Lullaby

di lalledy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Darkness ***
Capitolo 2: *** Light ***



Capitolo 1
*** Darkness ***


Darkness

 

“Ed ogni angoscia

che ora par mortale

di fronte al perder lei

non parrà eguale”

William Shakespeare

 

Questa volta non ce l’avreste fatta.

Era meschino da ammettere, difficile, forse addirittura pericoloso, ma… era vero.

Questa volta proprio non ce l’avreste fatta.

Non eri mai stato una di quelle persone che si perdono d’animo, capiamoci, né di quelle il cui pessimismo divora la vita e l’ammanta di grigio, anzi…

Eri il principe dei saiyan, diavolo, l’uomo più forte e più temuto dell’universo.

Troppe volte questo ottimismo ha fottuto te per primo e poi il cervello, ma…

Se una cosa avevi imparato dal tuo apprendistato al cospetto di quel tiranno senza morale, se una cosa aveva appreso quella tua pellaccia dura tra botte e punizioni, lividi ed escoriazioni, essa era di sicuro l’utile capacità di calibrare la forza del nemico e il rendersi conto, con un rapido calcolo, di come evolverà la situazione.

Sapere con un po’ di anticipo se a fine giornata ti aspetta la vita o la signora morte, devi ammettere che non è poi tanto male.

Se il panico non ti frega prima, questo è naturale…

“Vi farò fuori! Vi farò fuori uno ad uno!” disse il ragazzo cyborg d’un tratto, negli occhi vitrei un luccichio quasi dorato.

La compagna bionda si liberò di Crilin e Yamcha, poi sorrise, da lontano.

Oh quei due erano più forti, più veloci, più instancabili, più feroci, pensare di batterli sarebbe stato idiota, principe, perfino per uno come te.

Il pelato era ferito, il muso verde era sfinito, Kakaroth e suo figlio si erano allontanati con una morsa al cuore, gli assalti erano ricominciati e tu paravi colpi a istinto, mentre il tuo organismo sputava sangue ormai di per sé.

Peccato tu fossi già stato all’inferno, sarebbe stato un bel paragone, non ti pare?

Con un calcio ben assestato la donna ti respinse, buttandoti contro una roccia che attraversasti per parecchi metri, neanche fossi una folgore, il tuono di un temporale.

Fu allora, in quel preciso momento, che una voce familiare ti indusse a sussultare.

“Vegeta!”

Non poteva essere…

“Vegeta!”

No…

“Bulma allontanati da lì! Vegeta sta bene! Se la caverà! Allontanati da lì!”

“Io…”

“Te ne devi andare da qui! Ti uccideranno! Vai!”

Veloce come non eri mai stato, irato come poche altre volte ti ricordavi, con un solo scatto ti ritrovasti innanzi alla donna e la guardasti con occhi di brace.

A quella quasi sembrò di ardere viva…

“Vattene non so nemmeno perché tu sia qui!” dicesti, perentorio.

“Loro sono cyborg creati dal dottor Gero, forse io…”

“Sei d’intralcio qui, non sai combattere!”

“Io c’ero quando il Fiocco Rosso fu annientato! Questa storia riguarda anche me!” ti urlò caparbia, le mani incrostate di terra e il viso bello sporco di polvere e fango.

Il suo sguardo brillava come il cielo, la sua bocca danzava come fuoco, i suoi pugni ti sfidavano senza paura.

Sai, a volte il destino è proprio un gran figlio di puttana…

Ti fotte sempre, in un modo o nell’altro, ma con un’originalità e una fantasia a volte che, davvero, meriterebbe un applauso.

Perché ci vuole un certo talento, per inventarsi una cosa così…

Durante il tuo soggiorno sulla Terra, avevi affibbiato a quella donna gli epiteti più strani.

Gallina, oca, pazza, cozza….

Ma uno in particolare la tua mentre amava ripetere e il tuo orgoglio ti impediva di pronunciare.

Distrazione.

Oh sì, lei era una spietatissima distrazione e ti avrebbe fatto morire prima o poi, eri sicuro, ne avesti la certezza la prima volta che faceste l’amore, tuttavia…

Come avresti potuto immaginare che il tuo sarcasmo immotivato sarebbe poi mutato in una previsione?

Accadde infatti che essendo la tua attenzione per un attimo rivolta completamente alla Bulma che avevi innanzi e essendo il tuo sguardo scuro per un secondo stupido interamente riempito dalla lucentezza sua, tu appena l’avvertisti quella voce che chiamava di lontano.

“Vegeta, attento!” la sentisti pronunciare.

E voltandoti facesti appena in tempo a guardare.

C17 vi puntava, con un dito, un fascio di luce dorata tra voi e lui.

Quello che seguì dopo fu qualcosa che facesti tutto a istinto, sia ben chiaro.

Per quale altra, arcana ragione ti saresti mai posto tra la vita di lei e un colpo mortale?

Il raggio caldo ti trapassò l’armatura, le vesti, la carne… ma ciò che proprio non riuscisti a prevedere fu che esso non si fermò al tuo petto, ma attraversandoti, impietoso, viaggiò fin anche al suo.

Vi guardaste, in un silenzio rumoroso che sapeva di ingiustizia e incredulità.

Lei provò a parlare, ma nient’altro le uscì dalla bocca se non un alito di morte.

Tu semplicemente crollasti, su te stesso, portandola via con te.

Poi fu il nulla.

 

Continua…

 

 

 

Questa storia vive racchiusa nella mia mente da tempo immemore, ormai.

L’ho partorita presa da uno dei miei raptus di scrittura compulsiva e per quanto ci siano cose che poco mi convivono ancora, non ho avuto il cuore di tenerla chiusa in un cassetto.

Forse il mio Vegeta vi apparirà “diverso”, ma poco male… io non l’ho mai sentito così autentico dentro di me.

Alla prossima J

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Capitolo 2
*** Light ***


Light

 

La prima cosa che notasti fu che era bianco.

Era tutto teatralmente bianco.

La luce intensa che d’un tratto ti aveva investito, ancora faceva a pugni coi tuoi occhi di brace, il suo tepore ti cullava lievemente, la sua purezza ti avvolgeva in una morsa mortale.

La seconda cosa fu il silenzio.

Un silenzio che a tratti pareva far rumore.

Pesante e immobile raccontava di una pace che non avevi mai assaggiato, ti riempiva i timpani, la gola, ti divorava lento, con un piacere tutto calcolato.

La terza fu che tu, in quel luogo, ci eri già stato.

Ti alzasti di scatto, guardingo, il respiro mozzato prigioniero nei polmoni, la risata maligna di madame sconfitta a un centimetro ormai dal tuo cuore.

Oh sì, principe eremita, sciocco, eletto mortale, il ricordo non ingannava e i tuoi sensi avevano già visto più lontano: eri di nuovo nel passaggio, eri di nuovo a un passo dalla morte.

La risata di Freezer e il ghigno dei cyborg riempirono la tua testa come un tuono.

“Vegeta… Vegeta...”

Il sussurro che ruppe d’improvviso quella quiete tetra fu così flebile che ti parve un gemito.

Per un attimo pensasti fosse la tua mente, solo la tua mente, votata alla follia…

“Vegeta… Vegeta…”

Bulma…

Ti guardasti intorno, incredulo della tua stessa deduzione e ancora più sorpreso quando la trovasti lì, a pochi metri da te, bella sì, ma stonata in quel gran bianco come la nota stridula di un accordo in do maggiore.

I capelli le incorniciavano il volto rendendolo un istmo di terra in mezza al mare, le sue spalle vibravano in terremoto e le lacrime le solcavano il volto come rocce franate.

Non ti accorgesti nemmeno di esserle andato incontro finchè i suoi occhi grandi, in tempesta, quasi non ti trapassarono.

Ricordasti tutto, in pochi istanti.

Il colpo.

La sorpresa.

Il sangue.

Il tuo.

Il suo.

Il buio crudele che vi aveva ingoiato.

Sondasti il tuo stomaco alla ricerca del dolore, ma né quello né liquido scarlatto risultò al tuo sondaggio.

Strano, l’altra volta entrambi ti accompagnarono per tutto il viaggio.

“Dove siamo… cos’è successo…” chiese tremando la creaturina, rapendoti dai tuoi pensieri un po’ strani.

Ti accorgesti che guardarla, a lungo, ti faceva male.

“Io… i cyborg ci avevano colpito… ci avevano… non dovevo distrarti! Non dovevo venire lì! mi dispiace! Mi dispiace… ho così tanta paura… così tanta, ma… dove siamo?”

Tremando e piangendo, Bulma si portò al tuo fianco, fissandoti in attesa.

Stavi per dirgliela la verità, non è vero principe?

Stavi per dirgliela tutta, senza fronzoli, senza scappatoie, perché a mentire sono solo gli sciocchi o i vigliacchi e tu non appartenevi a nessuno dei due, tuttavia…

Era che qualcosa ti prendeva l’orecchio.

Era che qualcosa ti pungeva il cuore.

Era che mai, mai in vita tua, l’avevi vista così piccola, così fragile, così terrena…

Sì, Vegeta.

Era questo il sapore della pietà.

“Non lo so, dimmelo tu.”

“Cosa?”

“Dimmelo tu dove siamo… è il tuo sogno, non il mio.”

“Ma… ma come? No! No! I cyborg… ci hanno colpiti… ti ho distratto… noi… stiamo morendo!”

“Certo che ne hai di fantasia terrestre!”

La donna ti osservò sospettosa, scomposta e tremula come un albero spezzato.

Cercò nei tuoi occhi l’inganno, la menzogna, ma tu eri più bravo.

Arresa e fiduciosa infine ti sorrise e asciugandosi le lacrime, si incamminò al tuo fianco.

 

La dottoressa Rose Brown quella mattina si era svegliata con uno strano formicolio nella pancia.

Una di quelle sensazioni gravi, di pericolo, che somigliano in tutto a campanelli d’allarme, il cui suono in realtà era un invito a non lasciare il proprio letto per affrontare il mondo circostante.

A voler essere sinceri, Rose aveva anche accarezzato l’idea di barricarsi in casa, ciò nonostante si era risolta a constatare che non era una codarda, ma un chirurgo e la sua intera esistenza in effetti era un gara.

Così, armata di coraggio e cappuccino, si era vestita in tutta fretta, aveva indossato il camice e rassegnata aveva iniziato le sue visite in attesa del dramma.

Dramma che arrivò con un po’ di ritardo, sì, ma con un’inesorabilità tutta da apprezzare.

“Cosa abbiamo?” chiese al paramedico che si affaccendava tra le barelle dell’ambulanza.

“È orribile! Due giovani, un uomo e una donna, stanno seminando il panico a nord dell’isola! Sono in arrivo altre emergenze! Preparatevi!” rispose quello,agitato.

“E loro?”

“Maschio e femmina, sulla trentina! Sono gli unici vivi, i loro compagni sono morti, ma hanno perso molto sangue! Hanno entrambi una ferita al di sopra dell’addome!”

“Va bene, lasciate fare a me!”
Seguita da infermieri e praticanti, la dottoressa Brown portò in sala operatoria i nuovi arrivati, tamponando loro il sangue e analizzando la situazione.

“Il battito dell’uomo è irregolare, ma forte nonostante la ferita sia più profonda. Possiamo operarlo! Ha davvero la pellaccia dura! Come sta la donna, Brian?”
“Ha perso troppo sangue!” affermò il giovane medico preoccupato “Il battito è debolissimo! Il colpo le ha preso di striscio il cuore, ma il polmone sta cedendo!” 

“Oh mio Dio! So chi è lei! È Bulma Brief, delle Capsule Corporation!” strillò l’infermiera bionda d’un tratto.

“Non mi interessa chi è, Nancy! Sta morendo!”

“Dottoressa, siamo in arresto cardiaco!”

“Attaccate un monitor all’uomo per controllarlo! Brian va a prendere un defibrillatore! Nancy vai con l’adrenalina! Sarah, 20 cc di epinefrina! Forza!”

Mentre i suoi aiutanti si affaccendavano a eseguire gli ordini, Rose Brown fece una cosa che in dodici anni di onorata carriera non aveva fatto mai.

Guardò prima il volto del giovane, incosciente, ma ugualmente altero e pensò che avesse qualcosa di regale e di superbo e che fosse bello, dopotutto, sopra ogni dire.

Poi guardò Bulma e in un istante capì.

“Ok, Bulma Brief, oggi io e te facciamo un patto: io ce la metto tutta a curarti e tu a guarire! Non puoi arrenderti, mi senti! Non puoi! Quell’uomo ti ha protetto! Probabilmente non lo sai e non lo sa neanche lui, forse è stato per caso, forse per istinto, ma è successo! Lo ha fatto! Perciò non ti azzardare a morire, Bulma Brief. Non in questo modo! Non questa volta!”

 

 

E siamo al secondo round! Grazie a tutti per i commenti e le visualizzazioni!

Cosa succederà ai nostri eroi adesso??

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