LoVe

di Deb
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The Return ***
Capitolo 2: *** Pregnant ***
Capitolo 3: *** Searches ***
Capitolo 4: *** Arrest ***
Capitolo 5: *** Guilt Senses ***
Capitolo 6: *** The Same Print ***
Capitolo 7: *** Questions for Morgan Frederick ***
Capitolo 8: *** Indications Serve Us ***
Capitolo 9: *** Who Despises, Buys ***
Capitolo 10: *** Tried Homicide ***
Capitolo 11: *** Partner ***
Capitolo 12: *** Escape ***
Capitolo 13: *** Street incident ***
Capitolo 14: *** The truck driver disappeared ***
Capitolo 15: *** Appointment with the social worker ***
Capitolo 16: *** Who has called? ***
Capitolo 17: *** You marry me? ***
Capitolo 18: *** Where are the moneies? ***
Capitolo 19: *** Foster Care ***



Capitolo 1
*** The Return ***


NdA: Innanzitutto vorrei dire una cosa prima di cominciare la fic. La sto ancora scrivendo, la scrivo ad ispirazione, per cui per ora non ha una trama ben definita. xD Il titolo potrebbe essere provvisorio, quindi potrei cambiarlo in qualsiasi momento. E' mia abitudine decidere il titolo delle mie storie dopo averle finite di scrivere, ma essendo questa ancora in corso non avrà un titolo definitivo, per ora.

Altra cosa... Ringrazio la mia amica Ele *-* Per avermela corretta, per aver perso tempo xD a farmi da beta-reader.

The return

Guidava la sua vecchia auto per l’autostrada, non vedeva l’ora di poter riabbracciare il padre. Finalmente era tutto finito. Era finito il college e lei poteva tornare da lui.

Non avrebbe mai creduto in tale cosa. Non vedeva l’ora di tornare a Neptune per riabbracciarlo.

Certo è il padre, è normale che voglia riabbracciarlo.

Finalmente esce dall’autostrada, altri dieci chilometri e avrebbe potuto rivederlo. In tutti questi anni non era mai tornata a Neptune, era il padre che andava a trovarla.

La sua mente la riportò indietro nel tempo; a quando stava per andare via. Le dispiaceva, ma allo stesso tempo era felice per non dover più abitare in quella città da lei tanto odiata.

La tristezza però, durante i primi giorni di college, si fece sentire; era lontana da suo padre e soprattutto da lui: Logan.

Si ricordò il loro saluto. Si ricordò le sue parole “Non preoccuparti Veronica, non ci vedremo per molto tempo ma prima o poi ci ritroveremo e saremo più affiatati che mai!” il suo sorriso di scherno, quel sorriso che le era mancato tanto in questi anni.

Chissà se dopo essersi rivisti, sarebbe stato come diceva lui, oppure totalmente diverso.

Chissà se stava con qualcuna. Lei per tutto il college ha pensato a studiare, si dava della scema ora per questo, non si era mai divertita. Si chiedeva il perché, ma lo sapeva bene. Doveva mantenere la sua borsa di studio per poter proseguire il college e poi perché era sicura che Logan l’avrebbe aspettata, ma ora, tutta questa sicurezza era svanita e si chiedeva se davvero anche lui la stava aspettando come lei aspettava lui.

Durante la sua permanenza al college si erano sentiti per e-mail e per telefono. Stavano ore al telefono a parlare di inutili sciocchezze, ma quanto le piaceva sentire quella voce. Spesso quando lui faceva i monologhi, chiudeva gli occhi ed assaporava ogni sua parola, ogni suo tono di voce.

Passò davanti al cartello “Welcome to Neptune”, presto sarebbe arrivata a casa, chissà se c’era anche lui…

Parcheggiò l’auto e scese, bussò alla porta anche se aveva le chiavi, voleva far sapere che era arrivata. Keith Mars aprì la porta e senza dire niente l’abbracciò “Bentornata a casa figliola.”

Veronica contraccambiò l’abbraccio “Grazie!”

Entrò in casa ed appoggiò le sue valigie all’entrata, si tolse il cappotto e lo sovrappose all’uomo morto, scostò i capelli scesi davanti al viso dietro la spalla, se li era fatti crescere, ora ce li aveva lunghi fino a metà schiena.

“Tesoro, guarda il tuo papà cosa ti ha preparato!”

Veronica si avvicinò ai fornelli “Chili…” disse già con l’acquolina in bocca.

“Logan… purtroppo non è potuto venire… ma mi ha detto di darti questo.” Disse sorridendomi, si avviò verso la sua giacca e dalla tasca interna tirò fuori una lettera e un pacco regalo.

“Ah… grazie!” contraccambiò il sorriso “Vado in camera mia a leggere.”

“Quando è pronto ti chiamo!”

“Ok…” Andò in camera e si distese nel suo letto, le era mancata quella morbidezza. Certo che leggere una sua lettera non era come averlo davanti, ma si accontentò, per forza ci si deve accontentare.

Lesse la lettera che la fece sorridere, le sue solite battute stupide, non era cambiato per niente. Le aveva dato appuntamento per il pomeriggio nel suo appartamento, ci sarebbe andata sicuramente, non vedeva l’ora di vederlo, di poterlo riabbracciare.

E pensare che si odiavano, ora contraccambiavano un amore durato anche a distanza, o almeno così sembrava.

Aprì il regalo, era una scatola, anello? Bracciale? Collana? Diadema? Aprì la scatola, un bracciale semi rigido in oro bianco, lo girò e all’interno c’era un incisione: LoVe. Sorrise tra sé e sé e lo indossò.

Il padre entrò senza bussare e l’avvertì della cena pronta in tavola, si alzò sorridente e andò a sedersi a tavola.

Il pomeriggio arrivò presto, erano le tre e mezza e Veronica si era cominciata a preparare, voleva essere più bella che mai per quell’incontro. Si mise i vestiti più belli che aveva, i capelli della frangia li raccolse dietro con due piccole forcine e lasciò gli altri sciolti dietro la schiena. Uscì dalla sua stanza e prese le chiavi, salutò con un bacio il padre e partì.

Guidava alquanto piano, forse per guardare meglio ciò che c’era al di fuori di quell’auto, quei palazzi che non vedeva più da tanto tempo. Neptune sembrava diversa. Cambiata, in qualche modo.

Si accorse, guardando dallo specchietto retrovisore, che una pattuglia di polizia la seguiva, anzi, forse stava tornando in centrale, accese le sirene e disse di accostare, fece ciò che le era stato imposto sperando di non arrivare tardi a casa di Logan.

Tirò giù il finestrino e vide l’agente avvicinarsi : “Veronica Mars… che ci fai qui?”

“Sceriffo Lamb… che piacere rivederla, non mi dice bentornata cara Veronica?” domandò ironicamente lei sorridendogli.

“Non scherzo, che ci fai qui?”

“Sono tornata. Ho finito il college.” Rispose seria, c’era forse qualcosa che non andava? Forse non aveva il permesso della legge di tornare a Neptune? Non capiva.

“Credevo odiassi Neptune.” Lo guardò incredula, ok… tutti sapevano di quanto lei odiasse quella città ma non poteva tornare lì? A Neptune aveva padre e la persona che amava, era così strano tornarci?

“Umh… quindi?”

“Niente… così… Bentornata Veronica cara!” disse ironicamente lui calzando quel cara e rimettendosi gli occhiali da sole tolti per guardarla meglio; tornò nella sua auto e Veronica ripartì scrollando la testa. Lamb diventava di anno in anno, sempre più pazzo.

Finalmente era arrivata davanti al nuovo appartamento di Logan, certo che aveva soldi da spendere il ragazzo eh?! Parcheggiò l’auto nel parcheggio riservato e si avviò verso la casa, fuori c’era un portiere che la salutò garbatamente per poi chiederle chi fosse e chi doveva andare a trovare. Non era una villetta, Logan per telefono le aveva detto che era un palazzo abitato da tre famiglie, una di queste era lui. Ogni famiglia aveva tre piani di casa per un totale di cinquecento metri quadri ciascuno, ogni piano era grande cento metri quadri.

Il portiere la fece passare, l’atrio era immenso e c’erano tre porte blindate, cominciò a leggere le etichette e finalmente trovò la scritta Echolls. Suonò e attese, per lei fu un’immensità, ma alla fine la porta si aprì.

Si ritrovò davanti il sorriso spavaldo di Logan “Bentornata a casa Veronica…” pronunciò facendola accomodare.

Entrò in casa e passò davanti al ragazzo senza dire niente, era senza parole, era talmente felice nel rivederlo che ogni vocabolo sarebbe stato inutile, non riusciva ad esprimere parlando, la felicità che provava in quel momento.

Logan le sfiorò da dietro un braccio ed appoggiò il viso tra i suoi capelli inalando tutto il loro profumo, si abbassò un po’ e le baciò il collo “Mi sei mancata.” Ammise abbracciandola.

Veronica chiuse gli occhi e sorrise tra sé e sé “Anche tu.” Si voltò e lo guardò negli occhi “Mi sei mancato anche tu.” Sussurrò sfiorando appena le labbra del ragazzo con le sue.

Logan mise fine alla distanza che c’era stata tra loro, assaporando la sua bocca. Chiusero gli occhi tutti e due per godere di più di quelle sensazioni, attimi, emozioni, che l’uno riusciva a far provare all’altro, che da troppo tempo non erano riusciti ad esprimere.

Si divisero lentamente e si guardarono per un istante che sembrò un’eternità. “Devo dirti una cosa.” Disse lui riunendo per un attimo le loro labbra.

“Dimmi…”

“In questi cinque anni… sono stato… con un’altra… cioè… non per cinque anni…però… sono stato con un’altra.”

Veronica si staccò velocemente da lui mettendo fine a quell’abbraccio “Chi? Con chi? Per quanto tempo?”

Logan la guardò cupo “Si chiama Alice, ma… non era una cosa seria… e poi l’hai detto tu che potevamo…”

Veronica si buttò a peso morto sul divano e guardò le sue scarpe “Già… io…” gli sorrise “Ora è tutto apposto. Vieni qui…” Lui la raggiunse e le baciò una spalla.

“Ci sono stato per un anno circa… ma… lo sai… non ho mai amato nessun’altra quanto amo te…” le da un altro bacio.

Cominciò a salirle una tale rabbia, una tale gelosia. Lei aveva passato quasi un anno insieme a lui, e possibile che non le aveva detto niente di questa Alice?

“L’amavi?”

“No…” Chissà se mentiva, se diceva la verità, chissà… non gli chiese più niente di quella ragazza che aveva vissuto un anno insieme a lui.

Logan si distese sopra di lei e cominciò a sfilarle le spalline del vestito che indossava. Le baciò la spalla per poi scendere ai capezzoli.

Fecero l’amore su quel divano, finalmente dopo tanto tempo si erano ritrovati. Concluso l’atto d’amore, Logan le spostò un ciuffo di capelli davanti al suo viso e la baciò.

“Non andartene mai più…” disse Logan sorridendole.

“Se partirò, ti porterò con me!” rispose lei contraccambiando il suo dolce sorriso.

Tutte le paure, tutta la rabbia che aveva fino a poco prima scomparsero, sembravano lontani anni luce. Stare con lui, abbracciarlo, baciarlo, accarezzarlo, le trasmettevano una sensazione di tranquillità.

Fine primo capitolo

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Capitolo 2
*** Pregnant ***


Pregnant

 

Continuarono a stare abbracciati sul divano, quando ad un tratto qualcuno bussò alla porta.

“Scusami…” disse Logan alzandosi e mettendosi addosso una vestaglia per non andare ad aprire nudo, anche Veronica si alzò dal divano, prese i suoi vestiti ed entrò in bagno per rivestirsi, più tardi avrebbe fatto la doccia.

Raggiunse Logan con un sorriso stampato in volto ed abbracciò da dietro il suo ragazzo.

“Logan… chi è questa?” domandò una ragazza sconosciuta rivolta a Veronica.

“La mia ragazza.” Rispose lui molto risoluto.

La donna che avevano davanti guardò per terra e sospirò “Speravo avessi un’altra opportunità con te…” lo guardò negli occhi, aveva gli occhi lucidi e quella scena ricordò a Veronica un fatto accaduto la mattina dopo del ballo alternativo.

“Alice… ti ho parlato di Veronica no?!”

“Ah… è lei… sì! Me ne hai parlato… ed io come una stupida ho accettato tutto quello che mi avresti fatto, mi avevi messo in guardia su come mi avresti scaricato quando lei fosse tornata! Beh… certo non credevo di potermi innamorare di te… però… non importa Logan… ciao!”

Alice se ne andò verso il portone per uscire da quel condominio e Logan si voltò verso  veronica “Scusami… per questa scena patetica.”

Deglutì e rispose al ragazzo con voce flebile “Non era patetica… anche io…ne ho vissuto una simile… con te…”

“Lo so… me la ricordo, ma era diverso.”

“L’hai presa in giro!” disse come se avesse fatto la cosa peggiore al mondo.

 

Quanto sarebbe rimasta lì? A Neptune si intende. Cosa avrebbe fatto della sua vita ora? Che lavoro farà?

Lasciava curriculum vitae in giro per le ditte più importanti di Neptune ed attendeva una qualche chiamata per un qualche colloquio di lavoro. Sperava arrivassero presto.

“Beh… se non trovi lavoro puoi sempre cercare di fare lo sceriffo… come tuo padre!”

“Per poi farmi cacciare? Mh… no grazie!” rispose Veronica sorridendo al padre che stava ai fornelli.

Digitava sulla sua tastiera, stava scrivendo una e-mail, a Logan. Alla persona che amava. In qualche modo si sentiva presa in giro da lui, non sapeva perché ma quella Alice… le ricordava molto lei, e non era giusto nei suoi confronti.

Era riuscita a prendere il suo numero di telefono, chissà forse un giorno l’avrebbe chiamata.

Neptune in questo periodo le sembrava così tranquilla, o forse era perché era stata lontana da quella città per cinque anni?

In quell’istante il suo telefono suonò, lo prese in mano e lesse il display un SMS, era Wallace.

“Ehy Veronica… ho sentito dire che sei tornata! Non passi a salutarmi?” Sorrise tra sé e sé leggendolo.

“Contaci. :)” appoggiò nuovamente il cellulare sulla scrivania per poi tornare a scrivere la sua e-mail.

 

A: logan.echolls@hotmail.com

Oggetto:

Corpo del messaggio: Lavoro

 

Ciao Logan,

come ti butta? Ok… basta scherzare. Ti chiederai il perché di questa mail visto che potrei benissimo venirti a trovare a casa vero? Beh… non so quanto ti possa far piacere sentirtelo dire, però… è meglio se ancora per un po’ non ci vediamo. Vorrei pensare a trovare un lavoro poi… sarò tutta tua.

Ciao

Veronica

 

Inviò il messaggio, non sapeva nemmeno lei se lo avesse fatto perché davvero prima di rivederlo voleva trovarsi un lavoro, oppure era per Alice, probabilmente per la seconda. Non sapeva cosa provava in quel momento. Forse solo gelosia per il fatto che un’altra era stata con lui? Ormai aveva inviato il messaggio… ma… voleva vederlo. Aveva fatto male, troppo male.

Entrò nell’home page di hotmail.

 

Nick: logan.echolls

Dominio: @hotmail.com

Psw: ••••••••••••

 

Si caricò una pagina che non aspettava di vedere. Password errata. Accidenti, l’aveva cambiata da poco? Tornò alla pagina precedente e riprovò.

 

Psw: •••••••••

 

Era riuscita finalmente ad entrare e vide la sua mail, cliccò ed entrò a leggerla.

Quante stupidaggini aveva scritto. La eliminò e svuotò il cestino.

Prese le chiavi dell’auto ed andò a casa di Logan, erano da circa 7 ore che non lo vedeva.

Arrivata corse a suonare a Logan senza nemmeno salutare il portiere, Logan le venne ad aprire e si slanciò per dargli un bacio, lui lo contraccambiò. “Non ce la fai a stare senza di me eh?!” scherzò lui con quel suo sorriso beffardo. Veronica lo baciò nuovamente, quel suo ghigno l’attirava a lui come se fosse stato una calamita.

“Veronica ora però… non è il momento.” Lei incarnò un sopracciglio e lo guardo dubbiosa, si sporse un po’ e vide una figura femminile seduta sul divano davanti alla porta.

“Perché c’è…” cercò di domandare senza esito.

“Mi voleva parlare.” Rispose lui come se fosse la cosa più normale. Alice si alzò e andò verso di lei.

“Scusami Veronica, lo so che è il tuo ragazzo ora, ma… volevo solo parlargli, da amica. Davvero.” Cercò di convincerla. “Lo so… io… cioè lui mi piace ancora ma si vede lontano un miglio che ama te. Lui mi ha lasciato un mese fa apposta perché ti amava e non riusciva stare con nessun’altra, io non voglio essere un ostacolo a voi due.”

Non l’aveva notato prima, ma aveva una voce bellissima avrebbe potuto fare la cantante, i suoi capelli erano di un castano scuro ed i suoi occhi verdi come il prato, era slanciata e la sua bocca era di un rosa pallido.

Veronica posò il suo sguardo su Logan per poi guardare nuovamente Alice.

“Veronica… non essere gelosa. Non c’è più niente tra me e lei.”

Si stava alterando “Perché continuate a ricordarmelo? Io non ho detto niente, non ti ho accusato di stare con lei!”

Logan l’abbracciò. “Mi dispiace…”

Veronica lo staccò “Perché?” domandò confusa.

Il ragazzo la fece accomodare, lei appoggiò la sua borsa nell’attacca panni e seguì con lo sguardo Alice che prese la parola “Sono venuta qui… per un problema.”

“Di che genere?” domandò lei sedendosi.

“Sono incinta…” ammise Alice guardando a terra.

Veronica sgranò gli occhi a quell’affermazione “Incinta? Incinta… incinta?”

“No guarda…” rispose di scherno lei. Veronica guardò Logan.

“Che significa?”

“Quello che ha detto” rispose lui prendendo una mela e portandosela alla bocca.

“E… cosa intendete fare?” domandò ancora una volta Veronica cercando si essere, o almeno sembrare, più calma possibile.

“Beh… io vorrei tenerlo e Logan è il padre… stavamo parlando di cosa fare…” replicò Alice accarezzandosi la pancia.

“Ah… fortuna che non volevi essere un ostacolo tra noi due!” disse alzandosi in piedi.

“Non vorrei infatti…”

“Non fare la vittima ora… tu vuoi portarmelo via perché lo ami ancora!” enunciò lei lasciandosi trasportare dell’emozione di inquietudine che provava.

“Veronica calmati, io non intendo lasciarti.” Interruppe Logan prendendole il viso tra le mani.

“Ma hai una figlia!!” urlò scostandolo da lei mentre lacrime amare cominciarono a rigarle il volto. Spostò la testa di novanta gradi e guardò alla sua sinistra, prese la borsa e corse fuori. Logan la seguì “Veronica aspetta.”

“Basta Logan…” disse mentre correva fuori da quel palazzo.

Salì in macchina e partì verso casa di Wallace, non l’avrebbe voluto rivedere dopo tanto tempo in queste circostanze ma le serviva una spalla su cui piangere.

Mentre era in auto chiamò l’amico e gli disse che presto sarebbe arrivata a casa sua, appena chiuse la chiamata e mise apposto il cellulare sentì dietro di se la sirena della polizia; Veronica accostò l’auto ed attese l’arrivo dello sceriffo, ma ce l’aveva con lei quello?

Si asciugò le lacrime “Mi dica sceriffo Lamb.” Disse senza guardarlo negli occhi.

“Prima parlavi al cellulare? Lo sai che è vietato? Doveva tenere l’auricolare dovrò farti una bella multa.” Veronica tirò su con il naso, Lamb si tolse gli occhiali e appoggiò un gomito sullo sportello dell’auto avvicinandosi a Veronica.

“Perché piangi?”

Lei lo guardò un po’ storto “Ho la facoltà di non rispondere?”

“Fai come vuoi…” rispose lui seccato da quel suo comportamento risoluto verso di lui, scrisse nel suo taccuino una multa di 50 dollari e gliela porse.

“Grazie sceriffo, come fa bene il suo lavoro!” disse ironica andando via.

Arrivò davanti casa di Wallace e scese dall’auto.

“Veronica Mars… lei in persona… wow quanto sei cresciuta, sembri… più matura ecco!” ammise l’amico uscendo di corsa dalla sua abitazione. Veronica gli sorrise flebilmente.

“E’ successo qualcosa?” domandò lui un po’ preoccupato.

Lei l’abbracciò e cominciò a piangere nuovamente “Logan… ha messo incinta una… quando… quando… un mese fa… poi l’ha lasciata, ma lei è incinta…” continuò a piangere sulla sua spalla, Wallace contraccambiò l’abbraccio.

“Veronica non preoccuparti… vedrai che si sistemerà tutto.”

“E come? E’ incinta… tra nove mesi farà nascere il figlio di Logan!” singhiozzò furiosamente stringendo sempre più forte Wallace.

 

Fine secondo capitolo

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Capitolo 3
*** Searches ***


Risposte ai commenti:

 

V&L4ever: Grazie mille ^-^ Spero la continuerai a seguire :P

MiaBalck: Come puoi fare arrosto Alice? Buh xD Entra nella fic e ammazzala xD

Elena Olsen: Sta coppia è la più bella in assoluto *-*' E' troppo dolce lui e sono troppo dolci assieme *-*

Veronicas: Grazie :D

cry90: Morire... povera però :( x°D E' simpatica alla fine nu?! :D Per lo stile di scrittura grazie mille *_* Spero di continuare ad essere sempre così chiara nei miei capitoli *_*

Grazie a tutti comunque :D E mi raccomando continuate a leggere ;)

 

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Continuava ad abbracciare Wallace non voleva più staccarsi da quelle braccia protettive. Perché era tornata a Neptune? Quella città la faceva soffrire.

“Veronica, non preoccuparti, ti starò vicino.”

“Io… io non sono preoccupata, sono triste, arrabbiata.” Rispose lei continuando a singhiozzare.

Wallace le accarezzò i capelli e glieli baciò delicatamente.

“Ora non pensarci… lui ha detto che non ti lascerà.”

Veronica lo guardò negli occhi “Lo so… ha detto questo… ma…”

“Niente ma… non preoccuparti. Dovresti andare da lui a chiarire sei scappata… si sarà sicuramente preoccupato.”

“Va bene…” esclamò asciugandosi dalle lacrime che aveva versato troppo a lungo. Si alzò un po’ faticosamente, dopo questa scoperta era come se l’energia fosse andata a farsi fottere. “Grazie per essermi stato ad ascoltare, sarei venuta in un’altra occasione… ma…”

“Non preoccuparti… a cosa servono gli amici? Ora vai.”

Veronica annuì con la testa ed uscì da casa Fennel. Si voltò indietro e sorrise, se non ci fosse stato lui non sarebbe mai tornata da Logan in quel momento.

Arrivò di nuovo davanti a quel palazzo, lo scrutò prima di avviarsi verso il portone. Fece un respiro profondo e si avviò verso l’entrata ma quando il portiere la vide la fermò “Signorina… si fermi la prego!”

Veronica fece ciò che le era stato detto “Mi dica.”

“Va dal signor Echolls?” domandò lui un po’ timidamente.

“Sì… perché? Per caso è uscito?”

“No… è che… la sua ragazza, Alice mi ha proibito di farla entrare.”

“Alice? La ragazza di Logan? Lei non è la ragazza di Logan sono io!” ma cosa passava per la sua testa? Ora era diventata Alice la sua donna? Cosa succedeva? “Mi scusi, mi sa che c’è un errore. Sono io la ragazza di Logan per cui entro. Grazie per avermi avvisato comunque.” Sorrise, un sorriso falso, era arrabbiata. Come si era permessa quell’Alice a dire che era la ragazza del suo uomo?

Entrò nel portone e suonò al campanello della famiglia Echolls prendendo un altro respiro, doveva calmarsi il più possibile.

La porta si aprì e Veronica vide il sorriso di Logan, non beffardo come ogni volta ma dolce. Le accarezzò una guancia “Credevo non tornassi più…” bisbigliò lui.

Lei chiuse gli occhi per assaporare ogni minima sensazione che quelle dita potevano trasmetterle. “Anche io… ho dovuto tirare fuori tutto il coraggio che c’è in me per tornare qui!” rispose con voce flebile, schiuse velocemente gli occhi quando sentì tossire.

“Ancora qui tu?” domandò scostando Logan ed entrando nell’appartamento. “Come ti sei permessa di dire al portiere di non farmi entrare? Come ti sei permessa di dire di essere la ragazza di Logan?” cominciò quasi ad urlare dalla rabbia.

“Senti… io volevo esserti di ostacolo, ma dovrò farlo. Sono incinta e Logan mi sposerà. Per te non ci sono più possibilità.” Spiegò con un sorriso beffardo in volto.

“Io non lascerò Veronica. Cazzo io l’amo, ora che è tornata perché devi venire a rompere i coglioni?” domandò Logan battendo un piede a terra? L’aveva incastrato, voleva portarlo via da lei e questo lui non l’accettava, aveva fatto tanto per riconquistarla, certo lui era stato stupido ad andare con Alice, ma… voleva stare con Veronica e basta.

“Non vuoi prenderti le tue responsabilità?” lo sguardo deciso lo fece titubare, aveva i pugni serrati all’altezza dei fianchi ed aveva gli occhi lucidi. Si accarezzò la pancia “Qui dentro porto tuo figlio! Lo vuoi capire?” urlò con tutta la voce che aveva in gola cominciando a piangere “Mi vuoi lasciare sola? Mi hai solo preso in giro stando con me?”

“Te l’avevo detto dal principio che amo un’altra e che sarei tornato con lei.” A lui non interessava del suo pianto voleva solo chiarire questa questione. Si sarebbe preso cura del bambino ma non a costo di perdere la persona più importante per lui.

Veronica guardò a terra ed una lacrima rigò il suo viso “Non ti lascerà sola lui…” cominciò a parlare lei “… ma dobbiamo… non puoi venire qui con questa notizia! Noi abbiamo delle reazioni! Pensavi forse che venendo qui e dire che sei incinta avrebbe smesso di amarmi? Pensavi questo forse? Lui pensa al bambino, ma pensa anche alla sua felicità! È umano no?! Dagli un po’ di tempo, cazzo prima di partorire dovranno passare ancora otto mesi come minimo!” parlò tutto d’un fiato con gli occhi serrati, con la testa piegata verso terra per non guardare quella ragazza in volto.

Alice andò vicino a Veronica e le alzò il viso, la guardò con aria di sfida “D’accordo…” si voltò verso Logan “Avrai un mese per pensare a ciò che vuoi fare. Ma sappi che la tua vita non sarà semplice se decidi di stare con lei.” Sorrise, assomigliava a Kendall quel suo sorriso maligno di una che crede di poter avere tutto dalla vita senza alzare nemmeno un dito. Odiosa… Alice era assolutamente odiosa.

Uscì dall’appartamento, Veronica guardò la porta anche dopo essere stata chiusa. “Ehy…” Logan le andò vicino a la baciò ma lei lo scansò “Non credere che io abbia preso tempo perché così posso stare con te ancora un mese… io e te Logan ormai abbiamo chiuso, finito.” Gli disse guardandolo, furiosa, negli occhi.

“Io non starò con lei…” Le accarezzò una guancia, non riuscì a scansarlo questa volte, le sue dita erano calde ed al contatto con il suo volto un brivido le percosse la schiena.

“Ho preso tempo solo per fare delle ricerche su Alice. Cosa sai di lei?”

Logan si andò a sedere sul divano. “Niente… non so nemmeno chi sono i genitori, o da quando è qui a Neptune. Non so che liceo ha frequentato… niente.”

“Appunto, proprio questo credevo. Sai almeno il suo cognome?” si sedette vicino a lui e mise una mano sulla gamba guardandolo dolcemente negli occhi. Lo amava, e avrebbe fatto di tutto pur di rimanere con lui, ma forse ciò non era possibile ma almeno ci doveva provare.

“Alice Mongomery.” Guardava il pavimento, ma i suoi occhi erano persi nel vuoto, la preoccupazione si era conquistata la sua mente ed il suo cuore. Veronica le accarezzò i capelli.

“Ora vado, devo andare a pagare una multa che il caro sceriffo Lamb… mi ha dato e… poi vado a casa e chiederò a papà di aiutarmi per questa storia… vengo domani mattina ok?” ormai era calma, la rabbia, la tristezza che aveva prima erano scomparsi. Non sentiva niente, o quasi. Cos’altro poteva fare se non cercare di scoprire chi in realtà fosse questa donna?

Logan si alzò dal divano e la raggiunse alla porta, gli passò la sua borsa “Ciao Veronica, per domani mattina è ok.” Stava per chiudere la porta dietro le spalle della ragazza quando questa blocco la porta e si slanciò verso di lui per dargli un bacio.

“A domani.” Disse uscendo nuovamente.

Uscì dal portone sorridendo, fiera di sé, soddisfatta di come aveva trattato Alice. Si fermò vicino al portiere “Come si chiama?” domandò sorridendogli.

“David signorina…”

“Arrivederci David, ci vediamo domani mattina!”

“Arrivederci…”

Salì in auto e partì per raggiungere la stazione di polizia, parcheggiò nell’aria di parcheggio riservata alle auto della polizia ed entrò nell’abitacolo.

“Veronica Mars…” la salutò lo sceriffo con la sua solita odiosa voce.

“Sceriffo Lamb… credevo mi stesse aspettando giù per la strada per fermarmi e mettermi un’altra multa!” scherzò Veronica dandogli una pacca sulla spalla per poi passargli la multa fatta da lui stesso. Quando la prese in mano la stracciò. “Che fai?” domandò incredula Veronica “Credevo che… oddio…. Credevo che fossi soddisfatto di essere riuscito a darmi una multa… e poi… la strappi?” disse come se stesse andando nel panico.

“Non sei cambiata per niente…” negò con la testa “Vedo che ti sei ripresa da quando ti ho fermato, eri in lacrime!”

Veronica sorrise “Non mi avrai tolto la multa solo perché ero in lacrime e quindi hai pensato che non potevi averla vinta così facilmente?”

“Esattamente… E poi se devo dirti la verità… da subito avevo intenzione di strappartela, sai volevo che avessi una scusa per venire qui così avrei potuto vederti di nuovo.” Disse ironico lo sceriffo.

“Oh… ti sono mancata proprio in questi cinque anni!”

“Esatto, guarda stavo pensando di venire nella città dove risiede il tuo campus e diventarne una guardia della sicurezza pur di starti sempre vicino.”

“Che dolce.” Rise un attimo e poi gli prese il mento tra le mani per poi lasciarlo “Allora visto che non ho da pagare nessuna multa… me ne vado… a presto Lamb!” si girò e si avviò verso l’auto.

Arrivò a casa quasi prima di cena, il padre era in ufficio con un cliente, bussò alla porta; Keith le diede il via libera per entrare, aprì la porta “Sono a casa…”

Un ragazzo stava seduto davanti alla scrivania probabilmente uno dei PCR quando si voltò lo riconobbe “Weevil!!” lui si alzò e Veronica andò ad abbracciarlo “Quanto tempo… come ti va la vita?”

“Bene…”

“Che ci fai qui?” domandò sorridendogli “Mah… niente… non so chi mi ha denunciato dicendo che gli ho rubato l’auto ma non sono stato io.”

“Ti cacci sempre nei casini eh?!” gli diede una pacca sulla spalla.

“Io l’aiuterò a scoprire chi è… e cosa vuole da lui!”

Veronica si voltò verso il padre “Che padre premuroso che ho!”

“Va bene, signor Mars ha tutto ciò che le occorre mi faccia sapere qualcosa…”

“Contaci.” I due si salutarono e quando Weevil uscì di casa la figlia guardò seria il padre “Qualcosa non va?” domandò lui un po’ preoccupato.

Lei sorrise a malapena “Devo fare delle ricerche su una ragazza.”

“Appena tornata dal college già ti rimetti al lavoro?” domandò ironicamente Keith.

“Mi dai una mano? Devo scoprire chi è in realtà Alice Mongomery.”

“L’ho sentita dire…” Keith andò dietro alla scrivania e digitò qualcosa sul suo computer, Veronica lo raggiunse. Aprì una pagina web trovata casualmente da Google.

“Alice Mongomery, la famosa modella di New York ha perso tutto, soldi e fama per non aver voluto indossare un abito ad una sfilata di Versace. Ora faccio una ricerca più dettagliata tesoro!” disse Keith sorseggiando un po’ del caffè che era rimasto dentro la tazza versatasi prima.

“Grazie, io cerco qualcosa nell’altro computer.” Veronica andò nell’altra stanza e cominciò le sue ricerche. L’articolo che aveva letto il padre era datato 25/07/2005, quindi aveva perso tutto quando lei ancora era ancora al liceo, l’ultimo anno per l’esattezza.

Cercò tutte le informazioni possibili su questa Alice.

Nata nel 17/04/1984, quindi era più grande di Logan. La sua carriera da modella cominciò quando lei aveva 16 anni ma aveva perso tutto per colpa di quella sfilata di Versace. Cercava qualcosa di più sostanzioso un qualcosa che la potesse incastrare per mandarla via dalla vita di Logan ma non trovava niente.

“Tesoro…” la chiamò il padre, Veronica corse subito da lui

“Trovato niente?” domandò impaziente.

“Alice Mongomery tre anni fa ha sposato un ricco imprenditore perché lei era incinta, o così diceva. L’imprenditore si chiamava Alexander Sorbis ed è morto poco dopo il matrimonio, nel testamento c’era scritto che lasciava tutto alla sua consorte Alice Mongomery…” disse lui leggendo dal monitor.

“Quindi ha un figlio?” domandò lei un po’ preoccupata.

“Vediamo…” scrisse al computer il cognome Sorbis “Nati nel 2007” attese che si caricasse la pagina “Niente…”

“Prova nel 2008 e se non trovi niente, prova con il cognome della madre.”

“D’accordo…” Keith fece ciò che gli era stato detto ma di quel presunto figlio nemmeno l’ombra.

“Com’è morto Alexander?” Il padre la guardò.

“Omicidio… gli hanno sparato… ma non hanno mai trovato il colpevole.” Veronica sorrise.

“Chissà, io ho una qualche idea.”

“Ma perché ti interessi tanto di questa Alice?”

Veronica si sedette davanti al padre “Logan è stato con questa Alice Mongomery… un mese fa l’ha lasciata. Ora lei è tornata dicendo che è incinta e che devono sposarsi.”

“Logan è stato con un’altra?” domandò il padre un po’ incredulo.

“Sì… ma non ti preoccupare gli ho dato io il via libera, cioè gli ho detto che se in questi anni avrebbe incontrato una ragazza che gli piaceva poteva mettersi assieme a lei, tanto noi eravamo lontani, non sapevamo nemmeno se al ritorno ci saremmo ritrovati.” Spiegò lei calma. “Secondo me Alice non è incinta.”

“Qualcosa mi dice che nemmeno a me…”

Veronica prese il cellulare “Chiedi ad Alice di fare un test di maternità con te presente, ma non i test di gravidanza che si comprano in farmacia… all’ospedale. Credo che Alice non sia incinta.” Inviò il messaggio a Logan sperando che nel leggerlo avesse tirato un sospiro di sollievo.

 

Fine terzo capitolo

 

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Capitolo 4
*** Arrest ***


Risposte ai commenti:

Cry90: Spero che continuerà a piacerti anche in futuro... ma sono sicura che dopo questo capitolo esulterai :D

KIARA: Grazie mille... noto con piacere che sono riuscita a fare stare Alice sul bip a tutti *-* Sono riuscita nel mio intento :D

jackie: Basta con l'ansia ecco il 4° capitolo :P Ad ogni modo... io credo che le fic siano la cosa più bella del mondo *_* Posso prendere le mie serie preferite e farci quello che voglio :P

MiaBalck: Mhmhmh...uh vabbè... povera Alice comunque ;_; Intanto io ho scritto 10 capitoli x°D Quindi non credete che sia tanto corta. Alice tormenterà i nostri amori (LoVe) per tutta, o quasi la fiction ;) FORSE!!! xD

Grazie a tutti e continuate a recensire se no non posto più i capitoli eh?! è_é''' XD

 

Arrest

 

La luce del sole fece capolino dalla finestra della sua camera, ce l’aveva puntata addosso, si girò dall’altra parte per cercare di dormire ancora un po’ ma non riuscì più ad addormentarsi. Lentamente si alzò faticosamente dal letto e andò in bagno per lavarsi.

“Veronica in piedi…” urlò il padre credendo che dormisse ancora.

“Sì, sì…” rispose con voce del tutto assonnata. La sera prima era stata per molto tempo a fare ricerche su Mongomery. Arrivò in cucina ed appoggiò una mano al tavolo per aiutarsi a sedere.

“Allora tesoro… vai da Logan stamattina?”

“Come d’accordo.” Rispose lei incrociando le braccia sul tavolo ed appoggiandosi sopra la testa per cercare di dormire ancora un po’.

“Dai… fa colazione e poi vai…”

“Mh…” si alzò e cominciò a mangiare il bacon che il padre le aveva messo sotto gli occhi, quando bussarono alla porta. Il padre andò ad aprire e si stropicciò gli occhi quando vide davanti a sé lo sceriffo Lamb.
“Che ci fai qui?” domandò Keith toccandogli una spalla per vedere se non stesse sognando.

Senza rispondere alla domanda entrò in casa “Alzati Veronica.”

“Che ho fatto?” domandò lei ancora insonne.

“Sei in arresto. Tutto quello che dirai potrà essere usato contro di te.” Lei si alzò in piedi, non capiva cosa fosse successo, cos’era successo? Perché la volevano portare in prigione? Che aveva fatto?

Lo sceriffo Lamb la voltò per metterle le manette ma lei si scostò “Non servono, vengo comunque…”

“Ehy… cos’ha fatto?” domandò Keith mettendosi in mezzo.

“In centrale parleremo se vuoi venire vieni pure, tanto so che faresti quello che vuoi.” Lamb teneva Veronica sotto braccio e l’accompagnò fino all’auto della polizia dove vi entrò anche Keith.

“Perché sei salito anche te?” domandò Lamb voltandosi verso di lui.

“Perché sprecare la benzina della mia macchina se qui c’è un posto libero?” rispose a sua volta mentre Veronica cominciò a ridere sotto i baffi, era incredula per ciò che stava succedendo ma le battute del padre erano troppo spassose.

Arrivarono in centrale e Lamb accompagnò i due in una stanza, quella per gli interrogatori “Allora sceriffo… cosa avrei fatto per meritarmi questo arresto?”

Le passò una foto, Veronica guardandola sgranò gli occhi “La conosci Veronica?” domandò lui guardandola dritta negli occhi.

Lei lo guardò incredulo “Alice Mongomery.” Disse deglutendo.

“Esatto, è stata trovata morta in un vicolo vicino a casa sua.”

“A che ora?” domandò Keith.

“Il corpo è stato rinvenuto alle nove di sera ma la sua uccisione, sarà avvenuta un’ora prima dal ritrovamento del cadavere.” Spiegò lui leggendo la cartella che aveva sotto gli occhi.

“E perché arresti me?” chiese Veronica un po’ confusa. Lei alle otto era a casa con il padre, a fare delle ricerche proprio su di lei.

“Un testimone… Morgan Frederick ha detto di aver visto Veronica Mars accoltellare quella donna.” Rispose lui serio più che mai.

“Impossibile, a quell’ora Veronica era a casa con me.” Esclamò il padre.

“Nessun altro può confermarlo?” domandò lo sceriffo scrivendo nel provvisorio verbale dell’interrogatorio.

“Weevil Navarro, quando sono tornata a casa erano le sette e mezza e Weevil era nello studio con papà.”

“Bene… grazie per essere stati qui… potete… andare.” Disse lui stringendo la mano a Keith per poi dare una pacca sulla spalla alla figlia.

“Arrivederci.” Salutarono in coro.

“Veronica aspetta, ti devo parlare resta, tu Keith attendila fuori.”

“Va bene.” Il padre di Veronica uscì mentre lei rimase lì dentro ad ascoltare ciò che le stava per dire.

“So Veronica che non sei stata tu ad uccidere Alice Mongomery, non uccideresti nessuno. Ormai ti conosco… ma… come conoscevi quella donna?”

Guardò un attimo a terra e titubante rispose “Alice è andata con Logan, il mio ragazzo, quando ero al college, e… ieri ha annunciato di essere incinta e che Logan doveva sposarla!” rispose con assoluta sincerità.

Lamb la guardò negli occhi “Indagherò su Logan Echolls, Veronica.”

“Lo sospettavo. Ma non credo che sia stato lui, bisognerebbe chiedere al portiere se sia uscito.”

“Ha un portiere?”

“Sì, si chiama David. Lui saprà se è uscito o no, a casa sua c’è solo un’uscita e lui rimane fino alle nove di sera, dopo di che arriva un altro portiere a fare la notte.”

“E come lo sai?”

“Ci sono appesi gli orari.” Sorrise. “Vai da Logan ora?” domandò poi curiosa.

“Certo…” rispose lui guardandola dubbioso.

“Bene… così mi dai un passaggio ci devo andare anche io! Sono in ritardo!” gli diede una pacca sulla spalla ed uscirono dalla stanza assieme.

“Papà vado da Logan insieme allo sceriffo Lamb. Tu vai a casa?” domandò al padre appena uscita.

“Sì… a dopo. Mi raccomando Lamb… portamela sana e salva a casa.” Scherzò lui poi.

“Non preoccuparti Keith. Andiamo Veronica… ma perché ti devo fare da balia?” si domandò poi tra sé e sé.

“Non mi fai da balia. Non sei contento di poter passare con me tutto questo tempo? Di la verità che quando hai parlato con il testimone oculare sei stato super contento perché mi saresti venuto a prendere!” scherzò lei salendo in auto.

“Da morire…” rispose lui senza entusiasmo.

 

Lo sceriffo suonò più volte il campanello ma nessuno venne ad aprire, se continuava a non aprire sarebbero caduti i sospetti su di lui, però… David aveva detto che Logan non era uscito.

“Chi è?” domandò assonnato aprendo la porta, ancora stava dormendo ecco perché ci aveva messo tanto ad aprire, la prima scampanellata non l’aveva svegliato.

“Sceriffo Lamb…” disse lui facendogli vedere lo stemma.

“Che vuole?” domandò lui guardandolo un po’ male.

“Che cosa ha fatto ieri sera?” domandò lui arrivando al punto.

“Ieri sera, alle… dopo che Veronica è andata via è venuto qui Dick e abbiamo giocato con l’X-BOX.”

David aveva detto anche questo, gli sorrise lui contraccambio e la salutò labbialmente lanciandole un bacio.

“Lo sai che Alice Mongomery è morta?”

“Morta?? Davvero?” Veronica annuì con la testa. “Posso chiederle una cosa sceriffo?”

“Dimmi.”

“Era incinta?” chiese lui, è vero a lei gli era passato di testa a chiederlo. Era incinta o no? Secondo lei era tutta una balla.

“No… dall’autopsia non era incinta. O almeno così è stato scritto dalla prima autopsia, ne dovranno fare un’altra più approfondita, ma non doveva esserlo.”

“Lo sapevo.” Disse Veronica sorridendo.

 

Fine quarto capitolo

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Capitolo 5
*** Guilt Senses ***


Risposte ai commenti:

MiaBalck: Farti entrare nella storia.... ci penserò ^o^ :P 

jackie: Ringraziarmi per cosa? O_o ^^'''

KIARA: ho detto forse li tormenterà... chissà :P ;) 

Veronicas: Mh... rispondo alle tue domande... 1) Come sopra... ho detto forse li tormenterà... l'ho scritto per farvi stare un po' in ansia hahaha 2) Mi sa che ti confondi con la fiction Di Nuovo perchè in questa... non c'è Lily °_° 

LoVe: Ahahha aggiorno la fiction il mercoldì e la domenica, per cui dovrai attendere ;) Intanto leggi questo capitolo :D

 

Guilt Senses

 

Accarezzò i capelli di Logan dandogli un bacio in fronte, lo guardava con quei suoi occhi dolci, carichi di amore per lui. Era vero, gli aveva detto che tra loro era tutto finito per via di Alice, ma come poteva non provare più niente per lui? Come poteva abbandonarlo?

Ogni volta che guardava il suo volto capiva sempre più nettamente quanto gli volesse bene. Come poteva non pensare ad un futuro assieme a lui? L’aveva aspettata, se così si può dire, per cinque anni. Ha atteso il suo ritorno, avevano fatto un patto.

 

“Allora parti davvero.”

“Già…” lo baciò appoggiando la sua mano sulla sua guancia.

“Ci vedremo?” domandò lui cingendo la sua vita.

“No… ma quando tornerò, sarai la prima persona che vedrò!” Le lacrime cominciarono a rigarle il volto involontariamente, voleva andare al college ma al solo pensiero di non poterlo vedere per cinque anni la faceva stare male, ma d’altro canto se l’avesse visto mentre frequentava il college sarebbe tornata da lui abbandonando tutto. “In questi cinque anni… ci sentiremo via e-mail e telefono. Se mi venissi a trovare… vorrei stare sempre con te… e… non posso.”

Logan le sorrise e appoggiò delicatamente le sue labbra su quelle di Veronica “Lo capisco. E’ volata questa estate eh?!” le asciugò le lacrime con il pollice e continuò a sorriderle.

“Assolutamente… avrei voluto che durasse di più.”

“Anche io.” La bacia nuovamente “Ora è meglio che vai. Ci sentiamo presto.”

Veronica si allontanò da lui ma prima di salire nell’auto che l’avrebbe accompagnata fino al college si voltò e lo guardò sorridendogli.

Si stavano salutando, ma questo non era un addio era solo un arrivederci, perché lei sarebbe tornata ed il loro amore sarebbe stato più forte di quello che c’era prima.

 

“Veronica… io sono un cretino.” Ammise Logan affondando la testa nei capelli della ragazza che si prendeva sempre cura di lui nei momenti difficili.

“Shh… non sei un cretino. Non devi sentirti in colpa per essere stato con una ragazza che poi è morta.” Disse lei cercando di tranquillizzarlo.

“Non è che muori pure te?”

“Facciamo le corna Logan… non portarmi iella.” Rispose ironica Veronica ridendo, lui sorrise, finalmente sorrise e le venne in mente Lilly, la sua cara amica uccisa da un attore famoso.

“Resti con me questa notte?”

“Tutte le notti che vorrai.” Gli diede un altro bacio sulla fronte per poi spostarsi sulle labbra “Starò con te sempre.” Si scostò un po’ da lui, ma quando si stava per alzare lui la bloccò.

“Dove vai?” chiese lui cupo.

“A chiamare mio padre dicendogli che rimarrò con te stanotte, si preoccuperebbe se no!” Logan lasciò la presa e lei raggiunse il telefono, andò al piano di sopra a parlare, gli disse che sarebbe rimasta dal suo ragazzo.

“Senti papà… fa delle ricerche su chi potesse avercela con Alice, o qualcosa del genere… Grazie!” chiuse la telefonata e tornò al piano di sotto, trovò Logan con una bottiglia di scotch in bocca, incrociò le braccia e lo guardò da lontano.

Piangeva, credeva fosse colpa sua. Pensava che Alice fosse morta per colpa sua, ma ciò non era vero. Lui non c’entrava niente; di questo ne era pienamente convinta.

“Ora basta Logan.” Enunciò portandogli via la bottiglia, ne aveva bevuta già metà.

“Mi sento in colpa per Alice.” Logan era esaurito da questa storia, gli occhi lucidi di Veronica lo portarono un attimo alla realtà “Io ti amo Veronica. Mi dispiace di essere andato con lei.”

Lei gli sorrise e senza aprire bocca gli sfiorò le labbra con le sue “Logan… Alice era un’assassina, ha sposato un ricco imprenditore dicendo di essere incinta e poi… l’ha ucciso prendendosi tutta l’eredità, e del figlio nemmeno l’ombra.” Spiegò lei accarezzandogli una guancia. “L’omicida di questo imprenditore non è mai stato ritrovato, ma secondo me, se il mio sesto senso non sbaglia, è stato lei ad ucciderlo e voleva fare la stessa cosa con te. Alice è morta perché qualcuno ha saputo che è stata lei ad uccidere Alexander Sorbis.” Chiarì Veronica molto risolutamente, non sapeva se ciò che diceva fosse giusto, però doveva pur calmarlo, non riusciva a vederlo in quello stato.

 

Non aveva nessuna autorizzazione per farlo ma lei era andata comunque in quel vicolo dove era stata trovata morta per cercare qualche indizio, ma forse li avevano già portati via tutti.

Fece delle foto al posto non poteva rimanere tanto lì; quando lo sguardo si soffermò sul muro del vicolo, si avvicinò e scatto un’altra foto. Un’orma, di una scarpa, probabilmente era un indizio importante.

“Veronica… che ci fai qui?” Accidenti, l’avevano beccata, e per di più quello sceriffo stupido “Occulti le prove? Hai qualcosa da nascondere?”

“Guanti, macchina fotografica… No… sbagliato Lamb, cerco indizi.” Rispose voltandosi verso di lui.

“Non hai le autorizzazioni per stare qui.” Disse lui serio, a bassa voce ed avvicinandosi a lei.

“Oh… beh… tanto ho finito qui.” Veronica uscì dalla scena del crimine avviandosi verso la sua auto.

“Trovato niente?” domandò lui, era strano, non le rompeva, non le diceva niente, non la minacciava di portarla in prigione.

“Un’orma…” rispose lei bloccandosi e guardandolo negli occhi.

“Appena tornata e già vuoi risolvere un caso, perché non lasci fare a me? Credi che non sia abbastanza bravo?” guardò le sue scarpe e calciò un piccolo sasso per terra.

“Sono impaziente.” Rispose lei, lui si avvicinò ancora.

“Se sei così impaziente… dovresti entrare nella polizia.” La guardò, la scrutò. Veronica non capiva che avesse, le faceva quasi paura. Lo sceriffo le accarezzò una guancia.

“Che fai?” domandò lei cominciando a ridere, era strano, e non sopportava quella sua stranezza.

“Niente… ora vai, faccio finta di non averti visto qui.”

Veronica non rispose, salì in auto e partì. Lamb si guardò la mano, cosa aveva fatto? Perché l’aveva toccata, lui che toccava Veronica Mars? Era diventato per caso matto?

 

Aprì la porta di casa Echolls, Logan le aveva dato le chiavi. “Sono tornata.” Urlò non sapendo lui dove fosse. Al piano terra non era, così decise di salire al piano superiore. Entrò in camera sua e lo trovò disteso sul letto con gli occhi chiusi, chissà se stesse dormendo, gli accarezzò le labbra per poi sfiorarle con le sue, lui aprì gli occhi.

“Ti ho svegliato?” domandò sorridendogli dolcemente.

“No…”

Attaccò la batteria del suo computer portatile ad una presa elettrica e lo accese. Dalla borsa tirò fuori la macchina fotografica ed estrasse la memory card che infilò dentro un apposito lettore e guardò le foto fatte sulla scena del crimine.

Aprì photoshop e controllò l’orma “E’ un… se non mi sbaglio 42/43!” disse lei.

“Bene… cerchiamo la gente che ha un 42 o 43 e arrestiamoli tutti!” esclamò ironicamente lui un po’ seccato.

“La scarpa è una nike modello… vedo subito.” Entrò in internet e cercò una suola nike con lo stesso disegno, finalmente lo trovò “Modello 206/a”

Logan guardò un attimo il muro “A cosa stai pensando?” domandò Veronica, forse sapeva qualcosa.

“David l’altro giorno mi ha fatto vedere le sue nuove scarpe… erano proprio quelle. Forse…”

“Non vuol dire che ce l’abbia solo lui. Non facciamo ipotesi affrettate che poi potremmo peggiorare le cose.” Spiegò lei spegnendo il computer.

“Non fai altre ricerche?” chiese Logan un po’ dubbioso.

“No… ora voglio stare con te.” Si portò con il corpo sopra di Logan e cominciò a baciarlo. Lui le sorrise, finalmente aveva sorriso nuovamente, il sorriso che lei adorava tanto.

“Ce la faresti a non toccarmi per dieci minuti?” scherzò lui portando di nuovo in contatto le due bocche.

“Sono stata senza toccarti per cinque anni, ora fammi recuperare!” rispose lei baciandogli il collo.  

Fine quinto capitolo

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Capitolo 6
*** The Same Print ***


Risposte ai commenti:

 

Mia Balck: Beh potrei inserirti davvero! :P A Lamb non è successo assolutamente niente :D

mysticmoon: Grazie mille *-* Mi entusiasma sempre ricevere recensioni da te *_*

jackie: Mi dispiace non so da quanti capitoli sarà composta la fiction. Comunque ti pregherei di non scriverlo in una recensione, le recensioni servono per fare commenti positivi o negativi su una fanfic, quindi ti pregherei di non chiedermi più quanti capitoli ci sono. Se proprio lo vuoi fare mandami una e-mail :)

Grazie a tutti :D Buona lettura ;)

 

The Same Print

 

Camminava per le strade di Neptune, senza di lei la vita non era la stessa, ma mancava poco al suo ritorno, mancava solo un anno! 365 giorni, potrebbero sembrare un’eternità ma già erano trascorsi 1460 giorni senza poterla toccare o baciare.

Senza accorgersi andò a sbattere contro una ragazza “Ehy… stai attento cretino!”

“Almeno io non correvo.” L’aiutò ad alzarsi da terra. “Logan…”

“Alice…” Gli sorrise aveva un sorriso splendido, la voce era molto alta, avrebbe fatto bene a fare la cantante. Le ricambiò il sorriso.

“Piacere Alice…” le fece il baciamano, ogni momento era buono per sembrare educato ed un gentiluomo ad una ragazza.

 

Aprì velocemente gli occhi, gli venne in mente il loro primo incontro, ormai ci teneva a lei, certo, non quanto a Veronica, ma non ci sarebbe stato così a lungo se non le piacesse nemmeno un po’.

“Veronica… andiamo a fare un giro?” domandò lui baciandola dolcemente, lei ancora teneva gli occhi chiusi, si era svegliata da poco e non aveva ancora voglia di alzarsi da quel comodo letto.

“Come vuoi tu…” rispose aprendo leggermente gli occhi. Guardò il suo braccialetto “Hai visto? Lo metto! Mi piace da morire!”

“Ne sono contento.” Replicò lui senza alcun sentimento, si sentiva in colpa, troppo per i suoi gusti.

“Non è stata colpa tua.”

“Cosa?” Non capiva ciò gli avesse detto.

“La morte di Alice.”

“Lo so…” le accarezzò i capelli e cercò di sorridere. “Alziamoci, prepariamoci ed usciamo! Ti prometto che ti comprerò qualcosa.”

“Ti prego Logan comprami un cuscino con scritto ti amo tanto!” scherzò lei citando una vecchia frase della prima volta in cui stavano insieme.

 

Stava firmando delle carte, era nel suo ufficio e quando finì di lavorare le venne in mente lei, le sue battute, il suo sorriso. Chissà perché? Non riusciva a comprenderlo, perché le veniva in mente Veronica?

 

Finalmente erano mano nella mano, fuori, al centro commerciale. Scherzavano ridevano, si baciavano davanti agli altri come se esistessero solo loro al mondo.

“Guarda…” le indicò Logan.

“Cosa?” domandò lei non capendo.

“Quel negozio… vieni!” la trascinò dentro.

“Salve ragazzi, avete delle foto da sviluppare?” Un negozio di foto, chissà cosa avrebbe voluto fare. Logan si avvicinò alla commessa e gli porse una foto.

“Vorrei che faceste un cuscino a forma di cuore con questa foto, e sotto la foto ci potete scrivere Veronica ti amo tanto?” spiegò lui.

“Perfetto, tra tre ore sarà pronto! Cognome?”

“Echolls!”

Non ci poteva credere, Logan aveva davvero chiesto di fargli fare un cuscino, le stavano per venire le lacrime agli occhi.

“Oddio Logan sei pazzo.” Disse abbracciandolo e appoggiando le sue labbra sulle sue.

“Pazzo di te.”

“Mh… non male come risposta!” gli sorrise.

“Ragazzi, ragazzi datevi un po’ di contegno!” Si voltarono verso quella voce.

“Non ti stanchi mai di torturarmi Lamb?” domandò ironicamente lei.

“No… mi viene troppo naturale. Finalmente i due piccioncini sono tornati insieme.”

“Geloso sceriffo?” chiese Logan con il suo sorriso beffardo in volto.

“Ti piacerebbe?”

“Ok… ragazzi ora basta.” Prese la mano di Logan e lo trascinò via. “Che vi è preso?” domandò un po’ irritata.

“Gli piaci!” esclamò lui un po’ seccato.

“Chi piace a chi?” chiese lei scioccata.

“Tu piaci a Lamb.” Replicò Logan alzando gli occhi al cielo, possibile che era così tarda da non capirlo?

Veronica d’altro canto cominciò a ridere “Tu stai male!” continuò a ridere.

Lo sceriffo li guardava da lontano “Niente bambino!!!” urlò ai due ragazzi girando i tacchi ed andandosene.

“Non era incinta.” Sussurrò Logan “Mi stava prendendo in giro.” Voltò lo sguardo da un’altra parte.

“Logan… non facciamoci rovinare il pomeriggio da questa storia.” Pronunciò lei abbassando lo sguardo.

“Già…”

 

“Prego entra!” Weevil entrò nello studio, non avrebbe mai creduto di chiedere aiuto al padre di Veronica.

“Ha scoperto niente?” domandò lui sedendosi su di una sedia.

“Gli ho fatto ritirare la denuncia!” Keith sorrise e si mise dietro la scrivania, tirò fuori dal cassetto una cartella. “L’auto non è mai stata rubata, la teneva dentro il garage della sua seconda casa, forse qualcuno l’ha pagato per incastrarti Weevil.”

“Chi potrebbe mai volermi incastrare? Non faccio più parte dei PCR, continuo a lavorare in officina, qualcuno a cui ho messo a posto l’auto ed ha trovato il conto da pagare troppo alto?”

“Mh… conosci quest’auto?” Il signor Mars gli porse una foto dell’auto con targa ben in vista, Weevil la guardò attentamente.

“Non lo so… aspetta che sento.” Tirò fuori un cellulare e chiamò l’officina “Ciao… senti mi puoi fare un favore? Mi dici se ho aggiustato un’auto con questa targa: AL607LL? Grazie mille aspetto in linea. Sì… sono tutti in ordine alfabetico… Ok… Grazie. Ciao.” Chiuse lo sportello del telefono “Sì… l’ho aggiustata io quest’auto, aveva i freni e le pasticche consumate. Il signore a cui l’ho messa a posto si chiama Alan Torres ed il conto è venuto intorno ai 400 dollari.” Spiegò Navarro portandosi una mano sulla bocca.

“Beh… forse… voleva vendicarsi perché non gli sei piaciuto!” rispose lui.

“Mah… non mi interessa. Basta che ha ritirato la denuncia. Grazie mille per il suo aiuto signor Mars, quanto le devo?”

“Allora, costo della benzina che ho usato più per le foto che ho sviluppato…” Guardò i suoi appunti sulle spese della ricerca. “In tutto fanno… 50 dollari. Solo perché sei amico di mia figlia sia chiaro!” Scherzò lui dandogli una pacca sulla spalla.

Weevil gli sorrise e gli porse i soldi, gliene diede sessanta invece che cinquanta “Se mi fa pagare solo i costi che ha dovuto supportare non ci guadagna.”

“Grazie mille Weevil.”

“Arrivederci signor Mars.” Uscì dall’ufficio investigazione e salì sulla sua moto, non faceva più parte dei PCR ma non poteva non abbandonare quel suo gioiellino.

 

Entrarono in casa pieni di pacchi, erano passati a casa di Veronica perché lei gli aveva comprato un regalo.

“Veronica sei tu?” domandò Keith indaffarato.

“No solo il bobò occhi rossi!” scherzò lei affacciandosi nel suo ufficio “Che fai?”

“Archivio il caso di Weevil.” Rispose lui.

Veronica prese in mano una foto, quella dell’auto e notò che vicino ad essa c’era un’orma, dalla borsa tirò fuori la sua foto dell’impronta trovata nella scena del crimine, erano identiche.

“Papà… questo piede secondo te a che numero corrisponde?” chiese mostrandogli l’orma vicino all’auto.

“In proporzione alla macchina direi un 42/43!”

“Di chi è l’auto?”

“Di un certo Alan Torres! Perché?”

“Sono andata nella scena del crimine dell’omicidio di Alice ed ho trovato questa.” Gli porse la foto e la guardò “Da quanto si vede in queste foto le orme sono state prodotte dalla stessa sostanza, forse lui…”

“Centra qualcosa con l’omicidio!” continuò la frase il padre.

 

Fine 6 capitolo

 

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Capitolo 7
*** Questions for Morgan Frederick ***


Nota dell’Autrice: Ho l’impressione che alcuni non abbiano capito la differenza tra i paragrafi scritti in corsivo e i paragrafi scritti normalmente. Per evitare altre domande di questo genere ora spiegherò brevemente che differenza c’è.

I paragrafi che scrivo in corsivo sono i flashback o i sogni, per cui se leggerete un paragrafo in corsivo ricordatevi questa nota. Grazie per l’attenzione.

 

Risposte ai commenti:

mysticmoon: Grazie mille! Le scene con Lamb mi vengono sempre molto naturali, non so perchè. Oltre a scriverle sempre di getto mi diverto un mondo a farle.

jackie: Sì, il college l'ha finito, e potrai trovare una risposta a questa domanda, cioè il perchè ho scritto, nel quinto capitolo, che Veronica doveva andare al college nella nota dell'autrice in alto.

MiaBalck: Buone vacanze. Non preoccuparti per la fiction, la leggerai appena torni. ^_^  

Veronica Mars Investigations: Grazie mille! ^-^

 

Questions for Morgan Frederick

 

Logan entrò nell’ufficio di Keith e lo salutò garbatamente.

“Ciao Logan. Che ne dite, vi fermate qui a cena? Poi tu Veronica vai da lui?” domandò il padre un po’ imbarazzato, ma per non farlo notare teneva un sorriso da trentadue denti.

“Per la cena è ok.” Rispose il ragazzo andando in cucina, si sentiva un po’ in imbarazzo, sembrava avesse perso tutta la sua vitalità.

Si sedette su una sedia e dalla tasca tirò fuori una sigaretta, se la mise in bocca. Forse aveva sentito il discorso che i Mars stavano sostenendo nell’ufficio. Perché la vita di Veronica gira tutta attorno ad un caso? Se non seguisse un omicidio non starebbe, per caso, bene con sé stessa?

Tirò fuori anche un accendino, l’aveva comprato al centro commerciale con Veronica, l’aveva acquistato perché era molto strano, era a forma di cellulare e per di più era anche un orologio, e una specie di piccola torcia. Quando lo sia apriva per accendere la fiamma suonava e si accendeva la torcietta. La fiamma cambiava colore, passava dal bianco, all’azzurro, al verde e poi al rosa. Era talmente strana da essere carina.

Keith arrivò in cucina e prese una pentola dove poter cucinare “Che ne dite se faccio un po’ di… spaghetti?”

“Perfetto!” rispose Logan senza troppo entusiasmo, quel pomeriggio si era divertito con Veronica, era riuscito a ridere ad essere sarcastico ma ora… qualcosa lo bloccava. Tutta l’euforia che aveva avuto quel pomeriggio era come se fosse andata a quel paese.

Veronica era ancora in ufficio, dalla stanza accanto si poteva vagamente sentire la sua voce, chissà con chi parlava.

 

Weevil chiuse la chiamata salutandola gentilmente, gli aveva chiesto un favore, Veronica gli aveva appena chiesto di andare da un certo Morgan Frederick, non gli aveva detto gran che, solamente di andare da questo tipo e chiedergli perché avesse testimoniato contro Veronica.

Salutò con un bacio la nonna ed uscì di casa. Veronica gli aveva dato l’indirizzo di questo uomo, chissà chi si fosse ritrovato davanti.

Finalmente era arrivato davanti la sua abitazione, parcheggiò poco distante dal cancello, non si sa mai, forse sarebbe dovuto fuggire.

Aprì il piccolo cancello, proseguì fino alla porta e suonò al campanello, pochi secondi dopo un uomo di mezza età aprì la porta.

“Morgan Frederick?” domandò Weevil con la sua solita faccia seria da mettere paura.

“Sì, mi dica.”

“Potrei farle alcune domande?”

“E’ della polizia? Io ho già detto tutto a loro.”

“Sì, ho sentito… ha detto che ha visto uccidere Alice Mongomery da… Veronica Mars giusto?” gli sorrise flebilmente, sperando di mettergli paura e di farlo parlare.

“Esatto.”

Weevil fece un passo in avanti “Mi tolga una curiosità. Chi l’ha pagato per fare questa testimonianza?”

“Emh… nessuno!” stava titubando, non guardava più il ragazzo negli occhi “Ora devo andare… arrivederci!” Stava per chiudere la porta ma Weevil mise una mano avanti lasciandola aperta, le diede una spinta.

“Non le sto chiedendo niente, vorrei solo delle risposte perché sa… io a Veronica l’ho vista alle sette e mezza, a casa sua. Appena arrivata, è rimasta a casa con il padre per tutta la sera, quindi proprio non capisco come possa aver ucciso una ragazza. Quindi… la prego mi dica chi l’ha pagato, se no… non so cosa potrei fargli!” spiegò lui facendo una specie di smorfia.

Morgan sbuffò… “Entri…” Weevil fece ciò che gli era stato detto ma non sorpassò di molto la porta. “Non dica a nessuno ciò che gli sto per rivelare, per favore.”

“Mi dica. Non ho tutta la sera.”

“Mi ha pagato un certo Alex Prisom!” non lo guardava negli occhi, ma si vedeva che era sincero, stava sudando come pochi.

“Grazie mille. Arrivederci.” Gli strinse la mano ed uscì dalla porta. Una volta fuori tirò fuori il cellulare e scrisse un SMS.

 

“Logan… ho letto su un giornale che ti hanno preso per girare un film.” Disse Keith mettendosi in bocca un’altra forchettata di spaghetti.

“Ah sì… cominciamo a breve a New York.”

“Film poliziesco?” domandò Veronica sorridendogli.

“No… horror! Parla di un ragazzo, io, che viene perseguitato da un fantasma…”

“Verrò sicuramente a vederti alla prima.”

“Beh voi sarete invitati, come potrei non invitarvi?” rispose lui sorridendo. “Però parto per New York tra dieci mesi e starò via tre mesi come minimo.”

“Oh… riuscirò a vivere così tanto tempo senza di te?” si chiese sarcasticamente Veronica. Gli suonò il cellulare, le era appena arrivato un SMS, lo lesse.

“Chi è?” interrogò Logan curioso.

“Weevil, è riuscito a sapere chi ha pagato Morgan Frederick a testimoniare contro di me.” Spiegò lei seria.

“E chi è stato?” domandò Keith senza smettere di mangiare.

“Alex Prisom. Domani farò delle ricerche.”

“Perché rimandare a domani quello che puoi fare oggi?” si intromise Logan prendendole la mano.

“Ma io…” cercò di dire lei.

“Non preoccuparti, posso stare da solo a casa.”

“Sicuro? Se vuoi posso fare le ricerche anche a casa tua, non c’è problema!” disse lei un po’ preoccupata. Logan era stato a stretto contatto con Alice, forse qualcuno avrebbe voluto fare fuori pure lui. Certo, lui si sapeva difendere ma stare lontana da lui la faceva stare in ansia, cercava di farglielo capire guardandolo negli occhi.

“Se a tuo padre va bene…” rispose lui sospirando.

Keith Mars aveva capito il perché di tanto attaccamento a Logan, Veronica poteva stare lontano da lui per una notte, ma la sua preoccupazione non glielo permetteva.

“Va benissimo, se invece volete rimanere qui… c’è un divano. Sarebbe anche meglio, non si sa mai se…”

“No! Voglio tornare a casa mia.”

“D’accordo.” Disse Keith non del tutto convinto, ora era lui ad essere in ansia per la figlia.

 

“Ormai è da un po’ che usciamo insieme. Mi ha detto che hai una ragazza che è da quattro anni che non vedi e che… ti ha lasciato libero se vuoi stare con qualcun’altra. Però, sono sicura che quando tornerà tu tornerai da lei vero?” Alice era così sorridente. Si erano conosciuti per caso però stavano bene assieme, il tempo scorreva veloce, scherzava insieme.

“Esattamente. Io l’amo.”

“Quindi con me non ci stai provando, quindi questa è solo un’amicizia. Peccato, speravo qualcosa di più.” Non aveva nemmeno peli sulla lingua.

Logan le strinse una mano “Non voglio mentirti.” Si avvicinò a lei e la baciò “Se vuoi una relazione non seria, io sono qui. Non voglio illuderti inutilmente, quindi…”

“Hai messo le cose in chiaro, hai fatto bene. E… no… non voglio una relazione seria. Devo essere sincera. Tu mi piaci, mi attrai sto bene con te, ma mi sono lasciata da poco con un ragazzo quindi… non voglio assolutamente una relazione seria.” Lui le sorrise e la ribaciò.

“Ne sono contento, perché… non vorrei farmi scappare un bocconcino come te.” Non sapeva se dirlo a Veronica, forse l’avrebbe presa male, però stare con lei lo faceva sentire libero. Non gli sembrava di essere legato ad una ragazza che se ne era andata per andare al college.

“Ed io non vorrei farmi scappare un bel ragazzo come te.” Rispose lei staccandosi di pochi centimetri da lui. Era la quinta volta che si vedevano, le altre volte erano andati a cena fuori ma oggi lui l’aveva invitata da lui e le aveva perfino cucinato. Stavano seduti sul divano a baciarsi ma a lei ormai non le bastava più. Lui l’attraeva e non solo come persona, dalla prima volta che gli era andata addosso avrebbe voluto saltargli addosso e spogliarlo sentendo il suo corpo nudo a contatto con il suo. Gli salì sopra a cavalcioni e si abbassò le spalline del vestito che aveva indossato quella sera.

“Non perdi tempo eh?!” disse sarcastico lui.

“Perché dovrei?” rispose Alice appoggiando nuovamente le sue labbra sulla bocca calda di Logan.

 

“Logan?! Ci sei?” domandò Veronica portandogli una mano davanti al suo viso.

“Sì… scusa.” Rispose lui scuotendo la testa come per rinsavire. Perché le veniva in mente lei? Ah già, ogni persona con cui è stato o sta finirà con il venire ucciso. Qualcuno per caso gli avrà fatto una maledizione?

“Logan… lo so che ti senti in colpa per Alice, però… non riesco a vederti così.” Veronica prese una busta del centro commerciale e gli mise davanti il cuscino che le aveva comprato. “Ricordi?”

Lui le sorrise “Potrei mai dimenticarmi?”

“Allora non stare così, non è stata colpa tua. Probabilmente un amico ha capito che è stata Alice ad uccidere Alexander e… si è voluto vendicare. Tu non c’entri assolutamente niente.” Gli dichiarò lei cercando, ancora una volta, di calmarlo.

Logan accarezzò quel cuscino “Bello eh?!”

“Da morire.” Lei lo abbracciò “Sembro una bambina.” Cominciò a ridere seduta nel suo letto dove, davanti a lei si trovava la persona che amava il più profondamente possibile.

Lui gli accarezzò i capelli “Sei la persona più importante per me.”

 

Fine settimo capitolo

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Capitolo 8
*** Indications Serve Us ***


Nuova pagina 1

Indications Serve Us

 

Il cellulare cominciò a squillargli, era un numero privato; titubante rispose.

“P-pronto?”

“Sai che per quello che hai fatto dovremmo ucciderti?” una voce fredda ed impassibile, che probabilmente era anche stata modificata da qualche apparecchio da cui parlò.

Morgan gettò sul divano il telefono e cominciò ad indietreggiare di qualche passo, non sapeva cosa fare. Sentì una finestra rompersi e pensò al peggio.

“Lo sai… non dovevi farci questo.” Un uomo, mentre stava parlando, percorse il corridoio di quella casa fino ad arrivare alle spalle dell’uomo che aveva fatto la spia.

“Vi prego… no…” disse prima di ricevere un colpo alla testa, tanto forte da fargli perdere i sensi.

L’uomo era completamente vestito di nero, per non farsi vedere in volto aveva messo una maschera e portava guanti di pelle. Tirò fuori una sigaretta dal suo pacchetto, la inserì dentro un bocchino e cominciò a fumarla. Prese la bottiglia di scotch che stava bevendo l’uomo e ne verso il contenuto sul divano. Prese per le spalle Morgan e lo fece sedere. “Non volevamo arrivare fino a questo punto.” Disse inalando il fumo.

Quando la sigaretta stava per finire si allontanò e la lanciò sul divano che cominciò a prendere fuoco per poi avviarsi da dove era venuto.

 

Un altro giorno era arrivato, Veronica guidava la sua auto per andare a trovare il padre che si era preso il compito di sapere chi fosse quell’Alex Prisom.

Parcheggiò distrattamente l’auto ed entrò in casa “Sono io!” urlò andando nello studio.

“Ciao tesoro.” Le passò un fascicolo “Lì, ho messo tutto ciò che ho trovato di quell’uomo.”

“Grazie.” Si sedette sul divano, appoggiò la sua borsa verde e cominciò a leggere.

Nella prima pagina c’era il suo albero genealogico e qualcosa la colpì…. “Cugino di Alexander Sorbis.” Sussurrò. Voltò pagina e nella successiva vi era una foto di questo Alex e di David. Il custode del palazzo di Logan. Veronica tornò indietro e guardò nuovamente l’albero genealogico. “Il portiere è il fratello di Alex Prisom.” Si alzò frettolosamente dal divano. “Papà devo andare…” gli disse agitata.

“Ehy… scoperto qualcosa?” domandò lui bloccandola per i bracci.

“Il portiere di casa di Logan è il fratello di Alex Prisom non che cugino di primo grado di Alexander Sorbis. Lui, secondo me, dava tutti gli spostamenti al fratello e Alex ha ucciso Alice perché sanno che è stata lei ad uccidere Alexander.” Spiegò agitata.

“Mh… vallo a dire a Lamb.”

Fece una risata isterica “Certo! Come no?! Sono sicura che andrà ad arrestarli!” rispose sarcastica.

“Ma servono indizi per incastrarli, e poi… non puoi fare tutto da sola. Possono farti del male!!” esclamò il padre scuotendola un po’. “Non fare sempre di testa tua!!”

Veronica lo scansò “Ok… vado da Logan ora.”

Uscì di casa e partì. Vide Lamb a sirene spiegate andare verso la centrale.

“Ma che…?” si domandò lei, lo seguì con lo specchietto retrovisore, fece un inversione ad U e lo seguì in centrale. Parcheggiò e si avvio da Lamb.

“Che succede?” domandò prendendolo per un braccio.

“Non sono affari che ti riguardano Veronica.” Rispose lui serio.

“Bene… io invece ho qualcosa per te.” Sperava che per una volta l’avrebbe ascoltata, che avrebbe seguito i suoi consigli, lui non sapeva dove mettere le mani. Non lo sapeva mai. Non era capace a fare lo sceriffo.

“Vieni nel mio ufficio.” La condusse nella sua postazione di lavoro. “Allora cos’hai per me? Un regalo per caso?” chiese sarcastico.

Veronica lo guardò serio “Meglio… Alex Prisom ha pagato Morgan Frederick per farlo testimoniare contro di me.”

“Mh… ok, quindi?”

“Il portiere di casa di Logan si chiama David, David Prisom, è il fratello di Alex Prisom, e loro sono cugini di primo grado di Alexander Sorbis.”

“Dovrebbe dirmi qualcosa questo?” interrogò Lamb sedendosi sulla sua sedia di pelle.

“Alexander Sorbis sposò Alice Mongomery perché era rimasta incinta, alla fine però non lo era veramente. E… poco dopo il matrimonio Alexander morì, non si seppe mai chi fu l’assassino… ma… forse loro hanno trovato degli indizi schiaccianti su Alice Mongomery, anche io credo sia stata lei ad uccidere Alexander.” Spiegò Veronica sedendosi anch’essa e tirando fuori dalla borsa il fascicolo dato in precedenza dal padre.

“Vorresti dirmi che quei due si sono fatti giustizia da soli? Ne hai le prove?”

“No… se no non sarei venuta da te.”

“Lo sai che se ti sbagliassi potresti finire male?”

“Non mi sbaglio… ne sono sicura. Ti ricordi quando mi hai trovato sulla scena del crimine di Alice?”

“Certo, come potrei dimenticarmi?” rispose lui voltando lo sguardo verso la finestra, un po’ scocciato.

“Ho trovato quest’orma… e Logan mi ha detto che questo tipo di scarpe ce l’ha David, il portiere. In più… ho trovato la stessa orma qui.” Gli porse la foto scattata dal padre per il caso di Weevil. “Però… quest’auto è di un certo Alan Torres.” Continuò a spiegare. “L’indirizzo dove è stata scattata questa foto è: Green Apple, 15 e… guarda un po’… David e Alan sono vicini di casa!” disse Veronica come se fosse una coincidenza.

Lamb sospirò “Ha scoperto più cose lei da sola che io e la mia squadra, sono così incapace come sceriffo?” pensò lui guardando da un’altra parte. “Indagheremo Veronica.” Rispose indicandole dove si trovava la porta.

 

“Forse sarebbe meglio se non ci vedessimo più!” vide scorrere dagli occhi della ragazza lacrime salate.

“Ma ti amo…” gli disse lei coprendosi il viso.

“Ma lo sapevi fin dall’inizio Alice.”

“Io… non lo accetto. Tu mi ami, ma non l’hai ancora capito, ma vedrai che ti legherò a me…” lo minacciò lei andandosene da quella casa sbattendo la porta.

Logan si buttò a peso morto sul divano e guardò il cellulare, il suo SMS più importante. “Torno tra un mese! Non vedo l’ora di poter vederti di nuovo. Ti amo!” nelle sue lettere, e-mail o chiamate non l’aveva mai scritto o detto. Ora sì, l’aveva scritto e tutti i sentimenti che aveva il dubbio di provare per Alice se ne erano andati. Lui amava Veronica, come aveva fatto a credere che forse l’avesse dimenticata e che ora amasse Alice? Non poteva crederci.

Un sorriso si fece largo nella sua bocca, sarebbe tornata, l’avrebbe potuta baciare di nuovo.

 

Veronica parcheggiò ed attraversò il vialetto che portava al portone, guardò distrattamente David “Salve…” lo salutò garbatamente.

“Bentornata signorina Mars.” Rispose lui.

Lei si avvicinò alla sua postazione “Ha sentito di Alice, poverina.”

“Sì ho sentito… ma da quello che ho sentito su di lei…” rispose lui che dopo aver capito quello che stava per dire cominciò a maledirsi mentalmente.

“Cosa si diceva?” chiese lei dubbiosa, o almeno cercando di farla sembrare tale.

“Beh… che ha ucciso il marito…” rispose lui quasi sussurrandolo.

“Oddio, davvero? Ma era sposata?”

“Sì… così ho sentito, non so se queste voci sono fondate o meno… comunque.”

Veronica sorrise “E… con chi era sposata?”

“Alexander Sorbis.” Rispose lui.

“Ma come fa a sapere queste cose?”

“Sa… un portiere ne sente tante.” Uscì dal suo “fortino”, Veronica guardò le sue scarpe, erano proprio come nell’orma della foto, tirò fuori il cellulare.

“Scusi, devo mandare un SMS…” disse, ma così non fece, scattò due foto, una nella quale ritraeva il modello e l’altra dell’orma lasciata dalla suola. Sembrava essere la stessa sostanza rinvenuta nella scena del crimine.

“Le sue scarpe sono molto sporche!” esclamò Veronica “Perché non le pulisce?”

“Ah… già, le avevo prestate a mio fratello… e non ho avuto il tempo di farlo.”

Certo che avrebbe potuto pulirle, possibile che sia così stupido?” si domandò “Beh… meglio così…”

“Ora mi scusi David ma raggiungo Logan.”

“D’accordo… arrivederci.”

David si allontanò dalla sua postazione per andare a portare un pacco ad una famiglia che abitava lì, Veronica si chinò per terra e raccolse un po’ dello sporco dell’orma lasciata da David che imbustò accuratamente dentro una busta di plastica.

Entrò dentro il portone e suonò il campanello del suo ragazzo, mise una mano dentro la borsa per poi tirarla subito fuori.

Logan le venne ad aprire lei entrò e subito l’abbracciò.

“Cos’è tutta questa euforia?” domandò lui dandole un bacio.

“Abbiamo le prove. So chi è stato ad uccidere Alice. Le devo solo portare allo sceriffo Lamb.” Gli bisbigliò nell’orecchio, non si sa mai se David stesse ad ascoltare le loro conversazioni, fidarsi e bene, non fidarsi è meglio.

 

Fine ottavo capitolo

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Capitolo 9
*** Who Despises, Buys ***


Risposte ai commenti:

mysticmoon: grazie mille!! :)

Mac: Grazie, eh si Lamb si è dovuto accorgere di quanto sia incapace :P

KIARA5: Buone vacanze!! Non posso anticipare niente su chi sia stato l'assassino. Logan si sente in colpa, non per niente il capitolo di mercoldì si intitolava "Sensi di colpa" ;)

Juliet: Grazie mille per questa recensioni. In ogni capitolo cerco di mantenere i caratteri dei personaggi più simili possibili al telefilm, e per il caso... sì, incasino ben benino :P Spero che la fanfiction ti continuerà a piacere fino alla fine. 

Buona lettura e grazie per tutte le recensioni!

 

Who Despises, Buys

 

“Abbiamo le prove. So chi è stato ad uccidere Alice. Le devo solo portare allo sceriffo Lamb.” Gli bisbigliò nell’orecchio, non si sa mai se David stesse ad ascoltare le loro conversazioni, fidarsi e bene, non fidarsi è meglio.

“Ah… capisco!” fu molto vago, si andò a sedere sul divano e si girò da un’altra parte.

“Che hai Logan?” domandò Veronica sedendosi affianco a lui e prendendogli una mano tra la sua.

“Mi sento in colpa, non so perché ma non ce la faccio più, posso far finta di niente, posso stare con te e comprarti cuscini i forma di cuore con la nostra foto… ma questo non cambia, il mio senso di colpa verso Alice resta e non se ne vuole andare…” cominciò a parlare a raffica guardandola, con gli occhi lucidi, con un dolore immenso nel cuore, era sincero e questo la faceva stare ancora peggio.

“Vuoi lasciarmi…” concluse Veronica la frase.

“Lo sai, ti amo… ma…” gli mise un dito sopra le labbra.

“Lo so… non dire altro.” Gli sorrise, o almeno, cercò di farlo. Si alzò in piedi e andò verso l’attaccapanni dove aveva appoggiato la borsa ed uscì dal quella casa dove aveva passato più di una notte da quando era tornata. Senza voltarsi chiuse lentamente la porta e si accucciò a terra a piangere, perché doveva andare sempre così? Perché dovevano sempre lasciarsi? Perché non potevano avere una relazione tranquilla come ce l’hanno tanti altri ragazzi? Perché?

“Signorina Mars… che le succede? Sta bene?” domandò David avvicinandosi a lei.

“Sì… sì… sto bene… devo andare.” Si alzò di scatto in piedi e corse fuori da quel palazzo.

 

Entrò in quella stazione di polizia dove, ormai, passava il più del tempo. Aveva finalmente le prove per incastrare l’assassino di Alice e ne doveva parlare con lo sceriffo. Vero che Logan l’aveva lasciata ma lei non lasciava niente a metà, ormai aveva cominciato ad indagare su questo caso e l’avrebbe portato a termine.

“Che vuoi Veronica?” domandò Lamb vedendola arrivare di corsa.

“Ho le prove!” esclamò prendendolo per un polso e trascinandolo nel suo ufficio.

“Quali?” domandò lui dopo essere stato lasciato da quella stretta e massaggiandosi il polsi.

Veronica prese il cellulare e gli fece vedere le foto che aveva fatto, poi prese il sacchetto di plastica e glielo porse.

“E brava Veronica.” Disse lo sceriffo.

“Grazie! Lo so sono un mito!” scherzò lei.

“Che ti è successo?”

“Cosa?” non capiva che cosa le avesse chiesto? In che senso che le era successo? Aveva trovato risposta ad un caso di omicidio cosa dovrebbe essere successo?

“Hai pianto…” spiegò lui mettendo in ordine delle carte.

Se n’era accorto, chissà come faceva ma soprattutto, cosa gliene importava? Non sapeva cosa rispondergli.

“Cosa te ne importa?” disse infine un po’ imbarazzata.

“Me ne importa…” rispose lui sincero come non mai.

“Wow… Lamb il cinico ha detto che gliene importa di me! Allora se mi uccideranno aprirai le indagini sulla mia morte? Wow… figo!” pronunciò sarcastica.

“Non scherzare Veronica…”

“Ok… vai ad analizzare quello sporco che ho raccolto per terra e poi andrai ad arrestare David e Alex oppure stiamo tutto il giorno qui a non fare niente?” chiese lei un po’ alterata, guarda adesso come se ne doveva uscire.

Lamb la raggiunse e le accarezzò un braccio “Che fai?” domandò lei allontanandosi da lui.

“Quando le cose ti interessano li capti subito gli indizi, perché adesso no?” domandò lui avvicinandosi nuovamente a lei “Non avere paura, sono Lamb… non un mostro.” Le sorrise a mezza bocca.

“Ed io Veronica Mars, quella che interferisce sempre con le indagini, tu mi odi!”

“Chi disprezza compra… non lo sapevi?” Lamb si avvicinava sempre di più a lei, avvicinava la sua bocca a quella di Veronica, lei era rimasta paralizzata. Non credeva che lo sceriffo Lamb, la persona che la odiava più di tutti un giorno si sarebbe dichiarato, a modo suo, e l’avrebbe baciata.

Veronica gli appoggiò una mano sul petto “Lamb… non fare fesserie dai.” Gli sorrise.

“Ok… scusami.” Si allontanò da lei e le porse nuovamente le sue prove. “Prenditele… l’hai prese illegalmente, non ci faccio niente!” disse serio, e diciamo la verità anche offeso nell’orgoglio.

“Se ti avessi baciato però l’avresti accettate vero?” gli strappò la busta dalle sue mani e lo guardò male “Grazie.” Uscì anche da lì. Dove poteva andare ora? Ma certo a casa! Aveva pur sempre una casa no?!

Salì in auto ma il cellulare cominciò a squillarle “Pronto?”

“Ciao Veronica… come stai?” domandò la persona dall’altro capo del telefono.

“Allora… Wallace da dove cominciamo? Mh… ah sì, beh Alice aveva detto di dover sposare Logan, ma poi indovina un po’?”

“Dai non farmi indovinare dimmelo tu!”

“L’hanno uccisa. E Logan… straziato dai sensi di colpa… mi ha lasciato, oggi…” spiegò un po’ triste.

“Mi dispiace Veronica… ma lui ti ama, è scemo o cosa?”

“E’ pazzo…” spiegò calma lei. “Ma comunque… sono andata da Lamb a dargli delle cose… e lui cosa fa? Ha tentato di baciarmi! Ma ti rendi conto? Lamb!! Lo sceriffo Lamb… mi vengono i brividi solo a pensare a cosa stava per fare.”

Dall’altro capo del telefono sentì Wallace ridere. “Non c’è niente da ridere… è uno… non so… mi viene da vomitare solo a pensarlo!”

“Ma dai… non è tanto male.”

“Se ti piace così tanto mettiti assieme a lui!” scherzò lei.

“Ahah… spiritosa…”

“Lo so… Ora ti devo salutare, che se parto con il cellulare in mano mi mettono in prigione visto che sono nel parcheggio della stazione di polizia! Ci sentiamo presto.”

“Certo… ciao!”

Veronica chiuse il telefono e partì, come poteva fare ora ad incastrare David ed Alex?

 

Era disteso sul divano, ormai viveva lì. Sentì suonare il campanello ma non aveva voglia di aprire. Non sapeva nemmeno chi fosse, anche se fosse stata lei, la sua Veronica non aveva voglia di vederla. Aveva fatto una scena patetica, l’aveva lasciata, per cosa poi? Per una morta. L’aveva lasciata, ancora stentava a crederci. Lui che l’ha amata talmente tanto, lui che ha fatto di tutto pur di tornare insieme a lei ora… l’aveva lasciata. Quanto era stupido.

Immerso nei suoi pensieri non si era accorto che il campanello continuava a suonare imperterrito, chi stava suonando non aveva l’intenzione di andarsene, ma lui non aveva voglia di vedere niente e nessuno voleva soltanto chiudere gli occhi e lasciarsi andare.

 

Le si fermò l’auto proprio nel bel mezzo della strada, era ora di cambiare quel catorcio, semmai avesse mai un po’ di soldi da spendere per un’auto nuova. Scese dall’auto e la spinse di lato alla strada, aprì il cofano e guardò se ci fosse qualcosa che non andasse. Sembrava tutto apposto, forse l’auto era morta.

Un’altra auto le si affiancò “Tutto apposto…” si voltò e sgranò gli occhi.

“Umh… sì… grazie!” rispose sperando che se ne andasse, questo avanzo di molti metri da lei ed accostò, chissà cosa volesse fare, il ragazzo scese e rimase a guardarla, Veronica si cominciava ad agitare cosa c’era che non andava? Accidenti non riusciva a concentrarsi.

“Se ti serve un passaggio… non farti problemi.”

“No grazie.” Rispose lei togliendo le mani da dentro il cofano e chiudendolo. Si avvicinò all’uomo che si era fermato. “Senta… se vuole può andare, non mi serve il suo aiuto.” Spiegò lei.

“Faccia come crede…” Salì nuovamente nell’auto, stava per partire, accese il motore e Veronica si accucciò a terra per l’esplosione che aveva appena sentito. La sua auto era esplosa, fortuna che si era allontanata. Non sapeva cosa fosse successo, non sapeva se le avessero messo nell’auto un esplosivo però il cuore cominciò a batterle più velocemente, dentro quell’auto c’era Alex Prisom.

“Tutto bene?” domandò lui uscendo velocemente dall’auto.

“Sì… io sì, l’auto un po’ meno.” Rispose lei indicandola.

“Lo vedo… vieni che ti do un passaggio.”

“No… non serve chiamo un mio amico.” Rispose lei prendendo il cellulare.

“Dai… non sono un maniaco!” esclamò lui prendendola per un braccio.

Veronica non sapeva cosa fare, non poteva accettare un passaggio da lui, ma Alex insisteva. Cosa doveva fare?

“Non si preoccupi le ho detto!” esclamò lei quasi urlando.

“Mi dispiace!” disse lui, Veronica non capiva, perché le diceva quelle parole? Poco dopo capì, Alex le mise sul volto un fazzoletto carico di cloroformio.

 

Fine nono capitolo

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Capitolo 10
*** Tried Homicide ***


Grazie a tutti per le recensioni :)

 

Tried Homicide

 

Veronica aprì lentamente gli occhi, era ancora un po’ rincoglionita per ciò che le era successo e non capiva bene dove fosse.

“Finalmente la bella addormentata si è svegliata! Come stai Veronica Mars?” quest’uomo le accarezzò violentemente i capelli.

“Alex…” disse lei cercando di muoversi senza, però, alcun risultato, l’avevano legata ad una sedia, mani e piedi era stretti da una corda, troppo stretti.

“Esatto! E so… che tu sai tutto quello che abbiamo fatto ad Alice, peccato che non potrai rimanere in vita mia cara, perché se non ti uccidessi saresti una brava investigatrice. Complimenti.” Cominciò a parlare lui esibendole un coltello da macellaio davanti al viso.

“Sai dove puoi infilarteli i tuoi complimenti?” rispose lei strafottente come sempre.

“Come osi?” Alex accarezzò il braccio di Veronica “Sarebbe carino un bel taglietto qui sul bicipite, avresti un assaggio di ciò che proverai tra poco.” Lui posò la lama fredda del coltellaccio sulla sua pelle delicata.

“Alex… tanto dovrà m…morire comunque. Non farle del male ora!” disse titubante un ragazzo che spostò la sedia dove era seduta Veronica più indietro, sottraendola dalle grinfie del fratello.

“Tu sei debole David, sei sempre stato debole. Non volevi nemmeno vendicarti di ciò che ha fatto Alice a nostro cugino. L’ha ucciso e lei ne è uscita indenne prendendo tutta la sua eredità. Doveva pagare quella puttana!” cominciò quasi ad urlare il mio grande dei due consanguinei.

“E… ed io mi sembra che ti abbia aiutato no?!” David balbettava aveva paura di un membro della sua famiglia.

Veronica stava in silenzio a sentire i loro discorsi, le lacrime le uscivano copiose dagli occhi, avrebbe voluto urlare, ma a cosa sarebbe servito? A niente, soprattutto perché ora David le teneva una mano sulla bocca.

Alex diede uno schiaffo al fratello che indietreggiò di qualche passo. “Ora veniamo a noi ragazzina… sai da quanto tempo sei qui? Ormai tuo padre ti starà cercando.”

“E mi troverà di sicuro!” rispose lei ancora in lacrime, indifesa davanti a quell’uomo che le stava di fronte.

“Sei qui da un giorno… lo sai? Ti abbiamo lasciata dormire… anzi abbiamo anche aiutato il sonno a rimanere in te. I sonniferi sono una vera bomba non credi?”

“Tu sei un pazzo maniaco!”

“E… omicida… ricorda!” le sorrise e le sfiorò con un dito il naso. “Ed ucciderò anche te.”

“Dio… ti prego… fa che papà ha visto le foto sul computer! Fa che è andato da Lamb con il sacchetto di prove che gli ho lasciato sul tavolo e che lo abbia convinto a seguire la mia pista. Per favore!” Pensò Veronica socchiudendo gli occhi.

“Ormai non ti troverà nessuno mia cara, se tuo padre venisse qui perché gli hai parlato delle tue supposizioni lo ucciderei all’istante, quindi prega il Signore affinché non arrivi mai in questa piccola casina.” Spiegò Alex ferendo il braccio di Veronica che urlò dal dolore, il taglio inciso non era profondo, ma sentiva quella lama entrarle nel braccio, sentiva tutto triplicato, il suo pianto non voleva cessare, stava quasi per desiderare la morte. Se doveva continuare a torturarla sarebbe stato meglio che la finisse subito, che la uccidesse all’istante, così non avrebbe più dovuto soffrire.

“Sh… Piccola… zitta…” dette queste parole i fratelli sentirono suonare alla porta, cercarono di far finta di niente ma il campanello continuava a suonare sempre più incessantemente. “Se urlerai solo una parola ucciderò chi c’è sulla porta, poi vengo qui e ti uccido molto lentamente! Chiaro?” pronunciò Alex avviandosi verso il piano superiore seguito dal fratello.

Aprirono la porta “Siete in arresto.” Veronica dalla cantina continuò a piangere, ma erano, questa volta lacrime di gioia, era arrivato Lamb, l’avrebbe salvata, e se nel processo la giuria li desse non colpevoli andrebbero comunque dentro per rapimento.

“Perché?” domandò Alex facendo il finto confuso “Che abbiamo fatto sceriffo?”

“Non fare il finto tonto idiota!” voltò il ragazzo all’indietro prendendogli i bracci e ammanettandolo.

“Ma… non capisco!”

“Agente, lo porti in auto!” disse mentre ammanettava David. “Andiamo su…”

Se ne stava per andare, lei sarebbe rimasta lì? “Lamb!!!” urlò dal piano di sotto.

“Che è stato?” domandò lo sceriffo sentendo pronunciare il suo nome.

“Niente sceriffo, avranno squittito i topi giù in cantina.”

“Lamb… Sceriffo Lamb… vieni in cantina!!!” urlò ancora una volta Veronica che stava perdendo la pazienza.

Lo sceriffo fece salire in auto anche David. “Voi andate in centrale… io vi raggiungo.” Disse voltandosi ed entrando nella casa. Vide una porta semi aperta che portava in cantina “C’è qualcuno?” domandò poi.

“No c’è solo un fantasma!” rispose sarcastica Veronica, tra lacrime di gioia per il suo ritrovamento tempestivo, e di terrore per quello che i due fratelli avrebbero potuto farle.

Lo sceriffo scese di sotto “Veronica… allora non sei morta quando la tua auto è esplosa.” Pronunciò mentre la slegava.

“Mh… vediamo… aspetta fammi toccare…” dopo essere stata slegata su tocco il viso “Mh… no!” rispose tremante.

Le slego anche le caviglie. “Andiamo all’ospedale.”

Veronica si alzò in piedi ed abbracciò Lamb che ci restò di stucco “Grazie per avermi salvata! Grazie!” ammise tra le lacrime che andavano a bagnare la divisa dell’uomo che aveva di fronte.

“Niente… tuo padre mi ha pressato perché seguissi la tua pista… e… beh… era giusta.” Rispose guardando il soffitto.

Veronica si staccò da lui ancora in lacrime e si toccò la ferita provocatale da Alex.

“Che bastardo…” disse Lamb guardandola. “Dai sbrighiamoci.” I due salirono le scale e Lamb chiamò la centrale per farsi venire a prendere.

 

“Tesoro!!” urlò Keith correndo verso di lei ed abbracciandola.

“Papà…” contraccambiò l’abbraccio. Le baciò sulla testa e la lasciò andare.

“Scusami…” la lasciò un attimo e raggiunse lo sceriffo Lamb e gli diede una pacca sulla spalla “Grazie…” gli sorrise.

“Se non mi avessi pressato a seguire gli indizi di Veronica sarebbe morta a quest’ora.” Rispose lui abbassando lo sguardo. “E’ stata tutta colpa mia. Se avessi fatto ciò che mi aveva chiesto non l’avrebbero nemmeno ferita” disse in tutta sincerità.

“Dai… ora è tutto a posto… non preoccuparti.” Gli sorrise ancora, era grato a quello sceriffo che lo aveva battuto cinque anni fa alle elezioni.

Veronica si guardava in giro, era ancora in ospedale, l’avevano medicata.

“Chissà se Logan ha letto il giornale” pensò mentre aprì il giornale leggendo l’articolo dell’esplosione della sua auto. “Un’auto è esplosa per la statale, il corpo dell’autista non è ancora stato trovato.” Lesse mentalmente, forse Logan era preoccupato. La ragazza si alzò in piedi.

“Dove vai Veronica?” chiese il padre vedendola avviarsi verso l’uscita del reparto.

“Da Logan, forse è preoccupato.” Rispose lei. Lamb la guardava con occhi tristi, lei gli sorrise.

“Aspetta Veronica.” Lo sceriffo la raggiunse. “Mi dispiace.”

“Per cosa? Per avermi salvato?” domandò sarcasticamente ridendo un po’.

“Se avessi… niente lascia stare e corri dal tuo ragazzo!” disse spingendola verso l’uscita.

“D’accordo! Ciao!” salutò ed uscì, però poi tornò indietro ed andò vicino al padre “Mi sono ricordata di non avere più l’auto!” pose il palmo della mano ed attese le chiavi dell’auto del suo caro babbo.

Sembrava come non le fosse successo niente, cercava di scacciare dalla mente ciò che aveva passato, voleva essere la solita Veronica Mars.

 

Fine decimo capitolo

 

 

 

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Capitolo 11
*** Partner ***


Grazie a tutti per i commenti!! :) E... continuerà la fiction ;) Anche se in questo periodo ho molto da fare e sono in un momento di stallo, ma sono avanti con i capitoli per cui ne avrete ancora un po' da leggere :)

 

Partner

 

Varcò il cancello guardando la guardiola dove un tempo c’era David, l’osservò con tristezza per poi entrare nell’atrio dove suonò il suo campanello.

Le venne ad aprire un Logan più splendido che mai.

“Veronica…” esclamò stupito da chi aveva davanti. “Veronica…” ripetè abbracciandola “Oddio… Veronica…”

Lei contraccambiò l’abbraccio “Già… sono Veronica…”

Il ragazzo cominciò a piangere “Avevo letto l’articolo… e tuo padre… è venuto a dirmelo… io credevo di averti perso.”

“Ehy…” lo scansò e gli sorrise “Lo sai che ho la pelle dura. L’unica cosa che ho perso è il bracciale che mi hai regalato. Mi dispiace.” Rispose un po’ facendogli vedere il braccio.

“Quello si ricompra.” Logan la prese per i fianchi e la tirò su in aria di pochi centimetri per farla entrare in casa, non voleva più lasciarla, la stava per perdere e quando l’ha saputo stava per morire anche lui con lei. Posò le sue labbra su quelle di lei che schiuse la bocca per far penetrare la lingua di lui, per poterci giocare, per poter esplorare nuovamente quella bocca che tanto le era mancata in questi ultimi giorni.

“Sono stati David e Alex…” disse quasi sottovoce Veronica.

“Chi?” Continuava a cingerle i fianchi, come se, se l’avesse lasciata sarebbe andata via e non l’avrebbe più rivista.

“David… il portiere ed il fratello. Alexander, il marito di Alice era il cugino di quei due e loro si sono vendicati della sua morte uccidendo Alice.” Spiegò lei baciando dolcemente il collo del suo ragazzo finalmente ritrovato.

 

Lamb assisteva l’interrogatorio dietro ad un vetro. “Sei stato tu ad uccidere Morgan Frederick vero?” domandò un agente sbattendo pesantemente la mano sul tavolo.

“Chi sarebbe?” Alex faceva finta di non capire, o davvero non capiva.

“Dai… lo so… tuo fratello ha già confessato.”

“Brutto bastardo…” sussurrò lui calciando uno zampo del tavolo.

“Non sapevo della morte di Morgan.” Lo sceriffo sentì la sua voce, ora era vicino a lui.

“Che ci fai qui Veronica?”

“Mh… mi ha fatto entrare un agente.” Rispose lei guardando attraverso quel vetro.

“Stupido di un agente.”
”Grazie…”

“Finiscila di ringraziarmi!” disse Lamb un po’ irritato.

Veronica rimase in silenzio per alcuni minuti, non sapeva cosa dire, guardava Alex, le veniva quasi da piangere al ricordo di ciò che le ha fatto o di quello che avrebbe potuto farle.

“Come sta Logan?” domandò lui non sopportando più quel silenzio.

“Da quando ti importa di Logan?” Si girò verso di lui e gli sorrise.

“Ok… lasciamo stare.”

“D’accordo…” rise un po’.

 

“Veronica…” disse il padre non appena la vide entrare dalla porta, era tornata. L’abbracciò come se non l’avesse vista per mesi.

“Ehy… che c’è?” domandò lei un po’ stupita da quel gesto, l’aveva vista all’ospedale, perché si comportava così, aveva per caso carenze d’affetto?

“Ti hanno cercato, una ditta di Los Angeles, hanno detto che sono disposti ad assumerti. Avresti un colloquio con loro dopodomani alle dieci.” Spiegò lui quasi con le lacrime agli occhi, se davvero avesse accettato quel lavoro se ne sarebbe andata nuovamente, lui l’avrebbe potuta anche seguire però non voleva fare il padre troppo appiccicoso da non lasciare andare la figlia in un’altra città.

“Davvero?! Ma è fantastico.” Esultò Veronica abbracciandolo nuovamente “Non sei contento per me?”

“Ti voglio come mia socia.” Disse il padre velocemente.

“Della Mars Investigations?” si sedette su di una sedia, era sconvolta per la richiesta del padre, cosa avrebbe dovuto fare?

“Sì… sei una brava detective… e… guadagneresti anche abbastanza bene.”

“Devo… devo pensarci!”

“Certo… tutto il tempo che vuoi… e poi se accettasti staresti sempre con Logan qui.”

“Non è detto che starò per tutta la vita con lui.” Rispose lei seria. Lo amava certo, ma non si può mai sapere cosa potrà riservare il futuro.

 

“Non vedo l’ora di andarmene da questa città piena di dementi.”

“Ehy, sarei anche io un demente?” domandò il ragazzo chinando il capo su di lei, baciandole la fronte.

“Beh…” ci pensò un po’ su. “Direi proprio di sì!” gli sorrise “Però sei un demente adorabile.” Gli cinse le spalle e unì la sua bocca con le labbra di lui.

“Accetta la proposta di tuo padre, così potremo stare per sempre insieme. Lo so che tu pensi che forse non sarà così ma io ne sono sicuro. Sono sicuro che noi ci ameremo fino alla morte, e se accettassi la proposta che ti ha fatto Keith… non dovremmo separarci nuovamente.”

Aprì gli occhi, e sospirò, ora dovevano tormentarla anche in sogno… avrebbe accettato o no? Cosa avrebbe dovuto fare? Il giorno dopo avrebbe avuto un colloquio, doveva decidere in fretta.

Si riaddormentò pochi minuti dopo per colpa della stanchezza che aveva accumulato in soli due giorni, al mattino però avrebbe deciso e se fosse stata ancora indecisa avrebbe lanciato in aria una monetina che avrebbe scelto per lei.

Il padre aprì la porta della sua camera, il sole era già alto in cielo e sarebbe dovuta partire per andare al colloquio di lavoro, non poteva dormire ancora un po’.

“Sveglia figlia pigra! Ti sei dimenticata che hai un colloquio oggi?”

“Uffa…” si alzò lentamente dal letto e si stiracchiò le braccia.

 

“Kendall?” domandò il ragazzo aprendo la porta e trovandola davanti. “Ma lo sai che sono solo le sei? Che ci fai qui?”

“Sai… sono scomparsa per cinque anni, anzi quattro e mezzo, e tu non hai mai tentato di cercarmi. Bravo così si fa.” Rispose entrando tenendo la mano di un bambino di quasi quattro anni.

Logan la guardò avanzare, era sempre una donna splendida anche se gli anni avanzavano.

La donna prese in braccio il bambino e lo fece sedere sul divano “Fai il bravo…” gli sussurrò per poi voltarsi verso Logan.

“Quale cattivo vento ti porta Kendall?”

“Non si dice qual buon vento ti porta?” Ancora non aveva chiesto niente sul bambino, ma lo guardava, aveva i capelli scuri ed il mento era molto simile a quello del padre. “Hai notato una certa somiglianza eh?! Lui è Brian, tuo fratello!” spiegò lei con un sorriso beffardo in volto.

“Il mio che?” era un po’ scioccato per quella notizia, aveva un fratello da quando? E perché non ne sapeva niente?

“Il tuo piccolo fratellino! Il quindici marzo compirà quattro anni. Quando tuo padre uscì di prigione io e lui abbiamo passato una notte di fuoco… e… sono rimasta incinta!”

“E perché spunti fuori adesso?” chiese Logan ancora davanti alla sua porta.

“Perché ho pensato che fosse giusto così…” fecero tutti e due una lunga pausa “Ok… ho finito i soldi! Avevo otto milioni di dollari e li ho finiti tutti, quindi ne vorrei chiedere un po’ a te. So che hai cominciato a fare l’attore e ne hai molti, io non posso più mantenere economicamente Brian.” Continuò lei seria.

“E a me? Sinceramente, non me ne frega niente del figlio di un assassino e di una puttana.” Nelle sue parole c’era durezza, non voleva mantenere lui il figlio di suo padre, avuto dopo essere stato scagionato da tutte le accuse, dopo averla passata liscia per l’omicidio di Lilly, della sua ragazza. Non poteva e non l’avrebbe fatto.

Kendall guardò per terra un po’ perplessa “Grazie Logan! Vedo che per la famiglia faresti di tutto!” prese nuovamente in braccio il suo bambino e uscì da quell’appartamento.

 

“Mangia tutto… fra poco dovrai partire.” Keith Mars posò sul piatto della figlia del bacon appena cotto.

“Accetto.” Sussurrò ancora non sicura di ciò che stava facendo. Lei odiava Neptune, allora perché non riusciva ad andarsene?

“Cosa scusa?” chiese il padre non avendo capito bene ciò che la figlia le stesse dicendo.

“Accetto, lavorerò qui con te. Come socia.” Disse questa volta con un tono di voce più alto, per farsi sentire.

 

Fine undicesimo capitolo

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Capitolo 12
*** Escape ***


Escape

 

Camminava a passo svelto per quei corridoi con il bambino in braccio, Logan le aveva negato un aiuto economico, poteva anche andare al diavolo.

Vivevano in un motel pieno di scarafaggi, senza televisione, non c’era niente; la sua vita così era inutile, odiava quel bambino eppure aveva voluto portare avanti la gravidanza per capire cosa volesse dire essere madre ma lei non era portata per esserlo, se fosse stato possibile l’avrebbe ucciso.

Incrociò lo sguardo di una donna dai capelli rossi, la guardò seria cercando di ricordare dove l’avesse già vista. Si fermò al centro del corridoio a pochi passi da lei “Tu non eri la donna di Logan?” domandò guardandola dritta negli occhi.

“Sì… ti cercavo Trina.” Rispose lei sorridendole.

“Perché?”

“Per mio figlio.”

“Non mi dirai che è il figlio di Logan vero?” incrociò le mani al petto, non poteva credere che fosse il figlio di Logan, non doveva avere un figlio, era ancora troppo giovane.

“Oh… molto meglio. E’ il figlio di Aaron.” Il suo sorriso si fece sempre più accentuato sul suo viso, Trina sgranò gli occhi e fece un passo indietro. “Non ho più i soldi per mantenerlo allora vorrei chiederli a te visto che è il tuo… fratellino.”

La donna davanti a Kendall deglutì guardò scioccata lei e il bambino, avanzò lentamente di qualche passo e accarezzò i capelli di Brian.

“Ciao piccolo…” disse sorridendogli. “Non so se te li potrò dare per sempre, per ora se tu vorrai manterrò tuo figlio per un anno con duemila dollari al mese.” Disse seria, non se la sentiva di abbandonare quel povero bambino nelle mani di una madre senza scrupoli come Kendall, doveva fare qualcosa per lui.

“Grazie mille…” posò il bambino a terra che si nascose dietro la madre, era molto timido e ancora non aveva mai aperto la bocca. La donna mora tirò fuori dalla borsa un foglio piegato in tre. “Questo è il mio ultimo estratto conto.” Glielo passò, Trina lo osservò erano davvero al verde.

 

Sentì il telefono suonare così andò a rispondere, dall’altro capo del telefono un ragazzo chiedeva di sua figlia, chiedeva di farla correre da lui.

“Te la passo.” Keith chiamò Veronica che velocemente raggiunse il padre chiedendo cosa volesse; lui gli porse il telefono andando nel suo ufficio dove Veronica c’era stata fino a poco prima per esaminare un caso al quale lui non era riuscito a trovare risposta.

L’uomo guardò i suoi appunti presi cercando informazioni in rete, stava arrivando alla soluzione, era più scaltra di quanto si potesse pensare. In rosso sul foglio degli appunti ci aveva scritto “Colpevole.” Colpevole di cosa? Probabilmente la figlia non era riuscita a scrivere tutta la frase perché l’aveva chiamata.

Il computer era andato in standbye, Keith mosse leggermente il mouse e nel monitor del computer vide una pagina che non gli piacque.

“Kendall?” sentì domandare dalla figlia dall’altra stanza. Era tornata? Voleva stravolgere tutto di nuovo? Per colpa sua non era partito con la figlia per andare a New York, cinque anni prima o poco più. Lei gli aveva offerto un milione di dollari se avesse occultato delle prove, e così fece, almeno aveva potuto pagare l’università per Veronica. Se non avesse ricevuto quei soldi probabilmente la figlia non sarebbe potuta andare all’università, visto e considerando che aveva saltato un esame importante per l’esame di studio per recarsi velocemente al tribunale dove stavano per comunicare il verdetto della giuria per l’accusa contro Aaron Echolls.

“Ok arrivo subito.” Chiuse il telefono e corse nell’ufficio del padre, anzi nello studio che d’ora in avanti avrebbe dovuto condividere con il padre essendo diventata sua socia in affari.

“Vai da Logan?” domandò Keith porgendole le chiavi della sua auto, ancora non aveva comprato l’automobile nuova ma non vedeva l’ora che lo facesse.

“Sì…” rispose prendendo le chiavi “Un po’ perché voglio vederlo ed un po’ perché… mi vuole parlare di Kendall, non so perché ma ha un brutto presentimento.” Diede un bacio al padre e quando stava sulla porta, pronta per uscire si fermò “Ah… per quel caso… la moglie gli mette le corna. Non serve indagare, guardala come va in giro. Si capisce subito. Comunque se non ti fidi delle mie supposizioni… beh… pedinala!” uscì, salì in macchina e partì per casa di Logan.

 

“Potresti darmeli tutti assieme?” domandò la giovane madre seria. “Ho alcuni debiti da saldare…”

“Vorresti ventiquattromila dollari tutti insieme?” Trina si guardò le scarpe. “Certo… d’accordo…” tirò fuori dalla borsa il suo blocchetto degli assegni e ne compilò uno. “Ecco…” glielo porse.

Kendall accarezzò i capelli mori del suo bambino e sorrise alla zia “Grazie, vado a ritirarli e torno, potresti guardarmelo tu?”

“Sì… Aspetta ti lascio il mio numero di cellulare, tu potresti fare lo stesso se mi dovesse servire per chiederti qualcosa.” La bloccò per un braccio mentre stava per andarsene.

“Ok…” tirò fuori il cellulare e si segnò il suo numero, per poi darle il suo. “Brian… fa il bravo con zia Trina ok?” sorrise al bambino.

“Ok Kendall.” Le diede un bacio, Trina guardò stranamente il bambino, sua madre, la chiamava Kendall e non mamma? Perché?

La donna sculettando uscì da quel palazzo ed andò alla sua banca, ritirò i soldi e salì nella sua auto, partì, ma non tornò indietro, non tornò da Trina, anzi prese l’autostrada.

“Me ne andrò… me ne andrò via da qui. Non mi importa niente di quel moccioso, può anche morire per me.” Guardò dallo specchietto retrovisore, sul sedile affianco al suo, dentro la sua borsa, una busta da lettere conteneva ventiquattromila dollari. Sorrise tra sé e sé, prese il cellulare e cercò un numero nella rubrica.

“Ciao Trina.” Disse con la sua solita voce da arpia.

“Ciao, è successo qualcosa? Non ti accettano l’assegno?” domandò ingenuamente la donna dall’altro capo del telefono.

“No… tutto apposto. Ti ringrazio per i soldi, mi raccomando prenditi cura di Brian.” Senza attendere risposta chiuse la chiamata e continuò ad avanzare in quell’autrostrada che l’avrebbe portata lontana da lì.

Trina guardò il telefono terrorizzata, provava a richiamare quella madre snaturata ma ogni volta partiva la segreteria telefonica, non sapeva cosa fare, cosa avrebbe dovuto fare? Si era fatta fregare! Era stata truffata da quel bambino di quasi quattro anni, non avrebbe mai creduto che la madre l’avesse potuto abbandonare dopo aver accettato un assegno da ventiquattromila dollari.

Si avvicinò al bambino “Ehy Brian, quando sei nato?”

“Il 15 marzo.” Rispose titubante “Kendall non tornerà più vero?” A quella domanda la rossa non sapeva cosa rispondere, non tornerà più? Se lo stava chiedendo anche lei in quel momento…e si diede subito la risposta, non tornerà, ma non poteva certo dirglielo in quel modo, gli sorrise e gli posò la bocca su una guancia.

“La zia va un attimo in bagno, torno subito.” Sorrise nuovamente al bambino che annuì con il capo.

 

Stavano parlando di Kendall, del bambino che aveva, del padre Aaron che era stato ucciso da un killer, guardava le sue labbra muoversi, pronunciare parole che uscivano dalle sue corde vocali. Veronica si morse un labbro, stava parlando di una cosa seria, eppure aveva una gran voglia di baciarlo, i suoi pensieri su quanto fosse sensuale il movimento delle sue labbra si interruppero quando il telefono cominciò a suonare.

Logan si alzò dal divano in cui erano seduti e mise il vivavoce.

“Logan… sono Trina!” sentì la voce della sorellastra molto, troppo preoccupata.

“Che succede?” domandò il ragazzo ascoltando attentamente il silenzio che sentì poco dopo la sua domanda.

“Io… non so cosa fare! Kendall, la tua ex… è venuta qua con un figlio! Ha detto che è figlio di nostro padre.” Spiegò lei mettendosi una mano tra i capelli.

“Sì lo so… è venuta qui chiedendomi dei soldi.”

“Glieli hai dati?”

“Assolutamente no.”

“Beh… io sì! Ventiquattromila dollari ed è scappata lasciandomi suo figlio!! Lo so che è scappata perché… mi ha chiamato mentre era in viaggio raccomandandomi di crescere bene Brian! Cosa devo fare?” stava quasi per piangere, si sentiva così impotente.

“Sempre la solita… ti fai truffare in una maniera impressionante. Vieni qui con il bambino.” Rispose lui sospirando.

“Grazie Logan ti adoro.” Il ragazzo chiuse la chiamata e si sedette nuovamente vicino alla sua ragazza.

“Se non fosse tua sorella sarei gelosa.” Disse ironicamente Veronica. “Ad ogni modo, dobbiamo rintracciare Kendall. Non può abbandonare così suo figlio.”

“Concordo. Ma… non dobbiamo aspettare ventiquattro ore prima di poter denunciare la sua scomparsa?”

“Beh… vedrò cosa posso fare. Semmai mi arruffiano un po’ Lamb!” sorrise accarezzandogli i capelli come se fosse stato il suo cagnolino.

“Ora dovrei essere io quello geloso.” Ammise serio incrociando le braccia al petto.

“Su su… non preoccuparti.” Si alzò dal divano e si avviò verso la sua borsa da dove tirò fuori il cellulare, chiamò la stazione di polizia dove rispose un agente amministrativo.

“911?” si sentì dire.

“Salve… sono Veronica Mars, cerco lo sceriffo, me lo può passare?” domandò come se non avesse riconosciuto la persona dall’altro capo del telefono, ormai li conosceva tutti, uno ad uno.

“Ciao Veronica! Che piacere sentirti, te lo passo subito.” Digitò un tasto del telefono e mise Veronica in linea ad ascoltare una di quelle solite musichette rompi palle.

“Pronto?” fortuna che l’attesa era stata breve se no sarebbe potuta andare direttamente alla stazione di polizia per cambiarla personalmente per poi rimanere in linea.

“Oh… Lamb… com’è sexy la tua voce.” Scherzò lei sotto sguardi maligni di Logan, quello sceriffo non gli piaceva. Si vedeva lontano un miglio che era attratto dalla sua ragazza.

“Non scherzare Veronica. Dimmi quello che devi dirmi e vedrò cosa posso fare. Non ho tempo da perdere.” La rimproverò l’uomo in divisa seduto sulla sua scrivania a mangiarsi dei biscotti preparatagli da una vecchia donna per averle ritrovato il gatto. Già, il gatto. Ormai, dopo l’arresto di Alex e David non avevano molto da fare, che Neptune sia diventata una città tranquilla?

“Ecco… Kendall ha abbandonato suo figlio Brian a Trina, la sorella di Logan. Kendall era andata da lei per chiederle dei soldi per mantenere il figlio, Trina le ha dato ventiquattromila dollari, Kendall è andata a ritirarli ed è scappata via. Non possiamo aspettare ventiquattro ore per cercarla, potrebbe essere dappertutto.” Spiegò lei senza prendere fiato.

“Quindi? Come sai che è scappata?”

“Ha chiamato Trina.”

“Scema la ragazza… ok Veronica, mi fido di te… la cercheremo.” Lo sceriffo sospirò “Ora ti saluto…” tanto non aveva di meglio da fare, cercare Kendall o trovare gatti scomparsi? Assolutamente meglio la prima opzione. Interruppe la comunicazione ed uscì dal suo ufficio raccontando a tutti la situazione.

 

Fine dodicesimo capitolo

 

Nota dell’autrice: Quando ho raccontato il passato di Keith, cosa c’era dentro la valigetta di Kendall non è uno SPOILER, perché io non ho letto alcun tipo di spoiler sulla terza stagione, quindi tutto quello che avete letto è solamente frutto della mia immaginazione.

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Capitolo 13
*** Street incident ***


N.d.A.: Piccola nota sulla pubblicazione dei capitoli.

Questa sarà l'ultima volta che posto di domenica, perchè d'ora in avanti i capitoli li posterò solo di mercoldì!

Buona Lettura e grazie per tutti i bellissimi commenti che mi lasciate :)

 

Street incident

 

Passarono diversi giorni, la polizia ancora cercava Kendall Casablancas, sembrava avesse lasciato il paese, la nazione, il continente, forse con i ventiquattromila dollari era andata in Europa. Chissà.

Trina aveva lasciato Brian da Logan, aveva accettato di far parte di un altro reality, l’avrebbe tenuto lui fin quando la sorella non fosse stata eliminata, cosa che, secondo lui, sarebbe accaduta molto presto.

“Allora Brian… cosa vuoi fare?” domandò Logan guardando il bambino un po’ troppo calmo per la sua età.

“Se vuoi Logan… posso stare anche solo seduto qui ad aspettare il pranzo.” Rispose lui senza esitazione, era troppo strano per essere un bambino, forse Kendall l’aveva per caso picchiato?

“Brian, chiamami zio. Ti manca la mamma?”

Veronica in quell’istante entrò in casa “Ciao…” salutò. Il bambino scese dal divano e corse incontro alla ragazza

“Ciao zia!” esclamò lui abbracciandola. Brian era innamorato di Veronica, con lei lui sembrava fosse veramente un bambino.

“Ciao ometto! Allora cosa stavate facendo?” chiese lei accarezzandogli la testa.

“Logan mi ha chiesto se mi manca Kendall. A me Kendall invece non mi manca, era una strega! Io ho visto i cartoni con le streghe cattive e lei era una di quelle.” Rispose lui ingenuamente.

“Dai… Kendall non è una strega cattiva…” Veronica non sapeva cosa dire, di certo non era una strega; più che altro era un’opportunista di prima categoria.

“Sì invece!! Mi ha sempre detto che devo fare tutto quello che dice perché lei è mia madre!”

“Ora Kendall non c’è più. Per cui non devi più fare quello che ti dice.”

“Ok…” disse annuendo anche con la testa.

“ guarda cosa ti ho portato.” Da dentro la borsa prese un pacco regalo e lo appoggiò per terra “Perché non lo apri?”

Brian cominciò a rompere tutta la carta intorno per poi riuscire ad intravedere una scatola con sopra una figura. “Un computer… che bello mi hai regalato un computer portatile come il tuo!!! Grazie zia!!!” il bambino scattò in piedi e l’abbracciò nuovamente.

“Eh sì… così tutti e due giocheremo con il computer.” Sorrise a Brian. Il bambino aprì la scatola e lo accese, l’immagine iniziale era un gattino che si muoveva. Il computer giocattolo aveva 16 bit di colori e c’erano molti giochi per imparare bene a scrivere, aveva una tastiera nera molto simile a quella dei computer portatili, serviva per insegnare a scrivere a macchina, perché ormai nel futuro si lavorerà solo con i terminali.

“Zia… è bellissimo!!!” esclamò il ragazzino indicando lo schermo “Questo gioco è divertentissimo!!”

“Sono felicissima che ti piaccia.” Rispose accorgendosi che il suo cellulare suonava. “Scusa piccolo vado un attimo di là con zio, torniamo subito.” Spiegò guardando sullo schermo chi la stesse chiamando. Prese il braccio di Logan e lo portò al piano superiore.

“Pronto?” parlò appoggiando il telefono all’orecchio.

“Abbiamo trovato Kendall… ma… dove sei?” domandò lo sceriffo serio, troppo serio per i suoi gusti.

“A… a casa di Logan, perché?”

“Vengo a prenderti, vi porto in un posto.”

“Ah… no aspetta il figlio di Kendall dove lo lasciamo? Lo porto da mio padre. Vienici a prendere lì!” chiuse la chiamata.

“Che ti ha detto?” domandò Logan, si sentiva inutile, aveva a casa il figlio della donna che un tempo si portava a letto.

“Hanno trovato Kendall, portiamo Brian da mio padre e Lamb ci verrà a prendere li.” Scesero tutti e due al piano inferiore.

Logan si avvicinò al suo fratellastro “Ehy… ti portiamo dal papà di Veronica.”

“Perché?”

“Perché… io e la zia dobbiamo andare in un posto ed i bambini non possono venire.” Spiegò lui sorridendogli.

“Va bene! E’ simpatico tuo padre zia?” chiese lui prendendo la mano di Logan ed uscendo dall’appartamento.

Veronica chiuse il computer giocattolo, lo prese in mano e raggiunse i due ragazzi “E’ simpaticissimo, vedrai che ti troverai davvero bene con lui.”

 

Keith aprì la porta di casa sua “Ciao Lamb…” lo salutò facendolo entrare.

“Ciao. Veronica è arrivata?” domandò lui togliendosi gli occhiali da sole.

“Sì… eccomi. Andiamo Logan.” Esclamò raggiungendo Lamb con passo deciso. “Brian fai il bravo eh?! Appena ho fatto ti veniamo a prendere!”

“Va bene zia!! Ciao!!” salutò con la mano per poi tirare la maglia al signor Mars. “Vecchietto giochiamo con il computer che mi ha regalato zia?” domandò poi.

“Non sono un vecchietto io!” affermò l’uomo.

“Però non hai i capelli!!” ingenuamente il bambino lo stava prendendo in giro. Veronica e Logan cominciarono a ridere e anche lo sceriffo tratteneva a stento le risate.

“Andiamo va’…” disse l’uomo in divisa uscendo di casa.

 

Stavano nell’auto dello sceriffo in silenzio, Veronica aveva provato a chiedere cosa fosse successo ma Lamb non rispose e continuò a guidare senza mai distogliere lo sguardo dalla strada.

Parcheggiò l’auto, i tre ragazzi scesero. “Ma questo è…” disse la giovane donna interrompendosi.

“L’obitorio.” Continuò il capo della polizia.

“E cosa c’entra con Kendall? Non mi dirai che…” Logan aveva posto ingenuamente quella domanda, Lamb aveva detto loro di aver trovato la donna scomparsa e se li aveva portati lì una motivazione c’era. Una motivazione che si poteva capire all’istante.

Entrarono in quell’edificio, le luci sembravano quasi al limite, lì dentro c’era un’atmosfera tetra, forse perché in quel luogo dormivano cadaveri in procinto di essere spostati al cimitero?

“Salve sceriffo…” lo salutò il medico che faceva le autopsie ai corpi per capire di che cosa fossero morti se quest’ultima era ancora un mistero.

“Salve Carl. Venite voi altri.” Disse Lamb aprendo la porta. C’erano diversi tavoli di acciaio sparsi qui e là per la stanza, lì sopra c’erano finite molte persone. Un brivido percorse la schiena di Veronica. Quel luogo la infastidiva. In quel posto ci era passata Lilly, tutti i morti dello scuolabus e Felix, un posto così lugubre avrebbe continuato a vivere finchè non si fosse scoperto una pozione magica in grado di far diventare immortali, cosa che non succederà mai.

Su uno di quei “letti” freddi un corpo era coperto da un lenzuolo bianco, Lamb vi si avvicino e ne scoprì il corpo.

Kendall riposava lì, ormai senza vita con diverse ferite in corpo e in volto. Il bacino si era rotto contro un qualcosa.

“Com’è successo?” domandò Logan toccando la fronte di lei sentendola fredda, non era troppo triste per la sua morte, più che altro ringraziava il cielo che il bambino non fosse stato con lei, visto che probabilmente chiunque o qualunque cosa l’abbia uccisa avrebbe ucciso anche Brian, ed un bambino non merita una morte di questo genere alla sua età.

“Incidente stradale. Era in autostrada quando un camion ha perso il controllo e le è andata addosso mandandola fuori strada. La sua auto ha carambolato. È morta sul colpo.” Spiegò lo sceriffo.

“Non potevi dircelo per telefono invece di portarci in un luogo così lugubre?” chiese Veronica con la pelle d’oca.

“Abbiamo sequestrato il camion e… non si sa perché abbia perso il controllo, il tir è apposto non ha niente che non va.” Continuò a chiarire.

“Quindi secondo te l’autista del camion l’ha voluta uccidere?”

“Forse, si sa che Kendall non è mai stata amata. Ma non abbiamo le prove per incolparlo d’omicidio.” Con lei parlava del caso che stava seguendo, lo sapeva che non doveva farlo, eppure lo faceva. Lei l’avrebbe aiutato, avrebbe potuto passare più tempo con Veronica Mars e quest’idea non gli dispiaceva affatto. Sapeva che sbagliava raccontandole tutte sul problema, che doveva rimanere tutto all’interno della polizia; ma lei era come se ne facesse parte da sempre.

 

 

Fine tredicesimo capitolo

 

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Capitolo 14
*** The truck driver disappeared ***


The truck driver disappeared

 

Sudava troppo per non sapere cosa fosse successo in realtà. Tremava come una foglia, era nervoso, balbettava e diceva di non essere lui il colpevole, che non aveva fatto assolutamente apposta a perdere il controllo del camion.

“Dicci la verità, lo sai che tanto la scopriremo e tu finirai dentro per omicidio!” disse l’interrogatore con fare minaccioso.

“V-vi giuro… i-io non ho f-fatto niente!” mentre diceva quest’ultime parole cominciò a versare lacrime che andarono a sbattere contro il tavolo di acciaio della stanza degli interrogatori.

 

Erano passati già tre giorni da quando avevano visto il cadavere di Kendall, anzi di Priscilla. Lei aveva preso l’identità di una sua amica morta di incidente stradale ed ora anche lei aveva fatto la stessa fine della vera Kendall.

Brian spesso chiedeva se avessero trovato la madre, così non avrebbe più dovuto essere un peso per la giovane coppia, ma lui non era un peso, più che altro non sapevano come poter dire a quel povero bambino che sua madre se ne era andata.

Non sapeva come potessero fare, dove l’avrebbero dovuto mandare? In un orfanotrofio? Non era una giusta soluzione, almeno secondo Veronica. Non poteva spedire un bambino in un posto tanto brutto. Oppure avrebbe dovuto vivere con i genitori della madre.

Il giorno dopo sarebbe venuta un’assistente sociale per parlare con Brian, per cui dovevano sbrigarsi a parlargli dell’incidente che aveva avuto la madre.

Il piccolo giocava con il computer che gli era stato regalato dalla giovane detective, lei gli accarezzò i capelli e gli sorrise “Dobbiamo parlarti di una cosa importante.” Disse lei, il ragazzino si alzò in piedi e la seguì fino al tavolo della cucina. Si sedettero, Logan guardava il tavolo di legno di noce, non aveva il coraggio per parlargliene ma essendo il suo fratellastro non poteva fare altrimenti.

“Di cosa dovete parlarmi?” domandò il bambino slanciando le gambe avanti e indietro.

“Di tua mamma.” Disse Logan facendosi coraggio.

“Non mi vuole più? Lei non mi ha mai voluto!” esclamò il piccolo guardando basso.

“No piccolo… purtroppo la tua mamma non c’è più!” spiegò il ragazzo sperando che Brian potesse capire, anche se aveva solo quasi quattro anni era molto intelligente per la sua età, probabilmente per colpa della madre che non ha mai fatto niente o quasi per lui.

“Ah… e mio padre? Mi potrebbe prendere lui!” Kendall non gli aveva detto niente del padre, beh certo, era ancora troppo piccolo per capire, forse gli ha solamente detto che è andato lontano.

“Cosa sai di tuo padre?” domandò Veronica prendendogli una mano tra la sua.

“Che è un attore famoso! E mi ha fatto pure vedere la foto. Non mi può prendere lui?” non gli aveva detto che era morto. Nemmeno lei l’avrebbe fatto, a quell’età, non avrebbe mai potuto dire ad un figlio che il padre era morto.

“Tuo papà… è con la mamma.” Spiegò Logan nuovamente guardando il piccolo negli occhi.

“Ah… ma Kendall era anche tua madre?”

“No… mia madre è con mio padre e con la tua…” rispose lui, certo che la vita era difficile, tutte queste morti non portano a niente di buono. Brian dovrà crescere senza genitori, Logan ha passato un anno d’inferno quando la madre era sparita. La vita molto spesso è ingiusta ma non possiamo fare niente per cancellare il destino, ognuno di noi ne ha uno che si mette in atto dalle nostre scelte.

Se Kendall non avesse deciso di truffare Trina e di lasciarle Brian forse non sarebbe morta scappando da Neptune.

“Quindi vado in un orfanotrofio ora?”

“No!! Assolutamente no! Forse andrai a vivere con il padre di Kendall.” Anche Keith sarebbe venuto all’appuntamento con quella donna. Li avrebbe aiutati a prendere la decisione più consona.

 

“Secondo me il camionista l’ha fatto apposta!” esclamò Lamb sedendosi sulla sua poltrona di pelle nel suo ufficio. “Accidenti… come possiamo incastrarlo?” si domandò guardando fuori dalla finestra.

“Sceriffo…” un agente entrò di corsa dentro la stanza.

“Che c’è?” chiese lo sceriffo togliendo le gambe dalla sua scrivania.

“Jhonatan Wood, il camionista, è scomparso. Ha preso il suo camion e se n’è andato!” spiegò agitato l’uomo.

“Imbecilli!! Voi non lo dovevate controllare?” Lamb scattò in piedi ed avanzò di qualche passo.

“Sì… ma… non ci siamo accorti!” cercò di spiegare lui.

“Non vi siete accorti che un mezzo di viaggio gigantesco è andato via? Siete dei cretini patentati!” urlò lui sbattendo un piede a terra furiosamente. “Avete la targa!! Invece di stare qui a non fare niente andate a cercare quell’assassino!!” continuò poi indicando la porta.

“Sì… Sceriffo!” rispose uscendo di corsa dalla stazione di polizia con altri colleghi per andare in cerca a quel camion rosso targato GS877RR.

 

Veronica era tornata a casa lasciando Brian e Logan da soli, doveva vedere il padre, doveva lavorare, ora come ora era socia della Mars Investigations e non poteva certo abbandonarla, aveva un lavoro da svolgere, doveva risolvere metà dei casi della sua agenzia di investigazione.

“Che cosa intendi fare con Brian?” domandò Keith entrando nello studio dove Veronica era andata per leggere qualche caso che poteva risolvere con estrema facilità.

“Cosa intendo fare io? Gli unici che possono decidere sono Logan e Trina! Brian è loro fratello e loro dovranno decidere. Tina è stata eliminata dal reality che stava facendo quindi domani ci sarà anche lei all’incontro con l’assistente sociale.” Spiegò la ragazza guardando il padre negli occhi.

“Hai ragione… domani a che ora arriva l’assistente sociale?” domandò il padre prima di uscire dalla stanza.

“Alle undici.” Rispose lei leggendo le sue cartelle.

 

Stavano uscendo dall’obitorio, avevano appena visto Kendall sotto un lenzuolo bianco, senza respiro, con gli occhi chiusi, più fredda di un cartello stradale in inverno. Veronica prese la mano di Logan e gli sorrise. Lamb era dietro di loro.

“Prenderò io in affidamento Brian.” Disse sottovoce incontrando gli occhi della sua ragazza. Possibile che dovevano sempre superare delle difficoltà? Possibile che la loro vita non potesse essere semplice come quella di qualunque altra persona?

“Supereremo tutte le difficoltà insieme.” Rispose Veronica come se gli avesse letto nel pensiero.

“Grazie.” Quel grazie pronunciato tra le sue labbra le sembrò la parola più bella del mondo, non aveva mai sentito in vita sua un grazie così sincero e puro.

 

Keith Mars accese la tv per vedere il telegiornale, per conoscere i disastri che stavano accadendo nel mondo.

“Incidente sulla A207, un tir è uscito di strada. L’autista del camion è stato portato d’urgenza all’ospedale più vicino in condizioni gravissime, la polizia è già sul posto per effettuare tutti gli accertamenti. Vediamo il servizio.”

“Veronica… vieni qui!! Corri!” urlò il padre.

“Che succede?” domandò raggiungendolo.

“Guarda…” Veronica cominciò ad osservare le immagini sullo schermo della televisione ancora il reporter non aveva cominciato a parlare, stavano solo mandando in onda immagini del camion che era finito fuori strada.

“Buongiorno, l’autista del camion, Johnatan Wood è stato ricoverato d’urgenza all’ospedale di Neptune. Probabilmente il tir era stato manomesso.”

Veronica non capiva se l’autista di fosse suicidato per non finire dentro, oppure qualcuno gli aveva ordinato di uccidere Kendall, ma perché? Perché farlo fuori? Forse avevano paura che potesse spifferare di essere stato costretto a farla uscire fuori strada? Non capiva, e gli indizi che aveva non avevano senso. Un camionista perde il controllo del camion e finisce contro l’auto di Kendall poi perde nuovamente il controllo quattro giorni dopo l’incidente e rimane in fin di vita anche lui. Se l’avessero costretto ad ucciderla, come sapevano che Kendall sarebbe passata per quell’autostrada, quel giorno e come potevano sapere che si sarebbe affiancata a quel camion per superarlo? Non capiva, eppure un senso logico lo doveva trovare. Se il tir fosse stato davvero manomesso allora avevano davvero costretto Johnatan ad ucciderla. No, tutta questa storia non tornava. Non aveva senso.

 

Fine quattordicesimo capitolo

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Capitolo 15
*** Appointment with the social worker ***


Nuova pagina 1

NdA: Ci sono due recensioni nel quale mi chiedevano se potevo postare due capitoli il mercoldì visto che non posto più di domenica.

Io non posso postare due capitoli. Ho deciso di eliminare la domenica come giorno di aggiornamento perchè la storia è in un momento di stallo. Non ho tempo di portare avanti la scrittura.

Non voglio arrivare all'ultimo capitolo scritto e farvi aspettare mesi prima di poterne leggere un altro, per cui posterò solo il mercoldi, un capitolo.

Prego di non chiedermi più di postare due capitoli il mercoldì o cose simili perchè non le farei.

 

Appointment with the social worker

 

Johnatan Wood era ricoverato al reparto di terapia intensiva, era in coma ma c’erano molte possibilità di ripresa.

“Veronica dai… sta ferma per almeno cinque minuti!” disse Logan correndole dietro esasperato.

“No! Non mi fermo! Domani mattina viene l’assistente sociale! Se viene e trova tutto questo casino non ti affiderà mai Brian !” spiegò passando uno straccio umido per pulire il tavolo della sala da pranzo.

“Zia… ma non preoccuparti…” le disse il bambino prendendola per la manica della sua maglia.

Veronica lo guardò ed appoggiò lo straccio con il quale continuava a pulire. “Che c’è?” chiese la ragazza.

“Niente… e che non so, non voglio che domani viene l’assistente sociale!!!”

Gli sorrise “Non mangia mica!”

“Io voglio stare con Logan, o con Trina… anche se mi sembra un po’ stupida!”

“Intelligente il piccoletto!” esclamò Logan tra una risata e l’altra per ciò che aveva detto su sua sorella “Non per niente è mio fratello!”

Veronica prese in mano l’aspirapolvere e lo attaccò alla presa elettrica “Oddio… continua?” si domandò l’uomo di casa.

“Questa casa è un porcile! Devo pulire!” rispose lei accendendolo.

 

Il fatidico giorno era arrivato, Keith Mars era arrivato molto in anticipo e si era subito messo a giocare con il bambino; anche lui, del resto come tutti, si era affezionato a Brian, quel piccolo ragazzino tanto sfortunato.

Qualcuno suonò alla porta, probabilmente Trina che era finalmente arrivata. Logan aprì la porta “Ciao…”

“Ciao! Scusate il ritardo!” La rossa entrò in casa sorridente come suo solito. “Ciao Veronica!”

“Ciao Trina!” La giovane detective si alzò in piedi per prendersi un bicchiere d’acqua, era nervosa. Stava attendendo con ansia l’arrivo dell’assistente sociale, mancava ormai poco. Veronica e Keith non sarebbero dovuti essere lì, alla fine non facevano parte della famiglia, però non volevano mancare a quell’appuntamento che avrebbe segnato la vita di Brian.

“Ma… l’assistente sociale cosa dovrebbe venire a fare?” domandò ingenuamente la rossa.

“Beh… l’affidamento di Brian.” Rispose Logan raggiungendo la sua ragazza ed abbracciandola da dietro. Possibile che la loro vita non potesse essere normale? Ormai se lo chiedeva quasi tutti i giorni, non era normale, non vivevano spensierati, certo nessuno vive giorno per giorno spensieratamente come in un film, però un momento di calma non avrebbero mai potuto averlo?

“Ma perché? Non ce lo affidano a noi?” chiese Trina.

“Potrebbe benissimo venire affidato al padre di Kendall. Voi e lui avete assolutamente gli stessi diritti, io ho cercato di contattarlo ma il numero di casa del nonno di Brian dice essere inesistente.” Spiegò Veronica portandosi in un altro bicchiere d’acqua alla bocca.

 

Erano seduti intorno al tavolino, l’assistente sociale era appena arrivata. Logan le offrì un caffè che accettò volentieri.

“Salve. Sono Emily Bulter.” Si presentò mettendosi sulle gambe la sua ventiquattrore aprendola e tirando fuori un fascicolo. Lo aprì e cominciò a leggerne il contenuto. “Allora, sono qui per discutere dell’affidamento di Brian Echolls.” La madre gli aveva lasciato il cognome del padre. “La famiglia Echolls è formata da Trina Echolls e Logan Echolls figli di Aaron e Lynn Echolls deceduti tutti e due. Giusto?”

Prese la parola Trina “Sì, è esatto, non so quanto possa essere utile ma io sono stata adottata.”

“Non è rilevante, sei comunque una Echolls. Da parte della famiglia di Kendall invece c’è il padre di lei. Avete assolutamente gli stessi diritti, ognuno di voi potrebbe prendere in affidamento il bambino. Dovreste parlarne davanti ad un notaio.” L’assistente sociale era alquanto professionale, Veronica e Keith stavano in silenzio ad ascoltarla, Brian si era ammutolito per non far brutta figura.

“E… come facciamo a contattare il padre di Kendall?” domandò Logan appoggiando la tazza piena di caffè davanti all’assistente sociale.

“Beh, vi farò sapere io, lo contatteremo.” Si portò la tazza alla bocca e sorseggiò un po’ di quel liquido nero. “Per ora non credo ci sia nient’altro da dire. Se potreste lasciarmi un recapito cellulare sarebbe meglio così se non vi trovo a casa potrei sempre contattarvi lì. Vi chiamerò per dirvi quando avete l’appuntamento dal notaio assieme al signor Banks.” Emily prese un biglietto da visito e lo appoggiò sul tavolo “In ogni caso vi lascio anche il mio biglietto da visita se doveste chiedermi qualunque informazione.”

“Grazie!” esclamò il ragazzo scrivendo su di un foglio il suo recapito telefonico mobile.

Emily Bulter si alzò dalla sedia continuando a sorseggiare il suo caffè “Bene… arrivederci.” Disse raggiungendo la porta. Tutti i presenti la seguirono ma prima di uscire dall’appartamento Keith la fermò “Ma se nessuno delle due famiglie trovasse un accordo? Se tutti e due volessero l’affidamento di Brian?” domandò.

“In questo caso sarà il lo stato a decidere. Arrivederci.” Rispose lei, poco dopo la porta si richiuse alle sue spalle.

 

Camminava velocemente lungo quel corridoio, aveva saputo del suo risveglio per caso, come al solito riusciva a far sbottonare Lamb facendogli dire tutto ciò che le interessava; e così era successo. Aveva saputo del risveglio di Johnatan, della sua ripresa.

Le visite non erano ancora permesse, ma lei aveva lo sceriffo dalla sua parte. Stranamente in quel periodo acconsentiva a tutto ciò che gli chiedeva; probabilmente perché si sentiva ancora in colpa per non averle dato retta sull’omicidio di Alice, per aver permesso a quei due assassini di rapirla, di minacciarla di morte.

“Tu mi aspetterai fuori?” domandò la giovane donna senza rallentare il passo.

“Sì, tanto davanti alla polizia non si sbottona, ma credo che con la tua arte seduttrice riuscirai a farlo cantare.” Rispose lui cadendo in note sarcastiche.

“Wow! Quanto sei spiritoso!” esclamò. Lo sceriffo la prese per un braccio, in quell’istante Veronica ricordò il giorno in cui quell’uomo aveva tentato di baciarla. Aveva rimosso quell’episodio dalla sua mente. “Che c’è sceriffo?” domandò un po’ scossa per ciò che aveva appena ricordato.

“Siamo arrivati, questa è la stanza di Johnatan Wood, la 204!” rispose lui guardandola negli occhi.

“Ah… ok… allora entro!” stava per aprire la porta quando Lamb la fermò nuovamente.

“Prendi questo… devi registrare ogni sua singola parola!” Veronica prese in mano il registratore e lo mise in tasca.

Finalmente entrò in quella camera ospedaliera, Johanatan aveva attacco al braccio sinistro una flebo ed in quel momento si aiutava a respirare con l’ossigeno messo a disposizione dall’ospedale.

“Ciao… disturbo?” domando lei attirando su di sé l’attenzione dell’uomo, dopo aver pronunciato quelle parole mise una mano in tasca e premette il tasto “REC” del registratore.

“No… entri pure… ma… lei chi è?” si tolse i tubi dal naso che lo aiutavano a respirare e li appoggiò sul comodino chiudendo la valvola di accensione.

“Mi chiamo Veronica Mars!” rispose sedendosi su una sedia situata vicino al letto.

“È della polizia?”

“Oddio cosa ha insinuato?” fece una piccola risata, era nervosa per il colloquio al quale stava per dare inizio, dopo di che si ricompose “No, non sono della polizia.”

 

Fine quindicesimo capitolo

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Capitolo 16
*** Who has called? ***


Who has called?

 

“È della polizia?”

“Oddio cosa ha insinuato?” fece una piccola risata, era nervosa per il colloquio al quale stava per dare inizio, dopo di che si ricompose “No, non sono della polizia.”

“Allora perché è venuta qui?”

“Dovrei farle alcune domande sugli incidenti, sa il figlio di Kendall, la persona rimasta uccisa nella colluttazione contro il suo camion, è stato affidato al mio ragazzo. Perciò vorremmo saperne un po’ di più, tutto ciò che verrà detto in questa sede non sarà assolutamente usato contro di lei, per cui, la prego, accetta di rispondere ad alcune mie domande?” spiegò Veronica cercando di essere più convincente possibile.

Johnatan sospirò “D’accordo… sicura che niente di quello che dirò sarà usato contro di me?” acconsentì con ancora qualche dubbio.

“Rimarrà tutto tra queste quattro mura!” mentì lei sorridendogli.

“Quindi… quella donna aveva un figlio.” Bisbigliò guardando le sue dita.

“Già… un bambino di quasi quattro anni. Ad ogni modo mi spieghi cos’è successo…”

“Beh… un uomo mi ha chiamato e mi ha minacciato…” cominciò a raccontarle titubante. Continuava ad osservare le sue dita, dalla sua espressione sembrava sentirsi in colpa per aver mandato Kendall fuori strada, probabilmente stava pensando a Brian, che è rimasto senza una madre.

“Che genere di minaccia?” Veronica lo guardava negli occhi castani, ascoltava ogni sua parola e guardava ogni sua singola mossa immagazzinandola nella sua mente.

“Mi ha detto che se non avessi mandato fuori strada un’auto rossa targata AA624CC avrebbe rapito ed ucciso mia figlia! Cos’altro avrei dovuto fare? Dovevo… dovevo proteggere la mia Sarah!!” spiegò cominciando a piangere al sol pensiero di ritrovare sua figlia morte.

Veronica avrebbe voluto non proseguire, non avrebbe voluto farlo stare ancora male ma doveva, doveva proseguire con le domande perché doveva e voleva scoprire la verità. Chi aveva chiamato Johnatan? Perché voleva uccidere Kendall?

“Sa per caso chi l’ha chiamata?”

“Se l’avessi saputo, secondo lei, avrei fatto ciò che ho fatto?” Wood si asciugò le lacrime e cominciò a grattarsi il polso, non aveva ferite percepibili dall’occhio ma aveva sentito che aveva avuto un’emorragia interna che i dottori, per fortuna, aveva assorbito. Se così non fosse stato questo caso sarebbe rimasto per sempre irrisolto, e ancora adesso non si ha la certezza che possa venire chiarito.

“Ed il numero? Ce l’ha ancora?” Veronica si portò dietro ad un’orecchia una ciocca di capelli che le era caduta davanti al viso ed attese con trepidazione la risposta.

Da quando era tornata dal college di poteva dire maturata? Come quando era al liceo si cacciava sempre in qualche pasticcio, in qualche caso da risolvere e lei non era c’era una ragazza che si tirava indietro. Doveva arrivare fino alla fine, doveva capire chi fosse il colpevole. Rise tra sé e sé ad un ricordo banale, al fatto in cui si trovava presso l’edicola della scuola, prese a casa un giornale, quello con la copertina per lei più carina e di trovò davanti un manga: fumetto giapponese che si intitolava “Detective Conan”, lei poteva definirsi come quel bambino che risolve tutti quei difficili casi? In quel momento pensò al perché di tutte quelle ricerche, perché voleva scoprire a tutti i costi chi fosse l’assassino di Kendall? Chi fosse il vero colpevole? Lei cosa ci guadagnava? Niente, e allora perché lo faceva? Non lo sapeva ma voleva conoscere la verità, e niente gliel’avrebbe impedito.

“Il cellulare… non so dove sia finito, forse si è rotto, oppure è andato perduto, non lo so… ad ogni modo quando ho risposto non ho fatto caso al numero, forse ha chiamato con numero privato… non so!” spiegò guardando fuori dalla finestra “Ora la prego di farmi riposare!” concluse facendole un cenno con la mano verso la porta della stanza.

“Grazie… arrivederci!” La bionda si alzò ed uscì dalla camera ospedaliera, cercò con lo guardo lo sceriffo ma non lo vide; dalla tasca tirò fuori il registratore e fermò la registrazione.

Sospirò guardando quella scatola “Finalmente hai finito!” si sentì dire da poco lontano.

“Non vedevi l’ora di vedermi eh?!” scherzò lei passandogli il registratore.

“E’ stata proficua questa chiacchierata?”domandò lui ignorando il quesito sarcastico fatto in precedenza dalla donna che era diventata la sua ossessione.

“Abbastanza…” rispose lei “Senti, il cellulare di Johnatan ce l’hai tu?” chiese poi.

“Credo di sì… Vedrò oggi. Ora andiamo!”

 

Arrivarono in centrale, Lamb tirò fuori la sua carta magnetica “Aspettami qui!” disse a Veronica passando il documento elettronico nell’apposito congegno. La porta si apri e lo sceriffo vi entrò; si guardò un po’ intorno e finalmente trovò una scatola di cartone dove, sulla superficie verticale vi era scritto: “Oggetti personali: Johnatan Wood”. Li tenevano ancora lì perché sarebbero potute essere prove valide per mandarlo in gattabuia. Don Lamb guardò all’interno del contenitore trovando il cellulare che cercava.

Uscì dal magazzino e guardò Veronica chiacchierare con un agente, avrebbe voluto averla tutta per sé, ogni suo sorriso non avrebbe dovuto donarlo a nessuno se non a lui. Non sapeva quando questo sentimento aveva preso il sopravvento in lui.

Quando frequentava ancora il liceo la trovava insopportabile, ma allo stesso tempo intrigante per tutte le supposizioni che faceva. Riusciva sempre a trovare il colpevole. Ora quando la guardava sentiva qualcosa di diverso, la vedeva maturata, più donna. Lei però non l’avrebbe mai visto come un uomo da amare, avrebbe potuto considerarlo uno sceriffo incapace di svolgere da solo il suo mestiere, lei aveva il suo Logan, il suo ricco 09 che ne aveva passate tante. Il suo sguardo si fece cupo per pochi secondi, cercò di tornare in sé e cominciò ad avviarsi verso la giovane detective.

Lei lo guardò, avrebbe voluto portarla a sé e assaporare quelle labbra rosee “Non puoi richiedere all’operatore telefonico di farti dare la lista delle chiamate ricevute su questo numero?” gli chiese appoggiando i gomiti sul bancone di quella stazione di polizia.

“Prima controlliamo i numeri che l’hanno chiamato.” Rispose appoggiando il sacchetto di plastica che conteneva il telefono mobile. Si mise i guanti in lattice e prese in mano l’apparecchio accendendolo, si accese con estrema facilità, Johnatan non aveva nemmeno importato il codice PIN; velocemente entrò nel menù per poi immettersi in registro chiamate.

Lamb cercò di scacciare i pensieri che fino a poco fa invadevano la sua mente e si concentrò su quel piccolo schermo che illuminava il suo viso di una luce arancione.

Veronica attendeva con impazienza una qualche parola dello sceriffo che tardava a pronunciare.

L’incidente era avvenuto alle quattro del pomeriggio, per cui la chiamata di minaccia l’avrebbero potuta fare dalle tre in poi.

“Questo riceve più chiamate del sindaco!” s’impazientì l’uomo. “Ah… forse potrebbe essere questo, ha chiamato alle tre e un quarto.” Disse entrando in dettagli.

“E quale sarebbe questo numero?” domandò nervosa Veronica non riuscendo più ad attendere quel cavolo di numero. Non le piaceva dipendere dalle altre persone, non le piaceva dover aspettare qualcosa che avrebbe potuto vedere da sé.

Don Lamb prese un foglio ed una penna da dietro il banco e scrisse un numero “ 0226643544” disse; controllò ancora un po’ quelle chiamate ma nessun’altra era stata effettuata nell’ora in questione.

 

Teneva tra la sua la mano del bambino, aveva uno sguardo perplesso, entrò in caso e corse ad abbracciare il fratello lasciando sull’uscio della porta quel povero ragazzino.

“E’ così crudele!” esclamò parlando di quella screanzata madre “Mi ha chiesto i soldi e alle due e mezza è andata in banca!” spiegò poi cercando di parlare piano per non farsi sentire da Brian.

 

Ci vogliono solo trenta minuti dalla banca, dove era andata Kendall a ritirare i soldi, all’autostrada, mettendo caso che la donna sia uscita di là alle quattordici e quaranta avrebbe varcato il casello alle quindici e dieci.

La mora chiamò Trina alle quindici e quindici, per cui viaggiava già per quella strada in cui è morta.

I sospetti chi potrebbero essere? Qualcuno della banca, oppure i cassieri dell’autostrada. L’avrebbe scoperto, avrebbe smascherato l’assassino.

Anche Veronica scrisse il numero di cellulare del possibile sospettato, ma le sembrò fin troppo facile. Possibile che la persona in questione fosse stato così stupido da non chiamare con il numero privato?

 

“Pronto?” Brian stava dormendo al piano superiore, nella camera degli ospiti. Logan gli stava preparando una stanza, ormai per lui quel bambino era una parte della sua famiglia, già stava pensando di poter ottenere il suo affidamento senza alcun problema.

“Salve, sono Emily Bulter, volevo dirle che ho contattato il signor Banks. Lui è disponibile ad incontrarla per discutere dell’affidamento di Brian tra tre giorni.”

Il ragazzo dall’altro capo del telefono rimase un attimo interdetto per ciò che gli era stato comunicato. “Signor Echolls, è ancora in linea?” domandò la donna non ricevendo risposta.

“Sì, mi scusi. Per me è ok! Dove dovrei incontrarlo?”

“Nello studio notarile del notaio Christian Ayed, alle undici, lo studio di trova in via Battle 48” rispose con voce fredda e distaccata. Sembrava non le importasse del futuro del bambino, e forse era davvero così. Per lei quello che stava facendo era solo prassi, solo lavoro, non poteva capire cosa stessero passando loro?

“Grazie mille! Arrivederci!” chiuse la comunicazione e guardò per alcuni secondi l’apparecchio telefonico, sarebbe stato davvero così semplice ottenere l’affidamento di Brian?

 

“Papà?! Sono io!” urlò entrando in casa.

“Ah… ciao! Com’è qui?” domandò Keith andandole incontro.

“Devo chiederti un favore…” rispose lei posando le sue labbra su una guancia del padre.

“Mai una visita di cortesia eh?!” le sorrise, ormai ci era abituato a quegli arrivi solo per chiedergli di fare una ricerca.

“Eh… mi dispiace!” si tolse dalla spalla la sua solita borsa a tracolla e l’appoggiò sul tavolo, sia il padre che Logan le avevano ripetuto più volte di cambiarla ma lei non ne aveva nessun tipo di intenzione, ormai ci era affezionata, finchè non si fosse rotta non l’avrebbe cambiata. Da essa tirò fuori un foglio. “Allora… cercami il proprietario di questo numero cellulare!” gli passò il biglietto.

“D’accordo tesoro!” stava per andare nel suo ufficio, quando la figlia lo fermò chiamandolo.

“Un’altra cosa… cera tutte le chiamate ha ricevuto questo numero: 0225484855, chiamate ricevute dalle tre alle quattro.”

“Aspetta… aspetta, fammelo scrivere!” prese la prima penna che trovò e scrisse il numero sullo stesso foglietto dell’altro. “Bene, quando avrò finito le ricerche ti chiamo.” Keith la salutò per poi vederla andare via.

La sua bambina era troppo impegnata; anche la sua adolescenza l’aveva trascorsa tra indagini e sospetti.

 

Lo sceriffo Don Lamb stava controllando in alcuni database a chi potesse corrispondere il numero trovato nel registro delle chiamate del cellulare di Johnatan Wood; si portò all’orecchio il telefono “Trovatemi tutte le informazioni possibili su Carter Williams.”

 

Fine sedicesimo capitolo

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Capitolo 17
*** You marry me? ***


Nuova pagina 1

NdA: Purtroppo, per motivi di tempo e d’ispirazione, non sono riuscita ad andare avanti.

Ho scritto solo metà del diciottesimo capitolo, per cui dovrete attendere di più! Non so quando potrò aggiornare. Non so quando finirò di scrivere il capitolo. Ma d’ora in avanti non ci sarà più un giorno specifico in cui postare. Potrete attendere una settimana come un mese o come di più.

Mi scuso con tutti per questo imprevisto non voluto.

Spero possiate metterci pazienza, ma davvero non posso fare altrimenti!

Appena finirò il diciottesimo capitolo lo poterò qui sul sito.

Mi scuso con tutti!

 

You marry me?

 

“Purtroppo non è morto, ma non credo ci possa creare problemi.”

“Già, ha troppa paura! Ha paura per la sua piccola bambina!”

Sedevano in un salotto, chiacchieravano bevendo una tazza di tè.

“Almeno quella dannata donna è morta! Riposerà in pace all’inferno!” si scostò i lunghi capelli neri e porto alle labbra la bevanda calda, sorrise; solo al pensiero di Kendall sotto terra la faceva stare bene.

“Secondo te arriveranno mai a noi?” domandò l’uomo seduto davanti a lei come se nulla fosse, bevve anch’esso per poi appoggiare nuovamente la tazza semi vuota sul piattino collocato sopra al tavolo.

“Come potrebbero? Abbiamo minacciato quello scemo di Johnatan chiamandolo con numero privato, lo sceriffo Don Lamb è troppo incompetente per poter arrivare a noi!” dalla sua bocca si potette udire una sonora risata.

Quella donna sembrava essere fatta con il ghiaccio, i suoi occhi azzurri sembravano non voler far trasparire alcun tipo di emozione.

 

Da una stampante uscì un foglio, un agente lo prese in mano e si avviò verso l’ufficio dello sceriffo locale “Ho finito, le lascio il fascicolo qui sulla scrivania.” Disse appoggiando diversi fogli, chiusi in una cartella rossa, sul tavolo di quell’ufficio.

“Grazie!” Attese l’allontanamento dell’agente, prese il fascicolo in mano e lo aprì.

Carter Williams, maschio, nato il 25 Ottobre del 1961, sposato, ha tre figli. Lavora in un’impresa di pulizie.

Perché avrebbe voluto vedere morta Kendall? Forse aveva lavorato per lei e provava del risentimento nei suoi confronti?

 

Logan teneva tra la sua la mano della sua donna.

Trina si era offerta di stare con Brian.

L’aveva voluta portare in un ristorante francese.

Finalmente erano soli; attendevano l’antipasto.

Lui le sorrise, sembrava che il tempo si fosse fermato, esistevano solo loro.

“Sai… se Brian verrà affidato a me non avremo più il tempo di stare insieme, cioè sì… staremo insieme, non voglio più fare l’errore di lasciarti, però dovremo… dovrò stare dietro a Brian parecchio.” Spiegò giocando con le dita di Veronica, accarezzandole lentamente.

“Se per te è un peso lascia Brian al padre di Kendall; se vuoi l’affidamento, o se accetterai di prenderlo con te, sappi che dovrai fargli da padre per tutta la vita, non potrai più comportarti come un tempo, fare casino con i tuoi amici o altro! Questo è un impegno che dovrai portare avanti nel tempo, non pensare mai e poi mai di poterlo abbandonare se ti annoierai di lui.” Cominciò a parlare lei a raffica, esprimendo ogni suo minimo pensiero “Se no vengo da te e te la faccio pagare cara!!” finì sorridendogli, cercando di non sembrare troppo melodrammatica, finendo, così, sull’ironico.

Strinse di più la mano dell’amante, per cercare di fargli capire che è sempre con lui, che, come aveva detto un tempo, supereranno ogni tipo di avversità insieme.

“No, certo che no! Non lo farei mai!” era serio, sapeva a quanto, ormai si era affezionato a quel bambino entrato nella loro vita come un vortice.

Veronica gli sorrise nuovamente. Logan contraccambiò con uno dolce quanto il suo. Aveva capito di amarla, condivideva con lei ogni minimo giorno. Stava bene con lei. Non era una relazione come ce l’aveva con Lilly, era vera. Non doveva preoccuparsi di farla andare in giro da sola, sapeva che non sarebbe mai stata capace di tradirlo. Tra di loro c’era fiducia reciproca.

Logan pensò al giorno in cui aveva rotto i fanali dell’auto della sua attuale ragazza, non l’avrebbe mai fatto ora. Ovvio. Era così strano pensare a quel passato, ormai distante da lui anni luce. Ora stava bene, era felice, e ne era consapevole; anche se aveva un bambino sulle spalle per tutta la vita, era felice di come stava proseguendo la sua vita.

Ancora si sentiva in colpa nei confronti di Alice, ed anche nei confronti di Lilly, ma non poteva fare niente per rimediare, non avrebbe potuto mandare indietro il tempo, non avrebbe potuto salvare né l’una né l’altra, ad ogni modo andava bene così. Forse se Lilly non fosse morta lui non avrebbe mai conosciuto così intimamente Veronica, non l’avrebbe mai portata a fare una cenetta romantica in un ristorante francese.

Lui avrebbe sofferto come un cane dietro a Lilly che andava con tutti tranne che con lui. Forse era meglio così, certo, quella ragazza un po’ troppo libertina le mancava, aveva fatto parte della sua vita. L’aveva amata, era stata il suo primo amore. Il suo primo vero amore, poi è arrivata Veronica, loro due, insieme, le loro battute ironiche e un po’ troppo taglienti andavano d’accordo, ed anche loro avevano capito quanto fossero attratti l’uno dall’altra. Forse avevano trovato la loro anima gemella.

Senza Veronica lui, dov’era adesso? Da nessuna parte, molto probabilmente in prigione per qualche stupido errore commesso con Dick o qualcun altro.

Il cameriere portò loro il primo piatto, il discorso cadde sull’ironico senso della vita.

La cena terminò in fretta passando da un discorso ad un altro, stavano attendendo il dessert, Logan le versò un bicchiere di vino.

“Senti…” cominciò a parlare, a non cercare di finire sull’ironico, con le sue solite battutine beffarde non aveva voglia di rovinare quell’importante discorso che doveva farle.

“Dimmi…” Veronica si portò il bicchiere alle labbra e sorseggiò un po’ di vino rosso.

Logan deglutì la sua stessa saliva, non sapeva che parole usare, non sapeva se facesse bene a dirle quello che stava per dirle. “Non voglio prendermi cura da solo di Brian…” scandiva bene le parole, quasi come se avesse paura che la ragazza seduta davanti a sé potesse non capire ciò che voleva far capire. “…ha bisogno anche di una madre… e Trina, beh… non è fatta per essere madre!” fece un’altra paura ed inalò aria nei polmoni “Quindi… che… che…” aveva cominciato a balbettare, la paura si era impossessato di lui, non credeva fosse così difficile dire quelle parole. “...ne diresti se…” fece un’altra pausa. Le parole gli morivano in gola, ma ormai il gioco era fatto doveva concludere da frase.

Veronica lo guardò negli occhi un po’ confusa, non sapeva cosa volesse dirle, ma era al massimo dell’imbarazzo. Probabilmente una cosa importante.

Logan non riusciva più a parlare, era incantato a guardarle gli occhi, si dimenticò cosa stava dicendo, probabilmente per la paura della reazione della donna.

“Che ne diresti se…?” incitò lei a proseguire, non le piacevano frasi lasciate a metà e lui doveva dirle tutto ciò che voleva senza avere la benché minima paura.

“Beh…” Logan si portò il bicchiere del vino alla bocca, doveva rinfrescarsi la gola per poter proseguire. Non avrebbe mai creduto che lui: Logan Echolls avesse paura di chiedere ad una donna di volerlo sposare.

Veronica continuava a guardarlo, ormai era impaziente, voleva sapere cosa volesse dire, non ne poteva più di aspettare.

Logan la capì al volo e dopo aver respirato profondamente cercò di proseguire. “Beh… tu saresti perfetta no?! Quindi… che ne diresti se ci sposassimo?” finalmente riuscì a terminare la frase, ora stava tutto a Veronica, alla sua reazione. Come l’avrebbe presa? Bene, male, normalmente? Ad una simile proposta non si potrebbe mai rimanere impassibile.

Veronica sgranò gli occhi, lui le aveva appena chiesto di sposarlo o lo aveva sognato? Perché glielo aveva chiesto ora? Perché doveva fare da madre a Brian? Solo per questo? O forse per l’amava e gliel’avrebbe comunque chiesto?

Il cameriere interruppe i suoi pensieri portando il dessert, un tartufo nero, Veronica lo guardò per poi rialzare lo sguardo su di Logan.

Stava zitto, attendeva una sua qualche risposta, che sia stata un sì o un no ma avrebbe voluto sentirla parlare.

“Logan…” pronunciò a lei seria “…me lo stai chiedendo solo perché c’è Brian. Io… non posso! E… non voglio!” rispose infine con voce strozzata.

“Capisco…” Veronica guardò in un’altra direzione, le dispiaceva, ed anche tanto, non avrebbe potuto fare altrimenti. Non voleva sposarsi solo perché avrebbe dovuto prendersi cura di un bambino; era affezionata a Brian, ma poteva prendersi cura di lui, farle da madre anche da non sposata.

Avrebbe voluto dirgli qualcosa, forse aveva frainteso, forse non aveva capito. Stava per aprire bocca, quando il cellulare le squillò “Scusami…” disse prendendolo dalla borsa appoggiata allo schienale della sedia. Lo portò all’orecchia “Pronto?”

“Tesoro, ho finito le ricerche, un numero privato, mi hanno detto, che ha chiamato Johnatan alle 15.30.” sentì la voce del padre spiegarle ciò che aveva scoperto.

“Grazie, potremmo parlarne domani mattina? Non aspettarmi sveglio stasera, non so che ora farò!” rispose lei salutandolo, infine, e chiudendo la conversazione.

Le indagini potevano aspettare, certo, era importante scoprire chi avesse minacciato quel povero camionista, ma ora nella sua mente esisteva solo quella proposta di matrimonio, arrivata troppo in fretta.

Avrebbero dovuto aspettare, nessuno dei due era pronto per un simile passo.

“Ha scoperto qualcosa di interessante?” domandò Logan cercando di cambiare discorso, si sentiva un imbecille. Le aveva chiesto di sposarlo e lei l’aveva rifiutato, si sentiva male, si sentiva offeso nell’orgoglio, ma amava quella donna seduta davanti a lui, non poteva perderla nuovamente solo perché le aveva detto no.

“Sì, ne parleremo domani mattina.” Si era creato imbarazzo, Veronica si portò alla bocca un pezzo di tartufo e lo masticò, rimanendo in silenzio.

Lui la guardava, guardava quel viso che tanto gli piaceva, quella bocca che tanto adorava baciare, quegli occhi che tanto gli piaceva guardare. “Non te l’ho chiesto solo per Brian, ma perché ti amo.” Disse impulsivamente.

“Ma… non siamo pronti. Ancora c’è questo caso da risolvere e poi… Brian non è detto che sarà affidato a te.” Rispose lei cercando di non guardarlo in volto. Avrebbe voluto sposarlo. Non poteva; anche se avrebbe voluto dirgli di sì.

“Non c’entra niente questo. Non dobbiamo sposarci ora.”

“Non potremmo nemmeno pensare ai preparativi.”

“Aspetteranno, io so solo una cosa: voglio trascorrere tutta la mia vita assieme a te. Ne sono certo, non ti avrei aspettato cinque anni se non fossi sicuro di ciò.”

Veronica guardò il suo piatto semi mangiato e sospirò “Credo anche io.” Rispose sussurrando, sperando che Logan non la sentisse. Voleva sposarlo. Se lui diceva che poteva aspettare. Poteva anche dirgli di sì, ma se facesse ciò forse avrebbe dovuto aspettare anni. Non si sentiva pronta. Sapeva di voler stare con lui a lungo, ma niente era sicuro. Non si potrà mai conoscere il futuro.

Forse non sono destinati a stare insieme, o forse sì. Nessuno potrà mai saperlo. Cosa avrebbe dovuto fare? Dirgli di sì? O rimanere sulla sua decisione?

“Io… non so… ci penserò un po’… e ti darò una risposta d’accordo?” cercò di uscire da quella posizione che tanto detestava.

 

Fine diciassettesimo capitolo

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Capitolo 18
*** Where are the moneies? ***


Where are the moneies?

 

N.d.A.: Mi scuso per la lunga assenza.

Purtroppo non sono riuscita mai a continuare la fan-fiction per mancanza di ispirazione. Spero che piano piano mi possa tornare.

Ad ogni modo, purtroppo, non so quando aggiornerò con il diciannovesimo capitolo.

Spero che possiate aspettare!

Mi scuso nuovamente con tutti le persone che leggono, che hanno letto e che leggeranno questa fanfiction.

Ma non preoccupatevi, non lascerò la fanfiction incompiuta; dovessi impiegare tutta la vita nello scriverla! :P

 

Il discorso era rimasto in sospeso, non gli aveva detto né sì né no; solo del tempo per poter riflettere.

“Bene, quindi oltre ad…” prese un foglio in mano “…Carter Williams lo ha chiamato un numero privato.” Fece una pausa nella quale si portò un bicchiere d’acqua alla bocca rinfrescandosi la gola “Mh… sai per caso chi siamo questo Carter?” domandò, infine, al padre.

“Sì, è il cugino di Johnatan.”

“Potrebbe essere stato lui? Magari torno da John e gli chiedo in che rapporti è con lui?”

“Non è più plausibile che sia stato quel carissimo numero privato?”

“Certo! Ma non dobbiamo ignorare nessuna ipotesi.” Prese un altro foglio in mano e lo lesse.

“Ad ogni modo sono riuscito a rintracciare il numero che ha chiamato! Mac è una santa!” sorrise alla figlia.

“Dovrei andare a trovarla, un giorno!” pensò ad alta voce “Qual è e di chi è quel numero, quindi?” domandò rinfrescandosi nuovamente la gola.

“0224366336, un certo Heric Allen.”

“Ha un bel nome!” esclamò sarcastica Veronica “Chi sarebbe costui?” guardò seria il padre, il caso stava pian piano venendo a galla, avrebbe trovato quell’assassino, l’avrebbe fatto. Per Brian.

“Lavora in banca, ha quarantadue anni.” Lesse Keith in un foglio.

“In banca eh?!” pensò un attimo, Kendall prima di partire era andata in banca a ritirare i soldi che le aveva dato Trina. Accidenti, perché non ci aveva pensato prima? Dov’erano finiti quei ventiquattromila dollari? “Devo andare!” affermò la giovane donna portandosi la borsa in spalla.

“Dove?” chiese il padre cercando di fermarla.

“A chiedere dove siano finiti i soldi che Trina ha dato a Kendall!” uscì di casa senza attendere una qualche risposa del padre, salì in auto accendendo il motore.

Troppe volte aveva preso in prestito l’autoveicolo del padre; avrebbe dovuto comprarne una al più presto.

 

Parcheggiò davanti alla stazione di polizia, ormai quel posto lo frequentava troppo spesso.

Entrò e venne accolta da alcuni agenti che aveva conosciuto ai tempi in cui Keith Mars era sceriffo.

Bussò su di una porta nella quale, sulla superficie, vi era scritto “Ufficio dello Sceriffo Don Lamb”

Una voce le diede il permesso di entrare “Permesso…” disse Veronica garbatamente.

Lui la guardò un attimo imbambolato, dopo essersi mandato svariati accidenti da solo le domandò cosa volesse.

“Che fine hanno fatto i ventiquattromila dollari che erano nell’auto di Kendall?” domandò sicura di sé stessa, sicura di poter ricevere una risposta.

Don Lamb la guardò seria e si alzò dalla sedia di pelle in cui era seduto, prese una cosa sopra la sua scrivania e cominciò a rigirarsela tra le mani guardandola.

“Credi che io ti possa dire dove sono ora quei soldi? Fai per caso parte di questo distretto? Non mi sembra.” Alzò lo sguardo incrociando quello di lei “Non metterti in mezzo, non andare a ficcarti in casi troppo più grandi di te. Stanne fuori. Fa fare alla polizia il proprio compito.” Fece una pausa aspettando la reazione della persona che aveva di fronte.

Veronica lo guardò quasi stupefatta, ormai era come se lavorassero insieme, perché non voleva rispondere ad una domanda tanto semplice?

“Quella è la porta. Ciao Veronica!” concluse risedendosi.

La donna rimase in silenzio, chiuse il pugno e volse lo sguardo al di fuori della finestra. Rimase ferma, immobile dov’era. Sarebbe rimasta lì, fino a quando Don Lamb non le avesse detto qualcosa.

Ci era rimasta male ed era una cosa che non tollerava minimamente. In fondo aveva ragione, lei era una comune cittadina di Neptune, perché dovrebbe avere il diritto di conoscere l’andamento delle indagini?

“Senza di me… non avresti potuto scoprire tutto ciò che hai in mano fino ad ora! Chi è andato a parlare con Jonhatan? Tu forse?” Voltò lo sguardo verso di lui.

“Ti ringrazio per l’aiuto da te dato, ma mi dispiace, non posso darti niente in cambio.”

Veronica alzò un sopracciglio “Non ho chiesto niente di sconvolgente!” batté violentemente le mani sulla scrivania dello sceriffo “Ho solo chiesto dove sono andati a finire quei maledetti soldi!”

Lamb indietreggiò di un passo. Abbassò lo sguardo. “Veronica, non posso.”

“E’ solo una domanda. Una stupida domanda.”

Don Lamb sospirò e si arrese all’insistenza di quella ragazza “Sono qui. Non li ha rubati nessuno.”

 

Appoggiò il bicchiere sul tavolino di cristallo davanti a lui e sospirò.

Brian dormiva nel suo letto, così Logan ne aveva approfittato per farsi una bevuta in completa solitudine.

Era tutto il giorno che pensava alla sera prima, a quando Veronica l’aveva liquidato. Sì l’aveva liquidato, almeno secondo lui, quel “ci penserò” per lui voleva significare “è ancora troppo presto, non ti amo abbastanza.”

La sentiva distante, ogni giorno più distante, tutta presa dal caso di Kendall.

“Chi se ne frega di quella puttana! Non c’è bisogno di scoprire l’assassino di quella donna spregevole! E’ meglio che sia finita così! In ogni caso doveva morire!” disse sottovoce preso dalla rabbia.

Si alzò in piedi ed andò al frigo dove prese la bottiglia di latte portandosela alle labbra.

“Non ti hanno mai insegnato a non bere dalla bottiglia? È maleducazione.”

Logan si voltò e vide quel piccolo bambino che abbracciava il cuscino, che si era portato dietro dalla camera da letto.

“Ho vissuto da solo per parecchio tempo, ormai… questa regola me l’ero dimenticata; ma hai ragione, ora ci sei tu e non posso più farlo.” Rispose come se non stesse parlando con un bambino, appoggiò la bottiglia sulla credenza della cucina e si avvicinò a lui.

“Dormito bene?”

“Abbastanza… ma… zia Veronica non viene più?” domandò “Vi siete lasciati?”

Logan sgranò gli occhi a quella domanda “No… ha da lavorare, non tutti sono fannulloni come me.” Gli fece l’occhiolino.

Il giorno seguente si sarebbe dovuto incontrare con il padre di Kendall dal notaio.

“Domani mattina ti va di stare con zia Veronica?”

“Sì… certo che mi va! Meglio la sua compagnia che la tua!” Brian cominciò a saltare “Sto con zia Veronica… sto con zia Veronica…”

Logan sorrise nel vederlo così felice, ma quel suo sorriso nascondeva una vena di tristezza.

Il campanello di casa Echolls suonò, il padrone di casa andò ad aprire “Ciao…” si scostò dalla porta per far entrare quell’esile donna che portava sempre con sé la sua tracolla.

“Ciao.” Rispose un po’ fredda, avvicinandosi a lui appoggiando le sue labbra su quelle del suo compagno, un bacio un po’ freddo, a stampo. Quando la ragazza si allontanò corse ad abbracciare il piccolo Brian.

Logan abbassò lo sguardo; forse aveva sbagliato a farle quella proposta, ma lui credeva in ciò che le aveva detto, sapeva di amarla e voleva passare tutta la sua vita assieme a lei.

“Veronica… domani puoi tenere Brian?” domandò il ragazzo avvicinandosi ai due che si erano accomodati sul divano.

“Non devo venire con te?”

“Non è necessario.” Rispose lui sedendosi di fianco a Brian. Si sentiva la distanza, si erano allontanati. Logan non voleva fare qualcosa di sbagliato e lei non si sentiva a suo agio in quella posizione, avrebbe dovuto rispondere alla sua domanda, cosa avrebbe dovuto dirgli? Magari poteva accettare, lei lo amava e sapeva che anche lui contraccambiava i suoi sentimenti eppure qualcosa ostacolava la sua risposta. Che cos’era però?

“Vado al bagno!” esclamò il bambino facendo sussultare la donna immersa nei suoi pensieri.

I due ragazzi rimasero soli, il silenzio era estenuante.

“Scoperto niente?” domandò Logan cercando di rompere quel muro che si era innalzato tra i due.

“I soldi non sono stati rubati, magari l’hanno uccisa perché era odiata da qualcuno…”

“Forse, era facile odiarla.”

“Logan…” lo chiamò per poi bloccarsi su ciò che gli avrebbe dovuto dire.

“Dimmi…”

“Io… sono molto affezionata a Brian, quindi vedi di riuscire ad ottenere il suo affidamento.” Disse Veronica avvicinandosi un po’ più a lui.

“Con ciò cosa vorresti dire?” sperava di ricevere già una risposta a quella sua domanda.

“Non credere che sia così facile ricevere un mio responso in così breve tempo…” gli sorrise “…però credo che riusciremmo ad far andare avanti questa relazione a lungo.” Concluse stringendogli una mano.

“Non credi di riuscire a stare con me per tutta la vita?” chiese il ragazzo guardandola negli occhi ed accarezzandole la mano che gli aveva stretto la sua.

“Non lo so, non si può mai sapere.”

“Lo sai che sei pessimista?” le sorrise per poi avvicinarsi a lei, le loro bocche si unirono in un tutt’uno.

“Se volete rimanere un po’ soli per fare le vostre cose potete chiedere!” velocemente ed imbarazzati si divisero.

“Non preoccuparti.” Rispose Logan prendendolo per i fianchi e portandolo tra i due.

“Posso rimanere qui per sempre? Insieme a voi due?”

Veronica guardò il ragazzo, cosa gli avrebbe risposto? Gli avrebbe raccontato una bugia?

“Farò tutto il possibile per tenerti sempre con me, Brian, però fino a domani non potrò esserne sicuro.”

 

Fine diciottesimo capitolo

 

 

 

 

 

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Capitolo 19
*** Foster Care ***


Nuova pagina 1

Foster Care

 

“Preparati al peggio Logan Echolls, tu non conosci mio padre. Lui ti darà filo da torcere”

Logan aprì di scatto gli occhi, si alzò in piedi e si diresse verso la sua cucina. Aprì il frigo e bevve il contenuto di una bottiglia, la prima bottiglia che trovò.

Era nervoso per quello che sarebbe successo di lì a poco.

“Sei nervoso?”

Logan si voltò velocemente e la vide, sull’uscio della porta della sua camera che lo fissava.

“Un po’…”

Veronica avanzò di qualche passo, indossava una larga camicia, presa in prestito da Logan, quella camicia che indossava la sera ormai quasi del tutto passata.

Brian dormiva profondamente nel suo letto, abbracciava un peluche a forma di orso regalatogli da suo fratello maggiore.

“Te l’ho già detto Logan… se vuoi vengo con te! Sono più brava io a parlare di te, che dopo cinque minuti perdi le staffe.” Spiegò la donna incrociando le braccia al petto.

“Non so. Brian è tanto felice di rimanere con te!” si portò nuovamente la bottiglia alla bocca.

“Capirà! Credo che sarà più felice di rimanere con te che andare a vivere con il padre di Priscilla!”

“Magari hai ragione…”

Veronica sorrise “Io ho sempre ragione!” guardò l’ora “E’ presto, sono le quattro, torniamo a dormire!” gli strappò la bottiglia dalle mani e l’appoggiò sul bancone della cucina per poi spingere il suo compagno fino in camera da letto.

“Te l’ho mai detto che ti amo?” disse Logan mettendosi sotto le coperte.

“Migliaia di volte!” rispose lei emulandolo.

 

Le porte con il matel-detector si aprirono ed una ragazza entrò in quella banca dove un tempo vi era stata anche Kendall Casablancas.

Si guardò intorno e cercò di leggere le targhette dei dipendenti, si avvicinò ad un bancone, quello per i versamenti di assegni.

“Buongiorno signorina!” venne salutata cordialmente e con un sorriso.

“Buongiorno…” si sporse un po’ per leggere la targhetta “…impiegato Heric Allen!”

Sorrise nuovamente “Deve versare sul suo conto un assegno?”

Veronica annuì e glielo porse “Una bella sommetta.”

“Eh sì… Sa, ho saputo che una donna ha versato la stessa somma di denaro in questa banca ed è stata uccisa, cioè uccisa non lo so… però è morta!” parlò a raffica.

L’uomo rise “Sì… l’ho sentito anche io!”

“E le fa ridere?” domandò lei un po’ perplessa.

“Mi ha fatto ridere lei per come lo ha raccontato!” rispose prontamente.

“Ah… e mi dica… lei sa qualcosa in più su questa morte?” chiese Veronica.

“Mh… no! Ma ormai… è passato del tempo!”

“A me piace un casino sentire casi del genere! Mi sembra di essere dentro un film giallo! A lei non le piacciono queste storie?”

“Non troppo, soprattutto perché sono stato io l’ultimo a parlare con quella graziosa signora!” digitò diversi numeri sulla sua tastiera, Veronica lo guardava intensamente nel viso per vedere se ci fosse un qualche nervosismo da parte sua mentre parlava di quella donna morta. “… Mi scusi ma… non accetta l’assegno! E’ scoperto!”

“Cosa?”

“E’ scoperto!”

“Ah… grazie!” riprese l’assegno un po’ incredula.

“Arrivederci!”

“Sì… Arrivederci!” Veronica girò i tacchi e se ne andò, poco più in là c’era Logan che l’aspettava.

“Ehy V. come è andata?” le domandò andandole incontro.

“Bene… non ho scoperto nulla, però ho scoperto che nel tuo conto hai meno di ventiquattromila dollari!” rispose lei guardandolo negli occhi.

“Ci deve essere un errore.” Prese l’assegno in mano e lo guardò, cercò di trovare un qualche errore, due seri in più ad esempio. “Vieni… ti faccio vedere che non ho meno di quei fottuti soldi scritti in quel foglio!” la trascinò per un braccio, delicatamente, fino al bancomat di quella stessa banca. Fece un estratto conto e porse la ricevuta alla sua donna. “Vedi? Ne ho un po’ di più di ventiquattromila!”

“Fai schifo!” esclamò Veronica senza rendersene conto leggendo quello scontrino.

“Cosa?”

“Hai un sacco di soldi!” sorrise “Ti prego Logan… legami a te e sposami!” scherzò lei cingendogli le spalle con le sue braccia.

“So che stai scherzando e quindi non ti rispondo, però non lo ripetere più volte se no ti rapisco, ti porto a Las Vegas e ti sposo veramente, anche contro il tuo volere!” spiegò lui sorridendo beffardamente avvicinando le sue labbra con quelle di lei.

 

“Salve, siamo qui per incontrare il notaio.”

“Lei è?” domandò la segretaria senza distogliere lo sguardo dal terminare che si trovava davanti ad essa.

“Logan Echolls.” Rispose il ragazzo

“E’ qui per il caso di affidamenti di minore?”

“Sì.”

La donne prese in mano la cornetta del telefono e sulla base digito un numero. “Salve Dottor Christian Ayed. In sala d’aspetto c’è il signor Logan Echolls per il caso di affidamento di minore, lo faccio entrare?”

Passati alcuni secondi la segretaria chiuse la comunicazione con il notaio. “Potete entrare.”

Logan e Veronica bussarono alla porta di noce ed una voce diede loro il permesso di poterlo ricevere.

“Buongiorno dottor. Ayed.”

“Accomodatevi prego.” I due si sedettero.

Pochi minuti dopo affianco a loro vi sedeva anche il signor Banks. Un uomo sulla sessantina, assomigliava molto a sua figlia.

“Buongiorno.”

“Bene, ora siamo tutti. Potete cominciare. Io prenderò atto di ciò che dite; dopo di che registreremo gli atti e l’affidamento sarà deciso.” Pronunciò sbattendo sulla sua scrivania un blocco di foglio. “Signor Echolls lei vorrebbe avere l’affidamento di Brian Echolls? Figlio di Kendall Banks e Aaron Echolls?”

“Sì! Mi sono affezionato a quel bambino. Passiamo molto tempo assieme e anche lui ormai si è ambientato ed affezionato a me e alla mia ragazza.” Rispose lui sinceramente.

“E lei signor Banks vorrebbe avere l’affidamento del ragazzino oppure accetta di dare l’affidamento al signor Echolls?”

L’uomo attese un attimo prima di rispondere “All’inizio, quando mi hanno chiamato per dirmi di quel bambino e della morte di mia figlia ho pensato subito di lasciare l’affidamento a lui, ma pensandoci poi ho cambiato idea. Vorrei l’affidamento del bambino!”

Il notaio scrisse le due dichiarazioni dopo di ciò si rivolse a Logan “La sua ragazza è quella signorina?”

Il ragazzo annuì. “Lei stava con Lilly Kane, uccisa, si disse, da suo padre.”

“Sì…” Ogni volta, fino alla fine dei suoi giorni, l’omicidio compiuto dal padre l’avrebbe perseguitato. Non poteva fare niente; tutti sapevano di lui, tutti conoscevano il suo passato. Logan non ne parlava mai, ma chissà se ne soffriva ancora.

Il notaio volse lo sguardo verso l’altro uomo nell’ufficio “Sua figlia è scappata di casa?”

Banks guardò a terra “Sì.”

“Se devo essere sincero io non darei a nessuno di voi due l’affidamento di Brian.” Si fermò per un paio di secondi “Però… Brian ha vissuto, in questo periodo, con il signor Echolls e la signorina…?”

“Mars.” Gli rispose la ragazza.

“…e la signorina Mars per questo sarebbe più consono affidare il bambino a lui. Ad ogni modo per ora non mi voglio mettermi in mezzo.”

“Brian è l’unico ricordo di mia figlia, che ho perso tanto tempo fa. Sarei un buon padre e nonno per lui.” Spiegò il signor Banks.

Logan guardò di sottocchio Veronica “Se fosse per me io farei decidere Brian…” disse il ragazzo “Io ci tengo davvero a lui. Lo crescerei come se fosse mio figlio cosa che già sto facendo, ed ho anche un buon patrimonio; quindi crescerebbe anche con tutti i comfort che devono avere i bambini. La prego signor Banks.” Lo guardò negli occhi, aveva uno sguardo carico di speranza, quel bambino era entrato nella sua vita portando una ragione di vita. Lui gli faceva dimenticare ogni perplessità, ogni dolore. Gli faceva dimenticare del padre, di Lilly, di tutto quello che aveva passato.

“Lei cosa farebbe se fosse in me notaio?” domandò

Christian Ayed lo guardò negli occhi “Non prendo decisioni al suo posto. Deve decidere da solo.”

“Ha ragione… devo decidere da solo.”

Nell’ufficio regnò il silenzio per alcuni minuti, nessuno aveva il coraggio di parlare. Nemmeno Logan. Veronica gli strinse la mano ed appoggiò la sua testa nella sua spalla sinistra.

“Ok… ho deciso!” I ragazzi concentrarono tutta la loro attenzione su quell’uomo che stava per parlare.

“Parli pure…” disse il notaio prendendo in mano la sua penna.

 

Fine diciannovesimo capitolo

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