LoVe di Deb (/viewuser.php?uid=3377)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The Return ***
Capitolo 2: *** Pregnant ***
Capitolo 3: *** Searches ***
Capitolo 4: *** Arrest ***
Capitolo 5: *** Guilt Senses ***
Capitolo 6: *** The Same Print ***
Capitolo 7: *** Questions for Morgan Frederick ***
Capitolo 8: *** Indications Serve Us ***
Capitolo 9: *** Who Despises, Buys ***
Capitolo 10: *** Tried Homicide ***
Capitolo 11: *** Partner ***
Capitolo 12: *** Escape ***
Capitolo 13: *** Street incident ***
Capitolo 14: *** The truck driver disappeared ***
Capitolo 15: *** Appointment with the social worker ***
Capitolo 16: *** Who has called? ***
Capitolo 17: *** You marry me? ***
Capitolo 18: *** Where are the moneies? ***
Capitolo 19: *** Foster Care ***
Capitolo 1 *** The Return ***
NdA:
Innanzitutto vorrei dire una cosa prima di cominciare la fic. La sto ancora
scrivendo, la scrivo ad ispirazione, per cui per ora non ha una trama ben
definita. xD Il titolo potrebbe essere provvisorio, quindi potrei cambiarlo in
qualsiasi momento. E' mia abitudine decidere il titolo delle mie storie dopo
averle finite di scrivere, ma essendo questa ancora in corso non avrà un titolo
definitivo, per ora.
Altra
cosa... Ringrazio la mia amica Ele *-* Per avermela corretta, per aver perso
tempo xD a farmi da beta-reader.
The
return
Guidava
la sua vecchia auto per l’autostrada, non vedeva l’ora di poter
riabbracciare il padre. Finalmente era tutto finito. Era finito il college e lei
poteva tornare da lui.
Non
avrebbe mai creduto in tale cosa. Non vedeva l’ora di tornare a Neptune per
riabbracciarlo.
Certo
è il padre, è normale che voglia riabbracciarlo.
Finalmente
esce dall’autostrada, altri dieci chilometri e avrebbe potuto rivederlo. In
tutti questi anni non era mai tornata a Neptune, era il padre che andava a
trovarla.
La
sua mente la riportò indietro nel tempo; a quando stava per andare via. Le
dispiaceva, ma allo stesso tempo era felice per non dover più abitare in quella
città da lei tanto odiata.
La
tristezza però, durante i primi giorni di college, si fece sentire; era lontana
da suo padre e soprattutto da lui: Logan.
Si
ricordò il loro saluto. Si ricordò le sue parole “Non preoccuparti Veronica,
non ci vedremo per molto tempo ma prima o poi ci ritroveremo e saremo più
affiatati che mai!” il suo sorriso di scherno, quel sorriso che le era mancato
tanto in questi anni.
Chissà
se dopo essersi rivisti, sarebbe stato come diceva lui, oppure totalmente
diverso.
Chissà
se stava con qualcuna. Lei per tutto il college ha pensato a studiare, si dava
della scema ora per questo, non si era mai divertita. Si chiedeva il perché, ma
lo sapeva bene. Doveva mantenere la sua borsa di studio per poter proseguire il
college e poi perché era sicura che Logan l’avrebbe aspettata, ma ora, tutta
questa sicurezza era svanita e si chiedeva se davvero anche lui la stava
aspettando come lei aspettava lui.
Durante
la sua permanenza al college si erano sentiti per e-mail e per telefono. Stavano
ore al telefono a parlare di inutili sciocchezze, ma quanto le piaceva sentire
quella voce. Spesso quando lui faceva i monologhi, chiudeva gli occhi ed
assaporava ogni sua parola, ogni suo tono di voce.
Passò
davanti al cartello “Welcome to Neptune”, presto sarebbe arrivata a casa,
chissà se c’era anche lui…
Parcheggiò
l’auto e scese, bussò alla porta anche se aveva le chiavi, voleva far sapere
che era arrivata. Keith Mars aprì la porta e senza dire niente l’abbracciò
“Bentornata a casa figliola.”
Veronica
contraccambiò l’abbraccio “Grazie!”
Entrò
in casa ed appoggiò le sue valigie all’entrata, si tolse il cappotto e lo
sovrappose all’uomo morto, scostò i capelli scesi davanti al viso dietro la
spalla, se li era fatti crescere, ora ce li aveva lunghi fino a metà schiena.
“Tesoro,
guarda il tuo papà cosa ti ha preparato!”
Veronica
si avvicinò ai fornelli “Chili…” disse già con l’acquolina in bocca.
“Logan…
purtroppo non è potuto venire… ma mi ha detto di darti questo.” Disse
sorridendomi, si avviò verso la sua giacca e dalla tasca interna tirò fuori
una lettera e un pacco regalo.
“Ah…
grazie!” contraccambiò il sorriso “Vado in camera mia a leggere.”
“Quando
è pronto ti chiamo!”
“Ok…”
Andò in camera e si distese nel suo letto, le era mancata quella morbidezza.
Certo che leggere una sua lettera non era come averlo davanti, ma si accontentò,
per forza ci si deve accontentare.
Lesse
la lettera che la fece sorridere, le sue solite battute stupide, non era
cambiato per niente. Le aveva dato appuntamento per il pomeriggio nel suo
appartamento, ci sarebbe andata sicuramente, non vedeva l’ora di vederlo, di
poterlo riabbracciare.
E
pensare che si odiavano, ora contraccambiavano un amore durato anche a distanza,
o almeno così sembrava.
Aprì
il regalo, era una scatola, anello? Bracciale? Collana? Diadema? Aprì la
scatola, un bracciale semi rigido in oro bianco, lo girò e all’interno
c’era un incisione: LoVe. Sorrise tra sé e sé e lo indossò.
Il
padre entrò senza bussare e l’avvertì della cena pronta in tavola, si alzò
sorridente e andò a sedersi a tavola.
Il
pomeriggio arrivò presto, erano le tre e mezza e Veronica si era cominciata a
preparare, voleva essere più bella che mai per quell’incontro. Si mise i
vestiti più belli che aveva, i capelli della frangia li raccolse dietro con due
piccole forcine e lasciò gli altri sciolti dietro la schiena. Uscì dalla sua
stanza e prese le chiavi, salutò con un bacio il padre e partì.
Guidava
alquanto piano, forse per guardare meglio ciò che c’era al di fuori di
quell’auto, quei palazzi che non vedeva più da tanto tempo. Neptune sembrava
diversa. Cambiata, in qualche modo.
Si
accorse, guardando dallo specchietto retrovisore, che una pattuglia di polizia
la seguiva, anzi, forse stava tornando in centrale, accese le sirene e disse di
accostare, fece ciò che le era stato imposto sperando di non arrivare tardi a
casa di Logan.
Tirò
giù il finestrino e vide l’agente avvicinarsi : “Veronica Mars… che ci
fai qui?”
“Sceriffo
Lamb… che piacere rivederla, non mi dice bentornata cara Veronica?” domandò
ironicamente lei sorridendogli.
“Non
scherzo, che ci fai qui?”
“Sono
tornata. Ho finito il college.” Rispose seria, c’era forse qualcosa che non
andava? Forse non aveva il permesso della legge di tornare a Neptune? Non
capiva.
“Credevo
odiassi Neptune.” Lo guardò incredula, ok… tutti sapevano di quanto lei
odiasse quella città ma non poteva tornare lì? A Neptune aveva padre e la
persona che amava, era così strano tornarci?
“Umh…
quindi?”
“Niente…
così… Bentornata Veronica cara!” disse ironicamente lui calzando quel cara
e rimettendosi gli occhiali da sole tolti per guardarla meglio; tornò nella sua
auto e Veronica ripartì scrollando la testa. Lamb diventava di anno in anno,
sempre più pazzo.
Finalmente
era arrivata davanti al nuovo appartamento di Logan, certo che aveva soldi da
spendere il ragazzo eh?! Parcheggiò l’auto nel parcheggio riservato e si avviò
verso la casa, fuori c’era un portiere che la salutò garbatamente per poi
chiederle chi fosse e chi doveva andare a trovare. Non era una villetta, Logan
per telefono le aveva detto che era un palazzo abitato da tre famiglie, una di
queste era lui. Ogni famiglia aveva tre piani di casa per un totale di
cinquecento metri quadri ciascuno, ogni piano era grande cento metri quadri.
Il
portiere la fece passare, l’atrio era immenso e c’erano tre porte blindate,
cominciò a leggere le etichette e finalmente trovò la scritta Echolls. Suonò
e attese, per lei fu un’immensità, ma alla fine la porta si aprì.
Si
ritrovò davanti il sorriso spavaldo di Logan “Bentornata a casa
Veronica…” pronunciò facendola accomodare.
Entrò
in casa e passò davanti al ragazzo senza dire niente, era senza parole, era
talmente felice nel rivederlo che ogni vocabolo sarebbe stato inutile, non
riusciva ad esprimere parlando, la felicità che provava in quel momento.
Logan
le sfiorò da dietro un braccio ed appoggiò il viso tra i suoi capelli inalando
tutto il loro profumo, si abbassò un po’ e le baciò il collo “Mi sei
mancata.” Ammise abbracciandola.
Veronica
chiuse gli occhi e sorrise tra sé e sé “Anche tu.” Si voltò e lo guardò
negli occhi “Mi sei mancato anche tu.” Sussurrò sfiorando appena le labbra
del ragazzo con le sue.
Logan
mise fine alla distanza che c’era stata tra loro, assaporando la sua bocca.
Chiusero gli occhi tutti e due per godere di più di quelle sensazioni, attimi,
emozioni, che l’uno riusciva a far provare all’altro, che da troppo tempo
non erano riusciti ad esprimere.
Si
divisero lentamente e si guardarono per un istante che sembrò un’eternità.
“Devo dirti una cosa.” Disse lui riunendo per un attimo le loro labbra.
“Dimmi…”
“In
questi cinque anni… sono stato… con un’altra… cioè… non per cinque
anni…però… sono stato con un’altra.”
Veronica
si staccò velocemente da lui mettendo fine a quell’abbraccio “Chi? Con chi?
Per quanto tempo?”
Logan
la guardò cupo “Si chiama Alice, ma… non era una cosa seria… e poi
l’hai detto tu che potevamo…”
Veronica
si buttò a peso morto sul divano e guardò le sue scarpe “Già… io…”
gli sorrise “Ora è tutto apposto. Vieni qui…” Lui la raggiunse e le baciò
una spalla.
“Ci
sono stato per un anno circa… ma… lo sai… non ho mai amato nessun’altra
quanto amo te…” le da un altro bacio.
Cominciò
a salirle una tale rabbia, una tale gelosia. Lei aveva passato quasi un anno
insieme a lui, e possibile che non le aveva detto niente di questa Alice?
“L’amavi?”
“No…”
Chissà se mentiva, se diceva la verità, chissà… non gli chiese più niente
di quella ragazza che aveva vissuto un anno insieme a lui.
Logan
si distese sopra di lei e cominciò a sfilarle le spalline del vestito che
indossava. Le baciò la spalla per poi scendere ai capezzoli.
Fecero
l’amore su quel divano, finalmente dopo tanto tempo si erano ritrovati.
Concluso l’atto d’amore, Logan le spostò un ciuffo di capelli davanti al
suo viso e la baciò.
“Non
andartene mai più…” disse Logan sorridendole.
“Se
partirò, ti porterò con me!” rispose lei contraccambiando il suo dolce
sorriso.
Tutte
le paure, tutta la rabbia che aveva fino a poco prima scomparsero, sembravano
lontani anni luce. Stare con lui, abbracciarlo, baciarlo, accarezzarlo, le
trasmettevano una sensazione di tranquillità.
Fine
primo capitolo
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Capitolo 2 *** Pregnant ***
Pregnant
Continuarono
a stare abbracciati sul divano, quando ad un tratto qualcuno bussò alla porta.
“Scusami…”
disse Logan alzandosi e mettendosi addosso una vestaglia per non andare ad
aprire nudo, anche Veronica si alzò dal divano, prese i suoi vestiti ed entrò
in bagno per rivestirsi, più tardi avrebbe fatto la doccia.
Raggiunse
Logan con un sorriso stampato in volto ed abbracciò da dietro il suo ragazzo.
“Logan…
chi è questa?” domandò una ragazza sconosciuta rivolta a Veronica.
“La
mia ragazza.” Rispose lui molto risoluto.
La
donna che avevano davanti guardò per terra e sospirò “Speravo avessi
un’altra opportunità con te…” lo guardò negli occhi, aveva gli occhi
lucidi e quella scena ricordò a Veronica un fatto accaduto la mattina dopo del
ballo alternativo.
“Alice…
ti ho parlato di Veronica no?!”
“Ah…
è lei… sì! Me ne hai parlato… ed io come una stupida ho accettato tutto
quello che mi avresti fatto, mi avevi messo in guardia su come mi avresti
scaricato quando lei fosse tornata! Beh… certo non credevo di potermi
innamorare di te… però… non importa Logan… ciao!”
Alice
se ne andò verso il portone per uscire da quel condominio e Logan si voltò
verso veronica “Scusami… per
questa scena patetica.”
Deglutì
e rispose al ragazzo con voce flebile “Non era patetica… anche io…ne ho
vissuto una simile… con te…”
“Lo
so… me la ricordo, ma era diverso.”
“L’hai
presa in giro!” disse come se avesse fatto la cosa peggiore al mondo.
Quanto
sarebbe rimasta lì? A Neptune si intende. Cosa avrebbe fatto della sua vita
ora? Che lavoro farà?
Lasciava
curriculum vitae in giro per le ditte più importanti di Neptune ed attendeva
una qualche chiamata per un qualche colloquio di lavoro. Sperava arrivassero
presto.
“Beh…
se non trovi lavoro puoi sempre cercare di fare lo sceriffo… come tuo
padre!”
“Per
poi farmi cacciare? Mh… no grazie!” rispose Veronica sorridendo al padre che
stava ai fornelli.
Digitava
sulla sua tastiera, stava scrivendo una e-mail, a Logan. Alla persona che amava.
In qualche modo si sentiva presa in giro da lui, non sapeva perché ma quella
Alice… le ricordava molto lei, e non era giusto nei suoi confronti.
Era
riuscita a prendere il suo numero di telefono, chissà forse un giorno
l’avrebbe chiamata.
Neptune
in questo periodo le sembrava così tranquilla, o forse era perché era stata
lontana da quella città per cinque anni?
In
quell’istante il suo telefono suonò, lo prese in mano e lesse il display un
SMS, era Wallace.
“Ehy
Veronica… ho sentito dire che sei tornata! Non passi a salutarmi?” Sorrise
tra sé e sé leggendolo.
“Contaci.
:)” appoggiò nuovamente il cellulare sulla scrivania per poi tornare a
scrivere la sua e-mail.
A:
logan.echolls@hotmail.com
Oggetto:
Corpo
del messaggio: Lavoro
Ciao
Logan,
come
ti butta? Ok… basta scherzare. Ti chiederai il perché di questa mail visto
che potrei benissimo venirti a trovare a casa vero? Beh… non so quanto ti
possa far piacere sentirtelo dire, però… è meglio se ancora per un po’ non
ci vediamo. Vorrei pensare a trovare un lavoro poi… sarò tutta tua.
Ciao
Veronica
Inviò
il messaggio, non sapeva nemmeno lei se lo avesse fatto perché davvero prima di
rivederlo voleva trovarsi un lavoro, oppure era per Alice, probabilmente per la
seconda. Non sapeva cosa provava in quel momento. Forse solo gelosia per il
fatto che un’altra era stata con lui? Ormai aveva inviato il messaggio…
ma… voleva vederlo. Aveva fatto male, troppo male.
Entrò
nell’home page di hotmail.
Nick:
logan.echolls
Dominio:
@hotmail.com
Psw:
••••••••••••
Si
caricò una pagina che non aspettava di vedere. Password errata. Accidenti,
l’aveva cambiata da poco? Tornò alla pagina precedente e riprovò.
Psw:
•••••••••
Era
riuscita finalmente ad entrare e vide la sua mail, cliccò ed entrò a leggerla.
Quante
stupidaggini aveva scritto. La eliminò e svuotò il cestino.
Prese
le chiavi dell’auto ed andò a casa di Logan, erano da circa 7 ore che non lo
vedeva.
Arrivata
corse a suonare a Logan senza nemmeno salutare il portiere, Logan le venne ad
aprire e si slanciò per dargli un bacio, lui lo contraccambiò. “Non ce la
fai a stare senza di me eh?!” scherzò lui con quel suo sorriso beffardo.
Veronica lo baciò nuovamente, quel suo ghigno l’attirava a lui come se fosse
stato una calamita.
“Veronica
ora però… non è il momento.” Lei incarnò un sopracciglio e lo guardo
dubbiosa, si sporse un po’ e vide una figura femminile seduta sul divano
davanti alla porta.
“Perché
c’è…” cercò di domandare senza esito.
“Mi
voleva parlare.” Rispose lui come se fosse la cosa più normale. Alice si alzò
e andò verso di lei.
“Scusami
Veronica, lo so che è il tuo ragazzo ora, ma… volevo solo parlargli, da
amica. Davvero.” Cercò di convincerla. “Lo so… io… cioè lui mi piace
ancora ma si vede lontano un miglio che ama te. Lui mi ha lasciato un mese fa
apposta perché ti amava e non riusciva stare con nessun’altra, io non voglio
essere un ostacolo a voi due.”
Non
l’aveva notato prima, ma aveva una voce bellissima avrebbe potuto fare la
cantante, i suoi capelli erano di un castano scuro ed i suoi occhi verdi come il
prato, era slanciata e la sua bocca era di un rosa pallido.
Veronica
posò il suo sguardo su Logan per poi guardare nuovamente Alice.
“Veronica…
non essere gelosa. Non c’è più niente tra me e lei.”
Si
stava alterando “Perché continuate a ricordarmelo? Io non ho detto niente,
non ti ho accusato di stare con lei!”
Logan
l’abbracciò. “Mi dispiace…”
Veronica
lo staccò “Perché?” domandò confusa.
Il
ragazzo la fece accomodare, lei appoggiò la sua borsa nell’attacca panni e
seguì con lo sguardo Alice che prese la parola “Sono venuta qui… per un
problema.”
“Di
che genere?” domandò lei sedendosi.
“Sono
incinta…” ammise Alice guardando a terra.
Veronica
sgranò gli occhi a quell’affermazione “Incinta? Incinta… incinta?”
“No
guarda…” rispose di scherno lei. Veronica guardò Logan.
“Che
significa?”
“Quello
che ha detto” rispose lui prendendo una mela e portandosela alla bocca.
“E…
cosa intendete fare?” domandò ancora una volta Veronica cercando si essere, o
almeno sembrare, più calma possibile.
“Beh…
io vorrei tenerlo e Logan è il padre… stavamo parlando di cosa fare…”
replicò Alice accarezzandosi la pancia.
“Ah…
fortuna che non volevi essere un ostacolo tra noi due!” disse alzandosi in
piedi.
“Non
vorrei infatti…”
“Non
fare la vittima ora… tu vuoi portarmelo via perché lo ami ancora!” enunciò
lei lasciandosi trasportare dell’emozione di inquietudine che provava.
“Veronica
calmati, io non intendo lasciarti.” Interruppe Logan prendendole il viso tra
le mani.
“Ma
hai una figlia!!” urlò scostandolo da lei mentre lacrime amare cominciarono a
rigarle il volto. Spostò la testa di novanta gradi e guardò alla sua sinistra,
prese la borsa e corse fuori. Logan la seguì “Veronica aspetta.”
“Basta
Logan…” disse mentre correva fuori da quel palazzo.
Salì
in macchina e partì verso casa di Wallace, non l’avrebbe voluto rivedere dopo
tanto tempo in queste circostanze ma le serviva una spalla su cui piangere.
Mentre
era in auto chiamò l’amico e gli disse che presto sarebbe arrivata a casa
sua, appena chiuse la chiamata e mise apposto il cellulare sentì dietro di se
la sirena della polizia; Veronica accostò l’auto ed attese l’arrivo dello
sceriffo, ma ce l’aveva con lei quello?
Si
asciugò le lacrime “Mi dica sceriffo Lamb.” Disse senza guardarlo negli
occhi.
“Prima
parlavi al cellulare? Lo sai che è vietato? Doveva tenere l’auricolare dovrò
farti una bella multa.” Veronica tirò su con il naso, Lamb si tolse gli
occhiali e appoggiò un gomito sullo sportello dell’auto avvicinandosi a
Veronica.
“Perché
piangi?”
Lei
lo guardò un po’ storto “Ho la facoltà di non rispondere?”
“Fai
come vuoi…” rispose lui seccato da quel suo comportamento risoluto verso di
lui, scrisse nel suo taccuino una multa di 50 dollari e gliela porse.
“Grazie
sceriffo, come fa bene il suo lavoro!” disse ironica andando via.
Arrivò
davanti casa di Wallace e scese dall’auto.
“Veronica
Mars… lei in persona… wow quanto sei cresciuta, sembri… più matura
ecco!” ammise l’amico uscendo di corsa dalla sua abitazione. Veronica gli
sorrise flebilmente.
“E’
successo qualcosa?” domandò lui un po’ preoccupato.
Lei
l’abbracciò e cominciò a piangere nuovamente “Logan… ha messo incinta
una… quando… quando… un mese fa… poi l’ha lasciata, ma lei è
incinta…” continuò a piangere sulla sua spalla, Wallace contraccambiò
l’abbraccio.
“Veronica
non preoccuparti… vedrai che si sistemerà tutto.”
“E
come? E’ incinta… tra nove mesi farà nascere il figlio di Logan!”
singhiozzò furiosamente stringendo sempre più forte Wallace.
Fine
secondo capitolo
|
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Capitolo 3 *** Searches ***
Risposte
ai commenti:
V&L4ever:
Grazie mille ^-^ Spero la continuerai a seguire :P
MiaBalck:
Come puoi fare arrosto Alice? Buh xD Entra nella fic e ammazzala xD
Elena
Olsen: Sta coppia è la più bella in assoluto *-*' E' troppo dolce lui e
sono troppo dolci assieme *-*
Veronicas:
Grazie :D
cry90:
Morire... povera però :( x°D E' simpatica alla fine nu?! :D Per lo stile di
scrittura grazie mille *_* Spero di continuare ad essere sempre così chiara nei
miei capitoli *_*
Grazie
a tutti comunque :D E mi raccomando continuate a leggere ;)
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Continuava
ad abbracciare Wallace non voleva più staccarsi da quelle braccia protettive.
Perché era tornata a Neptune? Quella città la faceva soffrire.
“Veronica,
non preoccuparti, ti starò vicino.”
“Io…
io non sono preoccupata, sono triste, arrabbiata.” Rispose lei continuando a
singhiozzare.
Wallace
le accarezzò i capelli e glieli baciò delicatamente.
“Ora
non pensarci… lui ha detto che non ti lascerà.”
Veronica
lo guardò negli occhi “Lo so… ha detto questo… ma…”
“Niente
ma… non preoccuparti. Dovresti andare da lui a chiarire sei scappata… si sarà
sicuramente preoccupato.”
“Va
bene…” esclamò asciugandosi dalle lacrime che aveva versato troppo a lungo.
Si alzò un po’ faticosamente, dopo questa scoperta era come se l’energia
fosse andata a farsi fottere. “Grazie per essermi stato ad ascoltare, sarei
venuta in un’altra occasione… ma…”
“Non
preoccuparti… a cosa servono gli amici? Ora vai.”
Veronica
annuì con la testa ed uscì da casa Fennel. Si voltò indietro e sorrise, se
non ci fosse stato lui non sarebbe mai tornata da Logan in quel momento.
Arrivò
di nuovo davanti a quel palazzo, lo scrutò prima di avviarsi verso il portone.
Fece un respiro profondo e si avviò verso l’entrata ma quando il portiere la
vide la fermò “Signorina… si fermi la prego!”
Veronica
fece ciò che le era stato detto “Mi dica.”
“Va
dal signor Echolls?” domandò lui un po’ timidamente.
“Sì…
perché? Per caso è uscito?”
“No…
è che… la sua ragazza, Alice mi ha proibito di farla entrare.”
“Alice?
La ragazza di Logan? Lei non è la ragazza di Logan sono io!” ma cosa passava
per la sua testa? Ora era diventata Alice la sua donna? Cosa succedeva? “Mi
scusi, mi sa che c’è un errore. Sono io la ragazza di Logan per cui entro.
Grazie per avermi avvisato comunque.” Sorrise, un sorriso falso, era
arrabbiata. Come si era permessa quell’Alice a dire che era la ragazza del suo
uomo?
Entrò
nel portone e suonò al campanello della famiglia Echolls prendendo un altro
respiro, doveva calmarsi il più possibile.
La
porta si aprì e Veronica vide il sorriso di Logan, non beffardo come ogni volta
ma dolce. Le accarezzò una guancia “Credevo non tornassi più…” bisbigliò
lui.
Lei
chiuse gli occhi per assaporare ogni minima sensazione che quelle dita potevano
trasmetterle. “Anche io… ho dovuto tirare fuori tutto il coraggio che c’è
in me per tornare qui!” rispose con voce flebile, schiuse velocemente gli
occhi quando sentì tossire.
“Ancora
qui tu?” domandò scostando Logan ed entrando nell’appartamento. “Come ti
sei permessa di dire al portiere di non farmi entrare? Come ti sei permessa di
dire di essere la ragazza di Logan?” cominciò quasi ad urlare dalla rabbia.
“Senti…
io volevo esserti di ostacolo, ma dovrò farlo. Sono incinta e Logan mi sposerà.
Per te non ci sono più possibilità.” Spiegò con un sorriso beffardo in
volto.
“Io
non lascerò Veronica. Cazzo io l’amo, ora che è tornata perché devi venire
a rompere i coglioni?” domandò Logan battendo un piede a terra? L’aveva
incastrato, voleva portarlo via da lei e questo lui non l’accettava, aveva
fatto tanto per riconquistarla, certo lui era stato stupido ad andare con Alice,
ma… voleva stare con Veronica e basta.
“Non
vuoi prenderti le tue responsabilità?” lo sguardo deciso lo fece titubare,
aveva i pugni serrati all’altezza dei fianchi ed aveva gli occhi lucidi. Si
accarezzò la pancia “Qui dentro porto tuo figlio! Lo vuoi capire?” urlò
con tutta la voce che aveva in gola cominciando a piangere “Mi vuoi lasciare
sola? Mi hai solo preso in giro stando con me?”
“Te
l’avevo detto dal principio che amo un’altra e che sarei tornato con lei.”
A lui non interessava del suo pianto voleva solo chiarire questa questione. Si
sarebbe preso cura del bambino ma non a costo di perdere la persona più
importante per lui.
Veronica
guardò a terra ed una lacrima rigò il suo viso “Non ti lascerà sola
lui…” cominciò a parlare lei “… ma dobbiamo… non puoi venire qui con
questa notizia! Noi abbiamo delle reazioni! Pensavi forse che venendo qui e dire
che sei incinta avrebbe smesso di amarmi? Pensavi questo forse? Lui pensa al
bambino, ma pensa anche alla sua felicità! È umano no?! Dagli un po’ di
tempo, cazzo prima di partorire dovranno passare ancora otto mesi come
minimo!” parlò tutto d’un fiato con gli occhi serrati, con la testa piegata
verso terra per non guardare quella ragazza in volto.
Alice
andò vicino a Veronica e le alzò il viso, la guardò con aria di sfida
“D’accordo…” si voltò verso Logan “Avrai un mese per pensare a ciò
che vuoi fare. Ma sappi che la tua vita non sarà semplice se decidi di stare
con lei.” Sorrise, assomigliava a Kendall quel suo sorriso maligno di una che
crede di poter avere tutto dalla vita senza alzare nemmeno un dito. Odiosa…
Alice era assolutamente odiosa.
Uscì
dall’appartamento, Veronica guardò la porta anche dopo essere stata chiusa.
“Ehy…” Logan le andò vicino a la baciò ma lei lo scansò “Non credere
che io abbia preso tempo perché così posso stare con te ancora un mese… io e
te Logan ormai abbiamo chiuso, finito.” Gli disse guardandolo, furiosa, negli
occhi.
“Io
non starò con lei…” Le accarezzò una guancia, non riuscì a scansarlo
questa volte, le sue dita erano calde ed al contatto con il suo volto un brivido
le percosse la schiena.
“Ho
preso tempo solo per fare delle ricerche su Alice. Cosa sai di lei?”
Logan
si andò a sedere sul divano. “Niente… non so nemmeno chi sono i genitori, o
da quando è qui a Neptune. Non so che liceo ha frequentato… niente.”
“Appunto,
proprio questo credevo. Sai almeno il suo cognome?” si sedette vicino a lui e
mise una mano sulla gamba guardandolo dolcemente negli occhi. Lo amava, e
avrebbe fatto di tutto pur di rimanere con lui, ma forse ciò non era possibile
ma almeno ci doveva provare.
“Alice
Mongomery.” Guardava il pavimento, ma i suoi occhi erano persi nel vuoto, la
preoccupazione si era conquistata la sua mente ed il suo cuore. Veronica le
accarezzò i capelli.
“Ora
vado, devo andare a pagare una multa che il caro sceriffo Lamb… mi ha dato
e… poi vado a casa e chiederò a papà di aiutarmi per questa storia… vengo
domani mattina ok?” ormai era calma, la rabbia, la tristezza che aveva prima
erano scomparsi. Non sentiva niente, o quasi. Cos’altro poteva fare se non
cercare di scoprire chi in realtà fosse questa donna?
Logan
si alzò dal divano e la raggiunse alla porta, gli passò la sua borsa “Ciao
Veronica, per domani mattina è ok.” Stava per chiudere la porta dietro le
spalle della ragazza quando questa blocco la porta e si slanciò verso di lui
per dargli un bacio.
“A
domani.” Disse uscendo nuovamente.
Uscì
dal portone sorridendo, fiera di sé, soddisfatta di come aveva trattato Alice.
Si fermò vicino al portiere “Come si chiama?” domandò sorridendogli.
“David
signorina…”
“Arrivederci
David, ci vediamo domani mattina!”
“Arrivederci…”
Salì
in auto e partì per raggiungere la stazione di polizia, parcheggiò nell’aria
di parcheggio riservata alle auto della polizia ed entrò nell’abitacolo.
“Veronica
Mars…” la salutò lo sceriffo con la sua solita odiosa voce.
“Sceriffo
Lamb… credevo mi stesse aspettando giù per la strada per fermarmi e mettermi
un’altra multa!” scherzò Veronica dandogli una pacca sulla spalla per poi
passargli la multa fatta da lui stesso. Quando la prese in mano la stracciò.
“Che fai?” domandò incredula Veronica “Credevo che… oddio…. Credevo
che fossi soddisfatto di essere riuscito a darmi una multa… e poi… la
strappi?” disse come se stesse andando nel panico.
“Non
sei cambiata per niente…” negò con la testa “Vedo che ti sei ripresa da
quando ti ho fermato, eri in lacrime!”
Veronica
sorrise “Non mi avrai tolto la multa solo perché ero in lacrime e quindi hai
pensato che non potevi averla vinta così facilmente?”
“Esattamente…
E poi se devo dirti la verità… da subito avevo intenzione di strappartela,
sai volevo che avessi una scusa per venire qui così avrei potuto vederti di
nuovo.” Disse ironico lo sceriffo.
“Oh…
ti sono mancata proprio in questi cinque anni!”
“Esatto,
guarda stavo pensando di venire nella città dove risiede il tuo campus e
diventarne una guardia della sicurezza pur di starti sempre vicino.”
“Che
dolce.” Rise un attimo e poi gli prese il mento tra le mani per poi lasciarlo
“Allora visto che non ho da pagare nessuna multa… me ne vado… a presto
Lamb!” si girò e si avviò verso l’auto.
Arrivò
a casa quasi prima di cena, il padre era in ufficio con un cliente, bussò alla
porta; Keith le diede il via libera per entrare, aprì la porta “Sono a
casa…”
Un
ragazzo stava seduto davanti alla scrivania probabilmente uno dei PCR quando si
voltò lo riconobbe “Weevil!!” lui si alzò e Veronica andò ad abbracciarlo
“Quanto tempo… come ti va la vita?”
“Bene…”
“Che
ci fai qui?” domandò sorridendogli “Mah… niente… non so chi mi ha
denunciato dicendo che gli ho rubato l’auto ma non sono stato io.”
“Ti
cacci sempre nei casini eh?!” gli diede una pacca sulla spalla.
“Io
l’aiuterò a scoprire chi è… e cosa vuole da lui!”
Veronica
si voltò verso il padre “Che padre premuroso che ho!”
“Va
bene, signor Mars ha tutto ciò che le occorre mi faccia sapere qualcosa…”
“Contaci.”
I due si salutarono e quando Weevil uscì di casa la figlia guardò seria il
padre “Qualcosa non va?” domandò lui un po’ preoccupato.
Lei
sorrise a malapena “Devo fare delle ricerche su una ragazza.”
“Appena
tornata dal college già ti rimetti al lavoro?” domandò ironicamente Keith.
“Mi
dai una mano? Devo scoprire chi è in realtà Alice Mongomery.”
“L’ho
sentita dire…” Keith andò dietro alla scrivania e digitò qualcosa sul suo
computer, Veronica lo raggiunse. Aprì una pagina web trovata casualmente da
Google.
“Alice
Mongomery, la famosa modella di New York ha perso tutto, soldi e fama per non
aver voluto indossare un abito ad una sfilata di Versace. Ora faccio una ricerca
più dettagliata tesoro!” disse Keith sorseggiando un po’ del caffè che era
rimasto dentro la tazza versatasi prima.
“Grazie,
io cerco qualcosa nell’altro computer.” Veronica andò nell’altra stanza e
cominciò le sue ricerche. L’articolo che aveva letto il padre era datato
25/07/2005, quindi aveva perso tutto quando lei ancora era ancora al liceo,
l’ultimo anno per l’esattezza.
Cercò
tutte le informazioni possibili su questa Alice.
Nata
nel 17/04/1984, quindi era più grande di Logan. La sua carriera da modella
cominciò quando lei aveva 16 anni ma aveva perso tutto per colpa di quella
sfilata di Versace. Cercava qualcosa di più sostanzioso un qualcosa che la
potesse incastrare per mandarla via dalla vita di Logan ma non trovava niente.
“Tesoro…”
la chiamò il padre, Veronica corse subito da lui
“Trovato
niente?” domandò impaziente.
“Alice
Mongomery tre anni fa ha sposato un ricco imprenditore perché lei era incinta,
o così diceva. L’imprenditore si chiamava Alexander Sorbis ed è morto poco
dopo il matrimonio, nel testamento c’era scritto che lasciava tutto alla sua
consorte Alice Mongomery…” disse lui leggendo dal monitor.
“Quindi
ha un figlio?” domandò lei un po’ preoccupata.
“Vediamo…”
scrisse al computer il cognome Sorbis “Nati nel
2007”
attese che si caricasse la pagina “Niente…”
“Prova
nel 2008 e se non trovi niente, prova con il cognome della madre.”
“D’accordo…”
Keith fece ciò che gli era stato detto ma di quel presunto figlio nemmeno
l’ombra.
“Com’è
morto Alexander?” Il padre la guardò.
“Omicidio…
gli hanno sparato… ma non hanno mai trovato il colpevole.” Veronica sorrise.
“Chissà,
io ho una qualche idea.”
“Ma
perché ti interessi tanto di questa Alice?”
Veronica
si sedette davanti al padre “Logan è stato con questa Alice Mongomery… un
mese fa l’ha lasciata. Ora lei è tornata dicendo che è incinta e che devono
sposarsi.”
“Logan
è stato con un’altra?” domandò il padre un po’ incredulo.
“Sì…
ma non ti preoccupare gli ho dato io il via libera, cioè gli ho detto che se in
questi anni avrebbe incontrato una ragazza che gli piaceva poteva mettersi
assieme a lei, tanto noi eravamo lontani, non sapevamo nemmeno se al ritorno ci
saremmo ritrovati.” Spiegò lei calma. “Secondo me Alice non è incinta.”
“Qualcosa
mi dice che nemmeno a me…”
Veronica
prese il cellulare “Chiedi ad Alice di fare un test di maternità con te
presente, ma non i test di gravidanza che si comprano in farmacia…
all’ospedale. Credo che Alice non sia incinta.” Inviò il messaggio a Logan
sperando che nel leggerlo avesse tirato un sospiro di sollievo.
Fine
terzo capitolo
|
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Capitolo 4 *** Arrest ***
Risposte
ai commenti:
Cry90:
Spero che continuerà a piacerti anche in futuro... ma sono sicura che dopo
questo capitolo esulterai :D
KIARA:
Grazie mille... noto con piacere che sono riuscita a fare stare Alice sul bip a
tutti *-* Sono riuscita nel mio intento :D
jackie:
Basta con l'ansia ecco il 4° capitolo :P Ad ogni modo... io credo che le fic
siano la cosa più bella del mondo *_* Posso prendere le mie serie preferite e
farci quello che voglio :P
MiaBalck:
Mhmhmh...uh vabbè... povera Alice comunque ;_; Intanto io ho scritto 10
capitoli x°D Quindi non credete che sia tanto corta. Alice tormenterà i nostri
amori (LoVe) per tutta, o quasi la fiction ;) FORSE!!! xD
Grazie
a tutti e continuate a recensire se no non posto più i capitoli eh?! è_é'''
XD
Arrest
La
luce del sole fece capolino dalla finestra della sua camera, ce l’aveva
puntata addosso, si girò dall’altra parte per cercare di dormire ancora un
po’ ma non riuscì più ad addormentarsi. Lentamente si alzò faticosamente
dal letto e andò in bagno per lavarsi.
“Veronica
in piedi…” urlò il padre credendo che dormisse ancora.
“Sì,
sì…” rispose con voce del tutto assonnata. La sera prima era stata per
molto tempo a fare ricerche su Mongomery. Arrivò in cucina ed appoggiò una
mano al tavolo per aiutarsi a sedere.
“Allora
tesoro… vai da Logan stamattina?”
“Come
d’accordo.” Rispose lei incrociando le braccia sul tavolo ed appoggiandosi
sopra la testa per cercare di dormire ancora un po’.
“Dai…
fa colazione e poi vai…”
“Mh…”
si alzò e cominciò a mangiare il bacon che il padre le aveva messo sotto gli
occhi, quando bussarono alla porta. Il padre andò ad aprire e si stropicciò
gli occhi quando vide davanti a sé lo sceriffo Lamb.
“Che ci fai qui?” domandò Keith toccandogli una spalla per vedere se non
stesse sognando.
Senza
rispondere alla domanda entrò in casa “Alzati Veronica.”
“Che
ho fatto?” domandò lei ancora insonne.
“Sei
in arresto. Tutto quello che dirai potrà essere usato contro di te.” Lei si
alzò in piedi, non capiva cosa fosse successo, cos’era successo? Perché la
volevano portare in prigione? Che aveva fatto?
Lo
sceriffo Lamb la voltò per metterle le manette ma lei si scostò “Non
servono, vengo comunque…”
“Ehy…
cos’ha fatto?” domandò Keith mettendosi in mezzo.
“In
centrale parleremo se vuoi venire vieni pure, tanto so che faresti quello che
vuoi.” Lamb teneva Veronica sotto braccio e l’accompagnò fino all’auto
della polizia dove vi entrò anche Keith.
“Perché
sei salito anche te?” domandò Lamb voltandosi verso di lui.
“Perché
sprecare la benzina della mia macchina se qui c’è un posto libero?” rispose
a sua volta mentre Veronica cominciò a ridere sotto i baffi, era incredula per
ciò che stava succedendo ma le battute del padre erano troppo spassose.
Arrivarono
in centrale e Lamb accompagnò i due in una stanza, quella per gli interrogatori
“Allora sceriffo… cosa avrei fatto per meritarmi questo arresto?”
Le
passò una foto, Veronica guardandola sgranò gli occhi “La conosci
Veronica?” domandò lui guardandola dritta negli occhi.
Lei
lo guardò incredulo “Alice Mongomery.” Disse deglutendo.
“Esatto,
è stata trovata morta in un vicolo vicino a casa sua.”
“A
che ora?” domandò Keith.
“Il
corpo è stato rinvenuto alle nove di sera ma la sua uccisione, sarà avvenuta
un’ora prima dal ritrovamento del cadavere.” Spiegò lui leggendo la
cartella che aveva sotto gli occhi.
“E
perché arresti me?” chiese Veronica un po’ confusa. Lei alle otto era a
casa con il padre, a fare delle ricerche proprio su di lei.
“Un
testimone… Morgan Frederick ha detto di aver visto Veronica Mars accoltellare
quella donna.” Rispose lui serio più che mai.
“Impossibile,
a quell’ora Veronica era a casa con me.” Esclamò il padre.
“Nessun
altro può confermarlo?” domandò lo sceriffo scrivendo nel provvisorio
verbale dell’interrogatorio.
“Weevil
Navarro, quando sono tornata a casa erano le sette e mezza e Weevil era nello
studio con papà.”
“Bene…
grazie per essere stati qui… potete… andare.” Disse lui stringendo la mano
a Keith per poi dare una pacca sulla spalla alla figlia.
“Arrivederci.”
Salutarono in coro.
“Veronica
aspetta, ti devo parlare resta, tu Keith attendila fuori.”
“Va
bene.” Il padre di Veronica uscì mentre lei rimase lì dentro ad ascoltare ciò
che le stava per dire.
“So
Veronica che non sei stata tu ad uccidere Alice Mongomery, non uccideresti
nessuno. Ormai ti conosco… ma… come conoscevi quella donna?”
Guardò
un attimo a terra e titubante rispose “Alice è andata con Logan, il mio
ragazzo, quando ero al college, e… ieri ha annunciato di essere incinta e che
Logan doveva sposarla!” rispose con assoluta sincerità.
Lamb
la guardò negli occhi “Indagherò su Logan Echolls, Veronica.”
“Lo
sospettavo. Ma non credo che sia stato lui, bisognerebbe chiedere al portiere se
sia uscito.”
“Ha
un portiere?”
“Sì,
si chiama David. Lui saprà se è uscito o no, a casa sua c’è solo
un’uscita e lui rimane fino alle nove di sera, dopo di che arriva un altro
portiere a fare la notte.”
“E
come lo sai?”
“Ci
sono appesi gli orari.” Sorrise. “Vai da Logan ora?” domandò poi curiosa.
“Certo…”
rispose lui guardandola dubbioso.
“Bene…
così mi dai un passaggio ci devo andare anche io! Sono in ritardo!” gli diede
una pacca sulla spalla ed uscirono dalla stanza assieme.
“Papà
vado da Logan insieme allo sceriffo Lamb. Tu vai a casa?” domandò al padre
appena uscita.
“Sì…
a dopo. Mi raccomando Lamb… portamela sana e salva a casa.” Scherzò lui
poi.
“Non
preoccuparti Keith. Andiamo Veronica… ma perché ti devo fare da balia?” si
domandò poi tra sé e sé.
“Non
mi fai da balia. Non sei contento di poter passare con me tutto questo tempo? Di
la verità che quando hai parlato con il testimone oculare sei stato super
contento perché mi saresti venuto a prendere!” scherzò lei salendo in auto.
“Da
morire…” rispose lui senza entusiasmo.
Lo
sceriffo suonò più volte il campanello ma nessuno venne ad aprire, se
continuava a non aprire sarebbero caduti i sospetti su di lui, però… David
aveva detto che Logan non era uscito.
“Chi
è?” domandò assonnato aprendo la porta, ancora stava dormendo ecco perché
ci aveva messo tanto ad aprire, la prima scampanellata non l’aveva svegliato.
“Sceriffo
Lamb…” disse lui facendogli vedere lo stemma.
“Che
vuole?” domandò lui guardandolo un po’ male.
“Che
cosa ha fatto ieri sera?” domandò lui arrivando al punto.
“Ieri
sera, alle… dopo che Veronica è andata via è venuto qui Dick e abbiamo
giocato con l’X-BOX.”
David
aveva detto anche questo, gli sorrise lui contraccambio e la salutò
labbialmente lanciandole un bacio.
“Lo
sai che Alice Mongomery è morta?”
“Morta??
Davvero?” Veronica annuì con la testa. “Posso chiederle una cosa
sceriffo?”
“Dimmi.”
“Era
incinta?” chiese lui, è vero a lei gli era passato di testa a chiederlo. Era
incinta o no? Secondo lei era tutta una balla.
“No…
dall’autopsia non era incinta. O almeno così è stato scritto dalla prima
autopsia, ne dovranno fare un’altra più approfondita, ma non doveva
esserlo.”
“Lo
sapevo.” Disse Veronica sorridendo.
Fine
quarto capitolo
|
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Capitolo 5 *** Guilt Senses ***
Risposte
ai commenti:
MiaBalck:
Farti entrare nella storia.... ci penserò ^o^ :P
jackie:
Ringraziarmi per cosa? O_o ^^'''
KIARA:
ho detto forse li tormenterà... chissà :P ;)
Veronicas:
Mh... rispondo alle tue domande... 1) Come sopra... ho detto forse li
tormenterà... l'ho scritto per farvi stare un po' in ansia hahaha 2) Mi sa che
ti confondi con la fiction Di Nuovo perchè in questa... non c'è Lily
°_°
LoVe:
Ahahha aggiorno la fiction il mercoldì e la domenica, per cui dovrai attendere
;) Intanto leggi questo capitolo :D
Guilt
Senses
Accarezzò
i capelli di Logan dandogli un bacio in fronte, lo guardava con quei suoi occhi
dolci, carichi di amore per lui. Era vero, gli aveva detto che tra loro era
tutto finito per via di Alice, ma come poteva non provare più niente per lui?
Come poteva abbandonarlo?
Ogni
volta che guardava il suo volto capiva sempre più nettamente quanto gli volesse
bene. Come poteva non pensare ad un futuro assieme a lui? L’aveva aspettata,
se così si può dire, per cinque anni. Ha atteso il suo ritorno, avevano fatto
un patto.
“Allora
parti davvero.”
“Già…”
lo baciò appoggiando la sua mano sulla sua guancia.
“Ci
vedremo?” domandò lui cingendo la sua vita.
“No…
ma quando tornerò, sarai la prima persona che vedrò!” Le lacrime
cominciarono a rigarle il volto involontariamente, voleva andare al college ma
al solo pensiero di non poterlo vedere per cinque anni la faceva stare male, ma
d’altro canto se l’avesse visto mentre frequentava il college sarebbe
tornata da lui abbandonando tutto. “In questi cinque anni… ci sentiremo via
e-mail e telefono. Se mi venissi a trovare… vorrei stare sempre con te… e…
non posso.”
Logan
le sorrise e appoggiò delicatamente le sue labbra su quelle di Veronica “Lo
capisco. E’ volata questa estate eh?!” le asciugò le lacrime con il pollice
e continuò a sorriderle.
“Assolutamente…
avrei voluto che durasse di più.”
“Anche
io.” La bacia nuovamente “Ora è meglio che vai. Ci sentiamo presto.”
Veronica
si allontanò da lui ma prima di salire nell’auto che l’avrebbe accompagnata
fino al college si voltò e lo guardò sorridendogli.
Si
stavano salutando, ma questo non era un addio era solo un arrivederci, perché
lei sarebbe tornata ed il loro amore sarebbe stato più forte di quello che
c’era prima.
“Veronica…
io sono un cretino.” Ammise Logan affondando la testa nei capelli della
ragazza che si prendeva sempre cura di lui nei momenti difficili.
“Shh…
non sei un cretino. Non devi sentirti in colpa per essere stato con una ragazza
che poi è morta.” Disse lei cercando di tranquillizzarlo.
“Non
è che muori pure te?”
“Facciamo
le corna Logan… non portarmi iella.” Rispose ironica Veronica ridendo, lui
sorrise, finalmente sorrise e le venne in mente Lilly, la sua cara amica uccisa
da un attore famoso.
“Resti
con me questa notte?”
“Tutte
le notti che vorrai.” Gli diede un altro bacio sulla fronte per poi spostarsi
sulle labbra “Starò con te sempre.” Si scostò un po’ da lui, ma quando
si stava per alzare lui la bloccò.
“Dove
vai?” chiese lui cupo.
“A
chiamare mio padre dicendogli che rimarrò con te stanotte, si preoccuperebbe se
no!” Logan lasciò la presa e lei raggiunse il telefono, andò al piano di
sopra a parlare, gli disse che sarebbe rimasta dal suo ragazzo.
“Senti
papà… fa delle ricerche su chi potesse avercela con Alice, o qualcosa del
genere… Grazie!” chiuse la telefonata e tornò al piano di sotto, trovò
Logan con una bottiglia di scotch in bocca, incrociò le braccia e lo guardò da
lontano.
Piangeva,
credeva fosse colpa sua. Pensava che Alice fosse morta per colpa sua, ma ciò
non era vero. Lui non c’entrava niente; di questo ne era pienamente convinta.
“Ora
basta Logan.” Enunciò portandogli via la bottiglia, ne aveva bevuta già metà.
“Mi
sento in colpa per Alice.” Logan era esaurito da questa storia, gli occhi
lucidi di Veronica lo portarono un attimo alla realtà “Io ti amo Veronica. Mi
dispiace di essere andato con lei.”
Lei
gli sorrise e senza aprire bocca gli sfiorò le labbra con le sue “Logan…
Alice era un’assassina, ha sposato un ricco imprenditore dicendo di essere
incinta e poi… l’ha ucciso prendendosi tutta l’eredità, e del figlio
nemmeno l’ombra.” Spiegò lei accarezzandogli una guancia. “L’omicida di
questo imprenditore non è mai stato ritrovato, ma secondo me, se il mio sesto
senso non sbaglia, è stato lei ad ucciderlo e voleva fare la stessa cosa con
te. Alice è morta perché qualcuno ha saputo che è stata lei ad uccidere
Alexander Sorbis.” Chiarì Veronica molto risolutamente, non sapeva se ciò
che diceva fosse giusto, però doveva pur calmarlo, non riusciva a vederlo in
quello stato.
Non
aveva nessuna autorizzazione per farlo ma lei era andata comunque in quel vicolo
dove era stata trovata morta per cercare qualche indizio, ma forse li avevano già
portati via tutti.
Fece
delle foto al posto non poteva rimanere tanto lì; quando lo sguardo si soffermò
sul muro del vicolo, si avvicinò e scatto un’altra foto. Un’orma, di una
scarpa, probabilmente era un indizio importante.
“Veronica…
che ci fai qui?” Accidenti, l’avevano beccata, e per di più quello sceriffo
stupido “Occulti le prove? Hai qualcosa da nascondere?”
“Guanti,
macchina fotografica… No… sbagliato Lamb, cerco indizi.” Rispose
voltandosi verso di lui.
“Non
hai le autorizzazioni per stare qui.” Disse lui serio, a bassa voce ed
avvicinandosi a lei.
“Oh…
beh… tanto ho finito qui.” Veronica uscì dalla scena del crimine avviandosi
verso la sua auto.
“Trovato
niente?” domandò lui, era strano, non le rompeva, non le diceva niente, non
la minacciava di portarla in prigione.
“Un’orma…”
rispose lei bloccandosi e guardandolo negli occhi.
“Appena
tornata e già vuoi risolvere un caso, perché non lasci fare a me? Credi che
non sia abbastanza bravo?” guardò le sue scarpe e calciò un piccolo sasso
per terra.
“Sono
impaziente.” Rispose lei, lui si avvicinò ancora.
“Se
sei così impaziente… dovresti entrare nella polizia.” La guardò, la scrutò.
Veronica non capiva che avesse, le faceva quasi paura. Lo sceriffo le accarezzò
una guancia.
“Che
fai?” domandò lei cominciando a ridere, era strano, e non sopportava quella
sua stranezza.
“Niente…
ora vai, faccio finta di non averti visto qui.”
Veronica
non rispose, salì in auto e partì. Lamb si guardò la mano, cosa aveva fatto?
Perché l’aveva toccata, lui che toccava Veronica Mars? Era diventato per caso
matto?
Aprì
la porta di casa Echolls, Logan le aveva dato le chiavi. “Sono tornata.” Urlò
non sapendo lui dove fosse. Al piano terra non era, così decise di salire al
piano superiore. Entrò in camera sua e lo trovò disteso sul letto con gli
occhi chiusi, chissà se stesse dormendo, gli accarezzò le labbra per poi
sfiorarle con le sue, lui aprì gli occhi.
“Ti
ho svegliato?” domandò sorridendogli dolcemente.
“No…”
Attaccò
la batteria del suo computer portatile ad una presa elettrica e lo accese. Dalla
borsa tirò fuori la macchina fotografica ed estrasse la memory card che infilò
dentro un apposito lettore e guardò le foto fatte sulla scena del crimine.
Aprì
photoshop e controllò l’orma “E’ un… se non mi sbaglio 42/43!” disse
lei.
“Bene…
cerchiamo la gente che ha un 42 o 43 e arrestiamoli tutti!” esclamò
ironicamente lui un po’ seccato.
“La
scarpa è una nike modello… vedo subito.” Entrò in internet e cercò una
suola nike con lo stesso disegno, finalmente lo trovò “Modello 206/a”
Logan
guardò un attimo il muro “A cosa stai pensando?” domandò Veronica, forse
sapeva qualcosa.
“David
l’altro giorno mi ha fatto vedere le sue nuove scarpe… erano proprio quelle.
Forse…”
“Non
vuol dire che ce l’abbia solo lui. Non facciamo ipotesi affrettate che poi
potremmo peggiorare le cose.” Spiegò lei spegnendo il computer.
“Non
fai altre ricerche?” chiese Logan un po’ dubbioso.
“No…
ora voglio stare con te.” Si portò con il corpo sopra di Logan e cominciò a
baciarlo. Lui le sorrise, finalmente aveva sorriso nuovamente, il sorriso che
lei adorava tanto.
“Ce
la faresti a non toccarmi per dieci minuti?” scherzò lui portando di nuovo in
contatto le due bocche.
“Sono
stata senza toccarti per cinque anni, ora fammi recuperare!” rispose lei
baciandogli il collo.
Fine
quinto capitolo
|
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Capitolo 6 *** The Same Print ***
Risposte
ai commenti:
Mia
Balck: Beh potrei inserirti davvero! :P A Lamb non è successo assolutamente
niente :D
mysticmoon:
Grazie mille *-* Mi entusiasma sempre ricevere recensioni da te *_*
jackie:
Mi dispiace non so da quanti capitoli sarà composta la fiction. Comunque ti
pregherei di non scriverlo in una recensione, le recensioni servono per fare
commenti positivi o negativi su una fanfic, quindi ti pregherei di non chiedermi
più quanti capitoli ci sono. Se proprio lo vuoi fare mandami una e-mail :)
Grazie
a tutti :D Buona lettura ;)
The Same Print
Camminava
per le strade di Neptune, senza di lei la vita non era la stessa, ma mancava
poco al suo ritorno, mancava solo un anno! 365 giorni, potrebbero sembrare
un’eternità ma già erano trascorsi 1460 giorni senza poterla toccare o
baciare.
Senza
accorgersi andò a sbattere contro una ragazza “Ehy… stai attento
cretino!”
“Almeno
io non correvo.” L’aiutò ad alzarsi da terra. “Logan…”
“Alice…”
Gli sorrise aveva un sorriso splendido, la voce era molto alta, avrebbe fatto
bene a fare la cantante. Le ricambiò il sorriso.
“Piacere
Alice…” le fece il baciamano, ogni momento era buono per sembrare educato ed
un gentiluomo ad una ragazza.
Aprì velocemente gli occhi, gli venne in mente il loro
primo incontro, ormai ci teneva a lei, certo, non quanto a Veronica, ma non ci
sarebbe stato così a lungo se non le piacesse nemmeno un po’.
“Veronica… andiamo a fare un giro?” domandò lui
baciandola dolcemente, lei ancora teneva gli occhi chiusi, si era svegliata da
poco e non aveva ancora voglia di alzarsi da quel comodo letto.
“Come vuoi tu…” rispose aprendo leggermente gli
occhi. Guardò il suo braccialetto “Hai visto? Lo metto! Mi piace da
morire!”
“Ne sono contento.” Replicò lui senza alcun
sentimento, si sentiva in colpa, troppo per i suoi gusti.
“Non è stata colpa tua.”
“Cosa?” Non capiva ciò gli avesse detto.
“La morte di Alice.”
“Lo so…” le accarezzò i capelli e cercò di
sorridere. “Alziamoci, prepariamoci ed usciamo! Ti prometto che ti comprerò
qualcosa.”
“Ti prego Logan comprami un cuscino con scritto ti amo
tanto!” scherzò lei citando una vecchia frase della prima volta in cui
stavano insieme.
Stava firmando delle carte, era nel suo ufficio e quando
finì di lavorare le venne in mente lei, le sue battute, il suo sorriso. Chissà
perché? Non riusciva a comprenderlo, perché le veniva in mente Veronica?
Finalmente erano mano nella mano, fuori, al centro
commerciale. Scherzavano ridevano, si baciavano davanti agli altri come se
esistessero solo loro al mondo.
“Guarda…” le indicò Logan.
“Cosa?” domandò lei non capendo.
“Quel negozio… vieni!” la trascinò dentro.
“Salve ragazzi, avete delle foto da sviluppare?” Un
negozio di foto, chissà cosa avrebbe voluto fare. Logan si avvicinò alla
commessa e gli porse una foto.
“Vorrei che faceste un cuscino a forma di cuore con
questa foto, e sotto la foto ci potete scrivere Veronica ti amo tanto?” spiegò
lui.
“Perfetto, tra tre ore sarà pronto! Cognome?”
“Echolls!”
Non ci poteva credere, Logan aveva davvero chiesto di
fargli fare un cuscino, le stavano per venire le lacrime agli occhi.
“Oddio Logan sei pazzo.” Disse abbracciandolo e
appoggiando le sue labbra sulle sue.
“Pazzo di te.”
“Mh… non male come risposta!” gli sorrise.
“Ragazzi, ragazzi datevi un po’ di contegno!” Si
voltarono verso quella voce.
“Non ti stanchi mai di torturarmi Lamb?” domandò
ironicamente lei.
“No… mi viene troppo naturale. Finalmente i due
piccioncini sono tornati insieme.”
“Geloso sceriffo?” chiese Logan con il suo sorriso
beffardo in volto.
“Ti piacerebbe?”
“Ok… ragazzi ora basta.” Prese la mano di Logan e lo
trascinò via. “Che vi è preso?” domandò un po’ irritata.
“Gli piaci!” esclamò lui un po’ seccato.
“Chi piace a chi?” chiese lei scioccata.
“Tu piaci a Lamb.” Replicò Logan alzando gli occhi al
cielo, possibile che era così tarda da non capirlo?
Veronica d’altro canto cominciò a ridere “Tu stai
male!” continuò a ridere.
Lo sceriffo li guardava da lontano “Niente bambino!!!”
urlò ai due ragazzi girando i tacchi ed andandosene.
“Non era incinta.” Sussurrò Logan “Mi stava
prendendo in giro.” Voltò lo sguardo da un’altra parte.
“Logan… non facciamoci rovinare il pomeriggio da questa
storia.” Pronunciò lei abbassando lo sguardo.
“Già…”
“Prego entra!” Weevil entrò nello studio, non avrebbe
mai creduto di chiedere aiuto al padre di Veronica.
“Ha scoperto niente?” domandò lui sedendosi su di una
sedia.
“Gli ho fatto ritirare la denuncia!” Keith sorrise e si
mise dietro la scrivania, tirò fuori dal cassetto una cartella. “L’auto non
è mai stata rubata, la teneva dentro il garage della sua seconda casa, forse
qualcuno l’ha pagato per incastrarti Weevil.”
“Chi potrebbe mai volermi incastrare? Non faccio più
parte dei PCR, continuo a lavorare in officina, qualcuno a cui ho messo a posto
l’auto ed ha trovato il conto da pagare troppo alto?”
“Mh… conosci quest’auto?” Il signor Mars gli porse
una foto dell’auto con targa ben in vista, Weevil la guardò attentamente.
“Non lo so… aspetta che sento.” Tirò fuori un
cellulare e chiamò l’officina “Ciao… senti mi puoi fare un favore? Mi
dici se ho aggiustato un’auto con questa targa: AL607LL? Grazie mille aspetto
in linea. Sì… sono tutti in ordine alfabetico… Ok… Grazie. Ciao.”
Chiuse lo sportello del telefono “Sì… l’ho aggiustata io quest’auto,
aveva i freni e le pasticche consumate. Il signore a cui l’ho messa a posto si
chiama Alan Torres ed il conto è venuto intorno ai 400 dollari.” Spiegò
Navarro portandosi una mano sulla bocca.
“Beh… forse… voleva vendicarsi perché non gli sei
piaciuto!” rispose lui.
“Mah… non mi interessa. Basta che ha ritirato la
denuncia. Grazie mille per il suo aiuto signor Mars, quanto le devo?”
“Allora, costo della benzina che ho usato più per le
foto che ho sviluppato…” Guardò i suoi appunti sulle spese della ricerca.
“In tutto fanno… 50 dollari. Solo perché sei amico di mia figlia sia
chiaro!” Scherzò lui dandogli una pacca sulla spalla.
Weevil gli sorrise e gli porse i soldi, gliene diede
sessanta invece che cinquanta “Se mi fa pagare solo i costi che ha dovuto
supportare non ci guadagna.”
“Grazie mille Weevil.”
“Arrivederci signor Mars.” Uscì dall’ufficio
investigazione e salì sulla sua moto, non faceva più parte dei PCR ma non
poteva non abbandonare quel suo gioiellino.
Entrarono in casa pieni di pacchi, erano passati a casa di
Veronica perché lei gli aveva comprato un regalo.
“Veronica sei tu?” domandò Keith indaffarato.
“No solo il bobò occhi rossi!” scherzò lei
affacciandosi nel suo ufficio “Che fai?”
“Archivio il caso di Weevil.” Rispose lui.
Veronica prese in mano una foto, quella dell’auto e notò
che vicino ad essa c’era un’orma, dalla borsa tirò fuori la sua foto
dell’impronta trovata nella scena del crimine, erano identiche.
“Papà… questo piede secondo te a che numero
corrisponde?” chiese mostrandogli l’orma vicino all’auto.
“In proporzione alla macchina direi un 42/43!”
“Di chi è l’auto?”
“Di un certo Alan Torres! Perché?”
“Sono andata nella scena del crimine dell’omicidio di
Alice ed ho trovato questa.” Gli porse la foto e la guardò “Da quanto si
vede in queste foto le orme sono state prodotte dalla stessa sostanza, forse
lui…”
“Centra qualcosa con l’omicidio!” continuò la frase
il padre.
Fine 6 capitolo
|
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Capitolo 7 *** Questions for Morgan Frederick ***
Nota
dell’Autrice: Ho
l’impressione che alcuni non abbiano capito la differenza tra i paragrafi
scritti in corsivo e i paragrafi scritti normalmente. Per evitare altre domande
di questo genere ora spiegherò brevemente che differenza c’è.
I
paragrafi che scrivo in corsivo sono i flashback o i sogni, per cui se leggerete
un paragrafo in corsivo ricordatevi questa nota. Grazie per l’attenzione.
Risposte
ai commenti:
mysticmoon:
Grazie mille! Le scene con Lamb mi vengono sempre molto naturali, non so
perchè. Oltre a scriverle sempre di getto mi diverto un mondo a farle.
jackie:
Sì, il college l'ha finito, e potrai trovare una risposta a questa domanda,
cioè il perchè ho scritto, nel quinto capitolo, che Veronica doveva andare al
college nella nota dell'autrice in alto.
MiaBalck:
Buone vacanze. Non preoccuparti per la fiction, la leggerai appena torni. ^_^
Veronica
Mars Investigations: Grazie mille! ^-^
Questions
for Morgan Frederick
Logan
entrò nell’ufficio di Keith e lo salutò garbatamente.
“Ciao
Logan. Che ne dite, vi fermate qui a cena? Poi tu Veronica vai da lui?” domandò
il padre un po’ imbarazzato, ma per non farlo notare teneva un sorriso da
trentadue denti.
“Per
la cena è ok.” Rispose il ragazzo andando in cucina, si sentiva un po’ in
imbarazzo, sembrava avesse perso tutta la sua vitalità.
Si
sedette su una sedia e dalla tasca tirò fuori una sigaretta, se la mise in
bocca. Forse aveva sentito il discorso che i Mars stavano sostenendo
nell’ufficio. Perché la vita di Veronica gira tutta attorno ad un caso? Se
non seguisse un omicidio non starebbe, per caso, bene con sé stessa?
Tirò
fuori anche un accendino, l’aveva comprato al centro commerciale con Veronica,
l’aveva acquistato perché era molto strano, era a forma di cellulare e per di
più era anche un orologio, e una specie di piccola torcia. Quando lo sia apriva
per accendere la fiamma suonava e si accendeva la torcietta. La fiamma cambiava
colore, passava dal bianco, all’azzurro, al verde e poi al rosa. Era talmente
strana da essere carina.
Keith
arrivò in cucina e prese una pentola dove poter cucinare “Che ne dite se
faccio un po’ di… spaghetti?”
“Perfetto!”
rispose Logan senza troppo entusiasmo, quel pomeriggio si era divertito con
Veronica, era riuscito a ridere ad essere sarcastico ma ora… qualcosa lo
bloccava. Tutta l’euforia che aveva avuto quel pomeriggio era come se fosse
andata a quel paese.
Veronica
era ancora in ufficio, dalla stanza accanto si poteva vagamente sentire la sua
voce, chissà con chi parlava.
Weevil
chiuse la chiamata salutandola gentilmente, gli aveva chiesto un favore,
Veronica gli aveva appena chiesto di andare da un certo Morgan Frederick, non
gli aveva detto gran che, solamente di andare da questo tipo e chiedergli perché
avesse testimoniato contro Veronica.
Salutò
con un bacio la nonna ed uscì di casa. Veronica gli aveva dato l’indirizzo di
questo uomo, chissà chi si fosse ritrovato davanti.
Finalmente
era arrivato davanti la sua abitazione, parcheggiò poco distante dal cancello,
non si sa mai, forse sarebbe dovuto fuggire.
Aprì
il piccolo cancello, proseguì fino alla porta e suonò al campanello, pochi
secondi dopo un uomo di mezza età aprì la porta.
“Morgan
Frederick?” domandò Weevil con la sua solita faccia seria da mettere paura.
“Sì,
mi dica.”
“Potrei
farle alcune domande?”
“E’
della polizia? Io ho già detto tutto a loro.”
“Sì,
ho sentito… ha detto che ha visto uccidere Alice Mongomery da… Veronica Mars
giusto?” gli sorrise flebilmente, sperando di mettergli paura e di farlo
parlare.
“Esatto.”
Weevil
fece un passo in avanti “Mi tolga una curiosità. Chi l’ha pagato per fare
questa testimonianza?”
“Emh…
nessuno!” stava titubando, non guardava più il ragazzo negli occhi “Ora
devo andare… arrivederci!” Stava per chiudere la porta ma Weevil mise una
mano avanti lasciandola aperta, le diede una spinta.
“Non
le sto chiedendo niente, vorrei solo delle risposte perché sa… io a Veronica
l’ho vista alle sette e mezza, a casa sua. Appena arrivata, è rimasta a casa
con il padre per tutta la sera, quindi proprio non capisco come possa aver
ucciso una ragazza. Quindi… la prego mi dica chi l’ha pagato, se no… non
so cosa potrei fargli!” spiegò lui facendo una specie di smorfia.
Morgan
sbuffò… “Entri…” Weevil fece ciò che gli era stato detto ma non
sorpassò di molto la porta. “Non dica a nessuno ciò che gli sto per
rivelare, per favore.”
“Mi
dica. Non ho tutta la sera.”
“Mi
ha pagato un certo Alex Prisom!” non lo guardava negli occhi, ma si vedeva che
era sincero, stava sudando come pochi.
“Grazie
mille. Arrivederci.” Gli strinse la mano ed uscì dalla porta. Una volta fuori
tirò fuori il cellulare e scrisse un SMS.
“Logan…
ho letto su un giornale che ti hanno preso per girare un film.” Disse Keith
mettendosi in bocca un’altra forchettata di spaghetti.
“Ah
sì… cominciamo a breve a New York.”
“Film
poliziesco?” domandò Veronica sorridendogli.
“No…
horror! Parla di un ragazzo, io, che viene perseguitato da un fantasma…”
“Verrò
sicuramente a vederti alla prima.”
“Beh
voi sarete invitati, come potrei non invitarvi?” rispose lui sorridendo.
“Però parto per New York tra dieci mesi e starò via tre mesi come minimo.”
“Oh…
riuscirò a vivere così tanto tempo senza di te?” si chiese sarcasticamente
Veronica. Gli suonò il cellulare, le era appena arrivato un SMS, lo lesse.
“Chi
è?” interrogò Logan curioso.
“Weevil,
è riuscito a sapere chi ha pagato Morgan Frederick a testimoniare contro di
me.” Spiegò lei seria.
“E
chi è stato?” domandò Keith senza smettere di mangiare.
“Alex
Prisom. Domani farò delle ricerche.”
“Perché
rimandare a domani quello che puoi fare oggi?” si intromise Logan prendendole
la mano.
“Ma
io…” cercò di dire lei.
“Non
preoccuparti, posso stare da solo a casa.”
“Sicuro?
Se vuoi posso fare le ricerche anche a casa tua, non c’è problema!” disse
lei un po’ preoccupata. Logan era stato a stretto contatto con Alice, forse
qualcuno avrebbe voluto fare fuori pure lui. Certo, lui si sapeva difendere ma
stare lontana da lui la faceva stare in ansia, cercava di farglielo capire
guardandolo negli occhi.
“Se
a tuo padre va bene…” rispose lui sospirando.
Keith
Mars aveva capito il perché di tanto attaccamento a Logan, Veronica poteva
stare lontano da lui per una notte, ma la sua preoccupazione non glielo
permetteva.
“Va
benissimo, se invece volete rimanere qui… c’è un divano. Sarebbe anche
meglio, non si sa mai se…”
“No!
Voglio tornare a casa mia.”
“D’accordo.”
Disse Keith non del tutto convinto, ora era lui ad essere in ansia per la
figlia.
“Ormai
è da un po’ che usciamo insieme. Mi ha detto che hai una ragazza che è da
quattro anni che non vedi e che… ti ha lasciato libero se vuoi stare con
qualcun’altra. Però, sono sicura che quando tornerà tu tornerai da lei
vero?” Alice era così sorridente. Si erano conosciuti per caso però stavano
bene assieme, il tempo scorreva veloce, scherzava insieme.
“Esattamente.
Io l’amo.”
“Quindi
con me non ci stai provando, quindi questa è solo un’amicizia. Peccato,
speravo qualcosa di più.” Non aveva nemmeno peli sulla lingua.
Logan
le strinse una mano “Non voglio mentirti.” Si avvicinò a lei e la baciò
“Se vuoi una relazione non seria, io sono qui. Non voglio illuderti
inutilmente, quindi…”
“Hai
messo le cose in chiaro, hai fatto bene. E… no… non voglio una relazione
seria. Devo essere sincera. Tu mi piaci, mi attrai sto bene con te, ma mi sono
lasciata da poco con un ragazzo quindi… non voglio assolutamente una relazione
seria.” Lui le sorrise e la ribaciò.
“Ne
sono contento, perché… non vorrei farmi scappare un bocconcino come te.”
Non sapeva se dirlo a Veronica, forse l’avrebbe presa male, però stare con
lei lo faceva sentire libero. Non gli sembrava di essere legato ad una ragazza
che se ne era andata per andare al college.
“Ed
io non vorrei farmi scappare un bel ragazzo come te.” Rispose lei staccandosi
di pochi centimetri da lui. Era la quinta volta che si vedevano, le altre volte
erano andati a cena fuori ma oggi lui l’aveva invitata da lui e le aveva
perfino cucinato. Stavano seduti sul divano a baciarsi ma a lei ormai non le
bastava più. Lui l’attraeva e non solo come persona, dalla prima volta che
gli era andata addosso avrebbe voluto saltargli addosso e spogliarlo sentendo il
suo corpo nudo a contatto con il suo. Gli salì sopra a cavalcioni e si abbassò
le spalline del vestito che aveva indossato quella sera.
“Non
perdi tempo eh?!” disse sarcastico lui.
“Perché
dovrei?” rispose Alice appoggiando nuovamente le sue labbra sulla bocca calda
di Logan.
“Logan?!
Ci sei?” domandò Veronica portandogli una mano davanti al suo viso.
“Sì…
scusa.” Rispose lui scuotendo la testa come per rinsavire. Perché le veniva
in mente lei? Ah già, ogni persona con cui è stato o sta finirà con il venire
ucciso. Qualcuno per caso gli avrà fatto una maledizione?
“Logan…
lo so che ti senti in colpa per Alice, però… non riesco a vederti così.”
Veronica prese una busta del centro commerciale e gli mise davanti il cuscino
che le aveva comprato. “Ricordi?”
Lui
le sorrise “Potrei mai dimenticarmi?”
“Allora
non stare così, non è stata colpa tua. Probabilmente un amico ha capito che è
stata Alice ad uccidere Alexander e… si è voluto vendicare. Tu non c’entri
assolutamente niente.” Gli dichiarò lei cercando, ancora una volta, di
calmarlo.
Logan
accarezzò quel cuscino “Bello eh?!”
“Da
morire.” Lei lo abbracciò “Sembro una bambina.” Cominciò a ridere seduta
nel suo letto dove, davanti a lei si trovava la persona che amava il più
profondamente possibile.
Lui
gli accarezzò i capelli “Sei la persona più importante per me.”
Fine
settimo capitolo
|
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Capitolo 8 *** Indications Serve Us ***
Nuova pagina 1
Indications Serve Us
Il cellulare cominciò a squillargli, era un numero
privato; titubante rispose.
“P-pronto?”
“Sai che per quello che hai fatto dovremmo ucciderti?”
una voce fredda ed impassibile, che probabilmente era anche stata modificata da
qualche apparecchio da cui parlò.
Morgan gettò sul divano il telefono e cominciò ad
indietreggiare di qualche passo, non sapeva cosa fare. Sentì una finestra
rompersi e pensò al peggio.
“Lo sai… non dovevi farci questo.” Un uomo, mentre
stava parlando, percorse il corridoio di quella casa fino ad arrivare alle
spalle dell’uomo che aveva fatto la spia.
“Vi prego… no…” disse prima di ricevere un colpo
alla testa, tanto forte da fargli perdere i sensi.
L’uomo era completamente vestito di nero, per non farsi
vedere in volto aveva messo una maschera e portava guanti di pelle. Tirò fuori
una sigaretta dal suo pacchetto, la inserì dentro un bocchino e cominciò a
fumarla. Prese la bottiglia di scotch che stava bevendo l’uomo e ne verso il
contenuto sul divano. Prese per le spalle Morgan e lo fece sedere. “Non
volevamo arrivare fino a questo punto.” Disse inalando il fumo.
Quando la sigaretta stava per finire si allontanò e la
lanciò sul divano che cominciò a prendere fuoco per poi avviarsi da dove era
venuto.
Un altro giorno era arrivato, Veronica guidava la sua auto
per andare a trovare il padre che si era preso il compito di sapere chi fosse
quell’Alex Prisom.
Parcheggiò distrattamente l’auto ed entrò in casa
“Sono io!” urlò andando nello studio.
“Ciao tesoro.” Le passò un fascicolo “Lì, ho messo
tutto ciò che ho trovato di quell’uomo.”
“Grazie.” Si sedette sul divano, appoggiò la sua borsa
verde e cominciò a leggere.
Nella prima pagina c’era il suo albero genealogico e
qualcosa la colpì…. “Cugino di Alexander Sorbis.” Sussurrò. Voltò
pagina e nella successiva vi era una foto di questo Alex e di David. Il custode
del palazzo di Logan. Veronica tornò indietro e guardò nuovamente l’albero
genealogico. “Il portiere è il fratello di Alex Prisom.” Si alzò
frettolosamente dal divano. “Papà devo andare…” gli disse agitata.
“Ehy… scoperto qualcosa?” domandò lui bloccandola
per i bracci.
“Il portiere di casa di Logan è il fratello di Alex
Prisom non che cugino di primo grado di Alexander Sorbis. Lui, secondo me, dava
tutti gli spostamenti al fratello e Alex ha ucciso Alice perché sanno che è
stata lei ad uccidere Alexander.” Spiegò agitata.
“Mh… vallo a dire a Lamb.”
Fece una risata isterica “Certo! Come no?! Sono sicura
che andrà ad arrestarli!” rispose sarcastica.
“Ma servono indizi per incastrarli, e poi… non puoi
fare tutto da sola. Possono farti del male!!” esclamò il padre scuotendola un
po’. “Non fare sempre di testa tua!!”
Veronica lo scansò “Ok… vado da Logan ora.”
Uscì di casa e partì. Vide Lamb a sirene spiegate andare
verso la centrale.
“Ma che…?” si domandò lei, lo seguì con lo
specchietto retrovisore, fece un inversione ad U e lo seguì in centrale.
Parcheggiò e si avvio da Lamb.
“Che succede?” domandò prendendolo per un braccio.
“Non sono affari che ti riguardano Veronica.” Rispose
lui serio.
“Bene… io invece ho qualcosa per te.” Sperava che per
una volta l’avrebbe ascoltata, che avrebbe seguito i suoi consigli, lui non
sapeva dove mettere le mani. Non lo sapeva mai. Non era capace a fare lo
sceriffo.
“Vieni nel mio ufficio.” La condusse nella sua
postazione di lavoro. “Allora cos’hai per me? Un regalo per caso?” chiese
sarcastico.
Veronica lo guardò serio “Meglio… Alex Prisom ha
pagato Morgan Frederick per farlo testimoniare contro di me.”
“Mh… ok, quindi?”
“Il portiere di casa di Logan si chiama David, David
Prisom, è il fratello di Alex Prisom, e loro sono cugini di primo grado di
Alexander Sorbis.”
“Dovrebbe dirmi qualcosa questo?” interrogò Lamb
sedendosi sulla sua sedia di pelle.
“Alexander Sorbis sposò Alice Mongomery perché era
rimasta incinta, alla fine però non lo era veramente. E… poco dopo il
matrimonio Alexander morì, non si seppe mai chi fu l’assassino… ma… forse
loro hanno trovato degli indizi schiaccianti su Alice Mongomery, anche io credo
sia stata lei ad uccidere Alexander.” Spiegò Veronica sedendosi anch’essa e
tirando fuori dalla borsa il fascicolo dato in precedenza dal padre.
“Vorresti dirmi che quei due si sono fatti giustizia da
soli? Ne hai le prove?”
“No… se no non sarei venuta da te.”
“Lo sai che se ti sbagliassi potresti finire male?”
“Non mi sbaglio… ne sono sicura. Ti ricordi quando mi
hai trovato sulla scena del crimine di Alice?”
“Certo, come potrei dimenticarmi?” rispose lui voltando
lo sguardo verso la finestra, un po’ scocciato.
“Ho trovato quest’orma… e Logan mi ha detto che
questo tipo di scarpe ce l’ha David, il portiere. In più… ho trovato la
stessa orma qui.” Gli porse la foto scattata dal padre per il caso di Weevil.
“Però… quest’auto è di un certo Alan Torres.” Continuò a spiegare.
“L’indirizzo dove è stata scattata questa foto è: Green Apple, 15 e…
guarda un po’… David e Alan sono vicini di casa!” disse Veronica come se
fosse una coincidenza.
Lamb sospirò “Ha
scoperto più cose lei da sola che io e la mia squadra, sono così incapace come
sceriffo?” pensò lui guardando da un’altra parte. “Indagheremo
Veronica.” Rispose indicandole dove si trovava la porta.
“Forse
sarebbe meglio se non ci vedessimo più!” vide scorrere dagli occhi della
ragazza lacrime salate.
“Ma
ti amo…” gli disse lei coprendosi il viso.
“Ma
lo sapevi fin dall’inizio Alice.”
“Io…
non lo accetto. Tu mi ami, ma non l’hai ancora capito, ma vedrai che ti legherò
a me…” lo minacciò lei andandosene da quella casa sbattendo la porta.
Logan
si buttò a peso morto sul divano e guardò il cellulare, il suo SMS più
importante. “Torno tra un mese! Non vedo l’ora di poter vederti di nuovo. Ti
amo!” nelle sue lettere, e-mail o chiamate non l’aveva mai scritto o detto.
Ora sì, l’aveva scritto e tutti i sentimenti che aveva il dubbio di provare
per Alice se ne erano andati. Lui amava Veronica, come aveva fatto a credere che
forse l’avesse dimenticata e che ora amasse Alice? Non poteva crederci.
Un
sorriso si fece largo nella sua bocca, sarebbe tornata, l’avrebbe potuta
baciare di nuovo.
Veronica parcheggiò ed attraversò il vialetto che portava
al portone, guardò distrattamente David “Salve…” lo salutò garbatamente.
“Bentornata signorina Mars.” Rispose lui.
Lei si avvicinò alla sua postazione “Ha sentito di
Alice, poverina.”
“Sì ho sentito… ma da quello che ho sentito su di
lei…” rispose lui che dopo aver capito quello che stava per dire cominciò a
maledirsi mentalmente.
“Cosa si diceva?” chiese lei dubbiosa, o almeno
cercando di farla sembrare tale.
“Beh… che ha ucciso il marito…” rispose lui quasi
sussurrandolo.
“Oddio, davvero? Ma era sposata?”
“Sì… così ho sentito, non so se queste voci sono
fondate o meno… comunque.”
Veronica sorrise “E… con chi era sposata?”
“Alexander Sorbis.” Rispose lui.
“Ma come fa a sapere queste cose?”
“Sa… un portiere ne sente tante.” Uscì dal suo
“fortino”, Veronica guardò le sue scarpe, erano proprio come nell’orma
della foto, tirò fuori il cellulare.
“Scusi, devo mandare un SMS…” disse, ma così non
fece, scattò due foto, una nella quale ritraeva il modello e l’altra
dell’orma lasciata dalla suola. Sembrava essere la stessa sostanza rinvenuta
nella scena del crimine.
“Le sue scarpe sono molto sporche!” esclamò Veronica
“Perché non le pulisce?”
“Ah… già, le avevo prestate a mio fratello… e non ho
avuto il tempo di farlo.”
“Certo che avrebbe
potuto pulirle, possibile che sia così stupido?” si domandò “Beh…
meglio così…”
“Ora mi scusi David ma raggiungo Logan.”
“D’accordo… arrivederci.”
David si allontanò dalla sua postazione per andare a
portare un pacco ad una famiglia che abitava lì, Veronica si chinò per terra e
raccolse un po’ dello sporco dell’orma lasciata da David che imbustò
accuratamente dentro una busta di plastica.
Entrò dentro il portone e suonò il campanello del suo
ragazzo, mise una mano dentro la borsa per poi tirarla subito fuori.
Logan le venne ad aprire lei entrò e subito l’abbracciò.
“Cos’è tutta questa euforia?” domandò lui dandole
un bacio.
“Abbiamo le prove. So chi è stato ad uccidere Alice. Le
devo solo portare allo sceriffo Lamb.” Gli bisbigliò nell’orecchio, non si
sa mai se David stesse ad ascoltare le loro conversazioni, fidarsi e bene, non
fidarsi è meglio.
Fine
ottavo capitolo
|
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Capitolo 9 *** Who Despises, Buys ***
Risposte
ai commenti:
mysticmoon:
grazie mille!! :)
Mac:
Grazie, eh si Lamb si è dovuto accorgere di quanto sia incapace :P
KIARA5:
Buone vacanze!! Non posso anticipare niente su chi sia stato l'assassino. Logan
si sente in colpa, non per niente il capitolo di mercoldì si intitolava
"Sensi di colpa" ;)
Juliet:
Grazie mille per questa recensioni. In ogni capitolo cerco di mantenere i
caratteri dei personaggi più simili possibili al telefilm, e per il caso...
sì, incasino ben benino :P Spero che la fanfiction ti continuerà a piacere
fino alla fine.
Buona
lettura e grazie per tutte le recensioni!
Who Despises, Buys
“Abbiamo le prove. So chi è stato ad uccidere Alice. Le
devo solo portare allo sceriffo Lamb.” Gli bisbigliò nell’orecchio, non si
sa mai se David stesse ad ascoltare le loro conversazioni, fidarsi e bene, non
fidarsi è meglio.
“Ah… capisco!” fu molto vago, si andò a sedere sul
divano e si girò da un’altra parte.
“Che hai Logan?” domandò Veronica sedendosi affianco a
lui e prendendogli una mano tra la sua.
“Mi sento in colpa, non so perché ma non ce la faccio più,
posso far finta di niente, posso stare con te e comprarti cuscini i forma di
cuore con la nostra foto… ma questo non cambia, il mio senso di colpa verso
Alice resta e non se ne vuole andare…” cominciò a parlare a raffica
guardandola, con gli occhi lucidi, con un dolore immenso nel cuore, era sincero
e questo la faceva stare ancora peggio.
“Vuoi lasciarmi…” concluse Veronica la frase.
“Lo sai, ti amo… ma…” gli mise un dito sopra le
labbra.
“Lo so… non dire altro.” Gli sorrise, o almeno, cercò
di farlo. Si alzò in piedi e andò verso l’attaccapanni dove aveva appoggiato
la borsa ed uscì dal quella casa dove aveva passato più di una notte da quando
era tornata. Senza voltarsi chiuse lentamente la porta e si accucciò a terra a
piangere, perché doveva andare sempre così? Perché dovevano sempre lasciarsi?
Perché non potevano avere una relazione tranquilla come ce l’hanno tanti
altri ragazzi? Perché?
“Signorina Mars… che le succede? Sta bene?” domandò
David avvicinandosi a lei.
“Sì… sì… sto bene… devo andare.” Si alzò di
scatto in piedi e corse fuori da quel palazzo.
Entrò in quella stazione di polizia dove, ormai, passava
il più del tempo. Aveva finalmente le prove per incastrare l’assassino di
Alice e ne doveva parlare con lo sceriffo. Vero che Logan l’aveva lasciata ma
lei non lasciava niente a metà, ormai aveva cominciato ad indagare su questo
caso e l’avrebbe portato a termine.
“Che vuoi Veronica?” domandò Lamb vedendola arrivare
di corsa.
“Ho le prove!” esclamò prendendolo per un polso e
trascinandolo nel suo ufficio.
“Quali?” domandò lui dopo essere stato lasciato da
quella stretta e massaggiandosi il polsi.
Veronica prese il cellulare e gli fece vedere le foto che
aveva fatto, poi prese il sacchetto di plastica e glielo porse.
“E brava Veronica.” Disse lo sceriffo.
“Grazie! Lo so sono un mito!” scherzò lei.
“Che ti è successo?”
“Cosa?” non capiva che cosa le avesse chiesto? In che
senso che le era successo? Aveva trovato risposta ad un caso di omicidio cosa
dovrebbe essere successo?
“Hai pianto…” spiegò lui mettendo in ordine delle
carte.
Se n’era accorto, chissà come faceva ma soprattutto,
cosa gliene importava? Non sapeva cosa rispondergli.
“Cosa te ne importa?” disse infine un po’
imbarazzata.
“Me ne importa…” rispose lui sincero come non mai.
“Wow… Lamb il cinico ha detto che gliene importa di me!
Allora se mi uccideranno aprirai le indagini sulla mia morte? Wow… figo!”
pronunciò sarcastica.
“Non scherzare Veronica…”
“Ok… vai ad analizzare quello sporco che ho raccolto
per terra e poi andrai ad arrestare David e Alex oppure stiamo tutto il giorno
qui a non fare niente?” chiese lei un po’ alterata, guarda adesso come se ne
doveva uscire.
Lamb la raggiunse e le accarezzò un braccio “Che fai?”
domandò lei allontanandosi da lui.
“Quando le cose ti interessano li capti subito gli
indizi, perché adesso no?” domandò lui avvicinandosi nuovamente a lei “Non
avere paura, sono Lamb… non un mostro.” Le sorrise a mezza bocca.
“Ed io Veronica Mars, quella che interferisce sempre con
le indagini, tu mi odi!”
“Chi disprezza compra… non lo sapevi?” Lamb si
avvicinava sempre di più a lei, avvicinava la sua bocca a quella di Veronica,
lei era rimasta paralizzata. Non credeva che lo sceriffo Lamb, la persona che la
odiava più di tutti un giorno si sarebbe dichiarato, a modo suo, e l’avrebbe
baciata.
Veronica gli appoggiò una mano sul petto “Lamb… non
fare fesserie dai.” Gli sorrise.
“Ok… scusami.” Si allontanò da lei e le porse
nuovamente le sue prove. “Prenditele… l’hai prese illegalmente, non ci
faccio niente!” disse serio, e diciamo la verità anche offeso
nell’orgoglio.
“Se ti avessi baciato però l’avresti accettate
vero?” gli strappò la busta dalle sue mani e lo guardò male “Grazie.”
Uscì anche da lì. Dove poteva andare ora? Ma certo a casa! Aveva pur sempre
una casa no?!
Salì in auto ma il cellulare cominciò a squillarle
“Pronto?”
“Ciao Veronica… come stai?” domandò la persona
dall’altro capo del telefono.
“Allora… Wallace da dove cominciamo? Mh… ah sì, beh
Alice aveva detto di dover sposare Logan, ma poi indovina un po’?”
“Dai non farmi indovinare dimmelo tu!”
“L’hanno uccisa. E Logan… straziato dai sensi di
colpa… mi ha lasciato, oggi…” spiegò un po’ triste.
“Mi dispiace Veronica… ma lui ti ama, è scemo o
cosa?”
“E’ pazzo…” spiegò calma lei. “Ma comunque…
sono andata da Lamb a dargli delle cose… e lui cosa fa? Ha tentato di
baciarmi! Ma ti rendi conto? Lamb!! Lo sceriffo Lamb… mi vengono i brividi
solo a pensare a cosa stava per fare.”
Dall’altro capo del telefono sentì Wallace ridere.
“Non c’è niente da ridere… è uno… non so… mi viene da vomitare solo
a pensarlo!”
“Ma dai… non è tanto male.”
“Se ti piace così tanto mettiti assieme a lui!” scherzò
lei.
“Ahah… spiritosa…”
“Lo so… Ora ti devo salutare, che se parto con il
cellulare in mano mi mettono in prigione visto che sono nel parcheggio della
stazione di polizia! Ci sentiamo presto.”
“Certo… ciao!”
Veronica chiuse il telefono e partì, come poteva fare ora
ad incastrare David ed Alex?
Era disteso sul divano, ormai viveva lì. Sentì suonare il
campanello ma non aveva voglia di aprire. Non sapeva nemmeno chi fosse, anche se
fosse stata lei, la sua Veronica non aveva voglia di vederla. Aveva fatto una
scena patetica, l’aveva lasciata, per cosa poi? Per una morta. L’aveva
lasciata, ancora stentava a crederci. Lui che l’ha amata talmente tanto, lui
che ha fatto di tutto pur di tornare insieme a lei ora… l’aveva lasciata.
Quanto era stupido.
Immerso nei suoi pensieri non si era accorto che il
campanello continuava a suonare imperterrito, chi stava suonando non aveva
l’intenzione di andarsene, ma lui non aveva voglia di vedere niente e nessuno
voleva soltanto chiudere gli occhi e lasciarsi andare.
Le si fermò l’auto proprio nel bel mezzo della strada,
era ora di cambiare quel catorcio, semmai avesse mai un po’ di soldi da
spendere per un’auto nuova. Scese dall’auto e la spinse di lato alla strada,
aprì il cofano e guardò se ci fosse qualcosa che non andasse. Sembrava tutto
apposto, forse l’auto era morta.
Un’altra auto le si affiancò “Tutto apposto…” si
voltò e sgranò gli occhi.
“Umh… sì… grazie!” rispose sperando che se ne
andasse, questo avanzo di molti metri da lei ed accostò, chissà cosa volesse
fare, il ragazzo scese e rimase a guardarla, Veronica si cominciava ad agitare
cosa c’era che non andava? Accidenti non riusciva a concentrarsi.
“Se ti serve un passaggio… non farti problemi.”
“No grazie.” Rispose lei togliendo le mani da dentro il
cofano e chiudendolo. Si avvicinò all’uomo che si era fermato. “Senta… se
vuole può andare, non mi serve il suo aiuto.” Spiegò lei.
“Faccia come crede…” Salì nuovamente nell’auto,
stava per partire, accese il motore e Veronica si accucciò a terra per
l’esplosione che aveva appena sentito. La sua auto era esplosa, fortuna che si
era allontanata. Non sapeva cosa fosse successo, non sapeva se le avessero messo
nell’auto un esplosivo però il cuore cominciò a batterle più velocemente,
dentro quell’auto c’era Alex Prisom.
“Tutto bene?” domandò lui uscendo velocemente
dall’auto.
“Sì… io sì, l’auto un po’ meno.” Rispose lei
indicandola.
“Lo vedo… vieni che ti do un passaggio.”
“No… non serve chiamo un mio amico.” Rispose lei
prendendo il cellulare.
“Dai… non sono un maniaco!” esclamò lui prendendola
per un braccio.
Veronica non sapeva cosa fare, non poteva accettare un
passaggio da lui, ma Alex insisteva. Cosa doveva fare?
“Non si preoccupi le ho detto!” esclamò lei quasi
urlando.
“Mi dispiace!” disse lui, Veronica non capiva, perché
le diceva quelle parole? Poco dopo capì, Alex le mise sul volto un fazzoletto
carico di cloroformio.
Fine
nono capitolo
|
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Capitolo 10 *** Tried Homicide ***
Grazie
a tutti per le recensioni :)
Tried Homicide
Veronica
aprì lentamente gli occhi, era ancora un po’ rincoglionita per ciò che le
era successo e non capiva bene dove fosse.
“Finalmente
la bella addormentata si è svegliata! Come stai Veronica Mars?” quest’uomo
le accarezzò violentemente i capelli.
“Alex…”
disse lei cercando di muoversi senza, però, alcun risultato, l’avevano legata
ad una sedia, mani e piedi era stretti da una corda, troppo stretti.
“Esatto!
E so… che tu sai tutto quello che abbiamo fatto ad Alice, peccato che non
potrai rimanere in vita mia cara, perché se non ti uccidessi saresti una brava
investigatrice. Complimenti.” Cominciò a parlare lui esibendole un coltello
da macellaio davanti al viso.
“Sai
dove puoi infilarteli i tuoi complimenti?” rispose lei strafottente come
sempre.
“Come
osi?” Alex accarezzò il braccio di Veronica “Sarebbe carino un bel
taglietto qui sul bicipite, avresti un assaggio di ciò che proverai tra
poco.” Lui posò la lama fredda del coltellaccio sulla sua pelle delicata.
“Alex…
tanto dovrà m…morire comunque. Non farle del male ora!” disse titubante un
ragazzo che spostò la sedia dove era seduta Veronica più indietro,
sottraendola dalle grinfie del fratello.
“Tu
sei debole David, sei sempre stato debole. Non volevi nemmeno vendicarti di ciò
che ha fatto Alice a nostro cugino. L’ha ucciso e lei ne è uscita indenne
prendendo tutta la sua eredità. Doveva pagare quella puttana!” cominciò
quasi ad urlare il mio grande dei due consanguinei.
“E…
ed io mi sembra che ti abbia aiutato no?!” David balbettava aveva paura di un
membro della sua famiglia.
Veronica
stava in silenzio a sentire i loro discorsi, le lacrime le uscivano copiose
dagli occhi, avrebbe voluto urlare, ma a cosa sarebbe servito? A niente,
soprattutto perché ora David le teneva una mano sulla bocca.
Alex
diede uno schiaffo al fratello che indietreggiò di qualche passo. “Ora
veniamo a noi ragazzina… sai da quanto tempo sei qui? Ormai tuo padre ti starà
cercando.”
“E
mi troverà di sicuro!” rispose lei ancora in lacrime, indifesa davanti a
quell’uomo che le stava di fronte.
“Sei
qui da un giorno… lo sai? Ti abbiamo lasciata dormire… anzi abbiamo anche
aiutato il sonno a rimanere in te. I sonniferi sono una vera bomba non credi?”
“Tu
sei un pazzo maniaco!”
“E…
omicida… ricorda!” le sorrise e le sfiorò con un dito il naso. “Ed
ucciderò anche te.”
“Dio…
ti prego… fa che papà ha visto le foto sul computer! Fa che è andato da Lamb
con il sacchetto di prove che gli ho lasciato sul tavolo e che lo abbia convinto
a seguire la mia pista. Per favore!” Pensò Veronica socchiudendo gli
occhi.
“Ormai
non ti troverà nessuno mia cara, se tuo padre venisse qui perché gli hai
parlato delle tue supposizioni lo ucciderei all’istante, quindi prega il
Signore affinché non arrivi mai in questa piccola casina.” Spiegò Alex
ferendo il braccio di Veronica che urlò dal dolore, il taglio inciso non era
profondo, ma sentiva quella lama entrarle nel braccio, sentiva tutto triplicato,
il suo pianto non voleva cessare, stava quasi per desiderare la morte. Se doveva
continuare a torturarla sarebbe stato meglio che la finisse subito, che la
uccidesse all’istante, così non avrebbe più dovuto soffrire.
“Sh…
Piccola… zitta…” dette queste parole i fratelli sentirono suonare alla
porta, cercarono di far finta di niente ma il campanello continuava a suonare
sempre più incessantemente. “Se urlerai solo una parola ucciderò chi c’è
sulla porta, poi vengo qui e ti uccido molto lentamente! Chiaro?” pronunciò
Alex avviandosi verso il piano superiore seguito dal fratello.
Aprirono
la porta “Siete in arresto.” Veronica dalla cantina continuò a piangere, ma
erano, questa volta lacrime di gioia, era arrivato Lamb, l’avrebbe salvata, e
se nel processo la giuria li desse non colpevoli andrebbero comunque dentro per
rapimento.
“Perché?”
domandò Alex facendo il finto confuso “Che abbiamo fatto sceriffo?”
“Non
fare il finto tonto idiota!” voltò il ragazzo all’indietro prendendogli i
bracci e ammanettandolo.
“Ma…
non capisco!”
“Agente,
lo porti in auto!” disse mentre ammanettava David. “Andiamo su…”
Se
ne stava per andare, lei sarebbe rimasta lì? “Lamb!!!” urlò dal piano di
sotto.
“Che
è stato?” domandò lo sceriffo sentendo pronunciare il suo nome.
“Niente
sceriffo, avranno squittito i topi giù in cantina.”
“Lamb…
Sceriffo Lamb… vieni in cantina!!!” urlò ancora una volta Veronica che
stava perdendo la pazienza.
Lo
sceriffo fece salire in auto anche David. “Voi andate in centrale… io vi
raggiungo.” Disse voltandosi ed entrando nella casa. Vide una porta semi
aperta che portava in cantina “C’è qualcuno?” domandò poi.
“No
c’è solo un fantasma!” rispose sarcastica Veronica, tra lacrime di gioia
per il suo ritrovamento tempestivo, e di terrore per quello che i due fratelli
avrebbero potuto farle.
Lo
sceriffo scese di sotto “Veronica… allora non sei morta quando la tua auto
è esplosa.” Pronunciò mentre la slegava.
“Mh…
vediamo… aspetta fammi toccare…” dopo essere stata slegata su tocco il
viso “Mh… no!” rispose tremante.
Le
slego anche le caviglie. “Andiamo all’ospedale.”
Veronica
si alzò in piedi ed abbracciò Lamb che ci restò di stucco “Grazie per
avermi salvata! Grazie!” ammise tra le lacrime che andavano a bagnare la
divisa dell’uomo che aveva di fronte.
“Niente…
tuo padre mi ha pressato perché seguissi la tua pista… e… beh… era
giusta.” Rispose guardando il soffitto.
Veronica
si staccò da lui ancora in lacrime e si toccò la ferita provocatale da Alex.
“Che
bastardo…” disse Lamb guardandola. “Dai sbrighiamoci.” I due salirono le
scale e Lamb chiamò la centrale per farsi venire a prendere.
“Tesoro!!”
urlò Keith correndo verso di lei ed abbracciandola.
“Papà…”
contraccambiò l’abbraccio. Le baciò sulla testa e la lasciò andare.
“Scusami…”
la lasciò un attimo e raggiunse lo sceriffo Lamb e gli diede una pacca sulla
spalla “Grazie…” gli sorrise.
“Se
non mi avessi pressato a seguire gli indizi di Veronica sarebbe morta a
quest’ora.” Rispose lui abbassando lo sguardo. “E’ stata tutta colpa
mia. Se avessi fatto ciò che mi aveva chiesto non l’avrebbero nemmeno
ferita” disse in tutta sincerità.
“Dai…
ora è tutto a posto… non preoccuparti.” Gli sorrise ancora, era grato a
quello sceriffo che lo aveva battuto cinque anni fa alle elezioni.
Veronica
si guardava in giro, era ancora in ospedale, l’avevano medicata.
“Chissà
se Logan ha letto il giornale” pensò mentre aprì il giornale leggendo
l’articolo dell’esplosione della sua auto. “Un’auto
è esplosa per la statale, il corpo dell’autista non è ancora stato
trovato.” Lesse mentalmente, forse Logan era preoccupato. La ragazza si
alzò in piedi.
“Dove
vai Veronica?” chiese il padre vedendola avviarsi verso l’uscita del
reparto.
“Da
Logan, forse è preoccupato.” Rispose lei. Lamb la guardava con occhi tristi,
lei gli sorrise.
“Aspetta
Veronica.” Lo sceriffo la raggiunse. “Mi dispiace.”
“Per
cosa? Per avermi salvato?” domandò sarcasticamente ridendo un po’.
“Se
avessi… niente lascia stare e corri dal tuo ragazzo!” disse spingendola
verso l’uscita.
“D’accordo!
Ciao!” salutò ed uscì, però poi tornò indietro ed andò vicino al padre
“Mi sono ricordata di non avere più l’auto!” pose il palmo della mano ed
attese le chiavi dell’auto del suo caro babbo.
Sembrava
come non le fosse successo niente, cercava di scacciare dalla mente ciò che
aveva passato, voleva essere la solita Veronica Mars.
Fine
decimo capitolo
|
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Capitolo 11 *** Partner ***
Grazie
a tutti per i commenti!! :) E... continuerà la fiction ;) Anche se in questo
periodo ho molto da fare e sono in un momento di stallo, ma sono avanti con i
capitoli per cui ne avrete ancora un po' da leggere :)
Partner
Varcò
il cancello guardando la guardiola dove un tempo c’era David, l’osservò con
tristezza per poi entrare nell’atrio dove suonò il suo campanello.
Le
venne ad aprire un Logan più splendido che mai.
“Veronica…”
esclamò stupito da chi aveva davanti. “Veronica…” ripetè abbracciandola
“Oddio… Veronica…”
Lei
contraccambiò l’abbraccio “Già… sono Veronica…”
Il
ragazzo cominciò a piangere “Avevo letto l’articolo… e tuo padre… è
venuto a dirmelo… io credevo di averti perso.”
“Ehy…”
lo scansò e gli sorrise “Lo sai che ho la pelle dura. L’unica cosa che ho
perso è il bracciale che mi hai regalato. Mi dispiace.” Rispose un po’
facendogli vedere il braccio.
“Quello
si ricompra.” Logan la prese per i fianchi e la tirò su in aria di pochi
centimetri per farla entrare in casa, non voleva più lasciarla, la stava per
perdere e quando l’ha saputo stava per morire anche lui con lei. Posò le sue
labbra su quelle di lei che schiuse la bocca per far penetrare la lingua di lui,
per poterci giocare, per poter esplorare nuovamente quella bocca che tanto le
era mancata in questi ultimi giorni.
“Sono
stati David e Alex…” disse quasi sottovoce Veronica.
“Chi?”
Continuava a cingerle i fianchi, come se, se l’avesse lasciata sarebbe andata
via e non l’avrebbe più rivista.
“David…
il portiere ed il fratello. Alexander, il marito di Alice era il cugino di quei
due e loro si sono vendicati della sua morte uccidendo Alice.” Spiegò lei
baciando dolcemente il collo del suo ragazzo finalmente ritrovato.
Lamb
assisteva l’interrogatorio dietro ad un vetro. “Sei stato tu ad uccidere
Morgan Frederick vero?” domandò un agente sbattendo pesantemente la mano sul
tavolo.
“Chi
sarebbe?” Alex faceva finta di non capire, o davvero non capiva.
“Dai…
lo so… tuo fratello ha già confessato.”
“Brutto
bastardo…” sussurrò lui calciando uno zampo del tavolo.
“Non
sapevo della morte di Morgan.” Lo sceriffo sentì la sua voce, ora era vicino
a lui.
“Che
ci fai qui Veronica?”
“Mh…
mi ha fatto entrare un agente.” Rispose lei guardando attraverso quel vetro.
“Stupido
di un agente.”
”Grazie…”
“Finiscila
di ringraziarmi!” disse Lamb un po’ irritato.
Veronica
rimase in silenzio per alcuni minuti, non sapeva cosa dire, guardava Alex, le
veniva quasi da piangere al ricordo di ciò che le ha fatto o di quello che
avrebbe potuto farle.
“Come
sta Logan?” domandò lui non sopportando più quel silenzio.
“Da
quando ti importa di Logan?” Si girò verso di lui e gli sorrise.
“Ok…
lasciamo stare.”
“D’accordo…”
rise un po’.
“Veronica…”
disse il padre non appena la vide entrare dalla porta, era tornata. L’abbracciò
come se non l’avesse vista per mesi.
“Ehy…
che c’è?” domandò lei un po’ stupita da quel gesto, l’aveva vista
all’ospedale, perché si comportava così, aveva per caso carenze d’affetto?
“Ti
hanno cercato, una ditta di Los Angeles, hanno detto che sono disposti ad
assumerti. Avresti un colloquio con loro dopodomani alle dieci.” Spiegò lui
quasi con le lacrime agli occhi, se davvero avesse accettato quel lavoro se ne
sarebbe andata nuovamente, lui l’avrebbe potuta anche seguire però non voleva
fare il padre troppo appiccicoso da non lasciare andare la figlia in un’altra
città.
“Davvero?!
Ma è fantastico.” Esultò Veronica abbracciandolo nuovamente “Non sei
contento per me?”
“Ti
voglio come mia socia.” Disse il padre velocemente.
“Della
Mars Investigations?” si sedette su di una sedia, era sconvolta per la
richiesta del padre, cosa avrebbe dovuto fare?
“Sì…
sei una brava detective… e… guadagneresti anche abbastanza bene.”
“Devo…
devo pensarci!”
“Certo…
tutto il tempo che vuoi… e poi se accettasti staresti sempre con Logan qui.”
“Non
è detto che starò per tutta la vita con lui.” Rispose lei seria. Lo amava
certo, ma non si può mai sapere cosa potrà riservare il futuro.
“Non
vedo l’ora di andarmene da questa città piena di dementi.”
“Ehy,
sarei anche io un demente?” domandò il ragazzo chinando il capo su di lei,
baciandole la fronte.
“Beh…”
ci pensò un po’ su. “Direi proprio di sì!” gli sorrise “Però sei un
demente adorabile.” Gli cinse le spalle e unì la sua bocca con le labbra di
lui.
“Accetta
la proposta di tuo padre, così potremo stare per sempre insieme. Lo so che tu
pensi che forse non sarà così ma io ne sono sicuro. Sono sicuro che noi ci
ameremo fino alla morte, e se accettassi la proposta che ti ha fatto Keith…
non dovremmo separarci nuovamente.”
Aprì
gli occhi, e sospirò, ora dovevano tormentarla anche in sogno… avrebbe
accettato o no? Cosa avrebbe dovuto fare? Il giorno dopo avrebbe avuto un
colloquio, doveva decidere in fretta.
Si
riaddormentò pochi minuti dopo per colpa della stanchezza che aveva accumulato
in soli due giorni, al mattino però avrebbe deciso e se fosse stata ancora
indecisa avrebbe lanciato in aria una monetina che avrebbe scelto per lei.
Il
padre aprì la porta della sua camera, il sole era già alto in cielo e sarebbe
dovuta partire per andare al colloquio di lavoro, non poteva dormire ancora un
po’.
“Sveglia
figlia pigra! Ti sei dimenticata che hai un colloquio oggi?”
“Uffa…”
si alzò lentamente dal letto e si stiracchiò le braccia.
“Kendall?”
domandò il ragazzo aprendo la porta e trovandola davanti. “Ma lo sai che sono
solo le sei? Che ci fai qui?”
“Sai…
sono scomparsa per cinque anni, anzi quattro e mezzo, e tu non hai mai tentato
di cercarmi. Bravo così si fa.” Rispose entrando tenendo la mano di un
bambino di quasi quattro anni.
Logan
la guardò avanzare, era sempre una donna splendida anche se gli anni
avanzavano.
La
donna prese in braccio il bambino e lo fece sedere sul divano “Fai il
bravo…” gli sussurrò per poi voltarsi verso Logan.
“Quale
cattivo vento ti porta Kendall?”
“Non
si dice qual buon vento ti porta?” Ancora non aveva chiesto niente sul
bambino, ma lo guardava, aveva i capelli scuri ed il mento era molto simile a
quello del padre. “Hai notato una certa somiglianza eh?! Lui è Brian, tuo
fratello!” spiegò lei con un sorriso beffardo in volto.
“Il
mio che?” era un po’ scioccato per quella notizia, aveva un fratello da
quando? E perché non ne sapeva niente?
“Il
tuo piccolo fratellino! Il quindici marzo compirà quattro anni. Quando tuo
padre uscì di prigione io e lui abbiamo passato una notte di fuoco… e… sono
rimasta incinta!”
“E
perché spunti fuori adesso?” chiese Logan ancora davanti alla sua porta.
“Perché
ho pensato che fosse giusto così…” fecero tutti e due una lunga pausa
“Ok… ho finito i soldi! Avevo otto milioni di dollari e li ho finiti tutti,
quindi ne vorrei chiedere un po’ a te. So che hai cominciato a fare l’attore
e ne hai molti, io non posso più mantenere economicamente Brian.” Continuò
lei seria.
“E
a me? Sinceramente, non me ne frega niente del figlio di un assassino e di una
puttana.” Nelle sue parole c’era durezza, non voleva mantenere lui il figlio
di suo padre, avuto dopo essere stato scagionato da tutte le accuse, dopo averla
passata liscia per l’omicidio di Lilly, della sua ragazza. Non poteva e non
l’avrebbe fatto.
Kendall
guardò per terra un po’ perplessa “Grazie Logan! Vedo che per la famiglia
faresti di tutto!” prese nuovamente in braccio il suo bambino e uscì da
quell’appartamento.
“Mangia
tutto… fra poco dovrai partire.” Keith Mars posò sul piatto della figlia
del bacon appena cotto.
“Accetto.”
Sussurrò ancora non sicura di ciò che stava facendo. Lei odiava Neptune,
allora perché non riusciva ad andarsene?
“Cosa
scusa?” chiese il padre non avendo capito bene ciò che la figlia le stesse
dicendo.
“Accetto,
lavorerò qui con te. Come socia.” Disse questa volta con un tono di voce più
alto, per farsi sentire.
Fine
undicesimo capitolo
|
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Capitolo 12 *** Escape ***
Escape
Camminava a passo svelto per quei corridoi con il bambino
in braccio, Logan le aveva negato un aiuto economico, poteva anche andare al
diavolo.
Vivevano in un motel pieno di scarafaggi, senza
televisione, non c’era niente; la sua vita così era inutile, odiava quel
bambino eppure aveva voluto portare avanti la gravidanza per capire cosa volesse
dire essere madre ma lei non era portata per esserlo, se fosse stato possibile
l’avrebbe ucciso.
Incrociò lo sguardo di una donna dai capelli rossi, la
guardò seria cercando di ricordare dove l’avesse già vista. Si fermò al
centro del corridoio a pochi passi da lei “Tu non eri la donna di Logan?”
domandò guardandola dritta negli occhi.
“Sì… ti cercavo Trina.” Rispose lei sorridendole.
“Perché?”
“Per mio figlio.”
“Non mi dirai che è il figlio di Logan vero?” incrociò
le mani al petto, non poteva credere che fosse il figlio di Logan, non doveva
avere un figlio, era ancora troppo giovane.
“Oh… molto meglio. E’ il figlio di Aaron.” Il suo
sorriso si fece sempre più accentuato sul suo viso, Trina sgranò gli occhi e
fece un passo indietro. “Non ho più i soldi per mantenerlo allora vorrei
chiederli a te visto che è il tuo… fratellino.”
La donna davanti a Kendall deglutì guardò scioccata lei e
il bambino, avanzò lentamente di qualche passo e accarezzò i capelli di Brian.
“Ciao piccolo…” disse sorridendogli. “Non so se te
li potrò dare per sempre, per ora se tu vorrai manterrò tuo figlio per un anno
con duemila dollari al mese.” Disse seria, non se la sentiva di abbandonare
quel povero bambino nelle mani di una madre senza scrupoli come Kendall, doveva
fare qualcosa per lui.
“Grazie mille…” posò il bambino a terra che si
nascose dietro la madre, era molto timido e ancora non aveva mai aperto la
bocca. La donna mora tirò fuori dalla borsa un foglio piegato in tre. “Questo
è il mio ultimo estratto conto.” Glielo passò, Trina lo osservò erano
davvero al verde.
Sentì il telefono suonare così andò a rispondere,
dall’altro capo del telefono un ragazzo chiedeva di sua figlia, chiedeva di
farla correre da lui.
“Te la passo.” Keith chiamò Veronica che velocemente
raggiunse il padre chiedendo cosa volesse; lui gli porse il telefono andando nel
suo ufficio dove Veronica c’era stata fino a poco prima per esaminare un caso
al quale lui non era riuscito a trovare risposta.
L’uomo guardò i suoi appunti presi cercando informazioni
in rete, stava arrivando alla soluzione, era più scaltra di quanto si potesse
pensare. In rosso sul foglio degli appunti ci aveva scritto “Colpevole.”
Colpevole di cosa? Probabilmente la figlia non era riuscita a scrivere tutta la
frase perché l’aveva chiamata.
Il computer era andato in standbye, Keith mosse leggermente
il mouse e nel monitor del computer vide una pagina che non gli piacque.
“Kendall?” sentì domandare dalla figlia dall’altra
stanza. Era tornata? Voleva stravolgere tutto di nuovo? Per colpa sua non era
partito con la figlia per andare a New York, cinque anni prima o poco più. Lei
gli aveva offerto un milione di dollari se avesse occultato delle prove, e così
fece, almeno aveva potuto pagare l’università per Veronica. Se non avesse
ricevuto quei soldi probabilmente la figlia non sarebbe potuta andare
all’università, visto e considerando che aveva saltato un esame importante
per l’esame di studio per recarsi velocemente al tribunale dove stavano per
comunicare il verdetto della giuria per l’accusa contro Aaron Echolls.
“Ok arrivo subito.” Chiuse il telefono e corse
nell’ufficio del padre, anzi nello studio che d’ora in avanti avrebbe dovuto
condividere con il padre essendo diventata sua socia in affari.
“Vai da Logan?” domandò Keith porgendole le chiavi
della sua auto, ancora non aveva comprato l’automobile nuova ma non vedeva
l’ora che lo facesse.
“Sì…” rispose prendendo le chiavi “Un po’ perché
voglio vederlo ed un po’ perché… mi vuole parlare di Kendall, non so perché
ma ha un brutto presentimento.” Diede un bacio al padre e quando stava sulla
porta, pronta per uscire si fermò “Ah… per quel caso… la moglie gli mette
le corna. Non serve indagare, guardala come va in giro. Si capisce subito.
Comunque se non ti fidi delle mie supposizioni… beh… pedinala!” uscì, salì
in macchina e partì per casa di Logan.
“Potresti darmeli tutti assieme?” domandò la giovane
madre seria. “Ho alcuni debiti da saldare…”
“Vorresti ventiquattromila dollari tutti insieme?”
Trina si guardò le scarpe. “Certo… d’accordo…” tirò fuori dalla
borsa il suo blocchetto degli assegni e ne compilò uno. “Ecco…” glielo
porse.
Kendall accarezzò i capelli mori del suo bambino e sorrise
alla zia “Grazie, vado a ritirarli e torno, potresti guardarmelo tu?”
“Sì… Aspetta ti lascio il mio numero di cellulare, tu
potresti fare lo stesso se mi dovesse servire per chiederti qualcosa.” La
bloccò per un braccio mentre stava per andarsene.
“Ok…” tirò fuori il cellulare e si segnò il suo
numero, per poi darle il suo. “Brian… fa il bravo con zia Trina ok?”
sorrise al bambino.
“Ok Kendall.” Le diede un bacio, Trina guardò
stranamente il bambino, sua madre, la chiamava Kendall e non mamma? Perché?
La donna sculettando uscì da quel palazzo ed andò alla
sua banca, ritirò i soldi e salì nella sua auto, partì, ma non tornò
indietro, non tornò da Trina, anzi prese l’autostrada.
“Me
ne andrò… me ne andrò via da qui. Non mi importa niente di quel moccioso, può
anche morire per me.” Guardò dallo specchietto retrovisore, sul sedile
affianco al suo, dentro la sua borsa, una busta da lettere conteneva
ventiquattromila dollari. Sorrise tra sé e sé, prese il cellulare e cercò un
numero nella rubrica.
“Ciao Trina.” Disse con la sua solita voce da arpia.
“Ciao, è successo qualcosa? Non ti accettano
l’assegno?” domandò ingenuamente la donna dall’altro capo del telefono.
“No… tutto apposto. Ti ringrazio per i soldi, mi
raccomando prenditi cura di Brian.” Senza attendere risposta chiuse la
chiamata e continuò ad avanzare in quell’autrostrada che l’avrebbe portata
lontana da lì.
Trina guardò il telefono terrorizzata, provava a
richiamare quella madre snaturata ma ogni volta partiva la segreteria
telefonica, non sapeva cosa fare, cosa avrebbe dovuto fare? Si era fatta
fregare! Era stata truffata da quel bambino di quasi quattro anni, non avrebbe
mai creduto che la madre l’avesse potuto abbandonare dopo aver accettato un
assegno da ventiquattromila dollari.
Si avvicinò al bambino “Ehy Brian, quando sei nato?”
“Il 15 marzo.” Rispose titubante “Kendall non tornerà
più vero?” A quella domanda la rossa non sapeva cosa rispondere, non tornerà
più? Se lo stava chiedendo anche lei in quel momento…e si diede subito la
risposta, non tornerà, ma non poteva certo dirglielo in quel modo, gli sorrise
e gli posò la bocca su una guancia.
“La zia va un attimo in bagno, torno subito.” Sorrise
nuovamente al bambino che annuì con il capo.
Stavano parlando di Kendall, del bambino che aveva, del
padre Aaron che era stato ucciso da un killer, guardava le sue labbra muoversi,
pronunciare parole che uscivano dalle sue corde vocali. Veronica si morse un
labbro, stava parlando di una cosa seria, eppure aveva una gran voglia di
baciarlo, i suoi pensieri su quanto fosse sensuale il movimento delle sue labbra
si interruppero quando il telefono cominciò a suonare.
Logan si alzò dal divano in cui erano seduti e mise il
vivavoce.
“Logan… sono Trina!” sentì la voce della sorellastra
molto, troppo preoccupata.
“Che succede?” domandò il ragazzo ascoltando
attentamente il silenzio che sentì poco dopo la sua domanda.
“Io… non so cosa fare! Kendall, la tua ex… è venuta
qua con un figlio! Ha detto che è figlio di nostro padre.” Spiegò lei
mettendosi una mano tra i capelli.
“Sì lo so… è venuta qui chiedendomi dei soldi.”
“Glieli hai dati?”
“Assolutamente no.”
“Beh… io sì! Ventiquattromila dollari ed è scappata
lasciandomi suo figlio!! Lo so che è scappata perché… mi ha chiamato mentre
era in viaggio raccomandandomi di crescere bene Brian! Cosa devo fare?” stava
quasi per piangere, si sentiva così impotente.
“Sempre la solita… ti fai truffare in una maniera
impressionante. Vieni qui con il bambino.” Rispose lui sospirando.
“Grazie Logan ti adoro.” Il ragazzo chiuse la chiamata
e si sedette nuovamente vicino alla sua ragazza.
“Se non fosse tua sorella sarei gelosa.” Disse
ironicamente Veronica. “Ad ogni modo, dobbiamo rintracciare Kendall. Non può
abbandonare così suo figlio.”
“Concordo. Ma… non dobbiamo aspettare ventiquattro ore
prima di poter denunciare la sua scomparsa?”
“Beh… vedrò cosa posso fare. Semmai mi arruffiano un
po’ Lamb!” sorrise accarezzandogli i capelli come se fosse stato il suo
cagnolino.
“Ora dovrei essere io quello geloso.” Ammise serio
incrociando le braccia al petto.
“Su su… non preoccuparti.” Si alzò dal divano e si
avviò verso la sua borsa da dove tirò fuori il cellulare, chiamò la stazione
di polizia dove rispose un agente amministrativo.
“911?” si sentì dire.
“Salve… sono Veronica Mars, cerco lo sceriffo, me lo può
passare?” domandò come se non avesse riconosciuto la persona dall’altro
capo del telefono, ormai li conosceva tutti, uno ad uno.
“Ciao Veronica! Che piacere sentirti, te lo passo
subito.” Digitò un tasto del telefono e mise Veronica in linea ad ascoltare
una di quelle solite musichette rompi palle.
“Pronto?” fortuna che l’attesa era stata breve se no
sarebbe potuta andare direttamente alla stazione di polizia per cambiarla
personalmente per poi rimanere in linea.
“Oh… Lamb… com’è sexy la tua voce.” Scherzò lei
sotto sguardi maligni di Logan, quello sceriffo non gli piaceva. Si vedeva
lontano un miglio che era attratto dalla sua ragazza.
“Non scherzare Veronica. Dimmi quello che devi dirmi e
vedrò cosa posso fare. Non ho tempo da perdere.” La rimproverò l’uomo in
divisa seduto sulla sua scrivania a mangiarsi dei biscotti preparatagli da una
vecchia donna per averle ritrovato il gatto. Già, il gatto. Ormai, dopo
l’arresto di Alex e David non avevano molto da fare, che Neptune sia diventata
una città tranquilla?
“Ecco… Kendall ha abbandonato suo figlio Brian a Trina,
la sorella di Logan. Kendall era andata da lei per chiederle dei soldi per
mantenere il figlio, Trina le ha dato ventiquattromila dollari, Kendall è
andata a ritirarli ed è scappata via. Non possiamo aspettare ventiquattro ore
per cercarla, potrebbe essere dappertutto.” Spiegò lei senza prendere fiato.
“Quindi? Come sai che è scappata?”
“Ha chiamato Trina.”
“Scema la ragazza… ok Veronica, mi fido di te… la
cercheremo.” Lo sceriffo sospirò “Ora ti saluto…” tanto non aveva di
meglio da fare, cercare Kendall o trovare gatti scomparsi? Assolutamente meglio
la prima opzione. Interruppe la comunicazione ed uscì dal suo ufficio
raccontando a tutti la situazione.
Fine
dodicesimo capitolo
Nota
dell’autrice: Quando ho raccontato il passato di Keith, cosa c’era
dentro la valigetta di Kendall non è uno SPOILER, perché io non ho letto alcun
tipo di spoiler sulla terza stagione, quindi tutto quello che avete letto è
solamente frutto della mia immaginazione.
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Capitolo 13 *** Street incident ***
N.d.A.:
Piccola nota sulla pubblicazione dei capitoli.
Questa
sarà l'ultima volta che posto di domenica, perchè d'ora in avanti i capitoli
li posterò solo di mercoldì!
Buona
Lettura e grazie per tutti i bellissimi commenti che mi lasciate :)
Street
incident
Passarono
diversi giorni, la polizia ancora cercava Kendall Casablancas, sembrava avesse
lasciato il paese, la nazione, il continente, forse con i ventiquattromila
dollari era andata in Europa. Chissà.
Trina
aveva lasciato Brian da Logan, aveva accettato di far parte di un altro reality,
l’avrebbe tenuto lui fin quando la sorella non fosse stata eliminata, cosa
che, secondo lui, sarebbe accaduta molto presto.
“Allora
Brian… cosa vuoi fare?” domandò Logan guardando il bambino un po’ troppo
calmo per la sua età.
“Se
vuoi Logan… posso stare anche solo seduto qui ad aspettare il pranzo.”
Rispose lui senza esitazione, era troppo strano per essere un bambino, forse
Kendall l’aveva per caso picchiato?
“Brian,
chiamami zio. Ti manca la mamma?”
Veronica
in quell’istante entrò in casa “Ciao…” salutò. Il bambino scese dal
divano e corse incontro alla ragazza
“Ciao
zia!” esclamò lui abbracciandola. Brian era innamorato di Veronica, con lei
lui sembrava fosse veramente un bambino.
“Ciao
ometto! Allora cosa stavate facendo?” chiese lei accarezzandogli la testa.
“Logan
mi ha chiesto se mi manca Kendall. A me Kendall invece non mi manca, era una
strega! Io ho visto i cartoni con le streghe cattive e lei era una di quelle.”
Rispose lui ingenuamente.
“Dai…
Kendall non è una strega cattiva…” Veronica non sapeva cosa dire, di certo
non era una strega; più che altro era un’opportunista di prima categoria.
“Sì
invece!! Mi ha sempre detto che devo fare tutto quello che dice perché lei è
mia madre!”
“Ora
Kendall non c’è più. Per cui non devi più fare quello che ti dice.”
“Ok…”
disse annuendo anche con la testa.
“
guarda cosa ti ho portato.” Da dentro la borsa prese un pacco regalo e lo
appoggiò per terra “Perché non lo apri?”
Brian
cominciò a rompere tutta la carta intorno per poi riuscire ad intravedere una
scatola con sopra una figura. “Un computer… che bello mi hai regalato un
computer portatile come il tuo!!! Grazie zia!!!” il bambino scattò in piedi e
l’abbracciò nuovamente.
“Eh
sì… così tutti e due giocheremo con il computer.” Sorrise a Brian. Il
bambino aprì la scatola e lo accese, l’immagine iniziale era un gattino che
si muoveva. Il computer giocattolo aveva 16 bit di colori e c’erano molti
giochi per imparare bene a scrivere, aveva una tastiera nera molto simile a
quella dei computer portatili, serviva per insegnare a scrivere a macchina,
perché ormai nel futuro si lavorerà solo con i terminali.
“Zia…
è bellissimo!!!” esclamò il ragazzino indicando lo schermo “Questo gioco
è divertentissimo!!”
“Sono
felicissima che ti piaccia.” Rispose accorgendosi che il suo cellulare
suonava. “Scusa piccolo vado un attimo di là con zio, torniamo subito.”
Spiegò guardando sullo schermo chi la stesse chiamando. Prese il braccio di
Logan e lo portò al piano superiore.
“Pronto?”
parlò appoggiando il telefono all’orecchio.
“Abbiamo
trovato Kendall… ma… dove sei?” domandò lo sceriffo serio, troppo serio
per i suoi gusti.
“A…
a casa di Logan, perché?”
“Vengo
a prenderti, vi porto in un posto.”
“Ah…
no aspetta il figlio di Kendall dove lo lasciamo? Lo porto da mio padre. Vienici
a prendere lì!” chiuse la chiamata.
“Che
ti ha detto?” domandò Logan, si sentiva inutile, aveva a casa il figlio della
donna che un tempo si portava a letto.
“Hanno
trovato Kendall, portiamo Brian da mio padre e Lamb ci verrà a prendere li.”
Scesero tutti e due al piano inferiore.
Logan
si avvicinò al suo fratellastro “Ehy… ti portiamo dal papà di Veronica.”
“Perché?”
“Perché…
io e la zia dobbiamo andare in un posto ed i bambini non possono venire.”
Spiegò lui sorridendogli.
“Va
bene! E’ simpatico tuo padre zia?” chiese lui prendendo la mano di Logan ed
uscendo dall’appartamento.
Veronica
chiuse il computer giocattolo, lo prese in mano e raggiunse i due ragazzi
“E’ simpaticissimo, vedrai che ti troverai davvero bene con lui.”
Keith
aprì la porta di casa sua “Ciao Lamb…” lo salutò facendolo entrare.
“Ciao.
Veronica è arrivata?” domandò lui togliendosi gli occhiali da sole.
“Sì…
eccomi. Andiamo Logan.” Esclamò raggiungendo Lamb con passo deciso. “Brian
fai il bravo eh?! Appena ho fatto ti veniamo a prendere!”
“Va
bene zia!! Ciao!!” salutò con la mano per poi tirare la maglia al signor Mars.
“Vecchietto giochiamo con il computer che mi ha regalato zia?” domandò poi.
“Non
sono un vecchietto io!” affermò l’uomo.
“Però
non hai i capelli!!” ingenuamente il bambino lo stava prendendo in giro.
Veronica e Logan cominciarono a ridere e anche lo sceriffo tratteneva a stento
le risate.
“Andiamo
va’…” disse l’uomo in divisa uscendo di casa.
Stavano
nell’auto dello sceriffo in silenzio, Veronica aveva provato a chiedere cosa
fosse successo ma Lamb non rispose e continuò a guidare senza mai distogliere
lo sguardo dalla strada.
Parcheggiò
l’auto, i tre ragazzi scesero. “Ma questo è…” disse la giovane donna
interrompendosi.
“L’obitorio.”
Continuò il capo della polizia.
“E
cosa c’entra con Kendall? Non mi dirai che…” Logan aveva posto
ingenuamente quella domanda, Lamb aveva detto loro di aver trovato la donna
scomparsa e se li aveva portati lì una motivazione c’era. Una motivazione che
si poteva capire all’istante.
Entrarono
in quell’edificio, le luci sembravano quasi al limite, lì dentro c’era
un’atmosfera tetra, forse perché in quel luogo dormivano cadaveri in procinto
di essere spostati al cimitero?
“Salve
sceriffo…” lo salutò il medico che faceva le autopsie ai corpi per capire
di che cosa fossero morti se quest’ultima era ancora un mistero.
“Salve
Carl. Venite voi altri.” Disse Lamb aprendo la porta. C’erano diversi tavoli
di acciaio sparsi qui e là per la stanza, lì sopra c’erano finite molte
persone. Un brivido percorse la schiena di Veronica. Quel luogo la infastidiva.
In quel posto ci era passata Lilly, tutti i morti dello scuolabus e Felix, un
posto così lugubre avrebbe continuato a vivere finchè non si fosse scoperto
una pozione magica in grado di far diventare immortali, cosa che non succederà
mai.
Su
uno di quei “letti” freddi un corpo era coperto da un lenzuolo bianco, Lamb
vi si avvicino e ne scoprì il corpo.
Kendall
riposava lì, ormai senza vita con diverse ferite in corpo e in volto. Il bacino
si era rotto contro un qualcosa.
“Com’è
successo?” domandò Logan toccando la fronte di lei sentendola fredda, non era
troppo triste per la sua morte, più che altro ringraziava il cielo che il
bambino non fosse stato con lei, visto che probabilmente chiunque o qualunque
cosa l’abbia uccisa avrebbe ucciso anche Brian, ed un bambino non merita una
morte di questo genere alla sua età.
“Incidente
stradale. Era in autostrada quando un camion ha perso il controllo e le è
andata addosso mandandola fuori strada. La sua auto ha carambolato. È morta sul
colpo.” Spiegò lo sceriffo.
“Non
potevi dircelo per telefono invece di portarci in un luogo così lugubre?”
chiese Veronica con la pelle d’oca.
“Abbiamo
sequestrato il camion e… non si sa perché abbia perso il controllo, il tir è
apposto non ha niente che non va.” Continuò a chiarire.
“Quindi
secondo te l’autista del camion l’ha voluta uccidere?”
“Forse,
si sa che Kendall non è mai stata amata. Ma non abbiamo le prove per incolparlo
d’omicidio.” Con lei parlava del caso che stava seguendo, lo sapeva che non
doveva farlo, eppure lo faceva. Lei l’avrebbe aiutato, avrebbe potuto passare
più tempo con Veronica Mars e quest’idea non gli dispiaceva affatto. Sapeva
che sbagliava raccontandole tutte sul problema, che doveva rimanere tutto
all’interno della polizia; ma lei era come se ne facesse parte da sempre.
Fine
tredicesimo capitolo
|
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Capitolo 14 *** The truck driver disappeared ***
The truck driver disappeared
Sudava
troppo per non sapere cosa fosse successo in realtà. Tremava come una foglia,
era nervoso, balbettava e diceva di non essere lui il colpevole, che non aveva
fatto assolutamente apposta a perdere il controllo del camion.
“Dicci
la verità, lo sai che tanto la scopriremo e tu finirai dentro per omicidio!”
disse l’interrogatore con fare minaccioso.
“V-vi
giuro… i-io non ho f-fatto niente!” mentre diceva quest’ultime parole
cominciò a versare lacrime che andarono a sbattere contro il tavolo di acciaio
della stanza degli interrogatori.
Erano
passati già tre giorni da quando avevano visto il cadavere di Kendall, anzi di
Priscilla. Lei aveva preso l’identità di una sua amica morta di incidente
stradale ed ora anche lei aveva fatto la stessa fine della vera Kendall.
Brian
spesso chiedeva se avessero trovato la madre, così non avrebbe più dovuto
essere un peso per la giovane coppia, ma lui non era un peso, più che altro non
sapevano come poter dire a quel povero bambino che sua madre se ne era andata.
Non
sapeva come potessero fare, dove l’avrebbero dovuto mandare? In un
orfanotrofio? Non era una giusta soluzione, almeno secondo Veronica. Non poteva
spedire un bambino in un posto tanto brutto. Oppure avrebbe dovuto vivere con i
genitori della madre.
Il
giorno dopo sarebbe venuta un’assistente sociale per parlare con Brian, per
cui dovevano sbrigarsi a parlargli dell’incidente che aveva avuto la madre.
Il
piccolo giocava con il computer che gli era stato regalato dalla giovane
detective, lei gli accarezzò i capelli e gli sorrise “Dobbiamo parlarti di
una cosa importante.” Disse lei, il ragazzino si alzò in piedi e la seguì
fino al tavolo della cucina. Si sedettero, Logan guardava il tavolo di legno di
noce, non aveva il coraggio per parlargliene ma essendo il suo fratellastro non
poteva fare altrimenti.
“Di
cosa dovete parlarmi?” domandò il bambino slanciando le gambe avanti e
indietro.
“Di
tua mamma.” Disse Logan facendosi coraggio.
“Non
mi vuole più? Lei non mi ha mai voluto!” esclamò il piccolo guardando basso.
“No
piccolo… purtroppo la tua mamma non c’è più!” spiegò il ragazzo
sperando che Brian potesse capire, anche se aveva solo quasi quattro anni era
molto intelligente per la sua età, probabilmente per colpa della madre che non
ha mai fatto niente o quasi per lui.
“Ah…
e mio padre? Mi potrebbe prendere lui!” Kendall non gli aveva detto niente del
padre, beh certo, era ancora troppo piccolo per capire, forse gli ha solamente
detto che è andato lontano.
“Cosa
sai di tuo padre?” domandò Veronica prendendogli una mano tra la sua.
“Che
è un attore famoso! E mi ha fatto pure vedere la foto. Non mi può prendere
lui?” non gli aveva detto che era morto. Nemmeno lei l’avrebbe fatto, a
quell’età, non avrebbe mai potuto dire ad un figlio che il padre era morto.
“Tuo
papà… è con la mamma.” Spiegò Logan nuovamente guardando il piccolo negli
occhi.
“Ah…
ma Kendall era anche tua madre?”
“No…
mia madre è con mio padre e con la tua…” rispose lui, certo che la vita era
difficile, tutte queste morti non portano a niente di buono. Brian dovrà
crescere senza genitori, Logan ha passato un anno d’inferno quando la madre
era sparita. La vita molto spesso è ingiusta ma non possiamo fare niente per
cancellare il destino, ognuno di noi ne ha uno che si mette in atto dalle nostre
scelte.
Se
Kendall non avesse deciso di truffare Trina e di lasciarle Brian forse non
sarebbe morta scappando da Neptune.
“Quindi
vado in un orfanotrofio ora?”
“No!!
Assolutamente no! Forse andrai a vivere con il padre di Kendall.” Anche Keith
sarebbe venuto all’appuntamento con quella donna. Li avrebbe aiutati a
prendere la decisione più consona.
“Secondo
me il camionista l’ha fatto apposta!” esclamò Lamb sedendosi sulla sua
poltrona di pelle nel suo ufficio. “Accidenti… come possiamo incastrarlo?”
si domandò guardando fuori dalla finestra.
“Sceriffo…”
un agente entrò di corsa dentro la stanza.
“Che
c’è?” chiese lo sceriffo togliendo le gambe dalla sua scrivania.
“Jhonatan
Wood, il camionista, è scomparso. Ha preso il suo camion e se n’è andato!”
spiegò agitato l’uomo.
“Imbecilli!!
Voi non lo dovevate controllare?” Lamb scattò in piedi ed avanzò di qualche
passo.
“Sì…
ma… non ci siamo accorti!” cercò di spiegare lui.
“Non
vi siete accorti che un mezzo di viaggio gigantesco è andato via? Siete dei
cretini patentati!” urlò lui sbattendo un piede a terra furiosamente.
“Avete la targa!! Invece di stare qui a non fare niente andate a cercare
quell’assassino!!” continuò poi indicando la porta.
“Sì…
Sceriffo!” rispose uscendo di corsa dalla stazione di polizia con altri
colleghi per andare in cerca a quel camion rosso targato GS877RR.
Veronica
era tornata a casa lasciando Brian e Logan da soli, doveva vedere il padre,
doveva lavorare, ora come ora era socia della Mars Investigations e non poteva
certo abbandonarla, aveva un lavoro da svolgere, doveva risolvere metà dei casi
della sua agenzia di investigazione.
“Che
cosa intendi fare con Brian?” domandò Keith entrando nello studio dove
Veronica era andata per leggere qualche caso che poteva risolvere con estrema
facilità.
“Cosa
intendo fare io? Gli unici che possono decidere sono Logan e Trina! Brian è
loro fratello e loro dovranno decidere. Tina è stata eliminata dal reality che
stava facendo quindi domani ci sarà anche lei all’incontro con l’assistente
sociale.” Spiegò la ragazza guardando il padre negli occhi.
“Hai
ragione… domani a che ora arriva l’assistente sociale?” domandò il padre
prima di uscire dalla stanza.
“Alle
undici.” Rispose lei leggendo le sue cartelle.
Stavano
uscendo dall’obitorio, avevano appena visto Kendall sotto un lenzuolo bianco,
senza respiro, con gli occhi chiusi, più fredda di un cartello stradale in
inverno. Veronica prese la mano di Logan e gli sorrise. Lamb era dietro di loro.
“Prenderò
io in affidamento Brian.” Disse sottovoce incontrando gli occhi della sua
ragazza. Possibile che dovevano sempre superare delle difficoltà? Possibile che
la loro vita non potesse essere semplice come quella di qualunque altra persona?
“Supereremo
tutte le difficoltà insieme.” Rispose Veronica come se gli avesse letto nel
pensiero.
“Grazie.”
Quel grazie pronunciato tra le sue labbra le sembrò la parola più bella del
mondo, non aveva mai sentito in vita sua un grazie così sincero e puro.
Keith
Mars accese la tv per vedere il telegiornale, per conoscere i disastri che
stavano accadendo nel mondo.
“Incidente
sulla A207, un tir è uscito di strada. L’autista del camion è stato portato
d’urgenza all’ospedale più vicino in condizioni gravissime, la polizia è
già sul posto per effettuare tutti gli accertamenti. Vediamo il servizio.”
“Veronica…
vieni qui!! Corri!” urlò il padre.
“Che
succede?” domandò raggiungendolo.
“Guarda…”
Veronica cominciò ad osservare le immagini sullo schermo della televisione
ancora il reporter non aveva cominciato a parlare, stavano solo mandando in onda
immagini del camion che era finito fuori strada.
“Buongiorno,
l’autista del camion, Johnatan Wood è stato ricoverato d’urgenza
all’ospedale di Neptune. Probabilmente il tir era stato manomesso.”
Veronica
non capiva se l’autista di fosse suicidato per non finire dentro, oppure
qualcuno gli aveva ordinato di uccidere Kendall, ma perché? Perché farlo
fuori? Forse avevano paura che potesse spifferare di essere stato costretto a
farla uscire fuori strada? Non capiva, e gli indizi che aveva non avevano senso.
Un camionista perde il controllo del camion e finisce contro l’auto di Kendall
poi perde nuovamente il controllo quattro giorni dopo l’incidente e rimane in
fin di vita anche lui. Se l’avessero costretto ad ucciderla, come sapevano che
Kendall sarebbe passata per quell’autostrada, quel giorno e come potevano
sapere che si sarebbe affiancata a quel camion per superarlo? Non capiva, eppure
un senso logico lo doveva trovare. Se il tir fosse stato davvero manomesso
allora avevano davvero costretto Johnatan ad ucciderla. No, tutta questa storia
non tornava. Non aveva senso.
Fine
quattordicesimo capitolo
|
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Capitolo 15 *** Appointment with the social worker ***
Nuova pagina 1
NdA:
Ci sono due recensioni nel quale mi chiedevano se potevo postare due
capitoli il mercoldì visto che non posto più di domenica.
Io
non posso postare due capitoli. Ho deciso di eliminare la domenica come giorno
di aggiornamento perchè la storia è in un momento di stallo. Non ho tempo di
portare avanti la scrittura.
Non
voglio arrivare all'ultimo capitolo scritto e farvi aspettare mesi prima di
poterne leggere un altro, per cui posterò solo il mercoldi, un capitolo.
Prego
di non chiedermi più di postare due capitoli il mercoldì o cose simili perchè
non le farei.
Appointment with the social worker
Johnatan
Wood era ricoverato al reparto di terapia intensiva, era in coma ma c’erano
molte possibilità di ripresa.
“Veronica
dai… sta ferma per almeno cinque minuti!” disse Logan correndole dietro
esasperato.
“No!
Non mi fermo! Domani mattina viene l’assistente sociale! Se viene e trova
tutto questo casino non ti affiderà
mai Brian
!” spiegò passando uno straccio umido per pulire il tavolo della sala da
pranzo.
“Zia…
ma non preoccuparti…” le disse il bambino prendendola per la manica della
sua maglia.
Veronica
lo guardò ed appoggiò lo straccio con il quale continuava a pulire. “Che
c’è?” chiese la ragazza.
“Niente…
e che non so, non voglio che domani viene l’assistente sociale!!!”
Gli
sorrise “Non mangia mica!”
“Io
voglio stare con Logan, o con Trina… anche se mi sembra un po’ stupida!”
“Intelligente
il piccoletto!” esclamò Logan tra una risata e l’altra per ciò che aveva
detto su sua sorella “Non per niente è mio fratello!”
Veronica
prese in mano l’aspirapolvere e lo attaccò alla presa elettrica “Oddio…
continua?” si domandò l’uomo di casa.
“Questa
casa è un porcile! Devo pulire!” rispose lei accendendolo.
Il
fatidico giorno era arrivato, Keith Mars era arrivato molto in anticipo e si era
subito messo a giocare con il bambino; anche lui, del resto come tutti, si era
affezionato a Brian, quel piccolo ragazzino tanto sfortunato.
Qualcuno
suonò alla porta, probabilmente Trina che era finalmente arrivata. Logan aprì
la porta “Ciao…”
“Ciao!
Scusate il ritardo!” La rossa entrò in casa sorridente come suo solito.
“Ciao Veronica!”
“Ciao
Trina!” La giovane detective si alzò in piedi per prendersi un bicchiere
d’acqua, era nervosa. Stava attendendo con ansia l’arrivo dell’assistente
sociale, mancava ormai poco. Veronica e Keith non sarebbero dovuti essere lì,
alla fine non facevano parte della famiglia, però non volevano mancare a
quell’appuntamento che avrebbe segnato la vita di Brian.
“Ma…
l’assistente sociale cosa dovrebbe venire a fare?” domandò ingenuamente la
rossa.
“Beh…
l’affidamento di Brian.” Rispose Logan raggiungendo la sua ragazza ed
abbracciandola da dietro. Possibile che la loro vita non potesse essere normale?
Ormai se lo chiedeva quasi tutti i giorni, non era normale, non vivevano
spensierati, certo nessuno vive giorno per giorno spensieratamente come in un
film, però un momento di calma non avrebbero mai potuto averlo?
“Ma
perché? Non ce lo affidano a noi?” chiese Trina.
“Potrebbe
benissimo venire affidato al padre di Kendall. Voi e lui avete assolutamente gli
stessi diritti, io ho cercato di contattarlo ma il numero di casa del nonno di
Brian dice essere inesistente.” Spiegò Veronica portandosi in un altro
bicchiere d’acqua alla bocca.
Erano
seduti intorno al tavolino, l’assistente sociale era appena arrivata. Logan le
offrì un caffè che accettò volentieri.
“Salve.
Sono Emily Bulter.” Si presentò mettendosi sulle gambe la sua ventiquattrore
aprendola e tirando fuori un fascicolo. Lo aprì e cominciò a leggerne il
contenuto. “Allora, sono qui per discutere dell’affidamento di Brian Echolls.”
La madre gli aveva lasciato il cognome del padre. “La famiglia Echolls è
formata da Trina Echolls e Logan Echolls figli di Aaron e Lynn Echolls deceduti
tutti e due. Giusto?”
Prese
la parola Trina “Sì, è esatto, non so quanto possa essere utile ma io sono
stata adottata.”
“Non
è rilevante, sei comunque una Echolls. Da parte della famiglia di Kendall
invece c’è il padre di lei. Avete assolutamente gli stessi diritti, ognuno di
voi potrebbe prendere in affidamento il bambino. Dovreste parlarne davanti ad un
notaio.” L’assistente sociale era alquanto professionale, Veronica e Keith
stavano in silenzio ad ascoltarla, Brian si era ammutolito per non far brutta
figura.
“E…
come facciamo a contattare il padre di Kendall?” domandò Logan appoggiando la
tazza piena di caffè davanti all’assistente sociale.
“Beh,
vi farò sapere io, lo contatteremo.” Si portò la tazza alla bocca e sorseggiò
un po’ di quel liquido nero. “Per ora non credo ci sia nient’altro da
dire. Se potreste lasciarmi un recapito cellulare sarebbe meglio così se non vi
trovo a casa potrei sempre contattarvi lì. Vi chiamerò per dirvi quando avete
l’appuntamento dal notaio assieme al signor Banks.” Emily prese un biglietto
da visito e lo appoggiò sul tavolo “In ogni caso vi lascio anche il mio
biglietto da visita se doveste chiedermi qualunque informazione.”
“Grazie!”
esclamò il ragazzo scrivendo su di un foglio il suo recapito telefonico mobile.
Emily
Bulter si alzò dalla sedia continuando a sorseggiare il suo caffè “Bene…
arrivederci.” Disse raggiungendo la porta. Tutti i presenti la seguirono ma
prima di uscire dall’appartamento Keith la fermò “Ma se nessuno delle due
famiglie trovasse un accordo? Se tutti e due volessero l’affidamento di
Brian?” domandò.
“In
questo caso sarà il lo stato a decidere. Arrivederci.” Rispose lei, poco dopo
la porta si richiuse alle sue spalle.
Camminava
velocemente lungo quel corridoio, aveva saputo del suo risveglio per caso, come
al solito riusciva a far sbottonare Lamb facendogli dire tutto ciò che le
interessava; e così era successo. Aveva saputo del risveglio di Johnatan, della
sua ripresa.
Le
visite non erano ancora permesse, ma lei aveva lo sceriffo dalla sua parte.
Stranamente in quel periodo acconsentiva a tutto ciò che gli chiedeva;
probabilmente perché si sentiva ancora in colpa per non averle dato retta
sull’omicidio di Alice, per aver permesso a quei due assassini di rapirla, di
minacciarla di morte.
“Tu
mi aspetterai fuori?” domandò la giovane donna senza rallentare il passo.
“Sì,
tanto davanti alla polizia non si sbottona, ma credo che con la tua arte
seduttrice riuscirai a farlo cantare.” Rispose lui cadendo in note
sarcastiche.
“Wow!
Quanto sei spiritoso!” esclamò. Lo sceriffo la prese per un braccio, in
quell’istante Veronica ricordò il giorno in cui quell’uomo aveva tentato di
baciarla. Aveva rimosso quell’episodio dalla sua mente. “Che c’è
sceriffo?” domandò un po’ scossa per ciò che aveva appena ricordato.
“Siamo
arrivati, questa è la stanza di Johnatan Wood, la 204!” rispose lui
guardandola negli occhi.
“Ah…
ok… allora entro!” stava per aprire la porta quando Lamb la fermò
nuovamente.
“Prendi
questo… devi registrare ogni sua singola parola!” Veronica prese in mano il
registratore e lo mise in tasca.
Finalmente
entrò in quella camera ospedaliera, Johanatan aveva attacco al braccio sinistro
una flebo ed in quel momento si aiutava a respirare con l’ossigeno messo a
disposizione dall’ospedale.
“Ciao…
disturbo?” domando lei attirando su di sé l’attenzione dell’uomo, dopo
aver pronunciato quelle parole mise una mano in tasca e premette il tasto
“REC” del registratore.
“No…
entri pure… ma… lei chi è?” si tolse i tubi dal naso che lo aiutavano a
respirare e li appoggiò sul comodino chiudendo la valvola di accensione.
“Mi
chiamo Veronica Mars!” rispose sedendosi su una sedia situata vicino al letto.
“È
della polizia?”
“Oddio
cosa ha insinuato?” fece una piccola risata, era nervosa per il colloquio al
quale stava per dare inizio, dopo di che si ricompose “No, non sono della
polizia.”
Fine
quindicesimo capitolo
|
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Capitolo 16 *** Who has called? ***
Who has called?
“È
della polizia?”
“Oddio
cosa ha insinuato?” fece una piccola risata, era nervosa per il colloquio al
quale stava per dare inizio, dopo di che si ricompose “No, non sono della
polizia.”
“Allora
perché è venuta qui?”
“Dovrei
farle alcune domande sugli incidenti, sa il figlio di Kendall, la persona
rimasta uccisa nella colluttazione contro il suo camion, è stato affidato al
mio ragazzo. Perciò vorremmo saperne un po’ di più, tutto ciò che verrà
detto in questa sede non sarà assolutamente usato contro di lei, per cui, la
prego, accetta di rispondere ad alcune mie domande?” spiegò Veronica cercando
di essere più convincente possibile.
Johnatan
sospirò “D’accordo… sicura che niente di quello che dirò sarà usato
contro di me?” acconsentì con ancora qualche dubbio.
“Rimarrà
tutto tra queste quattro mura!” mentì lei sorridendogli.
“Quindi…
quella donna aveva un figlio.” Bisbigliò guardando le sue dita.
“Già…
un bambino di quasi quattro anni. Ad ogni modo mi spieghi cos’è
successo…”
“Beh…
un uomo mi ha chiamato e mi ha minacciato…” cominciò a raccontarle
titubante. Continuava ad osservare le sue dita, dalla sua espressione sembrava
sentirsi in colpa per aver mandato Kendall fuori strada, probabilmente stava
pensando a Brian, che è rimasto senza una madre.
“Che
genere di minaccia?” Veronica lo guardava negli occhi castani, ascoltava ogni
sua parola e guardava ogni sua singola mossa immagazzinandola nella sua mente.
“Mi
ha detto che se non avessi mandato fuori strada un’auto rossa targata AA624CC
avrebbe rapito ed ucciso mia figlia! Cos’altro avrei dovuto fare? Dovevo…
dovevo proteggere la mia Sarah!!” spiegò cominciando a piangere al sol
pensiero di ritrovare sua figlia morte.
Veronica
avrebbe voluto non proseguire, non avrebbe voluto farlo stare ancora male ma
doveva, doveva proseguire con le domande perché doveva e voleva scoprire la
verità. Chi aveva chiamato Johnatan? Perché voleva uccidere Kendall?
“Sa
per caso chi l’ha chiamata?”
“Se
l’avessi saputo, secondo lei, avrei fatto ciò che ho fatto?” Wood si asciugò
le lacrime e cominciò a grattarsi il polso, non aveva ferite percepibili
dall’occhio ma aveva sentito che aveva avuto un’emorragia interna che i
dottori, per fortuna, aveva assorbito. Se così non fosse stato questo caso
sarebbe rimasto per sempre irrisolto, e ancora adesso non si ha la certezza che
possa venire chiarito.
“Ed
il numero? Ce l’ha ancora?” Veronica si portò dietro ad un’orecchia una
ciocca di capelli che le era caduta davanti al viso ed attese con trepidazione
la risposta.
Da
quando era tornata dal college di poteva dire maturata? Come quando era al liceo
si cacciava sempre in qualche pasticcio, in qualche caso da risolvere e lei non
era c’era una ragazza che si tirava indietro. Doveva arrivare fino alla fine,
doveva capire chi fosse il colpevole. Rise tra sé e sé ad un ricordo banale,
al fatto in cui si trovava presso l’edicola della scuola, prese a casa un
giornale, quello con la copertina per lei più carina e di trovò davanti un
manga: fumetto giapponese che si intitolava “Detective Conan”, lei poteva
definirsi come quel bambino che risolve tutti quei difficili casi? In quel
momento pensò al perché di tutte quelle ricerche, perché voleva scoprire a
tutti i costi chi fosse l’assassino di Kendall? Chi fosse il vero colpevole?
Lei cosa ci guadagnava? Niente, e allora perché lo faceva? Non lo sapeva ma
voleva conoscere la verità, e niente gliel’avrebbe impedito.
“Il
cellulare… non so dove sia finito, forse si è rotto, oppure è andato
perduto, non lo so… ad ogni modo quando ho risposto non ho fatto caso al
numero, forse ha chiamato con numero privato… non so!” spiegò guardando
fuori dalla finestra “Ora la prego di farmi riposare!” concluse facendole un
cenno con la mano verso la porta della stanza.
“Grazie…
arrivederci!” La bionda si alzò ed uscì dalla camera ospedaliera, cercò con
lo guardo lo sceriffo ma non lo vide; dalla tasca tirò fuori il registratore e
fermò la registrazione.
Sospirò
guardando quella scatola “Finalmente hai finito!” si sentì dire da poco
lontano.
“Non
vedevi l’ora di vedermi eh?!” scherzò lei passandogli il registratore.
“E’
stata proficua questa chiacchierata?”domandò lui ignorando il quesito
sarcastico fatto in precedenza dalla donna che era diventata la sua ossessione.
“Abbastanza…”
rispose lei “Senti, il cellulare di Johnatan ce l’hai tu?” chiese poi.
“Credo
di sì… Vedrò oggi. Ora andiamo!”
Arrivarono
in centrale, Lamb tirò fuori la sua carta magnetica “Aspettami qui!” disse
a Veronica passando il documento elettronico nell’apposito congegno. La porta
si apri e lo sceriffo vi entrò; si guardò un po’ intorno e finalmente trovò
una scatola di cartone dove, sulla superficie verticale vi era scritto:
“Oggetti personali: Johnatan Wood”. Li tenevano ancora lì perché sarebbero
potute essere prove valide per mandarlo in gattabuia. Don Lamb guardò
all’interno del contenitore trovando il cellulare che cercava.
Uscì
dal magazzino e guardò Veronica chiacchierare con un agente, avrebbe voluto
averla tutta per sé, ogni suo sorriso non avrebbe dovuto donarlo a nessuno se
non a lui. Non sapeva quando questo sentimento aveva preso il sopravvento in
lui.
Quando
frequentava ancora il liceo la trovava insopportabile, ma allo stesso tempo
intrigante per tutte le supposizioni che faceva. Riusciva sempre a trovare il
colpevole. Ora quando la guardava sentiva qualcosa di diverso, la vedeva
maturata, più donna. Lei però non l’avrebbe mai visto come un uomo da amare,
avrebbe potuto considerarlo uno sceriffo incapace di svolgere da solo il suo
mestiere, lei aveva il suo Logan, il suo ricco 09 che ne aveva passate tante. Il
suo sguardo si fece cupo per pochi secondi, cercò di tornare in sé e cominciò
ad avviarsi verso la giovane detective.
Lei
lo guardò, avrebbe voluto portarla a sé e assaporare quelle labbra rosee
“Non puoi richiedere all’operatore telefonico di farti dare la lista delle
chiamate ricevute su questo numero?” gli chiese appoggiando i gomiti sul
bancone di quella stazione di polizia.
“Prima
controlliamo i numeri che l’hanno chiamato.” Rispose appoggiando il
sacchetto di plastica che conteneva il telefono mobile. Si mise i guanti in
lattice e prese in mano l’apparecchio accendendolo, si accese con estrema
facilità, Johnatan non aveva nemmeno importato il codice PIN; velocemente entrò
nel menù per poi immettersi in registro chiamate.
Lamb
cercò di scacciare i pensieri che fino a poco fa invadevano la sua mente e si
concentrò su quel piccolo schermo che illuminava il suo viso di una luce
arancione.
Veronica
attendeva con impazienza una qualche parola dello sceriffo che tardava a
pronunciare.
L’incidente
era avvenuto alle quattro del pomeriggio, per cui la chiamata di minaccia
l’avrebbero potuta fare dalle tre in poi.
“Questo
riceve più chiamate del sindaco!” s’impazientì l’uomo. “Ah… forse
potrebbe essere questo, ha chiamato alle tre e un quarto.” Disse entrando in
dettagli.
“E
quale sarebbe questo numero?” domandò nervosa Veronica non riuscendo più ad
attendere quel cavolo di numero. Non le piaceva dipendere dalle altre persone,
non le piaceva dover aspettare qualcosa che avrebbe potuto vedere da sé.
Don
Lamb prese un foglio ed una penna da dietro il banco e scrisse un numero “
0226643544”
disse; controllò ancora un po’ quelle chiamate ma nessun’altra era stata
effettuata nell’ora in questione.
Teneva
tra la sua la mano del bambino, aveva uno sguardo perplesso, entrò in caso e
corse ad abbracciare il fratello lasciando sull’uscio della porta quel povero
ragazzino.
“E’
così crudele!” esclamò parlando di quella screanzata madre “Mi ha chiesto
i soldi e alle due e mezza è andata in banca!” spiegò poi cercando di
parlare piano per non farsi sentire da Brian.
Ci
vogliono solo trenta minuti dalla banca, dove era andata Kendall a ritirare i
soldi, all’autostrada, mettendo caso che la donna sia uscita di là alle
quattordici e quaranta avrebbe varcato il casello alle quindici e dieci.
La
mora chiamò Trina alle quindici e quindici, per cui viaggiava già per quella
strada in cui è morta.
I
sospetti chi potrebbero essere? Qualcuno della banca, oppure i cassieri
dell’autostrada. L’avrebbe scoperto, avrebbe smascherato l’assassino.
Anche
Veronica scrisse il numero di cellulare del possibile sospettato, ma le sembrò
fin troppo facile. Possibile che la persona in questione fosse stato così
stupido da non chiamare con il numero privato?
“Pronto?”
Brian stava dormendo al piano superiore, nella camera degli ospiti. Logan gli
stava preparando una stanza, ormai per lui quel bambino era una parte della sua
famiglia, già stava pensando di poter ottenere il suo affidamento senza alcun
problema.
“Salve,
sono Emily Bulter, volevo dirle che ho contattato il signor Banks. Lui è
disponibile ad incontrarla per discutere dell’affidamento di Brian tra tre
giorni.”
Il
ragazzo dall’altro capo del telefono rimase un attimo interdetto per ciò che
gli era stato comunicato. “Signor Echolls, è ancora in linea?” domandò la
donna non ricevendo risposta.
“Sì,
mi scusi. Per me è ok! Dove dovrei incontrarlo?”
“Nello
studio notarile del notaio Christian Ayed, alle undici, lo studio di trova in
via Battle
48”
rispose con voce fredda e distaccata. Sembrava non le importasse del futuro del
bambino, e forse era davvero così. Per lei quello che stava facendo era solo
prassi, solo lavoro, non poteva capire cosa stessero passando loro?
“Grazie
mille! Arrivederci!” chiuse la comunicazione e guardò per alcuni secondi
l’apparecchio telefonico, sarebbe stato davvero così semplice ottenere
l’affidamento di Brian?
“Papà?!
Sono io!” urlò entrando in casa.
“Ah…
ciao! Com’è qui?” domandò Keith andandole incontro.
“Devo
chiederti un favore…” rispose lei posando le sue labbra su una guancia del
padre.
“Mai
una visita di cortesia eh?!” le sorrise, ormai ci era abituato a quegli arrivi
solo per chiedergli di fare una ricerca.
“Eh…
mi dispiace!” si tolse dalla spalla la sua solita borsa a tracolla e
l’appoggiò sul tavolo, sia il padre che Logan le avevano ripetuto più volte
di cambiarla ma lei non ne aveva nessun tipo di intenzione, ormai ci era
affezionata, finchè non si fosse rotta non l’avrebbe cambiata. Da essa tirò
fuori un foglio. “Allora… cercami il proprietario di questo numero
cellulare!” gli passò il biglietto.
“D’accordo
tesoro!” stava per andare nel suo ufficio, quando la figlia lo fermò
chiamandolo.
“Un’altra
cosa… cera tutte le chiamate ha ricevuto questo numero: 0225484855, chiamate
ricevute dalle tre alle quattro.”
“Aspetta…
aspetta, fammelo scrivere!” prese la prima penna che trovò e scrisse il
numero sullo stesso foglietto dell’altro. “Bene, quando avrò finito le
ricerche ti chiamo.” Keith la salutò per poi vederla andare via.
La
sua bambina era troppo impegnata; anche la sua adolescenza l’aveva trascorsa
tra indagini e sospetti.
Lo
sceriffo Don Lamb stava controllando in alcuni database a chi potesse
corrispondere il numero trovato nel registro delle chiamate del cellulare di
Johnatan Wood; si portò all’orecchio il telefono “Trovatemi tutte le
informazioni possibili su Carter Williams.”
Fine
sedicesimo capitolo
|
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Capitolo 17 *** You marry me? ***
Nuova pagina 1
NdA:
Purtroppo, per motivi di tempo e d’ispirazione, non sono riuscita ad andare
avanti.
Ho
scritto solo metà del diciottesimo capitolo, per cui dovrete attendere di più!
Non so quando potrò aggiornare. Non so quando finirò di scrivere il capitolo.
Ma d’ora in avanti non ci sarà più un giorno specifico in cui postare.
Potrete attendere una settimana come un mese o come di più.
Mi
scuso con tutti per questo imprevisto non voluto.
Spero
possiate metterci pazienza, ma davvero non posso fare altrimenti!
Appena
finirò il diciottesimo capitolo lo poterò qui sul sito.
Mi
scuso con tutti!
You marry me?
“Purtroppo
non è morto, ma non credo ci possa creare problemi.”
“Già,
ha troppa paura! Ha paura per la sua piccola bambina!”
Sedevano
in un salotto, chiacchieravano bevendo una tazza di tè.
“Almeno
quella dannata donna è morta! Riposerà in pace all’inferno!” si scostò i
lunghi capelli neri e porto alle labbra la bevanda calda, sorrise; solo al
pensiero di Kendall sotto terra la faceva stare bene.
“Secondo
te arriveranno mai a noi?” domandò l’uomo seduto davanti a lei come se
nulla fosse, bevve anch’esso per poi appoggiare nuovamente la tazza semi vuota
sul piattino collocato sopra al tavolo.
“Come
potrebbero? Abbiamo minacciato quello scemo di Johnatan chiamandolo con numero
privato, lo sceriffo Don Lamb è troppo incompetente per poter arrivare a
noi!” dalla sua bocca si potette udire una sonora risata.
Quella
donna sembrava essere fatta con il ghiaccio, i suoi occhi azzurri sembravano non
voler far trasparire alcun tipo di emozione.
Da
una stampante uscì un foglio, un agente lo prese in mano e si avviò verso
l’ufficio dello sceriffo locale “Ho finito, le lascio il fascicolo qui sulla
scrivania.” Disse appoggiando diversi fogli, chiusi in una cartella rossa, sul
tavolo di quell’ufficio.
“Grazie!”
Attese l’allontanamento dell’agente, prese il fascicolo in mano e lo aprì.
Carter
Williams, maschio, nato il 25 Ottobre del 1961, sposato, ha tre figli. Lavora in
un’impresa di pulizie.
Perché
avrebbe voluto vedere morta Kendall? Forse aveva lavorato per lei e provava del
risentimento nei suoi confronti?
Logan
teneva tra la sua la mano della sua donna.
Trina
si era offerta di stare con Brian.
L’aveva
voluta portare in un ristorante francese.
Finalmente
erano soli; attendevano l’antipasto.
Lui
le sorrise, sembrava che il tempo si fosse fermato, esistevano solo loro.
“Sai…
se Brian verrà affidato a me non avremo più il tempo di stare insieme, cioè sì…
staremo insieme, non voglio più fare l’errore di lasciarti, però dovremo…
dovrò stare dietro a Brian parecchio.” Spiegò giocando con le dita di
Veronica, accarezzandole lentamente.
“Se
per te è un peso lascia Brian al padre di Kendall; se vuoi l’affidamento, o
se accetterai di prenderlo con te, sappi che dovrai fargli da padre per tutta la
vita, non potrai più comportarti come un tempo, fare casino con i tuoi amici o
altro! Questo è un impegno che dovrai portare avanti nel tempo, non pensare mai
e poi mai di poterlo abbandonare se ti annoierai di lui.” Cominciò a parlare
lei a raffica, esprimendo ogni suo minimo pensiero “Se no vengo da te e te la
faccio pagare cara!!” finì sorridendogli, cercando di non sembrare troppo
melodrammatica, finendo, così, sull’ironico.
Strinse
di più la mano dell’amante, per cercare di fargli capire che è sempre con
lui, che, come aveva detto un tempo, supereranno ogni tipo di avversità
insieme.
“No,
certo che no! Non lo farei mai!” era serio, sapeva a quanto, ormai si era
affezionato a quel bambino entrato nella loro vita come un vortice.
Veronica
gli sorrise nuovamente. Logan contraccambiò con uno dolce quanto il suo. Aveva
capito di amarla, condivideva con lei ogni minimo giorno. Stava bene con lei.
Non era una relazione come ce l’aveva con Lilly, era vera. Non doveva
preoccuparsi di farla andare in giro da sola, sapeva che non sarebbe mai stata
capace di tradirlo. Tra di loro c’era fiducia reciproca.
Logan
pensò al giorno in cui aveva rotto i fanali dell’auto della sua attuale
ragazza, non l’avrebbe mai fatto ora. Ovvio. Era così strano pensare a quel
passato, ormai distante da lui anni luce. Ora stava bene, era felice, e ne era
consapevole; anche se aveva un bambino sulle spalle per tutta la vita, era
felice di come stava proseguendo la sua vita.
Ancora
si sentiva in colpa nei confronti di Alice, ed anche nei confronti di Lilly, ma
non poteva fare niente per rimediare, non avrebbe potuto mandare indietro il
tempo, non avrebbe potuto salvare né l’una né l’altra, ad ogni modo andava
bene così. Forse se Lilly non fosse morta lui non avrebbe mai conosciuto così
intimamente Veronica, non l’avrebbe mai portata a fare una cenetta romantica
in un ristorante francese.
Lui
avrebbe sofferto come un cane dietro a Lilly che andava con tutti tranne che con
lui. Forse era meglio così, certo, quella ragazza un po’ troppo libertina le
mancava, aveva fatto parte della sua vita. L’aveva amata, era stata il suo
primo amore. Il suo primo vero amore, poi è arrivata Veronica, loro due,
insieme, le loro battute ironiche e un po’ troppo taglienti andavano
d’accordo, ed anche loro avevano capito quanto fossero attratti l’uno
dall’altra. Forse avevano trovato la loro anima gemella.
Senza
Veronica lui, dov’era adesso? Da nessuna parte, molto probabilmente in
prigione per qualche stupido errore commesso con Dick o qualcun altro.
Il
cameriere portò loro il primo piatto, il discorso cadde sull’ironico senso
della vita.
La
cena terminò in fretta passando da un discorso ad un altro, stavano attendendo
il dessert, Logan le versò un bicchiere di vino.
“Senti…”
cominciò a parlare, a non cercare di finire sull’ironico, con le sue solite
battutine beffarde non aveva voglia di rovinare quell’importante discorso che
doveva farle.
“Dimmi…”
Veronica si portò il bicchiere alle labbra e sorseggiò un po’ di vino rosso.
Logan
deglutì la sua stessa saliva, non sapeva che parole usare, non sapeva se
facesse bene a dirle quello che stava per dirle. “Non voglio prendermi cura da
solo di Brian…” scandiva bene le parole, quasi come se avesse paura che la
ragazza seduta davanti a sé potesse non capire ciò che voleva far capire.
“…ha bisogno anche di una madre… e Trina, beh… non è fatta per essere
madre!” fece un’altra paura ed inalò aria nei polmoni “Quindi… che…
che…” aveva cominciato a balbettare, la paura si era impossessato di lui,
non credeva fosse così difficile dire quelle parole. “...ne diresti se…”
fece un’altra pausa. Le parole gli morivano in gola, ma ormai il gioco era
fatto doveva concludere da frase.
Veronica
lo guardò negli occhi un po’ confusa, non sapeva cosa volesse dirle, ma era
al massimo dell’imbarazzo. Probabilmente una cosa importante.
Logan
non riusciva più a parlare, era incantato a guardarle gli occhi, si dimenticò
cosa stava dicendo, probabilmente per la paura della reazione della donna.
“Che
ne diresti se…?” incitò lei a proseguire, non le piacevano frasi lasciate a
metà e lui doveva dirle tutto ciò che voleva senza avere la benché minima
paura.
“Beh…”
Logan si portò il bicchiere del vino alla bocca, doveva rinfrescarsi la gola
per poter proseguire. Non avrebbe mai creduto che lui: Logan Echolls avesse
paura di chiedere ad una donna di volerlo sposare.
Veronica
continuava a guardarlo, ormai era impaziente, voleva sapere cosa volesse dire,
non ne poteva più di aspettare.
Logan
la capì al volo e dopo aver respirato profondamente cercò di proseguire.
“Beh… tu saresti perfetta no?! Quindi… che ne diresti se ci sposassimo?”
finalmente riuscì a terminare la frase, ora stava tutto a Veronica, alla sua
reazione. Come l’avrebbe presa? Bene, male, normalmente? Ad una simile
proposta non si potrebbe mai rimanere impassibile.
Veronica
sgranò gli occhi, lui le aveva appena chiesto di sposarlo o lo aveva sognato?
Perché glielo aveva chiesto ora? Perché doveva fare da madre a Brian? Solo per
questo? O forse per l’amava e gliel’avrebbe comunque chiesto?
Il
cameriere interruppe i suoi pensieri portando il dessert, un tartufo nero,
Veronica lo guardò per poi rialzare lo sguardo su di Logan.
Stava
zitto, attendeva una sua qualche risposta, che sia stata un sì o un no ma
avrebbe voluto sentirla parlare.
“Logan…”
pronunciò a lei seria “…me lo stai chiedendo solo perché c’è Brian.
Io… non posso! E… non voglio!” rispose infine con voce strozzata.
“Capisco…”
Veronica guardò in un’altra direzione, le dispiaceva, ed anche tanto, non
avrebbe potuto fare altrimenti. Non voleva sposarsi solo perché avrebbe dovuto
prendersi cura di un bambino; era affezionata a Brian, ma poteva prendersi cura
di lui, farle da madre anche da non sposata.
Avrebbe
voluto dirgli qualcosa, forse aveva frainteso, forse non aveva capito. Stava per
aprire bocca, quando il cellulare le squillò “Scusami…” disse prendendolo
dalla borsa appoggiata allo schienale della sedia. Lo portò all’orecchia
“Pronto?”
“Tesoro,
ho finito le ricerche, un numero privato, mi hanno detto, che ha chiamato
Johnatan alle 15.30.” sentì la voce del padre spiegarle ciò che aveva
scoperto.
“Grazie,
potremmo parlarne domani mattina? Non aspettarmi sveglio stasera, non so che ora
farò!” rispose lei salutandolo, infine, e chiudendo la conversazione.
Le
indagini potevano aspettare, certo, era importante scoprire chi avesse
minacciato quel povero camionista, ma ora nella sua mente esisteva solo quella
proposta di matrimonio, arrivata troppo in fretta.
Avrebbero
dovuto aspettare, nessuno dei due era pronto per un simile passo.
“Ha
scoperto qualcosa di interessante?” domandò Logan cercando di cambiare
discorso, si sentiva un imbecille. Le aveva chiesto di sposarlo e lei l’aveva
rifiutato, si sentiva male, si sentiva offeso nell’orgoglio, ma amava quella
donna seduta davanti a lui, non poteva perderla nuovamente solo perché le aveva
detto no.
“Sì,
ne parleremo domani mattina.” Si era creato imbarazzo, Veronica si portò alla
bocca un pezzo di tartufo e lo masticò, rimanendo in silenzio.
Lui
la guardava, guardava quel viso che tanto gli piaceva, quella bocca che tanto
adorava baciare, quegli occhi che tanto gli piaceva guardare. “Non te l’ho
chiesto solo per Brian, ma perché ti amo.” Disse impulsivamente.
“Ma…
non siamo pronti. Ancora c’è questo caso da risolvere e poi… Brian non è
detto che sarà affidato a te.” Rispose lei cercando di non guardarlo in
volto. Avrebbe voluto sposarlo. Non poteva; anche se avrebbe voluto dirgli di sì.
“Non
c’entra niente questo. Non dobbiamo sposarci ora.”
“Non
potremmo nemmeno pensare ai preparativi.”
“Aspetteranno,
io so solo una cosa: voglio trascorrere tutta la mia vita assieme a te. Ne sono
certo, non ti avrei aspettato cinque anni se non fossi sicuro di ciò.”
Veronica
guardò il suo piatto semi mangiato e sospirò “Credo anche io.” Rispose
sussurrando, sperando che Logan non la sentisse. Voleva sposarlo. Se lui diceva
che poteva aspettare. Poteva anche dirgli di sì, ma se facesse ciò forse
avrebbe dovuto aspettare anni. Non si sentiva pronta. Sapeva di voler stare con
lui a lungo, ma niente era sicuro. Non si potrà mai conoscere il futuro.
Forse
non sono destinati a stare insieme, o forse sì. Nessuno potrà mai saperlo.
Cosa avrebbe dovuto fare? Dirgli di sì? O rimanere sulla sua decisione?
“Io…
non so… ci penserò un po’… e ti darò una risposta d’accordo?” cercò
di uscire da quella posizione che tanto detestava.
Fine
diciassettesimo capitolo
|
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Capitolo 18 *** Where are the moneies? ***
Where are the moneies?
N.d.A.:
Mi scuso per la lunga assenza.
Purtroppo
non sono riuscita mai a continuare la fan-fiction per mancanza di ispirazione.
Spero che piano piano mi possa tornare.
Ad
ogni modo, purtroppo, non so quando aggiornerò con il diciannovesimo capitolo.
Spero
che possiate aspettare!
Mi
scuso nuovamente con tutti le persone che leggono, che hanno letto e che
leggeranno questa fanfiction.
Ma
non preoccupatevi, non lascerò la fanfiction incompiuta; dovessi impiegare
tutta la vita nello scriverla! :P
Il
discorso era rimasto in sospeso, non gli aveva detto né sì né no; solo del
tempo per poter riflettere.
“Bene,
quindi oltre ad…” prese un foglio in mano “…Carter Williams lo ha
chiamato un numero privato.” Fece una pausa nella quale si portò un bicchiere
d’acqua alla bocca rinfrescandosi la gola “Mh… sai per caso chi siamo
questo Carter?” domandò, infine, al padre.
“Sì,
è il cugino di Johnatan.”
“Potrebbe
essere stato lui? Magari torno da John e gli chiedo in che rapporti è con
lui?”
“Non
è più plausibile che sia stato quel carissimo numero privato?”
“Certo!
Ma non dobbiamo ignorare nessuna ipotesi.” Prese un altro foglio in mano e lo
lesse.
“Ad
ogni modo sono riuscito a rintracciare il numero che ha chiamato! Mac è una
santa!” sorrise alla figlia.
“Dovrei
andare a trovarla, un giorno!” pensò ad alta voce “Qual è e di chi è quel
numero, quindi?” domandò rinfrescandosi nuovamente la gola.
“0224366336,
un certo Heric Allen.”
“Ha
un bel nome!” esclamò sarcastica Veronica “Chi sarebbe costui?” guardò
seria il padre, il caso stava pian piano venendo a galla, avrebbe trovato
quell’assassino, l’avrebbe fatto. Per Brian.
“Lavora
in banca, ha quarantadue anni.” Lesse Keith in un foglio.
“In
banca eh?!” pensò un attimo, Kendall prima di partire era andata in banca a
ritirare i soldi che le aveva dato Trina. Accidenti, perché non ci aveva
pensato prima? Dov’erano finiti quei ventiquattromila dollari? “Devo
andare!” affermò la giovane donna portandosi la borsa in spalla.
“Dove?”
chiese il padre cercando di fermarla.
“A
chiedere dove siano finiti i soldi che Trina ha dato a Kendall!” uscì di casa
senza attendere una qualche risposa del padre, salì in auto accendendo il
motore.
Troppe
volte aveva preso in prestito l’autoveicolo del padre; avrebbe dovuto
comprarne una al più presto.
Parcheggiò
davanti alla stazione di polizia, ormai quel posto lo frequentava troppo spesso.
Entrò
e venne accolta da alcuni agenti che aveva conosciuto ai tempi in cui Keith Mars
era sceriffo.
Bussò
su di una porta nella quale, sulla superficie, vi era scritto “Ufficio dello
Sceriffo Don Lamb”
Una
voce le diede il permesso di entrare “Permesso…” disse Veronica
garbatamente.
Lui
la guardò un attimo imbambolato, dopo essersi mandato svariati accidenti da
solo le domandò cosa volesse.
“Che
fine hanno fatto i ventiquattromila dollari che erano nell’auto di Kendall?”
domandò sicura di sé stessa, sicura di poter ricevere una risposta.
Don
Lamb la guardò seria e si alzò dalla sedia di pelle in cui era seduto, prese
una cosa sopra la sua scrivania e cominciò a rigirarsela tra le mani
guardandola.
“Credi
che io ti possa dire dove sono ora quei soldi? Fai per caso parte di questo
distretto? Non mi sembra.” Alzò lo sguardo incrociando quello di lei “Non
metterti in mezzo, non andare a ficcarti in casi troppo più grandi di te.
Stanne fuori. Fa fare alla polizia il proprio compito.” Fece una pausa
aspettando la reazione della persona che aveva di fronte.
Veronica
lo guardò quasi stupefatta, ormai era come se lavorassero insieme, perché non
voleva rispondere ad una domanda tanto semplice?
“Quella
è la porta. Ciao Veronica!” concluse risedendosi.
La
donna rimase in silenzio, chiuse il pugno e volse lo sguardo al di fuori della
finestra. Rimase ferma, immobile dov’era. Sarebbe rimasta lì, fino a quando
Don Lamb non le avesse detto qualcosa.
Ci
era rimasta male ed era una cosa che non tollerava minimamente. In fondo aveva
ragione, lei era una comune cittadina di Neptune, perché dovrebbe avere il
diritto di conoscere l’andamento delle indagini?
“Senza
di me… non avresti potuto scoprire tutto ciò che hai in mano fino ad ora! Chi
è andato a parlare con Jonhatan? Tu forse?” Voltò lo sguardo verso di lui.
“Ti
ringrazio per l’aiuto da te dato, ma mi dispiace, non posso darti niente in
cambio.”
Veronica
alzò un sopracciglio “Non ho chiesto niente di sconvolgente!” batté
violentemente le mani sulla scrivania dello sceriffo “Ho solo chiesto dove
sono andati a finire quei maledetti soldi!”
Lamb
indietreggiò di un passo. Abbassò lo sguardo. “Veronica, non posso.”
“E’
solo una domanda. Una stupida domanda.”
Don
Lamb sospirò e si arrese all’insistenza di quella ragazza “Sono qui. Non li
ha rubati nessuno.”
Appoggiò
il bicchiere sul tavolino di cristallo davanti a lui e sospirò.
Brian
dormiva nel suo letto, così Logan ne aveva approfittato per farsi una bevuta in
completa solitudine.
Era
tutto il giorno che pensava alla sera prima, a quando Veronica l’aveva
liquidato. Sì l’aveva liquidato, almeno secondo lui, quel “ci penserò”
per lui voleva significare “è ancora troppo presto, non ti amo abbastanza.”
La
sentiva distante, ogni giorno più distante, tutta presa dal caso di Kendall.
“Chi
se ne frega di quella puttana! Non c’è bisogno di scoprire l’assassino di
quella donna spregevole! E’ meglio che sia finita così! In ogni caso doveva
morire!” disse sottovoce preso dalla rabbia.
Si
alzò in piedi ed andò al frigo dove prese la bottiglia di latte portandosela
alle labbra.
“Non
ti hanno mai insegnato a non bere dalla bottiglia? È maleducazione.”
Logan
si voltò e vide quel piccolo bambino che abbracciava il cuscino, che si era
portato dietro dalla camera da letto.
“Ho
vissuto da solo per parecchio tempo, ormai… questa regola me l’ero
dimenticata; ma hai ragione, ora ci sei tu e non posso più farlo.” Rispose
come se non stesse parlando con un bambino, appoggiò la bottiglia sulla
credenza della cucina e si avvicinò a lui.
“Dormito
bene?”
“Abbastanza…
ma… zia Veronica non viene più?” domandò “Vi siete lasciati?”
Logan
sgranò gli occhi a quella domanda “No… ha da lavorare, non tutti sono
fannulloni come me.” Gli fece l’occhiolino.
Il
giorno seguente si sarebbe dovuto incontrare con il padre di Kendall dal notaio.
“Domani
mattina ti va di stare con zia Veronica?”
“Sì…
certo che mi va! Meglio la sua compagnia che la tua!” Brian cominciò a
saltare “Sto con zia Veronica… sto con zia Veronica…”
Logan
sorrise nel vederlo così felice, ma quel suo sorriso nascondeva una vena di
tristezza.
Il
campanello di casa Echolls suonò, il padrone di casa andò ad aprire
“Ciao…” si scostò dalla porta per far entrare quell’esile donna che
portava sempre con sé la sua tracolla.
“Ciao.”
Rispose un po’ fredda, avvicinandosi a lui appoggiando le sue labbra su quelle
del suo compagno, un bacio un po’ freddo, a stampo. Quando la ragazza si
allontanò corse ad abbracciare il piccolo Brian.
Logan
abbassò lo sguardo; forse aveva sbagliato a farle quella proposta, ma lui
credeva in ciò che le aveva detto, sapeva di amarla e voleva passare tutta la
sua vita assieme a lei.
“Veronica…
domani puoi tenere Brian?” domandò il ragazzo avvicinandosi ai due che si
erano accomodati sul divano.
“Non
devo venire con te?”
“Non
è necessario.” Rispose lui sedendosi di fianco a Brian. Si sentiva la
distanza, si erano allontanati. Logan non voleva fare qualcosa di sbagliato e
lei non si sentiva a suo agio in quella posizione, avrebbe dovuto rispondere
alla sua domanda, cosa avrebbe dovuto dirgli? Magari poteva accettare, lei lo
amava e sapeva che anche lui contraccambiava i suoi sentimenti eppure qualcosa
ostacolava la sua risposta. Che cos’era però?
“Vado
al bagno!” esclamò il bambino facendo sussultare la donna immersa nei suoi
pensieri.
I
due ragazzi rimasero soli, il silenzio era estenuante.
“Scoperto
niente?” domandò Logan cercando di rompere quel muro che si era innalzato tra
i due.
“I
soldi non sono stati rubati, magari l’hanno uccisa perché era odiata da
qualcuno…”
“Forse,
era facile odiarla.”
“Logan…”
lo chiamò per poi bloccarsi su ciò che gli avrebbe dovuto dire.
“Dimmi…”
“Io…
sono molto affezionata a Brian, quindi vedi di riuscire ad ottenere il suo
affidamento.” Disse Veronica avvicinandosi un po’ più a lui.
“Con
ciò cosa vorresti dire?” sperava di ricevere già una risposta a quella sua
domanda.
“Non
credere che sia così facile ricevere un mio responso in così breve tempo…”
gli sorrise “…però credo che riusciremmo ad far andare avanti questa
relazione a lungo.” Concluse stringendogli una mano.
“Non
credi di riuscire a stare con me per tutta la vita?” chiese il ragazzo
guardandola negli occhi ed accarezzandole la mano che gli aveva stretto la sua.
“Non
lo so, non si può mai sapere.”
“Lo
sai che sei pessimista?” le sorrise per poi avvicinarsi a lei, le loro bocche
si unirono in un tutt’uno.
“Se
volete rimanere un po’ soli per fare le vostre cose potete chiedere!”
velocemente ed imbarazzati si divisero.
“Non
preoccuparti.” Rispose Logan prendendolo per i fianchi e portandolo tra i due.
“Posso
rimanere qui per sempre? Insieme a voi due?”
Veronica
guardò il ragazzo, cosa gli avrebbe risposto? Gli avrebbe raccontato una bugia?
“Farò
tutto il possibile per tenerti sempre con me, Brian, però fino a domani non
potrò esserne sicuro.”
Fine
diciottesimo capitolo
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Capitolo 19 *** Foster Care ***
Nuova pagina 1
Foster Care
“Preparati
al peggio Logan Echolls, tu non conosci mio padre. Lui ti darà filo da
torcere”
Logan
aprì di scatto gli occhi, si alzò in piedi e si diresse verso la sua cucina.
Aprì il frigo e bevve il contenuto di una bottiglia, la prima bottiglia che
trovò.
Era
nervoso per quello che sarebbe successo di lì a poco.
“Sei
nervoso?”
Logan
si voltò velocemente e la vide, sull’uscio della porta della sua camera che
lo fissava.
“Un
po’…”
Veronica
avanzò di qualche passo, indossava una larga camicia, presa in prestito da
Logan, quella camicia che indossava la sera ormai quasi del tutto passata.
Brian
dormiva profondamente nel suo letto, abbracciava un peluche a forma di orso
regalatogli da suo fratello maggiore.
“Te
l’ho già detto Logan… se vuoi vengo con te! Sono più brava io a parlare di
te, che dopo cinque minuti perdi le staffe.” Spiegò la donna incrociando le
braccia al petto.
“Non
so. Brian è tanto felice di rimanere con te!” si portò nuovamente la
bottiglia alla bocca.
“Capirà!
Credo che sarà più felice di rimanere con te che andare a vivere con il padre
di Priscilla!”
“Magari
hai ragione…”
Veronica
sorrise “Io ho sempre ragione!” guardò l’ora “E’ presto, sono le
quattro, torniamo a dormire!” gli strappò la bottiglia dalle mani e
l’appoggiò sul bancone della cucina per poi spingere il suo compagno fino in
camera da letto.
“Te
l’ho mai detto che ti amo?” disse Logan mettendosi sotto le coperte.
“Migliaia
di volte!” rispose lei emulandolo.
Le
porte con il matel-detector si aprirono ed una ragazza entrò in quella banca
dove un tempo vi era stata anche Kendall Casablancas.
Si
guardò intorno e cercò di leggere le targhette dei dipendenti, si avvicinò ad
un bancone, quello per i versamenti di assegni.
“Buongiorno
signorina!” venne salutata cordialmente e con un sorriso.
“Buongiorno…”
si sporse un po’ per leggere la targhetta “…impiegato Heric Allen!”
Sorrise
nuovamente “Deve versare sul suo conto un assegno?”
Veronica
annuì e glielo porse “Una bella sommetta.”
“Eh
sì… Sa, ho saputo che una donna ha versato la stessa somma di denaro in
questa banca ed è stata uccisa, cioè uccisa non lo so… però è morta!”
parlò a raffica.
L’uomo
rise “Sì… l’ho sentito anche io!”
“E
le fa ridere?” domandò lei un po’ perplessa.
“Mi
ha fatto ridere lei per come lo ha raccontato!” rispose prontamente.
“Ah…
e mi dica… lei sa qualcosa in più su questa morte?” chiese Veronica.
“Mh…
no! Ma ormai… è passato del tempo!”
“A
me piace un casino sentire casi del genere! Mi sembra di essere dentro un film
giallo! A lei non le piacciono queste storie?”
“Non
troppo, soprattutto perché sono stato io l’ultimo a parlare con quella
graziosa signora!” digitò diversi numeri sulla sua tastiera, Veronica lo
guardava intensamente nel viso per vedere se ci fosse un qualche nervosismo da
parte sua mentre parlava di quella donna morta. “… Mi scusi ma… non
accetta l’assegno! E’ scoperto!”
“Cosa?”
“E’
scoperto!”
“Ah…
grazie!” riprese l’assegno un po’ incredula.
“Arrivederci!”
“Sì…
Arrivederci!” Veronica girò i tacchi e se ne andò, poco più in là c’era
Logan che l’aspettava.
“Ehy
V. come è andata?” le domandò andandole incontro.
“Bene…
non ho scoperto nulla, però ho scoperto che nel tuo conto hai meno di
ventiquattromila dollari!” rispose lei guardandolo negli occhi.
“Ci
deve essere un errore.” Prese l’assegno in mano e lo guardò, cercò di
trovare un qualche errore, due seri in più ad esempio. “Vieni… ti faccio
vedere che non ho meno di quei fottuti soldi scritti in quel foglio!” la
trascinò per un braccio, delicatamente, fino al bancomat di quella stessa
banca. Fece un estratto conto e porse la ricevuta alla sua donna. “Vedi? Ne ho
un po’ di più di ventiquattromila!”
“Fai
schifo!” esclamò Veronica senza rendersene conto leggendo quello scontrino.
“Cosa?”
“Hai
un sacco di soldi!” sorrise “Ti prego Logan… legami a te e sposami!”
scherzò lei cingendogli le spalle con le sue braccia.
“So
che stai scherzando e quindi non ti rispondo, però non lo ripetere più volte
se no ti rapisco, ti porto a Las Vegas e ti sposo veramente, anche contro il tuo
volere!” spiegò lui sorridendo beffardamente avvicinando le sue labbra con
quelle di lei.
“Salve,
siamo qui per incontrare il notaio.”
“Lei
è?” domandò la segretaria senza distogliere lo sguardo dal terminare che si
trovava davanti ad essa.
“Logan
Echolls.” Rispose il ragazzo
“E’
qui per il caso di affidamenti di minore?”
“Sì.”
La
donne prese in mano la cornetta del telefono e sulla base digito un numero.
“Salve Dottor Christian Ayed. In sala d’aspetto c’è il signor Logan
Echolls per il caso di affidamento di minore, lo faccio entrare?”
Passati
alcuni secondi la segretaria chiuse la comunicazione con il notaio. “Potete
entrare.”
Logan
e Veronica bussarono alla porta di noce ed una voce diede loro il permesso di
poterlo ricevere.
“Buongiorno
dottor. Ayed.”
“Accomodatevi
prego.” I due si sedettero.
Pochi
minuti dopo affianco a loro vi sedeva anche il signor Banks. Un uomo sulla
sessantina, assomigliava molto a sua figlia.
“Buongiorno.”
“Bene,
ora siamo tutti. Potete cominciare. Io prenderò atto di ciò che dite; dopo di
che registreremo gli atti e l’affidamento sarà deciso.” Pronunciò
sbattendo sulla sua scrivania un blocco di foglio. “Signor Echolls lei
vorrebbe avere l’affidamento di Brian Echolls? Figlio di Kendall Banks e Aaron
Echolls?”
“Sì!
Mi sono affezionato a quel bambino. Passiamo molto tempo assieme e anche lui
ormai si è ambientato ed affezionato a me e alla mia ragazza.” Rispose lui
sinceramente.
“E
lei signor Banks vorrebbe avere l’affidamento del ragazzino oppure accetta di
dare l’affidamento al signor Echolls?”
L’uomo
attese un attimo prima di rispondere “All’inizio, quando mi hanno chiamato
per dirmi di quel bambino e della morte di mia figlia ho pensato subito di
lasciare l’affidamento a lui, ma pensandoci poi ho cambiato idea. Vorrei
l’affidamento del bambino!”
Il
notaio scrisse le due dichiarazioni dopo di ciò si rivolse a Logan “La sua
ragazza è quella signorina?”
Il
ragazzo annuì. “Lei stava con Lilly Kane, uccisa, si disse, da suo padre.”
“Sì…”
Ogni volta, fino alla fine dei suoi giorni, l’omicidio compiuto dal padre
l’avrebbe perseguitato. Non poteva fare niente; tutti sapevano di lui, tutti
conoscevano il suo passato. Logan non ne parlava mai, ma chissà se ne soffriva
ancora.
Il
notaio volse lo sguardo verso l’altro uomo nell’ufficio “Sua figlia è
scappata di casa?”
Banks
guardò a terra “Sì.”
“Se
devo essere sincero io non darei a nessuno di voi due l’affidamento di
Brian.” Si fermò per un paio di secondi “Però… Brian ha vissuto, in
questo periodo, con il signor Echolls e la signorina…?”
“Mars.”
Gli rispose la ragazza.
“…e
la signorina Mars per questo sarebbe più consono affidare il bambino a lui. Ad
ogni modo per ora non mi voglio mettermi in mezzo.”
“Brian
è l’unico ricordo di mia figlia, che ho perso tanto tempo fa. Sarei un buon
padre e nonno per lui.” Spiegò il signor Banks.
Logan
guardò di sottocchio Veronica “Se fosse per me io farei decidere Brian…”
disse il ragazzo “Io ci tengo davvero a lui. Lo crescerei come se fosse mio
figlio cosa che già sto facendo, ed ho anche un buon patrimonio; quindi
crescerebbe anche con tutti i comfort che devono avere i bambini. La prego
signor Banks.” Lo guardò negli occhi, aveva uno sguardo carico di speranza,
quel bambino era entrato nella sua vita portando una ragione di vita. Lui gli
faceva dimenticare ogni perplessità, ogni dolore. Gli faceva dimenticare del
padre, di Lilly, di tutto quello che aveva passato.
“Lei
cosa farebbe se fosse in me notaio?” domandò
Christian
Ayed lo guardò negli occhi “Non prendo decisioni al suo posto. Deve decidere
da solo.”
“Ha
ragione… devo decidere da solo.”
Nell’ufficio
regnò il silenzio per alcuni minuti, nessuno aveva il coraggio di parlare.
Nemmeno Logan. Veronica gli strinse la mano ed appoggiò la sua testa nella sua
spalla sinistra.
“Ok…
ho deciso!” I ragazzi concentrarono tutta la loro attenzione su quell’uomo
che stava per parlare.
“Parli
pure…” disse il notaio prendendo in mano la sua penna.
Fine
diciannovesimo capitolo
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