare. Sono davvero contenta che anche mia sorella possa conoscere le gioie che porta l’amore. E soprattutto, ti devo ringraziare per averla resa più umana» scherzò. «Si è addolcita. È più allegra. E ha una luce diversa negli occhi.»
«Non è stato facile ammaestrarla» scherzò Gart, il volto dipinto in un'espressione intenerita. «E, puoi crederci, è stata lei a rendere più umano me.» Ripensò alla bestia nel suo cuore, quella mai del tutto risvegliatasi, che aveva infine battuto grazie alla vicinanza con Bryhn. O almeno, così credeva. «L’amore è dare e ricevere, è uno scambio continuo» dichiarò la giovane donna. «E la tua famiglia? Cosa ne dice?» chiese innocentemente. «Bryhn non me ne ha mai parlato.»
Gart ebbe un piccolo sussulto, spaventato. Osservò la donna, timoroso che la sua doppia natura fosse stata scoperta dagli attenti sensi di fata celati in lei. Per fortuna non trovò traccia di accusa o di sospetto, nei suoi occhi, e si rilassò un poco. «Non ho famiglia» ammise, facendo spallucce. «Sono orfano.»
«Oh...» La voce di Rhiluee si addolorò, così come il suo sguardo. «Perdonami... sono stata indelicata» si scusò. Lanciò un’occhiata veloce alla sorella. «Anche io e Bryhn le siamo... ma immagino te lo avrà detto...»
«Lo ha fatto» confermò Gart, annuendo. «E non ti devi assolutamente scusare.» Sorrise con fare allegro, i neri occhi che brillarono alla luce del sole. «Ora siamo tutti una famiglia, presumo. In barba al destino.»
Rhiluee annuì. «Già.» Lo guardò negli occhi. «Mi raccomando, anche se non ce n’è bisogno... lo faresti già da solo... ma sono una chioccia» disse, prendendosi in giro da sola. «Abbi cura di lei, Gart, perché è più fragile di quel che sembra.»
«Le sarò sempre accanto» promise.
«Grazie» rispose lei, sinceramente grata. Gli prese una mano con le proprie, morbide e delicate, e si mosse, tirandolo un poco. «Vieni, ora, andiamo da loro.»

Vi fu anche una cena, e diversi racconti narrati tra le espressioni ammirate di Sigil e i calci furibondi di Bryhn; infine, quando la piccola, con uno sbadiglio, quasi crollò addormentata in braccio alla zia, tutti decisero di ritirarsi, per un tranquillo riposo notturno.
Quella sera Gart, sdraiato a torso nudo sul letto, attese l'arrivo di Bryhn con un sorriso più dolce del solito dipinto sulle labbra. «I bambini sono simpatici» osservò, parlando piano per non svegliare Rhiluee e Sigil, addormentate nell'altra stanza.
Bryhn sorrise. «Sigil è speciale» ribatté soltanto, raggiungendolo nel letto, con indosso una tunica corta e leggerissima. «Allora? Sei contento di essere venuto qui? Non ti sei stancato a fare da bambinaia?» ridacchiò.
«Mi è piaciuto» obiettò Gart. «Credo di essermi divertito più io di lei!» Accolse Bryhn tra le proprie braccia e lasciò che lei poggiasse il capo al suo petto, com'era ormai loro dolce abitudine. Sospirò, e vi fu un rilassato silenzio. «Se mai avremo un figlio, credo che sarebbe un ciclone insopportabile» osservò, senza trattenere una risatina sommessa. «Te l'immagini, i nostri due caratteri fusi?»
«Già. Da impazzire» commentò Bryhn. Un po' troppo spassionatamente, a dire il vero. Ma l'idea di un figlio l'aveva quasi raggelata. Si sentiva ancora troppo giovane per pensare di averne uno. Sorvolando sul fatto che non le sembrava di avere un istinto materno particolarmente sviluppato, stava appena abituandosi a quella situazione, al fatto di avere una persona da amare e che l'amava... e il pensiero di un figlio le sembrò tremendamente prematuro.
Gart, all'oscuro del raggelarsi di Bryhn, rise ancora di quel pensiero, quindi, dopo un grande sbadiglio, chiuse gli occhi. La ragazza non aggiunse altro. Si accoccolò meglio contro di lui e chiuse gli occhi a sua volta. Pochi minuti dopo erano entrambi placidamente addormentati.

Rimasero altri tre giorni presso quella casa. Gart, perduta ogni paura e timidezza, visse alcuni dei momenti più lieti della sua esistenza, finalmente scaldato dal calore di una vera – seppur incompleta – famiglia.
Purtroppo giunse il momento del ritorno, al quale entrambi dovettero rassegnarsi. Strizzarono il loro piccolo sole in un abbraccio, baciarono su entrambe le guance la bellissima Rhiluee e infine, con un sospiro, montarono a cavallo, mettendosi in viaggio per l'Accademia.
Fu un ritorno tranquillo. Ma, una volta varcato il cancello d'ingresso, Gart ebbe un'amara sorpresa. Gli fu riferita in tono decisamente concitato da un cadetto della loro stessa età.
«Vedi tu se riesci a dissuaderlo» pregò il cadetto. «Non ragiona, lo sai!»
«Lo so» replicò semplicemente lui, smontando velocemente da cavallo e affidandolo alle cure del compagno di allenamenti.
Senza volgersi indietro verso Bryhn, attraversò a grandi passi lo spazio allenamenti dell'Accademia, cercando il soggetto delle sue nuovo preoccupazioni. E trovandolo in un angolo, intento ad un allenamento solitario.
«Sei un idiota» lo salutò, facendogli un cenno cordiale.
«Mai quanto te. Di questo, almeno, sono certo.» Lerath interruppe i suoi movimenti e strinse con affetto la mano dell'amico. «Bentornato. Com'è andata con la marmocchia?»
«Non chiamare così Sigil!» lo riprese bonariamente Gart.
«Per l'appunto, mi riferivo a Bryhn.»
«Idiota.»
«Già detto.»
Tacquero. Gart, a disagio, cercò delle tasche che scoprì di non avere, e rimase a lungo a pensare dove avrebbe potuto ficcare le proprie mani. Quindi, sempre più a disagio, decise di affrontare l'argomento: «Te ne vai, allora?»
Lerath raggiunse un muretto, ove poggiò la propria spada; era un'arma lunga e sottile, flessibile, del tipo che lui preferiva. «Sì» rispose semplicemente. «Un'offerta di lavoro.»
«Ben pagata?» azzardò Gart, notando il brillio di malinconia negli occhi dell'amico.
«No. Ma è pur sempre lavoro.» Lui si deterse il sudore dalla fronte e sorrise. «Guardia del corpo di un nobile. Per mezzo continente.»
«Ah, e dopo?»
«E dopo, sarò troppo lontano da qui per desiderare di tornare.»
«Ma il nostro addestramento finirà tra sei mesi» tentò una blanda e, lo sapeva, inutile protesta.
«Non essere scemo. Sai benissimo che per noi questi... allenamenti... sono solo stupidi giochetti tra ragazzi.» Gart lo guardò sedere a terra. «Tu hai trovato la tua strada, amico» constatò Lerath con tranquillità, lanciando un'occhiata a Bryhn, poco lontana. «E io voglio trovare la mia. O forse voglio fuggire da essa.» Rise. «So solo che non sto più bene qui. È tutto troppo... ristretto.»
In quel momento Bryhn li raggiunse, a passo svelto, dopo essersi fatta dire dal cadetto quel che egli aveva riferito a Gart. Girò gli occhi azzurri verso Lerath. «Te ne vai? Non è uno scherzo?» domandò in tono stupito.
Lerath la fissò per un momento, come se avesse voluto rispondere qualcos'altro. Quindi, alzatosi con un sorriso spavaldo, disse: «Sì. Me ne vado.» Assunse una posa quasi epica. «Mi spiace dover perdere il vostro matrimonio, ma il destino mi chiama altrove...»
«Evidentemente il destino ama soffrire, se chiama proprio te...» ironizzò la ragazza, con un sorriso. Le dispiaceva che Lerath se ne andasse. Più che altro perché la sua partenza avrebbe rattristato Gart; lei non era mai riuscita a legare più di tanto con il biondino.
«Ci eravamo promessi di partire assieme, un giorno» gli ricordò Gart, scadendo in un tono più duro del dovuto. «E di combinarne di cotte e di crude. Insieme!»
«Sì, l'avevamo detto» confermò l'altro. «Ma le cose, come puoi vedere, sono cambiate.»
«Sì, in meglio!» Gart si agitò notevolmente. «Andiamo, Lerath, la tua è una decisione infantile, stupida, e...»
«Amico...» Lerath gli poggiò una mano sulla spalla, con insospettabile gentilezza. «Non sto colpevolizzando niente e nessuno. Ho semplicemente bisogno di ampliare i miei orizzonti. Voglio... voglio vedere cosa posso combinare, là fuori! Potrei fare qualcosa di grande. Di intelligente, addirittura.»
«Senza di me?»
«La tua assenza moltiplicherebbe le probabilità di successo riguardo l'ipotesi del riuscire a combinare qualcosa di intelligente» asserì con certezza Lerath, scoppiando immediatamente a ridere e Gart trascinando nella propria ilarità. «Senza rancore, amico. Ma è ora che ognuno prenda la sua strada.»
Anche Bryhn non poté fare a meno di ridacchiare, ma alle ultime parole di Lerath tornò seria. «Se questa è la tua scelta...» iniziò. Scrollò le spalle, non sapendo, in fin dei conti, cosa dire. «Buona fortuna, Lerath.»
«Non ne avrò bisogno» ribatté lui con assurda sicurezza. «Beh, ho aspettato sinora per poterti salutare, amico.» Gli batté una potente pacca sulla spalla. «Sono felice di esserci riuscito, ma ora farò i bagagli.» Voltò le spalle ad entrambi e, recuperata la propria spada, si avviò verso i dormitori maschili.
Gart rimase immobile, fissando la sua figura snella ed agile attraversare lo spiazzo centrale dell'Accademia. Ecco un'era della sua esistenza che se ne andava, senza voltarsi indietro.
Anche Bryhn lo guardò allontanarsi per un poco, poi si girò verso Gart, notandone la luce triste negli occhi. Gli si affiancò, prendendogli una mano e alzando il viso verso di lui. «Ti mancherà» constatò. Fece per aggiungere qualcos'altro, ma si bloccò, mordicchiandosi il labbro inferiore.
«Vorrei partire con lui. Davvero, lo farei» mormorò Gart, stringendola a sé. «Ma tu mi mancheresti il doppio.»
Le aveva risposto lo stesso. Anche se lei non aveva formulato la domanda, timorosa di conoscere la risposta, lui gliel'aveva fornita comunque. Neanche le avesse letto nel pensiero. Sospirando, Bryhn si abbandonò all'abbraccio, cingendo il giovane a sua volta. «Solo il doppio?» scherzò, con un leggerissimo tremito nella voce. Era da sciocchi, lo sapeva, ma il solo pensiero che Gart potesse andarsene la faceva star male.
«Non sei mai contenta, eh?» Lui la strinse maggiormente, scaricando in quella stretta il dolore che lo stava attanagliando.
Lerath, giunto nel dormitorio, non dovette far altro che chiudere la sua improvvisata sacca da viaggio, scambiare qualche blando scherzo con qualcuno e, con un sorriso spavaldo, montare su un cavallo, uscendo dai cancelli e sparendo all'orizzonte.
Bryhn non poteva immaginare che un giorno lo avrebbe rivisto.
E non come amico.


^*^*^*^*^*^*^*^*^

Myki e Bryluen, la vostra curiosità è stata soddisfatta. Come vi è parso Gart alle prese con la bimba? ^^
Myki, tu devi dirmi anche un'altra cosa... da dove l'hai tirata fuori "Tanya"? XD Per un attimo mi sono guardata intorno con fare sperso, chiedendomi: "Oh, cielo... ho creato un personaggio e non ne ho memoria? o_O" XD
Dò il benvenuto a Raffuz e vi saluto, a risentirci (uhm, a rileggerci, in effetti XD) al prossimo aggiornamento.
Scusate se sono così concisa, ma mi sono ricordata che devo fare le pulizie! ç_ç

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Capitolo 34
*** Per la vita ***


Oggi passo direttamente al capitolo. Sono sotto ciclo, solo che è quello di genere depressivo... =__=
Buona lettura, e grazie a tutte/i coloro che seguono la storia (51 preferiti... wow! XD).


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I'll be there till the stars don't shine
Till the heavens burst
And I know when I die, you'll be on my mind
And I'll love you – Always
(Jon Bon Jovi - Always)



Una ragazza alta, dal fisico allenato messo in evidenza dalla corta maglietta e dagli altrettanto corti pantaloni, con capelli neri come l’ala di un corvo, sostava a poca distanza dai margini di un campo d’esercitazione, entro il quale una quindicina di giovani cadetti stava eseguendo dei duelli sotto l’occhio attento di un istruttore.
Bryhn si stiracchiò pigramente, piegando la testa ad osservare il cielo azzurro, sgombro di nuvole. Il sole era una perla fiammeggiante che inondava l’aria di luce e calore. Il Mese del Raccolto era iniziato da un paio di giorni, e le temperature si erano alzate parecchio rispetto alla settimana passata, quasi di colpo. Era una giornata splendida, ma forse poco adatta a sostenere gli esami per il passaggio di livello. Questo, almeno, dal punto di vista degli allievi in esame; gli istruttori la pensavano esattamente al contrario. Faceva parte della prova, mostrare di essere abbastanza resistenti da sopportare anche condizioni climatiche non ottimali. Anche perché, normalmente, le battaglie si combattevano nella bella stagione, e chi usciva dall’Accademia di solito entrava a far parte di qualche esercito.
Tiara, i lunghi capelli rossicci raccolti in una coda ormai scompigliata e il viso imperlato di sudore, avvicinò l’amica con aria stravolta al limite del campo d’addestramento in cui si stavano svolgendo le prove finali per gli allievi di quarto livello.
«Ehi, che ci fai qui?» l’apostrofò Bryhn, con un sorriso.
«Pausa... ci hanno concesso dieci minuti di respiro...» ansimò lei.
«Non mi dirai che sei già stanca, eh?» ghignò l'altra.
Tiara ringhiò. «La fai facile, tu!» ribatté. «Non sei tu che devi farti l’esame sotto questo maledetto sole!»
La mora ridacchiò. «Io ne ho fatti tre sotto la pioggia, e due sotto un sole non meno caldo di questo. Solo l’ultimo esame l’ho fatto in condizioni climatiche normali.»
Tiara osservò l’amica con un pizzico d’invidia. Bryhn aveva completato già da tempo l’addestramento; da ben più di un anno, per l’esattezza. A dire il vero, il percorso formativo di Bryhn era stato parecchio più rapido del normale, da quando era entrata oltre tre anni prima, ma del resto nemmeno la sua abilità era normale, e di questo si erano accorti tutti gli istruttori. Costringerla a seguire il regolare andamento delle lezioni per lei sarebbe stata una tortura, perciò Aldred aveva caldamente consigliato i suoi sottoposti e collaboratori di fare uno strappo alla regola. Come era stato per Gart, dopotutto. Quei due erano talmente in gamba da non poter sottostare alle comuni regole che valevano per gli altri studenti.
E ora Bryhn e Gart erano a loro volta istruttori. Nessuno dei due aveva voluto lasciare l’Accademia, per il momento. Bryhn, molto onestamente, aveva ammesso che le dispiaceva troppo separarsi così presto dai loro amici, in particolare Tiara, per quanto riguardava lei. E anche Lavian, ma questo a Gart non l’aveva detto, visto il rapporto, o meglio il non-rapporto, che intercorreva tra i due.
«Non è giusto!» esclamò Tiara. «A me toccano ancora due esami! Sempre che passi questo, ovvio!» Sbuffò.
Bryhn rise. «Ma sì che lo passi, sta’ tranquilla!» replicò, battendole colpetti d’incoraggiamento sulla schiena.
«Speriamo!» sospirò Tiara.
«Come, speriamo? Ti ho dato ripetizioni io!» finse di offendersi Bryhn.
Tiara rise. «Hai ragione. Chissà come se la sta cavando Lavian. Per fortuna Gart è stato spedito ad esaminare i novellini di sesto livello, altrimenti...» ghignò.
Bryhn ridacchiò con lei. «E Itess come se la sta cavando? Io ho appena finito di esaminare quelli di settimo, perciò non l’ho vista.»
«Abbastanza bene, direi. Rimani a guardarci, ora?»
Bryhn annuì, scostandosi una ciocca di capelli. Erano di nuovo troppo lunghi, doveva tagliargli; le sfioravano le spalle, ormai, solleticandole la pelle. «Ehi, ti stanno chiamando. Gli esami riprendono!»
Tiara sospirò in modo teatrale, voltandosi per tornare nel campo.
Bryhn la seguì a distanza, osservandola mentre raggiungeva i compagni e si apprestava con loro a riprendere le prove. Itess disse qualcosa e Tiara le rispose ridendo; Bryhn sorrise di riflesso. Con loro avrebbe dovuto esserci anche la piccola, timida Liira, ma la bionda fanciulla aveva abbandonato la strada delle armi per dedicarsi al sacerdozio. Attualmente era apprendista, nella sua città natale, in un tempio di Neriene, la dea che proteggeva i combattenti. Sempre in ambito militare, quindi, ma con uno scopo diverso dal diventare una pura e semplice guerriera.
Le sembrava passata un’eternità da quando era entrata all’Accademia. Altre volte, invece, le pareva di essere appena arrivata. Scosse la testa, smettendo di riflettere su quelle cose. Si concentrò sull’esame delle amiche, chiedendosi nel frattempo quando sarebbe finito l’esame per il quinto livello, quello sovrinteso da Gart.
Non vedeva l’ora di riabbracciarlo. Eppure erano trascorse soltanto due ore da quando lo aveva visto. Ma non poteva farci niente. Anelava alla sua vicinanza. Ormai, per lei, era come l’aria stessa che respirava.

«No. Non ci siamo.» Gart scosse il capo, scacciando dal campo un altro allievo. «Se non siete in grado di sostenere questo esame, non presentatevi nemmeno!»
Era ormai un uomo, il ragazzone che aveva ammaliato Bryhn quasi tre anni prima. Un istruttore attento e severo, dagli occhi neri come la notte e capelli, sempre più lunghi, del medesimo colore. Aveva un aspetto rozzo, con quel principio di barba lasciato volutamente incolto e quell'espressione corrucciata che riservava ai poveretti che gli capitavano davanti.
«Forza, vieni tu» ordinò, indicando a caso nel gruppo di aspiranti, il quale fu percorso da un unico tremito. «Allora? Non ho tutto il giorno!»
A malincuore, un ragazzo uscì dal gruppo e si preparò. Essere esaminati da Gart era considerata ormai una delle peggiori prove che potesse capitare nell'Accademia; una prova, però, che avrebbe garantito onore e orgoglio a chiunque fosse stato in grado di superarla.
Fu in quel momento che Bryhn sopraggiunse. Aveva assistito alle ultime prove di Tiara e Itess, accertando coi propri occhi che le due avrebbero sicuramente passato l’esame, perciò non si era soffermata a vedere gli altri e a sentire i soliti sermoni finali dell’istruttore sul fatto di impegnarsi sempre, e così via. Con un sorriso divertito sulle labbra, si avvicinò a Gart esclamando: «Dovresti smetterla di terrorizzarli, poverini! Grande e grosso come sei, fai già paura. Se gli ringhi anche in quel modo li farai scappare a gambe levate! Così svuoti l’Accademia!»
Impercettibile, un sospiro di sollievo fuoriuscì dai petti di tutti i giovani allievi. Sapevano, come tutti lì dentro, che la compagna di Gart era l’unica in grado di raddolcirlo, facendolo trasformare da feroce lupo a docile pecorella. Un paragone che lui certamente non avrebbe apprezzato; di conseguenza tutti si guardavano bene dal lasciarsi sfuggire anche una sola parola, pur non impedendosi di pensarlo.
Ora speravano che, con Bryhn vicina, il severo Gart sarebbe stato meno tremendo.
«Se hanno paura di me, che faranno in battaglia?» replicò lui, mantenendo un tono freddo. Ma già un sorriso intenerito ne aveva distorto i severi lineamenti e un suo braccio si era mosso per stringere con affetto la donna.
«Credo che una battaglia farebbe loro meno paura di quanta gliene fai tu» affermò la ragazza. Si alzò in punta di piedi per sussurrargli all’orecchio: «E poi, sono solo ragazzini. Se li demoralizzi così già adesso... Non sono mica come ero io!» Ridacchiò, riappoggiando i talloni per terra.
Gart mugugnò qualcosa. Quindi, decisamente più rabbonito, raggiunse il tremante cadetto, per sottoporlo alla sua prova. Che quello superò con onore, come molti altri.

Quella sera si ritrovarono alla locanda per festeggiare il passaggio di grado di Tiara e Itess. Lavian, pur avendo anch’egli superato il proprio esame, non era presente per ovvi motivi.
Bryhn alzò il suo boccale di idromele per un brindisi. «Alla vostra, ragazze! E al vostro avanzamento di livello!» «A noi!» esclamò Tiara, già piena di allegria prima ancora di aver bevuto una sola goccia.
«A noi!» le fece eco Itess, alzando anch’ella il boccale.
«Mi propongo volontario per eventuali festeggiamenti a sfondo erotico!» fece il suo brindisi Gart, sollevando il bicchiere e preparandosi a parare gomitate da parte di Bryhn. Con il passare del tempo la sua gelosia si era levigata, trasformandosi in fiducia; però stuzzicarla ogni tanto non faceva certo male...
Bryhn stava già per tirargli un calcio nello stinco, anziché la gomitata prevista da lui, ma Gart fu salvato, almeno momentaneamente, dall’intervento di Tiara, la quale saltò giù dallo sgabello e s’infilò rapida fra l’amica e il di lei uomo.
«Dici sul serio, Gart?» miagolò. «Sarebbe interessante!» Bryhn non poté far altro che spalancare gli occhi azzurri, indecisa su chi ammazzare per primo fra il fidanzato e la migliore amica.
Gart sorrise divertito. Era anche grazie a Tiara se la sua Bryhn era cambiata, trasformandosi da una specie di riccio predisposto all'omicidio ad una bella e allegra guerriera. «La mia donna si dichiara d'accordo?» s'informò, scoccando un occhiolino all'interessata.
Bryhn li squadrò con gli occhi socchiusi. «È troppo chiederti di non provarci con la mia migliore amica davanti a me?» bofonchiò. Poi fece spallucce. «Va bene, vorrà dire che anch’io mi cercherò altra compagnia...» buttò lì, con aria maliziosa.
Gart scostò gentilmente Tiara, alzandosi e raggiungendo Bryhn; le si inginocchiò davanti, gli occhi neri resi più brillanti del solito dall'alcol. «Uhm, devo andare a recuperare le armi in Accademia per difendere l'onore della mia donzella?» s'incuriosì, non resistendo all'impulso di prenderle una mano tra le proprie. Era più forte di lui, quando l'aveva vicina doveva toccarla, tenerla stretta, come se lei potesse sfuggirgli da un momento all'altro.
«No, direi di no» rispose lei. «A meno che... sì, in effetti c’è qualcuno che attenta alla mia virtù: un ragazzo alto, bellissimo, con capelli e occhi neri... sbruffone, arrogante, orgoglioso...» Si interruppe con un sorrisetto. Tiara e Itess soffocarono una serie di risatine.
«Magnifico, imbattibile, splendente come il Sole...» l'aiutò nell'elenco Gart, prima di scuotere il capo con aria sconsolata. «Mi dispiace, ma contro costui non posso nulla: dovrete concedergli la vostra virtù!»
«E sia!» disse Bryhn, altrettanto melodrammatica. «Affronterò con coraggio il mio destino!»
A quel punto Tiara esplose in una risata divertita, subito seguita da Itess e anche da Bryhn.
Quest’ultima smise quasi subito, osservando Gart con un sorriso dolce e occhi in cui brillava chiaramente una luce innamorata.
«Aaah» fece Itess, ghignando. «Ancora un po’ e producono miele!»
«Ci stiamo adoperando anche per quello» avvisò Gart ammiccando. «Lerath avrebbe già messo su una rivendita, per guadagnarci qualcosa!» rise, anche se il suo cuore, al ricordo dell'amico partito ormai da tempo, fu colpito dal dolore della nostalgia. Di riflesso, Bryhn strinse più forte la mano di Gart che teneva la sua.
«Sicuramente!» confermò Tiara, con un risolino. Poi guardò Itess, con una strana espressione birichina negli occhi di brace. L’altra ricambiò lo sguardo, e sembrò annuire impercettibilmente.
«A quando il matrimonio?» domandarono in un coro pressoché perfetto, con un gran sorriso sui volti ricolmi di allegria.
Gart sbarrò gli occhi sbalordito. «Ma...» tentò di protestare. «Ma... io...» Tacque, inghiottendo saliva. «Volevo chiederglielo dopo, Tiara! Hai rovinato la sorpresa!»
«Oooops...» fece la rossina, facendo una piccola linguaccia. «Ehi...» aggiunse subito dopo, indicando Bryhn. La ragazza era immobile, con gli occhi sgranati in un’espressione di pura sorpresa. «Co... co-cosa volevi... chiedermi?» balbettò.
Tiara guardò Gart, con un sorrisetto. «Beh, sei ancora in tempo a domandarglielo, no? Magari da un’altra parte» suggerì. «Qui non è molto romantico!»
«Che importa dove? Volevo farle una sorpresa» ripeté affranto il poveretto, scuotendo il capo. «Insomma! Volevo chiederglielo dopo e... Bryhn, tutto bene?» domandò, osservando con aria apprensiva lo sguardo fisso della compagna.
«No» rispose lei. «Cioè, sì! Voglio dire...» Abbassò le spalle, con gli occhi sempre spalancati e pieni di stupore. «Non lo so...»
Tiara chinò il capo con aria contrita. «Scusa, Gart...» mormorò. «Non immaginavo...»
«Non ti preoccupare.» Gart le rivolse un ghigno malefico. «Avrò tempo, per parlarne con te. Tra quanto pensi di sostenere il tuo prossimo esame?» Ma non v'era reale minaccia, nei suoi occhi. Solo dispiacere. «Bryhn... vorresti parlare un po' con me?» azzardò, sempre preoccupato per la sua salute psicofisica. La ragazza si limitò ad annuire, troppo sbalestrata per parlare. «Vieni...» Lui la prese, abbracciandola con gentilezza e conducendola all'esterno. «Hai bisogno di aria fresca.»
Si fermarono nei pressi di un piccolo giardino, niente più che un minuscolo raggruppamento di alberelli a poca distanza dalla locanda. In cielo brillava un’ampia falce di luna crescente, che spandeva una dolce luce azzurrina su ogni cosa. Rimasero in silenzio per diversi minuti, mentre Bryhn cercava di raccapezzarsi.
Finalmente la ragazza si decise ad aprir bocca. «Beh... di cosa vuoi parlarmi?» domandò in un sussurro quasi intimidito, tenendo il volto chino.
«Ormai lo sai. Mi hanno rovinato la sorpresa» replicò con voce quasi di bimbo viziato.
«Beh, sì... però...»
Il silenzio ricadde come un velo, impalpabile eppure presente. Solo una lieve brezza lo rompeva, facendo frusciare le foglie degli alberi.
Bryhn si afferrò una ciocca di capelli, attorcigliandola intorno ad un dito. «In effetti, è stata una sorpresa... però...» Si azzardò a lanciargli un’occhiata, riabbassando subito il viso. «Davvero stavi...» Deglutì, impacciata. «Stavi per... chiedermelo?»
Gart l'afferrò per la vita, attraendola dolcemente a sé. «Sì, stavo per farlo» confermò. «A dire il vero, te l'avrei chiesto sin dal primo giorno in cui ti ho vista. Ma forse mi avresti ucciso, se l'avessi fatto. Ricordi che bell'incontro?» Sorrise, riportando la memoria al loro primo duello, agli sguardi omicidi di lei, all'umiliazione che lui le aveva procurato. «Sei... speciale. Unica. Non credevo potessero esistere donne come te. Ti voglio al mio fianco, per sempre.» Scese su di lei, poggiandole un bacio sulla fronte abbassata. «Vuoi sposarmi, Bryhn? Vuoi essere mia per il resto della tua vita?»
La ragazza rimase in silenzio per un poco, sentendo il cuore che le batteva talmente forte da rimbombarle in testa. Avvertiva uno strano senso di vertigine e si sentiva ancora un po’ frastornata, ma felice, e finalmente capiva cos’avesse provato Rhiluee quando Khalar l’aveva chiesta in sposa. Risollevò il volto, guardandolo negli occhi, e il senso di vertigine sembrò aumentare. Dovette aggrapparsi a lui, poiché le parve che le gambe stessero per cedere all’improvviso. Gli sorrise, prima di alzarsi in punta di piedi e baciarlo sulla bocca. «Con tutta me stessa» rispose infine.
Gart sorrise con aria folle. La baciò, poggiandole le labbra sulle palpebre, sulle guance, sul collo... sulla sua bocca, che quasi divorò. «Bryhn...» sussurrò, avvolgendola ancora più tra le sue braccia.
«Ti amo» bisbigliò lei. «Da impazzire.» Si strinse a lui, passandogli una mano dietro la nuca, infilando le dita fra i lunghi capelli, e ricambiò quei baci. «Ma... sei sicuro di volermi sopportare per tutta la vita?» scherzò.
«Mmh...» Lui si staccò, fissandola con ironia. «Se tu sopporti me, allora siamo a posto.» Tornò ad abbracciarla, perdendosi nell'aroma dei suoi capelli. «Non m'importa dove lo faremo. Decidi tu.»
«Oh.» Bryhn aggrottò appena le sopracciglia, pensierosa. «Non saprei...» Tornò con la memoria al giorno in cui Rhiluee e Khalar si erano sposati, con un semplice scambio di promesse davanti a lei come testimone, in una piccola radura nel bosco. Pensò che non le sarebbe dispiaciuta una cerimonia simile, semplice e tranquilla. «Davvero, così su due piedi non saprei che dire» ribadì. «Di sicuro, però, dobbiamo dirlo a Rhil e a Sigil!» esclamò, entusiasta.
«Il piccolo Sole forse morirà di gelosia» rise Gart, mettendole un braccio attorno alle spalle. «Sarebbe bello rintracciare anche Lerath... ma è impossibile.» Fece spallucce. «Vorrà dire che brinderemo a lui, immaginandolo sbronzo e in compagnia di quattro o cinque splendide fanciulle!»
«Non ci vuole un grande sforzo d’immaginazione» ridacchiò Bryhn. Poi si fece seria e lo abbracciò con dolcezza. «So che lo vorresti al tuo fianco, anche se di certo tenterebbe di dissuaderti.» Una breve risatina fece capolino.
«Comincerebbe a saltellare e a strillare che sono pazzo.» Gart scosse il capo, con un sorriso malinconico. «Sarebbe la peggiore compagnia, per una cerimonia simile. Però l'adorerei lo stesso.» La osservò, perdendosi nella contemplazione dell'oggetto del suo amore. «Se non ti avessi incontrata, ora sarei con lui... ma avrei un'enorme vuoto in me. Sei l'aria che respiro, Bryhn. Dopo due anni, ancora sento di non poter vivere senza te. E lo sentirò per sempre.»
La giovane deglutì, commossa. Le emozioni le turbinavano nell’animo come un vento in tempesta. Spostò una mano per accarezzargli il volto, reso ruvido dall’accenno di barba, e sorrise, con gli occhi lucidi. «È lo stesso per me. Sei... sei la mia vita, Gart. Il solo pensiero di starti lontana mi annienta. A dire il vero, un po’ questo mi spaventa... ma mi rende anche così felice! Con te mi sento completa» sussurrò. «Sento che non ho nient’altro da desiderare.»


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Spero vi sia piaciuto anche questo. Ovviamente siete autorizzate/i a dirci se qualcosa non vi convince, anzi, ve lo chiedo: se trovate degli errori, o se qualcosa vi sembra incongruente, e così via, ditecelo. Non temiate di offenderci. ^^
Saluti, alla prossima.

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Capitolo 35
*** Felicità infranta ***


Rieccomi dopo tanto! Ormai non potevo più dilungarmi, dato che ho ricevuto minacce se non avessi aggiornato. E poiché chi mi ha minacciato sa dove abito... ù_u"""
Tuttavia, prima di postare, ho dovuto ultimare i preparativi per il viaggio mio e di Maura verso località ignota e, soprattutto, mooooolto lontana.
Buona lettura, io vado a recuperare la valigia! ^o^


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Caressed by the sharpest knife
I asked you to be my wife.
Rays of the setting sun
Were my tears wept upon promises undone.
(Nightwish – Astral romance)



Gart, per una volta il primo a svegliarsi, strinse maggiormente a sé la donna. La sua donna.
Mi sposo, pensò stupefatto. Lerath, amico... oh, mi sto per sposare. Sì, sono pazzo. Baciò la fronte di Bryhn, contemplando il suo volto addormentato. Se mio padre mi vedesse innamorato di un'umana... Se quel dannato demone lo avesse trovato in tenere effusioni con una donna, se avesse anche solo intuito la debolezza che lui si era concesso donando tutto se stesso a lei, li avrebbe uccisi entrambi. Ma quel genitore mai padre era ormai una lontana ombra, sepolta nella coltre dei suoi ricordi. Il suo sangue scorreva in lui, sì, ma non gli avrebbe mai più impedito di essere felice. Gart ne era certo.
Bryhn emise un lieve mugolio, prima di aprire gli occhi e sfregarseli per scacciare le ultime nebbie del sonno. Li posò su Gart, sorridendo dolcemente. «Buongiorno...» mormorò.
«Buongiorno a te» rispose lui. «Stavo pensando che in giornata potremmo partire, e andare a trovare le due signorine» propose. «Che ne diresti?»
«Uhm...» Lei ci rifletté, poi disse: «Domani mattina. Oggi ho voglia soltanto di stare con te, senza pensare ad altro.»
«Bene.» Lui, seppur a malincuore, sciolse il loro abbraccio. Scese nudo dal letto, cercando i propri abiti. «Allora, intanto, sarebbe il caso di comunicare la nostra decisione agli altri, no?»
«Certo, va be...» Bryhn si bloccò e lo guardò spalancando gli occhi. «Ehi, un momento! Vuoi farlo sul serio?!»
Gart s'infilò i pantaloni, consapevolmente dimentico di coprire il torace. Quindi, fischiettando, aprì la porta del loro rifugio, uscendo con aria spavalda.
Bryhn si alzò in fretta per seguirlo, ma si fermò appena in tempo per non uscire nuda. Imprecando, indossò rapida pantaloni e canottiera, dopodiché aprì la porta e varcò l'uscio. «Gart, pezzo d’idiota! Torna indietro!!» strepitò, guardandosi intorno. Ma del giovane non c’era già più nessuna traccia. «Accidenti a lui!!» Decise di tentare la carta della fortuna e si avviò verso il refettorio. Vista l’ora, era probabile che fossero ancora tutti lì, o quasi.
In effetti, Gart era in mensa. Per la precisione, stava in piedi su uno dei lunghi tavoli e stava schiarendosi la gola. Purtroppo per Bryhn, la ragazza arrivò troppo tardi per poterlo fermare. Non poté far altro, dopo l'irruzione nella sala, che gridare: «Razza di cretino!»
«Oh, giusto lei!» Gart la indicò con un teatrale gesto del braccio, cosicché l'attenzione comune si spostasse sulla nuova arrivata. «Verrò ucciso per ciò, ma volevo condividere con voi la nostra gioia.» Scese dal tavolo, raggiungendo una Bryhn pericolosamente prossima all'omicidio preceduto da lunga tortura, e, come il domatore infila la testa nella bocca del leone, la strinse a sé sotto lo sguardo dell'intera Accademia. «Ci sposiamo!» annunciò a pieni polmoni.
Nella sala cadde il silenzio assoluto, mentre tutti i presenti dilatavano gli occhi per la sorpresa.
«Perché devi essere sempre così... esagerato?» gemette la ragazza.
Il silenzio si protrasse ancora per diversi, lunghissimi secondi. Infine fu spezzato da Tiara e Itess, le uniche già a conoscenza della cosa, le quali si esibirono in allegre esclamazioni di giubilo e congratulazioni. Ad esse seguirono poi applausi e fischi rallegrati da parte di molti allievi, mentre altri esibivano espressioni di perplessità e stupore. Molti si lasciarono andare agli scherzi.
«Ehi, Gart! Alla fine l’hai spuntata, eh?» esclamò qualcuno.
«Bryhn, sei sicura di volerlo fare? Sposare quel pazzo? Sei ancora in tempo a cambiare idea!»
«Incredibile! Bryhn, non ti ci vedo nella parte della sposina, sai?»
Unico a non partecipare di quella festosità collettiva fu Lavian. Senza dire una parola si alzò e abbandonò il refettorio. Bryhn non se ne accorse, impegnata a tenere la faccia contro il petto di Gart, in attesa che il rossore dell’imbarazzo scomparisse, ma Tiara sì. Lo seguì con lo sguardo finché non uscì e sbuffò, scuotendo la testa.
«Ho vinto, ho vinto!» confermò allegramente Gart, tenendo Bryhn contro di sé. «Chi la dura, la vince! E io, modestamente» completò la perla di saggezza, «sono un duro.»
«U-uh!» esclamò Tiara. «Parlando di cose dure...»
«TIARA!!!» sbottò Bryhn, saltandole sulla voce e impedendole di continuare. In viso era più rossa di un sole al tramonto e lei si rituffò di nuovo contro il petto di Gart. Esplose una risata generale, intervallata da battute e lazzi vari.
«Ehi, Gart, possibile che la tua bella sia ancora così timida?» domandò un ragazzo del 2° livello, sghignazzando.
«Te la sogneresti, una bella così» replicò Gart, con aria astuta. «Domani partiremo, per celebrare la nostra decisione. Augurateci ogni felicità, piuttosto.» Fece l'occhiolino, felice che il suo buon umore fosse stato esteso ad ogni membro dell'Accademia.
«Puoi contarci!» esclamò un altro allievo. «Forza, un brindisi ai due piccioncini!»
«Un brindisi?» ribatté un altro, ridendo. «E con cosa? Con il latte?»
«Di sicuro sarebbe originale!» commentò un terzo.
Bryhn si ritrovò a sorridere. «Dài, mangiamo qualcosa anche noi» disse. «Tutto il movimento di stanotte mi ha messo fame...» gli bisbigliò all’orecchio.
Intanto il curioso brindisi andava consumandosi, con i presenti che alzavano i boccali di latte o acqua in aria, facendoli cozzare fra loro.
«Alla nostra!» ruggì Gart, il quale, più originale di tutti, aveva alzato un calice immaginario. Quindi seguì Bryhn, sedendo accanto a lei, tra le pacche amichevoli degli altri cadetti.

La mattinata trascorse più o meno come le altre, con l’unica variazione degli istruttori che, venuti a conoscenza della notizia – diffusasi decisamente in fretta – si congratularono con i loro due compagni, chiedendo quando sarebbe avvenuto il felice evento. La risposta che ottenevano era che ancora non si era deciso. Infatti, prima i due giovani volevano informare la famiglia di Bryhn, e poi stabilire una data.
Durante il pomeriggio, vi furono i soliti allenamenti e gli allievi affidati a Gart beneficiarono del suo buonumore, evitando strapazzi vari, poiché il giovane fu assai benevolo nei suoi rimproveri.
Bryhn andò a chiedere ad Aldred il permesso di partire e, com’era ovvio aspettarsi, il Comandante glielo concesse subito. Non prima, però, di essersi congratulato anch’egli per la bella notizia.
Il giorno dopo, quello stabilito per la partenza, giunse infine. Gart e Bryhn, con le sacche già pronte, non dovettero far altro che sellare i cavalli e montarci sopra.

°§°§°


«Domani saremo arrivati!» esclamò Bryhn vivacemente, mentre percorrevano al passo il sentiero che attraversava il bosco. In quel luogo il terreno era troppo sconnesso e pieno di radici affioranti per far andare i cavalli ad un’andatura più veloce.
La ragazza si scostò una ciocca dalla fronte sudata. Faceva molto caldo, l’afa impregnava l’aria, ma per fortuna le fronde degli alberi smorzavano il calore dei raggi solari che filtravano tra esse.
Bryhn si girò a guardare Gart, che cavalcava al suo fianco. «Chissà come reagiranno!» si chiese, eccitata come una bambina. «Rhiluee come minimo si metterà a piangere di gioia!» ridacchiò. «Sì, sarà senz’altro felice! Anche se forse non ci crederà che ho acconsentito a sposarti. Ha sempre pensato che io non volessi aver nulla a che fare con cose come queste!» Rise ancora, gaiamente. «Ancora non ci credo! Noi due ci sposeremo! Mi sembra così... così strano!» considerò, scuotendo la testa con un’espressione spensierata negli occhi azzurri. E finalmente interruppe la sua parlantina.
«Sì, ci sposeremo» confermò Gart, con un sorriso allegro. «È davvero...» Stava per dire incredibile, ma poi si accorse che incredibile non era: da tempo, ormai, bramava di prendere Bryhn in sposa. Si era già abituato a quell'idea. «Fantastico!» concluse, lieto di aver trovato il termine adatto.
Bryhn fece accostare Biancapezza al cavallo di Gart e si sporse per baciare il ragazzo. «Hai mica deciso il giorno? E il luogo? Dove ci sposeremo? Tu hai qualche idea?» domandò ininterrottamente, garrula e quanto mai esuberante. «Dobbiamo decidere! Così possiamo dirlo a Rhil!»
«Te l'ho già detto, di questi particolari non m'importa poi molto.» Gart fece spallucce, sapendo che, spesso, le donne avevano loro precise idee circa date e luoghi dei matrimoni, e che provare a modificarle poteva non essere piacevole. «Se vuoi deciderli tu, a me sta bene.» Le sorrise, tenendo le briglie con una mano sola e usando l'altra per carezzarla sul capo. «Mi basta che sia al più presto.»
Bryhn gli ricambiò il sorriso, poi tornò ad osservare il sentiero di fronte a loro. Si sentiva euforica, canticchiava fra sé e non riusciva a stare quieta. Quasi saltellava sulla sella, con poca gioia di Biancapezza. A vederla così, non sembrava una giovane quasi ventenne in procinto di sposarsi.
Un cerbiatto attraversò il sentiero una decina di metri davanti a loro. Si fermò un solo istante, fiutando l’aria, poi scappò via, saltando agilmente al riparo degli alberi. Sugli alberi alcuni uccellini cinguettavano allegramente, sfidando l’afa estiva.
Bryhn intravide anche un leprotto nascondersi velocissimo dietro un cespuglio. Sorrise, piena di contentezza, convinta che nulla avrebbe potuto scalfire, e tanto meno infrangere, quella felicità.

Una certezza che fu rotta presto e senza pietà, il mattino successivo. Arrivarono all'abitazione di Rhiluee e Sigil senza passare per il villaggio, ma, già a distanza, gli occhi di Gart, più acuti di quelli di un uomo normale, distinsero la tragedia. Per un attimo credette di aver preso un colpo di sole. Per un attimo fu davvero convinto di avere le allucinazioni. Ma poi, purtroppo, dovette prendere atto della realtà. «Oh, MERDA!» esclamò, dando potenti colpi di tallone al fianco del proprio cavallo, incitandolo a partire al galoppo, seguito da Bryhn.
Raggiunse il casolare e lì fu costretto a rallentare di colpo. Quella magnifica, piccola e semplice casupola ove dimorava la sua nuova famiglia era adesso nera ed orrenda come il peggiore degli incubi. Alcune piccole lingue di fiamme ancora ne divoravano le pareti crollate, in un quadro raccapricciante. E di fronte ad essa...
L’urlo disperato di Bryhn lacerò l’aria.
Davanti ai suoi occhi increduli e sconvolti si presentava un’immagine terribile. Immobilizzata dall’orrore, tremante, Bryhn osservò il corpo della sorella pendere dal vecchio noce che cresceva a poca distanza dalla casa, impiccato ad uno spesso ramo.
«RHILUEE!!» La ragazza prese a correre verso la sorella. Inciampò e ruzzolò sul terreno, ma si rialzò e riprese a correre. Quando la raggiunse rimase ferma a guardarla, scuotendo il capo inorridita. «No...» mormorò, ripetendo più volte quella parola, come se così facendo potesse negare quell’atroce realtà.
I lunghi capelli biondi, un tempo così luminosi da sembrare fili d’argento, erano sporchi e scarmigliati, e nascondevano il viso della giovane donna. La lunga tunica era sporca, lacera e ricoperta di sangue. Sulle braccia nude e sulle gambe si vedevano lividi e graffi.
Gart scese lentamente da cavallo, come se si stesse muovendo in un incubo. Uno di quegli incubi dove i movimenti sono rallentati dall'aria spessa come il miele. Raggiunse Bryhn, senza riuscire a staccare gli occhi di dosso al cadavere. Aveva visto dei morti, ne aveva visti molti... ma nessuno lo aveva mai colpito come fece questo. Ruggì di dolore, stringendo Bryhn tra le proprie braccia.
La ragazza non si mosse per un po’, continuando a fissare il corpo oscillante della sorella con occhi sbarrati e ricolmi di doloroso orrore. Poi si divincolò piano da Gart e raggiunse il tronco dell’albero, a cui era fissata la corda. La recise con il pugnale, segando un filo dopo l’altro. Il cadavere di Rhiluee cadde al suolo con un tonfo sordo e Bryhn, dopo essersi avvicinata, si accasciò di fianco ad esso.
Allungò le braccia tremanti e afferrò quel povero corpo martoriato, stringendolo e piegandovisi sopra. Fu allora che il pianto sopraggiunse: dopo che Bryhn sentì quella pelle fredda a contatto con la propria, e non sentì battere il cuore. Dopo che vide gli occhi spalancati e fissi nell’eternità della morte. Senza lasciare la sorella, rizzò di scatto la schiena e piegò il capo all’indietro, lanciando un grido di rabbia e angoscia. Poi tornò ad abbattersi, piangendo disperatamente.
Gart fu il primo a riscuotersi, a cercare coerenza in tutto ciò. Vi era un particolare che mancava, e se ne rese conto con un nuovo tuffo al cuore. «Dov'è Sigil?» mormorò, voltando istintivamente il capo verso la casetta quasi completamente distrutta dalle fiamme.
Bryhn s’irrigidì e rialzò la testa. «Sigil!» esclamò con voce soffocata. Dea, no! Non puoi avermi strappato anche lei! Quasi a fatica, adagiò delicatamente il corpo senza vita di Rhiluee e si rialzò. Si diresse verso le rovine della casa con passo barcollante, come ubriaca, e con un terrore sempre più intenso al pensiero di ciò che avrebbe potuto trovare. E che era quasi certa di trovare. La speranza sembrava essere svanita dal suo cuore.
Avanzò fra le macerie fumanti, incurante del calore che emanavano. Gart la seguì, angosciato quanto lei. Bryhn si chinò a spostare una trave annerita, con aria frenetica, ma sotto non vide nulla. Si rimise diritta, riprendendo a cercare, e Gart con lei. Ma non trovarono nulla.
Fra le macerie, non c’era traccia della bambina.
«Non c’è...» mormorò Bryhn. Si voltò a guardare Gart. «Non c’è» ripeté, con una vaga, vaghissima speranza negli occhi.
Gart l'afferrò per le braccia, costringendola a guardarla negli occhi. «Forse è scappata» dedusse, anche lui attaccato a quell'ultima, flebile speranza. «Dove potrebbe essere andata? Hai idee?»
«N-non... non so dove possa essere andata!» gemette la giovane. «È solo una bambina! Ed è cieca! Come può essere scappata?»
«Qui non c'è» ripeté Gart, guardando ancora febbrilmente tra i resti fumanti della casa. «SIGIL!» chiamò, mettendo le mani ad imbuto attorno alla bocca. Fu allora che anche lui crollò, ed una sola lacrima, bruciante come fuoco, gli solcò una guancia, estinguendosi alla base del collo.
Bryhn gli si appoggiò contro, lasciandosi nuovamente andare al pianto.
Uno strano furore lo colse, e strinse la sua donna più del dovuto. «Troverò chi è stato» assicurò, a bassa voce.


^*^*^*^*^*^*^*^

Data astrale 2009.05.21
Luogo imprecisato di un pianeta imprecisato di una galassia imprecisata

Immagino ci starete odiando, ma credetemi: mai quanto i nostri stessi personaggi... ù_u
Ci ha fatto male dover preparare quel pezzo, ma non potevamo evitarlo. Esigenze di trama, purtroppo; l'evento fa parte del passato di Bryhn, non potevamo modificarlo. Non odiateci! ç__ç
Dopo aver visto i commenti entusiasti per il matrimonio di quei due, ho cominciato a pensare: "Ok, dopo il prossimo capitolo ci ammazzano...^^''' "
Per questo ci siamo premunite. ^.^
Da questo luogo sperduto nel multiverso, vi rimando al prossimo aggiornamento.
Ciaoooo!

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Capitolo 36
*** Furia che distrugge ***


Buondì. Sono felice che abbiate apprezzato il capitolo.^^ In effetti, mi rendo conto che in questi ultimi capitoli eravamo un po' troppo sul "pucci-pucci", però... be', diciamo che ora ci controbilanceremo. Penso. XD
Buona lettura!


^*^*^*^*^*^*^*^*^*^


...everything burns
While everyone screams
Burning their lies
Burning my dreams.
All of this hate
And all of this pain
I'll burn it all down,
As my anger reigns
'Till everything burns.

(Anastacia – Everything burns)



«Cosa fate qui?» domandò all’improvviso una voce dura e sgradevole.
Bryhn spostò la testa per guardare, riconoscendo subito uno degli abitanti. «Jergarr...» ringhiò, fissandolo con odio. Si staccò di colpo da Gart e scattò verso l’uomo. Il fatto che impugnasse un forcone non la preoccupò minimamente. Gli fu addosso in un attimo, con un grido di rabbia feroce simile a quello di una bestia ferita. Lo slancio fu tale che riuscì a buttarlo a terra, malgrado l’uomo fosse assai massiccio, e lei gli serrò le mani sul collo. «Cos’avete fatto?!» urlò. «COSA?! Dov’è Sigil?! Dov’è?! Dimmelo, o ti spezzo il collo, quant’è vera la Dea!»
Gart giunse da dietro. O meglio, giunse la grande lama della sua spada bastarda, che puntò sul volto dell'uomo immobilizzato da Bryhn. «Voi avete fatto questo?» sibilò, con una voce talmente spaventosa e fredda da non poter essere la sua. I suoi occhi brillarono di un alieno riflesso rossastro.
La ragazza non vi fece caso. Mollò la presa quanto bastava per lasciar parlare l’uomo.
Questi tossì un poco, scrutandoli entrambi con una strana espressione. Sembrava folle. «Sì, siamo stati noi!» confermò. «Quella strega lo meritava! È vissuta anche troppo, doveva morire già molto tempo fa!»
«Mia sorella non era una strega!!» gridò Bryhn, gli occhi pieni di collera e lacrime.
«Sì, la era! Una dannatissima strega e sgualdrina!» rincarò Jergarr, che affermando quelle cose si stava condannando a morte certa. «Ci stava uccidendo!! Ci avrebbe uccisi tutti!! Ma ora non potrà più farlo!» Nei suoi occhi brillò una luce molto simile all’invasamento.
Gart affondò la spada, immergendola nella gola dell'uomo. Un generoso, rosso fiotto di sangue ne fuoriuscì, inzuppando il terreno. Il contadino ebbe appena il tempo di gorgogliare qualcosa di incomprensibile, che già il mezzo demone aveva ritirato l'arma, affondandogliela nel torace. La ritirò una seconda volta, e il popolano, dopo un sobbalzo, ricadde a terra morto.
Bryhn si rialzò, sentendosi mancare il respiro per la furia che aveva dentro e per il pianto che non cessava.
Uno strillo di donna si levò. «Hanno ammazzato Jergarr!! Dea, proteggici! L’hanno ucciso!!»
«Guardate! È Bryhn! È l’altra strega! È tornata!» esclamò qualcun altro.
I due giovani sollevarono lo sguardo, scorgendo tre abitanti di Radryn che li osservavano con orrore. I loro richiami fecero accorrere altri popolani. Tutti iniziarono ad avvicinarsi, pur tenendosi ad una certa distanza, intimoriti dal guerriero che affiancava la ragazza.
«Era andato a controllare perché aveva visto gente lì intorno!» riprese a strillare la donna. «Perché l’ha fatto?! Perché?!»
Bryhn tremò. «Perché?» ringhiò. «Voi osate chiedere perché?! Che la Dea vi maledica per quel che avete compiuto!!» urlò poi, con tutto il fiato che aveva in gola.
«Abbiamo agito come dovevamo! Tua sorella aveva evocato una pestilenza per ucciderci tutti!» sbraitò uno dei nuovi arrivati. «Ha decimato il villaggio! Doveva morire! Solo così ci saremmo potuti salvare!»
«Menzogne!! Rhiluee non era in grado di far ciò!! E non l’avrebbe mai fatto!!» In quel momento Bryhn avrebbe voluto possedere la magia; desiderò con tutta se stessa quel potere che le avrebbe permesso di spazzarli via, dal primo all’ultimo. «Siete voi a non meritare di vivere!! Che la morte vi prenda tutti, maledetti!! Tutti!! Che il male che avete inflitto a mia sorella vi si ritorca contro, mille volte più grande!»
Quelli non risposero, scambiandosi occhiate spaventate come se temessero che la maledizione di Bryhn potesse realizzarsi davvero. Intanto anche altri abitanti sopraggiungevano: adesso erano più di una decina.
Bryhn si sfregò rabbiosamente alcune lacrime. «Ora ditemi cos’avete fatto a Sigil!!» ordinò, con uno sguardo che prometteva morte. «Ditemi dov’è mia nipote!!»
«È morta anche lei!» rispose un uomo, con una sorta di macabro e inumano compiacimento. «È bruciata dentro la vostra catapecchia.»
«L’avete... l’avete lasciata morire...» disse Bryhn, sconvolta. «Era solo una bambina...»
L’uomo che le aveva risposto scoppiò in una risata isterica. «Era una strega, come sua madre! Non poteva non esserla, considerando di chi era figlia! Il fuoco l’ha divorata, purificando il suo corpo e il suo spirito. E noi ci siamo liberati di una minaccia!»
«Smettila, Mibal!» lo richiamò un altro, allarmato. «Non irritarla! Siamo pochi, aspetta che arrivino anche gli altri!»
«Vigliacchi!!» ruggì la ragazza fra le lacrime. «Assassini! Sigil era una bambina! Non aveva colpe!!» Afferrò il forcone caduto a Jergarr e si scagliò in avanti. Era distante da loro, a dire il vero, ma non le importava. I più vicini si girarono per scappare, imitati subito dopo da tutti gli altri.
L'uomo di nome Mibal non riuscì a fuggire. Voltatosi per darsela a gambe, incespicò e cadde; si rialzò, ma scivolò di nuovo, tradito dal terreno ghiaioso. Arrancò sulle ginocchia, girando la testa. Vide Bryhn precipitarsi furibonda su di lui e gridò, aumentando gli sforzi, cercando di risollevarsi. Ma ormai la ragazza gli era addosso, sollevò il forcone, impugnandolo con entrambe le mani. «NO! Pietà!» invocò Mibal.
«NON CHIEDERLA!!» proruppe Bryhn,. Abbassò l’attrezzo con una violenza tale che le lunghe punte non si limitarono a trafiggere la schiena dell’uomo: arrivarono a conficcarsi nel terreno sottostante. Una pozza di sangue si allargò istantaneamente al di sotto di Mibal, che gridava di dolore. Al suo urlo seguirono quelli inorriditi dei compaesani.
Bryhn sollevò la testa a guardarli, la mascella contratta e i pugni stretti e tremanti, uno sguardo spaventoso negli occhi. Sputò sull’uomo rantolante e sibilò: «Muori come il cane rognoso che sei!» Gli voltò le spalle, senza concedergli la grazia di una morte rapida e indolore. Mibal avrebbe sofferto, agonizzando, e tuttavia quella consapevolezza non diede alcuna soddisfazione a Bryhn. Era comunque troppo poco.
Gart, pur sentendo una rabbia sorda gonfiarglisi nel petto, fu in grado di mantenere ancora una parvenza di lucidità. Afferrò Bryhn per un braccio, attraendola e sé e sussurrandole: «Ricordati che di Sigil non c'era traccia. Non era nella casa!»
Bryhn annuì, a fatica. Si appoggiò a lui. «Mi chiedo dove possa essere fuggita...» mormorò affranta. Sentiva come un macigno sul cuore. Non riusciva a smettere di piangere.
Fu in quel momento che qualcun altro giunse nei pressi della casa in rovina. I due giovani udirono lo scalpiccio dei passi sul terreno e si voltarono, Gart già pronto a mettere mano alla spada.
Ma Bryhn si riscosse di colpo. «Kinn!» esclamò, riconoscendo il vecchio amico. Anche Gart si rilassò, poiché l’aveva già incontrato in occasione di alcune visite. La ragazza gli corse incontro, afferrandolo per le braccia. «Ti prego, dimmi che sai dov’è Sigil!!» implorò disperata.
Il giovane uomo annuì in fretta. «Sì, non temere! L’ho portata al sicuro!»
Bryhn sembrò quasi afflosciarsi per il sollievo e Kinn la sorresse. Lei chinò la testa, appoggiandosi all’amico, e riprese a versare lacrime, questa volta per la consolazione di sapere che la nipote era viva.
Gart lo raggiunse, liberandolo dal peso di Bryhn ed elargendogli un'occhiata di pura gratitudine. Tenne la donna stretta a sé, carezzandole il capo in un inutile tentativo di calmarla. «Dov'è? Come sta?» s'informò inquieto.
Kinn si guardò intorno, come per verificare che nessuno potesse ascoltarli, poi rispose: «In una piccola grotta a meno di mezzo miglio da qui, nel bosco. Non potevo tenerla a casa mia, c’era il rischio che la trovassero. Sono tornato qui al villaggio solo poco fa, per prendere dei medicamenti, e ho sentito gridare che eri tornata.» Diede un’occhiata ai due cadaveri dei compaesani e si accigliò. «Se lo meritavano...» sussurrò con amarezza.
«Me-medicamenti?» balbettò Bryhn spalancando gli occhi. «Perché?!»
Kinn le prese un polso. «Calmati! Ha solo una scottatura, nulla di grave. Ma è tutta la notte che la sopporta, povera piccola...»
«Portaci da lei!» richiese Bryhn. «E poi... poi spiegaci cos’è successo...» aggiunse a voce più bassa, piena di dolore. «Tu lo sai, vero?»
Kinn annuì soltanto, con un'espressione d'angoscia. Si morse un labbro, serrando gli occhi, poi li riaprì di scatto e disse: «Seguitemi.»
Gart montò in sella, facendo salire l'amico di Bryhn. Sperava solo di trovare la piccola Sigil e di non doverla vedere sfigurata da orribili bruciature. Era l'ultimo lume che illuminava il suo cuore.

Kinn li guidò attraverso gli alberi, fino a giungere ad una zona collinare. Le colline erano in realtà dei grandi affioramenti in maggioranza rocciosi, ricoperti di terreno e arbusti; gli alberi erano solo intorno ad essi. Il fabbro li fece fermare nei pressi di un grosso cespuglio di rovi. Smontò da cavallo e lo raggiunse. «Sigil, sono io, non aver paura» esclamò, infilando le mani con noncuranza fra i rami e tirando via; il cespuglio era in realtà stato estirpato dalla sua collocazione originaria e spostato a coprire l’ingresso di una piccola grotta. L’apertura non era molto grande, insufficiente a far passare un uomo grande e robusto come Kinn.
Da dentro provenne una vocina fievole, di cui non s’intesero le parole.
«Sigil!» chiamò Bryhn, scendendo al volo da Biancapezza e precipitandosi all’apertura. Vi strisciò dentro, trovandosi in una grotta relativamente ampia, in grado di ospitare senza difficoltà almeno quattro o cinque persone, alta abbastanza da poterci stare in piedi.
«Tia...» Una figurina esile si mosse nella semi oscurità.
Bryhn la raggiunse, stringendola al petto. «Sei viva! Sei viva! La Dea sia ringraziata!» singhiozzò. La bimba scoppiò in un pianto dirotto, aggrappandosi a lei.
Gart scese da cavallo e tentò di muoversi verso la grotta, ma udire le voci di quelle due donne, sentirle piangere assieme, fu un dolore troppo forte, che lo costrinse a cadere in ginocchio, come paralizzato. La bestia in lui si smosse, come una serpe risvegliatasi dal letargo. Riaprì gli occhi, ora color brace, e chiese a gran voce sangue.
Kinn era appoggiato con la fronte contro un albero, contro cui tirava pugni.
Sigil continuò a piangere disperata per diversi minuti. Fra i singhiozzi, di quando in quando invocava la madre. Bryhn la strinse ancora di più. «Ho avuto tanta paura, tia! Tanta paura! Dov’è mamma? Dov’è?!»
«Ssst, calmati» sussurrò la giovane con voce rotta. «Non aver paura. Ci siamo noi. C’è anche Gart, là fuori. Non permetterà che qualcuno ti faccia del male! E nemmeno io! Non aver paura!»
Sigil singhiozzò ancora un poco, poi si calmò appena. «Gart... Gart...» chiamò flebilmente.
Lui fu riscosso dalla propria paralisi, udendo quella vocina. Si avvicinò prudentemente alla grotta, il cui ingresso era troppo stretto per lui. «Sono qui, Sigil» mormorò, avvertendo però una strana nota nella propria voce. «Sono qui» ripeté.
«Vieni, andiamo fuori» mormorò Bryhn.
«Va... va bene...» accettò la bimba, timorosa.
La giovane le accarezzò la testa. «Non temere. Ci sono soltanto Gart e Kinn, fuori. La gente del villaggio non c’è... Vieni.»
Sigil si lasciò portare all’esterno, fidando nella zia. Bryhn si rimise seduta, riprendendo la nipote in braccio, e alzò gli occhi azzurri su Gart, senza parlare.
Lui sentì un magone stringergli la gola, e la sete di sangue si fece sempre più intensa. Ma, anziché alzarsi brandendo la spada, egli ricacciò indietro quella sensazione e avvolse le due ragazze tra le proprie braccia. Stampò un bacio sulla fronte di Sigil e un altro su quella di Bryhn.
«Dov’è la mamma? Perché non è qui?!» chiese la bambina, fra le lacrime. «Mi fa male la gamba! Mi fa tanto male! Mamma! Mamma!»
Kinn si riscosse e prelevò il medicamento contro le ustioni dal borsello che aveva alla cintura. Era un fabbro, ne era ben fornito. Aprì il vasetto e iniziò a spalmare l’impiastro sul polpaccio sottile di Sigil, quello sinistro, su cui spiccava una larga ustione. Non grave, ma senz’altro dolorosa.
Bryhn credette di soffocare, tanta era la sofferenza che l’opprimeva, che l’invadeva, artigliandole il cuore. Le lacrime non cessavano di scorrere, benché lei cercasse di contenere la disperazione a causa di Sigil. Doveva essere forte per lei. Doveva. Ma era un’impresa quasi al di là delle sue forze. Rhiluee, la sua amata sorella, era morta, brutalmente uccisa dalla follia degli abitanti di Radryn. Le era stata strappata all’improvviso, con una ferocia inumana. Senza un motivo.
«Sigil...» mormorò con voce spezzata, sentendosi straziare l’anima. «Piccolo sole... la mamma... lei non c’è più... lei è... è...» Non riuscì a continuare. Proruppe in un pietoso singhiozzo.
Più che le parole, fu la profonda angoscia di Bryhn a raggiungere appieno la consapevolezza della bambina. «Mamma...» sussurrò. «No... mamma, no... MAMMAAAA!!!» gridò infine. E quell’urlo lancinante fu seguito da altre grida di disperazione.
Bryhn la tenne stretta, nascondendo il viso contro i suoi arruffati capelli castani. Nel contempo stava abbandonata, come priva di forze, fra le braccia di Gart. Mai come in quel momento sentì di avere bisogno di lui, della sua presenza salda, della sua stretta forte, del suo amore. Eppure, per qualche recondito motivo, all’improvviso il giovane le sembrò terribilmente distante. Malgrado la circondasse con le braccia, malgrado la sostenesse contro di sé, Bryhn ebbe la precisa e angosciante impressione che ci fosse qualcosa di diverso.
Gart, silenzioso da troppo tempo, sciolse infine l'abbraccio in cui le stringeva. Il capo chino, i lunghi capelli neri che ne oscuravano il volto, si rialzò in piedi, mosso più dalla rabbia che dalla propria volontà. Il cadavere di Rhiluee. La ferita di Sigil. Le urla di Bryhn. Chiunque avesse contribuito a tutto ciò non sarebbe giunto a vedere il tramonto. La bestia in lui, quella serpe strettamente avviluppata attorno al suo animo, aprì le fauci, lieta che il proprietario di quel potente corpo avesse infine deciso di darle retta: lei sapeva qual era la soluzione a tutta quella faccenda. La soluzione definitiva. E Gart le avrebbe permesso di agire, finalmente.
«Occupati di loro» ordinò seccamente a Kinn, raggiungendo la propria cavalcatura. Montò e, spronandola brutalmente, partì al galoppo, diretto al villaggio.
Kinn non ebbe nemmeno il tempo di annuire, prese solo atto della richiesta.
Bryhn sollevò il capo di scatto, guardandolo allontanarsi, ma non tentò di richiamarlo. Pensava di sapere cosa stesse andando a fare... e non intendeva fermarlo.

Gart cavalcò, sguainando la spada, il volto deformato da una rabbia mai provata prima. Li avrebbe ammazzati, li avrebbe ammazzati tutti. Avevano osato toccare la sua famiglia. La sua nuova, unica, bellissima famiglia. Si sarebbe insozzato del sangue di quegli uomini, del sangue delle loro donne e dei loro bambini.
Le donne? I... bambini...? chiese una confusa voce nella sua mente, che subito venne zittita dalla furia sovrumana che ormai lo aveva colto. Ruggì spaventosamente, spalancando una bocca misteriosamente dotata di lunghe zanne, spronando con maggiore energia il suo cavallo che, come impazzito, cavalcava su quei sentierini in terra battuta rischiando ad ogni passo di cadere.
Nel villaggio, un villaggio già piegato dal lutto dei due uomini uccisi innanzi al cadavere di Rhiluee, lo videro arrivare da lontano, una figura nera, urlante, folle. Ma non fecero quasi in tempo a rendersi conto del pericolo imminente, che già Gart era piombato su loro, agitando la lama contro le indifese gole di due contadini, due disgraziati che si trovavano al limite più estremo delle abitazioni. Il primo cadde a terra, ucciso dalla carotide recisa di colpo; il secondo non ebbe altrettanta fortuna.
Gart urlò ancora, schiavo di quel piacere selvaggio. Il demone in lui si mosse, scivolando nelle sue vene, prendendo possesso dei suoi muscoli, afferrandone saldamente il cuore. Sotto gli occhi terrificati del paese, delle donne accorse per soccorrere i propri uomini, le sue unghie divennero lunghi, temibili artigli. Gli occhi si tinsero di un rosso ancora più cupo del sangue che aveva già versato. Il suo cavallo s’impennò, cercando di sfuggire alla strana creatura che aveva ora in groppa.
Lui balzò a terra, liberando la propria cavalcatura che, fissando terrorizzata la trasformazione del proprio padrone, gli volse la schiena, partendo al galoppo in una fuga disperata. Gart non vi badò. Urla e strilli terrorizzati si levarono sempre più alti quando, in un ultimo orrore, due ali nere come quelle di un pipistrello esplosero letteralmente dalla schiena del giovane, piegato su se stesso per il dolore di quella metamorfosi imprevista. Ansante, gli occhi ricolmi di odio e lacrime, egli si rialzò. Le ali si spalancarono, immense. Ruggì ancora, anche se questa volta con una voce non sua. Quindi, si abbandonò al dolce nettare dell'omicidio. Percorse il villaggio come uno sciame assassino, distruggendo sistematicamente le persone o le cose che osavano interrompere il loro cammino. Qualcuno provò addirittura ad attaccarlo e fece una pessima fine. La sua spada bastarda e i suoi artigli recisero senza esitazione le vite di uomini, donne, bambini ed animali.
La popolazione, urlando come un branco di maiali avviati al macello, fuggì, cercando di scampare all'inarrestabile demonio; alcuni rimasero nascosti nelle case, stringendosi al petto i figli più piccoli. Gart non aveva mai voluto aver a che fare con la magia; non ne conosceva nemmeno le minime basi. Ma, per sfortuna degli abitanti di Radryn, il demone in lui sapeva bene cosa fare. E non aspettava altro che l’occasione giusta per poter sfogare la propria sete di sangue.
Gart afferrò un bambino per un braccio, strattonandolo con violenza ed impedendogli la fuga. Era piccolo, più piccolo di Sigil, forse. Sorrise, vedendolo strillare e piangere, e gli carezzò la gola con i lunghi artigli. «Adesso mi aiuti a fare un giochetto, vuoi?» mormorò, roco e spaventoso. Quindi, affondò. Altro sangue scorse, insozzandolo ulteriormente. Gart sollevò la creatura morente, alzandola al cielo, lasciando che il sangue fluisse a terra. «ECCO UN’OFFERTA!» ruggì, concentrando quei poteri magici che, invisibili, aveva conservato in sé, nella sua metà oscura. «DISTRUGGI OGNI COSA!»
Era una magia antica, quasi ancestrale. E orribile. Veniva chiamata Raggio della Distruzione. Poteva essere attuata solo da un demone, e solo dietro una cospicua offerta di sangue. Gart possedeva entrambi i requisiti. Mentre il corpicino del bambino dava gli ultimi spasmi di vita, un cerchio di luce nera partì dalla sua persona, espandendosi attraverso lo spazio. Raggiunse gli abitanti in fuga, quelli ancora nascosti nelle proprie case, gli animali nei recinti. Fu un coro quasi uniforme, quello delle ultime urla di quelle persone, e quindi, spettrale, cadde il silenzio. E con esso, cadaveri. Decine di cadaveri.
Da una delle case divamparono delle fiamme, che si espansero rapide fino ad avvolgere l'abitazione, raggiungendo quelle accanto, illuminando quell'orribile scenario della danzante luce del fuoco, il cui crepitio spezzò il silenzio che regnava.
Gart chinò il capo e gettò distrattamente a terra il ragazzino ormai morto. Le sue ali ebbero un fremito. Rialzò il volto, fissando con aria di sfida lo splendore del cielo azzurro. Quindi, come impazzito, spalancò la bocca, esplodendo in una risata che si levò sino al sole. Rise, rise e rise. Poi, mentre la sua parte umana si rivoltava in quell’orrido corpo, improvvisamente avvertì calde lacrime bagnargli il volto. Cadde a terra, immobile. La risata divenne meno forte, si trasformò in un singhiozzo.
Urlò disperato, mentre le ali rimpicciolivano, le zanne decrescevano e gli artigli tornavano ad essere normali unghie. Infine, in mezzo a quella distruzione totale, vi fu un semplice uomo, piegato su se stesso, distrutto dal dolore e dalla paura.
Gart intravide il bambino sgozzato poco prima come offerta. Lo raggiunse gattoni, afferrandolo e quasi cullandolo tra le proprie braccia, piangendo per lui lacrime disperate, come se lo conoscesse da una vita. Come se non fosse stato lui, ad ammazzarlo.
Dopo molto, molto tempo, trovò infine la forza per rialzarsi. Il corpo ancora scosso da singhiozzi, non osò neppure osservare ciò che aveva commesso. Si guardò le mani, lorde di sangue. «Cosa sono?» mormorò agghiacciato. Aveva completamente perso il controllo. Per quanto quelle persone meritassero una vendetta, lui... era stato un demonio. Voltò le spalle al paese, incamminandosi verso il luogo ove Sigil e Bryhn erano nascoste. Le stradine erano deserte, nessuno che potesse inorridire alla vista di quell'uomo sporco di lacrime, fango... e sangue.
Incontrò il suo cavallo, dopo un po'. La bestia l'osservò terrorizzata ma, preda della fedeltà che ancora lo legava a lui, infine gli permise di afferrarla per le briglie, e lo seguì.



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Spero vi sia piaciuto. ^^ Comunque, se notate qualcosa che non va, ditelo pure. Almeno potrò correggere quando revisionerò la storia. (in un futuro abbastanza remoto, temo^^')
Ora fuggo. Scusate se non mi dilungo, ma sto facendo fatica a stare davanti al pc, mi danno fastidio gli occhi. ò.o

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