Il Destino non esiste di Keily_Neko (/viewuser.php?uid=99706)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1: Quando pensi sia la Fine, è solo un nuovo Inizio ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2: Il sublime dell'ignoto ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3: L'ingiustizia è di questo mondo ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4: La verità fa male, ma è necessaria ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5: Devi combattere il Destino ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6: Il passato è passato ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7: Cielo blu, nuvole grigie e tramonto rosso ***
Capitolo 8: *** Doppio Destino: Ti aspetterò per Sempre ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1: Quando pensi sia la Fine, è solo un nuovo Inizio ***
Tadaaaan!
Rieccomi con una storia che mi frulla per la testa da un paio di mesi,
ancora prima del Reality... Ero in un periodo di crisi, e a pensare
storie allegre non ci riuscivo proprio, così mi sono detta
"perché non qualcosa di drammatico?", ed ecco quello che ne
è venuto fuori XD Non è il mio solito stile, in
quanto in questa fiction (che annuncio già da subito,
sarà piuttosto breve) non troverete situazioni comiche o
demenziali, ma al contrario sarà piuttosto triste, in quanto
affronterò a modo mio l'argomento della Morte; per questo ho
messo il rating Giallo, in quanto è un argomento piuttosto
delicato... Ah si, lettori del mio Reality non disperate, non lo ho
abbandonato, mi sono solo presa una piccola pausa, ma credo che
aggiornerò le due store contemporaneamente :)
Detto
questo, ecco a voi il primo capitolo, sperando che vi possa piacere :)
Il Destino non esiste
Capitolo 1: Quando pensi sia la Fine, è solo un nuovo
Inizio
Yusei
continuava ad avanzare verso la propria meta, o sarebbe meglio dire
verso il compimento del suo incarico; balzava da un tetto all'altro ad
una velocità per lui sostenuta, dato che non aveva fretta:
in fondo dopo centinaia di anni che svolgeva bene quel lavoro, cosa
sarebbe successo se fosse arrivato un paio di minuti in ritardo?
Suppose niente, anche se molti dicevano il contrario e altri la
consideravano la peggior cosa da fare.
Era
l'imbrunire e i lampioni delle strade erano appena stati accesi, come
anche alcune luci nelle case e appartamenti. Yusei si fermò
su uno dei grattacieli più alti di Neo Domino City e
contemplò il paesaggio: a ovest il sole era quasi sparito
nelle acque dell'Oceano Pacifico, colorandole di gradazioni dal rosso
all'arancione sempre più scure, mescolandosi con il blu
intenso del mare; era uno spettacolo che molti avrebbero considerato
stupendo, ma non individui come lui, che di tramonti ne avevano visti a
migliaia e di molto più belli. Sotto di lui e tutt'intorno
la città si estendeva in tutta la sua vivacità in
cui si caratterizza una serata di fine agosto, nella quale molti
uscivano per appuntamenti o semplicemente per fare una passeggiata. Le
migliaia di luci di ogni colore rendevano l'atmosfera molto festaiola e
allegra, ma Yusei non riusciva a percepire quelle sensazioni.
Dopo un paio
di minuti decise di avviarsi alla destinazione; si assicurò
meglio il mantello nero sulle spalle, strinse forte la mano destra
sulla sua fedele falce e ricominciò a balzare da un palazzo
all'altro, atterrando leggero come un gatto e ripartendo con la stessa
agilità. Avrebbe dovuto essere abituato ormai a quegli
incarichi, ma non sapeva perché ma a volte gli veniva un
nodo alla gola; il tutto passava dopo il completamento della missione,
però prima era un altro discorso.
Dovrei
esserci...,
pensò Yusei avvistando il palazzo di una ventina di metri
che corrispondeva alla descrizione di quello dell'incarico,
Se non sbaglio dovrebbe avvenire per le 19 in punto... Sono un po' in
ritardo, ma pazienza.
In quel
momento, quando era ancora a mezz'aria, avvistò un piccolo
balcone sul quale una ragazza stava appoggiata alla ringhiera guardando
la città.
Eccola.
Yusei
atterrò sul terrazzo posto sopra quello di lei, si sedette e
iniziò ad osservarla; gli piaceva quella parte del lavoro:
osservare le persone lo affascinava sempre, perché aveva
ormai capito che non ne esistevano due uguali in tutto il mondo, in
qualunque epoca fosse. Per esempio, quella ragazza sembrava tranquilla
mentre osservava fuori dal balcone, ma avrebbe potuto essere una
pluriomicida per intenderci. Dalle informazioni che aveva
però, Yusei era sicuro che non fosse così: era
una ragazza sui venti anni, capelli rossi tenuti a bada da una fascia
da cui spuntavano due ciuffi; aveva gli occhi color nocciola e in quel
momento vestiva con un paio di jeans e una maglia di un colore misto
fra il grigio e il blu; da quello che aveva letto, Yusei sapeva che era
una ragazza molto testarda e orgogliosa, ma con un'intelligenza acuta e
una mente brillante, amata da tutti quelli che l'avevano conosciuta.
Chissà
come mai tocca già a lei...
Guardò
l'orologio che teneva al polso: le 18 e 58, doveva muoversi.
Balzò
giù dal terrazzo e atterrò in perfetto equilibrio
sulla ringhiera sottostante. La ragazza si girò di scatto e
soffocò un grido mettendosi una mano davanti alla bocca:
davanti a lei, non sapeva come, in piedi sulla ringhiera era apparso un
uomo completamente avvolto in un mantello nero; aveva i capelli del
medesimo colore, con ciocche biondo scuro verso le
estremità; l'unica cosa che stonava in quella figura
così tenebrosa erano gli occhi, color blu intenso; in mano
aveva una lunga falce.
“Aki
Izayoi giusto?”, le chiese Yusei in tono neutro.
La ragazza
ancora spaventata annuì con la testa incapace di proferire
parola.
“Bene,
non preoccuparti, fra un po' sarà tutto finito”,
disse Yusei sempre in modo pacato; chissà quante volte ormai
aveva ripetuto quella frase.
“Sei...
sei uno Shinigami vero?”, disse lei ad un tratto; aveva
sentito molto parlare degli Shinigami, o Dei della Morte, che
apparivano alle persone in procinto di morire, ma mai avrebbe pensato
di vederne uno.
“Sì”,
rispose freddo Yusei, “ne deduco che sai quello che sta per
capitare”
Aki non ebbe
bisogno di star tanto a pensare; Yusei iniziò ad
avvicinarsi, sempre camminando sulla ringhiera.
“Aspetta!”,
esclamò Aki indietreggiando, “Non penso proprio
che sia giunta la mia ora, non sto nemmeno male! Non è che
potresti ripassare fra un po'?”
Yusei sorrise,
ma non uno di quei sorrisi caldi, da essere umano; uno di quei sorrisi
freddi e impassibili di un Dio della Morte: “Non decidiamo
noi quando una persona deve morire, quello è di competenza
del Destino, imprevedibile anche a noi”, rispose
semplicemente.
“Io
non ci credo!”, esclamò la ragazza, “Il
destino non esiste, ognuno si crea la propria strada da solo”
“Pensala
come vuoi”, rispose noncurante Yusei guardando l'orologio: le
19 in punto.
Sono
in ritardo!
Aki
indietreggiò ancora trovandosi con la schiena dalla parte
opposta della ringhiera.
“E’
inutile che tu ti opponga, è stato deciso così e
sarà così”
“No!
Tu non mi avrai oggi!”
Successe tutto
molto velocemente: i chiodi che tenevano la ringhiera ancorata al
terrazzo si staccarono, forse a causa del troppo tempo in cui erano
stati esposti alle intemperie, e Aki perse l'equilibrio, cadendo dal
terrazzo.
“Mi
domandavo infatti come avrebbe fatto a morire”, disse fra
sé e sé Yusei guardando giù sulla
strada, dove ora giaceva il corpo della ragazza, “Ora devo
solo recuperare la sua anima... Ma cosa diavolo...??!”
Yusei era
stato preso alla sprovvista quando il corpo di Aki aveva iniziato a
brillare di una luce chiara e abbagliante ai suoi occhi, abituati alla
quasi perenne oscurità; sembrava però che solo
lui la vedesse. Ad un tratto l'anima di Aki si staccò dal
corpo e iniziò a salire volando: delle candide ali bianche
le erano cresciute sulle spalle e ora sbattevano su e giù
per permettere alla ragazza di risalire.
Yusei
impallidì: un Angelo. Quella ragazza era diventata un
Angelo, il nemico per eccellenza degli Dei della Morte; per quanto loro
fossero considerati degli esseri neutrali, cioè
né buoni né malvagi in quanto si limitavano a
raccogliere anime destinate a morire, erano spesso in contrasto con
quelle entità alate, che si opponevano al Destino cercando
di salvare gli umani predestinati alla morte. Yusei sobbalzò
ad un pensiero; guardò l'orologio: le 19:02. Era in ritardo.
Non era stato un caso che la ragazza si fosse trasformata in un Angelo.
Lui aveva creato il suo peggior nemico con le sue stesse mani.
E siamo alla fine della prima parte *^* Prima che mi
dimentichi voglio avvisarvi di una cosa: c'è un'altra storia
in questa sezione intitolata "il Demone e l'Umana" (che tra l'altro vi
consiglio di leggere); prima che qualcuno lo dica, se vedete alcune
cose simili, vi assicuro che non è mai stata mia intenzione
copiare da quella storia o prenderene ispirazione. Benché mi
sembri tutta un'altra cosa, a parte l'ambientazione un po' tetra,
volevo dirlo per mettere subito le cose in chiaro XD
Dopo
questo vi lascio, spero vivamente che vi piaccia ^__^
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Capitolo 2 *** Capitolo 2: Il sublime dell'ignoto ***
Bonsoire!
Sarebbe buonasera in francese ma non so come si scrive XD Come promesso
ecco velocemente il secondo capitolo *^* Gli aggiornamenti saranno
rapidi perché i capitoli sono piuttosto corti, e ho
già in mente tutta la storia *A* Mi fa piacere che vi
piaccia questo mio modo di scrivere <3 Ringrazio per le
recensioni Gattino Bianco, Yukiko e Jack and Carly Love <3
Il
Destino non esiste
Capitolo
2: Il sublime dell'ignoto
Aki
atterrò sulla ringhiera, con lo stesso equilibrio che
manteneva Yusei; in quel momento aprì gli occhi e si
guardò intorno.
“Cosa...
Cosa mi è successo?”, disse guardandosi;
notò subito le ali e si ricordò della caduta:
guardò a terra e vide il suo corpo che veniva portato via
con urgenza da un'ambulanza, “Sono... morta?”,
chiese, più a se stessa che ad altri.
“Tecnicamente
sì”, rispose una voce vicina a lei.
Aki si
voltò e vide il ragazzo di prima che si ricordò
subito essere uno Shinigami: “Mi hai uccisa!”, gli
tuonò contro.
“Beh
no, era destino che tu morissi in questo modo, solo che nessuno poteva
prevedere che saresti diventata...”
“Un
Angelo?”, finì lei.
“Precisamente”
“E
quindi adesso che dovrei fare?”, chiese la ragazza.
“Proprio
a me lo chiedi?”, rispose Yusei.
“Beh
sai, sei l'unico qui”, replicò sarcastica l'altra.
Yusei
sospirò: “Tanto per cominciare noi due non
dovremmo neanche parlarci”, iniziò.
“E
come mai?”
“Beh,
sai com'è, tu sei un Angelo, io un Dio della Morte, due
categorie non proprio compatibili”, rispose retoricamente lui.
“Scusa
tanto se non ho idea di cosa sia successo!”,
esclamò Aki, “Fino a cinque minuti fa ero
affacciata al mio davanzale, avevo i miei problemi, avevo le mie
soluzioni, avevo i miei amici, avevo la mia VITA!”, e mentre
elencava quello che aveva perso, delle lacrime le scendevano dagli
occhi.
Non
sapevo che gli Angeli potessero piangere, pensò
Yusei, Ma
dato che sono esseri così strani non mi sorprende.
“...
Ok va bene calmati”, disse Yusei alla ragazza, che nel
frattempo si era seduta sulla ringhiera con le gambe sospese nel vuoto
e aveva iniziato a piangere, “Senti, non l'ho voluta io la
tua morte e neanche questa trasformazione, fatto sta che è
avvenuta, quindi secondo me non ha senso continuare a piangere quello
che hai perso”
Incredibile,
LUI, Dio della Morte, stava consolando LEI, Angelo, e le stava dicendo
di non abbattersi. Sperava che nessuno dei suoi superiori lo vedesse,
altrimenti gli sarebbe toccata una punizione esemplare; regola
n°9 dello Shinigami: nel caso si incontrasse
un'entità alata chiamata Angelo, abbatterla a qualunque
costo.
Eppure a Yusei
non era passato neanche per un secondo in mente di ferire quella
ragazza all'apparenza così indifesa e fragile, anzi, era
accaduto l'esatto contrario. Forse l'umano che era stato si stava
risvegliando... Yusei scacciò quei pensieri dalla testa
perché Aki aveva smesso di piangere e si era rivolta a lui.
“Avanti,
dimmi tutto quello che devo sapere”, disse decisa,
“e niente trucchi, parla senza omettere niente”
“Vuoi
la pura e semplice verità?”, chiese Yusei.
Aki
annuì convinta.
“Va
bene”, Yusei si sedette sulla ringhiera e iniziò a
parlare, “Io sono uno Shinigami, ovvero un Dio della Morte;
il mio compito e quello di recarmi dai predestinati che devono morire
e, una volta che hanno perso la vita - non per colpa mia -, raccogliere
la loro anima e farla passare al piano astrale superiore”
“Piano
astrale superiore? Quindi in paradiso?”, chiese Aki.
Yusei scosse
la testa: “Non lo so, io faccio solo da tramite; lo Shinigami
è un umano che è stato ucciso o è
morto brutalmente e cova ancora del rancore: esseri come noi non
raggiungono mai lo stadio successivo e rimangono intrappolati sulla
Terra, come fantasmi, condannati a svolgere sempre lo stesso
compito”
“Ma
è orribile”, commentò Aki.
“Dipende
dai punti di vista”, rispose Yusei guardando la
città ormai illuminata da ogni parte, “Ad alcuni
Shinigami piace raccogliere le anime, lo trovano... possiamo dire
divertente?”
“Ma
tu non mi sembri uno di questi...”
“Diciamo
solo che non è la mia massima ambizione”, rispose
amareggiato lo Shinigami.
Ci fu un po'
di silenzio.
“E...
io cosa sono?”, chiese Aki alla fine.
“A
volte non si sa perché, le anime di alcune persone pure che
sono appena morte, si trasformano in Angeli, che sono diretti
antagonisti degli Shinigami”
“Antagonisti?
Perché? Da quello che ho capito voi non andate in giro ad
ammazzare la gente, vi limitate a raccogliere le anime”,
rispose dubbiosa Aki, credendo di non aver capito.
“Infatti
è così, noi ci definiamo esseri neutri,
né buoni né malvagi, ma gli Angeli hanno una
fazione ben definita: sono esseri assolutamente puri il cui scopo
è evitare la morte di particolari umani di cui pensano non
sia ancora giunta l'ora. Non saprei spiegarti, non sono mai stato un
Angelo”
“Ma
allora perché se siete neutrali, vi opponete?”,
chiese Aki, capendo ancora meno.
“La
prima regola dello Shinigami è: non opporti al Destino.
È lui che decide chi deve morire o meno, è il
dogma per eccellenza; salvando i predestinati a morire, gli Angeli
vanno contro al Destino, e quindi infrangono la nostra regola
più importante. Per questo a noi Shinigami è
ordinato di uccidere un Angelo qualora ne incontrassimo uno”,
finì Yusei.
Aki si
allarmò alle ultime parole e balzò in piedi:
“Quindi vuoi uccidermi!”
“No,
almeno per il momento. Piuttosto sono incuriosito da te”
“Incuriosito?”,
chiese titubante la ragazza.
“Già,
non avevo mai visto un Angelo prima di adesso e, non so
perché, non ho assolutamente l'istinto di
ucciderti”, rispose Yusei
Aki si
risedette, mantenendo comunque una certa distanza da lui:
“Ora ho le idee meno confuse”
Yusei si
alzò: “Mi fa piacere”, disse mentendo;
in realtà non gli faceva né caldo né
freddo, ma non avrebbe potuto essere diversamente, “Se non ti
dispiace io me ne andrei”
“E
dove?”
“Il
lavoro dello Shinigami non finisce mai; la prossima anima in lista
è domani mattina alle 8:33 molto distante da qui, quindi
devo mettermi in marcia”
In Aki, al
sentire quelle parole, si risvegliò un istinto molto forte:
“Vengo con te”, disse risoluta.
Yusei, che
stava per fare un balzo per passare ad un altro palazzo, si
bloccò: “Come?”
“Ehi,
hai detto che gli Angeli vivono per salvare anime, e dato che sono
nuova di questo mondo, cosa c'è di meglio che seguire uno
Shinigami che va da un predestinato?”, rispose Aki sorridendo
trionfante.
“Ma
potrei ucciderti! Lo capisci questo?”, disse Yusei perplesso.
“No,
non lo farai... non so perché, ma ho la certezza che
sarò più al sicuro con te”
Yusei ci
pensò su: avere un Angelo al seguito era forse la peggior
cosa che poteva capitare ad un Dio della Morte; e se quella ragazza
avesse salvato le anime che andava a raccogliere? Sarebbe sicuramente
stato punito in modo esemplare. D'altra parte se la teneva d'occhio
avrebbe evitato guai agli altri Shinigami che avrebbero continuato a
fare il proprio lavoro tranquillamente... E poi quell'Angelo lo
incuriosiva troppo per lasciarla andare via così; alla
peggio l'avrebbe uccisa.
“...
Va bene, vieni anche tu”, rispose infine Yusei.
“Grazie”,
disse sinceramente Aki.
Yusei rimase
impietrito: nessuno in tutta la sua esistenza come Shinigami lo aveva
mai ringraziato; tutte le sue vittime lo imploravano di risparmiarle,
convinte che fosse lui ad ucciderle, oppure gli rivolgevano i
più squallidi insulti, figuriamoci se si fosse mai aspettato
di ricevere un ringraziamento.
“Non
devi ringraziarmi”, disse infine, prima di spiccare un salto
verso il palazzo più vicino.
Aki lo
seguì sbattendo le ali.
“Aspetta,
e se ci vedono?”, chiese preoccupata guardando verso le
persone che camminavano per strada.
“Pensavo
che fosse ovvio che gli umani non potessero vedere creature come
noi”, rispose Yusei, “Solo coloro che sono in
procinto di morire lo possono fare”
“In
effetti è logico”, disse piano la ragazza,
“A proposito, non so ancora quale sia il tuo nome”,
continuò sbattendo di nuovo le ali.
“Mi
chiamo Yusei”
“Io
Aki, ma ho il sospetto che tu lo sappia già”, rise
la ragazza, facendo impressionare lo Shinigami, che poche volte aveva
avuto la possibilità di sentire quel suono così
cristallino e sincero: il suono di una risata.
Voilà!
*oggi ce l'ha col francese* Spero di essermi spiegata bene attraverso
Yusei *^* E se non dovesse essere così, chiedete pure
<3
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Capitolo 3 *** Capitolo 3: L'ingiustizia è di questo mondo ***
Eccomi
tornata! Visto che il capitolo l'ho scritto ieri sera, tanto vale
aggiornare^^ Avviso fin da subito che mi sono fatta una paura boia da
sola O.O Non ho mai scritto un capitolo così drammatico e
crudo... mentre scrivevo era come se le parole venissero da sole, ma
rileggendo mi sono spaventata... Prometto che non ne farò
più di così. Ah si, ad un certo punto troverete
scritto "NOTA" e consiglio di andare a fondo pagina per leggere la
specificazione^^ Ringrazio per le recensioni Gattino Bianco, Jack and
Carly Love e Yukiko <3
Il Destino non esiste
Capitolo
3: L'ingiustizia è di questo mondo
“Sicuro
che sia qui?”, chiese Aki perplessa.
“Per
la centesima volta, sì, sono sicuro”, disse Yusei,
che se avesse potuto provare sentimenti, avrebbe rasentato
l'esasperazione.
Dopo
aver viaggiato tutta la notte, Yusei e Aki erano arrivati in un piccolo
paesino dell'ovest dell'America settentrionale. Durante l'attraversata
dell'Oceano, Aki era rimasta entusiasta del fatto che lo Shinigami
sapesse correre sull'acqua; infatti Yusei la usava come punto di
appoggio per balzare, proprio come se si fosse trovato sulla terra
ferma. Una volta arrivati sul suolo sicuro, si erano diretti verso
questo paese ed erano arrivati in un parco, vicino al quale c'era un
cimitero.
“Ripetimi
cosa sta succedendo”, disse Aki.
Ma
gli Angeli sono tutti così ottusi?,
pensò Yusei sospirando, prima di rispiegare ad Aki cosa
stava per accadere.
“Ci
troviamo in un cimitero”, disse lo Shinigami iniziando ad
avviarsi nel parco.
“Fin
qui c'ero arrivata”
“Se
mi lasciassi finire! Dicevo, fra cinque minuti dovrebbe esserci
l'ultimo saluto ad una persona defunta da poco”
“Ma
non è questa l'anima che stai cercando giusto?”,
chiese Aki.
“Precisamente”
“E
allora chi è?”, domandò dubbiosa
l'Angelo.
“Non
lo so neanch'io”, rispose Yusei.
“Come
non lo sai?!”, esclamò Aki sorpresa.
Yusei
si fermò e si voltò verso di lei: “Non
lo so perché non mi è dato saperlo! So dove
dovrà morire questa persona e a che ora, ma saprò
più dettagli appena l'avrò vista”,
disse irritato.
“Scusa
tanto sai?! Pensavo che come Shinigami fossi esperto!”,
ribatté Aki incrociando le braccia e distendendo le ali.
“Tieni
quelle cose lontane da me”, disse Yusei alludendo alle piume;
durante la traversata i due si erano toccati per sbaglio e avevano
entrambe ricevuto una dolorosa scossa, per quanto esseri come loro non
potessero provare dolore.
“Va
bene”, si rassegnò Aki riprendendo a camminare,
“Una cosa... non ho capito come sai che qua ci
sarà una persona che dovrà morire; sesto
senso?”
“No”,
rispose l'altro e scostò il mantello per prendere un
quaderno in una delle tasche interiori, “ogni volta che mi
viene assegnato un incarico, compaiono data, ora e luogo di quella
persona sulle pagine”, e detto questo aprì il
quaderno sull'ultima pagina, sulla quale era segnata la data di quel
giorno.
“Adesso
ho capito”, commentò la ragazza annuendo.
“Era
ora. Dovremmo esserci”
Yusei
e Aki avvistarono un gruppo di persone riunite intorno ad una lapide,
vicino alla quale c'era una fossa; tutti erano vestiti di nero e alcune
donne piangevano. L'Angelo dedusse che era quello il funerale
incriminato.
“Ma
qualcuno dei tuoi simili ha raccolto l'anima del defunto?”,
chiese Aki.
“Sì.
La donna è morta all'età di 31 anni a causa di un
incidente stradale nella quale è stata coinvolta; stava
attraversando la strada e un uomo ubriaco che guidava un'auto l'ha
investita”, rispose pacato Yusei, come se fosse la cosa
più ovvia del mondo.
Aki
rimase sorpresa da quelle parole: “E tu come fai a
saperlo?”
“Quando
uno Shinigami raccoglie un'anima, è come se lo comunicasse a
tutti noi, quindi è naturale che io lo sappia”,
rispose il ragazzo.
“Certo,
se lo dici tu... avviciniamoci”
Yusei
e Aki si portarono vicino ad un albero ad un paio di metri dall'ultimo
conoscente, o parente, della vittima; se qualcuno li avesse visti
avrebbe preso un infarto: un ragazzo tenebroso vestito tutto in nero
con una falce in mano e lì vicino una sua apparente coetanea
bella come il sole, con un paio di candide ali sulla schiena. Se la
situazione non fosse stata drammatica, avrebbe anche potuto essere
divertente.
In
quel momento Aki notò che l'ultima persona della fila,
teneva per mano una bambina, dell'età di circa 5 anni o poco
più, che diversamente dagli altri, era stata vestita con un
abitino color verde smeraldo, che riscaldava l'atmosfera triste; la
ragazza alla vista di quella bambina ebbe un fremito e le
sembrò di gelare.
“Quella...
bambina...”, riuscì a proferire.
“Sì”,
disse Yusei, “Sasha Anderson, figlia di 5 anni e 6 mesi della
defunta Nicole Anderson; muore il 27 agosto 2011 alle ore 8:33 di
mattina a causa di un tumore celebrale maligno non curato
tempestivamente. Ho appena verificato”, finì
freddo mettendo via il quaderno e guardando l'orologio: le 8:13. *NOTA*
Aki
si portò una mano sulla bocca terrorizzata: “Ma
è orribile, una così piccola
creatura...”
“Il
Destino è così”, rispose asciutto Yusei.
Aki
non ebbe neanche la forza per ribattere perché stava
pensando alla fine di quella povera bambina che ancora non sospettava
niente; aveva appena perso la madre e ora si apprestava a morire: la
ragazza crollò a terra: “E’
orribile”, ripeté.
Il
movimento dell'Angelo attirò l'attenzione della bambina che
si voltò verso di loro: alla loro vista provò un
attimo di paura nel vedere Yusei, ma si rasserenò subito
notando Aki.
“Papà,
anche loro sono venuti per salutare la mamma?”, chiese Sasha
all'uomo che la teneva per mano.
“Loro
chi?”, domandò lui, voltandosi a guardare verso la
direzione indicata da sua figlia e non vedendo niente.
“Quella
signora con quelle grandi ali e quel signore vicino con il mantello
nero”, rispose la bambina.
Il
padre non vedendo niente stava per replicare, ma si ricordò
le parole di un dottore che gli aveva detto che sua figlia nei mesi
successivi, e forse fino a quando non fosse stata in grado di capire a
fondo, avrebbe potuto avere delle allucinazioni visive e che era meglio
assecondarla, almeno nei primi tempi.
Il
padre sorrise a Sasha: “Sì, sono qui per
lei”, disse trattenendo le lacrime a stento.
Sasha
lasciò la mano di suo padre e corse verso Aki:
“Signora perché sei triste?”, chiese una
volta lì vicino.
Aki
si accorse solo in quel momento della presenza della bambina; il fatto
che la vedesse non lasciava più dubbi: “Non sono
triste”, disse cercando di ricomporsi.
“Invece
sì, lo vedo”, rispose Sasha con un'aria alla
'so-tutto-io', “ma non devi: papà ha detto che la
mamma è partita per un lungo viaggio e dove andrà
starà meglio, e ha detto che ci rivedremo un
giorno”, concluse con un sorriso dolcissimo.
Aki
non si trattenne più e abbracciò la bambina
iniziando a piangere sulla sua spalla.
Yusei
sbuffò: Ma
gli Angeli piangono sempre?
Sasha
si girò verso di lui e si spaventò alla vista
della falce: “Chi è questo signore
spaventoso?”, chiese impaurita.
Aki
guardò la bambina e stava per rispondere, ma Yusei
l'anticipò: “Sono solo una persona che ti
porterà dalla mamma”
“Ma
papà ha detto che potrò andare dalla mamma solo
fra molto tempo”, disse perplessa Sasha.
“Tuo
papà ha torto questa volta”, rispose Yusei.
“Allora
gli dico che vado dalla mamma!”, esclamò euforica
Sasha, “Così viene anche lui”
“Lui
non potrà venire con te”, continuò
freddo Yusei.
La
felicità sul viso della bambina trovò spazio alla
rabbia: “No, lui verrà!”
“Non
può”, continuò Yusei tranquillo.
“Invece
lui verrà! Verrà! Verrà!
Verrà!”, esclamò Sasha iniziando a fare
saltelli ad ogni parola.
Ad
un tratto si fermò prendendosi la testa e iniziando a
piangere: “La testa... mi fa tanto male!”
Aki
si sconvolse.
“E’
il tumore”, spiegò Yusei, “evidentemente
fino ad ora era rimasto assopito in attesa di uno stimolo che lo
attivasse”
“E
quello stimolo... siamo stati noi”, continuò Aki,
sempre più angosciata.
Nel
frattempo intorno alla bambina erano accorsi gli altri partecipanti, in
primis il padre che era diventato bianco come un fantasma; un altro
uomo aveva il cellulare in mano e aveva appena chiamato l'ambulanza,
che arrivò dopo pochi minuti, caricando Sasha a bordo e
ripartendo d'urgenza.
“Seguiamola”,
disse Yusei ad Aki.
La
ragazza non si era ancora mossa da terra.
“Aki,
dobbiamo andare”, disse di nuovo Yusei.
“...
Sì”, rispose la ragazza alzandosi.
L'Angelo
e lo Shinigami seguirono l'ambulanza fino all'ospedale vicino, nel
quale fu ricoverata d'urgenza la bambina. I due ragazzi entrarono nella
sala operatoria senza che nessuno ovviamente si accorgesse di loro; una
schiera di medici, chirurghi e infermiere erano disposti intorno a
Sasha, distesa anestetizzata su un tavolo operatorio: la bambina era
collegata ad una macchina dalla quale partiva un 'bip' ogni suo battito
cardiaco.
“Non
può finire così”, disse Aki a bassa
voce.
“La
stiamo perdendo”, commentò uno dei medici.
“Non
può finire così!”, esclamò
Aki.
“...
8:33”, disse solo Yusei.
La
macchina dei battiti cardiaci iniziò a produrre un lungo e
interminabile suono; ad Aki si mozzò il respiro.
“Ecco
infine”, disse Yusei avvicinandosi alla bambina e alzando la
falce.
Una
luce chiara passò dal corpo di Sasha allo strumento dello
Shinigami, che si colorò di bianco.
“Portami
dalla mamma”, si sentì provenire dalla falce.
“Ti
accontento”, disse Yusei.
La
falce a poco a poco iniziò a scurirsi fino a ritornare del
suo colore nero notte.
*NOTA* Allora,
non ho nessuna competenza medica, sono solo andata a leggere un po' qua
e là per capire come funzionano i tumori, ma credo che sia
impossibile che si risolvano così presto... Tuttavia per la
mia storia era necessario un evento del genere e visto che siamo
nell'ambito del fantastico ho pensato di lasciare così, non
me ne volete per favore^^
Ecco
la fine di questo assolutamente osceno capitolo O.O Prometto che non ne
farò assolutamente più di così
drammatici, ma come ho detto prima, mi è uscito
così e non volevo fare lavoro per niente^^ Non vi biasimo se
non dovesse piacervi, ma non accadrà più ^^
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Capitolo 4 *** Capitolo 4: La verità fa male, ma è necessaria ***
Eccomi
di ritorno! Prima di andare in vacanza, aggiorno anche questa storia e
prometto appena tornata di continuarla *__* Ringrazio Gattino Bianco,
Yukiko e Alma per le recensioni <3
Il Destino non esiste
Capitolo
4: La verità fa male, ma è necessaria
Aki
uscì di corsa dall'ospedale oltrepassando i muri senza
guardarsi indietro; Yusei invece fece con più calma.
Finalmente
se n’è andata,
pensò, Ora
potrò riprendere in pace il mio lavoro.
Lo
Shinigami uscì dall'ospedale con questa convinzione, e fece
per andarsene quando qualcosa lo bloccò: era un dolore
proveniente dalla parte dove doveva esserci il cuore, ma che gli esseri
come lui non possedevano più; allora perché
faceva così male? Perché provenivano delle fitte
così acute?
Stupido
Angelo,
pensò Yusei, prima di mettersi a cercarla, come se fosse
stato convinto che solo Aki avrebbe fermato quel dolore.
La
trovò dopo un'ora di ricerche: era seduta sul bordo di una
scogliera che dava sul mare; il cielo si stava ricoprendo di nuvole,
segno che avrebbe piovuto presto. Come a dargli ragione, un fulmine
squarciò l'aria in lontananza e si sentì un
debole rombo.
Yusei
si avvicinò ad Aki, la quale aveva nascosto la testa fra il
petto e le gambe, che abbracciava con le mani; la ragazza stava
piangendo silenziosamente, e questo Yusei lo sapeva anche senza vederla.
“Pensi
di restare qui ancora per molto?”, le chiese.
Nessuna
risposta.
“Starei
parlando con te”
“Era
così piccola”, disse Aki con la voce rotta,
“perché è dovuto
succedere…”
“E’
il Destino, non puoi farci niente”, le ripeté
Yusei, forse per la centesima volta.
“Smettila
stupido, smettila con questo Destino!”, esclamò
Aki furiosa, scuotendo la testa, mentre altre lacrime le attraversavano
il viso fino alla gola, “Si poteva fare qualcosa! Si
poteva...”
“Cosa
si poteva?!”, esclamò irritato Yusei,
“Non si poteva niente! Era inevitabile!”
Aki
dovette ammettere a se stessa che lo Shinigami aveva ragione: in quel
caso non si poteva fare assolutamente niente e doveva rassegnarsi; ma
il pensiero di essere impotente nonostante fosse un Angelo era ancora
acceso in lei.
Iniziò
a piovere. Le nuvole cariche di acqua alla fine li avevano raggiunti,
come a rispecchiare l'umore della ragazza: anche il cielo stava
piangendo.
“Aki,
andiamocene”, le disse Yusei dopo un po'.
“Perché,
ti dà fastidio la pioggia?”, chiese con voce
neutra l'Angelo. Era impossibile infatti che a Yusei importasse
qualcosa dell'acqua che aveva addosso; sebbene lui si bagnasse, non gli
dava alcun fastidio quella sensazione, e non sentiva freddo.
“No,
è che ho un altro incarico”, rispose pacato Yusei.
“Un
altro morto? Un'altra anima da raccogliere? Ma non ti senti
ripugnante?”, chiese Aki alzandosi ma continuando a guardare
il mare.
Un
tuono squarciò il cielo poche decine di metri davanti a lei:
“Ripugnante? Perché dovrei? Mica li uccido
io”, rispose lo Shinigami.
“Ma
raccogli le anime... sei lì, davanti al loro ultimo respiro
e non fai niente!”
“Ma
cosa dovrei fare?”
“Sei
lì, che invece di tranquillizzare le persone dicendo che
andranno in un posto migliore, incassi i loro insulti come se li
uccidessi tu!”
“Ma
io non posso dire loro questo perché non so se sia la
verità”, rispose Yusei.
“Ma
daresti loro una speranza, e ti sentiresti meglio”,
continuò Aki.
“Non
mi importa di sentirmi meglio, e soprattutto non voglio dare false
speranze a nessuno”
“La
speranza non è mai vana finché ci sarà
solo uno sciocco che crederà in essa”
“Scusa
ma non era così la frase...”, commentò
Yusei, “Era più o meno: nessuna causa è
persa finché ci sarà almeno uno sciocco che
combatterà per essa”
“E
non è la stessa cosa?”, disse Aki guardandolo per
la prima volta: aveva i segni del pianto negli occhi, ma un guizzo di
luce argentea li dominava e Yusei ne rimase stranamente affascinato.
“Ti
ricordi il momento in cui hanno preso la tua anima?”,
continuò Aki, sempre guardandolo, “Ti ricordi chi
eri e perché sei diventato uno Shinigami?”
“Io...”,
fece Yusei, per la prima volta titubante, “Io non me lo
ricordo. Non ricordo niente della mia vita da umano, quindi
né il motivo per cui sono quello che sono, né chi
mi abbia creato. Quando mi sono risvegliato, ero a conoscenza di tutte
le informazioni sugli Shinigami; so solo che sono nato nel Medioevo
europeo”
“Però
il tuo non è proprio un nome europeo...”
“Infatti
non è il mio nome reale, è solo una specie di
riconoscimento che mi è stato affidato, per non confondermi
con altri della mia specie”
“E
non lo trovi triste?”, chiese Aki andandogli vicino.
“Non
ci avevo mai pensato”, ammise Yusei, sentendo per la prima
volta una specie di vuoto dentro di sé, forse il vuoto che
aveva creato la sua anima andandosene, lasciando la coscienza
intrappolata in quel corpo eterno.
“Non
ti sembra il caso di pensarci?”, continuò l'Angelo.
“Ooooh
insomma!”, sbottò Yusei, “Finiscila con
questo quarto grado!”
“Il
mio non è un quarto grado!”, esclamò
Aki irritata spiegando le ali, “Sono solo
considerazioni”
“Ehi!
Alla larga da me con quelle cose!”, disse Yusei facendo un
passo indietro.
“Quelle
cose si chiamano ali!”, replicò l'altra.
“Lo
so cosa sono! Ma tienile lontane!”
“Oh,
il signor Shinigami ha paura di un paio di piume!”, lo prese
in giro Aki.
“Non
ho paura!”, replicò orgoglioso Yusei.
“E
allora vieni a toccarle se hai il coraggio”, lo
sfidò la ragazza protendendo le ali verso di lui.
“No...
Sentirei dolore, e lo avvertiresti anche tu, quindi perché
mai dovrei farlo”
“Per
dimostrarmi che non sei un fifone. Oppure lo sei, caro il mio
Fifonigami?”
“Questo
è troppo!”, sbottò Yusei, avvicinandosi
con un balzo ad Aki e toccandole una piuma dell'ala sinistra.
In
quel momento un fulmine cadde a pochi metri da loro, e al contatto
entrambi sentirono un dolore atroce che si mescolò al rumore
del rombo.
“C-contenta?”,
chiese Yusei dopo essersi ripreso.
“Sì,
Fifonigami”, rispose Aki, richiudendo le ali dietro la
schiena così che occupassero il minor spazio possibile.
“La
finisci di chiamarmi così?!”
“Ma
suona così bene!”, disse Aki facendo un sorriso e
mostrando la lingua.
Ad
un tratto Yusei le saltò addosso atterrandola e ritrovandosi
sopra di lei, stando attento a non toccarle le ali: “Ti
diverti ancora?”, chiese.
Aki
guardò i suoi occhi azzurro intenso, che tanto stonavano con
la sua figura: “Da morire”, rispose, prima di
chiudere gli occhi.
Yusei
guardò il viso della ragazza e provò un'altra
sensazione al “cuore”, ma questa volta non era
dolore, ma qualcosa di piacevole che lo fece trasalire; aveva voglia di
sentire il sapore di quelle labbra, di appropriarsi di quel corpo, di
farla sua. Possibile che l'umano che era stato stesse riemergendo? Non
aveva mai sentito di Shinigami tornati umani. Yusei cedette a
quell'istinto e avvicinò il suo viso a quello di Aki, ma una
stessa forza, opposta a quella del “cuore” lo
spingeva lontano dalla ragazza e alla fine prese il sopravvento,
costringendo lo Shinigami ad alzarsi.
“E’
meglio che ci incamminiamo”, disse una volta in piedi.
Aki
aprì gli occhi e tirò su la schiena: la mano di
Yusei era tesa verso di lei; la afferrò e si fece aiutare
nell'alzarsi.
“Va
bene... Fifonigami”, disse sorridendo
Yusei
invece di irritarsi sorrise, prima di saltare dalla scogliera e andare
incontro alla tempesta.
Ma
all'orizzonte, oltre quei lampi che tagliavano a metà il
cielo, e le onde del mare che ululavano quasi fossero vive, si poteva
già scorgere il cielo chiaro e sereno. La tempesta sarebbe
presto passata.
Yusei
ci ha provato, ma la mente bakata e perversa della scrittrice lo ha
fermeto XD Quando ho scritto questo capitolo ero stanchissima, quindi
se ci sono boiate, stupidaggini e affini ditemi pure XD
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Capitolo 5 *** Capitolo 5: Devi combattere il Destino ***
Eccomi
di ritorno con questa breve e lugubre fan fiction XD Non ho niente da
dire, a parte il fatto che ci saranno due nostre vecchie conoscenze,
che ho voluto inserire apposta *^*
Ringrazio
Gattino Bianco e Yukiko per le recensioni e detto questo andiamo al
capitolo <3
Il Destino non esiste
Capitolo
5: Devi combattere il Destino
“Cosa
dovrebbe succedere ora?”, chiese Aki, volando sopra Yusei che
balzava da un tetto all'altro.
Erano
finiti in Francia, precisamente sulla costa a nord, alla periferia di
una grande città.
“Non
so, è indicata solo quella strada”, disse Yusei
mostrando una via che costeggiava un fiumiciattolo, vicino a delle
colline, “ma non so ancora cosa succederà. So solo
che accadrà alle 21:44 ora locale”
Aki
guardò l'orologio che teneva al polso: erano le 21:37, per
cui mancava poco; la ragazza era decisa a salvare l'anima destinata a
morire, costava quel che costava.
La
strada però era deserta, lontana dai centri abitati, per cui
non sapeva proprio cosa avrebbe potuto succedere.
“Aspetta...
sento qualcosa!”
Yusei
si voltò nella direzione che Aki stava indicando; da una
curva nascosta alla loro vista, comparvero delle luci, che infine si
trasformarono in una moto bianca con decorazioni rosse, guidata da una
ragazza bionda.
“...
Sherry Leblanc, 24 anni, incidente stradale”, lesse Yusei.
Aki
osservò la ragazza: si rivide in lei, o meglio, rivide la
vita che le era stata strappata in un istante, e si convinse
più che mai che doveva salvarla.
I
due si accostarono alla strada, Aki volando e Yusei correndo a pelo
d'acqua, osservando la scena; alle 21:41 accadde qualcosa: un gattino
bianco spuntò fuori chissà da dove e
attraversò la strada. Sherry tentò di schivarlo
sterzando, ma perse il controllo della moto, andando a sbattere prima
contro il guardrail poi contro la parete della collina, e infine venne
sbalzata dalla moto, che continuò la sua folle corsa per un
paio di metri, per poi schiantarsi contro la roccia nelle
prossimità di una curva.
Aki
volò velocemente da lei.
“Oh
no! Tu non morirai!”
Si
avvicinò: Sherry era distesa per terra quasi priva di sensi;
un rivolo di sangue le colava dalla testa sul viso, e una delle gambe
era piegata in un'angolatura innaturale, probabilmente fratturata.
L'Angelo
si inginocchiò sulla ragazza.
“Sei
un angelo?”, chiese Sherry, vedendo le candide ali di Aki con
un solo occhio verde smeraldo aperto.
“Sh
sh sh...”, le fece dolcemente Aki togliendole delicatamente
il casco, “Vedrai che andrà bene”
“Sto
per morire vero?”
Aki
scosse la testa: “No, tu...”
“Sì
invece”, disse freddo Yusei, portandosi dall'altra parte di
Sherry, la falce alzata per compiere il suo dovere,
“21:42”
“Yusei!
Smettila di gufare e va' a cercare qualcuno!”
“Aki,
Aki, Aki”, iniziò lo Shinigami, “Punto
numero 1, nessuno può vederci a parte chi sta per morire,
punto numero 2, mi chiedi di andare contro la mia natura”
“E
allora fallo, accidenti!”, esclamò la ragazza.
“Non
ci vedo...”, sussurrò Sherry, i muscoli rilassati.
“Oh
no, no, no, no”, disse velocemente la rossa,
“Resisti, ti prego!”
E
dicendo così, prese la sua maglia e la mise dietro la testa,
nel punto in cui usciva il sangue per bloccare il flusso; a quanto
pareva, poteva anche interagire con chi stava per morire. Aki allora
provò a sollevare la donna, ma il suo peso era troppo ed era
sicura che Yusei non l'avrebbe aiutata.
“Resisti!
Immagino che tu sia una persona forte, ti chiedo solo qualche
minuto”, disse Aki, cercando di sorridere.
Sherry
rise debolmente: “Diventerò anch'io un Angelo come
te?”
Ad
Aki sfuggì una lacrima: “No, certo che no,
perché tu non morirai”
Se
da una parte Aki era fermamente decisa a salvare Sherry usando tutta la
sua determinazione, dall'altra Yusei era teso: erano le 21:44, eppure
la donna respirava ancora... Il minuto è fatto di 60
secondi: ne restavano ancora 40, ma Yusei aveva un pessimo
presentimento.
Aki
inspirò profondamente poi gridò: “Che
qualcuno venga ad aiutarci!”
Non
sapeva perché l'aveva fatto, in fondo nessuno poteva
sentirli, ma aveva voluto provare, utilizzando tutta la grinta che
aveva.
All'improvviso
il suo corpo si illuminò e una bolla luminosa avvolse lei e
Sherry; Yusei sobbalzò: “Cosa
diavolo...?!”
Si
avvicinò in fretta verso la bolla, ma appena
tentò di toccarla venne sbalzato via, rimanendo frastornato
a terra.
Un
grido.
Una
lama.
Una
promessa.
“Ehi!
Arriva qualcuno!”, esclamò Aki, vedendo un fascio
di luce spuntare da una curva, “Hai visto, resisti!”
Sherry
la guardò; aveva riacquistato un po' di colorito grazie alla
strana bolla, ma la ferita continuava a perdere sangue.
Un'automobile
blu metallizzato spuntò all'improvviso; il conducente
frenò bruscamente, dopo aver visto una moto schiantata
contro la parete e più avanti la sua proprietaria, a terra e
con evidente bisogno di aiuto.
Dall'auto
schizzò fuori un uomo sulla trentina che si
accucciò subito vicino a Sherry.
“O
mio Dio!”, esclamò, “Ehi! Sei ancora con
noi?”
Sherry
lo guardò e annuì: ormai le forze la stavano
abbandonando. La bolla luminosa era scomparsa.
“Ti
porto subito all'ospedale”, disse l'uomo, e prese Sherry in
braccio, portandola di corsa nell'auto e partendo come una furia verso
l'ospedale più vicino.
Aki
iniziò a seguirli volando, con alle spalle uno Yusei cupo,
che si era nel frattempo ripreso. Erano le 21:49 e Sherry Leblanc non
era ancora morta.
Arrivati
all'ospedale Sherry fu ricoverata d'urgenza.
Aki
faceva avanti e indietro davanti alla sala operatoria, seguendo
l'andirivieni dell'uomo, preoccupato come lei; Yusei invece stava in
piedi appoggiato ad una parete, ancora incredulo e sconcertato: era
successo quello che temeva, l'Angelo aveva salvato una predestinata. Ed
era sconcertante anche quello che si era ricordato.
Finalmente
un dottore uscì dalla sala.
L'uomo
si precipitò da lui: “E' viva?”
Il
dottore annuì: “Sì. L'abbiamo salvata
in extremis. Ora sta riposando; le prossime 24 ore saranno
fondamentali, ma non dovrebbe correre nessun rischio”
“Posso
andare dentro?”
Il
dottore annuì e l'uomo entrò in camera di Sherry,
seguito senza saperlo da Aki.
Sherry
era distesa a letto, la testa appoggiata al cuscino. Era sveglia.
Appena vide l'uomo il viso le si illuminò in un sorriso, che
divenne ancora più grande alla vista di Aki.
“Grazie,
mi hai salvata”
L'uomo
mise una mano dietro la nuca e rise: “Ma dai, il merito
è tuo che sei stata forte; il dottore ha detto che hai un
corpo robusto, per questo sei riuscita a resistere”
Sherry
in realtà si era rivolta ad Aki, ma quando fece per
riparlare, la ragazza le disse che nessun altro poteva vederla
all'infuori di lei, per cui la bionda parlò con l'uomo:
“No, sul serio, grazie infinite. Qual è il tuo
nome?”
“Mi
chiamo Bruno, e tu sei Sherry vero?”
Sherry
annuì sorridendo.
“Appena
uscirai da qui ti offrirò qualcosa per
festeggiare”, disse Bruno sedendosi su una sedia
lì vicina.
Lui
e Sherry iniziarono a parlare, e Aki sorrise: che fosse nata una
coppia? Comunque fosse, aveva salvato una vita, e questo la rendeva
assolutamente felice.
Prima
di uscire salutò Sherry, ma la donna non la
calcolò: in un primo momento Aki pensò che fosse
perché era nel mezzo di una conversazione, ma poi dedusse
che non riuscisse più a vederla, dato che non stava
più per morire. Con quel pensiero lasciò la
stanza attraversando il muro.
Fuori
Yusei non c'era. Aki allora uscì dall'ospedale e lo
trovò appollaiato su un albero lì vicino, immerso
nei suoi pensieri.
“Allora...
cos'hai da dirmi?”, chiese trionfante Aki.
Yusei
rimase in silenzio; aveva perso, ma non si sentiva sconfitto,
perché altri pensieri frullavano nella sua testa.
“Ehi...
sei vivo?”, chiese Aki, accorgendosi poi di aver fatto una
specie di battuta.
“Sfotti
sfotti”, disse pacato Yusei, “invece, sai che avevo
detto di non ricordare la mia vita prima di ora?”
Aki
annuì.
“Se
sei ancora interessata, mi sono ricordato tutto”, disse
scendendo dall'albero, “Sono stato assassinato per
amore”
Voilà!
Yusei sembra essersi ricordato di come è morto e nel
prossimo capitolo lo scopriremo anche noi *_* Ci avviciniamo alla fine
e ovviamente al finale, che prometto, sarà molto
interessante XD
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Capitolo 6 *** Capitolo 6: Il passato è passato ***
eccomi
tornata! questo capitolo stranamente mi piace molto *___* finalmente
scopriremo cosa ha fatto Yusei quando era in vita *A* il finale
purtroppo lo conosciamo tutti, ma vi lascerò leggere il
mezzo XD ah si, spero che fra i recensori non ci sia uno storico,
altrimenti mi sa che avrebbe molto da ridire XD ringrazio Gattino
Bianco e Lily per le recensioni <3
Il
Destino non esiste
Capitolo
6: Il passato è passato
Per
poco ad Aki non veniva un colpo: assassinato? Per amore? La prima parte
la sapeva, Yusei le aveva detto che gli Shinigami erano persone morte
brutalmente che avevano ancora qualche conto in sospeso con i vivi, ma
non avrebbe mai immaginato che Yusei potesse essere morto a causa di
quel sentimento che tanto odiava... Oppure era proprio
perché era morto per amore che lo odiava così
tanto?
La
ragazza seguì Yusei che si era addentrato in una macchia di
alberi lì vicino. Pochi minuti dopo entrambi sbucarono nelle
prossimità di un piccolo lago artificiale, che faceva parte
di un parco; Yusei si fermò sulla riva, osservando l'acqua
calma sulla quale si specchiava una bella luna piena.
Aki
si sedette su una roccia lì vicina, non avendo il coraggio
di chiedere niente e aspettando che fosse il ragazzo ad iniziare.
“Non
ricordo ancora il mio vero nome”, iniziò dopo
alcuni minuti lo Shinigami, “Ma tutto il resto è
riaffiorato nella mia mente”, detto questo prese un sasso
piatto e lo lanciò con forza, facendolo rimbalzare quattro
volte, per poi osservarlo affondare nelle acque nere.
“Sono
nato nel 1285 a Firenze, in Italia, nel periodo in cui si svolgevano le
lotte tra guelfi e ghibellini”
Aki
ricordava bene quel periodo; l'aveva studiato anni prima in storia
dell'arte e le era particolarmente piaciuto: nella lotta per
l'investitura, i guelfi parteggiavano per il papato, mentre i
ghibellini erano dalla parte dell'imperatore, e appena le due fazioni
si scontravano, era sicuramente un mare di sangue.
“All'età
di dodici anni venne concordato il mio matrimonio con una donna di cui
non ricordo neanche il nome, che apparteneva alla mia stessa fazione,
cioè i guelfi; in quei secoli era normale celebrare
matrimoni combinati anni prima, e io non ero certo l'eccezione, anche
se odiavo chi controllava e programmava la mia vita giorno dopo giorno.
Ma nell'anno in cui compii i diciotto qualcosa cambiò: stavo
camminando per alcune vie strette di Firenze; indossavo un mantello
sotto il quale nascondevo la spada, che non ero intenzionato ad usare,
quando sentii delle voci...
“Tu
adesso verrai con noi!”, esclamò duro un uomo
sulla trentina; era vicino ad altri due suoi compari, e insieme
bloccava la fuga a qualcuno.
“Ve
ne prego! Lasciatemi andare!”
A
parlare era stata una ragazza dai capelli rosso fuoco avvolta in un
mantello del medesimo colore
(Un
po' ti assomigliava, sai, Aki?)
che
si stava dimenando tentando di liberarsi dalla presa che quell'uomo
esercitava sul suo braccio.
“Sentite
che vocina autoritaria”, rise l'uomo, seguito di rimando dai
suoi compari, “Certo che ti lascerò andare...
quando avrai esaudito i miei desideri”
E
detto questo le si avvicinò, leccandole il collo scoperto.
La
ragazza gli assestò un poderoso schiaffo con la mano libera,
che fece ancora di più infuriare l'uomo:
“Insolente sgualdrina! Dopo questo, dopo aver fatto i miei
comodi, ti ucciderò senz'altro!”
Avevo
visto anche troppo: sguainai la spada e mi avventai contro il primo,
ferendolo ad una gamba e ad un braccio, e prima che gli altri potessero
reagire, avevo ferito anche l'altro 'cane da guardia'.
L'uomo
digrignò i denti ed estrasse la spada: “Bastardo!
Chi ti credi di essere?!”
“Qualcuno
che non tollera questo genere di azioni”, risposi, prima di
parare un suo colpo dall'alto.
Dopo
una breve lotta lo costrinsi a terra disarmato
(Ti
risparmio i dettagli)
e
gli puntai la spada alla gola.
“Andatevene,
voi e i vostri cani, e non fatevi più vedere da queste
parti”
L'uomo,
tremante, annuì e raccolta la spada si diede alla fuga,
seguito dai suoi due zoppicanti sgherri. Rinfoderai l’arma e
mi rivolsi alla ragazza: guardandola in viso mi sorpresi,
perché non aveva versato neanche una lacrima di paura, anzi,
il suo volto era fiero e determinato, ma non per questo non mi rivolse
un sorriso di gratitudine.
“Grazie
mio cavaliere, mi avete salvata”, disse con voce dolce ma
forte.
A
quel suono mi sentii strano, come se stessi bruciando da dentro.
“Dovere
madamigella, spero però che quei tre se ne siano andati
veramente”
“Se
non dovesse essere così, vi chiamerò”,
sorrise lei, facendomi sussultare, “Vi offrirei una
ricompensa per questo servigio, ma mi sembrate il tipo che non accetta
compensi”
“La
vostra perspicacia è inferiore solo alla vostra
bellezza”, dissi sincero; chissà
perché, ma mi sentivo in obbligo a dirle quelle parole.
“Ma
io tenterò lo stesso; chiedete qualsiasi cosa
volete”
“Una
cosa ci sarebbe... state andando in qualche luogo?”
“Devo
andare a fare delle commissioni”
“E
allora permettetemi di scortarvi per la durata di questa giornata;
proteggervi è il mio desiderio”
La
ragazza sorrise e annuì, iniziando a camminare:
“Qual è il vostro nome, cavaliere?”
“Mi
chiamo (...Yusei...), e il
vostro?”
“Io
sono Kia Zaio”
Il
sangue mi si gelò nelle vene: la famiglia Zaio era una delle
acerrime rivali della nostra, e sostenitrice accanita della fazione dei
ghibellini. Avevo salvato probabilmente la figlia dei nostri rivali, ma
non me ne curavo, perché avevo concesso la vita a uno dei
fiori più belli che avessi mai incontrato.
Una
settimana dopo esserci incontrati avevo detto a Kia della
rivalità che doveva esserci fra di noi, del fatto che era
pericoloso vederci, ma lei non ne rimase sorpresa; appena le avevo
detto il mio nome, lo aveva subito associato a quello della mia
famiglia, ma aveva colto che in me c'era qualcosa di diverso, per la
quale valeva la pena di rischiare.
Passarono
i mesi. Ci incontravamo praticamente tutte le notti in segreto, per
passeggiare e sfuggire dalla lotta che si svolgeva intorno a noi.
Andava tutto bene, fino a quando non compii venti anni e
arrivò per me il momento di sposarmi con colei alla quale mi
avevano legato a forza otto anni or sono. Non potei accettare oltre; la
notte prima delle nozze fuggii per andare da Kia: mi ero innamorato di
lei, e finalmente lo avevo capito
(Però...,
pensò Aki,
ci ha messo solo due anni a capire di essere innamorato, che
velocità...
Ma
non ebbe il coraggio di rivolgere quelle parole a Yusei).
Quella
notte non era stato programmato di incontrarci, per cui dovetti recarmi
sotto casa sua; per fortuna sapevo qual era il davanzale della sua
camera, quindi arrampicandomi su una pianta riuscii a salire.
La
vidi in piedi; si era appena cambiata per andare a dormire. Appena mi
notò sul davanzale, corse ad aprirmi.
“(...Yusei...) cosa ci
fate qui?! Se vi scoprono vi uccideranno!”
Entrai
in camera sua, la presi per le spalle e la baciai.
“Domani
è stato programmato il mio matrimonio con una che non siete
voi, e io non voglio. Io vi amo, vi ho amata dal primo istante, e non
desidero altre che non voi”
Kia
mi guardò un paio di secondi negli occhi, prima di
illuminarsi e baciarmi a sua volta: “Anch'io vi
amo”, disse semplicemente.
Dopo
quelle parole, iniziammo a baciarci, sempre più
profondamente. La spinsi verso il suo letto e la sovrastai con il mio
corpo, attento a non farle male. Iniziai a toglierle la vestaglia, e lo
stesso fece lei con i miei vestiti.
Fu
così che consumammo la nostra prima e ultima notte d'amore,
perché purtroppo ero stato visto.
Alcuni
inservienti della sua famiglia si erano accorti dei movimenti notturni
di Kia e avevano avvertito il capofamiglia, il quale aveva rafforzato
la guardia; quella notte non programmata, mi aveva fatto commettere un
passo falso e quindi scoprire.
Venni
scaraventato fuori dal letto e buttato sul pavimento; intorno a me
c'erano almeno cinque guardie, e io ero disarmato. Ero morto, ma quello
che mi straziava di più, era il pensiero che sarebbe morta
anche lei, per aver disonorato la sua famiglia, così tentai
il tutto e per tutto.
“Maledetta
puttana!”, le urlai, cercando di sembrare furioso,
“Mi hai teso una trappola per uccidermi!”
All'inizio
mi guardò angosciata, ma poi capì il mio piano
per salvarla e le scappò l'unica lacrima che le vidi mai;
volevo che pensassero che l'avevo costretta a quell'atto solo con lo
scopo di infangare il suo nome.
Non
ebbi il tempo di dire nient'altro, perché cinque spade mi
vennero infilate nel torace, provocandomi un dolore atroce per la quale
non vale la pena di vivere.
Piegai
la testa di lato, gli occhi ancora socchiusi: avevano mancato il cuore,
per cui sarei morto dissanguato, una delle morti più
orribili; d'un tratto sul balcone vidi un'ombra nera avanzare verso di
me, reggendo in mano una specie di lunga falce. Tentai di metterne a
fuoco i tratti, ma la vista incominciava ad appannarsi, segno che non
mancava ancora molto alla fine.
“...
Tu non vuoi morire”, disse la figura.
Tentai
di rispondere con un no, ma un fiotto di sangue mi bloccò la
gola; mi accorsi poi che non era stata una domanda.
“E
tu non morirai”
Poi
il buio.
Mi
svegliai. Ero all'aperto. Al buio ci vedevo come fosse stato giorno. Mi
guardai: indossavo un mantello nero e in mano aveva una falce. Ero uno
Shinigami. Tutte le informazioni su questi esseri erano come state
impresse nella mia mente. La mia prima missione era semplice: avevo il
permesso, in quanto nuovo Shinigami, di uccidere un non-predestinato.
Valutai le opzioni: avrei potuto fare fuori la guardia che mi aveva
colpito a morte, ma non avrei raggiunto il mio scopo; avrei potuto
uccidere il capofamiglia degli Zaio, ma a che pro? Mi si accese una
lampadina: avrei ucciso l'uomo che ci aveva fatti incontrare e che mi
aveva condotto al mio destino.
Lo
trovai poco dopo aver iniziato a cercarlo. Urlò, ma niente e
nessuno poterono salvarlo dalla mia sete di vendetta. Già,
vendetta; nel mio cuore l'amore era scomparso per far posto a questo
ignobile sentimento. Se quell'uomo non fosse mai esistito, non avrei
mai incontrato Kia, e non sarei mai morto, per cui avevo vendicato la
mia dipartita uccidendone l'artefice.
Dopo
aver assorbito la sua anima con la mia falce, ebbi un giramento di
testa che durò pochi secondi; quando mi fui ripreso, oltre
alle nozioni sugli Shinigami, nella mia mente vagava solo una parola:
Yusei.
Era
questo dunque, il mio nuovo nome?
Yusei
finì di parlare; ovviamente ad Aki aveva raccontato una
versione meno ricca di particolari, ma sempre veritiera, dei fatti
accaduti.
La
ragazza aveva ascoltato sempre più impressionata, e al
termine del racconto non sapeva cosa dire.
“Come
Paolo e Francesca”, commentò Yusei.
“Come?”,
chiese Aki non capendo.
“Paolo
e Francesca, la coppia che è stata assassinata
perché ha voluto a tutti i costi stare insieme... l'ho letto
nella Divina Commedia; sai, io ho conosciuto Dante”
“Davvero?”,
disse Aki, addolcendo la voce.
“Già,
anche lui faceva parte dei guelfi e la sua famiglia era molto unita
alla mia, per cui mi capitò di conoscerlo e di leggere la
sua opera: l'idea che si era fatto di Inferno e Paradiso mi affascinava
in una maniera impressionante. Ora penso che siano solo inutili
stupidaggini scritte da un vecchio visionario!”
All'ultima
frase, Yusei aveva alzato la voce, fino ad urlare di rabbia.
Aki
gli andò vicino e gli toccò una spalla facendolo
girare: nei suoi occhi blu si intravedeva una sofferenza che la ragazza
non aveva mai visto.
“Può
essere come dici tu”, iniziò l'Angelo,
“oppure no, in fondo non ti sei mai accertato della sua
veridicità”
“E
non me ne accerterò mai”, rispose Yusei,
“Io sono uno Shinigami! Sono un essere infame che raccoglie
le anime, bloccato su questa terra per l'eternità, senza la
speranza di poter andare avanti!”
Era
la prima volta che Aki lo vedeva così straziato e
sofferente: ricordare gli aveva fatto veramente male... oppure era
stato un bene?
“Tu
non sei un essere infame”, disse Aki calma, “Non lo
sei stato e non lo sarai mai”
“Ma...
io ho ucciso un non-predestinato”
“E’
stato il momento; la trasformazione ti ha influenzato, facendoti
perdere la testa; hai ucciso per vendetta, ma ti sei chiesto
perché hai ucciso proprio quell'uomo?”
“Perché
mi aveva fatto incontrare l'amore”, rispose Yusei.
“E
perché non hai ucciso direttamente l'oggetto del tuo amore?
Perché non hai posto fine alla vita di colei per la quale
hai sprecato la tua?”
“Non
avrei mai potuto farlo! Perché io...”
“...
l'amavi”, concluse Aki, trionfante.
Yusei
si bloccò, per la prima volta senza parole.
“L'amavi
e non avresti mai potuto farle del male, neanche quando hai dimenticato
cosa fosse l'amore”
“Aki...
perché mi dici questo? Prima di adesso hai sempre criticato
il mio modo di fare e il fatto che fossi uno Shinigami”
“Era
prima di capire quanto tu e io fossimo tanto simili e allo stesso tempo
tanto diversi l'uno dall'altra”, disse Aki sorridendo.
Yusei
la guardò, e per un attimo l'immagine di Kia si sovrappose a
quella di Aki; lo stesso sorriso, la stessa determinazione, gli stessi
occhi... anche il nome; se anagrammato, Kia diventava Aki e viceversa,
era un caso?
Il
quaderno che aveva in una delle tasche del mantello lo
chiamò, in un modo che solo Yusei poteva sentire; lo
tirò fuori.
“Un'altra
morte?”, disse più a se stesso che ad Aki.
“Vorrai
dire un'altra vita da salvare”, lo corresse lei,
“Vogliamo avviarci, signor Shinigami?”
Yusei
ripose il quaderno in tasca e sorrise, forse per la prima volta in
quell’esistenza, prima di iniziare ad avviarsi verso il luogo
prefissato.
Sentì
come se alcuni ingranaggi si fossero rimessi in moto dopo tanto tempo,
nella parte sinistra del torace e questo lo fece sentire immensamente
bene.
Ma
non poteva esistere uno Shinigami con un cuore.
*asciuga
le lacrime* Povero Yus, in fondo era un bravo ragazzo *^* Spero che
questo capitolo vi sia piaciuto *_* Il prossimo dovrebbe essere il
penultimo
|
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Capitolo 7 *** Capitolo 7: Cielo blu, nuvole grigie e tramonto rosso ***
*arriva
trafelata* Lo so, sono in ipermegaultraarci ritardo, ma la terza
superiore è più complicata di quanto immaginassi
e così ho finito di scirvere solo ora O__O
Che
dire del capitolo, è il penultimo, e ne succedono di tutti i
colori, quindi vi lascio semplicemente alla lettura *^*
Ringrazio
per le recensioni Luna, Gattino Bianco, Yukiko, Alma e Jessica <3
Il Destino non esiste
Capitolo 7: Cielo blu,
nuvole grigie e tramonto rosso
Era
quasi mezzanotte di una calda sera d'estate; era passato molto tempo da
quando Yusei aveva recuperato la memoria, e le anime che avrebbe dovuto
raccogliere erano drasticamente calate a causa di Aki: la ragazza
infatti aveva salvato decine e decine di predestinati, e lui non aveva
voluto fare niente. Anzi, ora trovava che fosse un nobile gesto da
fare; in più, se i suoi superiori non gli avevano ancora
detto niente, voleva dire che non correva pericoli, almeno in quel
momento.
Quel
giorno i due avevano sorvolato l'Italia dirigendosi proprio a Firenze
per raccogliere/salvare l'ennesima anima; Yusei era molto nervoso: per
la prima volta da quando aveva recuperato la memoria, avrebbe rivisto i
luoghi dove aveva vissuto, seppur completamente cambiati. Quando
arrivarono a Piazza Signoria e si appostarono sulle guglie di Palazzo
Vecchio, Yusei sospirò cercando di rilassarsi: era la prima
volta che era così teso, e Aki lo notò subito.
“Senti...
dobbiamo proprio stare qui? Non possiamo ignorare l'anima e
andarcene?”
Yusei
scosse la testa: “No, c'è una sequenza ben
precisa, e il fatto che tu interferisca con questa, non significa che
io possa deliberatamente saltare persone, per cui dovremo
restare”
“Se
lo dici tu...”
“Siamo
arrivati in anticipo”, riprese lo Shinigami,
“abbiamo ancora 4 ore di tempo prima della morte”
“Quindi
possiamo fare quello che vogliamo?”
“In
parole povere sì”
Aki
sorrise entusiasta: “Ah che bello! Ho sempre sognato di
visitare Firenze! È una delle mie città
preferite, con la sua storia, la sua arte, i suoi popoli...”,
ma la ragazza si fermò perché non voleva riaprire
la ferita nel compagno, “Scusa”
Yusei
scosse la testa: “Non devi scusarti, se ti piace non posso
certo impedirtelo. Anzi, mi trovo d'accordo con te; anch’io
amo questa città splendida... Beh, è inutile
rivangare il passato, andrò a farmi un giretto, e
tu?”
Aki
ci pensò un po' poi rispose: “Andrò
alla Biblioteca Nazionale. Avevo in mente di andarci per i miei studi
ma non ne ho mai avuto la possibilità, per cui
perché non cogliere al volo l'occasione?”
Yusei
accennò un sorriso poi balzò verso la piazza in
mezzo alla gente che ancora girava per la città, ammirando i
suoi splendori.
L'Angelo
invece si diresse in Piazza Cavalleggeri, dove aveva sede la biblioteca.
Entrò
attraversando le pareti: le si aprì davanti un enorme
stanzone con moltissimi banconi e sedie, ghermito di scaffali stracolmi
di libri fra i più rari e meravigliosi; le si illuminarono
gli occhi: aveva sempre sognato di essere lì, e finalmente
c'era. Per alcuni di quei libri servivano dei permessi speciali, ma
essendo in quello stato, Aki poteva consultare quali e quanti voleva;
ma in quel momento aveva un desiderio bruciante: sapere tutto quello
che le era possibile sulla famiglia Zaio. Per questo aveva tirato un
sospiro di sollievo quando Yusei aveva dato segno di non volerla
seguire lì; aveva paura che soffrisse ancora per quella
storia, però la sua curiosità era troppo forte.
Girovagò
non poco per la biblioteca, prendendo e riponendo libri dagli scaffali
(aveva finalmente imparato ad interagire con gli oggetti quando voleva)
per cercare quelli che potevano soddisfare la sua sete di sapere; alla
fine, dopo lunghe ricerche, ne selezionò tre e si mise a
sfogliarli su un tavolo lì vicino. Nel primo
trovò solo un accenno agli Zaio; non si aspettava molto, in
fondo erano solo una famiglia in un piccolo periodo dell'immensa storia
di Firenze; così anche nel secondo, ma nel terzo fu
più fortunata.
O
sfortunata.
Finalmente
Aki trovò l'albero genealogico della famiglia e gli diede
un'occhiata; dopo poco trovò un ritratto di Kia con sotto
scritto il suo nome e la osservò: Yusei aveva avuto ragione
a dirle che si somigliavano, erano praticamente due gocce d'acqua. Aki
osservò a lungo la piccola figura, riconoscendo negli occhi
della ragazza raffigurata la sua stessa determinazione e il suo stesso
orgoglio.
Immersa
nei suoi pensieri non si era accorta che qualcuno si era avvicinato.
Solo
dopo un po' notò qualcosa che avrebbe stravolto l'intero
corso degli eventi: dal cerchio dov'era raffigurata Kia, verso sinistra
partiva un ramo di un albero che si snodava fino ad arrivare ad un
altro cerchio, nel quale non era disegnato nessuno; da entrambi
partivano altri due rametti diretti verso il basso, fino a circondare
un terzo cerchio vuoto sotto il quale c'erano le parole in latino:
“Numquam Natus”
Aki
rimase un attimo incerta, e poi facendo due più due
sbiancò: “Numquam natus” ovvero
“Mai Nato”; Kia... il cerchio vuoto vicino a
lei… Non potevano essere semplici coincidenze, ma la cosa
che più la preoccupava era quel
“Numquam”.
“Oddio”,
disse a bassa voce pietrificandosi.
“Non
può essere...”
Aki
sobbalzò al sentire la voce di Yusei dietro di lei; il
ragazzo l'aveva raggiunta pochi istanti prima e anche lui aveva visto
quell'albero genealogico, quel posto vuoto, anzi, quei posti vuoti.
Yusei
strappò il libro dalle mani di Aki che si alzò di
scatto dalla sedia.
“Yusei!”
Ma
lui la scostò con forza e iniziò a girare le
pagine febbrilmente, mentre i suoi occhi leggevano rapidi ogni riga, e
finalmente trovò quello che cercava, ma che non avrebbe mai
osato immaginare.
Il
libro gli cadde dalle mani e i suoi occhi fissarono il vuoto.
“Yusei...”,
disse Aki con le lacrime agli occhi.
“Sai
cos'è successo?”, chiese neutro lui,
“Lei... lei è stata uccisa perché
portava in grembo un bambino... mio figlio...”
Sul
libro infatti c'era scritto che Kia Zaio era stata violentata da uno
sconosciuto appartenente alla fazione opposta; dunque la menzogna di
Yusei aveva funzionato. Ma nessuno avrebbe potuto immaginare quello che
ne sarebbe conseguito: Kia era rimasta incinta e finché
aveva potuto l'aveva tenuto nascosto, ma ad un certo punto il padre
l'aveva scoperta; dopo una violenta discussione si era deciso che per
evitare che il nome della famiglia venisse sporcato con la nascita di
quel bambino, Kia avrebbe dovuto morire. È così
fu uccisa.
“...
E’ morta per colpa mia, sono morti per colpa
mia...”, commentò di nuovo Yusei a bassa voce,
“... mio figlio...”
“Yusei...”
“MIO
FIGLIO!”
Una
violenta forza partì da Yusei e si sollevò come
un tornado intorno a lui, distruggendo una parte del pavimento fino a
due metri di distanza. Lo Shinigami aprì gli occhi di
scatto: il blu cobalto era diventato grigio e inespressivo come
l'acciaio; i capelli ora erano completamente neri, e la falce, ancora
più spaventosa, aveva aggiunto una doppia lama da entrambe
le parti. Il Dio della Morte era in collera come non lo era mai stato
in vita sua.
Aki
era spaventata come non mai e guardò impotente Yusei che
spiccava un poderoso balzo verso il soffittò dell'edificio,
per poi sfondarlo fisicamente e arrivare all'aria aperta.
Atterrai
rumorosamente nella piazza dove sorgeva la biblioteca, incurante del
danno che feci al lastricato. La gente che ancora passeggiava per
strada si girò spaventata verso di me: come facevano a
vedermi? Ma quella domanda fu solo un breve lampo che
attraversò la mia mente completamente accecata dall'odio e
desiderosa di vendetta; quelle persone in quella piazza avrebbero
potuto essere benissimo discendenti di coloro che avevano ucciso la mia
Kia, per cui dovevano pagare. Ma anche se non lo fossero
state, mi sarei scagliato con tutta la forza che avevo su di
loro, perché la mia vendetta valeva molto più di
un paio di centinaia di patetiche vite umane.
Sollevai
la falce e creai un turbine che abbattei verso alcuni lampioni
lì vicino, facendoli cadere facilmente come un castello di
carte; la gente finalmente si accorse del pericolo e iniziò
a scappare urlando in tutte le direzioni... Ma non se ne sarebbero
andati così facilmente. Sempre con la mia fedele falce creai
una specie di bolla intorno alla piazza, così da
intrappolare le mie prede.
“Non
penserete di scappare così facilmente vero?”,
dissi, per poi lasciarmi andare in una risata crudele, “Voi
pagherete per quello che i vostri antenati hanno compiuto!”
Detto
questo balzai e affondai la falce nello stomaco del primo uomo che mi
capitò a tiro, trafiggendolo oltre per oltre; schizzi di
sangue mi sporcarono il viso. Assaggiai quel sangue e mi leccai le
labbra: era buono, sapeva di vendetta.
Mi
ritirai di nuovo in mezzo alla piazza; la mia falce era diventata nero
pece per l'anima assorbita. Capii perché quelle persone mi
vedevano: erano diventate tutte predestinate a causa mia,
perché avrebbero potuto morire da un momento all'altro, come
era successo a quell'uomo.
Sorrisi
di nuovo: ci avevo provato gusto a uccidere e volevo farlo ancora. Come
quando avevo ammazzato quell'uomo, secoli prima; come avevo fatto a
scordare quella sensazione tanto gratificante?
Mi
preparai per un altro attacco alla cieca, ma quando fui in aria, venni
sbalzato via da qualcosa; atterrai in piedi: davanti a me c'era Aki,
che aveva appena bloccato il mio attacco. Stupido Angelo, cosa ne
poteva sapere lei di come mi sentivo in quel momento? Che diritto aveva
di fermare la mia vendetta?!
“Adesso
basta Yusei”, mi disse.
Sul
suo viso potevo leggere una paura folle, ma i suoi occhi trasmettevano
tutta la determinazione che possedeva; tale e quale alla mia Kia.
“Chi
sei tu per dirmi cosa fare!”, esclamai, “Non
conosci il mio dolore! Non sai cosa sto passando io in questo
momento!”
“Lo
posso immaginare benissimo invece, ma non è un buon motivo
per uccidere degli innocenti”, rispose lei.
“Il
motivo è semplicemente che mi fa stare bene”,
dissi sorridendo di nuovo, “Per cui levati dai piedi e
lasciami fare il mio lavoro”
“Il
tuo compito è raccogliere anime, non uccidere”
“Ho
cambiato mestiere”, e detto questo con un movimento della
falce provocai un turbine tagliente che diressi verso di lei.
Non
era mia intenzione farle del male, ma si era messa in mezzo, e questo
significava che era mia nemica.
Aki
parò il colpo proteggendosi dietro le ali; dovevo
tagliargliele quando ne avevo avuto l'occasione, quelle dannate penne!
Ripetei
il gesto più volte, dirigendolo verso le persone intorno a
me, ma con la mia stessa velocità, Aki protesse tutti
quanti, a volte però arrivando in ritardo e procurandosi
ferite e strappi sul corpo e sulle ali; tentai anche di balzare, ma lei
fece scudo con il proprio corpo, ferendosi anche in quelle
colluttazioni.
Dopo
alcuni minuti che andavamo avanti così, la vidi barcollare:
era arrivata finalmente al limite, eppure si reggeva ancora in piedi;
si asciugò un rivolo di sangue ambrato che le usciva dal
labbro.
Era
la mia occasione: lanciai un turbine con tutta la forza che mi era
possibile verso un lato della piazza; la mia vittoria era certa, il
centro era garantito al 100%, ma non avevo compreso nel calcolo
l'ostinazione di un Angelo. Con un ultimo grande sforzo Aki
parò anche quel colpo con un'ala, ma l'arto non resse
all'urto e si lacerò, lasciando sulla superficie piumata
grossi buchi irregolari, grandi almeno come un mio pugno.
Aki
cadde in ginocchio ansimando; non avrei voluto spingermi a tanto, ma
almeno ora neanche lei avrebbe potuto fermare la mia vendetta.
Feci
per saltare verso la prossima vittima, quando lei parlò:
“Era azzurro”
Era
appena un sussurro, ma lo sentii chiaramente; fermai il mio attacco:
“Cosa?”
“Il
cielo”, mi disse lei.
Non
capii.
“Oggi
il cielo era azzurro, ma ieri pioveva”, continuò,
“Ma anche se coperto da nuvole grigie e minacciose, il cielo
rimaneva azzurro; soltanto, era nascosto temporaneamente”
Continuavo
a non capire: “E allora?”
“I
tuoi occhi”, disse tossendo sangue, “ora sono
grigi, ma è solo una nuvola che copre il cielo; sotto quella
coltre, l'azzurro esiste ancora”
Ero
confuso: “Cosa vuoi dire?”
“Tu
sei sempre tu”, riprese alzandosi a fatica, “e
quello che stai facendo non è da te; lo Yusei che ho
conosciuto io, non cadrebbe mai vittima della collera e della vendetta,
perché lui ha un animo puro”
“Cosa
diavolo vuoi che me ne faccia di un animo puro che tra l'altro neanche
ho?!”, esclamai adirato.
“Tu
hai un'anima, e anche una delle migliori; io l'ho capito fin da subito
e scommetto che lo sapeva anche Kia”
A
quel nome mi bloccai: Kia... la donna che avevo amato e che avevo
ucciso.
“Lei...
lei non c'è più!”, esclamai con dolore;
grosse lacrime si formarono nei miei occhi, “L'hanno uccisa,
e questa gente deve pagare per quell'atto!”
“E
cosa cambierebbe? Uccidere ti ridarebbe la tua Kia?”
“No,
ma mi farebbe stare meglio; io senza di lei sono vuoto. Se fosse andato
tutto come doveva andare, a quest'ora staremmo dormendo insieme
nell'infinità della Morte, invece quel futuro mi
è stato strappato via due volte: con la mia morte e con la
sua e quella di mio figlio! Io senza di lei non sono niente”
“E
non puoi accontentarti di me?”
Quelle
parole mi presero alla sprovvista; guardai Aki: era stanca, ferita,
invulnerabile e terrorizzata, ma emanava una bellezza unica che mi
accecò, facendomi chiudere gli occhi.
Quando
gli riaprii, non la vidi più davanti a me.
Sentii
due braccia avvolgermi la vita e saldarsi al mio corpo; Aki
appoggiò la testa sulla mia schiena.
“Yusei...
puoi accontentarti di me?”
Accontentarmi...
Kia non c'era più, e non sarebbe tornata indietro neanche se
avessi sterminato decine di Paesi e nazioni. O forse era ancora con me:
il Destino me l'aveva ritornata sotto le sembianze del mio nemico
giurato, un Angelo... No, Aki non era Kia, e Kia non era Aki. Io avevo
amato Kia, ma adesso amavo Aki e questo bastava.
“E
allora”, disse lei come se avesse letto nei miei pensieri,
“lascia che le nuvole spariscano e torni di nuovo il
sereno”
Aki
strinse la vita di Yusei e lo circondò con le sue ali,
provocando un contatto fra queste e la pelle di lui: un dolore atroce
venne avvertito da entrambi, come una scarica elettrica che
attraversava tutto il corpo. Yusei urlò ma la ragazza non
mollò la presa fino a quando non le mancarono le forze e si
accasciò a terra, interrompendo il contatto.
Yusei
cadde in ginocchio ma rimase cosciente: quando aprì i suoi
occhi azzurri, si ricordò di cosa fosse successo e si
girò. Intanto le centinaia di persone nella piazza
osservavano il punto in cui erano scomparsi quei due esseri di pochi
secondi prima; nessuno li riusciva più a vedere. La parete
intorno al perimetro era scomparsa.
Yusei
si precipitò da Aki e le sollevò il busto da
terra, tenendo una mano dietro alla nuca.
“Aki
ti prego svegliati”
La
ragazza non si mosse.
Altre
lacrime caddero dagli occhi blu di Yusei: “Ti prego
svegliati, non lasciarmi di nuovo solo”
L'Angelo
socchiuse gli occhi e guardò il volto dello Shinigami:
“Ti accontenti?”
Yusei
l'abbracciò e la tenne stretta a sé:
“Stupida, non potrei mai accontentarmi, perché tu
non sei una seconda scelta, ma l'unica che potrei mai fare”
La
guardò negli occhi: “Aki...”
“Yusei...”
Dei
bagliori iniziarono a salire verso il cielo dalle mani e dai piedi di
Aki, facendoli diventare via via sempre più trasparenti.
Yusei
sbiancò: “Cosa sta succedendo?!”
“Non
ne ho idea”, rispose spaventata lei.
L'unica
cosa che entrambi avevano capito era che la ragazza stava scomparendo.
“No!
Non lasciarmi Aki”; esclamò Yusei.
“Non
voglio!”, disse anche lei disperata.
“Aki,
io ti amo! Ti amo e ti amo!”
E
detto questo Yusei la baciò, premendo le sue labbra su
quelle di lei, e sentendosi ricambiato approfondì il bacio
per sigillare quell'amore. Perché l'aveva fatta sua.
Quando
si staccarono, il corpo di Aki era quasi completamente diventato
trasparente.
“Non
voglio...”, disse Yusei con la voce rotta.
“Ci
rivedremo”, disse Aki decisa, “Questa è
una promessa”
E
scomparve dalla piazza di Firenze.
Eccoci
al finale! Cioè, il prossimo capitolo sarà il
finale XD Ma sarà diverso: visto che me ne sono venuti in
mente due diversi, ho deciso di scriverli entrambi, così poi
sceglierete voi il vostro preferito *^*
Al
prossimo capitolo *___*
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Capitolo 8 *** Doppio Destino: Ti aspetterò per Sempre ***
Ce
l'ho finalmente fattaaaaaaaaaaaa! Mi farei una statua da sola XDXD
Tornando seri, finalmente posto l'ultimo capitolo di questa lugubre
storia *^* La prima parte è in comune, e poi la strada si
divide in due *A* A voi scegliere quale è la migliore (anche
se immagino quale sarà la più votata XD);
aggiungo anche che il finale che avevo in mente dall'inizio
è il primo, ma poi visto che amo gli happy ending, ho voluto
scrivere anche l'altro *^*
Detto
ciò, ringrazio Gattino Bianco, Alma e Jessica per le
recensioni <3
Il Destino non esiste
Capitolo
8: Doppio Destino
Si
svegliò di colpo: all'iniziò vide tutto sfuocato,
ma poi l'ambiente intorno a lei iniziò a prendere forma; un
'bip' insistente riecheggiava nella stanza, proveniente dalla sua
sinistra. Aki sbatté gli occhi più e
più volte e cercò di guardarsi attorno: era in
una stanza bianca; di fronte a lei c'era una porta e alla sua sinistra
una finestra dalla quale entrava la luce del sole attraverso le nuvole.
Si accorse in quel momento di avere qualcosa sulla faccia: con la mano
destra si spostò la mascherina dell'ossigeno e la
appoggiò sul petto; quel gesto le costò un grande
sforzo, e anche il tentare di tirarsi su con la schiena fu sfiancante:
la ragazza sentiva dolore in ogni singola parte del corpo. Dopo vari
sforzi riuscì ad appoggiare la schiena alla parete e a
guardarsi meglio intorno: quel fastidioso 'bip' proveniva da una
macchina che misurava, con vari tubicini attaccati a lei, il suo
battito cardiaco; dal braccio sinistro invece partiva un altro tubo
collegato ad una flebo: sì, era in ospedale... come diavolo
c'era finita?!?
Aki
tentò di mettere ordine nei suoi pensieri confusi; la testa
le faceva male, ma si sforzò di ricostruire gli avvenimenti
precedenti: l'ultima cosa che ricordava era la piazza di Firenze e
Yusei... Yusei! Dov'era?
La
ragazza si guardò intorno, poi girò piano il
collo: non c'erano ali sulla sua schiena. Possibile che fosse stato
solo un sogno? La caduta, l'essere diventata un Angelo, le morti, le
anime, Kia, gli Shinigami, Yusei... anche lui era stato solo un sogno?
“AKI!!!”
Hideo
Izayoi irruppe nella stanza seguito dalla moglie in lacrime e da un
dottore.
“Aki
Aki Aki!”
Suo
padre le fu subito accanto piangendo dalla gioia.
“Papà...”,
disse la ragazza a bassa voce, “non urlare per
favore”
“Sì
sì, scusami tesoro”, disse il padre cercando di
trattenere la felicità.
“Oh
Aki”, la chiamò la madre fra i singhiozzi,
“questo è un miracolo”
“Ma...
cosa è successo?”, domandò Aki confusa.
Hideo
guardò il dottore che fece un cenno di assenso con la testa,
e iniziò a raccontare: “Più di due mesi
fa hai avuto un incidente: la ringhiera della terrazza del tuo
appartamento ha ceduto e tu sei precipitata a terra; per fortuna una
tenda di un negozio ha attutito di molto la caduta. Ti hanno portata
d'urgenza qui e il giorno dopo ci è stato riferito che eri
viva ma eri entrata in coma, con poche possibilità di
risveglio...”
Alle
ultime parole Setsuko Izayoi fu scossa da un altro singhiozzo.
“...
e invece eccoti qui, sana e salva”, concluse raggiante il
padre.
Aki
era rimasta a dir poco interdetta: quindi ricapitolando, la caduta
l'aveva fatta veramente, ma quello che era successo dopo era stato...
un sogno? Eppure le era sembrato così reale... Yusei... si
era innamorata di un sogno allora? Quello che aveva vissuto era stato
tutto frutto della sua immaginazione? Già, doveva essere
così.
Grosse
lacrime le caddero dagli occhi sulle mani raccolte in grembo.
“Yusei...”
Destino numero 1: Ti
aspetterò
“Aki
perché piangi?”, chiese Hideo preoccupato.
La
ragazza si asciugò le lacrime: “No, niente,
è che ho fatto uno strano sogno che mi sembrava
così reale… E invece non lo era”
“Può
succedere”, si intromise il dottore, “che alcuni
pazienti che si risvegliano da un coma ricordino cose o fatti come se
li avessero vissuti; in realtà è tutto frutto
della mente. Non sappiamo cosa generi queste specie di
allucinazioni”
“Già”,
commentò Aki, “Deve essere
così”
“Comunque
il tuo risveglio ha davvero del miracoloso”,
continuò il dottore, “Ora però
è meglio che ti riposi, immagino che non sarà
facile assimilare quello che è successo”
Aki
rivolse un sorriso dolce al medico: “Sì, in
effetti è così”
“Bene”,
disse Hideo, “Allora ti lasciamo riposare piccola”
Sia
lui che la madre le diedero un bacio sulla fronte prima di uscire
seguiti dal dottore, lasciando Aki sola.
La
ragazza aspettò un paio di minuti affinché se ne
fossero andati veramente tutti, poi iniziò a piangere il
più silenziosamente possibile: era stato tutto un sogno!
Tutto! Anche Yusei... avrebbe voluto continuare quel sogno
all'infinito, anche se si trattava solo di un’illusione, uno
scherzo della sua mente. Si asciugò con la manica le lacrime
che continuavano a sgorgare: era una stupida, si era innamorata di
un'illusione...
“Ma
perché voi donne piangete sempre?”
Aki
girò di scatto la testa verso la finestra: in piedi, avvolto
in un mantello nero come la notte, con una falce nella mano destra
c'era...
“Yusei!”,
esclamò Aki, facendo per alzarsi e per andargli incontro.
“Alt!”,
fece lui andandole vicino, “Sei ancora debole e ti proibisco
di alzarti”
Aki
stava per sorridere quando si rabbuiò: “Tu non
esisti, sei solo frutto della mia mente”
Yusei
la guardò un attimo per poi sfoderare un sorriso ironico:
“Oh sì, certo, ma se fossi solo un'illusione
potrei fare questo?”, e detto ciò si
chinò su Aki e la baciò a fior di labbra.
Aki
si riscosse e accolse quel bacio come se l'avesse sempre desiderato:
“Allora non è stato un sogno”
“Complimenti
per la perspicacia”
“E
smettila di prendermi in giro!”, rise Aki, “...
Quindi è successo tutto veramente?”, riprese dopo
una pausa.
“Se
intendi lo scioglimento delle calotte polari, purtroppo
sì”
“Dai!
Lo sai benissimo cosa intendo”
“Stavo
solo scherzando!”, ribatté Yusei finto offeso,
“Comunque sì, tutto come te lo ricordi”
“Allora
non sono diventata scema”, commentò Aki,
“Quindi adesso resterai con me?”
In
quel momento toccò allo Shinigami rabbuiarsi:
“Aki, io non potrò stare ancora a lungo con
te”
Il
viso della ragazza perse il sorriso: “Che cosa
intendi?”
Yusei
sospirò: “Finalmente ho capito cosa sono gli
Angeli: sono persone entrate in coma il cui compito finisce con il
risveglio o con la morte effettiva; tu ti sei svegliata, quindi il tuo
compito è finito”
“E
questo cosa vuol dire?”
“Vuol
dire che noi non apparteniamo più allo stesso mondo; riesci
ancora a vedermi perché sei appena scampata alla morte
svegliandoti, ma fra poco tempo ritornerò a essere
invisibile ai tuoi occhi”
Aki
comprese subito il significato delle parole dello Shinigami:
“Perciò... questo è un
addio?”, chiese girando la testa da un lato con gli occhi
pronti a piangere di nuovo.
“No
scema”, disse Yusei prendendole il mento con la mano libera e
costringendola a guardarlo, “Questo è un
arrivederci; ricorda: anche se sarò in giro per il mondo,
sarò sempre vicino a te e ti proteggerò, in
qualunque momento, e un giorno ci rivedremo”
“Sì,
ma chissà quando! E poi ci vedremo solo per una frazione di
secondo! E magari non sarai neanche tu a raccogliere la mia anima! E
forse diventerò una predestinata fra settant'anni! E
poi...”
Yusei
le tappò la bocca con un bacio: “Ti riporto le
parole che mi disse un giorno un Angelo cocciuto: scegliamo noi il
nostro Destino, per cui, basterà che tu scelga di
incontrarmi e succederà”
Aki
lo baciò di nuovo: “Ti amo”
Yusei
si staccò: “Anch'io”, disse, per poi
scomparire dagli occhi della ragazza.
Aki
rimase sola, ma solo in senso fisico: era come se portasse dentro di
sé l'anima di Yusei. Si asciugò i rimasugli di
lacrime dagli occhi; ora era serena, perché sapeva che
l'avrebbe rivisto un giorno. Anzi, era convinta che l'avrebbe
riabbracciato e baciato, perché l'aveva deciso,
perché era finalmente padrona del suo Destino.
Destino numero 2: Per sempre
“Yusei?”,
chiese Hideo avendo sentito il sussurro della ragazza, “Chi
è Yusei?”
Aki
si riscosse: “E’ solo un sogno...”
“Un
sogno?”, chiese ancora suo padre
“Può
succedere”, si intromise il dottore, “che alcuni
pazienti che si risvegliano da un coma ricordino cose o fatti come se
li avessero vissuti; in realtà è tutto frutto
della mente... non sappiamo cosa generi queste specie di
allucinazioni”
Aki
annuì: “Deve essere così...”
“Aspetta”,
riuscì a dire Setsuko fra le lacrime, “ma Yusei
non è il nome del ragazzo che sta facendo avanti e indietro
in questo corridoio da due giorni?”
Ad
Aki per poco non venne un infarto.
“Non
lo so”, disse Hideo, “Io non ci ho mai
parlato”
“Io
sì”, continuò la moglie, “E
mi ha detto che era preoccupato per una sua amica che era in
coma”
Aki
sobbalzò sul letto: “E... E com'è?
Com'è fatto?”, chiese, cercando di trattenere
l'entusiasmo.
“Mah,
un ragazzo sulla ventina, abbastanza lugubre a dire il vero,
però con due occhi splendidi color...”
“Azzurro
cielo”, finì Aki, con una lacrima di
felicità che le rigava il viso.
“Sì”,
annuì la madre, “Ma quindi è un tuo
amico?”
“Una
specie”, rispose la ragazza ridendo, “Potreste
chiamarlo per favore?”
“Sarebbe
meglio che tu riposassi ora”, la ammonì il medico.
“La
prego, solo cinque minuti”, lo implorò Aki con la
faccia da cucciolo.
“Mmm...
va bene. Ma cinque minuti, non di più”
Lui
e i suoi genitori si avviarono verso la porta; prima di uscire Hideo si
rivolse a lei: “Aki ma non è che è il
tuo ragazzo?”
“Noooooooooo!
Cosa vai a pensare!”, esclamò lei arrossendo a
vista d'occhio.
“E
poi a te cosa importa?”, lo ammonì Setsuko.
“Ma
cara, metti che è uno squilibrato! E poi lei non ci ha mai
parlato di questo Yusei...”
“Oooh
piantala!”, disse ridendo la moglie, prima di sparire dietro
la porta seguita dal compagno.
Pochi
istanti dopo si aprì di nuovo e nella stanza
entrò un uomo completamente vestito di nero, con un sorriso
enigmatico sul volto, che scrutava la ragazza a letto con i suoi due
occhioni azzurri.
“Guarda
che non sei mica a un funerale!”, rise Aki.
“Non
iniziare”, replicò Yusei andandole vicino,
“Ho scelto il nero primo perché è il
mio colore preferito, secondo perché noto che va molto di
moda fra voi umani”
“Ma
è successo veramente? E cosa ci fai qui? Perché
ti vedono tutti?”
“Ehi,
piano! Per rispondere in ordine, sì, sei diventata veramente
un Angelo e io ero uno Shinigami. Alle altre due rispondo con un:
diciamo che dopo il casino che abbiamo combinato a Firenze...”
“Che
HAI combinato a Firenze”, puntualizzò Aki.
“...
i miei superiori hanno decretato che uno Shinigami così
instabile poteva essere un vero problema, così hanno messo
ai voti due opzioni: se mandarmi nell'oblio, oppure darmi un'altra
possibilità come umano. Ti lascio indovinare qual
è stato il verdetto”
Intanto
che parlava, si era seduto su una sedia vicina al letto, e in quel
momento Aki gli buttò le braccia al collo.
“Quindi
resteremo sempre insieme?”, chiese tra le lacrime.
“Perché?
Avevi altri programmi?
“Scemo”,
commentò lei dandogli un breve bacio.
“Comunque
la risposta è sì”, rispose Yusei dopo
che si furono staccati, “A meno che tu non mi abbia
già rimpiazzato nel frattempo”
“Oh
invece sì”, rispose seria Aki, “Non hai
visto quanto è sexy il dottore?”
“Ma
chi? Quel nonnetto che è appena uscito?”
“Ha
il fascino dell'uomo maturo”
“Sese”,
sorrise Yusei.
“Comunque”,
riprese Aki, “ho vinto io”
Yusei
la guardò perplesso.
“La
scommessa”, disse lei, “ti ho dimostrato che il
Destino non esiste”
Yusei
la guardò un momento e poi si lasciò andare in
una fragorosa risata: “Sì, hai ragione Aki, hai
sempre avuto ragione”, e la baciò con
più passione di quella notte a Firenze perché una
cosa era ormai certa: nessuno avrebbe più separato i loro
Destini che si erano finalmente intrecciati.
Finita
*^* Non ci credo neanch'io che sia finita *____* Nonostante i vari
intoppi, mi è piaciuto molto scrivere qualcosa di
alternativo (e spero che la pensiate anche voi così XD)
però mi sono imposta una regola: d'ora in poi
pubblicherò solo storie che ho già finito di
scrivere, così da non uccidere di attesa potenziali lettori
XD (questo non vale per il Reality, che da oggi avrà la
priorità assoluta dato che sono in mortale ritardo O_O)
Detto
questo, ringrazio tutti quelli che hanno seguito questa
storia, soprattutto chi l'ha recensita *^* Spero di non
avervi annoiati XD E arrivederci alla prossima *____* *va ad ascoltare
la cancone Angel di Robbie Williams, che consiglia a tutti*
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