Undercover Mission

di VooJDee
(/viewuser.php?uid=80935)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Tony entrò nella grande Hall dell’hotel seguito da Ziva. Era un hotel  5 stelle, pagato dall’ncis per una missione sotto copertura. L’agente strinse la mano a Ziva, e si avvicinò al suo orecchio.
-          Sta a vedere come recito, Mossad.
Si accostò al bancone, dove un uomo in divisa elegante sorrideva come se avesse una paralisi facciale.
-          Salve, vorrei prenotare una stanza matrimoniale a nome di Alan DiNanco.
-          Si subito. – rispose cordialmente l’uomo voltandosi. Tony si voltò, e notò Ziva che rideva sotto i baffi.
-          Che hai da ridere? – commentò, scocciato.
-          DiNanco.. suona malissimo. DiNardo era molto meglio. – Tony fece una smorfia, e tornò a guardare l’uomo. Dietro di loro stava passando un uomo, sui 45, alto un metro e settanta circa, che camminava allegramente. Il suo nome era Jim Turner, ed era un serial Killer al quale l’ncis dava la caccia.
-          Eccolo, Tony. È lui! – ziva afferrò il braccio di Tony, e iniziò a tirarlo. – Amore, andiamo dai! – gridò così forte da attirare l’attenzione dell’uomo. – ho fame, andiamo al bar a prendere qualcosa da mangiare.
-          Si subito, tesoro.
Il gentiluomo con la paralisi avvicinò le chiavi a Tony, il quale sorrise cordialmente e si lasciò trascinare da Ziva, che corse vicino a Jim.
-          Scusi, signore.. – chiamò. – può indicare il bar? Sa io e mio marito abbiamo molta fame.
-          È da questa parte, signora.  – disse l’uomo, facendo strada alla coppia.
 
La squadra cercava di catturare un serial killer che aveva ucciso oltre trenta donne, cinque di cui della marina. Erano tutte identiche a sua moglie, con un sorriso dolce, i capelli castani e sposate. Come avevano scoperto, sua moglie era stata brutalmente uccisa dopo essere stata rapita per 72 ore, e circa un mese dopo la morte di questa, Jim aveva iniziato ad uccidere nello stesso modo tutte donne simili a lei. Per Vance era una questione di vitale importanza catturare quell’uomo, in quanto aveva ucciso una cugina a cui lui era molto legato. Aveva ordinato alla squadra di Gibbs di iniziare una missione sotto copertura nell’hotel dove lavorava, una missione in cui Ziva e Tony avrebbero finto di essere sposati. I loro nomi erano Sandy e Alan DiNanco. Ziva aveva il compito di farsi rapire da Jim per portare la squadra a prenderlo.
Abby stava lavorando ad un cip che sarebbe stato pronto la mattina dopo il loro arrivo in hotel, che Gibbs doveva portare li da loro e che Ziva avrebbe tenuto nella catenina con la stella di David.
 
Tony e Ziva rientrarono in camera, ancora recitando le loro parti. Appena chiusa la porta, Ziva sbuffò.
-          Reciti malissimo, Mossad. – commentò Tony ridendo.
-          Ridillo e ti stacco gli occhi con un cucchiaio. – ziva socchiuse i suoi in uno sguardo malefico.
Tony si lasciò cadere sul letto, accendendo la tv dopo aver inserito il DVD di un film, e Ziva stendendosi accanto a lui, si addormentò. Alla fine del film, Tony spense la TV.
-          Buona notte, Ziva.. –
Sussurrò, sotto voce, dolcemente, e si addormentò accanto a lei.
Il sole che filtrava dalle tente disturbava il sonno dell’agente DiNozzo, che a petto nudo si divincolava nel letto in cerca di un po’ di riposo. Aprì gli occhi, e notò di essere solo sul letto. Si accostò alla porta del bagno.
-          Buongiorno Ziva. Sai che russi? Stanotte ho fatto un sogno strano.. ho sognato che mi chiedevi di venire a correre con te, di mattina alle cinque.
Non ottenendo alcuna risposta, Tony, continuò a chiamare il suo nome, fin quando, stufo, entrò in bagno trovandolo vuoto. Si vestì in fretta, e corse giù chiedendo ai vari camerieri se avessero visto sua moglie Sandy, e disperato finalmente capì.
-          Non stavo sognando!
Chiamò Gibbs per spiegargli la situazione, il quale si precipitò di corsa all’hotel. Andarono nella stanza di Tony, a parlare e si misero intorno ad un tavolo. 
-          Tony, dimmi dov’era Ziva quando l’hai vista l’ultima volta.
-          Capo,  stava andando a correre. O almeno credo..
-          Perché non l’hai accompagnata? – Gibbs sbattè il pugno nel tavolo, sul quale si formò una vistosa crepa.
-          Erano le cinque del mattino, capo! Pensavo di star sognando!- Gibbs diede uno scappellotto a Tony.
-          Dobbiamo trovarla.. e subito. C’è il rischio che salti la copertura di Ziva.. e decida di ucciderla prima. 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Ziva David, o Sandy DiNanco, era scomparsa da quattro ore dall’hotel dove lei e l’agente sotto copertura Anthony DiNozzo alloggiavano.
Gibbs era furioso con Tony per aver permesso a Ziva di uscire da sola, e per tutto il viaggio dall’hotel all’ufficio dell’ncis Tony rimase in silenzio. Arrivarono in ufficio, e Tony ancora silenzioso entrò in ascensore seguito da Gibbs. Odiava quel posto quando Gibbs era arrabbiato. Sapeva bene cosa sarebbe successo; di li a poco, Gibbs avrebbe abbassato la levetta e quella scatola di metallo sarebbe diventata la sua tomba. L’ascensore iniziò la sua salita, e Gibbs ad un certo punto, come previsto da DiNozzo, abbassò la leva.
-          Si può sapere perché l’hai fatto, DiNozzo?
-          Capo, non mi ha svegliato.. – blaterò Tony. C’era qualcosa, come un peso sul suo cuore.
-          Si, ma ora è in pericolo ed è colpa tua. – Tony alzò lo sguardo, e guardò Gibbs negli occhi, senza timore. Non era l’unico ad essere preoccupato per Ziva, anche lui lo era.
-          Lo so capo, e sono pronto a prendermi le mie responsabilità se le dovesse succedere qualcosa.
-          Bene. – Gibbs rispose allo sguardo d’affronto di Tony , e poi gli diede uno scappellotto.
-          Grazie, capo.
Gibbs sollevò la leva e l’ascensore si rimise in moto, verso il loro piano. Il dlin annunciò la fine della corsa. Quando le porte si spalancarono, l’eccentrica scienziata dark Abigail Sciuto, con le mani sui fianchi lanciò un occhiata nervosa a Tony, che stupito commentò in tono scherzoso
-          Anche io sono contento di vederti, Abby.
Gibbs salì a due a due gli scalini per l’ufficio del direttore Vance, e spalancò la porta inseguito dalla segretaria tutta agghindata che blaterava qualcosa. 
-          A cosa devo la tua visita, agente speciale Gibbs? Jean, esci, è una conversazione privata. – la donna, delusa, uscì.
-          Direttore, lei con la sua stupida missione sta mettendo in pericolo la vita di uno dei miei migliori agenti. – l’espressione di vance mutò in pochi secondi, da neutra a furiosa.
-          Non ti permetto di parlarmi così! Aggiornami sulla situazione! –
-          Ha rapito Ziva. – il tono di voce di Gibbs si fece improvvisamente alto.
-          Era il piano. – commentò noncurante Vance.
-          Prima che le mettessimo il cip! – gridò ancora Gibbs.
-          Non è colpa mia se i tuoi agenti sono degli incompetenti! – rispose a tono Vance.
-          Incompetenti? L’unico incompetente che conosco ce l’ho davanti ora.
Davanti all’espressione esterrefatta del suo capo, Gibbs uscì sbattendo la porta.
[contemporaneamente]
Tony si stava dirigendo alla sua scrivania, ma Abby lo afferrò per il colletto.
-          Tony?! – Tony scosse la testa.
-          Si, Abby?! – rispose in tono altrettanto nervoso.
-          Perché hai lasciato che Ziva venisse rapita? – Tony fece roteare gli occhi.
-          Ho lasciato? Insomma, non è un cucciolo di gatto, è un ghepardo inferocito.. se avesse voluto si sarebbe potuta difendere, è un’assassina! – il suo tono era esasperato.
-          Tony, ma ti rendi conto che potrebbe ucciderla? – Tony si avvicinò a Abby nervoso.
-          No, non può ucciderla e sai perché? Perché io non posso perderla, e non glielo permetterò.
Si dileguò lasciando Abby spiazzata, che si avvicinò alla scrivania di McGee con una faccia triste.
-          Abby che hai?
-          Tony sta molto male per Ziva, poverino. – McGee si alzò aprendo le braccia e Abby si sistemò lì in mezzo, con la testa posata sulla sua spalla. Il suo umore sembrava improvvisamente cambiato.
-          Tranquilla, Abby. La troveremo e la riporteremo qui. – Abby fulminò McGee. – viva, ovviamente.
 
**********
 
Stava appoggiato con la schiena al muro, una sigaretta tra le dita. Lei non riusciva a leggerne la marca, la luce era troppo debole. Con la mano libera si sistemò una ciocca di capelli che aveva sugli occhi, mandandola indietro. Lui sollevò la schiena, e si avvicinò a lei. Le passò un dito sul viso, lei tremava dalla rabbia.
Non era andata come aveva previsto, non doveva andare così. Una volta arrivati al suo covo avrebbe dovuto dargli un calcio in faccia e stenderlo, invece lui le aveva teso una trappola, e ora era veramente un suo ostaggio. Si sentiva così stupida.
-          Ti senti bene? Non hai una bella cera. – incalzò lui, cauto. La donna guardava in basso, senza degnare l’uomo d’attenzione. Le vene nella braccia di lui si stavano ingrossando. – guarda che non ti farò del male.. sei spaventata? – lui si chinò, e lei allontanò il viso. – mi vuoi rispondere?!
Il tono era diventato piuttosto alterato, e l’uomo in uno scatto d’ira aveva sollevato Ziva da terra sbattendola con violenza al muro. Lei gli avrebbe tirato volentieri un calcio, ma sapeva che in una lotta contro quell’uomo avrebbe perso, in quanto era legata e incapacitata di muoversi. Doveva solo temporeggiare. Lui scosse  la testa e la rimise a terra. Si allontanò, poi si voltò e tornò indietro.
-          Scusa, scusa..
Blaterava qualcosa di incomprensibile, la voce era troppo bassa perché Ziva lo capisse. La guardò un ultima volta, scosse la testa e uscì dall’edificio buio, andando alla sua macchina.
 
**********
 
Tony si rinchiuse in bagno, lanciandosi acqua fredda sul viso. Tutti lo accusavano come se fosse lui il rapitore di Ziva, come se a lui non importasse del fatto che lei rischiasse la vita.
-          Sciocchi.. – si posò sul lavabo, con il peso sulle braccia. – non sapete niente di ciò che provo io.
Ancora infuriato scese fino al garage e prendendo la sua auto tornò all’hotel. Entrò, si osservò intorno. La sera prima aveva stretto forte la mano di Ziva, così liscia e morbida.. si diresse all’ascensore, e una volta entrato pigiò il tasto con il numero del piano. Mentre frugava nella tasca in cerca delle chiavi della sua stanza, notò un luccichio all’angolo dell’ascensore. Avvicinò il viso, cauto. Era la collana di Ziva, quella con la stella di David. Gli sembrò un sogno poterla stringere tra le mani, e con un briciolo di speranza in più entrò in camera sua e si stese sul letto, socchiudendo gli occhi..

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** capitolo 3 ***


Tony aprì gli occhi, si trovava in una stanza semibuia. Potè sentire la voce di una donna, che parlava una lingua sconosciuta. Ebraico, forse? Poteva essere lei, la sua Ziva. Gridò, invocò il suo nome, ma nessuno rispose. Nessuno sembrava nemmeno essersi accorto delle sue grida che pian piano si facevano sempre più forti. Alzò lo sguardo e notò un punto di luce nella stanza; si trattava di un tabellone, o almeno sembrava. C’erano scritti dei numeri in rosso, illuminati. Sembrava uno di quei tabelloni che segnano i punti di basket, ma quello sembrava essere un conto alla rovescia.
67:36:23     67:36:22    67:36:21   67:36:30    67:36:19    67:36:18    67:36:17    67:36:16    67:36:15 
I numeri scorrevano, veloci, ed erano una condanna a morte. Tony si alzò dal lurido pavimento, e corse, gli sembrò di correre un infinità, nel buio di quel posto. E poi la vide, legata, accanto al muro. Quell’uomo finto come i dollari dei giochi di società cercava di sfiorare il suo corpo, ma lei con tutte le sue forze si difendeva. Tony gridò e corse da lei, ma nessuno di loro due lo vide ne lo sentì. Erano soli in quella stanza, e lei in quel momento gli sembrò la tigre più tenace e il cucciolo più indifeso. Si sentì piccolo in confronto al peso che portava addosso. La vita della sua collega dipendeva dalle sue mosse, e lui stava lì ad assistere a quello spettacolo raccapricciante, pietrificato.. Prese la rincorsa, deciso a saltare sopra quel bastardo che forse si sarebbe accorto di lui se gli avesse sfondato il cranio a pugni, ma tutto ciò che ottenne fu una crisi d’esistenza;  il suo corpo era passato attraverso quello dell’uomo, che finalmente riuscì ad afferrare Ziva strappandole la maglietta di dosso con un coltello. Lei gli sputò in faccia, e lui afferrandola per le spalle la scosse violentemente. Tony era furioso, confuso. Scosse la testa, continuò a gridare, cercò la pistola nella sua fondina e sparò alcuni colpi che si dissolsero nell’aria. Si prese la testa tra le mani e ripensò agli eventi. A nessuna delle precedenti vittime aveva mai fatto del male. Le aveva solo uccise, in modo diretto, senza sofferenza. Perché proprio a lei? Rialzò il capo, la scena era completamente cambiata. L’assassino davanti ai suoi occhi sfoderava il suo sorriso da perfetto cameriere, parlava a Ziva, con gentilezza e garbo, quel pugnale arruginito sembrava svanitò e lei sembrava più serena ma quel tabellone continuava a scorrere, scorrere, scorrere.. gli sembrava quasi che ogni secondo facesse il rumore di un pugno sulla porta.
 
Gibbs bussava a quella porta da oltre cinque minuti ormai, urlando il nome dell’agente. Tony si svegliò di soprassalto e respirò profondamente. Stai calmo, DiNozzo, era solo un sogno. Si rilassò, si mise seduto sul letto e pensò a lei, il suo sorriso solare era stampato nella sua mente come se avesse una foto davanti agli occhi. Si precipitò alla porta, e la aprì mentre si grattava la nuca, in cerca di una scusa.
-          Scusa capo, ero in bagno.
-          Da dieci minuti?! – il tono di Gibbs era decisamente isterico. – Zitto, DiNozzo. – Gibbs colpì la nuca di Tony, il quale disorientato per qualche secondo annuì. – andiamo a fare dei controlli nel piano riservato agli inservienti, cerchiamo qualche traccia di Ziva.
 Intanto, McGee, seduto alla sua scrivania teneva lo sguardo fisso sul monitor. Impostò il programma in modo che trovasse una traccia GPS di lei o di lui, facendo scorrere velocemente il cursore tra quelle scritte indecifrabili che solo lui ed Abby sembravano comprendere, nella loro squadra. Il suono del telefono alla sua scrivania lo fece sobbalzare.
-          McGee. – disse prontamente, alzando la cornetta.
-          Timmy… - era la voce di Abby al telefono. Sembrava stesse piangendo.
-          Abby, che hai? – lei singhiozzò, e dopo qualche secondo si decise a rispondere.
-          Vieni qui? Per favore, Tim. –
-          Arrivo Abby.
Posò la cornetta del telefono, impostò il programma a cui stava lavorando un minuto prima e si alzò frettoloso dalla sedia, dirigendosi verso l’ascensore. Appena le porte si aprirono si fiondò al laboratorio dell’eccentrica collega, che stranamente era silenzioso. La musica spaccatimpani che di solito si poteva udire fin da fuori, quel giorno era assente e il laboratorio sembrava avere un aria diversa dal solito senza tutto quel casino. Entrò, cauto e trovò Abby in un angolo, abbracciata all’ippopotamo Bert.
-          Abby..
McGee si avvicinò cauto a Abby, che per tutta risposta strinse il pupazzo facendo si che facesse il solito rumore. Lui le cinse le spalle e le sollevò il viso, passando le dita sulle sue guance tutte sporche di trucco nero colato giù con le lacrime.
-          Tim, dimmi che la troveremo… - singhiozzò ancora. Povera dolce Abby, si preoccupa sempre per noi. McGee sorrise a quel pensiero.
-          Certo, Abby. La troveremo e starà bene, parola mia. Faremo il possibile. – Abby lo guardò, supplicante.
-          E se dovesse essere.. troppo tardi? Se lui avesse già scoperto la sua vera identità? Potrebbe averla già uccisa. – McGee scosse la testa.
-          Abby, ricordi quando Ziva e Tony erano rimasti chiusi nel container, e non riuscivamo più a trovarli? – Abby annuì, tirando su con il naso. – Avevo chiesto al capo se ordinare alle squadre di cercare i corpi in acqua e la sai cosa aveva risposto? – lei scosse il capo, facendo saltellare i codini neri. – Che se fossero stati in acqua sarebbero stati morti, e se fossero stati morti lui l’avrebbe sentito. Non è morta, Gibbs lo saprebbe. – Abby strisciò l’indice sulla guancia destra e abbozzò un sorriso.
-          Adoro Gibbs. –
McGee la abbracciò, poi in un gesto fulmineo si alzò e si precipitò al computer di Abby collegandosi al suo, guardò lo schermo e senza dire parola corse all’ascensore. Tempestò Gibbs di telefonate, ma il telefono risultava irraggiungibile. Sono in quel dannato garage. McGee scese al garage, non poteva rischiare di perdere le sue tracce, così sfrecciò a tutta velocità sul luogo indicato sulla cartina virtuale. Si trovò davanti ad una fabbrica abbandonata, dentro un porto semi distrutto, abbandonato anche quello. Sferrò un calcio alla porta, ed entrò puntando la pistola al buio più totale, finchè ad un certo punto udì una voce familiare, chiara.
-          McGee! Attento!
Avvertì un dolore intenso alla nuca, un dolore freddo, non il solito dolore da scappellotto. Era qualcosa di più duro, di più forte. Un uomo girò attorno al suo corpo, steso a terra e privo di sensi e poi guardò la figura in fondo alla stanza, si chinò e aprì il borsellino nero in pelle, e diede una rapida occhiata.
Raccolse l’arma caduta a terra, e a passi veloci si avvicinò a Ziva, puntandogliela nel centro della fronte. 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Gibbs e Tony percorsero tutto l’andito dell’hotel, e salutati dall’uomo alla reception uscirono.
-          Nessuna traccia.. – sospirò Tony.
-          Maledizione. –
Il telefono di Gibbs squillò, e con gesto automatico Gibbs lo prese e rispose.
-          Abby? Si, dimmi. – Tony non riuscì a distinguere alcuna parola, sono un incomprensibile balbettio. – McGee cosa?! – il tono di Gibbs era improvvisamente cambiato. – ok dammi le coordinate.
Gibbs chiuse il telefono e salì in macchina, seguito da Tony, e sfrecciò sulla strada superando le altre macchine. Tony fu assalito da una strana angoscia.
-          Capo, che succede?
-          McGee ha trovato un segnale del telefono di Jim ed è andato da solo. –
Gibbs battè un colpo sul volante con il palmo della mano, e premette ancora di più sull’accelleratore. Mentre si comprimeva al sedile per via dell’eccesso di velocità, Tony pensò a Ziva. La strada gli sembrò infinitamente lunga nonostante Gibbs stesse guidando oltre il limite di velocità consentito.  Gibbs diede un occhiata al navigatore su cui aveva inserito le coordinate, ed entrando in un porto abbandonato frenò di scatto.
Jim girò più volte su se stesso, e puntò l’arma sulla fronte di Ziva. Respirò nervosamente, e la guardò con odio.
-          Altri agenti staranno sicuramente arrivando… - si morse il labbro e guardò in tutte le direzioni, in cerca di una soluzione. – Sei una di loro? – Ziva rimase in silenzio, riflettè. – rispondi, maledizione! Sei una di loro?
-          Si. – bisbigliava, la sua voce era roca. Lui continuò a puntarle l’arma nella fronte, spaventato.
-          Il tuo nome? Dimmi il tuo nome. – si morse il labbro, ancora più forte.
-          No.
Il rumore della macchina di Gibbs che sgommava, si potè udire fin da dove erano loro, e Jim, assalito dal panico si avvicinò ad un vecchio tavolo arrugginito. Con la coda dell’occhio notò una spranga di ferro, si avvicinò cauto e la prese. Tenendola stretta tra le mani, si accostò piano a Ziva, le girò intorno. Lei continuava a guardare in basso, cercava una via di fuga. Sentì un forte dolore alla testa, e il suo corpo che pian piano si affievoliva. Jim la prese tra le braccia, come un peso morto, e corse via da quel casolare, stringendo tra le mani una pistola nera.
Scesero dalla macchina, Tony si guardò disperatamente intorno in cerca di Ziva. Sentiva il panico dentro di se come se fosse una droga iniettata nel suo cuore che veniva trasportata dal sangue in tutto il corpo, fino alla punta delle dita oramai ghiacciate. Poi lo sentì; un colpo di pistola e un tonfo nell’acqua. Gibbs e lui si scambiarono uno sguardo con il quale furono capaci di dirsi tutto. Iniziarono a correre, quei pochi metri di corsa sembrarono una maratona. Svoltarono, e intravidero una macchina lontana, scappava a tutta velocità. Gibbs sparò diversi colpi, a vuoto però. Tony si guardò intorno e intravide l’acqua colorata di rosa scuro, quasi rosso. Sentì il cuore appesantirsi.
Calma, DiNozzo, trovala. Trova Ziva, avanti.
Continuò a cercare con lo sguardo nell’acqua torbida e sporca di quel porto, finchè non intravide qualcosa galleggiare nell’acqua.
-          Capo, un corpo!
 I capelli castano scuro ondeggiavano, nella mano ancora la finta fede. Tony sentì un dolore che aveva provato solo un’altra volta, prima di allora; quando aveva visto Kate morta. Il cuore gli batteva all’impazzata, aveva l’impressione che stesse per scoppiare. Si lanciò. Le goccie d’acqua sul suo viso si confondevano con le lacrime che stavano involontariamente uscendo dai suoi occhi verdi. Nuotò, finchè non riuscì a prenderla tra le braccia. Strinse il suo corpo a se, era caldo. Posò le dita sul collo della donna, sentì il sangue pulsare nelle vene. La strinse a se più forte, ringraziandola di essere così tenace e di non essere morta.
Tornò indietro, Gibbs lo aiutò ad uscire dall’acqua, e sistemarono il suo corpo sul cemento. Un proiettile era conficcato vicino alla spalla, il sangue caldo sporcava le mani dell’agente che cercava di tamponare la ferita. Gibbs si alzò, Tony la prese tra le braccia e corsero in macchina. McGee li vide, gridò.
-          Capo! Sono qui!
Tony stringeva ziva tra le braccia, accovacciato nel sedile posteriore, fradicio. La stringeva e le sussurrava di resistere ancora qualche minuto. Gibbs corse da McGee, lo aiutò ad alzarsi. Entrarono in macchina, e Gibbs accese il motore e partì a tutta velocità, verso l’ospedale. 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Nota :
Le parti scritte in corsivo sono di Flashback.

Ziva aprì gli occhi, e si guardò intorno. Era su un letto, ma non il suo. Sentiva sotto la testa un guanciale fresco. Era in una stanza completamente dipinta di bianco, una ventola la rinfrescava. Guardò intorno a se, e sentì una forte stretta al cuore.
Abby, Tony e McGee erano addormentati su delle poltrone, con i vestiti addosso. Guardò ancora, e notò un uomo alla finestra, che guardava fuori.
-          Gibbs… - si stupì della sua voce, era così debole. – Che è successo? – Gibbs si voltò di scatto e si avvicinò al letto.
-          Ziva, ti senti meglio? – sorrideva, il suo sorriso era così caldo. Le passò una mano sul braccio, e lei ricambiò il sorriso, ancora confusa.
-          Si, grazie. Sto bene. – continuò a guardare Gibbs con insistenza. – ma perché sono qui? Cos’è successo?
-          Jim ti ha rapita, non ricordi? – lei annuì. Sì, quello riusciva a ricordarlo. – Quando ha visto che stavamo arrivando, ti ha sparato e ti ha lanciato nell’acqua del porto. Fortunatamente ti ha colpito sul braccio, niente di irreparabile. Ah, prima di farlo ti ha colpito in testa con una spranga, così hai perso i sensi. – il suo sguardo era diventato terribilmente serio, mentre parlava di lui. – Ma lo abbiamo preso. – ora sorrideva. Quel sorriso voleva dire solo una cosa : Vittoria.
-          Davvero? – ziva lo spinse a continuare.
-          Si, davvero. Dopo che ti abbiamo portata in ospedale i medici ci hanno comunicato che ti saresti potuta svegliare anche tra due settimane, forse tra un mese, anche di più.
Il medico uscì dalla stanza dove degli infermieri adagiavano il corpo di Ziva sul letto. Stringeva tra le mani una cartelletta, gli diede un occhiata veloce e poi guardò gli agenti.
-          Beh, potrebbe metterci un po’ a svegliarsi. Ha ricevuto una brutta botta sulla testa.
-          Un po’ quanto? – Abby si morse il labbro.
-          Giorni, settimane. Non posso saperlo, sarà il suo corpo a deciderlo.-
-          Possiamo stare con lei? –
-          Tutto il tempo che volete. Non ci sono specifici orari di visita in quest’ospedale.-
Abby non perse un secondo. Si liberò della presa di McGee e corse accanto al letto dove avevano messo Ziva. Era una camera singola, piccola, con due finestre. C’era un divano, due poltrone ed una sedia. Abby prese quest’ultima e la mise accanto al letto dell’agente. Si sedette, e le strinse la mano. Gibbs entrò, seguito da Tony e McGee. Sfiorarono le mani dell’agente, e uscirono, lasciando Abby insieme a lei.
-          A quel punto, siamo tornati alla base, perché non eravamo riusciti a prenderlo. Non è stato difficile, trovarlo; dopo che abbiamo inviato un avviso che chiedeva che venissimo avvisati quando veniva visto da qualcuno, abbiamo continuato  a cercare eventuali tracce elettroniche, ma senza risultati. Circa mezz’ora dopo, abbiamo ricevuto tre chiamate, tutte e tre dall’hotel che dicevano che Jim era lì, chiuso in una stanza che minacciava di uccidere tutti. Ci siamo precipitati all’hotel.  
I tre agenti scesero dalla macchina di Gibbs, ed entrarono nell’hotel circondato di gente. Jim aveva alcuni ostaggi con se, chiusi nella camera. Gibbs si avvicinò alla porta, bussò.
-          Andate via! – gridò la voce stridula dell’uomo.
-          È completamente impazzito.. – sussurrò Tony all’orecchio di Gibbs.
-          Io entro. – annunciò il capo.
Tony  e McGee annuirono, e aprirono la porta. Gibbs entrò, puntando la pistola su Jim, che all’istate la puntò su di lui. Jim stava per aprire il fuoco, ma fu preceduto da Tony e McGee che spararono due colpi, entrambi nella gamba dell’uomo, per non ucciderlo. Lui cadde a terra, dolorante, e Gibbs lo ammanettò.
-          Spera che la mia agente non ti incontri, perché potrebbe farti molto più male di quanto te ne hanno fatto loro. -
Quasi lo lanciò, passandolo a Tony, il quale mentre lo scortava alla macchina strinse particolarmente la stretta sul suo braccio.
-          Sai, Jim, questa non la passerai liscia, parola mia. -
Gli sussurrò prima di lanciarlo nella macchina della polizia che aveva raggiunto l’hotel.  Gibbs e McGee uscirono dall’hotel, sorridenti, fieri della compiuta missione. Tornarono alla base in macchina, seguiti dall’auto della polizia, ed arrivati all’ufficio dell’NCIS indicarono alle guardie dove accompagnare il sospettato.
Tony e McGee osservavano l’uomo seduto nella sala interrogatori attraverso il vetro. Tony fremeva di rabbia per quello che Jim aveva fatto a Ziva. Gibbs aprì la porta, e cauto come al solito, entrò nella stanza. Si mise seduto di fronte all’uomo, e poggiò il mento sulle mani. Stiracchiò le labbra.
-          Senta, state sbagliando persona io non ho.. – Gibbs rise.
-          Non sa nemmeno perché è qui. – Jim annuì. – O forse lo sa. -
Estrasse dalla cartella che portava con se delle foto. Ne estrasse oltre dieci, tutte di donne diverse. Tutte morte.
-          Cos’hanno in comune queste donne Jim? –
-          Non lo so.. – vaneggiò lui.
-          Ah no? – Gibbs sorrise. – sono.. Erano tutte sposate, e sono tutte morte. -
-          Mhm.. – Jim guardò intorno a se.
-          Uccise. – Gibbs lo guardò più intensamente. – Da te.-
-          Da me? – Jim ridacchiò.
-          Già, da te. – Gibbs lo guardò.
-          Non credo proprio.-
Gibbs si alzò, guardò verso il vetro, ed uscì dalla stanza. Tony e McGee andarono in corridoio, e Gibbs si rivolse a Tony.
-          Fallo parlare. -
Tony sorrise, fiero, ed entrò nella stanza, con fare serio. Si mise a sedere, guardò l’uomo negli occhi.
-          Sai, in genere io gioco con i sospettati, ma con te no. Hai rapito la mia collega..-
-          Quale collega? – Tony sorrise.
-          Mia moglie, quella con cui ero quando ci hai indicato il bar. Non è veramente mia moglie, sai?
-          L’avevo intuito.. – Jim si rese conto troppo tardi di essersi fatto sfuggire una frase importante.
-          Non sei un serial Killer così bravo.. –Disse Tony con un tono di voce sottile. Jim lo guardò. - Hai sbagliato. Non hai indagato bene.-
-          Non ho ucciso nessuno, tanto meno quella donna. – La voce di Jim era sicura.
-          Oh si, le hai uccise eccome. Inclusa quella donna. Hai ucciso la nostra collega e.. credimi, la pagherai per questo. Te la farò pagare io personalmente! – quasi gridò Tony.
Dall’altra stanza McGee osservava esterrefatto la situazione. Si girò verso Gibbs, ma a giudicare dal suo sorriso aveva intuito pienamente il piano di DiNozzo.
L’uomo fu in pochi secondi ricoperto di sudore freddo.
-          È.. morta?-
-          Si, è morta. È morta. Hai ucciso una donna che non corrisponde al profilo. E questo non ti piace, vero Jim? – lui si strinse le dita, e si guardò intorno come in cerca di una via di fuga.
-          Io non l’ho uccisa, non ho ucciso ne lei ne nessun’altra.. – la sua voce ormai lo tradiva, tremava.
-          Ah no, Jim? E allora perché sembri così nervoso?-
L’uomo si alzò, in uno scatto d’ira, afferrò la sedia e la schiantò contro il vetro della sala interrogatori. Tony fece in tempo ad abbassarsi, per non essere colpito dalla sedia. Jim sembrava completamente impazzito. Gibbs, entrò tempestivamente nella sala, puntandogli la pistola contro.
-          Calmati ora! – gridò.
-          Si, l’ho uccisa! L’ho uccisa! – sembrava pazzo, gli occhi erano rossi, le vene del collo gonfie. Sembrava un mostro, anzi.. lo era.
Gibbs si avvicinò a lui, e gli mise le manette ai polsi, mentre l’uomo delirante continuava a ripetere di aver ucciso tutte quelle donne, una dopo l’altra, nello stesso modo ognuna di loro. McGee si avvicinò a Tony, che si alzò in piedi sorretto dalla mano del pivello.
-          Bel lavoro Tony, ottima idea quella di dirgli che Ziva era morta! – sorrise.
-          Già..- farfugliò Tony.
Lui e McGee tornarono in corridoio, e seguirono il capo, mentre accompagnavano Jim nella prigione dove avrebbe passato pochi altri giorni della sua vita, per poi morire.
-          Beh, una volta portato Jim in prigione, gli è stata assegnata la pena di morte senza troppi preamboli, dopo di che abbiamo passato in questa stanza, dandoci i turni, tutti i giorni di quest’ultima settimana. – Ziva gli sorrise. Era stato molto dolce da parte loro.
-          E come mai ora siete tutti qui? –
-          Ieri ci hanno detto che la tua attività celebrale sembrava aumentata e che avresti potuto svegliarti molto a breve, così..-
-          Grazie, Gibbs. Siete davvero la squadra miglior squadra che avessi mai potuto desiderare.-
Gibbs sorrise, si avvicinò a lei e poggiando le sue labbra sulla sua guancia morbida, vi depositò un bacio. Qualche minuto dopo, Abby, aprì gli occhi e trovando Ziva sveglia quasi morì. Iniziò a saltare, intorno al suo letto, gridando, e dopo aver svegliato McGee e Tony la strinse.
-          Abby, mi fai male..! – riuscì a incespicare Ziva.
-          Oh, scusa.. – mugunò Abby staccandosi di malavoglia.
Anche McGee e Tony furono entusiasti del suo risveglio, dopo averla abbracciata e salutata McGee e Abby tornarono alla base sott’ordine di Gibbs.
Ziva e Tony rimasero soli nella stanza. Tony si fece spazio sul letto, in un angolino.
-          Ah, Mossad! Che spavento ci hai fatto prendere! – Ziva sorrise.
-          Quindi ti preoccupi per me? – Disse lei. Tony guardò altrove.
-          Non ho detto questo. – Ziva si fece seria.
-          Lo so. -
-          E ti da fastidio? – Il tono di voce di Tony era improvvisamente curioso.
-          No.. – esitò lei.
-          Menti. –
-          Ti preoccupi per me? -
-          No. -
-          Anche tu menti. – dichiarò con una nota di soddisfazione nella voce, mentre il sorriso spuntava nel suo viso.
Un’infermiera, minuta, entrò nella stanza, stringendo una cartellina tra le braccia. Si avvicinò al letto di Ziva, e consultando la cartellina, annunciò
-          Signorina.. Verrà dimessa domani mattina. -
-          Va bene, grazie.-
La donna uscì nel corridio, in cui intanto si accendevano le luci. Tony sorrise, alzandosi dal suo letto. Le indicò il tavolino bianco, accanto a lei. C’era sopra un libro, che aveva iniziato poco prima della missione. Tony si avviò alla porta della stanza.
-          Come vai già via?-
-          Devo. Il dovere e il capo mi chiamano.. – recitò quella frase con una voce filmesca. Ziva gli sorrise. – passo a prenderti domani quando ti dimettono. -
-          Ti aspetto, allora. – disse lei, sicura. – A domani, Tony.-
-          A domani. Buonanotte.-
-          Buonanotte.
Mentre Tony usciva dalla stanza Ziva allungò la mano verso il tavolino bianco. Deve.. non significa che voglia. Sorridendo a quel pensiero, si lasciò cullare dal suo libro, e in poco tempo si addormentò.
Tony entrò in macchina, chiuse la portiera e infilò la chiave. Avrebbe voluto mollare la macchina e correre su, a controllare che Ziva stesse ancora bene, che respirasse. Guardò in direzione della sua finestra e frugò nella sua tasca, tirando fuori la catenina che aveva trovato nell’ascensore. La strinse, e sorrise, pensando che lui l’avrebbe rivista domani, come la settimana prossima, come il mese prossimo, perché anche se lei non ci avrebbe mai creduto, Tony lo sapeva;  Non si può fuggire al destino, è inevitabile
FINE

Note di fine capitolo :
E così si è conclusa la storia. Un grazie particolare a Lady Lawliet 1996 che ha seguito e recensito tutti i capitoli,
ma un grande grazie anche a chiunque altro abbia recensito, o anche solo letto, o apprezzato la storia. Spero vi sia piaciuta :)
Un altro grandissimo grazie, a BiEsSe per i suggerimenti, le correzioni, insomma per il sostegno. Grazie mille BiEsSe!
Un bacione a tutti, VooJD :)

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=794313