Blu di Love_in_idleness (/viewuser.php?uid=2759)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Porto ***
Capitolo 2: *** Ambra ***
Capitolo 3: *** Cielo ***
Capitolo 4: *** Polvere ***
Capitolo 5: *** Voci ***
Capitolo 6: *** Lividi ***
Capitolo 7: *** Peso ***
Capitolo 8: *** Mente ***
Capitolo 9: *** Tempeste ***
Capitolo 10: *** Attesa ***
Capitolo 11: *** Vuoto ***
Capitolo 12: *** Ricostruzione ***
Capitolo 13: *** Schiena ***
Capitolo 14: *** Doppio ***
Capitolo 15: *** Navi ***
Capitolo 16: *** Affetto ***
Capitolo 17: *** Bacio ***
Capitolo 18: *** Argini ***
Capitolo 19: *** Statua ***
Capitolo 20: *** Preparazione ***
Capitolo 21: *** Estranei ***
Capitolo 22: *** Luna ***
Capitolo 23: *** Granello ***
Capitolo 24: *** Scrigni ***
Capitolo 25: *** Epitaffio ***
Capitolo 26: *** Cocci ***
Capitolo 27: *** Profezia ***
Capitolo 28: *** Successione ***
Capitolo 29: *** Cuore ***
Capitolo 30: *** Maledizione ***
Capitolo 31: *** Parola ***
Capitolo 32: *** Dispersione ***
Capitolo 33: *** Daga ***
Capitolo 34: *** Ora ***
Capitolo 35: *** Prato ***
Capitolo 1 *** Porto ***
blu 01
Blu
̴
1.
[Porto]
“E’ profondo.”
Il blu è il colore della
distanza.
Il colore della solitudine.
Il mare è blu, e il cielo blu.
Sono entità che non potrai mai
cogliere appieno, o attraversare in un attimo. Se volessi percorrerle, prima o
poi ti staccheresti dalla terra e da tutto ciò che essa custodisce di prezioso,
e alla fine ti ritroveresti solo, nel cuore del mistero.
Una nave dispersa tra le onde.
Una stella lontana anni luce.
Blu colore della distanza e dei
sogni. Che forse sono la stessa cosa.
“E’ davvero così profondo?”
Chiede ad alta voce a nessuno in particolare.
Saga punta lo sguardo verso
l’orizzonte. Forse non sa nemmeno a cosa si riferisce.
C’è un sole forte dipinto nel
cielo. Si porta una mano sulla fronte e stringe gli occhi per vedere meglio.
Occhi blu, profondi.
L’estate, sul mare è calda e
sembra sciogliere la tensione interiore. Saga sorride nel sole, mentre cammina
per il porto e cerca di notare tutto, ogni odore, ogni colore, ogni forma della
sua nuova casa. Atene dalle bianche porte vive la sua stagione migliore, e
tutti sembrano accorgersene.
E’ uno strano garbuglio di vie e
vicoli. Saga è sicuro di essersi perso, ma non è importante. Ora deve solo
esplorare tutte le superfici e fare sua la città del mito. L’Acropoli svetta
sulla sommità della collina, e lui sa che oltre quelle colonne antiche come la
memoria è custodito un segreto di cui fa parte.
E la vede brillare sotto il sole
e un cielo estivo così chiaro.
Il tempio chiaro come le case, come le case si oscurerà all’ora stabilita.
Se ne sta immobile a consumarsi
stagione dopo stagione guardando la vita passare accanto a sé, mentre gli
abitanti della città di tanto in tanto alzano lo sguardo per ammirarla,
ammantata della sua modulare bellezza.
In tutto questo tempo non si sono
accorti di niente. È come se non sapessero della sua esistenza. Come se non la
capissero, lei che è sempre più bianca e azzurra nei secoli.
Saga si sente un po’ come quella
vecchia cattedrale. Più blu del normale, con i capelli spettinati che volano al
vento, e gli occhi che studiano ogni superficie. Più misterioso del normale,
perché il suo destino, anche se il mondo non potrà mai saperlo, è quello di
diventare il più forte tra i Cavalieri. Più gigante delle persone che gli
passano accanto e che di tanto in tanto abbassano lo sguardo per ammirarlo,
avvolto nella sua puerile bellezza.
“Ne vuoi una?” Gli domanda la
grossa signora del negozio. Ha i capelli raccolti scompostamente e conta
monetine su un tavolo più alto di lui.
Saga fissa le arance, il loro profumo
è inebriante.
La signora gli sorride
gentilmente.
“Non ho niente con me.”
“E’ solo un’arancia, piccolo!”
Saga fa una smorfia. Lei lascia
perdere le monetine che tintinnano sul tavolo e si avvicina alla cesta delle
arance.
“Ecco, tieni. Ti piacciono, sì?”
“Moltissimo, signora,” Risponde,
educatamente come gli ha insegnato il suo maestro.
“Come ti chiami?”
“Saga.”
“Quanti anni hai?”
“Quattro.”
La signora sceglie un’arancia non
troppo grande e non troppo piccola dal cesto. “Non sei un po’ piccolo per andartene
in giro tutto solo?”
“Assolutamente no!” Risponde
Saga.
Poi ci ripensa guardando
l’arancia. Profuma di agrumi come il vecchio giardino di casa sua e gli
trasmette una calma e una serenità inspiegabili. Un’arancia. Arancione. “Cioè,
sono molto sveglio.”
“Oh, certo.” Ride la signora,
accarezzandogli i capelli blu.
Saga vorrebbe aggiungere: io un
giorno sarò più forte di questa città intera, ma si trattiene. La signora non
capirebbe.
Ed è già stata abbastanza gentile
a regalargli un pezzo della sua vecchia casa.
“Cosa guardi?”
Saga alza gli occhi. Il vento che
gioca coi suoi capelli blu gli impedisce di vedere bene. Ma è meglio così,
perché sarebbe costretto a distogliere lo sguardo.
“Il mare,”
Kastor si siede accanto a lui sul
pontile di legno e Saga ritorna a guardare l’orizzonte. Non c’è un perché del
suo comportamento. Se ne sta solo lì a fissare l’infinita distesa d’acqua con
la consapevolezza che non potrà mai essere abbastanza grande, o abbastanza
intenso per capirla. E’ una sensazione dolcissima, quella delle onde. Tutto il
paesaggio sembra riportarlo a casa. Osserva con nostalgia il suo colore
cristallino, sente il ritmo calmo del suo moto che è uguale in tutte le coste
del mondo.
Odore di mare.
Sensazione salina sulla pelle che
l’ha accompagnato.
Profumo di arance.
Istintivamente Saga si porta le
mani al volto e annusa il profumo dell’arancia.
Puoi capire, a quattro anni, il significato di una parola come
malinconia?
Kastor sembra intuire il suo
silenzio. Non lo sgrida. Lo fissa con aria di rimprovero, e Saga si sente un
po’ più sollevato. Forse in quello sguardo adulto, in quel viso, in quelle
mani, potrà ritrovare un po’ del calore perduto. È a questo che pensa.
“Non saresti dovuto scappare.”
“Non sono scappato, Maestro.”
“Beh,” Dice. “sei qui al Porto.
Non all’Arena, ad allenarti coi tuoi compagni.”
“I miei compagni…”
“Sei perdonato solo perché sei nuovo.
Capito? Ora torniamo.”
Saga annuisce, ma continua a
guardare l’orizzonte.
Forse gli basta solo legare
questa vita nuova alla sensazione del sale, o all’odore di mare e di arance.
Forse si costruirà col tempo una
nuova casa.
***
Queste note saranno
particolarmente lunghe perché è il primo capitolo e perché sono afona ;O; e
sono due giorni che non riesco ad esprimermi, così dovrete ascoltarmi voi.
Detto questo. Sì, è una long fic.
Sarà molto long. Ho scritto 22 capitoli, fin’ora, ma credo di aver superato
appena la metà. D’altronde il piccolo Saga di cose ne ha fatte nei suoi
ventotto anni di vita ù.ù
Due parole sulla struttura:
Punto uno. Non ho davvero
rispettato i tempi della serie originale. Mi dispiace, ma avevo bisogno di più
spazio per Saga e Aiolos. La notte degli inganni non può capitare nei loro
quattordici anni, per cui l’ho posticipata di quattro. Spero non me ne
vogliate. Esigenze di copione ù.ù
Punto due. Kanon. Kanon è un
disastro. A parte che non ho mai capito se vivesse al Santuario o cosa. Voglio
dire, se stava lì, come mai nessuno si è accorto della sua scomparsa o roba del
genere? Se non era lì, come poteva conoscere Saga così a fondo? Non lo so. Sono
anni che me lo domando. Per cui ho deciso, visto che Kanon è un personaggio che
non capisco e che mi dà una marea di problemi, di abbandonarlo a se stesso al
di fuori del Santuario. Ma sarà sempre lì in agguato, non preoccupatevi. Cioè. Forse
sono io che non lo so… voi sapete chiarirmi questo dubbio?
Risposte per Dissolversi – perché non so dove metterle:
Spartaco: Oh, grazie, grazie per
i complimenti *O*! Che poi in realtà è meglio se ci mettiamo a studiare. Su,
facciamo uno sforzo di volontà
Syl: Ti ringrazio tantissimo *w*
anche se non credo che proseguirò con la famiglia dell’Ariete. Questa
cosa di Saga sta assumendo proporzioni enormi, e sta assorbendo ogni mio
altro progetto.
HarleyQuinn: Zitta. Non ne voglio
parlare, dell’esame abbacinante. Non ne posso parlare in realtà perché dalla
mia gola uscirebbe un […] indistinto. No, comunque grazie per il commento, ma
te l’ho già detto <3. E ricorda sempre: slash is love <3
LeFleurDuMal: Oh, grazie per aver
recensito ancora *O* sei ufficialmente il mio nuovo idolo. Non ho altro da
aggiungere a questo *si commuove ;O;*
HOPE87: Sono contenta di averti
dato un’immagine che finisce nel tuo cuoricino <3 A me capita spesso, leggendo
lavori di altri, ed è una cosa piacevolissima. È successo anche a me *^*. Sono
fiera dei tuoi occhi lacrimosi. Grazie davvero XD
Grazie di nuovo a HOPE87 e
Ren_chan che hanno aggiunto la storia ai preferiti.
Basta, non vi rubo più tempo. Vado
a gettarmi sullo studio.
A presto e baci a tutti X*
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Capitolo 2 *** Ambra ***
blu 02
02.
[Ambra]
Un colore
Così solo
Il tuo…
Stanco, si getta sul prato. La
schiena gli fa male, come ogni altra parte del corpo. I fili d’erba accarezzano
dolcemente la pelle graffiata, e profumano di umido e terra. Solleticano il
naso.
Saga spalanca gambe e braccia,
occhi blu rivolti verso il cielo.
Da qualche parte, nella città
bassa, la vita continua. Ma lui è lì, sulla sommità della collina, e domina
tutti. Almeno, così gli piace immaginare, anche se ha gli occhi chiusi e
stanchi, e vorrebbe solo dormire per sempre.
“Sono un guerriero invincibile,”
Mormora, accanendosi contro qualche ciuffo d’erba.
Vento lieve che gli scompiglia i
capelli. Vento dai mille odori raccolto sulla cima della collinetta, il punto
più alto del mondo. C’è il mare e l’erba, il sale e la terra. Vento, fine
estate.
Profuma di… cosa?
Saga riapre pigramente gli occhi,
disteso tra cielo e terra.
Un bambino lo guarda, aggrappato
all’albero. Curioso. È sporto in avanti e le sue labbra sono dischiuse. Ha gli
occhi nocciola, un colore caldo come il legno, come l’ambra.
“Ciao,” Dice.
“Ciao.”
“Non dovresti essere all’Arena?”
“Anche tu.”
Il bambino scende con un salto.
Come lui, ha addosso le vesti strappate dagli allenamenti. La sua pelle è
abbronzata e luminosa come l’ambra, e quando si avvicina Saga sente il profumo
del sale.
Il bambino avanza di pochi passi.
Rimane per qualche istante in piedi a osservarlo, mentre lui se ne sta disteso
tra cielo e terra coi suoi ciuffetti di erba verde tra le mani che lascia uno
dopo l’altro scivolare nel vento.
Il bambino lo guarda curioso. I
suoi colori sono così caldi e luminosi…
Saga si porta una mano sulla
fronte per pararsi gli occhi dall’ultimo sole pomeridiano.
“Chi sei?”
“Il mio nome è Aiolos.”
“Non ti ho mai visto prima,
Aiolos.”
“Sono arrivato appena due giorni
fa.”
Saga dentro di sé sorride. Così,
lui è il più grande.
“E tu come ti chiami?”
“Saga.”
Aiolos ci pensa un secondo. È
ancora in piedi e la sua ombra è come una meridiana celeste, la sua testa
castana sembra ambra liquida così colpita dall’ultimo sole del pomeriggio, degli
ultimi giorni d’estate. Poi si siede.
“Tu sei…” Dice Aiolos. “Ti ho
visto oggi all’Arena. Tu sei forte!”
Saga alza la testa dal suo
cuscino di terra. Il vento gli muove i capelli. La mano di Aiolos gli accarezza
i capelli.
“Sei pieno di fili d’erba,” Ride.
“I tuoi capelli hanno un colore così strano!”
“I miei capelli hanno il colore
del cielo.”
“Oh,” Aiolos gioca con l’erba.
“Anche i tuoi occhi. Non ho mai visto nessuno con i capelli colore del cielo.
Forse, un dio.”
Il dio di… cosa? Vorrebbe chiedere Saga. Ma non lo fa. Sta zitto, e
pensa alla profondità dei suoi capelli, a come ci si possa perdere facilmente,
nel blu, che è un gorgo freddo e vorticoso.
Aiolos, invece ha la pelle dorata
e capelli chiari come l’ambra. La sua pelle profuma di sale. I suoi occhi sono
come un prato.
Aiolos fa un po’ parte di un
tardo pomeriggio di fine estate, col suo venticello, la sua calura, il suo
senso di accelerazione.
E poi, precipita.
“Maestro, chi è il nuovo
allievo?”
Kastor si volta verso l’Arena e
guarda nella direzione dei giovani combattenti. Una nuvola di polvere si alza
tra di loro, e sembra renderne meno definiti i contorni.
“Quale?”
“Quello!” Saga punta il dito
verso Aiolos.
“Lo conosci?” Domanda Kastor.
C’è traccia di dolcezza sul suo
viso?
Saga rimane per un secondo
abbagliato dal riflesso di sole sopra gli spalti candidi e le colonne.
Sembrerebbe di nuovo tutto sospeso tra il bianco e l’azzurro, non fosse per
quella nuvola di terra che indora la superficie.
“Ieri ci siamo incontrati.”
“E quando?”
Saga guarda per terra.
“Non te ne sarai di nuovo andato
per i fatti tuoi piccolo Saga?”
La sua testa blu, piena di
polvere. Negli occhi c’è solo orgoglio.
“Si chiama Aiolos.”
“Questo lo so.”
“Beh… sono contento che abbiate
fatto amicizia. Devi conoscere quel bambino. Lui si allena per un’Armatura d’Oro.
Come te.”
Saga apre la bocca.
Così è questo.
Per un attimo, sorride
soddisfatto. Per un attimo. Dalla sua posizione in cima ai gradini può
sbirciarlo anche attraverso nuvole di polvere. Vede i suoi movimenti fluidi e
la sua potenza, e gli sembra evidente che risplenda più di tutti gli altri.
O forse, sono i suoi capelli
colore dell’ambra. Forse, è solo che Aiolos gli ricorda un tardo pomeriggio di
fine estate, e a quest’immagine sarà sempre associato.
La mano di Kastor si stringe
sulla sua spalla minuta. “Condividete lo stesso destino.”
Per un attimo, Saga, si sente
felice.
Un colore
Così luminoso,
Il tuo…
***
Anche
qui ho vissuto un piccolo dramma per capire – ma di che colore sono gli occhi di Aiolos?
Perché
cambiano. Cioè. Io li ho sempre immaginati castani, ma li ho trovati anche
azzurri o verdi. Alla fine ho optato per il verde, che è il più comune.
Insomma, castani mi avrebbero fatto più comodo, ma cosa possiamo farci ù.ù…
Passiamo ai ringraziamenti, vah.
Special Thanks to:
Regina di Picche: Oh, grazie grazie *O* *saltella qua e là*. È una molto
long fic, in realtà, ma sono a buon punto coi lavori. Cielo. Mi sta portando
via la salute. Quella frase di Kanon l’avevo calcolata anch’io in realtà. Ho
elaborato una mia personale teoria, ma non dico nulla X3. rimane comunque
qualcosa che non quadra…
Kagura92: Anche a te, grazie! Un bacio X* Saga è un bambino che sa
già il fatto suo, possiede la maturità che comporta la sua condizione, ma a
volte ricade nelle situazioni tipiche della sua età. Aiolos, invece, è un
patataccolo così <3 e basta XD
Gem: Signorina
Gem di Voyager, che piacere incontrarla qui! *scatta delle foto* Ecco, sì,
grazie per l’interessamento, mi fa molto piacere. Ora ho l’ansia, come sempre,
e sono sicura che qualcosa andrà storto, ma terrò duro! Sono una stoica °^°!
Ren_chan: Io… *O* ho letto Antigone, sai, e per una buona mezz’ora
ho pensato di lasciar perdere tutto quanto. Che bello <3 tu sei un genio. Ecco,
lo dico qui una volta per sempre. Anch’io mi sono arrampicata sugli specchi per
la vicenda Kanon. Voglio dire, io amo Kanon, Kanon sei fantastico. Ma,
accidenti, come collocazione nella storia sei una vera scocciatura XO. Beh, mi
dirai –direte- se la mia arrampicata è una cosa plausibile o meno. *sospira* Grazie
di cuore per le recensioni çOç!
HarleyQuinn: Ultimamente sono più i giorni in cui sono in coma che
quelli in cui ci vediamo, ma ti devi abituare! Lo faccio per te! No, comunque
grazie lo stesso per il sostegno. Sul serio ;O; E per la cronaca, ho deciso che
odio il genitivo. Non so quanto possa interessare, ma volevo sfogarmi…
Un
grazie enorme anche a Shinji per avermi reso felice e
saltellante <3 e a Gaara4.
Vado
a infilare la testolina nel bicarbonato ora. Quando torno voglio trovare un
milione di commenti, ok XD?
Baci
X*
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Capitolo 3 *** Cielo ***
03 blu
03.
[Cielo]
C’è un cielo blu impenetrabile
questa notte. È denso e punteggiato di stelle. Saga lo fissa senza vederci
dentro nulla.
Una volta, Kastor gli ha rivelato
che il Kyooko può leggere le stelle. Leggere il futuro dentro puntini luminosi,
sospesi nel cielo. E Saga ha guardato per giorni il cielo, chiedendosi dove
fosse la chiave di lettura.
“Non c’è scritto niente,” Si è
convinto alla fine. “Non dice niente.”
Anche questa notte se ne sta
disteso sulla scalinata gelida con il naso rivolto all’insù. Alza un braccio,
lentamente, come per afferrare uno di quegli aloni iridescenti.
“I saggi da sempre hanno scrutato
le stelle,” Ha detto Kastor, notando il suo sguardo crucciato. “In cima alle
torri e agli osservatori per millenni hanno cercato delle risposte nel cielo.”
“E come può il cielo parlare agli
uomini?”
“Il cielo non parla a tutti gli
uomini.”
“Come può il cielo parlare ad
alcuni uomini?”
“Non lo so,” Ha risposto Kastor.
“esistono spiriti particolarmente sensibili. Gli dèi permettono loro di possedere
conoscenze impensabili.”
“Mm.” Saga sembra soppesare
queste parole per un istante. “Il nostro Kyooko è uno di questi.”
“Forse, chi lo sa, un giorno…”
Nel blu, Saga vede solo una
profonda tristezza.
Blu colore della lontananza e del distacco. Blu solitudine.
Questo, è quello che capisce del
cielo. Saga è piuttosto convinto che non ci sarà mai nient’altro per lui
dipinto sulla volta celeste, nemmeno se un giorno il Pontefice stesso lo
sceglierà tra una moltitudine per mostrargli come leggere le stelle.
È lì, steso nell’angolo.
Un angolo, vede. Nascosto nel
silenzio e nelle pieghe imperscrutabili della notte, un angolo di pietra bianca
che di giorno abbaglia gli occhi, ora giace come ammutolito dalla coperta blu
che distorce la sua materia e la sua spazialità.
È lì, steso nell’angolo.
Aiolos si è accorto che è lì
steso nell’angolo immobile, da ore. È rimasto seduto dall’altra parte
dell’arena come avvolto in una paralisi finché Saga non ha fatto qualcosa di
tanto banale, e tanto umano, come alzare un braccio.
In fondo, forse, di umano in
quell’ora non ha avuto nient’altro. Era lì, steso nell’angolo, pelle bianca
come il marmo e capelli blu notte – e chiunque passasse poteva scambiarlo per
un rilievo fuori posto, per una statua caduta dal suo piedistallo e lasciata
riposare tra le vestigia dei sacri templi. Era diafano e di una bellezza
inconcepibile. A uno sguardo attento si poteva notare l’impercettibile cadenza
del petto che si alzava e si abbassava col ritmo di un respiro troppo lento.
È lì, steso nell’angolo, ancora,
con una specie di ombra che lo sovrasta. È il cielo che gli cade addosso?
Aiolos gli si avvicina,
silenziosamente come gli sembra dovuto, perché tutto attorno a loro tace, e
dorme, tutti i rumori umani sono silenziati. Si sentono i grilli che ancora
cantano verso la fine dell’estate. Probabilmente, Atene città nuova non è muta,
e non è buia. Probabilmente, pensa Aiolos, si trova in uno stato di veglia
diverso da quello del giorno, ma oltre la candida soglia dell’Acropoli nessun
rumore filtra, e nessuna luce artificiale. Oltre la candida soglia tutto tace
di una tranquillità e della saggezza antiche come il tempo che rispettano ogni
ora e ogni stagione.
Si siede accanto a lui senza
aprire la bocca. Non vuole disturbarlo.
Saga abbassa il braccio, si porta
la mano al petto. Rotea gli occhi nella sua direzione. C’è ombra anche sul suo
viso?
Cose che un bambino di sei anni
non è in grado di comprendere. Il cielo, la divinazione. Il destino, non è in
grado di comprendere. Quello che si nasconde dietro tutte queste parole, dietro
la volontà degli dèi.
“Torna a casa, Aiolos.”
“No…” Dice lui.
Sono giorni particolari al Grande
Tempio. Giorni di mobilità. Il venerabile Kyooko si affaccia ogni notte alla
Collina delle Stelle per cercare verità tra gli astri in modi che a Saga
sembrano incomprensibili. Ci sono notizie scritte nel cielo, così dicono. Anche
Kastor lo dice. Il venerabile Kyooko interroga le costellazioni più brillanti
per sapere dove hanno lasciato risorgere i loro preziosi figli. Li vuole trovare,
uno a uno, ad Atene li vuole portare. Ma prima, deve conoscere il luogo in cui
sono caduti. Quale stella è precipitata come una meteora sulla Terra portandosi
dietro un Cosmo dirompente.
“Tu credi che ce ne siano altri?
E che… che basti così poco per vederci?”
Aiolos non risponde. Non capisce
quello di cui Saga sta parlando.
“Perché questo vorrebbe dire che
la nostra vita, tutta la nostra esistenza, è legata a qualcosa che è già da
secoli – deciso.”
“Saga, non so cosa –“
“Per quale ragione ci alleniamo,
tu e io? È un anno che ci alziamo all’alba ogni mattina. Compiamo sforzi che
nessun uomo potrebbe sopportare finché non cala il sole. Non possiamo riposare
nemmeno nel sonno. Ma se davvero una stella si è incarnata in me… a cosa serve
tutto questo?”
“Saga parla già come un grande.”
Dice Aiolos.
“Io sono grande!”
“Sì,” Ride.
Saga si alza dal suo letto di
pietra e finalmente può guardare l’amico negli occhi. Nell’oscurità la loro
dolcezza è come offuscata. I suoi, invece, non sono nascosti dalle
tenebre, perché delle tenebre possiedono il colore. Sono blu come il cielo.
Saga ha degli occhi davvero troppo belli…
Saga ha degli occhi…
“Il mio Maestro dice che ne
arriveranno altri come noi. Presto.”
“Altri come noi?”
“Altri destinati a conquistare un’Armatura
d’Oro.”
“Beh. Le armature sono dodici. E
noi siamo solo in due. Doveva succedere.”
“Lo so. Ma il Pontefice ha capito
tutto questo,” Saga alza di nuovo il braccio con quel gesto che ad Aiolos era
parso estremamente umano, e che adesso è come un collegamento tra cielo e
terra. “guardando lì. E mi chiedo: com’è possibile? Mi chiedo: anche noi siamo
arrivati al Santuario trascinati dalle nostre stelle?”
A questo, Aiolos assolutamente
non sa rispondere. Nessuno ci riuscirebbe.
“Io non vedo l’ora che arrivino,
invece!”
“Beh, sì. In fondo, sì.” Dice
Saga. “In fondo, non vedo l’ora che arrivino.”
La notte è profonda. Di un
profondo silenzio e una profonda oscurità.
Aiolos e Saga si alzano
dall’angolo nascosto nelle pieghe imperscrutabili della notte e ritornano a
calpestare il suolo umano.
Aiolos, ovattato da tutto il blu
sospeso nel cielo. Saga, che invece blu lo è sempre stato.
***
Call an optimist, she's turning
blue / Such a lovely color for you
Call an optimist, she's turning blue /While I just sit and stare at you.
C’è una
canzone degli APC che si chiama Blue. Durante uno dei miei interminabili viaggi
in treno la riproduzione casuale del mio Ipod l’ha tirata fuori ed è stata una
specie di epifania, ecco. Mi sono esaltata e ho cominciato a scrivere *O* Dio
benedica i Tool <3
Chiusa
parentesi pubblicitaria – un giorno vi racconterò (forse éOé) del mio secondo
momento di ispirazione. Ma ora basta XD! Sono felice perché sono tornata a casa
col sole per la prima volta dopo mesi e mesi.
[Random Corner]:
dagliasa2: ma ti chiami Ambra *O* che nome belloso che hai <3
sul serio. Continua a seguire la storia, mi raccomando, anche se sai già come
va a finire – cioè in tragedia ;O;
Regina di Picche: Lo so, lo so, sono piccoli e sono dolci, ora, ma con un
presagio di catastrofe come un velo su entrambi. Che tristezza. Come mi
facevano notare, in questo capitolo sono <3! Guarda Saga che esprime
pensieri metafisici, e Aiolos-caro che tutto ha capito dalla vita e dice solo: hai
degli occhi troppo belli! XD Forza Aiolos!
Shinji:
<3 Il piccolo Saga è una specie di sbruffone molto carino che dentro si
scioglie e trema come un budino al cioccolato, solo che non vuole farlo vedere.
Ma è così. Lo so ù.ù. Guarda che ora aspetto il tuo seguito, caro X3
Kagura92:
Grazie per le belle parole, addirittura in spagnolo –che non capisco, ma va bene,
hai reso il concetto ;O; *trema pensando
al docente di spagnolo che non vuole incrociare*- eh, lo so. Questi due sono
angst. Terribilmente. Ma tutta la serie lo è. Non capisco ancora perché mi ci
sia buttata. Io amo i lieti fini çOç!
Gem:
Buonasera, signorina Gem. Non si preoccupi per i ritardi e la cortezza delle
recensioni. Sono consapevole che il lavoro di sceneggiatrice di Voyager le
occupi gran parte del suo tempo, insomma *^*! Scherzi a parte, anche per me è
un mese così °O°’’’! Thanks God It's Friday. Grazie per la recensione <3
Un
grazie a particolare a Eliangel che
mi aiuta involontariamente tantissimo <3 perché ospita me e la mia insalata
dopo gli insani tutorati all’una, perché nel mentre discute con me su Saga come
fosse il suo vicino di stanza, e perché mi ricorda cose che io ho dimenticato
nonostante abbia visto l’anime almeno trecento volte. Ringraziatela tutte X*
I’m
done. Vado a scrivere il capitolo della morte di Shion ;O;
Baci X*
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Capitolo 4 *** Polvere ***
blu 04
04.
[Polvere]
Kastor entra nel tempio in punta
di piedi, con un rispetto e una solennità che raramente Saga gli ha visto addosso.
China la testa, quasi a non scrutare la volta, quasi che su di essa sia inciso
un discorso incomprensibile come nel cielo.
Il tempio è buio. È rimasto
chiuso per molti anni, per secoli forse, e sulle sue superfici marmoree si è
depositata un’enorme quantità di polvere. Ora la polvere si alza. Dal pronao penetra
appena un filo di luce
Da quanto tempo la luce non
accarezzava quel pavimento e quelle colonne, luce di luna, luce di sole?
Se saga si voltasse, la vedrebbe,
la polvere che danza agitata dall’aria del mondo, da quell’unico raggio di
sole.
Il tempio è chiaro sulla città. Il tempio e le case si spegneranno
tutti all’ora stabilita.
Ma prosegue, camminando anche lui
come Kastor in punta di piedi e solenne per non turbare il silenzio sacro e
l’atmosfera atemporale che pervade l’intero edificio. Però percepisce il rumore
dei passi, regolare e cadenzato. Sente l’odore della polvere nelle narici, e la
fastidiosa sensazione di prurito.
Buio.
Fa freddo, tra queste spesse
mura, e il freddo ci abita da più di un secolo. Il buio ci abita, spezzato solo
dalla danza della polvere e da un unico, debole raggio di sole che nulla può
fare contro tutto il resto.
Il buio sembra rendere il
corridoio infinito con un’ombra. Sembra aumentare le distanze.
“Vieni,” Gli dice Kastor
sottovoce, con un tono dimesso.
Saga si avvicina, occhi curiosi e
un po’ profani. In fondo al corridoio brilla qualcosa colpito dall’unico,
debole raggio di sole.
“E’ bellissimo…” Sussurra.
A Saga questo bagliore sembra
quasi un miraggio, non più inarrivabile di una stella sospesa nel cielo. Sa
benissimo cos’è. È il suo obbiettivo. È l’apice di tutto il suo percorso, depositato
all’estremità di un corridoio che sembra infinito.
Un passo dopo l’altro.
Un giorno percorrerò questo corridoio a testa alta, col sole che mi
arriverà addosso. Illuminerà tutto, tutto il blu, tutto…
“E’ questa, Maestro?”
“Sì.”
“Posso toccarla?”
Saga allunga una mano e per un
momento si impone di essere rispettoso. Di guardare le Sacre Vestigia non con
occhi curiosi e profani, ma con lo sguardo di un nuovo Santo, con la fede e la
purezza di un Santo.
Così tocca l’urna, con la punta
delle dita e gli occhi chiusi. La sente e basta. Fredda compattezza del
metallo, rilievi magistrali che nel tempo non si sono mai scalfiti. C’è
un’immobilità ieratica, un silenzio carico di mistero. C’è potenza. Saga non conosce il vero significato di questa parola, per
ora, ma può intuirlo quando percepisce un’energia che erompe da dentro il
contenitore, vibra e quasi sceglie di dischiudere il suo guscio dorato. È
caldo. Appoggia il palmo sulla superficie aurea, ed è caldo, pulsante.
“C’è qualcosa di straordinario.”
“Lo senti?”
“Maestro, io…” Saga abbassa la
testa. “mi dispiace aver dubitato. Non mi permetterò mai più.”
“Bene,” Dice Kastor. “questo
dovevi capire. L’armatura vive per te. Fa parte di te. Col tuo sangue, con la
tua fatica, col tuo Cosmo, con ogni parte
di te risorgerà. Non mettere in discussione questa verità. Hai capito,
ora?”
“Sì.”
Ho capito, ora.
“Non perdere mai di vista il tuo
obbiettivo. Non perdere mai la fede. Non perdere mai la luce, Saga.”
Ho avvertito, ora.
Saga corre per le scale del
Santuario con un sorriso sul viso e il capelli blu al vento. Le scende sempre
più velocemente, saltando i gradini due a due. C’è una sottile brezza che viene
dal mare e gli si fa incontro, leggera, un drappo trasparente. E attraverso il
vento può vedere la Città
nuova brulicante di movimento, e il Pireo, con quel suo scintillio cristallino splendente
sull’orlo dell’acqua, e barche e navi che scivolano nella baia, e vele bianche.
Per un attimo Saga pensa agli
antichi racconti, alle storie che Kastor gli narra durante le pause dagli
allenamenti più intensi. Pensa alle leggende sulla scorsa Guerra Santa, e tutte
le Guerre precedenti, all’eterna lotta di Atena contro le forze ctonie. Pensa a
quei combattimenti, a come sempre gli sono stati dipinti avvolti nella tenebra
e nella più densa oscurità.
Ma è quasi impossibile, si dice,
credere che le ore più buie arrivino anche in una Città che sembra fatta di
luce.
E’ quasi impossibile credere che
qui penetri una notte del genere. E’ quasi impossibile.
Ma i templi e le case si spegneranno
tutti all’ora stabilita, affogherà il blu, che il colore più solo e malinconico
di tutti.
Ormai è giunto alle pendici del
Santuario, è circondato da persone. Nessuno ha incontrato lungo le altezze
vertiginose della scalinata, che è presieduta dal Pontefice e che non viene
percorsa con leggerezza da secoli.
Tra le tante teste affaccendate
ne trova una, più luminosa di tutte. Aiolos ancora si allena.
Saga si siede e aspetta. Lo
guarda attentamente, lui solo che tra tutti quegli apprendisti è un suo pari,
lui che è la reincarnazione di una stella. E si sente, per questo, stranamente
felice.
Aiolos è veloce e ogni giorno più
potente. Il suo Maestro ha assunto un’espressione eternamente dura, come Kastor
– sarà una cosa da insegnanti, pensa
Saga – ma in fondo è orgoglioso come mai. Con un ultimo colpo il bambino manda
in frantumi il masso davanti a sé. La pietra è disgregata nella sua
compattezza, ed esplode in una cascata di polvere sottile. Aiolos sorride
soddisfatto, e, anche se nessuno lo può vedere, pure sorride Saga.
“Puoi andare, ora.” Gli dice il
Maestro.
Aiolos si ricompone, cercando
nell’orizzonte un indizio del tempo trascorso.
“Scommetto,” Dice Saga alle sue
spalle. “che hai impiegato un intero pomeriggio per spaccare quel sasso.”
“E tu?” Risponde Aiolos con una
nota di scherno. “Dove sei stato?”
Saga gli si fa incontro, negli
occhi ancora lo scintillio dorato, sulla pelle la consistenza del metallo
lavorato, e sotto, dentro tutti gli
organi, quell’esplosione di calore. Il calore che viene dal Cosmo. Dal suo
appartenere a una stella.
Ora Saga ci crede. Ora che l’ha
avvertito, ogni dubbio si è sciolto, e rimane solo il bagliore dorato, contro
la tenebra, contro il blu.
Quel bagliore che un giorno
apparterrà anche ad Aiolos.
“Devo raccontarti una cosa bellissima!”
***
Questo
capitolo è stato scritto molti mesi fa, ma mi piace ancora abbastanza. Ecco.
Che schifo, piove. Volevo fare un pic-nic ToT.
Ringraziamo
– cioè, ringrazio, Regina di Picche.
*sbaciucchia* Cara. Non era davvero mia intenzione fare spoiler! Mi rincresce,
nessuno si aspettava questo colpo di scena XD! Se ti consola ho appena finito
di seppellire Aiolos, la qual cosa è stata devastante *trema*. Ma non
pensiamoci. In mezzo ci sono tanti capitoli di pucciosità <3. sono contenta
che i miei patatini ti risultino convincenti. Li amo così. i bambini dovrebbero
restare bambini per sempre, ecco. È per questo che non sono cresciuta X3.
Baci
a tutti <3
|
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Capitolo 5 *** Voci ***
blu 05
05.
[Voci]
I tuoi capelli sono blu come la notte.
Aiolos, distratto, guarda Saga e
poi il cielo lasciandosi sempre più scivolare sul prato. C’è un sole imponente,
anche se l’autunno si avvicina e gli alberi e l’erba cominciano a soffrire la
sete. Dalla sua posizione può sentire i rumori della città.
“I tuoi capelli sono blu come il
mare.”
“No,” Dice Saga. Ne sfiora una
ciocca con la punta delle dita. “I miei capelli sono blu come la notte.”
Aiolos si volta verso di lui,
steso sul prato. Il sole è ancora caldo e il giorno sta per finire, sta per
tingersi di quel colore splendido che Saga si porta nei capelli. Eppure lo vede
farsi un po’ più piccolo e rannicchiato. Lui, che sempre si mostra forte, sul
volto dipinge una smorfia di dolore. Appena accennata.
Ma Aiolos è lì di fianco, a pochi
centimetri da lui. Può sentire quella vibrazione, può scorgere l’ombra che per
un istante è passata sopra le loro teste. E non capisce. Ha solo la vaga
intuizione che sia qualcosa di più profondo, e grave, di quanto può osare
chiedere.
Ogni tanto Saga ripensa alla sua
casa. Gli capita spesso quando è solo nella sua fredda stanza, e aspetta di
addormentarsi. Allora i suoi pensieri corrono più veloci e liberi. Sprofondano
in una zona oscura da cui nessuno potrebbe riportarli a galla.
Capita anche in tanti altri
momenti del giorno e della notte, senza un perché. Il ricordo, semplicemente,
arriva, come un’onda, una marea imprevedibile ma prima o poi attesa. Si espande
in anelli concentrici.
Saga ricorda la sua vecchia casa
con dolore. Non molto, a dir la verità, perché forse quando è partito era
davvero troppo piccolo e perché i ricordi, dopo quasi due anni, sono sempre un
po’ più rarefatti e più silenziosi.
I ricordi, pensa Saga,
cantano con una voce così bella…
Saga sa che Atene è molto simile
e molto diversa dal luogo in cui è nato. Atene è una città enorme e dirompente
e moderna, mentre il suo era un piccolo villaggio di pescatori, di quelli con
le case bianche e solo la strada principale asfaltata. Diversa perché Atene è
culla di storia e di mito. Atene fatta di candidi templi, Atene dalle lunghe
membra dischiuse sotto il sole, le dita del passato puntate ancora contro il
Tempo.
E Saga è troppo piccolo per
capire la complessità della cultura più solare di tutte, per riscoprire la sua
importanza nella modularità del Partenone, nella linearità del primo alfabeto,
nella purezza delle tragedie. Ma ogni volta che Kastor gli racconta una storia
– la Storia,
lui rimarrebbe ad ascoltarlo per ore con la piccola bocca dischiusa. Questo lo
capisce. La gloria. La sacralità. Nel
nome di Pericle, nel nome di Fidia, nel nome di Atene che è un tributo alla sua
dea. Nel mito e tra le mura la città è un canto ininterrotto da millenni.
Il suo piccolo villaggio di
pescatori, invece, non aveva nulla da dire, se non il mare, il cielo, i boschi,
la macchia mediterranea e vite di povera gente. Per questo Saga si sente fiero, ora, di essere
Ateniese. Per questo probabilmente Saga finirà col pensare che ad Atene ci è
sempre vissuto.
Eppure a volte rivede la
somiglianza nelle cose più banali. Quando va al porto e rimane in silenzio a
fronteggiare il mare, ad esempio.
Anche nel suo vecchio villaggio
c’era un piccolo porto, e la sera i pescatori ci portavano le barche che tutto
il pomeriggio avevano navigato. Le trascinavano sul molo e le distendevano con
lo scafo rivolti all’insù. Saga ricorda di avere giocato fino allo sfinimento,
nascondendosi sotto le plance che erano come gigantesche conchiglie rovesciate,
accarezzando il legno ruvido o ricoperto di viscide alghe, annusando l’odore
salmastro che impregna tutti i porti, tutte le vie sul mare.
Pure la bella Atene vive baciata
di mare e di sole.
Lo stesso clima, la stessa estate
lo svegliavano a casa sua.
Ricorda che sulla collina
crescevano enormi ulivi e aranceti. L’odore delle arance è forse il più
evocativo di tutti. Quando si porta le mani al viso e annusa quel profumo è
come se per un attimo fosse ancora tra quei campi a correre, piedi scalzi e
capelli al vento. È come se per un attimo, un solo attimo, potesse arrampicarsi
per l’ultima volta sui rami nodosi dell’arancio e guardare dall’alto la collina,
un po’ insicuro e malfermo.
Ma mi teneva sempre la mano.
Kanon.
Mi teneva la mano.
Il volto di Saga, di un blu più
profondo della notte, sparisce con un singhiozzo sotto le lenzuola.
“Saga,”
Alza la testa un secondo solo.
Occhi come i suoi. Stessa forma, stessa espressione. Stesso buio. I suoi occhi
sono chiari come il mare, ma di notte si tingono esattamente dello stesso buio.
“Devi essere forte!” Dice Kanon.
Gli stringe il braccio con forza
e delicatezza allo stesso tempo, e Saga non riesce a trattenere la lacrima che
gli solca il viso.
Kanon ha cinque anni, è piccolo
per capire quello che succederà, è piccolo per realizzare quello che è appena successo.
Ma è abbastanza intelligente per sapere che nulla sarà più lo stesso, e che
sarà tutto difficile. Che un oceano li dividerà.
Loro che sono gemelli, loro che
hanno il blu nei capelli e negli occhi.
E poi, è lui il più grande. È lui
il più forte. Quando giocano insieme è sempre lui quello che sostiene, sempre
lui quello che guida. Saga è splendido a modo suo, ma è anche fragile. Solo con
Kanon si mostra fragile, ed è abbastanza, perché in questo momento non c’è
nessun altro lì a consolarli. Saga può lasciarsi andare a tutta la sua
tristezza e alla sua disperazione.
Kanon raccoglie le lacrime. Asciuga
le lacrime.
Si sente come un grande quando
dice che andrà tutto bene, perché sa che non è vero. I grandi lo dicono sempre
quando non è vero. Papà lo diceva, e nulla è andato bene, alla fine.
“Saga, tu sei forte!”
Per un momento Saga si aggrappa
al turchese dei suoi capelli. Sotto quel mantello scuro i loro colori si
confondono e le sfumature sono le stesse. Perfettamente uguali.
“Io non voglio.” Dice.
“Andrà tutto bene. Sei forte.”
E’ la voce di Kanon ad essere
forte per la sua età. Saga conserva questa memoria come un tesoro, affondando
sotto la leggera consistenza del lenzuolo, oppure sdraiato su un prato un
pomeriggio qualsiasi d’autunno.
Sono i suoi colori forti, il suo
profumo, il suo sorriso dolce, gli ultimi ricordi che conserva.
Ma più di tutto, la forza e la
fermezza della sua voce.
***
Sono
sull’orlo di una crisi di nervi °C°! Scusatemi. Sono due giorni che canto i
Meshuggah, avete presente? No? Mi serve lo slancio emotivo ;O;!
Regina di Picche: la prossima volta ti scrivo un capitolo personalizzato
così brutto che dovrai dire per forza qualcosa XD! Per il resto mi chiedo
anch’io. Perché? D’altronde è La Domanda di questi ultimi giorni *piange*.
Grazie <3
Ren_chan:
<3 <3 <3. Oggi vorrei esprimere solo cuori. Che ne so… <3! Ecco.
Anch’io a volte ho l’impressione di ritrovare i miei pensieri nelle fic che
leggo. Per esempio, quando ho letto Antigone
mi si è aperta un’Altra Dimensione *spoiler* *grins*. La cosa mi fa sempre
molto piacere.
Gem:
Ho perso il conto delle recensioni che ti ho fatto. Ho come l’impressione di
aver dimenticato qualcosa. Boh. Non lo so *cipollino in stato confusionale*.
Grazie di <3. Mi
fa un immenso piacere essere commentata da un genio del male come te. Dev’essere
una cosa da Gemelli…
X3
Baci a tutti & Happy Easter.
|
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Capitolo 6 *** Lividi ***
blu 06
06.
[Lividi]
Sono un grumo di sangue.
Pallidi come il mantello di un Saint.
Blu, freddi ed emaciati.
Saga li vede attraverso le
lacrime, attraverso le fitte di dolore. Vede la loro immobilità e la loro linea
spezzata.
Non vede più nulla.
Quando il Maestro gli si avvicina
con l’aria grave, Saga non sa ancora. Lo attende avvicinarsi sulla terra
bruciata dal sole dell’Arena. Respira l’aria fresca, e la polvere del campo gli
si appiccica su viso, sul corpo, tra i capelli.
Va bene così. Per un attimo,
fermo dai costanti allenamenti, al centro di un arido campo, si sente
tranquillo. Per un attimo.
“No!” Grida rabbiosamente.
Kastor lo guarda come stupefatto,
perché non ha mai visto tanta collera e tanta disperazione negli occhi del suo
giovane allievo. Non ha mai visto tanta fragilità in lui. Saga che da due anni,
ogni giorno, si alza con una scintilla particolare negli occhi blu e combatte
per il suo destino. Saga che è irruento, e sprezzante, e per quanto piccolo già
straordinario nella sua lucidità. Saga che è curioso e profano nel suo modo
incredulo di rinnegare le stelle.
Non lo sa, Kastor, che anche Saga
piange. Non sa che a volte gli succede, ripensando a casa sua e al gemello che
forse non rivedrà mai più. Saga si nasconde sempre quando sente la nostalgia
conquistargli i lineamenti e il blu dilagare conquistando tutti i suoi pensieri
e le sue emozioni. Kastor non sa nulla della debolezza di Saga.
Perché è come se Saga già ora
nasconda tutto. Una statua perfetta, scolpita nella pietra secolare. Liscia, immobile,
proporzionata come quella che lo imprigionerà nella sua struttura purissima per
troppi anni.
“Saga, fermati!” E’ un ordine,
più che altro. È anche una supplica disperata, ma assume il tono dell’ordine.
Non che a Saga interessi, è
sempre stato indisciplinato e orgoglioso. Per cui continua a prendere a pungi
la colonna e sporcarla del suo stesso sangue che gli ha già imbrattato le mani.
Con una furia cieca. Con una cieca
disperazione.
“Saga, adesso basta!” Lo afferra
di peso per la vita sottile, è ancora leggerissimo. Lo allontana dalla colonna,
così candida, così sfregiata, adesso, che il solo vedere la macchia scarlatta gli
sembra un’eresia. Saga si divincola nella stretta del Maestro come un pazzo,
agitando le gambe e le braccia nell’aria, e i capelli blu che sono come una
nuvola di cielo notturno imperlati di polvere terrestre.
È incredibile quanto sia forte, pensa. Ha solo sei anni. È solo un
bambino.
È la reincarnazione di una
stella, è vero, ma ha solo sei anni.
Dentro quel suo corpo snello,
oltre la cupola dei suoi occhi blu, Saga possiede una scintilla che non è
comune.
Ha solo sei anni, ma non è un
bambino come tutti gli altri. È più forte e intelligente di tutti gli altri. E,
ora Kastor sa, è anche più sensibile, infinitamente più sensibile di tutti gli
altri. Nel suo cuore esiste una dimensione profonda che gli permette di toccare
l’orrore.
“Saga. Basta.”
Lacrime gli solcano il viso.
Kastor lo volta verso di sé afferrandolo per le spalle e vede le sue guance di
alabastro, e due pozze nottilucenti che splendono di lacrime, bianco e blu, e
trasparente. E per un attimo ha come l’intuizione della bellezza che
conquisterà con i suoi colori traslucidi e quella sua purezza da statua.
“Perché?” Chiede con la voce
rotta dai singhiozzi.
Kastor vorrebbe davvero
abbracciarlo. Sente tutta la disperazione in quell’unica parola e attraverso i
tremiti del suo corpo, e sa che sta tirando fuori da sé qualcosa di viscerale,
e contorto, e amarissimo. Sa che ha bisogno di protezione nell’istante in cui
mette da parte l’orgoglio e mostra il fianco scoperto. Ma sa anche che questo
significherebbe cullare tra le braccia una pericolosa debolezza.
E al Santuario non c’è spazio per
la debolezza.
O finirai anche tu con un volto così pallido, e il sangue… e i lividi
blu.
Allora mette da parte il sottile
richiamo dell’affetto e lo scuote violentemente. Lo scrolla finché non ritorna
in sé, senza smettere mai di osservarlo con severità.
Lo scrolla finché le sue labbra
non smettono di ripetere sempre più debolmente – perché?
“Vieni, Saga.”
Si alza dalla terra calda di sole
dell’Arena, tutto coperto di polvere.
“Maestro, ho cos’era quel rumore
fortissimo?”
Accanto a loro, alzando nuvole di
polvere, gli altri apprendisti si allenano, meno scintillanti di Aiolos, meno
statuari di Saga.
“E’ crollato un costolone.
Asteria si stava allenando. Non hanno potuto fare niente contro la montagna che
franava.”
“Ah,” Dice Saga scuotendo la
testa sotto il sole per liberarsi della polvere. “E le urla?”
“Saga –“
Alza gli occhi. Due pozze blu nottilucenti
che si spalancano improvvisamente. Saga ha solo sei anni, ma è il bambino più
intelligente che Kastor abbia mai conosciuto.
“La nobile Asteria si allenava in
quel punto?” Chiede.
Kastor non risponde. Apre la
bocca come soppesando le parole, ma Saga lo brucia sul tempo.
“La nobile Asteria allenava i
suoi allievi in quel punto?”
Saga corre davvero veloce. I suoi
capelli fluttuano nel vento seminando una scia di polvere brunita, e sono come
una nuvola leggera.
Arriva sul piano brullo dove una
distesa di massi ricopre la terra. Molti Saints si stanno affaccendando a
sgomberare il campo, sollevando macerie pesantissime con la sola forza delle
braccia.
È lì che li vede. Distesi per
terra.
Immobili. Non come statue, ma
come cadaveri.
Bianchi come mantelli, i loro
piccoli corpi spezzati sono un grumo di sangue scarlatto e lividi blu.
Morti.
Saga apre la bocca e pensa – se ci fossi stato io, sarei riuscito a
scappare. Se ci fossi stato. Io.
Ma non lui si è trovato sotto la
cascata di roccia questa mattina. Non lui, ma gli allievi di Asteria arrivati
da pochi mesi al Santuario. Saga nemmeno li conosceva, nemmeno si era sforzato
di avvicinarli perché ai suoi occhi erano piccoli e senza speranza di poter
brillare. Loro non erano reincarnazioni di nessuna stella.
Adesso in tre giacciono sulla
terra arida coperti di polvere e sangue. Si avvicina.
Pensa a suo padre, pensa alla sua
vecchia casa. Saga ha solo sei anni, ma conosce già a grandi linee il concetto
di mortalità. Sa che esiste una fine per ogni cosa, e a maggior ragione per
l’essere umano. Sa che arriva per tutti.
Ma un cadavere non l’ha mai
visto. Suo padre è stato risucchiato dal mare una mattina di molti anni prima,
così gli hanno detto gli adulti con un’espressione di sgomento sulla faccia, e
l’Egeo chissà dove se l’è trascinato coi relitti del piccolo peschereccio.
I corpi straziati di quei bambini
invece sono lì sotto il sole, sono lì sulla terra visibili a tutti, sono come
un sacrificio consumato sull’altare della mortalità.
Sono piccoli. Piccoli.
Non hanno vissuto un bel niente.
Non avevano il dovere di morire. Sono bianchi come mantelli e sporchi di sangue
scarlatto e lividi blu, e i loro petti non si alzeranno più al ritmo dei
respiri.
“E’ stata una fatalità.” Dice
piano Kastor, dietro alle sue spalle.
Saga si volta a guardarlo in
faccia. E’ un gesto di sfida il suo. Lo sa, è perfettamente consapevole che la
vita di un apprendista è estremamente precaria, che quello che fanno è
pericoloso. Ma non si può morire a quattro anni schiacciati dalla montagna. Non
si può e basta. Di questo Saga è sicuro.
“No.” Sibila. “No.”
Calmandosi, smette di tremare e
singhiozzare. Si lascia cadere per terra, esausto. Kastor lo fissa con una
velata preoccupazione.
C’è ancora l’orrore nei suoi
occhi.
Deve imparare. La sua vita sarà costellata di cadaveri. Doveva vederli.
Doveva toccarli.
Ma la verità è che quell’immagine
accompagnerà Saga in tutti i suoi incubi. La verità è che rimarrà persistente
nella sua memoria, abbacinante e terrificante. La vista di quei tre bambini di
cui mai conoscerà il nome si sovrapporrà alla vista di ogni altro morto.
La loro immobilità, la loro linea
spezzata.
Il loro pallore innaturale, come
un mantello, come un sudario.
Il sangue raggrumato.
I lividi blu intenso.
***
Che
ritardo, scusate X3. Ma avevo gli esami ed ero °O°! Ora
è tutto finito... tra le altre cose che mi sono successe, grazie
a facebook mi sono diagnosticata un disturbo da personalità
schizotipica e ho ritrovato il cestino da pic-nic. Sì, quello in
vimini con l'imbottitura a quadri rossi e bianchi XD! Olè! Che
meraviglia...
Piaciuto il capitolo? Chiama subito l' 89
Fammelo sapere! Altrimenti il mio disturbo cluster A, che è roba
seria, mi porterà ad avere allucinazioni e schizofrenia e deliri
mistici di vario genere. Parlo già con il piccolo Mu, ecco.
Love-in-idleness ringrazia:
Gem,
alla quale porterà in dono i gemellini appena riuscirà a
ricatturarli. anche loro sono sfuggevoli e fluidi come acqua.
Regina di Picche, che è sempre un amore ricambiato <3
Tutti coloro che seguono & Shinji & i lettori & chi aggiunge ai preferiti. Un grazie generico a Ren_chan. Ho altro da dire? Buon week-end X3
|
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Capitolo 7 *** Peso ***
blu 07
07.
[Peso]
“Vergognati.”
“Maestro…” Saga abbassa gli occhi
che ora sono spalancati e non più due paurose lame pronte a falciare.
I capelli blu cadono sul viso,
fastidiosi. Vorrebbe scostarli, ma il polso gli fa troppo male. E poi si
vergogna a compiere il minimo movimento. Immagina solo di farsi piccolo, sempre
più piccolo, e scomparire inghiottito da una voragine.
“Non succederà più,” Dice.
Kastor annuisce soddisfatto.
Ora che ha sgridato l’allievo e
l’ha medicato può anche permettersi un sorriso divertito.
“Aiolos, Saga! Fermi
immediatamente!”
Saga si volta un secondo,
distratto dalla voce di Kastor. E Aiolos ne approfitta, sferrandogli un pungo
poderoso allo stomaco.
Attorno ai due bambini si è
radunata una folla di curiosi, e alcuni, tra i più giovani, li osservano con la
bocca spalancata.
Saga annaspa. Barcolla
impercettibilmente e ritrova la concentrazione. Aiolos ride del tutto
soddisfatto del proprio attacco, e questo Saga non glielo può perdonare. I suoi
capelli sono inondati di polvere e fango incrostati. I suoi occhi, Aiolos li
nota, sono ridotti a due fessure, due lame acuminate pronte a falciare.
Per un instante Saga carica tutta
la sua energia negli occhi. Il pubblico freme. Una vibrazione innaturale si
spande come un’aura attorno al ragazzino, così potente per la sua giovane età
che persino i Maestri ne sono soggiogati.
Due futuri Cavalieri si fronteggiano.
Kastor può già vedere le loro
capacità sovrannaturali, e il Cosmo che si nasconde nei loro petti è
indescrivibile. Ancora pochi anni e non saprà più dominarlo. Ora sono solo
bambini, possiedono un corpo fragile e una mente fragile, eppure se
scagliassero la loro vera potenza sarebbero già in grado di far tremare la
terra e il mare.
Così Kastor freme. Dalla sua
posizione li guarda, li sente, e ha
il terrore che non riescano a contenere la loro energia. Che la rabbia che Saga
ancora non sa incanalare gli sfugga di mano e rada al suolo l’Arena.
“Saga. Smettila.” Dice.
Gli occhi di Saga sono due lame
sottili pronte a falciare. Il suo volto che è come una luna celeste è sporco di
fango e di terra ed è contratto in un’espressione di furia. Arriccia le labbra
infantili.
“Aiolos!” Sibila. “Aiolos, muori!”
E con un ultimo guizzo di Cosmo
prende la rincorsa e si getta sull’amico rotolando per terra.
Guarda il mare dagli scogli,
Saga, quel mare mosso e scompigliato che gli ricorda la testa del suo gemello.
È ancora chiaro l’orizzonte, ancora sono accesi i templi e tutte le case.
Saga sta seduto sulla spiaggia
osservando il mare e di tanto in tanto, quando il polso gli lancia una fitta di
dolore, guarda la pietra sotto i suoi piedi e poi il suo braccio e le mani
graffiate. Scuote la testa stendendo le labbra e ripensa alla voce di Kastor
che gli dice: Vergognati.
È molto arrabbiato con se stesso.
Per essersi lasciato andare. Stupidamente.
Hai sette anni, Saga. Sei un bambino.
Saga ha solo sette anni, ma non è
un bambino come tutti gli altri. Sulle sue fragili spalle coperte da onde blu
sostiene già il peso di un’armatura d’oro massiccio. A volte gli capita di
avere impulsi comuni, degni di ogni altro bambino della sua età. Ma scrolla la
testa. Deve reggere il peso dell’armatura.
Questo peso…
Lo sente avvicinarsi. Fa rumore
apposta.
“Saga…”
Saga si volta e lo fissa con
occhi socchiusi. Aiolos vede quegli occhi di nuovo sottili come lame acuminate,
ma sa che ora non falcerebbero niente. Non scalfirebbero neppure.
“E’ tutta colpa tua!” Dice. “Hai
visto! Vuoi sempre litigare, noi non dovremmo litigare! Noi siamo Santi!”
Aiolos ride. Il sole gli illumina
i capelli di ambra e sembra sfumare un’aureola attorno alla sua testa. Saga è
un po’ accecato da questo riflesso.
“Non è vero!” Risponde. Si siede
accanto a lui e gli sfiora il polso fasciato. “Fa molto male?”
“Guarirà in fretta. Il dolore. È
una condizione a cui sono abituato.”
“Beh,” Aiolos capisce. “guarda
come mi hai ridotto la faccia!”
Saga lo guarda. La sua faccia è
coperta di graffi e tagli e il labbro inferiore è spaccato. Vorrebbe sorridere
d’orgoglio, ma non lo fa. Sarebbe sbagliato.
“Insomma, sei un valoroso!”
Aiolos lo schernisce.
“Smettila. Era una cosa seria.
Insomma. Era un combattimento serio. Non so perché sia finito in un –“
“Io lo so che sei forte. Non ho
bisogno di prove. Non devi dimostrare niente.”
Tutto questo peso…
Saga sospira. Il polso gli fa
male e ha il sole negli occhi, quel sole così lucente che Aiolos sembra
portarsi sulla testa. È uno strano miscuglio di toni, il loro.
“Dai…”
Tutto questo peso…
Io, me ne dovevo liberare.
Sette anni, e possiedono già un
Cosmo capace di far tremare la terra e il mare.
Ma per chiunque sono solo due
bambini. La gente che passa e li vede, uno accanto all’altro sulla spiaggia,
non potrebbe pensare diversamente. La gente che passa non sa che vivono sopra
le loro teste, sopra la città moderna, oltre le candide soglie dei templi, in
un mondo fuori da ogni immaginazione. Per loro sono solo due bambini dai volti
graffiati che forse hanno fatto la lotta.
Saga è stanco. Non vorrebbe farsi
vedere stanco, ma lo è, e il polso fa davvero male. Si accovaccia sul grembo di
Aiolos che lo guarda con un sorriso e quegli occhi di prato. E rimane così.
Rimane così sul far della sera, disteso
e calmo durante il tramonto rosso fuoco.
Rimane così quando il sole cala e
la città, come i templi, si spegne all’ora stabilita.
Rimane sdraiato, occhi-falci che
abbracciano tutto il cielo e faccia come una luna celeste, mentre Aiolos, senza
dire una parola, gli passa delicatamente una mano tra i capelli blu.
***
Avete
capito cosa succede a questi due patatini *C*? In pratica si scontrano
in allenamento e tutti hanno il terrore che scatenino il Cosmo, invece
finiscono per fare la lotta come tutti i bimbi! e kastor se la prende
XD! Lo
ammetto. Ho scritto quarantuno capitoli finora, ma questo è in
assoluto il mio
preferito *C*! dovete assolutamente darmi ragione.
Oh,
sì, mi scuso per gli errori di cui il precedente capitolo era disseminato.
Vi voglio
bene <3 a
tutti <3
Regina di Picche: lo so, è crudele çOç! Me ne accorgevo mentre lo
scrivevo. Ma andava fatto. Un Saint è un Saint fin dalla tenera età e deve
saper gestire la morte *abbraccia con slancio emotivo*.
Gem:
oh, mia dolce SAGABRI, gemella segreta e vera cospiratrice dei malefici
gemelli! Incamminiamoci insieme in pellegrinaggio verso il Sommo Re Sion del
Regno dell’Ariete Verde. Marto Strappa Detonatore. Lol.
HarleyQuinn: la donne che ispiro senza volere *fa versi da pet
depresso*. Insomma. Cerca di commentare un po’ più spesso *sgrida*. O niente
kassy questo week-end e per il Gods. Sì, è un ricatto in piena regola X3
Ren_chan:
cosa si può dire a Rucci? Lei è un amore e basta<3
Grazie a chi ha inserito la storia tra preferite/seguite. A chi legge. A chi passa di qua per caso. A chi... boh...
Baci <3
|
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Capitolo 8 *** Mente ***
blu 08
09.
[Mente]
La città dopo il tramonto. Kastor la guarda con amore.
La città dopo il tramonto gli ricorda così tanto Saga.
Ora Aiolos ha raggiunto la
velocità della luce. Con un pugno, Saga riesce a vedere attraverso lo sfrigolio
dell’aria, potrebbe distruggere una montagna. È molto contento per lui, ma non
lo ammetterà mai. Mai.
Aiolos osserva con occhi
spalancati la voragine che ha scavato nella roccia attraverso la più
sfolgorante esplosione di Cosmo. È incredulo. Non avrebbe mai pensato di poter
raccogliere in sé, nella sua mano, tutta questa potenza.
Quando la gente si disperde e
Aiolos resta da solo col suo pungo sanguinante, solo allora Saga si avvicina.
Cancella il sorriso dal suo volto non appena l’amico si accorge di lui.
“Saga!” Grida. “Hai visto? Hai
visto io –“
“Era ora,” Risponde scrollando le
spalle. “pensavo che non ce l’avresti mai fatta. Che non mi avresti mai raggiunto.”
“Invece ti sbagliavi!”
“Ehi.”
“Come vedi non ho niente da
invidiarti in potenza. O no. Sono
molto superiore di te in potenza.”
Saga alza il sopracciglio, una
sottile linea blu notte che è come un ricciolo prezioso sulla statua, un
cratere ombroso sulla sua faccia di luna. Lui non lo sa, ma talvolta Aiolos si
incanta a fissarlo. Si incanta su quelle tinte che per lui sono pezzi di cielo,
reincarnazioni di stelle, si incanta su quel viso pieno di ammirazione per la
sua straordinaria bellezza.
Saga ha solo nove anni, ma il suo
corpo presagisce già il più nobile degli aspetti, la forma di un dio.
“Io,” Dice avanzando verso di lui
e spalancando gli occhi. “possiedo un potere interiore che tu non potrai mai
nemmeno comprendere.”
“Ok, ok” Ride Aiolos. È abituato
a questi scatti di Saga, e va bene così.
È solo Saga.
Bellissimo, inarrivabile Saga.
Lui, che nonostante sia ancora un
bambino brilla più di chiunque, brilla come una stella nella notte, brilla come
la notte.
Intessuto di notte.
C’è stato un giorno in cui Kastor
ha intuito la vera natura del suo allievo. Saga è un bambino flessuoso e
all’apparenza fragile. Nelle sue braccia dimora la forza, ma non abbastanza.
Non come quella che sprigiona la sua mente.
Per questo, una sera, al termine
degli allenamenti, sale le scale del Tempio diretto verso le stanze del Gran
Sacerdote. Nel farlo si volge di tanto in tanto verso Atene, la bella Atene, la
candida Atene dalle soglie millenarie che si sta spegnendo dei bagliori del
giorno. E la guarda con amore.
Per certi versi, Atene gli
ricorda Saga. Bianca e blu. Maestosa, bellissima, fatta di arte. Atene che
brulica di vita lungo la costa, e si inerpica sulle montagne, Atene che poi si
spoglia della modernità e dimora in una sfera atemporale dove tutto è bellezza,
tutto è bianco e blu. Atene è sempre, in ogni momento del giorno, il luogo più
bello e sacro della Terra. Ma c’è un istante per lui, un solo istante, in cui
supera in splendore anche le dimore degli dei. Ed è questo. È l’ultimo bagliore
del tramonto, quando il cielo è già scuro e del sole non rimane che un nastro
snodato sull’orizzonte marino, e il colore della notte non è pura tenebra, ma
trattiene ancora una certa luminosità.
È il momento in cui transitano le
ore. Una compenetrazione perfetta.
Momento in cui convivono.
Luce e buio. Assieme.
Così arriva alla Tredicesima casa
ed entra silenziosamente. Con rispetto si avvicina al Kyooko.
“Sei venuto a parlarmi del tuo
allievo?”
Il Pontefice forse l’aspettava.
Assiso sul trono, Kastor vede solo un’immobilità ieratica e i segni di
un’antica potenza avvolti dal mantello più fine color della notte e una
maschera impenetrabile. La sua voce risuona tra le colonne.
“Sì. Signore. Ho bisogno di un
consiglio.”
“Ascoltami bene. Ascoltami. Mi
stai ascoltando?”
Saga annuisce. Era distratto. Ora
si concentra.
“Ricordi la tua prima, piccola
esplosione di Cosmo?”
“Certo, Maestro.”
“Ricordi come ci sei arrivato?”
Saga si sposta una fastidiosa
ciocca di capelli che continua a cadere davanti agli occhi. Ora di tagliarli.
“Io… io sentivo. Dentro di me era come se sentissi più forte. Come se… come
se –“
“Come se raggiungessi una
consapevolezza maggiore.” Suggerisce Kastor.
“Sì.”
“Da quel momento, forse non te ne
sei accorto, il tuo Cosmo si è espanso fino a limiti che pensavamo impossibili
per un bambino.”
“Non sono un bambino.”
“Sei ancora un bambino.”
“Ma –“ Tenta di protestare.
Kastor lo zittisce con un’occhiata.
Sta per fare un discorso molto, molto serio. “Hai potuto raggiungere questi
livelli perché possiedi qualcosa dentro,
e questo qualcosa ha un’estensione e una profondità maggiore che nella maggior
parte degli esseri umani.”
“Nella maggior parte…”
“Anche di me.”
Ora Saga lo guarda stupito. Per
anni ha vissuto con quest’uomo, severo e inscalfibile, e per anni l’ha
considerato il più grande guerriero della Storia. Un punto inarrivabile. Per
anni l’ha amato come un padre, e forse, in tutto questo tempo, ha cominciato a
idealizzarlo. Non avrebbe pensato mai di poterlo superare in qualcosa. Mai così
presto.
“Non tutti i guerrieri, Saga,
combattono con i muscoli. Il mio compito è stato quello di scoprire le tue
forze e le tue debolezze, e ora ne sono certo. La tua forza risiede nella tua
testa, non nelle tue braccia. La tua debolezza è la sensibilità. Per cui ora
per noi comincia un nuovo percorso. Ora che ho esaurito la prima parte dei miei
doveri, devo prendere questa tua forza e amplificarla a dismisura, e la
debolezza, e cancellarla. Mi capisci?”
Saga scuote la testa.
“Tu hai un potenziale davvero enorme. Naturalmente differente da
quello di Aiolos. Aiolos diventerà un guerriero il cui braccio frantumerà le
montagne. Il tuo braccio, invece riposerà. Potrai fare tutto con la mente.”
Saga segue in silenzio il suo
Maestro. Non ha capito molto del discorso che gli ha appena fatto. Non ha
capito come si possa frantumare una montagna con la mente, per esempio. Non ha
capito cosa deve fare. Guardare dentro di sé. E vedere – cosa?
“Ci alleneremo sulla
meditazione.”
Sono passati due anni dall’ultima
volta che Kastor ha salito i gradini del Tempio con il fardello della
preoccupazione e del dubbio. Ma il percorso è sempre lo stesso. Scalini di
roccia, e dietro di sé Atene che brilla come un gioiello prezioso.
Ora è nelle stanze del Pontefice,
che è un po’ più vecchio e stanco di come lo ricordava, dietro al suo fine mantello
blu notte e alla maschera impenetrabile.
“Dunque oggi ha compiuto il
miracolo.”
Kastor, inginocchiato davanti al
trono, ricorda con un sorriso. Saga che concentra il Cosmo sulla punta delle
dita con una consapevolezza e una ferocia spaventosa. Saga che lo atterra.
“Another Dimension!” Urla.
Kastor si sente trapassato. Leso
nella sua interiorità.
E questo il punto a cui doveva
arrivare?
Giace a terra per molti minuti, e
alla fine si solleva, vinto.
Ma è felice.
Il mio compito è terminato del tutto.
“E’ pronto.” Annuncia il
Pontefice. “L’investitura sarà celebrata alla prima occasione propizia, assieme
a quella del suo compagno Aiolos.”
Sorride ormai apertamente,
Kastor.
Sorride con la testa piegata
nell’inchino. Sorride di orgoglio alzandosi e andandosene dalle stanze della
Tredicesima casa.
Sorride ad Atene alla quale corre
incontro scendendo un milione di gradini, fiero, consapevole che il suo tempo è
giunto alla fine, ma che ha realizzato il suo scopo prima della chiusura
definitiva. Prima che cali la notte più buia. Prima che le case, come i templi,
si spengano all’ora stabilita.
Ora che la città brilla come un
gioiello, ora che è persino più bella di qualsiasi dimora celeste, perché in
lei convivono, per un momento, il giorno e la notte.
Per un momento.
Luce. Buio.
***
Lallallà
sono ancora viva <3 Lo so che sono lenta XD ma che ci volete fare… il caldo, lo
studio, la sessione estiva, Kanon che tenta di convincermi a fare il bagno in
mare, e io, cretina, “no, devo studiare!” Io sono ancora pallida! Sono pallida,
santo cielo! Se avessi i capelli blu sarei un Saga. Ecco.
Ho
affrontato una perigliosa via, per dirla tutta, in questi ultimi giorni. Cioè. No,
ve lo dico perché è una cosa che devo dire al mondo. Ho visto i Dream Theater dalla prima
fila, capite *C*, e per farlo ho dovuto passare sopra corpi umani. Ho imparato un lezione di vita da Cavaliere, e mentre
aspettavo tutta l’ora e mezza di Carcass davanti a un amplificatore alto tre
metri, giuro XD, io INVOCAVO L’AIUTO DI
SHION! Ed è stato tutto chiaro. Presto Milo
avrà una chitarra, ad esempio. E anche Saga. E Shura avrà un basso. Lo so che
non capite. Ma se Shion mi aiuta, un giorno ogni cosa acquisterà il suo senso,
anche questo delirio.
Io ho
terminato.
Si ringraziano
cortesemente:
Regina Di Picche – ti sto già amando a dirla tutta, e ora i capitoli sono quarantasette, uno più
angst dell’altro, e che cosa devo dirti se non *C* <3?
EliAngel
– lol. Ce la sto facendo, vedi? Sono brava, vedi? Il piccolo stakanov nella mia
testa è ancora lì a picconare col suo elmetto da minatore tra fango e detriti,
e ogni tanto tira fuori La Pepita.
Gem – Gem, gem, gem. O Shion?
O patatino arietoso? O SAGABRI? Chi si cela
dietro codesto nick, l’oscuro e affascinante usurpatore o il vecchio e saggio e
roseo
sacerdote? Sei tu l’Enigma! Cioè, parlo con te cinque minuti e guarda la
quantità di nonsense che produco. D’altronde come dice il (mio) proverbio: “La vita e il fanservice
raramente hanno senso”.
E comunque
le misure di Bartek sono:
Height
: 1.87
Chest : 94
Waist : 72
Hips : 96
Shoes : 45
Ha il 45 accidenti. Sì. Fai pure la
faccia HOHO. Qui non si vede XD.
Perché il
rosa? Perché è arrivato il GLAM, gente.
Vi amo <3
|
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Capitolo 9 *** Tempeste ***
08. blu
08.
[Tempeste]
Un onda arriva più violenta delle
altre. Si infrange sullo scoglio e i suoi spruzzi salini si disperdono fino ad
accarezzargli le guance.
Saga sorride per questo contatto
freddo ed inaspettato. Il mare gli ricorda sempre un po’ la sua vecchia casa e
il fratello che di questa distesa luminosa porta i colori.
Mare brillante di giorno.
In realtà c’è poco di brillante
nel mare. Si sta increspando e la sua superficie è sempre più grinzosa, il
cielo stesso si inspessisce. È plumbeo, quasi nero sulla linea dell’orizzonte.
Saga cammina rapido sperando di tornare al Santuario prima che comici a
piovere, ma ormai il vento è troppo forte. Gli scuote i capelli che danzano
davanti agli occhi, blu profondo come la cappa di buio che presto colorerà il
cielo pure se è ancora mattina.
Vive sul mare da quando è nato.
Sa alla perfezione che le tempeste estive arrivano tanto velocemente da essere
pericolose, e velocemente se ne vanno sparendo oltre le montagne, così come
sono venute, sospinte da un forte vento.
Attraverso Atene i vicoli
profumano di tempesta. Saga si guarda attorno, la gente sul molo si affretta
verso casa. Sorride. Lui per arrivare a casa deve scalare la montagna.
Vento sempre più forte.
Stringe tra le esili braccia le
commissioni per Kastor e sveltisce il passo. Ormai è chiaro che non arriverà
mai in tempo per ripararsi dalla pioggia. Il cielo è sempre più scuro e
nell’aria è sospesa la tensione della tempesta. Profuma di mare e un po’ di
montagne questo vento che viene dal Sud.
Lascia che il vento ti accarezzi i
capelli.
Sembra quasi sera. Già.
Sale le scale quando le prime
gocce, sottili, fresche, gli sfiorano il viso. Capelli, naso, labbra. È una
bella sensazione, perché la pioggia estiva non è così fastidiosa. È veloce e
leggera. Se ne va inghiottita dalle montagne.
Mi piace questo tempo.
“Saga.”
Su nel cielo è sospesa una
luminosità innaturale. Le nubi sono dense, e sembrano non lasciar trasparire
nulla del giorno. Anche il mare è denso e tumultuoso, e non si vede alcuna vela
bianca a solcarne le onde. Ma è come se tutto fosse illuminato da un alone
dorato, una sottilissima polvere che si distende sulle cose e le esalta.
Bello.
Una tempesta dorata.
Sabbia del deserto portata dal
vento attraverso la pioggia.
“Saga.”
E’ la seconda volta che si sente
chiamare. La prima si è voltato verso la discesa infinita del Santuario e non
ha visto nessuno. Forse immagina il suo nome sussurrato dal vento e dalla
tempesta.
“Saga!” Ripete la voce più
insistente.
Questa volta non se l’è sognato.
Il vento non ha un suono così familiare.
Rumore dai cespugli. Saga si
avvicina con la busta di Kastor che ormai è completamente fradicia.
“Certo che,” Emette un fruscio.
“certo che se sei ancora così impedito, non diventerai mai un Cavaliere!”
Saga lo guarda con la bocca
spalancata. Attorno alle sue labbra si raccolgono goccioline di pioggia.
“Kanon…” Un sussurro.
“Te ne devi proprio stare lì a
prenderti l’acqua?”
Saga sorride. Tende la mano al
gemello. La sua piccola mano bianca in quell’oscurità sembra quasi
fosforescente. Kanon l’afferra, e la sua pelle abbronzata gioca uno strano
contrasto. Saga sorride e si lascia trascinare sull’erba.
Dietro al muretto non arriva la
pioggia sferzante. Di tanto in tanto le foglie lasciano scivolare delle gocce
d’acqua sui loro visi, ma sono riparati.
Kanon strizza la casacca,
sbuffando verso il cielo. A Saga piace. Gli è sempre piaciuta la tempesta,
l’urlo sul mare, il buio di giorno. Gli è sempre piaciuta perché è naturale e
allo stesso tempo un evento straordinario.
Saga non possiede i colori del
mare di giorno.
“Come sei arrivato qui?” Chiede.
C’è una dolcezza così evidente nella sua voce e nei suoi occhi che se Kastor lo
vedesse ora, non ci crederebbe.
Kanon scrolla le spalle.
“Beh, come mi hai trovato?”
“Sono ore che ti seguo. Speravo
che fossi abbastanza furbo da correre per non prendere la pioggia. Invece…”
Kanon sospira.
“Non pensavo che ci saremmo
rivisti mai più!” Saga lo abbraccia continuando a sorridere.
Il più forte dei due.
Un colore come il mare di giorno.
Una distesa di luminosità.
“Sht,” Dice Kanon. “Sono già
passati troppi anni.”
“Troppi anni.”
Conosce Kanon da quando è nato,
Saga. Sono gemelli e nonostante la lontananza sanno guardarsi dentro
con una profondità sconcertante, e saranno sempre in grado di farlo. Sanno
capirsi e sentirsi anche attraverso incalcolabili
distanze. Per il momento non servono parole. La testa di Saga è appoggiata
sulla spalla del fratello che la regge senza fatica, e i loro capelli bagnati
dalla pioggia hanno lo stesso colore denso.
“Devo portare questa lettera al
mio Maestro,”
Gli sfiora la mano bianca.
“Puoi aspettare con me che
spiova.”
Scendendo le scale ancora bagnate
del Santuario Saga non nasconde né la felicità, né la preoccupazione. Ha
piovuto per un giorno e l’aria, ora che il sole si è di nuovo mostrato sul
mare, è più fresca e ha un profumo cristallino. Da quest’altezza vede
finalmente il porto tornato alla normalità e le vele bianche che bucano
l’azzurro.
C’è una strana sensazione alla
bocca del suo stomaco. È come una costrizione, è come il presagio della
tempesta. Cielo limpido per giorni, e poi, all’improvviso, il mare si muove
violentemente con un unico, roboante gorgoglio.
Il muro è ancora lavato
dall’acquazzone. Sotto le fronde degli alberi cadono fini gocce della pioggia
incastrata tra le foglie. Emettono un rumore regolare.
Oggi i suoi capelli sono blu come il mare di giorno.
“Ciao!” Sorride di nuovo
correndogli incontro.
Una giornata così bella…
così -
preziosa.
“Ma io ti starò sempre vicino in
un modo o nell’altro.”
C’è una tempesta negli occhi di
Saga. “Non voglio!”
“Non posso farci niente. Io non
posso stare qui. Non mi è permesso, Saga. Ma ti terrò d’occhio. Lo prometto.
Resterò vicino a questo Tempio.”
“Vicino a –“
“Vicino a te.”
Continua a piangere. Kanon gli
prende di nuovo la mano nella sua, una mano bianca e gentile, ma in questo
gesto, in questo contrasto, c’è qualcosa di estremamente disperato.
“Vicino a te per sempre.”
Bacia quelle dita sottili che
sembrano non aver mai compiuto alcuno sforzo. Dita di luna che invece, se
volessero, potrebbero far tremare la terra e il mare.
“No…”
Conosce Kanon come se stesso. Sa alla
perfezione che è forte, che arriva tanto velocemente da essere pericoloso, e
velocemente se ne va, sparendo dalla sua vista così com’è venuto, sospinto da
un forte vento.
***
Et
voilà. Il capitolo è tutto per Gem/SAGABRI che ha compiuto abbastanza anni per
usufruire del p0rn, anno più, anno meno (non siamo fiscali, noi). Anche se lei
forse non potrà leggerlo perché sarà impegnata a spacchettare cose e
trascinarsi per stanze sconosciute e a progettare piani per la conquista del
mondo. Ma se la pensiamo tutti intensamente forse le giungeranno le vibrazioni
del nostro amore, no? *C*?
Beh,
che volete. Dovevo essere al mare. Dovevo fare il bagno. Invece pioveva. Sono
frustrata. Ed ecco l’ottavo capitolo, appena prima dell’inizio della sessione
estiva. Muahahahaha. *Risata isterica*. Ho
scritto una poesia per il mio navigatore. La volete sentire?
oh, Tommy, mio navigatore,
senza di te a perdermi per ore
attraversando innumerevoli strade
e non trovando le contrade
di Dalila la celebrazione,
a Pavia la stazione,
a Monza il concerto,
nemmeno casa di certo...
Bella, eh? Ho talento, eh?
Regina di Picche: Oh, Regina, ora sono quarantatre. Gli ultimi tre sono
psichedelici e folli in modo stupefacente. Ti amerò per sempre se resisterai
fino alla fine (ormai siamo agli sgoccioli).
EliAngel: <3 <3 <3
your belt is lost somewhere in my wardrobe. Anyway.
Gem:
Ovunque tu sarai ovunque io sarò non smetteremo mai – ò.O? WTF? La prossima
sarà una canzone seria metalcore, perché questo è il mese del metalcore.
Contenta? Un giorno mi risponderai. Lo so. Grazie, anche se le tue immagini
estemporanee minano la mia credibilità agli occhi dei miei amici. E – l’ho
detto a mio cugino XD. Lol.
Love
you all.
|
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Capitolo 10 *** Attesa ***
10. blu
Hello my dears <3.
Sono tornata. Dalle vacanze. In uno stato pietoso. Senza
soldi. Con cinque libri e tre paia di scarpe in più. Ma.
*Comunicazione di servizio*
Penso vi farà piacere sapere che durante i miei ritiri
spirituali (?), nella pace e nella quiete delle vacanze (?) ho messo la parola
fine a Blu. Ebbene sì. È chiuso. Terminato. Finito. End. Fin. No more Saga.
Ecco <3
10.
[Attesa]
Teso come una corda di violino.
Di tanto in tanto percorre a grandi passi la distanza tra l’ulivo e l’entrata
dell’arena. Sul volto porta i segni dell’ansia e di una notte insonne.
“Non agitarti.” Dice una voce
dietro di lui.
Saga si volta a guardarlo.
Così luminoso.
“Tu non lo sei? Agitato?”
“Lo sono eccome.”
“Non ci credo.”
Sul viso di Aiolos è dipinta serenità
e compostezza. Saga davvero non capisce come può mantenere la calma in un
momento del genere, così delicato, così annaspante. Così decisivo per le loro
vite.
“Perché no?”
“Perché la tua faccia non mostra
segno di preoccupazione.”
“Non c’è nulla di cui essere preoccupati.
Quando il sole sarà alto, e il Pontefice richiamerà le Vestigia, noi entreremo
nell’Arena e riceveremo la nostra investitura. È già tutto stabilito.”
“No.”
“Abbiamo costruito questo momento
passo dopo passo per cinque anni. Da allora ci alleniamo senza sosta per
oltrepassare il limite umano. Il nostro dovere è già compiuto. Ora non resta
che ricevere il premio. Per cui non agitarti, Saga.”
Saga sbuffa, impaziente. I
capelli si muovono sulle sue spalle. Misura il terreno, avanti e indietro.
“Un premio.”
“Un premio, sì. Un premio che
meritiamo più di chiunque altro.”
“Appunto.”
Aiolos lo guarda senza capire.
“Se qualcosa…” Dice Saga. “se
qualcosa andasse storto, oggi… io… vorrebbe dire che io ho buttato via la mia intera esistenza.”
Suona strana nel vento questa
frase pronunciata da un bambino che ha appena compiuto i dieci anni. Ma Saga
non è un bambino normale. E nemmeno Aiolos. Forse non sono ancora in grado di
capire il concetto di intera esistenza,
perché quello che hanno vissuto non è che misera cosa, un pugnetto di sabbia
nella clessidra inesauribile del tempo. Eppure già conoscono lo spreco. Così
giovani, così piccoli, e già conoscono il dovere, e il dovere che conduce alla
morte. L’onta del fallimento.
“No, Saga.” Sussurra gentilmente
Aiolos. Il suo volto è ombreggiato dalle fronde dell’ulivo. Sono piccole foglie
sottili e lanceolate che gli punteggiano la pelle ambrata di chiazze scure.
Saga lo guarda. Vede i suoi occhi di prato.
Luminoso e caldo.
Sole che riposa sotto un ulivo
centenario.
Per una volta è lui a sembrare
più maturo della sua età. Per una volta è Aiolos il più forte, il più
ragionevole.
E l’ombra di tutte le cose…
Per una volta è Saga a pendere
visibilmente dalle sue labbra. Aiolos che è dolce e lo accompagnerà per mano ad
attraversare la soglia dell’Arena, la soglia della loro intera esistenza, che scava come un passaggio tra due mondi. I
pilastri che li dividono dall’Armatura sono insormontabili e sembrano spessi e
rigidi come gli anni che li hanno forgiati, e tutte le sofferenze e le perdite
che hanno dovuto sopportare.
Ma è un varco quello che si è appena
aperto?
Il sole è caldo, asfissiante.
Brucia la terra con i suoi raggi dorati. L’Arena è in fermento, sugli spalti si
agita tutto il Grande Tempio. Saga li ha visti, entrando. Ha lanciato una
rapida occhiata, incredulo, un po’ stordito dal calore, un po’ soggiogato
dall’emozione. E con un solo sguardo li ha visti tutti. Tutti li ha
abbracciati.
Grazie.
E non sapeva cosa fare. Non
sapeva con che occhi seguire la cerimonia, non sapeva dare un senso alle parole
del Pontefice. L’ha visto alzarsi, e non ha notato la stanchezza nei suoi
movimenti. Ammantato della sua fine tunica color notte, il volto coperto da una
maschera impenetrabile, non ha saputo che vedere un gigante dei secoli, una
colonna portante per molte generazioni, ancora in piedi bella, e forte come i
pilastri che sorreggono gli antichi templi.
Ha provato ammirazione.
Traboccante, nel suo cuore, mista all’ansia, alla paura. All’aspettativa.
Ora sposta lo sguardo – blu notte
come il mantello del Kyooko – prima al suo compagno, poi alle due Cloth.
Non osservava le Sacre Vestigia
dal giorno in cui Kastor lo condusse alla casa di Gemini per infondergli
motivazione e rispetto verso il suo compito. E ora è là, così a portata di
mano… non immersa nella silenziosa polvere del Terzo Tempio, nell’oscurità
della sua futura dimora. Sta alla luce del sole. Brillano di sole i suoi
intarsi dorati, la splendida fattura dei rilievi. Saga è sicuro che il metallo
sia già caldo di sole.
Chiude gli occhi, capo chino
verso la terra. È polvere del mondo quella che ora danza attorno al sarcofago
della sua Armatura. Si distacca dai rumori che lo attorniano, dal discorso del
Pontefice, dalle esclamazioni sugli spalti. Si distacca dalle occhiate di
Kastor e dai cenni di Aiolos che rimane muto e imbarazzato quanto lui.
Guarda. L’Armatura.
Sente. L’Armatura.
Come quel giorno di quattro anni
prima, in cui si è avvicinato curioso e profano, e ha scordato ogni dubbio
della sua mente.
Avverte. L’Armatura.
Può incanalare il suo
impercettibile tremore, la vibrazione contenuta dalla sua gabbia.
Presto ti libererai. Conoscerai di nuovo il tocco dell’aria, la carezza
della pioggia. I suoni del mondo. L’odore e la consistenza del sangue.
Presto.
Saga può intuire nettamente
l’impazienza delle Vestigia, che è esattamente la sua. Nel loro scrigno dorato
aspettano per secoli la reincarnazione della stella.
Due stelle oggi brillano come oro
tra la folla.
Due stelle in ginocchio sulla terra, aspettano.
E all’improvviso, il lampo.
Il Pontefice ha smesso di parlare
quando la vibrazione delle Cloth si è fatta visibilmente insistente. La
tensione nell’aria ha fatto tacere tutti quanti.
Arriva, pensa Saga. Qui. Dopo
tutto, era scritto nel cielo.
Saga non si aspettava tanta
leggerezza. Tutte le volte che ha sognato questo momento, ha immaginato un peso
soggiogante, quasi insopportabile. Si è aspettato di dover trascinare le proprie
gambe a fatica, schiacciato dallo spesso metallo. Un’ Armatura è estremamente
robusta.
Ma non è stato così. Se la sente
addosso, aderente alla sua pelle, tiepida come se fosse irrorata dal suo stesso
sangue, flessibile come se fosse mossa dai suoi stessi tendini.
Anche Aiolos guarda stupito le
proprie mani fasciate d’oro. Sorride.
Quando si alzano, uno buio come
la notte, l’altro radioso come il giorno, non sono più bambini. Forse non lo
sono mai stati. Ma ora è evidente, così rivestiti da raggi dorati.
Trasformati.
Ora sono due stelle ad avanzare
verso il Pontefice.
Due stelle radiose, avvolte da
una sacra corazza.
***
Questo capitolo è così breve, cielo °O°
Non lo so. Pensavo, la musica mi
salverà. Ma sto letteralmente crollando. Ho passato tredici ore su un treno ;O;
Comunque siete stati il mio primo
pensiero, giuro. Ora vado a lasciare qualche recensioncina qui e lì e poi dormo.
Gh. È successo qualcosa di bello in queste vacanze? A parte, sì, il cambio di
grafica del sito che mi ha shoccata XD
Grazie a Gem per tutte le stupidate che dice <3 e per aver finito Enigma
(arrivo XD) e grazie a Regina. Scusa
se poi non ti ho più risposto ma sono partita all’improvviso e da quel momento
è stato tutto un casino… nel frattempo, sono sicura che hai fatto tesoro delle
mie sagge parole da Futuro Gran Sacerdote. No?
Bene. Alla prossima. Che non sarà
fra mesi e mesi perché tanto prima o poi dovrò restare a casa a studiare.
Baci X*
|
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Capitolo 11 *** Vuoto ***
blu 10
11.
[Vuoto]
La Collina delle Stelle è il
luogo più sacro dell’intero Santuario. E forse, per questo, è il luogo più
sacro di tutta la Terra.
Saga non ha mai scalato l’Altura,
non ha mai visto il cielo dalla sua sommità, ma può immaginare il silenzio innaturale
e l’immobilità che permeano tutta la sua superficie. Le stelle si spostano
impercettibilmente nei millenni. Non basta una vita umana, per quanto lunga,
per quanto profonda, a scorgerne i movimenti.
C’è stato un tempo, anni prima,
in cui si è interrogato sul vero potere delle stelle. Si è seduto per notti
intere sulla terra del Santuario con la testa rivolta verso l’alto, il suo
essere sempre un po’ più azzurro. Ora sa che sul cielo notturno è inciso il
destino dell’intero genere umano, e che non tutti possono capirlo.
Indagare la materia celeste.
“Di cosa è fatto il cielo?”
“Seguimi.”
Saga non interroga più il Pontefice.
Cammina innanzi a lui, diritto e maestoso come un gigante dei secoli, e la
brezza smuove il suo fine mantello blu notte.
Anche lui, forse, sotto quella maschera si è colorato di azzurro…
“Dove stiamo andando, Signore?”
In realtà, Saga ha perfettamente
intuito la direzione del loro percorso. I passi veloci del Pontefice li stanno
conducendo verso l’Altura delle Stelle. Non c’è altra spiegazione per quella
visita una notte propizia di luna piena. Non c’è altra spiegazione per la sua
severità metallica.
“Questa notte devo insegnarti una conoscenza antica.”
Saga ammutolisce. Dopo queste
parole non ha il coraggio di aprire nuovamente la bocca per porre inutili
domande. Arranca dietro il mantello blu, che è come un drappo di cielo buio e
si confonde nella notte, e si chiede quale sia il segreto di tutto il silenzio.
Si chiede se se li stia immaginando, il silenzio, la quiescenza. Nemmeno il rumore
del vento tra l’erba, nemmeno i canti delle cicale. Nulla. Solo notte.
La Collina delle Stelle si
trova poco distante dalla Tredicesima Casa. E’ il luogo più sacro dell’intero
Santuario, e forse il luogo più sacro di tutta la Terra. Per questo a un solo
uomo, al più santo tra gli uomini, è concesso di accedervi, vestito come un
sacerdote dei tempi antichi, la testa umana china di fronte alla vastità del
panorama.
Ma stanotte Saga affronta la
salita con lui. Per indagare la materia celeste.
“Ecco. Vieni qui.”
“Signore…”
Per un attimo avverte il peso
dell’intera volta sulle sue giovani spalle.
Quando raggiunge il Kyooko fissa
la terra.
“Saga. Dove stai guardando? E’
lì,” Indica col dito. “E’ lì che devi posare i tuoi occhi.”
“Signore…”
“Avanti. C’è già la notte in te.
Non avrai paura?”
Voce che si fa impercettibilmente
più dolce.
Il Gran Sacerdote si è tolto la
maschera. Saga non ricorda che qualcuno, negli ultimi due secoli, abbia osservato
quel volto segnato dagli anni e dalle battaglie. Per questo non riesce a
sostenerne la vista. E’ come se lo accecasse.
Shion gli sfiora il mento con una
mano, sollevandolo.
“Non del cielo, ho timore…”
“E di cosa?”
Saga non risponde.
“Della mia faccia? Pensi che
possa pietrificarti? Farti del male?”
“No, Signore.”
Lo guarda negli occhi. Occhi
rosa, induriti dai molti anni in cui non hanno fissato alcun essere umano,
induriti dalla Storia, dal dolore e dal dovere. Occhi che in fondo conservano
una fragile dolcezza.
Lo guarda in volto. Saga non sa
precisamente quanti anni abbia compiuto. La sua faccia non è né giovane né
vecchia, non ha età. Sembra ancora delicato eppure è scavato dal tempo. E’
saggio e immaturo. Come fermato nel suo divenire.
Bellissimo, anche dopo due secoli. Un po’ dipinto d’azzurro.
“Allora cominciamo. Ti ho portato
qui per insegnarti una scienza segreta. Leggere le stelle è prerogativa di
pochi uomini. Io sono l’unico rimasto, al Santuario.”
“Pensavo che solo il Pontefice
potesse –“
“Il Pontefice non è eterno. Il
Pontefice prima di tornare ad essere una stella deve guidare un giovane Santo a
comprendere questi segreti. Deve lasciare la sua traccia di conoscenze di modo
che non vada perduta.”
“E proprio io…?“
Shion alza le braccia verso il
cielo. Non c’è amore nel suo sguardo, solo una grande amarezza.
Saga lo sa. Saga sa intuire
queste cose, perché il suo potere interiore gli permette di scavare fino al
fondo dell’animo umano, vederci attraverso.
In certi uomini si trovano abissi
spaventosi.
Sotto la maschera…
Questa notte, il Pontefice è
andato a prenderlo alla Terza Casa e ancora gli sembrava il solido gigante dei
secoli. Ha camminato in silenzio come un gigante dei secoli, sulla Collina ha
spalancato il suo sguardo, gli ha detto: “Non c’è un luogo in tutto il pianeta
dove la visuale sia più nitida. Conserva per sempre questa prospettiva.” E la
sua voce è risuonata forte e regale.
Poi.
Si è tolto la maschera.
Poi ha mostrato per la prima
volta il suo volto, ed è stato come rivelargli tutte le sue debolezze.
Saga vede un uomo solo. Un
gigante di pietra consumato dai secoli. Una figura assoggettata dal Tempo,
dalle battaglie, dal dovere. Dal dolore.
Saga sente la sua voce che non
arriva più da distanze siderali, per confidargli un segreto spaventoso.
Prima che il Pontefice torni ad essere una stella.
“Prima della mia fine devo
insegnarti.”
Prima che io muoia.
“Signore, lei sta…”
Morendo?
“Di che cosa è fatto il cielo?”
Chiede nuovamente.
E’ quasi l’alba, l’aria si
riscalda. Tutta la notte è trascorsa come un sipario richiuso trapuntato
d’argento.
Saga si sente meno atterrito,
ora. Shion gli ha parlato gentilmente per tutta la notte, e pian piano ha
dimenticato lo sgomento delle sue prime parole.
“Abbiamo ancora tempo.” Ha
sussurrato a nessuno in particolare. Saga non saprebbe dire se nella sua voce è
risuonata la speranza, o la disillusione.
“Il cielo,” Dice Shion. “E’ un
concetto in realtà inesistente. E’ un concetto di poesia. Le stelle sono
ammassi gassosi regolati da leggi astronomiche. Il cielo è vuoto. E’ mancanza
di tutto il resto, mancanza di materia. Nella tua lingua significa vuoto. Ed è
proprio questo, il cielo sulla nostra Terra, il cielo sulle altre galassie, sulle stelle, e oltre, in tutto
l’Universo. Non è altro che assenza.”
“Come può dunque contenere tanti
misteri?”
“Questa è una domanda che devi
rivolgere agli dei.”
Saga guarda il Sole sorgere sul
Mar Egeo e le prime vele bianche solcare le onde placide. Il carro di Elio
comincia la sua epica traversata. Si sente affascinato dalle tinte dell’alba.
Come può il vuoto dipingersi di queste sfumature?
Rosa occhi di Shion. Occhi
stanchi. Occhi davvero così belli.
“Ora torna a casa, e riposa per
questa mattina.” Sussurra Shion, e poi scompare.
Prima di andarsene Saga si guarda
nuovamente intorno. Di giorno anche il luogo più sacro di tutto il Santuario,
anche il luogo più sacro della Terra perde la sua aura trascendentale e
somiglia un po’ a tutti gli angoli della montagna rocciosa. C’è l’erba verde, ci
sono gli alberi e le pietre. C’è il cielo che ora è azzurro.
Il cielo che anche quando è azzurro
è vuoto.
Azzurro solo per il sole.
Anche mentre ad Atene brilla il giorno, pensa, il resto dell’Universo deve essere Blu.
***
A
grande richiesta… ta-dan! Un aggiornamento rapido.
Insomma, prima che quella strana cosa che
è apparsa nel mio computer decida di spianare l’hard-disk. Tranquilli. Una
copia di Blu è al sicuro nella mia personalissima banca dati svizzera.
Ringraziamo
nell’ordine:
Il Sommo Pontefice Shion del Grande Regno
blablabla: È tutto rosa in onore della sua roseità, perché lei ha gli
occhi come un’alba che si dischiude sul mare di Atene, e in onore di Callas *C*
piccola cara *C* Comunque dovrebbero esser 51, i capitoli. Se non mi colpisce
un raptus di follia come quelli che di tanto in tanto mi costringono a
tagliare. Sentirà parlare di me ancora per molto, MUAHAHAH! *spuccia Callas*
Regina di Picche: E’ così garystuoso il povero Aiolos çOç? No, vedrai che
avrà il suo bel da fare. Insomma, d’accordo che Saga è un folle, ma anche lui
ha avuto la sua bella parte nel patatrac. Non faccia tanto il santerellino,
tutta luce e abnegazione. Io lo so come sono andate le cose èOé! E poi, sì,
ecco. Se studio non posso partire. Se non posso partire sono a casa. Se sono a
casa non resisto: accendo il computer, fingo di studiare, finisco per postare. Come
ora. Vedi, che i miei piani sono infallibili?
Rucci:
Lol, avevo capito che eri tu *O*! ti ringrazio per le cose che mi hai detto –
tutte quante -. Sul serio. È un ringraziamento diversamente ringrazioso degli
altri. Perché le tue parole mi rimarranno nel cuoricino *si commuove*. Ti adoro,
assieme a tutto il resto dei Gold Saint çOç
Baci
a tutti <3
|
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Capitolo 12 *** Ricostruzione ***
12. blu
Tutto per te, Rucci <3
12.
[Ricostruzione]
“Te lo ricordavi così?” Domanda
Aiolos.
“No.” Risponde Saga,
rimboccandosi le maniche. “Ne abbiamo di lavoro da fare.”
Quando questa mattina ha
intrapreso il cammino per le Dodici Case, Saga ha ripensato all’unica volta che
Kastor lo ha portato al Tempio di Gemini. Ha ripensato alla sacralità che ha
scoperto in quelle mura, alla loro antica forza, alla loro muta magia. Ha
ripensato a se stesso curioso e un po’ profano varcare cancelli oltre i quali
non gli era veramente concesso di guardare.
Alzando la testa verso la
scalinata ha immaginato di ripercorre gli stessi passi attraverso un mondo
sacro e silenzioso.
Ormai faccio parte di questo complesso.
Parte del Santuario, con addosso
la sua Armatura d’Oro. E gli cammina incontro. Parte di esso, a suo agio tra le
pareti. Saga non è più uno straniero, un visitatore curioso e profano. Ha tutto
il diritto di calpestare questo suolo, tutto il diritto di sentirsi a casa.
I Templi, bianchi e blu come il
giorno sulla città, sono disabitati da quasi due secoli. Saga è a conoscenza
che la sua investitura e quella di Aiolos sono le prime dopo tutto questo
tempo, e che con gli anni il Pontefice ripristinerà l’esercito di Santi. Ma ora
sono solo loro due. E l’Armatura della Bilancia, che si è preservata addosso al
suo legittimo proprietario da un’eternità.
I Templi, da fuori, sono tutti
bianchi e blu come il giorno sulla città. Ma dentro li invade la polvere.
Niente di mistico nella polvere.
Una volta, da bambino, ha pensato
che la polvere danzasse attorno a un raggio di sole, entrando nella Casa di
Gemini. Ora la vede per com’è. Consumatrice. Distruttiva. Sgretolante.
Aiolos si guarda intorno con la
bocca aperta, il buio dentro le case lo rimpicciolisce quasi.
“E’ tutto crollato!” Esclama.
“Già.”
“Dovremmo ricostruire ogni cosa.”
“Già,” Ripete Saga fissando i
pavimenti coperti di sporcizia.
“Tu hai idea di come si
costruisce un Tempio? Insomma – esistono progetti?
Possiamo fare quello che vogliamo? Da dove si parte?”
Saga si volta e ride. “Beh.
Partiamo con l’aprire le finestre, no?”
Tre mesi sono passati dal giorno
in cui hanno cominciato la loro ascesa verso il Tempio. La Casa dei Gemelli è quasi
ripulita del tutto.
Almeno, pensa Saga, non si
respira più la polvere.
Quel pomeriggio avevano rialzato
l’ultima colonna.
“Ti senti un po’ più a casa?”
Domanda a nessuno in particolare. Afferra una giacca ed esce all’aria fredda
della sera.
Da fuori, il panorama è sempre lo
stesso, eppure è un po’ diverso. E’ sempre lo stesso perché Atene è sempre la
stessa, la città nuova in basso con le sue luci e i suoi movimenti, l’Acropoli
taciturna, il Santuario. E’ un po’ diverso perché ora lo guarda da una
posizione più elevata e può scorgere una porzione più grande di mare.
Più lontana di mare.
Se Saga si volta verso le collina
può ammirare la striscia candida della scalinata che serpeggia per molti metri
inerpicandosi quasi fino alla sommità. Fino all’Altura delle Stelle e al Tempio
di Atena.
Le due persone più vicine ad Atena.
Al Pontefice.
In alto, quasi fino al cielo.
Ora è buio, e il passaggio è
confuso. Si sono spenti i Templi. E’ tutto freddo. Immobile nel modo in cui
questo luogo sa fermarsi da sempre sospeso nel tempo.
Saga rabbrividisce. Lo consola la
vista lontana dei puntini luminosi della città. Sono lampioni e macchine, e
negozi e ristoranti. I ristoranti sono ancora chiari. Chiari come il giorno.
Ma sono… così in basso.
Aiolos lo osserva, appoggiato a
una colonna. Per un attimo gli ricorda il bambino-statua che ha visto tanti
anni prima, una notte come questa, osservare il cielo dall’Arena. Era immobile
nel modo in cui le persone in questo luogo sanno fermarsi sospese nel tempo.
Sembrava coperto di cielo.
Intessuto di cielo.
Ora il suo sguardo è rivolto
verso il basso.
Aiolos non lo può vedere perché
gli dà la schiena. Ma è sicuro che sul viso abbia dipinto di nuovo quella
sottile tristezza. Così, si avvicina. Si siede accanto a lui.
Saga si volta a guardarlo. “Cosa
c’è?”
“Nulla.” Risponde Aiolos. E la
vede, per un attimo. La sottile tristezza scompare velocemente in un sorriso.
Ma non è abbastanza. La vede. L’ha vista, Aiolos. “Ultimamente sei sempre
immerso in te stesso. C’è qualcosa che non va?”
“No. Solo che… è strano osservare
le cose da qui. Siamo così in alto!”
“E’ vero.”
“Guarda la città. Come brilla. La
città vince la notte. Il buio è annientato. Mentre noi, che siamo così in alto,
non riusciamo nemmeno a riscaldarci.”
Aiolos pensa a cosa rispondere.
“E poi deve essere bello
passeggiare per le vie illuminate come tutte le altre persone.”
“Una sera di queste possiamo
anche andare, se vuoi.”
“No,” Sospira. “non lo voglio
veramente. Dobbiamo restare qui.”
“Non siamo mica in guerra, Saga!”
Aiolos gli passa una mano tra i
capelli di seta. Color notte. Sono così scuri e densi che le sue dita sono come
inghiottite e scompaiono tra di essi. Si incanta a guardare il suo profilo. Una
candida statua dai lineamenti perfetti, scolpiti nei millenni. Forse rimarrà
così per sempre. E’ come se per un istante non avesse vita, solo splendore. Come
se fosse stato depositato lì e non dovesse più alzarsi dai gradini.
La sua bellezza è spaventosa.
Perché sei così attratto dal basso?
“Saga… se ti fa male guardare,
distogli gli occhi.”
“Non mi fa –“ Tenta di
rispondere. Ma sa che non significherebbe nulla per nessuno dei due.
“Hai degli occhi davvero troppo
belli,” Dice.
Sorriso.
Non guardare nell’abisso, dice.
Il blu è terrificante allo
sguardo. Sembra una distesa infinita. Un’unica molecola di colore che contiene
in sé un’espansione inestinguibile.
Saga possiede ancora l’immobilità
della statua. A volte gli capita. In quei momenti è come se non fosse più un
essere umano, è come se non vivesse più.
La sua bellezza è indescrivibile,
e spaventosa.
Aiolos sa che non potrà mai
raggiungerlo in quella dimensione. La natura è stata generosa con lui. Gli ha
donato forza, gli ha donato intelligenza, gli ha donato una straordinaria
intensità nei colori. Gli ha donato uno sguardo penetrante colore della notte.
Eppure, quando si trasforma in
una statua, Saga scolpisce sempre la stessa espressione di sottile tristezza.
Gliela vede ogni giorno più spesso.
Aiolos vorrebbe disperatamente
raggiungerlo, prendere le sue mani e chiedergli: perché? Cosa ti succede?
Cosa ti ostini a guardare in basso?
Ma non sa se è la cosa giusta da
fare. Per cui lo lascia stare e si limita a guardarlo, a proteggerlo in questa
maniera un po’ contemplativa, come un custode che veglia sul suo museo.
Anche se allunga la mano e lo
tocca, anche se allunga la mano e lo scuote, sa che non potrà mai raggiungere
la profondità nei suoi occhi.
E’ intessuto di blu, e il blu
amplifica le distanze.
“Torniamo dentro.”
“Cosa?”
“Torniamo dentro. Per favore?”
Si alza lentamente Saga. Lo
raggiunge. Sul suo viso scorre di nuovo la vita.
E Aiolos può ora trascinarlo verso
l’alto.
***
Ma
siamo già al capitolo 12? Cielo. Sto perdendo la cognizione del tempo.
Scusatemi. Sono da fucilare. Sono stanca di non fare niente.
Parliamo
un secondo di questo capitolo, il precedente, quelli che seguiranno. Lo dico qui
perché è una cosa che dovrei dire a tutti. Insomma. Sappiamo perfettamente che
il sensei Kurumada non ha mai avuto le idee troppo chiare e che la sua versione
non torna *fischietta*. Ora, ci ho messo una pezza sulla questione dell’età.
Facciamo finta di niente, che vada bene coi fanciulli che a cinque anni
distruggono le montagne *fischietta*. Kuru ha lasciato molti buchi neri che
forse Voyager potrà colmare *parte il jingle*: “Dove ha passato la sua
esistenza Kanon prima di venire mazziato e rinchiuso da Saga a Cape Sounion?”;
“Che rapporto lega Saga ad Aiolos?”; “Cosa faceva Shion nelle sue giornate da
Gran Sacerdote e come cavolo hanno fatto tutti quanti a non accorgersi che Saga
aveva preso il suo posto? Sono solo inetti o Saga è un grande attore?”. Insomma,
tutti quesiti irrisolti. Quando vedete apparire Shion che porta Saga sulla Star
Hill, quando vedete Kastor e altri maestri random, quando vedrete arrivare
giovani reclute di Gold saints senza un preciso ordine, quando vedrete
comparire Kanon qua e là senza ragione… ebbene sappiate che… CHE STO ANDANDO A
CASO!
È
l’unica giustificazione che ho. Scusate XD. Se pensate che la mia versione sia
ancora più futuristica, o se sapete cose che noi umani non conosciamo, fatemelo
presente e rettificherò. Perché andare a caso non è mica facile, gente ù_ù
Special
thanks to:
Regina:
*C* non ti preoccupare. Anche per la questione della successione (?) ho
elaborato un piano del tutto casuale. Presto ogni tassello andrà al suo posto
(NB: presto = in tempi geologici)
Rucci:
Carah <3 Grazie di tutto cuore per quello che hai fatto pour moi! çOç ho
aggiornato per te! Perché sto provando molta invidia in questo momento e ti
auguro una fantastica vacanza *C* mangia moussaka! L’ho arbitrariamente eletta
piatto preferito di Milo.
Gem:
Ecco, sì, può darsi che tu abbia ragione. È ricominciato Voyager (perché lo
dico?). Non ho fatto riferimento a Lost Canvas. Può darsi che nel corso delle
generazioni la conoscenza sia andata perduta. Sinceramente, non so che pesci
pigliare ù_ù. Perdono. <3.
Fine.
Che angolino lungo. Al prossimo capitolo X*
|
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Capitolo 13 *** Schiena ***
blu 13.
Ok. Sono
viva. Non sto leggendo più niente perché fondamentalmente non ho più tempo per
leggere. Tutte le storie che stavo seguendo, purtroppo, mi sono sfuggite di
mano çOç. Mi dispiace tantissimo, spero di recuperare, prima o poi. Anche per
questo gli aggiornamenti saranno lenti, forse vedremo la fine di Blu in tempi,
come dire, escatologici. Il fatto è che oggi sono colpevolmente a casa per
qualche ora (in realtà dovrei fare altro, ma tant’è) e ne approfitto. Plus, è
il compleanno
di RUCCI <3. Me lo ricordo perché è
anche il giorno del PNT. Quindi tanti auguri, cara! Puoi considerarlo un regalo
striminzito, ma questo passa il convento.
13.
[Schiena]
Cosa prova guardando la sua
schiena allontanarsi.
Tira un sospiro di sollievo,
sembra dire – è finita.
Dentro, no.
Sollievo è la parola più
sbagliata per descriverlo. Se potesse scegliere un immagine per descrivere il
suo modo di sentire, ora, direbbe – deserto.
Perché è proprio questo.
Immenso paesaggio. Desolato.
Come viaggiare su una navicella
guidato dalle stelle e sorvolare un mare di dune di sabbia. Come precipitare in
un deserto in piena notte.
Che paesaggio si potrà vedere mai
nel deserto, in piena notte?
Sono tante notti che Saga dorme
solo. Non ne è affatto abituato e ogni rumore lo fa trasalire. Sa che è
assurdo. E’ una delle persone più sante e più potenti che camminino su questa
terra, non deve temere le minacce terrestri né le minacce del cielo. Eppure non
sa dormire solo.
Ricorda con gli occhi lucidi e la
testa sprofondata sotto le coperte quando da piccolo, nella sua vecchia casa,
divideva il letto con Kanon. Ricorda come era piacevole dormire accanto a lui,
che aveva un petto sempre così caldo. Anche allora aveva paura, come tutti i
bambini hanno paura del buio. Ricorda che le sere di mareggiata, col vento che
ululava fuori dalle loro finestre e il mare burrascoso, si stringeva a Kanon e
insieme tremavano senza dire una parola, e senza accendere la luce, fino ad
addormentarsi. Dolce dormire con lui. A volte gli infilava una mano tra i
capelli e gentilmente li districava. Capelli così simili ai suoi eppure un po’
più chiari. La sua piccola mano bianca sembrava quasi fosforescente.
Poi ha dormito nella stanza
accanto a Kastor per la maggior parte della sua vita. Non era come condividere
il letto con un gemello. All’inizio, si sentiva incredibilmente solo. Sentiva
sempre freddo. Poteva rigirarsi ad ogni lato del letto e non toccare nessuno.
Ma dall’altra parte del muro percepiva la presenza di Kastor che dormiva
tranquillo. A volte si avvicinava semplicemente alla parete per sentirlo
meglio. Altre notti, quelle più spaventose, si avvicinava alla porta per
controllare che fosse lì. Lo guardava di nascosto. Petto che si alzava e si
abbassava nel ritmo del sonno. Qualche secondo, poi scivolava sotto le sue
coperte con la sicurezza di non essere così solo.
Sono alcune notti che Saga prova
a dormire solo e non ci riesce. Il letto non è più tiepido. La sua casa sembra
sempre silenziosa.
Si alza e cammina a piedi nudi
attraverso i corridoi. La pietra è gelida al tocco. Non emette alcun rumore.
Guardandosi intorno ha
l’impressione che sarà per sempre così. Che per sempre sarà fredda, e muta, e
che non potrà mai sentirsi a casa fra le sue pareti e le sue sproporzionate
colonne. Non finché sarà costretto a passarci tutto questo tempo da solo.
Così, esce all’aria aperta. Esce
nella notte, nel blu, nei suoi elementi naturali a piedi nudi avvolto dal
lenzuolo, e se qualcuno lo vedesse ora, col naso rivolto all’insù, un po’ più
azzurro per questo suo scrutare le stelle, penserebbe che sia caduto sulla
Terra per caso e stia cercando una via per tornare indietro.
Troppo bello ed incantato il suo
sguardo.
Troppo guardare l’abisso.
Osserva la scalinata che si
innalza con un sorriso amaro. Un nastro bianco latte spento dal buio, anche lui
un po’ più azzurro. Guarda le case vuote che sono come tombe ai suoi occhi,
tutte morte e consumate tranne la sua,
così in alto.
Per un momento sorride.
Ma c’è un mare di scale tra di noi. Un deserto di scale.
Prova ancora quei sentimenti
esagerati. Il giorno in cui ha sorriso sicuro ed incurante vedendolo andare.
Quel giorno, dentro si è sentito un po’ come se fosse precipitato in mezzo al
deserto di notte, e forse Aiolos non l’ha mai capito.
Forse non lo capirà mai. Che non
può stare da solo. Non ne è abituato.
Non ne è capace.
Lo sveglia l’attendente con una
lettera tra le mani. Ha dormito davvero pochissimo. Per un istante si rigira
tra le lenzuola. Capelli che cadono ovunque come nuvole di notte. Faccia
stravolta.
“Cos’è?” Chiede con voce roca.
“Il Pontefice l’ha convocata
urgentemente nelle sue stanze, nobile Saga.”
“Certo.”
Mentre si sciacqua con cura il
viso stanco, Saga non ha idea del motivo per cui è stato richiamato dal Kyooko
così presto. Mentre si guarda allo specchio, mentre indossa l’Armatura, non si
immagina niente. E’ piuttosto sollevato che sia mattina. Cammina e continua ad
ignorare. Continua a non sapere a cosa lo stanno conducendo i suoi passi. E’
ancora una persona felice quando entra nella casa del Sagittario dove tutto
dorme. E’ ancora felice quando arriva al Tredicesimo Tempio, quando si avvicina
al trono, quando piega le ginocchia e la testa e si inchina di fronte al
Pontefice.
E’ ancora felice.
“Non piangere, Saga.”
“Mi dispiace, Signore…”
“Non piangere e basta. Sei un
Cavaliere e le lacrime non ti si addicono. Lo dici ai bambini che cominciano il
loro percorso, ma come puoi redarguirli, se sei il primo a piangere?”
Shion in questo momento sa di
mentire. Sa che sono le lacrime a mantenerlo umano, a mantenerli umani tutti
quanti.
Quello che Saga non ha ancora
scoperto è che la vita di un guerriero è piena di pianti. Ma vanno tenuti
nascosti e soffocati, sempre, assieme alla sofferenza interiore. Vanno taciuti
come se fossero fatti di vergogna. Vanno lasciati marcire dentro perché prima
di tutto viene il dovere. Non ha idea, Saga, di quante volte una solitudine
come quella di Shion abbia pianto segretamente nel cuscino.
Per cui in fondo lo lascia
sfogare.
“Vieni,”
Saga lo segue senza emettere un
fiato. Shion Lo conduce in una stanza illuminata dalla luce del giorno. Una
lunga camera vuota. Accanto alla parete, un semplice tavolo di marmo.
Sul tavolo di marmo, Kastor.
“L’hanno già ricomposto.” Dice
Shion con distacco.
Quante volte deve aver portato questa notizia, pensa Saga, per non provare più pena?
“Puoi restare con lui tutto il
tempo che ti serve.”
Saga non rimane solo con Kastor
molto a lungo. Si avvicina piano come se stesse ancora dormendo, ma non c’è
ritmo nel suo petto freddo. E’ tutto stranamente silenzioso.
Il corpo è ricoperto
dell’Armatura, ma attraverso il metallo Saga può vedere le ferite ripulite dal
sangue e i lividi blu. La sua pelle è rigida e pallida come un mantello.
Per un istante, rivede i volti
dei tre bambini che ha sepolto tanti anni prima.
Se fossi stato io? Al suo posto?
Non piange più. Non davanti a
Kastor. E’ l’ultima volta che lo vede, e non vuole ricordarselo coperto di
lacrime.
Vuole conservare l’immagine del
guerriero forte e invincibile che da bambino pensava di non poter mai superare.
Vuole conservare l’immagine dell’uomo che l’ha cresciuto per anni. Nella
disciplina, nello sforzo. Nell’affetto.
La cosa più vicina a una padre che ho mai –
Vuole ricordarselo bello e
imponente e severo.
Vuole ricordarselo per sempre
vivo. Non avvolto dai colori di morte.
Vuole ricordarselo…
Gli prende la mano gelida. Non
parla. Non potrà più parlare.
Qualsiasi sia il giorno scelto
dai funerali, non mischierò il mio grido di dolore con quello di tutti gli
altri.
E’ adesso, per me, che te ne vai.
“Addio,” Dice
allora.
Scende le scale con passo
pesante. Presto arriverà nella Casa del Sagittario, ma proseguirà dritto. Non
può far pesare il suo dolore a nessuno. Ha bisogno di un posto dove nascondersi
e piangere.
Si volta un ultimo istante verso
le porte candide del Tempio colpito dal sole.
Prova di nuovo quel senso di
perdita. E’come guardare la sua schiena allontanarsi.
Anche tu cammini nell’opposta direzione dandomi la schiena?
Saga si sente come se fosse
precipitato nel deserto in piena notte. E’ solo e può unicamente sentire i
rumori della natura selvaggia.
Nel deserto, di notte, oltre alle
stelle, non si distingue nulla.
***
Eccoci. La
notizia del giorno è che non sopravvivrò a questa sera. Tanto lo sapete tutti come
finisce questa storia, no? Vi ho voluto davvero bene…
Regina di Picche: cara. Sì, grazie. Mi raccomando, fammeli sempre presenti, i miei
errori. Mi fai un favore immenso. Spero non sia passato troppo tempo dall’ultimo
aggiornamento… grazie mille per le tue belle parole *cipollino gongolante*
Gem: La
febbre ti sarà passata da mesi a quest’ora XD o era la pork flu? Tutto bene i
due vecchiacci? E la figlia? Mi spiace molto di non aver neanche letto gli
ultimi capitoli delle te stupende fic
(Io supporto Gem!).
Al
prossimo capitolo X*
|
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Capitolo 14 *** Doppio ***
blu 14
14.
[Doppio]
Una spirale di acqua si avvolge
attorno ai suoi polsi.
Bianco e nero. Tutto quello che
vede.
La spirale si stringe tra i suoi
capelli.
Piange?
“E ora cosa senti?”
Kanon lo stringe con un braccio
saldamente attorcigliato alla sua vita. Gli sfiora il viso.
“Va meglio,” Dice. Sospira.
“Non è vero.”
Saga stira la schiena contro il
suo petto caldo. E’ tantissimo tempo che non rimangono così vicini. “Sì che è
vero. Ora ci sei tu.”
Kanon sorride. Gli passa una mano
tra i capelli gentilmente. Non se li ricordava tanto blu. Non si ricordava tutta
quella differenza tra di loro.
“Almeno apprezzi ancora la mia
compagnia!”
Saga trattiene il fiato per un
istante. E’ ancora distrutto. E’ ancora in pieno deserto e non ha capito da che
parte camminare per trovare la città. Avere Kanon così vicino, anche se solo
per pochissimo tempo, anche se solo per un contatto fugace, è come bagnarsi
finalmente nelle tiepide acque di un’oasi.
“Saga!” La voce arriva
dall’ingresso posteriore del Tempio, ed è calda e suona conosciuta tra le
colonne.
“Aiolos,” Mormora. “Kanon! Kanon,
muoviti!”
“Mm?” Kanon lo guarda stupito e
senza la minima voglia di alzarsi dal letto. Lascia appena andare la presa sui
suoi capelli che gli sfuggono dalle dita come fili di seta celeste.
“Oh, va bene. Stai qui. Ma appena
capisci che Aiolos viene da questa parte, nasconditi.”
“Mi nascondo dove?”
Saga alza le spalle. “Ovunque non
ti veda!”
Si alza ed esce dalla stanza così
com’è vestito, pronto per l’allenamento al quale non ha ancora preso parte.
Solo nella stanza. Buio. Fuori,
notte impenetrabile. Kanon arriva silenziosamente senza mai avvertire. Senza
rispettare un orario o gli onori di casa. Compare sulla soglia del Tempio e
Saga lo lascia entrare con il sorriso sulle labbra.
Ma non esiste un rito. Kanon non
è legato a niente.
A volte Saga si domanda questo.
Kanon non è legato a niente. Forse nemmeno a lui è legato? E’ libero di nuotare
ovunque nel mare.
Saga percorre la Casa vuota e fredda a grandi
passi. Comincia ad odiare la notte che lo priva di compagnia. Comincia a
desiderare sempre di più la mattina e la luce del giorno. E gli viene da
ridere. Luce del giorno. Per lui che è intessuto di buio.
Kanon è arrivato di nuovo in
punta di piedi una notte, senza avvertire. La scorsa notte. E’ entrato nel
Tempio senza chiedere il permesso a nessuno e non ha fatto rumore.
Ha avvertito una strana tensione
nello stomaco. Sono molti giorni, ormai, che ha cominciato a sentirla, e ancora
non ha capito di cosa si tratta. Ha l’impressione che siano le onde di un’enorme,
sconfinata tristezza che si propaga di qui.
Una richiesta di aiuto?
Forse Saga sta chiedendo
disperatamente aiuto a qualcuno. Ma non se n’è accorto.
“Sono venuto a vedere come stai.”
“Sto bene.”
“Ah, sì.” Dice Aiolos. “Oggi la
tua faccia ha ripreso più colore.”
Aiolos allunga una mano per
sfiorargli il viso, ma Saga lo ferma prima che possa raggiungerlo.
Non ora. Lui è lì che ci sta guardando.
Aiolos lo osserva con aria
interrogativa. “Che c’è?” Chiede.
“Niente. Lo vedi che siete tutti
troppo preoccupati per me?”
“Forse hai ragione.” Mente. Sul
suo volto è ancor parzialmente visibile l’ombra del deserto di notte. E’ come
se la sua faccia di luna sia leggermente adombrata, nascosta al sole. Aiolos
comincia a temere che il lato oscuro resterà lì sempre più spesso ad
incorniciare la sua faccia di luna celeste.
“Non mi offri la colazione?”
“Vieni.” Sorride.
La cucina è uno spazio molto
arioso ricavato nella zona abitabile del Tempio. Una grande finestra la
sovrasta, e da essa penetra una grande luminosità sui mobili chiari, sul
semplice tavolo di legno.
“Dunque oggi parti?” Domanda Saga
riempiendo d’acqua il bollitore.
“Già. Mi preoccupa abbandonarti.”
“Ma và. Per quanto starai
lontano, piuttosto?”
“Non più di una settimana,
immagino, anche se la situazione fosse più complicata del previsto.”
“Mm.”
La teiera fischia ancora
impercettibilmente. Saga si siede di fronte ad Aiolos. Lo guarda in silenzio
mentre gioca con un’arancia. Guarda le sue mani, le sue dita già screpolate
dalla fatica, color ambra baciate di sole, togliere la buccia all’arancia e
profumare la stanza. E per un istante, vorrebbe chinarsi a sfiorarle. Vorrebbe
poterle prendere tra le sue e portarsele al viso e annusare l’odore così
familiare.
Aiolos capirebbe.
Quelle dita colorate dal sole
sarebbero calde contro il suo viso.
Eppure domani potrebbero farsi
bianche come le sue. Potrebbero farsi bianche come il mantello di un Santo e
incrostate di sangue e coperte di lividi. Potrebbero spezzarsi nella battaglia.
Potrebbero essere morte.
Distoglie gli occhi in un secondo
come se fosse stato abbagliato.
Aiolos lo fissa senza capire.
E se domani non ritorna?
Kanon arriva di nuovo in punta di
piedi. E’ entrato ieri notte senza chiedere il permesso a nessuno ed ha
attraversato le stanze del Tempio nel silenzio più assoluto.
Non per sorpresa, non per
premura.
Una strana tensione cattura i
suoi sensi appena varca la soglia, ed è come se quell’empatia che da giorni lo
fa star male si amplificasse a dismisura.
Kanon vuole vedere. Vuole capire
cosa sta succedendo. E allora deve nascondersi. Non fiata nemmeno quando gli si
avvicina. Si farà vedere domani mattina. Per il momento lo guarda.
Piegato sul letto.
Avvolto nel lenzuolo, i capelli
che non sono mai stati così scuri e densi – sembra una creatura celeste. Seduto
sul letto. Schiena inarcata. Mani sul viso. Mani e braccia così bianche, in
tutta l’oscurità che lo circonda, da sembrare quasi fosforescenti.
Voce che a Kanon sembra arrivare
da distanze siderali. E che non riconosce.
“Lo lasci andare.” Sussurra.
“Hai sbagliato.” Sussurra.
“E se non torna nemmeno lui?” Sussurra.
Kanon non può che assistere
ammutolito. Non ha mai visto nulla del genere e non sa se sia giusto
avvicinarsi, e svegliarlo da quello che sembra solo un lungo monologo nel sonno.
“Perché sei così –“
Debole. Pensa Kanon. Sei così debole. Così a fondo sei stato ferito?
“No. Zitto.” Dice. “Sparisci. Non
parlarmi così mai più.”
Ora solleva le mani dagli occhi,
bocca socchiusa. Faccia che ritorna un po’ più umana e viva.
Kanon lo guarda con la bocca
spalancata. Non sa spiegarsi quello che ha visto.
Quando Saga riprende possesso di
sé, si guarda le mani bagnate di lacrime.
E non capisce, non ricorda di
aver pianto.
***
[Commento di Febbraio]: Questo capitolo è stato il più difficile da scrivere
fin’ora, un po’ perché sono veramente stanca di stare in casa, un po’ perché la
Ila mi importunava, un po’ perché le
mie articolazioni mi facevano il solletico. E non ridete! E’ una cosa
tremendamente fastidiosa che non auguro a nessuno ;O; non si riesce a scrivere
col polso che è tutto solleticoso…
No, non mi piace. Ma non mi metto certo a riscriverlo
ù.ù. Ringraziate i Tool per quel minimo di decenza
che ha
conservato. Cioè. Scrivere i monologhi di un pazzo non è
mica roba da niente
éOé.
[Commento
di Novembre]: °C° OMMIODDIO è una vita che non aggiorno.
Tutte le volte mi dico: un capitolo a settimana, Martina, un capitolo a
settimana. Non ce la faccio MAI. E non so nemmeno perché. Beh,
ecco il tredicesimo. Siamo quasi alla fine della prima parte di Blu. E
dopo viene il bello *C*!
Come al solito la regia ringrazia Regina di Picche
per la sua pazienza, la sua costanza, la sua gentilezza eccetera. E
anche tutti i lettori. Sappiate che la finirò, prima o poi.
Forse ci metterò un anno, ma la finirò. Cioé,
è finita. Tutto sta a torovare il tempo di postare...
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Capitolo 15 *** Navi ***
blu 15
15.
[Navi]
Candide come gigli le vele si
stagliano sull’orizzonte e sul mare. Saga aspetta davanti al vecchio porto, gli
occhi un po’ persi nel sole e nella luce della giornata.
Si sente come un ragazzo dei
tempi antichi, quando le persone tornavano a casa da lunghi viaggi a bordo
delle navi. Una vena di nostalgia lo avvince, e ripensa agli eroi delle
leggende, ai valorosi guerrieri che il mare che vede hanno solcato nell’epoca
del mito, e si augura lo stesso destino. Di gloria. Di passione. Di morte, se deve
essere, ma nella gloria e nella passione.
Pensa a questo, il nobile Saga,
aspettando una nave moderna come se fosse un vascello di legno. L’idea è così
romantica che si lascia cullare sotto il sole caldo del pomeriggio e si concede
un sorriso.
Rimanere così per sempre…
In fondo, Aiolos è tornato. Gli
viene da ridere solo a pensarci. Come ha potuto per un istante dubitare della
sua forza? Aiolos è tornato coperto della sua lucente Armatura, sul suo corpo
nemmeno uno sfregio. E’ come se fosse tornato vittorioso sopra una delle
antiche galere, sovrano di questo pezzo di terra.
Questo non dovrà mai saperlo.
La preoccupazione. La paura.
L’idealizzazione.
Sono cose che Saga non gli
racconterà mai, e che non ama raccontare nemmeno a se stesso.
Ma oggi c’è il sole, e il clima è
tiepido. Atene è calda e accogliente, e molta gente va e viene attraverso le
strade del Pireo.
Saga ricorda il giorno in cui è
arrivato, anche lui a bordo di una nave, ed è scappato al porto appena il
Maestro si è distratto. Ricorda le sue sensazioni di stupore, il senso di
perdita in una città così immensa, per lui che era piccolo e insignificante,
ricorda lo sguardo fiero e la sicurezza che aveva di diventare grande.
Ora è un Cavaliere, un Santo
d’Oro. Ora sovrasta la città.
Ora le sue sensazioni sono tutte
diverse. Non si incanta più davanti alla vastità del mare o davanti alla cassa
di arance del fruttivendolo. Ora che il suo sguardo si è fatto più profondo e
ha conosciuto tante cose della vita umana, tanta felicità, tanta sofferenza,
vede le navi. Le navi non sono il peschereccio di suo padre. Sono cariche d’oro
e di soldati che salpano per la guerra, e a prua, stagliata contro l’orizzonte,
la sagoma contro luce dei più valorosi eroi che mai abbiano combattuto per
questo mondo. Sono quelle navi che anche se affondano per colpa dei Venti, o
dell’ira di un dio, verranno cantate per secoli, per millenni, dalla poesia e
dalle leggende.
Su una di queste navi voglio imbarcarmi.
Il bambino che scende correndo è
così biondo che sembra abbia un sole sulla testa. Aiolos lo ha indicato col
dito prima ancora che saltasse dai gradini della nave sulla passerella,
sfuggendo alla presa dell’attendente che lo sorvegliava.
“Guardalo.” Dice con un sorriso.
“E’ così piccolo.”
“Ma dove sta andando?”
Aiolos sembra divertito e lo
rincorre per qualche minuto, seguendo la sua chioma dorata attraverso le
bancarelle e la gente che transita.
“Fermati.” Dice alla fine,
afferrandolo per la casacca.
Lui si gira.
“Ehi, tu. Fermati. Sei il nuovo
apprendista?”
“Sì!” Sorride. Le sue guance sono
punteggiate di lentiggini.
Non solo capelli di sole, ma
anche occhi chiari come il mare. Un bambino che sembra nato da una conchiglia,
pensa Aiolos.
“Come ti chiami?”
“Milo. E tu?”
“Io sono Aiolos.”
“Il nobile Aiolos.” Lo corregge
l’attendente raggiungendoli con un inchino. “Nobile Aiolos, mi perdoni. E’
sfuggito in un istante.”
“Certo, è una scheggia!”
Milo ride. Aiolos allunga una
mano verso la sua testolina e gli accarezza i capelli.
“E lui,” Dice. “è Saga. Il nobile
Saga.”
“Uao. Dovete essere forti!”
A Saga, l’entusiasmo del piccolo
Milo fa sorridere. Un po’ perché è così giovane, e ancora non sa niente, non sa
cosa sia la vita al Santuario, nel bene e nel male. Un po’ perché è così biondo
e luminoso e gli ricorda davvero Aiolos nel pomeriggio di fine estate di molti
anni fa in cui l’ha conosciuto. Seduto su un ramo, faccia sorridente, capelli
d’ambra e occhi di prato. Saga ricorda le loro prime parole con una certa
dolcezza. Tu sei forte! gli aveva
detto.
Tu sei forte.
Sette anni fa…
Sette anni sono già passati. E oggi
giunge al Tempio una nuova generazione di futuri Santi.
Ora lo guarda con gli occhi
incantati, e Milo lo nota. Lo guarda con gli occhi di uno che ammira un
miracolo, e si sente per questo meno solo. Si è stretto per anni ad Aiolos,
l’unico come lui a non essere un bambino comune, a possedere un Cosmo
inestinguibile, dentro.
Milo, biondo, marino, la
reincarnazione di una stella.
Una nave arriva e un’altra
riparte. Dalla vetta del Santuario si vede tutta Atene, e si scoprono i suoi
movimenti segreti. Le tensioni che la animano e la rendono viva. Il Tempio,
invece, è qualcosa di non vivo e dimenticato lì per i secoli e i secoli nella
sua unicità. E’ come una bolla nello spazio e nel tempo che non si lascia
afferrare da chi non è degno.
Mentre percorrono la salita verso
le stanze del Gran Sacerdote Aiolos spiega tutto questo a Milo, che guarda
incredulo, spalancando i suoi occhi curiosi e ponendo mille domande. Gli spiega
cosa stanno facendo tutte le persone nell’Arena e tutti i bambini che si
allenano. Gli racconta del Cosmo, l’ultima scintilla interiore di un’antica
materia stellare di cui tutti eravamo composti prima dell’esplosione
universale, di come dimori in ogni persona, ma solo in pochi sono in grado di
risvegliarla, pochissimi portarla al limite.
“Il Settimo Senso,” Dice Aiolos.
Milo lo fissa a bocca aperta.
“Aiolos. Forse corri troppo. Non
credo che capisca. Hai capito qualcosa?”
“No.” Milo scuote la testa. “Però
sembra fantastico!”
“Sì, all’inizio sì.”
Lo accompagnano lungo la sua
prima scalata. Ora varcherà i corridoi dei Dodici Templi e sentirà quel
fremito, e forse comincerà a sospettare qualche verità nel discorso di Aiolos.
Varcherà le porte di tutte le dimore delle costellazioni, compresa quella che
un giorno gli apparterrà. Passerà oltre incosciente, forse avvertendo come un
lieve fruscio dalle stanze interne, forse presentendo l’Armatura che si scuote
da un sonno durato secoli.
E alla fine giungerà davanti al
Pontefice.
Una notte passata con Shion sulla
Collina delle Stelle, Saga ha scorto sulla volta celeste i segni del
cambiamento. E’ stato molto fiero di sé.
“I tempi sono ormai maturi. Si
avvicina la chiusura. Tu hai imparato tutto quello che dovevo insegnarti.”
“Cosa significa questa
congiunzione astrale, sommo Pontefice?”
“Significa che sono scese. Le
stelle sono finalmente pronte. Guarda bene. Ora tutte le dodici costellazioni
dell’orbita solare sono vive e parlano chiaro a chi le sa ascoltare. Li ho
trovati tutti, Saga. Entro breve li porterò al Santuario e li affiderò ai
migliori guerrieri di cui dispongo perché siano addestrati nel migliore dei
modi. E allora sarà compiuto…”
Il mio percorso.
Sta davvero morendo?
Una stella si spegne e una nuova
nasce.
Com’è piccolo l’universo, pensa
Saga. Certe notti sembra possedere un volto umano e fragile. A volte è come se cielo
e terra fossero intessuti di molteplici simmetrie. Come sotto, così sopra.
Com’è fragile l’universo…
Milo li segue e continua a
parlare. E’ davvero un fiume in piena, è il mare che gioca sulla riva con le
onde e non smette mai un momento di risuonare nella risacca. Gli hanno detto di
stare zitto e guardarsi intorno, studiare ogni pietra e ogni angolo del Tempio.
“Sarà la tua casa per poco. Oggi
sapremo dove verrai inviato per ricevere l’addestramento, e partirai entro la
fine della settimana.”
“Partirò per dove?”
“Questo ce lo comunicherà il
Pontefice.”
“Chi è il Pontefice?”
“Milo…”
“E’ forte il Pontefice?”
Saga non risponde. Sta cercando
di vedere con gli occhi di quel bambino, perché deve essere una visuale davvero
splendida sulla candida Atene.
“Certo che è forte!” Dice Aiolos.
“Più forte di voi?”
“Più forte di tutti.”
Un tempo lo era, pensa amaramente Saga. Ma non apre la bocca.
“Non ci credo.” Milo non ci può
credere. Non può credere che esistano due persone più forti e più belle dei due
cavalieri che l’hanno aspettato al porto. Ai suoi occhi sono giovani ed
imponenti, e la loro aura lo acceca. Vestono una lucente Armatura d’Oro e sulle
spalle portano un mantello bianco come un giglio. Sono gli eroi delle antiche
storie e dei miti della sua terra raccontati la sera attraverso canti vecchi di
millenni, e come quei versi, loro si portano la magia dentro. Sono gli eroi dei
tempi passati, che soffrono e si rialzano e si amano e si prendono per mano.
Milo li vede così. Vede quella
complicità negli occhi, quella comprensione che possiedono solo le persone che
si conoscono profondamente l’una con l’altra. Vede quella leggerezza sventolare
col loro mantello bianco come un giglio, e spera un giorno di poter diventare
forte e bello e amato come loro.
***
Evvai,
ho aggiornato prima di Natale! Come sono pigra…
A me
questo capitolo piace. Mi è piaciuto scriverlo, e credo che mi piacerebbe
leggerlo. È più denso di tutti gli altri per quanto riguarda le parole e
comincia a tessere un filo, un sottile filo blu-nostalgia tra Milo, Saga e
Shion. Attenti a questi tre!
Ringraziamo
di nuovo Regina di Picche per il
sostegno, nonostante io sia semplicemente pigra
e svogliata. Evidentemente tu non lo sei, non so come fai a trovare sempre
il tempo e la voglia di recensire <3
Auguri a
tuttih X* !
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Capitolo 16 *** Affetto ***
blu 16
16.
[Affetto]
In questo momento Saga capisce la
maestà e l’oro che per sempre brillerà addosso ad Aiolos.
Un colore così perfetto per lui.
Non se lo scrollerà mai di dosso.
È stata solo una consapevolezza fugace, intravista nelle pieghe del movimento e
nel suono della sua voce. È stato solo un lampo. Un abbaglio. Per anni
dimentica la sconcertante consapevolezza della sua santità. Per anni dimentica, per anni non riesce più a vederla
così chiara.
Forse un giorno quest’immagine
tornerà a brillare, illuminandolo nell’angolo dove si rifugia, pulendo il suo
viso per un istante dalla patina di blu.
In questo momento Saga scende
alla rupe dietro al Santuario con una certa curiosità. Indossa la Sacra Armatura camminando per
il terreno del Tempio, e il suo passo è maestoso, e ampio. Il mantello gli
cinge le spalle ricamato dei suoi capelli blu notte. Somiglia a un gigante, un
dio disceso sulla terra con il viso di una statua. Sembra fatto di pietra sotto
il sole, e chiunque lo veda, potrebbe notare i colori del suo contrasto.
Ora che il Pontefice è una stella
in procinto di eclissarsi lui sa, tutti sanno, che Saga sa brillare di una luce
più forte di chiunque altro.
Ma non è luce lunare quella che ti investe pallida?
Non appena fatto ritorno in
Grecia dopo mesi, gli viene comunicato che ad Aiolos è stato affidato un
allievo. E che questo allievo è suo fratello. Aiolia.
Saga nemmeno sapeva che Aiolos
avesse un fratello minore, ed è davvero molto curioso di conoscerlo. La prima
cosa che fa dopo il rapporto al Pontefice è raggiungerlo dietro la scogliera
per andare a studiare il ragazzino. Attraversa il Santuario in un istante
conscio degli sguardi che lo seguono ad ogni suo passo. È come se dentro
sentisse un fremito di eccitazione.
Chissà come sarà il bambino, pensa.
O forse sta aspettando di vedere
qualcun altro.
È un mattino soleggiato, e
l’Armatura splende più del solito e sembra ingigantirlo. Aiolia vede una figura
imponente rivestita di luce avvicinarsi dal sentiero interno e per un istante
sospende l’allenamento. Suo fratello sorride, capendo.
Ha avvertito il suo Cosmo.
Stamattina, quando è giunto al Pireo approdando su una nave che per un solo
viaggio è ritornata ad essere una nave del mito, Saga ha espanso il suo Cosmo
solo per lui. Per manifestare la sua rinnovata presenza in Grecia, così si è
detto, ma mentre chiudeva gli occhi e concentrava la sua scintilla interiore in
modo da bruciare come una stella in combustione, a uno solo pensava. A lui. Chiedendosi come fossero stati quei
tre mesi di assenza, cosa fosse successo al Santuario.
E lui, lui, svegliato da una percezione familiare, ha sorriso.
Aiolia non ha mai visto Saga di
persona, ne ha solo sentito parlare. È giunto ad Atene da poche settimane e
subito è stato messo nelle mani di quel fratello mai conosciuto prima. Anche
Aiolos non aveva mai visto, ne aveva solo sentito parlare.
Il bambino lo vede arrivare,
alto, scintillante, con quell’espressione distesa eppure solenne e quella forza
e bellezza che solo lui possiede, un po’ lunare e misteriosa, e capisce le parole
di Aiolos, quando gli parla di lui con una strana scintilla negli occhi. Saga è
meraviglioso da togliere il fiato e attorno a lui si manifesta come un’aura.
“Aiolia,” Dice Aiolos. “il
giovane che sta arrivando è il nobile Saga.”
“Nobile Saga,” Risponde con un
inchino.
“Ciao Aiolia.”
Aiolia è un po’ spiazzato da
tutta questa familiarità. Alza la testa di riccioli biondi e lo fissa con la
bocca aperta, due labbra piene dalla curva perfetta. Quando mostra il viso,
Saga è colpito.
Così uguale a lui, pensa, ricordando il bambino che nove anni prima
ha conosciuto sdraiato sull’erba di un prato poco distante.
Così splendidamente uguale a lui, pensa. Per ora.
“Mio fratello mi ha parlato molto
di lei in questi giorni.”
“Ah sì? E cosa ti ha detto?”
Il vento muove appena i loro
corti capelli. Quelli di Saga invece sono animati da una breve danza e
transitano come nuvole di notte. Aiolia stenta a crederci, e dietro di lui,
senza che lo sappia, anche suo fratello si stupisce. Non dovrebbe, lo sa,
perché ha visto quei capelli almeno un milione di volte arruffati dal vento o
dalla battaglia ricadere in ondate di cielo. Ha passato la mano troppe volte
nella loro serica volubilità per stupirsi di come il loro colore inghiotta
tutto ciò su cui si posano.
“Ha detto che lei è il più
luminoso tra i Santi!”
“Ha detto proprio così?”
“Sì! E ha detto che è il
guerriero più forte del Santuario, uno che cammina così vicino al cielo da non
calpestare la terra, ma che se volesse potrebbe frantumare una montagna senza nemmeno
sfiorarla col pungo!”
“Sì?”
“Sì.” Annuisce Aiolia convinto.
Nei suoi occhi c’è una grande ammirazione per la figura che lo sovrasta con la
propria ombra, e dietro di lui, senza che lo sappia, anche suo fratello
sorride. È un sorriso imbarazzato che gli colora per un istante le guance di
rosso intenso, ma è estremamente piacevole. Forse perché sono tre mesi che non
lo vede e in quel lasso di tempo gli pare che non sia successo nulla –
nonostante l’arrivo al Tempio di quattro bambini d’Oro, nonostante la scoperta
di avere un fratello e l’allenamento di lui affidatogli dal Kyooko in persona.
Forse perché Saga si staglia sempre come una figura angelica, quasi divina, e
non c’è nessuno al mondo che regga il confronto di tanto splendore.
Cammini così vicino al cielo che quando mi passi accanto mi sembra che
non calpesti la terra.
Cammini così vicino al cielo che
diventi sempre un po’ più
Blu.
Sorride Saga per le parole di
Aiolia. Gli accarezza la testa con il palmo della mano prima di voltarsi e
lasciarli agli allenamenti. Ha visto la fiducia e l’ammirazione negli occhi del
bambino. E in quelli del maestro, anche.
“Non sapevo avessi un fratello.”
“Nemmeno io, a dir la verità.”
Parlano piano per non svegliare
il piccolo Aiolia che si è appena addormentato con la faccia sul tavolo. Aiolos
guarda amorevolmente i suoi riccioli biondi e le piccole braccia incrociate per
sostenere la testa contro il legno. Braccia che ha appena curato, e che dopo
tre sole settimane sono già completamente ricoperte di lividi. Braccia di un
bambino di quasi cinque anni già distrutte dalla fatica.
A Saga, la presenza di Aiolia fa
pensare. Credeva che anche Aiolos fosse orfano. Credeva fosse stato abbandonato
come lui, credeva che per tutti questi anni avessero condiviso una penosa
solitudine confortandosi l’uno con l’altro. Ma forse non è così. Forse Aiolos
sapeva di avere una famiglia, da qualche parte in un villaggio nell’entroterra
dell’Egeo, forse Aiolos pensava a loro prima degli scontri o prima di
addormentarsi, con la speranza di poterli andare a cercare il giorno che il suo
compito fosse esaurito.
E questo gli fa male. Credeva
fosse solo come lui. Credeva che avrebbe avuto solo lui come sostegno. Credeva
che si sarebbero bastati per sempre.
Credevo che condividessi con me la stessa solitudine.
Ma ora vedo che hai dell’altro da
amare. Ritorno col sorriso e ti accarezzo nel sonno con il mio calore, ma tu
stai dormendo abbracciato ad altri pensieri.
“Saga…” Aiolos si accorge della
nuvola che adombra il suo viso, quella sottile tristezza che di tanto in tanto
indurisce i suoi lineamenti rendendolo simile a una statua priva di vita.
“Tutto bene?”
“No, è che pensavo – vive con
te?”
“Sì,” Dice prendendolo in braccio
delicatamente per portarlo a letto. “perché tu non vivevi con Kastor?”
“Ma questo è un Tempio sacro in
cui solo i Cavalieri d’Oro possono dimorare!”
Aiolos lo deposita sul materasso
e gli sistema le coperte. Saga è colpito dalla semplicità di questi pochi
gesti. È colpito dalla felicità sul suo viso. Colpito al fianco.
“Ed è quello che lui sarà tra
pochi anni. Il Cavaliere di Leo, indomito, coraggioso, fiero e possente come un
leone, come un vero re. Nel frattempo dove vuoi che vada?”
C’è oscurità nella stanza. Le
finestre sono serrate e fuori la notte si chiude nel più impenetrabile degli
scrigni. Aiolos è come smorzato dal buio, mentre Saga sembra risplendere quasi
fosforescente con la sua pelle candida.
O forse è la sua superiorità ad ogni essere umano, pensa Aiolos.
“Non ti piace che stia qui?”
Domanda.
“No, figurati. È tuo fratello.”
Parlano sottovoce per non
svegliare il bambino dormiente. Entrambi ricordano i sogni di quell’età, e
sanno quanto sono splendidi, adornati d’oro e di gloria. Ma Aiolos gli si
avvicina e tende lo sguardo a catturare ogni sua emozione. Inutile, nella penombra.
Il viso di Saga non lo tradisce di notte. Non potrebbe, lui che di notte è
intessuto.
“Saga,” Ripete. “Tutto bene?”
“Sì. Non continuare a
chiedermelo.”
“Cosa mi devi dire?”
Abbassa lo sguardo su un
pavimento che potrebbe essere un buco nero. Aiolos è abbastanza vicino da
sfiorarlo, se stendesse il braccio. Vorrebbe davvero parlare, ma non se la
sente. Non se la sente di condividere anche questo segreto pensiero, ora che da
lui si sente tradito. Da lui.
“Ti sei già affezionato?”
“Da morire!” Sorride. “E’ un
guerriero promettente. E poi lo vedi anche tu. È bello come il sole.”
Bello e così splendidamente uguale a te, davvero.
Esce che è piena notte con un
enorme peso sul petto, Saga di Gemini, e deve discendere infinite scale. Di
tanto in tanto lancia uno sguardo alla città nuova che è ancora sveglia di luci
e moto artificiale, e si sente un po’ meno solo.
Ma Atene dalle candide colonne è muta
in quest’ora tarda. Le case, come i templi, si sono spenti all’ora stabilita.
Cammina verso il suo Tempio che è
freddo e silenzioso. Come lui ora.
Un colore
Così solo,
Il tuo.
***
Hello!
Ho debellato il vairus. Ho vinto molte battaglie in questi giorni *^*!
Per una volta, posso considerarmi giustificata per il colossale
ritardo...
Non è vero. Nuovo capitolo, comunque. Non perdete il prossimo *spoielera inutilmente*! La svolta si appropinqua.
A
proposito del prossimo capitolo, ho una comunicazione di servizio da
fare. Sappiate che io tra una settimana me ne vado in Polandia e torno
tra molto, molto tempo. Ora, il fatto che nella mia futura dimora ci
sia una connessione internet mi rincuora. Il fatto che non funzioni mai
niente un po' meno. Non credo dovrebbero esserci problemi di questo
genere. Il problema sono io. Insomma, se l'autrice muore...
sepolta da una montagna di neve... sotto un ponte... mi sto
autoconvincendo che RIUSCIRO' A POSTARE IL CAPITOLO DICIASSETTE (CHE
TUTTI STAVATE ASPETTANDO) ENTRO VENERDI'!!! *risate registrate*. Vi
fornirò le istruzioni per recuperare i restanti trentaquattro capitoli o me stessa. Potete seguire le mie appassionanti avventure su twitter... un giorno vi darò l'indirizzo. Ringrazio come al solito Regina di Picche!!! Con tutto il mio <3
E poi: odio la neve èWé.
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Capitolo 17 *** Bacio ***
blu 17
17.
[Bacio]
“Adesso ascoltami.”
Saga si ferma nell’atrio. “Cosa
vuoi?”
“Mi stai evitando.”
“Non è vero.”
“E allora perché parti di nuovo?”
Saga è stato lontano dalla Grecia
per un mese con un peso sul cuore. Non c’è stato giorno in cui non abbia
pensato ad Aiolos, non un giorno in cui non abbia avvertito sensi di colpa. Per
essersi sentito tradito, per essersene andato senza concedergli il tempo di
spiegare nulla.
Oggi ritorna, il sole gli batte
sulle spalle d’oro e sul mantello bianco come un giglio, e sa che lui lo sta aspettando sulla soglia. Non
è pronto. Non è pronto.
Non sono pronto.
Ho distrutto un’intera città,
ieri.
Ho raso al suolo il terreno
montagnoso, ieri.
Ho sparso sangue e morte e
giustizia, e sono stato guardato per questo come un santo.
Eppure non sono pronto.
Oggi non sono pronto a vederti.
Aiolos aveva ragione. Lo stava
evitando. Non riusciva a comportarsi altrimenti, anche se avrebbe voluto
stargli vicino il più a lungo possibile. Temeva di perderlo con la sua
distanza. E nonostante questo, aveva preso la decisione di andarsene.
Si era arrabbiato, quella sera il
Cavaliere del Sagittario. Aveva intuito tutto. Aveva capito la profondità del
silenzio che si era frapposto tra di loro. Saga indossava una maschera di
pietra, e cercava di non mostrare nulla.
“Perché ti comporti così?” Ha
chiesto.
“Così come?”
“Mi stai evitando.”
“Non è vero.” Saga ha risposto
laconico. Ad Aiolos faceva male. Sembrava farsi scivolare la sua voce addosso
come fosse acqua corrente, come una nuvola sulla superficie della luna.
“Allora perché parti di nuovo?”
“Il Gran Sacerdote me l’ha
ordinato.”
“Certo!” Ride. “Te l’ha ordinato
il Kyooko. Dopo averti lasciato riposare appena poche settimane!”
“Aiolos, non parlare così.”
Aiolos abbassa la voce. “Cos’è
successo?” Chiede. “Cosa ci è successo? Per noi che siamo cresciuti insieme in
questo deserto… ora che arrivano i nuovi bambini d’Oro, ora che insieme potremo
crescerli e trasformarli nei guerrieri più forti al mondo, ora perché tu parti
di nuovo?”
Non era pronto come non lo è
oggi. Come forse non sarà mai. Non ha avuto il coraggio di guardarlo negli
occhi.
Aiolos ha degli occhi davvero troppo belli…
Aiolos gli ha parlato con foga,
l’ha pregato di restare, di spiegarsi. Ha stretto il suo braccio con la mano,
serrando la presa così forte da fargli male, ma Saga non era pronto, non lo era
allora come non lo è oggi, come forse non sarà mai.
Prima o poi, lo sa, bisogna
affrontare i propri demoni interiori.
“Sei tornato!” Grida dalla
sommità della collinetta. “Non ero stato avvisato!”
Aiolos sorride, correndo come un
bambino giù dal prato, capelli sugli occhi, stremato dal calore del giorno e
dalla fatica degli allenamenti. È quasi il tramonto, per cui si volta verso
Aiolia che trotterella dietro di lui.
“Puoi andare per oggi,” Dice.
Aiolia sembra molto sollevato.
“Ma non abbiamo ancora finito…”
“Oggi sì, piccolo. Solo per oggi
puoi andare.”
Non insiste a lungo. “D’accordo
fratello. Nobile Saga,” Si inchina. “siamo tutti felici di rivedervi a casa.”
A casa.
“Grazie Aiolia.”
Il piccolo Aiolia dai capelli
biondi e il passo deciso, così stupendamente uguale a lui, si allontana verso il complesso architettonico. C’è un altro
bambino che lo attende da un po’ di tempo appoggiato ad una roccia. Ha lunghi
capelli del colore della lavanda, e occhi verde chiaro. Saga lo nota. Stessa
forma del viso e carnagione. Stessa fisionomia. Stessa antica saggezza nello
sguardo.
“E’ l’allievo del Sommo
Sacerdote?”
“Già.” Risponde. “E’ arrivato
poco dopo la tua partenza. È un bambino spaventoso!”
“Sì?”
“Può… può sollevare massi col
pensiero. Può spostarsi da un luogo all’altro col pensiero. Può leggere nella
mente.”
“E’ una prerogativa della sua
gente.”
Aiolos annuisce. “Andiamo?”
“Dove?”
“Camminiamo un po’. Mi devi
raccontare un sacco di cose!”
No, non posso.
Non sono pronto. Non sono pronto, non sono pronto.
Saga parla senza accorgersi che
Aiolos si è fermato alcuni passi prima di lui. Quando si volta il suo peso gli
piomba addosso e lo trascina a terra, ridendo come un bambino.
Strano, ha appena il tempo di pensare, io ero steso su questo stesso prato una sera di tanti anni fa sul
finire dell’estate, e lui è venuto da me.
È ancora qui, ha appena il tempo di pensare.
Tocca terra con la schiena, erba
verde che profuma di vecchi ricordi a lungo ignorati. Quando alza il viso e
Aiolos abbassa lievemente il suo le loro labbra si incontrano. Non è un attimo
come si è sempre immaginato. Ma per un solo istante è come se tutto attorno si
fermasse ed entrambi avessero unicamente la consapevolezza dei propri corpi
incastrati. Inclina la testa, Saga. Lo lascia fare. Non importa davvero se non
è pronto, se forse non lo sarà mai.
Spalla contro spalla, Saga guarda
divertito come la sera che cala sul Atene colori di due tinte diverse la loro
pelle. Pallida e abbronzata, chiara e scura. Luna e Terra. Così diverse, pensa
divertito. Eppure così belle insieme.
Aiolos si muove, sente il
frusciare dell’erba. Saga non lo sta guardando. Sdraiato sul prato freddo fissa
il cielo, il cielo che ha studiato un milione di volte in cima alla Collina
delle Stelle, e che non gli ha mai rivelato la parte migliore del suo futuro.
Non vede niente in questo momento. Anche se i suoi occhi, crateri blu notte
sulla sua faccia di luna rilassata, guardano in alto con insistenza, non vede
niente. C’è solo quello che sente dentro. C’è solo la mano di Aiolos che
stringe la sua, che lo trattiene ancorato a questo mondo e a questo prato, che
non gli permette di scivolare e confondersi con la materia celeste, perché in
questo modo non saprebbe tornare indietro.
“Andiamo?” Dice. “E’ buio,
ormai.”
Saga assapora quegli istanti di
prato, di cielo, di Aiolos, di contrasti tra i colori per un secondo ancora,
perché per la prima volta da tanto tempo si sente davvero, davvero bene.
“Sì,” Dice.
Ma nessuno si alza. Restano
sdraiati all’ombra della sera, invisibili a tutti, due ragazzi gettati sul
mondo terrestre e poi persi. Sorridono senza guardarsi. Giacciono spalla contro
spalla.
Così diversi i loro colori, uno
accanto all’altro.
***
Yeah, ci siamo *C*! Siete
contenti? Questo è quanto. Sono a Varsavia da una settimana
ormai, e sta arrivando il disgelo. Mucchi di neve sciolta e acqua
dappertutto. Ancora nessuna traccia di Bartek (?) *C* olé. I
love you.
Ringraziamo:
Eje: *C*
non preoccuparti di recensire solo da questo capitolo! L'importante
è farlo! Scherzo, sono davvero contenta che troviate quasta fic
interessante e ben scritta. C'è dentro un pezzo del mio cuore.
YohAsakura: Beh, vedi che ora ci siamo. Comincia lo slash *sghignazza*
Kiki May:Vedi,
cara, questo è l'unico modo che conosco per scrivere. Lo
ammetto. Sono una frana con le trame. Nulla di quello che ho scritto ha
mai avuto una trama, ma se c'è una cosa che mi riesce bene
è scavare. Scavare nel blu, lo ammetto, non è stato
così difficile. Ma a volte mi è venuta quella fitta allo
stomaco...
Bene, ora vado a lavare i vestiti! Andate in Erasmus, mi raccomando! E' sempre festa...
Baci <3
|
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Capitolo 18 *** Argini ***
blu 18
18.
[Argini]
Potrebbe continuare a piovere per
i prossimi duemila anni e non gliene importerebbe nulla. È come se la pioggia
rompesse il silenzio nel quale è stato avvolto in tutti questi ultimi anni e lo
facesse risuonare di un rumore calmante e cristallino. Un rumore che si ripete.
Un rumore che è il sottofondo di intere giornate, e quando le rievocherà non potrà
che ripensare ad esso. Un rumore così soffice che quasi non lo percepisce, se
non ci presta attenzione, ma che gli fa dimenticare il vuoto.
Il vuoto oggi non c’è.
Non c’è per molto tempo, non c’è.
La città fruscia incantata. È tranquilla e più grigia di come è sempre. I
templi saranno bianchi come latte quando il sole tornerà a splendere. Quando.
In realtà potrebbe essere
qualsiasi stagione e Saga lo troverebbe affascinante.
Bene. Mi sento bene.
Forse non è semplicemente la
pioggia. Forse è che in questo periodo ha ricostruito un equilibrio dentro di
sé, quella sottile linea di certezze e stabilità che lo tratteneva sulla terra
e che col tempo, e con le perdite, e le sofferenze dell’essere un Cavaliere si
è logorato.
Dopo tutto mi sento così vicino a qualcosa. A qualcuno.
La camera è deserta e muta, ad
eccezione del rumore della pioggia. Saga è steso sul letto e si rigira tra le
lenzuola da una parte all’altra. Capelli sui cuscini, blu lucente, blu notte,
lunghi, le dita della sera si riflettono nelle loro onde. Vorrebbe che Aiolos
fosse qui con lui a riscaldare l’umidità della stanza, ad afferrare la
consistenza dei suoi capelli, ad ascoltare il rumore della pioggia e il rumore
dei respiri. Anche i respiri, in fondo, sono come le colonne sonore
dell’esistenza. Sono costanti e quasi impercettibili se non ci presti
attenzione. Ma quando lo fai, ti rendi conto di come il loro suono sia
meraviglioso. Respiri tranquilli, respiri dopo le risate, dopo i pianti, dopo
una corsa, respiri affannosi, respiri, sospiri, gemiti.
Vorrei sentire il tuo respiro, ora.
Vorrei mettere una mano sul tuo
petto e ascoltare il rumore del cuore. Vorrei spingere una mano sulla tua pelle
e sentire i muscoli tendersi e vibrare e il sangue che scorre. Vorrei farlo
davvero e avvertire in profondità il tuo essere umano.
Ora che sei vivo.
A volte Saga guarda le persone
che vivono al Tempio e gli sembra di osservare solo spettri. Gli sembra che
siano tutti destinati a morire presto sul campo di battaglia, perché questo è
il loro compito e il loro destino. Allora si domanda se nessuno l’abbia mai guardato
con quegli stessi occhi. Si chiede se vedendolo passare, giovane dalla luce
fosforescente, bello come una statua e forte come gli eroi del mito, qualcuno
veda un uomo che va incontro alla morte. Perché questo in certi momenti scorge
su Aiolos, che è dorato e diurno, e ha ali di piume d’oro che si aprono dietro
la sua schiena come la corolla di un fiore – la traccia sbiadita della morte.
La vocazione per la morte.
Negli ultimi giorni quasi
quest’idea è stata lavata via dalla pioggia. O dai baci, non lo saprebbe dire
neanche lui. È quasi nata una nuova vitalità. L’ ha sentito in un modo più profondo di quanto avesse mai immaginato,
di quanto avesse mai sperato. C’è davvero vitalità in Aiolos, e più luce, luce
diurna, luce riflessa su ali di piume d’oro, e gli illumina il viso, gli
illumina qualcosa di invisibile dentro. Quando lo tocca, quando appoggia la
mano sulla sua, quando affoga la sua testa nell’incavo della spalla, sente
calore e vitalità. Sente i muscoli e i rumori e i movimenti del corpo umano,
che sono così naturali e perfetti, così banali da non essere mai considerati.
Ora che ci pensa, ora che presta attenzione, li trova più belli di qualsiasi, qualsiasi altra opera umana.
Si addormenta senza nemmeno
accorgersene. Perso nella contemplazione dei propri pensieri. Chiude gli occhi
con una sola immagine nella testa, e li riapre in piena notte. Qualcuno lo
scuote nel sonno.
“Cosa?” Chiede. “Che succede?”
“Nobile Saga,” Lo richiama
l’attendente. È bagnato, e i capelli e gli abiti sono fradici di pioggia. Deve
aver corso su quelle scale scivolose. “Nobile Saga, si svegli! Deve accorrere
immediatamente al Porto!”
“Cosa?” Ripete.
“Il Porto. Il mare è violento.
Questa tempesta sta distruggendo i pontili. Scenda immediatamente.”
Quando Saga giunge al Pireo è
completamente bagnato nonostante l’armatura. Sente la pioggia infilarsi tra le
fessure, più fredda del metallo e tagliente, scivolargli addosso assorbita dai
capelli. È buio, e quasi nulla si vede. Oltrepassa velocemente il cordone della
protezione civile e sparisce inghiottito dal buio, dal blu, nel vento ululante.
Non pensava fosse così violenta,
la bufera. Dalla sua sacra dimora millenaria non si avvertiva l’intensità della
tempesta. Ora cammina sulle passerelle che scricchiolano e sono investite da
violente ondate, e dalle navi che sbattono lanciate sul filo della corrente.
Questo posto sta per essere inghiottito dal mare, pensa.
Si guarda intorno un’ultima
volta. È il bel porto in cui anni e anni fa è sbarcato sotto il sole, in cui
tante volte è fuggito scrutando l’orizzonte sentendosi sempre un po’ più vicino
a casa e a tutto. È il bel porto in cui ha raccolto i bambini d’Oro che sono
arrivati, tutti fulgidi con le loro stelle ancora incastrate dentro, e un
futuro grandioso da percorrere. Vede le assi di legno e le banchine flagellate
e un mare che non è mai sembrato così furioso. Come la notte in cui si è preso
suo padre. Gemiti e urla di vento che non sembrano così violenti finché non
presti loro attenzione.
Un ultimo sguardo.
La banchina cede sotto il peso
dell’onda che gli ricopre la testa.
Nel mare blu Saga vede galleggiare
le chiglie delle navi. Sono come giganteschi gusci metallici, conchiglie
incrostate di alghe.
È freddo e apparentemente sembra tutto
immobile sotto la superficie.
Vede un filo disordinato di bolle
che cercano il cielo.
Vede i suoi capelli ondeggiare
attorno a lui, bui e profondi come la acque, di quel colore che è così gelido,
così pieno di notte e di malinconia.
Vede le sue mani dal pallore
lunare.
Per qualche istante sembra bello.
L’acqua rende magico il paesaggio.
Non vede il mondo di sopra, ma sa
che è lì ad aspettarlo.
Anche se in tutto quel blu
profondo-blu notte si sente a casa.
Stasera lui non è votato alla morte.
“E hai sorretto il porticciolo da
solo?”
“Non ero da solo.”
Aiolos non presta attenzione a
questo dettaglio. Strofina con un asciugamano la testa di Saga da almeno dieci
minuti, ma i suoi capelli sembrano aver assorbito tutta l’acqua dell’Egeo. Ha
sempre pensato fossero fatti d’acqua, o di cielo, o di etere, di qualche
materia inconsistente e impossibile da stringere. “Avrebbero dovuto chiamare
anche me!”
“Due Cavalieri d’Oro per
recuperare una banchina? Poteva pensarci ub qualsiasi Saint. Non capisco perché
mi abbiano scomodato.”
“Ma se sei caduto in mare.”
“Non sono caduto in mare,”
Insiste. “E’ stata l’onda a cadere su di me.”
“Sì,” Dice distrattamente. Lascia
cadere l’asciugamano. I capelli forse sono asciutti, forse sono sempre stati
così blu da sembrare fatti d’acqua. Passa le mani attraverso le loro onde.
“Ti sei preoccupato?” Chiede
Saga.
“No. È che poi sei finito in
mare.”
“Non è stato niente.”
“Lo so! Ma… potevi…”
“Per così poco?” Taglia corto.
Nessuno dei due ha veramente
voglia di affrontare questo discorso. Nessuno dei due vuole pensare alla
vocazione per la morte, stanotte. Nessuno dei due vuole pensare a quell’onda e
a tutte le onde che arriveranno e li sorprenderanno sulle loro teste, e a
quella che alla fine li trascinerà giù, fino al fondo dell’abisso, da dove non
potranno più riemergere.
Nessuno dei due pensa alla forma
e al colore che un giorno avrà la loro onda.
“Comunque,” Dice Saga. “Resta
qui. È quasi finita la notte.”
“Sì.”
È quasi finita anche la tempesta.
Non possono saperlo dall’interno del Tempio, che con le sue mura millenarie li
protegge da ogni pericolo.
Aiolos si avvicina e gli bacia la
punta del naso.
“Smettila.”
“Ma come smettila?”
Soffia, Saga. Sul suo viso. Nella
luminosità modesta della camera i suoi occhi sembrano un pezzo d’estate
dimenticata su un prato. È strano, ma da quando è entrato Aiolos la stanza
sembra più calda.
“Hai davvero degli occhi troppo
belli,” Dice.
“Smettila tu!”
Aiolos ride, lo bacia di nuovo.
Saga gli prende le mani. Lo
trascina in basso.
Come un’onda, lo sovrasta.
***
Commento
di Marzo 2009
Ok, ok,
ok. Ho appena ricominciato le lezioni. Dagli ultimi tre capitoli, precisamente,
e sto in università tutto il giorno °^°. Sono sempre stanca morta quando torno
a casa, sono più lenta e mi rendo conto di avere più difficoltà a scrivere. Ma
io sono tenace e non mollo XD! Spero non si noti nulla, by the way…Ah, e se
verrò bocciata agli esami sarà in parte colpa vostra ù.ù
Punto
numero uno. Dico solo che questo capitolo è stato clamorosamente ispirato dai
Led Zeppelin. Sì, proprio loro. When The
Levee Breaks, che è una canzone meravigliosa, ascoltatela tutti *O*. Io
volevo un fiume, ma ad Atene mi sono accontentata del porto. Non credo sia
verosimile, comunque non cambio una virgola >.<.
Punto
numero due. Cioè. Intendiamoci. Per me è Saga l’uke. Non c’è storia. E se si è
preso una sola, misera riga finale da seme, è per il significato metaforico e
tutto quello sproloquio incatenato morte – onda – Saga. Ecco. Perché sappiamo
tutti della fine di Aiolos, nevvero çOç?
Commento
di Marzo 2010 (un anno per postare).
Ok, è un
mese esatto che sono partita. Festeggiamo! Stasera party, e per voi un nuovo
capitolo. Se foste qui vi offrirei un sacco di birra, è gratis ù_ù
Capolavoro,
amore… Eje, Kiky May… mi
sopravvalutate un pochino mi sa XD! Ad essere sincera ho la consapevolezza che
Blu è finora la cosa migliore che io abbia mai scritto. Questo capitolo è per
voi.
Na razie
X*
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Capitolo 19 *** Statua ***
blu 19
19.
[Statua]
Oggi cammina silenzioso, sul
volto ancora i segni di notti passate insonni.
Saga non saprebbe dire di quando
sia avvenuto il cambiamento in lui. Ma c’è stato, e in questi giorni se ne
rende conto. È come se avesse dormito raggomitolato sulla terra per quindici
anni, e ora si fosse alzato all’improvviso.
È diverso. È tutto molto diverso.
“Ma quando è successo?” Aiolos lo
guarda con la bocca spalancata.
“Cosa?”
“Tu… tu sei…” Alza una mano alla
fronte avvicinandosi a lui. Misura l’aria che li separa col palmo. “sei più
alto di me!”
Dopo che Aiolos se ne va,
mortalmente offeso per la scoperta, Saga si guarda a lungo allo specchio. È
sempre stato consapevole della propria bellezza, ma non vanitoso. Eppure oggi
si fissa per un tempo lunghissimo, e di tanto in tanto si porta una mano al viso.
È cambiato. È diverso, molto
diverso.
I suoi lineamenti hanno acquisito
le linee pure della giovinezza, e hanno perso le loro curve infantili. Le sue
spalle sono più larghe, le sue braccia più robuste, il suo petto più scavato.
La schiena è dritta è forte.
È cambiato.
La forma dei suoi occhi, sottili
e blu notte, è rimasta sempre la stessa. Il loro colore silenzioso e
malinconico è rimasto sempre lo stesso, ma qualcosa di impercettibile in essi
sembra dire che hanno già osservato buona parte del mondo. Che hanno conosciuto
e indagato il cielo e la terra e che si portano dentro le più grandi
conoscenze. I suoi occhi sembrano dire, dietro il loro blu impenetrabile, che
hanno già amato e sofferto, che sono occhi umani e adulti.
Da oggi non conserva più niente
dell’infanzia.
Saga è già in tutto il Grande
Tempio una sorta di creatura leggendaria.
Tra i suoi abitanti si racconta
che sia fatto di materia celeste, lui con la sua faccia pallida come la luna e
i capelli intessuti di notte.
Si racconta che si sia fatto
sempre più vicino al cielo a forza di guardare verso l’alto.
Si racconta che sia stato
lasciato cadere da una stella da un dio in persona, e che forse lui stesso è
figlio di un dio dei tempi passati.
Perché è davvero troppo bello.
Come le statue che circondano il
Santuario, in piedi da millenni avvolte dal loro pallore.
E ancora troppo belle.
Al Grande Tempio si racconta
sottovoce che sia destinato a grandi cose, lui che è così simile alla
reincarnazione degli antichi dei. Possiede un’aura fosforescente che ricorda a
tutti le notti di luna, e le notti di luna sono profonde e silenziose, sono
sagge e smuovono persino il mare.
Lo si vede spesso, il nobile
Saga, passeggiare assieme al nobile Aiolos dopo gli allenamenti. A chi li
guarda sembra di scorgere due creature fantastiche che appartengono a miti
differenti. Uno è chiaro come il giorno, l’altro risplende nottilucente.
Ma è su Saga, sul nobile Saga
dalla faccia di luna, che tutti sembrano scorgere i segni della santità più
illustre.
Perché Saga, in fondo, sembra
loro più distante dalla terra, sembra vivere in una dimensione quasi celeste,
sembra stabilire un contatto col cielo, e per questo verrà sempre idolatrato
come la reincarnazione di un dio dei tempi passati.
Saga guarda la città dall’alto
della sua posizione. Sdraiato sui gradini del Nono santuario domina l’intera
distesa di Templi e di case, tutte le loro candide soglie.
È un momento molto particolare
del tramonto. Sorride, la sua faccia di luna inondata da riflessi rossi come
lingue di fiammelle che strisciano da distanze siderali per tutto il cielo.
Qui è ancora chiaro, ancora non è il momento che i Templi, come le
case, si spengano all’ora stabilita.
Sembra che il sole inondi tutto,
prima di eclissarsi, di fuoco e rosso fiamma. Le superfici dei Templi e delle
case scintillano, sembrano bruciare. La città divampa di luce, e più in basso,
a valle, di luce artificiale.
“E’ strano, sai,” Dice. “come
viviamo a stretto contatto con la civiltà. Ci stiamo proprio sopra. A due
passi. Se allungo la mano, tocco il mare con la punta delle dita. Eppure
nessuno, da secoli, riesce più a vederci.”
“Nessuno da secoli vuole più
vederci.” Lo corregge Aiolos.
Ed in effetti è così. Ha ragione,
lui che da questo tramonto è esaltato e trasfigurato in un essere splendente.
Il genere umano non ha più bisogno di credere in loro, e tuttavia loro hanno
bisogno di credere negli esseri umani. Così, si sono stabiliti in alto, dove
possono accarezzare con lo sguardo quella vita moderna che è loro preclusa.
Abbastanza in alto da dominare l’orizzonte con lo sguardo, abbastanza in alto
da essere celati dalle nuvole e protetti dalle candide soglie delle antiche
vestigia.
“E’ davvero una città splendida
sull’orlo dell’eternità.” Dice.
Saga ama profondamente Atene. Si
sente legato a lei da un destino comune. Atene bianca e azzurra, maestosa e
severa nei millenni, conserva la faccia più antica e preziosa, ma dentro,
brulica di vita. Atene che è come sospesa tra due mondi, e nel mezzo, le colonne
dell’Acropoli.
“Sì. E questo è il suo momento
più magico.”
Momento che sta nel mezzo.
Non sa, Saga, che tanti anni
prima, un uomo che ha amato più di qualsiasi altro ha percorso le stesse scale
su cui ora lui giace sereno, e voltandosi verso Atene ha espresso gli stessi
pensieri. Con dolcezza. Non sa, Saga, che Kastor ha pensato a lui proprio in
quel momento del giorno, appena un po’ più tardi, quando il rosso era già
stinto nel blu della sera.
Non sa, Saga, che lui aveva
intuito…
“Cosa c’è?” Chiede Aiolos.
Seduto sui gradini della propria
Casa, faccia rivolta contro il vento che soffia dal mare. La testa di Saga è
appoggiata sulle sue ginocchia, e i capelli gli scivolano ovunque sulle gambe come
onde di cielo notturno, disegnano fili che sembrano liquidi, un po’ purpurei
per la luminosità dell’orizzonte.
“Tu mi trovi diverso?”
“In che senso?”
“Oggi hai detto che sono
cresciuto. Che sono più alto di te. Mi chiedo… io non me ne sono nemmeno
accorto. Ma mi sono reso conto di essere cambiato.”
“E’ normale.” Risponde Aiolos.
“E’ il ritmo dello sviluppo.”
“Sì, ma –“ Dice. “io non mi sento
una persona normale. Ascolto le voci che parlano alle mie spalle. Sussurrano
cose incredibili su di me. Dicono che somigli a un dio.”
“E’ vero.”
“Tu pensi questo di me?”
Aiolos non sa veramente cosa
rispondere. “Sei bello come le effigi degli antichi dei, Saga. È vero.”
“Pensi davvero che io ti possa
essere superiore? Per… per la mia
faccia?”
“No,” Sussurra appena Aiolos.
Lo guarda negli occhi, e li vede
stringersi appena mentre parla, il loro colore profondo e silenzioso incendiato
da fiammelle che scivolano da distanze siderali. Vorrebbe dirgli molto di più,
in effetti. Ma ha paura di ferirlo nella sua debolezza.
Vorrebbe dirgli che certe volte,
guardandolo riposare, guardandolo nei suoi momenti di riflessione, ha come
l’impressione di fissare una statua magnifica, immobile nell’eternità, scolpita
di bellezza e perfezione, insensibile, forse nemmeno viva.
Vorrebbe dirgli che alcune notti
la sua pelle è così chiara da sembrare fosforescente, avvolta dall’alone del
cielo e dei suoi capelli di cielo.
Vorrebbe dirgli di quella notte
di molti anni prima, in cui l’ha visto sdraiato nell’angolo delle rovine a
scrutare il cielo, e il suo braccio alzato gli è sembrato il tramite tra due
mondi inconciliabili.
Vorrebbe dirgli questo, e anche
che in certi momenti gli capita di pensare che sia fatto di materia celeste,
vorrebbe dirgli che la sua forza, il suo Cosmo, il suo viso, la sua voce, i
suoi colori, tutto di lui fa pensare che viva in una dimensione trascendente
all’essere umano, anche a lui stesso, che è pure più luminoso e potente di
qualsiasi altro uomo.
Vorrebbe dirgli che è vero. Che
lo vede in alto, irraggiungibile.
Ma a lungo a vissuto con lui, per
anni l’ha visto crescere e l’ha amato a modo suo. Per anni l’ha guardato dentro.
Sa che con le sue parole sfiorerebbe un punto che gli causa un enorme dolore.
Così sta zitto.
Dice: no, anche quando è: sì.
Perché altrimenti Saga si
vedrebbe di nuovo distante. Si vedrebbe di nuovo relegato ad altezze inarrivabili.
E se Aiolos ha capito una cosa soltanto, in tutto il tempo che ha scavato nel
suo animo, è che ciò che Saga teme di più, ciò che più lo ferisce, è l’ombra
della solitudine.
Il blu è il colore del distacco e
della distanza.
La natura è stata gentile e
crudele con Saga. Gli ha donato l’aspetto e i colori di un dio.
Ora chiunque lo guarda come se si
trovasse più un alto, sopra un piedistallo che raggiunge il cielo.
Lo ammirano così. Da lontano.
Lui che più di ogni cosa ha paura
di restare solo.
***
Uh
che noia. La mia coinquilina è tornata in Italia e io sono sola
e infreddolita e non mi resta altro che cucinare valanghe di frittelle
di mele e occuparmi di un coniglio non mio che ho amorevolmente
ribattezzato Mokona. In più, sono convinta che
quest'appartamento sia popolato da fantasmi. Non mi spiego altrimenti
come sia possibile che il forno vada SEMPRE tranne quando la pasta
della pizza è pronta o le lasagne sono nella teglia dopo che
abbiamo passato un pomeriggio a cucinare e non resta altro che
accendere il gas, invece niente. Life is pain.
Sono così in ritardo? Sono una persona orribile.
Ringraziamo: Kiki May,
che è perseguitata dai Led Zeppelin (*drools*) e che ama
Aiolos-seme. Grazie per sostenermi in queste piccole crociate di
nessuna utilità.
Eje,
che pure ama i Led Zeppelin! Bene, bene. Cara, devi sapere che vado a
caso e mi faccio trascinare dal flusso di coscienza °C°. Non
sono quasi più capace a scrivere su carta. Scrivere a mano
è un processo troppo lento e a volte mi perdo dei passaggi.
Assurdo. Chi lo sa. Ma questa fic mi è servita per esplorare
delle tecniche di composizione che ora sono mie *W* mwuahahahahah. Come
lavorare sui colori. Come la ricollocazione e l'accumulazione di
immagini persistenti. Insomma, Blu è stato il primo lavoro
caratterizzato dal Mio Stile. Ma Saga ha aiutato in questo -
perché è abbastanza solenne per un linguaggio poetico e
abbastanza folle per eludere i nessi logici o allentarli. Insomma, la
cavia perfetta.
Baci <3
|
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Capitolo 20 *** Preparazione ***
blu 20
20.
[Preparazione]
Si porta una mano alla fronte per
coprirsi gli occhi. Il sole è molto alto e molto caldo in questo momento della
giornata, ma non gli dà veramente fastidio. Anche se la sua pelle è più chiara
del normale, ha imparato a sopportare il pesante sole della Grecia. Ci è nato
sotto, in fondo è da sempre stato baciato dal suo tepore.
La stessa mano percorre la fronte
e scosta una ciocca di capelli dagli occhi. Si guarda intorno. I lavori
procedono bene. La terra dell’arena, per giorni rimasta impregnata di fango, è
stata battuta ed ora è perfettamente livellata e consistente. Brunita anch’essa
sotto i colpi del sole di agosto, e compatta. Dalle tribune, osserva Saga,
sembra una massa uniforme di rosso. Sembra una sorta di mare piatto e calmo dal
quale si alzano di tanto in tanto turbini di polvere come spirali. Ricorda
tutti pomeriggi trascorsi sotto il sole cocente o sotto la pioggia, in
qualsiasi stagione, in qualsiasi ora del giorno, ad allenarsi su quelle stesse
zolle. Ricorda le volte che è caduto e vi si è rialzato. Pensa a come questa
terra, questa terra sacra di nuovo livellata e compatta e brunita dal sole, non
abbia niente di poetico, niente di magico. È impregnata di sangue e fatiche e
delle molte vite che vi si sono spente, riverse al suolo, alcune sotto un
pallido cielo, altre sotto la fiera calura del mezzogiorno. Anche lui ha
sputato sangue sopra questo terreno. Anche lui, come una schiera di allievi e
guerrieri da tempi immemorabili ha percorso la sua superficie combattendo, e
una volta, una volta soltanto, sfilando come in una processione.
È tutto quasi pronto. Il palco è
stato completato e le gradinate sono state rispolverate. La terra brunita è di
nuovo livellata e compatta.
È tutto quasi pronto.
Saga ricorda la prima e l’ultima
volta in cui ha assistito allo spettacolo. L’allestimento, la lunga
preparazione ogni giorno per mesi, e poi, di notte, il Kyooko che domanda alle
stelle quale sia il giorno propizio per il Rito.
Conoscerà già il giorno propizio
per il rito?
Il sole gli ride in faccia.
L’ultima volta, è stato il suo rito. Il loro rito. Ricorda la sensazione di ansia, e paura prima di entrare
nell’arena e varcare con essa la soglia del suo stesso destino. Ricorda la folla
rumorosa sugli spalti e poi il silenzio, muto, rispettoso, sospeso sulla
meraviglia, quando gli antichi scrigni si sono aperti riversando nell’Arena i
loro dorati bagliori. Ricorda la sensazione di indossare l’Armatura per la
prima volta, leggera, malleabile, una parte imprescindibile del suo corpo. Ricorda
com’è stato bello alzare le ginocchia dalla terra arida e brunita, quel giorno,
e tornare indietro camminando a testa alta, una scia d’oro, di potenza, di
santità visibile agli occhi di tutti.
E di se stesso…
Ricorda quel giorno come uno dei
più emozionanti della sua vita.
Ricorda di essersi aggrappato
fiduciosamente ad Aiolos, il luminoso Aiolos, e di aver sgranato gli occhi
quando per la prima volta l’ha visto, l’ha ammirato, cinto del suo colore così
prezioso, incoronato da ali di piume metalliche come petali sulla corolla di un
fiore.
Ricorda. Che era bello.
Ricorda con un sorriso sincero.
In fondo non molto tempo è trascorso. Cinque anni appena lo separano da quella
data, cinque anni in cui l’Armatura l’ha indossata ogni giorno scendendo dalle
scale della sua Casa.
Cinque anni difficili.
“Ricordi?”
“Mm?”
Aiolos dice, sedendosi sulle
gradinate, l’armatura un po’ più dorata dal sole estivo. “Ricordi quando sono
arrivati? Sono stati i primi. Ed erano così piccoli…”
“In loro deve dimorare un Cosmo
davvero impressionante.” Risponde.
“Immagino di sì. Hanno la stessa
età di mio fratello.”
“Aiolia… non è pronto?”
“E’ quasi pronto. Ma non ancora.”
Saga gli siede accanto, ha il
sole davanti agli occhi. “Non accelerare i tempi. Noi stessi abbiamo ricevuto
l’investitura molto più grandi.”
“Sì.” Aiolos annuisce. “Questo è
vero. Solo… mi chiedo: sono così piccoli. Possono sopportare a sette anni il
peso delle Sacre Vestigia?”
Saga ripensa per un secondo al
giorno in cui ha visto Milo arrivare al Pireo, scivolando dalla nave con
entusiasmo. Un creatura marina, sembrava. Era davvero piccolo, più piccolo di
molti suoi compagni, eppure il primo a giungere al Tempio. Il primo ad avere la
possibilità di piegare le ginocchia sulla terra brunita dell’Arena, e la testa
di fronte alla maschera inaccessibile del Pontefice. Il primo a provare quelle
sue stesse emozioni.
Ripensa anche all’altro ragazzino
suo coetaneo, appena un po’ più grande. Nato in Febbraio. Un Acquario. Camus
dell’Acquario. Ripensa ai suoi capelli rosso fuoco, un colore impressionante,
davvero, per lui che conosce perfettamente la potenza dei colori primari sulla
testa. Ripensa ai suoi occhi profondi come il mare, come il mare compresso
sotto uno spesso strato di ghiaccio perenne. Un altro bambino del mare, ha
pensato l’inizio, ma un mare naturalmente diverso dall’Egeo di Milo. Una
creatura degli abissi freddi e imperscrutabili. Poi ha rivisto il fuoco che
scendeva a onde dalla sua testa, e si è detto di no. Si è detto: questo bambino
è già un enigma a soli quattro anni.
Se li ricorda con affetto,
entrambi. Erano giunti a poca distanza l’uno dall’altro e per alcune settimane
avevano aspettato insieme il momento della partenza verso i luoghi
dell’allenamento.
Milo e Camus.
Milo. Camus.
Sorride, Saga. Due bambini così,
che non sono bambini, in realtà, ma la reincarnazione di stelle, e che già
condividono qualcosa di tanto grande. Pensa a come, forse, in un futuro condivideranno
lo stesso destino che ha legato lui e Aiolos sotto la luce delle stelle.
Non sa che un giorno di tanti
anni prima il piccolo Scorpio, guardandolo camminare così maestoso e così bello
e così felice, ha espresso la stessa preghiera.
Non sa Saga, come non sapeva Milo
allora, che il destino scelto per loro dalle stelle sarebbe stato coperto di polvere,
e sangue.
“Sì,” Risponde Saga dopo molto
tempo. “Sopporteranno. Come noi abbiamo sopportato. C’è forza in loro.”
Così per lui.
C’è la speranza nel destino scelto per noi dalle stelle.
Ed è il pensiero che tornando a
casa, dopo aver alzato il mio braccio, e fatto di esso uno strumento di morte
giusta, io troverò ad aspettarmi tutto quello che ho lasciato.
“Le stelle sono troppo lontane,”
Diceva sempre Shion, le notti in cui lo portava con sé alla Star Hill.
“Le stelle da troppo tempo
guardano il mondo da distante.”
“Come possono provare pena per
l’uomo?” Diceva sempre Shion.
“Come possono essere gentili,
quale criterio guida la loro benevolenza?”
“Le stelle sono impietose.”
Diceva sempre Shion, con una punta di amarezza nella voce. “Non attaccarti agli
oracoli. Non sperare nella loro clemenza. Le stelle non sono buone con noi.”
E Saga per molto tempo si è
interrogato su queste parole.
Ogni tanto tornano come un’eco,
nella sua mente avvolta dalla luminosità fosforescente del cielo notturno.
Anche ora ci pensa. Pensa a Shion, e alla sua taciuta sofferenza. Pensa a sé e
ad Aiolos, al piccolo Milo e al piccolo Camus, e tutto gli sembra così
infinitamente piccolo. Come una ruota che gira.
Le stelle sono impietose, diceva sempre Shion, che una lunga vita aveva
già vissuto.
Le stelle non vogliono bene…
In questo momento è felice. Pensa
al piccolo Milo e al piccolo Camus che hanno appena sette anni e già un peso
così insopportabile sulle spalle.
E per sé, per loro, non può che
avere speranza nel destino scelto dalle stelle.
Poi qualcosa accade.
Dopo che lascia Aiolos, dopo che
lascia i suoi pensieri, qualcosa accade.
L’Arena è pronta e splende
concreta sotto il sole. Entro qualche giorno sarà gremita di gente, e al
centro, chini sulla terra, baciando la terra, due giovani stelle. Due giovani.
Ma ora Saga si allontana,
dimenticando per un istante tutto ciò che l’ha impegnato da ore. Percorre
velocemente i campi di addestramento e la gola rocciosa, comincia la scalata
verso la sua Casa, così vicina su quei gradini bianchi come un giglio.
Qualcosa accade. Forse
nessun’altro può avvertirlo. Il messaggio era solo per lui.
Ad ogni passo è un po’ più
veloce, un po’ più sorridente.
Un po’ più fiducioso nelle
stelle.
Un po’ meno solo.
“Kanon!” Lo chiama entrando di corsa
nelle sue stanze.
E lui è lì, così diverso da come
lo ricordava e così uguale all’uomo che Saga è diventato.
È lì, e lo aspetta.
***
Mmm.
Aggiornamento veloce (?). Sono sopravvissuta al Vappu (in qualche
modo). Per cui posso dichiarare raggiunto l'obbiettivo di Aprile.
Yeeeeeee. Ho scritto una Kuro/Fay! Non è ancora pubblicata, ma
penso di postare oggi pomeriggio. Se vi interessa XD
Ringraziamo la dolcissima Kiky May che pazientemente scrive lunghe recensioni e riempie il mio cuore di gioia *offre crepes alla nutella*.
Baci <3
|
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Capitolo 21 *** Estranei ***
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21.
[Estranei]
Kanon arriva come tutte le volte,
senza avvisare. Entra nel Tempio dei Gemelli, varcando una soglia che gli
sarebbe preclusa senza chinare la testa. Ancora suo fratello non c’è, sta
correndo su per le scale per raggiungerlo. Ancora ha un minuto di tempo per
guardarsi intorno. Per osservare come è tutto cambiato. La specchiera in camera
e il letto disfatto in pieno pomeriggio, fiori sul comodino, disordine. Saga
non è mai stato disordinato. Ha sempre avuto lucidità nel disporre le sue cose.
Saga è sempre stato confinato. È sempre stato…
Kanon ricorda la loro vecchia
stanza. Aveva una grande finestra che dava sul mare e tende di organza bianche
che fluttuavano. Era dipinta di blu. Anche i lettini erano tutti bianchi e blu,
e quello di Saga si trovava sul lato dove di mattina batteva il sole.
È sempre stato blu, pensa. Perché la loro camera era blu, ed è così
che lo ricorda, le mattine che si svegliava con la testa arruffata per il
sonno. In un certo senso è come se per lui non fosse mai uscito da quella stanza.
È come se fosse ancora immerso nella luce della finestra. Per sempre lo
assocerà a quell’immagine.
Alla camera blu.
Non. A questa.
Non riconosce la presenza di Saga
nel suo breve sguardo. È tutto un po’ più disordinato e luminoso. C’è un
calore, tra queste mura, che non ha mai provato. C’è una sensazione di
completezza. Forse sono le lenzuola gettate sul pavimento, o la finestra aperta
e la luce del pomeriggio riflessa sulla specchiera.
Forse perché per la prima volta
quella camera gli sembra vissuta.
Come l’hai riempita di tutto questo calore?
Da solo?
Pochi attimi ha per osservare. Ma
basterebbe uno sguardo. Lo capisce. Subito.
Si sente…
estraneo?
Saga si allontana, dimenticando
per un istante tutto ciò che l’ha impegnato per ore. Percorre velocemente i
campi di addestramento e la gola rocciosa, comincia la scalata verso la sua
Casa, così vicina su quei gradini bianchi come un giglio.
Qualcosa accade. Forse
nessun’altro può avvertirlo. Il messaggio era solo per lui.
Ad ogni passo è un po’ più
veloce, un po’ più sorridente.
Un po’ più fiducioso nelle
stelle.
Un po’ meno solo.
“Kanon!” Lo chiama entrando di
corsa nelle sue stanze.
E lui è lì, così diverso da come
lo ricordava e così uguale all’uomo che Saga è diventato. È lì, e lo aspetta.
“Fratello!” Dice, spalancando le
braccia.
Saga gli corre incontro, con
foga, ridendo, gettandosi in quell’abbraccio che per troppo tempo gi è stato
precluso, trascinandolo sul letto nella caduta.
“Cosa?”
“Sono così contento di vederti!”
Saga si alza sulle ginocchia. Con
una mano si scosta la frangia dagli occhi, incurante. Kanon, disteso sul letto,
nota bene quel gesto. Così svogliato e così banale. Così perfetto nel suo
movimento, nell’onda del suo colore. Così sensuale.
Lo intravede appena, gli sfugge
via dalle dita.
Per anni mantiene le distanze. E
ogni volta che torna si scopre sempre di più un estraneo.
“Non mi ricordavo così questo
posto,” Dice Kanon.
“Sono molti anni che non torni.”
Sono molti anni. Sono quattro
anni, in effetti, che non lo vede. Saga non ha davvero idea di cosa sia
successo in quest’enorme lasso di tempo. Kanon potrebbe essere stato sempre
accanto a lui senza farsi vedere, potrebbe aver girato il mondo, averlo
percorso tutto. Potrebbe avere conosciuto tantissime persone, persone diverse
dalle più grandi abilità, potrebbe essersi allenato ed aver risvegliato il
Cosmo sopito dentro di sé. Saga non sa nulla di lui. Non lo sa più
interpretare.
È come un estraneo, pensa.
È un pensiero molto doloroso.
Come un estraneo. Come una
persona che non capisce. Come una persona distante.
Scuote la testa e in un secondo
non ci pensa più. Ora è vicino, è tornato e forse rimarrà questa volta per più
tempo. Rimarrà stabilmente. Rimarrà accanto a lui e ricostruiranno quella
familiarità che un tempo possedevano. Forse…
“Quando sei arrivato?”
“Poche ore fa. Ti aspettavo.”
“Ero all’Arena. Stavamo
preparando il terreno per le nuove investiture.”
“Ah.”
Saga si sente in dovere di
aggiungere. “Tra quattro giorni due nuovi Cavalieri d’Oro riceveranno l’investitura.”
Kanon non commenta. Sorride a
malapena, osservando il suo entusiasmo. Sincero. Chiaro. Un po’ più chiaro di
come lo ricordava.
Saga vorrebbe raccontargli
davvero un milione di cose. Aspetta il momento migliore, accarezzando le
lenzuola con le mani per distendere le pieghe, aspetta un suo cenno. Vorrebbe
dirgli dei nuovi Bambini d’Oro e dell’addestramento, e delle notti passate col
Kyooko a studiare le stelle e tutto quello che gli astri hanno loro raccontato.
Vorrebbe dirgli di Aiolos. Soprattutto di Aiolos. Di come quello strano
sentimento di amicizia che per anni l’ha tenuto sospeso in limine, che l’ha
afferrato l’istante prima che potesse cadere nel vuoto, sia diventato qualcosa
di più. Bello e equilibrato. Di come l’abbia reso salvo. Di come abbia sofferto
la solitudine, prima.
Di come – l’abbia sostituito.
In un certo senso.
Si morde il labbro, Saga, cominciando
a spostare le cose lasciate disordinate sul letto. E cambia pensiero.
“Tu cos’hai fatto in questi
anni?”
“Mi sono allenato! Che domande.
Ti farò vedere subito,”
Saga si siede sul letto disfatto,
spostando un cuscino con noncuranza. Si passa di nuovo una mano tra i capelli in quel modo che a Kanon fa male, perché
è un gesto che non conosce.
Forse, per un momento, per un
ultimo momento, riscoprono un pensiero in comune. Forse per un momento Kanon lo
guarda, e Saga alza gli occhi incrociando i suoi. Due sfumature di blu che sono
inconciliabili. Forse per un momento, per questo momento, riescono a sentire,
riescono a intuire la stessa, medesima cosa. Lo stesso pensiero che fa male.
Per un attimo capiscono.
Come estranei, ormai.
Vite che non appartengono più
l’una all’altra. E che forse mai si potranno ricongiungere.
Saga ha la netta impressione
della verità di questo pensiero, e della sua profondità. È come se per un
istante l’avesse afferrato in tutta la sua estensione.
E ora ne è consapevole.
C’era la loro stanza, tutta
bianca e blu.
Entrambi la ricordano.
Era piccola e sempre ordinata, e
dalla finestra si vedeva una lunga striscia di mare, e le colline coperte di
ulivi.
Ogni tanto ripensano a quel tempo
lontano in cui vivevano nella stanza bianca e blu, piccola, intima, familiare.
È qualcosa che sanno di aver perso per sempre.
Eppure, una parte di loro, è
ancora imprigionata tra quelle mura impregnate di mare e di sole.
Un colore
Così distante…
***
E’ una cosa tipo ujut’… ok, sto straparlando. Mi è venuta in
mente oggi a lezione parlando di questa cosa che non saprei come tradurvi. È il
fatto di trovarsi a casa propria, nella propria intimità e calore. Boh… avete
capito, no XD? Saga è nell’ujut’ con Aiolos <3 solo che arriva Kanon e
distrugge l’equilibrio ù.ù
Ritardo epocale. Apocalittico. E' anche un capitolo brevino. E devo pure correre, quindi ringrazio velocemente Kiky May (che si emoziona con le mie robe e io sono tanto contenta), Eli Angel (che mi supporta nei mie assurdi deliri mistici) e Eje (che pure è stata gentilissimah <3 nonostante i miei ritardi).
Ora,
forse, potrò permettermi una misera vacanza. Forse. O
esplderò. Nella peggiore delle ipotesi io mollo tutto e vado a
fare la groupie.
Baci <3
|
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Capitolo 22 *** Luna ***
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22.
[Luna]
Sembra passato davvero troppo
tempo dall’epoca in cui gli astrologi osservavano il cielo dall’alto delle loro
torri, vestiti come sacerdoti, pregando come sacerdoti. Tanti secoli fa non
conoscevano niente dell’Universo, eppure, in un certo senso, ne avevano una
concezione più profonda. Forse, pensa Saga, era troppo profonda e troppo
mistica per essere vera. Ma allora si credeva negli dei e nella forza dei miti,
e nella magia segreta dentro l’essere umano.
Com’è possibile che mi trovi
ancora qui, sull’Altura delle stelle, con la faccia rivolta verso il cielo ad
indagare la materia celeste?
Atene brilla luminosa, sotto,
coricata sul suo mare tranquillo. Atene che è viva e pulsante e non guarda più
il cielo, perché si è costruita da sola le sue luci.
All’improvviso il Santuario gli
sembra l’ultimo baluardo di un mondo ormai passato. Di un mondo, tutto sommato,
inutile. Vede puntini in movimento, sono macchine che attraversano la città.
Vede la luce delle insegne e delle finestre come piccole stelle su un tessuto
di terra.
E si chiede: a cosa serve?
A cosa serve, ormai, il
Santuario?
A chi servono, ormai, Cavalieri
da secoli dimenticati?
Notte di un anno fa.
Il Pontefice e Saga sull’Altura
domandano alle stelle il permesso per la cerimonia di investitura dei nuovi
bambini d’Oro.
Shion, sulla sua torre, vestito
come un antico sacerdote, alza le braccia all’universo quasi pregando. È un po’
più vecchio e un po’ più blu dell’ultima volta, ancora spera e si rassegna
nella benevolenza celeste.
Saga guarda la Luna.
Luna tonda, piena, lattea come la
sua faccia che spande un alone fosforescente gettandolo sulla terra e attorno a
sé.
Luna che regola le maree e le
messi e le profezie.
Luna che è da millenni un astro
sacro e inviolato.
Quella notte di un anno fa c’era
un uomo sulla Luna.
Anche la Collina delle Stelle è
rimasta sacra e inviolabile e legata alle antiche tradizioni. O almeno, così il
Pontefice ha detto a Saga. In realtà non ci crede. È un luogo troppo bello e
troppo spirituale, domina sulla città e sul mondo intero, riverbera di questa
mistica dimenticata. È come se nel suo piccolo protendersi sulla superficie del
mondo, risplenda di una certa malinconia. Forse è solo quella tinta blu notte,
che è il colore più malinconico e più distante di tutti. Ma è dalla prima volta
che ha calpestato il suo suolo sacro, che Saga ha percepito qualcosa. La sua
terra gli è sempre sembrata impregnata di magia, di sospiri. Molte persone, ne
è convinto, sono passate di qua, attraversando porte che non avrebbero dovuto
varcare. Molte persone che le stelle non avevano autorizzato hanno guardato il
cielo da questa altezza.
Chiunque abbia violato questo
santuario di luce ha lasciato una scia percepibile. Forse Saga, che è più
sensibile di ogni altro essere umano, ha sentito queste strane vibrazioni. La
scia si prolunga nei secoli. La scia potrebbe snodarsi all’indietro nel tempo
fino a coprire l’arco dei millenni, tracciando il movimento delle costellazioni.
La scia è sempre stata.
“Non dovresti essere qui.” Dice
Saga.
Ora ha capito. Non è mai stata
semplice suggestione. Ha capito la profonda malinconia sprigionata da queste
rocce. La Collina
delle Stelle è come una Porta che conduce verso il Cielo, e tanti sono venuti
qui a salutare. I guerrieri come loro vengono troppo spesso condotti verso il
cielo. Forse le loro anime passano proprio da questa soglia. Qualcuno parte,
qualcuno resta. Qualcuno sale le scale del Tempio per recitare un addio.
Aiolos arriva silenziosamente
apparendo dalle scale del Tempio. Lo chiama sottovoce. Sa che non ha
importanza, che nessuno li sentirà a quell’altezza. Sa che la dea non sarà più
clemente solo perché ha abbassato la voce. Ma lo fa lo stesso, per rispetto, o
forse per paura.
Saga si volta a guardarlo.
“Non dovresti essere qui.” Dice.
“Non ti trovavo da nessuna parte.”
“Dovevo… dovevo capire delle
cose.”
Aiolos sorride. Saga è ancora in piedi sul ciglio,
la luce lunare gli sbatte in faccia rendendolo quasi fosforescente. Ai suoi
occhi è come un antico sacerdote, un profeta di una religione dimenticata, e la
sua saggezza trascende quella di tutti gli altri uomini.
“Dovevi capire cosa?”
Saga si porta un dito sulle
labbra. Zitto, gli chiede. Per un
istante torna a voltarsi verso l’infinito, getta un’occhiata veloce. Dice:
abbastanza per oggi. Poi si volta e va incontro ad Aiolos.
“Non dovresti essere qui.”
Ripete. “Torna indietro. Questo è un luogo al quale tu non puoi accedere.”
“Lo so,” Risponde. “ma volevo
vederti. In questi giorni sei così distante. Da quand’è che non restiamo soli
noi due?”
Da quando è arrivato Kanon.
“Saga… non so come… io a volte ho
paura che ti allontani troppo da me. Tutte le sere che sali su questa collina
ho come l’impressione di perderti. Ho come l’impressione che volerai via, e che
finirai sulla Luna dove non potrò raggiungerti.”
Sorride, Saga. Ma è un sorriso
amaro.
Sulla Luna ha camminato un uomo qualsiasi.
“Questo posto è come una Porta,
sai. Ma io ancora non posso varcarla.”
“Mi mette i brividi.” Aiolos si
guarda intorno. “E’ troppo silenzioso.”
“E’ il Tempio della
Contemplazione.”
Aiolos è senza parole. L’Altura
delle Stelle possiede una bellezza insopportabile, fatta della sua purezza,
della sua antichità, della sua sacralità, della sua magia. E in fondo, nascosta
sotto ogni pietra, nascosta dietro ogni filo d’erba, la sente. La vibrazione.
La malinconia. Quel sentimento soffuso come qualcosa di lasciato indietro per
secoli e secoli, la passione di tutti coloro che da qui sono transitati. E non
capisce, perché è la prima volta che vede e sente questo spettacolo, e non ha
avuto tempo di riflettere. Ma ne è stranamente soggiogato. Un po’ la sente
propria. È quella stessa insicurezza che stanotte l’ha portato a varcare una
porta che non gli era concesso attraversare.
“Andiamo?” Chiede Saga.
“No. Ancora un minuto.” Aiolos si
avvicina e lo abbraccia. “Restiamo qui ancora un minuto.”
“Non si può.”
“Saga…”
“Non fare così. Non si può.”
“Saga, per favore.”
“Tu non –“
Lo bacia. Con intensità, quasi
con disperazione. Come se la strana malinconia di questo luogo gli sia penetrata
dentro e abbia amplificato quello che già provava prima di raggiungerlo. È una
sensazione strana, come di onde nello stomaco.
Saga all’inizio tenta di
scansarsi. Tenta di smuoverlo e dirgli che non può fare questo, non può
baciarlo in luogo dove neanche potrebbe restare. Sotto il recinto di stelle non
c’è spazio per tutti e due. Gli stringe le dita sulle braccia e cerca di
allontanarlo, ma Aiolos è mosso dalle onde nello stomaco e non ha intenzione di
quietarsi. Sente qualcosa dentro che urla troppo disperatamente per
mettersi a tacere. Così continua, baciandogli il collo, e le labbra, un cratere
increspato sulla sua faccia di luna. E alla fine Saga si arrende. Pensa che in
fondo non è il primo, e non sarà l’ultimo, Aiolos, a cercare del calore su questo
suolo che è amalgamato alla notte e al buio. Pensa che non è e non sarà il primo
a cercare di chiuderne la Porta,
a trattenere qualcuno per terra, perché dalla Collina delle Stelle si accede
direttamente al Cielo.
Pensa che è proprio la sensazione
che ha sempre avvertito.
Amore e disperazione.
Sotto ogni pietra, dietro ogni
filo d’erba. Ammirata dal recinto di stelle.
Pensa a tutte le generazioni di
Cavalieri che dai tempi del mito hanno provato esattamente quello che prova
lui, perché sono stati tutti accumunati dal destino alla solitudine e alla
sofferenza, dalla vocazione per la morte.
Pensa a coloro che hanno prematuramente
attraversato la Porta
che conduce al Cielo.
Ma che prima, prima hanno voluto
prendersi qualcosa per sé.
Aiolos rallenta il suo impeto
staccandosi da lui, portandosi dietro la sua tunica. Non lo guarda negli occhi.
Gli scosta i capelli dal viso.
“Ti prego…” Dice, di nuovo
sussurrando, come se questa premura potesse riscattarlo dalla profanazione
compiuta.
Allora prenderò qualcosa per me.
“Sì.”
Copre di nuovo le distanze,
gettando al vento il sacro e gli antichi riti di purificazione. Gettando al
vento vestiti e capelli, come se fossero niente.
“Sì.”
Qualcosa per noi.
“Non ha più senso.” Saga si
sistema meglio tra le braccia di Aiolos. “Ha volte ho come la sensazione che il
nostro compito non abbia più molto senso. Tutto quello in cui noi crediamo… può
essere distrutto in un secondo.”
“Questo non è vero.”
“Sì, invece. Una notte di un anno
fa, sai, sono venuto qui col Pontefice. Proprio qui dove tu non dovresti
essere. Chiedevamo alle stelle la data per la Cerimonia di dopodomani.
Chiedevamo al cielo delle cose. Mi sembrava davvero assurdo che noi guardassimo
il cielo per delle risposte la stessa notte in cui gli uomini hanno camminato
sulla Luna.”
“Mm?”
“Uomini normali. Esseri umani
senza forza, all’oscuro del nostro mondo. Senza Cosmo. Arrivano sulla Luna dove
noi, coi nostri antichi riti e la nostra religione, non giungeremo mai.”
“E questo ti fa male?”
“Un po’ sì.” Risponde. “Un po’ mi
fa sentire vano.”
Aiolos pensa un attimo a cosa
rispondere. “Non puoi farci niente. Il nostro mondo e il loro, anche se
occupano la stessa superficie, si sono evoluti in due direzioni diverse. La
nostra presenza è oscura e segreta. Forse non arriveremo mai sulla Luna col
nostro semplice Cosmo. Ma qui, sulla Terra, noi possiamo proteggerli.”
Saga non dice più nulla,
chiudendo gli occhi, guancia appoggiata alla spalla di Aiolos.
“Perché da quando ti conosco ti
poni sempre queste domande, Saga?”
“Non lo so. Forse sono troppo
volubile.”
Almeno ora sai che non potrò mai partire per la Luna.
***
Oh,
cielo, che capitolo lungo. Scusate. Sì, era prevista una sottospecie di lemon,
qui. Ma io, dopo anni di fan writing, ho definitivamente capito che non ne sono
in grado. Diciamo che vi lascio all’immaginazione XD
E poi,
oh – che lunga attesa. Sono senza forze. Ma c’è ancora qualcuno che legge
questa fic? No, perché mi ero seriamente impegnata per scriverla, ma mi
sembrano passati mille anni dal giorno in cui ho messo la parola fine…
Ringraziamo
Kiki May che per quanto ne so
potrebbe in questo momento trovarsi in un atollo polinesiano a vendere noci di
cocco (me lo auguro per lei, perché le voglio bene <3), tanto tempo è
passato.
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Capitolo 23 *** Granello ***
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23.
[Granello]
Nel mezzo della notte ritorna
Saga. Ha la faccia premuta contro il cuscino e guarda il suo gemello che giace
accanto a lui. Sembra un miracolo averlo con sé di nuovo.
È appena entrato e ha cercato di
fare il meno rumore possibile. In punta di piedi si è avvicinato al letto e si
è sdraiato. Kanon ha aperto gli occhi appena appena, quel tanto che bastava per
farli scintillare di azzurro. Si è proteso verso di lui, che lo guardava con un
tono di scusa. Ha sfiorato col naso la curva delicata del suo collo.
Aveva addosso odore di altro.
Sono mesi che Saga non mette
piede fuori da Atene. Sono anni che non lo fa per una missione. Ogni volta che
lascia la città – la sua città,
bianca e azzurra come la sua faccia – sente una strana sensazione di perdita.
Il paesaggio che gradualmente scompare è qualcosa che gradualmente scompare
dentro di lui. Atene dalle candide soglie è l’unico posto che ormai potrebbe
mai chiamare casa, e l’unico dove desidera davvero ritornare.
Per i suoi colori.
Per il suo mare.
Per i templi.
Per i profumi che sono un po’
come tornare indietro in una regione remota dell’infanzia.
E per Aiolos.
Eppure ha come la sensazione che
se camminasse a lungo per questa strada, se percorresse questa striscia di
costa verso Nord, per miglia e miglia, giungerebbe prima o poi nel luogo in cui
è nato. Forse è per questo che gli sembra tutto così famigliare. O forse perché
le insenature sull’Egeo si somigliano un po’ tutte.
“Dove andiamo?” Chiede.
Corre veloce Kanon, su quegli
scogli impervi. “In un posto dove non possano sentirci.”
“Ovunque ci possono sentire,
Kanon. Il Cosmo è –“
“Lo so!” Si volta ridendo. “Ma
qui non daremo nell’occhio.”
Si ferma in una zona poco
lontana, a ridosso del mare, dove gli
scogli hanno formato una conca naturale.
La figura di Kanon si staglia
contro il sole con quei suoi capelli appena un po’ più chiari e la pelle
abbronzata, e per un secondo Saga si chiede com’è possibile che la sua sia così
simile all’opalescente luna. Come è possibile, perché anch’egli è nato sul mare
e sul mare, sotto il cielo mite della Grecia, ha sempre vissuto.
“Qui andrà bene.”
Saga sbatte la testa contro uno
scoglio, e l’onda d’urto lo rispedisce indietro. Il braccio si incastra tra due
spuntoni frastagliati. Lo strappa dalla morsa, lacerandosi la carne
tutt’intorno al polso.
Non è come combattere all’arena,
pensa. Le rocce sono dure e così ruvide, e gli graffiano la faccia. Sulla
pietra chiara brillano come piccole perle rosse le gocce del suo sangue.
Si alza scuotendo la testa e con
un balzo è di nuovo sul gemello.
È la prima volta che combattono
l’uno contro l’altro. Lo facevano da bambini, ma allora era un gioco innocente
come tanti. Allora non avevano nemmeno immaginato cosa fosse un Cosmo, e quale
magia dimorasse dentro di loro. Ed oggi è molto strano, perché, non fosse per
quei baluginii appena un po’ più chiari sulla testa di Kanon, Saga avrebbe la
netta impressione di colpire se stesso, e lottare contro se stesso.
Fende l’aria fresca della mattina
con un pugno.
“Galaxian – Explosion!”
Kanon si ripara come può, e
allora reagisce. C’è una strana scintilla nei suoi occhi. Saga potrebbe dire di
aver notato un impercettibile sorriso soddisfatto.
“Galaxian Explosion!” Tuona Kanon.
Cosa può fare?
Saga sgrana gli occhi, sorpreso.
Per un istante vacilla, poi finisce di nuovo contro gli scogli.
“Sei stato da Aiolos?”
Domanda diretta. Saga non può
negarlo. Non sa come l’abbia capito. Forse sono cose che si sentono e basta tra
gemelli, forse anche lui se ne sarebbe accorto, fosse stato al suo posto. Forse
lo sapeva prima ancora di sentirne l’odore. Forse l’ha sempre saputo. Forse è
davvero evidente.
“Sì.” Dice.
Kanon ha uno sguardo
ininterpretabile. Saga inclina un po’ la testa per vederlo meglio, illuminato
dalla luce notturna che entra dalla finestra. Aggrotta le sopracciglia, blu
scuro, due piccole onde, due piccoli rilievi sulla superficie lunare.
“Ti dispiace?” Chiede.
Come se fosse colpa sua essersi
innamorato dell’unica persona che ha condiviso con lui tutti questi anni.
Come se fosse colpa sua essere
stato separato da Kanon troppo presto, e aver dovuto cercare un’altra casa, un
altro appiglio, qualcuno…
“Sì.”
E all’improvviso Kanon ha come
un’intuizione. Vede Saga rabbuiarsi a poco a poco, ritraendosi sempre di più
dalla sua parte di letto. All’improvviso Kanon capisce come deve fare.
Quello che non ho potuto avere…
Aiolos. Il suo punto debole. La
sua fragilità. L’equilibrio instabile. Kanon ha sconvolto tutto il suo sistema,
e così gli basta solo continuare a scuotere, e scuotere, finché non crollerà.
“Sì che mi dispiace. Lo odio. Lo
detesto. Perché ti allontana da me. Non capisci?”
“Cosa dici?”
Non ho potuto avere…
“Lo sa che sei debole. Io ti
capisco. Io posso prendermi cura di te. Ha capito che sei debole, sotto questa
tua splendida maschera di forza. E la calpesterà. Ci arrivi?”
“Quello che dici non ha senso.”
“Vedrai.”
Primo granello di sabbia
lanciato. Ce ne vogliono quanti per fare un deserto?
A Nord-Ovest sopra Atene si
estende il Golfo del Pireo. È la prima cosa che Saga ha visto quand’è arrivato.
Ricorda di aver pensato che il Pireo fosse solo il porto della città, e che per
questo dovesse essere un porto davvero enorme. L’ha creduto finché Kastor, il
suo vecchio maestro, gli ha spiegato che è stato il porto ad aver preso il nome
dal golfo intero.
Cos’è un golfo, aveva domandato.
È una striscia di costa così,
aveva risposto Kastor, disegnando un curva nell’aria con le mani. E’ un pezzo
di terra che forma un arco col mare, e il mare entra più in profondità,
protetto e calmo dalle turbolenze.
Ora guarda la distesa rocciosa
davanti ai suoi occhi e il mare e il cielo, ed è tutto quello che c’è. Sono
distanti chilometri e chilometri dal primo villaggio o dalla prima strada
trafficata. Meglio. Si respira un’aria vera, l’aria di tutti i posti di mare.
Odore di sale dappertutto. Sensazione salina sulla pelle.
Kanon finisce di sistemargli la
benda attorno al braccio ferito con cautela.
“Dove hai imparato quel colpo
micidiale?”
“Durante l’addestramento.”
“Chi è stato il tuo maestro?”
Non risponde. Stringe appena il
nodo bianco. La garza si tinge di piccole macchie scarlatte attorno al polso,
come perle di sangue.
“Chi ti ha insegnato quel colpo
micidiale?”
“Ho viaggiato a lungo.” Dice. “Da
molti ho appreso i miei segreti. Non ho avuto un Maestro come te. Non ho avuto
una casa come te, fratello.”
Non sono stato fortunato come te, sembra voler dire.
E mentre pronuncia queste parole
con le labbra, e altre ne sfiora solo col pensiero, stringe appena un po’ di
più la benda che ora sul polso è cerchiata da un unico filo ininterrotto di
perle scarlatte.
Tutto quello che non ho potuto avere, Saga…
Saga non aggiunge nulla. China
leggermente la testa. I suoi capelli scivolano davanti agli occhi, come un’onda
che si ricongiunge al mare.
Un colore appena un po’ più scuro
del mare.
“Vorrei davvero sapere, sai.”
“Cosa?”
“Un giorno vorrei davvero sapere
dove sei stato. Cos’hai fatto, con chi hai vissuto. Cosa ti è successo in
questi anni. Cos’hai… provato. È come se tu sapessi tutto di me. Io, invece, ho
l’impressione di non riconoscerti più.”
“Non dire così.”
Sorride.
“Ho l’impressione che il tempo ci
abbia reso –“
Estranei.
“– distanti.”
Kanon si passa una mano sulla
fronte scottata dal sole. Guarda verso il cielo con l’aria grave.
Tutto quello che non ho mai avuto…
“Io non ho più un posto dove
andare, Saga.”
Glielo dice così, all’improvviso.
“Rimarrò qui con te.”
Allunga un mano, verso la sua.
Così identiche. Dita affusolate e proporzionate che si intrecciano. La mano di
Kanon è appena più abbronzata e screpolata della sua, ma è forte e calda, e
potrebbe frantumare tutte le rocce del golfo. Saga la stringe, il polso
cerchiato di rosso.
“Per molto tempo, credo, rimarrò
qui con te.”
Tutto quello che non ho potuto avere…
Kanon lo guarda. L’espressione di
Saga è quasi feroce.
Toccato un punto sensibile?
È come se sulla sua faccia di
luna si addensassero nubi di tempesta. È come vederla dal suo lato oscuro. È
come vederla una notte quando sta per essere ingoiata dal buio, e della sua luminosità
fosforica non resta che una sottile falce calante.
È così, pensa Kanon.
Quella spaventosa oscurità sta
solo dormendo dentro di te. E aspetta. Il tuo è un equilibrio estremamente
precario, e vacilla al minimo tocco.
Sorride all’ombra della notte, e
forse Saga lo vede. Forse Saga capisce.
Primo granello di sabbia
lanciato. Ce ne vogliono quanti per fare un deserto?
Kanon ha tempo. Sono anni che
aspetta.
Granello dopo granello li lancerà
tutti, fino a riempire il Santuario, fino a farne un luogo arido e desolato.
Non importa se ci vorrà una vita.
Questa notte ha appena
cominciato.
Tutto quello che non ho potuto avere
da solo me lo prenderò,
Saga.
***
Oddio, che confusione, questo
capitolo °O°! Come dissi a Ila, questo capitolo è nato con l’intenzione di
essere un vaso andato in pezzi e ricomposto, ma credo di aver esagerato coi
frammenti ;O;
Cooomunque, per rispondere a Kiki May, oh, i capitoli sono ancora
tanti, tanti, tanti. Non ho nemmeno il coraggio di dirlo ad alta voce. Ma se
consideri che siamo ancora a prima del colpaccio al Grande Tempio… ne abbiamo
di strada da fare verso Hades (perché la storia finirà proprio con la
conclusione di Hades). Ecco, ora che sei debitamente scoraggiata puoi deciderti
ad abbandonare la nave o a rompermi le scatole per aggiornamenti più celeri, il
che sarà l’unico modo per concludere questa fan fiction prima della mia laura
magistrale (so far away).
I love youh all <3
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Capitolo 24 *** Scrigni ***
blu 24
24.
[Scrigni]
Scrigni dorati al centro
dell’Arena. Come gioielli risplendono sotto la luce del sole.
Saga è sceso dagli spalti ancora
deserti.
Nessuno vede la loro meraviglia,
nessuno avverte la loro sinergia. Le due Cloth mitiche sembrano richiamare il
tempo per cui si sono quietate, lo raccolgono dentro, lo comprimono – due
secoli di pace – per poter esplodere l’energia. Quell’energia.
Se la ricorda bene, Saga.
Una delle sensazioni più belle
che abbia mai vissuto.
Qualcuno l’ha portato nell’Arena
tenendolo per mano, allora.
Si china ad accarezzare gli
scrigni dorati che rimangono muti. C’è una profonda potenzialità in essi,
pronta a dischiudersi all’ora stabilita.
Guardando distrattamente verso
l’alto, li scorge. Si sono nascosti dietro un gradino.
Così piccoli, pensa.
Eppure già destinati a grandi cose.
Quando domani apriranno questi
scrigni, anche Milo e Camus si imbarcheranno sulle navi del mito, di quelle dei
tempi passati che portavano a casa gli eroi della leggenda. Anche Milo e Camus
saranno un po’ i nuovi eroi della leggenda. Come lui. Come Aiolos.
Un po’ prova pena per loro. A
quei due bellissimi bambini toccherà percorrere insieme il cammino dei
guerrieri, che è il più faticoso e il più struggente di tutti. Arriva più in
alto, ma a che prezzo. Nelle loro facce innocenti sembra scorgere il destino di
tutti. Sono fatti per provare sensazioni ed emozioni più intense. Sono fatti
per credere fermamente nei loro ideali di giustizia, nella santità, nella
rettitudine della loro dea. Sono fatti per combattere in nome di un bene
superiore che li farà brillare. Sono fatti per uccidere e provare orrore per
l’omicidio. Sono fatti per la lacerazione. Sono fatti per calpestare chiunque e
per proteggere chiunque. Sono fatti per la solitudine degli eremiti. Sono fatti
per l’amore che è l’unico sostegno nel deserto che attraversano. Sono fatti per
i pianti, perché –
Sono fatti per morire giovani.
Possono frantumare una montagna
con la forza del pensiero, e bruciare il Cosmo fino a far tremare il cielo e la
terra.
Eppure, dentro, sono fragili come
qualsiasi essere umano.
Soffriranno. Anche loro, come tutti.
Appena riparato da una tenda
chiara, bianca come un giglio, che scherma i raggi forti del sole pomeridiano.
Saga si chiede che luminosità possano vedere dall’Arena. Il loro piccolo palco
deve scintillare di qualcosa di più puro del giorno, con la tenda bianca che
riflette i raggi di sole e le Armature d’Oro che di sole sono come intessute.
La sua, preziosa e imponente, e più ancora quella di Aiolos, che dispiega le
ali come fossero l’ aurea corolla di un fiore.
Aiolos avrebbe voluto trovarsi
dall’altra parte del campo. Non sul palco ufficiale. Non alle spalle del Gran
Sacerdote, a guardare verso il basso le due figure immobili al centro dello
spiazzo di terra brunita. Senza poter piegare le labbra in un sorriso.
Da quella distanza, sul loro
piedistallo di guerrieri, non sono né Maestri né fratelli. Sono i Santi e la
massima aspirazione. Per chiunque.
Entità irraggiungibili.
Per questo Aiolos avrebbe voluto
potersi sedere sugli spalti assieme a suo fratello. Avrebbe voluto sedersi e
guidarlo attraverso la Cerimonia
con gli occhi sereni di chi c’è già passato. Prenderlo per mano. Spiegargli in
cosa consiste questa strana vibrazione nell’aria. Permettergli di capire la
magia che sta nascendo sospesa tra i mulinelli di terra sollevata.
Era irrequieto, oggi, il piccolo
Leone. Aiolos l’aveva lasciato assieme ai suoi compagni per prendere posto sui
gradini più alti.
L’aveva lasciato per indossare
l’Armatura.
Saga era presente, in quello
stesso istante. Tanti occhi ammirati li stavano guardando allontanarsi, uno
accanto all’altro. Solenni e maestosi, come si immaginano gli antichi eroi del
mito. Forti e belli.
Santi.
Fragili.
Guarda i Bambini d’Oro che ha
ormai imparato a conoscere, tutti seduti ordinatamente. Presto verrà il turno
per ognuno di loro di varcare la soglia dell’Arena.
Non può fare a meno di notarli,
Saga, che ultimamente ha riscoperto un antico peso nel cuore. Non può fare a
meno di pensare a loro nella stessa direzione in cui pensa a se stesso.
Così diversi l’uno dall’altro.
Cosa avrebbero avuto in comune,
se quella notte il Kyooko non li avessi trovati sbirciando in una mappa di
stelle? Si sarebbero mai incrociate le loro esistenze?
Sarebbero i loro destini stati
così indissolubilmente legati, vita e morte?
Mu, il piccolo Mu dai lunghi
capelli color della lavanda, lo vede benissimo, non sarebbe mai sceso dalle
montagne dello Jamir. Shaka, che a sei anni conversa con Buddha forse si
sarebbe fatto immolare su qualche sacro altare della sua antica religione. Poi
c’è Afrodite, che viene dal continente, dalla Svezia. Anche lui ha capelli
azzurri come il cielo più luminoso del giorno, e una bellezza che gli porterà
solo sventura. Ci sono Shura e Aldebaran che sembrano i più grandi di tutti,
c’è il bambino italiano che si fa chiamare Death Mask.
Tutti sono stati richiamati per
assistere alla Vestizione.
Presto, molto presto, verrà il
loro turno.
“Sembri dispiaciuto per loro.”
Dice Aiolos.
“Ricordi?” Saga si stende meglio.
“Una volta, quando avevamo sei o sette anni. Ricordi che peso sentivamo su di
noi?”
“Sì.”
“Io non mi sento alleggerito,
ora.”
Li prepariamo – a cosa, Aiolos?
Si aprono gli scrigni dorati. Il
Santuario è investito di una luminosità sovrannaturale.
Da dietro la sua maschera il
Pontefice sorride.
Si sta compiendo tutto per tempo,
le Cloth si dischiudono all’ora stabilita.
Da oggi due nuove stelle si sono
reincarnate e camminano su questa terra, e il loro aspetto è quello bellissimo
e terribile degli antichi eroi delle leggende, quello bellissimo e terribile di
tutti coloro che hanno mai indossato queste Sacre Vestigia.
***
Capitolo
cortino. Non riesco a scrivere. Sono malata çOç. Meglio finirla qui, non vedo
perché allungarlo forzatamente dove non c’è bisogno. Ringraziate di nuovo gli Zep e Mr.
Plant che dice <3 The mighty arms of
Atlas hold the Heaven from the Earth. Sì, è
proprio lei. Achille’s Last Stand. La Canzone più bella della
storia del rock.
Mm, è
passato più di un anno da quell’8.03.2009 in cui ho scritto questo capitolo e
sono di nuovo malatah ç_ç. Il primo giorno di lezioni non è bello.
Grazie Kiki May per l’incoraggiamentoh. Non sei
stolta. Sei coscienziosa. E io devo fare qualcosa per impedirti di cadere nel
baratro della stoltezza! Grazie per questa e tutte le altre recensioni. Eccì.
Baci
<3
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Capitolo 25 *** Epitaffio ***
blu 25
25.
[Epitaffio]
La scia rossastra del tramonto
lascia come una macchia sul pavimento della Terza Casa. Dalla soglia penetra
una luminosità intensa che sembra accendere la pietra e renderla magmatica.
È un effetto curioso, osserva
Kanon.
Gradatamente l’ombra infuocata
del cielo di fuori si smorza e si estingue, lasciando il marmo alla sua
naturale compattezza.
“Rimani. Rimani qui.”
Saga esce da quello stesso arco
che ora sembra un portale su un mondo di fiamme, e di quelle fiamme è
investito. Non indossa l’Armatura. Esce e comincia a salire le scale del Grande
Tempio.
“Saga! Stupido Saga!”
Il suo gemello sorride.
Appoggiato allo stipite, è un po’ più rosso del normale e la sua espressione e
quel colore lo deformano quasi in una creatura demoniaca.
Un altro granello lanciato.
Per arrivare in cima, deve salire
un milione di scale. Ha tempo di riflettere. Ha tempo per districare questi
intricati fili.
Cammina lentamente, Saga,
soffermandosi ad ogni passo sulla pietra che calpesta.
Attorno a lui si ergono antichi
monumenti, tutti candidi come gigli, come il mantello di un Saint. Adesso che
giunge l’ora stabilita si stanno spegnendo, bagnati di un rosso che già lascia
il posto alla fosforescenza della sera.
Su questi muri sono state scritte parole profetiche
E questa luce le esalta.
Si chiede cosa sia nascosto,
sotto. Quale segreto custodiscano. Ci sono troppi misteri al Santuario, troppe
note sospese nel vuoto. Troppe voci stemperate nel silenzio.
A volte ha l’impressione di
sentirne il riverbero sospeso tra queste antiche mura echeggiare da distanze
millenarie.
Sempre stato qui, dai tempi del
mito.
Mi chiedo quante cose potrebbe raccontare il Santuario se Atena gli
donasse una voce.
Narrerebbe delle sue grandi
battaglie? O di tutte le vite che l’hanno popolato? Narrerebbe di eroi o di
uomini?
“A cosa pensa il Nobile Saga?”
Una voce infantile lo fa
trasalire. Milo è seduto sui gradini davanti al proprio Tempio e lo guarda
sorridente.
“Nobile Milo…” Dice inclinando leggermente la testa.
Milo si morde il labbro leggermente
imbarazzato. Non riesce proprio a pensare che Saga, il grande Saga, l’uomo così
bello e forte da rassomigliare alla reincarnazione di un dio sulla terra, possa
rivolgerglisi come un suo pari.
Questo Saga lo sa. Un po’ lo prende
in giro con benevolenza. Se lo ricorda, il giorno in cui è arrivato a bordo
della nave, un bimbo di quattro anni curioso e agitato che tratteneva tutto il
suo potenziale dentro. Si ricorda gli occhi limpidi e i capelli intessuti di
sole, e questa è l’immagine che per sempre avrà di Milo. Forse un giorno,
quando sarà cresciuto, quando sarà un uomo – e sarà sicuramente un uomo
bellissimo-, Saga lo guarderà e tornerà indietro alla sua prima immagine, alla
sua immagine persistente. Forse un giorno, quando sarà cresciuto, quando sarà
un guerriero esperto – e sicuramente sarà imbattibile ed indomito –, lo
osserverà in battaglia, e sentirà la sua voce puerile chiedere: il Pontefice è più forte di voi?
Forse sorriderà a questi ricordi.
“Mi domandavo chi per tutti
questi secoli abbia abitato le stanze della tua Casa.”
Milo è stupito della domanda. “Non lo so…” Ammette.
“Nemmeno io lo so. Non so chi
abbia vestito la tua Armatura prima di te, né chi abbia vestito tutte le altre
Armature. E questo se ci pensi è… voglio dire: siamo destinati anche noi a
perderci nell’oblio delle future generazioni? Perché verremo dimenticati, come
abbiamo dimenticato chi ci ha preceduto.”
Diventeremo solo altre voci tra quelle che echeggiano nel Tempio, e
qualche nuovo abitante che passi da queste parti, un giorno, forse ci potrà
vagamente sentire…
“Io ho visto le loro tombe.” Dice
Milo. “Si trovano sulla scogliera, e sono coperte di erba. Ci sono solo piccole
lapidi che sussurrano il loro nome. Non c’è scritto quando sono morti e come,
non c’è scritto quanti anni avevano. C’è il loro nome scolpito nella pietra, e
l’erba che li ricopre. E va
bene così, credo. Insomma. Nobile Saga, noi ci alleniamo da una vita
alla sofferenza e alla lotta, ed è questo quello che sappiamo fare. Sappiamo essere guerrieri. Siamo
guerrieri, e così il mondo ci vede. Poi moriamo, e finalmente cessa lo strepito
della battaglia. C’è solo pace. Silenzio. Mi conforta sapere che non verrò
ricordato come colui che con la sua mano poteva distruggere la vita stessa. Mi
conforta sapere che anch’io riposerò in un campo d’erba, e solo il mio nome
sarà consegnato ai secoli, e me ne resterò accanto a quelli che con me hanno
vissuto. Capisce?”
Non così piccolo, in fondo.
Saga è profondamente toccato
dalle parole di Milo. È stupito che un simile discorso possa uscire dalle
labbra di un bimbo di otto anni. Otto anni soltanto, e già tanta lucidità. È un
Cavaliere d’Oro non per niente. Non è un bambino comune, come non lo è stato
lui. Possiede un Cosmo, che è come possedere un universo dentro, una deflagrazione
che origina le stelle, deve essere per forza più profondo dello spazio e più
denso della notte.
Loro sono così. Anche lui era così.
“Capisco, certo. Credo che tu abbia
ragione. Dopo tutto questo clamore forse ci meritiamo solo la pace.”
“Il silenzio.”
“Già.”
Si avvicina a Milo e gli
accarezza affettuosamente la testa.
“Arrivederci, Nobile Milo.” Dice.
Senza più scherno.
“Arrivederci, Nobile Saga.”
Lo sorpassa. Milo si volta un
secondo e lo vede procedere, senza l’Armatura eppure, nonostante tutto, così
maestoso. Sa che sta andando da Aiolos. E sa che in un certo senso quella
visita, come tutte le altre che ha fatto, e che farà, è importante per lui.
Lo lascia andare con gli occhi,
invidiandolo un po’ per quel sentimento così forte, per quel legame che, pensa,
dà un senso a tutte le cose.
Ora ha nella testa l’immagine
delle tombe.
Ricorda di essere stato al
cimitero più di una volta da bambino. Ma dal giorno della sepoltura di Kastor
non vi ha più messo piede.
È stato lui ad incidere la pietra
tombale. Avrebbe desiderato poter scrivere un epitaffio, una dedica adeguata
per esprimere tutto l’amore che provava nei suoi confronti. Ricorda di non aver
mai provato tanto dolore come il momento in cui era chino su quella lastra. Per
un attimo ha sentito così intensamente il legame che li ha uniti. Per un
attimo, nella sua mente, l’ha chiamato padre.
Questo avrebbe voluto dirgli, inciso nella pietra per i millenni a venire,
depositato accanto a tutti i guerrieri che nella morte l’hanno preceduto. Ma da sempre la tomba di un
Cavaliere è spoglia. Così ha inciso il suo nome e l’ha lasciato lì, a riposare
dov’è ora, dove resterà per sempre, dove lo raggiungerà.
“Tu cosa vorresti che sia di te, dopo?”
“Dopo cosa?”
Saga lo guarda inarcando le
sopracciglia, come due onde blu, due increspature sulla superficie lunare.
“Perché pensi così spesso alla
morte?”
Anche questa è una domanda a cui
Saga non risponde. Fissa intensamente Aiolos.
“Sai, non ci ho mai pensato. Al dopo. Spero che sia il più tardi
possibile.”
“Neanche io ci ho mai pensato. Ma
stasera ho come avuto un’illuminazione.”
Si volta su un fianco, Aiolos.
Allunga il braccio e comincia a sfiorare l’addome del proprio compagno in una
lenta carezza sovrappensiero.
“Immagino,” Dice. “di voler
essere lasciato in quel prato sempre luminoso. Immagino fiori che crescono
sulla mia tomba. Non ci è concesso molto, a dire il vero. Solo il nostro nome
può essere scritto per coloro che verranno.”
“E nient’altro resterà di noi.”
“No.”
“Aiolos…”
“Sì?”
“Secondo te ci è dato almeno
scegliere dove essere seppelliti? Voglio dire… se io desiderassi essere posto
accanto a qualcuno in particolare per starmene lì tutta l’eternità, in pace –“
“Sarebbe un ultima consolazione.
Non credo che qualcuno te la possa negare.”
Chi negherebbe la sepoltura a un uomo che muore?
Non prosegue. Non dice quello che
sente.
È accanto a te che vorrei essere posto.
Non lo dice perché il solo
pensiero lo fa inorridire, ora che sono ancora vivi, e possono giacere vicini e
toccarsi per davvero.
Saga si ricorderà questo
discorso. Verrà il giorno in cui gli tornerà alla memoria, e non ci sarà pace,
non ci sarà conforto per lui sotto nessuna zolla di terra di questo mondo.
***
Certo,
certo, scusatemi. Credits ai King Crimson. The wall on
which the prophets wrote, is cracking at the seed è totalmente loro da –cielo-
cinquant’anni buoni. Epitaph. È che scrivo
sempre ascoltando musica, e a volte certe meravigliose parole si imprimono nel
discorso ed è inutile cercare di cancellarle, stanno lì e basta… Oltre alla
solita parentesi-ascoltate-buona-musica che non so perché mi ostini ancora ad
aprire (?) anche se forse qualcuno coglierà i miei saggi consigli (?) sono
particolarmente felice perché Lunedì prossimo me ne vado al Lucca Comics. Sono
anche particolarmente depressa perché danno pioggia e il mio cosplay di Alice
in Wonderland consta più o meno di una gonnellina leggerina e scarpettine di
vernice e camicina ridicola per affrontare quello che probabilmente sarà un
diluvio di proporzioni bibliche. Ma cosa devo fare…
I really wish to thank Kiki May for all the support! Tu cogli i miei assurdi deliri musicofili e per questo sono
molto fiera *si bea di sé*. E poi sei ancora qui with me… With all the fun to have, to live the dreams we always had, with all
the songs to sing, when we at last return again! *prende l’abbraccio e
cerca di imitare i versi sexy di Robert Plant remdendosi ridicola*
Oh, beh.
Alla prossima.
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Capitolo 26 *** Cocci ***
blu 26
26.
[Cocci]
“Smettila!” Grida Saga.
Lancia a terra un vaso, la prima
cosa che gli è capitata tra le mani.
“Smettila, smettila, smettila!”
Kanon osserva i piccoli frammenti
di ceramica smaltata spargersi su tutto il pavimento con apparente casualità.
È la prima volta che Saga perde
in questo modo il controllo.
Il tuo equilibrio,
sta già cominciando a vacillare
sotto i miei colpi?
Possiedo già un pungo di sabbia tra le mani.
C’è una bella giornata su Atene,
e il sole è così chiaro nonostante l’inverno. Sta per finire la stagione buia,
e con essa i tramonti precoci, le notti più fitte dell’anno. Sta per finire il
periodo morto in cui Atene sembra come assopita in un letargo, lei che è una
città costruita sul mare e vive in funzione del mare.
Per questo Aiolos è felice. Di
una felicità piuttosto leggera, a dire il vero. Ma è pur sempre quello che ha
tra le mani, e gli basta.
Scende la lunga Scalinata e
giunge davanti alla Terza Casa. Entra. Le porte sono spalancate, e dall’uscio
esposto al sole entra il chiarore di una bella giornata, spandendosi sulle
colonne. Tutto così bianco e azzurro, pavimento bianco, pareti bianche,
ritaglio di cielo dalla soglia.
“Saga,” Lo chiama.
Non risponde Saga. Non emette
nessun rumore. Per un istante Aiolos pensa che nel Tempio non ci sia nessuno.
Percorre il corridoio e accede alle stanze interne.
E lui è lì.
Chino sul pavimento dal candido
bagliore, lunghi capelli come nubi celesti che quasi ne accarezzano la
superficie.
È lì, e raccoglie dei cocci di
vaso.
In silenzio.
Ha di nuovo quello sguardo.
Raccoglie i cocci di un vaso
rotto ad uno ad uno. Allunga la sua bella mano pallida, quasi fosforescente, li
afferra come se fossero fatti di materia inconsistente, o di aria, come se
dovesse distruggerli con la punta delle sue dita. Poi li lascia cadere nella
tunica. Guarda verso il basso, ma in realtà non fissa niente. Vede il vuoto.
Ha di nuovo quello sguardo da creatura inerte.
Da statua.
E questo, ad Aiolos, fa più paura
che qualsiasi altra cosa, più della missione per la quale deve partire, più del
vulcano da sconfiggere.
Rivederlo perso nel suo abisso, e
provare la sensazione di doverlo perdere presto.
“Ad Aiolos è stata affidata la
missione presso l’Eldfell.”
“Cosa?” Saga alza gli occhi dal
suo libro.
“Ad Aiolos è stata affidata la
missione –“
“E tu come lo sai?”
“Ho sentito questo. Sono solo
voci.” Dice Kanon.
“E’ molto probabile che sia lui,
perché il Pontefice non ha accennato a nulla durante il nostro ultimo
colloquio.”
“Certo.” Risponde Kanon. Pronto a
gettare un nuovo granello di sabbia.
“Beh, è normale, Kanon. Non sempre io devo partire.”
“Allora perché non affidare la
missione a Camus, che conosce le lande dei ghiacci e ne è maestro? Perché
Aiolos?”
“Perché – queste decisioni
spettano solo al Gran Sacerdote, Kanon. Smettila.”
Ma Kanon non la smette. Non può e
non vuole smetterla, ora che comincia ad accumulare un piccolo pugnetto di
sabbia.
Tutto ciò che non ho potuto avere, e mi spettava, pensa.
“Ma riflettici un attimo. Non
devi subirlo passivamente.”
“Subire passivamente cosa?”
“Che lui ti oscuri, Saga. Che lui
diventi più luminoso di te al punto da eclissarti.”
Saga lo guarda inorridito. “Non
posso credere che tu stia di nuovo cercando di farmi questo discorso. Non
voglio più sentirlo. Mai più. Basta.”
“Un giorno vedrai. Cosa potrai
fare quando capirai che ho ragione?”
“Tu non hai ragione.”
“E tu non vedi niente. Tu sei
cieco di fronte alla realtà perché lo guardi con gli occhi di un innamorato. Ma
non vedi che –“
“Che cosa?” Ora Saga comincia a
gridare. Si alza dalla sedia e sbatte violentemente le mani contro il tavolo. È
tutto protratto in avanti, verso Kanon.
“Che cosa?” Ripete, rabbioso.
Kanon non risponde.
Così facile scuotere il tuo baricentro, vedi?
“Kanon!”
“Una volta ti saresti fidato di
me ciecamente.”
“Kanon, io non ti conosco più!
Come posso fidarmi di te… ciecamente?”
“E’ colpa di –“
“Non è colpa di nessuno! Di
nessuno!”
“Colpa di nessuno, forse. Ma
intanto è contro di me che urli.”
“Tu mi stai facendo impazzire con
questi tuoi assurdi discorsi. Non puoi pretendere che non mi arrabbi. Non puoi
arrivare qui e pensare di toccare tutto quello che ho costruito. Non puoi
farlo. Non puoi pensare di distruggerlo!”
“Non è questo che –“
“Non puoi e basta! Non parlare
mai più di Aiolos in questi termini!”
Il tuo punto debole. Aiolos.
C’è un sorriso sempre più
malvagio in Kanon. “Perché no, se tu non riesci a distinguere la realtà
dall’inganno?”
“Perché noi due ci amiamo! E non
puoi farci nulla!”
Non posso proprio farci nulla?
“Tu lo ami. Ne sono sicuro. Lo
vedo nei tuoi occhi. Conosco il tuo cuore. Ma non conosco il suo.”
“Smettila!” Saga è quasi
sull’orlo delle lacrime. “Smettila! Perché lo fai? Perché mi fai questo? Sei
venuto qui solo per distruggermi?”
“Voglio solo –“
“Smettila!”
Afferra il vaso, lo lancia contro
il pavimento davanti ai piedi di Kanon. Finge una faccia stupita, lui. Finge di
non esserselo aspettato, di non capire quella reazione.
Ma dentro sorride di un sorriso
sempre più malvagio.
Ha visto la rabbia, la ferocia
incontrollata. È solo il primo pugnetto di sabbia, un misero numero di
granelli.
E quando un giorno qui ci sarà il deserto…
Sorride, Kanon, di un sorriso
sempre più malvagio.
“Ehi…”
Saga non dà segno di accorgersi
della sua presenza. Continua la sua minuziosa raccolta, continua a guardare oltre
qualcosa.
“Saga,” Aiolos gli si avvicina,
si china dinnanzi a lui. Lo separa da quell’infinità di cocci.
Per un istante, Saga si arrende.
I suoi occhi non scintillano di niente, sembrano fatti di un vetro denso e
scuro, come quelli delle statue. Per lo stesso istante, mentre Saga alza il
viso con lentezza, Aiolos ha paura che non lo riconoscerà, che vedrà attraverso
di lui quello che ha visto attraverso la porcellana smaltata del vaso.
Invece torna in vita.
“Anche tu,” Dice piano. “Cosa
vuoi?”
“Anche tu chi?”
Scuote la testa, Saga.
“Anche tu chi? Cosa è successo?”
Lo scrolla delicatamente, come un bambino. “Saga!”
“Lasciami stare. Lasciatemi tutti
stare.”
Ora Aiolos è estremamente
preoccupato. Quando lo raccoglie tra le sue braccia, e se lo tiene stretto,
Saga rimane immobile.
Perché? Si domanda. Perché?
Cosa succede per farti stare male di nuovo, Saga?
Ho impiegato anni per convincerti
che sei un essere umano come tutti gli altri. Ho impiegato anni a guardarti
dentro e cercare il punto in cui qualcosa di te è spezzato, e ricostruirlo.
Perché ora hai di nuovo questo sguardo apatico?
Quella bellezza come di statua,
placida, immobile, contemplativa.
Quel pallore come di marmo e
quegli occhi densi e blu come vetro.
Quel distacco.
Saga si lascia abbracciare in
questo modo, si lascia accarezzare da mani che cercano di scaldarlo sotto la
superficie di pietra.
Ci sono dita leggere che passano
attraverso i suoi capelli, e si perdono tra le onde come le navi nelle notti di
bufera.
Il loro tocco è la prima cosa che
sente.
“Aiolos?”
“Sì?”
“Dunque parti domani mattina per
l’Islanda?”
“Sì.”
Lo abbraccia stretto Saga.
Paura di perderlo, paura che si
sciolga nel vento.
Ma non è Aiolos, luminoso Aiolos
dagli occhi di prato, che scivolerà via così facilmente, e questo, in fondo al
cuore lo sa. Ha solo bisogno di calore. Ha solo bisogno di quella mano tra i
capelli.
Ha solo bisogno di –
***
Visto
che le mie commentatrici sono così solerti ed io sono ridotta all’ombra di me
stessa – senza sapere se vivrò abbastanza a lungo per postare la fine di Blu –
pubblicherò questo capitolo in un tempo eccezionalmente breve!!! Mi sembra così
strano. Forse è perché dalla mia gola escono solo suoni indistinti tipo […hhhh---…hn].
Maledette corde vocali. Il mio sciroppo per la tosse sembra vodka alla menta.
Thanks
to:
titania76: grazie
per il supportoh! Ne ho bisogno, questa storia che mi ha portato via così tanto
a volte non mi dà soddisfazioni >w<. E sì, per le età e le collocazioni
di alcuni personaggi (Kanon in primis) è stata una lotta, ho dovuto escogitare
scappatoie incredibili. Ora, cercherò di postare con più frequenza. Lo so, lo
prometto sempre. Dovete ammettere che sto migliorando moltissimo XD
Kiki May: oh,
cara. Io amo i rimandi. Questa storia è costruita sui rimandi. Ogni personaggio
è caratterizzato da parole chiave che sono fili conduttori e costruiscono come
una cornice su cui intessere la loro forma. Il fatto che ripeta costantemente
gli stessi aggettivi e le stesse espressioni non è una scelta casuale. Poi per
quella cosa di Milo, non so se ne ho già parlato. Volevo creare un legame particolare
tra Milo, Saga e Shion. Mi piace pensare che questi Cavalieri abbiano un lato
umano, e si innamorino, e soffrano tutti quanti, in ogni epoca, per ogni
generazione. Così Milo dovrà combattere le stesse battaglie interiori che hanno
combattuto Saga e Shion prima di lui, anche se con esiti diversi. Ecco perché
esiste un rapporto così segreto e profondo tra questi tre personaggi. Sono tutti
legati dallo stesso amore ç_ç
Ok,
chiudo qui. ho parlato troppoh.
Baci X*
|
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Capitolo 27 *** Profezia ***
blu 27
27.
[Profezia]
Notte. Altura. Buio.
Un uomo solo sulla cima della
Collina, vestito come un antico sacerdote. Ha lo sguardo rivolto verso l’alto e
il cielo che gli si riversa addosso sembra dipingerlo un po’ più di blu.
Sono anni, ormai, sono secoli che
mantiene quella posizione. Braccia alzate in una preghiera rivolta alle stelle,
ditemi, ditemi, ditemi tutto, e la
netta sensazione che loro rimarranno mute.
Sono anni ormai, sono secoli che
spera nel miracolo.
Non c’è più molto tempo, prima
che i Templi si spengano all’ora stabilita.
E allora parlatemi, stelle lontane.
Allora fate risuonare la vostra voce celeste.
Non c’è niente, all’apparenza,
che renda questa notte diversa da tutte le altre. C’è il solito silenzio
innaturale sospeso sulla quiescenza del Santuario. C’è il solito buio e il
solito deserto. C’è il Pontefice sulla Collina delle Stelle che attende,
attende come una creatura paziente la benevolenza divina.
C’è Saga che ancora una volta lo
accompagna, lui che ormai ha imparato quasi tutto dell’antica scienza della
divinazione.
Saga ha sempre più familiarità
con l’uomo nascosto dietro la maschera. Anche ora Shion se la toglie e la
deposita delicatamente sul prato. Si mostra senza più vergogna. È sempre un po’
più vecchio, pur restando un essere senza tempo. Forse è per la piega delle sue
labbra. Forse per l’espressione degli occhi che non tradiscono più nessuna
speranza.
Shion si è arreso.
Saga lo può quasi percepire
attraverso quello sguardo offuscato. Il suo corpo risuona delle stesse voci che
pervadono la collina, di quella vibrazione sommessa che è come un’onda che
monta da secoli e secoli nel suo sciabordare e non trova mai la spiaggia. È la
stessa vecchia malinconia, quella che si porta dentro.
Ha atteso per secoli su quella
collina qualcosa.
Ha atteso per secoli che le
stelle gli concedessero di liberarsi dal suo peso. Ha atteso per secoli il
momento in cui avrebbe potuto riappropriarsi della sua vita, e per un istante,
per un solo istante, ritornare ad essere felice, senza maschere, senza paramenti
sacerdotali.
Saga ha paura di guardare in
quegli occhi come ha paura di guardare in quelli di Milo. Perché forse ci vede
dentro se stesso. Forse, ci si ritrova. È un filo che li collega tutti quanti,
una sorte condivisa.
Le stelle sono troppo lontane, diceva sempre Shion, le notti in cui
lo portava con sé alla Star Hill.
Le stelle da troppo tempo guardano il mondo da distante.
“Nobile Shion,” Domanda Saga,
preoccupato dal lungo silenzio del Pontefice.
“Sì?”
“Perdoni la mia domanda. Si sente
bene?”
Braccia abbandonate lungo i
fianchi. Sempre più blu, Shion a furia di guardare il cielo. Sempre più blu,
che è il colore del distacco e della malinconia.
“Certo, Saga.” Sospira. “Cercavo
una risposta, ora che è tempo di riceverla.”
Le stelle sono impietose…
Saga non sa cos’altro aggiungere,
oltre all’amarezza di quella voce che giunge da lontano, come da distanze
siderali. Perciò si siede sul prato e aspetta.
C’è un bel cielo chiaro questa
notte. È aperto e sconfinato, e mostra tutto il suo recinto di stelle. Anche
Saga cerca, pure se non sa cosa.
“E quasi tempo.” Dice infine
Shion. “È quasi giunta l’ora. Ne sono sicuro. Tutti i segni mi sono giunti. Ora
le stelle devono solo dire…”
“Che cosa?”
“La Dea, Saga. La Dea deve rinascere. Lo so. Ma
devo capire come fare per proteggerla prima che…”
Prima che.
Prima di morire? Pensa Saga.
Shion non conclude la frase. La
lascia cadere nel vuoto e nel riverbero delle voci che sussurrano tra i fili
d’erba, sotto le pietre della Star Hill.
“Perché?” Domanda. “Saga, perché non
mi possono aiutare? Lo chiedo una volta. Una sola volta. Mi hanno già tolto
tutto. E io sto diventando così debole…”
“Sommo Shion!” Saga si alza per
soccorrerlo.
Il Gran Sacerdote, l’uomo più
forte e santo che abbia mai camminato su questa terra, ha perso la speranza.
Non ripone più fiducia nelle stelle. Forse da molti anni ha cominciato a
dubitare del miracolo. Forse, semplicemente, il prezzo che ha pagato è stato
troppo alto rispetto a quello che ha ricevuto in dono.
Saga questo non lo sa. Sa solo
che vede l’uomo dietro la maschera di forza e santità, vede il guerriero e il
sacerdote dei tempi passati, l’eroe di secoli di battaglie, l’eroe della sua
infanzia, che piange. Sta piangendo silenziosamente davanti a lui.
“Le stelle non vogliono bene a
nessuno.” Dice.
Poi si siede sul prato, che
sembra un mare blu sotto il mantello scuro della notte. Non dovrebbe, non così
recitano gli antichi riti. Ma cosa resta oggi degli antichi riti?
Saga non sa bene cosa fare e cosa
dire. Se ci fosse un altro uomo, disteso accanto a lui, potrebbe cercare di
capirlo, di consolarlo, ma è il Sommo Pontefice, e su di lui non si può
indagare.
“Dunque, Saga.”
“Sì?”
“Io non sono eterno. Lo sai che
la mia razza vive molto a lungo, vero?”
“Certo.”
“Io ho duecentoquarantotto anni. Ho
già combattuto una Guerra Sacra. Per Atena. Da più di due secoli sono rimasto
al Santuario per governarlo come Gran Sacerdote, con un preciso compito: quello
di ricostruire i Templi che le scorse battaglie hanno distrutto. Ti ha mai parlato,
Kastor, delle scorse Guerre?”
“Sì, signore.”
“Ti ha detto che dovrai
combatterne una tu stesso? Che è per questo, alla fine, che sei qui?”
Saga scuote la testa.
“Ogni duecento anni, dai tempi
del mito, il Signore degli Inferi, Ade, ingaggia una guerra contro Atena. È questo
il tempo delle grandi tessiture astrologiche. È ora. Le stelle, vedi, conoscono
gli dei, e li supportano. Quando arriva il momento di una nuova guerra, alcune
di esse precipitano sulla terra e si reincarnano. Questo è il senso della tua
nascita.”
Lo guarda. Shion, invece, fissa
l’alto.
“Tu, voi Cavalieri, d’Oro,
d’Argento, di Bronzo, siete qui per proteggere la
Dea. Atena. È lei che stiamo tutti
aspettando. Ora siete forti, siete pronti per difenderla, e con lei difendere
questo mondo intero dalla furia del Dio degli Inferi. Arriverà. La Dea deve giungere per forza.
Non può mancare molto. Eppure io non so ancora dove –“
“Sommo Shion, io credo che le
stelle, neppure con tutta l’indifferenza che possiedono verso il genere umano,
possano tacere la reincarnazione della Dea. Parleranno all’ora stabilita.”
“Me lo auguro.”
Saga si muove appena. Vorrebbe
davvero andarsene.
“Perché vedi, bambino… non mi
resta più molto tempo.”
Questo, sì, me l’hanno rivelato.
Le stelle sono impietose. Shion sa
che non deve attaccarsi agli oracoli, sa che non deve sperare nella loro
clemenza. L’hanno già troppo distrutto.
Eppure gli rivelano un ultimo
presagio, quando Saga se ne va.
Shion lo vede scendere dalle
Scale del Santuario, la sua schiena dritta e poderosa, i suoi capelli che si
confondono con la notte. Il suo alone fosforescente che si confonde con la
notte.
È un messaggio scritto con
inchiostro pallido e leggero sulla volta celeste. Ma sono secoli che allena lo
sguardo, per cui lo vede. È lì, incustodito.
Sposta gli occhi dall’alto a
Saga, da Saga all’alto.
Attento! Urlano per un attimo. Attento!
Uomo dalla doppia faccia, uomo dalla doppia anima.
La sua santità vacilla sotto i colpi di sentimenti troppo grandi.
I Templi si spegneranno con lui all’ora stabilita.
Prima che giunga la Dea,
Aiutalo.
Shion sgrana gli occhi, atterrito
dall’intensità del messaggio.
“Cosa?” Domanda. “Quale profezia
è questa?”
Ma il grido è già lontano. Ne ha
afferrato solo alcune parole.
E come ogni volta sono risuonate
terribili.
***
Oh,
yeah kickstart my heart!!! *ascolta strana roba
dei Moley Crue e si ESALTA*
Today I’m positive! Olé. Sono nel
tunnel (senza via d’uscita) di D.gray-man. Sono ad un punto morto con la tesi. Sono
a casa al freddo ç_ç. Che noia. Mi ci è di nuovo voluto un mese per postare. Però
in tutto questo tempo ho imparato a fare delle sfogliatine di mele buonissime,
quindi mi sento realizzata.
Saga è crudele. Stiamo arrivando al
dunque XD but it’s a long way to the top if you wannabe pope (?)
Special thanks to:
Kiki
May- Citami pure dove vuoi e come vuoi se è per non insultarmi,
ovvio. Solo, poi dammi il link perché anch’io sono una donna curiosa e voglio
bearmi per cinque minuti del mio inutile lavoro. Perché, parliamoci chiaro,
potevo nascere con un interesse utile come la biochimica. Invece no. Scrivo fanfiction.
Eh… un abbraccio.
titania76 - Vedrai i picchi di dramma che raggiungeremo. Lo sai, ho
sempre pensato che tutto questo casino sia successo perché fondamentalmente
ognuna delle parti coinvolte – Shion, Saga, Aiolos – non è stata irreprensibile
come avrebbe dovuto. Sono esseri umani e sono deboli. Volevo mostrare questo
lato interiore fragile che l’epos dell’originale non fa vedere nemmeno di
sbieco. Baci anche a te <3
Stay tuned!
|
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Capitolo 28 *** Successione ***
blu 18
28.
[Successione]
Saga è già in tutto il Grande
Tempio una sorta di creatura leggendaria.
Tra i suoi abitanti si racconta
che sia fatto di materia celeste, lui con la sua faccia pallida come la luna e
i capelli intessuti di notte.
Si racconta che si sia fatto
sempre più vicino al cielo a forza di guardare verso l’alto.
Si racconta che sia stato
lasciato cadere da una stella da un dio in persona, e che forse lui stesso è
figlio di un dio dei tempi passati.
Perché è davvero troppo bello.
Come le statue che circondano il
Santuario, in piedi da millenni avvolte dal loro pallore.
E ancora troppo belle.
L’uomo che regna sul Santuario
con saggezza e moderazione è lo stesso da secoli. I suoi abitanti ne conoscono la
figura maestosa e avvolta di mistero. Da sempre lo scorgono soltanto attraverso
la durezza della maschera e la tunica blu come quella degli antichi sacerdoti.
Fronti piegate fino a terra al
suo passaggio. Ombra che striscia sotto il loro mento prostrato, e che li
rassicura, come una carezza.
Tutti sanno che è un eroe della
leggenda, perché conosce gli antichi miti e li incarna. Legge le stelle. Manipola
il Cosmo. Ha ricostruito il Sacrario di Atena con le sue stesse mani.
In tutto questo tempo, nessuno ha
mai conosciuto il suo nome. Shion, era per tutti, molto prima. E un giorno il
nobile Shion dai severi occhi rosa è scomparso, dissipato da una Guerra che si
è portata via tutti i suoi compagni uno ad uno. Ed il Kyooko è arrivato, per
riportare l’ordine.
In due secoli il suo nome ed il
suo volto sono stati dimenticati dalla memoria. In due secoli mai un essere
umano oltre a Saga ha potuto scorgerne i lineamenti senza tempo.
Eppure, in un certo senso, è
visibile. È stata visibile all’improvviso.
La sua vecchiaia.
Forse l’ha eroso lentamente anno
dopo anno, stagione dopo stagione, nella sua solitudine e nella sua amarezza.
Forse la maschera ha contenuto dentro di sé il suo lento sgretolarsi, finché i
solchi non si sono fatti troppo profondi. Che alla fine, è fuoriuscita.
Ora tutti vedono il Pontefice,
cammina ancora come un maestoso soldato, solo un po’ più curvo, un po’ più
stanco. Le sue mani sono segnate dalle rughe dell’età, e il suo Cosmo è
offuscato.
Ora tutti vedono il suo inverno, pure
attraverso la maschera.
Occhi rosa come l’inizio del giorno,
pensa Saga.
Shion ha degli occhi davvero troppo belli.
Sull’Altura delle Stelle, braccia
alzate verso il cielo, vestito come un antico sacerdote, Shion cerca risposte
che forse non gli giungeranno.
Saga gli resta accanto. E
osserva.
Capisce bene tutto il movimento
che c’è su questa terra, Saga, lo stesso movimento che muove il cielo e le
costellazioni.
Shion questa sera si toglie la
maschera, e per la prima volta a Saga sembra di guardare la faccia di un
vecchio.
Ora che stai morendo…
Tra tutti gli esseri umani, tra
tutti gli abitanti del Tempio, il Pontefice una notte di tanti anni prima ha
scelto lui, per insegnargli la divinazione.
Ora che abbandoni questi Templi di pietra…
Saga conosce i pensieri della
gente e gli sguardi delle persone che lo vedono camminare. Lo paragonano ad un
dio, ad una creatura lasciata cadere da una stella.
Ora che ti sciogli nel blu come un uomo celeste,
è me che scegli?
A volte se lo immagina. Sa che è
sbagliato. Che il vecchio Pontefice è ancora vivo e forte e giusto, e che è il
solo in grado di preparare l’imminente venuta della Dea.
Ma non può fare a meno di
vestirsi con la fantasia degli abiti blu degli antichi sacerdoti. Non può fare
a meno di guardarsi allo specchio. Non può fare a meno di pensare che è il suo
posto, la Tredicesima Casa
sopra i Templi degli altri guerrieri, non può fare a meno di pensare alla notte
che lo coglierà solo, sulla cima della Collina, e il giorno che verrà per lui
prima che per chiunque altro.
Non può fare a meno di vedersi
così.
Superbo.
Bellissimo.
Più santo dei santi, più giusto dei giusti.
“Vedi, devi fare a meno di
preoccuparti!” Dice.
Rientra in casa quando
l’orizzonte si fa appena più chiaro di luminosità diurna, e i Templi, come le
case, si accendono di bianco all’ora stabilita.
Kanon è già sveglio mentre l’alba
perlacea si stende su Atene. La bella Atene che non sente sua e per la quale
non prova nessuna pietà. I raggi colpiscono la sua testa e la colorano di un
azzurro marino.
“Vieni.”
Lo raggiunge e si siede ai piedi
del Tempio.
“Guarda la città che si sveglia.”
Saga osserva il braccio del
fratello alzarsi e con un gesto attraversarla, come un soffio d’aria, come il
volo di una foglia. Può sfiorare tutti i tetti con la punta delle dita. Può
contenerla nei suoi palmi. Abbronzati, pieni di sole.
“E’ bella vero?” Chiede Saga.
“Non è la più bella del mondo?”
Un giorno sarò più grande di questa città, diceva il bambino dai
capelli blu, esplorando le vie e i negozi del Pireo.
Saga guarda Atene con affetto, la
accarezza con gli occhi, che sono come crateri su una faccia di luna. Atene
dalle candide soglie. Ama Atene più di ogni altro luogo al mondo, perché è casa
sua, ed è un po’ come lui, bianca e azzurra e sospesa tra due mondi divergenti.
“E’ bella, sì.”
“Un giorno non molto lontano la
guarderò brillare più in alto di chiunque altro.”
Kanon sorride, ma dentro è un
sorriso malvagio. “Un giorno. Forse.”
Dice.
Saga si rabbuia all’improvviso.
Nuvola sul suo volto pallido.
“Se sarai tu il legittimo
successore del Pontefice. Se il Pontefice non sceglierà Aiolos.”
“E perché dovrebbe farlo?”
Altro granello di sabbia.
Quanti granelli di sabbia occorrono
Per creare un deserto?
***
E così fu. Voglio questo colore perché è il
colore del mio nuovo smalto. Non è una scusa accettabile? Oh, sono una persona
orribile. Sono ricaduta nel malvagio mondo di Twitter. Vivere è davvero
difficile, ora che il 16 Dicembre è passato, e io ho D.gray-man 19 – quanto dovrò
aspettare per il 20? Dio degli shonen, aiutami. Grazie.
Grazie anche a:
titania76 – La faccenda
qua è amara. Ciò, ce l’hanno sempre dipinta un po’ così… capelli vaporosi,
roselline e parole auliche, ma la guerra è profonda. E le persone hanno tutte
un po’ paura. No?
Kiki May - Eh, son piccole soddisfazioni
quando uno coglie i miei spunti buttati lì, come gli AC/DC. Ma per tornare alle
cose serie (?). oh, grazie. E non ti preoccupare, ho tutto sotto controllo. Ma
tu devi essere forte. Lo sai. Arriverà l’angst. Molta. Moltissima. Moltissimissima.
Moltissimerrima. Beware.
See you, o come dice
il flaconcino del mio fantastico smalto nuovo Catrice, SEA YOU <3
|
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Capitolo 29 *** Cuore ***
29. blu
Capitolo dedicato a Ila <3
che si è improvvisata beta X*
e che mi ascolta ancora quando ho I Dubbi!
29.
[Cuore]
Il cuore vede troppo
bene e tace.
E’una notte molto chiara, aperta
tra le urla e l’agitazione di tutti. Saga cammina avanti e indietro per il
porticato del suo Tempio, sotto le bianche colonne, e di tanto in tanto getta
uno sguardo preoccupato verso la sommità della salita.
“Tranquillizzati.” Kanon lo
richiama. È seduto poco distante e lo guarda, vede la sua profonda
inquietudine. Lo avvolge come spirali lungo il suo percorso.
In cima alla Collina, ci sono
fuochi accesi. Tutti i Templi sono rischiarati nonostante l’ora così tarda, e
sembrano un po’ meno pallidi, un po’ più fosforescenti. Come lui. Tra le loro
mura, Saga ne è sicuro, altri dieci Cavalieri attendono inquieti un segno. Uno
scintillio nel cielo, un bagliore innaturale. Il richiamo del Gran Sacerdote.
Qualcosa. Qualsiasi cosa possa significare che è arrivata.
Che è nata.
Che è risorta in un corpo
mortale.
Accendete i Templi, ora, accendete i Templi!
Qui i Templi sono chiari, anche a
notte fonda. Come la città che, di sotto, è ancora animata dalle sue luci
artificiali, pure i Templi stanotte, dopo secoli di silenzio e
imperturbabilità, sono illuminati da un alone fosforescente.
“Non posso farlo. Non capisci? È
un momento cruciale.” Risponde Saga.
Alla Tredicesima Casa sta
avvenendo il Miracolo. Si realizzano le profezie e la volontà delle stelle. E’
un evento eccezionale che li trascinerà tutti con sé in un abisso, e li
sporcherà di guerra e di sangue e di lacrime. Questo Saga non può saperlo.
Attende, con la speranza che il sole sorga su un giorno migliore.
Accendete i Templi, ora!
Un bagliore più intenso che è la
potenza di un Cosmo senza pari, brucia. Su questa terra. Su questa collina. Nel
cuore di questo Santuario.
“La Dea. È giunta.”
Saga si prepara a salire le scale
tra Templi che non sono mai stati così luminosi.
Non sa, non sospetta minimamente
che sarà lui a spegnerli tutti, uno dopo l’altro, nell’ora stabilita.
Riuniti dinnanzi alla Casa del
Gran Sacerdote, attendono undici Cavalieri d’Oro. I loro giovani volti non si
spostano dall’ingresso, fremono nell’attesa. Alcuni, pensa Saga, sono bravi a
non tradire le proprie emozioni. Altri sono un libro aperto e sulle loro facce
portano dipinto lo stupore, l’impazienza, la speranza.
Aiolos è uno di questi. Luminoso
anche se offuscato dalla notte, che pure è così chiara. È vestito della sua
bella Armatura, cinto da ali di piume d’oro che lo avvolgono come la corolla di
un fiore. Uno strano scintillio colora le sue guance e i suoi occhi, e per un
momento Saga pensa al loro prato verde, a quell’estate che non tornerà mai.
Non c’è nessuno, qui, più bello e meritevole di te.
Nessuno brillerà mai più di te.
La porta si apre. Sembra pesante,
scivola all’infinito lungo le pareti del Tempio.
Aiolos sorride, è il primo ad
entrare. Subito Saga lo segue.
Prima di varcare la soglia si volta
un istante, guarda il tetto con la coda nell’occhio. C’è un freddo innaturale
sulla sua superficie bianca. Nasconde alla luce un Cosmo oscuro e invidioso, e
occhi che li guardano tutti con odio.
Odio.
È così violento, il sentimento
che sente vibrare da quell’altezza…
Saga è sicuro che si tratti di
Kanon.
L’alba deflagra con potenza sul
mare e sulla costa. È abbastanza perché Saga si porti le mani davanti agli
occhi, lui, che è abituato alla notte e che nel buio si muove al meglio.
Si sente agitato e disarmato. La
notte appena trascorsa col Miracolo della Venuta l’ha scosso nel profondo. Ha
sentito le proprie fondamenta tremare, come trema la terra quando scaglia i
suoi colpi più potenti.
La piccola bambina, l’involucro di
carne della divinità. L’ha vista. Le si è avvicinato mentre piangeva, appena
dopo essere venuta al mondo. L’ha guardata negli occhi non appena li ha
spalancati sul mondo, il mondo che le appartiene e che non conosce più nulla di
lei.
Si è sentito trafitto.
Trasportato distante. Dentro quel corpo bianco e rosa, così tenero che potrebbe
essere spezzato dalle dita di qualsiasi comune mortale, Saga ha visto
l’Universo. Qualcosa di così potente, di così sconfinato, e più profondo della
notte più buia.
Era un Universo caldo di luce.
Non c’era vuoto. Non c’era silenzio.
Ora che i Templi si sono accesi di nuovo…
Atene città di Atena torna
sveglia e investita di sole. È ancora bianca e azzurra, l’orizzonte disperde il
rosa – rosa come gli stanchi occhi del Pontefice – e lo discioglie tra un
distesa turchese e le vele bianche delle navi.
Saga discende le scale con un
peso sul cuore che non riesce a comprendere.
I suoi occhi così chairi.
Nella luminosità divampante di
questo giorno, senza capire, si sente un po’ disciolto.
“Kanon?”
Forse è questa la sensazione che
sta provando ora. Forse è colpa di Kanon. Prima di varcare la soglia del
Tredicesimo Tempio e vedere la Dea Infante,
Saga si è voltato verso i tetti. Ha sentito il fratello. Ha avvertito un Cosmo
ostile eppure inconfondibile, blu scintillante come l’acqua del mare.
“Kanon!”
Il Tempio di Gemini è vuoto.
Viene riempito solo dal sole che penetra attraverso l’ingresso e si riflette
sul candore delle colonne. Perché oggi si riflette così violentemente contro
l’Armatura, e lo acceca?
“Kanon, dove sei?”
Saga comincia a capire. Esce
dalla propria Casa, e il peso che porta sul cuore si è fatto all’improvviso
insopportabile. Può darsi, cederà. Esce dalla propria Casa in questa bella
giornata di sole, e la luce colpisce il suo volto lunare, accecandolo.
Non si accorge che le stanze sono
già tutte sepolte dalla sabbia.
Tutto quello che non ho mai potuto avere…
Kanon lancia una pietra verso il
mare. Precipita in una veloce parabola e scompare tra i flutti. Sorride dentro
di sé.
Kanon lancia un pugno di sabbia.
“Dove sei stato questa notte?”
“Non mi aspettavo di vederti così
presto. Dovresti riposarti un po’.”
“Dove sei stato questa notte?”
Kanon non risponde. Si sposta una
ciocca di capelli, stesso colore del mare, dalla faccia abbronzata.
“Dicono che la Dea sia infine tornata a
vivere tra noi mortali come una graziosa bambina dagli occhi viola.”
“E’ così.”
“Saga…”
Saga si avvicina, ha bisogno di
fronteggiarlo. Ha bisogno di carpire il suo sguardo, di sentirlo, di vedere che
in fondo non c’è nulla dell’odio e della malvagità che ha percepito.
“Tu che l’hai guardata, dimmi. È
già così grande?”
“E’ una Dea, fratello. È più
grande ora di quanto noi potremmo mai sperare di essere.”
“Eppure così inerme.”
“Cosa?”
Kanon si volta e lo guarda dritto
negli occhi.
Tutto quell’odio…
“Non fare quella faccia, Saga.
Non dirmi che non hai pensato alla possibilità di –“
“Sta zitto.” Saga si volta, cerca
di andarsene.
Una mano scura, così uguale alla
sua, gli afferra il polso pallido. “Ascoltami, Saga. Devi starmi a sentire.”
“Sei blasfemo e ignobile, non ho
intenzione di ascoltare le tue parole!”
“Non dire così. Lasciami terminare.”
Saga storce le labbra, rosse
contro la sua pelle, cratere sulla sua faccia di luna.
“Non puoi.” Dice. “Ti proibisco
di dare voce ai tuoi pensieri.”
“Mi proibisci cosa? i pensieri di chi?” Ride.
“So dove vuoi arrivare.”
“Bene,” Kanon scrolla le spalle,
i suoi capelli sono come un’onda. “allora non dovresti temere niente.”
“Kanon. Desidero che tu te ne
vada. Che tu parta immediatamente.”
“Sai cosa penso?”
“Mi hai capito?”
“Penso che ora il Gran Sacerdote
sceglierà il suo legittimo erede. Penso che pondererà a fondo la sua decisione.
Forse sono anni che ci pensa –“
“Kanon!”
“Saga, così bello da somigliare a
un dio, Saga il celeste che tutti considerano il più forte e il più saggio tra
gli uomini. Aiolos il luminoso, dalla pelle d’ambra e gli occhi gentili. Credi
che spetti a te il trono, non è così?” Dice, accarezzandogli i capelli
intessuti di notte.
“E’ già deciso. Il Kyooko a me ha
insegnato –“
“Non è deciso un bel niente,
Saga! Non è deciso nulla. Non è deciso che sarai tu il prossimo Pontefice. Io
non lo credo. Io credo che il Kyooko affiderà il suo scettro al tuo caro, amato
Aiolos.”
“Cosa dici?” Saga lo fissa con
occhi sbarrati, come due finestre nel buio impenetrabile della notte, finestre
sull’Universo che non vede mai la luce. È debole la sua voce, spazzata via dal
rumore del mare. “Perché dovrebbe?”
“Perché dovrebbe? Non lo sai?”
“No.”
“Uccidi la Dea, Saga. È la tua unica
opportunità. Ora che è una creatura debole e inerme. Uccidi la Dea e prenditi quello che ti
spetta.”
Quello che non ho mai potuto avere…
“Sei un folle. Non so cosa ti sia
successo. Ma sei impazzito. Quello che dici è –“
“Non ho ragione? Tu ucciderai la Dea.”
“Io non potrei mai farlo. È solo
una bambina. Ed è la reincarnazione della divinità che io proteggo, e in cui
credo fermamente! Kanon, sei un pazzo se pensi che potrei mai anche solo
considerare l’idea di sacrificarla per… per cosa?”
“Per il potere.”
“Non mi serve questo potere!”
Dice Saga. La sua voce è sempre meno tangibile, sempre più soverchiata dalle
onde, una nave alla deriva. Si incrina.
“No. Allora continua a sperare.
Sei un debole.”
“Sparisci. Ora. Subito.”
“Aspetterai tutta la vita seduto
nel tuo Tempio fuori dal mondo, e molte persone ti passeranno accanto. Sarai
felice quando dovrai prostrarti ai piedi del tuo amante, e la tua fronte lambirà
l’orlo della sua preziosa tunica? Penserai alle parole del tuo sciocco fratello
in quell’istante? Coverai… rabbia!”
“Stai zitto!”
“Tanti anni abbiamo trascorso
insieme, e tutti li ho passati a guardarti nell’animo Saga. Ti ho visto. Ti
conosco più a fondo di chiunque altro. Ti ho capito. Quello che gli altri ammirano,
la maschera perfetta sul tuo volto… Io so come sei lacerato, dentro.”
“E cos’hai visto?” Domanda.
“L’angelo sul volto, il demone
nel cuore.”
“Cosa?”
“Tu non lo sai, Saga…”
Saga ora non parla più. Il peso
che portava nel petto è diventato così opprimente, e ha sfondato una barriera.
È come se si fosse rotta un diga, e tutta l’acqua precipiti follemente. Una
profonda disperazione lo investe.
“Non puoi parlare così. Non tu,
ti prego. Non puoi dire questo. Non puoi essere così empio! Cosa devo fare,
ora?”
“Uccidi la Dea.”
“Devo ucciderti, Kanon.” Sussurra
atterrito.
“Uccidi Atena. Uccidi Aiolos.
Uccidi il vecchio Pontefice.”
“Devo ucciderti.”
“Prenditi quello che ti spetta.”
Tutto ciò che non ho mai potuto avere,
da solo me lo prenderò.
“Non puoi più restare qui, Kanon.
Non posso lasciarti vivere dopo ciò che hai detto.”
Fa così male, il cuore di Saga. È
in pezzi, è un mucchio di sabbia.
Ma deve agire secondo giustizia,
lui che alla santità è stato da sempre addestrato.
“Perché?” Chiede. “Perché mi
costringi a farlo?”
Alza il braccio, scure della
giustizia, lo cala sul proprio gemello in nome di Atena. Una Dea bambina.
Vorrebbe morire in questo stesso
istante.
***
Oh,
cominciamo ad avvicinarci alla resa dei conti. E da qui, ahimé, son dolori. Non
ho altro da dichiarare, tranne che sono particolarmente stressata. Potrei non sopravvivere
a questa sessione d’esame. E sicuramente non posterò prima della sua
conclusione. Se non vedete aggiornamenti entro marzo, beh, mi sarò buttata nel
Ticino, non lo so. Vi lascerò un recapito per leggere la fine di Blu. Perché vi
voglio beneh.
Ringrazio as usual:
Kiki
May
–
oh, sono un antistress! Servirebbe davvero tanto anche a me ._. Tu sei
troppo entusiasta di questa fic *raccoglie complimenti com aria losca*
- & titania76 – yes, hai inteso benissimo, qui la cosa è lenta e ragionata. Kanon è un
demoneh è_é -.
I love you both!!!
Mario (?)
|
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Capitolo 30 *** Maledizione ***
blu 30
30.
[Maledizione]
Il rumore delle onde è costante e
monotono.
Il rumore delle onde lo ha
accompagnato per una vita, attimo dopo attimo.
Sempre stato così. Uguale a sé
stesso in ogni luogo del mondo.
Dalla cima dell’Acropoli non si
sente quasi, è solo un mormorio distante.
C’è un anima nel mare, che è
identica alla sua. Blu luminoso come l’acqua rischiarata dal cielo. È profonda,
più profonda del silenzio – più profonda della notte?- e saggia e in perenne
movimento.
Il rumore delle onde blu marino
lo riporta indietro alla sua vecchia casa sul promontorio, tra gli aranceti e i
campi di ulivi e il porto con le barche rovesciate sui moli. Lo riporta alle
stanze azzurre della sua infanzia. Lo riporta agli anni dell’addestramento, al
lungo viaggio che ha percorso come una goccia d’acqua verso il mare.
Sempre c’è stato rumore di onde.
Nella sua testa blu marina c’è rumore di onde.
Ora c’è rumore di onde.
Kanon apre gli occhi abbagliato
dal sole. Cerca di alzare una mano per riparare lo sguardo, ma non riesce a muoversi.
Sente il rumore del mare, di onde
contro gli scogli. È agitato. Forse arriverà una tempesta.
Precipitare dall’abisso e
gettarsi nel mare che abbraccia.
Il suono delle onde, dolce e familiare,
lo riscalda.
“Cosa succede?”
Mani pallide lo trattengono dalla
sua dimensione, così chiare da sembrare fosforescenti.
“Tu…”
Rumore delle onde.
Quanti granelli di sabbia occorrono
Per fare un deserto?
Saga sapeva che avrebbe dovuto
lasciarlo sprofondare tra onde che sono come lui. Si sarebbe perso come
schiuma, e blu sarebbe ritornato, un blu luminoso come il colore sulla
superficie dell’acqua. Avrebbe dovuto guardarlo dall’alto del promontorio,
precipitare e sciogliersi tra le correnti. Avrebbe dovuto piangere su un
fratello scomparso, inghiottito dal mare, trascinato chissà dove dai flutti e
consumato.
Un fratello empio merita le
lacrime?
Sull’orlo dell’abisso, qualcosa
l’ha chiamato. Forse l’amore che prova per Kanon, forse la speranza in fondo
agli occhi che sono come crateri celesti sulla sua faccia di luna.
Forse perché poi sarebbe, in
fondo, un po’ più solo.
Il cuore sente e vede così bene,
eppure tace.
“Quanto male dimora in te?”
Sussurra al vento, e lo afferra prima che precipiti.
Ha preso la sua decisione, Saga.
La metà più preziosa di lui giace
sugli scogli, sporca di sangue, corrosa di acqua. I suoi capelli sono come onde
marine. Profuma di estate, la sua pelle emana un odore salmastro che è quello
dell’aria che batte tutte le coste. Lo trascina per il polso, impietosamente.
Il suo volto, le sue braccia nude strusciano contro la pietra, si feriscono.
Scia di perle rosso sangue sulla scogliera.
Kanon apre gli occhi, muove
appena le dita della mano. Non può fare altro. Il sole gli batte sulla faccia,
mostruoso. Lo asciuga. Il sangue è rappreso sulla sua faccia.
“Cosa succede?” Domanda.
Saga non riesce neanche a voltare
la testa per guardarlo. I suoi occhi blu notte a stento trattengono le lacrime.
Così sbagliato, pensa. Così
malvagio. Eppure io non riesco a farlo.
“Tu…”
Eppure io non riesco davvero a farlo.
“Saga!”
Con un colpo secco Saga fa
rotolare il corpo inerme lungo le pendici del promontorio. Kanon scivola contro
la pietra ruvida senza riuscire a fermarsi. Sente il proprio corpo che
precipita verso il basso, verso le prime pozzanghere raccolte tra le insenature
degli scogli. Verso l’ombra che lo avvolge come fosse onda. E freddo. E pareti
di roccia che ora lo circondano.
La sua faccia finisce nell’acqua.
Annaspa, si alza a malapena. Le vede.
Sbarre.
Invalicabili cancelli verso il
mondo. Fuori, Atene e la distesa azzurra del mare. Fuori, tutto quello che
desidera, che non ha mai potuto avere. Fuori, tutto ciò che non avrà. Per
quanto allunghi il braccio non riuscirà a sfiorare l’orizzonte.
Una prigione sul mare.
“Questa è la prigione di Cape
Sounion. La tomba degli empi.”
“Saga…” Sussurra, la bocca
impastata dal sangue e dal sale brucia terribilmente. “Saga. Così non sei
nemmeno riuscito ad uccidermi!”
“La punizione che spetta a coloro
che tradiscono la Dea
è quella di morire qui, schiacciati dall’incombenza del mare. La marea ti
soffocherà presto.”
“Non sei nemmeno riuscito ad
uccidermi.”
Saga non fiata. Ascolta la voce
di Kanon debole come se giungesse da un luogo infinitamente distante, e il
rumore delle onde che è il sottofondo di tutta la loro storia. Non vuole
andarsene. Non vuole lasciarlo.
Non riesco davvero ad ucciderti, fratello.
Kanon marino, Saga celeste. Si
guardano, per un istante ancora fratelli. Ancora due parti della stessa stella.
“Non sei nemmeno riuscito ad
uccidermi!”
“Addio.”
“Ed era troppo presto, ancora
troppo presto per te. Ancora non era il deserto…”
“Kanon. Tu morirai presto. E io –
ti dico addio.”
Il cuore di Saga è in brandelli.
Condanna a morte il proprio fratello, il proprio gemello, la propria metà, per
adempiere al dovere verso la Dea Infante.
E’ sbagliato.
“Addio!”
Quando si volta cominciano a
scendere le lacrime, lambendo il suo viso di luna. Sono calde e salate come
acqua di mare, ma portano un dolore così grande… Saga, sì, vorrebbe morire un
po’ anche lui, assieme a Kanon, sul fondo della prigione degli empi.
Vorrebbe non essere così – solo.
“Che tu sia maledetto!” Urla
Kanon, l’ultimo disperato slancio avvinghiato alle sbarre. “Che tu sia
maledetto, maledetto, maledetto! Che tu sia tre volte maledetto, che tu possa
soffrire come io soffro ora, che tu possa morire come io muoio ora, schiacciato
dalle tue colpe! Che tutte le lacrime e l’acqua del mare possano sbiancare Saga
celeste e la sua santità! Maledetto, io ti maledico!”
Saga non si volta mentre risale
il costone della scogliera e si allontana. Non vuole girarsi e incontrare la
sua furia. È sicuro che il suo volto sarebbe una maschera feroce di odio. Se lo
vuole ricordare com’era, Kanon. Kanon marino, dai riflessi di onde tra i
capelli. Kanon che gli tende la mano a salire sull’olivo. Kanon che lo aspetta
dietro a un muretto segreto e sa sempre tutto, Kanon che torna di tanto in
tanto, ma che è così profondamente parte di sé anche quando è assente.
Kanon che l’ha guardato
nell’animo e che lo conosce più a fondo di chiunque altro.
E, in fondo, muore un po’ con lui
nel buio della prigione degli empi.
Il cuore fa troppo male. Anche
quando gli occhi sono ciechi, il cuore vede e sente, e tace.
Il cuore dice…
Ho ucciso mio fratello.
Il più santo tra gli uomini oggi ha ucciso suo fratello.
Che il demone dentro di te si
risvegli!
Che sbianchi Saga celeste, lavato
dalle onde del mare e dalle lacrime!
Che tu sia maledetto!
“Ehi,”
Calda la mano di Aiolos che passa
tra i suoi capelli. Blu profondo, intessuti di notte, così bui che le dita
sembrano perdersi e scomparire tra di essi.
“Che c’è?”
Saga si volta. Fruscio di
lenzuola. Petto esposto ai raggi di luna, che sotto questa luce ha una certa
risonanza fosforica.
Aiolos lo guarda con dolcezza e
preoccupazione. “Sei teso. È tutto il giorno che sei così teso. Cosa ti
succede?”
“Nulla,” Sussurra. Senza nemmeno
guardarlo. “Mi preoccupa la piega degli eventi futuri. Tutto qui.”
“Saga… per un’ora,” Dice Aiolos,
chinandosi sul suo viso, sfiorando la sua guancia di luna con le labbra. “per
un’ora sola, dimenticati di tutto.”
Anche che ho ucciso mio fratello?
Anche che sono un mostro?
Anche che… una parte di me manca?
“Hai ragione.” Si distende di
nuovo, lineamenti rilassati. Lineamenti della statua perfetta, quella che ad
Aiolos fa molta paura. Quella che sembra non vivere, non muoversi, non
respirare.
Perciò continua a toccarlo. Teme che
qualcosa di lui possa sfuggire. Teme che se lascerà la presa sarà come la notte
sulla Collina delle Stelle, e Saga si disperderà nel cielo che continua a
guardare.
Così, lo accarezza. Lo accarezza
e lo guarda ovunque.
“Saga,” Sorride seppellendo la
faccia tra le sue onde blu. “Ma guarda. Hai una ciocca…i tuoi capelli
cominciano a imbiancarsi!”
Che il demone dentro di te si risvegli!
Che sbianchi Saga celeste, lavato dalle onde del mare e dalle lacrime!
Che tu sia maledetto!
***
Questo
è davvero un capitolo pesante. E io sono tanto tanto stanca
°A°... Per cui credo che aggiornerò, farò una
doccina e andrò a nanna.
Come dicevo a titania76,
con questo capitolo cambiano molte cose. Saga non ne uscirà
indenne, sapete. Da questo momento sarà un uomo lacerato da
dubbi e finirà per distruggere tutto ciò che possiede, e
sarà divorato dai sensi di colpa, e distruggerà di
più, e così in un lunghissimo circolo vizioso. E'
quasi la conclusione della Seconda Parte della storia, la parte
migliore, in cui era giovane e puro e innamorato. Ci rimangono da
affrontare: anni di falso pontificato, anni di battaglie, morte,
resurrezione, morte. Insomma °A°. Un'eternità! Ma ho tutto sotto controllo (?).
Ringrazio titania76 e Kiki May.
Questa cosa delle risposte alle recensioni mi esalta, però vi
ringrazierò anche qui. Scusate gli eventuali errori nelle vostre
risposte. Ho scritto di corsa, non ho riletto, sono veramente distrutta.
Baci X*
|
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Capitolo 31 *** Parola ***
blu 31
31.
[Parola]
Saga è già in tutto il Grande
Tempio una sorta di creatura leggendaria.
Tra i suoi abitanti si racconta
che sia fatto di materia celeste, lui con la sua faccia pallida come la luna e
i capelli intessuti di notte.
Si racconta che si sia fatto
sempre più vicino al cielo a forza di guardare verso l’alto.
Si racconta che sia stato
lasciato cadere da una stella da un dio in persona, e che forse lui stesso è
figlio di un dio dei tempi passati.
Perché è davvero troppo bello.
Come le statue che circondano il
Santuario, in piedi da millenni avvolte dal loro pallore.
Al Grande Tempio si racconta
sottovoce che sia destinato a grandi cose.
Lo si vede spesso, il nobile
Saga, passeggiare assieme al nobile Aiolos dopo gli allenamenti. A chi li
guarda sembra di scorgere due creature fantastiche che appartengono a miti
differenti. Uno è chiaro come il giorno, l’altro risplende nottilucente.
Ma è su Saga, sul nobile Saga
dalla faccia di luna, che tutti sembrano scorgere i segni della santità più
illustre.
Saga sale le scale del Santuario
con un certo senso di incoscienza. Sembra tutto perfetto, i tempi sono maturi.
Ora che si accendano i Templi.
Ora di percorrere questi gradini
e fermarsi in cima per sempre.
C’è lo stesso peso nel cuore che
da giorni lo tormenta. Le urla di suo fratello echeggiano nella sua testa, non
riesce a soffocarle. Le sente come se fosse accanto a lui di nuovo e gridasse.
Per un attimo si concede un
sorriso.
Sta salendo le sale del
Santuario, e con esse sta ascendendo al suo destino.
Shion appare sempre più stanco e
vecchio, ma nelle sue rughe si insinua qualche traccia di rassegnazione.
Possiede un’aura strana. Non più splendente, non più forte, non più fiduciosa.
È offuscata dalla notte che cala su di lui inesorabile.
Eppure, è come se fosse felice.
Saga può dirlo, lui che l’ha
visto in volto per anni e per anni ha osservato il cambiamento sulla sua pelle,
attorno agli occhi rosa come l’alba. Un essere senza tempo si trascina tra le
pieghe dell’eternità. Shion, che portava un peso insopportabile sulle spalle, e
cercava di alzarlo verso l’alto.
È come se avesse atteso sulla
soglia della consunzione per secoli. È come se la sua fronte si fosse mantenuta
pallida e liscia per tutto questo tempo, perché c’era qualcosa da fare.
C’era il Tempio da ricostruire,
una Dea da accogliere.
Ora non c’è più niente.
Ora può morire in pace.
Ricorda le sue parole all’Altura
delle Stelle.
“Prima che io me ne vada. Devo
insegnarti tutto prima che io…”
Che io muoia.
L’hai sempre saputo? Te l’hanno
rivelato le stelle che il tuo tempo sarebbe appena bastato per vedere negli
occhi la nuova Dea?
E ora che hai chiuso il tuo
cerchio, ti dissolverai tra di esse, ti disperderai nel cielo blu che per te ha
scelto una vita di privazioni?
Lo – perdonerai?
“Immagino che sappiate perché vi
trovate qui.”
Aiolos sicuramente non se
l’aspettava. È sempre entrato nella Tredicesima casa piegando le ginocchia e la
testa, ha sempre guardato il pavimento davanti al trono, e mai, mai il volto
del Gran Sacerdote.
Un uomo è in piedi davanti a
loro, e li invita ad accomodarsi. La sua faccia è ancora bellissima, ma porta i
segni di una vecchiaia sofferente. I suoi occhi sono rosa come le prime luci
del mattino, duri e dolci nel medesimo istante.
È come se fosse tutto. Una
saggezza impressionante è contenuta nel suo petto. È come se fosse tutto. È
come se Shion custodisse dentro di sé i segreti dell’universo.
Ed averlo lì, davanti, nudo e
leggibile, è per Aiolos un miracolo.
“Sì.” Dice Saga accanto a lui.
“No.”
Shion lo guarda, sorride
gentilmente.
“Voglio dire, venerabile Shion…
che –“
“Nel Santuario non se ne parla
abbastanza?”
Aiolos ammutolisce e abbassa lo
sguardo.
“Non avere timore a dire quello
che pensi. È proprio così. Il tempo è giunto per scegliere il mio successore.”
“Ma lei –“
Shion sospira. Sembra quasi
sollevato da questo momento. Per Aiolos, invece, è solo pura angoscia. È la
prima volta che lo guarda in viso, e ci vede dentro una totalità alla quale non
potrà mai aspirare nessun’altro. Come può dunque un gigante coricarsi nella
terra e affidare il mondo a dei piccoli esseri umani?
“Io devo andarmene come chiunque
altro.”
Silenzio.
Saga non ha ancora pronunciato
una parola. Conosce quello sguardo da molti anni, ormai. Non sa cosa pensare.
Non sa se dolersi per la fragilità che è improvvisamente dentro le ossa di
Shion, non sa se essere contento per la sua liberazione. Non sa se deve, in
fondo, gioire un po’ per se stesso.
“Non mi resta più molto tempo. Ho
bisogno di nominare un erede.”
Shion ha gli occhi rosa come
l’alba sul mare di Atene.
Ma a forza di guardare il cielo è
diventato sempre un po’ più azzurro.
Shion, ora che è vicina la sua
fine, è totalmente celeste.
La notte è profonda, come il blu
è profondo.
Ha trascorso intere notti a
pensare.
A volte ha chiesto consiglio al
cielo. Vestito come un antico sacerdote, ha alzato le braccia sotto il recinto
di stelle, e ha atteso, tingendosi lentamente del suo stesso colore.
Un grido, alla fine, ha
echeggiato indistinto attraverso le galassie.
Attento!
Un uomo dalla doppia anima…
Shion ha udito solo il lontano
riverbero di queste parole. Ha capitolo solo una parte del loro significato.
Ha guardato indietro, e nel
futuro, ha di nuovo chiesto spiegazioni, ha riflettuto, ha alzato le braccia
nella notte.
E alla fine ha compreso.
Ha fatto la sua scelta.
“Saga.”
Saga alza la testa. Nella luce
intensa del tramonto i suoi capelli possiedono una vaga sfumatura di indaco.
“Ti ho insegnato tutto. Ti ho
insegnato a leggere il futuro, ti ho insegnato la tecnica destinata solo a
coloro che appartengono al mio rango. Ho visto in te e nelle tue stelle qualcosa fin da quando eri un bambino.
Pensavo, Saga, che sarebbe spettato a te il mio posto.”
Non vuole sorridere, Saga. Le sue
labbra si increspando lievemente, ma non vuole, non può sorridere in un momento
tanto angosciante.
“Lo so.” Shion sospira. “Tu lo
meritavi più di chiunque altro. Tu porti dentro di te un Cosmo che è più
esteso, e profondo, di quello dei tuoi compagni. Ma in te porti anche la
notte…”
Ancora silenzio. Ancora tensione.
“Aiolos invece porta su di sé il
chiarore del giorno. Cosa ne pensa, il nobile cavaliere del Sagittario?”
“Venerabile Shion,” Dice Aiolos
chinando appena il capo. “io penso che in tutto l’universo non esista una
creatura più giusta, e santa del cavaliere di Gemini.”
“Già.”
Vorrebbe allungare una mano,
Aiolos, e prendere quella di Saga, così pallida da sembrare fosforescente,
nella sua. Lo osserva. I suoi lineamenti si sono fatti più duri.
“Perdonami, Saga.” Dice Shion.
“Io non posso… io… non posso.”
Aiolos sgrana gli occhi. Saga non
si muove, non respira, non emette alcun suono. È una statua bellissima, ora.
“Io non posso. Per anni ti ho
allenato a questo, eppure, ora che viene il momento di scegliere, non posso
darti ciò che ti spetta. Capisci?”
“No.”
C’è disperazione sul volto di
Shion?
“E’ la volontà del cielo.”
“Del cielo?”
Annuisce.
“Del cielo!” Saga soffoca un moto
di rabbia. “Dello stesso cielo di cui devo dubitare? Delle stesse stelle
crudeli che non vogliono bene all’essere umano? Degli stessi astri a cui non
prestava più fiducia?”
“Mi dispiace infinitamente.”
“Perché?”
Perché di te dicono che spegnerai questi Templi.
E ricorda parole ben più potenti
di quelle delle stelle, ben più risonanti, ben più vere.
Affiderà lo scettro al tuo amato Aiolos.
“Perché?”
Perché nel tuo cuore dimora un demone.
Guarda Aiolos che è come perso in
una nuova dimensione.
Sarai felice quando dovrai prostrarti ai piedi del tuo amante, e la tua
fronte lambirà l’orlo della sua preziosa tunica? Penserai alle parole del tuo
sciocco fratello in quell’istante?
“Oh, dèi. Cos’ho fatto?”
Il cielo è come precipitato sulla
sua testa, e lo schiaccia.
***
Ci
siamo. È una rottura irreversibile °A° i tempi sono ormai maturi, Saga sta
sbroccando! Esattamente come me in questi giorni! I’m freaking out! Mi stanno
anche venendo i capelli bianchi!!! Voglio che arrivi Marzo con tutto il mio
cuoricino, voglio la primavera e voglio che questo tempo orribile la finisca di
deprimermi e poi ho comprato così tanta roba leggera in saldo e non posso
nemmeno staccare i cartellini dei vestiti perché devo ancora mettere maglioni
di lana. Weather sucks. I wanna live in Greece.
Oh,
cielo, oh, cielo, aiutatemi. Diamo il benvenuto a Marian. La mia prima macchina
eterosessuale.
Nel
frattempo ringraziamo titania76 e zu_zu, per il sostegno morale ç_ç! Mi commuovete, ragazze! Io sono
forte grazie a voi. Ho risposto alle recensioni. Lo avete notato, quindi perché
lo ribadisco? Non lo so, ma questa nuova funzione è molto comoda. Vi ringrazio
davvero infinitamente per il supporto.
Baci X*
|
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Capitolo 32 *** Dispersione ***
blu 32
32.
[Dispersione]
Blu colore del distacco e della lontananza.
Blu colore della malinconia.
Blu profondo di cui è fatto
l’universo.
Saga era come una creatura
celeste, tutta dipinta di blu.
Che il demone dentro di te si risvegli!
Che sbianchi Saga celeste, lavato dalle onde del mare e dalle lacrime!
Che tu sia maledetto!
Bianco colore del vuoto e
dell’assenza.
Bianco colore delle nuvole e di
un lento precipitare.
Bianco colore del silenzio, della
nebbia.
Bianco, come la luna.
“Non puoi farlo. Non puoi farlo.
Non puoi tradire tutti.”
“Eppure te l’aveva detto. Tu non
gli hai creduto quando ha detto che sarebbe finita così, l’hai ucciso. L’hai
scaraventato nel baratro degli empi. Aveva ragione. Ascolta il ricordo della
sua voce.”
“Non posso farlo.”
Che il demone dentro di te si risvegli!
“Ascolta quella voce che viene
dal mare.”
Saga si alza lentamente.
Volto pallido come una luna,
occhi come crateri di sangue, capelli che sembrano fili di nebbia.
Tutto ciò che avrei dovuto avere,
da solo me lo prenderò.
È appena cominciata una lunga
notte. I gradini della scalinata sono bianchi, e sotto il mantello scuro del
cielo sembrano quasi fosforescenti, come la sua faccia.
Il silenzio è violato solo dal
rumore di passi. Non indossa l’Armatura, ora. Ha provato ad avvicinarla, ma
qualcosa come una scossa elettrica l’ha allontanato. Non stasera. Stasera che
tutto precipita, l’Oro della sua corazza
sarebbe un peso insopportabile.
Per cui procede, vestito solo di
blu, intessuto di notte.
Cima delle scale. Collina invalicabile.
Luogo più sacro della terra, così tante volte violato della sua purezza da uomini
che aspirano verso l’alto, ma che rimangono sempre legati alla terra. Violato
da passioni, e amori, e sofferenza. Per la prima volta l’Altura delle Stelle è calpestata
da qualcosa di più oscuro e distruttivo e sta per macchiarsi di un colore che
non è il blu del cielo, né il verde del prato. E l’aria sembra fremere.
Sopra, il recinto di stelle emana
bagliori sinistri, e conosce ogni cosa terrena. Shion ha di nuovo il naso
all’insù, completamente celeste. Anche lui finalmente sa. Ora ogni cosa è
chiara in questo disegno, ogni tassello nella sua giusta posizione.
Quando Saga giunge, si volta ad
accoglierlo con un mesto sorriso. La sua fronte non più liscia, i suoi occhi rosa
come l’alba, sembrano esprimere una pacata rassegnazione.
Una notte più lunga delle altre scenderà sul Santuario.
Un uomo dalla doppia anima camminerà fino a te.
Lui spegnerà i Templi all’ora stabilita.
“E’ dunque questa, l’ora?”
“Nobile Shion,” Chiede Saga. “Non
capisco.”
“Sei venuto da me per cosa?”
“Avevo bisogno di parlarle.”
“Riguardo all’investitura di
Aiolos, immagino.”
“Già.” Sospira Saga.
I suoi capelli emanano strani
riflessi argentei questa notte…
“Perché, nobile Shion? Perché?”
“Ancora non lo sai?”
Alza una mano al cielo, Shion,
ponte tra l’essere umano e le stelle. Il suo braccio vestito degli abiti degli
antichi sacerdoti si perde nell’oscurità, e sembra quasi dissolversi.
“Così dicono gli dèi. Chi sono,
io, per disubbidire alla volontà divina?”
Saga si morde le labbra,
guardando verso l’alto.
“Io non vedo nulla.”
“No, tu non puoi…” Shion si volta
verso di lui. “ma io le ho sentite. Le loro voci. All’inizio era un grido che
giungeva da distanze siderali, e risuonando attraverso l’universo si
disperdeva. Ma poco a poco mi è sempre stato più chiaro.”
“Più chiaro – cosa?”
“In te, Saga, dimora un male da
estirpare.”
“In me…”
“Sono sicuro che Atena saprà
insinuarsi nel tuo cuore e mondarlo. A me non rimane tempo.”
“Non capisco.”
“Anche Aiolos,” Dice Shion.
“anche Aiolos saprà sostenerti. È su di lui che ti devi appoggiare. Vorrei che
tu lo aiutassi nelle cose per le quali non è stato istruito.”
Saga abbassa la testa. Sconfitto.
Aiutare?
Prostrasi ai piedi del proprio
amante?
Baciare il lembo della sua veste, piegato in un inchino, e mai più
guardarlo dalla stessa altezza?
“No.”
Shion forse si aspettava una
reazione di questo tipo. Una parte di sé ha sempre intuito che sarebbe stato
Saga.
“Forse avrei potuto aiutarti di
più. Ma ora mi sento troppo stanco.”
“No! Mi guardi! Nobile Shion, mi
guardi!”
“E’ tardi. Cosa avrei dovuto
fare? In ogni caso la mia decisione… e mi sento troppo stanco.”
Si avvicina, Saga, oltrepassa la
distanza consentita verso il Sacerdote. Lo afferra per il braccio. Vede benissimo
i suoi occhi, rosa come la prima luce del giorno, la sua pelle candida solcata
da rughe, il suo corpo senza tempo. Vede un uomo celeste. Pronto a disperdersi
nella notte, proprio lì, sulla Collina che è come la soglia, il portale tra la
terra e l’aria.
“No!” Grida. “Io più di tutti
meritavo questo! Io solo meritavo il suo posto, come ha potuto!”
Anche Shion è abbastanza vicino
per vederlo bene. Una rabbia repressa contrae tutta la sua fisionomia. Non c’è
più nessun Saga celeste. Saga celeste sbianca, sempre più simile a una statua.
I suoi capelli sono sempre più fili di nebbia.
E capisce.
“Ho sbagliato.” Ammette in un
sussurro. “Ho sbagliato. Ma ero davvero troppo stanco.”
Lo lascia andare.
“Saga.”
“No.”
“Torna in te.”
“No.”
L’aveva detto, Kanon, con la sua
voce che proveniva dal mare. Aveva visto tutto, in fondo. Aveva capito, sapeva
cosa si prova ad essere esclusi. Ad essere abbandonati.
Ad essere soli.
Aveva ragione.
“Saga…”
“Non è più tempo per te,
Sacerdote. I tuoi Templi. I tuoi Templi si offuscheranno.”
Shion china la testa. Non prova
nemmeno a reagire.
È dunque finalmente ora? Pensa.
Saga si avvicina con passi
pesanti. Alza il braccio, la scure della giustizia, e quasi sfiora il cielo. Ma
non ne è mai stato così distante. La sua mano, la sua mano tanto pallida da
sembrare fosforescente, racchiude nel palmo un Cosmo potentissimo, nero come la
pece.
Così bello da sembrare una
statua, un dio dei tempi passati, avanza. Non più una scintilla di santità
scorre in lui, sbiancata da voci che vengono dal mare.
“Tutto quello che non ho potuto
avere,” Dice Saga. “Da solo me lo prenderò.”
***
E’
davvero tanto tempo che non pubblico più. Mi ero quasi dimenticata di avere
questa storia in sospeso. Spero che qualcuno dei vecchi lettori sia rimasto da
queste parti e possa continuare a seguire Blu fino alla fine – perché arriverò
alla fine. Prima o poi.
A presto
<3
|
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Capitolo 33 *** Daga ***
blu 33
33.
[Daga]
Questa è una notte di perla.
Si addensa sulle colline, attorno
al Santuario. Sale dal mare. Lentamente scivola a ritroso sui pendii e contro
le candide colonne, contro le statue, e tutto avvolge, tutto fa tacere, tutto
smorza nel suo alone perlaceo.
Si spengono i Templi, nell’ora
stabilita.
C’è un vago riflesso di notte
blu, sullo sfondo di questo quadro. Ma più nebbia risale dal mare. Presto tutto
sarà coperto, tutto sarà solo un’indistinta macchia bianca.
Presto nessuna luce, più luminosa
di questa fosforescenza…
eppure così morta.
Saga cammina per le stanze
deserte della Tredicesima Casa, e i suoi passi echeggiano tra le pareti.
Indossa la tunica che era stata di Shion, ancora macchiata di sangue. Indossa
la maschera bronzea che è come una maschera mortuaria sopra un viso di cera.
Gli abiti gli stanno larghi. La bordatura dorata lambisce il pavimento ad ogni
suo passo e fruscia, sibila, lo sorprende alle spalle.
Scintilla tra le sue mani una
daga, afferrata da un Cosmo nero come la pece.
“Tu, mi hai rovinato, Kanon.”
Anche la sua voce si propaga per
i corridoi. Risuona sinistra e quasi sconosciuta.
“O forse, forse sono stato solo io.”
La porta d’ingresso è
incustodita. Dodici Cavalieri addormentati dovrebbero presiedervi, e uno che
dorme un sonno più profondo di tutti. Nessuno sente, nessuno presentisce. La
notte non è nera, ma pallida come un mantello, pallida come le vele di navi che
solcano l’orizzonte. Pallida come la luna, eppure così morta.
“Possibile?” Si domanda.
“Possibile che nessuno di loro -?”
Entra nella stanza.
Ricordo. La prima volta che ero qui. Aiolos davanti a me. Quella sua
aura così luminosa!
E la bambina, che è un po’ più
cresciuta di quando l’ha presa in braccio, quel giorno, davanti a tutti, quando
ognuno di loro pensava che suo sarebbe stato il compito di accudirla per il
resto della sua vita.
Ora cosa gli resta, se non farsi
avanti verso la culla dove dorme incosciente, con una daga in mano e un Cosmo
nero che la afferra?
“Mia Dea,” Sussurra. “mia Dea.
Mia rovina.”
Oh, come cadrò…
Atena apre gli occhi, come
cogliendo la presenza accanto a lei. È un’ombra, quella di Saga, che si allunga
tra le lenzuola pulite dove giace. Sorride. Lo riconosce. Alza le piccole
braccia rosa quasi per toccarlo, e per un istante Saga vorrebbe farsi scoprire,
vorrebbe farsi accarezzare da polpastrelli soffici e dita piccolissime,
vorrebbe farsi ripulire. Vorrebbe che quelle manine potessero penetrare la
carne del suo petto fino al cuore e strappargli quel male che così
profondamente s’è radicato in lui.
“Mia Dea!”
Così piccola, e indifesa. Se alza
ora il braccio, che una volta è stato in quella tensione scure di giustizia e
santità, potrebbe ucciderla in un secondo. Senza nemmeno farle male.
Atena afferra una ciocca bianca e
comincia a tirare. Ride.
“Vuole forse salvarmi?” Chiede
rivolto a quello sguardo viola. “Ma io sono caduto. Così a fondo, sono caduto…”
Si scosta all’improvviso, l’ombra
si muove, e questo la fa piangere.
“No. Io non risparmierò nemmeno
Lei, questa notte. Io mi prenderò quello che mi spetta.”
La guarda ancora per un istante,
prima di sferrare il colpo. Il suo visino arrossato e contratto dal pianto, il
suo corpicino rosa così piccolo. Eppure contiene un Cosmo sopito abbastanza
potente da eclissare quello di tutti gli altri guerrieri del Santuario, o tutti
i guerrieri del mondo riuniti.
“Scelgo da solo il mio destino,
Dea ingrata!”
Alza il braccio. Tende la mano,
serra il Cosmo che trattiene il pugnale. Forte. Vigoroso. Un colpo solo per non
farla soffrire. Le lenzuola si macchieranno, si impregneranno di sangue divino.
Un arco perfetto, una parabola che cade.
Sferra.
“Ah…”
Saga sorride dietro la maschera.
Ha colpito qualcosa che non è la tenera carne di un bambino.
E davanti a lui, nella sua
luminosità perfetta, Aiolos trattiene un grido di dolore. La sua spalla è
lacerata.
“Perché il Gran Sacerdote
desidera uccidere la Dea
che si è appena reincarnata?”
Allora uno se n’è accorto. E chi se non il più santo tra di loro?
Saga non risponde. Aiolos si
alza, stringendosi la bambina al petto. Dal gomito gocciolano sul pavimento
piccole perle di sangue.
“Perché dunque dimostrarsi così
empio?”
Nessuno dei due si muove. Solo
Atena piange.
Mi avrà riconosciuto?
“Io non permetterò a nessuno di
sfiorare questa bambina. Dovessi combattere contro un dio.”
Dovessi combattere contro Saga?
“Dovessi morire. La proteggerò
fino alla fine.”
“Bene. Aiolos del Sagittario.”
Forse Aiolos è sorpreso di udire
una voce così poco familiare. Non è Shion che parla.
Saga lancia un colpo, Aiolos si
abbassa appena in tempo per contrattaccare, fendendo l’aria. Sfiora il suo
collo, non riesce a trovarlo. Ma il movimento è sufficiente.
La maschera cade con un rumore
metallico.
Saga rimane immobile. Non cerca
di coprirsi. Guarda la maschera riversa per terra, e poi Aiolos attaccato alla
bambina. Sorride leggermente.
“Tu…”
Aiolos sembra invece
all’improvviso privo di ogni forza e di ogni convinzione.
“Come hai potuto, proprio tu… di
che colore sono i tuoi capelli?”
Il Cosmo freme nella mano di
Saga, nero ed impenetrabile. Lo scaglia contro Aiolos che è come rallentato, lo
colpisce in pieno viso. Cade. Una, due, tre volte. Sempre la bambina protetta
tra le braccia.
“Saga!”
C’è disperazione nella sua voce?
Non ce n’è negli occhi di Saga,
rossi come il sangue. Non ce n’è nelle sue mani.
Nel cuore…
“Nobile Saga!”
E’ solo un istante, e la mano
esita. Potrebbe colpire, ora che lui è
così fragile e la sua luminosità si è come spenta. Potrebbe ferirlo mortalmente
e riprendersi la bambina. Potrebbe ottenere quello che vuole, e lo sa.
Eppure si ferma. Ci sono lacrime
negli occhi di Aiolos che gli ricordano un prato verdeggiante, giorni lontani sulla fine dell’estate.
Un’estate che non tornerà mai.
Non tornerà mai, sembrano dire. Quello
che stai cercando non tornerà mai.
Rallenta. Non che lo voglia. È
come se la mano fosse comandata dal cuore. È come se ci fosse ancora un filo di
luce stellare, un bagliore di cielo in lui.
Appena il tempo per sfuggire,
prima che il colpo si abbatta contro la parete, e la frantumi.
Appena il tempo per stringersi la Dea Infante, al petto
e correre verso la finestra.
Appena il tempo per voltarsi,
mentre Saga si avvicina, l’orlo della veste troppo lunga che struscia contro il
pavimento impolverato.
Appena il tempo di guardarlo
negli occhi e vederli per l’ultima volta, per l’ultima volta amarli. Per quel
frammento sospeso nel tempo sono di un blu che sembra fatto di notte, sono
ancora crateri celesti sulla sua faccia di luna.
È un addio, e ne è consapevole.
Ma questo vede.
E in fondo sa, Aiolos, o crede, o
spera, gettandosi nel vuoto di una notte di perla, che il blu profondo, e
lontano, e addormentato, prima o poi si sveglierà. Non tutto è perduto. Dietro
questa nebbia, avvolto di bianco e silenzio, vive ancora Saga celeste.
Saga che ha combattuto per anni
al suo fianco.
Saga che ha condiviso tanto
dolore e tanta fatica.
Saga che ama più di ogni altra
cosa al mondo.
Saga, prima o poi, tornerà.
Si avvicina alla finestra.
Tutto è pesante, tutto urla nel
silenzio, anche dentro di lui.
Quelle lacrime, quegli occhi così
verdi…
“Aiolos.” Dice. “Perché proprio
tu hai dovuto –“
Si sporge dalla finestra. Tutto,
fuori, è coperto di una fitta nebbia perlacea.
Piange.
“Addio, Aiolos.”
È caduto.
Non tonerà. Non tornerà più da te.
L’estate che stai aspettando non tornerà mai.
***
Cose da
dire sul capitolo 33: siamo arrivate. Questa è la resa dei contih! Da questo
momento nulla sarà più lo stesso. La storia la conoscete tutti, quindi siete
consapevoli di dover preparare i fazzoletti.
Per
quanto riguarda l’aggiornamento *risate registrate* - oh, è estate, tu guarda…
fino ad oggi non me ne ero accorta. Uno di questi giorni partirò (?) , e
rigorosamente senza computer. Un altro di questi giorni tornerò e aggiornerò
con il capitolo più deprimente che abbia mai scritto. Ma tanto ci siete
abituati alla mia scomparsa, no?
Come
sempre, ho risposto a tutte le commentatrici, titania76, Pilatigirls, scrapheap_sama
nell’angolo recensioni! A presto! Buone vacanze <3
|
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Capitolo 34 *** Ora ***
blu 34
34.
[Ora]
La nebbia è fredda e sospesa.
È qualcosa di incorporeo e
transita.
Ti penetra dentro, ti scuote con
un brivido la schiena.
Shura del Capricorno esce dalla
sua Casa in una notte fumosa come è difficile trovarne in Grecia. Entra nelle
stanze del Gran Sacerdote con le percezioni ottuse, e un senso di tremore.
Si inchina.
“Nobile cavaliere del
Capricorno.”
“Venerabile Pontefice.”
“L’allarme è suonato. Le campane
hanno destato il Santuario. Questa notte un uomo ha compiuto il più grande
sacrilegio, attentando la vita della Dea Infante.”
Shura per un istante è incredulo.
Il bordo dorato della veste del Sacerdote si muove impercettibilmente sotto i
suoi occhi chini.
“Tu, che possiedi la giustizia
nel braccio, e con un colpo puoi ripristinare l’ordine delle cose, tu lo
seguirai e lo ucciderai. Prenderai la bambina e la riporterai da me.”
Come le parole possono essere
fatte di nebbia.
“Signore…” Dice Shura. “Mi sembra
impossibile che qualcuno abbia violato il Santuario senza che noi ce ne –“
“Aiolos. Aiolos del Sagittario.”
Dice Saga, con una gravità, e una pesantezza che gli sfondano il cuore. “E’ lui
che devi cercare. È lui che devi uccidere. È lui che ha tradito…”
È lui che…
Mentre aspetta, Saga abbandona la
maschera. La sua faccia di luna risplende nella notte con strani bagliori
fosforici, i suoi occhi sono come crateri sanguinolenti sulla superficie
astrale.
Solo, nelle stanze usurpate,
attende.
Sente rumori soffocati da una
nebbia perlacea. Sente il clangore di armature e le urla di soldati che corrono
agitando e svegliando il Grande Tempio nelle ore che sempre sono state coperte
dal più impenetrabile dei silenzi.
Vede dalla finestra un mare di
bianco. È la stessa dalla quale Aiolos è fuggito. Ne è come magnetizzato.
Saga cammina, avanti e indietro,
e sulla sua faccia di luna si scorgono i segni di un uomo precocemente
distrutto.
Aspetta.
Aspetta.
Camminando, aspetta.
Non sa, forse nemmeno immagina
cosa succede al di là della sua finestra. Non sa di soldati e cavalieri che
muoiono irretiti dal suo inganno. Non sa che questa notte bianca è in realtà un
notte purpurea e densa. Non sa, Saga, cosa accade per le scale e i terrapieni
della sua casa. Forse può sentire qualcosa di sospeso nell’ora più angosciosa
della sua esistenza.
Aspetta.
Non sa da che parte Aiolos fugge
con la bambina stretta al petto, tra i colpi ostili e furiosi di chi lo
insegue. Non sa che strada prenderà, se riuscirà a fuggire, se sarà contento, o
disperato per questo.
Non sa, non può vedere dalla sua
posizione, la rupe battuta del vento sulla quale scivola il suo piede. Ora tace
e cerca di scrutare tra il silenzio, ma nulla è chiaro.
Si ferma per un istante.
Non sa che ora Aiolos fronteggia
centinaia di attendenti e li scosta con un lieve colpo della mano. Non sa la
pena che prova per questi innocenti, con Atena che piange stretta al suo petto
d’oro.
Non sa che ora giunge Shura, col
suo braccio investito di giustizia, e l’Armatura che è resa un po’ più pallida
dalla notte attorno. Non sa come lentamente cammini incontro a lui, il più splendente di tutti, il più
generoso di tutti, non sa quanta angoscia provi ad alzare il filo della sua
lama contro il collo di chi credeva volare in alto con ali di piume come la
corolla di un fiore.
Non sa, Saga, che Aiolos mai una
volta si fa scudo con la Dea.
Non sa che è stanco, e ferito, e provato dalla furia di mille
attacchi e dall’orrore più grande di tutti – il suo viso. Non sa che di tanto
in tanto guarda verso l’alto, verso la cima della collina, mentre lui cerca
qualcosa dalla finestra, e i suoi occhi si fanno velati di lacrime.
Non sa che pensare alla creatura
celeste che era lo distrugge forse più di tutti i colpi ricevuti. Non sa che ad
ogni suo affacciarsi nel vuoto gli ruba un po’ di forza e un po’ di vita.
Non sa quando precisamente
succede. Quando Shura del Capricorno, col suo mantello bianco che si fonde con
l’alone di questa notte, troppo vicino e troppo angustiato, alza il suo braccio-spada
e con esso trafigge il corpo di lui, di
lui, il vero eroe delle antiche leggende, Aiolos il luminoso, Aiolos il più
luminoso, Aiolos il più santo e meritevole, Aiolos il più grande.
Oh, come cadrò…
Non sa quanto grande sarà la sua
disperazione. Non sa che Aiolos tratterrà il fiato, inarcandosi e precipitando
dal costone di roccia verso il basso, verso le rovine silenziose dell’Acropoli.
Non sa che compirà quest’ultimo gesto in un mutismo di morte.
Questo, Saga ancora non lo conosce,
mentre cammina avanti e indietro per le stanze usurpate.
Ha come la percezione di qualcosa
di terribile che si abbatte sul Tempio e su tutta la terra, perché il Tempio è
il luogo più sacro di tutta la terra. Ha come la percezione che la sua caduta,
giù per un precipizio ben più profondo, sia ormai giunta al termine.
Tutte queste cose, Saga non le sa.
Ancora.
Ora entra di nuovo il Cavaliere
del Capricorno. Ha la testa china e i capelli neri come la notte nascondono i
suoi occhi pieni di vergogna. Braccio imbrattato di sangue. Si perdona questo
colore alla spada della giustizia?
Shura si inchina nuovamente e con
gesti lenti, e parole lente, racconta.
A poco a poco, Saga sa tutto. A
poco a poco si rende conto del quadro al di là della sua finestra.
A poco a poco, si rende conto di
aver perso per sempre.
C’è una cosa, però, che Saga non
sa, e non saprà mai.
“Cosa ha detto con le sue ultime
parole?”
“Nulla ha detto. O forse la sua
voce si è persa nel vento.”
Saga trema davanti al Cavaliere
della giustizia dal braccio sporco di sangue. Perché è sangue ingiusto. E si
chiede per molti minuti quando sferrerà il colpo contro il suo collo candido,
svelando l’inganno.
Invece Shura racconta
sommessamente, poi si alza e scompare per anni inghiottito dalla nebbia.
Quello che Saga non capirà mai, è
perché Aiolos non ha detto nulla. Sull’orlo del precipizio, con un destino di
morte appeso in faccia e la Dea
bambina stretta al petto, non ha detto nulla.
Saga.
L’usurpatore.
Saga celeste ha ucciso il Pontefice, lui ha attentato alla vita della
Dea.
Lui, devi andare a cercare.
Ora uccidimi, poi lui vai a cerare, e castigalo.
Aiolos ha portato questo segreto
nel suo precipitare senza senso. Avrebbe potuto smascherarlo e salvare il
Tempio negli anni futuri. Avrebbe potuto risparmiare molte vite, in cambio di
una sola, la più malvagia e la più empia di tutte.
Ma non l’ha fatto.
Forse cadevi col sorriso?
Forse ti piaceva essere un
martire?
“Perché?” Chiede Saga al mattino
che sorge dalla finestra. Ora comincia a distinguere il contorno delle cose.
“Perché?”
C’è un pallido riverbero celeste
tra i suoi capelli in quest’ora così precoce. È l’ultimo segno.
È l’ultimo giorno di Saga
celeste, e l’alba sarà come una meridiana per lui, conterà i minuti diluendo
l’azzurro del cielo in un bianco accecante.
“Perché ti sei portato tutto
dietro?”
Cosa abbiamo fatto?
Siamo due traditori.
Meritiamo…
Ultime ore di Saga celeste.
***
Sono
viva! Sono tornata! Non sapete che periodo di agonia… senza computer, senza
internet – come si faceva a fare le cose senza internet! Senza scans e senza
megavideo, senza facebook! Mi viene da piangere se ci ripenso. Questa mattina
tutto torna. E quindi posto Blu dopo mesi di assenza.
La
storia è stata inserita tra le consigliate! Questo grazie alla gentilissima
segnalazione di scrapheap_sama alla quale va tutto il mio amore <3. grazie anche
a titania76. Gentilissima come sempre. Scriverò
una risposta adeguata, nonostante io sia una persona terribile per questi
ritardi. Se non si rompe più niente (ma dubito) proverò ad essere puntuale
negli aggiornamenti (???)
Love <3
|
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Capitolo 35 *** Prato ***
blu 35
35.
[Prato]
“Lo abbiamo trovato. Signore.”
“Sì.” Sussurra.
Un suono indescrivibile esce
dalla sua gola e si allunga in un sospiro di dolore e di nebbia.
Il giorno sta per sorgere sulle
bianche colonne dei Templi.
“Mai più,” Dice. “neanche in
questa luce di Grecia, mai più saranno così chiari.”
Saga abbandona per un istante la
maschera e gli abiti sacerdotali.
Con l’ultima forza che gli resta,
diluita nel colorarsi del giorno, esce di nascosto dal suo Tempio e cammina per
quella strada che non vuole percorrere mai più. Corre su quelle scale che non
desidera più salire mai più.
C’è una porta bianca, e oltre
alla porta, una lunga stanza vuota e fredda. Accanto alla parete, un semplice
tavolo di marmo.
“Ricordo questa scena.”
E sul tavolo lui.
“Aiolos.”
Si avvicina. Passi che rimbombano
tra pareti silenziose. Ha come la sensazione che questa stanza per cadaveri, di
cadaveri ne contenga due.
“Ai –“
Lo sfiora con una mano. Appena,
gli accarezza la guancia, le labbra, il volto coperto di terra e di sangue. Nessuno
l’ha ripulito.
“Cosa abbiamo fatto? Cosa ti ho
fatto? Io?” Sussurra.
E all’improvviso, si rende conto.
Ci sono tante cose che vorrebbe
chiedergli. Ma lui non può parlare. Non parlerà mai più. È morto e non parlerà
mai più, mai più sentirà il timbro della sua voce, o il calore del suo petto,
mai più potrà toccare e vedere quel corpo così bello, mai più potrà sentirsi a
casa assieme a lui.
È morto.
“Cos’ho fatto?”
C’è un pallido riflesso celeste
tra i capelli di Saga in questo momento. Lui lo sa. Che è il regalo dell’alba,
il più prezioso dei doni, e sparisce con il tempo di una meridiana celeste che
segna i minuti, le ore.
Si inginocchia accanto al corpo
inerte e piange. Per tutto il tempo che gli resta, prima di morire un po’ anche
lui.
È morto.
“Non piangere, Saga.” Diceva un
tempo Shion. “Un Cavaliere non piange.”
Un Cavaliere non piange alla luce del giorno.
Per un attimo, si ricorda di
Kastor. Di quell’immagine che col tempo si è sbiadita come molte cose nel suo
cuore, e lo rivede steso su questa stessa tavola, rigido di morte e bianco come
il mantello di un guerriero, come le vele che solcano il mare di prima mattina.
Era fiero e maestoso, il suo volto compunto, e sapeva di essere morto nel
giusto.
Così Saga l’aveva lasciato
andare.
Ma Aiolos, Aiolos sapeva di non
essere morto nel giusto. Aiolos sapeva di essere morto nella sofferenza, e di
essersi condannato. Sapeva di aver trattenuto il fiato per salvare un essere
indegno. Sapeva di morire perché amava un essere indegno.
Credeva di salvare un uomo
celeste che si era solo addormentato.
E il suo viso, così abbagliante
ora, porta per Saga i segni di questa pena.
Morto nel disonore e nella pena.
“Cosa potevo farti di peggio,
amore mio?”
Si rialza. Gli sfiora i capelli.
“Nessuno ti ricomporrà. Perché
sei morto da traditore, e ai traditori la sepoltura non è concessa. Sei morto
da empio, e hai rovinato l’attesa di questo Santuario. Per me, anche, sei morto
da traditore. Ma come faccio a lasciarti qui nelle loro mani?”
Non riesce a smettere di toccare
quel viso. Fa male, è gelido, ad ogni tocco sembra bruciarlo. Fa male anche vederlo.
Ricorda la pelle dei morti, quella dei bambini coperti di lividi blu e macchie
di sangue, quella di Kastor che era bianca come un mantello. Anche la sua è bianca
come un mantello. Pallida come il marmo su cui riposa. Non c’è vita in essa.
Tutto il suo colore splendente… Aiolos il luminoso non emana più rilessi
dorati.
“Non sanno nulla. Non sanno…
nulla… io... ti porterò lontano.”
C’è un prato, dietro ai campi di
allenamento, sempre battuto dal sole fino a tardi. Oggi che è quasi terminata
l’estate verdeggia come una volta.
Saga se lo ricorda bene, colorato
e odoroso in quella stagione lontana. La stagione splendente.
Che non tornerà mai più.
“Da domani questo prato sarà popolato
dai fantasmi, e nessuno disturberà il tuo sonno.”
Finché non tornerò.
Ha scavato una fossa, smuovendo
la terra come un animale. Ha respirato l’odore umido della profondità ctonia, e
ne è rimasto intossicato. La terra è marcia, sotto. È bagnata. Ha guardato
Aiolos e si è chiesto quanto in fretta questa terra possa consumare il suo
splendido viso.
Ha baciato le sue labbra inerti e
fredde – ed è stato colto da un brivido di orrore.
L’ha avvolto in un mantello
candido come un giglio, candido come le vele che solcano il mare dirette in
posti forse più felici.
L’ha lasciato scivolare. Il suo
ultimo abbraccio. Nel petto profondo e mutevole della terra l’ha richiuso, per
l’eternità confinato sotto la luce solare che gli appartiene. Per l’eternità
spoglio, e disadorno, per l’eternità condannato.
Ora guarda il tumulo di terra
fresca e odorosa che si riscalda sotto la luce di questo mattino. Una giornata
di fine estate.
Saga sorride.
Ironia.
Il nostro prato. La nostra stagione.
“Avevi gli occhi davvero troppo belli.”
Si scosta un filo d’erba dai
capelli, vaghe sfumature celesti.
E piange ancora. Inonda la terra
di lacrime.
“Sono le lacrime più sincere. Di
tutto il male ch ho fatto, Aiolos, di tutto il sangue di cui mi sono macchiato,
il tuo solo brucerà in eterno. Il tuo solo non doveva… non doveva essere…”
Non un nome resterà inciso nella
pietra, consegnandolo all’immortalità come il più santo, e il più luminoso, e
il più bello tra i Cavalieri di Atena. Nulla. Sarà presto polvere.
Saga disegna il suo nome con la
punta delle dita sul terriccio, poi cancella.
Perché? si chiede. Da domani
il nostro prato sarà popolato dai fantasmi.
“Io – cosa posso fare ora, che ho
perso tutto?”
Indugia, Saga. Non se ne vorrebbe
andare. Se potesse, scaverebbe una fossa accanto alla sua, si coricherebbe
nell’abbraccio di morte della terra, e, sfiorandolo, si lascerebbe ricoprire.
Se potesse.
“In fondo, sono già morto. Qui. Muoio
anch’io.”
È giorno pieno, ormai.
Si spegne la meridiana celeste.
Il sole accarezza capelli dai pallidi riflessi blu, e un volto sofferente come
la luna.
“Qui, con te, ritornerà anche il
mio corpo. Promesso, amore mio.”
Il più santo, il più luminoso, il
più bello di tutti i Cavalieri, questa notte ha accettato il suo destino di
morte. Per salvare la Dea,
e per salvare l’uomo che ama. Non importa quanto dovrà costare.
Saga non saprà mai perché Aiolos
s’è portato il suo nome nella tomba.
Eppure, nel momento del loro
addio, quando si è voltato verso di lui prima di scomparire dalla finestra, ha
sorriso.
“Svegliati.” Ha detto.
Saga si risveglierà, un giorno, da questo lungo sonno.
Convocare tutti i Cavalieri,
pensa Saga.
Allontanarli.
Si immerge nella vasca da bagno
con un sospiro.
Il cielo è già azzurro, fuori
dalla finestra, ma per quanto sole splenderà sulla Grecia, i Templi non saranno
mai più chiari come prima.
Spegnere i Templi. È l’ora
stabilita?
Scivola più in basso, sommerso
dall’acqua. I suoi capelli volteggiano come onde sulla superficie, morbidi,
serici. Pallidi.
Fili di nebbia.
Finita anche l’ultima ora di Saga
celeste.
Un colore
Così vuoto,
il tuo.
***
Basta,
mi metto a piangere. Non pensiamoci più. Come ho fatto a scrivere questa roba? Sono
appena tornata da Lucca, sono ancora mortalmente stanca. Quest’anno è successo
anche a me il celebre: “Ho fatto milioni di foto e non c’è manco un album con
me in tutta facebook.” I miei 15 minuti di gloria sono sfumati nel nulla.
Meglio concentrarsi su Blu.
Al solito,
le risposte alle recensioni, sotto le recensioni!
I luf
yah!
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