Frammenti di vite ordinarie

di LetShizueGo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Favourite Avenged Sevenfold member. ***
Capitolo 2: *** First AVenged Sevenfold's song you ever heard. ***
Capitolo 3: *** Favourite Avenged Sevenfold's song from ***
Capitolo 4: *** Favourite song from “City of Evil” ***
Capitolo 5: *** Favourite song from “Avenged Sevenfold” ***
Capitolo 6: *** Favourite song from “Diamonds in the Rough” ***
Capitolo 7: *** Favourite song from “Nightmare” ***



Capitolo 1
*** Favourite Avenged Sevenfold member. ***


N.B: I personaggi non mi appartengono, i fatti narrati sono frutto della mia mente e non scrivo a scopo di lucro.

Day 1, Favourite Avenged Sevenfold member:
Synyster fuckin' Gates.


Home, sweet home.

Non era servito a granchè l'uscire “più nuda che vestita”, come le aveva fatto osservare suo fratello; niente, il caldo continuava ad essere opprimente e insopportabile, non era più abituata al clima caldo della sua città.
Lex avvolse la lunga chioma bionda con le mani, fermandola poi in una coda alta con un elastico che aveva al polso, così da evitare un'altra fonte di calore che le avrebbe solo creato problemi. Prese a frugare frenetica nella borsa alla ricerca dell'agenda su cui aveva appuntato l'indirizzo dell'agenzia, ansiosa di arrivare a destinazione solo per entrare in un locale con aria condizionata.
Immersa in quella caccia al tesoro poco fortunata non si era accorta che il semaforo pedonale era rosso.
“Cazzo!”
La decappottabile nera inchiodò di colpo non appena una bionda mozzafiato invase la carreggiata, il conducente della vettura maledì quella ragazza immersa nella sua borsa suonando il clacson, finchè lei non alzò il viso coperto da un paio di occhiali da sole enormi.
Lex stava per scusarsi e liberare la carreggiata finchè non riconobbe il conducente di quella macchina lucida che subito la rimandò con la mente ai tempi del liceo, quando si saltava la scuola per andare in spiaggia a fumare e bere di prima mattina. Si avvicinò al lato destro dell'auto vedendo che era scattato il verde per i pedoni e si mise sulle ginocchia, fissando il guidatore.
“La giornata è iniziata male Haner?”
Brian aveva seguito ogni singolo movimento di quella donna che -tra l'altro- con la sua sbadataggine aveva fatto scattare il rosso. La osservò avvicinarsi e la fulminò quando gli rivolse la parola. Rimase a bocca spalancata quando lei si tolse gli occhiali, riconoscendo quegli occhi cristallini compagni delle più grandi stronzate; Brian faticava a pensare che quel maschiaccio potesse essere diventato una donna, e che donna!
“Lex!”
La donna rise prima di sporgersi per salutare il suo vecchio compagno di scuola.
“Ma guardati, non sei più tu!”
“Lo so, il viola mi manca.”
“Quando sei tornata?” chiese facendole segno di salire, e lei non fece ripetere l'invito, infilandosi in macchina appena in tempo prima che scattasse il verde.
“Due giorni fa, non ti sei perso molto.”
Non vedeva Lex da quattro anni, da quando si erano diplomati per l'appunto, quando lei ancora aveva i capelli corti e sparati, di un viola intenso, e vestiva leggins, felpe XXL e anfibi, arrivando la mattina a scuola ed -insieme a Jimmy- spronando tutti a darsi all'ozio piuttosto che entrare e fare test di chimica. Poi li aveva lasciati sul più bello, dopo il diploma se n'era andata in Inghilterra per seguire i suoi sogni e lasciando quei cinque scapestrati a suonare in garage.
“Avete fatto progressi senza di me eh?” disse lei sorridendo ampiamente, Brian notò che quel sorriso non era affatto cambiato, a sinistra c'era sempre quell'unica fossetta appena accennata.
“Guarda che suoniamo ancora nel garage! E Jimmy fa ancora colazione con coca cola e Jack.” ribattè lui parcheggiando davanti il suo bar preferito.
“Quello non cambia mai,” sorrise la bionda perdendosi nei ricordi, riemergendo non appena la macchina si fermò davanti al bar.
“Oh no, Haner, non posso proprio! Devo andare in agenzia,” si lamentò lei aggrottando le sopracciglia come faceva sempre quando doveva rinunciare a qualcosa che le sarebbe piaciuto fare.
“Eh dai! Solo un caffè,” replicò mettendo il broncio solo per farla restare.
Lei sorrise e scosse la testa prima di osservarlo negli occhi nocciola e avvertirlo silenziosamente con uno sguardo che diceva “solo uno”.

“Allora, com'è andata a Londra?” chiese lui non appena il cameriere portò i caffè, espresso per lui e con doppia panna per la sua amica. Era curioso di sapere cosa si era perso in quegli anni, curioso come lei di avere un'intervista di prima mano da “Synyster Gates”, eppure anche volendo non riusciva a vederlo diverso dal ragazzo che in secondo aveva fatto inciampare il cameriere che aveva rotto le birre, tutto solo per scommessa.
“Oh alla grande,” disse lei impettendosi. “Ora sono una fotografa professionista a tutti gli effetti. Ho dato anche la mia prima mostra quattro mesi fa. Solo che non sono più abituata al clima della California!”
“Direi che si nota!”rise il moro sorseggiando il suo caffè.
“E voi, che state combinando?” chiese lei curiosa, sporgendosi un po' come per incitarlo a parlare.
“Suoniamo... ora siamo in pausa, abbiamo finito un tour da poco, anzi domani proviamo, che ne dici di fare un salto? Jimmy ne sarà entusiasta,” propose lui sorridendo, ora che era tornata non voleva perderla ancora, per lui era come una sorella maggiore Lex, solo Dio sa quante volte gli aveva parato il culo con la preside.
“Perchè no? Mi manca l'unico intelligente del gruppo.”
La bionda fece una linguaccia a Brian che la mandò gentilmente a fanculo prima che lei si alzasse, scusandosi per non potersi trattenere oltre.
“Josh ha relegato a me tutte le rotture di coglioni,” spiegò lei prendendo la borsa e tirando fuori il portafogli.
“Fine come sempre.. ma che fai?!”
Brian si sporse per evitare che lei pagasse, invano, riuscì solo a versarsi il caffè rimasto addosso; Lex rise sonoramente prima di mettergli in mano un bigliettino.
“Sono quattro anni che non scroccavi qualcosa, non ti mancava?”
“'Fanculo Lex”
“Ci vediamo domani allora! Mandami un messaggio con l'ora e dove.”
Alexz Evans sparì lasciandosi il bar e Brian alle spalle, sorridendo mentre si rimetteva gli occhiali da sole e si immergeva nel caldo estivo di Huntington Beach per lei ormai estraneo.
Eppure era a casa.




-----Shizue's Corner-----

Ed eccomi qui con una raccolta che forse ha come unico filo conduttore il personaggio di Lex, yeah! Ah no, ne ha un altro, il fatto che tutto è anto dal giochetto che sto facendo su Fb, il “30 days of A7X Challenge”
Ho deciso di sfidare me stessa e vedere se riesco a portare a termine questo lavoro, che fin qui sembra una cavolata, ma arriviamo alla voce “quanti poster hai in camera” e ne riparliamo! Tremo al solo pensiero. D:
Eh niente, ecco qui questo breve capitoletto/prologo/primo giorno; leggete, recensite, criticate, insomma fate quello che volete!
Un bacio,
Shizue.

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Capitolo 2
*** First AVenged Sevenfold's song you ever heard. ***


Day 2, First Avenged Sevenfold's song you everer heard:
A Little Piece of Heaven.


Memories smell like youth.


“Brian, cazzo sei arrivato!”
Matt era furioso quando Bri varcò la soglia della sala prove insofferente e con un sorriso soddisfatto stampato sulla faccia, cosa che fece irritare ancora di più il cantante, il quale -secondo la sua non modesta opinione- riteneva che il suo primo chitarrista ritardatario doveva sentirsi obbligato a sentirsi in colpa e scusarsi, non mostrare tutte e due le file di denti!
“Mi farò perdonare sweetheart,” lo scimmiottò Brian facendogli gli occhioni dolci prima di scoppiare in una fragorosa risata seguito a ruota da tutti gli altri ragazzi.
Nel frattempo Lex aveva appena parcheggiato davanti il numero 407B, controllando per la sesta volta il messaggio che Brian le aveva mandato il giorno prima. Aveva perso un po' il senso dell'orientamento in quattro anni di completa assenza e aveva sempre paura di sbagliare posto, era più forte di lei. Scese dall'auto bianca e si avviò verso la porta, che trovò aperta. Si sentiva una cogliona, camminava per il corridoio in punta di piedi, in equilibrio alquanto instabile sui suoi dodici a spillo blu elettrico così si sentì alquanto sollevata quando si sporse sulla porta che dava nella sala, dove gli Avenged ridevano a crepapelle.
“E' permesso?"
Il primo a vedere quella figura alta, bionda e incerta fu Jimmy, posizionato dietro la sua amata batteria. Quella figura aveva qualcosa al sapore di ricordo e capì perchè non appena si affacciò; avrebbe riconosciuto quelle sfere color Oceano ovunque. Si alzò di scatto e corse ad abbracciarla, stringendo l'esile figura fra le sue braccia tatuate come non faceva da anni. Non era proprio sicuro che gli altri l'avessero riconosciuta e questo lo capiva perchè si sentiva decisamente osservato ma poco gli importava, sentiva solo il suo cuore a mille e il respiro fresco e regolare della ragazza che si stringeva a lui in un abbraccio caloroso.
“Fatti vedere, su!” esclamò sciogliendo l'abbraccio e allontanandola a malincuore dal suo petto per osservare il suo cambiamento. I capelli lunghissimi e biondi erano tinti di nero dalla nuca in giù, ricadendo sull'attillato monospalla grigio e blu che le arrivava fino a metà coscia; sorrise vedendo per la prima volta il soddisfacente fisico dell'amica, per cui aveva una cotta dal liceo ma a quanto ne sapeva non era mai stata corrisposta.
“E brava Lex, sei diventata figa!”
Lex ridacchiò dando un pugno senza forza sulla spalla di Jimmy.
“Sono sempre stata figa,” gli fece osservare passando in rassegna il resto dei presenti, guardando la faccia di cazzo di Brian con un sorriso felicemente rassegnato.
“Oddio... Lex!”
Zacky e Matt le saltarono letteralmente addosso non appena Jimmy la fece respirare. Brian osservava la scena soddisfatto del suo operato, sentiva nell'aria il profumo di quelle serate in spiaggia passate in compagnia di whiskey e nicotina che avevano il profumo dell'adolescenza, che ormai era lontana per tutti e quella ragazza ne era la dimostrazione; non era più tempo di filon e capelli colorati, erano diventati adulti... o almeno ci provavano.
“Ah Johnny, lei è una vecchia amica.”
Lex si avvicinò, il passo ora più deciso, e tese la mano al ragazzo che non conosceva, accorgendosi della piccola statura e immaginando cosa quei quattro gli facessero passare quando volevano divertirsi a discapito di questo o quell'altro membro del gruppo.
“Alexz piacere.”
“Piacere mio, Johnny,” disse lui stringendole la mano interdetto, forse per la timidezza.
“Oh lo so! Sono una grande fan... anche se Brian te lo potevi evitare Jim.”
Scoppiarono tutti a ridere, tranne la parte lesa, Jimmy invece si avvicinò e le cinse le spalle con un braccio. Questo clima familiare la fece sorridere ampiamente, aveva ritrovato lì, in quella sala a lei sconosciuta, quello che a Londra le era mancato.
La famiglia.
Sì, si sentiva come il figliol prodigo tornato a casa dopo troppo tempo passato lontano. A Londra non si era sentita a casa, ci aveva provato, ma quando si è troppo legati ad un posto non ci si può separare.
E lei, ad Huntington Beach, era legata a doppio filo.
“Sì, ok, ora proviamo? Abbiamo un album da far uscire cazzo!” esordì Brian cercando di smorzare quelle risate.
“Forza, voglio vedere cosa riuscite a combinare.”
“Ti faremo venire la pelle d'oca Evans!”
Jimmy la lasciò andare a sedere sul divanetto e riprese il suo posto, così come gli altri, pronti a provare quella nuova canzone che Matt aveva scritto e a cui ancora non aveva dato un nome.
Le bacchette del batterista segnarono il tempo prima che in sincrono i ragazzi iniziassero a suonare davanti a Lex che era già entusiasta al solo sentire l'intro. Non riusciva a credere che quei ragazzi avevano già percorso in lungo e in largo gli Stati Uniti ed erano già immersi in quel che era l'ambiente metalcore, anche con un certo successo considerando che avevano un solo album alle spalle.
E lei quei ragazzi li aveva visti nascere.

SMS from Brian to Me:
Ho dato il tuo numero a Jimmy, ha detto che voleva parlare.
Il cellulare le vibrò in mano non appena finì di leggere il messaggio di Brian. Parli del diavolo e ti arrivano le corna per sms.
SMS from Me to Brian:
Ho notato, grazie per avermelo detto! :)
SMS from Unknown to Me:
Lex, sono Jim, ti va di andare al faro come ai vecchi tempi?
SMS from Me to Unknown:
Ma scherzi? Cazzo, sì! *-*
SMS from Unknown to Me:
Perfetto, ci vediamo dopo allora!

“Josh, io esco!” annunciò la bionda scendendo le scale velocemente e con il trucco pesante non troppo sfumato a causa della mancanza materiale di tempo. Era in ritardo, come al solito, anzi più che in ritardo era meglio dire in tragico ritardo, aveva quasi venti minuti ed era ancora a casa. Prese la borsa e si mise a cercare nel mobiletto all'ingresso le sue sigarette che erano magicamente sparite, tempismo perfetto oh!
“E dove te ne vai?”
Un ragazzo poco più alto di lei fece capolino dalla cucina con in mano un piccolo posacenere nero e la osservava ridendo sotto i baffi.
“Non sono cazzi tuoi... Fanculo, quante volte ti ho detto di non fotterti le mie sigarette?!” urlò Lex andandosene in cucina e prendendosi il pacchetto di Black Devil alla vaniglia, quelle sì che erano sigarette! Si alzò in punta di piedi, per quanto fosse possibile visto gli stivaletti con il tacco quattordici che si era infilata, immergendosi nelle ante della credenza e tirando fuori, dopo un buon cinque minuti di caccia al tesoro, due lattine di Jack e cola e infilandosele nella borsa.
“Hai solo il corpo di una donna... rimani comunque il solito maschiaccio... Ho capito, te ne scappi nel tuo posticino segreto... e dalla tua fretta deduco che sei in compagnia,” osservò il giovane fissando la sorella indaffarata in mille cose che poi scordava nel momento che stava per farle. La salutò quando uscì dalla porta per immettersi nella strada.
Lex se la fece tutta di corsa fino al faro nonostante i tacchi alti, il fiato corto ed il buio che non le faceva vedere un cazzo. Si sentiva tremendamente in colpa verso l'amico... e che cazzo, non lo vedeva da quattro anni e lo faceva anche aspettare non per cinque minuti, non dieci, ma per ben mezz'ora! Era sempre la solita.
“S-scusa... Ho fatt-”
Quando svoltò l'angolo che nascondeva la piccola striscia di sabbia nascosta dalla scogliera dove erano soliti vedersi si rese conto di parlare col nulla. Si guardò intorno con più attenzione, ricontrollò il cellulare e iniziò a elencare colorati aggettivi verso il batterista degli Avenged. Il messaggio era chiaro e leggibile sull'ampio schermo del suo cellulare: “Sono arrivato!” eppure di quel metro e novantatré di cazzonaggine non c'era neanche l'ombra...e dubitava che fosse facile non vederla.
Poi il buio.
Delle cose congelate premevano sui suoi occhi impedendole di vedere anche un minimo di quel piccolo rifugio; cercò di liberarsene eppure non c'era verso, il proprietario di quei ghiaccioli non cedeva!
“Indovina un po' chi è?” disse James ridendo prima di liberare gli occhi dell'amica dalla pressione delle sue mani.
“Sei uno stronzo!” disse lei voltandosi irritata prima di riprendere fiato. “ Me la sono fatta di corsa con dei trampoli addosso e ho rischiato di pomiciarmi il marciapiede! Dove cazzo eri?”
“A casa,” Jimmy sorrise nel vedere la faccia di Lex cambiare colore almeno tre volte. “E a quanto pare avevo visto giusto, il lupo perde il pelo ma non il vizio.”
Lex voleva replicare ma fu costretta a mordersi le labbra quasi a sangue perchè sapeva che qualsiasi cosa avesse detto le si sarebbe rivolta contro, visto che lei era tecnicamente in torto e che Jimmy era un maestro a pararsi il culo. Questo rise prima di chinarsi a prendere qualcosa e alzarla all'altezza degli occhi truccati di nero di Lex.
“Ho portato da bere.”
“Anche io!”
Lex si immerse nella sua borsa XL di pelle lucida e tirò fuori le due lattine che aveva sottratto alla credenza di casa sua e le mostrò fiera al suo amico con un ampio sorriso. Quello faceva tanto vecchi tempi, quando facevano la colletta per comprare gli alcolici e scolarseli al Park.
“Figo, dove le hai pescate?”
“Dalla mia credenza, ovvio... quelle invece?”
“Dal supermercato qui vicino.”
Cercò di trattenersi ma non ce la fece, scoppiò a ridere della faccia della ragazza, che lo seguì a ridere dopo pochissimi secondi, esclamando appena possibile: “E poi sono io che non perdo il vizio!”
Si andarono a sedere al solito posto, sotto il faro, da lì si vedeva un pezzo di oceano, dove la scogliera si interrompeva per un breve tratto, lasciando quello l'unico posto dove la piccola lingua di sabbia rimaneva priva di protezione. Quel posto Lex lo aveva scoperto al secondo anno, una volta che trovò il suo ragazzo che si scopava l'ennesima troietta a sua insaputa, quella volta si era messa a correre per sentire il vento caldo frustarle delicatamente il viso e alla fine era capitata lì; da allora ci era andata spesso, soprattutto quando voleva stare da sola, oppure con Jimmy qualche volta a guardare l'Oceano che diceva lo ispirava.
Aveva diviso quello spazio solo con lui, nonostante il legame più forte l'aveva con Brian, però Jimmy era l'unico all'epoca che la faceva sentire donna; anche se lei non lo voleva ammettere, al liceo ogni tanto la notte si trovava a desiderare che i suoi amici la vedessero come una donna e non come il maschiaccio che tutti in realtà vedevano con cui parlavano di tutto tranquillamente, anche di cose “da maschio”. Jimmy invece si ricordava che era comunque una ragazza, ecco e lei lo aveva sempre apprezzato.
“Hai letto il giornale oggi?” chiese dopo un po' Jimmy rigirandosi la bottiglia vuota fra le mani. La osservava da un po', ma lei non se n'era accorta ed era meglio così o probabilmente sarebbe arrossita. L'aveva sempre visto come un buon amico e andava bene così, anche se guardando il suo profilo, colorato solo dalla fievole luce del faro sopra di loro, avrebbe decisamente preferito che fossero qualcos'altro.
Ok, stop.
“No, perchè?”
Cazzo, quegli occhi enormi!
“Niente, mi ha colpito un articolo! Secondo me ci starebbe bene prima o poi una canzone.”
Lex prese il pezzo di giornale strappato dal L.A.Times e lo stese cercando di leggere quello che c'era scritto, decifrando i caratteri pece nel fragile barlume artificiale che il falo gli regalava.
“Un ragazzo aveva chiesto alla sua fidanzata di sposarlo... ha rifiutato e lui l'ha uccisa. Oggi hanno emesso la sentenza e lui mi ha colpito sai? E' distrutto dentro quell'uomo... forse da qualche parte dice che deve sistemare ciò che ha fatto. Chissà come ci si sente ad uccidere la persona amata...”
Lex posò la testa sulla spalla di quel gigante altissimo chiudendo gli occhi, inspirando l'aria che sapeva di sale, un profumo piacevole che non sentiva da anni.
“Penso che è come se ti strappassi il cuore.”
Jimmy annuì appena girandosi a fissare quell'unico scorcio dell'Oceano, accarezzando i lunghi capelli della bionda al suo fianco.
“Ti ricordi quella volta che ti tagliasti perchè dovevi incidere a tutti i costi quella roba romantica sul cemento?” esordì ad un certo punto per rompere il silenzio assordante che si era creato. Lex si alzò per guardare il suo viso sorridente.
“Certo che sì, ho ancora la cicatrice, però ce la feci!”
“Mi sarei sorpreso del contrario vista la tua testa tosta,” asserì lui scompigliandole i capelli come si fa ad una ragazzina.
Lex si arrampicò sugli scalini cercando qualcosa su questi, china come se avesse perso una lentina. Certo che quegli scalini di cemento grezzo se li potevano evitare, rovinavano solo quel piccolo paradiso sconosciuto!

Guarda che ti farai male intelligente, è cemento!”
Jimmy era seriamente preoccupato per quella tipetta dai capelli neri e blu che si sforzava a a incidere una cazzata tutta femminile su quei gradini appena fatti. Ma non poteva scriverla qualche giorno fa che il cemento era fresco?!

Ma statti zitto Sullivan! Quest... ahia cazzo!”
Lex si mise la parte tagliata in bocca per il dolore, cercando di premere per non sentire troppo la fitta lancinante e intanto far uscire il sangue che era entrato a contatto con la lama non del tutto perfetta.

Ecco, te l'avevo detto cogliona!”

“Eccola Jim! L'ho trovata!”
Jimmy raggiunse l'amica che gli indicava soddisfatta uno scalino. Quello rise cingendole le spalle piccole con un braccio.
“Sempre la solita romanticona... non ti senti idiota ora?” scherzò ridendo.
“Fanculo, era riferito al posto, ricordi?”
Jimmy annuì chinandosi e passando le dita su quella scritta incisa, forse ancora macchiata del sangue della ragazza.
Con una grafia, grezza per via della difficoltà d'incisione, su quegli scalini chiunque passava poteva leggere una frase:
A little piece of heaven.





-----Shizue's Corner-----

Finalmente sono riuscita ad aggiornare!
Eccoci al secondo capitolo che ha creato non pochi problemi. Essendo la mia prima canzone “A Little piece of Heaven” ed essendo la FF ambientata prima dell'uscita di Waking the Fallen, potete capire che ha dato non pochi grattacapi... avrei potuto fare un viaggio nel futuro ma avrebbe creato caos, così ho trovato questo diversivo, che non mi convince per nulla ma fa nulla.
Grazie mille a chi ha letto/preferito/seguito e grazie a:
Dominil: tesoro grazie <3 ti faccio vedere che la finisco, farò anche il capitolo sui poster, ce la devo fare! v.v Se ti può interessare la prossima voce mi pare sia quella su Matt :3
Ci sentiamo dopo, ti voglio bene anche io <3

Bene, leggete e commentate, ci sentiamo al prossimo capitolo!
Shizue.

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Capitolo 3
*** Favourite Avenged Sevenfold's song from ***


Day 3, Favourite song from “Waking the Fallen”
I won't see you tonight, part. 1


When feelings are cold as ice and hurt as a knife.



Il telefono squillava e squillava, ogni squillo sembrava essere l'ultimo invece subito ne seguiva un altro e un altro ancora. Il silenzio della stanza aveva lo stesso suono dell'agitazione che tremava nelle vene di Brian.
“P-pronto?” biascicò la voce dall'altra parte impastata dal sonno.
“Abbiamo un problema!”

Erano già le quattro di notte ma in quel bar di Laguna Hills il tempo sembrava essersi fermato a due o tre ore prima. Il ragazzo al bancone sfigurava in quel posto di terz' ordine, stonavano lì i suoi occhi verdi e lucidi, una lucidità tetra, che incupiva quegli occhi segnati dal pianto.

Che le cose non andavano più bene Matt lo sapeva, lo sapeva da molto, da quando passare il tempo con la sua Val era diventato più una tortura che un piacere, ma mai si sarebbe aspettato che una cosa del genere potesse sconvolgerlo a tal punto da lasciare tutto e scapparsene in un pub di ultimo livello a bere whiskey scadente. Sentiva sulle sue spalle ampie la colpa di tutto; era la vita allentata che ha fatto rompere la macchina, le fragili fondamenta mal costruite che hanno fatto crollare la casa. Non riusciva a capire quale emozione lo avesse spinto a quel punto, a prendere le chiavi della Hammer lucida del padre e partire senza meta, sostando infine lì, a pochissimi chilometri da casa, dove chiunque poteva trovarlo.
No, non voleva scappare di casa... sarebbe andato più lontano.
No, non voleva ubriacarsi... lo avrebbe fatto con del buon Jack.
No, non voleva essere consolato... avrebbe chiamato Zacky.
Zacky.
Zacky.
Era diventato il suo pensiero fisso in quei giorni di inutile sofferenza nascosta, era come lo spiraglio in cui rifugiarsi quando le cose andavano male, l'amico che hai da sempre e a cui ti affezioni troppo quando stai male. Eppure ora non lo voleva vedere, non riusciva bene a capire il perchè, sapeva solo che sarebbe finita male per entrambi e lui non lo voleva,non voleva privarsi di lui, del suo cieco ottimismo e dei suoi sorrisi incoraggianti. Sentiva che anche la parola 'amico' stava diventando insufficiente per descriverlo.
Era tornato dalle prove, Val quel giorno non era venuta, aveva detto che non si sentiva bene, così non l'aveva chiamata per avvertirla che sarebbe tornato prima. Voleva farle una sorpresa, cercare di ricucire quel periodo no che stavano attraversando. Per di più quel giorno era il suo compleanno, almeno i dolci glieli doveva!
Sì certo, gli avrebbe organizzato la festa ma l'avrebbe organizzata per il weekend e lui non voleva aspettare. Era sulla soglia e dalla cucina sentì la risata calda e familiare della sua ragazza così si decise ad entrare. Meglio se non l'avesse fatto. Un ragazzo rosso cingeva i fianchi di Val, baciandole quel collo che solo lui poteva baciare e lei rideva come non rideva da tempo con lui.
Posò di scatto i dolci sul tavolo, forse si erano spappolati vista la forza con cui li aveva gettati lì sopra. Val aveva allontanato il ragazzo fissando Matt silenziosa e spaventata, fissando il viso di questi che si colorava di rubino, lei attenta a non avvicinarsi al fidanzato. Lui la guardò con occhi pieni di dolorante disgusto, lui che stava cercando di fare di tutto per recuperare il rapporto, che sopportava le crisi idiote di quella bionda, che la viziava e la teneva sul piedistallo nonostante il suo pessimo carattere.
Disse solo una frase, una frase che che fu come un pugnale avvelenato per Val:
“Sono le pesche al cioccolato, divertitevi.”
E se ne andò, chiudendosi alle sue spalle sette anni di vita insieme a lei nell'istante in cui chiuse la porta di casa.
Era la prima sera negli ultimi anni che passava lontano da Valary, la prima sera in cui non l'avrebbe vista, bevendo piuttosto le sue pene e il suo dolore da un bicchiere di birra che non era la sua adorata Guinness... aveva preso una decisione nell'esatto momento in cui era uscito da casa di Valary e, sebbene fosse difficile, non sarebbe tornato, anche se ogni fibra del suo corpo lo spingeva verso Huntington Beach. Sentiva gli occhi bruciare ma non riusciva più a piangere, aveva finito le sue lacrime per quella notte ed ora doveva solo sopportare, senza poter sfogare.

Il suo pensiero tornò a Zack, chissà se aveva già saputo della sua fuga ì, probabilmente no... la Hammer era sparita quando suo padre già dormiva, Matt quindi sarebbe stato in pace fino al mattino dopo, fino a quando i suoi amici non si sarebbero messi a chiamare ogni due e tre, ottenendo sempre lo stesso risultato: segreteria telefonica. Non poteva farci nulla, non voleva nessuno vicino, era come se l'amore che provava per le persone della sua vita fosse ghiacciato e di conseguenza anestetizzato, spito in attesa che il tempo lo liberasse da quella gabbia di gelo in cui Matt lo aveva improvvisamente rinchiuso.
“Vuoi dell'altro?”
Una donna troppo magra per esser bella si era affacciata sul bancone, sorridendo con un angolo della bocca sottile e dall'aspetto ruvido.
“Whiskey, grazie.”

“Ma come scomparso?!”

Lex era rizzata in piedi non appena aveva afferrato il significato di quelle parole, iniziando a camminare di qua e di là in cerca di qualcosa da mettersi addosso. A detta di Brian la madre di Matt era scesa in garage per prendere le guarnizioni della macchinetta da caffè e aveva trovato il box vuoto, il grosso 4x4 del padre svanito nel nulla.
“Lo avete chiamato?” chiese la ragazza infilandosi una vecchia felpa dei Pantera che si ricordava gli anni del liceo.
“Oh, sai che non ci avevamo pensato... secondo te?”
“Non sei divertente Bri.”
“Senti, non ho tempo da perdere per Matt, metti in moto tuo fratello e chiudiamola qui.”
“Per favore eh!”
Ma Brian aveva già chiuso. E certo 'metti in moto tuo fratello,' come se fosse facile! Quello è un approfittatore e il suo aiuto lo pagava a caro prezzo! Ma tanto non è Brian che ci va sotto... ma si trattava di Matt, non del sarcasmo di un Brian preoccupato, per cui si precipitò in camera del fratello, iniziando a scuoterlo per svegliarlo.
“Lex, perchè in-izi a r-rompere alle s-sette?” biascicò sbadigliando.
La domanda che Josh le rivolse fu però soffocata dal blaterare frenetico di lex che spiegava la situazione troppo velocemente e con una confusione tale che si capiva solo lei così ci volle un buon quarto d'ora per rendere partecipe Josh dei fatti così come erano accaduti nella loro semplice linearità.
“E quindi?” chiese lui alzando un sopracciglio e fissando la sorella che aveva ripreso a fare avanti e indietro per la stanza torturandosi le mani.
“Ma come 'e quindi'! Sei tu lo sbirro in famiglia cretino!” esclamò lei voltandosi di scatto verso il fratello ancora tardo di comprendonio per via del sonno.
“Eh sì, certo... sai che ti toccherà un mese di pulizie?”
“Sì, basta che ti fotti a trovarlo, coglione!”

Zacky era un nano dolce e caro, ma alla guida era meglio non metterlo, soprattutto se era agitato. Si stava facendo l'Highway che collegava Huntington a Laguna Hills a centottanta, come se fosse lontana chissà quante ore no?

“Cazzo corri Baker? Mica sta a San Francisco,” urlò Johnny dopo esser finito per l'ennesima volta schiacciato da quel gigante di Sullivan.
“Potrebbe andarsene da un momento all'altro,” lo difese Brian fissando il terzetto sul retro dallo specchietto retrovisore.
“Parli facile tu che stai sbivaccato davanti,” borbottò Lex stringendosi sul posto.
Jimmy la osservò, accoccolata sul sedile posteriore della Volvo di Zacky, i capelli in disordine, gli occhi cerchiati dal trucco che non era riuscita a togliere, vestita solo di una vecchia felpa ed un paio di leggins grigio fumo, proprio come al liceo. Sentiva in suo Dior Chèrie misto all'odore delle Black Devil che aveva fumato prima invadergli prepotentemente le vie respiratorie, chiudendogli lo stomaco, ma trattenne tutto dentro, non era il momento.
Sorrise amaro.
Sempre la stessa scusa per se stesso.
Intanto Brian continuava ad essere ansioso per l'amico e tirò un sospiro di sollievo quando Zacky parcheggiò la sua Volvo proprio dietro l'Hammer bianca che aveva creato tanto panico nei nostri amici.
“Bri, sta' tranquillo.”
Zacky e Brian erano scesi ma erano rimasti di sotto mentre gli altri stavano entrando in quella specie di Motel di pessimo gusto. Che Zacky era preoccupato per il suo chitarrista era evidente, anche se non capiva l'origine di tanto affanno.
“E' scappato Zee... non è da lui, e non sappiamo perchè,” sussurrò il primo chitarrista con il capo chino; si sentiva un fallimento, sia come amico che come collega, non era riuscito a capire che Matt non stava bene. “Lo scopriremo presto, ora calmati tesoro,” disse il piccoletto alzandosi un po' sulle punte per abbracciare il suo ragazzo, intrecciando le sue dita con quelle di Brian.
Intanto sulla porta comparve il terzetto salito in missione con al seguito un Matt a metà fra lo scazzato e il rassegnato ma decisamente sorridente.
“Sì, vi racconto dopo. Scusatemi, non volevo farvi preoccupare,” li anticipò Matt, le stesse parole che aveva rivolto ai tre poco prima. Poi il suo occhio cadde sulle mani dei due e un sospito gli sfuggì quando lo stomaco tristemente si chiuse.
“Fottiti, tanto se scappi abbiamo lo sbirro dalla nostra,” esclamò Christ impettito facendo ridere i presenti.
“Muovete quelle gambe... Matt mi lascia guidare!” esclamò Jimmy esaltato mostrando a tutti una chiave lucente e rianimando sul viso di tutti il riso appena sopito, Matt compreso.
Brian però fissava Matt con attenzione scientifica.




-----Shizue's Corner-----
Non oso guardare quanto tempo è passato dall'ultimo aggiornamento, periodo buio, chiedo venia. Ok, quella che era partita come una raccolta mi sa che sta andando a puttane e diventerà una long ma chissene, niente da fare, non riesco a scrivere capitoletti che si autocompletino xD
Il mio istinto voleva questo capitolo decisamente Bratt ma poi ho pensato "e due palle, scrivo solo Bratt" così l'ho cambiato v.v
Bien, passiamo alle risposte :D
Dominil: Donna figa non devi ammazzare nessuno, keep calm and stay quiet v.v Fanculo, strappami i capelli e ti faccio lo scalpo stile Bastardi senza gloria! >.<
Ma io ti amo <3
Se ok, l'hai pensato perchè sai che mi stuprerei Haner jr, ma cheppalle, mica Lex è il mio alter ego :O Ciemmequ avevo sbagliato, non era su Matt la voce ma alla fine ti ce l'ho ficcato lo stesso v.v
[Non so manco se lo leggerà questo capitolo, mi sento di parlare al vuoto :O]
Ti voglio bene.
Brates: Grazie :D Uh tante coincidenze direi xD Io adoro la fotografia ma sono decisamente negata LOL, spero ci vediamo alla prossima!
Inoltre i ringraziamenti a chi segue/ricorda/preferisce <3
Kiss,
Shizue.

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Capitolo 4
*** Favourite song from “City of Evil” ***


Day 4, Favourite song from “City of Evil”
Seize the Day

 

Regrets.

Sembrava di essere tornati agli anni dell'adolescenza,  la stessa sventatezza che caratterizza quegli anni dove tutto é un gioco e nulla é realmente vero, annebbiati dalla voglia di vivere in un illusione dove tutto è migliore e i pensieri scivolano via come l'acqua dai vetri, senza lasciare traccia se non quando si asciuga, con la sua scia di calcare e depositi a malapena visibili sull'incolore tavola su cui è scivolata.
Eccoli al tavolo, sette persone completamente ubriache che non capivano cosa uscisse dalle loro bocche. E quando le parole uscivano ormai era troppo tardi.

Mattina
"Perche no? È un bell'appartamento, non trovi?" chiedeva la bionda al ragazzo in divisa che la seguiva nell'esplorare quel grande appartamento arredato con mobili di gusto raffinato e di stile moderno, tutto incentrato sul bianco e sul rosso.
"Ma te lo puoi permettere sorellina?" fu la risposta perplessa del poliziotto, che alzò un sopracciglio osservando l'ampiezza e l'arredamento dall'apparenza costosa della nuova casa della sorella.
"Mi hanno chiesto ottocento dollari, affitto e spese incluse, conta che l'agenzia me ne dà mille e otto al mese, più nel caso lavoretti extra che mi retribuiscono a parte, più nel caso mie mostre fotografiche..." iniziò lei convinta del fatto suo, solo per poter concludere, "se c'è una cosa buona che hanno fatto quelli dell'Accademia a Londra è stata inserirmi bene nel mondo del lavoro fratellone!"
Seguì un'occhiolino da quel volto che sprizzava gioia da tutte le parti per aver trovato un affare simile che le permettesse di fare anche la nella vita.
"Piuttosto," e si buttò sul divano di pelle rossa, "sbirro hai da fare stasera?" chiese lei con quel mezzo sorriso che non prometteva nulla di buono. Lui la conosceva bene e quando la sorella faceva quel sorrisetto sapeva che aveva in mente qualcosa e solitamente era qualcosa di decisamente distruttivo. Non si scherza sui "piani innocenti" de Alexz.
"Cosa vuoi fare scusa?" chiese allora un Josh che iniziava a preoccuparsi della mente malata della sorella ormai palesemente entrata in funzione.
"Festino per inaugurare la mia casetta nuova!"
Ecco, c.v.d., come volevasi dimostrare.
"Sai che non posso!" ribatté lui facendole notare che era un poliziotto ed era sottoposto a controlli come tale.
"Vuol dire che ti comprerò taaaaaanto alcool, promesso. "
E, saltellando, la bionda Lex se ne andò nella sua stanza a buttarsi sul letto a due piazze.


Sms from Lex:
Ore nove da me, sazi come porcelli che c'é una casa da inaugurare! Fra poco ti mando l'indirizzo.
P.S. Qualcuno avverta anche Johnny


Quattro cellulari su cinque squillarono pressoché contemporaneamente. E tutti e quattro avvertirono il bassista del gruppo che quella sera aveva un impegno improrogabile.
"Come ti senti Jim?" chiese Matt fissando il volto del suo batterista che leggeva e rileggeva quel messaggio. Gli sembrava strano ritornare indietro di quattro anni, ritornare agli stessi sentimenti sempre repressi, ma ora avendo a che fare con una bionda col fisico da modella, i capelli lunghi e mossi, il profumo alla fragola che imperversava ancora nelle sue narici.  
Ora doveva vivere un'esperienza già vissuta mille volte, con una persona a cui non era sicuro riuscisse a resistere ora che tutto era lì, davanti a lui, pronto a farlo esplodere.
"Strano Matt. Mi è bastata una mezza serata per riaccendere la miccia, ma ora é una donna e insieme alla miccia si è acceso un desiderio che prima non c'era!" disse lui all'amico, chiudendo il cellulare e rimettendo in moto, senza dare la possibilità al cantante di guardarlo negli occhi. Non voleva gli scavasse fino in fondo all'anima.
"Andiamo stasera allora?" chiese ancora il ragazzo dagli occhi verdi placcando l'amico prima che potesse cambiare argomento.
Il moro dagli occhi di ghiaccio annuì senza però aggiungere altro.

Sera
"Mamma quanta roba!" esclamò il primo chitarrista fiondandosi a prendersi una bottiglia di rum tutta per lui, che non condivise neanche con il suo ragazzo quando lui gliela chiese.
Fu così che il festino a casa di Lex ebbe inizio, mancava ancora Jim all'appello ma nessuno se ne curò, fiondandosi sulla star della serata, ovvero il tanto amato e caro alcool, che tanto può e tanto danno fa. Ma quello non era proprio la controindicazione adatta a far desistere gli ormai ventiduenni giovincelli ancora per molti versi liceali. La differenza è che ora potevano comprare alcool usando i loro veri documenti e non quelli rubati a genitori e/o fratelli maggiori.
“E così questa è la nuova casa eh Lex?” chiese Brian dopo essersi fatto un giro perlustratore intorno, ed essere entrato nei meandri di quell'appartamento ancora spoglio e senza nulla della proprietaria se non per una valigia. Lex aveva pensato di aspettare la fine della festa prima di iniziare il trasloco visto e considerato che quest'idea aveva due vantaggi:
1- Non correva il rischio che qualcosa di suo si danneggiasse.
2- Non doveva mettere apposto gran che se l'appartamento era pressochè vuoto.
“Figa neh?” disse lei al chitarrista impettendosi fiera del nuovo “acquisto”. Ma la loro discussione morì lì, non appena il citofono suonò e Josh andò ad aprire.
Guardò subito sua sorella ignara di quello che le si sarebbe presentato a breve davanti, intenta a giocare al tris alcolico con Matt e i bicchierini pieni di sambuca. Guardandole le guance già arrossate poteva ben capire che l'alcool già stava facendo il suo lavoro. Ecco, che palle, alla fine sarebbe dovuto restar sobrio per farle da baby sitter!
“Siamo arrivati!”
La voce acuta del batterista catturò subito l'attenzione della ragazza,finalmente il suo migliore amico era arrivato! Ora era davvero come una volta. Loro due a fumare e bere come se non ci fosse un domani, sereni come solo la spensieratezza poteva farli divertire.
“Jim!”
La ragazza si bloccò a metà strada, voleva abbracciarlo forte ma qualcosa le disse che forse non era il caso. E quel qualcosa era dovuto alla mano che intrecciava quella di Jimmy, i capelli scuri e mesciati di una ragazza mai vista prima e decisamente più bassa del batterista, di molto anche.
Jim la stava osservando, le gote arrossate dall'alcool la facevano ancora più carina, ma leggeva nei suoi occhioni azzurri un dispiacere che sapeva fosse scatenato da Juliet e dalla sua presenza. E quel dispiacere era anche suo, voleva vederla sorridere, non chinare il capo e salutare come se tutto il passato, se la loro super amicizia, fosse solo un ricordo. Ma sapeva anche che lo stava facendo per lui, per evitare sfuriate di gelosie di una ragazza che non poteva capire il doppio filo che li legava, quell'amicizia così pura che non sarebbe mai finita.
“Ehm.. lei è Juliet, la mia ragazza.”
La sua ragazza. La sua ragazza. Forse era colpa della sambuca ma non afferrava bene in concetto, o meglio non afferrava bene il suo comportamento. Perchè le si era chiuso lo stomaco se doveva essere felice per Jim? Perchè le dava fastidio il fatto che lei fosse lì senza che lei l'avesse invitata?
“Oh, e da quanto tempo state insieme?” chiese ricomponendosi in un falso sorriso a trentadue denti stringendo la mano della mora come se fosse la benvenuta. Sentì un sospiro di sollievo provenire dallo stangone, come se tutto fosse andato liscio.
“Un anno ormai”, rispose lei contenta e con gli occhi brillanti. Lei lo amava, e seppure faceva male era contenta che al suo fianco ci fosse una persona che lo amasse e lo meritasse.
Più di lei.

“Perchè sei chiusa in camera tua?” chiese Jim entrando nella stanza di Lex, vedendo la bionda accucciata sul suo letto, con qualche foglio sparso sul letto. Ad un'analisi più attenta vide che erano foto del liceo, la stragrande maggioranza tutte loro, Lex, Bri, Matt, ma soprattutto Jimmy.
“Sono ubriaca e non voglio rovinarti la festa,” rispose lei dopo qualche secondo di silenzio; prima aveva morso il cuscino per non scoppiare in lacrime.
Una melodia, un ricordo o anche solo una foto.
Ecco cos'erano loro due ora, come poteva pretendere che tutto fosse lo stesso se erano passati quattro fottutissimi anni? E' ovvio che si è cresciuti, che ci si è costruiti una vita! E lei credeva che una volta tornata potesse tornare ai tempi del liceo e risolvere le questioni in sospeso come se il tempo si fosse congelato. Sciocca. Cretina. Stupida.
“Se è per Julie se n'è andata che domani deve lavorare,” disse lui avvicinandosi al letto e facendosi spazio per sedersi accanto alla bionda che gli dava la schiena, accucciata sul fianco sinistro. In quella posizione era una ragazzina indifesa, proprio come quando venne a piangere da lui che il ragazzo l'aveva tradita per l'ennesima volta, così debole eppure con una forza vitale indescrivibile.
Julie.
Ora stava davvero per piangere. E lui non doveva sapere, o si sarebbe fatto male. Lo conosceva, era troppo buono per non sentirsi in colpa. Ma la colpa era sua che appena tornata e l'aveva visto con gli occhiali e completamente cambiato da quando avevano sedici anni le si era smosso qualcosa che prima non c'era!
“Vattene.”
Si era alzata e ora stava in piedi in mezzo alla stanza, dandogli ancora le spalle.
“Non vado da nessuna parte, si può sapere che ti è preso?!” le chiese alzandosi anche lui e prendendole un polso cercando di farla voltare. Poteva capire gli sbalzi d'umore ma lì c'era qualcosa che lo riguardava, l'aveva capito, e voleva sapere cosa.
“Ti odio!” urlò voltandosi finalmente verso di lui, urlando con gli occhi umidi e brillanti per le lacrime trattenute. “Ti odio Jim, hai rovinato tutto, tutto!”
“Io-” non sapeva cosa dire perchè non capiva bene cosa passasse per la sua testa. Se si riferiva all'amicizia si sbagliava e lo sapeva meglio di lui, certo Juliet doveva capire e ci sarebbe voluto tempo, ma di certo non aveva rovinato nulla.
E se invece avesse scoperto qualcosa di quello che lui nascondeva?
Oppure..
Non fece in tempo a pensarlo che Lex lo costrinse ad abbassarsi baciandolo con forza, come se rivendicasse il territorio. La sambuca mista al whiskey erano odori pungenti per il batterista.
No, no, no.
­Lui non poteva fare quello alla sua Alexz, non se lo meritava, sebbene la voglia e il desiderio stavano prendendo possesso delle sue azioni. No, lei no, lei non doveva essere come le altre. Lei era speciale. Con tutta la sua forza di volontà la staccò, lasciandosi sulle labbra il sapore di un bacio che neanche aveva goduto.
“Perchè Jim?” chiese lei scoppiando finalmente in lacrime e singhiozzi. Sapeva che il perchè non era riferito al fatto che lui l'avesse scansata, ma al fatto che non le aveva detto di essere fidanzato e forse, era un perchè non si era dato una mossa quando doveva.
Ma soprattutto era un perchè al suo rifiuto, si stava dando a lui, e lui l'aveva respinta, preferendo una ragazza un po' facile ed ingenua a lei.
“Perchè tu non meriti questo, Lexie, tu meriti di più.”
E detto questo uscì dalla stanza con il cuore a pezzi. Distrutto dentro.

“Cos'hai intenzione di fare ora?” chiese Matt espirando il fumo di una sigaretta rollatagli da Josh.
“Non lo so Shadz, so solo che se è vero quello che ha detto e fatto non saprei resisterle. C'è già voluto troppo in camera sua.”
James fissava l'alba all'orizzonte, erano rimasti solo loro due svegli, Brian e Zacky dormivano accoccolati sul tappeto, mentre Johnny divideva la stanza con Josh.
“Be' allora c'è solo una cosa da fare amico mio.”
“Lo so.”




 

 

---Shizue's Corner

Eccomi qui, dopo un bel po' di tempo che riprendo in mano anche questa. Sinceramente è stato più facile e divertente riprenderla, mi piace di più rispetto all'altra Het che stavo scrivendo. Questa è più carina, originale e non è la solita cavolata da "vorrei succedesse a me" ahahah
C'è voluto un po' prima di aggiornare, un bel po' anzi, perchè avevo avuto diverse idee sul capitolo. Volevo un flash foward ma poi l'ho accantonata per vari motivi, in primis per la difficoltà di scrivere sull'argomento che, senza dirvi quale sia visto che è stato certinato, è un qualcosa che io, scrittrice, devo ancora superare e che non ce la faccio a far riviverlo ai personaggi.
Per cui volevo continuare la storyline della Synacky qui, ma non era il vero e proprio impianto che volevo per loro, piuttosto che il sentimento represso di Matt qui ci voleva qualcosa da rimpiangere, qualcosa che andava fatto e che non c'è mai stato il coraggio di fare.
E sia Alexz che Jimmy hanno qualcosa da rimpiangere,
Detto ciò, come per l'altra ff sono sicura che questa più che appassionare vecchi lettori ne catturerà di nuovi, e se ciò accadesse, sarei veramente contenta di sentirne il parere visto che non gironzolo più per questo fandom come una volta.
Bisogna ricordare che le recensioni sono sempre gradite, comunque esse siano!!
Un bacio,

Shizue.

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Capitolo 5
*** Favourite song from “Avenged Sevenfold” ***


Day 5: Favourite song from “Avenged Sevenfold”
Almost Easy

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Shine like silver



La sua pelle era calda, era come un tranquillante, ti faceva sentire bene, a casa. No, forse era più di un tranquillante, era come una droga, quella che lei tirava su ogni volta che il suo mondo sfuggiva dalle sue mani.
Stare con lei era come se lui partecipasse a quell'effetto, sebbene così distante da lei, distante dai suoi valori e dal suo modo di vivere la vita, così insano. Per lui quella era una strada già percorsa, ma c'era qualcosa di nuovo in quella notte intensa e passionale, lì a casa della ragazza. C'era la colpa.
Quell'involucro vuoto era la sua colpa.
Eppure non gli importava, non gli importava di cosa fosse successo, delle conseguenze delle sue azioni così rigide e prive di umanità, gli importava in quel momento stare bene e quella nottata di sesso lo stava facendo. Lo stava liberando dalle costrizioni di una vita passata a dar conto ad altri piuttosto che a se stesso, a regole che non erano sue ma che aveva assorbito come una spugna, facendole alla fine sue come se fossero innate. Senza rendere conto alle occasioni, alle persone, ai casi.
Era egoista, lo era sempre stato, e lo era anche in quel momento, in cui l'unica cosa che importava davvero non l'ascoltava.
Non ascoltava il grido d'aiuto di quella donna.
Non ascoltava la voce che gli diceva che era sbagliato.
Non ascoltava la sorella che gli diceva che James questo non lo meritava.

La sera prima, a casa Evans

Quando Josh riconobbe la donna che accompagnava Jimmy il cuore non si mosse, non un battito in più, non uno in meno, neanche la sua mente si scompose nel ricordare cosa Juliet era stata per lui, né come lui l'aveva lasciata nel momento del bisogno. Non sapeva neanche che era tornata in effetti, che stava cercando di viversi una vita. Probabilmente non sapeva neanche che lui fosse lì, di certo non ad aspettarla, né a chiederle come andava e se avesse voltato pagina, perchè con lei aveva chiuso cinque anni prima, quando aveva fatto ciò che era giusto per lei, ciò che era giusto per lui.
L'unico suo gesto fu quello di guardare sua sorella e di convincersi che quella sera non avrebbe bevuto, sarebbe rimasto sobrio per lei, ma in realtà, nel profondo, sapeva che sarebbe rimasto sobrio per quella donna, che aveva bussato alla porta senza neanche chiedere il permesso.
Restò in un angolo ad osservare la scena mentre sua sorella restava immobile senza prendere una fottutissima decisione sul da farsi, mentre fissava la mora che intrecciava le dita con quelle del suo amico come si ostinava ad apostrofarlo. E come lui continuava a considerarla. Erano dei cretini, entrambi, e anche molto stupidi. Si rincorrevano da sempre e mai si erano decisi ad affrontarsi, entrambi convinti che quello fosse meglio di nulla, ciechi l'uno dell'altra, troppo intenti ad autoconvincersi che andava bene così. Erano due codardi, niente di più niente di meno.
E la sparata di Juliet ne era la prova.
Come si fa a tenere stretta la mano di una donna che non ami e a guardare con sentimento gli occhi di quella che vorresti ma che non hai il coraggio di affrontare? Erano proprio fatti l'uno per l'altra, mia sorella ed il suo amico; tutti e due senza un briciolo di forza per lottare, per tirare fuori gli artigli e prendersi ciò che si vuole.
Lei era uscita subito sul piccolo terrazzo solitario, come se avesse capito che mia sorella riaccendeva una piccola miccia nel cuore del moro, ma non era così, la sorpresi soltanto a tirarsi una striscia sulla terrazza, lontano dagli occhi indiscreti.
“Non voglio certe cose in casa di mia sorella,” le dissi prendendole la bustina fra le mani e gettandola giù dal balcone, soffiando via anche quello che era rimasto sulla ringhiera. La sentì irrigidirsi ma non replicò, come avrebbe dovuto. Non si lamentò dei bigliettoni che aveva speso per quella roba, non disse nulla. Quella voce era un eco troppo forte nella sua testa e nel suo petto per rispondere. Ricordava ancora il dolore che quella marionetta gli aveva causato, che era tutta colpa sua se non riusciva ad andare avanti sebbene ora avesse al suo fianco un ragazzo dal cuore d'oro che gli voleva bene.
Ma sapeva anche che il moro nel suo cuore aveva posto anche per un'altra, e quella sera aveva capito per chi, ma a lei andava bene, era sempre andata bene, lei non voleva l'amore, voleva solo qualcuno che la rassicurasse e la proteggesse da se stessa.
“Josh.. tu,” disse lei con un filo di voce, tremante. A quanto pare le cicatrici lasciate non erano svanite nel suo cuore, quel ragazzo appena diciannovenne che l'aveva distrutta dentro faceva ancora male nel suo cuore di donna, e non solo. Lui le aveva strappato via due anni della sua vita, strappati e recisi senza pietà, senza onore, senza un perchè. E lei stolta che l'aveva amato, che aveva creduto in lui, che era rimasta nell'ombra per lui, soltanto per un suo capriccio.
“Io, sì,” disse semplicemente lui affiancandola e voltando le spalle alla vista della città, per soffermarsi su di lei, sul suo naso truccato e screpolato,sui suoi occhi vacui e senza significato.
Restarono in silenzio, lei non lo guardava per non lasciar trapelare la sofferenza e la rabbia che anche solo la voce di quel ragazzo, ormai quasi uomo, riusciva a scatenarle dentro. Lei non se lo meritava, e se solo avesse saputo che quello lì era alla festa avrebbe detto al suo ragazzo che non sarebbe venuta.
Fu l'unico contatto che ebbero i due, dopo neanche mezz'ora lei fuggiva da quel luogo, dicendo al suo uomo che la mattina sarebbe andata a lavorare e non poteva fare tardi. “Ti accompagno allora,” le disse Jim, sorridendole appena senza capire il perchè di quegli occhi scuri e tristi.
“No, prendo un taxi, è meglio,” rispose invece lei. Conosceva il moro, avrebbe capito tutto se fossero stati troppo a contatto. E lui non doveva sapere, non doveva sapere di Josh e soprattutto non doveva sapere della droga consolatrice che lei prendeva per stare bene.

Il salotto era scuro, nonostante fosse ormai giorno inoltrato, ma lei aveva tirato giù le serrande, per non far uscire fuori da quelle mura quello che stava facendo, perchè quello era il suo segreto, e nessuno doveva conoscerlo, soprattutto il suo ragazzo, che tanto faceva per proteggerla, e lei di tante bugie lo aveva nutrito per apparire ai suoi occhi quella persona che ormai non era più, quella ragazza che tanto voleva tornare ma che non poteva più essere perchè la vita è crudele, ti cambia e ti porta ad un punto di non ritorno. E lei non poteva più tornare indietro, anche se avrebbe voluto, lo voleva anzi con tutta se stessa, ma il percorso che aveva intrapreso era ormai a senso unico.
Ci cadi una volta e ci cadi per sempre.
“Sono centocinquanta dollari Steve,” disse la mora all'uomo sulla quarantina che stava di fianco a lei, guardando la bilancia sensibile e osservando con ardore la bustina e il suo contenuto bianco come la neve.
“Juls, per una volta puoi prenderti un assegno? Ho pochi liquidi,” li lagnò lui col blocchetto in mano mentre la mora sigillava meticolosamente il pacchetto, con la semplicità di una che ci sapeva fare.
“No, solo contanti, lo sai meglio di me,” replicò agitando la bustina in aria, dandola all'uomo solo dopo aver ricevuto il mazzo smeraldino di dollari fra le mani.
La cimice nascosta sotto il tavolino aveva registrato tutto mandandolo alla centrale, la soffiata era giunta giusta.
Procedi, rimuovi la cimice e perquisisci. Se trovi qualcosa arresta. Passo e chiudo.
Fu il via che arrivò al cercapersone di Josh, appostato con l'auto proprio sotto casa di Juliet. A quanto pare non gliene fregava molto di quella spacciatrice alle autorità, se avevano affidato la missione solo a lui, e ad un'unica cimice senza neanche una microspia che confermasse che quello era uno spaccio di droga tenuto in casa. C'era solo una voce, senza una prova concreta.
Scese dall'auto e si diresse senza interesse verso la palazzina in cui abitava la donna, bussando due volte alla sua porta prima che Juliet andasse ad aprire.
E per lei fu come un deja-vu, Josh era lì, davanti alla sua porta e in divisa, a osservarla come se non la conoscesse, privo di qualsiasi sentimento.
“Signorina Barrett, ho un mandato di perquisizione per il suo appartamento, mi lasci entrare o sarà ostacolo di un pubblico ufficiale.”
Questa volta almeno si era fermato sulla porta.
“Prego, entri pure,” disse lei spostandosi dalla porta per farlo entrare, come se nulla fosse, come se quella fosse la visita di un amico.
Il poliziotto si diresse subito al tavolino e staccò la cimice che vi era sotto, disattivandola e chiudendola in un barattolo di vetro insieme a del sale che già c'era dentro.
“Cos'è, inizi dal sale a perquisire?” chiese lei lanciandogli un'occhiata di accusa che colpì in pieno Josh e il suo orgoglio. Se continuava così l'avrebbe fatto desistere da quello che stava tentando di fare.
“Sei pregata di smetterla Juls,” ribattè lui allontanandosi il più possibile dal sale che stava sulla cucina, prima di riprendere, “o farò davvero questa perquisizione, e a quel punto ritorni per direttissima in gattabuia. E poi come lo spieghi al tuo amato Jimmy?” concluse lui con un sibilo prendendo la donna per un braccio e portandola in una stanza qualsiasi, lontano da quella.
“Cos-”
Non riusciva a credere a quello che aveva sentito, solo quando lui la buttò sul suo letto, facendo avanti e indietro per la stanza soppesando le possibilità lei riuscì di nuovo a parlare.
“Non ti credo.”
“E' colpa mia Juls, ti ho trattato così male, adesso per favore fammi fare la cosa giusta.”
Fu il silenzio ad indurre il ragazzo a baciare la donna, e il resto be', venne da se.

Cinque anni prima.

Sapeva che quella festa era il covo dei cocainomani, e sapeva che lì ci sarebbero stati tanti ragazzini pronti a volerne e quell'unico spacciatore importante che al suo distretto di polizia interessava.
E sapeva che ci sarebbe stata anche lei, ma questo non lo spinse a obbligarla a non andare. Lei non lo aveva ascoltato quando gli aveva detto che non doveva andare, che era meglio restare a casa, lei no, lei diceva che era solo geloso del fatto che lui non poteva partecipare perchè era in servizio!
Stupida, stupida, stupida!
Fecero irruzione, sfondarono la porta, l'ordine era di arrestare tutti, niente perquisizioni, non ce ne sarebbe stato bisogno, era tutto all'aria aperta, troppo sicuri di sé quei ragazzini per coprire le tracce o drogarsi di nascosto.
E infatti era tutto lì, e lei aveva appena finito di saggiare la polvere bianca con la punta della lingua.
Ancora più stupida, ora neanche il test l'avrebbe potuta salvare risultando negativo. Urla, gente nel panico ancora in preda dell'effetto.
“Josh, Josh, io non ho fatto nulla, non tocco 'ste schifezze lo sai!” urlava Juliet mentre il ragazzo si avvicinava a lei.
“Lo deciderà il test Juliet,” disse lui mettendole le manette. Lui era a servizio della giustizia, e la giustizia era al di sopra di tutto. Anche dell'amore.

Presente

La porta di casa era aperta, chissà come mai. Aveva anche visto la macchina di servizio della polizia di sotto, probabilmente stavano facendo qualche controllo in quella zona.
Entrò cercando con lo sguardo la sua ragazza, cercando anche il coraggio di dirle di Lex e di tutto quello che ne conseguiva. Ma ce l'avrebbe fatta? Voleva troppo bene a Juliet per ferirla così.
Polvere bianca sul tavolo.
Che ci faceva lì della cocaina?
Un gemito di piacere provenire dalla stanza della ragazza. Provenire dalla ragazza.
Perchè?
Un pugno nello stomaco era stato quel suono. Lui così premuroso verso di lei, lei un cumulo di minchiate e a quanto pare, tradimenti.
Uscì sbattendo la porta di casa, ferito da una persona a cui si era affezionato. Non meritava spiegazioni un'insulsa drogata.










----Shizue's corner
Lo so, lo so, qui non si parla dei nostri cari A7X, ma così dev'essere. Sono stati aggiunti più personaggi e tutti meritano il loro spazio. E Josh questo in particolare , deve espiare la sua colpa, dettata dai paraocchi del suo credo che in fondo non è poi tanto giusto.
E anche Juliet non era una comparsa messa a caso, sembra strano ma avevo già deciso il suo ruolo in modo marginale, di certo non poteva essere una comparsa, doveva essere qualcosa di più. Qualcosa di forte per piegare Josh e conquistare una parte di cuore del nostro James.
Spero che nonostante sia incentrato su questi due personaggi la storia vi piaccia. La prossima sarà su Diamond in the Rough e spero di riuscirla ad incentrare sul triangolo slash più amato dalla sottoscritta. Non vedo l'ora di scrivere su di loro! :D
Come sempre una recensione è gradita, anche per migliorare no? Se non si sa non si cambia.
Kisses,

Shizue

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Capitolo 6
*** Favourite song from “Diamonds in the Rough” ***


 

Day 6: Favourite song from “Diamonds in the Rough”
Crossroads

Sorry love. I have to do this


Quelle mani sui suoi fianchi, le braccia tatuate tenevano salda la presa, con una delicatezza che poteva essere solo sua. I suoi occhi riflessi in quelli lipidi e chiari del suo compagno, li poteva vedere, lucidi e splendenti dall'eccitazione.
“Bri, tutto bene?”
Le sue guance arrossate dal sesso risaltavano sul viso pallido e macchiato dal trucco sbavato, le labbra rosee erano schiuse per dar sfogo alla passione, una visione limpida nella sua mente così come quella di Zacky che passava la punta della lingua sui suoi snakebites. Era un piccolo vizio che non voleva togliersi.
“Haner, si può sapere che cazzo ti prende?”
Ma il chitarrista continuava a guardare il suo caffè ormai freddo, scuro, proprio come il suo animo e freddo come il dolore che si portava dentro. Quelle visioni non volevano andarsene, non le aveva viste ed erano così reali, sembrava che quella scena fosse davanti ai suoi occhi. Il suo ragazzo che provava un piacere intenso, di cui non poteva farne a meno.
Ma a dargli piacere non era lui.
Lex era preoccupata per il suo amico, piombato da lei alle tre di notte con la faccia sconvolta ed un cellulare che non era il suo in mano. Le aveva chiesto un caffè, che lei aveva prontamente fatto, ma erano passati venti minuti da quando gliel'aveva messo davanti e ancora non l'aveva toccato.
“Scusami Alexz, sono un perfetto idiota,” disse lui scuotendo la testa e alzandosi, avvicinandosi alla porta, poi tornando indietro e iniziando a camminare su e giù per la cucina, lanciando ogni tanto occhiate a quel telefono muto sul tavolo, come se aspettasse una risposta che un macchinario non riesce a dare.
“Bri, perchè non ti calmi? Ti prendo una birra dai,” lo rassicurò con un sorriso protettivo guidandolo nuovamente a sedersi su una delle tante sedie bianche posizionate intorno al tavolo prima di avvicinarsi al frigo e tirare fuori una lattina, stappandola e porgendola all'amico che non fece complimenti e se l'attaccò alle labbra secche, tracannandone un terzo come se fosse acqua.
Poi il cellulare che era sul tavolo vibrò e la ragazza lo prese, constatando che c'era un messaggio e lo porse a Brian.
“Si può sapere di chi è questo cellulare?” chiese mentre vedeva il moro fissare vuoto lo schermo.
“Di Zacky,” rispose lui dopo un po', posandolo di fianco alla birra e facendo un altro lungo sorso, per poi sospirare.
“Di Zacky...” ripetè, “... che si scopando Matt già da un po',” sussurrò, alzando lo sguardo impassibile verso Lex. Vedere quell'impassibilità in quegli occhi le fece accapponare la pelle per due secondi. Si portò una sedia vicino al chitarrista che aveva nuovamente abbassato lo sguardo tornando a perdersi in quelle visioni che gli scombussolavano lo stomaco. Era lui lo stronzo della coppia, era lui quello che avrebbe fatto male al suo ragazzo, doveva essere lui. Zacky, con quel suo viso da ragazzino, con quelle sue labbra sempre incrinate in un sorriso, non poteva fargli questo, non poteva distruggere l'immagine di purezza e innocenza che lui gli aveva costruito su. Come poteva fargli questo? Ma, soprattutto, perchè glielo stava facendo?
“Lex, posso stare da te stanotte?”
La ragazza annuì e lo portò nella sua stanza, gli indicò il bagno e gli diede un cambio che aveva lasciato Josh per lui, ma Brian Haner non andò né in bagno, né si cambiò, si infilò direttamente sotto le coperte e Lex allora lo seguì, prendendogli la mano prima di addormentarsi. Ma sapeva che quel contatto non sarebbe stato di conforto all'amico che, come previsto, non riuscì a dormire bene quella notte.

Il sole mattutino bruciò sugli occhi ancora chiusi del giovane, che istintivamente si girò dall'altro lato, allungando una mano per abbracciare il suo compagno. Fece cilecca due volte, così si fece più avanti, pensando di essersi allontanato nella notte, ma non ebbe alcun contatto con alcun corpo, così aprì un po' gli occhi martoriati dalla luce.
“Briii-”
Il suono però gli morì in gola e non perchè aveva la voce impastata dal sonno, ma perchè aveva messo a fuoco la scena: un letto vuoto, le coperte sgualcite al suo fianco erano vuote.
Si sarà già svegliato, pensò e così si fece forza per alzarsi, si mise a sedere e cercò il suo cellulare sul comodino, che non trovò. Alzò gli occhi e accompagnò quel gesto con una piccola imprecazione sbuffata prima di rimettersi addosso boxer e vestiti e cercare le due cose che non trovava, Brian e il cellulare. Notò invece che quello del suo ragazzo era al suo posto, sotto carica, quindi dedusse che era in casa.
Deduzione errata, constatò poco dopo, quando aveva setacciato tutto l'appartamento senza trovare traccia sia dell'uno che dell'altro.
“Che palle,” borbottò mentre faceva squillare il numero utilizzando il cellulare di Gates, senza sentire alcun segno di suoneria o vibrazione. Probabilmente lo aveva lasciato in silenzioso. Ma comunque ora era più importante trovare quello sbadato del suo ragazzo che lasciava il cellulare a casa. Chiamò Jim, ma non ebbe più fortuna di quella che aveva avuto cercando in casa. Avrebbe chiamato Matt ma non era il caso, non con il numero di Brian, non dopo quello che stava succedendo fra loro. Non era il caso di chiamare l'amante per chiedere notizie del proprio ragazzo.
Chiamò Lex, che rispose dopo soli due squilli.
“Fanculo Baker, sto lavorando!”
“E allora perchè rispondi?” chiese lui dubbioso e accigliato.
“Comunque ti volevo chiedere se sai dov'è Bri, ha lasciato il cellulare a casa e...” si interruppe un attimo e tolse il telefono dall'orecchio solo per guardarlo. Ma che cazzo..
“E come fai a sapere che sono io se sto chiamando con quello del mio ragazzo?!”
Ci fu un breve silenzio prima che la voce di Lex si fece sentire, d'un tratto seria e a tratti preoccupante.
“Lo so perchè lo so, senti sta tornando a casa, il resto chiedilo a lui, ciao.”
E la chiamata gli fu chiusa in faccia. Ora si stava preoccupando, doveva trovare quel fottuto cellulare, doveva e basta. Così iniziò a girare per tutta la casa facendolo squillare finchè, davanti la porta di casa, sentì la sua suoneria e, non appena chiuse, la porta si aprì facendo posto ad un Brian segnato dall'insonnia, aveva due occhiaie peggiori delle sue, fu questo il primo pensiero di Zachary non appena vide entrare il compagno.
“Mi sa che hai confuso il tuo cellulare con il mio,” gi disse lui scherzoso, lasciandogli un leggero bacio sullo zigomo appuntito, per poi ricevere una spinta e vedere il primo chitarrista allontanarlo con espressione schifata.
Dopo la sorpresa era arrivata la tristezza, dopo la tristezza la rabbia. Il solo guardare Zacky gli faceva salire lo schifo, di lui, di Matt, di tutta quella situazione. Lo odiava, odiava il modo in cui lo stava trattando, odiava che lui soffrisse a causa sua!
“Non l'ho confuso, stronzo che non sei altro!” urlò dopo poco, stringendo i pugni fino a farsi male, trattenendosi dal tirargliene uno su quel suo bel viso. Per tutta risposta lo diede alla porta aperta, sentendo la pelle pulsare, come a ricordargli che quel dolore era vero. Era vero che il suo Zacky ora aveva qualcun altro, che non era più solo suo.
“Amore.. si pu-”
“Non chiamarmi più così!”
Questo secondo urlo colpì Zacky ancora più forte del primo, che scioccato da quella reazione cominciava a mettere insieme i pezzi. Cellulare, nottata fuori, merda!
“Senti Bri, lo sai che ti amo.. io” ma non riuscì ad andare oltre, Brian non lo ascoltava, era salito in camera e aveva preso il trolley. Stava facendo le valiglie. Solo quando fu alla porta rivolse nuovamente la sua attenzione al ragazzo.
“Sei davanti ad un bivio, o me o lui.”
E con quelle parole si richiuse la porta alle spalle, sarebbe andato a stare da Jimmy per un po', finchè non avrebbe trovato un altro appartamento. Quello Zacky se lo poteva pure tenere, o ci avrebbero vissuto insieme o non ci avrebbe vissuto affatto.

Sapeva di doversi prendere il suo tempo per pensare, sapeva che Brian non si sarebbe accontentato di una risposta affrettata e aveva paura, aveva paura di aver combinato un casino, aveva paura di perdere la persona che amava e di perdere al contempo gli Avenged Sevenfold, quello per cui avevano lottato duramente, quello che nessuno gli avrebbe perdonato semmai fosse accaduto. Ma la cosa che gli faceva più pensare era che nonostante sapesse cosa doveva fare continuava a dubitare sul quale strada prendere, vedeva la giusta direzione ma l'istinto lo guidava verso Matt, verso quella scappatoia che era diventata così comoda per lui in quelle ultime settimane, da quando si erano ritrovati a pomiciare ubriachi sul divano di casa del cantante.
Da quella sera aveva camminato nel centro, accavallando quelle due possibili strade che sapeva prima o poi doverne scegliere una. Quel momento era arrivato e lui si sorprendeva di come si sentisse bene a percorrere quella dell'oscurità. Il sorriso allegro che aveva sempre si era dileguato dal suo viso mentre suonava la sua chitarra cercando di fare ordine in quei pensieri contorti.
Sarebbe stato più facile se fosse stato perfetto, a quel punto avrebbe saputo cosa fare, qual era la cosa giusta per il bene di tutti.
Ma lui non era perfetto, lui era molto lontano da quella definizione e, conscio del fatto che avrebbe dovuto scegliere per il bene di entrambi, sapeva anche che tutte e due le strade erano percorribili, e tutte due l'avrebbero affogato. Prima che Brian lo mettesse davanti a questo bivio lui si era convinto che c'erano strade più fattibili, più facili da percorrere, ora invece non c'erano che due opzioni, quelle reali.
E la mente iniziò a vagare nei ricordi. Come si era ritrovato a quel punto lui?
Gli piaceva da morire. Non gli piaceva solo il fottutissimo Gates, quello strafigo che conquista con il suo carisma, gli piaceva anche, se non di più, Brian Haner jr, così trasparente e limpido come l'acqua, così complicato da farti venire il capogiro.
Ma conosceva il chitarrista, sapeva che era fondamentalmente uno stronzo che non gliene frega nulla dei sentimenti altrui, lui era quello che se una sua fiamma lo beccava con l'amante non se ne sbatteva proprio, piuttosto cercava qualcun altro.
Nonostante lo sapesse nulla gli impedì di prendere il viso del giovane fra le sue mani e baciarlo, con quella timidezza che caratterizza la prima volta. E si sorprese quando il moro si lasciò trasportare da quel bacio che si faceva man mano sempre più appassionato, mentre le lingue giocavano ad acchiapparello e le mani si gustavano la morbidezza dei capelli o la fredda e liscia pelle del viso, tirata per il freddo della notte.
“Sai che potrei farti del male Zee?” chiese Gates dopo un po' di tempo, che aveva passato a riflettere sui gesti che si erano appena consumati fra loro.
“Lo so,” disse Zacky prendendogli il viso con una mano e voltandolo per fargli osservare i suoi occhi verdi e lucidi mentre parlava. “Ma sono pronto a correre il rischio Bri, con te correrei qualsiasi rischio.”
E Brian di lui si era innamorato, si era innamorato della spensieratezza che Zacky trasmetteva a tutti, si era innamorato della sua innocenza nel credere nei suoi sogni, della testardaggine che cacciava fuori per realizzarli, e aveva messo la testa sulle spalle per lui, perchè niente era più importante della sicurezza che provava quando Zee lo abbracciava. Baker lo sapeva bene cosa aveva provato, lo sapeva perchè Bri gliel'aveva detto, ed infine quello che gli avrebbe fatto male sarebbe stato lui.
Sapeva che gli avrebbe fatto male in entrambi i casi, qualsiasi scelta avesse fatto. Se avesse scelto Brian, l'amore che provava per lui probabilmente non sarebbe bastato a farlo risalire dal tunnel in cui era sceso, e se non era Matt sarebbe stato qualcun altro, visto il suo spasmodico bisogno di provare l'adrenalina della ribellione e del peccato nascosto. Se avesse lasciato Brian invece sarebbe morto dentro, lo sapeva bene, e non ne sarebbe comunque risalito, forse l'unica cosa che avrebbe ottenuto sarebbe stata riempire il vuoto che l'amore gli aveva lasciato.
E allora che fare? Entrambe le strade percorribili portavano Zacky alla stessa conclusione, doveva solo scegliere per lui ora, doveva scegliere se un dolore momentaneo di una perdita o un lungo travaglio di una storia malata, come il chitarrista dagli occhi chiari la definiva in quei giorni.
E pensandola in quel modo la scelta venne naturale, si sarebbe strappato il cuore e l'avrebbe chiuso in un cassetto per salvare il suo chitarrista dal dolore che sapeva gli avrebbe provocato se la loro storia fosse continuata. Ma sapeva anche che quel bisogno di libertà era per lui momentaneo e che non sarebbe passato molto tempo prima che la mancanza di Brian, della sua spavalderia e della sua apparente sicurezza, l'avrebbe logorato e così facendo si stava chiudendo una porta durata quasi due anni. Ma l'avrebbe fatto per lui, e lui soltanto importava.
Fu con queste intenzioni che si trovò a bussare alla porta del batterista che lo aprì con una cera poco promettente. Non si vedevano dalla sera della festa di Lex, per un motivo o per un altro.
“Cerchi Gates, Vee?” chiese lui guardando il moro dagli occhi chiari dalle lenti degli occhiali.
“Ehm.. dovrei parlargli,” rispose Vengeance accennando ad un sorriso storto e alquanto scadente, con il volto inclinato verso l'alto per fronteggiare l'amico stangone.
“E' di sopra, nella stanza degli ospiti.”
Quando entrò nella stanza di Brian, che era già mezza aperta, notò come avesse trasferito lì il suo disordine e la sua personalità. Quella non era più la stanza degli ospiti, era la sua stanza, con il caos che Zacky tanto odiava dover riordinare e che ora non avrebbe più rivisto fra le bianche mura del loro appartamento.
Brian suonava, ed era bellissimo, un pezzo di carta sul tavolo, con vicino una penna, la Marlboro in bocca come ogni volta che componeva. Zacky non si mosse da lì, osservando senza essere visto quel corpo perfetto, quei tatuaggi che avvolgevano le sue braccia, quegli occhi spenti e concentrati nella composizione.
Una botta allo stomaco sapere che era lui che li aveva spenti.
“Guarda che puoi entrare,” gli disse Brian non appena lo vide sulla porta con la coda dell'occhio, spegnendo l'amplificatore e tenendosi la chitarra sulle gambe mentre finiva la sua sigaretta e spostava l'attenzione su Zacky. Sapeva cosa era venuto a dirgli, lo aveva capito parlandone con Jimmy, lui che è sempre un passo davanti agli altri gli aveva psicanalizzato Zacky come forse neanche il diretto interessato saprebbe fare; nonostante questo gli faceva male, faceva male sapere che quella sarebbe stata una fine.
“Bri, senti,”iniziò Zacky non appena si sedette sul letto e tenendo lo sguardo basso, verso i piedi del ragazzo. “Io ti amo, ma forse è meglio così. Ne abbiamo passate tante ma mi manca la mia libertà, se continuassimo non farei altro che ferirti, giorno dopo giorno, ora dopo ora. Mi dispiace.”
Mentre le parole colpivano Brian secondo dopo secondo lui non alzò lo sguardo verso il suo Zee, che aveva gli occhi grandi e verdi velati dalle lacrime per quello che stava facendo.
Zacky sapeva che se ne sarebbe pentito, lo sapeva, ma lo fece lo stesso, correndo via non appena finì di parlare, lasciando il primo chitarrista da solo ad affogare nel suo dolore.

 

 



Shizue's corner
E rieccomi ad aggiornare questa 30DOC, non so neanche cosa mi sia uscito sinceramente, non so se ha capo o coda, volevo semplicemente buttare giù qualcosa di accattivante e me ne sono uscita con una cosa alquanto drammatica su una separazione quasi imposta, più che voluta.
Non ho grandi cose da dire, soltanto che penso che varierò qualcosa nei prompt perchè ci sono voci assurde, come quella dei poster più avanti, che semplicemente non si possono proprio sentire o usare xD
Detto questo vi saluto, sperando che vi sia piaciuto questo capitolo uscito dalla noia di questi giorni.

Shizue

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Capitolo 7
*** Favourite song from “Nightmare” ***


Day 7: Favourite song from "Nightmare"
Nightmare
 

 
 
L'aria era fredda, ghiacciava sui loro volti scoperti, la notte li stava divorando nell'oscurità e loro ignari di tutto continuavano a bere vicino al fuoco. Ma quel gruppo di amici era pieno di demoni, era divorato dall'interno dalle conseguenze delle loro stesse azioni.
Tutti avevano agito e tutti ora stavano pagando il fio per ciò che avevano fatto.
 
The price of Evil
 
"Ma perchè Gates non arriva?" chiese ad un tratto Matt osservando l'orologio come stava facendo ormai da un po'. Era passato dall'anticipo al "forse a sto gira arriva in orario" a finire che aveva una buona mezz'ora di ritardo e non si era ancora fatto vivo, facendo incazzare non poco il cantante. Zacky osservava la scena nell'assoluto mutismo, spalmato sul divano rosso scuro messo di fronte agli strumenti, mentre strimpellava la sua chitarra cercando di non pensare. Ma lui era sicuro che Brian non si sarebbe presentato, lo conosceva bene, non voleva vederlo e non voleva farsi vedere, non voleva dare spiegazioni e non voleva prendere a schiaffi Matt. Lui lo sapeva ma stava zitto, osservava Matt che si torturava le articolazioni delle dita impaziente di iniziare quelle prove che il moro con gli snakebites sapeva non sarebbero mai iniziate. Matt e Johnny ancora non sapevano quello che era successo fra i due ragazzi, ormai ex, e probabilmente non lo immaginavano, soprattutto Matt che se no si sarebbe sentito in colpa fino al midollo osseo; da un lato Zacky avrebbe voluto tenere la storia per sè, non doverla dire ad alta voce, ma sapeva bene che era suo compito informare gli altri di quello che era solo l'inizio delle conseguenze di ciò che aveva distrutto: il cuore di Brian. Ma i pensieri del secondo chitarrista furono interrotti da un rumore di tacchi che rimbombava nel corridoio e Zacky alzando la testa vide che tutti avevano spostato la loro attenzione in un punto poco lontano, intenti ad osservare oltre il vetro che lo sovrastava, ma poi Johnny e il cantante avevano distolto lo sguardo arrossiti, come se si fossero intromessi nella vita privata di chissà chi. Solo James teneva gli occhi di ghiaccio fissi in quelli della bionda, altrettanto gelidi, e si fissavano come se avessero molto da dire ma nessuno dei due voleva parlarne, come se si stessero accusando in silenzio. Ciò nonostante James sapeva di essere solo lui quello accusato, guardava gli occhi spenti della sua amica che lo colpevolizzavano silenziosi ma nel frattempo cercavano quel barlume di speranza che avrebbe sistemato le cose, e in quegli occhi ci leggeva una cosa che gli faceva male.
Ci leggeva l'amore. L'amore che quella donna gli aveva donato incondizionatamente e che lui aveva gettato via d'impulso, senza pensare che lui l'aveva cercato per così tanto tempo..
Lex si abbassò per prendere quello che cercava fuori la sala prove e voltò le spalle al batterista, senza neanche curarsi di salutarlo. Era delusa, delusa da lui e dal suo comportamento, delusa da come era stata trattata e dalle cose che le erano state dette. Non era sicura che l'avrebbe perdonato.
Dal canto suo lei aveva appuntamento con Brian in un locale poco piú avanti per un aperitivo, doveva ancora raccontargli quello che era successo fra lei e Jimmy, e anche Haner aveva qualcosa da dirle, almeno così le aveva detto per telefono. Sperava solo di non doversi sorbire un Gates che rompeva le scatole cercando di difendere il suo migliore amico, perchè se no avrebbe sbottato anche con lui.
Arrivata a destinazione la giovane Evans si sedette ad un divanetto posto sulla piattaforma esterna del locale, quella che dava sul mare, e posò l'attrezzatura del lavoro al suo fianco. La giornata era splendida, il sole era caldo ed invitante. Sebbene fossero le sei del pomeriggio, c'era poca gente ancora in spiaggia, molti iniziavano a salire nelle proprie case per prepararsi a vivere il sabato sera in qualche locale piú o meno alla moda.
"Senti scusa, sei single? Hai delle belle tette!"
"Fanculo Brian!"
Il chitarrista rise divertito per qualche secondo prima di prendere posto di fianco alla bionda e iniziare subito a visionare la scelta di quel posto. Non c'era mai stato, nonostante fosse vicino la sala prove e quindi abbastanza comodo quando lavoravano, ma non gli aveva mai detto niente quel locale per fighetti, ma era con una bella ragazza, elegante nei suoi shorts bianchi a vita alta e la camicia nera con le maniche a sbuffo, quindi non gli sembrava il caso di portarla in qualche pub di terz'ordine che era solito frequentare.
Ci volle poco affinché il cameriere li raggiungesse, altrettanto poco tempo per portare il Martini bianco con ghiaccio alla bionda e la scotch Ale al chitarrista pensieroso.
"Al, si può sapere che ti è preso? Sembri incazzata nera," gli fece notare Brian non appena lei prese a sorseggiare il suo drink, guardando storto una macchina che conosceva bene.
"Bri, sei pronto a sentire la mia storia?"
 
 
 
Qualche giorno prima
"Ehi Jim, come mai questa faccia?" chiese Lex non appena vide il giovane davanti il portone di un anonimo palazzo di un anonimo quartiere. Era sconvolto, lo si poteva vedere bene, aveva gli occhi cristallini spenti e persi nel vuoto, la testa china, a rivivere i momenti che erano appena diventati passato, che lo avevano scosso fino al midollo. Non doveva finire così, lui l'avrebbe lasciata, ci sarebbe stata male e poi avrebbe iniziato una nuova vita, non doveva tradirlo, non poteva farlo.
"Eh?" disse lui poi, non appena il suo braccio fu avvolto dalla presa delicata di una persona che non vide finchè non lo scosse dal torpore e dal lait motiv in cui i suoi pensieri si erano persi. Non doveva presentarsi in quel momento, no, lei non doveva vederlo così e poi che cazzo, aveva appena scoperto di esser stato tradito dalla propria ragazza, non poteva pensare a portarsi a letto Lex, la sua Lex. Ogni volta che la guardava sentiva crescere un desiderio che macchiava i suoi sentimenti da liceale, sentiva crescere quelle pulsioni che lui tentava d reprimere ad ogni costo, perchè la bionda non doveva essere una delle tante e, non sapeva ancora come avrebbe fatto, ma l'avrebbe resa unica per lui. Se l'era ripromesso. Ma se continuava a gironzolare vestita in quel modo, con un corpetto troppo aderente e un jeans che le si appiccicava addosso come fosse una seconda pelle, non avrebbe resistito abbastanza per non cercare la sua consolazione e allora non sarebbe valso a nulla lo sforzo e le parole che le aveva rivolto la sera prima nella sua camera, dove aveva messo da parte il suo desiderio per darle una scelta che l'alcool le avrebbe potuto negare.
"James," nella visuale del ragazzo comparvero gli occhi grandi e ingenui della fotografa, "sei sicuro di stare bene?" 
"Io... Sto bene Lexie," andava bene così. Lei gli stava vicino, sarebbe andato tutto bene, anche il tradimento forse ancora in atto gli sembrava nulla a confronto di quegli occhi grandi e vispi. Quella ragazza che tanto aveva sofferto per amore al liceo, ora era una donna che ti regalava allegria e felicità con uno sguardo, un sorriso pieno che evidenziava un'unica fossetta accennata al lato sinistro della bocca, con una parola detta a caso, con la sua immensa voglia di vivere. Lei era la donna che era capace di portar via qualsiasi dolore, qualsiasi colpa, qualsiasi demone.
"L'hai fatto di nuovo," gli fece notare la fotografa abbassando lo sguardo sulla macchina fotografica che teneva al collo, per poi andarsi a poggiare all'auto della polizia poco lontano da loro che Jimmy aveva già notato prima di salire su da Juliet. Si era subito allontanata da lui, spegnendosi di colpo, portando via quell'allegria che James tanto desiderava avere in quel momento; ora era lei che tornava con la mente alla sera prima, a quel bacio mal corrisposto, al rifiuto del giovane, alle sue parole dai mille significati.
"Cosa?" 
Voleva riavvicinarsi ma si trattenne in un primo momento. Era sbagliato, era sbagliato amarla mentre ancora era fidanzato con una ragazza che a lui non teneva, che non si faceva scrupoli a tirare cocaina e scopare con i clienti, ammesso che fosse un cliente quello che stava in casa sua mentre lui era entrato per parlarle, premuroso di non farla soffrire conoscendo la sua fragilità. Ma chi se ne frega, pensò poi e si avvicinò sll'auto, perchè fregarsene di Juls se lei non si era preoccupata di lui? Non avrebbe messo da parte Lex e i loro momenti solo per dei capelli rossi ed un naso rovinato e corroso.
"Mi hai chiamato Lexie, come se fossi la tua sorellina. Sai, mi basta già un fratello, non me ne servono due."
Aveva davvero dato quell'impressione alla ragazza? Ci era rimasto male, come se lei non avesse capito nulla di quello che gli passava per la testa, ma d'altro canto lei era troppo ingenua per capire la sua mente contorta, lui voleva essere semplice, ma non lo era, lo sapeva bene, e Lex non era una cima in questioni emotivo-relazionali diciamoci la verità.
"E chi dice che voglio essere tuo fratello."
L'aveva fatto. Alla fine non aveva resistito. Al diavolo Juliet e il puttaniere che si stava scopando, al diavolo il meritare di più, al diavolo tutto quanto, lui voleva solo rispondere alla domanda che si faceva da quando aveva sedici anni! 
La risposta era sì, le sue labbra avevano il sapore del lampone, era sicuramente colpa del rossetto che lo stava macchiando in quel momento, mentre stringeva la sua chioma in una mano, mentre con l'altra disegnava gli zigomi della ragazza, lei intenta a ricambiare il bacio tenendo entrambe le mani sulla nuca del giovane, facendo pressione per non lasciarlo andare, come se Jimmy si potesse staccare da un momento all'altro. Ma si staccarono alla fine per riprendere fiato, il batterista guardava la ragazza  con la coda dell'occhio per non metterla in imbarazzo mentre i suoi specchi diventavano umidi ed un ampio sorriso le incorniciava il viso.
"Forse però non è l'ideale pomiciare sul cofano anteriore dell'auto della polizia!"
"Tanto è di Josh," lo rassicurò facendogli notare un plettro che lei gli aveva regalato quando si era diplomato. Lui sorrise malizioso e abbracciò Lex con delicatezza, come se potesse romperla da un momento all'altro, il gigante e la bambina insomma. Mentre loro si abbracciavano e continuavano a scoprire quella nuova sensazione di appagamento e completezza, Josh usciva dall'appartamento. Aveva quasi finito il suo turno e sapeva che avrebbe trovato la sorella giù ad aspettarlo per tornare a casa ma si sorprese quando la beccò a cavalcioni sulla sua auto, intenta a dare pubblicamente spettacolo con qualcuno.
"Guarda che posso arrestarti per atti osceni in pubblico cretina!" urlò il biondo andando incontro alla sorella e sorprendendosi di vedere James, con i suoi occhiali e i capelli neri, osservarlo insieme alla sorella appena giratasi, con un sorrido sornione che le illuminava gli occhi. Doveva sentirsi un po' meno in colpa ora che aveva trovato il ragazzo di Juliet a strusciarsi addosso alla piccola Alexz? No, non avrebbe dovuto, lui aveva fatto uno sbaglio e ne doveva affrontare le conseguenze, doveva affrontare i suoi demoni, ma quale fosse lo sbaglio doveva ancora capirlo, quello di quel giorno o quello di cinque anni fa?
"Che ci fai sotto a mia sorella James?" chiese Josh con un sorrisetto sghembo mentre si avvicinava ai due amici, come ostinavano a definirsi da sempre. Chissà chi dei due aveva tirato fuori gli attributi. 
"Sono stato assalito," alzò le mani lui di risposta per poi scoppiare a ridere. Quando finì di ridere la sua attenzione ritornò sul poliziotto, che era uscito dallo stesso palazzo da cui anche li era uscito una manciata di minuti prima. Che ci faceva nel palazzo dove abitava Juls? Voleva saperlo.
"Che ci fai qui piuttosto?" chiese alla fine Sullivan puntando gli occhi di ghiaccio in quelli un po' piú scuri di Josh Evans. 
"Potrei farti la stessa domanda!" esclamò Lex intromettendosi nel discorso e rivolgendosi al batterista.
"È venuto dalla ragazza immagino," rispose Josh al suo posto come se nulla fosse, facendo notare piuttosto alla sorella che non c'era nulla da sorridere se Sullivan le teneva la mano fin quando lei era la riserva, quando era solo l'amante di turno.
"Ah.. Abita qui quindi?"
Gli occhi di Jimmy non poterono non notare la felicità svanire dal volto della sorella di Josh, che ora aveva abbassato lo sguardo sulle loro mani intrecciate e aveva provato a sfilare la sua, ma Jimmy la trattenne.
"Ero venuta a lasciarla ma già era impegnata se proprio lo vuoi sapere Josh. Tua sorella non si merita di essere la seconda scelta, lei si merita di più. Ma tu che ne sai dove abita la mia ex?
Il tono del batterista si era fatto sottile, non guardava piú la bionda, non guardava più nessuno se non il poliziotto che gli stava di fronte. Sapeva che c'era qualcosa che non quadrava e non era sicuro di voler sapere cosa. Era bravo a capire le persone e sapeva che Josh aveva quel tasselo del puzzle che gli mancava, sapeva che c'era qualcosa che gli era sfuggito che al poliziotto invece era ben chiaro e fu facile inzinuare il sospetto nella sua mente, il sospetto che il fratello di Lex avesse a che fare con quei gemiti non trattenuti che aveva sentito poco prima.
"Perchè ho avuto ordine di perquisirle la casa Sullivan," rispose quello sorreggendo lo sguardo di ghiaccio del giovane amico della sorella.
"La casa o anche il letto Evans?!" 
"Non hai sentito prima eh?" 
Ora Alexz non esisteva più, non esisteva più l'amore che lei gli aveva donato, esisteva solo la rabbia e il pugno che si era andato a schiantare contro lo zigomo sinistro del biondo poliziotto, che rispose con un sonoro calcio sul fianco, costringendo il gigante a piegarsi, piegandosi caddero anche gli occhiali che si ruppero sul marciapiede.
"Basta Jim!" 
Aveva urlato la ragazza che subito si era messa in mezzo, cercando di fermare la rissa da quartiere che avevano scatenato. Svettava davanti al batterista, cercando i suoi occhi che erano pieni di rabbia nei confronti del fratello dell'amica. Aveva sbagliato di brutto e avrebbe pagato. E la giovane in quegli occhi cristallini che amava vedeva solo la rabbia, non vedeva la loro profonda amicizia, non vedeva quell'emozione che poco prima le aveva fatto perdere un battito, vedeva solo l'odio verso il maggiore degli Evans, come se lei non fosse mai esistita.
"Lo difendi Lex?"
"No James, ma è in servizio, può denunciarti per aggressione a pubblico ufficiale, conosco mio fratello, è stronzo fino al midollo."
"Proprio per questo devo fargli abbassare la cresta!" urlò il batterista scansando la ragazza con poca grazia che gli si avvinghiò addosso nella speranza di bloccarlo. Non voleva che si facessero del male a vicenda, lei non voleva che James si abbassasse a tale livello, doveva ricordarsi che Josh era pur sempre suo fratello e se aveva sbagliato ne avrebbe pagato le conseguenze, ma non così, non con pugni e calci come se fossero dei liceali!
"Oh sorellina, è commuovente come mi difendi dai pugni del tuo amichetto, ma ce la faccio da solo."
A quelle parole Jimmy non ci vide più, sapeva che stava sbottando e al pensiero di Lex che lo teneva vedeva solo la voglia della ragazza di difendere il fratello, non riusciva a trovare il posto per la comprensione. Lei doveva capirlo invece, lei che era stata tradita tante e tante volte dal suo storico fidanzato al liceo, lei vedeva solo le botte, vedeva solo il sangue del fratello. Non vedeva i suoi sentimenti, nè provava a capirli.
Il batterista si svincolò dalla ragazza e non saltò addosso al poliziotto, voltò semplicemente le spalle ad entrambi e si allontanò, ignorando la bionda che lo chiamava o il fratello che metteva in moto l'auto.
Josh tratteneva la sorella per un braccio mentre lei si divincolava.
"Jim!" urlò Lex una volta, che poi divvenero due e tre e quattro, mentre cercava disperatamente di liberarsi di Josh, voleva andare incontro a Sullivan, cercare di capirlo, cercare di guarirlo come faceva lui con lei ogni volta che stava male. Le lacrime le annebbiarono la vista mentre la figura slanciata di Jimmy si allontanava sempre più.
"James aspetta!"
Ma a nulla era valso quell'ultimo grido disperato. Niente. Nessuna reazione. Ed il bacio che si erano dati, quell'amore silenzioso che si erano donati era solo un ricordo lontano.
SI chinò a prendere gli occhiali con le lenti spezzate e salì in macchina col fratello, allontanandosi ancora di più dall'amico.
"Sei un bastardo Josh, un fottuto bastardo, Jimmy non si meritava tutto questo!"
 
 
 
 
"Tu ora come ti senti?" chiese Brian dopo aver ascoltato tutto il discorso di Lex che aveva gli occhi lucidi e minacciava di crollare a breve. Non l'aveva mai vista così distrutta, aveva perso troppo per poter reggere, stava accusando i colpi uno dietro l'altro ed erano troppo forti per il suo esile fisico e la sua fragile personalità.
"Bri, ha distrutto tutto, ha portato via tutto ciò che era importante per me! Il mio migliore amico, mio fratello, la mia speranza, il mio amore."
La bionda sussurrava quelle parole dolorose mentre le lacrime iniziavano a scendere, contaminando il suo Martini che reggeva in aria senza bere. Si sentiva svuotata e lo si poteva ben vedere, aveva l'aspetto di un contenitore piuttosto che di una persona. E capiva la sua rabbia e la sua delusione, per lei la figura di Jimmy era sempre stata pura, quella persona senza macchia e senza peccato, una persona nobile e sentirsi ferita da lui doveva essere stato insopportabile.
Proprio come era successo a lui.
"E tu?" chiese lei dopo un po', dando spazio anche la chitarrista che aveva sofferto quanto lei. Chi meglio di lui poteva capirla ora?
"Reagisco a mio modo," rispose semplicemente Brian, distratto da qualche gridolino di qualche ragazza. Voltandosi vide i quattro del gruppo e subito alzandosi prese Lex per un polso, cingendole le spalle con il braccio non appena lei si alzò.
"Andiamocene da qui."
Quando passarono davanti ai quattro nessuno dei due ricambiò i saluti, solo Jimmy seguì con lo sguardo la ragazza, vedendo per la prima volta il risultato delle sue azioni e sentendosi morire dentro.
Zacky non guardò il chitarrista invece, troppo codardo per poter ancora ammirare la bellezza spigolosa di quella persona.
Ma sia James che Zachary pensarono la stessa cosa quando li videro sparire attraverso la porta.
Cosa ho combinato?
 
Alla festa sulla spiaggia c'erano tutti, tranne il fratello della fotografa, lui non poteva essere presente per cause di forza maggiore che tutti sapevano. Il primo chitarrista era accompagnato da un ragazzo che nessuno conosceva, ma che Lex trovò simpatico e divertente dopo soli dieci minuti di conversazione. La tensione era evidente dati i due gruppi che si erano creati, da un lato Brian, Lex e Chris, dall'altro Mat, Johnny, Jimmi e Zack. Per forza di cose avevano dovuto sputare il rospo sui recenti avvenimenti sia Zachary che James, risultando non solo i cattivi della situazione, ma anche la causa di quella divisione. Matt, sentendosi in colpa per quello che era successo fra i due chitarristi, aveva organizzato quel falò per cercare di ricucire gli strappi che erano avvenuti in quegli ultimi giorni.
E Jimmy era andato a quella festa con quelle intenzioni, per liberarsi degli incubi con cui stava convivendo da giorni, di risalire dall'inferno in cui era sprofondato dopo che la rabbia aveva lasciato posto alla ragione. Ma come si sarebbe avvicinato a quella ragazza che aveva distrutto con le sue stesse mani? Cosa poteva fare per rimediare al male che le aveva fatto?
La vide in disparte, rossa per l'alcool e l'erba che aveva fumato, stringeva fra le mani qualcosa e piangeva lacrime dolorose, in silenzio e composta, lontana dal fuoco che la ustionava. Lui l'aveva ridotta così, lei che doveva essere speciale, l'aveva trattata come era sempre stata trattata dai ragazzi se non peggio. Lui non l'aveva tradita, le aveva strappato via tutto. Poteva rimediare alle sue colpe? Non ne era sicuro.
"Lexie," si avvicinò sussurrando appena quell'unica parola, ferendosi non appena vide che ciò che aveva fra le mani la bionda fotografa erano i suoi occhiali spezzati, spezzati come il suo cuore e la sua anima.
"Va' via Sullivan," rispose lei senza neanche guardarlo, buttando gli occhiali ai piedi del batterista che li raccolse e si sedette di fianco alla ragazza ubriaca.
"Mi dispiace Alexz, sono stato uno stronzo. Non te lo meritavi."
Un schiaffo lo fece risvegliare e guardare quella ragazza che non riusciva più a riscaldarlo con il suo sorriso allegro e gli occhi vispi, ora pieni di lacrime e di dolore, delusione, risentimento, odio.
"Fanculo Jim, ci dovevi pensare prima di far sbattere Josh in galera!" gli urlò contro alzandosi, barcollando appena per via di quello che aveva in corpo.
"Ero incazzato nero, si era scopato la mia ragazza piuttosto che eseguire gli ordini, non volevo succedesse tutto questo casino Lex! Io non volevo farti del male!"
"Ed invece lo hai fatto! Mi hai portato via mio fratello, mi hai portato via il mio migliore amico e la persona a cui volevo bene! Tutto dopo che mi hai fatto credere di provare qualcosa per me! Sei solo un bastardo Sullivan!"
Una pugnalata in pieno petto.
"Questo è il prezzo del male che facciamo James. Addio."
E questa volta fu lei a sparire, lasciando il batterista sanguinante nell'animo, con nient'altro che un paio di occhiali rotti inumiditi da lacrime amare.
 
"Cos'è, mi sbatti in faccia il tuo nuovo scopamico per farmi del male Bri?" chiese Zacky furioso dopo aver forzato il chitarrista a seguirlo in disparte, proprio mentre sentiva la voce di Lex urlare contro il loro batterista!
"No Zachary, vado semplicemente avanti senza di te," rispose con molta calma Haner, calma in contrasto con la rabbia e la gelosia di Zacky, che ancora sapeva di amare il suo compagno quel tanto che bastava per sentirsi girare la testa se stava con un altro. Ma lui non aveva diritto di parlare, era lui che l'aveva lasciato per la libertà e, come previsto, se ne stava pentendo. Se ne pentiva ogni secondo in cui vedeva Brian sorridere ad un altro, baciare un altro, sussurrare belle parole ad un altro.
"Non puoi farmi questo Bri," sussurrò il chitarrista dagli occhi verdi abbassando la testa, lasciando la presa sul polso del chitarrista, abbassando ogni difesa.
"Sei tu che mi hai lasciato Zacky, se tu che hai deciso di farla finita."
"E me ne sto pentendo ogni secondo di più."
Brian lo guardò con gli occhi nocciola, scrutando ogni millimetro del volto del giovane senza provare pietà o compassione o comprensione per quegli occhi smeraldini che lo avevano pugnalato senza pensarci due volte.
"Ed ora ne subisci le conseguenze Zack, io lascio il gruppo."
E con queste parole si allontanò dal suo ex per correre verso la sua amica che era crollata a terra pochi metri più avanti. Vide Jimmy ringhiare e mettersi le mani fra i capelli.
Ad ogni azione corrisponde una reazione, uguale e contraria.
Ed ora tutti stavano vivendo i loro incubi peggiori, che non sono nient'altro che le reazioni alle loro stesse azioni.
 
 
 
 
 
 
 
 
Shizue's corner

Lo so, la legge di azione e reazione me la potevo evitare ma ci stava troppo! :D
Chiedo scusa se di questo capitolo non sono molto soddisfatta. Scrivere su una canzone che parlasse di Jim era fuori discussione, infatti la mia canzone preferita di Nightmare è Victim, ma no. E' come infangare il tributo dei Sevenfold al loro migliore amico e non me la sento proprio, sono strana lo so XD
E di qui Nightmare, che forse è una delle meno personali, ma che mi ha creato non pochi problemi, come avete potuto notare. Così piuttosto che concentrarmi sull'intera canzone, o sul suo filo portante come ho fatto da "I won't see you tonight" a "Crossroads" ho preferito concentrarmi su un'unica frase e svilupparne il concetto nella storia. Ovviamente come da titolo la frase è "The price of evil".
Spero solo che la storia vi prenda un minimo, a me ispira parecchio scriverla perchè la sto scrivendo in un modo nuovo per me. Non lo so, sinceramente mi piacerebbe sapere le vostre opinioni piuttosto che la lettura silenziosa, negative che siano non importa! Proprio perchè è qualcosa di "sperimentale" per me, farebbe piacere sapere se sono sulla stada giusta o meno.
Be' comunque detto questo ringrazio come sempre chi segue e chi preferisce o semplicemente legge, perchè comunque se ci sono persone che leggono bene o male vuol dire che c'è qualcosa di buono, almeno un po' xD
Un bacione,
 
Shizue
 
P.S. Jim q^q 

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