Il Destino non esiste

di Keily_Neko
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1: Quando pensi sia la Fine, è solo un nuovo Inizio ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2: Il sublime dell'ignoto ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3: L'ingiustizia è di questo mondo ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4: La verità fa male, ma è necessaria ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5: Devi combattere il Destino ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6: Il passato è passato ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7: Cielo blu, nuvole grigie e tramonto rosso ***
Capitolo 8: *** Doppio Destino: Ti aspetterò per Sempre ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1: Quando pensi sia la Fine, è solo un nuovo Inizio ***


Tadaaaan! Rieccomi con una storia che mi frulla per la testa da un paio di mesi, ancora prima del Reality... Ero in un periodo di crisi, e a pensare storie allegre non ci riuscivo proprio, così mi sono detta "perché non qualcosa di drammatico?", ed ecco quello che ne è venuto fuori XD Non è il mio solito stile, in quanto in questa fiction (che annuncio già da subito, sarà piuttosto breve) non troverete situazioni comiche o demenziali, ma al contrario sarà piuttosto triste, in quanto affronterò a modo mio l'argomento della Morte; per questo ho messo il rating Giallo, in quanto è un argomento piuttosto delicato... Ah si, lettori del mio Reality non disperate, non lo ho abbandonato, mi sono solo presa una piccola pausa, ma credo che aggiornerò le due store contemporaneamente :)
Detto questo, ecco a voi il primo capitolo, sperando che vi possa piacere :)






Il Destino non esiste






Capitolo 1: Quando pensi sia la Fine, è solo un nuovo Inizio





Yusei continuava ad avanzare verso la propria meta, o sarebbe meglio dire verso il compimento del suo incarico; balzava da un tetto all'altro ad una velocità per lui sostenuta, dato che non aveva fretta: in fondo dopo centinaia di anni che svolgeva bene quel lavoro, cosa sarebbe successo se fosse arrivato un paio di minuti in ritardo? Suppose niente, anche se molti dicevano il contrario e altri la consideravano la peggior cosa da fare.
Era l'imbrunire e i lampioni delle strade erano appena stati accesi, come anche alcune luci nelle case e appartamenti. Yusei si fermò su uno dei grattacieli più alti di Neo Domino City e contemplò il paesaggio: a ovest il sole era quasi sparito nelle acque dell'Oceano Pacifico, colorandole di gradazioni dal rosso all'arancione sempre più scure, mescolandosi con il blu intenso del mare; era uno spettacolo che molti avrebbero considerato stupendo, ma non individui come lui, che di tramonti ne avevano visti a migliaia e di molto più belli. Sotto di lui e tutt'intorno la città si estendeva in tutta la sua vivacità in cui si caratterizza una serata di fine agosto, nella quale molti uscivano per appuntamenti o semplicemente per fare una passeggiata. Le migliaia di luci di ogni colore rendevano l'atmosfera molto festaiola e allegra, ma Yusei non riusciva a percepire quelle sensazioni.
Dopo un paio di minuti decise di avviarsi alla destinazione; si assicurò meglio il mantello nero sulle spalle, strinse forte la mano destra sulla sua fedele falce e ricominciò a balzare da un palazzo all'altro, atterrando leggero come un gatto e ripartendo con la stessa agilità. Avrebbe dovuto essere abituato ormai a quegli incarichi, ma non sapeva perché ma a volte gli veniva un nodo alla gola; il tutto passava dopo il completamento della missione, però prima era un altro discorso.
Dovrei esserci..., pensò Yusei avvistando il palazzo di una ventina di metri che corrispondeva alla descrizione di quello dell'incarico, Se non sbaglio dovrebbe avvenire per le 19 in punto... Sono un po' in ritardo, ma pazienza.
In quel momento, quando era ancora a mezz'aria, avvistò un piccolo balcone sul quale una ragazza stava appoggiata alla ringhiera guardando la città.
Eccola.
Yusei atterrò sul terrazzo posto sopra quello di lei, si sedette e iniziò ad osservarla; gli piaceva quella parte del lavoro: osservare le persone lo affascinava sempre, perché aveva ormai capito che non ne esistevano due uguali in tutto il mondo, in qualunque epoca fosse. Per esempio, quella ragazza sembrava tranquilla mentre osservava fuori dal balcone, ma avrebbe potuto essere una pluriomicida per intenderci. Dalle informazioni che aveva però, Yusei era sicuro che non fosse così: era una ragazza sui venti anni, capelli rossi tenuti a bada da una fascia da cui spuntavano due ciuffi; aveva gli occhi color nocciola e in quel momento vestiva con un paio di jeans e una maglia di un colore misto fra il grigio e il blu; da quello che aveva letto, Yusei sapeva che era una ragazza molto testarda e orgogliosa, ma con un'intelligenza acuta e una mente brillante, amata da tutti quelli che l'avevano conosciuta.
Chissà come mai tocca già a lei...
Guardò l'orologio che teneva al polso: le 18 e 58, doveva muoversi.
Balzò giù dal terrazzo e atterrò in perfetto equilibrio sulla ringhiera sottostante. La ragazza si girò di scatto e soffocò un grido mettendosi una mano davanti alla bocca: davanti a lei, non sapeva come, in piedi sulla ringhiera era apparso un uomo completamente avvolto in un mantello nero; aveva i capelli del medesimo colore, con ciocche biondo scuro verso le estremità; l'unica cosa che stonava in quella figura così tenebrosa erano gli occhi, color blu intenso; in mano aveva una lunga falce.
“Aki Izayoi giusto?”, le chiese Yusei in tono neutro.
La ragazza ancora spaventata annuì con la testa incapace di proferire parola.
“Bene, non preoccuparti, fra un po' sarà tutto finito”, disse Yusei sempre in modo pacato; chissà quante volte ormai aveva ripetuto quella frase.
“Sei... sei uno Shinigami vero?”, disse lei ad un tratto; aveva sentito molto parlare degli Shinigami, o Dei della Morte, che apparivano alle persone in procinto di morire, ma mai avrebbe pensato di vederne uno.
“Sì”, rispose freddo Yusei, “ne deduco che sai quello che sta per capitare”
Aki non ebbe bisogno di star tanto a pensare; Yusei iniziò ad avvicinarsi, sempre camminando sulla ringhiera.
“Aspetta!”, esclamò Aki indietreggiando, “Non penso proprio che sia giunta la mia ora, non sto nemmeno male! Non è che potresti ripassare fra un po'?”
Yusei sorrise, ma non uno di quei sorrisi caldi, da essere umano; uno di quei sorrisi freddi e impassibili di un Dio della Morte: “Non decidiamo noi quando una persona deve morire, quello è di competenza del Destino, imprevedibile anche a noi”, rispose semplicemente.
“Io non ci credo!”, esclamò la ragazza, “Il destino non esiste, ognuno si crea la propria strada da solo”
“Pensala come vuoi”, rispose noncurante Yusei guardando l'orologio: le 19 in punto.
Sono in ritardo!
Aki indietreggiò ancora trovandosi con la schiena dalla parte opposta della ringhiera.
“E’ inutile che tu ti opponga, è stato deciso così e sarà così”
“No! Tu non mi avrai oggi!”
Successe tutto molto velocemente: i chiodi che tenevano la ringhiera ancorata al terrazzo si staccarono, forse a causa del troppo tempo in cui erano stati esposti alle intemperie, e Aki perse l'equilibrio, cadendo dal terrazzo.
“Mi domandavo infatti come avrebbe fatto a morire”, disse fra sé e sé Yusei guardando giù sulla strada, dove ora giaceva il corpo della ragazza, “Ora devo solo recuperare la sua anima... Ma cosa diavolo...??!”
Yusei era stato preso alla sprovvista quando il corpo di Aki aveva iniziato a brillare di una luce chiara e abbagliante ai suoi occhi, abituati alla quasi perenne oscurità; sembrava però che solo lui la vedesse. Ad un tratto l'anima di Aki si staccò dal corpo e iniziò a salire volando: delle candide ali bianche le erano cresciute sulle spalle e ora sbattevano su e giù per permettere alla ragazza di risalire.
Yusei impallidì: un Angelo. Quella ragazza era diventata un Angelo, il nemico per eccellenza degli Dei della Morte; per quanto loro fossero considerati degli esseri neutrali, cioè né buoni né malvagi in quanto si limitavano a raccogliere anime destinate a morire, erano spesso in contrasto con quelle entità alate, che si opponevano al Destino cercando di salvare gli umani predestinati alla morte. Yusei sobbalzò ad un pensiero; guardò l'orologio: le 19:02. Era in ritardo. Non era stato un caso che la ragazza si fosse trasformata in un Angelo. Lui aveva creato il suo peggior nemico con le sue stesse mani.









E siamo alla fine della prima parte *^* Prima che mi dimentichi voglio avvisarvi di una cosa: c'è un'altra storia in questa sezione intitolata "il Demone e l'Umana" (che tra l'altro vi consiglio di leggere); prima che qualcuno lo dica, se vedete alcune cose simili, vi assicuro che non è mai stata mia intenzione copiare da quella storia o prenderene ispirazione. Benché mi sembri tutta un'altra cosa, a parte l'ambientazione un po' tetra, volevo dirlo per mettere subito le cose in chiaro XD

Dopo questo vi lascio, spero vivamente che vi piaccia ^__^

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Capitolo 2
*** Capitolo 2: Il sublime dell'ignoto ***


Bonsoire! Sarebbe buonasera in francese ma non so come si scrive XD Come promesso ecco velocemente il secondo capitolo *^* Gli aggiornamenti saranno rapidi perché i capitoli sono piuttosto corti, e ho già in mente tutta la storia *A* Mi fa piacere che vi piaccia questo mio modo di scrivere <3 Ringrazio per le recensioni Gattino Bianco, Yukiko e Jack and Carly Love <3






Il Destino non esiste


Capitolo 2: Il sublime dell'ignoto






Aki atterrò sulla ringhiera, con lo stesso equilibrio che manteneva Yusei; in quel momento aprì gli occhi e si guardò intorno.
“Cosa... Cosa mi è successo?”, disse guardandosi; notò subito le ali e si ricordò della caduta: guardò a terra e vide il suo corpo che veniva portato via con urgenza da un'ambulanza, “Sono... morta?”, chiese, più a se stessa che ad altri.
“Tecnicamente sì”, rispose una voce vicina a lei.
Aki si voltò e vide il ragazzo di prima che si ricordò subito essere uno Shinigami: “Mi hai uccisa!”, gli tuonò contro.
“Beh no, era destino che tu morissi in questo modo, solo che nessuno poteva prevedere che saresti diventata...”
“Un Angelo?”, finì lei.
“Precisamente”
“E quindi adesso che dovrei fare?”, chiese la ragazza.
“Proprio a me lo chiedi?”, rispose Yusei.
“Beh sai, sei l'unico qui”, replicò sarcastica l'altra.
Yusei sospirò: “Tanto per cominciare noi due non dovremmo neanche parlarci”, iniziò.
“E come mai?”
“Beh, sai com'è, tu sei un Angelo, io un Dio della Morte, due categorie non proprio compatibili”, rispose retoricamente lui.
“Scusa tanto se non ho idea di cosa sia successo!”, esclamò Aki, “Fino a cinque minuti fa ero affacciata al mio davanzale, avevo i miei problemi, avevo le mie soluzioni, avevo i miei amici, avevo la mia VITA!”, e mentre elencava quello che aveva perso, delle lacrime le scendevano dagli occhi.
Non sapevo che gli Angeli potessero piangere, pensò Yusei, Ma dato che sono esseri così strani non mi sorprende.
“... Ok va bene calmati”, disse Yusei alla ragazza, che nel frattempo si era seduta sulla ringhiera con le gambe sospese nel vuoto e aveva iniziato a piangere, “Senti, non l'ho voluta io la tua morte e neanche questa trasformazione, fatto sta che è avvenuta, quindi secondo me non ha senso continuare a piangere quello che hai perso”
Incredibile, LUI, Dio della Morte, stava consolando LEI, Angelo, e le stava dicendo di non abbattersi. Sperava che nessuno dei suoi superiori lo vedesse, altrimenti gli sarebbe toccata una punizione esemplare; regola n°9 dello Shinigami: nel caso si incontrasse un'entità alata chiamata Angelo, abbatterla a qualunque costo.
Eppure a Yusei non era passato neanche per un secondo in mente di ferire quella ragazza all'apparenza così indifesa e fragile, anzi, era accaduto l'esatto contrario. Forse l'umano che era stato si stava risvegliando... Yusei scacciò quei pensieri dalla testa perché Aki aveva smesso di piangere e si era rivolta a lui.
“Avanti, dimmi tutto quello che devo sapere”, disse decisa, “e niente trucchi, parla senza omettere niente”
“Vuoi la pura e semplice verità?”, chiese Yusei.
Aki annuì convinta.
“Va bene”, Yusei si sedette sulla ringhiera e iniziò a parlare, “Io sono uno Shinigami, ovvero un Dio della Morte; il mio compito e quello di recarmi dai predestinati che devono morire e, una volta che hanno perso la vita - non per colpa mia -, raccogliere la loro anima e farla passare al piano astrale superiore”
“Piano astrale superiore? Quindi in paradiso?”, chiese Aki.
Yusei scosse la testa: “Non lo so, io faccio solo da tramite; lo Shinigami è un umano che è stato ucciso o è morto brutalmente e cova ancora del rancore: esseri come noi non raggiungono mai lo stadio successivo e rimangono intrappolati sulla Terra, come fantasmi, condannati a svolgere sempre lo stesso compito”
“Ma è orribile”, commentò Aki.
“Dipende dai punti di vista”, rispose Yusei guardando la città ormai illuminata da ogni parte, “Ad alcuni Shinigami piace raccogliere le anime, lo trovano... possiamo dire divertente?”
“Ma tu non mi sembri uno di questi...”
“Diciamo solo che non è la mia massima ambizione”, rispose amareggiato lo Shinigami.
Ci fu un po' di silenzio.
“E... io cosa sono?”, chiese Aki alla fine.
“A volte non si sa perché, le anime di alcune persone pure che sono appena morte, si trasformano in Angeli, che sono diretti antagonisti degli Shinigami”
“Antagonisti? Perché? Da quello che ho capito voi non andate in giro ad ammazzare la gente, vi limitate a raccogliere le anime”, rispose dubbiosa Aki, credendo di non aver capito.
“Infatti è così, noi ci definiamo esseri neutri, né buoni né malvagi, ma gli Angeli hanno una fazione ben definita: sono esseri assolutamente puri il cui scopo è evitare la morte di particolari umani di cui pensano non sia ancora giunta l'ora. Non saprei spiegarti, non sono mai stato un Angelo”
“Ma allora perché se siete neutrali, vi opponete?”, chiese Aki, capendo ancora meno.
“La prima regola dello Shinigami è: non opporti al Destino. È lui che decide chi deve morire o meno, è il dogma per eccellenza; salvando i predestinati a morire, gli Angeli vanno contro al Destino, e quindi infrangono la nostra regola più importante. Per questo a noi Shinigami è ordinato di uccidere un Angelo qualora ne incontrassimo uno”, finì Yusei.
Aki si allarmò alle ultime parole e balzò in piedi: “Quindi vuoi uccidermi!”
“No, almeno per il momento. Piuttosto sono incuriosito da te”
“Incuriosito?”, chiese titubante la ragazza.
“Già, non avevo mai visto un Angelo prima di adesso e, non so perché, non ho assolutamente l'istinto di ucciderti”, rispose Yusei
Aki si risedette, mantenendo comunque una certa distanza da lui: “Ora ho le idee meno confuse”
Yusei si alzò: “Mi fa piacere”, disse mentendo; in realtà non gli faceva né caldo né freddo, ma non avrebbe potuto essere diversamente, “Se non ti dispiace io me ne andrei”
“E dove?”
“Il lavoro dello Shinigami non finisce mai; la prossima anima in lista è domani mattina alle 8:33 molto distante da qui, quindi devo mettermi in marcia”
In Aki, al sentire quelle parole, si risvegliò un istinto molto forte: “Vengo con te”, disse risoluta.
Yusei, che stava per fare un balzo per passare ad un altro palazzo, si bloccò: “Come?”
“Ehi, hai detto che gli Angeli vivono per salvare anime, e dato che sono nuova di questo mondo, cosa c'è di meglio che seguire uno Shinigami che va da un predestinato?”, rispose Aki sorridendo trionfante.
“Ma potrei ucciderti! Lo capisci questo?”, disse Yusei perplesso.
“No, non lo farai... non so perché, ma ho la certezza che sarò più al sicuro con te”
Yusei ci pensò su: avere un Angelo al seguito era forse la peggior cosa che poteva capitare ad un Dio della Morte; e se quella ragazza avesse salvato le anime che andava a raccogliere? Sarebbe sicuramente stato punito in modo esemplare. D'altra parte se la teneva d'occhio avrebbe evitato guai agli altri Shinigami che avrebbero continuato a fare il proprio lavoro tranquillamente... E poi quell'Angelo lo incuriosiva troppo per lasciarla andare via così; alla peggio l'avrebbe uccisa.
“... Va bene, vieni anche tu”, rispose infine Yusei.
“Grazie”, disse sinceramente Aki.
Yusei rimase impietrito: nessuno in tutta la sua esistenza come Shinigami lo aveva mai ringraziato; tutte le sue vittime lo imploravano di risparmiarle, convinte che fosse lui ad ucciderle, oppure gli rivolgevano i più squallidi insulti, figuriamoci se si fosse mai aspettato di ricevere un ringraziamento.
“Non devi ringraziarmi”, disse infine, prima di spiccare un salto verso il palazzo più vicino.
Aki lo seguì sbattendo le ali.
“Aspetta, e se ci vedono?”, chiese preoccupata guardando verso le persone che camminavano per strada.
“Pensavo che fosse ovvio che gli umani non potessero vedere creature come noi”, rispose Yusei, “Solo coloro che sono in procinto di morire lo possono fare”
“In effetti è logico”, disse piano la ragazza, “A proposito, non so ancora quale sia il tuo nome”, continuò sbattendo di nuovo le ali.
“Mi chiamo Yusei”
“Io Aki, ma ho il sospetto che tu lo sappia già”, rise la ragazza, facendo impressionare lo Shinigami, che poche volte aveva avuto la possibilità di sentire quel suono così cristallino e sincero: il suono di una risata.








Voilà! *oggi ce l'ha col francese* Spero di essermi spiegata bene attraverso Yusei *^* E se non dovesse essere così, chiedete pure <3

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Capitolo 3
*** Capitolo 3: L'ingiustizia è di questo mondo ***


Eccomi tornata! Visto che il capitolo l'ho scritto ieri sera, tanto vale aggiornare^^ Avviso fin da subito che mi sono fatta una paura boia da sola O.O Non ho mai scritto un capitolo così drammatico e crudo... mentre scrivevo era come se le parole venissero da sole, ma rileggendo mi sono spaventata... Prometto che non ne farò più di così. Ah si, ad un certo punto troverete scritto "NOTA" e consiglio di andare a fondo pagina per leggere la specificazione^^ Ringrazio per le recensioni Gattino Bianco, Jack and Carly Love e Yukiko <3





Il Destino non esiste





Capitolo 3: L'ingiustizia è di questo mondo




“Sicuro che sia qui?”, chiese Aki perplessa.
“Per la centesima volta, sì, sono sicuro”, disse Yusei, che se avesse potuto provare sentimenti, avrebbe rasentato l'esasperazione.
Dopo aver viaggiato tutta la notte, Yusei e Aki erano arrivati in un piccolo paesino dell'ovest dell'America settentrionale. Durante l'attraversata dell'Oceano, Aki era rimasta entusiasta del fatto che lo Shinigami sapesse correre sull'acqua; infatti Yusei la usava come punto di appoggio per balzare, proprio come se si fosse trovato sulla terra ferma. Una volta arrivati sul suolo sicuro, si erano diretti verso questo paese ed erano arrivati in un parco, vicino al quale c'era un cimitero.
“Ripetimi cosa sta succedendo”, disse Aki.
Ma gli Angeli sono tutti così ottusi?, pensò Yusei sospirando, prima di rispiegare ad Aki cosa stava per accadere.
“Ci troviamo in un cimitero”, disse lo Shinigami iniziando ad avviarsi nel parco.
“Fin qui c'ero arrivata”
“Se mi lasciassi finire! Dicevo, fra cinque minuti dovrebbe esserci l'ultimo saluto ad una persona defunta da poco”
“Ma non è questa l'anima che stai cercando giusto?”, chiese Aki.
“Precisamente”
“E allora chi è?”, domandò dubbiosa l'Angelo.
“Non lo so neanch'io”, rispose Yusei.
“Come non lo sai?!”, esclamò Aki sorpresa.
Yusei si fermò e si voltò verso di lei: “Non lo so perché non mi è dato saperlo! So dove dovrà morire questa persona e a che ora, ma saprò più dettagli appena l'avrò vista”, disse irritato.
“Scusa tanto sai?! Pensavo che come Shinigami fossi esperto!”, ribatté Aki incrociando le braccia e distendendo le ali.
“Tieni quelle cose lontane da me”, disse Yusei alludendo alle piume; durante la traversata i due si erano toccati per sbaglio e avevano entrambe ricevuto una dolorosa scossa, per quanto esseri come loro non potessero provare dolore.
“Va bene”, si rassegnò Aki riprendendo a camminare, “Una cosa... non ho capito come sai che qua ci sarà una persona che dovrà morire; sesto senso?”
“No”, rispose l'altro e scostò il mantello per prendere un quaderno in una delle tasche interiori, “ogni volta che mi viene assegnato un incarico, compaiono data, ora e luogo di quella persona sulle pagine”, e detto questo aprì il quaderno sull'ultima pagina, sulla quale era segnata la data di quel giorno.
“Adesso ho capito”, commentò la ragazza annuendo.
“Era ora. Dovremmo esserci”
Yusei e Aki avvistarono un gruppo di persone riunite intorno ad una lapide, vicino alla quale c'era una fossa; tutti erano vestiti di nero e alcune donne piangevano. L'Angelo dedusse che era quello il funerale incriminato.
“Ma qualcuno dei tuoi simili ha raccolto l'anima del defunto?”, chiese Aki.
“Sì. La donna è morta all'età di 31 anni a causa di un incidente stradale nella quale è stata coinvolta; stava attraversando la strada e un uomo ubriaco che guidava un'auto l'ha investita”, rispose pacato Yusei, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
Aki rimase sorpresa da quelle parole: “E tu come fai a saperlo?”
“Quando uno Shinigami raccoglie un'anima, è come se lo comunicasse a tutti noi, quindi è naturale che io lo sappia”, rispose il ragazzo.
“Certo, se lo dici tu... avviciniamoci”
Yusei e Aki si portarono vicino ad un albero ad un paio di metri dall'ultimo conoscente, o parente, della vittima; se qualcuno li avesse visti avrebbe preso un infarto: un ragazzo tenebroso vestito tutto in nero con una falce in mano e lì vicino una sua apparente coetanea bella come il sole, con un paio di candide ali sulla schiena. Se la situazione non fosse stata drammatica, avrebbe anche potuto essere divertente.
In quel momento Aki notò che l'ultima persona della fila, teneva per mano una bambina, dell'età di circa 5 anni o poco più, che diversamente dagli altri, era stata vestita con un abitino color verde smeraldo, che riscaldava l'atmosfera triste; la ragazza alla vista di quella bambina ebbe un fremito e le sembrò di gelare.
“Quella... bambina...”, riuscì a proferire.
“Sì”, disse Yusei, “Sasha Anderson, figlia di 5 anni e 6 mesi della defunta Nicole Anderson; muore il 27 agosto 2011 alle ore 8:33 di mattina a causa di un tumore celebrale maligno non curato tempestivamente. Ho appena verificato”, finì freddo mettendo via il quaderno e guardando l'orologio: le 8:13. *NOTA*
Aki si portò una mano sulla bocca terrorizzata: “Ma è orribile, una così piccola creatura...”
“Il Destino è così”, rispose asciutto Yusei.
Aki non ebbe neanche la forza per ribattere perché stava pensando alla fine di quella povera bambina che ancora non sospettava niente; aveva appena perso la madre e ora si apprestava a morire: la ragazza crollò a terra: “E’ orribile”, ripeté.
Il movimento dell'Angelo attirò l'attenzione della bambina che si voltò verso di loro: alla loro vista provò un attimo di paura nel vedere Yusei, ma si rasserenò subito notando Aki.
“Papà, anche loro sono venuti per salutare la mamma?”, chiese Sasha all'uomo che la teneva per mano.
“Loro chi?”, domandò lui, voltandosi a guardare verso la direzione indicata da sua figlia e non vedendo niente.
“Quella signora con quelle grandi ali e quel signore vicino con il mantello nero”, rispose la bambina.
Il padre non vedendo niente stava per replicare, ma si ricordò le parole di un dottore che gli aveva detto che sua figlia nei mesi successivi, e forse fino a quando non fosse stata in grado di capire a fondo, avrebbe potuto avere delle allucinazioni visive e che era meglio assecondarla, almeno nei primi tempi.
Il padre sorrise a Sasha: “Sì, sono qui per lei”, disse trattenendo le lacrime a stento.
Sasha lasciò la mano di suo padre e corse verso Aki: “Signora perché sei triste?”, chiese una volta lì vicino.
Aki si accorse solo in quel momento della presenza della bambina; il fatto che la vedesse non lasciava più dubbi: “Non sono triste”, disse cercando di ricomporsi.
“Invece sì, lo vedo”, rispose Sasha con un'aria alla 'so-tutto-io', “ma non devi: papà ha detto che la mamma è partita per un lungo viaggio e dove andrà starà meglio, e ha detto che ci rivedremo un giorno”, concluse con un sorriso dolcissimo.
Aki non si trattenne più e abbracciò la bambina iniziando a piangere sulla sua spalla.
Yusei sbuffò: Ma gli Angeli piangono sempre?
Sasha si girò verso di lui e si spaventò alla vista della falce: “Chi è questo signore spaventoso?”, chiese impaurita.
Aki guardò la bambina e stava per rispondere, ma Yusei l'anticipò: “Sono solo una persona che ti porterà dalla mamma”
“Ma papà ha detto che potrò andare dalla mamma solo fra molto tempo”, disse perplessa Sasha.
“Tuo papà ha torto questa volta”, rispose Yusei.
“Allora gli dico che vado dalla mamma!”, esclamò euforica Sasha, “Così viene anche lui”
“Lui non potrà venire con te”, continuò freddo Yusei.
La felicità sul viso della bambina trovò spazio alla rabbia: “No, lui verrà!”
“Non può”, continuò Yusei tranquillo.
“Invece lui verrà! Verrà! Verrà! Verrà!”, esclamò Sasha iniziando a fare saltelli ad ogni parola.
Ad un tratto si fermò prendendosi la testa e iniziando a piangere: “La testa... mi fa tanto male!”
Aki si sconvolse.
“E’ il tumore”, spiegò Yusei, “evidentemente fino ad ora era rimasto assopito in attesa di uno stimolo che lo attivasse”
“E quello stimolo... siamo stati noi”, continuò Aki, sempre più angosciata.
Nel frattempo intorno alla bambina erano accorsi gli altri partecipanti, in primis il padre che era diventato bianco come un fantasma; un altro uomo aveva il cellulare in mano e aveva appena chiamato l'ambulanza, che arrivò dopo pochi minuti, caricando Sasha a bordo e ripartendo d'urgenza.
“Seguiamola”, disse Yusei ad Aki.
La ragazza non si era ancora mossa da terra.
“Aki, dobbiamo andare”, disse di nuovo Yusei.
“... Sì”, rispose la ragazza alzandosi.
L'Angelo e lo Shinigami seguirono l'ambulanza fino all'ospedale vicino, nel quale fu ricoverata d'urgenza la bambina. I due ragazzi entrarono nella sala operatoria senza che nessuno ovviamente si accorgesse di loro; una schiera di medici, chirurghi e infermiere erano disposti intorno a Sasha, distesa anestetizzata su un tavolo operatorio: la bambina era collegata ad una macchina dalla quale partiva un 'bip' ogni suo battito cardiaco.
“Non può finire così”, disse Aki a bassa voce.
“La stiamo perdendo”, commentò uno dei medici.
“Non può finire così!”, esclamò Aki.
“... 8:33”, disse solo Yusei.
La macchina dei battiti cardiaci iniziò a produrre un lungo e interminabile suono; ad Aki si mozzò il respiro.
“Ecco infine”, disse Yusei avvicinandosi alla bambina e alzando la falce.
Una luce chiara passò dal corpo di Sasha allo strumento dello Shinigami, che si colorò di bianco.
“Portami dalla mamma”, si sentì provenire dalla falce.
“Ti accontento”, disse Yusei.
La falce a poco a poco iniziò a scurirsi fino a ritornare del suo colore nero notte.







*NOTA* Allora, non ho nessuna competenza medica, sono solo andata a leggere un po' qua e là per capire come funzionano i tumori, ma credo che sia impossibile che si risolvano così presto... Tuttavia per la mia storia era necessario un evento del genere e visto che siamo nell'ambito del fantastico ho pensato di lasciare così, non me ne volete per favore^^







Ecco la fine di questo assolutamente osceno capitolo O.O Prometto che non ne farò assolutamente più di così drammatici, ma come ho detto prima, mi è uscito così e non volevo fare lavoro per niente^^ Non vi biasimo se non dovesse piacervi, ma non accadrà più ^^
 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4: La verità fa male, ma è necessaria ***


Eccomi di ritorno! Prima di andare in vacanza, aggiorno anche questa storia e prometto appena tornata di continuarla *__* Ringrazio Gattino Bianco, Yukiko e Alma per le recensioni <3






Il Destino non esiste





Capitolo 4:  La verità fa male, ma è necessaria





Aki uscì di corsa dall'ospedale oltrepassando i muri senza guardarsi indietro; Yusei invece fece con più calma.
Finalmente se n’è andata, pensò, Ora potrò riprendere in pace il mio lavoro.
Lo Shinigami uscì dall'ospedale con questa convinzione, e fece per andarsene quando qualcosa lo bloccò: era un dolore proveniente dalla parte dove doveva esserci il cuore, ma che gli esseri come lui non possedevano più; allora perché faceva così male? Perché provenivano delle fitte così acute?
Stupido Angelo, pensò Yusei, prima di mettersi a cercarla, come se fosse stato convinto che solo Aki avrebbe fermato quel dolore.
La trovò dopo un'ora di ricerche: era seduta sul bordo di una scogliera che dava sul mare; il cielo si stava ricoprendo di nuvole, segno che avrebbe piovuto presto. Come a dargli ragione, un fulmine squarciò l'aria in lontananza e si sentì un debole rombo.
Yusei si avvicinò ad Aki, la quale aveva nascosto la testa fra il petto e le gambe, che abbracciava con le mani; la ragazza stava piangendo silenziosamente, e questo Yusei lo sapeva anche senza vederla.
“Pensi di restare qui ancora per molto?”, le chiese.
Nessuna risposta.
“Starei parlando con te”
“Era così piccola”, disse Aki con la voce rotta, “perché è dovuto succedere…”
“E’ il Destino, non puoi farci niente”, le ripeté Yusei, forse per la centesima volta.
“Smettila stupido, smettila con questo Destino!”, esclamò Aki furiosa, scuotendo la testa, mentre altre lacrime le attraversavano il viso fino alla gola, “Si poteva fare qualcosa! Si poteva...”
“Cosa si poteva?!”, esclamò irritato Yusei, “Non si poteva niente! Era inevitabile!”
Aki dovette ammettere a se stessa che lo Shinigami aveva ragione: in quel caso non si poteva fare assolutamente niente e doveva rassegnarsi; ma il pensiero di essere impotente nonostante fosse un Angelo era ancora acceso in lei.
Iniziò a piovere. Le nuvole cariche di acqua alla fine li avevano raggiunti, come a rispecchiare l'umore della ragazza: anche il cielo stava piangendo.
“Aki, andiamocene”, le disse Yusei dopo un po'.
“Perché, ti dà fastidio la pioggia?”, chiese con voce neutra l'Angelo. Era impossibile infatti che a Yusei importasse qualcosa dell'acqua che aveva addosso; sebbene lui si bagnasse, non gli dava alcun fastidio quella sensazione, e non sentiva freddo.
“No, è che ho un altro incarico”, rispose pacato Yusei.
“Un altro morto? Un'altra anima da raccogliere? Ma non ti senti ripugnante?”, chiese Aki alzandosi ma continuando a guardare il mare.
Un tuono squarciò il cielo poche decine di metri davanti a lei: “Ripugnante? Perché dovrei? Mica li uccido io”, rispose lo Shinigami.
“Ma raccogli le anime... sei lì, davanti al loro ultimo respiro e non fai niente!”
“Ma cosa dovrei fare?”
“Sei lì, che invece di tranquillizzare le persone dicendo che andranno in un posto migliore, incassi i loro insulti come se li uccidessi tu!”
“Ma io non posso dire loro questo perché non so se sia la verità”, rispose Yusei.
“Ma daresti loro una speranza, e ti sentiresti meglio”, continuò Aki.
“Non mi importa di sentirmi meglio, e soprattutto non voglio dare false speranze a nessuno”
“La speranza non è mai vana finché ci sarà solo uno sciocco che crederà in essa”
“Scusa ma non era così la frase...”, commentò Yusei, “Era più o meno: nessuna causa è persa finché ci sarà almeno uno sciocco che combatterà per essa”
“E non è la stessa cosa?”, disse Aki guardandolo per la prima volta: aveva i segni del pianto negli occhi, ma un guizzo di luce argentea li dominava e Yusei ne rimase stranamente affascinato.
“Ti ricordi il momento in cui hanno preso la tua anima?”, continuò Aki, sempre guardandolo, “Ti ricordi chi eri e perché sei diventato uno Shinigami?”
“Io...”, fece Yusei, per la prima volta titubante, “Io non me lo ricordo. Non ricordo niente della mia vita da umano, quindi né il motivo per cui sono quello che sono, né chi mi abbia creato. Quando mi sono risvegliato, ero a conoscenza di tutte le informazioni sugli Shinigami; so solo che sono nato nel Medioevo europeo”
“Però il tuo non è proprio un nome europeo...”
“Infatti non è il mio nome reale, è solo una specie di riconoscimento che mi è stato affidato, per non confondermi con altri della mia specie”
“E non lo trovi triste?”, chiese Aki andandogli vicino.
“Non ci avevo mai pensato”, ammise Yusei, sentendo per la prima volta una specie di vuoto dentro di sé, forse il vuoto che aveva creato la sua anima andandosene, lasciando la coscienza intrappolata in quel corpo eterno.
“Non ti sembra il caso di pensarci?”, continuò l'Angelo.
“Ooooh insomma!”, sbottò Yusei, “Finiscila con questo quarto grado!”
“Il mio non è un quarto grado!”, esclamò Aki irritata spiegando le ali, “Sono solo considerazioni”
“Ehi! Alla larga da me con quelle cose!”, disse Yusei facendo un passo indietro.
“Quelle cose si chiamano ali!”, replicò l'altra.
“Lo so cosa sono! Ma tienile lontane!”
“Oh, il signor Shinigami ha paura di un paio di piume!”, lo prese in giro Aki.
“Non ho paura!”, replicò orgoglioso Yusei.
“E allora vieni a toccarle se hai il coraggio”, lo sfidò la ragazza protendendo le ali verso di lui.
“No... Sentirei dolore, e lo avvertiresti anche tu, quindi perché mai dovrei farlo”
“Per dimostrarmi che non sei un fifone. Oppure lo sei, caro il mio Fifonigami?”
“Questo è troppo!”, sbottò Yusei, avvicinandosi con un balzo ad Aki e toccandole una piuma dell'ala sinistra.
In quel momento un fulmine cadde a pochi metri da loro, e al contatto entrambi sentirono un dolore atroce che si mescolò al rumore del rombo.
“C-contenta?”, chiese Yusei dopo essersi ripreso.
“Sì, Fifonigami”, rispose Aki, richiudendo le ali dietro la schiena così che occupassero il minor spazio possibile.
“La finisci di chiamarmi così?!”
“Ma suona così bene!”, disse Aki facendo un sorriso e mostrando la lingua.
Ad un tratto Yusei le saltò addosso atterrandola e ritrovandosi sopra di lei, stando attento a non toccarle le ali: “Ti diverti ancora?”, chiese.
Aki guardò i suoi occhi azzurro intenso, che tanto stonavano con la sua figura: “Da morire”, rispose, prima di chiudere gli occhi.
Yusei guardò il viso della ragazza e provò un'altra sensazione al “cuore”, ma questa volta non era dolore, ma qualcosa di piacevole che lo fece trasalire; aveva voglia di sentire il sapore di quelle labbra, di appropriarsi di quel corpo, di farla sua. Possibile che l'umano che era stato stesse riemergendo? Non aveva mai sentito di Shinigami tornati umani. Yusei cedette a quell'istinto e avvicinò il suo viso a quello di Aki, ma una stessa forza, opposta a quella del “cuore” lo spingeva lontano dalla ragazza e alla fine prese il sopravvento, costringendo lo Shinigami ad alzarsi.
“E’ meglio che ci incamminiamo”, disse una volta in piedi.
Aki aprì gli occhi e tirò su la schiena: la mano di Yusei era tesa verso di lei; la afferrò e si fece aiutare nell'alzarsi.
“Va bene... Fifonigami”, disse sorridendo
Yusei invece di irritarsi sorrise, prima di saltare dalla scogliera e andare incontro alla tempesta.
Ma all'orizzonte, oltre quei lampi che tagliavano a metà il cielo, e le onde del mare che ululavano quasi fossero vive, si poteva già scorgere il cielo chiaro e sereno. La tempesta sarebbe presto passata.






Yusei ci ha provato, ma la mente bakata e perversa della scrittrice lo ha fermeto XD Quando ho scritto questo capitolo ero stanchissima, quindi se ci sono boiate, stupidaggini e affini ditemi pure XD

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Capitolo 5
*** Capitolo 5: Devi combattere il Destino ***


Eccomi di ritorno con questa breve e lugubre fan fiction XD Non ho niente da dire, a parte il fatto che ci saranno due nostre vecchie conoscenze, che ho voluto inserire apposta *^*
Ringrazio Gattino Bianco e Yukiko per le recensioni e detto questo andiamo al capitolo <3





Il Destino non esiste




Capitolo 5: Devi combattere il Destino




“Cosa dovrebbe succedere ora?”, chiese Aki, volando sopra Yusei che balzava da un tetto all'altro.
Erano finiti in Francia, precisamente sulla costa a nord, alla periferia di una grande città.
“Non so, è indicata solo quella strada”, disse Yusei mostrando una via che costeggiava un fiumiciattolo, vicino a delle colline, “ma non so ancora cosa succederà. So solo che accadrà alle 21:44 ora locale”
Aki guardò l'orologio che teneva al polso: erano le 21:37, per cui mancava poco; la ragazza era decisa a salvare l'anima destinata a morire, costava quel che costava.
La strada però era deserta, lontana dai centri abitati, per cui non sapeva proprio cosa avrebbe potuto succedere.
“Aspetta... sento qualcosa!”
Yusei si voltò nella direzione che Aki stava indicando; da una curva nascosta alla loro vista, comparvero delle luci, che infine si trasformarono in una moto bianca con decorazioni rosse, guidata da una ragazza bionda.
“... Sherry Leblanc, 24 anni, incidente stradale”, lesse Yusei.
Aki osservò la ragazza: si rivide in lei, o meglio, rivide la vita che le era stata strappata in un istante, e si convinse più che mai che doveva salvarla.
I due si accostarono alla strada, Aki volando e Yusei correndo a pelo d'acqua, osservando la scena; alle 21:41 accadde qualcosa: un gattino bianco spuntò fuori chissà da dove e attraversò la strada. Sherry tentò di schivarlo sterzando, ma perse il controllo della moto, andando a sbattere prima contro il guardrail poi contro la parete della collina, e infine venne sbalzata dalla moto, che continuò la sua folle corsa per un paio di metri, per poi schiantarsi contro la roccia nelle prossimità di una curva.
Aki volò velocemente da lei.
“Oh no! Tu non morirai!”
Si avvicinò: Sherry era distesa per terra quasi priva di sensi; un rivolo di sangue le colava dalla testa sul viso, e una delle gambe era piegata in un'angolatura innaturale, probabilmente fratturata.
L'Angelo si inginocchiò sulla ragazza.
“Sei un angelo?”, chiese Sherry, vedendo le candide ali di Aki con un solo occhio verde smeraldo aperto.
“Sh sh sh...”, le fece dolcemente Aki togliendole delicatamente il casco, “Vedrai che andrà bene”
“Sto per morire vero?”
Aki scosse la testa: “No, tu...”
“Sì invece”, disse freddo Yusei, portandosi dall'altra parte di Sherry, la falce alzata per compiere il suo dovere, “21:42”
“Yusei! Smettila di gufare e va' a cercare qualcuno!”
“Aki, Aki, Aki”, iniziò lo Shinigami, “Punto numero 1, nessuno può vederci a parte chi sta per morire, punto numero 2, mi chiedi di andare contro la mia natura”
“E allora fallo, accidenti!”, esclamò la ragazza.
“Non ci vedo...”, sussurrò Sherry, i muscoli rilassati.
“Oh no, no, no, no”, disse velocemente la rossa, “Resisti, ti prego!”
E dicendo così, prese la sua maglia e la mise dietro la testa, nel punto in cui usciva il sangue per bloccare il flusso; a quanto pareva, poteva anche interagire con chi stava per morire. Aki allora provò a sollevare la donna, ma il suo peso era troppo ed era sicura che Yusei non l'avrebbe aiutata.
“Resisti! Immagino che tu sia una persona forte, ti chiedo solo qualche minuto”, disse Aki, cercando di sorridere.
Sherry rise debolmente: “Diventerò anch'io un Angelo come te?”
Ad Aki sfuggì una lacrima: “No, certo che no, perché tu non morirai”
Se da una parte Aki era fermamente decisa a salvare Sherry usando tutta la sua determinazione, dall'altra Yusei era teso: erano le 21:44, eppure la donna respirava ancora... Il minuto è fatto di 60 secondi: ne restavano ancora 40, ma Yusei aveva un pessimo presentimento.
Aki inspirò profondamente poi gridò: “Che qualcuno venga ad aiutarci!”
Non sapeva perché l'aveva fatto, in fondo nessuno poteva sentirli, ma aveva voluto provare, utilizzando tutta la grinta che aveva.
All'improvviso il suo corpo si illuminò e una bolla luminosa avvolse lei e Sherry; Yusei sobbalzò: “Cosa diavolo...?!”
Si avvicinò in fretta verso la bolla, ma appena tentò di toccarla venne sbalzato via, rimanendo frastornato a terra.
Un grido.
Una lama.
Una promessa.
“Ehi! Arriva qualcuno!”, esclamò Aki, vedendo un fascio di luce spuntare da una curva, “Hai visto, resisti!”
Sherry la guardò; aveva riacquistato un po' di colorito grazie alla strana bolla, ma la ferita continuava a perdere sangue.
Un'automobile blu metallizzato spuntò all'improvviso; il conducente frenò bruscamente, dopo aver visto una moto schiantata contro la parete e più avanti la sua proprietaria, a terra e con evidente bisogno di aiuto.
Dall'auto schizzò fuori un uomo sulla trentina che si accucciò subito vicino a Sherry.
“O mio Dio!”, esclamò, “Ehi! Sei ancora con noi?”
Sherry lo guardò e annuì: ormai le forze la stavano abbandonando. La bolla luminosa era scomparsa.
“Ti porto subito all'ospedale”, disse l'uomo, e prese Sherry in braccio, portandola di corsa nell'auto e partendo come una furia verso l'ospedale più vicino.
Aki iniziò a seguirli volando, con alle spalle uno Yusei cupo, che si era nel frattempo ripreso. Erano le 21:49 e Sherry Leblanc non era ancora morta.

Arrivati all'ospedale Sherry fu ricoverata d'urgenza.
Aki faceva avanti e indietro davanti alla sala operatoria, seguendo l'andirivieni dell'uomo, preoccupato come lei; Yusei invece stava in piedi appoggiato ad una parete, ancora incredulo e sconcertato: era successo quello che temeva, l'Angelo aveva salvato una predestinata. Ed era sconcertante anche quello che si era ricordato.
Finalmente un dottore uscì dalla sala.
L'uomo si precipitò da lui: “E' viva?”
Il dottore annuì: “Sì. L'abbiamo salvata in extremis. Ora sta riposando; le prossime 24 ore saranno fondamentali, ma non dovrebbe correre nessun rischio”
“Posso andare dentro?”
Il dottore annuì e l'uomo entrò in camera di Sherry, seguito senza saperlo da Aki.
Sherry era distesa a letto, la testa appoggiata al cuscino. Era sveglia. Appena vide l'uomo il viso le si illuminò in un sorriso, che divenne ancora più grande alla vista di Aki.
“Grazie, mi hai salvata”
L'uomo mise una mano dietro la nuca e rise: “Ma dai, il merito è tuo che sei stata forte; il dottore ha detto che hai un corpo robusto, per questo sei riuscita a resistere”
Sherry in realtà si era rivolta ad Aki, ma quando fece per riparlare, la ragazza le disse che nessun altro poteva vederla all'infuori di lei, per cui la bionda parlò con l'uomo: “No, sul serio, grazie infinite. Qual è il tuo nome?”
“Mi chiamo Bruno, e tu sei Sherry vero?”
Sherry annuì sorridendo.
“Appena uscirai da qui ti offrirò qualcosa per festeggiare”, disse Bruno sedendosi su una sedia lì vicina.
Lui e Sherry iniziarono a parlare, e Aki sorrise: che fosse nata una coppia? Comunque fosse, aveva salvato una vita, e questo la rendeva assolutamente felice.
Prima di uscire salutò Sherry, ma la donna non la calcolò: in un primo momento Aki pensò che fosse perché era nel mezzo di una conversazione, ma poi dedusse che non riuscisse più a vederla, dato che non stava più per morire. Con quel pensiero lasciò la stanza attraversando il muro.
Fuori Yusei non c'era. Aki allora uscì dall'ospedale e lo trovò appollaiato su un albero lì vicino, immerso nei suoi pensieri.
“Allora... cos'hai da dirmi?”, chiese trionfante Aki.
Yusei rimase in silenzio; aveva perso, ma non si sentiva sconfitto, perché altri pensieri frullavano nella sua testa.
“Ehi... sei vivo?”, chiese Aki, accorgendosi poi di aver fatto una specie di battuta.
“Sfotti sfotti”, disse pacato Yusei, “invece, sai che avevo detto di non ricordare la mia vita prima di ora?”
Aki annuì.
“Se sei ancora interessata, mi sono ricordato tutto”, disse scendendo dall'albero, “Sono stato assassinato per amore”








Voilà! Yusei sembra essersi ricordato di come è morto e nel prossimo capitolo lo scopriremo anche noi *_* Ci avviciniamo alla fine e ovviamente al finale, che prometto, sarà molto interessante XD

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Capitolo 6
*** Capitolo 6: Il passato è passato ***


eccomi tornata! questo capitolo stranamente mi piace molto *___* finalmente scopriremo cosa ha fatto Yusei quando era in vita *A* il finale purtroppo lo conosciamo tutti, ma vi lascerò leggere il mezzo XD ah si, spero che fra i recensori non ci sia uno storico, altrimenti mi sa che avrebbe molto da ridire XD ringrazio Gattino Bianco e Lily per le recensioni <3






Il Destino non esiste




Capitolo 6: Il passato è passato




Per poco ad Aki non veniva un colpo: assassinato? Per amore? La prima parte la sapeva, Yusei le aveva detto che gli Shinigami erano persone morte brutalmente che avevano ancora qualche conto in sospeso con i vivi, ma non avrebbe mai immaginato che Yusei potesse essere morto a causa di quel sentimento che tanto odiava... Oppure era proprio perché era morto per amore che lo odiava così tanto?
La ragazza seguì Yusei che si era addentrato in una macchia di alberi lì vicino. Pochi minuti dopo entrambi sbucarono nelle prossimità di un piccolo lago artificiale, che faceva parte di un parco; Yusei si fermò sulla riva, osservando l'acqua calma sulla quale si specchiava una bella luna piena.
Aki si sedette su una roccia lì vicina, non avendo il coraggio di chiedere niente e aspettando che fosse il ragazzo ad iniziare.
“Non ricordo ancora il mio vero nome”, iniziò dopo alcuni minuti lo Shinigami, “Ma tutto il resto è riaffiorato nella mia mente”, detto questo prese un sasso piatto e lo lanciò con forza, facendolo rimbalzare quattro volte, per poi osservarlo affondare nelle acque nere.
“Sono nato nel 1285 a Firenze, in Italia, nel periodo in cui si svolgevano le lotte tra guelfi e ghibellini”
Aki ricordava bene quel periodo; l'aveva studiato anni prima in storia dell'arte e le era particolarmente piaciuto: nella lotta per l'investitura, i guelfi parteggiavano per il papato, mentre i ghibellini erano dalla parte dell'imperatore, e appena le due fazioni si scontravano, era sicuramente un mare di sangue.
“All'età di dodici anni venne concordato il mio matrimonio con una donna di cui non ricordo neanche il nome, che apparteneva alla mia stessa fazione, cioè i guelfi; in quei secoli era normale celebrare matrimoni combinati anni prima, e io non ero certo l'eccezione, anche se odiavo chi controllava e programmava la mia vita giorno dopo giorno. Ma nell'anno in cui compii i diciotto qualcosa cambiò: stavo camminando per alcune vie strette di Firenze; indossavo un mantello sotto il quale nascondevo la spada, che non ero intenzionato ad usare, quando sentii delle voci...

“Tu adesso verrai con noi!”, esclamò duro un uomo sulla trentina; era vicino ad altri due suoi compari, e insieme bloccava la fuga a qualcuno.
“Ve ne prego! Lasciatemi andare!”
A parlare era stata una ragazza dai capelli rosso fuoco avvolta in un mantello del medesimo colore
(Un po' ti assomigliava, sai, Aki?)
che si stava dimenando tentando di liberarsi dalla presa che quell'uomo esercitava sul suo braccio.
“Sentite che vocina autoritaria”, rise l'uomo, seguito di rimando dai suoi compari, “Certo che ti lascerò andare... quando avrai esaudito i miei desideri”
E detto questo le si avvicinò, leccandole il collo scoperto.
La ragazza gli assestò un poderoso schiaffo con la mano libera, che fece ancora di più infuriare l'uomo: “Insolente sgualdrina! Dopo questo, dopo aver fatto i miei comodi, ti ucciderò senz'altro!”
Avevo visto anche troppo: sguainai la spada e mi avventai contro il primo, ferendolo ad una gamba e ad un braccio, e prima che gli altri potessero reagire, avevo ferito anche l'altro 'cane da guardia'.
L'uomo digrignò i denti ed estrasse la spada: “Bastardo! Chi ti credi di essere?!”
“Qualcuno che non tollera questo genere di azioni”, risposi, prima di parare un suo colpo dall'alto.
Dopo una breve lotta lo costrinsi a terra disarmato
(Ti risparmio i dettagli)
e gli puntai la spada alla gola.
“Andatevene, voi e i vostri cani, e non fatevi più vedere da queste parti”
L'uomo, tremante, annuì e raccolta la spada si diede alla fuga, seguito dai suoi due zoppicanti sgherri. Rinfoderai l’arma e mi rivolsi alla ragazza: guardandola in viso mi sorpresi, perché non aveva versato neanche una lacrima di paura, anzi, il suo volto era fiero e determinato, ma non per questo non mi rivolse un sorriso di gratitudine.
“Grazie mio cavaliere, mi avete salvata”, disse con voce dolce ma forte.
A quel suono mi sentii strano, come se stessi bruciando da dentro.
“Dovere madamigella, spero però che quei tre se ne siano andati veramente”
“Se non dovesse essere così, vi chiamerò”, sorrise lei, facendomi sussultare, “Vi offrirei una ricompensa per questo servigio, ma mi sembrate il tipo che non accetta compensi”
“La vostra perspicacia è inferiore solo alla vostra bellezza”, dissi sincero; chissà perché, ma mi sentivo in obbligo a dirle quelle parole.
“Ma io tenterò lo stesso; chiedete qualsiasi cosa volete”
“Una cosa ci sarebbe... state andando in qualche luogo?”
“Devo andare a fare delle commissioni”
“E allora permettetemi di scortarvi per la durata di questa giornata; proteggervi è il mio desiderio”
La ragazza sorrise e annuì, iniziando a camminare: “Qual è il vostro nome, cavaliere?”
“Mi chiamo (...Yusei...), e il vostro?”
“Io sono Kia Zaio”
Il sangue mi si gelò nelle vene: la famiglia Zaio era una delle acerrime rivali della nostra, e sostenitrice accanita della fazione dei ghibellini. Avevo salvato probabilmente la figlia dei nostri rivali, ma non me ne curavo, perché avevo concesso la vita a uno dei fiori più belli che avessi mai incontrato.
Una settimana dopo esserci incontrati avevo detto a Kia della rivalità che doveva esserci fra di noi, del fatto che era pericoloso vederci, ma lei non ne rimase sorpresa; appena le avevo detto il mio nome, lo aveva subito associato a quello della mia famiglia, ma aveva colto che in me c'era qualcosa di diverso, per la quale valeva la pena di rischiare.
Passarono i mesi. Ci incontravamo praticamente tutte le notti in segreto, per passeggiare e sfuggire dalla lotta che si svolgeva intorno a noi. Andava tutto bene, fino a quando non compii venti anni e arrivò per me il momento di sposarmi con colei alla quale mi avevano legato a forza otto anni or sono. Non potei accettare oltre; la notte prima delle nozze fuggii per andare da Kia: mi ero innamorato di lei, e finalmente lo avevo capito
(Però..., pensò Aki, ci ha messo solo due anni a capire di essere innamorato, che velocità...
Ma non ebbe il coraggio di rivolgere quelle parole a Yusei).
Quella notte non era stato programmato di incontrarci, per cui dovetti recarmi sotto casa sua; per fortuna sapevo qual era il davanzale della sua camera, quindi arrampicandomi su una pianta riuscii a salire.
La vidi in piedi; si era appena cambiata per andare a dormire. Appena mi notò sul davanzale, corse ad aprirmi.
(...Yusei...) cosa ci fate qui?! Se vi scoprono vi uccideranno!”
Entrai in camera sua, la presi per le spalle e la baciai.
“Domani è stato programmato il mio matrimonio con una che non siete voi, e io non voglio. Io vi amo, vi ho amata dal primo istante, e non desidero altre che non voi”
Kia mi guardò un paio di secondi negli occhi, prima di illuminarsi e baciarmi a sua volta: “Anch'io vi amo”, disse semplicemente.
Dopo quelle parole, iniziammo a baciarci, sempre più profondamente. La spinsi verso il suo letto e la sovrastai con il mio corpo, attento a non farle male. Iniziai a toglierle la vestaglia, e lo stesso fece lei con i miei vestiti.
Fu così che consumammo la nostra prima e ultima notte d'amore, perché purtroppo ero stato visto.
Alcuni inservienti della sua famiglia si erano accorti dei movimenti notturni di Kia e avevano avvertito il capofamiglia, il quale aveva rafforzato la guardia; quella notte non programmata, mi aveva fatto commettere un passo falso e quindi scoprire.
Venni scaraventato fuori dal letto e buttato sul pavimento; intorno a me c'erano almeno cinque guardie, e io ero disarmato. Ero morto, ma quello che mi straziava di più, era il pensiero che sarebbe morta anche lei, per aver disonorato la sua famiglia, così tentai il tutto e per tutto.
“Maledetta puttana!”, le urlai, cercando di sembrare furioso, “Mi hai teso una trappola per uccidermi!”
All'inizio mi guardò angosciata, ma poi capì il mio piano per salvarla e le scappò l'unica lacrima che le vidi mai; volevo che pensassero che l'avevo costretta a quell'atto solo con lo scopo di infangare il suo nome.
Non ebbi il tempo di dire nient'altro, perché cinque spade mi vennero infilate nel torace, provocandomi un dolore atroce per la quale non vale la pena di vivere.
Piegai la testa di lato, gli occhi ancora socchiusi: avevano mancato il cuore, per cui sarei morto dissanguato, una delle morti più orribili; d'un tratto sul balcone vidi un'ombra nera avanzare verso di me, reggendo in mano una specie di lunga falce. Tentai di metterne a fuoco i tratti, ma la vista incominciava ad appannarsi, segno che non mancava ancora molto alla fine.
“... Tu non vuoi morire”, disse la figura.
Tentai di rispondere con un no, ma un fiotto di sangue mi bloccò la gola; mi accorsi poi che non era stata una domanda.
“E tu non morirai”
Poi il buio.
Mi svegliai. Ero all'aperto. Al buio ci vedevo come fosse stato giorno. Mi guardai: indossavo un mantello nero e in mano aveva una falce. Ero uno Shinigami. Tutte le informazioni su questi esseri erano come state impresse nella mia mente. La mia prima missione era semplice: avevo il permesso, in quanto nuovo Shinigami, di uccidere un non-predestinato. Valutai le opzioni: avrei potuto fare fuori la guardia che mi aveva colpito a morte, ma non avrei raggiunto il mio scopo; avrei potuto uccidere il capofamiglia degli Zaio, ma a che pro? Mi si accese una lampadina: avrei ucciso l'uomo che ci aveva fatti incontrare e che mi aveva condotto al mio destino.
Lo trovai poco dopo aver iniziato a cercarlo. Urlò, ma niente e nessuno poterono salvarlo dalla mia sete di vendetta. Già, vendetta; nel mio cuore l'amore era scomparso per far posto a questo ignobile sentimento. Se quell'uomo non fosse mai esistito, non avrei mai incontrato Kia, e non sarei mai morto, per cui avevo vendicato la mia dipartita uccidendone l'artefice.
Dopo aver assorbito la sua anima con la mia falce, ebbi un giramento di testa che durò pochi secondi; quando mi fui ripreso, oltre alle nozioni sugli Shinigami, nella mia mente vagava solo una parola: Yusei.
Era questo dunque, il mio nuovo nome?

Yusei finì di parlare; ovviamente ad Aki aveva raccontato una versione meno ricca di particolari, ma sempre veritiera, dei fatti accaduti.
La ragazza aveva ascoltato sempre più impressionata, e al termine del racconto non sapeva cosa dire.
“Come Paolo e Francesca”, commentò Yusei.
“Come?”, chiese Aki non capendo.
“Paolo e Francesca, la coppia che è stata assassinata perché ha voluto a tutti i costi stare insieme... l'ho letto nella Divina Commedia; sai, io ho conosciuto Dante”
“Davvero?”, disse Aki, addolcendo la voce.
“Già, anche lui faceva parte dei guelfi e la sua famiglia era molto unita alla mia, per cui mi capitò di conoscerlo e di leggere la sua opera: l'idea che si era fatto di Inferno e Paradiso mi affascinava in una maniera impressionante. Ora penso che siano solo inutili stupidaggini scritte da un vecchio visionario!”
All'ultima frase, Yusei aveva alzato la voce, fino ad urlare di rabbia.
Aki gli andò vicino e gli toccò una spalla facendolo girare: nei suoi occhi blu si intravedeva una sofferenza che la ragazza non aveva mai visto.
“Può essere come dici tu”, iniziò l'Angelo, “oppure no, in fondo non ti sei mai accertato della sua veridicità”
“E non me ne accerterò mai”, rispose Yusei, “Io sono uno Shinigami! Sono un essere infame che raccoglie le anime, bloccato su questa terra per l'eternità, senza la speranza di poter andare avanti!”
Era la prima volta che Aki lo vedeva così straziato e sofferente: ricordare gli aveva fatto veramente male... oppure era stato un bene?
“Tu non sei un essere infame”, disse Aki calma, “Non lo sei stato e non lo sarai mai”
“Ma... io ho ucciso un non-predestinato”
“E’ stato il momento; la trasformazione ti ha influenzato, facendoti perdere la testa; hai ucciso per vendetta, ma ti sei chiesto perché hai ucciso proprio quell'uomo?”
“Perché mi aveva fatto incontrare l'amore”, rispose Yusei.
“E perché non hai ucciso direttamente l'oggetto del tuo amore? Perché non hai posto fine alla vita di colei per la quale hai sprecato la tua?”
“Non avrei mai potuto farlo! Perché io...”
“... l'amavi”, concluse Aki, trionfante.
Yusei si bloccò, per la prima volta senza parole.
“L'amavi e non avresti mai potuto farle del male, neanche quando hai dimenticato cosa fosse l'amore”
“Aki... perché mi dici questo? Prima di adesso hai sempre criticato il mio modo di fare e il fatto che fossi uno Shinigami”
“Era prima di capire quanto tu e io fossimo tanto simili e allo stesso tempo tanto diversi l'uno dall'altra”, disse Aki sorridendo.
Yusei la guardò, e per un attimo l'immagine di Kia si sovrappose a quella di Aki; lo stesso sorriso, la stessa determinazione, gli stessi occhi... anche il nome; se anagrammato, Kia diventava Aki e viceversa, era un caso?
Il quaderno che aveva in una delle tasche del mantello lo chiamò, in un modo che solo Yusei poteva sentire; lo tirò fuori.
“Un'altra morte?”, disse più a se stesso che ad Aki.
“Vorrai dire un'altra vita da salvare”, lo corresse lei, “Vogliamo avviarci, signor Shinigami?”
Yusei ripose il quaderno in tasca e sorrise, forse per la prima volta in quell’esistenza, prima di iniziare ad avviarsi verso il luogo prefissato.
Sentì come se alcuni ingranaggi si fossero rimessi in moto dopo tanto tempo, nella parte sinistra del torace e questo lo fece sentire immensamente bene.
Ma non poteva esistere uno Shinigami con un cuore.







*asciuga le lacrime* Povero Yus, in fondo era un bravo ragazzo *^* Spero che questo capitolo vi sia piaciuto *_* Il prossimo dovrebbe essere il penultimo

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Capitolo 7
*** Capitolo 7: Cielo blu, nuvole grigie e tramonto rosso ***


 *arriva trafelata* Lo so, sono in ipermegaultraarci ritardo, ma la terza superiore è più complicata di quanto immaginassi e così ho finito di scirvere solo ora O__O
Che dire del capitolo, è il penultimo, e ne succedono di tutti i colori, quindi vi lascio semplicemente alla lettura *^*
Ringrazio per le recensioni Luna, Gattino Bianco, Yukiko, Alma e Jessica <3






Il Destino non esiste




Capitolo 7:  Cielo blu, nuvole grigie e tramonto rosso





Era quasi mezzanotte di una calda sera d'estate; era passato molto tempo da quando Yusei aveva recuperato la memoria, e le anime che avrebbe dovuto raccogliere erano drasticamente calate a causa di Aki: la ragazza infatti aveva salvato decine e decine di predestinati, e lui non aveva voluto fare niente. Anzi, ora trovava che fosse un nobile gesto da fare; in più, se i suoi superiori non gli avevano ancora detto niente, voleva dire che non correva pericoli, almeno in quel momento.
Quel giorno i due avevano sorvolato l'Italia dirigendosi proprio a Firenze per raccogliere/salvare l'ennesima anima; Yusei era molto nervoso: per la prima volta da quando aveva recuperato la memoria, avrebbe rivisto i luoghi dove aveva vissuto, seppur completamente cambiati. Quando arrivarono a Piazza Signoria e si appostarono sulle guglie di Palazzo Vecchio, Yusei sospirò cercando di rilassarsi: era la prima volta che era così teso, e Aki lo notò subito.
“Senti... dobbiamo proprio stare qui? Non possiamo ignorare l'anima e andarcene?”
Yusei scosse la testa: “No, c'è una sequenza ben precisa, e il fatto che tu interferisca con questa, non significa che io possa deliberatamente saltare persone, per cui dovremo restare”
“Se lo dici tu...”
“Siamo arrivati in anticipo”, riprese lo Shinigami, “abbiamo ancora 4 ore di tempo prima della morte”
“Quindi possiamo fare quello che vogliamo?”
“In parole povere sì”
Aki sorrise entusiasta: “Ah che bello! Ho sempre sognato di visitare Firenze! È una delle mie città preferite, con la sua storia, la sua arte, i suoi popoli...”, ma la ragazza si fermò perché non voleva riaprire la ferita nel compagno, “Scusa”
Yusei scosse la testa: “Non devi scusarti, se ti piace non posso certo impedirtelo. Anzi, mi trovo d'accordo con te; anch’io amo questa città splendida... Beh, è inutile rivangare il passato, andrò a farmi un giretto, e tu?”
Aki ci pensò un po' poi rispose: “Andrò alla Biblioteca Nazionale. Avevo in mente di andarci per i miei studi ma non ne ho mai avuto la possibilità, per cui perché non cogliere al volo l'occasione?”
Yusei accennò un sorriso poi balzò verso la piazza in mezzo alla gente che ancora girava per la città, ammirando i suoi splendori.
L'Angelo invece si diresse in Piazza Cavalleggeri, dove aveva sede la biblioteca.
Entrò attraversando le pareti: le si aprì davanti un enorme stanzone con moltissimi banconi e sedie, ghermito di scaffali stracolmi di libri fra i più rari e meravigliosi; le si illuminarono gli occhi: aveva sempre sognato di essere lì, e finalmente c'era. Per alcuni di quei libri servivano dei permessi speciali, ma essendo in quello stato, Aki poteva consultare quali e quanti voleva; ma in quel momento aveva un desiderio bruciante: sapere tutto quello che le era possibile sulla famiglia Zaio. Per questo aveva tirato un sospiro di sollievo quando Yusei aveva dato segno di non volerla seguire lì; aveva paura che soffrisse ancora per quella storia, però la sua curiosità era troppo forte.
Girovagò non poco per la biblioteca, prendendo e riponendo libri dagli scaffali (aveva finalmente imparato ad interagire con gli oggetti quando voleva) per cercare quelli che potevano soddisfare la sua sete di sapere; alla fine, dopo lunghe ricerche, ne selezionò tre e si mise a sfogliarli su un tavolo lì vicino. Nel primo trovò solo un accenno agli Zaio; non si aspettava molto, in fondo erano solo una famiglia in un piccolo periodo dell'immensa storia di Firenze; così anche nel secondo, ma nel terzo fu più fortunata.
O sfortunata.
Finalmente Aki trovò l'albero genealogico della famiglia e gli diede un'occhiata; dopo poco trovò un ritratto di Kia con sotto scritto il suo nome e la osservò: Yusei aveva avuto ragione a dirle che si somigliavano, erano praticamente due gocce d'acqua. Aki osservò a lungo la piccola figura, riconoscendo negli occhi della ragazza raffigurata la sua stessa determinazione e il suo stesso orgoglio.
Immersa nei suoi pensieri non si era accorta che qualcuno si era avvicinato.
Solo dopo un po' notò qualcosa che avrebbe stravolto l'intero corso degli eventi: dal cerchio dov'era raffigurata Kia, verso sinistra partiva un ramo di un albero che si snodava fino ad arrivare ad un altro cerchio, nel quale non era disegnato nessuno; da entrambi partivano altri due rametti diretti verso il basso, fino a circondare un terzo cerchio vuoto sotto il quale c'erano le parole in latino: “Numquam Natus”
Aki rimase un attimo incerta, e poi facendo due più due sbiancò: “Numquam natus” ovvero “Mai Nato”; Kia... il cerchio vuoto vicino a lei… Non potevano essere semplici coincidenze, ma la cosa che più la preoccupava era quel “Numquam”.
“Oddio”, disse a bassa voce pietrificandosi.
“Non può essere...”
Aki sobbalzò al sentire la voce di Yusei dietro di lei; il ragazzo l'aveva raggiunta pochi istanti prima e anche lui aveva visto quell'albero genealogico, quel posto vuoto, anzi, quei posti vuoti.
Yusei strappò il libro dalle mani di Aki che si alzò di scatto dalla sedia.
“Yusei!”
Ma lui la scostò con forza e iniziò a girare le pagine febbrilmente, mentre i suoi occhi leggevano rapidi ogni riga, e finalmente trovò quello che cercava, ma che non avrebbe mai osato immaginare.
Il libro gli cadde dalle mani e i suoi occhi fissarono il vuoto.
“Yusei...”, disse Aki con le lacrime agli occhi.
“Sai cos'è successo?”, chiese neutro lui, “Lei... lei è stata uccisa perché portava in grembo un bambino... mio figlio...”
Sul libro infatti c'era scritto che Kia Zaio era stata violentata da uno sconosciuto appartenente alla fazione opposta; dunque la menzogna di Yusei aveva funzionato. Ma nessuno avrebbe potuto immaginare quello che ne sarebbe conseguito: Kia era rimasta incinta e finché aveva potuto l'aveva tenuto nascosto, ma ad un certo punto il padre l'aveva scoperta; dopo una violenta discussione si era deciso che per evitare che il nome della famiglia venisse sporcato con la nascita di quel bambino, Kia avrebbe dovuto morire. È così fu uccisa.
“... E’ morta per colpa mia, sono morti per colpa mia...”, commentò di nuovo Yusei a bassa voce, “... mio figlio...”
“Yusei...”
“MIO FIGLIO!”
Una violenta forza partì da Yusei e si sollevò come un tornado intorno a lui, distruggendo una parte del pavimento fino a due metri di distanza. Lo Shinigami aprì gli occhi di scatto: il blu cobalto era diventato grigio e inespressivo come l'acciaio; i capelli ora erano completamente neri, e la falce, ancora più spaventosa, aveva aggiunto una doppia lama da entrambe le parti. Il Dio della Morte era in collera come non lo era mai stato in vita sua.
Aki era spaventata come non mai e guardò impotente Yusei che spiccava un poderoso balzo verso il soffittò dell'edificio, per poi sfondarlo fisicamente e arrivare all'aria aperta.

Atterrai rumorosamente nella piazza dove sorgeva la biblioteca, incurante del danno che feci al lastricato. La gente che ancora passeggiava per strada si girò spaventata verso di me: come facevano a vedermi? Ma quella domanda fu solo un breve lampo che attraversò la mia mente completamente accecata dall'odio e desiderosa di vendetta; quelle persone in quella piazza avrebbero potuto essere benissimo discendenti di coloro che avevano ucciso la mia Kia, per cui dovevano pagare. Ma anche se non lo fossero state,  mi sarei scagliato con tutta la forza che avevo su di loro, perché la mia vendetta valeva molto più di un paio di centinaia di patetiche vite umane.
Sollevai la falce e creai un turbine che abbattei verso alcuni lampioni lì vicino, facendoli cadere facilmente come un castello di carte; la gente finalmente si accorse del pericolo e iniziò a scappare urlando in tutte le direzioni... Ma non se ne sarebbero andati così facilmente. Sempre con la mia fedele falce creai una specie di bolla intorno alla piazza, così da intrappolare le mie prede.
“Non penserete di scappare così facilmente vero?”, dissi, per poi lasciarmi andare in una risata crudele, “Voi pagherete per quello che i vostri antenati hanno compiuto!”
Detto questo balzai e affondai la falce nello stomaco del primo uomo che mi capitò a tiro, trafiggendolo oltre per oltre; schizzi di sangue mi sporcarono il viso. Assaggiai quel sangue e mi leccai le labbra: era buono, sapeva di vendetta.
Mi ritirai di nuovo in mezzo alla piazza; la mia falce era diventata nero pece per l'anima assorbita. Capii perché quelle persone mi vedevano: erano diventate tutte predestinate a causa mia, perché avrebbero potuto morire da un momento all'altro, come era successo a quell'uomo.
Sorrisi di nuovo: ci avevo provato gusto a uccidere e volevo farlo ancora. Come quando avevo ammazzato quell'uomo, secoli prima; come avevo fatto a scordare quella sensazione tanto gratificante?
Mi preparai per un altro attacco alla cieca, ma quando fui in aria, venni sbalzato via da qualcosa; atterrai in piedi: davanti a me c'era Aki, che aveva appena bloccato il mio attacco. Stupido Angelo, cosa ne poteva sapere lei di come mi sentivo in quel momento? Che diritto aveva di fermare la mia vendetta?!
“Adesso basta Yusei”, mi disse.
Sul suo viso potevo leggere una paura folle, ma i suoi occhi trasmettevano tutta la determinazione che possedeva; tale e quale alla mia Kia.
“Chi sei tu per dirmi cosa fare!”, esclamai, “Non conosci il mio dolore! Non sai cosa sto passando io in questo momento!”
“Lo posso immaginare benissimo invece, ma non è un buon motivo per uccidere degli innocenti”, rispose lei.
“Il motivo è semplicemente che mi fa stare bene”, dissi sorridendo di nuovo, “Per cui levati dai piedi e lasciami fare il mio lavoro”
“Il tuo compito è raccogliere anime, non uccidere”
“Ho cambiato mestiere”, e detto questo con un movimento della falce provocai un turbine tagliente che diressi verso di lei.
Non era mia intenzione farle del male, ma si era messa in mezzo, e questo significava che era mia nemica.
Aki parò il colpo proteggendosi dietro le ali; dovevo tagliargliele quando ne avevo avuto l'occasione, quelle dannate penne!
Ripetei il gesto più volte, dirigendolo verso le persone intorno a me, ma con la mia stessa velocità, Aki protesse tutti quanti, a volte però arrivando in ritardo e procurandosi ferite e strappi sul corpo e sulle ali; tentai anche di balzare, ma lei fece scudo con il proprio corpo, ferendosi anche in quelle colluttazioni.
Dopo alcuni minuti che andavamo avanti così, la vidi barcollare: era arrivata finalmente al limite, eppure si reggeva ancora in piedi; si asciugò un rivolo di sangue ambrato che le usciva dal labbro.
Era la mia occasione: lanciai un turbine con tutta la forza che mi era possibile verso un lato della piazza; la mia vittoria era certa, il centro era garantito al 100%, ma non avevo compreso nel calcolo l'ostinazione di un Angelo. Con un ultimo grande sforzo Aki parò anche quel colpo con un'ala, ma l'arto non resse all'urto e si lacerò, lasciando sulla superficie piumata grossi buchi irregolari, grandi almeno come un mio pugno.
Aki cadde in ginocchio ansimando; non avrei voluto spingermi a tanto, ma almeno ora neanche lei avrebbe potuto fermare la mia vendetta.
Feci per saltare verso la prossima vittima, quando lei parlò: “Era azzurro”
Era appena un sussurro, ma lo sentii chiaramente; fermai il mio attacco: “Cosa?”
“Il cielo”, mi disse lei.
Non capii.
“Oggi il cielo era azzurro, ma ieri pioveva”, continuò, “Ma anche se coperto da nuvole grigie e minacciose, il cielo rimaneva azzurro; soltanto, era nascosto temporaneamente”
Continuavo a non capire: “E allora?”
“I tuoi occhi”, disse tossendo sangue, “ora sono grigi, ma è solo una nuvola che copre il cielo; sotto quella coltre, l'azzurro esiste ancora”
Ero confuso: “Cosa vuoi dire?”
“Tu sei sempre tu”, riprese alzandosi a fatica, “e quello che stai facendo non è da te; lo Yusei che ho conosciuto io, non cadrebbe mai vittima della collera e della vendetta, perché lui ha un animo puro”
“Cosa diavolo vuoi che me ne faccia di un animo puro che tra l'altro neanche ho?!”, esclamai adirato.
“Tu hai un'anima, e anche una delle migliori; io l'ho capito fin da subito e scommetto che lo sapeva anche Kia”
A quel nome mi bloccai: Kia... la donna che avevo amato e che avevo ucciso.
“Lei... lei non c'è più!”, esclamai con dolore; grosse lacrime si formarono nei miei occhi, “L'hanno uccisa, e questa gente deve pagare per quell'atto!”
“E cosa cambierebbe? Uccidere ti ridarebbe la tua Kia?”
“No, ma mi farebbe stare meglio; io senza di lei sono vuoto. Se fosse andato tutto come doveva andare, a quest'ora staremmo dormendo insieme nell'infinità della Morte, invece quel futuro mi è stato strappato via due volte: con la mia morte e con la sua e quella di mio figlio! Io senza di lei non sono niente”
“E non puoi accontentarti di me?”
Quelle parole mi presero alla sprovvista; guardai Aki: era stanca, ferita, invulnerabile e terrorizzata, ma emanava una bellezza unica che mi accecò, facendomi chiudere gli occhi.
Quando gli riaprii, non la vidi più davanti a me.
Sentii due braccia avvolgermi la vita e saldarsi al mio corpo; Aki appoggiò la testa sulla mia schiena.
“Yusei... puoi accontentarti di me?”
Accontentarmi... Kia non c'era più, e non sarebbe tornata indietro neanche se avessi sterminato decine di Paesi e nazioni. O forse era ancora con me: il Destino me l'aveva ritornata sotto le sembianze del mio nemico giurato, un Angelo... No, Aki non era Kia, e Kia non era Aki. Io avevo amato Kia, ma adesso amavo Aki e questo bastava.
“E allora”, disse lei come se avesse letto nei miei pensieri, “lascia che le nuvole spariscano e torni di nuovo il sereno”

Aki strinse la vita di Yusei e lo circondò con le sue ali, provocando un contatto fra queste e la pelle di lui: un dolore atroce venne avvertito da entrambi, come una scarica elettrica che attraversava tutto il corpo. Yusei urlò ma la ragazza non mollò la presa fino a quando non le mancarono le forze e si accasciò a terra, interrompendo il contatto.
Yusei cadde in ginocchio ma rimase cosciente: quando aprì i suoi occhi azzurri, si ricordò di cosa fosse successo e si girò. Intanto le centinaia di persone nella piazza osservavano il punto in cui erano scomparsi quei due esseri di pochi secondi prima; nessuno li riusciva più a vedere. La parete intorno al perimetro era scomparsa.
Yusei si precipitò da Aki e le sollevò il busto da terra, tenendo una mano dietro alla nuca.
“Aki ti prego svegliati”
La ragazza non si mosse.
Altre lacrime caddero dagli occhi blu di Yusei: “Ti prego svegliati, non lasciarmi di nuovo solo”
L'Angelo socchiuse gli occhi e guardò il volto dello Shinigami: “Ti accontenti?”
Yusei l'abbracciò e la tenne stretta a sé: “Stupida, non potrei mai accontentarmi, perché tu non sei una seconda scelta, ma l'unica che potrei mai fare”
La guardò negli occhi: “Aki...”
“Yusei...”
Dei bagliori iniziarono a salire verso il cielo dalle mani e dai piedi di Aki, facendoli diventare via via sempre più trasparenti.
Yusei sbiancò: “Cosa sta succedendo?!”
“Non ne ho idea”, rispose spaventata lei.
L'unica cosa che entrambi avevano capito era che la ragazza stava scomparendo.
“No! Non lasciarmi Aki”; esclamò Yusei.
“Non voglio!”, disse anche lei disperata.
“Aki, io ti amo! Ti amo e ti amo!”
E detto questo Yusei la baciò, premendo le sue labbra su quelle di lei, e sentendosi ricambiato approfondì il bacio per sigillare quell'amore. Perché l'aveva fatta sua.
Quando si staccarono, il corpo di Aki era quasi completamente diventato trasparente.
“Non voglio...”, disse Yusei con la voce rotta.
“Ci rivedremo”, disse Aki decisa, “Questa è una promessa”
E scomparve dalla piazza di Firenze.









Eccoci al finale! Cioè, il prossimo capitolo sarà il finale XD Ma sarà diverso: visto che me ne sono venuti in mente due diversi, ho deciso di scriverli entrambi, così poi sceglierete voi il vostro preferito *^*
Al prossimo capitolo *___*

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Capitolo 8
*** Doppio Destino: Ti aspetterò per Sempre ***


Ce l'ho finalmente fattaaaaaaaaaaaa! Mi farei una statua da sola XDXD Tornando seri, finalmente posto l'ultimo capitolo di questa lugubre storia *^* La prima parte è in comune, e poi la strada si divide in due *A* A voi scegliere quale è la migliore (anche se immagino quale sarà la più votata XD); aggiungo anche che il finale che avevo in mente dall'inizio è il primo, ma poi visto che amo gli happy ending, ho voluto scrivere anche l'altro *^*
Detto ciò, ringrazio Gattino Bianco, Alma e Jessica per le recensioni <3







Il Destino non esiste





Capitolo 8: Doppio Destino




Si svegliò di colpo: all'iniziò vide tutto sfuocato, ma poi l'ambiente intorno a lei iniziò a prendere forma; un 'bip' insistente riecheggiava nella stanza, proveniente dalla sua sinistra. Aki sbatté gli occhi più e più volte e cercò di guardarsi attorno: era in una stanza bianca; di fronte a lei c'era una porta e alla sua sinistra una finestra dalla quale entrava la luce del sole attraverso le nuvole. Si accorse in quel momento di avere qualcosa sulla faccia: con la mano destra si spostò la mascherina dell'ossigeno e la appoggiò sul petto; quel gesto le costò un grande sforzo, e anche il tentare di tirarsi su con la schiena fu sfiancante: la ragazza sentiva dolore in ogni singola parte del corpo. Dopo vari sforzi riuscì ad appoggiare la schiena alla parete e a guardarsi meglio intorno: quel fastidioso 'bip' proveniva da una macchina che misurava, con vari tubicini attaccati a lei, il suo battito cardiaco; dal braccio sinistro invece partiva un altro tubo collegato ad una flebo: sì, era in ospedale... come diavolo c'era finita?!?
Aki tentò di mettere ordine nei suoi pensieri confusi; la testa le faceva male, ma si sforzò di ricostruire gli avvenimenti precedenti: l'ultima cosa che ricordava era la piazza di Firenze e Yusei... Yusei! Dov'era?
La ragazza si guardò intorno, poi girò piano il collo: non c'erano ali sulla sua schiena. Possibile che fosse stato solo un sogno? La caduta, l'essere diventata un Angelo, le morti, le anime, Kia, gli Shinigami, Yusei... anche lui era stato solo un sogno?
“AKI!!!”
Hideo Izayoi irruppe nella stanza seguito dalla moglie in lacrime e da un dottore.
“Aki Aki Aki!”
Suo padre le fu subito accanto piangendo dalla gioia.
“Papà...”, disse la ragazza a bassa voce, “non urlare per favore”
“Sì sì, scusami tesoro”, disse il padre cercando di trattenere la felicità.
“Oh Aki”, la chiamò la madre fra i singhiozzi, “questo è un miracolo”
“Ma... cosa è successo?”, domandò Aki confusa.
Hideo guardò il dottore che fece un cenno di assenso con la testa, e iniziò a raccontare: “Più di due mesi fa hai avuto un incidente: la ringhiera della terrazza del tuo appartamento ha ceduto e tu sei precipitata a terra; per fortuna una tenda di un negozio ha attutito di molto la caduta. Ti hanno portata d'urgenza qui e il giorno dopo ci è stato riferito che eri viva ma eri entrata in coma, con poche possibilità di risveglio...”
Alle ultime parole Setsuko Izayoi fu scossa da un altro singhiozzo.
“... e invece eccoti qui, sana e salva”, concluse raggiante il padre.
Aki era rimasta a dir poco interdetta: quindi ricapitolando, la caduta l'aveva fatta veramente, ma quello che era successo dopo era stato... un sogno? Eppure le era sembrato così reale... Yusei... si era innamorata di un sogno allora? Quello che aveva vissuto era stato tutto frutto della sua immaginazione? Già, doveva essere così.
Grosse lacrime le caddero dagli occhi sulle mani raccolte in grembo.
“Yusei...”




Destino numero 1: Ti aspetterò


“Aki perché piangi?”, chiese Hideo preoccupato.
La ragazza si asciugò le lacrime: “No, niente, è che ho fatto uno strano sogno che mi sembrava così reale… E invece non lo era”
“Può succedere”, si intromise il dottore, “che alcuni pazienti che si risvegliano da un coma ricordino cose o fatti come se li avessero vissuti; in realtà è tutto frutto della mente. Non sappiamo cosa generi queste specie di allucinazioni”
“Già”, commentò Aki, “Deve essere così”
“Comunque il tuo risveglio ha davvero del miracoloso”, continuò il dottore, “Ora però è meglio che ti riposi, immagino che non sarà facile assimilare quello che è successo”
Aki rivolse un sorriso dolce al medico: “Sì, in effetti è così”
“Bene”, disse Hideo, “Allora ti lasciamo riposare piccola”
Sia lui che la madre le diedero un bacio sulla fronte prima di uscire seguiti dal dottore, lasciando Aki sola.
La ragazza aspettò un paio di minuti affinché se ne fossero andati veramente tutti, poi iniziò a piangere il più silenziosamente possibile: era stato tutto un sogno! Tutto! Anche Yusei... avrebbe voluto continuare quel sogno all'infinito, anche se si trattava solo di un’illusione, uno scherzo della sua mente. Si asciugò con la manica le lacrime che continuavano a sgorgare: era una stupida, si era innamorata di un'illusione...
“Ma perché voi donne piangete sempre?”
Aki girò di scatto la testa verso la finestra: in piedi, avvolto in un mantello nero come la notte, con una falce nella mano destra c'era...
“Yusei!”, esclamò Aki, facendo per alzarsi e per andargli incontro.
“Alt!”, fece lui andandole vicino, “Sei ancora debole e ti proibisco di alzarti”
Aki stava per sorridere quando si rabbuiò: “Tu non esisti, sei solo frutto della mia mente”
Yusei la guardò un attimo per poi sfoderare un sorriso ironico: “Oh sì, certo, ma se fossi solo un'illusione potrei fare questo?”, e detto ciò si chinò su Aki e la baciò a fior di labbra.
Aki si riscosse e accolse quel bacio come se l'avesse sempre desiderato: “Allora non è stato un sogno”
“Complimenti per la perspicacia”
“E smettila di prendermi in giro!”, rise Aki, “... Quindi è successo tutto veramente?”, riprese dopo una pausa.
“Se intendi lo scioglimento delle calotte polari, purtroppo sì”
“Dai! Lo sai benissimo cosa intendo”
“Stavo solo scherzando!”, ribatté Yusei finto offeso, “Comunque sì, tutto come te lo ricordi”
“Allora non sono diventata scema”, commentò Aki, “Quindi adesso resterai con me?”
In quel momento toccò allo Shinigami rabbuiarsi: “Aki, io non potrò stare ancora a lungo con te”
Il viso della ragazza perse il sorriso: “Che cosa intendi?”
Yusei sospirò: “Finalmente ho capito cosa sono gli Angeli: sono persone entrate in coma il cui compito finisce con il risveglio o con la morte effettiva; tu ti sei svegliata, quindi il tuo compito è finito”
“E questo cosa vuol dire?”
“Vuol dire che noi non apparteniamo più allo stesso mondo; riesci ancora a vedermi perché sei appena scampata alla morte svegliandoti, ma fra poco tempo ritornerò a essere invisibile ai tuoi occhi”
Aki comprese subito il significato delle parole dello Shinigami: “Perciò... questo è un addio?”, chiese girando la testa da un lato con gli occhi pronti a piangere di nuovo.
“No scema”, disse Yusei prendendole il mento con la mano libera e costringendola a guardarlo, “Questo è un arrivederci; ricorda: anche se sarò in giro per il mondo, sarò sempre vicino a te e ti proteggerò, in qualunque momento, e un giorno ci rivedremo”
“Sì, ma chissà quando! E poi ci vedremo solo per una frazione di secondo! E magari non sarai neanche tu a raccogliere la mia anima! E forse diventerò una predestinata fra settant'anni! E poi...”
Yusei le tappò la bocca con un bacio: “Ti riporto le parole che mi disse un giorno un Angelo cocciuto: scegliamo noi il nostro Destino, per cui, basterà che tu scelga di incontrarmi e succederà”
Aki lo baciò di nuovo: “Ti amo”
Yusei si staccò: “Anch'io”, disse, per poi scomparire dagli occhi della ragazza.
Aki rimase sola, ma solo in senso fisico: era come se portasse dentro di sé l'anima di Yusei. Si asciugò i rimasugli di lacrime dagli occhi; ora era serena, perché sapeva che l'avrebbe rivisto un giorno. Anzi, era convinta che l'avrebbe riabbracciato e baciato, perché l'aveva deciso, perché era finalmente padrona del suo Destino.



Destino numero 2: Per sempre



“Yusei?”, chiese Hideo avendo sentito il sussurro della ragazza, “Chi è Yusei?”
Aki si riscosse: “E’ solo un sogno...”
“Un sogno?”, chiese ancora suo padre
“Può succedere”, si intromise il dottore, “che alcuni pazienti che si risvegliano da un coma ricordino cose o fatti come se li avessero vissuti; in realtà è tutto frutto della mente... non sappiamo cosa generi queste specie di allucinazioni”
Aki annuì: “Deve essere così...”
“Aspetta”, riuscì a dire Setsuko fra le lacrime, “ma Yusei non è il nome del ragazzo che sta facendo avanti e indietro in questo corridoio da due giorni?”
Ad Aki per poco non venne un infarto.
“Non lo so”, disse Hideo, “Io non ci ho mai parlato”
“Io sì”, continuò la moglie, “E mi ha detto che era preoccupato per una sua amica che era in coma”
Aki sobbalzò sul letto: “E... E com'è? Com'è fatto?”, chiese, cercando di trattenere l'entusiasmo.
“Mah, un ragazzo sulla ventina, abbastanza lugubre a dire il vero, però con due occhi splendidi color...”
“Azzurro cielo”, finì Aki, con una lacrima di felicità che le rigava il viso.
“Sì”, annuì la madre, “Ma quindi è un tuo amico?”
“Una specie”, rispose la ragazza ridendo, “Potreste chiamarlo per favore?”
“Sarebbe meglio che tu riposassi ora”, la ammonì il medico.
“La prego, solo cinque minuti”, lo implorò Aki con la faccia da cucciolo.
“Mmm... va bene. Ma cinque minuti, non di più”
Lui e i suoi genitori si avviarono verso la porta; prima di uscire Hideo si rivolse a lei: “Aki ma non è che è il tuo ragazzo?”
“Noooooooooo! Cosa vai a pensare!”, esclamò lei arrossendo a vista d'occhio.
“E poi a te cosa importa?”, lo ammonì Setsuko.
“Ma cara, metti che è uno squilibrato! E poi lei non ci ha mai parlato di questo Yusei...”
“Oooh piantala!”, disse ridendo la moglie, prima di sparire dietro la porta seguita dal compagno.
Pochi istanti dopo si aprì di nuovo e nella stanza entrò un uomo completamente vestito di nero, con un sorriso enigmatico sul volto, che scrutava la ragazza a letto con i suoi due occhioni azzurri.
“Guarda che non sei mica a un funerale!”, rise Aki.
“Non iniziare”, replicò Yusei andandole vicino, “Ho scelto il nero primo perché è il mio colore preferito, secondo perché noto che va molto di moda fra voi umani”
“Ma è successo veramente? E cosa ci fai qui? Perché ti vedono tutti?”
“Ehi, piano! Per rispondere in ordine, sì, sei diventata veramente un Angelo e io ero uno Shinigami. Alle altre due rispondo con un: diciamo che dopo il casino che abbiamo combinato a Firenze...”
“Che HAI combinato a Firenze”, puntualizzò Aki.
“... i miei superiori hanno decretato che uno Shinigami così instabile poteva essere un vero problema, così hanno messo ai voti due opzioni: se mandarmi nell'oblio, oppure darmi un'altra possibilità come umano. Ti lascio indovinare qual è stato il verdetto”
Intanto che parlava, si era seduto su una sedia vicina al letto, e in quel momento Aki gli buttò le braccia al collo.
“Quindi resteremo sempre insieme?”, chiese tra le lacrime.
“Perché? Avevi altri programmi?
“Scemo”, commentò lei dandogli un breve bacio.
“Comunque la risposta è sì”, rispose Yusei dopo che si furono staccati, “A meno che tu non mi abbia già rimpiazzato nel frattempo”
“Oh invece sì”, rispose seria Aki, “Non hai visto quanto è sexy il dottore?”
“Ma chi? Quel nonnetto che è appena uscito?”
“Ha il fascino dell'uomo maturo”
“Sese”, sorrise Yusei.
“Comunque”, riprese Aki, “ho vinto io”
Yusei la guardò perplesso.
“La scommessa”, disse lei, “ti ho dimostrato che il Destino non esiste”
Yusei la guardò un momento e poi si lasciò andare in una fragorosa risata: “Sì, hai ragione Aki, hai sempre avuto ragione”, e la baciò con più passione di quella notte a Firenze perché una cosa era ormai certa: nessuno avrebbe più separato i loro Destini che si erano finalmente intrecciati.









Finita *^* Non ci credo neanch'io che sia finita *____* Nonostante i vari intoppi, mi è piaciuto molto scrivere qualcosa di alternativo (e spero che la pensiate anche voi così XD) però mi sono imposta una regola: d'ora in poi pubblicherò solo storie che ho già finito di scrivere, così da non uccidere di attesa potenziali lettori XD (questo non vale per il Reality, che da oggi avrà la priorità assoluta dato che sono in mortale ritardo O_O)
Detto questo, ringrazio tutti quelli che hanno seguito questa storia,  soprattutto chi l'ha recensita *^* Spero di non avervi annoiati XD E arrivederci alla prossima *____* *va ad ascoltare la cancone Angel di Robbie Williams, che consiglia a tutti*

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