Il Pirata

di Laja
(/viewuser.php?uid=2739)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ( parte A ) ***
Capitolo 10: *** Capitolo 8 ( parte B) ***
Capitolo 11: *** capitolo 9 ***
Capitolo 12: *** capitolo 10 ***
Capitolo 13: *** capitolo 11 ***
Capitolo 14: *** capitolo 12 ***
Capitolo 15: *** capitolo 13 ***
Capitolo 16: *** capitolo 14 ***
Capitolo 17: *** capitolo 15 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 30: *** capitolo 28 ***
Capitolo 31: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 32: *** Capitolo 30 ***
Capitolo 33: *** capitolo 31 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo



La luce della lampada ad olio ondeggiava e vibrava, lasciando danzare le ombre sulle pareti della cabina. Il fruscio, prodotto dalla piuma inchiostrata sulla pergamena, si interruppe un attimo; la punta fu immersa nel calamaio, e nuovamente la piuma tornò a scorrere lenta sulla pergamena.

Questa volta aveva fatto il colpo grosso, dopo due lunghi anni di traduzione, l'uomo terminò l'ultima pagina dell'importante manoscritto.

Due quartine ed un distico finale, una strana filastrocca, una beffa al suo lungo lavoro, eppure in quella filastrocca si celava la sua libertà!



Giace per sempre nel mio cuore

ciò che mi fece re ed imperatore

Furono mari ed oceani

balocchi nelle mie mani.


Le correnti violente e turbinose

lo conserveranno per sempre gelose

Più di un marinaio lo cercherà

ma solo il mio erede lo troverà.


Dall'alto del pennone guarderò

e dei loro stolti tentativi, all'infinito, riderò!”



L'uomo lesse più volt i dieci versi, le ultime parole in quel lungo diario scritto in codice, alla cui traduzione aveva dedicato gli ultimi anni. Ne era certo, la risposta doveva essere nascosta in quelle stupide rime.

Si alzò in piedi, distese le braccia in avanti facendo scricchiolare le ossa delle spalle, completamente anchilosate dal lungo lavoro.

Il pavimento ondeggiò sotto i suoi piedi, bene, si ripartiva.

Si versò dell'acqua dalla brocca pulendosi le mani da qualche goccia di inchiostro tatuata sulla sua pelle, sistemò i lunghi capelli neri, legandoli in una coda con un nastro scuro di velluto.

Urla, imprecazioni, improperi ed ordini si udirono sul ponte, accompagnate dal rumore del legno scricchiolante sotto i frettolosi passi. La solita routine, niente di eccezionale.

Richiuse la porta alle sue spalle, e con estrema calma si incamminò verso la scaletta che portava al ponte. Un po' di venticello avrebbe dipanato i suoi pensieri e con un po' di fortuna avrebbe risolto l'enigma della filastrocca.


Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** capitolo 1 ***


- Sei pronta diletta? -

- Prontissima zio, esco subito -

Helena guardò nuovamente la sua immagine allo specchio, indossò la cuffietta bianca, lasciando liberi alcuni riccioli ad incorniciarle il volto. Sorrise vanitosa alla sua immagine per l'ultima volta ed uscì.

Suo zio Aurelio e suo tutore, la stava aspettando nel piccolo corridoio, non appena la vide si accigliò toccandosi il pizzetto scuro.

- Dimmi Helena, cosa ti sfugge delle mie parole? Forse, mia cara, le tue orecchie non comunicano con il tuo cervello? - domandò sarcastico, con poca delicatezza le fece sparire i riccioli all'interno della cuffietta, poi continuò severo: - Una ragazza di buona famiglia non porta i capelli visibili, anzi sarebbe meglio che tu gli tagliassi così non avresti problemi.-

- Ma zio a me piacciono i miei capelli, perchè non posso liberarmi di questa cuffia, mi sento una suora!- protestò la giovane guardandolo dritto negli occhi.

- Non guardare Mai un uomo negli occhi Helena, sei una donna e non ti è permesso. Solo le meretrici portano il capo scoperto per aizzare il desiderio degli uomini e ben presto mia cara, imparerai che ti basterà già sopportare il desiderio di tuo marito, senza dover subire anche gli altri...-

- Io davvero non capisco...- Sussurrò la ragazza sull'orlo delle lacrime

- Capirai mia cara, capirai, fra dieci giorni sarai una donna sposata e capirai.-

Helena era figlia di mercante, rimasta orfana in tenera età era stata accudito da suo zio Aurelio, che fino al raggiungimento della sua età legale avrebbe deciso tutta la sua vita.

Avrebbe compiuto i diciotto anni fra qualche mese, ma prima di allora sarebbe già stata data in sposa ad un ricco mercante di circa quarant'anni; avrebbe avuto in mano la sua vita troppo tardi quando ormai dalle mani dello zio sarebbe finita nelle mani del marito. Ma di questo non si preoccupava, suo zio Aurelio, l'aveva sempre viziata e coccolata, le avrebbe sicuramente assicurato un futuro dignitoso, se non da sogno, per lo meno decente.

- Scusami Zio, farò più attenzione – Rispose infine abbassando lo sguardo.

- Bene, così va bene. Helena, mia diletta, ti ho cresciuta come una figlia, ti ho dato tutto quello che avevo ed anche di più perchè tu vivessi nell'agio, ma ora non sei più in casa mia, fra pochi giorni la tua vita non sarà più protetta da me, ma da tuo marito. Se vorrai una vita tranquilla per te ed i tuoi figli dovrai sempre compiacerlo e non fare mai niente che possa turbarlo o innervosirlo. Mi hai capito?- La mano grassoccia del tutore le si posò sul gomito guidandola verso le scale.

Salirono silenziosi le strette scale fino al ponte. La luce del sole li accecò per un attimo, costringendoli a rimanere fermi sulla soglia fino a quando le ombre indistinte non assunsero contorni più netti.

La vita sul ponte scorreva tranquilla, quasi pigra, i due sopiti passeggiarono vicino al parapetto verso prua.

- Zio, ti prego, parlami ancora di Messer Lodovico -

- Oh, mia diletta, inguaribile romantica – le sorrise Aurelio – tuo zio ha scelto per te un ricco mercante di stoffe, e tu, nipote mia, indosserai gli abiti più belli della città, al pari delle nobildonne e delle regine – la ragazza sorrise arrossendo leggermente, finalmente avrebbe smesso di indossare quagli orribili abiti monocolore di tonalità grigio-nera.

- Messer Lodovico non è mai stato sposato, ha sempre detto che attendeva l'arrivo di una vera perla, e tu sarai per lui una perla di rara bellezza. - Helena guardò il mare aperto poggiando le braccia sul parapetto, fra pochi giorni all'orizzonte comparirà la terra ed allora il suo viaggio, la sua infanzia, la vita con suo zio, tutto terminerà all'ancora in un molo sconosciuto.

- Inoltre, mia diletta, è un uomo maturo che saprà aiutarti e guidarti, sarò saggio e colto e potrai continuare in casa sua i tuoi studi...-

- Nave in vita! - l'urlo della vedetta interruppe i loro discorsi, entrambi si schermarono il volto per guardare verso l'orizzonte: l'ombra di una nave lentamente appariva nella foschia.

- Che bandiera hanno? - urlò il comandante. affacciandosi anche lui al parapetto

- Sembra quella francese capitano! Non si muovono sembrano fermi all'ancora – urlò di rimando la vedetta dal pennone.

- Forse avranno qualche problema, continuiamo la nostra rotta, avviciniamoci a tiro di voce per vedere se ci sono problemi, ma vi voglio pronti a ripartire in velocità..-

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** capitolo 2 ***


Passeggiava sul ponte da parecchi minuti, cercando con lo sguardo il capitano, magari a lui la filastrocca avrebbe detto qualcosa. In breve il trambusto si acquietò; i marinai ora si muovevano esasperatamente lenti e pigri. La nave si fermò nuovamente, fu gettata la piccola ancora, quella utilizzata per soste brevi e partenze improvvise e veloci, era più leggera e maneggevole e bastavano solo due uomini per issarla.

William guardò a poppa, la sagoma di una nave si scorgeva nella foschia del mattino, lo sguardo alzò poi sul pennone dove fiera sventolava la bandiera tricolore.

- Dunque oggi siamo francesi – disse a se stesso con un mezzo sorriso. Entrambe le braccia poggiò sul parapetto sul lato della nave, su sarebbe goduto la brezza marina ed il sole riflesso nelle creste sull'acqua per ancora qualche minuto, poi sarebbe tornato in cabina: gli atti centrali della commedia non erano di suo gusto.

Amava il primo atto, quando il sipario si levava e negli occhi del pubblico si animava stupore e terrore, nessuno di loro aveva pagato il biglietto per quello spettacolo.

Un mezzo sorriso, quasi un ghigno gli apparve sul volto non appena gli furono davanti i passeggeri dell'altra nave, sgomenti nel vedere issare la bandiera nera.

- Oggi francesi, ma sempre Pirati! - ridacchiò e mentre la foga dell'arrembaggio si alzava, William si dileguò.




Mi scuso per l'estrema brevità dei capitoli, ma ho qualche problema a postarli più lunghi, quindi sono costretta a spezzettarli. Spero di risolvere al più presto

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** capitolo 3 ***



La mano umidiccia del tutore le strinse forte il gomito, trascinandola con decisione giù per le scale fino alla cabina. La fece entrare con forza, frenetico cercò un posto dove nasconderla.

- Diletta, dentro la cassa, e non uscire per nulla al mondo, neanche se la nave affondasse- le urlò – mi hai capito? Non uscire mai! Meglio morire per mano del mare che finire fra le grinfie dei pirati. Mai, mai, promettimelo.- troppo impaurita per poter anche solo produrre un suono, la ragazza entrò nella cassa richiudendola sopra la sua testa.

Il tutore soddisfatto uscì e la chiuse a chiave in cabina, si fece il segno della croce:

- Signore proteggi il tuo gregge – mormorò cercando inutilmente un nascondiglio per se stesso.

Dalla sua postazione, seppur ovattati, le giungevano lo stesso i suoni della battaglia: grida, volgarità, gli schianti delle lame che si intrecciano e qualche terribile esplosione. Non durò molto, circa una mezz'ora che sembrò una vita, e poi calò il silenzio rotto solo da pesanti tondi sul pavimento di legno e qualche urlo scherzoso.

Sentì i passi sempre più vicini, qualcuno cercò di aprire la porta della cabina e subito si accorse che era chiusa a chiave.

- Ucci, ucci, ucci, sento odor di tesorucci!- disse una voce con forte accento slavo

- Smettila idiota ed apriamo questa porta, non abbiamo tutta la mattina.- lo rimproverò un altro con il medesimo accento.

Tre secondi di silenzio ed uno schianto, la porta si spacco sotto il peso dei due uomini.

Helena trattenne il respiro per paura che anche quello potesse tradirla, pregò il Signore di diventare invisibile, pregò che i pirati se ne andassero senza guardare nella cassa, ma le sue preghiere non furono esaudite: la cassa si aprì.

- Sapevamo che ci doveva essere una perla da qualche parte...- ridacchiò un ometto esile con i capelli rossi e le lentiggini sul naso, Helena riconobbe la sua voce, a prima che aveva udito fuori dalla cabina.

- Su ragazza, - aggiunse l'altro prendendola per un braccio – vieni con noi e non ci creare problemi – l'altro era di poco più robusto, pelato, ma dalle sopracciglia poté intuire che fosse anche lui rosso. Tremante li guardò entrambi alzandosi in piedi ed uscendo dalla cassa, forse erano fratelli.

Il ponte dove poco prima era stata con suo zio ora era disseminato di cadaveri, e lei sembrava una condannata a morte, scortata dai due rossi, con versi gutturali di compiacimento che si levavano fra i pirati al suo passaggio.

La issarono sul parapetto, dove era posizionata una pedana che attraversava lo spazio fra le due navi, per terminare sul parapetto della nave pirata. Si voltò un attimo, ultimo tentativo di fuga, ultimo sguardo ai cadaveri per accertarsi che Aurelio non fosse fra loro. Il rosso più smilzo le puntò la pistola alla schiena.

- Forza bellezza, non siamo ad una sfilata.-

Helena percorse la passerella seguita da i due rossi con la pistola ben puntata fra le scapole.

- Una donna! - esclamò il capitano, galante le offrì la mano per scendere, Helena lo guardò con disprezzo e scese con un salto, dove per poco non cadde, rifiutando l'aiuto del pirata.

- Fa la preziosa la bambolina, portatela nella mia cabina e che nessuno la tocchi!- urlò l'uomo di rimando.

Non attesero oltre, i due rossi la presero per le braccia scortandola giù per le scale verso la cabina del capitano Jakson, stava per essere chiusa dentro la cabina quando nel corridoio incrociò lo sguardo di un uomo. Un uomo stranamente pulito e ben curato, un pirata gentiluomo, con i capelli neri raccolti in un codino e gli occhi grigi; una cicatrice gli tagliava di netto il sopracciglio destro.

Fu solo un attimo prima di vedere davanti a se, solo il legno della porta chiusasi in faccia, sentì le mandate della chiave nella serratura. Per la seconda volta in poche ore era prigioniera in una una cabina.

- Lo spettacolo è iniziato? - domandò una voce che non conosceva, immagino fosse lo sconosciuto con il sopracciglio tagliato.

- A breve, gli ultimi carichi sono stati già portati a bordo, Signore – questa volta riconobbe lo smilzo rosso.

- Bene, allora sarà meglio affrettarsi!- Continuò lo sconosciuto, e poi dietro la porta si sentirono solo i passi allontanarsi.

Si guardò attorno, la cabina del capitano era grande e con una parete di vetri, si trovava a poppa della nave e da lì si poteva scorgere l'infinità del mare che avrebbero attraversato.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** capitolo 4 ***



Salì sul ponte con i fratelli Kutosky; le passerelle fra le due navi erano state rimosse, tutti i pirati del vascello erano accalcati vicino al parapetto di fiancata: il gran finale stava per cominciare.

- Fuoco! - Ordinò il capitano, subito rispose il cannone

- Fuoco!- urlò nuovamente, e nuovamente la palla di cannone si schianto contro la nave.

- Fuoco!- l'urlo era ancora più forte, ed ancora più forte di l'entusiasmo dei pirati dopo la terza esplosione.

Quando anche l'ultimo eco dell'esplosione fu svanito, un coro di voci si alzò cantando l'inno francese mentre la nave calava a picco lentamente. Non appena il pennone più alto sparì fra le onde anche il canto terminò lasciando il posto all'esaltazione generale.

Questa era la fine dello spettacolo, il resto era solo commercio.

Il capitano salì sul ponte più alto di poppa e sporgendosi dal parapetto si rivolse alla sua ciurma autorevole:

- Fra cinque giorni arriveremo alla baia, ci liberiamo dei nostri ospiti e poi come sempre torniamo in città. Ma ora dobbiamo risolvere una questione- si era creato il silenzio fra la ciurma e tutti gli occhi erano puntati su di lui – Avrete notato che abbiamo un'ospite in gonnella, cosa ne facciamo?-

Dapprima un brusio e poi urla eccitate si levarono ed una sola frase sembrava avere senso, una frase sulla bocca di tutti.

- Teniamola a bordo, sarà la nostra donna...-

-Io ho un'idea migliore!- disse una voce dal fondo della calca, in disparte dove era rimasto tutto il tempo.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** capitolo 5 ***



Come ogni volta che parlava, tutta la ciurma si azzittì. Gli uomini si divisero, lasciando al centro un corridoio percorribile.

- Dimmi William ti ascolto.

L'uomo percorse il ponte fino a pochi passi dal rialzo dove si trovava il capitano Jackson

- La voglio in sposa – un mormorio si levò fra la ciurma; Jackson aprì bocca per parlare, ma William lo precedette – Me lo devi Jackson!-

- Se è questo quello che vuoi – si limitò a dire il capitano alzando le spalle- desideri per caso qualcos'altro? - aggiunse poi sarcastico.

- In effetti qualcos'altro ci sarebbe..- rispose pacato e quasi sfrontato l'uomo. Agli altri prigionieri deve essere detto che è morta, non voglio avere alle calcagna i segugi- il capitano annuì appena- ed un'ultima cosa, vorrei che mandassi un uomo a terra, non appena arriviamo in città, per comprarle degli abiti ed un vestito nuziale-

Il silenzio serpeggiò fra gli uomini della ciurma, nessuno poteva prendersi la libertà di parlare con così tanta sfrontatezza al capitano, solo a William era permesso, e questo lo rendeva rispettato quasi quanto il capitano stesso.

- Molto Bene- disse Jackson, lo sguardo si posò su i due rossi – Kutosky Junior e senior vi occuperete della promessa del nostro Signor William, portatela nell'ambulatorio di prua, rimarrà lì fino al giorno delle nozze. Sarà vostra responsabilità controllarla e fare in modo che arrivi alle nozze illesa, vi occuperete del suo vestiario quando attraccheremo. Non la voglio vedere in giro fino al matrimonio, per me e tutti gli altri la ragazza è morta, ed il su corpo è cibo dei pescecani.- Scese con un balzo dal parapetto atterrando davanti a William, un solo sguardo bastò perchè l'uomo lo seguisse nella sua cabina.

Raggiunsero la cabina proprio quando i fratelli Kutosky portavano via una scalpitante ragazza con la cuffietta di traverso ed alcuni capelli biondi innanzi al volto.

- Un giorno mi dirai perchè vuoi sposare un diavolo biondo, ora parlami del manoscritto!-




*°*


Ancora una volta mi scuso per la brevità del capitolo, ma non riesco risolvere il problema, ho scritto ad Erika ed aspetto la sua risposta.

Intanto fatemi sapere cosa ne pensate^^

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** capitolo 6 ***



Dalla cabina aveva sentito le cannonate, i terribili schianti, il canto francese e poi l'entusiasmo dei festeggiamenti. Ne era seguito un lungo momento di silenzio e poi di nuovo i passi sul ponte, giù per le scale, nel corridoio, davanti alla porta...

La serratura scattò.

- Andiamo ragazza, il capitano tu ha riservato un'altra stanza – le disse il ragazzo calvo invitandola ad uscire.

- Sei fortunata bellezza, il capitano ti darà in sposa al Signor William e fino ad allora nessuno ti toccherà... non posso assicurare il poi però! - lo smilzo si beccò uno scappellotto dal fratello.

Lasciarono la cabina proprio quando il capitano Jackson e lo sconosciuto con il sopracciglio tagliato stavano per entrarvi. La condussero lungo un corridoio, e dalla strada percorsa immagino di essere arrivata a prua quando la fecero entrare in una cabina.

- Io non posso sposare nessun William!- urlò per l'ennesima volta – Sono già promessa!-

I due fratelli si chiusero dentro la cabina con lei per evitare inutili tentativi di fuga.

- Per caso è un pirata il tuo promesso?- Domandò con calma il calvo

- No, si, cioè no, non lo so!- continuò isterica Helena accasciandosi in un angolino

- Come si chiama il tuo promesso, cara?-

- Messer Lodovico. - aggiunse in un singhiozzo

- Lodovico, Lodovico...- i due fratelli fecero roteare gli occhi

- No, nessun pirata di nostra conoscenza, meglio così non creerà problemi per le nozze annullate!- ridacchio il rosso smilzo

- Come ti chiami ragazza? - domandò con più serietà il calvo

- He..Helena.-

- bene Helena, sarai nostra ospite per un bel po', quindi è meglio chiarirci subito. Io sono Boris, e mio fratello Pasha – indicò lo smilzo – saremo le tue guardie fino al matrimonio.-

La ragazza si mise nuovamente ad urlare isterica, con estrema calma Boris tirò fuori dalla fondina, attaccata alla cintola, una pistola e gliela puntò addosso.

- Regola numero Uno, tu urli io sparo...- la ragazza si zitti immediatamente – Brava Helena, impari in fretta. Regola due non tentare la fuga, è un tentativo vano , ti riacciuffiamo anche in capo al mondo, e non saremo benevolenti. Regola tre non uscire mai da questa cabina, se il capitano ti vede tu riduce a brandelli di carne per pescecani. Tutto chiaro?-

Helena annuì tremante.

- Bene, ci rivediamo per il rancio... buona giornata milady- continuò il calvo uscendo con il fratello dalla cabina e facendo scattare la serratura.

Bisbigliarono qualcosa e poi alcuni passi rimbombarono nel corridoio.

Scoppiò a piangere e singhiozzare fino a quando non si addormentò stremata, cullata dalla nave in movimento fra le onde.




Vi ringrazio per il sostegno e la comprensione. Cercherò di aggiornare la storia più in fretta! Continuate a scrivermi cosa ne pensate!

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** capitolo 7 ***



- Tutto qui? Solo questa stupida filastrocca?- sbraitò il capitano Jakson

- Non ho altro Julian, ho letto e tradotto ogni singola riga del manoscritto, ma l'unico riferimento al suo segreto è in questa filastrocca. - rispose tranquillo William allungando le gambe.

- Il Re non aveva eredi, eppure aveva tante amanti, potrebbe essere una gravidanza non riconosciuta?-

- Se non lo sai tu... io dovevo solo tradurlo e l'ho fatto! - fece un'alzata di spalle

- No mio caro, se credi che ti lacerò andare, hai proprio sbagliato! Tu devi tradurre questa filastrocca, quando il tesoro segreto sarà fra le mie mani sarai liberi, tu e la tua mogliettina.- William si accigliò alle parole del capitano.

- Non erano questi i patti, Julian! Ho pagato il mio alto prezzo, ora voglio la libertà!- sbottò l'uomo

- Traduci la filastrocca e sarai libero...- William si alzò di scatto facendo cadere la sedia rumorosamente alle sue spalle – un'ultima cosa – lo bloccò il comandante – modera i tuoi modi in presenza della ciurma. Io sono il capitano! - William lo guardò serio e poco prima di lasciare la cabina aggiunse:

- Non sei cambiato per niente, Julian!-






Ancora scusa per questo capitolo brevissimo, a domani ( spero ) con il prossimo capitolo.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo 8 ( parte A ) ***


Cinque giorni più tardi vennero entrambi i fratelli Kutosky a portarle il rancio, qualcosa non quadrava, poteva sentire la tensione nell'aria. La nave era all'ancora dall'alba e da allora il movimento continuo sul ponte non si era fermato.

La cabina non era dotata di oblò e per quanto la curiosità la divorasse non poté capire nulla di ciò che accadesse, sperava nell'arrivo della marina o di qualsiasi altra imbarcazione che l'avrebbe potuta salvare.

- Cosa sta succedendo? - si azzardò a dire

- Oggi è la giornata del ...- esordì Pasha

- Zitto idiota, e zitta anche tu! Regola quattro nessuna domanda, nessuna parola, singhiozzo, sospiro o pianto fino a mio contrordine! - sbottò il calvo Boris maneggiando la pistola come ammonimento.

Ai rumori sul ponte ben presto seguirono urla e lamenti. Continuò così tutta la giornata, solo a sera calò il silenzio e la nave ripartì.


Il giorno successivo venne solo Pasha, riuscirono a parlare un po' e lui le offrì del Rhum. Non aveva mai bevuto alcolici e ben presto scoprì la loro capacitò lenitiva dei dispiaceri, dopo due bicchieri aveva voglia di ridere, cantare e ballare, ed avrebbe ballato se non stesse già ballando la cabina attorno a lei. Al terzo bicchiere crollo.

Si svegliò in tarda mattina con un terribile malditesta, sembrava ci fosse calma piatta sul ponte eppure ogni scricchiolio era un tonfo nella sua testa, vomitò due volte nel secchio vicino alla porta e tornò nel suo cantuccio a fissare il vuoto, con il senso di nausea che aumentava ad ogni piccola oscillazione della nave.

Pasha l'aiutò a ripulirsi e le fece mangiare un po' di pane per farla sentire meglio, rimase con lei fino a sera, poi quando i rumori sul ponete e nei corridoi cessarono l'accompagnò fuori a prendere un po' d'aria.

Erano sei giorni ormai che on vedeva il cielo, e lo spettacolo delle stelle luminose le dette un sollievo inimmaginabile. Erano tutti sotto lo stesso cielo, qualcuno l'avrebbe trovata e salvata, per ora doveva sopravvivere e senza rendersene conto provò un po' di gratitudine per Pasha che nel suo piccolo cercava di alleviarle il triste destino.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Capitolo 8 ( parte B) ***



Qualche giorno più tardi:

- Si gioca ancora qui? - disse Boris entrando nella cabina dell'ambulatorio, si sedette accanto al fratello sbirciando le carte sul tavolo. - Chi vince?-

- Tanto per cambiare lei...- protestò Pasha sconsolato.

- Tuo fratello è un pessimo baro! - lo rimbeccò Helena guardò Boris ridendo

- E' bravo Pasha non riesci a barare neanche contro una ragazza – il fratello gli dette una pacca sulla schiena – ora lascia a me le carte, e vai a prepararti fra poco attracchiamo e tu hai dei servizi da fare in città!- il fratello smilzo annui, lasciò le carte in mano al calvo , fece un gesto elegante di commiato e se ne andò.

Da qualche giorno Helena ed i fratelli Kutosky avevano trovato un modo di alleviare quella prigionia, giocando a carte, a dadi oppure parlando a lungo: lei li raccontava della terra dove era nata, di suo zio Aurelio e dei lussi in cui aveva vissuto, loro ridevano e facevano battute sconce ricordando tutte le loro avventure piratesche.


Pasha rimase fuori alcune ore e quando tornò per l'ora di pranzo aveva con se una sacca piena.

- Ecco qui il corredo della nostra sposina! - disse entusiasta mostrando gli abiti che aveva preso – spero siano di tuo gradimento, ho fatto un po' di testa mia...- infatti fra alcune vesti davvero incantevoli color avorio, rosa chiaro o verde acqua si nascondevano dei veri obbrobri di sartoria degni di una dama da bordello.

- Ed ecco il gran finale – Pasha estrasse un abito di organza bianco, il corpetto stretto con ricami argentati, la gonna lunga e leggermente ampia, un velo di pizzo completava l'opera.

- Quanto ti sono costati?- domandò preoccupato il fratello. Pasha mostrò il suo miglior sorriso, scoprendo una fila di denti ingialliti, si grattò il capo evitando di rispondere.

- Li hai rubati?- saltò alla conclusione Boris

- Beh insomma il mercante era molto preso da altre faccende, sai Helena, si dice che la sua promessa sposa non sia mai arrivata in porto...- le strizzò l'occhio – Considera questi abiti come domo di nozze dal tuo Ex-futuro-sposo Messer Lodovico.-

Helana si sentì morire, guardò l'abito bianco, il suo destino era ad attenderla oltre la porta di quella cabina, in quei giorni di reclusione quasi si era illusa di non dover mai varcare quella soglia ed affrontare quella nuova vita, che ancora una volta, altri avevano deciso per lei.

- Beh ragazza, noi andiamo, tu devi sistemarti, al tramonto ci sarà il matrimonio, non appena avremo raggiunto il mare aperto...-. Altro non aggiunsero i due rossi prima di andarsene.


Vi chiedo nuovamente scuisa, proverò a ricontattare la web master, sinceramnete non è possibile dover spezzettare pure un capitolo già di per se cortissimo! Fatemi sapere cosa ne pensate, e magari scrivetemi cosa vi aspettate dai prossimi capitoli! Ciaoooo!

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** capitolo 9 ***



Erano salpati da poco più di due ore, ed il sole iniziava a tingere il cielo e le acque di rosso.

Sul ponte erano state disposte delle fiaccole e qualche fiore, il capitano aspettava impaziente, infine il suo volto si distese.

William si voltò seguendo lo sguardo del comandane e vide arrivare la sua sposa. Il corpetto bianco le aderiva al ventre facendole risaltare la piccola curva del seno, la morbida gonna leggermente posata su i fianchi, scendeva lungo le gambe fino al suolo, dove una porzione di stoffa bianca strisciava dietro di lei. Il volto basso nascosto dal velo di pizzo, le braccia nude congiunte in grembo. I due fratelli l'accompagnavano standole ai lati, la mano di Boris le era appoggiata sulla schiena, come incentivo a proseguire.

Quando gli fu abbastanza vicina, riuscì a guardarla negli occhi attraverso i fori del pizzo d'avorio, e quasi gli sembrò di leggervi stupore. William le sorrise inarcando il sopracciglio tagliato, le stava facendo un grosso favore e presto gliene sarebbe stata grata.

La Cerimonia fu estremamente breve e, ad ogni esitazione nelle risposte della ragazza si sentiva una pistola che veniva caricata, bastava questo perché la voce tornasse chiara e sicura.

- Lo sposo può baciare la sposa, e mettiamo fine a questa tragedia! - sbottò infine il capitano Jakson.

- William alzò il velo e senza attendere oltre si chinò sulle labbra di lei in un bacio deciso e invadente. Helena rimase immobile, l'alito di Rhum di quello che ora era sua marito, le dava la nausea.

L'uomo si staccò da lei, guardò la ciurma, emise un suono gutturale soddisfatto, fa cui si scatenarono le ovazioni dell'equipaggio.

- Finiamola William, portatela in cabina e non vi azzardate ad uscirne!- Borbottò seccato il capitano, scatenando altra approvazione nei suoi uomini, che evidentemente si immaginavano nel ruolo di mariti, con quella fanciulla fra le braccia.

William la prese in braccio, facendo passare il braccio sinistro sotto le ginocchia di lei ed a passo deciso attraversò il ponte e scese la scale. Entrò, co un calcio ben assestato alla porta, nella cabina, la porta rimbalzò contro la parete laterale e si richiuse con uno schianto. Helena tremava fra le sue braccia bianca come un lenzuolo.

Il Pirata chiuse a doppia mandata la porta, e senza troppe cerimonie gettò la ragazza sul letto, che produsse un sinistro cigolio.

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** capitolo 10 ***


Chiuse la porta a doppia mandata e la buttò sul letto, che produsse un sinistro cigolio.

Helena chiuse gli occhi e le ani si aggrapparono alle lenzuola del letto preparandosi al peggio. Non accadde nulla.

Aspettò alcuni secondi, poi lentamente aprì prima un occhio poi l'altro: era sola nel letto, William era seduto allo scrittoio occupato a scrivere.

Fece un leggero movimento per rimettersi dritta ed un altro cigolio si levò dal letto, un coro di grugniti e volgarità rimbombò dietro la porta, la ciurma origliava la loro prima notte di nozze.

William la guardò, le rivolse il suo strano sorriso, e le fece cenno con la mano di continuare prima di tornare alle sue occupazioni.

Si mise seduta sul letto ed iniziò a saltellare, producendo cigolii sempre più forti, che, a giudicare dai rumori dietro la porta, entusiasmavano la ciurma. Helena era a dir poco confusa, il pirata con il sopracciglio tagliato continuava indisturbato a scrivere, come se lei non ci fosse, o meglio come se il suo unico dovere fosse saltellare sul letto.

Dopo circa una decina di minuti si era stancata, allo stremo si getto all'indietro sul materasso emettendo un sospiro rumoroso.

William la guardò nuovamente, le sorrise ammiccando ed anche lui produsse un lungo e rumoroso gemito soddisfatto, che come risultato ebbe l'esaltazione e l'ovazione della ciurma dietro la porta; poi calò il silenzio ed i passi si allontanarono.

L'uomo mise a posto le sue carte, si alzò e si avvicinò ad Helena, si chinò su di lei fino a sfiorarle l'orecchio pizzicandole la guancia con la barba incolta.

- Sei stata brava ragazza, ora puoi cambiarti, non vorrai dormire in abito nuziale...- la giovane rimase immobile fino a 1uando William non si fu allontanato.

In un angolo si spogliò lentamente rimanendo in mutandoni.

A tentoni Helena cercò qualcosa da mettersi.

- Dietro il paravento. - disse lui senza voltarsi. La ragazza non se lo fece ripetere due volte: finalmente un posto dove nascondersi. Si stava spogliando ancora dall'ingombrante abito, quando sentì il cigolio famigliare: lui era a letto.

- Se vuoi rimanere la dietro tutta la notte per me non ci sono problemi, se invece vieni a letto, cerca di rimanere dal tuo lato e non darmi fastidio!-

Helena non rispose, finì di cambiarsi in silenzio e rimase nascosta dietro il paravento fino a quando non sentì il respiro di lui regolarizzarsi.

William dormiva tranquillamente occupando solo un piccolo spazio del letto, il talamo non era così grande ed era evidente che lui si fosse stretto per lasciarle spazio.

Si distese su un fianco, volgendo la schiena all'uomo, continuava a pensare alle parole di Boris quel pomeriggio. Ai marinai ed a suo zio, fatti prigionieri dai pirati e venduti come schiavi, era stato detto che era morta... nessuno l'avrebbe mai cercata, nessuno l'avrebbe mai slavata. Il suo destino era nelle sue mani, forse per la prima volta in diciotto anni il suo futuro era realmente solo suo.

Qualche ora più tardi, stremata, si addormentò.




*°*


Grazie per i commenti! Sinceramente mi sono dimenticata di specificare se quel bacio fosse il primo, ma non temete mi farò perdonare! William è stato descritto in precedenza, se non ricordo male, ma aggiungerò nuovi particolari e magari riuscirete ad immaginarlo meglio. Per ora ha capelli neri lunghi raccolti in un codino, occhi grigi, ed un sopracciglio ( il destro) tagliato da una cicatrice.

Ho contattato nuovamente lo staff tecnico del sito, ed aspetto una risposta... ^_^ Per ora dovremo accontentarvi dei capitoli in pillole. Mi scuso per la lentezza degli aggiornamenti, ma è sempre un'impresa raggiungere il Pc!

Mi raccomando, continuate a scrivermi! Baciozzoli


Laja

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** capitolo 11 ***


Quando aprì gli occhi era sola nel letto, si voltò mettendosi sulla schiena.

- Ben svegliata Helena – su marito era già vestito, si stava allacciando la cravatta al collo, istintivamente la ragazza si tirò il lenzuolo fino al mento arrossendo vistosamente.

- Attracchiamo fra pochi minuti, rimarrai sulla Regina con Pasha e Boris. Prova a fare una fesseria e la prossima volta ti chiudo in cabina – Helena annuì rimanendo sepolta sotto le lenzuola.

- Molto bene, allora buona giornata mia sposa...- si chinò su di lei, la ragazza serro le labbra temendo il peggio. William si chinò sul letto, infilò una mano sotto il cuscino, prese un pezzo di stoffa e si rimise dritto, sfiorandole la guancia. La guancia di lui, contro la sua era liscia questa volta ed aveva un piacevole profumo di sapone, era evidente che si fosse rasato quella mattina stessa.

- Un'ultima cosa,- aggiunse avvicinandosi alla porta – in mia presenza non voglio vederti indossare quelle stupide cuffiette, non ho sposato una monaca. - detto questo uscì dalla cabina richiudendo alle sue spalle la cabina, questa volta però, nessuna chiave nella serratura segnò la sua prigionia, forse aveva davvero guadagnato un briciolo di libertà.


La regina era una nave di legno rosso, con tre alberi di cui uno solo altissimo e centrale. Era attaccata al molo di una cittadina parecchio movimentata, sul pennone potè vedere una bandiera tricolore che sventolava nella lieve brezza mattutina. L'equipaggio indossava delle uniforme da marinai estremamente pulite. Anche Pascha che le camminava al fianco, era tutto impettito, con i capelli lavati e laccati all'indietro, l'uniforme impeccabile, l'accompagnò a passeggiare sul ponte con una camminata rigida in una terribile imitazione delle movenze dei gentiluomini.

Probabilmente nessuno dalla banchina, guardando la maestosa Regina, la sua bandiera sul pennone, l'equipaggio stranamente silenzioso e garbato, avrebbe mai immaginato si trattasse di una nave di pirati e che lei, giovane dama a passeggio sul ponte, ne fosse una prigioniera.

Boris e Pasha camminavano accanto a lei, uno con la pistola ben visibile alla cintola, l'altro con un mazzo di chiavi tintinnanti, discorrevano amabilmente come tre vecchi e cari amici, eppure quei due simboli erano un chiaro monito.

Passeggiava sul ponte, parlava, rideva, scherzava, ma non era libera: un atto avventato avrebbe causato un'immediata detonazione , un passo falso l'avrebbe rispedite in cabina, prigioniera delle pareti di legno. Per poter fuggire avrebbe dovuto essere più astuta, per prima cosa doveva guadagnarsi la fiducia dei suoi carcerieri, di suo marito e con molta probabilità di tutta la ciurma che ancora la guardava con sospetto, e forse, solo allora, avrebbe avuto la sua possibilità di libertà.







Nota: Mi scuso con tutti per la lunga assenza. Purtroppo ho sbagliato ( per distrazione) ad aggiungere il capito ed al posto di aggiungerlo al pirata, l'ho aggiunto ad una ff chiusa da tempo, con la conseguenza di riportare in cima alle lista quella ff. Mi hanno bloccato l'account e me l'hanno sbloccato solo qualche giorno fa. Cercherò di postare più in fretta, per farmi perdonare del tempo perso! Continuate a scrivermi per farvi sapere se vi piace, e se c'è qualcuno che se ne intende di pirati e volesse darmi consigli o correzioni non eisti a contattarmi privatamente ^_^
Grazie a tutti e alla prossima.

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** capitolo 12 ***


- Come è andata?-

- E' sempre più bella ed è sempre più difficile separarmi da lei – William porto al naso il fazzoletto bianco ispirando lentamente – Voglio essere libero Julian, non posso aspettare oltre, ne tanto meno può aspettare lei... presto mi dimenticherà ed io non potrò più riaverla. Mettiamo fine a questo rompicapo. - l'uomo si sedette di fronte alla scrivania.

- Ho indagato e le mie certezze sono state confermate, il re non aveva eredi di sangue, ne nessuno è stato mai proclamato suo vice e successore sul Poseidon – aggiunse il capitano Julian intrecciando i piedi sul ripiano della scrivania.

Un leggero scossone e la nave fu in movimento.

- Salpiamo già? Pensavo avremmo risolto l'enigma prima, Julian! - Protestò William alzando la voce

- Wil, non posso tenere i miei uomini a far nulla, diventeranno femminucce e non risponderanno ai miei ordini, tu non temere, ti porto a terra come nei patti, ogni mese fino a quando tutto questo non sarà finito ed il segreto del capitano Morton sarà nelle mie mani.-

Philip Morton era stato il più temuto pirata del secolo, aveva amato un'unica cosa in tutta la sua vita, e per lei si era battuto fino alla sua porte: la pirateria. A differenza di molti altri pirata lui era rimasto fedele al suo primo vascello il Poseidon, il flagello dei mari.

- Concentriamoci sulla prima strofa. “Giace per sempre nel mio cuore / ciò che mi fece re ed imperatore / Furono mari ed oceani / balocchi nelle mie mani.” - William la declamò ad alta voce, ormai l'aveva imparata a memoria. Rimasero in silenzio alcuni istanti, poi continuò – dove si trova il suo cuore? -

- Nel suo corpo, o quello che ne è rimasto dopo la visita dei vermi... - rispose di getto il capitano, poi guardò William, si raddrizzò riportando i piedi per terra, la sua voce cambiò quando continuò a parlare – Non hai intenzione di riesumare il re, vero William?- Juliam sembrava davvero turbato.

- Beh da qualche parte bisogna pure iniziare! - ridacchio il suo interlocutore, alzandosi – Di ai tuoi uomini di cambiare la rotta – nuovamente sorrise – ora scusami, ma mia moglie mi aspetta.-

Julian annui lentamente sorridensogli di rimando.

- Bene, sta sera sarete miei ospiti per la cena, nel frattempo accertati che tua moglie abbia imparato le leggi vigenti sulla mia nave -



Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** capitolo 13 ***


Helena stava disegnando seduta rannicchiata sul letto, tranquilla, quasi rilassata, ma non appena sentì la porta aprirsi si irrigidì e cercò di assumere una posa più rispettabile.

- Buon giorno mia cara – le sorrise William.

Suo marito non sorrideva, sembrava ne fosse incapace, ma faceva un mezzo sorriso, un ghigno quasi, l'angolo destro delle labbra si sollevava, e si inarcava il sopracciglio destro, facendone risaltare la cicatrice. Gli occhi grigi sorridevano e rendevano quasi amabile quel ghigno, o per meglio dire quel mezzo sorriso, l'unico che l'uomo sapesse fare. Le aveva rivolto quella stessa espressione quando si erano incontrati nei corridoi della nave la prima volta, poi lo stesso sguardo e sorriso le era stato dedicato il giorno delle nozze e quel mattino. Helena immaginò si sarebbe dovuta abituare a quell'espressione ed a quello sguardo senza tremare come una foglia ogni volta.

- Come stai? E' stata piacevole la mattinata con i fratelli Kutosky?- continuò lui sedendosi di fronte a lei sul letto, la ragazza si limitò ad annuire.

Le mani di lui le sfiorarono la nuca ed i capelli raccolti, andando a sciogliere con un rapido gesto la sua acconciatura: una cascata d'oro le ricadde sulle spalle e sulla schiena.

- Tienili sciolti - le sussurrò accarezzando un ricciolo – sono così belli, è un peccato mortificare la tua femminilità legandoli – nuovamente la ragazza si limitò ad annuire.

William si scostò da lei sospirando, si alzò dal letto e le diede le spalle.

- Helena, ora sei mia moglie – iniziò calmo – il matrimonio forse non era quello dei tuoi sogni, tuo marito non è il tuo principe azzurro, ma ora ci siamo e dobbiamo vivere al meglio quello che abbiamo – sospirò sfilandosi la giacca ed iniziando a sbottonarsi la camicia – Essere mia moglie ti da protezione dagli sguardi e dalle voglie animalesche della ciurma, ti da il loro rispetto, perché una Signora non si tocca, tanto meno se è la Mia Signora -

Helena lo ascoltava a testa bassa, sbirciando spesso il suo dorso nudo, i muscoli della schiena in risalto ad ogni movimento delle braccia, scura la pelle, abbronzata, segnata da bianche cicatrici, di cui due sul fianco sinistro, come se fossero graffi di un grosso, irreale, felino, ed una lunga sulla schiena, sopra la scapola destra.

- Non sono un filantropo, ed a suo tempo ti dirò perché ti abbia sposata, per ora basta che tu sappia qualche regola. Sono un uomo rispettabile, anche se viaggio sulla Regina, quindi non ho voglia di venire a sapere che apri le gambe per qualcuno, ne sulla terra, meno che mai sulla nave. Bada bene, ad un uomo della ciurma che si rincoglionisce per una gonnella, il capitano Jakson non esita a mettergli il cappio al collo, quindi bada alle tue azioni.- William indossò una camicia pulita, ma meno elegante di quella indossata in mattinata e cambiò giacca. Non ricevendo risposta da Helena immaginò che avesse nuovamente annuito.

- Sei mia moglie, che ti piaccia o meno condivideremo questa cabina e questa vita per parecchio tempo ancora, quindi fatti passare la paura che hai di me e abbi il coraggio di parlarmi... detesto parlare da solo.-

L'uomo guardò lo specchio aggiustandosi il collo della camicia, aspettò parecchio prima di riuscire a sentire la risposta della ragazza, un timido “si” quasi paragonabile allo squittio di un topo.

- Benissimo, indossa l'abito blu, questa sera siamo ospiti del capitano Jakson per la cena.-

Helena si sposto dietro il paravento, ogni movimento lento ed estremamente curato per paura di far vedere una parte del suo corpo nudo a quell'uomo, per paura che si ricordasse di far valere i suoi doveri coniugali.

Sentì il fruscio famigliare della piuma contro la carta, suo marito aveva ripreso a scrivere, come sempre ignorava la sua presenza.

Quando uscì da dietro il paravento, William la guardo, così avvolta in seta blu, con dei pizzi ad ornarle il decoltè e gli sbuffi delle maniche, l'uomo accennò ad un sorriso sollevando il sopracciglio, sospirò rimettendo a posto l'inchiostro e la pergamena, e la guardò nuovamente.

- Sei incantevole, si direbbe quasi che io sia un marito fortunato – le porse il braccio accompagnandola verso la cabina del capitano.

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** capitolo 14 ***


La cabina del comandante era diversa da come la ricordava, la luce del giorno non irrompeva più dalla vetrata di poppa, dove si vedeva solo una profonda oscurità. Neanche le stelle brillavano quella sera, offuscate da spesse coltri di nubi.

La sala era illuminata dalla luce tremolante delle candele ed il tavolo era imbandito come per una serata di gala, perfettamente apparecchiato. Se avesse preso il centimetro avrebbe sicuramente ritrovato le perfette distanze fra i bicchieri ed i piatti, e fra le numerose posate.

Il capitano non era ancora arrivato, un marinaio che non conosceva ancora li accolse facendoli accomodare sul piccolo diano non molto distante.

In quel silenzio, Helena, quasi si dimenticò della presenza del marito ed iniziò a muoversi nella cabina. L'ultima volta che era stata lì,. Era stata appena presa prigioniera e non aveva badato a tutti quei particolari, ora era diverso, eppure era passata poco più di una settimana. Poco più di una settimana per stravolgerle la vita.

Passò le dita sul pianoforte polveroso, era evidente che nessuno lo suonava da tempo, fece una leggera pressione con l'indice, il tasto si abbassò ed il meccanismo ingranò alla perfezione facendo vibrare nell'aria un suono basso di do.

- Sai suonare? - la voce di William arrivò diretta e inaspettata. Helena sobbalzò voltandosi verso di lui, seduto sul divano con le gambe allungate in avanti. Nel suo giro di perlustrazione della cabina, la ragazza si era completamente dimenticata della presenza del marito, che silenziosa l'aveva osservata a lungo in ogni suo movimento ed esitazione.

- Un pochino – sussurrò appena ritraendo la mano, come se la bianca tastiera fosse diventata incandescente.

- Suona allora Helena, allieterai la nostra attesa – incalzò lui

- No, io non credo che... insomma non vorrei che il capitano...-

- Il capitano cosa? - Julian Jackson apparve sulla porta in quel momento, entrò trascinando i piedi, con poca grazia gettò il capello a falda larga sulla scrivania e si mise a sedere a tavola facendo tintinnare le posate.

- Beh allora? Non mi rispondi?- continuò quasi seccato verso Helena.

William si alzò lentamente dal divano, si accostò ad Helena e l'aiutò a sedersi facendo scorrere la sedia dietro di lei.

- Mia moglie suona il piano, le avevo chiesto si allietare l'atmosfera in tua attesa, ma ha preferito aspettare temendo un tuo rifiuto – spiegò pacato, mettendosi anche lui a sedere.

- Tutto qui? Ed io che pensavo! Certo che puoi suonare, carissima Helena, la moglie di William è come una sorella per me, e pertanto puoi fare ciò che più ti aggrada – il capitano sfoggiò uno dei suoi migliori sorrisi – anzi ti dirò di più, prenderemo l'abitudine dopo cena di ascoltarti, così rilasseremo le nostre membra dopo una lunga giornata, che ne dici bambolina?-

- Sarà un piacere ca..capitano – balbettò in un sussurro Helena mantenendo lo sguardo sul piatto. Silenzioso il marinaio che aveva visto prima, iniziò a servire la prima portata.

Sul tavolo calò il silenzio interrotto solo dal tintinnare delle posate, infine fu Julian a riprendere la parola.

- Se il tempo ci è favorevole fra tre giorni all'alba saremo arrivati alla baia, speriamo che il tuo sesto senso ci guidi bene William -

- Sai bene Julian che è un bel rompicapo, ma se alla baia troviamo qualche indizio, può essere un buon punto di partenza... no?- i due si guardarono a lungo, continuando solo con lo sguardo la loro discussione per un minuto circa, poi il capitano distolse lo sguardo voltandosi verso Helena.

- Dimmi cara, cosa facevi prima di salire a bordo della Regina?-

Helena guardò il capitano, poi William che le fece un leggero cenno de capo, poi di nuovo il capitano, e lentamente, una per volta, le parole iniziarono ad uscire.


Spero vi sia piaciuto! fatemi sapere, attendo ansiosa i vostri commenti!

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** capitolo 15 ***


La tempesta li sorprese mentre erano in mare aperto

La tempesta li sorprese mentre erano in mare aperto. La Regina iniziò ad oscillare in balia delle onde e dei venti. Gli uomini indaffarati sul ponte, urlando fra di loro ordini, imprecazioni ed oscenità, nel grande trambusto sembravano anche divertirsi.

Helena era rimasta in cabina, si teneva aggrappata al letto, mentre la tempesta sballottava da una parte e dall’altra il mobilio non inchiodato alle assi del pavimento, ormai aveva perso il conto di quante volte la porta si era aperta e chiusa da sola, ora era aperta, bloccata dalla cassa che dall’ultima oscillazione le era andata a sbattere contro, ma non sarebbe trascorso molto tempo prima che la nave si piegasse dall’altro lato, la cassa riprendesse il suo viaggio e la porta tornasse ad essere libera di sbattere.

- C’è un gran bel movimento di su! – disse William comparendo sull’uscio aggrappato alle pareti del corridoio, i capelli scuri erano bagnati fradici e gli si erano appiccicati sul volto segnandone maggiormente gli zigomi marcati ed invece nascondendo quasi completamente la cicatrice sul sopracciglio.

- Come sta il tuo stomaco? – aggiunse notando il colorito verdastro sul volto della ragazza.

Helena si limitò a scuotere il capo e fare una leggera alzata di spalle, le labbra erano serrate, in un infantile tentativo per arginare il malessere.

- Capisco, dirò al cuoco di mettere da parte la tua porzione del pranzo…- sorrise William, scavalcando la cassa ed avvicinandosi al letto.

- Perché il cuoco sta cucinand…- non riuscì a terminare la frase poiché non solo parole uscirono dalle sue labbra, forse avrebbe fatto meglio a rimanere con la bocca chiusa.

Con una rapidità da manuale, William le mise davanti il catino ed una mano le appoggiò sulla schiena.

- Va meglio ora? Diamine Helena, la prossima cosa di cui puoi liberarti sono i tuoi organi…. Cerca di non farteli scappare, ok? – La ragazza si pulì la bocca e serrò nuovamente le labbra annuendo al marito, William le sorrise nuovamente, sfoggiando quel suo strano ghigno

- Comunque si, il Cuoco sta cucinando, la vita va avanti lo stesso, la Regina non si ferma per un po’ di pioggia ed un venticello. Ha qualche difficoltà a mantenere la pentola sul focolare, ma si sta arrangiando – anche Helena accennò un sorriso goffo con le labbra strettamente serrate.

- Benissimo – l’uomo le tolse la mano dalla schiena e prese il catino – Porto via questa schifezza, ci vediamo più tardi… magari prova a muoverti – le fece una leggera alzata di spalle – forse muovendoti tu stessa non sentirai tutte le oscillazioni della nave –

Alla parola oscillazioni Helena diventò nuovamente verde; William si precipitò a metterle il catino innanzi alla bocca, ma fortunatamente fu solo un falso allarme e con un esplicativo cenno della mano, la ragazza lo rassicurò.

Non seppe dire per quanto tempo rimase attaccata al letto, con gli occhi chiusi, cercando di immaginare la stabilità della terra, nonostante la cassa continuasse a percorrere la cabina ad ogni movimento del vascello. Perso il conto di quante volte, a turno, fossero venuti a trovarla Boris, Pasha e William, portandole ogni volta un fazzoletto pulito o il catino vuoto.

In quel momento non contava più il tempo misurandolo in giornate o in ore, ma solo in istanti, ogni istante in più con le labbra serrate e la bile arginata era un piccolo successo di cui essere fieri.

L’oblò oscillava, mostrando mare e cielo, e poi nuovamente, mare e cielo; Helena cercava di guardarlo il meno possibile per non aumentare il suo senso di malessere, non è che le servisse molto guardare l’oblò, il colore era di un unico grigio scuro, che fosse il cielo o il mare: impossibile giudicare che ora fosse.

Dopo, quella che le sembrò un’infinità di tempo, si decise a scendere dal letto ed approfittando della porta aperta, si avventurò per la nave. Dovette aggrapparsi alle pareti dei corridoi per poter procedere, e più di una volta si ritrovò carponi sul pavimento.

Con non poca fatica raggiunse le scale, gattonando le salì alla disperata ricerca di un po’ d’aria pura.

Il ponte era animato da gran parte della ciurma, il capitano Jackson urlava per sovrastare il rombare del vento, dettando ordini, e loro rispondevano con altrettanto forti imprecazioni, mentre si destreggiavano fra le cime, le vele ed il timone.

Il vento e la pioggia sulla pelle le sembrarono donare un po’ di sollievo, scivolò seduta con la schiena contro la cabina di legno, beandosi di quel momenti si piacere. Non passò molto e si addormentò stremata dalla giornata; nello stato di incoscienza in cui era sospesa riuscì a percepire due braccia che la sollevavano ed un petto bagnato a cui appoggiò la testa.

 

 

*°*

 

 

La tempesta era durata un giorno intero, e contro le loro speranze, li aveva ritardati e fatto cambiare rotta tre volte prima di tornare alla tranquilla navigazione.

Erano arrivati alla baia del Silenzio con mezza giornata di ritardo, un errore grave che avrebbero potuto pagare a caro prezzo.

Avevano progettato di sbarcare nella baia poco prima dell'alba in modo da finire tutto prima ancora che altre navi iniziassero a circolare nelle acque antistanti a stretta insenatura, nessuno avrebbe notato nulla, ed invece ora in mezzogiorno pieno, avrebbero solo dovuto sperare nella buona sorte.

William mise nella sacca della carta ed un carboncino, meglio sempre avere a portata di mano qualcosa per scrivere i particolari di un'impresa; guardò verso il letto, Helena dormiva tranquilla, da quando l'aveva portata in cabina non si era ancora svegliata, ma finalmente aveva ripreso colorito sulle guance e questo bastava a rassicurarlo. Le lasciò il vassoio della colazione sul comodino e si allontanò, chiudendo la porta dietro di se.

La Regina era tranquilla, sul pennone era issata la bandiera inglese, ed i pirati della ciurma avevano indossato le loro uniformi pulite. Gli ordini erano chiari, sarebbero rimasti all'ancora a poca distanza dalla baia, nessuno avrebbe lasciato la nave prima del ritorno del capitano e di William, nessuno avrebbe riposato a abbassato la guardia: le armi erano cariche e pronte all'uso.

Due uomini stavano facendo scendere la scialuppa di poppa, il capitano Jackson lo aspettava appoggiato al parapetto.

- Sono Pronto Capitano – gli disse avvicinandosi, Julian alzò lo sguardo su di lui e lievemente annuì.

- Spero che la tua idea sia giusta, questa storia non mi piace per niente – gli sussurrò prima di scendere la scaletta per salire sulla scialuppa; con loro viaggiavano due uomini, i meno fidati, gli uomini che mai il capitano avrebbe lasciato sulla Regina senza di lui.

In poche remate si furono allontanai sufficientemente dalla nave e si destreggiavano fra gli scogli, entrando nella stretta insenatura.

La vegetazione fitta sembrava immobile, neanche un filo di vento a scuoterne le fronde. Remavano silenziosi fino ad arenare la barca sulla sabbia sottile e perlacea della spiaggia, le acque erano cristalline, ma non si vedeva nessun pesce, ne uccelli in volo... niente: se si chiamava Baia del Silenzio un motivo c'era.

Lasciarono la barca a riva e si incamminarono nella vegetazione fitta seguendo silenziosi il capitano, l'unico a conoscere la strada. William si appuntò passo dopo passo, deviazione dopo deviazione, tutto ciò che sarebbe potuto tornargli utile per ritrovare la strada e la tomba del Re.

La tomba di Philip Morton, temuto re dei pirati, distava una ventina di minuti dal mare, e per via delle vegetazione era impossibile vederne anche solo uno squarcio, sentirne il profumo o il familiare sciabordio. Il temuto re dei pirati, uomo solitario per eccellenza, giaceva sotto una coltre di terra, in un anfratto disperso in una baia dal silenzio irreale, probabilmente non esisteva posto migliore dove potesse esser sepolto.

- Eccoci. - disse convinto il capitano . Scavate! - ordinò ai due pirati che lo seguivano armati di vanga e zappa, indicando la terra rialzata sotto una X di legno: Philip Morton non era degno di una croce, ne sarebbe stata una croce sulla tomba a salvarlo dall'inferno.

 

Eccomi con il nuovo aggiornamento. Fatemi sapere cosa ne pensate! Alla prossima!

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Capitolo 16 ***


Si svegliò in tarda mattinata, il sole entrava dall'oblò ed illuminava la cabina; si stiracchio a lungo occupando per intero il letto: William non c'era... meglio così!

Stropicciò gli occhi ed infine si decise ad aprirli, dall'intensità della luce poté immaginare fosse quasi ora di pranzo, eppure la nave era stranamente silenziosa. Con parecchia soddisfazione si rese conto che la Regina era ferma, forse erano attraccati in qualche porto e la ciurma recitava la parte dell'equipaggio rispettabile .

Un profondo gorgoglio le fece vibrare l'addome, il giorno prima era stata davvero male, non aveva toccato cibo ed aveva espulso tutto ciò che aveva ingerito fino ad una settimana prima, non c'era da stupirsi se il suo organismo reclamasse un pasto decente.

Si tirò su, mettendosi a sedere sul letto, quando notò il vassoio sul comodino dal lato del letto di William: che fosse per lei? Gattonando si avvicinò al comodino, sul vassoio c'erano delle gallette, della marmellata spalmabile e del the... non male come colazione, avrebbe attutito per un po' il suo appetito, giusto il tempo di vestirsi ed andare in cucina: il cuoco non si fermava mai e c'era sempre qualcosa di pronto da mangiucchiare.

Divorò la colazione lasciando sul vassoio solo le briciole, nella fretta non si accorse di un biglietto poggiato sul tavolino che ricadde sotto il letto sparendo alla vista. Su di esso una semplice scritta “buongiorno”.

Helena indossò rapida un vestito verde acqua non troppo gonfio su i fianchi ed il corpetto bianco con la scollatura quadrata, le maniche erano dello stesso colore della gonna, lunghe e larghe.

Il silenzio e l'estrema tranquillità della Regina non la insospettirono, ne la turbò vedere una nave accostarsi alla loro ed offuscare l'oblò della sua cabina. Qualcosa nella sua percezione cambio, però, quando un portello sulla nave affianca si aprì e la bocca di un cannone si affaccio proprio innanzi a lei.

Retrocesse lenta nella cabina,quasi come se il cannone potesse notare il suo movimento, non appena fu nei corridoi iniziò a correre raccogliendosi la gonna per essere più libera nei movimenti.

Spalancò la porta della cucina, una cosa l'aveva capita, la vita della nave proseguiva sempre e comunque, una tempesta non aveva impedito al cuoco di cucinare... ma questa volta la cucina era vuota, deserta... qualcosa di grave stava sconvolgendo la Regina.

Era ancora assorta nel silenzio della cucina quando le prime urla e schianti iniziarono a sentirsi sul ponte, ricordava alla perfezione quei suoni.

Lasciò la cambusa avventurandosi nei corridoi vuoti, risalì sul ponte e si appiattì contro la parete di legno per non farsi investire da pallottole vaganti.

Lo spettacolo che l'accolse non le piacque molto, i pirati della Regina combattevano con una visibile inferiorità numerica contro gli uomini dell'altra nave, a prima vista avrebbe detto fossero uomini della marina inglese, ma come ospite della Regina aveva imparato a non giudicare una nave e la sua ciurma dalla bandiera o dalle uniformi.

Nella confusione della battaglia cercò con lo sguardo William e il capitano Jackson, nessuno dei due era sul ponte e se non erano sul ponte con molta probabilità non erano a bordo. Un sorriso inaspettato le incurvò le labbra, la possibilità di fuga le era servita su un piatto d'argento.

Si guardò nuovamente attorno, acquattandosi dietro una cassa, cercando di essere meno visibile possibile, non erano in porto come si era aspettata, ma all'ancora al largo di una piccola baia. Le possibilità non erano molte: salire sulla nave inglese, sperando nella buona sorte, oppure rifugiarsi sulla baia e confondersi fra la vegetazione; questa seconda possibilità le sembrò più fattibile.

Rimase nascosta dalla cassa, cercando di studiare il piano di fuga: sul ponte si stava scatenando l'inferno, non sarebbe stato facile attraversarlo eppure aveva molte possibilità che nella confusione nessuno la notasse. Raccolse la gonna ed iniziò a muoversi rapida verso il parapetto, da lì si sarebbe tuffata ed a nuoto avrebbe raggiunto la baia, con un po' di fortuna si sarebbero accorti della sua assenza solo quando sarebbe stata troppo lontana. Nuovamente sorrise, finalmente qualcosa andava per il verso giusto.

Era arrivata al parapetto e stava per arrampicarsi oltre quando un urlo ed un'imprecazione la fecero voltare repentinamente.

Come se il tempo fosse rallentato di colpo, vide una pistola puntata sparare, il proiettile raggiungere l'addome del pirata con i capelli rossi, trapassarlo e conficcarsi nel pavimento dietro di lui, un flusso violento di sangue iniziò a sgorgare.

Pasha si portò le ani all'addome, negli occhi ancora l'incredulità mentre lentamente l'ombra della consapevolezza si faceva largo nel suo sguardo.

Boris grugnì ed imprecò mettendosi fra il fratello e l'uomo che lo aveva ferito.

Helena aveva già una gamba oltre il parapetto, solo un altro movimento e avrebbe lasciato quella maledetta nave, ma non riusciva a staccare gli occhi da Pasha, anche lui a breve avrebbe lasciato la Regina e purtroppo non solo quella.

Si maledisse più volte, dieci, cento, mille maledizioni a se stessa non bastarono, ormai aveva preso la sua decisione.

*°*

Senza troppe cerimonie, William scoperchiò la bara appena disotterrata; Julian era rimasto in disparte e dal movimento febbrile delle sue labbra immaginò stesse pregando chi sa quale Santo per farsi perdonare quella profanazione. William lo guardò accennando un sorriso, tutto sommato c'era un bel po' di ironico in quella faccenda... il sorriso si smorzò immediatamente quando aprì la bara.

Il più tetro e macabro spettacolo non era nulla a confronto di ciò che trovarono: niente, una bara polverosa e mezza marcia, completamente vuota.

- I Vermi hanno fatto proprio un bel lavoro qui...- commentò un pirata

- Impossibile, idiota, nessun verme potrebbe fare questo, le ossa e i denti sarebbero rimasti, è impossibile è morto circa 25 anni fa. Qui non c'è proprio nulla... non è stato sepolto in questo posto!-

-Cosa osi dire William – sbottò il capitano – io c'ero quel giorno, l'ho visto!-

- Beh forse ti sei distratto – continuò cinico l'uomo, ripulendosi i genti ed i vestiti dalla polvere e dalla terra.

Julian si lanciò su di lui, William si spostò agile.

- Hai voglia di litigare Julian?-

-William- borbottò aspro il capitano, cercando di riassumere un po' di contegno. William, ricorda che Io sono il Capitano e tu... tu senza di me non saresti nulla...- fra i due calò il silenzio e come spesso accadeva sembrò comunicassero solo con gli sguardi reciproci.

- Ok, va bene hai ragione – esclamò alla fine William, alzando le braccia in segno di resa – mi dispiace di averti mancato di rispetto, ma parliamoci chiaro, Capitano, il corpo del Re non è qui, le possibilità non sono molte. O non è stato sepolto qui, oppure qualcuno è arrivato prima di noi e ne ha fatto sparire il corpo, fatto sta che qui non abbiamo nulla da fare, torniamocene alla Regina e ragioniamoci meglio... ok?-

Sbuffando ed imprecando i due uomini della ciurma, agli ordini del capitano, risotterrarono la bara, rimettendo al suo posto la X di legno, poi seguiti dal capitano e da William ripreso la strada verso la spiaggia.

- Tua madre non avrebbe gradito questo litigio, Julian!- lo rimproverò scherzoso William, poggiando amichevolmente la mano sulla spalla di Jackson, il capitano lo guardò, l'ombra di un mezzo sorriso comparve sul volto.

- Neanche la tua William, mi pareva che ti avesse insegnato a portare rispetto per le persone più grandi di te o sbaglio?- rimbeccò Juliam, abbastanza certo che i due pirati avanti non lo sentissero.

- Già, la buona donna di mia madre ci provò, fu mio padre a darmi il cattivo esempio.- il capitano non rise, ma tacque alcuni istanti sovrappensiero; erano quasi arrivati alla spiaggia.

- Fu un grande uomo ed un grande capitano – rispose infine più a se stesso che a William, l'uomo sorrise nostalgico ed aprì bocca per rispondere, ma le parole gli morirono in gola quando arrivarono sulla spiaggia, lo spettacolo tanto temuto si rivelò: La Regina aveva compagnia.

- Porca miseria! Dicevo io che qualcosa non andava, lo sentivo a pelle!- imprecò il capitano.

- La maledizione del re, abbiamo profanato la sua tomba e lui...- iniziò uno dei due pirati.

- Zitto imbecille! Non è il Poseidon, ne tanto meno una nave fantasma, quello è un galeone della marina Inglese, una vecchia conoscenza – continuò il capitano- bene, li prenderemo da dietro, nessuno può abbordare la Regina e tornare vincitore!-

Spinsero la scialuppa in acqua e lentamente, cercando di rimanere fra gli scogli il più a lungo possibile, raggiunsero le spalle della nave militare.

- Sembrerebbero che siano tutti a divertirsi sulla Regina – sussurrò l'altro pirata. Il capitano e William si guardarono, un sorriso, un mezzo sorriso identico comparve su i loro volto.

- Meglio, più divertimento per noi...-

Lasciarono la scialuppa e si arrampicarono, aggrappandosi a delle cime, sul fianco della nave inglese fino al ponte. Uno sguardo del capitano ed un lieve cenno della mano ed i due pirati e William erano al proprio posto: il meglio stava arrivando.

NDA: Eccomi con un altro aggiornamento, come avete notato finalmente ho i capitoli un po' più lunghi, ma non perché abbia risolto il problema, ma perché mi faccio mettere i capitoli dal pc del mio fidanzato. Perdonatemi la lentezza degli aggiornamenti, cercherò di farmi perdonare con i prossimi.

Fatemi sapere cosa ne pensate.

Alla prossima

Laja

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Capitolo 17 ***


Le maledizioni che si era ripetuta non erano valse a nulla, aveva preso la sua decisione e non avrebbe più potuto tornare indietro. Ripercorse il ponte, mossa da una forza che non credeva di avere, si gettò sul corpo sanguinante di Pasha; il suo arrivo sembrò tranquillizzare Boris che smise di difendersi solamente e passò ad un violento attacco contro l'uomo della marina.

Helena impulsivamente si strappò una manica del vestito e con forza iniziò a tamponare la ferita; in breve il tessuto verde si tinse di rosso ed il sangue iniziò a stagnare; senza pensarci si strappò l'altra manica e ne fece il medesimo uso.

Pasha aveva perso i sensi da un pezzo, quando le su avvicinò Boris, il trambusto sulla Regina continuava fra schianti, detonazioni e grugniti, di tanto in tanto qualcuno veniva buttato in acqua ed allora si sentiva un urlo entusiasta dal pirata che l'aveva buttato fuori bordo, e poi tutto riprendeva come se niente fosse, fra schianti, detonazioni e grugniti.

- Allora? - Boris esaminò rapidamente la situazione del fratello, e la ragazza sporca di sangue con le mani sul ventre di Pasha.

- Allora non lo so, non sono un medico... non c'è un medito a bordo?- urlò per la tensione Helena, premendo con forza sulla ferita, il sangue le stagnava tra le dita ed il corpo del pirata perdeva sempre più colorito.

- Certo che c'è un medico, ma è impegnato come tutti, c'è un gran bel da fare quassù sai..-

- Non mi importa, portalo qui Boris! - continuò urlando la ragazza.

Boris si era appena rimesso in piedi, dopo una lieve carezza sulla fronte del fratello, quando una forte esplosione rimbombò nell'aria.

Helena chiuse gli occhi stringendosi più a Pasha, ma la Regina non tremò, di nuovo un'altra esplosione, era il chiaro rumore di un cannone, immaginò la palla sbucare dalla bocca dell'arma e distruggere la sua cabina, ma nuovamente la Regina rimase ferma,

Dopo la terza esplosione, riaprì gli occhi, la nave della marina di fronte a loro, iniziava un lento declino fra le acque, sul ponte apparvero il capitano Jackson, William ed altri due uomini della ciurma, ridendo e sghignazzando. Erano stati loro a sparare, avevano puntato i cannoni della nave militare sulla nave stessa ed ora la stavano facendo affondare.

Li guardò stupita mentre si aggrappavano alle cime e saltavano da un ponte all'altro.

- Uomini! Che fine hanno fatto le buone maniere! - urlò il capitano mettendo i piedi sulla tolda della Regina. Gli altri esultarono e continuando il combattimento contro gli sbalorditi uomini della Marina che osservavano sgomenti la nave affondare, iniziarono a cantare l'inno inglese.

Si destò da quello spettacolo divertente e crudele quando oltre a Boris arrivò al suo fianco un altro uomo, con i capelli brizzolati e gli occhi scuri, un po' di pancia ne curvava il panciotto nero sopra la camicia bianca sporcata dal combattimento.

- Signora è stata bravissima, ma ora dobbiamo portarlo nel mio ambulatorio – nello stato confusionale in cui si trovava, le parole le arrivarono ovattate ed incomprensibili,il corpo rimase teso sul corpo di Pasha con le mani ferme sulla ferita, fino a quando sue mani non la presero per la spalle, costringendola ad alzarsi ed allontanarsi: William era dietro di lei e la reggeva mentre Boris e l'altro pirata prendevano il corpo di Pasha, che sembrava morto e lo portavano via.

- Il dottor Seymour sa il fatto suo, lo salveranno vedrai... ed il tuo aiuto è stato tempestivo- le disse William mantenendola ancora per le spalle, le sue grandi mani le stringevano delicatamente le spalle nude, tenendola contro di se.

- Lasciami, devo andare con lui – sussurrò appena la ragazza facendo un lieve cenno di muoversi, le mani si allontanarono immediatamente da lei lasciandola libera.

In precario equilibrio attraversò il ponte seguendo Boris ed il medico fra i corridoi di legno fino all'ambulatorio.

 

 

*°*

 

Guardò Helena attraversare il ponte sbandando come se fosse ubriaca, aveva fatto un carico pieno di tensione quel giorno.

Il canto nazionale inglese terminò con l'affondare dell'albero maestro, la bandiera inglese galleggiare con le vele per alcuni istanti prima di essere trascinata verso il fondo con il resto del galeone.

In breve l'ordine sulla Regina fu ripristinato, gli ultimi uomini della marina rimasti si tuffarono in acqua cercando un destino migliore dei loro compagni, gettati in mare come cadaveri.

Julian stava dando ordini per ripulire il ponte, salpare l'ancora e ripartire, ben presto tutto sarebbe tornato alla normalità. Rimise la spada nella fodera alla cintola, si sistemò i capelli legandoli nel più garbato codino. Tutti gesti fatti in automatico, mentre nella mente si ripetevano le immagini dell'azione, da quando erano saliti sul ponte della nave militare avevano avuto poco tempo, le loro azioni erano state calibrate e contemporanee, c'erano pochi uomini di guardia da mettere fuori combattimento prima di avere libero accesso ai cannoni... Julian aveva avuto un'idea geniale, suo padre sarebbe stato fiero di lui, non c'erano dubbi, quel capitano sapeva il fatto suo.

Sorrise fra se e se ritornando verso la cabina, prima di tornare sul ponte del galeone, mentre già iniziava ad affondare aveva guardato rapidamente in tutte le cabine e l'aveva chiamata, aveva chiamato Helena, una ragazza sana di mente, terrorizzata dai pirati, avrebbe colto al volo l'occasione di farsi liberare e proteggere dalla marina, ed invece...ed invece era rimasto molto sorpreso nel trovarla sul ponte, nel bel mezzo del trambusto, così tenacemente aggrappata a Pasha, così fortemente intenta a salvare la vita di un pirata.

Deviò il suo percorso, dirigendosi a prua e fermandosi solo davanti all'ambulatorio, rimase fuori dalla porta per non intralciare, silenzioso osservò.

Il dottor Seymour tracannò un bicchiere di Brandy e ne versò altrettanto sulla ferita, fortunatamente Pasha era ancora incosciente, l'avevano ripulito e ora giaceva mezzo nudo sotto le mani esperte del medico.

- E' stato fortunato Boris, il proiettile l'ha preso nel fianco senza intaccare nessun organo vitale, ha perso parecchio sangue, ma l'aiuto tempestivo della ragazza gli ha salvato la vita -

- Cosa posso fare dottore? Non riesco ad aspettare così...così- l'uomo rise divertito sentendo le parole di Helena.

- L'eccitazione del combattimento scorre ancora nelle tue vene, bene bene, sei la degna moglie di un pirata – ridacchiò spostando lo sguardo verso la porta, dietro William, si era creata una piccola fila.

- Va bene ragazza, occupati dei feriti che aspettano fuori, io nel frattempo metterò in sesto il giovane Kutosky...- le accennò con il capo le garze ed il materiale che le sarebbe tornato utile – per qualunque dubbio, chiamami pure! - le sorrise il medico, tracannando un altro bicchiere di brandy.

Helena gli venne incontro, i loro sguardi si incrociarono brevemente prima che lei abbassasse lo sguardo su un punto della sua mandibola, da dove partiva un fastidioso bruciore.

- E' solo un graffio, non preoccuparti per me, bada agli altri – le disse pacato coprendosi la piccola ferita con la mano. Helena accennò un movimento d'assenso con il capo e si spostò sul secondo pirata in fila che stava seduto nel corridoio con le mani sulla gamba.

Si chinò su di lui, come aveva visto fare al medico verso un po' di brandy sulla ferita ripulendola, il pirata imprecò e grugni.

- Magari potrei berne un goccetto, bellezza! - Helena lo guardò appena cercando di ripulire la ferita con la garza

– Dai un goccio solo!- il pirata si mosse rendendole difficile medicarlo.

- Ok, basta, un po' di rispetto per la Mia Signora, Bill – William si avvicinò ai due imponendo la sua presenza ed autorità. E poi, non vale la pena fare tutte queste lagne per un po' di Brandy, non quando sta sera ci aspetta il Rhum - continuò ammiccando.

Un gorgoglio di approvazione si levò da tutti i pirati in fila, da quel momento nessuno osò più disturbarla.

La ragazza arrivò alla fine della fila, il pirata che le si avvicinò teneva la mano sinistra stretta al petto dalla destra, con estrema lentezza gliela porse mostrando l'arto rattrappito su se stesso completamente gonfio e violaceo.

Helena con le mani in avanti pronte per accogliere l'arto del pirata immaginando una semplice ferita, a quella vista urlò tirandosi indietro.

- Oscar, credo che qui ci sia bisogno di te! - esclamò William verso l'interno dell'ambulatorio.

Il dottor Seymour appare dopo pochi istanti ripulendosi le mani.

- Pasha è a posto, ora dormirà un po', ma è vivo e vegeto... cosa abbiamo, invece, qui?- il pirata alto e scuro di carnagione gli sorrise mostrandogli la mano maciullata.

- Per tutti i mari, Fey, che hai combinato?- il pirata ridacchio cercando di celare il dolore

- Oscar gli ho dato un bel pugno a quel comandante dei miei stivali, se la mia mano è così, immagina la sua faccia...- ridacchiò ancora lasciando la mano fra quelle esperte del medico che ne accarezzo delicatamente le dita.

- Signor William avrei bisogno del suo aiuto e di quello di sua moglie, se fosse possibile – esordì il dottor Seymour conducendo il pirata scuro alla scrivania e facendogli mettere la mano sul ripiano.

- Al servizio della Regina, Oscar – rispose accennando un sorriso William e senza aggiungere altro si mise alle spalle di Fey, mentre Helena si avvicinava al medico di bordo.

- Dimmi Fey, hai già preparato il pranzo? Perché mi sa che dopo sarai troppo ubriaco per cucinare-

Il pirata sghignazzò bevendo d'un sorso il bicchiere di brandy che gli veniva offerto.

- Oh si, era già tutto pronto prima della visita della marina, ma lo sapete che cucino meglio quando sono sbronzo, anche con una mano sola... sono o non sono il miglior cuoco della Regina?-

-Io direi che sei l'unico cuoco, Fey, bevi un altro goccio... - continuò William porgendogli una altro bicchiere pieno.

 

*°*

 

 

 

Note: Ecco un altro capitolo, e se sono più lunghi,d evo ringraziare l'anima pia e paziente del mio fidanzato che li posta per me ^_^

Spero vi piaccia... ed ora a voi, scrivetemi tutto: dubbi, perplessità, critiche e quant'altro.

 

Alla prossima!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Capitolo 18 ***


Oscar Seymour iniziò a palpare la mano distendendola delicatamente mentre William continuava a parlare e far bere il pirata con i capelli lunghi raccolti in trecce o boccoli strani lunghi e rigidi, ed una fascia multicolore impediva che ricadessero sulla fronte.

- Guarda Helena, vedi non è rotta, o per lo meno non tutta, alcune ossa sono uscite dalle articolazioni, ma una volta rimesse a posto tornerà praticamente normale, invece guarda – le indicò due dita, l'indice ed il medio, - qui c'è una frattura se tocchi la senti sotto le dita – le fece provare, la mano del pirata era sempre più gonfia e calda – Ora non ci resta che tirare le dita sane e rimettere le ossa nell'articolazione e riparare queste fratture... guarda bene, così potrai farlo tu la prossima volta!-

Fey tracanno un altro bicchiere di Brandy, ogni tanto sussultava quando gli veniva toccata la mano, ma la presa ferma sulle sue spalle di William gli impedivano movimenti più bruschi.

- Ci siamo...- guardò William facendogli un lieve cenno del capo che non sfuggì al cuoco. Fey lasciò il bicchiere e con la mano libera prese la bottiglia attaccandosela alle labbra, chiuse gli occhi bevendo brandy come fosse acqua.

Il dottor Seymour fu veloce e competente ed Helena gli passò rapidamente tutto il necessario per bendare e bloccare la mano.

Quando l'operazione finì Helena tirò un sospiro di sollievo arretrando di qualche passo dalla scrivania per riprendere fiato e calma. Si stupì di se stessa, fino a poco tempo prima se qualcuno le avesse proposto di strappare la veste per soccorrere un pirata in un lago di sangue o di aiutare in un'operazione sarebbe scoppiata a ridere civettuola nascondendosi dietro il ventaglio... ed invece... alzò lo sguardo su William, anche lui la stava guardano e chissà da quanto tempo la osservava. Rimase silenziosa, incatenata allo sguardo del marito fino a quando una risata acuta non irruppe nella stanza, entrambi spostarono lo sguardo sulla fonte della risata tanto sguaiata: il pirata Fey.

- Sapete – disse fra le risate – tutto questo è molto divertente... se sento dolore vuol dire che sono vivo, quel poveraccio che mi ha spaccato la mano invece non sente niente a testa in giù mentre gli squali banchettano! - il cuoco continuò a parlare e a ridere sguaiatamente.

Il pavimento sotto di loro tremò e la nave fu di nuovo in movimento: Helena sospirò, la sua possibilità di fuga era definitivamente sfumata, spostò lo sguardo e di nuovo incrociò gli occhi del marito, c'era qualcosa di diverso in quel profondo sguardo, qualcosa che l'istante prima non era apparsa. Abbassò le palpebre fissando il graffio sulla mandibola non ancora medicata, prese una garza e gli si accostò. Cerando di evitare il suo sguardo e limitare i contati fisici fra di loro gli pulì la ferita con delicatezza, poi rimise a posto tutto il materiale e mentre Fey rideva ancora, si accostò a Pasha.

Gli sfiorò la fronte riordinandogli i capelli, per quel pirata smilzo con la zazzera rossa aveva rinunciato alla sua fuga, e per quanto ci provasse non riuscì a pentirsi della scelta fatta.

 

 

*°*

 

Fey continuava a ridere e a blaterare parole senza senso un po' per opera del brandy, un po' per la tensione della giornate che finalmente si scaricava.

Wiliam guardò sua moglie, ancora non riusciva a tradurre lo sguardo che si erano scambiati non appena era ripartita la nave.

- Forza Fey, tra poco è ora del rancio e alla ciurma poco interesserà se sei ubriaco fradicio e con la mano maciullata, la giornata è stata dura per tutti!- la voce del medico riportò William alla realtà. Guardò Oscar accompagnare alla porta il giovane cuoco e richiudere la porta alla spalle.

- Stai tranquilla ragazza, il caro Kutosky si riprenderò presto, magari passa a trovarmi un po' più spesso, posso insegnarti tanto ed un'aiutante è sempre utile su una nave come la Regina!. Helena annuì appena sovrappensiero.

- Vieni Helena, andiamo, anche il dottor Seymour deve riposare e presto sarà ora di mangiare – William le posò una mano sulla schiena accompagnandola fuori dalla cabina dell'ambulatorio.

Fecero un pasto unico in tardo pomeriggio nella cabina del capitano, rimasero silenziosi durante tutto il pasto e come promesso Helena suonò qualcosa al pianoforte, una melodia lenta ed a tratti struggente con cui sfogava i suoi sentimenti contrastanti dell'intera giornata.

 

 

 

 

 

Nota dell'autrice: Scusatemi il ritardo di aggiornamento, purtroppo, paradossalmente, durante le vacanze non ho proprio tempo per scrivere, ne tanto meno per dedicarmi al Pc. Spero di farmi perdonare con un prossimo rapido aggiornamento... intanto continuate a scrivermi... è bello sapere cosa ne pensate e come posso migliorare!

 

Auguri per un felice 2009

 

Laja

 

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Capitolo 19 ***


Capitolo 19

Si svegliò presto, dopo una notte carica di incubi, la pozza di sangue in cui giaceva Pasha, la mano maciullata di Fey e persino il misero graffio del marito l'avevano tormentata durante il sonno.

Aprì gli occhi, una luce grigia entrava dall'oblò, si voltò verso William; il marito dormiva apparentemente tranquillo, con la mano sinistra stringeva un fazzoletto bianco, lo riconobbe subito. Non si fermò molto a riflettere sul significato di quel fazzoletto, altri pensieri le si affollarono nella testa, William era lì a pochi centimetri da lei, le sarebbe bastato poco, pochissimo per ucciderlo, ma poi? Poi niente, avrebbe perso la sua protezione e sarebbe finita attaccata per il collo all'albero maestro, se non peggio fra le grinfie di tutta la ciurma.

Allungò delicatamente l'indice verso la mandibola di William, lievemente gli accarezzò il taglio che si stava cicatrizzando, probabilmente non avrebbe lasciato il segno biancastro della cicatrice.

Si alzò lentamente e nel silenzio si vestì nascosta dal paravento, in punta di piedi, poco dopo, uscì dalla cabina. Ritrovò facilmente il corridoio che portava all'ambulatorio, la porta di legno era socchiusa e con una leggera pressione l'aprì. Pasha dormiva tranquillo sulla brandina dove era stato adagiato la sera prima, la fasciatura sul fianco aveva assunto uno strano colorito, ma non osò indagare oltre. Anche il dottor Seymour dormiva, seduto alla sedia, con i piedi sulla scrivania, accanto a lui una bottiglia di brandy vuota, eppure avrebbe giurati fosse piena la sera prima, quando William l'aveva riaccompagnata in cabina. Certo era che dopo una nottata in quella posizione il risveglio del dottore non sarebbe stato felice, e con tutto il rispetto e la stima, Helena non avrebbe proprio voluto esserci in quel momento.

Silenziosa lasciò l'ambulatorio, socchiudendo la porta alle sue spalle, camminò un po' per i corridoi deserti, raggiungendo infine le scale che portavano al ponte.

Le prime luci dell'aurora imbiancavano il cielo ed il sottile strato di nubi all'orizzonte, le onde pigre si sollevavano in piccole creste riflettendo i primi raggi di quel pallido sole, che as est aerava nascere dal cuore dell'oceano.

La Regina, come il suo equipaggio, era ancora sonnacchiosa, i pochi marinai sul ponte si muovevano lentamente scambiandosi qualche battuta a cui seguiva una pigra risata.

Attraversò la tolda, nel silenzio dell'alba i suoi stivaletti con il tacco quadrato sembravano colpi di cannone sul rosso legno del ponte; un pirata si voltò verso di lei, le rivolse un sorriso sdentato e tornò a sistemare le cime. Helena raggiunse il parapetto di prua e svi si appoggiò a braccia conserte, d'innanzi a lei il mare aperto. Nei tenui colori dell'alba sospirò guardando l'orizzonte, tra quanto avrebbero raggiunto terra? Avrebbe mai avuto una seconda possibilità per riscattare la propria libertà?

Dei pesanti passi risuonarono sulla tolda, Helena si voltò contro luce, per poco non confuse l'uomo che le si affiancò con suo marito William, si schermò il viso e guardò meglio... il capitano.

Julian le si accostò poggiandosi anche lui al parapetto, scrutò l'orizzonte silenzioso, la prua della Regina solcava placida le pigre onde bagnate dall'aurora, diretta ad Ovest. Il mare aperto li avrebbe protetti per un po', concedendogli del tempo per decidere la nuova meta e tracciarne la rotta, per ora la Regina doveva solo allontanarsi di parecchie miglia dalla terra e da una possibile vendetta della Marina Inglese.

«Bella giornata, no?» la voce del capitano arrivò tranquilla e rilassata, senza quel tono burbero e roco che l'aveva contrassegnato nei giorni precedenti.

Helena si rilassò ed annuì appena, i riccioli le ricaddero innanzi agli occhi.

«Tuo marito non deve essere molto sano di mente se all'alba non ti tiene occupata a letto...» commentò sardonico Julian guardandola, la ragazza arrossì abbassando lo sguardo sulle proprie mani aggrappate con forza alla balaustra.

«Ah...William William, e pensare che ti ha voluto con tanto ardore!» ridacchiò ancora osservandone il palese imbarazzo, poi tornò a guardare l'orizzonte. Rimase in silenzio alcuni istanti mentre rapidamente il cielo, come se fosse una tela nelle mani di un pittore indeciso, mutava i suoi colori dall'oscurità della notte, al violetto, poi il rosa ed infine il celeste, mentre il sole alla loro spalle si levava in cielo per iniziare un'altra lunga giornata.

«Ho saputo quello che hai fatto ieri per Pasha, te ne sono grato. Siamo pirati, ma siamo anche una famiglia e non è mai bello dover abbandonare in mare un compagno.»

Helena lo ascoltò meravigliata, il temibile capitano Jackson la stava ringraziando. La sua attenzione fu brevemente attirata da altre voci poco più lontane.

«Hai visto Fey ieri?» domandò un pirata passando delle cime ad un compagno

«Si purtroppo l'ho visto...oggi mangeremo da schifo.» gli rispose l'altro afferrando le corde al volo.

«Vorrai dire... SE mangiamo...» soggiunse il pirata sdentato in un sospiro.

Helena rimase colpita da quel dialogo, lei stessa aveva visto le dita maciullate del povero Fey, si voltò verso Julian.

«Poverino, la mano era proprio distrutta, il dottor Seymour ha fatto del suo meglio ma non la potrà utilizzare per un po'.»

Il capitano la guardò perplessa per alcuni istanti, poi afferrando il senso delle sue parole scoppiò a ridere, attirando l'attenzione dei due pirati che sghignazzarono di rimando senza però comprenderne il motivo.

«No, ragazza, Fey potrebbe cucinare anche con i piedi e farebbe piatti sopraffini» rise ancora guardandola «il problema di Fey è l'umore, quando è triste, nervoso, teso o depresso è capace di cucinare delle cose immangiabili, più di una volta ho dovuto sequestrare il rancio e tenere a digiuno la ciurma. Meglio un po' di fame che la cacarella o qualche altra diavoleria che colpisce i visceri.»

Helena annuì appena, non ancora le parevano chiare le parole del capitano, probabilmente avrebbe chiesto spiegazioni a Boris o a William più tardi.

Si ravviò i capelli , il sole ormai alto illuminava la Regina allontanando tutte le ombre della notte e dell'ozio, si congedò dal capitano e tornò sottocoperta.

Attraversò i corridoi diretta alla cabina del dottor Seymour, quando passò davanti alla cambusa un mesto borbottio attirò la sua attenzione, la porta era socchiusa e da quello spiraglio poté vedere il pirata con le treccine borbottare improperi di ogni genere mentre pelava le patate, le bucce sporche di terra finivano nel pentolone sul fuoco mentre i bianchi ortaggi venivano gettati nel cestino sotto il tavolo, in quel momento capì le parole di Julian. Bussò delicatamente con le nocche ed entrò timidamente.

«Signor Fey, posso? Volevo sapere come stesse.» l'uomo si voltò verso la porta, quasi furente.

«Signor Fey? Ma che diamine vai blaterando ragazza?» le urlò di rimando gettando con violenza la buccia nel pentolone e la patata nella spazzatura. «Non ha senso! È come se ti chiamasse Signorina Pupa.» lanciò qualche imprecazione senza più guardare Helena.

«Mi chiamo Samir Feydan,» riprese poi con più calma lasciandosi cadere seduto su una seggiola traballante «ma da quando ero ragazzo mi chiamano Fey, è più semplice...» la guardò «ora capisci perché chiamarmi “Signor Fey” non abbia senso?» sospirò «E poi, io non sono un signore, sono solo un cuoco, un pirata cuoco.» dimenticandosi per un momento della mano inferma impugnò il coltello. Lo lasciò cadere immediatamente lanciando un ululato di dolore ed una sfilza di imprecazione.

«Ieri affermava con gioia che sentire il dolore fosse un bene di cui essere felici.» gli disse pacata Helena avvicinandosi al bancone da lavoro.

«Ieri ero ubriaco, ragazza.»

«Ed oggi sta scontando la sbronza di ieri...lo so...» senza chiedere permesso raccolse il coltello da terra e lo mise nell'acquaio.

«Non mi dare del lei, ragazza, mi fai sentire un idiota.»

«Va bene Fey, posso aiutarti? Tu devi riposare con la mano in quello stato.»

«Non saprei...» balbettò il pirata «io, io beh sono abituato a lavorare da solo...»

Helena gli sorrise mostrandogli le mani, con i palmi aperti verso l'alto.

«Io sarò le tue mani, dimmi cosa fare...» lentamente Fey sembrò aver recuperato la calma, le indicò le patate e le cipolle da mettere nel brodo rimanendo in silenzio.

Silenziosa come lui, Helena tolse il pentolone dal fuoco, lo svuotò, lo pulì per bene e lo riempì di altra acqua, sciacquò poi le patate finite nella spazzatura e le mise nella pentola, per poi continuare a pelare le altre sul tavolaccio.

Samir Feydan rimase ad osservarla silenzioso ancora per qualche istante ed infine parlò.

«Ieri abbiamo preso un bel po' di provviste dalla nave inglese, appena finisci con le patate metti qualche pezzo di carne essiccata in pentola in pentola.» Fey si alzò e con la mano sana iniziò a raccogliere vasetti di spezie che poggiò sul tavolo,prese il pestello ed un contenitore di ferro e. Con accuratezza scelse alcune spezie sentendone il profumo e le mise dentro il contenitore iniziano a pestarle.

«Cosa fai?» Helena lo guardava attenta.

«Questo è il mio segreto, in ogni piatto metto sempre delle spezie sminuzzate e mescolate fra loro, il piatto cambia sapore in poco.»

*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*

Chiedo scusa per l'enorme ritardo di aggiornamento! spero di non dovervi più far aspettare così tanto!!

Buona lettura!

Laja

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** Capitolo 20 ***


Capitolo 20

Si svegliò tardi quella mattina. In un minuscolo istante durante la notte gli era apparsa Silvya, bella come la ricordava, gli aveva accarezzato la guancia soffermandosi sulla ferita in via di cicatrizzazione, anche da lontano lei si preoccupava di lui. Silvya, la sua amata Silvya.

William aprì lentamente gli occhi, il piccolo graffio sulla mandibola gli bruciava, il cuore gli martellò in petto... Silvya, Dio solo sapeva quanto gli mancasse.

Si portò al naso il fazzoletto ricamato, le iniziali della sua donna erano impresse con un cotone sottile e chiaro, ma il profumo impresso, quel profumo era diverso.

Un lieve sospiro uscì dalle sue labbra, ed infine si decise ad alzarsi. Il letto era vuoto e freddo al tatto: sua moglie si era alzata parecchie ore prima.

La nave era in movimento, guardò dall'oblò il mare poco sotto di sé muoversi rapidamente. Con lentezza si lavò e vestì pettinandosi con cura i lunghi capelli scuri.

La cabina era silenziosa e la Regina non era da meno, qualche rumore sul ponte ma niente di più, con quella calma ci si poteva facilmente illudere di essere su una nave passeggeri.

Si sedette allo scrittoio, con meticolosità sistemò innanzi a sé dei fogli ed una piuma da intingere nell'inchiostro.

“Mia adorata...” esordì iniziando a riempire di nere ed eleganti righe l'intero foglio, al termine soffiò sopra per far asciugare l'inchiostro, lo piegò con cura e lo mise in una cassetta di legno con tante altre lettere simili... tutto aveva il suo tempo ed il suo spazio.

Guardò la meridiana, era ora di andare, Jackson lo aspettava.

Attraversò i corridoi rimuginando sulla discussione che a breve avrebbe avuto con Julian, quando passando davanti alla cucina udì una risata femminile, sbirciò attraverso la porta socchiusa e vide Helena intenta ad aiutare Fey... non aveva mai visto Fey riprendersi tanto rapidamente da una sbornia, ma soprattutto non aveva mai sentito sua moglie ridere, e questo lo colse completamente impreparato.

Rimase ad osservarla come incantato, aveva un sorriso luminoso, gli occhi le lacrimavano dal tanto ridere, i capelli biondi, sciolti sulle spalle, si appoggiavano alla curva sinuosa della schiena, un abito celeste le aderiva al corpo mettendone in risalto le delicate forme... era proprio bella, se solo avesse potuto...

Un rumore in corridoio lo fece sobbalzare, un ultimo sguardo rivolse alla ragazza prima di allontanarsi.

«William, finalmente!» il capitano distese le gambe vedendolo entrare «Ho fatto due chiacchiere con tua moglie questa mattina all'alba,» lo guardò attentamente «le hai detto le regole della Regina? Non voglio avere problemi per una gonnella di troppo a spasso per il ponte.»

«Puoi dormire sonni tranquilli, Julian, le ho detto tutto, ed io so badare a mia moglie.» il capitano si limitò ad annuire con scarsa convinzione. «Andiamo al sodo. Dove stiamo facendo rotta?» continuò sedendosi di fronte a lui, William.

«Per ora ho intenzione di assaltare un'altra nave passeggeri e portarli alla baia degli schiavi, devo tenere alto l'umore della ciurma e dopo l'incidente con la Marina, un bell'arrembaggio è un ottimo toccasana.» William lo guardò silenzioso, il capitano sapeva benissimo a cosa stesse pensando, e parlando ne precedette la domanda «Poi, come è ormai prassi, faremo una sosta in porto per i rifornimenti e come promesso ci fermiamo in città, così potrai vedere la tua bella.»

William sorrise annuendo leggermente, le labbra del capitano Jackson sembrarono ricambiare lo sguardo dell'uomo con un timido sorriso, poi sporgendosi sulla scrivania riprese.

«Ora però tu mi devi risolvere un problema, dopo la sosta per dove ripartiremo?»

«Bella domanda!» William si passò una mano fra i capelli, prese la pergamena dalla tasca della giacca e la srotolò sul ripiano di legno fra di loro.

“Giace per sempre nel mio cuore

ciò che mi fece re ed imperatore

Furono mari ed oceani

balocchi nelle mie mani.”

I due uomini rilessero lentamente la poesia, soffermandosi con attenzione su quell'unica strofa.

«Qual è il cuore di un pirata, Julian?» il capitano rimase silenzioso.

«Un vero pirata vive per il mare, per la pirateria, per la sua ciurma e la propria nave...»

«Aspetta, aspetta,» lo interruppe William «Philip Morton non abbandonò mai il Poseidon, giusto?»

«Esatto, quella nave era la sua casa, la sua vita, il suo... cuore.» i due si guardarono a lungo. La soluzione era finalmente innanzi a loro.

«Sai dove si trova?»

«Io c'ero William.» ribadì Jackson «È arenata su un'isola a largo...»

«È possibile che sia stato spostato dalla Marina o da qualche altro pirata?» il capitano scosse la testa

«No, così come la tomba, solo la ciurma del Poseidon sapeva dove fosse arenato, e non è una tratta commerciale, anzi è sconsigliata in tutte le carte nautiche, perché le correnti sono instabili ed è facile che ci si incagli negli scogli a pelo d'acqua.»

William scoppiò a ridere gettando indietro il capo, Julian si limitò a sorridere guardando l'uomo di fronte.

«Mi stai dicendo che “Le correnti violente e turbinose / lo conserveranno per sempre gelose / Più di un marinaio lo cercherà / ma solo il mio erede lo troverà.” ?» accennò fra le risate l'uomo.

«Più o meno dice questo, perché non ci abbiamo pensato prima?»

William scosse il capo frenando le risate.

«Se davvero è questa la soluzione, fratello, dovrai concedermi la libertà fra molto poco.»

«Se davvero è questa la soluzione, fratello, sarò felice di concedertela. Wil, per ora appena vedi la tua bella potrai dirle che siamo vicini alla fine.»

Dopo aver tracciato insieme una nuova rotta per un ulteriore arrembaggio, decisero di andare a controllare la situazione del giovane Pasha in infermeria.

I due uomini attraversarono i corridoi della Regina chiacchierando e scherzando come due conoscenti di vecchissima data, il profumo proveniente dalla cucina e la vista di Fey impegnato a canticchiare mentre rimescolava lo stufato, sorprese piacevolmente il capitano.

Raggiunsero dopo poco la cabina di prua, proprio mentre il dottor Seymour con i pollici infilati nel panciotto sgualcito ne usciva.

«Oscar che notizie ci porti di Kutosky junior?» lo interrogò Julian bloccandolo lungo il corridoio.

«Ah Capitano, entrate e vedete di persona...» il medico si appiattì contro la parete di legno del corridoio lasciando lo spazio al capitano di muoversi.

William si apprestò a seguire Julian, passando accanto al dottor Seymour fu bloccato per un braccio.

«Se fosse mia moglie, rettificherei il matrimonio a terra... non la sottovaluti.»

L'uomo inarcò il sopracciglio a quella frase, ma il medico lo ignorò, scrollò le spalle, sistemò nuovamente i pollici nel panciotto ed intonando una vecchia canzone inglese si allontanò nel corridoio.

La prima cosa che William notò entrando nell'infermeria fu l'espressione stupita e divertita allo stesso tempo del Capitano Jackson, che se ne stava appoggiato ad una parete, al fianco di Boris, intenti ad osservare la brandina dove Pasha ed Helena utilizzando un vassoio di legno come tavolo improvvisato giocavano a carte.

«Chi vince?» sorrise l'uomo accostandosi a sua volta a Julian

«Sta vincendo Pasha...» sussurrò di rimando Boris

«Solo perché tua moglie sta spudoratamente barando per lasciarlo vincere...» concluse scrollando il capo il capitano.

Helena si voltò verso il trio, per la prima volta non ebbe timore ad incrociare lo sguardo del marito e del capitano.

«Io non sto barando...» esclamò offesa

«Bellezza» riprese il capitano «So riconoscere lontano un miglio chi bara, ma davvero non avevo mai incontrato chi bara per perdere...» Julian scosse nuovamente il capo trattenendo una risata «William, solo tu potevi sposarti una donna del genere.»

L'uomo incrociò brevemente lo sguardo di Helena, una strana sensazione gli afferrò la bocca dello stomaco. Helena era sua moglie, ora, doveva abituarsi a quell'idea, l'aveva proposta lui infondo, il loro era un matrimonio di convenienza, eppure non riusciva ad allontanare da sé la convinzione di star tradendo Silvya, la sua amatissima Silvya.

Non riuscì a staccare lo sguardo da quello azzurro di lei, fino a quando non fu nuovamente il capitano a parlare.

«A breve la Regina diventerà una nave di femminuccia... lasciate che si sparga la voce che in infermeria offrono partite a carte, rhum e compagnia femminile...» sbuffò Julian «Sarà meglio William che tu tenga più occupata tua moglie.» concluse seccato.

A nessuno sfuggì il rossore che colorò per l'imbarazzo il volto della giovane, ma ognuno per un motivo diverso evitò di farne parola.

William soffermò ancora lo sguardo sulla moglie per qualche istante, aveva senza dubbio un corpo attraente, se non l'avesse sposata lui, Helena sarebbe stata l'oggetto delle attenzioni di tutta la ciurma, ma chi l'avrebbe salvata dalle proprie attenzioni? Silvya gli mancava incredibilmente, ed ogni giorno in più senza di lei un dolore sordo gli si conficcava nello stomaco, ma da quando nella sua vita per comparsa Helena, a quel dolore se n'era aggiunto un altro, diverso, pericolosamente diverso.

*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*

Spero che le avvanture dei pirati della Regina vi stiano piacendo, personalmente mi sto divertendo molto a scriverle perchè i personaggi prendono vita da soli ed a volte mi ritrovo a mettere per iscritto delle situazioni che non avevo minimamente immaginato ma che i personaggi hanno preteso!

Ok, si lo ammetto posso sembrare una pazza, ma non lo sono.... lo giuro!!!

Aspetto con ansia i vostri commenti, critiche e consigli.

Laja

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** Capitolo 21 ***


p>

Capitolo 21

Il sole si rispecchiava nelle placide acque del primo mattino, la Regina navigava lenta verso oriente, incontro all'astro nascente.

I due uomini sedevano attorno ad un piccolo tavolino, su cui era servita una semplice colazione, sistemato per l'occasione sul ponte maggiore.

«E' proprio una bellissima giornata, mi spieghi perché sei così nervoso, Julian?» William sorseggiò lentamente il suo tè prima di appoggiare la tazzina sul piatto, il capitano batteva la mano ritmicamente sul tavolo rendendo precario l'equilibrio delle vettovaglie.

«Esattamente questo. E' una bellissima mattina... troppo tranquilla.» sbottò il capitano addentando un pezzo di pane.

«Questa tranquillità rende persino piacevole la tua compagnia.» lo rimbeccò lo studioso divertito.

«Siamo una nave pirata, non una crociera per ricchi pelandroni, la tranquillità non è per nulla piacevole! Ma questa è la rotta giusta, vedrai che entro stasera il cannone tuonerà per bene!» Jackson ghignò allungando in avanti le gambe.

«Se le tue previsioni sono corrette, nel giro di una decina di giorni o poco più siamo di nuovo in città...»

Julian annuì sbuffando, si riempì la tazza di tè correggendola con una buona dose di alcool.

«Hai sempre quel pensiero fisso, vero? Che ne farai di tua moglie una volta gettata l'ancora? Hai deciso?»

William si irrigidì a quelle parole, la mano nascosta in grembo strinse con forza il tovagliolo.

«Devo prima parlare con l'avvocato, poi deciderò il da farsi... per ora è meglio che lei rimanga sulla Regina.»

«A quella ragazza non hai ancora detto nulla vero?» Julian scoppiò in una risata sarcastica «Anche tu la stai usando per i tuoi scopi, quando non ti servirà più la scaricherai a terra, non è vero?» incalzò il capitano, poi sporgendosi verso di lui sussurrò piano «Che ti piaccia o meno non sei tanto diverso da noi, feccia del mare, non è vero mio caro...»

«Basta così!» esclamò l'uomo sbattendo sul tavolo il tovagliolo «Io non sono come te, io non sono un pirata! Io l'ho sposata, se non l'avessi fatto sarebbe diventata la prostituta della nave!»

«Hai mai chiesto a lei cosa avrebbe preferito? Se essere la donna di tutti i miei uomini oppure essere la moglie di un uomo che si sveglia la mattina ed addormenta la sera con una sola donna nella mente? Dimmi, William, mentre te la scopi la chiami Silvya?» rimbeccò Jackson duro.

«Tu non mi conosci Julian, non mi puoi giudicare!»

Il capitano alzò le mani in segno di resa, spallandosi contro lo schienale della sedia.

«Hai ragione Wil, io non ti conosco, non posso giudicarti, ma ti posso solo ricordare che il matrimonio officiato da un capitano è più che valido...»

«Non sono bigamo, non ti preoccupare.» mormorò l'uomo volgendo altrove lo sguardo.

Julian seguì l'attenzione del compagno scorgendo la figura di Helena, fasciata in un semplice abito di mussola verde pastello, sul ponte in compagnia del giovane Kutosky sorretto da un bastone e dal braccio del fratello maggiore.

«Non sei bigamo sulla carta, ma nel cuore?» soggiunse il capitano alzandosi in piedi.

William si riscosse da un momento di trance che l'aveva colto nel vedere Helena, così sorridente e spensierata come se fosse su una semplice nave da viaggio, vide Jackson incamminarsi verso sua moglie togliendosi galante il cappello in segno di saluto.

Si alzò anche lui dal tavolo per raggiungere il gruppo poco dopo.

«Buongiorno Pasha, come va oggi?»

«Molto bene, grazie Signore, dicevo al capitano che presto sarò pronto per un nuovo arrembaggio.» sorrise Pasha.

Helena sussultò a quelle parole.

«Credo, mia cara...» riprese Julian «che Pasha intendesse dire che sta molto meglio e si ritiene perfettamente guarito.»

La giovane annuì appena distogliendo lo sguardo dal gruppo.

«Credo, mio caro,» continuò William verso Jackson «che mia moglie per un brevissimo momento si fosse dimenticata che siete pirati...»

Helena rivolse un sorriso riconoscente a William, stava per parlare quando dal pennone più alto la vedetta iniziò ad urlare.

«Capitano! Caravella commerciale Veneziana a babordo!»

Il comandante afferrò un cannocchiale e guardò nella direzione indicata, da quella distanza probabilmente non si erano ancora accorti di loro, forse avevano una buona possibilità di animare la giornata.

«Lascate le vele, diminuiremo la velocità! Issate bandiera italiana! Indossate gli abiti civili e tutti ai vostri posti, vi voglio pronti fra cinque minuti, non uno di più!» ordinò rapidamente, poi si voltò verso il gruppetto.

«William voglio te e tua moglie qui sul ponte fino al mio via, quando abbordiamo tornate sottocoperta e rimanete lì fino al tuono dei cannoni, intesi?»

Lo studioso annuì accostandosi alla giovane per sorreggerla per un braccio.

«Pasha tu qui non mi sei d'aiuto, fila in infermeria, ci rivediamo per il gran finale...» concluse il capitano allontanandosi a grandi passi verso la sua cabina, per ritornare poco dopo cambiato d'abito, i capelli legati in un rispettabile codino ed un cappello da comandante di vascello in testa.

Lentamente la Regina si avvicinò alla caravella, nella tranquillità mattutina anche la veneziana sembrava esser ancora dormiente.

«Perché io devo rimanere sul ponte...» mormorò Helena aggrappandosi al parapetto con tanta forza da far sbiancare i polpastrelli.

«Una giovane donna sul ponte è una garanzia che la nave sia di gente per bene.» le rispose pacato William.

«Ma io potrei mettermi ad urlare ed avvertirli...»

«Non lo farai, perchè sei mia moglie, perché sai che la Regina non teme nessuno, tanto meno una semplice caravella commerciale, e che ti piaccia o no qui ci sono i tuoi amici...»

Helena si azzittì, William aveva pienamente ragione, lei era passata dalla loro parte, era una complice dei pirati.

La Regina placida affiancò la veneziana, nessuno avrebbe sospettato di niente.

«Non ce la faccio, io potrei tradirmi, non posso guardare quegli uomini...» mormorò nascondendosi il volto fra le mani. William la prese delicatamente fra le braccia e la fece voltare mettendosi di fronte a lei.

«Non guardarli Helena, non devi guardare per forza...» sussurrò piano togliendole le mani dal viso «Guarda me, come se stessimo chiacchierando semplicemente come una coppia normale.» mormorò continuando.

Le loro mani erano ancora unite, Helena sollevò lo sguardo verso di lui... non erano mai stati così vicini, non aveva mai desiderato essergli così vicina come ora.

Non aveva mai notato quanto fossero belli i suoi occhi, verdi screziati d'ambra, William si scoprì a desiderare che quegli occhi guardassero sempre e solo lui, che quei occhi, quelle labbra leggermente dischiuse, i lunghi capelli color grano e quel corpo sottile e leggiadro fossero per sempre solo per lui... era sua moglie. Senza distogliere lo sguardo da quello di lei si chinò verso il suo volto lentamente... era sua moglie e mai prima di allora l'aveva desiderata con tanta intensità.

L'urlo del capitano Jackson lo riscosse. L'arrembaggio era iniziato.

«Vieni, andiamo!» le sussurrò scostandosi da lei. La magia era ormai infranta.

*°*

Rossa in viso precedette il marito sottocoperta muovendosi fra gli stretti corridoi di legno senza saper bene neanche lei dove si stesse dirigendo. Aveva desiderato baciarlo, non poteva più nasconderlo a se stessa, aveva desiderato sentire le sue labbra sulle proprie. Chissà se sarebbe stato come il loro primo bacio, il giorno delle nozze. Quel bacio l'aveva disgustata e spaventata per giorni, ora le sembrava un bel sogno.

William la seguiva di pochi passi, non si erano lasciati la mano, non ancora, la magia si era spezzata ma qualcosa li univa ancora.

«Credi che potremmo raggiungere Pasha in infermeria?» domandò un tratto la giovane sciogliendo la presa della mano.

L'unica cosa che voleva era non dover ritrovarsi in cabina da sola con il marito, non dopo quello che era accaduto sul ponte, o per lo meno dopo quello che non era accaduto, doveva mettere chiarezza in se stessa. Diamine, si stava concedendo ad un pirata, non poteva permetterselo, lei doveva scappare dalla Regina e tornare da Messer Ludovico, erano questi i piani... il semplice desiderio di un bacio non poteva e non doveva cambiare il suo futuro.

«Credo che sia una buona idea, così potrai batterlo ancora una volta a carte.» ironizzò l'uomo seguendola fra i corridoi fino alla porta a prua del vascello.

Trovarono Pasha che dondolandosi in precario equilibrio sulle due gambe posteriori della sedia, mescolava le carte sovrappensiero.

«Che bella compagnia!» esclamò il giovane vedendoli «Anche voi non siete invitati alla festa...» continuò indicando il ponte superiore sollevando il pollice.

«Come fate a scherzare su una cosa così?» sbottò Helena «Fate un massacro, uccidete gente, fate schiavi, come potete definirla una festa?»

Pasha guardò William interdetto, l'uomo gli rispose facendo una scrollata di spalle.

«Ragazza, in due parole, siamo pirati...» riprese Kutosky con una semplicità disarmante.

«Non è vero!» continuò la ragazza confusa «Io ho imparato a conoscervi, voi non siete cattivi, tu, Fey, il dottor Seymour, persino il capitano Jackson... ma...»

«Helena ti sbagli, essere pirata non significa essere cattivo, significa solamente aver fatto una scelta...» spiegò dolcemente William accostandosi nuovamente ad ella.

«Non capisco, che scelta è vivere così, commettere tante cattiverie...»

«E' la nostra vita, ragazza, perché secondo te a corte sono tutti dei santi? Non ci sono anche lì cospirazioni ed omicidi? Ed i commercianti, non rubano comprando le merci da altri pirati per pagarle di meno e rivederle al doppio?Noi infondo abbiamo solo una bella bandiera che sventola in più.» concluse il rosso facendo spallucce.

Helena guardò Pasha e poi William. Lei giocava a carte con Pasha, aveva gettato in mare la sua occasione di fuga per soccorrerlo, era suo amico, era l'unico che l'aveva fatta ridere durante i primi giorni di prigionia, poi c'era Boris tanto burbero quanto malleabile, il dottor Seymour che le stava insegnando le basi della medicina, il lunatico Feydan che aveva concesso solo a lei l'onore di entrare nella sua cucina, il capitano Jackson che così tanto temibile non era... e William, si c'era anche William, l'uomo che era stata costretta a sposare ed ora scopriva di desiderare con un'intensità sconcertante. Tutto questo non le sembrava giusto. Lei avrebbe dovuto odiare tutti i pirati, avrebbe dovuto cercare di fuggire dalla Regina, eppure nella nave in cui era “prigioniera” si sentiva libera come non lo era mai stata.

Si portò la mano a coprirsi la bocca, ed appoggiandosi al lettino iniziò a singhiozzare... dov'era suo Zio? Dov'era finita Helena la giovane futura sposa di Messer Ludovico?

Gli schianti dell'arrembaggio risuonavano sovracoperta.

Una lacrima dopo l'altra le rigò la guancia.

Non avrebbe mai voluto incontrare quei pirati, non avrebbe mai dovuto permettere a sé stessa di affezionarsi a loro tanto da non volerli più lasciare.

Quando William la vide piangere e singhiozzare senza tregua fece per abbracciarla, non l'aveva mai vista in quelle condizioni, ed il suo primo desiderio fu quello di poterla consolare, di asciugare fino all'ultima lacrima, ma con un mezzo sorriso il giovane Pasha lo bloccò.

«Se fossi in lei, Signore, le darei questo... un goccetto fa miracoli con questa ragazza.» il pirata le porse il bicchiere pieno per metà di brandy.

Credendo fosse acqua Helena ne bevve una lunga sorsata tutta d'un fiato rischiando di soffocare non appena l'alcool raggiunse la gola.

William e Pasha scoppiarono a ridere contemporaneamente cercando in qualche maniera di aiutarla a riprendersi, la loro risata si dimostrò contagiosa.

Ridevano ancora tutti e tre quando i rumori della battagli terminarono.

«E' il momento, andiamo... o ci perderemo il gran finale!» biascicò Pasha puntellandosi sul bastone per tornare sul ponte.

Aveva sentito solo una volta l'inno Italiano, una sera a teatro quando la coppia reale era sul palco d'onore, si guardò attorno, Fey, il dottor Seymour, Boris e persino Julian stavano bene, cantavano sorridendo gonfiandosi il petto orgogliosi mentre la caravella veneziana, già adeguatamente saccheggiata, colava a picco. L'inno non era mai stato così bello.

*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°

Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto ed incuriosito!

Alla prossima

Laja

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** Capitolo 22 ***


Capitolo 22


Le avevano detto di non scendere nella stiva, fino a quando non avrebbero scaricato la “merce” non poteva scendere. Eppure li sentiva, la sera sdraiandosi accanto a William, nel silenzio della nave ne sentiva i lamenti, le urla ed i pianti.

Fra loro, qualche mese prima c'era stato suo zio Aurelio, tutto questo era troppo da accettare.

La luce argentata della luna illuminava la cabina infiltrandosi attraverso l'oblò, lentamente scivolò fuori dal letto, William dormiva beatamente probabilmente non si sarebbe neanche accorto della sua veloce passeggiata notturna. Doveva solo scendere nella stiva, portare un po' d'acqua e di pane ai prigionieri e tornare in cabina, nessuno si sarebbe accorto di nulla, e lei avrebbe messo a tacere la sua coscienza.

In punta di piedi uscì dalla cabina richiudendo dietro di sé la porta, e si diresse in cucina. Sussultò nel vedere Fey dondolarsi su un'amaca issata davanti all'ingresso. Era proprio vero che il cuoco non abbandonava mai il suo regno, tanto meno se pieno di provviste dopo un arrembaggio. Si lasciò sfuggire un sorriso, mentre, raccolta la gonna, scivolava sotto l'amaca entrando in cucina.

Prese qualche forma di pane ed un secchio d'acqua con un mestolo. Spinse tutto con attenzione al di sotto dell'amaca ed infine uscì anche lei dalla cucina.

In precario equilibrio attraversò, silenziosa i corridoi, fino a trovarsi davanti alla porta che conduceva alla stiva. Era chiusa a chiave, ma la chiave era stata lasciata tranquillamente nella toppa, infondo chi doveva scappare era chiuso dall'altra parte.

Girò la chiave nella serratura, la porta si aprì con un cigolio e lentamente scese le scale di legno mezzo marcio.

I lamenti si fermarono all'instante in cui Helena comparve nel cono di luce creato da una lampada appesa alla fine delle scale.

«Io, io vi ho portato dell'acqua ed un po' di pane...» mormorò improvvisamente insicura del suo gesto allungando verso le ombre umane, che nell'oscurità riusciva a scorgere, ciò che aveva portato.

«Chi sei tu?» domandò un uomo avvicinandosi al cono di luce

«Mi chiamo Helena, sono stata presa prigioniera qualche mese fa...» rispose piano retrocedendo di un passo incontrando con i talloni il primo gradino della scala.

«Cosa ne faranno di noi?» domandò una donna avvicinandosi al pane e staccandone un abbondante pezzo per sé e suo figlio.

«Non lo so con certezza, credo sarete venduti come schiavi.»

«Ma tu non sei stata venduta come schiava...» osservò l'uomo

«No, io... io sono stata costretta a sposare un uomo della nave.» aggiunse titubante Helena aggrappandosi con una mano alla ringhiera della scalinata.

«Quindi abbiamo un'ospite di riguardo nella stiva!» concluse un secondo uomo alzandosi dal suo giaciglio ed avvicinandosi al gruppetto.

«Lasciatela stare!» intervenne la donna «E' prigioniera come noi, ed adesso è la puttana di un pirata, non è messa meglio di noi.»

«E' una puttana molto cara ai pirati, altrimenti non le avrebbero permesso di girare libera per la nave.» riprese il primo uomo

«Loro... loro non me lo permettono infatti!» balbettò Helena sollevando il piede per poggiarlo sul gradino dietro di sé pronta per battere in ritirata «Lui dormiva ed io sono riuscita a portarvi questo...»

«Lui dormiva?» continuò il secondo uomo volgendo uno sguardo d'intesa al compagno

«Lasciatela in pace!» sbottò la donna «Ha rischiato per venire a portarci qualcosa da mangiare e da bere, dovreste ringraziarla e non spaventarla!»

Il primo uomo non le dette ascolto, con un movimento agile afferrò il polso di Helena attirandola verso di sé, la ragazza lanciò un urlo subito messo a tacere da una mano stretta sulla sua bocca.

«Ragazza, tu sei la nostra via per la salvezza.» riprese tranquillo. «Se tutti dormono è la nostra occasione per andarcene. Se qualcuno è sveglio useremo te come ostaggio... di certo qualcuno tiene a te, visto come sei ben vestita ed in salute, e non ti lasceranno andar via tanto facilmente, meno che mai ti faranno male.»

«Niente di personale, madamigella,» continuò il secondo uomo «ma abbiamo delle famiglie a casa che ci aspettano, non abbiamo nessuna intenzione di diventare carne da macello.»

Delle voci nell'ombra dimostrarono il loro assenso, i fruscii che ne seguirono indicavano diverse persone che si stessero alzando e muovendo verso la scalinata.

«Andiamo! Margaret prendi il bambino e seguici.» ordinò il secondo uomo alla donna, mentre iniziavano la salita delle scale tenendo in prima fila, ben in vista Helena.

«Non ricordo di aver autorizzato una visita guidata della mia nave...» parlò secco il capitano puntando contro i prigionieri la pistola. Insieme a lui qualche altro pirata li puntava contro le armi da fuoco.

«Tornate nella stiva canaglie...e dite grazie che non vi abbia dato in pasto agli squali!» continuò durò Jackson.

«Vogliamo trattare, Capitano!» disse coraggioso il secondo uomo.

«Trattare?» Julian scoppiò a ridere «Nessuno tratta sulla Regina!»

«Noi abbiamo la ragazza!» continuò il primo mostrando meglio Helena tenuta stretta con un braccio intorno al collo.

«Ti sarei grato se lasciassi andare mia moglie...» disse asciutto William accostandosi al capitano.

«Vogliamo delle garanzie.»

«Ti garantisco che non ti ucciderò. Lasciala, non lo ripeterò una seconda volta.»

Helena iniziò ad annaspare quando il braccio dell'uomo si serrò maggiormente attorno al suo collo, si aggrappò con entrambe le mani all'arto cercando di allentare la presa mentre il suo volto diventava sempre più cianotico.

Poi uno sparo, ed il buio.


*°*

Si era girato nel letto, e lei non c'era. Aveva inizialmente pensato si fosse allontanata per svolgere i propri bisogni fisiologici, poi lentamente l'idea che fosse scappata si era insinuata in lui. Si era alzato rapidamente, senza pensarci molto aveva preso la sua pistola e si era spostato nei corridoi. Se avesse voluto scappare avrebbe dovuto calare una scialuppa... se fosse scappata avrebbe trovato tracce sul ponte. Stava per raggiungere la scala che portava sul ponte quando una mano sulla sua spalla lo bloccò.

Il capitano Jackson gli fece cenno di tacere.

«Shhh... Senti?» gli sussurrò

William si pose in ascolto, ma non riuscì a captare nulla.

«No, non sento niente, Julian, cosa dovrei sentire?»

«Cazzo! Proprio questo, nulla!» sbottò silenzioso il capitano «Perché quei maledetti non si lamentano? Sta succedendo qualcosa di sotto...» continuò serio.

«Vieni!» riprese imperativo trascinandolo con sé attraverso gli stretti corridoi di legno verso la porta che conduceva sottocoperta.

A nulla valsero le proteste di William. Se Helena era fuggita lui l'avrebbe scoperto troppo tardi per rimediare. Sospirò, si infilò la pistola nella cinta e si mise a seguire docilmente il capitano.

Julian passando davanti alla cambusa scosse l'amaca facendola ribaltare. Fey mugugnò qualcosa in protesta ma lo sguardo eloquente del capitano lo mise a tacere.

Prese anch'egli la propria arma e seguì i due nello stretto corridoio, passando chiamarono qualche altro pirata che silenzioso rispose al tacito comando del capitano.

Arrivati davanti alla porta che portava nella stiva notarono subito la chiave girata e la porta leggermente dischiusa, qualcuno era sceso, e si augurarono che nessuno fosse risalito. Julian fece fermare il gruppetto e si misero in ascolto, dei bisbiglii concitati si sentivano, ma era impossibile decifrarne le parole, fino a quando un urlo presto soffocato non riscosse William.

«Helena!» esclamò a bassa voce lanciandosi verso la porta.

Julian lo bloccò con forza costringendolo a fermarsi e retrocedere di qualche passo rispetto a lui. Lo sguardo del capitano era serio, la mascella contratta, le labbra ridotte a due sottili linee rosacee.

Non sarebbe stata una nottata tranquilla.

Sentirono i passi risalire i gradini scricchiolanti e mezzi marci, William estrasse la sua pistola, ma non la caricò, non sapeva davvero cosa aspettarsi. Viveva sulla Regina da qualche tempo ormai, eppure non aveva mai sparato a nessuno, non credeva avrebbe iniziato quella sera, ma tenersi pronto non guastava.

«Non ricordo di aver autorizzato una visita guidata della mia nave...» parlò secco il capitano puntando contro i prigionieri la pistola. Gli altri pirati, che normalmente avrebbero sghignazzato, tacevano mortalmente seri sollevando le loro armi contro il gruppo di prigionieri.

«Tornate nella stiva canaglie...e dite grazie che non vi abbia dato in pasto agli squali!» continuò durò Jackson facendo minaccioso un passo in avanti.

«Vogliamo trattare, Capitano!» disse coraggioso il secondo uomo.

William cercò con lo sguardo Helena, la vide bloccata fra le braccia di un prigioniera, spaventata e scioccata, probabilmente non aveva immaginato tutto questo quando chissà cosa nella sua testa l'aveva spinta a scendere quelle scale.

«Trattare?» Julian scoppiò a ridere «Nessuno tratta sulla Regina!»

Le parole del capitano lo riportarono alla realtà, con lo sguardo tornò su Julian.

«Noi abbiamo la ragazza!» continuò il primo mostrando meglio Helena tenuta stretta con un braccio intorno al collo.

Quel gesto lo fece fremere di rabbia, sollevò la pistola contro l'uomo, la mano gli tremava ma cercò di concentrarsi per non darlo a vedere.

«Ti sarei grato se lasciassi andare mia moglie...» disse asciutto nel disperato tentativo di dimostrarsi tranquillo e sicuro di sé.

«Vogliamo delle garanzie.»

«Ti garantisco che non ti ucciderò. Lasciala, non lo ripeterò una seconda volta.» riprese.

Vide Helena iniziare ad annaspare quando il braccio dell'uomo le si serrò maggiormente attorno al collo, vide il suo volto diventare sempre più cianotico. Lo stronzo la stava soffocando.

La rabbia gli defluì al cervello appannandogli di rosso la vista, l'indice tremava vicino al grilletto.

Fu solo un istante e poi lo sparo.



*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*


Ringrazio i 70 lettori che hanno letto il capitolo 21, e Oasis che ha iniziato il tifo pro “Helena/William”, spero vivamente di non deludere nessuno! Continuate a farmi sapere cosa ne pensate.


Laja

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** Capitolo 23 ***


Capitolo 23


Fu solo un istante, e poi lo sparo.

Il prigioniero colpito ad una gamba lasciò immediatamente la presa su Helena iniziando ad urlare per il dolore. La ragazza si afflosciò come un sacco vuoto, svenuta.

William aveva occhi solo per lei, nel vederla accasciarsi temette il peggio, lasciò cadere a terra la pistola e si lanciò verso la moglie. La prese fra le braccia, non era ferita, era solo svenuta.

Troppo preso da quella ragazza non si accorse che il capitano ed il resto della ciurma avevano riportato dentro i prigionieri, dopo pochi minuti arrivò il dottor Seymour che si chinò su Helena per controllarne le funzioni vitali.

«Starà bene fra poco.» disse prima di allontanarsi verso il capitano che rigido attendeva innanzi alla porta della stiva.

«Vai a vedere giù Seymour, c'è un ferito d'arma da fuoco. Ti accompagneranno in due, armati.» concluse secco.

Helena riaprì lentamente gli occhi e si ritrovò fra le braccia di William, con la piacevole sensazione di essere al sicuro finalmente.

«Io...io...» mormorò cercando di dare un senso a tutto quello che era accaduto.

«Stupida!» sbottò il capitano «Ora avremo anche la marina alle costole!» continuò l'uomo additandola. «Alla prossima città puoi considerare finito il tuo soggiorno nella Regina!»

Helena sussultò rifugiandosi istintivamente nell'abbraccio di William. Il capitano non gli degnò più di un altro sguardo e sparì rapido nei corridoi.

William l'aiutò ad alzarsi ed a reggersi in piedi.

«Vieni andiamo nella nostra cabina...» mormorò piano, solo in quel momento Helena si accorse che la delusione per il suo comportamento si specchiava negli occhi del marito.

«Io volevo solo portare un po' di pane e di acqua... » mormorò ancora sotto choc, si era illusa di scendere in quella stiva come una paladina della giustizia. Non aveva mai avuto intenzione di tradire la fiducia del capitano o di suo marito, ma solo portare un po' di sollievo ai prigionieri.

«Hai messo a rischio tutta la nave, Julian non ti perdonerà facilmente. Come potremo fidarci nuovamente di te?»

Helena scoppiò nuovamente in lacrime, aveva combinato un bel guaio, il capitano l'avrebbe scaricata nel primo porto che avessero incontrato, e poi cosa ne sarebbe stato di lei?

«Io non volevo, mi dispiace... mi farò perdonare...»

William la strinse a sé ancora per qualche minuto, assaporando il profumo dei capelli di lei contro il suo viso. Quando era stata l'ultima volta che aveva stretto così intimamente una donna?

Silvya, solo lei, tanti, ormai troppi anni prima.

Si staccò delicatamente dalla giovane ragazza.

«Dormi ora, andrò io a parlare con il Capitano, sono certo che troveremo una soluzione.»

L'aiutò docilmente a stendersi e la coprì con la coperta, Helena chiuse gli occhi, ma il respiro era tutt'altro che regolare, William sospirò e senza aspettare che si addormentasse lasciò la cabina.

Quando l'uomo entrò nella cabina del capitano, il dottor Seymour si stava congedando assicurando Jackson di aver ripulito la ferita e che non ci sarebbero stati rischi di infezioni ulteriori.

I due uomini rimasero entrambi in silenzio, fino a quando i passi del pirata medico non si furono allontanati abbastanza.

«Ti ha assunto come suo ambasciatore ora?» ruppe sprezzante il silenzio il capitano

«Sono suo marito, ho il dovere di essere il suo ambasciatore.» riprese con calma l'uomo mettendosi a sedere seppur non esplicitamente invitato a farlo.

«Se sei suo marito ratifica a terra il matrimonio, non ho nessuna intenzione di avere alle calcagna la marina che cerca una prigioniera tenuta in ostaggio.» borbottò Jackson accasciandosi a sua volta sulla sedia.

«Come ti ho promesso appena parlerò con il mio legale, provvederò a sistemare tutto seguendo scrupolosamente tutte le leggi terrestri.»

«Bene!» il capitano si versò un'abbondante porzione di liquore, poi passò la bottiglia a William, che si servisse da solo, vista la situazione.

Rimasero in silenzio a sorseggiare il liquido trasparente a lungo, allentando la tensione della nottata, le prime luci dell'alba iniziavano a tingere l'orizzonte oltre la vetrata alle spalle del capitano.

«Non la voglio vedere in giro per la nave fino a quando non avremo scaricato la merce. E d'ora in poi, fino a quando non lo deciderò io, non potrà andarsene a spasso per la Regina da sola, ma sempre accompagnato. Tua moglie ha tradito la mia fiducia.» concluse secco.

«Lo so Julian, ti assicuro che non era sua intenzione mancarti di rispetto, non ha pensato alle conseguenze del suo gesto, e se ne rammarica molto. Ha giurato di farsi perdonare in tutti i modi.» continuò William in vece di Helena.

Jackson lo guardò scettico da sopra il bicchiere, sollevò un sopracciglio lasciandosi sfuggire un sorriso sarcastico.

«Io un modo ce l'avrei...»

William avvampò stringendo la mano attorno al bicchiere, le labbra serrate in una sottile linea incapace di pronunciare altro. Julian scoppiò a ridere guardandolo!

«Ma dai! Scherzavo, non potrei mai fare una cosa del genere proprio a te...» le labbra di William si distesero lentamente in un sorriso.


*°*


Aveva fatto qualche progresso da quando, più di un mese prima era stata presa prigioniera e costretta a sposare un pirata. Aveva fatto molti progressi, aveva imparato a vivere sulla Regina ed aveva imparato ad accettare la vita dei pirati. Aveva fatto molti progressi. Ed in una sola stupida notte li aveva cancellati tutti.

Non aveva più il permesso di uscire dalla cabina, fino a quando non avessero scaricato la merce, nessun pirata era venuto a trovarla in quella forzata prigionia, forse erano troppo impegnati o forse troppo delusi dal suo comportamento.

Helena si aggirò inquieta per la cabina, aveva bisogno di pensare. Fino a qualche settimana prima avrebbe dato qualsiasi cosa pur di essere lasciata in un porto libera, ma ora quella prospettiva la terrorizzava come poche cose al mondo. Con il tempo aveva creato legami indissolubili con quella nave, la considerava ormai casa sua. Con il tempo aveva lentamente creato quei legami senza neanche rendersene pienamente conto, ma quando la sera precedente si era svegliata fra le braccia di William e sul suo petto aveva sfogato le sue lacrime si era resa conto che non c'era altro posto dove avrebbe voluto essere, ne altre braccia che avrebbe voluto attorno a sé.

Si immobilizzò quando sentì il gigolio dell'argano girare sul ponte, e poi un tonfo nell'acqua, l'ancora era stata calata, guardò fuori dall'oblò il sole si apprestava a tramontare, a breve avrebbero “scaricato la merce”, e poi sarebbe stata libera di uscire dalla cabina, ovviamente sempre accompagnata. Sbuffò e si distese sul letto girandosi e rigirandosi sul materasso senza trovare pace. Nel girarsi dal lato di William involontariamente infilò la mano sotto il suo cuscino, le sue dita toccarono la consistenza morbida e fresca di un tessuto, lo estrasse: il fazzoletto che suo marito stringeva tutte le notti e che nei primi tempi si portava sempre addosso, ora era lì nelle sue mani.

Lo portò al naso, come aveva visto tante volte fare al marito e ne aspirò il profumo, ma nessuna fragranza particolare la sorprese, profumava semplicemente di William e delle loro lenzuola. Il profumo originario si era spento ormai da tempo e rimaneva solo nel ricordo di suo marito.

«Di chi sei, o eri?» mormorò guardando con attenzione il ritaglio di stoffa finemente ricamato, sicuramente un fazzoletto femminile.

Da qualche parte aveva sentito che in un talamo nuziale non ci potessero essere più di due persone, in quel letto erano sempre stati in tre... era forse lei stessa il terzo incomodo.

I passi sempre più vicini nel corridoio la riscossero da quei pensieri, nascose il fazzoletto dove l'aveva trovato e si voltò in tutta fretta, dando le spalle alla porta della cabina, chiuse gli occhi e fece finta di dormire.

Sentì William entrare silenzioso, sedersi al suo scrittorio ed iniziare a scrivere. Suo marito scriveva sempre...prima cosa facesse non la interessava, ma ora, ora avrebbe dato tutto per scoprire a chi scrivesse con tanta dedizione ed impegno. Che fosse la stessa donna che gli aveva donato il fazzoletto? Come poteva sentirsi così male per qualcosa che non aveva mai avuto? William l'aveva sposata per interessi personali e le aveva offerto un rifugio sicuro dalle grinfie dei pirati, ma William non aveva mai preteso altro dal loro matrimonio che non la reciproca fiducia. Come poteva essere gelosa di un uomo che non era mai stato suo?
Silenziosamente iniziò a piangere, volgendo sempre le spalle al marito, e lentamente si addormentò.

William si sdraiò accanto a lei poco prima che le urla dei prigionieri durante lo sbarco ed il commercio si levassero alte, puntellandosi con il gomito contro il materasso si sollevò per poterla guardare, le lacrime avevano lasciato due scie umide sulle gote arrossate, vinto dalla tentazione si chinò su di lei per baciarle delicatamente una tempia prima di appoggiarsi al guanciale e cercare anche lui di dormire.

Due giorni più tardi, se tutto fosse andato bene, sarebbero di nuovo tornati in città, avrebbe potuto vedere lei, portarle tutte le lettere che ogni giorno le scriveva, probabilmente gliele avrebbe lette ad alta voce proprio come piaceva a lei, si sarebbe beato del sorriso che gli avrebbe rivolto e di quei grandi occhi neri puntati su di lui, e poi sarebbe andato dal legale a risolvere ogni cosa.




*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*


Eccomi qui con un altro capitolo di questo racconto originale. So che questo nuovo aggiornamento si presenta un po' stazionario e piatto rispetto al capitolo precedente, ma spero vivamente di ricevere ugualmente la vostra attenzione ed i vostri commenti.

Mi farò perdonare presto con un nuovo capitolo, si spera, più “acceso”!


Buona lettura


Laja

Ritorna all'indice


Capitolo 26
*** Capitolo 24 ***


Capitolo 24


Avevano attraccato al molo di un piccolo paesino, già da due giorni. Il secondo pomeriggio, Helena aveva avuto nuovamente l'ordine di passeggiare tranquilla sul ponte, in compagnia dei fratelli Kutosky, mentre gran parte dell'equipaggio era sceso a terra per svolgere tutti i servizi necessari prima di ripartire. Pasha si puntellava su un bastone con sempre maggior agilità, tanto che sembrava fosse talmente affezionato al bastone da non volerne più fare a meno. Erano due giorni che passeggiava su quel maledetto ponte senza poter far niente, conosceva a memoria tutte le assi di cui era formato, aveva imparato a riconoscere anche da lontano tutti i funzionari del porto che si avvicendavano sui piccoli moli, e non ne poteva più di stare lì ferma. Non credeva fosse possibile, ma doveva ammettere che le mancava il mare aperto.

«Sbaglio, ma questo non è il porto dove ci fermammo l'altra volta...» asserì Helena per interrompere il noioso silenzio calato improvvisamente sul ponte.

«No, ma siamo a poche ore di viaggio dalla città.»

«Non ci fermiamo mai due volte di seguito nello stesso posto, sono troppi i rischi di essere scoperti.» spiegò meglio Boris «Una volta attracchiamo più a nord, una volta più a sud, qualche volta mandiamo a terra solo una scialuppa da qualche baia deserta e qualche altra vola attracchiamo al porto della città in pompa magna.»

«Ma se non potete attraccare sempre nello stesso posto, perché non cambiate proprio città?» domandò la giovane perplessa appoggiandosi con i gomiti al parapetto.

«Perchè il Signor William ha degli affari importanti in questa città, e come tale il nostro capitano gli permette di attraccare spesso nelle vicinanze...»

Al sentir nominare il marito la curiosità della ragazza si ravvivò, in effetti sospettava qualcosa, ma voleva delle certezze.

«Affari dite? Che tipo di affari potrebbero far mettere a rischio tutta la ciurma?» continuò sperando di ricevere maggiori informazioni.

Boris e Pasha si guardarono e scossero la testa in contemporanea.

«Ci dispiace, ma non ne sappiamo niente, il Signor William è sempre molto riservato, solo il capitano sa tutto. »

Helena sospirò appoggiandosi nuovamente al parapetto ed osservando oltre il molo la piccola cittadina, William non era lì, lui era tornato in quella città dove chissà cosa o chi lo aspettava.

Il giungere trafelato del dottor Seymour dalla banchina sul ponte, la riscosse dai suoi pensieri.

«Vieni cara! Guarda cosa ho trovato!» esclamò mostrando una serie di boccette e sacchetti pieni di erbe. «Andiamo a preparare i nuovi medicinali...» la esortò nuovamente precedendola sotto coperta.

Helena guardò i due fratelli rossi, per avere una conferma e si affrettò rapidamente a seguire il medico inglese, per lo meno avrebbe occupato il suo tempo in maniera più costruttiva.

Si stava dirigendo direttamente verso l'infermeria a prua quando delle voci concitate le fecero cambiare direzione verso la cucina.

Fey con in mano un mattarello ed un mestolo da zuppa impediva ad Oscar di entrare nella sua cucina.

«Devo preparare dei nuovi medicinali, forza Fey fammi passare...»

«L'ultima volta che hai preparato i tuoi medicinali io mi sono ritrovato la cucina sottosopra per due settimane! Scordatelo!»

«Non mi costringere ad andare dal capitano, Fey! Sai quanto sono importanti le medicine!»

«La gente se mangia bene non si ammala!»

«Se tu fossi malato e senza medicine, nessuno potrebbe mangiare!»

«Io mi ammalo se vedo la mia cucina a soqquadro dopo il tuo passaggio!»

Il battibecco sembrava non aver fine e nessuno dei due accennava a voler retrocedere di un passo e darla vinta all'altro.

«Che succede qui?» intervenne la giovane inserendosi nello spazio fra i due, costringendoli ad indietreggiare un po' per rispetto alla sua persona.

«Ho delle erbe da mettere in infusione e setacciare, ma l'unico focolare si trova qui!»

«Ogni volta che Seymour usa la cucina me la lascia un disastro! Nessuno può entrare nella mia cucina!»

Helena cercò di non far trapelare il suo divertimento, evidentemente quella non era la prima volta che la pantomima si ripeteva, e probabilmente neanche l'ultima.

«Va bene, con calma... io farò da garante!» pronunciò solenne guardando entrambi.

I due pirati rimasero in silenzio, ammutolito per qualche istante, nei loro battibecchi non si era mai inserito nessuno, nessuno si era mai offerto come garante, neanche il capitano stesso. Si guardarono a vicenda per un brevissimo istante ed annuirono rassegnati.

«Perfetto!» esultò la giovane «Possiamo iniziare!»

Liberato il tavolaccio di legno grezzo da tutti gli attrezzi inutili, Seymour lo occupò con un grosso tagliere, e diversi tipi di coltelli, di cui uno a mezzaluna, posizionò con ordine davanti al tagliere tutti i sacchetti e con minuzia iniziò a calcolare le dosi corrette delle erbe da appoggiare sul tavoliere, solo allora si dedicò a sminuzzare alacremente mischiando bene tutte le essenze.

«Vedi» disse verso Helena «C'è chi le taglia separatamente e poi sistema il dosaggio e le mette in infusione, in realtà sminuzzarle insieme aumenta il grado di fusione fra le loro essenze, è un po' come se le mischiassi due volte: una volta tagliandole, ed una volta in infusione, aumentandone il potere curativo.» spiegò con orgoglio.

«Ci voleva una laurea in medicina per capirlo» commentò sarcasticamente Fey «Io lo faccio con le spezie tutti i giorni, senza tante cerimonie.» sbuffò lasciandosi cadere su una sedia leggermente distante dal tavolo, ma in posizione centrale per poter controllare tutto il suo regno.

«Credo che voi due dovreste collaborare un po' di più...» mormorò sorridendo la ragazza, continuando ad osservare con attenzione il medico, che dopo aver sminuzzato le erbe per bene le aveva travasate nel pestello e stava continuando a lavorarle.

«Non ci possono essere due re in un regno...» sentenziò Fey

«Ne tanto meno due galli in un pollaio.» soggiunse Oscar non prestando molta attenzione al cuoco.

«Mi stai dando del pollo?» Samir alzandosi di scatto dalla sedia e facendola capitolare alle sue spalle. «Per tua informazione, questo non è un pollaio! La cucina è la mia donna, ed è risaputo una donna non può avere due uomini!»

«Ma un uomo può avere due donne?» sussurrò Helena attirando l'attenzione dei due su di sé.

Cuoco e medico si guardarono interdetti, l'argomento era virato totalmente, e probabilmente non erano calme le acque che li attendevano.

«Se ti riferisci ai pirati, mia cara, è risaputo che abbiano molte donne, una in ogni porto, ma... come dire, anche le donne dei pirati, beh non sono delle più fedeli.» intervenne Oscar con la muta approvazione di Feydan.

«E' se invece un pirata è sposato sulla terra, può sposarne un'altra donna in un'altra nazione? O sulla nave?» continuò timidamente la giovane stropicciandosi la veste in grembo.

«No, anche ai pirati non è concesso sposarsi due volte, magari un bel paio di corna... però non due matrimoni!» asserì Fey convinto scuotendo la testa, facendo tintinnare le perline che adornavano le sue treccine.

«Samir ha ragione, cara, il capitano non può sposare uomini bigami, non sarebbe legale... a meno che...»

«A meno che?» insisté la ragazza

Fey lanciò una rapida occhiata di rimprovero al medico e poi gentilmente riprese verso Helena.

«A meno che uno dei due matrimoni non è legale.»

La ragazza tacque per un po', occupando il tempo iniziando a sminuzzare a sua volta erbe secche secondo lo schema del dottor Seymour.

«Cosa rende legale un matrimonio?» domandò a fior di labbra senza sollevare lo sguardo dal tagliere.

«Beh, che due persone rispondano “si” alla domanda dell'officiante, che ci siano testimoni pronti a giurare di averlo sentito bene, e che... beh che le due persone consumino il matrimonio...» spiegò Fey, e notando lo sguardo confuso di Helena continuò «Consumino il matrimonio andando a letto insieme, non per dormire.»

Helena avvampò del tutto e distolse lo sguardo imbarazzata.

Oscar la guardò a lungo, meditando silenzioso ed infine parlò, rompendo il penoso silenzio che si era creata.

«Temi che il signor William abbia già un'altra moglie o una donna in questo porto?»

La ragazza si limitò ad annuire, serrando le labbra con forza.

«Puoi star tranquilla, il vostro matrimonio è più che legale noi eravamo tutti testimoni al si... ed anche ai rumori dopo in cabina.» riprese tranquillo Feydan.

A quelle parole la giovane per poco non si tagliò un dito, ripose per sicurezza il coltello, ed iniziò a raccogliere i frammenti di erbe con le mani tremanti.

«Era una finta... non c'è mai stato... nulla» mormorò al colmo dell'imbarazzo.

Nuovamente i due pirati si guardarono perplessi, stavano navigando in acque ben poco sicure, su questo non vi erano più dubbi.

«Va bene, calmiamoci...» riprese le fila il medico indicando a tutti di sedersi «Il signor William ha degli impegni in questo porto da parecchio tempo, quasi due anni circa, più o meno da quando lo conosciamo e da quando ha iniziato a viaggiare sulla Regina, giusto?» ad un cenno affermativo di Fey, Oscar riprese «Potrebbe avere qui una donna, o una moglie, ma se così fosse perché sposare te qualche mese fa?»

«Da quello che ci dici è chiaro che non gli interessavi solo fisicamente, probabilmente c'è dell'altro» aggiunse Samir disinvolto, ignorando totalmente il rossore della ragazza.

«Lui mi ha detto...» iniziò la giovane balbettando «Che mi ha sposato per non farmi diventare la prostituta della nave e darmi protezione, ma che ha anche altre motivazioni, che però non mi ha ancora rivelato...»

«Esatto!» concluse sorridendo il medico «Il signor William ti ha concesso la protezione e la libertà su questa nave, che nessun altro pirata avrebbe mai potuto darti. Ora non ti resta che fidarti... e magari provare a chiedergli in futuro qualcosa in più.»

«E se per caso tu voglia consumare un matrimonio, beh io sono sempre disponibile!» aggiunse Feydan scherzando.

«Grazie...ma credo che rinuncerò all'offerta.» concluse ancora paonazza la giovane, prima di allontanarsi dalla cucina. Aveva bisogno di pensare e riflettere.

Perchè mai le dava così tanto fastidio il fato che William avesse una donna in quel porto? William non era nessuno per lei, solo la sua ancora di salvezza in attesa di poter tornare sulla terra ferma e riprendere la sua vita da dove l'aveva interrotta.

Helena raggiunse il ponte, aspirò l'aria fresca che le portò alle narici anche il disgustoso olezzo di un peschereccio appena attraccato.

Tutto il disgusto per l'odore di pesce marcio, svanì immediatamente quando vide William giungere a cavallo sul molo, lasciare il cavallo ad un uomo pagandolo in denaro e salire a bordo della Regina.

Il suo mondo in quel momento era solo lui, non poteva più illudersi che tornare sulla terra ferma le avrebbe concesso di riprendere la sua vita, la vecchia Helena non esisteva più, nei suoi pensieri Messer Lodovico, il suo promesso sposo, non era altro che un minuscolo ostacolo alla sua vita con William. Non avrebbe più pensato a Messer Lodovico, non esisteva veramente, non era mai esistito se non nei racconti dello zio Aurelio. William invece era reale, ed era lì innanzi ai suoi occhi. William era l'uomo che la nuova e vera Helena desiderava. Non c'era più spazio per le illusioni.

«Buon pomeriggio, mia cara, trascorso bene questi due giorni?» le parole di William la riscossero dai suoi pensieri.

«Io...io si, grazie, e tu?»

«Molto bene, grazie!» le sorrise, era felice davvero, felice di quei due giorni lontano da lei. Helena sentì una morsa alla bocca dello stomaco stringerle forte. «Perdonami cara, ora vado a parlare con Julian, ho buone notizie per lui. Ci vediamo per la cena.»

Senza poter far altro Helena lo vide andare sottocoperta verso la cabina del Capitano, si morse il labbro inferiore e volse lo sguardo verso il piccolo paesino. Chi era la donna per cui William l'abbandonava senza remore... chi era la donna che lo rendeva così felice da fargli brillare gli occhi?

Su una cosa era certa, era una donna, nessun altro affare avrebbe potuto renderlo così felice... o si sbagliava?






*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*


Chiedo venia per il ritardo! Mi sono trasferita in Spagna ed oltre a qualche difficoltà nel reperire internet ho avuto parecchie difficoltà nel trovare l'ispirazione ed il tempo per scrivere.

Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto.


A presto


Laja

















Ritorna all'indice


Capitolo 27
*** Capitolo 25 ***


Capitolo 25

«Allora?»

William richiuse la porta alle sue spalle e guardò Julian, il sorriso sul suo volto era più che esplicativo, ma il capitano voleva sentirlo dalla voce dell'uomo.

«Ho parlato con il legale, il matrimonio è ufficiale ed ora ho tutto il diritto di riprenderla con me, devo solo presentare Helena alle due megere, e mostrare tutti i documenti.»

«Ottimo! Davvero ottimo» mormorò il Capitano «Così sarai più stimolato a concludere il nostro affare per poter riavere la libertà...» continuò in un lieve sussurrò sporgendosi verso William.

«Sono un uomo d'onore, Julian, porterò a termine il nostro incarico, e poi, puoi starne certo, non ci rivedremo più. Voi pirati mi avete già fatto pagare un prezzo più alto di qualsiasi somma si possa immaginare.»

Jackson gesticolò con la mano, conosceva bene la tiritera, era sempre la stessa cosa, prima o poi chiunque venisse a contatto con i pirati la diceva.

«Diceva la stessa cosa una donna di mia conoscenza, eppure sposò un pirata ed a lui rimase fedele, tanto da dargli due figli...» riprese il Capitano «...e quella donna era mia madre.»

William accennò un sorriso aspro.

«Eppure da quando lo disse non è più salita su una nave, neanche per assecondare il figlio... o sbaglio?» lo stuzzicò

«No, infatti, lei stravedeva per il piccolo, il cocco di mamma cresciuto nella bambagia e nella cultura, eppure appena il cocco ha avuto bisogno di aiuto si è subito precipitato sulla Nave del fratello, non è vero William?»

L'uomo sbatté una mano sul tavolo, le parole di Julian avevano risvegliato in lui ricordi dolorosi.

«Ti sarò per sempre grato per il tuo aiuto fratello, ma odierò per sempre tutti i pirati, perchè è solo causa loro se Silvya non è con me adesso.» William si alzò per allontanarsi dalla stanza, ma il Capitano lo bloccò.

«Non scappare, William, non c'è fretta...» continuò con un mezzo sorriso, finalmente William lo chiamava con il suo nome, era suo fratello anche se in quei lunghi mesi aveva fatto finta che così non fosse. L'uomo si fermò in piedi vicino alla porta della cabina.

«Dimmi dove devo dirigere il timone...»

«Non lo so, Julian, non so neanche cosa sia quel maledetto tesoro del Re dei Pirati, figurati se posso dirti dove andare...»

«ed allora torna studiare quel maledetto diario! Non ho tempo da perdere!» sbottò il capitano facendogli rapidamente il gesto di congedarsi.


*°*


Era rimasta sul ponte per poco tempo dopo, gli uomini erano risaliti tutti a bordo e le prime manovre per salpare erano iniziate, guardò il mare aperto appoggiandosi alla balaustra del ponte maggiore, dove si sarebbero diretti questa volta? Dove li conduceva quel viaggio? C'era una meta in tutto quello o giravano solamente per i mani, come una barchetta di carta nella fontana dei bambini?

Sospirò e si decise a tornare nella cabina, il suo ruolo sul ponte non era più necessario, ed anzi la sua presenza era solo d'intralcio per chi stava lavorando per la partenza.

Quando raggiunse la cabina, era ancora vuota, William era probabilmente ancora con il capitano. Si appoggiò al letto pensierosa. Nella sua mente tornarono le parole di Fey e del dottor Seymour, tutto quello che avevano detto e tutto quello che non avevano detto ma si erano limitati a comunicarlo attraverso gli sguardi ed i gesti.

Si ravviò i capelli, portati sciolti sulla morbida camicia bianca, era una sciocca ed un'incosciente, avrebbe dovuto trascorrere ogni secondo libero per pensare e preparare il suo piano di fuga da quella nave e non cercare di addentrarsi maggiormente nei suoi segreti, eppure era fatta così.

Sentì i passi di qualcuno avvicinarsi, d'istinto si rassettò la veste lisciando le pieghe del tessuto in corrispondenza del ventre piatto, si portò i capelli solo su una spalla lasciando parte del collo esposta e ben visibile. Tutto fu inutile. Quando William entrò la degnò appena di uno sguardo indecifrabile, mugugnò una parola che avrebbe dovuto essere un “ciao” e volgendole le spalle si era seduto alla scrivania.

Helena rimase per un tempo che le parve infinito ad osservargli le spalle, lo vide sollevare fra le mani una pergamena vergata ed iniziare a leggerla sussurrando qualcosa a così bassa voce che le fu impossibile capire cosa dicesse.

William scosse la testa, sospirò, appoggiò di lato la pergamena e ne prese un'altra vergine dove con lentezza e meticolosità iniziò a vergare.

Una manovra imprevista, provocò uno scossone della Regina che oscillò pericolosamente di lato prima di riassestarsi, nel tentativo di salvare la boccetta di inchiostro dal rovinare a terra, William urtò una pergamena facendola cadere al suolo.

Helena scattò in avanti per raccoglierla, velocemente lesse la filastrocca vergata con cura al centro della pergamena.


Giace per sempre nel mio cuore

ciò che mi fece re ed imperatore

Furono mari ed oceani

balocchi nelle mie mani.


Le correnti violente e turbinose

lo conserveranno per sempre gelose

Più di un marinaio lo cercherà

ma solo il mio erede lo troverà.


Dall'alto del pennone guarderò

e dei loro stolti tentativi, all'infinito, riderò!”


«E' questo che state cercando? Cos'è un forziere con il tesoro, un'arma speciale, tutti i segreti sulla Marina?» domandò porgendogli la pergamena.

«Una donna per bene non dovrebbe mai immischiarsi nei fatti che non la riguardano.» rispose freddo William sottraendogli il foglio di mano e riponendolo con cura sullo scrittoio.

«Una donna per bene non dovrebbe neanche girare con i capelli sciolti, ne tanto meno essere prigioniera su una nave pirata...» continuò la giovane a tono sorprendendolo per la sua audacia «Mi hai vietato di portare la cuffietta, mi hai costretto a sposarti ed a rimanere su questa dannata nave. Mi hai fatto capire più volte che non mi consideri una donna per bene, quindi mi faccio i fatti che più mi interessano!»

William la guardò interdetto, dov'era finito l'agnellino tremante che aveva sposato diversi mesi prima?

«Beh, vuoi degnarti di rispondermi? Non sono tua moglie, perché il nostro matrimonio non è valido, e non so neanche perché hai voluto sposarmi se non l'hai voluto rendere valido!» Helena si stupì di se stessa, sentiva un fiume di parole uscirle dalle labbra senza che riuscisse a controllarle, non sapeva neanche da dove avesse preso tutto quel coraggio.

«E' questo tesoro che sei su questa nave? Ne devi avere una percentuale? Tu non sei un pirata, eppure sei qui, perchè? Non sei un prigioniero altrimenti non ti avrebbero permesso di sposarmi, non sei un prigioniero altrimenti non avresti tutti questi riguardi dal capitano... chi sei William? Che stai facendo su questa nave?» continuò imperterrita facendo un passo in avanti per fronteggiarlo.

In piedi di fronte a lei che parlava e sputava sentenze e domande alla velocità della luce, William non seppe che fare, provo più di una volta a risponderle ma lei non gliene dava il tempo, parlava e parlava, domandava, insinuava alzando sempre di più il tono di voce; fece un passo avanti nel tentativo si sembrarle più imponente ed autoritario, ma a nulla valse. Helena sembrava un vulcano in piena eruzione. Accorciò la distanza fra loro, la prese per le spalle, c'era un unico modo per mettere a tacere, tapparle la bocca. Senza ulteriori ripensamenti la baciò con forza.


Ritorna all'indice


Capitolo 28
*** Capitolo 26 ***


Capitolo 26



«Beh, vuoi degnarti di rispondermi? Non sono tua moglie, perché il nostro matrimonio non è valido, e non so neanche perché hai voluto sposarmi se non l'hai voluto rendere valido!» Helena si stupì di se stessa, sentiva un fiume di parole uscirle dalle labbra senza che riuscisse a controllarle, non sapeva neanche da dove avesse preso tutto quel coraggio.

«E' questo tesoro che sei su questa nave? Ne devi avere una percentuale? Tu non sei un pirata, eppure sei qui, perchè? Non sei un prigioniero altrimenti non ti avrebbero permesso di sposarmi, non sei un prigioniero altrimenti non avresti tutti questi riguardi dal capitano... chi sei William? Che stai facendo su questa nave?» continuò imperterrita facendo un passo in avanti per fronteggiarlo.

In piedi di fronte a lei che parlava e sputava sentenze e domande alla velocità della luce, William non seppe che fare, provo più di una volta a risponderle ma lei non gliene dava il tempo, parlava e parlava, domandava, insinuava alzando sempre di più il tono di voce; fece un passo avanti nel tentativo si sembrarle più imponente ed autoritario, ma a nulla valse. Helena sembrava un vulcano in piena eruzione. Accorciò la distanza fra loro, la prese per le spalle, c'era un unico modo per mettere a tacere, tapparle la bocca. Senza ulteriori ripensamenti la baciò con forza.



Le mani di William sulle proprie spalle, le labbra a serrare le proprie, Helena rimase per qualche istante stranita, il pensiero di respingerlo le si affacciò alla mente e se ne allontanò con una tale rapidità che probabilmente non l'avrebbe neanche mai ricordato in futuro, chiuse gli occhi e si spinse invece contro di lui, facendo aderire i loro corpi, dischiuse le labbra e ricambiò il bacio con trasporto.

Aveva abbandonato la razionalità da qualche tempo ormai, ed in quel momento ne ebbe la piena conferma, desiderava suo marito, lo desiderava come non credeva fosse possibile desiderare un uomo, sollevò audacemente le mani e le posò sul suo torace dell'uomo aggrappandosi alla sua camicia, tirandolo maggiormente verso di sé.


Le labbra di Helene, così morbide contro le sue gli provocarono una reazione inaspettata, sentì il cavallo dei pantaloni gonfiarsi contro la gonna della ragazza, perchè non scappava spaventata? Perchè non lo respingeva piagnucolando?

Facendo delicata pressione sulle sue spalle, la staccò da sé e la guardò negli occhi, quando le palpebre della giovane si aprirono riuscì a leggere dentro quegli occhi chiari unicamente il desiderio, lo stesso che stava facendo impazzire lui.

Non aggiunse altro.

Fece scorrere delicatamente i palmi verso l'alto sfiorandole il collo, il contatto con la sua pelle nuda li fece fremere entrambi, rimasero silenziosi a guardarsi, lasciando che solo il tatto parlasse per loro. Le mani raggiunsero con una lentezza esasperante il viso di Helena, ne disegnò i lineamenti con delicatezza prima di racchiuderle il viso ed accostarlo al proprio nuovamente.

Le mani attorno al suo viso la tennero legata a lui, poi piano scesero ad accarezzarle i lunghi capelli, la nuca, e giù disegnando la linea vertebrale lungo tutta la colonna, fino al bacino, la cinse con forza attirandola contro il proprio, a contatto con il proprio desiderio fremente sotto il sottile strato dei pantaloni.

Ancora una volta Helena non oppose resistenza, il bacino combaciò perfettamente contro il suo, come se fossero due parti di uno stesso ed unico corpo, la giovane si strinse a lui maggiormente e nell'aggrapparsi con forza alla sua camicia ne fece saltare i primi due bottoni aprendola alla base del collo. Il rumore dello strappo dei bottoni li distrasse facendoli staccare da quel bacio passionale, Helena fece scorrere le dita sui due lembi di camicia separati, notando un traingolo di pelle abbronzata fra di essi, sollevò appena lo sguardo verso William, solo un istante prima di riabbassarlo sulla camicia ed iniziare a sbottonare i bottoni ancora sani per scoprire tutto il torace.

Solo molte ore più tardi quando avrebbe ripensato razionalmente al suo comportamento si sarebbe stupita di se stessa, dei propri gesti e della propria audacia, ma in quel momento, con il respiro caldo di William sulla sua fronte, il cuore di lui ritmico e pulsante sotto le sue mani, ed i loro bacini così strettamente serrati, tutto le sembrò normale ed istintivo.

Liberò il torace dell'uomo dal cotone della camicia, rapidamente William se la sfilò lasciandola ricadere giù per le braccia, rimanendo a torso nudo, Helena rimase ad osservarlo silenziosa e poi audacemente iniziò a sfiorarne i contorni dei suoi muscoli con la punta delle dita.

Quel semplice tocco, fu troppo per William, senza indugiare oltre si impossessò di nuovo delle labbra della giovane con foga, la sospinse indietro di qualche passo fino a quando non trovarono dietro di loro il letto, sostenendola con un braccio attorno al bacino ed uno sulla schiena, la fece distendere prima di coprirla con il suo corpo.


La paura che lei lo respingesse svanì rapidamente, ad ogni gesto di William più audace, Helena rispondeva inarcandosi ed ansimando, fino a quando non raggiunsero entrambi il piacere nell'unirsi in un solo corpo... i cigolii del letto questa volta erano la vera colonna sonora di un matrimonio davvero consumato.




Ritorna all'indice


Capitolo 29
*** Capitolo 27 ***


Capitolo 27


Si svegliò con il profumo dei capelli di Helena nelle narici, aspirò profondamente quella piacevole fragranza aprendo lentamente gli occhi. Il corpo nudo di Helena era rannicchiato contro si lui, si erano addormentati abbracciati dopo quella notte che li aveva visti uniti più di una volta, ansimanti, accaldati e doveva ammetterlo estremamente soddisfatti.

Delicatamente si scostò dalla giovane, distendendo i muscoli indolenziti, allungò il braccio sotto il cuscino e la mano sfiorò il sottile fazzoletto di cotone.

Il contatto con quel semplice quadrato di stoffa lo scosse come un rapido e violento fulmine.

Che aveva fatto? Non era per quello che l'aveva sposata. Non era quello il motivo.

Si alzò dal letto, e si vestì in silenzio, controllando di tanto in tanto che la giovane dormisse ancora, poi rapidamente raccolse parte delle sue cose e lasciò la cabina.

Aveva bisogno di pensare ed un po' di tempo lontano da Helena l'avrebbe aiutato.

Erano le prime luci dell'alba quando senza bussare entrò nella cabina del capitano, richiudendo con un tonfo la porta dietro si sé.

Julian Jackson ancora dormiente nel suo letto sobbalzò, aprì gli occhi e focalizzò la figura del fratello.

«La nave sta affondando?» domandò tirandosi a sedere fra le lenzuola

«No.»

«La marina ci ha appena arrestati tutti?»

«Hem...no» mugugnò William ancora nei pressi della porta.

«E allora, diamine, perchè mi hai svegliato?»

«Devo parlarti... cioè devo parlare con qualcuno... ho...»

«Hai risolto l'enigma del Re?» domandò speranzoso Jackson sporgendosi verso di lui.

«No...io...»

«Beh allora non mi interessa, parliamone dopo colazione...» lo interruppe Julian, tornando a stendersi.

«Sono andato a letto con Helena.» disse tutto d'un fiato William.

«Sono il Capitano, sono tuo fratello, ma davvero non è necessario che mi tenga aggiornato della tua vita intima.» mugugnò l'uomo nascondendo il capo, come un bambino, sotto le lenzuola.

«Per la prima volta.»

Quelle parole bastarono a far scattare Julian, che sobbalzando tornò seduto dritto sul materasso.

«Per la prima volta?»

William si limitò ad annuire.

«Cazzo. Te la sei sposata due mesi fa, solo ora ti decidi a consumare il matrimonio?Ti hanno evirato e non lo sapevo, o lei è talmente tanto frigida da fartelo ammosciare?»

«Non volevo parlare con te di questo...» mormorò arrossendo di colpo alle parole del fratello.

«Ah no?» borbottò alzandosi rassegnato il capitano «E di cosa vorresti parlarmi allora?»

William sospirò abbassando lo sguardo, si mosse all'interno della cabina e si andò a sedere su una poltroncina posizionata di fronte alla vetrata di poppa, dove il sole iniziava a comparire all'orizzonte.

«Non lo sposata per questo...»

Julian scoppiò a ridere talmente forte, tanto che per alzarsi dal letto dovette aggrapparsi ad una sedia.

«Tu mi farai morire un giorno di questi! Non ho mai sentito uno che si sposasse per “non fare sesso”! Al massimo ho sentito chi non si sposava per poter continuare a fare il maiale in calore con molte più puledre...»

«Non so per quale motivo io sia venuto qui...»

«Me lo domando anche io! Al posto di svegliare me non potevi continuare con tua moglie?» Julian sottolineò le ultime parole con il tono della voce.

«L'ho sposata per poter avere legalmente diritto a Claire. Il mio programma era farle firmare tutte le carte necessarie e passati i mesi di riti, concederle il divorzio e la libertà. Non ho bisogno di un'amante ma solo di una moglie su carta.»

«Non perderai Claire se vai a letto con tua moglie, William.»

«No... ma...»

«Ma perdi Silvya vero? Credi di averla tradita stanotte?» incalzò Jackson vestendosi.

William non rispose nascondendo il volto fra le mani pensieroso.

«Credi che Claire ti amerà di meno, per questo? Credi che Silvya ti amerà di meno per questo? William, nessuna delle due lo farà! Diamine sei un uomo, è normale che accadano queste cose... il sesso non ha mai fatto male a nessuno.»

«Non era solo sesso, Julian...»

Il capitano tacque un istante rimanendo quasi senza parole.

«Ecco qual è il problema, te ne sei innamorato vero? Ti sei innamorato della bionda... ma sei ti sei innamorato di Helena, hai dimenticato Silvya... e...»

«basta Julian! Ho fatto male a venire da te... non fai che peggiorare tutto!» lo interruppe William.

«Io peggioro tutto? A conti fatti, tu sei andato a letto con Helena, tu l'hai sposata, tu hai Claire a cui pensare e Silvya sempre in testa... e tu mi hai svegliato all'alba per dirmi che hai scopato, mentre io non vedo una femmina nel mio letto da troppo tempo ormai. Beh perdonami, ma fai tutto da solo William...» Jackson si calcò il cappello sulla testa. «Rimani qui, schiarisciti i pensieri, prenditi il tempo che ti serve, ma ricordati che se quella ragazza deve firmare i tuoi documenti, avrà diritto di saperne di più...»

Dopo queste parole la porta si richiuse alle spalle del capitano, e William rimase di nuovo in balia dei suoi unici pensieri.

Che aveva fatto? Perchè aveva permesso ad Helena di entrare nel suo cuore? Silvya... Silvya, l'unico grande amore della sua vita, l'avrebbe mai perdonato?




*°°**°°**°°*


Spero che anche questo capitolo via sia piaciuto! Ringrazio le mie fidate lettrici per il loro calorosissimo commenti!!!


A presto per il nuovo aggiornamento!


Ritorna all'indice


Capitolo 30
*** capitolo 28 ***


Capitolo 28


Le prime luci dell'alba filtrarono dall'oblò andando a posarsi sul suo viso. Helena si stiracchiò leggermente e sorrise, William non era accanto a sé, probabilmente la stava guardando in piedi o seduto un po' distante. La giovane mantenne gli occhi chiusi e le labbra disegnarono un tenue sorriso, magari le sue labbra l'avrebbero baciata di nuovo per completare il suo stato di beatitudine.

Niente.

Timorosa e perplessa aprì prima una palpebra poi la seconda, William non era in cabina.

Sbuffò, non era proprio il risveglio che si era immaginata, si guardò attorno, nessun biglietto per lei, niente che potesse anche solo sembrare un messaggio rivolto a lei.

Lentamente si sollevò a sedere e poi in piedi, si sciacquò usando la brocca e la bacinella in un angolo della cabina, e si vestì.

Aveva trascorso una notte bellissima, la sua effettiva prima notte di nozze, per una vita aveva temuto quel giorno, spaventata dai racconti della balia e dello zio Aurelio, ed invece quella notte era stato un sogno. Ancora ora poteva sentire tutto il suo corpo ipersensibile che desiderava solo il contatto con la pelle maschile di suo marito.

Ma, prima di ciò, ne era certa avrebbero dovuto parlare, forse dopo la notte appena trascorsa William le avrebbe detto per quale motivi l'aveva sposata.

Se aveva bisogno di soldi, non sarebbe stato un problema, lei in quanto maggiorenne avrebbe avuto diritto ai beni dei suoi genitori, e li avrebbe volentieri dati a suo marito, per costruire insieme la loro vita, magari sulla terra. In quel momento avrebbe dato e fatto tutto pur di poter giacere ancora con lui, una notte dopo l'altra per tutta la vita, protetti da un matrimonio che non sarebbe stato solo di convenienza ma anche d'amore, ne era certa.

Si vestì sorridente, avrebbe trovato William sul ponte e ne avrebbero parlato tranquillamente, magari con un po' di imbarazzo iniziale, ma poi sarebbe tutto filato liscio.

Ora erano veramente marito e moglie, il loro matrimonio era stato consumato ed ora era perfettamente legale.

Quando arrivò sul ponte il sole era già sorto ed il cielo iniziava a tingersi di un bel celeste vivo e luminoso, il mare era calmo e la terra si intravedeva non molto distanza offuscata dalle ultime foschie dell'alba.

La Regina era ancora dormiente, solo il mozzo era impegnato a pulirne il ponte, ed il Capitano poco distante si affacciava al parapetto di prua armato di cannocchiale.

Si avvicinò al capitano lentamente assaporando a pieno la brezza mattutina.

«Buongiorno capitano...»

L'uomo si voltò, la guardò attentamente non mascherando un sorriso divertito e tornò a mirare l'orizzonte.

«Mi domandavo se aveste visto mio marito questa mattina, si è svegliato molto presto e gradirei parlargli quanto prima...»

Julian cercò di non ridere, si morse il labbro inferiore e continuò a mantenere l'attenzione sull'orizzonte per controllarsi prima di risponderle.

«Vostro marito è ospite della mia cabina attualmente...» Helena scattò immediatamente per tornare sottocoperta «ma ritengo non sia il caso di disturbarlo, sta lavorando ad un progetto che mi è molto caro e non desidero che nessuno interferisca.» continuò l'uomo bloccandola per un braccio.

I due si guardarono silenziosi, ed infine la giovane annuì. Aveva inteso perfettamente il monito del capitano.

D'altronde però nessun compito di Jackson avrebbe tenuto tanto lontano William, non dopo quello che era accaduto fra di loro.

Rinfrancata da quei pensieri si avviò sottocoperta, avrebbe trascorso la giornata ad aiutare Fey ed il dottor Seymour, e non appena William si fosse liberato avrebbero parlato tranquillamente.

A mezzogiorno William non si fece vedere a mensa, il cuoco le disse che avrebbe mangiato nella cabina del capitano, così Helena si offrì per portare lei il vassoio, sperando di essere ricevuta da Jackoson.

In effetti fu ricevuta, ma lasciato il vassoio sul tavolo fu invitata ad allontanarsi, William le porse le spalle per tutto il breve tempo che trascorse all'interno della cabina, né uno sguardo, né una parola le giunsero in soccorso, quasi come se la notte trascorsa non fosse significata nulla.

Nel pomeriggio un pirata, inciampò in delle cime lasciate in disordine sul ponte, e si lussò una spalla, questo spiacevole evento assicurò ad Helena un impegno prolungato come infermiera del dottor Seymour, e più lavorava meno pensava. Avrebbe resistito fino a sera, non oltre.

Le stelle erano già alte e luminose nel cielo scuro, dopo la medicazione del pirata era rimasta sul ponte, con l'idea che prima o poi suo marito avrebbe cercato il piacere di un po' d'aria fresca, e lì l'avrebbe incontrata, ma di William nessuna traccia. Sospirò appoggiandosi al parapetto, aveva forse fatto qualcosa di sbagliato? Quale poteva essere il motivo tanto importante da tenerlo lontano da lei?

La terra non distava molto dalla Regina, stavano navigando parallelamente a delle terre disabitate ricche solo di vegetazione, le aveva osservate durante il pomeriggio ed ora con il beneficio della notte sembravano tutt'uno con il manto blu del mare.

Sospirò nuovamente, era arrivato il momento di tornare in cabina, riattraversò la nave soffermandosi qualche istante di troppo dietro la porta della cabina del capitano dove si sentiva un discreto parlottare, ma altri rumori di sottofondo le impedirono di comprenderne le parole. Arrivata nella sua piccola stanza, si sistemò il vestito e si pettinò i lunghi riccioli biondi con cura, voleva che quando William sarebbe tornato l'avrebbe trovata desiderabile.

I minuti e le ore passarono senza che nessuno aprisse la porta della sua cabina, William non tornava ancora, era notte fonda ormai e la Regina dormiva placida cullata dalle onde del mare.

Era inutile continuare ad illudersi, William non sarebbe tornato da lei quella notte, e per tutta la giornata non aveva fatto altro che ignorarla.

Helena si alzò dal letto e girovagò inquieta in quel piccolo spazio angusto in cui viveva da un po' di tempo ormai, lo sguardo le cadde sulle pergamene bianche appoggiate sulla scrivania.

William scriveva e scriveva tutto il santo giorno, ma cosa scriveva?

Si sedette davanti allo scrittoio ed iniziò a guardare tutte le pergamene appoggiate sulla scrivania, molte erano vuote, altre riportavano annotazioni riguardanti la filastrocca che aveva letto la sera precedente.

Si era sempre accontentata tutta la vita, aveva sempre ubbidito a suo zio Aurelio, alla balia, e se non fosse stato per i pirati avrebbe ubbidito anche a suo marito. “Non domandare troppo” le diceva suo zio, lei era una donna, non doveva domandare, non doveva sapere troppo, doveva semplicemente accontentarsi di quello che le dicevano gli uomini ed accogliere le loro parole come verità esatte.

Da quando viveva sulla Regina aveva capito che il mondo non era così, aveva capito che poteva pretendere di più, e suo marito non avrebbe fatto eccezione, non si sarebbe accontentata della sua “verità esatta” ma avrebbe preteso fino all'ultimo di capire da sola quale fosse a verità.

Con meticolosità iniziò ad aprire ad uno ad uno tutti i cassetti dello scrittoio, guardando con attenzione tutto il contenuto, fino a quando non trovò quello che cercava, un plico di lettere chiuse da un nastro di seta rosa.

Ne aprì una ed iniziò a leggere:


Mia adorata,

sono passate solo poche ore dal nostro incontro, ho ancora il tuo profumo nelle narici, ed il dolce suono dei tuoi gemiti nelle mie orecchie. Se chiudo gli occhi ti vedo, vedo la tua pelle così chiara e e delicata, i tuoi occhi grandi e curiosi che mi guardando come se fossi l'uomo migliore del mondo.

Oh come mi fanno sentire importante i tuoi sguardi.

Mia adorata, non sono l'uomo migliore del mondo, ma per te lo diventerò, ogni scelta che ho compiuto fino ad ora l'ho fatta solo per avvicinarmi ogni giorno un po' di più a te, fino a quando potremo finalmente godere semplicemente della nostra vicinanza, e vivere insieme per sempre, perchè non temere, quel giorno arriverà ed anche prima che tu possa immaginare...”


Con le lacrime agli occhi Helena non riuscì a terminare la lettera, quello che c'era stato fra di loro la notte prima era stato chiaramente un errore, suo marito portava nel cuore un'altra donna, il cui solo profumo lo inebriava, ed i cui unici gemiti avrebbe sempre ascoltato.

Abbandonò il plico e la lettera sullo scrittoio, senza pensarci molto, raccolse il suo mantello ed a passo svelto, cercando di essere ugualmente silenziosa, raggiunse il ponte.

La terra non era lontana, l'aveva vista quel pomeriggio, l'avrebbe raggiunta e da l' avrebbe iniziato la sua nuova vita, lontana da Zio Aurelio, lontana da Messer Ludovico e purtroppo lontana anche dalla Regina e da William, suo marito... William.

Calò con un po' difficoltà la scialuppa in acqua, cercando di non scivolare scese la scaletta di babordo e salì sulla piccola barchetta di legno in balia delle piccole onde notturne, con le lacrime agli occhi, iniziò a remare verso quella che le sembrò essere la direzione per la terra ferma.

Ritorna all'indice


Capitolo 31
*** Capitolo 29 ***


Capitolo 29


«Capitano!» esclamò il mozzo entrando senza bussare nella cabina di Jackson.

I due uomini sobbalzarono voltandosi verso la porta, Julian aprì la bocca per rimprorare il pirata della sua irruenza e maleducazione, ma quest'ultimo lo precedette.

«Manca una scialuppa.» disse tutto d''un fiato.

William si alzò di scatto senza ascoltare il resto delle spiegazioni, lanciandosi velocemente verso la propria cabina, un bruttissimo presentimento si era impossessato di lui, ed ora gli stringeva in una morsa dolorosa lo stomaco.

Sena troppe cerimonie spalancò la porta della propria abitazione, trovandola, purtroppo, completamente vuota. Lo sguardò vagò in tutto l'angusto spazio, alla disperata ricerca di qualsiasi cosa che potesse confutare le sue conclusioni, la sua attenzione fu attirata da una moltitudine di pergamene sparpagliate sullo scrittoio. Quelle pergamene le conosceva bene, lasciò cadere il proprio sguardo sulla prima...


Mia adorata,

sono passate solo poche ore dal nostro incontro, ho ancora il tuo profumo nelle narici, ed il dolce suono dei tuoi gemiti nelle mie orecchie. Se chiudo gli occhi ti vedo, vedo la tua pelle così chiara e e delicata, i tuoi occhi grandi e curiosi che mi guardando come se fossi l'uomo migliore del mondo.

Oh come mi fanno sentire importante i tuoi sguardi.

Mia adorata, non sono l'uomo migliore del mondo, ma per te lo diventerò, ogni scelta che ho compiuto fino ad ora l'ho fatta solo per avvicinarmi ogni giorno un po' di più a te, fino a quando potremo finalmente godere semplicemente della nostra vicinanza, e vivere insieme per sempre, perchè non temere, quel giorno arriverà ed anche prima che tu possa immaginare...”


Sciocca ragazzina, non aveva capito niente!

Senza ulteriori indugi tornò sul ponte dove ad attenderlo c'era già Julian ed un gruppo di pirati, intenti a scrutare l'orizzonte, fra cui il dottor Seymour e Fey.

«Fammi indovinare, la tua colombella non è nel suo letto questa mattina?» lo accolse sarcastico il fratello, senza attendere l'ovvia risposta continuò. «Poco male, gli squali avranno la colazione questa mattina! Issate l'ancora ripartiamo!»

Un lievissimo mormorio si levò sul ponte, ma nessuno osò contrastare apertamente il capitano.

«Avete sentito quello che ho detto?» sbraitò nuovamente Jackson «Hai posti di manovra voglio la mia nave al largo entro...»

«Non puoi!» lo interruppe William, guadagnando uno sguardo omicida da parte del fratello.

«Io posso eccome! Io sono il capitano, questa è la mia nave, e quella ragazza non ha fatto che danni da quando è qui! Ha fatto la sua scelta, ed io faccio la mia.»

«E' mia moglie...» riprese il fratello.

«Felicitazioni, ora sei un uomo libero! E dato che è tua moglie, mi dovrai ripagare la scialuppa!»

William strinse i denti, Helena aveva superato il limite, Jackson non sarebbe tornato indietro; guardò la terra poco distante da loro iniziare ad allontanarsi.

«Così sia!» aggiunse, saltando sul parapetto e su una seconda scialuppa «Mettine un'altra nel conto!» senza attendere oltre iniziò a trafficare con il cordame per calare la scialuppa in acqua.

L'equipaggio si immobilizzò a quel gesto.

«Noi abbiamo un accordo William, non lo dimenticare...» riprese Julian accostandosi al parapetto.

«Lo ricordo, ti farò pervenire la soluzione all'enigma, quando avrò trovato mia moglie...non la perderò di nuovo.»

Le ultime parole risuonarono nell'aria insieme al cigolio della carrucola, man mano che la scialuppa calava.

«Lei non è Silvya, William!» riprese, con un tono più comprensivo, il capitano sporgendosi dalla balaustra.

«Lo Julian, e questa volta non la perderò!» rispose dal basso il fratello.

Jackson fece un profondo respiro, ed infine voltandosi verso la ciurma sbraitò.

«Calate l'ancora!Kutosky e voi due andate con William!» disse indicando i due fratelli ed altri due pirati.

«Probabilmente ci sarà bisogno di un medico...» mormorò Oscar avvicinandosi.

«Sta bene!» concluse Julian «Vi do meno di ventiquattro ore, il sole della prossima alba saluterà la Regina al largo, non aspetto più nessuno!»

I cinque pirati si calarono con la scaletta di cordame, sulla scialuppa ormai in acqua, e con un buon ritmo di remi, la scialuppa si mosse verso la terra.

William guardò la vegetazione avvicinarsi! Avrebbe trovato Helena, e non sarebbe tornato a bordo, non questa volta.

Quella ragazza aveva frainteso tutto, molte sarebbero state le spiegazioni, gliele doveva, finalmente l'aveva capito.

Arrivati sulla prima baia, non trovarono alcuna traccia della scialuppa, e con ogni probabilità non avrebbero trovato neanche Helena, Boris scese per fare un giro di perlustrazione mentre la barchetta proseguiva lungo la costa. Alla seconda baia si fermò un secondo pirata, alla terza un altro pirata inziò il giro di perlustrazione. Quando arrivarono alla quarta baia li accolse la vista dell'altra scialuppa inacagliata fra gli scogli appuntiti, un mantello squarciato galleggiante e nessuna traccia della ragazza. Un silenzio glaciale si diffuse fra i quattro pirati.

«Va bene, diamoci da fare...» mormorò Oscar mettendo i piedi sulla bianca spiaggia.

Si sparpagliarono in breve, infilandosi nella fitta vegetazione.

La baia era più grande delle altre, e la flora cresceva libera fino a raggiungere la spiaggia, numerose mangrovie prosperavano nella laguna rendendo sempre più arduo un qualsiasi movimento.

«Helena!» urlò William

«Helena!» rispose la voce del dottor Seymour da un punto imprecisato della foresta.

Di nuovo, fra i rumori della vegetazione sentì un'altra voce che la stava chiamando, tutti la cercavano. Sperava fosse ancora viva, sperava che non le fosse accaduto nulla di male, il solo pensiero gli stringeva lo stomaco e la gola facendolo quasi soffocare dal dolore.

Era tutta colpa sua, non avrebbe dovuto giacere con lei... non avrebbe dovuto allontanarsi da lei dopo aver condiviso così intimamente, non avrebbe dovuto nascondere la verità anche a se stesso.

Tutto questo era colpa sua, e se per colpa sua ad Helena era acaduto qualcosa non avrebbe mai potuto perdonarselo.

Camminava nella foresta, sradicando piante e tagliando rami per facilitarsi il passaggio, da non sapeva più quanto tempo, le chiome erano scosì fitte da impedire di scorgere il cielo ed intuire un orario, poteva essere passato poco più di un'ora o una mezza giornata, quando gli sembrò di intravedere una radura. Fiducioso aumentò il passo, inciampando e graffiandosi più volte, fino ad uscire dalla vegetazione e ritrovarsi, nuovamente di fronte al mare. Non era la stessa baia da cui erano arrivati, la spiaggia era più vasta e meno invasa dalla vegetazione.

Alzò lo sguardo verso il cielo terso, il sole non era a mezzogiorno, ma leggermente adagiato sulla curva celeste, solo che non sapendo né che ora fosse, né tanto meno dove si trovasse non seppe dire se fosse ancora tarda mattina ed il sole si trovasse ad est, o se fossero già le prime ore del pomeriggio e l'astro volgesse ad ovest.

Dei rumori dalla vegetazione lo riscossero dai suoi pensieri, si voltò brandendo il pugnale per sicurezza, ma non ci fu bisogno di utilizzarlo, Oscar Seymour, Pasha e l'altro pirata emersero, anche loro con gli abiti ridotti quasi a brandelli.

Dai loro sguardi fu più che chiaro che nessuno avesse trovato una sola traccia di Helena.

«Se avesse attraversato la foresta avremmo trovato qualche brandello di abito...» esordì Pasha a bassa voce.

«Quella maledetta foresta è talmente fitta che potrebbe aver fatto un'altra strada ed essersi persa lì dentro...» rispose l'altro pirata.

«Bene allora torniamo dentro, e cerchiamola!» concluse Oscar cercando un cenno di approvazione nello sguardo di William.

L'uomo accennò un si con il capo, e si voltò a guardare la spiaggia un'ultima volta prima di rimmergersi nella vegetazione di mangrovie, quando notò dei segnì sulla spiaggia.

«Aspettate!» urlò correndo verso quelle che si rivelarono essere impronte.

Sbucavano da dietro uno scoglio vicino all'acqua e proseguivano parallele alla parete rocciose fino a scomparire all'interno di un corridoio roccioso... una grotta.

«Oscar! E' qui!» urlò entrando di corsa nella grotta, verso la sagoma di Helena distesa al suolo.

La ragazza giaceva raggomitolata su se stessa in un angolo dell'angusta cavità rocciosa.

William la raggiunse, buttandosi a terra e prendendola fra le braccia la scosse leggermente.

«Helena! Helena ti prego rispondimi...» la chiamò con forza scuotendola. In quel momento arrivarono anche gli altri tre pirati.

«Ma che succede...» la ragazza aprì gli occhi riconoscendo la figura di William scattò indietro andando a sbattere contro la parete.

«Helena, stai bene...»

«Si che sto bene! Stavo solo dormendo!» protestò lei, voltandosi a guardare il marito ed i tre pirati ridotti come dopo un naufragio.

«Ma voi che ci fate qui?»

«La domanda è che ci fai tu qui!» le rispose William a tono, mettendosi n piedi e cercando di riguadagnare un po' di contegno.

Helena uscì dalla grotta, alla ricerca id un po' d'aria per respirare, stavano succedendo troppe cose.

«Non sono la tua schiava! Sono una donna libera e nessuno può credere di umiliarmi come hai fatto tu!» gli urlò dietro quando William fece per raggiungerla.

«Beh, visto che Helena sta bene, noi torniamo sulla Regina... fra poche ore ci sarà il tramonto,» esordì Oscar schiarendosi la voce e guardando il suo orologio da taschino. «non c'è molto tempo.» concluse guardando William.

L'uomo gli rispose con un cenno d'assenso, l'alba era vicina dunque.

I tre pirati si incamminarono verso la vegetazione, quando la voce di Helena li bloccò.

«Dove state andando?»

«Abbiamo lasciato la scialuppa sull'altra baia, dall'altra parte dell'isola, vicino a dove abbiamo trovato la scialuppa tua ed il tuo mantello...» spiegò rassegnato Pasha.

Helena guardò la foresta e le condizioni dei pirati, e loro finalmente notarono che l'abito di Helena salvò un po' di fanghiglia sulla gonna era del tutto intatto.

«Tu come sei arrivata qui?» le domandò perplesso William.

«Non mi sarei mai azzardata ad entrare in quella foresta,» spiegò la giovane «mi sono limitata a seguire la costa, la baia dove la scialuppa si è incagliata è dietro questa scogliera...» disse indicando uno scoglio poco distante «e l'acqua ieri era bassa, ora non so se...»

I tre si guardarono allibiti, avevano camminato per ore sfregiandosi e tagliandosi, quando la via era così semplice.

Oscar scosse il capo cercando di non ridere sulla loro sorte, e facendo un gesto agli altri due si incamminarono in acqua, verso l'altra baia.

«Per quanto mi riguarda...» disse Helena guardando William «Puoi andare anche tu, non ho bisogno di te...»

«Non ti lascio qui.» rispose risoluto

«Ed invece mi lasci in cabina, vero?» gli urlò contro.

William accorciò la distanza fra loro con due falcate e la prese per le braccia.

«Che ti è saltato in mente? Mi hai fatto morire di paura!»

«Lasciami! Non voglio più che le tue schifose mani mi tocchino!» urlò la giovane scostandosi bruscamente da lui «Schifoso!Vai dalla tua donna e lasciami in pace!»

«Non c'è nessuna donna, Helena, non più...»

«Non mentire! Ho letto le lettere, tutte quelle cose sui gemiti ed i profumi, avrei voluto vomitare, tanto più che la sera prima noi... noi...»

«E' mia figlia.»

La ragazza pronta a rispondere a tono si ammutolì a quelle parole, guardandolo perplesso.

«Claire è mia figlia. Ora ha quasi due anni.»

«E... e sua madre...»

«Silvia è morta poco dopo la sua nascita...» rispose pacato avvicinandosi nuovamente.

«Io... io....» in quel momento Helena si sentì la donna più stupida dell'universo.

«Sediamoci» mormorò William accostandosi a lei «è arrivato il momento che tu sappia tutto...»

Ritorna all'indice


Capitolo 32
*** Capitolo 30 ***


ATTENZIONE: per un imperdonabile errore di distrazione avevo postato male il precedente capitolo, mettendo l'inizio del capitolo 31 (che è ancora in lavorazione), questo è il giusto capitolo 30. Chiedo nuovamente scusa a tutti.






Capitolo 30


«E' mia figlia.»

La ragazza pronta a rispondere a tono si ammutolì a quelle parole, guardandolo perplessa.

«Claire è mia figlia. Ora ha quasi due anni.»

«E... e sua madre...»

«Sylvia è morta poco dopo la sua nascita...» rispose pacato avvicinandosi nuovamente.

«Io... io....» in quel momento Helena si sentì la donna più stupida dell'universo.

«Sediamoci» mormorò William accostandosi a lei «è arrivato il momento che tu sappia tutto...»

Helena si mise a sedere raccogliendo le gambe al petto, senza distogliere lo sguardo da William, la rivelazione che le aveva fatto l'aveva lasciata senza parole, si sentiva così idiota.

«Eravamo molto giovani quando ci sposammo...» iniziò William «Io e Silvya» spiegò con la voce rotta, appena sussurrata.

«Ci siamo amati molto, e quando nacque Claire ci sembrò di toccare il cielo con un dito. Niente ci sembrava potesse rovinare la nostra felicità. Claire aveva pochi mesi, quando Sylvia partì per raggiungere i suoi genitori, poiché il padre ammalato stava per morire, e la madre aveva bisogno del supporto di sua figlia. Così mia moglie e mia figlia si imbarcarono. Io all'epoca lavoravo presso un anziano notaio, facevo pratica nella speranza di rilevarne in futuro lo studio notarile, e mi era impossibile allontanarmi.» William si fermò. Tacque. Lo sguardo perso oltre la sottile linea dell'orizzonte fra il cielo ed il mare dove il sole lentamente si adagiava nel suo tramonto.

«Non arrivarono mai in porto. Il padre di Silvya morì senza rivedere più sua figlia ed io non ebbi più notizie di mia moglie e della mia bambina...» sospirò lentamente «L'intera imbaracazione era andata dispersa nelle acque... e come avrai visto molte sono le imbarcazioni che fanno questa fine, se non per una tempesta, per l'incontro sfortunato con una nave pirata...» la guardò attentamente. Helena si umettò le labbra ed annuì rapida, completamente rapita dal suo racconto.

«Così chiesi aiuto a Julian.»

«Perchè a Julian?» domandò interrompendolo, ma subito si pentì di aver rovinato con la sua curiosità il suo racconto.

«Julian è mio fratello, ma se non ti dispiace, te ne parlerò meglio in un'altra occasione, sempre se alla fine del mio racconto avrai ancora voglia di darmi un'altra occasione.»

Helena si limitò ad annuire freneticamente.

«Chiesi aiuto a Julian, e lui me lo diede, mi fece imbarcare sulla Regina e guidò la sua ciurma alla ricerca della nave pirata che mi aveva sottratto mia moglie... ma quando la trovammo... era troppo tardi.»

Un lungo silenzio seguì quelle parole. Helena fremeva per sapere cosa fosse accaduto, ma cercò di non darlo a vedere. William soffriva visibilmente a quel ricordo e lei si sentì in colpa nuovamente per la sua spasmodica curiosità.

«Il capitano sotto minaccia di Julian ci disse che Silvya era morta, aveva contratto il colera nel tragitto e l'avevano lasciata al mare, Claire invece l'avevano venduta come schiava da un ricco proprietario terriero.»


*°*

«Sta tornando una scialuppa capitano!» urlò il mozzo richiamando la sua attenzione, Jackson con lunghe falcate si avvicinò al parapetto di babordo. William ed Helena non erano su quella scialuppa.

Mantenne le labbra serrate in una rigida linea fino a quando anche l'ultimo degli uomini della spedizione fu salito sulla barca, infine parlò.

«Allora?»

«L'abbiamo trovata, il Signor William le sta parlando...» rispose il dottor Seymour cercando di contenere l'entusiasmo.

Julian si voltò a guardare la terra poco distante.

«Che si spiccino allora. All'alba salpiamo con o senza di loro.» poi voltandosi alla ciurma «e voi banda di rammolliti, i pirati non si riposano, mai! Tirate a lucido la Regina dalle stive alle sartie, non lo ripeterò una seconda volta!»

Tutti scattarono immediatamente all'ordine del capitano, quando Jackson ordinava di lucidare tirava cattiva aria ed era sempre meglio non contraddirlo.

Dopo un ultimo sguardo alla costa, Julian si ritirò nella sua cabina.

William l'aveva sfidato, non era la prima volta che capitava, ma gliel'aveva sempre lasciata passare, infondo era suo fratello, era poco più che un bambino mentre lui era già un pirata. Non aveva mai avuto occasione di conoscere suo padre, perchè anche lui era un pirata, suo padre era il pirata, il braccio destro dell'imperatore, eppure William, il figlio del braccio destro dell'imperatore dei pirati aveva visto tutta la sua vita sgretolarsi proprio per mano dei pirati.

Un piccolo gruppetto su una scassata caravella di terza mano gli aveva portato via le uniche due cose che lo rendevano un uomo felice.

Un piccolo gruppetto di pirati che avevano pagato caro l'affronto fattogli, ma nessuna vendetta gli avevano mai più potuto restituire ciò che aveva perso. Silvya catturata con Claire ancora in fascie, da quella ciurma, era morta sulla nave, e la bambina era stata venduta come schiava. Il mercato della schiavitù non aveva limiti. Lui lo conosceva bene.

Si mise a sedere davanti la scrivania e si prese la testa fra le mani, lui aveva scelto quella vita, aveva seguito sin da piccolo le orme del padre, lui aveva il sogno di diventare il nuovo re dei pirati, suo fratello, invece, aveva solo desiderato una vita tranquilla, un lavoro onesto, ed una moglie, ed ora era lì da quasi un anno imbarcato sulla Regina, impossibilitato a tornare a riprendersi sua figlia perchè aveva firmato un contratto. Un contratto che doveva portare a termine, non si sarebbe mai detto che il capitano Jackson avesse punti deboli, ne donne ne parenti. Un favore per un favore.

Julyan si spallò contro lo schienale della sedia allungando sul tavolo le gambe. Si, era proprio così, un favore per un favore. Lui aveva messo a disposizione di William tutta la sua ciurma per cercare Silvya in lungo ed in largo per i mari, e poi per cercare Claire e ritrovare il modo di liberarla dalla prigionia, ed ora William doveva mettere la sua conoscenza al servizio della Regina, avrebbero trovato il tesoro dell'Imperatore, il fatidico segreto che solo due persone conoscevano, l'imperatore ed il suo braccio destro, ma entrambi l'avevano taciuto fino alla morte.

Anche le tombe parlano prima o poi, e Julian ne era sicuro, quel momento era quasi arrivato e lui sarebbe stato pronto ad ascoltare ogni minimo dettaglio e finalmente diventare come suo padre, anzi meglio. Un grande pirata, il più grande pirata.



*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°


Il mio ritardo d'aggiornamento è imperdonabile e purtroppo sarà imperdonabile anche il riatrdo del prossimo. Speravo di finire tutto entro Natale ma una serie di vicessitudini letterarie (ho pubblicato un piccolo romanzo a Natale) e universitarie, mi costringe a rimandare tutto. In più per un motivo che ancora non so spiegarmi, ho nuovamente il blocco dello scrittore... Ora come non mai mi piacerebbe ricevere le vostre critiche e commenti, i vostri suggerimenti o ipotesi...insomma tutto quello che volete dirmi sarà più che gradito, nella speranza di sbloccarmi e cercare di finire questa storia se non entro pasqua per lo meno entro l'inizio dell'estate.


Laja

Ritorna all'indice


Capitolo 33
*** capitolo 31 ***


NOTE DELL' AUTRICE:Non ci sono parole per scusare il mio ritardo nell'aggiornamento. Purtroppo questa storia non ha avuto una vita felice, nonostante all'epoca partì in 5° con tantissime idee e sopratutto tantissima voglia di scrivere, ben presto le cose dono diventate differenti. Sono stata impegnata su altri due progetti letterari (entrambi in libreria), un sito internet con costante bisogno d'aiuto, tanti esami e sopratutto una famiglia che si è sentita orfana ed ha preteso le mie attenzioni al 100%. La storia di Helena e William è passata rapidamente dal 1 al 2° piano fino a ritrovarsi all'ultimo posto dei miei pensieri, e scrivere di loro è diventato sempre più spesso un obbligo in cui necessitavo di ore per scrivere 2 frasi che finivano irrimediabilmente cancellate subito dopo.

IN seguito alle vostre recensioni ho preso il coraggio a quattro mani ed ho deciso di ricominciare, ma per ricominciare volevo capire dove mi fossi fermata... così in breve ho riletto tutto e fatto qualche correzione qua e là (modificherò i capitoli, postando quelli corretti). Leggendo e leggendo mi sono domandata: perchè ho lasciato perdere? Questa storia mi appassiona tantissimo... e dai vostri commenti deduco che abbia fatto lo stesso effetto a molti di voi.

Spero di non deludervi e deludermi nuovamente!




Capitolo 31


Le prime luci dell'alba li sopresero ancora sulla spaggia, nudi, abbracciati, coperti solamente dai loro indumenti, usati come coperta provvisoria.

Amarsi quella notte era stato come suggellare di nuovo il loro appartenersi ma con più consapevolezza.

Era stata Helena a baciarlo, interrompendo il suo racconto, quando si era resa conto che il ricordo di quei momenti dolorosi li stava allontanando nuovamente, alzando fra di loro un muro che sarebbe stato impossibile da abbattere. L'aveva baciato con traporto accogliendo dentro di sé il suo dolore, qualsiasi cosa fosse successo a William, lei aveva capito quale fosse il suo posto, accanto a lui.

«Se non ci muoviamo la Regina salperà senza di noi...» le sussurrò William baciandole delicatamente la spalla nuda.

«Dopo quello che ho fatto non ho il coraggio di tornare... mi sembra di averli traditi tutti.» mormorò titubante.

«Che tu ci creda o meno sono in tanti che in questo momento staranno guardando l'orizzonte per vederti comparire sulla scialuppa. Sei mia moglie, e non farò più l'errore di lasciarti sola, niente è più importante di te.» le rispose baciandole nuovamente i capelli con tenerezza. Helena gli sorrise piano annuendo.

William aveva ragione: erano parecchi i pirati che facendo finta di piegare le sartie, legare le cime e ramazzare il ponte lanciavano occhiate frequenti verso la costa.

«Aspetta...» lo interruppe la ragazza appoggiando una mano sul braccio, mentre William remava ritmicamente portando la scialuppa sul fianco della Regina.

«perchè mi hai sposato?» gli domandò a bruciapelo, guardandolo negli occhi, desiderosa ed impaurita allo stesso tempo di ricevere la risposta.

«Perchè altrimenti saresti diventata la prostituta della nave, e la mia coscienza non me l'avrebbe mai perdonato, ma sopratutto perchè ho bisogno di te Helena. I tutori a cui, dopo tutto quello che è successo, hanno affidato mia figlia me la potranno ridare solo se dimostrerò di essere nuovamente sposato e potrò garantire due genitori presenti per la sua crescita.» Helena si umettò le labbra un po' delusa da quella risposta, cos'altro avrebbe dovuto aspettarsi?

La scialuppa si muoveva lentamente in balia della corrente, delle voci giungevano ovattate dal ponte della nave. «Non ti avrei rovinato la vita, non appena avessi riavuto mia figlia, ti avrei firmato il divorzio o l'annullamento e ti avrei riaccompagnato di persona dal tuo promesso sposo. Non ti avrei mai voluto rovinare la vita...»

«ma?»

«Sono scappato da te la prima notte che siamo stati insieme, perchè mi sono reso conto che non ti avrei più potuto lasciare andare, che ti stavo costringendo a vivere come mia moglie, e tu non avevi avuto alcun tipo di scelta...»

Helena sorrise piano sporgendosi in avanti arrivando a sfiorare le sue labbra

«Io invece la scelta l'ho avuta. Io ti ho scelto William, e non cambierei idea per nulla al mondo.» lo baciò con delicatezza.

Un nuovo vociare più rumoroso arrivò dal ponte. Il sole era pronto a levarsi ad est.

«Andiamo a prendere tua figlia...» gli sorrise.

«Nostra.» la corresse l'uomo riprendendo a vogare con più forza verso il fianco della Regina.


*°*


«Eccoli qui, i nostri piccioncini di ritorno dalla Luna di Miele...» li accolse sarcastico il capitano, il volto completamente inespressivo, le labbra serrate in una linea sottile e dura.

«Levate l'ancora, salpiamo. Direzione Nord Ovest, ho voglia di un buon arrembaggio per rilassarmi un po'.» sbraitò Jackson impartendo gli ordini.

Nessuno fiatò e tutti si apprestarono a fare quanto detto. Un buon arrembaggio forse avrebbe potuto cancellare il cattivo umore dal volto del capitano.

«Voi due, nella mia cabina. Subito.» sibilò poco dopo Julian accostandosi ai due sposi, prima di incamminarsi sotto coperta.

Non aveva bisogno di risposte.

Julian Jackson sapeva benissimo che i due l'avrebbero seguito senza fiatare.

«Mettiamo in chiaro due cose...» riprese a bassa voce, secco, chiudendo la porta dietro i due ospiti. «Questa è una nave pirata, non una crociera romantica. Io sono il capitano Jackoson. Questa è la mia nave!» concluse coinciso mettendosi a sedere alla scrivania, mentre i due in piedi lo osservavano.

Helena prese fiato per rispondere ma William la bloccò con un semplice sguardo.

«Scusami, Julian, non accadrà nuovamente. Ti abbiamo mancato di rispetto, e non ci sono giustificazioni per questo.»

Le scuse immediate, semplici e dirette del fratello lo colsero alla sprovvista, immaginava di far valere il suo diritto di capitano e far sentire la sua voce molto più a lungo, ma farlo adesso sarebbe sembrato solo ridicolo.

Julian li guardò entrambi con attenzione, le labbra leggermente dischiuse e le braccia incrociate e infine parlò.

«E sia... » notò Helena lasciarsi sfuggire un sospiro di sollievo «ma che non si ripeta una seconda volta. Non farmi pentire ancora di non averti buttato fuori dall Regina tempo fa.... è l'ultima volta che lo dico.» voltandosi poi verso il fratello continuò «William mi hai sfidato, hai sfidato la mia autorità di fronte alla mia ciurma, ci hai fatto perdere tempo prezioso ed hai rovinato l'umore a parecchi di noi. La mia pazienza volge al termine. Sei il cervellone di famiglia, dimostralo, risolvi quella cazzo di filastrocca!»

«Sto facendo il possibile Julian, lo sai...»

«No! Io non so un cazzo!» sbraitò nuovamente il capitano esternando tutta la sua frustazione «da quando ti sei sposato abbiamo concluso pochissimo, ed ora che hai scoperto il sesso meno che mai...» fece un lungo respiro, intrecciò le mani sulla scrivania ed osservando i suoi muti ospiti riprese «ma questa storia finirà molto presto. Se è vero che gli uomini vanno presi dalle palle, vi proibisco ogni incontro intimo, la Signora sarà mia ospite, nella mia cabina fino a quando non mi avrai trovato una nuova soluzione... »

Helena sussultò, William cercò di protestare ma il capitano lo precedette.

«Così è deciso.»




Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=287116