Il Guardiano del Molo

di schwarzlight
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: La Stazione e il Molo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1: Il Drago e la Ragazza ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2: La Nicchia e la Luna ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3: La Maschera e l'Uovo ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4: L'Erede e il Volo ***



Capitolo 1
*** Prologo: La Stazione e il Molo ***


il guardiano del molo 1





Il Guardiano del Molo




Prologo: La Stazione e il Molo




La stazione di Tergeste era sempre pervasa dal caos. Si trattava di un continuo viavai di persone, che salivano e scendevano dai treni, cercando di orientarsi nel mare di vapore in cui erano immersi i binari, per poi riversarsi nell’enorme atrio occupato dai mercanti: una vera e propria piazzetta al coperto, con i suoi negozietti di chincaglierie e souvenir, di sale da thé e librerie.
Da una porticina all’angolo fra la “Pasticceria Franz Josef” e l’edicola “Notizie dell’Impero”, fece la sua comparsa una ragazza che subito si unì alla folla, cercando di evitare di calpestare le ingombranti gonne delle Signore e di scansare gli impettiti Signori dal passo affrettato. Si diresse alla “Caffetteria Viennese” per consumare la solita colazione a base di caffelatte e brioche, seduta al solito tavolino accanto la finestra per osservare il solito continuo marciare dei passeggeri in arrivo o in partenza.
Non c’era nessuno di interessante quella mattina: gli uomini d’affari con i loro borsoni a fisarmonica e il cappello a cilindro, le mogli o fidanzate che li salutavano ipocritamente in lacrime sventolando candidi fazzoletti, le famigliole che partivano per la campagna, i fattorini carichi di bauli e valigie, le nobildonne che, non avendo nulla da fare a casa, si ritrovavano a chiacchierare sedute su una delle panchine attorno la grande fontana al centro della piazza, con i loro rumorosi figli ben lontani a far impazzire le governanti. Era tutto come sempre.
L’unico evento che attirò la sua attenzione fu la corsa disperata di un ragazzino di sì e no dodici anni, che si catapultò giù dal vagone poco prima che il treno partisse, rischiando di perdere i pacchi che trasportava e travolgendo almeno una decina di persone nel tragitto verso l’ingresso.
Alla ragazza sfuggì una risata alla caduta nella fontana di una donna decisamente robusta e altrettanto irascibile, che mise ancor più le ali ai piedi del ragazzino.
La sua giornata aveva appena preso una piega migliore. Ma era ora di andare, lui la stava aspettando.




La temperatura tipicamente autunnale era mitigata dal mare, ma la Bora soffiava pungente, rendendo l’aria più fredda di quanto in realtà fosse.
Lui attendeva in fondo al Molo Audace, immerso nel silenzio, lontano dal frastuono dei mezzi che percorrevano il grande viale sulle Rive. Come ogni giorno.
In quella placida solitudine lui e la ragazza passavano le loro giornate, insieme, ad ammirare il mare e il cielo, a sentire il vento e le onde.

Appena la ragazza arrivò, lui si scostò appena, per farle posto. Lo salutò con una leggera carezza sulla spalla e gli si sedette affianco.

- Sei stanco, non è vero? – chiese al compagno, per poi appoggiarsi a lui.

- Non preoccuparti, presto arriverà.

Una risposta silenziosa, un sorriso invisibile.
Poi lo sguardo di entrambi tornò al mare.

















Torno dopo secoli con una nuova storia. (perché è già scritta. Coff.)
In tutto sono cinque capitoli, di cui gli altri tutti più lunghi del prologo, promesso. Il fantasy arriverà nel prossimo capitolo, l'azione in quello dopo ancora (forse? Non ricordo molto bene y_y)
Si è classificata terza al concorso [Original Concorso Special Edition 2] L'Anguisette e... il Principe, in cui bisognava scegliere due luoghi e due personaggi, più un binomio tra i termini dei titoli dei libri di Jacqueline Carey. (nel banner appare come partecipante, dato che in realtà questo contest prevede un solo vincitore e dei partecipanti... ma terza sono e terza rimango, yay 8D)
In più ho ricevuto di nuovo il premio Eylis Consiglia, quindi sono triplamente felice <3
Ma ora basta, spero di rivedervi al prossimo capitolo, con le immense note dell'autore... perché a metterle qui sarwebbero state probabilmente più lunghe dell'intero capitolo, nonché un po' spoilerose. Un' unica cosa: Tergeste è in realtà Trieste, in una versione ottocentesca e vagamente steam-punk (MOLTO vagamente).
Giusto per farvi un 'idea XD

Alla prossima, grazie per aver letto!^^
(potete commentare, se volete, non mi offendo =3)

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Capitolo 2
*** Capitolo 1: Il Drago e la Ragazza ***


il guardiano del molo 2 In fondo le note dell'autore. Ne consiglio la lettura per comprendere meglio alcuni riferimenti =)
Sempre dopo il capitolo, però. Potrebbero esserci degli spoiler XD



Capitolo 1:
Il Drago e la Ragazza





- Mi raccomando, Dago! E’ merce preziosa, e i clienti sono molto esigenti! Combina qualche guaio, e stavolta te la vedrai con questo!

Il giovane fattorino improvvisato si ritrasse leggermente di fronte al robusto bastone da passeggio che il padrone gli sventolava davanti al naso. Non sarebbe stato certo piacevole incappare in una “cordiale discussione” con quell’affare.

- Certo, signore, non si preoccupi signore!

- E invece mi preoccupo eccome! – esclamò da sotto i folti baffoni l’uomo. – Se almeno Karl non fosse tornato a Wien dalla madre, non sarei costretto ad affidare a te le mie consegne! Sbadato come sei saresti capace di dimenticare tutto sul treno!

- Non succederà, glielo prometto!

- Sarà meglio per il tuo fondoschiena, piccolo! – mormorò infine fra sé e sé herr Schliemann, risalendo sulla carrozza a vapore.




- Non si preoccupi, signore, sarà uno scherz…

Un fischio acuto svegliò Dago, facendogli cadere i pacchetti dallo spavento. Si guardò attorno leggermente frastornato, ancora intontito, notando di essere già a destinazione. Era la prima volta che saliva su un treno, ma non ricordava nulla del viaggio: stanco per la levataccia di quella mattina, si era addormentato poco dopo la partenza. Per fortuna Tergeste era il capolinea, altrimenti chissà dove si sarebbe ritrovato.
Cominciò a raccogliere le sue cose, ripensando a come la pancia di herr Schliemann si muovesse a ritmo con le parole, quando costui era agitato.

Ci fu un altro fischio, e un leggero scossone. Allarmato, Dago guardò fuori dal finestrino, e si accorse con orrore che il treno stava già ripartendo. Il suo sonnellino era durato fin troppo, e l’ora necessaria per il cambio dei passeggeri e della locomotiva era ormai passata.
Uscì di corsa dallo scompartimento per fiondarsi nel corridoio, sbatacchiando qua e là il suo carico e raggiungendo appena in tempo l’uscita del vagone, per poi saltare sul marciapiede. Si rialzò immediatamente, cercando l’orologio in una delle tasche dei pantaloni: erano quasi le nove.
Cominciò a correre disperatamente. Il ritardo di quasi mezz’ora per l’appuntamento con i clienti di herr Schliemann gli mise le ali ai piedi, portandolo a travolgere più di una persona durante il tragitto. Il colmo fu quando una donna che gli era apparsa di fronte all’improvviso finì nella fontana, mettendosi ad urlare come un’ossessa. Dago si proferì in mille scuse, sempre correndo.
Dalla zona dei negozi, entrò nell’atrio della biglietteria, per poi sbucare in Piazza dei Tram, giusto in tempo per salire sul tram diretto al teatro Verdi.




- Il signor… Saba…?

- Sei il corriere di Schliemann? Era ora!

Dago espresse tutto il suo dispiacere e consegnò i famosi e preziosi pacchetti all’uomo, in cambio di un sacchetto di monete d’oro.
Sciorinò tutti i vari salamelecchi che gli erano stati insegnati, e fece per andarsene, quando l’esclamazione di disappunto del cliente lo fermò: il contenuto del primo pacchetto, un prezioso cristallo di Boemia, era in frantumi, così come quello dei successivi quattro. Dago sapeva che era sua la colpa. Tutti quegli sballottamenti e le cadute ne avevano provocato la rottura, e ora si trovava nei guai.
Il primo impulso fu quello di scappare. Non fu una buona idea, però, visto che i due servitori di Saba si diedero al suo inseguimento. Corse lungo le vie fino a sbucare in Piazza Unità, girando verso le Rive. Non riusciva a distanziarli, anzi, stava cominciando a perdere le energie, che non aveva del tutto recuperato dopo la corsa dalla stazione.
Era diretto lì, quando passò di fronte al Molo Audace, e per una qualche oscura ragione, cominciò a percorrerlo.
Si trovava quasi a metà quando si fermò, di nuovo a causa delle urla. Stavolta, però, era l’apprensione il sentimento che le animava: i suoi inseguitori gli intimarono di tornare indietro, o avrebbe passato dei guai.
Solo allora si azzardò ad alzare gli occhi dalla pavimentazione che aveva fissato per tutta la corsa.
Sul limitare del molo, stava un’enorme creatura dal colore grigio perlaceo. Contando anche la coda, in lunghezza occupava un quarto dell’intero molo, ostruendo il passaggio.
Dago rimase immobile a osservare le grandi ali piegate ai fianchi, le zampe artigliate e la cresta che lo percorreva lungo tutto il dorso.
Sul molo c’era un drago.
Ma non era un drago qualunque. Da tempo proteggeva la città dalle tempeste e gli attacchi esterni. Da tempo stava fermo in mezzo al golfo, senza che nessuno osasse avvicinarvisi.

Il ragazzino rimase sorpreso e intimorito dalla maestosa presenza, ma non tornò indietro. Dopotutto, non avvertiva alcun pericolo, quindi perché non provare ad avvicinarsi? E se si fosse arrabbiato, pazienza: sempre meglio morire tra le fauci di quell’essere, che non per le bastonate dei suoi inseguitori, o del padrone.

Mosse i primi passi.
Il drago non sembrava aver fatto caso alla sua presenza, si limitava a starsene immobile, placido.
Spostò solo la punta della coda, lasciandola a penzolare in acqua, appena Dago fu abbastanza vicino da poterla toccare.
Man mano che avanzava, cominciava a sentirne il potente respiro, un suono vibrante e calmo, che quasi veniva coperto dal rumore delle onde. Poi l’ala destra si sollevò quel tanto che bastava a farlo passare, come un invito a non fermarsi. Mentre camminava raso al fianco del drago, l’agitazione cominciava a farsi sentire: il cuore gli batteva forte nel petto, le mani gli tremavano e l’aria non bastava mai ai polmoni. E quasi gli venne un colpo quando arrivò in fondo.
Il drago, prima immobile, inclinò la testa per poter osservare meglio il piccolo visitatore, per poi girarsi nuovamente verso il mare, sbuffando dalle narici.
Dago ancora fissava la creatura, quando una voce femminile lo distolse da quegli occhi di fiamme.

- Ehi, e tu chi saresti?

C’era una strana ragazza in piedi sul bordo del molo: non assomigliava in nulla alle sue coetanee, con quel cappotto marrone e i pantaloni in cuoio racchiusi in un paio di stivali al ginocchio. Una maglia bianca piuttosto larga e un paio di occhialoni da aviatore in testa completavano il suo abbigliamento quasi maschile, mentre la sigaretta le dava un’aria adulta e in un certo senso trasandata. E infine i capelli: lunghi e fluenti, disordinati ma in armonia, di un folle colore bianco, candido, quasi argenteo.
Gli occhi celesti si socchiusero indispettiti di fronte al silenzio di Dago.

- E allora?

- Drago… cioè, Dago! Mi chiamo Dago!

Una leggera risata scosse le spalle di lei, mentre riportava la sigaretta alle labbra.

- Piacere di conoscerti, Dago. Io sono Sky.









Non vedo il motivo di far aspettar gli aggiornamenti di una storia già conclusa, e quindi....eccomi qua.
Come promesso metto anche le note dell'autore, i credits ecc che avevo tralasciato nel capitolo. Anche se so già che aggiungerò comunque delle cose, come ad esempio, una mini lezioncina di tedesco: "herr", ovvero "signore", come tutti i sostantivi andrebbe scritto in maiuscolo, ma per non creare confusione e far pensare che magari fosse il nome proprio del personaggio, ho preferito lasciarlo in minuscolo. Perché non tutti sanno il tedesco, giustamente.

Credits: da Doctor Who, serie televisiva di fantascienza, l’insulsa frase “E’ più grande dentro!”. La situazione anche è la stessa, cabina blu fuori e spazio enorme dentro.
Luoghi scelti: nicchia, stazione
Personaggi scelti: luna, drago
Binomio (omaggio a Jacqueline Carey) scelto: Erede, Maschera
Note dell'autore: Dato il tema del contest, ho deciso di dare ai capitoli dei titoli in formato binomio, usando le parole scelte e non solo.
Tergeste è l’antico nome di Trieste ai tempi dei romani. Il periodo storico ideale è l’Ottocento, con un leggero tentativo di steampunk (ho ripreso lo sviluppo tecnologico legato alla forza del vapore). I luoghi di Piazza Unità, e in generale le rive fanno riferimento a come sono ora, date le modifiche apportate nel ‘900. In compenso la stazione verrà modificata come mi pare e piace, perché sì.
Ah, la "Piazza dei Tram" è un nome sostitutivo. Semplicemente mi pareva adatto visto che da lì partono la maggior parte dei bus.
Il nome del drago significa Antico in irlandese. E lo scrittore che gli ha dato questo nome, non è altri che Joyce, che ha vissuto a Trieste per un bel po’.
La Bora è il Signor Vento di Trieste. E’ terribile.
Durandal era una spada nelle leggende arturiane, e Pendragon era il nome del padre di Artù, se la mia memoria non vacilla troppo.
Herr vuol dire “signore”, Franz Josef è, ovviamente, l’imperatore Francesco Giuseppe d’Austria e Görz è il nome tedesco di Gorizia. Tutti i riferimenti a imperi etc sono legati alla dominazione asburgica della contea di Gorizia e di Trieste.
Saba è un riferimento all’autore Umberto Saba, anche lui di Trieste.
Non ci sono errori di battitura fra Dago e drago in nessun punto. L’ho detto giusto per sicurezza, visto che potrebbe sembrare così.
Poi c’è una leggenda sul castello di Gorizia che parla di una dama bianca. Il riferimento nell’ultimo capitolo è a quello, anche se molto velato.



Ecco qua, è tutto. (forse.)
Grazie a Ely79 per la recensione dello scorso capitolo, vedrò di rispondere al più presto! =)

E grazie a voi per aver letto... al prossimo capitolo!

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Capitolo 3
*** Capitolo 2: La Nicchia e la Luna ***


il guardiano del molo 3
Capitolo 2: La Nicchia e la Luna




- Di’, non eri tu quello che poco fa correva come un pazzo in stazione?

Dago arrossì, grattandosi la nuca imbarazzato.

- Oh, bè… avrai avuto le tue ragioni, immagino. E scommetto anche che hanno a che fare con quei due laggiù, non è così? – continuò Sky indicando con un cenno gli uomini del signor Saba, che ancora attendevano sulla Rive, timorosi di avvicinarsi oltre.
Così Dago spiegò la sua situazione: di herr Schliemann, del viaggio in treno da Görz, del contenuto dei pacchetti in frantumi e della corsa fino al molo.
Il suo racconto veniva ogni tanto interrotto dalle risate della ragazza, che non poteva far altro che trovare divertenti le disavventure del piccolo. Perfino il drago sembrava sorriderne.

- E ora cosa pensi di fare, sentiamo… - gli chiese infine lei, con un accenno di lacrime dal troppo ridere.

- Non ho il coraggio di tornare a casa. Il padrone mi ucciderà a forza di legnate!

- Senti, perché continui a chiamarlo padrone? È un modo orribile di definire il proprio datore di lavoro. Non sei certo uno schiavo.

- Sono un orfano, herr Schliemann mi ha offerto cibo e alloggio in cambio di alcuni lavoretti nel suo negozio d’antiquariato… se mi cacciasse non saprei cosa fare, nessuno vorrebbe uno come me tra i piedi.

Sky mugugnò e si distese sul molo, naso all’aria.
Non parlarono più per il resto della mattina. Solo verso mezzogiorno la ragazza si alzò per andare a comprare qualcosa da mangiare, lasciando Dago da solo con il drago, che la salutò con un rantolo soffuso.
Era strano come si sentisse tranquillo fra le sue enormi zampe. Non avrebbe mai immaginato che un essere così temuto e dall’aspetto feroce potesse emanare quella gentilezza così accogliente nella sua quiete. Non voleva andar via, avrebbe voluto rimanere lì per sempre.
E fu così che anche il pomeriggio lo passò nell’ozio, a contemplare la baia a gambe incrociate, accanto al drago e a Sky.




- Bene, è ora di andare, comincia a far freddo. – disse Sky alzandosi. Mormorò qualche parola al drago, che strofinò affettuosamente la grande testa contro quella di lei, e fece un cenno a Dago, il quale non sapeva assolutamente cosa avrebbe fatto da quel momento in poi.

- Guarda che non ho intenzione di prenderti in braccio. Muoviti.

- …non voglio tornare a casa. – rispose con tono abbattuto. Non voleva affatto tornarci, il solo pensiero di dover affrontare la furia di herr Schliemann lo terrorizzava. Avrebbe preferito rimanersene lì, a congelare per il freddo notturno.

- E chi ha mai parlato di tornartene a casa? Non ci sono nemmeno treni a quest’ora.

All’ennesima esortazione di Sky, Dago si decise finalmente a seguirla. Ma prima di andarsene si rivolse al drago.

- Arrivederci… ehm…

- Chiamalo pure D’aois.

- D’aois?

- Sì, significa “antico”. È stato uno scrittore irlandese a definirlo così quando l’ha visto. Da quel momento tutti lo conoscono con questo nome.

- Oh. Allora ciao, D’aois!

Il drago rispose con uno sbuffo, e i due si incamminarono per il molo, non senza un sospiro di sollievo da parte di Dago nel vedere che gli uomini che lo inseguivano se n’erano andati.
Ripercorsero a ritroso lo stesso tragitto che il ragazzino aveva fatto in tram, ma le Rive, alla luce dei lampioni, assumevano tutto un altro aspetto. E solo allora si fermò a osservare gli eleganti palazzi che si affacciavano imponenti sul viale, ogni tanto offuscati dal vapore delle carrozze meccaniche che si ergeva in ampie volute, come delle nuvole in miniatura.
Quasi non si accorse di esser tornato di fronte alla stazione.

- Perché siamo venuti qui?

- Perché io abito qui.

- …In stazione?

Sky continuò a camminare ignorando i commenti di Dago.
Anche la stazione era molto diversa di sera: le code di fronte agli sportelli della biglietteria erano sparite, così come l’atmosfera frenetica che la caratterizzava di giorno. L’atrio era quasi deserto.
In compenso, la piazzetta interna era ancora colma di vita, anche se non ai livelli diurni. Quella decina di caffè e sale da thé che vi si trovavano erano ancora aperti, creando un ritrovo serale per chiunque avesse voglia di una passeggiata o di una piacevole chiacchierata in compagnia.
Dago, però, non poté fare a meno di notare che i binari non erano del tutto vuoti.

- Sei una bugiarda, i treni ci sono ancora eccome!

Sky si limitò a lanciare un’occhiata annoiata nella direzione indicata dal ragazzino, per poi continuare imperterrita verso un angolo della piazza.

- Sì, ma per poco. Comunque quelli sono treni notturni, hanno solo cabine con cuccette.

Si fermò di fronte a una porta in legno massiccio, sulla cui sommità si potevano ancora leggere le parole “La Nicchia”, incise su un’insegna dall’urgente bisogno di un restauro. Era intrappolata tra un negozio di dolci e un’edicola, con una finestra poco sopra la porta. Se quella era una casa, pensò Dago, doveva essere veramente molto, ma molto stretta.
Poi Sky aprì la porta che si esibì in un sonoro scricchiolio, entrarono e Dago rimase a bocca aperta.

- E’… è più grande dentro!

- Hai una sorprendente capacità di osservazione, piccolo.

Uscì di nuovo per esser sicuro di aver visto bene l’esterno del piccolo edificio, ma l’impressione era la stessa avuta in precedenza. Se il tutto era largo un metro e mezzo, era già tanto.
Invece l’interno smentiva totalmente quest’impressione: il pian terreno era un ampio salotto dai pavimenti e il soffitto in legno scuro, con al centro un tavolo tondo attorniato da quattro sedie sempre in legno; più in là un paio di poltrone e un divano a due posti in un tessuto morbido di colore rosso, e sulla parete di fondo, piastrellata in ceramica celeste con arabeschi blu, si addossavano i mobili della cucina.
A completare il tutto, una serie incredibile di gingilli e amuleti di tutte le forme e colori pendevano dalle travi del soffitto, riflettendo la luce del grande lampadario al centro della stanza. Altri adornavano la scala a chiocciola sulla sinistra, e altri ancora erano appoggiati agli scaffali della grande libreria che correva lungo la parete di destra.

- Questo era un negozio di incantesimi, una volta. La gente veniva qui per richiedere delle magie di guarigione, o dei semplici sortilegi per far soffiare il vento sulla propria barca. Ma adesso sono tutti troppo accecati dalla tecnologia del vapore per potersi ricordare di tutto questo.

- Quindi tu saresti una strega? – domandò sorpreso Dago alla spiegazione venata di tristezza di Sky.

- Mi spiace deluderti, ma no. Questa casa l’ho presa in prestito. Se proprio devo definirmi in qualche modo… direi di essere un meccanico.

- Un meccanico?

- Sì. Un ingegnere del vapore. Quando la gente ha problemi con i propri macchinari viene da me a stressarmi.

- Ti vedo meglio nei panni della strega.

- Ahah, lo prenderò come un complimento. Per il tuo bene.

Il secondo piano della Nicchia se possibile era ancora più grande del primo, ed era occupato da quattro stanze e un bagno fornito di vasca.
La camera di Sky era la stessa che si affacciava sulla piazza interna della stazione, mentre Dago scelse di dormire in quella accanto, che stranamente aveva pure lei la stessa identica vista.
In fondo al corridoio, poi, un’altra scala a chiocciola si arrampicava verso un ulteriore livello, ma il ragazzino decise di lasciare l’esplorazione per dopo cena.

La serata passò tranquilla. Sky si rivelò inaspettatamente anche un’ottima cuoca, e Dago pensò che non mangiava così bene da una vita. Dopo averla aiutata a lavare le stoviglie, attuò il suo piano di esplorazione. Ovviamente con il permesso della proprietaria di casa.
Per prima cosa controllò anche le due stanze rimanenti: di nuovo, la finestra dava sempre sullo stesso luogo, e gli sarebbe venuto il dubbio che si trattasse sempre della stessa camera, se non fosse stato per l’arredamento ogni volta diverso.
Ma d’altronde era la casa di una strega, o un mago, giusto?
Poi si diresse verso la scala, chiedendosi cosa avrebbe trovato al piano superiore. Aprì la botola che gli impediva di proseguire e si ritrovò all’esterno.
Era il tetto della Nicchia: forse tre metri quadrati di spazio incastonati tra le rosse tegole della pasticceria e quelle marroni dell’edicola. Da lì si dominava tutta la piazza, e si poteva ammirare indisturbati l’intricata intelaiatura di piombo della cupola di vetro che la ricopriva, con la luminosa luna e le brillanti stelle a impreziosire il cielo.

- Ti piace?

Dago sobbalzò, preso alla sprovvista.

- Ahah, non pensavo fossi così fifone! Eppure hai avuto il coraggio di arrivare fino a D’aois!

- Ma è diverso!

- Ah, sì? E in cosa è diverso?

- D’aois è… gentile. Non fa paura.

- Già, eppure nessuno arriva mai fino a lui. Tutti lo temono.

Sky aveva assunto un’espressione triste mentre parlava del guardiano della città.
La prima volta che l’aveva visto, aveva subito pensato a quanto sembrasse solo, a come tutti evitassero di avvicinarvisi. Non esitò un istante ad andare da lui, per parlarci, per poter cambiare quell’aria sofferente che lo circondava.
D’aois era una creatura estremamente gentile, come aveva detto lo stesso Dago. Amava Tergeste e la proteggeva dalle insidie con la sua magia, eppure nessuno si era mai sprecato di chiedersi come si sentisse, a starsene sempre isolato su quel molo.
Così Sky prese l’abitudine di andarlo a trovare ogni giorno. Per molti, molti anni.

- Si può dire che sia il mio migliore amico, la mia famiglia.

- E da quanto tempo vi conoscete?

- La prima volta che ci ho parlato avevo ventun’anni. Sono di Görz, come te.

- E adesso quanti ne hai?

Sky inarcò un sopracciglio e sorrise sorniona.

- Secondo te perché ho i capelli bianchi?

Dopodiché si voltò a tornò all’interno, ridacchiando dell’espressione incredula di Dago.




I giorni passarono.
Dago ormai si era stabilito a casa di Sky, non avendo la minima intenzione di tornare a Görz da herr Schliemann, e l’aiutava nelle faccende domestiche, quando ce n’era bisogno.
Solitamente passavano le giornate sempre in compagnia di D’aois, al molo, a godersi la brezza marina e il sole di ottobre. Ogni tanto Sky si rivolgeva al drago, parlandogli delle cose più disparate, e sembrava che lui le rispondesse, anche se Dago non riusciva a sentire nulla.
Pian piano, anche lui cominciò a fargli delle domande, e il drago sembrava essere ben lieto di raccontare dei tempi passati con il bambino. Sempre attraverso la voce della ragazza.
A volte, di sera, gli capitava di veder arrivare della gente, alla Nicchia, che chiedeva di Sky. Queste visite significavano sempre del lavoro per la meccanica, e quindi che la giornata seguente sarebbe rimasto al molo da solo con D’aois. Quando ciò accadeva, Dago passava il tempo contando le meduse, o cercando di catturare la cena con un bastone che aveva la pretesa di chiamare canna da pesca. Altre volte, invece, saliva sulla schiena di D’aois, ben felice di aiutarlo, sognando di cavalcare i venti e sorvolare la terra, di vedere il mondo.
Dago era felice.
Dopo tanto tempo, poteva dire di aver trovato un posto a cui tenere. Voleva bene a D’aois e voleva bene a Sky. Per lui erano come un padre paziente e una sorella maggiore un po’ scorbutica, ma buona.

- Posso rimanere con te? – chiese a Sky una sera.

Lei lo fissò con un misto di scetticismo e noia negli occhi, con la sigaretta che le pendeva stanca dalle labbra.

- Ti assicuro che se non ti avessi voluto ti avrei buttato in mare, quel giorno.

Aveva deciso. Non sarebbe più tornato da herr Schliemann.

- Mi basta che tu vada a comprarmi una brioche. – aggiunse poi.

- Subito!

E uscì dalla Nicchia, diretto alla Caffetteria Viennese. Di fronte alla fontana c’era una giovane chiromante, e non resistette alla tentazione di farsi leggero il futuro. Aveva sempre desiderato provare, almeno una volta.
La donna mescolò i tarocchi, e dispose le carte.

- La carta della Luna. – spiegò. – Hai sconfitto l’oscurità che ti circondava, e ora hai qualcuno che ti guida, che illumina la tua strada. Sei fortunato, piccolo.

Dago sorrise felice. Anche la sua luna era argentata, ma non stava in cielo e aveva un carattere un po’ difficile.
La chiromante continuò, posizionando la carta della Ruota della Fortuna.

- Oh! È in arrivo un cambiamento! Di sicuro positivo, ma che ti stravolgerà la vita.

Voleva risponderle che il cambiamento stravolgente era già accaduto, ma si limitò a ringraziarla e tornare a casa, portando la brioche calda a Sky, impegnata a visionare i progetti di un motore sul tetto, alla luce di una lampada a olio.

- E se ti chiamassi Luna? – le chiese all’improvviso.

- Ti butterei giù da una scogliera.

Dago rise a quella risposta così secca, e si mise a osservare il cielo notturno, in compagnia della sua strana luna.








Salve a tutti, ben tornati!^^
Cominciamo con una cosa importantissima: nel capitolo scorso sono stata abbastanza stupida da scrivere "Piazza della Libertà" invece di "Piazza Unità"!!;_;
Scusatemi u_u"
E a proposito di Piazza Unità... ovviamente il nome si riferisce all'entrata a far parte dell'Italia della città, e ovviamente in precedenza si chimava in modo diverso... il problema è che non mi ricordo quale!D:
Di conseguenza ho mantenuto il nome attuale, anche se stona un po'...
Per il resto, spero che il capitolo vi sia piaciuto =)
E dal prossimo ci sarà un o' d'azione ;)

Quindi... ci sentiamo! Grazie per aver letto!

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Capitolo 4
*** Capitolo 3: La Maschera e l'Uovo ***


il guardiano del molo 4


In fondo delle immagini per un certo luogo di questo capitolo... per capire un po' meglio =)






Capitolo 3: La Maschera e l’Uovo





- D’aois può volare?

Sky alzò gli occhi dal libro e guardò Dago con aria interrogativa.

- Che domanda è?

- Se ne sta sempre sul molo… Pensavo che probabilmente non può più volare.

- In parte è vero… - spiegò lei. – diciamo che ha abbastanza energie solo per un ultimo volo. Uno soltanto.

- E’ malato?

- E’ vecchio. – si alzò dalla poltrona e ripose il volume sullo scaffale. – Sta morendo.

Dago rimase sconvolto dalla notizia. Non voleva che D’aois se ne andasse, aveva passato troppo poco tempo con lui, ancora.
Ma non si poteva fare niente: il drago aveva più di mille anni sulle spalle, e ormai non riusciva quasi più a tener fede al suo ruolo di guardiano della città. Presto se ne sarebbe andato, volando altrove, appena le cose si sarebbero aggiustate.

- Che cose?

Sky non gli rispose, si limitò a raccomandargli di chiudere bene la porta prima di andare a dormire. Poi sparì al secondo piano, chiudendosi in camera.
Per lei doveva essere difficile parlarne, pensò Dago, era stata molto più tempo assieme a D’aois, e perfino lui si rendeva conto del forte legame che univa i due.
Ma c’era qualcosa che lui potesse fare? Un modo per far ringiovanire il drago, ad esempio. Ma poi, lui lo voleva? Era stanco, l’aveva detto anche Sky.

E rimuginando su una possibile soluzione, Dago si addormentò, raggomitolato su una delle poltrone.




Era da poco passata l’alba, quando un leggero bussare lo svegliò.
Si domandò chi potesse essere a quell’ora… magari un cliente per Sky? Forse c’era un lavoro urgente da sbrigare.
Strascinò i piedi fino all’entrata, e aprì la porta.
Di fronte a lui si presentò una persona completamente avvolta in un manto blu notte, solo il viso era scoperto. Se si poteva definire viso. In realtà si trattava di una maschera completamente bianca, inespressiva, come quelle che aveva visto nel negozio di herr Schliemann, con un’unica differenza nell’assenza di decorazioni colorate.
Il visitatore era immobile e silenzioso.
Anche Dago era immobile, ma per la paura. E appena si riprese dal leggero shock, richiuse subito la porta, più veloce che poteva. La maschera, però, riuscì a impedirglielo bloccandone la chiusura con una mano, mandando ancor più nel panico il ragazzino.

- Sky! Sky! – cominciò a urlare il nome della ragazza. La maschera era troppo forte per lui, non avrebbe resistito per molto.
Poi finalmente Sky arrivò; scese le scale seccata per esser stata svegliata così bruscamente, ma appena realizzò la situazione saltò oltre la ringhiera, correndo verso la porta e chiudendola con una spallata.
Le dita della maschera furono tranciate via, ma invece di cadere a terra si dissolsero come fumo.
Sky chiuse a chiave la porta e afferrò per le spalle Dago, ancora scosso dall’esperienza.

- Che aspetto aveva? L’hai visto?

- Era… era bianco, come di gesso, e immobile. Ha bussato e io sono andato ad aprire, pensando che fosse un cliente… Sky, ho avuto tanta paura!

- Su, su, tranquillo… - lo consolò abbracciandolo. – Ora è passato, non può entrare se non gli apriamo.

Dago si abbandonò alle braccia di Sky, sfogandosi in un pianto liberatorio.
Ad un tratto, nel silenzio cominciarono a sentire un rumore sordo, grattato. La maschera era ancora là fuori, e graffiava lentamente la porta, cercando di entrare.
Dago si strinse ancor più alla ragazza, che lo fece accucciare dietro il divano. Poi afferrò un fucile nascosto dietro la scala e si preparò ad affrontare la creatura.
Aprì la porta imbracciando l’arma, ma non c’era più nessuno.

- Dago, vestiti! Dobbiamo andare al molo, svelto!

Ancora confuso, corse per la strada ancora deserta fino alla postazione di D’aois, portandosi dietro uno dei pesanti attrezzi di lavoro di Sky, per difendersi. Ogni tanto gli pareva di scorgere dietro qualche angolo la figura ammantata della maschera, che li osservava senza però osare avvicinarsi.
Giunti al Molo Audace, per la prima volta ebbe paura del suo guardiano: il drago se ne stava in posizione eretta, con le ali dispiegate e le fauci socchiuse. Tutto attorno alla sua figura si intravedeva una bolla trasparente, una barriera che lo racchiudeva. Ogni tanto mandava dei ruggiti minacciosi, come per spaventare un nemico in avvicinamento.
Solo Sky si avvicinò al drago, lasciando Dago sulle Rive, a tener d’occhio i movimenti della maschera.
Sentiva il cuore in gola. Lì, da solo, in balia di una creatura misteriosa e pericolosa… aveva veramente paura, come mai prima d’allora.
Poi sentì Sky urlargli qualcosa. Si girò e la vide tornare indietro indicandogli qualcosa verso Piazza Unità.
E qualcosa c’era: dalle scale che portavano in acqua, sembrava esserci un oggetto che emanava una luce bianca, come quella delle stelle. E la maschera stava puntando proprio quello.
Il ragazzino capì subito cosa doveva fare: impedire alla maschera di raggiungere quella luce, qualunque cosa fosse.
Di nuovo, corse più veloce che poteva, come mai aveva fatto prima d’ora.
La maschera era già chinata per raccogliere l’oggetto, quando Dago la raggiunse, colpendola violentemente in faccia. La creatura indietreggiò traballando, e quando si raddrizzò, il suo volto impassibile era storpiato in una terrificante espressione d’ira. Con un urlo acuto che niente aveva d’umano, si lanciò contro Dago, che cercava di ripararsi dietro una delle statue in bronzo che adornavano la scalinata.
All’improvviso esplose uno sparo, e la maschera cadde, con la testa distrutta. Il mantello si dissolse in fumo nero, e ne rimasero solo i cocci bianchi del volto, frantumato dal proiettile.
Sky gettò il fucile ormai scarico da parte, e corse incontro al bambino.

- Stai bene? Ti ha ferito da qualche parte?

- No, io… penso che mi sia quasi scoppiato il cuore dallo spavento…

- Va tutto bene, è finita. – disse abbracciandolo. – La maschera non potrà più nuocere ormai. Guarda.

Nel punto in cui le onde si infrangevano contro le scale, c’era un uovo. Un uovo decisamente grande, quasi quanto la testa di un lampione, dal guscio iridescente in madreperla.
Era stato l’uovo a emanare quella forte luce, che ora stava venendo assorbita pian piano al suo interno. Quando anche l’ultima scintilla si spense, delle crepe corsero lungo tutta la superficie, che si ruppe con un fragore cristallino.
Dai frammenti dell’uovo emerse una piccola creatura, che si scrollò i resti del guscio di dosso e si sgranchì le piccole ali ancora trasparenti. Aveva delle dimensioni decisamente ridotte, ma non c’erano dubbi su cosa fosse.
Sky sorrise felice, mentre Dago lo accarezzava sulla testa meravigliato.

D’aois spiegò completamente le ali e lanciò un potente ruggito, per salutare l’arrivo del suo successore.










Eccovi qua l'azione promessa!^^
Spero di avervi un po' inquietato con quella maschera... l'intento era quello, perlomeno. XD
Solo in seguito, comunque, ho pensato che il fucile di Sky avrebbe potuto essere con un meccanismo a pressione, e ho visualizzato quest'immagine di lei che correva con il fucile inmbracciato e dietro Dago che trasportava una specie di serbatoio collegato all'arma, inciampandosi ogni tanto X°D
Povero Dago, lo adoro <3

E ora le immagini della scalinata dove si trovava l'uovo... perché potrebbe essere non chiaro da come è descritta nel capitolo ^^"
(accidenti, non ho mai visto una cosa simile in altre città!)
Prima immagine: di notte. Perché è bella tutta illuminata :3
La scalinata la potete intravedere a sinistra, e nell'immagine di giorno la vedrete in modo più chiaro XD
foto notturna       foto diurna

E poi un'ultima, splendida immagine che vi permette di vederla da vicino... immaginatela così nella storia =)
foto scalinata
la statua a destra rappresenta un bersagliere con la bandiera italiana, mentre quelle a sinistra sono due donne in abiti fine-ottocenteschi intente a leggere.
E' una giornata di ordinaria bora + maltempo XD (rendetevi conto che non è esattamente a livello del mare, eppure le onde ci arrivano in giornate simili... °^°)

E con questo fine, al prossimo e (sigh!) ultimo capitolo...
Grazie per aver letto!!=D

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Capitolo 5
*** Capitolo 4: L'Erede e il Volo ***


il guardiano del molo 5
Ultime note più o meno importanti in fondo, più altre immagini decisamente più utili delle note.






Capitolo 4: L’Erede e il Volo





- Sky, ne sei proprio sicura?

Alcune settimane dopo, Dago percorreva la strada per il Molo Audace insieme a Sky, per l’ultima volta. La gente si fermava a osservare la strana coppia, e in particolare l’animale che occupava la spalla del ragazzino: grande non più di un gatto ma dall’aspetto fiero, le ali ombrate d’azzurro e il corpo squamato di blu di un drago. In versione miniatura, ma ancora per poco tempo.

- Smettila di farmi sempre la stessa domanda, è seccante. È il mio volere, nonché dovere.

- Sì, ma…

- Taci. Niente ma. E poi… - continuò grattando il mento del piccolo drago. – non sei più solo, no?

- Vero! – rispose sorridente, e rinunciò a portare avanti la discussione.

Quando arrivarono al molo, il piccolo drago si alzò in volo, andando a posarsi sul muso di D’aois, che da solo contava dieci volte la sua dimensione. Sky rise alla vista del cucciolo mentre giocava con l’anziano guardiano, ma il suo sorriso si spense subito in uno sguardo serio, rivolto a Dago.

- Dago, ti affido la Nicchia.

- Va bene.

- Ricorda quello che ti ho insegnato sui motori e non avrai problemi a trovarti un lavoro.

- D’accordo.

- E poi, ascolta. – Prese tra le mani il viso bagnato dalle lacrime del ragazzino, che cercava di trattenere a forza i singhiozzi.

- Resta sempre con Pendragon, non hai idea di quanto potrà sentirsi solo. E ricorda: la Maschera compare sempre assieme a un uovo. Il suo scopo è distruggere i guardiani, uccidendo il prossimo o eliminando il precedente prima che l’uovo si schiuda. A quel punto sarà compito tuo proteggere loro. Mi raccomando.

Dago annuì con la testa, e Sky sorrise. Gli accarezzò i capelli e quando lo baciò sulla fronte, sentì come una forza passare dalla ragazza a lui.
Quando riaprì gli occhi, Sky era diversa. I suoi abiti maschili erano stati sostituiti da un magnifico vestito bianco dai ricami argentati, con una gonna lunga che le ricadeva morbida sui fianchi. I capelli, sempre candidi, le si posavano sulle spalle a formare delle onde, ed erano raccolti all’indietro, fermati da dei gioielli di cristallo.
Sembrava una principessa d’altri tempi, quelle di cui si narra nelle leggende assieme a draghi feroci e intrepidi cavalieri. Solo che qui il cavaliere non c’era, e il drago era buono.

Allo stesso modo, D’aois soffiò sul muso di Pendragon. Una nuvola di vapore lo avvolse, e quando si dipanò il nuovo guardiano della città aveva raggiunto l’altezza di Dago.
Infine, Sky si arrampicò sulla schiena di D’aois, aiutata da lui, e si sedette tra l’attaccatura del collo e le spalle.

- Un’ultima cosa, Dago. Qual è il tuo vero nome?

Il ragazzino rimase sorpreso dalla richiesta. Come poteva lei sapere?

- D’aois ha cercato tante volte di parlarti, ma non è mai riuscito a farsi sentire da te. Quindi devi averci dato un nome falso, vero?

- Io… bè, mi vergognavo.

- Non importa, avanti! – rispose lei ridendo.

- …Dagoberto.

Appena pronunciò il proprio nome, sentì chiaramente una voce profonda risuonare nella sua mente.

- Dagoberto. Il mio nome è Durandal.

- Woah! D’aois?! Ma come…?

- Ahahah! Sorpreso? Durandal comunica attraverso la mente. E solo poche rare persone possono conoscere il vero nome di un drago. Se te l'ha rivelato vuol dire che si fida di te: sentiti onorato.

Finalmente poteva sentire la voce del drago che aveva protetto Tergeste per oltre un millennio.
Altre lacrime caddero lungo le guance di Dago, mentre abbracciava D’aois, o meglio, Durandal, e Sky, la dama bianca di Görz.
Infine si staccò dai due, ricacciò indietro le lacrime e si schiarì la voce.

- Buon viaggio, Sky. Buon viaggio Durandal. Vi prometto che terrò fede al mio dovere.

- Addio, piccolo amico. Grazie del tuo tempo.

- Un giorno ci rivedremo… Dagoberto! Ahahah!

Anche nell’ultimo istante Sky lo prese in giro. Ma passato il momento di offesa, anche Dago si mise a ridere, e così anche Durandal e il giovane Pendragon, che ancora non parlava, con i loro sbuffi divertiti.
Poi i due eredi dei guardiani si spostarono, lasciando lo spazio a Durandal per decollare.
L’Antico dispiegò completamente le ali, lentamente. I respiri si fecero più profondi, più potenti.
Si alzò con estrema lentezza, con estrema forza. Poi sbatté le ali una prima volta. La corrente creata sbilanciò Dago, che dovette tenersi a Pendragon per non cadere in acqua.
Un secondo battito d’ali, più veloce e forte, seguito subito da un terzo. Al quarto la pesante mole del drago si sollevò da terra, e continuò la sua ascesa, sempre più in alto.
Poi, accumulata abbastanza energia, Durandal si diede la spinta finale. E lui e Sky sparirono nel cielo di Tergeste, sotto gli occhi stupiti degli abitanti.

E da quel momento, il Molo Audace ebbe un nuovo guardiano alato, che ogni giorno osservava il mare e il cielo in compagnia di un ragazzino.










Eccomi qua, reduce da un estenuante esame e felice (più o meno) di poter pubblicare l'ultimo capitolo D°°°:
I miei ultimi commentini idioti sono: adoro la scena della partenza di Durandal e Sky. E ditemi se Dagoberto non è un nome fantastico X°°°D
Così come Pendragon. E Sky. E Durandal. Insomma, mi piacciono tutti i nomi di questa storia , ne vado particolarmente fiera! *_*
Ma, siiigh, che tristezza, mi manca già questa storia ;_;
Per questo ne sto progettando un'altra! =D
Anzi, due a dire la verità... una che narrerà dell'incontro di Sky e di Durandal che sarà una oneshot, mentre una seconda in più capitoli, dedicata al futuro....una sorta di seguito quindi =)
Così potrò presentare meglio Tergeste, i suoi abitanti e questo mondo immerso nel vapore e nella magia che spero vi abbia affascinato =)


Quindi, note importanti:
- Piazza Unità prima del 1918 si chiamava Piazza Grande, e prima ancora piazza San Pietro.
- Immagini del Molo Audace: panoramica dall'alto,   durante la bora   e  innevato.
Trovo che l'ultima sia la più suggestiva. E purtroppo non ne ho trovata una venendo dalla stazione =(
ma pazienza. In caso basta cercare su google e ne trovate quante ne volete XD
- C'è una piccola parte che ho modificato rispetto al testo mandato al concorso. Questo perché confondeva effettivamente le cose ^^"
Si tratta di una frase pronunciata da Sky, e più precisamente "Durandal comunica attraverso la mente. E solo i guardiani e i loro eredi possono conoscere il vero nome di un drago. Sentiti onorato"
Da lì sembrava che anche Sky fosse un guardiano, mentre le cose non stavano esattamente così...vabbè, ora ho rimediato quindi non importa u.u



Ora... gli ultimi ringraziamenti. In particolare a Ely79, yashal_ e aki_penn per le bellissime recensioni!=D
E a tutti voi che avete letto questa storia fino alla fine, (o anche no)... grazie mille! Spero di esser riuscita a trascinarvi in questo mio piccolo sogno, anche se per poco =)

Alla prossima! E tenete d'occhio la sezione fantasy... non si sa mai che rispunti Tergeste ;)

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