A Rose's Tale

di Martyx1988
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La bambina che parlava con le rose ***
Capitolo 2: *** L'uomo dalla maschera di ferro ***
Capitolo 3: *** La casa delle donne mascherate ***
Capitolo 4: *** Il coltivatore di rose velenose ***



Capitolo 1
*** La bambina che parlava con le rose ***


A Rose's Tale

La bambina che parlava con le rose

Quando, alla maggior parte della gente, chiedono qual è il suo primo ricordo, spesso risponde che è qualcosa di confuso. Il mio, invece, è rimasto nitido nella mia mente fino ad oggi.

Il mio primo ricordo è una rosa e, col tempo, mi sono convinta che quel ricordo abbia segnato la mia intera vita.


Quando mia madre scoprì di essere incinta di me, il medico non le nascose che sarebbe stata una gravidanza difficile, a causa delle sue già precarie condizioni di salute. E così è stato. È morta dandomi alla luce.


La rosa del mio ricordo era appesa sopra la mia culla. Ce l'aveva messa mio padre, perché, secondo lui, era ciò a cui somigliavo di più quando mi ha vista, appena nata.

Mio padre faceva il fioraio. Aveva una piccola bottega ad Atene che gli permetteva di sbarcare il lunario, grazie alla clientela fissa che preferiva i suoi fiori 'normali' a quelli 'magnifici' della bottega dell'Acropoli.

Non era un uomo attaccato ai soldi né schiavo della concorrenza. Accettava col sorriso tutto ciò che di buono gli capitava e con filosofia ciò che, invece, era meno buono.

Non mi ha mai sgridata, nemmeno le poche volte che gliene ho dato motivo, ma semplicemente rimproverata, perché capissi il mio errore e non lo ripetessi. E io capivo sempre quello che voleva dirmi, anche se erano concetti troppo complessi per una bambina di pochi anni, e lui capiva che io capivo, e diceva che aveva scelto bene il mio nome.

Mi chiamo Psiche. Significa 'mente' in greco.

Non è un nome comune ai giorni nostri, ma a me è sempre piaciuto proprio perché mi distingueva, così come i miei capelli. Quando sono nata sembravano di un caldo biondi fragola, poi, crescendo, hanno assunto un'inusuale tonalità rosa. Quando quella stranezza divenne evidente, mio padre, che si chiamava Kostas, mi disse che, se volevo, potevo cambiare quel colore in uno più normale, ma rifiutai.

Sono così perché io sono una rosa, giusto, papà?” gli dissi.

Lui non rispose, ma si limitò a sorridere.

In poco tempo divenni la mascotte del quartiere. I clienti non mancavano mai di lasciarmi un sorriso, una carezza o, quando erano molto generosi, una caramella o un cioccolatino.

La figlia dei proprietari del bar vicino al nostro negozio veniva spesso a chiamarmi per giocare insieme con le sue bambole. Ne aveva tante e tutte diverse, ma io sceglievo sempre la stessa. Somigliava molto ad Alice, la bimba che cadeva nel buco per inseguire il bianconiglio e arrivava nel Paese delle Meraviglie, la cui immagine l'avevo vista sulla copertina di un libro in biblioteca. Il giorno del mio quinto compleanno Georgia, la mia amica, me la regalò. Fu il giorno più felice della mia vita, fino ad allora, e non me lo dimenticherò mai, come non scorderò mai il giorno che la mia vita la cambiò per sempre.

Quel giorno scoprii che anche mio padre era un uomo normale e, come gli altri, si arrabbiava.

Eravamo nel retrobottega e mio padre stava sfogando la sua rabbia su un triste cespuglio di rose dai fiori spenti e piccoli. Le rose non erano il nostro prodotto migliore, ma qualcuna riuscivamo sempre a venderla. Secondo mio padre, però, le rose di quel cespuglio erano invendibili.

Era strano che papà si arrabbiasse per così poco, dopotutto nel negozio c'erano molti altri fiori belli che avremmo potuto vendere.

Arrivò, poi, un altro uomo nel retro, e tutto mi fu chiaro. Il camion con gli altri fiori aveva avuto un incidente lungo il tragitto e non era stato possibile recuperare il resto del carico. Quel cespuglio di rose, l'unico sopravvissuto, sembrava solamente voglioso di raggiungere gli altri fiori.

Mio padre, esasperato, colpì l'alberello con le cesoie e tornò in negozio per chiudere, seguito dal corriere. Io rimasi lì, a fissare il cespuglio pensando a come aiutare papà, e mi vennero in mente le sue parole la prima volta che mi rimproverò.

È importante che tu capisca ciò che si può fare e ciò che non si può fare. Molti altri genitori, al posto mio, ti avrebbero già dato una sculacciata per quello che hai fatto ma io no, perché so che basta spiegartele, le cose, perché tu ti comporti come si deve”

Mi avvicinai al cespuglio e mi inginocchiai di fronte a lui, presi un respiro profondo ed iniziai a parlargli.

Per favore, cespuglio, puoi crescere di più? Il mio papà ha bisogno delle tue rose, sennò non possiamo prenderci da mangiare. Tutti gli altri fiori sono morti in un incidente, abbiamo solo te e devi aiutarci, ti prego”

Non percepii subito quella strana sensazione che mi percorse il corpo, quel calore strano, perché ero troppo concentrata ad osservare ciò che stava accadendo. Le rose mi avevano ascoltata e avevano iniziato a crescere e a diventare di un rosso brillante e pieno di vita. I rami del cespuglio si allungarono così come le radici, che ruppero il vaso di terracotta e si insinuarono tra le travi di legno del pavimento per raggiungere il terreno sottostante.

Mio padre sentì probabilmente il rumore di cocci rotti e si precipitò nel retrobottega per vedere che non mi fossi fatta niente.

Psiche, cosa...?” iniziò a chiedere, prima di ammutolire di fronte a ciò che stava accadendo davanti ai suoi occhi.

Psiche, allontanati!” mi intimò subito, prendendomi per un braccio e mettendomi in piedi, ma io opposi resistenza.

No, papà, non fa niente, gli ho detto io di crescere” gli spiegai, pur sapendo che era quasi impossibile che mi credesse.

Psiche, non è il momento di fare la spiritosa” mi rimproverò, infatti, ma io insistetti.

È vero, papà! Guarda... per favore, stai spaventando papà, non crescere più. Così va bene”

E la pianta mi obbedì di nuovo, arrestando la sua incredibile crescita.

Mio padre fece saettare per qualche attimo lo sguardo da me al cespuglio, ora rigoglioso e carico di rose rosse come mai se ne erano viste. La sua mano continuava a stringere il mio braccio e, a parte la testa, il corpo sembrava totalmente paralizzato.

Cosa... come...” iniziò poi a balbettare, indicando le rose.

Mi dici sempre che basta spiegarle le cose. Io le ho spiegate a quel cespuglio e lui ha capito e ci ha aiutati” gli spiegai con ingenua semplicità.

Mio padre biascicò ancora qualcosa e ringraziò il cielo, prima di abbracciarmi come mai aveva fatto. Quando sciolse l'abbraccio, mi guardò poi con serietà.

Psiche, ti piacerebbe aiutare papà con i fiori?” mi chiese, tremante.

Ma io non so contare i soldi” risposi con sincerità.

Non dovrai farlo, dovrai solo curare i fiori qui, come hai fatto adesso, ma solo se è una cosa che ti piace fare e se hai voglia di farla. Non voglio costringerti a fare nulla, chiaro?”

Sembrava timoroso mentre mi spiegava tutto quanto, ma io capii quello che voleva dirmi.

Io l'ho fatto per aiutarti, papà. E voglio aiutarti anche domani, finché Georgia non mi viene a chiamare per giocare”

Certo, piccola mia” accettò mio padre, con le lacrime agli occhi, per poi abbracciarmi nuovamente.

Il giorno dopo le rose che avevo fatto crescere andarono a ruba, ripagandoci in buona parte del guadagno perso per l'incidente. Il mattino seguente giunse il nuovo carico. Piena di entusiasmo, provai a parlare anche agli altri fiori, ma ottenni risultati più mediocri che con le rose. Le vendite, comunque, aumentarono notevolmente, così come il carico di lavoro per mio padre, che però non mi chiese mai di rinunciare al mio pomeriggio di giochi con Georgia.

Il cespuglio grazie al quale avevo scoperto quel mio talento rimase piantato nel retrobottega ed era il primo a cui dedicavo le mie attenzioni la mattina, perché era l'unico che sembrava capire appieno ciò che gli chiedevo. Con gli altri fiori non sentivo la stessa sintonia, lo stesso brivido caldo che mi percorreva il corpo.

Una settimana dopo la mia scoperta era il giorno del mio sesto compleanno e mio padre mi regalò un vestito nuovo e uno zainetto con una rosa ricamata sopra. Quattro mesi dopo, a settembre, avrei dovuto cominciare la scuola elementare insieme a Georgia e decisi che quello sarebbe stato il mio zaino per la scuola.

Il destino volle, però, che iniziassi la scuola molto prima degli altri bimbi, nonché da tutt'altra parte.

Un giorno venne in negozio un ragazzo e la prima cosa che notai di lui fu che era esageratamente bello. Doveva avere massimo quindici anni, ma sembrava già un uomo adulto e possedeva un'eleganza nei movimenti che mai avevo visto. Quando lo vidi, smisi di parlare con le mie rose, totalmente rapita dal suo fascino. Anche lui mi scrutò intensamente, nell'attesa che mio padre finisse di servire una cliente, quindi scambiò poche veloci parole con lui. Intuii che stessero parlando di me quando lo sguardo cordiale di mio padre si fece preoccupato e guardò per un attimo nella mia direzione. Non sentii cosa disse al ragazzo, ma lo accompagnò personalmente da me e, seppur con riluttanza, ci lasciò soli per servire i clienti in negozio.

Ciao, Psiche” mi salutò lui, accovacciandosi vicino a me e sorridendo. Il neo vicino all'occhio sinistro sembrò più evidente.

Ciao” risposi educatamente, ma con un certo imbarazzo.

Ti piacciono le rose?” mi chiese, accennando col capo al mio cespuglio.

Mmh, mmh” annuii col capo. “Se ne vuoi una devi chiedere a papà, io non so contare i soldi”

Grazie, ma io ho già le mie, di rose”

Dal nulla, il ragazzo tirò fuori la rosa più bella che avessi mai visto, ma quando feci per toccarla, me la tolse da sotto le dita.

Attenta, queste rose non si possono toccare” mi mise in guardia e inevitabilmente mi sentii offesa, pensando che mi reputasse una sprovveduta.

Lo so, anche le mie hanno le spine che pungono” gli feci notare, ma lui scosse la testa.

Già, ma non sono velenose come le mie” mi spiegò a voce bassa perché solo io sentissi, lasciandomi senza parole. Non avevo mai sentito parlare di rose velenose, né da mio padre né da altri.

E come fanno ad essere velenose?” gli chiesi, pendendo totalmente dalle sue labbra.

È un segreto che non posso rivelarti, a meno che tu non mi spieghi come fai a creare queste bellissime rose”

Mi ritrovai spiazzata di fronte a quella condizione, perché nessuno sapeva del mio talento, a parte mio padre. Era stata una sua precisa scelta quella di non rivelare niente a nessuno. Come faceva quel ragazzo a sapere?

Io... non faccio niente, lo giuro!”

A me puoi dirlo, Psiche” mi assicurò con dolcezza, accarezzandomi la testa. “Io sono come te”

Detto questo, il ragazzo chiuse gli occhi e un'aura dorata iniziò ad emanare dal suo corpo. Mi sentì pervadere dalla stessa sensazione che provavo quando parlavo ai fiori, solo innumerevoli volte più forte. Quella luce dorata, poi, sembrava in grado di illuminare tutta la stanza.

Che cos'è?” gli domandai, estasiata.

Si chiama cosmo, e ne possiedi uno anche tu” mi rivelò il ragazzo.

Davvero?” presi a guardarlo con tanto d'occhi. Lui annuì. “Sì, ed è grazie a lui che riesci a creare questi fiori meravigliosi, mentre col mio posso rendere le rose velenose”

Anche il mio è d'oro come il tuo?” chiesi ancora, spinta da un'irrefrenabile curiosità.

Non so di che colore sia il tuo, non è ancora abbastanza sviluppato”

E come hai fatto a vederlo, allora?”

Il cosmo non è solo quest'aura dorata che vedi intorno a me. È qualcosa che è dentro di noi, un piccolo universo da cui possiamo trarre energia” mi spiegò con pazienza.

Io ho un universo... dentro di me?” scandii, incredula.

Sì, un piccolo universo che posso vedere attraverso i tuoi occhi”

Sorrisi meravigliata, quindi mi lasciai di nuovo travolgere dalla curiosità. “Posso vedere il tuo?”

Se ci riesci” acconsentì il ragazzo, per poi lasciarsi scrutare dal mio sguardo intenso e concentrato. Già dopo qualche secondo sbuffai, convinta di poter vedere soltanto il nero delle sue pupille, ma poi in quel nero vidi qualcosa di luminoso e pulsante, come una stella. E poi un'altra e un'altra ancora. Tutte quelle stelle divennero, infine, un piccolo cielo che continuava ad espandersi. Era il suo cosmo.

L'ho visto! Ho visto il tuo universo! Era un cielo pieno di stelle!” esclamai al massimo della felicità.

Il ragazzo rise della mia gioia e mi tenne le mani mentre saltellavo per la stanza. Ma attese poco, prima di interrompere quel tripudio di felicità.

Sì, sei stata bravissima, ma adesso devo dirti una cosa molto importante”

Smisi allora di saltare. Avevo il fiatone, ma non riuscivo a smettere di sorridere. Mi feci, comunque, attenta, come quando dovevo ascoltare mio padre che mi spiegava qualcosa di importante.

Il potere che possiedi, di parlare coi fiori, potrebbe diventare qualcosa di molto più grande, se allenato. Io sono venuto sin qui da un luogo dove si fa proprio questo, si allenano i talenti come te a diventare più forti, a coltivare le loro capacità perché possano sfruttarle al massimo. Ognuno di noi ha un universo dentro di sé che era piccolo come il tuo e che, col tempo e il duro lavoro, è diventato grande come il mio”

È tipo una scuola?” domandai, interessata.

Esatto, una scuola speciale per persone speciali come te. Io ti propongo di venire con me in questa scuola e di diventare mia allieva. Ti seguirò per tutto il tempo che sarà necessario affinché sviluppi al massimo il tuo potere”

Pur non sapendo ancora nulla di quel mondo che mi aveva descritto in poche parole, sentivo che quella era la strada giusta da intraprendere. Quel cosmo che avevo visto in fondo ai suoi occhi era così caldo e accogliente che mi era stato impossibile non sentirmi attratta da lui. Ma ero ancora una bambina e, come tale, legata per prima cosa alla mia famiglia.

Tanto poi torno a casa da papà per cena, no?” gli chiesi ancora, ma per la prima volta da quando era arrivato, il volto del ragazzo assunse un'espressione che mi fece capire che non avrei ricevuto la risposta che desideravo.

No, Psiche. Se accetti di venire con me, non potrai più vedere tuo papà né nessun altro”

rosa

Psiche, Kostas, Georgia © Martyx1988
Aphrodite © Masami Kurumada

Buongiorno a tutti! Con questa storia mi piacerebbe (se riesco) approfondire la storia di Psiche, del suo addestramento e della sua vita da Sacerdotessa, nonchè alcuni aspetti più personali che non riuscirei a trattare in Babylon. L'inizio non è molto lungo, ma ho preferito farlo concludere a questo punto per poi trattare separatamente il suo arrivo al Santuario.
Spero che anche solo il primo cap sia di vostro gradimento e che arrivi qualche commento :)
Martyx1988

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Capitolo 2
*** L'uomo dalla maschera di ferro ***


A Rose's Tale

L'uomo dalla maschera di ferro


Aphrodite – così si chiamava il ragazzo che mi venne a prendere – mi portò, per prima cosa, nel negozio di fiori dell'Acropoli, quello che vendeva le rose più belle di Atene. Questo perché erano le rose che Aphrodite coltivava personalmente, col suo cosmo, infondendovi un po' della sua enorme bellezza.

Con la corolla di una di queste rose mi asciugò l'ennesima lacrima che era uscita dai miei occhi. Non avevo smesso di piangere da quando avevo lasciato il negozio di mio padre, dopo che lui mi aveva regalato un orsacchiotto di peluches da portare con me, l'unico oggetto legato alla mia precedente vita che Aphrodite aveva acconsentito che tenessi. Da come mi aveva guardata appena ero scoppiata in lacrime, avevo capito che non approvava il mio comportamento, così avevo cercato di piangere il più silenziosamente possibile.

Dove stiamo andando adesso non si può piangere, Psiche” mi disse, osservando la piccola sfera trasparente che una volta era stata la mia lacrima. “Oltre questa bottega, oltre il villaggio dopo di essa, ci troveremo in un posto dove bisogna essere forti per sopravvivere e dove chi si lascia sopraffare dagli eventi è perduto. Io so che tu sei forte, Psiche, ma sappi che dovrai esserlo da subito, perciò basta lacrime. Quando mi hai detto di sì, al negozio, hai anche accettato questo destino. Dimostrami che ho fatto bene a portarti qui”

Aphrodite mi mise i fiore tra i capelli e rimase in attesa.

In quel momento avevo una paura terribile, ma ero anche consapevole della scelta che avevo fatto e delle sue conseguenze. Non volevo deludere quel ragazzo che aveva visto in me qualcosa di speciale.

Tirai su col naso e mi asciugai gli occhi con la manica, quindi annuii. Aphrodite si distese in un sorriso soddisfatto e, presami per mano, mi condusse fuori dalla bottega. Ci addentrammo nell'antico villaggio di Rodorio, custode del segreto dei Cavalieri di Atena e del loro Santuario, con le sue botteghe e le sue piccole abitazioni d'altri tempi. Ero talmente affascinata da quel luogo che mi dimenticai per un attimo della tristezza di prima.

Dedussi che Aphrodite doveva essere una persona importante, perché tutti si inchinavano al suo passaggio e lo salutavano con riverenza. Tuttavia lui sembrava restio a ricambiare i saluti, solo qualche volta si sbilanciò con un cenno della testa.

Lo seguii fiduciosa tra quel dedalo di vicoli, finché non ci si parò davanti il tempio più grande che avessi mai visto, forse più del Partenone, per i miei occhi di bambina. Mi lasciai scappare un'esclamazione estasiata che fece sorridere il mio cicerone.

Benvenuta al Santuario, Psiche. Questa è la Casa dell'Ariete Bianco, la prima delle Dodici Case dello Zodiaco che ci accingeremo ad attraversare. Al momento questa è vuota, perciò non occorre chiedere il permesso di passare. Vieni”

Salimmo la breve scalinata di marmo bianco che ci condusse alla soglia del tempio e ci addentrammo dentro di esso senza indugi, col solo rimbombo dei nostri passi ad accompagnarci.

Conosci lo Zodiaco, Psiche?” mi domandò Aphrodite.

Feci di no con la testa. “So solo di essere del Toro, ma non ho mai capito cosa significa”

Significa che sei nata sotto il segno del Toro, che, guarda caso, è quello della prossima Casa che attraverseremo” mi spiegò, paziente. “Memorizza bene tutti i segni delle prossime Case. Quando saremo arrivati all'ultima, la Dodicesima, la mia, te li chiederò tutti”

Annuii con vigore, fermamente intenzionata a non deluderlo.

Questa è la base da conoscere, per diventare un guerriero di Atena. Oh, ecco Aldebaran, il custode della Casa del Toro”

Aphrodite mi indicò un energumeno che, dalla mia prospettiva, sembrava occupare tutta l'entrata del tempio. Se ne stava lì davanti a braccia conserte e con un cipiglio che non prometteva niente di buono.

Ci fermammo a pochi passi da lui. Sapevo che lo stavo guardando dal basso in alto con tanto d'occhi, ma non potevo farne a meno. Era l'essere umano più grosso che avessi mai visto.

Nobile Aldebaran, ti chiediamo il permesso di attraversare la tua dimora” domandò cortesemente Aphrodite, che si ritrovò, però, la manona di Aldebaran davanti alla faccia.

Momento” disse perentorio, prima di accovacciarsi per raggiungere la mia altezza.

Seguii la sua discesa sempre con gli occhi spalancati, ma mi ricordai di chiudere la bocca. Mi vergognavo dei denti mancanti.

Aldebaran mi squadrò con gli occhi socchiusi e in silenzio per molti secondi, prima di parlare.

Tu sei del Toro, vero?” mi chiese ed io annuii lentamente.

Lo sapevo, il mio intuito non fallisce mai”. Sapeva che stava continuando a sorprendermi da tanto grandi erano diventati i miei occhi. Forse fu per questo che, subito dopo, si mise a ridere a crepapelle.

Ahahah! Ma no, ti ho preso in giro, funghetto. Ho sentito che lo dicevi al coso qui poco fa”

Mi chiamo Aphrodite” puntualizzò stizzito il mio accompagnatore.

Come ti pare. Passate pure, comunque, e tu vieni a trovarmi, qualche volta, funghetto”

Mentre lo sorpassavamo ad una velocità più alta di prima, Aldebaran mi fece l'occhiolino e io gli risposi salutandolo con la mano.

Non dovemmo chiedere nessun permesso nemmeno nella Terza Casa, quella dei Gemelli. Aphrodite mi spiegò che era disabitata da molti anni e che del suo custode non erano più pervenute notizie.

Il custode della Casa del Cancro non era grosso quanto Aldebaran, ma se possibile mi mise ancora più paura. Aveva un ghigno perenne stampato sul volto e sembrava guardarmi famelico, nonostante i rimproveri di Aphrodite, che sembrava essere l'unico a cui desse ascolto. Non ci fece comunque problemi per passare, ma, col senno di poi, avrei preferito il contrario. Le pareti del tempio erano un museo di volti straziati dal dolore. Dovetti impormi di non piangere, non volevo rompere la promessa che, dentro di me, avevo fatto ad Aphrodite, la cui mano stringevo convulsamente tra le mie.

Capisco il tuo turbamento, Psiche, ma ho voluto che vedessi quell'orrore per testare la tua forza. Sapevo che non mi avresti deluso. Procediamo”

Al centro della Casa del Leone troneggiava, su un piedistallo, uno scrigno d'oro con incisi dei bassorilievi raffiguranti, appunto, un leone. L'armatura stava per essere assegnata, mi spiegò il mio amico, ma non riteneva il futuro custode della Quinta degno di tale ruolo.

Il Cavaliere della Vergine era estremamente giovane, ma emanava un'aura di estrema saggezza. Nonostante la mia inesperienza, ero in grado di percepire il suo cosmo potentissimo. Probabilmente era impossibile non sentirlo. Il giovane si chiamava Shaka e si diceva fosse la reincarnazione del Buddha, nonché l'essere umano più vicino agli dei. Quando lo raggiungemmo, stava ad occhi chiusi e a gambe incrociate su un grandissimo fiore di loto. Aphrodite mi disse che stava meditando.

Potete passare. Le sue parole rimbombarono nella mia testa e, pensai, anche in quella di Aphrodite, perché subito dopo mi condusse fuori dal Sesto tempio.

Non incontrammo altri ostacoli fino al decimo tempio. Come per il Cavaliere di Gemini, anche il guerriero di Libra non dava notizie di sé da molto tempo. L'armatura dello Scorpione non era stata ancora né trovata né tanto meno assegnata. Su di essa e su quella dell'Acquario correvano varie leggende, mi disse Aphrodite, la più attendibile delle quali riferiva che esse fossero imprigionate nei ghiacci eterni dell'Artico da più di duecento anni, esattamente dove i loro precedenti possessori persero la vita.

Sorte simile era capitata all'armatura del Sagittario, ma su di essa non giravano leggende bensì sospetti. Il suo ultimo proprietario era considerato dagli abitanti del Santuario un traditore che si era macchiato di colpe indicibili ad una bambina di sei anni quale ero, di cui la meno grave pareva essere il furto delle sue sacre vestigia. Oltre a questo, Aphrodite mi avvertì che non era prudente parlare di quell'uomo, all'interno del Santuario come, e soprattutto, al cospetto del Cavaliere successivo.

Shura di Capricorn era un uomo taciturno, più grande e maturo della mia guida, che ispirava rispetto alla prima occhiata. Il suo volto sembrava scolpito nel marmo tanto era fermo e impassibile e quasi non mosse le labbra quando ci disse che potevamo passare.

Superata, infine, l'Undicesima Casa ancora incustodita, raggiungemmo l'ultima, la Dodicesima, la Casa dei Pesci.

Non era molto diversa dalle precedenti, alte colonne che sorreggevano una volta cassettonata e delimitavano i vari luoghi della casa, primo fra tutti la sala dei combattimenti.

Aphrodite si fermò al centro di essa e mi affrontò a braccia conserte, lo sguardo serio e non più dolce come prima.

Bene, Psiche, adesso ripetimi i dodici segni dello Zodiaco” mi ordinò con fermezza ed io eseguii subito.

Ariete, Toro, Gemelli, Cancro, Leone, Vergine, Bilancia, Scorpione, Sagittario, Capricorno, Acquario, Pesci”

Eccellente, ma questo è solo l'inizio” mi disse il Cavaliere, senza scomporsi. “Ora aspettami qui, non muoverti, chiaro? Io torno subito”

Aphrodite sparì tra le colonne, lasciandomi sola a contemplare l'immensità della sua dimora. Provai ad allungare il collo nella speranza di scorgere qualcosa di interessante tra le colonne, ma non vidi nulla. Tornai allora all'entrata per osservare la maestosità degli undici templi sotto di me, le altre undici perle di quella stupenda collana che era il Santuario di Atene. Oltre di esso si poteva scorgere il mare, le cui propaggini raggiungevano anche il lato orientale del promontorio su cui il complesso si estendeva. Oltre alle Dodici Case dello Zodiaco riuscii a scorgere molti altri edifici, che si alternavano a rovine di ogni sorta ed epoca. Vidi anche uno stadio e mi sembrò che, al suo interno, vi fossero delle figure in movimento.

Lasciai l'ingresso della Casa per andare dalla parte opposta, anche se non mi aspettavo di vedere qualcosa di più bello di quel panorama. Quanto mi sbagliavo. Il tappeto di rose che ricopriva la scalinata dietro la Dodicesima mi tolse il fiato. Le rose che avevo creato io non erano neanche l'ombra di quelle che mi trovai davanti, così rosse e cariche di petali da sembrare finte. Subito mi venne voglia di coglierne una, ma non feci in tempo a muovere il primo passo che una mano ferma si chiuse sulla mia spalla, bloccandomi. Quando alzai gli occhi incontrai quelli cerulei di Aphrodite. Era vestito della sua armatura d'oro ed era più bello di un dio, tuttavia il suo sguardo era contrariato.

Ti avevo detto di restare nel tempio” mi rimproverò.

Mi dispiace, scusami, ma sono così belle...”

Non sei ancora ufficialmente mia allieva, perciò chiuderò un occhio, ma la prossima volta che mi disobbedirai, sarò costretto a punirti, Psiche”

Annuii svelta. “Non succederà più, lo giuro”

Aphrodite mi squadrò con severità ancora per qualche secondo, prima di volgere lo sguardo al giardino di fronte a noi.

Questo giardino è l'ultima difesa posta a salvaguardia del Gran Sacerdote e di Atena stessa e, pertanto, è letale per chiunque lo attraversi” disse solennemente, ma riuscii a percepire una nota di orgoglio nel suo tono.

E noi come facciamo a passare?” chiesi ingenuamente, suscitandogli un sorriso spontaneo.

L'ho creato io, Psiche, e io posso annullarne l'effetto affinchè possiamo passare oltre. Stammi vicina”

Aphrodite mi prese di nuovo per mano ed accese il suo cosmo quel tanto che bastava perché inglobasse anche me, quindi ci accingemmo ad attraversare la distesa di rose. Queste sembravano spostarsi al nostro passaggio, in modo da non essere calpestate, quindi tornavano al loro posto.

Ben presto tornammo a camminare sul marmo e salimmo l'ennesima scalinata, quella che ci avrebbe condotto nelle stanze del Gran Sacerdote di Atena. A quanto pareva, serviva il suo benestare perché diventassi allieva di Aphrodite.

Ci accolsero due guardie, che ci sbarrarono la strada incrociando le lance.

Gigars mi aspetta” disse semplicemente il Cavaliere e una delle guardie si congedò per riferire.

Riapparve poco dopo, preceduta da un ometto basso, con barba e capelli lunghi e grigi e un diamante al posto dell'occhio sinistro. Aveva una specie di elmo in testa e, per camminare, si sorreggeva ad un lungo bastone di metallo.

Arrivò al cospetto di Aphrodite con lentezza e lo guardò con disprezzo, prima di parlare.

È questa la bambina?” domandò con voce gracchiante.

Sì, è lei. Desidero presentarla al Gran Sacerdote”

Mmh...” mugugnò l'uomo, per poi voltarsi e farci strada tra i corridoi del tempio, fino alle porte della Sala del Trono. Ci disse di aspettare, quindi entrò per annunciarci.

Sommo Arles, Aphrodite dei Pesci chiede la vostra udienza per mostrarvi una bambina che sembra avere del potenziale”

Molto bene, fallo entrare” rispose una voce profonda e metallica, che riecheggiò per tutta la sala. “E tu sparisci. Hai cose molto più importanti di cui occuparti, se non sbaglio”

Sì, certo” balbettò Gigars, mentre arretrava. “Ai vostri ordini, Eccellenza”

Raggiunta la soglia della sala, decise finalmente di voltarsi e di correre altrove, sotto lo sguardo soddisfatto di Aphrodite.

Entra, Cavaliere di Pisces” ordinò Arles, permettendoci così di entrare nell'immensa sala.

Arrivammo a qualche metro dall'immenso trono che stava in fondo alla stanza e su cui era seduto il Gran Sacerdote. Ebbi timore di lui al primo sguardo. Indossava una lunga tunica scura tenuta in vita da una cinta, il volto era coperto da un'inespressiva maschera di metallo e dagli occhi rossi come il sangue, e rosso era anche l'elmo che gli sormontava il capo e che raffigurava una creatura alata. Distolsi subito lo sguardo da lui, in quanto approfittai del fatto che Aphrodite si era inchinato a lui per imitarlo e concentrarmi sul tappeto rosso sotto i miei piedi.

Alzatevi” comandò di nuovo e noi eseguimmo, seppur fossi un po' riluttante. “Parla Aphrodite, perché mi hai portato questa bambina?”

Possiede un cosmo acerbo ma potente, Sommo Arles, e penso di essere in grado di farglielo sviluppare al meglio. La piccola Psiche ha della capacità affini alle mie e già senza un allenamento sulle spalle è in grado di fare molto” spiegò il Cavaliere in modo conciso.

Mostramelo” fu l'ennesimo ordine del Gran Sacerdote.

Aphrodite annuì col capo e mi porse una delle sue rose, che però non mi azzardai a toccare, memore del suo avvertimento del giorno prima.

Tranquilla, non ti farà niente” mi rassicurò lui, al che la presi tra le dita tremanti.

Cosa devo fare?” gli domandai, tremante, ma il guerrieri mi sorrise teneramente.

Cosa sei in gradi di farle fare?”

Mi venne in mente una volta in cui dovevamo pulire il retrobottega da tutti i petali di rosa caduti dal cespuglio, ma sapevo che avrei dovuto fare molto di più per sorprendere il Gran Sacerdote.

Presi un respiro profondo e mi concentrai. Ad uno ad uno, i petali della rosa si staccarono dal fiore e si incolonnarono a mezz'aria, formando un nastro che fluttuò per tutta la stanza, intorno a noi e davanti al volto mascherato di Arles, che ne seguì il volo finché non tornarono a costituire la corolla del fiore, esattamente come prima.

Quando l'ultimo petalo tornò al suo posto, distolsi la concentrazione della rosa e guardai Aphrodite. Sembrava soddisfatto.

Sono d'accordo, la bambina ha del potenziale e tu solo, al momento, sei in grado di coltivarlo. Va e istruiscila secondo le regole del Santuario e di Atena” decise il Celebrante.

Il Cavaliere accennò un inchino e, presami per mano, mi condusse fuori dalla Sala del Trono.

rosa

Psiche © Martyx1988
Aphrodite e gli altri Gold Saint, Gigars e Arles © Masami Kurumada

Salve a tutti! Ecco a voi l'arrivo di Psiche al Santuario e la sua presentazione ad Arles. Spero che il capitolo sia di vostro gradimento e di essermi abbastanza attenuta allo spirito di Saint Seiya. A voi i commenti!
Martyx1988

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Capitolo 3
*** La casa delle donne mascherate ***


A Rose's Tale

3- La casa delle donne mascherate


La stanza di Aphrodite, del mio Maestro, come avrei dovuto chiamarlo da quel momento in poi, era la più bella e la più ordinata che avessi mai visto. Il letto era perfettamente fatto, la scrivania non aveva un foglio o una matita fuori posto, l'armadio non lasciava uscire la manica di nessun abito dalla fessura tra le ante e gli specchi su di esse erano perfettamente puliti, senza ditate o aloni di sporco.

Il Maestro, spogliatosi delle sue vestigia dorate, prese delle lenzuola e un cuscino dal fondo dell'armadio e mi disse di seguirlo nella stanza accanto. Questa era arredata in modo molto simile a quella di Aphrodite, ma mancava del suo tocco personale.

Questa è la tua stanza, Psiche, e lo sarà per tutta la durata dell'addestramento. Iniziamo dalle regole di convivenza: sveglia all'alba e colazione, dedicherai la mattinata all'ampliamento del tuo cosmo e delle tue capacità innate, quindi pranzo al primo rintocco del mezzodì; al pomeriggio ti recherai al campo di addestramento femminile, dove le Sacerdotesse più grandi ti inizieranno all'arte del combattimento corpo a corpo; cena al tramonto e a letto. Tutto chiaro?”

Stavo per chiedere quando avrei potuto giocare con le amiche che si sarei fatta in quella nuova scuola, ma una vocina nella mia testa mi suggerì che non era una domanda appropriata, quindi mi limitai ad annuire col capo e a chiedere un'altra informazione, più attinente.

Dove si trova il campo di... dove sono le monache più grandi?” domandai.

Sacerdotesse, non monache” precisò il mio Maestro, leggermente divertito. “Ci andiamo proprio adesso. Memorizza bene il percorso, perché da domani dovrai andarci da sola”

Non mi prese per mano durante la discesa delle Dodici Case, ma rimase sempre quattro o cinque passi davanti a me. Camminava spedito, e io feci non poca fatica a stargli dietro, tanto che, una volta arrivati a destinazione, avevo il fiatone.

Il campo di addestramento delle Sacerdotesse si trovata dalla parte opposta di un piccolo boschetto che lo nascondeva agli occhi del resto del Santuario, principalmente abitato da uomini. Mi spiegarono che era una regola ferrea del Tempio che le Sacerdotesse guerriere e le apprendiste, come io sarei stata, dovevano avere meno contatti possibile coi restanti guerrieri del Tempio, almeno all'inizio, e che, al loro cospetto, il loro viso doveva essere totalmente coperto da una maschera. Ognuna delle guerriere ne aveva una, simile nella foggia ma diversa nella decorazione, che dipendeva dal gusto personale di ciascuna. C'era chi aveva optato per una serigrafia semplice, chi per una molto elaborata e chi, invece, aveva preferito lasciare la propria maschera anonima.

Questa era stata la scelta della Sacerdotessa che ci venne ad accogliere, una ragazzina dai folti capelli rossi e dal fisico slanciato.

Nobile Aphrodite” si inchinò lei, prima di volgere lo sguardo inespressivo verso di me. “Una nuova allieva?”

Sì, è arrivata oggi. Ha bisogno di una maschera” spiegò sbrigativo.

La Sacerdotessa annuì e ci fece strada all'interno del dormitorio femminile. Il mio Maestro preferì, però, aspettarmi fuori e mi lasciò alle cure della ragazza, che scoprii chiamarsi Marin.

Il dormitorio consisteva in quattro grandi camerate, ciascuna con numerosi letti a castello molto vicini tra loro e dotati del minimo comfort indispensabile: un materasso sottile e, il più delle volte, sfondato, un cuscino con uno o due buchi, lenzuola sgualcite e, per i periodi freddi, una ruvida coperta di lana. Ai piedi di ogni letto c'era un baule che conteneva i pochi effetti personali delle due ragazze che lo occupavano.

Superati i dormitori, entrammo in un ampio salone con tre tavolate messe a ferro di cavallo e affiancate da lunghe panche di legno. Raggiungemmo, infine, l'armeria, dove venivano tenute tutte le armi e le corazze necessarie all'addestramento.

Marin si diresse verso un grosso baule in fondo alla stanza, lo aprì e mi fece cenno di avvicinarmi per vederne in contenuto. Una serie infinita di maschere come quella che indossava lei erano impilate fino in cima al contenitore, tutte uguali come aspetto, ma di dimensioni diverse. Marin ne prese una e l'avvicinò al mio viso per valutarne la misura, scosse la testa, ne prese un'altra e fece la stessa cosa. Al terzo tentativo parve trovare la maschera della misura giusta. Mi ravviò i capelli dietro le orecchie e poggiò il bordo superiore della maschera contro la mia fronte, quindi l'abbassò piano piano finché non aderì completamente al mio viso. Due fori a livello degli occhi mi permettevano di vedere, altri due, più piccoli, all'altezza del naso mi permettevano di respirare. Dalla bocca avevo lo spazio sufficiente per parlare.

Senza nemmeno accorgermene, mi misi a piangere silenziosamente. Marin inclinò la testa e immaginai avesse un'espressione intenerita sul volto. Mi accarezzò la testa con fare materno e cercò di consolarmi.

Lo so, non è facile, all'inizio” mi disse dolcemente. “Ma col tempo ti ritroverai a non poterne fare a meno. È solo una questione di abitudine. E poi, quando vorrai toglierla un attimo, potrai sempre venire qui”

Mi tolse la maschera e si rimosse anche la sua. Aveva un bel viso sorridente e due occhi profondi che sembravano comprenderti all'istante.

Adesso asciugati il viso. Aphrodite non tollera molto le lacrime, penso te l'abbia già detto”

Annuii, mi passai i pugni sugli occhi e tirai su col naso. Marin mi porse la maschera e mi aiutò ad indossarla, quindi coprì il suo volto con la sua.

Se e quando saprai come decorarla, passa pure qui. Sarò felice di aiutarti”

Mi riaccompagnò fuori dai dormitori, dove il Maestro mi stava aspettando con aria impaziente.

Perdonate l'attesa. Non trovavamo la misura giusta” si scusò Marin con un inchino che Aphrodite non parve nemmeno notare.

Sì, certo. Andiamo, Psiche” si congedò frettolosamente.

Ciao, Marin!” salutai io, ricevendo una semplice alzata di mano dalla Sacerdotessa.

Sempre di gran lena tornammo alla Dodicesima Casa, dove incrociammo un'ancella indaffarata a prepararmi la stanza con le poche cose che Aphrodite mi aveva dato. Appena ci vide entrare, lasciò perdere ciò che stava facendo e si inchinò di fronte al Maestro.

Nobile Aphrodite! Ho portato gli abiti che avete richiesto e stavo preparando la stanza della vostra allieva, come mi avete ordinato”

Sì, bene. Adesso puoi andare” la accomiatò lui col solito modo di fare. L'ancella non se lo fece ripetere due volte e si dileguò, lasciandoci soli.

Guardai il mio maestro dai fori della mia maschera. Aveva perso tutta l'avvenenza che mi aveva colpita la prima volta e mi fissava severo, dall'alto, con le braccia incrociate.

Togliti quegli abiti. Non sono adatti alla vita che farai da oggi in avanti”

Va bene” acconsentii e feci per togliermi la maschera, ma il Maestro mi bloccò.

No!”

Rimasi con la mano a mezz'aria, impietrita dall'ordine perentorio che mi era stato dato.

Non puoi toglierti quella maschera in presenza di un uomo” mi spiegò, dopo aver ripreso la calma.

Perchè no?... Maestro?” domandai intimorita. Come Marin poco prima, mi accarezzò il capo e si inginocchiò di fronte a me.

Perchè questa è la tua unica protezione, qui dentro. Con questa maschera sul volto sarai trattata esattamente come un uomo, come uno degli altri guerrieri del Santuario. Sarai immune da qualsiasi tipo di scherno e sopruso. E se mai un uomo dovesse vederti il volto, allora avrai solo due possibilità: ucciderlo o innamorarti di lui. Capisci perché è importante che nessun uomo ti veda senza di essa?”

Credo... di sì... Maestro”

Sul suo viso passò un rapido sorriso, che subito mutò nell'espressione seria di poco prima.

Forza, spogliati. Ti prendo gli abiti nuovi”

Mi consegnò una calzamaglia pruriginosa e troppo larga per le mie esili gambe, una casacca a mezze maniche, una cintura e dei calzari relativamente comodi che si fissavano sotto il ginocchio. Senza perdersi in chiacchiere, poi, mi voltò e mi legò i capelli in un'acconciatura comoda, come la definì lui, che lo impegnò per diversi minuti. Quando ebbe finito, guardò il risultato ottenuto.

Direi che può andare” decretò dopo alcuni secondi, quindi mosse qualche passo verso l'uscita.

Adesso andiamo ad allenarci, Maestro?” gli chiesi bramosa, forse solo per paura di restare da sola in quel posto nuovo e sconosciuto.

No, Psiche, inizieremo domani. Puoi andare a vedere il Santuario, se vuoi. Io ho delle cose da fare”

Devo tornare al rintocco del mezzodì, Maestro?” domandai ancora, memore dell'avvertimento che mi aveva dato prima dell'incontro col Gran Sacerdote.

Sì, per il pranzo. E non devi chiamarmi sempre Maestro, non è necessario” rispose, e stranamente mi sembrò in difficoltà.

Va bene”

Aphrodite abbozzò di nuovo un sorriso, quindi uscì dalla stanza. Poco dopo, sentii chiudersi la porta della stanza accanto. Solo allora mi azzardai ad uscire dalla mia. Raggiunsi la sala dei combattimenti e la esplorai con lo sguardo. Ogni colonna, ogni anfratto, ogni ombra era silenziosa come solo le cose antiche lo sono, e per la prima volta in tutta la mia vita, mi sentii sola. Mi venne quasi subito da piangere, ma ricordai immediatamente le parole del mio Maestro e ricacciai indietro le lacrime. Dovevo essere forte.

Uscii dal tempio ed iniziai a scendere la scalinata. Come aveva fatto Aphrodite tutte le volte, chiesi ai proprietari dei templi abitati il permesso di passare. Nessuno di essi mi impedì il passaggio e presto mi ritrovai sulla soglia della Casa del Toro.

Nobile Aldebaran, ti chiedo il permesso di attraversare la tua dimora”

Nessuno rispose, ma dopo qualche secondo l'omone comparve dalle colonne, con uno sguardo sorpreso sul volto.

Funghetto! Che ci fai qui tutta sola?”

Aldebaran mi venne incontro veloce e si accovacciò davanti a me.

Il mio Maestro aveva da fare e mi ha detto di andare a visitare il Santuario fino al rintocco del mezzodì” spiegai. “Allora posso passare?”

Sì, certo, ma... insomma, è pericoloso per una bambina girare da sola per il tempio” mi fece notare, sconcertato.

Scrollai le spalle, non sapendo come ribattere a quell'appunto, nel mio inconscio rassegnata a passare quella giornata da sola. Aldebaran si sfregò il mento per molti secondi con fare pensieroso, prima di espormi la sua idea.

Se mi aspetti qualche minuto, ti accompagno io a visitare la baracca. Ti va?”

A quelle parole riuscii a sorridere spontaneamente per la prima volta da quando ero al Santuario. Accettai entusiasta la proposta e il Toro rispose con lo stesso entusiasmo. Presami in braccio come se non pesassi più di una piuma, mi portò nei suoi alloggi privati e mi fece sedere sul divano, davanti ad un tavolino basso totalmente ricoperto di souvenir.

Gioca con quelli, mentre finisco quello che ho da fare, ma fai attenzione al Cristo Redentor”

Qual è il Cristo Ritento?” domandai, totalmente persa in quella miriade di statuine strane.

Quello alto, grigio, coi capelli lunghi, le braccia aperte e un piedistallo con scritto sopra 'Rio'” urlò Aldebaran, dall'altra stanza.

Individuai la statuetta a cui si riferiva, era posta esattamente al centro del tavolino. Ne presi una vicina, raffigurante una strana creatura col corpo di uomo e la testa di lupo. Indossava un gonnellino e un copricapo egizi e, in un'altra occasione, il Cavaliere mi spiegò che era la raffigurazione del dio egizio Anubis e che quel souvenir era un regalo che Aiolos del Sagittario gli aveva portato dall'Egitto. Poco lontano trovai una bambolina hawaiana con tanto di collana di fiori, e nella mia mente nacque la storia d'amore perfetta.

Aldebaran tornò che il mio uomo lupo e la mia indigena stavano facendo conoscenza. Li riposi al loro posto e mi ripromisi di riprendere la loro storia se fossi tornata a trovare il mio amico.

Il Cavaliere mi prese per mano ed insieme uscimmo dalla Seconda Casa.

A proposito, bella maschera!” mi disse, strizzando l'occhio.

Vi portai d'istinto le mani sopra. Sentivo che stava già diventando parte di me.

rosa

Psiche © Martyx1988
Aphrodite, Aldebaran e Marin © Masami Kurumada

Ciao a tutti! Scusate il ritardo, ma gli esami mi stanno prendendo un sacco di tempo e ho trovato giusto questo poco tempo per buttare giù questo breve capitolo, ultimo di quelli introduttivi, in cui Psiche scopre piano piano quell'universo complesso che è il Santuario di Atene. Avvertimento importante: non l'ho riletto perciò non so che strafalcioni io abbia scritto, sia grammaticali che concettuali, vi chiedo quindi cortesemente di comunicarmeli e vi rimedierò quando la mia testa avrà smesso di girare :) a presto!
Martyx1988

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Capitolo 4
*** Il coltivatore di rose velenose ***


A Rose's Tale

4- Il coltivatore di rose velenose


Sentii la rosa passarmi con un sibilo vicino alla guancia e piantarsi nella colonna alle mie spalle. Non l'avevo neanche vista partire dalla mano del mio maestro.

Dovrai lavorare molto sui riflessi” mi disse Aphrodite, avanzando con passo elegante verso di me per recuperare la rosa che aveva lanciato.

Era il mio secondo giorno al Santuario e il mio addestramento era ufficialmente cominciato. Ero impaurita da quello che avrei dovuto affrontare da lì per gli anni a venire, ma non volevo nemmeno deludere Aphrodite, che sembrava tenere molto al mio addestramento per diventare Sacerdotessa. A quanto avevo capito, ero la sua prima allieva, nonché l'unica. Gli altri sacri guerrieri del Santuario ne avevano tutti due o tre, almeno per quello che ero riuscita a vedere mentre passavamo vicino all'arena dei combattimenti per dirigerci verso il nostro campo di addestramento.

Ci trovavamo in un'area ai confini del Grande Tempio, battuta raramente e solo dalle guardie di ronda. In questo modo, mi aveva detto il maestro, nessuno avrebbe potuto disturbarci.

Provvederò ad avvertire le Sacerdotesse più grandi di concentrarsi su questo aspetto del tuo addestramento, oltre che sullo sviluppo della tua forza fisica” decise Aphrodite.

Sì, maestro!” approvai. Lui accennò un mezzo sorriso e tanto mi bastò per convincermi di averlo soddisfatto del mio entusiasmo.

Mi porse quindi la rosa, che afferrai facendo attenzione alle spine.

Sarà questa la tua arma, d'ora in poi, oltre al tuo corpo” mi spiegò. “Le leggi di Atena vietano ai sacri guerrieri di fare uso di qualsiasi tipo di arma. Unica eccezione è il Cavaliere di Libra, più volte arbitro delle sorti delle sacre battaglie combattute secoli fa proprio grazie alle sei coppie di armi di cui è provvista la sua armatura”

Un'altra rosa comparve tra le sue mani, candida come la neve. “Ma questo è un privilegio per uno solo di noi dodici, gli altri si sono dovuti arrangiare con le loro uniche capacità. C'è chi manipola il ghiaccio, chi avvelena il sangue degli avversari con un pungiglione e chi, come noi, sfrutta la grazia delle rose a scopo offensivo e difensivo”

Aphrodite scagliò la rosa bianca, prendendo un gabbiano in pieno petto. L'uccello precipitò rapidamente al suolo, a pochi passi da noi.

Sotto i miei occhi, la rosa bianca lanciata dal mio maestro si stava pian piano tingendo di rosso.

Il sangue di quel gabbiano trasformerà quell'innocente rosa bianca in una seducente rosa rossa. Quella è l'arma più potente di cui dispongo, la Bloody Rose. Vedremo se sarai capace di elaborare una tecnica tanto micidiale. Nel frattempo, dovrai lavorare molto sulla tua capacità di manipolazione delle rose. Ti insegnerò tutto quello che so in proposito, ma sarai tu, col tuo cosmo, a rendere questa tua capacità la tua arma”

Guardai la rosa che avevo in mano e mi chiesi come un qualcosa di così bello potesse diventare allo stesso tempo estremamente letale, tanto da dissanguare un essere vivente come il gabbiano caduto davanti a me. Allo stesso modo mi chiesi se sarei mai stata in grado di uccidere un essere vivente con la stessa freddezza che il mio maestro mi aveva dimostrato. Sentivo dentro di me che non era nelle mie corde compiere un atto simile, ma sapevo anche che era necessario, se non altro per sopravvivere all'interno del Santuario. Dovevo smettere di essere la piccola e dolce Psiche che ero ad Atene, per diventare un vero sacro guerriero del Santuario di Atena.

Durante gli allenamenti mattutini col mio maestro, scoprii che uccidere con un fiore era un mio talento innato.


Dedicavo i pomeriggi all'addestramento fisico insieme alle altre Sacerdotesse guerriere, nonostante il mio maestro non ne fosse molto entusiasta. Aphrodite sapeva, tuttavia, di non possedere le conoscenze necessarie per quella parte del mio allenamento, cosa di cui invece Marin e la sua compagna Shaina erano maestre.

Noi giovani eravamo affidate alla loro custodia. Marin era più comprensiva rispetto a Shaina, dal carattere ruvido e velenoso. I loro insegnamenti si dimostrarono comunque utili in ogni occasione.

Come richiesto dal mio maestro, entrambe si prodigarono a farmi migliorare sotto il punto di vista dei riflessi e della forza fisica, di cui ero totalmente priva. I primi allenamenti con loro si dimostrarono estenuanti fin quasi alla morte e, più di una volta, dovetti restare qualche giorno a letto per riprendermi dalle ferite e dalla fatica. In breve, però, la mia resistenza aumentò esponenzialmente, così come la mia forza e la mia velocità. Insieme ad esse crebbe anche il mio cosmo.

Iniziai ad elaborare delle tecniche d'attacco personali, diverse da quelle del mio maestro ma comunque fiduciosa che, col tempo, sarebbero diventate altrettanto letali.

Sconfissi il mio primo avversario con le Spine di Rosa a distanza di otto mesi dal mio arrivo al tempio. Il giovane guerriero si ritrovò completamente avvolto da lunghi e flessuosi steli di rose irti di spine che lo graffiavano in ogni dove, stillandogli lentamente piccole gocce di sangue rosso come la corolla del fiore che avevo conficcato nel terreno alle sue spalle, senza che lui se ne accorgesse. Alla fine di quell'incontro, lasciai la presa sotto indicazione di Aphrodite. Il ragazzo di fronte a me era diventato pallido come un cencio e a malapena si reggeva in piedi.

Hai rischiato di raggiungere il limite massimo di perdita di sangue che consente la sopravvivenza umana” mi spiegò il mio maestro, sulla via del ritorno verso la Dodicesima Casa. “Per quanto, lo ammetto, sia una tecnica molto efficace, va usata con attenzione, soprattutto entro i confini del Santuario. Basta poco per contravvenire alle leggi di Atena ed essere condannati per questo, ricordatelo bene”

Certo, maestro. Perdonatemi” mi affrettai a scusarmi, inchinandomi davanti al mio mentore, il quale, tuttavia, pareva molto soddisfatto di me, nonostante tutto.

Perdonarti? Per cosa? Per essere sulla strada dell'eccellenza? Non credo proprio”

Da quel giorno gli allenamenti del mattino vennero intensificati per perfezionare la mia nuova tecnica e metterne a punto altre. Per quanto mi sforzassi, però, non riuscivo ad ottenere niente di talmente micidiale quanto la Bloody Rose del mio maestro. Ero comunque intenzionata a sfruttare anch'io il candore delle rose bianche, forse perché in esse vedevo rispecchiato il mio animo: una volta immacolato, si stava piano tingendo delle tinte forti della violenza e della sofferenza che provavo e arrecavo, cancellando la Psiche di un tempo per lasciare spazio alla nuova Psiche, la guerriera aggraziata ma letale che donava la morte con la morbida carezza di una rosa.


Negli anni le mie abilità crebbero a dismisura e, senza accorgermene, stavo diventando la copia femminile del mio maestro.

Aiutata anche dalle forme che via via andarono a modellare il mio corpo, divenni conosciuta, ammirata e temuta da tutti gli aspiranti sacri guerrieri come la Rosa Velenosa di Aphrodite, il pezzo più pregiato tra quelle che il Cavaliere dei Pesci coltivava.

Soltanto Marin, Shaina, rispettivamente futuri Cavalieri d'Argento dell'Aquila e dell'Ofiuco, e i Cavalieri d'Oro parevano essere in grado di tenermi testa. Tuttavia, sembrava che per me, nonostante i miei continui miglioramenti, non vi fosse nessuna armatura in palio.

Così non era, invece, per l'uomo che mi trovai davanti durante un combattimento dimostrativo all'arena.

Lo conoscevo per fama, ma era la prima volta che lo vedevo: Aiolia, fratello del traditore, destinato all'armatura d'oro del Leone. Dovetti ammettere, appena lo vidi, che io stessa non avrei scelto proprietario più degno per quell'armatura: i suoi occhi chiari lampeggiavano di zanne di determinazione, la sua corporatura scattante sembrava pronta all'agguato, la sua folta criniera bionda ondeggiava al ritmo del vento. Nonostante ciò che di lui avevo sentito, da Aphrodite e da altri, tutto in lui mi dimostrava onore e determinazione.

Di riflesso mi sentii onorata io per essere stata scelta da quell'uomo, poco più giovane del mio maestro, per essere sua avversaria in un duello, nonché fiera di aver accettato la sfida, nonostante Aphrodite me lo avesse caldamente sconsigliato.

Finalmente conosco la Rosa Velenosa del Santuario” esordì a gran voce, senza nascondere quanto fosse elettrizzato all'idea di battersi con me.

Vorrei dire lo stesso di te” ribattei. “Ma gli appellativi che ti danno qui al Santuario non sono proprio intrisi di gloria”

Aiolia mi mostrò un bianco ed amaro sorriso. “Ognuno ha la fama che si merita. Dimostrami di meritarti la tua”

Assumemmo contemporaneamente le posizioni di guardia ed iniziammo a studiarci. Le situazioni di stallo, però, non mi erano mai piaciute, così attaccai per prima. Quando ero ormai sicura che il mio colpo sarebbe andato a segno, il mio pugno si perse nel vuoto. Una folata d'aria sulla nuca mi indicò la nuova posizione del mio avversario, che tentai di colpire nuovamente con un calcio rotante il quale, come successo poco prima, frustò l'aria.

Aiolia era a pochi metri da me, nella stessa posizione di guardia di pochi istanti prima. Sembrava non essersi mosso di un millimetro quando invece sapevo che l'aveva fatto, e ad una velocità incomparabile.

Allora sono vere, le altre voci che girano su di te” dissi, elettrizzata dalla potenza che il mio avversario era riuscito a dimostrarmi senza colpo ferire.

E che cosa dicono queste voci?” mi domandò Aiolia, nonostante fossi sicura che sapesse già la risposta.

Che padroneggi la velocità della luce, e non solo negli spostamenti”

Me lo confermerai tu a fine scontro, d'accordo?”

Annuii e al contempo ripartii all'attacco, fermamente intenzionata a non risparmiare una singola particella di me. Aiolia era il primo avversario veramente degno di nota che mi trovavo di fronte: una prova come quella non l'avrei trovata da nessun'altra parte.

Mi dimostrò la sua superiorità da subito, ma riuscii comunque a metterlo in difficoltà con le tecniche che avevo elaborato insieme al mio maestro. Più di una volta gli steli delle mie rose lo imprigionarono e le spine si bagnarono del suo sangue caldo, ma i suoi colpi, portati alla velocità della luce, divennero ad un certo punto imparabili e non potei fare altro che soccombere sotto di essi.

Nonostante la sconfitta, mi sentivo soddisfatta di me e della mia prova, così come lo fu il mio avversario, che accorse per aiutarmi a rimettermi in piedi, in un boato di urla, applausi e fischi.

Di nuovo faccia a faccia, il futuro Leone mi strinse la mano con più forza. “Complimenti! Gran bel combattimento, mi sono proprio divertito e, sì, la tua fama è più che meritata. Ne porto anche i segni”

Sorrisi sotto la maschera, come era tanto che non facevo, ma nessuno poté vederlo e, forse, era meglio così.

Anche la tua. L'altra, intendo”

Posso sapere il vero nome della Rosa Velenosa?” mi domandò. “Per quanto sia un nome d'effetto, preferisco usare quelli veri”

Mi chiamo Psiche”

Quanti anni hai, se posso permettermi?”

Era una domanda che mai nessuno dei miei avversari mi aveva fatto e che, quindi, mi lasciò spiazzata.

Dodici anni” risposi dopo qualche attimo.

È troppo giovane per te, Aiolia!” urlò qualcuno alle spalle del ragazzo, il quale non si voltò nemmeno verso i due giovani guerrieri che lo stavano raggiungendo. Uno dei due, dalla folta chioma color oltreoceano, gli andò a circondare il collo col braccio muscoloso e finse di strozzarlo.

E poi non lo sai che è maleducazione chiedere l'età ad una signora? Non ti offendere, dolcezza, è che non ci sa fare, con le donne”

Il nuovo arrivato mi rivolse uno sguardo limpido e vivace. Per la prima volta, sentii il mio cuore perdere un battito.

rosa

Psiche © Martyx1988
Aphrodite, Aiolia, Marin, Shaina © Masami Kurumada

Salve a tutti!
Il ritardo, ovviamente, è dovuto allo stesso motivo dell'altra volta, oltre che ad una momentanea perdita dell'ispirazione :) per i lettori di questo capitolo, vorrei precisare che non tengo conto degli avvenimenti e delle caratterizzazioni dell'Episode G, che sto leggendo, quando riesco, al momento e di cui non conosco ancora bene le sfaccettature. Per il resto, spero che il capitolo sia di vostro gradimento e che gli strafalcioni siano il meno possibile ^^
Martyx1988

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