Coffee

di white_tifa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Liscio amaro - Bittersweet temptation ***
Capitolo 2: *** 2. Ristretto - Strange meetings ***
Capitolo 3: *** 3. Macchiato - When everything changes ***
Capitolo 4: *** 4. Decaffeinato: It's worth trying ***
Capitolo 5: *** 5. Americano: Step by step ***
Capitolo 6: *** 6. Al cioccolato: Merry Christmas, Draco ***
Capitolo 7: *** 7. Corretto: What is love? ***
Capitolo 8: *** 8. Viennese: What is love? Part II ***



Capitolo 1
*** 1. Liscio amaro - Bittersweet temptation ***


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Coffee
 
 
 
1. Liscio amaro – “Bittersweet temptation
 
 
“La donna è come una buona tazza di caffè:
la prima volta che se ne prende
non lascia dormire.”
Alexandre Dumas
 
 
Luminose scaglie di sole perforavano i vetri della Sala Grande, facendo risplendere i granelli di polvere sospesi nell’aria dorata profumata d’autunno e di frittelle e caffè.
Già. Caffè. Proprio quello di cui aveva bisogno in quel momento; forte, caldo e, soprattutto, amaro.
I suoi occhi stanchi –il peso dolceamaro dei sogni di quella notte che ancora gravava sulle sue palpebre, fruscìo di lenzula attorcigliate attorno alle membra nervose, il sonno lontano quasi quanto l’oggetto dei suoi desideri- non smettevano di frugare tra i corpi degli studenti addormentati, una ricerca febbrile  che ogni volta si fermava, finalmente, solo alla vista di lei.
Hermione Granger era seduta al tavolo del Gryffindor, davanti a lei una tazza di caffè e qualche biscotto, un libro di trasfigurazione, piume e pensieri dorati come l’aria d’autunno che la circondava, facendo rispendere la chioma morbida e il viso ancora stropicciato dal sonno.
L’incarnazione della bellezza.
Trangugiò un sorso dalla sua tazza e l’aroma forte del caffè gli riempì le narici, calmando i nervi e sciogliendo le membra. Niente come quella brodaglia –come Blasie amava definirla- lo aiutava a placare la tensione e a schiarire la mente.
Mente ottenebrata da visioni e sogni di corpi attorcigliati, sorrisi nel buio e sospiri dolci e pesanti come la felicità che, liquida e calda, gli riempiva gli occhi e il cuore. Almeno fino a che il mattino non lo riportava alla sua vuota realtà.
Grazie a Salazar esisteva il caffè.
In quel momento, una parte della sua mente concentrata per la gran parte sulla Gryffindor registrò l’arrivo di due esseri che, sebbene venissero considerati lecitamente i più monumentali e epocali idioti dalla stragrande maggioranza del genere umano –e il fatto che in questa categoria egli comprendesse la mera casa di Slytherin non cambiava affatto le cose, anzi-, purtroppo nella vita della sua ragazza –disgraziatamente, anche quindi, molto ragazza e ben poco sua- sembravano avere un posto che definire “insostituibile” faceva male quasi quanto pensare a quanto fosse invece “sostituibile” il suo, di posto.
Come se poi lo avesse, per altro, un posto.
Potter e Weasley si sedettero ai lati della Granger, i sorrisi luminosi e dolci che come sempre sfoggiavano solo per lei riflettevano quella tipica luce autunnale così calda e distante.
Non avrebbe mai svelato ad anima viva o morta quel sentimento che gli comprimeva il petto ogniqualvolta la vedeva assieme a quei due.
Attenta, divertita, scettica, annoiata, spazientita, arrabbiata: qualsiasi espressione facesse, qualsiasi emozione provasse, c’era sempre una nota nascosta che traspariva, che marcava le sue espressioni in modo così unico e particolare da rendere immediatamente evidente che stava parlando con Potter e Weasley.
Una nota che spariva quando guardava gli altri.
Affetto, stima, trasporto.
Quando guardava lui.
Amore.
Socchiuse gli occhi, e una piccola fitta di soddisfazione unita al profumo di caffè attenuò l’amarezza alla vista di Piton che, passando dietro al tavolo di Gryffindor, colpì con il giornale la testa di Weasley, colpevole di mangiare, come suo solito, ingozzandosi e schiamazzando completamente dimentico delle fondamentali regole di convivenza del genere umano.
Sorrise di un sorriso amaro come il caffè che finì in un solo sorso.
Grazie a Salazar esistevano il caffè e Severus Piton.
 
 
Oooook. Eccomi qua con questo progettino piccolo piccolo.
L’idea è quella di una raccolta di flashfic (o oneshot? Uhm, grande dilemma.) in cui, come avrete ormai capito, il tema centrale è il caffè. Ho deciso di scrivere un capitolo per ogni tipo di caffè servito, e cercherò il più possibile di seguire un filo logico che, sebbene possa non essere immediatamente visibile, c’è. O almeno, spero.
Ecco qui i tipi di caffè che troverete:
 
liscio - macchiato - ristretto - viennese - decaffeinato - lungo - americano - al cioccolato - con panna - corretto - schekerato.
 
Per quanto riguarda la tempistica degli aggiornamenti, non posso fare particolari promesse purtroppo. Cercherò di fare del mio meglio mantenendo il ritmo di un capitolo a settimana, ma non è detto che riesca a mantenere la promessa. Sappiate però che assolutamente non interromperò la composizione della storia. Prima o poi quindi, un capitolo arriverà sempre.
Bene, dopo questo infinito sproloquio mi sembra di aver letto tutto… ah, no, dimenticavo: una recensioncina piccola piccola? Mi fareste davvero, davvero un grosso regalo, e impieghereste solo pochi minuti del vostro tempo.
Grazie mille a tutti coloro che sono arrivati fin qui <3, e al prossimo capitolo carissimi!
 
Un bacio, Mavi.

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Capitolo 2
*** 2. Ristretto - Strange meetings ***


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Coffee

 
2. Ristretto – Strange meetings
 
 
Tutto era estremamente frustrante.
Nonostante l’autunno fosse appena cominciato e i M.A.G.O. fossero ancora lontani, l’opera di terrorismo psicologico operato dalla classe docente stava dando i suoi frutti, come dimostrava l’ondata di panico che come una pandemia si stava espandendo a macchia d’olio tra gli studenti del settimo anno; solo una settimana prima, Susan Bones di Tassorosso ci aveva quasi rimesso la pelle per una eccessiva inalazione dei fumi del calderone di Neville nell’aula di pozioni, dovuta ad un attacco di iperventilazione dopo aver scoperto che aveva a disposizione solo un mese per prepararsi al famigerato test da tremila pagine fissato dal professor Piton.
Come se ciò non bastasse, Harry e Ron non avevano reagito a questo evento come sperava: anziché impegnarsi seriamente e coscienziosamente al duro anno che si prospettava di fronte a loro, avevano aumentato -esponenzialmente al marasma generale- la fiducia che riponevano nelle loro doti persuasive… e nelle sue doti scolastiche, ovviamente.
Il risultato: Hermione Granger non riusciva ad aprire un libro senza venir sommersa da richieste di passaggio, correzione, spudorata copiatura amanuense di qualsivoglia compito assegnato da qualsivoglia insegnante.
Poiché aveva ampiamente constatato ormai l’inutilità di ogni suo tentativo di farli sentire in colpa, per prevenire qualunque attacco da parte dei due ragazzi aveva abbandonato la Sala comune e cominciato a studiare in biblioteca, l’ultimo baluardo dello studente coscienzioso e diligente… nonché l’unico posto in tutta Hogwarts nel quale Harry e Ron non osassero mettere piede.
Hermione, seduta sulle panche profumate di resina della biblioteca, sospirò.
Nonostante tutto, comunque, questo splendido piano presentava una terribile pecca: dato che era costretta a scappare -nel vero senso della parola- per non essere braccata a tradimento quando meno se lo aspettava, aveva dovuto rinunciare a una delle sue –poche- gioie giornaliere: la pausa caffè nelle cucine.   
Costretta ad una semplice toccata e fuga –con suo incredibile stupore, negli ultimi tempi Harry e Ron sembravano essere diventati onniscienti: sapevano sempre dove lei si trovava, come se avessero studiato ogni suo spostamento-, aveva tempo solo per un semplice caffè ristretto preparato rigorosamente con le proprie mani, tra l’indignazione degli elfi domestici e la commovente adorazione di Dobby.
E dato che in biblioteca era vietato introdurre cibo e bevande, non aveva più nemmeno il tempo per bere una tazza di caffè in tranquillità.
Tutto ciò era davvero, davvero frustrante.
Sospirò di nuovo, posando la piuma sul libro e lasciando vagare lo sguardo al i fuori della finestra, nel parco ormai immerso nella luce del tramonto.
Era in quei momenti sospesi tra il giorno e la notte, quando il tempo si dilatava e l’aria sembrava immobilizzarsi e crepitare di magia, che pensava sempre di più a cosa ne sarebbe stato della sua vita senza tutto ciò che la circondava: i fogli porosi di pergamena giallastra, le macchie d’inchiostro sulle dita e sulla sua piuma d’oca, i libri di incantesimi sparsi sul tavolo di quercia intagliata, le mura del castello brulicante di vita che la proteggevano.
Ma con uno stupore sempre nuovo, scopriva ogni volta che non ci riusciva; non riusciva a pensare alla propria vita senza la magia, senza Harry e Ron, senza Hogwarts, senza quei brividi che le percorrevano le dita quando reggeva tra le dita la bacchetta.
Lei, sospesa sul filo sottile che divideva i due mondi, non era ormai più in grado di andare avanti o indietro; muoversi avrebbe significato cadere da un lato o dall’altro, e non avrebbe potuto sopportarlo, non dopo tutta la fatica fatta per ricavarsi un posto in –entrambi- quei mondi.
Non avrebbe sopportato di rinunciarvi. Se fosse stata costretta a farlo, sarebbe morta.
Riprendendo tra le mani la piuma, rimpianse per l’ennesima volta la sua tazza di caffè; se l’avesse avuta, oltre che essere di umore migliore sarebbe stata in grado anche di mantenere maggiore attenzione, senza perdere tempo prezioso per lo studio in fantasticherie… dato che era solo al terzo ripasso.
Inalando il profumo dei libri e della resina, si alzò, inoltrandosi tra il ginepraio di scaffali della biblioteca in cerca di un libro di trasfigurazione avanzata.
Amava la fragranza polverosa e pungente delle pagine vecchie di secoli che in biblioteca sembrava aleggiare perennemente come una nebbiolina dorata alla luce del sole, rendendo l’atmosfera sospesa e senza tempo.
Le pareva persino di riuscire a distinguere i libri dal loro profumo: pozioni aveva una punta ora più dolce, ora più aspra, filtro d’amore e distillato di morte vivente; astronomia odorava di nebbia e freddo pungente, polvere di luna in una notte senza nuvole; erbologia aveva le fragranze di un giardino incantato meraviglioso e letale, fiori di biancospino e essenza di belladonna; trasfigurazione sapeva di soffitta polverosa, tesori nascosti nei meandri dei suoi labirinti.
Quel profumo era davvero meraviglioso… quasi come quello del caffè che le stava arrivando alle narici.
Spalancando gli occhi, fece un giro su se stessa, cercando di capire da dove provenisse la fragranza.
Era severamente vietato introdurre cibo e bevande in biblioteca!
A passo di carica, con un cipiglio che avrebbe fatto piangere di gioia la McGranitt e avrebbe persino strappato a Piton un cenno di approvazione, svoltò a destra dell’ultimo scaffale e scovò il colpevole del misfatto.
Se ne stava appoggiato alla grande vetrata, i capelli biondi dai riflessi aranciati nella luce morente del tramonto che coprivano gli occhi rivolti verso il lago e persi in uno sguardo che, sebbene Hermione non potesse vederlo, immaginò freddo e distante.
Draco Malfoy non poteva essere considerato bello; i suoi lineamenti scarni e duri erano troppo spigolosi per essere giudicati piacenti,  il suo fisico troppo asciutto per essere definito prestante.
Eppure ogniqualvolta spostava lo sguardo su di lui non poteva reprimere un certo timore, un’incertezza che rasentava la reverenza: la postura eretta e regale delle spalle, l’eleganza delle dita lunghe e bianche, l’espressione sprezzante ma distaccata, l’incarnato pallido e i capelli d’oro; tutto concorreva a formare intorno a lui un’aura impalpabile di regalità che lo avvolgeva come un bozzolo, proteggendolo –ma, nello stesso tempo, separandolo- dal resto del mondo.
Draco Malfoy la metteva in soggezione, soprattutto in quel momento, circondato dalla luce del tramonto autunnale. Ma questo non lo avrebbe confessato ad anima viva.
Quando si rivolse a lui quindi fu con un tono più aspro del solito che disse: “Pensavo che un Caposcuola fosse a conoscenza di una delle più basilari regole scolastiche. Ma dimenticavo che stiamo parlando di te”.
Sputò quell’ultima parola come fosse veleno.
Malfoy a quelle parole non si girò; rimase con lo sguardo a fissare l’orizzonte infuocato che a mano a mano andava spegnendosi, come se non l’avesse minimamente sentita.
Ecco una delle –innumerevoli- cose che più detestava di Draco Malfoy: quell’atteggiamento che era una commistione di disprezzo, indifferenza e boria riservato solo ed esclusivamente a lei. Con un gesto rabbioso della bacchetta, fece Evanescere la tazza che fino a pochi istanti prima conteneva il liquido che l’aveva condotta lì.
Maledizione al caffè.
Solo in quel momento il giovane sembrò accorgersi della presenza di un altro essere umano accanto a lui; raddrizzò le spalle e con estrema indolenza voltò il capo ad osservarla, un sopracciglio che lentamente si alzava -esprimendo così con un singolo, insignificante gesto tutto il suo disprezzo- mentre con un soffio tra le labbra gli usciva solo un sibilo: “Granger.”.
“Dieci punti in meno a Slytherin. Ora, se permetti, ho altro di meglio da fare”. Decise di degnalo solo di una replica asciutta, tanto per mettere in chiaro quanto poco lo considerasse degno delle sue parole.
Fece per girarsi, quando una risatina – spenta, senza gioia- la fermò, facendola voltare.
Malfoy la guardava, una smorfia gli deformava il viso indurendone i tratti già impietosamente affilati.
Non è bello, si ritrovò a pensare.
Eppure quell’aura che solitamente era solo lievemente percepibile, quasi come un refolo d’aria proveniente da una finestra lontana, si era fatta quasi palpabile; sentiva che, se avesse teso la mano, l’avrebbe potuta toccare.
Alzando lo sguardo trovò gli occhi di Malfoy fissi su di lei e rimase turbata: i soliti piatti e indifferenti occhi grigi ora erano più scuri, forieri di qualcosa a cui non sapeva –e non voleva- dare un nome.
L’unica cosa che sapeva era che sarebbe scappata se le gambe non avessero rifiutato di obbedirle; sarebbe fuggita lontano da quegli occhi grigi così tormentati e affilati, per non essere costretta ad immergesi in segreti e realtà troppo scomode da accettare. La verità era che anche Draco Malfoy era uscito segnato dalle prove a cui la loro generazione era stata sottoposta, prove che ora non avevano lasciato né vincitori né vinti, ma solo un campo di anime morte e, nei sopravvissuti, piaghe che ormai era quasi impossibile risanare. Ma accettare questo avrebbe significato accettare lui e tutto ciò contro cui aveva lottato, riducendo le proprie certezze ad un cumolo di macerie; un sacrificio troppo grande da fare per una persona che le aveva riservato solo disprezzo e che non la considerava nemmeno degna di far parte del proprio mondo.
E poi… l’ odio era un sentimento molto più facile e immediato della compassione.
“Ti senti appagata Sanguesporco ora che le cose sono tornate nel loro giusto ordine?”
Non si stava riferendo solo alla ormai scomparsa tazza di caffè, e lei lo sapeva; ma non gli avrebbe mai dato la soddisfazione di fargli vedere che l’aveva colpita.
“Sì Malfoy; del resto, ci vuole qualcuno che faccia rispettare le regole, altrimenti si sprofonderebbe nel caos.”
Pronunciò quelle parole con tono freddo e distante, e lo vide storcere ancor più le labbra in risposta, in un’espressione che sembrava esprimere un’autentica sofferenza.
“Esattamente la risposta che ci si aspetta dalla Sanguesporco Caposcuola del Gryffindor; orgoglio, tracotanza e assoluta cecità.”
La ragazza fu costretta per lo stupore –e la paura- ad ingoiare la veemente protesta alla vista di Malfoy che avanzando si fermò a pochi centimetri da lei, un’espressione di evidente sofferenza sul viso e i pugni serrati. Se non fosse stata sicura che lo Slytherin fosse troppo disgustato al pensiero di toccarla, avrebbe giurato che stesse per colpirla.
“Quando imparerai che il mondo non è tutto bianco o nero, che la perfezione è solo un’ illusione?”
Nonostante Malfoy la sovrastasse –la sua presenza la assaliva, la colmava fino a soffocarla- riuscì a mettere assieme una frase coerente con cui ribattere “Proprio tu mi parli di bianco e nero? Taci Malfoy, sei l’ultima persona che può farmi un discorso simile! Mi hai sempre disprezzato per il mio sangue, mi hai persino augurato la morte al secondo anno, e ora vieni a parlarmi di bianco e nero?”
Solo dopo aver finito di parlare si rese conto di aver urlato; immobile, aspettava la sua reazione, che però non arrivò. Passò un tempo che ad Hermione parve interminabile durante il quale il ragazzo sembrò lottare con qualcosa dentro di lui, la sofferenza che, come un marchio, era impressa sul suo viso.
Poi tutto svanì. Darco Malfoy si allontanò da lei, il viso disteso e indifferente, senza alcuna traccia del conflitto interiore che lo aveva dilaniato pochi attimi prima.
Hermione quasi vacillò per la lontananza improvvisa e quel cambiamento così rapido la disorientò.
“Dieci punti in meno a Gryffindor per schiamazzi in biblioteca.” Con un gesto della bacchetta, fece comparire una tazza, e il profumo di caffè la avvolse assieme alla rabbia.
Malfoy fece per superarla ma, incredibilmente, le mise la tazza tra le mani.
“Per te Granger. Del resto ti capisco. Il caffè…” la guardava con un misto di risentimento,  nostalgia e qualcosa di indefinibile, che le faceva attorcigliare lo stomaco; ancora una volta le gambe non le rispondevano, ma ormai non era più sicura di avere la forza di riuscire a scappare, come se quegli occhi grigi avessero prosciugato tutte le energie da ogni fibra del suo essere “…crea dipendenza”.
 Il ragazzo si allontanò, lasciando dietro di sé una Hermione Granger disorientata e confusa.
Maledizione al caffè e a Draco Malfoy.
 
 
 
Eccomi qua cari lettori. Come vedete, questa settimana sono riuscita a mantenere la promessa, quindi ecco qui il capitolino, che per altro è POCO più lungo del precedente :).
Piccola nota: non so se tutti lo avete notato, ma preferisco invece del termine “Mezzosangue” usare “Sanguesporco”, come insegna mamma Row: Hermione letteralmente sarebbe una “Mudblood” (perché nata babbana), non una “Halfboold” (appunto, Mezzosangue) come invece è, ad esempio, Harry. A mio parere, questa piccola inezia dà totalmente un significato diverso al rapporto tra D&H… ma non ascoltate le castronerie di una maniaca della perfezione come me ^^.
Un’altra cosa: vedo che per il primo capitolo ci sono state molte letture ma solo 2 recensioni. Non sono una di quelle autrici che minaccia di cancellare la storia se non ha minimo 1000000 recensioni, però ci tengo a dirvi che mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate. Davvero, mi aiutereste moltissimo.
Ultimo avviso: non so se la prossima settimana riuscirò a mettere online il capitolo nei tempi previsti, perché tra meno di 10 giorni ho un esame e sono SPAVENTOSAMENTE indietro con lo studio. Quindi, mi scuso in anticipo con tutti quanti!
E ora, passiamo alle due bellezze delle recensioni:
 
DracosWife: sono molto contenta che ti sia piaciuta <3! Grazie mille per la recensione, spero che questo capitolo ti abbia entusiasmato come il primo :)… e spero di non deluderti con i prossimi! Mi raccomando, fammi sapere le tue impressioni anche per questo! Un bacio, Mavi.
 
Jules_Black: ecco, è grazie a recensioni motivate come la tua che uno scrittore continua le proprie storie con un entusiasmo sempre nuovo, quindi ti ringrazio in anticipo: grazie, grazie, grazie!
Allora, primo: stai parlando con una super frustrata, perché amante di caffè ma purtroppo costretta ad essere moooolto controllata nel berlo, causa insonnia :’(. Avevo letto molte fan fiction a tema “caffè” in moltissimi fandom, ma mai in quello di Harry Potter, quindi mi sono detta “Perché no?”… ed eccoci qua ^^.
Secondo: la Draco/Hermione è la mia coppia del cuore, quindi sono molto felice di avere una lettrice davvero obbiettiva che sappia dirmi cosa va e cosa no… sentiti libera di esprime ogni parere/critica! Draco ti è sembrato ancora molto dolcioso?
Terzo: Hermione, bhè… Hermione è adorabile come mamma Row l’ha fatta, quindi come è possibile stravolgerla? Non ci riesco proprio… l’unico difetto che riscontro a volte è che immedesimandomi troppo rischio di renderla troppo simile a me. Quindi avvertimi se vedi qualcosa che non va ;)!
Grazie ancora della bellissima recensione… e aspetto di sapere cosa ne pensi di questo capitolo!

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Capitolo 3
*** 3. Macchiato - When everything changes ***


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Coffee
 
 
 
 
3. Macchiato: When everything changes
 
 
Dedico questo capitolo ad Andrea: anche se so che
probabilmente non lo leggerai mai, è per te. Il dolore, vedrai,
un giorno sparirà, anche se so che una perdita simile lascia un segno
indelebile, per sempre. Ti voglio bene e ti sono vicina.
 
 
 
Il vento soffiava quel giorno portando il primo freddo, e una nube nera carica di pioggia incombeva ormai da molte ore sul castello.
E sul suo umore.
Dopo quel fugace scontro in biblioteca avvenuto oltre una settimana fa –precisamente otto giorni, tre ore e cinquanta minuti addietro- non aveva più visto la Granger, se non di sfuggita durante i pasti e una sera alla ronda dei Caposcuola.
E il fatto che lei non si fosse ancora fatta viva nonostante la tradizionale cena per la nottata di Halloween fosse ormai cominciata da un pezzo, non migliorava di certo le cose.
Si dimenò sulla panca – per la più o meno ventesima volta quella sera, a detta di Blasie- e diresse lo sguardo verso il tavolo di Gryffindor.
Tutto estremamente, squallidamente regolare: Potter continuava a fissare il suo piatto, lo sguardo probabilmente perso alla ricerca, tra una bistecca e un cavolino di Bruxelles, di qualche segno di magia oscura da aggiungere alla sua obbligatoria dose giornaliera di disgrazie necessaria a soddisfare le sue manie di persecuzione, mentre Weasley, chino sul piatto per ben altri e più bestiali motivi, continuava la sua abituale scena cibandosi –perché, quello poteva essere definito cibarsi?- in una maniera nemmeno degna del più sudicio suino del più sudicio porcile del più sudicio universo esistente.
Ma della consueta testa cespugliosa e selvaggia, profumo di pergamene e resina, nemmeno l’ombra.
Spostò lo sguardo sul proprio pasto, un cipiglio imbronciato gli corrugava la fronte. L’anatra all’arancia non gli era mai sembrata meno invitante.
Santo Salazar, non poteva essere arrivato a quel punto.
Con una smorfia respinse il piatto mentre il caffè –rigorosamente amaro- a cui aveva pensato comparve alla sua destra. Afferrando la tazza, si alzò sotto lo sguardo interrogativo di Blasie e si diresse verso l’uscita della Sala Grande.
Non che avesse intenzione di andarla a cercare. Affatto. Anche perché il fatto di non riuscire nemmeno a mangiare senza poterla guardare avrebbe implicato un’ ossessione di livello quasi patologico, cosa che non era neanche lontanamente vicina alla verità. Almeno non per la parte del “quasi patologico”.
Fu così che, sempre casualmente, si diresse verso la biblioteca e, sempre casualmente, vide una massa di libri e capelli ricci ondeggiare pericolosamente a ritmo di corsa nella sua direzione.
I capelli ricci scompigliati e un po’ crespi, il respiro affannato e le gote accese; gli avevano sempre insegnato che la bellezza era un trionfo di algida perfezione, ma ogni notte non riusciva ad immaginare che lei così, sotto di lui, scarlatta e sconvolta nel corpo e nell’anima, calda e bella come nulla che avesse mai visto nel suo mondo freddo e perfetto.
Si fermò, un sopracciglio inarcato mentre la osservava caracollare ansimando in fretta e furia, la pila di libri miracolosamente in bilico tra le braccia sottili.
Dovette averlo visto all’ultimo momento, perché a pochi metri da lui cominciò a frenare la folle corsa, con l’unico risultato di far crollare miseramente la pila di libri così faticosamente costruita.
Inviperita, rossa in viso per la fatica e la furia, lo guardò, gli occhi che mandavano lampi.
“Malfoy! Non è possibile, ancora tu! Possibile che ogni volta che ti incontro succede sempre qualcosa in grado di rovinarmi la giornata? Guarda, ora non riuscirò mai a incastrarli perfettamente come prima!”
Hermione si piegò cominciando a raccogliere i libri, la rabbia che le tendeva il viso e la appesantiva il respiro.
Draco la guardò, i muscoli irrigiditi nella solita espressione fredda e sprezzante.
 “Ora è vietato anche passeggiare per i corridoi Sanguesporco? Ti consiglio di rivedere la lista delle tue priorità.”
La settimana prima aveva quasi perso il controllo quando lei lo aveva chiamato in biblioteca; se l’avesse visto mentre le volgeva le spalle, quello che avrebbe visto l’avrebbe spiazzata: frustrazione e dolore, rimpianto e nostalgia.
Nostalgia e rimpianto per certezze che non aveva più e che la guerra gli aveva portato via, fondamenta di un palazzo di ferraglia ricoperto d’oro, che tuttavia lo aveva sempre protetto dal resto del mondo.
Frustrazione e dolore per un’ossessione che non poteva soddisfare e che ogni giorno, ogni momento era cresciuta, era diventata qualcosa di più, qualcosa che era divenuto così totalizzante, così colmante da non lasciare spazio a nient’altro. Nient’altro che non fosse lei.
Ma questo, a lei, non avrebbe mai potuto mostrarlo, perché non avrebbe capito. I vinti in guerra non sono mai graziati con il beneficio del dubbio, e questo valeva anche per lui. E anche se si stava parlando di lei.
Se ne stava lì, a guardarla, i pugni contratti nel dilaniante sforzo che costituiva lo stare immobile, per evitare di essere spezzato in due dai desideri opposti e complementari di scappare e di chinarsi ed aiutarla.
Si ricordava ancora come fosse ieri il giorno in cui era cambiato tutto, il giorno in cui da quell’ossessione era nato un piccolo germoglio che era cresciuto sempre di più; era il giorno della battaglia di Hogwarts.
L’amore di una madre per il proprio figlio aveva permesso la sconfitta del più grande mago oscuro di tutti i tempi, esattamente come era accaduto 17 anni prima; Narcissa aveva segnato le sorti della guerra, e questo avrebbe segnato di conseguenza la sua famiglia per sempre.
Ricordava che non riusciva a fare altro che piangere, quel giorno, mentre un misto di disperazione e sollievo gli si scioglieva nel petto, chiudendogli la gola e impedendogli qualsiasi cosa al di fuori di quel pianto liberatorio che non riusciva ad arginare.
Seduto nella Sala Grande assieme a Lucius e Narcissa, fissava la gioia della vittoria mista al dolore per la perdita sul viso dei bambini combattenti attorno a lui come se non gli appartenesse, come fosse rinchiuso in una bolla che lo estraniava dal resto di quel mondo incapace di capire il suo dolore che la distruzione del proprio, di mondo, aveva portato con sé.
Potter era uscito dalla Sala e Weasley piangeva il fratello morto assieme alla famiglia, ma erano evidenti le tracce di sollievo sul suo viso miste alla stanchezza e al dolore.
Aveva girato lo sguardo, disturbato da tanta emotività e da tanto affetto, e in quel momento l’aveva vista.
“No Malfoy, non è vietato, ma potresti cortesemente spostare la tua ingombrante carcassa purosangue al lato del corridoio per non impedire alla gente che ha fretta di finire rovinosamente a terra. Ma suppongo che sia pretendere troppo da un borioso viziato come te!”
Hermione Granger, babbana di nascita e sanguesporco non aveva parenti da curare o da piangere. Eppure, invece che rinchiudersi in quel cerchio così esclusivo che era la famiglia Weasley –la cosa per lei più vicina nel mondo magico alla parola “casa”-, era in un angolo della Sala a curare quello che Draco Malfoy riconobbe come un piangente David Matthews, primo anno di Slytherin.
Fu in quel momento, quando la vide stringerlo per calmare il suo pianto e allontanarsi poi tenendolo per mano con un sorriso, che quel piccolo germoglio cominciò a crescere stravolgendo -questa volta lentamente, senza fretta- il suo mondo per la seconda volta, per poi ricostruirne le fondamenta.
Chinarsi sulla scia di quel pensiero per prendere e porgerle uno dei libri fu un tutt’uno con il respiro che aveva esalato per sciogliere il nodo che gli chiudeva la gola.
Hermione lo osservò, gli occhi spalancati dalla sorpresa, le guance ancora arrossate e i capelli scarmigliati mentre biascicava un incredulo ringraziamento e si rialzava in piedi.
“Che c’è Malfoy? Stai forse tramando qualcosa? Non avrei mai detto che saresti stato disposto ad insudiciarti toccando qualcosa che è stato toccato prima da me. E’ un’idea persino inquietante.”
Fu con estremo orrore che si sentì arrossire, mentre pensava che avrebbe voluto toccare ben altro. Distolse lo sguardo, il cipiglio che si accentuava sempre di più, mentre sbraitava con tono aspro un “Non dire sciocchezze, Sanguesporco, e ora levati dai piedi!” e sperava che la Granger non avesse percepito il cambiamento di colore sulle sue guance sempre pallide.
Non avrebbe mai immaginato che avrebbe maledetto uno dei segni della sua nobiltà.
Santo Salazar, era davvero arrivato a quel punto.
Non seppe mai se il suo desiderio fosse stato esaudito, rifiutandosi mentre la sorpassava di voltarsi indietro.
La sua voce però lo costrinse a fermarsi.
“Nervosetti Malfoy? Sai, dicono che il latte caldo aiuti molto in quel periodo del mese” ad un suo gesto di bacchetta, una schiuma bianca comparve nella sua sacra tazza di caffè che un tempo era stato amaro. “Goditelo, magari un po’ di latte stempererà questo tuo acidissimo carattere, anche se suppongo ce ne voglia un intero calderone, e non solo un bicchiere. Dieci punti in meno a Slytherin per schiamazzi in corridoio.”
Sentì il sorriso nelle sue parole, mentre lo scimmiottava ripetendo la scena della settimana prima.
Si girò in tempo per vederla allontanarsi, la chioma sempre più selvaggia che ondeggiava alla sue spalle, quando all’improvviso si voltò.
“Ah, e grazie per il libro.”
La osservò finché non si accorse che il cipiglio che gli aveva corrucciato lo sguardo se n’era andato. Bevve un sorso di caffè, solo per accorgersi con una smorfia di disgusto che era ormai irrimediabilmente macchiato.
Dannata Sanguesporco.
Però, adesso che lo assaggiava, il caffè macchiato non era poi così male. 
 
 
 
 
 
 
Eccomi qua. Non sono sparita, come vedete. Mi scuso per il terribile ritardo, ma come avevo avvertito nel precedente capitolo venerdì ho avuto un esame importante e lo studio mi ha preso gran parte del tempo, togliendolo alla scrittura.
Comunque, adesso eccoci qua :).
Non sono per nulla sicura di questo capitolo. L’ho scritto di getto l’ altra notte, sulla scia dell’ispirazione che mi ha colpita improvvisamente e –grazie a Salzar, come direbbe Draco- non mi ha abbandonata fino alla fine della stesura. Ma resta comunque il fatto che, ispirazione o meno, non sono molto convinta.
Era necessario un capitolo di spiegazione della nascita di questa “ossessione” come la definisce Draco (che è poi qualcosa di ben diverso, ma il poveretto non è ancora in grado di ammetterlo con se stesso) per Hermione, in modo da motivare il proseguimento della storia. A questo proposito, devo fare alcune precisazioni: ho tenuto in conto tutti i sette libri di mamma Row, con delle opportune e personali modifiche. Draco non ha mai tentato di uccidere Silente e quindi non ha avuto la necessità di fuggire da Hogwarts già alla fine del sesto anno. Allo stesso modo non ha partecipato all’incarcerazione dei tre protagonisti al Malfoy Manor, ma ha trascorso il 7° anno ad Hogwarts fino alla battaglia finale. La conclusione con il tradimento di Narcissa  l’ho mantenuta, poiché ho immaginato comunque come possibile e plausibile la preoccupazione per il proprio figlio che è stato coinvolto nell’infuriare della battaglia e la paura che, nella stessa, possa essere rimasto ucciso.
Ecco qua. Adesso che rileggo, la spiegazione sembra decisamente contorta o.O, ma in caso di dubbi, mandatemi una mail e vi spiegherò con calma e distesamente il contesto della storia :).
Come sempre, mi appello al vostro buon cuore: vi sarei immensamente, assolutamente, sinceramente grata se voleste lasciarmi una recensione, soprattutto per quanto riguarda questo capitolo, riguardo al quale ho molti dubbi. Ora, passiamo alle tesore delle recensioni:
 
 
Thiliol: sono davvero contenta che tu abbia deciso di aprire la mia fan fiction :). Lo apprezzo moltissimo non solo perché non sei una fan delle Draco/Hermione, ma proprio perché ti capisco perfettamente: anche io –soprattutto nel fandom di Harry Potter- evito ogni fan fiction di autori sconosciuti o la cui introduzione non mi ispira per niente :S.
Spero con questo capitolo di non averti deluso e di essere riuscita a rimanere IC pur cercando di far procedere la storia e il rapporto tra i due personaggi: dovranno pur fare un passo l’uno verso l’altra, no? Il punto è di riuscire a fare in modo che rimangano Draco Malfoy e Hermione Grager durante questo delicato processo :). Non sopporto nemmeno io il “Draco-dio-del-sesso-Malfoy” e la “Hermione-ninfa-dei-boschi-Granger”; Draco è un moccioso viziato e capriccioso ma fondamentalmente non malvagio, Hermione è una secchiona so-tutto-io che però fa della sua bontà e della sua inarrivabile intelligenza i propri punti vincenti. Non sono adorabili insieme :D? Spero davvero ti sia piaciuto il capitolo, e aspetto un tuo parare anche per il prossimo; suggerimenti e/o critiche costruttive sono più che ben accetti! Un bacio, Mavi.
 
Jules_Black: Carissima! Sono proprio felice che il mio Draco ti sia piaciuto, anche perché non sopporto davvero più il Draco Malfoy/Edward Cullen  che gira per il fandom con gli addominali scolpiti, la pelle alabastrina e “sbarluccicante”, il sorriso da bello e dannato, il dio del sesso con delle tacche per ogni donna avuta incise sulla sponda del letto. Draco lo immagino come un ragazzino viziato, arrogante, capriccioso, con quel cipiglio che gli corruga sempre la fronte quando c’è qualcosa che lo disturba e che non va come lui vuole, ma che deve necessariamente cambiare poiché costretto non solo a fare i conti con la distruzione del proprio mondo che la guerra ha inevitabilmente portato ma anche con il sentimento che prova nei confronti di una certa cespugliosa Gryffindor particolarmente affascinante nella sua semplicità :).
Hermione, eh: hai ragione, a ben vedere era troppo remissiva. Ma sono sempre incerta su dove porre il limite tra le giuste schermaglie verbali e i triviali dialoghi fatti di insulti a più riprese che leggo in certe storie; non so mai quale sia il giusto limite dove fermarmi :S. In questo senso, credo che le D/H siano tra le fan fiction più difficili da scrivere. In questo capitolo ho cercato di rimediare, ma a dirti la verità non riesco a capire se ci sono effettivamente riuscita oppure no, anche perché devo portare avanti un’operazione di avvicinamento senza però venir meno al carattere dei personaggi; spero di esserci in qualche modo riuscita. Fammi sapere anche per il prossimo capitolo, ci tengo davvero molto alla tua opinione <3! Un abbraccio, Mavi.

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Capitolo 4
*** 4. Decaffeinato: It's worth trying ***


Nuova pagina 1

Coffee

 

 
 
4.  Decaffeinato: It’s worth trying
 
 
 
Il liquido bollente le scivolò in gola, riscaldandole il centro del petto al suo passaggio e facendola sospirare di piacere. Rilassò le spalle, il peso delle fatiche della giornata che scivolava piano, senza fretta, alleggerendo fisico e mente.
Hermione Granger sedeva sulla sua poltrona preferita nella Sala Comune di Gryffindor, un libro sulle ginocchia e una tazza di caffè in mano, circondata dal chiacchiericcio dei compagni di casa e dal tepore del focolare.
Assorta, sfogliava lentamente le pagine, le risate di Harry, Ron e Ginny che le accarezzavano le orecchie come un musica dolce, soffusa in sottofondo.
Hermione sospirò, fissando lo sguardo nella notte aldilà delle vetrate della Sala Comune e ripensando alla pesante settimana appena trascorsa. Un un’onda di dispetto e stizza la travolse.
Come se l’inumano carico di studio non fosse bastato, il corpo docente aveva raggiunto nuove vette di sadismo; secondo una nuova disposizione della preside Minerva McGranitt, la quattro Case avrebbero lavorato in coppia: Gyffindor e Slytherin, Ravenclaw ed Hufflepuff.
Hermione era sempre stata una sostenitrice dei tentativi di Silente e dei moniti del Cappello Parlante per promuovere e realizzare l’unità tra le case, soprattutto ora che la guerra aveva lasciato strascichi e ferite spesso insanabili nelle vite di tutti; mai come ora era il momento adatto per poter costruire un solido terreno comune per gli studenti, in sostituzione della sottile lastra di ghiaccio su cui si erano sempre tenuti in bilico in precedenza.
Ma ovviamente, come recitava un famoso detto babbano, “tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare”.
Più che in mare, le sembrava di trovarsi in mezzo ad un oceano in piena bufera e a bordo di una zattera sul punto di affondare.
Girò svogliatamente una pagina, bevendo dalla tazza un altro sorso di caffè.
Decaffeinato.
Eppure, nonostante la drastica riduzione di caffeina, l’irritazione e il nervosismo non diminuivano; anzi.
Tutto era iniziato lunedì, durante l’ora di erbologia; poi le cose non avevano fatto altro che peggiorare.
Dopo aver annunciato la nuova decisione della preside, la professoressa Sprite aveva diviso le due Case in piccoli gruppi per seguire il trapianto dell’Orclumpo -le cui spore sarebbero state poi usate in Pozioni per preparare l’antidoto ai veleni comuni- e qui tutto era precipitato.
Hermione, nominata capogruppo, si era ritrovata a gestire un Ron Weasley paonazzo di rabbia, un corrucciato Neville Packiok, un Malfoy più sprezzante e gelido del solito e una Parkinson così schifata da dare l’impressione di aver ingoiato un’intera tazza di pus di Bubotubero. Soltanto Blasie Zabini se ne stava in disparte, l’espressione dipinta sul viso nero mostrava quanto la situazione nello stesso tempo lo divertisse e lo tediasse.
Ricordava ancora come tutto fosse diventato sempre più insostenibile ogni minuto che passava, una bomba ad orologeria che si avvicinava sempre di più al punto di innesco.
Aveva preso un profondo respiro profumato di terra prima di rivolgersi al proprio gruppo, le mani sudate dal nervosismo strette in una morsa.
“Cominciamo. Vi ricordate tutti la modalità di estrazione delle spore dei funghi? Fate attenzione a come tagliate il cappello, perché un errore nel taglio può pregiudicare-“
 “Sanguesporco, mettiamo in chiaro le cose: se hai intenzione di cominciare a comandare a bacchetta il gruppo con quella tua insopportabile aria da so-tutto-io è meglio che ti dilegui. Non sei l’unica dotata di cervello; ma a differenza di noi, per quanto riguarda te il cervello è l’unica cosa che hai, assieme al tuo sangue sporco.”
Era stata un’impresa trattenere Ron dall’aggredire la Parkinson e nel contempo non mostrare visibilmente il nodo che le chiudeva la gola; era incredibile come, nonostante avesse affrontato una guerra, le offese di una piccola, insignificante diciassettenne la ferissero ancora.
Dopo un secondo, profondissimo respiro aveva stretto la mano di Ron e aveva guardato Neville –anch’egli sul punto di esplodere- mentre replicava il più freddamente e tranquillamente possibile.
“Non era mia intenzione Parkinson, ma ho supposto che da qualche parte si dovesse pur cominciare. Ma mi sembra ridicolo, per non dire insultante, che una con una media di poco sopra la A venga a farmi discorsi sull’intelligenza. E ora, se hai finito, andiamo avanti.”
Vide le labbra di Ron stendersi in un piccolo ghigno mentre si poneva davanti a lei, in un posa protettiva; Harry, che dal tavolo accanto aveva seguito lo scambio di battute, sorrise, seguito da Neville.
Pansy cambiò rapidamente colore, e stava per rispondere a tono quando un’occhiata del suo vicino la freddò.
Draco Malfoy aveva i pugni serrati, negli occhi uno sguardo così carico d’odio che per un attimo temette di vederlo sguainare la bacchetta per una volta tuttavia non verso di lei, bensì verso Ron.
Il carico di emozioni che vedeva stravorgergli il viso la disturbava; era di un’intensità troppo grande per essere sopportata, eppure non riusciva a distogliere gli occhi. Non fu mai così grata ad una persona come lo fu a Blasie Zabini che, percependo la tensione bruciare nell’aria, decise di intervenire e prendere in mano la situazione.
La mattinata era trascorsa senza ulteriori incidenti, ma Hermione aveva continuato a sentire per tutto il tempo il peso di uno sguardo su di sé.
La stessa, identica storia si era ripetuta tutta la settimana: battibecchi, insulti velati, sguardi assassini e infine la tregua, grazie all’intevento del paciere Blasie Zabini. Inutile dire che quel ritmo era stato deleterio tanto per i suoi nervi quanto per la sua salute mentale.
Chiuse il libro e si strofinò gli occhi mentre si alzava; la ronda dei Caposcuola l’attendeva. Con un sorso finì il caffè e, salutati Harry, Ron e Ginny, si diresse verso la Stanza dei Caposcuola.
Il terreno su cui si muovevano era ancora un campo disseminato di mine inesplose; chi pensava che con la fine della guerra tutto si sarebbe risolto si sbagliava. I pregiudizi erano più difficili da uccidere rispetto a coloro che li nutrivano, e avevano il difetto di rimanere nell’aria come una nube tossica impossibile da eliminare: il vento l’avrebbe spostata da qualche altra parte, ma non l’avrebbe dissolta.
Forse i cuori e le menti dei loro figli avrebbero avuto aria pura da respirare; ma, in fondo, chi poteva saperlo? Certo era che sì, la guerra era stata dura, estenuante, ma ciò che veniva adesso lo era ancora di più.
Sarebbe stato più facile costruire dal nulla: non avrebbero avuto nessun dolore che li trascinasse a terra. Ri-costruire invece dalle macerie di ciò che era rimasto era tutt’altra cosa: schiacciati dal peso della sofferenza che il ricordo di una vita passata e felice provocava, come avrebbero avuto la forza di andare avanti?
Hermione sapeva che ciò che Minerva McGranitt stava facendo era giusto e necessario; per questo sopportava.
Però, Dio, quant’era difficile.
Entrata nella Stanza, salutò Ernie McMillain di Hufflepuff e Anthony Goldstein di Ravenclaw e firmò il registro; notò distrattamente che la figura di Malfoy non era nella stanza.
Dopo essersi divisi i corridoi si separarono ed Hermione di diresse verso l’ala ovest del castello.
La luna splendeva sul lago Nero, una fredda, limpida, tipica notte novembrina abbracciava il castello.
Tutto era come sospeso in una calma irreale; sembrava impossibile che solo pochi mesi prima quel castello avesse visto infuriare tra e sue mura la battaglia finale della Seconda Guerra Magica.
Sentiva ancora il peso della fatica della ricostruzione sulle spalle: dopo la morte di Lord Voldemort, tutti gli studenti, gli elfi, i fantasmi, gli insegnanti, persino gli Slytherins avevano collaborato per ricostruire quella che era sempre stata, per tutti, come una casa.
Quello era stato il primo segno che aveva fatto capire ad Hermione che, forse, una nuova vita ed una nuova possibilità sarebbero state concesse a tutti.
Una vita in cui le divisioni che c’erano sempre state non avrebbero più avuto senso; una possibilità di costruire, insieme, non semplicemente “qualcosa di nuovo”, bensì “qualcosa di più”.
Ecco perché sopportava, anche se era mortalmente difficile.
Era arrivata ormai nei pressi della propria Sala Comune quando udì delle voci; si affrettò verso le scale, e quello che vide la immobilizzò.
Rachel Adams, primo anno Grifondoro, che sembrava ancora più piccola nel suo grosso pigiama con i capelli ricci e voluminosi e gli occhi rossi e gonfi, parlava con quello che, sebbene di spalle, riconobbe assolutamente come Draco Malfoy.
A passo di carica, si diresse verso la ragazzina, prendendola per mano e rivolgendosi a Malfoy, il tono secco come uno schiocco di frusta.
“Posso sapere, di grazia, perché non sei a pattugliare i corridoi e ti trovo invece davanti all’entrata della mia Sala Comune, per di più in compagnia di una bambina del primo anno?”
Certo, la McGranitt aveva ragione; però, volente o nolente, certe abitudini erano dure a morire.
Malfoy si riscosse; evidentemente non si aspettava una sua comparsa. Il viso affilato era distorto in una smorfia, e i suoi occhi erano distanti e freddi mentre le rispondeva.
“Se ti fossi data la pena di guardare il registro, avresti notato che la mia firma c’era; ho pattugliato tutti i corridoi che mi spettavano. Per caso mi sono imbattuto in lei.” Indicò Rachel, la quale non sembrava più di tanto turbata dalla situazione “Si era persa.”
Hermione lo guardò, lo scetticismo negli occhi, prima di rivolgersi a Rachel.
“E’ la verità?”
La bambina, in quella che Hermione pensò fosse l’ espressione più innocente che avesse mai visto, la guardò e le rispose “Sì è vero; sono uscita per inseguire Matilda, la mia gatta, ma poi mi sono persa. E mi ha trovato lui.” Hermione inorridì quando la vide sorridere ampiamente, i dentini storti in bella vista, ma quello non fu nulla in confronto al colpo che Rachel le inflisse pochi istanti più tardi “Mi ha riaccompagnata lui qui. E’ stato gentile.”
Inebetita, spedì la bambina in Sala Comune, per poi ricordarsi improvvisamente di Malfoy, ancora fermo ai piedi delle scale, lo sguardo freddo che indugiava tra lei e la bambina.
“Perché lo hai fatto?”
Sapeva solo che non doveva chiederglielo –qualcosa dentro di sé glielo aveva intimato- ma non riusciva a capire perché. Forse perchè sapeva che lui non si sarebbe degnato di risponderle? Perché aveva paura della risposta?
O per entrambi questi motivi?
Rispettando le sue aspettative, lui non le rispose, ma fece una smorfia, come se avesse dovuto ingoiare una medicina amara.
Non era bello, per nulla.
Stranamente, non se la prese; non se ne sentì oltraggiata. Forse valeva la pena provare, forse valeva la pena resistere, se la ricompensa era questa; e, forse, un passo alla volta, avrebbe persino potuto di lì a breve smettere di bere caffè decaffeinato.
E lui avrebbe anche imparato a degnarla di una risposta.
Lo vide allontanarsi, quando all’improvviso si fermò, rimanendo di spalle.
“Quella bambina ti assomiglia”.
L’eco della sua frase continuò a riecheggiarle nella mente anche molto dopo che la sua figura aveva girato l’angolo.
 
 
 
 
 
 
*L’autrice si prostra sui ceci flagellandosi senza sosta*
Chiedo umilmente perdono per questo ritardo ignobile, ma queste due settimane sono state a dir poco infuocate: tra un’allergia terrificante di cui porto ancora gli strascichi e un esame enorme e impossibile che si avvicina sempre di più, non ho davvero trovato il tempo per mettermi davanti alla tastiera e scrivere.
Anche questo capitolo quindi è stato scritto la scorsa notte sull’onda dell’ispirazione; a quanto parte, l’una di notte porta consiglio :).
Ah, e anche di questo capitolo non sono per nulla convinta.
Ci tengo però a fare diverse precisazioni: allora, l’evoluzione degli eventi vi sembrerà un po’ strana, forse un po’ affrettata, ma questa non è una long-fiction: per quanto poco lo possa sembrare, è una semplice raccolta; non ho lo spazio materiale per descrivere tutto l’evolversi del rapporto tra i personaggi, se non tramite flashbacks per ogni capitolo. Quindi, se il comportamento di Draco vi è sembrato troppo affrettato, nel prossimo capitolo fornirò le dovute spiegazioni, anche se l’ultima frase che lo Slytherin pronuncia dovrebbe essere in parte predittiva ed esplicativa.
Spero comunque di non aver esagerato troppo, ma capitemi: più andiamo avanti, più i tipi di caffè si esauriscono, e dovrò farli pur avanzare questi due zucconi :).
Detto questo, spero che il capitolo vi abbia ancora una volta soddisfatto e, soprattutto, sia IC.
Per quanto riguarda il prossimo aggiornamento, purtroppo, non posso promettere nulla: la settimana che si preannuncia mi vede divisa tra Brescia (mia terra natia :D), Padova e Milano, e per di più il 10 dicembre avrò il famigerato esame di cui sopra, quindi non me la sento di fare promesse di alcun tipo, se non che prima o poi, il capitolo sicuramente arriverà.
Ancora una volta mi appello al vostro buon cuore e vi chiedo per favore di lasciarmi un commentino, anche piccolo piccolo: è un piacere per uno scrittore avere pareri sulle proprie storie.
Ora, passiamo agli angeli delle recensioni:
 
Gryffindor Queen: grazie, sono contenta che la mia idea del caffè ti piaccia :)! In confidenza: anche io amo di più la cioccolata, ma il rapporto che ho con il caffè è troppo particolare; non è amore, è più assoluta e totale dipendenza.
Poi era un tema nuovo nel fandom: volevo creare qualcosa che nessuno avesse mai letto :).
Per quanto riguarda il tuo consiglio, figurati, non mi offenderei mai: critiche e consigli costruttivi sono sempre più che ben accetti! Però mi dovrai scusare :(: ho postato questo capitolo di frettissima, quindi non ho avuto il tempo di provare altri front per l’htlm; al prossimo capitolo rimedierò sicuramente, e appena avrò tempo modificherò anche quelli già postati! Per il resto, spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto, aspetto il tuo commento! Mavi.
 
 
LittlePill: grazie mille, il tuo commento mi ha davvero rassicurato. Io adoro il Draco un po’ bambino, prepotente e capriccioso, che non sa quello che vuole ma sa che vuole qualcosa, e quindi pesta i piedi. Adoro anche la Divina, il suo Draco mi ha fatto versare più di una volta qualche lacrima, però ho deciso di rendere il mio un po’ diverso; il suo è un Draco forte, calcolatore, che sa quello che vuole e sa anche come ottenerlo. Per lui il fine giustifica i mezzi.
Il mio Draco invece è più bambino: un ragazzino viziato, arrogante, che sa soltanto invocare il nome di suo padre ma non riesce poi a cavarsela da solo, che si trova a dover fare i conti con un presente che gli rinfaccia continuamente la propria sconfitta, in tutti i sensi: la sua fazione ha perso la guerra, la sua famiglia ha perso il prestigio, e lui ha perso i suoi ideali e le sue convinzioni oltre che la sua dignità innamorandosi –anche se non lo sa ancora- di quella che più di tutti avrebbe dovuto disprezzare: una Sanguesporco.
Adoro questo Draco, anche se, con queste premesse, è più difficile far evolvere il rapporto tra i due :). Spero che questo capitolo ti sia piaciuto come gli altri, e aspetto una tua recensione in proposito; il vostro parere è fondamentale. A presto! Mavi.
 
 
Jules_Black: carissima, ti ringrazio davvero per il complimento: mi sono letteralmente sciolta, e spero di non deludere le tue aspettative. La metafora l’hai colta in pieno, ma da te non mi aspettavo niente di meno (e ho fatto anche la rima :D). Con il caffè macchiato ho voluto proprio tracciare un cammeo della relazione tra questi due personaggi: il dolce e l’amaro che da soli non sono “buoni”, ma che insieme formano una combinazione vincente.
Draco era –ed è- effettivamente molto ossessivo; ma l’ho supposta come conseguenza del mancato riconoscimento di questo suo sentimento che quindi deve trovare sfogo in qualche modo :). Spero che anche questi flashbacks di Hermione ti abbiano altrettanto colpito, ho cercato di immedesimarmi il più possibile in lei, e spero di esserci riuscita. Aspetto la tua recensione anche per questo capitolo –di cui, di nuovo, non sono molto sicura-; la tua opinione è molto importante. Un abbraccio, Mavi.
 
 
Thiliol: santo Salazar, grazie! Fortunatamente ho trovato un’altra persona che ha capito perfettamente il mio Draco, il moccioso figlio di papà. Dai, forse se uniamo le forze riusciremo a spodestare il Draco/Edward Cullen sbarluccicante che imperversa in rete :)! Ti ringrazio moltissimo per i complimenti, e sono proprio contenta che il capitolo ti sia piaciuto, come ti è piaciuta la mia Hermione. Come l’ha fatta mamma Row è assolutamente adorabile; non capisco perché la vogliano a tutti i costi stravolgere. Spero che anche in questo capitolo sia risultata IC; non sono molto sicura né di lei né di Draco, quindi aspetto con ansia la tua opinione per sapere se ci ho preso. Un abbraccio, Mavi.

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Capitolo 5
*** 5. Americano: Step by step ***


Nuova pagina 1

Coffee

5. Americano: Step by step
 
 
 
Era ormai pomeriggio inoltrato quando Kain Warrington, Serpeverde del settimo anno, ebbe la brillante idea di iniziare ad applicare alla testata del camino ghirlande di pungitopo e fiocchi scarlatti, luminosi come fari nella notte nella buia Sala Comune di Serpeverde.
Rosso.
“Draco, cosa farai per le vacanze di Natale? Hai già fatto la lista dei regali? Devi sbrigarti, perché il tempo vola, e ci si ritrova alla vigilia senza aver comprato nemmeno la metà dei doni che si ha intenzione di fare. E poi ci sono le decorazioni, e l’elenco delle cose da comprare per la solita festa di fine trimestre. Ma te l’ho già chiesto cosa farai per le vacanze?”
Ora, Draco Malfoy aveva sempre nutrito una alquanto bassa stima di Warrington, che aveva sempre considerato un lardoso idiota; ma non aveva mai avuto il dispiacere di notare -se non da mezz’ora a questa parte, quando lo aveva catturato chiedendogli aiutarlo con gli addobbi in Sala Comune- che era anche uno prolisso scocciatore di monolitiche dimensioni.
L’unica fortuna nel mare di disgrazie in cui era precipitato era che, essendo appunto il suddetto essere un logorroico senza possibilità di recupero, lui poteva semplicemente stare in silenzio e maledirlo nella propria mente, senza doversi ulteriormente sforzare a mantenere viva la conversazione.
Cosa che, comunque, non avrebbe fatto in ogni caso.
Warrington nel frattempo stava facendo levitare diversi mazzi di vischio, quando gli mise in mano uno striscione dorato e morbido, che avrebbero poi appeso all’ingresso dei dormitori.
Oro.
“Ecco Draco, reggimi questo, poi lo appenderemo lassù. Comunque, io penso proprio che non rimarrò ad Hogwarts quest’anno per Natale, devo tornare a casa; i miei genitori vogliono trasferirsi un po’ nella nostra tenuta dello Hampshire, sai com’è, la situazione a Londra non è ancora del tutto stabile. Scusa, mi passeresti quei centro tavola rossi?”
Rosso.
“Perfetto, direi che questi festoni dovrebbero andare bene. Mi piace addobbare la Sala Comune a Natale, dà quel tocco in più che manca il resto dell’anno. Okay perfetto, anche la tavolata è a posto… che ne dici durante la festa di fine trimestre di far cadere un po’ di quella pioggia di luci dorate che vendono dai Weasley? Sì, so che è una famiglia di pezzenti, però il loro lavoro lo fanno bene, accipicchia se lo fanno bene. Direi di appendere quello striscione dorato adesso.”
Oro.
“Draco, guarda, ci sarebbero anche le calze rosse laggiù…”
Rosso.
“Draco, la punta dell’albero è là, quella color oro…”
Oro.
“Draco…”
Rosso.
“Draco!”
Oro.
“Malfoy!”
Warrington si sentì alquanto smarrito quando, girandosi, non vide più Draco Malfoy, gli oggetti che gli aveva affidato abbandonati a terra, senza cura.
Non pensava si fosse offeso, rifletté risentito; del resto aveva solo chiesto quale fosse migliore tra una sfera dorata e una scarlatta per l’albero di Natale.

 

Non capiva come mai aveva sentito il bisogno di evitarla, ma non era riuscito a trattenersi. Era stato un codardo, e lo sapeva, ma a Serpeverde non finivano di certo i tedofori della luminosa fiaccola del coraggio, quindi era stato facile quietare la sua coscienza che gli rinfacciava incessantemente la sua tanto miserabile quanto ingiustificata pusillanimità.
Si era presentato nella saletta dei Caposcuola molto prima dell’orario stabilito, sapendo per certo che non l’avrebbe incontrata perché non sarebbe stata né in anticipo né in ritardo, ma sempre, semplicemente, puntale; aveva firmato il registro e aveva cominciato la ronda.
Da quando la folle idea della preside si era tramutata in atto compiuto, la settimana era stata un’escalation di nervosismo e tensione che si era avvicinata sempre più al punto di esplosione, la classica goccia che quella mattina aveva fatto traboccare il vaso.
Durante la lezione di Trasfigurazione i soliti gruppi si erano posizionati ciascuno ad un tavolo per un ripasso generale della trasfigurazione animale reversibile; si era avvicinato al gatto che avrebbero dovuto trasfigurare in una teiera, quando li aveva visti.
La Granger era intenta con l’usuale tono saccente in una delle sue altrettanto solite crociate per la salvezza dei casi disperati, cercando di insegnare a Weasley come fare una trasfigurazione se non accettabile, per lo meno decente; il pezzente aveva uno sguardo così adorante che Draco sentì qualcosa infiammarsi dentro, la rabbia accumulata durante l’intera settimana che si espandeva come un acido nelle vene e saliva fino al cervello. La mano che stringeva la bacchetta tremò, piano.
All’improvviso Weasley alzò la mano, le lunghe dita bianche andarono a spostare un riccio crespo che era sfuggito alla coda severa della Granger. Qualcosa dentro di lui esplose: l’immagine della sua bacchetta sguainata che torturava il pezzente, la consapevolezza di doversi allontanare per non rischiare di ferire anche lei, lo stupore di fronte ad un pensiero simile perché lui era Draco Malfoy, e lei era Hermione Granger, perché lui non si preoccupava mai di nessuno fuorché di se stesso, mentre lei metteva chiunque avesse bisogno d’aiuto sempre, sempre al primo posto; tutto si fuse e lo assalì in un unico pensiero; fu un attimo. Il momento dopo Draco Malfoy fuggiva fuori dall’aula tra lo stupore generale, mentre nel corridoio una delle ghirlande appese alle armature prendeva fuoco al suo passaggio.
Stava ormai terminando la ronda perso nei suoi pensieri, quando all’improvviso sentì dei singhiozzi soffocati provenire dall’aula di pozioni che utilizzavano i ragazzini del primo anno. La tentazione di andarsene e lasciare lì chiunque fosse stato così stupido da avventurarsi per la scuola a quell’ora della notte era forte, ma l’idea di poter sfogare la propria frustrazione su un malcapitato Gryffindor prevalse, e Draco aprì la porta; quello che vide lo immobilizzò.
Un ragazzina avvolta in un grosso pigiama e una sciarpa rossa e oro piangeva piano in un angolo, i voluminosi capelli crespi e il viso bagnato di lacrime illuminati dalla luce della luna e delle candele che lui, entrando, aveva acceso.
Il tuffo al cuore che ebbe non appena la bambina alzò lo sguardo non lo seppe spiegare, tuttavia si vide all’improvviso catapultato nel passato, davanti ai suoi occhi uno smilzo, smunto tredicenne biondo che rideva indicando una ragazzina dai capelli troppo crespi e dagli incisivi troppo grandi che si stavano allungando sempre di più.
Scacciando l’angoscia e l’ opprimente sensazione di deja-vù, si avvicinò al fagotto cespuglioso illuminandolo con la bacchetta.
“E tu che cosa ci fai qui?”
L’asprezza nella sua voce gli ferì le orecchie, e improvvisamente desiderò di essere lontano da lì, da quella stanza, da quella bambina, da quella scuola, da se stesso.
O di tagliarsi la lingua.
“S-stavo cercando Matilda, m-ma p-poi mi sono persa. Non so come sono arrivata qui. Voglio tornare in Sala Comune”.
Riprese a singhiozzare silenziosamente, e Draco entrò nel panico. Come avrebbe potuto farla smettere, lui che aveva pianto –o forse era meglio dire strillato?- così poche volte nella sua vita, e sempre per capriccio? C’era sempre stato qualcuno che l’aveva accontentato dandogli il giocattolo che pretendeva o la scopa che desiderava; ma aveva il sospetto che a quella ragazzina di una bambola sarebbe importato ben poco.
Il desiderio di scappare e lasciarla lì era impellente, gli faceva tremare le mani e fremere le ginocchia; eppure, la sensazione di deja-vù e angoscia era molto più pressante, gli opprimeva il petto come una tenaglia.
Parlò ancora prima di riuscire a pensare a cosa stesse dicendo.
“Alzati, ti riaccompagno io. E smettila di frignare, non c’è nulla di cui aver paura, è solo un’aula di Pozioni”.
Con un gesto brusco accese tutte le torce, illuminando la stanza e la bambina piangente, che ora lo guardava con gli occhi spalancati.
“Mi… riaccompagnerai davvero? Anche se… anche se sono di Gryffindor?”
Aveva notato l’occhiata obliqua che aveva lanciato allo stemma di Slytherin, negli occhi il dubbio e nella voce l’incertezza e l’incredulità per il fatto che lui fosse davvero disposto ad aiutarla.
Corrugò la fronte, il suo tono di voce era brusco ma stemperato da una nota fintamente noncurante mentre le rispondeva.
“In ogni caso dovrei farlo comunque; finirei nei guai con quella pipistrella della McGranitt se venisse a sapere che non ho aiutato uno studente del primo anno… e per di più un suo diletto Gryffindor.”
A quelle parole, il viso della bambina si illuminò e lui non riuscì a sostenerne la vista; come poteva un viso diventare così diverso, così luminoso solo per un leggero, insignificante movimento di labbra?
Draco si girò e la ragazzina lo seguì addentrandosi nel corridoio buio, diretti verso la torre di Gryffindor. Non si girò, sapeva che lei lo seguiva mentre sentiva i suoi passi incerti, i piedi infilati nelle ciabattine che avanzavano incespicando nel buio.
Improvvisamente sentì qualcosa che gli tirava la tunica, e si girò: la piccola Gryffindor aveva afferrato un lembo della sua veste, una richiesta gentile negli occhi rossi parzialmente nascosti dal cespuglio di capelli. Con una smorfia girò il viso; sperò con tutto se stesso che la ragazzina non avesse visto il rossore imporporargli le guance. Per tutto il tragitto non si girò; non la guardò nemmeno una volta. Ma non le strappò di mano la veste.

 

Kain Warrington non era solo un lardoso, logorroico idiota, ma era anche un piaga sociale. Dato che lo aveva costretto a fuggire dalla Sala Comune con le sue chiacchiere martellanti e insistenti, ora non era più in grado di attuare il proprio piano per sabotare l’incontro nell’aula di Trasfigurazione previsto mezz’ora dopo niente di meno che con Hermione Grager.
Seppe subito dopo essere uscito dall’aula che la McGranitt lo avrebbe chiamato il giorno dopo per una punizione esemplare; si stupì invece quando, entrando nell’ufficio che un tempo era stato di Albus Silente, la professoressa non lo fulminò con il suo solito sguardo penetrante ma lo invitò, anzi, a sedersi e a prendere una tazza di tea.
Molto probabilmente, se perfino un gargoyle come la McGranitt si era rimbecillita a tal punto, quell’ufficio era ancora infestato dal morbo di quel vecchio strampalato che ora lo osservava, bonario, da uno dei quadri appesi alla pareti.
“Signor Malfoy, l’ho chiamata qui perché ho notato la sua… diciamo… fuga, dalla mia aula ieri mattina. Potrei saperne, di grazia, la causa?”
A quelle parole –che lo colsero, per di più, del tutto impreparato; era pronto ad una decapitazione, non ad una domanda simile-, Draco Malfoy andò nel panico; non perché non sapeva come nascondere un terribile misfatto, o perché si era riscoperto improvvisamente incapace di formulare una fantastica scusa, no; semplicemente perché, davvero, a mente lucida non ricordava più il perché fosse poi fuggito. Ricordava che in quel momento gli era sembrato di non poter fare altrimenti, ma non ricordava perché. Improvvisamente, si sentì smarrito, e guardando la McGranitt riuscì solo a farfugliare qualche incomprensibile scusa su come si fosse sentito male e fosse dovuto scappare in infermeria.
La preside lo guardò, gli occhi dietro le lenti che lo penetravano scavando sotto pelle, sangue, ossa, e Draco capì che la scure sarebbe calata sulla sua testa in quel preciso momento.
“Va bene Signor Malfoy, capisco. Purtroppo sono spiacente di informarla che lei dovrà comunque recuperare gli argomenti persi a lezione; ho già informato il suo Capogruppo, la signorina Granger, che vi incontrerete domani nella mia aula, alle 16:00 in punto. Mi aspetto altresì anche lei faccia una relazione su quanto recuperato con la signorina Granger di almeno tre fogli di pergamena, e che me la consegni venerdì mattina a lezione. Ora, se-”
Bussarono alla porta, e la professoressa Sprite entrò.
“Scusa Minerva, poso parlarti un minuto?”
“Sì Pomona, arrivo. Attenda qui, Signor Malfoy.”
La McGranitt si alzò, lasciando dietro di sé un Draco Malfoy assolutamente annientato.
Il suo piano geniale prevedeva di fingere un attacco di una qualche rara malattia tropicale che lo avrebbe quindi costretto nel suo letto, al sicuro dalla Grager –quando entrava in modalità-studio era terrificante; sarebbe stata capace di cercare in tutto il castello pur di trovarlo e portare a termine il compito assegnatole dalla McGranitt-; ma ora, grazie a Warrington e alla sua lingua lunga, si trovava davanti alla porta dell’aula di Trasfigurazione, e per di più con mezz’ora d’anticipo. Decise di entrare e farsi un sonnellino su uno dei banchi per ammazzare il tempo e magari far passare anche la feroce emicrania che gli martellava il cervello; quando aprì la porta, tuttavia, tutti i suoi piani –e i suoi pensieri- si dissolsero.
Lei era lì, una matita infilata tra i capelli -come al solito sempre più crespi- e circondata da una pila di libri –come al solito sempre più alta- scrivendo furiosamente su quello che Draco giudicò essere il nono foglio di pergamena.
Un aggeggio babbano che conteneva un liquido scuro –con ogni probabilità, caffè- era posto vicino ai libri, accanto a due tazze.
Non una. Due.
Aveva alzato lo sguardo non appena la porta si era aperta, e adesso lo fissava, la fronte corrugata mentre lo apostrofava con tono stupito ma non ostile.
“Malfoy, sei già qua? Sono solo le tre e mezzo. Va bene, vorrà dire che visto che sei già arrivato possiamo cominciare subito.”
Con un gesto della bacchetta spostò i libri, per fargli spazio, e fece levitare il contenitore versandosi un po’ di liquido nella tazza. Il profumo del caffè si sparse nella stanza.
“Ne vuoi un po’? So che ti piace il caffè… questo è caffè americano, meno forte del solito ma abbastanza per alzare la concentrazione.”
Aveva parlato con tono distratto, senza guardarlo, mentre prendeva l’occorrente per il ripasso e Draco ringraziò ogni possibile divinità del fatto che non sembrava aver notato il rossore che, incontrollato, gli era salito alle guance.
So che ti piace il caffè.
“Non ho portato i libri.”
Di tutte le frasi taglienti, intelligenti, sarcastiche e argute che poteva trovare, l’unica cosa che riuscì a dire –per altro con un tono più goffo che brusco- fu questa. Bene, ora poteva anche andare a buttarsi giù dalla torre di Astronomia.
La Granger lo guardò come se le avesse appena comunicato di essere senza mutande, gli occhi spalancati dallo stupore e dallo sconcerto.
“Scusa, mi spieghi come fai a lavorare senza libri?? Va bene non importa, useremo i miei, ci sono anche appunti importanti a piè pagina.”
Cominciò a trafficare con i volumi –ma loro avevano davvero così tanti libri di trasfigurazione?- e Draco, piano, richiuse la porta e si sedette di fronte a lei.
Passò un minuto di silenzio interrotto solo dal frusciare delle pergamene che la Granger stava preparando prima che lui trovasse il coraggio di parlare.
“Comunque sì, ne voglio un po’.”
La Granger alzò la testa, stupita; poi comprese e –nonostante dal suo tono sembrasse più un ordine che una richiesta- con un sorriso piccolo, leggero –un’altra vampata di calore lo travolse; aveva forse la febbre?- gli porse la seconda tazza.
Stranamente, aveva un gusto migliore rispetto a quando lo beveva lui da solo.
Oh.
“Molto bene. Cominciamo.”
 Due ore, quattro libri, cinque fogli di pergamena e un centinaio di battibecchi dopo, Draco Malfoy si sentiva l’individuo più stanco e stressato dell’universo conosciuto.
“Basta! Non ne posso più, odio la trasfigurazione animale!”
La Granger, ignorando palesemente il suo tono da animale mortalmente ferito –cosa che lo offese alquanto; gli era uscito anche particolarmente bene-, guardandolo indignata gli rispose “Ma sei impazzito? La trasfigurazione animale è con Rune Antiche una delle materie più interessanti della Magia; ci sono moltissime sperimentazioni a riguardo, e molte cose ancora da scoprire.”
“La più stressante e noiosa vorrai dire!”
“Capisco la tua povertà di linguaggio Malfoy, ma interessante è ben diverso da stressante; e io ho chiaramente detto interessante!”
Draco la guardò con gli occhi spalancati. Stava parlando sul serio?
“Cosa diavolo ci trovi di bello in trasfigurare un cane in una tazza per il water??”
La Gryffindor spalancò gli occhi, il riso che cominciava a nascere all’interno del petto.
“Malfoy scusa, dovresti illuminarmi su questa associazione tra un cane e una tazza per water; potrebbe avere delle interessanti implicazioni psicologiche.”
“Implicazioni psicoche??”
“Lasciamo perdere Malfoy!”
Continuarono a battibeccare sull’utilità della trasfigurazione animale per un’altra ora buona; fuori dalle vetrate, il cielo cominciava ormai a scurirsi rapidamente, mentre livello di caffè in quel contenitore babbano si era abbassato sempre di più.
All’improvviso, circondato dal profumo del caffè e dall’entusiasmo di una infervorata Granger intenta a difendere un’indifendibile trattato di trasfigurazione animale, Draco si ricordò di una chiacchierata avvenuta la mattina prima nell’ufficio della preside.
La McGranitt si era alzata, e lui era rimasto da solo seduto davanti alla scrivania, lo sguardo perso nel vuoto.
Ad un certo punto, una voce proveniente dall’alto lo riscosse.
“Buongiorno Signor Malfoy, come sta? Assaggi uno di quei biscottini, sono deliziosi, glielo assicuro. Oh, immagino dovrà credermi sulla parola ora come ora, dato che non posso provarglielo assaggiandoli.”
Silente dal suo ritratto rise di gusto, come se avesse fatto una battuta estremamente esilarante.
Draco corrugò la fronte, e con tono imbronciato e brusco disse che grazie, ma no, non aveva fame.
“Oh, è un vero peccato. Sa, molto spesso solo per orgoglio o perché sono sempre stati abituati a farlo gli uomini si negano molte cose meravigliose, nonostante la vita gliele stia offrendo a palmi aperti.” Sebbene fosse ormai solo un dipinto, a Draco sembrò di percepire il luccichio di quegli occhi azzurri così penetranti.
“Si ricordi, Signor Malfoy: “La fibra amante dell’uomo non può mai restare inerte del tutto: osservate attentamente l’egoista più incallito e finirete per trovare, come un fiorellino in mezzo ai sassi, un affetto nascosto in una piega della sua anima.”. Parecchio interessante e poetico, non trova? Gli autori babbani spesso irretiscono più di qualunque magia.”
Silente gli sorrise bonario, negli occhi dolci era dipinto l’affetto che aveva sempre dimostrato a qualunque studente.
“Non sprecare tempo, Draco. Ciò in cui credevi ora non esiste più, ed è tempo anche per te di ricostruire qualcosa; sta a te decidere se farlo da solo o accettare la mano che ti porgeranno.”
In quel momento la McGranitt era arrivata e lo aveva spedito fuori dall’ufficio più confuso e irritato che mai.
In quel momento, in quell’aula, circondato dal profumo del caffè e dall’entusiasmo di una infervorata Granger intenta a difendere un’indifendibile trattato di trasfigurazione animale, Draco si sentì l’individuo più stanco, più stressato e più felice dell’universo conosciuto.
 
 
 
Eccomi qua. Sì lo so, dovrei andare a nascondermi e non riemergere mai più dal mio miserabile buco, ma vi assicuro che ho provato a fare più in fretta possibile. In questo periodo la mia vita è estremamente frenetica; è come se fosse un’ alternanza di uragani e bonacce prolungate; ora, siamo in piena fase hurricane.
Non ci sono mai mezze misure :).
Comunque, ecco a voi il capitolo. Sinceramente, a me piace. Mi sono divertita come una pazza a scrivere il pezzo di Warrington e mi sono commossa nello scrivere il discorso di Silente (ah; la frase tra le virgolette è una citazione di Tiller :)).
Come struttura però è un po’ complicata e adesso la chiarirò un attimo, a scanso di equivoci: il tutto si svolge il giorno in cui Draco deve incontrare Hermione, ossia due giorni dopo la ronda dei Caposcuola nel capitolo precedente. All’interno però dei vari capitoli c’è un grosso flashback della suddetta ronda che contiene a sua volta un altro flashback della mattina stessa, durante le lezioni, che ho usato per spiegare il motivo per cui Draco si è presentato così in anticipo.
Ci sono poi altri due flashbacks che riguardano sempre il medesimo momento, ossia l’incontro con la preside avvenuto il giorno dopo la ronda dei Caposcuola e il giorno prima dell’incontro tra i due.
Spero di essere stata chiara, anche se ho i miei dubbi, conoscendomi :S.
In caso ditemelo, vi chiarirò il tutto in modo più esteso :).
Questo capitolo, come avrete notato, è importantissimo e molto denso: spero che vi sia piaciuto leggerlo anche solo la metà di quanto è piaciuto a me scriverlo.
Ora, voglio mandare un bacio e una benedizione a tutti quegli angeli che hanno lasciato ben 6 recensioni nel capitolo scorso: non so come ringraziarvi, se non rispondendo ad una ad una e dicendovi che davvero non ho mai ricevuto recensioni più belle e motivate.
Ergo, cominciamo!
 
 
Jules_Black: tu, tu! Tu vuoi farmi morire vero? Sì, ne sono convinta, ma sappi che morirei felice! La tua recensione mi ha davvero scaldato dentro, e mi ha fatto arrossire; sono onorata non solo di rientrare tra i tuoi autori preferiti, ma di avere qualcuno tra tutti coloro che leggono la mia storia che riesce a capire in modo così giusto quello che voglio trasmettere. Perché davvero, non importa nemmeno a me se questa è una coppia assolutamente impossibile, o se Hermione preferisce la cioccolata al caffè, o qualunque altra cosa: ciò che conta è solo creare un mondo in cui questo non solo è possibile, ma è anche bello, per me e per gli altri. Sono davvero felice che tu sia una mia lettrice, carissima, e spero di continuare a farti emozionare ogni volta sempre di più, anche e soprattutto con questo capitolo. Aspetto con ansia la nostra prossima chiacchierata –perché è poi questo che fanno autore e recensore su EFP, no :)?- un grosso grosso bacio.
 
 
Butterfly918: ciao, sono veramente felice che ti sia piaciuta così tanto :)! Il tuo commento mi ha fatto immensamente piacere perché hai colto uno dei miei principali obbiettivi: fare finalmente qualcosa di nuovo e di “fresco”, che potesse portare una ventata di freschezza in questa coppia. Come vedi, il capitolo dopo un po’ è arrivato: mi dispiace davvero che tu abbia dovuto aspettare così tanto, ma tra università, coinquiline, famiglia, progetti vari a quant’altro non sono proprio riuscita a trovare il tempo per scrivere. La prossima volta mi impegnerò ancora di più, promesso :)! Fammi sapere intanto se anche questo capitolo ti è piaciuto, un abbraccio!
 
 
_Carlotta_: ti dirò la verità: quando ho visto la tua recensione sono rimasta di stucco, pensando che fosse la recensione più bella, meglio scritta e più motivata che io abbia mai ricevuto; sono io che devo fare i complimenti a te :). Il mio intento principale era proprio quello di mantenere i loro caratteri: sono così meravigliosamente complessi come la Rowling li ha fatti, è un peccato stravolgerli. Per quanto riguarda lo stile, ho provato tutti gli stili possibili: quelli scarni ed essenziali per le drabble, quelli elaborati e poetici per le one-shot, ma per questa long mi trovo in perfetta sintonia con il tuo pensiero; la cosiddetta concinnitas (siano benedetti questi romani!) rappresenta l’unione e il bilanciamento perfetti tra semplicità e complessità.
Voglio citare una frase del tu commento: “In terzo luogo, ritengo che il modo in cui fai avvicinare Draco ed Hermione sia assolutamente coerente e credibile. Non ci sono nessuna forzatura e nessuna sdolcinatezza, ma un avvicinarsi da prima non cercato né voluto, poi sorpreso e sempre cauto, nel rispetto del carattere dei personaggi.”
Mi hanno fatto immensamente piacere queste parole, perché questo è proprio l’obbiettivo che mi ero prefissata di raggiungere; spero di esserci riuscita anche con questo capitolo che è leggermente diverso dal solito e, allo stesso tempo, estremamente importante. E’ il punto di svolta nella mente e nel cuore di Draco.
Voglio citare un’ultima frase del tuo commento: “Mentre già da un po' Hermione non riesce altro che a pensare: "Non è bello". Ma di cosa devi convincerti Granger?”
Eh, carissima, me lo chiedo sempre anch’io.
Sarei davvero onorata se tu volessi commentare anche questo capitolo –non in modo altrettanto eccelso e impegnativo; non mi permetterei mai di farti una simile richiesta :).
Spero solo di averti ancora una volta emozionato. Alla prossima! Un abbraccio, Mavi.
 
 
Alisa: innanzitutto ti ringrazio dei complimenti, che mi hanno fatto davvero davvero piacere, poi devo dirti che ti capisco: anche io evito di leggere storie incomplete, perché, soprattutto quando sono ben scritte e originali, soffro molto quando vedo che non vengono continuate. Eppure ce ne sono alcune,che, nonostante non siano complete, vale la pena leggere solo per le lacrime o le risate che ti strappano i pochi capitoli che sono stati scritti :). Io posso solo promettere che terminerò la fan fiction, sperando che non ci siano imprevisti insormontabili che mi impediscano di scrivere. Spero che tu sia su EFP per riuscire a leggere questo capitolo e per dirmi cosa ne pensi al riguardo, le vostre opinioni sono fondamentali; alla prossima! Un abbraccio, Mavi.
 
 
Thiliol: ahahah, il tuo entusiasmo mi sorprende sempre! Sono proprio contenta che ti sia piaciuto; sì, non riesco ad immaginare un Blasie che non sia nero, forse solo quello di Savannah :). Spero sia IC anche questo capitolo, anche se essendo molto importante dal punto di vista della progressione del rapporto tra i personaggi, ho dovuto rendere molto il conflitto interiore di Draco. Fammi sapere cosa ne pensi, il tuo parere è fondamentale! Un bacio, Mavi.
 
 
NextAct: grazie mille per i complimenti, la tua recensione mi ha fatto molto molto piacere! No, purtroppo scrivere una fan fiction con il Draco e l’Hermione della Rowling è molto più difficile, ma “chi non risica non rosica”, quindi ho deciso di provare, anche perché come la Row li ha fatti sono meravigliosi :). Spero di averti coinvolto anche con questo capitolo, che rappresenta una vera svolta in tutta la storia. Aspetto di sapere cosa ne pensi anche per il prossimo! Un abbraccio, Mavi.

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Capitolo 6
*** 6. Al cioccolato: Merry Christmas, Draco ***


Nuova pagina 1

Coffee

 
 
 
6. Al cioccolato: Merry Christmas, Draco
 
 
Ronald Weasley si era dimostrato in quegli anni –nonostante vari tentennamenti e dubbi tipici del suo carattere impulsivo- una persona insostituibile, un amico importante e fedele, un fondamentale alleato durante la guerra e nei momenti bui, un discreto duellante durante le battaglie, un ottimo stratega negli scacchi; e tuttavia, Hermione non riusciva proprio ad eliminare la credenza ormai profondamente radicata in lei che fosse anche, per molti –se non troppi- aspetti un recidivo, incorreggibile idiota.
“Ma non riuscirò mai a studiare per il compito di Pozioni se ho anche gli allenamenti di Quidditch tre pomeriggi a settimana!”
L’espressione indifferente, forse solo leggermente tediata, Hermione abbassò la tazza di caffè e cioccolata –una ricetta di sua madre- e continuò a scrivere il suo tema di Antiche Rune mentre si accingeva a degnare di una risposta il suddetto idiota, anche se sapeva che sarebbe stato come distribuire perle ai porci.
“E’ solamente questione di organizzazione, Ronald. Se abbiamo una media di settecento pagine a settimana -che fanno quindi cento al giorno-, e il lunedì, il mercoledì e il venerdì hai gli allenamenti con la squadra, vorrà dire che il martedì, il giovedì e la domenica farai, oltre alle cento pagine previste, anche la metà di quelle del giorno dopo; così quando dovrai tornare dall’allenamento, dovrai studiarne solo cinquanta. E’ molto semplice.”
Non avvertendo l’urlo indignato che si sarebbe aspettata di udire alzò lo sguardo, solo per ritrovarsi davanti lo sguardo vitreo di un Ronald Weasley decisamente in difficoltà.
Se fosse inebetito perché non aveva capito, o perché aveva capito fin troppo bene la gravità della cosa, Hermione non lo sapeva; e non lo voleva nemmeno sapere.
Ron, dal canto suo, sembrò riemergere dal limbo in cui era caduto, e, dopo aver espresso con un lamento che effettivamente aveva davvero capito la gravità della cosa, riprese a lamentarsi.
“Non, non è possibile. E’ un ritmo insostenibile Hermione, solo tu potresti fare una cosa del genere! E poi, come se non bastasse, c’è di mezzo anche questa fantastica idea della McGranitt di fare lezioni ed esercitazioni in gruppo con gli Slytherins; come può venirmi voglia di studiare dopo un’intera giornata passata in compagnia degli starnazzi della Parkinson?”
Effettivamente, pensò Hermione, non poteva dargli torto; in certe occasioni le lezioni erano davvero estenuanti, e non per la difficoltà degli argomenti in sé, ma per la totale mancanza di collaborazione tra i componenti del gruppo e, spesso, anche per il carattere insopportabile dei membri della casa di Slytherin.
Anche se, in tutta sincerità, non tutti gli Slytherins erano poi così fastidiosi.
“Per non parlare di Malfoy!”
Una serie di colpi di tosse risuonò nella stanza, mentre Hermione, col cuore a mille, aveva appoggiato la tazza sul tavolo e si stava domandando, tra un principio di soffocamento e l’altro, se Ron non avesse scoperto tutto d’un tratto di essere dotato di soprannaturali capacità di lettura della mente.
“Stai bene Hermione? Ecco, prendi un altro sorso di caffè. Cosa stavo dicendo? Ah sì, Malfoy! Tralasciando il fatto che è arrogante e razzista come suo solito, accidenti, ci sono giorni in cui ha uno sguardo così infuriato e malevolo che non mi stupirei se prima o poi tirasse fuori la bacchetta.”
Hermione si accigliò.
Non era più stato arrogante o razzista; non l’aveva più nemmeno chiamata Sangesporco. Ora che ci faceva caso, le poche volte che le aveva rivolto la parola era stato con un tono certamente brusco e un po’ sprezzante, ma sotto al quale si celava sempre una nota bassa, delicata, vibrante di domande e risposte non espresse, e un fondo di educazione? Cortesia? che riservava a lei soltanto.
“Se ne stà lì, tronfio, come se sapesse già qualsiasi cosa e avesse la verità in tasca, quando in realtà è uno stupido poppante che senza il suo nome e le sue ricchezze non sa vivere.”
La mano che impugnava la piuma si stinse.
Malfoy non era stupido. Certamente era un ragazzino viziato, spocchioso ed arrogante, ma sicuramente non era stupido. Ora che aveva imparato a conoscerlo un po’ meglio, sapeva che c’era qualcosa di più del bon ton e del disprezzo tipicamente aristocratici dietro al suo volto aguzzo; anzi: durante una delle loro lunghe discussioni e i loro ripassi era rimasta sorpresa vedendo come lo Slytherin riuscisse, a volte, a tenerle testa e imparasse in fretta.
“Scommetto però la mia Tornado che ora che suo padre è ad Azkaban non si prenderà più le libertà che invece si è sempre preso in passato; senza un famigerato Deatheater a proteggerlo, non alzerà più tanto la cresta”
Draco Malfoy non era sicuramente una delle persone più nobili e coraggiose dell’universo; credeva in ideali estremi, che era facile professare al sicuro tra le spesse mura di un castello incantato. Poi, la realtà in atto di quegli ideali, la guerra, era entrata anche lì e lui aveva scoperto di essere solo un ragazzo, e come tutti i ragazzi aveva avuto paura. Il Signore Oscuro non conosceva pietà, soprattutto per i suoi seguaci; chi era lui per fare qualsiasi cosa che potesse mettere in pericolo i suoi genitori, suoi diretti sottoposti? Aveva chinato la testa e aveva fatto l’unica cosa che gli era sembrata sensata: sopravvivere.
Certo, non che Malfoy fosse uno stinco di santo; ma non poteva nemmeno essere eletto a capro espiatorio per ogni loro problema. Non ora che la guerra era finita; non ora che tutto ciò non aveva più senso.
Sulla scia di questi pensieri Hermione Granger chiuse di scatto il libro e, presa la borsa e la tazza, imboccò l’uscita del ritratto a testa alta, lasciando dietro di sé un basito Ronald Weasley ancora una volta senza parole.
 
Aveva discusso con lui tutto il pomeriggio, cercando di far entrare nella sua testa bacata quanto fosse meravigliosa e misteriosa la trasfigurazione animale; all’inizio non era riuscita a comprendere perché lui non si stupisse davanti ad un incantesimo di tale portata, ma poi, a mano a mano che il battibecco proseguiva, aveva capito.
Per lei, babbana di nascita, ogni magia costituiva sempre un piccolo, incredibile miracolo: una semplice levitazione, una trasfigurazione, il particolare significato delle stelle, un filtro d’amore; ogni cosa era nuova e inesplorata, un dono inestimabile per la sua giovane mente avida di conoscenza.
Per Draco Malfoy, purosangue da sempre cresciuto in grembo alla Magia, tutto questo entrava nella semplice, ordinaria normalità; come poteva pretendere che un ragazzo che fin da bambino aveva visto trasfigurazioni di tutti i tipi potesse interessarsene tanto quanto lei, che invece era crescita fino al fatidico undicesimo anno senza sapere nemmeno cosa fosse la magia?
E all’improvviso, mentre pensava a lei, a lui, a loro, capì; capì che comprendere un individuo come Draco Malfoy non era poi così complicato, che il pregiudizio che era sempre stato tra loro non aveva mai permesso ad entrambi di andare al di là, e capì che, semplicemente, una delle poche, piccole differenze ormai rimaste tra loro –il loro sangue, in fondo, non era ugualmente rosso? La guerra, ormai, non era finita?- era semplice e banale; lei, al contrario di lui, riusciva ancora a stupirsi del mondo che la circondava, perché per lei era nuovo, mentre lui non era più in grado, perché per lui era normale.
Ma le differenze, andando avanti, si sarebbero assottigliate sempre più; lei avrebbe cominciato a dare sempre più cose per scontate, e lui avrebbe a mano a mano dimenticato che c’era stato qualcuno in passato di nome Hermione Granger che aveva cercato di ricordargli la bellezza dello stupore.
Forse però, senza rinunciare alle proprie identità avrebbero potuto costruire su tutte queste piccole differenze quel “qualcosa di più”: lei gli avrebbe insegnato, mostrandogli il proprio mondo -qualcosa che per lui era nuovo- e facendogli vedere ciò che conosceva già con i propri occhi, a stupirsi ancora, mentre lui, mostrandole il suo, di mondo, le avrebbe impedito di smettere di stupirsi. Forse, le loro realtà non erano così inconciliabili, ora che la guerra era finita, ora che le divisioni che prima impedivano loro di vedersi in viso erano crollate.
Fu quindi per questi pensieri e per molto, molto di più che, quando Draco Malfoy -prima di andarsene dicendole che non aveva capito nulla della sua maledettissima trasfigurazione animale e che era una pessima insegnante-  le chiese di poter avere un’ulteriore chiarimento il giorno dopo, lei sorridendo disse che avrebbe portato il caffè.
I loro incontri duravano da una settimana ormai, iniziavano con un ripasso a scelta e finivano sempre con una discussione sui temi più disparati: una pozione fatta il giorno prima a lezione, il parere su un nuovo tipo di pudding comparso sul tavolo da pranzo, l’utilità o, secondo Malfoy, l’inutilità della caffettiera americana che portava sempre ai loro incontri –per quale motivo Granger devi sempre fare la fatica di trasportarti dietro quella diavoleria babbana quando potresti semplicemente riempire le tazze con un colpo di bacchetta?-, il compito di Erbologia della settimana precedente; ciò che la stupiva di più tuttavia era la tranquillità che provava mentre discuteva con lui, tanto rilassante da dimenticare lo scorrere del tempo. Era un rapporto diverso da quello che aveva con Harry e Ron, la sua seconda famiglia, con i quali ormai condivideva un consumato cameratismo; prima di incontrare Malfoy avvertiva sempre un certo grado di tensione, che poi, non appena gli si sedeva accanto, spariva, per lasciare spazio soltanto a loro. Era qualcosa che Hermione ancora non era riuscita a capire, ma andava bene così.
Si diresse lungo il corridoio fino all’aula di Trasfigurazione; grazie a Ron era in anticipo di mezz’ora, ma si sarebbe seduta a sistemare gli appunti di Pozioni per il successivo ripasso fino all’arrivo di Malfoy. Dopo aver attentamente controllato di avere la caffettiera aprì la porta e fece per entrare, ma si fermò a metà tra il riso e l’imprecazione.
Draco Malfoy giaceva stravaccato con ben poca grazia su di un banco davanti alla cattedra, i capelli biondi scompigliati che gli ricadevano sugli occhi e la bocca semi aperta, mentre un leggero russare faceva da sottofondo musicale alla scena.
Cercando di reprimere le risate, Hermione si avvicinò.
Nel sonno sembrava quasi un bambino innocente. La bocca non più tesa nella sua smorfia perenne, la fronte liscia, rilassata, i capelli biondi che rilucevano debolmente nella luce bianca del primo pomeriggio; tutto gli conferiva un’aria più dolce; persino i suoi tratti così affilati sembravano in qualche modo smussati.
Sorrise. Faceva tenerezza, e anche se quell’immagine strideva con quella del Draco Malfoy che aveva sempre conosciuto questo non la disturbava, anzi, la incuriosiva, poiché le permetteva di contemplare un aspetto nuovo e inconsueto del suo carattere, che non aveva mai pensato possedesse. Come del resto, la capacità di russare in modo così fragoroso.
Il rumore del suo russare divenne sempre più forte ed Hermione, non trattenendosi più, rise di gusto, svegliando Draco che, confuso, si alzò a sedere farfugliando.
“Cos-, come… Granger? Che ora è?”
Asciugandosi le lacrime per le eccessive risate, Hermione cercò di frenare i singulti di ilarità per rispondergli.
“Malfoy, sono io in anticipo di mezz’ora. Ma sinceramente non riesco a dispiacermene, se fossi arrivata in orario non avrei assistito a questa tua… performance. Non pensavo fossi così rumoroso.”
Ricominciò a ridere, mentre Draco imprecando cercava di nascondere il rossore alzandosi e sistemandosi la veste.
“Diamine Granger, come pensavi dormissi? Immobile in una bara?”
Hermione gli rispose tra le risa, le gote rosse per l’ ilarità.
“Non esageriamo, non proprio in una bara. Ma non pensavo nemmeno che fossi così… angelico e tenero, oltre che rumoroso?”
Non riuscì proprio a frenare le risate, mentre un Draco ormai prossimo all’autocombustione sbraitava indignato.
“Tenero? Angelico? Ma cosa ti salta in testa Granger? E piantala di ridere o ti schianto!”
E mentre Draco imprecava e lei rideva, Hermione sentì che non voleva trovarsi in nessun altro posto che lì, in quell’aula accogliente e polverosa a ridere con quello che era stato un tempo un suo nemico.
“Forza Malfoy, bando alle ciance e mettiamoci al lavoro!”
Parecchi libri e qualche ora più tardi, Hermione si alzò raccogliendo i fogli di pergamena sparsi sui banchi.
Draco, che in quel momento la stava contraddicendo riguardo agli ingredienti della pozione Restringente, la guardò spaesato per poi apostrofarla bruscamente “Abbiamo già finito Granger? Non sono nemmeno le sei-” Sembrò pentirsi subito delle parole pronunciate, così si interruppe bruscamente; volse lo sguardo oltre la finestra, lontano da lei.
Hermione lo guardò stupita, per poi rispondere con un sorriso. “Tu hai gli allenamenti di Qidditch tra un’ora, non è vero? Avevo solo pensato che, dato che questa sarà l’ultima volta che ci vedremo prima delle vacanze di Natale, potevamo finire un po’ prima di studiare; e poi volevo farti assaggiare una cosa.”
Draco alzò gli occhi al cielo.
“Molto generoso da parte tua Granger, sono davvero commosso; è proprio vero che a Natale siamo tutti più buoni, se perfino tu sei disposta a darmi un’ora di tregua.”
Ignorando il commento di Malfoy, Hermione si chinò per prendere la caffettiera e fece comparire con un colpo di bacchetta due tazze; il profumo di cioccolata calda invase la stanza.
Con attenzione, versò del caffè in entrambe, per poi guarnire con panna e una spolverata di cacao e tendere una tazza a Malfoy.
“E’ caffè al cioccolato, una ricetta di mia madre. Visto che non ci vedremo fino al rientro dalle vacanze dato che io andrò alla Tana, possiamo salutarci stasera con una buona tazza di caffè.”
Alzò la propria tazza in un silenzioso brindisi.
“Buon Natale Draco.”
Draco, che in quel momento stava sorseggiando la sua bevanda, fu preso da un improvviso eccesso di tosse; tra una lacrima e l’altra, riuscì a rantolare “Cos’hai detto Granger?”
Lei lo guardò stupita. “Ho detto “buon Natale”; non dirmi che sei allergico anche agli auguri.”
“No, come mi hai chiamato.”
Oh.
In un improvviso lampo di realizzazione, Hermione arrossì. Dopo un minuto di silenzio, gli rivolse di nuovo la parola, lo sguardo che però non fuggiva il suo.
“Beh sì, è il tuo nome, no?”
“Sì… sì, lo è.”
A quelle parole, Hermione sorrise. Era proprio vero, come diceva sempre sua madre, che il binomio caffè e cioccolato ti metteva proprio di buon umore.
 
 
 
 
Eccoci qua. Sono felice, speravo proprio di riuscire a postarvi questo capitolo come regalo di Natale, e a quanto pare ci sono riuscita.
Spero solo vi piaccia.
La parte centrale, quella riguardante i pensieri di Hermione mi lascia un po’ perplessa; mi sembra un po’ confusa –anche se questo è giusto, perché deve riflettere la confusione dei pensieri e dei sentimenti di Hermione- ma soprattutto non so se sia efficace. Aspetto vostri pareri in proposito, ditemi cosa ne pensate, se è una cosa fattibile o una castroneria sesquipedale.
Spazio breve il mio, oggi; voglio solo rubarvi qualche altro secondo per augurarvi buone feste: che questo Natale sia felice, sereno e pieno di gioia e soddisfazione.
Ah; chiedo perdono, ma non ho resistito: per me Draco russa, eccome.
Ora, passiamo alle meravigliose e fedeli donnine che sempre mi allietano con le loro parole.
 
Luna_cullen: oh, una nuova anima pia che ha avuto pietà di me e ha trovato la forza di commentare! Grazie davvero per aver commentato, mi fa sempre incredibilmente piacere sapere il parere di una nuova lettrice. Anche io sono una fedelissima fan delle Draco/Hermione, al punto che non riesco a vedere Hermione ormai con nessun altro :). Spero che questo capitolo ti sia piaciuto e che vorrai farmi sapere cosa ne pensi. Alla prossima, un abbraccio e tanti auguri di buon Natale! Mavi.
 
Jules_Black: quanto ti capisco. Ti confesso che mentre scrivevo quel capitolo anche io, un po’, soffrivo; non sei l’unica ad essersi riconosciuta in Hermione e Draco.
Anche la mia –passata- vita sentimentale era identica alla loro, con l’unica differenza che è finita molto peggio; ma non ti voglio annoiare con i rimpianti di una vecchia sciocca sentimentale :). Anche se forse, un giorno, dovremmo berci una tazza di caffè e ridere delle nostre sventure, che dici :)?
Passo dopo passo, ci avviciniamo alla fine e, sempre di più, ad un nuovo inizio; spero che anche questo capitolo ti abbia trasmesso emozioni come i precedenti. Aspettando la nostra prossima chiacchierata, ne approfitto per augurarti un felicissimo Natale, pieno di gioia e affetto. Un abbraccio, Mavi.
 
Alisa: hai proprio centrato il punto, carissima: è inutile continuare a girare il coltello nella piaga; tutti sappiamo benissimo che Draco Malfoy ed Hermione Granger sono come il giorno e la notte. Il punto è proprio cercare di trovare un momento, come il tramonto o l’alba, in cui giorno e notte si fondono per formare un qualcosa di meraviglioso.
Non posso fare a meno di dirti quanto sia onorata per il paragone con Savannah; hai ragione, è un meraviglioso complimento e ti ringrazio infinitamente per averlo fatto proprio a me, è più di quanto meriti :).
Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto e ti abbia emozionato e, magari, anche fatto sorridere; alla prossima chiacchierata. Intanto ne approfitto per augurarti un Natale sereno e felice :)! Un abbraccio, Mavi.
 
XxLoseRxX: ah, come ti capisco! Anche io in questo momento dovrei essere allegramente a studiare, ma soprassediamo! Sono contentissima di aver “ritrovato” una lettrice perduta, e spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto (ti dirò un segreto: anche io adoro il Draco geloso :)). Spero di ritrovare una tua recensione anche per questo capitolo, e che ti abbia emozionato come gli altri. Nel frattempo ti faccio tanti auguri di un sereno e meraviglioso Natale! Un abbraccio, Mavi.
 
_Carlotta_:  come sempre le tue recensioni mi fanno immensamente piacere; sono come una tazza di caffè dopo un lauto pasto, per rimanere in tema :). Direi che come faretto, hai una luce davvero perfetta; non ho mai visto niente che sapesse esaltare meglio l’opera di un artista, seppur modesto come me.
Come hai detto tu, molto importante è proprio il tono della narrazione; in fondo, Draco ed Hermione non sono altro che due adolescenti alle prese con qualcosa che, finalmente, non contempla morte, distruzione, pregiudizi e difficoltà, ma solo i loro sentimenti e le loro realtà che si scontrano e incontrano. Spero di aver mantenuto questo profilo –e anche un po’ di humor: non ho resistito ad un Draco con problemi nasali!- ma soprattutto di non aver deluso le tue aspettative. Ancora una volta, ti ringrazio infinitamente per i complimenti; sono sempre convinta che le tue meravigliose recensioni siano più di quanto io meriti. Aspetto il tuo parere anche per questo capitolo, e nel frattempo ne approfitto per farti i migliori auguri per un Natale sereno e felice. Un forte abbraccio, Mavi.

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Capitolo 7
*** 7. Corretto: What is love? ***


Nuova pagina 1

Coffee

 
 
7. Corretto: What is love?
 
 
 
Il ritratto a villa Black della cara e ormai decomposta prozia Elladora non mancava mai di ricordargli ogni sacrosanta volta -tra una maledizione e l’altra contro Sanguesporco, babbanofili e traditori del sangue, ovviamente- quanto fosse importante distinguersi in ogni occasione per cultura, alterigia e buone maniere, costringendolo di volta in volta a sciropparsi i sui infiniti, strazianti, letali panegirici sul galateo.
Purtuttavia, Draco Malfoy pensò, mentre schivava uno schizzo di un liquido puzzolente e di dubbia provenienza che era sfrecciato a pochi centimetri dai suoi intoccabili capelli, che avrebbe preferito una reclusione a vita in una cella buia e angusta con il ritratto di una prozia Elladora particolarmente inviperita, piuttosto che partecipare ad un’altra festa di Capodanno del settimo anno di Slytherin.
Mentre scavalcava i corpi apparentemente in stato comatoso di Montague e Pritchard maledisse l’anima nera di Theodore Nott.
Era ormai una settimana che le vacanze di Natale erano cominciate – precisamente sette giorni, nove ore e cinquatadue  minuti-, una settimana che si erano salutati.
“Draco.”
Non che avesse tenuto il conto dello scorrere del tempo, certo. Semplicemente, quella mattina aveva casualmente constatato che esattamente mercoledì scorso lei gli aveva regalato la ricetta del caffè al cioccolato. E lo aveva chiamato per nome.
“Buon Natale, Draco.”
Stava uscendo dalla biblioteca con aria corrucciata –ancora una volta, anche quel giorno, non era riuscito a combinare nulla; stranamente non riusciva più a studiare da solo- quando voltando l’angolo scorse una figura allampanata affacciata ad una delle finestre del corridoio.
Theodore Nott era una ragazzo strano e uno Slytherin che solo in apparenza appariva come poco convenzionale; sempre in disparte, taciturno e riflessivo, rientrava in quella categoria di persone che paradossalmente non si riusciva a classificare. Eppure, Draco sapeva che erano queste sue caratteristiche a renderlo più di molti altri un membro perfetto per la loro casa; qualsiasi cosa volesse, riusciva sempre ad ottenerla.
“O forse a Serpeverde, ragazzi miei,
voi troverete gli amici migliori,
quei tipi astuti e affatto babbei
che qui raggiungono fini ed onori.”
Suo padre era stato arrestato tre anni prima in seguito all’irruzione dei Deatheaters nell’Ufficio Misteri, e da allora non era più uscito da Azkaban; Theodore era tuttavia un ragazzo intelligente ed astuto, e aveva saputo cogliere quell’occasione per allontanarsi dal conflitto che ne sarebbe inevitabilmente seguito. Draco aveva sempre nutrito un riluttante rispetto nei suoi confronti, e anche un leggero timore; se c’era qualcuno nei ranghi della casa Slytherin in grado di tenergli testa e creargli problemi, quello era Nott, che però, fortunatamente, sembrava assolutamente disinteressato a sfruttare questo suo potenziale.
O almeno, così aveva creduto fino a quel momento.
Dopo aver scostato, con un moto di disgusto, la figura di Pansy Parkinson che barcollava con evidente difficoltà nella sua direzione, si diresse verso le scale del dormitorio, in mano una tazza di caffè che qualche bifolco aveva corretto con del Whisky Incendiario approfittando di un suo momento di distrazione, e si sedette sui gradini, appoggiando la fronte accaldata contro la parete di pietra.
Non aveva mai retto molto bene l’alcool.
“Divertente vero? Non mi stancherei mai di osservare come la razza umana possa regredire a livello animale in simili occasioni. E’ stato molto carino da parte tua accettare di partecipare; dicono che il divertimento condiviso si raddoppi.”
Maledizione a Theodore Nott e a tutta la sua demoniaca progenie.
Draco alzò sguardo, la fronte corrugata in un cipiglio di disappunto.
“Theodore. Giusto in tempo. Non avevo ancora avuto l’occasione per ringraziarti di avermi obbligato a venire a questa festa assolutamente degradante, rumorosa e non divertente.”
Lo Slytherin lo guardò, un sorriso leggero sulla labbra e lo sguardo distante fisso su di lui.
“Ma io non ti ho obbligato Draco. Sei venuto di tua spontanea e libera volontà, ci tengo a ricordartelo.”
In quel momento Theodore si era girato e aveva guardato verso di lui con un leggero sorriso; fu in quell’istante che Draco capì che quel piccolo  movimento di labbra avrebbe portato solo grossi guai.
“Draco. Come stai? Vieni dalla biblioteca?”
Draco non rispose, scollando le spalle e lanciando un’occhiata ai libri che aveva in mano, considerandola una risposta sufficiente, in attesa di riuscire a capire la vera ragione dietro a quelle domande di circostanza; quel ragazzo non faceva mai niente per niente, in sua presenza non era cosa saggia abbassare la guardia.
“E’ sempre più difficile studiare ultimamente, non trovi? Soprattutto da soli. Credo che lo studio di coppia sia in fondo quello più proficuo, perché permette un confronto diretto senza distrazioni. Se poi si è fortunati a trovare qualcuno anche solo mediamente intelligente, è un vero vantaggio.”
Si girò verso un Draco alquanto allibito, che evidentemente si aspettava qualsiasi minaccia ma non sicuramente un discorso senza senso sullo studio in coppia e da soli. E poi, come faceva Theodore a sapere che non riusciva più a studiare senza la Granger?
La realizzazione lo colpì come un lampo, nel momento in cui Theodore sempre sorridendogli si girò e, prima di andarsene, gli disse: “E’ stato un piacere parlare con te Draco, ora devo lasciarti. In caso ti interessi, per Capodanno si terrà una festa in Sala Comune –anche se credo tu lo sappia già-, potremmo farci due chiacchiere, che ne dici? E se non riesci a studiare, chiedi consiglio a Hermione Granger. Sono convinto che la salvatrice del mondo magico non si tirerà indietro dall’aiutare un compagno di studio in difficoltà”.
E, detto ciò, girò l’angolo prima che Draco riuscisse ad estrarre la bacchetta.
Draco digrignò i denti, la mascella contratta nel tentativo di non far trasparire nessuna emozione.
“Sputa il rospo Nott. Cosa vuoi da me?”
Theodore appoggiò le spalle al muro, rilassato, mentre una leggera risata lo scuoteva.
Il rombo lontano del tuono prima della tempesta.
“Perché dovrei volere qualcosa da te Draco? Così tanta gente fa molto in cambio di niente. Tu più di tutti dovresti saperlo.” Con fare noncurante si sistemò la cravatta, il sorriso che lentamente si allargava sul suo volto “Hermione Granger oltretutto è una delle persone più sconvolgentemente altruiste in cui mi sia mai capitato di imbattermi.”
A quelle parole Malfoy scattò in piedi, la testa leggera e i fumi del caffè corretto che alimentavano l’adrenalina nel suo corpo.
Quella conversazione, se lo sentiva, non avrebbe portato nulla di buono.
Theodore lo guardò, gli occhi divertiti che sembravano scavargli dentro e al contempo percepire qualcosa che andava molto più in là. “Cosa c’è Draco? Non è forse così? D’altra parte, il fascino della Granger consiste anche in questo; il fatto di costituire con la sua bontà a lungo andare sempre di più un punto fermo nella vita di qualcuno. Il fatto di diventare necessaria.”
Draco si appoggiò al muro, la testa gli girava sempre di più.
Era vero, lei era ormai necessaria, molto di più di quanto avesse mai pensato, molto di più di quanto avrebbe mai ammesso con se stesso. Ogni giorno se ne stupiva, ogni giorno questa ossessione che lo perseguitava dalla battaglia finale –o prima? Quanto prima?- e lo aveva sempre mosso verso di lei si cementificava e si trasformava in qualcosa di cui ora non avrebbe potuto fare a meno.
Lei era come l’aria.
“E’ strano, non trovi?, come una mente brillante e un cuore gentile a volte incantino un uomo più di un bel viso.” Nott continuava imperterrito, apparentemente ignaro dello sconvolgimento che sembrava travolgere il suo compagno di casa. “Ed Hermione Granger possiede indubbiamente entrambi. Mi chiedo se ci sia un uomo adatto a meritarsi un simile dono.”
Lei era come l’aria; eppure lui aveva così paura di respirare.
“Certo, sicuramente non Ronald Weasley… e nonostante ciò la Granger sembra avere una particolare predilezione nei suoi confronti; inizialmente ho dubitato della sua intelligenza, ma poi, considerando che è appunto un’altruista di prim’ordine, suppongo che tale slancio sia dovuto ad un sentimento di carità.”
Aveva visto come la toccava il pezzente, e che Dio lo fulminasse, ciò che avrebbe riservato ad entrambi sarebbe stato soltanto un duello che si sarebbe concluso con la morte di uno dei due contendenti al chiaro di luna e un cuore gentile spezzato, se solo Weasley si fosse azzardato a sfiorarla ancora.
Lei non era sua, e non lo sarebbe stata mai. Né sua, né di nessun altro.
Lo sguardo assorto di Theodore era passato dalla contemplazione della cravatta a quella delle sue unghie, il tono di voce che lasciava trasparire maggiormente ogni minuto che passava una nota tremolante, divertita.
“Anche se ovviamente una preda migliore costituirebbe Harry Potter, il salvatore del mondo magico, Colui-che-ha-sconfitto-l’oscurità. E bisogna ammettere che insieme sarebbero perfetti: lei, estremamente intelligente, buona, intraprendente, decisa e coraggiosa; lui, un eroe di guerra, valoroso, pronto a sacrificarsi per gli altri, il perfetto leader.”
Gli sguardi che si scambiavano lei e lo sfregiato parlavano di esperienze, dolori e gioie condivisi, e di consumato cameratismo; la dolcezza e l’affetto con cui lo guardava erano tizzoni infuocati che gli bruciavano occhi e cuore.
“Insomma, il binomio perfetto.”
“Basta.”
Theodore si riscosse, e con un teatrale sussulto si rivolse a Draco, gli occhi spalancati dalla sopresa.
“Hai detto qualcosa Draco?”
Draco era appoggiato al muro, i segni della sua tempesta interiore che gli stravolgevano il viso smunto e i fumi dell’alcool e della rabbia che gli annebbiavano la mente e la vista.
“Ho detto basta.”
Nott represse la risata che gli era salita alla gola –avrebbe avuto molto tempo per questo, più tardi- e con tono stupito si rivolse a Malfoy.
“Ma Draco, per quale motivo reagisci in questo modo? Sembri contrariato… in fondo è solo una chiacchierata. Poi, perché la Granger dovrebbe condizionarti così tanto? In fondo, è solo una Sanguesporco.” 
Theodore sorrise di un sorriso bianco e smagliante.
Era giunto il momento del gran finale.
“Una Sanguesporco terribilmente gentile, intelligente, amorevole e, per te, ormai necessaria, ma pur sempre e solo una Sanguesporco.”
Draco sbiancò, la lotta interiore che lo stava dilaniando ben visibile sul suo viso. Sentondosi pericolosamente vicino a riversare sul pavimento il tacchino del cenone di Capodanno, si voltò, dirigendosi verso la propria stanza e ormai dimentico della presenza di Theodore.
E mentre lo vedeva correre verso i dormitori come fosse inseguito da Erinni invisibili, Theodore Nott pensò che un Draco Malfoy innamorato e in piena crisi esistenziale fosse profondamente, meravigliosamente divertente. In fondo, non gli aveva mentito in nulla: a volte, le persone, facevano tutto in cambio di niente. Il divertimento del resto non era nulla di tangibile, no?
 
Draco Malfoy si ritrovò, nel giro di un paio di minuti, con la testa sotto il getto ghiacciato del rubinetto nel proprio bagno privato, uno dei pochi privilegi dell’essere caposcuola.
Assicuratosi della scomparsa dei capogiri –anche se lo stesso non si poteva dire dei crampi addominali e della stretta che all’altezza del petto gli bloccava il respiro- si guardò allo specchio. Quel viso segnato e pallido, maschera di dolore e angoscia, non poteva essere il suo; profonde rughe di preoccupazione gli solcavano la fronte liscia.
Eppure lui stesso sapeva che era sempre stato così; il suo viso non conosceva altre espressioni, in principio perché nessuno gliele aveva insegnate, e poi perché aveva compreso che distendere le labbra in un sorriso e spianare la fronte perennemente corrugata avrebbe provocato un dolore insopportabile nei muscoli irrigiditi e nel cuore ormai atrofizzato.
Ma poi, era arrivata lei.
La Sanguesporco Gryffindor che con la sua gentilezza verso un piccolo Slytherin del primo anno aveva distrutto ogni sua certezza; l’insopportabile so-tutto-io che ogni volta lo coinvolgeva in dibattiti lunghi ore su una stupidissima pozione Restringente; la cespugliosa e sorridente massa di capelli che gli insegnava la ricetta del caffè al cioccolato; la piccola donna che lo aveva chiamato per nome.
Hermione Granger era riuscita a farlo sorridere tanto da fargli dimenticare che prima di lei non ne era mai stato in grado; tanto da non fargli nemmeno percepire il dolore che avrebbe dovuto assalirlo ogni volta.
Ormai, per lui era divenuta più che necessaria.
Indispensabile.
Fuori dalla sua camera da letto, le urla e le risate crebbero: la mezzanotte si stava ormai avvicinando.
Non sapeva cosa fosse l’amore; non l’aveva mai provato prima, se non nei confronti di sua madre. Ma ciò che sentiva in quel momento era diverso; un nodo dolce che gli chiudeva la gola, un misto tra il pianto e il riso che gli mozzava il respiro e gli squarciava il petto, come se prima fosse stato integro, e ora invece si fosse trovato aperto in due metà e tutto ciò che era ed era stato fosse libero di uscire.
Chi aveva detto che l’amore –se amore davvero era- rendeva completi?
“Iniziamo il conto alla rovescia! Dieci, nove…”
Il nodo di emozioni che gli opprimeva il petto trovò sfogo solo in due lacrime che scivolarono lente sul suo viso stravolto, mentre in sottofondo la voce di qualcuno che non riuscì ad identificare iniziò il conto alla rovescia.
Come era potuto succedere? Eppure sapeva, sentiva che era qualcosa di lontano, che covava nel suo petto da ormai molto tempo. Come aveva potuto non accorgersene? Era nato come un piccolo germoglio, che poi lei con le sue cure, il suo spendersi per lui, il suo essere sempre così lei aveva fatto crescere. E, ora, gli attanagliava il cuore senza lasciare più la presa.
“Sei, cinque, quattro…”
Cosa avrebbe fatto ora? Cosa sarebbe successo? Non aveva più alcuna certezza.
O no, forse solo una ne restava.
“Tre, due, uno… buon anno!”
Era profondamente, dannatamente innamorato di Hermione Granger.
 
 
 
Eccomi qua. Lo so ragazze, mi sto vergognando miseramente per il ritardo pauroso, ma ho avuto –e ho tutt’ora- diversi e consistenti problemi a casa e nella mia vita, oltre ad una sessione d’esame da “dammi una lametta che mi taglio le vene”. Se ci sono degli orrori ortografici nel capitolo, vi prego di chiudere un occhio: per potervelo postare il prima possibile, l’ho controllato solo sommariamente.
Comunque, riguardo al prossimo aggiornamento, prevedo che per la prima settimana di marzo arriverà. Dico la prima settimana di marzo, perché venerdì ho un altro esame, devo cercare di star dietro ai vari problemi attuali e sarò a Londra nella settimana del 21. Farò del mio meglio comunque per farvi avere il capitolo, questo ve lo posso promettere.
Per quanto riguarda il capitolo… ci siamo. E’ arrivato il momento topico, e il nostro povero Draco è stato messo di fronte ai suoi sentimenti e alla sua incredibile crisi esistenziale. Spero che vi sembri abbastanza realistica, e vi dirò la verità: i pensieri di Draco sull’amore sono anche un po’ miei. Ok,  molto miei :), ma non ho potuto farne a meno: per quanto riguarda questo sentimento, ho avvertito un imperativo categorico che mi ha portato ad identificarmi con il nostro povero Slytherin confuso. Solo tre tipi di caffè sono rimasti... siamo agli sgoccioli. Era ora che ci arrivasse, no?
Ah, per di più, adoro il mio Theo. Si era capito :)?
Ancora una volta, mi scuso profondamente con tutte voi. Vi avevo detto che questa storia non sarebbe stata interrotta, e ho intenzione di mantenere la mia promessa, non importa in quanto tempo; un epilogo sicuramente ci sarà.
Non scriverò le recensioni per questo capitolo, perché questo significherebbe un ulteriore ritardo, ma ci tengo a nominare le meravigliose creature che hanno avuto non solo la pazienza di leggere, ma soprattutto di commentare e aspettare questo sudato capitolo: CarlottaNextAct – VictorieBHFS Jules_BlackThiliolFra_Bored.
Vi prometto fanciulle che il prossimo capitolo quando avrò più tempo, vi scriverò un papiro :).
Un bacio e al prossimo capitolo. Mavi.

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Capitolo 8
*** 8. Viennese: What is love? Part II ***


Nuova pagina 1

Coffee

 

8. Viennese: What is love? Part II

 

 

 

Le vacanze natalizie in casa Weasley avevano sempre il sapore agrodolce di un ricordo lontano, una nota vibrante di amore e malinconia che le gonfiava il cuore di gioia e gli occhi di lacrime ogni volta come fosse la prima.
Il profumo dei biscotti alla cannella e dell’amore che aleggiava in quella casa così affollata l’aveva sempre fatta sentire amata, un’isola felice in un mondo dove non si era mai sentita pienamente accettata.
Molly e Arthur, l’amore incondizionato che solo un padre e una madre potevano dare a una ragazzina tutta libri, saccenza e capelli e a un bambino smunto e solo con il peso del mondo sulle spalle esili.
Bill, Charlie e Percy, sicurezza e protezione, intelligenza e fiducia.
Fred e George, l’allegria e la lealtà, profumo di dolciumi e spensieratezza.
Ginny, la sua Ginny, passione e coraggio, lunghe notti passate a lume di bacchetta, sorrisi nel buio, sussurri e segreti.
Ron.
Ron, impacciato e goffo, l’ amico fedele, Ron l’insensibile, la spalla su cui piangere, Ron l’impulsivo, lo stratega infallibile.
 L’affetto aveva capelli rossi come fuoco e occhi azzurri come il mare.
“Hermione, ti ho portato il dolc… accipicchia!”
Ron. Decisamente, impacciato e goffo.
Hermione Granger si alzò dalla poltrona accanto al fuoco su cui era accoccolata, nel petto un misto di esasperazione ed ilarità, per poi riparare con un colpo di bacchetta il bicchiere con il caffè viennese che Ron le stava portando ed aveva –inevitabilmente- fatto cadere inciampando in una delle sperimentali diavolerie dei gemelli.
“Ron, sei sempre il solito! Grazie.”
Con un sorriso, raccolse il bicchiere e alzò lo sguardo su un Ronald Weasley decisamente a rischio di autocombustione.
“Non è colpa mia, sono solo inciampato!”
“Se tu imparassi a guardare dove metti i piedi, questo non accadrebbe!”
“Si ma se… Oh, lasciamo perdere! Hermione, io… ecco… volevo dirti una cosa.”
Il sorriso sul volto di Hermione si spense, mentre un refolo di ansia, infido, le serpeggiava sotto la pelle.
C’era qualcosa negli occhi di Ron, quando lo sorprendeva a guardarla, che non riusciva ad afferrare.
Era uno sguardo strano, assorto ma al medesimo tempo così profondo da provocarle una stretta allo stomaco e la voglia di voltarsi e fuggire via, lontano.
Come se la vedesse per la prima volta, come se, fino ad allora, non avesse mai davvero realizzato chi lei fosse e questa nuova scoperta lo affascinasse a tal punto da non riuscire a distoglierne lo sguardo.
“Ecco, io è da un po’ di tempo che volevo parlartene… io… accipicchia…”
Come se l’amasse.
“Ron, Hermione, i gemelli stanno per far partire i fuochi d’artificio: vogliono fare una prova prima del lancio di mezzanotte.”
Liquidando Ron con un sorriso forzato e un frettoloso “Ne parliamo dopo, ok?”, pensò che non era mai stata così grata ad Harry come lo era in quel momento.
Il confine tra l’amicizia e l’amore aveva a volte lo spessore di un pensiero e la consistenza di un respiro: delicati fili sospesi nel vuoto su cui destreggiarsi, una benda di seta sugli occhi e sul cuore.
L’ amore vero, lei, in fondo non l’ aveva mai conoscuto, ma ne aveva letto di tutti i tipi: l’amore indomito, passione e ossessione, duelli al chiaro di luna, sangue e lacrime; l’amore romantico, profumo di rose e ingenuità, una confessione sotto un balcone coperto di fiori al fantasma di una fanciulla vestita di seta; l’amore platonico, pensieri e parole inespressi, sogni di confessioni ad amanti fatti di fumo e desiderio.
I fuochi artificiali dei Tiri Vispi Weasley splendevano nel cielo, fiori e caleidoscopiche macchie di colori che si stagliavano, meravigliose, contro il nero fondo del cielo invernale.
Vicina a Ginny, si strinse le braccia intorno al corpo contro la morsa del gelo e di un brivido che, furtivo e spiacevole, le era corso lungo la schiena; Ron la stava guardando da lontano.
Lei non aveva mai conosciuto l’Amore, ma una cosa -semplicemente per il suo essere donna- la sapeva di per certo: Ronald Weasley non lo era.
La voce di Arthur la riportò alla realtà.
“Ragazzi, su forza, torniamo in casa. Dobbiamo ancora finire il dolce e prepararci per il conto alla rovescia: manca meno di un quarto d’ora al nuovo anno!”
Hermione Granger sospirò: sarebbero stati i quindici minuti più lunghi della sua vita.
Poco più di dieci minuti più tardi, un’Hermione esausta crollava su una sedia nell’angolo più nascosto del salotto; sapeva che evitare Ron non sarebbe stato facile, ma non pensava nemmeno che sarebbe stato così estenuante.
Ovunque si girasse, lui era lì: per offrirle un biscotto, passarle il succo di zucca, introdursi in una conversazione, sfiorarle casualmente una mano.
Aveva cercato di dissimulare la tensione, ma col passare dei minuti la vena alla base del collo aveva cominciato ad ingrossarsi sempre più e la ruga sulla fronte a divenire sempre più profonda; era stato un attimo, e prima di arrivare pericolosamente vicina al punto di crollo –leggasi un’apocalittica crisi isterica- si era defilata per rifugiarsi nell’angolo più buio cercando di non dare nell’occhio.
Stava finalmente tirando un sospiro di sollievo, quando un rumore alle sue spalle la fece trasalire: fu con enorme gioia e ringraziando Merlino con ogni sacro epiteto di sua conoscenza che si accorse che si trattava di Ginny.
L’amica si diresse verso di lei, nella mano una tazza e un sorriso comprensivo e caldo sul viso coperto di efelidi.
Le era sempre piaciuta Ginny Weasley: ultima di sei fratelli maschi, era cresciuta con un carattere d’acciaio temprato. Apparentemente timida e schiva, nascondeva in realtà un’anima indomita ed infuocata come i capelli rossi che la contraddistinguevano, eppure, all’occorrenza, sapeva essere dolce e gentile: la bontà di una madre e il coraggio di una guerriera racchiuse in un corpo esile e minuto.
Hermione aveva sempre pensato che Ginny fosse in un certo senso nata già donna, al contrario di lei, che si sentiva ancora un po’ quella ragazzina di undici anni che si era trovata a guardare, a bocca aperta, uno scintillante treno rosso.
“Furbizia e tanti libri”, ecco lei cos’era rimasta.
“Sei qui. Ti ho cercato dappertutto, non hai nemmeno finito il dolce, e mi dispiaceva buttarlo via. Ti piace tanto il caffè.”
So che ti piace il caffè.
Prese in mano la tazza, mentre un sorriso caldo le illuminava il viso.
“Scusami Ginny, avevo solo bisogno di… stare un po’ da sola.”
Ginny rise, una risata musicale e leggera. “Sì, ho visto le tue rocambolesche evoluzioni per evitare quel troglodita di mio fratello.”
Il suo sguardo si fece d’improvviso serio e dolce, gli occhi azzurri la scrutavano attenti.
“Hermione, non sentirti in colpa se non ricambi i sentimenti di Ron. Siamo giovani, se ne farà una ragione… non sia mai che il Re non sappia riprendersi. Tempo cinque minuti, e troverà già una pollastra dietro cui sbavare.”
Risero entrambe, il cuore di Hermione si espanse, molto più leggero.
Aveva ragione, Ginny era nata già donna.
 “Ma dimmi una cosa Hermione… come mai non riesci a contraccambiare i suoi sentimenti? Non fraintendermi, non voglio costringerti ad amare mio fratello, solo,” disse strizzandole l’occhio “sarebbe stato fantastico averti come cognata.”
Il sorriso sul viso di Hermione vacillò, ma non si spense.
“Non so Ginny… è solo che c’è qualcosa che mi dice che non è giusto, che non dovrebbe essere così, e anche se non so perché, non riesco a ricambiare tuo fratello. E Dio solo sa quanto ho pregato, per un periodo della mia vita, che tutto questo accadesse, ma ora… ora è diverso.”
Ginny la guardava, negli occhi la comprensione e sul viso un sorriso che Hermione non comprese.
“Hermione, tesoro… non è che… c’è un altro ragazzo?”
Anche se, in tutta sincerità, non tutti gli Slytherins erano poi così fastidiosi.
Mai come in quel momento Hermione Granger avrebbe voluto che il terreno si aprisse e la inghiottisse. Arrossendo, cercò di imbastire una frase di senso coerente.
“Ma.. cosa dici Ginny? Non dire stupidaggini, ovvio che non c’è nessuno!”
Ginny continuava a guardarla, mentre una risata bassa, di gola, le saliva dal petto.
“Andiamo Hermione… nessuno con cui ti senti in sintonia? Nessuno a cui pensi in continuazione? Nessuno che ti faccia battere il cuore?”
Lui non le faceva battere il cuore, piuttosto glielo faceva fermare.
Era dalla vigilia di Natale che non si vedevano, e Dio solo sapeva quante lettere gli aveva scritto, tutte fatte Evanescere prima di essere legate alla zampa di Edvige.
Il nuovo equilibrio che si era stabilito tra loro era così sottile; un passo falso, e tutto sarebbe andato in pezzi.
Eppure… le mancava.
Le mancavano i pomeriggi passati a parlare alla luce del focolare; il suo cipiglio corrugato davanti a una formula difficile; il sorriso trionfante quando un incantesimo invece scaturiva, naturalmente, dalla sua bacchetta; le rare risate che era riuscita a strappargli, gemme preziose incastonate e gelosamente custodite nella memoria e nel cuore.
Le mancava Draco Malfoy.
“Hermione?”
Ginny gentilmente la riscosse dai suoi pensieri.
“Tesoro, dovresti finire il caffè. Io torno di là, se hai bisogno chiama.”
Hermione la ringraziò con uno sguardo e un sorriso, e mentre Ginny si allontanava si strinse nel maglione di mamma Weasley, gli occhi distanti e la mente e il cuore immersi in lunghi pomeriggi d’inverno, cercando di finire il proprio dolce.
Per te Granger. Del resto ti capisco, il caffè… crea dipendenza.
Hermione sorrise, una lacrima lenta che le scivolava sul viso mentre si portava alle labbra quello che restava del caffè viennese e, dietro di lei, la famiglia riunita cominciava il conto alla rovescia.
“Dieci, nove, otto, sette…”
Un sentimento morbido le stringeva il cuore in una morsa calda e dolce, il sapore del caffè sulle labbra e sulla lingua era il riverbero di un ricordo lontano, libri di trasfigurazione, discussioni e battibecchi sullo sfondo di un’aula polverosa, aperti segreti e sorrisi nascosti.
“… sei, cinque, quattro…”
L’affetto aveva capelli rossi come fuoco e occhi azzurri come il mare.
“… tre, due, uno… Buon anno!”
Ma l’amore, forse, chissà, aveva capelli biondi come il grano e occhi grigi come il cielo d’inverno.
 
 
 
 
 
 
 
 
Eccomi qua. So che un ritardo simile non è scusabile, ma ho deciso che ci voglio provare comunque.
La mia vita in questi mesi si è ribaltata: due lutti che mi hanno profondamente segnato, l’inizio di un nuovo anno accademico, l’inizio del lavoro per la mia tesi di laurea e tante, tante altre piccole cose troppo lunghe e noiose da elencare.
Purtroppo, spesso la vita chiama e noi siamo tenuti a rispondere; capite che trovare il tempo –oddio, non il tempo perché quello, se si vuole, lo si trova sempre, sono la voglia e l’ispirazione che spesso mancano- per scrivere è, a volte, quasi impossibile.
Avrei potuto scrivere qualcosa di buttato lì, e archiviare questo mio lavoro; ma sarebbe stato come tradire voi, che mi avete così affettuosamente seguito fin qui, e soprattutto tradire me stessa in quanto scrittrice.
Quindi ho atteso, lasciando perdere quando l’ispirazione non c’era, e scrivendo furiosamente quando tornava, e questo è il risultato. Se devo essere sincera, non sono molto convinta della parte finale, ma non sono riuscita a fare di meglio, e il ritardo stava diventando troppo vergognoso per tardare ancora.
Mi scuso ancora una volta con tutte voi –perché delle scuse, anche non son dovute dato che uno scrittore scrive soprattutto per sé, sono comunque più che auspicabili- e spero che possiate perdonarmi e magari continuare a seguirmi. Comunque, volevo dirvi che io ho promesso di non abbandonare mai questa mia storia: e come potete vedere, sto cercando in tutti i modi di mantenere la mia promessa.
Anche se questo toglierà tempo prima del postaggio del capitolo, voglio ringraziare ad una ad una le splendide, meravigliose persone che hanno recensito l’ultimo mio capitolo; leggere le vostre parole ogni volta che l’ispirazione se ne andava mi ricordava che, oltre a me, anche qualcun altro era curioso di sapere cosa ne sarebbe stato di questo piccolo racconto; non potevo tradire le vostre aspettative e nemmeno la vostra fiducia.
 
Jules_Black: tu prima di tutti, perché ti meriti questo e molto, molto di più. Ogni volta che le parole non venivano, era soprattutto a te che pensavo, tra tutti i miei recensori.
Mi dispiace, mi dispiace davvero di averti fatto attendere così tanto; capisco la frustrazione che si prova quando un autore non aggiorna, perché l’ho provata: non sai quante volte ho visto delle piccole, potenziali perle venir abbandonate per i più svariati motivi, ma accanto alla frustrazione della lettrice c’era anche la comprensione della scrittrice: spesso purtroppo, un racconto è destinato ad ingrassare le fila delle storie incompiute. Ma questo non è necessariamente un male: significa che qualcun altro potrà, con il proprio entusiasmo e la propria fantasia, finire ciò che gli altri hanno iniziato, no?
Ciò che ti prometto però, è che questo racconto non è destinato ad una fine simile: un finale ci sarà, e lo leggeremo insieme :). Spero che intanto questo capitolo ti sia piaciuto: i tipi di caffè sono agli sgoccioli, e così anche questa storia.
Io non sono molto convinta, quindi non vedo l’ ora di sentire la tua opinione, sempre che tu sia disposta a leggermi –e recensirmi- ancora.
Un abbraccio, Mavi.
 
Fra_Bored: eccomi finalmente. Anche qui, mi scuso ancora e ancora, ma, come vedi, il capitolo è arrivato, e ti assicuro che, anche se a tratti, è stato un piacere scriverlo. Sono commossa dalla tua comprensione (“tranquilla non devi correre. Sono la prima a dire "prima il dovere e poi il piacere"” ti cito perché, dannazione a me, so che è passato troppo tempo e non ti ricorderai nemmeno più cosa hai scritto nella recensione) e spero davvero con tutto il cuore che tu abbia divorato questo capitolo esattamente come hai divorato il precedente.
Sarei più che felice di sapere cosa ne pensi, la tua opinione è fondamentale, e spero vorrai accettare le mie ennesime scuse.
Un abbraccio, Mavi.
 
Thiliol: eccomi qua carissima, dopo circa un centinaio di lustri. Chiedo umilmente perdono per i topoi triti e ritriti del bagno privato (per quello non ci sono scusanti) e della festa (qui posso dire a mia difesa che mi serviva come elemento per inserire sia il caffè corretto che il mio adorato Theodore), ma sono immensamente felice che il capitolo in generale ti sia piaciuto. Spero che anche questo ti abbia colpito, e ne approfitto per chiedere anche a te per l’ennesima volta umilmente scusa per il ritardo. Spero che tu abbia ancora la voglia di seguirmi, perché mi farebbe davvero piacere cosa ne pensi di questo capitolo.
Un abbraccio forte, Mavi.
 
VictorieBHFS: grazie mille dei complimenti carissima, spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto. Sì, è stato necessario il mio caro Theodore per far capire a quella testa dura cosa provava, altrimenti da solo non ci sarebbe mai arrivato. Spero che anche questo capitolo ti abbia emozionato, e chiedo anche a te perdono per il ritardo orribile.
Spero vorrai seguirmi di nuovo e recensire, la tua opinione è fondamentale.
Un abbraccio, Mavi.
 
Stefy494: oh, che emozione: una nuova lettrice! Sono onorata che tu abbia non solo aperto la mia storia e che l’abbia letta, ma anche e soprattutto che tu l’abbia commentata. Questo è proprio l’effetto che volevo ottenere: creare qualcosa di nuovo e mai letto, che ridesse freschezza ad una coppia meravigliosa ma ormai troppo usata e abusata.
Io adoro Draco ed Hermione insieme, sono l’emblema di come l’amore, secondo me, dovrebbe essere: l’accettazione di qualcuno che è così diverso da te da esserti complementare, e il fatto di vincere ogni giorno le difficoltà che questo comporta. E’ facile scegliersi qualcuno in tutto e per tutto uguale a noi, ma è anche meno divertente, no?
Spero che tu abbia gradito anche questo capitolo, e che magari tu abbia anche la voglia di commentarlo.
Un abbraccio, Mavi.

 

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