Non si fugge dal proprio destino

di Strega_Mogana
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 30 ***
Capitolo 31: *** Capitolo 31 ***
Capitolo 32: *** Capitolo 32 ***
Capitolo 33: *** Capitolo 33 / Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Il villaggio era piccolo e povero, Köyum si chiamava, situato ai piedi dei Monti Ululanti, chiamati così perché quando soffiava il forte vento del nord tra le numerose gole ed intercapedini, le montagne ululavano come lupi affamati.

Il villaggio era costituito da cinquecento anime, gente semplice che viveva con quello che riusciva a coltivare dalle aride terre montane. Le botteghe erano poche e molto scarse, l’oro non era prezioso come nelle città, a Köyum la cosa più preziosa che un contadino possedeva era la forza per continuare a lavorare a lungo e il cibo con cui sfamare la sua famiglia.

Quel poco d’oro che potevano ricavare dal commercio del raccolto, lo dovevano usare per pagare le altissime tasse del re Xazumi.

Xazumi governava la maggior parte dei regni da tantissimi anni, talmente tanti che le leggende narravano che la sua vita non poteva avere fine, in quanto lui non era del tutto umano. Il re aveva sfidato le antiche alleanze dell’uomo, quando sulla terra regnava solo la pace e la prosperità, quando non c’erano conflitti, non c’era povertà, non c’era misera e neppure carestia, quando gli esseri umani non dovevano rubare per poter pagare il pane.

Le antiche profezie narravano di un giuramento di sangue con un demone che gli aveva promesso fortune e ricchezze in cambio del suo aiuto per aprire i cancelli neri dell’oblio. I demoni e i non morti si erano riversati sulla terra, e come un fiume in piena avevano travolto e distrutto tutto.

Dove prima c’era vita, ora c’era solo morte e distruzione.

I sovrani dei regni cercarono di arginare la potenza conquistatrice di Xazumi, ma molti soldati perirono di fronte alle forze oscure del nemico, altri impazzirono, altri ancora disertarono e iniziarono a lottare contro quelli che una volta erano i loro compagni.

Gli abitanti si sentirono immediatamente abbandonati, nacque il rancore e l’odio verso i vecchi sovrani che li avevano lasciati morire inermi.

Ma c’era un periodo dell’anno, una piccola settimana che coincideva con il solstizio di primavera, quando gli alberi si riempivano di frutti e colori, quando gli animali tornavano nei boschi.

Un periodo dove si riusciva a dimenticare la guerra, dove il dolore era messo da parte, dove la povertà e la stanchezza non sembravano più delle barriere così insormontabili, un breve periodo di pace dove gli abitanti del paese ricordavano i vecchi tempi… quando tutto era migliore.

I bambini correvano nel grande campo che c’era fuori dai confini del paese, dove vari mercanti avevano sistemato le loro bancherelle con la speranza di vedere qualcosa, dove si respirava un’armonia di gioia e spensieratezza, i piccoli e i grandi si sedevano attorno ai cantastorie, vecchi che ricordavano con nostalgia i bei tempi ormai troppo lontani.

E la nostra storia inizia proprio dal racconto di uno di questi menestrelli.

 

Sedetevi e ascoltate

la storia della nostra gente

vi debbo narrare.

 

Voi tutti sapete che anni fa,

questo era un regno di pace e tranquillità.

I nostri sovrani per eccellenza,

guidavano il popolo con grande saggezza.

 

Le alleanze con i regni vicini,

quelli dalla bellezza elfica e quelli più piccini.

C’era la regina più bella del mondo,

così bella che nessuno poteva mettersi a confronto.

E poi il re saggio e forte,

che amava il suo popolo in qualsiasi sorte.

 

Tutti noi eravamo felici,

perché lo sapevamo: nessuno poteva ferirci.

 

Ma un giorno tutto questo è cambiato,

un cattivo nemico ci ha attaccato.

Xazumi col suo esercito ci attaccò,

nulla abbiamo fatto per fermare ciò.

I nostri amati sovrani sono scappati,

soli ci hanno lasciati.

E noi siamo qui in queste terre deserte,

patendo la fame ed elemosinando qualche offerte.

Non possiamo più lottare,

il nostro nemico ci ha tolto tutto,

anche le unghie per graffiare.

 

Ma non disperiamo io lo so!

Da un regno lontano arriverà,

qualcuno che presto  ci salverà.

 

I bambini applaudirono entusiasti mentre gli adulti si asciugavano le lacrime commossi, chi perché ricordava i vecchi tempi, chi le sofferenze patite per tanti anni.

Il vecchio mendicante passò con il proprio barattolo di latta ammaccato e arrugginito per racimolare qualche moneta per il pasto.

Nessuno gli diede del denaro ma alcuni gli porsero un piccolo fagotto con viveri, il vecchio ringraziava con un caloroso sorriso che gli spianava le profonde rughe della vecchiaia, e poi nascondeva il prezioso fagotto sotto il mantello da viaggio tutto rattoppato che indossava.

- Ecco…- fece una fanciulla mettendo qualche moneta d’argento nel barattolo che il mendicante porgeva – compratevi qualcosa di caldo.

Il cantastorie svuotò il barattolo sulla mano incredulo: quattro monete d’argento.

Gli sarebbero bastate per un mese, magari due se le usava nel modo giusto. Non aveva mai visto quattro monete d’argento tutte assieme. Ne strinse una coi pochi denti gialli che gli erano rimasti ancora incerto, convinto che fossero false, ma quando si assicurò che fossero vere monete le strinse nella mano rugosa ed ossuta e alzò lo sguardo verso quella stravagante benefattrice.

Tra la folla di contadini riconobbe una giovane ragazza che camminava spedita verso una locanda, aveva lunghi capelli d’oro, era alta e molto snella, un fisco atletico ma anche delicato, indossava in completo di pelle marrone e aveva legate sulla schiena due spade dalle lame argentate che si incrociavano formando una grande X.

- Grazie straniera!- urlò il vecchio agitando il suo lungo bastone da passeggio ricavato dalla radice di un albero secolare – Grazie mille! E che il cielo ti protegga!

La ragazza bionda alzò un braccio come silenziosa risposta ed entrò nella locanda, il mendicante nascose con cura le monete e tornò al suo lavoro sperando di ricavare qualcos’altro.

 

La locanda non era molto grande, era costituita solo da un locale, il bancone era in fondo, dietro si vedevano i barili di birra scura, alcune bottiglie su un ripiano e i boccali appoggiati su un tavolo, c’era degli animali impagliati alla parete, un forte odore di pipa e chiuso, ogni cosa era in legno, sedie, tavoli, anche i calici della birra erano ricavati dal legno, levigati e perfetti non facevano cadere neppure un goccio di birra e non ti ferivi mentre bevevi. Il soffitto era alto, attraversato dalle travi portanti grosse quanto un albero intero, scendevano delicate qualche lampada ad olio che veniva accesa la sera e qualche salame e prosciutto lasciato appeso ad affumicare con i fumi delle pipe e della brace della stufa posta nell’angolo vicino al bancone.

C’erano poche persone all’interno, si sarebbe riempito verso sera quando tutti avrebbero voluto continuare i festeggiamenti all’interno.

Un paio di uomini stavano seduti ad un tavolo giocando con dei dadi, mentre quattro ragazze erano sedute nell’ultimo tavolo all’angolo, lontano da occhi ed orecchie indiscrete, erano chine su qualcosa e sembrava che complottassero tra di loro.

Il barista, un uomo burbero che si chiamava Jang, le fissava sospettoso, erano forestiere e, a giudicare dalle armi che portavano, erano guerriere... ma dell’Impero o di Xazumi?

Erano lì da quattro giorni, dormivano nei boschi, in un piccolo accampamento che si erano costruite da sole, avevano fatto rifornimenti, avevano aggiustato le armi e avevo pagato con monete d’argento.

Nel loro villaggio non si vedevano monete come quelle da anni.

Tutto questo era sospetto per dei semplici contadini come loro.

Ma, fino a quando avrebbero pagato con monete d’argento e fino a quando non avrebbero creato scompiglio, potevano restare.

Il barista le aveva osservate bene, passavano quasi tutto il pomeriggio nella sua locanda, bevendo e parlottando tra di loro. Nessuno si avvicinava, quelle cinque spaventavano tutti, lui serviva solo da bere, una volta aveva visto uno stralcio della pergamena che tutte osservavano così avidamente: era una mappa del regno, molto probabilmente quelle ragazze erano combattenti… strane combattenti.

La porta della locanda si aprì ed entrò la quinta delle ragazze, la più strana di tutte su avviso di Jang.

Era una bellissima donna, con lunghi capelli biondi, occhi blu e penetranti, i lineamenti erano leggeri, dolci e il suo portamento non era quello di una guerriera. La sua figura era sottile, inadatta per portare le due grosse spade pesanti che aveva dietro la schiena, quelle spade da cui non si separava mai.

Eppure sembrava avere più potere tra quelle ragazze, tutte le chiedevano consiglio, tutte aspettavano ogni sua mossa, ogni sua decisione, se dava un ordine era immediatamente svolto, alla fine Jang aveva capito che quell’esile figura aggraziata era il capo di quelle stravaganti donne guerriere.

Si era spesso chiesto cosa avesse portato un’apparentemente innocua ragazzina a comando di quattro ragazze armate fino ai denti.

Il barista abbassò immediatamente lo sguardo quando vide che la ragazza bionda lo stava fissando incuriosita, come se stesse leggendo i suoi pensieri.

La giovane distolse lo sguardo e andò verso le sue amiche, prese una sedia da un tavolo vicino e si mise a sedere a cavalcioni osservando la mappa che una delle altre ragazze teneva aperta mentre indicava un punto nero.

Una delle quattro si alzò e andò verso il bancone.

- Quattro birre scure. – fece decisa osservando il barista.

A differenza di quella che era appena entrata, questa aveva una corporatura molto più muscolosa, aveva visto la ragazza all’opera due sere prima quando aveva diviso due dei contadini più forti del villaggio durante una rissa. Aveva lunghi capelli castani legati assieme in una folta coda e gli occhi verdi come smeraldi, lei non aveva spade ma portava sempre con se un lungo bastone dove alle estremità erano fissate due lame affilate.

- Ehi hai capito? – chiese la ragazza guardando intensamente Jang.

L’uomo si riscosse dal suo torpore, borbottò qualche scusa, riempì i cinque calici e li sistemò su un vassoio rotondo, stava quasi per portarlo al tavolo quando la ragazzona glielo strappò dalle mani.

- Faccio io. – disse con un tono quasi minaccioso – Non vorrai ficcare il naso di nuovo in cose che non ti riguardano vero?

- No, signora. – rispose lui con voce inclinata.

- Bene…- fece afferrando un sacchetto che aveva legato alla cinta di cuoio nera e prendendo due monete – ecco qua. – lanciò i soldi e prese il vassoio dal bancone prima di dirigersi verso le compagne.

Jang sistemò le monete al sicuro e riprese il suo lavoro stando ben attendo ad evitare quelle cinque suonate.

- Non dovresti esser così scortese. – l’ammonì la ragazza bionda quando l’altra tornò con le birre.

- Si meritava una lezione. – rispose lei sistemando i boccali davanti alle altre – Aveva ficcato il naso in cose che non gli riguardavano.

- Beh… dobbiamo anche ammettere che attiriamo parecchio l’attenzione. – fece un’altra sorseggiando la bevanda scura.

Questa ragazza aveva lunghi capelli mori e occhi color nocciola, aveva un vestito di pelle tinto di rosso, alla cinta aveva appesi quattro pugnali molto affilati.

- E’ gente semplice, - echeggiò la quarta ragazza che scrutava attentamente la cartina e, ogni tanto, annotava qualche appunto o calcolo su un quadernetto che aveva accanto, aveva i capelli color turchese e gli occhi neri, appoggiati al tavolo c’erano un grande arco di legno chiaro con delicati intarsi d’argento e una faretra con all’interno molte frecce, il piumaggio all’estremità era nero come le piume di un corvo – li abbiamo molto incuriositi con il nostro arrivo.

- Già. – disse l’ultima, anche lei aveva lunghi capelli biondi e gli occhi azzurri ma, a differenza della prima, i suoi lineamenti erano molto più decisi e il suo fisico molto più atletico, alla cinta aveva arrotolata una lunga catena d’argento, scintillante e molto resistente, spezzava gli alberi come grissini ed era utilissima per cacciare.

- Dobbiamo tenere gli occhi aperti,- si giustificò la ragazza castana incoraggiata dai commenti delle sue compagne di viaggio- i nemici sono ovunque.

- Beh questo non è un buon motivo per incutere paura Makoto. – la sgridò la prima ragazza – La prossima volta gradirei che usassi più diplomazia.

- Come desideri Usagi. – rispose l’altra imbarazzata.

- Potremmo pensare al modo in cui arrivare alla Valle ora?- chiese la ragazza con i capelli neri.

- Da qui non possiamo passare. – rispose l‘altra con i capelli turchesi.

- Perché no Ami? – domandò Usagi facendosi attenta al discorso.

- Sono i Monti Ululanti, - spiegò l’amica – sono un labirinto e ci sono gole profonde molti metri…

- Troppo rischioso insomma, ma mi sembra che abbiamo già superato situazioni critiche. – echeggiò l‘altra ragazza bionda a cui non mancava il coraggio.

- La luce scarseggia lassù Minako, - spiegò la ragazza mora guardando cupa la compagna – il luogo ideale per i demoni. Noi siamo solo in cinque, siamo in poche e siamo anche deboli, non ne usciremmo vive.

- Rei perché devi esser sempre così fatalista?

- Sono solo realista. – ribatté l’altra – Usagi tu cosa ne dici?

La ragazza di nome Usagi guardò la cartina in silenzio per parecchi minuti.

- Qual’è l’altra strada Ami?- chiese pacata senza staccare gli occhi dalla mappa.

Ami segnò silenziosamente un altro percorso, molto più lungo, che attraversava la foresta di Hung Jan e le pianure fredde del regno di Tobias, uno dei vecchi alleati ora nascosto chissà dove.

- Quelle pianure brulicano di non morti, vampiri e demoni. – ragionò Rei osservando i cerchi neri che Ami aveva segnato durante i loro viaggi – Sarà pericoloso quanto i Monti ma, almeno, potremmo lottare più facilmente e ci saranno maggiori nascondigli, sopratutto nella foresta. 

- E’ l’unica alternativa? – chiese Usagi.

- Sì.

- In entrambi i casi è molto rischioso. – valutò Makoto – Ma con i monti troveremmo molte più difficoltà, non potremmo scappare dove vogliamo, saremo esposte e poi…

- Abbiamo capito… abbiamo capito. – fece Minako fermando l’amica.

- Di quanto allunghiamo il percorso?

- Due settimane all’incirca, demoni permettendo ovviamente. Se ci saranno delle deviazioni durante il viaggio potrebbe volerci un mese prima di raggiungere la Valle.

- Un mese?- quasi urlò Minako che non vedeva l’ora di tornare a casa.

- Non é l’unico problema,- continuò Ami sorvolando sulle smorfie di disapprovazione di Minako - ci sono solo due villaggi per fare rifornimenti e noi non possiamo caricarci troppo o rallenteremo.

Usagi annuì taciturna, occhi ostinatamente fissi sulla mappa, sentiva lo sguardo delle altre quattro ragazze puntate su di lei, sapeva che stavano aspettando una sua decisione.

Prese il calice con la birra e ne buttò giù un lungo sorso, aveva imparato a combattere come un uomo e a bere come un uomo. Aveva compreso i benefici di un buon boccale di birra da poco, e, ogni volta che le sue labbra toccavano quella bevanda, sentiva i rimproveri della madre sul comportamento che avrebbe dovuto tenere in certe situazioni...o meglio, in tutte le situazioni in cui si trovava.

Ma lei non ascoltava più sua madre da molto tempo. 

Ignorò quella fastidiosa voce autoritaria che le rimbombava nella testa e buttò giù la birra, gustandosi quel sapore amaro e quel retrogusto quasi dolce che aveva solo la birra scura di Jang. Posò il boccale e si tolse la schiuma dalle labbra con il dorso della mano.

- I monti sono troppo rischiosi… hai ragione Minako quando dici che abbiamo superato ostacoli peggiori, - aggiunse subito notando l’occhiata di disapprovazione che l’altra le aveva lanciato – ma siamo arrivate fino a qui. Abbiamo raccolto informazioni preziose e dobbiamo consegnarle alla Regina. E non voglio rischiare proprio ora, andremo attraverso la foresta e le pianure, staremo attente, vigili e pronte ad ogni attaccato. Makoto abbiamo provviste a sufficienza?

- In questo posto ho potuto comprare cibo solo per una settimana, dovremmo cacciare.

- Questo non è un problema. Rei.. le armi sono riparate?

- I fabbri sono stati molto abili.

- Minako… tu sei in forma?

- Mai stata meglio.

- Ami, quanto ci metti a tracciare il percorso più adatto e meno pericoloso.

- E’ già pronto.

- Benissimo, - fece Usagi osservando attentamente le sue amiche – partiremo domani mattina all’alba.

 

Il palazzo era immenso, una volta era splendete, con un ricco parco che lo circondava, fontane che sprizzavano acqua cristallina, ora molto poco era rimasto degli antichi splendori, l’erba era annerita e secca, le fontane asciutte, perfino il maniero sembrava molto più scuro e cupo.

Il comandante delle guardie armate entrò quasi correndo nella stanza principale del trono dove i quattro generali, nonché i suoi più cari amici, stavano scrutando con attenzione una riproduzione dell’intero regno. Il plastico mostrava il castello e i villaggi vicini, quasi tutti avevano una bandierina nera posta in cima: segno che il villaggio era stato saccheggiato e preso d’assalto dai nemici. 

- Siamo nei guai. – lo accolse immediatamente il più alto di grado dei quattro. Si chiamava Kunzite, aveva lunghi capelli argentati e gli occhi color del ghiaccio.

- I nemici ci hanno attaccato da tutti i fronti. – fece lo stratega del gruppo. Il suo nome era Zoisite: lunghi capelli biondi legati assieme da un rozzo cordoncino di juta, gli occhi erano verdi e luminosi.

- E i soldati non hanno più le forze di combattere. – echeggiò il terzo, il più abile nel combattimento. Nephrite era il suo nome, aveva una lunga chioma castana e occhi nocciola.

- Jadeite...- fece il ragazzo osservando la schiena del quarto generale – cosa ci consigli?

Il generale si voltò lentamente, aveva i capelli biondi molto più corti rispetto ai suoi compagni e occhi neri come l’ossidiana. Era il più pacato di tutti loro, razionale e molto attento, il consigliere come amavano prenderlo in giro i suoi amici.

- Dobbiamo andarcene da qua. – dichiarò Jadeite sicuro– Siamo in pochi e i demoni aumentano ogni giorno... tra poco loro saranno troppo forti.

L’altro annuì solamente cominciando a camminare su e giù per la stanza.

- Dobbiamo chiedere aiuto.

- A chi?- chiese Nephrite per nulla propenso ad ammettere che erano stati sconfitti, il suo orgoglio a volte superava anche l’odio per Xazumi.

Il comandante camminava ininterrottamente cercando la soluzione giusta, a dire il vero pensava a questa ipotesi già da un paio di settimane ma sperava di riuscire ad evitare questa parte: i suoi generali non avrebbero visto di buon occhio quella soluzione.

- Io… io avevo pensato…- mormorò esitante il ragazzo, gli altri quattro allungarono il collo cercando di vederlo bene, era raro leggere l’imbarazzo su quel volto sempre di ghiaccio e pacato - Al regno d’argento. – finì scrutando le reazioni degli altri.

Per un attimo i quattro generali rimasero sbigottiti di fronte a quella dichiarazione.

Già.. il Regno Argentato.. chiamato così grazie agli innumerevoli giacimenti d’argento che vi erano nel sottosuolo, ogni oggetto era fatto d’argento e gli abitanti del luogo erano esperti nella sua lavorazione, i manufatti più pregiati e costosi provenivano da quelle terre. Era un loro antico alleato, avevano cooperato per decenni, avevano schierato in campo gli stessi soldati come se fossero fratelli e poi la Regina, la donna forte che tutti temevano, si era arresa, si era ritirata dalle sue terre, abbandonando gli antichi alleati al loro crudele destino. Ed ora stava isolata nel suo piccolo territorio che era riuscita a tenersi stretto, non combatteva più, non comunicava più con nessuno, dava rifugio ai combattenti ma solo per un breve periodo.

Non era più considerata una minaccia dal loro nemico.

Il loro rancore era del tutto giustificato, non avrebbero più voluto sentire nulla riguardo la regina che li aveva traditi e il Regno Argentato, ma lui era del parere contrario. 

- Tu sei pazzo Mamoru! – fece sbigottito Kunzite dando conferma ai timori del comandante – Quella ci ha tradito... ci ha venduto al nostro nemico e ora voi che strisciamo da lei a chiedere asilo?

- Non ho detto di chiederle asilo. – rispose l’altro adirandosi subito – Voglio andare da lei e chiederle il motivo del suo ritiro. Voglio capire perché l’ha fatto... e voglio una risposta convincente. Non credo che possa essersi ritirata per puro egoismo o paura.

- Lo so che ti senti legato a quel posto ma... – iniziò Zoisite.

- Ma non mi sembra saggio tornarci. – finì Jadeite.

Mamoru scosse gravemente il capo, si era aspettato questa reazione... me lui doveva andarci, non solo per la guerra... c’erano anche fatti personali.

Doveva andare nel Regno Argentato, c’era in gioco la riuscita di quella guerra. 

- Voglio che i soldati rimasti raggiungano le famiglie nei colli dove abbiamo radunato i pochi superstiti, là saranno al sicuro. Se volete andate con loro, io mi dirigo a ovest con o senza di voi.

I tre generali abbassarono il capo perplessi.

- Io vengo con te. - dichiarò Nephrite dopo pochi attimi di riflessione – Non ho nessuna famiglia da raggiungere sui colli, da solo periresti in un viaggio così lungo. In due possiamo almeno provare ad arrivare a Lei.

- Uff... va bene..- sbuffò Jadeite – avrete bisogno di qualcuno che vi aiuti a trasportare la roba no?

- E vi servirà qualcuno che tracci il percorso più sicuro. – sorrise Zoisite.

Tutti e quattro si voltarono a guardare Kunzite che non aveva ancora proferito parola.

- Io dico che é una stupidaggine! – replicò deciso incrociando le braccia al petto – Ma non posso neppure lasciarvi andare via da soli... altrimenti potrei perdermi l’opportunità di dirvi: Ve l’avevo detto!

Mamoru sorrise e guardò grato i suoi amici.

- Benissimo... partiamo tra due giorni.

 

Bene, bene, bene... eccomi qua con una nuova fic.

Come al solito non c’entra nulla con la storia originale! Ma sono fatta così mi piace creare nuovi scenari per i miei personaggi preferiti ^^.

Attendo con ansia i vostri commenti e spero che riesca ad incuriosirvi come le altre fic!

Al prossimo cappy!

Un bacione

Elena

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


 

La foresta era silenziosa, cupa e molto vasta.

Facilmente ci si poteva perdere tra quelle distese di alberi secolari, cespugli insidiosi, rovi e altre diavolerie che la natura aveva creato per proteggersi. In pochi riuscivano ad addentrarsi in profondità per attraversarla e ancor meno riuscivano ad uscirne sani e salvi.

Quella foresta era il rifugio della peggiore feccia dell’inferno, demoni, non morti, vampiri, si narrava anche di lupi mammari e strane creature indescrivibili.

Ma poteva contare su Ami che, a tracciare percorsi, era la più abile ed esperta del gruppo, si fidava ciecamente di lei, i suoi studi si erano prolungati per anni nelle antiche biblioteche del regno, aveva letto tantissimi libri, era un vero e proprio pozzo di scienza, quando non stava china sulle mappe, prendeva i suoi alambicchi e iniziava a studiare qualche veleno o altri strani intrugli di cui lei non riusciva neppure a pronunciare il nome tanto era complicato. 

Usagi guardò una dopo l’altra le sue migliori amiche, tutte e quattro pronte a sacrificare la propria vita per la loro causa.

Tutte avevano un motivo per odiare Xazumi con tutte le loro forze.

Tutte avevano perso qualcuno amato e, con loro, anche un pezzetto di loro stesse.

Ami e Minako avevano perso il padre durante la prima guerra contro le forze demoniache di quel mostro, Rei aveva perso il fratello, l’unico parente che gli era rimasto e Makoto aveva perso il suo promesso sposo.

E poi c’era lei, suo padre non era morto in battaglia, non aveva fratelli da piangere e neppure amati persi, lei non era nessuno... non aveva nulla da perdere ma doveva ripagare quel mostro con la stessa moneta con cui stava facendo soffrire la gente. Non sopportava più di vedere le persone inerme davanti al potere distruttore di Xazumi, non poteva più starsene con le mani in mano, non poteva più restare solo a guardare mentre la gente moriva sotto i suoi occhi.

Quando aveva deciso di partire l’aveva fatto contro il volere di molti, tutti le avevano urlato che era una pazza, che non poteva neppure paragonarsi ai grandi poteri di Xazumi, non sarebbe mai arrivata viva al castello nero del demone.

Molti avevano sostenuto che scappava dal suo destino.

Al castello non ci era arrivata, non aveva neppure sfiorato le Terre Maledette, ma aveva viaggiato con le sue amiche per settimane, avevano combattuto, lottato, patito la fame e il dolore per la lontananza dalle loro case.

Eppure avevano scoperto molto sul loro nemico, avevano capito cosa lo spingesse a fare tutto quel male, avevano capito come fermarlo... ma cinque ragazze non potevano farcela da sole.

Avevano bisogno d’aiuto.

Avevano bisogno dell’Alleanza.

E solo la Regina poteva riallacciare i vecchi rapporti.

- Usagi tutto bene?

- Mmmh?

La ragazza si guardò attorno smarrita, ancora intrappolata nei suoi pensieri.

Rei la stava guardando attentamente, quasi preoccupata.

- Ti ho chiesto se stai bene. – ripeté più lentamente.

- Sì, - rispose chiudendo gli occhi e respirando l’aria satura dall’odore pungente della linfa degli alberi e degli animali – stavo solo riflettendo.

Erano nella foresta da tre giorni ormai, viaggiavano molto più lentamente di quanto sperassero, i cavalli che stavano usando erano molto più adatti per percorrere lunghi percorsi di corsa e non per cambiare percorso ogni due ore. Facendo così si stancavano molto più facilmente e dovevano fermarsi in continuazione per farli riposare.

- Sei preoccupata per il nostro ritorno a casa?- chiese alle sue spalle Makoto.

- Più o meno. – rispose Usagi con un sospiro – Sto pensando a come affrontare la Regina.

- Credi che non ti darà ascolto?

- Sono certa che non mi darà ascolto. – puntualizzò con un sospiro ancora più profondo.

- Abbiamo fatto un ottimo lavoro. – constatò Ami – Perché non dovrebbe ascoltarci?

- Perché abbiamo disobbedito ad un suo preciso ordine?- insinuò Makoto.

- Beh solo in parte a dire il vero...- rifletté l’altra –infondo noi abbiamo l’ordine di proteggere...

- Silenzio. – ordinò Usagi fermando il cavallo.

Tutte le altre ammutolirono e si guardarono intorno.

- Rei. – fece Usagi portando una mano all’impugnatura della prima spada.

- Non sento nulla. – rispose pronta la ragazza afferrando due pugnali.

Ami prese una freccia e tese arco mentre Makoto strinse la presa attorno al suo bastone.

Usagi si guardava attorno tesa, aveva sentito solo un debole fruscio... solitamente non avrebbe dovuto preoccuparsi ma quel bosco era ingannevole e dovevano tenere sempre aperti gli occhi.

Un fruscio poco lontano le fece scattare verso destra, tutte concentrate sul bersaglio, tutte all’erta e pronte a combattere, i muscoli tesi pronti per lo scatto, le orecchie dritte alla ricerca di qualche suono insolito, gli occhi sbarrati per captare anche il più misero ed insignificante movimento.

Usagi respirava piano, cercava di fare il meno rumore possibile, improvvisamente si sentì un rumore molto più forte e un’ombra precipitò dal ramo di un albero e si accucciò a terra.

Stavano quasi per colpire quando Ami fermò tutte.

- E’ Minako!

La ragazza bionda alzò lo sguardo, tutte e quattro tenevano ancora puntate contro di lei le rispettive armi.

- Ehi! – fece scandalizzata – Tenete giù quelle armi!

- Maledizione a te Minako! – imprecò sotto voce Usagi rimettendo a posto la spada – Fai più rumore quando torni dalle tue vedette.

Minako era la più atletica e veloce di loro, forse perché un suo antichissimo avo era un elfo. 

Creature meravigliose gli elfi, abili lottatori, forti, resistenti e dalla straordinaria bellezza. Minako aveva solo una piccola parte di sangue elfico nelle vene, ma aveva ereditato la loro velocità, la resistenza, la vista acuta e la loro bellezza. Ora non c’erano più tracce di quelle creature così perfette, solo nelle canzoni dei menestrelli, in qualche poesia e in alcuni racconti: le storie narravano di quanto fossero felici sulla terra degli umani ma, col passare degli anni, gli uomini divennero egoisti ed invidiosi verso al loro fortuna e li cacciarono dalle loro terre costringendoli ad emigrare in zone irraggiungibili dall’uomo.

Minako amava le storie degli elfi e raccontava sempre quella del suo avo, dell’amore che lo legava ad una donna umana, della sua decisione di abbandonare le sue radici elfiche solo per stare con lei, del loro forte legame e della dinastia che nacque con la loro unione. Dal luogo dove venivano lei era una delle ragazze più gettonate: ammirata dalle giovani fanciulle e amata da uomini di tutte le età.

Minako era un perno portante della loro squadra, mentre loro proseguivano nel viaggio lei correva più avanti, saltava sugli alberi e scrutava l’orizzonte per assicurarsi che la strada fosse sicura.

- Tu dici sempre che devo esser silenziosa per non farmi beccare!- tentò di giustificarsi lei andando verso il suo cavallo che galoppava accanto a quello di Makoto.

- Sì, ma solo quando stai spiando i demoni. – ribatté Usagi che non era arrabbiata ma solo spaventata all’idea che avrebbe potuto far del male ad una sua amica. 

- Mi stavo allenando! – rispose l’altra salendo in groppa all’animale.

- Devi sempre avere ragione tu!

- Avanti basta scherzare. – fece Ami – Minako cos’hai visto?

- Un accampamento dei soldati di Xazumi a un paio di miglia da qui, verso nord.

- Cioè vicino alle terre di Re Tobias. – ragionò Ami prendendo il taccuino e segando quella nuova nozione – Fino ad ora non si erano mai addentrati così in profondità.

- Magari staranno cacciando. – presuppose Makoto.

- No, - rispose Minako – era come se stessero cercando qualcuno. Continuavano a borbottare strane frasi nella loro stupida lingua.

- Che genere di frasi?- chiese immediatamente Rei.

La ragazza bionda provò a ripetere quello che aveva sentito, più che altro erano grugniti e strani versi rauchi che, se sentiti la prima volta, potevano esser molto divertenti.

- Allora cosa vogliono dire Rei?- domandò Ami che aveva estratto dalla borsa la sua immensa mappa.

La ragazza mora socchiuse gli occhi traducendo le frasi che aveva sentito.

- Beh.. é molto confuso... Minako non é stata molto brava a ripetere le frasi.

- Grazie mille!- fece offesa l’altra.

- Da quello che ho capito: qualcuno é scappato dalle terre di Tobias, qualcuno che stavano spiando da giorni... e che Xazumi vuole la sua testa mozzata ai suoi piedi.

 - Non c’é modo di sapere chi sia allora. – valutò Minako – Sono molti i nomi sulla lista nera di Xazumi.

- Ami, - fece Usagi che aveva ascoltato tutto il racconto in silenzio – quanto ci porta fuori strada questa nuova deviazione?

La ragazza scese da cavallo e aprì completamente la cartina, prese le sue penne, l’inchiostro e i numerosi suoi strumenti per segnare il percorso e calcolare il tempo.

- Credo che ci vorrà un po’ di tempo. – sorrise Usagi notando la precisione con cui Ami segnava ogni cambiamento – Makoto ci accampiamo qui.

- Perfetto... giusto un’ora fa mi é venuta in mente una ricetta per stasera. – sorrise e si strofinò le mani scendendo dall’animale – Avevo proprio voglia di provarla.

Usagi annuì e scese anche lei da cavallo:

- Rei, Minako...- fece osservando le due interpellate – cercate di capire se i demoni si bloccheranno con le ricerche per la notte e cercate di capire chi cercano. Se é dalla parte nostra potremmo collaborare.

Le due ragazze annuirono e si addentrarono nel bosco in silenzio.

Usagi prese le tende dalla borse appese sui fianchi degli animali e iniziò a preparare l’accampamento, le sue amiche erano fondamentali, senza di loro non sarebbe neppure sopravvissuta un giorno intero.

Minako non era l’unica ragazza “speciale” tra loro, anche Rei aveva doni speciali.

Ma, a differenza della prima, nelle vene di Rei circolava sangue demoniaco.

Da piccola, quando i demoni avevano iniziato la guerra, era stata morsa. Solitamente i morsi dei demoni sono letali ma, miracolosamente, la bambina si riprese. Inizialmente non si vide nessun cambiamento ma, con l’arrivo dell’adolescenza, Rei si era resa conto di riuscire a sentire le auree malvagie dei demoni, capiva la loro strana lingua di ruggiti e, con i demoni più deboli, riusciva anche ad entrare nelle loro menti. Fortunatamente il sangue infetto del demone non aveva attaccato anche il suo cuore puro e la sua anima innocente.

Ognuna di loro era importante, anche Ami con la sua intelligente fuori dal comune e Makoto con la sua forza pari solo a quella di un uomo.

Ognuno era fondamentale nella squadra.. forse, l’unica che non aveva un ruolo ben delineato, era proprio lei.

Aveva seguito per anni i suggerimenti di persone più esperte di lei, aveva lasciato la sua esistenza nelle mani di gente di cui si fidava, aveva lasciato che ognuno prendesse una decisione al posto suo... fino a quando non aveva capito che era stata solo una marionetta, uno strumento da usare come si vuole.

Allora si era ribellata, aveva spezzato le catene che la tenevano imprigionata, aveva iniziato una vita di combattimenti, aveva preso la sua strada... eppure qualcosa dentro di lei urlava che non era ancora finita.

 

***

 

- Quanto mi fanno schifo i ragni!- esclamò con una smorfia disgustata Zoisite togliendosi l’ennesimo aracnide a otto zampe dalla spalla.

- Femminuccia. – lo prese in giro Kunzite con un sorriso beffardo sulle labbra sottili – Per fortuna sei il generale di un esercito.

- Cosa ci posso fare se mi terrorizzano? – cercò di giustificarsi l’altro diventando paonazzo – E, comunque, combatto contro i demoni... non contro i ragni.

- Devi ammettere che i demoni sono molto più brutti dei ragni!- sorrise Jadeite che cercava di non ridere.

- Loro non hanno otto zampette pelose... non camminano silenziosamente verso di te...   –Zoisite rabbrividì tornando a concentrarsi sulla bussola che portava al polso.

Mamoru scosse il capo non sapendo se ridere o pingere: Kunzite e Zoisite trovavo un argomento su cui discutere ogni minuto, anche mentre combattevano.

Il generale si guardò attorno scoraggiato, avevano preso la strada più lunga per arrivare al Regno Argentato, una volta era sufficiente attraversare le loro terre ora, con tutti quei nemici, erano costretti e superare il regno passandoci accanto, attraversando la Valle Rossa e risalendo lungo il fiume Sang... insomma una bella scampagnata! Senza contare che i demoni avevano attaccato il palazzo la notte stessa in cui avevano deciso di partire, erano riusciti a scappare ma non avevano portato con loro molte provviste... detto in poche parole: erano in guai seri.

- Zoisite quanto ci vorrà per uscire da questo posto?- chiese Mamoru guardandosi attorno circospetto.

Il generale scrutò a lungo davanti a se, osservò un attimo la mappa che possedeva, scrisse quattro conti su un misero foglio di carta e poi sospirò scoraggiato.

- Una settimana.... se tutto va bene.

- Il che vuol dire se i demoni non ci trovano e non siamo costretti a cambiare percorso, esatto? – disse Nephrite.

- Sì, esatto. – confermò l’altro.

- Fantastico. – mormorò sarcastico l’amico – Solitamente adoro le foreste ma questa mi mette i brividi.

- Cerchiamo di marciare il più possibile. – disse Mamoru risoluto – Più andremo avanti, più i nostri nemici si stancheranno di cercarci. Se siamo fortunati potrebbero anche pensare che siamo morti qua dentro.

- I cavalli sono stanchi Mamoru. – valutò Jadeite – Non andranno avanti ancora per molto.

- Cerchiamo di fare tutti uno sforzo, va bene?

Gli altri annuirono in silenzio, si fidavano di Mamoru e l’avrebbero seguito ovunque pur di aiutarlo.

Ricordava perfettamente il momento in cui aveva conosciuto gli altri quattro.

Kunzite era stato il suo primo vero amico, forse era per questo che aveva più confidenza con lui rispetto agli altri, era stato il primo con cui si era aperto. Solitamente era circondato da persone che annuivano di fronte a qualsiasi cosa lui dicesse, Kunzite era diverso, non aveva paura di dire la propria versione, non esitava a dire no. Se stava facendo una stupidaggine lui glielo diceva, amava questa sua sincerità, questo suo modo di dire le cose come stanno realmente.

Poi c’era Jadeite, il figlio timido del primo capitano delle guardie di palazzo, conosciuto quando aveva solo dieci anni.

Suo padre sognava un grande futuro da soldato per il figlio, ma Jadeite estraeva una spada solo se costretto a lottare, é molto più pacifico. Un disonore per il padre... lui lo ammirava per i suoi modi pacati e per la sua razionalità.

La versione opposta di Jadeite era Nephrite; impulsivo e molto testardo, un vero e proprio soldato. Lui veniva da una famiglia povera del regno, era entrato nell’esercito solo per poter sfamare la madre malata. Quando questa é morta Nephrite si era reso conto che il lavoro del soldato gli piaceva parecchio, che non lo faceva solo per i soldi ed era rimasto, si erano avvicinati quando avevano sedici anni entrambi. Lui era stato il primo soldato a batterlo a duello, da quel giorno si erano sempre allenati assieme imparando molto l’uno dall’altro.

L’ultimo arrivato del gruppo era Zoisite, conosciuto durante una noiosissima festa di politici e diplomatici, avevano solo diciotto anni. Zoisite era venuto come ambasciatore di una delle colonie del regno e non sapeva neppure come comportasi visto la giovane età. Mamoru l’aveva avvicinato perché con gli altri si sentiva a disagio, avevano parlato molto, tutta la sera instaurando subito una buona complicità.

Fu qualche mese dopo che si rese conto che il gruppo dei quattro generali si era formato quasi in autonomo.

Ora erano uniti, avevano lottato assieme, avevano protetto il palazzo fino all’ultimo ma era arrivato il momento di abbandonare il regno e chiedere aiuto alla Regina.

Già.. la Regina... lui ricordava solo un’immagine sfuocata di quella donna.
Ricordava d’averla vista quando aveva sei anni, durante una festa.

Improvvisamente sentì un formicolio salirgli lungo le gambe, inizialmente diede la colpa al troppo cavalcare ma il suo cervello gli stava giocando un brutto scherzo... era come se avesse avuto ancora sei anni.... era a quella festa, seduto accanto al padre... la Regina si era avvicinata a lui, gli stava sorridendo mostrando i denti perfetti e bianchi come l’avorio più prezioso. Indossava una lunga veste celeste, era bellissima, una luce argentata l’avvolgeva come un caldo abbraccio, in testa portava una slendida corona d’argento, finemente lavorata a mano, un diamante grosso come una noce stava al centro e brillava riflettendo la luce del sole.

Si sentiva così intimorito da quella donna, il potere che emanava era palpabile, la vide alzare una mano ed accarezzargli una guancia.

- Diventerai un grand’uomo... – aveva mormorato con la sua voce melodiosa.

Il suo tocco era caldo... come se fosse di fuoco puro... aprì di nuovo la bocca ma la voce che uscì non era proprio quella della Regina.

- Terra chiama Mamoru.... Terra chiama Mamoru... rispondi Mamoru...

Il comandante sbatté un paio di volte le palpebre disorientato, ritrovandosi all’improvviso nella foresta.

- Chi? Cosa? Come? – mormorò chiudendo gli occhi per riordinare le idee.

- Benissimo, - borbottò Kunzite sarcastico – abbiamo perso Mamoru.

- Ehi stai bene?- chiese più gentilmente Jadeite.

- Sì...- balbettò l’altro passandosi una mano tra i capelli – devo solo esser stanco.

- E’ meglio accamparci qui. – fece Nephrite saltando giù da cavallo – Io vado a prendere la legna per il fuoco, dovremmo esser abbastanza lontani dai demoni, non ci vedranno.

- Io preparo le tende. – fece Zoisite.

- Io lego i cavalli. – echeggiò Jadeite.

- Mamoru... – sussurrò Kunzite avvicinandosi all’amico che nel frattempo si era seduto ai piedi di un albero – sei sicuro di stare bene?

- Tranquillo Kunzite, - mormorò con un debole sorriso – sono solo stanco.

- Eppure non mi sembri stanco.

- Mi fai anche da madre adesso?- scherzò lui tirandosi in piedi – Sto bene ti dico.

- Come vuoi tu. – fece l’altro più sollevato – Andiamo a dare una mano Zoisite... prima che arrivi un ragno facendolo urlare come un matto.

- Vi raggiungo subito. – gli rispose Mamoru osservando l’amico che raggiungeva Zoisite per montare le tende, fece un profondo respiro e si appoggiò all’albero ancora intontito, fino a quel momento non aveva mai ricordato i particolari del suo incontro quel quella donna, era troppo piccolo per ricordare cosa gli avesse detto o come era vestita. Eppure, in un attimo, aveva ricordato ogni particolar... era stato travolto da quei ricordi.

La Regina segnava sempre le persone che incontrava... questo si diceva nel mondo, dicevano che ti entrava dentro era come se ti marchiasse nel profondo, non vi aveva mai ceduto realmente ma, dopo questa specie di visione, dovette ricredersi.

Non era mai stato sicuro al cento per cento di quello che stava facendo, non era certo che la Regina fosse abbastanza potente per aiutarli, ma ora non aveva più dubbi. 

Solo lei poteva porre fine a quella storia. 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


 

Usagi stava conficcando gli ultimi paletti nel terreno morbido, con un ultimo sforzo annodò l’ultimo laccio e la tenda fu pronta.

-Ho finito!- esclamò trionfante facendo un profondo respiro e asciugandosi il sudore dalla fronte con un braccio.

- Bene…- fece Makoto lanciando solo una veloce occhiata alla tenda – anch’io ho quasi finito qui. – constatò punzecchiando la carne con una forchetta che si era portata dietro da casa sua – Dovremmo chiamare le altre.

Usagi spostò lo sguardo verso il punto in cui erano sparite le sue amiche due ore fa.

- Rei non corre come Minako. – ragionò a bassa voce, parlando più a se stessa che alla sua amica – Non dovrebbero essere molto lontane. – prese una delle due spade che aveva appoggiato ad una roccia e guardò Makoto – Vado a cercarle.

- Usagi…- mormorò l’altra con sguardo preoccupato – lascia che chiami Ami per guadare la cena. Non puoi andare da sola.

La ragazza bionda sorrise e scosse mestamente il capo.

- Lascia stare, non vado lontano… so quanto ci tieni a controllare personalmente le tue pietanze. Tornerò subito.

Makoto annuì non del tutto convinta… non si sentiva tranquilla nel lasciare Usagi sola in una foresta, ma conosceva la cocciutaggine di quella ragazza.

- Stai attenta. – l’ammonì ancora una volta – E se vedi qualcosa di strano non fare l’eroina... ma corri subito qui.

- Sì, mammina,- scherzò lei addentrandosi nella foresta – starò lontana dal lupo cattivo.

Con passo felpato e orecchie tese, Usagi camminava tra gli alberi alla ricerca delle sue due compagne.

Era preoccupata per loro: non tardavano mai così tanto.

La spada era saldamente nelle sue mani, l’elsa aderiva come un guanto tra i suoi palmi congiunti, sentiva le pietre preziose che l’adornavano premere sulla carne, poteva quasi sentire l’aria che si tagliava ad ogni passo, il sudore che le scendeva lungo la fronte, respirava piano, lentamente cercando di non farsi sentire neppure dagli animali.

- Stai attenta! – sussurrò da qualche parte Rei. 

- Parla a bassa voce! – le rispose indispettita Minako.

Usagi si guardò attorno... le sue amiche erano vicine... ma dove?

La ragazza abbassò la spada, di certo dal tono di voce che avevano non dovevano esser in pericolo. Ripose l’arma nel fodero nero appeso alla cintura e si guardò attorno più attentamente fino a quando non vide due scarpe di pelle marrone uscire da sotto un cespuglio.  Si avvicinò cautamente all’arbusto, Rei e Minako erano a terra a carponi e stavano spiando qualcuno, lentamente, temendo che ci fossero dei demoni dall’altra parte, si inginocchiò e si avvicinò alla sua amica bionda.

- Si può sapere cosa state combinando voi due?- chiese piuttosto scocciata lanciando occhiate di fuoco.

Le due sussultarono colte all’improvviso, Rei estrasse immediatamente uno dei suoi coltelli ma, appena vide che era solo Usagi, fece un sospiro di sollievo e lo rinfoderò.

- Ci hai fatto prendere un colpo! – sbottò Minako.

- Cosa state facendo?- chiese di nuovo Usagi.

Per tutta risposta Minako le indicò un punto davanti a loro.

Usagi aprì la bocca stupita: c’era un accampamento... quattro tende verdi erano disposte in cerchio, in mezzo era stato acceso un fuoco e, dalle alte fiamme che sprigionava, era stato acceso da poco.

Non c’era anima viva ma non dovevano esser molto lontani. 

- Di chi é questo accampamento?- bisbigliò Usagi cercando i proprietari con lo sguardo.

- Non lo sappiamo. – rispose Rei – Siamo appostate qui da quasi mezz’ora ma non abbiamo visto nessuno.

- Abbiamo solo sentito delle voci. – continuò l’altra – Voci maschili... ma niente di più.

In quel momento un giovane soldato dai lunghi capelli argentati emerse dalla boscaglia, aveva in mano vari rami secchi.

- Però... – fece Minako bramosa.

- Ooh andiamo... – disse Rei scandalizzata – siamo in una foresta, con i demoni alle calcagna e tu guardi queste cose?

- Gli occhi sono fatti per guardare!- le rispose la ragazza continuando a fissare il bel giovane – E poi é l’unico uomo decente che ho visto negli ultimi due mesi, almeno fammi sognare un po’!

- Se non altro sono umani. – constatò Usagi sorvolando sui commenti che Minako continuava a sfornare verso il soldato – Dobbiamo solo capire da che parte stanno.

- Credo che lo capiremo presto. – fece Rei chiudendo gli occhi – Stanno arrivando.

 

***

 

- Si può sapere dov’é Nephrite?- sbottò Kunzite sistemando la legna accanto al fuoco – Non era lui quello che doveva recuperare la legna?

- Ha visto delle strane impronte del bosco. – gli rispose Zoisite uscendo da una delle tende vedi con in mano un blocco e una bussola – Ha detto che qualcuno é passato da queste parti di recente.

- Impossibile. – fece Jadeite portando anche lui una fascina di legna e sistemandola accanto a quella di Kunzite – Nessun uomo sano di mente attraverserebbe questa foresta.

- DEMONIIIII! – urlò in quel momento una voce femminile che nessuno conosceva.

Con mosse fulminee i tre generali estrassero le spade dalle rispettive fodere di cuoio e si misero in assetto da combattimento. 

In pochi secondi una quindicina di demoni molto arrabbiati li accerchiarono.

I tre generali erano schiena contro schiena, ruotando su loro stessi per cercare il modo giusto per affrontarli ma erano pur sempre tre contro quindici.

- Siamo nei guai. – mormorò Jadeite – Dove sono gli altri?

Kunzite guardava i nemici uno dopo l’altro, alti almeno un paio di metri, alcuni con la pelle ruvida e piena di sporgenze scure, altri con la pelle squamosa come rettili, occhi piccoli e spiritati, neri pieni di perfidia e cattiveria, muscolosi e per nulla intimoriti dalle tre piccole spade che avevano sguainato quei miseri umani, le armature nere con marchiato a fuoco la Mano Rossa: il simbolo di Xazumi.

Il generale deglutì a vuoto.. erano in troppi... se non arrivano gli altri erano di sicuro spacciati.

Come se chiamati a gran voce, Mamoru e Nephrite arrivarono di corsa, spade sguainate e tenute in cima alla testa, erano pronti a combattere e non ci pensarono due volte prima di scagliarsi contro i demoni. Dopo il primo stupore iniziale anche gli altri tre si unirono ai compagni, iniziando così la lotta contro i mostri nemici.

Mamoru colpiva ogni essere demoniaco gli sbarrasse la strada, calava la spada per uccidere quegl’esseri, ben presto il terreno si ricoprì di sangue nero e denso.

In lontananza di udì il suono di un corno da guerra: segno che stavano chiamando i rinforzi.

- Mamoru non possiamo farcela da soli!- urlò Kunzite mentre affondava la spada nel ventre di un demone – Questi aumentano in continuo!

- Non possiamo neppure scappare!- sbraitò Zoisite mentre tagliava il braccio ad un altro demone – Senza studiare un percorso ci perderemo e moriremo!

- Fantastico!- rispose Mamoru abbassandosi per deviare in tempo la lama rossa di un nemico.

- Abbiamo bisogno d’aiuto!- replicò Kunzite deviando il colpo di un demone.

- A chi possiamo chiedere aiuto Kunzite?- urlò il comandante voltandosi – Agli alberi?

In quel momento un demone grosso quanto una montagna, con la pelle di un malsano color verde e gli occhi rossi iniettati di sangue tentò di colpire Mamoru alle spalle.

- MAMORU ATTENTO! – urlò Kunzite cercando di avvisarlo in tempo.

Il soldato si voltò alzando la spada per parare il colpo, quando, con la coda dell’occhio, vide una figura posizionarsi alle spalle del mostro, la lama brillò per qualche secondo prima di entrare nel grosso collo del demone come se fosse fatto di burro.

Il sangue guizzò velocemente macchiando i vestiti del soldato, il demone emise un rantolo incomprensibile e si portò le grandi mani con i lunghi artigli gialli all’altezza del collo, come se volesse toccare con mano la lama che lo aveva ferito a morte.

Mamoru sgranò gli occhi, quella persona che aveva quasi decapitato un gigante di due metri doveva esser un combattente fortissimo, un armadio di muscoli e un concentrato di pura forza distruttrice.

Quando la carcassa del demone cadde a terra con un tonfo sordo alzando un odore nauseabondo, il soldato vide il viso del suo salvatore e rimase di stucco.

Non era affatto un ammasso di muscoli come aveva supposto, non era un concentrato di forza... era solo una ragazza, magra, molto più bassa anche rispetto al suo metro e ottanta di altezza. Aveva dei lunghi capelli biondi lasciati cadere liberamente sulle spalle, la pelle di un tenue color rosa, solo le guance erano leggermente più arrossate rispetto al resto delle pelle esposta alla sua vista, due grandi occhi di un profondo colore blu lo scrutavano intensamente, non ansimava neppure per lo sforzo. Il fisico asciutto era coperto da una casacca nera, un paio di pantaloni di pelle marrone e dei calzari da viaggio, in mano teneva la lunga spada d’argento, la lama brillante e riflettente come uno specchio era sporca del sangue nero del demone.

- Chi sei?- domandò con un filo di voce.

- Le domande dopo. – rispose seria la ragazzina.

Dai cespugli dietro di lei partì una lunga catena che fracassò il cranio di un altro demone, una freccia partì dal sottobosco e trafisse il cuore di un mostro, un pugnale sfrecciò sibilando prima di conficcarsi dentro l’orbita di un altro demone mentre un lungo bastone infilzò due dei nemici come se fossero fatti di sabbia.

Una dopo l’altra quattro ragazze uscirono dai loro nascondigli dietro i cespugli unendosi ai quattro generali per combattere.

Anche se ancora in netta minoranza, i demoni iniziarono a cadere uno dopo l’altro, quelle strane donne erano forti, agguerrite e non si stancavano tanto facilmente.

Mamoru combatteva fianco a fianco con la ragazza bionda che gli aveva salvato la vita, i suoi modi erano un po’ rozzi, non era una ragazza abituata ad utilizzare la spada, probabilmente combatteva da molto poco eppure ogni suo colpo andava a segno.

Era concentrata, agile, veloce e letale.

Aveva notato di sfuggita anche le altre quattro ragazze, tutte della stessa età, tutte armate e molto agguerrite.

Quando anche l’ultimo demone morì sotto i colpi dei generali i soldati e le ragazze si guardarono in silenzio per parecchi minuti.

- Vi devo la vita. - fece Mamoru avvicinandosi alla ragazza bionda che l’aveva salvato – Posso sapere il vostro nome?

- Usagi. – rispose lei chinando lievemente il capo – Il mio nome é Usagi cavaliere.

- Mamoru. – fece lui porgendole una mano.

Usagi guardò la mano per qualche istante, poi fissò gli occhi scuri e profondi dell’uomo che aveva davanti, si sentì arrossire ma non diede nessun segno di imbarazzo e gli strinse la mano, quando i convenevoli finirono si guardò attorno, si avvicinò ad uno dei corpi e strappò un lembo del mantello rosso che il demone portava. Pulì via il sangue dalla sua arma e la rinfoderò, poi guardò i cinque ragazzi.

- Non dovrebbero arrivarne altri ma é meglio non rischiare... prendete le vostre cose e venite con noi, meglio restare uniti.

 

Eccoci qui con il terzo capitolo... sono contenta che vi sia piaciuta fin qui. ^//^

Ringrazio tutte voi che leggete e che mi incoraggiate! E un grazie particolare a Dragon85 che, nel capitolo precedente, mi ha corretto per quella cosuccia del ragno ^_^ me molto ignorante in entomologia ^_^’’ 

Sissy dopo due capitoli hai già mille idee che ti frullano nel cervello?!?!? WOW ^o^!

Ci vediamo al prossimo cappy!

Elena

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


 

I cinque soldati seguivano le cinque ragazze piuttosto curiosi.

Non capitava tutti i giorni di trovare cinque combattenti del genere.

Il silenzio era quasi insopportabile, tutti cercavano un argomento su sui discutere, qualcosa da dire ma nessuno trovava il coraggio di aprire bocca.

- Questo silenzio imbarazzato é piuttosto snervante. – constatò Ami mentre camminava accanto a Makoto – Chi siete voi? – domandò poi rivolta a Zoisite.

Il generale biondo lanciò un’occhiata a Mamoru come se stesse chiedendo il permesso per parlare. Ma Mamoru era fin troppo distratto dalla ragazza bionda che gli camminava silenziosamente accanto.

Il soldato si morse un labbro e poi tornò a guardare la ragazza:

- Siamo i cinque generali... veniamo dalle terre di Tobias.

- Un attimo...- disse Rei – noi siamo dirette là.

- Dovrete cambiare percorso allora. – fece tristemente Jadeite – I demoni hanno invaso totalmente le nostre terre, siamo scappati ieri notte dal castello del nostro sovrano.

- E gli abitanti dei villaggi? – chiese Makoto ansiosa.

- I nostri sovrani hanno trasferito tutti gli abitanti sui colli al di fuori dei confini. – rispose Nephrite – Sono al sicuro... aspettano un nostro ordine, poi ci raggiungeranno.

- Dove siete diretti? – chiese Minako.

- Non siamo noi a dover rispondere a queste domande. – tagliò corto Kunzite continuando a guardare davanti a se – Ma perché non ci dite qualcosa di voi. Cinque ragazze in una foresta che ammazzano demoni come se nulla fosse.... é piuttosto curioso.

Le quattro ragazze arrossirono lievemente imbarazzate.

- Oh beh...- sbottò Minako che, tra tutte, era quella che si imbarazzava meno – se voi non rispondete alle nostre domande, perché noi dovremmo rispondere alle vostre? Chi sei tu per dirci cosa dobbiamo dire o fare?

Kunzite la fissò stupito per qualche secondo, mentre tutti gli altri generali sghignazzavano divertiti: nessuno aveva mai risposto con quel tono a Kunzite, tutti erano troppo spaventati dai suoi occhi di ghiaccio, dalla sua diffidenza, e dal suo totale distacco dalla vita.

- Impertinente...- borbottò il generale tornando a guardare la schiena del suo comandante.

Arrivarono all’accampamento dopo mezz’ora, avevano cambiato percorso un paio di volte per depistare qualche possibile nemico, confondendoli con tracce che andavano in parti opposte.

Mamoru e Usagi non avevano aperto bocca, si studiavano a vicenda, mentre i quattro generali stavano facendo amicizia con le ragazze.

Usagi osservava occasionalmente quel ragazzo, non ricordava di averlo mi visto in giro eppure aveva quasi un’aria famigliare... forse era solo una sua impressione, forse, ai suoi occhi, tutti i soldati erano uguali quando combattevano.

Arrivati al piccolo accampamento la ragazza prese il fodero della spada e la inguainò.

- Bene... credo che dovremmo fare spazio ai ragazzi per la notte, ormai é tardi e non penso sia saggio montare altre quattro tende. Ne lasciamo libere due... per voi va bene?

Tutti i presenti annuirono.

- Benissimo, - continuò Usagi – Rei, lega i cavalli; Minako sposta le mie e le tue cose nelle altre tre tende; Makoto bisognerà cucinare qualcosa in più per loro e Ami serve un altro percorso se le terre di Tobias sono state del tutto prese d’assalto.

Mamoru e i quattro generali sgranarono gli occhi sorpresi, non solo Usagi lottava come un soldato, impartiva anche ordini come un comandante.

- Sì...- mormorò Mamoru confuso da quella ragazza – beh... Jadeite aiuta Rei con i cavalli; Kunzite tu sistema le nostre cose; Nephrite dai a Makoto le nostre scorte di cibo e Zoisite tu puoi aiutare Ami con il percorso, potresti darle le informazioni che conosciamo sulle nostre terre.

Usagi sorrise e scosse lievemente il capo.

- Non devi mostrare chi comanda qui. – gli disse con un sorriso – Siamo nella stessa barca, tutti si danno una mano.

Il soldato arrossì appena... si era comportato come farebbe ogni uomo di fronte ad una donna apparentemente più forte: aveva cercato di dimostrare che anche lui poteva impartire ordini come voleva.

- E’ giusto dare una mano. – le rispose cercando una scusa plausibile – Noi due cosa dobbiamo fare?

- Palare. – rispose Usagi – Vorrei conoscere la vostra storia, poi io ti narrerò la nostra.

Mamoru annuì, entrambi si misero a sedere ai piedi un grande albero, lei teneva le gambe rannicchiate al petto e il mento appoggiato alle ginocchia mentre il soldato narrava quello che era successo. L’inarrestabile avanzata dell’esercito di Xazumi, la decisione di trasferite più gente possibile sui colli, le numerose perdite avute tra i soldati, giovani padri di famiglia, o ragazzi che avevano ancora una madre che li attendeva alla soglia per poi finire con la loro decisione di partire per riallacciare le vecchie alleanze l’attacco a sorpresa dei demoni.

- Siamo scappati l’altra notte per puro miracolo, credevamo che non ci avrebbero seguito fin dentro il bosco ma ci siamo sbagliati... – sorrise amaramente e allungò le braccia per stiracchiarsi un po’ – il resto della storia la conosci.

- Quella di cercare il Regno Argentato é un’idea di Re Tobias?- chiese Usagi – Perché non c’é lui con voi... dov’é il sovrano quando serve?

Mamoru chinò il capo e strinse i pugni:

- Il Re é morto. – disse con un filo di voce.

Usagi alzò la testa frastornata.

- Come?

- E’ stato ucciso in battaglia... qualche mese fa.

- Mi stai dicendo che il regno va avanti senza una guida?

- No, il figlio del Re é salito al trono.

Usagi socchiuse gli occhi sospettosa:

- Chi sarebbe?

- Non possiamo rivelare il suo nome... – spiegò il soldato mortificato – ci é stato ordinato di non dire nulla, il nostro sovrano é partito per una missione. Dice che nessuno deve sapere che il re delle terre di Tobias, uno dei regni più ricchi del mondo, é in viaggio alla ricerca di un’arma per sconfiggere Xazumi.

- Una missione pericolosa. – valutò Usagi- Anche perché non credo che esista un’arma che possa fermare quel demone.

- Il nostro sovrano é molto determinato a sconfiggerlo.

- Il vostro sovrano é un ipocrita... e anche un vigliacco.

Mamoru scattò in piedi irritato.

- Perché dici questo?

Usagi si alzò e fece qualche passo in avanti, congiunse le mani dietro la schiena e osservò per qualche istante Makoto e Nephrite mentre cucinavano.

- Perché ho visto fin troppi sovrani promettere pace e giustizia, - raccontò senza celare il suo disappunto e il suo disprezzo - ho visto tanti re partire per missioni pericolose per poi chiedere rifugio ed asilo al primo regno pacifico che incontrano sul loro cammino. Tutti i sovrani sono solo egoisti ed ipocriti, hanno lasciato i loro sudditi a morire, a patire la fame... e per cosa? Per poter salvaguardare le loro patetiche vite? Tu ora mi dici che il tuo sovrano è in viaggio... chi ti assicura che non sia in qualche castello a bere vino pregiato e a dare una festa?

- Perché il mio sovrano é un uomo d’onore, morirebbe per il suo popolo.

- La tua completa fiducia é ammirevole, - sorrise Usagi calciando un sassolino – il tuo animo é luminoso... cerca di non restarne accecato.

- Non preoccuparti. – ripose brusco Mamoru – So bene quello che faccio e mi fido del mio sovrano.

- E allora dimmi... se il tuo amato sovrano ha questa importante missione da fare, voi cosa siete entrati a fare nella foresta? Non potevate raggiungere le donne e i bambini sui colli?

- Noi abbiamo un’altra missione. – spiegò il soldato piuttosto indispettito dal tono di voce della ragazza.

- Quale sarebbe?

- Dobbiamo raggiungere il Regno Argentato e chiedere alla Regina due cose: asilo e protezione per i nostri uomini e che riallacci la vecchia Alleanza che aveva stipulato con Re Tobias.

Questa volta la ragazza rimase zitta, non disse nulla ma si limitò solo ad annuire.

- Non sputi veleno ora?- chiese l’altro avvicinandosi di un passo – Non mi dici che sono un’idiota, sentimentalista e pure illuso?

- Come ti ho già detto, hai l’animo puro...- ripeté lentamente l’altra sorvolando sul cattivo umore dell’uomo – e reputo questa tua missione molto utile e molto più pericolosa rispetto a quella del tuo amato sovrano. Ma, purtroppo, devo informarti che la Regina non accoglie nessuno nel suo regno, il suo cuore é diventato di pietra con questa guerra. Il Regno Argentato non é più il luogo narrato nelle canzoni, avrai una cocente delusione. Lei vi aiuterà, vi darà un luogo sicuro per un breve periodo e poi vi rispedirà indietro... pregandovi di non fare più ritorno.

- Ho già sentito queste voci...- confermò Mamoru – ma io ricordo una regina buona, generosa... molto forte. Non posso credere che sia cambiata così radicalmente da un giorno all’altro.

- La regina non ragiona più da sola. – spiegò Usagi visibilmente turbata – Un suo consigliere ha la lingua avvelenata. E’ dalla parte di Xazumi e fa di tutto per rendere il Regno Argentato innocuo per i suoi piani di conquista.

- Perché, invece, non attacca il regno?

- Perché gli fa comodo, può avere un profitto dai giacimenti d’argento e solo i fabbri del regno sanno lavorarlo al meglio. Sono segreti che vengono tramandati da generazioni. La regina crede che, restando nell’ombra, Xazumi non distruggerà quel poco che é riuscita a conservare degli antichi splendori... ecco perché ha abbandonato tutto.

- Nessuno può parlare con lei?

Usagi fece un sorriso ironico.

- Se tu fossi un re e un tuo suddito ti dicesse che sei in torno, cosa faresti? Lo ignoreresti... ho tentato di far capire alla Regina quello che stava accadendo ma invano.

- Voi venite dal Regno Argentato?

Usagi annuì.

- Siamo in viaggio da due mesi... abbiamo pensato che, portando informazioni utili, la Regina potesse rendersi conto di quello che succedeva nel mondo. Che non tutti si erano arresi... che c’era speranza e che valeva la pena di lottare.

Mamoru fece un altro passo in avanti.

- E cosa avete scoperto?

La ragazza si voltò verso il soldato, aveva gli occhi lucidi, due lacrime le brillarono agl’angoli degl’occhi.

- I vecchi Re dell’Alleanza sono morti o si sono tirati indietro lasciando il popolo a morire da solo, ci credo che la gente provi così tanto rancore verso i suoi antichi sovrani. Hanno abbandonato le loro terre solo per paura... e Xazumi avanza senza sosta, senza nessuno che possa ostacolare la sua sete di conquista. Siamo rimasti soli... e nessun re o regina può salvarci.

 

***

 

Zoisite guardò meravigliato la mappa che Ami gli aveva aperto sotto gli occhi. Era almeno due volte più grande della sua, curata in ogni dettaglio anche quello più insignificante, precisa ed aggiornata ad ogni minimo cambiamento.

C’erano segnati gli spostamenti dei nemici, i villaggi dove poter fare rifornimento e, segnato accanto, ogni prodotto che avrebbero dovuto comprare per non restarne privi, vi erano segnati i venti e i cambiamenti climatici, la densità della popolazione, la vastità della zona e i luoghi migliori dove accamparsi.

Il soldato calcolò che per completare quella cartina ci saranno voluti anni e centinaia di ricerche.

- Allora, - fece seria la ragazza inforcando un paio d’occhiali dalle lenti rettangolari – dimmi un po’ dove sono accampati i demoni.

Dopo essersi ripreso dallo shock iniziale Zoisite prese la sua mappa e l’aprì accanto a quella di Ami, sentendosi immediatamente un principiante nel settore.

Invece la ragazza sorrise compiaciuta: mai nella sua vita aveva trovato un ragazzo così meticoloso e puntiglioso quanto lei.

I pochi ragazzi che aveva frequentato si erano dimostrati pesanti e alquanto ripetitivi, avevano la tendenza a non ascoltare le sue teorie, alcuni la trovavano noiosa perché passava molto tempo nelle biblioteche antiche, altri non riuscivano mai a seguire un suo discorso per intero.

Aveva sempre creduto che l’uomo non amasse il piacere intenso che poteva darti un libro, l’emozione di scoprire nuovi orizzonti, il brivido che poteva darti uno studio approfondito, la soddisfazione di portare a termine una complicata ricerca costata lavoro e sacrifici.

Si era sbagliata.

- E’ fantastico...- mormorò a bassa voce.

- Cosa?- chiese il generale che aveva sentito benissimo il suo commento.

- Eh?- fece lei arrossendo – Ooooh ho detto é fantastico vedere qualcuno preciso come me, sai non capita tutti giorni e le mie amiche non fanno altro che prendermi in giro.

- Ti capisco benissimo. – sospirò l’altro ricordando le sfrecciatine che gli lancia sempre Kunzite.

Zoisite studiò Ami mentre prendeva gli strumenti per calcolare il percorso più adatto: era veramente bella oltre che molto intelligente.

Indossava un paio di pantaloni blu oceano e una camicia nera con una profonda scollatura e con le maniche che si stringevano man a mano che scendevano lungo le braccia. Seguiva i lineamenti perfetti delle sue mani, piccole con le lunghe dita affusolate, ogni suo movimento era preciso, studiato nel minimo dettaglio, poi saliva lungo il braccio, il contorno della scapola e lungo il collo, poi il suo sguardo indugiava sul contorno delle sue labbra rosse e carnose, la linea perfetta del naso e si fermava sugli occhi penetranti.

- Ehi hai capito?- chiese Ami vedendo il generale distratto – Magari sei stanco... riprendiamo il discorso più tardi?

- No, va tutto bene... scusa. – rispose lui imbarazzato per esser stato scoperto con la testa tra le nuvole – Stavo solo riflettendo. Mi stavi dicendo?

Ami sorrise e riprese il suo discorso.

- Ti ho detto che questo é il percorso che avevo studiato. – e gli mostrò una lunga linea nera che attraversava le terre di Tobias per entrare poi nel vecchio Regno Argentato.

- No... non va bene....- disse immediatamente Zoisite osservando la cartina – troppi intoppi. Bisogna fare il giro più lungo. – e mostrò il suo percorso sulla propria mappa.

- Allunghiamo di parecchio così...- constatò la ragazza – dovremmo fare più rifornimenti.

- Ci sono sei villaggi ancora piuttosto liberi sulla strada. – spiegò il generale segnandoli sulla cartina della ragazza – Avevo pensato di fermarci lì.

Ami annuì continuando a fissare il nuovo percorso.

- E se facessimo in questo modo?- chiese all’improvviso tracciando una linea con un dito.

Zoisite scosse il capo e le prese la mano bloccandogliela:

- No, vedi qui?- chiese indicandole un punto nero grosso quanto un acino d’uva – E’ pieno di vampiri... non si può.

- E così?- disse Ami tracciando un altro percorso e cercando di non arrossire da quando le aveva afferrato la mano.

Il generale socchiuse gli occhi riflettendo su quell’eventualità.

- Magari non é una cattiva idea... e se provassimo in questo modo?

- Credo che dovremmo metterci comodi. – sorrise la ragazza.

- Già, - confermò l’altro elettrizzato dall'idea di lavorare assieme ad una ragazza così simile a lui – sarà una lunga serata.

 

Ecco qua il cap n 4! Che bello ^//^

Ringrazio per i commenti:

- la mia sorellona Luana che, senza di lei, non so proprio come farei (^_^ ho fatto la rima!);

- Silvia e le sue numerose idee... ma non ti esce il fumo dalle orecchie?;

- xstellaluna a cui non posso dare una risposta alle tue domande altrimenti ti racconto tutta storia;

- lalla5585... vuoi sapere da dove arriva la mia fantasia? Semplice: sono single... non ho niente da fare e la mia mente malata deve pur inversi qualcosa per passare il tempo! ^o^;

- time (che non ho ringraziato nell’altro cap ^_^”)... allora come ti sembra il seguito?.

Un grazie va anche a chi non lascia i commenti ma che leggono la fic (uno sforzo però no? ^___^ daiiiiiiii.... vi supplicoooo.... T__T)

Al prossimo cap!

Un bacio e tutti

Elena

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


 

- E così siete in viaggio da due mesi. – echeggiò Nephrite mentre ravvivava il fuoco sotto la pentola della minestra.

- Già. – rispose Makoto versando un mestolo della zuppa nei piatti e passandoli agli altri seduti attorno al fuoco.

- Non deve esser stata facile...- valutò Jadeite – due mesi sono tanti.

- Ma sono stati utili. – fece Rei rigirando il cucchiaio nella minestra per farla raffreddare – Abbiamo raccolto molte informazioni e ci sono vari soldati pronti ad unirsi per combattere.

- Il problema sta solo nel convincere i sovrani a marciare contro Xazumi. – notò Ami – Sono molto spaventati. 

- O sono morti. – finì Minako rassegnata.

Tutti i presenti si lasciarono sfuggire un sospiro doloroso.

- Bene… qui si inizia senza di noi?- chiese fingendosi allegra Usagi alle spalle delle ragazze, accanto a lei c’era Mamoru e non sembrava molto felice.

- Sedetevi pure. – fece Ami spostandosi e andando a sedersi accanto a Zoisite.

Makoto, nel frattempo, aveva preso due ciotole e le aveva riempite di zuppa.

Mamoru prese il suo piatto e si voltò.

- Ehi!- fece Kunzite – Dove vai?

- Mangio in tenda. – rispose con voce atona il capitano – Devo riflettere.

Tutti guardarono Usagi, aveva gli occhi incollati sulla schiena del ragazzo, ma non disse nulla.

- Usagi, - disse Rei – cosa vi siete detti?

La ragazza bionda si voltò verso di loro.

- Non molto a dire il vero… - abbassò lo sguardo e guardò attentamente il liquido dentro il piatto - gli ho solo detto di non aspettarsi aiuto dalla Regina. Vediamo la situazione in due modi completamente opposti. Lui ha fiducia, speranza nel futuro… io non credo più a niente.

Kunzite poggiò il suo piatto a terra e seguì l’amico, spostò i lembi marroni che coprivano l’entrata e sbirciò dentro.

Mamoru era sdraiato a terra sopra il sacco a pelo, le braccia dietro la nuca e gli occhi chiusi, il piatto con la minestra era in un angolo, l’aveva rovesciato.

- Secondo te sono un illuso? – mormorò tristemente Mamoru senza aprire gli occhi.

Si aspettava l’arrivo del suo amico da un momento all’altro.

Il generale sospirò ed entrò nella tenda: a quanto sembrava quella ragazza bionda aveva colpito il punto debole del loro comandante. Mamoru aveva molta fiducia nelle sue forze, credeva fermamente che la determinazione e l’unione con gli altri regni potesse essere l’arma vincente per sconfiggere Xazumi.

Lui non aveva mai dubitato sulle scelte del suo comandante.

- Ecco che é arrivata la fase depressiva. – borbottò cercando di sdrammatizzare - Credi che se non appoggiavo il tuo piano sarei qui?- domandò poi di rimando.

- No.

- Allora perché fai domande di cui conosci già le risposte?

Mamoru aprì gli occhi e fissò per un attimo la tenda che lo ospitava.

- Mi nasconde qualcosa.

- Usagi?

L’altro annuì silenziosamente.

- Magari sta solo aspettando di conoscerci meglio... non ci siamo incontrati in una situazione piacevole.

- No... é qualcosa di più grosso...

- Pensi che riguardi l’Alleanza?

- Sì. – rispose senza esitazione Mamoru – Sa delle cose... dei particolari riguardo la Regina che mi spaventano. Dice che c’é un consigliere del regno che lavora per Xazumi e che la Regina non si rende conto che é usata per i suoi scopi. – si mise a sedere ed emise un profondo respiro – Non lo so Kunzite... é strana...

- Sono tutte strane. – precisò il generale – Ma sono simpatiche. – finì con un lieve, e quasi invisibile, sorriso

Mamoru lo guardò curioso:

- Sbaglio o vedo una certa luce brillare nei tuoi occhi?

Il generale sobbalzò preso alla sprovvista da quella domanda.

- Ma cosa ti salta in mente? – gridò scandalizzato – Sei sicuro che qualche demone non ti abbia colpito in testa? Siamo in guerra Mamoru... e, secondo te, io mi perdo dietro un bel visetto?

- Siamo uomini...- constatò il generale con un’alzata di spalle e un sorriso malizioso– e là fuori ci sono quattro ragazze carine ed interessanti.. sai quella bionda, Minako, mi sembrava molto colpita da te.

- Chi? Quella impertinente? Mai!

Mamoru ridacchiava apertamente.. Kunzite incrociò le braccia al petto offeso e gli lanciò una delle sue famose occhiate raggelanti. 

- Quello sguardo non mi intimorisce Kunzite. – ridacchiò più forte l’altro – E quella Minako mi sembra abbastanza coraggiosa per sopportare un musone come te!

- Io sarei un musone?!?

Mamoru scoppiò a ridere più forte, era piegato in avanti e con le lacrime agli occhi.

- Ti lascio ridere alle mie spalle da solo. – fece l’altro voltandosi per uscire.

- Kunzite?- lo chiamò Mamoru cercando di riprendere il controllo.

Il generale si voltò appena, guardando l’amico con la coda dell’occhio.

- Grazie.

Il soldato fece un piccolo gesto con il capo e uscì dalla tenda felice che il suo migliore amico avesse ritrovato il buon umore e quel tanto di serenità che bastava per non farlo più cadere nello sconforto.

Mamoru non era certo una persona che si lasciava intimorire alle prime avversità e se quella donna l’aveva così confuso c’era da stare in guardia.

Forse Usagi era più di quello che sembrava.

Osservò le figure attorno al fuoco, stavano tutti ridendo e chiacchierando come un gruppo di vecchi amici che si ritrovano dopo molto tempo.

Tutti tranne Usagi che stava in silenzio in un angolo ad ammirare le sue amiche mentre si divertivano.

Quella familiarità nata in così poco tempo era quasi inquietante... eppure anche lui, che da tutti era considerato il più freddo, si sentiva a suo agio con quelle ragazze. Non erano le solite fanciulle da proteggere, con loro si parava di tutto, si rideva... ed era da tanto che loro non ridevano.

- Te l’ha mai detto nessuno che un pinguino é molto più caloroso di te? – fece la solita voce impertinente alle sue spalle.

Kunzite si voltò infastidito, Minako stava saltellando ai piedi di un albero, allungava le braccia verso il cielo e poi si piegava in avanti appoggiando i palmi sul terreno umido.

- E a te nessuno ha mai detto di tenere chiusa quella boccaccia?- le rispose a tono.

- Potresti esser carino se con quel tuo atteggiamento da icederg non rovinassi tutto. – valutò lei continuando con i suoi esercizi.

- Perché a te importa? – sibilò minaccioso.

- Forse si... forse no...- mormorò lei prima di spiccare un salto per salire sul ramo dell’albero e scomparendo nel buio – ci vediamo!

Kunzite sentì dei fruscii: Minako saltava da una pianta all’altra come uno scoiattolo. La cercò con lo sguardo ma la foresta era troppo buia e gli alberi troppo folti.

Quando il fruscio divenne solo un debole suono scosse il capo maledicendo se stesso.

- Ragazzina impertinente.

 

***

 

I primi raggi del sole illuminarono la radura dove i soldati e le ragazze si erano accampati per la notte. Usagi uscì dalla sua tenda completamente indolenzita, aveva dormito con Makoto ma, quello che non sapeva e che le sue amate amiche avevano volutamente dimenticato di dire, era che la sua compagna di notte combatteva contro i demoni. Quindi aveva passato gran parte della notte a schivare calci e pugni.

- Buongiorno Usagi! –esclamò euforica Minako appena vide la sua leader uscire dalla tenda – Dormito bene?

- Spiritosa. – mugugnò lei lanciando occhiate velenose – Potevate dirmi che dovevo prepararmi per una lotta!

- Ci siamo passate tutte...- sorrise Rei mentre usciva dalla sua tenda sbadigliando.

- Dici sempre che noi esageriamo quando dormiamo con Makoto. – echeggiò Ami alle loro spalle.

- Ehi..- fece Minako maliziosa – perché arrivi dalla tenda dove dorme Zoisite?

- Non é come pensi!- si affrettò a dire la ragazza dai capelli turchesi arrossendo visibilmente – Abbiamo iniziato appena svegli alla programmazione del viaggio.

- Ooooh si certo!- fece Rei dando man forte alla compagna – Dicono tutte così! Hai passato la notte con lui?

- Ma dico state scherzando?- quasi urlò Ami che si trovava tra due fuochi – Usagi aiutami tu!

- Veramente...- fece la ragazza incrociando le braccia e lanciandole un’occhiata furba – sono curiosa anch’io di sapere cos’avete fatto in quella tenda... che, tra l’altro, é la MIA tenda!

- Non abbiamo fatto nulla!- continuò a ripetere Ami – Abbiamo solo parlato e osservato le mappe! Siete voi che siete maliziose!

- Che cos’é tutto questo baccano?- biascicò Makoto uscendo dalla tenda ancora mezza addormentata.

- Ami ha passato la notte con Zoisite. – spiegò Minako con un sorriso.

- Non é vero! – ribatté la ragazza mettendosi le mani nei capelli disperata.

- Sul serio? – chiese Makoto sbigottita e del tutto sveglia – Ami... mi sorprendi!

- Non ti ci mettere anche tu!- urlò la ragazza ormai viola in faccia.

Usagi rise debolmente e scosse il capo... povera Ami!

- La tormenteranno per giorni...- pensò divertita – soprattutto Minako! – sospirò e si guardò attorno, Zoisite era sicuramente in tenda, in attesa che la discussione finisse, Nephrite e Jadeite stavano discutendo davanti ad un debole fuocherello e Kunzite stava uscendo dalla sua tenda proprio in quel momento sbadigliando.

- Avete visto Mamoru? – chiese piano Usagi, in quella notte movimentata aveva capito che si era comportata male con lui, non avrebbe dovuto distruggere le sue speranze.. anzi avrebbe voluto condividerle, credere anche lei in qualcosa.. sperare che tutto quell’incubo mostruoso potesse finalmente finire, magari anche grazie alla Regina.

- Questa notte ho trovato un piccolo ruscello. – fece Minako dando tregua a Ami per qualche secondo – Non é enorme ma almeno possiamo darci una rinfrescata, credo che Mamoru sia andato là.

 

***

L’acqua scorreva veloce tra le rocce, era gelata, limpida e molto buona.

Usagi camminava accanto alla riva, cercando di non scivolare nel terreno fangoso ed evitando le rocce bagnate, cercava Mamoru da una decina di minuti... aveva iniziato a pensare che, forse, non era lì.

Improvvisamente lo vide, era davanti a lei di qualche metro, seduto su una roccia che fissava l’acqua che scorreva veloce sotto i suoi occhi.

Usagi inclinò il capo confusa e si nascose dietro un albero intenzionata a spiarlo per un po’.

Inizialmente Mamoru rimase immobile a fissare il ruscello, Usagi si stava stancando... e iniziava a dubitare delle capacità di comando di quell’uomo.

- Usagi... Usagi...- mormorò Mamoru con un sospiro – mi nascondi qualcosa vero? E io scoprirò cos’é!

La ragazza si morse un labbro, si era sbagliata... era pericoloso, Mamoru era estremamente pericoloso, ma non poteva abbandonarlo, erano diretti entrambi nel Regno Argentato e, fare il viaggio insieme, poteva risultare molto più sicuro.

Avrebbe dovuto tenere gli occhi aperti... e, magari, parlarne con le altre.

Quando Mamoru ebbe finito i suoi ragionamenti si alzò dalla roccia e iniziò a slacciare i lacci che teneva chiusa la sua giacca nera.

Usagi arrossì... oddio... ora si sarebbe spogliato per lavarsi... no, lei doveva andarsene... non era giusto, non era corretto.

Ma le sue gambe si rifiutarono di rispondere a quell’ordine e i suoi occhi non si chiusero quando la giacca di velluto nera finì ai pied di Mamoru.

Gli occhi blu della ragazza percorsero ogni centimetro del torace di Mamoru, lievemente abbronzato, con i muscoli che si vedevano perfettamente senza che lui facesse il minimo sforzo, sorrise quando si accorse che la sua pelle si era accapponata a contatto con l’aria fresca della mattina. La mani del soldato andarono ai bottoni dei pantaloni, Usagi si morse ancora di più il labbro continuando ad urlare alle sue gambe di allontanarsi ma senza il minimo risultato.

All’improvviso Mamoru si bloccò e alzò la testa attirato da un rumore poco distante, si guardò attorno circospetto allungando un braccio l’ungo la spada che aveva affondato del terreno. Un coniglio sbucò dal cespuglio, saltellò vicino all’acqua, annusò un paio di volte un ciuffo d’erba e scappò via quando si accorse che un umano lo stava fissando.

Mamoru fece un sospiro di sollievo e ritrasse il braccio dandosi del paranoico.

Usagi tremava dietro l’albero, si era nascosta appena in tempo... si passò una mano tra i capelli e ordinò, ancora una volta, alle sue gambe di allontanarsi. Fortunatamente lo spavento la fece tornare padrona del suo corpo e, a grandi passi, tornò all’accampamento cercando di dimenticare quell’episodio.

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


 

Era una notte di luna nuova, buia, il cielo era coperto da minacciose nubi nere che non potevano che preannunciare solo pioggia e tempesta.

Rei non riusciva a dormire, odiava quella foresta... era troppo oscura e la faceva sentire sporca nell’anima.  Aveva convissuto con quella sensazione per tutta la sua vita, non aveva alcun ricordo di quando era una bambina normalissima, non sapeva cosa voleva dire giocare all’aperto con le altre sue coetanee e, fino all’arrivo di Usagi, non sapeva neppure cosa significasse l’amicizia vera.

Si conoscevano da qualche anno, ricordava ogni particolare di quell’incontro... era un pomeriggio di pioggia, proprio simile a quella nottata, cupa ed oscura. Un giorno dove neppure lei con il suo incredibile autocontrollo era riuscita a sopire la sua, seppur piccola, parte demoniaca. Un uomo le stava lanciando insulti gratuiti in mezzo alla strada, lei camminava senza fermarsi e senza ribattere: ci era abituata. I suoi soprannomi erano leggenda, fin dal più gettonato mezza-demone, a quello più odiato: di figlia bastarda di demone.

Alla fine era intervenuto suo fratello Korim... l’aveva difesa, l’aveva protetta come aveva sempre fatto. Lei era smarrita di fronte a quella reazione del fratello, lui era il primo a dirle di non prendersela per i commenti della gente, lui le diceva sempre che le persone avevano il terrore delle cose che non conoscevano.

Invece, quella volta, lui aveva reagito ed era iniziata una scazzottata. Karim era forte e molto agile ma quel fabbro lo era ancora di più e gli aveva spaccato il naso con un pugno ben assestato. Nel momento in cui i suoi occhi entrarono in contatto con il rosso del sangue del fratello, la persona più importante della sua vita, tutta la rabbia che aveva trattenuto in tanti anni era esplosa all’improvviso, si era scagliata sul fabbro, con la forza di un demone l’aveva sollevato e l’aveva scagliato lontano da suo fratello, con la caduta l’uomo aveva picchiato la testa contro un masso e aveva quasi rischiato di morire.

Si era scatenato un pandemonio, molti volevano cacciarla dal Regno Argentato, altri la volevano addirittura morta... la sua vita, comunque, era finita nel momento stesso in cui aveva ceduto alla sua parte malvagia.

Era stata rinchiusa in una prigione.

Era rimasta in quella cella umida e puzzolente per un mese, vivendo solo con qualche crosta di formaggio ammuffita, un po’ di pane duro e dell’acqua stagnate. Nessuno era venuta a cercarla, perfino a suo fratello era stato negato il permesso di vedertela, gli unici visitatori erano qualche topo e degli scarafaggi attirati più dal cibo che dalla sua compagnia.

Si era rassegnata a morire lì dentro.

Un giorno, quando ormai la sua speranza era solo una luce sfuocata in fondo ad un lungo tunnel buio, la porta della sua prigione si era aperta ed era apparsa lei: Usagi.

Bellissima... vestita di bianco come un angelo e, all’inizio, lei aveva creduto che fosse realmente un angelo. Appena l’aveva vista a terra, rannicchiata in quell’angolo sudicio, era corsa in suo soccorso, sembrava sofferente.

- Cosa ti hanno fatto?- mormorò con un filo di voce accarezzandole la testa.

- Sei un angelo?- aveva chiesto lei con la vista offuscata allo stremo delle sue forze – Sto morendo e sei venuta a prendermi?

Usagi le aveva sorriso... ed emanava un gran calore quel sorriso...

- Sono venuta a prenderti, - confermò lei – ma non stai morendo.

Quello che era successo dopo era solo una serie di immagini sfuocate nella sua mente, dopo qualche settimana Usagi le aveva detto che aveva la febbre molto alta e che aveva delirato per parecchi giorni prima di guarire.

Si ricordava di essersi svegliata in una lussuosa camera, completamente bianca, si era messa a sedere sul letto, Usagi era seduta su una poltrona accanto alla finestra aperta: anche lei dormiva.

Aveva scostato le lenzuola e aveva messo a terra un piede.

- Non dovresti alzarti, - l’ammonì dolcemente una voce dall’ingresso, si era voltata e aveva visto Ami che le sorrideva dolcemente portando con se un vassoio con del cibo e una coperta – sei ancora debole. – le disse avvicinandosi – Mangia qualcosa. – si era voltata verso Usagi e aveva sorriso – Era molto stanca. – le disse avvicinandosi all’amica – Ti ha vegliato tutta notte.

- Perché? – chiese cercando di non abbuffarsi come un animale sui magnifici piatti che aveva davanti al naso – Perché mi ha salvato? Io sono solo un mostro.

- E’ questo quello che pensi? – le domandò Ami stupita.

- E’ questo quello che dicono di me. – rispose lei chinando il capo.

- Per noi non sei un mostro. – dichiarò l’altra ragazza sedendosi a lato del letto – Ci sono altre due ragazze che vogliono conoscerti, vedrai... saremo tue grandi amiche.

E Ami aveva avuto ragione... da quella volta non si erano più separate, Usagi le aveva detto che non temeva la sua parte demoniaca, con l’aiuto di un suo saggio amico, aveva imparato a controllarla al meglio ed a saperla usare.

- Cosa ci fai sveglia?- le chiese una voce alle sue spalle.

Rei, destandosi all’improvviso dai suoi pensieri, si voltò di scatto con un pugnale già stretto nella mano.

- Ehi!- sussultò l’altro alzando le mani al cielo – Sono solo io!

- Jadeite mi hai spaventato. – disse lei rifoderando il pugnale.

- Scusa. – mormorò il generale andando verso i cavalli legati ad un albero.

- Come mai sveglio? – chiese la ragazza seguendolo.

- I cavalli. – rispose Jadeite – Sono irrequieti. – si mise ad accarezzare il muso lungo di uno degli animali e gli sussurrò delle parole nell’orecchio, il cavallo si acquietò all’istante.

Rei sorrise e allungò una mano per accarezzare l’altro cavallo ma, questo sentendo la sua matura demoniaca, si imbizzarrì. Jadeite lo fece calmare all’istante, Rei si morse un labbro e tornò indietro turbata da quanto era accaduto.

Il generale aveva osservato bene Rei in quei giorni, aveva capito quello che nascondeva e aveva visto quanto lei cercasse di sembrare una ragazza normale.

Sussurrò qualche parola agli animali e la raggiunse quasi di corsa.

- Aspetta.

- Perché? – chiese lei arrabbiata – Perché vuoi farmi delle domande? Vuoi sapere perché gli animali mi temono?

- No, non lo voglio sapere... – fece lui pacato – lo so già.

Rei strinse i pugni infuriata.

- Te l’ha detto Usagi? O qualcun’altra?

- L’ho capito da solo.

La ragazza si rilassò un attimo per poi dirigersi verso il fuoco che scoppiettava flaccido nel cerchio di pietre che aveva fatto Nephrite, Jadeite si fermò accanto a lei timoroso di farla arrabbiare ulteriormente.

- Scusami...- mormorò lei con gli occhi fissi sulle fiamme basse- non avrei dovuto alzare la voce con te. Ma questo posto... mi rende più aggressiva, per questo i cavalli mi temono, la mia parte demoniaca si fa sentire ancora di più.

Il generale si sedette accanto a lei.

- Non importa...- le fece con un sorriso gentile – il tuo carattere mi piace molto. Anche quando ti arrabbi.

Rei ringraziò mentalmente quella notte buia, perché era arrossita, aveva quasi la sensazione che le sue guance andassero più a fuoco delle fiamme.

- Sei... sei molto gentile..- balbettò mordendosi un labbro, nessuno era mai stato tanto galante con lei – ma temo che dovresti avere paura di me.

- E perché mai?- domandò il generale sinceramente stupito – Perché hai sangue di demone nelle vene?

Lei annuì solamente fissando il terreno.

Jadeite le sollevò dolcemente il capo costringendola a guardarlo, incatenando i suoi occhi con i propri.

- Jadeite...- mormorò la ragazza con le lacrime agli occhi.

- Per me sei perfetta così. – le sussurrò sulle labbra prima di unirle in un delicato bacio.

Inizialmente Rei voleva opporsi... continuava a dirsi che erano in guerra e che non potevano assolutamente perdersi dietro queste cose. Ma poi ricordò i suoi occhi profondi, i suoi modi gentili e le sue parole dolci... tutto svanì e chiuse gli occhi lasciandosi trascinare da quelle dolci sensazioni che la stavano travolgendo. Incitato dalla ragazza Jadeite intensificò il bacio mentre una mano, sfuggita al suo controllo, stava per intrufolarsi sotto la casacca rossa alla ricerca della sua pelle vellutata.

- No!- fece Rei afferrandogliela per fermarlo. 

- Scusa...- mormorò lui mortificato – non volevo... é stato l’istinto... se non vuoi...

- Non é questo. – rispose lei imbarazzata – Ho... ho una brutta... cicatrice.

- Non ti preoccupare.

Il generale sorrise e unì di nuovo le loro labbra, Rei gli lasciò andare la mano lasciandolo così libero di accarezzarle la pelle. Jadeite non aveva sentito nulla di più fresco e vellutato, era una pelle straordinariamente morbida e liscia. Risalì sul fianco continuando a paragonare la sua pelle con la seta più pregiata, improvvisamente le dita sfiorarono una scia più ruvida, grossa almeno due centimetri. Rei si irrigidì tra le sue braccia, smettendo di baciarlo, ma lui non la lasciò andare e continuò a risalire sulla cicatrice. Era veramente grossa, partiva da metà fianco fino ad arrivare al seno, segnando anche parte della schiena, era ruvida, sporgente e calda come se bruciasse in continuo... poteva solo immaginare il dolore che a volte tormentava quella ragazza.  Iniziò a provare odio per quel demone che l’aveva marchiata per sempre.

Guardò la ragazza con infinito amore... era strano che un sentimento così forte potesse nascere in quella situazione e in così poco tempo, ma lui era certo di quello che provava.

- Lo ripeto Rei, - le disse abbracciandola più forte – sei perfetta.

La ragazza gli sorrise, due grosse lacrime le solcarono le guance e appoggiò la testa sulla spalla dell’uomo.

- Grazie Jadeite.

 

***

Usagi uscì dalla tenda che era ancora l’alba, dormivano tutti, erano troppo stanchi dal viaggio per alzarsi presto ma non era importante. Non c’era ombra di demoni e potevano anche permettersi il lusso di viaggiare lentamente. 

Si sedette ai piedi di un albero a contemplare il cielo violetto e i pochi raggi del debole sole mattutino che lottavano contro le dense nubi per uscire allo scoperto.

- Buongiorno. – fece Mamoru in quel momento, era seduto proprio dall’altra parte dell’albero – Già sveglia?

- Non sono una gran dormigliona. – ammise lei che non si era accorta che non era sola quella mattina – Non quando sono in viaggio almeno. – aggiunse subito dopo con lieve sorriso divertito – E tu?

- Non ho bisogno di dormire a lungo... qualche ora mi basta.

- Capisco.

Seguì un lungo silenzio, entrambi stavano meditando sulle loro posizioni, sulla guerra, su quello che sarebbe successo poi.

- Usagi...- fece Mamoru dopo averci riflettuto molto a lungo – mi stai nascondendo qualcosa?

La ragazza non si mosse, aveva capito che tipo era Mamoru e si aspettava questa domanda prima o poi.

- Non ti piacciono i segreti?

- Non mi piace esser preso in giro. – rispose lui serio.

- Io non ti sto prendendo in giro. – fece lei – quello che Dovevi sapere sul Regno Argentato io te l’ho detto.

- Su di te non mi hai detto nulla però.

- Su di me non c’é nulla di interessante da dire Mamoru. –tagliò corto lei.

- Perché le altre obbediscono ai tuoi ordini?

- Io non ordino... do solo delle indicazioni, se vogliono mandarmi a quel paese possono farlo benissimo e, credimi, non sarebbe la prima volta. Siamo amiche non un gruppo di soldati come voi.

- Io vorrei sapere qualcosa di te... cosa facevi nel regno, la tua famiglia i tuoi sogni. Perché tieni così tanti segreti? Non avresti problemi a dirmi tutto se non nascondessi qualcosa di grosso.

- Tu non hai segreti Mamoru? – domandò fredda Usagi – Non nascondi qualcosa anche ai tuoi amici?

Lui non rispose, restò fermo a fissare il terreno mordendosi un labbro.

- Hai visto?- disse lei beffarda – Avevo ragione. – si alzò e si incamminò verso la sua tenda.

 

Ciao a tutte!

Ecco qui il primo cap della settimana.

Ora sto lavorando di più sul rapporto delle Inner con i generali prima di rivelarvi il mistero che circonda Usagi e Mamoru.

Beh ditemi che ve ne pare!

Un bacio!

Elena

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Più lentamente del previsto il gruppo si stava avvicinando alla fine della foresta. Ci erano voluti tre giorni in più visto le numerose fermate ma ne era valsa la pena. Il gruppo si era unificato bene, i generali e le ragazze andavano molto d’accordo solo Usagi e Mamoru sembrano freddi l’uno con l’altra.

- Secondo te perché si comportano così? – fece Ami a Minako che, tra tutte, era quella che conosceva da più tempo la loro leader.

- Usagi è strana… - rispose lei alzando le spalle – lo è sempre stata.

- Sì, ma devi ammettere che, da quando sono arrivati i ragazzi, lei è taciturna e triste. Non è la solita Usagi.

Minako si morse un labbro pensierosa.

- Non so Ami… forse è solo tesa perché torniamo a casa.

- Può darsi. – ammise la ragazza non del tutto convinta.

- Ah io non vedo l’ora di tornare nel Regno Argentato. – sospirò Makoto con sguardo sognante – Vi cucinerò tutti i nostri piatti. – annunciò a tutti.

- Io ho voglia di mangiare tanta di quella cioccolata fino a scoppiare!- ammise Rei con sguardo famelico.

- Io vorrei tornare nelle biblioteche del castello… ho ancora un sacco di studi da compiere. – echeggiò Ami con un sospiro.

- Io vorrei solo entrare nelle terme e concedermi un lungo bagno caldo e rilassante… con un sacco di sali profumati e la schiuma alta fino al soffitto. – finì Minako pregustandosi già il momento.

- Ci fermiamo qui. – ordinò Mamoru – Un paio d’ore, giusto per mangiare e cacciare qualcosa. Il villaggio più vicino é a due settimane di cammino.  Nephrite tu occupati della caccia.

- Anche tu Makoto. – echeggiò Usagi scendendo da cavallo – Ci pensiamo noi a cucinare. Minako tu vai in perlustrazione più avanti, non voglio un branco di demoni a darci il benvenuto appena usciremo dalla foresta.

- Corro!- fece la ragazza bionda saltando sul primo ramo e iniziando ad arrampicarsi.

- Noi andiamo?- chiese Nephrite a Makoto.

- Ok. – rispose l’altra prendendo la sua arma e seguendo il generale.

 

***

Nephrite stava osservando le orme di un cinghiale bello grande, Makoto, invece, gli copriva le spalle da eventuali pericoli.

Era bello poter condividere la caccia con Nephrite, di solito lei lo faceva da sola visto la sua forza, lui non le aveva mai fatto pesare il fatto che fosse molto più forte rispetto alle altre, non l’aveva mai chiamata donnona come amavano fare i burberi mercanti del Regno.

Lei sapeva esattamente quello che gli altri potevano dire di lei: una ragazza rimasta orfana fin da piccola, non aveva fratelli o sorelle con cui crescere ed era stata affibbiata ad un vecchio zio fabbro. Era cresciuta tra fucine e martelli, incudini e ferri roventi, a dieci anni sapeva già lavorare l’argento e non c’era da stupirsi se risultava molto più forte rispetto alle sue coetanee.

Il suo carattere litigioso, la sua mole e vari altri difetti del suo carattere non l’avevano resa la donna più gettonata del Regno Argentato. Sapeva perfettamente che il suo modo di fare invece di attirare gli uomini, gli faceva allontanare spaventati.

Fino a quando, a diciassette anni, non si era presentato un giovane ragazzo biondo e con due grandi occhi azzurri nella bottega di suo zio per chiedere un’urgente riparazione al suo scudo.

Suo zio non era in negozio, era partito per comprare dei nuovi attrezzi, lei aveva preso lo scudo rotto e, sotto lo sguardo stupito del giovane, l’aveva riparato con due colpi di martello.

Lucas non era originario del Regno ma arrivava dalle terre oltre il mare, si era trasferito per servire la Regina nel suo potente esercito quando ancora Xazumi era solo una minaccia lontana.

Lui la faceva ridere e non l’aveva mai derisa per la sua stazza, aveva iniziato a frequentare la bottega ogni volta che gli si rompeva qualcosa, spesso aveva sospettato che li rompesse di proposito solo per vederla.

Era sempre stato molto dolce e premuroso e, per una come lei non abituata a tutte queste attenzioni da parte di un ragazzo, innamorarsi era stato molto semplice.

Lui si era dichiarato dopo qualche tempo, erano felici, molto innamorati, desiderosi di costruire una famiglia.

Ma poi tutto fu distrutto.

L’insaziabile sete di potere di Xazumi aveva raggiunto i confini del Regno e Lucas, assieme a tutti gli altri soldati, era stato mandato a combattere. Le aveva promesso che sarebbe tornato presto, che la guerra non avrebbe distrutto i loro sogni, che, quando sarebbe tornato a casa, si sarebbero sposati all’istante.

Le aveva mentito.

Quando il messaggero aveva bussato alla sua porta fu come se il tempo si fosse fermato all’istante. Il suo cuore aveva smesso di battere nel momento in cui le avevano dato lo scudo del suo uomo, lo stesso scudo che aveva riparato lei qualche tempo prima.

Ma, come era suo solito fare, non aveva mai dato segni di cedimento. Aveva organizzato un modesto funerale, aveva sistemato ogni cosa, preparato perfino un rinfresco per tutti quelli che erano venuti a condividere il suo dolore.

Ma il suo dolore non era condivisibile, no... nessuno poteva anche solo lontanamente immaginare quanto soffrisse dentro, quando si sentisse inutile e sola, quanto avrebbe voluto farla finita.

Si era rinchiusa nella sua bottega e aveva iniziato a lavorare, sfogava la sua rabbia con i pezzi di metallo da modellare, continuava a martellare senza sosta, senza preoccuparsi della sua salute. Giorno e notte fino a quando avrebbe sentito ancora quel dolore.

Erano passati tre giorni... lei non dava segni di cedimento e Usagi era entrata nella bottega assieme alle altre.

- Adesso basta Makoto. – l’aveva sgridata avvicinandosi.

- Vuoi ammazzarti?- le chiese Ami anche lei visibilmente irata per il suo comportamento.

- Andatevene via. – sibilò continuando a lavorare imperterrita – Lasciatemi in pace.

- Makoto ti prego...- l’aveva supplicata Usagi – io ti capisco...

- NO!- urlò furibonda lanciando il martello dall’altra parte del locale – Tu non capisci un bel niente!

Usagi fece un passo indietro spaventata dalla sua ira e lei si era sentita immediatamente incolpa per la sua aggressione.

Aveva conosciuto Usagi quando avevano tredici anni, Minako si serviva di suo zio per fabbricare la catena che usava ora, diceva che solo lui poteva saldare le piccole maglie d’argento così bene. Restava ore ad osservarlo mentre lavorava minuziosamente alla sua arma. Un pomeriggio venne anche Usagi, curiosa di conoscere l’uomo che stava realizzando un piccolo sogno della sua amica e dietro di loro, c’era una timida ed imbarazzata Ami che volva studiare il metodo con cui lavorava: era rimasta colpita dalla finezza delle saldature e dalla loro incredibile resistenza.

Avevano parlato tutto il pomeriggio, mentre suo zio lavorava senza sosta, quando aveva preparato a tutte una gustosa merenda, Usagi l’aveva osannata per le sue incredibili qualità culinarie. Usagi la rispettava, le diceva in continuo che la invidiava per la sua incredibile forza, facendola arrossire ogni volta.

Da quel momento erano sempre state molto amiche, si confidavano su tutto, spesso si incontravano la sera per magiare tutte assieme e sapeva che poteva contare sul loro appoggio in qualsiasi situazione. 

- Non me la prendo perché so che sei furiosa. – le fece Usagi pacata.

- Io non sono furiosa! – urlò voltandosi si scattò verso la parete – Sono disperata! Ora io... io cosa faccio da sola?

Ci fu un lungo silenzio, poi Usagi si avvicinò a lei e l’avvolse in caldo abbraccio.

- Ci siamo noi... – le aveva mormorato all’orecchio stingendola forte – Makoto non sei sola... non lo sei mai stata.

Fu allora che la sua disperazione uscì allo scoperto, scoppiò a piangere mentre anche tutte le altre erano andate ad abbracciarla per infonderle un po’ di conforto, per farle capire che erano tutte insieme.

La voce roca e calda di Nephrite la fece uscire dai suoi ricordi, dolorosi e piacevoli nello stesso tempo.

- Eh?- gli domandò con lo sguardo vuoto.

Il generale sorrise divertito, quella Makoto era molto carina, sembrava forte ma dentro di se racchiudeva una grande fragilità. Gli aveva raccontato vagamente la sua storia e aveva visto come quello sguardo, sempre luminoso e sorridente, si era velato di lacrime nel momento in cui riemersero quei tristi ricordi.

- Ti ho detto guarda qua. – ripeté tirandola per un braccio e facendola avvicinare.

Non era la prima volta che si stupiva di fronte alla grande forza del soldato, e, come se non bastasse, stare accanto a lui la faceva sentire piccola ed indifesa... cosa che non era mai successa nella sua vita.

- Cos’hai visto?- domandò lei osservando il terreno fangoso - Due impronte di cinghiale... – valutò tastando la terra – sono piuttosto fresche... se li prendiamo avremo da mangiare a sufficienza fino all’arrivo del villaggio.

- Non intendevo quelle...- specificò lui – guarda più in là.

Makoto socchiuse gli occhi mettendo a fuoco un fiore.

- Una violetta?- chiese curiosa.

- Le viole sono tra i fuori più strani della natura... fuori così aggressive con il loro colore acceso, eppure sono i fiori più delicati di questa terra.

- Nephrite... cosa...

- Ti sto paragonando ad una viola Makoto. – le spiegò in un orecchio facendola arrossire copiosamente.

La ragazza si alzò di scatto... erano passati quasi cinque anni da quando Lucas era morto e, da allora, non aveva più amato nessuno.

Non era neppure certa di riuscire ad amare qualcuno.

- Nephrite...- mormorò con un filo di voce – io.. non... non... so... – la voce le si fermò in gola mentre le lacrime scendevano da sole lungo le sue guance.

- Qualcosa non va?- chiese il generale alzandosi, preoccupato per quello sfogo improvviso.

- Tu consoci la mia storia... sei il primo a cui l’ho raccontata, io... ho sofferto, moltissimo... non posso permettere a Xazumi di portarmi via ancora qualcuno a cui tengo tantissimo. Non posso sentire ancora tutto quel dolore Nephrite, non sono forte a sufficienza.

Nephrite la fece voltare e le mise le mani sulle spalle.

- Non devi preoccuparti...- le disse dolcemente – Xazumi non potrà farmi nulla e non devi neppure esser forte: lo sarò io per entrambi.

Makoto lo guardò stupita... nessuno le aveva mai parlato così... neppure Lucas.

- Sei un tesoro. – mormorò abbracciandolo – Sei un vero tesoro. 

Mentre continuavano a stringersi Makoto individuò altre impronte poco lontane da quelle del cinghiale.

- Oh no...- mormorò spalancando gli occhi – com’é possibile?

La ragazza sciolse dal suo abbraccio Nephrite e si avvicinò alle nuove tracce.

- Makoto...- fece il generale avvicinandosi a lei – cosa succede?

- Guarda. – fece lei passandogli un ciuffo di pelo ispido di uno strano color grigio topo.

- Non é possibile...- fece l’altro osservando il ciuffo di peli – siamo nel territorio dei lupi mannari.

 

Ecco qui un’altra coppia... Makoto e Nephrite!

Ammetto che sono i più difficili da descrivere, entrambi hanno due caratteri molto forti... non é stato facile, ce l’ho messa tutta! Spero che sia buono come gli altri...

Al prossimo cap... che é già ben definito nel mio cervellino... quindi, se tutto va bene, dovrei riuscirlo a posare già domani mattina appena arrivo in ufficio!

Ringrazio tutti vuoi che leggete e commentate!

Siete uniche!  

Un bacio!

Elena

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


 

Usagi stava litigando con i due pezzetti di legno che stava sfregando tra di loro da qualche minuto.

- Perché questo fuoco non vuole accendersi? – urlò esasperata mettendosi le mani tra i capelli.

- Provo io. – fece Kunzite prendendo i legnetti.

- Guarda che stai sbagliando, - lo corresse Zoisite osservando il lavoro del compagno– devi sfregarli dall’alto vero il basso.

- Non ho chiesto il tuo parere sapientone. – sbuffò offeso l’altro generale dandogli le spalle.

Continuò a strofinare per qualche minuto poi apparve una debole fiamma.

- Hai visto Zoisite! – gridò trionfante – Altro che tecnica e studio.. é solo un fattore di polso e determinazione! – purtroppo per lui la fiamma si spense pochi secondi dopo facendo sorridere tutti i presenti.

Zoisite strappò i legnetti dalle mani dell’amico e li strofinò un paio di volte, immediatamente il fuoco prese a scoppiettare alto nel cerchio di pietre.

- Dall’altro verso il basso. – ripeté Zoisite osservando Kunzite mentre arrossiva imbarazzato.

- Sapientone...- borbottò l’altro gettando dei rametti secchi nel fuoco.

- SPEGNETE IL FUOCO!- urlò in quel momento Nephrite uscendo di corsa dalla boscaglia – SPEGENTE QUEL MALEDETTO FUOCO!

Mamoru prese la sua sacca dell’acqua e la versò sopra le fiamme.

In quel momento arrivò Makoto, stremata ed ansimante.

- Makoto?- corse Usagi scossa – Cosa sta succedendo.

La ragazza stava prendendo fiato, piegata in avanti con le mani appoggiate alle gambe.

- MAKOTO!- urlò Usagi spazientita – Cosa diavolo sta succedendo?

- Siamo... siamo nel territorio dei Lupi Mannari... – rispose l’altra cercando di riprendere più fiato possibile – Il fuoco li attira.

- Ami? – urlò Usagi voltandosi verso l’amica.

- Non c’erano segni di Lupi Mannari, - cercò di giustificarsi la ragazza – non... potevamo immaginare...

- E’ inutile arrabbiarsi ora. – fece Mamoru – Il fuoco é stato acceso per poco... probabilmente non hanno fatto in tempo a...

Il grottesco ululato di un lupo gli fece morire le parole in gola.

- Perfetto...- mormorò sarcastica Usagi correndo verso la tenda e prendendo le spade- un incontro ravvicinato con i lupi mannari ci mancava.

Uscì dalla tenda con le due katame strette in mano, non era abituata a combattere con entrambe ma in uno scontro con i lupi mannari le serviva più forza possibile.

- Dobbiamo andatecene da qui!- fece Mamoru mentre si guardava attorno.

Tutti erano pronti a lottare.

- No, - rispose lei – Minako... dobbiamo aspettarla.

Usagi fece un passo in avanti verso la boscaglia più fitta.

- Usagi!- gridò Mamoru – Non farlo!

- Un istante! – rispose la ragazza alzando lo sguardo verso i rami – Minako!- urlò a pieni polmoni sperando che le orecchie tese della sua amica potessero captare anche il più misero e debole suono – Siamo nei guai! Torna indietro!

Mamoru fissava ostinatamente Usagi, non poteva permettersi che qualcuno le facesse del male, avevano ancora molto su cui discutere. Improvvisamente due puntini gialli si illuminarono dietro un cespuglo accanto alla giovane spadaccina.

- Usagi attenta!

Troppo tardi: un lupo mannaro alto un paio di metri e con il pelo color terra bruciata saltò fuori dai cespugli, Usagi riuscì a parare il colpo con uno delle sue spalle e a ferirlo alla zampa. Tutti stavano per andare in soccorso della ragazza ma altri lupi li circondarono, Mamoru era il primo che desiderava aiutare Usagi, ma stava combattendo contro due Lupi Mannari alla volta e gli altri non erano da meno. Ami riusciva a scoccare due frecce alla volta, ma la pelle dura di quelle creature riusciva a parare gran parte del colpo lasciandoli così solo feriti, Makoto e Rei erano quelle che riuscivano ad ucciderli al primo colpo ma Rei aveva solo a disposizione quattro pugnali e due li aveva già lanciati verso quegl’esseri. Gli altri avevano a disposizione una spada ma il nemico era molto agile, assetato di carne fresca e molto forte, tutti facevano fatica a deviare i loro colpi, Nephrite e Jadeite era già feriti anche se solo leggermente.

Con un urlo Mamoru si scagliò sul primo lupo mannaro colpendolo a morte, con il secondo ci fu una lotta più dura ma riuscì, comunque, ad averla vinta.

Invece Usagi sembrava avere delle grosse difficoltà... la creatura era troppo forte per lei, una delle due spade era stata gettata da una parte, sembrava quasi spaventata da tanta brutalità.

Mamoru si mosse per andare in suo soccorso quando una altro lupo gli si parò davanti.

- Dove credi d’andare umano?- ringhiò la creatura con la sua voce roca mostrando i lunghi canini sporchi di sangue.

- Voi parlate...- mormorò il comandante incredulo.

- Certo che parliamo bocconcino...- fece l’altro venendo avanti – é solo che, di solito, noi vi uccidiamo prima. Le parole induriscono la carne.

- Cosa volete? – domandò il capitano stringendo ancora di più la stretta attorno all’elsa dalla spada – Perché quello vuole Usagi?

- La ragazza è carne pregiata…- biascicò l’essere leccandosi il muso peloso – sarà la cena del nostro capo.

Mamoru socchiuse gli occhi… e si scagliò contro la creatura.

Usagi cerava di lottare con tutta la sua forza ma non aveva mai affrontato un essere tanto forte e combattivo.. i demoni erano agili e ma molto stupidi… era più semplice metterli fuori gioco.

- Ragazzina…- fece il Lupo Mannaro schivando l’ennesimo colpo – smettila di agitarti… perdi il tuo sapore.

- Non è nei miei piani diventare la tua cena. – fece scagliando un altro colpo – Dovrai trovare qualcun altro con cui saziare il tuo appetito.

Era stremata… le braccia e le gambe le tremavano per lo sforzo e le gli altri stavano ancora lottando.

- Minako dove diavolo sei?- fece un passo indietro ed inciampò nella radice sporgente di un albero.

Cadde all’indietro, con una zampata la creatura le scagliò lontano la spada facendola conficcare nel terreno.

- Usagi!- urlarono le sue amiche vedendola in difficoltà.

Usagi si voltò cercando di scappare ma il Lupo riuscì a tirarle una zampata aprendole tre profondi tagli sulla schiena. La ragazza aprì la bocca per urlare ma il dolore era così forte che le aveva bloccato il fiato nei polmoni, sentiva la carne lacerata sulla schiena, il suo sangue scorrerle lungo la spina dorsale, la vista le si era offuscata per un attimo e, ne era certa, il Lupo Mannaro non si sarebbe fermato a qualche taglietto.

Si allungò cercando di afferrare una pietra ignorando il bruciore immenso delle ferite e il dolore che ogni movimento le provocava.

- Sei morta!- ringhiò la creatura pronta per il colpo finale.

Dai rami di un albero la catena di Minako partì veloce, andando ad attorcigliarsi attorno al collo della creatura. Il lupo ringhiò sorpreso per quell’attacco inaspettato, la guerriera scese dall’albero con un saldo, la catena era ben ferma nelle sue mani.

- Non osare toccarla!- urlò con uno sguardo di fuoco.

- Stupida ragazzina… sei morta!

- No, - rispose Minako dando un colpo deciso alla catena – tu sei morto!

Si sentì un potente crack e il muso dell’animale girò su se stesso spezzando l’osso del collo. La carcassa della bestia cadde a terra con un tonfo sordo, gli altri lupi ringhiarono nel vedere il loro capo a terra morto ma scapparono non volendo fare la stessa fine.

Minako e gli altri corsero immediatamente verso Usagi ancora riversa a terra, il sangue usciva copiosamente dalle sue ferite, tremava e cercava di reagire.

- Calmati. – fece Ami osservando i tre squarci che gli artigli del lupo avevano aperto – Dobbiamo disinfettare queste ferite. – disse subito bisogna fare qualcosa alla svelta.

Mamoru sollevò Usagi preoccupato, era pallida, fredda e tremava scossa dagli spasmi del suo corpo dolorante.

- Stai calma Usagi, - le disse cercando di sembrare ottimista – Ami e Zoisite ti rimetteranno in sesto in pochi minuti.

- Lo… lo so…- balbettò lei con un gemito soffocato – grazie Mamoru.

 

***

Era una fallita… debole, stupida, inutile fallita…

Aveva un solo compito, uno solo, e aveva fallito come la persona più inetta di questo mondo.

Aveva giurato, sulla tomba del padre di continuare il suo lavoro, aveva promesso che non le sarebbe mai successo nulla, invece Usagi aveva quasi rischiato di morire.

La sua amica più cara, la sua più preziosa alleata, l’unica che riusciva a capirla solo con lo sguardo aveva rischiato di morire perché lei non era stata capace di fare il suo lavoro: proteggerla.

Ricordava quando erano piccole, si conoscevano da quanto erano nate, erano sempre state insieme… non aveva mai capito bene il motivo. Usagi si era sempre dimostrata disponibile ed altruista, buona con tutti e pronta a sostenere le sue idee bizzarre.

Non c’era stata volta in cui non l’avesse sostenuta in qualche suo folle piano, aveva sempre fatto il tifo per lei, sapeva che avrebbe, per sempre, sostenuto ogni sua mossa. Quando le aveva confidato quello che voleva fare non aveva esitato un attimo, l’aveva seguita ben sapendo che era l’unico modo per aiutare il Regno, sapeva che era rischioso, sapeva che poteva morire ma non aveva mai avuto ripensamenti sulla sua decisione.

Usagi era la sua famiglia.

Quando erano piccole e lei non riusciva a dormire: Usgai era lì.

Quando si impuntava di chiedere ad un ragazzo di uscire: Usagi era lì.

Quando si allenava sotto la pioggia senza sosta solo perché non credeva di esser abbastanza forte: Usagi era lì.

Quando era morto suo padre: Usagi era lì.

E il suo ringraziamento è stato quello di lasciarla sola quando aveva più bisogno di lei.

Ora stava nella tenda di Ami, per tutta l’ora seguente l’attacco Ami e Zoisite l’avevano medicata, le avevano disinfettato le ferite e le avevano dovute cucire per poter evitare l’infezione. Usagi aveva stretto la mano di Mamoru, mentre Ami suturava i tagli lei non disse nulla, restava ferma con gli occhi chiusi e le labbra serrate fino a falle diventare bianche come la sua pelle. Mamoru ricambiava la stretta quasi volesse dividere con lei il dolore che sentiva, le accarezzava la nuca con l’altra mano sussurrandole parole di conforto.

Lei non aveva detto nulla… ogni tanto le sfuggiva un gemito strozzato ma non si era lamentata, aveva sopportato in silenzio con le calde lacrime che scendevano dai suoi occhi chiusi.

Non era riuscita a restare fino alla fine… si sentiva una sciocca, si sentiva così in colpa… come aveva potuto non accorgersi dei Lupi Mannari?

Kunzite uscì dalla sua tenda, quella battaglia aveva scosso tutti perfino Mamoru. Usagi si era sempre dimostrata forte, ora era debole tanto quanto le persone che tentavano di salvare da Xazumi.

Si guardò attorno e subito vide la giovane Minako che lanciava rabbiosamente la sua catena verso un tronco d’albero, sfiorandolo solo di lato senza mai colpirlo realmente.

Lei era quella che era rimasta più scossa dall’accaduto, aveva capito che il legame che univa le due ragazze era saldo quanto quello che univa lui con Mamoru.

Capiva benissimo la rabbia che doveva provare in quel preciso istante.

Si avvicinò a lei che sembrava non averlo sentito, tirava la catena verso il tronco, poi la bloccava a metà strada e con uno strattone la faceva tornare indietro per afferrarla al volo, un allenamento rabbioso, quasi liberatorio.

- Ne vuoi parlare?- le chiese continuando a studiare i movimenti rabbiosi di lei.

- Vattene! – gridò Minako senza distogliere lo sguardo dalla sua arma.

- No, non me ne vado… fermati Minako!

L’ultimo colpo della ragazza andò dritto contro un grosso ramo spezzandolo in due come se fosse il più fragile grissino, la catena si arrotolò sul ramo e si impigliò.

Minako imprecò sotto voce e andò a liberarla da quel groviglio.

- Hai visto cos’hai fatto?- domandò furiosa saltando sul ramo e iniziando a disincastrarla.

- Hai fatto tutta da sola. – l’ammonì il generale guardandola dal basso.

- Mi hai tolto la concertazione.

Dopo pochi minuti riuscì a liberare la catena e tornò giù con un salto.

- Vattene Kunzite…- disse Minako in malo modo – ho da fare.

- Prendertela con un albero non placherà la tua ira. – cercò di farla ragionare lui – Smettila di comportarti come una ragazzina.

- Tu non capisci… se non sono riuscita a proteggerla ora come potrò fare quando dovrò combattere contro il vero esercito di Xazumi? Sono debole, sono solo una fallita.

- Non sei una fallita… facciamo tutti degli errori… e nessuno è riuscito a proteggere Usagi da quel mostro. Le tue amiche si sentono in colpa come te.

- No,- fece Minako con un sospiro – non come me… tu non puoi capire Kunzite, lasciami da sola.

- No. – ribatté deciso il generale.

- No?

- No. – ripeté con più convinzione.

- In questo caso…- Minako lanciò la catena contro il generale che riuscì a spostarsi di lato per schivare il colpo – non voglio fati del male Kunzite… e te ne farà se proverai a lottare contro di me. – finì con un sibilò minaccioso.

Il generale ghignò e si tolse la giacca restando a petto nudo:

- Vogliamo scommettere? – chiese sfoderando la sua spada – Lotta contro di me.

- La guerra non è tra di noi. – fece lei facendo roteare la catena sopra la testa – Non farti pregare… lasciami stare…

- Vediamo cosa sai fare mezza elfa… - la schernì lui con un sorriso beffardo – o devo pensare che sei una codarda?

Minako non ci vide più dalla rabbia, scagliò la sa catena che avvolse immediatamente la lama del soldato, uno strattone forte e la spada gli venne strappata delle mani e scagliata lontano. Ma Kunzite non si dava per vinto molto facilmente, quando Minako lanciò di nuovo la catena lui la fece arrotolare sul braccio teso, poi l’afferrò e gliela strappò dalle mani: ora erano disarmati entrambi.

Iniziò una lotta corpo a corpo, Minako lanciava calci e pugni prontamente schivati dal generale coi capelli argentati. Quando la vide barcollare un attimo stanca, ne approfittò per afferrala e sollevarla di peso, facendola poi cadere a terra. Minako rimase interdetta da quel colpo, non le aveva fatto male… eppure era riuscito a stenderla. Restò a terra con le braccia aperte, gli occhi chiusi cercando di riprendere fiato: era sfinita.

- Ti sei sfogata ora?- le chiese Kunzite anche lui esausto, aveva il viso in fiamme e stava ansimando.

La ragazza odiava ammettere una sconfitta e, con quelle poche forze che le erano rimaste, tirò un calcio all’altezza delle caviglie del soldato facendolo cadere nella sua stessa posizione accanto a lei.

Ora erano entrambi a terra, braccia spalancate, ansimanti, entrambi esausti, sudati e senza fiato.

Con una mossa fulminea Minako salì sul corpo di Kunzite bloccandogli le braccia.

- Ti… ho… atterrato…- gli disse con il fiato corto.

Kunzite la osservò per qualche minuto… i lunghi capelli d’orati le ricadevano davanti al viso sfiorandogli il petto in una sensuale carezza, la pelle era sudata e lucida, il petto su alzava velocemente al ritmo del suo respiro, la canottiera nera che indossava era diventata così aderente da sembrare una seconda pelle, la lotta aveva reso il suo viso rosso, i suoi occhi luminosi e le sue labbra socchiuse così dannatamente invitanti…

Con un ultimo sforzo riuscì ad invertire le posizioni, trovandosi il fragile corpo di Mianko sotto il suo.

Tutto ciò non faceva che aumentare la sua eccitazione.

- Non mi è mai piaciuto stare sotto una donna. – le disse con un sorriso malizioso.

- Sei così orgoglioso che non accetti che una donna ti abbia sconfitto. – disse lei cercando di sembrare minacciosa ma il luccichio nei suoi occhi tradiva le sue idee.

- Ora ti tapperò quella bocca insolente.  – e il bacio che le diede era famelico, rispecchiava l’eccitazione repressa in quei giorni di viaggio, un intreccio di forza e desiderio che, ben presto, lasciò entrambi senza fiato.

- Baci bene. – sorrise Minako passandosi la lingua sulle labbra rosse.

- Anche tu. – confermò il soldato prima di unire di nuovo le loro bocche.

 

***

Usagi stava riposando nella sua tenda, accanto a lei Mamoru non la perdeva di vista un attimo.

Era crollata poco dopo che Ami e Zoisite avevano finito di curarla, con un filo di voce aveva detto a tutti di andarsene a riposare, che non c’era bisogno che tutti restassero lì ad osservare quanto fosse patetica. Si stava per alzare anche lui quando Usagi gli aveva afferrato una mano e l’aveva pregato di restare.

Non aveva potuto dirle di no.

Si era addormentata quasi subito stremata ma non aveva avuto il coraggio di lasciarla da sola.

Sembrava così debole, pallida, tremante, il suo sonno era agitato e continuava a delirare.

- Non posso..- mormorò con un filo di voce dimenandosi tra le coperte – non voglio farlo… - Mamoru socchiuse gli occhi cerando di capire quelle frasi – non potete obbligarmi… no…

- Usagi…- sussurrò lui scostandole i capelli dalla fronte sudata – chi sei tu in realtà?

 

 

*sospiro estasiato* quanto sono belli Minako e Kunzite...sono la mia coppia preferita dopo Usagi e Mamoru.

Ecco qua il capitolo che vi avevo promesso... un po’ in ritardo ma é arrivato lo stesso sano e salvo.

Come al solito, donnine e omini miei, aspetto i commenti.

Un bacio

Elena.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


 

Usagi aprì pigramente gli occhi, doveva esser mattina presto perché non sentiva nessun suono fuori dalla tenda e la luce che si intravedeva era ancora molto debole. Sentiva la schiena andarle a fuoco e pulsare, i punti che Ami le aveva messo prudevano e tiravano la pelle che si stava cicatrizzando in fretta grazie ad un disinfettante speciale che avevano comprato in un villaggio qualche tempo fa.

Aveva dormito a pancia in giù tutta notte, senza muoversi, il suo corpo era totalmente indolenzito, si sentiva uno schifo... sarebbe volentieri rimasta in quella branda per tutta la settimana seguente ma non era prudente, i Lupi Mannari potevano essersene andati ma potevano benissimo tornare a cercarli.

Con uno sforzo si girò di lato mordendosi il labbro inferiore ogni volta che la schiena le lanciava fitte dolorose.

Si guardò attorno per quanto le fosse possibile: non c’era nessuno.

Lentamente e cercando di non urlare ogni volta che la pelle tirava più del dovuto, si mise a sedere, la coperta che l’avvolgeva cadde sulle gambe lasciandola solo con le bende che le coprivano il busto.

Dopo l’attacco di quell’essere aveva vari ricordi frammentati di quello che era accaduto, ricordava il dolore lanciante alla schiena, Ami e Zoisite che la curavano e la voce calda di Mamoru che le sussurrava che andava tutto bene, che presto sarebbe finito. Le aveva stretto la mano, l’aveva incoraggiata, ricordava il suo viso pallido, il terrore nei suoi occhi quando aveva visto le sue ferite… era stato tanto dolce e… così caro.

Smettila di pensare a lui!

Perché pensava a Mamoru?

Perché sei una sciocca! Credi sul serio che lui possa anche solo, lontanamente, pensare a te?

Però, quando gli aveva chiesto di restare, lui non aveva fatto obbiezioni, aveva vegliato sul suo sonno…

E ora dov’è? Ti ha abbandonato… non puoi pensare a Mamoru! E, anche se pensassi a lui, non è importante… la tua strada è già segnata ricordi?

Usagi si tappò le orecchie con le mani cercando di far azzittire quella voce.

Non puoi farmi stare zitta! Io so tutto di te… io so quello che ti aspetta quando tornerai a casa! E perderai Mamoru perché lui non è come te…

- Basta!- mormorò la ragazza scuotendo il capo, quasi come se volesse far uscire quella voce dalla sua testa – Basta!

Non puoi fuggire in eterno… il tuo destino non lo si può cambiare… Usagi… scappa finché vuoi ma io verrò sempre a cercarti. 

- ADESSO BASTA! – urlò con le lacrime agli occhi.

Un’ombra si mosse dietro l’entrata della tenda, i lembi verdi furono spostati e Mamoru entrò quasi di corsa.

- Usagi…- fece vedendola alzata – cos’è successo?

La ragazza scosse lievemente il capo con un sorriso tirato:

- Un brutto sogno Mamoru… tutto qui…

Il soldato alzò un sopracciglio non del tutto convinto, Usagi continuava a stuzzicare la sua curiosità, era ansioso di sapere qualcosa di lei e, come se non bastasse, quella strana sensazione di averla già incontrata tanto tempo fa continuava a tormentarlo.

- Ehi..- fece lei notando solo ora il fagotto che il ragazzo teneva in mano – cos’hai lì?

- Eh?- fece lui soprapensiero spostando lo sguardo dalla ragazza alle sue mani – Oh.. nulla di particolare… ero uscito per prenderti qualcosa con cui fare colazione. Un po’ di pane dolce e un po’ d’acqua.. credo che, per ora, non possiamo permetterci di più.

Usagi sorrise grata, Mamoru aveva detto che era uscito qualche minuto, questo voleva dire che aveva vegliato su di lei tutta notte, il suo personalissimo angelo custode.

- Non ci sono stati attacchi nella notte? – domandò mentre prendeva il fagotto e lo apriva sulle sue gambe.

- No, credo che Minako, uccidendo il capo dei lupi, abbia sciolto l’intero gruppo.

- Bene… - fece lei addentando un panino dolce – partiremo in tarda mattinata.

- Cosa?- domandò Mamoru confuso – Non puoi viaggiare… sei ferita… resteremo qui, almeno fino a quando non riuscirai a cavalcare da sola.

Usagi scosse il capo.

- Questo posto non mi piace, voglio andarmene dalla foresta e, se rimuoviamo veloci, saremo fuori da qui per sera. Non dovremmo temere nulla… e poi l’unguento che ha preso Ami da quella erborista è portentoso, non mi fa più tanto male.

Bugia bella e buona… non se la sentiva di riprendere il viaggio così presto ma era anche vero che odiava quella foresta, voleva andarsene e se il prezzo da pagare era un po’ di dolore era disposta a pagarlo senza troppi ripensamenti.

Mamoru era ammirato da tale forza ma continuava a pensare che fosse una stupidaggine.

- Usagi… due giorni… aspettiamo solo due giorni. Faremo dei turni di guardia, non rischieremo un altro attacco.

- No, Mamoru… voglio andarmene… e so che lo vuoi anche tu. Tutti lo vogliamo… questo posto è strano.

Il comandante sfuggi un sorriso divertito.

- Perché hai quel sorriso sulle labbra?- domandò lei bevendo un sorso d’acqua.

- Beh…- rispose lui alzando per un attimo lo sguardo – per essere strano è strano questo posto… hai visto cosa sta succedendo agli altri?

Usagi quasi sussultò… cosa stava succedendo gli altri? Stavano male?

- Non capisco…- ammise guardandolo confusa.

- Non hai notato che si sono formate strane coppie…

La ragazza sgranò gli occhi incredula.

- Sul serio? Ma… Mamoru sei sicuro?

La risata del ragazzo esplose in pochi attimi, Usagi si sentì arrossire come una bambina.

- Usagi… certo che sono sicuro! I due abbracciati nella mia tenda mi sembravo proprio Minako e Kunzite.

Per poco la ragazza non si strozzò con un pezzo di pane.

- Che cosa?

- Lo posso giurare. – rispose continuando a sorridere Mamoru mettendosi una mano sul cuore – E, prima di entrare, ho visto Rei entrare nella tenda di Jadeite e Ami uscire da quella di Zoisite.

Usagi era senza parole, era così concentrata sui suoi problemi, sulla sua paura di tornare a casa che non si era resa conto che le sue amiche si stavano innamorando.

- Con una guerra che incombe è nomale, - valutò Mamoru grattandosi il mento – prima che Xazumi attaccò il regno molte coppie hanno affrettato i tempi, non è così insolito. E, se devo esser sincero, non mi dispiace… sono molto felice per loro. Avevano bisogno di un po’ di distrazione… queste relazioni non possono che fare del bene.

- Almeno qualcuno può scegliere chi amare. – mormorò Usagi stringendo i pugni, l’aveva detto con un filo di voce appena udibile, quasi senza rendersene conto, ma Mamoru aveva sentito perfettamente e la sua curiosità stava aumentando sempre di più.

- Usagi ma cosa…

L’entrata della tenda si spostò di nuovo ed entrò Minako, interrompendo la domanda del soldato.

- Usagi…- mormorò la ragazza con le lacrime agli occhi quando la vide sveglia– come stai? – le domandò immediatamente inginocchiandosi accanto a lei e prendendole dolcemente le mani.

- Sto bene amica mia…- mormorò lei con un debole sorriso – stai tranquilla.

Minako annuì ma non era del tutto convinta, spostò lo sguardo su Mamoru e si morse un labbro imbarazzata.

- Mamoru… potresti lasciarci sole?

Il ragazzo annuì uscendo dalla tenda.

Minako fece un profondo respiro e poggiò la fronte sulle gambe coperte della sua amica.

- Perdonami. – mormorò con un filo di voce – Non ero lì quando avevi bisogno di me… io… ti ho lasciata sola… perdonami Usagi…

Usagi accarezzò la testa bionda di Minako.

- Minako… tu mi hai salvato la vita, - le disse dolcemente – senza di te non sarei qui. Non devi scusarti di nulla, il tuo arrivo è stato provvidenziale.

- Non riesco a farmene una ragione Usagi…- biasciò lei singhiozzando – ho fallito… iavevo promesso…

- E stai mentendo la tua promessa. – la rassicurò l’altra – Non ho mai pensato che fosse colpa tua Minako… mai… e non farlo neppure tu, ti prego.

La ragazza alzò lo sguardo carico di lacrime e annuì piano leggermente più sollevata.

Usagi allargò di più il sorriso.

- Brava…- mormorò – ora dimmi cosa ci facevi in tenda con Kunzite. – chiese con sguardo malizioso.

 

***

Almeno qualcuno può scegliere chi amare.

Questo aveva detto Usagi… l’aveva sentito… molto bene anche.

Cosa diavolo aveva da nascondere quella ragazza?

Perché tutto attorno a lei doveva esser un mistero?

Perché doveva, a tutti i costi, sapere cosa nascondesse?

Lui non poteva perdersi dietro queste cose, non poteva neppure pensare all’amore come i suoi amici… no, lui non doveva pensare all’amore.

Anche, perché, nella sua vita non ci sarebbe mai stata una storia d’amore come quella degli altri.

Almeno qualcuno può scegliere chi amare.

Già... una frase azzeccata anche per lui.. lui non poteva scegliere, semplicemente non poteva amare, era così.. era sempre stato così e aveva accettato il suo destino molto tempo fa, quando aveva capito che per aiutare le persone che amava doveva rinunciare a qualcosa.

Anche se quel qualcosa era la sua felicità. 

- Mamoru?

Il soldato si voltò lentamente, Kunzite lo guardava preoccupato.

- Stai bene?- gli chiese il generale venendo avanti.

- Kunzite... – mormorò l’altro – tu sai perché voglio andare nel Regno Argentato vero?

- Sì.

- E sai anche che non ho mai dubitato delle scelte del Re.

- Mamoru... cosa ti prende?

Il comandante alzò gli occhi al cielo... un cielo grigio e cupo, tutto, ormai, era grigio e cupo.

Anche il suo animo era grigio e cupo.

- Non lo so Kunzite... io... non lo so proprio.

 

***

Xazumi stava guardando il suo esercito dalla torre più alta del castello nero, sotto di lui uno sciame di puntini neri che si muovevano a gran velocità.

Il suo esercito era quasi pronto... il mondo aveva solo visto una parte del suo potere, solo una misera percentuale di tutto l’odio che poteva riversare sulle loro terre.

Perché lui era questo: il Male.

Quello vero, radicato nei cuori degli umani, quello che ti fa ribollire il sangue nelle vene, quello che ti annebbia la mente, che ti avvolge come una nuvola nera risucchiando la tua anima in un vortice di odio e perdizione.

Questo era lui... il maestro del male... e il mondo intero doveva piegarsi al suo volere, tutti dovevano servirlo, tutti dovevano temerlo.

Il sovrano guardò ancora sotto di lui.. perfetti.. i suoi demoni erano perfetti... poco, tra molto poco, le loro lame si sarebbero tinte di rosso e la terra sarebbe stato il campo di battaglia per un delle guerre più sanguinolente che gli umani avessero mai visto nella loro storia.

Ancora poco.

La sabbia del tempo scorreva veloce... ed lui era così vicino alla riuscita del suo piano per un mondo perfetto.

C’era solo un problema, piccolo e del tutto risolvibile, una macchia bianca nel suo mondo nero, un’oasi di pace nel suo regno di terrore.

L’Alleanza.

Quella stupida, millenaria, inutile Alleanza. 

Era riuscito a rendere inefficace la Regina e a uccidere Tobias ma non bastava... c’era un modo per risaldare le vecchie Alleanze, c’era un sistema per far si che tutti i regni fossero, di nuovo, sotto la guida di un sovrano.

C’era il modo... e qualcuno si stava dando da fare per far si che ciò accadesse.  

- Vladimir...- mormorò il demone con un esile sussurro.

Una nuvola nera apparve alle spalle dell’uomo, ne uscì un giovane ragazzo con lunghi capelli bianchi, la pelle pallida era in netto contrasto con le labbra sottili rosse come il sangue e gli occhi neri e gelidi, era molto magro, le guance erano infossate, i vestiti neri sembrano troppo grandi rispetto alla sua esile figura, ma non dava l’impressione di sentirsi debole.

- Signore. – fece Vladimir con un piccolo inchino, quando la bocca si aprì i bianchi canini aguzzi scintillarono in contrasto con la notte nera e un piccolo rivolo di sangue scese dall’angolo della sua bocca.

- Devo affidarti un compito. – dichiarò Xazumi senza neppure voltarsi, continuando a fissare il suo esercito.

- Qualunque cosa per voi, Sire. – rispose l’altro aumentando l’inchino – Sarà un onore.

- Voglio che porti un messaggio ad una persona.

 

E dopo un po’ di capitoli zuccherosi e romantici ecco i capitoli della confusione!^^

Si inizia a vedere il cattivo di turno... a questo cattivo sono particolarmente legata chissà perché!

Ora veniamo ai saluti.

Grazie a:

- xstellaluna = ti incuriosiscono i sovrani? Beh... la loro storia é strana, loro sono strani... ora che ci penso, tutta la storia é un po’ strana. Vedremo come prenderai la loro storia quando la racconterò.

- sissy = curiosa eh? ^^ bene bene bene... uno dei miei scopi é raggiunto!! Però vedi il lato positivo, non credo che questa fic sarà lunga come la precedente... o forse sì? Non lo so! Sono un po’ indecisa, dipende tutto dalla mia testolina malata.

- gingi = ciao! (salve no please... mi fa sentire una vecchia T__T) ^o^. e così forse hai capito... mmmmh.. non é che mi accenni qualcosa nell’orecchio? Sono curiosa !

- Kirby = sorellona... i misteri si infittiscono eh? Prima Usagi, poi Mamoru... devo dire che sono proprio una coppia strana... piena di misteri... e di segreti... curiosa?!?! Quanto sono cattiva eh eh eh eh eh

 

Grazie a tutti colore che leggono senza commentare (e qui mi ripeto: uno sforzino in più no?!?!? ^^)

 

Ci vediamo al prossimo cap!

Un bacione!

Elena

 

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


 

Il cavallo galoppava lentamente percorrendo il sentiero tortuoso e arido che il suo padrone gli ordinava di percorrere. Sapeva che voleva allontanarsi da quella foresta il più velocemente possibile ma sapeva, altrettanto bene, che doveva andare piano per  via della ragazza ferita che portava in groppa.

Mamoru si sentiva in precario equilibrio su quel cavallo, con Usagi seduta davanti, cavalcando con entrambe le gambe su un lato per non affaticare la schiena, lui la teneva in equilibro con un braccio attorno alla sua vita fine, mentre con l’altra mano teneva saldamente le briglie guidando l’animale.

La foresta era alle loro spalle da un pio d’ore.

Usagi aveva appoggiato la testa sulla sua spalla mentre con le mani gli stringeva la giacca cercando di non cadere, non era una posizione comoda ma era l’unica che non faceva male alla sua schiena, o meglio, il male c’era comunque ma era sopportabile.

Mamoru cercava di non prestar attenzione al corpo piccolo di Usagi attaccato al suo, non si era mai veramente reso conto che quella ragazza era così piccola rispetto alla sua mole. Quanto erano in piedi gli arrivava si e no alle spalle, sembrava tanto fragile in quel momento, era pallida e il sudore sulla sua fronte gli fece intuire che, anche in quella posizione, provava dolore.

Quanto avrebbe voluto poter alleviare quella sofferenza...

Usagi teneva gli occhi chiusi fingendo di dormire, in realtà era sveglissima ma stava cercando di concentrasi su qualcosa di diverso dalle scariche che le trafiggevano la carne come coltelli affilati.

E, all’inizio ci era riuscita: aveva appoggiato la nuca sul petto di Mamoru ed immediatamente il suo odore le aveva riempito i polmoni, era un odore forte ma molto buono, sentiva il suo braccio stringerla in quella stretta dolcissima, si sentiva i suoi occhi addosso di tanto in tanto e, anche se la schiena continuava a farle molto male, quell’istante le sembrava perfetto... era al caldo, protetta e il battito del suo cuore era una dolce nenia per le sue orecchie.

Scordati Mamoru... scordati l’amore... scordati perfino di tornare a casa e riprendere la tua vita normale.

Si era morsa un labbro e si era aggrappata a Mamoru come se fosse l’unica ancora di salvezza.

Mamoru l’aveva stretta di più al suo corpo.

Lui é così dolce...

Lui é un uomo... un uomo che tu non puoi amare...

Perché no?

Perché non é stato deciso così!

Io non posso sempre fare quello che gli altri mi dicono.

Invece sei nata proprio per questo.

Conosceva quella voce... lei la chiamava da qualche tempo l’altra se stessa, era come la voce insistente della coscienza, solo che le rammentava sempre i fatti più brutti della sua vita.

Non é giusto...

No, non lo é ma é così che deve essere.

Usagi si era stretta di più all’uomo... si, forse l’altra se stessa aveva ragione... non poteva speraci... doveva solo vivere quel breve istante e poi riprendere il suo viaggio verso le Terre Nere.

Ma prima doveva parlare con la Regina.

Il cavallo scrollò la testa, il piccolo balzo che le fece fare bastò per far esplodere il dolore, ma cercò di resistere emettendo solo un lieve e strozzato gemito.

- Adesso basta. – fece Mamoru spazientito fermando il cavallo – Ci fermiamo qui.

- Cosa?- domandò lei aprendo di scatto gli occhi – No... dobbiamo andare avanti.

- No, - rispose risoluto il capitano – non posso più ignorare il dolore che provi... ora ci accampiamo.

- Ma...

- Niente ma Usagi!- l’azzittì lui – Sei stanca... e stai male, siamo abbastanza lontano dalla foresta ora. Possiamo pure passare la notte qui.

Usagi annuì senza rispondere, in realtà aveva solo voglia di scendere da quel cavallo e dormire un po’.

- Ti aiuto a scendere. – fece Kunzite prendendola in braccio.

- Grazie Kunzite,- fece lei con un sorriso mettendogli le braccia attorno al collo – sei molto dolce. – e gli schioccò un delicato bacio sulla guancia.

Il generale arrossì.

- Ehi!- urlò Minako pestando un piede a terra – Usagi giù le mani!

Il povero soldato divenne ancora più rosso.

La ragazza sorrise e si strinse ancora di più al generale.

- E perché mai? – chiese innocentemente con un sorriso furbo sulle labbra – Non mi hai detto che tu e Kunzite siete insieme... ti sei solo limitata a balbettare qualcosa di incomprensibile, con il fumo che ti usciva perfino dalle orecchie.

Minako arrossì ma non era propensa a lasciar vincere quella battaglia a Usagi.

- Toglili le mani di dosso!

- Guarda che é stato lui a prendermi in braccio per primo.

- KUNZITE!

- Ma io volevo solo aiutare! – cercò di giustificarsi l’altro ormai scarlatto in volto.

Tutti ridacchiarono divertiti sciogliendo la tensione che si era creata da quando Usagi era stata ferita.

- Puoi mettermi qui Kunzite..- mormorò Usagi indicando un punto ai piedi di un albero – grazie.

- Hai bisogno d’altro Usagi?

- No, vai pure dalla tua Minako… io sto bene.

Il soldato annuì e si diresse ad aiutare gli altri, Usagi era una ragazza particolare, anche se la conosceva da poco era riuscita ad entrare nel cuore di tutti loro. Era come se in lei ci fosse una luce che riusciva a riscaldare i loro animi.

Mamoru impartì gli ordini mentre preparava l’accampamento ma senza perdere di vista Usagi che osservava attentamente il lavoro di tutti, seduta ai piedi dell’albero, una coperta che le scaldava le gambe… era pallida, aveva lo sguardo vuoto… come se, invece di guardarli, stesse pensando ad altro.

Usagi sospirò e chiuse gli occhi appoggiando la nuca al tronco dell’albero, troppo stanca per i pensieri moralisti, esausta anche solo per pensare al loro viaggio.

Voleva dormire… voleva solo starsene tranquilla per un po’.

Mamoru si avvicinò per avvisarla che la sua tenda era già pronta ma lei si era già addormentata con la testa reclinata indietro e un lieve sorriso sulle labbra.

Il soldato si inginocchiò davanti a lei, era così bella… calma… tranquilla e, per una volta, sembrava che non sentisse dolore. Le spostò un ciuffo di capelli biondi che le era sceso sul viso.

- La tua pelle è morbida..- pensò mentre un dito le sfiorava la guancia pallida – non è la pelle di una contadina né di una ragazza nata nel villaggio. Tu sei molto di più di quello che vuoi farmi credere Usagi… la figlia di un soldato magari o di qualche nobile del Regno. Scoprirò chi sei… sì… voglio conoscere tutto di te… - con delicatezza le sistemò le coperte e tornò al suo lavoro.

 

***

Jadeite abbracciò felice la sua donna… Rei era la ragazza più grintosa che avesse mai conosciuto, tanto forte e fragile, così intensa e meravigliosa da incantarlo ogni volta che la guardava. Era bellissima… perfetta… la donna giusta per stare con lui per sempre, Mamoru gli aveva detto che la guerra spinge le persone innamorate ad affettare i tempi per paura che qualcosa vada storto ma lui… lui aveva sentito questo bisogno di rendere Rei sua per sempre fin da subito.

Sentiva che erano legati, che erano una sola cosa.

E non lo pensava solo lui.

Perfino il gelido Kunzite aveva trovato qualcuno tanto pazzo quanto lui.

Perfino lui si era innamorato in poco tempo.

O tutto il mondo stava impazzando.

O erano stati fortunati.

Rei sospirò felice tra le braccia del suo uomo, Jadeite era così dolce e romantico da farle sembrare quel viaggio la cosa più bella che le fosse capitata nella vita.

Molto probabilmente era la cosa più bella che le fosse capitata dopo l’incontro con Usagi.

Stavano nella loro tenda, inutile far finta di nulla ed incontrasi di nascosto, Minako e Ami erano uscite allo scoperto e aveva notato che anche Makoto passava le notti con Nephrite. Se fosse stato un momento normale avrebbe aspettato tanto prima di stare con un uomo ma quello non si poteva definire momento normale e Jadeite non si era rivelato un uomo normale.

Era strano… lei non aveva mai creduto al colpo di fulmine, né al fatto che se incontri l’uomo giusto te ne accorgi subito, come sosteneva insistentemente Minako, lei era certa che un ragazzo andava conosciuto fino in fondo, che l’amore sarebbe arrivato dopo un po’ di tempo.

Invece era successo l’opposto.

- A cosa pensi?- le chiese il generale notando il suo sguardo assente.

- A te. – sorrise di rimando lei accarezzandogli i suoi capelli.

- Oh…- fece l’uomo cingendola in un dolce abbraccio e sovrastandola con il suo corpo – e che genere di pensieri erano? – e il suo sguardo malizioso non poteva che mandare un solo tipo di messaggio.

Rei arrossì vistosamente, non aveva mai avuto un ragazzo così… anzi non aveva mai avuto un ragazzo, tutti erano troppo spaventati dalla sua natura per trovarla anche solo vagamente interessante.

- Perché non lo scopri da solo. – mormorò lei risvegliando la sua parte maliziosa sopita, ormai, da tempo.

- Con vero piacere.

I baci erano passionali e carichi di desiderio da farle girare la testa, si era trovata le caldi mani di Jadeite sotto la maglia ma non faceva nulla per ostacolarlo, anzi adorava quel suo tocco passionale e dolce nello stesso tempo. Non che lei fosse lì con le mani in mano, la casacca del ragazzo era già volata dall’altra parte della piccola tenda e le sue mani tremanti gli stavano accarezzando il torace muscoloso, analizzando ogni minimo dettaglio. Sentiva i suoi muscoli tesi, il calore della sua pelle chiara, sentiva il suo corpo vibrare ogni volta che lo accarezzava.

Stava perdendo il controllo di ogni sua mossa… si sentiva libera… spensierata… quasi su un altro pianeta.

Improvvisamente la sensazione del corpo di lui cambiò: la sua stretta si fece dolorosa, la pelle era gelata e i suoi baci erano violenti.

Aprì gli occhi e quello che si trovò davanti non era il suo Jadeite ma un uomo che non aveva mai visto… no, non era un uomo ma un vampiro.

- Ciao tesoro. – mormorò lui al suo orecchio prima di darle un morso sul collo.

Rei cercò di urlare ma la voce le si bloccò in gola.

- Stai ferma… e non ti succederà nulla…- gli fece l’essere continuando a perlustrare il suo corpo con quelle mani gelate.

- Chi sei?… Cosa vuoi?

- Tu sei un mezzo demone… interessante…- continuò il vampiro come se non avesse udito le domande della ragazza annusandole i lunghi capelli mori – e la tua mente è meravigliosamente ricca di informazioni.

Rei cercò di concentrarsi.. entrare nella sua mente… conoscere il proprio nemico… ma i suoi movimenti le facevano venire il voltastomaco e non riusciva a trovare la giusta concentrazione.

- Che ti prende?- fece il vampiro con un ghigno – Non ti piaccio più?

La ragazza trovò la forza di reagire, con una spinta riuscì ad allentare il vampiro dal suo corpo e a rannicchiarsi nell’angolo dove teneva la sua cinta con i coltelli.

- Chi sei e cosa vuoi?- urlò afferrando una delle armi e puntandola contro il demone.

- Il mio nome è Vladimir… - socchiuse gli occhi e perforò le deboli difese mentali della giovane – Rei… è questo il tuo nome vero?

- Va via!

- Non così in fretta… tu stai viaggiando con una persone molto particolare…

Rei sgranò gli occhi spaventata.

- Dovrai portargli un messaggio. – continuò l’altro sorvolando sullo sguardo della giovane – Un messaggio da parte di Xazumi: dovrai dirgli che il tempo dell’Alleanza è scaduto… digli che il suo viaggio lo porterà solo alla morte.

- Io non sono il tuo messaggero! Mostrati e noi ti uccideremo!

- Io tornerò.. mia piccola demone… sì… io tornerò da te…

Vladimir aggiunse solo un nome e poi cercò di scagliarsi contro Rei che alzò il braccio pronta a lottare.

-… Rei! Rei mi senti?

La ragazza aprì gli occhi ancora spaventata… era nella tenda… rannicchiata in quell’angolo… il pugnale nella mano e lo stava puntando contro Jadeite.

Il generale sembrava spaventato da qualcosa o, meglio, da qualcuno.

- Rei…- allungò il braccio ma lei si rannicchiò ancora di più spaventata.

- Lasciami in pace…- mormorò con le lacrime agli occhi – vattene via!

- Rei sono io..- mormorò il soldato non capendo quel comportamento – sono Jadeite.

- Jadeite?- rispose lei sgranando gli occhi come se lo vedesse solo ora – Jadeite! Oddio… io… io…- lasciò cadere il pugnale e si buttò tra le sue braccia in lacrime – perdonami… io non riuscivo più a vederti… lui… è entrato nella mia testa… non ho potuto fermarlo…

- Stai tranquilla. – cercò di rassicurarla lui accarezzandole la testa – Ora ci sono io… ti prego Rei stai calma… ti proteggerò io…

In quel momento Makoto entrò nella tenda.

- Cosa sta succedendo?- domandò spaventata – Ho sentito gridare. – accorgendosi che il generale era mezzo nudo arrossì violentemente e concentrò il suo sguardo sull’amica ancora tra le braccia dell’uomo uomo.

- Non lo so cosa le sia successo. – cercò di spiegare l’altro accarezzando i capelli neri della donna – Noi… stavamo… beh… stavamo per dormire quando… - scosse piano il capo non sapendo spiegare l’accaduto.

- Vladimir…- mormorò Rei con la testa ancora appoggiata sul torace di Jadeite – un vampiro al servizio di Xazumi… mi ha dato un messaggio. – alzò il capo e guardò la sua amica – Devo parlare con Mamoru.

 

Chiedo umilmente perdono a tutti voi che stavate aspettando il cap già da Venerdì... ma é stata una giornata d’inferno e non sono riuscita neppure a buttare giù una frase! Ma oggi mi sono rifatta... ^^

Attendo i vostri commenti.

Un bacio

Elena

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


 

Mamoru ascoltò silenziosamente il racconto di Rei, era ancora scioccata, grosse lacrime le rigavano il volto mentre stringeva spasmodicamente la mano di Jadeite.

Valdimir... lui non aveva mai sentito quel nome... ma il messaggio era chiaro... il tempo dell’Alleanza era scaduto.

Cosa voleva dire?

- Mamoru?- prese parola Usagi che era rimasta in silenzio fino alla fine, era ancora pallida ma i suoi occhi avevano ripreso a fiammeggiare come la prima volta che si erano visti – Cosa voleva dire quel vampiro?

Il comandante spostò lo sguardo su tutti i presenti... parlare... non parlare... sospirò e prese la sua decisione.

- Non posso...- mormorò con un filo di voce – io.. devo parlare solo con la Regina.

Usagi sbuffò irritata, Mamoru le lanciò un’occhiataccia.

- Non posso rivelare informazioni private.

- Stronzate. – sibilò velenosa lei – Tu non vuoi solo dirci cosa nascondi.

- Non sarebbero, comunque, affari tuoi. – rispose a tono il capitano – Cosa vuoi saperne tu della Regina e della mia missione?

- Infatti non mi interessa. – urlò la ragazza muovendosi con troppa foga e gemendo per il dolore improvviso – Maledizione a questa schiena!

Batté un pugno contro il tronco dell’albero, odiava sentirsi in quello stato, senza contare che era un peso per tutti.

- Rei...- mormorò restando immobile per non far esplodere un’altra fitta – ho bisogno del tuo aiuto...

La ragazza mora guardò la sua amica e poi annuì, sapeva che glielo avrebbe chiesto... non poteva continuare in questo stato.

- Ora?

- Ora. – confermò Usagi – Aiutami ad alzarmi.

Rei l’aiutò ad alzarsi e, lentamente, si diressero verso le tende, le altre le guardarono allontanarsi senza dire nulla.

- Hanno bisogno di silenzio. – spiegò Ami tenendo lo sguardo fisso sulle sue amiche.

- Cosa devono fare? – chiese Zoisite.

- Usagi vuole chiedere aiuto ad un vecchio amico. – spiegò Makoto spostando lo sguardo sul terreno.

- Un vecchio amico?- chiese Nephrite confuso.

- Già...- echeggiò Minako spezzando un rametto che teneva in mano – una nostra vecchia conoscenza... lui può aiutarla a guarire.

- E come?- domandò Kunzite osservando attentamente la sua donna – Siamo lontano dai villaggi... non c’é nessuno nel raggio di miglia.

- Un viaggio astrale. – spiegò Ami – Rei, con le sue capacità, può aiutarla a raggiungere Takanori con la mente.

- Con la mente?- echeggiò Mamoru – Non é pericoloso?

- No, - gli rispose Minako – Rei é brava e Takanori é molto potente. Non corrono rischi.

 

***

 

Usagi si sedette a terra, mordendosi un labbro ogni volta che sentiva dolore, Rei si mise seduta davanti a lei e le prese le mani.

- Ti devi concentrare...- le disse con un filo di voce – chiudi gli occhi e apri la mente... devi lasciarmi entrare...

Usagi fece un profondo respiro e chiuse gli occhi, l’avevano fatto una sola volta e non era stato piacevole. Cercò di rilassarsi i più possibile... di non pensare a niente... di visualizzare una parete bianca in modo da liberare i tuoi pensieri.

- Non ti stai concentrando. – fece Rei severa – Usagi, so che non é una bella sensazione ma almeno metticela tutta.

- Ci sto provando. – rispose seccata – Non é facile.

- Avanti... rilassati... pensa a qualcosa che calma i tuoi nervi...

L’immagine di un grande fiume le balenò nella mente, nitida come se fosse proprio in quel posto, é un largo fiume, che scorreva placido nel suo letto, il sole brillava sulla superficie facendo sembrare argento liquido le sue acquee, sentiva gli uccellini cantare, un cerbiatto si stava abbeverando non molto lontano da lei, il vento frizzante di primavera le solleticava il viso e faceva muovere le chiome veri di degli alberi che sembrano danzare al ritmo di una dolce melodia.

Improvvisamente percepì la presenza di Rei nella sua testa e tutto si fece più confuso, non avrebbe dovuto ostacolarla ma le sue difese erano all’erta e cercarono di cacciarla via, Rei si difese dagli attacchi entrando ancora di più in profondità e facendole emettere un lieve gemito soffocato.

La sua amica, ben presto, prese il controllo della situazione, il paesaggio iniziò a mutare velocemente, a Usagi sembrava di volare oltre le pianure, i deserti i mari, giorno e notte... luce e oscurità... mare e terra... tutto scorreva veloce davanti ai suoi occhi. Fino a quando non si trovò in una modesta casa, il mobilio era di legno chiaro, spartano e molto povero, c’era qualche oggetto d’argento su una credenza, la libreria  era piena di libri e rotoli di pergamena, un divano vecchio e logoro era posto accanto alla finestra aperta dove il vento faceva svolazzare le tende di lino bianche. Qualche quadro era affisso sulle pareti, quadri che rappresentavano mari e monti ma anche il luogo d’origine del padrone di casa.

Con lo sguardo Usagi cercò il vecchio saggio che l’aveva aiutata in molte circostante, lo trovò quasi subito, chino sulla scrivania intento a scrivere su un foglio di pergamena. Fece qualche passo verso di lui, il rumore era attutito dal tappeto bianco che copriva gran parte del pavimento di legno.

Non c’era bisogno di annunciarsi, il vecchio si voltò e sorrise alla sua ospite.

- Ciao...- socchiuse gli occhi e fece un lieve sorriso divertito – Usagi.

Il vecchio saggio era molto anziano, eppure i suoi lineamenti erano quelli di un giovane ragazzo in salute, l’unico particolare che tradiva la sua età erano i corti capelli bianchi, mentre gli occhi erano grigi, limpidi e luminosi.

Fece un leggero inchino e sorrise felice, quell’uomo la metteva sempre di buon umore, trasmetteva una calma da indurla a pensare che tutto si sarebbe risolto nel migliore dei modi.

- Buon pomeriggio Takanori, -rispose lei con rispetto – sono di nuovo qui per chiederti aiuto.

- Lo so. – echeggiò lui con la sua voce profonda alzandosi dalla sedia.

Usagi restava sempre stupita di fronte alla mole dell’uomo, era alto e stava dritto in piedi, non era curvo sotto il peso dell’età e affaticato, era un uomo forte e molto, molto combattivo.

- Sei ferita. – constatò lui esaminandola solo con lo sguardo – La tua aurea é molto debole.

- Sono qui apposta per chiederti di guarirmi Takanori... non posso continuare il mio viaggio in queste condizioni. Devo guarire se voglio tornare a casa il prima possibile.

Il vecchio saggio alzò un sopracciglio bianco.

- Torni nel Regno? – chiese sorpreso.

- Sì, devo parlare con la Regina.

Takanori annuì solamente e si portò alle spalle di Usagi per esaminare meglio le ferite.

- Un Lupo Mannaro, - decretò dopo una veloce occhiata – se ti ha ferito in questo modo vuol dire che era proprio forte.

La ragazza arrossì lievemente di fronte a quella prova di debolezza.

- Senza Minako sarei morta. – sospirò fissando il muro.

- Hai delle amiche in gamba, - fece con un sorriso l’altro – tienitele sempre strette.

- Sono fortunata. – annuì Usagi che aveva sempre saputo che le sue amiche erano uniche al mondo.

- Ora veniamo a queste ferite. – fece il saggio – Dovremmo accelerare il processo di guarigione... farà male Usagi... – le disse poi poggiando una mano sulla sua spalla ossuta - farà molto male.

- Non temo il dolore. – affermò lei chiudendo gli occhi e preparandosi.

Takanori sorrise orgoglioso di quella ragazza e portò l’altra mano sopra i profondi tagli che si stavano cicatrizzando.

Usagi iniziò a sentire un debole prurito, la pelle iniziò a tirare e bruciare, sentì la sua carne aprirsi sotto la magia del saggio, la prima fitta le perforò un polmone come la lama affilata di un coltello smorzandole il respiro in gola, l’altra la colpì allo stomaco facendola quasi vomitare. Ma cercava di resistere, le lacrime si facevano strada tra le palpebre serrate e cadevano grosse come semi di limone lungo le sue guance pallide. Il labbro serrato tra i denti era, oramai, tagliato e il sangue rosso si mischiava con le lacrime cadendo sul tappeto bianco e macchiandolo leggermente.

Quando finalmente il dolore scemò fino a sparire quasi del tutto, Usagi aprì gli occhi mettendo a fuoco la stanza tra le lacrime che non erano riuscite a scendere.

- Ci vorrà ancora un po’ prima che i segni spariscano... ma il lavoro principale é stato fatto.

La ragazza sorrise grata all’uomo.

- Grazie... non ce l’avrei fatta senza di te...

- Ti ho insegnato tutto quello che sapevo come fossi mia figlia, non potrei mai vederti soffrire piccola.

- Prometto che, quando tornerò a casa, palerò con la Regina.. ti farò riavere il tuo posto tra i consiglieri.

Il saggio scosse piano il capo.

- No, tu devi fare altro... lo sai...

- Ma..

- Niente ma... lo sai che il tuo destino é già stato scritto alla tua nascita e, sai altrettanto bene, che non puoi scappare per sempre.

- Invece io lo sto cambiando il mio destino!- rispose risoluta la ragazza improvvisamente agguerrita verso quell’uomo – Hai visto anche tu!

Takanori sorrise dolcemente, per nulla intimorita da quello sguardo carico di disprezzo. .

- Sei più vicina al tuo destino di quanto tu possa immaginare ragazza mia... hai tentato di sfuggirgli ma lui ti ha raggiunto percorrendo un’altra via.

- Questo é impossibile!

- Tu, meglio di chiunque altro, dovresti sapere che le cose impossibili sono, invece, quelle più realizzabili... come scappare e fingersi per quello che non si é... Usagi.

- Perché non capisco mai quello che dici?

- Non é vero, - ribatté sicuro il saggio – tu capisci perfettamente, fai solo finta di non capire. E sei anche una pessima attrice.

- Devo tornare indietro. – tagliò corto Usagi imbarazzata – Ci vedremo presto Takanori.

- Sì, va ragazza... ci vedremo molto presto.

Usagi sentì, di nuovo, la presenza prepotente di Rei nella sua testa, le immagini ripresero a scorrere nel senso inverso... fino a trovarsi nella sua tenda.

Aprì di colpo gli occhi mentre Rei si sdraiava a terra esausta per lo sforzo...

- Dovevate parlare così a lungo?- chiese la ragazza mora chiudendo gli occhi – Non ce la facevo più.

- Perdonaci...- rispose l’altra – ma quell’uomo rimarrà per sempre un mistero per me.

- Io dico che lo capisci molto più di quello che vuoi farci credere. – mormorò l’altra prima di crollare vinta dalla stanchezza.

- Rei ti ci metti anche tu adesso?

***

 

Era notte, una notte serena e piena di stelle.

La luna era a tre quarti della sua grandezza, alta nel cielo che guardava i comuni mortali dormire nei loro giacigli.

Usagi erano l’unica rimasta sveglia, non aveva per nulla sonno, le parole di quel vecchio continuavano ad echeggiare nella sua testa.

Il suo destino... quel destino contro cui stava lottando da mesi, alla fine l’aveva aggiunta.

No.. era impossibile... come... come aveva potuto raggiungerla senza che lei se ne accorgesse?

Cos’era cambiato da quando era partita dal Regno Argentato?

Un pezzetto di legno scoppiò tra le fiamme schizzando qualche scintilla rovente ai piedi della donna.

- Mamoru...- mormorò colta da un’improvvisa intuizione- che sia Mamoru l’uomo che mi guiderà verso il mio destino?

 

 

Allora come vi é sembrato questo cap?

Perché vedo così tanti punti di domanda sopra le vostre testoline?

Non vi avrò messo in confusione vero? ^^

Veniamo ai saluti:

·         _Sofia_ = non ti preoccupare, sei scusata per il ritardo!^^ Ti capisco perfettamente... anch’io in questo periodo ho avuto certe giornatacce T__T. Fammi sapere se ti piace il cap!

·         Hotaru’91 = ecco l’aggiornamento.. ma temo di aver creato ancora più scompiglio...

·         Nadia = grazie per il fantastica ^^ me tutta rossa con gli occhi a forma di stella ^^ spero che continui a piacerti la storia. Fammi sapere!

·         Kirby = sorellona... ti sembro il tipo da far fuori così i generali? Ma ti devo dire che Vladimir non si arrende... tornerà... oooopss... ti ho detto troppo! ^^ Fammi sapere cosa nel pensi del cap! Un bacione!

·         Sissy = vuoi sapere? ^^” temo che i chiarimenti arriveranno tra qualche cap... o meglio solo alcuni dei chiarimenti... su, su Silvia non fare quella faccia afflitta... ^^ sorriso... ecco brava!

·         Gingi = ecco il capitolo che aspettavi così ansiosamente. Ti é piaciuto?

·         Xstellaluna = sono felice che ti piaccia. E di questo capitolo che ne pensi?

·         Chiara = sul serio ce ne volava una così di fic? O__o Garzie per i complimenti!

 

Ci vediamo alla prossima ragazze!

Un bacio a tutti!

Elena

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


 

Erano in viaggio da tre giorni, dopo la guarigione quasi miracolosa di Usagi, le ragazze sembravano molto più tranquille e aveva notato che anche i suoi amici erano più rilassati.

Quella ragazza lascia il segno... quasi come la Regina... si trovò a pensare Mamoru guardando la schiena di Usagi che galoppava davanti a lui.

Lei, invece, era cupa, molto più del solito, era taciturna come se fosse sempre immersa nei suoi pensieri.

Più di una volta si era chiesto cosa passasse nella testolina di quella ragazza.

Non gli aveva parlato molto, anzi dopo la loro breve litigata, non si erano proprio scambiati una sola parola, ma lui era quasi certo che non c’entrasse il loro piccolo diverbio... era come se fosse qualcosa di molto più profondo.

- E’ preoccupata per qualcosa... qualcosa che deve averle detto quel vecchio, é da quando é guarita che non mi parla. Che abbia scoperto qualcosa?

- Mamoru? – fece Nephrite venendogli accanto – Stai bene?

L‘altro annuì solamente senza distogliere lo sguardo dalla ragazza.

- Stai attento. – fece gelido Kunzite notando l’oggetto che aveva catturato tutta l’attenzione del suo migliore amico – Non dovresti perdere la testa per lei.

Mamoru guardò per un attimo l’amico, poi tornò a concentrarsi sulla schiena di Usagi.

- Non ho perso la testa per lei. – ribatté deciso, senza neppure crederci lui.

- Io ti ho avvisato... – mormorò Kunzite allontanandosi per stare con Minako – cerca di non combinare casini... non ora Mamoru, il tempo dei ripensamenti é finito.

- La vuoi finire? – lo interruppe Nephrite irritato – Mi sembra già abbastanza confuso di suo.   

- Parlate pure come se io non ci fossi. – fece Mamoru irritato spronando il cavallo ad andare più veloce per raggiungere Usagi.

- I miei complimenti Kunzite,- sentenziò Jadeite sarcastico – un discorso da perfetto uomo.

- Dovevi esser così duro con lui?- domandò Zoisite nervoso – Insomma... io non sono mai stato d’accordo ma...

- Ma Mamoru ha preso la sua decisione già da molto tempo...- tagliò corto il generale dai capelli argentati – e noi dobbiamo far in modo che arrivi al Regno Argentato. E Usagi non fa altro che intralciare la nostra missione.

 

***

Il villaggio era vuoto, completamente silenzioso, il vento soffiava forte alzando nubi di sabbia gialla dal terreno arido.

Le ragazze si guardarono intorno caute... guardando attentamente ogni angolo, socchiudendo gli occhi di fronte alla forte luce del sole che metteva tutto in risalto in modo macabro.

- Rei...- mormorò Usagi prendendo una spada.

- Otto...- mormorò la ragazza mora – forse dieci...

- Umani?

- No.

Quella piccola parola strinse lo stomaco della ragazza in una morsa gelata.

- Dove sono?

La ragazza scosse il capo e alzò lievemente le spalle in una muta risposta: non riusciva a capirlo.

- Noi siamo più forti. – fece Nephrite sguainando la sua spada – Ce la faremo.

- Questi demoni sono molto forti. – fece Rei esaminando bene le auree che avvertiva nell’aria – E sono assetati di sangue.

Usagi lanciò un’occhiata a Mamoru, stava accanto a lei, in silenzio, guizzando lo sguardo da una parte all’altra della strada in attesa che qualcosa si muovesse.

- Mamoru...- mormorò la ragazza.

Lui si voltò incrociando lo sguardo con quello di lei.

- Usagi...

- Ragazzi!- chiamò Zoisite arrivando da una via laterale, era pallido e gli occhi erano lucidi come se stesse per piangere – Venite a vedere.

Scesero tutti da cavallo e seguirono il generale in rigoroso silenzio.

Arrivati alla piccola piazza principale del villaggio le cinque coppie si bloccarono orripilate.

Proprio al centro c’era una catasta di corpi.

Giovani, vecchi, uomini, donne e bambini... i demoni non avevano fatto nessun tipo di differenza, avevano ucciso, mutilato e avevano accatastato i cadaveri nella piazza principale.

Un paio di avvoltoi volavano in circolo sopra quella montagna di corpi.

Ami e Rei si strinsero ai rispettivi uomini, Matoko voltò la testa dall’altra parte presto abbracciata da Nephrite, Minako e Kunzite sembravano i più distaccati da quella scena ma i loro occhi rispecchiavano tutto il loro orrore e la loro tristezza.

Usagi fece un passo avanti verso quella montagnola di resti umani, Mamoru le fu subito accanto, si avvicinarono a quello che restava nel villaggio ed esaminò i corpi cercando di non sentirsi male.

Non c’era speranza di trovare qualcuno vivo ma, almeno dovevano dar loro una degna sepoltura.

- Bruciamoli. – mormorò con un filo di voce e le lacrime agli occhi – Che le loro anime possano riposare in pace.

Mamoru osservava quello scempio orripilato, odiando con tutto se stesso Xazumi e i suoi seguaci.

La mano di Usagi scivolò nella sua, le loro dita si intrecciarono senza che loro si dissero nulla, Mamoru provò immediatamente un immenso calore e una sensazione di appagamento che non aveva mai provato.

Si sentiva... completo... come se Usagi fosse l’altra parte della sua anima.

Si voltò per guardarla e rimase pietrificato da quello che vide, la sua maschera di freddezza e sicurezza si era sgretolata nel momento in cui le lacrime avevano iniziato a scorrere lungo le sue guance, piangeva in silenzio continuando a fissare quei corpi ammassati.

Fu un impulso improvviso, un gesto dettato dall’istinto: l’abbracciò, era così fragile e indifesa che non ragionò su quello che stava facendo... lui doveva proteggerla, doveva assolutamente cullarla.

Inizialmente credeva che lei lo rifiutasse, che lo mandasse al diavolo ma, molto probabilmente, lei on aspettava altro perché si aggrappò alla sua casacca e singhiozzò più forte sfogando tutto il suo dolore verso quelle vite innocenti.

 

***

 

Il fuoco fu molto alto, ci mise ore prima di spegnersi del tutto, restarono nel villaggio anche se incuteva paura, decisero che era inutile dormire fuori dal villaggio, anche se incuteva un certo timore tutti desideravano dormire in letti comodi. Entrarono in una delle taverne, si sistemarono ai piani superiori e posizionarono degli ostacoli sulle scale in modo da poter esser avvisati in tempo in caso di intrusioni inaspettate.

Cenarono al piano di sotto, usando le pietanze ancora buone che trovarono in giro per, nessuno parlava, stavano tutti zitti continuando a rivedere quell’immagine macabra.

Mangiavano piano quel cibo senza neppure assaporarne il gusto, si guardavano attorno ma senza vedere il paesaggio che li circondava.

- Dov’é Usagi?- chiese Mamoru accorgendosi solo ora dell’assenza della ragazza.

In quel preciso istante una voce melodica ruppe il silenzio angosciante che li avvolgeva... qualcuno cantava... una canzone triste in un’altra lingua.

I ragazzi si alzarono in piedi, quasi spaventati da quella voce che sembrava così sofferente da far piangere anche i loro cuori.

- Usagi...- mormorò Rei chiudendo gli occhi.

- Cos’é? – domandò Jadeite guardandosi attorno quasi cercando la ragazza.

- Una preghiera. – sussurrò Minako rilassandosi sullo schienale della sedia di legno – Una preghiera alla Dea della Luna, una preghiera nell’antica lingua del regno.

- Ad ogni luna piena canta questa preghiera... le chiede la forza per continuare la sua battaglia, la supplica di proteggerci... lei ci tiene molto. – spiegò Ami andando alla finestra.

- E’ molto dolorosa. – constatò Kunzite allungandosi per prendere da bere – E’ come una lenta agonia.

- Usagi soffre molto..- mormorò Makoto quasi inconsciamente – questa guerra l’ha scossa parecchio, anche se non sembra sta molto male.

Mamoru ricordò le lacrime sul viso della ragazza e il suo primo impulso di proteggerla da qualsiasi cosa.

Non era mai stato un uomo molto impulsivo, ragionava sempre sulle possibili conseguenze delle sue azioni, ma quel pomeriggio non aveva resistito, voleva proteggerla da tutto, voleva che lei stesse bene...

Quella canzone gli arrivava al cuore e... la capiva... stralci di frasi, qualche parola... aveva studiato l’antica lingua da piccolo, prima che la battaglia gli portasse via una vita vera.

La dolce voce melodica di Usagi gli riempiva il cuore di dolore... era straziante... rispecchiava tutta la sua sofferenza.

Usci a cercarla... voleva, doveva parlarci...

E la trovò quasi subito, stava dritta in piedi nella piazza, dove prima c’erano tutti quei corpi, ora c’era solo un ammasso di cenere nera che veniva portata via dal vento gelido della notte. Indossava una lunga veste bianca che non le aveva mai visto addosso, le mani congiunte, i capelli liberi sulla schiena e svolazzano sotto la brezza invernale, lo sguardo fisso sulla luna piena in cielo, tonda e brillante che illuminava quel luogo di morte.

Cantava piano, muovendo appena e labbra rosse.

... passione...

... promesse...

... proteggici...

Queste erano le sole parole che riusciva a capire.  

Mamoru era incantato... perché in quel preciso istante Usagi non era la guerriera che aveva incontrato nella foresta.. era un’altra ragazza... era...

- Mamoru?

Il ragazzo si destò da quello stato di trance in cui era precipitato nel momento in cui l’aveva vista in quel modo, sbatté un attimo le palpebre rendendosi conto che Usagi aveva finito ci cantare e che era vicina a lui.

Molto vicina...

- Usagi...- mormorò non credendo di aver davanti agli occhi la stessa Usagi che aveva affrontato i Lupi Mannari.

- Cosa ci fai qui? – le domandò dolcemente allungando una mano per spostargli dalla fronte un ciuffo di capelli ribelle – Le canzoni della mia terra possono esser pericolose per la gente che non é abituata ad ascoltarle.

A quel tocco Mamoru afferrò la mano della ragazza e, con uno strattone, la fece avvicinare al suo corpo avvolgendola in un dolce abbraccio.

Usagi continuava a fissare gli occhi scuri di lui... era così bello... e lei conosceva le leggende della sua terra: se un uomo viene richiamato dal tuo conto vuol dire che é la tua anima gemella, che lui ha ascoltato il tuo richiamo d’amore.

Il giovane soldato si chinò per darle un bacio, un lieve e dolcissimo bacio.

Le loro labbra si sfiorarono appena quando lui dovette liberarla dal suo abbraccio e scostarla leggermente dal suo corpo.

- Non posso...- mormorò dolorosamente – io... mi dispiace tanto... non sai quanto vorrei che tu fossi mia.

Usagi si morse un labbro ricacciando indietro le lacrime.

- C’é un’altra?- chiese timidamente.

- In un certo senso...- ammise l’uomo chiudendo gli occhi sempre più dispiaciuto – Usagi io...

- Non dire più nulla. – l’interruppe mettendogli un dito sulle labbra- Non mi devi nessuna spiegazione.

Si voltò e, a grandi passi, si allontanò da lui.

Mamoru chiuse gli occhi... lo sapeva... l’aveva persa per sempre.

Quando Usagi si assicurò si esser abbastanza lontana si appoggiò al muro esterno di una casa.

Hai visto? Stupida ragazzina... le favole non esistono...

Sì, era vero... le favole non esistevano...

Lui non é tuo... ha un’altra... non avrebbe mai potuto amarti...

Tristi lacrime iniziarono a scenderle lungo le guance pallide.

Devi rinunciare a lui... devi saper andare avanti.

Tu non potrai mai vivere come le tue amiche.

Con un gesto rabbioso, Usagi tirò un pugno sulle travi di legno della casa.

- Non é giusto...

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


 

Vladimir galoppava per le strade deserte delle Terre Nere.

Il suo padrone gli aveva dato un alto compito, un compito molto più importante che recapitare uno stupido messaggio, nella testolina di quella ragazza aveva visto molte più cose di quello che sperava e il suo Signore era stato molto generoso con lui quando gli aveva raccontato tutto quello che aveva visto.

- Portami i due che comandano e la mezza demone sarà tua. – questo gli aveva detto Xazumi prima di partire, questa era la sua promessa.

E la promessa di un demone era sacra.

Incitò il cavallo ad andare più veloce... più forte... anelava ancora la pelle bianca di quella ragazza, voleva sentire il suo sangue scorrerle nelle vene, voleva vedere i suoi occhi scuri riempirsi di terrore, la voleva... la desiderava più di qualsiasi altra cosa.

Si passò la lingua rossa sulle labbra sanguigne.

- Sto arrivando piccola Rei.. – mormorò aumentando il suo ghigno malefico – sì, sto venendo a prenderti.

 

***

 

... sto venendo a prenderti...

Rei fermò il cavallo in mezzo al sentiero.

- Ma cosa...?

- Rei, - fece Jadeite bloccandosi a sua volta – é successo qualcosa?

La ragazza non gli rispose, rimase ferma in mezzo al sentiero, in groppa al suo cavallo grigio, con gli occhi chiusi concentrata.

Era avvenuto tutto in una frazione di secondo, aveva sentito un pensiero, anzi uno stralcio di pensiero... ma era stato così veloce che non aveva neppure capito chi l’avesse mandato.

- Rei?- ripeté il generale iniziando a preoccuparsi.

- E’ tutto a posto. – rispose la ragazza aprendo gli occhi – Un falso allarme.

Jadeite sorrise e si allungò per sfiorarle le guance con un bacio delicato.

Mamoru sentì il suo stomaco contrarsi in uno spasmo, la sua mente volò a qualche sera prima dove aveva dato quel lieve bacio ad Usagi.

Quel bacio che avrebbe voluto trasmetterle tutto il suo affetto invece che solo tristezza e malinconia.

Già perché da quella sera Usagi non lo guardava più nemmeno in faccia, sapeva di averla ferita, di averla illusa con quel gesto ma era meglio così, non poteva amare una donna quando doveva, di lì a poco, sposarne un’altra.

Anche se lui voleva solo Usagi.

Stringerla, baciarla, amare solo con lei… lasciandosi tutto alle spalle.

Avrebbe voluto scappare, mollare tutto e fuggire con lei.

Ma non poteva… aveva troppe responsabilità. 

Kunzite guardava il suo migliore amico che fissava Usagi.

Minako osservava Kunzite, che guardava Mamoru che fissava Usagi.

Non ci capiva nulla e il suo amato generale non le dava le informazioni che cercava.

Aveva capito fin da subito che Usagi si era infatuata del generale e aveva altrettanto capito che Mamoru non poteva corrispondere quel sentimento.

C’era qualcosa tra i due… e lei non riusciva ad afferrare quella luce che li avvolgeva quando stavano assieme.

La guerriera bionda aumentò l’andatura del suo cavallo e si avvicinò all’amica.

- Ne vuoi parlare?- le chiese gentilmente.

- No. – fu la risposta secca dell’altra.

- Usagi… tu stai male..

- Ti sbagli.

Intanto le altre le guardavano incuriosite, tutte si erano accorte di quello che stava accadendo, ma solo Minako poteva avere il coraggio di parlarne apertamente con lei.

Usagi non parlava mai dei suoi problemi, era abituata a tenersi tutto dentro… ma non era una buona cosa.

- Io invece dico di no. – ribatté Minako sempre più arrabbiata con l’amica.

- Andiamo. – mormorò Rei avvicinandosi alle due.

- Ne vedremo delle belle. – mormorò Makoto seguendola.

- Voi andate avanti, - disse Ami rivolta ai ragazzi – noi dobbiamo parlare.

I quattro generali aprirono bocca per ribellarsi ma Mamoru li fece tacere sono con solo uno sguardo e avanzò con i suoi uomini.

Usagi si trovava la strada bloccata dalle sue quattro amiche.

- Parliamo. – fece Rei.

- Siamo rimaste a guardare nella speranza che ti confidassi con noi. –fece Ami.

- Ma, a quanto pare, se non ti tiriamo fuori le parole con le pinze tu non ci dici nulla. – echeggiò Makoto.

- Tenerti tutto dentro non ti farà sentire meglio… Usagi smettila di farti del male.

La ragazza bionda si morse un labbro e scese da cavallo.

- Voi non potreste capire.

Le altre quattro si lanciarono un’occhiata e scesero a loro volta avvicinandosi alla loro leader.

- Usagi…- fecero in coro.

- Voi non potete immaginare quanto vi invidio…- mormorò lei con voce strozzata serrando i pugni – avete trovato un bravo ragazzo che vi ama, potete vivere le vostre vite senza preoccuparvi delle conseguenze… potete amare chi volete, potete fare quello che volete… vi ho sempre invidiato molto per la vostra libertà. Io, invece, sono destinata ad un futuro che non desidero, sono incatenata al mio destino… ho provato a fuggire, a ricominciare… ma Lui mi ha raggiunto. E ora sto marciando verso la mia fine.

- Usagi la Regina…

- La Regina non può fare nulla Minako… anzi… è proprio grazie alle sue stupide idee e a quel consigliere che sono fuggita. Io non posso farlo… non più… non posso…

- C’entra qualcosa Mamoru? – chiese timidamente Ami.

E fu allora che le quattro guerriere del Regno Argentato la videro… videro la sua maschera sgretolarsi come era successo a Mamoru in quella piazza.

Usagi si coprì il viso con le mani e scoppiò a piangere più forte cadendo in ginocchio.

- Non ho saputo farne a meno… lui… lui mi fa sentire completa… finalmente stavo iniziando a capire cosa fosse il vero amore… ma lui…- ci fu un grande singhiozzo che spezzò il cuore delle altre ragazze – lui… ha un’altra… lui non mi vuole… io pensavo… invece… sono solo una stupida!

Le sue quattro amiche si inginocchiarono accanto a lei, le lacrime scendevano silenziose mentre comprendevano solo ora quanto fosse profonda la ferita di Usagi. In silenzio la strinsero cercando di infonderle un po’ si forza, quella forza che sembrava aver lasciato il corpo della loro amica più cara.

 

***

 

- Maledizione! – urlò Mamoru lanciando uno degli zaini contro un albero.

Si erano fermati ad aspettare le ragazze, sembrava una conversazione molto lunga… e Mamoru era quasi certo che parlassero di lui.

I quattro generali lo guardarono stupito: era raro vedere il loro capo perdere il controllo in quel modo.

- Mamoru stai bene?- gli chiese Nephrite.

- Splendidamente. – rispose lui osservando lo zaino che, cadendo, si era aperto spargendo tutto il suo contenuto sull’erba secca – Non si vede?

- Sì,- rispose acido Kunzite – sei il ritratto della calma.

- Non mi sembra il caso Kunzite. – tentò di calmarlo Jadeite.

- Già, Kunzite stai calmo. – fece Zoisite.

- Il mio capitano, nonché il mio migliore amico perde la testa e io devo stare calmo? – urlò Kunzite furioso – Come potete voi starvene tranquilli?

- Si può sapere cosa ti prende Kunzite?- fece Mamoru voltandosi di scatto verso il suo amico – Perché ce l’hai a morte con me?

- Non ce l’ho a morte con te Mamoru, ma mi rifiuto di vederti ridotto in questo stato e per cosa? Per una donna? Ti sei rammollito amico mio… e non possiamo permetterci di perderci nei sentimentalismi.

A questa frase Mamoru non ci vide più dalla rabbia e si scagliò sul suo amico.

- Ipocrita! – urlò sbattendolo a terra con un pugno nello stomaco – Proprio tu mi vieni a parlare di non lasciarsi andare?

- Hai dimenticato qual’è il tuo compito Mamoru?- rispose l’altro parando i pugni e rispondendo a quell’attacco.

- E alla mia felicità non ci pensi?

I tre rimasti fuori dalla lotta accorsero a dividerli.

Mentre Zoisite teneva bloccato Kunzite, gli altri due bloccarono Mamoru.

- Basta! – urlò una voce maschile che nessuno riconobbe.

Tutti si guardarono attorno portando una mano all’elsa delle rispettive spade.

- Non sono qui per combattere…- si affrettò a dire la voce uscendo dall’ombra di un albero – ma non esiterò a lottare contro di voi se questo è l’unico modo per farvi smettere di azzuffarvi come adolescenti.

L’uomo che si trovarono davanti loro non lo avevano mai visto, era alto, indossava un paio di pantaloni marroni e una casacca verde, alla cinta aveva una lunga spada racchiusa nel fodero nero, l’elsa era d’argento con incastonati vari diamanti. Sembrava un uomo giovane eppure i suoi lineamenti sembravo quelli di un giovane uomo anche se

 una profonda ruga gli attraversava la fronte e i capelli completamente bianchi tradivano la sua età.

- Chi sei?- urlò Mamoru estraendo la sua spada.

- Non così in fretta…- socchiuse gli occhi, fece un debole sorriso esaminando il soldato, scosse il capo e sospirò – Mamoru. Devo dire che tu e Usagi siete fatti della stessa pasta.

A sentir pronunciare il nome della ragazza Mamoru si fece ancora più attento e minaccioso.

- Te lo ripeto chi diavolo sei?

- Takanori! – urlò in quel frangente Usagi correndo verso il vecchio saggio del Regno Argentato.

L’uomo misterioso abbracciò Usagi fino a quasi farle mancare il respiro.

- Mi avevi detto che ci saremmo visti ma non pensavo così presto. – fece la ragazza con un sorriso felice.

- Mi mancavi bambina mia..- fece dolcemente il vecchio accarezzando il capo della ragazza – e poi ti volevo aiutare a trovare la strada di casa il prima possibile.

- Cosa intendi dire? – domandò lei sorpresa.

- La Regina sa che stai tornando a casa, ti aspetta.

Usagi aprì la bocca per rispondere ma la richiuse subito.

- Mancano tre giorni all’arrivo nei confini del regno, - fece Ami – Takanori non puoi pretendere che percorriamo così tanti chilometri in poco tempo.

- Ma io non vi sto chiedendo questo. – fece il vecchio saggio – Sono stato incaricato di condurvi immediatamente da lei.

- E come pensi di portarci là vecchio? – urlò scettico Nephrite che continuava a tenere la spada stretta in mano.

- Con una piccola magia che mi è stata concessa di fare. – rispose l’altro lanciando al generale un’occhiata raggelante.

- Una magia?- fece Rei – Ma Takanori ti era stato proibito di fare magie… lo sai… sono considerate arti demoniache!

- Ma quando si tratta di voi lo sapete che la Regina è molto più accondiscende, le ho promesso che vi avrei portato da lei entro sera. E siamo anche molto in ritardo.

Seguendo le istruzioni del vecchio saggio i ragazzi e le ragazze si sistemarono attorno a lui aspettando un suo cenno.

- Non pensate a nulla, - ordinò Takanori – mi servirà parecchia energia per trasportarvi tutti.

Nessuno osava contraddire le parole del vecchio, i soldati non respiravano neppure, Kunzite, quello più scettico verso la magia, strinse la mano di Minako spaventato dall’idea che non potesse più vederla.

La ragazza sorrise e ricambiò la stretta ripromettendosi di non usare mai questo istante di debolezza per ricattarlo o per prendersi gioco di lui.

- Andiamo. – fece Takanori alzando l’elsa della sua spada, i diamanti brillarono sotto il debole sole, una luce argentata li avvolse, Mamoru si sentiva lievemente frastornato, non sentiva più il peso del suo corpo, era come se volasse via, verso un nuovo mondo, vedeva Usagi aggrappata al vecchio saggio, sorrideva… veramente sorrideva da quando quel Takanori era apparso.

Si rese conto che non l’aveva mai vista sorridere veramente.

Era bellissima.

La luce di diradò mostrando agli occhi sgranati dei cinque soldati un paesaggio luminoso.

- Amici miei…- fece Usagi con un tenero sorriso e le lacrime agli occhi – Benvenuti nel Regno Argentato.

 

Amiche mie... sono tornata! Lo so ci ho messo un po’ per aggiornare ma con tre fic. da scrivere e il lavoro che mi sta esaurendo faccio un po’ fatica a stare dietro a tutte! Ma ora eccomi qui con un uomo capitolo!

Aspetto i commenti!

 

Sissy = anche questo cap é triste? Mah... forse solo la prima parte... mi fai sapere cosa te ne pare?

 

Hotaru ’91 = Eragon? Beh credo che il mio subconscio abbia preso l’ispirazione anche da quel libro ma, se devo esser del tutto sincera, l’ispirazione maggiore l’ho presa da Tolkien per questa fic.

 

Gingi = hai visto? Ti avevo promesso massimo entro Giovedì invece ieri sera mi sono rimboccata le maniche e mi sono messa a scrivere! ^^ contenta? Ma non avercela con l’altra donna di Mamoru, lei non ha colpe...

 

Geneis = uffi... e io che volevo aggiungerli i punti interrogativi!!! Vabbé mi sta bene anche così ^^... e questo cap? I punti di domanda sono aumentati o diminuiti?

 

Kirby = Sorellona... Mamoru non é un cafone é solo molto innamorato ma ha anche molte responsabilità che spiegherò più avanti, lo trovo un uomo molto complicato ma, credimi, nel giusto.

 

Chiara = ecco qui l’aggiornamento... chiedo scura per il ritardo ma, come ho detto prima, il lavoro mi sta uccidendo! ^^” comunque cercherò di esser più veloce!

 

Bene belle donnine mie... per ora vi saluto, ci vediamo alla prossima!

Un bacione a tutte!

Elena

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


 

I generali si guardavano attorno meravigliati, la città risplendeva sotto i loro occhi, sembrava quasi un altro mondo.

Le case erano di legno chiaro, semplici con gli infissi più scuri intagliati a mano, i pomelli delle porte, alcuni piccoli particolari erano, invece, in argento. Splendente e luccicante argento finemente lavorato.

- Takanori!- urlarono le ragazze.

I soldati si voltarono, il vecchio saggio si era inginocchiato a terra, la spada conficcata nel terreno soffice erano l’unico appiglio che lo sosteneva.

- Takanori...- ripeté allarmata Usagi inginocchiandosi davanti a lui – stai male?

- Non ti preoccupare..- mormorò il vecchio con un filo di voce e la fronte imperlata di sudore – ci voleva più energia di quanto pensassi... sono stanco.

- Ti portiamo a casa.

- No, vai dalla Regina.. io me la caverò... sono capace di reggermi da solo.

- Non dire sciocchezze. – fece Makoto caricandoselo sulle spalle.

- Tu ci hai sempre aiutato. – disse Rei.

- E noi ti renderemo il favore. – echeggiò Ami asciugandogli la fronte.

Usagi annuì soddisfatta e si rivolse ai suoi amici.

- Devo chiedervi un favore: tenete il viso coperto. La gente non vi conosce e potrebbero scambiarvi per degli invasori, tenete il viso sempre ben coperto fino a quando non vi avrà parlato la Regina.

I quattro generali si guardarono scettici.

- Obbediremo alle leggi del vostro territorio, - fece Mamoru alzando il cappuccio ma prima lanciando una profonda occhiata ad Usagi – quanto potremmo parlare con Lei?

- Presto, -rispose l’altra – incontriamoci tra un paio d’ore al lago ghiacciato. – ed allungò il braccio verso una distesa scintillante di ghiaccio – Noi porteremo Takanori alla sua casa e poi vi raggiungeremo.  Potere visitare il villaggio se vi va.

Usagi si voltò e, assieme alle altre sue quattro amiche, si incamminò verso la parte nord dove il vecchio saggio aveva la sua casa.

 

***

 

Takanori fu sistemato sul semplice letto a una piazza nella sua casa, le ragazze lo guardavano con profondo amore e rispetto.

Quell’uomo aveva fatto da padre a tutte loro.

- Resto io con lui. – fece Usagi prendendo un catino e riempiendolo con l’acqua presa da una brocca – Voi andate pure.

- Ma Usagi...- tentò di dire Ami ma la ragazza bionda l’azzittì solo con un cenno della mano.

- I vostri uomini vi aspettano... andate da loro.

Le altre quattro non avevano intenzione di muoversi dai rispettivi posti.

- Vi prego...- mormorò Usagi prendendo una pezza e immergendola nell’acqua – vivete la vostra vita... voi che ne avete una.

Una dopo l’altra, le quattro ragazze uscirono dalla casa di legno lasciandoli soli.

Usagi iniziò a bagnare la fronte del vecchio mentre piangeva in silenzio.

Takanori aprì stancamente gli occhi, si sentiva debole... molto più di quanto avesse programmato, aveva bisogno di riposo.

Ma le silenziose lacrime di quella ragazza gli spezzavano il cuore, con uno sforzo immane alzò una mano e le accarezzò una guancia bagnata.

- Non piangere bambina... le lacrime non si addicono ad una bella ragazza come te.

Usagi fece un leggero sorriso e prese la mano dell’uomo, Takanori era sempre stato capace di farla sorridere, di farle pesare meno la sua posizione, quando stava male lui era lì a consolarla.

Era il suo angelo custode.

- Non avresti dovuto affaticarti, - mormorò lei sentendosi in colpa – potevano arrivare qui tra tre giorni.

- Io starò bene, - tentò di rassicurarla lui – domani mattina mi sarò ristabilito del tutto. Non temere per me.

- Sei tu dovessi morire io... – si buttò tra le braccia del saggio piangendo più forte.

- Adesso é tutto a posto Usagi,- mormorò l’uomo accarezzandole la nuca – va tutto bene, sono solo stanco. E poi sai meglio di me che ho molti più anni di quello che voglio far credere, questo vecchietto ha la pelle dura.

Ma le sue lacrime erano troppo intense per della semplice preoccupazione, e lui lo sapeva.. lo sentiva... lui era legato a quella ragazza più di quanto lei sospettasse.

- Cos’hai piccola?- le sussurrò all’orecchio continuando a cullarla – Cosa ti fa soffrire tanto?

- Io... lo amo...- singhiozzò sul suo petto.

- Chi?- le chiese conoscendo la risposta.

- Mamoru... e lui ha un’altra...

- Ne sei certa? – le chiese con un dolce sorriso sulle labbra.

Usagi alzò la testa e annuì.

- Te l’ha detto lui?

Un altro cenno d’assenso.

- Sai piccola..- rispose Takanori sistemandole i capelli dietro l’orecchio – Mamoru non sa quello che dice... vedrai, tutto si sistemerà.

 

***

 

Makoto camminava lentamente per le vie del villaggio, conciata così in pochi l’avevano riconosciuta e, quelli più furbi, avevano cambiato strada appena l’avevano intravista.

Nessuno vuole stare con una scorbutica donna fabbro.

Ma a lei non importava, non aveva mai sofferto la solitudine grazie alle sue più care amiche.

Con calma e con un lieve sorriso sulle labbra si incamminò vero il sentiero che portava alla sua vecchia casa, quella con la bottega dello zio sul retro. Il sentiero era stretto, in alcuni punti sdrucciolevole, costeggiato da pioppi e cespugli con piccole bacche rosse, soffiava un leggero venticello da ovest portando con se il profumo di pane fatto in casa.

La sua casa le apparve davanti agl’occhi quasi all’improvviso, non era tra le più grandi del villaggio ma era fin troppo grande per una sola persona.

Chissà... magari con la fine della guerra avrebbe potuto chiedere a Nephrite di trasferirsi da lei, oppure poteva seguirlo nelle Terre di Tobias ma dubitava di riuscire a restare sola, lontano dalle sue amiche.

La casa era rimasta in balia di se stessa per troppo tempo, l’edera si stava arrampicando sul muro che dava a sud, il suo amato giardino era pieno di erbacce, la vernice verde brillante che colorava le inferiate era crepato in vari punti e, in altri, si era staccato, la staccionata bianca era stata fatta a pezzi da qualche balordo e, per finire, qualche tegola era scivolata dal tetto cadendo sul terreno.

Si spostò sul retro sperando di trovare meno disordine e, fortunatamente, sembrava che il tempo non avesse attaccato la sua vecchia bottega. Mise la mano sopra lo stipite superiore della porta e prese la piccola chiave che nascondeva lì da quando era rimasta sola, la serratura arrugginita ci mise qualche secondo in più per aprirsi ma quando riuscì ad entrare non fu capace di ricacciare indietro una lacrima solitaria.

Era a casa.

L’odore non era cambiato, tutto era rimasto come nei suoi sogni, nulla era mutato nel suo lungo viaggio, tutto era rimasto dove l’aveva lasciato, i suoi attrezzi erano in ordine appesi al muro, l’incudine era nel centro della stanza, al fornace poco dietro.. tutto era perfetto... per un attimo rivide se stessa mentre sfogava la sua rabbia e il suo dolore su un pezzo di metallo.

Con due dita tremanti sfiorò la fredda incudine di metallo, con il timore che quel bellissimo sogno svanisse all’improvviso.

- Ehi Donnona... sei tornata? – urlò una voce arrogante da fuori.

Makoto strinse i pugni.. già nulla era cambiato, neppure la gente maleducata.

Uscì dalla porta principale della casa, trovando davanti tre uomini, gli altri tre fabbri del regno, i fratelli Atsuko: Gomez, Adam e Hiraki. Erano buoni fabbri peccato che odiassero suo zio per la sua bravura e odiavano lei semplicemente perché era una donna molto più in gamba di loro.

- Un party in mio onore? – mormorò sarcastica la ragazza incrociando le braccia al petto ed assumendo un’aria di sfida.

I tre uomini si scambiarono delle occhiate fugaci.

- Abbiamo un conto in sospeso ricordi donna? – urlò il più grosso dei tre, Hiraki era alto quanto lei ma pesava almeno il doppio, era un armadio di muscoli e cattiveria, sotto i sui colpi potevi anche restarci secco.

Il fabbro indossava un pio di pantaloni di velluto marroni e una camicia a quadri rossa e blu, aveva addosso un grembiule e di pelle marrone e, dalla cinta, penzolava il suo inseparabile martello.

Makoto si maledì per aver lasciato la sua arma in casa.

- Un conto in sospeso? – domandò lei scendendo il primo scalino della veranda – Quale conto vecchi?

I tre sussultarono indignati.

- Guarda a come parli donna! – gridò il più grande dei tre: Adam, aveva i capelli già bianchi con vari ciuffi stopposi grigi, indossava un paio di pantaloni beige e una camicia bianca sporca, anche lui teneva in mano un martello, molto più grosso di quello di Hiraki.

- Oh che paura...- li sbeffeggiò lei scendendo anche il secondo scalino.

- Perché sei tornata?- le fece il più giovane: Gomez, aveva ventisei anni, non era muscoloso come gli altri fratelli ma era molto più agile. Portava pantaloni neri di velluto spesso e una camicia rossa sangue, lui non aveva martelli in mano ma una grande sbarra di ferro.

- Ora ti daremo una lezione...- fece Hiraki venendo in avanti e prendendo il martello – così ci penserai due volte prima di tornare.

Makoto non aveva paura di quei tre, li aveva già sistemati una vota davanti a tutto il villaggio, il problema era che i fratelli Atsuko erano armati: lei no.

Li osservò in bene pensando al modo migliore per correre in casa ed afferrare la sua arma.

- Fermi!- urlò in quel momento una voce possente.

La ragazza sgranò gli occhi riconoscendo la voce.

I tre fabbri erano confusi e continuavano a guardarsi attorno alla ricerca dell’intruso.

Dal sentiero sbucò Nephrite, camminava lentamente, la spada sguainata e stretta in mano, fissava i tre fratelli con puro disprezzo.

Nessuno poteva toccare la sua donna!

- Nephrite...- mormorò lei con gli occhi lucidi.

- Vattene soldato. – gridò Gomez – Stanne fuori!

- Perché tre uomini come voi dovrebbero attaccare una fanciulla disarmata?

I tre fabbri si guardarono in faccia, poi fissarono Makoto e scoppiarono a ridere.

- Fanciulla? – ripeté Adam divertito – Quella non é una fanciulla.. é solo un uomo travestito da donna!

Makoto serrò la mascella irritata.

- Te lo ripetiamo soldato, - continuò Hiraki alzando il martello sopra la testa – vattene e lasciaci soli con lei... dobbiamo darle una lezione.

- No,- rispose il generale – prendetevela con me.

Hiraki socchiuse gli occhi valutando l’uomo che aveva davanti, era almeno la metà di lui e quella sua spadina non poteva reggere il confronto con il suo possente martello.

Si scagliò su Nephrite urlando, Makoto scattò in avanti per aiutare il suo uomo ma fu bloccata dagli altri due.

- Nephrite!

Con una mossa fulminea il generale si spostò di lato e colpì il fabbro.

Il martello di Hiraki volò via dalla sua mano callosa, quando toccò il terreno si aprì in due.

Gli altri due fabbri restarono pietrificati di fronte al fratello a terra.

Hiraki si alzò barcollante, non l’aveva sfiorato ma la botta che aveva preso con il terreno l’aveva stordito, guardò a terra il suo martello distrutto e aprì la bocca meravigliato.

- Ha rotto il martello di Hiraki...- mormorò spaventato Gomez.

- Quella spada é più resistente del nostro metallo. – valutò Adam.

Nephrite guardò i due rimasti, questi, spaventati dall’idea di fare la fine del fratello, si voltarono e scapparono via, seguiti da Hiraki.

Ma il generale non voleva fare del male agli altri, non aveva occhi che per Makoto, aveva il terrore che quei barbari le avessero fatto del male.

- Makoto... stai bene?

La ragazza lo guardò stralunata per un attimo, nessuno era mai venuto in suo soccorso, nessuno l’aveva mai aiutata, tutti credevano che fosse abbastanza forte per ogni situazione.

Beh.. non lo era.

Si buttò tra le braccia del suo uomo scoppiando a piangere.

- Nephrite!

Il soldato rimase immobile qualche istante stupito da quel gesto, poi sorrise e ricambiò quell’abbraccio carico d’amore.

- Te l’avevo detto che sarei stato forte per entrambi.

 

***

 

Un cimitero... silenzioso, cupo, una distesa di lapidi grigie in un prato verde.

Minako stava davanti alla tomba di suo padre, gli occhi fissi sul terreno come se temesse di incrociare il suo sguardo autoritario nella lapide.

Suo padre era un uomo burbero a volte, severo con gli allenamenti ma era il padre migliore del mondo, tanto buono e paziente con lei.

Aveva il terrore di deluderlo.

- Mi dispiace...- mormorò chiudendo gli occhi – io... non sono degna di prendere il tuo posto papà... non ho la tua forza.

Tornò indietro negl’anni.. quando era piccola e osservava suo padre allenarsi nei cortili di corte, quando urlava ai suoi soldati di dare il meglio per proteggere la Regina, quando le diceva che, da grande, avrebbe potuto prendere il suo posto.

Era affascinata da lui, dalle sue gesta, dalla sua stazza così autoritaria, dai suoi lineamenti duri ma che diventavano morbidi appena accennava un sorriso.

Ricordava quando era più giovane, si allenava giorno e notte, con il sole o con la pioggia solo per poter vedere l’orgoglio brillare nei suoi occhi blu come le profondità marine, proprio come i suoi.

E poi era partito per la guerra.

E lei gli aveva fatto quella stupida promessa, suo padre l’aveva abbracciata dicendo che contava su di lei, che nessuno al mondo era più adatto per quell’impresa.

Era così orgoglioso di sua figlia.

E lei lo stava deludendo.

Finalmente alzò lo sguardo, la lapide grigia brillava al sole, seguiva il contorno della pietra millimetro dopo millimetro, per poi passare l’incisione del suo nome.

Aino Junichi.

- Oh papà..- mormorò mentre le lacrime scendevano contro la sua volontà – perché mi hai lasciata sola? Io non sono sicura di riuscire a mantenere la mia promessa... non sono forte a sufficienza per stare con lei... quanto vorrei che fossi qui per consigliarmi.

- Minako...

Il cuore della giovane mancò un battito... per un attimo, per un istante solo aveva quasi creduto che suo padre avesse ascoltato la sua preghiera.

Si voltò esitante con il furioso battito del suo cuore che le martellava nelle tempie; ma era solo Kunzite.

- Ah...- biascicò asciugandosi gli occhi – sei tu...

Il generale alzò un sopraciglio.

- Non volevo spaventarti. – fece lui avanzando accanto a lei.

- Non mi hai spaventato.. per un attimo ho creduto che fossi qualcun’altro.

Il generale non rispose, aveva visto Minako addentrarsi nel cimitero mentre passeggiava per le vie.

L’aveva osservata in lontananza, ed era rimasto incantato ad osservare la sua figura contro la luce del sole.

Quando aveva visto le sue lacrime scintillare, una morsa gelata gli aveva chiuso lo stomaco. Voleva consolarla, non voleva vedere i suoi occhi meravigliosi piangere.

Lesse il nome inciso sulla lapide e capì.

- Era tuo padre?

Minako annuì solamente tirando su con il naso.

- Era un soldato?

- Il capitano delle guardie della Regina... il migliore... é morto in battaglia come molti. Non fu mai trovato il suo corpo, nella fossa c’é solo un suo vestito... e la sua spada.

- Non l’hai tenuta tu?

- No... papà diceva sempre che le mie mani non sono fatte per le spade... che quello che facevo con la catena era quasi come una danza, che era più adatta a questa strana arma. Quando é morto ho voluto che l’ha portasse con se.

Kunzite le afferrò una mano per trasmetterle la sua forza, per vedere ancora quella fiamma impertinente brillare nei suoi occhi.

- Quando parlerete con la Regina... – iniziò a dire Minako senza spostare gli occhi dalla lapide – verrà a galla un segreto... un segreto molto importante Kunzite. Tu potresti odiarmi.

Il soldato si voltò a guardarla stralunato.

- No, non potrei mai odiarti.

- Sì, invece!- gridò lei voltandosi per incrociare i suoi occhi di ghiaccio – Voglio che tu sappia che non avrei potuto rivelarti questo segreto... per nessuna ragione.

- Minako..- mormorò lui accarezzandole una gota – non avere timore... io non ti odierò. E, comunque, non sei la sola ad avere dei segreti. Avrei dovuto dirtelo prima ma vedi...

La ragazza gli tappò la bocca con una mano.

- Non dirlo.. non ora... non voglio saperlo...- e unì le loro labbra per un lungo bacio.

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


 

Rei stava seduta su un muretto: dietro di lei un santuario.

Da piccola ci veniva spesso, pregava la Dea della Luna di farla guarire, di donarle una vita come quella di tutte le ragazze normali e, come ogni volta accadeva, le sue preghiere servivano a ben poco.

Alla fine si era rassegnata.

Veniva in questo santuario anche per chiedere protezione per il fratello in guerra.

Anche queste preghiere erano state vane.

Alla fine aveva capito che gli esseri umani sono nati soli e sono destinati a morire soli.

Gli Dei... le preghiere... l’illusione di un mondo dopo la morte.. sono solo belle favole che ti aiutano a vivere con il sorriso.

Non c’erano gli Dei, non c’era il paradiso.. non c’era nulla dopo la morte, solo il nulla.

Aveva smesso di andarci... ma ora era tornata, quasi d’istinto, non ci credeva eppure aveva bisogno di crederci.

Si era fermata poco prima di entrarci, non si sentiva più all’altezza di quel posto, lei aveva rifiutato le credenze della sua gente, aveva voltato le spalle a quel tempio molti anni prima, era da ipocriti tornarci come se nulla fosse.

Un’ombra si allungò davanti a lei, Rei si voltò di scatto con un pugnale stretto in mano.

Dietro di lei c’era una donna bellissima, il vestito d’argento la fasciava fino ai piedi, aveva lunghi capelli mossi biondi e due grandi occhi azzurri e, tra i capelli, aveva dei fiori bianchi.

Feijan si chiamava, la prima sacerdotessa del tempio, Rei la conosceva bene, era una ragazza molto buona, un’ottima consigliera, peccato che non aveva mai avuto il piacere di parlare con lei anche solo una volta.

- Sei Rei giusto? – domandò lei con la sua voce melodica, muovendo appena le labbra rosa.

Lei annuì solamente sorpresa dal fatto che la famosa Feijan la conoscesse.

La sacerdotessa si mise a sedere sullo stesso muretto, accanto a Rei, il sole le batteva sul viso eppure sembrava che non gliene importasse più di tanto.

- Ti ho riconosciuto...- spiegò l’altra notando il suo sguardo curioso – sono anni che non vieni più a pregare.

Rei chinò il capo mortificata.

- Non credo più a niente ormai...- mormorò stringendo i pugni – gli Dei non ascoltano i mezzi demoni come me.

- Loro ti ascoltano... e ti parlano sempre... magari siamo noi che abbiamo smesso di ascoltare. So che hai perso una persona cara.

Rei annuì solamente continuando a fissare i suoi piedi.

- Lo sai che la Dea della Luna trasforma i nostri cari perduti in stelle, così posso sempre guardarci dall’alto e sostenerci con la loro luce. Quando sei giù Rei, quando pensi che il mondo intero ti ha abbandonato alza gli occhi al cielo. Tuo fratello sarà la stella che brilla più intensamente.

La ragazza alzò lo sguardo, era strano come quelle parole le avessero risollevato il morale, come avessero trasformato la morte di Korim in qualcosa di meno doloroso.

- Garzie..- mormorò con un filo di voce.

Feijan sorrise felice e si alzò:

- Sono contenta di esserti stata d’aiuto Rei. Torna al tempio di tanto in tanto.

Lei sorrise e annuì debolmente.

Guardò la sacerdotessa allontanarsi e allargò di più il sorriso.

Si sentiva più libera.

- Sei qui allora...

- Jadeite...- mormorò lei allegra, scendendo dal muretto con un piccolo saltello e raggiungendo il generale.

- Ti stavo cercando. – fece lui sorridendo di fronte a quell’improvviso cambio d’umore della ragazza.

- Sul serio?

- Certo... mi mancavi.

Rei arrossì lievemente e si alzò in punta di piedi per sfiorare le labbra del giovane soldato.

- Anche tu mi mancavi.

- Ho una cosa per te. – sorrise Jadeite porgendo un pacchettino alla ragazza.

Lei lo prese curiosa e lo scartò subito, rigirò tra le mani quello che sembrava una tavoletta marrone.

Sorrise e guardò il suo generale con occhi pieni d’amore.

- Ma questa è cioccolata…

 

 

***

Era preoccupata… era molto preoccupata.

Quando avrebbero incontrato la Regina tutto sarebbe cambiato, lei odiava i cambiamenti, per questo amava i libri. Loro non mutavano con le stagioni, quando un libro era scritto nessuno poteva mutare le sue parole.

Stava chiusa in quella biblioteca da venti minuti, non aveva preso nessun tomo da rileggere, non aveva aperto le sue cartine per studiarle, stava solo seduta al tavolo, illuminata solo dalla fioca luce di una lampada ad olio, non riusciva a pensare, a riflettere a guardare la situazione da un’angolazione positiva.

Non voleva sentirsi così.

Lei amava la certezza e non il dubbio continuo.

Tutte provavano le stesse emozioni, lei ne era certa, tutte avevo il terrore di perdere l’uomo amato, tutte sapevano che erano colpevoli.

Un giuramento… erano in cinque e avevano stipulalo un giuramento prima di partire.

Un giuramento che, ora, sarebbe stato infranto.

Sospirò per la centesima volta in pochi minuti, si stava torturando… voleva porre fine a tutto, a volte avrebbe voluto non seguire mai Usagi, ma lei non poteva lasciarla.

Usagi si era rivelata la sua amica più cara, lei era sola, nessuno stava con una studiosa china sui libri quasi tutto il giorno.

I suoi genitori erano nobili di antiche casate del Regno, suo nonno era uno dei consiglieri dei sovrani prima che morisse di vecchiaia e lei aveva ereditato l’amore per lo studio e per i libri da lui.

Quando era piccola suo nonno la portava nelle biblioteche del castello, sale gremite di libri fino al soffitto, libri di tutti i generi, per tutte le età e, alcuni, vecchi di secoli.

Ricordava l’odore di carta antica, il pavimento di legno che cigolava sotto i suoi piedi, la fioca luce delle lampade che penzolavano dal soffitto, quell’aria secca, creata apposta per non deteriorare i volumi più vecchi.

Lei stava sempre accanto al nonno che le mostrava i segreti di quella meraviglia.

Ma il prezzo per tutta quella conoscenza era la solitudine.

Nessuno l’avvicinava, l’accusavano di superbia solo perché amava leggere, solo perché loro erano molto meno interessati dei suoi libri.

Aveva sempre trovato la gente noiosa, tutti che ripetano le stesse cose, tutti che recitavano a memoria qualche saggio senza mai approfondirne il significato… tutto così falso.

Così stava in biblioteca a studiare, a sfogliare ogni tomo, ogni rotolo di pergamena, ogni volume che trovava.

Non aveva bisogno di amici.

I libri erano suoi amici.

Ma poi venne Usagi… così ingenua e spiritosa che l’aveva stregata.

Si era presentata un pomeriggio in biblioteca, cosa alquanto strana perché lei non frequentava mai quelle stanze. Si era avvicinata mentre lei stava inserendo le nuove informazioni sulla sua cartina, avevano dodici anni, dietro di lei c’era Minako che guardava ogni libro col terrore che questo potesse prendere vita all’improvviso costringendola a studiare.

- Perché sei sempre qui?- le aveva chiesto lei con gli occhi pieni di ammirazione – Non ti annoi?

Aveva scosso la testa e aveva ripreso a lavorare: non voleva esser scocciata.

- Ma non giochi mai?- le aveva domandato Minako.

- Non mi piace giocare da sola. – aveva risposto segnando un villaggio con un puntino – Preferisco questo posto.

- E non hai amiche? – continuò Usagi guardando la sua mappa visibilmente confusa da quei simboli che aveva scritto.

- I miei amici sono i libri. – fece capendo solo in quel momento quanto fosse triste quel pensiero.

- Ma loro non possono parlare con te… come fai a stare con amici tanto silenziosi?

Aveva guardato Usagi e aveva sorriso… quella ragazzina con i capelli biodi e quella stramba pettinatura la stava facendo sorridere.

- Già… non lo so… un po’ patetico vero?

Usagi e Minako si erano scambiate un’occhiata e poi avevano riso.

- Beh ora ci siamo noi… saremo noi le tue amiche.

Avevano mantenuto la promessa, loro erano state le sue prime amiche, erano tutto per lei.

Un sorriso comparve sulle sue labbra… no, non avrebbe mai potuto abbandonare Usagi. Anche se a volte era pesante la loro situazione.

- Cosa ci fa una damigella tutta sola in una stanza buia?

Ami sorrise voltando il viso, Zoisite si avvicinò sedendosi accanto a lei.

- Sei preoccupata?

- Un po’…- ammise lei alzando le braccia per stiracchiarsi.

- Ho come l’impressione che mi stai nascondendo qualcosa Ami. – fece il generale – Qualcosa di grosso.

- Lo scoprirai…- mormorò lei poggiando le braccia sul tavolo di legno scuro – lo scoprirai presto… Zoisite?

- Sì?

- Promettimi una cosa.

- Qualsiasi cosa.

- Non odiarmi… non odiarmi mai…

Il generale biondo sorrise e si avvicinò alla ragazza.

- Non potrei mai odiarti Ami… io ti amo.

- Anch’io ti amo Zoisite… ti amo tanto.

Il soldato le prese il viso con le mani e la baciò.

 

***

Mamoru fu il primo ad arrivare al lago ghiacciato.

Aveva visitato poco il villaggio… i suoi pensieri andavano a Usagi e al suo destino che si sarebbe compiuto tra pochi minuti.

- Perdonami…- mormorò il capitano chiudendo gli occhi – perdonami Usagi…

Poggiò la testa sul tronco nodoso di un albero, non gli importava più di nulla, ora sentiva solo il dolore straziante del suo cuore innamorato.

Il suo sguardo si perse sulla distesa di ghiaccio davanti a lui, il lago era molto grande e sicuramente pescoso quando le temperature avrebbero fatto sciogliere quello spesso strato ghiacciato sulla superficie. Il ghiaccio brillava sotto la luce arancione del tramonto, il sole spariva lentamente oltre le colline mentre i suoi raggi ancora si riflettevano in quello specchio naturale.

Un rumore alle sue spalle lo fece voltare di scatto con la spada ferma in mano.

- Ah..- fece con un sospiro – siete voi.

Makoto e Nephrite si avvicinarono al soldato, lui teneva un braccio sulle spalle di lei, sorridevano.

Poco dopo arrivarono anche Minako e Kunzite, si tenevano per mano.

Rei e Jadeite spuntarono dal nulla immersi in una fitta conversazione mentre mangiucchiavano del cioccolato.

Ami e Zoisite furono gli ultimi, si tenevano a braccetto.

Mamoru fece un lieve sorriso: almeno qualcuno era felice.

- Ci siamo tutti. – fece Usagi alle loro spalle.

Mamoru sgranò gli occhi… quella che aveva davanti non sembrava Usagi, o meglio aveva gli stessi vestiti di Usagi, ma aveva un’espressione strana, inoltre quel lungo mantello bianco che indossava le dava un aria da nobildonna.

La ragazza sorrise nel vedere tutte le sue amiche felici con il rispettivo uomo, diede un ultimo sguardo a Mamoru e si convinse che era meglio così…  era inutile soffrire.

- Come sta Takanori?- le chiese Rei apprensiva.

- Sta bene, - le rispose Usagi calma – quando me se sono andata stava riposando. Dice che per domani si sarà ristabilito.

Tutte sorrisero tirando un profondo respiro di sollievo.

- Possiamo andare… - continuò lei voltandosi.

Le ragazze si avvicinarono alla loro leader e iniziarono a camminare a passo spedito, i soldati si guardarono e poi le seguirono.

Mentre percorrevano il lungo viale che portava al maniero bianco che risplendeva a pochi metri da loro Mamoru notò che le persone si affacciavano dalle finestre per guardare le ragazze.

Tutto ciò era strano… a da quello che aveva capito Usagi e le altre erano ben note nel Regno, sicuramente per la strana missione che avevano da portare a termine.

Mentre si avvicinavano alla fortezza il generale non poté non notare la sua maestosità e la sua bellezza, completamente bianco con intarsi in argento sulle porte, vetri colorati alle finestre, avvolto da una luce quasi magica.

Lo spesso portene di pietra bianca fu aperto da due guardie armate che fecero il saluto militare quando videro Usagi.

Lei fece solo un cenno del capo ed entrò nel castello a testa alta.

Loro le seguivano guardandosi attorno, le torce appese alle pareti lisce illuminavano il corridoio che stavano percorrendo, velocemente superavano le stanze con le porte chiuse, alle pareti c’erano quadri e antichi arazzi, i tappeti rossi erano ovunque ed erano morbidi come se fossero nuovi.

Entrarono nella sala del trono, il soffitto era completamente di vetro colorato che raffigurava una luna piena in un cielo stellato, il trono era posto in fondo a quella sala rotonda, c’erano altre due piccole porte di legno ai lati, Mamoru sapeva che quelle porticine servivano a sovrani per raggiungere le altre stanze senza esser visti.

Sul trono c’era la Regina, la Regina del Regno Argentato: era bellissima con un lungo vestito celeste che le copriva perfino i piedi, i capelli di un tenue rosa annodati in una treccia molto elaborata, uno scialle bianco le copriva le spalle nude, aveva la pelle rosa che, a tratti, si poteva confondere con il bianco trono di marmo. Due occhi splendenti come le stelle raffigurate nella vetrata in alto guardavano le giovani ragazze e i soldati alle loro spalle, sorrideva ma sembrava quasi impaziente.

Zoisite guardò la Regina attentamente e sgranò gli occhi.

- Oddio…- mormorò attirando l’attenzione di tutti i suoi amici.

- Zitto Zoisite!- lo sgrido con un sussurro Kunzite.

Mamoru stava quasi per chiedere spiegazioni quando Usagi e le sue compagne si inginocchiarono a qualche metro dal trono.

La Regina divenne improvvisamente cupa, si alzò e si diresse verso Usagi, le mise una mano sulla spalla e sorrise.

- Non dei inchinarti a me… Serenity.

Mamoru alzò la testa di scatto.

Serenity?

La ragazza si alzò e fissò la donna che, ormai, aveva le lacrime agli occhi.

La Regina non guardò neppure le altre persone che c’erano nella stanza e la strinse in un forte abbraccio.

- Ben tornata a casa figlia mia.

 

Ecco qui... non credo che questo sia poi tanto sorprendete, in fondo si era capito che Usagi teneva un segreto importante. Ed eccolo qui! Ma, come ben sapete, le sorprese non sono finte... c’é ancora una lunga lista di colpi di scena.

Aspetto con ansia i vostri commenti!

Un bacio a tutte!

Elena

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


 

- Grazie madre. – mormorò la ragazza per nulla entusiasta.

Mamoru sgranò ancora di più gli occhi… Usagi era Serenity la principessa del Regno Argentato.

La principessa che veniva cantata dai menestrelli per la sua bontà e per tutti i misteri che aleggiavano attorno a lei.

In pochi avevano visto in volto la principessa e si diceva che non uscisse mai da palazzo.

Si erano sbagliati.

La Regina lasciò libera sua figlia e guardò le altre ragazze.

- Neppure voi dovreste inginocchiarvi, siete le guardiane di mia figlia e le sue più care amiche, siete come delle figlie per me.

- Grazie vostra Maestà. – fecero in coro le altre chinando ancora di più il capo.

La regina sorrise lievemente e si avvicinò a Minako.

- Minako…- fece con un lieve filo di voce – Takanori mi ha detto che hai salvato la principessa dai Lupi Mannari.

Minako alzò il capo, aveva gli occhi lucidi.

- E’ stata ferita vostra altezza… non credo si esser all’altezza del mio compito.

Il sorriso sul viso della Regina aumentò.

- Al contrario… Serenity è viva… e questo mi basta, ora è sana ed è guarita. Tu sola potevi esser il capo delle guardie del Regno Argentato.

- Cosa?- sbottò Kunzite sotto voce – Il capo delle guardie?

- Grazie Regina Selene. – mormorò la ragazza alzandosi.

La donna annuì piano e si voltò verso i cinque soldati, li sondò uno dopo l’altro con il suo sguardo magnetico e profondo. Quando raggiunse Mamoru il suo viso sembrò illuminarsi.

- Sapevo che ti avrei rivisto, - gli fece avvicinandosi di un passo – ed ero sicura che avresti fatto grandi cose nella tua vita.

Serenity lo guardò stupita e poi si avvicinò ai due.

- Voi lo conoscete madre?

La Regina sembrò molto colpita dalla frase, alzò un sopracciglio e guardò prima una e poi l’altro.

- Vedo che non solo mia figlia viaggia sotto falso nome.

Il capitano strinse i pugni ma riuscì a non arrossire.

- Cosa state dicendo?- chiese la principessa confusa – Chi viaggia sotto falso nome?

- Serenity... ti presento il Principe Endimion, sovrano delle Terre di Tobias, figlio del defunto Re Tobias. 

La principessa impallidì facendo un passo indietro.

- No…- balbettò scuotendo il capo – non può esser vero… Mamoru… diglielo tu che ti sta confondendo per un altro.

- Temo che vostra madre abbia ragione… principessa. – rispose lui calcando l’ultima parola e lanciandole un’occhiata penetrante.

Gli occhi di Serenity di riempirono di lacrime.

- Bugiardo…- sibilò stringendo i pugni – sei solo un bugiardo!

- Serenity!- quasi urlò la Regina – Non ti permetto di usare questo tono… non con i nostri ospiti.

Ma lei non stava neppure ad ascoltarla, il mondo era sparito, c’erano solo loro due… e tutte le bugie che si erano raccontati in quei giorni.

- Ti odio…- fece alla fine non riuscendo più a trattenere le lacrime – io ti odio!

Si voltò e corse via uscendo da una delle porticine laterali.

- Principe Endimion dovete perdonare mia figlia.

- Non si deve preoccupare vostra maestà. Io e Serenity non siamo mai andati molto d’accordo.

La Regina sospirò e batté un paio di volte le mani, tre dame di compagnia entrarono di corsa nella sala del trono e si inchinarono davanti alla sovrana.

- Accompagnate i nostri ospiti nelle loro camere, fate in modo che abbiamo a disposizione tutto quello che desiderano.

- Sì, vostra maestà. – rispose in coro le tre dame.

- Vogliate scusarmi…- fece Selene alzando appena la gonna per camminare – devo parlare con mia figlia.

La Regina uscì dalla stanza, seguendo la stessa strada di Serenity, Endimion rimase a guardare la porta per qualche minuto come se questo bastasse per farla tornare indietro.

- Endimion..- fece Kunzite mettendogli una mano sulla spalla – è meglio riposare. Ci penseremo dopo a Serenity.

Il principe guardò il suo migliore amico e annuì, le ragazze aiutarono le dame di compagnia con la sistemazione delle camere poi andarono nelle ripetitive stanze.

Tutti dovevano riflettere.

 

***

Serenity sbatté la porta della sua camera alle sue spalle.

Si appoggiò alla cassapanca vicino alla porta e chiuse gli occhi.

- Endimion…- un solo nome, un nome che significava amore e odio, aveva odiato quel nome… e ora si ritrovava ad amarlo… era così confusa… così dannatamente stanca di lottare – no…- mormorò alla stanza vuota – perché deve esser così? Perché non posso solo amarlo senza problemi… perché non sono una ragazza come le mie amiche?

Qualcuno bussò alla porta, Serenity si allontanò di qualche passo verso il centro della stanza.

- E’ aperto madre… so benissimo che siete voi.

La Regina entrò e si chiuse delicatamente la porta alle spalle.

- Bambina mia… - cercò di abbracciarla di nuovo ma lei si divincolò allontanandosi dalla donna – Serenity…

- Mi dispiace… no… non posso…

- Serenity…- sussurrò ancora la Regina – cos’hai?

- Mi ha mentito…

- Anche tu.

- No… posso aver taciuto sul nome… ma non mi sono mai mostrata diversa da quello che sono. Non ho ma taciuto su… su quello che provavo… lui sì. Lui si è sempre tirato indietro, poteva dirmelo, poteva spiegare, invece ha nascosto la verità perché sapeva che, giunti nel Regno, noi non ci saremmo più rivisti.

- Non esser così dura con lui. – cercò di farla ragionare l’altra – Endimion può aver mentito ma l’ha fatto solo a fin di bene.

Serenity non rispose, restò ferma in mezzo alla sua stanza, continuando a dare le spalle alla madre.

La Regina sospirò esausta, sua figlia era sempre stata molto diligente ora era completamente fuori controllo.

- Rifletti bene su quello che stai facendo Serenity…- fece la donna avvicinandosi alla porta – ricorda che dalle tue decisioni dipende la salvezza del tuo popolo.

Serenity annuì in silenzio maledicendo quella situazione, quando sentì la porta della sua stanza chiudersi si buttò sul letto e scoppiò a piangere.

 

***

Vladimir galoppava più veloce che poteva, il cavallo non era affaticato e i confini del Regno Argentato si avvicinavo ogni minuto di più.

Rei… la sua piccola ed indifesa Rei lo stava aspettando.

- Vladimir fermo!

Con una mossa fulminea il vampiro fermò il cavallo.

Da una nube nera apparve il Signore delle Terre Nere.

Vladimir scese velocemente dall’animale e si inchinò davanti al suo Padrone.

- Mio Signore, - fece in tono referenziale – perché mi avete fermato?

- Il piano è cambiato…- echeggiò la voce rauca dell’uomo dall’ombra del suo cappuccio verde che gli copriva il volto – Endimion… era il soldato assieme alla principessa. Le cose si complicano… dobbiamo dare una prova di forza.

- Cosa avete in mente?

- Me ne occuperò io per ora Vladimir. – rispose il demone risoluto – Tu accampati qui e attendi i miei ordini.

Il vampiro alzò lo sguardo, per un attimo nei suoi occhi brillò una luce ribelle.

- Hai qualcosa da ridire Vladimir? – tuonò con voce possente il demone interpretando quello sguardo.

- No,- si affrettò a rispondere lui chinando di nuovo il capo – Signore… vi attenderò qui.

- Perfetto. – mormorò Xazumi prima di sparire – Vedi di non fare danni… o pagherai amare conseguenze.

- Sì, mio Signore.

***

Kunzite camminava veloce per i corridoi del castello. La cercava da oltre mezz’ora, doveva trovarla, doveva parlare con lei... non si dava pace.

Aveva chiesto a tutti quelli che aveva incrociato, ogni servitore, ogni dama di compagnia, ogni cavaliere e tutti gli avevano detto che il comandate Aino stava nel cortile dedicato ai soldati.

Quel cortile era introvabile.

Percorse un lungo corridoio che dava sul parco e si bloccò, Minako stava parlando con un soldato molto più anziano di lei.

La sua donna impartiva ordini e l’altro la guardava visibilmente scocciato.

- Sono stata chiara, Honigi? - - quasi urlò Minako infuriata – Avevi il compito di sostituirmi non si denigrarmi davanti agli atri... che la cosa ti piaccia o no, io sono il tuo superiore, io impartisco gli ordini e tu li esegui. Chiaro?

- Sissignora. – fece l’altro chinando il capo.

- Fai in modo che non accada più... qualsiasi atto di insubordinazione da parte degli altri soldati riterrò te responsabile.

- Sissignora.

- Benissimo... ora vattene via... prima che ci ripensi e ti sbatta fuori di qui a calci.

Il soldato si allontanò, incrociò sul corridoio Kunzite ma non disse una sola parola.

Il generale strinse i pugni impedendosi di seguirlo e gonfiarlo di sberle.

- Cosa ci fai qui?- gli domandò Minako avanzando in quell’istante.

- Volevo vederti. – rispose lui con un mezzo sorriso.

- Sei venuto a dirmi che mi odi? – chiese lei abbassando il capo per non mostrare gli occhi lucidi. 

Il soldato le fece alzare il viso e le sfiorò le labbra in un tenero bacio.

- Minako.. io ti amo... non potrei mai odiarti.

La ragazza scoppiò a piangere stringendosi forte al generale.

- Mi ami veramente?

- Sì...- sorrise lui stringendola forte – ti amo anche se sei una ragazzina impertinente.

- Ma io... io... ti ho sentito nella sala del trono... credevo che non volessi più vedermi.

- Perché sei il generale dell’esercito del Regno?

La ragazza annuì continuando a tenere premuta la testa sul suo torace.

- Kunzite... mio padre ha lasciato un testamento prima di partire per la guerra contro Xazumi. Mio padre voleva che solo io diventassi il generale dopo la sua morte. Ho promesso sulla sua tomba di proteggere la nostra principessa e il nostro Regno... Kunzite... ho bisogno anche di te. Da sola non ce la farò mai.

- Non ti preoccupare,- le sussurrò amorevolmente lui – non ti lascerò mai sola.

 

***

 

Endimion stava sdraiato nel letto della sua nuova stanza.

Nella sua mente continuava a rivedere quella scena, Usagi.. ovvero la principessa Serenity: la donna che lui era venuto a cercare.

E poi il suo sguardo infuocato, il suo odio e le sue parole... aveva combinato un bel guaio.

Eppure anche lei gli aveva mentito, anche lei non si era mostrata per quello che era in realtà... lui non conosceva nessuna Usagi... Usagi non era mai esistite.

Amava una donna inesistente.

- Maledetta...- mormorò alzandosi di scatto dal letto e dirigendosi verso la sua borsa da viaggio. L’aprì e ne tirò fuori tutti gli indumenti e gli oggetti che si era portato via dalla sua casa, dal suo Regno.

L’ultimo oggetto era un piccolo sacchetto di velluto rosso, l’aprì e ne tirò fuori un cofanetto nero, c’era un anello al suo interno, un anello d’oro bianco con un diamante incastonato, un solitario d’immenso valore.

Quell’anello era il legame dell’alleanza, quell’anello significava riallacciare i vecchi rapporti con i Regni vicini, con quell’anello lui, Principe Endimion, sovrano delle Terre di Tobias, doveva chiedere la mano della Principessa Serenity, erede al trono del Regno Argentato.

 

Gomen-nasai a tutti!

Chiedo umilmente scusa per questo ritardo senza precedenti... ma, come avevo, già detto, l’altra fic mi ha portato via più tempo del previsto. Ma, ora che é finita, posso dedicarmi a questa. Questo capitolo era solo per riscaldamento... e per svelare un segreto che ormai tutti avevano capito. ^^”

Lo so vi ho promesso altri colpi di scena... vi prometto che ci saranno siate pazienti! Ok?

Attendo i vostri commenti!

Al prossimo cap.

Un bacio

Elena

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


 

- Che cosa?- urlò Rei nel parco del Palazzo.

Si erano dati appuntamento lì i quattro generali e le migliori amiche della principessa.

- Minako ci stai dicendo che Serenity e Endimion sono promessi? – domandò Ami scossa.

- Da quando la nostra principessa è nata. – confermò la ragazza bionda chinando il capo  tristemente.

Tra di loro lei era l’unica che conoscesse a fondo la vera storia della loro principessa.

- Perché non si è confidata con tutte noi?- si chiese Makoto irritata – Potevamo starle accanto.

- Vedete Serenity mi ha fatto giurare di non dirlo a nessuno.

- Voi lo sapevate che doveva sposarsi?- chiese Kunzite pacato.

- Noi sapevano che la Regina Selene aveva convocato Serenity per qualcosa di molto urgente. – iniziò a spiegare Rei – Quella stessa sera è venuta da noi in lacrime, sua madre la voleva costringere a sposare un perfetto estraneo.

- La nostra principessa si è sempre sacrificata per il suo popolo. – continuò Ami con le lacrime agli occhi – Ma non riusciva ad accettare che sua madre le dicesse chi doveva amare.

- Era stufa di prendere ordini. – finì Makoto – Non voleva più che i consiglieri o la Regina le dicessero cosa fare o come comportarsi. Inoltre non sopportava l’idea di restare a guardare mentre la gente moriva inerme sotto i suoi occhi, così decise di partire per trovare da sola il modo di fermare Xazumi.

- Quando ci chiese di accompagnarla abbiamo subito accettato. – fece Ami – Serenity è stata l’unica che ci abbia ascoltato nel momento del bisogno… senza di lei noi saremmo perdute. Faremmo qualsiasi cosa per lei… lei è la nostra migliore amica.

- Capisco. – sospirò Kunzite con un lieve sorriso – In fin dei conti è la stessa cosa che proviamo noi con Endimion.

- Già,- sorrise Zoisite – Endimion è sempre lì quando abbiamo bisogno di qualcosa.

- Noi sappiamo del patto tra la Regina e Re Tobias solo da qualche mese. – spiegò Jadeite.

- Ma il principe lo sapeva da molto più tempo. – disse Nephrite – Neppure lui era entusiasta all’idea di un matrimonio combinato, ma ha sempre preso ogni decisione valutando tutte le conseguenze. Sapeva che con questa unione il potere dell’Alleanza si sarebbe rinforzato e sperava che tutti i regni vicini avrebbero potuto lottare sotto un’unica bandiera: quella del Regno Argentato.

Minako sopirò affondando le mani nei lunghi capelli d’oro.

- Io sono venuta a conoscenza del patto una sera… Serenity non si dava pace. Continuava a dire che non potevano farle questo, che lei aveva il diritto di innamorarsi di chi voleva. Non voleva rinunciare a questo.

- Non ha tutti i torti,- fece Kunzite – ognuno deve avere il diritto di amare chi vuole, ma deve anche capire che i sovrani si devono sacrificare.

- Non lo ritengo giusto. – sbottò Rei.

- Neppure io. – diede man forte Ami.

- Mi unisco a loro. – fece Makoto.

- Kunzite, Serenity ha fatto tanto per noi… ci ha dato qualcosa in cui credere, ci ha dato la speranza, ha illuminato le nostre vite buie. Non potremmo mai vedere la nostra principessa soffrire, per questo abbiamo deciso di seguirla in questo rischioso viaggio. Noi sacrificheremmo la nostra vita per lei. E sono certa che voi fareste altrettanto per il Principe.

- Non vedo il problema…- echeggiò Nephrite pensieroso – in fondo sia la Principessa che il Principe sono stati fortunati. Si sono incontrati e si sono innamorati.

Le ragazze scossero piano la testa sospirando tristemente.

- Purtroppo la nostra amata Principessa Serenity è molto più testarda di quello che vuole far credere. – spiegò Minako – Non credo che questa storia si concluderà con il classico lieto fine.

 

***

Takanori camminava lentamente per i corridoi del castello. Molte volte aveva percorso quelle strade, spesso di notte e di nascosto.

Camminava a testa alta come faceva un tempo, quando era ancora al servizio della Regina, quando anche lui contava qualcosa.

Il suo bastone da passeggio poggiava delicatamente sul pavimento di marmo lucido, i suoi passi quasi non si sentivano, la sua lunga veste azzurra sfiorava appena le lastre grigie.

Superò le grandi vetrate che davano sul parco, gli arazzi che coprivano le pareti di pietra, le torce che illuminavano il lungo corridoio deserto e si fermò ad ammirare uno dei grandi quadri che ornavano il castello.

Ritraeva la famiglia reale, Selene bellissima vestita d’argento, la corona preziosa che le ornava la nuca, un lieve sorriso, lo sguardo luminoso e caloroso, davanti a lei Serenity, una piccola bambina sorridente e felice, ora entrambe erano tristi e molto malinconiche, quei sorrisi incoraggianti e calorosi si vedevano sempre più di rado sui volti di entrambe.  E poi c’era il Re, un uomo alto ed imponente, che con la sua mole poteva incutere terrore, anche i lineamenti del viso erano duri eppure era un uomo buono ed estremamente gentile, molto più vecchio di Selene e morto quando Serenity era ancora una bambina di pochi mesi.

Il vecchio saggio stringe il bastone da passeggio nella mano, mentre i suoi occhi scrutavano a fondo quel ritratto.

- Non ci sono consigli da dare qui vecchio Takanori. – gracchiò una voce alle spalle del saggio.

L’uomo si voltò per nulla sorpreso, dietro di lui c’era un essere piccolo e gobbo, il viso profondamente segnato dagli anni e dal suo animo nero. Indossava una toga bianca, lo guardava con fare losco mentre le continuava a strofinarsi le mani.

- Doku…- sibilò lui con puro disgusto nella voce – sono qui per incontrare la Regina.

Il piccoletto si avvicinò al saggio zoppicando vistosamente.

- I tuoi servigi non sono più richiesti da molti anni vecchio… la Regina ascolta solo la mia voce.

Gli occhi di Takanori si strinsero in due minuscole fessure.

- Levati dai piedi.

- Vuoi fare una magia? – lo provocò l’altro – Avanti… sto solo aspettando un tuo passo falso per farti cacciare dal Regno. Neppure quella cociuta della principessa potrà salvarti.

- Stai attento a come parli Doku..- mormorò Takanori stringendo ancora di più la presa sul suo bastone ed impedendosi di compiere una stupidaggine – altrimenti potresti pentirtene amaramente.

- Non ti temo vecchio stupido. – rispose il consigliere prima di voltarsi – Hai capito?- urlò più forte – Non ti temo! E un giorno sarai tu a supplicarmi di risparmiarti la vita.

Takanori restò fermo osservandolo mentre si allontanava nel corridoio, quando la sua figura ritorta sparì scosse piano il capo, quell’uomo era pericoloso, aveva convinto Selene a rifugiarsi in quel pezzetto di terra lasciando il resto a Xazumi, l’aveva costretta a far lottare i loro soldati quando questi non erano in grado di fronteggiare i demoni e aveva convinto Selene che era giusto sacrificare la felicità della sua unica figlia.

Quel tipo era pericoloso e Selene doveva capirlo alla svelta.

Tornò sui suoi passi, si avvicinò alla grande porta di legno chiaro intagliata a mano dai più bravi intagliatori del Regno e bussò piano usando il pomello d’argento a forma di testa di leone del suo bastone.

La voce dolce della Regina lo invitò ad entrare, lui fece un profondo respiro e aprì la porta.

- Vostra maestà,- mormorò facendo capolino – Posso entrare?

- Prego Takanori…- sorrise lei – so che volevi parlarmi.

Il saggio entrò nella stanza e si chiuse le porte alle spalle.

- So che hai curato la principessa… grazie.

- Il mio compito è vegliare su di lei… ed è ciò che faccio.

Selene fece un triste sorriso, Takanori era folgorato da tanta bellezza, era una donna intelligente e bellissima, ora indossava un vestito color pesca, che ricadeva morbido sulle sue gambe, uno scialle bianco le copriva le spalle nude, i capelli erano sciolti sulla schiena, una fluente cascata di riccioli.

- Serenity è molto legata a te.  – continuò la Regina persa nei suoi pensieri – Tutti si legano in qualche modo a te Takanori… ora dimmi il motivo per cui sei qui.

- Sono qui per il matrimonio vostra maestà.

- Lo immaginavo. – Selene si alzò dalla sedia dov’era seduta e andò alla finestra – Endmion non ti sembra il partito ideale per mia figlia?

Il vecchio saggio sussultò appena.

- Non è questo… ho conosciuto il principe Endimion ed è un bravo ragazzo e sono certo che sarà un ottimo sovrano.

- Ma non deve sposare Serenity. – concluse lei.

- Non subito…- si affrettò a rispondere – e non in questo modo.

- Ma loro si amano.

- Sì… ma… Maestà prima devono risolvere i loro problemi. Non potete dirle chi amare.

- Questa è la nostra usanza. – rispose fredda la donna – Ogni matrimonio della nostra famiglia è stato combinato, non possiamo distruggere le nostre tradizioni.

- Una volta non la pensavi così Selene.

La Regina si voltò, i suoi occhi mandavano scintille di rabbia.

- Vattene… - sibilò crudelmente – vattene via.

Takanori fece un mezzo inchino e si diresse alla porta della stanza.

- Domani ci sarà una festa…- fece l’altra – nulla di ufficiale ma spero che Endimion chieda la mano di Serenity. Questo matrimonio si farà Takanori che a mia figlia piaccia o no.

- Mi dispiace che tu sia diventata così Selene…- mormorò lui tristemente – stai commettendo gli stessi errori di tuo padre e mi ricordo molto bene quanto tu l’odiassi.

Selene si morse un labbro, sussultò appena quando la porta fu richiusa, serrò i pugni e ricacciò indietro le lacrime.

- Non puoi capire… - mormorò amaramente – tu non hai mai capito…

 

***

Endimion stava nel grande parco del castello, aveva bisogno d’aria, aveva bisogno di schiarirsi le idee, a volte aveva solo voglia di non esser il Principe Endimion ma solo Mamoru.

Stava appoggiato alla colonna bianca del portico ammirando il cielo azzurro e quei pochi uccellini che gli passavano davanti alla ricerca di qualche briciola o, nei casi più fortunati, un verme.

Sospirò per la centesima volta, non sapeva cosa fare, non doveva andare così… sapeva che sarebbe stata dura ma non in questo modo.

Sentì dei passi: qualcuno si era fermato dietro di lui.

Si voltò e, per poco, non si sen male; era la principessa, indossava una lunga veste di seta turchese, leggera come il vento, i lunghi capelli d’oro sciolti e sulla testa un piccolo diadema.

Era bellissima e, finalmente, vedeva quella ragazza nel suo ambiente naturale.

In quel momento si rese conto che si sarebbe innamorato di lei anche se non l’avesse incontrata in quella foresta.

Serenity gli fece un delicato inchino.

- La Regina Selene mi ha incaricato di informarla che domani ci sarà una festa in vostro onore. Ci sarà un bacchetto e delle danze, ovviamente i soldati che vi hanno accompagnato sono invitati.

- Una festa? – chiese Endimion sorpreso – E perché?

Un sorriso sarcastico incurvò le labbra della giovane, per un attimo quella ragazza tornò ad essere la ribelle soldatessa della foresta.

- Mia madre preferisce fare feste piuttosto che preoccuparsi della guerra e, comunque, è tradizione del nostro regno festeggiare l’arrivo di un altro sovrano.

- Vedo che non sei d’accordo con questa tradizione.

- Sono molte le tradizioni che non sopporto.

- Ho capito. – sospirò lui – Puoi dire alla Regina che sarò onorato di prendere parte ai festeggiamenti.

- Bene. – rispose freddamente l’altra e voltandosi per tornare indietro.

Con uno scatto Endimion le afferrò il polso:

- Aspetta.

- Cosa c’è? – domandò senza voltarsi.

- Non prendermi in giro… sappiamo entrambi cosa si aspettano da noi domani.

- Tu dici?

- Serenity…

- Endimion non voglio parlarne.

- Dovremmo pur parlarne prima o poi.

- Non é detto che debba esser proprio oggi.

- Sei testarda. – constatò l’altro.

- Dovresti averlo capito ormai.

- No, invece... io non più chi sei... Dov’é Usagi? Dov’é la ragazza che avevo incontrato nella foresta?

- Non hai mai pensato che Usagi e Serenity sono le due facce della stessa medaglia? – rispose lei – Io sono tanto Usagi quanto Serenity, gli abiti cambiano ma la persona no Endimion. 

- E non credi che questo valga anche per me?- domandò risoluto.

- No... io sono certa che se fossi stata Usagi, una normalissima ragazza di campagna, noi ci saremmo mai rivisti una volta arrivati al Regno.

- Non é così..- spiegò il principe – non è mai andata così Serenity. Prima era diverso, dovevamo solo rispondere ad un ordine, ora c’é ben altro in gioco... io so che mi provi qualcosa, nello stesso modo in cui io provo qualcosa per te.

- La festa avrà luogo nella piazza centrale del Regno, vi aspettiamo per il tramonto. – cambiò discorso la principessa.

Con un sospiro Endimion le lasciò il braccio, Serenity con passo veloce si allontanò da lui tornando nelle sue stanze.

Nessuno dei due si accorse dell’ombra minacciosa che li spiava in un angolo buio del parco.

- Bene... bene...- mormorò il demone soddisfatto – le cose vanno meglio di quanto sperassi. Endimion avrà presto una sorpresina da parte mia.

 

Ecco qua il capitolo, in ritardo anche questo ma settimana scorsa sono stata colpita da una brutta influenza e sono rimasta a letto per tre giorni!

Comunque ora sto bene e posso tornare a scrivere a pieno ritmo!

Aspetto come al solito i vostri commenti!

Vi abbraccio tutte!

Elena

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


 

- Non posso crederci, - sbuffò Kunzite mentre fissava il mantello viola sulle spalle con le fibbie d’oro – siamo in guerra e questa Regina da una festa come se niente fosse.

- Anche a me sembra strano. – rispose Nephrite mente si infilava i guanti neri – Insomma ci saranno altri momenti per festeggiare.

- Credo che la Regina lo faccia soprattutto per alleggerire gli animi del suo popolo. –  suggerì Zoisite appoggiato alla parete della stanza.

- Sono d’accordo. – echeggiò Jadeite – Credo che questa serata faccia bene a tutti.. ci distrarrà da Xazumi. Abbiamo bisogno di un attimo di pace e poi sono certo che la Regina voglia un’atmosfera di festa per quando il Principe chiederà la mano di Serenity.

- Endimion non lo farà. – disse deciso Kunzite.

Tutti si voltarono a fissarlo, tra di loro era quello che conosceva il principe meglio di chiunque altro.

- Perché dici questo?- domandò Jadeite.

- Endimion non vuole che Serenity lo sposi per obbligo, non dopo tutto quello che é successo durante il nostro viaggio.

I quattro generali sospirarono demoralizzati.

- Certo che due testoni del genere sono proprio ben azzeccati assieme...- constatò Zoisite.

- Si quasi come due lunatici come Kunzite e Minako!- sorrise il generale moro prendendosi deliberatamente gioco del compagno.

- Ehi attento a quello che dici! – lo rimproverò l’interpellato – Vogliamo parlare di tu e Makoto? I vostri figli solleveranno le rocce come se fossero di carta.

- Perché non parlate dei figli di Rei e Jadeite?- rise Zoisite – Seri e scrupolosi, facilmente irritabili.

- Vogliamo parlare dei tuoi allora?- lo rimproverò l’altro arrossendo – Secchioni perennemente chini sui libri!

I quattro generali si guardarono un attimo poi scoppiarono a ridere.

 

***

 

Il principe Endimion finì di guardarsi allo specchio, aveva indossato i vestiti da cerimonia, in tasca aveva lo scrigno con l’anello, non sapeva quello che avrebbe fatto… non voleva saperlo.

Ora voleva solo vedere Serenity.

Si trovò con i suoi compagni fori dal palazzo e si diressero verso la piazza centrale, dove si sarebbero svolti i festeggiamenti.

Anche se non conoscevano l’esatta ubicazione di questa piazza non era difficile da trovare, i sentieri erano costeggiati da lanterne luminose e fili d’argento che impreziosivano ogni cosa toccassero. La gente sorrideva e cantava, un paio di giovani fanciulle ballavano leggere come elfe dei boschi.

L’atmosfera era di festa.

Un lungo tavolo era disposto nel centro della piazza, un tappeto di petali di rose di ogni colore ricopriva il lastricato di pietra, ghirlande di fori erano disposte sugli alberi e sulle case. La tavole era decorata con un’infinità di candelabri d’argento finemente lavorati, tutte le candele bianche erano accese creando un’atmosfera piacevole e molto suggestiva.

- Benvenuti..- fece una voce calda alle loro spalle.

Tutti si voltarono, Takanori avanzava piano verso di loro, sembrava stanco, camminava appoggiato al suo bastone da passeggio eppure stava sorridendo agli ospiti d’onore. Indossava una lunga tunica nera con ricamate antiche rune d’argento, ora aveva proprio l’aspetto di un consigliere della Regina.

- Takanori, - fece il principe con un debole inchino – si sente meglio?

- Sono solo un vecchio saggio…- rispose garbato l’altro avanzando verso il ragazzo – mi rimetterò, magari non così velocemente come la principessa sperava. – sospirò e si guardò attorno – La Regina ha fatto le cose in grande… deve tenere molto a voi.

Endimion si limitò ad annuire osservando quelle meravigliose decorazioni.

Non ci volle molto che le altre ragazze arrivarono.

I quattro generali rimasero letteralmente a bocca aperta.

Minako indossava un lungo vestito color ocra, un velo più trasparente copriva l’ampia gonna, il corpetto era attillato mettendo in risalto le curve della giovane, i capelli  erano annodati con una complicata pettinatura, una collana d’ambra impreziosiva la sua scolatura generosa mente il lieve trucco metteva in risalto gli occhi spendenti.

Rei portava un abito rosso che la fasciava fino in vita, coprendo la parte davanti ma lasciando una generosa scollatura sulla schiena, ben coperta da uno scialle di seta bianca, i capelli erano rimasti sciolti luminosi sotto la lieve luce delle candele. Il trucco sull’argento rendeva i suoi lineamenti più decisi e delicati nello stesso istante.

Ami portava un vestito turchese, ricamato con lievi fiori in argento, lievemente più largo in vita dove scendeva una gonna fino al ginocchi formata da numerosi veli di vari azzurri che davano l’impressione del mare in tempesta ogni volta che lei si muoveva con grazia. I capelli erano raccolti in un alta coda mente un collarino di raso blu ornava il collo delicato e pallido della ragazza.

Makoto aveva un vestito verde pastello, delicato che ricadeva con morbide pieghe sulle sue forme generose, mettendo in risalto quel suo corpo femminile che in pochi avevano avuto il piacere di vedere. Anche lei aveva i capelli raccolti in una lunga coda e il suo trucco era lievemente più marcato mentendo in risalto le labbra carnose.

I quattro generali si mossero quasi all’uniscono andando incontro alle rispettive dame offrendo loro il braccio prima di dirigersi al tavolo del banchetto.

Endimion li osservò con una punta d’invida, anche lui voleva esser così libero con la sua principessa.

Anche lui voleva che le cose fossero così semplici e spontanee. 

- Ecco la vostra dama Principe Endimion. – sorrise Takanori volgendo lo sguardo dietro il ragazzo.

Il principe si voltò e restò a bocca aperta.

La Regina Selene e la Principessa Serenity stavano camminando proprio verso di lui.

Non prestò molto caso al vestito sontuoso della Regina fatto con piume di pavone, i suoi occhi erano solo per la sua principessa.

Serenity indossava un lungo abito bianco di tessuto leggero da sembrare quasi aria,  con ricami d’oro, i capelli erano sciolti sulla schiena, portava un piccolo diadema in testa d’oro con piccolissimi ma luminosi diamanti.

Camminava leggera, quasi come se volasse su una nuvola e si stava avvicinando a lui.

- Principe Endimion. – fece Selene con un sorriso – Aspettate da molto?

Endimion spostò lo sguardo sulla Regina non sentendo quella domanda.

- Scusate vostra Maestà, - fece lui mortificato – temo di non aver prestato attenzione alla vostra domanda. La principessa mi ha folgorato con la sua bellezza.

Selene fece un sorriso compiaciuto e guardò Takanori.

- Mi accompagni al tavolo?- gli chiese dolcemente porgendogli la mano.

Il vecchio saggio la sfiorò con le labbra, il principe era certo di aver visto una nuova luce negl’occhi di entrambi.

- Sarà un onore altezza.

Mentre i due si allontanarono Endimion tornò a concentrarsi su Serenity.

- Dicevo sul serio prima… sei bellissima. – mormorò prendendole una mano e baciandola con delicatezza.

- Grazie. – rispose lei lievemente in imbarazzo.

- Andiamo?- suggerì lui porgendole il braccio.

La principessa annuì e si sedettero al loro posto.

 

Fu un insieme di balli e canti, mentre i servitori del palazzo portavano le numerose pietanze, alcuni suonatori suonavano i loro strumenti inneggiando alla gioia e alla pace. Era un’atmosfera rilassante, divertente ed Endimion si trovò a ringraziare mentalmente la Regina per quelle ore di svago dove Xazumi era solo un ricordo lontano e sbiadito.

Verso la fine della serata, quando sul tavolo del banchetto restavano solo i cesti di frutta e fiori, i quattro generali si alzarono dal tavolo e chiesero alle loro dame di ballare.

Serenity le guardava con una punta di invidia nel cuore: loro erano fortunate... erano felici e potevano esser chi volevano senza dover stare agli ordini di qualcuno.

Erano libere.

Sentì Endimion alzarsi dalla sedia:

- Mi concedi l’onore di un ballo Serenity?

La principessa guardò la mano che lui le porgeva, poi i suoi occhi luminosi e non ebbe il coraggio di mandarlo al diavolo, prese la sua mano e si lasciò trasportare fino al centro della pista.

Per una sera potevano non esser il principe e la principessa, potevano non chiamarsi neppure Usagi e Mamoru, per una sera potevano solo esser se stessi, senza nome, senza identità e senza destino.

Endimion le mise una mano sul fianco avvicinandola al suo corpo, forse tenendola più stretta di quanto avesse dovuto fare con le mani intrecciate mentre volteggiavano sulle note della musica assieme ai loro amici.

Il principe la guardava mia sazio di tale vista, era bellissima e perfetta, anche i difetti facevano parte della sua perfezione.

- Vorrei parlarti...- le sussurrò all’orecchio continuando a ballare – in privato... per favore.

Serenity si morse un labbro indecisa. 

Parlargli... non parlargli... gli aveva detto che lo odiava ma non era vero, lei lo amava, era solo troppo spaventata o forse troppo orgogliosa per ammettere che sua madre aveva fatto la cosa giusta per una volta.

- Vieni con me. – gli disse prendendolo per mano e incamminandosi verso la boscaglia che circondava il lago ghiacciato.

Camminarono in silenzio per alcuni minuto, lei davanti che gli indicava la strada e lui dietro che l’avrebbe seguita fino nelle Terre Nere di Xazumi.

Anche se ormai era sera inoltrata il lago brillava sotto i raggi argentei della luna, Serenity si era appoggiata al tronco di un albero ad osservare la mezza falce che brillava in un mare di stelle.

- Ho una cosa per te Serenity. – fece Endimion prendendo il cofanetto nero dalla tasca interna della giacca.

La principessa guardò meravigliata l’anello che vi era contenuto, era splendido e lei sapeva cosa voleva dire.

- Endimion...

- Non te lo chiederò adesso. – le disse il principe guardandola negl’occhi serio e deciso – E non ti obbligherò mai a sposarmi.. ti chiedo solo di tenere l’anello con te e, quando ti sentirai pronta, indossalo e io capirò.

La principessa prese il gioiello con mani tremanti.

- Endimion...- la sua voce era solo un esile sussurro appena udibile.

- Pensaci bene Serenity. – Endimion si voltò pronto per tornare al castello.

- Aspetta! – e questa volta la voce della principessa risuonò in tutto il bosco incantato attorno al lago – Endimion io... – si avvicinò al ragazzo con le lacrime agli occhi, avrebbe solo voluto buttarsi tra le sue braccia e farsi proteggere quando un boato e delle urla interruppero quel momento magico.

Improvvisamente tornarono ad essere i due soldati della foresta, con uno scatto felino corsero verso la piazza da dove sembrava che provenisse qual frastuono.

Le gente scappava urlando, si sentiva gente combattere e bambini piangere.

Colta da un’improvvisa paura Serenity corse più forte raggiungendo la piazza centrale del villaggio.

Al centro della piazza, c’erano una decina di demoni, mostruosi raccapriccianti, luridi e rabbiosi demoni, disposti in cerchio con le spade sguainate e rivolte verso la folla che cercava in tutti i modi di scappare.

I quattro generali e il principe Endimion avevano sguainato le spade, loro le avevano lasciate nelle stanze.

La Regina Selene li guadava con rabbia mista alla paura verso il suo popolo e sua figlia che, invece, li guardava senza alcun timore.

- Vogliamo parlare con il Principe Endimion!- grugnì il più grande dei demoni, alto almeno due metri dalle pelle marrone e squamosa, aveva due occhi verdi marcio, un naso bitorzoluto e numerose cicatrici sul volto.

- Sono io Endimion. – fece il ragazzo venendo avanti di un passo.

Il capo dei demoni ghignò malefico.

- Il nostro Padrone ti aveva avvertito di non venire nel Regno Argentato, ti aveva già mandato un messaggio.

- Io non prendo ordini da Xazumi. – ringhiò Endimion aumentando la presa sulla sua spada – Puoi dirgli che un giorno lo distruggerò.

Le risate grottesche dei demoni riempirono la piazza facendo tremare la gente che era rimasta.

- Il nostro Padrone ti manda un ultimo messaggio Endimion.. dice che lui potrebbe esser il primo di una lunga lista.

Le fiamme avvolsero i demoni che sparirono inghiottiti dalle profondità degli inferi.

Quando le fiamme sparirono quello che era rimasto fu un cerchio di petali bruciati e una figura accasciata a terra.

I quattro generali corsero verso quell’uomo ferito, era poco più che un giovane ragazzo, rosso di capelli, indossava la divisa dei soldati di Tobias e due frecce erano conficcate nel suo torace.

Era vivo ma molto debole e prossimo alla morte.

- O mio dio... –mormorò Nephrite – é Andreas... era di guardia sulle colline dove avevamo radunato i superstiti.

- E’ molto grave. – valutò Zoisite osservando le due frecce dal piumaggio nero – Una freccia gli ha perforato un polmone mentre l’altra é troppo vicina al cuore... non possiamo levargliele.

Endimion si inginocciò a terra alzando il capo del povero ragazzo che troppo presto stava scoprendo la morte.

- Andreas...- mormorò piano – Andreas...

Il giovane soldato aprì gli occhi, respirava a fatica ma riuscì ugualmente a sorridere quando incrociò lo sguardo del suo principe.

- Vostra altezza...- sussurrò con una smorfia di dolore – finalmente vi rivedo...

- Andreas... cos’é successo?

- E demoni... ci hanno trovato...- spiegò l’altro respirando affannosamente – hanno catturato tutti... molti sono morti...

- Ora basta parlare...- gli disse Endimion – dobbiamo curarti.

- Mio principe... – fece Andreas – mi dispiace...

Andreas morì tra le braccia di Endimion in quello stesso instante mentre un tuono rimbombava in lontananza.

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


 

Xazumi sorrideva soddisfatto nell’ombra mentre osservava i prigionieri marciare verso i lavori nelle miniere. Endimion era un uomo intelligente e avrebbe recepito per intero il suo messaggio... quel matrimonio, quell’amore era inaccettabile per lui.

Una sola scintilla di speranza poteva alimentare il fuoco della ribellione, anche Selene ci aveva provato più di una volta a ribellarsi ma grazie al suo servo e ai suoi metodi di persuasione, aveva spento quel suo spirito ribelle: lo stesso spirito che aveva visto nella principessa Serenity.

Ma anche lei avrebbe ceduto prima o poi.

Uno dei prigionieri cadde a terra stremato, un demone gli tirò un calcio tra le costole per farlo rialzare in fretta ma era vecchio e non avrebbe resisto a lungo, senza pensarci due volte, il suo demone estrasse la spada dal metallo nero e lo trafisse a morte sotto gli occhi sgranati e carichi di terrore di tutti gli altri. Un urlo di dolore squarciò il cielo, il suo sorriso si allargò mentre la figlia piangeva sulla salma del padre.

Alla vista del sangue denso e rosso del vecchio Xazumi si passò la lingua sulle labbra... quanto tempo era passato dall’ultima volta che aveva saziato la sua fame?

Tanti anni... l’ultimo sangue che aveva toccato era quello di Re Kingo Tomoe, il sovrano del Regno Argentato.

 

***

 

Zoisite posò tutte le mappe e le informazioni che era riuscito a portare via con se, in tutto una decina di rotoli e libri, in più, con il materiale di Ami, il tavolo ovale dov’erano seduti i quattro generali e le ragazze era pieno di fogli, mappe e strumenti per l’analisi di qualsiasi tracciato possibile.

- Come diavolo hanno fatto?- si domandò Kunzite mente apriva l’ennesima mappa sul tavolo – Li avevamo nascosti nelle caverne.

- Nessuno conosceva quel passaggio... – mormorò Nephrite pallido in volto, tutti erano scossi e nessuno riusciva a capacitarsi di come Xazumi fosse arrivato ai colli.

- Forse é stato solo un caso fortuito. – valutò Ami.

Dum... dum..

- Non so cosa pensare Ami. – rispose Zoisite – Era il posto più nascosto del regno... la nostra fortezza.

Dum... dum...

- E se ci fosse una spia? – domandò Rei pensierosa.

- Impossibile. – rispose Jadeite sicuro – Lo avremmo scoperto, i nostri sistemi di sicurezza e segretezza sono infallibili. 

Dum... dum...

- Quanti erano?- chiese Makoto.

- Duecento tra donne e bambini più altri duecento uomini. – le rispose Nephrite – Tutti armati e disposti a lottare.

Dum... dum...

- Se sono stati catturati,- iniziò Kunzite con un filo di voce – vuol dire che gli uomini sono morti tutti o la maggior parte.

Dum... dum... dum

- Serenity la vuoi smettere? – sbottò infastidita Minako.

La principessa si voltò lentamente verso la sua amica, non capiva di cosa parlava ma poi si rese conto che era almeno mezz’ora che tamburellava le dita sul piano del tavolo.

- Scusate..- mormorò mortificata – sono sopra pensiero.

Con un sospiro si alzò e andò verso la finestra, erano due giorni che pioveva a dirotto, precisamente da quando quel ragazzo era stato ucciso dai demoni.

Era come se anche il cielo piangesse per quella morte.

Endimion si era ritirato nel mutismo più assoluto, stava tutto il giorno nella sua stanza, non voleva vedere nessuno, non voleva parlare, mandava indietro i vassoi ancora pieni di cibo.

Voleva restare solo con quel peso, voleva darsi la colpa di tutto.. si sarebbe distrutto in questo modo.

E lei non poteva permetterlo.

- Siamo tutti preoccupati per lui, - disse Minako leggendo l’espressione che aveva in volto la sua amica – ma non possiamo fare nulla al momento.

- Va da lui. – disse improvvisamente Kunzite.

Tutti si voltarono a fissarlo.

- Vi sta aspettando...- continuò il soldato sorvolando sulle occhiate curiose degli altri – lo so che nutrite per lui un profondo sentimento. Principessa lasciate perdere tutto quello che é successo nel nostro viaggio, Endimion vi ama molto e sono certo che sta aspettando solo voi.

- Non vuole parlare con nessuno. – sussurrò Serenity depressa.

- Ma con voi farà un’eccezione. - rispose sicuro Jadeite – Sono d’accordo con Kunzite... Endimion si sente in colpa, noi non riusciamo ad alleviare le sue pene ma voi potete aiutarlo.

- Non é colpa sua se hanno catturato la nostra gente. – echeggiò  Zoisite – Noi glielo abbiamo detto ma non vuole accettarlo.

- Se si arrende tutto questo é inutile. – finì Nephrite.

- Hanno ragione. – diede man forte Rei – Forza cosa aspetti?

La principessa sorrise annuì piano, ringraziando mentalmente i suoi amici, poi corse fuori alla ricerca del suo principe.

Era stata una sciocca, arrabbiarsi in quel modo, urlare che l’odiava... perché l’aveva fatto? Lei lo amava, voleva solo stare con lui, voleva proteggerlo, aiutarlo, condividere il suo dolore.

Stupido orgoglio!

Arrivò davanti alla porta della sua camera e bussò delicatamente.

Nessuna risposta.

Provò un poco più forte.

Nulla.

- Endimion sono Serenity. – disse piano appoggiando l’orecchio alla spessa porta di legno per sentire se fosse in camera.

Ancora nulla.

- Principessa cosa ci fate qui?- le chiese una voce sinistra.

Serenity si voltò spaventata, il consigliere Doku zoppicava verso di lei.

Fece una smorfia disgustata e si preparò per uno scontro.

- Cosa ci fate qui?- ripeté il vecchio squadrandola dalla testa ai piedi – Dovreste stare nelle vostre stanze.

- Non sono affari vostri Doku. – rispose gelida tornando a premere l’orecchio sulla porta.

- Questa é la stanza del principe Endimion. – osservò l’altro guardandole – Se qualcuno vi vede entrare nella sua stanza cosa penserà?

- Che sto aiutando un amico...

- Una donna non dovrebbe entrare nelle stanze del suo promesso sposo quando lui non c’é.

- Endimion non c’é?- domandò Serenity sorpresa ignorando il resto della frase – E dov’é andato?

- Non saprei... l’ho visto uscire dalle sue stanze e dirigersi verso il cortile sul lato nord.

Serenity non perse più tempo con quel essere e si incamminò verso il cortile.

Doku la guardò allontanarsi, era chiaro che quella ragazzina tramava qualcosa.

La principessa si fermò a metà strada... prima c’era un’ultima cosa che doveva sistemare.

E poi poteva parlare con l’uomo che amava.

 

***

 

Takanori stava sistemando la sua piccola casa modesta; l’acqua la rendeva ancora più inabitabile, aveva una brutta infiltrazione nel piccolo salottino e gli spifferi avevano reso ogni stanza gelida e quasi invivibile.

Improvvisamente una corrente più forte di vento fece spalancare la porta di casa,  ancora indebolito e reggendosi sul suo bastone, il saggio andò a chiudere la porta ed a fissarla con il gancio per evitare altri ulteriori incidenti.

Quando si voltò si trovò il viso di Xazumi a pochi centimetri da lui.

Il sangue gli si gelò nelle vene mentre il demone lo scrutava molto attentamente.

- Xazumi..- mormorò sgranando gli occhi.

- Ciao... fratellino...

 

***

 

Endimion si stava allenando sotto la pioggia battente da quasi un’ora.

Era inzuppato ed infreddolito eppure quello era l’unico modo che conosceva per sfogare la sua rabbia e la sua tristezza.

Si sentiva un inetto, un pessimo sovrano, erano morti in molti e solo perché lui era in un altro regno a festeggiare.

Continuava a sfogare la sua ira verso un nemico immaginario, vedeva Xazumi davanti a lui, lo voleva uccidere, fargli pagare tutte le sofferenze che aveva creato.

Per Andreas... per Serenity... per Andreas... per suo padre...

La lama tagliò l’aria umida con un sibilo, i suoi occhi erano ridotti a due fessure e, anche se la pioggia gli copriva la visuale, continuava ad allenarsi, i vestiti erano pesanti, freddi e zuppi, i capelli gli ricadevano sulla fronte e i muscoli iniziavano a fargli male per lo sforzo e il freddo.

Ma non si sarebbe fermato.

Un altro colpo... un altro nemico immaginario...

Sinistra... destra... affondo e difesa... doveva prepararsi.. doveva vendicare quel povero ragazzo che gli era morto tra le braccia, per quel giovane che non doveva morire in quel modo.

Si voltò fingendo di parare un colpo quando si accorse che Serenity lo stava osservando da sotto il porticato del castello, appoggiata ad una colonna.

Le braccia gli ricaddero lungo il corpo, come poteva pretendere che lei lo sposasse dopo quello che era successo?

Come poteva solo immaginare di proteggerla se non era riuscito a mantenere il suo regno intatto?

Era un fallito... solo un misero ed inutile fallito.

Restarono a guardarsi a lungo mentre la pioggia picchiava sul corpo del giovane che non aveva il coraggio di parlarle.

Fu lei la prima a muoversi facendo un passo in avanti ed entrando nel cortile sotto la pioggia.

La principessa abbassò il capo come se fissasse qualcosa, Endimion seguì il suo sguardo e il suo cuore mancò un battito quando vide l’anello che le aveva donato al suo anulare sinistro. Serenity non solo non lo giudicava per quello che era successo ma gli stava donando la sua fiducia, gli stava dicendo che lei sarebbe sempre rimasta al suo fianco a qualsiasi costo: era disposta a lottare con lui.

La raggiunse avvolgendola immediatamente in un abbraccio, lei non si oppose anzi lo strinse di più al suo corpo mentre affondava le mani nei suoi capelli bagnati.

Anche se sotto l’acqua non potevano avvertire il freddo, sentì le labbra delicate di Serenity posarsi su una sua guancia in un bacio delicato, un bacio era aveva risvegliato in lui un fuoco assopito ormai da due giorni.

La guardò e sorrise felice prima di unire le loro labbra in un bacio carico di passione e promesse d’amore.

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


 

- Cosa diavolo ci fai qui?- sibilò Takanori camminando veloce da una parte all’altra della casa per chiudere le finestre in modo che nessuno potesse sbirciarci dentro.

- Non posso fare una visita a mio fratello?- domandò il demone divertito osservando i fogli che c’erano sul tavolo – Sempre immerso nelle scartoffie… ma non ti annoi mai?

- Hai una bella faccia tosta Xazumi… - fece il saggio avvicinandosi al fratello – non solo non ci parliamo da anni ma pretendi che ti accolga a braccia aperte? Stai distruggendo il mondo!

- Ma ho risparmiato questo fazzoletto di terra. – ribatté lui con fare suadente osservando l’altro nei suoi occhi grigi – E, se non ricordo male, l’ho fatto solo dopo che tu sei entrato nel mio castello a supplicarmi.

- Finiscila con questa pazzia!- cercò di convincerlo Xazumi – Redimiti!

- Sei sempre lo stesso uomo noioso…hai preso da nostra madre.

- Xazumi… cosa vuoi? – domandò infine Takanori, conosceva il fratello e lui non faceva niente per niente.

Avrebbe dovuto interrompere i rapporti con lui già da moltissimo tempo, fin da quando aveva saputo quello che stava facendo con le porte dell’inferno, ma non ne aveva avuto il coraggio… era suo fratello, il suo unico fratello e, in fondo al cuore, aveva sempre sperato di poterlo redimere.

Tra di loro c’erano solo pochi anni di differenza ma, nella loro strana razza, quegli anni erano quasi considerati come giorni nel mondo umani.

Nel loro corpo scorreva sia il rarissimo sangue elfico sia quello demoniaco, la loro madre era morta quando avevano solo qualche anno e il padre poco più avanti. Avevano vissuto da soli da molti anni, emarginati dagli altri, derisi, stando soli perché spaventavano la gente.

Mentre lui riteneva questo un comportamento tipico dell’essere umano Xazumi covava l’odio verso gli umani, un giorno era partito dicendogli che avrebbe cercato un luogo dove non sarebbero mai stati derisi, dove la gente li avrebbe trattati come dei re.

Era stato via cinque anni e poi era tornato completamente mutato, il sangue elfico, che riusciva a tenere a freno quello demoniaco, era sparito dal suo corpo, gli aveva spiegato li patto e la sua intenzione di conquistare il mondo, di sottomettere i più deboli perché loro due erano dei re in un mondo di insetti.

Non l’aveva preso sul serio, aveva creduto che fosse solo uno stupido scherzo, aveva cercato di convincerlo che nel Regno Argentato potevano vivere una nuova vita… Xazumi se n’era andato offeso ed era iniziata la sua ascesa al potere.

Aveva cercato di lottare ma lui era troppo forte, i suoi poteri demoniaci non erano  sufficienti così aveva deciso di proteggere il Regno che l’aveva accolto.

L’aveva supplicato di risparmiare il Regno Argentato e Selene ma il prezzo che gli aveva chiesto era stato molto alto.

- Io ti avevo chiesto solo una semplice cosa Takanori…- fece il demone risvegliandolo dai suoi pensieri – io avrei salvato il Regno che tanto ami se tu non avessi mai più visto la Regina Selene. Dovevi solo startene al tuo posto… invece sei diventato il consigliere della principessina e, ora, scopro che sei stato delle stanze di Selene di recente.

Il saggio socchiuse gli occhi ripromettendosi di farla pagare a Doku.

- E’ successo di recente… e dopo molti anni che io non la vedevo. – rispose Takanori chinando il capo – Xazumi io ho mantenuto la parola… sono rimasto in disparte…

- Hai aiutato Serenity…- l’interruppe il fratello – l’hai guarita, le hai insegnato a combattere, sei stato il suo confidente quando non aveva nessuno ed ora l’hai fatta incontrare con Endimion… e tu puoi solo immaginare quanto questa unione mi sia d’intralcio.

- Perché ce l’hai con lei?- domandò Takanori – Perché vuoi accanirti su Serenity e Selene? Perché Xazumi sei così crudele?

- Perché sono proprio le persone come la tua Regina che mi costringono a fare quello che faccio!- urlò il demone infuriato picchiando un pugno sul tavolo – E, comunque, non sono poi così buone come vogliono farti credere… Selene non ha fatto nulla quando te ne sei andato dal consiglio.

Takanori chinò il capo.

- Non poteva fare nulla…- mormorò con un filo di voce – è stata una mia decisione e le avevo chiesto di starne fuori.

- Balle…- mormorò Xazumi con un sorriso cattivo- lei sapeva cosa fare ma è stata zitta… non lo capisci che faccio tutto questo per noi? Per tutto il male che abbiamo dovuto patire quando eravamo piccoli.

- Non l’odio non si arriva da nessuna parte Xazumi…- gli disse dolcemente – perché non la smetti di odiare?

- Smettere?- il demone scoppiò a ridere – Non potrei mai! Non sono mai stato meglio come in questi anni… sono forte, sono rispettato, ho un regno… dei sudditi… mi sono preso quello che mi spetterebbe di diritto.

Takanori sospirò deluso appoggiato al suo bastone.

- Perché sei qui? Perché sei venuto a parlarmi dopo anni?

- Non credi alla visita di cortesia?

- No.

Xazumi sorrise quasi dolcemente, Takanori era sempre stato molto più intelligente di lui, l’aveva sempre invidiato per questo, ma con l’intelligenza non si arrivava da nessuna parte, serviva la forza, il terrore per farsi rispettare.

- Sei mio fratello.. ho un regno… un grande regno. Ti voglio al mio fianco per governare.

- Mai! – urlò senza esitazione Takanori – Non tradirò la gente che ha creduto in me! Non tradirò le persone che amo!

- Sciocco bambino sentimentalista…- sibilò il demone con una smorfia disgustata – ti farò vedere quando la gente del Regno Argentato ami i mezzi demoni come noi… ti mostrerò quando la tua principessa e la tua Regina siano meschine.

Il demone sparì all’istante, Takanori corse fuori dalla sua casa: doveva avvisare Serenity.

 

***

Endimion sciolse la principessa dal suo abbraccio e sorrise.

- Ti amo. – le sussurrò scostandole le ciocche bagnate dal viso.

- Ti amo anch’io...- rispose Serenity con un sorriso radioso – scusami... scusami tanto Endimion.

Il principe l’azzittì con un altro bacio mentre la pioggia continuava a scendere forte.

- Ma che scenetta romantica. – fece sarcastica una voce nel parco.

I due si allontanarono immediatamente, Endimion si parò tra Serenity e quello che sembrava un nemico.

Xazumi apparve poco davanti a loro, volteggiava in aria e la pioggia sembrava non toccarlo neppure.

- Endimion...- disse dolcemente il demone – vedo che non hai ascoltato i miei messaggi.

- Xazumi. – mormorò il principe con disprezzo – Finalmente ci vediamo faccia a faccia.

- Ho capito che più cerco di dividervi, più voi due siete uniti. – spiegò l’altro – Quindi non ho che un’unica soluzione.

Tra le sue mani comparve una spada nera.

- Vuoi batterti?- sorrise Endimion alzando la sua arma – Io sono pronto.

- Endimion...- sussurrò preoccupata Serenity mettendogli una mano sulla spalla.

- Tranquilla... andrà tutto bene. – cercò di rincuorarla il principe con un sorriso dolce.

- Che carini che siete... se solo avessi dei sentimenti vi lascerei stare. Ma ho deciso che voglio vedervi morti entrambi... avevo promesso di risparmiare il Regno Argentato ma ho cambiato idea...

- XAZUMI BASTA! – tuonò una voce possente.

Il demone sbuffò scendendo a terra.

Takanori apparve davanti al fratello, non usava i suoi poteri da molti anni e sapeva altrettanto bene che la magia non era vista di buon occhio nel Regno.

Ma avrebbe preferito l’esilio piuttosto che vedere Serenity soffrire.

Il demone analizzò il fratello, non sembrava il solito vecchietto chino sui libri, Takanori aveva indossato un paio di pantaloni neri e una casacca bianca, in mano aveva una spada, molto lunga e preziosa.

- Perché vuoi lottare? Perché continui a difenderla? – domandò Xazumi non capendo la reazione dell’altro – Loro non ti capiranno mai... non ti accetteranno... se vieni con me tutto sarà diverso. Sarai rispettato, sarai un re, anzi meglio un Dio!

- Tu porti solo terrore e morte... io non voglio diventare come te!

- Sei un vecchio stupido!- urlò il demone infastidito dalla sua cocciutaggine – E se devo battere te per arrivare ai due innamorati lo farò, anche se sei mio fratello.

- Cosa?- mormorò Endimion – Tu lo sapevi?- domandò poi rivolto a Serenity.

- Sì. – rispose pacata lei fissando i due – L’ho scoperto durante il mio viaggio ma Takanori é l’uomo più nobile e buono che conosca. Dopotutto anche Rei ha sangue demoniaco nelle vene e non mi sembra giusto estromettere una persona solo per via delle sue origini.

- Takanori!

Tutti si voltarono per vedere Selene arrivare di corsa dalle sue stanza.

- Mamma...- mormorò la principessa andandole incontro – cosa ci fai qui?

- Stavo cercando Endimion,- spiegò la Regina – mi avevano detto che eravate qui.

- Bene... bene..- mormorò Xazumi osservando i presenti – tutti qui per me... non devo faticare per trovarvi Regina Selene... come state dopo la morte di vostro marito?

- Maledetto!- sibilò la Regina vendicativa – Cosa vuoi Xazumi?

- Selene sai perché ho risparmiato quello che restava del tuo regno?

- Per arricchirti con i nostri giacimenti d’argento. - rispose indispettita la donna.

- No, il vostro argento mi é totalmente indifferente... il mio fartellino, nonché uno dei tuoi ex consiglieri, mi ha supplicato di risparmiarti la vita e in cambio io gli ho solo chiesto di andarsene dal palazzo e di vivere una vita lontano da te. - spiegò il demone con un sorriso divertiti - Takanori ha sempre dimostrato di avere un cuore dietro la sua anima di demone. - finì con tono denigratorio - Sei solo un debole!

La Regina si voltò verso il saggio con le lacrime agli occhi.

- Takanori...- mormorò con un filo di voce.

Il mezzo demone si morse un labbro e poi tornò a voltarsi verso il fratello.

- Vuoi che venga con te Xazumi? – urlò infuriato cercando di portare il fratello il più lontano possibile da loro – Va bene... verrò via con te... ma lascia stare Selene e Serenity. 

- No..- mormorò la Regina non riuscendo a trattenere le lacrime.

- No, - gli rispose il demone con un ghigno malefico – voglio sapere perché sei così attaccato a queste due donne.

Il vecchio saggio chiuse gli occhi, varie immagini della sua vita presero vita nel buio quasi come una magia: lui quando era un ragazzino solo, l’incontro con il padre di Selene, la prima volta che aveva visto la principessa ancora ragazzina e poi il suo matrimonio, l’ascesa al trono, la rabbia, la tristezza e la nascita di Serenity.

- Allora?- urlò spazientito l’altro.

Takanori aprì gli occhi, lo sguardo che lanciò a Selene racchiudeva mille emozioni contrastanti.

- Va bene Xazumi vuoi sapere perché sono così legato a Serenity? – sospirò consapevole che la sua vita sarebbe cambiata drasticamente - Perché lei é mia figlia.

 

Ciao a tutte!

Eccomi qui con questo capitolo prima del fine settimana, mi aspettano due giorni da incubo... mi sa che il prossimo capitolo arriverà Martedì o, al massimo, Mercoledì.

Bene ora attendo i vostri commenti... siate clementi! ^^

Ora vediamo ai saluti più specifici:

- Hotaru'91: non ho intenzione di farvi prendere un infarto ma adoro i colpi di scena, in questa fic. Molti non sono poi così improvvisi ma ne arriveranno altri... ho parecchi assi nella manica!

- Kirby: sorellona... hai visto che Takanori non é solo il fratello del cattivo di turno. La fic é ancora un po’ lunghetta vedrai altri colpi di scena per le inner e i generali! Il capitolo ti é piaciuto?

- merwen: prevedi guai? Ebbene sì i guai sono solo appena iniziati..

- mki90: grazie! Ho aggiornato... come ti sembra il cap?

- sissy: che pensa la tua testolina? ^^ Xazumi é arrivato é vero ma per poco... la fine della fic é lontana ancora... e, se devo esser sincera, non ancora del tutto chiara neppure a me! Vedremo dove arrivo! Un bacio

- gingi: eccolo qui il cap! dai non ti ho fatto aspettare troppo! Come ti sembra?

- miki90: hai ragione ci sono varie parti tristi e ammetto che non sono ancora finite... ma io sono una che ama i lieti fine quindi... ^^

- sailor 83: i due piccioncini si sono decisi... peccato che sia arrivato Xazumi a rompere le scatole! >_< se fossi in te me la prenderei con l’autrice ^^”

- xstellaluna: ho continuato... cosa ti sembrail cap?

- _sofia_: se eri impaziente prima ora cosa fai? ^^... la suspance é tutto per me... e, da quello che vedo, riesco a farvi stare parecchio sulle spine... oh come sono perfida!^^ piaciuto il cap?

- Usagi89: grazie! Ti piace anche questo di cap?

- _C3r3s_: non ti preoccupare! Non pretendo che tutti quelli che leggono le fic mi inviino un commento (anche se mi farebbe mooooooooolto piacere ^o^), comunque sono felice che al storia ti piaccia e per la mia fantasia... beh... diciamo che il mio cervello é fulminato! ^^

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


 

- Takanori…- mormorò la regina fissandolo mentre le lacrime scendevano copiose dai suoi occhi.

Xazumi sgranò gli occhi stupefatto ed incredulo.

- Sei solo uno sciocco! – mormorò fissando il fratello con disprezzo – E cosa ne hai ricavato? La tua donna ti ha abbandonato e si è sposata con un altro, ha dato alla luce una bambina che ti credeva solo un vecchio amico… sei solo un fallito!

- Può darsi…- rispose l’altro a tono – ma ho protetto la donna che amo e mia figlia da un nemico che voleva distruggerle! Le ho protette rinunciando alla mia vita, alla mia famiglia, alla mia felicità.

- Xazumi scosse il capo gravemente.

- Non finisce qui…- disse mentre il suo corpo spariva lentamente – Takanori… tu non sei più mio fratello. – e con questa promessa sparì del tutto.

Il vecchio saggio si voltò a guardare la Regina, si scambiarono un’occhiata profonda e poi si voltarono verso Serenity che non aveva detto nulla.

La principessa era impietrita, guardava con occhi sgranati prima uno e poi l’altra continuando a ripetersi che era uno scherzo, uno stupido scherzo… che non era possibile… che Takanori non era suo padre.

- Serenity, – fece Selene lentamente – noi non sapevamo come…

- E’ uno scherzo vero?- chiese la ragazza con voce strozzata – Una stupida bugia per Xazumi.

- No. – rispose Selene – Takanori è proprio tuo padre.

Silenziose lacrime iniziarono a scendere lungo le guance della principessa mischiandosi con le fredde gocce della pioggia.

- Non è possibile…- mormorò scossa scuotendo il capo – non è vero! – si voltò e corse via.

Selene cercò di raggiungerla ma Takanori la bloccò.

- Deve riflettere… - le disse piano – deve accettare la cosa.

La regina annuì ma un violento capogiro la fece quasi cadere.

- Devi riposare…- mormorò dolcemente il saggio – e dobbiamo anche parlare. Ti porto nelle tue stanze. – prima di incamminarsi si voltò verso Endimion che era stupito quanto la sua principessa – Va da lei. – gli disse – Ha bisogno di te ora… ci penserò io a Selene. Tu pensa solo a Serenity.

Il principe annuì e si incamminò verso le stanze della principessa.

Takanori fece un debole sorriso alla donna che stringeva e l’accompagnò alle sue stanze.

 

***

Vladimir stava sotto un albero a guardare il cielo plumbeo, era stufo di stare in quella foresta, di quella situazione, di quella inattività.

Lui voleva solo una cosa e nessuno lo avrebbe fermato; neppure Xazumi in persona.

Come se fosse stato chiamato a gran voce il demone che stava disseminando il panico nel mondo apparve davanti al vampiro che si affettò a fare un inchino.

- Il tuo momento è arrivato Vladimir. – sibilò crudelmente Xazumi con un’espressione truce – Tra qualche ora un mio esercito ti raggiungerà: attaccherete il Regno Argentato.

Lo sguardo del vampiro brillò.

- Cosa devo fare degli umani?- domandò guardando attentamente il suo Signore.

- Uccidili…- rispose Xazumi senza indugi – uccidili tutti quanti.

 

***

Serenity piangeva sul letto da quando era piombata nelle sue stanze.

Endimion aveva bussato, non avendo ricevuto nessun tipo di risposta era entrato senza ulteriori indugi, preoccupato per la salute della principessa.

- Dovresti cambiarti questi vestiti zuppi. – osservò lui notando i suoi vestiti ancora bagnati dalla pioggia – Prenderai una bronchite di questo passo.

- Non m’importa...- singhiozzò lei affondando il viso tra i candidi cuscini di piuma d’oca – mi hanno mentito... per tutti questi anni mi hanno solo mentito!

- Sono certo che il loro intento non era quello di farti del male. – le sussurrò dolcemente il ragazzo sedendosi accanto a lei ed ignorando il freddo per i vestiti ancora bagnati.

- Ora non so più nulla... tutto quello che credevo fosse la mia vita é solo una mera illusione.

- Non esagerare. - fece Endimion accarezzandole la nuca.

- Come posso tornare da Takanori sapendo che lui é mio padre? Come potrò parlare di nuovo con lui, ascoltare le sue storie, confidargli i miei timori quando...- la frase fu interrotta da un singhiozzo più forte, Endimion sospirò, affettivamente quella notizia aveva scosso anche lui eppure non riusciva a vederci tutta questa tragedia.

- Serenity ascoltami...- fece il principe riflettendo un attimo – mettiti nei panni di Takanori: lui ti ha sempre aiutato, ti ha osservato da lontano e ti ha protetto. Ha visto la donna che ama sposarsi con un altro e crescere sua figlia come se fosse la propria, in tutti questi anni ti é stato vicino senza mai dirti il suo segreto e solo lui può dire quanto gli sia costato reprimere quell’istinto paterno che c’é in lui. Io credo che Takanori abbia sentito molto la solitudine in questi lunghi anni, che abbia amato te e la regina da lontano per paura di combinare un guaio.

I singhiozzi della principessa scemarono lievemente, stava valutando le parole di Endimion, effettivamente Takanori era sempre venuto in suo soccorso. Non ricordava il Re, non sapeva nulla di lui, era morto quando era piccolissima e non aveva ricordi di quell’uomo che tutti ritenevano buono e giusto. Takanori si era sempre preso cura di lei, l’aveva consolata, coccolata, aiutata, sgridata... si era sempre comportato come un vero padre. E lei poteva solo immaginare il dolore che aveva provato quando le stava vicino senza poterle dire la verità.

Ma sua madre...

Lei poteva avvertirla, poteva almeno dirle che tra lei e Takanori c’era stato un forte amore... lei sapeva quanto fosse legata a quell’uomo. 

- Ora cosa faccio? – mormorò contro il cuscino – Come mi devo comportare?

- Tua madre e Takanori devo parlare e tu devi riflettere... tempo al tempo Serenity... lascia passare qualche giorno e poi capirai come devi comportarti.

 

***

Poco lontano dalla stanza di Serenity, Selene aprì gli occhi confusa e amareggiata. Aveva quasi sperato che tutto fosse un brutto sogno, invece era successo realmente: il suo segreto più intimo, quello che nascondeva da venticinque anni, era stato svelato proprio davanti a sua figlia.

Era passato tanto tempo dall’ultima volta che aveva visto Takanori eppure il suo cuore non aveva mai smesso di amarlo. Kingo l’aveva sposato solo su volere di suo padre, provava affetto per lui, lo rispettava ma non l’aveva mai amato, Kingo lo aveva sempre saputo, come sapeva che la figlia che aveva partorito non era sua. Eppure si comportava come se fosse il padre naturale, come se Serenity fosse realmente sangue del suo sangue, era buono e premuroso sia con lei che con la bambina. Prima che venisse ucciso da Xazumi le aveva detto che avrebbe fatto di tutto per farla innamorare di se, aveva pianto sulla sua tomba, aveva pianto per quell’uomo giusto che l’aveva sposata ben sapendo che il suo cuore apparteneva ad un altro.

Ricordava perfettamente il giorno in cui conobbe il giovane dai capelli bianchi che suo padre conobbe durante uno dei suoi viaggi. L’aveva presentato come un ragazzo molto intelligente e riflessivo. Entrare nel consiglio reale era stato facile e suo padre consultava Takanori ad ogni occasione seguendo i suoi consigli.

Lei lo trovava noioso… sempre chino sui libri, in biblioteca a studiare o ad esercitarsi con i soldati. Non l’aveva mai visto sorridere o parlare liberamente con qualcuno, non aveva mai visto un gesto istintivo da parte sua, tutto sembrava calcolato nei minimi dettagli.

Lei era il classico tipo ribelle proprio come Serenity, odiava rispettare le tradizioni della famiglia reale, non voleva sposarsi solo per far felice il padre, non voleva stare nel Regno Argentato, lei voleva viaggiare, voleva vedere il mondo… vedere cosa si perdeva stando chiusa nel palazzo a studiare l’albero genealogico della sua famiglia.

Ma era impossibile parlare di viaggi con il Re, spesso litigavano… liti furiose… sua madre in disparte non parlava mai, non difendeva nessuno, diceva che quelle erano questione tra padre e figlia che lei non doveva metterci parola.

Spesso credeva che sua madre non la capisse, ma forse anche lei era uno spirito libero che era stata racchiusa nella prigione d’argento, come definiva lei il palazzo quando aveva l’età di sua figlia.

Sembrava quasi che tutte le regine del Regno Argentato fossero rinchiuse tra quelle pareti costrette a seppellire la loro natura.

Ma non Serenity… non lei… sua figlia amava il mondo, amava vivere, amava la vita.

E lei era diventata proprio come il padre che aveva tanto odiato.

Takanori aveva ragione.

Ricordava distintamente un pomeriggio di primavera, soffiava un venticello frizzante e i ciliegi erano in fiore, ogni tanto qualche splendido petalo rosa le passava davanti agli occhi, volteggiando come se stessero danzando sulle note di una dolcissima melodia cantata dal vento, all’ennesimo petalo profumato aveva allungato la mano prendendolo al volo.

- Non fatelo. – la voce profonda di Takanori la fece sussultare spaventata, il ragazzo si stava avvicinando a lei, indossava la veste viola dei consiglieri, aveva un’espressione molto seria, le era sembrata anche adirata.

- Non prendo ordini da te. – gli aveva risposto in malo modo stringendo ancora di più la mano per fermare i delicati petali.

- Che male vi hanno fatto?- le aveva domandato dolcemente distendendo i lineamenti del viso – Loro vogliono solo scappare lontano, vogliono rompere le catene che li lega all’albero. Vogliono viaggiare, scoprire terre nuove, vogliono posarsi sul terriccio morbido del mondo e far crescere nuove piante.

Lo aveva guardato stupita… perché in quel preciso istante lei invidiava quei petali.

- Perché vuoi soffocare il tuo rancore imprigionando i petali che non hanno colpa?

- Non sempre si può fare quello che si vuole. – gli rispose duramente usando una frase che suo padre le ripeteva almeno una volta al giorno.

- Le catene si possono spezzare Selene… basta solo volerlo…

- A volte sono troppo resistenti.

- Solo perché non usi tutta la tua forza.

Continuando a guardarlo in quegl’occhi grigi aveva aperto la mano liberando i suoi piccoli ed inermi prigionieri. Si era alzata dalla roccia dove si era seduta e se n’era andata confusa e offesa da quel giovane che non poteva capire quello che provava.

Sapeva che Takanori aveva viaggiato per il mondo, sapeva che aveva una conoscenza infinita dell’universo, era forte, saggio eppure aveva deciso di vivere rinchiuso in quella fortezza bianca.

Non si erano parlati per almeno un mese, lei non voleva neppure incrociarlo nei corridoi, la sua presenza la metteva a disagio e non capiva il motivo di tutta questa improvvisa timidezza. Le sue parole continuano a tormentare, di giorno, di notte… non aveva più importanza dove si trovava… quel maledetto tornava sempre nei suoi pensieri.

- La vostra mente è confusa…- mormorò il giovane Takanori in una sera estiva mentre lei era uscita di nascosto dalle sue stanze solo per vedere il cielo stellato – siete spesso silenziosa e pensierosa. Mi evitate… e questo non mi piace.

Socchiuse gli occhi assumendo un’espressione minacciosa.

- Ogni volta che ci parliamo usiamo parole di scherno… non vedo perché dovrebbe insospettirla il fatto che non voglio più parlare con voi.

Si era avvicinato con passo sicuro e uno sguardo vagamente minaccioso.

- Se non mi volete vedere vuol dire che mi temete… e io non voglio che voi mi temiate.

Aveva sgranato gli occhi… quella non era una scintilla minacciosa ma una di passione… fiamme ardenti bruciavano in quegli occhi apparentemente di ghiaccio. Era arrossita… lo ricordava benissimo… un rossore diffuso su tutto il suo viso, poteva sentire anche adesso le guance bruciarle.

- Siete imbarazzata principessa…- aveva sussurrato Takanori con un sorriso sfiorandole appena una gota rossa – perché?

- Nessun uomo mi aveva mai toccato in questo modo. – mormorò lei con un filo di voce appena udibile – Perché lo fate?

- Mi ero perso sapete? Quando vostro padre mi ha portato qui io non volevo venirci, volevo stare nella mia capanna, coi miei libri in attesa che mio fratello tornasse. Avevo perso completamente il senso della mia vita, non sapevo più cosa voleva dire vivere… non sapevo cosa mi stavo perdendo racchiuso in quella capanna. Ma poi…

- Poi?- chiese esitante e la sua voce faceva così fatica ad uscire…

- Poi ho visto voi… la stella più luminosa del firmamento, un raggio di sole che penetra il cielo tetro carico di pioggia. E il mio cuore si è incatenato a questo posto.

- Mi predente sempre in giro. – tentò di sorridere ma non era sicura che fosse uscito il sorriso che aveva sperato.

- Solo per celare quello che il mio cuore vorrebbe urlare a squarciagola.

- E cosa vorrebbe urlare?

- Che vi amo.

Aveva sorriso e si era allungata per baciarlo.

Era iniziato tutto così… un amore clandestino destinato a durare per l’eternità. Si amavo tantissimo, di nascosto da tutto e tutti, di notte mentre il resto del mondo dormiva, di giorno scambiandosi solo fugaci occhiate e leggeri sorrisi.

E poi suo padre aveva rovinato tutto, le aveva detto che il suo promesso sposo sarebbe arrivato a giorni per chiederle la mano, avrebbe dovuto accettare per poi continuare a governare al suo posto.

Era disperata… distrutta e Takanori l’aveva implorata di ribellarsi una volta per tutte, di distruggere le catene che la imprigionavano nel castello e le aveva chiesto di scappare con lui.

Per quanto amasse quell’uomo non ne aveva avuto il coraggio, non poteva abbandonare tutto, non poteva lasciare il regno nelle mani di uno sconosciuto… non poteva dare questo dolore ai suoi genitori.

Aveva rinunciato alla cosa più bella della sua vita con quel matrimonio, aveva rinunciato a tutto anche alla sua identità.

Alla fine era diventata proprio come il padre che aveva tanto odiato.

E quando anche Takanori abbandonò il castello aveva odiato anche lui.

Serenity era nata pochi mesi dopo il matrimonio, troppo presto e non c’era neppure bisogno di chiedersi chi fosse il padre, non si era fatta toccare da Kingo nelle settimane prima della cerimonia e quella piccola creatura aveva la stessa espressione di Takanori quando sorrideva.

Aveva pianto per giorni interi… pensando all’uomo che amava, al suo principe che aveva abbandonato come una stupida.

Con un sospiro demoralizzato chiuse di nuovo gli occhi, era quasi felice che tutto fosse stato svelato, era stanca dei misteri.

Le fiamme del camino erano alte, emanavano una luce diffusa facendo restare la stanza in una piacevole penombra.

- Ho dormito molto? – chiese con un filo di voce senza aprire gli occhi.

- No. – rispose una voce calda – Un’ora al massimo… eri molto provata… sei crollata appena varcata la soglia della stanza.

La Regina sorrise, sapeva che era lì con lei, sentiva la sua presenza nell’aria, tutto sembrava brillare sotto una luce diversa quando lui le era accanto.

- Serenity?

- E’ nella sua stanza… Endimion è con lei, saprà come consolarla.

Sentì una sedia muoversi, dei passi leggeri che si avvicinavano al letto e una mano delicata che le scostava i ciuffi da davanti al viso. Aprì gli occhi incrociando immediatamente lo sguardo pieno d’amore del suo uomo.

- Mi sei mancato…- mormorò mentre le lacrime tornavano a scendere dai suoi occhi azzurri – Takanori mi sei mancato talmente tanto che pensavo di morire dal dolore.

L’uomo sorrise chinandosi per sfiorale le labbra.

- Ora sono qui amore mio.

 

***

 

Kunzite e Nephrite si stavano esercitando con la spada nel giardino, non pioveva più e i generali volevano approfittare della tregua metereologica per allenarsi un po’.

Le ragazze li guardavano sedute a terra.

- Nephrite ha una tecnica eccellente!- valutò Ami osservando le gambe del giovane che si muovevano con destrezza e agilità.

- Già…- annuì Makoto con occhi sognanti.

- Il mio Kunzite è più forte!- fece indispettita Minako incrociando le braccia al petto.

- Si sa nulla di Serenity ed Endimion?- chiese Jadeite mentre si allungava per cogliere un filo d’erba.

- No,- mormorò Rei tristemente – non escono da quella camera da ore.

La notizia della visita di Xazumi aveva fatto il giro del regno in poche ore, la gente restava barricata in casa spaventata, i soldati erano all’erta come se sentissero qualcosa mentre i sovrani non uscivano dalle loro stanze.

Improvvisamente un soldato di vedetta corse verso il comandate biondo.

- Comandante Aino…- ansimò il soldato cercando di riprendere fiato stremato com’era dalla lunga corsa – un esercito di demoni sta marciando verso di noi.

Minako scattò in piedi come una molla.

- Quanto sono distanti?

- Due ore…- rispose il soldato – sono sbucati all’improvviso, non li abbiamo visti.

- Dobbiamo avvertire la Regina!- urlò la ragazza iniziando a preparare la controffensiva – Raduna i soldati, suona l’allarme… abbiamo poco tempo!

 

***

Endimion stava stringendo Serenity nel letto, l’aveva convinta a cambiarsi d’abito e anche lui si era fatto portare dei vestiti asciutti: non l’avrebbe lasciata sola per nulla al mondo.

Si era calmata molto, stava in silenzio abbracciandolo teneramente e accarezzandogli il petto.

Era un momento perfetto.

Il tepore del camino e del corpo della sua donna stavano per farlo crollare vinto dalla stanchezza quando il suono di un corno ruppe quel momento magico. Scattarono entrambi a sedere sul letto e si scambiarono un’occhiata.

- Stanno suonando il corno…- mormorò Serenity alzandosi dal letto – Xazumi sta per attaccare.

 

Come promesso ecco qui il capitolo nuovo!

Mi dite cosa ve ne pare?

Un bacio a tutte!

Elena

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***


 

- Cosa diavolo pensi di fare?- sbottò Endimion mentre Serenity prendeva dei vestiti dall’armadio.

- Prendo il mio posto...- rispose la principessa iniziando a slacciarsi velocemente l’abito lungo che indossava – tra i soldati.

- No!- urlò l’altro balzando giù dal letto – Non posso permetterlo!

- Non puoi dirmi quello che devo fare!- rispose decisa Serenity – Ti ricordo che ho già dato prova delle mie capacità in battaglia. Se non sbaglio la prima volta che ci siamo incontrati ti ho salvato la vita!

- E’ diverso. – tentò di farla ragionare Endimion.

- Io non ci vedo nulla di diverso, difendo il mio Regno, la mia gente... sono forte abbastanza e non ho paura di affrontare i demoni... né di morire. – aggiunse dopo poco con un sospiro.

Il soldato l’afferrò per le spalle costringendola a guardarlo.

- Ma io ho paura per te...- le sussurrò con uno sguardo di fuoco – io temo la tua morte, io non voglio perderti.

Serenity sorrise accarezzando il volto del giovane.

- E non mi perderai Endimion... non ora che ci siamo trovati, non ora che posso dirti che ti amo.

Endimion la baciò, un bacio quasi vorace carico di timori e incertezze, un modo per dirle che lui l’amava infinitamente, che non voleva perderla, un bacio che lasciò entrambi senza fiato e parole.

- Promettimi che starai attenta. – chiese il principe fissandola negl’occhi.

- Endimion...

Il principe la baciò ancora mai sazio del sapore della sua bocca, un bacio ancora più profondo, più passionale.

- Ti prego...- sussurrò Endimion quando le loro labbra si separarono a malincuore – promettimelo.

Serenity sorrise e gli accarezzò i capelli corvini e lucenti.

- Sarò attenta amore mio.

***

Minako stava dritta in piedi sulle mura che circondavano il palazzo, la sua vista acuta le permetteva di vedere in faccia i demoni che, per qualche strano motivo, si erano fermati a metà percorso.

Erano tanti... erano troppi.

La gente era stata evacuata dalle loro case, avevano portato tutti nel palazzo, unico posto sicuro del regno. Non c’era mai stato veramente bisogno di quelle mura, Minako sperava che la loro negligenza non li avesse portati a morte certa.

I suoi occhi celesti scrutarono a fondo i lineamenti dei demoni, tutti avevano la stessa espressione truce e la stessa sete di sangue: non avrebbero avuto pietà.

Infine il suo sguardo fu catturato dai due esseri che stavano dando ordini: uno era un vampiro, riconosceva la pelle bianca e lo sguardo vuoto e glaciale, l’altro era un soldato, indossava un’armatura nera e lucida, il volto celato dall’elmo.

- Il Cavaliere Nero...- mormorò la ragazza socchiudendo gli occhi.

- Chi? – domandò una voce alle sue spalle.

Colta alla sprovvista Minako si voltò con uno scatto pronta a lottare contro qualsiasi tipo di nemico.

- Ehi calmati!- fece Kunzite parando un colpo – Sono solo io!

- Mi hai fato prendere un colpo!- sbuffò la soldatessa tornando a guardare i nemici che si avvicinavano.

Il giovane si avvicinò a lei e guardò l’orizzonte: lui vedeva solo una gran nuvola di polvere che si alzava in lontananza.

- Si sono fermati...- valutò Minako – non mi piace... sono troppi e se decidono di attaccare di notte potrebbe essere un grosso problema. Sono molto preoccupata Kunzite.

Il soldato le prese una mano.

- Chi é il Cavaliere Nero?

- Il comandante dei soldati delle Terre Nere,- raccontò Minako – un guerriero assetato di sangue ed imbattibile. Nessuno resta in vita sotto i suoi colpi, nessuno sa chi sia, il suo volto é sempre celato dall’elmo, chiunque lo abbia visto in faccia é morto qualche secondo dopo. Le leggende dicono che il suo viso sia quello della morte.

La stretta di Kunzite divenne più forte.

- Lui ha ucciso mio padre. – soffiò Minako chiudendo gli occhi – E’ lui che devo uccidere per vendicare la sua morte.

- Ci sarà un modo per chiamare rinforzi? – chiese l’altro che non voleva vedere la sua donna combattere contro un mostro – I regni vicini?

- Abbiamo troncato i rapporti con tutti... anche se suonassimo il corno dell’alleanza non cambierebbe nulla. Visto che non siamo mai stati attaccati, nel vero senso della parola, molti credono che siamo dalla parte di Xazumi... nessuno verrà ad aiutarci.

- Dov’é il corno?- domandò Kunzite guardandosi attorno.

Minako lo guardò curiosa e poi indicò la torre più alta del castello, una torre dove non c’erano muri ma solo grandi arcate, dove un enorme corno di rame brillava sotto il debole sole.

- Il regno più vicino quanto tempo può metterci per arrivare qui?

Minako socchiuse gli occhi pensandoci bene.

- Un giorno... magari meno se galoppano velocemente...

- Un tentativo non ci costa nulla. – valutò il soldato iniziando a correre verso la torre.

 

Rei, Ami stavano controllando che tutte le persone fossero al sicuro, negl’occhi di tutti si poteva leggere il terrore.

- Sono troppi. – sbottò all’improvviso Rei chiudendo gli occhi – Non siamo forti abbastanza.

- Ho fiducia in Minako. – fece Ami porgendo delle coperte ad un’anziana signora.

- Anch’io ma...

- Ho fiducia in Minako. – ripeté più decisa la ragazza – E nella principessa, ce la faremo.

Improvvisamente un boato fece tremare le pareti del castello, la gente iniziò ad urlare tappandosi le orecchie.

- Sono già arrivati?- urlò allibita Rei.

- No,- le rispose Ami cercando di farsi sentire – qualcuno sta suonando il corno dell’alleanza!

 

***

 

Sernity e Endimion stavano correndo per i corridoi del castello quando il corno emise il suo profondo suono, si bloccarono stupidi e assordati guardandosi in faccia.

- Il corno...- mormorò la principessa stupita – Minako... sta suonando il corno.

- Non é Minako. – fece Takanori alle loro spalle.

Serenity ignorò per un attimo quello che aveva appena scoperto riguardo quell’uomo e cercò di reggere il suo sguardo.

- Chi é allora?- chiese Endimion cercando di rompere quel silenzio imbarazzante ed inutile.

- Kunzite. – rispose semplicemente il vecchio saggio – Lui sta suonando il corno dell’alleanza per richiamare i vecchi alleati.

- Non verranno mai. – fece Serenity stringendo i pugni – Siamo isolati dal mondo!

- Non se qualcuno va a parlare con loro. – rispose il vecchio serio e molto calmo, come se la guerra incombente non lo toccasse minimamente.

- E chi andrà a parlare con Re Mizuguchi? – chiese la principessa sorpresa.

- Io. – rispose semplicemente il vecchio – Andrò io..

- No!- urlò Selene uscendo dall’oscurità dov’era rimasta nascosta fino a quel momento – Non puoi… il mio esercito ha bisogno di te, dei tuoi poteri.

- Sono vecchio Selene, - sorrise Takanori – e non uso i miei poteri da troppi anni, mi affatico subito e non durerei per tutta la battaglia, io posso convincere Mizuguchi e poi devo andare a parlare anche con qualcuno che possa aiutarvi a sconfiggere mio fratello.

Selene si morse un labbro mentre con una mano accarezzava una guancia del mezzo demone.

Serenity fissava la scena con oggi sgranati, stupita da quel gesto affettuoso che sua madre aveva riservato a lei poche volte. Vedeva sua madre sotto occhi diversi, vedeva la donna innamorata che temeva per la vita del suo uomo.

Chissà se anche lei aveva quello sguardo.

- Stai attento. – fece all’improvviso stringendosi le mani al petto – Ti prego… Takanori…- sibilò il suo nome chiudendo gli occhi, poteva chiamarlo papà ma era troppo presto, o forse non avrebbe mai avuto il coraggio di chiamarlo in quel modo.

Ma per il vecchio saggio bastava quella piccola farse per farlo sorridere, l’amore che provava per quella ragazzina pestifera superava ogni magia, era un affetto che non avrebbe mai provato senza la sua Selene: la regina incontrastata del suo cuore.

Si avvicinò alla figlia e le mise una mano sulla spalla.

- Non preoccuparti per me Serenity. – mormorò dolcemente – Io saprò cavarmela, promettimi che non farai tutto di testa tua, che non ti butterai nella battaglia senza aver pensato alle conseguenze.

- So quello che faccio. – rispose con sicurezza la ragazza – Sono brava con la spada.

Takanori fece un mezzo sorriso accarezzandole la chioma bionda.

- Sì… sei anche più brava di me. – il suo sguardo si posò su Endimion – Ti affido la mia bambina principe Endimion. Vedi di trattarla bene.

Il principe annuì solamente mentre stringeva la mano della principessa bionda al suo fianco.

- Tornerò presto…- promise l’uomo prima di sparire.

Quando non rimase più nulla del vecchio saggio Selene e Serenity si scambiarono una lunga occhiata.

- Io devo andare con i soldati. – fece la principessa – Voi madre?

- Io mi occuperò del popolo che avete radunato a palazzo. Stai attenta Serenity… ti prego.

La ragazza annuì prima di correre verso le mura esterne assieme ad Endimion. 

 

***

Re Mizuguchi stava nelle sue stanze quando un suono a lui noto risuonò nell’aria.

Non sentiva quel suono da molto tempo, da quando Selene aveva chiuso le porte del Regno Argentato sciogliendo tutte le Alleanza esistenti.

E ora lei chiedeva aiuto.

- Mio Signore!- ulrò un soldato entrando di corsa senza bussare alla porta – Il Regno Argentato sta suonando il corno dell’alleanza!

- Ho sentito. – rispose con voce piatta osservando il cielo incupidirsi dalla finestra.

- Cosa dobbiamo fare?- domandò il soldato in ansia.

- Nulla.

Il giovane ragazzo sgranò gli occhi.

- Ma, mio Re, la legge dice che se il corno viene suonato...

- Conosco bene la legge,- tuonò il re adirato – vuoi mettere in discussione una mia decisione?

Il soldato di inchinò senza replicare e sgattaiolò fuori dalle stanze del suo sovrano.

- Non dovresti esser così duro con i tuoi soldati.

Re Mizuguchi si voltò di scatto giusto per vedere Takanori apparire davanti ai suoi occhi da una densa nube nera.

- Selene manda qui il suo stregone. – sibilò maligno il sovrano con un ghigno.

- Non mi manda la Regina Selene. – fece il mezzo demone avanzando di un passo – Sono qui in nome dell’alleanza.

- L’alleanza non esiste più. – sbuffò il Re – Di a Selene che non può lasciarci morire e poi pretendere il nostro aiuto. Che si arrangi da sola. 

- Te lo ripeto,- fece il vecchio molto lentamente – io non vengo in nome della Regina Selene.

- Allora sentiamo stregone... chi ti manda?

- La principessa Serenity e il principe Endimion i futuri sovrani del Regno Argentato, coloro che stanno radunando i vecchi regni per riunire l’alleanza.

- Credevo che Serenity non sposasse più Endimion, era scappata dal regno...

- La Principessa ha fatto ritorno, - spiegò Takanori – e ha accettato la proposta del Principe Endimion. Come puoi vedere Mizuguchi c’é qualcuno che vuole combattere ancora contro Xazumi.

Il Re ascoltò bene il vecchio stregone, Selene l’aveva pugnalato alle spalle proprio nel momento del bisogno, si era chiusa in se stessa cercando di recuperare l’irrecuperabile.

- I tempi cambiano Mizuguchi,- fece calmo Takanori osservando attentamente l’uomo davanti a lui – il tempo della sottomissione é finito. Xazumi teme l’unione tra Serenity ed Endimion, loro due segnano la nascita di una nuova era: quella della ribellione! Endimion vuole marciare sulle terre Nere, vuole la pace è un bravo comandante ma devi aiutarlo a sconfiggere i demoni ora... devi farlo altrimenti anche questa nascente speranza morirà.

- Devo pensarci stregone. – rispose velocemente Mizuguchi tornando a guardare fuori dalla finestra della sua stanza.

- Non hai tempo per pensarci! – urlò il vecchio saggio afferrandolo per una spalla e facendolo voltare con rapidità – Non c’è più tempo... devi decidere: o aiutare la nuova Alleanza o morire come tutti gli altri!

Il Re gli riservò uno sguardo vacuo prima di tornare a voltarsi verso la finestra.

- E’ una missione molto pericolosa, molto uomini moriranno.

- Non lo fai per te. – spiegò Takanori stringendo la sua spada dall’elsa preziosa – Ma lo fai per i tuoi figli... il Regno Argentato sarà presto attaccato...spero che tu possa prendere la giusta decisione.

Takanori sparì all’istante lasciando il re solo immerso nei suoi pensieri.

 

***

 

- Avanti...- fece Minako fissando attentamente Rei – hai trovato quello giusto?

- Zitta. – sibilò la ragazza demone con gli occhi chiusi concentrata sulle menti dei demoni ancora fermi nella pianura davanti alle mura della città – Ci sto provando... ma se tu continui ad interrompermi non ce la farò mai.

Nel frattempo Serenity e Endimion fissavano i nemici al di là delle mura di pietra, i demoni erano in molti... sembravano in troppi.

- Non ce la faremo mai. – sussurrò la principessa osservando quella nuvola nera minacciosa all’orizzonte – Sono troppi Endimion e il nostro esercito potrà affrontarne si e no la metà.

- Ce la faremo. – tentò di rassicurarla l’altro con un sorriso d’incoraggiamento – Saranno anche più numerosi ma noi siamo più forti.

- Fatto!- esclamò vittoriosa Rei aprendo gli occhi mentre tutti si voltavano a fissarla – La maggior parte dei demoni é mentalmente debole ma sono protetti da Xazumi, però sono riuscita a leggere nella mente di uno di loro appena ha abbassato la guardia per pochi secondi.

- E allora?- fece Minako ansiosa.

- Stanotte.. vogliono approfittare del buio per attaccarci.

- Lo immaginavo... – mormorò il capitano dei soldati volgendo lo sguardo verso i suoi nemici – la notte é loro alleata. Rei, Makoto voglio torce accese ovunque... voglio il castello illuminato a giorno!

- Subito!- fecero in coro le due ragazze correndo in direzioni opposte.

- Vi diamo una mano! – urlarono in coro Nephrite e Jadeite seguendo le rispettive donne.

- Ami ti voglio tra gli arcieri.

La ragazza annuì solamente.

- Serenity... Endimion... ora seguiamo i vostri ordini. Sarete voi a comandare.

Serenity annuì guardando il sole che lentamente spariva all’orizzonte.

 

***

Doku stava camminando in circolo nella sua piccola stanza, ansioso di conoscere i nuovi ordini del suo padrone.

Improvvisamente una nuvola nera apparve al centro della stanza, Vladimir fece la sua apparizione, si guardò attorno disgustato e poi fissò il suo piccolo, viscido servo.

- Doku,- sibilò crudelmente – viscido lombrico di terra.

- Oh Padrone...- mormorò adorante l’essere inginocchiandosi a terra e andando a baciare i piedi del vampiro.

- Schifoso animale! – ringhiò questi allontanandolo con un calcio in faccia – Ho due compiti per te Doku... spero che tu non voglia combinare altri guai.

- Oh no Signore.. starò molto attento.

Tra le mani di Valdimir apparve un pugnale dalla lama rossa come il sangue, la luce sinistra che mandava fece rabbrividire il piccolo servo.

- Tu sai cosa devi fare con questa Doku vero? – domandò con un tono falsamente dolce il vampiro.

Tremante Doku annuì più volte allungando la mano per prendere l’arma, nel momento in cui le sue dita piccole e tozze strinsero l’elsa nera una forza incredibile si sprigionò dalla lama affondando nel corpo dell’altro.

Doku alzò lo sguardo rivelando due occhi rossi senza pupille

- Avanti servo... va da lei...

- Sara fatto, Padrone.

 

Mi scuso per il ritardo ma é stato un capitolo piuttosto complesso da creare... l’ho già riscritto tre volte e non mi convinceva mai. Questo é il capitolo che precede la prima battaglia contro i demoni.

Aspetto i vostri commenti.

Elena

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Capitolo 23
*** Capitolo 23 ***


 

Il crepuscolo avanzava veloce avvolgendo il terreno della battaglia tra le sue braccia oscure, i soldati del Regno Argentato  stavano di guardia sulle mura e all’interno della fortezza.

I generali erano di vedetta sulle torri, Ami aiutava gli arcieri a prepararsi, Rei e Makoto accendevano più torce possibili e Minako osservava i demoni avanzare assieme a Serenity ed Endimion.

I demoni avanzavano senza più fermarsi, si erano messi in marcia da pochi minuti, dopo che il sole era tramontato quasi completamente, grugnivano e urlavano contro i nemici mentre si preparavano alla battaglia.

Minako voltò lo sguardo verso la sua principessa, Serenity guardava con occhi socchiusi quel mare nero che avanzava velocemente, aveva un’espressione seria, estremamente concentrata, in quel preciso istante vide la futura, grande regina che sarebbe stata.

- Serenity..- iniziò con voce grave – se dovessi morire..

- Tu non morirai. - decretò decisa la principessa senza distogliere lo sguardo dai demoni – Nessuno stanotte morirà.

Endimion le strinse una mano, anche il suo sguardo era fisso sull’orizzonte mentre i demoni marciavano spediti.

Un forte vento si alzò all’improvviso soffiando minacciosamente verso il castello, Endimion abbracciò la principessa per proteggerla mentre questa guardava i soldati spaventati.

- Xazumi...- mormorò mentre si stringeva al suo promesso sposo.

Il vento ululante avvolse l’intera fortezza, il cielo fu immediatamente coperto da nubi nere, un fulmine cadde a terra colpendo una torre e mandandola in frantumi, il vento soffiò più forte, spegnendo ogni lume e ogni torcia che le ragazze avevano acceso con tanta fatica. Una risata metallica riempì l’aria fetida che si era alzata prima della battaglia: segno che i demoni erano a pochi metri dalle mura.

- Le torce!- urlò Minako sporgendosi verso l’interno della fortezza – Riaccendete quelle maledette torce!

- Non restano accese Minako!- urlò poco dopo Makoto da un punto non ben definito.

Il buio li aveva avvolti, senza la luce del fuoco riuscivano appena quello che li circondava.

Serenity ed Endimion continuavano a guardarsi attorno come se fossero circondati.

Improvvisamente un gancio di metallo si aggrappò alle mura di pietra, con un gesto fulmineo la principessa staccò il gancio facendo cadere a terra la corda e i demoni che vi si arrampicavano. Altri arpioni partirono dal terreno sottostante agganciandosi saldamente alle mura, uno dopo l’altro il principe e la principessa, aiutati dai soldati, tolsero i ganci mentre un’onda di frecce dal piumaggio viola e rosso partì investendo i soldati che stavano cercando in tutti i modi di arginare l’invasione.

Un rumore assordante fece tremare le mura di pietra.

- Il portone!- urlò uno dei soldati – Vogliono sfondare il portone!

 

***

Takanori aprì gli occhi, il posto dov’era comparso era un luogo agli umani sconosciuto, un posto segretamente custodito da antiche magie e potenti custodi.

Il mezzo demone si guardò attorno, alberi maestosi, carichi di fiori colorati e frutti succosi e maturi, l’erba fresca e morbida gli accarezzava i piedi coperti da antichi sandali in cuoio marroni, l’aria era frizzante e calda, si sentivano gli uccellini cinguettare e, con i suoi sensi tesi all’infinito, sentiva l’essenza degli animali che popolavano quella foresta.

I suoi pensieri ottimisti e la contemplazione della ricca vegetazione che aveva intorno furono bloccati dalle punte di quattro lame puntate alla gola.

Quattro bei giovani dai lunghi capelli e gli occhi chiari lo stavano guardando con aria minacciosa.

- Come hai fatto ad arrivare qui?- domandò il primo che aveva lunghi capelli neri e occhi celesti, i suoi leggeri vestiti erano color panna con le rifiniture in oro, un cordino di juta circondava la sua testa come una grezza aureola.

- Chi ti ha dato il permesso di varcare i nostri confini?- fece il secondo uomo, alto, atletico con gli occhi color del ghiaccio e lunghi capelli castani legati con un nastro verde che richiamava il colore del vestito che indossava.

- La punizione per chi raggiunge il nostro territorio senza il permesso é la morte. – echeggiò con voce calma e glaciale il terzo, capelli color paglia e occhi color ambra, indossa un vestito turchese come il cielo limpido che si scorge dalle cime degli alberi secolari che li circondava.

- Non sono un nemico..- mormorò Takanori alzando lievemente le mani.

- E chi ce lo assicura?- chiese il quarto uomo premendo di più la lama sulla sua gola, aveva i capelli rossi, poco più corti rispetto agli altri tre, probabilmente era il più giovane, i suoi occhi erano azzurri ma profondi come gli abissi marini, indossava un vestito marrone, chiaro come la terra arida del deserto.

Con un gesto raffinato, Takanori fece cadere il cappuccio grigio del mantello che gli celava il volto, i quattro giovani sgranarono gli occhi e abbassarono immediatamente le spade.

- Non credevamo fosse voi Takanori il saggio...- fece il primo chinando lievemente il capo.

- Siamo mortificati. – fece il secondo seguendo l’esempio del primo uomo.

- Nessuno ci aveva avvisato del vostro arrivo. – echeggiò il terzo portandosi un pugno al cuore.

- Vi credevamo un nemico. – finì il quarto uomo rifoderando la spada.

- Voi eseguite solo gli ordini. – fece calmo Takanori osservando i quattro giovani – Non dovete scusarvi di nulla. Ma non abbiamo tempo per i convenevoli... devo parlare urgentemente con la Regina Esmuena.

- Subito Takanori il saggio. – risposero gli altri in coro facendo un lieve inchino.

 

***

- Proteggete il portone!- urlò Endimion sporgendosi dalle mura.

Serenity guardò giù, il portone cedette sotto i possenti colpi dell’alfiere e i demoni iniziarono ad entrare. La principessa si guardò attorno, nessuno aveva fatto scendere l’inferriata di metallo, tutti erano troppo impegnati a far retrocedere i demoni che entravano dalle aperture che si erano create. 

- Ami! – urlò la ragazza indicando la corda che bloccava l’ingranaggio. 

L’arciere si voltò di scatto, capì subito quello che la sua principessa le stava ordinando, velocemente prese la mira e scoccò la freccia che ruppe in pieno la corda. Il cancello di metallo scese con un rumore stridulo metallico e cadde al suolo alzando un sottile strato di polvere, tre demoni rimasero sotto trapassati dalle punte acuminate.

Ci fu un boato, Serenity ed Endimion si voltarono giusto in tempo per vedere un enorme masso infuocato abbattersi contro una delle torri e riducendola in briciole. I demoni urlarono soddisfatti mentre altri sassi venivano lanciati, uno riuscì a colpire le mura che, miracolosamente, non cedettero.

La principessa guardava con occhi sgranati i massi che stavano distruggendo il suo palazzo.

- Che qualcuno ci aiuti...

 

***

Takanori camminava veloce seguendo i quattro elfi in quella foresta.

Non avevano più parlato... avevano fretta e non avevano tempo per la conversazione.

Giunti nella parte più a sud del bosco, i quattro elfi si fermarono e guardarono il vecchio.

- Noi siamo i custodi del bosco. – spiegò l’elfo con i capelli neri.

- Non possiamo andare oltre. – finì quello coi capelli castani.

Takanori annuì piano, e oltrepassò il manto di foglie e fiori che copriva la città degli elfi dalla vista delle persone indesiderate.

La città era costruita interamente sui rami degli alberi, capanne di legno levigato e candido come la neve, circolari e con il tetto fatto di foglie e muschio, le finestre erano piccole e rotonde, le porte lunge e strette di legno più scuro, lunghi ponti di legno e corda collegavano i vari alberi tra di loro.

Takanori sentì forza e vigore nel suo corpo, in lui c’era una misera quantità di sangue elfico e si sentiva bene in quel bosco, era quasi come tornare a casa dopo un lungo viaggio faticoso.

Si sentivano lievi suoni provenire dalle case sugli alberi, donne e uomini bellissimi con lunghi capelli e vestiti leggeri camminavano da una parte all’altra del bosco, percorrendo i ponti sicuri, saltando da un ramo all’altro, alcuni usavano solo delle corde. Alcuni abbassavano lo sguardo incontrando la sua figura, facevano un piccolo inchino, si sfioravano le labbra con un dito come segno di saluto e tornavano alle loro faccende.

Il vecchio saggio percorse velocemente le strade a terra fino al centro del bosco, il palazzo della Regina Esmuena era situato su una quercia millenaria, dal tronco enorme e nodoso partivano numerosissimi rami, ognuno grande quando le altre piante che aveva attorno, un centinaio di casette rotonde e di legno chiaro erano adagiate su di essi, perfettamente saldate con il legno dell’albero, in cima, su uno spiazzo di muschio c’era il cuore del palazzo, un ampio salone senza mura, vari archi sostenevan il tetto di foglie e fiori bianchi, l’edera verde cresceva sulle colonne scolpite a mano, al centro c’era il trono di avorio bianco dove sedeva la regina degli elfi.

Takanori salì rapidamente le ripide scale a chiocciola intagliate nel legno, anche se molto più vecchio rispetto ai giovani elfi che vivevano in quel bosco, salì perfettamente dritto sulla schiena, elegantemente come solo gli elfi erano in gradi di fare, la spada dall’elsa preziosa e magica che sbatteva leggermente sulla sua gamba, lo sguardo fisso davanti a lui. Dopo quelli che gli parvero milioni di scalini arrivò in cima all’albero dove la Regina lo aspettava seduta elegantemente sul suo trono bianco. Esmuena, la Regina degli Elfi, era la donna più bella del regno: pelle candida e vellutata, lunghi capelli lilla con riflessi azzurri, il suo corpo snello e flessuoso era coperto da una leggera veste celeste a tratti trasparente, tra i lungi capelli aveva fiori di campo blu, il viso aveva lineamenti perfetti. Teneva gli occhi chiusi, come se dormisse sul suo bel trono, le mani strette attorno ai braccioli e la testa appoggiata allo schienale, respirava piano, profondamente e non sembrava aver sentito l’arrivo del vecchio.

Takanori fece un passo in avanti, dritto e deciso, la regina aprì la palpebre all’improvviso trafiggendolo con i suoi occhi color dell’oro.

- Cosa ti porta qui Takanori il saggio? – chiese l’elfa con una voce profonda e molto calda.

- La guerra Maestà. – rispose l’altro con un lieve inchino – Una guerra che distruggerà il mondo...

- Abbiamo ripudiato il mondo molto tempo fa. – affermò la Regina tranquilla, continuando a fissarlo – Perché sei qui?

- Per chiedere il vostro aiuto... l’aiuto magico degl’elfi.

- Tu sei un elfo. 

- Solo in parte. – rispose lui con un filo di voce.

La Regina scosse mestamente il mago.

- Anche se solo in parte tu fai parte della nostra razza... anche se non hai mai voluto stare qui con noi.

- Il mio posto é accanto a Selene e Serenity... Regina Esmuena, io non posso sconfiggere Xazumi... non ne ho la forza. Ma vi prego... datami qualcosa che possa aiutare il principe Endimion e la principessa Serenity. Un tempo anche gli elfi credevano nell’Alleanza degli umani.

- Un’alleanza che grazie alla tua Regina non esiste più da molto tempo.

- Selene ha sbagliato...- mormorò Takanori chinando il capo- ma l’ha fatto solo per il bene di sua, - un lieve sorriso gli incurvò le labbra: il periodo delle menzogne era finito – di nostra figlia e del regno, solo per non vedere altri morti... non é stata una decisione dettata dall’egoismo o dalla rabbia ma solo dall’amore profondo che la lega al suo popolo.

La regina sembrò valutare a lungo le parole del vecchio, lo fissò per un tempo infinito, scrutandolo a fondo, dentro l’anima, cercando la menzogna o un qualsiasi altro sentimento negativo. Infine sorrise e schioccò le lunghe dita affusolate.

Due giovani elfi vestiti di verde arrivano dalla scalinata, avevano in mano due lunghi vassoi d’argento ricoperti da un drappo rosso. Con un gesto della mano la Regina fece capire ai suoi servitori di mostrare cosa vi fosse nascosto: due spade... due lunghe spade dalla lama bianca, brillavano sotto la luce del sole, entrambi avevano l’elsa tempestata di pietre preziose, la prima aveva dei rubini mentre la seconda degli smeraldi.

- Le nostre spade sono indistruttibili e possono tagliare qualsiasi cosa... anche le corazze o la pelle dura come il marmo dei demoni... dai questi doni ai sovrani del Regno Argentato. Di loro di portare la pace.

Takanori si avvicinò alle due spade, emettevano una luce calda e una forte aura magica.

- Grazie Regina...- mormorò ricoprendo le armi.

- Ora torna indietro,- mormorò Esmuena tornando a chiudere gli occhi – nel palazzo di Selene sta succedendo qualcosa.

 

***

Rei correva... erano riusciti ad entrare, i demoni stavano entrando nel castello proprio in quel momento.

E lei doveva aiutare i suoi amici.

Doveva lottare, doveva farlo per Serenity, per Jadeite e per suo fratello.

Aveva messo al sicuro i bambini e le donne: ora doveva solo lottare accanto ai suoi amici, aveva già ucciso due demoni mentre correva, uno l’aveva pugnalato al cuore mentre all’altro gli aveva tagliato la gola.

- Ferma! – urlò improvvisamente una voce fredda e grottesca.

Rei si guardò attorno ansimante per la corsa, due pugnali stretti nelle mani pronta a combattere contro chiunque gli si parasse davanti.

Daku uscì dall’ombra dov’era nascosto, era strano... molto più strano del solito... aveva la testa china e Rei notò immediatamente i vestiti sporchi di sangue e la spada dalla lama rossa che stringeva nella mano sinistra, visto che l’altra gli era stata mozzata da una qualche lotta.

- Doku...- mormorò il mezzo demone – perché mi fai fermato?

Il piccolo essere aprì le palpebre rivelando gli occhi rossi e senza pupilla.

Un dolore lancinante trafisse il cervello di Rei che cadde a terra in ginocchio lasciando cadere i coltelli e portandosi le mani alla testa.

- Il mio padrone ti vuole. – mormorò Doku strisciando verso di lei e con un ghigno malefico.

In quel momento si udì il suono di un corno, il piccolo essere si bloccò guardandosi attorno quasi spaventato.

- Cos’é?

- Il corno dell’alleanza...- mormorò Rei con una smorfia di dolore - Re Mizuguchi... sta venendo in nostro soccorso.

 

Eccomi!!! Capitolo difficile anche questo... mi devo scusare di nuovo per il ritardo nel posare, ma questa fic mi sta mettendo a dura prova! ^^”

Bene attendo i vostri commenti!

Grazie a tutte e a tutti voi che commentate!

Elena

 

 

 

 

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Capitolo 24
*** Capitolo 24 ***


 

Minako combatteva in mezzo ai demoni, la sua catena che roteava sulla testa. Un colpo e un collo veniva spezzato come un grissino, un altro lancio e la testa di un demone si spaccava in due come un melone maturo.

Ma lei non vedeva i demoni, non vedeva il sangue che le sporcava i vestiti e il terreno, lei vedeva solo la figura lontana del Cavaliere Nero: dell’assassino di suo padre.

Doveva trovarlo, doveva ucciderlo, doveva vendicare quella morte.

Si accaniva sui demoni con una furia che non aveva mai avuto, da quando l’aveva visto in lontananza non gli aveva mai tolto gli occhi di dosso, l’aveva studiato, analizzato, scrutato fin dentro la sua anima... solo per trovare un punto debole, solo per cercare il modo migliore e più doloroso per ucciderlo.

Il capitano dei soldati lanciò la sua catena avvolgendo due demoni, uno strattone e i due si infilarono con le spade morendo all’istante.

Ma lei questo non lo vedeva.

A lei questo non interessava.

Lei voleva solo il Cavaliere Nero.

Minako camminava tra i corpi dei soldati e dei demoni solo per cerare il suo uomo.

Jadeite si avvicinò di corsa, in mano teneva la spada sporca di denso e nero sangue demoniaco.

- Dov’é Rei?- le urlò preoccupato.

La ragazza si guardò attorno cercando l’amica con lo sguardo.

- Non la vedo. Stava aiutando le donne e i bambini.. probabilmente  é ancora a palazzo.. abbiamo bisogno di lei!

- Vado a chiamarla!- ripose il generale iniziando a correre.

Minako annuì e tornò a concentrasi sulla battaglia, non vedeva più il Cavaliere da parecchi minuti, immaginava che fosse dietro le file di demoni in attesa del momento più giusto per intervenire.

Frustata da questa lotta senza risultati, la mezza elfa catturò un piccolo demone dalla pelle scura, aveva una freccia in un occhio eppure sembrava che non sentisse alcun tipo di dolore.

Con un calcio in faccia Minako lo fece cedere al suolo, per poi andare su di lui in ginocchio per tenerlo fermo.

- Dov’è il Cavaliere Nero?- urlò afferrando il demone per le cinture di pelle che portava alle spalle e strattonandolo verso il suo viso.

Il demone ringhiò qualcosa alitando su Minako che, per poco, non svenne per via dell’odore putrido.

- Parla! – urlò di nuovo la ragazza prendendo una spada da terra e conficcando la lama nella gamba di quell’essere.

Urlando di dolore il demone mosse la testa in direzione del portone principale, Minako ghignò soddisfatta e si alzò, estrasse la lama dalla gamba del demone e lo trafisse al cuore senza nessun tipo di ripensamento.

- Ora sei mio Cavaliere Nero. – mormorò marciando spedita verso il portone.

 

***

Serenity ed Endimion lottavano schiena contro schiena, le loro lame erano diventate rosse, Serenity aveva un taglio su una guancia fatta da una freccia che, fortunatamente, l’aveva colpita solo di striscio, Endimion zoppicava per via di un calcio molto forte che gli aveva dato un demone prima che lui lo uccidesse.

Ma entrambi avevano ancora abbastanza forze per continuare a combattere.

Purtroppo erano troppo pochi e i demoni sembravano aumentare invece che diminuire, ogni volta che ne uccidevano uno, altri due prendevano il suo posto ed erano sempre più grandi ed agguerriti.

Serenity stava perdendo le speranze... la lotta non la spaventava e, come aveva detto al suo uomo, neppure la morte; ma non avrebbe mai sopportato di perdere l’uomo che amava.

- Sono troppi. – disse più a se stessa che all’altro – Siamo in trappola.

- No, se stiamo insieme. – le rispose Endimion voltandosi appena prima di affondare la lama della spada nel torace squamoso e rugoso di un demone.

Improvvisamente ci fu una forte luce, Serenity si coprì appena gli occhi ma vide chiaramente Takanori apparire a pochi metri da lei, sembrava spaventato, in mano teneva un grande fagotto. Lo vide sguainare la spada e uccidere varie creature prima di correre verso il castello.

La principessa sgranò gli occhi e impallidì.

- Mamma...

 

***

Minako camminava sicura e rapida, uccideva al suo passaggio quasi senza rendersene conto.

L’aveva visto.

E lui aveva visto lei.

Era arrivato il momento che attendeva da molto, molto tempo.

Ora nulla l’avrebbe fermata.

Una risata metallica e grottesca uscì dal pesante elmo che il Cavaliere portava.

- Minako Anino...- mormorò divertito – una stupida donna che vuole lottare con me.

- Hai paura di esser sconfitto uomo di latta?- urlò inviperita la donna facendo roteare la catena sopra la testa.

- Stupida ragazzina...- rispose l’altro avanzando verso di lei con la spada già sguainata, una grossa spada dalla lama grigia e fredda – quando avrò finito con te mi supplicherai di ucciderti!

- No, io non credo!- ribatté la giovane lanciando la catena che colpì la corazza nera che la graffiò appena.

Il Cavaliere Nero barcollò qualche istante più per la sorpresa che per il colpo subito e poi si scagliò urlando verso la ragazza.

Minako riuscì ad evitare i suoi colpi grazie alla sua velocità elfica, il Cavaliere Nero non la sfiorava neppure e lei continuava a lanciare la sua arma nella speranza che questa si distruggesse rivelando un suo punto debole.

Una freccia scoccata da un demone la colpì alla gamba facendola urlare, cadde, il sangue colava denso e caldo dalla ferita, non era certo la prima volta che veniva ferita ma mai una freccia le aveva trapassato una coscia.

- Maledizione. – digrignò a denti stretti osservando la punta rossa dell’arma uscire dalla gamba.

Mordendosi forte un labbro afferrò l’altra estremità della freccia e l’estrasse con un colpo deciso gemendo forte per il dolore.

Un’ombra nera si allungò sulla sua figura in ginocchio, Minako alzò lo sguardo: il Cavaliere Nero era proprio davanti a lei, rideva di fronte a quella prova di debolezza.

- Tu sei solo una stupida bambina...- disse crudelmente – la guerra non é fatta per te!

Alzò il braccio che impugnava la spada, Minako chiuse gli occhi pronta a morire, ormai in trappola e incapace di scappare. Sentì la lama tagliare l’aria quando il Cavaliere calò il braccio, sentì una leggera brezza sul viso e poi il rumore di due spade che si scontravano. Incredula alzò lo sguardo: Kunzite aveva fermato il colpo con la sua spada.

- Kunzite...- mormorò lei sgranando gli occhi.

- Credevi che ti avrei lasciato combattere contro questo energumeno di latta da sola?- le chiese voltandosi appena – Te lo puoi scordare.

- Sciocco umano!- urlò il Cavaliere indispettito – Ti farò vedere io cosa vuol dire combattere! – con uno strattone spinse via Kunzite.

Il generale strinse di più la sua spada, pronto a combattere contro chiunque tentasse di ferire la sua Minako.

- Avanti...- lo invitò lui con aria di sfida – fammi vedere quello che sei capace scatoletta!

Il Cavaliere Nero avanzò a tutta velocità verso di lui, Kunzite parò un colpo... poi un altro... e un altro ancora... fino a quando la sua spada non fu spezzata in due.

- Merda. – imprecò sotto voce il soldato mentre l’altro rideva sotto il suo elmo nero.

- Ora che sei disarmato piccolo, stupido uomo... cos’hai intenzione di fare?

In quel preciso istante il corno dell’alleanza suonò.

- I soldati di Re Mizuguchi!- urlò uno dei soldati che stava sulla torre rimasta miracolosamente intatta degli assalti delle pietre – Stanno arrivando i soldati di Re Mizuguchi!

Il Cavaliere Nero urlò tutta la sua rabbia, Minako approfittò del momento per spingerlo a terra con un calcio all’altezza delle ginocchia.

Con un tonfo metallico l’armatura si ruppe e l’elmo nero scivolò lontano mostrando il viso del più temibile soldato di Xazumi.

La soldatessa sgranò gli occhi e si scansò immediatamente da lui, iniziando a tremare e a scuotere lentamente la testa.

- No...- fece piano con un filo di voce.

Kunzite si voltò in quell’istante, osservò attentamente il Cavaliere a terra, ora che il suo volto era stato scoperto non incuteva più così tanto timore. Era un uomo... un normalissimo uomo, aveva il viso poco rasato, i capelli erano biondi e molto corti, gli occhi verdi freddi, vuoti come se quello fosse solo un pupazzo animato dai fili invisibili di Xazumi.

Si guardò attorno alla ricerca di un’arma, prese da terra la spada di un soldato morto e si avvicinò minaccioso al Cavaliere deciso a porre fine alla sua ignobile vita.

- NO!- urlò Minako bloccandolo.

- Cosa?- chiese Kunzite incredulo – Minako ma cosa...

- E’ mio padre!- urlò la mezza elfa piangendo – E’ mio padre...- ripeté mentre i soldati di Mizuguchi entravano nel castello per aiutarli.

 

***

I soldati dell’esercito alleato entrarono nel regno uccidendo ogni demone che incontravano sul loro cammino. Vestiti di bianco come un tempo era la divisa dei soldati dell’Alleanza, aiutarono il Regno Argentato contro quell’attacco imprevisto.

Ora non erano più in svantaggio, Re Mizuguchi era arrivato nel momento più opportuno, i demoni sembrano spaventati e iniziarono ad indietreggiare.

Fu allora che Serenity si ricordò di Takanori, senza pensarci due volte si mise a correre verso il castello.

 

***

Takanori aveva sentito il corno ma non vi aveva fatto caso: sapeva che Re Mizuguchi avrebbe aiutato Selene.

L’unica cosa che lo preoccupava erano le parole della Regina degli elfi.

Ora torna indietro, nel palazzo di Selene sta succedendo qualcosa.

Aveva avuto una stretta allo stomaco appena era apparso nel campo di battaglia, sapeva che Serenity stava bene.. sapeva che Endimion era con lei.

Ma Selene...

Selene era sola, nessuno l’avrebbe aiutata, nessuno l’avrebbe protetta.

Iniziò a correre, dimenticando la vecchiaia, dimenticando le spade elfiche, dimenticando tutto... lo sentiva: Selene era in pericolo e lui, stolto, non era lì ad aiutarla, a proteggerla.

Takanori aprì di botto le porte della sala del trono e sgranò gli occhi.

Al centro della sala, in una pozza di sangue c’era Selene riversa a terra, la testa di lato, gli occhi chiusi, teneva ancora in mano una spada e poco più in là si vedeva una mano mozzata.

Lasciò cadere le spade e corse verso la sua donna, il vestito celeste che indossava era macchiato di sangue, sul petto si vedevano tre vistose ferite.

- Selene...- mormorò il vecchio scostandole i capelli sporchi del suo stesso sangue dal viso – Selene...

Aprì una mano sopra le ferite della donna, doveva curarla, doveva aiutarla.

Serenity arrivò in quel momento, vide Takanori inginocchiato a terra, con sua madre tra le braccia coperta di sangue.

Corse verso di loro e si inginocchiò accanto al padre.

- Aiutala...- mormorò Serenity piangendo – Takanori guariscila!

L’uomo chiuse gli occhi, la mano che aveva sul suo petto si chiuse a pugno...

- Perché ti fermi?- urlò Serenity disperata.

Il vecchio strinse il corpo della donna mentre calde lacrime gli rigarono il viso stanco.

- Perché non posso guarire le ferite dei morti.

 

In tempi record ho aggiornato! Visto che velocità?

Ma oggi sono molto più ispirata del solito, spero che vi sia piaciuto! Attendo i commenti! Baci... Elena

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Capitolo 25
*** Capitolo 25 ***


L’urlo di Serenity si spense per i corridoi del castello.

Endimion entrò in quel momento spaventato da tutto quel dolore che aveva sentito nella voce della sua principessa. Serenity stringeva il corpo esanime della madre e singhiozzava molto forte, Takanori si era alzato, stava dritto davanti al muro del palazzo. Gli occhi chiusi, i pugni stretti lungo i fianchi e le lacrime amare che scendevano dalle sue palpebre serrate con forza, come ad impedirsi di continuare a fissare la donna morta. 

- Endimion…- mormorò Takanori senza aprire gli occhi – portala via.

Il principe annuì, si avvicinò a Serenity e cercò di aiutarla ad alzarsi.

- Andiamo Serenity…- le mormorò in un orecchio – non restare qui… non puoi fare più nulla.

La principessa continuava a stringere il corpo freddo della madre singhiozzando; più Endimion cercava di portarla via più lei si stringeva al cadavere.

- No…- singhiozzò disperata – lasciami stare… lasciami qui…

- Ti prego. – la supplicò di nuovo il principe piangendo a sua volta, ricordando quando anche suo padre era morto in guerra – Andiamo… Takanori si occuperà di tutto… tu hai altro da fare ora.

Con un ultimo sforzo, Endimion riuscì a staccare Serenity dal corpo della madre, la prese in braccio e si diresse verso le sue camere.

La sua principessa doveva riposare, ora un duro cammino le si parava davanti.

Ora lei era la Regina.

E le Regine non posso piangere a lungo, neppure questo era concesso ai sovrani, neppure il dolore per la perdita di una persona amata. 

Quando anche l’eco dei passi di Endimion si perse nel castello, Takanori aprì gli occhi e si voltò verso Selene.

- Non era destino Selene…- mormorò prendendola tra le braccia e sollevandola dal pavimento freddo – non dovevamo avere una seconda opportunità.

 

***

Kunzite camminava lentamente nel campo di battaglia, tra i numerosi morti di entrambi i fronti riconobbe qualche giovane soldato che aveva preso per la prima volta una spada in vita loro.

Scosse piano la testa… la morte si era portava via troppi giovani indifesi.

Attorno a lui c’erano i soldati ancora vivi e non feriti, stavano prendendo i corpi dei loro compagni, li avvolgevano in telo di lino e li portavano in un posto dove i loro cari potevano piangere in pace. I corpi dei demoni venivano solo accatastati per poi bruciati in seguito.

Si guardò ancora attorno fino a quando non vide Minako.

Ferma in mezzo ai cadaveri, aveva in mano l’elmo nero del padre e lo fissava come incantata. Silenziose e lente lacrime solcavano le sue guance bianche come il latte. Il Cavaliere Nero era fuggito nella confusione della battaglia, lasciando Minako piena di dubbi ed insicurezze. 

Si avvicinò piano, temendo di disturbarla, poteva solo lontanamente immaginare il dolore che provava in quel momento.

- Minako…- mormorò piano cercando di convogliare la sua attenzione su altro.

- Perché? – domandò solamente la ragazza continuando a fissare quel pezzo di ferro impolverato – Perché lui?

- Era un uomo molto forte… Xazumi voleva solo un guerriero in più.

- Non parlare di lui come se fosse morto!- urlò improvvisamente l’altra fissandolo con rabbia – E’ vivo e io lo salverò!

Il generale scosse mestamente il capo.

- Ho visto già altre volte soldati soggiogati dal potere nero di Xazumi… - si avvicinò alla sua donna e l’afferrò per le spalle – Minako non si può fare nulla… quello non è più tuo padre.

- Bugiardo! – gridò l’elfa liberandosi da quella presa – Io lo conosco! Mio padre è buono… e io saprò risvegliarlo… io lo aiuterò! E tutto tornerà come prima. – si allontanò da Kunzite a grandi passi con l’elmo nero anche stretto tra le braccia.

Il generale la guardò allontanarsi e sospirò rassegnato.

- Vorrei tanto che fosse così semplice amore mio… lo vorrei tanto.

 

***

Ami e Makoto stavano aiutando le donne del villaggio a medicare i soldati feriti in battaglia.

La morte della Regina aveva compito tutti nel profondo delle loro anime, nessuno parlava, molti piangevano altri pregavano per la principessina.

Ami e Makoto sapevano che dovevano stare con la loro più cara amica, entrambe potevano aiutarla a sopportare quel dolore, entrambe sapevano come si sentiva Serenity in quel preciso istante.

La morte della Regina Selene aveva riaperto ferite vecchie di anni.

Ma non era loro compito starle vicino ora. 

Medicavano in silenzio i soldati, scambiandosi solo qualche occhiata fuggevole. Non c’erano parole, non c’erano sguardi e non c’erano gesti che potessero far stare meglio la loro principessa.

Ora toccava solo ad Endimion, per quanto loro potevano comprendere il suo dolore, sapevano altrettanto bene che non avrebbe voluto nessuna di loro accanto ma solo il principe.

E loro dovevano rispettare il suo dolore, doveva essere lei a parlare quando sarebbe arrivato il momento.

Ora dovevano solo aspettare.

 

***

Xazumi guardava con ripugnanza e orrore i suoi due sudditi più leali.

Vladimir e il Cavaliere Nero, stavano davanti a lui, inginocchiati ai suoi piedi, consci di aver fallito miseramente la missione del loro Padrone indiscusso.

Il demone si alzò dal suo trono di teschi e ossa e si avvicinò ai due.

- Vi avevo dato un ordine ben preciso: distruggere il Regno Argentato e uccidere tutti! Era così complicato?

- No, mio signore. – rispose il vampiro per entrambi – Purtroppo sono arrivati i rinforzi quando meno ce lo aspettavamo... erano troppi per noi... Selene é morta. – disse immediatamente come se questa informazione bastasse per placare la furia di Xazumi.

- Di Selene non me ne importa nulla!- urlò il demone – Selene era solo una misera parte di quello che volevo io... volevo vedere Endimion e Serenity morire atrocemente, bere il loro sangue, udire le loro grida e le loro suppliche. Ma visto che neppure su di voi posso contare...- tra le sue mani si formò la sua spada dalla fredda e diabolica lama nera – me ne occuperò di persona. La morte di Selene renderà la principessina desiderosa di vendetta, marcerà sulle Terre Nere, vorrà uccidermi... invece sarò io a portarla alla morte.

 

***

Vadimir entrò nella sua lugubre stanza, le pareti, i mobili, i tappeti, perfino le lenzuola nel letto... tutto era nero. Tutta la stanza era una rappresentazione della sua anima, tutto rispecchiava il vuoto che lo possedeva.

Si mise a sedere pesantemente su una spessa poltrona di veltro nero, non fece caso alla piccola nuvola di polvere che si alzò, mise le mani tra i capelli e fece un profondo respiro... Xazumi non gli avrebbe fatto passare liscia un altro fallimento.

Anche se era un vampiro, doveva temere i poteri di quel demone.

Una mano bianca, fredda e con le unghie laccate di nero uscì dall’ombra e afferrò la spalla dell’uomo.

- Siete teso mio Signore...- mormorò dolcemente una voce femminile mentre iniziava a fargli un dolce massaggio alle spalle.

Il vampiro prese la mano della donna e le baciò il palmo, in un gesto quasi d’affetto.

- Mia Signora...- sussurrò lui con un sorriso freddo – tu saprai sicuramente quello di cui ho bisogno.

- Fa parte dei miei doveri.

Con un gesto sensuale vide il corpo della sua donna uscire all’ombra completamente nuda... Vadimir sorrise soddisfatto facendo sedere la donna sulle sue gambe. Con feroce ed implacabile fame iniziò a baciarla, non c’era amore nei suoi gesti, non c’era dolcezza, solo l’euforia della possessione, solo la sua voglia di dominare quella donna.

Il resto non contava più.

 

***

Non riusciva a trovarla.

Non era da nessuna parte.

Né nel palazzo, né sul campo di battaglia.

Non era nella sua stanza, né ne nella sua vecchia casa.

Era come sparita.. e un dubbio atroce aveva iniziato a martellare i suoi pensieri.

Era stata rapita... sì, ormai l’aveva capito.

Qualcuno l’aveva rapita.

- Vladimir...- mormorò Jadeite fermandosi in mezzo all’ennesimo corridoio che ispezionava.

Un piccolo bagliore attirò la sua attenzione, per terra c’erano i quattro pugnali di Rei e la sua casacca rossa. Con un groppo in gola prese la giacchetta di pelle annusando il suo odore spezziato, lo stesso che aveva la pelle della sua amata Rei.

- Ti troverò...- sussurrò stringendo l’indumento al petto – ovunque tu sia Rei.. io ti troverò.

 

***

Endimion osservava in silenzio Serenity.

La principessa era seduta su una poltroncina di velluto rosa antico nella sua stanza, i vestiti e le mani ancora sporchi del sangue della madre, le lacrime erano finire da alcuni minuti e, con loro, anche la disperazione. Serenity si rendeva perfettamente conto di quello che sarebbe successo d’ora in avanti, sentiva il peso di una responsabilità troppo grande sulle sue fragili spalle.

La principessa si guardava ostinatamente le mani sporche di sangue, il tempo per le lacrime era ormai finito... non poteva neppure piangere sua madre come avrebbe voluto.

Ora tutti gli occhi erano puntati su di lei, tutti attendevano un suo ordine... tutti pendevano dalle sue labbra.

Lei voleva solo esser lasciata in pace con il suo dolore.

Sentì Endimion alzarsi dal letto e inginocchiarsi davanti a lei.

Lo guardò intensamente, vedeva riflesso nei suoi occhi scuri il suo viso stravolto, sporco e pallido. Era uno straccio... era un relitto eppure continuava ad andare avanti, non sapeva neppure lei dove trovava tanta forza. O forse lo sapeva benissimo, forse era Endimion a darle la forza di continuare a lottare.

- Cosa posso fare adesso?- gli chiese preoccupata e sperduta.

Endimion le fece un sorriso incoraggiante, lui sapeva come si sentiva, ci era passato e sapeva di cosa aveva bisogno. Si alzò lievemente dandole un delicato bacio sulla fronte.

E allora lei capì... era arrivato il momento di abbracciare il suo destino.

- Endimion...- disse piano accarezzando i capelli del giovane principe – mi vuoi sposare?

 

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Capitolo 26
*** Capitolo 26 ***


CAPITOLO 26

Takanori lavava piano e con delicatezza il corpo di Selene, la Regina del Regno Argentato era stato risposto nella stanza della preparazione, dove i sacerdoti pulivano e profumavano il corpo per prepararlo per l’aldilà.
Immergeva la spugna rossa nel catino d’acqua tiepida e profumata, sciacqua via il sangue rappreso dal corpo della sua donna, le accarezzava il corpo nudo con un nodo in gola, mentre la sua mente evocava i giorni felici che avevano passato assieme.
Accanto a lui era stata preparata un vestito di lino celeste, una sontuosa veste che Selene avrebbe indossato il giorno delle nozze della figlia, ora sarebbe stata sepolta con quel vestito.
Con un’ultima carezza, Takanori finì di pulire un braccio della donna, ripose la spugna e coprì il corpo della Regina con un lenzuolo di cotone bianco. Restò a guardare il suo viso serafico seduto su una seggiola traballante, era bellissima anche nella morte, il suo candore non era diminuito, sembrava serena... in pace.
Con una mano tremante le scostò un ciuffo di capelli, il solito ciuffo ribelle di Selene, le ricadeva sempre davanti agli occhi, in continuazione... una piccola maledizione che aveva colpito anche Serenity.
Già... sua figlia, ora come avrebbe dovuto comportarsi con lei? Come poteva stare vicino all’unica persona che amava se lei lo odiava?
- Dammi la forza Selene. – mormorò il mezzo elfo baciandole il palmo di una mano – Dammi la forza di restare accanto a nostra figlia e aiutala a superare gli enormi ostacoli che avrà davanti.

***
Re Mizuguchi stava nel cortile del palazzo, molte volte l’aveva visto eppure restava sempre impressionato da tanta maestosità e splendore.
La morte di Selene non era una buona notizia, il popolo si era chiuso in se stesso, la figlia, la nuova Regina, non usciva dalle sue stanze. Nessuno sembrava volersi riprendere da quella notizia.
Eppure c’era una guerra da combattere, lui aveva deciso di smettere di vivere nell’oscurità, di non sottomettersi più al volere di Xazumi.
- Re Mizuguchi?
Il sovrano si voltò, dietro di lui Serenity ed Endimion lo stavano fissando con un’intensità da lasciarlo quasi senza fiato. Entrambi erano vestiti in modo elegante, la principessa si era cambiata, aveva abbandonato i vestiti da soldato e aveva indossato una lunga veste bianca, in testa aveva un piccolo diadema e teneva per mano il principe accanto a lei.
Con pochi passi Serenity andò davanti al Re e si inchinò lentamente.
- Siete venuto in nostro soccorso Re Mizuguchi...- disse in tono cordiale – vi ringrazio... senza il vostro intervento non saremmo mai riusciti ad allontanare i demoni. Io e il mio Regno vi dobbiamo la vita.
Il Re fece alzare la principessa e sorrise.
- Sono io che ringrazio voi Principessa... state portando la speranza, una speranza che credevo non esistesse più.
Serenity fece un lieve sorriso e poi guardò Endimion.
- Abbiamo intenzione di marciare sulle Terre Nere, Maestà. – fece il Principe prendendo parola – Durante i nostri viaggi abbiamo contattato veri eserciti, aspettano solo un nostro segnale. Siamo pronti per combattere.. sotto il segno dell’Alleanza. Se marceremo sotto un’unica bandiera, sotto un unico simbolo di pace, altri regni si uniranno a noi.
Mizuguchi annuì allungando la mano verso Endimion come segno di alleanza.
Serenity sorrise: ora anche lei aveva qualcosa in cui credere.
- Partiremo tra una settimana. – spiegò il Principe stringendo la mano dell’uomo – Abbiamo molto da fare prima della partenza. Possiamo contare su di lei altezza?
- Certamente,- rispose l’altro – ora siamo alleati.

***
Takanori aprì gli occhi all’improvviso, era nella stanza di Selene, aveva lasciato il corpo della sua donna alle dame di corte che l’avrebbero preparata pel il funerale.
Lui non voleva abbandonarla ancora, in quella stanza c’era il suo profumo, sentiva la sua presenza, aveva ancora bisogno di lei.
- Mi sono assopito. – mormorò appoggiando la testa sullo schienale della poltrona davanti al caminetto spento.
- Solo per qualche minuto. – gli rispose una voce alle sue spalle.
Il vecchio saggio si alzò di scatto, Serenity era dietro i lui, appoggiata al muro nascosta nell’ombra.
- Da quanto sei li?
- Poco... qualche minuto.. non volevo disturbarti. – la principessa uscì dall’ombra e si mise a sedere sulla poltrona che poco prima occupava Takanori – Noi due dobbiamo parlare.
L’uomo annuì lentamente avvicinando la sedia dello scrittoio alla poltrona della figlia.
- Come stai?- le chiese preoccupato.
- Come una donna che ha appena perso la madre. – rispose la ragazza con un triste sorriso – Ma il tempo delle lacrime é finito.. io e Endimion abbiamo un sacco di lavoro prima di partire.
Takanori sapeva che sarebbe successo: la guerra era ufficialmente iniziata.
- Quando?- le chiese con un filo di voce.
- Tra sette giorni... devo chiederti un favore. – era assurdo provare tutto questo imbarazzo davanti all’uomo che la conosceva meglio di chiunque al mondo - Devi fare il mio sovrintendente mentre sono in guerra, voglio che governi al mio posto fino al nostro ritorno.
Takanori aprì la bocca per ribattere ma Serenity lo azzittì solo con un’occhiata, uno sguardo glaciale che aveva ereditato da lui.
- Endimion sta organizzando tutto con Re Mizuguchi.
- Sarà un ottimo sovrano. – mormorò Takanori con un sorriso – Ti ama molto.
- E io amo lui. – per un attimo restò in silenzio, imbarazzata ed indecisa se fargli quella domanda o meno - Takanori... ho riflettuto su quello che é successo con Xazumi... vorrei che tu mi raccontassi quello che é successo con la mamma.
Il consigliere fece un profondo respiro, quel giorno sarebbe arrivato prima o poi, ma lui aveva sempre immaginato quel momento con Selene accanto. Invece era solo e doveva spiegare alla figlia tutti i segreti che c’erano dietro la sua nascita.
Lentamente e cercando di non dimenticare nessun particolare, Takanori le raccontò tutto, la strana nascita di que’amore clandestino, del profondo legame che gli univa e della loro tragica separazione.
Alla fine Serenity stava piangendo.
- Ora capisco molte cose...- sorrise la giovane chiudendo gli occhi – avete sofferto molto entrambi... mi dispiace.
- Io e Selene volevamo dirtelo... credimi Serenity, volevamo tanto dirti tutta la verità. Ma non era mai il momento opportuno e, negli ultimi anni, non ci parlavamo molto.
- Lo so. - annuì la principessa asciugandosi le lacrime – Ora devo chiederti una cosa importante Takanori... tu sei un mezzo demone e un mezzo elfo... cosa sono io?
- In te non scorre sangue elfico Serenity, la mia natura elfica é così remota che non ha lasciato tracce su di te.
- E la parte demoniaca?
- Tu non sei come Rei se é questo quello che ti turba, quando sei nata ho fatto degli studi e ho trovato un antico incantesimo oscuro. Sono riuscito a decifrarlo e l’ho pronunciato su di te, ho fatto in modo che il sangue malvagio che scorreva nelle tue vene fosse purificato. Tu non sei né mezza elfa, né mezzo demone, sei un essere umano in tutto il suo splendore.
Serenity annuì e si alzò dalla poltrona.
- E’ meglio che vada... il funerale inizierà tra poche ore e devo prepararmi. Poi dovrò organizzare l’altra cerimonia, tu sarai fondamentale Takanori... promettimi che ci sarai.
- Cosa dovrei fare?- chiese curioso osservando la figlia che si avvicinava alla porta.
- Mi devi accompagnare all’altare... papà.

***

La tradizione del Regno Argentato vuole che i morti si seppelliscano nella terra viva, qualche ora dopo il decesso, avvolti in un telo di lino nero, per agevolare l’anima alla ascesa nel regno degli Inferi. La salama della Regina Selene fu trasportata su una lettiga dai soldati del Regno di Tobias, Serenity, Endimion e Takanori erano dietro di loro, lo sguardo triste fisso sul terreno che stavano calpestando.
Tutto il regno e i soldati di Mizuguchi stavano assistendo al funerale.
Lentamente e con rispetto i quattro soldati poggiarono il corpo a terra. Feijan, la sacerdotessa del tempio, avanzò verso la Regina e iniziò a recitare una finzione nell’altica lingua del Regno Argentato.
Un’antica preghiera alla Dea della Luna, una supplica di salvare la sua anima e di accoglierla nel giardino degli inferi.
Endimion strinse la mano della sua principessa, Serenity si stava rivelando più forte di quello che tutti si erano aspettati, dopo la disperazione iniziale aveva preso in mano le redini del Regno, si stava comportando come una vera Regina.
Era fortunato a sposare una donna come lei.
Improvvisamente la Principessa intonò una canzone melodica e molto triste, capiva poco le parole ma lui sapeva che non erano importanti, era una canzone per la madre, una preghiera di vegliare su di loro, di aiutarli nei momenti difficili, di proteggerli dai pericoli.
Serenity gli strinse ancora di più la mano, mentre due lacrime solcavano le sue guance pallide. Si sentiva sola, aveva paura per il futuro, per il suo regno, per il suo sposo, per le sue amiche... non si sentiva una Regina, non si sentiva niente, solo una piccola ragazzina che aveva perso la madre.
Sapeva che il suo principe l’avrebbe aiutata e sapeva che nulla poteva distruggere il loro amore.
Ma, a volte, saperlo non bastava.
Quando la canzone finì il corpo fu sistemato nella fossa profonda, Serenity e Takanori lanciarono un paio di fiori bianchi, come simbolo del loro amore.
- Grazie. – mormorò mentre tornavano a palazzo – Endimion... senza di te... non credo che sarei capace di affrontare tutto questo.
Endimion sorrise accarezzandole una gota.
- Sei molto più fragile di quello che vuoi fare credere Serenity e io ti amo anche per questo... mi piace l’idea di proteggerti.
- Anche a me piace pensarlo. – sorrise debolmente prendendogli la mano – Voglio farti vedere una cosa.
Percorsero un breve corridoio fino ad arrivare ad una porta sorvegliata da due guardie che, appena videro la principessa, si spostarono concedendole il passaggio.
Senza fare domande Endimion la seguì dentro quella che doveva essere la tesoreria, c’erano parecchi bauli d’argento, ben sigillati, oggetti preziosi e quadri alle pareti. Si fermarono davanti ad una bacheca dove c’era esposta una corona d’argento tempestata di rubini e diamanti.
- Questa é la corona del Re. – fece Serenity sfiorando delicatamente il vetro impolverato che proteggeva quel gioiello dall’inestimabile valore – Non viene indossata da anni... presto sarà tua Endimion. – si voltò a guardarlo mentre le lacrime prendevano possesso di nuovo dei suoi occhi - Vuoi ancora sposarmi vero?
Il Principe sorrise e la strinse forte:
- Serenity... certo che voglio sposarti e non é per la corona o per il Regno, e neppure perché é stato deciso dai nostri genitori. Io ti sposo perché ti amo... perché ti ho amata subito fin dalla prima volta che ti ho visto.
- Anch’io ti amo tanto Endimion.

***
Nephrite si mise a sedere sul letto dove stava dormendo da qualche ora, Makoto non c’era, le lenzuola erano fredde quindi era sveglia da parecchio tempo. Lentamente si mise in piedi rabbrividendo appena per l’aria fresca che aveva accarezzato il suo corpo nudo. Infilò i pantaloni e le scarpe e uscì dalla camera alla ricerca della sua donna.
La scomparsa di Rei aveva segnato tutte loro e la morte della Regina aveva riaperto vecchie ferite, sperava con tutto il cuore che Makoto non lo cacciasse via in ricordo del fidanzato morto anni fa.
La sua donna era nella bottega a lavorare il ferro: batteva il martello sulla lama rovente di una spada, le scintille rosse le sfioravano il viso e i capelli ma lei sembrava non accorgersi di nulla, i suoi occhi erano fissi sul metallo incandescente e il suo braccio si muoveva in automatico battendo i colpi prima sulla lama e poi sull’incudine.
Ma c’era qualcosa che non andava, i colpi sembrano rabbiosi, quasi come se si stesse sfogando.
- Makoto? – fece piano avanzando di un passo.
La ragazza si fermò e si voltò verso il soldato.
- Ti ho svegliato?- chiese mettendo il metallo nel secchio pino d’acqua che aveva accanto.
Il fumo salì dal secchio investendo in pieno il viso della giovane.
- No, non mi hai svegliato. – spiegò Nephrite avanzando ancora – Cosa stai facendo.
Makoto guardò la spada finita e sollevò le spalle.
- Nulla... mi tenevo occupata.
- Sei preoccupata?
La donna annuì piano.
- Per Rei?
- Non solo per lei...- ammise l’altra sistemando i suoi attrezzi – sto pensando a questo mondo, cosa succederà se non riuscissimo a vincere? Diventeremmo schiavi? O ci uccideranno prima?
- Non lo so...- ammise confuso il soldato – ma non perderemo.
- Come fai a saperlo? Come saranno le generazioni future? Come potranno crescere i bambini in questo mondo?
- Makoto ma cosa...
- Aspetto un bambino Nephrite. – disse tutto d’un fiato Makoto coprendosi il volto con le mani e scoppiando a piangere.
Il generale sgranò gli occhi per un istante digerendo la notizia... la sua Makoto aspettava un bambino... sarebbe diventato padre.
La strinse forte, Makoto si aggrappò alla sua camicia continuando a piangere.
- Non voglio che nostro figlio nasca in questo mondo Nephrite...- singhiozzò forte – non voglio che conosca tutto questo dolore.
- Non succederà Makoto. – la tranquillizzò il soldato accarezzandole la nuca – Nostro figlio nascerà in un modo libero, conoscerà solo la pace e la felicità. Fidati di me Makoto... ora abbiamo un motivo in più per vincere questa guerra.

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Capitolo 27
*** Capitolo 27 ***


Le mani intrecciate dei due sposi furono legate con un fiocco bianco, simbolo dell’eterno amore e del saldo legame che era univa i due innamorati.
La sacerdotessa posò le mani sulle teste dei due sposi e mormorò un’antica preghiera di protezione, quando anche l’eco finì un applauso risuonò in tutto il Regno Argentato: la principessa Serenity e il principe Endimion si erano appena sposati.
- E ora...- urlò Feijan cercando di far sentire a tutti la sua voce – l’evento più importante di questa giornata storica.
Batté un paio di volte le mani e dal fondo della sala, due consiglieri vestiti di viola avanzarono lentamente verso i sovrani, entrambi sorreggevano un cuscino di velluto rosso con una corona.
Minako prese un fazzoletto e si soffiò il naso sotto lo sguardo divertito e commosso di Kunzite, Zoisite strinse la sua Ami con amore mentre immaginava un futuro roseo per tutti, Makoto non avrebbe mai pianto davanti a tutti ma si fece coccolare da Nephrite che le accarezzava delicatamente il ventre ancora piatto.
Lentamente le corone furono posate sulle teste dei due giovani, Serenity aveva tenuto gli occhi chiusi per tutto il tempo stringendo quasi in maniera spasmodica la mano del suo sposo.
Aveva paura... quando la corona fu sul suo capo, nulla le sembrò più pesante, un compito che lei non avrebbe saputo portare a termine.
Aprì gli occhi e guardò Endimion che le sorrideva, conscio della sua paura e dei suoi timori, capì allora che qualsiasi cosa sarebbe successa da quel momento in poi, lui ci sarebbe sempre stato, poi guardò le sue amiche, tutte le sorridevano, erano commosse, sembravano felici per lei.
Fece un profondo respiro e abbracciò il marito.
- Non temere mia principessa... andrà tutto bene.
- Lo so... – mormorò lei in risposta – non sono sola.
- No, non lo sei. – sorrise Endimion prima di darle un lungo bacio.

***

Tutti festeggiavano, cantavano, ballavano, mangiavano e bevevano.
Tutti che ridevano felici e gioiosi per il matrimonio della principessa e del principe.
Tutti... tranne lui.
Jadeite stava seduto al suo posto, al tavolo degli sposi, davanti a lui il piatto pieno e il bicchiere appena toccato, mentre tutti si divertivano lui non faceva altro che pensare alla sua Rei e al posto dove si trovava.
Era preoccupato, sapeva che era nelle mani di quel viscido di Vladimir e solo il pensiero di quello che poteva farle lo disgustava e infuriava. Era felice per Endimion ma non riusciva a gioire come gli altri, non riusciva a non pensare alla guerra per qualche ora come facevano i suoi amici.
Lui pensava solo alla sua Rei.
- Jadeite?
Il soldato si voltò appena incrociando lo sguardo preoccupato del sovrano del Regno.
- Scusa Endimion... sono di pessima compagnia in questo periodo. – borbottò tristemente prima di tornare a fissare il suo piatto pieno di cibo.
Sentì la mano del re posarsi sulla sua spalla, un gesto di fraterno affetto che Endimion faceva spesso.
- Non preoccuparti... troveremo Rei... l’aiuteremo.
- Lo so...- rispose sincero il soldato – vorrei solo sapere se sta bene.
- Noi non possiamo saperlo, ma vedrai che se Vladimir voleva Rei non le avrà fatto del male.
- Forse hai ragione Endimion. – sollevò appena lo sguardo e fece un mezzo sorriso – Forse sono solo un po’ invidioso... tu ti sei sposato...
- Quando finirà la guerra anche tu e Rei vi sposerete.
- Questo é sicuro. – confermò l’altro con un sorriso più luminoso.
***

Vladimir osservava dormire la sua schiava prediletta appoggiato al muro nell’ombra. In mano teneva un calice di cristallo, all’interno brillava un denso liquido purpureo, troppo denso e scarlatto per essere del semplice vino. Osservava rapito la pelle bianca della donna in netto contrasto con le lenzuola di seta nere, affamato ancora del suo corpo e del sapore della sua pelle, avrebbe voluto svegliarla solo per poter sedare la sua fame. Lentamente si passò la lingua tra le labbra rosse come il sangue che stava bevendo, pregustando il seguito della serata quando anche la pelle di quella donna sarebbe stata tinta di quel rosso, niente era più esaltante del profumo di quella donna mischiato al sapore del sangue fresco.
La figura si mosse tra le coltri scure mormorando un nome... un nome che non era il suo.
Il calice si frantumò nella mano, piccoli tagli si aprirono nella sua mano mentre il denso liquido colava lungo le dita e poi sul pavimento.
- Il mio potere suggestivo si sta esaurendo...- pensò mentre i tagli di rimarginavano nella sua pelle – quell’umano ha più potere di me. Ma io lo ucciderò... e lei sarà mia.

***

- Non puoi farmi questo Serenity!- urlò indispettita Makoto.
- Sì, invece che posso farlo. – ribatté pronta la regina mentre sistemava le ultime cose per il viaggio – Per fortuna Nephrite ci ha avvisato.
- Nelle tue condizioni non dovresti partire. – tentò di convincerla Endimion appoggiato ad una parete, divertito da quella piccola litigata tra amiche.
- Io starò attenta... non correrò rischi.
- Ho già deciso. – dichiarò Serenity con un tono che non ammetteva nessun tipo di replica – Tu resterai qui con Takanori, lo aiuterai come supervisore. Makoto non é un consiglio... ma un ordine.
- Io sono la più forte!
- Ce la caveremo anche senza i tuoi muscoli, tu riposa e pensa solo al bambino... vedrai che torneremo presto.
Makoto uscì dalla stanza dei sovranI sbattendosi la porta alle spalle.
- Non l’ha presa tanto bene. – valutò Endimion scuotendo mestamente il capo – Dobbiamo preoccuparci?
- No, - gli ripose Serenity con un sorriso dolce – é solo molto testarda... le passerà, sa che lo facciamo solo per il suo bene.
Endimion si avvicinò alla donna, la avvolse in un caldo abbraccio e le sfiorò le labbra con un bacio.
- Un po’ li invidio... – mormorò sulle sue labbra.
- Per il bambino?
L’altro annuì senza rispondere.
- Sì, anch’io. – ammise la Regina prima di unire le loro labbra in un profondo bacio.
- Che ne dici se passassimo le ultime ore a palazzo come novelli sposini?- propose lui malizioso armeggiando con i lacci che legavano la veste della Regina.
- Dico che é un’idea meravigliosa... – ridacchiò Serenity seguendo l’esempio del marito.

Makoto camminava veloce verso casa, Nephrite l’aspettava seduto sugli scalini di pietra davanti alla porta. Appena la vide si alzò e le andò incontro:
- Allora loro ti hanno fatto ragionare?- chiese no molto gentilmente con le mani suoi fianchi e uno sguardo di sfida.
- Mi hanno ordinato di restare qui... – sbuffò lei contrariata entrando in casa.
- Mi sembra il minimo... dimmi che non farai pazzie. – gridò il soldato seguendola dentro casa – Dimmi che non ti ritroverò sul campo di battaglia.
Makoto non rispose, si coprì la bocca con la mano per nascondere un singhiozzo.
Nephrite si avvicinò a lei mettendole le mani sulle spalle.
- Perdonami...- mormorò al suo orecchio addolorato – io non volevo alzare la voce. – una mano scivolò sul ventre della donna – Vi amo così tanto... non voglio perdere nessuno di voi due. Ti prego Makoto... promettimi che starai al sicuro, che non farai nulla che possa mettere in pericolo te o il bambino.
Makoto si voltò abbracciandolo forte.
- Non morire...- singhiozzò stringendolo ancora più forte – torna a casa intero... già una volta ho sentito quel dolore, non posso sentirlo di nuovo. Nephrite torna a casa!
- Ti prome...
La ragazza gli tappò la bocca con la mano e scosse piano il capo.
- Non credo più alle promesse, dimmi solo che tornerai.
Il soldato sorrise, delicatamente tolse la mano che gli copriva la bocca e le accarezzò le guance bagnate dalle lacrime.
- Tornerò amore mio... tornerò sano e salvo. E, quando tornerò a casa, tu diventerai mia moglie. Ci sposeremo e io sarò il marito più fortunato del mondo, avremo un bambino bellissimo e ne avremo altri per esser sempre più felici.
- Ti amo Nephrite.

***
Ami stava in biblioteca, sommersa da vecchi libri e papiri impolverati. Stava studiando da quattro ore, aveva iniziato appena finito il ricevimento delle nozze.
Lo studio era l’unica cosa che non le faceva pensare a Rei, alla guerra e, soprattutto, alla possibilità di perdere il suo adorato Zoisite.
- Sei qui da quattro ore..- mormorò una voce stanca dietro le sue spalle – possibile che non ti stanchi mai?
- Dovresti sapere che i libri sono la mia passione. – rispose con un sorriso voltandosi – Lo sai che nelle terre che dobbiamo attraversare centinaia di anni fa era territorio elfico? Minako sarà felicissima.
- Ami... dovresti riposare.
- Non sono stanca. – tagliò corto lei tornando a leggere l’ennesimo libro.
- Allora dovresti solo passare le ore prima della partenza con il tuo uomo.
Ami chiuse il libro, sospirò mentre con due dita accarezzava la pelle della copertina.
- Come sapevi che ero qui Serenity?
La Regina si sedette accanto a lei spostando la gonna della vestaglia per non restarci impigliata con i piedi.
- Non lo sapevo... sai che mi piace passeggiare di notte nel castello, non riuscivo a dormire grazie a Endimion che mi russava nell’orecchio. – fece un triste sorriso e prese uno dei libri che l’amica aveva sul tavolo – Queste potrebbero essere le nostre ultime ore nel Regno Argentato, vanno passate con le persone che ami... facendo quello che più ti piace. Hai passato tanti anni qua dentro amica mia... vuoi, veramente, sprecare le tue ultime ore con vecchi libri che non possono darti il calore e l’affetto che potrebbe darti, invece, Zoisite?
La ragazza con i capelli turchesi si voltò verso l’amica, aveva le lacrime agl’occhi ma stava sorridendo.
- Come al solito hai ragione...- mormorò abbracciandola – sono stata una sciocca.
Si alzò e corse fuori dalla biblioteca.
Serenity guardò i libri sparsi sul tavolo e sospirò rassegnata.
- Ora mi tocca mettere a posto. – si morse un labbro guardandosi in giro e sgattaiolò fuori dalla biblioteca – Al diavolo ci penserà qualcuno domani!

Ami corse fino alla sua casa a pochi metri dal palazzo reale, la luce del soggiorno era accesa: Zoisite la stava aspettando.
Si sentì immediatamente in colpa, una perfetta egoista, così presa dalle sue paure e dai suoi timori che aveva dimenticato quelli del suo uomo.
- Sono tornata!- fece guardandosi attorno alla ricerca del soldato.
Zoisite stava seduto sul tavolo in soggiorno, la candela accanto a lui era quasi del tutto consumata, si era addormentato leggendo un libro che aveva preso dalla sua libreria. Era così tenero che non avrebbe mai voluto svegliarlo, ma quella posizione era molto scomoda e domani gli attendeva un lungo viaggio.
Cautamente si avvicinò a lui e gli mise una mano sulla spalla.
- Zoisite... Zoisite... – mormorò avvicinandosi al suo orecchio.
Come risposta ottenne solo un mormorio incomprensibile.
- Svegliati... é tardi.. andiamo a letto...
Il soldato aprì lentamente gli occhi, quando mise a fuoco la figura davanti a lui si raddrizzò immediatamente facendo una smorfia per la schiena dolorante.
- Perché non sei andato a letto?- lo sgridò teneramente lei aiutandolo ad alzarti – Ora sei tutto indolenzito.
- Volevo aspettarti... hai finito le tue ricerche?
Zoisite sapeva quanto fossero importanti per lei i libri, non aveva mai cercato di frenare la sua insaziabile sete di conoscenze. Erano simili, entrambi amanti dei libri, entrambi studiosi infaticabili.
Scosse piano la testa senza smettere di sorridere un secondo.
- Non mi importa delle mie stupide ricerche...- mormorò spiazzando il compagno – se non ci sei tu tutto perde il suo significato.
- Ami...- le sussurrò lui prima di baciarla con delicatezza.
- Perdonami... ero così immersa nel mio dolore che mi sono dimenticata del tuo. Sono stata egoista e molto superficiale... perdonami Zoisite, non accadrà più.
Il soldato sorrise accarezzando i capelli turchesi della donna.
- Non é importante Ami... ora sei qui... é questo quello che conta. Non sono geloso dei libri e non ti impedirò mai di studiare... ricorda solo che io ti amo tantissimo.
- Anch’io ti amo Zoisite.

***
Kunzite stava accarezzando i capelli di Minako mentre lei gli accarezzava delicatamente il torace nudo. Il silenzio regnava sovrano nella loro stanza, nessuno aveva detto una parola, si erano amati come mai prima d’ora, con passione e con il timore che quella fosse la loro ultima notte tranquilla.
- Mi mancherà questo posto. – disse con voce roca la ragazza.
- Torneremo presto. – rispose deciso il soldato – Noi non perderemo.
La mezza elfa annuì continuando a pensare al padre prigioniero di Xazumi, costretto a combattere come un demone.
Lei era certa di poterlo aiutare, di poter spezzare l’incantesimo malvagio che l’aveva stregato, ma c’erano dei momenti in cui lo sconforto prendevano il sopravvento, non era certa di avere tutta questa forza. Non sapeva neppure se quell’incantesimo si poteva spezzare.
Kunzite sapeva bene cosa tormentava la sua donna, sapeva quello che stava provando in quel momento e sapeva anche che per suo padre non c’era niente da fare.
Ma Minako era testarda... forse anche più di lui.
Più cercava di farle capire che i suoi sforzi non sarebbero serviti a nulla, più lei si impuntava e diceva che avrebbe risolto tutto, che suo padre si sarebbe risvegliato.
Alla fine aveva deciso di lasciar perdere, Minako doveva capire da sola fino a che punto quello era ancora suo padre.
Lui aveva deciso di starle accanto sempre, in qualsiasi circostanza, anche quando la rabbia si sarebbe dissolta e avrebbe lasciato il posto alle lacrime, anche quando lei avrebbe urlato disperata per la perdita del padre.
Lui le avrebbe dato la forza, l’avrebbe sostenuta, l’avrebbe protetta da tutto e tutti.
- Ti starò sempre accanto Minako...- mormorò baciandole la nuca – non ti lascerò mai andare.
- E pensare che mi trovavi antipatica all’inizio. – ridacchiò lei stringendosi di più contro il corpo dell’uomo – Una ragazzina impertinente.
- Ma sei ancora una ragazzina impertinente. – mormorò lui stringendola – Un’adorabile, bellissima e sensuale ragazzina impertinente. – sorrise baciandola con foga mentre il desiderio del suo corpo tornava farsi sentire.
Si, lui l’avrebbe protetta... ma da domani... ora voleva solo amarla.

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Capitolo 28
*** Capitolo 28 ***


Il posto del sovrintendente non era lo stesso del sovrano, la sala del trono veniva sigillata fino al ritorno dei regnanti e il sostituto governava, in loro vece, da una stanza adiacente, spoglia e piuttosto buia. Raramente i precedenti sovrani avevo lasciato il Regno in mano ad un sovrintendente anche se un caro amico.
Takanori stava seduto dietro la sua scrivania già colma di carte, i problemi del regno erano innumerevoli ma, prima di risolvere le carestie o la mancanza di case, dovevano vincere la guerra. Dopo la vittoria sarebbe arrivato il tempo della rinascita e della ricostruzione.
Endimion gli aveva dato un compito ben preciso: aiutare chiunque fosse in difficoltà ed accogliere gli stranieri che avrebbero varcato i confini del regno.
Aveva capito fin da subito che il principe si sarebbe dimostrato un ottimo sovrano e un perfetto marito per la sua piccola bambina.
Qualcuno bussò alla porta, senza neppure alzare lo sguardo invitò l’altra persona ad entrare nella stanza.
- Ci volevi parlare prima della partenza vero?
Takanori alzò lo sguardo dai libri e dalle pergamene, Endimion e Serenity indossavano dei vestiti di pelle bianca, creati appositamente per combattere in guerra, con rifiniture d’argento e il simbolo del Regno cucito sul petto.
Il vecchio saggio si alzò dalla sua sedia facendo varie smorfie per la schiena dolorante, era una settimana che dormiva poco e male, era preoccupato sia per la sorte della figlia sia per il Regno che doveva gestire da solo.
Si sentiva inadatto per questo lavoro ma non poteva abbandonare Serenity in questo modo.
- Dovresti riposare. – lo sgridò dolcemente la ragazza – Stare male non ti aiuterà nel tuo lavoro.
- Non preoccuparti... dormirò come si deve quando la guerra sarà finita e voi due tornerete a casa sani e salvi.
- Ma..
- Niente ma Serenity... stai tranquilla. – tagliò corto il vecchio andando verso un piccolo armadio - Ho due armi speciali per voi.
- Abbiamo già le nostre spade. – rispose Endimion.
- I demoni che avete affrontato fino ad ora sono degli zuccherini a confronto di quelli che affronterete nelle Terre Nere. Laggiù sono più potenti, completamente immersi nel potere di Xazumi. Avrete bisogno di armi speciali anche per distruggere il signore del male. – prese i doni che gli aveva fatto la Regina degli elfi e li porse verso i due sovrani.
Serenity e Endimion guardavano meravigliati le due nuove spade, emanavano calore, un bagliore limpido che gli alleggeriva il cuore. Lentamente la regina allungò la mano verso la spada con l’elsa di rubini, la spada sembrava pulsare nella sua mano come un secondo cuore o come il prolungamento del suo stesso braccio, era leggera, sembrava quasi un giocattolo eppure sapeva bene che la sua lama era affilata e letale.
Endimion fece lo stesso con l’altra spada, appena la sollevò dai palmi aperti del vecchio si meravigliò della bellezza della sua nuova arma mentre una lieve euforia prendeva possesso della sua mente. Si sentiva quasi invincibile.
- Sta attento Re Endimion. – lo ammonì Takanori – Dovrai abituarti alla spada elfica, Serenity non subisce l’effetto perché é mia figlia, ma le spade elfiche ti daranno la forza necessaria per affrontare qualsiasi demone. Ma fai attenzione, sei forte ma non invulnerabile... sei fatto di carne e sangue e, come tutti gli umani, la tua vita può essere facilmente spezzata. Abituati al suo influsso prima che sia troppo tardi, prima che l’euforia prende il sopravvento sul tuo giudizio, non ti buttare nelle battaglie senza pensare alle conseguenza. Ora ascoltatemi entrambi molto attentamente per uccidere Xazumi non basta ferirlo, ma entrambe le spade dovranno colpirlo a morte.
- Cosa succede se non ci riusciamo? – domandò il Re rifoderando la spada e promettendosi di usarla il più possibile prima di arrivare nelle Terre Nere.
Takanori sospirò tristemente tornando a sedersi.
- Il patto che Xazumi ha instaurato con i demoni é forte ed eterno, se solo una spada lo ferirà Xazumi cadrà in un sonno profondo nelle viscere della terra, non posso dirvi quanto ci resterà ma posso assicurarvi che tornerà molto più potente e arrabbiato.
Serenity si passò una mano tra i capelli biondi.. non bastava una guerra da combattere ora doveva anche colpire quel demone insieme a Endimion o tutto quello che stavano facendo sarebbe stato inutile e distruttivo.
- Ce la faremo. – rispose per entrambi il ragazzo.
- Ne sono certo.

L’ultima tappa della Regina fu il cimitero dove riposava la madre.
La terra era ancora morbida e la lapide bianca mandava un debole bagliore quasi innaturale.
Serenity fissava un punto del terreno pensando solo alla sua vendetta.
Prese il pugnale che aveva legato sul polpaccio e appoggiò la sua lama sul palmo della mano.
- Io ti vendicherò madre...- mormorò con una smorfia quando la lama tagliò le sue carni – te lo giuro...- posò il palmo ferito e sanguinate sul terreno – sul mio sangue.

***
Xazumi guardava il suo esercito di demoni dalla torre del castello, da li aveva una vista infinita del suo Regno, si sentiva il padrone incontrastato del mondo intero.
Tutti erano formiche confronto al suo immenso potere.
Tutto sarebbe stato avvolto dalla sua coltre cupa di dolore e sangue, chiunque si sarebbe messo sulla sua strada avrebbe trovato una morte atroce.
Un rumore metallico alle sue spalle lo fece voltare, il Cavaliere Nero si tolse l’elmo e fece un piccolo inchino.
- Le truppe dell’Alleanza si sono radunate mio Signore. – fece l’uomo con voce profonda e roca – Sono pochi... possiamo distruggerli in poco tempo.
- No,- ordinò il demone tornando a guardare il suo esercito – lasciateli pure avvicinare, lasciate che portino la loro stupida speranza, lasciateli illudere di poter vincere. E poi quando saranno vicini gli uccideremo come se fossero delle mosche fastidiose. Sarà d’esempio per gli altri... nessuno si mette contro Xazumi, neppure quella stupida Alleanza.
Il Cavaliere Nero se ne andò, Xazumi alzò lo sguardo verso l’orizzonte, il sole stava tramontando, una scia rossa in un mare nero come la pece.
- Gli elfi non odiano. – fece una voce calda alle sue spalle.
- Io non sono più un elfo... non lo sono mai stato. – borbottò senza volare lo sguardo.
- Xazumi... il sangue di demone ti renderà debole...
- Io non sono debole! – tuonò voltandosi di scatto e afferrando la Regina degli elfi per il collo, la sua mano squamosa avvolgeva il fragile collo della donna interamente, gli sarebbe bastato stringere un po’ di più e l’avrebbe soffocata o le avrebbe spezzato l’osso come se fosse un grissino.
- Sei più suscettibile del solito...- mormorò Esmuena con un sorriso beffardo – tu tremi di fronte all’Alleanza.
- Non é vero! – gridò aumentando la sua stretta – Voi stupidi elfi... con i vostri canti e la vostra pacifica convivenza con il mondo mi fate solo vomitare! Quando avrò finito con gli umani voi sarete la prossima razza che sterminerò!
Esmuena sapeva chi aveva davanti, sapeva che poteva morire da un momento all’altro, ma sapeva anche leggere nell’animo profondo di Xazumi. Per quanto lui soffocasse le sue deboli radici elfiche lei poteva leggergli dentro, lei era la Regina degli elfi, collegata a tutti i suoi simili tramite un legale invisibile ma potente.
Lentamente mise le sue mani su quella che la stava strangolando e sorrise debolmente.
- Puoi mentire a tutti, perfino a te stesso, ma non puoi nasconderti a me... io sono la tua Regina.
- Io non ho regine!
- Xazumi... tutti questi anni di terrore e odio per cosa?
- Sono rispettato!
- Sei solo patetico. – mormorò velenosa l’altra con quel poco di fiato che le era rimasto nei polmoni.
- No!
Il ghigno che la donna fece abbruttì i suoi delicati lineamenti, Xazumi avvicinò l’elfa al suo viso.
- Cosa vuoi da me Esmuena? Vuoi elfi avete troncato ogni contatto con il mondo degli umani... perché sei qui?
- Perché volevo vedere la paura nei tuoi occhi Xazumi...- mormorò lei socchiudendo gli occhi dopo l’ennesima stretta attorno al collo – volevo vedere quale razza di mostro sei diventato. Hai tradito la tua natura elfica...
- Io non ho tradito proprio nessuno... – sibilò il demone così vicino al viso della donna da poterle alitare in faccia – io faccio quello che voglio.
Esmuena sorrise comprensiva e gli mise le mani sul volto.
- Sei morto.
Ci fu un violento lampo di luce, Xazumi fu costretto a chiudere gli occhi per non rimanerne accecato, quando la luce scemò il demone si trovò solo sulla torre, la Regina degl’elfi era sparita, sul braccio si erano formati dei piccoli fiori blu come quelli che adornavano i suoi capelli.
- Io non ho paura...- mormorò al vuoto che lo circondava fissando i fiori mentre questi seccavano velocemente sul suo braccio – io non ho paura di nulla.

***
- Jadeite!- urlò Rei svegliata all’improvviso da un incubo spaventoso.
Ansimante la ragazza di guardò attorno, era in un letto che non conosceva, dalle leggere lenzuola nere, la stanza non le era famigliare e non ricordava nulla di quello che era successo nelle ultime ore.
L’ultima cosa che ricordava era il corno dell’alleanza suonato da Re Mizuguchi poi solo buio.
Si alzò rendendosi conto che era completamente nuda, prese un lenzuolo e lo annodò ai seni, sentiva molti demoni attorno a se, nella testa aveva mille sussurri indefiniti, li sentiva, erano vicini.. erano molto vicini.
Colta da un’improvvisa consapevolezza, Rei spalancò l’unica finestra della stanza: si trovava in una delle stanze più in alto del castello, sotto di lei un mare nero di demoni di ogni specie.
- Per tutti gli Dei...
- Ben svegliata.
Rei si voltò di scatto, seduto su una poltrona, davanti al camino spento c’era Vladimir, teneva la testa appoggiata allo schienale, gli occhi chiusi come se stesse ascoltando una musica rilassante.
- Sei più forte di quanto pensassi. – valutò il vampiro senza aprire gli occhi – Il mio potere ipnotico é durato solo qualche giorno.
- Da quanto sono qui?
- Non abbastanza. – rispose il vampiro aprendo gli occhi e trafiggendola con il suo sguardo tagliante.
Un dolore improvviso alla testa fece barcollare la ragazza.
- Non resistermi...- sussurrò il vampiro con voce calda alzandosi dalla poltrona – farà più male.
Un’altra forte fitta fece cadere Rei in ginocchio.
- Lasciami entrare... lasciami esplorare...
Due grosse lacrime scesero dagli occhi del mezzo demone.
- Jadeite...
- Lui non ti vuole, per lui non sei nulla... lo disgusta la tua natura.
- No...- rispose lei con quel briciolo di consapevolezza che le era rimasto.
- Per lui non sei nulla.
- Jadeite...- mormorò di nuovo – aiutami...
Rei chiuse gli occhi mentre la potente mente del vampiro prendeva il controllo sui suoi sentimenti e sulle sue azioni.
- Ora sei in mio potere. – fece Valdimir prendendo un pugnale e dandolo in mano alla ragazza – Eseguirai solo i miei ordini.
L’altra aprì gli occhi mostrando lo sguardo assente, afferrò il pugnale e sorrise.
- Ordinate.. mio padrone..
- Uccidi il soldato.

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Capitolo 29
*** Capitolo 29 ***



Endimion stava provando la sua spada, marciavano da diverse settimane ormai, il Regno Argentato era alle loro spalle, solo una terra lontana ma vicino ai loro cuori, avevano abbandonato le foreste incantate e le campagne verdi, ora il monotono paesaggio presentava solo rudimentali sentieri, terra arida e gli unici cenni di vita vegetale era qualche cespuglio spinoso qua e là, cespugli che diminuivano ad ogni passo.
Si accampavano solo per la notte facendo riposare i cavalli e le loro membra, i soldati parlavano poco, stavano davanti al fuoco e consumavano un pasto fugace, lui stava con Re Mizuguchi e i suoi amici cercando di passare più tempo con le persone a cui voleva bene.
L’atmosfera era tesa, nessuno osava dire una parola in più del dovuto tutti stavano fermi, all’erta come se temessero un attacco del nemico da un momento all’altro.
A volte gli sembrava di esser tornato indietro di settimane, quando si stava dirigendo verso il Regno di Selene, Serenity non aveva perso la sua grinta e il suo spirito di guerriera, era da ammirare.
- Non dovresti allenarti da solo. – fece la sua sposa uscendo dalla tenda.
- Cerco di abituarmi alla spada come mi ha suggerito Takanori. – non era ancora sicuro che Serenity volesse sentire la parola padre.
- Vediamo se ti sei abituato. – sorrise la donna prendendo la sua arma e andando davanti a suo marito – Fatti sotto. – lo intimò con un finto tono minaccioso e l’arma puntata contro di lui.
- Non voglio combattere contro di te. – protestò lui con una smorfia.
- Devo pensare che tu abbia paura? – lo stuzzicò l’altra divertita.
- Non ho paura!
- Andiamo Re Endimion... tanto non riuscirai a battermi.
Endimion sorrise accogliendo l’invito di Serenity, iniziarono ad allenarsi assieme, faccia a faccia, spada elfica contro spada elfica.
Il re dovette ammettere a se stesso che sua moglie era maledettamente brava a combattere e che gli stava creando non poche difficoltà.
Serenity si muoveva con sveltezza e, con gesti rapidi, ben precisi e calcolati, riuscì a disarmarlo e a farlo cadere a terra.
- Non sei poi così forte...- sorrise mentre con la punta della spada gli apriva la giacca facendogli saltare i bottoni uno per uno.
- Sei sleale..- valutò lui con un sorriso – sei mia moglie... non posso usare tutta la mia forza con mia moglie.
La Regina ridacchiò, conficcò la spada nel terreno e si mise a cavalcioni sul corpo di lui.
- E, sentiamo, cosa puoi fare a tua moglie usando tutte le tue forze? – mormorò sulle sue labbra maliziosa.
Endimion allargò il sorriso prima di baciarla con ardore, la strinse ribaltando la situazione, Serenity lo circondò attorno alla vita con le gambe mentre le sue mani gli esploravano il petto nudo facendolo impazzire.
Un colpetto di tosse interruppe quell’idillio, il Re e la Regina, rendendosi conto di quello che stavano facendo, si staccarono immediatamente imbarazzati.
- Scusate...- fece Minako rossa in volto – io... é urgente. – finì con un sospiro chiudendo gli occhi.
- Cos’é successo? – chiese Endimion facendo finta di nulla alzandosi.
- Qualcuno vuole vedervi.
- Chi?- domandò Serenity prendendo la mano che il marito le offriva per alzarsi.
- Dovete venire a vedere.
Attraversarono l’accampamento, dietro di loro c’erano i quattro generali più Ami e Minako e, dietro di loro, tutti gli altri soldati.
Serenity sgranò gli occhi, davanti a lei c’erano degli elfi, centinaia forse migliaia di elfi armati e pronti a combattere.
Due di loro si fecero avanti, la prima era una bellissima donna, indossava un’armatura turchese, aveva un arco in mano e una piccola spada in vita, aveva lunghi capelli verde acqua, occhi profondi, carnagione chiara e un dolce sorriso sulle labbra.
L’elfa chinò il capo davanti a due sovrani.
- Il mio nome Michiru vostra Maestà, Governatrice dei mari.
L’altra era più alta di Michiru di una decina di centimetri, aveva corti capelli biondi, sguardo severo ed autoritario, portava un’ascia legata in vita, la sua armatura color rame metteva in risalto la sua figura femminile, altrimenti sarebbe stato semplice scambiarla per un uomo.
La ragazza abbassò lievemente lo sguardo e portò un pugno al cuore.
- Il mio nome é Haruka, Governatrice dei cieli.
Serenity ed Endimion chinarono il capo in segno di saluto.
- Cosa vi porta qui?- chiese la Regina osservando l’esercito alle loro spalle.
Gli elfi erano divisi in due grandi gruppi, quelli di Michiru avevano armature azzurre, mentre quelli di Haruka indossavano lucenti armature color ocra.
- La nostra regina ci ha mandato qui. – rispose la Governatrice dei mari.
- Credevo che gli elfi non volessero tornare nel mondo degli umani.
- Re Endimion,- fece Haruka austera– la Regina Esmuena ha visto con i suoi occhi l’esercito di Xazumi. Lei ci ha mandato per aiutarvi nella guerra.
- Numericamente siete inferiori rispetto all’esercito di Xazumi, - prese parola l’altra – ma unendo la nostra resistenza con la vostra forza ce la faremo.
- Bene...- fece Serenity porgendo la mano alle due Governatici – siete i benvenuti.

***
Minako osservava di nascosto gli elfi che si erano uniti nella guerra contro Xazumi.
Stava seduta sul ramo più alto di una sequoia, fissava i volti degli elfi uno per uno, analizzava i loro lineamenti, studiava le loro mosse... era affascinata da quel mondo che la legava ai suoi antenati.
Kunzite non vedeva di buon occhio la sua curiosità, diceva che la distraeva dal suo compito, che non doveva farsi distrarre dagli elfi solo perché una sua proproproproprozia era una di loro.
Lei lo lasciava sfogare annuendo varie volte, usciva dalla loro tenda e tornava a spiarli: non poteva frane a meno.
Quel giorno poi si stavano esercitando tra di loro ed era splendido vedere la loro eleganza anche nel combattimento.
- Non ci vedo bene...- borbottò camminando in perfetto equilibrio su un ramo un po’ più alto – se vado più avanti... forse...
- Nessuno ti ha detto che é maleducazione spiare?
La voce improvvisa la fece sussultare, Minako oscillò qualche istante sul ramo e poi perse l’equilibrio.
Neppure i rami riuscirono a frenare la sua caduta ma, fortunatamente, i suoi riflessi erano pronti e, a qualche metro dal suolo, le sue gambe riuscirono ad arpionare un ramo più robusto degli altri.
Haruka si trovò quella strana ragazza davanti agli occhi a testa in giù che oscillava come un pendolo aggrappata al ramo solo con le gambe.
- E a te nessuno ha detto di non spaventare qualcuno quando si trova su un albero?- ribatté decisa la soldatessa sollevandosi e riuscendo a scendere senza rompersi nulla.
- Sei brava a salire sugli alberi...- valutò l’elfa – é la discesa che deve migliorare. – finì in tono sarcastico.
- Non credevo che gli elfi usassero un tono sarcastico nei loro discorsi.
- Ci sono molte cose che non sai su di noi. – rispose l’altra osservandola attentamente – I tuoi lineamenti... assomigliano ai nostri... – aggiunse poi dopo un’attenta osservazione.
- Una mia antenata era un’elfa. – spiegò lei improvvisamente in imbarazzo – Luthien si chiamava...
- Soffio di vento...- sussurrò Haruka. – Conosciamo molto bene la storia di Luthien, un’elfa che ha rinunciato alla sua lunga vita per andare con un umano.
Minako annuì mordendosi un labbro, improvvisamente il tono della donna era passato dal sarcastico al minaccioso.
- Si amavano molto... – cercò di spiegare quasi come se volesse giustificare la sua antenata – lei non voleva rinunciare a quell’amore, quando voi avete iniziato a nascondervi..
- Noi non ci siamo nascosti!- urlò l’altra adirata – Gli elfi non si nascondono ma cercano di sopravvivere, abbiamo visto cosa possono fare gli umani spinti dalla rabbia o dalla paura. Siete una razza debole, vigliacca in molti casi e spesso egoisti. – Haruka si voltò e tornò all’accampamento.
- Non posso crederci!- urlò Minako indispettita.
- Non badare alle sue parole dure. – fece una voce calda alle sue spalle.
La donna si voltò, Michiru era dietro di lei, sorrideva appoggiata al tronco di un albero con gli occhi chiusi e le braccia conserte.
- Haruka non voleva esser offensiva. – spiegò la donna – Sembra dura in superficie ma la sua corazza é molto fragile.
- Non volevo offendere... ero solo curiosa.
- Non ci hai offeso, noi elfi siamo molto vanitosi, ci piace esser ammirati dagli altri. – sorrise Michiru aprendo gli occhi – E’ solo Haruka che non lo vuole ammetterlo. – finì con un sorriso – Tu sei Minako vero?
La ragazza annuì silenziosa.
- Assomigli molto a noi elfi, - valutò la Governatrice – so che sei molto legata alla Regina Serenity.
- E’ la mia migliore amica.
Michiru allargò il sorriso.
- Stalle sempre vicina.

***

Jadeite stava seduto sul terreno arido, le fiamme del fuoco si specchiavano nei suoi occhi neri, trale mani uno dei pugnali di Rei e mille pensieri che gli riempivano la testa.
Non aveva la minima idea di cosa avrebbe fatto arrivato alle terre di Xazumi, aveva il terrore che Rei fosse già morta da un pezzo.
Jadeite… aiutami…
Il soldato scattò in piedi, il pugnale gli scivolò di mano conficcandosi nel terreno.
- Rei.. – mormorò con un filo di voce.
Accadde tutto in pochi istanti, la decisione era già stata presa da tempo doveva solo trovare il coraggio per farlo.
E, ora il coraggio l’aveva trovato.
Agevolato dalla notte che li avvolgeva Jedeite prese le sue poche cose, slegò il suo cavallo e iniziò a marciare solo sul sentiero che portava alla fortezza del nemico.
- Perdonatemi. – disse alla notte cupa mentre si allontanava senza mai voltasi.

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Capitolo 30
*** Capitolo 30 ***


Haruka stava spiegando ai presenti la mossa migliore per attaccare il nemico.
- E’ inutile provare con un attacco a sorpresa. – valutò l’elfa – Xazumi ha spie ovunque, nel suo territorio o onnisciente… lui saprà quando inizieremo ad attaccare.
- Potremmo aspettare ancora qualche giorno qui. – suggerì Re Mizuguchi che osservava attentamente la mappa che avevano preparato Ami e Zoisite – Magari qualcuno potrebbe raggiungerci per darci una mano.
- I sodati sono molto tesi. – fece Minako seriamente – Altri due giorni in questo modo e scoppieranno delle liti nel campo. Sono nervosi, preoccupati e poco propensi ad aspettare oltre.
- Umani e le vostre debolezze…- soffiò insofferente Haruka – comunque non credo che aspettare sia una giusta soluzione. Xazumi potrebbe stancarsi si vedere la nostra prossima mossa, può decidere di attaccare all’improvviso, ormai siamo nel suo territorio.
In quel preciso istante Kunzite entrò di corsa nella tenda.
- Jadeite è partito! – urlò trafelato.
- Cosa? – esclamò Endimion – Ne sei certo?
- Le sue cose e il suo cavallo non ci sono più e poi ho trovato questo vicino alla sua tenda.
Il soldato mostrò il pugnale di Rei, Endimion prese l’arma e la porse a Serenity, la Regina osservò l’arma poi chiuse gli occhi.
- E’ andato a salvarla da solo. – mormorò con un filo di voce.
- Non possiamo lasciarlo andare!- disse risoluto Kunzite – Endimion dobbiamo seguirlo, mandiamo una squadra di uomini e riportiamolo qui per farlo ragionare.
- No.
- No?- ripeté l’altro sgranando gli occhi.
- Ho una guerra di vincere Kunzite. – rispose Endimion più duro di quello che avrebbe voluto – Non posso permettermi di privare l’esercito di un gruppo di uomini per andare a trovare un soldato che ha deciso di combattere da solo la sua crociata personale.
- Non puoi pensarlo veramente!- fece il soldato – Lui è uni dei nostri migliori amici! Serenity… diglielo tu che è una follia! Jadeite morirà! Non può arrivare da Valdimir con le sue forze, c’é un esercito di demoni che lo stanno aspettando desiderosi solo di farlo a pezzi!
- Mi dispiace Kunzite…- rispose piano la Regina – ma io la penso come Endimion.
- Cosa?
- Jadeite ha deciso di combattere da solo per Rei e noi non possiamo farci nulla…se è questo quello che vuole noi possiamo solo andare avanti per la nostra strada.
- E per lui non facciamo niente? Restiamo qui a guardare mentre lui si fa ammazzare?
Serenity sospirò tristemente.
- Possiamo solo pregare.

***
Il cavallo trottava piano, innervosito dall’ambiente che lo circondava.
Sentiva morte, rabbia, l’odore del sangue era insopportabile per le sue narici sensibili, ma il suo padrone doveva avvicinarsi il più possibile a quella strana costruzione nera che si ergeva poco più in là.
Doveva arrivare alle mura, il suo padrone gli aveva sussurrato all’orecchio che doveva portarlo fino alle mura minacciose che avvolgevano quel territorio di morte, poi era anche libero di andarsene. Per lui il mondo era quello che il suo padrone gli aveva mostrato durante i viaggi, era cresciuto in una stalla, non sapeva vivere nella natura, non voleva vivere lontano da quell’umano che l’aveva sempre accudito con tanto amore e dolcezza.
Il soldato scese da cavallo, aveva visto una crepa nelle vecchie mura, poteva passare senza troppi problemi, il vero problema arrivava quando avrebbe dovuto affrontare tutti i demoni che lo separavano da Vladimir. Jadeite sapeva perfettamente come sarebbe arrivato dal vampiro: morto o esausto.
Nessuna delle due opzioni poteva aiutarlo in qualche modo, doveva trovare la soluzione adatta per poter arrivare dal suo nemico con abbastanza forze per poterlo affrontare senza troppe difficoltà.
Sciolse le briglie, tolse la sella e le buttò dietro un cespuglio spinoso per far perdere ogni sua traccia.
- Amico mio..- sussurrò al cavallo in un orecchio – mi ha seguito nelle imprese più disperate, sei stato il mio compagno più fidato e fedele... ora va pure a vivere la tua vita lontano da questo posto.
L’animale scrollò il capo.
- Vai..- continuò l’uomo spingendolo – vai via... – ma l’animale continuava a stare fermo e a guardarlo come se il suo padrone fosse impazzito del tutto – Testardo di un cavallo. – sospirò rassegnato Jadeite – Aspettami vicino a quel cespuglio... e vedi di non far troppo rumore.
Questa volta il cavallo si spostò raggiungendo il punto che gli era stato indicato, si mise vicino agli effetti personali del suo padrone e non si mosse più.
Il soldato sorrise e si avvicinò cauto alla grande crepa.
- E’ tutto troppo silenzioso. – constatò guardandosi attorno – Tutto troppo tranquillo...
- Hai ragione umano. - gli rispose la voce grottesca di un demone.
Il ragazzo si voltò appena in tempo per vedere la grossa mano di quell’essere venirgli incontro per incontrare la sua faccia. Quel colpo micidiale lo fece sbattere contro il muro picchiando fortemente la testa, Jadeite cadde carponi a terra, mentre il sangue gli usciva da un taglio che si era fatto coi denti su un labbro per via del colpo, vide sei gambe gialle e pelose attorno a lui, a turno i tre demoni cominciarono a prenderlo a calci al costato e allo stomaco.
Ogni volta che cercava di rialzarsi un colpo ben piazzato lo faceva cadere a terra di nuovo, la testa gli girava per i colpi subiti, non c’era parte del suo corpo che non gli facesse male.
Prima di perdere i sensi vide solo un paio di stivaletti a punta neri, tacco alto e lucidi come specchio.
Un ultimo calcio in viso tirato di quegli stessi stivaletti e poi solo buio.

***
Xazumi stava seduto sul suo trono, erano vicini, i soldati dell’Alleanza erano vicini ed erano aumentati di numero a vista d’occhio, gli elfi e altri piccoli eserciti isolati si erano aggiunti a Endimion e Serenity.
Era stato stolto, aveva voluto aspettare per gioire di fronte alla loro debolezza, per umiliarli ma, ora, era lui che rischiava di esser umiliato.
- Mai!- urlò pestando un pugno sul bracciolo di pietra del trono.
Il padre di Minako entrò in quell’istante nella sala del trono.
- Signore...- fece inchinandosi appena – l’esercito nemico é troppo vicino ora e sono triplicati da quando sono partiti dall’ultimo accampamento. Sono una minaccia, dovevamo distruggerli appena varcati i confini del Regno Argentato, quando erano in metta minoranza.
- Stai dicendo che ho preso una decisione sbagliata? – il suo urlo fece tremare anche i pavimenti del castello.
- No, mio Signore. – si affrettò a rispondere il Cavaliere Nero – Io stavo pensando...
- Non sei qui per pensare...- taglio corto il demone – ma per eseguire i miei ordini. Raduna i soldati, uscite dalle mura e proteggete il mio territorio.
- Mi occuperò io stesso dei sovrani del Regno Argentato.
- NO!- urlò di nuovo il demone facendo vibrare anche le pareti – Loro sono miei... falli pure entrare... io mi devo occupare di loro! Tu trovati qualcun altro su cui sfogare la tua sete di sangue.
- Non vi preoccupate...- mormorò il soldato con un ghigno malefico – ho già in mente una sostituta.

***

Il castello era vicino, il sentiero sempre dritto, il loro destino a poche centinaia di metri.
Serenity sospirò per la millesima volta, da quando era scappata da palazzo aveva immaginato questo momento: la resa finale dei conti, la fine di quella guerra.
Aveva sempre immaginato di affrontare quel demone con determinazione, sicurezza e coraggio.
Ora, invece, aveva paura, era spaventata a morte e il suo unico desiderio era quello di voltare il cavallo e tornarsene a casa. Ma poi ripensava a sua madre, alla sua amica prigioniera, a tutti i soldati caduti in guerra e ritrovava la forza che sembrava perduta, si diceva che doveva continuare a testa alta, che doveva vendicare tutte quelle vittime innocenti.
Era silenziosa da quando erano partiti, perché sapeva che quello era l’ultimo pezzo di cammino che mancava per arrivare al castello di Xazumi, era l’ultimo tratto di strada prima dell’inizio della vera guerra. Non sapeva se aveva sufficiente la forza per affrontare quel demone, lei sapeva solo che suo padre l’aveva allenta fin da quando aveva poco più che quindici anni, l’aveva allenata duramente, di nascosto dalla madre, dicendole che le sarebbe servita la spada un giorno, ora capiva che Takanori l’aveva aiutata solo perché sapeva che il suo compito era quello di uccidere Xazumi.
- Sei silenziosa Serenity. – valutò Endimion al suo fianco, anche lui era molto preoccupato, soprattutto per la sorte del suo amico, non voleva ammetterlo ma si leggeva chiaramente l’angoscia nei suoi occhi.
- Sono pensierosa,- ammise la ragazza senza staccare gli occhi dalle torri più alte del castello che già si intravedevano – e sono anche preoccupata.
- Ti amo Serenity. – fece all’improvviso l’uomo come se quello fosse l’ultimo momento tranquillo che gli era concesso– Se morirò ricordarti che ti amo immensamente.
- Non preoccuparti, - sorrise l’altra cercando di non pensare a quell’ eventualità – se dovesse succedere, io ti seguirò anche nella morte.
Un fischio tagliò l’aria afosa che c’era in quel territorio, Minako arrivò galoppando assieme a Kunzite.
- Si stanno preparando. – fece con occhi sgranati – I soldati stanno marciando fuori dalle mura.
- Quando siamo distanti?- si informò Endimion.
- Poco, - rispose Kunzite che aveva già sguainato la sua spada – cinque chilometri più o meno.
- Prepararsi al combattimento!- urlarono i sovrani agli uomini.
Tutti presero in mano scudi, spade, archi o lance, calarono le visiere degl’elmi, spronarono i cavalli ad andare più veloce.
Arrivati a poco più che un chilometro dal castello i soldati dell’Alleanza si trovarono davanti un muro di demoni, i peggiori che c’erano su questo mondo, i loro grugniti e il loro fetido odore si potevano sentire anche da così lontano.
- Sono tantissimi. – valutò Minako con gli occhi socchiusi – C’é qualcosa che non va... é come se fossero nervosi.
- Questo pezzo di terra marcia é legata a Xazumi, - spiegò Haruka – é lui che l’ha creato, se Xazumi é nervoso tutti gli altri sentono la sua influenza.
- Possiamo usare questa loro debolezza a nostro favore. – valutò Michiru fiduciosa.
- Saldati dell’Allenaza!- urlò Endimion alzando la sua spada – Oggi lottiamo per la nostra libertà... pensate alle vostre madri, alle vostre mogli e ai vostri figli che vi attendono fiduciosi nelle vostre case. Pensate a loro mentre combatterete, pensate a loro e ad un futuro migliore! Per la nostra vita da persone libere!
Un boato euforico esplose nell’aria prima poi iniziarono a marciare verso i nemici.

***
Jadeite aprì gli occhi e subito una lancinante fitta alla testa lo costrinse a richiuderli.
Si sentiva tutte le ossa rotte, svuotato anche della sua anima. Si costrinse ad aprire di nuovo gli occhi ed a guardarsi attorno ignorando il dolore che arrivava da ogni osso e muscolo del suo corpo, era in una stanza buia ed umida, probabilmente nelle segrete del castello, ricordava solo di esser stato aggredito e quegli stivaletti da donna che gli stavano arrivando in faccia; poi più nulla. Barcollando si alzò, appoggiandosi al sudicio muro di pietra, c’era una piccola porta in legno scuro, con un’andatura instabile si avvicinò alla porta e tentò di aprila.
- Non sprecare energie. – lo raggiunse una voce glaciale – E’ chiusa.
Dall’ombra uscì Vladimir, era la prima volta che i due si incontravano.
- E’ così sei tu il famoso Jadeite. – mormorò il vampiro osservandolo – Devo dire che Rei si accontenta proprio di poco.
Il suono del nome della sua donna ebbe il potere di fargli dimenticare il dolore:
- Dov’é’?- urlò mostrando lo sguardo più minaccioso che gli riusciva – Lasciala andare!
- Non credo proprio...- rispose divertito il vampiro – con lei mi sto proprio divertendo.
- Sei solo un bastardo! Lasciala andare via! – si scagliò su Vladimir ma questi si scansò velocemente dalla sua traiettoria così che il soldato andò addosso al muro cadendo a terra rintronato per la forte botta.
- Brutto e anche stupido...- sorrise divertito l’altro – non mi stupisce che Rei si sia dimenticata subito di te.
- Bugiardo!- gridò Jadeite dal pavimento spuntando a terra del sangue – Sei solo un bugiardo.
Jadeite sentì un debole ticchettio, gli stessi stivaletti neri entrarono nel suo campo visivo, li vide avvicinarsi al vampiro, con lo sguardo velato dal dolore alzò il capo cercando di vedere chi fosse quella donna che gli aveva tirato un calcio in faccia.
- Rei.

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Ecco qua... era da un po’ che non lasciavo un commento.
Sono arrivata ad oltre 200 recensioni e sono proprio felice, é la prima volta e sono molto fiera di me stessa.
Gli aggiornamenti da adesso in poi saranno più frequenti, questa parte di storia ce l’ho in mente fin dal primo capitolo é molto chiara nella mia testa e la scriverò in fretta... non dico un capitolo al giorno ma quasi.
La fine é piuttosto vicina, non so quanti capitoli mancheranno ma non credo che siano ancora molti.
Devo però distruggere le speranze di chi vuole vedere Stesuna e Hotaru, loro non ci saranno, almeno per ora non ho nessun motivo per inserirle nella storia. Inizialmente non dovevano esserci neppure Haruka e Michiru ma l’esercito degli elfi é un’idea che mi é venuta all’ultimo momento e loro due mi sembravano perfette per quel ruolo.
Vi ringrazio per aver letto la mia storia e non ringrazierò mai abbastanza per i bellissimi commenti che mi lasciate sempre.
Ci vediamo al prossimo capitolo!
Un bacio a tutte/i.
Elena

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Capitolo 31
*** Capitolo 31 ***


- Chi sei tu sporco umano?- mormorò la ragazza non riconoscendo il suo uomo a terra.
Il sodato sgranò gli occhi inorridito, era la sua Rei ma non sembrava più lei, indossava un lungo abito nero con due vistosi spacchi ai lati che gli arrivavano fin quasi alla vita mostrando gli stivali di pelle alti fino a metà coscia, una cintura di seta verde le fasciava la vita sottile, le due fini spalline nere erano le uniche cose che le coprissero le spalle mentre due grandi bracciali a forma di serpente si arrotolavano sul suo braccio dal polso fino ad arrivare alla spalla dove gli occhi rossi degli animali lo guardavano come se fossero vivi e non solo degli ornamenti.
- Rei sono io…- mormorò cercando di farle tornare la memoria – sono Jadeite.
- Jadeite? – domandò lei con uno sguardo di ghiaccio – Non ti ho mai visto… ma se sei qui per uccidere il mio uomo sei un nemico.
- Io sono il tuo uomo!- gridò l’altro scattando in piedi.
Le risate gelide di Vladimir e Rei gli fecero gelare il sangue nelle vene, Rei si avvicinò al vampiro mettendogli le braccia attorno al collo.
- Io non potrei mai unirmi con un insulso mortale come te.
- Giusto mia diletta. – mormorò il vampiro prima di darle un bacio famelico.
Jadeite strinse i pugni impedendosi di scagliarsi su di loro per separarli.
Improvvisamente si udì un boato, la terra tremò sotto i loro piedi, qualche sassolino scese dal soffitto andandosi ad aggiungere nella sporcizia che già c’era da tempo sul pavimento della cella.
- Cosa succede mio Signore? – domandò Rei abbracciandolo con più foga.
- Vado a controllare. – fece Vladimir avviandosi alla porta.
- Cosa ne faccio con lui?
Vladimir squadrò il soldato e poi ghignò malefico.
- Uccidilo.

***
La battaglia era iniziata, i demoni e gli umani, aiutati dagli elfi combattevano come mai avevano fatto prima d’ora. I corpi cadevano ad una velocità impressionate e gli altri, per non cadere, erano costretti a camminare sui proprio morti per non fare la stessa fine.
Endimion, Serenity e gli altri cercavano di arrivare al portone principale per andare da Xazumi che non si era ancora fatto vedere.
- Noi vi copriremo le spalle. – fece la Governatrice dei mari.
- Voi dovete sconfiggere Xazumi.. noi siamo solo qui per i demoni. – echeggiò quella dei cieli mentre, con la sua scure, colpiva due esseri fracassandogli il cranio.
Il portone era aperto e, con un po’ di fortuna e con la loro copertura, potevano entrare senza troppe difficoltà.
- Dobbiamo provarci Serneity. – fece Endimion mentre parava i colpi di un demone con lo scudo prima di trafiggergli il cuore con la sua spada elfica.
La donna uccise un demone tagliandogli la gola, guardò le sue amiche che lottavano con tutte le loro forze, osservò gli elfi che stavano facendo una strage e poi il portone, prese la sua decisione in pochi secondi, prese per mano il suo sposo e annuì.
I due iniziarono a correre verso il portone principale mentre gli altri coprivano loro le spalle.
Mentre Minako stava facendo roteare la sua catena sopra la testa vide chiaramente la figura di suo padre che entrava nelle mura seguendo i sovrani.
- Papà…- mormorò dimenticando tutto e correndogli dietro.
- Minako dove vai?- urlò Kunzite ma vedendo che lei non voleva rispondergli né voleva fermarsi si mise a seguirla.

***
La forza che Rei aveva in quel momento era incredibile, Jadeite si trovava disarmato ed impotente di fronte alla sua ferocia ed inoltre non voleva farle del male. Era certo di poterla aiutare, rivoleva la sua donna e nulla l’avrebbe fermato.
- Rei... sono io...- mormorò pulendosi la bocca sporca di sangue – sono Jadeite...
- Taci! – urlò il demone afferrandolo per un braccio e scagliandolo contro il muro opposto della cella.
- Rei... – la supplicò in ginocchio a terra ferito e con le poche energie che gli erano rimaste – cerca di ricordare quando ci siamo baciati la prima volta, Rei ti supplico.
- Mi vuoi solo confondere le idee!
- Rei... non sono io che voglio confonderti le idee ma Vladimir... lui ti ha plagiata, ti ha fatto il lavaggio del cervello.
- Il mio Signore non farebbe mai una cosa del genere... sei un bugiardo e un vigliacco. Combatti!
- NO! – urlò scansandola – Non combatterò mai contro di te. – Rei... Rei svegliati... sono io, il tuo Jadeite... e tu sei la mia Rei... la dolce e buona Rei.
- Io sono solo un demone!- gridò la ragazza facendo comparire il pugnale che le aveva dato il vampiro – E i demoni non sono amati da nessuno!
- Io ti amo invece...- rispose il soldato in un ultimo grido disperato – sei la mia vita...
- Muori umano! – urlò Rei scagliandosi su di lui.
Jadeite guardò con paura e sgomento al sua donna avvicinarsi minacciosa con il pugnale in mano. Aveva sempre avuto timore della morte, ma se era Rei, la sua Rei, a portagliela.. quella morte non poteva esser che dolce e ben accolta nel suo cuore.
Una lacrima solitaria scese lungo la sua guancia sporca di sangue e terra.
- Sei perfetta anche così...- mormorò aprendo le braccia pronto a morire – Ti amo...
Chiuse gli occhi e attese la morte, anche se portava il volto della donna cha amava.

***
Endimion e Serenity correvano per i corridoi del castello, quando perdevano l’orientamento, Xazumi illuminava un corridoio o una stanza facendo loro capire quale fosse il percorso giusto.
Un macabro gioco, si divertiva a portarli verso la morte ma quello che lui non sapeva era che i due sovrani non temevano la morte, non avevano paura in quel momento, volevano solo finire la guerra, vincerla a liberare il mondo da quell’orribile piaga, anche a costo della loro vita.
Endimion stringeva con una mano la sua spada e con l’altra la mano della sua sposa, non avrebbe mai voluto che lei arrivasse fino a questo punto ma il destino di tutta l’umanità era sulle loro fragili spalle e non era il momento per i ripensamenti o gli attacchi improvvisi di panico. Sentiva la lotta al di fuori delle mura, sentiva le spade cozzare tra di loro, le urla dei suoi uomini mischiate con quella dei demoni, udiva gli scudi rompersi ed era certo di sentire anche tutte le vite che si spegnevano.
- Fermi stupidi ragazzini! – urlò una voce possente.
I due si fermarono guardandosi attorno, da dietro una delle colonne apparve il Cavaliere Nero.
- Il mio Sovrano mi ha ordinato di lasciarvi passare... ma sarò io che ucciderà i Sovrani del Regno Argentato... e poi mi prenderò il Suo posto sul trono!
Serenity fece appena in tempo ad aprire la bocca per rispondere a tono quando la catena della sua amica colpì l’armatura nera del padre in pieno petto facendolo barcollare.
- Minako!- urlò la regina voltandosi verso la sua amica – Cosa ci fai qui?
- Stavo seguendo lui...- rispose la ragazza senza distogliere lo sguardo dal padre – andate! Avete cose più urgenti da fare...- con ampi movimenti del braccio iniziò a far ruotare la catena sopra la sua testa – a lui ci penso io.

***

Xazumi stava sistemando l’armatura sul suo corpo muscoloso, tutti erano ai loro posti, tutti stavano combattendo e, molto presto, sarebbe arrivato anche il suo turno.
La sua vittoria definitiva era vicina, non importava se l’Alleanza aveva un esercito di elfi, non importava se tutti i suoi demoni morivano nella battaglia, non importava se il suo regno veniva distrutto.
Lui era immortale, non potevano ucciderlo, neppure con quegli spadini insulsi che Esmuena aveva donato a loro nella vana speranza di porre fine al suo divertente gioco di morte e sangue.
Lui avrebbe vinto, avrebbe dimostrato la sua supremazia sulla razza umana.
E poi avrebbe ricostruito tutto, avrebbe ricreato il suo possente esercito... e tutto il mondo si sarebbe inchinato ai suoi piedi per sempre.
Con un ghigno soddisfatto si mise a sedere sul suo trono e attese l’arrivo dei suoi avversari.
Ormai tutto era pronto per la battaglia finale.

***
Serenity correva accanto a suo marito.
Era preoccupata per tutto, per le sue amiche, per il suo regno, per la sorte di Endimion eppure continuava ad andare avanti, ormai non poteva più tornare indietro.
Finalmente, dopo quelle che le parvero ore, arrivarono alla grande porta che portava alla sala del trono.
Intono a loro nessuno... tutto silenzioso, tutto tropo silenzioso.
Fecero appena un passo la terra tremò sotto i loro piedi mentre le spesse porte si aprivano da solo invitandoli ad entrare.
Endimion e Serneity fecero un altro passo quando una la regina scorse una piccola figura nera e strisciante alla loro destra.
- Doku...- sibilò cattiva la regina stringendo l’elsa della sua spada – piccolo traditore demoniaco.
- Siete sempre stata una fastidiosa spina nel fianco Serenity, - sibilò l’altro con lo sguardo vuoto e una mostruosa maschera di puro odio al posto del viso – ribelle ed impertinente.
- Sei solo un vile ratto di fogna.. una serpe che sta con Xazumi solo perché gli fa comodo.
- E voi siete solo un’illusa se credete di poter vincere contro un demone potente come Lui. Anche Selene aveva la stessa luce ribelle nello sguardo ma sono riuscito a placarla.. per sempre.
Fu allora che Serenity vide il braccio mutilato che Doku stringeva al petto, i suoi occhi si ingrandirono mentre la rabbia le annebbiava le idee.
- Serenity...- fece Endimion intuendo le intenzioni di sua moglie – non abbiamo tempo.
- Vai prima tu... – rispose la ragazza sguainando la spada e avvicinandosi all’assassino di sua madre – ho un conto in sospeso con lui.
- Serenity...- cercò di farla ragionare l’altro – Xazumi...
- Non preoccuparti. – gli disse con un lieve sorriso – Io qui ci metterò poco.
Endimion aveva piena fiducia nella capacità di sua moglie, ma ciò non gli impediva di preoccuparsi per lei, se lui non c’era come avrebbe fatto a proteggerla? Ma sapeva altrettanto bene che Serenity voleva vendicare la madre con la stessa intensità con cui voleva uccidere Xazumi.
- Stai attenta. – mormorò il re annuendo e correndo nella sala del trono.
Serenity lo seguì con lo sguardo fino a quando non si perse nel buio del castello, poi tornò a guardare il traditore della sua gente.
- Finalmente soli Doku.



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Capitolo 32
*** Capitolo 32 ***



Minako schivò l’ennesimo colpo di suo padre, ormai la loro non era una lotta ma solo uno schivare e parare colpi. Stava facendo di tutto per non ferirlo per cercare di farlo ragionare, per aiutarlo a tornare quello di un tempo: il padre che tanto amava.
- Smettila!- urlò per la millesima volta chinandosi per schivare la lama della spada.
- Combatti stupida donna!- tuonò l’uomo ormai del tutto folle, con gli occhi iniettati di sangue e le vene del collo gonfie – Non fare la vigliacca!
- Io non sono una vigliacca! – rispose a tono nascondendosi dietro una colonna - Ma non voglio combattere contro di te papà... cerca di ricordare chi sei!
- Io lo so chi sono! Sono il futuro sovrano di questo regno... e nessuno può fermarmi!
- Ti hanno fatto il lavaggio del cervello! Cerca di ricordare la tua casa... la tua famiglia.
- Io non ho famiglia e non ho casa mocciosa... – con un colpo micidiale spaccò la colonna dove si nascondeva la ragazza - smettila di parlare a vanvera e combatti come un vero soldato.
Minako cercò rifugio dietro la colonna accanto ma i Cavaliere Nero le lanciò il pesante elmo colpendola alla schiena e facendola cadere a terra.
La mezza elfa riprese fiato un attimo, non voleva colpire suo padre, non voleva perderlo di nuovo.
Ma non voleva neppure morire.
L’uomo la raggiunse con due gradi falcate, con un calcio la fece voltare e l’afferrò il collo sollevandola da terra di qualche spanna.
- Tu sei solo una stupida ragazzina che gioca a fare la soldatessa...- le disse stringendo ancora di più la sua presa – sei debole e una vigliacca, se fossi in tuo padre sarei molto deluso di te.
Questa frase fu più efficace di mille pugni, silenziosamente iniziò a piangere mentre cercava invano di respirare. Tirava deboli pugni sul braccio dell’uomo cercando di fargli mollare la presa, ma lui era più forte e presto non avrebbe più avuto le forze neppure per respirare.
Improvvisamente una freccia trapassò il polso del Cavaliere che lasciò subito libera la sua vittima urlando di dolore.
Minako era accasciata a terra, tossiva furiosamente cercando di riprendere un po’ di fiato, con lo sguardo velato dalle lacrime cercò il suo salvatore.
- Kunzite...- mormorò portandosi una mano alla gola arrossata e tossendo più forte.
Il cavaliere si strappò la freccia dal polso e raggiunse il soldato, con un gesto rabbioso gli strappò l’arco dalle mani, e con un pugno lo fece sbattere contro una parete, Kunzite cercava di schivare i colpi ma il padre di Minako era più scaltro e più forte di lui grazie al potere nero che lo invadeva.
- Lascialo!- urlava la donna strisciando a terra – Papà lascialo stare!
Un altro pugno ben piazzato e Kunzite cadde a terra privo di sensi.
- Ora ti faccio vedere io come muore questo moscerino...- fece il Cavaliere prendendo la sua spada – e poi ti ammazzo.
L’uomo sollevò le braccia per colpire il soldato a terra, mentre stava per scagliare il suo micidiale colpo la catena della mezza elfa lo avvolse. Imprecando tentò di liberarsi rompendo le maglie ma Minako diede un forte strattone al corpo dell’uomo che fu scaraventato contro la parete opposta.
Minako abbandonò la sua catena e corse verso Kunzite, respirava ancora, aveva qualche piccola ferita superficiale, era stato il colpo alla testa a fargli perdere i sensi.
- Mi dispiace...- gli sussurrò all’orecchio piangendo – avevi ragione tu.
Il ragazzo aprì gli occhi e le sorrise debolmente.
- Non volevo arrivare a questo.
- Non importa...- gli rispose lei accarezzandogli il viso – tu mi avevi avvertito... sono io che non ho voluto ascoltare nessuno.
In quel momento Kunzite di rese conto che il Cavaliere Nero aveva rotto la catena e si stava avvicinando minaccioso alle spalle di Minako.
- MINAKO ATTENTA!

***
Serenity camminava piano verso il suo nemico, la paura era svanita nel momento in cui aveva capito che era stato Doku ad uccidere sua madre. Quell’essere viscido che aveva tramato alle loro spalle fin da subito.
- Volete combattere principessina?- la derise il vecchio – Vostro padre vi avrà anche allenato nel combattimento con la spada ma io ho la magia dalla mia parte.
Per sottolineare la sua frase Doku mosse appena le mani e una folata molto forte di vento si abbatté contro Serenity che cercò di coprirsi alzando le braccia.
I rubini dell’elsa della sua spada elfica emanarono un debole bagliore rosso assorbendo la magia scagliata da Doku.
Quando la regina si rese conto di quello che era successo fissò trionfante l’assassino di sua madre che stava iniziando a tremare.
- Hai paura di morire Doku?- mormorò accecata dall’odio Serenity notando il suo tremore.
- Io non avevo scelta...- piagnucolò il vecchio tremando rendendosi conto che nulla avrebbe fermato quella ragazza accecata dal desiderio di vendetta – mi hanno lanciato un incantesimo contro la mia volontà. – le gambe gli cedettero per la tremarella facendolo cadere in ginocchio.
Serenity era ormai davanti a lui.
- Non vorrete uccidere un vecchio inerme in ginocchio vero?- domandò con voce tremante.
Serenity si avvicinò al viso di quell’essere, Doku chiuse gli occhi aspettando la sua fine.
- Vattene...- sibilò Serenity – abbandona le Terre Nere e allontanati il più possibile da Regno Argentato, ma se proverai anche sono a pensare a noi... io verrò da te e ti taglierò la testa.
- Non mi vedrete più...- piagnucolò l’altro chinando il capo – lo giuro, non sentirete più parlare di me.
- Bene. – fece la regina voltandosi ed avviandosi verso la porta.
Doku alzò lo sguardo, ghignò ed estrasse il pugnale che aveva nascosto dietro la schiena.
- Stupida. - mugugnò alzandosi.
Serenity, che aveva i sensi all’erta immaginando un attacco del genere, si voltò di scatto brandendo la sua spada.
La lama tagliò l’aria prima di raggiungere il collo del vecchio ed affondarci come se fosse burro. La testa dell’uomo rotolò in un angolo mentre il corpo restava in piedi per altri secondi schizzando sangue dalle arterie recise, poi cadde a terra con un tonfo sordo con la pozza rossa che si ingrandiva a vista d’occhio.
- Ti avevo avvertito. – fece la donna prendendo un pezzo di stoffa dal cadavere per pulire la lama della sua spada.
Serenity si lasciò il cadavere del traditore alle spalle senza più dire una parola, senza provare pietà ma solo una vaga soddisfazione per aver vendicato la madre.
Ora doveva aiutare suo marito.

***
Endimion entrò in una sala buia, era certo che fosse giunto alla fine del suo viaggio, Xazumi era da qualche parte in quella stanza solo che non riusciva a vederlo.
- Fatti vedere!- lo intimò con la spada stretta in pugno – Xazumi mostrati e io ti infilzerò con questa stessa spada!
Una risata grottesca echeggiò nella stanza buia.
- Sul serio Endimion?- chiese il demone nell’oscurità – Vuoi uccidermi con quella spada elfica? Sei solo...
- Serenity sta arrivando.
- Serenity é morta.
- NO! – gridò girando su se stesso per paura che il demone gli apparisse alle spalle – Mostrati! O crederò che tu abbia paura!
Si sentì un grido soffocato e le torce illuminarono tutta la sala del trono.
- Io non ho paura!- sbraitò il demone alzandosi dal suo trono e dirigendosi minaccioso verso il sovrano del Regno Argentato – Io non ti temo umano!
Endimion parò il colpo con la sua spada.
- Io credo di aver indovinato invece.
Con un altro grugnito Xazumi si scagliò su Endimion usando tutte le sue forze.
Endimion cercava di difendersi come meglio poteva, il demone era forte, molto più forte di lui, ma lui non aveva intenzione di morire, non oggi, non in quel modo.
Cercò di sfruttare al meglio ogni sua risorsa, ogni appiglio per poterlo ferire, anche solo per rallentare la sua furia.
Ma Xazumi non sembrava neppure affaticato, era come se prendesse le forse da...
- I demoni...- fece ad alta voce cercando di farsi da scudo con il trono di pietra – lui alimenta i demoni che gli danno le forze necessarie per lottare... un rapporto in simbiosi. Se lui si innervosisce i demoni diventano più deboli e lui non può attingerne le forze.
- Cosa fai principino? – urlò il demone divertito – Stai pregando? Espiri l’ultimo desiderio?
Endimion si destò da quei suoi pensieri e sorrise... aveva trovato una soluzione.
- No,- rispose – stavo pensando a quanto sei patetico Xazumi. Sei solo un vigliacco, in questi anni quante volte sei sceso in campo di persona? Nessuna! E neppure questa volta ai aiutato i suoi servi... sei rimasto qui, in attesa che io venissi ad ucciderti.
- Taci stupido uomo!
- Perfino la regina degli elfi ti crede un inetto, un illuso che crede di conquistare il mondo con i suoi demoni. Ma tu non ci fai paura... sei solo un vecchio, proprio come tuo fratello.
- Io sono migliore di lui!
Endimion sorrise trionfante: era sulla strada giusta.

***
Il silenzio era interrotto solo dal respiro affannoso della donna.
Jadeite aprì gli occhi per vedere Rei ferma davanti a lui, ansimava come se avesse corso per miglia, il pugnale gli sfiorava il petto all’altezza del cuore.
Si era fermata all’improvviso, come se qualcosa o qualcuno l’avesse bloccata.
- Rei...- mormorò il soldato fissandola in quegli occhi spenti – Rei...
- Fuoco. – disse solo al donna fissando la parete di pietra dietro di lui– Un fuoco in una foresta.
- E’ li che ci siamo dati il primo bacio. – le spiegò fiducioso ed iniziando ad intravedere una lieve speranza.
- Mi hai detto che ero perfetta così com’ero...- continuò lei come persa in un mondo tutto suo.
- E lo credo ancora.
La ragazza si portò le mani alla testa allontanandosi di qualche passo.
- Rei...- mormorò lui preoccupato – cosa ti succede?
Ma lei non lo sentiva, il dolore alla testa era troppo forte per farla ragionare.
- Vattene via!- urlò la ragazza e Jadeite capì che non si stava rivolgendo a lui – Lasciami in pace!
Con un urlo più forte, Rei si scagliò contro il soldato alzando il pugnale.
Jadeite restò paralizzato mentre Rei gli finiva tra le braccia conficcando il pugnale nel muro sfiorandogli appena l’orecchio.
Il ragazzo riprese fiato mentre cercava di realizzare quello che stava succedendo.
In pochi secondi la sua vita gli era passata davanti agl’occhi, non aveva neppure avuto il tempo per capire quello che stava succedendo.
- Jadeite...
Quel poco di voce bastò per fargli dimenticare tutto, afferrò la ragazza per le spalle, guardandola negl’occhi, vide subito il suo sguardo luminoso, il velo malvagio che la imprigionava era caduto rivelando la sua donna.
- Rei...- la strinse forte chiudendo gli occhi ringraziando tutti gli dei per avergli ridato la sua donna.
- Non riuscivo a fermarmi...- spiegò l’altra debolmente – io ti vedevo ma non riuscivo a fermarmi.
- Ora ci sei riuscita. – rispose Jadeite – E’ tutto finito.
In quel momento la porta si spalancò ed entrò Vladimir.
- Dobbiamo... – si bloccò vedendo i due abbracciati – lei é mia!- urlò furioso avanzando verso il soldato.
Jadeite spostò di lato Rei ed afferrò il pugnale che stava a lato della sua testa, scansò il pugno il che Vladimir stava per dargli e, con una mossa veloce, gli trafisse il cuore con la lama.
Il vampiro aprì la bocca per dire qualcosa ma ne uscì solo un rantolo incomprensibile, indietreggiò osservando il pugnale che lui stesso aveva dato alla donna per uccidere quell’umano.
Lentamente il corpo diventava polvere sotto gli occhi dei due giovani, tutto quello che restava di Vladimir il vampiro era solo un mucchietto di polvere tra il sudiciume della cella, perfino il pugnale era svanito, gli incantesimi che aveva fatto quel mostro erano finiti per sempre.
Rei si avvicinò al suo uomo in lacrime e lo abbracciò.
- Grazie...- disse tra i singhiozzi – grazie per non avermi abbandonato.

***
- MINAKO ATTENTA!
Il ragazza si votò si scatto giusto in tempo per vedere sua padre avanzare verso di lei con una spada in mano ormai completamente perso negli abissi della sua follia.
Il Cavaliere Nero si scagliò sulla mezza elfa ma improvvisamente sgranò gli occhi orripilato.
Indietreggiò di qualche passo solo per vedere meglio la spada del giovane soldato a terra infilzata nel suo stomaco.
Aprì la bocca dallo stupore continuando a fissare Minako che piangeva e tremava.
- Mi dispiace...- singhiozzò – papà... mi dispiace tanto.
L’uomo cadde in ginocchio, le braccia lungo i fianchi, la spada scivolò dalla sua mano e cadde a terra.
I suoi occhi tornarono quelli di un tempo, la ceca follia che lo aveva reso malvagio stava svanendo insieme alla sua vita.
- Minako...- sussurrò con un sorriso appena accennato, un piccolo rivolo di sangue gli usciva da un angolo della bocca – grazie.


Ecco qui l’ultimo capitolo della settimana.
Grazie a tutti per i commenti e mi scuso per gli errori (grazie sissy per avermeli fatti notare!^^”) avevo la febbre quando ho scritto e riletto il capitolo non ci ho fatto molto caso agli errori! Ho cercato di sistemare quelli che mi sembravano proprio sbagliatissimi... se ne ho tralasciato qualcuno abbiate pazienza io e la grammatica facciamo spesso a pugni! Chiudete un occhio (dove serve anche due) e andate avanti... prometto che cercherò di sistemarle le mie ff... ma raramente rileggo quello che scrivo quando una storia é finita.
Dovrebbero mancare 2 forse 3 capitoli poi la storia é finita sul serio.
In quanti hanno detto grazie al cielo?
Bene ora vi saluto, buon fine settimana a tutti!
Ma prima commentate questo capitolo!
Un bacio
Elena

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Capitolo 33
*** Capitolo 33 / Epilogo ***



Takanori camminava lungo il sentiero che costeggiava il lago ghiacciato, erano passate tre settimane; ormai l’esercito aveva raggiunto le Terre Nere. Era preoccupato, arrivavano voci lontane che dicevano che l’esercito dell’Alleanza stava vincendo e poi ne arrivavano altre che dicevano che i demoni avevano quasi ucciso tutti i soldati nemici.
Lui non sapeva a chi credere, non sapeva cosa fare o chi pregare.
Sfoderò la lunga spada che aveva fissato alla cintura di pelle marrone, la luce faceva brillare il freddo metallo grigio.
Erano anni che non la usava più contro un vero nemico.
Il vecchio chiuse gli occhi immaginando il solo demone che avrebbe voluto sconfiggere con le sue stesse mani e, lentamente, con gesti fluidi e passi veloci, prese a muoversi fingendo di lottare contro il fratello.
Ma il suo corpo non era più abituato a sforzi tanto elevati e, trascorsi solo pochi minuti, un crampo al polpaccio lo costrinse a sedersi su una roccia.
- Maledetta vecchiaia! – imprecò infuriato infilzando l’antica spada nel duro terreno ghiacciato – Stare qui inerme mi fa impazzire. – si mise le mani tra i capelli – Serenity...
- Il tuo animo è turbato. – fece una voce nota alle sue spalle.
- Lo sai che sono preoccupato. – rispose il mezzo elfo continuando a fissare il ghiaccio che si assottigliava sulla superficie del lago.
- Dovresti darle più fiducia.
- Non é una questione di fiducia. Vorrei solo sapere cosa le sta succedendo.
- Posso mostrartelo.
Takanori si voltò, Esmuena stava proprio dietro di lui, aveva in mano un lungo scettro d’oro dove alla sua estremità brillava un diamante grosso quanto una noce.
- Usi la magia nel mondo degli umani Esmuena... non dovresti farlo.
- Il tempo degli elfi sta giungendo al termine Takanori. – rispose saggiamente la donna – Non nascono più bambini da anni, la mia gente é vecchia e stanca di nascondersi. Se dobbiamo estinguerci, voglio lasciare un ricordo positivo della nostra esistenza, non voglio che gli elfi siano ricordati come un branco di uomini codardi che si nascondono, ma come un valido esercito che aiuta gli amici nel momento del bisogno.
- Molto saggio. – valutò Takanori con un sospiro tornando a concentrarsi sul lago- Esmuena... tu hai figli?
- Madre Natura non mi ha dato tale gioia. – mormorò la regina tristemente – Ma quando sei la Regina degli Elfi, ogni creatura vivente é parte di te. Per me tutti gli elfi sono miei figli, comprendo la tua angoscia Takanori, la comprendo bene... ma devi avere fiducia in Serenity.
- Non é la mancanza di fiducia a rendermi inquieto, ma la paura. – rispose tristemente mentre con i piedi disegnava delle righe nel terreno - Ho già perso troppe persone che amavo in questa guerra, non voglio perdere anche l’ultimo legame che mi resta.
- Tu non la perderai.
- Come fai ad esserne così certa Esmuena? Conosco mio fratello... conosco il suo odio, lui non si fermerà davanti a nulla. – chiuse gli occhi non pensando a quell’eventualità – Si accanirà con ferocia su di lei... solo perché é mia figlia. Solo per distruggere anche me.
Esmuena non rispose, si avvicinò al lago ghiacciato stringendo lo scettro, delicatamente sfiorò il ghiaccio sottile con il diamante che mandò dei deboli fasci di luce colorata, Takanori si era avvicinato all’elfa in silenzio. Sul ghiaccio si stavano formando dei cechi di fumo bianco, lietamente questi si allargarono mostrando uno specchio, immagini sfuocate iniziarono ad apparire come flash sulla superficie riflettente, quando divennero nitide Takanori sentì un nodo alla bocca dello stomaco.
- Serenity...

***
Endimion continuava a lottare contro Xazumi, per quanto il demone sembrava indebolirsi, il soldato non riusciva a tenergli testa.
- Mi sembri affaticato Endimion. – mormorò Xazumi con un sorriso divertito – Arrenditi!
- Mai! – gridò il re scagliandosi sul demone.
Ma Xazumi si aspettava una tale reazione, afferrò Endimion e lo scaraventò dall’altra parte della stanza.
Si stava divertendo... da troppi anni non lottava veramente contro un umano, questo combattimento gli riportava alla memoria le prime volte che aveva ucciso, l’euforia di vedere spegnersi una vita tra le proprie mani, il piacere che ti dava quella sensazione di potere assoluto sulle fragili esistenze umane.
Era come una droga, una potente droga che ti faceva sentire onnipotente ed invincibile, una droga a cui non potevi mai dire no.
- Non mi ricordavo quanto fosse divertente uccidere voi umani...- disse il demone avvicinandosi al sovrano che cerava di tirarsi in piedi sulle gambe tremanti – tu sei uno dei più stupidi e caparbi che io abbia mai incontrato. – un calcio ben piazzato all’altezza dello stomaco fece rotolare Endimion di un paio di metri fino al centro della sala – Perché continui a lottare? Vuoi morire? Vuoi lasciare sola tua moglie? Ammetto che sei coraggioso, ma perché devi esser proprio così stupido? Vuoi che la tua giovane sposa sia già una vedova?
Endimion ansimava a terra, in bocca aveva il sapore del sangue, si sentiva un paio di costole fratturate e le forze gli stavano venendo meno. Xazumi lo afferrò per il collo sollevandolo da terra come se fosse stato una piuma.
- Inutile uomo...- gli alitò in faccia – tu morirai.. proprio com’é morto tuo padre o come tutti i soldati del tuo regno. Sei un pessimo Re e un pessimo marito. Quando avrò finito con te... mi supplicherai di toglierti questa misera vita.
- Lascialo stare. – ordinò una voce alle sue spalle.
Xazumi sorrise voltandosi lentamente.
- Guarda... guarda... la mia cara nipotina... se avessi saputo prima che Takanori aveva una figlia avrei approfondito meglio i rapporti di parentela.
- Lascia Endimion. – ripeté più lentamente la donna minacciosa.
Il demone ridacchiò facendo cadere il soldato a terra.
- Patetico...- soffiò osservando l’uomo a terra – salvato dalla propria moglie.
- Il tuo esercito é stato sconfitto.
- Io non posso esser sconfitto! – ringhiò il demone - Troverò altri demoni Serenity, tornerò con un esercito più forte, più numeroso e, per allora, non ci saranno gli elfi ad aiutarti. Tu e il tuo stupido maritino sarete troppo vecchi per tenermi testa di nuovo, ci saranno i vostri figli a combattere al vostro posto e io li ucciderò uno dopo l’altro.
- Io non te lo permetterò. – rispose l’altra mettendosi in posizione da combattimento.
Il demone rise divertito.
- Vuoi batterti con me?
- Sono abbastanza forte da batterne venti come te Xazumi! – rispose Serenity stringendo la presa sull’elsa della spada.
- Bene... vediamo se é vero.
Sotto gli occhi della ragazza Xazumi iniziò a sdoppiarsi, poi triplicarsi, quadruplicarsi fino a quando Serenity non si trovò venti cloni del demone davanti agl’occhi.
- Usi la magia perché sai che posso batterti vero Xazumi? – disse con tono di sfida ma tremando dentro all’idea di dover combattere contro così tanti demoni tutta sola.
- Hai detto che sei abbastanza forte da batterti contro venti me... – ripose l’altro da un punto non ben definito della stanza – avanti vediamo se mio fratello ti ha adeguatamente allenato per questo incontro.
Tutti e venti i cloni si scagliarono sulla regina, Serenity riusciva a parare tutti gli attacchi dei demoni, ma erano più forti e non avrebbe retto per molto quel ritmo, in più se colpiva i cloni, questi non morivano, continuavano a lottare anche feriti.
- Devo trovare l’originale. – pensò mentre usava uno dei cloni come scudo – Altrimenti finirò a pezzi.
Endimion aprì gli occhi, sentiva i rumori della lotta ma non riusciva a vedere nulla, al sua vista era oscurata dal sangue che gli scendeva sul viso da una brutta ferita alla testa. Si rialzò a fatica con una smorfia di dolore per via delle costole fratturate, con la manica della divisa si pulì il viso, afferrò la sua spada da terra e si voltò per aiutare la moglie.

***
I soldati combattevano ferocemente fuori dalle mura del castello, i demoni cadevano come mosche, si erano indeboliti da qualche minuto e i soldati sapevano che i loro sovrani stavano per vincere la battaglia.
Ami lanciava tre frecce alla volta, quando anche l’ultima freccia fu scagliata prese la prima spada che trovò a terra e iniziò a tagliare arti e teste come se fossero di creta molle.
Zoisite e Nephrite combattevano schiena contro schiena lanciando rapide occhiate al castello sperando di vedere presto i loro compagni.
- I demoni sembrano confusi!- urlò Ami mentre infilzava uno dei nemici – Sta succedendo qualcosa.
Zoisite si voltò per risponderle quando vide uno di quegl’esseri che si stava scagliando sulla sua donna.
- AMI!
La ragazza dai capelli turchesi si voltò in ritardo, il demone stava per colpire quando un pugnale gli perforò la gola facendolo cadere a terra agonizzante.
Rei e Jadeite stavano correndo verso di loro.
- Rei! – urlò felice la ragazza andando incontro alla sua amica.
- Sono tornata!- esultò l’altra sorridendo – Ed ora.. prendiamo a calci qualche demone!
Mentre stavano combattendo una forte scossa di terremoto fece tremare la terra sotto i loro piedi.
Demoni, elfi ed umani si fermarono all’istante e si voltarono verso il palazzo nero.
- Serenity... Endimion...

***
Xazumi aprì la bocca per parlare ma quello che uscì fu solo un rantolo incomprensibile.
Sentiva dolore, un dolore che non aveva mai provato, dolore fisico a cui credeva esser immune, abbassò il capo e vide la punta della spada elfica di Endimion uscirgli dal torace.
Credeva di averlo messo fuori combattimento, invece quello sporco umano si era rialzato e l’aveva colpito alle spalle.
Si voltò verso di lui, Endimion era in ginocchio a terra, troppo stanco anche solo per parlare ma l’occhiata che gli stava lanciando era molto esplicita.
- Non... non é possibile...
- Bell’incantesimo Xazumi...- mormorò Serenity alle sue spalle – peccato che non lo potrai più rifare.
Si voltò in tempo per vedere la spada della donna lacerargli la gola... i suoi occhi videro un lampo rosso... poi più nulla.
Serenity osservò il corpo del demone mentre cadeva a terra, vide la luce spegnersi nei suoi occhi mentre la pozza di sangue si allargava anche sotto i suoi piedi.
L’incantesimo che aveva fatto era solo una stupida allucinazione che non aveva colpito Endimion, quando lui si era ripreso aveva visto sua moglie lottare contro l’aria mentre Xazumi si divertiva a provocarla.
Aveva recuperato quelle poche forze che gli erano rimaste e l’aveva infilzato dritto al cuore liberando Serenity da quell’incantesimo.
Quando con un ultimo gemito Xazumi morì, le fiamme nere avvolsero il suo corpo bruciandolo all’istante e lasciando solo una macchia scura sul pavimento.
La Regina osservò per qualche istante la macchia poi andò verso Endimion che era di nuovo caduto a terra.
- Endimion...- mormorò osservando le sue ferite – come stai?
- Un po’ ammaccato...- sdrammatizzò il soldato cercando di non far preoccupare la moglie – devo avere qualche costola rotta.
- Ami e Zoisite ti rimetteranno a posto.
Mentre lo aiutava ad alzarsi il palazzo iniziò a tremare.
- Qui crolla tutto. – esclamò la donna osservando le crepe che si ingrandivano a vista d’occhio sulle pareti.
- Andiamo...- mormorò il sovrano a denti stretti – dobbiamo uscire. – ma al primo passo Endimion cadde a terra con un gemito di dolore.
- Non puoi camminare in questo stato. – fece Serenity in preda al panico.
- Va via...- le disse l’altro – lasciami qui... me la caverò... tu va via..
- Mi dispiace caro. – gli rispose duramente l’altra guardandosi attorno cercando di farsi venire un’idea – Ma io non intendo lasciarti qui a compiere il tuo stupido gesto eroico.

***
Il castello tremò ancora più forte, iniziando a sgretolarsi sotto gli sguardi allibiti di tutti i soldati che c’erano fuori dalle mura.
- Sono ancora dentro!- urlò Ami iniziando a correre verso il castello – Gli altri sono ancora dentro!
- Ami no!- urlò Zoisite bloccando la sua corsa – Non puoi entrare.
- Le mie amiche...
- Ci sono anche i miei amici... ma non possiamo entrare, il palazzo sta crollando.
Mentre il castello crollava come un castello di sabbia sulla spiaggia, si udì un urlo disumano, un enorme boato che fece accapponare la pelle di tutti i presenti, i soldati di voltarono, i demoni si stavano agitando, erano come spaventatati. Un’altra scossa di terremoto e il terreno si squarciò sotto i piedi dei dannati risucchiandoli negli inferi della terra, quando anche l’ultimo demone fu inghiottito, la terra si richiuse su se stessa senza lasciare la minima traccia.
I soldati dell’Alleanza e gli elfi restarono in silenzio per qualche istante poi urlarono di gioia: Xazumi era stato sconfitto e il periodo di terrore e sottomissione era finito.
I tre generali e le due donne non condividevano la stessa gioia dei soldati, stavano guardando il castello nero che si accartocciava su se stesso anche lui inghiottito dal terreno, come se l’inferno stesso volesse cancellare ogni sua traccia sulla terra.
Le donne si strinsero ai rispettivi uomini, piangendo per la perdita di amici molto speciali.
- Guardate! – urlò Nephrite.
Dalla polvere alzata da crollo, si videro tre figure camminare verso il campo di battaglia.
Minako aiutava Serenity a camminare mentre Kunzite portava Endimion sulle spalle.
- Ce l’hanno fatta! – esultò Ami correndo verso gli amici.
Sistemarono i feriti nelle tende, Minako camminava ansiosa per l’accampamento urlando ogni ordine le venisse in mente seguita da Kunzite che cercava, invano, di curarle le leggere ferite.
Del regno di Xazumi non restava più nulla e anche il sole tornava a fare capolino in quelle terre non più aride e senza vita.
Serenity aprì gli occhi esausta, era stata una dura lotta, l’incontro con Minako e Kunzite era stato provvidenziale, senza di loro non ce l’avrebbe mai fatta a trasportare Endimion fuori dal palazzo.
Ami entrò nel suo campo visivo, sorrideva anche se aveva un vistoso ematoma sulla spalla destra e un braccio fasciato.
- Endimion...- mormorò con un filo di voce.
- Sta riposando. – la rassicurò – Ha tre costole rotte e una caviglia slogata, ma nulla di grave.
- E gli altri... Rei... – cercò di alzarsi ma la sua amica glielo impedì.
- Jadeite ha slavato Rei, stiamo tutti bene e tutti vi siamo riconoscenti. Ora tutto andrà bene.

EPILOGO

L’applauso esplose nel momento in cui le quattro coppie si baciarono.
Serenity e Endimion erano in prima fila, i loro migliori amici si erano appena sposati, il regno aveva ripreso i vecchi contatti, tutto il mondo stava rinascendo sotto il simbolo dell’Alleanza, i demoni erano spariti definitivamente, i villaggi assediati erano stati ricostruiti e gli schiavi liberati.
Tutti potevo vivere la loro vita.
- Dovrai mostrarmi la biblioteca del palazzo ora. – mormorò Zoisite a Ami con un sorriso mentre ballavano stretti in un tenero abbraccio – E se poi so più cose di te?
- Ci vorranno anni prima che tu riesca a leggere tutti i libri ho letto io.
- Adoro le sfide...
- Hai dato una risposta a Feijan?- domandò Jadeite a Rei – Diventerai una sacerdotessa del tempio?
- Credo di si. – rispose la donna.
- Non ci sono problemi se sei sposata, vero? – chiese improvvisamente preoccupato il soldato.
- La Dea della Luna valorizza l’amore... – rispose la ragazza ridacchiando e stringendolo più forte- tutte le sacerdotesse sono sposate.
- Allora ve bene.
- Hai visto che abbiamo vinto la guerra? – disse Nephrite – Ora nostro figlio nascerà in un mondo migliore. – continuò accarezzando il ventre della moglie ormai vicina al parto.
- Hai mantenuto la tua parola. – sorrise Makoto dolcemente mentre il piccolo scalciava nel pancione – Ora non ci resta che aspettare che il piccolo Daiki venga alla luce. E poi tutto sarà perfetto.
- Alla fine Endimion ti ha fatto diventare il Capitano delle guardie insieme a me. – sorrise Minako.
- Temi nella concorrenza? – le domandò divertito l’altro.
- No, - sorrise di rimando la mezza elfa – però se fossi stato un soldato semplice sarebbe stato molto più divertente.
- Ragazzina impertinente! – disse fingendosi offeso Kunzite.
- Sembrano felici. – valutò Serenity mentre osservava le sue amiche ballare, la sala era stata addobbata con i fiori e i tessuti migliori, le sue amiche meritavano una cerimonia in grande stile come le principesse.
- Anche noi siamo felici. – le rispose Endimion abbracciandola alle spalle – Ora abbiamo anche più tempo per noi due.
Serenity sorrise voltandosi verso il marito ma restando comunque nel suo protettivo abbraccio:
- Non saremo in due ancora per molto.
Lo sguardo dell’uomo si illuminò di gioia, sollevò Serenity in aria facendola volteggiare per poi darle un lungo bacio.

***
Takanori stava seduto nella sua casa al buio.
La cerimonia non faceva per lui, sentiva la musica in lontananza, le risate e questo gli bastava, voleva restare solo, voleva solo godersi quel momento di calma.
- Il nostro tempo é finito. – fece Esmuena comparendo davanti a lui – Qui le nostre strade si dividono Takanori il saggio.
- Saremo sempre grati al popolo elfico per il suo prezioso aiuto. – dichiarò l’uomo con un lieve inchino – Le vostre gesta saranno immortalate nelle nostre canzoni.
Esmuena sorrise chinando il capo e poi sparì.
L’uomo aprì la finestra della sua piccola casa e osservò il cielo limpido dove la luna era solo un disco trasparente bianco.
- Ti vorrei qui Selene... saresti così fiera di lei.
Un caldo alito di vento gli accarezzò il viso.
Lo sono...
Una voce che gli riscaldava il cuore e l’anima, che non lo faceva più sentire solo e abbandonato.
Selene non li aveva mai abbandonati, lei era sempre presente a vegliare sulla sua famiglia.
- Mi manchi così tanto...
Un giorno saremo di nuovo insieme... ma, fino ad allora, stai vicino a nostra figlia.
Il vecchio sorrise alla luna, un giorno l’avrebbe rivista e avrebbero potuto vivere il loro amore.
- Ti amo Selene. – mormorò prima di chiudere di nuovo le finestre.
Ti amo anch’io Takanori...

FINE



Siamo giunti alla fine anche di questa storia.
Ringrazio tutti voi che avete sempre letto e puntualmente commentato.
Devo dire che non é stato facile scrivere questa fanfiction e non ne avevo mai scritta una così lunga (solitamente arrivo a 70 pagine di word questa è arrivata a 131!).
Spero che il finale vi sia piaciuto, anche se, forse, un po’ scontato.
Dico subito che non prevedo un seguito, ma spero di tornare presto a scrivere qualcosa!
Bene vi saluto!
Un abbraccio e un bacio a tutti!
Alla prossima.
Elena.

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