Caino e Abele

di NCH
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 5: *** 5 ***
Capitolo 6: *** 6 ***
Capitolo 7: *** 7 ***
Capitolo 8: *** 8 ***
Capitolo 9: *** 9 ***
Capitolo 10: *** 10 ***
Capitolo 11: *** 11 e 12 ***
Capitolo 12: *** 13 ***
Capitolo 13: *** 14 ***
Capitolo 14: *** 15 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


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CAPITOLO PRIMO: UNA VITA NORMALE

 

 

 

Fuori pioveva fitto e la pioggia tamburellava sui vetri delle finestre già resi opachi dal tempo. Era Novembre e fra meno di un mese sarebbe stato Natale. Buffy, sua sorella, Giles e Xander adoravano il Natale perché in quei giorni si sentivano come fossero una vera famiglia felice. Anche a Willow piaceva il periodo delle feste, ma la sua religione ora era quella della Wicca e prima ancora era stata ebrea, quindi non celebbrava la nascita di Cristo praticamente dacché era venuta al mondo. Solo che quando era bambina, fino all’adolescenza, un po’ aveva invidiato gli altri perché i suoi genitori non festeggiavano il Natale e lei si era sentita diversa, come se non avesse diritto di festeggiare in quei giorni. Ora, invece, nonostante la ricorrenza religiosa che cade il 25 Dicembre di ogni anno non facesse parte del suo Credo, la ragazza aveva deciso a cuor leggero di accettare e partecipare comunque ai festeggiamenti di rito, o almeno la parte laica di essi. In questo Kennedy l’aveva imitata: la Cacciatrice mora, infatti, non aveva avuto un’educazione religiosa, di nessun tipo. E a casa sua, quando era piccola, non c’erano mai stati cenoni o lo scarto dei regali sotto l’albero… per lei, finché non era entrata a far parte della Scooby gang, il Natale era un giorno come un altro dove suo padre non lavorava ma si godeva le partite in TV accompagnando la visione con pop-corn troppo salate e birra sfiatata mentre sua madre rideva da sola davanti ad un altro televisore, in un’altra stanza della casa, seguendo appassionatamente qualche telequiz o qualcuna delle tipiche trasmissioni che mandano in onda quelle sere. Sua sorella, Patricia, se n’era andata da casa quando lei aveva solo dieci anni e a Natale era solita fare una telefonata o magari mandare un biglietto d’auguri; ma non avevano mai più festeggiato tutti insieme.

In definitiva, dunque, tanto per Willow, quanto per Kennedy, era una vera e propria novità stare allegramente in famiglia quei giorni.

Forse era per questo che Buffy aveva notato in loro un’impennata improvvisa di eccitazione e di entusiasmo al pensiero di dover cominciare a pensare agli addobbi e alle delizie culinarie da preparare per quella sera… per non parlare delle compere dei regali, poi.

La Cacciatrice bionda era seduta nella propria stanza, quella che divideva con sua sorella Dawn, alla scrivania intenta a ripassare per l’ennesima volta il discorso per la discussione della sua Tesi di Laurea. Avrebbe dovuto sostenere l’ultima prova del suo corso di studi l’indomani mattina ed era insieme nervosa e fremente: non vedeva l’ora di ottenere quel pezzo di carta che attestava che era una psicologa a tutti gli effetti. Già da un paio di mesi, e cioè dacché aveva sostenuto l’ultimo esame orale del corso, frequentava lo studio privato del professor Hayder come tirocinante. Ma dalla prossima settimana il famoso psicologo aveva promesso di assumerla e così avrebbe cominciato a lavorare davvero, invece di accontentarsi dell’impiego part-time in quella dannata copisteria di fronte al suo College. Lo stipendio non sarebbe stato esorbitante, ma di certo sarebbe stato almeno il doppio di quello che percepiva adesso. Gli studi praticamente se li era pagati facendo fotocopie per gli altri studenti, aiutando Giles nel suo nuovo negozio di articoli magici e risparmiando i soldi che quasi ogni mese suo padre inviava a lei e a Dawn; proprio per questo aveva dovuto tirare parecchio la cinghia in quell’ultimo anno e mezzo. Ma fra poco la spesa in più o il risparmio di venti dollari non sarebbero stati più di primaria importanza.

Willow l’aveva battuta nei tempi e si era laureata sei mesi prima in ingegneria informatica. Ora lavorava per una succursale della Microsoft e, grazie anche al recente aumento, percepiva uno stipendio davvero invidiabile per chiunque si fosse laureato da tanto poco. Ma Buffy non era sorpresa di questo: Willow aveva ripreso gli studi due settimane dopo il loro trasferimento lì a San Francisco e, dopo praticamente essersi ammazzata sui libri, aveva dato gli ultimi esami del suo corso, aveva discusso la Tesi e si era laureata col massimo dei voti, ricevendo anche il cosiddetto “bacio accademico”. Quella stessa mattina la segretaria di un certo Grinwalt l’aveva contattata per offrirle un colloquio di lavoro e dieci giorni dopo la ragazza aveva un posto come ingegnere programmatore.

Kennedy stava ancora finendo il master, ma di lì a poco avrebbe sicuramente preso il diploma di perito informatico e la sua speranza era che Will riuscisse a convincere il suo capo a dare una possibilità anche a lei: le due certo non erano allo stesso livello di conoscenza dei computer, ma Kenny in quel periodo si era impegnata molto e i suoi voti avevano dimostrato quanto fosse intelligente e ferrata in matematica.

Dawn, invece, avrebbe ancora dovuto sgobbare parecchio sui libri, visto che si trovava a malapena al terzo anno di liceo; però anche lei prometteva bene. Ancora non era mai stata sospesa, non aveva incendiato nessuna palestra e non aveva collezionato una lunga serie di E durante le interrogazioni e i compiti in classe. Non si era messa insieme a nessuno che poi aveva tentato di ucciderla e non era stata coinvolta mai in risse. Era vero che mancavano pur sempre due anni e qualcosa alla fine dei suoi studi liceali, ma come inizio era senz’altro migliore di quello di sua sorella.

Xander, infine, si era messo in proprio. All’inizio come falegname e muratore veniva chiamato qui e lì per lavori rapidi, ristrutturazioni e roba simile, poi aveva trovato un socio, Steve Kery, col quale aveva messo su una piccola impresa edilizia che in pochissimo tempo era diventata abbastanza rinomata nel campo delle costruzioni e, sebbene ancora non avessero ricevuto commissioni veramente importanti, i due soci si erano dati parecchio daffare ottenendo belle soddisfazioni dal loro lavoro.

In definitiva, rifletté Buffy, mentre finiva di ripetere l’ultimo capitolo della sua Tesi, tutti i componenti della Scooby gang erano riusciti ad adattarsi di buon grado alle loro nuove vite e, soprattutto, erano riusciti a concludere parecchio in appena diciannove mesi dal loro arrivo a San Francisco. Potevano ritenersi soddisfatti.

Ovviamente, in quei mesi le loro “seconde vite”, come le chiamava Xander, ovvero tutto ciò che facevano in segreto e che riguardava l’occulto e la lotta al Male, li aveva impegnati moltissimo; tanto che i componenti della Scooby gang avevano dovuto imparare a barcamenarsi fra i loro impegni quotidiani e le “attività extra” molto rapidamente. San Francisco rispetto alla vecchia Sunnydail era la patria della tranquillità, ma di fatto anche lì i traffichi dei cattivi talvolta subivano dei picchi notevoli e Buffy si era ritrovata a non perdere mai l’allenamento alla caccia. Kennedy soprattutto l’aveva aiutata in questo e lei aveva cercato d’insegnarle altri piccoli trucchi del mestiere; poi però, naturalmente, nessuno dei suoi vecchi compagni, tantomeno sua sorella, si erano tirati indietro. Il risultato era stato che se prima la caccia per lei era spesso un’attività frenetica e stancante fino allo spasmo, ora era diventata meno frequente e meno rischiosa seppur sempre molto difficile a volte e pericolosa.

Angel l’aveva chiamata la sera precedente: non sarebbe stato presente alla discussione della Tesi, ma aveva promesso di partecipare alla cena per i festeggiamenti che il gruppo aveva programmato per il sabato seguente. Avrebbe portato Robin con sé, aveva promesso. Dopo tanto tempo, quindi, avrebbe rivisto due vecchi amici. Anche suo padre aveva chiamato la sera precedente e, come il suo ex ragazzo, le aveva annunciato la propria assenza alla cerimonia di laurea. Non che Buffy ne fosse rimasta sorpresa, certo: infondo suo padre in quegli anni si era perso praticamente tutta la sua vita, perfino la sua morte, quindi perché quella volta avrebbe dovuto fare un’eccezione? Però, ad essere sinceri, la ragazza aveva sperato che per complimentarsi con lei, almeno quella volta che a quanto pareva qualcosa di buono l’aveva fatto anche lei, suo padre l’avrebbe raggiunta a San Francisco. Le sarebbe bastato vederlo anche nei giorni seguenti alla sua discussione, magari quel sabato, magari a cena con lei, Dawn e tutti gli altri. Ma il signor Summers non ci sarebbe stato né quel giorno né nei giorni a venire, almeno non così presto come lei avrebbe voluto: l’aveva avvisata che attualmente si trovava a New Orleans per lavoro ma che, di lì a tre giorni, lui e la sua famiglia – quella perfetta, s’intende – sarebbero partiti per una bella vacanza in Canada… quindici giorni sulla neve a divertirsi, sciare, fare escursioni e roba del genere. Proprio come una bella famiglia felice, proprio come lei, suo padre e sua madre e, certo perché no, anche Dawn, non avevano mai fatto.

Quindi, niente papà che si complimenta con la primogenita per aver dimostrato di possedere un minimo di cervello, oltre che al buonsenso e alla buona volontà.

Anche lei, Willow, Kennedy e tutti gli altri sarebbero andati in vacanza quell’estate. Forse in Australia o magari una bella crociera sul Nilo. Ne avevano parlato, si erano messi d’accordo per risparmiare un po’ di soldi prima dell’arrivo dell’estate, e Buffy era sicura che avrebbe spedito a suo padre un’appariscente cartolina con su scritto qualcosa del genere…

 

ciao, carissimo papà! Sono con la mia vera famiglia a spassarmela: con un panorama da favola che mi circonda ballo fino a tardi tutte le sere, mi sbronzo, rimorchio ragazzi strafichi e mi diverto da impazzire. Dawn è con me, si sta divertendo anche lei, ma niente alcolici, solo cocktails alla frutta e massaggi fatti da inservienti muscolosi e sexy. La tengo d’occhio io, tranquillo! Un bacio e a presto. Le tue figlie, quelle imperfette.

 

Ovviamente, non gli avrebbe mai scritto una cosa del genere. Ma le sarebbe piaciuto vedere la faccia di quel grandioso egoista che era suo padre mentre leggeva una cartolina simile… ci sarebbe stato da sbellicarsi dalle risate, probabilmente. E cinque minuti dopo averla letta, ci sarebbe stato da chiamare il 9119 affinché i paramedici lo rianimassero… o forse no?

Quello che non sapeva Buffy era che il signor Summers, era così che spesso lo chiamavano lei e gli altri, le avrebbe fatto recapitare un bel regalo per scusarsi della sua assenza, l’indomani pomeriggio: una splendida decappottabile grigio metallizzato, comprensiva di impianto stereo a 200 watt con lettore CD incorporato, sedili e manubrio in pelle nera – elegantissimi –, cambio automatico, serbatoio stracolmo, tasse varie e assicurazione furto e incendio pagati in anticipo per i prossimi diciotto mesi.

Era così che lui suppliva alle sue mancanze come padre: regali, denaro e ancora regali. Lo aveva sempre fatto e, dacché Sunnidayle era sprofondata, la cosa era andata aumentando perché ogni volta arrivavano cifre sempre considerevoli e regali altrettanto notevoli. A Buffy l’auto sarebbe piaciuta, certo, ma si sarebbe infuriata con lui per quel gesto perché l’affetto non si compra e spesso un abbraccio paterno vale molto più di qualunque altra cosa.

Ma Buffy non si sarebbe potuta permettere di fare la sfuriata che avrebbe voluto fare poi a suo padre: la sua condizione finanziaria attuale non lo permetteva e la macchina le sarebbe servita sicuramente. Comprarne una di tasca sua era fuori discussione, prezzi comunque troppo alti.

L’indomani, quindi, oltre alla gioia per aver raggiunto uno dei traguardi che solitamente scandiscono la vita delle persone oggigiorno, Buffy avrebbe anche mandato giù l’ennesimo boccone amaro datole da suo padre. Poi sarebbe andata a leccarsi le ferite fra le braccia dei suoi amici e di Giles. Come sempre.

Ma questo, come anticipato, ancora non poteva saperlo…

 

I suoi pensieri riguardo alla suddetta cartolina da inviare quell’estate a suo padre furono interrotti bruscamente dallo squillo chiassoso del telefono che la fece letteralmente sobbalzare. La ragazza imprecò sottovoce, maledicendo quella maledetta suoneria chiassosa mentre si alzava dalla scrivania e si precipitava in soggiorno a rispondere.

 

- Pronto? -

- Ciao Buffy, sono Xander! -

- Ciao, Xan! Come mai chiami a quest’ora? Non vieni a pranzo neppure oggi? -

Spesso capitava, infatti, che il carpentiere rimanesse al cantiere a mangiare durante l’ora di pranzo, accontentandosi di un panino o di un’insalata preconfezionata presa al volo al supermarket lì davanti.

- No, Buffy, non ti chiamo per questo!… Volevo chiederti se puoi venire in Jude Street, al numero quarantasei, diciamo… tra un’ora! -

- Jude Street? Un nome un programma!… Dove si trova? Non la conosco! -

- Prendi la trentaseiesima, svolti a destra per la diciottesima, percorri cento metri e sulla sinistra ti trovi Gawen Strett, lo stradone in salita dove c’è Harry’s Pizza. Lo fai tutto fino in cima e all’incrocio svolti nuovamente a sinistra. Quella è Jude Strett: percorre tutto il quartiere residenziale! -

- Ah, sì, mi sa che ho capito!… Ma perché devo venire fin lì? E’ dall’altra parte della città rispetto al nostro appartamento, ed è già mezzogiorno! – Si lamentò Buffy, decisamente non allettata all’idea di mettersi nel traffico a quell’ora, tanto più che pioveva e quindi le strade dovevano essere piene d’idioti che usavano i loro clacson a sproposito.

- Io e Giles dobbiamo mostrarti una cosa e,a anzi, fra mezz’ora Will dovrebbe essere a casa. Porta anche lei, ok? E’ davvero importante e… anche di una certa urgenza. Non so se mi spiego! -

Buffy si corrucciò e divenne d’improvviso seria.

- Urgente?… Guai in vista? -

- Be’, se non stai qui fra un’ora, sicuramente ci saranno guai!… Intesi? -

- Ok, Xan. Ci vediamo fra poco! -

E la telefonata cessò lì.

Buffy riappese la cornetta al muro e sbuffò seccata: possibile che non avesse un attimo di pace nemmeno il giorno prima della sua Laurea? D’altronde, però, non aveva il coraggio di lamentarsi davvero perché di fatto dacché non era più l’unica Cacciatrice esistente al mondo, la sua vita si era semplificata parecchio: non che avesse smesso di fare ronde e ritrovarsi nei guai, ma il ritmo non era più pressante come prima. Inoltre, per loro fortuna, San Francisco si era rivelata una città abbastanza tranquilla sotto al punto di vista “vampiri e demoni”. Tuttavia, immancabilmente sbucava fuori qualche imprevisto che la metteva in difficoltà con la sua “vita ufficiale”, come la chiamava lei. Quella telefonata di Xander ne era un perfetto esempio.

Tornò in camera sua e si tolse la tuta che usava per stare per casa, infilandosi rapidamente un paio di jeans comodi, stivali col tacco largo e la punta non troppo stretta, e un maglioncino. Poi prese il proprio paletto e se lo mise in borsa assieme al cellulare: era pronta ad uscire. Mancava sollo Willow.

La strega dai capelli rossi rincasò poco più di un quarto d’ora più tardi, assieme a Kennedy che era andata a prenderla a lavoro quel giorno.

< Ciao ragazze!… Vi ha già chiamate Xander? >. Domandò Buffy, appena le due misero piede nell’appartamento. Willow posò la sua borsa col computer portatile sul divano, togliendosi poi il cappotto.

< Ciao Buffy!… Sì, mi ha chiamata da poco sul cellulare. Dice che è importante e urgente, quindi… il tempo di andare un momento in bagno e andiamo con la mia auto, ok? >. Disse Willow. Ma non attese una risposta: schizzò verso il bagno sotto lo sguardo divertito di Kennedy che, invece, era rimasta vicino alla porta senza nemmeno togliersi la giacca di pelle.

< Cos’è, è diventata incontinente? >. Le chiese Buffy, ironica. Kennedy fece spallucce: < No, ha il ciclo e tutte le volte che capita lei sente il bisogno di andare in bagno ogni cinque minuti. Se consideri che ci siamo fatte mezz’ora di macchina nel traffico… >.

Le due risero divertite dall’atteggiamento un po’ puerile della rossa, ma prima che questa tornasse tentarono di contenersi, visto la rinomata permalosità di Willow.

La strega uscì dal bagno cinque minuti più tardi, indossò nuovamente il cappotto e sorridente disse: < Andiamo? >. Così le tre uscirono di casa pronte ad un probabile nuovo scontro.

 

Come previsto, le ragazze trovarono parecchio traffico, così arrivarono all’appuntamento con Xander leggermente in ritardo. L’unica cosa positiva fu che, lungo il tragitto, le nuvole nel cielo si aprirono un po’ e smise di piovere. Al numero quarantasei, proprio davanti al marciapiede che passava davanti alla casa, Xander e Giles erano ad attenderle. Willow accostò e tutt’e tre scesero.

< Allora, chi dobbiamo salvare o cosa dobbiamo affettare? >. Domandò Kennedy. Giles le guardò serio: < Ragazze… dobbiamo mostrarvi una cosa… venite! >. Disse l’uomo, avviandosi verso l’entrata della casa che era alle sue spalle. Si trattava di una villetta a due piani, con giardino. Non doveva essere una costruzione recente, ma si vedeva che era stata ristrutturata di recente come, del resto, tutte le altre villette lì attorno. Quello era un quartiere tranquillo, dove abitavano per lo più famiglie benestanti che avevano trovato in quel posto un po’ di pace, rispetto al caos del centro e delle zone commerciali. Giles fece strada e aprì la porta della casa senza nessuna fatica, come se avessero dimenticato di chiuderla. All’interno, la villetta era deserta. L’ingresso era pieno di calcinacci e il pavimento di pasquette era rovinato in più punti, come se qualcuno lo avesse preso a picconate. Sulla sinistra c’era quello che poteva essere un salone, attaccato alla cucina. Anche’essa era sottosopra, con varie mattonelle rotte e pezzi di cemento sbriciolato sparsi un po’ ovunque. Il giro cauto della casa continuò al piano superiore dove c’erano quattro camere da letto e un bagno. Gli infissi erano rovinati e anche le pareti erano state graffiate e bucate… fori di pistola sembravano, pensò Buffy, preoccupata. Alla fine del corridoio, una scala più piccola portava ad una specie di solaio: neppure lì c’era qualcuno.

< La casa è stata massacrata da qualcuno, ma è deserta! >. Osservò Willow, continuando a guardarsi intorno.

< Scendiamo in cantina e andiamo a vedere in garage? >. Propose Xander, allora. Nessuno obbiettò e il giro proseguì. Ma neppure lì trovarono tracce di sangue o pericoli nascosti.

< Qui non c’è niente!… Che diavolo dovevamo vedere, dov’è l’urgenza? >. Domandò Buffy un po’ seccata per quel buco nell’acqua. Xander le poggiò una mano sulla spalla: < Che ne pensate della csa? >. Domandò. Le tre ragazze lo guardarono confuse: < In che senso, scusa? >. Chiese Willow, non capendo.

Giles si tolse gli occhiali e li pulì col proprio fazzoletto di stoffa, poi li rinforcò e mise le mani in tasca.

< Vi piace la casa? >. Chiese, sorridente. Buffy mise le mani sui fianchi: < Scusate, ci avete fatto venire fin qui per farvi dare un parere su una villa disabitata che è stata rovinata da qualche vandalo? Non ha senso! >. Esclamò incredula e urtata. Xander allora le regalò un sorriso più caloroso: < Sì che ha senso! Perché… se vi piace, nel pomeriggio andiamo a firmare il contratto d’acquisto! >. Disse felice. Kennedy sbottò in una risata divertita: < Xander, devi essere impazzito!… Hai un’idea di quanto costa una villa del genere in questo quartiere? Probabilmente non possediamo neppure la metà dei soldi che ci servirebbero e un mutuo non ce lo darebbero neppure morti, in questo momento! >. Fece notare la Cacciatrice, supportata dalle espressioni delle altre due ragazze.

< Ed è qui che sbagliate!… Vedete… il proprietario di questa casa è un mio cliente che, attualmente, ha avuto grossi problemi di liquidità per cui non può pagarmi per il lavoro fatto ad una sua palazzina che dovevamo ristrutturare. Mi ha proposto di comprare questa casa con soli cinquantamila dollari, prezzo che comprende anche il passaggio di proprietà. E se voi siete d’accordo… la prendiamo. Ma dobbiamo decidere in fretta perché ha ricevuto altre offerte, più allettanti. A me la venderebbe a prezzo stracciato solo perché è indebito!>.

< E Steve è d’accordo? >. Domandò Buffy. Xander annuì: < Lui con questo lavoro non c’entra. Si tratta di un cliente solo mio… Allora, vi piace, la prendiamo? >. Domandò, entusiasta. Poi aggiunse pensieroso: < Certo, ci saranno da fare alcuni lavori, ma a quelli ci penso io e comunque non sarà una grande spesa! >.

Buffy, Willow e Kennedy si guardarono per alcuni istanti.

< Be’, la casa è grande e sistemata un po’ all’interno… non sarebbe affatto male! >. Commntò Willow, continuando a guardarsi attorno, sempre più convinta che quel posto le piaceva. Kennedy alzò le mani: < Io mi chiamo fuori: non credo di avere molta voce in capitolo, visto che attualmente non guadagno un cavolo e praticamente mi mantieni tu! >. Disse, rivolta alla sua ragazza.

Willow allora guardò Buffy: < Che dici la prendiamo? Io un po’ di soldi da parte ce li ho e se tuo padre potesse mettere la tua parte… avremmo risolto il problema. Pensi che obbietterebbe se gli promettessi di ridargli il prestito fino all’ultimo centesimo? Infondo fra sette giorni comincerai a lavorare e se non sbaglio anche tu hai risparmiato parecchio in questi mesi! >. Disse. Buffy rifletté un momento, poi disse di aspettare un momento: doveva sentire suo padre prima di dare una risposta. Dopodiché la Cacciatrice uscì in giardino, prese il proprio cellulare e chiamò. Un quarto d’ora dopo rientrò con un sorriso che le faceva arrivare le labbra quasi da un orecchio all’altro: < Papà ha detto che m’invierà un assegno entro dopodomani! >. I cinque si abbracciarono festanti, esultando perché finalmente avrebbero potuto lasciare quell’appartamento di periferia che li aveva ospitati fino ad allora. Era grande, vero, ma era anche umido e freddo e, soprattutto, il quartiere non era decisamente dei migliori.

< Un momento! – disse Willow, interrompendo i festeggiamenti – Non voglio fare la guastafeste, ma… questa casa è bella e spaziosa, ma… non così spaziosa per ospitarci tutti e sei!… Voglio dire, per me dividere la stanza con Kennedy ovviamente non è un problema, ma tu e Dawn? E… voi due, Xander e Giles? >.

Il carpentiere sorrise ancora e afferrò per mano Willow, trascinandola sul portico e poi sul vialetto d’ingresso, seguiti a ruota da Kennedy, Buffy e Giles.

< Vi piace quella? >. Domandò Xander, indicando una villetta dall’aspetto esterno identico a quello della casa che avrebbero acquistato, dall’altra parte della strada, proprio lì di fronte.

< Che fai lo spiritoso? E’ uguale a questa! >. Commentò Kennedy. Giles poggiò una mano sulla spalla della ragazza e disse: < Be’, quella è mia e di Xander… presa all’asta ieri pomeriggio! >. Le tre si voltarono a guardare l’Osservatore e il carpentiere assolutamente stupite: < Cosa? >. Esclamarono all’unisono, incredule.

< Già, anche quella è stata un’occasione!… Certo, l’abbiamo pagata di più, ma comunque a un prezzo stracciato e dentro non deve essere ristrutturata. Il contratto lo firmiamo domattina, ma l’anticipo per la prenotazione già l’abbiamo dato!>. Spiegò Xander, soddisfatto di aver concluso anche quell’affare. In realtà per quello doveva ringraziare Steve, ma già gli aveva promesso di pagargli una bella cena ovunque avesse scelto di andare.

< Io… be’, sono felice per voi, ma… voi due che vivete insieme e… in un’altra casa diversa dalla nostra…>. Disse Buffy, esitante e riflessiva.

< La villa che acquisterete voi è grande, ma come ha detto Willow, staremmo un po’ stretti in sei. Invece in questo modo… insieme quando serve, separati quando si vuole! >. Esclamò Giles. Anche lui sembrava felice e allegro come Buffy lo aveva visto di rado.

Ormai era deciso: avrebbero lasciato l’appartamento appena le due ville fossero state abitabili e, magari, vendendolo avrebbero potuto rientrare di qualche spesa.

Buffy non vedeva l’ora di avvisare Dawn di quella splendida novità: sua sorella ne sarebbe stata entusiasta. Le cose per loro andavano decisamente migliorando dacché si erano trasferite a vivere lì, pensò Giles, soddisfatto, pregando mentalmente che quella calma apparente potesse durare più a lungo del solito.

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Capitolo 2
*** 2 ***


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CAPITOLO SECONDO: NOSTALGIA

 

 

 

I lavori in quella che era diventata casa Summers Rosemberg erano finiti appena tre giorni prima e ora la villa sembrava nuova dentro e fuori. Xander aveva lavorato come un matto a quel progetto di ristrutturazione e si era fatto aiutare da tutte le persone che conosceva lì a San Francisco e che ne capivano qualcosa di elettricità, muratura e idraulica. Tutta la parte riguardante la falegnameria l’aveva fatta lui stesso, segando assi di legno, scartavetrando, inchiodando e verniciando tutti i giorni in ogni minimo momento libero che aveva avuto. Non era stata una cosa semplice, ma alla fine la casa risultò bellissima. Al pianterreno, tutti i pavimenti eccettuati quelli del bagnetto e della cucina, erano stati fatti in parquet di faggio, mentre le pareti erano state verniciate tutte di bianco in modo da far sembrare le stanze più luminose e spaziose. La cucina l’avevano fatta moderna ed era spaziosa quanto lo era stata quella di casa Summers, a Sunnydail. Al piano superiore, invece, Buffy e Dawn avevano scelto di arredare indipendentemente le loro stanze, a loro piacimento, senza seguire lo stile del resto della casa. Lo stesso avevano fatto Kennedy e Willow, solo che per loro la scelta era risultata più complessa perché avevano dovuto accordarsi per accontentare tanto i gusti della rossa, a cui piaceva il rosa in tutte le sue sfumature più scure, quanto i gusti della Cacciatrice, abituata a colori meno classici.

Certo, Kennedy non pretendeva di appendere poster di celebrità e rock star ovunque, ma l’idea di avere le tendine rosa stile “casa delle Barbie” la disgustava. Il compromesso era stato: letto a due piazze abbondanti con montatura in ferro battuto, armadio a muro con le ante bianche grande quanto tutta una parete, carta da parati colorata con la tecnica della spugnettatura col rosa antico che tanto piaceva a Will e tende bianche che prendevano tutta l’enorme finestra. Niente moquette, come avrebbe voluto la strega, ma anche lì parquet chiaro: era elegante e, soprattutto, sotto i piedi scalzi non sarebbe risultato ghiacciato come il marmo. I bagni erano stati fatti tutti nella stessa maniera: con piastrelle e sanitari bianchi e le rifiniture in acciaio lucido. Era stato più economico e più rapido in questo modo. Solo il bagno di Buffy aveva la vasca, l’aveva chiesta lei. Negli altri c’era la cabina doccia con piatto extra large.

La stanza degli ospiti e il lucernario, per il momento, era stato deciso di comune accordo di lasciarle indietro, di sistemarle con comodo, un po’ alla volta, per non affrontare ulteriori spese non necessarie; per questo, chiunque fosse entrato in quelle due stanze in quei giorni, avrebbe potuto pensare con facilità ad un’invasione barbarica.

Era domenica.

Le feste di Natale erano arrivate e passate, così anche il Capodanno e l’Epifania. Era ancora inverno, però, e le giornate brevi seguite da notti lunghe e ventose.

Xander era in giardino a potare l’erba. Quella mattina, come sempre, si era svegliato presto e, dopo una corsetta, aveva sistemato prima il proprio prato e poi si era messo a lavorare su quello delle “sue ragazze”, come amava chiamare le sue amiche. Era appena mezzogiorno e aveva già potato accuratamente tutte le siepi e aveva riverniciato tutte le panche e il tavolo di legno che Buffy aveva comprato a una svendita qualche giorno prima. Ora stava dando gli ultimi ritocchi allo spazio davanti all’entrata principale, ma presto avrebbe smesso: cominciava a sentire una certa stanchezza. Contemporaneamente, Dawn e Giles erano in cucina a preparare il pranzo mentre Buffy sfogliava svogliatamente una rivista di psicologia: non era una delle sue letture preferite, ma dacché lavorava allo studio medico aveva capito che tenersi aggiornata anche in quel modo era inevitabile… almeno se ci teneva a fare bella figura e a mantenere il posto.

Per lo stesso motivo, Willow, seduta sul divano in attesa del pranzo, stava rivedendo alcuni lavori lasciati in sospeso il giorno prima e intanto stava sorseggiando del thé bollente che la stessa Dawn le aveva preparato poco prima.

Kennedy era davanti al garage a lavare la sua Naked, la moto che si era regalata un paio di settimane prima lasciando al negozio un piccolo anticipo e firmando un contratto per pagare il resto a rate mensili. Willow non era stata esattamente d’accordo per quella spesa sia perché non considerava le de ruote un mezzo di locomozione troppo sicuro, sia perché forse una spesa del genere sarebbe dovuta essere rimandata, visto i soldi che avevano dovuto spendere ultimamente per risistemare casa. D’altronde, Willow era anche convinta che, visto che Kennedy ora aveva un lavoro regolare al quale si dedicava seriamente, fosse un suo diritto spendere ciò che guadagnava come meglio riteneva. Naturalmente, a patto che ogni mese mettesse nella cassa comune di casa i seicento dollari che tutti i componenti della famiglia dovevano versare con precisione a dir poco svizzera.

Buffy versava ogni primo del mese il doppio di quella cifra, visto che doveva provvedere anche a Dawn; però la cosa sembrava non seccarla, tanto più che quando loro padre faceva arrivare un assegno, di tanto in tanto, Buffy aveva imparato ad amministrare quel denaro affinché bastasse per tutto il necessario e anche per qualcosa di superfluo.

Kennedy non aveva nessun padre che le spediva i soldi, ma grazie al lavoro come programmatrice e a tutti gli altri lavoretti che si era adeguata a fare appena ne aveva l’occasione anche prima di finire il master d’informatica, guadagnava a sufficienza da potersi permettere di pagare senza problemi la propria quota e anche da poter fare qualche spesa extra senza rimanere a tasche vuote prima della fine del mese. Inoltre, la ragazza non aveva partecipato all’acquisto della casa come immobile, però praticamente l’avevano arredata con i suoi soldi. Considerato questo, Willow non aveva sollevato troppe obiezioni all’acquisto della moto e, a dirla tutta, passati i primi giorni, aveva anche scoperto che le piaceva girare per la città in sella con Kenny che la portava ovunque lei volesse andare.

 

 

(Dagli occhi di Willow)

 

Quella mattina ero particolarmente nervosa… avevo passato una notte agitata e insonne dopo aver fatto l’amore con Kenny. Le stavo nuovamente nascondendo qualcosa: tre giorni prima ero uscita in anticipo dal lavoro ed ero andata nel piccolo cimitero nella periferia sud della città. Mi ero sistemata in una piazzola dove non erano state messe tombe o statue sacre; mi ero inginocchiata sull’erba fresca e avevo chiuso gli occhi concentrandomi sui miei poteri interiori, sull’energia che alberga in me ormai dal giorno della distruzione di Sunnydail, quando la magia bianca mi aveva pervasa diventando parte di me, di ogni mia singola cellula.

Quando ero stata certa di aver accumulato abbastanza potere con quella meditazione compii l’incantesimo e feci in modo che il corpo di Tara e quello di Anya si materializzassero lì, in quel punto prescelto per la loro nuova sepoltura. Mi sentii in colpa da subito, lo ammetto, ma quella era un’idea che si era affacciata in me già mesi prima perché il solo ricordo di Tara non mi bastava…

Volevo una ancora una lapide su cui piangerti amore, volevo parlare alla tua foto che mi sorride serena, volevo leggere quelle fredde lettere incise nella pietra che gridavano a gran voce il tuo nome nella mia testa… la verità era che avevo paura di dimenticarti senza un posto dove venirti a trovare… E avevo pensato che anche per Xander doveva essere così nei confronti di Anya. Era per questo che avevo preso quella decisione e l’avevo messa in pratica. L’avrei detto agli altri più in là.

Era domenica, ora. Erano passati tre giorni e dacché avevo fatto seppellire nuovamente le due bare in quel cimitero – perché non avevo avuto il coraggio di far materializzare davanti a me semplicemente i loro corpi esanime, ma li avevo richiamati a me nei loro involucri di legno – avevo tenuto gelosamente quel segreto per me, facendo loro visita tutti i giorni, dopo il lavoro, adducendo come scusa che stavo facendo gli straordinari per via della promozione in vista che il mio capo, Grinwolt, mi aveva promesso di lì a breve.

Credo che Buffy si fosse accorta che c’era qualcosa che non andava, ma d’altronde non mi andava in quel momento di parlare con lei. Volevo solo godermi il mio segreto…

Eppure, ogni volta che Kennedy mi guardava sorridente, mi baciava passionale, mi carezzava o mi stringeva forte a sé per dimostrarmi il suo amore, io sentivo una forte fitta nel petto… la stavo tradendo con un ricordo e stavo tradendo i miei amici col silenzio viscido che cela i segreti.

Continuai a sfogliare la mia dannata rivista, leggendo distrattamente e memorizzando le informazioni che mi sarebbero tornate utili per il mio lavoro; ma una parte di me era comunque concentrata su altro… avrei voluto alzarmi da lì, prendere la mia auto e andare anche quella mattina a trovare il mio angelo caduto.

Non lo feci. Non potevo. Non senza svelare il mio segreto e non senza ferire Kennedy. Ancora non me la sentivo di parlare… credo fosse una forma di egoismo, la mia. Anzi, lo era senz’altro.

Sfogliai l’ennesima pagina e poi un’altra ancora. Tutta roba già risaputa, tutta roba trita e ritrita. Noiosa fino allo spasmo.

Entrò Xander che si puliva le mani con la felpa da lavoro che indossava; addosso aveva anche quegli orribili jeans scoloriti e strappati in più punti: anche quelli erano “da lavoro” secondo lui. Per me erano solo da buttare, ma infondo non l’indossava mai se non per sfacchinare in casa sua o in casa mia, quindi non avevo mai sottolineato quanto li trovassi brutti. Aveva un’espressione strana in viso, certamente non rilassata. Erano giorni che lo vedevo così.

Mi si avvicinò, si chinò un po’ e mi baciò lievemente sulla fronte, ritraendosi subito dopo.

< Ho finito di sistemare anche il vostro giardino, Will. Ora vado a fare una bella doccia prima che il pranzo sia pronto! >. Mi disse. Fissai i suoi occhi nocciola e riconobbi il turbamento che spesso gli avevo visto stampato addosso dacché eravamo a San Francisco.

< Cos’hai, Xan? Tutto bene? >. Gli domandai, come una sorella premurosa al fratellino più piccolo. Lui rimase impassibile solo per pochi istanti, ammutolito come se non avesse capito la domanda. Poi fece spallucce: < Sono solo un po’ stanco, tutto qui. Una doccia mi toglierà di dosso sporcizia e fatica! >. Disse. Poi si voltò e uscì di casa, dirigendosi nella sua.

Aveva mentito… Non ero l’unica a mentire costantemente a chi mi circondava, a quanto pareva. Sapevo cosa aveva, cosa gli frullava per la testa: erano sempre gli stessi pensieri da ormai quasi due anni. Raramente ne avevamo parlato, come se l’argomento fosse troppo doloroso per lui o tabù, ma sapevo quanto si sentisse solo, quanto gli mancasse Anya e quanto si sentisse colpevole per averla resa infelice prima e per non averla salvata poi.

Le nostre situazioni non erano uguali, ma comunque molto simili…

Poco dopo Giles annunciò che il pranzo era pronto e Dawn si affrettò ad apparecchiare la tavola nel salotto. Un quarto d’ora ed eravamo tutti seduti, pronti a mangiare insieme come sempre. Mancava solo Xander, ma arrivò in un paio di minuti, con abiti puliti e coi capelli arruffati per esserseli asciugati in fretta senza dar loro una sistemata con spazzola e gel.

< Sei ridicolo così pettinato! >. Lo schernì Dawn, sorridendogli mentre lui le si sedeva accanto. Xander ricambiò il sorriso e le diede una lieve gomitata: < Se mi aveste avvisato che avevo così poco tempo, avrei fatto solo la doccia e i capelli me li sarei lavati più tardi! >.

Buffy, seduta vicino a lui dall’altro lato, gli passò una mano fra i capelli, scompigliandoglieli di più.

< Non è comunque ora di tagliarli, caro il mio carpentiere? I capelli portati così sono fuori moda e non ti danno l’aria da macho, sai?>. Gli disse, allegra, continuando a prenderlo in giro e a sghignazzare con la complicità di Dawn. Lui annuì e mise un boccone di cibo sotto i denti.

< Sì, sì, lo so, ho letto Vogue giusto ieri!… - Esclamò Xander, cercando di stare allo scherzo - Ho appuntamento col barbiere dopodomani!>. Tagliò corto, alla fine.

Il resto del pranzo proseguì fra chiacchiere e commenti vari, ma io mi estraniai da tutto, pensando solo che avrei voluto essere ovunque ma non lì, non a ridere e scherzare con i miei amici, non a farmi tenere la mano da Kennedy.

Come spesso accadeva, solo un pensiero si affacciava costantemente in me… Tara mi manchi…

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Capitolo 3
*** 3 ***


CAPITOLO TERZO: INSONNIA ( Dal diario di Buffy ) Ciao Caro diario… Dio! Sono ormai quasi due anni che comincio ogni pagina di questo quaderno così, sempre con le stesse tre parole… comincio a pensare di dover creare nella mia mente un amico immaginario, come Cocorita il pappagallo parlante dei bambini, o come Alfy l’extraterrestre… così almeno fingerei di scrivere lettere a questo amico immaginario, anziché fingere che il Diario sia un amico e che prima o poi mi scriverà a sua volta… Ok, ok, ammettiamolo pure: per essere una psicologa neo-laureata sono già abbastanza fuori di testa, se mi metto a scrivere certe cose. Eppure… Ricominciamo daccapo, da oggi stesso… Da questo momento fingerò che il mio diario, un ammasso di pagine che riempio di pensieri miei e miei soltanto, utili solo come valvola di sfogo, sia un insieme di lettere destinate alla persona che nella mia vita ha significato più di chiunque altro… Almeno, in questo modo, forse in futuro rileggendo queste righe saprò dare loro un senso… Ciao cara mamma. E’ la tua Buffy che ti scrive, la tua primogenita che è anche l’unica, vera, grande calamita di guai che tu abbia conosciuto in vita tua. Almeno credo. Ci siamo trasferiti a San Francisco con Dawn, Willow, Kennedy – la nuova ragazza di Will che tu non hai conosciuto - Xander e il signor Giles da quasi due anni ormai, eppure questa città continua a sembrarmi quasi un luogo di villeggiatura. La mattina ancora, a volte, mi sveglio col pensiero di tornare a casa… ma quale casa? A Los Angeles, forse? La nostra vecchia casa prima del divorzio tuo e di papà, prima dei guai con la scuola, prima dei vampiri e di tutto il resto? No… neppure lì mi sentivo bene. Allora, forse, “casa” è a Sunnydaile? Non lo so… forse. Ma anche lì ce ne sono stati di momenti brutti. Forse è per questo che la notte dormo bene raramente… E allora dov’è casa davvero per me? Qui a San Francisco mi trovo bene, ma quando me ne vado in giro per le strade riesco ancora a stupirmi delle cose che vedo, i negozi stravaganti, i grattacieli, la baia… sono passati due anni ed è come se non avessi terminato ancora di scoprire questa città, nonostante io l’abbia girata in lungo e in largo. Significherà qualcosa secondo te, mamma? Se il mio capo leggesse queste righe, mi licenzierebbe e mi inserirebbe subito in un programma di psico-terapia. La verità, però è che il mio capo non sa chi sono davvero e non sa niente del mio passato. Oggi sono andata a parlare coi professori di Dawn; dicono tutti la stessa cosa: è incostante nell’impegno. Mi hanno mostrato i loro registri dove, alternate alle A assegnate dopo eccellenti interrogazioni o compiti in classe, ci sono delle C e qualche D, come se periodicamente avesse un calo in picchiata nella voglia di studiare. Come posso aiutarla? Non sono mai stata un genio fra i libri e se mi sono laureata con un voto decente è stato solo perché ho trovato delle materie che mi hanno affascinata, dei professori che per me sono quasi diventati un mito tanto erano bravi, e la cara Willow che, nonostante la sua costante depressione – che si sforza con tanta passione di dissimulare – mi ha sostenuta e aiutata durante tutto il mio percorso di studi. Quindi mi chiedo: come posso ora aiutare mia sorella, se io stessa sono stata aiutata da altri? Ho chiesto a Will d’interessarsi a lei, di darle una mano se casomai lei gliela chiedesse. Ma Dawn non le ha chiesto nulla, eccetto di aiutarla a correggere le varie tesine che le assegnano ogni mese. Ma Dawn eccelle in quello, in tutte le materie letterarie e anche in altre come biologia o francese e spagnolo. E’ in matematica che va peggio: i suoi voti passano costantemente dal massimo al minimo della sufficienza. Il professore mi ha confessato che se proseguisse in questo modo, chiederebbe al Consiglio di Classe di bocciarla nella sua materia, nel senso di non ammetterla neppure agli esami finali. Non credo che Dawn prenderebbe bene una bocciatura, non credo che la stimolerebbe a fare meglio, semmai il contrario. Speriamo che quell’uomo ci ripensi. Sono davvero preoccupata… Ne ho parlato con Giles, ma concordiamo sul fatto che non possiamo legarla alla sua scrivania e farle studiare matematica tutto il santo giorno solo per far vedere un miglioramento al suo professore. Allora che dovrei fare? Ieri l’ho vista sconvolta dopo tanto tempo… erano anni che non le vedevo stampata in faccia quell’espressione atterrita e sofferente. L’ultima volta che l’avevo vista così shockata, era stato quando io e Xander avevamo rinvenuto il corpo di Tara in camera di Willow. Dawn l’aveva trovato prima di noi ed era rimasta lì per far compagnia alla persona che, durante la mia assenza, le aveva fatto forse più di chiunque altro da madre e da amica. Forse anche più di Willow stessa… Credo sia per questo che ieri, quando Will ci ha condotti in quel cimitero, Dawn si è accasciata a terra davanti alle lapidi delle nostre amiche. Sì, mamma, perché Willow è stata tanto folle da usare i suoi poteri magici per far sì che i corpi di Anya, Tara e anche il tuo fossero ripescati dalla voragine di Sunnydaile e venir trasportati qui, in uno dei cimiteri della periferia. Questa cosa l’ha fatta giorni fa, ma a noi lo ha confessato solo ieri che era domenica. Ce l’ha confessata e si è giustificata dicendo che sentiva la necessità di avere un luogo sul quale andare a pregare, di tanto in tanto. Con la magia ha fatto crescere anche un enorme salice piangente vicino alle vostre tombe… il suo modo per essere sempre presente lì con voi, con Tara, credo. Xander ha cominciato a piangere silenziosamente, sedendosi sull’erba fresca, davanti alla tomba di Anya. Dawn è rimasta imbambolata a fissare le foto nelle tre lapidi, foto che ritraggono tre donne felici, le ragazze sorridenti che le nostre amiche furono e la mamma allegra che sei stata tu. Chissà se anche ora siete felici, lì dove vi trovate? Io ero felice quando ero in Paradiso, è per questo che è stato così difficile per me riprendere a vivere. Ma per voi è lo stesso? Sentite la nostra mancanza? E i nostri pensieri giungono nel luogo dove vi trovate ora? Me lo sono chiesto tante volte… e da ieri me lo sono chiesto tante volte in più. Giles è rimasto turbato da questa cosa. Voglio dire, dal fatto che Will abbia agito in questo modo. Non ne abbiamo parlato, ma dopo tanti anni mi basta guardarlo un momento negli occhi per capire. Anche Kennedy mi è sembrata turbata, davvero molto: credo si sia sentita tradita. Willow non le parla quasi mai di Tara e di quel periodo della sua vita. All’inizio pensavo fosse per non ferirla, per non dispiacerle, vista l’enfasi che ci mette ogni volta che ricorda qualcosa di quei giorni, ogni volta che parliamo io e lei di un ricordo, un episodio o un qualunque commento che riguardi Tara. Ora però ho capito che mi ero sbagliata: Willow non parla a Kennedy di quel periodo perché lei all’epoca non c’era nella sua vita e credo che la mia cara amica non voglia condividere con la sua ragazza quei ricordi felici. Pensa che non la riguardino. La esclude da essi, quindi. E Kennedy non è una stupida: si sente esclusa… pur fingendo che così non sia. Chissà se ha mai pianto per questo? Me lo sono chiesta spesso perché Kenny sembra sempre così impassibile riguardo a queste cose davanti a noi; ma la sua impassibilità è innaturale, soprattutto visto il suo carattere normalmente irruente. Io credo che pianga a volte, magari quando è da sola, o forse di notte mentre Will le dorme accanto. Mi fa pena… non credo che meriti di essere ferita in questo modo, seppur involontariamente. Prima o poi affronterò il discorso con Willow, perché credo che nel suo egoismo involontario non si renda conto dei reali sentimenti di Kennedy. O forse sì? Mah!… Ora basta. Vado a dormire, visto che domani sarà una giornata abbastanza piena. Buona notte, mamma! Buffy chiuse il proprio diario e, come sempre, lo ripose nel cassetto della sua scrivania, quello con la serratura. Lo sistemò accuratamente tra le sue altre cose di valore e poi chiuse il cassetto, girando la chiave e nascondendola poi nella propria borsa. In quel cassetto c’erano molti documenti riguardanti casa, il proprio contratto di lavoro, il passaporto e altre cose importanti. Aveva deciso di custodirvi anche il proprio diario perché non voleva che finisse nelle mani di qualcun altro, chiunque questo fosse. Era gelosa dei propri pensieri, dei propri sentimenti e perfino delle osservazioni che sistematicamente vi appuntava. Non che ci fosse scritto chissà quale segreto, ma anni prima aveva avuto il desiderio di possedere qualcosa che fosse solo sua. Aveva realizzato questo desiderio con quel diario. Quella sera, però, aveva deciso che le sembrava stupido scrivere in quelle pagine senza rivolgersi a qualcuno di preciso. Era per questo che aveva deciso di cambiare sistema: da quel momento avrebbe finto davvero di scrivere a sua madre. Forse così le sarebbe anche mancata di meno. Sì, perché nonostante fossero passati anni dalla sua morte, sua madre le mancava davvero moltissimo. Riflettendo da psicologa, la ragazza giunse alla conclusione che in quel periodo sentiva di più la mancanza di Joyce perché suo padre si era rivelato un idiota e un padre peggiore di quanto non fosse stato prima della distruzione di Sunnydail. Prima di allora non che fosse stato molto presente nella sua vita e in quella di Dawn, però negli ultimi anni era come se quell’uomo fosse diventato un estraneo. Se non altro tentava di occuparsi economicamente di Dawn… non era il massimo, ma era meglio di niente. Buffy andò all’armadio e si spogliò rapidamente, spargendo i vestiti disordinatamente sulla poltroncina d’angolo, foderata di pile rosso. Rimase in slip e canottiera e si guardò per un istante allo specchio: vicino al collo ancora splendeva in tutto il suo vigore violaceo il livido che si era procurata quattro giorni prima durante una ronda. Imprecò mentalmente, dandosi dell’idiota. Doveva stare attenta perché se il livido fosse stato poco più su sarebbe stato difficile coprirlo, nasconderlo alla vista della gente. Un attimo dopo s’infilò sotto le coperte, augurandosi di riuscire a dormire una notte intera senza svegliarsi a intervalli quasi regolari. Già, perché da qualche mese anche il sonno le era ostico. Era per questo che aveva aumentato il numero delle ronde fatte: non riusciva a dormire? Meglio spendere quelle ore notturne in maniera più proficua del rotolarsi nel letto, cercando inutilmente di addormentarsi. Con un gesto spense la luce, poi si sistemò il cuscino sotto la testa e infine chiuse gli occhi. Due ore dopo era ancora sveglissima e più che vigile. Anche per quella notte di riposare non se ne parlava. Meglio andare a leggere qualcosa in soggiorno. L’alba arrivò presto e con essa anche qualche ora di sonno. Buffy venne colta dalla stanchezza mentre era distesa sul divano, circondata dai suoi appunti sui pazienti che seguiva e dai cuscini che sua sorella aveva voluto acquistare per dare un po’ di colore alla stanza. La luce iniziò a filtrare tenue dalle tende candide della finestra grande e da fuori iniziarono ad entrare i primi rumore di un quartiere residenziale che si stava risvegliando dopo la calma silente della notte, ma la ragazza era talmente tanto esausta che sembrò non accorgersene neppure. Semplicemente si lasciò sprofondare nell’oblio del sonno, sperando di dormire solamente, senza sogni premonitori o pensieri tristi a tormentarla. Kennedy si svegliò lentamente, ma fu assolutamente vigile dopo pochi istanti passati dacché i suoi occhi si erano aperti. Non si mosse per non svegliare Willow che le dormiva accanto, rannicchiata addosso a lei, col viso sprofondato sul suo addome liscio e rilassato, ma lanciò immediatamente uno sguardo alla sveglia elettronica sul comò: 06:12. Be’, pensò che infondo poteva accontentarsi perché era riuscita a dormire più delle ultime due notti, quando alle quattro e mezza già era stata sveglia e il sonno si era rifiutato prepotentemente di rimpossessarsi di lei. Impercettibilmente chiuse il proprio abbraccio attorno alle spalle di Will, scomposte in una postura insolita quanto apparentemente comoda per lei. Quella pelle candida e ricca di lentiggini risultò sotto le sue dita morbida come quella di un bambino e senza doversi curvare di più su di lei, Kenny poté avvertire il profumo dei suoi capelli, lavati appena la sera precedente, prima di coricarsi. Quel profumo tanto delicato e al contempo intenso… era il suo shampoo alle rose. Willow se lo faceva fare appositamente in erboristeria, assieme al balsamo, al bagnoschiuma e perfino al profumo. La fragranza era sempre la stessa: rosa primula e vaniglia. Le costava un occhio della testa comprare quei prodotti ma, per un motivo che a lei sfuggiva completamente, la strega dai capelli rossi acquistava il profumo artigianale con quella fragranza già da quando erano a Sunnydaile ed erano studentesse squattrinate. Poi Will aveva trovato quel posto di lavoro dallo stipendio invidiabile e aveva cominciato a comprare anche gli altri prodotti. Un giorno glielo aveva anche chiesto cosa ci trovasse di così irresistibile in quei profumi tanto dolciastri e forti. Non che a lei non piacessero: misti all’odore di pelle della sua ragazza erano sicuramente gradevoli ed eccitanti perfino. Ma pensava lo stesso di almeno la metà delle fragranze di marche famose che comunemente vendevano nelle profumerie. Ma Will non voleva quei prodotti, voleva quel particolare profumo che commissionava appositamente a Chindy, la commessa della sua erboristeria di fiducia. Quando le aveva chiesto spiegazioni a riguardo, l’altra non aveva esattamente risposto. Aveva solo detto che quell’odore la rilassava e che usava quel profumo da anni. Poi aveva dribblato abilmente, spiegandole le origini della Rosa Primula. Ci pensò su, mentre aspirava ancora un po’ di quell’odore familiare e intenso. Will le aveva detto che quella particolare rosa era abbastanza rara, che apparteneva alla famiglia della pimpinellifollia e che era nata in Cina, attorno ai primi anni del 1900. O almeno così le sembrava di ricordare. Willow era un’appassionata di rose, come di molte altre cose, ma lei non aveva prestato mai molta attenzione a quel genere di cose, o non l’aveva fatto finché non aveva notato quanto Will ne fosse presa. Le aveva fatto anche vedere delle foto, ma l’unica che ricordava era quella della Rosa Primula, dai petali delicati e folti, di un giallo chiaro che in alcuni punti andava a sfumare diventando più chiaro ancora. Tutte le altre non le ricordava affatto. Quello che l’aveva colpita sin dall’inizio era stato l’odore simile all’incenso, moderato solo dall’aggiunta volontaria di vaniglia che Will faceva fare ogni volta. Chissà quale significato aveva per lei quel profumo così particolare? Quello sembrava essere uno dei tanti argomenti che la sua ragazza cercava di evitare con tutta se stessa e Kennedy nel profondo del proprio cuore aveva già intuito da tempo il perché di quella mancata risposta. Non poteva esserne assolutamente sicura, certo. Però sospettava che quel profumo fosse una delle tante cose che in passato avevano legato Willow a Tara. Una volta, qualche mese addietro, vedendo che la rossa stava dando inescandescenze al telefono con la commessa dell’erboristeria perché i suoi prodotti non erano ancora pronti nonostante due settimane dall’ordine, la Cacciatrice mora era stata sul punto di chiedere spiegazioni a Dawn che, invece, sembrava non ritenere tanto strana quella sfuriata telefonica. Per lei, Kennedy, era assurdo sbraitare in quel modo per un ritardo su un prodotto assolutamente non vitale. Cioè, qual era il problema se Will avesse finito le sue scorte prima che le nuove fossero pronte? Semplicemente per un paio di giorni non avrebbe portato addosso quel profumo: non era la fine del Mondo. Ma per Willow invece sembrava proprio una catastrofe e, per di più, Dawn si era limitata a commentare: < E’ vero, non è un farmaco salvavita quello che ha ordinato, ma lei ci tiene davvero moltissimo e con quello che paga quei prodotti… fa bene a incavolarsi! >. Il commento era stato fatto semplicemente, apparentemente con la massima tranquillità. Ma era stata proprio quella tranquillità tanto in contrasto col tono duro e alto di Will a instillare il sospetto in Kennedy che ci fosse qualcosa di più grosso sotto. Poi due giorni prima davanti a quella lapide… Kennedy non si era avvicinata tanto da sentirne l’odore, ma era quasi certa di aver visto un cespuglio identico alla foto mostratale da Will sulla Rosa Primula. In quel momento non l’aveva neppure notato, tanto era rimasta sorpresa da quella rivelazione. Ora, però, ripensandoci, la ragazza si stava convincendo di aver ragione. Ed ecco svelato il segreto del profumo… come sempre, era un segreto perché non riguardava loro ma Willow e Tara. Will si mosse un poco, sfregandosi morbida contro di lei e Kennedy abbassò gli occhi, certa d’incontrare quelli appena aperti del suo amore. Le sorrise nella penombra dell’alba. < Ciao, amore! >. Le disse, bisbigliando. La sua voce rimbombò nel silenzio assoluto che le aveva avvolte fino a quel momento. Willow si stiracchiò, poi languidamente risalì lungo il suo corpo e andò a baciarla passionale. Chissà se quando le loro bocche s’incontravano, Willow pensava a Tara? Magari s’illudeva di baciare lei… Quel pensiero la fulminò all’istante, provocandole un irrigidimento di tutto il corpo e Willow inevitabilmente se ne rese conto. Si scostò lievemente da lei e la guardò negli occhi scuri: < Che succede? >. Le domandò. Ma Kennedy non sapeva come rispondere. Non voleva mentirle, ma non poteva certo dirle la verità. Fu per questo che improvvisamente l’attirò a sé e riprese a baciarla, chiudendo gli occhi e lasciando che la sua mente si concentrasse sul momento, sul corpo di lei, caldo sotto le proprie mani e tanto familiare quanto cedevole. La sentì sospirare di piacere e capì di aver vinto quella piccola battaglia, seppur subdolamente infondo. Willow si lasciò carezzare e baciare ovunque, godendo di quei tocchi gentili e sensuali che l’altra le regalava con tanta generosa maestria. Poi la strega pensò di ricambiare la beatitudine che le stava dando e ridacchiando invertì le loro posizioni, sistemandosi comodamente su di lei e baciandola lentamente, scostandole di tanto in tanto i capelli dal viso mentre con l’altra mano la percorreva ovunque sensualmente quanto lei prima. < Lo sai che… ti amo? >. Le sussurrò Kennedy, mordendole lievemente un orecchio e aspirando ancora quel profumo che la tormentava da sempre. Will la lasciò fare, poi la fissò sorridente: < Anch’io!… Ma ora basta… parlare! >. Rispose la giovane, facendole ricadere addosso i propri capelli lisci e morbidi come fili di seta. In quel momento Kennedy pregò e sperò con tutta sé stessa che fosse vero. Che l’amasse davvero almeno un briciolo di quanto l’amava lei… Buffy si svegliò di soprassalto. Un rumore l’aveva strappata dal sonno troppo breve nel quale era caduta dopo una notte passata praticamente a lavorare. Ecco, era nuovamente sul divano: era il terzo giorno che le capitava di risvegliarsi lì, anziché nel proprio letto. La schiena le doleva un po’ per la posizione tenuta fino ad allora, ma la Cacciatrice tentò di concentrarsi sul rumore che l’aveva svegliata. Che diavolo era stato? Poi sentì una porta sbattere e i passi di qualcuno sulle scale. Era sua sorella. < Buon giorno! >. Si salutarono. Dawn era già pronta per andare al liceo. Ma che ore erano? Buffy guardò l’orologio… quasi le sette e mezza. < Come mai già pronta a quest’ora? Per te è un vero record! >. Commentò la Cacciatrice, seguendo lentamente sua sorella in cucina. Dawn andò al frigorifero e tirò fuori il suo cartone di latte di soia poggiandolo poi con un gesto secco sul bancone. < Non tocchiamo l’argomento, che è meglio. Altrimenti salgo in camera di quelle due e le uccido a suon di bastonate! >. Disse la giovane, evidentemente alterata. Buffy alzò un sopracciglio e la fissò perplessa. Era ancora un po’ intontita dal sonno e stava faticando a seguire il discorso di sua sorella: < Chi… cosa… ? >. < Kennedy e Willow, ovviamente!… Dico io, non possono fare sesso la sera come la maggior parte delle coppie? O magari la domenica mattina sul tardi!… E invece no! Lo fanno alle sei del mattino, quando solo gli uccelli e gli addetti ai secchioni della spazzatura sono svegli in tutta l’area di San Francisco! >. Ora Buffy aveva afferrato: lei non aveva sentito niente, ovviamente. Ma era evidente che sua sorella fosse stata svegliata e importunata dalle loro amiche e dalle loro attività sottocoperta. < Oh, andiamo Dawnie! Sii un po’ comprensiva, no? D’altronde ultimamente hanno avuto qualche problemino, non so se te ne sei accorta! >. Esclamò Buffy, sorridente e indulgente. Dawn parve riflettere un momento, poi scosse la testa: < Lo so che Will si stava comportando stranamente da qualche giorno e dopo l’altra mattina s’è capito finalmente perché. E so anche che Kennedy deve aver ricevuto un bel colpo quando si è ritrovata davanti agli occhi la lapide di Tara, però… questo non le giustifica: io voglio dormire la mattina all’alba, visto che poi ho lezione e tutto il resto! >. Protestò Dawn, con lo stesso tono secco di prima. Buffy fece spallucce: < Allora diglielo, stasera! Chiedi loro se… possono… fare più piano! >. Esclamò, sempre sorridente. Ma sua sorella scosse nuovamente la testa: < Ho un’idea migliore. Oggi ne parlo con Xander e poi vi dico! >. Prese del pane, lo mise a tostare e quando fu pronto lo mangiò assieme al burro d’arachidi, mentre Buffy sorseggiava il caffè che s’era preparata nel frattempo. Quando le due ebbero finito praticamente di mangiare, Kennedy e Willow le raggiunsero parlicchiando complici fra loro, sorridenti e apparentemente felici. < Buon giorno! >. Esclamò Kenny, appollaiandosi su uno sgabello accanto a Buffy. Dawn le lanciò un’occhiataccia e scattosa prese il sacchetto col proprio pranzo: < S’è fatto giorno da un pezzo, vero? Ci si vede stasera!>. Disse, poi se ne andò rapida, sotto lo sguardo curioso e confuso della coppia. < S’è alzata col piede sbagliato? >. Domandò Willow, andando ai fornelli e cominciando a preparare la colazione. Buffy sorrise: < No, sembra che l’abbiate svegliata voi… verso le sei! >. Rispose, maliziosa. Le due amiche si lanciarono un’occhiata rapida, poi la strega guardò Kennedy che era poco distante, dietro di lei. < Ah… be’… scusate! >. Disse la Cacciatrice mora, un po’ imbarazzata. Buffy finì d’ingurgitare il suo caffè lungo e ben zuccherato e si alzò per riporre la tazza nella lavastoviglie. < Ah no, non dovete chiedere scusa a me, io non ho sentito niente… ero in coma qui sotto! >. Disse Buffy, richiudendo lo sportello dell’elettrodomestico. Will la guardò preoccupata: < Hai ancora avuto problemi di sonno? >. Le chiese, mentre apriva due uova e le faceva cadere accuratamente nella padella già calda. L’altra annuì e la strega pensò che quel pomeriggio sarebbe passata in erboristeria a prendere qualche ingrediente per una tisana rilassante. < In questo caso… mi spiace che tu abbia problemi di sonno, ma almeno noi dovremo scusarci solo con tua sorella! >. Disse Kennedy, scherzando. Era di buonumore e Buffy si sentì contenta per lei, visto che ultimamente l’aveva vista parecchio tesa. Si sentì la porta di casa sbattere e le tre ragazze seppero con esattezza chi era: passo trascinato mattutino inconfondibile. Un attimo dopo entrò Xander con un completo grigio scuro e la cravatta scomposta messa attorno al collo, non annodata. La ventiquattrore in pelle in mano come fosse stato uno zaino di scuola. < Buon giorno a tutte le mie donne! >. Disse il ragazzo, buttando la valigetta scompostamente sul divano e mettendosi a sedere pesantemente su una delle due poltrone del soggiorno. Aveva delle occhiaie davvero spaventose. < ’Giorno Xander! >. Risposero in coro, le tre donne. Buffy lanciò un’occhiata all’amico e rifletté sul fatto che fra loro gli unici due che sembravano aver un sonno di ferro erano Dawn – quando non disturbata da Will e Kennedy – e Giles che, essendo proprietario del negozio di magia che aveva messo su recentemente, non aveva troppi problemi d’orario. La Cacciatrice bionda andò al fornello e versò una tazza di caffè fumante al suo amico, senza zucchero come piaceva a lui, per poi portargliela come una madre al proprio figlio tornato stanco morto dal lavoro. Peccato che non erano nemmeno le otto di mattina e Xander ancora doveva andarci al lavoro. < Tieni, ti farà bene!… Come mai così elegante? >. Chiese, dandogli il caffè. Xander lo accettò di buon grado. < Ho un appuntamento con un cliente che mi ha detto di avere un progetto interessante da propormi… chissà di che si tratta?! >. Rispose il giovane. < E poi ti metterai al cantiere a lavorare con i tuoi uomini? >. Chiese ancora Buffy, pensando che Xan avesse bisogno di riposo, più che altro. Il ragazzo annuì: < Oggi montiamo i parquet negli appartamenti o almeno tutti quelli dei primi due piani!… Se ci riusciamo, anche in quelli del terzo piano e domani finiamo col quarto!… Se tutto procede bene, consegneremo il lavoro finito al massimo tra tre settimane! >. < Vi siete sbrigati tu e Steve, stavolta! >. Commentò Kennedy, mangiando il proprio toast che colava marmellata da ogni lato. Xander annuì: < Sì, è vero! D’altronde… tra poco più di un mese dobbiamo cominciare un altro lavoro e quindi non avevamo tempo da perdere!… Solo che comincio a essere esausto, devo ammetterlo! >. Willow bevve un sorso della propria spremuta d’arancia, poi si avvicinò al suo amico e cominciò a fargli il nodo alla cravatta con dita agili e movimenti precisi quanto rapidi. Era da poco che Xander aveva cominciato a vestirsi elegantemente, anche se lo faceva solamente all’occorrenza. Tuttavia, forse proprio per questo, ancora non aveva imparato ad allacciarsi la cravatta in maniera adeguata cosa che lei, invece, sapeva fare benissimo visto che aveva imparato da piccola, con suo padre. < Ecco fatto, pasticcione! >. Esclamò Will, sorridente, una volta finito il lavoro. Xander ricambiò il suo sorriso con uno più mite: < Grazie! >. Disse brevemente. < A proposito… ragazzi… che abbiamo deciso, poi? Ci andiamo a fare quella vacanza di cui parlavamo la scorsa settimana? Non credo che il mio capo mi farebbe problemi se chiedessi qualche giorno di ferie, a patto che io lo faccia per tempo! >. Disse Buffy, cominciando a risistemare la cucina. Aveva dato un’occhiata all’orologio ed era quasi arrivato il momento di uscire. Doveva sbrigarsi a lavarsi e vestirsi o avrebbe tardato a lavoro. Kennedy e Willow si scambiarono un’occhiata e annuirono, poi guardarono Xander. < Tu che dici, caro carpentiere? >. Chiese Kennedy, finendo d’ingurgitare la sua colazione. Xander parve pensarci su un momento, come se stesse calcolando mentalmente i tempi dei propri impegni. < Devo parlarne un momento con Steve, ma non credo che ci saranno problemi!… Carabi? >. Disse, dopo un po’. < No, Mauritius! >. Esclamò Buffy, quasi inorridita all’idea di andare in vacanza ai Carabi. Kennedy sorrise guardandola: < Alle Bermuda? >. Propose Willow, finendo anche lei di mangiare. Gli altri tre la fissarono come se avesse detto un’eresia. < Ma sei scema? Alle Bermuda non ci vengo nemmeno se mi ci trascini!… La nostra prima vacanza e ce l’andiamo a fare in un posto dove, notoriamente, succedono una marea di cose strane? Be’, considerando che sembriamo essere un gruppo di calamite di guai, io dico: no, grazie! >. Disse Xander, rianimato da nuova energia. Era palese che non sarebbe partito con loro se avessero deciso come destinazione le Bermuda, così Will accantonò l’idea. < Ok, ok, calmati, però. Ritiro la proposta, va bene? >. Disse. < Io dico che, tutto sommato, l’idea delle Mauritius non è male!… Verrà anche Giles? >. Chiese Kennedy, avviandosi in soggiorno. Buffy fece spallucce mentre arraffava qui e lì le sue cose sparse sul divano e sul pavimento circostante ad esso. < Non saprei!… In realtà non credo voglia venire, tanto più che so che quelli del Consiglio l’hanno invitato a Londra per un meeting fra due settimane! >. Rispose la Cacciatrice bionda. < Ok, allora facciamo così… stasera ne parliamo per bene a cena e decidiamo, sentendo anche cosa vuol fare Giles e anche il parere di Dawn! Per me le Mauritius vanno bene, tanto più che non dovrebbe costarci troppo una settimana lì. Però ne riparliamo bene stasera, ok? Poi massimo dopodomani andiamo in agenzia ad informarci!… Ora, scusate ma se continuiamo a parlare facciamo tardi tutti e io non posso permettermelo! >. Disse Will, poi corse su nella sua stanza a prepararsi. Kennedy lanciò un’occhiata distratta al proprio orologio: < Porca miseria, è davvero tardissimo! >. Esclamò, balzando in piedi con un agile scatto di reni che le permise di scavalcare facilmente il divano. < Buffy, se ti sbrighi ti porto io in ufficio! >. Disse Xander, rimanendo sprofondato nella poltrona. La ragazza annuì e corse in bagno gridando: < Ci metto un quarto d’ora al massimo, promesso! >. Venti minuti più tardi i quattro ragazzi si avviarono verso i rispettivi posti di lavoro: Buffy in auto con Xander; Willow e Kennedy in moto. Quella mattina avrebbero tardato tutti.

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Capitolo 4
*** 4 ***


CAPITOLO QUARTO: VACANZE E… RICORRENZE La vacanza alle Mauritius fu strepitosa: divertente e rilassante al tempo stesso come nessuno di loro se l’era immaginata. Dawn aveva insistito per portare con sé anche il suo ragazzo, Robert, ma Buffy non ne era stata proprio contenta: sia perché non le era piaciuta fin da subito l’idea di dover badare anche a lui, sia perché sospettava che sua sorella avesse intenzioni poco caste. Tuttavia la famiglia aveva votato e lei aveva perso clamorosamente, visto che né Xander, né Willow o Kennedy avevano la sua stessa repulsione all’idea di far venire Robert con loro. Così erano partiti per quella vacanza di otto giorni di mare, sole e divertimenti. Niente pazienti da seguire, niente programmi da rivedere o creare, niente palazzi da costruire, niente studio per nessuno. Will e Kennedy avevano preso un cottage da sole e ovviamente i restanti quattro partecipanti avevano fatto lo stesso, suddividendosi, tuttavia, in maschi e femmine. L’aveva preteso Buffy, ma stavolta anche Xander si era dichiarato d’accordo… se non altro per non rischiare di dover intervenire in un’eventuale rissa fra le sue sorelle Summers. Comunque le cose non andarono male per nessuno e quegli otto giorni furono davvero indimenticabili. Una sera Will e Kennedy erano rientrate abbastanza presto nel loro cottage e… avevano trovato una sorpresa ad attenderle. Robert e Dawn che si rotolavano appassionatamente nella loro vasca ad idromassaggio. < Ragazzi! >. Aveva sbraitato Willow, guardandoli minacciosamente, subito dopo averli beccati. Robert sussultò tanto forte che Kenny pensò che stava per sentirsi male. Dawn si era accucciata all’istante nella vasca, affinché la sua nudità fosse seminascosta dalle bolle nell’acqua e aveva messo su un sorrisetto imbarazzato che diceva:ok, mi arrendo, mi avete beccata! Kennedy aveva lanciato il costume a Robert, pregandolo d’indossarlo e poi aveva dato un lungo telo da bagno a Dawn dicendole di avvolgerselo addosso. < Non avevate un altro posto? >. Aveva chiesto Willow, seccata da quella situazione. Teoricamente l’indomani mattina avrebbe dovuto raccontare tutto a Buffy in quanto sua migliore amica. Ma sapeva esattamente come l’altra avrebbe preso la faccenda. < Oh, andiamo, ragazze… siamo qui da cinque giorni, è quasi ora di tornare a casa e… noi due non avevamo avuto ancora neppure un momento d’intimità tutta per noi! >. Aveva protestato debolmente Dawn, miagolando quasi. < E il momento d’intimità lo dovevate avere qui? Se tua sorella scopre che non le ho detto niente ci uccide tutti! >. Disse Will, mettendosi a sedere a gambe incrociate sul letto. Da lì aveva una visuale chiara della vasca, ma almeno sperava che il suo imbarazzo non si vedesse troppo. Alla fine pattuirono di non dire niente a Buffy, ma in cambio i due fidanzatini non avrebbero più fatto in modo di mettere in imbarazzo né lei né Kennedy. < Promesso! >. Aveva detto Dawn, saltellante e sorridente, andando ad abbracciare prima Kennedy e poi Will, saltandole addosso sul letto. < Ho appena dato una scusa a tua sorella per farmi fuori! >. Aveva commentato Will, mentre la ragazza più giovane l’abbracciava e la baciava sulle guance ripetutamente per festeggiare la complicità della strega nei suoi confronti. E Kennedy sperò che quell’episodio non venisse mai fuori… per il bene di tutti i presenti. Erano tornati a San Francisco già da alcuni giorni e tutti i componenti della Scooby avevano ripreso le loro normali routine. Giles era tornato un paio di giorni prima rispetto a loro e aveva fatto trovare in casa propria e di Xander qualche nuovo, orribile soprammobile. Erano tutti oggetti mistici di un certo valore che alcuni dei suoi colleghi Osservatori gli avevano regalato quando era stato a Londra. Xander avrebbe voluto fare un falò con tutta quella roba ma, per rispetto al suo ex bibliotecario nonché amico, aveva taciuto e si era convinto mentalmente che quella roba non esistesse… magari sarebbe stato fortunato e, durante uno scontro, qualche demone avrebbe distrutto quella robaccia, prima o poi. Xander era seduto nel suo ufficio e da circa un quarto d’ora stava tentando disperatamente di sfuggire alle insistenti avances della signora Nix, un’altra delle clienti sue e di Steve, che più che essere interessata al progetto della sua casa con vista sul mare, era interessata a progettare la sua serata, sperando che finisse con una notte di sesso rovente con quel bel carpentiere alto e muscoloso. Xander all’inizio si era illuso che Nix facesse la gatta morta perché civettare era insito in quasi tutte le donne ricche e di buona famiglia che aveva conosciuto lì a San Francisco. Ma dopo appena un paio di minuti aveva ritrattato con se stesso e aveva ammesso che Isabelle Nix non stava solo civettando, voleva decisamente farlo entrare nella schiera di stalloni che notoriamente la donna aveva a sua disposizione. Roger Nix era un imprenditore più che benestante e aveva sposato Isabelle perché bellissima come quasi tutto ciò che lo circondava; ma l’uomo era spesso in viaggio per affari e Isabelle Nix non era certo votata alla castità. Questo in città lo sapevano praticamente tutti. Quella mattina, la vedova bianca aveva deciso che voleva un’avventura con Xander Harris: giovane ma sicuramente attraente. Il problema era che lui non voleva avere un incontro intimo con lei. Dal momento stesso in cui Xander aveva capito di avere un problema, aveva cercato in tutti i modi di parlare di lavoro, di rimanere distante e professionale. Ma praticamente ora Isabelle gli stava sbattendo il prosperoso seno rifatto in faccia e lui aveva cominciato a sudare: il suo imbarazzo era quasi fuori controllo. Era decisamente sull’orlo di una crisi di panico. Per fortuna, una voce proveniente da fuori lo informò che era salvo… forse. Un attimo dopo nell’ufficio irruppe poco silenziosamente Kennedy che, nello scambiare un’amichevole battuta con Steve, spezzò di netto l’atmosfera che Isabelle si era tanto impegnata a creare. < Kenny, tesoro!… Come mai questa bella sorpresa? >. Esclamò Xander, approfittandone per allontanarsi di qualche passo da quella specie di predatrice affamata della sua cliente. In volto il ragazzo aveva stampato un finto quanto eccessivo sorriso. Kennedy lo fissò per un momento e, dopo essersi scrollata di dosso la confusione iniziale, capì che c’era qualcosa che non andava. Lei e Xander erano diventati buoni amici, ma quando mai la chiamava “tesoro”? Tesoro era Willow – e lei tra l’altro ne era pure un po’ gelosa – tesoro era Buffy, tesoro era Dawn. Ma quando mai Xander si era rivolto a lei con quell’appellativo? Decise che il ragazzo doveva essere davvero nei guai per uscirsene in quel modo. Poi osservò la presunta cliente di Xander… alta, bionda stile Barbie, acconciatura assolutamente perfetta come pure la sua linea, camicetta più che scollata in tinta unita sul rosa con la minigonna praticamente inesistente. Non era una cliente. Era una ninfomane in cerca di qualcuno che freddasse i suoi bollenti spiriti. Quel qualcuno, tuttavia, non poteva essere Xander perché lui non sembrava proprio disponibile. Ok, lo avrebbe aiutato. Ricambiò il sorriso con uno più seducente, drizzò la schiena e con una mossa furba si tolse la giacca di pelle che nascondeva una canottiera elegante e piena di strass, con una scollatura a dir poco generosa. Xander intuì che ora era davvero salvo perché Kennedy, anche se un po’ sfacciatamente, era entrata in azione per soccorrerlo. Isabelle Nix la fissò sorpresa e un po’ irritata: era poco più di una ragazzina eppure stava interrompendo il suo assalto. Ma chi era poi quella lì? Mai vista prima da quelle parti, né l’aveva sentita nominare da Xander… come si chiamava? Boh, non era importante. Bastava che togliesse il disturbo e all’istante. < Ciao, amore. Ho interrotto qualcosa?>. Domandò Kennedy, fintamente innocente. Poi, inaspettatamente, si avvicinò a Xander con movenze sinuose, si mise a sedere sulla scrivania e lo baciò in bocca, dando uno spettacolo decisamente impudico la cui unica spettatrice, furente, era Nix. Il bacio non durò molto, ma avrebbe vinto un Oscar se fosse stato messo in gara. Quando si staccò, Kennedy sorrise ancora, poi pulì una sbavatura di saliva dalle labbra ancora socchiuse di Xander e subito dopo ripeté il gesto su di sé. Infine, si voltò e guardò Nix che la fissava assolutamente indignata. . Disse la Cacciatrice mora, cordiale come se non avesse messo su un vero spettacolo teatrale. Poi tese la mano per mettere la ciliegina sulla torta di quella finzione. Isabelle Nix ci mise qualche secondo a riprendersi. Poi esitante strinse la mano della donna più giovane: < Ma… ma certo, non si preoccupi. Io… sono Isabelle Nix, una cliente affezionata di Xander e Steve… - fece una breve pausa, come per prender tempo. Poi concluse - Stavamo discutendo del progetto della mia nuova casa, ma… avevamo praticamente finito, per oggi! >. Concluse. E Kennedy sorrise ancora: le era bastata una sola mossa vincere. Ben fatto, si disse. Davvero ben fatto. Un momento dopo Nix salutò molto più ufficialmente Xander, stringendogli la mano, e dandogli appuntamento alla prossima settimana assieme all’architetto. Quando la gattamorta uscì, tutta l’attenzione di Xander fu per Kennedy. La guardava ancora attonito, con la bocca spalancata e l’aria inebetita. < Che c’è? >. Gli chiese Kenny, fingendo di non aver capito. Xander sollevò un sopracciglio e si lasciò cadere pesantemente sulla propria poltrona girevole, imbottita e molleggiata tanto che prima di fermarsi e di smettere di cigolare il sedere del carpentiere rimbalzò un paio di volte. < Non credi di aver… un tantino esagerato con la scenetta di prima? >. Domandò il ragazzo, ancora in imbarazzo. Kennedy fece una smorfia e sorrise divertita: < Forse, però ha funzionato! >. < Forse? Sicuro, vorrai dire!… Hai esagerato! >. < E quand’è che avrei esagerato? Ho fatto quello che avrebbe fatto la tua ragazza follemente innamorata! >. < No, hai fatto quello che avrebbe fatto la mia ragazza follemente arrapata! >. I due risero, ma Kennedy finse di essere scandalizzata. < Xander!… E quand’è che io ti sarei apparsa arrapata? E’ stata una cosuccia innocente! >. < Innocente? Ficcarmi la lingua in gola a quel modo secondo te è innocente? Cacchio, vorrei essere in camera da letto con te e Will quando non vuoi essere innocente: sai, tanto per vedere la differenza! >. Kennedy strabuzzò gli occhi e fulminea gli rifilò uno scappellotto dietro la nuca, colpendolo in pieno e facendogli appositamente un po’ male. < Porco! >. < E’ genuina curiosità, la mia! >. < Depravato!… E sta’ tranquillo che Willow ne sarà informata! >. < Oh, per carità, non lo fare! Quella sarebbe capace d’inseguirmi per tutta San Francisco per farmela pagare o, ancora peggio, potrebbe farmi un incantesimo che so… a discapito della mia virilità! >. < Be’, te la sei voluta!… Io ti ho aiutato con quella panterona scatenata e tu mi ricambi con pensieri da porco su me e la mia ragazza?… Chiedi scusa e forse non lo dirò a Will! >. < Ma sei stata tu ad istigarmi! >. < Chiedi scusa! >. Xander rise e alzò le mani. < Va bene, ok: scusami per... averti fatta soggetto dei miei pensieri… > < Da porco! >. < … da… sano ragazzo nel pieno della sua maturità sessuale… > < Da porco! >. < Ok, da porco!… Contenta? >. < Per il momento! >. I due risero di nuovo, divertiti da quello che era diventato uno scambio di battute giocoso. < Comunque, ho capito perché Will sta con te! >. < Ah, sì? E perché, secondo te? >. < Non baci affatto male! >. Kennedy rise ancora e annuì. < Me l’hanno detto in molte e adesso… ho anche un’opinione maschile! >. Xander si corrucciò un po’. < Ehi, frena! Vuoi dire che sono il primo ragazzo che baci? >. < Certo! E, nonostante neanche tu baci malaccio, non ho intenzione di rifare l’esperienza!… Le labbra morbide di una donna sono meglio! >. < Be’, non ho mai baciato un uomo, ma… mi fido della tua opinione!… Senti, ma sei venuta qui solo per stuprarmi scandalizzando la mia cliente e salvandomi da lei, o volevi qualcosa? >. Chiese poi Xander, avendo deciso che era ora di cambiare argomento. < In realtà, volevo un tuo parere! >. Rispose la ragazza, mettendosi in piedi e andando a prendere qualcosa in borsa. Dopo un attimo tornò da Xander e a sedersi sulla scrivania, poi gli diede una scatolina ricoperta di velluto blu. < Che roba è? >. < Aprila! >. Xander fece scattare col pollice la chiusura della scatola e ne aprì il coperchio. Incastrate nell’apposito contenitore, c’erano due fedi d’oro bianco, intarsiate da piccoli ghirigori fluenti che sembravano somigliare alle onde del mare. Xander osservò gli anelli sorpreso e affascinato: erano bellissimi nella loro semplicità. Poi ne prese uno, quello un po’ più piccolo, e lesse l’iscrizione incisa al suo interno. Una data – di lì a tre giorni – e una frase: a te che sei il mio sempre… ti amo. Il giovane rimase senza parole e non solo per quella faccenda inaspettata, ma anche perché quella frase risvegliò in lui un ricordo lontano, di anni prima, quando si era ritrovato in mano per caso il diario di Willow, quello che scriveva con Tara, e aveva letto una poesia della sua amica strega alla sua ragazza. Anche in quella poesia c’era scritto qualcosa del genere… Ti amo perché sei il mio sempre e sei il mio sempre perché ti amo… Ricordava la frase di quella poesia perché, senza dirlo a nessuno, l’aveva riutilizzata poco tempo dopo, su un bigliettino che accompagnava un paio d’orecchini che aveva comprato per Anya. A Willow forse sarebbe piaciuto l’anello, ma leggendo quelle parole le sarebbe venuto un colpo. < Co… quando hai intenzione… di darglieli?>. Domandò, esitante, sperando che l’altra non si accorgesse del suo cambio d’umore. Per fortuna sembrò che Kenny non se ne fosse resa conto. < Ti piacciono? Li ho appena ritirati!… Glieli darò dopodomani, ovviamente, al nostro anniversario! Due anni sono una data importante da festeggiare! >. Esclamò, entusiasta come una bambina che parla dell’ultimo film visto al cinema. < Sì, sono bellissimi e… anche questa frase è molto… toccante! >. Commentò, rimanendo pur sempre sul vago. < Sono contenta che ti piaccia! Dici che a Will piaceranno? Volevo la tua opinione!… La frase… l’ho trovata su un foglio di carta spiegazzato, tempo fa mentre riordinavo il lucernario, a casa!… Credo l’abbia scritta Will da ragazzina! Mi è piaciuta tantissimo e l’ho rielaborata leggermente per poi farla incidere sugli anelli! >. Ecco com’era andata. Porca miseria, pensò Xander, il Destino continuava a minare la serenità di Willow a quanto pareva. E pure di Kennedy, infondo. Quella sera Buffy ci mise più di un’ora a prepararsi e quando uscì di casa sembrava, altezza a parte, una di quelle modelle uscite da Vogue. Aveva una cena di lavoro molto importante. O almeno, era quello che aveva detto a Dawn e agli altri. E le avevano creduto, anche se quell’impegno era spuntato all’improvviso. Ora, però, mentre la guardava uscire di corsa, eccitata e obiettivamente bellissima, Dawn sospettò che non si trattasse esattamente di una cena di lavoro. Quella sera, comunque, Buffy non era l’unica a mangiare fuori. Kennedy era rientrata assieme a Xander qualche ora prima e, quando era rincasata anche Willow, era venuto fuori che anche loro due sarebbero andate a cena in un ristorante. Dawn l’aveva dimenticato ma oggi era l’anniversario di Kenny e Will. E va bene, sarebbero rimasti solamente lei, Xander e Giles. E allora? Andava benissimo anche così, soprattutto perché i due uomini di casa non erano mai contrari alla presenza di Roberte né a tavola né in casa parlando più generalmente. Per quell’occasione speciale, Kennedy si era vestita con un completo molto elegante, grigio chiaro, che risaltava il colore viola cangiante della sua nuova camicia di seta. Si era tirata su i capelli lasciando libere solo alcune ciocche sul davanti e si era truccata quasi alla perfezione, riuscendo a far risaltare le labbra carnose e gli occhi scuri da cerbiatta. Willow, invece, aveva optato per una gonna morbida lunga solo fino un palmo al ginocchio, e una maglietta piena di fronzoli che, invece di apparire moderna come lei avrebbe preferito, le dava un’aria fin troppo seriosa. Kennedy le aveva detto che le stava benissimo, soprattutto vista la scollatura a vu che lasciava scoperta la sua pelle candida, ma la rossa non era assolutamente convinta di aver azzeccato nell’indossare quegli indumenti. Ovviamente, ai piedi scarpe nere col tacco, al collo la sua immancabile catenina con il ciondolo di smeraldo, sul viso poco trucco e i capelli lasciati sciolti sulle spalle. Kennedy propose di prendere la sua auto, ma volle guidare lei una volta tanto. La scusa era stata che non voleva perdere la mano con il cambio e la frizione, ma in realtà aveva voluto guidare lei per portare l’altra esattamente dove aveva organizzato la loro serata. Non ci misero molto, nonostante le previsioni, e arrivarono al ristorante che il sole stava ancora tramontando, nascosto dall’orizzonte che divideva il mare dal cielo. < Come mai hai scelto questo posto? >. Le domandò Willow, sorpresa, scendendo dall’auto. L’altra fece spallucce e chiuse lo sportello, facendo scattare le sicure della macchina. < Me lo ha fatto vedere Jack, il mio nuovo compagno di lavoro. Dice che si mangia benissimo e i tavoli sono praticamente sulla spiaggia, quindi possiamo goderci il panorama, ti pare? >. Rispose Kenny, mentre faceva il giro e andava a prenderla per mano per condurla all’interno del locale. Il ristorante era bellissimo, illuminato da luci soffuse e musica del piano-bar di sottofondo. Le due vennero fatte accomodare proprio sulla veranda, vicino alla ringhiera, in un posto un po’ in disparte scelto il giorno precedente da Kennedy stessa: voleva intimità per quella sera. Da lì, potevano godersi gli ultimi momenti del tramonto con tutti i suoi colori sfumati che rendeva l’aria ancora più romantica. Le onde dell’oceano avrebbero fatto loro compagnia per tutta la serata, col loro suono ritmico e rilassante. Sul tavolo, una rosa rossa bellissima dai petali vellutati e due candele più basse. La cena iniziò e proseguì con risate rilassate e battute innocenti, parlando della prossima vacanza che avrebbero fatto che della necessità di mettere un guinzaglio a Dawn o le manette a Buffy per evitare che la strangolasse in caso l’avesse beccata con Robert come era successo a loro, parlando delle novità a lavoro e del fatto che Giles sembrava essere tornato un adolescente: entusiasta del suo lavoro e del fatto che gli faceva guadagnare somme discrete. Parlarono anche di Ally, la cugina di Will, che di lì a poco sarebbe passata in città e sarebbe venuta a trovarli. Forse fu per questo intenso chiacchierare che le due quasi non si accorsero dello scorrere del tempo e delle portate. Arrivarono alle dieci e mezza di sera e al dolce. Lo mangiarono continuando a parlare, ma poi Kennedy s’interruppe e fece portare spumante dolce ghiacciato. Il cameriere riempì i due flute e poi le lasciò nuovamente sole. Le due ragazze fecero cincin sorridendo e lanciandosi occhiate intense, poi Willow tirò fuori dalla propria borsa il regalo per Kennedy. Una scatola grande come la sua mano, di legno intarsiato, con l’effige di Cartier stampata a fuoco sopra. Kennedy l’apri e ne tirò fuori uno stupendo tennis di diamanti brillanti, incastonati nell’oro bianco. Era bellissimo e sicuramente prezioso, ma… così impersonale, pensò la giovane, cercando di apparire felice e sorpresa. Be’, no, sorpresa lo era davvero. Felice… perché Will aveva scelto una cosa del genere per lei? Lei, all’infuori del lavoro, andava sempre in giro con jeans, giacchetti di pelle e scarpe da ginnastica. Quando avrebbe potuto indossare un bracciale tanto prezioso ed elegante? E’ come se… non mi conoscesse…! Pensò tristemente. Ma poi si disse che era un’ingrata e una sciocca: quello era un regalo davvero prezioso e Will l’aveva comprato per lei, lo aveva scelto personalmente e aveva deciso di darglielo per il loro anniversario. Cos’altro c’era da commentare? Ok, forse non corrispondeva esattamente ai suoi gusti, a quello che avrebbe comprato lei per se stessa, ma che importanza poteva avere? Era comunque un bracciale bellissimo. Willow glielo mise e lei sorridente glielo lasciò fare, scacciando dalla propria mente tutti i possibili pensieri negativi. Poi fu il suo turno. Diede il proprio regalo alla rossa espandendo il proprio sorriso, sperando con tutta se stessa che a Willow gli anelli sarebbero piaciuti. Le parve di vederla esitare per un momento, ma poi Will aprì la scatola e fissò per alcuni secondi le fedi, prendendone una in mano e studiandola attentamente. Poi si alzò dal proprio posto, si avvicinò a Kennedy e l’abbracciò forte, baciandola lievemente sulle labbra e poi stringendola ancora. < Ti piacciono? Una è per me e una per te, ovviamente! >. Disse Kenny, ancora sorridente. Lei piegò un po’ le labbra in su e annuì: < Sono bellissime e tu… sei la persona più dolce che io conosca! >. Le rispose, sincera. Un attimo dopo Kennedy le mise al dito uno dei due anelli e le baciò le dita. Willow fece altrettanto con l’anello restante, rifiutandosi di leggere ancora quella frase. Poi la Cacciatrice chiese il conto e propose di andare a fare una passeggiata lungo la spiaggia. La serata non era finita, non aveva voglia di farla finire perché quella sera Kennedy era felice. La spiaggia era quasi deserta e per lo più al buio, illuminata solamente dalla fievole luce della luna non ancora del tutto piena, e dai faretti dei locali che si affacciavano su di essa. Il mare era tranquillo e solo più a largo le onde erano alte, ma non abbastanza da far gola ai surfisti, rifletté Willow. Lei e Kenny stavano passeggiando sul bagnasciuga, tenendosi per mano e tenendo le scarpe nelle mani libere. La ragazza dai capelli scuri si era arrotolata accuratamente i pantaloni fin sotto il ginocchio, per evitare che l’acqua spumeggiante potesse bagnarglieli rovinandoli con la salsedine. Era una serata incantevole e l’atmosfera era perfetta per due persone innamorate. Eppure… Willow guardava i propri piedi sprofondare nella sabbia bagnata ed essere sommersi a intervalli regolari dalle onde. Sentiva la mano di Kennedy muoversi nella sua ogni tanto, e le sue dita sfiorarle. Sarebbe stata una serata perfetta, eppure… Però la strega rossa sapeva fingere bene. Negli anni aveva imparato a nascondere quasi alla perfezione i propri sentimenti, le proprie emozioni. Soprattutto quelle negative. Aveva detto la verità a Kennedy, quando le aveva quasi sussurrato che lei era la persona più dolce che conoscesse; però non era riuscita a dirle la verità riguardo a quella frase che era stata incisa sugli anelli… Per fortuna che Xander l’aveva avvisata quel pomeriggio, o la sua reazione sarebbe potuta essere molto poco controllata. E Kennedy ne avrebbe sofferto terribilmente. Il caro Xander… sempre premuroso verso tutte loro. Dopo che Kenny se n’era andata dal cantiere si era quasi ammazzato con l’auto per raggiungere in pochi minuti l’ufficio di Willow e l’aveva quasi mancata perché la rossa stava andando via in anticipo quel pomeriggio, visto che sapeva di dover uscire a cena. Ma poi era riuscita a incontrarla nei parcheggi sotterranei dell’edificio e Will aveva capito immediatamente dalla sua faccia che quello che doveva dirle non le avrebbe fatto piacere. E così era stato. La giovane sapeva che il gesto fatto dalla sua ragazza era col cuore e sapeva anche che se Kennedy avesse saputo l’autore e il destinatario di quella poesia, non l’avrebbe mai utilizzata e forse non le sarebbe nemmeno mai piaciuta. Forse avrebbe strappato il foglio sul quale era scritta, uno dei pochi ricordi, uno dei pochi frammenti sopravvissuti alla distruzione di Sunnydaile. Ma Kennedy non sapeva e lei non aveva cuore di dirle la verità. Le piaceva il suo sorriso felice e gli occhi emozionati, quasi lucidi. Non voleva che si bagnassero di lacrime di sofferenza e che quel sorriso sparisse. Soprattutto non quella sera. Continuarono a camminare per un altro po’ parlando di cose futili e programmando un’improbabile vacanza lungo il Nilo, una crociera. Poi, arrivate in prossimità del piccolo porto che stabiliva il confine tra la spiaggia libera e quelle private, Kennedy propose di mettersi a sedere a godersi l’aria fresca e l’atmosfera rilassante. Si misero a metà tra il bagnasciuga e la sabbia asciutta per non sporcare completamente i propri abiti. Kennedy prese la mano di Will e la baciò come aveva fatto poco prima, al ristorante, solo che non la lasciò andare tanto rapidamente anzi, dopo un attimo, l’attirò a sé con uno strattone delicato ma deciso e l’avvolse con le proprie braccia, stringendola a sé e riprendendola a baciarla sul collo caldo. < In questo momento… non mi serve nient’altro per vivere! >. Le sussurrò ad un orecchio, continuando a carezzarle con una mano la schiena e con l’altra il viso e i capelli morbidi. Willow chiuse gli occhi e la lasciò fare, conscia del fatto che probabilmente Kenny si sarebbe davvero accontentata di vivere con lei per sempre, senza ricchezze o roba futile comunemente considerata il sale della vita. Ma anche per lei era così?… Che senso aveva farsi quella domanda, poi? Decise che quella sera avrebbe acconsentito a qualunque cosa Kennedy le avesse chiesto, le avrebbe dato qualunque cosa di cui aveva bisogno perché infondo se lo meritava. Kennedy la sosteneva sempre, l’amava, la incoraggiava, la proteggeva, la faceva sentire forte, le dava un motivo per alzarsi ogni mattina in qualche modo… anche quando si sarebbe soffocata con le proprie mani pur di non farlo. Willow era convinta che ora l’altra le avrebbe chiesto di fare l’amore, magari lì, in quel posto quasi etereo. Invece Kennedy la sorprese ancora perché si staccò da lei con un ultimo delicato bacio sulle labbra, poi si tolse la giacca e la stese alle proprie spalle, sulla sabbia, allargandola affinché bastasse per entrambe. Un attimo dopo si stese su di essa, portando giù anche Willow e facendole poggiare la testa sull’incavo della propria spalla, tornando ad abbracciarla. < Guardiamo un po’ le stelle, ti va?… E’ così tranquillo qui! >. Le disse, continuando a carezzarla. Will sentì uno strano senso di sollievo: era stata capace di mentire fino a quel momento, di farle credere che le fedi le piacessero davvero, compresa quella frase. Ma non era affatto sicura che sarebbe stata brava a fingere di essere felice anche mentre Kennedy si fosse offerta a lei, reclamando contemporaneamente il suo corpo. Possibile che la Cacciatrice avesse intuito qualcosa? Non che non fosse romantica, anzi spesso lo era molto più di lei. Ma era anche passionale e sempre vogliosa di attenzioni che, tra l’altro, ricambiava con l’entusiasmo di un bambino che vede per la prima volta l’oceano. Quindi quella calma apparente fece nascere il dubbio in Willow che in realtà Kennedy quella sera stesse aspettando che lei facesse la prima mossa. Forse aveva intuito che c’era qualcosa che non andava, o aveva scorto incertezza. Willow rifletté per la prima volta molto attentamente e si rese conto che solitamente Kennedy metteva da parte il proprio egoismo per lei: non la forzava mai a fare niente né dentro né fuori dalla camera da letto. L’assecondava e aspettava sempre che lei fosse dell’umore adatto anche solo per andare a fare due passi o per andare a mangiare una pizza. Lei, invece, troppo spesso era egoista e aveva imparato tacitamente ad approfittare della disponibilità dell’altra, appoggiandosi alla sua ragazza come se fosse un suo diritto. Forse fu per questo che poco dopo prese a baciarla e a far scorrere le mani sul corpo formoso della Cacciatrice che accolse volentieri le sue attenzioni, in silenzio, ricambiando come sempre con grande generosità. Quella notte Willow avrebbe accantonato il proprio ego. Quella notte avrebbe fatto sentire a Kennedy che i suoi sentimenti erano ricambiati davvero, anche se all’alba il sole avrebbe fatto tornare tutto com’era stato fino ad allora.

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Capitolo 5
*** 5 ***


CAPITOLO QUINTO: VITA PRIVATA E NUOVI ARRIVI IN CITTA’ Buffy era al telefono, nel suo ufficio, e stava parlando a bassa voce da più di mezz’ora. La sera prima era stata fantastica: cena romantica e poi concerto degli U2. I biglietti erano stati venduti tutti già tre mesi prima, ma Tom se li era fatti procurare da un amico ed erano anche due posti favolosi: poltrone in terza fila. La serata era finita con una cioccolata calda all’aroma di vaniglia e cannella e un bacio dolcissimo che avrebbe potuto evolversi in qualcosa di più se Buffy non avesse riconosciuto l’auto di Willow arrivare da infondo la strada. Chissà dove erano state quelle due fino alle tre e mezza di notte, si era chiesta. Però non l’aveva domandato alle sue amiche, o avrebbe dovuto spiegare come faceva lei a sapere che erano rientrate a quell’ora. - Lo sai che non è così semplice, Tom. Te l’ho spiegato, mi pare! – Disse Buffy, con un tono un po’ più serio ora, giocherellando col filo blu del telefono della sua scrivania. - Oh, andiamo, Buffy!… Sono quattro mesi che usciamo insieme e nessuno in casa tua sa della mia esistenza!… Ti sembra normale? – Protestò la voce calda di Tom, all’altro capo. - Il fatto è che… le new entry non sono… come dire, facilmente accettate nella mia famiglia! – Ribatté la Cacciatrice. Non poteva confessargli che non aveva parlato di lui né a sua sorella né ai suoi amici perché quando avevano cominciato ad uscire non era sicura di aver fatto una scelta azzeccata. - Senti, tesoro, ma pensi che tua sorella o le due ragazze che vivono con te siano stupide? Esci spesso e spesso torni che è quasi giorno. Dove pensi che credano che tu vada? A lavoro? - - No, a caccia di vampiri e demoni! - Rispose Buffy, ironica. Tom rise ignorando quanto quella frase fosse vera. Lui non sapeva niente della storia delle Cacciatrici, degli Osservatori e di tutto il mondo della notte. - Spiritosa!… Ma non cercare di distrarmi, ok? Senti, all’inizio potevo anche capire i tuoi dubbi e la scelta di non parlare di me con quelle persone, però adesso… onestamente mi pesa! Cavolo, per vederti devo venire nel tuo quartiere tutte le domeniche mattine e ammazzarmi di fatica col jogging per ore solo per poterti vedere per una mezz’ora! – Buffy rise allegra, pensando all’ultima domenica che avevano escogitato quel piano. Sfortunatamente Xander era voluto andare con lei, cosa che non succedeva mai, e Tom era stato costretto a correre incessantemente intorno agli isolati della zona fin quando non aveva inciampato e aveva battuto il ginocchio. Ci aveva messo mezz’ora a rialzarsi e ancora zoppicava a distanza di una settimana. - Oh, ma dai, non puoi dare la colpa a me se sei inciampato! - - Sono inciampato sulla lattina che il tuo amico ha lanciato nel secchio e che, invece di finire dentro ha rimbalzato finendo sotto al mio piede! - - Ma Xander non l’ha certo fatto a posta! Non si sarà neppure reso conto che c’era qualcuno che correva dietro di noi! - - Me lo auguro, o è stato tentato omicidio!… Comunque, domani sera vengo a cena a casa tua, che tu lo voglia o no. Porterò il vino, un mazzo di fiori bellissimo e il mio sorriso migliore, e non accetto un rifiuto, chiaro? Hai due giorni per dire di me a casa, oppure dopodomani avranno una bella sorpresa!… Ora scusami, tesoro, ma devo andare: il cercapersone sta trillando impazzito! Ci sentiamo domani, così ti faccio sapere a che ora mi libero dal lavoro, ok? Un bacio, ciao! - - Aspetta, Tom! Tu non puoi… - Ma la conversazione era finita perché il ragazzo aveva attaccato. Riflettendo, era vero che dopo quattro mesi era assurdo che nessuno dei suoi amici e tanto meno Dawn sapessero di lui. Temeva forse il loro giudizio? No. Probabilmente era solo una questione di “ufficializzazione” di quel rapporto. Sì, perché una volta che Tom avesse conosciuto la sua famiglia, indubbiamente non avrebbe più potuto dire che frequentava qualcuno, ma avrebbe dovuto dire che ci stava insieme e forse a questo non era ancora pronta. Tomas Devenport era un affascinante medico di trent’anni che aveva finito la sua specializzazione in cardiochirurgia appena due anni prima a Chicago e che si era trasferito a San Francisco praticamente subito dopo il termine degli studi perché lì gli avevano offerto un lavoro. Era alto quasi uno e novanta, capelli castano chiari e occhi blu sottolineati da sopracciglia folte e da ciglia lunghissime che mettevano in risalto il suo sguardo affascinante. Erano quattro mesi che si frequentavano e Tomas, o Tom come si faceva chiamare da lei e dagli amici, le aveva dimostrato di avere intenzioni serie o almeno di non voler fare la replica di “Parker l’idiota”. Però Buffy aveva cominciato quel rapporto coi piedi di piombo e i guanti di seta: non era pronta a buttarsi a capofitto in una storia con qualcuno che non conosceva poi così bene. Tra l’altro, a volte si sentiva in colpa nei confronti di Angel o… di Spike, addirittura. Era stupido, insensato, incomprensibile e ingiustificato. Ma era così. Tra l’altro il modo in cui si erano conosciuti rendeva la loro relazione quantomeno discutibile. Karina Devemport, la sorella di Tom, soffriva di una fortissima depressione post – partum e uno degli psicologi colleghi di Buffy la seguiva da mesi. La Cacciatrice non aveva in cura Karina, ma in alcune occasioni aveva aiutato il suo collega a sviluppare il piano di terapia o ad analizzare qualche seduta. Poi, una sera, Tom era andato a prendere sua sorella aspettandola fuori dallo studio e Buffy, uscendo di corsa perché in ritardo ad un appuntamento con Willow, gli era praticamente caduta addosso, rovesciandogli addosso un caffè bollente. Tomas Devemport invece di arrabbiarsi e di chiederle di pagare il conto della tintoria, si era fatto una risata suscitata dall’evidente imbarazzo di quella forzuta ragazza e l’aveva invitata fuori a cena per l’indomani. Buffy era rimasta sorpresa da quell’invito, ma anche tremendamente affascinata dal sorriso perfetto e dagli occhi apparentemente sinceri di quel bello sconosciuto. La sera successiva era andata davvero a cena con lui ed era stata bene, si era divertita e lo aveva trovato ancora più affascinante fin quando… lui non le aveva confessato di essere il fratello di Karina Devemport. A quel punto Buffy avrebbe dovuto troncare lì, senza esitare: era una questione di atteggiamento deontologicamente corretto. Ma Tom aveva risposto, azzardando una battuta più osé delle altre, che non c’era nulla di deontologicamente sbagliato nel vedersi fra loro perché non era Karina a dover andare a letto con lei. Buffy stava per mollarlo lì, ma poi aveva capito che stava scherzando e che la sua non era villaneria, ma solo un modo per rompere il ghiaccio. Alla fine aveva ceduto e avevano continuato a vedersi, ma la ragazza si era ripromessa di non occuparsi mai più di Karina o di leggere il suo fascicolo. Non poteva e non voleva mischiare la vita privata col lavoro. Tom si era rivelato esattamente come se l’era immaginato: assolutamente affascinante, gentile ed oltremodo educato, divertente, schietto, ironico e dolcissimo. Fin troppo cavaliere per essere vero. Era uno di quelli che si alzava dalla sedia se lei si alzava da tavola per andare in bagno, scendeva per primo dall’auto per aprirle la portiera e ogni volta che si vedevano le regalava un fiore diverso. Buffy non aveva mai portato i fiori a casa, ma li metteva in un vaso, nel suo ufficio. Tanto che c’erano sempre fiori freschi e profumati lì dentro. Inoltre, non si era fatto problemi a raccontarle di sé e di sua sorella, senza per questo affrontare l’argomento “depressione” dal punto di vista professionale. Buffy si era quasi sentita in colpa perché lei invece non gli aveva detto più di tanto della sua vita privata. Gli aveva parlato di Sunnydail e del tremendo terremoto che l’aveva colpita, del fatto che ora viveva con sua sorella e con due sue amiche ma che nella casa di fronte c’erano anche Giles e Xander. Ma non era scesa troppo nei particolari. Si era limitata a dirgli che Kennedy e Willow stavano insieme, che Xander aveva perso la sua ragazza nel terremoto famoso e che Giles era un suo vecchio professore che tuttavia ormai le faceva praticamente da padre. Poi gli aveva raccontato che Dawn era stata una testa calda fino a qualche anno prima, e che avevano sofferto molto per la morte improvvisa della madre. Ma non aveva accennato minimamente al fatto che Kennedy era una Cacciatrice come lei, che Willow era una strega e che Giles era un Osservatore. Come non aveva parlato dei particolari della guarigione dell’occhio di Xander. Tom sembrò accettare bene l’idea di quell’insolito nucleo familiare, compreso il fatto che la migliore amica di Buffy stesse con un’altra ragazza e che Xander entrasse e uscisse da casa Summers/Rosemberg come fosse stata sua. Non aveva neppure obiettato quando Buffy gli aveva detto di non voler dire subito della loro relazione ai suoi amici e a Dawn. Ma ora Tom sembrava più che deciso a presentarsi come il suo ragazzi e lei lo conosceva abbastanza bene da sapere che non avrebbe cambiato idea. Buffy sospirò riattaccando la cornetta. Quella sera stessa, a cena, avrebbe detto a casa di Tomas. ( Dal diario terapeutico di Xander ) Eccomi di nuovo qui, doc, a scrivere fatti e sensazioni che poi lei leggerà e studierà da bravo terapeuta qual è. Due giorni fa ho quasi avuto un incontro ravvicinato con quella specie di lupa famelica della mia cliente, quella di cui le ho parlato ultimamente, la riccona che sembra una modella maggiorata. Non è che le attenzioni di una donna del genere mi dispiacciano, è solo che non credo di essere pronto per una cosa simile. Anzi… non credo di essere pronto per un’altra qualunque donna. Con Willow ne abbiamo parlato… parliamo molto io e lei, forse troppo. Comunque, lei dice che sto diventando gay anch’io se mi lascio sfuggire l’occasione di frequentare una come la mia cliente! Ovviamente scherza: cerca di sdrammatizzare stuzzicando il mio orgoglio di uomo. In realtà le sue provocazioni mi suscitano solo una sana risata perché non mi sento pronto ad intraprendere una relazione di alcun tipo con una qualche donna, ma sono più che certo che, nonostante l’imbarazzo, le minigonne della mia cliente qualche pensiero non proprio casto me lo fanno venire in mente. Per fortuna che l’altro pomeriggio è piombata nell’ufficio Kennedy, o mi sa che la mia carissima cliente mi avrebbe steso sulla scrivania e violentato… c’è mancato poco che mi chiedesse di toccarle le tette! Sì, perché a sbattermele in faccia, con quella scollatura, praticamente lo aveva già fatto. Kennedy è stata strepitosa, anche se non mi aspettavo certo una scena del genere… tutte quelle moine, quegli sguardi sexy, per non parlare di quel bacio, poi! Ho visto per la prima volta una facciata del suo carattere che non avevo mai scorto prima, quella intima che probabilmente usa solo con Willow. Quando l’ho raccontato alla mia amica, per dirle anche degli anelli certo, ma anche per non far nascere eventuali equivoci su un segreto che non è un segreto, Will ha cominciato a ridere come una pazza immaginando la scena. . Mi ha detto. Non sembrava affatto disturbata all’idea che la sua ragazza mi avesse baciato. Vero è che stava recitando per togliermi di dosso la lupa; ma è altrettanto vero che il bacio era tutto fuorché finto. Non lo ammetterò mai con lei né lo farò mai con Will, ma per un momento è stato eccitante addirittura. Ok, ok, sono un coglione… è da qui che ho la certezza di non essere gay: il mio istinto reagisce ancora alle belle donne, quindi… Poi però, come mi aspettavo, lo scherzo con Willow è finito e lei si è rabbuiata come se ci fosse un’eclissi inaspettata. Ovviamente, questo è successo quando le ho detto delle fedi e della frase incisa sopra. Sapevo che avrebbe reagito così e mi ero preparata a consolarla di nuovo, a farla calmare dopo averle dato una valvola di sfogo. Invece ha pianto in silenzio. All’inizio non ha detto proprio nulla e io l’ho abbracciata come facevo quando eravamo piccoli e quella cretina della madre la sgridava perché aveva preso una B a scuola anziché una A. Poi quasi mi ha ucciso quando le ho sentito pronunciare:. In un altro momento non mi avrebbe mai detto una cosa del genere: è da un pezzo che ha smesso di manifestare il suo dolore per la perdita di Tara. Nasconde i suoi sentimenti dietro un finto sorriso o dietro al mutismo più assoluto. Invece, l’altro pomeriggio dopo tanto tempo se n’è uscita in quel modo e mi ha spiazzato perché… soprattutto l’ultima cosa che ha detto… è quello che mi chiedo io ogni mattina, mentre mi guardo allo specchio per radermi. Come potrò continuare così? Guardo la mia vita, cosa sono diventato, la mia routine quotidiana e… non trovo nulla di entusiasmante. Nulla che io ritenga davvero importante. A parte la mia famiglia, certo. E sapere che anche Will si sente in questo modo, mi fa solo male: un dolore profondo che non riesco ad estirpare in nessun modo. Solo dormendo. Quando dormo, sprofondo nell’oblio e dimentico quel dolore per un po’. A volte sogno e mi sento bene. Poi arriva il giorno, mi sveglio e spero sempre che la notte ritorni presto. Per questo ho cominciato a prendere i sonniferi quando l’insonnia ha cominciato a farmi visita con regolarità. Ma sapere che anche Will è in questo stato… cazzo, sto più male per lei che per me! Pensavo l’avesse superata o che almeno si fosse rassegnata. Invece quella frase dell’altro giorno… ha smontato tutte le mie certezze, come un castello di sabbia fatto sulla riva le mie convinzioni si sono sgretolate sotto i colpi dell’ondata di dolore che ha colto Will, la mia piccola streghetta che non trova pace… Willow rientrò a casa presto quella sera e trovò solo Buffy, intenta a pasticciare in cucina con uno dei suoi nuovi libri sulle portate di carne e pesce. La Cacciatrice era ancora la migliore della sua stirpe nella lotta, ma dopo anni di esercizio sembrava essere ancora negata per cucinare qualcosa di più complicato di un’omelette. Eppure non si arrendeva, nemmeno quando Dawn le faceva notare divertita che era evidente che la cena l’avesse cucinata lei perché faceva schifo. Spesso i cibi erano troppo salati, spesso troppo sciapi, troppo spesso bruciacchiati qui e lì. . La salutò beffarda, Will, notando subito che qualcosa in pentola stava facendo un po’ troppo fumo. Buffy stava per risponderle, ma poi seguì lo sguardo dell’amica e cosa stesse alludendo, così si precipitò a togliere le polpette al vino dal fuoco. Intanto, Willow andò al frigo e si versò un generoso bicchiere di Bellini fresco. . Inveì Buffy, osservando il suo capolavoro divenuto un insieme di palline scure e puzzolenti. Will trattenne a stento un sorriso pensando che se la sua amica avesse combattuto come cucinava, sarebbe morta ben più di due volte. . Le propose, facendole vedere la bottiglia aperta da poco. Buffy la fissò, poi annuì facendo spallucce e andando a gettare nel secchio il suo ennesimo esperimento. Poco dopo tornò a sedersi vicino a Willow e a sorseggiare assieme a lei la bevanda al gusto di pesca aromatizzata. Willow si tolse la giacca del tailleur e slacciò i primi due bottoni, esattamente come faceva sempre quando tornava a casa dal lavoro. . Disse la programmatrice dai capelli rossi, mentre li legava nella consueta coda bassa casalinga. Buffy s’innervosì e cominciò a torcersi le dita. Come dire di Tomas a Willow? E come dirlo a tutti gli altri? . Iniziò, cercando alla svelta qualcosa da dire. Willow sorrise furba:. Buffy rise alla battuta ell’amica, ma le diede una pacca sulla spalla leggermente più forte del dovuto:. Le due risero insieme, osservando tra l’altro tutto il vino contenuto nel bicchiere di Will finito sul bancone della cucina dopo il colpo ricevuto. . Disse Willow, dopo un attimo, versandosi nuovamente il vino, con l’intenzione di berlo stavolta. Buffy esitò ancora, poi finalmente prese coraggio e parlò. < Ecco… Domani sera avremo un ospite a cena, se non avete niente in contrario! >. < No, proprio no. Però anche Kennedy porterà qualcuno… una sua collega, Alice! >. < Ah, be’ non ne sapevo niente!… Be’, volendo allora potremmo rimandare… anzi, no, ripensandoci è perfetto: si cucina una sola volta per due ospiti! >. Si corresse subito, la Cacciatrice, pensando che se gli ospiti fossero stati due, Tomas non avrebbe avuto su di sé tutta l’attenzione di tutti. < E chi è questa Alice? >. Domandò, subito dopo. < Te l’ho detto, una collega!… Ma non deviare il discorso, per favore! >. < Oh, non deviavo affatto. E’ che sento che Kenny porta a casa una collega e… mi preoccupo per te, tutto qui! >. < Tranquilla, amica mia. Dopo ieri sera sono più che certa che Kennedy per ora non ha proprio nessuna smania di tradirmi! >. Ribatté Willow, con uno strano tono di voce, alzando lievemente la mano sinistra per mostrare la fede d’oro bianco lavorato. Buffy stava per dire qualcos’altro a tale riguardo, ma poi decise che avrebbe parlato di quella cosa dopo perché Will ora non sembrava esattamente disposta a rtoccare l’argomento “fedi”. < Ok… ehm… si tratta di Tomas Devenport! >. < Ah! Il nostro caro Tom!… Era ora! >. Esclamò Willow, sorridendo contenta, sprizzando entusiasmo da tutti i pori e mandando in confusione totale la sua amica. In quel momento rincasò Xander che, dopo essersi tolto le scarpe e averle buttate a un lato del salone, fece irruzione in cucina e si scolò tutta la bottiglia dell’acqua. L’ultima rimasta in frigo. . Lo rimproverarono le due ragazze, all’unisono. Il carpentiere finì di bere, poi si asciugò la bocca col dorso della mano e sospirò soddisfatto:. Si giustificò. . Disse Willow, ritrovando il buonumore. Xander guardò prima l’una e poi l’altra e infine sorrise anche lui felice. < Wow! Questa sì che è una bella notizia!… Era ora, mi pare! E quando? >. Domandò il ragazzo, poggiandosi al lavello. Buffy era talmente tanto stupita da quelle reazioni, ch ci mise una generosa manciata di secondi a capire. < M-mi spiegate, per favore?… Non vi ho mai detto di lui e invece ne parlate come se ve lo avessi nominato ogni due secondi fino a ieri! >. Riuscì a dire, finalmente, senza nascondere neppure un pochino la sua irritazione. Cos’era quella storia? < E’ vero, Buffy, non ce ne hai mai parlato e per questo… verrai fustigata, prima o poi. Ma non oggi, comunque!… Il fatto è che lo frequenti già da un po’ ormai e… la storia delle ronde continue non attaccava più già da un pezzo, quindi… >. Spiegò Xander, e Willow terminò per lui. < Una sera ti abbiamo seguita! >. < Mi avete seguita!? Ma siete impazziti? E la privacy? >. < Quella l’hai avuta: non ti sei mai accorta di noi! >. Ribatté Xander. < Mai? Quante volte mi avete seguita, scusate? E chi? Voi due e chi altro? >. < Ehm… la prima volta solo noi due e Kennedy con Giles, poi una sera ci ha beccati Dawn e… è venuta con noi! >. < Una sera? >. < Sì, be’ al vostro terzo appuntamento, credo! >. Disse Willow, finendo il suo aperitivo e versandosi il secondo bicchiere. Buffy la guardò di sbiego. < Fatemi capire, tutti e due: sapevate di Tomas e non avete mai detto niente e… mi avete pedinata, è così? >. < Si, è così! >. Ammisero insieme, la strega e il carpentiere. < Lo sapete, vero, che me la pagherete, prima o poi? >. < Per quanto mi riguarda… niente minacce o spiattello un paio di tuoi segretucci a tua sorella e a Giles! >. Ribatté Willow. < Arpia, ricattatrice! >. < No, strega! >. Disse la rossa, sogghignando soddisfatta di sé. < Per quanto mi riguarda… niente minacce o dopo che Tomas mi avrà conosciuto… la vostra relazione avrà più o meno altri trenta secondi! >. Disse Xander, serafico. Buffy guardò in cagnesco entrambi i suoi interlocutori. Cavolo: viveva con un branco di iene invece che con degli amici. Per di più, iene che giocavano a fare Sherlock Holmes con la sua vita privata. Sospirò rassegnata, sapendo che tanto né loro né Dawn erano ostacoli ragirabili. L’unico ragionevole, lì dentro, era Giles… forse. < E va bene! Allora, ricominciamo daccapo: domani sera viene a cena Tomas. Trattatelo bene, non mettetelo in imbarazzo in alcun modo e soprattutto… niente storie di caccia a demoni, vampiri, licantropi e roba simile e… Will: niente magia di nessun genere, chiaro? >. < Non uso più la magia per cose futili, lo sai! >. Ribatté la strega, un po’ piccata dalla raccomandazione della sua amica. < Non parlerò di niente di sovrannaturale, a parte la tua incapacità completa a cucinare qualcosa che poi sia commestibile! >. Promise Xander, facendosi una croce sul cuore e poi baciando le dita incrociate per suggellare il suo giuramento. < Parlando di cose più serie… >. Iniziò Buffy, dopo un attimo. Ma il cellulare di Xander iniziò a trillare e il ragazzo rispose per poi spostarsi in veranda a parlare: era sicuramente per lavoro. Probabilmente era Steve. Subito dopo che il carpentiere uscì, Buffy tornò a guardare la sua amica e riprese. < Dicevo… parlando di cose serie… com’è andata ieri con Kennedy? Avete passato una buona serata?... Ho chiesto a Xan della fede che ti ho visto stamattina al dito, ma lui mi ha detto di parlarne direttamente con te! >. Esclamò la Cacciatrice, tornando seria e alzandosi dalla sedia per riprendere a cucinare. Willow si ammutolì per alcuni istanti e l’altra credette che l’amica avesse deciso di non toccare con lei quell’argomento, per il momento. Invece, poi Will trafficò un po’ con le mani e alla fine mise l’anello che si era appena tolta dall’anulare sul bancone di cucina, lasciando che ciondolasse un po’ prima di posarsi sul ripiano. L’aveva quasi lanciato, seppure non in modo sprezzante. Buffy si pulì le mani con un panno da cucina e poi lo prese osservandolo esternamente, senza capire esattamente cosa turbasse tanto la sua amica. . Chiese, continuando a osservare i delicati ricami incisi a mano dall’orefice. Willow annuì:. Rispose. Buffy continuò ad osservare il piccolo cerchietto d’oro bianco senza trovare in esso nulla di così conturbante. Dopo un attimo sospirò e lo riposò sul bancone, allungandolo verso l’amica per farglielo rimettere al dito:. Disse tranquilla, riprendendo a tagliuzzare i peperoni maneggiando il coltello con una certa destrezza. L’unica cosa che sapeva davvero fare in cucina. Willow alzò gli occhi al cielo e sbuffò stizzita, pensando che la sua amica a volte era esasperante per quanto era poco attenta ai particolari. . Chiese Buffy, quasi scandalizzata da quella reazione. Willow prese l’anello e lo spinse nuovamente verso la Cacciatrice:. Esclamò, un po’ seccata. Buffy posò il coltello e riprese l’anello per osservarlo ancora meglio. Dopo pochi secondi esclamò:. Si giustificò, un po’ imbarazzata. Poi Will le tolse il piccolo gioiello dalle mani e se lo rimise all’anulare sinistro sospirando. . La rossa non lo disse con cattiveria, né con risentimento verso la sua ragazza. Era più che altro irritazione verso sé stessa per non aver inabissato meglio negli scatoloni quello che restava del suo diario e verso il Destino che sembrava decisamente non volerle mai far scordare che c’era stato un tempo più sereno in cui una ragazza dai capelli biondi l’amava alla follia e si lasciava amare da lei nello stesso completo modo. Quella ragazza ora non c’era più, ma i sentimenti che aveva provato per lei erano più vivi che mai, anche se ovattati dalla vita di tutti i giorni, dalla vita che continua e dal tempo che scorre e che ha la capacità di lenire un po’ il dolore della perdita e dell’assenza, anche se non lo fa mai scomparire completamente. Buffy sorrise bonariamente:. L’altra annuì sospirando ancora:. Buffy rifletté qualche secondo. Da fuori, il rumore di un rombo di motore avvisò le due che Kennedy era appena arrivata in sella alla sua moto. La conversazione doveva necessariamente finire lì. . Terminò Buffy, riprendendo le sue faccende culinarie. Willow lanciò un’occhiata triste all’amica perché sapeva che era vero quello che aveva appena detto. Poi, rapidamente, riprese in mano le proprie cose e schizzò in camera sua: avrebbe fatto una doccia alla fine della quale la sua espressione corrucciata si sarebbe dovuta nascondere dietro a un bel sorriso e a tante coccole per la sua dolcissima ragazza. Malvius entrò nel mausoleo e richiuse la porta alle sue spalle. Il suo Maestro, Kaine, era seduto sulla sua poltrona e fissava il fuoco come fosse stato uno spettacolo mai visto prima. Gli capitava spesso di trovarlo così e ogni volta si chiedeva per quale diavolo di motivo quelle fiamme gli piacessero tanto: non lo scaldavano di certo, visto che era un vampiro e in secoli di vita il fuoco di un camino non era assolutamente una novità. Eppure a Kaine piaceva. Tutto il clan era arrivato lì già da una settimana, contemporaneamente, purtroppo, al clan di Habel: il loro più acerrimo nemico. E non c’era bisogno di fare domande in giro perché sia Kaine che Malvius sapevano esattamente perché anche Habel si trovava a San Francisco assieme al suo clan di stramaledetti idioti: cercava anche lui il talismano di Soid. Ma Malvius era più che convinto che il suo Maestro non avrebbe mai permesso ad Habel di mettere le mani su quel preziosissimo oggetto sacro. Lo cercavano da tanto tempo, troppo. E finché avevano dovuto eseguire gli ordini di Kakistos, avevano praticamente avuto sempre le mani legate, costretti a collaborare tutti insieme solo per non suscitare le ire dell’antico Maestro vampiro dagli arti simili a zamponi di maiale. Ma ormai erano anni che le cose erano cambiate e Malvius stesso, a volte, temeva che non fosse successo in meglio. . Disse Malvius, senza alzare troppo la voce, come se temesse di disturbare il suo Sire. Kaine non mosse un muscolo per alcuni istanti, poi si voltò con la testa e fissò il suo luogotenente albino negli occhi chiari, più chiari dei suoi… . < Lo penso anch’io, Kaine. Le Cacciatrici sono solo guai! >. < E che si fa con i guai, Malvius? >. < Li si evitano o… li si eliminano! >. Negli occhi di Kaine passò un lampo e un mezzo sorriso gli curvò le labbra, < Giusto, amico mio. Giusto! >.

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Capitolo 6
*** 6 ***


CAPITOLO SESTO: CAINO E ABELE La serata andò meglio del previsto e Buffy poté cominciare a rilassarsi appena un’ora dopo l’arrivo di Tomas in casa perché né Xander, né Dawn né nessun altro dei suoi amici diede il via al loto gioco preferito: tutti contro uno. Anche l’amica di Kennedy, Alice, si dimostrò una persona allegra e simpatica e il trovarsi circondata da quel gruppo di persone tanto chiassose non sembrò affatto disturbarla. Alice sapeva di Will e Kennedy e nemmeno questo sembrava metterla a disagio anche se Buffy, osservandola, sospettò che ciò avvenisse perché la bionda collega di Kenny avesse altro a cui pensare: qualcosa del tipo squadrare di continuo il giovane carpentiere muscolo che sembrava divertirsi da morire con Tomas. La cena finì prima di quanto la stessa Willow avesse preventivato quel pomeriggio, parlando al telefono con la sua ragazza: il bel dottore l’indomani avrebbe preso servizio in ospedale alle sette in punto, mentre Alice aveva un appuntamento col caporeparto verso le otto e un quarto per consegnargli un lavoro sul quale ci aveva sprecato gli ultimi due mesi e prima di andare a letto, quella sera, voleva dare un’ultima occhiata al programma. Così poco più tardi delle dieci e mezza casa Summers/Rosemberg si svuotò dei suoi ospiti e Buffy propose di andare di ronda tutti insieme, visto che erano almeno un paio di settimane che non lo facevano. Solo Giles e Dawn rifiutarono la cosa: l’Osservatore perché troppo stanco, visto che i suoi impegni di lavoro lo avevano fatto svegliare all’alba quel giorno. La più giovane delle Summers, invece, l’indomani aveva un compito in classe alla prima ora e non aveva nessuna intenzione di presentarsi in aula intontita di sonno per aver fatto le ore piccole. Così solo il resto del gruppo si preparò rapidamente indossando jeans e maglietta e prendendo qualche arma che poteva sempre tornare utile, poi uscì prendendo come mezzo di trasporto unico l’auto di Xander. Buffy non aveva bene in mente dove andare a fare il giro di ricognizione alla ricerca dei cattivi, quella sera. E Kennedy non le fu molto d’aiuto: durante la cena era stata più allegra del solito, ma ora sembrava come persa in un’altra dimensione che prevedeva solo l’esistenza della sua dolcissima ragazza. Tanto che la Cacciatrice bionda si domandò se la sua collega più giovane non avesse scambiato quel giro notturno per una passeggiata romantica, anziché per una ricerca di qualche nemico. Willow, invece, era diventata silenziosa e riceveva le attenzioni della sua ragazza con docile passività, continuando a guardarsi in giro alla ricerca di chissà cosa… ma non certo di un nemico. Comunque, le strade del Sunset sembravano essere piene solo di gente ubriaca appena uscita da pub o di gente comune in coda per entrare in un qualche locale dove servono superalcolici e fanno musica spacca timpani. Niente demoni in giro, quella sera. Niente vampiri in cerca di guai. O almeno così fu per più di un’ora. Poi, proprio mentre Buffy lamentandosi di aver fatto un giro a vuoto stava proponendo di andarsene a dormire, delle grida di più persone attirarono la loro attenzione e il gruppo iniziò a correre verso una strada un po’ più isolata delle altre dalle quale un drappello di persone stava fuggendo a gambe levate inseguite da altri… ovviamente si trattava di prede che fuggivano da vampiri. . Disse Xander, tirando fuori il suo coltello da caccia dalla tascona lungo la coscia dei pantaloni. Davanti a loro c’era una scena di panico: persone che fuggivano dalla porta di servizio di un locale notturno e vampiri che le rincorrevano aggredendole con un’aggressività raramente vista. Buffy osservò il tutto, calcolando rapidamente il numero di nemici e la loro possibile spartizione: almeno dieci per lei, un paio per Xander, cinque o sei per Willow che sembrava abbastanza in forma e almeno un’altra decina per Kennedy… ottimo! Ne rimanevano scoperti solo un’altra decina: le probabilità di farsi ammazzare non erano poi così alte, si disse la giovane. . Disse, dopo un attimo, afferrando più saldamente il proprio paletto. Pochi secondi dopo i quattro ragazzi si lanciarono sulla folla di gente come a volersi gettare a capofitto in una rissa da bar. Solo che quella non era una comune rissa e i bersagli da colpire non erano tutti uguali: dovevano distinguere vittime e assalitori. Xander iniziò a scazzottarsi con un vampiro poco più basso di lui ma dall’aspetto robusto. Willow farfugliò un incantesimo su se stessa in modo da essere più forte fisicamente e subito dopo cominciò a tagliare le teste dei vampiri che le capitavano a tiro con l’ascia che si era portata dietro. Kennedy e Buffy, lottando accoppiate come fosse un gioco di squadra, attirarono su di loro l’attenzione di parecchi dei non morti che, sorpresi da quell’intrusione inaspettata, erano rimasti senza le loro prede fra le mani. Ad un tratto Xander venne sbattuto a terra e stava per essere colpito da una spranga d’acciaio quando Willow intervenne con una sfera magica e diede letteralmente fuoco al vampiro aggressore del suo amico. . Le disse il ragazzo, rialzandosi da terra. La rossa lo fissò per un momento perplessa, poi capì che doveva scegliere: incantesimi su di sé o sui nemici, non su entrambi. Xander aveva ragione. Fece i suoi calcoli, dunque e pensò che l’incantesimo dell’aumento della forza, di lì a poco, l’avrebbe lasciata sfiancata perché il suo fisico non era sufficientemente allenato e robusto da sopportarlo a lungo. Mentre le sfere di fuoco… quelle erano abbastanza efficaci e lo sforzo era minimo. Decise, dunque:. Disse, rivolgendo le mani verso sé stessa, toccandosi il petto. Un attimo dopo riprese a lottare, scagliando più palle infuocate che poté sotto lo sguardo soddisfatto dell’amico d’infanzia. Intanto Kennedy e Buffy non se la stavano passando meglio di Xander: il numero di nemici che le stava attaccando e che usciva di continuo da quella dannata porta del locale era impressionante. Per due vampiri polverizzati, ce n’erano almeno altri quattro che ne spuntavano fuori. . Commentò Kennedy, acida, mentre continuava a scagliare colpi quasi alla cieca. Tanto ormai dove menava, colpiva bene. Buffy le lanciò un’occhiata rapida e sorrise sarcastica:. Le disse, di rimando. E la situazione stava peggiorando a vista d’occhio, oltre al fatto che, attorno a loro, alcune persone cadevano prive di sensi o morte: umani che avevano fatto da pasto. . Disse Buffy, ad un tratto, dopo aver polverizzato l’ennesimo demone. Willow non smise di combattere, ma la ricambiò con un’occhiata preoccupata: era vero che la situazione stava diventando più schifosa del previsto, ma non voleva utilizzare magia d’alto livello. Poi alla Strega Rossa venne in mente l’immagine di una chiesa che avevano visto andando lì e si fece venire un’idea… Con pochi gesti fece terra bruciata intorno a sé in modo da procurarsi uno scudo che l’avrebbe protetta per qualche secondo. Poi chiuse gli occhi e pronunciò alcune parole in latino, parole che Kennedy non capì ma che quasi le parvero una preghiera. Dopo pochi istanti, dal nulla, sopra le loro teste apparve un mascone di marmo lucido e scuro, dai bordi rifiniti e con delle incisioni dorate che sembravano essere scritture di una certa epoca. . Gridò la strega ai propri amici. E un istante dopo il mascone di marmo si dissolse lasciando cadere sulle loro teste e su quelle dei vampiri il proprio contenuto. Xander boccheggiò tentando di respirare e lo stesso fecero le due Cacciatrici, decisamente prese alla sprovvista da… da tutta quell’acqua piovuta dal nulla. . Commentò Xander, scivolando a terra malamente. . Sbraitò Kennedy, cercando di riprendere a respirare e togliendosi i capelli grondanti dal viso. Loro quattro erano indubbiamente zuppi fino al midollo, ma i nemici attorno a loro iniziarono a fumare fino a prendere fuoco e a dissolversi uno dopo l’altro in cenere. Pochi minuti dopo, a parte la musica martellante e grida lontane, non c’erano altri rumori a riempire l’aria del vicolo. Buffy si diede una sistemata e aiutò Xander a rialzarsi, mentre Kennedy ancora si stava strizzando i capelli lunghi e pregni d’acqua. . Chiese Xander, irritato e dolorante. Cadendo aveva dato una bella botta col sedere sull’asfalto duro. Willow fece spallucce, rendendosi conto che persino la sua ragazza era rimasta contrariata da quella trovata. . Si giustificò la giovane, mentre anche lei si tirava indietro i capelli, strizzandoli un po’ e legandoseli per stare più comoda. Era fradicia anche lei, ma infondo non le importava. < Ah, io ti chiedo di darci una mano e tu tenti di affogarci? >. Chiese Buffy, sarcastica, guardando i propri vestiti rovinati. < Era acqua Santa e l’effetto che volevo lo ha avuto, quindi… Ragazzi, scusate se vi ho bagnati, ma in questo modo ci siamo liberati dei nemici e io non ho usato magia d’alto livello, ok? Accontentatevi! >. Esclamò la rossa, seccata dall’atteggiamento dei suoi amici. Era una strega: faceva magie, mica miracoli. Buffy annuì e si stampò sul viso un bel sorriso divertito:. Disse la Cacciatrice bionda, indicando la porta d’ingresso del Night Club. I quattro si mossero in quella direzione. . Si raccomandò Xander, prima d’entrare. L’altra annuì ma non promise… non era proprio il caso, vista la situazione e i possibili risvolti. Il locale all’interno era immerso nella confusione. Buffy e gli altri, entrando, si erano aspettati qualcosa di molto simile ad una scena apocalittica. Invece non fu così perché indubbiamente infondo all’enorme sala c’erano i vampiri fuggitivi che stavano facendo ancora danni, ma le grida che avevano sentito fino a quel momento erano di persone scatenate che si stavano divertendo semplicemente a ballare e a gridare come ossessi. . Commentò Buffy, stupita della scena che le si stava presentando davanti agli occhi. Xander fece spallucce:. Disse il giovane. I quattro si lanciarono occhiate eloquenti, poi entrarono definitivamente, mischiandosi prudentemente alla folla. Armi e paletti in mano. . Disse Kennedy, alla sua ragazza. Will guardò l’ascia che teneva ancora stretta in mano e con un gesto la buttò via, fuori dalla porta del locale: non le sarebbe servita lì dentro. La gente attorno a loro si muoveva come fosse stata posseduta e la musica rimbombava ovunque entrando nel cervello passando per i loro delicati timpani. Kenny si coprì le orecchie con le mani, imitata da Buffy; mentre gli altri due, per quanto infastiditi dal chiasso, non sembravano risentire di quel rimbombo ossessivo più di tanto. . Gridò Buffy a Xander, che rimandò il messaggio alle altre due e i quattro quasi cominciarono a correre facendosi largo a fatica fra la folla scatenata. Willow venne colpita un paio di volte da dei tizi che ballavano scompostamente e Kennedy, istintivamente, la strinse a sé per darle un po’ di protezione. Tanto erano quasi arrivate alla seconda uscita. E infatti… dieci minuti dopo erano fuori, con la confusione alle spalle e qualche nemico che le aveva seguite e che fece una brutta fine in un attimo. . Commentò Buffy, annoiata. Un attimo dopo lei e gli altri furono circondati da una ventina di vampiri armati di mazze e catene. . Commentò Xander, serio, tirando nuovamente fuori il suo coltello. I quattro si misero in posizione di difesa, pronti ancora a combattere, consapevoli che non sarebbe stato semplice uscire dai guai, stavolta. Ma i vampiri non si mossero: rimasero lì, immobili, in cerchio, come ad aspettare qualcosa. Poi fra loro si aprì un varco e spuntò fuori un altro vampiro, più alto e robusto, biondo, coi capelli semilunghi che gli incorniciavano il viso… un viso d’angelo abbellito da due occhi azzurri profondissimi, messi in risalto dalle sopracciglia un po’ più scure dei capelli. . Disse, con voce profonda. Buffy lo osservò accuratamente dalla testa ai piedi, cercando di ricordare dove l’aveva visto prima. Ma niente. Non le sovvenne in mente niente. . Le domandò il vampiro, tranquillo. . Disse la giovane, sarcastica. E non aveva mentito: se quel tizio fosse stato un umano, sicuramente gli avrebbe sbavato dietro, tanto era affascinante. . In un momento Buffy rivisse l’incontro con Faith e i guai che si era portata dietro… Kakistos: il vampiro vecchio quanto il mondo, obeso, enorme, con le mani a forma di zoccoli di maiale… < Ah, ma certo che me lo ricordo! Lo ha impalato Faith col mio aiuto!... E tu non sei morto? >. < Direi di no!... Ma tu stai per farlo, stavolta… anche se ammetto di essere sorpreso di vederti qui: pensavo fossi morta nel crollo di Sunnidayle! >. < Spiacente, mi sono salvata! >. < Finora…! >. Esclamò Kaine, con lo stesso tono tranquillo avuto fino a quel momento. Poi alzò una mano e tutti i vampiri dietro di lui iniziarono a muoversi minacciosi verso Buffy e i suoi. Cavolo, pensò Xander, stavolta erano davvero nella merda più nera! < Fermi, non toccateli! >. Esclamò una voce imperativa, alle loro spalle. I vampiri si bloccarono e un altro gruppo di gente arrivò sul posto. Davanti a tutti, un tizio simile del tutto a Kaine, ma coi capelli neri come la pece a sottolineare la differenza fra loro. Kaine lo fissò e tramutò il suo viso in quello del demone, mostrando i denti:. Gli ringhiò contro, irritato. Il giovane che corrispondeva al nome di Habel lo fissò freddo, senza scomporsi minimamente. . Disse Habel, sicuro di sé. Non ammetteva repliche. . Ribatté Kaine. Habel lanciò un’occhiata a Buffy e lei si sentì invasa da quegli occhi tanto belli e tanto freddi. . Disse, senza smettere di guardare la Cacciatrice. . Lo accusò Kaine, parandoglisi davanti. Habel sorrise sarcastico, freddo come il suo sguardo. < E tu vieni a dire a me una cosa simile?... Ah, sei più stupido di quanto non credessi!... ti ripeto, fratello: li lascerai andare, stavolta, o il mio clan assalirà il tuo! >. Kaine si guardò attorno: i vampiri presenti erano quasi tutti quelli fedeli a suo fratello. I suoi saranno stati una ventina al massimo, quelli di Habel erano almeno il doppio. Per quella volta aveva vinto lui, ma prima o poi lo avrebbe incenerito quel presuntuoso bastardo. Il suo viso tornò quello angelico di prima e i suoi occhi si puntarono maligni su Buffy:. Buffy non ci pensò su più di un attimo e fece cenno ai suoi amici di svignarsela da lì: per quella sera la ronda era finita. Prima di andare, Buffy si fermò a guardare Habel per un momento e notò quanto fosse somigliante all’altro vampiro, quello di nome Kane. Da vivi, dovevano davvero essere stati fratelli. Avrebbe voluto dirgli qualcosa, domandargli… ma non lo fece: mandò via Xande, Willow e Kennedy e li seguì rapidamente, in silenzio. Per quella sera se l’erano vista davvero brutta e rintanarsi in casa non sembrò loro un’idea così vile. Così, i quattro giovani, a passo svelto, se ne tornarono nelle proprie abitazioni. Basta guai per quella notte, ma qualcosa disse nelle loro menti che i guai erano solo appena cominciati.

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Capitolo 7
*** 7 ***


CAPITOLO SETTIMO: LEGGENDE, STORIA E RELIGIONE Il pomeriggio seguente a quella sfortunata quanto strana notte di caccia, tanto le due Cacciatrici, quanto la strega e il carpentiere fecero in modo di essere di ritorno dal lavoro prima del tramonto. Il signor Giles, vedendoli rincasare tutti più o meno alle sei del pomeriggio mangiò subito la foglia e dichiarò riunione generale aperta per tutta la gang. Mancava solo Dawn, ma quella sera non sarebbe rincasata neppure per cena, quindi tanto valeva non aspettarla comunque. . Domandò l’Osservatore, sprofondando nella comoda poltrona che sarebbe appartenuta a Buffy. I quattro ragazzi si lanciarono occhiate l’un l’altro: non sapevano bene neppure loro cosa fosse accaduto la notte precedente, figuriamoci se potevano raccontarlo chiaramente a chi non era stato presente. Comunque, dopo alcuni istanti d’esitazione, fu Buffy a prendere la parola e a raccontare a grandi linee gli avvenimenti della sera precedente. Quando il racconto terminò, Giles sembrava più corrucciato di prima. . Chiese alla fine, l’uomo. Kennedy e Xander scossero la testa. Buffy fece spallucce:. Commentò, sarcastica. Willow, invece, sembrò riflettere più a lungo degli altri e alla fine disse:. Tutti la guardarono sorpresi. . Esclamò Xander, fissando l’amica come fosse una folle. . Disse Kennedy, addentando un sandwich che aveva appena preso dal frigo. . Commentò Buffy, sorridendo all’amica per prenderla un po’ in giro. L’altra però non si scompose minimamente e rispose con una semplice smorfia del viso:. Spiegò la rossa, mentre la sua ragazza le si metteva a sedere vicino e intrecciava le dita della propria mano alle sue. Un gesto automatico, che facevano ogni volta che si trovavano vicine. Giles parve riflettere dubbioso, poi si alzò e uscì per andare nella propria casa per tornare poco dopo con un volume piccolissimo e dall’aria estremamente consunta. . Domandò Xander, scherzoso, allentandosi la cravatta fin quasi a scioglierla completamente. L’uomo gli lanciò un’occhiata torva, ma non rispose. Si rimise seduto sulla poltrona e iniziò a sfogliare accuratamente le pagine di quello che sembrava un antico opuscolo imbottito. Dopo poco iniziò a leggere:. Quando smise di leggere quelle righe, alzò nuovamente lo sguardo verso i suoi ragazzi e trovò occhi incuriositi e confusi a scrutarlo come fosse stato un pazzo che aveva appena iniziato a vaneggiare. . Domandò, sentendosi osservato. I ragazzi si guardarono, poi Buffy si schiarì la voce:. Disse la giovane, guardando il suo mentore un po’ preoccupata. Giles sollevò un sopracciglio:. Esclamò, irritato. . Spiegò Xander, sempre più confuso. Giles sbuffò e si grattò la testa:. Dise Giles, tranquillo come se stesse raccontando una favola, anziché un orrore. Willow gli strappò letteralmente il libro dalle mani e iniziò a leggerlo rapidamente, pagina per pagina nonostante il suo latino fosse più che arrugginito. . Esclamò Willow, esterrefatta. Giles scosse la testa:. La corresse Giles, cupo. Willow lesse e rilesse quelle righe e, dovette ammettere, il suo latino era davvero arrugginito: quindi probabilmente Giles aveva letto meglio di lei il senso delle frasi scritte in quelle pagine. . Chiese Buffy, ancora confusa. . Spiegò Giles, pulendosi gli occhiali con un fazzoletto di cotone. Kennedy si lasciò sfuggire un fischio:. Esclamò, stringendo di più la mano della sua ragazza. Xander annuì, d’accordo con lei. . Esclamò Buffy, preoccupata. . La corresse Giles. . L’uomo fece spallucce e scosse la testa:. . Esclamò Xander. . Intervenne Kennedy, continuando a mangiare. Willow scosse la testa, intendendo che lei non era riuscito a leggerlo. . Affermò Giles, non mettendo troppa enfasi nella voce. < Permanete… in effetti il tizio che chiamavano Habel è anche quello che ci ha salvato la pelle, quindi… >. Disse Buffy, guardandosi le unghie e ripensando alla sera prima. < Vero! Ma negli anni abbiamo imparato che non tutto sembra ciò che è, no? Voglio dire, e se fosse il biondo quello buono? Quel Kaine! >. Replicò Xander, sfiorandosi di continuo la cicatrice sull’occhio. Era un gesto che faceva ripetutamente nei momenti di nervosismo dacché Willow glielo aveva guarito. E in quel momento era molto nervoso. . Disse Buffy, alzandosi e dirigendosi in cucina sotto lo sguardo dei suoi amici:. Le domandò Xander. Lei si fermò un momento e sorrise:. Rispose la Cacciatrice, andando nell’altra stanza. . Commentò Kennedy, sorridendo con la sua ragazza. . Gridò Buffy, dalla cucina, mentre componeva il numero della pizzeria. Giles e Xander sbuffarono rassegnati: tanto valeva iniziare la solita vecchia prima fase per la risoluzione dei loro “problemi”… ricerca sui libri. Tomas uscì dalla doccia con un asciugamano attorno ai fianchi e i capelli grondanti che tentava di asciugare alla ben’e meglio con un asciugamano più piccolo mentre Buffy, seduta sulla poltrona della sua camera da letto si godeva lo spettacolo di quei muscoli guizzanti e bagnati che risultavano assolutamente sexy. Ma non era quello il momento di lasciarsi andare a piacevoli passatempi del tipo rotolarsi nel letto col bel dottore… era andata a casa sua per dirgli che quella sera non avrebbero potuto vedersi: la scusa ufficiale era che, da brava sorella, doveva aiutare Dawn a finire d’impaginare la sua tesina di geografia economica. Ovviamente, la verità era ben differente: lei e gli altri si erano organizzati per una ronda un po’ più approfondita che aveva lo scopo di scovare o Kaine o Habel o, magari, tutt’e due insieme. Aveva sentito Angel solo due giorni prima, dopo aver tentato per settantadue ore filate di parlargli per telefono senza riuscirci perché, a detta di Cordelia, impegnatissimo in un caso in cui era stato trascinato dalla sua amica poliziotta Lockley. Angel le aveva faxato tutto quello che sapeva su quella “leggenda” perché era così che l’aveva definita lui. Ma d’altronde, per molto tempo, anche Angelus era stato una leggenda tra il popolo dei vampiri, eppure era stato reale più che mai. Comunque, accantonando la faccenda della “leggenda”, sembrava che dopo la morte di Kakistos avvenuta per mano di Faith, i suoi due luogotenenti, di nome Kane e Habel, avessero spezzato in due il clan dell’antico vampiro poiché… be’, a farla breve, le aveva scritto Angel, non andavano d’accordo: avevano decisamente visioni diversi della gestione del clan. C’era stata un’enorme e catastrofica battaglia fra loro e i loro reciproci vampiri che era finita con la polverizzazione di metà di quest’ultimi e la separazione del clan in due altri distinti. A parte questo, Buffy aveva appreso poche altre informazioni utili praticamente a nessuno, oltre al fatto che le cose più interessanti erano tutte scritte in latino a sumero antico, quindi Giles e Willow erano gli unici due elementi del gruppo a poter tentare una qualche traduzione che avesse un senso. Un fatto era che, in quell’ultima settimana, i giornali erano stati pieni zeppi di articoli riguardanti vandali che distruggevano night rinomati e uccidevano giovani malcapitati trucidandoli il più delle volte. Finora erano stati rinvenuti una trentina di cadaveri ed era stata denunciata la scomparsa di altrettante persone miste tra uomini e donne. Tomas si mise a sedere sul letto, incurante che l’asciugamano gli si aprisse un po’ sul davanti e, dopo aver gettato da un lato quello con cui si stava strofinando i capelli, regalò a Buffy uno dei suoi sorrisi più seducenti. . Disse il giovane, stiracchiandosi un po’. Era stanco e lo si vedeva. Buffy sapeva che ci sarebbe rimasto male per quella buca colossale che stava per rifilargli perché, probabilmente, il dottore dopo ventiquattrore filate di lavoro avrebbe preferito vedersi con la sua ragazza quella sera. Ma non era davvero possibile. . Esclamò Buffy, prendendola molto alla larga. Ma l’altro sorrise e scosse la testa, poi si allungò verso di lei, la prese per un polso e la tirò a sé, facendola sedere sulle proprie gambe ancora umide della doccia. . Le disse Tom, iniziando languidamente a baciarla sul collo. Lei si lasciò andare a quelle effusioni per qualche istante, sorridendo della propria incapacità quasi assoluta a mentire a quell’uomo o a chiunque altro avesse compiuto più di dieci anni. Poi però, con gentilezza, lo fermò e lo fissò negli occhi:. Affermò, sussurrando a quel viso incantevole, sbarbato di fresco. Il giovane sorrise annusando un po’ del profumo dei suoi capelli:. Buffy gli sorrise ancora, confermandogli che aveva ragione. Poi lui proseguì meno rilassato:. Le chiese. Buffy si ritrasse un po’: era arrivata la parte più difficile, quella che per certo lo avrebbe mandato in bestia perché sapeva di bugia lontano un miglio. . Disse la Cacciatrice, assumendo un tono di disperata irritazione. Tomas la guardò per alcuni istanti senza dire nulla, poi le lasciò andare una mano ed esclamò:. Il tono duro e secco. Lei annuì lievemente, ma non riuscì a sostenere lo sguardo di lui che dichiarava tutta la sua delusione e la sua irritazione per quella che era, chiaramente, una scusa poco credibile. Stizzito, l’uomo le diede una spintarella e la costrinse ad alzarsi dalle proprie ginocchia, puntellando poi le braccia sul letto e sbuffando stornando i suoi occhi. . Disse brusco, senza alzare il tono della voce. Ecco, ora era davvero arrabbiato. . Si affrettò a dire Buffy, cercando di dimostrarsi dispiaciuta il più possibile. E lo era, lo era sinceramente. Ma non poteva dirgli la verità, non poteva dirgli: non esiste nessuna tesina ma devo andare a fare una ronda, che occuperà tutta la notte, per cercare due leggendari vampiri, per cui non posso stare con te stasera. Tomas la fulminò con lo sguardo:. < Non è che non si sappia organizzare, tra l’altro sai che è brava a scuola! Ma… ecco, la ricerca le è costata più tempo del previsto e se domani non consegna la tesina, dovrà frequentare i corsi estivi di recupero! Lo sai che l’anno scolastico è quasi finito, no? >. < Certo che lo so, è per questo che trovo la faccenda tanto assurda: siamo al due maggio, fra meno di dieci giorni cominceranno le vacanze estive e tu mi vieni a dire che Dawn deve ancora consegnare le tesi di fine corso? >. < Be’, è così! >. < Be’, è in ritardo clamoroso! Diglielo quando la vedrai, stasera! >. Esclamò Tom, con più irruenza di quanto lui stesso non avrebbe voluto. Buffy fu infastidita dal tono improvvisamente alto della sua voce, ma si trattenne perché era lei ad essere in clamoroso torto. Chiuse gli occhi un istante e sospirò per calmare quello che era il suo istinto: fargli una sfuriata. Sfuriata che sarebbe stata assurda e ingiustificata, tra l’altro. Quando li riaprì, gli si avvicinò di nuovo e lo abbracciò, lasciando che il viso di lui sprofondasse nel proprio addome piatto e liscio. . Gli disse, carezzandogli i capelli corti, ancora umidi. Lui sospirò e si alzò in piedi, costringendola a scostarsi. La fissò dritta in quegli occhi verdi che tanto lo avevano affascinato e le carezzò una guancia, ma senza dolcezza. . Disse Tom, ora più calmo. Ma era chiaro che stava trattenendo la sua irritazione e che se l’era presa per quella faccenda. Buffy si arrese: non aveva né tempo né voglia di discutere. E poi, ne era certa, doveva solo lasciare il tempo a Tomas di sbollire un po’ della sua irritazione e della sua delusione. Così la ragazza annuì:. Chiese. Lui fece spallucce:. Buffy annuì ancora. . Esclamò Buffy, infine, alzandosi sulle punte e baciandolo lievemente sulla bocca senza che lui concedesse la minima collaborazione. La Cacciatrice lanciò un’ultima dispiaciuta occhiata al suo ragazzo, poi se ne andò in silenzio, ripromettendosi di fare una strage di vampiri quella notte, così, tanto per far scontare a loro quella discussione con Tom. Mentre Buffy era a casa di Tom a spiegargli che quella sera non sarebbero potuti uscire insieme, Willow era seduta all’ombra del salice che lei stessa aveva fatto crescere davanti alle lapidi di Tara, Anya e Joyce. Aveva poggiato la propria giacca e la borsa del lavoro da un lato, si era sfilata i sandali poggiando i piedi sull’erba fresca e ora era completamente immersa nella lettura del materiale che Angel aveva fatto arrivare lì a San Francisco tramite fax… una grande idea, a parte il fatto che lei non conosceva affatto il sumero e che era stata costretta a riprendere i libri di latino per fare una traduzione quanto più fedele possibile. Era già un’ora che leggeva e traduceva e scriveva su un blocchetto cercando di raccapezzarsi, cercando di capire chi era il vero nemico o se, come sospettava lei, sia Kaine che Habel erano da temere. Ogni tanto alzava lo sguardo verso le lapidi e si fermava incantata a guardare il volto della sua ex ragazza ritratto in quella foto che a lei era sempre piaciuta moltissimo, poi dopo qualche minuto riprendeva a lavorare. Al tramonto mancava almeno un’altra ora, ma lei non avrebbe aspettato tanto per andarsene: non era consigliabile, vista la situazione. Così finì gli ultimi tre fogli che si era prefissata di tradurre quel pomeriggio, poi ripose i propri appunti, le matite e il dizionario nella propria borsa, si rimise le scarpe allacciandole accuratamente e si alzò dall’ombra di quell’albero senza nessuna fretta, spazzando via l’erba dai propri pantaloni e notando che in un punto si era formata una bella macchia che non sarebbe andata via così facilmente. . Imprecò, continuando a cercare di portare via la chiazza verde. Ma dopo poco si arrese e sospirò, lasciandosi sfuggire un mezzo sorriso ad un ricordo che le riaffiorò improvviso… . Disse Tara, correndo a spalancare le finestre del bungalow che avevano preso in affitto. La loro unica, vera vacanza che si erano potute concedere dopo aver messo da parte centesimo su centesimo. Avevano scelto il lago Michigan per trascorrere sette giorni immerse nella natura, nella pace più completa di un paesaggio da sogno. Sette giorni lontane da Sunnydaile, da demoni e vampiri che volevano farle fuori perché aiutavano la Cacciatrice, lontano dagli assillanti genitori di Willow, lontano dal caos del campus universitario. Willow gettò i propri bagagli ad un lato della stanza e andò ad abbracciare da dietro Tara che era rimasta incantata a guardare il panorama. . Le disse, strofinando il proprio naso sul suo collo e poi posandole un lieve bacio sulla spalla nuda. Era agosto, faceva caldo. Il loro abbigliamento era ridotto a canottiere leggere e gonne lunghe, larghe e fresche esattamente come piacevano a loro, dai colori sgargianti tipici dell’estate. Anche se lì l’aria era un po’ più fresca che a Sunnydaile. Tara si voltò e ripose ai suoi baci, dolce e provocante. Poi si scostò improvvisamente e la guardò con quel suo sorriso sbieco:. Disse. E fuggì via, verso il lago. Will ci aveva messo un attimo a capire il gioco e ora le stava correndo dietro:. Le gridò dietro, mentre i suoi passi si facevano più rapidi. Arrivatale vicino, la rossa era praticamente saltata addosso all’altra, buttandosi con lei in mezzo all’erba morbida e ruzzolando ridendo assieme a lei felice di poter giocare a quel modo all’aria aperta. Si erano ritrovate vicino all’acqua, una sopra all’altra e ancora ridevano. La caduta era stata attutita del tutto dal terreno soffice. . Le disse Tara, senza smetterla di ridere. Ed in effetti tutto si era aspettata, fuorché il balzo dell’altra su di lei. Willow l’aveva incastrata col proprio corpo a terra, era a cavalcioni su di lei e le teneva le braccia ferme tenendole i polsi al disopra della testa. La guardava con quel suo sorriso furbo che stava ad indicare che aveva qualcosa in mente. . Le rispose, poi le si gettò sul collo a mordicchiarglielo facendole il solletico e facendola contorcere dalle risate e dai piccoli brividi di piacere che le trasmetteva. < Oh, Will… basta, ti supplico…! Basta! >. L’altra le concesse una tregua, ma continuava a guardarla con quel sorriso tipico. Un attimo dopo gli occhi di Willow si addolcirono e stavolta si chinò a baciarla delicatamente sulle labbra, lasciandole le mani libere e lasciando che l’altra rispondesse ai suoi baci. Dopo poco la rossa si scostò lievemente. Aveva il fiato corto e non per la corsa:. Disse, sorridendo felice. Poi si era messa a sedere al fianco di Tara e l’aveva aiutata a riacquistare a sua volta la posizione seduta. . Le disse Tara, dopo pochi istanti, con l’aria improvvisamente dispiaciuta. Willow seguì la direzione del suo sguardo e scorse sulla propria gonna chiara una macchia d’erba e terra che difficilmente se ne sarebbe andata via, anche lavandola col miglior sapone del mondo. La rossa fece spallucce, sorrise alla sua ragazza e le alzò il mento con un dito:. Esclamò, baciandole il naso rapidamente, subito dopo. . Ribatté l’altra, ancora rammaricata. Willow finse di pensarci su, poi i suoi occhi scintillarono:. E da lì il gioco era ripreso. Willow aveva preso per mano Tara e l’aveva trascinata fino all’acqua, tuffandosi nel lago assieme a lei, con tutti i vestiti, ignorando le grida di protesta e le minacce di Tara, sapendo che non le avrebbe mai davvero messe in pratica. Era stata una vacanza stupenda… l’unica… l’ultima. La strega rossa ancora sorrideva al ricordo di quella settimana e di quell’episodio in particolare. Tara aveva strillato per un quarto d’ora filato dopo essere stata gettata in acqua: diceva che era troppo fredda. . Poi lanciò un’ultima occhiata alle tre lapidi poste una accanto all’altra. Era stata egoista a portarle lì, ma non ne era pentita: sentiva che la vita ora poteva apparirle più facile. Pochi minuti dopo, la ragazza era nella sua auto con la radio accesa e canticchiando guidava verso casa, preparandosi mentalmente alla ronda che Buffy aveva organizzato per quella sera.

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Capitolo 8
*** 8 ***


CAPITOLO OTTAVO: DISACCORDI E SCONTRI Willow arrivò a casa che il cielo era ancora tinto delle sfumature rosso-arancio tipiche del sole al tramonto. Ora sarebbe corsa in casa, si sarebbe fatta una rapida doccia, poi sarebbe andata in cucina e avrebbe preparato qualche panino per tutti: niente cena quella sera. Dovevano sfruttare ogni minuto di buio che avevano a disposizione. Parcheggiò l’auto davanti al garage e, con sua sorpresa, vide la moto di Kennedy parcheggiata un po’ in mezzo proprio lì davanti. Erano appena le sei: la sua ragazza era rincasata prima del solito. Will scese dall’auto e prese le proprie cose per poi richiudere lo sportello con noncuranza: nessuno si sarebbe disturbato a rubare quel mezzo bidone. Carrozzeria perfetta. Motore che funzionava per miracolo. Kennedy era seduta sui gradini del portico e stava bevendo una birra in compagnia di Xander, chiacchierando con lui. Non avevano belle facce: sembravano stanchi entrambi e probabilmente lo erano. Avvicinandosi, Will sorrise ad entrambi, ma si chinò a baciare Kennedy che, invece, rimase impassibile, senza neppure guardarla. . Le chiese immediatamente, avendo avvertito la sua ostilità silenziosa. Kennedy guardò l’orologio: erano le 18:12. . Esclamò Kennedy, acida e accusatoria. Non glielo aveva chiesto direttamente, ma voleva sapere dove fosse stata fino a quel momento: era ovvio. E qual era il problema? Glielo avrebbe detto. . Iniziò, ma l’altra la interruppe brusca:. Willow sbuffò: non aveva intenzione di mentirle… se l’avesse lasciata parlare. Ma quel tono proprio non le piaceva ed era meglio che Kennedy cominciasse a darsi una calmata o sarebbero finite a litigare. < Mi fai parlare? >. Le domandò, seccata. < Siamo tutt’orecchie! Ti ascoltiamo! >. Ribatté Kennedy, sorridendo sarcastica. < Ah, no, ragazze: io sono qui per caso e… visto che non dovrei esserci, vado in casa a frugare nel frigo mentre voi… sistemate le vostre questioni! >. Disse subito Xander, battendo in ritirata ed entrando in casa rapido come un fulmine. Ora erano sole, ma non è che facesse qualche differenza la presenza di Xander. < Dacché Buffy mi ha dato il materiale che Angel l ha inviato da Los Angeles, smonto prima per lavorare su quello! >. Disse Willow, stringendo la presa attorno al manico della propria borsa da lavoro. < Sì, questo me lo avevi detto, ma dove vai a lavorarci su? Cos’è, il tuo ufficio è troppo piccolo o troppo affollato? Lì dentro ci siete solo tu e quell’imbecille del tuo collega, Mik! >. < Merk! >. < Fa lo stesso, sai che non è questo il punto! Allora, rossa? Aspetto una spiegazione! >. < Guarda che non ti ho mentito, semplicemente non ti ho detto che andavo fuori a fare le mie traduzioni! >. < Dove? >. < Al cimitero! >. Kennedy rise e bevve un altro lungo sorso dalla propria bottiglia. < Ci avrei scommesso! >. Commentò acida. < Se lo sapevi con tanta certezza, allora perché me lo hai chiesto? >. < Perché volevo sentirmelo dire da te, ovvio! >. < Non c’è niente da dire: non farne un dramma! >. < Dramma?... No, frena, aspetta un momento, Will, intendiamoci: il dramma non è che vai al cimitero a trovare… i tuoi cari. Il dramma sta nel fatto che passi più tempo lì che qui a casa! >. < E con questo? Per fare queste traduzioni mi serve un posto tranquillo e quello lo è… c’è ombra e c’è vento che rinfresca. Qual è il problema? >. < Il problema, Will, è che ti assicuro che ne avrai di tempo da passare fra lapidi, mausolei, alberi e fiori… ma quando sarai tre metri sotto terra anche tu, non ora! >. < Ma che stai dicendo, sei impazzita? >. < Ah, adesso quella fuori di testa sari io!... Fantastico! Tu passi tutto il tempo libero che hai in un cimitero, fingendo che una lapide possa farti compagnia, e la pazza sarei io? >. < Guarda che non è così che stanno le cose!... Vado lì solo per avere un po’ di tranquillità e per potermi concentrare meglio! >. Kennedy si alzò di scatto e gettò la bottiglia per terra, lontano da loro, mandandola a fracassarsi sul cemento del vialetto d’ingresso alla villa. Poi le lanciò un’occhiata furiosa. < Non dire stronzate, Will!... Tu vai lì per stare vicino a quella stramaledetta lapide! >. Willow fissò l’altra quasi inorridita da quell’esplosione di violenza, a parer suo, ingiustificata. Andava al cimitero per trovare pace e per stare un po’ con Tara e coi ricordi che la riguardavano. Dov’era il problema? A chi faceva male? Sei una stupida, Willow!... E’ evidente che fai male a Kennedy, la tua ragazza…Si disse, guardando gli occhi lucidi e arrossati dell’altra. Sospirò e fece sfumare tutta la propria indignazione per l’atteggiamento aggressivo della Cacciatrice mora. < Kenny… io… non intendevo nasconderti nulla, davvero!... Non pensavo ti potesse dar fastidio che mi recassi lì a scartabellare fra i miei appunti… >. Disse, con voce sinceramente dispiaciuta. < Non lo hai pensato? Be’, mi da fastidio! >. Ribatté Kennedy, non scemando neppure di una tacca la propria irritazione e provocando in quel modo la permalosità della strega dai capelli rossi. < Ti sto chiedendo scusa, non hai capito? Che vuoi che faccia per farmi perdonare, che mi fustighi qui davanti a te? Be’, mi spiace ma non ho intenzione di farlo! >. < Ma fa’ come ti pare! >. Disse infine la mora, stanca anche di quella discussione. Poi girò sui tacchi, andò alla propria naked, infilò il casco senza neppure allacciarlo e un attimo dopo aver messo in moto se ne andò via. Odiava discutere con Willow e odiava ancora di più discutere con lei sempre per via… del suo passato, del passato al quale la rossa sembrava essere ancorata con le unghie e coi denti senza neppure rendersene conto. Doveva sbollire la sua rabbia, si disse Kennedy, mentre ingranava la quarta, o avrebbe fatto scoppiare davvero un putiferio per un nonnulla, stavolta. Entrando in casa Willow quasi si scontrò con una Buffy che somigliava più ad uno zombie che ad altro e trovò lo sguardo biasimante di Xander a fissarla come fosse stato il mirino di un cecchino. . Le disse la bionda, sarcastica e stanca. Will la osservò un secondo e pensò che sembrava più pallida del solito. . Le domandò, di rimando. L’altra sbuffò:. Rispose la Cacciatrice, andando poi a sprofondare nel divano, mettendosi un braccio sugli occhi e fingendo di essere morta. . Commentò Will, iniziando a salire le scale. Ma si sentiva ancora lo sguardo di Xander addosso. . Disse piatta, continuando a dirigersi nella propria stanza. Xander sorrise lievemente, ma invece di smettere di fissarla la seguì in camera sua: doveva farle un certo discorsetto… < Pieni zeppi di macchie d’erba? >. < Ce n’è una sola! >. < Sì, una sola che tu possa vedere! Guardati allo specchio sul sedere e le cosce! >. Willow aprì l’anta dell’armadio che nascondeva un enorme specchio e nel riflesso capì di cosa stesse parlando Xander: non c’era una sola macchia d’erba, ma tre enormi sul di dietro e almeno altre quattro abbastanza vistose. . Commentò, irritata con se stessa e la propria disattenzione. Richiuse l’armadio e guardò l’amico:. Il giovane sorrise continuando a mangiare il suo panino pieno di schifezze e a bere la sua birra fredda. . Rispose con tono serio. Willow gli lanciò un’occhiataccia torva:. Xander rimase immobile a fissarla, mentre lei iniziava a spogliarsi ben conscia di avere una biancheria intima sportiva a proteggerla e sopra una canottiera di cotone leggera. Quindi… non aveva di che vergognarsi: era come stare in costume e lei ci stava spesso in costume. . Disse Xander, sconfitto dall’apparente impassività dell’amica. Will fece una smorfia:. Xander fece spallucce:. . Esclamò acida. Xander annuì:. E Xander uscì dalla stanza senza darle il tempo di ribattere o di fulminarlo con un’altra occhiataccia delle sue. Ormai era buio e l’aria era più fresca. La gang aveva cenato arrangiandosi con panini di ogni tipo, latte e succo d’arancia. Kennedy era tornata da poco e aveva rifiutato qualunque cosa di commestibile che Xander le avesse offerto. Era ancora arrabbiata, si vedeva, ma sembrava che avesse sbollito parecchio. Chissà dov’era andata? Questo si erano chiesti tutti, soprattutto Willow. Ma nessuno aveva creduto fosse cauto chiederglielo, così ora stavano discutendo della ronda: la riunione era appena cominciata. < Dunque… - disse Giles, sedendosi in poltrona – Novità? >. < A parte il fatto che oggi ho rischiato di farmi lasciare da Tomas… io non ho novità rilevanti da comunicare ! >. Disse Buffy, bevendo tutto d’un fiato il suo caffè freddo all’aroma di vaniglia. < Perché, questa ti sembra una novità rilevante ai fini della ronda, Buffy? >. Chiese Giles, che avrebbe voluto far durare quella riunione il meno possibile per poi avviare le ricerche sul campo. < Direi di sì, Giles perché… se Tom mi lascia perché si sente trascurato, io giuro che appendo il paletto al muro e mi scordi di essere una Cacciatrice… ovviamente solo dopo aver sterminato tutta la popolazione demoniaca di San Francisco… così, giusto per sfogarmi! >. Rispose la bionda. L’Osservatore annuì interdetto e sospirò rassegnato al modo di fare tipico della sua pupilla. < Ok… altre novità più… strettamente attinenti ai due vampiri che avete incontrato o a Kakistos?... Willow? >. La strega sparpagliò i suoi appunti sul tavolo e, dopo essersi seduta comodamente su una sedia, iniziò a riordinare foglio per foglio le sue traduzioni: fino ad allora non ne aveva avuto il tempo. Ci mise pochi secondi, comunque, vista la sua abitudine quasi maniacale di numerare qualunque cosa, soprattutto i fogli delle annotazioni. < Ehm… allora… ho tradotto solo parte della roba che ci ha inviato Angel, però… confermo quello che c’era scritto sul suo vecchio libro, Giles: i due erano umani, erano fratelli, uno ha cercato di uccidere l’altro e poi è arrivato Kakistos a vampirizzarli entrambi… il problema è che non sono ancora arrivata alla parte in cui è specificato chi dei due ha “conservato sensazioni e sentimenti umani”! >. Disse la ragazza. < Quindi praticamente non hai fatto un passo avanti nemmeno di un millimetro! >. Riassunse Xander, sedutole di fronte, all’altro capo del tavolo. < Be’… in quel senso… no! Però in questi scritti c’è riportato chiaramente che entrambi i fratelli, per scelta, rimasero al fianco di Kakistos. Il che mi fa sorgere un dubbio! >. Esclamò Willow, pensierosa. < E sarebbe? >. Le domandò Buffy, curiosa. < Se tutti e due, per scelta, sono rimasti per secoli e secoli con Kakistos, significa che… entrambi si sono comportati da perfetti vampiri succhiasangue quali sono e allora… che fine hanno fatto le sensazioni e i sentimenti umani? >. Osservò la rossa, fissando Giles. < Vero!... Angel ha rischiato d’impazzire appena riavuta l’anima, quando ha preso coscienza delle stragi compiute e… non ha più toccato una goccia di sangue umano! >. Disse Buffy, fin troppo entusiasta di elogiare la giusta decisione presa dal vampiro con l’anima. < Be’, Buffy… io credo che… questa sia una cosa diversa! Voglio dire, né nel mio libro, né nel materiale inviatoci da Los Angeles c’è un qualche riferimento all’anima, almeno per il momento. Poi, magari, continuando a tradurre… troveremo qualcosa. Ma non credo che i due casi siano sovrapponibili! >. Ribatté Giles. < Non si parla di anima ma di coscienza sì. E che ci fa un tizio con la coscienza se non la usa al momento giusto, tipo… prima di sterminare popolazioni e mangiare bambini? >. Esclamò Willow, continuando a spulciare fra i propri appunti. < Questo non significa granché, rossa! Ti ricordo che un sacco di umani, dotati di coscienza e perfino di anima, sono in grado di comportarsi peggio dei demoni! >. Disse Kennedy, fredda come il ghiaccio. Willow la fissò per un momento ed ebbe la netta sensazione che in quella frase, la prima che le rivolgeva dacché era rientrata, ci fosse un non troppo velato riferimento al fatto che lei stessa era stata in grado di uccidere e di fare altre due o tre cose deplorevoli, in passato. Coscienza o non coscienza. La medesima sensazione ce l’ebbero tutti i presenti e Buffy si preparò ad intervenire nel caso in cui Willow avesse deciso improvvisamente di saltare al collo della sua ragazza o magari di lanciarle contro quel bellissimo vaso azzurro in vetro soffiato che le aveva regalato un paziente qualche tempo prima: era giusto alla portata di mano della rossa. Invece, con grande sorpresa di tutti, Willow ignorò l’attacco. < Hai ragione! – disse tranquilla – Ma converrai comunque con me che è un atteggiamento quantomeno strano! >. < Già! – intervenne Xander -… Ehm… Giles, lei ha scoperto qualcosa in più? >. Domandò, per tornare a far concentrare l’attenzione sul caso che stavano discutendo. Giles scosse la testa sconsolato. < Non molto… so solo che Kakistos chiamava uno dei due fratelli “sciagura” e… > < Nel senso di sciagura per il Mondo? >. Chiese Buffy. < No, nel senso di sciagura per lui! >. Rispose l’Osservatore. < Alzi la mano chi non ha capito! >. Commentò la Cacciatrice bionda, sollevando bene in alto tutto il braccio e venendo imitata con meno enfasi anche dai suoi amici. < Se mi fai parlare, Buffy… - disse Giles, un po’ irritato per le continue interruzioni. – Dicevo… uno dei due lo ha soprannominato sciagura nel senso che, a parte il fatto che è temuto dai suoi simili e dagli altri demoni, sembra che egli non si avventasse ben volentieri contro gli umani!... Ecco il perché di quel nomignolo. A parte questo, però, negli ultimi milleseicento anni, sembra che un vampiro solo lo abbia sfidato. Il combattimento è finito pari ma solo perché furono disturbati da una Cacciatrice arrivata inaspettatamente sul posto. Non ci è dato di sapere chi dei due realmente fosse il più forte! >. < E chi è il vampiro in questione, Angelus, forse? >. Chiese Xander, volontariamente strafottente verso Buffy che sapeva essere ancora particolarmente suscettibile riguardo al suo ex. < Cretino! >. Esclamò la bionda, tagliente, facendo una smorfia. < Ragazzi!... No Xander, mi spiace deluderti, ma stavolta sembra che Angelus non c’entri!... Si trattava di … William il sanguinario! >. < Williami il… Spike!... Be’, sempre di un tuo ex si tratta, no? >. Scherzò ancora, Xander, deridendo l’amica. Una pioggia di cuscini lo inondò, lanciati contro di lui in contemporanea sia dalla diretta interessata che dalle altre due ragazze. < Ok, ok, basta! Scherzavo, sto zitto! >. Si arrese ridendo, il giovane. < Ti conviene, Xander, perché la prossima cosa che ti tiro è un posacenere di marmo! >. Lo minacciò Buffy, sorridendo. < Non mi sorprende che Spike abbia fatto una cosa del genere! >. Commentò Willow, ripensando al vampiro biondo che era stato tanto appassionatamente loro nemico quanto loro alleato. Buffy le lanciò un’occhiata, ora meno allegra. < Sì, è vero. Era tipico suo fare… cose stupide! >. Disse la bionda, sospirando. < Già, be’… per fortuna, direi. E’ stato lui ad aiutarci a chiudere definitivamente la Bocca dell’Inferno di Sunnydaile… sacrificandosi! >. Disse Giles, cautamente, per spezzare una lancia a favore del vampiro ossigenato che, nonostante non gli fosse mi piaciuto, doveva ammettere che era stato essenziale per la loro vittoria e per la loro sopravvivenza… facendosi ammazzare. < Be’, comunque, se avessimo la certezza che Spike fosse più forte di quel vampiro soprannominato sciagura, allora saremmo a cavallo: Spike l’ho preso a calci tante e tante di quelle volte che… non sarebbe un problema piallare i sedere anche di quest’altro vampiro gasato! >. Osservò Buffy, tranquilla. Giles annuì. < Sì, è vero. Ma come vi stavo dicendo… non sappiamo chi dei due fosse più forte… A parte questo, non ho trovato nessun riferimento che possa esserci utile a scoprire qualcosa di più su quei due quindi… >. < Quindi andiamo di ronda e facciamo domande in giro, giusto? >. Chiese Kennedy, alzandosi e sistemandosi la camicia. < Esatto!... Su, andiamo! >. Disse Giles. I ragazzi annuirono e si mossero tutti contemporaneamente andando più che altro a prendere armi di ogni genere. Pure quella sera non si sarebbero certo annoiati. Buffy entrò nel Red Bar, una bettola ritrovo per demoni e vampiri che preferiscono musica e bevande con conservanti alle vittime uccise di fresco, guardandosi intorno per vedere se poteva trovare qualche informatore. Billy Bava non c’era ed era un vero peccato, visto che solitamente lui sapeva tutto di tutti. Però c’era Gaws l’orbo ed era… be’, meglio di niente. Xander seguì il suo sguardo e vide l’obiettivo della Cacciatrice. . Commentò il ragazzo, divertito. Buffy fece spallucce:. Disse la bionda. Kennedy sorrise:. Disse la ragazza. Giles, Buffy, Xander e Willow la fissarono di sottecchi: nessuno di loro era davvero certo che stesse scherzando. Ma forse, per quella sera, la cosa poteva anche risultare utile. La Scooby dopo un attimo si mosse in direzione di Gaws l’orbo che, appena li vide e li riconobbe, tentò di darsela a gambe intravedendo anche guai. Buffy, però, lo afferrò fulminea trattenendolo per il colletto della giacca. . Lo salutò la Cacciatrice bionda. Il demone dalla pelle viscida e grigiastra come quella di un cadavere sorrise forzatamente:. Disse, cercando di darsi un tono. . Disse Buffy. Un attimo dopo, la Cacciatrice trascinò fuori dal locale il demone sotto gli occhi indifferenti degli altri clienti. Giunti in strada, in un angolo appartato, Buffy lasciò andare Gaws sbattendolo addosso al muro. . Si lamentò il demone, risistemandosi la giacca consunta e lurida. Kennedy e Buffy si scambiarono occhiate d’intesa. < Allora, Gaws, come butta? Funziona bene l’occhio buono? >. Domandò Willow, guardando il demone minacciosamente, mentre Xander e Giles lo circondavano mettendolo con le spalle al muro. < E a te cosa importa, strega? >. Ribatté il demone. < Te lo chiedo per sapere… se ti dispiacerà tanto quando le Cacciatrici te o avranno cavato! >. Rispose Willow, tagliente. Il demone rise lievemente. < Ah, be’… no, un momento!... Non si può neppure scherzare?... He he… il mio occhio buono funziona benissimo e… che posso fare per… diciamo tenerlo al suo posto nel mio cranio? >. < Benissimo, così cominciamo a capirci! >. Esclamò Giles, mettendo le mani in tasca. < Che cosa sai di due vampiri, due fratelli che si chiamano… Kain e Habel e appartenevano al clan di Kakistos? >. Chiese Buffy. < Kakistos?... Niente, proprio niente! >. Rispose Gaws. Kennedy scattò rapida e gli diede una gomitata sul collo, proprio lì dove c’erano i due pomi d’Adamo del demone. Il demone, dopo aver cozzato violentemente contro il muro alle sue spalle, iniziò a tossire e a tenersi il collo dolorante. < Piano, Kenny! Se lo soffochi non potrà parlare, mentre io sono convinta che voglia farlo, vero, Gaws? >. Disse Buffy, con finta calma. < Già… Cacciatrice!... Vacci piano o… potrei offendermi e magari mi passa… la voglia di parlare!>. < Be’, comincia a parlare, allora. O magari mi passa la voglia di vederti vivo! >. Rispose Kennedy. < Dai, avanti, Gaws. Che sai di quei due vampiri? >. Il demone parve pensarci su un po’, poi alzò le mani in segno di resa. < E va bene, calma, calma!... Hai detto Kain e Habel?... Su di loro non so molto! >. < Davvero? >. Chiese Kennedy, alzando il pugno con l’intenzione di colpirlo ancora. < Eih, aspetta un momento!... Ho-ho detto che non so molto… ma no che non posso informarmi, ok? >. Disse il demone. < Perfetto!... Intanto dicci cosa sai! >. Esclamò Xander. < Io… poco, ve l’ho detto!... So che erano i due luogotenenti di Kakistos, prima che la Cacciatrice Faith lo facesse fuori, a Sunnydaile… so che sono fratelli gemelli anche se non si somigliano molto, o così dicono. E so che sono spietati, che non hanno scrupoli nemmeno a massacrare quelli della loro stessa specie. Sono in città da un paio di settimane, ma non so perché. Si dice in giro che non vadano d’accordo fra loro ma il motivo non l’ho mai sentito dire… non so altro, giuro! >. < Non ci hai detto niente di nuovo, quindi niente che ci convinca a lasciarti l’unico occhio che ti è rimasto! >. Disse Kennedy, facendo qualche passo verso di lui. < Aspetta, e che colpa ne ho io? Te l’avevo detto che non so molto! >. < Kennedy… aspetta!... Sono certo che Gaws entro due giorni ci farà sapere informazioni più interessanti. Vero, Gaws? >. Disse Giles, sorridente. < Due giorni sono pochi!... E poi quei due sono pericolosi! >. < E io sono incazzosa e più pericolosa di due vampiri, chiaro? E insieme a me c’è una strega altrettanto suscettibile e una Cacciatrice che continua il suo allenamento nel far fuori demoni come re come quando era alle prime armi!... Entro lunedì ci farai avere notizie decenti o giuro che mi faccio una cintura con la tua pelle! >. Disse Kennedy, scrocchiandosi le mani. < P-proverò, va bene? >. < Va bene! >. Disse Buffy. < Un’ultima domanda, Gaws… Chi dei due fratelli era soprannominato sciagura? >. Chiese Giles. < N-non lo so!... Ma posso cercare di scoprirlo! >. < Benissimo… orbo!... Ci vediamo lunedì e… fidati: se non ti fai trovare qui, ci vorrà un po’ ma ti troveremo ovunque tu vada! Ah e… acqua in bocca: guai a te se parli con qualcuno di questa chiacchierata, ok? Ciao e buona serata! >. Disse Buffy. Poi il gruppo lasciò che il demone se la svignasse a gambe levate sotto gli occhi di tutti. Giles sbuffò frustrato da quello che era stato praticamente un buco nell’acqua. . Chiese Xander, stiracchiandosi. Era stato in palestra e ora aveva qualche doloretto qui e lì che gli ricordava quanto poco fosse allenato. Willow annuì guardando nella direzione in cui il demone era fuggito. . Commentò. Per alcuni momenti nessuno parlò e automaticamente si avviarono verso l’auto del carpentiere e la moto di Kennedy coi quali erano andati fin lì. Poi Giles guardò l’orologio: pochi minuti dopo le undici. Era troppo presto per tornarsene a casa. Così l’Osservatore propose di andare a fare un giro al cimitero. Con grande sorpresa di tutti, Buffy fu entusiasta di quell’idea, ma propose di andare solo con Kennedy: infondo erano loro le Cacciatrici e gli altri sembravano stanchi davvero. Willow tentò di protestare, ma Xander se la portò via avendo capito l’antifona: Kennedy era ancora arrabbiata con lei, aveva bisogno di sfogarsi e… be’ era meglio se non lo faceva direttamente con la sua ragazza. Così Buffy e Kennedy, con la moto, andarono a fare una ronda al cimitero; mentre gli altri se ne tornarono a casa a riposare, a leggere durante un bagno rilassante e a lavorare un po’ al computer tanto per conciliare il sonno. La notte era calda per essere inizio maggio, ma era anche umida lì fra le lapidi. Kennedy camminava lentamente guardandosi intorno, ma Buffy avrebbe giurato che stava pensando a tutto fuorché a dare la caccia a qualche vampiro o mostro che fosse. Stavano gironzolando fra le lapidi da quasi un quarto d’ora ormai, ma l’altra non aveva quasi proferito parola: continuava a girarsi e rigirarsi nelle mani il suo paletto di legno e a fissare punti indefiniti nell’ambiente circostante. . Disse Buffy, ad un certo punto, per spezzare il silenzio e con esso i pensieri malinconici della sua collega e amica. Ma Kennedy non le rispose. Probabilmente non l’aveva neppure sentita. Così Buffy ripeté la frase e l’altra sobbalzò come fosse stata svegliata d’improvviso. . Le domandò, guardandola sperduta e confusa. Aveva solo sentito la voce di Buffy, ma non aveva afferrato il senso delle sue parole. Buffy lo capì e così ripeté per la terza volta:. L’altra si fermò e sorrise sarcastica:. Disse Kennedy. Buffy ricambiò il sorriso e la costrinse a riprendere a camminare:. Le due risero. . Esclamò Kennedy, ora più rilassata. Buffy fece spallucce. Poi toccò l’argomento che l’altra aveva tentato di sorvolare… . Le chiese, fingendo vaghezza. L’altra sorrise ancora, ma stavolta era tutto fuorché divertita. < Perché lo sono!... Non è facile stare con Willow e… a volte… mi viene da chiedere cosa sto aspettando ancora! >. < In che senso? Vuoi… lasciarla? >. < Non lo so… so che morirei senza di lei, ma… non credo che lei morirebbe senza di me e… questo pensiero a volte rischia di farmi impazzire!... Io la amo, l’amo davvero. Non mi pesa vivere con lei, non mi è mai pesato. Invece, a volte, sembra quasi che Will faccia di tutto per rientrare il più tardi possibile a casa e… io temo che sia a causa mia! >. < Oh, Kenny! Ma che diavolo dici? Willow è sempre stata super attiva, fina da ragazzina. Al liceo non si fermava un attimo!... E ora che lavora… be’, magari a volte lo penso anch’io che potrebbe lavorare di meno ed essere più presente in casa, ma non credo che sia una stacanovista in ufficio al puro scopo di evitare te! >. < Credi?... Ok, forse prima. Ma adesso… passa più tempo in questo dannatissimo cimitero che nella nostra stanza e… temo che il mio orgoglio non mi permetta proprio di farmi andare bene la cosa! >. < Gliene hai mai parlato? >. < Che fai, mi prendi in giro? So per certo che oggi pomeriggio ci ha sentito tutto il quartiere discutere e tu eri in casa, quindi che domanda è? >. < Intendevo… hai provato a parlargliene con calma, senza strillare come oggi? Non necessariamente dovete litigare per toccare certi argomenti! >. < Ah, davvero? Be’, quando non mi vede furiosa sembra che non mi veda affatto!... Ho già provato a dirle che ci sono rimasta male nel venire a sapere all’improvviso della sua bella trovata… tss! Far materializzare qui le bare di Tara, Anya e tua madre… roba da pazzi! >. < Sì, ma ti ha spiegato che lo ha fatto perché voleva un posto in cui andare a pregare. So che te lo ha detto! >. < No, lei voleva di nuovo una lapide sulla quale andare a piangere! E tua madre e Anya sono state solo due alibi! >. < Forse è vero, ma… non c’è nulla di male a piangere o pregare sulle tombe dei propri cari! >. < Certo! A patto che non diventi un’ossessione!... E lei è ossessionata da questo posto, lo sai anche tu!... Io… capirei se fosse passato poco tempo, ma… cavolo! Tara è morta da anni e… quando si comporta in questo modo, mi viene da chiedermi… perché sta con me? Il problema è che se uso il cuore, la risposta mi rende felice. Se uso la logica… vado fuori di testa dalla gelosia e dal dolore. >. < Ti capisco, Kenny, ma forse ti sbagli, no? Io non credo che Willow ti ferisca volontariamente e anzi penso che… >. < Senti, Buffy, non mi va di continuare a parlarne, ok? Tanto non potresti mai darmi ragione perché prima di essere amica mia sei amica sua. Quindi… tagliamo qui e facciamo la ronda. Dividiamoci: io vado a nord e tu a sud. Se capita qualcosa, un grido basterà a richiamare l’altra!... A dopo! >. E accelerò il passo per lasciare l’altra indietro. Parlare con Buffy poteva esserle di sfogo ma non del tutto, visto che la bionda avrebbe difeso fino alla morte Willow e i suoi comportamenti, sbagliati o giusti che fossero. Lo aveva sempre fatto. Il che era fantastico: era proprio così che lei stessa definiva l’amicizia. Ma non era l’ideale in quel caso, non per lei, non in quel momento. Buffy la lasciò andare senza fare nulla: Kennedy, per il suo carattere, si era sfogata fin troppo. L’indomani avrebbe parlato con Willow e le avrebbe detto di quella breve chiacchierata perché, infondo, Kennedy aveva ragione: la strega passava pochissimo tempo con loro ora e troppo lì, nel cimitero,davanti alla tomba di Tara. Non era giusto né salutare. Buffy comunque accantonò quei pensieri per il momento e riprese a fare la ronda da sola, sperando che l’altra non si cacciasse nei guai. Le lapidi attorno a lei sembravano tutte uguali, tutte tirate a lucido come se una premurosa donna delle pulizie le avesse pulite ben bene. Non l’aveva mai notato prima, ma quel piccolo cimitero di San Francisco era completamente differente da tutti i tredici che c’erano una volta a Sunnydaile dove di tombe nuove ce n’erano parecchie, ma ce n’erano altrettante vecchie, rovinate, dalle lapidi sgretolate e le scritte quasi illeggibili contornate da ragnatele e muschio. Lì, invece, non c’era traccia d’erbaccia incolta né di ragnatele e anche le tombe datate erano tenute in perfetto stato. . Commentò sarcastica la Cacciatrice, tra sé e sé. Oltre a quel posto, naturalmente, nella zona nord della città, ovvero esattamente dall’altro lato rispetto a dove stava cacciando ora, c’era un solo altro cimitero. Quello era decisamente più grande ed era ricco di mausolei di famiglia e roba simile. Tombe singole era difficile trovarne, ma di tombe fresche, in compenso, se ne trovavano quante ne volevi. Buffy pensò che quella sera, forse, lei e Kenny avevano sbagliato cimitero da pattugliare. Ad un tratto delle voci lontane e dei tonfi attirarono la sua attenzione. Si accucciò istintivamente e camminò carponi in direzione di quei rumori, stando attenta a non essere vista. Una lapide più larga delle altre e circondata da dei cespugli fece al caso suo per nascondersi. Si scorse leggermente e vide un gruppo di vampiri che se la prendevano con un tizio, un ragazzo. Da lì non riusciva a vedere bene, ma contò i vampiri: sei. Cercò di capire che cosa stavano dicendo ma non sentiva chiaramente. Solo una cosa era chiara: era in corso un linciaggio. . Si disse Buffy, alzandosi in piedi. . Disse, attirando l’attenzione dei vampiri che, fino a quel momento avevano rissato con quel giovane sconosciuto che, pur essendosi difeso bene, sembrava in difficoltà ora. La rissa cessò e uno dei vampiri la guardò ringhiando:. Le disse, rabbioso. Lei sorrise:. Rispose Buffy che poi, scattando, iniziò a correre e si buttò fra i nemici cominciando a menar le mani a destra e a manca. Il ragazzo che fino a quel momento era stato solo nel difendersi la guardò stupefatto. I suoi capelli erano legati e tenuti fermi da un berretto messo con la visiera al contrario. I suoi profondi occhi azzurri esprimevano assoluto stupore: che diavolo ci faceva la Cacciatrice lì e in suo aiuto, poi? Ma non era il momento di rimanere con le mani in mano. Quindi il giovane si rialzò e riprese a combattere nonostante la profonda ferita che aveva su un fianco e le mani sbucciate e sanguinanti. Divenne tutto un gran caos in cui i sei vampiri menavano in qualunque direzione, Buffy tentava di schivare colpi provenienti dappertutto cercando anche di assestare qualche buon pugno e il giovane che sembrava una furia nonostante le ferite. Poi Buffy si stancò di giocare ed estrasse il proprio paletto dalla tasca interna della giacca: fece immediatamente fuori due vampiri, un terzo lo stordì prima con un pugno e poi lo rese polvere e il quarto… be’, il quarto risultò enorme. Le diede un calcio nello stomaco e poi un manrovescio che la fece ruzzolare a terra e le fece battere la fronte contro una grossa radice di un albero che sporgeva fuori dal terreno, provocandole un bel taglio. Il vampiro, pensando che la sua vittima primaria fosse ormai morta sotto i colpi del suo ultimo compagno, si avventò sulla ragazza decidendo che non l’avrebbe uccisa, ma se ne sarebbe nutrito perché non aveva dubbi che fosse umana. Le si avvicinò minaccioso mentre Buffy, ancora stordita, stava appena cominciando a rialzarsi. Ma il vampiro non fece in tempo ad agguantarla come avrebbe voluto perché le sue mani e tutto il suo corpo si mutarono in polvere che venne sparsa dalla brezza leggere che caratterizzava quella tiepida serata primaverile. Una volta fatto fuori l’enorme vampiro, dietro di lui apparve il giovane che teneva in mano un pezzo di legno appuntito col quale aveva impalato l’ultimo dei suoi aggressori. Buffy si toccò la testa dolorante: aveva preso una bella botta. . Disse, rialzandosi in maniera goffa. . Disse una voce profonda che lei già aveva sentito. Buffy ci mise qualche altro istante a riprendersi, poi alzò la testa e riconobbe Kain. . Esclamò esterrefatta. Non l’aveva proprio riconosciuto quando si era appostata dietro quella lapide e durante il combattimento non era stata certo a guardare se conosceva o meno il tizio col quale se la stavano prendendo i vampiri. Kaine si tolse il berretto e fece un teatrale quanto profondo inchino, mettendo su un sorriso sarcastico che metteva in risalto la sua dentatura perfetta. . Buffy lo guardava quasi imbambolata e si diede infinite volte dell’imbecille per non averlo riconosciuto. Impugno saldamente il paletto e, dopo essersi assicurata che le proprie gambe l’avrebbero retta, si mise in posizione di difesa. . Esclamò la ragazza, pronta di nuovo a combattere. Kain la guardò interdetto per un momento, poi sorrise sollevando un sopracciglio:. Disse Kaine. I suoi modi, il suo tono, perfino la sua espressione… tutto di lui sembrava cambiato rispetto al loro primo incontro. Se Buffy non avesse saputo con chi stava parlando, avrebbe scambiato Kain per un bel ragazzo qualunque, dall’aria disinvolta, quasi simpatica. . Gli domandò a bruciapelo, studiando poi la sua reazione. Lui fece solo una breve smorfia:. Rispose lui, quasi con noncuranza. Buffy si fece sfuggire una risatina sarcastica:. < E ti sono in debito. Ma se non fossi arrivata tu, sta’ pur certa che li avrei uccisi tutti, uno ad uno. Ero in svantaggio, vero. Ma solo perché quel bastardo di Growdge, il tizio che stava per farti la festa, mi ha infilato un coltello da parte a parte, ferendomi! >. < Scherzi? Sei un vampiro, un coltello non può essere davvero un problema per te, a meno che non ti ci staccano la testa! >. < Un coltello non può uccidermi, ma può farmi male e credimi, non è piacevole essere trapassati da parte a parte in questo modo!... Comunque… torna a casa, Cacciatrice, e curati. Ci vedremo una di queste notti! >. < E non tenti di uccidermi? Non sei stato tu a dire che volevi vendicare Kakistos? >. Forse sfidarlo non era una buona idea, ma voleva comunque vedere la sua reazione. Kaine le scoccò un’occhiata perplessa, poi sorrise ancora. < Ti ho detto che avremo tempo per confrontarci, Cacciatrice. Non ora. E comunque… sì, probabilmente ti ucciderò o lo farà uno dei miei uomini, ma… di certo non per vendicare Kakistos!... Sarà solo perché… tu sei una delle Cacciatrici e noi… be’, noi siamo vampiri. E’ una questione di ruoli!... Buona notte, Cacciatrice! >. Poi Kain si voltò e se ne andò come se nulla fosse. Unico segnale dello scontro appena avuto, il fatto che si teneva la mano sul fianco ferito e zoppicava lievemente. Buffy in un primo momento pensò d’inseguirlo e impalettarlo, ma poi una forte vertigine seguita dal mal di testa la fecero desistere. Era stata una serata schifosa in molti sensi. Era ora di tornare a casa, fare una doccia e poi a nanna: sarebbe stato stupido andarsi a cercare atri guai. . Si disse la bionda. Un attimo dopo s’incamminò verso nord, alla ricerca di Kennedy, sperando di essere a casa massimo di lì a un’ora.

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Capitolo 9
*** 9 ***


CAPITOLO NONO: UN PO’ DI TRANQUILLITA’ Dawn stava riportando gli appunti di fisica seduta al tavolo del soggiorno su cui aveva sparso praticamente tutti i suoi libri di scuola. Aveva un’ultima interrogazione e poi finalmente avrebbe avuto un’intera settimana di tregua dalla scuola finita la quale, però, si sarebbe dovuta rimboccare le maniche e darsi da fare per l’inizio degli esami finali. Un mese in tutto, poco meno in realtà. E poi basta scuola. Era solo questo pensiero che le metteva allegria, altrimenti si sarebbe lasciata tranquillamente scivolare nel baratro della disperazione, visto che la metà dei suoi amici – più piccoli di lei di un anno – erano già in vacanza a divertirsi. Per fortuna, Robert frequentava il suo stesso anno di liceo, anche se in un’altra classe; quindi almeno lui non l’avrebbe lasciata da sola incatenata ai libri e alle tesine che doveva ancora finire di rivedere e d’imparare bene. Era stata una settimana dura per tutti quella, e il fatto che fosse venerdì, dava alla ragazza un motivo in più per sperare che presto l’atmosfera intorno a lei sarebbe stata più rilassata. Gli ultimi sette giorni erano cominciati male con Buffy costretta a fare gli straordinari in ufficio e, di notte, interminabili ronde in giro per la città anziché per i cimiteri. Sua sorella aveva raccontato a Giles e a tutti loco cosa le era capitato la sera in cui era andata di ronda da sola con Kennedy e il signor Giles era diventato assillante e nervoso, convinto che a causa di quel Kain e di suo fratello ben presto ci sarebbero stati guai grossi quanto una casa. Quindi stava costringendo le di Cacciatrici di casa e lavorare più del doppio rispetto al solito. Xander da sette giorni quasi non si parlava con Willow, ma Dawn non aveva capito bene il perché: avevano discusso, questo non era un mistero. Ma riguardo a cosa non era uscito fuori. Invece, era chiarissimo il perché dal martedì Kennedy e Willow si comportavano come due estranee fra loro: era passato il 7 maggio, l’anniversario della morte di Tara. Quel giorno Willow era uscita all’alba ed era stata via tutto il giorno senza dire niente a nessuno su dove fosse andata, tanto che Kennedy al crepuscolo aveva cominciato a dare in escandescenze, preoccupata che la sua ragazza potesse incorrere in qualche pericolo una volta che il sole fosse tramontato del tutto. Era stato per questo che era uscita e l’era andata a cercare… al cimitero, ovviamente. Ma non l’aveva trovata. Tornando a casa in moto Kennedy aveva passato in rassegna ogni persona che le capitava di vedere, ogni auto. Ma di Willow nemmeno l’ombra. Giunta alla villetta dove abitava, la Cacciatrice mora scorse a colpo d’occhio l’auto della sua ragazza, parcheggiata davanti casa e… piena zeppa di polvere sabbiosa, gialla come quella del deserto. Scese dalla moto lasciandola nel garage e andò a dare un’occhiata da vicino all’auto e… capì dov’era stata Willow per tutto il giorno: era tornata sul bordo del precipizio che una volta era stata la città di Sunnydaile. Non c’era niente se non quella patina giallognola e secca a a darle quella conferma, ma lei aveva sentito dentro che era così, che non si sbagliava. Rientrando in casa Kennedy stava quasi per sbottare a Willow che in quel momento era in camera loro a fare una bagno ristoratore. Dawn aveva visto la faccia furiosa della sua amica Cacciatrice e, lanciandosi occhiate con sua sorella, aveva temuto l’esplosione di un cataclisma da lì a pochi minuti. Invece non era successo. Kennedy si era recata in camera e poi nel bagno adiacente ad essa ed era rimasta a guardare Willow in silenzio mentre si lavava senza alcuna fretta. . Le aveva domandato, più calma di quanto lei stessa non si sentisse. E più esitante. La ragazza dai capelli rossi aveva sostenuto il suo sguardo, ma non c’era aria di sfida in lei. Solo… tristezza profonda. . Le aveva detto, semplicemente Willow. Kennedy l’aveva fissata ancora e aveva scorto occhiaie profonde e tutto fuorché relax in lei. Così aveva deciso di lasciar stare, di non inveire contro di lei nonostante tutto. Si era spogliata rapidamente, rimanendo in slip e reggiseno, poi era andata a sedersi sul bordo della vasca e aveva cominciato a lavarle i lunghi capelli:. Aveva detto brevemente. Una volta finito lì, anche Kenny si era lavata ma in maniera più rapida. Poi le due se n’erano andate a letto senza neanche cenare e senza dire molto altro. O almeno questo era quello che Will aveva raccontato l’indomani mattina a Buffy. Fatto sta che da quella sera la coppia di casa sembrava tutto fuorché una coppia. Non è che le due si tenessero il broncio o fossero arrabbiate l’una con l’altra. No. Dawn aveva semplicemente constatato che Willow e Kennedy si erano chiuse in loro stesse, nel loro mondo privato nel quale non permettevano a nessuno di entrare. Mentre la più giovane delle sorelle Summers rifletteva su queste cose, qualcuno suonò alla porta e lei, essendo sola in casa per il momento, andò ad aprire felice che qualcosa l’avesse distratta dallo scrivere: cominciava a farle male la mano. Quando aprì la porta gli si presentò davanti un sorridente Tomas con tre buste piene di roba al seguito. . Il ragazzo era bello e sorridente, esattamente come se lo ricordava lei. Era sorpresa di vederlo lì, ma non poteva certo lasciarlo fuori casa, così aprì di più e lo lasciò passare. . Disse. Tomas le regalò un altro sorriso smagliante e si diresse direttamente in cucina. Dawn richiuse la porta poi gli trotterellò dietro cercando di capire le sue intenzioni. Arrivato in cucina, il dottore si mise a svuotare le borse della spesa e tirò fuori ogni ben di Dio possibile e immaginabile. . Esclamò, ben cosciente che la sorella non le aveva parlato di quella cena probabilmente perché nemmeno lei ne sapeva niente. E infatti la conferma arrivò subito dopo, quando Tomas, mettendo alcune cose in frigo, disse:. Disse Tom, chiudendo poi lo sportello del frigo. . Disse Dawn, di slancio. Lei detestava cucinare, ma detestava anche di più lavare i piatti. Tomas rise di gusto:. Rispose. Poi andò al lavello e, dopo essersi lavato le mani, iniziò a cucinare. Dawn, con la scusa di dover andare in bagno, schizzò in camera sua a telefonare a sua sorella per avvisarla della “splendida sorpresa”: quella sera lei e Kennedy avevano programmato un’altra ronda coi fiocchi che sarebbe dovuta cominciare alle nove e mezza circa e finire intorno alle tre, visto che l’indomani nessuno sarebbe dovuto andare a lavoro. Ma, era evidente, il programma doveva cambiare. Compose rapidamente il numero e si preparò a parlare con sua sorella a bassa voce, ma il cellulare risultò scarico. Allora compose direttamente il numero del suo studio, ma la segretaria le disse che Buffy era impegnata con un paziente e che proprio non poteva rispondere. Allora, la giovane pensò di chiamare Xander sul cellulare e di avvisare almeno lui, ma poi ricordò che quel pomeriggio, proprio in quel momento, Xan era dallo psicanalista per quella che lui definiva “la sua personale chiacchierata con uno sconosciuto”. Quindi niente da fare. E ormai, chiamare Willow o Kennedy sarebbe stato inutile, almeno quanto chiamare Giles. Così Dawn riattaccò e sospirò rassegnata: quella sera ci sarebbe stato da ridere. Quando tornò di sotto, trovò Tom a curiosare fra i suoi libri di scuola mentre s’impegnava a girare la farina con l’acqua dentro ad una ciotola per preparare la pastella. . Gli domandò Dawn, scherzando. Lui sorrise:. Dawn annuì, tornando a sedersi e riprendendo una penna in mano. < Direi proprio di sì. Fra poco ho gli esami! >. Disse. < Buffy me lo ha accennato la scorsa settimana, quando… ti ha aiutata a finire la tesina di geografia commerciale! >. < Geografia…? Ah, sì, sì, certo! La tesina! >. Peccato che lei non studiava quella materia dal secondo anno di liceo. Sua sorella non poteva inventarne una migliore? < Sì. E… com’è andata poi? Quanto hai preso con quel lavoro? >. < C-come? >. < Il voto! Quanto ti hanno dato? >. < Ah!... Ehm… una a! >. < Una a!!! Be’, fantastico! Almeno so che quella sera tua sorella ha speso bene il suo tempo! >. Dawn annuì ravviandosi i capelli e pensando che Tomas era una grande volpe e che non aveva creduto minimamente alla scusa messa da sua sorella. Sapeva bene di che sera stava parlando, di quella in cui poi erano usciti di ronda e avevano trovato guai a non finire. Buffy le aveva accennato la storia della tesina e l’aveva già valutata sciocca, ma ora la riteneva davvero una grossa cretinata. Cretinata che comunque andava difesa… così Dawn si arrampicò sugli specchi per sostenere quella conversazione mentre il ragazzo di sua sorella si faceva in quattro, come un vero cuoco, per preparare tutte le leccornie che si era prefissato di far mangiare a Buffy e ai suoi amici quella sera. Poi finalmente arrivarono Kennedy e Willow, di ritorno dal lavoro. E poco dopo fu la volta di Xander e la stessa Buffy. Giles arrivò che la cena era praticamente appena stata servita. . Disse l’inglese, visibilmente imbarazzato e anche non poco contrariato dalla presenza di Tomas. Non sarebbero mai riusciti a liberarsi di lui entro i tempi che avevano stabilito per iniziare la ronda quella sera, a meno che Buffy non lo cacciasse letteralmente fuori dalla porta. Il che era escluso, viste le ultime discussioni avute col ragazzo. O forse Buffy voleva tornare single? No, si disse Giles: era da escludere, conoscendola. Poi Willow lo portò in cucina e gli spiegò che Tom non era stato invitato quella sera, ma si era presentato lì all’improvviso e non avevano potuto mandarlo via perché aveva fatto la spesa e provveduto a cucinare, così Giles dovette rassegnarsi all’inevitabile: la ronda si sarebbe fatta più tardi. Annullarla era fuori discussione. Tomas se ne andò che era quasi mezzanotte anche perché, come promesso, prima di tornare a casa volle lavare tutti i piatti e le stoviglie utilizzate per quella mega cena che aveva preparato con le proprie mani. A nulla erano valse le suppliche di Buffy e gli altri di lasciar stare i piatti. Così, a mezzanotte e un quarto, tutta la Scooby gang, eccetto Dawn che non sarebbe andata con gli altri, era ancora in casa a prepararsi. Uscirono che era quasi l’una. Sarebbe stata una notte lunga e la caccia si sarebbe conclusa, non senza problemi di natura demoniaca, solo di lì all’alba. Per fortuna che l’indomani era sabato. (quasi un mese più tardi) Dal diario terapeutico di Xander Tra tre giorni è il fatidico giorno di merda… saranno due anni esatti dalla mattina in cui ho visto sprofondare la mia schifosa città natale in quella voragine. Me ne frega qualcosa? Infondo non tanto: quando ero un adolescente odiavo Sunnydail, odiavo il liceo e il fatto che mi considerassero un perdente morto di fame. Gli unici momenti felici passati lì sono stati quelli passati con Willow, e poi quando è arrivata Buffy… la mia vita ha cominciato ad avere un minimo di senso, un minimo di sapore. Ma rimanevo comunque un coglione che non era capace nemmeno di chiedere alla nuova arrivata un appuntamento. E poi… le cose sono cambiate. C’è stata Cordelia che è precipitata nella mia vita come un fulmine a ciel sereno, cambiando la mia routine: tutto mi sarei aspettato fino a quel giorno, fuorché di avere una storia proprio con la regina delle rompiscatole snob e invece… Willow a momenti mi uccise… ogni volta che ripenso a quando mi ha beccato insieme a Cordelia mi viene da ridere, ma in quel momento tutto mi veniva fuorché da ridere… Credetti di aver perso per sempre la mia migliore amica, la mia sorella di sempre. Per fortuna così non fu… Poi c’è stata Faith, quella pazza scatenata con cui non mi aspettavo certo di finire a letto, ma ero un ragazzo e un cretino come tutti i ragazzi a diciassette anni: ragionavo con la zip dei pantaloni. Mi si è offerta e io non l’ho rifiutata. Non mi sono mai veramente pentito di quella scelta, ma in alcuni momenti penso che probabilmente la mia verginità avrei dovuto perderla con qualcuno che per me contava davvero e non con una “cacciatrice” eccezionalmente sexy ed eccezionalmente fredda come il ghiaccio… sono un romantico, dice Buffy. Forse è vero. Ma non me ne vergogno, non credo di perdere in virilità… Dopodomani c’è anche un’altra ricorrenza di merda… saranno due anni che Anya è morta. Anya, un demone. Per me era un angelo, però. L’ho amata davvero e non credo di aver smesso… anzi, ne sono certo perché se così non fosse non avrei rifiutato l’invito a uscire di Alice, l’amica di Kennedy, e ora non mi troverei qui, nel mio ufficio, a scrivere su questo fottuto diario che oggi pomeriggio consegnerò, come ogni mercoledì, al mio psicanalista. Già, perché non solo da quando Anya è morta sono rimasto impantanato nella mia apatia, ma addirittura mi sono abbandonato alla depressione più nera, tanto da convincere Buffy che mi serviva una mano da uno strizzacervelli amico suo… lei non può occuparsi professionalmente di me: non sarebbe professionale!… Mi viene da ridere e sorrido mentre sto scrivendo… Quello che non ha capito Buffy è che io mi accontentavo di lei come amica, del sostegno che mi ha sempre dato offrendomi il suo affetto. Buffy è come una sorella ora per me, esattamente come lo sono Willow e Dawn. Le mie ragazze… Avrei superato questo mio senso di vuoto col loro appoggio e nient’altro. Ne sono sicuro… Con Willow ci siamo anche segnati a scuola di ballo… siamo forti insieme. Ma il nostro insegnante dice che a tratti ci vede freddi. Che intenderà dire? No… so cosa intende dire: sono io che sono freddo. Ho imparato i passi e li eseguo molto meglio di quanto non avrei immaginato, ma solo perché me lo ha chiesto lei… non me ne frega niente di ballare, di divertirmi. Esattamente come non mi frega di tutto quello che mi circonda… Sono le mie ragazze che mi tengono in vita. Loro e Giles… lavoro per portare denaro a casa affinché non manchi nulla a quelle quattro persone, mai, qualunque cosa accada. Anche per Kennedy provo gli stessi sentimenti, sebbene il nostro rapporto non si sia stretto da molto tempo. Ma lei allevia le sofferenze di Willow, la ama e di rimando io amo lei per questo. Non gliel’ho mai detto. Chissà se lo ha capito?! Progetto la mia vita con loro perché so che soffrirebbero se confessassi che se non vivessimo praticamente insieme, ci avrei sguazzato in questa mia voglia di nulla… fino a perdermi nell’oblio. Buffy… credo se ne sia accorta, infondo. So che è una brava psicologa, anche se non lavora da molto. Quando mi guarda, sento che quasi è capace di leggermi nel pensiero. O è solo una mia impressione? Ma forse… forse ha ragione lei e fare due chiacchiere con un estraneo mi farà bene, prima o poi… (Senza offesa, doc, s’intende!… Lei non mi sta antipatico, ma se ci vediamo due volte la settimana da ormai un anno e mezzo è solo per accontentare le mie ragazze: questo non gliel’ho mai nascosto e neppure a loro!). O forse… se non avessi seguito i consigli che mi hanno dato, i consigli di Buffy, a quest’ora mi sarei già fatto fuori… chi lo sa! No… ok, l’ho sparata grossa: sono troppo codardo per farmi fuori da solo… Dopodomani… due anni… Amavo Anya per la sua dolcezza e per la sua ingenuità, l’amavo anche per la sua lingua lunga e per la mancanza di qualunque scrupolo nell’esprimere i propri pensieri, i propri desideri. L’amavo anche quando mi faceva fare pessime figure… E allora, doc, ora si chiederà: se l’amavi tanto perché poi l’hai mollata sull’altare? Perché l’hai fatta soffrire a quel modo se l’amavi davvero?… La risposta, doc, è che ero un idiota che si faceva passare per un uomo adulto e invece, quando si è trattato di fare un passo serio, da adulto, ecco lì che sono tornato ad essere quell’adolescente insicuro che ero al liceo. E ho rovinato tutto… Sono stato bravo, vero doc? E ora mi mozzerei tutt’e due le mani, altro che perdere un occhio che, tra l’altro, ho pure recuperato grazie alle conoscenze di Willow. Di quella perdita ho solo una cicatrice a ricordo ora, una lieve riga di epidermide più scura sulla pelle del mio viso. Ma a ricordarmi che sono rimasto solo e che prima ancora ho ferito l’unica donna che io abbia mai amato davvero… l’unica che avrei voluto come madre dei miei figli, ci sono i miei ricordi e i miei sensi di colpa inutili. Cicatrici invisibili e permanenti molto più di quella sull’occhio. Ma sono un bastardo e un egoista e non meritavo Anya… è per questo, credo, che il destino me l’ha portata via. A proposito di Willow… l’ultima volta che io e lei, doc, ci siamo visti non le ho detto che ci siamo riappacificati. Ora posso dirglielo… avevamo discusso settimane fa perché, secondo me, non si stava comportando bene con Kennedy: quasi la stava facendo sentire indesiderata. Quando glielo feci notare, Will s’incavolò a morte e litigammo. Siamo stati senza quasi rivolgerci parola per un mese. Willow mi ha urlato in faccia che non sono fatti miei come tratta la sua ragazza, e forse è vero. Ma poi ha aggiunto anche che io sono l’ultima persona sulla faccia della Terra a poterle dare lezioni su quest’argomento e… mi ha ferito. E’ per questo che l’ho quasi presa a schiaffi. Quasi, però. Per fortuna riuscii a controllarmi. Solo che poi ci siamo tenuti a debita distanza l’uno dall’altra… credo per non ferirci ulteriormente a vicenda. Poi l’altroieri… ci siamo chiariti e abbiamo stabilito che siamo due imbecilli. Pace fatta. Ho il cuore più leggero, ora. Quando litigo con Will poi mi sembra sempre che mi manchi qualcosa, una parte di me, come una gamba o un braccio… Ah, ora basta, doc, per oggi chiudo qui col compiangermi e col raccontarle quanto mi commisero: devo scappare ad accompagnare Giles, Kennedy e Buffy all’aeroporto… se non mi sbrigo faremo tardi. Saluti doc e spero che la lettura sia stata interessante come sempre! Alexander Harris Scritte quelle pagine del suo “diario terapeutico”, Xander lanciò un’ultima occhiata al suo orologio da polso, poi chiuse il quaderno e se lo mise nella propria ventiquattrore per scattare in piedi subito dopo e avviarsi fuori dal proprio ufficio quasi correndo. Di lì a mezz’ora lui e gli altri dovevano essere all’aeroporto o i suoi amici avrebbero perso il volo. Kennedy doveva partire per un corso di formazione o qualcosa del genere, mentre Buffy e Giles sarebbero andati… be’, non ricordava dove, ma anche loro comunque avrebbero partecipato a un convegno a Minneapolis; o meglio, Buffy sarebbe andata al convegno, mentre Giles ne aveva solo approfittato per farsi un viaggetto e andare a trovare vecchi amici. Lui, Dawn e Willow sarebbero rimasti soli a casa. Avrebbero mangiato schifezze per qualche giorno, fatto tardi la sera davanti al televisore guardando un film in dvd e magari si sarebbero addormentati sul divano, rannicchiati tutti e tre insieme come cuccioli in una cesta. Non sarebbe stato così male se non fosse stato per il fatto che tra quei giorni ci sarebbe capitato quel maledetto anniversario. Steve Kery, il socio di Xander, era proprio fuori dall’ufficio: una piccola costruzione prefabbricata al centro del cantiere di cui si stavano occupando insieme. Steve stava parlando con una cliente per un nuovo ingaggio e Xander sapeva che probabilmente avrebbe dovuto parlare anche lui con quella donna, Janna Yurguens, una delle clienti più ricche che avesse mai chiesto la loro manodopera. Ma non aveva tempo in quel momento: la famiglia prima di tutto. Aveva pregato Steve quindi, mezz’ora prima, di occuparsene lui e il suo socio aveva accettato senza troppe obiezioni. Mentre Xander passava davanti ai due, chinò lievemente il capo in maniera educata, accennando un sorriso verso la cliente; poi lanciò uno sguardo d’intesa e di ringraziamento muto al proprio socio:. Disse Xander, cordiale. La donna gli regalò un largo e seducente sorriso, mentre Steve lo salutò con la mano, strizzandogli l’occhio in un gesto complice. Xander indossò gli occhiali da sole, si diresse alla propria auto, ci buttò dentro la propria valigetta e salì richiudendo lo sportello dietro di sé. Accese la radio, si mise la cintura e avviò l’auto. Era davvero in ritardo: Kennedy l’avrebbe strozzato se le avesse fatto perdere il volo. L’aeroporto era stranamente poco affollato. La gente intorno camminava lenta come se stesse lì per fare una passeggiata, anziché per partire o per tornare a casa. Buffy si era occupata già del checkin suo e di Giles, nonostante sembrasse uno zombie: la notte precedente erano andati ancora di ronda e ce le avevano prese di santa ragione da un latro gruppo di vampiri, solo che non erano fedeli a Kaine come avevano pensato al principio; no: erano fedeli ad Habel e avevano attaccato improvvisamente, per strada, con una ferocia che si vede di rado… come se ce l’avessero proprio con Buffy per qualche ragione, aveva commentato Giles. E lui era stato perfettamente d’accordo. Erano tornati a casa alle tre e mezza pieni di ferite, doloranti e stanchissimi. E sul viso di Buffy la stanchezza era evidente ora. Intanto Kennedy era ancora in fila allo sportello, con la valigia al seguito e Willow che le teneva compagnia. Sembrava tutto a posto fra loro, ora. Ma tanto Xander quanto Buffy per un certo periodo avevano pensato che la rottura fra le due fosse vicina. Xander le osservava dalla poltroncina metallica sulla quale era seduto ormai da mezz’ora: i voli erano in ritardo come sempre. Sì, sembrava tutto a posto fra loro, adesso. Kennedy sorrise probabilmente a una battuta di Willow che, dopo un attimo, arrossendo lievemente la imitò. In quel momento sembravano davvero serene e Xander le invidiò, desiderò essere come loro. < Come può essere che è finito lungo davanti a tutti? >. Domandò Willow, continuando a ridere. < E’ scivolato su una chiazza di senape che qualcuno aveva fatto cadere proprio davanti alla sua postazione!… C’è mancato poco che si rompesse la testa, ma quando gli si sono sgarrati i pantaloni… Dio, è stata una scena impagabile! >. Proseguì Kennedy, sempre più divertita al ricordo di ciò che era successo quella mattina in ufficio. Ci aveva fatto un salto per prendere delle carte che le sarebbero servite al convegno e invece aveva assistito a una delle più brutte figure mai fatte da David Devemport, il suo odiosissimo collega donnaiolo e tanto pieno di sé da grondare superbia anziché sudore durante la ginnastica. David ci aveva provato con lei una decina di volte e lei lo aveva sempre tenuto alla larga con parole brusche, tono sicuro, ma senza mai mettergli le mani addosso: gli avrebbe fatto male, altrimenti. Quell’idiota, poco meno di quattro settimane addietro, ci aveva provato anche con Willow facendole la manomorta sul sedere mentre lei passava per recarsi nel proprio ufficio. Kennedy, che aveva visto la scena dalla sua postazione sita poco più avanti, era quasi stata sul punto di alzarsi e andare a staccargli la testa dal collo con un pugno, ma poi Will aveva sorpreso tutti bloccando improvvisamente i propri passi, voltandosi di colpo e rifilandogli un sonoro ceffone sulla guancia, tanto forte da farlo traballare. Tutti in ufficio avevano assistito alla scena. Kennedy e Willow si erano scambiate uno sguardo d’intesa e di soddisfazione. David c’era rimasto malissimo per il colpo subito e, soprattutto, per la pessima figura fatta davanti ai colleghi presenti. Lo stesso Grinwolt aveva visto e… il giorno dopo aveva dato la promozione a Willow. La seconda in pochissimo tempo. Era praticamente un record, soprattutto in quella sede della ditta e soprattutto per il severissimo signor Grinwolt che, normalmente, prima di concedere una promozione a qualcuno ci pensava su non una ma dieci volte. . Le aveva detto. Una settimana dopo Willow aveva un ufficio tutto suo tre piani più sopra rispetto a dove aveva lavorato fino a quel momento. Un ufficio più grande del precedente, con una bella finestra che dava luce ovunque, ma senza aria condizionata. Peccato, ma si trattava pur sempre di un ufficio privato, con uno schedario esclusivo e una segretaria fuori dalla porta che era al suo servizio anche fino a dodici ore al giorno. Da quel momento, prendere in giro David era diventato il passatempo preferito tanto di Kennedy quanto di Willow. . Disse la strega, guardandosi attorno per vedere se per caso su uno dei tabelloni ci fosse riportato il ritardo previsto per l’aereo della sua ragazza. In un gesto spontaneo prese la mano dell’altra e Kennedy la fissò felice. Le sarebbe mancata la sua streghetta in quei giorni. Quando Will tornò a voltarsi, in un impeto di affetto Kennedy la baciò passionale come sempre, carezzandole la guancia con una mano e la schiena con l’altra. Willow ne rimase sorpresa, ma non ci mise più di un istante a lasciarsi trasportare da quel bacio. Kennedy era dolcissima con lei e in qualunque momento, ovunque si trovassero, non perdeva occasione per ricordarle quanto l’amasse. Xander vide la scena e vide anche alcune persone anziane vicino a loro scansarsi rapidamente come se si fossero accorte improvvisamente di due lebbrose. Il ragazzo scosse la testa amareggiato, constatando quanto la gente potesse essere ottusa e involontariamente cattiva nel manifestare la propria approvazione o il proprio disappunto. Kennedy e Will non si accorsero di quei due e proseguirono per altri secondi il loro bacio. Poi si separarono, rimanendo comunque unite con le mani. . Domandò Kenny, scherzando. Will fece spallucce e assunse uno sguardo furbo:. Esclamò, maliziosamente divertita. Kenny sollevò un sopracciglio:. Willow divenne seria. . Disse, tornando a sghignazzare sotto lo sguardo divertito e lievemente corrucciato dell’altra. Dopo poco riuscirono a fare il checkin e l’altoparlante annunciò che i due voli erano atterrati. Di lì a poco ci sarebbe stato l’imbarco. Il gruppo di amici si riunì al bar per gli ultimi saluti e per bere qualcosa. Poi, quando l’altoparlante annunciò l’inizio dell’imbarco, Kenny, Giles e Buffy salutarono gli altri, raccomandandosi di non finire nei guai in quei pochi giorni di separazione. Dawn sbuffò rivolta a sua sorella:. Scherzò. Buffy la incenerì con un’occhiataccia torva:. Rispose Buffy, con un finto sorriso. Dawn alzò le braccia sopra la testa:. Poi i tre se ne andarono verso le loro porte d’imbarco, mentre Xander, Willow e Dawn si avviarono verso l’auto del primo. Xander salì e Dawn stava per imitarlo sui sedili posteriori, ma Willow le bloccò per un momento la portiera guardandola con un sorriso furbo:. Dawn divenne lievemente rossa sulle guance per essere stata colta in fallo: quando aveva fatto sesso per la prima volta, per paura di una sfuriata da parte sua, non era andata a confidarsi da Buffy. Ma aveva un bisogno disperato di confidarsi, di parlare di quell’esperienza eccitante e romantica al tempo stesso. Così era andata da Willow e aveva spifferato tutto. La conseguenza era che… poteva raccontare balle a tutti su come passava le sue serate, ma non a Willow. . Si giustificò, imbarazzata. Will le scoccò un altro sorriso furbo e le strizzò l’occhiolino: era sua complice. . Un attimo dopo l’auto si allontanò, pronta ad immettersi nel traffico del viavai di gente presente all’aeroporto. In macchina la radio trasmetteva l’ultima canzone degli Aerosmith e il suono dell’assolo della pianola elettrica in quel momento riempiva l’aria tutt’intorno e le orecchie dei passeggeri che, ognuno per conto suo, stavano progettando a sommi capi i prossimi giorni. Ad un tratto il cellulare di Dawn trillò e Willow abbassò il volume dello stereo per darle la possibilità di parlare al telefono senza sgolarsi né far ripetere al suo interlocutore le cose tremila volte prima di afferrare il concetto. Era Robert, il ragazzo di Dawn. La più piccola delle sorelle Summers frequentava Robert Derek da ormai più di un anno e sembravano sempre andare d’amore e d’accordo, proprio come ci si aspetta con i primi seri amori. Willow, sentendo il tono felice e frizzante della sua “sorellina minore”, pensò che era realmente felice per lei e che, in verità, la invidiava un po’ perché avrebbe voluto trovarsi al suo posto: sette metri sopra al cielo ogni qualvolta sentiva anche solo la voce di Robert. Avrebbe voluto sentirsi come lei, ma… Lei era realmente grata a Kenny per tutte le sue dolcissime e tenere attenzioni. Era sempre comprensiva con lei, sempre permissiva… fin troppo, a volte. Ma… E poi Kenny era un’amante appassionata e generosa ed era sempre pronta ad esaudire i suoi desideri e a soddisfare i suoi bisogni sia dentro che fuori dal letto, rifletté Willow, pensando con affetto a quella che era la sua ragazza. Kennedy era stata per lei una novità: così frizzante e irruente, istintiva, quasi priva di inutili meccanismi di schermatura. Se pensava una cosa la diceva, se voleva qualcosa faceva di tutto per ottenerla. Era stato così che l’aveva conquistata. E lei aveva imparato a volerle davvero bene, ad amarla perfino, ma… La verità era che era inevitabile per Willow paragonare il rapporto con la Cacciatrice a quello che aveva con Tara. Naturale e inevitabile. Solo che ultimamente succedeva un po’ troppo spesso, forse. Era solo un periodo: sarebbe passato. Lei amava Kenny e sapeva che l’altra la ricambiava con tutta sé stessa. Tanto bastava. Quindi basta pensare ai “ma”. Niente più “ma”. La strega dai capelli rossi tornò a concentrarsi su Dawn che cinguettava al telefono, raggiante come se avesse sentito infinitamente la mancanza di Robert in quelle sei ore che non si erano visti o sentiti. Per un attimo, la ragazza lanciò anche un’occhiata furtiva a Xander che, sedutogli accanto, sembrava essere rimasto concentratissimo sulla strada. I suoi occhi erano coperti dagli occhiali da sole scuri, ma Willow avrebbe giurato di vedere la sua espressione rattristata attraverso le lenti impenetrabili. . Disse Dawn, scansando lievemente il cellulare dall’orecchio e tappando il microfono con la mano libera. Xander sollevò gli occhiali sulla testa e si guardò con Willow per alcuni istanti, comunicando con lei in quel modo. Fra loro, da anni, non servivano troppe parole, spesso le loro conversazioni più profonde e significative erano fatte con poche sillabe e una serie di sguardi infinita o piccoli gesti spontanei come una carezza, un sorriso o una pacca sulla spalla. Dopo un attimo Xan si rimise gli occhiali sul naso e Willow si voltò verso Dawn:. Disse la rossa. L’altra la guardò spalancando la bocca stupita:. Protestò, quasi scandalizzata da quella pretesa. Willow scosse la testa e divenne seria:. Un semaforo rosso bloccò il traffico e Xander ne approfittò per voltarsi anche lui verso Dawn. . Disse, anche lui serissimo. Dawn sapeva che fra i tre, era sua sorella la più rompiscatole perché le sbraitava in testa e spesso si dimostrava ansiosa verso di lei fin quasi a risultare insopportabile. Xander e Willow non avevano quell’atteggiamento. Tuttavia, se Xander o Willow facevano una minaccia, Dawn aveva imparato che la probabilità che l’avrebbero mantenuta fedelmente sfiorava il cento percento. Per questo la ragazza era molto più attenta a non mettere un piede in fallo con loro due, piuttosto che con sua sorella: Buffy aveva un debole per lei e spesso si muoveva a compassione, una volta passata la sfuriata iniziale. Gli altri due erano irremovibili, una volta prese le loro decisioni. . Disse Dawn, infine. Will fece una smorfia leggera con la bocca, soddisfatta della promessa ottenuta. Xander riavviò l’auto cautamente:. Disse il ragazzo, brevemente. Dawn scosse la testa e gli strinse una spalla da dietro. . Buffy si sarebbe infuriata se avesse saputo che sua sorella quel venerdì avrebbe dormito fuori… con Robert. Il lato positivo però, pensò Willow, era che una volta tanto Dawn avrebbe consegnato le tesine nei tempi richiesti, anziché con due o tre giorni di ritardo facendosi così scalare un paio di voti. Tanto più che stavolta la data di scadenza coincideva con il giorno dell’esame. Gliene mancavano solo quattro e poi avrebbe finito la scuola… con suo grande sollievo, presumibilmente, si disse la rossa. Studentessa geniale Dawn, ma assolutamente disordinata e sconclusionata… tutta sua sorella, pensò Will, non riuscendo a trattenere un lieve sorriso ripensando a quando lei andava al liceo assieme a Xander e Buffy. Bei tempi, quelli.

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Capitolo 10
*** 10 ***


CAPITOLO DECIMO: L’ANNIVERSARIO E LA TEMPESTA La sera successiva Xander entrò in casa e trovò Willow intenta a lavorare al suo portatile, in tenuta sportiva, coi capelli fermati sulla nuca scompostamente da un fermaglio e gli occhiali da vista che la ragazza indossava solo quando era stanca. Gli era capitato spesso,ultimamente, di vederla con quelli addosso e ogni volta si preoccupava per lei. < Ciao, rossa!… Te l’ho già detto che lavori troppo? >. Le disse, entrando e andando a baciarla sulla fronte per salutarla. Lei s’interruppe solo quei pochi istanti, poi riprese a digitare freneticamente. < Me lo avrai detto un miliardo di volte almeno. Ma non è così! >. Rispose, poco concentrata verso quella conversazione. Xander andò a prendersi una birra in frigo e quando tornò commentò:< Sì che è così!… Kennedy mi ha detto che a lavoro quasi non vi vedete più perché salti spessissimo le pause pranzo! >. In quel momento Will si fermò e gli lanciò un’occhiata torva:< Be’, Kennedy ti ha detto una cavolata!… Se non ci vediamo tanto spesso è perché non lavoriamo più nella stessa stanzona, ma il mio ufficio è tre piani sopra al suo e i nostri orari di pausa non sono identici, quindi… si è lamentata anche con me, l’altroieri. E abbiamo già discusso a riguardo! >. Esclamò la giovane, riprendendo poi a scrivere battendo con la tastiera. Xander fece spallucce e una smorfia: non era del tutto convinto che le cose stessero come le aveva descritte Will. Kennedy forse era desiderosa d’attenzioni, questo sì, però a lui non era sfuggito che la sua amica stava sempre davanti al computer o coi propri appunti in mano anche lì a casa e, soprattutto, non gli era sfuggito il suo dimagrimento. Poteva essere dovuto anche all’esercizio fisico che facevano in sala da ballo, due volte a settimana. Ma ne dubitava fortemente. Xander lanciò un’occhiata al proprio orologio, poi bevve un altro lungo sorso del liquido denso e schiumoso:< Senti, rossa, non è che voglia essere petulante, ma… sono le sette. Se non molli il tuo lavoro non andremo a mangiare prima delle nove e, onestamente, ho fame! >. Disse. Anche Will guardò l’ora e sospirò dovendo ammettere che Xander aveva ragione. < Ok, dammi cinque minuti e poi vado di corsa a cambiarmi! >. Rispose, e aumentò la velocità con cui faceva scorrere le proprie mani sulla tastiera. In quel momento scese Dawn dalla sua stanza, sbraitando al telefonino. Will e Xander la fissarono come fosse stata una pazza, ma dopo un attimo compresero che la giovane stava discutendo col suo ragazzo perché quella sera, teoricamente, dovevano vedersi. Ma dagli strilli di Dawn, il programma sembrava essere cambiato. Quando Dawn chiuse il telefono, Willow la guardò fissa e, un po’ sarcastica, domandò:< Niente uscita con Robert, Tim eccetera? >. Dawn scosse la testa:< Già!... I due cretini devono andare a vedere una partita di basket, come sempre! >. Commentò irritata, la giovane. Xander e Will si scambiarono un’occhiata, poi il ragazzo si avvicinò sorridente a Dawn e le mise un braccio attorno alle spalle:< E qual è il problema? Non avrai una notte di sesso sfrenato, ma una serata divertente tra amici sì! >. Disse, scherzando. Dawn divenne rossa, imbarazzata da quella battuta, e con un gesto secco tolse il braccio dell’amico d’attorno alle proprie spalle. < Piantala, Xan! Non mi diverto affatto! >. Esclamò. Will e Xander risero. Willow scrisse un’ultima cosa poi spense il computer e si alzò. < Dai, Dawnie!... Xander ti sta prendendo solo un po’ in giro, è per sdrammatizzare! Però ha ragione lui: vieni con noi, ci divertiremo. Ti va? Dai, tanto sei pronta, sono io che devo andarmi a preparare! >. Disse la rossa. < E anche alla svelta! >. Ricordò Xander, ridacchiando ancora. Dawn ci pensò su un momento, poi annuì:< Sapete che c’è? Vengo con voi: non ci penso proprio a restare a casa per quello scemo di Robert e per quell’altro idiota di Tim: al diavolo loro e il basket! >. Disse la ragazza. Xander l’abbracciò forte:< Brava, così si parla!... E poi potrai uscire con Robert domani sera! >. Le disse, sorridente. < No, domani avevo promesso di stare con voi, quindi… il mio carissimo ragazzo per questo weekend si attacca! >. Rispose Dawn. Will fece spallucce, poi corse in camera sua a prepararsi. Di lì a un’ora i tre erano seduti al tavolo di una pizzeria a mangiare ogni ben di Dio scritto sul menù. Dopo tanto tempo, finalmente una serata rilassante e divertente: niente ronda né caccia a Kain o Habel. Solo pizza, birra, coca e fritto misto… una sfilata di gusto che sarebbe stata chiusa solo dopo un mega super gelato con panna e cioccolato fuso. Una serata tranquilla… una serata normale… da persone normali. I tre giovani si recarono prima da Pizza King, dove mangiarono a dismisura; poi andarono a fare un giro per a città, godendosi le luci della notte che davano un aspetto spettacolare al panorama. Erano allegri e in tre facevano il chiasso di un’intera classe di liceali… o almeno questa fu l’impressione divertita di Dawn. La macchina di Xander aveva un cero stile e la musica ad alto volume si sentiva fin da fuori. Era davvero moltissimo tempo che non si comportavano così da… stupidi e pazzi ragazzi con tanta voglia di divertirsi. Fecero un giro per le strade del centro, commentando ogni uomo o donna che vedevano e facendo rapidi complimenti a qualcuno dei soggetti più meritevoli, per poi fuggire via a tutto gas ridendo a squarciagola delle loro bravate o delle facce che facevano i soggetti presi di mira. < Dio!... Era un secolo che non facevamo una cosa simile! >. Esclamò Dawn, ridendo ancora per la loro ultima bravata. Si era trattato di una bellissima ragazza alla quale Xander aveva detto: < Sei stupenda! Posso sposarti? Ma se è troppo impegnativo per te, a me va bene anche una notte sola di sesso sfrenato! >. La ragazza in questione l’aveva incenerito con lo sguardo, nonostante avesse capito che si trattava di uno scherzo di pessimo gusto. Willow ci aveva messo il carico da undici sopra e, affacciandosi dal lato del guidatore montando praticamente in braccio al suo amico, aveva aggiusto:. E poi Xander aveva fatto scattare via l’auto, mentre lui, la rossa e Dawn ridevano come pazzi per l’espressione scioccata della ragazza. . Disse Will, pensando all’espressione della sua ragazza nei momenti di gelosia. E Kennedy era un tipo molto geloso che non gradiva battute di quel genere, nemmeno se fatte per puro scherzo. Xander rise ancora: < Tu pensi a Kennedy? Io penso a Buffy!... Ci ucciderebbe se sapesse! >. Commentò il giovane, tenendo gli occhi sulla strada. < Verissimo! Ragion per cui questa serata deve rimanere fra noi, ok? Un bel segreto piccolo, piccolo fra noi tre: la studentessa, il carpentiere e la programmatrice! >. Disse Dawn, sistemandosi i capelli e giocando con la propria borsetta. Gli altri due dissero all’unisono:< Affare fatto! >. E il loro giro per la città proseguì fin dopo mezzanotte: arrivarono al promontorio di Swetherg, appena fuori città, che era ancora presto. Scesero dall’auto e si misero seduti a terra a guardare San Francisco da lì… era affascinante come la prima volta che l’avevano vista, anni prima, quando si erano trasferiti lì per rifarsi una vita. Willow aveva anche ricevuto una telefonata da sua cugina Ally. Sarebbe arrivata la settimana successiva per una breve permanenza e la rossa la invitò a restare da lei per tutto il tempo che voleva, visto che avevano poche occasioni di vedersi e visto che Ally era uno dei suoi pochi parenti coi quali aveva un rapporto d’affetto. Poi, dopo più di un’ora passata all’aria fresca a godersi lo spettacolo della città di notte, finalmente i tre decisero che era ora di andare a dormire, tanto più che Will aveva corretto il lavoro di Dawn e la ragazza l’indomani avrebbe dovuto riscrivere parte delle tesine. Quindi i tre amici salirono nuovamente in macchina e si avviarono verso casa, stavolta senza schiamazzi o musica spaccatimpani. Semplicemente chiacchierando tra loro e godendo di quel momento di tranquillità tanto rara ultimamente. Il giorno tanto temuto da Xander arrivò, alla fine. La notte non aveva quasi chiuso occhio a quel pensiero; nonostante i sonniferi si era girato e rigirato nel letto fissando il soffitto rischiarato solo dalle luci provenienti dalla strada. Aveva sofferto il caldo e sudato come se stesse in palestra anziché nella propria camera da letto. E, stremato, aveva deciso di dare un taglio a quella tortura alzandosi alle cinque, appena le prime luci dell’alba erano apparse all’orizzonte. Si era chiuso nel bagno e aveva fatto una doccia ghiacciata durata più di quaranta minuti alla fine della quale aveva indossato un on paio di jeans chiari non troppo nuovi, una maglietta di cotone a maniche corte e un paio di scarpe da ginnastica… abbigliamento divenuto raro per lui. Ma lo preferiva comunque ai completi eleganti. Una volta vestito, il carpentiere se ne andò dritto in ufficio nonostante non fossero neppure le sette di mattina e nonostante il cantiere di domenica fosse chiuso. Voleva stare solo, solo a pensare e ad aspettare un’ora decente per andare a trovare Anya al cimitero. Stette nel proprio ufficio per poco tempo, però: gli mancavano la voglia e la concentrazione anche solo per organizzare i lavori sulla carta. Così, ad un certo punto si alzò dalla sua sedia e se ne andò, diretto al cimitero alla guida della propria auto. Arrivò a destinazione in pochi minuti, conscio di aver guidato assolutamente come un pazzo, sfrecciando per le strade ancora semideserte di San Francisco come se avesse il diavolo stesso che lo stava inseguendo. Giunto davanti al cancello del camposanto, trovò il guardiano che armeggiava col lucchetto: stava aprendo in quel momento. Parcheggiò all’ombra di un cipresso e scese chiudendo l’auto col telecomando dell’antifurto, poi si avviò all’interno del cimitero sotto lo sguardo curioso del custode che sicuramente si stava domandando cosa ci facesse un ragazzo lì a quell’ora di domenica. Xander però lo ignorò, non degnandolo neppure di uno sguardo, e continuò a camminare verso il posto che ormai conosceva bene quasi quanto Willow. Arrivò in pochi minuti e si fermò solo quando fu ad un passo dalla lapide dell’ex demone della vendetta. Fissò la foto per alcuni istanti e sussurrò: < Ciao, tesoro!… Sono qui! >. Poi si lasciò cadere a terra, mettendosi seduto pesantemente come se le sue gambe non fossero più riuscite a sostenerlo. Intorno a lui solo i suoni della natura, del vento che faceva frusciare gli alberi, degli uccelli che cinguettavano e qualche cane che abbaiava lontano da lì. Will forse esagerava, ma era vero che in quel posto c’era tanta tranquillità che quasi sembrava di essere fuori dal Mondo. E Xander Harris, quella mattina soprattutto, avrebbe voluto davvero essere fuori dal Mondo. Rientrò a casa che non erano neppure le dieci. La propria villa era deserta, ovviamente, visto che Giles non c’era, ma vista da fuori anche la villa delle sue amiche sembrava vuota. Eppure, lui sapeva bene che Dawn e Willow erano nelle loro stanze… probabilmente l’una stava ancora dormendo della grossa, mentre l’altra era ai fornelli o magari al computer. Comunque decise di non scoprirlo. Si avvicò sul vialetto di casa Summers Rosemberg ed entrò in garage dove prese secchio, spugna e sapone, si tolse scarpe e maglietta e tornò a piedi nudi fuori. Poi andò a prendere il tubo dell’annaffiatoio e prese a lavare l’auto di Willow godendo degli schizzi freschi che gli arrivavano addosso, così in contrasto col sole cocente dell’estate californiana… Faceva gesti meccanici, senza metterci troppa grinta o impegno, e intanto ripensava al proprio passato, ai momenti felici passati con Anya e anche a quelli meno felici. Ricordò quando era andato a comprarle l’anello e poi ricordò il giorno del matrimonio… quante cose erano successe da allora! Adesso la sua vita era decisamente diversa: le uniche costanti erano le battaglie contro demoni e affini e i suoi amici, Buffy e gli altri. Per il resto, decisamente lo Xander Haris che viveva a San Francisco non era come quello che viveva a Sunnydaile e che adorava andare sullo skate su e giù per i marciapiedi. < Eih, carpentiere! Sembri uno dei modelli che fanno la reclame delle bibite in televisione, lo sai vero? >. La voce allegra di Willow lo fece tornare al presente e a quello che stava facendo. Gli schizzi dell’acqua l’avevano praticamente bagnato tutto, scurendo i pantaloni che indossava e inumidendogli qualche ciocca di capelli sulla fronte. Si voltò verso la sua amica che se ne stava in piedi sulla veranda a sorseggiare qualcosa di fresco e a guardarlo divertita. < Buon giorno, Will! >. La salutò con un sorriso tirato. L’altra avvertì subito che c’era qualcosa che non andava, poi ricordò che giorno era e vide le occhiaie che segnavano il viso dell’amico. Doveva aver passato davvero una notte schifosa, a quanto pareva. < Xan, perché stai lavando quel catorcio? Tra due settimane mi arriverà l’auto nuova, quindi non serve che ti affatichi tanto sotto questo sole rovente! >. Gli disse, facendo qualche passo e mettendosi a sedere sul primo gradinino. Xander fece spallucce:< Tanto ormai ho finito! >. Rispose brevemente. Poi diede un’ultima sciacquata all’auto, chiuse l’acqua stringendo il bocchettone del tubo d’irrigazione e lo buttò ad un lato del prato quasi con disprezzo. I due amici si fissarono per un momento, poi Willow fece segno all’altro di raggiungerla lì sulle scale e Xander, lentamente, le andò vicino come un cucciolo in cerca d’attenzioni. Le si mise a sedere davanti, dandole le spalle, fra le sue gambe, poggiandosi poi a lei e godendo del suo abbraccio fraterno. Willow gli baciò la nuca e lo strinse forte:< Oggi è la tua giornata no, vero? Sta’ tranquillo, ci sono io: non sei solo! >. Malvius era il fedelissimo braccio destro di Kaine. Lui e almeno altri cinquanta membri del loro clan erano talmente tanto fedeli al Maestro vampiro che si sarebbero fatti incenerire al posto suo senza pensarci due volte. Ma Derek era fatto di una pasta ben diversa: era scaltro e crudele e sapeva far bene i propri conti. Era per questo che, quando c’era stato da scegliere da che parte stare, aveva scelto quella di Kaine. La sua furia omicida era ben nota a tutti. Habel era in qualche modo più pacato: non si sporcava le mani, le lasciava sporcare agli altri. Anche se chi li conosceva bene affermava che quanto a crudeltà erano a pari livello i due fratelli. Comunque Derek, quando era morto Kakistos, non aveva avuto voglia di rischiare troppo e aveva scelto di giurare fedeltà a quello dei due che considerava più pericoloso perché più irruente. Kaine, dal canto suo, sapeva perfettamente ciò che lo aveva spinto a fare le sue scelte e non si fidava di lui. Ma Derek si era dimostrato da subito uno stratega formidabile e, tanto nella guerra contro il clan di Habel, quanto nella caccia, un tipo del genere gli era sicuramente utile. Per questo lo aveva accettato nel clan e ne aveva fatto il suo braccio sinistro, il suo secondo luogotenente. Ma questo non significava certo che si fidasse di lui; semplicemente… gli serviva e finché gli obbediva, a lui andava bene. < Maledizione, Derek! Già una volta, giorni fa, hai permesso che Kaine venisse aggredito dai seguaci di suo fratello. E ora che intenzioni hai? >. Sbraitò Malvius, quasi ringhiando. Derek sorrideva sarcastico, incurante dell’ira dell’altro vampiro, sotto gli stessi occhi di Kaine che l’osservavano glaciali. < La sera in cui Kaine è stato aggredito, io non ero con lui. E per quanto riguarda ieri notte… non ho scatenato io la rissa in quel locale: io volevo solo mangiare. E’ stato Vega ad intromettersi, spalleggiato dallo stesso Habel e da quegli altri tre idioti che gli vanno sempre dietro! >. Disse Derek, ricordando con piacere che prima di essere interrotto, la sera prima, aveva avuto modo di fare un delizioso spuntino con una ragazza che non avrà avuto più di diciotto anni. Malvius lo guardò torvo:< Non hai scatenato tu la rissa? Sei andato a cacciare in uno dei locali rinomatamene facente parte del territorio di Habel. E’ come fare una dichiarazione di guerra! >. Ribatté il vampiro più anziano, sempre più alterato. Ma l’altro fece spallucce e sorrise ancora:< Questa storia della faida fra i due clan non è affar mio!… E per quanto mi riguarda, non ho trovato scritto da nessuna parte che c’è una suddivisione di territorio fa il nostro clan e il loro, quindi non venirmi a rompere le palle con queste sciocchezze, ok? Dopo un secolo cominci ad essere noioso! >. Disse. Malvius stava veramente per perdere le staffe. Chiuse i pugni, fece uscire il suo volto demoniaco allo scoperto e si curvò leggermente in avanti, pronto a saltare addosso a quello stupido bastardo che, in cento anni di vita come vampiro, non aveva capito ancora nulla di regole, rispetto per i più anziani e fedeltà al proprio Maestro. Ebbene, gliel’avrebbe impartita lui una bella lezione. Ma Kaine, fulmineo e violento, lo anticipò aggredendo Derek e buttandolo a terra per poi praticamente inchiodarlo al pavimento. Gli mostrò i denti e gl’infilò le unghie nella carne delle spalle facendolo gridare di dolore e sanguinare copiosamente come fosse fatto di burro. < Sta’ sempre attento a ciò che dici e… ancora di più, a ciò che fai, intesi? >. Gli ringhiò contro, minaccioso come se fosse sul punto di perdere il controllo. Se Derek avesse avuto un cuore che batteva, in quel momento gli si sarebbe fermato. Era convinto che Kaine avrebbe continuato a stringere la presa fin quando non gli avrebbe bucato la carne con le dita. Invece, inaspettatamente, Kaine sbuffò e si ritrasse da lui, riacquistando la posizione eretta e fissandolo severo ma non più furioso: sembrava essersi calmato tutto d’un colpo. < Adesso ti dico questo… state lontani da mio fratello e dalle Cacciatrici!… Siamo venuti qui per starcene un po’ in pace e trovare l’amuleto di Soid… nient’altro! Tu e gli alti nutritevi con moderatezza, siate prudenti e state lontani dai guai, chiaro? E, soprattutto, voglio che vi sbrighiate a trovare quell’amuleto! >. Disse Kaine. Derek si rialzò faticosamente da terra, pulendosi poi i pantaloni dalla polvere che lo aveva invaso nel momento in cui il suo capo l’aveva atterrato tanto facilmente, ferendo il suo orgoglio, oltre che le sue carni. Fece un lieve inchino col capo:< Come comandi! >. Esclamò pacato e sottomesso, poi girò sui tacchi e se ne andò ad eseguire gli ordini. Avrebbe dovuto cercare parecchio prima di riuscire a trovare l’amuleto di Soid. Kaine e Malvius lo guardarono allontanarsi, poi Kain sospirò quasi affranto e si mise a sedere sulla gratinata di una cripta lì vicina. < Fai male a fidarti di lui, Kaine! Te l’ho detto mille volte! >. Disse Malvius, sedendogli accanto in maniera più composta. L’altro fece spallucce e scosse la testa:< E chi dice che mi fido? Lo sfrutto almeno quanto lui sfrutta me! >. Ribatté il biondo, pensoso. Malvius lo studiò per alcuni istanti. < E’ pericoloso e lo è perché è ambizioso e la sua fedeltà può dissolversi in una bolla di sapone, lo sai! >. < Verissimo! E in quel momento… lo renderò cenere! >. < Ma non hai idea di quando tradirà, sappiamo solo che lo farà di sicuro!… E questa storia del talismano poi… cavolo Kaine, ti conosco da secoli e… so che quell’affare è importante per te, ma lo è anche per tuo fratello e chiunque di voi lo trovi per primo… non ci sarà un lieto fine! >. L’atro si stropicciò gli occhi e si ravviò i capelli. Ora sembrava davvero essere esausto, come se tutti i suoi anni si stessero facendo sentire sulle sue spalle in quell’esatto momento. < Lo so, lo so… Ma è inevitabile, Malvius!… Non voglio più vivere come ho fatto finora e… il talismano di Soid è la mia unica possibilità di fuga da… >. < Te stesso? > < Dal mostro che sono, sì! >. I due rimasero lì in silenzio a godersi gli odori e i rumori di sottofondo della notte. Mancava ancora un po’ all’alba e, prima che il sole fosse sorto, entrambi sarebbero andati a controllare come procedevano le ricerche del talismano. Solo quello contava ora. Quello e stare lontano dalle Cacciatrici che, semmai avessero scoperto i loro progetti, sarebbero diventate seriamente un problema. Soprattutto quel grillo instancabile di Buffy Summers: l’umana più curiosa che Kaine avesse incontrato da un pezzo. Le luci della città brillavano a intermittenza riempiendo l’atmosfera di colori sgargianti. Xander e Willow, in macchina, girovagavano come nomadi guardandosi attorno esattamente come avevano fatto un altro miliardo di volte. La differenza era il loro stato d’animo: nessuno dei due aveva voglia di festeggiare quella sera. Ma Xander aveva bisogno di distrarsi e Willow era decisa ad aiutare l’amico. Xander guidava quasi ipnotizzato dalla strada: guardava tutto davanti a sé, ma vedeva davvero poche cose. Per un po’ aveva rimuginato sul fatto che Dawn aveva dato loro buca per riappacificarsi con Robert, ma poi aveva deciso che la giovane meritasse di avere un po’ di libertà in assenza della sua più che protettiva sorella, quindi aveva smesso anche di pensare a quello. Purtroppo, però si era concentrato sullo schifo di giornata che aveva passato e sul significato insito nel suo malumore. E la sua tristezza era praticamente aumentata esponenzialmente, tanto che Willow si convinse che avrebbe certamente fallito nel suo intento di tirarlo su di morale. Erano già andati a cena fuori a mangiare una pizza non proprio eccezionale in una sorta di trattoria della periferia sud di San Francisco, ora però stavano continuando a girovagare già da più di un’ora senza una meta esatta. Poi Xander si avviò per una strada che Willow conosceva bene e che li avrebbe condotti al Super Crash, un pub tranquillo dove la gente normalmente si riuniva ad ascoltare un po’ di musica di vario genere e a bere qualche bicchiere per stare in compagnia. < Oh, andiamo, Xan!… Non vorrai… >. Iniziò a protestare Willow, ma l’altro la interruppe con una risatina. < Sì che voglio, Will! E tu puoi farmi compagnia oppure no, a te la scelta! >. Come tutti gli anni, quella sera Xander Harris aveva deciso di prendersi una bella sbronza coi fiocchi per superare la nottata sprofondando nel sonno dato dai fumi dell’alcool e per poi svegliarsi la mattina seguente con uno strepitoso mal di testa da Guinnes dei primati e tanta di quella nausea da digiunare per almeno tre giorni. Willow sbuffò, ma fece spallucce e si arrese: non amava quella prospettiva, ma sapeva di non poterla impedire senza litigare col suo amico. E quella sera non voleva proprio litigare con lui. Xander femò l’auto proprio davanti al locale. Quando i due entrarono, Walter, il barista nonché padrone del locale, li salutò con un bel sorriso amichevole e un cenno della mano. < Salve ragazzi! Soli, stasera? E il resto della gang? >. Domandò l’uomo, cordiale come sempre. Li aveva riconosciuti subito perché erano clienti abituali di quel posto, tanto loro due quanto tutti gli altri: era il locale preferito da tutti loro per passare serate divertenti, rilassate e informali. < Sì Walter, stasera solo noi due!… Un tavolo libero? >. Disse Xander, sorridendo di rimando. L’uomo si asciugò le mani ad uno straccio, poi indicò loro un posto vicino al juke box e i due amici si avviarono lì. Dopo appena un minuto una cameriera arrivò per prendere le ordinazioni e Xander si diede alla pazza gioia ordinando subito tre giri di tequila alla fragola a testa. < Non ti sembra esagerato come inizio? >. Commentò Willow, preoccupata. Ma l’altro sorrise mellifluo:< Neanche per sogno!… Proprio perché siamo solo all’inizio! >. Le ordinazioni arrivarono subito e i due ingurgitarono la tequila come fosse stata acqua. < Ah… fantastica! >. Disse Xander, scolandosi l’ultimo bicchierino e alzando una mano verso la cameriera per ordinare ancora. < Ditemi, ragazzi! >. Esclamò la giovane, arrivando come un fulmine, munita del suo block notes. < Eh… vediamo… altri cinque giri di tequila alla fragola ciascuno! >. Disse Xander. < No, no! Per me un’acqua tonica! >. Ribatté Willow, frenando l’impeto dell’amico. Xander la fissò scandalizzata. < Will, io ho bisogno di bere e mi piacerebbe non farlo da solo, ok? Perché… se io mi sbronzo e tu no, domattina potrai rinfacciarmi tutte le scemenze che farò stasera e tutte le cazzate che dirò e non è quello che voglio, quindi… ti supplico, bevi con me! >. < E chi ci riporterà a casa? > < A quello penseremo più tardi, ti pare? >. Willow rimase senza parole per alcuni istanti, mentre la cameriera, divertita, aspettava ancora che i due facessero le loro ordinazioni. < E va bene! >. Si arrese infine la ragazza. Così la cameriera sparì saltellante per andare a prendere quello che loro avevano ordinato. Fu l’inizio della fine. Due ore più tardi i due giovani erano completamente ubriachi e ridevano ad alta voce, schiamazzando rumorosamente forse più di chiunque altro lì dentro. Walter li fissava già da un pezzo dalla sua postazione e quando Xander alzò una mano per ordinare qualcos’altro, andò direttamente lui. < Oh, Walter! >. Lo salutò Will, ridendo fuori controllo. < Walter… un altro gin-tonic per tutti e due, per favore! >. Disse Xander, ridendo anche lui a crepapelle per una stupida barzelletta che aveva appena finito di raccontare. In condizioni normali non avrebbero riso affatto, anzi, ma pieni d’alcool com’erano quella storiella demenziale era sembrata davvero esilarante. < Ragazzi… per stasera avete fatto il pieno, quindi… vi darò un’altra birra ciascuno e poi vi chiamerò un taxi che portarvi a casa, ok? Dove abitate? >. Disse Walter, paterno. Non aveva mai visto quei due giovani ridotti così e aveva già rimproverato severamente Gil, la cameriera, per aver portato loro qualunque cosa avessero chiesto finora. < Io… non me lo ricordo al momento dove abito! >. Disse Xander, sghignazzando. Willow gli diede una pacca sulla spalla:< Io sì! Al trecentosessantadue di Golbeld Street, Sunnydaile!>. Disse la rossa, scolandosi l’ultimo goccio di gin che le era rimasto nel bicchiere. Walter sollevò un sopracciglio:< Sunnydaile? Ma non è la cittadina sprofondata con quel tremendo terremoto di qualche anno fa?… Dio! Siete proprio partiti di testa voi due! >. Commentò il barista e i giovani annuirono. < Già, già! E’ proprio quella la città da cui veniamo e oggi è l’anniversario del suo crollo! >. Esclamò Xander, continuando a ridere come se quel fatto fosse di nulla conto. Walter allora capì. Capì che forse quei due ragazzi, normalmente tanto tranquilli, si stavano comportando come dei veri imbecilli per superare una giornata difficile. Sospirò e pazientemente prese il portafogli di Xander ne estrasse la patente, lesse l’indirizzo scritto sopra e chiamò loro un taxi pagandolo lui stesso perché l’autista conducesse i due ragazzi all’indirizzo che gli aveva detto. Prima di far avviare il taxi, ridiede il portafogli a Xander ma si tenne le chiavi della sua auto:< Ragazzo, queste te le verrai a riprendere quando sarai lucido, ok? >. Un attimo dopo il taxi si avviò verso la meta indicatagli dal barista che si augurò che, l’indomani, almeno uno dei due ragazzi ricordasse dov’erano stati la sera prima per poter riprendere l’auto e, magari, pagare il conto delle consumazioni effettuate: dodici birre in tutto, otto giri di tequila a testa e quattro gin - tonic. Il taxi si fermò proprio davanti la villa di Xander e Giles e l’autista aiutò Willwo a scendere assieme al giovane che era con lei augurandosi che i due non cadessero al primo passo. Poi, come da indicazioni del barista che lo aveva pagato profumatamente, mise le chiavi di casa in mano al giovane e se ne andò. Willow e Xander si avviarono lungo il vialetto di casa barcollando e continuando a ridere come due cretini e sostenendosi vicendevolmente rimanendo legati l’uno all’altra con un braccio sopra la spalla. Salirono i tre gradini della veranda di casa e Xander, appena arrivati davanti alla porta, iniziò ad armeggiare con le chiavi, cercando prima la chiave giusta che proprio non riusciva a riconoscere a colpo d’occhio, poi facendo numerosi tentativi d’infilare la toppa per aprire. Il giovane dovette sforzarsi davvero molto per riuscire, tantopiù che l’amica gli rese il compito ancora più arduo prendendolo in giro e ridendo a crepapelle. Quando finalmente la chiave imboccò il buco della serratura e si sentì lo scatto, Willow applaudì:< Bravo Xander! >. Esultò, festante. L’altro rise, soddisfatto della propria piccola vittoria e abbracciando ancora Willow. La porta si spalancò e loro, appoggiandovisi goffamente, caddero a terra proprio sul pianerottolo di casa. Xander, che era davanti, batté la nuca sul pavimento; non un colpo chissà quanto forte, ma comunque un po’ doloroso sì. Willow, invece, cadde sopra l’amico e riprese a ridere senza controllo, come se trovasse la cosa esilarante. < Meno male che ci sei tu, Xan, o sarei caduta sul duro! >. Esclamò la rossa, cercando di districarsi da quella posizione. Ma le gambe le tremavano e la testa le girava vorticosamente: le sembrava di affondare ad ogni movimento, come se Xander e il pavimento fossero stati di gelatina. < Eh, anche a questo servono gli amici! >. Rispose il carpentiere, ridendo a sua volta e massaggiandosi la nuca per il colpo dato. Gli sarebbe venuto un bel bernoccolo, probabilmente; ma poco importava. Poi, finalmente, i due riuscirono a rialzarsi, chiusero la porta e si diressero quasi trascinandosi l’un con l’altra su per le scale: era ora di andare a dormire. Quell’odiosa e lunghissima giornata era terminata, era passata come tutti gli anni e loro, ma soprattutto Xander, erano sopravvissuti ancora una volta. Arrancarono fino al piano superiore, poggiandosi al corrimano delle scale e alle pareti per non cadere ad ogni singolo passo; barcollavano come fossero stati sul ponte di una nave in tempesta. Lo sforzo fu tale che, svoltato l’angolo del corridoio, Xander dovette poggiarsi con tutto il corpo al muro e chiudere un momento gli occhi per riprendersi: era in preda alle vertigini e se non si fosse fermato, sarebbe certamente ruzzolato a terra. Willow lo guardò un momento, poi divertita esclamò:< Cavolo, Xander, guardati: non sei capace nemmeno di bere! >. Lo schernì allegra. Oh, certo, anche lei si era ridotta ad uno straccio, ma nonostante non fosse una grande bevitrice, sembrava reggere l’alcool meglio dell’amico che, contrariamente a lei, era andato su di giri dopo appena i primi bicchieri. E pensare che era stato proprio lui ad insistere per prendersi all’unisono quella colossale sbornia… Xander, però, di colpo si fece serio e fissò lo sguardo arrossato a terra:< Anche Anya me lo diceva sempre…! >. Sussurrò, infinitamente triste. Tutta l’euforia, per quanto artificiale fosse, si era dissolta dal giovane e al suo posto era subentrato un malessere generale che andava ben oltre quello dovuto alla roba che aveva ingurgitato in quel pub. Xander scoppiò a piangere singhiozzando e coprendosi il viso arrossato fra le mani, come se non riuscisse nemmeno più a mostrare al proprio volto, nemmeno alla sua amica d’infanzia. Nemmeno l’alcool era riuscito ad impedirgli, alla fine, di pensare a tutti gli errori commessi con Anya e, soprattutto, al fatto che non l’aveva protetta, che l’aveva lasciata sola una volta di troppo, in battaglia. E lei era morta. Non si erano neppure salutati, non le aveva detto addio e la sera prima aveva commesso un altro colossale errore: ci aveva fatto l’amore senza dirle quanto l’amasse, quanto ancora l’amasse. Anya, probabilmente, aveva pensato che avevano fatto solo sesso. Ma non era così. Solo che Anya non lo aveva saputo e ora non l’avrebbe saputo mai perché era morta, trafitta da una spada che l’aveva colpita a tradimento. < Sono un fallito, ecco cosa sono!… Prima… l’ho mollata sull’altare senza nemmeno uno straccio di spiegazione, poi… ho quasi permesso a Buffy di ucciderla… e quando lei aveva più bisogno di me… io ero altrove… e lei è morta, Will, è morta e io non c’ero!… Non l’ho salvata, non ho neppure tentato… di recuperare il suo corpo per darle degna sepoltura… è morta e mi ha lasciato solo qui a marcire giorno dopo giorno, nella mia fottutissima vita apparentemente perfetta…! >. Disse Xander, continuando a piangere come un bambino. Willow rimase colpita da quella reazione e, ancor più, da quelle parole. Sapeva bene quanto ancora il ragazzo soffrisse per la morte di Anya, anche se lui non ne parlava quasi mai. Quella sera Will aveva sperato che Xander, grazie alla sua compagnia e almeno a sei o sette birre di troppo, non pensasse al proprio dolore a al senso di vuoto che lo attanagliava. Ma ora la strega si rendeva conto che era stato stupido sperare una cosa del genere perché irrealizzabile: la solitudine è un pensiero fisso che ti martella in testa e nel cuore in ogni istante della tua vita, ad ogni respiro. Lei lo sapeva fin troppo bene perché ci convivevava da anni ormai, da prima di Xander stesso. Quindi lo capiva perfettamente, senza bisogno di magia alcuna per leggergli nel cuore. Ebbe pietà di lui almeno quanto ne aveva di se stessa a volte e lo strinse forte a sé come quando erano bambini e lui arrivava a casa sua piangendo per l’ennesima litigata dei suoi genitori. Xander continuò a singhiozzare e lei strinse la presa e lo baciò sulla testa, carezzandogli le spalle e il collo e le guance, asciugandogli le lacrime che, copiose, continuavano a inondargli le guance rasate di fresco. < Shh… Xander, shhh!… Non è vero che sei solo… ci siamo noi con te… ci sono io!… So esattamente quello che stai passando perché io ci sono dentro da più tempo di te, ricordi?… Ma anche se fossi stato lì, con lei, non avresti potuto fare nulla per salvarla, probabilmente… E non hai sbagliato tutto, con lei: l’amavi e Anya lo sapeva!… Shhh! >. Gli sussurrò, amorevole come una madre al proprio figlio. Quelle parole non avrebbero fatto la differenza perché Xander si sentiva comunque morire, ma gli diedero la speranza che se si fosse lasciato consolare da Willow, forse il dolore che lo stava corrodendo da dentro sarebbe cessato, anche solo per un misero istante. Gli bastava anche solo un secondo, tanto per riprendere fiato. Fu per questo che si aggrappò letteralmente all’amica, come fosse stata la sua unica ancora di salvezza. Ma non riusciva a non ripetersi che se Anya era morta era anche colpa sua. < Invece no, Will!… E’ colpa mia, è stata tutta colpa mia! Non avrei mai dovuto lasciarla sola durante la battaglia, non aveva più i suoi poteri: era indifesa… e io l’ho lasciata sola di nuovo… e l’ho uccisa! >. Ripeté Xander, senza riuscire a smettere di a iangere. Allora Willow si rese conto di come stavano realmente le cose: Xander sentiva la mancanza di Anya ma, più di ogni altra cosa, si sentiva responsabile per la sua morte. Era convinto di averla uccisa lui perché non l’aveva protetta. Era assurdo, irragionevole, insensato. Ma era esattamente ciò di cui il suo amico era convinto. Willow, allora, si corrucciò e lo afferrò per le larghe spalle; subito dopo gli diede un paio di scossoni e lo guardò seria, fissandolo negli occhi quasi arrabiata e lo costrinse ad alzare gli occhi verso di lei, a vedere la sua espressione. < Non sei stato tu ad ucciderla! Non fare l’errore di sentirti in colpa per questo, chiaro?… L’hanno ammazzata i portatori, ma sapevamo che poteva accadere a chiunque di noi, faceva parte del gioco e lei lo sapeva quando decise di rimanere a combattere, invece di andarsene da Sunnydaile come tutti gli altri!… Ha accettato il rischio ed è morta… Sono addolorata, tutti lo siamo, ma non l’hai uccisa tu, mettitelo bene in testa! >. Gli disse, dura e decisa come lo era raramente con i suoi cari. Ma in quel momento, pensò, a Xander serviva qualcuno che gli togliesse dalla testa quell’inutile senso di colpa falso quanto la credenza comune che i vampiri non esistono. Quel tono non aveva nulla a che vedere con la persona che Willow era stata per gran parte della sua vita: quella timida e insicura, presa in giro dai più e ignorata da tutti gli altri. Quello era il tono di una donna decisa, matura, che per arrivare lì dov’era aveva visto l’Inferno, lo aveva attraversato e, pur avendo ben impresse in mente le immagini di quel luogo senza luce né pace, era sopravvissuta ed era andata avanti. Ecco chi era adesso Willow Rosemberg. Nonostante tutto, nonostante gli errori commessi e il dolore che ancora si portava dietro e che le ricordava chi era stata un tempo. Xander riconobbe il passo in avanti che la sua dolcissima amica era stata costretta a fare, indipendentemente dalla sua volontà, e l’ammirò ancora di più per la persona che era diventata. Per la persona che lui ancora non era. Era forte Willow, forte davvero. Più forte di lui perché non era una questione di muscoli o di stazza fisica, ma di forza di volontà e carattere che Willow possedeva da vendere e lui… lui no, non c’erano dubbi a riguardo. Allora si rese conto di volere da lei, dalla sua amica, un po’ della sua forza: gli serviva per andare avanti, per sopravvivere, per non impazzire, si disse. Voleva anche un po’ del suo coraggio perché lui non ne aveva più, l’aveva esaurito tutto in quegli ultimi anni cercando di tenersi a galla nell’oceano della sua disperazione malcelata. Ma Xander voleva anche consolarla perché mentre Will gli stava quasi gridando contro di cacciare via tutti i suoi sensi di colpa per la morte di Anya, le lesse negli occhi limpidi e bagnati di lacrime la sofferenza che lei stessa doveva sopportare. Ecco cosa li accomunava, infondo: la perdita della persona amata e il dover convivere ogni giorno con questa realtà dalla quale non si poteva fuggire. Fu per questo, forse, che in un momento di pazzia le si avvicinò rapidamente e la baciò sulle labbra cruento e passionale come un’onda che ti colpisce inaspettatamente e ti sconvolge per la sorpresa ma ti rinfresca dal caldo cocente del sole estivo. Poi Xander affievolì il bacio, rendendolo delicato e lento, a fior di labbra, spingendo la ragazza contro la parete opposta senza che questa potesse impedirlo. Willow rimase assolutamente stupita e per alcuni istanti perse il contatto con la realtà, pensando che era assurdo ciò che stava accadendo, che non poteva essere vero. Ma poi Xander la strinse a sé disperatamente e approfondì via via il bacio e, passato lo smarrimento, Willow cominciò a ricambiare quelle carezze e quel bacio con eguale intensità, come se separarsi in quel momento avrebbe potuto significare la morte dell’uno o dell’altra. Dopo poco, la ragazza avvinghiò le gambe attorno alla vita stretta di Xander che, in risposta, la prese letteralmente in braccio e, senza mai smettere di baciarla, si avviarono verso la camera da letto del carpentiere, infondo al corridoio. Arrivati lì, non si fermarono a ragionare, a pensare a ciò che stavano facendo, alle implicazioni del loro gesto, a ciò che si sarebbero detti l’indomani. Semplicemente spensero ogni pensiero razionale e si lasciarono cadere pesantemente sul letto, continuando a toccarsi ovunque e iniziando a spogliarsi freneticamente. Volevano consolazione; l’avevano cercata per tutto il giorno girovagando a vuoto per la città, lavorando al computer per ore, addirittura sbronzandosi fin quasi a farsi uscire l’alcool dalle orecchie. Ma fino a quel momento i loro cuori, le loro teste, non avevano trovato pace. Non un solo istante di tregua da quella tristezza martellante che, invece, ora sembrava essere stata spazzata via dai loro corpi nudi a contatto l’uno con l’altra. Consolazione, volevano solo quello. Cosa si sarebbero detti poi? Era giusto? Willow era gay e Kennedy non meritava di subire un tradimento del genere. Ma importava in quel momento? No. Nulla aveva importanza. Non importava il fatto che l’indomani sarebbe stato difficile anche solo guardarsi in faccia. Non importava che quello che stavano facendo andava contro i principi di Xander e contro la natura di Willow. Non importava che Kennedy sarebbe impazzita di gelosia e sofferenza se fosse venuta a sapere. Importava solo che il loro stare insieme, l’abbracciarsi, il baciarsi, il toccarsi dava loro sollievo. Xander aveva trovato la posizione seduta e Willow era sopra di lui ora, intenta a baciarlo sul collo per poi scendere a leccarlo e a morderlo sulla spalla, sul petto, mentre lui le passava le mani ovunque regalandole lunghi brividi di piacere. Il ragazzo sapeva di whisky e di sale: il sapore della causa di tutto questo. Lacrime e alcool. Lei, invece, profumava di quel suo odore tipico: sempre lo stesso da anni, sempre di rose… misto al sapore acre del sudore. Nessuno dei due, di certo, avrebbe mai immaginato di trovarsi in una situazione simile e né l’uno né l’altra avrebbe mai pensato di riscoprire il sapore reciproco. Ma stava accadendo ed era inebriante ed eccitante. Quando Xander entrò nella ragazza, nonostante la foga del momento, fu particolarmente premuroso e generoso nei suoi gesti, nei suoi movimenti. Conforto, solo conforto. Questo riecheggiava nelle loro teste, mentre il piacere reciproco li colpiva ad ondate intermittenti accentuando tutti i loro sensi e annullando anche quell’ultima briciola di ragione rimasta. Era alto il prezzo che avrebbero pagato per quella consolazione che tanto volevano, ma non importava neppure quello. E così entrambi riscoprirono sensazioni da tempo dimenticate: Xander non aveva più fatto l’amore con nessuna, dopo Anya. Willow, dopo Oz, non aveva mai più avuto neppure una carezza da un uomo che non fosse il fraterno Xander o l’abbraccio paterno di Giles. Ma ora le cose erano cambiate ed entrambi, seppure non curandosene, sapevano che non sarebbero mai più state come prima. Indietro non potevano tornare. Ora, potevano solo lasciarsi cullare dai loro sensi, dall’istinto e dalla disperata voglia di zittire quella voce che continuava a gridare loro, giorno dopo giorno, quanto erano stati felici e completi e quanto non lo sarebbero mai più stati.

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Capitolo 11
*** 11 e 12 ***


CAPITOLO UNDICESIMO E DODICESIMO: R COME RICORDI, R COME RIMORSI Era pomeriggio inoltrato. Willow era uscita dal lavoro che non erano neppure le sedici: da quel giorno non avrebbe più dovuto rispettare rigorosamente orari fissi. Il signor Grinwalt, il suo capo assoluto, le aveva detto che da oggi poteva lavorare anche a casa se l’avesse ritenuto opportuno. L’importante era che consegnasse i lavori entro le date prestabilite al momento della presa in carico. Willow era stata felicissima dell’evento: di certo non se l’aspettava. Lavorava in quell’azienda da poco più di un anno e mezzo e fare carriera così rapidamente non era nemmeno nei suoi più fervidi sogni. Eppure quella mattina… La ragazza arrivò al cimitero di periferia in poco più di mezz’ora grazie alla nuova auto che aveva ritirato ad inizio settimana. Non c’era molta gente in giro e l’orario di chiusura del cimitero era ormai vicino. Will si fermò al chiosco di fiori situato sul lato dell’entrata e diede una rapida occhiata panoramica per vedere se riusciva a scorgere qualcosa che le piacesse particolarmente. L’anziana donna, proprietaria del piccolo negozio, le si avvicinò sorridente:< Bentrovata, strega!… E’ da un po’ che non ci vedevamo. Sei stata male? >. Le disse, guardandola amichevole. Willow non era riuscita a spiegarsi come facesse quella vecchiettina a sapere dei suoi poteri, eppure sin dalla prima volta l’aveva chiamata strega. Non usava quel termine con astio o timore, ma lo usava come un comune appellativo che descriveva alla perfezione ciò che lei era. La prima volta che si erano viste glielo aveva chiesto il perché l’avesse chiamata strega e la donna aveva risposto semplicemente:< Perché è questo che sei, giusto? >. Will non aveva risposto, era rimasta a guardarla, a studiarla per capire se doveva realmente preoccuparsi. Alla fine aveva deciso di no. E ora era quasi normale sentirsi chiamare strega dall’anziana signora. < Io… sono stata fuori città per qualche giorno, e da quando sono tornata non ho avuto modo di venire fin qui, prima di oggi! >. Rispose, mentendo. In realtà, dopo essersi svegliata accanto a Xander ed essere quasi stata scoperta da Buffy e Giles, si era sentita in colpa verso Kennedy e, soprattutto, verso Tara. Le era mancato il coraggio di recarsi alla sua tomba a trovarla, quindi. Ma l’aveva ritrovato, decisa a non rinunciare a quel seppur misero contatto col suo angelo. La donna anziana annuì tranquilla, mentre si occupava amorevolmente di una delle piante lì esposte: sembrava averle creduto. < Ma oggi il tempo lo hai trovato. Devi dirle qualcosa d’importante, vero? >. Will rimaneva sempre stupefatta da quella vecchia, dalla calma con cui spesso metteva a nudo i suoi segreti o i suoi pensieri. La giovane annuì e intanto si mise a guardare delle gerbere. < Non ha rose fresche, per caso? >. Domandò dopo pochi istanti, Will. La padrona del chiosco la fissò e intanto sembrò riflettere. Poi andò sul retro e ne tornò dopo poco con una rosa rossa dal gambo molto lungo e spesso, ricca di foglie e spine. Ne pulì la prima parte del gambo con mani rapide ed esperte, poi la mostrò alla sua cliente abituale. < Ecco, guarda questa!… E’ una Tea, non una rarità, ma è sicuramente molto bella e poi… di meglio non ho, per oggi! >. Will fissò il fiore e rifletté sul fatto che, pur non essendo esattamente ciò che cercava, era comunque bellissimo e, in qualche modo, riprendeva le sfumature dei suoi capelli colpiti dal sole estivo. Decise in un attimo che andava benissimo e domandò alla vecchia di togliere qualche altra spina bassa, ma di non incartargliela: l’avrebbe portata così com’era. Poi acquistò anche un giglio bianco, maestoso nella sua perfezione, profumatissimo e affascinante nelle sfumature dei colori interni, vicino al pistillo. Anche quello sembrava essere fresco come appena reciso. Lo avrebbe portato ad Anya. Poco dopo Will salutò cordialmente la padrona del chiosco ed entrò nel cimitero, varcando lentamente la soglia del cancello come se stesse partecipando ad una cerimonia solenne. Ci mise pochi minuti ad arrivare al solito piccolo spiazzo dove le tombe a lei care spiccavano fra le altre, tutte più vecchie e corrose dalle intemperie. Posò il giglio dentro al vaso vuoto davanti alla lapide di Anya, poi tirò fuori dalla propria borsa una bottiglietta d’acqua e ne versò parte del contenuto nel vaso. < Ciao, amica mia! >. Disse in un sussurro, sorridendo lievemente mentre finiva di sistemare il suo dono. La foto di Anya la fissava come sempre, con quegli occhi vispi che sembravano guardarla beffarda come quando la prendeva in giro per un motivo o per l’altro. A quei tempi l’avrebbe strangolata per le sue battute secche, spesso spinte e poco gentili oltre che poco pudiche. Ma adesso, a dire il vero, ne sentiva la mancanza come tutto il resto. Come la sentiva Xander… Già, Xander. Lo stava evitando praticamente da una settimana. La mattina seguente all’anniversario della morte di Anya e della distruzione di Sunnydaile, i due ragazzi si erano svegliati di soprassalto dopo aver udito un violento tonfo proveniente dal piano di sotto. Ci avevano messo qualche istante a recuperare lucidità, poi le voci di Giles e Buffy gli avevano schiarito le idee facendoli schizzare fuori dalle coperte entrambi. Erano nudi e non c’era dubbio su quello che avevano fatto insieme quella notte. Non poteva essercene alcuno. Si erano fissati per pochissimi istanti, confusi e agitati, imbarazzati e indecisi sul da farsi. < Che cavolo ci fa Giles qui a quest’ora? >. Aveva domandato Willow, cercando di riprendere a ragionare. Xander aveva scosso la testa:< E che ne so io? Sono tornati in anticipo! >. Aveva risposto il ragazzo, colto dal panico. Poi si era guardato attorno, incurante della propria nudità e di quella della sua amica; una volta trovati i vestiti di Willow glieli aveva lanciati dicendole di andarsi a chiudere in bagno mentre lui avrebbe trattenuto Giles e Buffy di sotto. Willow aveva obbedito, ma si era sentita sporca fuggendo nella stanza adiacente come una criminale. Poi Xander era sceso al piano di sotto dopo aver indossato i pantaloni e aveva abbozzato una storia qualunque che raccontava di una sbronza e di una rissa, che non c’era mai stata, per giustificare i segni che aveva sul petto e sul collo e che erano il risultato di ben altro. Willow, una volta sistematasi per rendersi almeno presentabile, era praticamente scappata a rinchiudersi in camera sua, a casa, cominciando a rimuginare sui suoi ricordi confusi della sera precedente. Non ricordava ogni minimo dettaglio, ma quello che gli era rimasto impresso in mente era più che sufficiente per mandarla in crisi. Aveva fatto sesso con Xander… Aveva tradito la fiducia di Kennedy. Aveva fatto sesso con Xander… Non lo aveva consolato. Aveva fatto sesso con Xander… Ed era andata contro la propria natura perché lei era gay e, almeno su questo, non aveva nulla da sindacare. E allora che diavolo le era saltato in mente? Come aveva potuto agire con tanta sconsideratezza? Erano stati due pazzi e lei più di Xander, questo poco ma sicuro. Era stato in seguito a questi pensieri che si era praticamente data alla latitanza nei giorni immediatamente successivi a quella notte. Xander aveva provato a parlarle, ma lei non se l’era sentita di affrontarlo perché sicuramente lui le avrebbe dato della puttana egoista e proprio non era in grado, adesso, di sostenere il disprezzo che l’amico sicuramente le avrebbe riversato addosso. Pensava di meritarlo, certo, perché doveva consolare Xander, non portarselo a letto. Ma voleva comunque tempo e, con mille sotterfugi, per il momento se l’era preso… Ma i sensi di colpa, ancora una volta, la stavano divorando da dentro. Finito di sistemare il giglio, Will si dedicò completamente all’altra tomba, mettendosi a sedere a gambe incrociate sull’erba e togliendosi le scarpe dal tacco alto che fino a quel momento le avevano stretto i piedi tanto da farle venire un lieve segno all’inizio della caviglia. < Ciao, amore mio!… Mi sei mancata! >. Sussurrò, fissando la foto di Tara e le scritte dorate in rilievo che formavano il nome della strega bionda. Willow s’incantò per un momento a fissare quel viso stampato sulla carta lucida. Riconosceva ogni singolo lineamento, ogni più piccola piega della pelle e ogni minima sfumatura di colore di quel volto. E si perse in uno dei primi ricordi della loro vita insieme… … Tara era rannicchiata contro di lei, nel letto, con la propria schiena contro il suo seno. Le loro braccia e le loro gambe intrecciate sotto alla trapunta leggera che le avvolgeva. Will le stava carezzando languidamente i capelli con una mano e con l’altra il ventre morbido e, di tanto in tanto, si allungava un po’ di più verso di lei per posarle un lieve bacio sulla nuca o dietro al collo, dandole piccoli e piacevoli brividi lungo tutto il corpo. Fuori aveva cominciato ad albeggiare già da un pezzo e tenui raggi solari s’infiltravano attraverso il vetro della finestra. Piccoli fasci luminosi, tiepidi e discreti come la luce della candela che, Willow stessa, aveva portato in quella stanza la sera prima e che era stata spenta nel momento stesso in cui avevano deciso di dare una svolta al loro rapporto, tenuto in bilico fino ad allora tra amicizia e qualcosa di più. Quello era stato il loro primo risveglio insieme dopo la prima notte passata insieme… dopo la prima volta che i loro corpi si erano uniti intimamente tra sudore e lacrime di gioia, sospiri di piacere e sorrisi su volti sereni e felici davvero. Tara dopo qualche interminabile minuto di silenzio in cui aveva goduto del calore dell’altra sulla propria schiena, si era voltata per guardarla negli occhi e aveva incrociato le dita delle loro mani. Quella era stata anche la prima volta in cui non aveva scorto vergogna nell’altra, né imbarazzo o titubanza. Tara si era sporta lentamente e l’aveva baciata intensamente per pochi secondi, sensuale e dolcissima. Poi si era scostata ed era tornata a fissarla, senza mai sciogliere l’abbraccio delle loro dita. < So che… forse non dovrei dirtelo… che forse… è troppo presto, ma… ti amo, Willow! >. Le aveva sussurrato, con un filo di voce. E lei, Will, aveva toccato il Cielo con ogni sua più piccola fibra dell’anima. Un largo sorriso le si era allargato sul viso e gli occhi verdi erano diventati lucidi, tanto era stata l’emozione provata. Sapeva che da lì in avanti la sua vita non sarebbe stata più la stessa. Sapeva che non poteva essere tutto rose e fiori profumati e giornate felici. Sapeva che i suoi genitori non avrebbero capito, che probabilmente non avrebbero approvato. Sapeva che anche la gente estranea probabilmente l’avrebbe criticata e forse anche Giles e Xander, perché il percorso che aveva scelto si discostava completamente da quello seguito fino ad allora. Si discostava soprattutto dagli stereotipi della gente comune. Gente comune… che significava poi quell’etichetta? Chi era “comune” e chi non lo era? E chi decide chi fa parte di una categoria o dell’altra? E, soprattutto, lei era mai stata una “persona comune”? Ne dubitava: quando era piccola la sua intelligenza e i suoi capelli rosso fiamma, assieme alle sue mille lentiggini, la rendevano diversa da tutti gli altri bambini della sua età. Quando era cresciuta, d’adolescente, la sua timidezza e la passione per lo studio e il sapere l’avevano resa diversa da tutti gli altri adolescenti, suoi compagni di scuola ma non suoi amici. Poi era diventata la migliore amica della Cacciatrice e anche questo l’aveva distinta da tutti. In seguito si era innamorata di un ragazzo dolcissimo e… licantropo; anche questo non era “comune”. Infine, era diventata una strega… una strega vera, con poteri magici innati e la conoscenza di veri incantesimi e di una discreta parte della cultura legata al mondo del paranormale. Decisamente, non era mai stata una “persona comune”. Scegliere Tara, dopo Oz, non era stato “comune”. E ora la sua scelta era stata suggellata davvero. Non era stato mai facile non essere “comune” e non lo sarebbe stato neppure ora. Ma aveva deciso in quel preciso momento che non le importava… Non voleva l’approvazione dei suoi genitori o della società. E non voleva illudersi che gli altri non avrebbero guardato storto lei e Tara se si fossero scambiate effusioni o roba simile in pubblico. Non era una stupida. Ma non le interessava. Forse le importava solo un pochino dei suoi amici, la sua vera famiglia. Ma Buffy sembrava aver capito e quindi perché Giles, Xander e Dawn non avrebbero dovuto farlo? E poi anche di quello le sarebbe importato davvero poco. Certo, se l’avessero giudicata male le sarebbe dispiaciuto, ma niente di più. Avrebbe proseguito per la sua strada e la sua strada era Tara, ora. E Tara le aveva appena detto che l’amava! Per reazione praticamente le era saltata addosso, abbracciandola felice e baciandola, ripetendole sorridente più e più volte che anche lei l’amava. E risero insieme quella volta; risero della sua impetuosità, della sua improvvisa vivacità simile a quella di una cavalletta impazzita… e fecero di nuovo l’amore… più passionali, più smaniose e meno incerte, meno frenate da quella che non era più una novità… Will fu riportata al presente da un tonfo che provenne da un punto indefinito al suo fianco. Non se n’era accorta ma, qualche tomba più in là, c’era una donna che stava sistemando dei fiori in un vaso. Il vaso le era caduto, ruzzolando sull’erba rasa e fermandosi addosso ad una radice di un albero sporgente dal terreno. La donna sembrava serena e Will non poté non pensare che fosse più serena di lei certamente. Qualcosa le colò lungo la guancia, fin sotto al mento. Istintivamente la rossa si toccò proprio in quel punto e poi guardò le proprie dita. Non se n’era neppure resa conto, ma aveva cominciato a piangere. Sorrise, un sorriso triste. In una mossa sola, quella dannata sera, aveva tradito più persone di quanto non avesse mai creduto possibile. Se stessa, il ricordo di Tara, Kennedy, Dawn, Giles, Buffy… Che razza di persona era diventata? Possibile che il fondo dal quale cercava di rialzarsi da anni la reclamasse tanto prepotentemente a sé? E ora che faceva? Piangeva?… Inutile, come inutile era fuggire da Xander: avrebbe dovuto affrontarlo prima o poi. < No, amore, oggi non sono venuta qui per questo…! – Disse alla lapide – Inutile dirti di Xander… avrai visto tutto dal luogo in cui ti trovi e sono certa di averti delusa, quindi… non parliamone, non oggi…. Ho una novità, una grossa novità: sono stata promossa. Questa mattina, dal mio capo, Grinwalt in persona! – Fece una pausa riordinando le idee riguardo ai fatti di quella mattina. Poi proseguì il suo monologo. – Stamattina, quando sono arrivata a lavoro ho trovato i miei colleghi in fermento, agitati come un formicaio impazzito a causa di un incendio… Meredit, la mia collega, mi ha detto che erano andati smarriti tutti i file e gli appunti riguardanti il nuovo sistema di scrittura per grafica pubblicitaria, il progetto New MW… Cavolo! Erano mesi che ci lavoravamo: un equipe di trenta specialisti che ha lavorato a quel programma ininterrottamente… io l’ho visto e rivisto anche a casa, durante i week-end!… Grinwalt era completamente fuori di testa: sembrava un invasato, un tossico in crisi d’astinenza!… Si aggirava per gli uffici comuni urlando come un folle, con Brian Ghost, il suo segretario, che gli correva dietro con un bicchiere d’acqua pieno… - sorrise al ricordo buffo – Credo temesse che gli prendesse un infarto o un collasso!… Io… non ho agito per mettermi in mostra, non me ne fregava niente di sottolineare le mie doti di programmatrice. Semplicemente, non volevo sentirlo più sbraitare in quel modo, e poi… non volevo si sentisse male davvero: mi sta simpatico quell’uomo! E’ un po’ severo e pure parecchio all’antica, ricordi, Tara? Ti ho già parlato di lui!… Però mi piace: è una brava persona e, chissà perché, quando lo guardo lo associo a Babbo Natale. Forse per il suo aspetto fisico tanto simile a quello dei personaggi dei film… comunque, sono andata nel mio ufficio e ho cercato nel mio computer gli appunti riguardanti l’New MW e… sorpresa! Non avevo ricordato che avevo conservato in memoria tutti gli algoritmi che lo riguardavano e avevo salvato anche pezzi di programma, frammentati ma comunque già corretti da tutti gli specialisti che collaboravano con me al progetto!… Ho preso il telefono e ho chiamato Brian, avvisandolo di dire a Grinwalt di stare calmo, che il danno non era poi così grave perché potevo rimettere insieme le varie parti in poco tempo!… Grinwalt si è presentato in quel buco del mio ufficio con una faccia assurda: per un momento ho creduto che fosse arrabbiato con me per chissà quale motivo. Invece mi ha chiesto se ero sicura di poter fare un lavoro del genere garantendogli un risultato ottimale e io ho detto sì… Se n’è andato dicendomi… “allora si metta subito a lavoro, Rosemberg”!… Be’, è stato più difficile di quello che avevo creduto perché alcuni pezzi li ho dovuti sviluppare daccapo, direttamente dagli schemi di base, ma quattro ore dopo… tadaaan! Ho salvato tutto su floppy e su cd, ho stampato i grafici e tutte le altre scartoffie e le ho portate direttamente a Grinwalt, nel suo ufficio… Quando mi ha vista, mi ha strappato letteralmente le cose di mano e ha infilato il cd nel suo pc. Ha visionato il lavoro con una rapidità che non pensavo avesse e dopo quasi tre quarti d’ora di silenzio… si è alzato e mi è saltato letteralmente addosso, abbracciandomi e stringendomi la mano come se gli avessi salvato la vita… - sorrise ancora, asciugandosi un’ultima, piccola lacrima ribelle sgorgata dai suoi occhi involontariamente. – Un minuto dopo mi ha dato la promozione, dicendo a Brian di preparare il nuovo contratto immediatamente!… Ora ho un ufficio enorme, con l’aria condizionata, un super computer d’ultima generazione e una scrivania che è una piazza d’armi! E avrò una segretaria personale!… Sono diventata la dirigente del settore giochi e grafica, ti rendi conto? E’ meraviglioso perché oltre al notevole aumento di stipendio e a tutti i bonus extra che mi accorderanno, non avrò più limitazioni d’orario o di modus operandi, il che, visto che spesso Buffy mi porta a fare le ronde alle ore più disparate, è una bella svolta!… Non l’ho ancora detto a nessuno a casa, be’ certo, eccetto Kennedy che l’ha saputo praticamente trenta secondi dopo che Grinwalt mi ha dato la promozione! Ma lei lavora lì con me, quindi… comunque l’ho pregata di non dire niente agli altri: sarà una sorpresa. Li porterò a cena da Maximilian, quel ristorante favoloso dove spesso siamo stati per cene di lavoro e roba del genere! >. Tirò una folata di vento fresco e i capelli rossi si alzarono dalla sua testa, finendole scompostamente davanti al viso chiaro. Willow se li riavviò con una mano e riportò una ciocca più ribelle delle altre dietro le orecchie, rimanendo in silenzio ora, a fissare semplicemente la foto di quella che era stata la persona più importante della sua vita. Le sarebbe piaciuto infinitamente se lei fosse stata ancora lì con lei per gioire di quella svolta inaspettata del suo lavoro. Sarebbe stata fiera di lei? Ma certo: Tara lo sarebbe stata sicuramente. E probabilmente avrebbero festeggiato insieme quell’enorme passo avanti. Magari quella sera sarebbero andate comunque a cena fuori col resto del gruppo, proprio come aveva programmato. Però l’indomani sarebbero uscite a cena insieme, da sole. Insieme e felici. Una cena a lume di candela e poi una passeggiata romantica sul lungomare per terminare la serata a finire a fare l’amore chissà dove… spensierate e unite ancora di più per aver ricevuto dal Destino la possibilità di pianificare concretamente la loro vita insieme. Invece… Tara era lì, immobile e irraggiungibile, che la fissava da una foto posta… sulla sua tomba. E lei doveva tornare a casa e fingere che era tutto a posto, che non aveva commesso un errore dietro l’altro, che non aveva incasinato ancora di più la sua vita e quella di Xander… Willow, a quella riflessione, si sentì infinitamente triste e quasi le lacrime ripresero a scendere dai suoi occhi resi più chiari dalla luce del sole al tramonto che li stava ormai colpendo direttamente. Quasi, però. Non pianse. Si trattenne, frenata da un altro sentimento sorto in lei rapidamente quanto la tristezza. Un sentimento meno doloroso, forse, ma sicuramente meno facile da accantonare. Si sentiva in colpa… in colpa verso Kennedy. Ancora e per un motivo diverso dall’accaduto con Xander. Aveva appena ricevuto una promozione da urlo, un passo avanti nella sua carriera che i suoi colleghi avrebbero potuto fare solo di lì a una decina d’anni e che invece lei aveva fatto in poco più di diciotto mesi. E lei che aveva fatto? Aveva visto Kennedy, la sua ragazza, piombare nel suo ufficio, che dall’indomani sarebbe stato assegnato a qualcun altro, e abbracciarla felice per lei e baciarla teneramente, complimentandosi per l’ottimo lavoro svolto. Willow era stata contenta dell’entusiasmo della Cacciatrice, della gioia che aveva dimostrato nell’apprendere la novità e nel complimentarsi con lei. Però non aveva fatto durare quel momento di festa più di qualche minuto, perché il suo primo pensiero era stato che quella sera dovevano festeggiare con Buffy e gli altri e che, quel giorno stesso, doveva recarsi lì al cimitero e dire la grande notizia a… a Tara. Aveva dedicato così poco tempo a Kennedy! Aveva pensato a Buffy, Dawn, Xander e Giles. Aveva pensato immediatamente a Tara. E non aveva pensato che, forse, Kennedy più di chiunque altro meritava di condividere quel momento con lei. Era stata ingiusta con lei… di nuovo. Capitava troppo spesso, Will se ne rendeva conto. Ma non lo faceva mai con cattiveria, né con l’intenzione di escluderla dalla propria vita. Lo faceva e basta. E poi arrivavano i sensi di colpa. Violenti, irrefrenabili, diretti come un frontale con un tir. Guardò per un’ultima volta la foto di Tara e non riuscì a trattenersi dallo sfiorarla delicatamente con la punta delle dita, come a farle una carezza. Poi si ritirò in piedi, salutò con un cenno verso la lapide di Anya, un altro cenno alla foto di Joyce e se ne andò, camminando lenta e abbattuta come se infondo ci fosse ben poco da festeggiare. Be’, in realtà, dopo il suo recente comportamento vile… c’era davvero poco da festeggiare. Ma se voleva evitare una colossale lite familiare e lo sfascio definitivo del gruppo, anche quella sera avrebbe dovuto fingere e, soprattutto, tenersi il più lontana possibile da Xander. Quando Willow arrivò a casa era il crepuscolo e stranamente da fuori notò che tutte le luci all’interno erano spente. Parchèggiò l’auto davanti all’uscita del garage e guadò in alto, per verificare se vedesse qualche luce accesa almeno al secondo piano. Niente, tutto spento. Spense il motore e scese prendendo la propria borsa. Si voltò a dare un’occhiata verso casa di Giles e Xander, ma anche lì tutto spento. Dov’erano finiti tutti? Si avviò verso casa, pensando a dove avesse messo il proprio cellulare: voleva chiamare Buffy e sentire dov’era. Intanto salì le scale del portico e con la mano libera infilò la chiave nella toppa della porta. Entrò. Aveva appena preso il cellulare, stava per comporre il numero quando… < Sorpresa!!! >. I suoi amici accesero le luci del soggiorno e schizzarono fuori da dietro il divano e dalla porta di cucina, saltando come canguri e battendo le mani come bambini ad una festa di compleanno. La rossa rimase sorpresa e, passato un primo momento di spavento autentico per quell’imboscata, rimase imbambolata a guardarli senza sapere cosa fare. Istintivamente sorrise mentre Dawn le andava incontro quasi correndo per abbracciarla e Xander, spuntato da dietro di lei, che le arruffava i capelli già scomposti dalla brezza serale. < Complimenti alla migliore programmatrice del mondo! >. Disse il ragazzo, felice. Lei sorrise. Poi venne stretta a turno da tutti. Kennedy l’abbracciò per ultima e la baciò lievemente sulle labbra, carezzandole poi una guancia:< Non ce l’ho fatta a stare zitta! >. Disse, sorridendole con sguardo furbo. Willow aveva pensato di fare una sorpresa alla sua famiglia, invece era stata la sua famiglia a fare una sorpresa a lei. Notò che erano tutti vestiti elegantemente, con giacca e cravatta gli uomini e con abiti modernamente eleganti le ragazze. Buffy la prese sotto braccio e, dopo averle tolto di mano la borsa del lavoro e averla gettata con noncuranza su una poltrona, prese a spingere la sua amica verso l’uscita di casa. < Eih, ferma, dove mi stai portando? >. Domandò Will, sorpresa. Aveva ancora stampato un sorriso sulle labbra, ma anche stupore. Buffy le diede un rapido bacio sulla guancia mentre continuava a trascinarla con sé:< A cena fuori per festeggiare, naturalmente! >. Non sarebbe stata la serata che si era immaginata, né purtroppo quella che avrebbe passato se Tara fosse stata ancora viva. Però fu comunque una serata magnifica che spezzò per poche ore l’oppressione che aveva invaso la strega e il carpentiere negli ultimi giorni. Come scrisse Xander più tardi, sul suo diario terapeutico, quella sera fu uno dei rari momenti spensierati che la vita aveva deciso di concedere a ognuno di loro. Una serata passata come una famiglia normale, a festeggiare in allegria un lieto evento seppure senza la serenità totale che avrebbe dovuto esserci. Ma questo, era un problema solo di Xander e Willow. Willow aveva appena attaccato al telefono con Buffy che l’aveva chiamata per informarla che, la sera prima andando in ronda senza di lei, aveva fatto un’interessante scoperta: tanto Kaine quanto Habel erano alla ricerca di un talismano leggendario chiamato di Soid. Avrebbe voluto parlargliene quella mattina, a colazione, ma quando Buffy si era alzata, nonostante fosse sabato, Willow era uscita già da un pezzo, almeno così le aveva detto Kennedy. La rossa si stava comportando in maniera strana da qualche giorno, ma i componenti della Scobby, tutti ovviamente eccettuato Xander, imputavano la cosa alla nuova promozione che aveva fatto salire il salario della ragazza a livelli grandiosi, ma che aveva anche aumentato notevolmente il carico di responsabilità che pesava sulle sue spalle. Era per questo che Buffy non aveva insistito affinché l’amica andasse a pattugliare con lei; tuttavia, riteneva importante che l’altra venisse a sapere il prima possibile delle novità venute a galla dopo il pestaggio di un paio di demoni Hit finito verso l’una di notte con i due che sputavano il rospo su ciò che sapevano, assieme alla bava insanguinata per i denti che le due Cacciatrici gli avevano fatto ingoiare. Willow era sembrata strana anche al telefono, pensava Buffy, ma in quel momento non aveva tempo di sottoporla all’interrogatorio che meritava: lo avrebbe fatto appena possibile. La programmatrice, invece, si era illusa di essere stata naturale e rilassata; ma in verità, mentre parlava con l’amica, non aveva trovato particolarmente interessanti le informazioni ricevute e col pensiero era volata ancora una volta al casino che aveva combinato la notte del sabato precedente. Fu a causa del suo rimuginare con tanta concentrazione che non sentì minimamente il trambusto proveniente da fuori. Per questo, quando si vide piombare Xander in ufficio con Lory, la sua segretaria personale, al seguito, Willow sbiancò vistosamente e sbarrò gli occhi, scossa da tremori fortissimi eppure percepiti solo da lei stessa. < Signore, la prego io…. Signorina Rosemberg, mi scusi tanto, ma non sono riuscita a non farlo entrare! Si è presentato qui come una furia e… >. Tentò di giustificarsi la segretaria, temendo in una sfuriata del suo capo. Non la conosceva bene e, avendo avuto l’ordine tassativo di non disturbarla per nessun motivo, temeva che ora Rosemberg le avrebbe dato una lavata di testa non indifferente. Invece Willow sembrò ignorare completamente la presenza della ragazza, almeno per qualche istante. Poi sospirò e mise su un sorriso tirato quanto finto:< Non preoccuparti, Lory. Lui è Xander Harris: viviamo insieme! >. Disse la rossa, con tutta la tranquillità di cui fu capace. Proprio non le andava di lavare i “panni sporchi” davanti alla sua nuova segretaria: non era professionale né corretto metterla in imbarazzo con scenate o roba simile. Meglio che Lory uscisse di lì in fretta, tanto più che lo sguardo di Xander non prometteva niente di buono. < Ah… capisco!… Signorina Rosemberg, vi porto qualcosa da bere? >. Domandò titubante la ragazza, allora. < Solo acqua ghiacciata! E… Lory, già ti ho detto di non chiamarmi signorina Rosemberg, ma solo Willow, ok? >. Lory annuì e schizzò via a prendere l’acqua per il suo capo e quello che doveva essere il suo ragazzo. Il suo istinto, visto come il giovane si era presentato lì, le diceva che i due dovevano chiarire qualcosa d’importante e che non volevano assolutamente essere disturbati. Così fu rapidissima a tornare con un vassoio sul quale aveva messo bicchieri e una brocca d’acqua in cui galleggiavano numerosi cubetti di ghiaccio. < Lory, per cortesia, lasciaci soli ora e… che non entri nessuno, per nessun motivo. Va bene? E prendi tu le telefonate per me, a meno che non sia una questione di vita o di morte! >. Disse Willow, versandosi da bere. Lory annuì e poi sgattaiolò via, sentendosi fortemente a disagio per quella faccenda. Xander andò alla porta subito dopo che la segretaria l’ebbe chiusa e girò il chiavistello della serratura: per nulla al mondo voleva essere interrotto mentre parlava con Willow, visto che per un’intera settimana lei era riuscita ad evitarlo. Quando ebbe fatto, il ragazzo si voltò e si avvicinò con passo lento alla scrivania dove la sua amica era rimasta seduta immobile, come paralizzata. < Xander, io… >. Iniziò Willow, incerta. Ma lui la fece tacere subito con un gesto della mano e Will pensò che stava per farle una sfuriata coi fiocchi. Invece Xander la sorprese mettendosi a sedere di fronte a lei e sospirando profondamente: sembrava essere esausto. < Noi due dobbiamo parlare! >. Esordì il giovane, serio ma calmo come raramente l’altra lo aveva visto. Will deglutì a vuoto e lì per lì non riuscì a parlare, ma solo ad annuire. Poi prese coraggio:< Senti Xander io… lo so che avrei dovuto chiederti scusa giorni fa, ma… cerca di capire: per me quello che è successo è stato… assurdo, e… >. < Chiedermi scusa?… Willow, sono io che devo chiedere scusa a te, va bene? >. < Cosa…? >. < Sono stato un bastardo, un vero figlio di puttana che si è approfittato di te, della tua disponibilità e dell’affetto che hai nei miei confronti e… non avrei mai dovuto fare quello che ho fatto, quindi che tu non voglia più saperne di me è assolutamente comprensibile. Però io ti voglio bene davvero e vorrei cercare di salvare il nostro rapporto, se ancora possibile. Ecco perché sono qui ora! E… >. < Xander, ma che stai dicendo? Sei impazzito?… T-tu sei un bastardo? E io di me che devo dire? Dovevo consolarti, non scoparti e invece ho fatto un vero casino e adesso… non lo so, sento di aver rovinato tutto e se non vorrai più rivolgermi la parola, io… ne soffrirò tantissimo, ma capirò, davvero! >. Era incredibile: ognuno dei due accusava se stesso di essere l’unico responsabile dell’accaduto fra loro, senza considerare che, in realtà, non c’era un innocente assoluto né un colpevole solo. Ma Xander sembrava affranto, mentre Willow sembrava quasi sconvolta. Il carpentiere se ne rese conto quando la sentì usare sproloqui, cosa che la ragazza non faceva mai quando aveva il perfetto controllo delle proprie emozioni. Xander sospirò frustrato e si passò le mani fra i capelli sudati. Ora che la rossa lo guardava meglio, si rese conto che nonostante indossasse uno dei completi eleganti che i suoi clienti avevano quasi preteso per gli incontri di lavoro, non aveva davvero un aspetto ottimale. Il colletto sbottonato, la cravatta allentata e il sudore sul collo e il viso oltre ai capelli spettinati e alla barba semilunga faceva pensare che il giovane non fosse stato molto attento alla propria persona, soprattutto quel giorno. Le occhiaie e le guance smunte, invece, rivelavano lo stress che lo stava corrodendo da giorni. Esattamente com’era per Will, sempre più pallida e con le occhiaie regalatele dall’insonnia. < Will… se non ce l’hai con me, perché mi stai evitando da una settimana? >. Domandò Xander, con voce stanca. < Davvero non l’hai capito?… Quando… quando ci siamo svegliati insieme e… e ho realizzato come erano andate le cose fra noi, io… sono andata nel panico!… Voglio dire… porca miseria, non era quello il programma che mi ero immaginata e mi sento responsabile perché so di aver rovinato il nostro rapporto, Xan. E onestamente non so se posso fare qualcosa per rimediare!… E’ tutta la settimana che ci penso! >. < E credi che io non ci abbia pensato?… Per me è diventata un’ossessione!… Io… non mi ricordo quasi niente di quella sera, ma credimi: non sei l’unica a sentirti in colpa. Io mi sento un bastardo, un verme!… Cazzo! Erano anni che non andavo a letto con una donna, e non che le occasioni mi siano mancate. E con chi decido di riprendere a fare sesso? Con te, la mia migliore amica che oltretutto è fidanzata… >. < … Con una donna! >. < Con Kennedy, un’altra mia amica! >. I due per qualche secondo non parlarono, limitandosi a guardarsi negli occhi. Effettivamente la situazione era ingarbugliata a tal punto da non far intravedere a nessuno dei due un piccolo spiraglio di luce. Ma loro come si sentivano l’uno nei confronti dell’altra e viceversa? < Io… non so che fare, non so che pensare…! >. Ammise Will, stravaccandosi sulla propria poltroncina girevole in pelle di vitello nera. < Che vuoi dire? >, < Io… non riesco a non pensare che sono stata io a combinare il guaio, o almeno a iniziare tutto! E… >. < Ma c’ero anch’io, Will! E poi ricordo di averti baciata io per primo! >. < Be’, anche quello era da anni che non succedeva! >. Scherzò la ragazza, per alleggerire un po’ quella discussione. L’ultima volta che si erano baciati non come due amici era stato quando erano stati beccati da Oz e Cordelia, il che risaliva a circa un paio di secoli prima, quando entrambi ancora erano liceali e poco più che maggiorenni. < Già, e sembra che incomba una qualche maledizione su noi due: tutte le volte che ci baciamo, combiniamo un guaio! >. Ribatté Xander, sulla scia ironica dell’amica. < Vero. Solo che stavolta non è stato il bacio il problema, ma il proseguimento del bacio…! E io… non so, mi sento in colpa e vorrei dirlo a Kennedy! >. Booom! Willow aveva sganciato una colossale bomba che aveva devastato le sinapsi del cervello di Xander, mandandolo completamente in tilt. < T-tu… cosa? >. < Lo so che sembra un’idea folle, ma… io amo Kennedy e non credo che meriti di essere tenuta all’oscuro di questa cosa… >. < Senti, s-sono convinto anch’io c-che Kennedy non… non meritasse il nostro tradimento… e bada bene: dico nostro perché ho tradito anch’io la sua fiducia, chiaro?… P-però non credo sia una buona idea confessarle tutto: è stato un errore che stiamo già pagando caro noi due, perché far del male anche a lei? Sai perfettamente come reagirebbe se le raccontassimo tutto! >. Willow storse la bocca. < Certo che lo so!… Farebbe una scenata megagalattica a me e forse mi beccherei anche uno schiaffo meritatissimo, tra l’altro. Poi verrebbe da te e tenterebbe di prenderti a calci fino a non farti sentire più le chiappe! >. < Già!… Dopodiché se ne andrebbe e onestamente non voglio che lo faccia per questo! >. < D’altronde mentirle… penso che sia un’altra cosa scorretta! >. < Non dobbiamo mentirle, Will. Solo dimenticare l’accaduto e non parlarne con nessuno, neppure con Buffy! >. Willow distolse lo sguardo dall’amico e iniziò a fissarsi le dita, riflettendo su quella faccenda una volta ancora. Quello che diceva Xander non era sbagliato, ma anche i suoi sensi di colpa verso Kennedy sentiva essere giusti. Questo la mandava ancora più in confusione. Cos’era giusto fare? Un errore madornale l’aveva già commesso, non voleva commetterne un altro dai possibili effetti catastrofici, tra l’altro. Le veniva quasi da piangere e un nodo le si era formato in gola già da qualche minuto, ma ora sapeva che se avesse detto qualcos’altro sarebbe sicuramente scoppiata in singhiozzi. Xander l’intuì e si alzò dalla sua sedia per andare ad abbracciarla. Le tese una mano, la fece alzare e, senza dire nulla, la strinse forte a sé affondando la faccia nei suoi capelli e facendole posare il viso sulla propria larga spalla. < Mi dispiace tanto, Will. Lo giuro!… Scusami, ti prego! >. Le sussurrò all’orecchio, dolce e rassicurante al contempo. La ragazza sollevò appena il viso e una lacrima le sfuggì nonostante i suoi sforzi:< Scusami anche tu, Xan… scusami tanto! >. Rispose lei. Per il momento la frattura formatasi far i due amici d’infanzia sembrò risanarsi… Certo, non sarebbe bastato un abbraccio e un semplice “scusa” per sistemare le cose fra loro. Ma almeno ora avrebbero smesso di fuggire l’uno dall’altra, avrebbero smesso di ferirsi involontariamente con silenzi e assenze ingiustificate. Se un giorno la cosa fosse venuta fuori, avrebbero spiegato e pagato ulteriormente lo scotto della sbronza colossale che si erano presi e di tutto quello che ne era conseguito; ma, per il momento, quell’assurdo episodio sarebbe rimasto un segreto fra loro. Il difficile sarebbe stato dimenticare, ammesso che ci fossero mai riusciti.

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Capitolo 12
*** 13 ***


CAPITOLO TREDICESIMO: SCOPERTE Buffy uscì da casa di Tomas che erano appena le sette del mattino. Non aveva fatto la ronda la sera precedente, ma si era concessa una lunga e intensa piacevole serata di divertimento e coccole, proprio come avrebbe fatto una comune psicologa con una comune vita privata. Solo che adesso avrebbe avuto appena il tempo di correre a casa, fare una doccia, cambiarsi d’abito e poi volare al lavoro. Non l’aspettava una bella giornata lavorativa: sei appuntamenti con pazienti nuovi e altri cinque con pazienti abituali dai casi complessi che già seguiva da quasi un anno. Era sicura che per quel giorno non sarebbe riuscita a rincasare prima delle sette o le otto di sera. Arrivò a casa praticamente volando con la sua auto, tanto che sul vialetto d’ingresso al garage dovette inchiodare e sul mattonato bianco si formarono due strisce nere di gomma lasciata lì dalle ruote della sua auto. Dawn si affacciò dalla finestra della sua stanza e la vide scendere in tutta fretta e correre dentro come se fosse inseguita da un nemico imbattibile. Per un momento, la più giovane delle Summers si preoccupò, domandandosi perché sua sorella corresse tanto; poi però le bastò un’occhiata assonnata alla sveglia che le rivelò che Buffy avrebbe tardato in ufficio almeno di un quarto d’ora. < Così impara a dormire fuori casa per spassarsela…! >. Commentò Dawn, sbadigliando e tornando a infilarsi sotto le lenzuola. Lei si poteva alzare tranquillamente alle dieci: l’esame quel giorno ce lo aveva a mezzogiorno. Ed era l’ultimo. Mentre Buffy era in attesa del suo prossimo paziente, il signor Roolth, perdeva tempo riempiendo scartoffie varie che aveva lasciato indietro tanto poca era la voglia di compilarle. Non erano neppure le undici e mezza di mattina che aveva già visto quattro pazienti e gliene mancavano almeno altri due prima dell’ora di pranzo. Si sentiva stanchissima e avrebbe preferito mille volte essere sotto la doccia in quel momento, ma d’altronde il suo lavoro di Cacciatrice le forniva solo una sana attività fisica giornaliera, non certo il denaro per pagare bollette e comprare cibo e vestiti o pagare gli studi di Dawn. Quindi, si disse rassegnata, che la doccia avrebbe aspettato fino all’ora di cena. Annoiata diede un’occhiata all’orologio: Roolth era in ritardo di dieci minuti. Subito dopo aver ripreso a scrivere quegli odiosi fogliacci, il telefono del suo ufficio squillò. Era Suzanne, la nuova segretaria, che voleva passarle una telefonata di un tizio che non si era presentato, ma che aveva insistito dicendo che era urgente. < Suzanne… lo sai che sto aspettando un paziente e non posso ricevere telefonate esterne. Se arrivasse il signor Roolth non potrei farlo aspettare mentre… > < Sì, signorina Buffy, lo so, ma… l’uomo che attende in linea dice che è davvero importante. Dice che chiama per conto di un certo Habel! >. < Habel?… Ehm… passami la telefonata, grazie! >. Il suo sesto senso di Cacciatrice le diceva che c’erano guai all’orizzonte. - Pronto…? - - Cacciatrice! Ciao, come stai? Non conduci una vita troppo stressante? Di giorno hai a che fare coi pazzi e di notte coi demoni… - - Chi sei e che vuoi! - - Chi sono… diciamo un amico che ci tiene a rimanere anonimo. Che voglio? Farti un favore! - - E in cambio che vuoi? - - Non ho parlato di volere qualcosa in cambio! - - Niente è gratis!… E poi chi ti dice che io voglia qualcosa da te? - - Cacciatrice, parli così solo perché non sai cosa voglio darti… o meglio… dirti!… Ho un’informazione che ti dovrei far pagare almeno un paio di badili di sangue fresco. Ma, visto che sono un amico, te la darò gratis! - - Allora, sentiamo, succhiasangue, cosa vuoi dirmi? Dev’essere davvero importante se a quest’ora di mattina, invece di dormire tre metri sottoterra, sei al telefono con me! - - Sei famosa per il tuo sarcasmo, Cacciatrice, ma adesso zitta e apri le orecchie!… Habel e Kaine stanno cercando un oggetto sacro, una specie di amuleto chiamato di Soid. E lo cercano in giro per tutte le chiese sconsacrate di San Francisco per il momento, ma ci sono buone possibilità che invece sia seppellito in una delle grotte di Hamala Bay. Conosci? - - Sentite nominare… va’ avanti! - - Se uno dei due trova l’amuleto, per te e la tua razza è finita. Riacquisteranno potere, il potere che avevano quando sono stati generati. E allora né tu né nessun’altra della tua stirpe potrà fare nulla contro di loro! - - Ah sì? E se invece non lo trovassero? Che ci guadagni tu?… Qualcosa mi dice che questa telefonata non sia da parte di Habel! - - No, infatti. Però… non ci guadagno niente, a parte il fatto che tu li fai fuori e io divento il nuovo Maestro indiscusso dei loro clan, rifondendoli come quando c’era Kakistos e magari… andando via da San Francisco. Detesto questo schifo di città, dove tra l’altro cacciare con te e i tuoi amichetti fra i piedi è un impresa! - - Cioè vuoi usarmi per ammazzare chi è più forte di te! - - Ammazzare? Ma no… sono già morti, infondo! - - Sei veramente un bastardo, tu! - - E della peggior specie!… Ma non è questo che conta, ora. Ricorda: il talismano di Soid!… Alla prossima, Cacciatrice. Buon lavoro! - - Ehi, frena, aspetta…! – Ma il suono del telefono le disse che che dall’altra parte avevano riattaccato. Sbuffò stressata e innervosita da quella maledetta telefonata e riattaccò la cornetta esagerando un tantino con la forza, tanto che l’apparecchio andò in frantumi. < Ecco!… Ci mancava pure questa! >. Esclamò, riferendosi sia al danno fatto al telefono dello studio diventato decisamente inutilizzabile, sia a quella nuova faccenda del talismano di Soid. Possibile che non riuscisse a stare più di ventiquattrore in pace? Kennedy piombò nell’ufficio di Willow con una busta piena zeppa di vivande per il pranzo. < Ciao, rossa! >. La salutò, sorridendo e chiudendo la porta dietro di sé. Lory l’aveva lasciata passare perché sapeva che, assieme al signor Harris, Kennedy andava in quell’ufficio quando voleva essendo anche lei coinquilina della signorina Rosemberg. < Ciao, Kenny! Che ci fai qui? >. Domandò la rossa, staccando gli occhi dal computer e ricambiando il sorriso con aria sorpresa. L’altra alzò la mano con la busta:< Mangiamo insieme, oggi. Ti va? >. < Non mi ero accorta che fosse già ora di pranzo! >. < No, veramente sono un po’ in anticipo, ma… sono riuscita a finire tutto il lavoro che avevo in lista per questa mattina e così… ho pensato di passare un po’ di tempo insieme alla mia ragazza, visto che ultimamente non ci vediamo quasi mai nonostante abitiamo insieme e dormiamo nello stesso letto! >. Disse Kenny, sempre sorridente, avvicinandosi alla scrivania e cominciando a posare tutto il contenuto della propria busta sul tavolo. Aveva comprato bibite ghiacciate, panini con formaggio fresco e due thé nei quali galleggiava abbastanza ghiaccio da riempire un frigorifero. Una volta finito di sistemare il tutto, più o meno trenta secondi dopo aver iniziato, Kennedy fece il giro della scrivania e andò a dare un rapido bacio alla sua ragazza. < Mmm… magari pranzassimo tutti i giorni così! >. Disse Will, scherzosa. L’altra fece spallucce. < Che vuoi che ti dica… per me potremmo anche farlo. Ma tu non hai mai tempo! Oggi, però, niente scuse! >. Rispose Kennedy. Purtroppo, pensò Will, la sua ragazza aveva ragione. Su tutta la linea… negli ultimi diciotto giorni, infatti, sia per via dell’”incidente” accaduto fra lei e Xander, sia per impegni vari di lavoro e caccia notturna contro i vampiri, le due giovani non erano riuscite a vedersi molto, tanto meno a parlare o a fare qualunque altra cosa insieme. Willow allora si sentì in torto perché Kennedy, venendo lì quel giorno, praticamente stava ammettendo che sentiva la sua mancanza. L’ultima cosa che voleva era ferirla, farla soffrire; in quel momento, più che in ogni altro ultimamente, Willow si rese conto di quanto Kennedy l’amasse e dipendesse da lei nonostante ostentasse forza e sicurezza. La bruna fece per tornare a sedersi dall’altra parte della scrivania, ma Will agì d’istinto e l’afferrò per il polso, trattenendola. < Che c’è? >. Le domandò Kenny, interdetta. Willow sorrise seducente:. Le disse, con un luccichio malizioso negli occhi. Kennedy ricambiò il sorriso e le mise la mano libera fra i morbidi capelli lunghi, massaggiandole delicatamente la nuca con dita leggere. < Hai… in mente qualcosa di più? >. Chiese, quasi sussurrando e fissandola negli occhi che tanto adorava. Will si lasciò carezzare da quella mano familiare e gentile, rabbrividendo quando le dita di Kenny le sfiorarono la pelle della guancia e posandole poi un bacio sul palmo aperto. < Ho in mente… molto… di più! >. Rispose anche lei, sussurrando. Poi l’afferrò per la vita e l’attirò a sé. Non avrebbero mangiato insieme quel giorno, ma sicuramente avrebbero speso bene il loro tempo, tanto più che il fresco del condizionatore e la porta chiusa da dentro rendevano l’ambiente congeniale ad un po’ di privacy in una stanza tutto sommato confortante. La scrivania di Will era spaziosissima e assolutamente ideale per far lavorare comodamente la programmatrice sistemista; ma quel giorno, lei e la sua ragazza scoprirono che c’erano altri modi per utilizzare al meglio il nuovo ufficio. Ora, forse, le cose fra loro sarebbero tornate serene come un tempo. Forse, fra le due giovani era tornata la vecchia alchimia che le aveva unite e tenute insieme dacché si erano conosciute. O, almeno, era questo che sperò Will mentre spogliava Kennedy e ammirava adorante il suo corpo sinuoso e perfetto che tanto le era mancato, infondo. Passò una settimana. Willow non era più andata in ufficio, lavorando a casa a velocità incredibile in modo da poter impegnare tutto il tempo rimanente alla ricerca d’informazioni sul talismano di Soid. Buffy era tornata dal lavoro esagitata il giorno stesso in cui aveva ricevuto quell’insolita telefonata anonima e da quel momento tutta la gang si era data da fare per intensificare le ronde; la programmatrice, invece, si era subito gettata fra i libri e sul proprio terminale alla ricerca di una qualunque informazione che potesse rivelare qualcosa di più su quella storia. Ma, come per molte altre cose riguardanti Habel e Kaine, i due vampiri gemelli, fino a quel momento la rossa non era riuscita a cavare un ragno dal buco. Inoltre, si sentiva esausta tutti i giorni, tutto il giorno; spesso si svegliava di notte in preda al mal di reni e a sudori freddi, e tutte le mattine si alzava spossata e con la nausea. Niente a che vedere con la solita energica Willow Rosemberg. Kennedy si era dimostrata premurosa come sempre e l’accudiva ogni volta che ne aveva bisogno, raccomandandole di non lavorare troppo né per la ditta né alla ricerca d’informazioni sul mondo dell’occulto; ma la ragazza non se la sentiva di accantonare i suoi doveri, in nessun campo della sua vita. D’altro canto, Kennedy dovette continuare ad andare a lavoro tutti i giorni e non poté impedirle di stancarsi più del dovuto. Solo Dawn rimase in casa con lei tutte le mattine, quella settimana; ma di certo la giovane non era in grado di costringere l’amica più grande né a rimanere a letto, né a mollare per un po’ il computer o i libri. Così non le rimase altro che aiutarla e… addio estate di riposo! Ma non avrebbe lasciato sola Will per nulla al mondo, perché Will non aveva lasciato mai sola lei in passato. < E’ solo una lieve influenza estiva! >. Borbottò la rossa, quando Dawn le portò l’ennesima tisana al tiglio. Era un trucco che aveva imparato da Tara tanti anni prima: quella tisana aveva davvero poteri rigeneranti, soprattutto se unita a un paio di cucchiaini di zucchero in più. Willow accettò la tazza, ben consapevole del fatto che l’atra era solo preoccupata per la sua aria stanca e il pallore più evidente del solito sul suo volto. Tra l’altro, quella tisana e il thé freddo sembravano le uniche due cose che la ragazza riuscisse a mandar giù di prima mattina, senza dover correre subito dopo in bagno a vomitare. < Sì, lo so. Anche se… strana come influenza: niente febbre! >. Commentò Dawn sedendosi accanto all’amica e prendendo uno dei suoi libri in mano, cominciandolo poi a sfogliarne le pagine. Will le scoccò un’occhiataccia:< Che combini ora? >. < Ti aiuto nelle ricerche!… Stai uno schifo, eppure continui a lavorare come una pazza… mi sa che qualche seduta dallo psicologo serve pure a te! >. Rispose Dawn, continuando a sfogliare pagina dopo pagina. < E’ solo una lieve influenza, come devo dirtelo? Passerà. Non sto morendo! >. Esclamò irritata, la strega. Ma un attimo dopo aver sorseggiato la tisana, contrariamente al solito le venne su un conato di vomito e corse in bagno rischiando di non arrivare in tempo al water. Quando ne uscì, un quarto d’ora dopo, sembrava ancora più pallida e più debole. Dawn l’osservò preoccupata. < Cavolo, Will. Ma ci sei stata dal medico? >. Domandò la più giovane, mentre l’altra si rigettava sul divano stancamente. La rossa scosse la testa:< No, veramente no. Ma non credo serva… >. < Mah!… Se non sapessi che è impossibile, direi che sembri una donna incinta ai primi tempi della gravidanza! >. Esclamò distrattamente Dawn, più concentrata sul libro dell’occulto che aveva in mano che al resto. Non che non le importasse di Will, ma sapeva che se voleva farla riposare, l’unico modo era aiutarla in ciò che si era prefissata di fare. Ora, non poteva fare i suoi programmi, ma aiutarla con la ricerca come mille altre volte da anni sì. Ed era quello che stava facendo. Willow, invece, la fissò stravolta e di colpo si sentì le gambe tremare tanto che se non fosse stata seduta, sarebbe sicuramente caduta. Iniziò a sudare ma non era per il caldo estivo, era per un dubbio che si stava insinuando in lei strisciando come una serpe infida. “… una donna incinta ai primi tempi della gravidanza…” < Oh, cazzo! >. Esclamò improvvisamente, saltando in piedi terrorizzata. Dawn la guardò storta, non abituata a sentirla parlare in quel modo. < Che c’è? >. Le chiese. Will portò le mani davanti alla bocca, ma non per un’ennesima ondata di nausea. Voleva reprimere un grido che dalla gola stava per salirle su. < Vado in bagno! >. Disse frettolosamente, poi corse via e andò a chiudersi nella sua camera per poi chiudere anche la porta del bagno e infilare la testa sotto l’acqua gelata. Incinta? Non aveva pensato a quella possibilità… Poteva essere? Certo che sì… dopo Xander! Ma avevano usato precauzioni… dovevano averlo fatto! Non potevano essere stati tanto stupidi da non farlo! Perché, era stato intelligente fare sesso insieme? Cazzo!… Cazzo! Era pazzesco!!!… Ma era possibile. Lasciò che l’acqua la freddasse fino a farle venire il mal di testa, poi chiuse il rubinetto della vasca e grondante si rimise dritta in piedi. Doveva controllare in agenda. Tornò nella propria camera e frugò fra le proprie cose in cerca della propria agenda. La trovò e iniziò subito a sfogliarla… Ultima mestruazione… < Oh, Santo Cielo! >. Esclamò, mentre le lacrime cominciavano a scenderle lungo le guance e lo stomaco le si contorceva di nuovo con un’ennesima ondata di nausea. Non riuscì a controllarsi e vomitò sul pavimento, dopo essersi accasciata a terra ancora bagnata d’acqua gelata. Il suo ciclo era in ritardo di venti giorni e non se n’era neppure accorta. Che doveva fare ora? Doveva dirlo a Xander o no? Ma certo che doveva dirglielo: aveva il diritto di sapere una cosa simile. E poi a chi altro avrebbe potuto chiedere aiuto se non a lui? Si rialzò e tornò in bagno. Si lavò rapidamente per togliersi il vomito e il sudore di dosso, pulì frettolosamente a terra e infine indossò le prime cose che riuscì ad afferrare nell’armadio per poi schizzare via senza neppure dire niente a Dawn. Prese l’auto e sfrecciò a tutta birra verso il cantiere dove lavorava Xander. Guidò come una pazza furiosa e arrivò a destinazione in pochissimo tempo, rischiando anche d’investire qualche pedone. Steve, il socio di Xander, la fissò come fosse stata una marziana:< Ciao, Will! Tutto ok? >. Le chiese, sinceramente preoccupato. I capelli della ragazza grondavano ancora e i vestiti puliti si erano bagnati; non solo: gli occhi strabuzzati le davano davvero l’aria della pazza o comunque di qualcuno che ci era molto vicino. < Sì, tutto ok. Xander? >. Chiese Will, agitata. Steve indicò il prefabbricato che faceva da ufficio. < Grazie! >. Disse la rossa, poi proseguì nella direzione indicatale. Entrò come una furia e Xander quasi si strozzò con l’acqua che stava bevendo, tanto fu lo spavento. Willow richiuse la porta e fece due mandate con la chiave. < Will! Ma che succede? Tutto a posto? Buffy? Dawn?… Dov’è Kennedy? E Giles? >. Chiese subito Xander, alzandosi dalla propria sedia e andandole incontro, pensando fosse accaduto qualcosa di grave a uno dei loro amici. < Loro stanno bene, ma io e te siamo nella merda fino al collo! >. Disse Willow, evidentemente fuori di sé. Era spaventata oltre che agitata e, di certo, aveva perso il controllo dei propri nervi. < Che stai dicendo, Will? Perché siamo nella merda? Che è successo? Calmati!… Vieni, siediti e risolveremo tutto! >. < Non credo che potremo risolvere il problema mettendoci seduti! >. < Will! Vuoi calmarti? Che è successo? Perché sei zuppa d’acqua? >. < Lascia stare l’acqua!… Sono incinta! >. Esclamò Willow, quasi gridando con voce tremante. Subito dopo, il nodo che le si era formato in gola si sciolse e lei iniziò a singhiozzare. Xander era rimasto imbambolato, con la bocca aperta e gli occhi sbarrati. Stava ancora cercando di elaborare il concetto. Ma poi vide la reazione di Will e non poté non abbracciarla forte. < Shh, Will! Dai!… Ne sei certa? >. Le domandò, con voce dolce. < Certa no, ma… venti giorni di ritardo… Oh, ti prego, Xan, dimmi che quella sera abbiamo usato precauzioni di qualche genere! Ti prego, dimmelo, perché io non me lo ricordo! >. Lo supplicò. Ma Xander scosse la testa. < Non… non lo so, non me lo ricordo neanch’io! >. < Oddio…! >. < Senti… andiamo da un medico, facciamo degli accertamenti… in ospedale potranno darci la conferma, non credi? >. < Niente ospedale! >. < Perché no? > < Perché ci lavora il ragazzo di Buffy e sento che prima o poi questa storia verrà fuori e… non sono pronta a spiegarla, Xan, non me la sento! >. < Ok, ma qualcosa dobbiamo fare per sapere se sei incinta o no! Mica possiamo aspettare nove mesi e poi vedere! > < E allora…? >. < E allora andiamo in farmacia, compriamo dei test di gravidanza e intanto vediamo cosa ci dicono quelli. Poi… se servisse andiamo da un medico privato, anche dall’altra parte della città, se servisse!… Ok? >. Will annuì, asciugandosi le lacrime col dorso della mano. Ora sembrava più calma ma non per questo meno spaventata. < E se risultasse positivo? >. < Diremo tutto agli altri e… ci prenderemo le nostre responsabilità, ok? Se davvero aspettassi un bambino, non si potrebbe tornare indietro. Almeno io non vorrei: non ci penso nemmeno a farti abortire!… E sono più che certo che… anche tu la pensi così! >. Willow non rispose, ma era vero quello che aveva detto Xander: quel che era fatto era fatto. Non avrebbe mai e poi mai abortito solo per togliersi da un impiccio. Tanto più che, probabilmente, quella sarebbe stata la sua unica possibilità nella vita di diventare madre. Ma come avrebbero fatto a dirlo agli altri? Si sarebbe scatenato un putiferio in casa, ne era certa.

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Capitolo 13
*** 14 ***


CAPITOLO QUATTORDICESIMO: TRE AMICI CON UN SEGRETO Buffy chiuse il telefonino e scese dalla propria auto, portando con sé la giacca del tailleur e la borsa da lavoro. Aveva appena finito di discutere con Tomas per l’ennesimo appuntamento saltato, la sera precedente. Il problema, come al solito, era che proprio non poteva dirgli qualcosa del genere… ti ho dato buca perché sono andata a caccia di vampiri. Tra l’altro, la sera precedente si era rivelata proficua: non avevano ancora scoperto cosa fosse il talismano di Soid, ma avevano scoperto che effettivamente Kaine lo stava cercando e anche suo fratello. Il che significava che i guai che stavano per piovere su San Francisco e, soprattutto, su lei e i suoi amici erano di dimensioni mastodontiche. Diede un’occhiata distratta all’orologio: quasi le sei e mezza e la casa sembrava deserta. Dawne era da Robert, Buffy lo sapeva perché l’aveva sentita a pranzo. Ma Willow? Neppure quella mattina, come tutta l’ultima settimana, era andata in ufficio dicendo che restava a casa perché non si sentiva troppo bene e, inoltre, in quel modo avrebbe potuto portare avanti le ricerche sui due fratelli vampiri e su quello che stavano cercando con tanto accanimento. Neppure la moto di Kenny c’era, ma Buffy non se ne stupì: probabilmente l’amica era ancora in ufficio. Ultimamente anche la bruna faceva un sacco di straordinari. Quindi Buffy si domandò ancora… dov’era Willow? Perché non era in casa? Buffy entrò e chiuse la porta dietro di sé, poi andò in camera propria e gettò distrattamente sul letto ciò che aveva in mano e fece lo stesso con i sandali, scaraventati poco delicatamente ad un angolo della stanza. Infine, si tolse anche i pantaloni e rimase in slip e maglietta. Si guardò allo specchio e si disse che si stava stancando troppo in quel periodo… a giudicare dalle su occhiaie e dal mal di testa che, come in quel momento, la colpiva sempre più spesso. Cercò nel cassetto del proprio comodino e ingurgitò un’aspirina, sperando che facesse presto effetto; poi decise che sarebbe andata ad infilarsi sotto la doccia per rilassarsi un po’, ma mentre stava per finire di spogliarsi sentì strani rumori, come piccoli tonfi, provenienti da una delle stanze adiacenti. Fu per questo che ci ripensò e si affacciò in corridoio:< Dawn, sei tu? >. Domandò, ad alta voce. Ma non arrivò risposta alcuna. < Xander?… Willow?… Kenny? >. Disse ancora. Ma di nuovo nessuna risposta e, dopo un attimo, sentì un altro tonfo sordo. Era evidente che in casa con lei c’era qualcuno. Così si affacciò nella stanza di sua sorella, ma la trovò vuota esattamente come doveva essere. Allora si diresse nella camera di Willow e Kennedy.La porta era socchiusa. L’aprì e non c’era nessuno, ma era evidente che qualcuno era nel bagno adiacente. Buffy si avvicinò alla porta e bussò con le nocche:< Will… tutto ok? >. Domandò. La risposta non giunse subito e quando l’altra rispose, comunque la sua voce risultò alterata. < Sì… sì… Buffy!… Sono solo nella merda davvero! >. Buffy corrucciò il viso. Aveva sentito bene? Will nel parlare aveva quasi sussurrato, ma a lei era parso di sentire qualcosa del tipo “sono nella merda” o roba simile. Probabilmente aveva sentito male, non c’era altra spiegazione. < Will… ti serve una mano? Posso entrare? >. Chiese allora, un po’ preoccupata. Il fatto era che aveva indubbiamente sentito male, ma comunque la voce dell’amica non le era piaciuta. E poi cos’erano quei tonfi che aveva sentito? < No, no, Buffy! Non entrare!… Davvero, sto bene! Un attimo e esco! >. Disse Willow, improvvisamente allarmata, con voce decisamente più alta. Questo insospettì la bionda ancora di più: perché quel cambio repentino di tono? Allora c’era davvero qualcosa che non andava! < Senti, Will, io entro… ho l’impressione che tu non stia bene! >. < No, aspetta…! >. Ma Buffy non aspettò e Will aveva dimenticato di chiudere a chiave. Così la bionda si trovò davanti una scena che davvero non si aspettava: il bagno completamente messo sottosopra, con scatolette di cartone buttate ovunque insieme a linguette di plastica, boccette di profumo e di bagnoschiuma a far loro compagnia sul pavimento. Willow se ne stava seduta sul bordo della vasca con l’aria abbattuta e una delle linguette bianche e rosa in mano. Non stava vomitando e a parte la sua espressione assolutamente atterrita non c’era nulla che non andasse in lei, apparentemente. Ma che diavolo era successo lì dentro? < Will!… Ma che hai combinato qui? Cos’è questo disastro? >. Domandò Buffy, all’amica. Non aveva ancora capito. Willow si lasciò sfuggire un sorriso vuoto e sarcastico:< Non è certo il disordine nel bagno il disastro, al momento! >. Disse in un sussurro quasi impercettibile. Buffy la guardò storta, non capendo che diavolo le fosse preso. Poi si chinò a raccogliere una delle scatolette di cartone e… < Oh mio Dio!… Will…?! >. Quasi Buffy non credeva ai propri occhi. Non l’aveva notato fino a quel momento, ma in mano teneva la scatola di un test di gravidanza ed era… identica a tutte quelle sparse sul pavimento. Almeno una decina. < Willow… come… com’è possibile?… Non avrai mica usato un incantesimo per…? >. < Sì, certo. Un incantesimo chiamato sesso! E’ molto comune, lo praticano in molti senza neppure essere maghi o streghe e spesso il risultato è quello che ho in mano io! >. Rispose la rossa, secca. Nel suo sarcasmo non c’era ombra di divertimento. Non stava scherzando. Buffy le si avvicinò e le tolse la striscetta che teneva fra le dita; la guardò: era blu. Sulla confezione c’era scritto a caratteri cubitali: BLU = positivo ROSA = negativo La striscetta che Will aveva tenuto fra le mani fino a quel momento era… indubbiamente blu. E Buffy, ora che osservò meglio, notò che anche tutte quelle sparse a terra erano blu, inconfondibilmente blu. < Io… sono confusa, Will. Spiegami…! >. Disse Buffy, dopo qualche secondo. Stava cercando di ragionare, di rispondersi da sola, ma non ci riusciva; non senza arrivare alla conclusione più ovvia e cioè che Will era stata a letto con un uomo. Cosa impossibile. < Non c’è granché da spiegare ormai, mi pare! >. Disse Willow, amareggiata. < Come no?… Se non è il frutto di un incantesimo allora cos’è?… Oppure… sarà un esame fallato, ce ne sono tanti di falsi positivi! >. < Sì, certo! Uno poteva essere un falso positivo, ma ho ripetuto il test quindici volte… sono incinta, Buffy! >. Fra loro scorsero lunghi istanti di silenzio; istanti in cui nessuna delle due sapeva esattamente cosa dire. Willow se ne stava lì, seduta esattamente come l’aveva trovata la sua amica, continuando a fissarsi le mani che oramai non stringevano più l’ultimo test che aveva fatto. Buffy, invece, per la prima volta dopo tanti anni, si sentì a disagio davanti alla rossa. Quella storia era pazzesca. < Will… Kenny… >. Iniziò Buffy, ma l’altra la interruppe subito scoppiando a piangere in singhiozzi. < Kenny non sa niente!… Nessuno sapeva niente fino ad ora, a parte Xander, certo!… >. Riuscì a dire Willow, fra un singhiozzo e l’altro. Era disperata e tutti i suoi sforzi per trattenersi erano andati a farsi friggere. Buffy le si avvicinò e l’abbracciò forte a sé, facendole posare la testa sul proprio addome piatto. < Oh, tesoro!… Dai, non fare così… un errore può capitare a tutti e tu… ma chi è il padre? Con chi sei stata a letto e perché? Onestamente, io… non capisco! >. La sua voce non era accusatoria, voleva solo capire. < Io… noi… eravamo ubriachi e afflitti… e… non lo so che ci ha detto la testa… non era nelle nostre intenzioni quando siamo usciti, quella sera. Ma… poi… è successo, Buffy! E’ successo e basta!… Ed eravamo troppo ubriachi per ricordarci di usare un preservativo o roba simile e io… non abbiamo pensato che poteva succedere questo, non abbiamo pensato a nulla!… C’importava solo smettere per un momento di soffrire perché quel dannato anniversario ricorda tutti gli anni a entrambi quello che avevamo e non abbiamo più…! E io sono secoli che… non ho bisogno di contraccettivi e… nemmeno lui… ma non volevamo!… Non volevamo, lo giuro…! >. Willow aveva preso a parlare a raffica, a vomitare parole insensate per Buffy. Ma furono insensate solo per poco perché, dopo una delle ultime frasi, a Buffy venne un tremendo dubbio che la sconvolse forse più del fatto stesso che Will era incinta. Per un istante la scostò da sé e la fissò in viso, seria come non mai. < Will, calmati ora. Rispondimi: chi è il padre del bambino? >. La rossa esitò, guardandola con quegli occhioni gonfi pieni di rammarico per sé e per la sua maledetta debolezza. Poteva non rispondere a quella domanda, ma poi si chiese a cosa sarebbe servito. Ormai Buffy non ci avrebbe messo tanto a fare due più due e a capire. < … Xander! >. Disse alla fine, riprendendo a piangere. < Co…? Xander?! Ma siete impazziti voi due? >. Sbottò Buffy, improvvisamente arrabbiata. Già era assurdo che Willow fosse stata a letto con un uomo e che fosse rimasta incinta, ma che quell’uomo fosse Xander… era da camicia di forza! < Cazzo! Ma che avete fatto?… Come avete potuto fare una cosa simile? E Kennedy non sa nulla? Dio! E’ un casino! >. Ed era vero. Di lì a pochi giorni in quella casa sarebbe scoppiata la terza Guerra Mondiale, questo poco ma sicuro. Willow, comunque, fra un singulto e l’altro, riuscì a calmarsi sufficientemente da raccontare ciò che ricordava della fatidica sera. L’istinto di Buffy fu quello di prendere a schiaffi lei e quell’idiota di Xander, appena l’avesse preso. Ma poi ebbe compassione della sua amica e ne ebbe anche per l’altro che, subito dopo saputa la notizia, cominciò anche lui a singhiozzare per telefono, incurante del fatto che il tono di Buffy era sembrato davvero furente. Un’ora più tardi i tre amici erano chiusi in camera di Xander a pianificare il dafarsi. Era fuori discussione tacere la faccenda agli altri: una gravidanza era impossibile da nascondere. E più di ogni altra cosa, era impossibile e assolutamente ingiusto nascondere ciò che era avvenuto e le conseguenze a Kennedy… l’unica vera vittima innocente di quella situazione, dal punto di vista di Buffy. Ma, visto il morale dei suoi due amici, evitò di dar voce a quell’osservazione obiettiva ma cinica. < Io però… non me la sento di parlarle ora! >. Ammise Willow, abbattuta. Gli altri due la guardarono sorpresi: possibile che volesse davvero scavalcare quel problema? < Will… non pensare neppure per un attimo di tenere Kennedy all’oscuro di tutto! Non si può e non sarebbe giusto, ok? >. Esclamò Buffy, leggermente allarmata e anche un po’ seccata. Ma l’amica la rassicurò scuotendo la testa. < Figurati!… Non intendevo dire questo, solo… vorrei aspettare qualche giorno, ecco tutto. Tra due settimane Kennedy dovrà consegnare un lavoro importante che, se fatto bene, le consentirà di ricevere una promozione entro la fine del mese. Volevo aspettare quel termine perché… so che si arrabbierà tantissimo e quando è arrabbiata va fuori di testa, sragiona e commette… sciocchezze enormi!… Che lasci me… me lo merito, anche se non vorrei. Ma che lasci il lavoro a causa mia…>. < Se è per questo, sono d’accordo anch’io. Ma glielo diremo insieme quando arriverà il momento, ok? >. Disse Xander, fissando la rossa negli occhi. < Ehm… scusa Xander, ma non so se questa sia una buona idea!… Kennedy è… un tantino tendente a scoppi d’ira furibonda quando s’incavola e tu sei molto, molto più debole di lei!… Potrebbe spaccarti la faccia quando saprà che sei tu il padre del bambino… letteralmente spaccartela! >. Fece notare Buffy. Xander fece spallucce e si passò una mano fra i capelli. Aveva la barba lunga e l’aria stanca. Anche lui sembrava sconvolto quanto Willow dal risultato del test di gravidanza ed erano evidenti tutti i suoi sensi di colpa. Ma questo probabilmente non avrebbe fermato l’ira di Kennedy. < Voglio prendermi le mie responsabilità, chiaro? Sia come padre che tutto il resto!… A questo punto prendo tutto il pacchetto, non mi accontenterei di niente di meno! >. Rispose, secco. < E fai bene, non ti chiedo di fare diversamente, Xan. Ma forse non è una mossa azzeccata confessare a Kennedy questa cosa… voi due insieme! >. Ribatté Buffy, cautamente. < Be’, l’abbiamo fatta insieme e insieme l’affronteremo!… Non lascerei mai Will da sola con Kennedy: a me potrebbe spaccare la faccia, ma a lei? >. < Oh, no, Xander! Kennedy… urlerà, piangerà, magari mi rifilerà anche un ceffone, ma si fermerebbe lì!… Non mi farebbe mai del male seriamente, ne sono certa! >. Disse Willow, cercando di essere rassicurante. Ma la verità era che non era del tutto certa che Kennedy non uscisse davvero fuori di testa per quella storia. Se c’era una cosa che la Cacciatrice mora detestava, era il tradimento… sotto ogni sua forma o aspetto. Willow lo sapeva bene, glielo aveva detto fin dall’inizio. Nell’amicizia, come nella lotta contro il Male, come nell’amore. Tradire per Kennedy significava commettere uno dei crimini più abbietti che esistono e una volta fatto, il responsabile del tradimento perdeva la sua stima, la sua fiducia, la sua considerazione e, soprattutto, il suo affetto. Era un discorso che avevano affrontato per caso, anni prima, quando la loro relazione era agli inizi. Poi non ne avevano più parlato, non era capitato, non era servito. Ma Willow era più che certa che la sua ragazza non avesse cambiato idea a tale proposito. Ed è per questo che lei e Xander avrebbero pagato uno scotto enorme per la notte passata insieme: avevano tradito Kennedy. L’avevano tradita come fidanzata e come amica. E, come aggravante, c’era la gravidanza e il fatto che senza di essa i due avrebbero tenuto la ragazza all’oscuro di tutto. < E va bene! – Disse Buffy, alla fine, rassegnata. – Allora… aspetteremo due settimane e poi… glielo diremo. Diremo la verità a Kennedy e… a mia sorella e Giles, ok? >. Willow però scosse la testa:< No, aspetteremo la promozione di Kennedy. Io… Xander, non pretendo niente da te, davvero! Ma non ho nessuna intenzione di abortire. E’ escluso: questo figlio, probabilmente, è l’unico che avrò mai in vita mia, quindi voglio tenerlo. Voglio che nasca e voglio crescerlo. Ma questa è una decisione mia, mia soltanto. Tu, Xan, non devi sentirti obbligato a fare nulla, ok? >. < Stronzate!… Questo bambino è figlio tuo quanto mio e… lo so che Kennedy tenterà di farmi fuori quando lo saprà, ma non me ne frega niente: il bambino lo teniamo e lo cresceremo insieme. Non ti avrei mai chiesto di abortire! >. < Ragazzi!!! Che state dicendo? >. Sbottò Buffy, facendo uno sforzo per trattenersi. < Stiamo solo dicendo quello che sarà! >. Rispose Xander. < Ah, già! Be’, le vostre intenzioni vi fanno onore, davvero. Ma… siete in grado di crescere un bambino? Tra l’altro… io non ho nominato l’aborto, ma non credo sia da escludere. Pensateci su almeno! >. Esclamò la bionda. Quell’idea ripugnava anche lei, ma bisognava vagliare tutte le possibilità di risoluzione esistenti; invece Xander e Willow parlavano come se la possibilità fosse una e una soltanto. < Non dire assurdità, per favore, Buffy. Non voglio nemmeno sentire nominare la parola aborto! – Disse la rossa, stizzita. – Ti ripeto: questo figlio non era programmato, ma ora c’è e lo voglio. Mi prenderò le mie responsabilità e… lo metterò al mondo!… Non m’illudo che sarà facile e so che non potrò dargli una famiglia normale. Io e Xander non ci sposeremo mai, ma… possiamo comunque fargli da genitori. O almeno queste sono le mie intenzioni! >. < E anche le mie! >. Aggiunse Xander, risoluto. Inutile continuare a battere su quel tasto, dunque. < Ok, va bene. Se avete deciso… io vi appoggerò. Fermerò Kennedy quando farà la sua sfuriata e… farò da zia saggia e dolcissima al bambino! >. Concluse la bionda, rassegnata ad assecondare i due amici. < Per quanto riguarda la parte della zia… nulla in contrario, ovviamente. Ma… non ci sarai anche tu quando parleremo con Kennedy! >. Disse Xander, sedendosi a terra, con le gambe stese e la schiena poggiata alla parete. Willow anche annuì: era d’accordo con lui. < Come no? Siete matti davvero, allora! >. Ribatté Buffy, ansiosa. < No. E’ che… già ce l’avrà a morte con noi e… non deve e non può prendersela anche con te o sarà un disastro. Le servirà una spalla su cui piangere e qualcuno con cui parlare. Se credesse che l’hai tradita anche tu, non ti rivolgerebbe più la parola e allora sarebbe impossibile farla calmare! >. Spiegò Willow, ravviandosi i capelli. Conosceva troppo bene Kennedy e sapeva per certo che Buffy era l’unica che avrebbe potuto aiutarla quando, di lì a poco, ne avrebbe avuto bisogno. Buffy sospirò profondamente e pensò con tristezza e amarezza a quello che probabilmente sarebbe successo di lì a poco. < Ricapitoliamo, allora. Quando volete dirglielo? >. Domandò, con un filo di voce stanca, senza neppure il coraggio di guardare i suoi due amici in faccia. < Fra un mese, massimo un mese e mezzo! >. Rispose Willow, piatta, con lo sguardo fisso al pavimento e un peso sullo stomaco che sapeva sarebbe rimasto con lei molto più a lungo di quel termine. < Ne sei certa? Il rischio è che Kennedy o qualcun altro se ne accorga prima! >. Fece notare Buffy, poco convinta, pur sapendo di avere ragione. Ma la rossa fu irremovibile. < Farò attenzione affinché non accada… Ma… sì, almeno fra un mese, quando Kennedy si sarà sistemata a lavoro. E poi… fra una settimana viene mia cugina Ally, quindi per me sarà più facile stare fuori casa! >. Disse Will. < Non è fuori casa che devi stare, ma fuori dal letto o Kenny se ne renderà conto in meno di un mese, temo! >. Disse Xander, riflettendo. Non era stato delicato da parte sua, ma aveva ragione e loro non potevano permettersi il lusso di essere ipocriti l’uno con l’altra. < Io… tenterò, ma non sarà facile. Comunque… quando glielo diremo sarò al terzo mese, più o meno. Quindi se sto attenta a non ingrassare, non dovrebbero esserci problemi! >. Sembrava aver pensato a tutto, freddamente come fosse un piano d’attacco. Ma dentro si sentiva morire per l’errore, l’ennesimo, che aveva commesso. < Va bene. Fate come volete!… Domani, però, andiamo in ospedale a fare controlli più seri, ok? E non accetto un no come risposta: sono dispostissima a trascinarti dal medico, se serve! >. Disse Buffy, infine. Poi fece per andarsene: sentiva il bisogno incombente di prendere una boccata d’aria fresca. Prima di uscire di lì, tuttavia, si fermò un momento e guardò indietro:< Ah… ragazzi… lo so che è una situazione difficile, ma… congratulazioni comunque! >. Disse, con un sorriso tirato ma sincero. I due la fissarono tesi quanto lei e annuirono ricambiando quel sorriso forzato; forzato non perché in realtà non volessero il bambino, ma perché la sua nascita avrebbe stravolto la vita di tutti. Soprattutto la loro e quella della povera Kennedy. Poi Buffy uscì e finalmente andò a concedersi quella doccia che aveva programmato sin da quando era tornata dal lavoro stanca morta e sudata, circa un paio d’ore prima.

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Capitolo 14
*** 15 ***


CAPITOLO QUINDICESIMO: L'OSTAGIO Buffy era distesa nel letto, a casa di Tomas, col suo ragazzo che le dormiva beatamente accanto come fosse stato un bambino. Fra loro da quasi una settimana filava tutto senza intoppi né discussioni: nessun appuntamento saltato, nessuna bugia da inventare, nessuna urgenza in ospedale. Però la ragazza aveva l’impressione che Tom fosse distante mille miglia da lei. Non che il giovane medico fosse freddo o poco premuroso con lei, ma lo vedeva distratto, come se anche quando stavano insieme lui pensasse ad altro. Aveva avuto grossi problemi al lavoro, Buffy lo sapeva. Era deceduta un paziente che, in teoria, avrebbe dovuto essere dimesso il giorno seguente e per questo ora c’era un’indagine interna che doveva stabilire se c’era stato un errore da qualche parte e, se sì, scoprire chi l’aveva commesso e perché. Il problema, le aveva detto Tomas, era che l’errore effettivamente c’era stato e più di uno, anche. Il paziente in questione, infatti, era cardiopatico da anni e prendeva tutta una serie di farmaci anticoagulanti che doveva smettere prima dell’intervento. Il dottor Bhel, il diretto superiore di Tom, teoricamente avrebbe dovuto seguire lui stesso il caso, visto che si trattava di un suo paziente; ma non l’aveva fatto, lasciando il tutto ad uno specializzando fresco di laurea in medicina che non solo non aveva fatto sospendere i farmaci al paziente, ma ne aveva prescritto la continuazione anche subito dopo l’intervento. La cistifellea era stata asportata in maniera assolutamente impeccabile dallo stesso Tom, ma lui aveva fatto solo il lavoro di “ taglio e cucito ”, come lo definiva egli stesso. E poi era successo il disastro. Forse, pensò Buffy, la probabilità che Tom fosse il capro espiatorio ideale che Bhel stava cercando aveva innervosito e preoccupato il suo ragazzo più di quanto lui non ammettesse. Avrebbe voluto aiutarlo in qualche modo, magari anche rassicurarlo e confortarlo. Ma l’atteggiamento del giovane medico non glielo stava permettendo e forse non glielo avrebbe permesso mai. Oltre a questo, c’era qualcos’altro che preoccupava Buffy e che in qualche modo la stava allontanando da Tom: la gravidanza di Willow. Da quando, circa dieci giorni prima, la rossa e Xander avevano deciso che il loro bambino sarebbe indubbiamente venuto al Mondo, Buffy si era recata spesso insieme all’amica in ospedale per i tipici controlli di routine. Le era capitato d’incontrare Tom che le aveva chiesto cosa ci stesse facendo lì; lei, per rispettare una richiesta che Will le aveva fatto, aveva evitato di rispondere realmente dicendo solo che si erano recate lì per dei controlli. Il che era vero quanto evasivo. Tomas non aveva insistito, ma Buffy sapeva che una volta in più si era sentito escluso dalla sua vita. Solo che stavolta proprio non poteva essere altrimenti, visto che non riguardava lei in prima persona il motivo per cui si trovava in ospedale con Willow. Tomas si svegliò lentamente, aprendo gli occhi e fissando il soffitto per alcuni istanti, come se stesse cercando di realizzare dove si trovasse, nonostante fosse nel proprio letto, a casa sua. Poi finalmente si mosse e si voltò verso Buffy:< Buon giorno! >. Disse, bisbigliando, ma con poco trasporto. La ragazza gli sorrise e gli si strinse addosso, circondandolo con le braccia e una gamba, poggiandogli la testa sul petto largo e ben scolpito:< Buon giorno, amore! >. Esclamò la bionda, decisamente con più entusiasmo. Lui la strinse e le posò un lieve bacio sulla fronte, scostandole i capelli che le circondavano il viso alla rinfusa. < Hai dormito bene? >. Gli chiese Buffy, carezzandogli il ventre piatto e giocando coi lineamenti del suo corpo. Tom scosse la testa:< Non molto, veramente! >. Ammise. La ragazza non aveva bisogno di sapere perché, ma glielo domandò ugualmente, sperando che stavolta lui si confidasse. < Sei preoccupato per la storia di quell’uomo deceduto il giorno prima della dimissione? >. Gli chiese, senza troppi giri di parole. Tomas non rispose subito. Poi sospirò:< Sì, effettivamente lo sono!… Bhel è un bastardo e Kruelts è stato uno stupido imbecille. Ma io lo sono stato più di lui… avrei dovuto controllare, verificare che a livello clinico Kruelts stesse seguendo adeguatamente il paziente. E invece… >. < Kruelts è lo specializzando che non ha fatto sospendere le medicine al paziente? >. < Sì! Jhon Kruelts, figlio del professor Rid Kruelts, primario di urologia nel nostro carissimo ospedale. Lui e Bhel si conoscono da anni e Bhel non permetterà mai che il figlio di un suo amico venga sbattuto fuori per una cosa del genere! >. < Ma perché, scusa? Se questo Jhon ha fatto l’errore… >. < L’errore lo abbiamo fatto tutti, in realtà. Non è questo il punto! Il punto è che Bhel ne uscirà pulitissimo, Kruelts probabilmente verrà sospeso e io… be’, ho una buona possibilità di perdere il lavoro e andar via con la reputazione rovinata! >. < Come sarebbe a dire? Se la responsabilità è stata di più di una persona e, soprattutto, di Bhel che avrebbe dovuto controllare il suo specializzando, allora perché… > < Perché avrei dovuto controllarlo anch’io!… Bhel notoriamente ignora la parte clinica di un paziente e Kruelts è notoriamente un borioso figlio di puttana che spesso in passato ha sbagliato credendo di essere più preparato di quello che effettivamente è!… Ufficialmente non avrei dovuto occuparmi io di quella dannata terapia, ma avevo comunque l’obbligo morale di farlo. Non l’ho fatto perché… perché ero stanco, andavo di fretta e… >. < E? > < Ed erano giorni che non vedevo la mia ragazza e l’unica cosa che volevo fare dopo quell’intervento era correre a casa tua! >. Ecco come stavano le cose, allora. Ecco spiegato anche perché fino ad quel momento Tomas non aveva voluto affrontare l’argomento con lei: era perché, in un certo senso, era a causa sua se il medico si trovava nei guai. Buffy scattò a sedere sul letto e lo fissò stravolta negli occhi chiari screziati di gocce ambrate: < Aspetta un momento!… Era per questo che non mi hai mai detto finora come sono andate le cose esattamente? Quel giorno avevi appuntamento con me? >. Gli domandò, allarmata e in preda ad una certa quantità di confusione. Tomas anche si tirò su a sedere:< Non è dipeso certo da te, Buffy. Che vai a pensare?… In realtà io non avrei neppure dovuto operarlo quel tizio: ero in servizio da ventisei ore filate e il giorno prima avevo smontato da una guardia di altre quarantott’ore ininterrotte, quindi… Ma Bhel mi aveva chiesto di fare l’intervento al posto suo e io non ho potuto rifiutare: non si dice di no ad uno come Bhel!… Ecco quel è il problema, la causa del casino che è successo! >. < E non puoi farlo presente alla commissione disciplinare che sta indagando sul caso? >. < A che servirebbe? Mi direbbero che comunque ho sbagliato io: dovevo rifiutarmi di operare o dovevo rimanere a sistemare la terapia del paziente!… Infondo Bhel non mi ha minacciato: non ho prove contro di lui! >. < Allora che farai?… Voglio dire, parli come se già avessi la certezza che perderai il posto, quindi… che farai? Come lo impedirai? >. < Non credo di poterlo impedire, Buffy. Però… probabilmente, giocando bene le mie carte, posso evitare che la mia reputazione finisca nella spazzatura! >. < E come? >. < Patteggiando con Bhel e i proprietari dell’ospedale! >. < Ricattandoli, vuoi dire! >. < In un certo senso… Ma non so dirti ancora come. Devo parlare col mio avvocato e studiare bene le mosse da fare. Poi… mi muoverò di conseguenza e ti racconterò tutto! Comunque… un mese fa un mio amico è diventato capo della direzione sanitaria di una clinica privata di Washington. Mi ha telefonato la scorsa settimana e mi ha chiesto di diventare primario del reparto di chirurgia generale lì dentro e io… gli ho chiesto tempo per riflettere. Ma a questo punto credo che accetterò! Sono un medico, un chirurgo, e senza una sala operatoria non so che farmene delle mie abilità, delle mie conoscenze! >. < Washinghton? Ma è lontanissima da qui! >. < Non poi così tanto se si considerano gli aerei! >. < E la nostra storia? Voglio dire, se tu andassi a Washington, fra noi che succederebbe? >. < Be’, io non vorrei che qualcosa cambiasse, anzi. Sai… ci stavo pensando già dall’altro ieri… vieni con me, Bufy. Ti prego, non voglio che fra noi finisca. Io… sono innamorato di te! >. Giles stava servendo dei suoi clienti abituali che, oramai, lo chiamavano per nome. I clienti in questione erano due giovani, moglie e marito, che sembravano aver trovato nella misticità un ingrediente fondamentale per pepare il loro rapporto. Mary e Mat, questi i loro nomi, non avevano ottenuto il benestare di Giles per le loro pratiche magiche di basso livello che tanto li eccitavano; ma l’Osseravtore aveva imparato una lezione dalla sua vecchia amica nonché socia, Anya, prima che questa morisse: un cliente è colui che spende il suo denaro per darlo a te e permetterti di campare se spende poco, o permetterti di arricchirti se spende grandi cifre. Finché non fa danni, chiunque può pasticciare con la magia, ammesso che sappia farlo davvero e che invece non sia qualcuno che si illude di usarla. Giles aveva un negozio di magia. Per ricevere denaro dai clienti, doveva vendere loro articoli magici. Mary e Mat erano clienti fedeli che andavano lì almeno due volte la settimana, spendendo quasi sempre cifre discrete. Tanto bastava, dunque, a frenare l’istinto di Giles che li avrebbe bacchettati e ammoniti severamente, ricordando loro quanto può essere pericoloso giocare con ciò che non si conosce. Contemporaneamente, nello scantinato del negozio, Willow era seduta sul divanetto che lei stessa aveva suggerito di comprare, quando Giles aveva aperto la sua nuova attività commerciale, a digitare sul suo computer per proseguire le ricerche riguardanti i due fratelli vampiri e quel dannato talismano di Soid. In quasi tre settimane del talismano non era riuscita assolutamente a trovare nulla, neppure un disegno fatto per sbaglio da una fattucchiera di bassa lega del quindicesimo secolo; in compenso, di Habel e Kaine aveva scoperto qualcosa d’interessante… alcune informazioni che non aveva ancora comunicato al resto del gruppo, ma che ora stava verificando per accertarsi che fossero esatte. E a quanto pareva lo erano davvero, o almeno così risultava dal confronto con l’archiovio del nuovo Consiglio degli Osservatori, avente la propria sede centrale in Scozia, nel vecchio maniero in cui Willow stessa aveva passato non poco tempo nel periodo della sua redenzione, dopo la morte di Tara e l’uccisione di Worren Milse. < Trovato qualcosa? >. La voce profonda di Giles la fece sussultare come se qualcuno all’improvviso le avesse strillato dentro le orecchie senza nessun preavviso. In realtà, l’uomo aveva poco più che sussurrato, ma la giovane strega era talmente tanto concentrata su ciò che stava facendo, che non lo aveva sentito scendere per le scale e si era resa conto della sua presenza solo quando lui l’aveva dichiarata parlando. Giles la fissò incuriosito, pensando una volta in più che Willow ultimamente si comportava in maniera strana, quasi bizzarra per un tipo mentalmente squadrato come lei. < Mi scusi, Giles! E’ che… non l’avevo vista! Cosa… che mi ha chiesto? >. Domandò la giovane, cercando di ritrovare la concentrazione persa e la calma. Giles le si avvicinò e le si mise a sedere accanto. < Ti ho chiesto se ci sono novità. Se hai trovato qualcosa. Con la tua ricerca, intendo! >. Willow allora si rilassò un po’ e annuì sorridendo. < Sì, a dire il vero, sì!… L’altroieri ho trovato alcune notizie su Kaine e Habel, ma il sito apparteneva a dei fanatici del vampirismo. I soliti giovani idioti, esaltati dalla storia dell’immortalità e della fantomatica sensualità dei vampiri… Comunque, su questo sito c’erano un sacco di storie, d’informazioni e in un link c’erano scritte anche delle notizie sui nostri carissimi nuovi nemici, i due fratelli appunto. Non ve l’ho detto perché non sapevo quanto fossero attendibili quelle informazioni, ma ora ho appena finito di spulciare nell’archivio del Consiglio degli Osservatori e… Voila! Guardi qui cosa ho trovato! >. Willow voltò il proprio PC portatile verso Giles, in modo che l’uomo potesse leggere ciò che c’era sulla schermata. La rossa aveva fatto in modo di visualizzare in contemporanea sia la pagina del sito web dei fan dei vampiri che quella salvata dell’archivio del Consiglio: il gergo era molto diverso, ma il succo finale dei contenuti delle due fonti erano pressoché identici. < Quindi “ sciagura ” è Kaine! Be’, almeno adesso sappiamo chi non ha niente a che fare con sensazioni umane e sentimenti! >. Commentò Giles, pensieroso. < Veramente qui questa cosa non c’è scritta! Voglio dire… il riassunto di questa roba è che Kakistos chiamava Kaine sciagura, ma non c’è precisato il perché. E sapevamo già che Kaine è temuto dalla sua gente, dai suoi simili. Non c’era certo bisogno di leggere su questo schifo di sito che Kaine sterminò il clan di Basilius nel momento in cui costui e i suoi uomini giunsero a Lisbona, città nella quale il clan di Kakistos già si era stabilito da anni! >. < Il sito farà schifo, ma in quella pagina dell’archivio c’è scritto che Kaine sterminò il clan di Basilius solo perché fu ordinato a Basilius in persona di andar via da Lisbona, lui si rifiutò e Kaine scatenò la sua furia contro di loro!… Leggi! “… nessuno di loro ebbe scampo. I più fortunati morirono rapidamente col cuore spappolato o le teste mozzate da colui che chiamavano sciagura, finendo così in polvere. Chi, tuttavia, questa fortuna non ebbe, si ritrovò urlante col corpo infiammato, finché le ardenti fiamme appiccate da Kaine non si consumarono totalmente, spegnendosi solo quando esso si fu trasformato in cenere come le case del quartiere all’estremo sud della città!”… Non è un racconto rassicurante e non lascia molto spazio a supposizioni riguardanti Kaine e la sua traccia di umanità! >. < Mmm… non so, Giles. E’ che… mi sembra troppo semplice così. Voglio dire: se quei due sono davvero i famosi Caino e Abele, è troppo facile stabilire che il cattivo sia Caino perché è questo che ci hanno insegnato sin dal tempo dei tempi. Ne stavamo parlando con Buffy, l’altro giorno, e lei è d’accordo con me. Questa faccenda puzza di fregatura! >. < Che puzza, non c’è dubbio, comunque se dal tempo dei tempi ci hanno tramandato che Caino è quello corroso dal Male, perché ora dovrebbe essere diverso? Non abbiamo elementi per sostenere una tesi simile! >. < E non ne abbiamo per non sostenerla! >. Giles sbuffò un po’ irritato dalla testardaggine della giovane strega; sostenuta a sua insaputa, tra l’altro, da Buffy. < Hai trovato altro? >. Domandò l’uomo, per cercare di far virare il discorso almeno di un po’ e non far sorgere una discussione. < Sì. Però questa parte non l’ho riscontrata negli archivi del Consiglio!… Si accenna ad un talismano, di cui non c’è il nome, che permetterebbe ad uno dei due fratelli di… leggo testualmente:”confermare la natura più propria e rafforzare poteri che ad essa appartengono!”… Troppo contorta come frase, secondo me: non l’ho capita fino infondo. O almeno non credo! >. Giles parve riflettere sulla scritta indicatagli da Willow e per lunghi istanti non proferì parola, leggendo e rileggendo mentalmente quelle poche righe. Non si accennava esplicitamente a un talismano, ma più che altro ad un qualche oggetto mistico di cui non c’era né il nome né la descrizione. Poteva essere qualunque cosa; da un vaso da notte a una corona di diamanti. E non c’era neppure un breve accenno a chi l’avesse creato o a perché e come o con cosa. Insomma, quella breve nota poteva parlare di tutto o di niente e poteva risultare importantissima o assolutamente insignificante. Il che, decise l’Osservatore, per esperienza significava che probabilmente si trattava di una bufala, una fandonia messa lì tanto per scrivere qualcosa che potesse risultare appetibile per qualche sciocco curioso. < Io… non credo che dovremmo seguire ogni minima traccia che troviamo in giro!… Questa scritta… è talmente tanto vaga che non risulterebbe utile nemmeno a un esperto di risoluzione di enigmi della N.I.A.! >. < Forse è vero che è vaga, l’ho detto io per prima! Ma finora è l’unica cosa che abbiamo trovato che possa essere collegabile alla storia del talismano che hanno detto a Buffy! >. Giles sollevò un sopracciglio e annuì. < S-sì, è vero anche questo!… Ma… stavo pensando, Will, e se invece la storia del talismano fosse una frottola inventata per distrarci? Per… indirizzare la nostra attenzione su qualcosa che non sia quello che davvero stanno cercando i vampiri? >. Anche quella era una possibilità da non scartare a priori. < Se fosse così, Giles, significherebbe solo che avremmo un problema più grosso di quello che sembra adesso e che… stiamo andando avanti ancora completamente alla cieca! >. L’Osservatore annuì, poi si avviò verso le scale per tornare di sopra, dai suoi clienti dicendo: < Vero!… Per questo… tu continua le ricerche fra libri e pagine di internet, mentre io, Buffy e Kennedy continueremo a fare ronde dal tramonto all’alba… sperando di non morire di stanchezza in pochi giorni. Non è bello fare sempre la parte pesante del lavoro! >. Esclamò, distrattamente. Non vide l’occhiataccia che gli lanciò la ragazza, ma sentì il suo commento seppur detto a voce bassa, parlando quasi fra sé e sé. < Sì, certo!… Come se foste voi tre gli unici a fare i chilometri a piedi di notte, in cerca di guai! >. Giles si bloccò all’istante, dopo aver fatto appena i primi gradini della rampa. Poi si voltò lentamente, con un sopracciglio sollevato e l’aria curiosa di chi non sa se sta provando disappunto o meno. < Che hai detto? >. Chiese, con voce più alta di quanto non avesse voluto; e anche più stridula, a dire il vero. Will quasi sobbalzò, presa alla sprovvista da quella reazione. < Ah… be’, io… ho detto solo che… non siete solo voi tre ad uscire di ronda. Perché, non è vero forse? >. Non è che volesse far nascere una discussione, ma Willow non aveva intenzione di fingere di non aver parlato solo per far contento Giles. In quel periodo era nervosa, troppo per essere accondiscendente e soprattutto per tacere davanti a quel bacchettone di Giles. < Sì che è vero. Ma d’altronde è quello che facciamo sempre quando dobbiamo risolvere questioni di questo genere! Dobbiamo farlo, è il nostro compito. Non pensavo ti disturbasse tanto da rinfacciarlo! >. Se lei era nervosa, Giles sembrava esserlo altrettanto. < Non l’ho rinfacciato a nessuno, ma di tanto in tanto lei, Kennedy e Buffy avete la tendenza a dimenticarvi del fatto che anche io Xander e Dawn facciamo gli stessi vostri sacrifici per la caccia a demoni e vampiri! >. < Ah! Non sapevo la pensassi così!… E parli per te sola o ti stai facendo portavoce anche degli altri che hai nominato? >. < Parlo per me, ma non credo che Xan e Dawn la pensino tanto diversamente, ad essere sinceri! >. < Se ti secca tanto venire di ronda, allora non venire! Infondo hai ragione tu: non è la tua missione, non sei obbligata! >. < Non ho detto questo, Giles. La smetta d’irritarsi tanto!… Non mi pesa stare dalla parte dei buoni e venire a caccia per aiutarvi, ma è assurdo che lei pensi che siete solo voi tre a rischiare la pelle o a fare il lavoro pesante! >. < Non lo penso affatto! >. < Ma è quello che ha detto e non solo non sono d’accordo, ma credo che sia quantomeno ingiusto da parte sua, fare un’osservazione del genere. Tutti noi ne abbiamo passate tante: i guai non sono un’esclusiva delle Cacciatrici e degli Osservatori, per quanto ne so io! >. < Diavolo, Willow! Pensi che non lo sappia? So perfettamente che non c’è stato uno solo di noi che non abbia corso pericoli o che non abbia perso qualcosa nelle varie battaglie affrontate in questi anni, ma nessuno ha costretto te o Xander e nemmeno Dawn a combattere. Contro nessuno!… Non vuoi più farlo? Non farlo, allora. Ma se lo fai non lamentarti: non credo che tu ne abbia diritto! >. A quelle parole la Strega Rossa sgranò gli occhi, diventati improvvisamente arrossati e quasi umidi di lacrime. Come poteva Giles parlarle in quel modo? Come poteva dirle quelle cose dopo tutto ciò che aveva affrontato per aiutare Buffy e lui in quegli anni? Di errori ne aveva commessi tanti, ma onestamente pensava anche di aver fatto qualcosa di buono sia con la sua magia, sia con la sua abilità informatica o con la sua mente logica e laboriosa. Per non parlare di ciò che aveva perso lei personalmente in quegli anni e di ciò che era venuto a mancare a Xander e a Dawn. < A quanto pare, Giles, io e lei abbiamo un problema! – Disse seria, Willow, alzandosi dal divano e mettendo da parte il computer. Era seria e per un momento Giles temette di vedere in lei gli occhi neri che sprizzavano rabbia e magia. Ma non fu così, nemmeno quando la ragazza proseguì a parlare – So di essere in debito con lei e con Buffy, ma non tollero che me lo si ricordi troppo spesso e, soprattutto, non così irrispettosamente!… Non mi sono mai lamentata, non mi sono mai tirata indietro, né ho tagliato la corda nei momenti difficili, quindi non credo che lei sia giusto quando mi parla in questo modo! E non lo è nemmeno nei confronti di Xander, che nella lotta ci ha rimesso la vita di Anya e un occhio, e verso Dawn che non ha mai fatto la vita di un’adolescente comune e che ha imparato a fare ricerche prima ancora d’imparare a leggere! >. < Oh, andiamo, Will. Adesso sei tu che stai… >. < Che sto cosa?… Al diavolo, Giles. Se le faccia lei le ricerche, io vado a casa a riposare, tanto per cambiare. Tanto più che non sto bene! >. Esclamò, infine, la rossa, davvero arrabbiata. Giles stava per fermarla: voleva approfondire quello scambio di opinioni, per quanto acceso rischiasse di diventare. Ma la ragazza schizzò via quasi correndo, schivando la sua mano che aveva tentato istintivamente di afferrarle il braccio per fermarla. La giovane salì i gradini due a due e se ne andò senza nemmeno guardarlo in faccia o pensare al computer rimasto lì acceso e messo pericolosamente sul bordo del divano. < Willow, aspetta…! >. Disse l’uomo, ad alta voce. Ma era tardi: Willow non era nemmeno più nel negozio. C’era luna piena quella notte e il cimitero era praticamente illuminato a giorno, rispetto al solito. Giles camminava davanti al gruppo, impugnando una balestra enorme che aveva acquistato da poco assieme ad una scorta di frecce non indifferente. Dietro di lui, Kennedy e Dawn intente a chiacchierare riguardo all’imminente promozione che la bruna avrebbe ottenuto a giorni, e, in coda al gruppo, Buffy e Xander che avevano fatto in modo da distanziare gli altri per poter parlare un po’ in santa pace. Quel pomeriggio Willow era rientrata in casa furiosa ed era andata a rinchiudersi in camera dopo aver detto a Dawn che quella sera non sarebbe uscita di ronda con gli altri. Dawn aveva riferito la cosa a sua sorella quando questa era arrivata con Tom, in un momento in cui il medico era andato in bagno; poi, a cena finita, una volta che Tomas se n’era andato a lavoro, Buffy era salita in camera per parlare con la sua amica: era preoccupata per lei e il suo chiudersi a riccio la impensieriva ancora di più. Ma poi era uscita fuori la storia della discussione con Giles e Buffy si era rilassata un poco: non era esattamente insolito che l’Osservatore e la Strega Rossa discutessero fra loro. Willow aveva raccontato ciò che si erano detti lei e l’uomo e aveva anche detto di non aver informato Xander e Dawn della cosa per non scatenare una lite in casa, ma rimaneva il fatto che lei sapeva come la pensava Giles e non riusciva a passarci sopra. Buffy non aveva insistito quando Will le aveva detto che per un po’ avrebbe smesso di uscire di ronda, ma quando Xander le aveva chiesto spiegazione, la bionda non era riuscita a mentirgli e ora gli stava raccontando la verità. Xander ascoltò attentamente, in silenzio, attento ad ogni parola. Lasciò parlare Buffy fino alla fine del racconto, poi le lanciò un’occhiata significativa, continuando a camminare al suo fianco. < Lo sai, vero, qual è il mio istinto in questo momento? >. Le disse, a bassa voce, con sguardo duro. Buffy annuì e gli diede un paio di lievi pacche sulla spalla:< Lo so, lo so! Ma… Xander… sono certa che Giles… si sia espresso male, tutto qui! >. Disse la Cacciatrice, tentando di giustificare il suo Osservatore per calmare un po’ le acque. Xander ficcò le mani in tasca con un gesto secco e irritato. < Lo spero! Ma onestamente credo che Giles talvolta debba darsi una regolata. Il fatto che sia il più anziano fra noi non gli dà il diritto di dire cazzate saltuariamente, quando è in crisi da carenza di teina! > Commentò duro, il carpentiere. Buffy non riuscì a trattenere una risatina divertita che tentò di nascondere mettendo una mano davanti alla bocca, ma che non sfuggì affatto all’amico. < Non ci trovo nulla da ridere!… Dico sul serio, Buffy: passi pure che praticamente ha sparato anche su me e Dawn, fingerò che non l’abbia fatto. Ma non riesco a non pensare che Giles a volte è troppo duro e ha la tendenza a dare parecchi giudizi, soprattutto su Willow! >. Disse Xander. Buffy si sforzò di tornare seria. < Lo so e lo sa anche lui, ma Giles non lo fa appositamente. Voglio dire… è bacchettone di natura. Lo fa con tutti, anche con me e con te o con Kennedy. E’ un Osservatore! >. < E questo gli dà la licenza per rompere e rinfacciare continuamente gli errori altrui? >. < No, ma Osservatore significa: rompiscatole, bacchettone, noioso e ripetitivo! >. < Ah, davvero? E in quale dialetto inglese? >. < No, temo che sia una parola di senso universale. Ovunque tu vada, la sua traduzione è sempre la stessa! >. < Guarda, l’unico motivo per cui non andrò da Giles a chiarire di persona la questione è che ben presto avremo già abbastanza casini da risolvere, senza che aggiunga paglia al fuoco ora. Ma sia chiaro: Giles è di memoria corta e se avesse un’uscita del genere davanti a me, non starei zitto. Intesi? >. < Intesi…! Ora diamoci una mossa, raggiungiamo gli altri! >. Erano le quattro di notte e Willow si stava rigirando nel letto da ore. Kennedy e gli altri erano ancora fuori a caccia e non sarebbero rientrati tanto presto, lo sapeva. Ma lei non riusciva a prendere sonno. Era ancora furiosa per le parole di Giles e la sua nausea non era certo un tranquillante, anzi semmai la innervosiva anche di più. In realtà la nausea le era passata verso le dieci, quando Tomas se n’era andato. Ma il nervoso non aveva neppure accennato a scemare. Erano giorni che faceva ricerche su ricerche riguardo ad Habel e Kaine ed aveva persino lasciato indietro il lavoro per andare a fare ronde lunghissime ed estenuanti; non si era mai lamentata e non aveva mai dato retta a Xander e Buffy che le dicevano che, nelle sue condizioni, doveva assolutamente evitare di stancarsi troppo. E che cosa le era toccato sentirsi dire? Che infondo non era lei a fare il lavoro pesante. Ma poi che diavolo significava? Passare ore ed ore sui libri era pesantissimo sia a livello fisico che a livello psicologico e ridurre le ore di sonno quasi a zero per andare a cercare mostri di vario genere… be’, anche quello era faticoso. Erano anni che si andava avanti in quel modo e non si era mai lamentata, neppure quando avrebbe dovuto mollare tutto e tornare ad una vita normale, lontana dai guai. Ma Giles ignorava completamente questo o, ancora peggio, lo sapeva ma non lo riteneva rilevante. Era assurdo e inaccettabile questo! Un rumore proveniente dal piano di sotto la riportò al presente, alla stanza in cui si trovava e al caldo estivo che l’attanagliava nonostante la brezza che entrava dalla finestra aperta. Scansò il lenzuolo di cotone e balzò giù dal letto sentendo non solo le voci di Kenny, Buffy e Dawn, ma anche un certo trambusto con tonfi vari e la voce di Xander che bofonchiava qualcosa. Infilò al volo gli shorts e scese al piano di sotto. Entrando in salotto, vide Xander e Kennedy che si affannavano a legare ad una sedia di metallo un tizio che, solo qualche istante dopo, riconobbe come Kaine. < Ehi! Ma che diavolo è successo? >. Chiese, confusa e sorpresa. Solo in quel momento gli altri si accorsero di lei. Giles le lanciò un’occhiata, ma non disse nulla, mentre Kennedy le regalò un sorriso finendo di fare i nodi alle corde messe ai piedi della loro preda. < Ciao, amore! Ti abbiamo svegliata? >. Le chiese, finendo e andando a salutarla con un bacio. Willow lo ricambiò velocemente, poi scosse la testa:< Non proprio. Solo che non mi aspettavo di certo questa sorpresina! >. Rispose, riferendosi a Kaine. Era privo di sensi ed era stato legato in maniera tale da poter muovere poco persino il collo; le braccia erano state messe dietro la schiena e bloccate con delle manette d’acciaio che, a loro volta, erano fissate alla sedia con altre corde. < Non ci aspettavamo di andare a fare caccia grossa, ma è capitato e… ne abbiamo approfittato! >. Disse Kennedy, mettendole un braccio attorno alla vita. Willow guardò Buffy, chiedendole spiegazioni in più con lo sguardo. < Già, noi… ci siamo imbattuti per caso in Kaine e una dozzina di suoi seguaci che se le stavano dando di santa ragione con altri vampiri del clan di Habel. Al piccolo cimitero di Growe, sai qual è, no?… Be’, ovviamente ci siamo gettati nella rissa e alla fine ci siamo ritrovati Kaine svenuto a terra, sanguinante esattamente come lo vedi ora! >. Disse Buffy, osservando il vampiro accasciato sulla sedia. Il sangue si era fermato ora, non gli sgorgava più dai tagli che aveva sulla schiena e sulla faccia. Ma le macchie erano rimaste sulla sua maglietta scura ed erano belle grosse. Se fosse stato umano, Kaine sarebbe morto dissanguato e non semplicemente svenuto. < E avete pensato di rapirlo per fare…? >. Chiese Willow, non trovando la presenza lì del vampiro esattamente un’idea geniale. < Per ottenere informazioni da lui, ovvio! >. Disse Dawn, con enfasi, mentre passava l’ultimo rotolo di nastro isolante a Xander, per rinforzare i nodi fatti attorno a tutto il corpo del loro nuovo ostaggio. Will sollevò un sopracciglio e guardò Kennedy, in cerca di una conferma o di una smentita di quell’informazione. < A che altro, se no? >. Disse Kenny. < Scusate, solo io vedo l’assurdità della faccenda?… Questo vampiro è antico quanto il Mondo ed ha una forza spaventosa e una crudeltà altrettanto terrificante. I suoi simili lo chiamano sciagura e voi… non avete trovato niente di meglio che portarlo qui, in casa? >. Chiese Willow, un tantino sarcastica. Gli altri la fissarono per qualche istante, poi fissarono Kaine: quello era un aspetto della faccenda che nessuno di loro sembrava aver preso in considerazione. Ma andava fatto. < Ok! Willow ha ragione!… Nel nostro salotto non può stare, non è prudente. Però… Kennedy, aiutami a portarlo di sotto, in cantina: lì c’è la porta blindata e una bella colonna di cemento armato alla quale assicurare la sedia con delle catene. Quelle dovrebbero essere in garage. Dawn, puoi andare a prenderle assieme ai lucchetti che sono sul banco da lavoro? >. Disse Buffy, mentre Kennedy andava ad aiutarla a sistemare Kaine di sotto. Subito dopo si mosse anche sua sorella, mentre Will rimase a guardare, tenendosi bene alla larga da Giles. < Come ti senti? >. Domandò Xander, avvicinandosi alla rossa e posandole un bacio sulla fronte. Will lo fissò negli occhi per un momento e capì subito che Buffy doveva avergli raccontato della sua discussione con Giles:< Sto bene, tranquillo! Ma ora me ne torno a letto: sono stanca! >. Disse la ragazza e Xander la carezzò lievemente su una spalla:< Fai bene, brava! Ora ti mando su Kennedy, così vi accoccolerete tranquille nel letto e tu riuscirai a prendere sonno, ok? A domani! >. Disse Xander, strizzando l’occhio. Poi il ragazzo scese in cantina e lo sentì dire a Kenny di andarsene in camera sua a prendersi cura della sua ragazza, mentre lui e Buffy avrebbero finito di sistemare lì. Will se ne tornò su, ignorando lo sguardo severo dell’Osservatore, e poco dopo fu raggiunta dalla sua ragazza. Anche quella lunga giornata era finita, ma ora le cose si sarebbero complicate ulteriormente: Kaine in casa non era esattamente quello che si poteva definire un ospite gradito; inoltre, Willow aveva seri dubbi sul fatto che il vampiro avrebbe sputato il rospo sui suoi piani o su quelli di suo fratello. Se i suoi simili lo temevano tanto, un motivo doveva esserci senz’altro e la ragazza non credeva che fosse nulla di buono.

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